ite li Ili É '? ^y RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA E SCIENZE AFFINI RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA E SCIENZE AFFINI PUBBLICATA PER CURA DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DIRETTA DA FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHl ANNO XXVI - 1913 - VOL. XXVI MILANO Casa Editrice L. F. Cogli ati Corso P. Romana, N. 17 1913- PROPRIETÀ LETTERARIA V,,J-é SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Presidente Onorario Si S. M. VITTORIO EMANUELE III Re d' Italia Presidente Conte Comm. NICOLÒ PAPADOPOLI Senatore del Regno. Vice 'Presidenti GNECCHl Comm. Francesco - GNECCHl Cav. Uff. Ercole Consiglieri CUNIETTI CUNIETTI Barone Cav. Alberto. GAVAZZI Cav. Giuseppe LAFFRANCHI Lodovico. MOTTA Ing. Emilio, Bibliotecario della Trivulziana. RICCI Dott. Serafino, Conservatore nel R. Gabinetto Numismatico di Brera in Milano. Angelo Maria Cornelio, Segretario. CONSIGLIO DI REDAZIONE DELLA RIVISTA PEL 1913. Gnecchi Francesco e Gnecchi Ercole, Direttori Laffranchi Lodovico — Motta Emilio — Papadopoli C. Nicolò Ricci Serafino. FASCICOLO I. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA Riprendendo questi Appunti dopo un intero anno di intervallo, tengo prima di tutto a ringraziare i buoni e numerosi amici, che mi inviarono i loro rallegramenti al compimento del primo centinaio. Numerose furono le lettere di felicitazione che mi giunsero dall'uno e dal- r altro mondo e un egregio amico di Berlino mi augu- rava che la serie potesse continuare SIC C SIC CC ! U augurio era forse eccessivo ; ma la buona volontà non manca; tutto sta che non mi manchi il tempo — e dicendo il tempo intendo la vita — perchè fin che c'è vita de tempo, e purché mi si presentino gli argo- menti. Questi invece non sono sempre a portata di mano. A volte la mente è feconda, e di argomenti piti o meno importanti ne trova in abbondanza ; a volte invece la mente isterilita non li sa scovare e allora ci si vede forzati al silenzio. Questa volta poi, a dir vero, il silenzio venne anche prolungato oltre il necessario da un motivo particolare. Per riprendere il corso delle mie piccole pubblica- zioni numismatiche interrotte, era mio desiderio trovare un argomento molto interessante oppure un pezzo di la FRANCESCO GNECCHI primaria importanza. L argomento interessante non mi si presentava, DeW esistenza di un pezzo importante in- vece, che avrebbe potuto con tutto onore figurare in testa al primo appunto della nuova serie, ebbi sentore fino dal maggio Jpi2. Un collega mi aveva informato del ritrovamento avvenuto nella media Italia di un medaglione di bronzo di Mariniana. Sarebbe stato il mio ideale; ma il pezzo era già passato dalle mani del contadino ritrovatore in quelle di un collezionista e F averlo non era cosa facile.,., salvo poi che non si trattasse, come molte volte occorre, di una mistificazione,... Nel luglio successivo provai anche la soddisfazione di avere il famoso medaglione fra le mani, di ammi- rarne la splendida patina verde-cupo e quello che più importava di constatarne la incontestabile autenticità. Il metallo ne era un po' corroso, in modo che il pezzo non si poteva classificare che di mediocre conserva- zione;.... ma sarebbe stato troppo pretendere il volerlo anche fior di conio. Finalmente, dopo una corte lunga, paziente e as- sidua, fu nello scorso novembre che mi riesci di farlo entrare nella mia collezione. La pubblicazione veramente si sarebbe potuta fare anche senza quesf ultimo particolare della proprietà; dacché chi lo possedeva gentilmente me l'avrebbe con- sentito ; però la soddisfazione per ine non sarebbe stata completa, come lo è oggi. Piccole vanità di raccoglitori ! CHI. MEDAGLIONE DI BRONZO DI M AR I N I AN A ^ - DIVAE MARINIANAE Busto velato a destra. ^ — CONSECRATIO Pavone a destra che trasporta Ma- riniana in cielo. Bronzo a due metalli m. 36/39, gr. 49,200. Chi era Mariniana? Nessuno lo sa precisamente. Il suo nome ci sarebbe completamente ignoto senza la numismatica; nessun autore ne parla; nessun mo- numento la ricorda, eccetto le sue monete in oro, in argento e in bronzo. Queste sono tutte di un me- desimo tipo, ossia due varianti di uno stesso tipo. Tutte sono di consacrazione e questa è simboleg- giata o nel semplice pavone o nel pavone che tra- sporta la diva in cielo. Non hanno quindi alcun col- u FRANCESCO GNECCHI legamento con altri nomi imperiali né con qualche fatto che possa illuminare sulla personahtà del- ^ rAugusta rappresentata. Il tipo e la fabbricazione delle monete di Mariniana, il taglio irregolare del bronzo e specialmente il titolo basso dell'argento dicono chiaramente che esse fu- rono coniate tra il regno di Valeriano e quello di Gallieno. Un suo bronzo poi di Viminacio determina ancora più precisamente l'epoca, portando la data corrispondente all'anno 254 dell'era volgare. Appartenendo quindi alla famiglia imperiale, Ma- riniana è generalmente ritenuta, forse perchè il primo che ne parlò la ritenne tale, la moglie di Valeriano. Ma nulla impedirebbe che invece della moglie fosse stata la sorella. Il nome si ripete nella famiglia di Gallieno, come ce lo fece conoscere il bel medaglione di Ber- lino colla leggenda MARINIANO XX (?) COS. Di questo si occupò nel 1883 Friedlànder (0 senza però poterne dare una esauriente spiegazione e non portò quindi nessuna nuova luce sulla personahtà di Mariniana. Lasciando ora da parte la questione storica, che del resto qui ci interessa fino ad un certo punto, veniamo a dire due parole del nuovo pezzo ora comparso a completare la serie della monetazione imperatoria della famiglia di Gallieno, ad aggiun- gere un nome alla serie dei medaglioni di Consa- crazione e, ciò che più importa, un nome alla serie generale dei medaghoni di bronzo. Quantunque di Mariniana si conoscessero, come di tutti gli altri personaggi della famiglia imperiale, Valeriano, Gallieno, Salonina e Salonino, monete di bronzo sia senatoriali che imperatorie di secondo e terzo modulo, pure di essa sola non era finora com- (i) Zeiischrift fur Numismatik, tomo X, pag. 58 e segg. MEDAGLIONE DI BRONZO DI MARINIANA I5 parso il medaglione di gran modulo, che oggi pos- sediamo. Esso completa quindi la monetazione im- peratoria della famiglia di Gallieno ed aumenta la brevissima serie dei Medaglioni di Consacrazione i quali, — fenomeno che non mi sono mai potuto spie- gare — mentre Tatto supremo della Consacrazione pare avrebbe dovuto essere uno degli avvenimenti più indicati ad esservi rappresentati, costituiscono invece uno dei tipi più rari. La serie difatti non comprende che sette nomi con otto tipi e dieci esemplari, pure comprendendovi Tultimo, del quale non vorrei garantire assolutamente Tautenticità. I. Antonino Pio . . , (Med. Rom. n. 6) due esemplari nei Musei di Pa- rigi e di Madrid. 2. Faustina Seniore - ( „ » » 3) esempi, unico nella Coli. Gnecchi. » » ( „ w n 4) due esemplari nei Musei di Pa- dova e di Vienna. 3 Pertinace ( „ » » i) esemplare unico nel Museo di Bologna. 4- Giulia Domna . . ( „ w » 2) esem. unico nel Museo di Vienna. 5- Mariniana . . . . , (inedito^ . . . „ „ nella Coli. Gnecchi. 6. Salonino (Med. Rom. n. I) „ „ nella Coli. Gnecchi. 7- Costanzo Cloro . ( . n » i) „ „ nel Museo di Vienna. Ma il pregio principale del nuovo medaglione, il pregio che più può farlo desiderare ai raccogli- tori, è quello di aumentare di un nome la serie finora conosciuta dei principi rappresentati sui medaglioni. Tale avvenimento è necessariamente molto raro, e l'ultimo caso simile credo sia stato quello del Me- daglione di Teoderico nel 1895. Nella serie dei nomi imperiali affidati ai meda- glioni ben pochi sono quelli di cui ci rimane un unico esemplare e questi esemplari unici sono ap- punto quelli che sono giustamente considerati i più importanti. Il nuovo medaglione potrà vantare i me- desimi diritti alla celebrità di quello unico già citato l6 FRANCESCO GNECCHl di Pertinace nel Museo di Bologna, di Pupieno nel Museo Britannico, di Vittorino Padre nel Museo di Parigi, di Tetrico figlio nel Museo di Grenoble e forse del Quintillo, se autentico, nel Museo di Vienna ('). Il medaglione occupa così il secondo posto come importanza nella mia collezione, il primo es- sendo sempre tenuto dal medaglione di Teoderico, il quale non solo è unico come moneta o medaglione di quel principe, ma è Tunico monumento che ne abbia conservato il ritratto. (i) Come dissi, descrivendo questo medaglione nella mia serie, per quanto completamente ritoccato, io propendo a ritenerlo autentico ; ma contro il mio giudizio esiste quello di A. Markl, che invece lo giudica falso {IViener Numismatische Zeitschrift^ 1905, pag- 71). CIV. POCHE AGGIUNTE AL " CORPO « DEI MEDAGLIONI Durante rultima mia gita a Parigi, quando la stampa dei Medaglioni Romani era quasi al suo ter- mine, mi recai, alla Biblioteca Nazionale, a rendere una visita doverosa al signor Babelon. Ora questi, venendomi incontro gentilmente come sempre, con quel suo fare amichevole e simpatico e con quel suo abituale sorriso, che questa volta mi pareva nascondesse una punta d'ironia, mi accolse o meglio mi assah, mi fulminò con queste parole : Cher Mon- sieur Gnecchi, je dots vous prevenir que je vais pu- blier 200 Medaillons inédits.... e, dopo una breve pausa, aggiunse.... de Napoléon L La pausa fu breve, ma sufficiente perchè il mio interlocutore potesse leggere nella mia fisonomia Teffetto delle sue parole. E difatti il terribile annuncio preso alle prime su] serio, aveva prodotto su di me un'impressione di- sastrosa ; mi aveva sconvolte le idee e il mio pen- siero era corso affannosamente alla ricerca del come io avessi potuto commettere una così enorme di- menticanza, e come vi si sarebbe potuto riparare. Ma la fine della dichiarazione ridava la calma al mio spirito, e mi permetteva d'accettare lo scherzo per quello che era. Se questo però non era che uno scherzo, io pensavo sul serio che, malgrado le mie pazienti ri- l8 FRANCESCO GNECCHl cerche, buon numero di nuovi medaglioni sarebbe apparso subito dopo la mia pubblicazione e che in breve tempo ne avrei avuto abbastanza da poter fornire un buon supplemento. Generalmente basta pubblicare una serie perchè le novità e le varianti sorgano come per incanto e molte cose ignote vengano in luce, che non sa- rebbero apparse senza T invito di quella prima pub- blicazione. S'è visto quante nuove monete romane, quante varianti apparvero do] o la prima e anche dopo la seconda edizione del Cohen — io solo ne pubblicai più di tremila — . E vidi quanto avvenne per le nostre Monete di Milano. Dieci anni dopo la pubbli- cazione del volume abbiamo dovuto dare un supple- mento con poco meno di 500 pezzi ed altri ne sono seguiti più tardi e seguono tutt'ora. L'autore poi delle Monete del Reame delle Due Sicilie, il nostro buon collega Memmo Cagiati, alla sua pubblicazione s'è creduto in dovere di far seguire quale supplemento nientemeno che un periodico, il quale conta già due anni di vita e che in poco tempo raddoppierà il nu- mero delle monete descritte nell'opera. Questo fatto tanto comune non si verificò punto per i Medaglioni. Ma, se mi sembrò strano sulle prime, ora riflettendoci, credo trovarne la ragione. Prima di tutto le varianti sono assai più limitate in questa che non in qualunque altra serie di monete. In secondo luogo la serie stessa è molto limitata, e gli esemplari hanno potuto essere meglio conosciuti alla prima ricerca, perchè sono per la quasi totalità collocati nei pubblici musei o nelle collezioni private, non rimanendo che un numero estremamente esiguo allo stato errante. Le novità quindi non possono provenire che dagli scavi e questi sono attualmente ridotti alle minime proporzioni. POCHE AGGIUNTE AL « CORPO » DEI MEDAGLIONI I9 Resta quindi così giustificato lo scarsissimo nu- mero di pezzi che oggi mi trovo in grado di descri- vere. Dirò anzi che non avrei certo pensato a pub- blicare queste poche aggiunte ai Medaglioni dopo un anno della loro pubblicazione se non me ne avesse offerto Toccasione il Medaglione di Mariniana, a cui i pochi pezzi seguenti possono quasi servire di complemento. Non si tratta infatti che di due medaglioni di gran modulo, dei quali uno solo veramente nuovo, mentre Taltro era già pubblicato, ma a me era sfug- gito, e di alcuni pezzi di bronzo di dimensioni co- muni, privi di S C, tutti trovati nelle maremme dal signor Mazzini di Livorno. Se però da un canto deploro l'esiguità della messe, dall'altro è naturale che mi rallegri d'aver trovato così poco da aggiungere alla serie pubblicata. MODULO MASSIMO MARCO AVREMO. Medaglione di bronzo. B' — AVRELIVS CAESAR AVGVSTI PII F Busto a destra con manto e corazza, testa scoperta. §K — Anepigrafo. Nettuno a destra in atto di discutere con Minerva che le sta di fronte. Fra loro un al- bero. Dietro Minerva lo scudo col serpente. (Tav. I, n. i). Il bellissimo medaglione, trovato presso al Reno e conservato nel Museo Provinciale di Bonn, venne pubblicato nel 1887 da Imhoof- Blumer et Gardner {Num. Commentary on Pausanias, pag. 131, tav. XV, Londra) e da Nitzig e Blumer nel 1896 {Pausanias, t. I, tav. XI, n. io, Lipsia); ma a me era sfuggito e lo noto perciò qui, in aggiunta alla mia serie. 20 FRANCESCO GNECCHI GORDIANO PIO. Medaglione d argento. ^ — IMP CAES M GORDIANVT AVO Busto laureato a de- stra con paludamento e corazza, visto da tergo. 91 — AEQVITAS PVBLICA Le tre Monete tipo solito. Dìam. mill. 30, gr. 24,500. (Tav. I, n. 2). Coli. F. Gnecchi. Del Medaglione d'argento di Gordiano Pio col tipo delle dee Monete si conoscono otto varianti ; ma tutte colla leggenda AEQVITAS AVGVSTI, e un'altra citata dal solo Mionnet, ma di cui non si co- nosce l'attuale ubicazione con MONETA AVGVSTI, e che probabil- mente venne male interpretata, perchè tale leggenda non incomincia che da Trajano Decio. Ad ogni modo AEQVITAS PVBLICA fa col Medaglione citato la sua prima apparizione. II Medaglione è di splen- dida conservazione e porta le traccie di antica doratura. Venne trovato nel 1912 nei dintorni di Reims e passò a me per il tramite del signor Bourgey di Parigi, che già altri buoni pezzi ebbe a fornire alla mia serie di Medaglioni (i). SECONDO MODULO (Gran Bronzo) MARCO AURELIO. Dopo n. gg. B' — M ANTONINVS AVO TR P XXVIII Busto laureato a destra colla corazza a squame, visto da tergo. (i) Ultimo fra questi un Medaglione d'oro di Costantino Magno, che, speditomi lo scorso gennaio, mi venne rubato a Milano, appena ritirato dalla Posta. Siccome fu arrestato il ladro mentre la momta era già abilmente scivolata in altre mani e finora non ci fu modo di ritrovarla, ne dò qui nota onde avvertirne i collezionisti o i negozianti nel caso che non sia finita nel crogiuolo e che venisse loro offerta in vendita. Si tratta del medaglione da me descritto al n. 27 di Costan- tino, Cohen n. 16/240. /B' — Anepigrafo. Testa diademata di Costantino a destra. ^ — GLORIA CONSTANTINI Costantino a sinistra con il globo niceforo e Tasta, fra due prigionieri. Nel campo S. Esergo SMN L'esemplare (per quanto sia difficile che un altro simile sia in circola- zione) è identificabile per una lieve ammaccatura sul bordo, davanti alla faccia di Costantino, corrispondente alle lettere RI di GLORIA nel rovescio. POCHE AGGIUNTE AL « CORPO n DEI MEDAGLIONI ài 9 — IMP VI COS III Giove seduto a siilistrd c^n una vit- toriola e lo scettro. Diam. mill. 30, gr. 19,759. (Tav. I, n. 6). Coli. Mazzini a Livorno. Dopo n. gg bis. ^' — M ANTONINVS AV& tR F* XXV( Testa laureata a d. I^ — IMP VI COS III Roma seduta a sinistra con una vittoriola e Tasta; accanto a lei uno Scudo. Diam. min. 30, gr. 24,800. (Tav. I, n. 7). Coli. Mazzini. COMMODO. Dopo il. 184. ^ - \h COMMODVS ANT P FELIX AV& BIlIT Testa lau- reata a destra. 1^ — MON AVO (all'esergo) P M TR P XII IMP Vili COS V P P Le tre Monete a sinistra, ciascuna col cornu- copia e le bilancie. Diàm. mill. 29, gr. 20,5do. (Tav. I, n. 8). Diam. mill. 28, gr. 19,600. Coli. Mazzini e Gnecchi. Dopo n. iSj. /^ - L AEL AVREL COMM AVG P FEL Testa laureata a destra. ^ — SAL GEN HVM COS VI P P La Salute a destra con uno scettro, intorno al quale è attorcigliato un ser- pente, in atto di sollevare un uomo inginocchiato. Diam. mill. 30, gr. 25,000. (Tav. I, n. 9). Eguale al n. 733 di Cohen con SO — Coli. Mazzini. TERZO MODULO (Medio Bronzo) NERONE. Variante del n. 21. ^ - NERO CLAVDIVS CAESAR AVG GERM P M TR P IMP P P Testa a sinistra. 32 FRANCESCO GNECCHI 1$ — GENIO AVGVSTI Genio di fronte volto a sinistra col cornucopia in atto di versare la patera su di un'ara. Diam. min. 27, gr. 10,600. (Tav. I, n. 4). Coli. Mazzini. Variante del n, 27. ^ — NERO CLAVDIVS CAESAR AVO GERMANIO Testa a destra. 9 — PONTIF MAX TR P IMP P P Nerone laureato a de- stra in abito d'Apollo Musagete, che canta accom- pagnandosi con la lira. Diani. min. 28, gr. 10,800. (Tav. I, n. 5. Coli. Mazzini. MODULO MINIMO NERONE. Variante del n. 2j. ^ — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG GERMANIO Testa laureata a destra. ^ — PON MAX TR P IMP P P Roma seduta su delle spoglie a sinistra, con una piccola Vittoria e la spada. Diam. min. 20, gr. 6,100. " (Tav. I, n. 3). Coli. Mazzini. Approfittando della tavola, dò ai nn. io e ii la riproduzione del MB di Faustina Madre e del GB di Postumo che descrissi nelle poche aggiunte unite ai Medaglioni Romani, F. Gnecchi. RIPOSTIGLIO DI ALBA DI MASSA È un tesoretto di 99 monete di argento repub- blicane romane, rinvenuto presso il comune di Alba di Massa nel fondo così detto Colle Beio, a mezza via lungo la strada carrozzabile che da Massa va a Magliano dei Marzi, in un punto ove facevasi lo scas- sato di una vigna, ad un metro di profondità, sotto lo spigolo di un grosso masso. Nei pressi della località si rinvennero già altri e notevoli avanzi di costruzioni e di sepolcri antichi denotanti che ivi ebbe a svolgersi un notevole centro di vita romana (^). Nel gruzzolo, che credo completo, secondo le assicurazioni del proprietario che lo cedette al Museo Nazionale romano, si contano 83 denari, 15 quinari ed un vittoriato. 1 pezzi sono i seguenti in ordine alfabetico per famiglie (2) : 1 - I - Denaro anonimo dei Dioscuri. 2 - I - ,; „ col simbolo deWorecchio. 5 - 3 - „ „ colla quadriga di Giove. 6 - I - Vittoriato con al diritto il simbolo del bastone. 7 - I - Denaro di M. Aburius Geminus .... Bab. 6 IO - 3 - „ Q. Antonius Balbus .... „ i (i) Notizie degli Scavi, 1882, p. 275; 1885, p. 482; 1888, p. 531; 1890, p. 247 e 1892, pp. 32, 59. (2) Babelon, Descrtption des monnaies de la Repiiblique romaine, voi. 2, 1885. LORENZINA CESANO 11 - I - Denaro di M. Aurelius Scaurus .... Bab. 20 12 - I - „ M. Caecilius Metellus ... ,,28 13 - I - „ Q. Caecilius Metellus. ... ,; 38 16 - 3 - ,; L. Caesius „ i 18 - 2 - ,; L. Calpurnius Piso Frugi . . „ 12 19 - I - Quinario di „ „ „ „ . . „ 13 20 - I - Denaro di C. Cassius Longinus .... „ i 22 - 2 - „ M. Cipius „ I 23 - I - „ Ti. Claudius Ti. F. Ap. n. . „ 5 25 - 2 - Quinario di T. Cloulius „ i 27 - 2 - Denaro di Cn. Cornelius Lentulus ... «50 I 28 - I - „ L. Cosconius „ 31 - 3 - V P. Crepusius „ i 32 - I - „ Cn. Domitius [Ahenobarbus] . „ 7 33 - I - „ Cn. Domitius w 14 40 - 7 - Quinario di C. Egnatuleius „ i 41 - I - Denaro di Q. Fabius Labeo „ i 42 - i - y, C. Fabius C. F. Buteo ... ,,14 43 - 1 - „ M. Fannius, L. Critonnius . . „ 4 44 - I - „ L. Flaminius Cilo „ i 45 - I - » N/. Fonteius „ 7 46 - I - „ „ ,; „ 9 47 - I - „ M. Fourius L. F. Philus . . „ 18 48 - I - „ C. Fundanius „ i 49 - I - „ Cn. Gellius „ i 50 - I - Denaro di M. Herennius „ i 51 - I - „ L. Julius Bursio „ 5 53 - 2 - „ D. Junius Silanus » ^5 54"^" u n n » ,;I7 57 - 3 - „ e. Licinius Macer „ 16 58 - I - „ M. Lucilius Rufus „ i 60 - 2 - „ L. Manlius „ 4 61 - I - „ Q. Marcius Libo „ i 62 - I - „ C. Marcius Censorinus ... „ 18 63 - I - r, » V V . . . „ 19 64 - I - „ L. Marcius Censorinus ... « 24 65 - I - „ L. Memmius „ i 66 - I - „ Q. Minucius Rufus .... „ i 67 - I - „ L. Minucius ....... ,; 15 RIÌ>0StlGL10 DI ALBA DI MASSA 25 68 - 69- 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75 - 76- 79 - 3 81 - 2 83 - 2 86-3 87- 88 - 89- 90 - 91 - 92 - 93 - 94 - 95 - 96- 98 - 2 99 - I Denaro di C. e. L. C. C. L. L. C. M. Quinario di M Denaro di A Naevius Balbus. Norbanus . . . Papius .... Plutius. . . . Poblicius Malleolus Pomponius Molo Poraponius Cn. F Porcius Cato . Porcius Laeca . . Porcius Cato . . Postumius A. f. Sp Rubrius Dossenus Quinario di „ Denaro di L. p. M. C. . " , "^^ Quinario di Q. Denaro di L. M. Rutilius Flaccus Satrienus . . . Sergius Silus . Serveilius M. f. berius Veturius . Titius . . . . Titurius Sabinis Tullius. . . . Vibius Pausa C. Bab. 6 Sui quali pezzi si notano i seguenti simboli o lettere o particolari notevoli : I - Antonius Balbus: ^ Davanti al collo A • 2-3 - „ „ I^ Sotto i cavalli V — f 1 - L. Calpurnius Piso Frugi : ^ VXXV dietro il capo. 9 X C Villi nel campo su- periore Roma in monogr., nel campo inferiore. 2 - „ „ „ „ & Ancora dietro il capo, C davanti al collo. LORENZINA CESANO 9 Ancora nel campo supe- riore, R nel campo infer.' 3 - L. Calpurnius Piso Frugi : -B' Grano d'orzodietro il capo. •Ti. Claudius Ti. f. Ap. n. : 9 Sotto i cavalli A • IXXXII 1 - T. Cloulius: ^ A dietro il capo. 2 ' „ „ ^ D ' sotto il capo. 9 D ? esergo. Cn. Cornelius Lentulus: I flans sono irregolari, la fabbrica- zione rozza. 1 - P. Crepusius: B' Dietro il capo L; davanti al collo TT. 1$ Nel campo superiore CCC 2 - „ „ Jy Dietro il capo simbolo indecifrabile ; davanti al collo 'fiore. 9' Nel campo superiore CHI. 3 - „ „ B' Dietro il capo D (?), davanti al collo tartaruga. )p Nel campo superiore CCCCXVIII. C. Fabius C. f . : 9 Sotto i cavalli • |. M.' Fonteius : ^ Sotto la prua • S. C. Fundanius : B Dietro il collo O. M. Herennius : & Davanti al collo — . L. Julius Bursio : 9* Nel campo superiore CVII. 1 - D. Junius Silanus: ^ Dietro il capo B. p Eccentrico. 2 - „ „ „ B Dietro il capo E. t^ Nel campo superiore Vili • • • • 2 ' n tt n ^ Sotto i cavalli cicala (Bab. 17). C. Marcius Censorinus : iB* Sotto i cavalli XVI (Bab. 18). tj Nel campo superiore XXI. Al- Tesergo V (Bab. 19). C. Naevius Balbus : ^ Davanti al collo E. C. Norbanus : ì^ Nel campo superiore IXXXXI. L. Papius : /B' Dietro il capo anfora. I^ Sotto il grifone tripode. RIPOSTIGLIO DI ALBA DI MASSA 2^ I - M. Porcius Cato : Sotto il collo C. 3 ~ V n n V )) tifaci» L. Rubrius : Un pezzo, Bab. i, è ribattuto al rovescio, per cui si ha la seguente figurazione : P. Satrienus : B' Dietro il capo XXVIII. L. Liturius Sabinus : 1^ Esergo ( ?) (Bab. 6). Si noti che nessun pezzo porta incisioni. Ordinati cronologicamente secondo la cronologia del Babelon, cui ho contrapposto quella ultima del Grueber ('), i pezzi si ordinano come segue : (i) Grueber, Coins of the roman Re pub He in the British Museui/i, voi. 3, 1910. 28 LORENZINA CESANO O u O ha o o u o btì o O U -^ o B Uh 2 *- biO§ O iwo .- bjo O t/j o o OJ 3 a; S cr g o 2 'ci) O 3 (U erg O O O n V- i- u. ^ O O O (U c o o o e — e E S o a; e/) oj u — o e o §•-6 E g S o co OOO00000Qi:--0 C^OO C^ !>• J>» O C^OO 00 00 ^9 Ch O) !>• o o o o o o o r^ i>oo r^ o t>oo aa=^ o o 0\ Os u ce co O M OC J ^ od 0^ ^ ON m M IO IO N IO CI OJ O N o o_ M (M ^ c^ ii' ioi> mio o •7 p-l H M M M 8 co O K ^ S Od^Oi^Ct^ ^0^ co o ^ rt- 0\ N 0,^ 9^M GN OS On CO On OnOO Gn O M (fi O a- 00 U U rt «J RRftssaftafcRss&siSfirt . N H M Tj- LO C^ ^ N Qn Th Ovo Tj- ^COW ft»NNMi-iOOO U ftftaftSRs s s: Si ft a 15 » » O » t ft s t; ft R S: a MMMMt-iHwVOCO'-tlHOO'^C^'-'lOl-lCOC^'-'Wt^ ■« — co O c . 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Licinius Macer, Q. An- tonius Balbus ; tre sono i pezzi anonimi deir89-84 coi tipi dei tresviri Gargilius, Vergilius, Ogulnius. Dei quinari, 7 appartengono a C. Egnatuleius, tre a M. Porcius Cato, due a Titus Cloulius, i solo ne hanno L. Rubrius Dossenus, L. Calpurnius Fiso Frugi, Q. Titius. Di tutti questi pezzi due soltanto, il denaro col simbolo deirorecchio ed il vittoriato, risalgono, per il rispettivo peso, al terzo secolo, prima del 217 ('); tutti gli altri pezzi sono del periodò della riduzione del denarius da 7,2 ^ 7^4 1^ libbra; gli 82 denari di questo periodo pesano in media gr. 3,88; i 15 quinari in media gr. 2,00. La presenza del vittoriato e dei quinari accresce notevolmente l'importanza del nostro gruzzolo. Si sa bene che al momento in cui venne esso nascosto la coniazione del vittoriato era stata da un bel pezzo sospesa, ma il vittoriato antico correva ancora col valore però del quinario = mezzo denaro, in virtù della lex Clodia di circa il 104. Buon numero di ri- postigli noti, che risalgono al primo quarto dell'ul- timo secolo della repubblica, ne contengono in vario numero, e fra questi ripostigli (2) va annoverato il nostro. In virtù della stessa lex Clodia venne ripresa i (i) Secondo il Grueber invece (v. sopra a p. 28, 29 e 30) i due pezzi sarebbero più recenti appartenendo già al periodo della riduzione. (2) Cfr. L. Cesano in Rivista Italiana di Numism., 1912, fase. Ili, pag. 299 e sgg. 32 LORENZINA CESANO la coniazione del quinario, sospesa pur essa da più di un secolo, e nel nostro gruzzolo sono appunto esemplari di tutti i quinari coniati nel frattempo, come in maggiore o minor numero ne contengono, fra gli altri, i ripostigli di Maserà, Cingoli, Roma- gnano Sesia, Carrara, S. Miniato, Hevamos, Ron- cofreddo, Rignano, Palestrina, Ossero, nascosti tra il 93 ed il 73 a. C. (0. La questione più importante riguardante la serie dei denari repubblicani romani è ancor oggi quella che tratta della attribuzione cronologica dei singoi pezzi e gruppi di pezzi. Alla cronologia del Babelon, fissata sui dati forniti già dagli studi del Cavedoni, del Borghesi, del Mommsen e del Babelon stesso, il Grueber ultimamente ha creduto opportuno notevoli modificazioni sulla scorta del nuovo ordinamento della serie dovuta al conte De SaUs. Secondo il Grueber (^K i pezzi del nostro gruz- zolo dovrebbero così enumerarsi : (i) Cfr. Grueber. Op. cit., voi. I, pag. cvii e sgg. (2) Op. cit., voi. Ili, pag. 2 e sgg. : Taòle of Finds of roman repu- blican silver coitts. RIPOSTIGLIO t)I ALBA Di MASàA 33 MONETARII Grado di conserv. Località della zecca Q. Marcius Libo . . . Cn. Gellius C. Plutius C. Porcius Cato . . . Q. Minucius Rufus . . M. Porcius Laeca . . . M. Aburius Gem. . . . Cn. Domitius Cn. Domitius Ahen. , . C. Cassius Longinus . . L. Minucius .... Caecilius Q. Fabius Labeo . . . M. Tullius C. Egnatuleius .... T. Cloulius M. Sergius Silo. . . . L. Flaminius Cilo . . . M. Cipius M. Caecilius Met. . . . Ti. Veturius C. Serveilius M. f. . . M. Fourius L. f. ... L. Pomponius .... L. Cosconius M. Aurelius Scaurus . . L. Caesius M.* Fonteius M. Herennius M. Porcius Cato . . . L. Memmius C. Fabius C. "f. Buteo . M. Lucilius Rufus . . . C. Fundanius L. Pomponius Molo . . C. Poblicius Malleolus . D. Junius Silanus . . . L. Calpurnius Piso Frugi Q. Titius C. Vibius Pansa .... L. Titurius Sabinus . . C. Marcius Censorinus . M. Fannius - L. Critonius Cn. Cornelius Lentulus . 172-151 150-125 124-103 102-100 102 lOI 99-94 94 93-92 92 91 90 89 88 87 86 logoro n meno logoro quasi buono meno logoro buono logoro meno logoro logoro meno logoro mediocre quasi buono logoro meno logoro » R buono 1 mediocre R » R buono 1 mediocre I w R y) R R buono I » I n R n R » R ff R mediocre H » R )) R » R R R I I I R R I R R R R I I R R 1 I I R I I I R 34 LORENZlNA CESANO MONETARII Grado di conserv. iocalità delta zecca L. Rubrius Dossenus. . . L. Julius Bursio C. Licinius Macer .... M.' Fonteius C. f. . . . . Anonimi: Testa di Apollo (Quadriga di Giove) . . P. Crepusius L. Marcius Censorinus . . C. Norbanus Q. Antonius Balbus . . . A. Postumius L. Manlius proq C. Naevius Balbus. . . . Ti. Claudius Ti. f. Ap. n. L. Papius L. Rutilius Flaccus . . . P. Satrienus buoni quasi buoni mediocre quasi buovo buono mediocre ottimo )} buono ottimo »; w R R R R R R R R R R Est R R R R R ^ Sia per la complessità del tema sia ancora per la esiguità del nostro ripostiglio mi è possibile an- notare ed esaminare soltanto casi singoli, pei quali si notano fra i due quadri cronologici le maggiori divergenze, per apportare un piccolo contributo di osservazioni ed anco di impressioni personali, non inutile per la futura soluzione definitiva dei varii quesiti cronologici. Premetterò intanto che, secondo il grado di con- servazione riscontrato sui pezzi del nostro ripostiglio, non sembrano a loro luogo : i." I pezzi di Cn. Domitius Ahenobarbus (124-103), M. Sergius Silus (99-94), L. Caesius (91), M. Porcius Cato (90), perchè si mostrano di conser- vazione migliore dei pezzi loro dati per contempo- ranei. I due ultimi andrebbero ravvicinati ed anno- verati subito prima deir89, ed anche agli altri due RIPOSTIGLIO DI ALBA DI MASSA 35 monetari dovrebbero assegnarsi date più recenti di quelle loro assegnate tuttora; 2/ I pezzi di L. Titurius Sabinus, C. Marcius Censorinus, M. Fannius, L. Critonnius, Cn. Lentulus, assegnati air87-86, perchè si mostrano in condizioni inferiori del gruppo immediatamente precedente del- r89 88 e parte deir87. Essi parrebbero dover essere anteposti a questi ultimi così : L. Titurius, Cn. Len- tulus, L. Pomponius Molo, C. Vibius Pausa. Non mi attardo a discutere in particolare dei singoli nomi, per l'osservazione premessa a queste note; sono troppi infatti i monetari assenti da questo ripostiglio, onde molte le lacune ; 3." Anche i pezzi di L. Julius Bursio (85) e di C. Norbanus (82) sono in condizione inferiore dei pezzi contemporanei; dall' 89 infatti tutti gli altri pezzi, eccetto le notate eccezioni, si mostrano o in buone condizioni cioè quasi freschi di conio o del tutto freschi di conio come devono essere i pezzi coniati solo da poco più di io anni prima del nascondimento del gruzzolo in poi sino al momento stesso del sot- terramento. L'esame comparativo delle due cronologie del Babelon e del Grueber mostra che notevoli sono le divergenze sopratutto per i monetari annoverati al secondo secolo a. C, ciò che appare spiegabile quando si pensi quali sieno i criteri su cui si fon- dano esclusivamente le varie date e quali i sussidi che le hanno confermate. I criteri sono i seguenti (i) : somiglianza e affinità di fabbrica, stile delle figura- zioni, sviluppo dei tipi e delle leggende, paleografia di queste ultime, peso delle monete di bronzo cor- (i) Cfr. sopratutto Grueber. Op. cit., voi. I, pag. 45 e poi la sua prefazione ai singoli periodi della monetazione rep. roman^. 36 LORENZINA CESANO rispondenti; i quali criteri, pur suscettibili di ecce- zioni notevoli, se valgono a determinare i grandi gruppi e le suddivisioni maggiori, sono evidente- mente insufficenti alla determinazione cronologica dei singoli pezzi. I più antichi ripostigli noti di mo- nete di arg. repubblicane romane scendono tutti, con una sola eccezione (0, al principio del primo secolo a. C. (e. 92 a. C. (2)), dal quale momento in poi ne abbiamo per quasi ogni anno del secolo; sino a questo momento dunque mancano gli elementi, sui quali si fonda, colla maggior sicurezza, la cronologia dei pezzi dell'ultimo secolo: cioè la presenza e il grado di conservazione nei singoli ripostigli. Come lo rico- noscerà chiunque abbia un po' pratica di ripostigli, o ne ricordi le più accurate descrizioni, i pezzi dei periodi più antichi, seppur si contino fra di loro cinquanta e più anni, mostrano bene spesso un grado di conservazione quasi identico, con differenze ne apprezzabih ne tanto meno esprimibih; la loro man- canza poi si deve addebitare quasi esclusivamente al caso che nella circolazione monetaria è sovrano. La soverchia importanza che si è voluta attri- buire ai caratteri estrinseci dei pezzi, di fabbrica cioè e di stile, ha indotto il conte De Salis in un errore, secondo me, fondamentale, all'attribuzione cioè di pezzi singoH a zecche extraurbane (3), attribuzione che quei caratteri, da soli, io non credo possano autorizzare; io quindi ritengo ancora che, per es. i pezzi di C. Plutius, C. Cato e Q. Minucius Rufus, siano di coniazione urbana; uno sguardo alle tavole n. XXV- XXVI del Catalogo del Grueber (monetazione ur- bana del periodo 150-125) e n. XCII (monetazione (1) Vedi sotto. (2) Grueber. Op. cit., voi. I, pag. CVIII e sgg. e pag. CXVI. (3) Idem, voi. II, pag. 141 e sgg. RIPOSTIGLIO DI ALBA DI MASSA 37 di zecche italiche indeterminate, dello stesso periodo), mi pare possa bastare a provarci come tutta la mo- netazione dell'argento di questo periodo, abbia subito, seppure in misura varia, una notevole degenera- zione dello stile anteriore, più sobrio, più fine nelle raffigurazioni delle teste del diritto dei pezzi (0, ed anzi si noterà a prima vista che alcuni pezzi, come quelli di P. Paetus, L. Julius, L. Trebonius, C. Cu- riatius Trig., anco nelle leggende mostrino caratteri identici a queUi di C. Plutius, C. Cato, M. Garbo. Ho parlato di sussidi per la determinazione cro- nologica dei pezzi del secondo secolo a. C. solo per aver modo di dichiarare che essi mancano quasi del tutto; poco o nulla ci aiutano air identificazione dei monetari la letteratura storica antica e l'epigrafia; le attribuzioni sono necessariamente vaghe ed incerte, tanto che non si è potuto determinare per questo periodo alcun collegio di tresviri monetales. * L' esame dei casi singoli di maggior divergenza fra le due cronologie, in relazione col nostro ripo- stiglio, mi ha suggerito le seguenti considerazioni: Il Mommsen ed il Babelon (2) assegnano a circa il 214 a. C. C. Plutius y che il Grueber (3) pone al principio del periodo 150-125, ravvicinandolo ai de- nari di G. Gato, Q. Minuncius Rufus pure presenti nel gruzzolo. Tale ravvicinamento, già osservato dal Ga- vedoni (+) che assegnava a 194 tutti e tre i monetari e che il Grueber appoggia egualmente sulla somi- (i) Cfr. idem, voi. I, pag. XCVI e sgg. (2) Mommsen-Blacas. Histoire, TI, pag. 300; Babelon. Op. cit., 5. v, (3) Op. cit., s, V. (4) Ripostigli f passim ai singoli monetari. 38 LORENZINA CESANO glianza dei caratteri estrinsici, di fabbrica e di stile, mi appare giustificato perchè confermato da quanto se- gue. Eccetto i denari anonimi, il vittoriato ed il pezzo di Q. Marcius Libo, il nostro gruzzolo appare com- posto esclusivamente di pezzi appartenenti ai pe- riodi 150-125-103 e sgg. sino al 77-74 a. C, vi man- cano cioè tutti i pezzi iscritti nei periodi precedenti, i quali, alla loro volta, costituiscono un altro ripo- stiglio, il più antico finora rinvenuto, quello di Roma(^). Questo gruzzolo, se completo e genuino, ci offre un ottimo termine di confronto, ed è una conferma alla cronologia del Grueber per questi periodi più an- tichi ; esso infatti non comprende il denaro di C. Plutius, il quale, a ragione, il Grueber fa più re- cente di almeno 65 anni. Si noti inoltre che a tutti i pezzi iscritti nel rispostiglio romano, eccetto cinque denari (2), rispondono assi onciali, laddove questi man- (1) Rivista Ital. di Num., 1907, pag. 211 e sgg. Questo ripostiglio consta dei seguenti pezzi : a) Anonimi {Dioscuri) esemplari 8; P) Anonimi con simboli es. 6; Vittoriati es. 2; Grueber, periodo 196-173 Roma: \-z {L. Plautius Hupsaeus) es. i; AVTR es. I ; CN • CALP • es. i ; P • MAE (P. Maenius) es. 2 ; y) Id. hai: AA es. i; i) Periodo 172-151 Roma: C • IVNI C-F es. 6; S-AFRA es. 7; M • ATIL • SARAN es. 4; Q • MARC • LIBO es. 7; L • SEMP • PITIO es. 9; L • ITI es. i; SCR es. 6; SAR es. 4; NAT es. 5; C • TER • LVC es. 6 ; P • SVLA es. 4 ; L • SAVF es. 6 ; NATTA es. 8 ; FLAVS es. 2 ; L • CVP es. 4 ; e) Id. Ital.: PVR es. 3; C • MAIANI es. 9; Vittoria in biga, es. io ; tutti in buono od in ottimo stato di conservazione, eccetto i vittoriati. (2) Non coniarono bronzo : CN • CALP ; P MAE ; L • ITI ; FLAVS ; L • CVP ; [NATTA (!)] Cfr. Grueber. Op. cit., s. v. Ripostiglio di alba di massa 39 cano pur tutti i denari del nostro gruzzolo, eccetto per Q. Marcius Libo, sino ai pezzi dal 90 in poi (0, ciò che bene si accorda con quanto la scienza nu- mismatica ha sinora fissato. I due denari Q. Minucius Rufus e L. Minucius, il primo coi Dioscuri, il secondo colla quadriga, mo- strano caratteri stilistici e di fabbricazione egual- mente rozzi, e simile stato di conservazione da giu- stificare, secondo me, un maggior riavvicinamento di quello pur ammesso dal Grueber; il primo po- trebbe datarsi alla fine del periodo 150-125, Taltro al principio del seguente 124-103. Il Cavedoni, come ho già ricordato, assegnava Q. Minucius al 194, e L. Minucius al 189. Cinque denari sono nel nostro gruzzolo iscritti a membri della gens Domitia : 1. 1$ — CN • DOM[l] (Bab. 7) quadriga di Giove. 2. 9^ ~ CN • DOM (Bab. 14) biga della Vittoria sotto cui è un uomo che combatte con un cane. 3-5. 9/ — L • LIC • CN • DOM (Bab. 15, 16 e 18), i tre pezzi, serrati, dei monetari M. Aurelius Scaurus, L. Cosco- nius e L. Pomponius. Questi pezzi mostrano un grado diverso di con- servazione e cioè Bab. 7, 15, 16, 18, sono logori; Bab. 14 è buono, quasi fresco di conio; anche (i) Dei monetari presenti nel nostro gruzzolo dal 150 al 90 a. C. il maggior numero han coniato in bronzo i nominali inferiori deirasse, cioè dal semis in poi ; non coniarono affatto bronzo : C. Plutius, M. Por- cius Laeca, M. Tuliius, C. Egnatuleius, M. Sergius Silo, L. Flaminius Cilo, M. Fourius, L. Caesius, L. Cosconius, L. Aurelius Scaurus. Dal 90 a. C. in poi sino all' 84 han coniato Tasse e sue suddivisioni tutti i monetari presenti nel nostro gruzzolo, eccetto: M. Porcius Cato, L. Mem- mius, M. Lucilius Rufus, C. Fundanius, D. Junius Silanus, M. Fannius, L. Critonnius, L. Julius Bursio. Non hanno coniato bronzo tutti gli altri più recenti dall' 84 al 77 a. C. 40 LORENZI N A CESANO diversi sono lo stile e la fabbrica: Bab. 7 essendo di flan largo e fino ; Bab. 14 di flan stretto e spesso; gli altri tre, serrati. Per tutte queste diversità, di rappresentanze, stile, tecnica, fabbrica e conservazione, i pezzi mi sembrano appartenenti ad epoche ed a personaggi ben distinti. Il Grueber invece preferisce attribuire tutti questi pezzi ad un solo personaggio, a Cn. Do- mitius Ahenobarbus, console del 96 a. C, il quale avrebbe coniato il primo pezzo (Bab. 7) a Roma, e il secondo (Bab 14) in una zecca indeterminata della penisola, ambedue circa il 103, essendo allora col- lega dei monetali Q. Curtius e M. Silanus (coi quali inscrive il suo nome anche sulla serie del bronzo: semts e nom. infr.), ed infine avrebbe segnato pure il gruppo dei serrati, essendo censore insieme a L. Licinius Crassus, circa il 92. La conservazione diversa dei pezzi indicherebbe date diverse anche da quelle apposte dal Grueber ; quanto alla determinazione dei personaggi anche il Babelon pare ne consideri due diversi, omonimi, seb- bene li faccia tutti e due consoli nel 96 a. C. (^^. Come ho già detto, non vedo ragioni per attribuire i tre gruppi di pezzi ad un solo personaggio, che avrebbe dovuto svolgere una attività straordinaria nel campo della monetazione romana. Il Cavedoni assegnava Bab. 14 al 1 12-109; Bab. 7 al 138 ed i pezzi serrati al 149, distinguendo tre personaggi diversi. Il Babelon assegna a Q. Caecilius Metellus Pius, cònsole deir 80, il denaro anonimo col simbolo della testa di elefante al rovescio sotto la biga. Il Grueber, considerando il pezzo più antico, cioè del periodo 124- 103 (già il Bahrfeldt T aveva assegnato a circa il (i) Cfr. op. cit., voi. I, pag. 460 e sgg. RIPOStlGLlO Dt ALBA DI MASSA 4t 125 (^)), non accetta tale identificazione e preferisce lasciar sospesa la questione ; sono del resto dalFA. assegnati diversamente che dal Babelon tutti i varii gruppi delle monete dei Caecilii. Pel grado di con- servazione e pei tipi preferisco ancor io considerare il pezzo qui in questione più antico del 100 a. C. Per i denari di Q. Fabius Labeo e di M. Tnllius la divergenza neirattribuzione cronologica è notevole, ma nessuna delle due opinioni appare più giustifi- cata deir altra. Già il Cavedoni aveva attribuito M. Tullius al 97, facendo di molto più antico Q. Fa- bius Labeo che poneva al periodo 174-164. Di M. Caecilius MeteUns Q. /. è nel nostro ri- postigho solo Tesemplare colla testa di Roma; manca quello più raro della testa di Apollo. Questo mone- tario, insieme coi colleghi Q. Fabius Maximus Ebur- nus e C. Serveihus, il Mommsen classifica al 114, il Babelon al 122, il Grueber al 94. Secondo que- st' ultimo, il monetario non sarebbe quindi il console del 115, terzo figho di Q. Metellus Macedonicus ma un figlio di Q. Caecilius Metellus che fu a sua volta nipote del celebre Q. Caecilius Metellus Macedo- nicus e console nel 98. Sulla testimonianza dei ripostigli più antichi, del 93-90 a. C, il Grueber assegna la data più recente cioè il 93-92 ai pezzi di Ti. Veiurius e C. Serveilius, che il Mommsen e il Babelon datano rispettivamente al 129 e 124. Ho ì' impressione che troppo recenti li creda il Grueber, e che si possano apporre a qualche anno prima del 100, come già pensava il Cavedoni che assegnò Ti. Veturius al 104 e C. Serveihus al idi ; nei ripostigli datati al 93-90 (2) essi non sono fiori di conio, ìnoMvt eran troppo numerosi, e Tesperienza (i) Numism. Zeitschrift, 1881, pag. 161. (2) Maserà, Oliva, La Riccia, cfr. Grueber, op. cit., II, pag. 279, n. 2. 6 42 LORENilNA CESANO ci insegna che le monete che si trovano in maggior numero nei ripostigli non sono già quelle coniate immediatamente prima del nascondimento, ma quelle di qualche anno precedente il nascondimento, e ciò si spiega, ben sapendo che le monete, nella circola- zione, rimanevano per molti decenni, quindi le ultime emesse non trovavano già il campo del tutto libero ma solo a poco a poco prendevano il loro posto ac- canto alle altre. Nel nostro gruzzolo sono i due denari dei Fontei, segnati il primo da M\ Fonteius, il secondo da M.' Fonteius C. f., intorno ai quali è viva la que- stione cronologica, trattandosi di sapere se appar- tengono i pezzi ad uno o a due monetari distinti. Cicerone ci informa (^) che M.' Fonteius C. f. fu nei suoi giovani anni triumviro ; sappiamo inoltre che fu questore nell' 85-84, legato in Spagna e poi pre- tore della Narbonense nel 76-73. La questione è di sapere se il monetario che segna la prima emissione (M/ Fonteius) dev'essere identificato col questore deir 85 e se esso è la stessa persona che coniò di poi moneta segnandola con: M.' Fonteius C. f. Il Mommsen (2) considerò trattarsi di due emissioni, del 114 e 85, dovute a due diverse persone, identi- ficando il monetario deir85 col questore di quell'anno che coniò appunto come tale. Anche il Babelon (s. v) distingue due monetarii che appone al 104 ed air88, per cui M/ Fonteius C. f. non coniò quindi da quae- stor, ma alcuni anni prima. Il Grueber preferisce ai- rincontro dare le due emissioni ad un solo perso- naggio, che avrebbe coniato nel 91 e neir85 (quaestor). S'intende quindi la ragione di riavvicinare le due date, come autorizza a fare l'esame dei ripostigli (i) prò Font., 3, 5. (2) Op. cit. II, pag. 445. RIPOSTIGLIO DI ALBA DI MASSA 43 più antichi. Già Cavedoni aveva assegnato M.' Fon- teius airSv e Taltro air 84. Quanto però all'identificazione dei personaggi mi pare che la differenza notevole che passa tra i due gruppi di pezzi giustifichi Tattribuzione a due personaggi diversi, tanto più che solo pochi anni passerebbero fra Tuna e l'altra emissione. Non solo nei tipi si differenziano ma ancora perchè la prima (M.* Fonteiiis) consta di soli denari, i cui singoli esem- plari sono individualizzati da lettere deiralfabeto la- tino e greco, accompagnate da punti, ecc., la seconda emissione non presenta tale particolarità, consta di denari, quinari e bronzi della serie semionciale (asse e sudd.). Su quest'ultima emissione non vi ha poi il Q che, in generale, dal 100 in poi, distingue le emissioni dei questori ; nulla quindi autorizza inoltre a ritenere tale gruppo di pezzi emessi da un quaestor (0. Sulla scorta dei ripostigli più antichi il Grueber attribuisce il denaro di M, Herennius al 91 laddove il Cavedoni lo assegnava al 108 ed il Babelon al 99; così pure il quinario di M. Cato l'A. fa più recente di IO anni, onde si ha una diversa identificazione del monetario. Attribuito il quinario al 100, il Momm- sen ed il Babelon V assegnarono a M. Porcius padre deirUticense, morto tra il 95 ed il 91. Datato il pezzo al 90, il Grueber lo attribuisce ad un cugino dell' Uticense, figlio del console omonimo del 118. La buona conservazione dei tre pezzi del nostro gruzzolo pare giustificare il Grueber. Il quale identifica poi C Fundanius Q. nel padre (i) Aggiungono al loro nome la determinazione Q{uaestor) a Roma già i seguenti monetari : Piso e Caepio dell'anno (oo, Appius Claudius e T. Mallius (Q. VR^banusI) del 91, C. Fundanius dtWQg, L. PlaetoriusL. f. del 75, P. Lentulus P. f. L, n. del 74 (Q. S. C), ed inoltre : L. Manlius Torquatus e M. Sergius Silo del 99-94 e Q. Lutatius Cerro del 90 dei quali il Grueber attribuisce i pezzi a zecche locali italiche, 44 LORENZINA CESANO di Fundania, moglie di M. Terentius Varrò, e del tribuno della plebe omonimo del 72, e per la somi- glianza di fabbrica e del tipo del diritto del suo de- naro coi pezzi di L. Sentius, M. Serveilius e L. Julius, e per i dati forniti dai ripostigli, appone all' 89. Il Babelon invece, seguendo il Cavedoni ed in parte il Borghesi (^>, riconnesso il tipo del rovescio al trionfo di Mario sui Teutoni e Cimbri nel idi, considera la moneta emessa da C. Fundanius qtiaestor di questo anno, che sarebbe poi stato lo stesso tribuno del 72. Noterò che già a sua volta il Borghesi non am- metteva che il questore del idi ed il tribuno del 72 fossero la stessa persona. Perchè il tipo del diritto è identico a quello dei denari di M/ Fonteius il Babelon ascrive all' 88 i denari anonimi colla quadriga di Giove, i quali il Grueber riunisce, forse pili giustamente, ai pezzi dei tresviri Gargilius, Vergilius, Ogulnius, ai quali sono del tutto identici, per fabbricazione cioè e per i tipi delle due faccie. Non è stata ancora studiata la ra- gione del ritrovarsi pezzi anonimi identici a pezzi iscritti: non è questo il solo esempio: abbiamo pur denari e quinari anonimi da attribuirsi a M/ Fonteius C. f. (alcuni colla formola EX A • P •) e denari e quinari anonimi di L. Julius Bursio. La monetazione anonima è ancora rappresentata da altri pezzi in questo pe- riodo, cioè dal denaro col tipo AtWAugurium Ro- muli (2) e dal quinario dalla testa di Apollo (3), il primo del Grueber assegnato al 93-92, il secondo air 89. (i) Cavedoni, Ripostigli^ pag. 87, 125; Borghesi, Oeuvres compi, U, pag- 307-308. (2) Babelon, Op. cit., I, p. 72, n. 176; Grueber, Op. cit., II, pag. 284, n. 562 e sgg. (3) Babelon, Op. cit, I, pag. 77, n. 227 j Grueber, Op. cit., II, pag. 313, n. 748 e sgg. RIPOSTIGLIO DI ALBA DI MASSA 45 Nel quadro cronologico dei ripostigli compilato dal Grueber ('), il nostro dovrebbe essere enume- rato subito dopo quello di Hev-Szamos (Transilvania) e prima di quelli di Roncofreddo, Frascarolo e Rignano contemporanei. Il primo, rinvenuto in paese tanto lontano dall'Italia, nel 1844, è composto di ap- pena 120 denari, insieme coi quali però erano 318 dramme di Dyrrhachium; degli altri, quello di Ron- cofreddo (Romagna), è composto di 6000 denari e 17 quinari, quello di Frascarolo (Modena) comprende UGO pezzi airincirca ; e quello di Rignano (Firenze) 94 denari e 2 quinari. Due altri grandi ripostigli pos- sono, per Tetà, essergli contemporanei, quello di Carrara di 3000 denari e 505 quinari e quello di S. Miniato di 3480 pezzi, del quale ultimo furono però esaminati solo IC95 denari, 70 quinari e 15 vittoriati. Questi due gruzzoli però, perchè contenenti, secondo il Grueber, pezzi coniati fuori d'Italia, più recenti degli ultimi coniati a Roma, si sostiene sieno stati por- tati dairestero in Italia e qui nascosti; essi quindi si mostrerebbero a noi in condizioni speciali loro pro- prie, che li fa appartare dalla serie. (I) Op. cit., voi. Ili, pag. 2 e sgg., cfr. I, pag. CVII e sgg., CXVI e sgg. 46 LORENZI MA CESANO o (A O 0. U o o co o > U o 3 u a X I ** o a o < CU ss =3 O ^ o o a < z z z z z z z z z z z (!) (*> 1 1 1 O e!) (!) (!) 1 1 i (!) 1 (!) (!) (!) 1 1 c.b K oc oc oc oc oc oc oc oc 01 OH 0^ ùi, oc oc 1 1 oc oc oc 1 OC oc oc oc OC U. oc oc 1 ^ 1 u. 1 U. IL li. u. 1 1 IL. u. u. 1 u. u. u. u. u. u. 1 O O o u u u U u u u u u CJ u (J u u u z z z z z z z z z 1 z z z z 1 z z z z z O O o O o o O O o 1 o o o o 1 O O o o o 01 0^ oc oc oc oc oc tk: oc oc oc oc a: oc 01 oc oc oc < < < < «< < -< < co > > > > > > > tu 1 1 1 1 LU UJ UJ UJ 1 UJ UJ UJ 1 1 1 1 1 1 i X I X X X X X X j r»- o- 1 z s s z 1 CO 1 1 1 1 (0 1 1 1 1 1 1 1 1 i eo to co co 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 0£ 0^ OC oc oc < < < < < 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 u u u u u . . z . . . . . . . . . . . . •j OD z ^ • m > z < CO u. < CL < u u. u re "Cl o o c u O o u. a u CD < m a. u. P Q ffl < ne co u. -1 u. IL o u. ùj co > z UJ Z > co < u. O oc 1- UJ oc ( ) GNATIVS . . . ARSVLEI • MENSO O m OH co S U ffl UJ n" > < -J U ^ O co co o oc -J 1- co o O -< (O > < << O oc < < o > >. > < z a. ^ Q. z CL > 0. u > CO Q. OC -J oc UJ LL O u < (j X UJ u u ^ P -1 u -1 z Q. u ^ ^ -J U -1 cS M 00 S g: ?. ^ IO RIPOSTIGLIO Di ALBA Di MASSA < w o u z o u u u u Z Z Z Z o o o o Q^ 0^ Q^ D£ <, i ^ 1 1 1 1 1 1 1 co 1 < z > > 1 1 LU 1 1 1 1 1 ^ 1 1 1 X ' ' 1 ■ X ' z 1 ^1 i 1 1 ^1 1 1 1 (/) 1 col 1 1 1 1 1 Ql oc: oc , , oc i ^ < < < < < u u u ' ' u ' (J Cu I oc u co =^ z u. z . < > a u oc ' CL U. IH 00 ■ oc > o ss ~ I- . Q- _ Z -* ^ "^ uu a ^ o -j (!) < < "■ > 00 0. Z Z 1 0^ :3 O -j M 00 à > CL O O c u o > z " LU « Q. :3 I- ^ * 'O cg 00 MONETE ITALIANE INEDITE della Raccolta PAPADOPOLI VI. Fin da quando cominciai a raccogliere monete italiane, cioè fin dalla mia prima giovinezza, ho sem- pre avuta una speciale predilezione per quelle co- niate dai Gonzaga tanto nella loro zecca principale di Mantova quanto in quelle del Monferrato e dei feudi minori del territorio Mantovano. Già per ben due volte ebbi occasione di far conoscere esemplari inediti di prodotti poco ortodossi di queste ultime officine (0, e ora, pur avendo altre monete di esse da pubblicare, voglio farle precedere da un articolo consacrato ad alcune monete uscite dalla zecca di Mantova o del Monferrato tuttora ignote alla bi- bliografia numismatica italiana. Non èvvi forse altra officina che abbia dato una produzione così svariata, abbondante e sopra tutto di così alto valore artistico come quella di Mantova, eppure non si è ancora trovato T illustratore degno che ne abbia messo in luce la storia economica e artistica. Il Portioli limitò i suoi studi all'epoca più antica e a (i) Monete inedite delle zecche minori dei Gonzaga esistenti nella Rac- colta Papadopoli in Periodico di Numismatica e Sfragistica per la Storia d'Italia. Firenze, anno V, 1873, pag. 301-312, con 2 tav. — Monete ita- liane inedite della Raccolta Papadopoli, II, in Rivista Italiana di Numi- smatica. Milano, anno VI, 1893, pag. 303-333, fig. 50 NICOLÒ PAPADOPOLI quella più recente, lasciando ancora inesplorata la più ricca, quella dei marchesi e dei duchi (0. Così mentre oggi gli archivi hanno risposto largamente alle inter- rogazioni degli studiosi italiani e stranieri per tutto quanto riguarda la vita della splendida Corte e delle illustri principesse che vi portarono il fascino della bellezza e dell'arte, nulla ci dissero ancora della storia interna ed esterna delle monete e delle me- daglie dei Gonzaga tanto avidamente ricercate dai raccoglitori per la loro bellezza, e sono ignoti an- cora i nomi di molti artisti che, per nulla inferiori a quelli che maneggiarono il pennello e lo scalpello, lavorarono • col bulino attorno alle loro veramente mirabih figurazioni. Per questo, all' infuori di poche eccezioni, quasi tutte le monete di Mantova possono considerarsi come inedite : ciò non ostante io mi contenterò di pubblicare soltanto quelle che mi parranno più degne dell' attenzione dei numismatici, nella spe- ranza che questo mio lavoro possa produrre il frutto d'invogliare qualcuno a studiare l'argomento simpa- tico e indubbiamente fecondo di risultati che daranno agli studiosi tutte le notizie che pur troppo io non sono in grado di portare a completa illustrazione dei pezzi che pongo in luce. • » • Comincio con una moneta che non appartiene ai Gonzaga ma bensì alla prima epoca della zecca (i) Attilio Portigli, La Zecca di Mantova. Parte prima. La Zecca Imperiale, La Zecca podestarile, Proemio alla Zecca dei Gonzaga. Man- tova, 1879, in-8, pag. 120, con i tav. — Parte seconda. La Zecca dei Capitani. Ivi, 1880, in-8, pag. 78, con i tav. — Parte sesta. La Zecca Austriaca. Ivi, 1880, in-8, pag. 96, con 2 tav. — Parte settima ed ultima. Le Zecche ossidionali. Ivi, 1882, in-8, pag. 104, con 2 tav. MONETE ITALIANE INEDITE 5I mantovana che va dal secolo XII al XIII, e preci- samente al periodo detto vescovile. É un denaro sco- dellato di argento basso, non inedito del tutto perchè riprodotto con disegno non molto esatto dal Volta (0 e dal Portioli (2), però ho creduto farne noto lo splen- dido disegno del Kunz eseguito su un esemplare della mia raccolta, che differisce da quelli editi per i punti della leggenda e le punte nel campo. I. Argento. Diam. niill. 14, peso gr. 0,26. ^ — + • EPISCO^ • La leggenda comincia da destra in in alto ; nel campo un punto sotto al quale la let- tera V e sopra la lettera I entro un doppio cer- chio lineare dal quale partono due punte verso il centro. I^ — + • MANTVE Leggenda da destra in alto, nel campo croce patente entro cerchio rigato. Il denaro che segue, di peso e titolo notevol- mente inferiore al precedente, sebbene ne discenda per il tipo e anche per il valore, tenuto conto del tempo che intercede fra Tuno e Taltro, appartiene senza dubbio a Lodovico II Gonzaga, Capitano del popolo dal 1369 al 1382. Non vi si trova infatti il titolo di marchese conseguito dai Gonzaga nel 1432 e c'è invece la indicazione del cognome che scom- pare dalle monete dopo ^apparizione del titolo Mar- chionale. (i) Leopoleo Camillo Volta, Dell'origine della Zecca di Mantova in Zanetti G. A=, Nuova Raccolta, ecc., tomo III. Bologna MDCCLXXXUI, pag. 254, tav. XVn, n. 12. (2) Op. cit. Parte prima, n. 7 della tavola. 52 NICOLO PAPADOPOLI 2. Mistura. Diam. mill. 12, peso gr, 0,16. B' — + -D-GON... • Leggenda da destra in alto, nel campo le lettere L O sormontate da un segno che non è chiaro ma sembra un indice di abbreviazione, entro cerchio di perline. Iji — + • D • MANTVA • Leggenda da destra in alto, nel campo la lettera V sormontata da una I entro un cerchio di perline. Di Francesco II, quarto marchese (1484-1519), ho due monete bellissime come tutte quelle di questo principe che segna Tepoca fehce in cui Tarte e il buon gusto regnavano a Mantova sotto la guida sa- piente d'Isabella d' Este. La prima è uno zecchino col busto di France- sco in età matura e con tutta la barba, poiché fu egli quello che rimise in onore Tuso di portarla. 3. Oro, Diam. mill. 23, peso gr. 3,48. 'B — . FRAN • MAR • MANT • llll Leggenda da sinistra in basso; busto del Principe con berretto volto a a sin. in doppio cerchio lineare, sotto due punti. 9 — • XPI • SAN GVINIS • Leggenda da destra in alto; ta- bernacolo del preziosissimo Sangue sormontato da una crocetta che va a tagliare la leggenda, entro triplice cerchio lineare. La seconda è una bellissima monetina di buon argento, con la testa del marchese ancora giovane MONETE ITALIANE INEDITE 53 intagliata con arte finissima che si scorge perfetta- mente non ostante sia un po' consunta dalFuso. Do- vrebbe essere il soldo della lira mantovana che il Portioli ci assicura uguale a quella veneziana (^): in- fatti i bellissimi testoni di Francesco equivalgono esattamente per il peso a una lira e mezza quale allora si coniava a Venezia. Il soldo veneziano, della stessa bontà della lira o mocenigo, pesava allora normalmente grammi 0,326, quindi un po' meno di questo soldino mantovano, ma forse la lieve diffe- renza di peso era compensata dalla minore bontà dell'argento al quale si usava spesso aggiungere maggiore quantità di lega nelle monete di piccolo valore onde poterle fare di volume un po' più grande e più comode a maneggiarsi. 4. Argento. Diam. mill. 12, peso gr. 0,36. ÌB' - -FR- MAR- MA. ...VE IMI- Leggenda da sinistra in basso ; busto di Francesco in armatura volto a sinistra con barba e lunga capigliatura. ^ — Trofeo d'armi senza leggenda. A questo principe probabilmente appartengono le due monete anonime che seguono. Esse infatti sono lavorate tutt'e due con la eleganza artistica propria dell'epoca, tanto che i disegni, per quanto eseguiti da egregio artista, non possono rendere se non approssimativamente la finezza di gusto del con- cetto e la delicatezza della esecuzione. Se si ag- giunge che la prima porta al rovescio la cervetta col motto bider craft, impresa prediletta del marchese (i) Op. cit. Parte prima, pag. 57, 98, 99. 54 NICOLÒ PAPADOPOLI Francesco, e che tra esse appare lo stretto legame che corre fra Finterò e una frazione, si troverà per lo meno assai giustificata la mia attribuzione. 5. Mistura, Diam. iiìill. 15, peso gr. 0,82. ^ — VIRGILIVS MARO • Leggenda da sinistra in basso ; busto laureato di Virgilio a sinistra. 5^ — Cerva retrospiciente andante a sinistra ; al disopra nel campo nastro svolazzante col motto : BIDER CRAF. 6. Mistura. Diatn. mill. 12, peso gr. 0,23. ^ — VIRG-ILIVS MA... Tutto come la precedente. tj! — XPI I SANG-VmiS Leggenda da destra in alto; tabernacolo sormontato da piccola croce che ta- glia la leggenda. Di Federico II figlio del marchese Francesco e di Isabella d'Este (1519 1540) possiedo il doppio du- cato coniato dopo il 1521 quando egli fu fatto Gon- faloniere o Capitano Generale della Chiesa dal Pon- tefice Leone X. La compiacenza vivissima che provai neiracquistare questa bella moneta si rinnova in me nel renderla nota per il primo agli studiosi con di- segno esatto e con descrizione precisa. Essa infatti si trova riprodotta in vecchie Tariffe Olandesi e Te- desche (1) ma finora, in nessun libro italiano. (i) Per non fare una nota troppo lunga mi limito a citare soltanto alcune delle molte che ho, notando che in generale le edizioni succes- MONETE ITALIANE INEDITE 55 7. Oro. Diam. mill. 21, peso gr. 6,88. & — FEDERICVS • Il • M • MÀNTVAE Leggenda da sinistra in basso ; testa giovanile del Marchese con barba nascente volta a sinistra, sotto il collo • • • • 1> — S • R • E • CAPI • GENERA • Leggenda da sinistra in basso ; il Principe armato a cavallo andante a si- nistra, tiene il bastone del comando nella destra. La moneta anonima che segue, nella quale alla testa di Virgilio si accoppia l'impresa del monte Olimpo col motto FIDES, viene da me descritta sotto questo principe perchè 'il Portioli ci dice che tale impresa fu adottata per primo da lui. È vero altresì che Umberto Rossi pubblicò poi, senza darne la ri- produzione, una monetuccia di Francesco II col monte Olimpo (0 traendone la deduzione che l'impresa do- sive con gli stessi titoli non sono ciie ristampe identiche. Die Ongheua- luweerde Ghouden ende Sulveren Munten, ecc. Aemstelredam, MCCCCCL, in-8, segnatura B, car. 3 r. — Dongheualueerde gouden ende silveren Munte, ecc. T'Antwerpen, 1575, in-8, segn. C, car. 41. — Het Thresoo- roft schat van alle den specien, figuren en sorten van Gouden ende Silveren Munten, ecc. Tantwerpen, M.D.Lxxx, in-8, segn. D, car. 6 r. — Instructie Voor alle Wisseleers de generael Meesters vande Coninck Maiesteyis Munte, ecc. Tantwerpen, 1580, inH4, segn. C, car. 2 r. — De Figueren van alle Goude ende Silvere penninghen, ecc. Thantwerpen, 1580, in-8, segn. C, car. 8 r. — Beeldenaer ofte Figuerboeck dienende op die nieuwe Ordonantie vande Munte by ziine Excell. ghearresteert ende wighegeuen den 4. Augusti ij86. Amstelredam (1586), in-4, segn. C, car. 3 r. — Or- donnance et Insiruction pour les Changeurs. Anvers, 1633, in-4, segn. E, car. 4 r, — Léonard Wilibald Hoffmanns, Alien und Neuen Muntz- Schlussels, Dritter Theil. Nurnberg, 1715, in-4, ^^^- 7* (i) Umberto Rossi, Di alcune monete inedite dei Gonzaghi di Man' tova in Gazzetta Numismatica. Como, anno II, 1882, pag. 90. 56 NICOLÒ PAPADOPOLI veva ritenersi anteriore a Federico. Ma osservò an- che che l'impresa stessa non era accompagnata dal motto FIDES che appare soltanto sotto quest'ultimo. In ogni modo anche questa monetina, pur non es- • sendo della bellezza delle due anonime riferite di sopra, non può attribuirsi ad epoca molto lontana da quella di questi due principi. 8. Mistura. Diam. mill. 15, peso gr. 0,48. B' — VIRGILIVS • MAR • MANT Da sinistra in basso; entro cerchio lineare taglialo in basso testa laureata di Virgilio a sinistra. 9^ — Il monte Olimpo con due rami d'alloro ai lati, in alto nastro svolazzante col motto FIDES. Francesco III ancora bambino, era nato nel 1533, succedette al padre Federico morto nel 1540 e durò sul trono appena dieci anni. Di lui ho uno scudo d'oro simile in tutto a quelli coniati dal padre dopo che ebbe il titolo di duca conferitogli da Carlo V nel 1530. 9. Oro. Diam. mill. 26, peso gr. 3,29. .& — (Sole raggiante) FR ^ DVX ^ MAN ^ "E ^ MAR ^ MON- TIS^FER^ Da destra in alto; stemma Gonzaga della croce e delle quattro aquile con piccolo scudo inquartato in cuore, sormontato dal monte Olimpo e da corona senza fiori, entro cerchio lineare. MONETE ITALIANE INEDITE 57 9 — 4^ SI • LABORATIS • EGO • REFICIAM • Da destra in alto ; la Pietà entro cerchio lineare. Una moneta simile si trova disegnata nell'opera Monnaies en or, ecc. (^) però con Tanno 1552, mentre questo duca morì come abbiamo visto nel 1550. Sappiamo dal Litta (2) che durante il ducato di Francesco i Reggenti pubblicarono un Regolamento monetario, precisamente nell'anno 1546, ma nessuno ce ne diede il testo, per cui acquistano anche mag- giore interesse le monete tutte col nome di questo principe che potranno servire di utile materiale a chi vorrà ricercarlo e pubblicarlo. Io pubblico qui la lira, la mezza hra, il quarto di lira e un denaro di rame o mistura, monete tutte poco note finora e che con lo scudo d'oro riportato di sopra, possono costituire come il nucleo della serie monetaria di questo principe, attorno al quale raggruppare tutte le varietà note ed ignote, interessanti tutte e per la iconografia del principe bambino e adolescente e per l'arte. IO. Argento. Diam. mill. 30, peso gr. 6. B' — FRAN ^ DVX ^ MAN ^ Il ^ "E ^ MAR ^ MON ^ F stra in basso; busto infantile a sinistra. Da sini- ci) DuvAL e Froehlich, Monnaies en or qui composent une des dif- ferentes parti es du Cabinet de S. M. VEmpereur, depuis les plus grandes pièces jusquaux plus petites. Vienne, MDCCLIX, in-fol., pag. 243. (2) Litta, Famiglie celebri d'Italia, in-fol.; Famiglia Gonzaga di Man- tova, tavola V. 58 NICOLÒ PAPADOPOLI I^ — (Trifoglio) VIAS • TVAS DOMINE • DEMOSTRA • MIMI Da sinistra in basso; su una linea di terreno l'Ar- cangelo Raffaele andante a destra, tiene per mano, guardandolo, il piccolo Tobia che ha un pesce nella sinistra. Questa lira, il peso corrispondente al mocenigo veneziano la indica tale, venne descritta da Umberto Rossi (0 però senza darne il disegno e con qualche leggera variante. Nella Tariffa Veneta del 1554 da me pubbli- cata (2) figura incisa la mezza lira di questo principe e nella mia raccolta esiste un esemplare corrispon- dente in tutto a quello del peso di gr. 2,99 e del diametro di mill. 27. Do qui il disegno di un altro esemplare pure esistente nella mia raccolta con no- tevoli varianti. II. Argento. Diam. mill. 27, peso gr. 2,95. B' — FRAN • DVX • MANT • Il • ET • MAR • MONI • FÉ • Da sinistra in basso ; stemma della croce e quattro aquile con piccolo scudo inquartato in cuore, sor- montato dal monte Olimpo e dalla corona gem- mata. ^ — • NICHIL • ISTO TRIST- RECEPTO Da destra in alto; su una linea che forma esergo a sinistra S. Andrea in piedi con la croce che riceve da S. Longino in- ginocchiato la reliquia del preziosissimo Sangue. (1) Rossi, Op. e Ice. cit., pag. 91. (2) Tariffe Veneziane del secolo XVI con disegni di monete in Rivista Ital. di Num. Milano, anno XIII, 1900, pagg. 439-450, con fac-simili. È la quinta moneta della prima colonna della Tariffa del 1554. MONETE ITALIANE INEDITE 59 Il quarto di lira venne fatto conoscere in questa stessa Rivista dal signor Tamassia (0 e qui lo riporto soltanto per dare in certo modo completa la mone- tazione argentea di questo principato. 12. Argento. Diam. mill. 22, peso gr. 1,42. B' — FRAN DVX M II ET MAR M F Da sinistra in basso; busto infantile volto a sinistra. I^ — VITIIS ENECTIS Da sinistra in basso ; Ercole bam- bino che strozza i serpenti. Il denaro qui disegnato differisce notevolmente da quelli finora pubblicati (2). 13. Mistura o Rame. Diam. mill. i6, peso gr, i,o6. ^^ - FR • MANTVAE • DVX • Il • Da sinistra in basso; testa infantile volta a sinistra. P - XPI • \\£Sy • • SANGVINIS • Da sinistra in basso; il tabernacolo o reliquiario del Preziosissimo. Di Vincenzo I (1587-1612) possiedo alcuni scudi o talleri assai interessanti, di cui nessuno ebbe oc- (i) Francesco Tamassia, Di una moneta inedita Mantovana in Ri- vista Ital. di Num, Milano, anno I, 1888, pag. 361-362, fig. (2) ViNCENTii Bellini, De monetis Italiae Medii Aevi hactenus non evulgatis. Postrema Dissertatio. Ferrariae, MDCCLXXIV, in-4, pag. 42-43, tab. Vili, n. XVII e XVIII. — Idem, Novissima Dissertatio, ibidem, MDCCLXXIX, in-4, pag. 32, tab. V, n. IX. 6o NICOLÒ PAPADOPOLI casione di occuparsi fino ad ora, e alcuni de' quali si trovano disegnati o descritti imperfettamente soltanto in vecchie tariffe forestiere. Il primo, rozzamente disegnato nello Hoffmann (0, è lavoro assai fino di artista esperto e rappresenta il principe in aspetto insolito per imitare talleri sassoni. 9 14. Argento. Diam. mill. 37, peso gr. 28,05. B" — VINCENT D : G- DVX M : III Leggenda da sinistra in basso ; busto del Principe a destra, vestito di ricca corazza, tiene il bastone nella mano destra e ha davanti l'elmo piumato, entro cerchio lineare tagliato in alto e in basso. — ET MONTIS : : FERRATI : Il Leggenda da destra in alto; entro cerchio lineare tagliato e. s., stemma Gonzaga della croce con le quattro aquile, cari- cato dallo stemma diviso per tre e spaccato per tre di nove quarti e di un piccolo stemma di Lo- rena coronato, sormontato dalla corona ducale con rose e spine : tra la corona e lo scudo pic- colo monte Olimpo col motto FIDES attorno la collana del Toson d'oro, sotto 15 95. Il secondo interamente inedito è di grande e bel (i) Hoffmann, Op. cit., tav. 27. — Trovasi descritto anche in: D. S. Madai, Volisi àndiges Thaler- Cabinet, Erster Theil. Kónìgsberg, 1765, in-8, pag. 639, n. 1984 e in Die Reichelsche Munzsantmlung in Si. Petersburg, Neunler Theil, 1843, in-12, pag. 392, n. 2661. MONETE ITALIANE INEDITE 6l rilievo e di tipo caratteristicamente tedesco; la leg- genda del rovescio ci dice che uscì dalla zecca di Mantova. 15. Argento. Diam. tnill. 43, peso gr. 28,72. ^ — •:• VIN : D : (t DVX : MAN : IMI ET : MON : FER : Il : Leggenda da destra in alto; entro doppio cerchio lineare tagliato in alto, busto corazzato del Duca a capo scoperto volto a destra, la sinistra sul- l'elsa della spada, con la d. tiene lo scettro appog- giato alla spalla, porta al collo il Toson d'oro. ^ — ^ MONETA •:• NOVA ••• ARO :• CIVIT •:• MAN Leg- genda da destra in alto; entro cerchio periato Aquila araldica ad ali aperte con la testa volta a sinistra e in cuore lo stemma Gonzaga. Il terzo ha pure aspetto esotico e si trova di- segnato in tariffa di Anversa del 1633 con la indi- cazione di : Daldre de Manina, pesant environ xvij. estrelins et un quart, e non esattamente descritto da altri (I). (i) Ordonnance, ecc. Anvers, 1633, op. cit., segn. A, car. 4 t. — D. S. Madai, Op. cit. Zweiter Theil, Kònigsberg, 1766, pag. 652, n. 4482. — Die Reichelsche Munzs., cit., pag. 393, n. 2687. 62 NICOLÒ PAPADOPOLI i6. Argento. Diam. mìU. 42, peso gr. 25. D' — VINCENTIVS ♦ D ♦ G ♦ DVX ♦ MANTV/E ♦ INI Leggenda da destra in aito ; doppio cerchio lineare tagliato nella parte superiore dal busto del Duca a capo scoperto, corazzato, con ordine cavalleresco al collo, la sinistra sull'elsa della spada, nella destra lo scettro appoggiato alla spalla, volto a destra. I^ - ET * MONTIS * *** *** * FERRATI * Il Leg- genda e. s. ; in uno scudo ornato di cartocci lo stemma Gonzaga della croce con le quattro Aquile caricato dello scudo di nove quarti e di uno scu- detto di Lorena coronato, sormontato dalla corona ducale con rose e spine sotto la quale il monte Olimpo col motto FIDES; dai cartocci pende la collana del Toson d'oro ai lati del quale in basso X II, tutto entro triplice cerchio lineare tagliato dalla corona e dal Toson d'oro. Il quarto ed ultimo tallero ha fisonomia più ita- liana degli altri e anche il ritratto appare piìi somi- gliante, esso pure è figurato in tariffe olandesi col nome di Daldre de Manina ma col busto del principe volto a sinistra e descritto nel Catalogo Reichel (»). (i) Carte ou Liste cotttenant le prix de chacun Marcq, Once, Esirelin et As, de toutes tes especes d'or et d'argent, ecc., avec les figures desdictes especes. Anvers, 1627, in-4, segn. P, car. i t. — Ordonnance, op. cit., 1633, segn. Bb, car. i t. — Die Reichelsche MiXnzs., cit., pag. 391-392, n. 2656. MONETE ITALIANE INEDITE 63 17. Argento. Dìam. mill. 41, peso gr. 26,32 e 26,20. B' — VINCENTIVS • D G- DVX • MANI IMI Leggenda da sinistra in basso ; entro doppio cerchio lineare tagliato in basso, busto del Duca in armatura a capo scoperto volto a destra con ordine cavalle- resco al collo, nel giro sotto il busto cinque stelle o rosette. 9 — ET * MONTIS ^ ® FERRATI * Il Leggenda da d. in alto ; entro cerchio lineare in cornice ornata di volute e di cartocci lo stemma Gonzaga della croce con le quattro Aquile caricato dello scudo di nove quarti e dello scudetto coronato di Lo- rena, sormontato da corona con fioroni gigliati sotto la quale il monte Olimpo col motto FIDES, attorno i due ordini del Redentore e del Toson d'oro, sotto X II. Tutti questi talleri venivano fabbricati unica- mente per esportarli nei luoghi dove avevano corso le monete alle quali essi somigliavano, e alle quali erano forse inferiori d' intrinseco in modo da pro- durre non lieve guadagno agli importatori. Essi in- fatti sono sconosciuti in Italia dove nessuna tarififa e nessun antico scrittore di numismatica ne fece menzione, mentre si trovano riprodotti in tariffe olan- desi o tedesche, descritti in repertori o cataloghi te- deschi, e gli esemplari conosciuti vennero quasi tutti dal mercato germanico. 64 NICOLO PAPADOPOLI Circa alla zecca dalla quale singolarmente usci- rono, la leggenda del rovescio ci assicura, come notai, che il secondo fu coniato a Mantova, dove ragionevolmente possiamo credere battuto anche il primo ; per gli altri due invece conviene accostarsi all'opinione del Promis (^) che li giudica usciti dal- * Tofficina di Casale a cagione della cifra XII che in- dica il valore di dodici reali o bianchi, moneta adot- tata nel Monferrato. Abbiamo anche dati sicuri per affermare che furono emessi tutti dopo il 1589. Vincenzo I ottenne soltanto nel 1588 dall'imperatore Rodolfo la facoltà di porre sulla corona le spine oltre alle rose, e solo nel 1589 fu insignito dalla Spagna del Toson d'oro che si vede in tutti questi talleri. Nell'ultimo si vedono anche le insegne dell'ordine del Redentore che fu istituito dal duca nel 1608, e siccome anche l'ordine appeso al collo del principe nel terzo può ritenersi da quanto si scorge sia quello del Reden- tore, così per tale ragione questi due ultimi sareb- bero stati emessi dopo il 1608. 18. Argento. Diam. mill. 25, peso gr. 2,42. .& - VIND-GDVXMANIIIIETIVIFII» Leggenda da sinistra in basso ; busto del Pincipe a sinistra entro un legg^ero cerchio lineare. 9 - ^ DOMINE PROBASTI Da d. in alto, sotto ♦ 1587 ♦; crogiuolo con le verghe in mezzo alle fiamme entro cerchio e. s. (i) Domenico Promis, Monete di Zecche Italiane inedite corrette, Me- moria terza. Torino, MDCCCLXXI, in-8, pag. 24-25. MONETE ITALIANE INEDITE 65 Questa mezza lira di buon argento di Vincenzo I, simile in tutto alla lira e mezza lira con la parola CASAL e l'anno 1588 già pubblicate dal Promis (^) e recentemente nel Corpus Nummorum (2), si ritiene da alcuni uscita dalla zecca di Mantova per la ragione che manca della indicazione di luogo contenuta in quelle. Io invece ho sempre creduto e credo che questa e tutte le altre monete di Vincenzo col cro- giuolo senza il nome CASAL sieno state battute nella zecca di Casale, non solo per avere gli stessi tipi ma anche per una ragione intrinseca che parmi debba convincere i più dubbiosi. Nel Monferrato si usava una lira diversa da quella di Mantova che era conforme alla Hra di Ve- nezia, come dice il Portioli ^3) e come dimostrano le monete. Ebbi occasione poco sopra di dire che i testoni di Francesco II hanno un peso equivalente a una lira e mezza di Venezia ; i mocenighi di Federico, di Francesco III e di Gughelmo pesano come le monete veneziane corrispondenti. Ora al tempo di Vincenzo I la lira veneziana era rappre- sentata effettivamente dalla frazione della Giustina maggiore del valore di venti soldi la quale pe- sava grani veneti 87 Vs P^^i ^ grammi 4,54 e per conseguenza la mezza lira pesava grammi 2,27. In- vece la lira col crogiuolo esistente nella Raccolta Reale di Torino pesa grani veneti 103 ossia gr. 5,33, la mezza lira grani veneti 52 ossia gr. 2,69 (pesi questi annotati dal Kunz nelle sue schede) e l'esem- plare da me posseduto gr. 2,42, superando tutti il peso normale della lira veneziana. Essi però non corrispondono nemmeno al peso della lira piemon- (i) Id., ibid., pag. 22, tav. II, n. 21 e 22. (2) Volume II, 191 1, in-4, pag. 158-159» n. 5 e 6. (3) Op. cit. Parte prima, pag. 98-99. 66 NICOLÒ PAPADOPOLI tese che per molti anni era stata usata nel Monfer- rato : a spiegare questa differenza ci soccorre op- portunamente una notizia riferita dal Promis ^') e cioè che in un ordine del 1588, preceduto a sua ♦volta da un altro di cui non si conosce la data, si prescriveva nel Monferrato l'adozione della lira di Milano, e la lira milanese di questo tempo superava di poco il peso di quella col crogiuolo. Questa è la ragione per cui io credo coniati nella zecca di Casale anche i mezzi ducatoni o pezzi da tre lire col crogiuolo, abbiano o no l'indicazione del luogo, e quindi anche il pezzo senza questa in- dicazione che io feci conoscere fin dal 1896 (2) come appartenente al Monferrato, il quale porta Tanno 1590 del peso di gr. 15,39, poco diverso dal peso di g^- i5»95 dell'esemplare con Tanno 1594 e il nome CASAL, che pure possiedo, proveniente dalla Raccolta Gnecchi e citato nel Corpus Nummorum al n. 40, e da quello di gr. 15,47 dell'esemplare della Raccolta di S. M. con Tanno 1595 e il nome CASAL, descritto al n. 49 ; pesi tutti che equivalgono all' incirca a quello di tre lire monferrine. Questa moneta interessante, che acquistai alla vendita Rossi e proviene forse dalla Raccolta Mon- tenuovo, mi porge anche il destro di spiegare il si- lenzio serbato dal Promis intorno ai Musei e alle Raccolte donde traeva qualcuno dei pezzi da lui pub- blicati, silenzio che i primi volumi del Corpus Num- morum, accertando la non esistenza di tali pezzi nella Raccolta Reale di Torino, hanno posto in mag- giore evidenza. Le schede di Carlo Kunz, che io ho la fortuna di possedere, alle quali questo artista co- scienzioso e appassionato numismatico affidava in- (i) Op. cit, pag. 20. (2) Rivista Ital. di Num. Milano, anno IX, 1896, pag. 357. MONETE ITALIANE INEDITE 67 sieme co' suoi magistrali disegni le sue acute e pa- zienti osservazioni, mi hanno assicurato che le tre monete pubblicate dal Promis ai nn. 20, 21 e 22 della tav. II della Memoria citata, non esistono. Narra infatti il Kunz che egli eseguì i tre disegni per in- carico del Promis ricavandoli da altri esistenti su di una vecchia pergamena trasmessagh dal medesimo e servendosi per completarli degli esemplari delle monete con gli stessi tipi ma senza il nome CASAL conservati nella Raccolta Reale di Torino. Il Promis tace della pergamena e pubblica i tre pezzi senza dire dove si trovino e senza nemmeno accorgersi che il n. 20 cui egli attribuisce il valore di tre lire e il peso di gr. 15,902 ha un diametro troppo pic- colo per tale peso e valore in proporzione degli altri due del valore di una e di mezza lira; osservazione questa che non isfuggì al Kunz che volle farne espressa menzione nelle schede che contengono le copie dei disegni trasmessi al Promis. Una tariffa di Parma dell'anno 1606 riportata dall'Affò (i) ci insegna che in questo tempo nella zecca di Mantova si usava improntare le monete tanto a martello che a torchio, in essa sono fissati i prezzi ai quali dovranno essere ricevute e spese le monete forestiere saggiate nella zecca parmigiana e tra queste troviamo : Un Santo Anselmo di Man- tova fatto al torchio^ soldi 18; Un'altra moneta simile battuta a martello, soldi 15,3 ; Un Giulio di Mantova che ha da una parte un San Francesco e daW altra un calice fatto a torchio, soldi 9 ; Un Giulio simile stam- pato a martello, soldi 8. Possiedo tutte queste mo- nete e anche in più esemplari variati, ma mi limito qui a riportarne uno per sorta. (i) Ireneo Affò, Della Zecca e Moneta Parmigiana in Zanetti, Nuova Raccolta, ecc., tom. V. Bologna, MDCCLXXXIX, pag. 220. 68 NICOLÒ PAPADOPOLI Prima la lira o Anselmino fatto a torchio. 19. Argento. Diam. mill. 28, peso gr. 6,54. B' - VINDGDVXMANIIIIETMO-FII- Leggenda da destra in alto ; Stemma sormontato dal monte Olimpo col motto FIDES e coronato entro leggero cerchio lineare, ai lati due punti. 9 — (trifoglio) SANCTVS • • A NSELMVS • EPS Leggenda da sinistra in basso ; Santo Vescovo in piedi di fronte che benedice con la destra e tiene il pa- storale con la sinistra entro cerchio lineare ta- gliato in alto e in basso. Indi V Anselmino battutofa martello. 20. Argento. Diam. mill. 30, peso gr. 6,08. .B^ VIN • D • G • DVX • MAN • llll • E • M • F • Il Leggenda da destra in alto ; stemma e. s. entro cerchio lineare tagliato in alto. 9 - SANCTVS : : ANSELMVS : EP Leggenda da destra in alto ; Santo Vescovo e. s. sotto i piedi una palma. Un Giulio fatto a torchio con Tanno 1589 che non porta il nome del principe. MONETE ITALIANE INEDITE 69 21. Argento. Diam. mill. 25, peso gr. 3,52. B^ - CHRISTIIESV-TABE SANCtVINIS- Leggenda da d. in alto ; entro cerchio lineare reliquiario o taber- nacolo ai lati del quale -15 89 • T^ - SVB TVVM PRAESIDIVM Leggenda da sinistra in basso ; nel campo entro cerchio lineare S. Fran- cesco in ginocchio volto a sinistra che riceve le stimmate. E finalmente il Giulio, anche questo anonimo, battuto a martello. j. Argento. Diam. mill. 27, peso gr. 2,83. B' — . CHRISTI • lESV • TABER • SANGVINIS Leggenda da destra in alto ; entro cerchio lineare tagliato in alto, tabernacolo sormontato dalla croce. ^ - SVB TVVM PRAESIDIVM Leggenda da sin. in basso; entro cerchio lineare S. Francesco e. s. Nella stessa tariffa parmigiana sono ricordate altre due monete mantovane anonime di questo tempo e cioè : Una Barbarina di Mantova con il girasole fatta a torchio, soldi 4,6 e un'altra Barbarina battuta a martello, soldi 4. Le barbarine a torchio si trovano con gli anni 1600, 1605, 1608 e 1609 e forse anche 70 NICOLÒ PAPADOPOLI con qualche altra data e se ne trovano pure senza data. Eccone una con la data 1605. 23 Argento. Diam. mill. 23, peso gr. 2,10. B' - -SANCTA- • BARBRA • Leggenda da sin. in basso; in cerchio lineare tagliato in alto e in basso Santa Barbara in piedi di faccia guarda a destra, tiene nella d. una palma e la s. appoggiata al petto, il gomito destro poggia su di una torre posta a sinistra, sotto • lò^^ • 9/ - • lAM • NVLLA • ® • FV&A • Leggenda da d. in alto ; in cerchio lineare pianta di girasole col fiore volto al sole che si trova in alto a sinistra nel giro. Le barbarine battute a martello si trovano pure con Tanno e senza, e con la torre a destra o a si- nistra della Santa: questa di cui dò il disegno po- trebbe, per ragioni di stile, essere alquanto posteriore al tempo di Vincenzo L '24. Argento. Diam. mill. 23, peso gr. 2,11. ^' - • SANCTA ^ ® BARBARA • Leggenda da sinistra in basso ; la Santa in piedi guarda verso d., tiene la palma con la destra e appoggia la sinistra su una piccola torre situata a destra, il tutto taglia in alto e in basso un cerchio lineare. yi - lAM N VLLA FVG-A Leggenda da sinistra in basso MONETE ITALIANE INEDITE 71 tramezzata da arabeschi ; pianta di girasole col fiore volto al sole che si trova in alto a sinistra, entro leggero cerchio lineare. Ultima moneta di Vincenzo I un quattrino o bagattino con Santa Caterina egregiamente lavorato e mirabilmente disegnata da Carlo Kunz. 25. Mistura. Diam. mill. 19, peso gr. 0,71. B — VIN • D G • DVX • M • ilil • E • M • F • Il Leggenda da s. in basso ; busto a d. del Principe in armatura con collare a lattuga in cerchio lin. tagliato in basso. 9 — 1609 . SAN CATAR Leggenda da s. in basso ; Santa Caterina in piedi di faccia, tiene la mano d. sulla ruota e la palma nella s., tagliando in alto e in basso un cerchio lineare. Di Francesco IV, quinto duca di Mantova e terzo del Monferrato, produco un pezzo che non so precisamente se sia moneta, medaglia o tessera, perchè il peso non corrisponde a quello della lira mantovana ossia deirAnselmino, di cui però appare migliore come qualità di argento. La leggenda del diritto si discosta da quelle solitamente poste sulle monete o medaglie e anche l'impresa del rovescio è sconosciuta ne io ho elementi per poterla spiegare. 26. Argento. Diam. mill. 27, peso gr. 4,42. fì" - FRAN • DVClS FIDEI SE MAN" • DAT ANNO Leggenda 72 NICOLÒ PAPADOPOLI da sinistra in basso ; busto del Principe a destra a capo nudo, con corazza, collare a lattuga e or- dine del Redentore al collo, che taglia in basso un leggero cerchio lineare. 9 — Sopra un terreno erboso una lancia eretta, a destra • un ramo d'alloro, a sinistra un cavallo nascente volto a destra, in alto nastro svolazzante col motto OPPORTVNE. Una moneta di rame di questo duca descritta nel Catalogo Welzl (0 al n. 3464, porta al diritto la stessa leggenda, anzi più completa, e poiché tra le schede del Kunz ne trovo- un bellissimo disegno, credo bene riportarlo qui perchè parmi possa ser- vire in certo modo a megho spiegare quella da me posseduta e rende inoltre nota un'altra impresa di questo principe che visse soltanto pochi mesi. 27. Rame. Diam. mill. 22, peso gr. 3,31. B- - FRAN • I DVClS FI | DEI SE MA^^ • I DAT • ANNO | 1612 Leggenda disposta in cinque linee entro due rami d^alloro legati a corona. 9 — SIT VTRAQVE MERCES Nel giro da sinistra in basso, la leggenda è chiusa da una stella fra due ornati; nel campo due rami d'alloro formanti due corone intrecciate. Lasciando ad altri lo spiegare il rovescio di questa e della moneta precedente, mi limito ad os- (i) Catalogue de la Grande Collection de Monnaies et Médailles de Mr. Leopold Welzl de Wellenheim, voi. II, tom. I. Vienne, 1844, in-8, pag. 191. MONETE ITALIANE INEDITE 73 servare come la leggenda del diritto di ambedue indichi chiaramente che esse furono coniate e distri- buite al popolo in occasione della presa di possesso o incoronazione del duca Francesco a Mantova. In questa idea mi conferma il sapere che prima di ere- ditare il principato, Francesco dimorava a Casale, naturale quindi che il suo arrivo nella capitale dello Stato fosse particolarmente festeggiato: d'altra parte sappiamo che simile funzione fu fatta per Vincenzo II e nella descrizione di essa sono ricordate e descritte le monete d'oro, d'argento e di rame gettate al po- polo ('). Parte integrale della cerimonia era il giura- mento solennemente prestato dal nuovo principe sul Vangelo, di amministrare rettamente la giustizia e di rispettare le leggi patrie, ciò che mi pare spieghi a sufficienza il contenuto della leggenda. Aggiungo i disegni di altre due monete di questo duca che non furono ancora pubblicate: sono due Anselmini o hre, uno senza indicazione di valore come queUi del predecessore Vincenzo I, l'altro invece col numero 20 che esprime il valore della moneta di venti soldi. 28. Argento. Diam. mill. 31, peso gr. 5,97. ^ — FRANCIIII-D-GDVX-M-V-E-MFIII Leggenda da destra in alto: Stemma sormontato dal monte (i) Antonio Salmatia, Descrizione delle solenni cerimonie fatte nella coronazione del Seren. Vincenzo IL Mantova, 1627 e Antonio Carnevali, Incoronazione del Duca Vincenzo li Gonzaga. Mantova, 1883, citazioni tratte dallo scritto del cav. Perini citato in appresso. 74 NICOLÒ PAPADOPOI.l Olimpo col motto FIDES e da corona che taglia in alto un cerchio lineare. ^' — o°o SANTVS • + • • • • ÀNSELMVS "o" Leggenda da s. in basso ; Santo Vescovo in piedi di faccia con pastorale nella s. benedice con la d. e ha una palma sotto i piedi. 29. Argento. Diam. mill. 32, peso gr. 5,71. B" — - FRAN ' IMI ^ D ^ G- ^ DVX ^ MAN t V ' ET ^ M ^ F ' III ^ Leggenda da destra in alto, stemma e. s. ^ — •..:1612® SANCTVS- ® ÀNSELMVS • EPS : ••• Leg- genda da s. in basso, Santo Vescovo come nel precedente che poggia però sopra una linea di esergo sotto la quale la cifra • • • : 20 : • • • Esemplare simile in tutto ma senza data. Argento. Diam. mill. 30, peso gr. 5,70. Ferdinando, sesto duca di Mantova (1613-1627), fu quello che emise la serie più numerosa e variata di monete di ogni metallo e dimensione, lavorate tutte egregiamente da artisti valorosi tra i quali pri- meggia Gaspare Molo da Lugano che operò per le zecche di Firenze e di Roma e per quelle dei Gon- zaga a Mantova e a Castiglione delle Stiviere. Non intendo già qui dar luogo a tutte quelle che si tro- vano nella mia Raccolta e che possono considerarsi come inedite ma mi restringerò ai pezzi più belli e interessanti. E prima di tutte viene il pièfort dello scudo o MONETE ITALIANE INEDITE 75 ducatene d'argento che pesa esattamente come un triplo scudo. 30. Argento. Diam. mill. 44, peso gr. 94,90. i^ - FERDINÀN DVS * S • R E • D • CARD • D • G • DVX • Leggenda da sinistra in basso; entro cerchio di perline tagliato in alto e a s. busto del Principe volto a d. con barba nascente, porta il berretto cardinalizio ornato della corona ducale, è vestito della mozzetta e al collo ha l'ordine del Reden- tore, tiene nella d. lo scettro : sotto • MDCXIIII ^ ^ — TIT • S M • INPORTICV • S • R • E • DIAC • CARD • Leg- genda circolare da sin. in basso ; entro cerchio di perline tagliato in basso la Beata Vergine col Bambino nimbati fra due rami che sembrano di vite : in basso G M. Non mi fu dato mai di vedere un esemplare di argento di questa bella moneta di peso normale, mentre un esemplare battuto in oro esiste nel Ga- binetto Imperiale di Vienna e venne inciso nell'opera più volte citata (0. Nella stessa opera fastosa e interessante, per quanto i disegni siano freddi e senza carattere e non vi si trovino altre indicazioni oltre al nome dei prin- cipi cui appartengono le monete disegnate, sono ri- prodotti con la incisione gli scudi d'oro e d'argento (i) Monnaies en or, ecc., op. cit., pag. 244. 76 NICOLÒ PAPADOPOLI di questo duca e anche il ducatene e il mezzo du- catene col sole raggiante e la leggenda non mutuata luce; vi manca però il quarto di ducatene che non trovo ricordato nemmeno in altre pubblicazioni ita- liane o forestiere. 31. Argento. Diam. mill. 30, peso gr. 7, ^ ~ FERCÀRDCyDVXMVI-IEMFIIII Leggenda da s. in basso ; entro doppio cerchio lineare ta- gliato in basso, busto del Duca a s. con barba nascente, porta il berretto e la mozzetta cardina- lizia e un ordine cavalleresco al collo. 9^ — ^ NON ' MVTVÀTA t LVCE ® Leggenda da sinistra in basso ; entro doppio cerchio lineare sole rag- giante, nel giro in basso arabesco e piccolo B. Oltre a queste monete di ottimo argento, a co- minciare dal 1612, si coniarono nella zecca di Man- tova ducati da sei lire di argento meno fino, con la rappresentazione già usata nei mocenighi mantovani di S. Andrea con la croce in piedi che riceve da S. Longino inginocchiato il vaso o tabernacolo del preziosissimo Sangue, ma, a differenza dei moceni- ghi, in questi pezzi la scena è rappresentata in modo assai movimentato ed artistico secondo il gusto del- Tepoca. Io possiedo il più antico di questi ducati col nome di Francesco IV, ma siccome esso si trova già riprodotto e descritto nelle opere citate (i), così (i) DuvAL e Froehlich^ Monnaies en argent, qui composenl mie des differentes parties du Cabinet de S. M. l'Empereur, depuis les plus grandes pièces jusqu'au fioriti inclusivement. Vienne, MDCCLVI, in-foi , pag. 298. — Madai, op. cit. Zweiter Theil, pag. 652, n. 4483, MONETE ITALIANE INEDITE 77 non ho creduto darne il disegno per non accrescere di troppo la mole di questo articolo che voleva es- sere brevissimo. Di Ferdinando quando era ancora cardinale ne ho due esemplari, il primo è simile in tutto a quello descritto dal Madai al n. 1986 (0, al- l' infuori del millesimo che è 1613 invece di 1612, Taltro qui riprodotto, porta lo stesso anno 1613 ma non r indicazione del valore di 120 soldi o sei lire, il che fa pensare che questa nota del valore non venisse più apposta alle monete quando cominciava a verificarsi qualche differenza nella valutazione cor- rente di esse. 32. Argento. Diam. mill. 43, peso gr. 26,32. B' - FER S • R • E D • CÀR • D • G DVX • MAN • VI • "E • M • F • IMI Leggenda da d. in alto; stemma della croce e delle quattro Aquile caricato dello scudo di nove quarti e dello scudetto coronato di Lorena, tutto sormontato dal monte Olimpo col motto FID ES. corona ducale e cappello cardinalizio: da due or- nati posti in alto dello scudo pende la collana del- l'ordine del Redentore, in cerchio lineare. F$ = NIHIL ISTO TRISTE RECEPTO ^ Leggenda da sin. in basso ; sopra due gradini situati a s. S. Andrea (i) HoFFMANN, Op. cit., tav. 27, seiiza l'anno. — Madai, Op. cit. Erster Theil, pag. 639-640, n 1986. - Die Reichelsche Miinzs., rit. pag. 394, n. 2672. 78 NICOLÒ PAPADOPOLI nimbato in piedi con la croce nella d. prende con la s. la reliquia o tabernacolo che gli vien porto da S. Longino inginocchiato, nimbato vestito da guerriero con lancia, il tutto su una linea di esergo ed in cerchio lineare, sul gradino più alto le let- tere G" • M -, su quello più basso la data 1613 : e di fianco • B -, alFesergo un arabesco. Esiste nella mia Raccolta anche un altro esem- plare di questo ducato senza il cappello cardinalizio sopra lo stemma, mancante pure della data, della indicazione del valore e delle sigle, esso invece al- Tesergo porta la scritta • MANTV/E -, diam. mill. 43, peso gr. 26,59. Mancando delle insegne cardinalizie questo ducato fu emesso dopo il 1615, nel quale anno Ferdinando rinunziò alla dignità di principe della Chiesa riserbandosi soltanto il principato laico e assumendo il costume spagnuolo allora di moda in Italia. Da quest'epoca comincia una nuova monetazione alla quale appartengono i pezzi seguenti. Quarto di doppia o mezzo scudo d'oro. 33. Oro. Diam. mill. 18, peso gr. 1,65. B" - FERDINAND • D : G • DVX MANT • VI Leggenda da sin. in basso ; Busto del Duca a capo scoperto con corazza e collare a lattuga volto a d. in cerchio lineare taglialo in basso, sotto il busto • • ^) - "E • MONTIS • • FERRATI • IV Leggenda da destra in alto; Stemma completo sormontato dal piccolo monte Olimpo e dalla corona, ornato dal collare dell'ordine del Redentore. Vengono poi due talleri, imitazione di quelli te- MONETE ITALIANE INEDITE 79 deschi, che ricordano le monete simiH coniate dal padre e finora interamente sconosciuti alla numisma- tica italiana (^X 34. Argento. Diam. mill. 42, peso gr. 27,99. ^ — FERDIN X D X & x^ DVX x MANI x VI x ET x MONI x F x IV • ^ Leggenda da destra in alto ; entro cerchio lineare tagliato in alto busto in armatura a capo scoperto con lo scettro nella d. e la s. sull'elsa della spada volto a d., nel campo ai lati 16 20. y» — DOMINE PROBASTI Da d. in alto, sotto • C • • T • ; in cerchio lineare tagliato in alto Stemma com- pleto sormontato dal monte Olimpo col motto FID ES e dalla corona, intorno il collare del Re- dentore. 35. Argento. Diam. mill. 40, peso gr. 28,18. (i) Ordonnance, ecc. Anvers, 1633, op. cit., segn. X, car. i r. Madai, ib., n. 1989. — Die Reichelsclie Miinzs.^ cit., png. 395, n. 2686. 8o NKOLÒ PAPADOPOLI B' — * FERDIN + D ^ G . DVX ^ MANT ^ VI ^ ET ^ MONTI ^ F + IV ^ Tutto simile al precedente, ma il Prin- cipe porta il collare a lattuga. R) — ^ ET ^ MONTISI ^ FERRATI ^ IV ^ Stemma di nove quarti sormontato dal monte Olimpo col motto FID ES e dalla corona e con attorno l'ordine del Redentore, entro cerchio lineare tagliato in alto. Uno scudo d'argento del valore di soldi no venne pubblicato dal Litta ('^ mentre un pezzo bat- tuto in oro con gli stessi coni esiste nel Gabinetto Imperiale di Vienna, come apprendiamo dal disegno inserito nell'opera piti volte citata. Io possiedo la metà di questa moneta battuta in argento, che non trovo ricordata in nessuno de' non pochi Hbri da me consultati, e la pubblico quindi come un mezzo scudo da 55 soldi. 36. Argento. Diam. mill. 35, peso gr. 13,10 ^' — . FERDINANDVS • DG- • DVX • MAN • VI • Da sinistra in basso ; entro doppio cerchio lineare tagliato in alto e in basso busto del Principe a d. a capo scoperto con corazza e collare a lattuga e ordine cavalleresco al collo, sotto • • MANT • 1616. 9 - -"EMONTIS FERRATI- IV Da destra in alto; entro cerchio Imeare tagliato in alto e limitato in basso (i) Litta, Op. cit., tavola seconda di Monete e Medaglie, n. 33 (sembra un progetto di Moneta in mistura e porta veramente la cifra 100 e non no). — Carle ou Liste, op, cit., 1627, segn. P, car. ir. — OrJonnance, ecc. 1633, cit., segn. Aa, car. 4 t. — Madai, op. cit. I, n. 1988. MONETE ITALIANA INEDITE 8i da una linea di esergo, Stemma completo col monte Olimpo e FID ES e corona, ornato di un mascherone in basso e da due sfingi in alto che reggono il collare dell'ordine del Redentore; al- Tesergo SOLDI 5 5 e sotto C T. Del ducato d'argento da 120 soldi con S. An- drea e S. Longino possiedo il quarto del valore quindi di 30 soldi che finora è inedito. 37. Argento. Dìam. mill. 29, peso gr.S5,54. ^ — • FERO • D • G- • DVX MAN = VI • "E • M • F • I V • Leggenda da d. in alto ; entro cerchio lineare tagliato in alto Stemma completo col monte Olimpo e il motto FID ES e la corona, attorno il collare del Redentore. t> — NIHILISTO- TRISTE RECEPTO Da s. in basso; en- tro doppio cerchio lineare tagliato in basso sopra due gradini S. Andrea nimbato in piedi regge con la destra la croce e con la sinistra il taber- nacolo del Preziosissimo. Singolare poi e veramente interessante è la mo- neta d'argento che segue, evidente imitazione dei tipi dello zecchino veneziano tanto che io sono in- certo se debba giudicarsi destinata ad essere effet- tivamente coniata in argento o non sia piuttosto una prova in"" questo metallo di una tentata contraffazione dello zecchino per la esportazione in Levante. La cosa non sarebbe nuova per quei tempi e noi ab- biamo avuto occasione di vedere che anche i duchi 82 NICOLÒ PAPADOPOLI di Mantova non si peritavano d' imitare le monete altrui a scopo di lucro. 11 peso di questa moneta non è tale da assicurarci se corrisponda a una lira mantovana o alla sua metà mancandoci notizia della sua bontà o titolo che apparisce però abbastanza elevato. 38. Argento. Diam. mill. 22, peso gr. 3,78. ^ - -FERDGDVX • MAN • VI • ^E • M • F • Da sinistra in basso e alFesergo • IMI • ; entro cerchio lineare limitato da una doppia linea di esergo, a sinistra S. Andrea nimbato in piedi con la croce e il ta- bernacolo, davanti ad esso il Principe inginocchiato a capo scoperto con manto e collare a lattuga. ^ — • PR/ESIDIVM • NOSTRVM • Da destra in alto ; entro un'aureola elittica di perline che taglia in alto e in basso un doppio cerchio lineare, la B. V. Immacolata in piedi sulla mezza luna con sei stelle a sei punte per parte. Mi mancano gli elementi per determinare il va- lore e la denominazione di una monetuccia di ar- gento basso con la quale chiudo la serie di questo duca. 39. Argento. Diam. mill. 18, peso gr. 1,14. B' — PER I D-G- I DVX I MAN | • VI • I In cinque linee tra due fiori entro una corona formata di due rami MONETc ITALIANE INEDITE 83 d'alloro che corre attorno fra due cerchi, uno li- neare interno ed uno esterno di perline. R) - Aquila coronata con le ali aperte e la testa volta a sinistra entro corona e. s. Le monete di Vincenzo II che successe nel 1627 al fratello Ferdinando per soli pochi mesi furono tutte pubblicate dal cav. Perini (^) ; piàcemi però ri- produrre qui runico esemplare finora conosciuto dello zecchino che trovasi nella mia Raccolta, pro- veniente dalla Collezione Pasi, dal Catalogo della quale lo descrisse il Perini senza averlo veduto. Ho detto zecchino, ma veramente il peso è inferiore a quello dello zecchino e anche a quello della mezza doppia o scudo d'oro. Il tipo della moneta fu de- scritto dal Salmatia (2), ma esiste anche in argento del peso e della dimensione di un ducatone o scudo, mentre di questa misura più piccola non si cono- scono che due esemplari battuti in rame oltre a questo d'oro ; sorge quindi legittimo il dubbio che la emissione di queste monete destinate ad essere gettate al popolo fosse fatta senza osservare scru- polosamente le norme di peso prescritte nelle emis- sioni ordinarie. 40. Oro. Diam. mill. 21, peso gr. 2,53. ^^ - • VIN • I II • D • G- • I DVX • MAN | VII • ET • | • M • F • | • V • I In sei linee entro corona formata di due (i) QuiNTiLio Perini, Le Monete gettate al popolo nella solenne inco- ronazione di Vincenzo II Duca di Mantova (1627) in Bollettino Italiano di Numismatica. Milano anno VI, 1908, pag. 116-119, 133-138 e 146-150. (2) Cfr. le relative citazioni nello scritto sopra citato. 84 NICOLO PAPADOPOLI rami d'alloro posta entro cerchio di perline esterno e lineare interno. I^ — HAC MONSTRANTE VIAM Leggenda da sinistra in basso ; nave a tre alberi con vele spiegate an- « dante a sinistra sulle onde, in alto stella, tutto entro cerchio lineare tagliato in basso. Nella mia Raccolta ho parecchie monete di Carlo 1 (1628-1636) del ramo francese dei Gonzaga di Nevers e di Rethel che succedette a Vincenzo II ultimo principe del ramo di Mantova. Egli per me- glio assicurarsi questa successione aveva sposato Maria, figlia di Francesco IV, ciò non ostante T Im- peratore gli negò rinvestitura e gl'intimo di lasciare Mantova, dove lo strinse di fierissimo assedio, che fu il principio della grande rovina della già ricca e florida città. Durante questo assedio furono emesse varie monete di titolo assai scadente delle quali ci diede notizia dettagliata il Portioli (^), però ne egli ne altri ricorda un tallero fiore senza la cifra 160, indice del valore di otto lire, che si trova nella mia Raccolta, dove esiste pure il quarto del tallero fiore di cui dò il disegno non trovandolo menzionato da alcuno. 41. Argento. Diam, mill. 34, peso gr. 6,49. ^ — MANTVAE • ANNO • SALVTIS • 1629 Da destra in alto; in cerchio lineare tagliato in alto, stemma antico (i) Parte settima, La Zecca ossidionale del 162930, pag, 1-22. MONETE ITALIANK INEDITE 85 coronato inquartato, primo e quarto leone ram- pante, secondo e terzo di fasce. ^ — Pianta di girasole col fiore rivolto al sole che è a sin. in alto entro doppio cerchie, lineare interno e di perline esterno, intorno ai quali gira una co- rona di foglie di alloro, in basso 40. A questo pezzo abbastanza importante posso aggiungere due monete di rame puro o misturato con pochissimo argento, con al rovescio la testa di Virgilio che da Guglielmo I in poi non era più ap- parsa sulle monete mantovane <^0. La seconda di esse è assai curiosa perchè vi troviamo il grande poeta romano vestito alla spagnuola col collare a lattuga; così camuffato egli somigliava al ritratto di Filippo III, scolpito sui sesini di Milano, che la mo- netuccia mantovana voleva imitare per essere più facilmente accettata nello stato e fuori. 42. Rame. Diam. niill, 22, peso gr. 3,37. © — • * • I CAROL I • I • D • G • DVX • ! MANTV>E | MON • FER I • "E • C • I In sei linee entro cerchio lineare. 9 — * VIRGILIVS • MAR • MANT Da sin. in basso ; entro cerchio lineare, testa laureata di Virgilio a sin. 43. Mistura. Diam. mill. 18, peso gr. 1,1: (i) Alessandro Magnaguti, Mantova a Virgilio in Rivista Ital. di Numismatica, anno XXII, 1909, pag. 89-95. 86 NICOLÒ PAPADOPOLI B' — + CAR • I • D • G • D • MAN • MON • "E • C • Da destra in alto, croce traforata. I^ - VIRCjILIVS • MARO Da sin. in basso ; busto a destra coronato d'alloro,, con paludamento e collare a lattuga. Una parpagliola con S. Patrizio al rovescio, ri- cordata dal Rossi, senza però darne disegno o de- scrizione esatta, quando pubblicò una moneta simile di Carlo I (0, fa sì che in questo articolo apparisca anche il nome di Carlo II (1637-1661). 44. Mistura, Diam. mill. 22, peso gr. 2,46. ,B^ — CARO • li DVX -....NE M • F Da destra in alto ; entro cerchio lineare tagliato in alto, Stemma della croce e delle quattro Aquile cari- cato dello scudo di nove quarti, sormontato dal monte Olimpo e dalla corona. 9 - S ATRITIVS Da sin. in basso, esergo • 1661 •; entro cerchio lineare limitato dalla linea di esergo figura in piedi di faccia che guarda a sin. a capo nudo, in abito ecclesiastico con le mani giunte sul petto. Per chiudere finalmente questa memoria la quale ha preso proporzioni che io non immaginavo quando mi sono accinto a dettarla, riproduco due pezzi usciti dalla zecca di Casale che veramente esorbitano dai confini che mi ero prefissi. La prima infatti non ap- partiene al tempo dei Gonzaga perchè è un sesino (i) U. Rossi, Nuove Monete inedite di Mantova in Gazzetta Numi- smatica. Como, anno III, 1883, pag. 5. MONETE ITALIANE INEDITE 87 di Guglielmo II Paleologo, marchese del Monferrato (i 493-1 518), non descritto nel Corpus Nummorum perchè entrò nella mia Raccolta dopo compilato il secondo volume in cui sono comprese le monete di Casale. 45. Mistura, Diam. mill. 17, peso gr. 0,82. /B" — + GVLIELMVS MAR • MONTFE Da des. in alto; entro cerchio periato, Stemma inquartato. t^ - + PRINC • VIGA • P • P • SACRI • R • IMP Da destra in alto ; entro cerchio lineare quadrilobato chiuso in cerchio periato, Croce patente intrecciata con la lettera G-. La seconda invece appartiene sicuramente al tempo dei Gonzaga, ma, per la leggenda, più che vera moneta sembra sia una tessera per la distribu- zione di generi alimentari in tempo di carestia. 46. Rame. Diam. mill. 18, peso gr. 0,93. ^ — SANCTVS • EVASIVS • Da destra in alto, busto mi- trato e nimbato a sinistra. I^ — FRVGI- I PARSIMO I NI/E- In tre linee entro cerchio periato. Nicolò Papadopoli. ONA MONETA OSSIDIONALE DI MALTA Alcuni anni fa la contessa Luisa Strickland, nota raccoglitrice di monete e medaglie di Malta, ebbe a mostrarmi una moneta d'argento di forma rettangolare, da 30 tari, coniata nel 1800 dai fran- cesi assediati in Malta, e poiché la moneta era ine- dita, mi manifestò il desiderio che io la illustrassi nella Rivista Italiana di Numismatica. Accondiscesi di buon grado, ma la contessa, ricordandosi di possedere nella sua casa di Malta anche un'altra moneta della stessa forma, da 15 tari, coniata nella medesima occasione, si propose di far- sela spedire a Roma per essere illustrata insieme alla prima. Senonchè la povera contessa morì senza vedere esaudito il suo desiderio, ne so come e dove siano finite le sue collezioni. Ora in un gruzzolo di monete portatomi da Ca- tania, ho avuto la fortuna di rinvenire un secondo esemplare del pezzo da 30 tari ossidionale di cui ecco la descrizione ed illustrazione : ^ — In alto T. 30 (tari 30), in mezzo croce di Malta fiancheggiata dalle lettere R. F. (République Fran- (paise) sotto 1800. • - 9© P. STETTINER I^ — Berretto frigio incuso. Argento. Peso gr. 2972- Per comprendere le ragioni della coniazione di questa moneta, credo non inutile di riassumere bre- vemente le vicende storiche di Malta in quel tempo, desumendole dal libro Storia di Malta di Gio. Ant. Vassallo. Malta 1854. Espugnata l'isola di Rodi nel 1522 da Soli- mano II, i Cavalieri Gerosolimitani che la tenevano, emigrarono in Italia ed ebbero poi nel 1530 dal- l'imperatore Carlo V la concessione dell'isola di Malta ed adiacenze. Essi vi si stabilirono e ne ri- masero in possesso fino al 1798, curando la polizia del Mediterraneo, infestato dai Barbareschi. Le condizioni dell'Ordine Gerosolimitano erano tutt'altro che liete allo scoppiare della rivoluzione francese e maggiormente si aggravarono per il fatto che il Direttorio si impossessò di tutti i beni e delle rendite che l'Ordine possedeva in Francia le quali fruttavano 580,000 scudi all'anno. Inoltre lo scompiglio portato in tutta Europa dalla rivoluzione francese e le guerre continue, ave- vano lasciato l'Ordine in balìa di se stesso senza appoggio ne protezione ed incerto sul suo avvenire, tanto più che nella stessa Malta gli amatori di no- vità, sobillati dai francesi colà residenti, tenevano agitata la città. UNA MONETA OSSIDIONALE DI MALTA 9I In tali circostanze il Consiglio deirOrdine si ri- volse alla Russia. L'imperatore Paolo I si dichiarò protettore deirOrdine a condizione che venisse isti- tuito un Gran Priorato di Russia al quale assegnò una rendita di 180,000 fiorini alFanno, oltre i 120,000 fiorini del Priorato di Polonia. Ma a Napoleone Bonaparte, che guerreggiava in Italia, non sfuggì V importanza di Malta e in data 13 settembre 1797 così scriveva al Direttorio: « Per- chè non ci impadroniremo noi di Malta ? L'Ammi- ragHo Brueys potrebbe benissimo dar fondo colà ed impadronirsene. Quattrocento cavalieri con altri 500 uomini al più, sono la sola guardia che abbia la Valletta. Gli abitanti che arrivano a più di 100,000, sono portatissimi per noi, e molto disgustati de' loro cavalieri; non possono vivere più e muoiono di fame. 10 ho fatto loro, a bella posta, confiscare i beni in Italia. Con V isola di Sardegna, Malta e Corfù noi saremo padroni di tutto il Mediterraneo ». 11 Direttorio approvò e Tanno appresso una po- derosa spedizione partì da Tolone sotto gli ordini dello stesso Bonaparte diretta alla conquista del- l'Egitto. La mattina del 9 giugno 1798 una flotta di 472 navi da guerra e da trasporto, si presentò innanzi alla Valletta chiedendo di entrare in porto. Il Gran Maestro Hompesch, debole ed impari al grave fran- gente, si perse d'animo e non sorretto da validi con- sigH, non preparato ad un'ardua difesa, offri facili pretesti all'avversario per l'offesa. Bonaparte sbarca truppe ed ordina senz'altro l'attacco per mare e per terra. Dopo un'effimera lotta durata ventiquattro ore, il Gran Consiglio del- l'Ordine decise di arrendersi ed il 12 giugno fu sti- pulata una Convenzione, mercè la quale le isole di 92 P. STETTINER Malta venivano cedute alla Repubblica francese con tutti i diritti di sovranità e di proprietà. Il 19 successivo, Bonaparte con la flotta faceva vela per T Egitto dopo avere dato assetto al nuovo Governo dell'Isola e lasciatavi una forte guarnigione. La smania dei francesi di volere d'un tratto rin- novare le leggi, le consuetudini, i costumi dell'Isola, le contribuzioni gravose, le provviste per Tarmata non pagate, la notizia che la flotta francese era stata disfatta ad Aboukir da quella inglese comandata da Nelson ; tutto contribuì a fomentare fra quelle po- polazioni un sordo malcontento contro i nuovi pa- droni. L'esasperazione giunse a tanto che la mattina del 2 settembre 1798 avendo i francesi mandato gente ad impossessarsi degli arredi della Chiesa del Car- mine, la folla si oppose e suonate a stormo le cam- pane delle chiese, proruppe in una vera e propria ribellione. I francesi però erano solidamente piantati nei forti e da quelh cominciarono a mitragliare la folla. Molti cittadini uscirono dalla città e con l'aiuto delle genti della campagna e di Gozo organizzarono la difesa. I francesi si chiusero nella città. I maltesi costituirono un Governo provvisorio e proclamarono loro signore Ferdinando IV, re delle Due Sicilie, come quello che essendo alleato di tutte le potenze nemiche della Francia, e buon vicino, poteva fornir loro aiuto. Infatti, Ferdinando accettò e spedì loro munizioni e denaro, mentre i maltesi inalberavano la sua bandiera. II 19 settembre comparve davanti alla Valletta la flotta portoghese ed il 25 quella inglese agli or- dini di Nelson ; ambedue posero il blocco alla città, rianimando così le forze degli assedianti, i quali erano stati anche aiutati da truppe portoghesi, in- glesi e napoletane sbarcate dalle navi. UNA MONETA OSSIDIONALE DI MALTA 93 I francesi assediati nella città, si trovavano a mal partito e fatta eccezione di un abbondante de- posito di grano, erano sprovvisti di tutto, cosicché, dopo spogliate le chiese, misero in vendita gli og- getti preziosi e le robe d'uso del Monte di pietà. Ne ciò bastando ricorsero ad un prestito forzato e si impossessarono delle mercanzie delle botteghe e dei magazzini, senza pagarle, s'intende. 11 denaro mancava affatto ; la guarnigione fu ridotta a mezza paga, lo stipendio dei giudici e degli impiegati fu soppresso per tre mesi. Si mangiavano cavalli, asini e topi. In tali contingenze i francesi dovettero coniare le monete ossidionah da 15 e da 30 tari, attenendosi al sistema monetale indigeno perchè trovasse più facilmente credito. L'argento lo fornirono le Chiese ed il Monte di pietà. Bonaparte, divenuto primo Console, comprese che non potendo recare aiuto ai francesi assediati a La Valletta, questa si sarebbe ben presto arresa e gli inglesi sarebbero divenuti padroni di Malta. E poiché egli stava allora adescando Paolo I impera- tore di Russia per tirarlo fuori dalla coalizione Eu- ropea, pensò di offrirgli Malta. Thiers nella sua Storia del Consolato e delFIm- pero così dice : « Non si poteva meglio andargli al cuore che con l'offrirgli l'Isola di Malta. La cosa era destramente concepita per ogni riguardo : o gli inglesi che stavano per prenderla, consentirebbero a restituirla, ed allora la si tirava dalle loro mani ; ovvero rifiuterebbero, e Paolo I sarebbe per ciò ca- pace di dichiarar loro la guerra ». Difatti Paolo I accolse con entusiasmo la pro- posta, nominò il barone Sprengporten governatore di Malta e lo incaricò di mettersi alla testa di 6000 russi che erano prigionieri in Francia, i quaH il primo 94 P- STETTINER Console aveva generosamente liberati, e con quelli andare a prendere in consegna Malta dalle mani dei francesi. Ma era ormai troppo tardi. I maltesi e gli in- glesi avevano intensificato l'assedio, bombardando la città per terra e per mare, mentre gli assediati a corto di munizioni, stremati dalla fame e dalle ma- lattie, non opponevano più che una debole difesa. Il 4 settembre 1800 i francesi capitolarono e la guarnigione lasciò l'Isola con gli onori militari. La città e i forti furono occupati dai maltesi insorti e dalle truppe inglesi e napoletane. Col trattato di Parigi del 30 maggio 1814 risola di Malta con le sue dipendenze venne assegnata al- l' Inghilterra. Roma, marzo igi^. P. Stettiner. STDDI INTORNO ALLA ZECCA DI MANTOVA ''' GIAN FRANCESCO GONZAGA 1.° marchese di Mantova dal 1433 al 1444. Il 22 settembre 1433, per mano dell'imperatore Sigismondo, Gian Francesco Gonzaga da capitano del popolo, con solenne pompa, riceveva il titolo di marchese di Mantova. Del diploma a lui concesso, e riferito solo in parte dal Portioli (2), due passi più che tutto il resto importano al nostro assunto. Il primo riferentesi alla nuova arme da usare, Taltro alla podestà di battere moneta. E infatti dalle poche monete di Gian Francesco come marchese, che noi cominciamo a trovare so- stituito all'antico scudetto a fasce (nere e gialle), lo scudo colla croce (in campo albo crucem rubeam) e le quattro aquile accantonate {in qualibet quattuor angulorum clypei unum aquilani nigram^ alia exten- sis), scudo però non mai sormontato da corona al- (i) Questi due brevi studii sono un saggio di un lavoro sulla zecca di Mantova, di cui si sta ora occupando l'egregio Autore, e che ci augu- riamo di veder presto pubblicato. Il lavoro comprenderà tre periodi di quella zecca : I marchesi (1433-1530); I duchi (1530-1627); I duchi (linea di Nevers) 1628-1707. (Nola della Direzione). (2) A. Portigli. La zecca di Mantova, voi. I. Mantova 1879. 96 ALESSANDRO MAGNAGUTI cuna fino a Federico II primo duca. Nel secondo passo è concesso al marchese la podestà fabricandi monetam aiiream, argenteam, aeream (sic) ei quacumque aliam, legalem tamen ed dativam. Se Gian Francesco ebbe questa concessione, usò di fatto di questa facoltà? Ecco che un primo problema si affaccia al principiare della nostra opera, poiché se poche monete d'argento ci rimangono di questo marchese, per quante ricerche abbiamo fatte nelle raccolte pubbliche e private e nei migliori ca- taloghi, non ne abbiamo trovata alcuna ne di rame, ne tanto meno d'oro. Che se il Possevino (^), descri- vendo la fastosa cerimonia dell' investitura, racconta che fu gettata al popolo moneta coniata {stipes) d'oro e d'argento, e ne descrive il tipo, credo si possa ritenere con ogni probabilità essere queste medaglie anziché monete. Se pure è da credersi sempre la solita storiella di siffatte cerimonie, specialmente se raccontata dal Possevino maestro nell'inventare ad laiidem et gloriam di casa Gonzaga. Noi diremo soltanto di quelle che abbiamo ve- dute coi nostri occhi o di quelle che sono descritte da fonti ineccepibili. La più conosciuta di questo periodo è una mo- neta d'argento, un grosso (I), che porta al diritto il nuovo stemma dalle quattro aquile che abbiamo già descritto e attorno la seguente leggenda in ca- ratteri gotici : JOHS (Joannes) FRANCisC(^/s) MARCHIO MANTVE z C {et coetera) cioè imperialis vicarius, do- (i) Doctoris Antonii Possevini. Gonzaga, Mantua 1628, pag. 539 sgg. Così è descritto il tipo di questi stipes: " In facie Caesar Victoria co- * ronatus laureamque manu gestans pluribusque adorantibus majestatem " velut poscentibus ofiferebat. Literae per ambitum tales erant: — Reges " in ipsos Imperium est Jovis — . Verso nummo Mantua visebatur Joannis " Francisci vestigiis insculpta et in orbem legebatur: Joannis Francisci Marchionis fìdei Mantua deditur .. STUDI INTORNO ALLA ZECCA DI MANTOVA 97 mimis generalis o anche Capitaneus Gemralis, come ho trovato in una grida del 1436. Al rovescio si vede il vaso del Preziosissimo Sangue custodito a ciascun lato da un castello turrito in riva al lago, rappresentazione che probabilmente significa la stessa città e attorno Tesametro: MANTVA • FVLSISTI • PCIOSO (praeciosd) SANG-VINE • X • (Sanguine Christi). Questo ro- vescio dà luogo ad alcune osservazioni che non trovo ragione di tacere. È questa la prima volta che si presenta sulla nostra monetazione il vaso del Pre- ziosissimo contenente tre goccie del lateral Sangue di Cristo quando in croce fu ferito dal centurione Longino; è facile quindi scorgere da questa rappre- sentazione e dalla poetica leggenda, così nuova sulle monete medioevali, quanta fede animasse il popolo mantovano verso questa reliquia, fede che non molti anni dopo si concretizzò nell'erezione della superba basilica di S. Andrea dedicata alla preziosa reliquia. CoU'emissione di questa moneta noi notiamo ancora un progresso nella bontà del titolo, bontà che si può dire andò crescendo o diminuendo di pari passo con la gloria di casa Gonzaga, gloria che in realtà co- minciò appunto coir elezione a marchese di Gian Francesco; infine ci deve davvero sorprendere per quei tempi l'audacia di raffigurare in sì ristretto spa- zio una così vasta e grandiosa rappresentazione. L'altra moneta di questo periodo oltremodo rara e ch'io ritengo essere un altro grosso {\\)y l'ho tro- vata descritta e illustrata alla meglio sul Bellini. Sul diritto si vede il nuovo stemma inclinato e coronato da un cimiero a sinistra con la leggenda: JOHANES FRANCISCVS MARCHIO MANTVE; al rovescio, in piedi, ve- stiti degli abiti pontificali, S. Anselmo e S. Celestino, con la leggenda che li dichiara : S. ANSELMVS e S. CELESTRINVS (sic). La ragione di ritrovare raffigu- rati nelle nostre monete questi santi, dobbiamo ri- 13 98 ALESSANDRO MAGNAGUTI trovarla nel possedere la nostra città i loro corpi incorrotti. Veramente di S. Anselmo, vescovo di Lucca, confessore della famosa contessa Matilde e che a molte riprese verremo ricordando nel corso di quest'opera, ancora si conserva il corpo nella cat- tedrale, mentre non credo sia più così del corpo di S. Celestino. Non si confonda però, come già fece il Bellini, questo Celestino con quello che « fece per viltade il gran rifiuto ». Egli è invece quel papa, primo dello stesso nome, che per combattere Teresia di Nestorio patriarca di Costantinopoh, convocò il concilio Efesino e mori nel 432 dell'evo volgare. * • -• Quantunque di stampo più largo, il medesimo peso e titolo di quelle veneziane, ci inducono a ri- tenere le monete su descritte imitazioni dei grossi veneti introdotti per la prima volta dal doge Enrico Dandolo, ne sarà difficile persuadersene considerando che per noi era questione di vitale importanza pos- sedere monete che con facilità venissero accettate sul mercato di Venezia. Infatti in alcune gride dei primi anni del marchese Lodovico, successore di Gian Francesco, noi troviamo sempre ragguagliati i grossi veneti, ai grossi mantovani. Ora è tempo che noi parliamo brevemente del nostro sistema monetario, se pure si potrebbe chia- mare così, dato che non si conoscono, né credo che assolutamente esistano (^\ monete nostre d'oro e di rame di questo periodo. Quantunque le monete pren- dessero varii nomi e non di dieci in dieci anni, ma si potrebbe dire di mese in mese mutassero di va- (i) È della stessa ojMnione il Portigli nel libro citato, voi. I, pag.6. STUDI INTORNO ALLA ZECCA DI MANTOVA 99 lore, si valutavano sempre in lire, soldi e piccoli chiamati anche denari, e a Venezia bagattini. Questa moneta essenzialmente di conto, così si suddivideva : dodici piccoli, denari o bagattini che dir si voglia, facevano un soldo, venti soldi facevano una lira. Per quattrino poi (lo dice la parola stessa) s' intendevano quattro piccoli, quindi il soldo valendo dodici pic- coli valeva tre quattrini. Avendo dunque in questo periodo la nostra zecca battute così poche monete, moltissima era la congerie di monete forastiere che girava sul nostro mercato e unitamente alla veneziana che si cercava di imi- tare con fortuna, ne correva specialmente di milanese. A questo proposito potremmo citare due gride (24 luglio 1438, 18 aprile 1443); la prima che sta- biUsce a qual prezzo potessero correre sul nostro territorio le monete milanesi (es. il ducato a lire 4 sol. 3); la seconda, per evitare ingordisia di gua- dagno, fissa il valore dei varii ducati: Il ducato veneziano lire 4 soldi 8 „ milanese „ 4 „ 7 Fiorini de bon peso „ 4 ,, 6. Queste purtroppo le uniche gride, gli unici do- cumenti che ci restano del primo decennio del mar- chesato mantovano, i quali non accennando del resto a nessuna nostra moneta battuta, possono in certo qual modo confermarci nell'idea supposta che cioè non sia mai esistita moneta d'oro ne di rame del i.° marchese di Mantova Gian Francesco Gonzaga. lOO ALESSANDRO MAGNAGUTI FEDERICO I 3 /" marchese di Mantova 1478-1484. Il primo che tentò di investigare le monete del terzo marchese di Mantova fu Vincenzo Bellini, il quale però venne sfortunatamente alla difettosa con- clusione che sub eius imperio ne nummus quidam cusus est. E fu ancora necessario un secolo prima di riu- scire a ritrovare monete di Federico I, mentre oggi siamo già in grado di dare con certezza notizie di tre sue monete, corrispondenti ai tre metalli di- versi. Speriamo quindi che fra un altro secolo od anche meno, di sì bella quanto povera monetazione, altri esemplari ci renda la madre terra, altri esem- plari si scoprano nei musei pubblici e privati. Di questo marchese è intanto a nostra cono- scenza uno splendido zecchino (I) rappresentante la sua mirabile effigie pervenutaci solo in rarissime copie. Una, quella del Mantegna, dipinta a fresco neir immortale Camera degli Sposi, la seconda su di un'unica medaglia di Bartolo Talpa conservata al museo di Berlino, per ultimo quella del nostro bel- lissimo zecchino, recante al rovescio il solito « ta- bernaculo ». Rarissima moneta, di meravigliosa e finissima composizione, ci rappresenta il marchese rivolto a sinistra, con la testa scoperta provvista però di copiosa ma ordinata zazzera, il volto ancor giovanile, piuttosto pienotto, ma dal sottile e aristocra- STUDI INTORNO ALLA ZECCA DI MANTOVA IDI tico profilo, ci rende la sua effigie tra le più simpa- tiche del Rinascimento. Per ora due esemplari se ne conoscono, uno tra le gemme più preziose della su- perba collezione di S. M. Vittorio Emanuele III, l'altro che fa parte del reale medagliere di Firenze. Questo zecchino fu battuto nei primi due anni del suo brevissimo regno, poiché, come ce lo asse- risce uno dei nostri più seri storici, Leopoldo Ca- millo Volta, coinvolto il nostro marchese in varie vicende guerresche, che non trovo qui il caso di ri- cordare, lasciò per un quadriennio la privativa della zecca al suo ministro Eusebio Malatesta. Sono ormai di comune accordo tutti gli storici e i numismatici neirattribuire a questo quadriennio quel meraviglioso quattrino (II) che al diritto ci ri- vela un bellissimo ritratto del nostro poeta e al ro- vescio l'ormai famoso rebus-leggenda EPO, Ho detto bellissimo ritratto, perchè confrontando questa pic- cola ma graziosissima moneta con le descrizioni più antiche e accreditate sulla fisonomia di Virgilio, noi ne riscontriamo riprodotti alla perfezione i più mi- nuziosi dettagli. Per la spiegazione AtWepo, che io ritengo una dedica: Epicorum poètarum optimo, rìmsindo ai miei due lavoretti in proposito pubblicati sulla Ri- vista Italiana di Numismatica negli anni 1907 e 1909. Intanto i nostri studi continui hanno ormai fatto sfatare l'idea del Portioli, che non credeva esistes- sero monete d'argento di questo principe. Infatti, de- ducendolo da una grida di Francesco 11, suo figlio, del 7 settembre 1492, abbiamo anche ricordo di una terza moneta, e questa d'argento, che sfortunata- mente però non possiamo ancora descrivere. Dice la grida : li quali bussolotti vole che per tutto el suo dominio se expendano per grossi tre l'uno, come gli altri jacti battere per li III.'^' suo Avo (Lodovico II) et Patre (Federico I). Le parole sono sì chiare che non I02 ALESSANDRO MAGN ACUTI hanno bisogno di alcuna spiegazione ; solo ripetiamo qui la speranza che presto questa moneta, con altre ancora, venga a nostra perfetta conoscenza. * « * Così ho pure esaurito T illustrazione delle mo- nete di Federico I, che quantunque di numero sì esiguo, sono a ritenersi certamente fra le più belle, se non le più belle dell'intera serie mantovana. Siamo per ciò appunto dolenti di non potere elogiare, come si converrebbe, lo sconosciuto autore di sì mirabili gemme. A constatare, ad ogni modo, che pochissime (anche se altre se ne verranno a conoscere col tempo) furono le monete battute durante questo breve regno di sei anni, stanno anche le pochissime gride in materia che si riducono soltanto a due, una del io aprile del 1479, Taltra del 26 febbraio 1480, già pubblicata dal PortioH. Quella che pone veto allo spendere troni e marcelli tosi e guasti, questa che dice che non vuole si spendano in Man- tova monete di rame se non quelle del marchese Lodovico che però fossero ancora buone, la Ex."" sua ne ha fatto fare, et per lo advenire, farà fare tante monete di rame che suppliranno benissimo al bi- sogno delle terre sue. Il ritrovarsi ancora oggi un numero stragrande di quattrini coWepo, che essendo così comuni e così belli sintetizzano quasi la no- stra bella zecca (0, può indurci a credere con si- (i) L'autore di questo lavoro, raccoglitore di monete imperiali romane e mantovane, ha fatto scolpire sul suo medagliere le immagini dei due grandi contemporanei ed amici Augusto e Virgilio, il primo per sinte- tizzare lo splendore di Roma, il secondo quello di Mantova, scegliendo per modello di quest'ultimo appunto la moneta di rame suddescritta. STUDI INTORNO ALLA ZECCA DI MANTOVA IO3 curezza che la promessa e battuta moneta, ricor- data in questa grida, sia proprio quell'unica di rame di cui abbiamo parlato. Prima di concludere questo terzo capitolo, ri- ferirò ancora due lettere interessanti per la storia della nostra zecca. Una è del 28 settembre 1479 della marchesa Margherita di Wittelsbach, moglie del nostro Federico, nella quale è riferito il nome di due fratelli orefici che in quell'anno avevano cura della nostra zecca, Zanino e Giacomo Bardellone ; una seconda, del 5 agosto 1481, che per l'integrità della nostra zecca avrebbe dovuto rimaner segreta, ci rivela i disonesti maneggi usati dai nostri principi per ottenere una monetazione di valore maggiore dell'intrinseco. Infatti in questa lettera di certo mae- stro Niccolò da Cesena si propongono al marchese Federico : quattro uomini virtuosi e manuali in fatto che bisogna per far monete e stampe e sofistici (?) agogni sorta ad album et rubrum, in modo che S. A. guada- gnerebbe il 50 7o- Ne del resto questo fatto deve gran che meravigliare considerando che tutti questi prin- cipi, qual più qual meno, cercavano, se non altro, di non essere danneggiati dal continuo correre di mo- neta tosata o erosa. Come avrebbe infatti il nostro piccolo stato potuto mantenersi finanziariamente so- lido in mezzo all'avviHmento sistematico della mo- neta, se esso stesso non ne avesse emesso di va- lore maggiore dell' intrinseco ? Ma ora col salire al trono di Mantova del gio- vane Francesco II, il glorioso vincitore di Fornovo, salutiamo l'epoca più brillante e fehce della nostra piccola quanto illustre corte mantovana. Alessandro Magnaguti. ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE scoperte a S. Secondo di Pinerolo Nel fare gli scavi per rimpianto di una vigna, in pro- prietà del cav. Vagnone, in territorio di S. Secondo di Pi- nerolo, venne scoperta, nella primavera del caduto 1912, una pignatta di terra cotta, contenente monete di oro, ar- gento e mistura, appartenenti alla seconda metà del se- colo XVI. Uegregio proprietario, sapendo come io mi diletti di numismatica, assentì, con grande cortesia, a cedermi tutto il ripostiglio, dopo averlo sottoposto al mio esame; e ciò fece anche perchè potessi, collo studio di esso, aggiungere il maggior possibile contributo all'opera grandiosa cui at- tende il nostro Augusto Sovrano. L'umidità penetrata nel recipiente attraverso le connes- sure, ed i secoli, aveva talmente ricoperto di ossido le mo- nete erose, che restava ardua cosa poterle interpretare ; e avendo esposto il mio rincrescimento a un distinto chimico, il dott. Giuseppe Ferreri, della antica R. Farmacia Masino, questi si prese tanto la cosa a cuore, che dopo una serie di esperimenti riuscì a trovare il mezzo di ridonare alle monete Tantico splendore ; egli mi confidò il trovato, che applicai con frutto pari alla grata sorpresa; dacché non intende rendere pubblico il suo trovato, io devo rispettare il suo ben giusto desiderio; ma l'essenziale è che mercè sua ho potuto rilevare in ogni moneta i più minuti particolari, e posso così darne un preciso resoconto, per coloro che col- tivano gli studi della patria monetazione. I06 A. F. MARCHISIO Le monete sono 205 in tutto, tre di oroy e 202 di ar- gento e mistura. La massima parte di esse appartiene a Casa Savoia, e più precisamente a Emanuele Filiberto ; poche di Carlo II, una sola di Carlo Emanuele I, all'epoca in cui suc- cedette al padre. Di Casale non vi hanno che i nomi di Mar- gherita Paleologa, e di Guglielmo Gonzaga ; una sola papale, di Gregorio XIII. Di Francia i nomi di Enrico II, Carlo IX, Enrico III. Di Svizzera tre Ginevrine. Il non ricco posses- sore del peculio, lasciato ai posteri, lo nascose adunque tra il 1581 e il 1582, e il suo tesoretto non giungeva a trenta anni di date d'emissione monetaria. Non intendo qui fare della facile storia di quei luoghi e di quei tempi, cosa risaputa e fuor di luogo ; mi basti solo accennare che nel 1560 i ministri protestanti di quelle val- late si rifugiarono in una caverna fra S. Secondo e Praro- stino, dove, come porta la locale leggenda, una via segreta comunicava con Angrogna; e di questa via, una fra le molte del nostro Piemonte, esistono tuttora le traccie, ostruite da frane e manufatti. Le aspre lotte religiose, le guerre di Emanuele Filiberto, i molti rivolgimenti che accompagnarono gli ultimi anni di regno del grande ristauratore della monarchia Sabauda e i primi del pio successore, Carlo Emanuele I, tenevano in tre- pidazione quelle terre, e alcuni ripostigli di monete già fu- rono colà scoperti, e molti altri attendono il fortunato sco- pritore, perchè, quando erano ignote le carte^ le fortune mo- bili erano di metallo, e se ne affidava al suolo la custodia, che spesso, per eventi imprevisti, diveniva troppo gelosa. Fu pertanto o un perseguitato dalle Sètte religiose, o un villico timoroso, o un soldato trafitto, colui che nel 1582 al- Tincirca affidò alle zolle il magro peculio che, dopo oltre tre secoli, è dato a chi scrive analizzare, con una diligenza che certo non ebbe mai ad usare il proprietario pel fatto suo. Ed ecco la descrizione : Oro, I. Roma. Papa Gregorio XIII (1572-1585). Scudo d'oro, Cinagli, n. 4. K, Diametro 24, peso gr. 3,29. F. D. C. ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE a07 Oro, 2. Savoja. Emanuele Filiberto (1553-1580). Scudo d*oro. Secondo tipo. Corpus, voi. I, n. 272. X, D. 21,5, peso gr. 3,33. C Oro, 3. Casale. Guglielmo Gonzaga (1566- 1587). Scudo d'oro. Corpus, voi. II, n. 29. N. D. 23,5, peso gr. 3,28. C Argento o mistura, 4. Milano. Filippo II (1556-1598). Lira. Gnecchi, n. 84. M. D. 27, peso gr. 6,45. C.^ 5. Idem, idem. Gnecchi, n. 84. R. D. 28, p. gr. 6,35. C.^ 6. Savoja. Carlo II (1504-1553)- ' Cavallotto. Corpus, voi. I, dopo il n. 166. B - + K : DVX : SABAV : CHABLASY : ETAVG Cavallo al- legro, volto a sinistra (Contorno rigato). I^ — SA : RO : IMP : PRIN : VI : P • L : F Stemma solito (Cont. rig.). M. D. 26, p. gr. 2,50. C.^ 7. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 166. B' _ + K : DVX : SABAV : CHABLASY : • • • AVCr Cavallo come sopra (Cont. rig.). I^ — SA : RO : IMP : PRIN : VI : • P : L : Stemma solito (Cont. rig.). M. D. 25, p. gr. 2,72. C.^ I08 A. F. MARCHISIO 8. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. i66. & — Come il n. i66, ma : CHABLASY : 9^ — Come il n. i66, ma : P : L : F • M. D. 24, p. gr. 2,68. C 9. Idem, idem. Identico al predetto n. 8, con salti di conio. M. D. 24, p. gr. 3,oT. C 10. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 170. ^ — Come il n. 170, ma : CHABLASY : 9^ — Come il n. 170. M. D. 25, p. gr. 2,70. C 11. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 175. ^^ — + K : DVX : SABAV : CABLASY : ET • AVO Cavallo come sopra (Cont. rig.). 1$ — SA : RO : IMP • PRIN : VI : P • 1553 Stemma solito (Cont. rig.). M. D. 24, p. gr. 3,13. C 12. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. i. ^ — + E PHILIBERTVS : DVX : SAZAVDI Cavallo come sopra (Cont. rig.). 9f — SAROIMP- PRIN : VI : Pl554. Stemma solito (Cont. rig.). M. D. 23. p. gr. 2,90. C.^ 13. — D. 24, p. gr. 2,75. C ) Idem, idem. 14. — D. 24, p. gr. 2,97. C j Corpus, voi. I, n. 15. M. ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE IO9 15. Idem, idem. Corpusj voi. I, dopo il n. 15. B* — Come il n. 15, ma : SÀBÀVDI L^ — Come il n. 15, ma PRIN • PEDEM • M. D. 24, p. ^r. 3,04. C.^ 16. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 17. ^ — Come il n. 18, ma : SABÀV pi — Identico al n. 18. M. D. 22, p. gr. 2,95. C 17. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 21. M. D. 24, p. gr. 3. C.^ 18. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 21. ÌB" — + B PHILIIBERTVS : DVX : SABAVDI 9 — Come il n. 21. M. D. 24, p. gr. 3,06. C 19. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 412. ^ — Come il n. 412. ^ — Come il n. 412, ma la leggenda termina senza punto. M. D. 24, p. gr. 2,87. C 20. Idem, idem. Identico al n. precedente. M. D. 23, p. gr. 1,31. C 21. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 414. B' — + E : TVS : DVX : SABÀVD Cavallo solito, ro- tella, ecc. (Cont. rig.). no A. F. MARCHISIO I^ — PRIN : PEDEM : CO : AST Stemma solito (Cont. rig.). M. D. 23, p. gr. 2,90. C.^ 22. Idem, idem. % Identico al numero precedente. M. D. 23, p. gr. 2,89. C* 23. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 414. /B" — Come il n. 21 qui sopra descritto. 9 — PRINPEDEMO : CO : AST : M. D. 24, p. gr. 2,95. C* 24. Idem, idem. Grosso. Corpus, voi, I, dopo il n. 60. ^ — + E o PHILIBERTVS • • • VX o SABAV Scudo coronato tra due nodi (Cont. peri.). I§ — + ET o AVG o PRETORIE o N o V o 1559 Croce Mauriziana in cornice quadrilobata (Cont. peri.). M. D. 24, p. gr. 1,42. C/ 25. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 60. B' — Come il n. 24 sopra descritto. 9^ — Come il n. 24 sopra descritto, ma o N o v o 1559 M. D. 23, p. gr. 1,70. C* 25. bis Idem, idem (data illegibile). Corpus, voi. I, dopo il n. 60. B^ — Come il n. 60, ma o SABA 9 — + ET o AVO o PRETORIE o N o V M. D. 22, p. gr. 1,85. C* 26. Idem, idem. Da tre Grossi. Corpus, voi. I, n. 11. M. D. 27, p. gr. 3,14. C ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE 11^ 27. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 43. M. D. 27, p. gr. 2,97. C/ 27. bis Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 43. B' — + : E : PHILIBERTVS : DVX : SABA VD Scudo con elmo, cimiero e svolazzi (Cont. ritorto). 1$ — + AVXILIVM : MEVM : ADOMINO : 1558 Croce Mauri- ziana (Cont. lin. e peri.). M. D. 27, p. gr. 2,97. C* 28. Idem, idem. Da tre Grossi (tipo diverso). Corpus» voi. I, dopo il n. 68. /B" — E : PHILIB : D : SABAVD Scudo composto. All'esergo : B : (Cont. peri.). I^ — + AVXILIVM : MEVM : ADOMINO : L : 1560 Croce Mauriziana (Cont. peri.). M. D. 26, p. gr. 3,31. C 29. Idem, idem. Identico 'al n. 28 sopra descritto. M. D. 25, p. gr. 3,78. C.^ 30. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 70. M. D. 25, p. gr. 2,50. C 31. Idem. idem. Corpus, voi. I, n. 88. M. D. 26, p. gr. 3,45. C* 32. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 90. M. D. 25, p. gr. 3,50. C H2 A. F. MARCHISIO 33. Idem, idem. Grosso. Corpusy voi. I, dopo il n. 79. ^ — Come il n. 79, ma : SABABDIE 9 — Come il n. 79. M. D. 25, p. gr. 1,70. C.^ 34. Idem, idem. Lira. Corpus, voi. I, n. 99. ^. D- 33' P- gì*- 12,54. F. D. C. 35. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 99. B' — Come il n. 99, ma • DVhX • SAB P • PPED ^ — Come il n. 99. M. D. 33, p. gr. 12,52. F.D.C. 36. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 239. M. D. 33, p. gr. 12,20. F. D. C. 37. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 277. ^ — Come il n. 277, ma -T* 9 — Come il n. 277. M. D. 32, p. gr. 12,39. ^' ^' C- 38. Idem, idem. Bianco, Corpus, voi. I, n. 128. M. D. 29, p. gr. 4,90. C* 39. Idem, idem. Identico al sopradetto n. 38. M. D. 27, p. gr. 4,85. C* ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE 1 13 40. Idem, idem. — M. D. 24, p. gr. 4.53. C.^ 41- y. » — » 25, „ 4,54. C.^ 42. ,; „ — n 25, „ 4,57. C.^ Corpus, voi. I, n. 129, ma con la data 1564. 43. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 177. ^ — + EM • FILIB • D • G • DVX • SABAVDIE • P • PED Stemma tra FÉ RT AH'es. A (2 cont. lin.). K — + IN • TE • DOMINE • CONFIDO • 1569 • N • V Croce Mauriz. in doppia cornice quadrilob.^ (2 cont. lin.). M. D. 27, p. gr. 4,35. F. D. C. 44. Idem, idem. — M. D. 27, p. gr. 4, — . C.^ 45- » V - yy 25, „ 4,55. C Corpus, voi. I, n. 196. 46. Idem, idem. Corpus, voi. 1, dopo il n, 240. ly — Come il n. 240, ma • P • PED e sotto invece di A una rosetta a 5 lobi. I^ — Come il n. 240. M. D. 27, p. gr. 4,39. C 47. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 242. M. D. 22, p. gr. 4,35. F. D. C. 48. Idem, idem. - M. D. 27. p. gr 4,71. C,^ 49. n » V 27» » 4,76. C 50- » V ~ V 28, n 4.30. C 51- >; >; » 26, 1) 4.89. c 52. » »> V 26, n 4.35- C 53- » » >ì 27» » 4, 13. C.» Identici al sopradetto n • 47- 114 A. F. MARCHISIO # 54; Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 242. ^ — Come il n. 242, ma • G-^X -eia destra. 9 — Come il n. 242, ma • DOMINE E • CONDO • M. D. 27, p. gr. 4,55. C.^ 55. Idem, idem. CorpuSy voi. I, dopo il n. 242. /B' — Come il n. 242. 9 — + IN • TE • DOMI • • • • eoo • • • IDO 1573 • T • M. D. 26, p. gr. 4,73. C 56. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 258, senza salto di conio. M. D. 27, p. gr. 4,20. C.^ 57. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 258. D" — Come il n. 258. 9 — Come il n. 258, ma ^ A ^ M. D. 27, p. gr. 4.58. C 58. Idem, idem. Identico al sopradetto n. 57. M. D. 27, p. gr. 4.75. C? 59. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 258. ^ — Come il n. 258, senza salto di conio. AU'es. * 9 — + IN TE • DOMINE • CONFIDO • 1575 • E • D • M. D. 28, p. gr. 4,52. C 60. M. D. 27, p. gr. 4.48. C* 61. „ 26, , 4.53. C* 62. „ 24, „ 4.30. C* 63. „ 27, „ 4.35. C 64. „ 26, „ 4,20. C Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 278. ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE 115 65 M. D .28. P. gr 4,63. e 1 66. w 25» }) 4,60. e 67. » 25» f) 4,69. e 68. t) 26, » 4.67. e/ 69. » 26, lì 4,48. e 70. V 27. n 4,50. e- 71- » 25» » 4,40. C.^' 72. »> 27. w 4,25. e/ 73- » 25. » 4,47- C' 74- tf 26, » 4.37- C.' 75- >; 26, V 4,47- C.' 76. » 26, n 4.55- C' Idem, idem. 77- » 26, f) 4.47- C.^ Corpus, voi. I, n. 278. 78. » 26, ff 4,25. C/ 79- }) 25. V 4.63. c 80. tf 25» t) 4,52. C." 81. » 24» » 4.44- C.^ 82. n 25. n 4.55- C' 83. » 26, y) 4.55- C." 84. ì) 26, )) 4,60. c 85. }} 26, n 4,40. e 86. » 26, ft 4,18. e* • 87. n 27» » 4,82. c.^ 88. V 26, n 4,85. c.^ 89. M. D • 27, p. gr. 4,61. C 90. n 26, » 4,66. C.^ 91. » 27. » 4,50. c 92. }) 27. }) 4.54. e Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 278. B' — Come il n. 278. I^ — Come il n. 278, ma la leggenda termina • T • 93. M. D. 26, p. gr. 4,58. C.^ 94. „ 26, „ 4,60. C Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 278. ÌB' — Come il n. 278, ma la legg. termina • PED (trifoglio) 9/ — Come il n. 278, ma la legg. termina • T • ii6 A. F. MARCHISIO 95 96 97 98 99 100, lOI 102 103 104 106 107 M. D. 26, p. gr. 4,52 26. 26, 26, 26, 27» 26, 26, 26, 26, 27, 24. 26, 4.07 4.72 4.39 4»37 4.48 397 4^63 4,38 4»20 4,36 4.31 4»5o I Idem, idem. Corpus, voi. 1, n. 3^1. 108. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 311. B' — Come il n. 311, ma • SABÀVD • 1$ — Come il n. 311. M. D. 26, p. gr. 4,57. C.^ 109. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 311. & — Come il n. 311, ma • SABAVD • P • PED • 1$ — Come il n. 311, ma -15 77 .*. ^ .*. M. D. 26, p. gr. 4,40. C* no. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 387. M. D. 26, p. gr. 4,50. C* III. Idem, idem (data illegibile). B' — + EMFILIBDGDVXSÀBÀVDIEPPED Stemma tra FÉ RT AU'es. T (2 cont. lin.). I^ — + IN -TE DOMINE CONFIDO -15 T (trifoglio). Croce Mauriziana in doppia cornice quadrilobata (2 cont. lin.). T M. D. 26, p. gr. 4,45. C* ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE II7 112. Idem, idem. B" - + EM • FIL DVX • SABAVDIE • P • PED Stemma tra FÉ RT All'es. V (2 cent. lin.). li — + IN • TE • DOMINE • CONFIDO Croce Mauriziana in doppia cornice quadrilobata (2 cont. lin.). M. D. 26, p. gr. 5,10. C." 113. Idem, idem. So/do. Corpus, voi. I, n. 106 (esergo O ?). M. D. 18, p. gr. 1,36. C 114. Idem, idem. Come il precedente e con esergo pure incerto, ma di- verso (F ?). M. D. 19, p. gr. 1,16. C." 115. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 119. ^ — EM FIL IB • D • G- Arme inquart. e cor. All'es. O 9/ — + DVX -SAB-P • P- E-- • 1563 Croce ornata (Con- torno lin.). M. D. 19, p. gr. 1,32. C.^ 116. Idem, idem (data illeggibile). ^ — EM • FIL IB • D • G Arme coronata e inquartata. ^ — + DVX • SAB • P • PED 156 Croce ornata (2 con- torni lin.). M. D. 19, p. gr. 1,18. C 117. M. D. 20, p. gr. 1,60. C.^ 118. „ 20, • „ 1.57. C 119. „ 21, „ 2,—. C* 120. „ 19, „ 1,53. C (tosata). Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 290. Il8 A. F. MARCHISIO 121. Idem, idem (^ata illegibile). B' — + EM • FIL D D Campo inquartato e scudetto al centro (cont. lin.). K — E DOMINE • CONF Quattro nodi in croce, nodo al centro e FERI (cont. lin.). M. D. 20, p. gr. 1,85. C.^ 122. Idem, idem. Soldo (tipo diverso). Corpus, voi. I, dopo il n. 154. ^ — Come il n. 154, ma nessun punto ai lati. 9/ - + • IN • • • • MINE • CONFIDO • 1566 • E • B • M. D. 22, p. gr. 1,88. C/. 123. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 178. M. D. 21, p. gr. 2. C.^ 124. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 184. M. D. 22, p. gr. 1,73. C.^ 125. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 187. M. M. 22, p. gr. 1,92. C.^ 126. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 198. M. D. 21, p. gr. 2,07. C 127. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 200. M. D. 23, p. gr. 1,49. C* 128. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 203. ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE II9 /& — Come il n. 203, ma un punto dopo ogni parola, tranne che al fine, t^ — Come il n. 203. M. D. 23, p. gr. 1,68. C 129. M. D. 22, p. gr. 1,90 C.^ ) Idem, idem. 130. „ 22, „ 2,02 C.^ j Corpus^ voi. I, n. 204. 13T. Idem, idem. CorpuSy voi. I, dopo il n. 204. ^' — Come il n. 204, ma Tarma tra due globetti. I^ — Come il n. 204. M. D. 21, p. gr. 1,53. C* 132. M. D. 21, p. gr. 2,50 C* \ 133. „ 20^ „ 1,45 C.^ r Idem, idem. 134. „ 20, „ 1,93 C ì Corpus, voi. I, d. il n. 207. 135. ,; 20, „ 1,71 C ) In tutto e per tutto come il n. 207, ma senza la crocetta nel primo angolo del rovescio. 136. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 208. M. D. 21, p, gr. 1,90. C.^ 137. M. D. 20, p. gr. 1.73 C.M j^^^ .^^^ 138. „ 20, „ J'77>- > Corpus, voi \, n. 2'2^, 139. „ 21, „ 1,92 C. ) 140. M. D. 22, p. gr. 1,68 C.^ } Idem, idem. 141. ,; 22, ,; 2,01 C.^ I Corpus, voi. I, d. il n. 226. & — Come il n. 226. 9* — Come il n. 226, ma • 1571 P • D • 142. M. D. 22, p. gr. 1,92 C M T 1 A ^ r M ^^^"^' idem. ^43- » 22, „ 1,90 C.^ Corpus, voi. I, n. 231. 144. „ 22, „ 1,94 C. ) I20 A. F. MARCHISIO 145. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 252. jy — Come il n. 252, ma • SABÀVDI ^ — Come il n. 252. M. D. 21, p. gr. 1,48. C* 146. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 260. M. D. 21, p. gr. i,6r. C* 147. M. D. 21, p. gr. 1,67 C/ ) Idem, idem. 148. „ 22, „ 1,91 C* ) Corpus, voi. I, n. 262. 149. M. D. 21, p. gr. 1,78 C \ 150. ,; 20, „ 1,63 C.^ r Idem, idem. 151. „ 22, „ 2,18 C.^ i Corpus, voi. I,- d. il n. 267. 152. „ 21, „ 2,23 C ) B' — Come il n. 267, ma l'arma fra due globetti. 1$ — Come il n. 267. 153. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 285. M. D. 22, p. gr. 2,08. C.^ 154. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 286. M. D. 22, p. gr. 1,70. C.^ 155. Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 367. B' — EM • D • G" D Stemma completo, coronato senza es. (cont. lin). 9 — + IN NFIDO- 1579 . N • Croce Mauriziana in cornice quadril. con globetti alle punte. M. D. 18, p. gr. 1,30. C (Mentre la leggenda del diritto la farebbe supporre di Carlo Emanuele I, la data del rovescio la dimostra di Eman. Filiberto). ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE 121 156. Idem, idem. CorpuSy voi. I, dopo il n. 388. B' — EM • FILIB • D • C • DVX • • • P • PED Scudo composto, cor. senza es. (cont. lin.). Ri — + IN • TE • DOMINE • CONFIDO • 1580 -T • Croce Mau- riziana in corn. quadr. con globetti alle punte (cont. lin.). M. D. 21, p. gr. 1,69. C 157. Idem, idem (data illegibile). Di grosso modulo. /B" — EM • FILIB • D • G" • DVX • SÀBAVD Scudo composto coronato. AU'es. stella a 5 punte (cont. lin.). 9 + IN • TE • DOMINE • CONFID 157 e poi segni che sembrano I C V Croce Mauriziana in doppia cor- nice quad. con globetti agli angoli. M. D. 25, p. gr. 2,07. C.^ 158. Idem, idem (data illegibile). ^' — EM • FILIB • D • G • DVX • SAB • P • PED • Arme com- posta, cor. AU'es. T (cont. lin.). 9 —+ IN TE DOMINE -CONFIDO T- Croce Mau- riziana in corn. quadril., con globetti alle punte (cont. lin.). M. D. 22, p. gr. 1,74. C* 159. Idem, idem (data illegibile). Identico al sopra descritto n. 158. M. D. 21, p. gr. 1,55 C 160. Idem, idem (data illegibile). ^^ — EM FILIB D-G DVX- SABÀVDIE Arma composta cor. con globetto a sin. AU'es. stella a 5 punte (cont. lin.). R) - + IN TE- DOMINE -CON T • Croce Mauriziana in corn. quadr., con globetti alle punte e agli angoli (cont. lin.). M. D. 22, p. gr. 1,50. C* 16 22 A. F. MARCHISIO i6r. Idem, idem (data illegibile). 13' — EM VD • P • PED • Arme comp. cor. All'es. A I§ — + IN TE • • • • NE • CONFIDO 157 A • Croce Mauriziana in corn. quadr. con globetti alle punte (cont. lin.). M. D. 20, p. gr. 1,73. C. 162. Idem, idem. Bianco, secondo tipo. Corpus, voi. I, dopo il n. 364. ^' — Come il n. 364, ma • PP 1$ — Come il n. 364, ma • I • M • M. D. 26, p. gr. 4,51. C 162. bis Idem, idem. Corpus, voi. I, dopo il n. 364. ^ — Come il n. 364, ma • PP 9 — Identico al n. 364. M. D. 26, p. gr. 4,53. C 163. Idem, idem. Soldo, nuovo tipo. Corpus, voi. I, dopo il n. 318. B' — Come il n. 318, ma • SABAVDI 9 — Identico al n. 318. M. D. 22, p. gr. 1,82. C.^ 164. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 347. M. D. 21, p. gr. 1,65. C 165. Idem, idem. Corpus, voi. I, n. 370. M. D. 21, p. gr. 1,44. C* ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE I23 166. Carlo Emanuele I (1580-1630). Bianco. Corpus^ voi. I, dopo il n. 35. B' — Come il n. 35. I^ — Come il n. 35, ma senza la controm. dello scudetto. M. D. 26, -p. gr. 4.53. C/ 167. Emanuele Filiberto (Zecca d'Astil. Cavallotto. Corpus, voi. II, dopo il n. 5. B' — Come il n. 5. ^ — Come il n. 5, ma PRINC : M. D. 25, p. gr. 2,87. C 168. Idem, idem. CorpuSy voi. II, dopo il n. 5. ^ — Come il n. 5. 9 — Come il n. 5, ma PRINC : e : CO • M. D. 24, p. gr. 2,85. C.^ 169. Idem, idem. Corpus, voi. II, dopo il n. 5. B' — Come il n. 5, ma : DESABÀVDIA (ES uniti in mon.). 9/ — PRINCE DEEMON : CO • AST * M. D. 25, p. gr. 3,05. C 170. Idem, idem. Corpus, voi. II, n. 7. M. D. 25, p. gr. 2,92. C.^ 171. Casale. Margherita e Guglielmo Gonzaga (1550-1566). Bianco. Corpus, voi. II, n. 20. M. D. 26, p. gr. 4,73. C.^ (bucata). 124 A. F. MARCHISIO 172. Idem. Guglielmo Gonzaga (1566-1587). Bianco. Corpus, voi. II, n. 16. M. D. 26, p. gr. 4,83. C* 173. Idem, idem. Corpus, voi. II, dopo il n. 16. ^ — Identico al n. 16. 9 — Come il n. 16, ma • CHRSITI • M. D. 26, p. gr. 4,52. F. D. C. 174. Idem, idem. Corpus, voi. II, n. 18. M. D. 26, p. gr. 4,62. C.' 175. Idem, idem. Corpus, voi. II, dopo il n. 34. ^' — Come il n. 34, ma • MON • FER • P • I§ — + CRVX • CHRISTI • SÀLVS • NOSTRA • 1576 M. D 27, p. gr. 4,51. C 176. M. D. 27, p. gr. 4,56. C* 177. „ 27, „ 4.35. C* 178. „ 27, , 4,63. c: Corpus, voi. II, dopo il n. 37. B" — Come il n. 37, ma • MON • FÉ • P 1^ — Identico al n. 37. 179. Idem, idem. Corpus, voi. II, dopo il n. 51. B' - GVL DO- DVX • XMAN Hit- MCI • FER • I t^ — + CRVX • CHRTI • SALVS • NOOSTRA • 1578 Solito tipo per il /B" e per il 1^. M. D. 27, p. gr. 4.50. C ELENCO DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE I25 180. Francia. Enrico II (1547-1559)- Testone. Hoffmann, tav. LXVII, n. 35. M, D. 29, p. gr. 9,37. C.^ (tosato). 181. Idem, idem. Douzaiìi aux croissants. Hoffmann, tav. LXIX, n. 79. M. D. 27, p. gr. 2,32. C 182. M. D. 27, p. gr. 2,07. C.^ 183. ,; 25, „ 2,42. C Idem, idem. Hoffmann, tav. LXIX, n. 74. 184. Idem. Carlo IX (1560-1574), Testone. Hoffmann, tav. LXXIII, n. 18 (variante). M. D. 28, p. gr. 9,43. C.^ (tosato). 185. M. D. 29, p. gr. 9.35. C.^ 186. „ 28, „ 9,44. C 187. „ 28, „ 9,45. C Idem, idem. Hoffmann, tav. LXXIII, n. io. 188. M, D. 29, p. gr. 9,22. C 189. „ 29, „ 9,32. C.^ (tosato). Idem, idem. Hoffmann, tav. LXXIII, n. 15. 190. Idem. M. D. 25, p. gr. 2.64. C.^ 191. „ „ 26, „ 2,41. C 192. „ „ 26, „ 2,75. C 193. „ „ 25, „ 2,87. C (tosato). 120 A. F. MARCHISIO 194. Idem. M. D. 24, p. gr. 2,92. C. 195. „ „ 24, „ 2,92. C (tosato). Doublé sol parisis. Hofifmann, tav, LXXIV, n. 31. 196. Idem. M. D. 24, p. gr. 2,24. C.^ 197- « V 23, „ 2,20. C Douzain. Hoffmann, tav. LXXIV, n. 34 (variante). 198. Idem. M. D. 25, p. gr. 2,24. C.^ 199. r, „ 24, „ 1,88. C.^ Enrico III, (1574-1589). Douzain. Hoffmann, tav. LXXVII, n. 42. 200. Svizzera. Ginevra. Da j soldi (1572). Dèmole, n. 292 (variante). M. D. 26, p. gr. 3,53. C 201. Idem, idem. 1 Soldo (1553). Dèmole, n. 200, M. D. 22, p. gr. 1,50. C.^ 202. Idem, idem (senza data). Dèmole, n. 192 (variante). M. D. 20, p. gr. 1,70. C* Torino^ gennaio igi^. A. F. Marchisio. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI Maurice (Jules). Numismattque Constantinienne. Tomo III. — Parigi, 1912. li eh. Autore pubblicò il primo volume del suo lavoro nel 1909, il secondo nel 191 1 ed ora ci dà il terzo che do- veva essere l'ultimo; ma già ci annunzia un supplemento, che chiuderà definitivamente Topera sua sulla Numismatica Costantiniana. L'introduzione di questo volume è divisa in due parti. La prima è dedicata all'esposizione della politica religiosa di Massimino Daza e alla sua persecuzione contro i Cristiani. L'autore seguendo le diverse fasi della persecuzione, dimo- stra come queste abbiano il loro riflesso e la loro conferma nei tipi e nei simboli riprodotti sulle monete. Così il simbolo dell'altare che con tanta frequenza si incontra, sia come parte integrale della figurazione, sia come simbolo a parte nelle monete di Massimino Daza, trova la sua spiegazione, come la trovano le divinità pagane che sulle stesse monete si vanno l'una all'altra succedendo. La seconda parte è riservata alla divisione e denomina- zione delle specie di bronzo dei sistemi monetari di Diocle- ziano e di Costantino, e qui constatiamo con piacere come TA. abbia largamente attinto agli studi del nostro buon col- laboratore G. Dattari. Sarà con tale studio detta l'ultima parola sulla complicata monetazione di questo travagliato 1 28 BIBLIOGRAFIA periodo? Non oserei affermarlo; e non vorrei entrare in una discussione troppo lunga e troppo difficile per chi non vi è preparato. È però certo che tale questione, pochi anni sono ancora molto oscura e poco conosciuta, mediante gli studi di parecchi intelligenti, si è andata in questi ultimi anni rischiarando, e pare ormai vicina alla sua completa soluzione. Seguono poi le descrizioni delle monete coniate nelle zecche orientali di Nicomedia, Cizico, Antiochia ed Alessan- dria, e II tavole completano il volume. L'autore, dall'inizio di quest'opera ad oggi, s'è miglio- rato, strada facendo, e bisogna convenire, che le descrizioni date in quest'ultimo volume sono più complete, di quelle dei volumi precedenti. Del che non può che rallegrarsi chi aspetta altri lavori del fecondo scrittore. F. G. Jesurum (Aldo). Cronistoria delle '* Oselle „ di Venezia. — Ivi, Istituto veneto di Arti grafiche, 1912 (fig.) (i). In questo momento in cui si nota un generale risveglio nello studio e nella collezione delle Oselle di Venezia, la comparsa di questo lavoro è piìi che mai utile ed opportuna. Il eh. Autore dice d'aver voluto limitarsi a compilare un semplice manuale. Sia pure; ma fra le varie opere che trat- tano di questo argomento, a me sembra che questa sia la più pratica ed indicata per chi vuol dedicarsi alla collezione delle Oselle venete. Il lavoro è sobrio, succinto, ma non vi manca nulla di quanto è indispensabile. Dopo un breve cenno storico sull'origine delle Oselle, e due elenchi, l'uno cronologico e l'altro alfabetico, dei dogi che le coniarono, segue la illustrazione completa delle 275 Oselle coniate dal- l'anno 1521 (Antonio Grimani) fino al 1797 (Ludovico Manin). Ogni pagina illustra una Osella^ dandone il disegno dal vero, la minuta descrizione del diritto, del rovescio e una opportunissima Nota illustrativa, ove si spiegano brevemente (i) Il prezzo di questo volume è di L. io, ma, per gentile conces- sione dell'Autore, i Soci della Società Numismatica Italiana potranno averlo col 25^/0 di sconto. BIBLIOGRAFIA I29 i simboli che vi sono impressi e i fatti storici a cui allude il pezzo descritto. Al lavoro tien dietro una Appendice, ove sono descritte le poche Medaglie comunemente chiamate ^ Oselle „ e cioè : la Medaglia osella anonima j la Prova della prima osella del doge Andrea Grilli, le Medaglie oselle delle dogaresse e la Medaglia osella del Lido. L* illustrazione si chiude con un cenno sulle principali collezioni di Oselle in Italia e all'Estero. L'elegante volumetto è dall'A. dedicato a S. M. il Re colle seguenti parole : " All'Augusto Sovrano d' Italia, Vit- " torio Emanuele III, Presidente della Società Numismatica " Italiana, con riverenza di suddito e con ammirazione di " studioso, l'Autore dedica queste pagine dettate dall'amore " della città natale „, Non ci resta che congratularci sinceramente col cav. Aldo Jesurum per il suo bel lavoro, ed augurargli ch'esso trovi fra gli studiosi e gli amatori l'accoglienza che si merita. E. G. Hill (G. F.). Portrait Medals of italian artists of the Re- naissance, illustrated and described, with an introductory essay on the italian medal. — London, Lee Warner, 1912, pag. xii-92 con 32 tavole. L'elegante libro, di cui già si è fatto un breve cenno nel fascicolo precedente, del valentissimo e infaticabile numisma- tico G. F. Hill, direttore della sezione numismatica del Bri- tish Museum a Londra, si presenta con una veste tipografica molto suggestiva, specialmente per noi italiani, ai quali ram- menta tante nostre glorie e tanti nostri tesori nascosti, tra- scurati, mal compresi e spesso lasciati inediti, finché gli stu- diosi stranieri, non più appassionati, ma più seri cultori della medaglistica, li portano alla luce della pubblicazione e della scienza. Il libro è dedicato alla memoria di Max Rosenheim; non è grave di troppa erudizione, né nell'introduzione sto- rica sulla medaglia italiana, né nelle note illustrative del testo. E lavoro di divulgazione seria e attraente insieme, e per la parte dei ritratti degli artisti italiani della Rinascenza é con- dotto con la ben nota esattezza e completezza dell'autore. »7 t30 BIBLIOGRAFIA A questo sincero amico dell'Italia vada il nostro plauso, se con tale contributo erudito e insieme geniale egli ci dà una primizia di preparazione al grande Corpus della me- daglia italiana, già presentato nello schema fondamentale da ^ Sir Charles Holroyd, della National Gallery di Londra, al X Congresso internazionale di Storia dell'Arte in Roma l'au- tunno scorso, e accolto con un applauso e un augurio vivis- simo da chi scrive queste righe di recensione. Così passano dinanzi alla nostra retina e ci richiamano i loro capolavori artistici i seguenti artisti italiani, a noi cari, della Rinascenza : Nicolò di Forzore Spinelli, Leon Battista Alberti, Antonio Pisano (Pisanello), Antonio Averulino (Fi- larete), Giovanni Boldii, Lysippus junior^ Giovanni Candida, Gentile Bellini, Giovanni Bellini, Francesco Filarete, Fran- cesco Lancilotti, Donato di Angelo Bramante, Vittor Gam- bello, Giovanni Caroto, Giulio della Torre, Gian Maria Po- medelli, Gian Pietro Crivelli, Valerio Belli, Riccio, Innocenzo da Imola, Giovanni dal Cavino, Giulio Clovio, Leone Leoni, Baccio Bandinelli, Giulio Campi, Tiziano, Francesco da San- gallo, Giovan Battista Caselli, Francesco Parolaro, Sopho- nisba Angussola, Michelangelo, Lomazzo, Girolamo Figino, Ruspagiari, Alessandro Ardenti, Andrea Fosco, Jacopo Tatti (Sansovino), Timoteo Refatus, Bernardino Campi, il Vasari, Jacopo Primavera, Jacopo da Trezzo, Francesco Volterrano, Diana Scultore, Girolamo Miseroni, Pietro Ferabosco, An- tonio Abondio /ww/or, Federico Zucchero, Alessandro Vittoria, Bernardino India, Alessandro Allori, Domenico Fontana, G. B. della Croce, Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi. Il bel libro si chiude con la riproduzione di tre medaglie del secolo XVIII del Francia, del Guercino e del Primaticcio. S. R. Beschreihung der griechischen autonomen Miinzen in Besitze der Kòn. Akademie der Wissenschaften zu Amsterdam. Amsterdam, Johannes Muller, 1912. Abbiamo qui sul tavolo questo volume di pag. iv-261 e 8 tavole, nitido nell'edizione del testo e delle illustrazioni, quantunque non di lusso, ma un ottimo strumento di studi e di confronti numismatici. BIBLIOGRAFIA I31 Il prof. U. Ph. Boissevain, di Amsterdam, presenta il libro al lettore, indicandone il modo di formazione e i col- laboratori delle singole parti, professori Symons e Vollgraff di Groninga, Imhoof-Blumer di Winterthur e Evelein per la correzione delle bozze, ai quali il Boissevain presenta pub- bliche grazie. Il libro è sorto per aderire a un ben giusto desiderio di illustrare la collezione di monete greche che il legato Hoefift lasciò alla R. Accademia delle Scienze di Amsterdam. E così dovrebbe accadere di tutte le collezioni numismatiche e medaglistiche, specialmente italiane, che mancano ancora di cataloghi, e sono quindi un libro quasi completamente chiuso agli studiosi. Così l'autore, i correttori e l'Accademia delle Scienze di Amsterdam, dando un esempio degno di essere imitato, si sono resi altamente benemeriti della nostra scienza. S. R. Forrer (L.). Biographical Dictionary of medallists, coin-, geni-, and seal-engravers, mint-master s , eie, ancient and modem, with references to their Works (B. C. joo - A. D. igoo). — Londra, Spink & Son's Lim.^^ 1912, voi. V, pag. 1-738. Questo quinto volume dell' importantissimo dizionario biografico medaglistico del Forrer continua l' interesse e la fama che all'autore e all'opera hanno procurato i quattro volumi precedenti. Quantunque il libro ormai non abbia più bisogno di pre- sentazione, e già i precedenti volumi, qual più qual meno, sono stati negli anni scorsi presentati ai lettori della Rivista Italiana di Numismatica, credo opportuno di ravvivarne il ricordo, per insistere sulla indispensabilità di quest'opera ma- gistrale per ogni lavoro relativo alla medaglistica antica e moderna. Il titolo dell'opera mostra però la varietà del suo con- tenuto per tutte le classi della medaglistica, estendendo l'esame, oltre ai medaglisti propriamente detti, cioè autori e storici della medaglia e placchetta, anche agli incisori in cammei e gemme, in sigilli, agli zecchieri e maestri di offi- 132 BIBLIOGRAFIA cine monetarie dal V secolo a. C. al 1900 dell' E. V. Ma il libro non è un semplice dizionario biografico, con notizie esatte, ma brevi. Il libro è invece anche un completo ma- nuale bibliografico, poiché, sia nella bibliografia medaglistica generale del primo libro d'introduzione, sia nelle bibliografie speciali, ad ogni artista il lettore può farsi un concetto esatto e chiaro della produzione medaglistica di un dato secolo, di una data scuola, di ogni singolo maestro. Il volume quinto contiene due lettere ricche di nomi, R ed S, ed ha degli artisti di primo ordine con la illustra- zione del ritratto e delle loro opere principali. Son degni di speciale menzione per la fama dei meda- glisti e per la bontà della composizione biografica e biblio- grafica, gli articoli intorno a Karl Radnitzky, austriaco ; Giorgio Rancetti ; Thomas Rawlins, inglese; Hans Reinhard, tedesco; Andrea Briosco detto Riccio; Paul Richer, francese; Benedikt Richter, svedese; i della Robbia; i Roettiers fran- cesi, con la genealogia di John Roettiers e Talbero genea- logico della famiglia ; Giancristoforo Romano ; Giovanni An- tonio de Rossi, milanese ; Constantin Rothe , Louis Oscar Roty, Jerane Roussel, francesi ; Alfonso da Tomaso Ruspa- giari ; Rutilio Caci ; Charles René de Saint-Marceaux, Fer- dinand de Saint-Urbain, francesi; Francesco da Sangallo; Jacopo Tatti detto Sanso vino; Hans Schaefer, Anton Scharff, austriaci ; Hans Schwartz, tedesco ; prof. Stefano Schwartz, austriaco contemporaneo ; gli Schwerdtner, pure austriaci ; Wenzel Seidan, boemo; Antonio Sei vi; la famiglia veneziana dei Sesto; Joào de Silva, portoghese; i Simon; gii Smelt- zing, Massimiliano Soldani-Benzi, Sperandio, Speranza, Spi- nelli Niccolò .di Forzore, detto Nicolò Fiorentino. Interessante lo studio anche sull'attività medaglistica della stessa Casa Spink & Son*s, editrice del Dizionario, S. R. VARIETÀ I medaglieri europei e il loro ordinamento per i fini della coltura. — Relazione scientifica esposta dal pro- fessore Serafino Ricci alla Sezione IV del X Congresso In- ternazionale di Storia dell'Arte in Roma. Adolfo Venturi nella Relazione al IX Congresso inter- nazionale di Storia dell'Arte, in Monaco di Baviera, conclu- deva il suo dire affermando che, solo fatta la dovuta prepa- razione per porgere alla storia della civiltà un insieme di documenti che rappresentino l'attività artistica dell'umanità, si può passare al secondo scopo, cioè all' interpretazione dell'opera d'arte. Si deve dunque attentamente studiare in quali propor- zioni tutte quelle cognizioni sieno necessarie, quali rapporti debbano avere con lo scopo nostro, quali danni derivino alla cultura dal non averle compiute e dal non usarle a do- vere. Qui sta il punto, ed è fine precipuo della metodica storico-artistica. Ringrazio quindi l'on. Presidenza d'aver ac- colto la mia proposta di parlare della funzione dei meda- glieri europei per la cultura, e aggiungerei sopratutto cultura artistica, poiché ha mostrato di comprendere l'intima natura delle medaglie e delle placchette e la loro funzione nei ri- spetti della storia artistica. Questa natura delle medaglie e delle placchette, che parte da tutti i personaggi storici per giungere all'arte nel- l'interpretazione di un'opera già nota, o nella creazione di un'altra, è stata fino a ieri in gran parte misconosciuta e non solo dall'Italia; occorre quindi che riprenda il suo giusto posto e ridivenga materia speciale di studio, essendo difficile per la sua complessività, per la sua pratica applicazione, ma non meno vantaggiosa. Perciò questa Relazione non ha per scopo tanto e sol- 134 VARIETÀ tanto la statistica delle condizioni nelle quali i singoli meda- glieri europei, o almeno i principali, si trovano nei rapporti delle medaglie e delle placchette, quanto e soprattutto la ri- cerca di quel che dovrebbero essere i detti medaglieri per riuscire utili ai fini della coltura specialmente artistica. Quando si parla di medaglieri in un Congresso artistico occorre fare una divisione netta fra musei numismatici e me- daglieri propriamente detti. I musei numismatici sono grandi collezioni di monete sistematicamente disposte, talora con una collezione d'appendice in pesi, sigilli, tessere, coni, pun- zoni e simili ; possono avere anche una qualsiasi collezione di medaglie e di placchette, ma non di tale importanza da costituire un vero e proprio medagliere. Non tutti i musei numismatici sono pertanto medaglieri nel senso artistico della parola, come non tutti i medaglieri hanno accanto a loro veri musei di monete da poterne trarre un degno complemento. Poiché il medagliere, che possa essere utile alla storia dell'arte, è quell'assieme di collezioni di medaglie e di plac- chette artistiche, il quale possa dare un concetto scientifica- mente esatto della storia, della tecnica e dello stile della medaglia e delle sue derivazioni attraverso i vari secoli e presso i vari popoli. Si comprende da ciò come il periodo del Rinascimento sia il preferito e il più utile ai confronti artistici ; e special- mente il Rinascimento italiano abbia attrattiva e dia vantag- gio, poiché da quello dipesero in gran parte i Rinascimenti artistici delle varie nazioni. Anche se lo studioso pone a fine delle sue ricerche un programma più vasto di quello che . si limiti al Rinascimento, questo avrà sempre la parte pre- ponderante nell'ordinamento fondamentale e generale. I medaglieri europei, per essere quindi direttamente utili alla coltura artistica, dovrebbero dare a questo periodo del Rinascimento il più vasto sviluppo per le seguenti ragioni : i.° — Molti architetti, pittori, scultori, orafi del Rina- scimento furono ottimi medaglisti e placchettisti ; 2.° — Il periodo del Rinascimento italiano rispecchia il periodo di perfezione, tanto delle arti belle maggiori, quanto delle arti minori o applicate alT industria, prima di tutte, la medaglistica e l'arte dell'orafo; VARIETÀ 135 3.° — Anche il periodo del Rinascimento francese, inglese e tedesco, pur prolungandosi maggiormente nel suo storico sviluppo a invadere il nostro Seicento italiano, rispec- chia in tutte le arti minori la tendenza a quella perfezione alla quale nelle arti maggiori^ aspirarono incessantemente ; 4.° — Il carattere stilistico delle tre arti maggiori è costantemente seguito anche nella medaglistica. E alquanto impacciato e secco nei primitivi ; largo, slanciato, armonico nei quattrocentisti avanzati, classico, fiorito nei cinquecentisti, esuberante e talora eccessivo nel Seicento, quando il barocco invase la manifestazione artistica. Se dunque accanto al medagliere vi è il monetiere o museo numismatico, che dir si voglia, questo deve presen- tare a sussidio delle serie di medaglie e di placchette ben ordinate, tutte le zecche italiane e straniere che fiorirono nel Cinquecento, o meglio diremo dal Quattrocento al Seicento, ma ordinate con un criterio più atto a far rilevare il pregio artistico delle monete, Tartista o la scuola da cui lo zecchiere artista uscì, per poter mettere in relazione tutto questo ma- teriale monetario con quello medaglistico. Inoltre, siccome il Rinascimento in tutti i paesi civili fu un ritorno più o meno fedele e costante al classicismo greco-romano, fuso con lo spirito d*osservazione diretta della natura, che era nell'indole degli artisti d'allora, se il museo numismatico o monetiere deve riuscire completamento del medagliere propriamente detto, bisogna che la monetazione greca, e poi la moneta- zione romana consolare, ma soprattutto imperiale nella ma- gnifica serie dei medaglioni, siano aggregate in collocazione scientifica alle varie serie di medaglie e di placchette. Ma il medagliere, il quale si limitasse a presentare agli studiosi dell'arte solo il periodo del Rinascimento nella me- daglia e nella placchetta presso i vari paesi, non risponde- rebbe — secondo me — per nulla ai criteri scientifici mo- derni, secondo i quali non vi deve essere dal punto di vista dello storico quella predilezione per un periodo piuttosto che per un altro, che può provare l'appassionato per l'arte, l'esteta, il filosofo o il poeta-letterato. 136 VARIETÀ Partendo dall'osservazione della metodica e della critica, se la medaglistica negli stili seguì costantemente lo sviluppo progrediente o regrediente delle arti belle, ogni serie siste- maticamente disposta di medaglie e di placchette dei vari stili e delle varie tecniche può essere grandemente utile ai confronti con le opere d'arte migliori d'ogni età, anche de- cadute. Infatti, anche il periodo decadente può essere degno di studio nelle sue origini e nelle sue influenze dirette o in- dirette. E, del resto, solo l'unilateralità del gusto estetico, proveniente da un falso concetto dell'importanza artistica o da passione prevalente nelle persone per il gusto d'un secolo piuttosto che per quello d'un altro, che possa far condannare tutta la serie delle medaglie del Seicento, talora animate da un mirabile soffio michelangiolesco e berniniano. E nessuna ragione critica o estetica può far diminuire il valore e disconoscere l'importanza che per l'arte hanno le serie prevalentemente storiche delle medaglie di conquista e di principato, coniate durante il Settecento, o la mirabile serie napoleonica, dove la rievocazione classica nella forma, applicata al principio imperialista, ci elargì quei ritratti e quei rovesci di medaglie e targhe che richiamano la virtù del pennello dell'Appiani e dello scalpello del Canova. Se si volesse essere rigorosi, si potrebbe da un meda- gliere ordinato a fini di storia e di critica d'arte escludere soltanto la serie delle medaglie del Risorgimento, troppo poco e troppo di rado rispecchianti l'arte del tempo, sotto l'assillo della brevità dell'esecuzione e dell'economia della spesa, e quindi destinate piuttosto, per l'intensità di vita sto- rica e patriottica che da esse si sprigiona, a ravvivare i Musei del Risorgimento, spesso molto ricchi di giubbe e di spade, di elmi e di autografi, ma troppo poveri di medaglie e di placchette commemoranti gli eroi e i fatti eroici della redenzione nazionale. » * * Ed ora che abbiamo cercato di determinare i limiti del campo di un medagliere storico e artistico, osserviamo se oggi i medaglieri europei rispondano — così come sono or- VARIETÀ 137 dinati ed esposti — ai fini della cultura, specialmente arti- stica. Io ne dubito molto. Pochi medaglieri raggiungono il loro scopo, pel quale sono stati istituiti, e quelli che rispon- dono bene, non vi corrispondono che in una o nell'altra parte soltanto. Non parliamo dei Medaglieri, come quelli di Milano (Na- zionale di Brera e del Castello Sforzesco), i quali per ragioni speciali non ebbero mai ordinamento di medaglie e plac- chette per scuole e per artisti. Questi medaglieri potreb- bero riuscire i meglio ordinati, appunto perchè finora non lo furono. Per il Medagliere del Castello Sforzesco, l'ordina- mento attuale è ancora quello di Carlo Ermes Visconti ; per il Medagliere di Brera ognuno sa che Solone Ambrosoli si occupò sempre della numismatica medioevale, e che le me- daglie e placchette sono ancora oggi raggruppate dentro uno stipo in un ordine topografico qualsiasi, non già secondo i canoni della storia dell'arte (i). Ma la maggior parte dei medaglieri, che pure ebbero un ordinamento qualsiasi, obbedirono a un criterio di scelta, non a un criterio di studio metodico della tecnica e dello stile in ordine cronologico. Parteciparono anch'essi della deficienza di criterio direttivo, che si ebbe in genere nell'ordinamento dei monetieri e dei musei numismatici, cioè dell'applicazione unilaterale, o quasi, di ordinare e disporre solo ciò che è bello e che può attrarre l'attenzione del visitatore. E l'impressione che ha il visitatore soprattutto a Parigi, p. es., a Vienna, a Berlino, quando ammira i cimeli di me- daglie e di placchette che vi sono esposti con tanto decoro e con tanto buon gusto. Il medagliere diventa in questi templi dell'arte un bel museo di esposizione, ove, con le do- vute cautele e con guardie oculate, il visitatore si ricrea lo spirito e acuisce il suo gusto estetico. Meno si ha questa impressione a Londra, p. es., a Bru- xelles, dove i dirigenti, non curandosi molto di esporre i tipi (i) Chi scrive desidera ansiosamente il trasferimento del Medagliere Nazionale di Brera nella nuova Sede, che gli è stata fissata alle Grazie, per potere colà, con lo spazio e col decoro dovuto, riordinare tutto il materiale medaglistico per artisti e per scuole. (N. d. A.). 18 [38 VARIETÀ originali piuttosto che le copie, ebbero invece il proposito di riunire tanto nel British, quanto nel South Kensington Mu- seum a Londra e presso la zecca belga a Bruxelles ciò che potesse ricostruire a grandi linee lo sviluppo della medaglistica internazionale, e specialmente italiana, durante il Rinascimento. Anche in questa seconda serie di medaglieri difficilmente sfugge all'occhio del visitatore l'esistenza del preconcetto da parte di chi espone, che il Rinascimento valga di più, e quindi a quello sia dato il maggiore, talora l'esclusivo sviluppo. Ora, se si considerano i fini della coltura ristretti allo studio di ciò che vale artisticamente di piìi, e che può eccitare quindi mag- giormente il compiacimento estetico, il criterio di scelta è buono; ma se si vuole che un altro fine della coltura vi sia curato, quello di presentare agli studiosi un quadro adeguato dello sviluppo progressivo o regressivo, poco importa, del- l'arte medaglistica attraverso i tempi, allora il criterio ora prevalente nell'esposizione al pubblico e nell'economia ordi- natrice del materiale medaglistico deve essere per alcuni medaglieri in parte modificato. Il meglio sarebbe — secondo me — che vi fossero se- guiti e posti in pratica contemporaneamente i due criteri : quello della scelta artistica e quello della critica storica del- l'arte, e questo almeno in qualche medagliere più provve- duto, o pel quale più facilmente è provvedibile. In ogni modo, secondo il mio modesto parere, per tutti i fini della cultura i direttori numismatici dovrebbero seguire parecchie norme, di cui brevemente qui accenno le principali : I.* — Dare importanza eguale e distinta ai medaglieri, in quanto sono raccolte di medaglie e di placchette, come ai monetieri, in quanto sono raccolte di monete, piombi, si- gilli, tessere, coni, punzoni ; 2.* — Classificazione ed esposizione del materiale di tutti i periodi dell'arte medaglistica, anche di quelli decadenti, per i dovuti confronti di stile ; 3.^ — Speciale riguardo per la sola esposizione al pubblico dei periodi del Quattrocento e del Cinquecento, riconosciuti col nome generale di Rinascenza ; 4.* — Schedario completo di tutto il materiale meda- VARIETÀ ^39 glistico, indicante non solo Tartista autore, ma anche la pro- venienza, la storia e l'eventuale illustrazione di ogni pezzo ; 5.^ — Serie bibliografica completa dei lavori anche con lo spoglio intero dei periodici contenenti illustrazioni in- torno alle medaglie e alle placchette ; 6.^ — Tanto pel pubblico, quanto per gli studiosi, ag- giunta di esposizione a scelta dei documenti più salienti della monetazione greca, romana consolare, romana imperiale e soprattutto dei medaglioni nei vari metalli, come capisaldi di confronto con l'introduzione e con lo sviluppo successivi delle medaglie e delle placchette ; 7.^ — In genere, sostituzione in gran parte e in pic- cola parte aggiunta (al criterio ora prevalente di scelta Rel- l'esposizione e nell'ordinamento delle medaglie e delle plac- chette) del criterio molto più vasto ed erudito di collezione integra il più possibile di archivio storico, critico, bibliogra- fico deirarte della medaglia attraverso i secoli, a sussidio degli studi storici e della critica d'arte d'ogni secolo e d'ogni paese, valendosi, nel caso di mancanza di originali, di copie esatte e numerose. Questo compito superiore dei medaglieri, come fine a sé, e mezzo ad altri studi affini di storia e d'arte, fu già inteso in gran parte in modo lodevolissimo all'Estero, e se non è così dififuso in tutto il mondo civile, questo dipende dal fatto che, ad ottenere tale scopo, occorrono quattro elementi prin- cipali : "^ Locali vasti e ben rischiarati ; Personale adatto scientifico ; Personale fidato di vigilanza ; Fondi disponibili. E spesso manca l'uno o l'altro di questi elementi ; in Italia, p. es., ne mancano quasi sempre due, il secondo e il quarto, talora anche il primo e il terzo. Ma siccome tutto progredisce nella scienza più che nel- l'arte, e l'ordinamento dei medaglieri è programma sopra- tutto scientifico, non vi è da perdere coraggio e speranza. Solo trent'anni fa, si faceva a meno di tanti gabinetti di chimica e di fisica così perfezionati, come oggi, e di taqti 140 VARIETÀ laboratori sperimentali con strumenti di tale precisione da costringere a spendere ingenti somme per fondarli e conser- varli. La cultura dei bacilli, la teoria dell'inoculazione pre- ventiva immunizzatrice, i raggi Rontgen e Tuso delle cor- renti elettriche, hanno reso oggi indispensabili tali istituti, almeno nei maggiori centri, nei più celebri ospedali del mondo. Ora, se per la cultura del corpo si rileva necessario di provvedere secondo i trovati più recenti della ricerca scien- tifica, perchè non si riconoscerà necessario di fare altrettanto per le facoltà più elette della mente e dell'anino ? Comprendo che fosse giusto, nel periodo di progresso odierno, che la cultura del corpo (trattandosi di provvedere d'urgenza a salvare la vita umana, senza la quale nemmeno la psiche umana potrebbe agire, e creare, e perfezionare le sue opere) avesse la precedenza, ma non comprenderei che subito dopo a quei provvedimenti d'urgenza non si prendes- sero i nostri. E mi stupirebbe che le nazioni all'avanguardia del progresso scientifico ed artistico, e specialmente poi l'Italia, ispiratrice e moderatrice delle arti belle, fossero macchiate della taccia di trascurare quei fini così delicati ed eletti della coltura del bello, che costituiscono il fior fiore della civiltà, come la poesia e la musica, e che sono il te- soro più puro e ideale che una generazione può e deve la- sciare in eredità alle susseguenti. In sèguito alla Relazione sopra stampata, si aperse la discussione sui concetti informativi del tema, concludendosi per la opportunità di alcune riforme, le quali furono esposte e concretate nel seguente Ordine del giorno: 11 X Congresso Internazionale per la storia dell' arte (Sezione IV), udita la Relazione del prof. Serafino Ricci, di Milano, sui medaglieri europei e il loro ordinamento per i fini della coltura, fa voti che : i." — Si migliorino, ove occorra, le condizioni di rior- dinamento, di catalogazione e di esposizione al pubblico dei medaglieri, abbinandovi il criterio artistico della scelta per VARIETÀ 141 la coltura con quello archivistico delle serie più complete possibili per la ricerca ; 2.^ — Considerando la necessità di avere per il rior- dinamento dei medaglieri maggior personale competente, il Congresso fa voti che si istituisca l' insegnamento della me- daglistica insieme con quello della numismatica in qualche Ateneo, o presso qualche pubblico medagliere. Un aureo di Tetrico padre. — La direzione del R. Ga- binetto numismatico non potendo acquistare un aureo raris- simo dell'imperatore Tetrico padre (268-273 di C), presen- tatogli dal dott. Capellini di Parma e rinvenuto nel territorio Parmense, perchè il Ministero dell' Istruzione per mancanza di fondi non le aveva concessa la somma, ottenne dalla Cassa di Risparmio, a titolo di pubblica utilità, di acquistare il pezzo mancante a Brera e lasciarlo in deposito per la serie im- periale romana di quel Museo Numismatico. L'aureo inedito ricorda per la prima volta il trionfo riportato da Tetrico padre Tanno 269 di C. sulla città di Autun ribellatasi e da lui sot tomessa dopo sette mesi di assedio. L'atto della Commissione centrale della Cassa di Risparmio merita di essere noto. L'aureo sopracitato verrà illustrato coi particolari del ritrovamento, e col confronto con gli altri aurei conosciuti di Tetrico padre, nel prossimo fascicolo della Rivista. Dono regale alla Gipsoteca Numismatica del Me- dagliere Nazionale di Brera. — S. M. il Re, informato del desiderio della Direzione del nostro Medagliere Nazio- nale di Brera, di accrescere la sezione recentemente crea- tavi della Gipsoteca Numismatica per utilità dei confronti e degli studi scientifici, gentilmente concesse che anche tutti i calchi delle tavole del terzo volume del suo Corpus Num- moriim Italicorum vengano ad arricchire il fondo della Gipso- teca Numismatica, istituita presso il R. Gabinetto Numisma- tico di Brera. Così, accanto alle riproduzioni delle tavole del primo e secondo volume, e in appendice ai calchi Hambur- ger, Gnecchi, Dattari e a quelli della Direzione del Museo Nu- mismatico, ora si possono studiare tutti quelli donati da S. M. il Re intorno a Genova e alla sua zecca. 142 VARIETÀ Memmo Cariati, il simpatico e valente numismatico napoletano, pubblica ora un interessante studio su Le mo- nete del Gran Conte Ruggiero spettanti alla zecca di Mileto e nella puntata marzo-aprile di quest'anno dà un vivace ed esatto resoconto del X Congresso internazionale di Storia dell'Arte in Roma, chiudendo così la sua utile rassegna degli ultimi Congressi importantissimi dell'anno scorso. U ventennio del " Numismatic Circular „ della Casa Spink & Son's di Londra. — Questo periodico, così diffuso nel mondo numismatico, incomincia quest'anno la ventesima annata, essendo stato fondato nel 1872 per il du- plice scopo commerciale e scientifico, ed avendo tosto acqui- stato il favore dei collezionisti e degli studiosi per le varietà dei temi trattati, per l'abbondanza degli argomenti, per la ricchezza dei cataloghi di monete, ma soprattutto per la mo- dicità dei prezzi d'abbonamento. Fra i collaboratori la Numismatic Circular conta i nomi più illustri nei vari rami delle discipline numismatiche; e fra questi vi figurano ripetutamente anche queUi di parecchi fra i collaboratori della nostra Rivista. L'attività ventenne del Bollettino inglese è più eloquente d'ogni nostra parola, e la Rivista Italiana di Numismatica non può che augurare al simpatico periodico un altro ven- tennio non meno prospero del primo. La Medaglia della Società Reale di Numismatica di Londra venne per l'anno 1912 conferita al luogotenente generale M. Bahrfeldt, che bene la meritò pei suoi profondi studi sulla numismatica repubblicana romana, nella quale si è specializzato. Il suo nome è così noto a tutti gli studiosi, che sarebbe qui vano l'accennare ai suoi titoli di merito. Crediamo, però, di interpretare l'intenzione di tutti i numi- smatici italiani, inviandogli le nostre sincere congratulazioni. La Direzione. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Seduta del Consiglio io Marzo 1913. - (Estratto dai Verbali). La Seduta è aperta alle ore 14 nella Sede Sociale al Castello Sforzesco. I. — È letto e approvato il verbale della Seduta pre- cedente. II. — Si approva pure la composizione del I fascicolo della Rivista, 19 13. III. — Il Segretario, signor Angelo Maria Cornelio, dà lettura del Bilancio Consuntivo 1912, da presentarsi alla prossima Assemblea Generale dei Soci. Esso si chiude colle seguenti risultanze : Attivo: Rimanenze attive del igii, En Irate dell'anno igi2 L. 10,812,50 Passivo: Spese del 1912, per stampa della Rivista, collaborazione, segre- teria, ecc L. 6,984.50 Rimanenza attiva al 31 dicembre igi2 L. 3,828,— Il Bilancio Consuntivo 1912 è approvato ad unanimità. 144 ATTI DELLA SOCIKTÀ NUMISMATICA ITALIANA IV. — Il Vice-Presidente, Comm. F. Gnecchi, comu- nica al Consiglio una lettera del Comune di Milano, in data 29 gennaio scorso nella quale si annuncia alla Società che, rendendosi necessarii i locali per T ingrandimento dei Musei, ci si dà la diffida pel 29 settembre p. v. Siccome il locale da noi goduto ci era stato concesso a titolo gratuito per 12 anni, e questi sono ormai abbondante- mente compiuti, e, siccome nel Castello non vi sono altri locali disponibili, si conviene che alla nostra Società non ri- mane che accogliere la denuncia, inviando una lettera di ringraziamento al Sindaco per l'ospitalità graziosamente of- fertaci per parecchi anni. Il Vice-Presidente aggiunge che, essendosi in questi ul- timi giorni occupato per trovare una nuova Sede alla So- cietà, la sua preferenza sarebbe stata per Tex-Convento della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, ove probabilmente troverà il definitivo suo collocamento il Gabinetto Nu- mismatico di Brera, pel quale pare ormai impossibile tro- vare posto nel Castello. In questo senso si sarebbero ini- ziate pratiche, sia presso la Direzione del locale Gabinetto che presso la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti a Roma. Il Consiglio approva completamente tale progetto, per- chè presso il nuovo Museo Numismatico (al quale potranno eventualmente aggiungersi le Collezioni Numismatiche Mu- nicipali) sarebbe per la nostra Società la Sede ideale. V. — Viene poi comunicato al Consiglio V invito al Congresso Internazionale Storico che si aprirà a Londra nel prossimo aprile; ma, sia per la ristrettezza del tempo, sia perchè si tratta di Congresso Storico, nel quale la Numisma- tica non entrerebbe che come materia secondaria, il Consi- glio non crede il caso di aderirvi. VI. — Da ultimo il Segretario dà lettura dei seguenti doni pervenuti alla Società : S. M. il Re d' Italia. Il terzo volume della sua opera : " Corpus Nnmmoruni Italicorum ». ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA I45 Bervaldi Giuseppe. La sua pubblicazione : Alcune osservazioni ai due ultimi opuscoli del Sac. Pietro Kaer e del P. G. M. intorno a S. Doimo, vescovo e martire di Salona. Fiume, 1910. Blanchet Adrien. La sua pubblicazione : Les billets de la Caisse patriotique de La Chàtre en 1792. La Chà- tre, 1912. Fig. Blanchet A. e Dieudonné A. La loro pubblicazione : Manuel de Numismatique frangaise. Tome premier : Monnaies frap- pées en Gaule depuis les origines jusqu'à Hugues Capet. Paris, 1912 (con figure e 3 tavole). Boissevain U. Ph. La sua pubblicazione : Beschreibung der griechischen autonomen Miinzen in Besitze der Kòn. Academie der Wissenschaften zu Amsterdam. Amsterdam, 19 12 (con 8 tav.). Cagiati Cav. Memmo. Le sue pubblicazioni : Le monete del Gran Conte Ruggiero, spettanti alla zecca di Mileto. Napoli, 1913 (Estratto). Supplemento all'opera : " Le monete del Reame delle Due Si- cilie da Carlo I d'Angiò a Vittorio Emanuele II „. Napoli, 1913, fasci- coli 1-2 e 3-4. Congresso internazionale di numismatica e di arte della medaglia contemporanea di Bruxelles (1910). Volume di processi verbali e di memorie di quel Congresso, pubbl. da A. De Witte e V. Tourneur. Bruxelles, 1910 (con figure e 36 tav.). Degli Azzi Q. La sua pubblicazione : Gli Umbri nelle assemblee della patria (1831-49). Perugia, 1912. Demole Eugène. La sua pubblicazione : Voltaire, le Conseil de Genève et le graveur Waechter en 1769 et 1770. Bruxelles, 1913, con 1 tav. (Estratto). 19 146 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Fritze V. Hans e Oaebler Hugo. Le loro pubblicazioni : Nomisma. Untersuchungen auf dem Gebiete der antiken Mùnzkunde. Berlin, 191 1 (Fascicolo VI). ♦ Idem, idem. Berlin, 1912 (Fascicolo VII). Qerola Giuseppe. La sHcf Pubblicazione : I sigilli di Bernardo Cles. Trento, 1912, fig. (Estratto). Qioppl L. La sua pubblicazione : Le ere nelle monete greco-romane, imperiali e coloniali. Milano, 1912 (Estratto). Qnecchi Cav. Uff. Ercole. N. 4 opuscoli di Numismatica. 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Il primo non si mosse naturalmente dal suo posto al Museo di Vienna, l'altro si era eclissato con la vendita della collezione privata che lo conteneva; 152 FRANCESCO GNECCHI ma, dopo non so quale peregrinazione, ricomparve nelle colonne di vendita della Monthly Numismatic Circular di Spink & Son, ove era precisato: The- specimen described by Cohen and formerly in the May or Coombes and Goodacre coUections ('). Non mi fu quindi difficile far ritornare in Italia questo pezzo, uno certamente dei più rari e dei più interessanti di Gallieno, che era stato ritrovato presso Roma verso la. metà del secolo scorso. Cohen descrive la testa del rovescio come quella di Galliena (=^), mentre nel catalogo Spink era data per quella di Bacco. La cosa diffatti poteva essere fino a un certo punto discutibile, perchè Bacco gio- vane è bene spesso riprodotto con fattezze che, se non sono decisamente femminili, vi si avvicinano assai. Ma la corona d'edera assai meglio s'addice a Bacco che non a Galliena, e già avevo scartata quest'ultima interpretazione, quando per meglio' as- sicurarmi, mi nacque il desiderio di conoscere resem- plare di Vienna (CONSERVATOR AVO) che Cohen (95/139) appunto descrive come testa di Bacco giovane. Il dott. Kubitscheck gentilmente me ne favorì l'impronta, nella quale con- mia sorpresa rilevai che la lettura del Cohen era errata. L'esemplare di Vienna è di conservazione appena mediocre; ma però sufficiente perchè vi si possa leggere senza l'ombra d'alcun dubbio non CONSERVATOR AVG-, ma CONSERVATOR EXERC, precisamente come sul mio. Il conio è differente sia al diritto che al rovescio; ma al rovescio la rappresentazione è sempre quella di Bacco giovane coronato d'edera, mentre le effigi imperiali sono un poco variate come ornamentazione. (1) M. Num. Circular, gennaio 1913, pag. 60, n. 193. (2) E tale la ritiene Feuardent, in un aiticolo " A very rare coin of Gallienus „ pubblicato nella M. Num. Circu/ar àe\ 1898, pag. 2738 a 42. BACCO 153 Soppresse quindi le due descrizioni di Cohen, ambedue inesatte, vi si sostituiscano queste altre : i.° ^ — G-ÀLLIENVS AVG- Testa radiata di Gallieno a destra. 9 — CONSERVÀTOR EXERC Testa di Bacco giovane coronato d^edera, a destra. Coli. Gnecchi. 2.° Variante col busto di Gallieno radiato e corazzato a destra. Museo di Vienna. Questo per la rettifica diremo materiale delle descrizioni ; ma la figura di Bacco sulle monete mi pare richieda qualche chiarimento e suggerisca qual- che indagine storica e qualche riflessione, senza di che noi di questo culto diffìcilmente possiamo for- marci un concetto esatto .... o almeno non me lo ero formato io, prima che a riflettere m'avesse invitato TAntoniniano che stiamo osservando. L'ambiente in cui noi viviamo, le idee che la nostra educazione ci ha inoculato fino dall'infanzia, sono così differenti dall'ambiente e dalle idee del- l'ambiente in cui vivevano i nostri lontani antenati, che diffìcilmente possiamo entrare nello spirito d'al- lora e approfondire il significato che or sono un 154 FRANCESCO GNECCHI paio di millennii si attribuiva al dio dell'ebbrezza e al suo culto. ^ Degli effetti del vino noi siamo tanto abituati a detestare i cattivi, che più non sappiamo quasi apprezzarne i buoni. Il lungo, dilagante e progres- sivo abuso del fatale liquore ha ottenuto l'effetto di farcene detestare anche l'uso e noi non possiamo pro- nunciare il nome di Bacco, senza un senso di ripul- sione e quasi di sprezzo e di nausea, e ci meravi- ghamo che un personaggio così basso e triviale abbia potuto essere ammesso nell'antichità, se non ai supremi onori dell'Olimpo, ad un posto però molto distinto fra i semidei. Noi abbiamo perciò bandita la crociata contro l'alcoolismo e noi abbiamo fondate le società di temperanza per combattere il flagello incombente sulle umane generazioni .... Solo facendo uno sforzo d'immaginazione e por- tandoci colla mente nell' ambiente sociale d' altri tempi, potremo capire come quel medesimo dio, al quale noi mandiamo tutta la nostra esecrazione, po- tesse essere invocato con tanto entusiasmo come l'apportatore di ogni bene all'umanità. La società d'allora, assai giovane in confronto alla nostra, era completamente imbevuta di idee pa- gane. La vita era fine a se stessa, la vera, la sola felicità era il godimento materiale secondo gh inse- gnamenti dominanti della filosofia epicurea. Nunc est bibendum, nunc pede libero Pulsanda telliis, si cantava con Orazio e nessuno si dava pensiero dell'incerto domani. Era quindi naturale che, a controbilanciare la rigidezza delle gravi divinità dell'Olimpo, il popolo risentisse il bisogno di una divinità presiedente alla serenità, alla giocondità, all'allegrezza della vita . . . in una parola del dio Bacco. L'ebbrezza da lui rap- presentata non era in origine l'ebbrezza volgare del BACCO 155 vino ; ma una ebbrezza autogena e quasi trascen- dentale, un'ebbrezza che aveva il potere, al pari deiramore, di provocare l'oblio dei mali quotidiani, di riposare la fatica e di elevare — visto che idee più sublimi non erano note — Fuomo al disopra delle cure materiaH della vita d'ogni giorno. Di essa perciò si glorificavano i pregi, si esaltavano i buoni effetti, trascurandone i cattivi, i quali forse allora non erano così gravi come divennero in seguito, o allora almeno vi si attribuiva minore importanza. Come Venere s'invocava allora in un senso che oggi urterebbe le nostre abitudini e il nostro modo di pensare, così l'invocazione a Bacco era ben lon- tana dal significato che oggi noi vi attribuiamo ed era semplicemente intesa a un dipresso nel signifi- cato del monito cristiano : Servite Domino in laetitta. Dati questi principi e questi ideah, primo re- quisito del dio simboleggiante la giocondità della vita doveva essere la giovinezza, e giovane appunto è sempre rappresentato Bacco come lo dipinge Ovidio: Tibi enim inconsumpta juventa est Tu puer aeternus, tu formosissimus Conspiceris coelo... Ma il dio del piacere e della voluttà doveva, per essere perfetto e per riflettere tutti i desiderati di quella società pagana, essere rappresentato quale eroe, doveva al vigore virile accoppiare la grazia e la bellezza femminile e perciò le sue fattezze giovanili offrono un misto di maschilità e di femminilità da lasciare quasi il dubbio sul sesso che l'artista ha inteso rappresentare. Dum dubitat natura, marem faceretne puellam Factus est, o pulcer, paene puella puer (i). (i) Anihol. Vet. Lai. PoeU I. I., pag. 688. 156 FRANCESCO GNECCHI E difatti alcuno andò fino al punto di definire Bacco ermafrodito. Detto ciò, non meraviglieranno i dubbi nell'interpretazione della testa rappresen- tata sulla moneta che diede origine a questa disser- tazione. La genealogia e le leggende di Bacco sono assai complicate o per dir meglio assai confuse, come avviene di molti altri personaggi mitologici, che ebbero nella loro significazione origine in diffe- renti paesi e poi s'incrociarono, si riunirono e si confusero, lasciando per sempre neir incertezza e nel- l'impossibilità d'appurare la verità, chi ha la velleità di voler risalire alle prime fonti. Figlio di Giove e di Semele, secondo alcuni, o di Giove e di Cerere, o Proserpina, o Iside, secondo altri, è assai difficile determinarne la vera genealogia; tanto più che la figura di Bacco è molto complessa; essa non è unica in origine ma è il risultato di di- verse persone fuse insieme. La ipotesi più semplice parmi sia quella di supporre che il Dioniso greco (che già in se riassumeva diverse divinità) diventasse in seguito il Bacco romano, che assunse più tardi anche il nome di Libero Padre. Le sue qualità di gioventù, di forza e di bellezza lo fecero assomigliare e talvolta anche confondere con Apollo o con Marte (il quale pure talvolta è chiamato Padre) e ne fecero una delle deità più simpatiche, più suggestive e più popolari, aggiungendo alle qualità diremo geniali anche quelle militari, come vedremo dagli appella- tivi che gli sono attribuiti sulle monete. Domarzenski nel suo libro : Religion des ròmischen Heeres enumera difatti (pag. 54 e segg.) fra le divinità militari anche Liber e Libera ; ma come di provenienza e propa- gazione locale e speciale ; le crede provenienti dalla Dacia perchè i loro nomi si leggono in iscrizioni provenienti dalla Dacia o dalla Pannonia inferiore ; BACCO 157 ma poi altre iscrizioni furono trovate a Carnunto, capitale militare della Pannonia superiore (^). Bacco è sempre rappresentato giovane, la testa coronata raramente di pampini, quasi sempre d'edera; i pampini simbolo della vite che egli aveva, in una sua lunga peregrinazione attraverso TOriente, impor- tata dair India, e piantata in Italia, insegnandone ai mortali la coltivazione ; l'edera simbolo della per- petua giovinezza. O ancora i pampini simbolo del- l'ebbrezza, l'edera simbolo dell'antidoto contro gli eccessi del vino, essendo comune fra gli antichi l'opinione che l'edera servisse a dissipare l'ebbrezza. Corona hederacea libero patri dedicatur, ut qui potum invenit, malis inde nascentibus succurrat; hedera enim ex ebrietati capitis dolorem sanare creditur (^j. La pantera è l'animale a Bacco dedicata, pro- babilmente perchè da una pantera si dice fosse stato nutrito, come Romolo e Remo dalla lupa. Meno ac- cettabile mi pare la spiegazione riportata da Vaillant: Et subjectam pardalim, ait Phoruntus, quod asperrimi mores temperato vini uso mansuescant. Non si direbbe il vino rimedio molto adatto ad ammansare le fiere! Emblemi naturali e facilmente spiegabili di Bacco sono il tirso, ossia un bastone cui è attorciliato un ramo d'edera o un tralcio e la coppa. Molte sono le statue che l'antichità ci ha tra- mandato di Bacco ; ma a noi qui non possono inte- ressare che le sue riproduzioni sulle monete romane. Il culto di Bacco presso i romani è molto an- tico. Si vorrebbe che nell'anno 259 avanti l'era vol- gare il dittatore Aulo Postunio trovasse nei libri si- (i) Vedi Rom. Limes in Oesterreich, 1901, pag. 148. Libero, Liberae fortunae Mercurio lustro Auli Proculi ^(rimi) /(ili) e Libero Patri et Li- berae Dionisius acior Brittic{\) Crescentis ^rimi) /(ili). (2) Claudian. I. I. R., pag. 17. 158 FRANCESCO GNECGHI billini, tradotti da Petronio Sabino, Tordine di eri- gere un tempio a Cerere, a Libero e a Libera, e da questo tempo daterebbe il culto di Bacco presso i romani. Ma sulle monete il più antico accenno lo troviamo Tanno 109 a. C. nel Bes di C. Cassio Lon- gino (Bab. n. 3) sul quale è rappresentata per la prima volta la testa di Bacco giovane coronata di edera. ' Seguono in ordine di data, nell'anno loi a C. i quinari d'argento di M. Porcio Catone (Bab. 11) colla medesima figurazione (0. Abbiamo poi parecchi denari coniati durante la guerra sannitica (dal 91 al 98) e nel 90 un denaro di Q. Tizio, sempre colla medesima testa coronata d'edera (Bab. 2). L. Cassio R. f. (a. 79 a. C.) conia un denaro in cui è rappresentata da un lato la testa di Bacco o del Libero Padre, e quella di Libera dall'altro, il primo coronato d'edera, la seconda di tralci (Bab. 6). Nell'anno 88 a. C, M. Voltejo (M. f.) ha ancora un denaro colla solita testa di Bacco (Bab. 3) e L. Ro- selo Fabato mette la medesima testa fra i moltissimi simboli che contraddistinguono i suoi denari. Nel 43 a. C, C. Vibio C. f. riproduce la testa (l) Riccio nella sua Descrizione delle Monete delle Antiche fami- glie di Roma (stampata nel 1843) dice: Testa giovanile a dritta ornata di ellera e corimbi, ma nel catalogò della sua collezione precisa meglio Testa di Baccante cinta dUllera e di corimbi. — Cohen (Déscription generale des Monnaies de la républiqiie romaine), precìsa meglio ancora dicendo : Téte de Baccus à droite couronnée de lierre. — B^belon invece, non so perchè, ma probabilmente per una svista, dà quella testa per Téte de la Liberto. — Grueber nel suo catalogo del B. M. dice sempli- cemente : Yottng male head r. crowned with ivy wrcath; finir long. Ma su queste monetine, per quanto di fabbrica africana e quindi coniate con pochissima cura, l'ellera e i corimbi che coronano il capo gio- vanile si vedono in modo indubitabile e non potrebbero attribuirsi se non a Bacco. Quanto al sesso della figura rappresentata, come si è visto, è contestabile anche in tempi in cui l'arte è assai più perfezionata. BACCO 159 di Bacco talvolta col rovescio della biga di ser- penti (Bàb. 17), talvolta col rovescio della simbo- lica pantera (Bab. 24) e la maschera del suo educa- tore Silene (Bab. 9), sui sudi denari. Su di un cistoforo, ossia su quelle monete che prendono il nome appunto dalla Cesta mistica di Bacco, che so- vente vi è rappresentata, appartenente a M. Antonio e Ottavia (39 a 37 a. C), vediamo rappresentata la figura intera di Bacco (Bab. 61). M. Antonio stesso porta sovente sui cistofori la corona bacchica d'edera. E finalmente P. Petronio Turpiliano nel periodo repub- blicano anzi nel periodo di passaggio fra la repub- blica e r impero (a. 20 a. C.) è l'ultimo, ma il più ardente propagatore del culto di Bacco. Abbiamo visto come il nome di Petronio fosse unito airintroduzione del culto di Bacco in Roma, e già fiera delle tradizioni antiche la famiglia Pe- tronia, proveniente dalla Sabinia, assimilò la dea Feronia a Libera, cosicché le loro monete si pos- sono dire in gran parte dedicate al culto bacchico (Bab. I a 14). Passando ora all'impero, è su di un medaglione d'Adriano che vediamo ricordare Bacco per la prima volta, in compagnia d'Apollo su di un carro tirato da una capra e da una pantera (Gnecchi, 44, 45). IJ medaglione è riprodotto da Antonino Pio (Gnec- chi, IDI a 104), il quale ne coniò pure un altro, di cui non esiste che un infehcissimo esemplare (Gnec- chi, 100, tav. 54, n. 10) così barbaramente ritoccato che nessuno finora riuscì a darne una spiegazione. Tutti quelli che ebbero occasione di parlarne (com- preso lo scrivente) si limitarono a descriverne ma- terialmente e grossolanamente la rappresentazione. Bacco nudo seduto e forse addormentato (?), e, da- vanti a lui, una donna pure nuda che gli muove in- contro tenendo una pelle di bove e un bastone in l6o FRANCESCO GNECCHI cima al quale è conficcato un oggetto indistinto nel quale taluno vede una testa di cane, taraltro un grappolo d'uva. Ma, avendo avuto ultimamente oc- casione d'assistere alla rappresentazione delle Bac- canti d'Euripide (che con mia vergogna non cono- scevo), mi accorsi come la rappresentazione del me- daglione d'Antonino sia appunto da questa tragedia ispirata, anzi ne riproduca precisamente V ultima scena, quando la vecchia Agave, ancora pervasa dal furore bacchico che l'aveva trascinata colle baccanti e le menadi a celebrare il gran baccanale sul monte Ci- terone, porta trionfalmente a Dioniso, infissa sul tirso, la testa del figlio Pentèo da essa stessa trucidato. Settimio Severo rappresenta pure Bacco in com- pagnia d'Ercole in un medaglione di bronzo (Gnec- chi, 4 e 5) con la dedicazione DIS AVSPICIBVS, mentre Caracalla (Cohen, 34) e Geta (Cohen, 131) ripetono la medesima scena in monete d'oro e di bronzo con la leggenda DI PATRll. Bacco solo colla leggenda LIBERO PATRI è ricor- dato da un aureo e da un denaro di Settimio Severo (Cohen, 192 a 196) e da un denaro di Caracalla (Cohen, 94). Su altre monete pure di Caracalla (Cohen, 30, 31) e colla leggenda COS LVDOS SAEC FEC Ercole e Bacco in compagnia dell'imperatore stanno a rappresentare l' inaugurazione dei giuochi secolari. A complemento delle monete bacchiche della fa- miglia dei Severi, qui sarebbe anche a citare il fa- moso aureo di Geta del ripostiglio di Karnak già appartenente alla collezione Bachofen von Ecth (n. 1766) e ora passato con questa al Museo Impe- riale di Vienna. Ma come ebbi altre volte a dichiarare (V. Ap- punti di Num. Romana n. LXXXVI, / Medaglioni Dionisiaci, in Rivista Italiana di Numismatica, 1097, pag. 506 e segg.), quest'aureo mi persuade poco. BACCO l6l Poco mi piace materialmente Taureo stesso, e poi mi turba la questione del medaglione d'Antonino Pio, dal quale dovrebbe essere tolta la scena dio- nisiaca. L'originale del medaglione, il cui prototipo è quello del Museo di Parigi, descritto dal Cohen nella prima edizione al n. 425, poi giustamente riconosciuto falso (vedi supplemento) e le cui riproduzioni fuse, cerchiate o no infestano tutte le collezioni, compresa la Bachofen, non solo non è ancora comparso; ma credo non abbia a comparire mai, perchè pel suo stile deve riconoscersi un prodotto d'arte secentesca. D'altra parte non si può ammettere che il me- daglione sia stato riprodotto da falsari sull'aureo di Geta, dal momento che questo era affatto sconosciuto prima del ripostiglio di Karnak. Non c'è dunque via d'uscita, a meno di ricorrere a una telepatia numi- smatica paragonabile alla famosa telepatia musicale di cui tanto si occuparono quattro anni sono i giornali di tutto il mondo fra V Elettra e la Cassandra (i). Aggiungerò ancora che l'aureo colla sua rap- presentazione dionisiaca formerebbe una stonatura non solo fra gli aurei di Geta, ma in tutta la serie degli aurei romani. E arriviamo così all'Antoniniano di Gallieno che ha dato in origine a tutta questa dissertazione, nel quale la figura di Bacco ci viene offerta in tutta la sua significazione; una fisionomia giovanile che oscilla fra il maschile e il femminile, al punto d'aver potuto essere interpretata da taluno per la dea Galliena, e nello stesso tempo assume un carattere più che ma- schile, guerriero, dal titolo di CONSERVATOR EXERCITVS. Questa moneta si può quindi considerare come quella (1) Vedi G. Tebaldini. Telepatia Musicale in Rivista Musicale Ita- liana, 1909, fase. II. Bocca, Torino. 102 FRANCESCO G.SECCHI nella quale meglio è compenetrato ed espresso in tutta la sua significazione l'antico culto di Bacco. Numerosi altri Antoniniani di Gallieno si riferi- scono ancora a Bacco col semplice emblema della pantera e la leggenda LIBERO P{atn) COfiS(ervaton) tiW(j(usti) (Cohen, 377 a 379). Lo stesso rovescio della pantera si riproduce poi in un Antoniniano di Clau- dio II (Cohen, 116) colla leggenda LIBERO CONS AVG, il quale chiude la serie delle monete romane dedi- cate al dio della gioventù, della giocondità, della bellezza e della forza. evi. Un ripostiglio di Antoniniani del terzo secolo trovato in Oriente. Verso la fine del 191 1 venne trovato un grosso ripostiglio di Antoniniani, la cui epoca si estende da Gordiano a Quieto, comprendendo per tre quarti almeno, monete di Gallieno. Non ho potuto sapere con precisione se il ri- trovamento fosse avvenuto in Serbia, in Bulgaria o in altra regione Balcanica ; ma certamente il ripo- stiglio proveniva dairOriente, sia giudicando dalle persone che lo portarono in Italia, sia giudicando dal tipo di fabbricazione degli Antoniniani della fa- miglia di Gallieno, che, come dissi, rappresentavano la più grande parte del ripostiglio. Un ripostiglio di monete d'oro può trovarsi anche lontano dal luogo d'emissione perchè le casse militari andavano a rag- giungere le legioni in ogni parte dell'impero, male monete di poco valore non potevano in massa al- lontanarsi molto dal luogo di produzione.... checche ne dicano i sostenitori deirofficina di Tarragona, al tempo della Tetrarchia.... Il ripostiglio sembra essere stato molto nume- roso, se dobbiamo giudicare dal quantitativo di mo- nete venuto in Italia, quantitativo che prudentemente venne messo in vendita a varie riprese. Io ne ebbi, in quattro successivi acquisti, poco meno di un mi- gliaio di pezzi, i quah, credo rappresentino tutti o quasi tutti i tipi del ripostiglio, perchè questi si ripe- tevano a un dipresso in tutte le porzioni da 200 a 250 pezzi, in cui il mio acquisto fu diviso. 164 FRANCESCO GNECCHI Tipi nuovi non ve ne sono che pochissimi; ma numerose sono le piccole varianti e di queste dò qui la nota, accennando pure, con riferimento ai nu- meri del Cohen, ai tipi già conosciuti, compresi nel ripostiglio. L'utilità del mio lavoro di descrizione può sem- brare piccola, e certamente nel fatto non è grande; ma, visto che tali dati oggi si possono avere con pochissima fatica, mentre in seguito sarebbe impos- sibile rintracciarli, credo bene notarli qui ne pereant. Molte volte ci lamentiamo che diversi ripostigli, ap- punto perchè non contenenti pezzi importanti, siano stati trascurati e dispersi, senza tenerne memoria. Se chi li ha avuti fra le mani ce ne avesse lasciata una esatta descrizione, in molti casi se ne sarebbero oggi cavate deduzioni a cui chi le avesse descritte neppure poteva pensare. Credo tuttavia inutile dare il numero degli esem- plari di ogni tipo, perchè la parte da me esami- nata non è che una frazione del ripostiglio. Mi limiterò ad accennare che i tipi più ripetuti sono : Abundantia,Jovis stator, Marti pacifero, Romaeaeternae, Victoria, Virtus. GORDIANO PIO. Cohen, n. 29, 119, 161. FILIPPO PADRE. Cohen, n. 15, 20, 23. 27, 62, 7^, 80, 108 OTACILLA. Cohen, n. 3, 8, 16, 20, 25. FILIPPO FIGLIO. Cohen, n. 16, 19. UN RIPOSTIGLIO DI ANTONINIANI DEL TERZO SECOLO 165 TRAJANO DECIO. Cohen, n. i, 4, 26. ETRUSCILLA. Cohen, n. io. TREBONIANO GALLO. Cohen, n. 7, 17, 45. 1. Var. Coh. 68. ^^ — IMP ce VIB TREBONIANVS GALLVS AVG Busto ra- diato a destra con paludamento e corazza. 9 — VICTORIA AVG- Vittoria corrente a sinistra con co- rona e palma. All'esergo IV. VOLUSIANO. Cohen, n. 5, 17. 2. Var. Coh. 6. ^^ — IMP C C VIB VOLVSIANVS P F AVO Busto radiato a destra. 9 — AEQVTAS AVG L'Equità a sinistra colle bilancie e il cornucopia. VALERIANO PADRE. Cohen, n. 21, 43, 119, 142. GALLIENO. Cohen, n. 28, 34. 3. Var. Coh. 34. ^ — GALLI ENVS AVG Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. ^ — AEQVITAS AVG L'Equità a sinistra colle bilancie e il cornucopia. AlFesergo S P Q R 4. Var. Coh. 34 bis. Lo stesso; ma airesergo del rovescio una stella. 5. Var. Coh. 34 /^r. fB" — GALLIENVS AVG Busto radiato a sinistra. 1$ — Come i precedenti. S nel campo, niente all'esergo. as l66 FRANCESCO GNECCHI Cohen, n. 35. 6. Var. Coh. 36. ^ — GÀLLIENVS AVG- Busto radiato a destra, in corazza. ^]^ — AEQVIT AV© L'Equità a sinistra colle bilancie e il cornucopia. Cohen, n. 41, 44. 7. Var. Coh. 44. ^^ — IMP C P LIC GÀLLIENVS AVG Busto radiato a de- stra con paludamento e corazza. 9 — AETERNITAS AVG Saturno che cammina a destra colla falce. Cohen, n. 48. 8. Var. Coh. 48. (B' — GÀLLIENVS AVG Busto radiato a destra in corazza. §< — AETERNITAS AVG La Lupa coi gemelH a destra. All'esergo una palma. Cohen, n. 50. 9. Var. Coh. 50. ^ — GÀLLIENVS PF AVG Busto radiato a destra in corazza. 9 — AETERNITATI AVG II Sole a sinistra colla destra alzata e il globo. Nel campo una stella. 10. Var. Coh. 50 bis. Lo stesso senza la stella. Cohen, n. 51, 53, 54, 66, 67, 88, 96. 11. Var. Coh. 96. 3' — GÀLLIENVS AVG Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. 9 — CONSERVATOR AVG Esculapio a sinistra col bastone, intorno al quale è attorcigliato il serpente. Al- l'esergo VII • C • 12. Var. Coh. góòis. Lo stesso con busto radiato a destra, in corazza. UN RIPOSTIGLIO DI ANTONINI ANI DEL TERZO SECOLO 167 13. Var. Coh. o^ter. ^ — Come il precedente. 9 — Come i due precedenti, senza lettere airesergo. Cohen, n. no, 112, 118, 119, 121. 14. Dopo Coh. 129. ^ — IMP GALLIENVS AVG Busto radiato a destra, in corazza. 9 — FELICITAS AVO-G- La Felicità a sinistra col caduceo e il cornucopia. Cohen, n. 133, 134, 143, 144, 151, 152, 166, 169, 173, 175. 15. Var. Coh. i8r. /B" — GALLIENVS AVG- Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. 5^ — GENIO AVG Genio col modio in testa, accanto a un'ara, colla patera e il cornucopia. AlFesergo una palma. 16. Var. Coh. 181 bis, ^ - GALLIENVS AVG Testa radiata a sinistra. 1$ — Come il precedente. 17. Var. Coh. 181 ter. Come il precedente con busto radiato a sinistra, in corazza. 18. Var. Coh. 182. ^ — GALLIENVS AVG Busto radiato a sinistra con palu- damento e corazza. ^ — GENIV AVG Genio come nei precedenti. Manca la palma all'esergo. 19. Var. Coh. 1S2 bis, ^ — GALLIENVS AVG Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. 9 — GENIV AVG Come il precedente. 20. Var. Coh. 282 /^r. Come il precedente con GEWIV4 l68 FRANCESCO GNECCHI Cohen, n. 183. 21. Var. Coh. 184. ^ — GALLIENVS AVG Busto radiato a sinistra con palu- * damento e corazza. 9 — G-ENIVS AVG- Genio a sinistra colla patera e il cor- nucopia (senza Tara). All'esergo una palma. 22. Var. Coh. 184 bis. Lo stesso con testa radiata a sinistra. 23. Var. Coh. 184 /^r. Lo stesso con busto radiato a destra, in corazza. Cohen, n. 187, 188, 194, 198, 223, 225. 24. Inedito dopo Coh. 226. ^ — GÀLLIENVS AVG Busto radiato a sinistra, in corazza. 9 — lOVl PATRI Giove seminudo a destra, rivolto a si- nistra col fulmine e lo scettro. AlFes. una palma. Un esemplare simile con questa nuova leggenda lOVI PATRI esisteva nella collezione LepauUe (V. Cohen, 2.» Ed., n. 381). Cohen, n. 230, 233, 234. 25. Var. Coh. 234. ^' — GALLIENVS P F AVG Busto radiato a d. in corazza. 9 — lOVI STATORI Giove di fronte con lo scettro e il fulmine. Nel campo una stella. Cohen, n. 242. 26. Var. Coh. 242. !& — IMP GALLIENVS AVG Busto radiato a destra, in corazza. ^ — lOVI VLTORI Giove nudo gradiente a sinistra col fulmine nella destra e il mantello svolazzante sul braccio sinistro. Nel campo S 27. Var. Coh. 244. ^ — GALLIENVS AVG Testa radiata a destra. 9 — lOVI VLTORI Giove nudo a sinistra col fulmine e il mantello avvoltolai- braccio sin. Nel campo S UN RIPOSTÌGLIO DI ANTONINIANI DEL TERZO SECOLO 169 28. Var. Coh. 244^/5. Lo stesso con busto radiato a destra, in corazza. Cohen, n. 245, 249. 29. Var. Coh. 253. ^ — GALLIENVS AVG Testa radiata a sinistra. 9 — LAETITIA AVG L'Allegrezza a destra con la corona e Tancora. Cohen, n. 340, 344, 348. 30. Var. Coh. 348. ^ — GALLIENVS AVG Testa radiata a sinistra. 9 — MARS VICTOR Marte nudo e galeato gradiente a destra, armato di lancia e scudo. AlFesergo una palma. 31. Var. Coh. 348 bis. Lo stesso con busto radiato a sinistra, in corazza. 32. Var. Coh. 348 ter. ^ — GALLIENVS AVG Busto radiato a destra, in corazza. 5< — MARS VICTOR Marte combattente a destra, armato di lancia e di scudo. All'esergo una palma. Cohen, n. 354, 355. 33. Var. Coh. 360. ^ — Come il precedente. 9 — MARTI PROPVGNAT Marte con lo scudo gradiente a destra, in atto di trafiggere con la lancia un nemico abbattuto. Cohen, n. 363. 34. Var. Coh. 363. ^ — GALLIENVS AVG Testa radiata a sinistra. 9 — MINERVA AVG Minerva a destra con Tasta, appog- giata allo scudo. All'esergo una palma. Cohen, n. 364, 373. 35. Var. Coh. 374. ^ — GALLIENVS AVG GER Testa radiata a destra. 9 —" ORIENS AVG II Sole a sinistra col globo e la destra alzata. Nel campo S. 170 FRANCESCO GNECCHI Cohen, n. 379, 390. 36. Var. Coh. 393. ^ — G-ALLIENVS AVG Busto radiato a destra, in corazza. 9^ — PAX AVG" La Pace corrente a sinistra con un ramo e lo scettro. Cohen, n. 395. 37. Var. Coh. 401. ^ — IMP GALLIENVS P F AVG G M Busto radiato a si- nistra, in corazza.. 9 — PAX AVGG La Pace corrente a sinistra con un ramo e lo scettro trasversale. 38. Var. Coh. 404. ^ — GALLIENVS AVG Testa radiata a sinistra. 9 — PAX AVGVSTI La Pace come al num. precedente. Cohen, n. 407, 408, 410, 415, 416, 419, 452. 39. Var. Coh. 455. ^ — GALLIENVS AVG Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. ^ — JP M TR P XIII Leone che cammina a sinistra. 40. Var. Coh. 455 bis. Come il precedente. All'esergo C • VI • P P Cohen, n. 456, 457, 458. Cohen n. 462, 464. 41. Var. Coh. 467. ^ — GALLIENVS AVG Testa radiata a destra. I^ — PROVID AVG La Provvidenza a sinistra. Tiene lo scettro nella sinistra e colla bacchetta nella destra indica il globo a terra. Nel campo D N. 42.', Var. Coh. 468. ^ — IMP GALLIENVS P AVG Busto radiato a destra, in corazza. 9 — PROVID AVGG La Provvidenza a sinistra. Colla bac- chetta indica il globo a terra, e nella sinistra tiene il cornucopia. UN RIPOSTIGLIO DI ANTONINIANI DEL TERZO SECOLO I7I Cohen, n. 470, 490, 491. 43. Var. Coh. 491. B' — G-ALLIENVS AVG Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. 9 — ROMAE AETERNAE Roma assisa a sinistra colla Vit- toria e Tasta. Accanto a lei uno scudo. 44. Var. Coh. 491 bis. Come il precedente ; ma, nel campo del rovescio una mezzaluna. Cohen, n. 495. 45. Var. Coh. 495. ^ — GALLI ENVS AVG Busto radiato a destra, in corazza. 9 — SAECVLARES AVG Cervo a destra, AlTes. una palma. 46. Var. Coh. 495 bts. ^ — GALLIENVS AVG Busto radiato a sinistra, con pa- ludamento e corazza. 9 — Come il precedente. Cohen, n. 499, 500, 503, 504, 505, 509, 512. 47. Var. Coh. 512. /©" — GALLIENVS AVG- Busto radiato a destra in corazza. 9 — SECVRIT AVG La Sicurezza colle gambe incrociate appoggiata alla colonna, la destra posata sul capo. Cohen, n. 514, 518. 48. Inedito, dopo Coh. 519. i^ - GALLIENVS AVG Testa radiata a destra, ^f — SECVRIT PVBL La Sicurezza seduta a sinistra collo scettro e sostenendosi il capo colla sinistra. Al- l'esergo VI. NB. — Uepiteto di PVBLICA è nuovo nelle monete di Gallieno col tipo della Sicurezza, già note come SECVRITAS AVGVSTA, ORBIS, PERPETVA o TEMPORVM. 49. Var. Coh. 528. ^ — GALLIENVS AVG Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. ^ — SOLI INVICTO II Sole a sinistra col globo e la de- stra alzata. Cohen, n. 529, 530. 172 FRANCESCO GNECCHI 50. Var. Coh. 530. ^ — GALLI ENVS AVG Testa radiata a sinistra. 1$ — SOLI INVICTO II Sole a sinistra col frustino e la # destra alzata. Cohen,"n. 531, 532, 541. 51. Var. Coh. 541. ^ — GALLI ENVS AVG Testa radiata a destra. I^ — VBERITAS AVG La Fertilità a sinistra con un grap- polo d'uva e il cornucopia. Nel campo C. 52. Var. Coh. 544, 550. ^ — GALLIENVS AVG Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. 9 — VENER VICTRICI Venere a sin. con un elmo e lo scettro trasversale, appoggiata al proprio scudo. All'esergo VII-C* 53. Var. Coh. 550^^5. Lo stesso con busto radiato a destra in corazza. Mede- simo rovescio. 54. Var. Coh. 550 /^r. Lo stesso con testa radiata a sinistra e senza lettere al- Tesergo del rovescio. 55. Var. Coh. ^^oquater. Lo stesso con busto radiato a destra con palud. e corazza. Cohen, n. 562, 572, 578, 587, 589, 594, 620, 635, 650, 656. 56. Var. Coh. 656. i& — GALLIENVS AVG Busto radiato a destra in corazza. 9 — VIRTVS AVG Marte armato a sinistra con l'asta, appoggiato allo scudo. Nel campo una stella. Cohen, n. 661, 662, 664. 57. Var. Coh. 664. & — GALLIENVS AVG Testa radiata a sinistra. 15 — VIRTVS AVG Gallieno in abito militare a destra col globo e l'asta trasversale. UN RIPOSTIGLIO DI ANTONINIANI DEL TERZO SECOLO I73 58. Inedito, dopo Coh. 669. ^' — IMP C P LIC GÀLLIENVS P F AVG Busto radiato a destra con paludamento e corazza. ^ — VIRTVS AVG Gallieno in abito militare a sinistra coirasta trasversale in atto di posare la destra su di un trofeo. Cohen, n. 673, 676, 687. 59. Var. Coh. 687. ÌB' — mP C P LIC GALLIENVS P F AVG Busto radiato a destra con paludamento e corazza, 9 — VIRTVS AVGG Valeriano e Gallieno Tuno di fronte all'altro. Uno tiene Tasta e il globo, l'altro una Vittoria e Tasta trasversale. Fra loro, nel campo, una stella. Cohen, n. 690. 60. Var. Coh. 690. i^ — GALLI ENVS AVG Busto radiato a destra con palu- damento e corazza. 9 — VIRTVS AVGVSTI Ercole nudo a destra, la destra sul fianco in atto di riposo sulla clava appoggiata a una rupe. SALONINA. Cohen, n. io. 61. Var. Coh. io. ^ — SALONINA AVG Busto diademato a destra circondato dalla mezzaluna. 9 — AEQVITAS AVG L'Equità a sinistra colle bilancie e il cornucopia. Nel campo una mezzaluna. Al- Tesergo VII • C • Cohen, n. 18. 62. Var. Coh. 21. i^ — Come il precedente. 5^ — CONCORDIA AET La Concordia seduta a sinistra colla patera e il doppio cornucopia. 174 FRANCESCO GNECCHI Cohen, 22, 30, 48, 55, 62. 63. Var. Coh. 62. ^ — Come i precedenti. 9 — PVDICITIA La Pudicizia a sinistra. Tiene il velo colla destra e colla sinistra lo scettro trasversale. Cohen, n. 63, 67, 69, 91, 96. SALONINO. Cohen, n. 15, 49, 50, 51. MACRIANO. Cohen, n. i, 8. QUIETO. Cohen, n. 4, 8. 64. Var. Coh. 3. /B' - IMP C FVL QVIETVS P F AVO Busto radiato a des. ^ — INDVLG-ENTIAE AVO L'Indulgenza seduta a sinistra con la patera e lo scettro trasversale. Nel campo una stella. F. Gnecchi. MONETE ITALIANE INEDITE della Raccolta PAPADOPOLI VII. In questo settimo articolo descriverò le monete inedite della mia raccolta appartenenti alle zecche della regione Lombarda, esclusa quella di Milano, perchè le poche di questa importantissima officina furono da me comunicate ai fratelli Francesco ed Er- cole Gnecchi e da essi inserite nel Supplemento alla grandiosa opera sulle Monete di Milano (^). E poiché nel lavoro alquanto affrettatoci) dell'ultimo articolo mi sfuggirono alcuni pezzi mantovani e altri della stessa zecca entrarono posteriormente nella mia raccolta, così comincerò da questi a complemento della me- (i) In Rivista Italiana di Numismatica. Milano, anno VI, 1893, pa- gine 37-68, 137-167; anno VII, 1894, P^Rg- 49-89- (2) Per la fretta mi sfuggì un articolo del signor Flavio Valerani, Due Medaglie Gasatesi anonime del secolo XVI, pubblicato in questa stessa Rivista^ anno XXII, 1909, pagg. 303-308, dove era descritta e di- segnata la tessera da me riportata come inedita al n. 46. Il eh. A. la ritiene medaglia commemorativa della istituzione del Monte di Pietà o meglio della Cassa di Risparmio ad esso unita: a me, data la dimen- sione e la forma generale del pezzo, che non ha l'aspetto solenne della medaglia, sembra più ovvio ritenerla una tessera di contrassegno per la distribuzione delle derrate alimentari ai poveri in tempo di carestia, sia pure al servizio del Monte di Pietà o. di altro Istituto che fosse in- caricato della cosa. 176 NICOLÒ PAPADOPOLI moria precedente, proseguirò con quelli delle zecche minori dei Gonzaga e chiuderò con altri di vari luoghi della Lombardia. MANTOVA. Una lira o mocenigo di Guglielmo (1550-1587) è diverso da quelli conosciuti per la forma dello scudo e della corona, porta inoltre il titolo di primo duca del Monferrato e per conseguenza appare posteriore all'assunzione di questo titolo avvenuta nel 1573. I. Argento.lDiam. mill. 34,5, peso gr. 5. .B' — GVL -DO- DVX • MAN • 111 ET • MON • FÉ • P • La leg- genda comincia da destra in alto ; stemma della croce e quattro aquile caricato dello scudo di nove quarti, il tutto ornato di cartocci e sormon- tato dal Monte Olimpo col motto FI D ES e da corona. NIHIL ^ ISTO ^ TRISTE ^ RECEPTO Da destra in alto ; sulla linea di esergo a sinistra S. Andrea in piedi che riceve da S. Longino inginocchiato la reliquia del preziosissimo Sangue. n 2. Oro. Diam. mill. 11, peso gr. 0,85. ^ — MANTVAE -1596. Da sinistra in basso; nel campo la mezzaluna con entro il motto SIC MONETE ITALIANE INEDITE 177 9 — Aquila coronata con la testa volta a sinistra, senza epigrafe. Questo quarto di ducato anonimo è simile in tutto all'ottavo pubblicato dal Promis (0 dal quale differisce soltanto per il diametro e per il peso. La data 1596 ci dice che fu emesso durante il princi- pato di Vincenzo I, al quale del resto dovrebbe at- tribuirsi anche se non portasse la data, perchè l'im- presa della mezzaluna col motto SIC fu propria di questo duca e non usata da altri dopo di lui come e' insegna il PortioH (2). Alle dieci monete di Ferdinando pubbhcate nel- l'articolo precedente mi è dato aggiungere altri due bellissimi pezzi in cui il principe porta ancora l'abito cardinalizio, i quali, sebbene non firmati, possono per la finezza e delicatezza del lavoro assegnarsi con tutta certezza a Gaspare Molo. Il primo, del peso di dodici zecchini, fu battuto in oro con un conio destinato al ducatone d'argento dal sole, mentre Taltro è appunto un mezzo ducatone di questo tipo. 3. Oro. Diam, mill. 42, peso gr. 39,19. ^ — FERD : CAR : D : O : DVX : MAN : VI : t : M : F : IMI : • Leggenda da sinistra in basso ; entro cerchio di (i) Promis Vincenzo, Monete di zecche Italiane inedite o corrette. Me- moria quarta. Torino, MDCCCLXXXII, in-8, pag. 41, tav. V, n. 52. (2) Portigli Attilio, La Zecca di Mantova, Parte I. Mantova, 1879, in-8, pagg. 89-90. 178 NICOLÒ PAPADOPOLI perline tagliato in basso, busto del Principe in berretta e mezzetta cardinalizia con ordine caval- leresco al collo volto a destra ; sotto il busto : % MDCXII II : • 9 — ♦ NON ♦ MVTVÀTA ♦ LVCE ♦ B fra due ornati ; il tutto in giro cominciando da sinistra in basso; nel campo sole raggiante in cerchio di perline. 4. Argento. Dlam. mill. 35,5, peso gr. 15,72. 3^ — FER ^ CÀR V D ^ G ^ DVX ^ M ^ Vi ^ T ^ M ^ F ^ llil v Leggenda da sinistra in basso tagliata dal busto del Principe simile a quello della moneta prece- dente. 9 — * NON ♦ MVTVÀTA ♦ LVCE ® ornato e B, nel giro cominciando da sinistra in basso, nel campo sole raggiante in cerchio lineare. L'ossido da cui era coperto m' impedì di osser- vare che un pezzo di piombo da sei soldi dell'as- sedio di Mantova del 1629 era diverso da quello edito dal Portioli C^). Dopo averlo diligentemente ri- pulito rilevai che attorno allo stemma del diritto corre una leggenda di cui sono chiare le lettere ma oscuro il senso, mentre in quello del Portioh lo stemma è circondato dalla collana di un ordine ca- valleresco. Ne pubblico pertanto il disegno nella speranza che agli studiosi mantovani riesca di com- pletare il senso della leggenda della quale io non (i) Op. cit Parte VII. Mantova, 1882, in-8, pag. 22, tav. I, n. 12. MONETE ITALIANE INEDITE 179 SO interpretare che le lettere OBS analoghe a quelle di altre monete del celebre assedio. 5. Piombo. Diam. mill. 17, peso gr. 2,29. ^ — OBS DEOS Da sinistra in basso; stemma della croce e quattro aquile caricato di uno scudetto inquartato, e coronato. 5^ — La cifra 6 in targa ornata. Ultima moneta della zecca mantovana è un pezzo di mistura di Carlo II insieme con la madre Maria (1637-1647) che si ritiene generalmente del valore di un soldo e differisce da quelle note e co- muni perchè mancante del motto FIDES e della im- presa deirOhmpo al di sopra dello stemma, e per- chè la leggenda del diritto comincia sotto lo scudo e va da sinistra a destra. 6. Mistura. Diam. mill. 21, peso gr. 1,69. ^ — MAR • M • CAR • • Il • D • M • 1E • M • F • In giro da sini- stra in basso, nel campo stemma della croce e delle quattro aquile caricato dello scudo di nove quarti e coronato. I^ — -TABSANG CHRISTII.... In giro da sinistra in basso ; nel campo reliquiario sormontato da croce che taglia la leggenda. l8o NICOLÒ PAPADOPOLI CASTIGLIONE DELLE STIVIERE. « Le zecche dei minori feudi mantovani dei Gon- zaga sono una miniera inesauribile di monete, pes- sime come tali, ma tutte variate e quindi molto in- teressanti per i raccoglitori. Castiglione delle Sti- viere fu la più prolifica di tali officine così che, non ostante i lavori deirAffò e dell'Agostini e gli studi parziali di molti altri, la serie delle imitazioni di ogni specie da essa uscite non è ancora chiusa e sempre vengono in luce nuovi tipi e nuove varianti. Tra le monete di Ferrante (i 579-1 586), che fu primo signore di questa terra e il primo ad impian- tarvi una zecca, da me possedute, due meritano di essere ricordate. La prima fu bensì pubblicata dal- l'Agostini (0 ma l'esemplare che qui riproduco con un perfetto disegno di Carlo Kunz differisce da quella per Tanno. I. Mistura. Diam. mill. i6, peso gr. 0,80. «B' - FER • (jON • S • R • IM PRINCEPS Leggenda da sini- stra in basso; entro cerchio lineare tagliato in basso, busto del Principe a sinistra con corazza e collare a lattuga, sotto il busto - : t¥ : ' 9 - + ET • MAR • CAST • A STIVER • 1586 Leggenda da destra in alto ; nel campo entro cerchio lineare aquila araldica col volo abbassato e la testa volta a sinistra. (i) Agostini Agostino, Castiglione delle Stiviere dalle sue origini geo- logiche fino ai giorni nostri. Parte III. La Zecca. Brescia, 1895, in-i6, pag. 25, tav. I, n. 3. MONETE ITALIANE INEDITE l8l La seconda è una imitazione delle trilline di Filippo II (1556-1598) per Milano (i), simile a quelle che furono attribuite a Francesco Gonzaga dall'Ago- stini (2) ma sulla cui attribuzione non vi può essere dubbio essendo chiarissime le due prime lettere del nome del principe. 2 Mistura. Diam. mill. 15, peso gr. 0,56. /B^ — FER • GON • MARCASI Da destra in alto; nel campo grande F coronata entro doppio cerchio lineare. I^ — SOLASAI .... S Da destra in alto ; nel campo croce lineare accantonata da quattro aquile con piccolo stemma inquartato in cuore. Di Rodolfo (1586-1593) pessimo principe, pro- cessato dall'imperatore perchè imputato delFassas- sinio dello zio Alfonso, scomunicato dal papa per aver falsificato le monete pontificie e finalmente uc- ciso dai sudditi, ho alcune monete diverse da quelle pubbHcate fin qui. La prima è una imitazione dei quattrini di Ancona con S. Pietro. 3. Mistura. Diam. mill. 16, peso gr. 0,41. B" — R • D • GO N . . . . Da destra in alto ; nel campo entro cerchio lineare piccolo scudo a cuore con (i) Gnecchi Francesco ed ErcolE; Le Mone/e di Milano^ ecc. Ivi, , iii-4, pag. 137, n. 105, tav. XXVIII, n. 14. (2) Op. cit., pag. 46-47, tav. IV, n. 53. l82 NICOLÒ PAPADOPOLI aquila, sormontato da corona, il tutto disegnato in modo da confondersi con lo stemma Boncom- pagni di Gregorio XllI sormontato dalle chiavi ^ e dal triregno. 9 — S....TRVS-CASIIV-... Leggenda da destra in alto; nel campo figura di santo in piedi che guarda a sinistra. La seconda è una monetuccia fatta ad imita- zione delle baiocchelle con S. Francesco battute a Montalto, ed è notevole perchè il ritratto del papa e il piviale onde è rivestito presentano diversità da quelli di altri simili pezzi conosciuti. 4. Mistura. Diam. mill. 20, peso gr. 1,18. ÌB" — . SIXTVS P • M • A • X • Da sinistra in basso entro un cerchio di perline; nel campo busto del Pon- tefice a testa nuda volto a s., con piviale ornato di tre stelle e fermato sul davanti da una grossa borchia, sotto il busto nove stelle disposte in due linee. 9 — • MON ALTO • Da sinistra in basso entro cerchio di perline ; all'esergo RO • ; nel campo entro lieve cerchio lineare S. Francesco inginocchiato a si- nistra che riceve le stimmate. Le lettere M • CA additano indubbiamente la pro- venienza di una imitazione dei kreutzer di Stras- burgo eseguita assai felicemente per essere confusa con gli originali. Sebbene vi manchi qualsiasi indizio del nome del principe essa deve appartenere ai tempi di Rodolfo. MONETE ITALIANE INEDITE 183 5. Mistura. Diam. mill. 21, peso gr. 1,31. ÌB" — ^MO AR(y ENT M • CA Da destra in alto; grande croce patente le cui braccia si sovrappongono a due cerchi, l'uno periato esterno e Taltro interno formato di venti piccoli archi, e vanno a tagliare in quattro parti la leggenda. 9 — ^ GLORIA • INEXCELC • DEO Da destra in alto ; nel campo grande giglio entro cerchio interno for- mato di archi che si intersecano ed esterno di perline. Francesco (1593-1609) succeduto all'ucciso fra- tello Rodolfo, ebbe un principato piuttosto lungo ma faticoso perchè passò la maggior parte del tempo lontano dai suoi domini al servizio dell' imperatore Rodolfo II, il quale volle compensarlo elevando a principato il feudo di Castiglione e a marchesato quello di Medole. A lui appartiene la parpaghuola seguente fatta a imitazione di quelle di Mantova col tabernacolo. 6. Mistura. Diam. raill. 21 ^ - ■ 9 - peso gr. 1.18. . . . RA • M • CAS • I • D • M . . . . Stemma Gonzaga della croce e delle quattro aquile caricato dello scudo con nove quarti ornato di cartocci e coro- nato, entro due cerchi lineari tagliati in alto. TI * SANO" CHRIST ^ • • • V • & Da sinistra in basso; nel campo tabdinacolo del preziosissimo Sangue entro leggero cerchio lineare. 184 NICOLÒ PAPADOPOLI Sebbene non porti altra indicazione del nome del principe air infuori della iniziale F, pure pos- siamo con una certa sicurezza assegnare a Francesco la seguente imitazione dei quattrini di Milano. Infatti la corona che sormonta la F è fatta a somiglianza di quella adottata da Vincenzo I duca di Mantova quando nel 1588 ottenne dall'imperatore di aggiungere le spine alle rose della corona, come qualche tempo prima aveva fatto anche Vespasiano principe di Sab- bioneta. Nessuna meraviglia dunque che anche Fran- cesco volesse aggiungere alla corona propria simile ornamento allora tanto ambito e desiderato. 7. Mistura. Diam. mill. 15,5, peso gr, 0,48. B' — ^ . GON • M • CASTIV • ST • Da destra in alto ; nel campo grande p sormontata da corona con tre rose e due spine che terminano in perla entro cerchio lineare. li - ^ MAR • CASTIV • A • STIV • Da destra in alto ; nel campo croce fiorata entro cerchio lineare. Di Ferdinando I (1616-1675) possiedo due imi- tazioni del pezzo da otto soldi di Mantova alquanto diverse da quelle pubblicate dairAffò e dall Ago- stini (1). Nell'una si vede una S fra due rosette in luogo della cifra 8, che manca totalmente nell'altra. (i) Affò Ireneo, Le Monete dei Gonzaghi Principi di Castiglione delle Stiviere e Signori di Solferino, in Zanetti G. A., Nuova Rac- colta, ecc., tomo III, pag. 207, tav. XIII, n. 27; Agostini, op. cit., pag. 58, n, 169, tav. VI, n. 77. MONETE ITALIANE INEDITE 185 8. Mistura. Diam. mill. 22, peso gr. 1,80. ^ — ♦ S ♦ I PERDI ... I D • (t • S • R • I • I E • CAST • P | E • MARCH I ... E In sei linee. 9 — QVE • FV Da destra in alto; nel campo sole raggiante entro cerchio periato. 9. Mistura. Diam. mill. 22,5, peso gr. 1,42. B — FERDIN I D O • S • R • I • I E • CASTIL • | • PRIN • I | • MARC • I • ME • In sei linee entro cerchio di perline. 9 — VBIQVE FVLGET- 00 Da sinistra in basso; nel campo sole raggiante entro cerchio periato. Riproduco anche il disegno di un'altra moneta di mistura essa pure destinata a confondersi con quelle della zecca di Milano portando la biscia co- ronata dei duchi di Milano, perchè il mio esemplare è assai più completo di quelli da cui trassero i loro disegni TAffò e l'Agostini (0. (t) Affò, op. cit., pag. 208, tav. XIII, n. 28; Agostini, op. cit., pa- gina 58, n. 170, tav. VI, n. 78. i86 NICOLÒ PAPADOPOLI IO. Mistura. Diam. mill. 18, peso gr. 0,90. ^ - PERDI • D • G • S • 1 1 • CAST • PRIN • Da destra in alto; aquila coronata con le ali spiegate e la testa volta a sinistra. P — • • M . . . . HIO • ^ • MEDYLARVM Da destra in alto ; nel campo entro cerchio lineare la biscia coronata col bambino nelle fauci. Chiuderò la serie delle monete coniate in questo luogo con la riproduzione di un pezzo del quale non ho mai visto pubblicato un disegno soddisfacente, per quanto sia stato discusso più volte e siasi per- fino creata una officina speciale, quella di Castiglione del Lago, dalla quale secondo alcuni sarebbe uscita. Oggi tutti sono persuasi che tanto questa veramente spudorata imitazione della crazia, quanto quelle dei quattrini medicei siano prodotti della zecca di Ca- stiglione delle Stiviere che meritò la più grande ce- lebrità fra quelle che si dedicarono alla falsificazione e alla imitazione delle monete di tutti i paesi vicini e lontani. Rimane a sapersi se la si debba attribuire al primo Ferdinando che fu contemporaneo o al se- condo che regnò dal 1680 al 1723 ossia dopo la morte di Ferdinando II dei Medici granduca di To- scana. Io inclinerei a crederla deirultimo perchè cosi il Ferdinando II della leggenda avrebbe corri- sposto alla verità che i nostri falsificatori erano ben fehci di dire quando era possibile. MONETE ITALIANE INEDITE 187 II. Mistura. Diam. mill. i8, peso gr. 1,20. ^ — FERD • Il • D • G- • P • CAST • Da destra in alto; stemma Medici in scudo ovale con cartocci sormontato da corona chiusa. R) — S IOANN ES BAPT IS Da destra in alto ; S. Gio- vanni in piedi nimbato cinto di una semplice fascia tiene il braccio destro teso e la faccia volta a destra, nella sinistra una croce in asta. SABBIONETA. Di Vespasiano Gonzaga (1540-1599) che fu quasi il fondatore di Sabbioneta, cui diede forma ed aspetto di città elegante e fortificata, possiedo parecchie monete alcune delle quah feci conoscere perchè ine- dite fino ad allora (O. Ne pubblico ora altre tre, la prima delle quali è un cavallotto simile in tutto nel disegno a quello edito dal Kunz (^) dal quale diver- sifica soltanto nella leggenda del diritto e per avere al rovescio Tanno della emissiorie. I. Mistura. Diam. mill. 24, peso gr. 2,68. ^ — VES • GON • CO • SA • RO • IM • ET • SAB • FRI • Leg- genda da destra in alto ; nel campo entro cerchio lineare stemma partito Gonzaga Colonna coronato. 9 — ^ FORTES CREANTVR FORTIBS • Leggenda da de- stra in alto; nel campo sopra una linea entro cerchio lineare cavallo galoppante a destra, sotto la Hnea 1576. (i) Monete inedite delle Zecche minori dei Gonzaga esistenti nella Raccolta Papadopoli in Periodico di Numismatica e Sfragistica per la Storia d* Italia. Firenze f anno V, 1873, in-8, pag. 307; Monete Italiane inedite della Raccolta Papadopoli, 11/ in Rivista Ital. di Num., Milano anno VI, 1893, pagg. 315-319- - ^ . (2) Il Museo Bottacin, in Periodico cit., annoi,. 1868, pag. 351, tav. XII^ num. 7. :; ii JV /; .■ ^.l-;i c- .. . l88 NICOLÒ PAPADOPOLI Le altre due appartengono a una numerosa serie di denaretti di mistura assai interessanti perchè con la leggenda e la varia forma della corona seguono e segnano a passo a passo tutti i successivi pro- gressi nei titoli e negli onori onde T imperatore e il re di Spagna insignirono questo loro prediletto vas- sallo. L'Affò (') divide in quattro periodi il lungo regno di Vespasiano, ma il variare dei titoli e delle insegne indurrebbe a suddividere ancora questi pe- riodi come potrà facilmente rilevarsi dalle sei varietà di questi denaretti a me note, senza contare che altre ve ne saranno a me ignote. La prima finora inedita appartiene al primo pe- riodo in cui Vespasiano è detto soltanto Marchio et Comes ed è sicuramente la più antica, perchè la co- rona figurata al rovescio consiste in un semplice cerchio gemmato senza fiori né spine, come usavano originariamente i Gonzaga. 2. Mistura, Diam. mill. 15, peso gr. 0,60. ^ — VESPASIANVS • GON M R"EC- Leggenda da sinistra in basso; testa nuda del Principe a sin. 9 — ROTINGI • Q • COMES (trifoglio) Leggenda da sinistra in basso; nel campo corona gemmata. A questo stesso periodo appartiene quella pub- blicata dal p. Affò (2) con la leggenda al diritto: (i) Del Diritto conceduto alla Casa Gonzaga di battere moneta in tutte le terre da essa possedute nella Diocesi di Cremona e nella Contea di Ro- dilo colla spiegazione delle Monete che uscirono specialmente dalle Zecche di Sabbioneta, Pomponesco e Bozzolo, lettere del P. Ireneo Affò, in Za- netti, tomo ni, pag. 132. (2) Id. ibid., pag. 134, tav. VI, n. 5. MONETE ITALIANE INEDITE 189 VESPA • G-ON • COL • MAR • E • C, al rovescio la leggenda è come quella della precedente ma la corona è gem- mata e ornata di rose e di spine. Non conosco nessuna di queste monetine che possa assegnarsi al secondo periodo in cui la leg- genda dovrebbe essere Marchio Sablonetae, mentre sono tre le varietà a me note col titolo di principe. La prima esiste nel Museo Bottacin e ne trovo no- tizia nelle schede di Carlo Kunz, porta al diritto la leggenda : VESP • GO • CO • SA • R • IMP • ET • SAB • P -, il rovescio è identico a quello pubblicato dairAffò. L'altra con lo stesso rovescio e con la leggenda al diritto: VESPA • SAB • PRINCEPS fu edita da Umberto Rossi nella Gazzetta Numismatica (0, ma era già nota in precedenza perchè descritta nella Raccolta Grade- nigo (2) e ricordata dairAffò (s). La terza fu pubbli- cata da me nel Periodico diretto dal marchese Strozzi (4), nel diritto ha la leggenda: VESP • PRIN • ET • COMES, e nel rovescio attorno alla solita corona con fiori e spine : DVX • MARCHIO • COMES • In questa si affaccia già il titolo di DVX che diventa poi Dux Sahlonetae e caratterizza il quarto periodo al quale appartiene la seguente che vede ora la luce per la prima volta. 3. Mistura. Diam. mill. 15, peso gr. 0,48. ^ — VESP • DVX • SABLONET/E • I • Leggenda da sinistra in basso ; testa nuda a sinistra. (1) Le Monete di Rodigo in Gazzetta Numismatica. Como, anno I, 1881, pag. 46. (2) Zanetti, tomo II, pag. 150, n. 3. (3) Id., tomo III, pag. 141. (4) Loc. cit., pag. 307, tav. XI, n. 11. 25 igo NICOLÒ PAPADOPOLI 9 — ROTINCtI • QVE COMES (trifoglio) Leggenda da sini- stra in basso; nel campo corona gemmata con fiori e spine. m BOZZOLO. Nel giugno 1883 mi fu offerto uno scudo coi busti affrontati di Isabella Gonzaga madre e tutrice e di Scipione principe di Bozzolo (1609-1614). L'aspetto strano della moneta che non sembrava battuta coi sistemi ordinari m' indusse a farla vedere e chiedere consiglio a Carlo Kunz numismatico esperto e co- scienzioso. Egli mi scrisse che il pezzo era di lega bassa e fuso, coi campi porosi e battuti, quindi falso. Soggiungeva però che lo trovava assai interessante perchè rivelava l'esistenza della moneta autentica dalla quale era stato tolto; egli ne trasse un disegno che ho poi ritrovato fra le sue schede. Allora io non feci l'acquisto propostomi, ma molto più tardi ne ebbi un altro esemplare pure di pessima lega e con lo stesso aspetto di pezzo fuso e ritoccato col bulino, il quale presentava qualche differenza da quello off"ertomi precedentemente come potei consta- tare confrontandolo col disegno del Kunz. Nel primo infatti la leggenda del diritto era divisa da punti semplici mentre in questo, di cui pubblico ora il di- segno, i punti sono doppi : nell'esergo non si leg- gono le lettere e la data • C • 1613 • p • che si trovano in quello, forse perchè cancellati sulla forma o per- chè non rilevati col bulino : anche gli ornati del rovescio non sono perfettamente uguaH. Un altro esemplare esistente nella raccolta di S. M. ha la data e le lettere all'esergo ma la punteggiatura di- versa al diritto. MONETE ITALIANE INEDITE 191 1. Mistura. Diam. mill. 44, peso ^r. 29,08. 3^ - ISAB : MR : E : GVB : SCIP : S : R : I : BOZVLI : Q : PRI : Il : Leggenda da sinistra in basso ; nel campo i busti affrontati della madre e del figlio, la prima con cuffia e maniche ornate guarda a destra, il secondo con corazza e collare alla spa- gnola a sinistra, entro cerchio di perline limitato in basso da due linee che formano Tesergo in cui si scorgono tracce indistinte di lettere. ^ - • VICIT • LEO • DE • TRIBV • IVDA • ♦ ^ ♦ Leggenda da destra in alto ; nel campo entro cerchio di perline leone araldico linguato rampante a sinistra. Ho creduto conveniente riprodurre anche questo pezzo che probabilmente non fu mai in circolazione perchè Io ritengo un tentativo d'imitazione delle monete di buon argento con minerali e metalli in- feriori. Di Scipione (1609-167 1) piacemi far conoscere un bel ducatone simile a quello che pubblicai nel 1893 (') ma con la data 1613 che lo colloca al prin- cipio della serie. 2. Mistura. Diam. mill. 43, peso gr. 31,61. !& — . SCIP • (jONZ • S • R • I • "E • BOZ • PRINC • li • "E • G Leg- genda da sinistra in basso ; busto del Principe a (i) Riv. Ita/, di Num., Vi, pag. 325, n. 2. 192 NICOLÒ PAPADOPOLI destra con corazza, e collare a lattuga che taglia un cerchio di perline, sotto il busto GASP • 9 — TV ES PETRVS PRAESIDIVM NOSTRVM Leggenda da sinistra in basso ; nel campo sopra doppia linea di esergo che limita un doppio cerchio li- neare, a sinistra il Redentore in piedi nimbato porge con la destra le chiavi a S. Pietro genu- flesso con le mani giunte e il capo nimbato : esergo: • • MDCXIII • • Questa bella moneta ci mostra che il giovane principe appena uscito di tutela affidò il lavoro delle sue monete a un valentissimo artista che sebbene qui si firmi col solo nome di battesimo possiamo agevolmente identificare con Gaspare Molo, come è indicato nel educatone fatto conoscere precedente- mente. GUASTALLA. Da non molto tempo ebbi dalla Germania una monetina coniata a Guastalla da Cesare Gonzaga (1570-1575) ma destinata a correre confusa con mo- nete oltramontane delle quali imita le impronte e che ora torna nel paese di origine per prendere posto nei cassetti del raccoglitore. MONETE ITALIANE INEDITE I93 r. Mistura. Diam. mill. 16,5, peso gr. 0,61. ^ _ ^ CAES • G- . . . I FÉ . . . DNS G Leggenda da destra in alto ; nel campo tre scudetti disposti a trian- golo, il primo con le fasce, il secondo col leone rampante e il terzo con Taquila, parti essenziali dello stemma Gonzaga, entro cerchio di perline. 9/ - HIC FVIT NRA SÀLV • La leggenda è divisa dalle braccia di una grande croce patente che occupa tutto il campo e taglia un cerchio di perline entro il quale sono circoscritte le braccia di un'altra croce più piccola. Come ultima moneta appartenente ai Gonzaga riproduco il disegno di una specie di cavallotto ano- nimo con Santa Caterina da un lato e il Pegaso dal- l'altro, ossia con le stesse figurazioni di altra moneta anonima che feci conoscere molti anni fa (0 attri- buendola alla zecca di Bozzolo, ma con leggenda affatto diversa. Credo di essere nel vero ritenendo che anche questa sia stata coniata in una zecca ap- partenente a uno dei rami secondari dei Gonzaga sia per l'aspetto della moneta sia per la effigie di Santa Caterina. Resta solo a sapersi se deve attri- buirsi a Bozzolo, dove, secondo una tariffa milanese ricordata dallo Zanetti (2), era stata battuta una mo- neta da soldi quattro col cavallo alato, o a Guastalla trovandosi segnata tra le spese fatte per gì' impronti di quella zecca a tutto il 1593 anche quella della (i) Periodico, ecc. cit., a. V, pag. 309-310, tav. XII, n. 15. (2) Tomo III, pag. 175, nota 184. 194 NICOLÒ PAPADOPOLI Stampa del cavallotto, che TAffò si duole di non aver potuto rinvenire (i). 2. Mistura. Diam. mìll. 23, peso gr. 1,82. ÌB' — SANCTA CAT . . . RINA Da destra in alto; nel campo figura in piedi di faccia coronata che appoggia la destra su una ruota e tiene con la sinistra una palma, che taglia in alto e in basso un doppio cerchio lineare. 1$ — + V SVBLIMI V ORA V QVERENS ^ Da destra in alto; nel campo entro cerchio lineare cavallo alato ga- loppante a destra. COMO. Da molti anni esiste nel mio medagliere una moneta di buon argento con Taquila al diritto e la croce e leggenda al rovescio ' come il noto denaro (chiamato da molti mezzo denaro) attribuito a En- rico VI, che Guglielmo Grillo (2) vorrebbe con buone ragioni assegnare invece a Enrico VII di Lussem- burgo. Si tratta evidentemente del grosso della stessa epoca che è rimasto finora sconosciuto e non esiste, per quanto è a mia notizia, in nessuna raccolta. (i) Ibid., pag. 23 e 27. (2) Ripostiglio di Monete medioevali, ecc., in BolMtino Italiano di Nu- mismatica* Milano, a. VU, 1909, pagg. 8-9. MONETE ITALIANE INEDITE I95 I. Argento. Diam. mill. i8, peso gr. i,o6. i^ — + hENRICVS • IMP o Leggenda da destra in alto nel campo entro cerchio di perline aquila araldica col capo a sinistra. 9 — + CVMANVS o Leggenda come sopra, nel campo croce patente in cerchio di perline. BELLINZONA. Del tempo in cui emisero moneta in società i due cantoni di Uri e di Underwald valendosi della zecca di Bellinzona possiedo due pezzi finora ine- diti e sconosciuti. Il primo veramente non può dirsi sconosciuto perchè è figurato e descritto in una Tariffa Veneta del 18 dicembre 1517 da me pubblicata fin dal 1899 nel « Nuovo Archivio Veneto w (i), poi insieme con altre nella Rivista Italiana di Numismatica ^2), e fi- nalmente inserita in fac-simile nella mia opera sulle Monete di Venezia (s). L'ottava moneta della prima colonna di detta tariffa viene così descritta nel testo: « Vna moneda stampada da una banda una arma « meza con una testa de bo dentro con una cade- (i) Una Tariffa con disegni di Monete stampata a Venezia nei ijiy, in Nuovo Archivio Veneto^ tomo XVII, 1899. Venezia, in-8, pag. 102, con una tavola. (2) Tariffe Veneziane del Secolo XVI con disegni dt Monete^ in Ri- vista hai. di Num., a. XIII, 1900, pagg. 439450 con 5 facsimili. (3) Le Monete di Venezia descritte ed illustrate. Parte li. Venezia, 1907, in 8, pag. 92-93. 196 NICOLÒ PAPADOPOLI « nella nel naso & meza con do chiave dentro & « desopra larma una aquila con do teste con una « corona imperiai desopra & do bissoni un per banda « de larma & da laltra banda san Martin uescouo « se spende per soldi otto per esser bona sia spesa « per soldi otto ». Questa descrizione e il rozzo ma efficace disegno corrispondono in tutto alla moneta che ora pubblico nella quale possiamo pertanto ri- conoscere quella moneta bellinzonese da ritrovare che il compianto AmbrosoH segnalò con un breve arti- colo (^) dopo la mia pubblicazione delle Tariffe Ve- neziane. Per il valore di otto soldi ad essa attribuito nella tariffa dovrebbe ad essa assegnarsi la denomi- nazione di doppio grosso, mentre per l'aspetto par- rebbe piuttosto un mezzo testone. I. Argento. Diam. mill. 28, peso gr. 3,75. ^ — MONETA • NOVA : VRA NIE • ET • VNDERVALD (trifo- glio) Leggenda da sinistra in basso; nel campo stemma partito al capo di bue e alle due chiavi in palo sormontato dairaquila bicipite coronata e fiancheggiato da due biscie coronate. ^ — S' MARTINVS • • EPISCOPVS : • Leggenda da destra in alto ; Santo Vescovo mitrato e nimbato seduto benedice con la destra e tiene il pastorale con la sinistra. (i) Ambrosoli Solone, Una Moneta Bellinzonese da ritrovare, in Bollettino storico della Svizzera Italiana. Bellinzona, a. XXIII, 1901, Pagg. 52-53- MONETE ITALIANE INEDITE 197 Il secondo pezzo ha il diritto somigliante in tutto al cavallotto di Bellinzona già noto (^) sebbene il disegno e la forma delle lettere sembrino di mag- giore antichità, il rovescio poi ricorda alcuni rola- bassi o grossi coniati in Piemonte e nel Monferrato. 2. Argento. Diam. mill. 26,5, peso gr. 2,64. ^B" — ^VRÀNIE^ET...ERVAL...(trifogliooquadrifoglio) Leg- genda da sinistra in basso ; nel campo entro cer- chio di perline i due stemmi sopra i quali è posta Taquila bicipite coronata. I^ - + ^ MONETAI NOVA ^ BELLI... Leggendaria destra in alto; nel campo grande croce ancorata entro quat- tro archi di cerchio lineare dalla intersezione de* quali partono quattro gigli che accantonano la croce, il tutto entro cerchio di perline. MACCAGNO. Le monete d'oro coniate da Giacomo III Man- delli (1618-1645) nella zecca di Maccagno non sono comuni, se ne trovano però moltissime varietà fatte ad arte non soltanto per ingannare il pubblico che doveva spenderle ma anche e specialmente per fuor- viare le indagini di quelli che avevano per ufficio il conoscere le monete buone dalle scadenti per im- pedire il corso di queste. Scarse invece e rarissime (i) CoRAGGiONi Leodegar, Miiftzgeschichie der Schweiz. Genève, 1896, in-4, tav. XVII, n. 2. 26 198 NICOLÒ PAPADOPOLI le monete d'argento e posso dirmi fortunato di pos- sedere nella mia raccolta un ducatone assai diverso da quello pubblicato dal Kunz (^), da quello posse- duto dal Gabinetto Imperiale di Vienna (2) e anche da quelli di cui trovò e pubblicò i disegni il De- mole (3). I. Argento, Diani. mill. 42, peso gr. 21,83. /B' - lACOBVS • MANDELLVS • COM • MAC • I • C • R Leg- genda da sinistra in basso ; busto del Principe a destra con corazza e collare a lattuga che ta- glia in basso un cerchio di perline. 9 — SVBTVVMPRESIDIVM-CONFVGIMVS- Leggenda da destra in alto ; entro cerchio di perline aquila bicipite coronata che porta in cuore lo scudetto Mandelli dei tre leopardi. Fin dal 1881 il compianto prof. Costantino (t) Jacopo 111 Mandelli Conte di Mac e agno e le sue Monete, in Ri- vista della Numismatica Antica e Moderna. Asti, voi. I, 1864, pag. 155, n. 13, tav. IV, n. 5. (2) DuvAL e Frqehlich, Monnoies en argent, qui composent une des differentes parties du Cabinet de S. M. l'Empereur, depuis les plus grandes jusqu^au florin (2.» ediz.). Vienne, MDCCLXIX, infoi., pag. 468, (3) Demole Eugene, Monnaies inédites d^Italie figurées dans le livre d'essai de la Mpnnaie de Zurich, in Revue Belge de Numismatique. Bru- xelles, a. XLIV, 1888, pag. 407, tavv. IX, n. 2, XII, n. 12.. MONETE ITALIANE INEDITE I99 Luppi (^^ in una nota pubblicata nel Bollettino d'Arte e d Antichità di Raffaele Dura, faceva conoscere una sfacciata imitazione del quattrino milanese di Fi- lippo III col nome di Giovanni Francesco Maria figlio e successore di Giacomo Mandelli (1645- 1668). La nota fu riprodotta nella Gazzetta Numismatica (2) e ricordata poi dal colonnello Cunietti-Cunietti (3), ma nessuno pubblicò il disegno di questa interessante e rarissima moneta che io ora produco dairesem- plare della mia raccolta che è il medesimo descritto dal Luppi. 2. Rame. Diam. mill. i6, peso gr. 2,19. s /B' GIOA -MANDEI Leggenda da sinistra in basso; busto a destra con collare a lattuga. ^ — ^ . . . AV . . . VM • Da destra in alto ; croce a lun- ghe braccia nel campo, nei vani i.° e 4.° aquila bicipite, 2.° e 3.° leone rampante. Chiuderò questo articolo col riprodurre una placchetta di bellissimo e fine lavoro che possiamo ritenere, dato il poco rilievo della figura, come una prova o progetto di moneta portante la effigie e il nome del fecondo produttore di monete d'oro che fu Giacomo III Mandelh. (i) Luppi prof. cav. Costantino, Di una moneta recentemente sco- perta appartenente al Conte Giovanni Francesco Maria Mandelli battuta in Maccagno, in Bollettino (VArte Antichità Numismatica^ ecc., pubbli- cato per cura della Società per le vendite in Italia, Raffaele Dura e C. Roma, 1881, in-8, fase. I (solo pubblicato) pagg. v-viii. (2) Anno VI, 1886, pagg. 83-84. (3) Bollettino Italiano di Numismatica. Milano, anno VI, 1908, pagg. 81-82. 20O NICOLÒ PAPADOPOLI 3. Rame. Diam. mill. 32. ÌB" — lACOB • MAN • C MACH • IN • C • R Leggenda da si- nistra in basso ; busto a destra con corazza e collare a lattuga che taglia in alto e in basso un cerchio lineare. ^ — Liscio ; porta incisa in sei linee la seguente iscri- zione : lACOB • MANDELLVS | COMES MACHANEI INFERIORIS I CVRI/E REGALIS SACRIQVE | RO- MANI IMPERI VICARIVS | PERPETVVS I MDCXXII • Nicolò Papadopoli. UNA RETTIFICA per la classìfica delle monete coniate nella zecca di Messina da Federico II e Federico III d'Aragona Sono note le vicende per cui nel 1282 la corona di Sicilia passò a Pietro re di Aragona, che la tra- mandò ai suoi discendenti per il corso di 128 anni. A Pietro, nel 1285, succedette il figlio secondogenito Giacomo, il quale, per la morte del fratello primoge- nito Alfonso, dovè andare al possesso del Regno d'Aragona ; i siciliani, in adempimento delle dispo- sizioni lasciate da re Pietro, si sottomisero all'In- fante Federico, suo terzogenito, che nel 1296 rico- nobbero e coronarono loro re in Palermo. Questo principe, che fu Teroe dei suoi tempi, seppe tener saldo, tra le lotte con suo fratello Giacomo e con Carlo II d'Angiò, tra le contraddizioni delle maggiori potenze d'Europa, il dominio della Sicilia, dominio che nel 1336 potè lasciare pacifico al figliuolo Pie- tro II, che aveva associato al suo trono ed aveva fatto incoronare re fin dal 1321. Pietro II morì gio- vanissimo ed ebbe per successore il primogenito dei suoi figH, Lodoyico, che regnò dal 1342 al 1351, ed alla morte di questi la corona passò al fratello Federico III, il semphce, a cui fu imposto da Gio- vanna I, col trattato di pace del 1373, di portare il titolo di re di Trinacria approvato da Papa Gre- gorio XI. Federico III lasciò erede Tunica figlia Ma- 202 MEMMO CAGIATI ria, la quale nel 1377 si unì in matrimonio con Mar- tino, anch'esso discendente della casa d'Aragona. Fu breve il regno di questi giovani sposi, perchè la morte colpì Maria nel 1402 e Martino, sposata Bianca di Navarra, regnò altri 7 anni ; la successione del regno andò nel 1409 al padre vivente di Martino che era il re d'Aragona e fu Martino II per la Sicilia. Questo re visse ancora un anno e nel 1412 la corona di Sicilia, sotto Ferdinando I, fu aggregata a quella d'Aragona, nel 1416 al Regno di Napoli, conquistato da Alfonso alla morte di Giovanna II. Alfonso la- sciava al figlio illegittimo, Ferdinando, il trono di Napoli ed al fratello Giovanni quello di Sicilia. In tutto questo periodo di tempo furono coniate nella zecca di Messina quelle monete d'argento uni- formi (tari), che da un lato portano nel campo lo stemma aragonese e dall'altra un'aquila ad ali spie- gate ; queste monete si distinguono per il nome di ciascun regnante, segnato nella leggenda del diritto di ciascuna di esse. Per i due Federici alcune portano il nome Fm- DERIC semplicemente, altre FRIDERIGVS, per disteso od abbreviato, segtiito dà un T (tertius) e, seguendo la classifica del Paruta (1), del Vergara ^2)^ del Mura- torio), del Bellini (4), dell' Heiss (5) e del Promis (6), i compilatori dei cataloghi numismatici di zecche ita- ci) La Sicilia di Filippo Paruta descritta con medaglie e ristampata con aggiunte da Leonardo Agostini. Roma, 1649. (2) Vergara C. a. Le monete del Regno di Napoli. Roma, 1715. (3) Muratori L. A. Anfiquitates Ilalicae medi aevi, sive disseriationes, Mediolani, 1739 t. H. — Fn Argelati F. De monetis Italiae variorum illustrum virorum disseriationes. Mediolani, 1750, Voi. I. (4) Bellini V. De monetis italiae medi aevi hactenus non evulgatis qtiae in patrio museo servantur. Altera dissertano. Ferrariae, 1767. (5) Heiss A. Descripcion general de las monedas hispanochristianas desde la invasion de los àrabes. Madrid, 1867, voi. II. (6) Promis V. Tavole sinottiche delle monete battute' in Italia e da Ita" li2ni all'estero. Torino, 1869. UNA RETTIFICA PER LA CLASSIFICA DELI E MONETE, ECC. 203 liane (^) ed i raccoglitori hanno sempre attribuito e costantemente a Federico II i tari portanti il sem- plice nome Federico, con la leggenda nel rove- scio : AC ATHENARVM NEOPATRIE DVX ed a Federico III quelle portanti il nome Federico seguito da un T con la leggenda nel rovescio : DVCATVS APVLIE PRIN- CIPATVS CAPVE, di cui diamo qui le figure. Noi cercheremo di dimostrare Terrore di questa classifica, mentre teniamo a dichiarare che l'illustre prof. Salinas, sebbene non abbia creduto di dare alcuna pubblicazione al riguardo, che tuttavia giun- gerebbe preziosissima, ebbe nel Congresso Interna- zionale di Scienze Storiche, che si tenne in Roma (i) FiORELLi. Catalogo del Museo Nazionale di Napoli. Collezione Santangelo. Monete del medioevo. Napoli, 1867. FioRELLi. Catalogo del Museo Nazionale di Napoli. Monete del me- dioevo e moderne. Napoli, 1871. Catalogo della Collezione del signor Giuseppe Tafuri di Castella- neta. Roma, 1880. Catalogo della Collezione del signor Giancarlo Rossi. Roma, 1880. Catalogo della Collezione Sambon. Milano. 1897. Catalogo della Collezione Gnecchi. Frankfurt a M., 1901. 402 MEMMO C A CIATI nel 1903 (I), oralmente a rilevare Terrore di cui ci occupiamo in questa nostra memoria. Col trattato di pace di Caltabellotta, firmato il 29 agosto 1302 si stabiliva che : Federico sposerebbe Eleonora, figlia di Re Carlo. Avrebbe per tutta la sua vita la Sicilia e le isole adiecenti. Cederebbe a Re Carlo quanto possiede al di là del Faro e prenderebbe il titolo semplice di FRIDERICVS TERTIVS REX (2) ed il TERTIVS veniva stabilito rispetto alla numerazione imperiale dello svevo Federico II, che era Re di Sicilia, Duca di Puglia, Principe di Capua ; ma in questo modo si cadeva in un errore rispetto alla numerazione ordi- nale di successione, per la quale Federico avrebbe dovuto chiamarsi II, come difatti gli storici lo hanno dipoi chiamato. Dunque il T (tertius) e la leggenda : DVCATVS APVLIE PRINCIPÀTVS CAPVE sono i titoH che Federico II d'Aragona dovette prendere nelle sue monete, e non è a dire che egli avesse potuto usare il suo nome semplicemente, perchè nell'ordine di successione egli non poteva essere che II o III, né che avesse po- tuto usare il titolo di duca di Atene e di Neopatria che gli veniva dato, ad onorem, ridotto a solo titolo, dai catalani nel 131 1 e che egli donava al suo se- condogenito Manfredi. Morto questi, nel 13 18, il ti- tolo di duca di Atene passò al fratello terzogenito Guglielmo e, morto Guglielmo nel 1338, al quartoge- nito Giovanni. Giovanni moriva nell'aprile 1348 e duca di Atene e di Neopatria fu il figliuolo di lui Fede- (1) AtH del Congresso Internazionale di Scienze Storiche, voi. VI. Atti della Sezione IV (Numismatica). Roma, 1903, pag. xv. (2) Ferrara A. F. 'Storia generale della Sicilia, Palermo, 1831, tom. IV, pag, 235. UNA RETTIFICA PER LA CLASSIFICA DELLE MONETE, ECC. 205 rico, che moriva il 1355. In quelFanno era re di Si- cilia Lodovico e questi volle che il titolo passasse a suo fratello Federico e, solo da quando questi di- venne il re Federico III, il titolo di duca di Atene e di Neopatria restò annesso alla corona di Sicilia. Federico III ebbe poi il nome di semplice, più che per la sua dabbenaggine, come vogliono alcuni, per la necessità di distinguerlo dal suo predecessore, che per errore era stato chiamato Federico III, quindi le monete che hanno il nome di Federico semplice- mente, e che portano nella leggenda del retro : AC ATHENARVM NEOPATRIE DVX, debbono a maggior ra- gione appartenere a Federico III che a Federico IL A convalidare poi questa nostra dimostrazione, vari documenti, delle due rispettive epoche, stanno ad attestare i titoli con cui anche nei loro proclami si appellavano Federico II e Federico III. In una let- tera, che Federico II fece scrivere in suo nome a tutti i Comuni, per raccomandar loro di serbarsi fe- deli ed a non lasciarsi sopraffare dal sinistro della disfatta avuta nel luglio 1299 contro Tarmata di suo fratello Giacomo, si fa chiamare: FRIDERICVS TERTIVS DEI GRATIA REX SICILIAE, DVCATVS APVLI/E ET PRINCIPAT-VS CAPV/E, ecc. (in Gregor. Bibl. Ser, Arag. tom. II, pag. 175, vedi : N. Palmieri. Storia di Sicilia, Palermo, 1865, pag. 461), così prima del trattato di Caltabellotta. In altra lettera, in cui lo stesso Fede- rico II dava notizia al Comune di Palermo del con- chiuso accordo con Carlo di Valois in Caltabellotta, ordinando al tempo stesso di sospendere l'armamento che era stato disposto, si chiama: FRIDERICVS TERTIVS DEI CtRATIA REX DVCATVS APVLI/E ET PRINCIPATVS CA- PV/E (in Gregor, Bibl Ser. Arag., tom. II, pag. 181, vedi: N. Palmieri. Storia di Sicilia, op. cit., pag. 162). Federico III invece, nel risentirsi, in una lettera che mandava al conte Gughelmo di Peralta in Sciacca, 2o6 MEMMO CAGIATI della coniazione di monete da lui fatte abusivamente in quella città, si intitolava: FRIDERICVS D • G • REX SICILI/E ET ATHENARVM NEOPATRIE DVX (in Reg, CancelL, agno 1371, Ind. XII, fol. 142, vedi: G. D. Gallo. Gli Annali della città di Messina. Messina, 1879^ voi. II). Oltre a questi documenti che basterebbero a correggere Terrore (^), le monete stesse aventi il nome di Federico, seguito da un T, si mostrano per l'arte, per la fattura delle lettere e dei particolari più antiche di quelle che hanno il semplice nome di: FRIDERIC. * * Il Paruta (2) riporta a tav. 152, n. i, THeiss^s) a lam. 116, n. 4 ne ripete la figura, un tari che da un lato e dall'altro ha la leggenda : FRID : DEI : GRA : REX : SICILIE, classificata a Federico IL (i) Le monete (tari) attribuite erroneamente a Federico III (FRI- DERIC T D GRA REX SICIL-DVC APVL PRINCIPAT CAPVE) che devono invece essere attribuite a Federico II sono riportate nelle opere e nei cataloghi seguenti : La Sicilia di Filippo Par ut a, op. cit., tav. 150, n. 1-4. Vergara C. a. Le monete, ecc., op. cit., tav. XXXII, n. 3. Muratori L. A. Antiquitates, ecc., op. cit., tom. II, pag. 644, n. 3, in Argelati F. De monetis, ecc., op. cit., voi. I, tav. XXXII, n. 3. Heiss a. Descripcion, ecc., op. cit., lam. 117, n. 1-3. Fiorelli. Catalogo, ecc. Coli. Santangelo, op. cit, pag. 18, n. 1100-07. FiORELLi. Catalogo, ecc. Coli. Museo di Napoli, op. cit., pag. 30, n. 4128-52. Catalogo della Coli. Tafuri, op. cit., n. 639. „ „ „ Rossi, op. cit., n. 2316. „ „ „ Fusco, op. cit., n. 1970. , „ „ Sambon, op. cit., n. 682-683. » „ „ Gnecchi, op. cit. n. 2438. (2) La Sicilia di Filippo Parata, op. cit. (3) Heiss A. Descripcion, ecc., op. cit. UNA RETTIFICA PER LA CLASSIFICA DELLE MONETE, ECC. 207 L'assenza del T, accanto al nome di Federico, in questa moneta, che realmente appartiene a Fede- rico II, va spiegata con la stessa ragione con la quale si deve spiegare la ripetuta leggenda nel di- ritto e nel rovescio di questo tari. Sette anni dopo la pace di Caltabellotta, Ro- berto d'Angiò, per la morte del padre, saliva al trono di Napoli e Federico II cercava il destro di venire in guerra con lui, per rifarsi di ciò che aveva per- duto con quel trattato di pace, e un'occasione la trovava nella venuta in Italia dell'imperatore En- rico VII, ed a questi si legò contro il re Angioino. Mentre però, per consiglio di Enrico VII, che lo aveva creato condottiero dell'Impero, Federico II si recava con la sua armata alla conquista di Gaeta, apprese la tragica morte avvenuta a Siena del suo alleato e seppe pure che Roberto minacciava la Sicilia, per cui dovè tornarsene indietro a difendere il suo regno. L'aspra lotta fra l'angioino e l'aragonese fu pro- tratta parecchi anni, sino a quando Roberto dovè tornarsene in Napoli con le sue forze fiaccate e ri- nunciare alla conquista della Sicilia. Federico, pre- vedendo che alla sua morte le contese si sarebbero con maggiore inasprimento risvegliate, ad impedire ogni pretesa degli angioini sull'isola, fece coronare suo figlio Pietro il 19 aprile 1321, bandendo (0, mal- (i) Si fece pubblico bando in tutti i luoghi del Regno nella lingua volgare " Per multi anni la vita di altu Signuri Re Fredericu e di altu " Signuri Re Petru nostri Signuri et Regi di Sichilia, ki Deu li salvi e " mantegna. Amen „ (Ferrara A. F. op. cit., voi. IV, pag. 253, in nota)* 2o8 MEMMO CAGIATI grado il divieto e le scomuniche del Papa e l'abban- dono dei vescovi e degli ecclesiastici, Taffennazione del suo diritto di sovranità sulla Sicilia ed il diritto che a questa sovranità acquisivano i discendenti della sua stirpe. La ripetizione di quella leggenda, sull'uno e sul- l'altro lato di quella moneta, stava a dimostrare: come del trattato di Caltabellotta niun patto più esi- stesse, che un nuovo Federico, non terzo, non duca di Puglia e principe di Capua, ma un Federico, vit- torioso re di Sicilia, con la morte del quale il regno non sarebbe passato più agli angioini, ma al proprio diretto discendente, coronava il suo figliuolo per vo- lere di lui e per volere di popolo. Non si potrebbe altrimenti spiegare la ragione di questa moneta, che potremmo chiamare commemorativa di un'epoca glo- riosa ed entusiasta. * * Rettificata in tal modo la classifica dei tari, cre- diamo utile classificare anche i denari spettanti a Federico II ed a Federico III. Queste monetine si trovano sempre in uno stato di così cattiva conser- vazione che molto raramente si può scorgere in esse la leggenda del diritto e l'esistenza o meno di quel T che, come innanzi abbiamo detto, è la caratteristica spettante alle monete di Federico II, come non è possibile accertare di esse il peso, che varia dai gr. 046 ai gr. 093. Checche il Paruta e l'Heiss (0, seguiti dai nu- mismatici che calcarono le orme di essi, abbiano (i) La Sicilia illustrata di Filippo Paruta^ op. cit., tav. 150, n. 5 e tav. 152 n. 2, 4. Heis? a. Descriptcipn, ecc., op. cit., lam. 116, n. 9, io e lam. 117, n. 4 UNA RETTIFICA PER LA CLASSIFICA DELLE MONETE, ECC. 209 assicurato, noi crediamo di poter afifermare, dallo studio che abbiamo fatto su ripostigli di queste mo- nete che ci sono capitati nelle mani, che i denari, spettanti a Federico II, siano soltanto quelli che por- tano nel diritto una testina coronata volta a sinistra con la leggenda : FRIDERICVS DEI (FRID DEI GR, FRI T DEI GRÀ) e nel rovescio la leggenda: GRA REX SICILIE (REX SICILIE) intorno ad una croce patente, accanto- nata da quattro globetti, od altri segni, più spesso, nel campo in alto a sinistra da una stelletta a cinque raggi o da piccola croce. Nella raccolta del conte Papadopoli si conserva un denaro che ha nel rove- scio la croce non accantonata da alcun segno; anche quel denaro, a nostro avviso, si appartiene a Fede- rico II non al III (^). I denari di Federico III poi, per tutte le ragioni innanzi spiegate, ed anche per la ragione naturalis- sima che dovevano distinguersi da quelli di Fede- rico II, crediamo debbano essere quelli che, come dalla figura (i) Rivista Italiana di Numismatica, Milano, tip. Cogliati, anno 1894, fase. III. 2 IO MEMMO CAGIATI hanno nel campo del diritto un'aquiletta coronata e intorno la leggenda: FRIDERICVS DEI; nel retro una croce patente accantonata nei quattro spazi da let- tere alfabetiche, o da globetti, o da stelline a cinque od a sei raggi, o da anellini, da rosette, da trifogli o quadrifogU, variamente combinati, spesso a coppie, nel 1° e 4*", o nel 2° e 3° spazio, con la leggenda : GRA REX SICILIE, i quah denari anch'essi per arte e per fattura si dimostrano più recenti dei primi. * Quante incertezze ancora ad ogni pie' sospinto neir intricato studio delle monete siciliane ; molte cose si dovranno studiare ancora e si dovranno dire su queste serie che, trascurate più di quelle napo- letane, particolarmente nei tempi più recenti, sono state assai poco conosciute. Noi dobbiamo augurarci che gh studiosi di numismatica vogliano sempre più interessarsi di questa monetazione, la quale, pur sembrando poco attraente, può dare, come una terra vergine, sorprese meravigHose agli esploratori. Posillipo, $ maggio 191J. Memmo Cagiati. 11 ripostiglio di Trino Vercellese i. Verso la fine dello scorso ottobre in Trino, sul Vercellese, mentre si praticavano scavi per la co- struzione d'un edificio in un locale rustico, posto nella via Irico, della proprietà Fracassi, venne ritro- vato un ripostiglio di monete alla profondità di circa sessanta centimetri. Le monete erano tutte d'argento; ne trovavansi riposte in vaso o recipiente qualsiasi, ma sotterrate in mezzo a mattoni ; cioè collocate sopra uno strato di mattoni a cui ne erano stati sovrapposti altri. Rimaste così per lungo tempo a contatto della terra circostante, esse si andarono ricoprendo di una densa patina verdastra, ed alcune anche di dure incrosta- zioni : quasi tutte però erano assai ben conservate. Come avviene il più delle volte in simili casi, le monete andarono tosto sparpagliate, non solo fra gli operai addetti al lavoro, ma anche fra le varie persone accorse, appena ne fu divulgata la notizia. Non si potè perciò precisare a quante esse ammon- tassero ; ma, da calcoli fatti, si può ritenere che fos- sero presso a poco da duecento cinquanta a trecento. Di esse una buona parte ho potuto vedere, perchè mi furono cortesemente presentate, a varie riprese, per esame. E benché il numero che ne potei avere sott'occhio, non rappresenti che poco più della metà 212 FLAVIO VALER ANI del materiale numismatico rinvenuto, pure ritengo sia sufficiente a fornire un' idea esatta non solo del- l' importanza del ripostiglio, ma anche della propor- zione in cui le varie zecche vi erano rappresentate. Le monete appartenevano a diversi stati del Piemonte e dei paesi limitrofi ; alcune anche del- l' Estero. Il numero maggiore però spettava alla zecca di Casale; il che non reca meraviglia, sapendo che Trino per parecchi secoh fece parte del Mon- ferrato ; e, dopo Casale, era forse la terra più im- portante di questa regione. Le altre erano state im- portate nel paese, sia per mezzo dei rapporti com- merciali, sia per mezzo delle truppe, che di continuo occupavano il Monferrato. Ecco quale era la ripartizione di quelle da me esaminate : Monferrato, monete n. 51. — Savoia, 23. — Genova, 36. — Saluzzo, 18. — Asti, 2. — Messerano, 2. — De- sana, 2. — Milano, i. — Mesocco, i. Estero: Portogallo, 20. — Losanna, 2. — Brandeburgo, i. La varietà delle zecche che vi sono rappresen- tate, il numero dei pezzi monetari, e il pregio di al- cuni, rendono abbastanza importante il ripostiglio : aggiungasi che tutti furono coniati presso a poco — come vedremo — ad una stessa epoca; cioè nello spazio di pochi decenni. È perciò opportuna una breve rassegna delle varie monete : questo ci metterà in grado di rispon- dere ai due quesiti, che il numismatico deve sempre proporsi, quando gli è dato di esaminare un riposti- glio monetario ; cioè : • ; : i.° in quale epoca, e possibilmente in quale anno o mese, furono nascoste le monete; 2.° quali ragioni e quali circostanze storiche locali ne consigliarono il nascondimento. IL RIPOSTIGLIO DI TRINO VERCELLESE 213 E vero che spesso torna malagevole/ e talora impossibile, dare una soddisfacente risposta a queste domande. Nel caso presente però le difficoltà furono minori ; e parmi di essere giunto felicemente alla soluzione del duplice problema. Ecco adunque Telenco delle monete che ho po- tuto esaminare : ZECCA DI CASALE. Guglielmo IX Paleologo (1494-1518). Cornuto o Cornabò ....... N. 2 Doppio grosso con Aquila e Croce ... „ i Forte bianco „ i 28 5 13 I Bonifacio VI (1518-1530). Testone con Stemma e Croce Testone con Aquila e San Teodoro Testone con Aquila e Sant*Evasio Cornabò (parecchie varietà) Cavallotto con Stemma e Sant'Evasio SAVOIA. Carlo Giò Amedeo e Bianca Reggente (1490- 1496). Quarto di grosso . ... . . . N. i Carlo II (1504-1553)- Testone da nove grossi „ i Testone da otto grossi ,,3 Cornabò (molte varianti) . , „ i6 Doppio grosso ,; I GENOVA. Luigi XII Re di Francia (1499-1512). Testone (due varietà) . . . . . . » 2 Francesco I Re di Francia (1515-1522). Mezzo Testone. . ..... . » i Cavallotto . ..2 28 ai4 FLAVIO VALERANI Antoniotto Adorno doge (1522-1527). Testone . . . ... . . N. 5 Dogi biennali (1527-). Testone . . . . . ... » 1 Grosso . . „ 25 •-^ CARMAGNOLA. Lodovico IT (1475-1504). Soldino N. I Michele Antonio (i 504-1 528). Cornabò (numerose varietà) w 16 Rolabasso \, „ 1 A S T L Carlo V Imperatore (1529-1531). Mezzo Testone. . . . . . . . „ 2 MESSERANO. Pier Luca Fieschi (1528-1548). Cornabò » 2 DESANA. Pietro Bérard (1516-1529). Cornabò v i Giò Bartolomeo Tizzoni (1525-1533). Cornabò col S. Giorgio „ i MILANO. Galeazzo Maria Sforza (1466-1476). Grosso » I MESOCCO. Gian Giacomo Trivulzio (1487-1518). Cavallotto » i IL RIPOSTIGLIO DI TRINO VERCELLESE 215 ESTERO il). - PORTOGALLO. Emanuele I Re (2) ( 1495-152 1). Testone N. 20 LOSANNA. Sebastiano di Montfaucon Vescovo (1517-). Cavallotto . . . . . . . . BRANDEBURGO. Gioachino Margravio (1499- 1535). Grosso Sono pertanto 159 le monete che ebbi agio di esaminare. Nessuna porta scritto l'anno di coniazione; perchè, come è noto, Fuso di segnare la data sulle monete non cominciò a estendersi che nella seconda metà del cinquecento (3). Nondimeno si può con si- curezza affermare che quasi tutte le monete di questo nascondiglio furono coniate nel primo trentennio del secolo XVI ; nessuna certamente dopo il 1535. Per convincersi della verità di questa asserzione, basta (i) La presenza delle monete di Portogallo in questo nascondiglio è spiegabile colla importazione che ne facevano in Monferrato le truppe spagnole, le quali vi soggiornarono molte volte, anche a guerra finita- Cosi dicasi delle monete di Losanna e di Brandeburgo, importate dal- l'esercito tedesco. (2) Emanuele I, Re di Portogallo, detto il Grande, fu padre della duchessa Beatrice, moglie del duca di Savoia, Carlo II; la quale in me- moria del padre, volle dato il nome di Emanuele al proprio figlio, che fu poi il duca Emanuel Filiberto. Fu quella la prima volta che il nome di Emanuele comparve nella famiglia dei duchi sabaudi; nome che da quell'epoca si andò perpetuando nei secoli successivi, fino all'età presente. (3) Fra i primi che adottarono l'uso di segnare l'anno del conio sulle monete, vuoisi ricordare il duca Carlo II di Savoia, il quale su di un preziosissimo pezzo da io ducati (Promis, tav. XVIII, 45) appose l'anno 1546 ; e poi 1552 all'esergo di un suo raro testone della zecca di Aosta (Promis, XX, 62). Anche in uno scudo d'oro della repubblica di Lucca trovasi pure la stesBa duta, 1552. 2l6 FLAVIO VALER ANI gettare uno sguardo sulle date, poste accanto ai nomi di coloro che ordinarono la battitura nelle varie zecche registrate; si vedrà che tutti questi regnanti o avevano cessato di vivere prima di quell'anno, o avevano cessato di esercitare il diritto di coniazione; e se la zecca rimase ancora aperta dopo il 1535 sotto di loro, non ne uscirono più monete identiche a quelle del ripostigho di Trino. Così tra i regnanti sopraricordati che vissero al di là del 1535, troviamo il duca Carlo II di Sa- voia ; il quale ebbe un lungo, quanto sfortunato, regno, fino al 1553; ma dall'opera magistrale di Do- menico Promis, il quale, colla soHta sua dihgenza e precisione, riferisce gh ordini e le date di ogni emis- sione di monete, risulta che questi testoni e cornuti del ripostiglio furono ordinati dal duca nel 1519 (^), e dati a coniare a Bartolomeo Brunasso di Chieri, che attese alla zecca fino al 1535. Infatti su tutte queste monete si riscontrano le iniziali del Brunasso, od anche il nome per intiero : epperò non può sor- gere il dubbio che tutte non siano state battute in quel periodo di tempo, che va dal 1519 al 1535; nessuna dopo. Anche l'imperatore Carlo V, che pure visse molto al di là di quell'anno, non tenne il possesso di Asti che dal 1529 al 1531; nel quale anno donò la contea di Asti alla cognata Beatrice di Portogallo, moglie di Carlo II; epperò anche i mezzi testoni del ripostiglio non poterono essere stati coniati che in quel breve periodo di tempo; cioè non più tardi del 1531. Quanto alla zecca di Messerano, consta che Pier Luca Fieschi (2) dopo la monetazione fatta in comune col cugino Ludovico, si separò da lui, es- co d. Promis. Monete dei Reali di Savoia, voi. I, pag. 174. (3) D. Probus. Monete di Messerano e Crevacuore. Torino, 1869. IL RIPOSTIGLIO DI TRINO VERCELLESE 21 7 sendosi divisi i feudi, e battè moneta per proprio conto a partire dal 1528. È vero che egli tenne il feudo fino al 1548 ; ma non potè mantenere in atti- vità la zecca che nei primi anni ; perchè il pontefice Paolo III (da cui dipendeva il feudo pontificio di Messerano e Crevacuore), gli vietò di continuare nelle sue contraffazioni monetarie : epperò anche i due cornabò del nascondiglio appartengono a quei primi anni in cui potè esercitare il suo diritto di conio. Da tutto questo appare evidente che tutte le monete del ripostigho dovettero essere state battute al più tardi nel 1535: molte prima di quell'anno; nessuna dopo. Quindi la conoscenza di questi fatti ci mette in grado di rispondere al primo quesito ; e aff'ermare che le monete non vennero certamente na- scoste prima del iS3S * ^^ ^^^ molto dopo. II. Vediamo ora quali fossero le condizioni poli- tiche del Monferrato, e più particolarmente di Trino in quegli anni fortunosi. È solo dalla conoscenza degli avvenimenti storici di quell'epoca, che si po- tranno trarre argomenti valevoli per rispondere al secondo quesito ; cioè a spiegare la ragione che in- dusse l'incognito trinese a sotterrare il suo piccolo tesoro. Dirò cose risapute, ma pur necessarie al no- stro proposito. 11 trono marchionale del Monferrato era rimasto vacante nel 1533 ; cioè quando venne a mancare, senza figli legittimi, Gian Giorgio Paleologo, ultimo di quella famiglia, che per oltre due secoli ne aveva tenuto il possesso. Il Monferrato era feudo dell'im- pero; perciò l'imperatore Carlo V ne assunse il do- minio temporaneo ; e tosto nominò una commissione 2l8 FLAVIO VALERANI di valenti giurisperiti per esaminare i titoli dei pre- tendenti alla successione. E i pretendenti, come ben si può immaginare, non mancarono : ma, scartati parecchi, quelli che presentarono maggiori titoli in appoggio alle loro pretese si ridussero a tre; e tutti per ragioni di parentela femminile; poiché le donne qui non erano escluse dalla successione. Però di questi tre, uno, il marchese Francesco di Saluzzo, venne tosto messo in disparte, perchè non si riten- nero abbastanza valide le sue ragioni. Rimanevano a contendersi il marchesato il duca di Savoia, Carlo II, e il duca di Mantova Federico li Gonzaga. Entrambi mandarono delegati a Carlo V in difesa dei loro diritti : e senza dilungarci a ricor- dare gli occulti maneggi e le pressioni esercitate in queiroccasione, basterà accennare che, dopo tre anni, furono giudicate prevalenti le ragioni del duca di Mantova, quale marito di Margherita Paleologa, unica sorella superstite del penultimo marchese Bonifa- cio VI. Carlo II di Savoia non aveva potuto addurre in suo favore che i diritti acquistati da* suoi ante- nati nei matrimoni contratti con due principesse pa- tologhe ; cioè quello di Jolanda, figlia di Teodoro I, col conte Aimone (1330) e quello di Bianca, figlia di Guglielmo Vili Paleologo, col duca Carlo I (1485). Se non che la sentenza imperiale, data da Ge- nova il 3 novembre 1536, che aggiudicava il Mon- ferrato a Federico Gonzaga, mentre appagò le brame di questo pretendente, generò vivissimo rammarico in molti ; e la maggioranza stessa dei casalesi ne fu assai malcontenta. Casale, avvezza ad essere capi- tale dello Stato, vedevasi ora di malavoglia sotto- posta a Mantova. Aggiungasi che i più chiaroveg- genti cittadini cominciavano, fin d'allora, a trepidare per la loro libertà ; cioè per la conservazione delle loro prerogative e diritti municipali; e temevano, IL RIPOSTIGLIO DI TRINO VERCELLESE 21 9 non senza ragione, che i loro statuti, con cui da se- coli si reggeva il Comune, sarebbero forse un giorno violati od aboliti sotto il regime gonzaghesco. Eravi in Casale un partito favorevole alla Fran- cia, eterna rivale dell'impero; e questi partigiani non mancarono di soffiare in quel malcontento, in- coraggiando i casalesi a ribellarsi alla decisione im- periale. E in questo periodo di agitazione vennero introdotti segretamente in città alcuni francesi, nello scopo di tentare una sorpresa, per cacciare il debole presidio imperiale posto nel Castello a difesa. La notizia del fatto, ingrossato ad arte, giunse presto a conoscenza delTimperatore Carlo V; il quale ordinò tosto ad uno dei suoi capitani. Alfonso di Avalos, marchese del Vasto, che trovavasi allora in Asti, di accorrere a scacciare i francesi introdotti in Casale. Arrivò immantinente il fiero capitano con un forte nerbo di fanti; scacciò i francesi; e, tronfio della facile vittoria, volle punire non solo i capi della sommossa, ma l'intiera città, abbandonandola per tre giorni in preda alle sue orde soldatesche. Que- ste, sempre avide di bottino, fecero un orribile sac- cheggio. Le rapine, le violenze d'ogni maniera, le distruzioni, le uccisioni, gli incendii di quei tre giorni ridussero Casale in uno stato miserando : tanto che Federigo Gonzaga, giunto pochi giorni dopo il sacco, a prendere possesso del suo nuovo Stato, ne fu inorridito ; e ne partì costernato per modo che non volle più mai farvi ritorno. Ma il D'Avalos, dopo quella feroce repressione, non lasciò il Monferrato; ma, col pretesto di sor- vegliarlo, vi fece svernare le sue truppe, distribuen- dole in vari borghi presso Casale; e specialmente in quelli oltre il Po ; fra cui primeggiava Trino, che era fin d'allora annoverato fra i Comuni più ricchi e popolosi. 220 FLAVIO VALERANI Intanto Tesempio di questo spaventoso saccheg- gio aveva gettato il terrore su tutti gli abitanti dei dintorni ; i quali temevano giustamente che, al mi- nimo pretesto, un nuovo ordine del comandante ab- bandonasse anche altri paesi alla stessa sorte di Casale. Non reca pertanto meraviglia se il panico, da cui furono colti, abbia indotto molti abitanti a fug- gire, e a nascondere quanto avevan di meglio, per sottrarlo alla rapacità della soldatesca. Credo perciò di appormi al vero giudicando che anche il nostro anonimo trinese sia stato fra coloro che, in quei giorni di spavento, si decisero a nascondere sotto- terra i loro danari ; ciò che dovette accadere sugli ultimi giorni di novembre o ai primi di dicembre del 1536. Cessato poi il pericolo, e venuti tempi mi- gliori, credo che egli non potè più riprendere il danaro nascosto, o per impedito ritorno in paese, o per morte incontrata in quei tempi tanto calami- tosi : così egli portò seco nella tomba il suo segreto. Pertanto ci è dato rispondere anche al secondo que- sito, cioè sulle ragioni storiche locali che poterono indurre a nascondere le monete. Questa conoscenza degli avvenimenti ci pone in grado di precisare anche megho la data del na- scondimento. Fu dimostrato, coll'esame delle monete, che esso non potè esser stato fatto prima del 1535, ma poco dopo. Ora, colla scorta dei fatti esposti, possiamo procedere con maggior sicurezza e giudi- care che le monete furono nascoste sul finire del 1536, cioè quando il panico aveva invaso gli abitanti di Trino e delle terre circostanti. Così quando gli scavi vennero fortunatamente a esumare queste monete, esse giacevano già da quasi quattrocento anni sotto terra. IL RIPOSTIGLIO DI TRINO VERCELLESE 221 III. Più che il numero delle zecche rappresentate in questo ripostiglio, e la varietà delle monete, è da notare il pregio di alcune di esse; le quali senza potersi dire veramente rare, non sono però comuni, ne troppo facili a trovarsi. In prova basterà ricor- dare il testone di Luigi XII per Genova, il mezzo testone di Carlo V d'Asti, il doppio grosso di Carlo II di Savoia, il testone da nove grossi del medesimo, i due cornabò di Desana, e il cavallotto del vescovo Sebastiano di Montfaucon di Losanna. Notevoli pure sono le numerose varietà di mo- nete più comuni delle zecche di Savoia, di Genova, di Monferrato, di Carmagnola; varietà più o meno importanti, di cui parecchie inedite, o non ancora registrate nel Corpus Nummorum, Ecco alcune di queste varietà, in cui la diffe- renza sta nelle lettere della leggenda ; come appa- rirà tosto a chi vorrà metterle a confronto con quelle finora pubblicate. Asti. Carlo V, mezzo testone. — In questa la varietà è tanto nelle lettere del diritto, quanto del rovescio : ^^ — o KROLVS QVINTVS o INPERATOR « Aquila spie- gata e coronata. 9 '— Corona imperiale o $ o SECVNDVS « foglietta ® ASTEN- SIS ^ foglietta. Mezzo busto del Santo nimbato e corazzato a sinistra. jCasèa.^, Bonifacio F/ (0, testone. — Varianti nelle lettere del diritto: ^ — + BONIFACIVS • MAR • MONTIS • FFRRA • Scudo in- quartato dei Paleologi. (i) Credo opportuno ricordare che nelle opere numismatiche, dietro l'esempio di Promis, questo Paleologo è designato quale Bonifacio II ; invece negli scritti storici, con m.aggior ragione, è chiamato BonifacÌQ VI, 29 222 FLAVIO VALERANI p _ + pRiNc • VICARIVS • PP • SACRI • RO • IMP • Croce patente unita ai quattro cerchi in cornice. Dopo il n. i6 del Corpus Nummorum. Idem, idem. — Altro testone in cui la variante è nel rovescio : ^ — + BONIFACIVS • MAR • MONTISFERRA • Scudo Pa- leologo. IV — ^ PRINC • VICARIVS • PP • SACR • RO • IMP • Croce, come nel precedente. Dopo il n. 15 del Corpus Nummorum. Savoia. Carlo IL testone da nove grossi. — La variante è nel rovescio : ^ — * CAROLVS m o DVX l SABAVDIE ^ B S H>. Scudo a a testa di cavallo, con trifoglio alle nove punte in mezzo a FÉ RT. 1$ — Foglietta SANTVS o MAVRICIVS o foglietta a giglio. Santo a cavallo, gradiente a destra, con lunga asta e vessillo. Dopo il n. no del Corpus Nummorum. Potrei ricordare ancora parecchie altre varianti che ho riscontrato nei testoni, cornuti e cavallotti di Savoia, di Genova, di Monferrato e di Carma- gnola; varianti inedite, cioè non registrate ancora nei libri ; nelle quali però tutta la differenza sta nella punteggiatura ; cioè nella presenza o nella mancanza di punti, anellini, croci, rosette ed altri segni inter- posti fra le parole della leggenda. Queste leggiere varianti, dovute spesso air incuria, al capriccio o al- l' ignoranza dell'incisore, valgono a comprovare la quantità delle emissioni di uno stesso pezzo mone- tario nelle zecche ; epperò metterebbe conto di pren- dovendo tener conto dei quattro Bonifaci precedenti, di stirpe Alera- mica, che furono pure marchesi di Monferrato. La stessa diversità nella numerazione si riscontra nei Giovanni e nei Guglielmi; pei quali non si tenne conto degli altri marchesi Aleramici che avevano lo stesso nome. IL RIPOSTIGLIO DI TRINO VERCELLESE 223 derne nota e farle conoscere. Ma le lascierò da parte per non dilungarmi di troppo; e mi affretterò a de- scrivere per ultimo le due monete che mi hanno destato maggiore interesse ; e che sono per fermo le più preziose del ripostiglio. Di esse, una appartiene alla monetazione di casa Savoia ; l'altra alla zecca di Desana ; entrambe, a mio giudizio, inedite. La prima, spettante al duca Carlo II, è da porre fra quei testoni che furono chiamati da otto grossi. Porta anch'esso le iniziali del maestro di zecca Bar- tolomeo Brunasso, e quella della zecca di Torino. Ma confrontando questo con gli altri testoni da otto finora conosciuti, appare tosto la differenza; la quale è solo nel rovescio.- In tutti queUi finora registrati, il cavallo è galoppante a sinistra; in questo invece è gradiente e a destra: tanto che a primo aspetto lo si direbbe un testone da nove grossi, se le lettere di stampo più piccolo, e Tatteggiamento del cavallo e del cavaliere non ne chiarissero la differenza; come apparirà meglio dalla figura : ^' - ^ CAROLVS / DVX / SABAVDIE / Il Scudo di Savoia a testa di cavallo, con trifoglio alle nove punte, in mezzo a FÉ RT. 9 - ° SANCTVS ' MAVRICIVS / T / B / B • Santo a cavallo gradiente a destra, con vessillo. Argento. Peso gr. 8,95. Conservazione cUima. 224 FLAVIO VALELANI Ho giudicato inedito questo testone, non aven- dolo riscontrato nel Corpus Nummorum, ne in Promis, ne in altri autori che scrissero sulla monetazione sabauda; e certo deve dirsi assai raro se potè sfug- gire alle indagini di tanti diligenti ricercatori. L'altra moneta, non meno preziosa, appartiene alla zecca di Desana ; e viene opportunamente ad accrescere il numero delle poche battute da Pietro Bérard. . . È noto che nella guerra del 1515 in Italia, il re Francesco I di Francia, dopo la vittoria di Marignano, per punire i conti Tizzoni, signori di Desana, che troppo apertamente parteggiavano per l'imperatore, tolse loro quel feudo; e lo donò ad un suo capitano, il barone Francesco Mareuil, in ricompensa del va- lore dimostrato in quella memoranda battaglia. Questi tenne per poco tempo il feudo ; e nell'anno succes- sivo, col permesso del re, lo vendette ad un altro francese, Pietro Bérard, signore di La Faucaudière W; il quale poi alla sua volta lo cedette nel 1529 al duca di Savoia. Intanto negli anni del suo possesso, cioè dal 1516 al 1529, il Bérard non mancò di ap- profittarsi del diritto di zecca, che era la rendita maggiore del feudo ; e vi battè alcune monete, con- tinuando nel sistema de' suoi predecessori; cioè con quelle lucrose contraffazioni, che inondarono l'Italia e gli Stati vicini ; e che resero tristamente famose, oltre quella di Desana, parecchie altre piccole offi- cine monetarie del Piemonte e della Lombardia. Di questo feudatario, oltre i due rarissimi scudi d'oro e un testone con le sue varianti, si conoscono due cornuti, o come si chiamavano allora, cornato. È probabile che egli abbia pur' fatto coniare altri (i) V. Domenico Promis. Monete della zecca di Desana. Torino, 1863, pag. 16. : IL RIPOSTIGLIO DI TRINO VERCELLESE 225 pezzi minori, cioè rolabassi, grossi, quarti ed altre frazioni der grosso; piccole monete che pure frutta- vano non poco ai feudatari, ed erano necessarie pel minuto commercio ; ma finora non furono trovate. I due cornabò finora conosciuti di Pietro Bérard, rappresentati nelle tavole del Promis W e nel Corpus Nummorum (2) portano entrambi nel rovescio il nome di SANCTVS IVLIANVS, che appare per la prima ed unica volta sulle monéte di Desana. La moneta che ora presento, e che faceva parte del ripostigho, è pure un cornabò, ma di conio di- verso ; pur conservando lo stesso tipo. Infatti oltre la differenza della leggenda nel diritto, troviamo, nel rovescio, non più il San Giuliano a cavallo, ma San Maurizio martire, quale figurava già sui cornuti di Ludovico Tizzoni, e sui testoni dello stesso Bérard. Eccolo : B' — [PETRVS A B A D * F * DECIANE * COM * Scudo incli- nato, elmo con svolazzi e cimiero dall'aquila na- scente e coronata. 1$ — ^ S ANTVS A MAVRICIVS * M * Santo nimbato, con vessillo, a cavallo gradiente a destra; anello sotto il cavallo. Argento. Peso gr. 5,25. Conservazione ottima. I numismatici principali che scrissero sulla zecca (i) Promis. Op. cit., tav. II, n. 5 e 6. (2) Corpus Nummorum Italicorum, voi. II, pag. 231, n. 9 e io ; e tav. XX, fig. II. 226 FLAVIO V ALERÀ NI di Desana, come Promis, Morel-Fatio (0, Umberto Rossi (2), N. Papadopoli (3), G. Grillo (4), A. Cunietti- Cunietti (5), mentre ricordano e illustrano parecchie altre monete di questa officina, non fanno cenno del cornabò di Bérard ; e questa moneta manca pari- menti nel Corpus Nummorum; che, come è noto, riassume tutte le pubblicazioni precedenti. Si può adunque ritenere con ragione che essa sia affatto inedita. È probabile che P. Bérard sia stato spinto a ordinare questo nuovo conio, lasciando il S. Giu- liano e ritornando all'antico S. Maurizio, per meglio imitare il cavallotto di Savoia, e quello dei marchesi di Saluzzo; e rendere in tal modo più facile Tinganno nell'uso commerciale. Flavio Valer ani. (i) A. Morel-Fatio. Montiaies inédites de Dezana. Paris, 1865, p. 12. (2) U. RossL Monete inedite del Piemonte. Estr. dalla Gazzetta Nu- mismatica dell' Ambrosoli. Como, 1886, pag. 72. (3) Monete italiane inedite della raccolta Papadopoli, nella Rivista Ita- liana di Numismatica, anno IX, 1896 e in estratto. (4) Guglielmo Grillo. Monete inedite corrette di Desana e Passe- rano. Milano, 1907. (5) Barone A. Cunietti-Cunietti. Varianti di monete di zecche ita- liane. Milano, 1910-1912, passim. ::-)0'^s. >;ilu3 0: \1 . 1 .1 DN TESTONE INEDITO DI CARLO II DI SAVOIA Leggiamo nel Promis e nel Duboin come Pier Paolo Porro, milanese, avesse per circa due anni occupata a Torino la carica di Maestro di Zecca, sotto Carlo II di Savoia (^). Dai suoi conti, che ci furono conservati, appare che le emissioni di monete che ebbero luogo durante il suo appalto, non furono delle più copiose : per contro la persona del Maestro, più forse di quella di alcun altro zecchiere che abbia lavorato negli Stati Sabaudi, merita di essere, almeno brevemente, ricordata. Quando venne a Torino, il Porro aveva già te- nuto l'appalto della zecca milanese per quattro anni, in società con Giacobino da Crescentino : allorché ebbe cessate le sue funzioni di zecchiere anche in Torino, cioè nella primavera del 1509 (^), egH si diede, in un col fratello Galeazzo, all'incisione in legno ed alla tipografia, arti in cui il Porro si acquistò grande rinomanza, esercitandole con successo per oltre un ventennio. I (i) Il Porro tenne la zecca dal princìpio del 1507 a quello del 1509. Vedi D. Promis. Monete dei Reali di Savoia, voi. I, pag. 173 e F. A. Du- boin. Raccolta, voi. XX, pag. 1014. (2) Il Porro saldò i suoi conti in Charabéry nel maggio del 1509 ed ebbe per successore Marchette De Facis. 228 LUIGI CORA Dai suoi torchi uscirono opere di merito singo- lare, quale ad esempio il suntuoso Graduale, impresso a due colori, che fu la prima stampa con note mu- sicali che vedesse la luce in Piemonte : libro che si raccomanda pure per l'eleganza delle iniziali figurate e degli altri fregi silografici (i). Il Graduale fu pubblicato nel 1512 e dedicato al duca Carlo II : nel 1515 il Porro si trasferi a Ge- nova, colà chiamato dal dotto vescovo Agostino Giu- stiniani, il quale gli affidò l'impressione del suo Sa/- terio poliglotta, primo saggio del genere apparso in Italia (2). L'opera, che costò al Porro dieci mesi di lavoro, uscì alla luce nel 1516 e ancora nello stesso anno questi si restituì a Torino, dove continuò ad eserci- tare l'arte tipografica fino al i53i:,dal 1524 in poi, ebbe per associato un tal Giovanni Dossena da Pavia. Galeazzo Porro, per contro, non figura più ac- canto al fratello a partire dal 1515. Il Porro, oltreché egregio incisore in legno, e, come vedremo, in conii, fu altresì orafo valente ed eseguì monili ed altre fregiature d'oro per la Corte ducale di Savoia. (i) Le notizie intorno all'attività tipografica del Porro sono in mas- sima- parte desunte dai seguenti lavori : • • Gabotto. Lo Stato Sabaudo da Amedeo Vili ad Emanuele Fili- berto, voi. III. Torino e Roma. Roux Frassati «& C. 1895. Per la Storia del Libro in Italia, Notizie raccolte a cura del • : ; Ministero della Pubblica Istruzione. Firenze, Venezia, Roma. Leo S. Olschki, 1900. Fumagalli. Lexicon Typographicum Italiae. Firenze. Leo S. Olschki, 1905. In queste opere ^i trova pure liotizia di altre produzioni tipogra- fiche del Porro, che ho stimato inutile trascrivere. (2) Bellissimo è il frontispizio di questo libro con ingegnosi arabe- schi alla " Grolier „» L'opera è impressa in caratteri Ialini, ebraici, greci, arabici e caldei, incisi tutti dal Porro. UN TESTONE INEDITO DI CARLO II DI SAVOIA 2 2 Dai suoi conti, vediamo come il Porro abbia battuto durante il suo appalto: scudi d'oro, testoni, cavallotti, parpagliole, quarti, forti e viennesi, e di questi vari tipi di monete si sono ritrovati esemplari e disegni che figurano nel Corpus, eccezion fatta pei testoni, pei forti e pei viennesi <'). Circa i testoni la mia affermazione parrebbe su- bito contraddetta dalla presenza nel Corpus, al n. 44, di un testone, che vi è per l'appunto attribuito a Pier Paolo Porro. Senonchè questa contraddizione non è che apparente, e la presenza della moneta nel Corpus, sotto quel nome, non riposa che sull'inter- pretazione ingegnosa della sigla enigmatica di un testone, che si trova elencato nel Catalogo della ven- dita Gnecchi, sotto il n. 4984. Nel Catalogo Gnecchi la sigla dello zecchiere era inesattamente impressa come I P P : nel Corpus, a buon diritto dubitandosi che fosse stata mal tra- scritta, venne corretta in T P P, lezione infatti che presentava maggior carattere di verosimiglianza ^^>, Tuttavia in realtà, questo testone, che venne acquistato alla vendita suddetta dalla Casa Spink & Son di Londra e che da questa passò poco dopo nella mia collezione (3), non portava né l P P, ne T P P, (i) Lo scudo della croce figura nel Corpus al n. 24, il cavallotto al n. 157, la parpagliola ai nn, 218; 222, 224 e 225, il quarto ai nn. 297, 321 e 323. (2) La leggenda riportata dal catalogo Gnecchi è : ,B' — * CAROLVS $ DVX - SABAVDIE * Il 9 — ^ NIL * DEEST * TIMENTIBVS * DEVM # I # P * P * ed è tutta trascritta esattamente, all' infuori dell'ultima lettera del ro- vescio. Ed anche per questa l'errore è spiegabilissimo perchè i due tratti che tagliano verticalmenfe quelli orizzontali della F, si toccano quasi fra di loro, dando a prima vista l'impressione di una P. (3) Siccome per il lungo tempo trascorso i miei vecchi appunti me- ritavano di essere controllati, mi rivolsi recentemente a tal scopo al 30 230 LUJGI CORA bensì semplicemente J P F, e non era che uno dei comunissimi testoni dal busto imberbe, emessi da Giovan Pietro Ferraris a Vercelli, or colla sigla completa V l P F, or con quelle monche di V 1 P o I P FOl Di questi testoni, che s'incontrano tuttodì fre- quentemente, vennero fatte copiose emissioni, non solo a Vercelli, ma altresì a Torino e a Borgo in Bressa : e una ventina di essi sono riportati nel Corpus i^). Messo adunque da parte il n. 44 del Corpus, il testone che ora descrivo, è, per quanto io sappia, il primo che sia venuto alla .luce colla sigla di Pier Paolo Porro ed oltre che per la singolarità del tipo, esso si raccomanda per la morbidezza e la finezza del modellato e deir incisione, nelle quali supera di assai gh altri testoni di Carlo li, che, salvo poche eccezioni, sono per lo più di un intaglio assai rozzo e negletto. Anche Teleganza e la regolarità dei ca- ratteri delle leggende, mostrano come la mano che li incise fosse esperta in tal genere di lavori. gentilissimo signor L. Forrer, il quale mi confermò che il testone, a suo tempo cedutomi dalla Casa Spink, era proprio l'esemplare acquistato alla vendita Gnecchi. Stimo inutile dare la riproduzione di questo testone, che è in tutto simile al n. 7, tav. X del Corpus, (i) Ne vediamo persino uno colla sigla VTPF {Corpus, n. 59). Poiché mi trovo suirargomente, aggiungerò ancora ai testoni emèssi dal Ferraris ed elencati nel Corpus, queste due lievi varianti : B' — ^ ^ CA.ROLVS * DVX SABAVDIE ^ Il • 9 - /^ ^ N!L> DEEST ^ TIMENTIBVS ^ DEVM ^ V ^ I ■ " ■ -'"' ■#• p V F ■• ct^V *_* * CAROLVS \ DVX SABAVDIE J II J i 9 -T-.*^V-$ NIL ♦ DEEST * TIMENTIBVS * DEVM * V ♦ I . X») Cfr.j numeri dal 44 al 63. UN TESTONE INEDITO DI CARLO II DI SAVOIA 23I Ecco ora la riproduzione e la descrizione della moneta : purtroppo le qualità artistiche di essa sono state assai attenuate dal gesso, che, colla sua pasta un po' densa, ne ha di molto][smorzate la finezza e la nitidezza. ^ — ^ CHAROLVS • DVX • SABAV • SECONDVS • Busto a destra, imberbe, con berretto piccolo, entro cer- chio rigato. 91 — ^ NIL • DEEST • TIMENTIBVS • DEVM • T • P • P Scudo con laccio sopra e FÉ RT ai lati, in cerchio li- neare e rigato. Argento. Diam. 30, peso gr. 9,45. — C. i, mia collezione. Il Porro emise durante la sua carica marchi 540 di testoni, cioè, pezzi 13770, al taglio di 25 7^ al marco. La moneta sopradescritta proviene dall'antica collezione De Montcara, poi De Viry, che dal Del- finato passò a Londra, per esservi dispersa nel 1909 (0. Torino, 12 aprile 1913. Luigi Cora. (i) Catalogne of the Collection of Coins and Medals formed in the eighteent century by M. De Montcara, Conseiller au Parlement de Gre- noble, and now sold by order of the present owner, M. le comte Pierre de Viry. London Sotheby. Wilkinson & Hodge, 1909. — Il testone in discorso portava il n. 436. LA MEDAGLIA D'ORO del CANTONE TICINO del 1804 Di una medaglia, la prima concernente il Ticino come cantone politico, vogliamo qui ragionare. È quella d'oro, abbastanza nota per precedenti descri- zioni (i), fatta appositamente coniare nel 1804 dal Governo e destinata ai membri del Gran Consiglio ticinese, cui erasi tolta T indennità giornaliera per le loro sedute e ciò quale palliativo. Essa aveva un valore ragguagliato a 80 franchi. ^^ — VIRTVTI CIVIVM PRAEMIVM EST PÀTRIAE LÀVS Stemma cantonale ticinese sormontato dal fascio coronato, tra due rami d'alloro. I^ — HELVETIQRVM FOEDVS AEQVE RENOVATVM - Nel campo in una corona di quercia: PAGI TICINENSIS LIBERA COMITIA XX • MAN MDCCCflI - in cinque linee. Oro. Diam. mill. 36, peso gr. 25,3. Se la medaglia è già nota, anche per esemplari in argento e bronzo, nuova invece riesce la notizia (i) Baroffio. Storia del Cantone Ticino dal i8oj al i8jo. Lugano, 1882, pag. 37. — Jnwyler in Bulletin de la Société suisse de numisma- tique, IV, 1885, pag. 138 e V, 1886, pag. io. — Motta. Le origini della zecca di Bellinzona. Como, 1886, pag. 23. — Trachsel in Bulletin cit.^ 1886, pag. 58. — Motta in Bulletin cit., 1888, pag. 37. — Balli. Contri- buio di numismatica ticinese. Catalogo del medagliere esposto a Bellin' zona nelle feste centenarie. Locamo, 1903, pag. io. — Collections nu- mismatiques de feu dT P. C Stroehlin. IILéme partie. Genève, 191 1, n, 3986 e tav. XLV. 234 EMILIO MOTTA che essa venne fatta coniare nella zecca di Milano (0. A trattarne Tesecuzione venne delegato il consi- gliere Angelo Maria Stoppani, luganese, personag- gio politico ben noto negli annali ticinesi per la sua tragica fine nel 1815 (2). Da Milano, cosi egli scriveva ai 22 giugno 1804 al Piccolo Consiglio (o Governo) del Cantone Ticino: « Cittadini, Presidente e Colleghi! « Qui compiegati troverete quattro dissegni per la medaglia che intendete far coniare. Voi potete sciegliere quello che più vi piace o sostituirne de- gli altri. u Vi unisco pure una nota che ho ricevuto dal- l'Ispettore alle Fondite della Zecca dalla quale rileve- rete il prezzo che costano li conj diversi e quanta pasta abbisogni per Tefìettuazione di N. no Medaglie (3), Per rispetto la qualità desso oro mi fu detto che si dovranno per lo meno comperare dei Sovrani e non armette per essere Toro di queste ultime di mi- nor valore perchè più basso di lega. Circa . V iscri- zione, mi fu detto da persone di carattere che la parola Pagi dovrebbesi tralasciare e dire semplice- mente Libera Ticinensium Comitia colle altre che se- guono all'intorno come all'originale trasmessomi. u Occorrendo di scrivermi dirizzatte le lettere a Lugano ove mi recherò fra tre o quattro giorni e potendovi servire sarà per me sempre un pregio come nel dirvi salute e stima. « A. M. Stoppani ». « P.S. Sono assicurato che facendo fare il conio (i) I documenti, a prova, che in seguito si riproducono sono tratti dall'Archivio cantonale in Bellinzona (cartella V, Sezione storica). (2) Cfr. Baroffio. Storia cit., pag. 363. (3) Tale il numero dei Consiglieri ticinesi. LA MEDAGLIA D*ORO DEL CANTONE TICINO DEL 1804 235 col solo Stemma del Cantone non costerà di più di 15 Zecchini abbenchè nella nota ossia memoria qui acclusa dicasi 20 w. Facciamo seguire la nota dell' Ispettore delle fondite, non senza rilevare — particolare anche questo sconosciuto — ch'egli era il ticinese Antonio Baroffio, pittore decoratore non ispregievole. Il quadro alle- gorico esistente nell'aula granconsiliare in Bellinzona è suo lavoro (1805), e suoi lavori sono pure varie tele di discreto merito sparse in Mendrisio, Cagno e altrove. Operò molto in Mosca, dove si recò circa Tanno t8o8, conducendo seco il figHo Fedele che vi doveva essere salutato più tardi come uno dei più celebri pittori della Russia e benemerito direttore delTAccademia di Belle Arti in Pietroburgo (^). Il suo quadro colossale il Serpente di bronzo, ai suoi dì (1836), fece quasi altrettanto rumore che V Ultimo giorno di Pompei del Brulow. L'Ambrosiana in Milano pos- siede di lui ventisei ritratti di patrizi lombardi, alcuni a pastello («). - Ma ecco le OSSERVAZIONI. « Facendo gli Conj col stema solo, e suo ro- vescio come da disegni N. i e 4. l'incisione impor- terà Zecchini N. 20 circa. « Volendolo poi colla figura rappresentante il (i) Baroffio. Storia cit., pag. 515. — Atti Accad. di B. Arti di Mi- lano pel iSyó, pag. 9. — Illustr. Universale del^Treves, 1875, pag. 478. — Almanacco popolare ticinese pel i8j6. — La pittura lombarda nel se- colo XIX. Milano, 1900, pag. 109. — Ambrosiana 1907. Milano, pag. 28, 73. — Brun. Schweiz. KUnstler-Lexikon. I, 82 (Frauenfeld, 1902). (2) Antonio Baroffio, il padre, moriva nel 1820, il figlio nel 1875. Ma è strano, né ce lo sappiamo spiegare, come quest'ultimo sempre figurasse colla parentela Bruni, anziché con quella Baroffio, e come Bruni é menzionato da tutti che ne scrissero. Che fosse figliastro?...- 236 EMILIO MOTTA Fiume Ticino come da disegni N. 2 e 3 non po- tranno farsi li Conj a meno di 40 Zecchini. V'è, però da osservare, che trovandosi la Medaglia del valore di 7 Zecchini, ed essendo in conseguenza piccola, la figura diverrà molto minuta dovendo ristringere la sfera della MedagHa per avere il rilievo sufficiente della figura. Al contrario facendo lo stema del Can- tone, e questo trovandosi piano, resterà la detta Medaglia più larga e meno confusa, oltre la metà meno di spesa. « L'oro, che si è sempre praticato costantemente nel coniare le Medaglie tanto in questa Zecca, che in tutti gli altri Stati d'Europa è oro fino, cioè di Zecchini. Quindi sarà d'uopo, che la detta Medaglia sia della stessa bontà, e ciò oltre ad esser più fa- cile alla coniatura, pare, che lo esigga il decoro del Cantone. u Siccome per coniare N. no Medaglie del va- lore di 7 Zecchini sembra, che basterebbero N. 770 Zecchini in pasta, ciò però si deve osservare, che per ridurre in Medaglie, o Monete N. no pezzi vi vuole un quarto di pasta di più, onde è necessaria la provvista di circa mille Zecchini ; questo quarto però che resta in retaglj, o cesaglie verrà realizzato in Zecca percependone il suo valore, restando la sola perdita dell'aggio del Zecchino. a La spesa di coniatura, e calo di fondita va a carico degli ordinatori delle Medaglie, ed in questo caso si terrà ogni più esatta osservanza, come viene praticato dalla stessa Zecca, o per qualunque faccia coniare Medaglie.. « In simile congiuntura poi il Cittadino Antonio Baroffio nella sua quaHtà d'Ispettore alle Fondite di questa Zecca Nazionale e pure nativo del Cantone Ticino s'incaricherà parzialmente della esattezza per l'esecuzione delle Medaglie, come per la più scrupo- LA MEDAGLIA d'oRO DEL CANTONE TICINO DEL 1804 337 Iosa economia, come in tal proposito ha diggià lui medesimo eseguiti i disegni d'intelligenza cogli in- cisori di questa Zecca, quali vi compiacerete di sce- gliere quelli, che più vi aggradiranno ». Non stimiamo utile di qui riprodurre i disegni allegati a queste Osservazioni, perchè tutt'altro che belli, benché disegnati da un pittore. Diremo che il n. 4 che più non esiste in atti dev'essere quello stato adottato per la medaglia, che qui sotto si vede ri- prodotta. 11 n. T era quasi identico, tranne che lo stemma del Cantone Ticino (0 era sormontato dal cappello piumato di Guglielmo Teli; lo stemma poi, figurava tra due rami, uno d'alloro ed uno di quercia. I n. 2 e 3 anziché lo stemma ticinese recavano la figura rappresentante il fiume Ticino, simboleggiato con un uomo incoronato d'alghe che si asside su una conca donde esce acqua o vi sta ritto in piedi. Sottostante la leggenda più semplice, su due righe: Praemium Virtuti Civium. La leggenda all' ingiro Helvetiorum Foedus Aeque Renovatum venne aggiunta dopo. In altro nostro articolo, sulla fede dei prece- (i) Introdotto con legge 26 maggio 1803 ^^ anti-araldico, perchè i colori rosso ed azzurro si toccano, mentre tale contatto è contro le regole fondamentali del blasone. Cfr. Boll. Stor. della Svizzera Italiana^ 1909, pag. 94. 238 EMILIO MOTTA denti autori, abbiamo detto che fu usata una sola volta questa ricompensa della medaglia, il che non sembra esatto, trovando ancora nel 181 1 segnata nel consuntivo cantonale la posta di L. 11,000 per le medaglie ai membri del Gran Consiglio (i). Nel 1808 si coniavano, sempre in Milano, altre no medaglie con spesa di lire milanesi 12,000. L'in- termediario per tale commissione fu un Gio. Battista Agnelli, certamente dello storico casato dei tipografi milanesi, già in Lugano dov'ebbero distrutti i loro torchi nelle infauste giornate dell'aprile 1799, en- trandovi gli Austro-Russi (2). L'Agnelli scriveva al Piccolo Consiglio del Can- tone Ticino, agli 11 maggio che in adempimento del- l' incarico avuto con lettera del 6 corrente aveva fatto « le dovute pratiche presso questa R. Zecca, e non ostante i lavori straordinarj di cui è caricata per la nuova moneta ha assunta la fabbricazione sempre che le venga da me somministrata la pasta che si richiede in un quantitativo maggiore del bisogno per risparmiare le fusioni e i cali w. Quantitativo delle medaglie : no. Una settimana dopo (18 maggio) egli avvertiva di aver incassato presso la banca Pietro e fratelli Ma- rietti Teffetto di L. 12,000 speditogli dal cantone, ricevendone 263 sovrani a L. 45.11. 6 = L. 11986.4.6 più in valuta L. 13. 15.6, locchè compiva appunto quella somma. (i) Ghiringhelli p. P. Topographisch statistische Darsiellung des C. Tessin in Helvetischer Almanach fur das Jahr 1812. ZQrich, pag. 86 e 88. Vi è detto che le medaglie venivano distribuite ai consiglieri nella sessione ordinaria del maggio, e che avevano il valore di circa 7 ducati. (2) Cfr. La Tipografia Agnelli in Lugano, i'j46-iy99 in Boll. Storico della Sviaz. Hai, 1882. — Il Borgo-Caratti. La famiglia Agnelli tipo- grafi in Milano dal 162S ad oggi. Milano 1898, ricorda un Gio. Battista Agnelli, morto alla Senavra il 13 dicembre 1808. È poco probabile che sia l'individuo di cui sopra. LA MEDAGLIA d'oRO DEL CANTONE TICINO DEL 1804 239 « Ho dovuto accordargli qualche agio sul so- vrano perchè la Zecca esigeva la somministrazione della pasta per la fabbricazione delle medaglie. « Passai tosto alla medesima in effettivo i so- praenunciati 263 sovrani, in seguito mi fa sapere che non ostante che l'ammontare dei medesimi sia più che sufficiente per l'importo delle no Medaglie, pure abbisognano almeno altri 80 sovrani effettivi, o pasta d'oro equivalente ai medesimi per la fusione delle la- stre, giacche gli attuali Regolamenti della Zecca non permettono di prevalersi delle proprie paste pel ser- vigio dei particolari, venendo però resa la maggior somma all'atto stesso della consegna delle medaghe. « Questa maggiore somministrazione proviene che le lastre che si fondono per la fabbricazione di medaglie o monete contengono almeno il quarto di più del peso necessario per la semplice formazione delle medesime. Compite queste e rifusi i ritagh viene restituito in natura, o in equivalente denaro a piacimento del committente. « Rimettetemi dunque gli enunciati 80 sovrani, onde abilitarmi a compiere la commissione, della quale mi avete onorato, ed in risposta mi direte a chi debba consegnare le medaglie, e l'oro sopravan- zato oppure il di lui ammontare in denaro ». Dopo questa fusione il conio si guastò: almeno nel maggio del 1810 non figurava ancora riattato (i). Si aggiustò ? e fino a quindi servì per la mone- tazione ? Di queste medaghe, come di medagha d'onore, ne venne fatta distribuzione, oltreché ai consiglieri, (i) Ani del Gran Consiglio del Cantone Ticino dal i8oj al i8jo. Be 1. linzona, 1903, voi. Ili, pag. 231. La medaglia era allora ufficialmente quotata L. 105. 240 EMILIO MOTTA a personaggi benemeriti del Ticino quali il vodese ge- nerale La Harpe, suo cittadino onorario, al padre Ol- delli, autore del buon Dizionario degli uomini illu- stri del C. Ticino (1807). Il che risulta dagli atti, ora a stampa del Gran Consiglio ticinese dal 1803 al 1830; anzi da essi si rileva che talvolta per missioni air interno o all'estero, gli incaricati venivano rega- lati di una o più di tali medaglie secondo il calcolo delle spese da loro sopportate. La medaglia d'oro toccata al primo presidente del Gran Consiglio nel 1803, l'arciprete di Riva S. Vitale, Gottardo Zurini, adorna ora il simulacro della Vergine, nella chiesa di Tegna, sua terra nativa, presso Locamo. Di tali medaglie se ne vedevano negli scorsi anni di sovente presso particolari del cantone e del di fuori, in esemplari più o meno a fior di conio. Il cugino nostro Emiho Balli, numismatico e raccogli- tore appassionato (^) ne vide talmente in certi anni che ha dubitato vi fosse il conio ed il burlone che ne coniasse di tempo in tempo. Ora, sono piuttosto scomparse e salite di prezzo da 105 a 150 franchi e più. A questo punto, ci domandiamo se il conio venne veramente spezzato o presso chi rimase. Il dubbio del Balli, che ancora possa sussistere, assume consistenza inquantochè della medaglia, fino ad un certo tempo, non erano conosciuti che gli esem- plari in oro, mentre dopo vennero in commercio quelli in bronzo. Primo a segnalarli fu TJnwyler nel Bulletin della Società numismatica svizzera (V, 1886, pag. io), il quale ne rilevava anche delle varianti. Esemplari in bronzo noi vedemmo nel Musèo storico di Lugano, dono del teste defunto benemerito avvo- cato Emilio Seletti e nella collezione Balli a Locamo — , — . , . ■- I' (t) Cfr, Gnecchi. Guida numismaiica ««iV^rsrt/^, 4.» ediz, Milano, 1903 e Geigy. ColUctioHs numismatiques en Suisse. Bàie, 1893. LA MEDAGLIA D*ORO DEL CANTONE TICINO DEL 1804 24I entratovi per acquisto fattone anni sono dalla nota casa Sambon. Ora vanno aggiunti i tre della colle- zione Stroehlin, andati venduti nel febbraio 191 1 a Ginevra (i). Anzi, nella detta vendita figurava anche un esem- plare in argento, riprodotto nel catalogo nella ta- vola XLV, andato venduto per fr. 21. Bisogna poi osservare che le medaglie di bronzo sono più grosse e meglio centrate. Quelle d'oro son sempre col bordo incerto e poco ben centrate : da ciò la diversità nel loro diametro (2). Emilio Motta. (i) Nel catalogo di vendita un esemplare è detto di " bronze de patine plus clair „; un*altra medaglia " frappée sur un flanc plus grand et plus épais „ 36 mill. Venduta quest'ultima a frs. 7, le altre due a frs. 6. (2) Quella d'argento (coli. Stroehlin) 34 mill.; una in bronzo, 36 mill. ,,ir^^> ♦r ■) ;nj ^j, ì GIJ"; k, i ' J.J v' J LI i; UaJ Jj CONTRAFFAZIONE INEDITA DELLA ZECCA DI PASSERANO Il quarto di Carlo Emanuele I duca di Savoia, battuto nella zecca di Chambery, venne contraffatto da diversi signorotti nelle piccole zecche italiane, e ben a ragione Domenico Promis stabiliva il principio che quando un dato tipo di moneta veniva contraf- fatto in una delle zecche di Desana, Trinco, Messe- rano, Passerano, ecc., presto o tardi si sarebbe rin- venuta la corrispondente contraffazione uscita da ognuna delle altre suddette zecche, così feraci in simile materia ed altrettanto poco scrupolose in tale lucrosa speculazione. Del tipo di cui si tratta si conoscono attual- mente le contraffazioni per Frinco, Messerano e Ca- stigHone, portanti in luogo del motto FÈRT in lettere gotiche minuscole rispettivamente FRIN-FERR- CAST e che vennero pubblicate nel Corpus Nummorum Ita- licorum ai numeri 77-37 e seguenti e dall'Agostini al numero 118 (^). Per la zecca di Passerano si conosce pure il quarto contraffatto col motto FERT e nel rovescio la croce Mauriziana con la leggenda : CRVX • CARA • EMANAI, pubblicato nel Corpus Nummorum col nu- mero 51 e seguenti. (i) Agostini ing. Agostino. Storia di Castiglione delle Siiviere. — Brescia, 1895. 244 EMILIO BOSCO Affatto differente è la contraffazione che ripro- duco col disegno, la cui descrizione è la seguente : In luogo del solito motto porta nel campo del diritto le lettere RCC in gotico minuscolo, sopra e sotto due tratti paralleli; attorno la leggenda: •••OMI- TÈSR- • Nel campo del rovescio la croce di S. Maurizio con la leggenda : IT • NOMEN • • • • MI • • • • ^i Dal confronto delle lettere nel campo con la leggenda del diritto facilmente si arguisce il signi- ficato delle medesime che secondo me sarebbe: H(adicaté) C(oconati) C(omites) e le leggende andrebbero così completate : B' - [C]OMITES • R[ADICATE] I^ — [S]IT • NOMEN • [DO]MI[NI : ^^Hcdidus], La moneta stessa è dunque una coritraff*azione anonima coniata dai Radicati conti di Cocconato e quindi uscita dalla loro zecca di Passerano negli anni 1581-98. ' Torino, // maggio igij. Ing. Emilio Bosco. IL TESORETTO MONETALE GALLICO DI VERDELLO Nelle vicinanze di Verdello, sulla strada di Bergamo, durante scavi che si facevano a cura della R. Sovrainten- denza per gli scavi e musei della Lombardia, si rinvenne, dentro in una ciotola di terra, che andò in frantumi per opera degli stessi scavatori, 152 monete antiche, che dalla figura femminile di Diana da un lato, dalla rappresentanza di un leone deformato dall'altra, tosto furono identificate per monete galliche della Gallia Cisalpina ad imitazione delle comunissime di monete massaliote diffuse per tutte le Gallie, nonché nel centro dell'Europa. Pervenuto il tesoretto monetale al R. Sovraintendente agli scavi per la Lombardia, prof. dott. cav. Patroni, e affi- dato da questo alle mie cure presso la Direzione del Meda- gliere nazionale di Brera, trovai necessario di dividere su- bito il tesoretto in due gruppi distinti, Tuno di n. 85 monete molto corrose e coperte di incrostazioni di ossido e di ma- teriale eterogeneo, Taltro di n. 67 monete in stato mediocre di conservazione e per qualche pezzo in istato piuttosto buono. Abbandonato alla sua sorte il gruzzolo delle monete indecifrabili, che però furono identificate tutte per imita- zioni delle dramme massaliote, il mio studio si portò sul gruzzolo di quelle che si potevano leggere. Ne trovai 36 con la leggenda Virekos, di cui 3 con la leggenda abbreviata in Virek, 5 con la leggenda ancor più breve, VirCj sempre appartenenti alla medesima serie, ma solo per mancanza di ^6 SERAFINO RICCI posto o per coniazione discentrata non risultanti con l'epi- grafe completa. Inoltre 14 sono completamente anepigrafi, 5 di stile piut- tosto classico, con la testa di Diana sul diritto che ricorda ancora i lineamenti della Artemis di Massalia, e sul rovescio un leone meno deformato di quello che si vede pur troppo sui rovesci delle solite imitazioni barbariche; una ha la leg- genda incerta e incomprensibile, due hanno chiaramente il carattere d'imitazione delle dramme massaliote per traccie evidenti dell'epigrafe greca originaria MAZZA. Rimangono 9 altre dramme d'imitazione massaliota e di coniazione bar- barica, ma interessantissime, poiché, invece di riprodurre la isolita leggenda PIKOI, oppure quella precitata ^0>l>IGM, pre- sentano la leggenda più rara- nella Gallia Cisalpina, e ancora molto controversa nella sua ricostruzione : ^UQOIOIXVOX {toutioioros). Tre di queste monete presentano intera questa leggenda, ma si vede evanida la finale ^00, Sul rovescio di un^altra moneta è incisa in rilievo in una sola riga la leggenda con la finale 500; manca però la prima sillaba OX. Questa si presenta invece in due altri ro- vesci, ma la finale ^00 è confinata in rilievo su una seconda linea in alto, sempre a scrittura retrograda. In una di queste due dramme la leggenda incomincia con OX, ma poi nell* in- terno manca la ripetizione della sillaba 01 nel mezzo della parola, evidentemente per mancanza di spazio; tre altre in- fine appartengono alla medesima classe e hanno la mede- sima leggenda, ma essa è mutila e in parte evanida, o in principio, o in fine. Il ripostiglio di Verdello non ha, come quello di Geren- zago (i), monete galliche miste e confuse con le monete con- solari, quasi che nel I secolo a. C. si usassero ancora e con una certa frequenza, come ci indica la proporzione, i de- narii del secolo precedente, e quando non era ancora spento interamente il ricordo degli usi, dei costumi, delle monete dei popoli gallici sottomessi dai Romani; ma è interamente (i) Serafino Rica. Ripostiglio di monete galliche rinvenuto a Geren- zago in Notizie degli scavi, 19 io, fase. 9; cfr. Bollettino Italiano di Num. e di Arte della medaglia, Vili, 1910, pag. 145 e segg. IL TESORETTO MONETALE GALLICO DI VERDELLO 247 formato con monete galliche, imitazioni di dramme massa- liote, con la leggenda del nome dei popoli gallici che abi- tavano la regione, come quella serie di monete galliche della Transpadana, che fu illustrata dal Castelfranco nel fascicolo- omaggio del Circolo Numismatico milanese (^). Ciò che rende interessante il ripostiglio di Verdello non è la presenza delle solite deformazioni galliche delle dramme massaliote, ma è il ripetersi di due leggende che sono an- cora suscettibili di diverse interpretazioni. L*una è la retro- grada leggenda 0>l=iaM, che Saussaye ed Akermann lessero come Libeco, e quindi identificarono coi Libici (2). \J antica tradizione su questa leggenda , formata dal Blanchet nel suo studio sulle monete galliche, è quella che io stesso ho ripetuto in questa Relazione, e che ha un raf- fronto chiaro nel lavoro precitato sul ripostiglio di Geren- zago (3). Si tratterebbe di Virecoi, alterazione gallica di Vi- recius, Vtrictus, come PIKOI è alterazione gallica per Ricus, Rico, che troviamo poi, p. es., in Ricomagus. Secondo me, ammessa una norma fonetica in tali parole galliche, questa dev'essere costante per tutti i nomi, e se PIKOI è Ricoi e non Picoi Bicoi, è impossibile che Virecos dia Libecos, Libicus. Perciò sarei molto perplesso nel dichiarare trattarsi delle gentes dei Libici y ma in nulla mi opporrei ad at- tribuire ai Ricomagenses delle Alpi Marittime (4) l'antica ra- dice PIKOI, mentre per gli esemplari che hanno 0>IHT re- trograda, nulla avrei in contrario nel vedervi il nome dei Tricorni^, popolazioni del territorio ove si trovarono le mo- (i) Pompeo Castelfranco. Monete galliche della Traspadana in Fa- scicolo-omaggio pel I Centenario del R. Gabinetto Numismatico e Me- dagliere nazionale di Brera, ecc. Milano, tip. Crespi, 1908. (2) Ved. Saussaye in Muret. Catalogne, n. 2160-63, pag. 41. Cfr. Alias., n. 2163. (3) Ved. Adr. Blanchet. Traile' dea tnonnaies gauloises. Parigi, Le- roux, 1905, pag. 145. Viriciu. (4) Cfr. Forrer. Ueber eine gallisch'italische SilbermUnse in Antiqua, 1885, pag. 24 e segg. (5) Ved. De Lagoy. Notice sur l'attribution de quelques medailles de la Caule, pag. 29. — Cfr. T.a Saussaye. Nwnismatique de la Caule Nar- bonnaise, pag. 117. 248 SERAFINO RICCI nete. Per i Ricomagenses non abbiamo epigrafe retrograda (i), per i Virecoi e i Tricorii s\, perchè si tratta di alfabeti nord- etruschi e non gallo-italici. Il Castelfranco, appunto, citando PIKOI non retrograda, rilevava che le iscrizioni galliche retrograde si trovano solo su qualche lapide (2) o su cocci, mai sulle monete, ad ecce- zione di quella con la scritta OIQIXVQ, esistente nella colle- zione di Brera, e rinvenuta in altro esemplare citato dal Longperier e dal Mommsen. Ed ora siamo precisamente al famoso Rutirio discusso dal Mommsen. Infatti la leggenda da me letta, osservata da altri ac- corciata, diede luogo a queir interpretazione mommseniana che non regge ora col confronto delle leggende intere sulle dramme del ripostiglio di Verdello. Anche il Forrer, che recentemente ritratta la questione con molta diligenza, raccogliendo i dati precedenti sull'argo- mento, parla sempre della leggenda lOIOIXVO (3), nella quale, ammessi gli O = P e la X = T, si può leggere col Mommsen come epigrafe retrograda Rutirio (OIQITVS); come si può cre- dere col Saussaye un Oxubioi alterando uno degli O in B (4), e allora sarebbe spontaneo pensare agli Oxibii di Antibes e ma- gari anche, con lo Schreiber, agli Ouchidii di Ouchy presso Lausanne " als Namen eines unbekannten gallichen Stammes ,,. Nessuno, però, potè distinguere finora un X (T oppure DC) davanti all'O; perciò la lettura della parola nella forma più in- tera è come una scoperta scientifica, perchè dà una lezione nuova autentica, che non può essere contestata, e che non è limitata a un sol pezzo, ma si ripete più o meno frammentaria in nove pezzi, di cui alcuni hanno la forma ristretta che noi conosciamo ; ma altri hanno quella intera che, considerando la leggenda retrograda, deve essere trascritta, come si è già (i) Ved. Castelfranco. Op. cit., pag. 9. (2) Cfr. Ing. A. GiussANi in Rivista arch. di Como, fase. 46, 1902. " (3) Dott. Robert Forrer. Keltische Numismatik der Rhein-und Do- naulande. Strassburgo, Trùbner, 1908, pag. 85. fig. 166. (4) Ved. Saussayb. Op. cit.; Cfr. Muret. Catalogne, n. 2160-63, pag. 41; Atlas., n. 2163. IL TESORETTO MONETALE GALLICO DI VERDELLO 249 detto, ^OQlOIOIXVOX, è letta quindi col principio del X = T = Toutioioros; col principio del X = DC = Xouxioioros. Tanto il P retrogrado quanto T^ a tre tratti sono chiari e indiscutibili. Non possiamo quindi accettare le soluzioni fin qui esposte, e, se non possiamo suggerire fì-a i nomi a noi noti dei po- poli alpini alcuno che vi corrisponda perfettamente, prefe- riamo attendere altri elementi di confronto per la identifica- zione, piuttosto che lanciarci nel mare delle congetture sempre pericolose e dannose al progresso lento, ma sicuro della scienza. Mi limiterò pertanto a dire che il ripostiglio di Verdello rinvenuto in quel di Bergamo, il febbraio 1910, nelle pro- prietà Eredi Giavazzi, per questo fatto di un nome nuovo o di gentesy o di locus^ e per la sua vicinanza alla nostra pia- nura mediolanese, è il più importante, numismaticamente e archeologicamente, di quelli rinvenuti fin qui negli ultimi tempi, e dovrà dare materia a studio più profondo di quello che non stia nei limiti di una Relazione iniziale ('). Circa il periodo di tempo al quale potrà risalire, non andremo errati ponendolo fra la metà del IV e la metà del II secolo a. C. Serafino Ricci. (i) Per uno studio più esauriente deirargomento occorrerà tener presente tutta la letteratura numismatica gallo-celtica, e quindi consul- tare : Henri de la Tour. Atlas des monnaies gauloises. Paris, 1892 ; Eduard Fiala. Collection Ernst Prinz zu IVindisch-Grdtz. Appendice al voi. V. Griecheni Die Prdgungen der Barbaren. Praga, 1900; Numisma- tìkai Kozlony; Joachim Lelewel. Type Gaulois ou Celtique. Tutto questo oltre le opere fondamentali del Blanchet e del Forrer da noi citate a suo tempo. Di recente, raccolse per confronti il materiale bibliografico il conte MiKLós Dessewffy, nell'opera Gróf Dessewffy Miklós : Barbar Pénzei. I-III. Budapest, 1910-1911. NECROLOGIE GIUSEPPE GAVAZZI. Un altro grave lutto ha col- pito la nostra Società. Il giorno 3 maggio p. p. cessava di vi- vere il nostro carissimo amico e collega, il cav. Giuseppe Gavazzi. Aveva raggiunto la belTetà di 82 anni, essendo nato il 27 maggio 1831. Uomo probo, integerrimo, distinto industriale e agricoltore, dedicò gran parte del suo tempo e della sua intelligente attività a prò degli interessi cittadini, occupando molte cariche pub- bliche, tanto a Milano che al suo amato paese di Valmadrera, ove tutti i suoi dipendenti e coloni lo amavano come un padre, rendendosi Egli caro e utile a tutti col suo fine criterio, co* suoi consigli, col suo esempio. Le questioni sociali, le nobili imprese, le belle ini- ziative trovavano sempre in Lui un appassionato promotore, un apostolo infaticabile. Si dedicò con amore a tutti i rami dello scibile, interes- sandosi in modo speciale alla storia e alla numismatica. Quando, nel 1888, il dott. Solone Ambrosoli, fondava la Rivista Italiana di Numismatica, Egli fu subito chiamato a far parte del suo Comitato di Redazione. Sorta poi nel 1892 la Società Numismatica Italiana , Egli ne fu uno dei più ze- lanti fondatori ; entrò subito a far parte del Consiglio e vi 252 NECROLOGIE rimase per tutta la vita, interessandosi a tutte le sue vicende e frequentando assiduamente le adunanze, finché la salute glielo permise. Il cav. Gavazzi aveva raccolto una bella serie di Mo- nete di Milano e della Lombardia, sulle quali rivolse di pre- ferenza i suoi studi. Trattano appunto di queste monete quasi tutti gli articoli da Lui pubblicati in questa nostra Rivista, di cui diamo la nota qui appiedi, Sono pochi, ma tutti interessanti, pieni di finezze, di ingegnose deduzioni. Egli era incontentabile nelle sue ricerche, e non voleva pro- nunciare un giudizio prima di avere compulsato tutto quanto era stato detto e pubblicato in proposito, prima di aver esauriti tutti i mezzi che la scienza gli poteva offrire. Mo- desto, com'era, non rifuggiva mai dal chiedere consigli agli altri, di nulFaltro sollecito che della coscienziosa ricerca del vero. Noi tutti perdiamo in Lui un amico diletto, un collega carissimo, e alia Famiglia, che Lo adorava, vogliamo atte- stare qui pubblicamente, i sensi del nostro più vivo e sin- cero rimpianto. E. G. BIBLIOGRAFIA NUMISMATICA DEL CAV GIUSEPPE GAVAZZI • A proposito delle monete di Giancarlo Visconti {Rivista Italiana di Numismatica, anno I, 1888, pag. 225-228. Ricerca del fiorino d'oro di Giangaieazzo Visconti {Riv. Ital. di Num., anno I, 1888, pag. 411-432, tav. X. Congetture sull'attribuzione di alcuni tremissi longobardi {Riv. Ital, di Num., anno III, 1890, pag. 207-216, fig.). Grosso inedito di Gian Galeazzo per Verona {Riv. Ital. di Num.f a. V, 1892, pag. 67-70, fig.). Un curioso ritrovamento monetale {Riv. Hai. di Num.^ anno XIII, 1900, pag. 490. Monete dei Marchesi del Carretto {Riv. Ital. di Num., anno XV, 1902, pag. 67-85, fig.). NECROLOGIE 253 ENRICO OSNAGO. Il giorno 5 giugno corr., all'età di anni 82, moriva in Milano, un altro carissimo amico nostro, Enrico Osnago. Fu studioso di numismatica e appassionatissimo raccoglitore. Era tra i pochi Benemeriti della Società Numismatica Ita- liana, e si era acquistato a buon diritto questo titolo, avendo fatto dono alla Società di una straordinaria quantità di libri, di monete e di medaglie. Possedeva una bella collezione di Monete italiane, spe- cialmente milanesi, che legò alla Biblioteca Ambrosiana, uni- tamente ad un generoso legato, per provvedere alla sua custodia e al suo incremento. Egli non si accontentava di acquistare e riordinare le sue monete, come fanno purtroppo la maggior parte dei rac- coglitori. Egli si interessava a tutte le questioni numisma- tiche, e col suo fine intuito arrivava alle più ingegnose de- duzioni. Invitato varie volte a collaborare nella Rivista Num. non lo volle mai fare; ma si limitava a comunicare ad altri le sue idee, perchè fossero fatte pubblicamente conoscere, ma con proibizione assoluta di fare il suo nome. Così av- venne che molte sue idee geniali fecero la loro comparsa sulla Rivista per opera di alcuni suoi amici, costretti, loro malgrado, a vestirsi della penna del pavone. E. G. ANDREA MARKL. Il giorno 6 maggio p. p., alla tarda età d'anni 85, mo- riva in Vienna il Maggiore Andrea Markl. Era uno dei membri più anziani della Società Numismatica di Vienna, che per le sue benemerenze ne deplora vivamente la perdita. Al pari di Rohde, di Missong e di Kolbe, Andrea Markl, nella collezione delle monete romane, si era limitato 33 54 NECROLOGIE ad una serie, specializzandosi nelle monete di Claudio II Gotico e di Quintillo, e dedicando a questi tutti i suoi studi, specialmente per quanto riguarda le zecche da cui uscirono le monete di questi due imperatori. Pubblicò così una quantità di lavori su queste monete; due di questi [Peso e titolo degli antoniniani di Claudio Go- tico — Serdica o Antiochia) comparvero tradotti nel 1889 sulla nostra Rivista Num. Negli ultimi anni era sorta una polemica fra lui e i nostri colleghi Monti e Laffranchi per il significato della lettera T, ch'egli attribuiva alla zecca di Tarraco, mentre i nostri volevano assegnarla a quella di Ticinum, La Direzione. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI Tolstoy (conte Giovanni). Monete Bizantine. — Pietro- burgo, 1912-13. L'opera del Sabatier: Descriptions des Monnaies Byzan- tines, stampata nel 1862, fu per un buon mezzo secolo il vade-mecum dei raccoglitori di questa serie; ormai è più che esurita, quasi introvabile, ed è anche naturalmente in- vecchiata. Era dunque assai sentito il bisogno di un'opera che la sostituisse e a questo pensò il conte G. Tolstoy, di Pietroburgo. La sua bella pubblicazione, incominciata nel gennaio dello scorso anno, con la quarta dispensa apparsa nello scorso aprile è quasi giunta alla metà. Possiamo quindi già fin d'ora formarci un'idea abbastanza precisa di quello che sarà l'opera completa con le altre quattro o sei dispense che usciranno nel 1813 e 1814. L'opera si presenta assai favorevolmente e la sua esten- sione è più che doppia di quella del Sabatier. Basti dire che le quattro dispense finora pubblicate e che arrivano fino a Giustino II offrono già 464 pagine di testo e 32 tavole. Al qual proposito preciserò che le figure non sono ripetute nel testo e nelle tavole, come qualcheduno disse in una recen- sione; ma che, mentre nelle tavole sono riprodotte le mo- nete appartenenti alla collezione dell'Autore o quelle di cui l'Autore potè avere le impronte ; nel testo sono riportate da altre opere, quelle di cui non si conosce l'attuale ubi- 256 BIBLIOGRAFIA cazione. Così alla parte descrittiva molto ricca (per darne qualche esempio diremo che di Arcadio si descrivono 134 monete contro 49 del Sabatier, di Giustiniano I oltre 646 contro 170 del Sabatier) corrisponde anche una ricchissima riproduzione di esemplari nelle tavole. Le descrizioni sono molto accurate e precise. I pesi sono segnati in grammi e a ciascuna moneta è attribuito il prezzo mercantile, ciò che ai raccoglitori torna molto comodo per gli acquisti e i cambi. Una sola piccola osservazione mi per- metterei a proposito delle leggende. Tutti sanno come le leggende romane, pure contenendo molte abbreviazioni sono scritte tutte di seguito, salvo un' interruzione a mezzo quando la leggenda è divisa in due per lasciar posto alla testa nel diritto e talvolta in tre perchè v'ha uno scettro, un'asta o qualche altro oggetto che sporge oltre campo ordinario destinato alla rappresentazione e così pure avviene nel ro- vescio. Ora nelle descrizioni io non vedo il motivo di imi- tare tali interruzioni affatto casuali ed arbitrarie, scrivendo ad esempio: AELEVDO XIAAVG o DNIVSTINI ANVSPPÀVCr, diciture che richiedono una specie di interpretazione, mentre assai più chiaramente si può scrivere AEL EVDOXIA AVG", D N IVSTINIANS P P AVO, essendo affatto indifferente che sulla moneta l'interruzione avvenga in uno o altro punto della leggenda. Sono piccolezze che noto, per essere completamente sincero, non trovando critiche più importanti a fare al bel- lissimo lavoro. Ma ora che ho espresso il mio giudizio estremamente favorevole alla parte descrittiva dell'opera : mi trovo nel più grande imbarazzo a continuare l'analisi della parte più im- portante del lavoro, voglio dire la parte storico-economica- numismatica e debbo forzatamente rinunciarvi. L'opera non è un arido catalogo descrittivo ; ma ha una buona prefa- zione e un largo studio su ciascun principe. Suppongo, anzi, dal poco che posso intravvedere, non dubito che il giudizio sarebbe egualmente favorevole su tutto ciò; ma il libro è scritto in russo !... I nostri vecchi avevano adottata per la scienza la lingua latina e così i dotti d'Italia, di Francia, di Germania e del BIBLIOGRAFIA 257 mondo intero per vari secoli tutti s'intesero a meraviglia (0. Ma nel diciannovesimo secolo, nel secolo dei lumi, quella bella usanza parve un inutile vecchiume e la si volle abolire. Vi si fosse almeno sostituito il Volapuck o l'Esperanto, meno male. Ci sarebbe stata una lingua di più da imparare. Ma in- vece tutte le nazioni grandi o piccole, per un male inteso senti- mento di amor proprio, abbandonando il latino, sentirono il bisogno di scrivere nella propria lingua e ne nacque una vera Babele. Mai come nel secolo delle grandi e facili comunicazioni vennero incagliate le comunicazioni scientifiche; e pur troppo siamo su di una via che accenna a un progressivo peg- gioramento. Lasciando da parte le quattro lingue più note e più dif- fuse, che sarebbero già troppe, abbiamo nel campo della Numismatica, pubblicazioni Spagnuole, Portoghesi, Unghe- resi, Greche, Russe, Slave, Svedesi, Olandesi e perfino Giapponesi, oltre quelle altre che al momento non ricordo o che non sono a mia conoscenza. Siamo così arrivati al punto che Tuomo che si dedica alla scienza o deve rinun- ciare a tenersi al corrente, o deve sacrificare metà della vita — quando sia sufficiente — allo studio delle lingue. Gli scienziati nordici ed orientali e i russi-slavi in ispecie, che dalla natura vennero favoriti d'una prodigiosa attitudine per le lingue, che le parlano tutte con facilità, e le parlano bene, non tengono conto della inferiorità dei popoli occiden- tali sotto questo riguardo. È risaputo che le quattro vecchie nazionalità del Continente Europeo non sono portate al po- liglottismo. Francesi e Inglesi vi sono estremamente re- frattari, forse anche perchè abituati a poter viaggiare il mondo, o almeno una metà, colla sola propria lingua. Lo sono meno gli Italiani e i Tedeschi, ma tranne rare eccezioni, le loro cognizioni linguistiche non vanno oltre le quattro lingue accennate. Lo stesso conte Tolstoy ebbe sentore dell'ostacolo che (i) Segno qui albo lapillo il nome di M. Rostowzew che ancora nel 1903 stampava in latino, a Pietroburgo, il suo Tesserarum urbis Romae et suburbi plumbearum Silloge e vorrei che avesse tanti imitatori. 258 BIBLIOGRAFIA creava alle sue Monete Bizantine, pubblicandole in lingua russa, e tentò di porvi rimedio disseminando qua e là alcune parole greche, latine o francesi, che servono in qualche modo come punti luminosi, di guida fra le tenebre. Aggiunse anche in un'unica pagina la traduzione dei nomi dei Musei e delle zecche. Ma è poco; tutto il resto rimane sempre all'oscuro. Ed è veramente peccato, perchè il libro meriterebbe dav- vero una diffusione molto più larga di quella che potrà ot- tenere per questo insuperabile ostacolo. F. G. Dessewffy Miklós (Gróf). Barbar Pénzei. Budapest, Hor- nyànszky Victor cs ; es. Kir. Udvari Kònyunyomdaja, 1910-11, in tre fascicoli. Quest' opera importantissima sulle monete barbariche, la quale il conte Miklos compose e pubblicò con la guida e il consiglio dell'illustre numismatico Edmond Gohl di Bu- dapest, (i) è un contributo tanto più interessante, quanto più raro nella letteratura numismatica internazionale. Con pratica di intendimento fattasi l'edizione col testo ungherese e di seguito quello francese, l'A. rese possibile la consultazione dell'opera anche a chi non conosce la lingua locale, e quindi rese un vero servigio alla scienza, che talora indarno si chiede agli autori russi o olandesi. Il conte Miklos ci presenta 42 tavole di monete barba- riche della sua interessantissima collezione a Budapest, con una introduzione del miglior competente in materia Edmond Gohl, in ungherese, e con la lista delle monete possedute dal Conte. Segue un lavoro difficilissimo, ma altrettanto utile, la identificazione d'ogni singola moneta coi confronti con le opere recenti sulle monete di coni barbari da Henri de la Tour a Michael A. Wiczay. S'aggiunge l'introduzione dell'autore della collezione in ungherese e in francese. La descrizione delle monete giunge fino al n. 1019, coi diametri di dimen- (i) Del primo fascicolo, edito dal Gohl, a quanto parve alla Dire- zione, fu già dato un cenno di recensione nel I fascicolo della Rivista, 1911, a pag. 133. BIBLIOGRAFIA 259 sione e i grammi di peso per ciascuna moneta. L'estensione geografica e topografica della collezione Dessewfy è deter- minata dalla presenza delle monete della Gallia, cioè dalle monete massaliote e loro imitazione fino alle monete delle colonie romane, dalle monete dell'Isola di Bretagna, dell'Eu- ropa Centrale, dalle monete d'oro barbare della Germania, della Svizzera, della Boemia, della Moravia e dell'Ungheria, oltre le monete cupelliformi {coupes a Varc-en-ciel). Seguono le monete del Norico e della Pannonia, dell'Alta Ungheria, della Dacia, della Mesia, della Tracia, e chiude la serie delle imitazioni dei re della Macedonia e di regioni affini. Lauri Tudeer (O. Th.). Die Tetradrachmenpràgung von SyrakuSj in der Perìode der signierenden Kiìnstler, Berlino, W. Pormetter, 1913. Questo estratto dalla Zeitschrift fur Numismatik, di cui è uno dei notevoli ornamenti del voi. XXX, dedicato al padre e maestro dell'autore, in segno di amore e di ricono- scenza, da O. Th. Tudeer, è un ottimo contributo alla mone- tazione dei tetradrammi di Siracusa, che stupirà più d'uno studioso di monete greche, il quale crede in buona fede che, dopo il lavoro esauriente di Arturo Evans sui Medaglioni Siracusani, ben poco si potesse dire sull'argomento, e non 292 pagine di stampa fitta con tavole illustrative. Il Tudeer di- mostra invece con argomenti di fatto che il tema non era stato ancora esaurientemente trattato, e molte questioni di non co- mune importanza attendevano ancora risposta. Basterà dire che la questione cronologica, quando il nuovo stile nei me- daglioni siracusani sia stato adottato, era ancor di recente diversamente risolta dagli storici Holm e Headlam da un lato, e dal celebre numismatico Evans dall'altro. Il Tudeer sentì la necessità di affrontare la questione con l'esame dei coni e con la ricerca su terreno scientifico più sicuro e su base più vasta di osservazione. E ci diede un vero trattato, nel quale, oltre la descrizione dei tetradrammi, delle loro leggende, delle contromarche e dei segni in ge- nere, egli ci presenta la bibliografia completa — cosa ormai aÓO BIBLIOGRAFIA molto difficile, data la dispersione sullo studio della numi- smatica greca. Segue lo studio sulla cronologia e sullo studio delle mo- nete, sugli zecchieri artisti, TA. stabilisce infine un confronto con altre monete sicule e non sicule, e con lo studio sul pe- riodo di tempo al quale appartengono le tetradramme segnate. Chiude il lavoro, illustrato da ben sei tavole, con gli indici di nomi, di cose, di luoghi, indispensabili agli studiosi della monetazione greca. Luschìn (Arnold) Ritter von Ebengreuth. Der Mùnzfund von Hollenstein in Nieder asterrei eh. — (Estratto dallo Jahrbuch fiìr Altertumskundey edito dalla I. R. Commis- sione Centrale per l'arte e i monumenti storici. Voi. V, 1911). L'illustre numismatico tedesco, ben noto pei suoi pode- rosi lavori sulla numismatica medioevale e moderna, esamina in questo lavoro un tesoretto monetale molto importante, rinvenuto nella primavera del 1911 nel comune Hollenstein, che, a sud di Waidhofen, presso la Ybbs, fra grandi montagne selvose, abbraccia una stretta valle di più di 20 chilometri di lunghezza. Il tesoretto di Hollenstein fu acquistato interamente dal Museo locale di Waidhofen, e contiene 6262 pezzi di cui 272 in pfennig, 34 di Milano, interessanti per la storia della sua zecca (1354-1447). Vi sono poi in numero grande pezzi di pura entità intrinseca e di nessun valore numismatico. Il Luschin von Ebengreuth, con quella competenza e chiarezza che lo distingue, classifica le monete del ripostiglio nelle sue principaU categorie, facendo rilevare anche per mezzo delle illustrazioni i pezzi più salienti. Il ripostiglio abbraccia Austria - Baviera, Palatinato Superiore, Nuova Boemia, Hohenlohe, monete francesi di convenzione, Salis- burgo, Vescovato di Augsburg, Wùrtemberg, Passau, Hals, Boemia, Màhren. Oltre a queste suddivisioni a noi un pò* estranee, sono notevoli alcune monete della zecca milanese di Galeazzo II e Bernabò Visconti (1354-1378), Galeazzo Visconti II (1354-1378), BIBLIOGRAFIA 261 Giovanni Maria Visconti (1402-1412). A Milano s'aggiungono alcuni buoni pezzi di Estore per Monza, di Galeazzo II Vi- sconti e Filippo Maria Visconti per Pavia. Interessantissime, poi, sono le conclusioni alle quali lo scienziato artista conduce il lettore con la sua arguta e mi- nuziosa indagine, e questa ha il suo maggior vantaggio nel completare il vasto campo della numismatica tedesca. La data del ritrovamento è fissata dal Luschin Tanno 1448 o 1449. Fritze (Hans von)-Gaebler (Hugo). Nomisma. — Untersw chungen auf dem Gehiete der antiken Munzkunde. Berlin, Mayer u. Mailer, 1913 ; fascicolo Vili contenente : F. Jmhoof-Blumer. — Beitràge zur Erklàrung grìechischen Munztypen (Tav. I e II del fascicolo). — C. J. Seltman. The Tempie Coins of Olympia (Tav. Ili- VI del fascicolo). Anche quest'ultimo fascicolo del Nomisma, diretto da von Fritze e Gaebler, conferma l'importanza dei precedenti e lega i nomi dei due valenti numismatici, direttori del periodico scientifico, a quelli di un provetto specialista nella numisma- tica greca, l'Jmhoof-Blumer, fe di un giovane numismatico, che promette molto, C. J. Seltman, già noto per qualche buona ricerca sulla numismatica di Alessandro Magno. L'Jmhoof-Blumer fin dall'anno 1910 iniziò nel Nomisma il suo studio molto serio e veramente scientifico sulla illu- strazione dei tipi monetari greci, e nel V- fascicolo di quel periodico trattò degli eroi marini (I); degli atleti e degli agonotheti con corone di premio (II); continuando nel seguente VI fascicolo a trattare degli dei fluviali con bambini (III) del giuoco degli ossicini davanti alle immagini votive (IV) di una saga di Parion (V); della saga sulla fondazione di Prusa (VI); àtWaedicula come ornamento al capo deWArle- mis Ephesia (VII); del Satiro e della Ninfa (Vili), e infine dei tipi di divinità panteistiche (IX). In questo fascicolo continua le ricerche su tali raffronti e simili particolarità, che solo a lui e a pochi iniziati nella numismatica greca non potevano sfuggire, e tratta, con la solita profondità e chiarezza, dei tipi antichi del culto (X), facendo passare in rassegna le varie immagini di Artemis (di Abydos, Panionios, Milesia, 202 BIBLIOGRAFIA Kindyas, di Sebastopolis, di Hyllarima, Astias, di Kidramos, Rodia, Tolemaica, Anai'tis, di Maionia e Filadelfeia). Passa allo studio dei tipi di Ecate, Cibele, Afrodite e finisce per ora con quello di Cora Lidia. Il Seltman ci presenta la prima parte del suo studio sulla moneta dei templi di Olimpia, facendo ricerche molto acute sulla zecca del tempio di Zeus e su quella del tempio di Hera, studiando le contromarche distintive, e dividendo tutta la monetazione relativa nei seguenti gruppi : Gruppo I (arcaico) dal 510 al 471 a. C. n V V 471 al 452 „ ni ., „ 452 al 432 „ IV „ „ 432 al 421 ,; * Tratta poi con minuziosità di erudito i caratteri dei sin- goli gruppi sui diritti e sui rovesci delle monete, forse fa- cendo soverchie suddivisioni tra gruppi e gruppi in un pe- riodo che non tocca nemmeno un secolo ; ma giovando in ogni modo ad acuire Tosservazione degli studiosi sui feno- meni storici e stilistici spesso negletti della monetazione greca, dalla cui analisi soltanto precisa e perfino esagerata nei più minuti particolari si può risalire alla sintesi che mostra la indivisibilità e indispensabilità dello studio della monetazione per la comprensione del mondo antico nelle sue complesse manifestazioni di leggi, di tradizioni, di costumi, di gusto estetico e di opportunità religiosa e civile. Magnaguti (Alessandro). Studi intorno alla zecca di Man- tova. Prima parte : I Marchesi (1433-1530), con sei illu- strazioni nel testo. Milano, Cogliati, 1913. Il giovane studioso, che dedica a S. M. il Re questo primo saggio della sua ricerca numismatica, prende Targo- mento dal fatto strano che nessuno trattò esaurientemente della zecca di Mantova, e perfino il Bellini, Leopoldo Ca- millo Volta, Attilio Portioli non riuscirono a finire 1' opera loro. E si accinge a incominciare la sua, con la speranza di finirla. Dopo un prospetto bibliografico l'A. inaugura il i.° ca- BIBLIOGRAFIA 263 pitelo con Gian Francesco Gonzaga, i.° marchese di Mantova (1433-T444), a cui fa seguire Lodovico II detto il Turco, 2.° marchese di Mantova (1444-1478), Federico I, Francesco II, Federico II, con scelte illustrazioni, prospetto delle singole monetazioni, nomi degli zecchieri, documenti che ne facciano apprezzare la produzione, e perfino uno studio sul nome delle monete. Gli elenchi delle leggende, degli zecchieri, dei documenti completano il quadro succinto, ma esatto e vivace. Solo si potrebbe osservare che la prospettiva di vedere fra non molto " uscito il volume del Corpus Nummorum Itali- corum riguardante Mantova, dove, se le incisioni non saranno molto nitide, senza dubbio copiose oltre ogni dire ,;, non è buona ragione per far rimandare i suoi lettori a consultare le tavole del Corpus, anche se queste riusciranno — come ne sono certo — molto più nitide di quanto crede TA. Ri- marrà sempre una lacuna al suo lavoro, che infatti richiede- rebbe in fine di libro il prospetto generale della monetazione dei Marchesi di Mantova, come speriamo 1* A. si induca ad aggiungere, quando svolgerà le altre parti e rimaneggerà il tutto da un punto di vista più largo. Poiché TA. non deve preoccuparsi dei suoi pochissimi lettori, come scrive : questi sono e saranno di più di quanto egli immagina, e saranno fra qualche anno in numero ancora maggiore, quando sapranno, che, appunto nella mancanza di lavori esaurienti sulla zecca di Mantova, troveranno in quella del Magnaguti ciò che da tempo sono andati cercando. Romussi (Carlo). Milano nei suoi Monumenti. — Milano, Società Editrice Sonzogno, 1913. Voi. II. Terza edizione rinnovata e completata. Volume di pag. 443, illustrato da 53 tavole fuori testo e 356 fotoincisioni. Questo secondo volume, che esce con decorosa veste tipografica e in gran formato come il precedente, tutto ni- tido nella stampa e tutto brillante di illustrazioni grandi e piccole, ci fa rammentare il lutto gravissimo che Milano sentì per la perdita del suo storico prediletto, che dello studio della sua città aveva fatto un culto e che nessuno avrebbe immaginato non potesse portare a compimento. Egli aveva 264 BIBLIOGRAFIA ricostruita la sua Milano nella mente, quando molto di quel che si è perduto e sfuggito c*era ancora, quando molti dei terraggi e dei borghi e molte delle case, delle pusterle, delle corsìe, delle colonne, che formavano la caratteristica della vecchia Milano, sopravvivevano ancora, quando era ancora visibile la Milano d'una volta, non ancora cosmopolita, che aveva visto aggirarsi entro le cerchia dei suoi navigli gli uomini sopravvissuti alla disfatta napoleonica, alla Repubblica Cisalpina e al Regno Italico. Fu davvero sventura che Carlo Romussi non abbia po- tuto finire la sua meravigliosa rievocazione, che solo lui sa- peva fare, con quel fervore di vita e di ricordi, con quei particolari di dottrina storica e archeologica, ch'egli sapeva così agevolmente presentare al pubblico. Camillo Boito giu- stamente aveva lodato il primo volume ripresentato al pub- blico milanese, perchè gli pareva un austero trattato che, passando attraverso il sentimento dell'autore diventa un rac- conto attraentissimo. Per questa ragione la Società Editrice Sonzogno tronca la pubblicazione di Milano nei suoi Monu- menti con questo secondo volume, che presentiamo al pub- blico, preferendo di lasciare incompiuta un'opera piuttosto che farla continuare con altro metodo che non possa sosti- tuire quello dall'autore. Il secondo volume va dall'anno 1000 al 1400 e ci pre- senta Milano topograficamente quale risulta dalla pianta del monaco cistercense, Angelo Fumagalli, nel 1158, durante l'assedio di Federico Barbarossa. Per la parte storica il volume tratta tre argomenti di- stinti: // Comune dalle origini alla Signoria; La Signoria Viscontea; Il Duomo. In una Rivista numismatica non potrebbe trovar posto questa recensione, nonostante la fama ben meritata del suo autore, se non fosse lodevolissimo nel Romussi il metodo in questo secondo, quanto nel primo volume, di valersi a piene mani del dato numismatico e di divulgarlo nell'opera con quell'insistente diligenza, che può avere solo chi ne ri- conosce l'importanza come documento storico e artistico di inconfutabile valore. Il suo proposito fu di presentare gradatamente i vari BIBLIOGRAFIA 265 tipi di moneta milanese in ordine cronologico, e quindi suc- cessivamente il denaro milanese di Corrado II (pag. 19), quelli di Enrico III, IV e V (pag. 31), le monete di Federico Barbarossa battute a Milano (pag. 97, 98), il soldo di En- rico VI e i denari di Federico II (pag. 150), il fiorino d'oro (pag. 208) e gli Ambrogini d'argento di vario tipo (pag. 209), il soldo e il grosso di Enrico VII e il soldo con l'aquila (pag. 252), i danari di Ludovico il Bavaro (pag. 272), il grosso, il soldo e il denaro di Azzone Visconti (pag. 285), i grossi di Luchino e Giovanni Visconti col drago e con la croce (pag. 313), il fiorino d'oro di Luchino e Giovanni Visconti (pag. 314), il grosso di Giovanni Visconti (pag. 320), il se- sino di Giovanni Visconti con la Vergine e il Bambino e quello con la M. (pag. 321), i doppi soldi o grossi di Ber- nabò e Galeazzo, il sesino di Galeazzo II, e i fiorini d'oro di Galeazzo II e di Bernabò (pag. 332, 333). Infine il Romussi presenta tutta la monetazione di Bernabò, i pegioni, il grosso il sesino o tessera (pag. 334). Gli originali di queste riproduzioni fiarono in gran parte tolti dalla collezione stessa che Carlo Romussi aveva com- posto in tante decine d'anni di studio sulla storia di Milano. Dove la sua collezione non giunse, si servì delle raccolte pubbliche milanesi e di quelle private, insigni per bontà e rarità, quali le collezioni di S. M. il Re, quelle Gnecchi e Verri ora del conte Lorenzo Sormani Andreani. Il Romussi non dimenticò nel suo splendido volume le medaglie, quali quelle delle Quattro Marie (pag. 61), quelle commemorative della battaglia di Legnano (pag. 126 27 e 131), il medaglione di Ezzelino da Romano (pag. 213) e altri che ci rammentano il dotto illustratore di Garibaldi nelle meda- glie del Museo del Risorgimenlo in Milano. Serafino Ricci. 266 BIBLIOGRAFIA Ah/osso (Luigi), La moneta e sue contraffazioni ; nozioni compen- diose ad uso degli allievi delle scuole elementari superiori. Milano, tip. Sacchetti, 1912, in-8 fig., p. 39. Canevali {Fortunato), Collezione di monete e medaglie italiane. Mi- lano, Alfieri & Lacroix, 1912, in-8 fig., pp. vii-39 (Estr. ddiWElenco degli edifici monumentali nella Valle Camonica). Economisti del Cinque e Seicento, a cura di Augusto Graziani^ in-8. Bari, Laterza, 1913 [3.0 La zecca in consulta di stato, del dott. Gemi- niano Montanari]. Graziani {Augusto), Teorie e fatti economici. Torino, fratelli Bocca, 1912, in-8 [15. 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L'apulia, fase. 1-2, 1912: Cagiati (Memmo). Monete spettanti alla zecca di Lecce. Atti r. istituto veneto di scienze e lettere, t. LXXII, parte 2.* (1913) : Rizzoli {Luigi, jun.). " Grossi „ veneziani scoperti ad Ospita- letto di Brescia. Bessarione, luglio-dicembre 1912 : Cascioli {G.). Il tesoro di S. Pietro in Vaticano. Memorie storico-artistiche. Bollettino del museo civico di Padova, a. XIII, n. 4-6 (1912) : Riz- zoli {Luigi, jun.). Un nuovo medaglione con doppio cerchio dell'impe- ratore Settimio Severo e i medaglioni romani del Museo Bottacin di Padova. 36 278 BIBLIOGRAFIA BULLETTI NO DELLA COMMISSIONE ARCHEOLOGICA COMUNALE DI ROMA, a. XL, 1912, fase. 1-3 : Marchetti (M.). Tessera ospitale. Nuovo ARCHIVIO VENETO, fasc. 86 (1912) : Castellani (G.). Recensioni di Gnecchi F. I Medaglioni romani e di Satnòon G. Repertorio generale delle monete. Rassegna nazionale, i6 XII, 1912 : Zucchi (M,), Il terzo volume del- l'opera numismatica del Nostro Re. 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L'oratore, dinanzi a pubblico scelto e numeroso di nu- mismatici, di professori universitari e di studiosi, notò come, nonostante i progressi fatti dairAmministrazione delle Anti- chità e Belle Arti, le collezioni numismatiche siano rimaste neglette, chiuse al pubblico, sfornite d* impiegati : alcune da mezzo secolo sigillate e sepolte, altre espongono tutto quello che hanno, con danno e pericolo. Gli inventari, senza impie- gati tecnici, sono insufficienti a garantire l'identità delle sin- gole monete e gruppi di monete, poiché speciale è il tratta- mento che deve essere riservato alle monete, ben diverso da quello che si usa per statue e quadri. Essendo urgente di provvedervi, il Salinas, enunciato il male, cerca di proporre i rimedi, ed espone un programma di lavoro nelle varie regioni d'Italia. Rileva poi la necessità per Roma, sede anche della Zecca, di avere due grandi rac- colte, una per le monete classiche, che già è formata al Museo delle Terme, un' altra per le monete e per i sigilli dell'Evo Medio e Moderno, che si dovrà formare a Castel Sant'Angelo. Ora la Società Numismatica italiana è ben lieta che questo giusto pensiero e questi saggi provvedimenti siano stati proclamati in Roma pubblicamente da un numismatico così noto come il Salinas e da un membro del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti; poiché questo è già 282 VARIETÀ garanzia che la stessa Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti non sia contraria a provvedimenti che s'impongono pel buon funzionamento degli studi e pel decoro della na- zione, soprattutto nei rapporti con Testerò. Ma molto più lieta e orgogliosa si sente oggi la Società Numismatica italiana, che ha per Presidente Onorario S. M. il Re, in quanto quei medesimi concetti che nell'anno 1913 Antonino Salinas crede opportuno di esporre in pubblico, dieci anni fa indicò la nostra Società italiana al Congresso Storico internazionale di Roma, precisamente nel 1903, con una Relazione di Serafino Ricci su la Numismatica nell'In- segnamento, poi nella Rivista italiana di Numismatica, inin- terrottamente, nelle Relazioni ai vari Congressi Storici Su- balpini, finché nel 1909 lo stesso Presidente, sen. Nicolò Pa- padopoli, credette opportuno di inviare una lettera aperta al Ministro per l'Istruzione d'allora. Fon. Luigi Rava (ved. Riv. ital, di Num., 1909, p. 331 e sgg.), alla quale il Ministro ri- spose, replicò il Papadopoli e replicò il Ministro, con con- seguenti voti della Società (p. 335). L'argomento fu ritrattato sempre a nome della Società Numismatica dal prof. Serafino Ricci al Congresso Numi- smatico internazionale di Bruxelles nel 1910 (ved. Atti del Congresso), e nei vari congressi del 191 1 e 1912 (Vercelli, Torino, Milano, Roma). Ne ritrattò il Circolo Numismatico Milanese a proposito della questione del Medagliere Nazio- nale di Brera e della riforma numismatica in Italia (ved. Bol- lettino ital. di Num., 191 1), il prof. Serafino Ricci in una conferenza pubblica a Roma su Le discipline numismatiche italiane nell'ultimo cinquantennio (21 ottobre 191 1), nella sede della Associazione Archeologica romana. La conferenza, oltre di essere pubblicata nel Bollettino di quelT Associazione, fu inserita nel Bollettino italiano di Numismatica e di arte della medaglia, come prolusione al Corso libero di Numismatica e Medaglistica che il prof. Ricci tiene all'Università di Pavia. Ma la migliore e più ampia dichiarazione dei concetti di Nicolò Papadopoli circa le condizioni nelle quali si tro- vano le nostre neglette collezioni numismatiche e ai provve dimenti più urgenti è contenuta nel magistrale lavoro del nostro Presidente Le raccolte numismatiche italiane - Censi- VARIETÀ 283 derazioni e proposte, presentate come lettera aperta a S. E. il Ministro dell'Istruzione on. Credaro, inserite nella Rivista italiana di Numismatica^ in sèguito alla Relazione del III Con- gresso Archeologico di Roma, sezione numismatica (ved. Riv. it, di Num., 1912, p. 467 e sgg.). Le considerazioni esposte in quell'occasione dal sen. Papadopoli furono ribadite e com- pletate con quelle esposte da G. Castellani nel suo lavoro Insegnamento ufficiale della numismatica e da Serafino Ricci neiraltro : // medagliere nazionale modello. È certamente notevole e confortante che i Presidenti soprattutto dei due massimi Istituti numismatici italiani, l'an- tica Società italiana di Numismatica, a Milano, e il giovane e promettente Istituto Numismatico italiano a Roma si siano incontrati, e abbiano sentita la necessità di esporre pubbli- camente concetti analoghi e tanto opportuni per il progresso reale e costante delle discipline numismatiche nel nostro paese, ed è sperabile che quei voti ripetutamente espressi a Roma e altrove, provenienti dalla Lombardia e rimasti, finora inascoltati, ripetuti oggi in Roma, dieci anni dopo, dalla stessa Direzione Generale per le A. e Belle Arti per bocca di uno dei suoi membri più influenti, possano essere finalmente esauditi. La Direzione. Falsificazioni. — La famigerata fabbrica romana di monete false, sulla quale abbiamo varie volte intrattenuto i nostri lettori, e che da qualche tempo non dava segno di vita, ora, a quanto sembra, sta per entrare in una nuova fase di attività. — Crediamo intanto opportuno segnalare ai nostri lettori alcune nuove monete d'oro false, recentemente messe in giro e che hanno fatto la loro comparsa anche a Milano. Esse sono le seguenti : Ferrara : Borso d*Este. Zecchino, ^ Stemma. 9 La risur- rezione. (Cat. Gnecchi N. 1276). Ancona : Clemente VII, Zecchino. ^ S. Quiriaco in piedi. 1$ Cavaliere a sinistra. (Cat. Gnecchi N. 51). Modena : Clemente VII. Zecchino, ^ Busto. 9 II Santo in trono. (Cat. Gnecchi N. 3349). Venezia : Mar in Faliero, Zecchino. 284 VARIETÀ Queste falsificazioni sono mirabilmente eseguite, tanto che ad un esame superficiale, potrebbero trarre in inganno anche un provetto raccoglitore. Accenneremo anche ad un aureo di Nerone ed Agrip- pina, che da qualche tempo fa il giro della città, e non sappiamo se a quest' ora abbia già trovato qualche ingenuo acquirente. Dono dì un busto di Celestino Cavedoni al Meda- gliere Nazionale di Brera. — Il cav. Foresti di Carpi, che mise all'asta, diretta dal cav. Pesaro, i quadri pregevoli della sua raccolta, prima di lasciare la città nostra, finita Fasta, ebbe il gentile pensiero di donare al Museo Numisma- tico e Medagliere Nazionale di Brera il busto in terra cotta del numismatico Celestino Cavedoni, Prefetto della Biblioteca estense nel 1847 e Direttore del Real Gabinetto Numisma- tico in Modena, carica già tenuta dal Muratori, dal Tira- boschi, dallo Zaccaria, e che V illustre numismatico seppe tenere al livello della nobile tradizione, essendo ormai nella pienezza della sua reputazione. Già la Rivista se ne occupò nel 1891 (anno IV, p. 507-524) per mezzo del benemerito biografo Costantino Luppi, che fece Telenco completo delle sue moltissime opere. A noi basterà citare lo Spicilegio Nu- mismatico (1838) e il Ragguaglio storico archeologico dei precipui ripostigli antichi di medaglie consolari e di famiglie romane d'argento, ecc. (1851), i due lavori meglio conosciuti e apprezzati anche oggi dai numismatici. Il busto in terra cotta del cav. Foresti, al quale la Di- rezione del Medagliere braidense manda i più sinceri rin- graziamenti, ornerà la protomoteca degli illustri archeologi, numismatici e storici che sarà esposta nella nuova sede del Medagliere alle Grazie in occasione dell'assetto decoroso e definitivo delle raccolte. Onoranze Manno. — Nei due splendidi volumi della Miscellanea di studii storici^ in onore del barone sen. An- tonio Manno, l'illustre storico e bibliografo, cui l'età non rallenta l'ammirabile attività, è fatta larga parte alle me- VARIETÀ 285 morie di indole numismatica. Vi notiamo : A. Cunietti. Una tessera di Carlo Emanuele I; A. F. Marchisio. Studi sulla numismatica di Casa Savoia; R. A. Marini. Medaglisti sa- baudi del Rinascimento e Serafino Ricci. Le basi scientifiche del Corpus Nummorum Italicorum. Concorsi a premio. — \J Académie des inscriptions et belles lettres ha conferito il premio Allier de Hauteroche al sig. Giulio Maurice per la sua Numismatique constantinienne (tre volumi, 1908-1912). Paghe e personale della Zecca di Milano nel 1786, — Un documento della Biblioteca Trivulziana (0 ci offre la nota del personale della zecca di Milano nel 1786 coi rela- tivi stipendi : RUOLO DELLA REGIA ZECCA DI MILANO 1786. Soldi Di pianta A titolo di stabile reintegrazione Direttore^ Michele Leitner L. 4000 L. 1000 Primo assaggiatore, Antonio Brusasorici . . „ 3000 „ 1000 Secondo assaggiatore, Don Giuseppe Mor de Sonnegg e Morberg „ 2000 .... Aggiunto agli uffici degli assaggi, Giuseppe Bru- sasorici „ 1400 Tesoriere, Francesco Chiapponi „ 3000 „ 1000 Ciselatore, Cristoforo Wocher „ 1400 .... Registratore e soprastante alle officine, Carlo Giu- seppe Legnani „ 1800 .... Custode e guardaroba, Carlo Maria Orelli . . „ 1400 .... Assistente alle fuse, Giuseppe Knitelmajer . . „ i2Co .... Concambista : Primo praticante, Giuseppe Fossati ... „ 800 „ 400 Secondo praticante, Ignazio Meisch ... „ 600 „ 600 Portinaro, Giovanni Reina „ 500 .... L. 22000 L. 6200 Ministro delegato e sovraintendente alla zecca era il ba- rone Stefano di Lottingen, personaggio ben noto nella storia economica della Lombardia nel Settecento. Dieci anni dopo, ovvero alFimminente rovescio del do- minio austriaco ed all'entrata de' francesi in Lombardia, il (i) Fondo Beìgiojoso, cartella 239. 37 286 VARIETÀ ruolo della zecca milanese era poco su, poco giù quello del 1786. Lo riportiamo a confronto da un vecchio almanacco del tempo (i) : REGIA ZECCA. Direttore, signor Don Michele de Leitenau, abitante nella zecca. Primo assaggiatore, signor Antonio de Brusasorici, nella zecca. Tesoriere, signor Carlo Legnani, contr. di S. Nazzaro Pietrasanta 2J16. Secondo assaggiatore, signor Giuseppe de Brusasorici, nella zecca. Cassiere, signor Antonio Sopransi, contr. di S. Andrea 8iy. Ufficiale aggiunto alla tesoreria di zecca, signor Carlo Galone, contr. de* Profumieri J2i'j. Ufficiali aggiunti al Direttore, signori Ignazio Meisch, Giuseppe Fossati, nella zecca. Custode, signor Carlo Orelli, nella zecca. Assistente alle fuse, signor Giuseppe Knittelmajer, nella zecca. Medagliere ed incisore, signor Antonio Guillemard, nella zecca. Aggiunti all^incisore, signori Cristoforo Wocher, Giuseppe Salwirch, nella zecca. Aggiunto alla registratura^ signor Gaetano Tanzi, corso di P. Tosa ap. Guarda portone, Carlo Corbetta, nella zecca. Portinaro d'ufficio, Vittore Caggiada, nella zecca. Scorrendo quei nomi vi notiamo quello del Guillemard, noto medaglista. Capi incisori divennero più tardi il Wocher e il nipote Salwirch morti, il primo nel 1820 ed il secondo nel 1821. Notizie sulla produzione artistica del Salwirch co- municò TAmbrosoli (2). Collaborò anche col Manfredini de- cesso e sepolto nel 1840 alla Mojazza ed assunto ai nostri giorni agli onori del Famedio (3). Manifesto monetario napoleonico datato da Mosca. — Interessante ed ancora d^attualità centenaria il fascicolo riccamente illustrato Gì* Italiani nella guerra di Russia (1812) dovuto alla dotta collaborazione del col. Guerrini e di An- tonio Curti (in-4 ili., Milano, Cogliati, 1913). Vi notiamo, quale curiosità, la riproduzione a fac-simile del manifesto del viceré Eugenio, riguardante la circolazione delle monete nel Regno Italico, datato da Mosca il 24 settembre 1812; e che mercè gentile concessione della Casa editrice ci è dato di offrire nella pagina di fronte ai lettori della Rivista, (i) Calendario ad uso del Foro per tutta la Lombardia Austriaca per Vanno bisestile 1796. Milano, Gaetano Motta. (2) In Forcella. Iscrizioni milanesi, voi. VI, pag. 35 (Milano, 1891), che riporta l'iscrizione funebre, già nel cimitero di S. Gregorio. (3) Forcella, loc. cit., VII, 67. — Belgiojoso. Guida al Famedio, pag. 138. NAPOLEONE, Per la grazia di Dìo o per le Costituzioni, Imperatore de' Francesi, Re d'Italia, Protettore della Confederazione del Reno e Mediatore della Confederazione Svizzera : EUGENIO N.4P0LE0NE di Francia, Hcerè (Tìiotia, Principe di Fenezia , Arti^ancelliere di Stato dell' Impera francese , a tutti (quelli che vedranno le presenti , salute : Sopra rapporto del Ministro delle Finanze , J.^01, in virfò dell' autorità che Ci è stata delegata dall'altissimo .ed angustissimo Imperatore e Re NAPOLtONE J, Nostro opora- >i»simo Padre e graiioso Sonano , abbianio decretato ed ordinato quanto Segue • Abticolo Primo. Col gioroó quindici ooTembre i8i3 cesseranno di eiser in corso le. seguenti monete : DlPàRTIHCKTI 6TB tkUSQ CORSO. in tutto il Regna Nf-ì Dipartimuntì deir Olona, Alto P■ o3 ■; La) parpaJQla da soldi cinqne del ijSS. ...» 14 i Vetta ^ soldi j 4 dal iy4<» ti 1750 . , » 07 — Detta maltagliaia > io — Il pezzo da soldi dieci ((^i Piemonte). , . . ■ t<> — La luetà della lira di Cyrlo VI « . . 08 -^ Qiiarlo detta » o4 — ' lia lira di Wafia Teresa • 16 7 Mewa detta. , ^ »».... 08 — Quarto detta 08 -, Tralro di Leopoldo U » n i Lira, del secondo blocco Pèzzo ìà soldi cipqM di Hilaaa del Secondo blocco " ■ Soldp del sol? Pezzo da soldi d(ie Mezzo so'do di Mantova .... Bluztero Mezza lira di Modeni. »9 oa l 00 i 01 ^ '4 \ 04 4 Nei Dipartimenti del Re"o , Rubicone e Bauo Po Mùiajor» vecchi» di. Pr«nee«Jo III 01 Detta di Ercole. Hi . . » . . ^^ ot M^za lira di Reggio > 04 Bolognino vecchio di Modena . Detto DMoyo .. I .,<,.... } rame Sesino di Modena Murajola da quattro 'faajorcbi . • 17 i Detta da due • 08 i Detta da oao i* ©4 *- CappeUone. . , • «8 •- Mezzo cappellone. » 09 — Bajocco . . • Mezzo detto Qu* .03 rame ; » 01 4 ). DiPAkTineRtt OT( ■«ll^b Coato: QlfAttt»' Ó«.l« MoNET». Valoke SCCOKDO A TAFIITV Nei Dipartimena yeneti di antica e nuova agtrtgdzione \ _ , , ,. - m eneiDiUÌ^tidiCr€m^ Soldo d. S. Marco e Rovigo Vtitù dettò i» soldi dièci ... Detto da soldi cinque o irairo 19 — 09 — Nei Dipartimenti f^eneti di nuova aggregazione Petto da soldi dieci {Provinciale) •■ ■■ Z Pezzo dà UD carantauo' | r-oi-^ Mezzo raarchetlo ) l ■ói? ^. Lira di Panna . < . • « tQ — . Metà detta < • bS -^ Cavallott'* di Piacenza ■ .■ <.>.>> o9 -^ Ntl Diitretto di Guastalla e net Comuni aggregati al Dipartimento del erottolo col Decreto l Mezzo detto » «» 4 5 agosto 181 Net Dipartimento deli Alto Adige '. nei Comiìni vx-Timlesi aggregati alla Piwf Soldi cinque di Parma .f rame Pezzo da cartniaoi Ire o3^ • - 09 — da caraalaoi uno. « oa •- da carantàni uno ( reme ) • oa — * IL N»l-D^)«Fiw»»i.to 4«ir^dige e nei Comuni cjsTiroleai aggregali alla Prave cesser.inno pure di essere in corso ira i privali col i5 novfn'bre 1812 le mo- nete infra espi esse già «aio e«dut»,daj|« uriffa annessa al Decreto 14 agosto 1810. Esse saranno oell' intervallo e sito aT i7 genT«r)t> tOrS bliche casse al valore loro attribuito conte segue: Caraittano vecchio di Maria Teresa dal 1755 al 1780 pel valore di n o3 >* Cara,Dlano di Giuseppe II dal 1780 «I 1800 . « oa «— Caranlano nuovo austriaco dettò dell'A-juila « 00 •; Soldo doppio austriaco o soldo di Trento . » oa — Snido semplice austriaco o quattrino di Trento • ■ • • 01 — Trairo «astriaco del valor nominale di tre caraatanL < 09 -^ UT. Passato il i5 novembre 181 a le mortelo poste fuor» di corso in vigore dell'ar- ticolò I. continueranno ad essere ricevute dai Ricevitori ed alle easse pubWii cbe al valore della lariiT* attuale sino al i5 geUDajo i8i3. Nei Comuni exrTirolesi aggregali al Dipartimento della Piave cesseranno col i5 novembre 18 la di aver corso le. monete erose purlicutari al Dipartimento dell'Alto Adige ,' ed avranno corso incominciando dulia puliblicazìonu del pre- sente Decreto m detti Comuni te roonele coi reati nel resto -del Uiparlinieolo della Piave. V. Nei Comuni notti al RegnQ in esecuzione del Decreto di S. M. 5 agosto i8ti avranno corso le monete autorizzate nel Dipartimento di cui detti Comuni ora fjnno parie. ^ Le monete nnn autorizzate nel rispettivo Oiparltmeoto cesseranno di aver carso io delti Comuni col |5 novembre tSta. VL I Ministri delle Finanze e del Tesoro sono incaricati , ciascuno io ciò che lo riguarda, dell' esecuzione del prcseois Decreto' che sarà pubblicato ed in.seiilo tei Bo'IeiM... delle I.e.gì. Dato dal ^oslro Quartier generde di Mosca il a4 scuembre iSia.. EUGENIO NAPOLEONE. Pel Viceré, U Consigliare Jle^retarió di Sialo, A. STRICFJLLI. MILANO^ dalla Aeale Stuuperia , prezzo 1 5 cent 288 VARIETÀ Cholera Morbus e monete coniate nel 1832. — To- gliamo da una Miscellanea numismatica della Biblioteca Tri- vulziana il seguente ricordo ovvero : " Promemoria storico sulle monete d'oro e d'argento di S, M. Maria Luigia Principessa Imp,^ Duchessa di Parma Piacenza, etc. coniate nella Zecca di Milano nel mese di Feb.° 1832. " Con decreto i/' X.^*"* 1831. inserito nella Gazzetta di Milano la prelodata Maestà Imp.'* per il caso che il Cholera Morbus dalla Germania dove allora infieriva penetrasse in Italia e né suoi stati volendo apparechiar soccorsi agli indi- genti ed in special modo agli amalati senza imposte straor- dinarj e tributi a suoi sudditi, non dubitando che il suo esempio non fosse per essere imitato da tutti coloro che ne avessero il potere, fece la risoluzione di privarsi della sua toilette e di un grande specchio detto Psiche di egregio lavoro Parigino eseguito all'epoca del suo Matrimonio con Napoleone, amendue d'arg.^° dorato con alcune parti di lapislazzoli e di cristallo di rocca, Ordinando che il metallo fosse conver- tito in moneta d'argento e d'oro, ed il lapislazzoli ed il cristallo di rocca fossero venduti, e destinando il loro pro- dotto all'oggetto di beneficenza sovr* indicato. " In esecuzione di detto Decreto il Conte Simonetti di Parma suo Ciambellano consegnò li 18. X.*"^* alla Zecca di Milano li detti Capi preziosi che furono con processo ver- bale spezzati sotto i suoi occhj e fusi. Il peso che risultò dalla loro fonditura fu di once 18450.14 a peso di Marco di Milano, colle quali once fatta la partizione dell'oro e dell'ar- gento risultarono coniati pezzi in oro da 20. franchi N. 100,9. pezzi in arg.*° da 5. franchi N. 20796. coi tipi della sua prima monetazione del 1815. al tittolo di 0,900 colla data 1832. cosichè il valore realizzato per tal modo dai predetti arti- coli ascende in oro franchi 20,180. " In argento „ 103,980. " in tutto Italiane L. 124,160. „. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Seduta del Consiglio 15 Giugno 1913. (Estratto dai Verbali). La Seduta è aperta alle ore 14 nella Sede Sociale al Castello Sforzesco. I. — È letto e approvato il verbale della Seduta pre- cedente ; II. — Si approva la composizione del II fascicolo della Rivista, 19 13 ; III. — Presentato dai due Vice-Presidenti, è ammesso, in qualità di Socio Corrispondente^ il Sig. Rag. Giovanni Mas sia di Cuneo ; IV. — Il Segretario dà lettura dei seguenti doni per- venuti alla Società : Cunletti-Cunietti Barone Cav. Alberto. La sua pubblicazione : Alcune varianti di monete di zecche italiane. Milano, 1912 (Estr.). Qnecchl Comm. Francesco. N. 35 Catalogiii di vendite di monete. Lenzi Furio. La sua pubblicazione: Di alcune medaglie religiose del IV secolo. Roma, 1913, fig. (Estr.). Magnaguti Conte Alessandro. La sua pubblicazione : Studi intorno alla zecca di Mantova. Prima parte (I Marchesi 1433- 1530). Mi/ano, 1913, fig. Romussi Carlo (Vedova di). La pubblicazione del defunto suo marito: Milano nei suoi monumenti. II volume. Milano, 1913, con tav. e il- lustrazioni nel testo. 290 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Tolstoi Conte QioTanni. I primi quattro volumi della sua pubblicazione : Monete bizantine. Pietroburgo, 1912-13 (con tav. e fig.). Alle ore 15 Vi» esaurito TOrdine del Giorno, la seduta è levata. Assemblea Generale dei Soci 15 Giugno 1913. (Estratto dai Verbali). I Soci sono convocati per le ore 16 nella Sala Sociale al Castello Sforzesco. Sono presenti i due Vice-Presidenti, tre Membri del Consiglio e parecchi Soci. Dopo la lettura e Tapprovazione del Verbale dell'As- semblea precedente, il Vice-Presidente Comm. Francesco Gnecchi, commemora con affettuose parole l'egregio Collega Cav. Giuseppe Gavazzi, mancato ai vivi il giorno 3 dello scorso maggio, ricordando ai convenuti le sue benemerenze, e la sua opera costante e feconda a beneficio della Società. Fa in seguito una breve esposizione sull'andamento stati- stico e morale della Società nello scorso anno 1912. Nulla di specialmente notevole si ebbe a rilevare durante l'anno. II numero dei Soci e degli Abbonati alla Rivista rimase pressoché invariato. Qualche sensibile incremento si ebbe la Biblioteca Sociale, alla quale pervenne anche un discreto numero di importanti opere straniere. La Rivista continuò regolarmente la sua vita, sorpas- sando, come fa da qualche anno, le 600 pagine, e procu- rando di variare la materia, per meglio rispondere ai gusti e alle esigenze di tutti i suoi lettori. Delle grandi opere numismatiche in corso di pubblica- zione, già precedentemente segnalate, il Relatore accenna al III volume del Corpus Nummorum Italicorum, apparso nel 1912, volume che comprende le monete della Liguria e deir/50/a di Corsica, Il seguente volume, che comprende le monete della Lombardia, vedrà la luce probabilmente nel corrente anno. Si sperava di potere in questa Relazione annunciare ai Soci l'esito delle pratiche intavolate col R. Governo e col Municipio di Milano circa la nuova Sede della Società, e ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 2^^ rassetto definitivo del Gabinetto Numismatico; ma purtroppo le trattative non hanno ancora approdato a nulla di positivo. Il Consiglio, che già si è tanto adoperato per riuscire nel- r intento, continuerà Topera sua attiva presso i due enti in- teressati, perchè, almeno entro l'anno, si possa addivenire ad una soluzione. Il Relatore passa da ultimo a rendere conto del Bilancio Consuntivo del 1912, esponendo le seguenti cifre : Bilancio. Rimanenze attive del 1911. Quote da riscuotere da Soci ed Abbonati alla Rivista L. 60 — Fondo di cassa » 943 — L. 1003 — Entrate dell'anno 1912. Quote di Soci e di Abbonati alla Rivista L. 4550 — Secondo acconto sugli utili nella vendita dell'opera di S. M. il Re d' Italia : Corpus Nummorum " 5068 — Interessi sul fondo di cassa in conto corr. >» 191 50 L. 9809 50 Rimanenze passive. Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1911. . L. 80 — L. 10892 50 Rimanenze passive del 1911. Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1912. . L. 80 — Spese del 1912. Stampa della Rivista e accessori . . . . L. 5476 — Fotoincisioni ed eliotipie » 850 — Spese per la collaborazione della Rivista » 400 — Spese di Segreteria " 100 — Spese per custodia dell'Ufficio Sociale . » 100 — Spese postali » 58 50 L. 6984 50 Rimanenze attive al 1912. Quote da riscuotere da Soci e Abbonati . L. 100 — Fondo di Cassa » 3728 — L. 3828 — L. 10892 50 292 atti della società numismatica italiana Dimostrazione. Attività in principio di esercizio . . . . L. 1003 — Passività » 80 — L. 923 — Attività in fine di esercizio L. 3828 — Passività M 80 — L. 3748 - Aumento di patrimonio L. 2825 — Entrate dell'anno 1912 L. 9809 50 Spese » 6984 50 Avanzo L. 2825 — // Segretario Amministratore: Angelo Maria Cornelio. Anche nel 1912, come lo dimostrano le esposte cifre, il Bilancio della Società sarebbe stato passivo in causa della grave spesa della Rivista, se non fosse entrato il secondo acconto degli utili sulla vendita deirOpera del nostro Augusto Presidente Onorario, nella cifra di L. 5068, mercè il quale si potè fare un notevole avanzo. Con questo si potrà far fronte con animo sereno alle spese che purtroppo dovrà incontrare la Società per il trasporto nella nuova Sede. L'Assemblea approvò la Relazione e il Bilancio consun- tivo 19 12. Si procede da ultimo alla nomina di due Membri del Consiglio, in sostituzione del rimpianto Cav. Giuseppe Gavazzi e del Cav. Camillo Serafini, dimissionario. Fatto lo spoglio delle schede, riescono eletti i signori : Stefano Johnson di Milano e Cav, Memmo Cagiati di Napoli. Alle ore 18, esaurito TOrdine del Giorno, i Vice-Presi- denti sciolgono rAdunanza. Finito di stampare il 30 giugno 1913. MM I M H>»» m »* M » Il III Hm i M I» ♦♦♦♦»«»♦« » «*»««»♦♦♦»«.♦*«»♦»♦♦«♦««♦♦♦♦«#«♦♦♦« R0MANENGHI Angelo Francesco, Gerente responsabile. FASCICOLO III I APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA CVII. TRIBVNICIA POTESTAS o TRIBVNICIA POTESTATE (fvnctvs)? In principio del corrente anno 1913 venne tro- vato in un paese della media Italia, che non mi fu dato identificare precisamente, quest'aureo d'Adriano: ^ - IMP CAE D TR PAR F D NER N TRA HADRIANO AVG- Busto laureato a destra con paludamento e corazza. I^ — TRIBVNIC POTESTAS COS III Busto radiato del Sole a destra. Il quale aureo presenta due singolarità che fer- mano Tattenzione; una — almeno apparente — scon- cordanza di data fra le due leggende, che richiede una spiegazione, e una singolarità neirespressione del potere tribunizio, che pure va chiarita. 296 FRANCESCO GNECCHI Le due questioni sono intimamente collegate fra loro, anzi si spiegano a vicenda; ma è bene consi- derarle separatamente. I. # La data. La testa radiata del dio Sole rappresentata nel rovescio del nuovo aureo non è punto un tipo nuovo. Il culto del dio Sole venne rievocato da Trajano dopo l'epoca di M. Antonio e venne rievocato col medesimo tipo, della testa radiata del dio, con un aureo (Cohen, 39/187) che porta al rovescio la leg- genda: PARTHICO P M TR P II PP SPQR, e che quindi deve essere stato coniato negli anni 112 a 116. E il medesimo tipo Trajano ripete anche su due denari d'argento (Cohen, 100/188 e 101/189). Adriano emette il medesimo tipo in un aureo del suo primo anno di regno, ossia nel 117, con la leggenda : B' — IMP CAES TRÀIAN HADRIANO AVO DIVI TRA PARTH F 9 - DIVI NER NEP P M TR POT COS (Cohen, 330/1003), aggiungendo al busto del Sole la leggenda ORIENS. Designato console per la seconda volta nello stesso anno 117, ne emette un secondo con la leg- genda : - P M TR P COS DES II (Cohen, 331/1004). Eletto poi console per la seconda volta, nel 118, ne emette un terzo in due varianti per Tornamen- (azione del busto (Cohen, 332/333/1005/1006) e con la leggenda : t^ - IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG 1> - P M TR P COS II. TRIBVNICIA POTESTAS O TRIBVNICIA POTESTATE 297 Arriviamo così al nuovo ora apparso con la leggenda già citata : ÌB" — IMP CAE D TR PAR F D NER N TRA HADRIANO AVG ^ — TRIBVNIC POTESTAS COS Ili (0. Il terzo consolato ci segna Tanno 119, ciò che a tutta prima non sembra conciliabile con la leggenda del diritto ancora ricordante il divo padre Trajano e il divo avo Nerva, leggenda speciale del primo anno del regno d'Adriano e che viene abbandonata già nel secondo, quando il nome d'Adriano parve sufficiente a se stesso, senza il richiamo dei divi parenti. A qualcuno tale sconcordanza sembrò cosi grave da mettere in dubbio V autenticità delT aureo la quale però non offre alcun appiglio alla critica più severa, come ebbero a dichiarare tutti quelli che Tebbero fra le mani. Ma la giustificazione esiste nel fatto che Taureo non è coniato in Roma, bensì in una zecca orientale, come lo indica lo stile. Basta osservare i caratteri che sono un poco più minuti di quelli usati dalla zecca di Roma e più ancora la mo- dellatura delle effigii, la quale appare ben lontana dall'arte squisita degli incisori romani, che appunto nell'epoca di Adriano raggiunge il suo apogeo. Ora è naturale che le notizie della capitale do- vessero arrivare con qualche ritardo nelle lontane Provincie, nelle quali poi a certe sottigliezze epigra- fiche probabilmente non si faceva rigorosa attenzione. È ovvio supporre che vi fosse giunta la notizia della proclamazione d'Adriano al terzo consolato: ma non (i) Adriano ha pure due medii bronzi imperatorii col busto de Sole. Uno descritto da Wiczay e riportato da Cohen, n. 1028/1180 è identico al penultimo degli aurei descritti con TR P II ; l'altro venne in luce poco tempo fa ed è ancora inedito. Porta al diritto la leggenda HADRIANVS AVGVSTVS e al rovescio la data COS III. 298 FRANCESCO GNECCHI quella assai meno importante della semplificazione della leggenda pel nome imperiale. E perciò la zecca provinciale, nella quale la coniazione delForo non era regolare e continua come in quella di Roma, ma invece saltuaria e intermittente, prese in queirocca- sione a modello ed imitò più o meno fedelmente una fra le monete più recenti, arrivate dalla capi- tale; moneta che, dopo tutto, doveva essere stata coniata non più di due anni o forse anche un solo anno e mezzo prima. Ciò mi pare dia una spiegazione sufficiente dello squilibrio cronologico che si sarebbe dovuto rim- proverare alTaureo, se fosse stato coniato in Roma, e possiamo passare all'esame della parte più curiosa dell'aureo stesso, nell'espressione POTESTAS al nomi- nativo. IL La potestà tribunizia. La potestà tribunizia è epigraficamente quasi sempre e dirò anzi sempre, meno una sola ecce- zione, come vedremo più tardi, espressa sulle mo- nete in modo vario, ma sempre abbreviato, cosicché riesce assai difficile stabiHre quale sia il caso gram- maticale che vi si debba attribuire. Le abbreviazioni TR P, TR POT, TRI POT TRIB POT, POTES, POTEST pos- sono tutte essere interpretate in due modi, quali nominativi cioè o quali ablativi, TRIBVNICIA POTESTAS O TRIBVNICIA POTESTATE CFVNCTVS). È a quest'ultima interpretazione che tutti i numi- smatici si attennero e credo con ragione. L'esempio di parola completa è eccezionale, al punto che io ne conosco uno solo e precisamente in un asse di Tiberio il cui rovescio è : PONTIFEX TRIBVN POTESTATE XII (Cohen, 38/27) coniato sotto Augusto nell'anno io dell'era volgare. TRIBVNICIA POTESTAS O TRIBVNICIA POTESTATE 299 Pel nominativo invece Taiireo più su descritto non è runico esempio. Ne esiste un secondo, in un denaro dello stesso Adriano che, se a me era ignoto, era però conosciuto assai prima. Solo era difficile scovarlo e molti forse ancora non lo co- noscono. Eckhel ne diede al suo tempo T esatta descrizione (tomo XI, pag. 475) e la diede pure Cohen nella prima edizione, mentre nella seconda la descrizione è inesatta appunto nella parte importante e sembra fatta apposta per nasconderlo piuttosto che per farlo conoscere (^). Ad ogni modo, siccome il denaro porta la leggenda principale ADOPTIO non era facilmente rintracciabile e io lo ignorerei ancora se non mi fosse stato gentilmente comunicato dal prof. Kubitschek, che si sovvenne di conservarlo neiri. R. Gabinetto di Vienna, quando gli comunicai Taureo mio. Ecco la descrizione del denaro: 9 IMP CÀE DI TRAIÀN F DI NER NEP TRA HADRIANO AVG- Busto a destra. ADOPTIO (all' esergo) POTESTAS (in giro). Trajano e Adriano che si danno la mano. Il denaro, al pari delFaureo, è evidentemente di fabbrica provinciale e con tutta probabilità va attri- buito a una zecca deirOriente. (i) Cohen (2.» ediz., n. 7), dà la leggenda ADOPTIO TRIBVNIC POTEST e ripete l'errore nella serie delle leggende dei rovesci nei 7.0 volume. 3CO FRANCESCO GNECCHI Abbiamo dunque due esempi del nominativo e uno solo dell'ablativo. Malgrado ciò Tesempio unico dell'ablativo ha un valore assai superiore ai due del nominativo, perchè, mentre questi provengono da zecche esotiche, il tipo, per quanto unico come tale, dell'ablativo è però moneta comune, cono- sciuta in moltissimi esemplari e, quello che più im- porta, coniata certamente nella zecca di Roma. A confortare questa lettura poi, citerò anche il CENSORIA POTESTAT di Domiziano, che rappresenta l'identico caso, in un aureo e in qualche denaro d'argento. Noi quindi, basandoci sull'autorità di Roma, considerando come espressione semibarbara o per Io meno provinciale il TRIBVNICIA POTESTAS, possiamo continuare tranquillamente a leggere TRI- BVNICIA POTESTATE (functus) come abbiamo fatto fi- nora, ritenendo con tutta sicurezza che così legge- vano i contemporanei. Oltre al fatto materiale, osserveremo che tale dicitura s'addice assai meglio ad esprimere il vero concetto o se vogliamo la sfumatura di concetto che era nell'assunzione di tale potere da parte dell'im- peratore il quale non era il tribuno ; ma aveva as- sunto pei propri fini la podestà tribunizia : u Aliud a fuit Tribunatus, aliud tribunicia potestas. Nam « Sylla tribunatum non sustulit sed tribuniciam po- « testatem. Rursus Romani Imperatores Tribunatum « non gessere, sed tribuniciam potestatem sumpse- " runt. Nam, cum Plebejis fas esset solis Tribunatum a gerere, religio Imperatoribus fuit Tribunatum sibi « vindicare, cum Patricii essent; cum vero Tribuni « Plebis sacrosancti essent, Imperatores sibi pote- « statem tribuniciam usurpavere ut et ipsi sacro- « sancti essent et inviolabiles » (0. (i) Cic. De Amici fia, t. 12. CVIII. UN REBUS COSTANTINIANO. ^ — CONSTANTINVS P F AVG Testa laureata di Costan- tino Magno a destra. 9 — Due mani giunte, sopra le quali AVGG". Il tutto in una corona d'alloro. Il nuovissimo e curioso aureo fu ritrovato nello scorso dicembre presso Jesi, e la sua stranezza me- rita che se ne faceva un cenno speciale. La semplice leggenda AVGG sul rovescio di una moneta è non solo strana e nuova ; ma sarebbe anche inesplicabile, se non fosse altrimenti comple- tata. E il suo complemento sta in quelle due mani giunte che si vedono al disotto e che rappresentano simbolicamente il sostantivo. Il simbolo delle due mani giunte per indicare mutualità di amore, di fedeltà, di pietà, di pace, di concordia, non è nuovo fra le monete romane. Esso rimonta all'epoca di Augusto, ove lo troviamo ac- compagnato dalla leggenda PAX. Lo ritroviamo sulle monete di Galba, di Vitellio e di Vespasiano colla leggenda FIDES EXERCITVVM, sotto Vespasiano, sotto Albino con FIDES LEGION, molto ripetuto poi sotto 39 302 FRANCESCO GNECCHI Balbino e Pupieno colle leggende AMOR MVTVVS ÀVGG, CARITAS MVTVA AVGG, CONCORDIA AVGCj, FIDES MVTVA AVGG, FIDES PVBLICA, PIETAS MVTVA AVGG, ecc., ecc., e ancora sotto Carausio con FIDES MILIT. In tutti questi casi però le due mani restano semplicemente simbolo del concetto espresso dalla leggenda ; mentre nel caso attuale il simbolo ne fa parte integrale e ne è anzi la prima parola, e la più importante, senza la quale non avrebbe alcun signi- ficato la seconda. È chiaro che nel nostro caso le due mani giunte si devono riferire alla Concordia, e quindi la leggenda completata sarà CONCORDIA AVCjVSTORVM alludente alla concordia del padre e dei due figli insieme regnanti. Si tratta dunque di un vero « Rebus » di cui non mi sovviene altro esempio in tutta la moneta- zione imperiale romana, e rimane la difficoltà del collocamento di questa moneta nella serie alfabetica dei rovesci di Costantino. F. Gnecchi. LA MONETAZIONE DI AUGUSTO PARTE SECONDA ZECCA DI LUGDUNUM. Alla Spagna segue, in ordine geografico, la Gallia ; è quindi della grande zecca .imperiale di questa regione che dobbiamo ora occuparci: la zecca di Lugdunum (Lione) che, per la X acclamazione im- peratoria d'Augusto inscritta sulle sue monete, di- mostra di aver incominciato a funzionare dal 15 a. C. come grande zecca per Toro e per l'argento . Dovendo esporre il risultato delle mie indagini su questa zecca mi accorgo però che riguardo ad una parte di esse sono arrivato troppo tardi, dopo parecchi insigni numismatici dei quali sarebbe tut- tavia difficile stabilire Tordine di precedenza nelle ricerche su questo argomento, tanto ne è complessa la questione di priorità. Il primo ad occuparsi delle monete augustee di Lugdunum sembra sia stato il Salis, il quale sino da una quarantina d'anni fa, classificando per ordine di zecca le monete romane del Museo Britannico, constatò l'identità stilistica che accomuna gli aurei ed i denari colle acclamazioni imperatorie ai bronzi col tipo dell'altare di Lione, assegnando a tutte queste monete una identica zecca; ma egli non potè render noti i suoi studi. Invece — a quanto sembra — fu il Lenormant a pubblicare il primo cenno sulla zecca in questione. 304 LODOVICO LAFFRANCHI quando (0 asserì, senza però spiegarcene il motivo, che le monete d'oro e d'argento di Augusto, colle acclamazioni imperatorie ed il tipo del toro coz- zante, spettano alla zecca di Lione. E probabile che con questa espressione laconica volesse comprendere nel gruppo anche le altre monete di identico stile che recano le acclamazioni imperatorie unite ai tipi di Apollo e Diana, e mostrano di appartenere alla medesima zecca ove uscirono quelle col toro. Più tardi THeadC^), inspirandosi evidentemente alla classificazione del Sahs, riprodusse un denaro al tipo di Diana, ed avvertì che esso doveva asse- gnarsi alla zecca di Lugdunum. Terzo ad intervenire nel dibattito fu il dott/ Ca- brici, il quale nel 1905 assegnò anch'egli a questa zecca le monete in questione, probabilmente instra- dato dalle laconiche pubbhcazioni precedenti. Ma egli ebbe però cura di spiegarci i motivi che a suo criterio giustificavano tale assegnazione, in uno stu- dio (3) che appare animato da concetti affatto diff'e- renti da quelli del Salis; però il Cabrici, di tutta la monetazione colle acclamazioni imperatorie, limitò l'attribuzione alla zecca Lugdunense, alle monete coll'effige di Augusto a testa nuda, emesse dal 15 all'i I a. C. Tuttavia anche la pubblicazione del Cabrici si dimostrava incompleta, poiché nel 1910 uscì l'im- portante catalogo scientifico del Crueber ^4) — al quale ho già accennato precedentemente — in cui erano finalmente messi nel dovuto rilievo gli studi del Salis, e veniva assai meglio dimostrata Timpor- (i) Vedi Lenormant. La Monnaie peudant l'Atttiquité, voi. II, pag. 189. (2) Vedi Head in Guide citata dal Cabrici, come vedremo più avanti. (3) Vedi Gabrici. La Numismatica di Augusto "Zecca di Lugdunum „ in Studi e Materiati di L. A. Milani, 1905, pag. 182. (4) Vedi Grueber : Roman Republic, voi. II e tavole relative. LA MONETAZIONE Di AUGUSTO 305 tanza della zecca di Lugdunum estendendone la mo- netazione all'intero periodo 14-2 a. C. ^^). Per questa pubblicazione il mio compito viene assai facilitato, poiché, accettando toto corde la clas- sificazione del Salis, non dovrò diffondermi partico- lareggiatamente che sulla parte riguardante il rima- nente regno di Augusto e quello di Tiberio, in modo da concretare l'intera classificazione dei prodotti di questa zecca sino alla riunione colla zecca senatoria di Roma. Avendo già dimostrato il contemporaneo fun- zionamento delle zecche imperatorie di Spagna e di quella senatoria in Roma, mi riuscirà molto facile persuadere i lettori che la zecca di Lione non è se non la continuazione delle zecche imperatorie di Spagna e d'Asia e ciò è provato specialmente dal fatto che essa inizia là coniazione dell'oro e dell'ar- gento precisamente nel 14 a. C, poco dopo la ces- sazione delle emissioni spagnuole ed asiatiche. Evidentemente in questo inizio non dobbiamo riconoscere che un semplice trasferimento delle di- verse maestranze le quali, già addette alle zecche imperatorie di Spagna e d'Asia, venivano ad essere conglobate nella nuova sede di Lugdunum. Ed in verità, se noi confrontiamo i diritti dei primi denari ed aurei di Lugdunum (Tav. II, n. 2, 4, 6) con quelli di Spagna (Tav. II, n. 3, 5) e d'Asia (Tav. II, n. i), siamo indotti a constatare che le mo- nete lugdunesi ereditarono dalle spagnuole la ma- (1) Più recentemente (1912) è uscito il Manuel de Numism.^ Frafifaise di Blanchet e Dieudonné il quale reca una brevissima sintesi dell'ar- gomento in questione, ma non cita affatto l'opera del Grueber e sembra non conoscere che lo studio del Cabrici. 306 LODOVICO LAFFRANCHI niera con cui è eseguito il profilo deireffige di Au- gusto, e dalle asiatiche il trattamento dei capelli e la terminazione del collo ; sono perciò due maniere artistiche fuse e compenetrate in una sola. Venendo finalmente alla parte descrittiva essa deve iniziarsi col gruppo degli aurei e dei denari a festa nuda dei quali — come abbiamo veduto più sopra — è oggetto nelle dissertazioni del Cabrici e del Grueber ; dovrò quindi ripetere, salvo qualche differenza di metodo, le loro descrizioni. ^ — AVGVSTVS DIVI F in leggenda esterna, testa nuda di Augusto a destra od a sinistra. (Tav. II, n. 2, 4, 6). Anni 15-14 avanti Cristo. — Aurei e Denari. ^- 9 — t;^ — z: Augusto seduto a sinistra su di una sedia IMP • X da campo {Sella caslrensis) posata su palco {sug- geslum) riceve un ramo d'alloro da un soldato che gli sta di fronte coperto di mantello ed ar- mato di spada. Cohen, 2.^ ediz., n. 130, 131. (Tav. II, n. 7). 2. 1^ — Tipo identico con due soldati. Cohen, n. 132, 135. (Tav. II, n. 8). Il Cohen attribuiva le monete con IMP X all'anno 12 a. C, ma Gabrici e Grueber riferiscono la X acclamazione imperatoria di Augusto alle vittorie contro i Germani ed i Reti, ottenute nel 15 a. C. dai suoi legati Druso, Nerone e Tiberio. (i) Ho constatato che questi aurei e denari, come pure quelli con IMP XIIII, che descriverò più avanti, i quali presentano anch'essi le figure del rovescio disposte ai due lati anziché nel mezzo ; recano un punto al centro del circolo delimitato dalle perline. Questa particolarità ho già osservato anche su talune monete della Tetrarchia col rovescio Provideniia Deorum Quies Augg^ ed anche il Dattari osservando sulle monete tolemaiche un punto simile, ma incavato, ne trattò sulla Rivista Ital. di Num. del 1908. LA MONETAZINNE DI AUGUSTO 307 Anno 13 a. C. — Aurei e Denari. ^- ^ — V^à^ — V Toro cornupeta a destra, col viso guardante IMP • X all'indietro e la gamba sinistra alzata U). Cohen, n. 138, 141. (Tav. II, n. 9). 2- ^ — 717^ — ^ Toro come sopra, ma a sinistra colla gamba IMP • X destra alzata. Cohen, n. 136, 137. (Tav. II, n. io). IMP I ' X 3. 9^ — — — Apollo Citaredo a destra, in abito femmi- nile tenendo la lira ed il plettro. Cohen, n. 143, 144. (Tav. II, n. 11). IMP i * X 4* "^ Qi?4i — Diana Venatrice rivolta a sinistra e guar- dante a destra, tenendo Tarco ed un giavellotto: avanti ad essa il cane. Cohen, n. 145, 146. (Tav. II, n. 12). Anno 12 a. C. — Denari. Capricorno a destra tenen Cohen, n. 147. (Tav. II, n. 13). !• 9 — : r: Capricorno a destra tenendo il e:lobo. IMP • XI ^ *" Anno 11 a. C. — Aurei e Denari. ^- ^ - MTxi^i '^°''° " '^'''''' Cohen, n. 152, 155. (Tav. II, n. 15). Cohen, n. 156. * (Tav. II, n. 16). (i) Il tipo del toro unitamente a molti altri di Augusto, venne re- stituito da Vespasiano durante la commemorazione della battaglia d'Azio (vedi la mia memoria : Un Centenario Numismatico nelFantichità in Ri- vista Ifal. di Num., anno 191 1). 3o8 LODOVICO LAFFRANCHl o. B _ I^AL^U Apollo Citaredo. ^ ^ ACT Cohen, n. 15. (Tav. II, n. 17). 4. R( — ' ^.^ Diana Venatrice. ^ ^ SICIL ovvero SIGILI Cohen, n. 152, 155. (Tav. II, n. 14, 18). Quinari o Mezzi Aurei. (La testa nuda d'Augusto è sempre a destra). 5. 19 — IMP XII in leggenda esterna. Vittoria seduta a destra sul globo tenendo una corona. Cohen, n. 151. 6. R) - TR POT XIII Tipo idem. Cohen, n. 311. Colle monete che accoppiano la testa nuda di Augusto alla sua XII acclamazione imperatoria termi- nerebbe, secondo il Cabrici, il funzionamento della zecca di Lugdunum per quella monetazione d'oro e d'argento che la classificazione del Salis protrae in- vece sino al 3 a. C. Recherà forse sorpresa questa differenza di con- clusione nei due autori, ma facilmente essa si spiega tenendo conto delle diversità metodologiche fra le due scuole che dividono il campo della numismatica antica: la scuola storico-archeologica e la scuola critica. La prima ricercando quasi esclusivamente le de- duzioni biografiche e mitologiche della monetazione, subordina le sue- conclusioni a quelle dei testi storici dell'antichità e costringe la numismatica ad adat- tarvisi ; perciò essa non può dare risultati positivi per quanto riguarda la classificazione geografico- cronologica delle monete, e la loro autenticità. LA MONETAZIONE DI AUGUSTO 3O9 La seconda invece, della quale furono iniziatori il Salis di Londra ed i più vecchi specialisti di Vienna (Kolb, Missong, Rodhe), procede mediante lo studio accurato dello stile letteraristico o paleografico che dir si voglia e della maniera artistica colla quale sono trattate le effigi e le figure allegoriche: coi cri- teri cioè della critica d'arte applicata alFindagine numismatica, e ricava le deduzioni storiche dalle monete stesse, correggendo con queste deduzioni le talvolta errate asserzioni dei testi. Essa è quindi la vera interprete del positivismo numismatico, lad- dove la prima, ad onta del suo sfoggio di erudizioni accessorie, non rappresenta che l'empirismo (^). A quanto sembrerebbe dal suo lavoro, il Ca- brici si sarebbe inspirato più ai criteri della prima che a queUi della seconda scuola, poiché egli, pur notando che le monete in questione non possono, per la loro fattura, assegnarsi alla zecca di Roma, ne dedusse l'attribuzione a Lugdunum esclusivamente per motivi storici e tipologici. 1 motivi storici soste- nuti dal Cabrici — e certamente non a torto — sarebbero rappresentati dalla necessità di una zecca per la produzione del soldo necessario alle truppe (i) Che in materia di falsificazioni anche la più estesa cultura sto- rico-archeologica non possa impedire errori colossali, è dimostrato dal fatto che il sommo Borghesi ed altro illustre archeologo vivente, dis- sertarono a lungo sulla contraddizione di data fra l'epigrafe dpi diritto e quella del rovescio che si osserva sul Medaglione falso di M. Aurelio e Lucio Vero il quale orna il frontispizio di questa Rivista. Il fatto che dotti di simile fama abbiano considerato autentico un Medaglione che l'ultimo collezionista riconosce come falso a prima vista, perchè assai lontano della perfezione che presentano le falsificazioni del Cigoi e le altre recentissime, è assai sintomatico per quanto riguarda i metodi della vecchia scuola storico-archeologica, ma ancor più sintoma- tico è quanto accadde ai dottissimi Pinder e Friedlànder i quali — come narrò il Barthèlemy — pubblicarono come moneta inedita di Neapolis recante il nome del magistrato XA^OAINI, una medaglia moderna, a leggenda greca, della regina Carolina di Napoli, moglie di Murati! 40 31 LODOVICO L AFFRANCHI stanziate in Gallia durante le guerre contro i Ger- mani ed i Reti ; e quelli tipologici sarebbero dati dalle raffigurazioni dimostranti Torigine gallica delle monete: il toro raffigurato sulle monete indigene, ed Apollo e Diana divinità protettrici di Massilia. Ma questi argomenti tipologici appaiono subito assai poco concludenti, quando si tenga conto del fatto che le raffigurazioni suddette si possono osser- vare sulle monete di numerosissime zecche appar- tenenti alle regioni più disparate. Infatti chi non co- nosce tra i molti esempi il toro cornupeta delle mo- nete di Turio nella Magna Grecia, e le innumere- voli Diane ed Apolli dell'Asia Minore? Non credo perciò che il Grueber (0 sia nel torto quando nega ogni valore agli argomenti del Gabrici ed asserisce che il toro cozzante simboleggia i bar- bari domati da Roma ^2) e la Diana di Sicilia e l'Apollo d'Azio ricordano semplicemente la vittoria d'Augusto a Naulocus contro Sesto Pompeo e quella d'Azio contro Marcantonio, senza che questi tipi abbiano alcun rapporto con quelli delle monete Massiliote. Il numismatico inglese dimostra anche di non riconoscere come positivi se non gli argomenti sti- listici del Salis (3), e per conseguenza non adopera che poche frasi per respingere l'opinione del Gabrici : quella cioè che le monete colla testa laureata (Tav. II, n. 23 a 27 e 34) siano coniate a Roma anziché a Lugdunum : evidentemente perchè le parole sono superflue davanti ad un fatto così convincente qual'è (i) Op. cit., voi. II, pag. 428-29. (2) Ho potuto constatare che il toro cozzante si osserva anche sulle monete di Augusto coniate ad Alessandria nell'anno io d. C. (Daltari, n- 35) e più tardi su quelle di Claudio (Dattari, n. 172-77) coniate dal 42 al 46 d. C. durante la guerra britannica, e quest'ultima constatazione appoggerebbe la spiegazione tipologica del Grueber. (3) Egli cita anche (voi. II, pag. 428 29) l'opera dell'HEAD. Coirts of the Ancient, come quella che avrebbe inspirato al Gabrici la sua classificazione. LA MONETAZIONE DI AUGUSTO 3II ridentità stilistica tra le monete d'oro e d'argento e quelle di bronzo al tipo dell'altare di Lione (Tav. II, n. 19, 20, 22) e preferisce rimandare i lettori alle tavole del suo catalogo scientifico l^) ove questa iden- tità è chiaramente dimostrata col metodo Salis. Infatti anche le riproduzioni unite a questo la- voro convincono facilmente che il ritratto di Augusto dell'aureo a Tav. II, n. 23, è opera del medesimo artista che eseguì quello del medio bronzo n. 19, come un solo artista eseguì quello dell'aureo n. 24, contemporaneamente al MB n. 20 e altrettanto av- venne pel denaro n. 25 ed il MB n. 21. D'altra parte non si comprende come il Cabrici abbia creduto di trovare una prova per l'attribuzione a Roma nel fatto della testa laureata anziché nuda, e ne sia rimasto convinto al punto da asserire che le monete al tipo del toro unite alla effigie a testa laureata devono esser state battute a Roma, adope- rando i confi trasportativi da Lione ! Invece a mio avviso la testa laureata sarebbe una prova che si ritorce contro la sua tesi poiché sono precisamente le monete di bronzo coU'altare di Lione (2) quelle che hanno sempre la testa di Augusto laureata (Tav. II, n. 19, 20, 21) laddove quelle di Roma l'hanno nuda (Tav. II, n. 22, 28). * Le monete del secondo periodo già riportate sul catalogo del Grueber sono le seguenti : (i) Grueber. Op. cit., voi. II, pag. 428. (2) Sono le notissime monete di Augusto e di Tiberio con al ro- vescio la leggenda Ront et Aug che recano la raffigurazione dell'altare di Roma e di Augusto, eretto dai popoli gallici al punto di confluenza della Saona nel Rodano presso Lione. 312 LODOVICO LAFFRANCHI B' — AVGVSTVS DIVI F In leggenda esterna, testa lau- reata a destra od a sinistra. (Tav. II, n. 2327 e 34). Anno 10 a. C. — Aurei e Denari. (Tipi identici a quelli del 11 a. C). Cohen, n. 154, 155. 2- P' — 7^7^; — :7t: Toro a sinistra. IMPXII Cohen, n. 159, 161. ^. IMP I Xll . „ 3- ^ ACT~" ^P^^^^- Cohen, n. 166, 167. ^_ IMP |. Xll ^ ^ SICIL o SIGILI Cohen, n. 169, 170. Anno 9 a. C. — Aurei e Denari. ^- 9 — .TT^ — ;t7: Toro cornupeta a destra col viso guar- IlVir * Xll dante a terra. (Tav. II, n. 29). Questa e la seguente, varianti al tipo del toro, non furono osservate da Cohen, Cabrici e Grueber. ^' ^ ~" ri7S — Z7t Toro come sopra a sinistra. IMP • Xll 3. I^ — -— — -— Apollo Citaredo a des. con lira e patera. IMP • Xll Cohen, n. 162. 163. (Tav. II, n. 30). LA MONETAZIONE DI AUGUSTO 3I3 ^j IMP I Xll ,^. n . . . A- .. oi — ^ Diana, colla testa ornata di corona mu- SICIL rale (?) andante a destra in atto di levare una freccia dalla faretra che porta dietro le spalle. Cohen, n. 171, 172. (Tav. II, n. 31). Anno 8 a. C. — Aurei e Denari. 1. 9^ — IMP Villi '^'J^usto seduto sulla sella castrensts po- sata su di un palco, riceve un bambino presen- tatogli da un barbaro semicoperto da una pelle d'animale. Cohen, n. 174, 176. (Tav. II, n. 32). Quinari o Mezzi Aurei. 2. I^ — TR POT XVI Tipo già descritto. Cohen, n. 313. Anno 7 a. e. — Aurei e Denari. I. 9 — . Caio Cesare galloppante a destra con lancia e scudo, a sinistra un'aquila militare fra due insegne. Cohen, n. 39. (Tav. II, n. 33). Il Grueber (i) attribuisce queste monete all'anno 5 a. C-, riferen- dole al titolo di Princeps Juventutis conferito a Caio in quest'anno. Io credo però che siccome i diritti di queste monete sono identici a quelli delle precedenti — come osservò anche il Grueber stesso — esse deb- bono riferirsi alla guerra contro i Sicambri avvenuta in quest'anno, ed alla quale Caio Cesare partecipò. (i) Op. cit., voi. II, pag. 443. 314 LODOVICO LAFFRANCHI Quinario o Mezz'Aureo. 2. 9 - TR POT XVII Tipo già descritto. Cohen, n. 314. (Tav. II, n. 35, 36). * :* Non è a mia cognizione se il Salis — oltre a queste — altre monete d*oro e d'argento abbia attri- buito alla zecca di Lugdunum ; certo è che essa, nel catalogo scientifico del Grueber si arresta alle ultime monete suddescritte, e questo mi autorizza ad esporre il risultato delle mie ricerche le quali protraggono invece la monetazione d'oro e d'argento di conio lugdunese a tutto il rimanente regno di Augusto ed alla maggior parte di quello di Tiberio. Per esporre questo risultato non mi saranno necessarie soverchie dimostrazioni verbali, poiché il caso di queste monete d'argento coniate dopo il 2 a. C. — come dimostra il titolo di Pater Patriae, è il medesimo delle precedenti. Infatti basta confron- tare gli aurei (n. 23) ed i denari (Tav. 5, 6) coi bronzi di Lugdunum che recano la medesima epi- grafe per convincersi immediatamente che gli uni e gli altri sono coniati nella medesima zecca. E nessun motivo che non sia ispirato agli antiquati ed empi- rici criteri della scuola storico-archeologica potrebbe far attribuire queste monete alla zecca di Roma ove il Senato non coniava che monete di bronzo (Tav. II, n. I, 2), individuate da uno stile affatto differente da quello delle monete d'oro e d'argento in questione le quali, come abbiamo già veduto, sono per la loro fattura identiche ai bronzi di Lugdunum. Dopo i motivi stilistici anche quelli epigrafici intervengono a provare il nessun rapporto d'origine tra i bronzi senatori e gli aurei e denari imperatorii LA MONETAZIONE DI AUGUSTO 3I poiché mentre i primi recano al diritto la leggenda IMP CAESÀR DIVI F ÀVGVSTVS IMP XX unita alla effigie d'Augusto a testa nuda (Tav. II, n. i), i secondi hanno comune coi bronzi di Lione la forma epigra- fica CAESÀR AVCjVSTVS DIVI F PATER PATRIAE e la testa costantemente laureata. Procedendo alla descrizione del terzo gruppo di monete augustee lugdunesi devo prima osservare che la base più sicura per la classilficazione crono- logica essendo i quinari datati, come abbiamo visto, dalle Tribunizie Potestà è perciò evidente che quando la coniazione dei quinari fu interrotta dal 6 a. C. al 3 d. C, altrettanto deve essere accaduto per le altre monete e conseguentemente l'inizio della moneta- zione col titolo di PATER PATRIAE, anziché dal 2 a. C. epoca in cui Augusto ebbe questo titolo, deve da- tarsi dal 4 d. C. ^ - CAESÀR AVCjVSTVS DIVI F PATER PATRIAE In ìeg- genda esterna, testa laureata a destra. (Tav. ni, n. 5, 6). Anni 4-7 dopo Cristo. — Aurei e Denari. I. I^ - rAccApcc AVGVSTI FCOSDESIG-PRINC. CLCAESARES- IVVENT In leggenda esterna. Caio e Lucio stanti di fronte, ambedue con asta e scudo posati a terra. Nel campo : simpulo , bastone d* augure e talvolta — • solo sui denari — la marca X. Cohen, n. 42, 43. (Tav. HI, n. 7). 11 Cohen attribuisce queste monete al 2 a. C. forse pel titolo di Pa/er Palriae, ma dopo quanto ho detto più sopra, questo motivo perde ogni valore. Inohre, un'altra ragione che mi guida ad attribuire ai de- 3l6 LODOVICO LAFFRANCHI nari ed aurei in questione la data del 4 d. C. che è quella della morte di Caio Cesare, avvenuta due anni dopo quella del fratello, è la con- vinzione che il tipo di questa moneta, sia di carattere commemorativo e per conseguenza coniato dopo la morte dei due fratelli. Quinari o Mezzi Aurei. 2. R) — TR POT XXVII (anno 4 d. C). Tipo solito. Cohen, n. 315. 3. R) — TR POT XXVIIII (anno 6 d. C). Cohen, n. 316. (Tav. II, n. 37, 38). 4. I^ — TR POT XXX (anno 7 d. C). Cohen, n. 317. (Tav. II, n. 39, 40). Medaglione d'oro da 4 Aurei (grammi 30,900). (Testa di Augusto a sinistra). 5. H — — (anno 5 d. C). Diana Venatrice a destra come nell'emissione del 9 a. C. (Tav. II, n. 42, 43). Museo di Napoli. — Cohen, n. 177. — Gnecchi, Corpus, n. i. Osservare per il relativo confronto il GB n. 41 (Coli. Gnecchi). Questo GB presenta eccezionalmente l'epigrafe del diritto in leg- genda interna. Anno 11 d. C. — Aurei e Denari. I. R) — PONTIF MAXIM Livia seduta a sinistra cogli attri- buti della Pace (scettro ed ulivo). Cohen, n. 222, 223. (Tav. Ili, n. 8). Anno 13 d. C. — Aurei e Denari. I. 9 — TI • CAESAR • AVO • F • TR • POT • XV • Tiberio in qua- driga a destra tenendo il ramo di lauro e lo Scipio. Cohen, n. 299, 301. (Tav. Ili, n. 9). LA MONETAZIONE DI AUGUSTO 317 2. I^ — Leggenda e. s. Testa nuda di Tiberio a destra. Cohen, n. i, 2 (Tiberio ed Augusto). (Tav. Ili, n. io). Queste monete si riferiscono evidentemente al decreto consolare pel quale Tiberio in quest'anno veniva nominato co-reggente dell* im- pero durante la malattia di Augusto. Alla emessione del 13 d. C, anziché a quella dell'ii io credo ap- partengono le monete in bronzo di Tiberio che recano la sua VII ac- clamazione imperatoria (Tav. Ili, n. ii, 12, 13). * * Il titolo di questa monografia escluderebbe a priori qualsiasi cenno sulla monetazione del regno di Tiberio, ma, eccezionalmente per questa zecca, sono costretto ad occuparmene a maggior schiari- mento e riprova della precedente monetazione di Augusto. Strabone nella sua Geografìa, pubblicata durante il regno di Tiberio, afferma categoricamente — usando il tempo presente — che a Lugdunum esiste una zecca per la coniazione dell'oro e dell'argento : do- vrebbe quindi recar meravigha se i numismatici della scuola storico-archeologica, non avessero approfit- tato di questo documento storico, per indagare, quali siano queste monete. E veramente indagini ce ne fu- rono, ma dato il preconcetto che tutto Toro e l'ar- gento fosse uscito da Roma," tutte le ricerche con- dotte senza il sussidio della critica stilistica, non potevano approdare ad un risultato concreto. Infatti del passo di Strabone si occupò — tra i molti — anche il Cabrici (^) ma soltanto per asse- rire che esso non doveva riferirsi al 18 d. C., epoca in cui Strabone pubblicò la sua Geografìa; perchè probabilmente questo passo fu scritto molti anni (i) Op. Cit 3l8 LODOVICO LAFFRANCHI prima, e perciò riguarda solamente le monete a testa nuda che precedono di trent'anni la pubblicazione della Geografia e che il Cabrici stesso considera come le uniche coniate a Lugdunum. Donde si vede che la vecchia scuola numismatica, la quale professa il più servile attaccamento alle asserzioni degli storici anche quando agli occhi della critica esse si mostrano inaccettabili, è costretta a contraddirsi almanaccando degH inesistenti errori di data, per non confessare la propria impotenza di fronte a problemi che sol- tanto i metodi positivi della critica d'arte applicata alle ricerche numismatiche possono risolvere ! Ma quando invece, abbandonando completamente l'empirismo storico-archeologico, si voglia far atten- zione alle monete da me riprodotte a Tav. Ili, si dovrà constatare che il GB n. 12 ed il MB n. 11 sono talmente identici all'aureo n. 15 da sembrare a prima vista degli ingrandimenti fotografici di esso. Infatti la maniera artistica e lo stile letteristico degli uni e degli altri sono talmente simili che ne- gare la loro identità di fattura equivale a voler ne- gare la luce del sole, ed ammetterla significa am- mettere che la maggior parte degli aurei, denari e quinari di Tiberio furono coniati dalla zecca impe- ratoria di Lione anziché da quella di Roma come si credette sinora. E veramente se all'esame gli aurei e denari n. 15, 17, 19, ed i quinari aurei n. 21, 24, dimostrano la loro assoluta identità di stile e di zecca coi n. 11, 12, con eguale evidenza dimostrano di non aver alcun che di comune col MB n. 14 della zecca di Roma che al confronto, presentano una ma- niera artistica ed uno stile letteristico affatto differenti. Lo stile letteristico è specialmente rimarchevole per la sua accuratezza ed è simile al lapidario, lad- dove per i denari ed aurei che io assegno a Lione trovo un nuovo motivo per la mia assegnazione nella LA MONETAZIONE DI AUGUSTO 319 forma peculiare delle lettere, che sono assai più strette ed adossate che non nel MB di Roma, stret- tezza che è specialmente rimarchevole nella lettera S talvolta raffigurata come una sempHce asta legger- mente contorta (Tav. Ili, n. 15). Un'altra caratteristica che tradisce una tecnica comune agli artefici delle monete di bronzo coll'al- tare di Lione, ed a quelli degli aurei e denari di Tiberio che io assegno alla medesima zecca, è il rilievo delle lettere stesse che si presentano taglienti (Tav. Ili, n. II, 15) anziché piatte come quelle delle monete di Roma (Tav. Ili, n. 14), e talvolta contor- nate da un solco che le distacca duramente dal piano (Tav. Ili, n. 12 e n. 16). Gli aurei e denari di Tiberio sono caratterizzati da una continua ripetizione del medesimo tipo della Livia seduta, già osservato sotto Augusto, fatta ec- cezione per la monetazione del suo inizio di regno. Aurei e Denari. ^' — TI CAESAR DIVI ÀVG- F AVGVSTVS In leggenda esterna. Testa laureata a destra. Anno 14 d. C. I. I^ — TR POT XVI In leggenda esterna. Tiberio in quadriga a destra con lauro e Scipio, Cohen, n. 46. Anno 15 d. C. I. P — TR POT XVII Tipo come sopra. Cohen, n. 47-48. (Tav. Ili, n. 16). 320 LODOVICO LAFFRANCHI Anni 15-25 d. C. 1. ^ — PONTIF MAXIM Livia seduta, già descritto. Cohen, n. 15, 16. (Tav. Ili, n. 20). Aurei. 2. R) — DIVOS AVGVST DIVI F Testa laureata, o più rara- mente nuda, di Augusto, a destra. Cohen, n. 3, 4 (Tiberio ed Augusto). (Tav. Ili, n. 18). La forma epigrafica DIVOS anziché DIVVS è propria della mo- netazione provinciale, e costituisce un'altra prova che queste monete non possono appartenere alla zecca di Roma ; infatti gli aurei ed i de- nari coll'effige del Divo Augusto unita a quelli di Caligola, coniati a Roma (Tav. Ili, n. 37, 38) presentano la seconda forma epigrafica ed al- trettanto dicasi del bronzo senatorio coniato durante il regno di Tiberio (Tav. Ili, n. 4), e più tardi sotto Caligola e Claudio (i). Quinari o Mezzi Aurei. 3. ^ — TI DIVI F AVGVSTVS Testa laureata a destra. (Tav. Ili, n. 21, 24). 4. 9 — IR POI XVII (anno 15 d. C). Cohen, n. 50. (Tav. Ili, n. 22). 5. 1^ — IR POI XX (anno 18 d. C). Cohen, n. 51. (Tav. Ili, n. 23). 6. I^ — IR POI XXII (anno 20 d. C). Cohen, n. 52. 7. 9 — TR POI XXIIII (anno 22 d. C). Cohen, n. 53. (Tav. Ili, n. 25). 8. 1$ - IR POI XXV (anno 23 d. C). Cohen, n. 54. (Tav. Ili, n. 26). (i) Vedi la mia memoria G/i assi ed i dupondi commemorativi di Augusto e di Agrippa in Rivista Ital. di Num., anno 1910. LA MONETAZIONE DI AUGUSTO 32I 9. RI — TR POT XXVI (anno 24 d. C). Cohen, n. 55. Il tipo del rovescio è sempre la vittoria seduta sul globo. * * * I quinari suddescritti presentono in tutto e per tutto lo stile letteristico delle monete di bronzo lug- dunesi: altrettanto invece non si può affermare per i successivi, poiché ho dovuto constatare che quelli colle tribunizie potestà XXVIII alla XXXIII (Tav. Ili, n. 27, 30), Cohen, n. 56, 60, presentano un leggero cambiamento nelle pecuHaritcà paleografiche, hanno cioè delle lettere di forma più regolare, ma le effigi sono però trattate ancora nella maniera precedente, e perciò, pur ammettendo che queste monete segnano uno stile di transizione fra quello della zecca di Lione e quello della zecca di Roma, bisogna asse- gnarle alla prima. É dalla 35 tribunizia potestà che i quinari aurei ci rivelano l'epoca precisa in cui cessando comple- tamente le peculiarità di maniera e di stile caratte- rizzanti la zecca di Lione si deve ammettere — solo per questo motivo — la fine della monetazione d'oro e d'argento di questa zecca. E questa fine è suf- fragata anche dalla epigrafia dei diritti la quale sop- pravviene a stabiHre una demarcazione netta tra le monete di Lugdunum e quelle coniate, come vedremo a Roma. Infatti la leggenda del diritto di tutti i qui- nari aurei sino alla TRP. XXXIIII è come abbiamo visto TI DIVI F AVG mentre dalla XXXV alla XXXVIII è TI CAESAR DIVI AVO F AVGVSTVS (Cohen, n. 61-63, Tav. III, n. 31-34) come sugli aurei e sui denari. Ora, come non v'a dubbio che i quinari della prima epigrafe spettano a Lione, è non meno certo 322 LODOVICO LAFFRANCHI che quelli della seconda e gli aurei e denari che loro assomigliano (Tav. Ili, n. 35, 36) presentano i medesimi caratteri — effige di Tiberio cogli occhi infossati e coi nastri della corona che scendono am- bedue diritti e lettere larghe, specialmente la S, ed a rilievo piatto — delle monete senatorie di Tiberio (Tav. Ili, n. 14) e degli aurei e denari del regno di Caligola (Tav. Ili, n. 37, 38). È dunque alla zecca di Roma che queste monete spettano indubbiamente, ed esse indicano quell'inizio della monetazione im- peratoria in oro ed argento della grande Moneta Urbica che i quinari colla 35^ tribunizia potestà, da- tano dal 33 d. C. Perciò da quanto ho esposto si trae la conclusione che la grande Moneta o zecca dell'Urbe della quale ammiriamo la imponente produzione durata oltre quattrocento anni, non è sorta d'un colpo ma, come tutte le cose grandi e perfette, è il risultato di vari, provvedimenti attuati a poco a poco in diversi periodi e completati nel 33 d. C. colla riunione in un'unica zecca delle due monetazioni: T imperatoria e la se- natoria ; riunione la quale fruttò , come risultato pohtico, il consolidamento del potere imperiale a danno del Senato, il quale veniva a perdere la pre- rogativa repubbhcana di essere l'arbitro della mo- netazione d'ogni metallo in Roma quando Ylmperator o Generalissimo non poteva esercitare questo diritto se non nelle province e doveva giustificarlo colle necessità mihtari. . Milano, giugno 191J. Lodovico Laffranchi. L'Officina monetaria di Lanuvio e gli attributi di Giunone Sospita Le monete della cosidetta serie romano-campana, con la leggenda ROMA e ROMANO, sono state fino ad oggi variamente classificate dai numismatici ed hanno formato, come tuttora formano, materia di lunghi e dotti contrasti. Non intendo entrare anch'io nell'arduo aringo esponendo nuove congetture; penso soltanto che una classificazione unica di quella importante serie non sarà mai possibile, poiché molto numeroso e svariato è il numero degli esemplari che la com- pongono. Essi formano un gruppo di ottantacinque pezzi, i quali furono dapprima indistintamente asse- gnati al Lazio dagh autori dell' « Aes grave del Museo Kircheriano »; poscia, alle regioni deir« Apu- ha n dal Fiorelli ; indi a Capua dalFEckhel, dal Mommsen e recentemente dal Milani e dall' Haeber- lin. Il Sambon li ripartì fra il Latium adjectum, il Sannio, il paese degli Ausonii, degli Aurunci, dei Sidicini e degh Arpani (^l (i) Cfr. Babelon. Descript, hist. chron. des monn, de la Repub. rom., I, 11-32; Bahrfeldt, Le monete romano-campane (in Rivista Ita/, di Numismatica, 1899, pag. 387 e segg.; 1900, pag. 11 e segg,); Sambon A. Les monn. antiq. d*Italie, pag. 24145; Id,, in Riv. Ital. di Num., 1907, fase. Ili, pag. 355 e segg. ; Haeberlin. Del più antico sistema monetario presso i Romani, ecc. (trad. S. Ricci) in Riv. Ital. di Num., 1906, fase. I. 324 GIOVANNI PANSA La questione, come si vede, pende ancora in- soluta. Queste monete non provengono tutte da una sola ed unica officina, ma appartengono a sedi di- verse e fanno parte di parecchie e svariate emissioni. Esse dovevano aver corso in tutti quei paesi com- presi nel Lazio, nel Sannio, nelFApulia e nella Cam- pania, come dimostrano i ripostigli trovati in varie località di queste regioni. N'è indizio anche la di- versità dei tipi, dell'arte, dello stile, della fabbri- cazione, per cui hanno ciascuna un'impronta spe- ciale che le diversifica fra loro, mentre poi rivestono quel carattere sociale che, sebbene provenienti da sedi disparate, le accomuna in uno scopo identico che sarebbe stato quello di regolare il commercio internazionale facente capo a Roma; e perciò hanno un rapporto preciso con la monetazione fusa del Lazio. Come bene ha osservato il Sambon (^), queste monete coniate su larga scala dovevano aver corso alle medesime condizioni di quelle delle città alleate o soggette a Roma, alle quali Roma aveva conceduto e confermato il privilegio della zecca; dovevano re- golare, come monete di tipo unico e convenzionale, il vasto commercio che traversando TApuHa, il San- nio ed il Lazio, faceva capo a Roma. Sotto tale aspetto io mi associo di buon grado alla classificazione sommaria proposta dal Sambon, della quale, se ancora si possa dubitare, una sola cosa è certa : che queste monete del così detto gruppo romano-campano rivestono caratteri diversi e quindi provengono da officine monetarie disparate : « Le « monnayage en argent et en bronze à la legende u ROMANO ou ROMA, doit etre divise en plusieurs (i) Les monn. d. l'ital.^ cit., pag. 421 e segg. L OFFICINA MONETARIA DI LANUVIO 325 " séries qui ofiFrent entre elles des diversités de « style et de fabrication très sensibles w (i). Ora del numero di queste monete, diremo così, girovaghe, fa parte un gruppo di otto esemplari in cui l'uniformità dello stile, la concordanza relativa del peso il quale presenta un sistema frazionale, nume- rale certo e in tutto conforme a quello dei romani, si staccano interamente da quelli di tutti gli altri pezzi della serie e che io, per quelle prove che sa- ranno addotte nel corso di questo lavoro, non esito ad attribuire al Lazio e propriamente all'officina mo- netaria di Lannvium. Il gruppo a cui intendo riferirmi è costituito dagli esemplari qui appresso descritti, uniformi tra loro nella tecnica e nello stile. Il D'Ailly (2) ha ri- conosciuto in essi i seguenti caratteri sempre co- stanti : i.° Eguaglianza di grossezza nello spessore; 2.° Conformità rispettiva, presso che completa, del loro modulo ; 3.° Invariabilità arcaica nella loro epigrafia ; circostanze tutte che unite al loro peso medio, co- stante o poco variabile anche fra molti esemplari, concorrono a determinare la loro unità d'emissione. L'epoca di questa emissione si fissa all'anno- 280-200 av. Cr. 1. ÌQ' — Testa di donna (Giunone) a destra, cinta di diadema o mitella nella fronte a foggia di visiera di casco, con pennacchi laterali (3); i capelli lisci nella parte posteriore del capo, ondulati sulla fronte, dietro la ^nuca sono raggruppati in tre ciuffi che snodan- (i) Ivi, pag. 422 e Rivista cit., pag. 367. (2) Recherches sur la monn. rom., toni. Ili, i'^'" pari., pag. 237. (3) A luogo delle due " aigrettes „ o pennacchi, il D'Ailly (op. cit. II, 1® part., pag. 234), vede un corno di caprone con la punta in basso. 326 GIOVANNI PANSA dosi, scendono arrotolati a spirale. Alle orecchie, il conos ornato di una pietra rotonda in ciascuna delle estremità; sulla spalla sinistra, un'asta o giavellotto (i). Dietro, quattro globetti ; il tutto, entro circolo di perle. - 5^ — Ercole quasi di faccia, con la testa nuda e le spo- glie di leone svolazzanti sulle spalle, brandendo la clava con la destra, mentre con la sinistra af- ferra per i capelli un centauro il quale esprime il suo dolore con la mano che tiene sollevata sulla fronte. Davanti, i quattro globetti; all'esergo, sotto un listello, la leggenda rettilinea, in caratteri ar- caici, ROMA o ROMA. M ii-ii 72 — Triente di bellissimo stile (Tav. IV, n. i) (2). Peso: Aiuseo Vitt. Eman. (Roma): gr. 49.50; Brit. Mus.: ^r. 56.18, 52.61, 45.61 (un esempi, ripercosso con iscrizione VONO)(3); Gabin. di Parigi (D'Ailly): gr. 51.55, 51.25, 49.82, 48.77, 47.10, 46.72, 45.12, 42.27; Gabin. di Berlino (147-51): M''- 51-33' 51-25» 5245' 4630, 47-22; Mommsen (Hist. de la niofin., I, 190): gr. 58.00, 55.06, 52.04, 49.63, 47.02; Collezione Haeberiin: gr. 47.10; Coli. Gnecchi: gr. 62.10, 50.70; Colle- zione dell'Autore: gr. 52.15, 50.65. (Peso medio: gr. 49.56, corrispondente all'asse di gr. 148.68). II. B' — Testa giovanile ed imberbe di Ercole a destra, co verta d'una pelle di cinghiale (4); nel campo, a sinistra, tre globetti. Tutto, entro circolo periato. (i) Lo stesso D'Ailly (Ivi), su parecchi esemplari della sua colle- zione, non ha scorta la presenza dell'asta o giavellotto. (2) Haeberlin. Aes grave, taf. LVI, 5-9. Tanto della presente che delle altre frazioni cito soltanto alcuni pesi, desumendoli dal D'Ailly, dal Sanibon e daU'Hacbcrlin. Per un più minuto ed esatto ragguaglio, può consultarsi l'opera di quest'ultimo. (3) Il Riccio {Mottele di Lucerà, pag. 4) ricorda un •esemplare con la leggenda ^A ripercossa. (4) A. Sambon {Monn. de l*Jtal.^ pag. 443), dice di lupo. Il Cohen {Descript, génér. d. monti, d. la RepubL, pag. 346, n. 22 e 347, n. 24) ed altri ravvisano la testa di Giunone Sospita, coverta di tegumento ca- prino, ma con manifesto errore. Cfr. Babelon, op. cit. L OFFICINA MONETARIA DI LANUVIO 327 T^ — Toro galoppante a destra, con la testa di prospetto; al disotto un serpente in corsa col capo ornato di cresta; nel campo superiore, tre globetti; nel- Tesergo, sotto un listello, ROMA in caratteri ret- tilinei. JE 10-10 Vs — Quadrante di ottimo stile (Tav. IV, n. 2) (i). Peso: Museo Vitt. Eman. (Roma): gr. 42.00, 41.00; Gabin. di Parigi (D'Ailly): gr. 41.31, 40.60, 40.07, 39.22, 35-87, 33.12; Gabin. di Berlino (152-54): gr. 38.25, 38.51 ; Gabinetto di Vienna: gr. 39.60, 38.85, 38.65 ; Museo Kestner Hannover: gr. 43.59; Collez. Gnecchi: gr. 35.50, 34.50; ColK Haeberlin: gr. 37.02; Coli. dell'Autore: gv. 35.89. (Peso medio : gr. 37.85, corrispondente alF asse di gr. 151.40) (2). III. — Gli stessi tipi, ma con Raggiunta d'una sfitta dt grano coricata sui globetti. M 7-8 — Quadrante di stile più scadente (Tav. IV, n. 3) (3). Peso : Gabin. di Francia (D'Ailly): gr. 25.18, 16.54, 13.40, 13.09, 10.49, 10.91 ; Gabin. di Berlino ([55-56): gr. 17.19, 15 92; Brit. Mus. : gr. 15.68, 13.35, 11.73, io-3o J Gabin. di Gotha: gr. 9,40; Coli. Haeberlin: gr. 8.45; Coli. Gnecchi: gr. 14.80; Coli. dell'Autore: gr. 15.00. (Peso medio: gr. 17.08, corrispondente all'asse di gr. 68.32). Questo quadrante, di peso ridotto, appartiene al sistema dell'asse quadrantario (4). (i) Haeberlin. Aes grave, taf. LVI, 11-13. (2) Un esemplare descritto dal Sambon (Ivi, pag. 443, fig. 1155) è ripercorso sopra una moneta di Sicilia con leggenda terminante in ... 01 (Ispwvo?). Vedi la pag. seg., nota 2. (3) Haeberlin. Aes grave, taf. LVT, 2^-28. (4) Un esemplare fu ribattuto su altra moneta avente come tipo, 328 GIOVANNI PANSA IV. — Gli Stessi tipi dei numeri precedenti. M 4V2-6 — Quadrante di stile assai mediocre (Tav. IV, n. 4) (I). Peso: Gabin. di Francia (D'Ailly) : gr. 10.99, ^o,gi (2), 9.37, 8.23, 7.65; Coli. Gnecchi: gr. 12.76; Coli. dell'Autore: gr. 10.15. (Peso medio: gr. 9.99, corrispondente all'asse di gr. 39.96 del sistema sestantarió). V. — Gli stessi tipi dei tre numeri precedenti. ìE 4 — Quadrante onciale di brutto stile (Tav. IV, n. 5). Peso : Gabin. di Francia (D'Ailly) : gr. 7.00, 6.79, 6.75, 6.72, 6.57, 6.47, 6.34, 6.05, 6.01, 5.71, 5.68, 5.68, 5.58, 5.10 ; Coli. Haeberlin: gr. 5.59; Coli. Gnecchi: gr. 10.70; Collezione dell'Autore: gr. 5.60. (Peso medio : gr. 6.17, corrispond. all'asse di gr. 24.68). VI. B" — La lupa che allatta i gemelli, avendo il capo respi- ciente a destra, quasi in procinto di leccarli. Al- l'esergo, sotto un listello, due globetti; tutto in circolo periato. 5< — Corvo rivolto a destra (^3), tenendo col becco un fiore al diritto, la testa di Cerere ed al rovescio, Ercole che, raggiunto il cervo, lo tiene per le corna ; ma il suo valore è notato, al diritto, con un S (Semis). Garrucci. Mon. delPItal. ant., par. II, pag. 70, tav. LXXXI, n. 16. (i) Haeberlin. Aes grave, taf. LVi, 29-30. • (2) Un esemplare di questo peso è ripercos-'o sopra una moneta di Rhegium (D'Ailly. Op. cit., pag. 238, n. 2 e pi. LXVII, 11). Un altro esemplare lo è pure sopra una moneta di Cerone li di Siracusa, del cui nome rimangono le lettere lEPfl (Garrucci. Ivi, pag. 62 e tavola LXXVIII, n. 8). Vedi la nota 2 alla pag. preced. (3) Il D'Ailly (Ivi, pag. 240), il Mommsen {Hist. cit., pag. 190), il Garrucci (Ivi, pag. 61 e tav. LXXVIII, 5) ed altri, fra cui il Sambon (Ivi, png. 444, fig. 1158), ravvisano l'aquila in luogo del corvo. Il Ba- L OFFICINA MONETARIA DI LANUVIO 329 a quattro petali (i); dietro, due globetti; nel campo, in avanti, ROMA. Circolo di perle. K 8-8 72 — Sestante di stile assai bello (Tav. IV, n. 6) (2). Peso: Brit. Mus. : gr. 29.15, 26.24, 26.11, 25.89, 22.28; Gabin. di Berlino (162-65): gr. 25.63, 26.80, 26.16, 25.35; Ga- binetto di Francia (D'Ailly) : gr. 29.52, 28.75, 27. 46, 26.31, 26.08, 25.91, 25.63, 25.21, 25.10, 24.48, 24.08, 23.13, 22.96, 21.63; Coli. dell'Autore : gr. 27.25. (Peso medio; gr. 25.44, corrisp. all'asse di gr. 152.64). VII. ^ — Testa giovanile imberbe, radiata, del sole di pro- spetto, con accenno di clamide abbottonata sul petto. A sinistra, nel campo e accosto al collo, un globetto. Il tutto, in circolo di perle. 9 — Crescente lunare nel mezzo; al disopra, un globetto sormontato da due stelle ; sotto, ROMA <^3). M 6 — Oncia di stile assai bello (Tav. IV, n. 7) (4). Peso: Brit. Mus.: gr. 11.92, 11.86, ir. 21; Gab. di Ber- lino (166-70): gr. 12.27, 12.48, 12.22, 12.44, 1342 ; Gabin. di BELON (Op. cit., 20) vi scorge nettamente il corvo ; e che sia tale uc- cello, è manifesto anche dal richiamo alla favola narrata da Livio, come sarà riferito più innanzi. (i) Nel Cohen {Descript, cit, pi. LXXI, 8j, nel Babelon (Ivi, pag. 20) e nel Sambon (Ivi) il fiore è riprodotto a tre petali e non a quattro. Si noti la somighanza di questo fiore con quello delle due once col grap- polo l'una e scarabeo l'altra, appartenenti al Lazio (Haeberlin. Aes grave, taf. LXVin, 31 e LXIX, 12-14). (2) Haeberlin. Aes grave, LVf, 16-17. (3) Il D'Ailly (Ivi, pag. 242, pi. LXVII, 14) segnala altri due esem- plari dell' istesso tipo o di poco variato, l'uno con leggenda S\E* l'^^tro ^^^ TIANn (^^0 ^^ luogo di ROMA, ^ attribuisce erroneamente il primo a Siiessa, mentre non è che una sesquioncia, ossia un'oncia e mezza, di Venusia, secondo l' Avellino {Opusc, tom. Il, pag. 35, e Bull. Archeol. Napolet., Il, 38), il Cavedoni (in Carelli, tab. LXXXIX), il E'oole {Cai. Bril. Museum, pag. 153) e il Garrucci (Ivi, tav. XC, n. 16). Il Ba- belon (Ivi, pag. 21) cade nello stesso equivoco ; e così pure il Carelli il quale per lo innanzi aveva attribuito quella sesquioncia a Velia (Ivi). (4) Haeberlin. Aes grave, LVI, 18-20. 330 GIOVANNI PANSA Parigi (D'Ailly): gr. 14.72, 14.21, 11.77, 11. 71, 11.46, 11.22, 10.00; Coli. Gnecchi: gr. 12.20, 12.00, 11.50, 10.00; Collez. delPAutore: gr. 11.22. (Peso medio: gr. 11.94, corrisp. all'asse di gr. 143.28). Vili. B" Testa di donna cinta della corona muralis, con i ca- pelli ravvolti sul capo e terminanti in due o tre ciuffi sulla nuca ; il conos alle orecchie, un monile attorno al collo ; sopra le spalle si scorge la palla, vestimento delle donne romane. Circolo di perle all'intorno. I^ — Personaggio a cavallo, nelPatto di corsa sfrenata a destra, la testa nuda e qualche volta coperta di tegumento incerto ; il braccio diritto proteso in- dietro, agitando la scuiica o flagellum; la mano sinistra con le redini. Nel campo inferiore, sotto il ventre del cavallo, ROMA. Circolo periato (manca l'indicazione del valore). & 4-4 VrS — Semioncia di buono stile (Tav. IV, n. 8) (i). Peso : Brit. Mus. : gr. 7.98, 4.99, 4.34 ; Gabin. di Ber- lino (141-46) : gr. 6.48, 5.67, 6.36, 5.34, 6.51, 5.98 ; Gabinetto di Parigi (D'Ailly) : gr. 7.77, 6.49. 6.28, 6.07, 6.01, 5.77, 5.56, 4.98; Coli. Haeberlin: gr. 6.34, 5.80 ; Coli. Gnecchi: gr. 7.50, 7.40, 6.50, 6.40, 6.30, 6.00, 5.80, 5.50 ; Collez. dell'Autore : gr. 7.50, 6.55, 5,70. (Peso medio: gr. 5.91, corrisp. all'asse di gr. 141.84). Le otto monete fin qui descritte rappresentano tante frazioni dell'asse, dal triente alla semioncia. iMancano Tasse e il semis (2). Nemmeno il quarto del- (i) Haeberlin. Aes grave, LVI, 21-23. (2) A mio giudizio, l'asse potrebbe essere rappresentato dal noto esemplare avente nel diritto la protome femminile di prospetto, coverta di casco ornato di * a'grettes „ laterali come quelle che si vedono nel triente menzionato al n. l; nel rovescio, il bue a sinistra con la leggenda 331 l'oncia si trova, come in qualche serie romana. Il loro peso medio, relativamente costante e propor- zionato, rivela una. corrispondenza ponderale in ar- monia con l'asse semilibrale ; e considerata siffatta corrispondenza, queste monete debbono ritenersi come le più antiche produzioni del conio. Infatti, quasi tutti i pesi medii enumerati rappresentano il peso d'un asse di gr. 147.73, di circa la metà della libbra romana, ossia dell'asse di prima riduzione. Questa monetazione ebbe una durata molto breve, poiché s'incontra in modo completo soltanto sotto il regime dell'asse semilibrale, il quale durò un quarto di secolo circa. Ad un'emissione così limitata seguì un'altra assai parziale, ridotta al solo quadrante (vedi n. Ili, IV e V), la quale seguì le diverse riduzioni sotto i tre regimi successivi, cioè dell'asse quadrantario, sestan- tario ed onciale, ossia fino all'anno 537 (217 a. C). ROMA all'esergo. (Haeberlin. Aes grave, tab. LV-LVI, n. i-io e 1-3). Altri attribuisce questa moneta a Roma, altri a Lucerà, come il Grueber (in Corolla numism.^ 1906. § 115- 134); altri vi scorge un'allusione alla sottomissione del Sannio avvenuta nel 304 a. C. Il Riccio, sulla scorta della sigla V che si vede sopra il bue, per il primo fu spinto ad attribuire questo rarissimo pezzo aU'officina di Lucerà {Bulletl. Archeol. Napolef., II, pag. 99). Gli altri lo seguirono, meno il Garrucci {Mon. delfltal. ant, Part. I, tav. XXXII, 4, 5 e pag. 17 e seg.). Fu già avvertito che la sigla ^ è il segnale della libbra, espresso anche con I (segno dell'asse) in un esemplare frammentario già della collezione Martinetti (Haeberlin. Ivi, Supphm.y taf. II (94), n. 6). Si aggiunga inoltre che non si è ancora veri- ficato il caso che in Puglia sia stato rinvenuto uno di cotali pezzi, mentre in Roma e nel Lazio se ne sono scavati parecchi. Le sole acque di Vicarello non hanno mostrata veruna moneta fusa dell'offi- cina di Lticeria, mentre invece hanno dato ben sette esemplari del tipo sopra descritto (Garrucci. Ivi; Babelon. Op. cit., I, 18). Per conto mio ritengo che la sua provenienza od officina potrebbe essere quella di Laniivium. L'unica difficoltà potrebbe essere costituita dal peso che in questi pezzi oscilla da 336 gr. a 204,60 (Haeberlin, op. cit., pag. 142) e non è quindi in rapporto col sistema semilibrale della serie di cui ci occupiamo. 332 GIOVANNI PANSA Va notato che una monetazione così scarsa, la quale si appoggia da principio a cinque sole frazioni (triente, quadrante, sestante, oncia e semioncia) e poscia ad una sola, quella del quadrante (con le successive riduzioni fino all'anno 537, cioè per due terzi circa di secolo), non era atta a soddisfare alle esigenze del commercio, alla comodità delle transa- zioni. Senz'argento e con sole frazioni di bronzo, la città ch'era stata sede di quella scarsa emis- sione, non poteva fare a meno di ricorrere, tanto in alto quanto in basso della scala dei valori, a delle monete forestiere, a quelle che correvano in un centro più vicino, più ricco e più potente. È da cre- dersi, quindi, che le unità maggiori dell'asse e del semis e quelle più minute, successive alla semioncia, venissero fornite da un centro maggiore il quale (tenuti presenti i rapporti ponderali con le varie emissioni dell'asse romano), non poteva essere che Roma (^\ « Ma qual'era la città vicina a Roma a cui ap- partiene una monetazione siffatta ? « Rien de ce que nous avons vu jusqu'ici (dice '' il D'Ailly) ne nous donne la moindre lumière sur « le nom de la ville à laquelle la métropole con- " cèda le droit d'émettre cette sèrie ; tout ce que " nous savons, c'est qu'elle est italienne w (2). E nessuno infatti fino ad oggi ha potuto stabi- lire, con qualche sicurezza, qual'era il centro di pro- duzione di quella serie limitata di pezzi. (i) Gir. D'AiLLY, op. cit., pag. 2^4. (2) Ivi, pag. 241. l'officina monetaria di lanuvio 333 Il Momnisen ('^\ seguendo al riguardo Topinione del Cavedoni (^\ aveva fatto rimarcare lo stile gre- canico di quelle monete, ch'egli sostiene essere di fabbrica pugliese. Vi scorge qualche affinità con quelle di Canushim, Arpi e Salapia e,, più special- mente, di queste due ultime città. Però le monete, secondo lui, rientrano perfettamente nel sistema mo- netario romano. A me non sembra ch'esistano quelle affinità ; e poi le tre città, situate nella Daunia, erano molto distanti da Roma con la quale, come pare, dovevano essere assai stretti i rapporti monetari della sede che si ricerca. L'Avellino ^3) attribuisce quella serie alla Cam- pania, mentre il CarelH (4) precedentemente, ferman- dosi ai soH tipi del triente e del sestante col toro, l'aveva attribuita a Roma. Il Riccio (s) ricorda il triente con le lettere CA ripercosse e ne deduce che la sede è Canusmm. Il D'Ailly (^), fondandosi sopra un'assimilazione tipica fra le due sesquioncie di Venusta (ch'egli scambia con Suessa) e di Tea- num Sidicinum e quelle della serie di cui trattasi, sospetta potersi ricercare quella sede in quest'ul- tima città. Delle opinioni recenti del Milani, del- l' Haeberlin, del Sambon, che attribuiscono quelle monete a Capua o al Lazio in genere, si è detto più innanzi. Di questa serie, fino ad ora incerta, non si pos- sono citare molti ritrovamenti di ripostigli; però il (i) Hist. de la monn. rom., I, 190. (2) Bulleit. Archeolog. Napolet.^ II, 116. (3) Opusc, II, 32. (4) Tab. XXXV, 5, 7, 8 e 9. (5) Monete di Lucerà, pag. 4, (6) Ivi, pag. 242. 43 334 GIOVANNI PANSA Garrucci (^\ confutando appunto il Mommsen, ha fatto notare come nessuno degli esemplari compresi in essa è stato mai trovato nelle Puglie ; ma tutti quelli di cui è accertata la provenienza, provengono assolutamente dal Lazio e specialmente dalle acque di Vicarello che ne misero molti allo scoverto (2), ossia tre del sestante col corvo, la lupa e i gemelli ; quattro dell'oncia con la testa del sole ed il crescente lunare e trentuno della semioncia con la testa turrita ed il fantino a cavallo (3). Nei ripostigli di Benevento illustrati dall' Evans, in quelli di Sora, Morino, Avezzano annunziati dal Garrucci (4); nei due scoverti in Basilicata e ricordati dal Sambon, in quelli di Castagneto (provincia di Teramo) (s) e di Pietrabbondante (^), si trovarono sem- pre, in maggiore o minore quantità, monete a leg- genda ROMA e ROMANO; ma nessuna, che si sappia, appartiene al gruppo speciale di cui ci occupiamo, i cui ritrovamenti avvennero esclusivamente nella regione del Lazio (7\ Il Babelon (^i non accede a veruna delle opi- nioni finora espresse sulla provenienza di questa serie di monete, ma si limita a fare dei raffronti, per es., quello del centauro, che si vede sul triente, col centauro che appare nelle medaglie di Larinum ; del toro cornupeta del quadrante e frazioni col toro (i) Sylloge inscript, lalin., pag. 46: " Officina horum nummorum " adhuc ignoratur; tamen mihi certo constai nunquam in Apulia quem- " quam eorum fuisse visum, qua in regione cusos opinatur Momnisenius „ (2) Id. Uon, dell'hai, ant , li, 61. (3) Cfr. pure il Mommsen, op. cit., pag. 191, nota. (4) Bullett. deWIstit. di Corr. Archeol., 1860, pag. 132-39. (5) De Petra. Notiz. degli Scavi, 1896, pag. 65 e segg. (6) Gabrici. Notiz. degli Scavi, 1900, pag. 653. (7) Cfr. Sambon A. in Rivista Ital. di Nutn., anno XX, 1907, fase. HI, pag. 363 e segg. (8) Op. cit., I, 21. L OFFICINA MONETARIA DI LANUVIO 335 delle monete di Arpi e Posidonia ; delle figure del sole e del crescente lunare con quelle molto rasso- miglianti degli esemplari di Suessa, Atella, Calatia, Metaponto, ecc., e di Malaca della Spagna. Riguardo però alla figura del corvo nel sestante, egli vi ha in- traveduta qualche allusione a Giunone Sospita ed ha messo in rapporto la presenza di queir animale con la favola riferita da Livio del prodigio accaduto a Lanuvio, nel famoso tempio di quella divinità. Il richiamo a quella favola è stato per me come il filo conduttore per una novella attribuzione di questa serie finora discussa di monete; ed io verrò dimostrando come non solamente la presenza del corvo nel sestante, ma quella di tutti gli altri sim- boli espressi nei rimanenti pezzi costituisca altret- tanti richiami al culto di Juno Sospita, il cui tempio principale risiedeva a Lanuvio, e che la tanto ri- cercata sede di queste monete sia appunto quella di Lanuvio. * * * Sotto Tappellativo di Juno Sospita, invocata tanto dai guerrieri nelle battaghe, come dalle donne par- torienti, esisteva a Lanuvio un grande santuario cir- condato da un bosco sacro, celebre per le sue ric- chezze, il quale fin dall'anno 338 a. C. era divenuto santuario comune con Roma (0. Quell'anno stesso ai lanuvini era stata accordata la cittadinanza romana (2). Un flamine romano, no- (i) Liv. Vili, 14, 2: " Lanuvinis civitas data sacraque sua reddita " cum eo, ut aedes lucusque Sospitae Junonis communis Lanuvinis mu- " nicipibus cum populo romano esset „. Cfr. Plin. Hist. nat. XXXV, 17. (2) Pais e. Storia di Roma, voi. T, part. i.". Torino, Clausen, 1898, pag. 184. 336 GIOVANNI PANSA minato dal Dittatore, aveva ramministrazione del santuario ed i prodigi che vi accadevano erano an- nunziati a Roma ed espiati per cura dei pontefici e del Senato. Il collegio dei Sacerdotes lanuvini era composto di cavalieri romani ed i consoli ogni anno erano tenuti ad offrire un sacrifizio (^). Antonino Pio e Commodo, ch'erano nati a La- nuvio, rimisero in onore a Roma il culto di Giunone Sospita e ripristinarono il vecchio e cadente san- tuario di quella città ^2). Durante il loro impero venne scolpita la statua colossale che oggi si ammira al Vaticano, la quale corrisponde esattamente al tipo della Juno Sospita, come ci viene descritta da Cice- rone Cs) e che, salvo lievi modifiche, si vede ripro- dotta sui denari della gente Procilia, Cornuficia e Mettia (4). Fatta astrazione dal tegumento caprino, i parti- colari attinenti alla testa di quella scoltura sono uni- formi a quelli che si osservano sul triente della serie che abbiamo descritta, per la foggia del casco, racconciatura dei capelli e il diadema o mitella che sporge sulla fronte, particolari tutti che accostano il tipo della Juno lanuvina a quello tradizionale della Hera dei Greci nella sua espressione maestosa e severa. Anche il giavellotto, ch'è la caratteristica di questa divinità combattente, si osserva tanto nella statua come a fianco della testa del triente. Nessuno, peraltro, ha finora posto in dubbio che quella testa (i; Cic, prò Milon., X, 27; XVU, 46; Id., prò Mitr.^ XLI, 90; Liv. XXI, 62, 4 e passim; C. I. L. XIV, 2092; V, 6992, 7814; IX, 4206, 4399; X, 4590; Marquardt. Le eulte chea les romains (trad. Brissaud), II, 236. (2) JuL. Capit. Ani. P.j 8 ; C. I. L. XIV, 2088-91 ; 2121 ; Gubrbeck. Kunstmyth.^ W, 161 ; Eckhel. Doci. num. vet.^ VII, 14 e 107. (3) De nat. deor., I, 29, 83. (4) Clarac. Musée de Scttlpture, pag. 418, n. 731; Mus. Pio Clemeni., II, 21 ; GuERBECK. Kunstmyth. Miinztafel, li, 160 e seg. e Atlante, X, 36. L OFFICINA MONETARIA DI LANUVIO 337 appartenga a Giunone. Resta soltanto ad esaminare come tutti i restanti attributi che si scorgono sugli altri esemplari di quella monetazione, si riferiscano alla medesima divinità, al culto e alle tradizioni per cui fu tenuta in onore. * E seguitando a parlare del triente, è da no- tarsi come i tipi del rovescio, cioè le figure di Ercole e del centauro, convengono perfettamente al culto di Giunone, intesa come dea che presiede alla fecondità. Ercole, nella sua lotta col centauro, si rese immortale per aver succhiato il latte di Giu- none. Nel mito latino ed itahco Ercole e Giu- none erano le divinità principali che presenziavano all'unione coniugale, tanto che il nodo della cintura verginale che le spose dedicavano a Giunone e che veniva sciolto dal marito, era chiamato nodus hercu- leanus W. Del resto, Tunione di Ercole a Giunone lanuvina, simboleggianti Tuno il principio della viri- lità e Taltra quello della fecondazione, si scorge pret- tamente sulla scoltura d' un candelabro di bronzo proveniente da Perugia e conservato oggi nel museo di Monaco di Baviera (2). Appunto sotto il titolo della fecondità rappre- sentata dal maritaggio, è riprodotta sul triente la scena deiruccisione del centauro Eurytion da parte (1) Fest, Epa., pag. 63, s. V. " Cingulo „ ; De Herctile et Junone diis Italorum coniugalibus (in Anna/. dell^Islit. di Corr. ArcheoL, 1867, p. 352); RoscHER. Lexicon, I, 2248; Mommsen-Marquardt. La vie privée d. rom. (trad. Henry), I, 60; Schwegler. Roem. Gesch,, I, 367, n. 17. (2) OuERBECK. Kunstmyth., II, 163; Brunn. Beschreibuìig der Glypto- ihek, pag. 54, n. 4 (2.» edit.); Wieseler. Denkmaeler, I, 299 a, b, e. 338 GIOVANNI PANSA di Ercole. 11 centauro simboleggia Tamore sensuale, il delirio, la follia erotica. Secondo la favola, Deia- nira, figlia del re Dexamenos, era stata promessa ad Ercole; ma approfittando della partenza dell'eroe, il centauro Eurytion la domandò in isposa e il re padre acconsentì per timore a cedergliela. Ma so- praggiunto Ercole il dì stesso delle nozze, ammazzò Eurytion e menò seco Deianira (^l Questa dovrebbe essere la scena rappresentata nel nostro triente. Nemmeno tuttavia sconverrebbe Taltro mito analogo o variante di quello precedente per rapporto agli stessi nomi dei personaggi prota- gonisti, r uccisione cioè dell'altro centauro Nesso compiuta da Ercole , sempre per vendicarsi del- Tunione clandestina di lui con Deianira. È noto come quegli, morendo, raccomandasse a Deianira di vendi- carlo tuflando la sua tunica nel suo sangue ed of- frendola ad Ercole. Avvenne che questi ogni qual volta r indossava, era assalito da follia erotica; e fu appunto in uno di quegli accessi di follia che fece ardere sull'Oeta il rogo dove si coricò per morire (2). Del resto, come simbolo dell'unione carnale e in rapporto ad Eros, il centauro è rappresentato in altri monumenti delFantichità figurata. * * * Passando ai tipi del quadrante, vi riscontriamo, oltre alla testa di Ercole nel diritto, la figura di un toro /uggente e di un serpente in corsa al disotto. (i) Pausan. Vn, 18, I ; Apollod. II, 515 ; Hyg. Tah., 31, 33 ; Pe- DiASiM. De Herc. lab., 5; Lactant., ad Stat. Thebaid., V, 263. (2) OviD. Met., IX, loi. 104; Senec. Herc. O^/., 491 eseg.; Apollod. II, 7, 6; Hyg. Fab., 34,36, etc; ap. Westermann. Myihogr., pag. 371, 8. L*OFFICINA MONETARIA DI LANUVIO 339 Sono questi, senza dubbio, gli emblemi di La- nuvio ed i contrassegni della sua officina monetaria, come fa anche testimonianza il denaro di L. Thorius Balbus (^). Questo denaro reca sul diritto la testa di Giu- none lanuvina (inno Sospes Ulater Regina) con tegu- mento caprino sul capo, e nel rovescio la stessa fi- gura del toro fuggente. Senìbra quasi una ripro- duzione del quadrante di cui ci occupiamo; e la cosa si spiega facilmente con la circostanza che L. Thorius Balbus era originario di Lanuvio (^\ mentre il toro sulle monete di lui sta a rappresen- tare tanto il nome della famiglia, quanto Torigine o provenienza da Lanuvio. Anche un quinario di M. Mettius, nonché i de- nari di L. Papius Celsus, L. Procilius e L. Roscius Fabatus recano la testa di Giunone lanuvina e gli emblemi della monetazione di Lanuvio da cui do- vevano originare quelle famiglie ^3), come anche si dirà appresso. Intanto è da notare come l'immagine del toro fuggente si scorge anche sopra un denaro di L. Li- vineius Regulus, personaggio istoricamente scono- sciuto, che fu monetario nell'anno 711-712 (4). S'ignora la provenienza dei Livinei ; ma non è improbabile che discendessero pure da Lanuvio, come starebbe a indicare la lieve metatesi consentita sul nome. Forse l'immagine del toro fuggente non fu per la vecchia città del Lazio che un eff'etto di localizza- zione, derivato da tradizioni antichissime che si rian- (i) Babelon. Thoria, i. (2) Cic. De fin., II, 20; Babelon. Ivi. (3) Babelon, Mettia, i, 2; Papia, 1, 2, 3, 4; Proci/ia, i, 2; Poscia, i. (4) Babelon. Op. cit, II, 141 e segg. ; Ivi, Ju/ia, 57; Bahrfeldt. Nachtr. und Bericht. zur Miinzk. d, Rom. Repubi, taf. VI, 141. 340 GIOVANNI PANSA nodano al così detto fenomeno del totemismo ^0 e delle quali è anche qualche traccia nel passo leggendario di Catone ^2)^ confermato da Valerio Massimo (s) : Lavini boves imniolatos priusquam caederentur profu- gisse in Siciliam (sic), le cui ultime parole dovreb- bero dire in silvam, come fanno sospettare i testi più corretti ; e non è da escludersi che per difetto della dizione stessa, si debba anche leggere Lanuvi per Lavini. Del resto quella fuga in genere da La- vinio o dalle parti della Campania (4), potrebbe anche essere qualche prodotto di contaminazione, come fanno sospettare altri consimili passi leg- gendarii : (Cfr. lo stesso immaginario racconto ap- plicato all'origine di Buthrotum ^5)). La figura del serpente, sottostante al toro, si spiega con le stesse monete appartenenti alle fami- glie lanuvine della Mettia, della Papia, della ProciHa e della Rosela, che abbiamo ricordate più addietro. Nel quinario di M. Mettius si osserva la testa di Giunone lanuvina e dietro il serpente attorcigliato. Sul rovescio di un altro quinario appartenente allo stesso monetario, è rappresentata una giovane figura femminile nell'atto di cibare un serpente. L'iden- tica scena è riprodotta sul quinario di L. Papius Celsus. (i) Il D AiLLY {Recherches^ cit., II, i^ part., pag. 239) impropriamente afferma che le due figure del toro e del serpente alludano alla favola di Giove il quale, sotto le sembianze del toro, abusò di Cerere e da tale unione nacque Proserpina ; abusò poscia- anche di costei sotto le spoglie del dragone o serpente e dalla nuova unione risultò la nascita del toro. (2) Ap. Serv. ad Aen., X, 541. (3) I, 6, 7. (4) Serv. Ili, 390; Vili, 43. (5) Teucr. Kyz., ap. VEtytnolog Magnum, pag. 210, 22 = fr. i — M. IV, pag. 508 (citaz. del Pais. S/or, Gemmentafel, n. 8, pag. 127; Wieseler. Denkm. d. Alten Kunst., II, 65. (5) Descript, d. monti, de la Rep,, pag. 347, n. 27. 348 GIOVANNI PANSA fisonomia d'una dea. Così pure nel cavaliere posto sul rovescio egli ravvisa la stessa figura femminile turrita e non un personaggio a capo nudo, come a tutti è sembrato. La stessa personificazione espressa dalla Tyche riconosce il Sambon, senz'altro. Se si volessero mettere in rapporto del culto di Giunone anche i tipi di questa semioncia, bi- sognerebbe ritenere che il capo turrito sia ap- punto di quella dea, poiché tanto sulle monete che in altri monumenti essa figura redimita di corona murale al pari di Cibele. Qualche volta , anzi , usurpando le sembianze di quest'ultima, la si vede sul carro tirato dai leoni e coi medesimi attributi di Cibele (^). Ma a quale scopo i lanuvini avrebbero rappre- sentata la loro divinità tutelare sotto apparenze di- verse da quelle con cui a Lanuvio si venerava ? Io credo che sia ben difficile potersi allontanare dal concetto molto semplice della Tyche, che ritengo la spiegazione più semplice e naturale, senz'arri- schiarsi in congetture. Riguardo al fantino nell'atto di frustare il cavallo e procedere a corsa sfrenata, non mi pare esatta la rassomiglianza che il D'Aill}^ vi ha riscontrata con la figura del diritto. Un'osserva- zione assai minuta che ho fatta sopra tre conserva- tissimi esemplari della mia collezione, mi porta a credere che il fantino non sia completamente nudo, ma provvisto d'una clamide un cui lembo si vede svolazzare. Che qui si sia voluto alludere a giuochi di corse, parmi doversi escludere. 11 fantino a cavallo, a galoppo sfrenato, si osserva pure sui denari e quinari di L. Calpurnius Piso Frugi, i quali alludono manifestamente ai ludi apollinares ed alle corse dei (1) RoscHER. Lexikon, II, pag. 613 e se^g. l'officina monetaria di lanuvio 349 desultores, poiché nelle mani del cavaliere si scor- gono la palma, la fiaccola, oggetti che caratterizzano appunto l'obbiettivo delle corse. Lo stesso dicasi di altre monete coi cavaheri in corsa, ove l'obietto della corsa è chiaramente determinato dal rispettivo emblema. Ma il cavaliere della semioncia lanuvina ha nella mano soltanto il flagellum, che vorrebbe esprimere semplicemente il motivo, senza altro, del correre. A quale scopo ? Se mi è lecito esprimere una congettura che ad altri potrà sembrare arrischiata, ma che per me ha tutti i caratteri della verosimiglianza, proporrei di riconoscere nel cavaliere corrente il messaggiero, cioè il cursor o tabellarius della città destinato al cursus publicus^ quello che oggi si direbbe il servizio delle poste. Quei corrieri rapidissimi, incaricati del trasporto delle lettere e dei messaggi, vennero molto più tardi chiamati symmaci : Per portitores litterarum velocis- simos ierrestres, quos.,. symmacos vocant(^). Nelle città alleate (sodi o foederati) quel servizio, nei primi tempi della repubblica, era indispensabile, venendo affidato anche ai privati. Col tempo, e spe- cialmente sotto r impero, assunse un'organizzazione sistematica (2). Esso mirava a regolare i rapporti, lo scambio delle relazioni con le città alleate o soggette, e potrebbe ritenersi benissimo che venisse simbo- leggiato dalla persona del cavahere a galoppo sfre- nato, quasi a dinotare le strette relazioni fra Roma e Lanuvio (espressa con la figura muliebre turrita) (i) LiBERAT. Brev., 23. (2) Ved. Desjardins E. Les " tabellarii „ courriers porieurs de dépé- ches chez les Romains (in Melang. de PEcol. d. haut. etud. Paris, 1878, pag. 25). Cfr. Cod. Theod.^ Vili, 5, 51, De cursu pubi, et angariis : " Publici cursus exhibitio antiqua ex consuetudine inducta „. 4S 35© GIOVANNI PANSA o, meglio, i vincoli d'alleanza che esistevano fra le due città. Non è un fatto nuovo nella numismatica che il moto, la velocità, Tunione di un punto all'altro per dinotare un rapporto, una relazione, uno stato di collegamento qualsiasi, vengano espressi coi cavalli in corsa e coi carri, ch'erano allora i mezzi di velo- cità più in uso che l'antichità conoscesse. Giovanni Pansa. INTORNO ALLE FORME da fondere Monete Imperiali Romane CONSIDERAZIONI PRATICHE. Questa memoria era in via di preparazione quando venne alla luce l'interessante studio intitolato Intorno alle forme da fondere monete imperiali romane (i). In massima parte il campo d' azione del detto articolo essendo il medesimo sopra del quale trattava anche questa memoria, ho creduto bene di riordi- narla in maniera da permettermi d'intervenire nella discussione su certe questioni sollevate dal citato studio, le di cui conclusioni derivano da una molti- tudine di differenti scritti che s'interessarono delle forme da fondere e delle monete che ne derivarono. Sfortunatamente sono troppo male equipaggiato di scienza per poter intervenire con argomenti scien- tifici; nel tempo stesso l' intestazione di questa me- moria, rivela il suo mandato. È dunque in base alla pratica che cercherò del mio meglio per dimostrare quello che mi tornerebbe difficile di compiere per altra via. (i) Prof. dott. LoRENZiNA Cesano. Rassegna Numismatica, nov. 1912. 352 G. DATTARI Comincierò dal dire che il materiale d'informa- zioni che ha servito a formulare le conclusioni di certi studi sulle forme di terra e le monete fuse, in buona parte è piuttosto antiquato e rimonta ad epoche in cui i numismatici erano poco scrupolosi nelle loro ricerche e talvolta anche attingevano le informazioni da persone profane. Per conseguenza quel materiale ben poco si presta per le testimonianze dei fatti. In oltre, mi permetto di dire che gli scienziati si fidano un po' troppo di certe conclusioni le quah, per quanto dotte, furono concepite da persone mancanti di pra- tica e di quelle conoscenze tecniche necessarissime per concludere su problemi inerenti alla tecnica. Per esempio, io penso che un buon numero di monete furono giudicate fuse, mentre è assai proba- bile che non lo siano. Questo sospetto sembrerà piuttosto petulante : ma, quando si pensa al numero di monete fuse (false moderne), che popolano i me- dagheri sì pubblici che privati, bisogna convenire che non a tutti resta facile di distinguere le monete che furono fuse in antico. Sono il primo ad ammettere che quando le mo- nete sono pulite e a fior di conio, con un po' di pratica chiunque arriverà a distinguere le fuse da quelle battute. Però quando sono ossidate o forte- mente patinate nessuno sarà capace di poter discer- nere la loro fabbricazione se non sottomettendole alla ripuHtura (ciò che non è praticato da tutti). E quando saranno Hberate dall'ossido, anche allora si richiede molta pratica per decidere sulla loro natura. L'aspetto delle monete rjpulite cambia a seconda della loro lega e dell'ossidazione che le ricopriva, la quale dipese dalle condizioni del luogo che le albergò per molti secoli. Così, talvolta le monete ripulite si presentano porose o bucherellate come sono in ge- nerale le monete fuse. Ancora la tecnica dei confi INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 353 può dare luogo a errori di giudizio. Sta il fatto che certi conii furono costruiti in maniera da non venire a contatto con la periferia del tondino. Ora, Torlo delle monete battute con tali conii talvolta lascia vedere delle sbavature che in origine si trovavano sopra le verghe fuse dalle quali vennero tagliati i tondini. Quelle sbavature e la rustica apparenza della periferia delle monete ha spesso dato luogo a credere che esse fossero colate. Abbiamo una prova di questo fatto nelle monete di mistura così dette alessandrine, le quali, avendo giusto la periferia granulosa e talvolta bavosa, in- dussero molti numismatici a credere che tutte fossero fuse, mentre io posso assicurare che la mia colle- zione (Alessandrina), la quale oltrepassa i 12000 pezzi, contiene dei due metalli non più di 25 o 30 monete fuse (Vedi Tav. V, n. i). Inoltre, posseggo tre monete incuse e la buona sorte ha voluto che una sia di Claudio I, cioè del principio deir impero ; un' altra di Faustina, cioè della metà dell'impero ed una terza di Massiminiano Ercole, ossia dell' ultima emissione di quel genere di monete (Tav. V, n. 2, 3, 4). Questi tre esemplari incusi, i quali abbracciano la monetazione di tre secoli, devono bastare da soli a convincere i numismatici che le monete di mistura della serie alessandrina emesse dal governo furono unicamente coniate. Sinceramente devo dire che dalle dimostrazioni tecniche fatte dai diversi autori, si direbbe che non è bene capita la tecnica delle monete fuse, né quella delle forme da fondere. Sì per le une che per le altre, si sente che gh autori si muovono a disagio e lasciano intravedere quell'incertezza che è affatto naturale in chi tenta di spiegare una teoria senza conoscerne a fondo la pratica. 354 G. DATTARI Già con apposito studio (^) cercai di far conoscere come dovevano essere costruite le forme di terra ; ma, sia che non arrivassi a spiegarmi nella maniera voluta, sia per altre ragioni, il fatto sta che la mia dimostrazione non è stata tenuta in conto. Però, convintissimo di quello che dissi allora, ritorno sullo stesso soggetto amplificando gh schiarimenti e ac- compagnandoli da impronte dimostrative. Devo premettere che non conosco nessuna specie di forme di terra ritrovate in Europa, come non conosco monete romane fuse appartenenti ai tre primi secoli deirimpero. Le mie conoscenze si limi- tano alle forme e alle monete fuse ritrovate in Egitto le quali per la serie romana datano dalla Riforma di Dioclesiano fino a tutta l'epoca bisantina. Tratto quindi delle forme e delle monete fuse simili a quelle di mistura delle serie alessandrine, tolomaica e greca. Dal numeroso materiale che posseggo risulta che la tecnica delle forme da fondere le monete del genere dei follis è sempre la medesima, se si ec- cettua una lieve differenza nella composizione dei cilindri. Esteticamente, certe forme sembrano differire da altre: ma, ciò non dipende dalla tecnica, bensì dalla maggiore o minore capacità di chi le fab- bricava. Il materiale che veniva usato era della terra fi- nissima che veniva impastata fino ad avere la resi- stenza che ha l'argilla usata dai modellatori. Giunta a quello stato, se ne facevano tanti bastoncini cilin- drici del diametro adattato al modulo delle monete che si intendevano colare. Quei bastoncini venivano tagUati in pezzetti eguali, che divisi gh uni dagli (I) Motivi di tecnica antica in Bullettino Italiano di Numism., ecc., n. I, 1910. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 355 altri, prendevano la forma che hanno le pedine nel giuoco della dama, ossia di una pastiglia. La prima pastiglia veniva a formare la testata e riposava sul tavolo di lavoro, per cui una sola delle sue faccie riceveva V impronta della moneta genuina che vi ponevano sopra. Una seconda pastigha veniva posta sulla moneta che già si trovava sulla prima pastiglia che allora si comprimeva di maniera che il diritto della moneta andava a riprodursi sopra una pastigha ed il rovescio sull'altra. Sopra la pa- stiglia numero due si poneva un' altra moneta e sopra a questa una terza pastiglia e così via dicendo fino a che si era raggiunto il numero voluto, il quale, da quanto risulta, non sorpassava il numero di 12 monete. Sovrapponendo una pastigha sull'altra, si veniva a formare un cilindro lungo da 7 a 8 centimetri e ciò per le monete della grandezza dei piccoh bronzi, forse più lungo per le monete dei moduli maggiori. Quando il cihndro era compiuto, veniva ripulito esternamente facendo sì che la sua superficie fosse tutta unita. Ciò fatto con un istrumento a tagho vi eseguivano un piccolo solco in senso longitudinale la di cui profondità era determinata dall'incontro che faceva l'istrumento tagliente con Torlo delle monete che si trovavano tra le pastiglie. Quei punti di con- tatto tra ristrumento e le pastiglie facevano sì che una volta tolte le monete tra le pastiglie, si forma- vano tanti forelhni dai quali doveva penetrare il metallo in fusione. Il cilindro così aggiustato, veniva demohto per estrarre le monete che racchiudeva. Questa opera- zione era delle più facili grazie alla polvere di talco o altra simile sostanza con la quale le monete e le pastiglie erano state da prima spalmate onde impe- dire che le une aderissero alle altre. 356 G. DATTARI Una volta estratte le monete, il cilindro veniva ricostruito nello stesso ordine primitivo. Per la rico- struzione di esso, il solco, di cui abbiamo parlato serviva di guida per risovrapporre le pastiglie esatta- mente una sull'altra, senza dire che prima di demo- lire il cilindro vi saranno state tracciate delle sensibili linee longitudinali che anch'esse servivano di guida per ritrovare la posizione originale delle pastiglie. La ricostituzione del cilindro era la parte più delicata della fabbricazione delle forme in quanto che, se la giusta apparizione delle pastiglie non era per- fetta, la periferia delle monete si presentava con delle sporgenze semicircolari ossia dei doppi orli i quali potevano tradire la loro fabbricazione. Con tutto ciò, quelle sporgenze appariscono sopra una grande parte delle monete fuse (Tav. V, n. 5, 6). Una volta ricostituito il cilindro, con un panno oppure una spugna bagnata, lo si lisciava esterna- mente in tutta la sua lunghezza rispettando il solco. Quest' ultima operazione serviva a chiudere gV in- terstizi tra una pastiglia e Taltra, e nello stesso tempo rivestiva il cilindro di una specie di fodera o camicia la quale gli dava stabihtà, lo rendeva di un solo pezzo e perciò facile a manipolarlo. 2 ^ 4 5 ò 7 ^ 10 li 12 i-^ da I a 13 pastiglie. solco -> forellini. 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 da 14 a 25 vani con impronte delle monete (^^ ^ -^^ Più non rimaneva che lasciare bene asciugare il cilindro prima di potervi colare il metallo in fusione. Quanto più era lento e naturale il prosciuga- mento del cilindro, tanto era minore il suo ristrin- gimento. Pure le monete fuse sono sempre di un INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 357 modulo e di uno spessore minore di quello delle monete genuine che avevano servito per V impres- sione dei tipi (Tav. V, n. 7, 8, 9, io). Dai ritrovi delle forme di terra che servirono alla fusione delle monete si constata che quella dei GB e dei PB sono rare : mentre sono comuni quelle dei MB. La preferenza che godeva la falsificazione dei MB, io credo che sia dovuta all'inevitabile rim- picciolimento del modulo cui andavano soggette le forme nel loro prosciugamento. Sta nel fatto che la diminuizione del modulo dei GB doveva dare più all'occhio di quella dei MB le di cui grandezze erano più varie anche nelle monete genuine. La fabbricazione delle forme, come ho ora di- mostrato, era quella usata per le monete che dal maggiore modulo scendono fino ai piccoH bronzi. Per i quinari ed altre più piccole monete, la costru- zione dei ciHndri, la loro demolizione e ricostituzione era simile a quello di cui abbiamo parlato fino ad ora. Però, allo scopo di guadagnare tempo, come per evitare di costruire dei cilindri troppo minuti e fragili, le pastiglie di terra venivano fabbricate con una superficie facciale capace di ricevere da 6 a 7 impronte di quelle monetine disposte come un fiore di margherita (®). Sulla faccia della pastigha ove le impronte erano più profonde faj vi tracciavano dei piccoli canaletti i quah mettevano in comunicazioue le diverse impronte e permettevano poi al metallo di potere scorrere e riempire tutti i vani (Tav. V, n. 11). Le monete fuse di grosso spessore come i te- tadrammi tolomaici d' argento e quelle alessandrine di mistura erano fabbricate con il sistema detto a cera perduta. Questo sistema richiedeva la fabbrica- zione di due differenti forme cioè, forme per colarvi la cera e forme per colarvi il metallo. Dal materiale antico che posseggo, apparisce 46 358 G. DATTARI che le forme per colarvi la cera appartengono a due sistemi. Il primo consisteva di due pastiglie di terra tra le quali si insinuava una moneta genuina, di maniera che sopra una pastiglia vi era impresso il diritto e sopra dell'altra il rovescio. Sul contorno si praticava un' imboccatura conica da dove si co- lava la cera dopo avere tolta la moneta che rac- chiudeva. Queste forme dopo bene asciugate riceve- vano una cottura la quale le rendeva dure, affinchè potessero servire a produrre un' infinità d' impronte di cera (Tav. V, n. 12). L'altro sistema consisteva in placche di gesso di forma rettangolare, lunghe 12 cent., larghe 7 e spesse IO mm. Sopra la faccia di una di queste placche, che chiameremo quella inferiore, s' incastravano per tre o quarti, cinque monete così disposte o o . Sopra questa placca se ne poneva un'altra la quale con un po' di pressione a suo turno riceveva l'impronta delle cinque monete che vi penetravano per l'altro quarto. Quando il gesso era abbastanza indurito, le due placche venivano divise e, una volta Hberate delle cinque monete, vi si praticava un solco che par- tendo dalla moneta di testa, andava a finire perpen- dicolarmente sulla linea laterale della placca, là dove era la bocca che dava accesso alla cera strutta. Con dei piccoli canaletti, le quattro impronte laterali venivano messe in comunicazione con il solco cen- trale o 0+0 o4-o I onde permettere alla cera liquida di scor- rere in tutte le direzioni. Tanto il solco che i cana- letti erano fatti sopra ambo le placche. Con queste forme si ottenevano cinque monete di cera dello spes- sore di quelle d'argento o di mistura e come quelle INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 359 di terra cotta servivano alla confezione di una infi- nità di monete di cera. Grazie al giusto spessore delle monete di cera, esse potevano funzionare come le monete stesse per la fabbricazione delle forme di terra che dovevano servire per colarvi il metallo. La fabbricazione di queste seconde forme era identica a quella che ab- biamo detto per i folHs. Ciò che non posso assicurare si è se la cera veniva sciolta a fuoco lento prima di colare il me- tallo nelle forme, oppure se quest' ultime venivano direttamente messe nel fuoco e la cera andava per- duta. Io ritengo che la cera vi fosse tolta a fuoco lento. Le monete fabbricate con questo sistema ave- vano l'apparenza che hanno le monete usate. Esse sono grossolane, gli angoli dei tipi e delle lettere sono arrotondati e mancano totalmente dei minuti dettagli. Ciò si spiega dal fatto che le monete non derivavano direttamente dalle prime impronte prese dalle monete genuine. Esse erano il risultato prove- niente da impronte prodotte da altre impronte per cui perdevano molto dei dettagli. In secondo luogo, siccome tanto le impronte di terra cotta che quelle di gesso, come abbiamo detto, servivano alla ripro- dazione d' infinità d' altre impronte di cera, ne con- segue che se, come è possibile, ad ogni nuova pro- duzione le impronte non erano intieramente ripuhte, con Tandare del tempo gh angoli dei tipi e delle lettere andavano arrotondandosi e come tali appa- rivano sulle monete (Tav. V, n. 13, 14). Io credo che sia precisamente per cattivi risul- tati che dava questo sistema di fabbricazione, che sono estremamente rari i tetadrammi falsi dell'epoca tolomaica e di quella alessandrina. Se per la fabbricazione di queste monete i fal- sari si assoggettavano ad una lavorazione più lunga, 360 G. DATTARI più meticolosa, e, diciamo pure, più costosa, ciò non fu perchè la produzione dei tetradrammi era più ri- munerativa di quella delle monete di rame. Se essi adottarono quel sistema anzi che quello usato per i * foUis, ciò era per forza maggiore. Sta il fatto che per dette monete spesse e pesanti, la costruzione dei cilindri non era pratica, in quanto che per con- tenere da IO a 12 monete, quei cilindri dovevano misurare oltre 30 cent, di lunghezza ed avere un diametro di 40 mm. Data la pesantezza delle monete, quei cilindri erano quasi immaneggiabili e per sicuro si sarebbero deformati prima di giungere a compimento. Ciò è quanto non poteva succedere con le monete di cera le quali erano leggerissime e potevano rimanere tra le pastiglie fino a completo prosciugamento delle forme. Da ciò risulta chiaro che è un errore quello di credere che le forme di terra, le quah servirono alla confezione delle monete dalla Riforma in poi, siano state fatte con il sistema a cera perduta. Primo, perchè, come abbiamo constatato, le monete riuscivano di- fettosissime e perciò era pericoloso il metterle in circolazione. Secondo, perchè i dischi di cera per delle monete come quelle della Riforma dovevano essere talmente fini da non resistere alla pressione per incastrarle sull'argilla la quale offre sempre una certa resistenza. Terzo, quando si pensa che con il sistema a cera perduta per falsificare delle monete della Riforma per un valore corrispondente a una libbra d'oro (72 aurei) sarebbero abbisognate da 50 a 60.000 impronte di cera; c'è ragione di domandare perchè venisse adoperato quel sistema quando si po- teva impiegarne un altro assai più semplice e di mi- gliore riuscita? Si va dicendo che le monete fuse abbiano dato INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 361 origine alle così dette monete ibridi. i\nzi, si pre- tende che sono proprio quei pezzi che hanno attratto l'attenzione dei numismatici su tutto questo gruppo di monete fuse. Secondo me, questore un ragionamento che non resiste alle prove. Abbiamo veduto come ciò non poteva accadere con le monete fabbricate a cera per- duta, poiché esse uscivano dalla forma di un solo pezzo (di cera) ed erano l'esatta riproduzione del diritto e del rovescio delle monete genuine. In quanto all' altro sistema che comportava la demolizione dei cilindri, si pensa forse che nella loro ricostruzione qualche pastiglia potesse andare spostata e così dare origine a dei pezzi ibridi. Una tale idea può sembrare ammissibile solo a coloro i quali non hanno o non conoscono la pratica della tecnica usata per le forme di ogni cosa che si vogha fondere. Chi è al corrente di detta tecnica sa benissimo che simili errori non possono accadere. Primo, perchè l'artefice avanti di demoHre qualunque siasi forma, vi farà alFesterno di questa tanti segni che traver- sano gl'interstizi dei diversi pezzi i quali servono di guida alla sua ricostituzione. Secondo, perchè nel caso delle pastighe che ora ci occupano, le quali for- mavano l'insieme del cilindro, il piano di una non poteva mai essere eguale a quello di un'altra. Se uno sbaglio di giustificazione fosse avvenuto, l'arte- fice se ne sarebbe accorto. D'altra parte, a tutti è noto che tra le monete genuine che ora ci occupano, anche se appartenenti ad uno stesso nominale, è ben raro di trovarne delle perfettamente tonde, oppure dello stesso diametro, o che abbiano gli stessi difetti nella loro circon- ferenza. Per cui, pure ammettendo che una pasti- gha potesse essere spostata, in tale caso ne sa- rebbe risultato tre monete ibridi e gli. orli di tutte 362 G. DATTARI quelle monete infallibilmente avrebbero una differenza tra la periferia del diritto e quella del rovescio. Io non ho alcun dubbio che la fabbricazione delle monete false deve essere un lavoro eccitante, palpitante e pieno di emozioni, tanto da lasciar cre- dere che degli errori potevano accadere. Con tutto ciò abbiamo molte prove che conducono a stabilire che quella lavorazione era tanto semplice che errori, come di produrre dei pezzi ibridi o altri, non pote- vano succedere. Una di queste prove l'abbiamo nel fatto che le monete genuine della Riforma, al pari di quelle dei due primi secoli e parte del terzo presentano il tipo del rovescio sempre posto nello stesso senso di quello del diritto. Cioè a dire, guardando il diritto di una moneta, se la si rivolta a destra oppure a sinistra , nel rovescio , supposto che vi fosse un personaggio, questo lo si vedrà nella posizione naturale in piedi. Se al contrario, si capovolge la testa del diritto, cioè girando la moneta dall'alto in basso, il personaggio del rovescio si presenterà con la testa in basso e le gambe in aria (Tav. VI, n. I, 2, 3). Se fosse stato facile di spostare le pastiglie, da dare origine a delle monete ibride, tanto più facile doveva essere di cambiare la posizione dei rovesci rispetto ai diritti, e tra le monete fuse si dovrebbero trovare dei rovesci posti contrariamente alla regola, come si vede alla Tav. VI, n. 4, 5, 6. Questo caso non risulta in nessuna delle cento e più monete fuse che possiedo nella mia collezione. Per ultimo, abbiamo delle forme di terra nelle quali, sopra una faccia vi è l'impronta di un GB e sull'altra quello di un MB, cioè a dire in uno stesso cilindro si fabbricavano delle monete di due mo- duli differenti. Ciò prova la sicurezza del sistema INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 363 e che non era possibile che le pastighe venissero spostate. La fusione. Si vuole che le forme di terra ad- dette alla fusione delle monete, ricevessero una cot- tura più o meno lunga al fine di far loro acquistare una sufficiente resistenza al colore del metallo fuso. Come vedremo ben tosto, una tale operazione non fu mai adottata per le ragioni che andremo esami- nando ed anche perchè le forme senza essere cotte resistono benissimo al calore del metallo in fusione. Per ciò che riguarda la fusione delle monete sembra che non sia stato tenuto conto di un'arti- colo intitolato : / denari e i piccoli bronzi fusi nelF an- tichità (^). In questo articolo viene spiegato che, il forellino da dove doveva penetrare il metallo era picco- lissimo e l'aria contenuta nel vano avrebbe ostacolato lo scorrere del metallo. Allora il cilindro di terra re- frettaria era portato al fuoco e fatto diventare rosso quasi allo stesso colore del metallo. L'aria era estre- mamente rarefatta nel vano e il metallo passando dal crogiuolo alla forma non trovava nessuu slivello di calore e poteva quindi scorrere fluidissimo a sposare perfetta- mente i tipi della forma. Questa dimostrazione è inattaccabile, essa basa sulla rarefazione dell'aria nei differenti stadi di ca- lore i di cui fenomeni sono inesorabih ! E non vi è ombra di dubbio che se gli odierni falsari di monete usano lo stesso genere di forme che si usavano in an- tico, ancora essi dovranno colare le loro monete nella stessa maniera che facevano gli antichi. Si va ancora dicendo che le forme venivano in- filate in un tubo aperto longitudinalmente, o che erano poste in un incavo di una grossa pietra, o in un blocco di terra cotta e quindi erano legate con (i) M. Piccione. Monthly Numisntatic Circular, 1909. 364 G. DATTARI un filo di metallo. Tutte queste operazioni sono male concepite ed inapplicabili alla fusione delle monete. Mi si dirà che quanto nego e contraddetto dal ritrovamento di un blocco di pietra contenente delle forme di terra cotta legate con file di metallo. A ciò credo di poter dire che se la reliquia sopra men- zionata è come viene figurata a pag. 960 dal Traile des Monnaies grecques et romaines ('), in tal caso io penso che le forme che si trovano in quel blocco non servissero a fondere delle monete, ma bensì delle impronte di cera, oppure, che quel cimelio venne ricostituito da una mano moderna profana deirantico. Convengo che è molto temerario di condannare ciò che non sì è esaminato con i propri occhi; ma, ripeto che quanto asserisco è dall'esame del disegno sopra detto. Sta il fatto, che, come sono disegnate, quelle forme hanno tutta l'apparenza di avere ser- vito, e allora a quale scopo vennero rilegate con il filo di metallo e rimesse di nuovo nella pietra? Le forme, una volta che avevano servito a fondere il metallo, non erano più utilizzabiH, giacche per levare le monete fuse rinchiuse nelle forme, queste ultime dovevano essere mutilate ed era impossibile di ri- metterle al posto che occupavano prima e nessun filo metanico avrebbe valso a tenere unite quelle forme e non avrebbe potuto impedire al metallo in fusione d'intromettersi tra gli interstizi delle forme. Vedi impronte. D'altra parte abbiamo già detto che a freddo, quelle forme non potevano mai riempirsi di metallo iuso. Finalmente non sembra vero che per ogni sette od otto monete da fondere, abbiso- gnasse una pietra concava come quelle della reliquia sopra detta. (i) E. Babelon. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 365 Chi fabbricava le monete fuse? Sopra a questo soggetto le opinioni sono vane. Chi vuole che esse appartenessero esclusivamente ai falsari, e questa è pure la mia debole opinione. Chi vuole che ancora il governo fosse complice di quelle falsificazioni. Per ultimo v'è chi dice che i falsari abbiano fatto di quelle monete profittando deiroccasione che il go- verno stesso ne spacciava delle simih. Ma, perchè i numismatici sono così accaniti contro di Roma ? Roma che paga i suoi debiti ri- ducendo il peso delibasse ! Roma che alla chetichella diminuisce il valore del suo denaro! Roma che emette delle monete che non avevano un valore reale! Roma che inargenta le monete di rame per farle passare con il valore di quelle d'argento! Roma che impone il corso forzoso, e delle monete di quattro o cinque gramme le fa passare con il valore di quelle di dieci gramme ! Roma affamata! Roma che da una crisi passa ad un'altra, e ciò per tre lunghi secoli di una carriera gloriosa ! Finalmente Roma maestra dei falsari ! ! Con una simile fede di specchietto vi sarebbe di che vergognarsi di discendere dai romani. Ma, allorché si pensa che le istituzioni del mondo mo- derno sono modellate su quelle impartite da Roma, che ne i continui progressi, ne i tanti nuovi fattori che si successero per tanti secoli non bastarono a estirparle, siamo obbligati a non ammettere possibili le accuse numismatiche che vilipendono V invitta Roma. Varie sono le cause addotte dai numismatici sulle ragioni che spinsero i governi di Roma a met- tere in circolazione le monete fuse. Fra le altre si 47 366 G. DATTARI vuole che fosse per la deficenza di moneta spicciola ed anche per pagare le truppe in campagna, come ancora per il poco valore sempre più scadente del metallo adoperato nella monetazione. Dunque, dicono i numismatici, con le monete fuse si otteneva risparmio di tempo, di spesa e di cure. Quest'ultima conclusione non regge alle prove. Dapprima, dirò che non bisogna confondere la fab- bricazione delle monete fuse come è esercitata dai falsari, con la fabbricazione delle monete genuine emesse da tutti i governi, tanto passati che pre- senti. Le due fabbricazioni non permettono un con- fronto, giacché, se i risultati sono per così dire i medesimi, gli scopi sono molto differenti. Una fab- bricazione produce delle monete con un valore in- trinseco, mentre Taltra produce delle monete di nes- sun valore. É dunque necessario che il confronto delle due fabbricazioni sia calcolato sopra una base comune, cioè, o che le monete fatte in una maniera o nel- Taltra abbiano tutte un valore reale, oppure tutte un valore fittizio. Su queste stesse basi, se facciamo il paragone tra la fabbricazione con i conii e quella della fusione, ci potremo rendere conto quale delle due fosse la più spicciativa, di meno cura e costo. La fabbricazione delle monete con il sistema dei conii richiedeva : i.° La confezione dei conii; 2.° U incisione sugH stessi ; 3.° Fusione delle verghe dalle quali venivano tagliati i tondini ; 4.° Taglio dei tondini ; 5.° Argentatura dei tondini, se era il caso; 6.° Coniazione. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 367 La fabbricazione delle monete fuse richiedeva : i.° Preparazione della terra passata allo stac- cino e impastatura ; 2.° Fattura dei bastoncini di terra e loro di- visione per tagliare le pastiglie ; 3.° Impressione delle monete genuine sopra le pastiglie e composizione dei cilindri ; 4.° Demolizione e ricostituzione degli stessi per liberarli dalle monete che racchiudevano ; 5.° Preparazione del metallo, sua fusione e riempimento delle forme (operazione lunga e meti- colosa) ; 6.° Far raffreddare le forme, rompere i cilindri, togliervi le monete e Hberarle dal metallo che con- giungeva le une con le altre ; 7.° Argentatura e imbrunitura, se era il caso, (operazione lunghissima). La fabbricazione a cera perduta era ancora più lunga. Come abbiamo già detto, quando si pensa che per fare tante monete equivalenti a 72 aurei, abbi- sognava le bellezza di 60,000 forme, è facile avere un'idea degli immensi depositi di terra che necessi- tavano per supplire alla produzione giornahera di un numero di monete equivalente a qualche Hbbra d'oro. Il prosciugamento delle forme era un processo lento perchè richiedeva una grande preparazione per accumulare una quantità di farine le quali gior- nalmente e senza interruzioni dovevano supphre tutto il resto della lavorazione. Tutto ciò richiedeva dei locali estesissimi, i forni dovevano essere in numero gigantesco, senza dire del quantitativo dei crogiuoli e tutti gli altri attrezzi che abbisognavano. In quanto al personale, 368 G- DATTARI esso doveva essere il quadruplo, se non più, di quello che richiedeva la fabbricazione delle monete con i conii. Da ciò risulta chiaro che su eguale base, delle •due fabbricazioni, quella della fusione richiedeva molto più tempo, più lavoro, più cura, era più co- stosa e comportava un impianto considerevole. Mi si opporrà che, pure usando il sistema della fusione, i falsari chiusi in una stanzuccia fanno il loro lavoro con tutta comodità. Apparentemente è così, ma non bisogna perdere di vista che i falsari esercitando un' industria fraudolenta devono conten- tarsi di una produzione limitata, la quale però, per quanto piccola possa essere, è per loro molto rimu- nerativa. Ciò perchè essi spacciano la loro merce con un valore immensamente maggiore del valore del materiale che impiegano. Per ragioni di cui parleremo a suo tempo, le associazioni di falsari si compongono di non più due o tre individui ; di modo che, se in un giorno quel numero di persone fossero arrivate a fondere 800 monete della Riforma, in tale caso avrebbero gua- dagnato circa 25 denari. Per quella sorta di individui la detta somma costituiva un guadagno che non avrebbero saputo realizzare con unMndustria onesta a parità di capitale impiegato. Però, dalla verifica che abbiamo fatto sulla fabbricazione dei due sistemi, bisogna forzatamente concludere che se lo stesso nu- mero di falsari avessero potuto, nello stesso tempo, fare uso del sistema della coniazione, avrebbero ot- tenuto un maggiore numero di pezzi e per conse- guenza avrebbero ottenuto un benefizio più grande. Se i falsari di tutti i tempi preferirono la fusione anziché il conio, ciò non fu per risparmiare la spesa che comportava il costo dei conii, dei martelH e del- l' incudine, ma unicamente per evitare il chiasso prò- INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 369 dotto dalla coniazione a martello, causa sicura che condurrebbe alia scoperta della loro disonesta in- dustria. D'altra parte, siccome per la confezione dei conii abbisognavano degli artisti, non era cosa facile trovarne di quelli che volessero associarsi con dei malfattori. È giusto in vista di ridurre i rischi d'essere scoperti che le associazioni dei falsari si compongono di poche unità. Primo, perchè il numero di individui essendo ristretto, i loro movimenti danno meno nel- Tocchio, poi perchè si evita la possibilità di acco- gliere un Giuda nella loro compagnia. Infine, per non ridurre troppo i benefìzi individuali. Ammettiamo pure che i falsari trovassero dei luoghi adeguati da permetter loro di lavorare con tutta sicurezza, tanto da poter formare un'associa- zione più numerosa. In tal caso la produzione e forse anche gF individuali benefizi sarebbero stati maggiori, ma, con l'aumento della produzione riusciva più dif- fìcile di collocare la loro merce ed il rischio di essere scoperti aumentava enormemente. Da quanto abbiamo detto bisogna concludere che il sistema della fusione delle monete veniva adottato quando non era possibile di adottare quello dei conii. Da tale impossibilità, il governo di Roma era assolutamente esente. Poiché se, come poteva avvenire, gh eserciti in campagna, lungi dalle zecche, si fossero trovati a corto di moneta spicciola, nulla impediva che i generah, previo permesso del governo, fabbricassero le monete di cui necessitavano. Ma quelle monete dovevano essere coniate e non fuse ! A questa classe di monete io credo che devono essere classificate tutte quelle dei tipi barbari, delle leggende sbagliate o sconnesse (Tav. VI, n. 7, 8). Queste monete sono coniate e per sicuro non si possano addebitare ai falsari, poiché il barbaro 370 DATTARI stile di esse era più compromettente di quello che potevano essere le monete fuse riprodotte da quelle genuine. Lo stile barbaro di queste monete dipese dalla mancanza di artisti nel luogo ove si trovavano ac- campate le truppe. Per sicuro, gli incisori dei conii venivano reclutati tra i soldati stessi, di cui nella massa se ne trova sempre di quelli che hanno delle disposizioni naturali per qualunque lavoro anche semiartistico. Se deiresistenza delle monete barbare non si vuole ammettere la ragione da me portata, ma si preferisce attribuirla alla produzione da parte di po- poli barbari (?) oppure da falsari, ciò sarebbe una prova di più che, quando era possibile, le monete venivano coniate e non fuse. Però abbiamo altre prove concludenti le quali portano a stabilire nella maniera la più assoluta che il governo di Roma non fu mai il complice dei falsari. Queste prove ce le porgono delle vecchie monete riconiate con dei tipi barbari (Tav. VI, n. 9, io). Non è possibile sostenere che queste monete siano opera dei falsari, poiché sarebbe come insul- tare quella brava gente il crederla capace di distrug- gere delle monete buone per farne delle altre altret- tanto buone ! Forzatamente bisogna riconoscere che esse furono riconiate da un'autorità. Purtroppo, la circolazione delle monete barbare, benché fosse limitata nei campi militari, fu di sti- molo ai falsari per fonderne delle simili (Tav. VI, n. II, 12). Spero che si ammetterà di buon grado che l'estetica di queste monete fuse avrebbe colpito roc- chio il meno esperto e non avrebbero avuto la pos- sibilità di essere, spese se non avessero circolato delle monete genuine che loro rassomigliavano. Dob- INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 37 1 biamo perciò concludere che i generali facessero uso dei due sistemi di fabbricazione? Io dicodino! Poiché se le monete fuse avevano il diritto di cir- colazione come quelle coniate, sembra cosa naturale che i generali avrebbero fabbricato delle monete fuse ritraendone V impronta dalle monete genuine coniate dal governo e non dalle monete barbare co- niate nel campo. Certi luoghi dove furono ritrovate le forme che servirono a fondere le monete sono abbastanza si- gnificativi e sembrano rivelare la loro paternità. Come, ad esempio, quelle trovate nei pozzi di Cha- teaubleau e di Fomares ed altri. Non sono forse i pozzi quei luoghi ove i malfattori gettano sempre tutto ciò che può condurre alla scoperta dei loro mi- sfatti? E che cosa dire del quantitativo di forme con- tenute in ciascun nascondigho ? È mai possibile che cinquanta, o cento, o duecento, o trecento forme costituissero il deposito di un'officina governativa? Non importa quale specie di catastrofe avesse potuto distruggere un'officina governativa; oggi dalle sue rovine dovrebbero uscire delle immense quan- tità di forme usate, altre pronte per farne uso, senza dire degli attrezzi inerenti alla fabbricazione delle monete fuse. Fino ad oggi simili ritrovi non sono ancora venuti alla luce ! Se, come si vuole, durante tre secoli, a brevi intervalli, il governo emetteva delle monete fuse, bisogna convenire che se ne sarebbero trovate delle ingenti quantità; mentre io credo che tutte le mo- nete fuse (veramente fuse) che si trovano nei meda- glieri mondiali, a gran pena costituiranno un valore di qualche aureo. E cos'è questo valore contro quello rappresentato dall'enorme materiale coniato che da tanti secoli ha restituito la terra? Una prova ancora che le monete fuse devono 372 G. DATTARI essere attribuite unicamente ai falsari consiste nel peso di quelle monete. E un fatto incontestabile e a tutti noto che le monete coniate, non importa di quale metallo, variano immensamente di peso, mentre le monete fuse, sono tutte o quasi di uno stesso peso, che. si avvicina al minimo. Ciò si spiega am- mettendo che i falsari, per economizzare del metallo sceglievano i prototipi più fini e quindi più leggeri. Dair invenzione della moneta fino ai giorni no- stri, i governi dovendo continuamente lottare contro la concorrenza dei falsari, ricorsero a dei mezzi di controllo i quali cambiavano a seconda dei progressi che facevano i falsari nella fabbricazione delle loro monete. Allorquando in Egitto, già prima di Roma, en- trarono a far parte del suo sistema monetario le monete di metallo misto ove l'argento vi parteci- pava in minore quantità del rame, si osserva che il colore del rame aveva un vantaggio su quello del- l' argento. Quel colore rossiccio avrebbe fatto il giuoco dei falsari, inquantochè essi potevano fondere delle monete puramente di rame, che avrebbero ab- bastanza assomigliato a quelle del governo che con- tenevano anche dell'argento. In queste condizioni, il governo, essendo consapevole che per fabbricare le monete i falsari non potevano usare altro sistema air infuori di quello della fusione , immaginò un segno di controllo il quale doveva derivare unica- mente dal processo della coniazione. Così ebbero origine le monete argentate che Roma cominciò ad adottare a partire dell'epoca di Gallieno. Se, come da taluno si vuole, il governo avesse fabbricato le monete fuse, si sarebbe privato del controllo onde riconoscere le monete che uscivano dalle sue fonderie dalle altre che ogni cittadino po- teva imitare. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 373 Con apposito studio (0 spiegai lo scopo deirar- gentatura, come ho detto più sopra. La mia teoria incontrò Tapprovazione di cospicui numismatici, men- tre non trovò la medesima accoglienza da altrettanti cospicui i quali, accettandola, demolirebbero essi stessi le teorie a loro tanto care che basano tutte sulla disonestà del governo di Roma. Si vuole dunque che l'argentatura venisse ap- plicata nel modo seguente. St fregava la moneta con amalgama d'argento, poi si scaldava, affinchè il mer- curio distillasse e lasciasse la patina d'argento sulla moneta. La superficie di contatto fra l'argento e il bronzo corrispondeva a una zona vera e propria di compenetrazione dei tre metalli, argento, rame e stagno. Questo fatto spiega l'apparenza singolare delle monete antiche argentate e semi-corrose nelle quali si vede sfu- mare l'argento nel bronzo. Questa teoria merita d' essere esaminata. In primo luogo bisogna convenire che, se ogni moneta doveva essere fregata con amalgama d'argento, v'è di che perdere la testa pensando al tempo che ab- bisognò per fregare i milioni di monete che usci- rono dalle tante officine dell'impero romano! Su per giù la sopra accennata teoria rassomi- glia al processo che usano i calderai per imbian- care o stagnare gli utensili da cucina. A tutti però sono note le ragioni per cui i detti utensili vengono stagnati, mentre la detta teoria non spiega la ragione per cui le monete venivano imbiancate (argentate). Eppure una ragione evidente ci deve essere, poiché si dice che il nuovo metodo della stagnatura o argen- tatura delle monete rendesse la fusione egualmente pre- feribile. (i) Le monete così dette imbiancate oppure stagnate in Rassegna Nu- mismatica, 1905. 48 374 G- DATTARI L'apparenza singolare che prendevano le mo- nete argentate, cioè semi-corrose, nelle quali si vede sfumare l'argento nel bronzo, è una verità indiscu- tibile. Sta il fatto che quell'apparenza si riscontra nelle rare monete fuse che conservano un poco di stagnatura (non argentatura). Ma è giustamente quel- l'apparenza semi-corrosa e sfumante della stagna- tura che faceva riconoscere le monete fuse da quelle coniate la di cui argentatura si presenta lucentis- sima e raggiante come tutto ciò che esce da sotto i conii. Grazie all'oscillazione dei loro pesi, molte fra le monete che venivano ritirate dalla circolazione, per quanto usate, potevano pesare assai più di certe altre nuovamente emesse. Di maniera che le monete ritirate venivano nuovamente imbiancate e ribattute con dei tipi in uso al momento che le dette monete venivano riabilitate. La riconiazione delle monete era fatta in via d'economia, giacche si ri- sparmiava la rifusione, la fattura delle verghe e il taglio dei tondini. A questa classe di monete appartengono quelle sulle quali si distingue chiaramente parte dei tipi che portavano prima d'essere riconiate (Tav. VI, n. 13, 14). A loro sole queste monete riconiate come pure quelle barbare di cui abbiamo già parlato, dimostrano espHcitamente lo scopo dell'argentatura. Perchè il governo ed i suoi generali in campagna avrebbero riconiato delle monete così poco consunte, tanto che lasciano vedere distintamente i tipi primitivi ? La ragione è che quelle monete, benché non consunte, avevano raggiunto il limite assegnato alla loro va- levole circolazione. Quel limite era la scomparsa dell'argentatura, per cui, venendo ad assomigliarsi alle monete fuse dei falsari, non potevano più ri- manere in corso. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 375 Ecco ancora una prova delle buone ed oneste intenzioni del governo, giacche se esso fosse stato tanto corrotto da fabbricare le monete fuse per farle passare con un valore che non avevano, quel go- verno non si sarebbe dato la premura di ritirare dalla circolazione le monete che non erano fruste. Per finire dirò, che sotto nessuna forma o cir- costanza, nella lunga e gloriosa storia di Roma, ri- sulta che il suo governo si sia reso colpevole di commettere lui stesso ciò che proibiva con le sue leggi. Solo i numismatici gli addebitano il delitto della fusione delle monete che quel governo con ri- petuti editti proibiva severamente ! G. Dattari. f Le monete del Gran Conte Ruggiero spettanti alla Zecca dì Mileto ^'^ Antica impresa della città di Mileto da uà documento del secolo XVII: Stemmati proprio quod est M cum corona inier duos amnes crucem addidit. A dodici chilometri da Monteleone, tra il golfo di Santa Eufemia e quello di Gioia, all'altezza di 360 metri sul livello del mare, è Todierna Mileto, una cittadina edificata a due chilometri ad ovest dalle rovine deirantica, che fu atterrata dal terremoto del 1783. Solo alcuni tronchi di colonne mutilate, quelle colonne che erano state prese da un tempio di Proserpina presso Ip- (i) Questo lavoro fu dedicato dall'Autore b\\' Archivio Storico dtlla Calabria, che si pubblica a Mileto e da esso inserito nel suo primo fa- scicolo del 19 13. {N. d. D.). 378 MEMMO CAGIATI ponia, stanno di fronte all'ingresso della nuova Cattedrale a ricordare il vecchio tempio del secolo XI. Null'altro in Mi- leto rammenta il cospicuo passato storico dell'antica città, edificata dai milesi in memoria della loro abbandonata patria MiXyito?, che fu poi la prediletta dimora del Gran Conte Rug- giero d'Altavilla, del fondatore della nostra monarchia, il quale lasciò di sé tanta buona memoria e che diede a Mileto, oltre a tanti benefici, una zecca. Sebbene non vi fossero documenti scritti, come per quasi tutte le zecche fondate dai Normanni, e le monete che Stemma del Comune di Mileto. qui presentiamo non portino alcuna indicazione ad accertare la loro origine, pur tuttavia non è a dubitare della esistenza di questa zecca, che si deve supporre aperta in Mileto verso il 1072 da Ruggiero conte di Calabria e di Sicilia (1056-1101). E ce ne fa certi la grande quantità di monete della specie, che si è trovata e si trova sempre nelle vicinanze di Mileto, la completa differenza del tipo dalle altre monete normanne e le serie deduzioni su cui si sono basati gli autorevoli pa- reri dei più dotti numismatici, che non è il caso di riportare in questa breve monografia. Conosciute vagamente dal P. Placido Samperi (i), dal (i) P. Placido Samperi. Iconologia della gloriosa Vergine Madre dt Dio, protettrice di Messina. Messina 1644. LE MONETE DEL GRAN CONTE RUGGIERO 379 Paruta e dairAgostini (0, dal Vergara (2) e dal Muratori (3), queste monete furono classificate alla zecca di Mileto dal Capialbi (4), dal Fusco (5), dallo Spinelli (6), dal Lazari (7), dal Promis (8) e pubblicate posteriormente anche dall'Engel (9), dal Padre Foresio (io) e recentemente da Giulio Sambon, nel suo pregevole Repertorio generale di monete italiane (n). La serie di queste monete, spettanti alla zecca di Mileto, è formata da tre tipi rarissimi in argento: il denaro, il mezzo denaro e la frazione di denaro; di quattro tipi in bronzo: il trifollaro, il doppio follaro ed il follaroy che sono comuni, e del mezzo follaro piuttosto raro. // denaro. — Del denaro è conservato un esemplare nel Museo di Palermo ed un altro nel R. Museo di Torino. (i) Leonardo Agostini. La Sicilia di Francesco Paruta, ristampata con aggiunte. Roma, 1649, pag. 31 e tav. 134. (2) Cesare Vergara. Monete del Reame di Napoli. Roma, 1715, tav. I, n. 3-4. (3) Ludovico A. Muratori. Antiquitates italicae medii aevi sive dis' sertationes. Mediolani, 1738, tom. II, pag. 623-636. In Filippo Argelati. De monetis italiae variorum illustrium virorum dissertationes. Mediolani, 1750, tom. I, pag. 36-37, tav. XXV. (4) Vito Capialbi. Memorie per servire alia storia della Santa Chiesa ntilitese. Napoli, 1835, pag. xlii e tav. 1 e II. (5) Salvatore Fusco. Tavole di motute del Reame di Napoli e Sicilia. Memoria presentata all'Accademia Pontaniana. Napoli, 1843, tav. II, n. 5, 7- (6) Domenico Spinelli. Monete cufiche battute da Principi Longobardi, Normanni e Svevi nel Regno delle Due Sicilie. Napoli, 1844, P^g* i3> n. I a 6. (7) Vincenzo Lazari. Zecche e monete degli Abruzzi nei bassi tempi. Venezia 1858, pag. 7. (8) Domenico Promis Monete e zecche italiane inedite e corrette. To- rino, 1867, pag. 23, tav. II, n. 18. (9) Arthur Engel. Recherches sur la numismatique et la sigillogra- phie des normands de Sicile et d'Italie. Paris, 1882, pag. 19, 31 e seg., tav. VI, n. II, 12, 13. (io) P. Gaetano Foresio. Le monete delle zecche di Salerno, Salerno, 1891, parte II, pag. 4 e 12, tav. VI, n. i54-i55- (ti) Giulio Sambon. Repertorio generale delle monete coniate in Italia e da Italiani all'Estero dal secolo V al XX. Parigi 1912, pag. 151, 152, tav. XII, n. 871, 876. 38o MEMMO CAGIATI Il Sambon (i) nel suo Repertorio a pag. 150 ed al n. 871 lo descrive e ne dà la figura che qui riportiamo. 3 ^ — + ROGERIVS • COMES Croce rincrociata. — • CALABRIE ET SICILIE Grande J sormontata da globetto. Argento. Peso gr. 1,514. // mezzo denaro, — Questa moneta rarissima si con- serva nella Collezione del Conte Senatore Papadopoli di Ve- nezia, che la pubblicò nella Rivista Italiana di Numismatica deiranno 1894 (fase. Ili, pag. 310). Eccone la figura e la descrizione : i^ — + R-O Busto di prospetto. 9 — C-0 Busto di prospetto. Argento. Peso gr. 0,82. La frazione di denaro. — Un esemplare unico di questa monetina si conserva nel Museo Reale di Copenaghen e fu pubblicata dall'Engel (2) nelle sue Recherches (a pag. 36, tav. VI, n. 13), però il chiarissimo numismatico credette clas- sificarla alla zecca di Messina, mentre il Sambon (3) nel suo Repertorio, al n. 872, giustamente V ha riportata in quella di Mileto. (i) Giulio Sambon. Op. cit. (2) Arthur Engel. Op. cit. (3) Giulio Sambon. Op. cit. LE MONETE DEL GRAN CONTE RUGGIERO 381 JB:, ^ — Grande "f fra tre globetti, in circolo di globetti. 9 — Grande T fra due globetti. Argento. Peso gr. 0,20. . // trifollaro, — Da folli, follis, in greco (ùoWvì^ moneta antichissima, coniata dagli imperatori romani ed usata fin dal principio del VI secolo, anche nei paesi di Costantino- poli ed in Italia, fu usata dai conti di Sicilia e di Calabria e dai duchi di Puglia. Noi crediamo di distinguere questi, ap- partenenti alla zecca di Mileto, in quattro serie principali di pesi, che oscillano da gr. i a 4 = 20 nummi = V2 follaro; da gr. 4 a 7 = 40 nummi = i follaro ; da gr. 8 a 11 =80 nummi = doppio follaro; da gr. 12 a 13 = 120 nummi = trifollaro. Un esemplare del trifollaro di Mileto è nella nostra raccolta, di superba conservazione e con una patina bellis- sima smeraldina, e ne presentiamo qui la figura. ^ — ROG--E-RIVS COME-+ S Ruggiero a cavallo, a sinistra, tiene uno stendardo su lunga asta, il tutto entro doppio circolo di perline. 9 — + MARIA- MATER DNI La Vergine, seduta a destra, col Bambino fasciato (i) nelle braccia, il tutto entro doppio cerchio di perline. Bronzo. Peso gr. 13. (i) La rappresentazione della Vergine col bambino fasciato si ritrova anche spesso nelle sculture di avorio francesi. 49^ 382 MEMMO CAGIATI Altro esemplare di questa moneta è nella Collezione Santangelo nel Museo Nazionale di Napoli. ^ // doppio follato, — Vi sono molte varianti di conio, con oscillazioni di peso, di questa moneta riportata nelle opere di : Leonardo Agostini, op« cit., tav. 134, n. i, 2. Cesare Vergara, op. cit., tav. I, n. i. Ludovico A. Muratori, op. cit., pag. 636, n. i, 2. Vito Capialbi, op. cit., tav. I, n. 2. Salvatore Fusco, op. cit., tav. VI, n. i, 2, 3, 4. Arthur Engel, op. cit., tav. VI, n. 11. P. Gaetano Foresio, op. cit., tav. VI, n. 154. Giulio Sambon, op. cit., tav. XII, n. 876. Riportiamo la figura di un esemplare della nostra raccolta. B' — ROG-E-RIVS-COME- + S Ruggiero a cavallo, a sinistra, tiene uno stendardo su lunga asta, il tutto in doppio circolo di perline. 9 — + - «MARIA - MATER DNI (i) La Vergine, seduta a destra, col Bambino fasciato nelle braccia, il tutto entro un doppio circolo di perline. Bronzo. Peso gr. 10,7. (i) Vi sono esemplari che variano per avere TN del DNI rove- sciata. LE MONETE DEL GRAN CONTE RUGGIERO 383 Altri esemplari simili, ma non sono rilevate le differenze di conio e di peso, sono descritte nei cataloghi seguenti : Fiorelli, catalogo della Collezione Santangelo, pag. 5, n. 163-184. Fiorelli, catalogo della Collezione del Museo di Napoli, pag. 5, n. 226-284. Tafuri, catalogo di vendita della Collezione ecc., pag. 65, n. 672 (diversi esemplari). Rossi, catalogo della Collezione ecc., pag. 196, n. 2682. Fusco, catalogo della Coli, ecc., pag. 18, n. 191, 196 (per errore del compilatore classificate a Ruggiero II a Brindisi). Sambon, catalogo della Collezione ecc., pag. 30, n. 256, 362. Gnecchi, catalogo della Collezione ecc., pag. 162, n. 3302, 3303. Una variante interessantissima, per il suo diametro molto minore, variante riportata dal Vergara alla tav. I, n. 2 e dal Fusco alla tav. VI, n. 4, è nella nostra raccolta e ne diamo il disegno. ^ - RO(t-E-RIVS-COME-+ S Ruggiero a cavallo, a sinistra, tiene uno stendardo su lunga asta, il tutto entro un circolo di perline. 9 — +-MARIA-MÀTER DNI La Vergine seduta a destra col Bambino fasciato nelle braccia, il tutto entro un circolo di perline. Bronzo. Peso gr. 10,60. Un'altra variante, per la scarsezza del suo peso, che il Sambon (i) chiama, con un punto interrogativo, f oliavo, indi- candolo al n. 877, col peso di gr. 6,70, si trova anche nella nostra raccolta e ne diamo qui la figura e la descrizione. (i) Giulio Sambon. Op. cit. 384 MEMMO CAGIATI '^ — RO&-E-RIVS-COME-+ S Ruggiero a cavallo, a sinistra, tiene uno stendardo su lunga asta, il tutto in doppio circolo di perline. 9 — +-MARIA-MATER DNI La Vergine, seduta a destra, col Bambino fasciato nelle braccia, il tutto in doppio circolo di perline. Bronzo. Peso gr. 6,65. Due esemplari uguali si trovano nella Collezione Santan- gelo al Museo Nazionale di Napoli, uno di peso gr. 6,50, Taltro 6,70; altri due sono descritti nel catalogo di vendita della Collezione Sambon ai nn. 359 e 360, di peso gr. 6,70 ciascuno. // follare. — Del follaro vi sono molte varianti, che dif- feriscono tra loro per le oscillazioni di peso e per avere il T (Trinacria) in un circolo di perline od in un circolo lineare, con un globetto, due o tre, nel campo del retro. L* Engel credette di attribuire a Ruggiero II (coniazione anteriore al 1130) questa specie di moneta, la cui figura è riportata nelle opere di: Cesare Vergara, op. cit., tav. I, n. 3. Ludovico A. Muratori, op. cit., pag. 636, n. 4. Vito Capialbi, op. cit., tav. I, n. 3; tav. II, n. 3, 4. 5. Salvatore Fusco, op. cit., tav. VI, n. 5, 6. Domenico Spinelli, op. cit., pag. 15, n. 2, 3, 4, 5, 6, ed a pag. 177, n. 4, in seguito alla stessa pagina, n. i, 2, 3. P. Gaetano Foresio, op. cit., tav. VI, n. 155. Diamo qui la figura e la descrizione di due varianti ap- partenenti alla nostra raccolta. LE MONETE DEL GRAN CONTE RUGGIERO 385 ^ — RO — GÈ — CO -ME neg-li spazi di una croce gemmata. 1^' — + CALABRIE • ET • SICHE Grande J sormontato da globetto in circolo di perline. Bronzo. Peso gr. 7. & — RO — GÈ -CO -ME negli spazi di una croce gemmata. P — + CALABRIE • ET • SICILIE Grande J fra due glo- betti in circolo lineare. Bronzo. Peso gr. 6,50. Altri esemplari di questa moneta, ma senza indicazioni di pesp e di varietà di conio, che sono moltissime, sono ri- portati nei Cataloghi : Fiorelli, catalogo della Collezione Santangelo, pagina 5, n. 185-188. Fiorelli, catalogo della Collezione del Museo Nazionale di Napoli, pag. 5, n. 285-304, Tafuri, catalogo della Collezione ecc., pag. 65, n. 667-671. Fusco, Catalogo della Collezione ecc., pag. 18, n. 205, 214 e 221 (per errore del compilatore riportati a Ruggiero II nella zecca di Brindisi). Sambon, catalogo della Collezione ecc., pag. 30, n. 363, 364. Gnecchi, catalogo della Collezione ecc., pag. 162, n. 3304, 3305. Un tipo ideale di follaro, quello che il Paruta affermò di aver visto, senza però che alcun altro ne abbia potuto 386 MEMMO CAGIATI confermare resistenza, è stato riportato per tradizione nelle opere di : Cesare Vergara, op. cit., tav. I, n. 4. Ludovico A. Muratori, op. cit., pag. 636, n. 5. Vito Capialbi, op. cit., tav. I, n. 4. Salvatore Fusco, op. cit., tav. VI, n. 7. Questo follaro è il seguente : 9 RO-GE — CO — ME negli spazi d^una croce gemmata. In un doppio cerchio 1 sormontato da una croce sulla quale un nastro con perle. Il Sambon, nel suo Repertorio si limita, in una nota, a proposito di questa moneta, ad accennare alla imperfezione del disegno riprodotto dal Fusco, ma noi vogliamo arrischiare in questa nostra monografia una ipotesi che, se venisse ac- cettata, potrebbe spiegare l'errore in cui il Paruta ebbe in buona fede a cadere. Supponendo che l'esemplare visto dal Paruta fosse stato mal coniato o consunto, ricostruendolo, come dalla figura se- guente, si potrebbe arguire: che sul lato superiore della mo- neta vi sarebbe stata una slabratura di conio, mentre nel lato inferiore sarebbe rimasta per compenso la tosatura ; LE MONETE DEL GRAN CONTE RUGGIERO 387 che il circolo di perline, per essere quindi incompleto, avrebbe fatto immaginare al Paruta resistenza di una benda, di un nastro con perle, che da per sé stesso non avrebbe alcun opportuno significato ; che la croce sottostante sarebbe stata quella stessa che divide la solita leggenda : CALABRIE ET SICILIE, che nel caso doveva essere completamente consu- mata o non impressa del tutto. Sarebbe ovvio quindi con- statare, per conseguenza, che il solito 1 nel circolo lineare o sarebbe quella stessa rappresentazione che si trova nel centro di tutti i follavi militesi. Spiegato così l'equivoco, in cui sarebbe incorso il Pa- ruta, si comprenderebbe benissimo come, in un periodo di più di due secoli e mezzo, non si sia potuto trovare un altro esemplare del genere, e la rettifica non obbligherebbe più alla tradizione. // mezzo follaro, — Il mezzo follavo ha lo stesso tipo del follaro e noi riproduciamo la figura di un esemplare fior di conio della nostra raccolta, a completamento di questa serie di monete interessantissime e sempre degna di studi. /B' — RO — GÈ — CO-ME negli spazi d'una croce gemmata. 9^ — + CALABRIE • ET • SICIL Grande J» sormontato da giobetto, in un circolo di perline. Bronzo. Peso gr. 3,60. Solo nel catalogo di vendita dalla Collezione Fusco, a pagina 19, si dà il nome di mezzo follaro alle monete di Ruggiero per Mileto, segnate con i numeri 214 e 221. Nessuno dei diversi Autori delle opere da noi innanzi citate fa differenza tra il follaro ed il mezzo follaro, mentre tutti confondono gli esemplari pubblicati di queste monete, 388 MEMMO CAGIATI distinguendole, alcuni con la differenza del peso, altri con la figura di diverso diametro. A noi sembra che si debba tener conto di queste diffe- renze, non lievi tra gli esemplari conosciuti, per classificarli « con la differenza di valore, giacché non possiamo credere che, tra un esemplare completo, che ha un diametro di mil- limetri 23 ed un peso di gr. 7,10, ed un altro esemplare, anche completo^ che ha un diametro di mill. 19 e un peso di gr. 3,60, non vi sia da osservare il valore di un intero ed il valore di una metà. Ci auguriamo che le ricerche e gli studi su questa in- teressantissima monetazione possano sempre più metterla in chiaro. Positipo, febbraio 191 j. Memmo Cagiati. La più illustre Collezionista del RinascimcDto " Il y a des noms qui sont des clefs d*or. Les prononcer, c'est ouvrir à rimmagination un palais enchanté, plein de choses précieuses, aux perspectives brillantes infinies. Tel est le nom d*Isabelle d'Este „. Con queste originali e belle parole così ci presenta la nostra deliziosa Marchesana il noto De la Sizeranne nella recente traduzione francese dell'opera di Julia Cartwright (i), opera che a lode del vero non è che un frutto assai maturo dello studio profondo, accurato, infa- ticabile del prof. cav. Alessandro Luzio. Non nascondo però che quelle parole mi giunsero come la reminiscenza di un sentimento già provato, almeno in parte, e come più mi approfondii nello studio di quella mi- rabile donna che, per così dire, incarnò in sé stessa il Rina- scimento, da fedele seguace della numismatica, mi sorse il desiderio di scrutare come, quando e dove ella tenesse rac- colte le sue monete. Le opere testé ricordate, in specie quella del Luzio (2)^ furono la chiave d'oro che mi aperse quel suggestivo Ga- binetto Numismatico. Per il che è da questi autori eh* io traggo soltanto materia per questo breve articolo, nel quale mi compiaccio di riunire quanto ho da loro appreso. Non v'ha dubbio che fino dagli anni più giovanili, vi- vendo Isabella d'Este in quel castello di Ferrara, dove il Pisanello e lo Sperandio facevano rivivere nelle loro meda- (i) Julia Cartwright. Isabelle d'Este Marquise de Mantoue, traduc- tion de l'anglais par M.^e Schlumberger. Paris, Hachette, 1912. (2) Luzio. Isabella d'Este e il sacco di Roma. Milano, Cogliati, 1908. 50 390 ALESSANDRO MAGNAGUTI glie quell'arte classica che fino a poco prima pareva morta per sempre, inclinata per natura alle più svariate manifesta- zioni deirarte, non avrà potuto trattenere il suo entusiasmo per quei preziosi cimelii che formano tuttora la nostra am- mirazione. E così, giovane sposa di Francesco Gonzaga, nei suoi fiorenti ventiquattro anni (1498), ella dà tosto commis- sione a Gian Cristoforo Romano di ritrarla in quella famosa medaglia che, perchè troppo celebre, non trovo qui il caso di ricordare. Dirò soltanto come questa medaglia meravi- gliasse per la sua verità, quanti amavano e conoscevano la nostra Marchesana. È quindi con ogni probabilità eh' io son tratto a pensare ch'ella iniziasse la sua raccolta con quelle medaglie dei suoi parenti ed amici, che Pisanello e Spe- randio, ritrassero così palpitanti da renderceli ancora a noi famigliari. Da che alto gradino ella cominciava la sua pre- ziosa collezione 1 * * Ma come vera appassionata di monete classiche, Isabella ci appare soltanto coi primi anni del secolo XVI, in quelle lettere che sì sovente le scriveva da Roma il suo fedele scultore e medaglista G. C. Romano incaricato di raccoglierle antichità. Sembra anzi che, in mancanza d'altro, ella, piut- tosto che non ricever nulla, si accontentasse dell'invio di mo- nete, specie in quell'epoca, frutto certo dello scavatore per ogni colpo di vanga dato nelle viscere del suolo sacro. Una lettera del 19 maggio 1507 per due ragioni è a noi specialmente interessante. Anzitutto perchè ci si palesa la folle ricerca delle monete di bronzo che fin allora sembra- vano trascurate in confronto di quelle di metallo nobile; se- condariamente, ci dice gli alti prezzi che tali cimelii raggiun- gevano sin d'allora sugli improvvisati mercati numismatici. E così vi è detto al nostro proposito : " Degli speculatori pagano delle medaglie coperte di ruggine 8 o io ducati e le rivendono a 25 o 30 ; sovente vi guadagnano, ma qualche volta vi perdono. Non son quattro giorni che un uomo acquistò una medaglia di Nerone per 6 ducati e dopo che l'ebbe ri- LA PIÙ ILLUSTRE COLLEZIONISTA DEL RINASCIMENTO 39I pulita avrebbe potuto venderla a 12 ducati, ma non ha vo- luto cederla per meno di 25 (i) „. Né, da quanto possiamo dedurre, ella si accontentò di pos- sedere monete romane, ma molto gradite altresì le giungevano quelle greche. Ed è bello leggere ciò che le scriveva quel- l'originale umanista di Fra Sabba da Castiglione dalle lon- tane Cicladi, che cioè non potendo inviargli altro, le spediva, incartocciate in un sonetto da lui composto fra le rovine del tempio di Apollo in Delo, alcune medaglie. E quali monete poteva rendere quella terra se non quelle che distinguiamo col nome di greche ? Certo è ad ogni modo che Isabella d'Este nel comporre questa raccolta, fu animata soltanto dalla sua passione per l'arte antica che, quantunque in piccolo spazio, rifulge sulle monete non meno che nelle maggiori sue manifestazioni. In- dubbiamente poi molti enigmi numismatici, dovè ella facil- mente spiegarsi con la sua vasta e profonda cultura classica. Ma ciò che dimostra veramente grande la sua passione per questo genere di cimelii, è ch'ella sempre e dappertutto ne faceva incetta. Parrebbe poi che altrove le pagasse a minore prezzo di quello ch'essa si proponeva per quelle tro- vate a Roma. Infatti da un libretto di spese del 1527 il Luzio così rileva : i9 Febbraio. '^ A. Zo banchero de piaza Giudea schudi trentasette d*oro di sole (?) per la valuta de medaglie sedici di metalle antique „. (a Mantova). ^ A Franc.° che vende medaglie schudi 7 e mezo d'oro di sole per medaglie quindice antiche di metalo „. '^ A Nicholò di Firenze iuli vinti tri per .... una meda- glia antiqua de * uno Vespasiano ' ,,. (i) Calcolando in media un ducato a io lire di nostra moneta, sarebbe stata pagata 250 lire ! 392 ALESSANDRO MAGNAGUTI 3 Marzo. * Scudi IO per quattro medaglie comperate in Campo di Fiore „. (Roma). 5 Marzo. " I ducato per due medaglie uno Adriano et una Fau- II 6 Giugno, a Ravenna : " Scudi 6 per una figura de metalle de uno Hercule „. (Forse una medaglia di Commodo). * * * Fino al 1527 la sua collezione non le aveva portato che le più elette soddisfazioni dello spirito, e noi ce la immagi- niamo chiusa nel suo studio spendere molta parte del suo tempo, come già Paolo II, nell'ammirazione delle sue monete che dovevano essere certamente splendide e per conserva- zione e pregio. Basti pensare al suo gusto squisito, a chi glie le offeriva e a chi glie le incettava, che certamente si sarà fatto sempre scrupolo di presentarle oggetti degni della sua persona e della sua cultura. Ma un influsso malefico doveva subire dal sacco di Roma anche questa preziosa collezione, apportandole chi sa che rincrescimento nell'animo se, a quanto sappiamo, in tale oc- casione ne perdette alcune che in sua lettera esclama esser state : " Bellissime che a noi valevano un mondo „. (Lett. 7 ottobre 1527). Ma mentre giorni nefasti l'affliggevano nelle sue cure nu- mismatiche, non cessava di raccomandarsi per medaglie, e anzi ad un disonesto antiquario di Roma, che, mentre ella trovavasi in detta città, l'aveva ingannata nell'acquisto di due statue moderne, scriveva che se egli non voleva resti- tuirle tutti i suoi ducati, le facesse almeno spedizione di quella medaglia che le aveva mostrato a Roma. Ma anche quella medaglia, secondo il mercante, era scomparsa durante i terribili giorni del sacco, e Isabella, dovette questa volta LA PIÙ ILLUSTRE COLLEZIONISTA DEL RINASCIMENTO 393 rassegnarsi ai fatali destini che turbano spesso le mistiche delizie dei numismatici appassionati. Mentre le succedevano gli antipatici contrattempi che abbiamo brevemente narrato, colla sua solita generosità re- galava a suo figlio Federico, allora di 27 anni, una collezione di monete d'argento che aveva acquistata a Roma, fortuna- tamente salvatasi, perchè nelle mani di suo figlio minore Fer- dinando, però dopo molte peripezie anch'essa. Ci è detto al- tresì che il duca molto apprezzò il dono materno. Ad ogni modo può accertarsi che questo peculio numismatico, ulti- mamente da lei acquistato, era soltanto una parte della ricca e svariata collezione che ella possedeva. Qui finiscono le notizie che si hanno intorno al meda- gliere di Isabella, che del resto ci danno un* idea abbastanza chiara della sua importanza. Ma dove e come Ella custodiva il suo bel tesoro numismatico. Ecco le domande alle quali possiamo ancora rispondere. Il nominare quasi sempre tra le antichità le medaglie subito dopo le statue antiche, ci dimostra ancora la sua pre- ferenza per esse, per il che non avrà custodito in disparte la sua bella raccolta, ma senza dubbio, chiusa in scrigni pre- ziosi, Tavrà conservata presso di sé. Se così fu, la conservò prima nello " studiolo „ nel Castello fino al 1496, quindi nella sua famosa " Grotta „ (appartamento a pian terreno del palazzo ducale) nella quale fece trasportare i suoi og- getti antichi ed artistici, che in pochi anni erano talmente aumentati, da non poter più stare nel troppo ristretto '^ stu- diolo „. Viene infatti a soddisfarci completamente sull'argomento l'inventario della '^ Grotta „ steso nell'anno 1542. Esso ci dice che in una camera di essa, '^ e precisamente presso la finestra nel quale è il Cupido di mano Prassitele „ dentro un armadio, si trovavano " tavolette undeci intarsiate con cinque medaglie di bronzo per chadauna tavoletta; con in tutto medaglie cinquantacinque „. Altrettante di bronzo tro- vavansi in un armadio sotto la finestra decorata del busto 394 ALESSANDRO MAGNAGUTI di un altro Cupido non meno bello, quello scolpito da Mi- chelangelo. Le ^ medagline antiche d'arzento „ e le " mo- nete d'oro piccole „ si trovavano " in una cassettina di canne di levante, lavorata di tarsia di madreperle „ che mi pare dalla descrizione non troppo chiara si doveva dividere a sua volta in vari altri cassettini. Da detto inventario risulterebbe complessivamente ch'ella possedeva: no monete di bronzo (probabilmente imperiah), 310 d'argento (consolari forse e imperiali) e 29 d*oro, in tutto 449 pezzi. Per ultimo vi sono ricordate alcune medaglie ma di minore interesse ; così ve n'era una dell'imperatore Massimihano, una di San Luigi, una di Gesù Cristo e poche altre. Parrebbe che raccolta di Sovrana così eccellente, chiusa in preziosi scrigni, dentro inaccessibile e splendida reggia, avrebbe potuto mantenersi facilmente attraverso i secoli. Al contrario, di questa raccolta nulla più si ricorda, né pur- troppo alcun cenno vi è fatto in inventarii di poco posteriori a quello che abbiamo citato. Forse qualcuno di noi, a sua insaputa, ne possiederà qualche pezzo, ma la maggior parte dispersa e in gran parte fusa, forse è oro e argento corrente. Ecco il destino triste d'ogni umana cosa. Faenza, LttgUo 1913. Alessandro Magnaguti. Lettere di Guido Antonio Zanetti ad Annibale degli Abbati Olivieri Giordani di Petsia.x?o Manca nella nostra letteratura uno studio bio- grafico vasto e completo intorno a Guido Antonio Zanetti che fu, si può dire, il creatore della numi- smatica italiana, perchè ad essa diede indirizzo e contenuto scientifico rimanendo finora insuperato. Le notizie della sua vita vennero brevemente rias- sunte dal prof. Costantino Luppi ^0 che le derivò dal Fantuzzi e dai dizionari biografici (^\ Della sua (1) Vite di illtisiri Numismatici italiani. IV. Guid'Antonio Zanetti, in Rivista Italiana di Numismatica, anno II, 1889, pag. 573-580. (2) 1 Dizionari Biografici non fecero che riassumere quanto intorno allo Zanetti si trova in Notizie degli scrittori bolognesi raccolte da Gio- vanni Fantuzzi, tomo IX, in Bologna MDCCXCIV, Stamperia di S. Tom- maso d'Aquino, in-4 a pag. 197 e segg. Il conte Giovanni Fantuzzi fu amico e protettore dello Zanetti e il suo scritto rimane l'unica fonte contemporanea e autorevole della vita di questo. Fa quindi meraviglia trovare riferita dal Luppi la notizia che lo Zanetti fu nominato custode del Museo di Antichità della Università di Ferrara, nel quale ufficio sarebbe succeduto al Bertoldi che fu successore dell'ab. Vincenzo Bel- lini. Il Fantuzzi pubblicò bensì una lettera in data 25 luglio 1788 con la quale il signor Gaetano Migliore, a nome dei Riformatori della Pon- tificia Università di Ferrara, si rivolgeva allo Zanetti perchè volesse suggerire qualche persona che potesse degnamente succedere al Ber- toldi nell'ufficio di custode di detto Museo, ufficio reso illustre dal Bel- lini: ma non vi è aff'atto accennato che la carica venisse offerta a lui, tanto è vero che vi si dice ritenersi l'ufficio più adatto a un religioso regolare che ad altri, attesa l'esiguità dell'onorario di soli cento scudi all'anno. 396 G. CASTELLANI attività rimangono testimonio imperituro i cinque volumi a stampa dell'opera classica da lui ideata e i numerosi manoscritti conservati nelle biblioteche di Bologna e di Milano. Però se in essi troviamo il frutto del lavoro della intera sua vita, non possiamo da essi soltanto formarci una idea abbastanza esatta della mole, della intensità e delle difficoltà del lavoro medesimo, che ha veramente del prodigioso quando si consideri che lo Zanetti fu sempre occupato in impieghi laboriosissimi onde procacciarsi i mezzi per vivere. Ciò non ostante Egli attese assiduamente a raccogliere monete e notizie per illustrarle ; cercò collaboratori alla grande opera che aveva concepita, eccitandoli e spronandoli con ardore a tentare un campo quasi inesplorato, aiutandoli col fornir loro materiali e consigli, facendosi a sua volta quasi loro collaboratore. Elemento essenziale questo per man- tenere una certa unità dMndirizzo nel lavoro intra- preso, ma compito difficilissimo ad esaurirsi, tenendo conto dello stato d'infanzia in cui allora si trovava la numismatica italiana. Uno sprazzo di luce su questa multiforme e con- tinua operosità venne dato dalla pubblicazione di un manipolo di lettere dello Zanetti che fece Ber- nardino Biondelli su gli autografi da lui posseduti ('). Esse sono piene di erudizione e di gustose e inte- ressanti notizie sulla vita scientifica e letteraria di allora e sulla grande opera da lui intrapresa. Non (i) Lettere inedite di Guid' Antonio Zanetti sulle monete e zecche a*ltalia pubblicate per cura di Bernardino Biondelli (estratto dal Politecnico, voi. XI). Milano, 1861, in 8 di pag. 64. Sono ventisette lettere dirette a Francesco Bellati di Milano e una a Domenico Diodati di Napoli. Altre nove lettere dello Zanetti dirette al dottor Michele Antonioli di Cor- reggio vennero pubblicate dall'avv. cav. Quirino Bigi, Di Camillo e Siro da Correggio e della loro zecca, memorie storico-numismatiche. Modena, Vincenzi, 1870, in-4. Queste pure contengono notizie di grande interesse per le monete e le medaglie di Correggio. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 397 minore interesse parvemi dovessero destare nel pub- blico numismatico le lettere dirette dallo Zanetti ad Annibale degli Abbati Olivieri Giordani che si con- servano nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro, dalla Direzione della quale sollecitai il consenso di met- terle in luce, contributo non lieve alla storia della vita dello Zanetti e deirOlivieri e a quella dello studio delle monete italiane. Fui incerto per qualche tempo se dovessi limi- tarmi a riassumerle, ma poi cedetti all'idea di pub- blicarle per intero non ostante siano piene di errori di ortografia e anche di grammatica. Riassumere equivale a tradurre, e, attraverso a una traduzione sia pur esatta e dihgente, avrebbero perduto moltis- simo della loro ingenua e semplice freschezza, senza contare che molti dettagli e particolarità non prive di sapore e di interesse sarebbero certamente sfug- gite a un riassunto. Le pubblico adunque nella loro integrità limitandomi soltanto a sciogliere i nessi e le abbreviature senza nemmeno tentare di portar correzioni agli errori anche evidenti. Sono duecentonove e vanno dal 1771 al 1787, abbracciando quindi il periodo della maggiore atti- vità scientifica tanto dello scrivente che del ricevente. E probabile che la corrispondenza non si sia fermata a questo punto, ma abbia continuato fino alla morte deirOlivieri avvenuta nel 1789, mentre lo Zanetti morì due anni dopo nel 1791, ma non so se le let- tere si conservino ancora. Queste che ora pubblico si trovano raccolte in volume per opera dello stesso Olivieri, che riunì in protocolli, seguendo il consiglio del suo amico Cardinale Garampi, tutte le carte e corrispondenze che aveva in fasci : a questo savio provvedimento si deve senza dubbio la conservazione del prezioso epistolario rimasto nella Biblioteca che egli legò morendo alla sua diletta città. Il volume 398 G. CASTELLANI è segnato col 11. 343 dei codici oliveriani: le lettere non sono disposte in preciso ordine cronologico ma portano un numero in cifre romane che indica ap- prossimativamente quale dovrebbe essere quest'ordine, mentre la cartolazione è segnata con cifre arabe. Io le dispongo in ordine cronologico, mettendo [ero a fianco del nuovo numero d'ordine quello con cui sono contrassegnate nel codice e quello della pagina. Per semplificare e abbreviare sopprimo le indicazioni di apertura e di sottoscrizione che si ripetono quasi sempre nella stessa forma, notandone solo alcune varianti. Potrei ora raccogliere qui larga messe di os- servazioni e di considerazioni intorno al loro conte- nuto, ma temerei di togliere ai lettori il piacere di farle da loro stessi, prevenendoli con le mie impres- sioni personali e diminuendo per conseguerza il di- letto della lettura. Cercherò bensì, quando sarò in grado di farlo, di portare un po' di luce con qualche brevissima nota ai luoghi più oscuri. Per far ciò in maniera meno incompleta sarebbe stato necessario rintracciare le lettere di risposta dell'Olivieri, ma per quante ricerche io abbia fatte in proposito non mi è stato possibile nemmeno avere notizia ne di esse né del rimanente carteggio dello Zanetti 0). Per (i) Il signor comm. Carta bibliotecario della Braidense mi assicurò che né nei trenta volumi di manoscritti monetari dello Zanetti, né fuori di essi, esistono in quella Biblioteca lettere dell'Olivieri e non havvi traccia nemmeno di altre corrispondenze dirette allo Zanetti. Simile assicurazione mi venne anche dal signor cav. Sorbelli bibliotecario della Comunale di Bologna dove si conservano altri manoscritti zanettiani. Il signor comm. Luigi Frati, bibliotecario della Marciana, volle con molta cortesia praticare qualche indagine, rimasta infruttuosa, per sapere quale sorte sia toccata al carteggio dello Zanetti, che sarebbe di tanta importanza per i nostri studi poter rinvenire. Porgo a tutti l'espressione della mia gratitudine per la gentilezza con cui risposero alle mie ri- chieste, augurandomi che possa venir fuori qualche indizio ad accer- tarci che repistolario zanettiano non debba ritenersi totalmente perduto. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 399 tale motivo alcuni punti anche interessanti rimar- ranno forzatamente senza dilucidazioni. Tuttavia non posso trattenermi dal rilevare con quanta semplicità e modestia accenni magistralmente alle norme per compilare una dissertazione sulle mo- nete di un dato luogo, e con quanta deferenza ma non minore fermezza, sostenga la necessità di sepa- rare nettamente le monete dalle medaglie: la mira- bile diligenza posta neir interpretare le leggende dubbie od oscure e la premura di chiedere in pro- posito il parere di chi, a suo credere, ne sapesse più di lui. Non è da trascurare ciò che egli dice del sistema monetario dello stato pontificio e dei prov- vedimenti che intorno ad esso si prendevano, ai quali non risparmia una critica severa che allora non era esente da pericoli personali per chi la for- mulava : preludendo al moderno principio delTap- plicazione pratica della scienza, afferma la necessità che in simili circostanze i provvedimenti vengano suggeriti e attuati da quelli che si sono specialmente occupati della materia. Sono davvero ammirabili la sua costanza e persistenza nel procacciarsi i libri che gli mancavano, e lo studio diligente su di essi, tanto che si resta meravigliati come egli, impiegato per vivere, trovasse il tempo da attendere ai suoi la- vori personali, alla stampa dell'opera colossale ini- ziata, alla raccolta delle monete e alla corrispondenza che tutto ciò richiedeva. Ma la spiegazione del mi- racolo ci vien data dalla passione vera e formida- bile che esso aveva per i suoi studi, che pure, ci confessa candidamente, gli venivano imputati poco meno che a delitto di lesa maestà (^). Tale passione traspare evidente da questo epistolario e abbiamo (l) Vedi lettera 124 del 5 maggio 1779. 400 G. CASTELLANI un esempio caratteristico della forza di essa nella lettera con cui partecipa all'Olivieri la morte della sua prima moglie che dice di aver amalo tenera- mente. Nel giorno stesso in cui fu colpito da tale sventura, piti grave assai per i figliuoli che gli ri- manevano, ancora in tenera età, ebbe consolazione da un amico che lo intrattenne per mostrargli delle monete e glie ne donò alcune a lui mancanti, tra le quali due di Faenza di cui egli aveva già parlato senza possederle. Allo Zanetti non mancarono ama- rezze derivate dalla sua ardente passione per le mo- nete, e da strettezze finanziarie che questa passione rendeva più aspre. Noi siamo testimoni del dolore e del risentimento vivissimo che egli provò quando gli Effemeridisti di Roma diedero luogo a una let- tera del Reposati con la quale veniva a lui tolto, contro giustizia, ogni merito nella compilazione del- l'opera sulle monete dei conti e duchi di Urbino. In questa stessa circostanza abbiamo però la prova evi- dente della docilità con cui seguiva i consigli degli altri, riuscendo a vincere gl'impulsi dell'amor pro- prio offeso. La notizia piti importante intoi^no all'attività scientifica dello Zanetti che ricaviamo da queste lettere è il sapere come egli avesse la ferma inten- zione di trattare nell'opera sua anche delle monete antichissime d'Italia. Egli propone all'Olivieri di as- sumersi l'incarico di stendere una dissertazione in proposito, e sul rifiuto di lui, manifesta la disposi- zione di accingersi da se al lavoro arduo e diffici- lissimo contando sull'aiuto e la cooperazione del- l'Olivieri che indubbiamente era allora uno dei più competenti in materia. Espone quindi le proprie idee e apre una discussione epistolare, che sarebbe ben interessante poter seguire anche dalla parte dell'Oli- vieri, non foss'altro per vedere quale cammino aves- LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 4OI sero fatto le idee di lui dall'epoca in cui si era oc- cupato della cosa nella lettera diretta all'ab. Bar- thélemy. La corrispondenza dura attivissima per un po' di tempo su questo tema che riempie di se le più lunghe e studiate lettere di questo epistolario, ma poi ad un tratto cessa e non troviamo più traccia dell'argomento se non per la richiesta di disegni e fusioni delle più ragguardevoli monete gravi e qua- drilatere della raccolta oliveriana. Non è questo il luogo di procedere a un esame delle teorie esposte dallo Zanetti intorno alle monete gravi italiche, tanto più che si tratta effettivamente non di una teoria completa ma di spunti, note e riflessioni sul proposito: il lettore potrà fare da se tale esame con non poco compiacimento, poiché si tratta di materia che, non ostante i molti studi succedutisi intorno ad essa du- rante il secolo XIX e il presente, non ha ancora trovato il suo assetto definitivo. Dall'insieme di queste lettere appare manifesta la vastità della concezione dello Zanetti. Egli voleva illustrare le zecche italiane non soltanto colle mo- nete ma anche coi documenti e per ciò riteneva quasi indispensabile che le singole monografie do- vessero farsi da eruditi locali : l'applicazione di tale criterio sarebbe opportuna e consigliabile anche oggi per quanto le mutate condizioni degli studi la ren- dano meno necessaria. Più dolorosa quindi la fatalità che lo tolse in età ancora freschissima alle speranze della scienza numismatica che, dopo di lui, non ha fatto un progresso proporzionato all'impulso e alla spinta che egli le diede. Ma più che insistere su queste considerazioni intorno allo Zanetti, sarà opportuno accennare al- l'Olivieri le cui benemerenze verso la numismatica .non sono poche per quanto meno note. Di esso ab- 402 G. CASTELLANI biamo larghi cenni biografici negli Elogi del Ma- rignoni (') e del Lazzarini ^2), nella Biblioteca Picena e nelle Antichità Picene del Colucci dove venne stampato il cenno autobiografico che si conserva tra i suoi manoscritti intorno agli illustri pesaresi <3). Egli era nato nel 1708, quindi assai più vecchio dello Zanetti che nacque nel 1741. Questa notevole differenza di età potrebbe far credere azzardata la mia espressione che il periodo del presente episto- lario sia quello della maggiore attività scientifica dei due corrispondenti, la quale mentre è vera per lo Zanetti, potrebbe non sembrar tale per l'Olivieri di tanto più attempato. È un fatto però che la maggior parte delle stampe oliveriane sono datate dal prin- cipio di questo periodo in giù, rifacimento in parte e ampliazione di memorie che avevano già veduto la luce nelle Raccolte o Riviste di allora, quali le Dissertazioni dell'Accademia di Cortona e la Rac- colta Calogeriana. Carattere specifico deirOlivieri è quello dell'eru- dito locale, ed egli stesso tracciò e volle mantenere tali limiti dandone le ragioni : prevalentemente però la sua erudizione è archeologica, derivata dalla pas- sione maggiore della sua vita di raccogliere antichità di ogni sorta fra le quali il posto più cospicuo è tenuto dalle monete e dalle medaglie. Egli stesso ci racconta come questa passione si sviluppa3se in lui fin da fanciullo: « Conobbi questa mia inclinazione (i) Elogio del signor Annibale degli Abbati-Olivieri- Giordani patrizio pesarese, recitalo nella chiesa Abbaziale di S. Giacomo di Pesaro il giorno 7 di ottobre deltanno 1789, dal dottor Don Fortunato Marignoni in oc- casione della settima funeraria, ecc. Pesaro, Gavelli, 1789, in-4, pag. XXIV. (2) Elogio del signor Annibale Olivieri detto nell'Accademia Pesarese la sera del 16 aprile 1791. In " Opere del canonico Giovanmi Andrea Lazzarini, toiiio II, pag. 223-252 „. Pesaro, Gavelli, 1806, in-8. (3) Antichità Picene, t. Vili. Fermo, 1790, in-fol. p. CLXXXV.CCIX. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 403 u fin dal Collegio, perchè imparando io allora un « poco di disegno, ed avendo veduta una medaglia « di Traiano con Tallocuzione, la disegnai, la miniai, il e portai per anni adosso una medaglia di Traiano « con Tannona avuta per un mezzo baiocco w. Non starò qui a enumerare tutti gli scritti del- rOlivieri de^ quali una esatta bibliografia si trova nelle biografie su accennate, é mi limiterò a ricor- dare soltanto quelle che interessano la numismatica. Debbo premettere però che per giudicare dell'opera dell'Olivieri nel campo numismatico non bisogna certamente partire dai nostri criteri e dalle nostre cognizioni, ma convien riportarsi al tempo in cui egli visse, quando la scienza era ancora bambina e delle monete antiche si studiavano appena le romane e le greche, e queste senza metodo scientifico perchè non era ancora apparsa Topera dell' Eckel che co- stituisce il codice fondamentale della scienza numi- smatica. Considerato a questa stregua non parrà lieve il contributo dell'Olivieri alla conoscenza delle mo- nete antiche d' Italia. Egli infatti fu il primo a leggere ed assegnare esattamente la moneta grave di Gubbio, di Volterra e di Todi(0; il primo ad assegnare una moneta di (i) Per la moneta di Gubbio e di Todi, cfr. : Spiegazione di alcuni Monumenti degli Antichi Pelasgi trasportata dal francese con alcune os- servazioni sopra i medesimi. Pesaro, Gavelli, 1736, in-4, pag. 22 e anche in " Saggi dell'Accademia Etrusca di Cortona „, tomo II, Roma, 1742, pag. 1-48. Per quella di Volterra : Esame della controversia letteraria che passa fra il signor Marchese Scipione Maffei e il signor Don Anton- francesco Gori in proposito del Museo Etrusco, in " Opuscoli scientifici raccolti dal P. Calogerà „, tomo XI. Quanto a quella di Todi, il Passeri disse di averla scoperta lui, cfr.: In Thomae Dempsteri Libros de Etruria Regali Paralipomena. Lucca, 1767, pag. 154. Il Lanzi infatti e lo Echk^l attribuirono al Passeri l'assegnazione della moneta di Todi, mentre il P. Marchi notò che prima di lui Taveva pubblicata rOiivieri. Il Gar- rucci a conciliare le due opposte sentenze osservò che, sebbene il Pas- 404 G. CASTELLANI Capua, a descrivere e classificare alcuni pezzi del gruppo interessante di monete sannitiche che si co- nosGono col nome di monete della guerra sociale (^\ e di ciò gli rese giustizia lo Eckel (^); il primo a far conoscere la moneta battuta di Rimini (3), il primo infine a dare un catalogo scientifico delle monete primitive d'Italia (4>. É vero che alle volte fu tratto in inganno dai falsari, ma non certo più degli altri, perchè di fronte alle più abili o sfacciate mistifica- zioni, egli non perdette la facoltà di ragionare anche quando l'amore smisurato che portava al suo luogo natale poteva mettere a repentaglio la freddezza dello scienziato. Così egli riuscì a liberarsi dalla mo- seri forse avesse effettivamente fatta la scoperta, questa fu pubblicata dall'Olivieri dieci anni prima di lui. Ora è opportuno chiarire la cosa con un passo dell'Olivieri stesso nelle Memorie de /i* Uditore Gio. Battista Passeri. Pesaro, Gavelli, 1775, pag. 25 : "... . incominciammo così il " Passeri ed io ad ingolfarci nelle cose Etrusche, ma con riuscita ben " diversa. Io che solo qualche piccol genio per esse conceputo avevo .... " poco certamente andai avanti, perchè a riserva di avere scoperte le " monete Etrusche di Gubbio, di Volterra, di Todi, e poi di Capua e " del Sannio .... altro non feci che dare . in visioni, etc. „. Dunque l'Olivieri parlando sulle ceneri deU'amico rivendicò a sé la scoperta e non c'è davvero ragione di non credergli. Il Garrucci osservò ancora con meraviglia come nessuno avesse avvertito che l'Arigoni prima an- cora dell'Olivieri aveva già assegnata a Todi la moneta coniata portante le stesse lettere di quella fusa ; sta in fatto però che l'Olivieri descri- vendo tale moneta citò l'Arigoni, cfr.: Detta Fondazione di Pesaro, ecc.^ pag. 56. (i) Dissertazione sopra due Medaglie Sannitiche, e Disseriazione se- conda sopra alcune Medaglie Sannitiche in " Saggi, ecc. „, tomo II, e tomo IV. (2) Doclrina Numorum Veterum, tomo I, pag. 103. (3) Memorie di Gradara. Pesaro, Gavelli, 1775, in-4, pag. 40. (4) Della Fondazione di Pesaro. Dissertazione: si aggiunge una let- tera al signor abate Barthélèmy, Custode del Museo di Sua Maestà Cri- stianissima sopra le monete Greche di Pesaro, le piii antiche Romane ed altre d*ltalia. Pesaro, Gavelli, 1757, in-4 ^'on 4 tavole. Da pag. 49 a P^g- 56 : Indice delle antichissime Monete di Bronzo Romane, ed Italiche che si conservano presso f Autore col loro peso. Vi sono descritte n. 274 mo- nete di 14 delle quali viene dato il disegno sulle tavole unite. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 405 neta golziana di Pesaro partendo da un ragionamento che allo stato delle cognizioni di allora era esatto, sebbene TEckel poi non lo riconoscesse tale, ossia la mancanza di monetazione argentea nelle città del- ritalia centrale. Che se pubblicò come pesarese una moneta col cerbero da lui posseduta, non fece che seguire chi lo aveva preceduto, e, se da una inci- sione del Gori trasse notizia di altre due monete pe- saresi che non vide, non so chi possa gridargli la croce addosso pensando che si appoggiava all'auto- rità di chi allora era ritenuto forse il più dotto e sperimentato in simili argomenti. Ma oltre al non essere sempre stato proclive a credere nelle mistificazioni che allora, come oggi, insidiavano la buona fede degli studiosi, egli ebbe l'intuito di apprezzare al loro giusto valore di vane e nebulose fantasie certe interpretazioni, e le mise bellamente e pulitamente in burla con una rarissima lettera a stampa di cui egli stesso rivendicò la pa- ternità e raccontò Torigine nelle Memorie dell'Uditore G. B. Passeri, al quale Taveva diretta (i) : « Da valente soggetto (2), per la cui memoria " conserverò sempre tutta la stima, furono spiegate « alcune medaglie Maltesi e fu detto, che la figura u espressa nel rovescio di quelle era il Dio Mitra. « Son troppe le figure, che abbiamo in antico di « questa deità, e troppo note, perchè potesse senza (1) Pag. 43. (2) Il valente soggetto era l'ab. Ridolfino Venuti la cui Disserta- zione sopra alcune Medaglie Maltesi è la terza del volume I dei " Saggi " di Dissertazioni lette nella Nobile Accademia Etrusca deirantichis- " sima Città di Cortona „ più volte citati. La Dissertazione del Venuti però dovrebbe essere uscita al pubblico in data anteriore a quella por- tata dal volume che è il 1742, diversamente non si potrebbe spiegare la data del 1738 assegnata dall'Olivieri, alla Lettera di Fra Nabuccodo- nosorre. 4o6 G. CASTELLANI alcuno di quei simboli credersi tale la figura delle medaglie, e fu veramente un trasporto di fantasia l'appoggiare una tale opinione all'aver quella fi- gura in capo una mitra, come appunto quella è che portano in oggi i Vescovi. Circa lo stesso tempo uscì altr'opera (0 in cui furono prodotte tante statuine di metallo senza alcun simbolo af- fatto: con tuttociò volle l'Editore che fossero Etru- sche, ed assegnò ad ognuna di esse il suo proprio nome ; or queste due cose mi fecero nascere in capo la bizzarria di scrivere una lettera al Passeri, e di spiegare in una maniera ridicola la nota me- dagha della Gente Anzia, nel cui diritto vi è la testa di C. Anzio col suo cognome Restio, nel ro- vescio Ercole vincitore colla clava nella destra e trofeo nella sinistra ; e il Passeri colla stessa celia mi rispose subito un viglietto di congratulazione ricavato tutto dalla spiegazione data al preteso Carmen Orthium Etrusco, ch'era stato pur allora pubblicato. Fu saputa da alcuni questa celia, e per compiacere a questi feci stampare una sola ventina di copie e della mia lettera e della risposta di Passeri. Chi l'ebbe non seppe donde venisse; ma forse essa giovò ad alcuno, perchè non s'ingol- fasse di vantaggio in certe figurazioni, che si era fitte in capo ». (i) Museum Eiruscum exhibens insignia veterum Etruscorum monu- menta aereis tabulis CC. nunc primum edita et illustrata observationibus Antonii Francisci Gorii. Florentiae, MUCCXXXVIII, due volumi in-fol. Nel voi. I a pag. LV-LXVI: Orthii Carminis lamentabilis Etruscorum antiquorum Interpretatio. Tab. II, Vertummus; Villi, Voltumna, Volumna, Volumnus Dii proprii Etruscorum ; X e XI, Pilumnus et Picumnus; XVI, Volturnus; XVII, Juturna, Portumnus; XVIII, Vitumnus, Man- turna; LXVIII, Coronis Nympha; CXL.W\\\^ Belus, ferrei gladii inventor. Ho riunito qui le varie citazioni necessarie a comprendere le allu- sioni contenute nella lettera di fra Nabuccodonosorre senza dovermi ripetere. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 407 La Stampa è intitolata : Lettera del P. F. Nabuc- CODONOSORRE al M. R. P. DA CoTANELLO, ProfessoTe di lingua Etrusca, sopra una antica medaglia: consta di due pagine in-4 a due colonne senza nota di ti- pografo e di anno ma uscì sulk fine del 1738, come ci assicura TOlivieri nelle memorie autobiografiche: è assai curiosa e per questo e per la sua rarità, vai la pena di riportarla qui integralmente. u Le felicissime scoperte, che vo ogni dì fa- cendo nello studio delle antichità, siccome per una parte mi anno persuaso, che anche in mezzo all'igno- ranza del secolo, e a dispetto degli ostacoli, che tanti libri su tali materie stampati anno frapposti, può un bello spirito giugnere alla cognizione di molte importantissime verità ; così per Taltra mi anno finalmente fatto risolvere a non tener più lun- gamente nascosto il frutto de' miei sudori, e a non defraudar di vantaggio la Repubbhca letteraria di quel disinganno che è cotanto necessario per la di lei sussistenza, ed accrescimento. Ho voluto recarvi questa notizia, non solamente perchè un uomo legato a me con tanti vincoli, come voi, sia informato della mia presente disposizione, ma perchè ancor voi vi risolviate à pubblicare le vostre fatiche per bene- fizio di quelli almeno, che comincieranno d'or innanzi a studiare, giacché non saprei lusingarmi che quelh*, che battono già con tanta prevenzione la cattiva strada, fossero pgj così docili, che lasciar volessero l'usato sentiero per incamminarsi per quello, che noi loro additaremmo. Ma per spronarvi maggiormente alla nobil carriera non voglio lasciar di comunicarvi una scoperta ieri appunto da me fatta, la quale vor- rei, che come cagionerà in voi piacere, ed ammira- zione, così cagionasse in tutti un salutare ravve- dimento. 4o8 G. CASTELLANI « Stava io vedendo uno studio di Medaglie con- solari presso un cavaliere, che per cagion di ono- ranza non vuo' nominare, di quelli, che anno avuta la disgrazia di non aver accoppiato alla buona vo- lontà un talento veramente libero, e scevro da tutti quei pregiudizi, che anno introdotti in questo studio e gli Orsini, e i Vaillant, e cent'altri di simil sorla, inutili scrittori. Mi abbattei a prender in mano una medaglia della famiglia Anzia, nel cui diritto vedesi una testa con dietro Tepigrafe RESTIO. Nel rovescio scorgesi una figura nuda con grosso bastone nella destra, e trofeo nella sinistra : attorno leggesi C AN- TIVS C P.; mentre io la considerava, sentii di repente aprirmisi V intelletto, e volto al padrone, gran cose, gli dissi, io veggo nella iscrizione del diritto di questa medaglia, gran cose, gran cose; ed io, allor egli ri- pigliò, altro noa ci veggo, che il solo cognome di quel Caio Anzio, che fé batter tal moneta. Sentendo io allora una così goffa e così scipita proposizione, e tirando alquanto avanti il mio cappuccio per di- fendermi più che fosse possibile dal quell'alito d'igno- ranza, per non sprecare in quel luogo le mie vere dottrine, sotto pretesto, che ormai fosse ora di riti- rarsi al conv^ento, me ne partii compassionando in- finitamente questi poveri Secolari, che con tanto danaio in libri sciocchi malamente impiegato sempre più si precludono Tadito a ogni verità. Ma quello che non credetti bene di partecipare a quel cotale Uomo, voglio, come ho detto, c£)municare a Voi Sentite dunque : « Gli antichi Romani, la Teologia de' quali tratta dai più arcani libri de' Pontefici, conservossi presso de' nostri Manichei, riconoscevano due principii, uno buono, ed uno cattivo, ed ambidue adoravano, per ottenere dal primo il bene, e per fuggire col mezzo del secondo il male; così se adoravano la salute, la LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 409 fortuna, la pace, ecc., e queste chiamavano Dei Pro- pizi, adoravano ancora la febbre, la ruggine, il pa- vore, e il pallore, ecc., e questi chiamavano Dei Averrunci. Supposto questo indubitato principio, sarà assai facile riconoscere nel diritto di questa medaglia, mediante il benefizio della iscrizione ap- postavi, un nuovo Dio, e da alcuno ancora non os- servato. Il cavallo è un animale così nobile, e per gli usi della vita umana così necessario, che fu con tanta ragtone dai Persiani tenuto per animale sacro. Infatti, che cosa valerebbono gli Eserciti senza la Cavalleria? Noi vediamo nella storia Romana, che le battaglie per lo più furono da quella guadagnate. Ne minore è l'utile, che reca nella pace questa be- stia. Senza cavaUi non si andrebbe in carrozza, non si viaggerebbe il Mondo, e di mille altri comodi sa- rebbe l'uomo privo. Conobbero questa verità anche i Romani; e siccome per averruncare il maggior male che avessero gli uomini, cioè la febbre, la fe- cero Dea, le fabbricarono tempio, e in di lei onore istituirono sacrifizi, de' quali intese Ovidio nel Hbro 2P de' Fasti : Februa Romani dixere piantina Patres; così per averruncare il peggior vizio de' cavalli, vizio pericoloso, non meno nelle faccende della guerra, che negl'usi della pace, cioè il restìo^ ne fecero un Dio; la testa del qual Nume vedesi espressa nella indicata medaglia della gente Anzia; ed acciocché alcuno equivocar non potesse, vi fu aggiunta l'epi- grafe RESTIO, come appunto in tante altre medaghe consolari vedonsi le iscrizioni salutis , concordia, pietas, ecc. vicino alle teste delle rispettive Deità. « Ma per quanto bello sia l'aver iscoperto un nuovo Nume Romano, più bello sarà ancora il ve- dere, come rappresentavanlo, e che simboh a lui as- segnati avessero. Voltate la medagha, e rimirate nel rovescio l'intero di lui simulacro. Il cavaliere indi- 4IO G. CASTELLANI cato di sopra, diceva essere quella la immagine di Ercole vincitore; sproposito. Assai meglio certamente io r intendo; è egli quello il simulacro del Dio Restìo, Se gli dà il trofeo non solamente per indicare i premi, che riportavano ne' giuochi i cavalli vincitori, consistenti appunto in scudi, e armature, ma ancora perchè è chiaro non potersi dar vittoria, senza che egli allontani da' cavalli quel vizio, per cui sareb- bono non pur inutili, ma dannosi. Se gh dà la clava per contrassegno, che non con altro istromento può superarsi ne' nominati animali un così maledetto vizio. Ne mi si dica che la clava appartiene a Er- cole. Anche il fulmine appartiene a Giove, e pure noi lo vediamo dato a Bacco in una etrusca patera riportata dal Senatore Bonaroti, e sappiamo dagli antichi scrittori, che ad altri Dei era comune. « Or eccovi spiegata una medaglia in una ma- niera diversa certamente da quella, che avrebbon usata coloro, che dal volgo vengon chiamati lette- rati. Ecco aperta la strada per ben comprendere i misteri, che nelle antiche monete si celano. Ne vo- glio per ciò, che ci arroghiamo il merito di esser soli a pensar bene. Qualche altro bello spirito se- guendo forse le nostre pedate incomincia a produr cose degne di vita. Chi nella medaglia maltese per lo avanti scioccamente creduta appartenere agli Egi- ziani, scoperse il Dio Mitra, incominciò a metter il piede nella strada sicura. La mitra, che ha in capo la figura di mezzo, da cui .àn preso la foggia e il nome della loro i nostri Vescovi, chiaramente il di- mostrava. Simil fortuna incontra pure il felice sco- pritore di tanti ignoti numi da non meritare minor applauso del nuovo Dio Restìo. I Picumni, i Pilumni, le Voltumne, e cent'altre simili divinità nuovamente illustrate, non tanto mi rapiscono, quanto la Ninfa Coronide (per tale riconoscesi dalla corona) e Belo LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 4II ritrovator della spada. In quel marmo creda pur la sciocca gente rappresentarsi un mostro, e tenti pur di accertar qual sia, che io per me crederò sempre esser quel Belo. L'aver la spada in mano, guardarla e così fissamente, che par giusto che dica : questa l'ho trovata io, sono per me argomenti insuperabili. « Ma finiamola oramai ; io ho preteso di darvi un saggio del bel gusto di pensare ; per ciò tanto basta. Il resto imparerà il mondo, quando Voi ed io pubblicheremo le nostre dissertazioni : intanto resto, ecc. w. Segue la risposta del Passeri scritta in lingua etrusca, ossia con parole di quella lingua etrusca che era stata fabbricata dal Gori e dal Bourguet con la interpretazione data da loro di due delle ta- vole eugubine, in una delle quaH il primo aveva preteso trovare un Carmen Orthium e il secondo nell'altra le Litanie Pelasghe. Questa risposta metteva un po' in burla anche l'Olivieri che in quel primo abbagliamento prodotto dalla novità aveva accettata per buona la spiegazione del Bourguet di che, disse poi u avrò sempre rossore w (0. Dalle cognizioni derivanti dallo studio delle an- tiche monete l'Olivieri si valse largamente e savia- mente ne' suoi scritti archeologici e di polemica ar- cheologica. Basta consultare il suo Esame della con- troversia letteraria che passa fra il signor Marchese Scipione Maffei e il signor Don Antonfrancesco Gori in proposito del Museo Etrusco (2); V Esame del Bronzo Lerpiriano pubblicato dallo Spon; la Dissertazione so- (i) Esame dei Bronzo Lerpiriano già pubblicato dallo Spon. Pesaro, Gavelli, 1771, in-4, pag. V. (2) In " Opuscoli Scientifici „ raccolti dal P. Calogerà, tomi XXI e XXV. 412 G. CASTELF.ANI pra due antiche tavolette d'avorio ^^^ e la Lettera alFE.mo e Rev.mo Signore il Signor Cardinale Querini (2) per convincersi come la sua erudizione e il suo intuito in fatto di monete greche, italiche e romane fosse veramente meraviglioso per quei tempi e come sa- pesse servirsene per i suoi fini polemici. Piacemi aggiungerne qui una prova inedita fi- nora, trascrivendo la nota con cui egli chiude il di- ligente catalogo manoscritto delle monete consolari da lui possedute : a Ecco terminato la sera dei 30 Decembre 1778 queir Indice delle mie Medaglie Consolari, che inco- minciai nel 1775. È restato il lavoro per lo spazio poco men di tre anni imperfetto; di modo che tutte quelle cose che avevo in mente quando il cominciai, mi sono ora affatto svanite. Non ostante segnerò quelle che più avevo fisse in mente per regola di chi vorrà applicarsi a questo studio, acciocché cor- regga i miei pensieri, se non li troverà giusti, o se tali li troverà dia loro la debita estensione. « Nella lettera a M. Barthèlemy, che pubblicai unita alla dissertazione sulla fondazione di Pesaro, molte cose toccai relativamente a questo studio. Sta- bilii che tipo invariabile delle Monete della Zecca di Roma era la prora di nave con la differenza delle teste che spiegavano la diff*erenza del valore della moneta : Giano riserbato era per Tasse, Giove pel semisse, Minerva pel triente, Ercole pel quadrante. Mercurio pel sestante, Roma per Toncia. Quelle mo- nete che anno tipi diversi, o meno semplici, giudicai, che non uscissero dalla Zecca di Roma. Quanto allor dissi, tanto con sommo piacere ho veduto verificato. (1) Pesaro, Gavelli, 1743, in-4 e in " Opuscoli scientifici „ t. XXXII, (2) " Opuscoli, ecc. », tomo XXXVI. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 4I3 1 • perchè avendo Tultima volta che fui a Roma voluto riconoscere quelle Monete, ho trovato che troppo chiari sono gl'indizj di quella che noi chiamiamo fabbrica diversa. Altri giudicherà, quando e in quali luoghi o Provincie potessero i Romani segnare mo- neta di rame, oltre quella che dalla Zecca di Roma usciva. Questo sia detto rispetto alla moneta di Rame, intorno alla quale non ho che aggiugnere se non che, avendo gli scrittori trascurato il peso delle Monete, sono caduti in grossi equivoci. « L'anno di Roma 465 furono creati i Triumviri Monetali, e l'anno 484 fu cominciato a coniare l'ar- gento. Dunque tutta la Moneta d'argento è uscita dalla Zecca di Roma. Di questa ancora il tipo fu da principio invariabile. Una testa con galea alata, che non credo rappresenti Roma come toccai nella citata lettera, forma il diritto. Castore e Polluce a cavallo che corrono con l'aste calate, il rovescio. In pro- gresso del tempo cominciarono i triumviri Monetali ad aggiungervi il loro nome o qualche simbolo al- ludente alla famiglia loro. Ma la cosa non uscì da questi limiti, finche altre città d'Italia battevano moneta; ma dopo la guerra sociale, tolto a tutti gh Italiani il gius della moneta e ristretto questo alla sola Roma, cominciarono i nominati triumviri a se- gnare nella Moneta, e le teste di quelle Deità che più veneravano e dei defunti Eroi, che facevano alle medesime famiglie loro più onore e le storie dei fatti per il medesimo motivo più per loro interes- santi ; e in questo furono senza legge e senza limite. Ma tutta questa immensa quantità di Monete sono ristrette tutte dentro lo spazio di una sessantina di anni, cioè dal fine della guerra sociale all'Impero di Augusto. Di ciò, che qui stabilisco, posso darne una non equivoca prova. Tre ripostini di Monete Conso- lari sono stati in mio tempo scoperti, e son passati 53 414 G. CASTELLANI tutti per le mie mani ; il primo fu trovato a Imola, ma di questo poche centinaia ne vidi ; il secondo a S. Lorenzo in Campo, del quale sopra sei mila mo- nete vennero da me riconosciute. Il terzo a Cesena ne' beni di Mons. ora Card. Bandi Vescovo d'Imola, tre mila in circa, quali pure esaminai. Or questi ri- postini appariva essere stati fatti al tempo delle guerre civili. Non v'era alcuna moneta con la testa di Cesare, dacché conchiusi ch'erano state quelle monete riposte prima che Cesare segnar facesse nella moneta il suo volto. Erano tutte quasi nuove di Zecca, e di quelle che ho detto essere le più an- tiche, cioè col rovescio di Castore tanto poche ve n'eran che se non ardisca dire che non ve ne fosse alcuna, affermo però che furono pochissime, e quelle consumate ». Ma oltre che delle monete antiche egli si oc- cupò della ricerca e dello studio anche di quelle medioevali e moderne, specialmente pesaresi. Già nella sua dissertazione sulla fondazione di Pesaro (') troviamo la riproduzione della medaglia di Guidu- baldo II con la pianta di Pesaro, e dello scudo d'oro di Francesco Maria 1 pure con la pianta pentagona di Pesaro. Il superbo medaglione di Costanzo Sforza con la pianta della città venne da lui riportato nelle Memorie del Porto di Pesaro (^j e nelle Memorie per la storia della Chiesa Pesarese nel secolo XIII (3) : sul frontispizio delle Memorie di Alessandro Sforza figura il medaglione con le effigie di Alessandro e di Co- stanzo U), mentre dedicò una memoria speciale al- ci) Pag. 18 e 47. (2) Pesaro, Gavelli, 1774, in-4, tavola a parte. (3) Pesaro, Gavelli, 1779, in-4, sul frontispizio. (4) Pesaro, Gavelli, 1785, in-4. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 4I5 Taltro medaglione di Costanzo Sforza con le fortifi- cazioni del ponte di Pesaro (') che non possedeva ancora quando sull'invito dello Zanetti scrisse la Dissertazione sulle monete Pesaresi dei secoli bassi (2). Questa poi è testimonio limpido e pregevole della sua prontezza nelTafferrare il concetto dello Zanetti e nel tradurlo in atto, equilibrando saggiamente le notizie intrinseche ed estrinseche delle monete con quelle puramente storiche e con dati e deduzioni di natura economica, senza trascurare le medaglie. In questo epistolario poi abbiamo, si può dire giorno per giorno, le testimonianze del contributo esteso e continuato che egli portò all'opera zanet- tiana : perchè non si fermò già a fornirgli la disser- tazione sulle monete pesaresi e le moltissime notizie circa le monete dei duchi di Urbino date al Repo- sati, ma gli procurò eziandio la collaborazione del Mengozzi, del Compagnoni e del Catalani; gli co- municò il sigillo della zecca di Orvieto e fece fare ricerche negli Archivi di colà dall'amico suo Polidori. Ne si contenta delle notizie date, ma vi torna sopra con amore e diligenza per correggere gli errori sfug- gitigli e accettando anche le opinioni altrui quando gli parvero più giuste delle proprie. Esempio evi- dente di questa sua deferenza alle osservazioni di altri abbiamo a proposito della monetuccia pesarese con S. Decenzio che egli nella dissertazione aveva assegnata ai tempi del duca Valentino. I compilatori delle Novelle letterarie di Firenze gli mossero un appunto giustissimo sulla insussistenza di questa sua attribuzione : egli riconosce subito la giustezza della (i) Lettera sopra un Medaglione non ancora osservato di Alessandro Sforza. Pesaro, Gavelli, 1781, in-4, con tavola. (2) Bologna, dalla Volpe, 1773, in-fol. con 4 tav., e nella Raccolta dello Zanetti, tomo I, con 3 tavole. 4l6 G. CASTEI LANI osservazione, e, pur non acconciandosi alla interpre- tazione da essi suggerita, ne propone un'altra. Ho voluto a bella posta menzionare questo fatto per dimostrare come gli errori di attribuzione entrati una volta nel campo degli studi e più ancora in quello dei raccoglitori, siano difficili assai a sradi- carsi. Non c'è si può dire catalogo di vendita dove la piccola moneta anonima pesarese non figuri anche oggi sotto il nome del Valentino. E sì che altri e valorosi numismatici ne hanno parlato dopo di allora ! Lo Zanetti non mancò di volta in volta di ren- dere pubbliche testimonianze di gratitudine all'Oli- vieri per i larghi aiuti che gli forniva, e li riassunse poi nel cenno necrologico che ne diede nella prefa- zione del quinto e ultimo tomo ('^ Di un'ultima benemerenza dell'Olivieri verso lo Zanetti troviamo menzione in questo epistolario: la comunicazione cioè di tutte le carte e memorie che l'Olivieri era venuto raccogliendo intorno alla zecca di Pesaro, perchè lo Zanetti se ne avesse a servire liberamente nelle aggiunte e correzioni che si pro- poneva di fare ai trattati già pubblicati nella sua Raccolta. Lo Zanetti, sorpreso dalla morte, non potè dar compimento a questo disegno, e della gentile prestazione non rimane altra memoria che questa e forse qualche appunto tra i manoscritti zanettiani della Biblioteca Braidense. Le carte inviate dall'Oli- vieri sono certamente quelle conservate tuttora nel codice n. 439 della OHveriana, che contiene docu- menti interessanti e finora inediti. Da questo rapidissimo cenno si vede come An- nibale Olivieri abbia degno e non ultimo posto tra i cultori della numismatica classica e medioevale (I) Pag. X. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 4I7 nel secolo XVIIL Di essa poi si rese altamente be- nemerito quando dispose che le sue raccolte non an- dassero disperse ma rimanessero riunite nel suo pa- lazzo per uso del pubblico. Esse costituiscono il nu eleo principale dell Ateneo Pesarese che è uno dei più ricchi Musei della Regione Marchigiana. Non con- tento di ciò pensò a tutelarne con savi provvedi- menti Tamministrazione e l'integrità (^), tanto che oggi ancora, esempio raro attraverso i periodi dolorosi che furono testimoni di tante vandaliche dispersioni, si conservano pressoché intatte e presentano serie interessanti in tutti i rami della numismatica, inte- ressantissima e ricca fra tutte quella delle monete primitive d' Italia. A complemento di queste poche parole intorno all'Olivieri mi sia consentito riportare qui due iscri- zioni che ne sintetizzano la vita e le benemerenze senza cadere nelle esagerazioni laudative proprie degli epigrafisti. La prima dovuta al celebre lati- nista Morcelli , è posta sul suo sepolcro nella chiesa di S. Giacomo di Pesaro: Quieti et memo- riae \ Hannibalis de Abbatibus \ Oliverj Jordani V. C. \ oiAOrrATPlAOl I qui cives universos gravissimus auctor j ad pietatem exemplo \ ad eruditionem scriptis \ integres- sus I multis ingenj religionis suae \ monumentis prospe- ttate dicatis I conquisitas prisci aevi reliquias \ Patriae transmisit \ substantiam quoque si heres deesset \ ut ex ejus reditu juventuti Pisaurensi \ opis indigne ad artes ediscendas \ a curatoribus designatis subveniretur \ Vix. ami. p. m. L XXXII I TJmanitate fide innocentia domi carus I Doctrinae laude ubi notae litterae \ omnibus ma- gnus I Decess, ITI Kal Od. Ann. MDCCLXXXVIIIL \ (1) Il Testamento dell'O., pubblicato in Pesaro, 1884, in-4, contiene prescrizioni minute per l'amministrazione e conservazione del suo pa- trimonio. 4l8 G. CASTELLANI Vincentius et Paullus \ Fratres Machirelli haeredes j Avunculo Optimo B. M. \ Posuerunt. L'altra dettata da Luigi Lanzi, si trova nella prima sala deirAteneo Pesarese sulla base del busto scolpito dal Pantanelli: Hannibali \ De Abbatibus Oliverio Jordanio \ Patr. Pi- saurensi \ V. clariss. \ et in summa doctrinae gloria \ modestissimo \ Quod ad eruditionem civium \ dignità- temque urbis amplificandam \ Btbliothecam et Museum I operum prisci temporis \ patriae testamento legaverit \ loco eisdem adsignato \ et pecunia addita qiiam in ornatum \ et in tuitionem eorum \ haeres conferret \ IX viri ' hae-- reditati administrandae \ ab eo designati \ civi de Pi- sauri nomine opt. mer. P. C. \ anno MDCCXCIII. <'). E ora i lettori rivivano per qualche momento con questi due grandi nostri predecessori e, sorvo- lando sulla forma delle lettere che ritraggono assai della fretta con cui vennero scritte, vedano in esse segnata a grandi e risoluti tratti la passione che li animava di raccogliere e interpretare, e il riflesso sincero della ingenua bontà che spìngeva Tuna verso l'altra le due anime innamorate dello stesso ideale e concordi nella ricerca del vero, manifestandosi con parole affettuose e anche con donativi e ricordi. (i) Debbo significare tutta la mia gratitudine ai Signori: comm. Giulio Vaccajf dotto illustratore dei monumenti e della topografia pesarese, prof. Ettore Viterbo bibliotecario e Salvatore Rensini vice-bibliotecario della Oliveriana, che mi furono larghi di aiuto prezioso e paziente nelle ricerche fatte intorno all'Olivieri. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 4I9 I. (I - 2). Illmo Sig. Sig. Pron Colmo, Di molto son tenuto al Sig. Preposto Reposati di Gubbio che mi presenta Tocasione di aver Tonore d'umiliare la mia servitù ad un sogetto tanto rispettabile e benemerito della Repubblica letteraria, come lo è V. S. Illma. Sin da quando si trovò qui in Bologna il sig. Reposati lo indussi a publicar le Monete della sua Città e dello stato d'Urbino, perchè più facile sarebbe stato a lui che ad alcun altro per esser specialmente della sua Città più a portata a rinvenire le oportune notizie : e per farli maggiormente co- raggio gli promisi tutta l'assistenza possibile come in fatti credo d'averla in parte usata, per averli procurato la mag- gior parte delle monete, nel far incidere i rami ed assistere alla stampa per quanto mi è permesso riguardo alle monete, e ciò per non so qual inclinazione ch'io ho a questa parte di erudizione; per la necessità ch'io giudico che si ha di aver tali notizie per venir in chiaro specialmente di cotesti Paesi, di tante cose necessarie a sapersi sopra questa oscura materia. Nell'opera del sig. Reposati che io tengo appresso di me per andarla comunicando allo stampatore per la stampa della medesima incominciata, trovo esser mancante di varie notizie necessarie da sapersi, e specialmente sopra li disegni delle monete che da lei sono state gentilmente comunicate al medesimo, le quali desiderate notizie le ho notate sotto ciascun impronto, che le trasmetto d'ordine del medesimo, e che da parte del sudetto la prego di favorirmi per poterle colocare sotto ai suoi rispettivi luoghi, e così render l'opera meno imperfetta, che sia possibile. Oltre a quelle che sono notate sotto ciascuna moneta abisognarebbe ancora sapere a chi apartenga la moneta riportata dal Bellini al N. i delle monete d' Urbino nella prima dissertazione, e come si debba leggere il monogramma che si vede nella medesima. Siccome il sig. Reposati non ha voluto parlare delle Zecche dello Stato, che per le sole monete battute sotto ai Duchi, così 420 G. CASTELLANI ha omesso, come saprà, di riportare le monete, che in esse si sono coniate fuori del governo delle due famiglie di Mon- tefeltro e della Rovere. Ma io stimo necessario almeno in ristretto ed in un'annotazione dir brevemente qualche cosa di ciascuna per lasciar poi la cura ai rispettivi cittadini di pubblicarle. Di Urbino sapere se abbia battuto moneta fuori dei Duchi, e quando? se quelle di Giulio e di Leone X col D. V. siano di detta zecca ? Se in Sinigalia sia stata mai la Zecca fuori di Francesco 1 ? Perchè nelle monete di Pesaro vi sia S. Giovanni e Giacomo ; qual sia l'epoca delia detta Zecca ? Pertanto suplico l'eruditissimo sig. Olivieri a comu- nicarmele (0. Qui aduso troverà una copia di una mia lettera (2), ch'io umilio a V. S. Illma persuaso che non gli sarà discaro per esser dilettante di questa materia, che prego leggerla e dirmi il suo saggio parere liberamente per mia regola nel prose- guire la spiegazione delle monete Bolognesi che ho intra- preso. Condoni della libertà che mi son preso e l'atribuisca a buon fine. In atenzione di potermi impiegare in qualche suo ono- rato comando che vivamente bramo me le protesto d'essere Di V. S. Illma Bologna, io Luglio ijji. limo Devmo ed Obb. suo Guido Zanetti. (i) Questa prima lettera dello Z. airO. ha grande valore per giu- dicare delle ragioni di risentimento dello Z. verso il Reposati, il quale volle in seguito negargli ogni merito di collaborazione nell'opera propria. Da essa infatti apparisce come lo Z. non curasse soltanto la stampa ma facesse di tutto per rendere Popera meno imperfetta. Le varie do- mande qui rivolte all'O. sono tutte dirette a questo scopo e su di esse si torna anche nelle lettere successive dove ne troveremo di nuove e non solo per quanto riguarda le monete ma anche per altre notizie storiche ed economiche. (2) Lettera scritta da Guid' Antonio Zanetti al N. U. Signor Conte Giacomo Zauli sopra una moneta di Astorgio II battuta in Faenza, con altre notizie riguardanti la zecca ed il corso delle monete in questa città. Faenza, Gioseffo Antonio Archi, 1768, in-4. IFTTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 42I 2. (Il - 3). In risposta della gentilissima sua 23 cad. la ringrazio infinitamente delle notizie favoritemi, ed agradirò volentieri le altre a suo comodo. Rispetto alla moneta d'Urbino riportata dal Bellini ella si può asicurare che l'originale quasi in tutto corisponde al disegno dal medesimo riportato, come rilevo dalla moneta ch'io posedo : il monogramma è il seguente (i) che io inter- preto per Antonio secondo l'Alfabeto, che io tengo di questo carattere con cui Tò riscontrato, il che non ho potuto raca- pe zzare il nome di Gido Antonio, oppure di Oddo Antonio, desidero pertanto il suo savio parere. Amarei pure sapere perchè nelle monete di Pesaro sia espresso il presepe. Se Urbino tenga per tutelare S. Michele Arcangelo, come nella qui acclusa moneta d'oro (2), e quando fosse coniato ; così l'altra d'argento (3) se è medaglia o mo- neta : se moneta cosa sia il suo peso, e per quanto fosse battuta; e per qual motivo si trova diversa la pianta della città. Perchè nelle Monete di Pesaro si trovi S. Giovanni e S. Giacomo. (i) Evvi disegnato il monogramma come si trova riprodotto nello Zanetti, t. I, p. 13, e in Reposati, Della Zecca di Gubbio e delle Gesta de' Conti e Duchi d'Urbino. Bologna, Dalla Volpe, 1772, in-4, t. I, pag. 125, che è somigliante assai a quello della moneta effettiva. A migliore in- telligenza di questa e delle due lettere successive bisogna tener pre- sente che il Bellini, riproducendo il monogramma " grandioribus Lon- gobardis literi compaclum „ lo chiamava " enigma mihi, quod feliciorem Oedipum requirit „ : cfr. Argelati, t. V, 31 e 32. (2) La sola moneta d'oro dei duchi d'Urbino con S. Michele Arcan- gelo è Io scudo di Francesco Maria II riportato dallo Z., I, 93, 2, e dai R., II, 263, 2, da un esemplare esistente nella Raccolta del Gran Duca di Toscana. Altro esemplare ne apparve in vendita nella Collezione Gnecchi, cfr. : Catalogo, Frankfurt, 1902, in-8, n. 5336. (3) Qui non si tratta già di una moneta d'argento con S. Michele come potrebbe sembrare per la poco felice dizione, ma bensì di una medaglia di Guidubaldo II che ha al rovescio la pianta esagona della città di Pesaro, riportata dal R., II, 179, mentre non si trova nello Z. che escluse le medaglie. La differenza della pianta vuol forse considerarsi in relazione a quella di forma pentagona delineata sullo scudo d'oro di Francesco Maria L 54 4^2 G. CASTELLANI Fra le Monete d'Urbino manca il Bucatone d'argento simile agli altri Ducatoni, che deve pesare Carati 169 bolo- gnesi. Così il Tallero che deve pesare 158 Carati. E così una moneta che da una banda ha S. A. armata con la spada in pugno, e dall'altra la sua Arme: sedi queste ne avesse alcuna la prego del disegno per poterle includere nell'opera del sig. Reposati. 11 Sig. Reposati mi disse che desiderava una copia dei disegni delle Monete fatte e a tal fine io glieli avevo man- dati, perchè se li tenesse ; mi dica pertanto come li desidera che glieli farò stampare. Per ultimo la prego se mai conoscesse in me abilità di poterlo servire di comandarmi con tutta libertà, e senza com- plimenti, così pure senza il titolo assegnatomi perchè in al- cuna maniera mi si compete. In atenzione pertanto de* suoi comandi me le protesto con la dovuta stima d'esserli Bologna, ji Luglio 177 r. 3- ("I - ?)• Novamente la ringrazio delle notizie favoritomi perchè pongono in chiaro ciò, che a me era ignoto. Che il Conte Antonio avesse la Zecca e battesse mo- neta non si è per anco trovato, ha bensì scoperto il sig. Re- posati sotto Tanno 1394, che nell'Archivio di Gubbio si trova una determinazione che ordina che ogni uno sia obbli- gato dare e ricevere Picciolos novos quoscumque et cuiu- scumque Comi existant ad raiionem quadragtnta odo Piccio- lorum prò quolihet Bononeno bono argenteo^ et Ficciolos veteres quoscumque y vel cuiuscuntque Conii ad rationem vìr ginti qualuor prò quolibet Bononeno bono argenteo. Dunque nel 1394, o poco prima si coniarono in Gubbio i Piccioli della metà del valore degli antichi e quali fossero i Piccoli sì vecchi che novi non si ha notizia. Io però con questo do- cumento alla mano, confrontando la moneta ch'io supongo del Conte Antonio con quelle di Guid'Antonio suo figlio, e trovandovi della differenza, riguardo alla lega, e gran- dezza, così mi davo a credere che la moneta riportata dal LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 433 Bellini fosse uno dei Piccoli vecchi sopra accennati, molto più che la forma de' caratteri mostra essere più antico di quello si vede praticato nelle monete di Guid*Ant.° e Gui- d'Ubaldo. Ecco la leggenda che si vede attorno il mono- gramma DE VRBINO, e dalla parte del Santo S CRESENTINO. Il monogramma così veniva da me interpretato ÀNTONIVS considerando però il monogramma al rovescio di cui pare essere stato impresso ; ma essendo questo sempre un su- posto, di nuovo la suplico ad osservare se le ragioni di sopra adotte, dassero luogo almeno ad una conghiettura per poter riportare la detta Moneta sotto il detto Conte per non lasciarla adietro. In atenzione per tanto del suo savio pa- rere, unitamente ai suoi comandi, che vivamente desidero me le ratifico qual mi protesto d'essere Bologna, 7 Agosto 1771. 4. (IV - 8). Novamente la ringrazio delle notizie ultimamente favo- ritemi. Per le altre non si metta premura, che per ora non mi abisognano, si che me le favorirà a tutto suo comodo. Avendo riscontrato il Gotico della monetuccia di Urbino con quello che si vede nelle monete di Giovanni Sforza, egli è diversissimo perchè il primo mostra essere più antico del secondo, così non può apartenere a Guid'Ubaldo I. La moneta tanto nella qualità della Moneta {sic), che nella lega e forma de' caratteri è similissima a quella ch'io publicai di Astorgio II Signore di Faenza, e di quelle di Carlo, e Si- gismondo Malatesti Signori di Rimini che vissero poco dopo ad Antonio VII Conte d'Urbino, sì che si può conghietturare che fosse fatta coniare da uno dei Conti contemporanei ai sudetti Malatesti (i), stante che il Monogramma è troppo (i) Lo Z. che, come vediamo, era indotto dalla forma dei caratteri e dall'aspetto della moneta a giudicarla del conte Antonio di Monte- feltro, e come tale la pubblicò nel trattato del Reposati, ebbe poi a ri- credersi. Venuto in possesso per opera delTab. Gaetano Marini del Breve di concessione della facoltà di battere moneta accordata da Mar- tino V a Guido Antonio, sia nella città di Urbino che negli altri luoghi da lui dipendenti, assegnò pili esattamente la moneta a quest'ullin o, tanto più che il monogramma " sembra composto delle iniziali del nome di Guido Antonio, anziché di quello di Antonio „. Z., Ili, 440-441. 424 G. CASTELLANI scuro. E qui con pregarla deironore de* suoi comandi con tutto il rispetto me le protesto d'essere Bologna, 14 Agosto lyji. PS. — La prego di porre nel soprascritto il mio nome senza il titolo di Dottore perchè accidentalmente m*è per- venuta la lettera, che era passata nelle mani del Sig. Dott. Giuseppe Zanetti, col quale era notato. 5- (V - 9). Dal sig. Giacomo Biancani ricevei ieri l'altro una copia dell'eruditissimo esame fatto da V. S. Il Ima al bronzo Ler- piriano, che sento molto comendato dagli Eruditi, più ia rin- grazio infinitamente perchè mi ha gradito, e nello stesso tempo per la memoria che conserva di un servitore. Il ve- dermi così graziosamente favorito mi fa coraggio a chiederli un favore persuadendomi che non me lo negarà per esser in possesso della gentilezza di V. S. Illma. Sino dairanno scorso il sig. Reposati mi trascrisse un paragrafo di una lettera a lui scritta nella quale era espressa la cortesissima esibita di soministrarli tutti i recapiti che possedeva sopra le monete Pesaresi battute al tempo dei Duchi, con questo che illustrasse anche le altre battute in Pesaro prima che ne divenissero padroni. Il sig. Reposati per quanto mi scrisse se ne scusò perchè era fuori dello scopo da lui intrapreso, il che non lo son io per motivo che ho intrapreso la stampa per proseguire la raccolta fatta dal- l'Argelati, in cui desidero inserirvi alcuni miei opuscoli che ho fatto col trattato delle monete solamente del Sig. Repo- sati, allorché sarà terminato, al quale vorrei unire quelle di Pesaro, perchè troppo necessarie perchè allora si avrebbe la storia delle monete di cotesta città compiuta ; perciò non avendo io maniera d'illustrarla né forse vedute tutte, la sup- plico di tesserne una dissertazione per unirla a quella del sig. Reposati che non sarà che per essere gradita dagli Eru- diti. 1 Rami perchè Ella non abbi tanto incomodo li farò fare a mie spese, soministrandomi però quelle monete, che mi LKTTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 425 potessero mancare, quando ciò gli fosse di agradimento. Niun'altro fuor che lei potrebbe ciò fare, non privi però il pubblico di questa sua fatica ed io il contento di servirla mediante i suoi comandi che vivamente bramo, protestan- domi di essere Bologna, jo Novembre 1771. 6. (VI — io). In risposta alla sua gentilissima io corr. me le protesto obbligatissimo alla bontà di V. S. Illma che tiene in favo- rirmi della dissertazione sopra le monete Pesaresi perchè Punirò appunto dopo quelle del sig. Reposati, e così sarà compita la serie delle Monete di cotesta Città. A terminar il Tomo in cui ho destinato inserirla vi sarà da sei mesi e forse più, sicché con tutto suo comodo può comporla, ed io intanto farò i disegni di quelle monete, che possedo, per non aver poi da far se non quelle che a me mancano. Ma quello importa assai più si è che V. S. Illma si abbi tutto il ri- guardo possibile per rimettersi totalmente in salute. La favo- revole occasione di queste SS. Feste, giacché il campo mi dà di rattificarle il mio rispetto e riconoscenza, così mancar non voglio di augurarle dal Signore ogni maggior prospe- rità, e successo, e nel tempo stesso pregarla a favorirmi delle sue grazie, mentre colla viva brama dell'onore de' suoi ambitissimi comandi con tutto l'ossequio mi protesto d'essere Bologna, ly Dicembre 1771. 7. (VII - 13) Trasmettendogli la nota delle Monete Pesaresi eh' io tengo probabilmente potrebbe nascere qualche equivoco, perciò ho pensato che sarà meglio trasmettergli i disegni medesimi da me rilevati, perchè V. S. Illma ne possi fare maggiormente il confronto con le sue, e far disegnare sola- mente quelle, di cui non vedrà il disegno. Tai disegni li consegnerò quanto prima al Sig. Giacomo Biancani (i), giac- (i) Troviamo qui nominato per la seconda volta Giacomo Tazzi Biancani che doveva più tardi diventare suocero dello Z. Era custode 024 G. CASTELLANI che ho ocasione di trasmettergli altre carte. Rispetto alle medaglie siccome questo è un puro trattato di monete mi ero determinato di non inserirvene alcune, poiché vari eru- diti non anno approvato la condotta del Muratori, e di chi la seguitò, perchè anno confuso le medaglie con le monete che sono due cose diverse. Io indussi il sig. Reposati a pu- blicar le medaglie dei duchi perchè queste illustravano la storia dei fatti di tai Principi da lui composta, come ha fatto il Bellini colle monete di Ferrara: ma nella ristampa ch'io faccio ho levato delle Medaglie, e tutta quella storia, che non illustia le monete ; sicché quando non avesse piacere che si pubblicasse uno e l'altro può omettere di far rilevare i disegni delle Medaglie. Per quel poi che riguarda al va- lore delle monete, io son persuaso che costì ancora si sia all'oscuro, come in altri luoghi, tuttavia qualunque notizia, riguardo il peso, lega e valore può inserirvi non sarà che per essere agradita dagli eruditi, così pure del corso delle monete estere per poter giovare a chiunque e specialmente ai Pesaresi per venir in cognizione degli antichi contratti fatti nei secoli scorsi, che è lo scopo principale, quando si possi ottenere. In atenzione di qualche suo comando con tutta stima me le professo d'essere Boiognn^ 28 Dicetubre 177 t. 8. (Vili - i). Nuovamente le rendo grazie dei favori compartitomi colle notizie delle Monete Pesaresi che ha raccolte per gra- ziarmi. Io credevo di poter aver terminate le copie di quelle che tengo, ma i miei impieghi non hanno permesso, e così non potrò ora consegnarli al sig. Dott. Grassi, ma spero di farlo quanto prima per altro mezzo. A questi troverà (uvita) copia di un sonetto con una medaglia di Ulisse Aldrovandi, che mesi sono fece incidere, che potrà servire per notizia della Medaglia di tal sogetto se non la possiede nel suo ri- dei Museo delia Univeisità di Bologna dove insegnò anche Archeologia : morì di sessant'anni nel 1789. Lo Z gli c« nsacrò un breve ma affet- tuoso ed efficace ricordo nella prefazione al t. V, dove si trova pure riprodotta una medaglia in suo onore. LETTERE DI GUIDO ANTONIO ZANETTI 427 guardevolissimo studio. Convengo con lei che Tescludere le Medaglie si privi (stc) l'opera di molte notizie interessanti, ma non sono più in tempo stante il stampato, così bisogna ch'io proseguisca con le sole monete, colla qual matteria ho maniera di divertirmi e proseguir l'opera per più volumi, se i miei impieghi me lo permettono. Agradirò l'opera che mi indica, sarà per uscire, unitamente a' suoi comandi che vi- vamente desidero per dimostrarli quella stima che mi pro- fesso d'esserli Bologna del ijj2. 9- (IX - 17)- La Dissertazione di V. S. lllma sopra le Monete di co- testa Città sarà posta dopo la spiegazione di quelle dello Stato d'Urbino del sig. Reposati nell'Apendice, o sia prose- guimento all'opera dell'Argelati, nella stessa forma di quella, e perciò sarà inserita nel settimo Tomo. La disposizione della medesima fatta è ottima, e degna d'un letterato eruditissimo qual Ella è. Se crede oportuno dir qualche cosa anche dei tempi dei Duchi potrebbe formare il quinto punto, e così suplire a ciò, che potesse mancare nell'opera del sig. Reposati riguardo a cotesta città, riferendosi alla medesima per le monete, V. S. lllma la formi pure in quella maniera che più gli con- viene ed agrada, perchè è troppo giusto; e qualunque no- tizia gli inserirà non sarà che per essere agradita dagli Eru- diti, e tal quale me la favorirà sarà stampata nel sudetto VII Tomo. Quanto prima gli trasmetterò li disegni, e sino ad ora non Tò fatto perchè non ho avuto tempo di termi- narli. Ed ansioso di qualche suo comando con tutto il ri- spetto me le protesto d'essere Bologna 2j del 1772. IO. (X — iB). Già a quest'ora avrà dalla posta ricevuti i pochi disegni delle Monete Pesaresi, che io tengo, con alcune notizia sopra le medesime raccolte per mio uso, e non per altro fine. Le Monete descritte, e di quelle che mi mancano i disegni avrà la bontà di farne fare le copie acciò si possino incidere. 428 G. CASTFLLANI Quello che m'intendevo, che V. S. Illma poteva inserire nel- l'ultimo capitolo, non era già la particolare spiegazione delle ' Monete Pesaresi battute sotto ai Duchi, perchè queste sa- ranno spiegate mediante i documenti di cotesta Zecca favo- riti al sig. Reposati, che tengo presso di me;, ma bensì di dare un'idea in generale della natura dei contratti, che non può fare a meno che non abbiano conessione col costume antico, e così spiegare la mutazione, che successe nel sistema monetario di un Governo all'altro, ed insieme le altre no- tizie del corso delle monete, che non ne trovo alcuna fra quelle mandatemi dal sig. Reposati. Ciò che V. S. desidera che non sia posto nel titolo, o in altro luogo Monete dello Stato d'Urbino (i), è suceduto, perchè nel frontespizio dell'opera del sig. Reposati si è pen- sato di farvi '^ della Zecca di Gubbio ne' tempi antichissimi, " e ne' secoli bassi : dal che si prende occasione di favellare * de' Conti, e Duchi della Famiglia di Montefeltro e della " Rovere che furono padroni di Gubbio e delle Monete che * da tai Signori si coniarono in altre Zecche de* loro Stati „. E quello del proseguimento dell'Argelati che già stampato porta il titolo delle Monete di Gubbio e delle altre coniate nelle Zecche dei Duchi d'Urbino, che è apunto quello che desidera per il motivo, che in parte mi figuro, sarà esposto nella sua erudita Dissertazione che dice ora stampata che agradirò. E qui in atenzione delle sue grazie unite ai suoi comandi con tutto il rispetto mi dò l'onore di protestarmi Bologna^ n Febbraio 1772. (Continua) G. Castellani. (i) Si vede che lo « Stato d' Urbino » della lettera precedente aveva suonato male all'orecchio delPO., che non avrebbe tollerato in pace di vedere compresa in esso anche Pesaro come città dipendente. Questa si atteggiava a capitale dello stato, e per un certo tempo, lo fu, di fatto, senza però riuscire a cambiarne la denominazione. L'O. si fece perciò sostenitore del nome di provincia Metaurense e scrisse in proposito una dissertazione alla qu^le si accenna in questa lettera. Il desiderio dell'O. era stato soddisfatto in precedenza dallo Z. con il lungo titolo che si proponeva di dare all'opera del R., cambiato poi con quello più breve menzionato in noia alla lettera n.« a. NECROLOGIA HENRI DE LA TOUR, Martedì, 24 giugno p. p., moriva a Parigi, all'età di anni 58, Henri de la Tour, Conservatore aggiunto al Ga- binetto Numismatico di Parigi. Nato a Saint Vmcent (Cantal) il 16 aprile 1855, e terminati gli studi classici al Collegio di Iseure (Allier), egli si recò a Parigi, e mentre attendeva colà agli studi legali, seguiva regolarmente i corsi di archeologia, di storia dell'arte, e aveva preso l'abitudine di frequentare il Gabinetto Numismatico, dove cominciò a studiare con grande interesse alcune serie del Medagliere, e specialmente le Monete galliche, le Medaglie artistiche, le tessere e i sigilli. Nel 1880, per la morte di Henry Cohen, si era reso va- cante un posto al Gabinetto. Henri de la Tour, incorag- giato anche dai suoi amici, chiese di occupare quel posto, e fu di buon grado accettato. Abbandonata quindi senza rim- pianto la sua carriera legale. Egli fu ben felice di poter de- dicarsi ai suoi studi preferiti. In quello stesso anno egli fu nominato aggiunto al Ca- talogo della Biblioteca Nazionale, dipartimento delle Meda- glie. Passò quindi successivamente per tutti i gradi della gerarchia, finché nel 1897 ottenne la nomina di Conservatore aggiunto, carica ch'egli tenne fino all'ultimo giorno di sua vita con plauso ed ammirazione di quanti poterono apprez- zare la sua opera sempre efficace ed utilissima in prò del Gabinetto. Nella serie delle monete galliche, Henri de la Tour fu una vera autorità. Egli corresse e completò, specialmente per quanto riguarda le tavole, V Atlante delle Monete galliche, 55 430 NECROLOGIA lasciato incompiuto da E. Muret, facendone un'opera utilis- sima, un vade-mecum indispensabile per tutti gli studiosi di quella serie. A quest'opera importante, il eh. Autore fece poi gra- datamente seguire una quantità di altri lavori sulle monete galliche, pubblicandole in vari periodici francesi. H. de la Tour aveva del pari dedicato le sue cure e i suoi studi alle medaglie del Rinascimento, e il risultato fu la pubblicazione di interessantissimi lavori su artisti italiani, fra cui Giovanni di Candida, Pietro da Milano, Giovanni Paolo, Matteo dal Massaro, Cristoforo Geremia, ecc. Inoltre, egli si assunse di pubblicare Topera postuma del suo amico Natalis Rondot sui Medaglisti e incisori di monete francesi, compito ch'egli assolse come nessuno avrebbe potuto fare meglio di lui. Da ultimo H. de la Tour fece oggetto dei suoi studi le Tessere francesi, dedicandosi a studiare e classificare la serie importante di quelle già possedute dal Gabinetto di Parigi, e pubblicando nel 1897 un primo volume compren- dente le Tessere dei Re e delle Regine di Francia (1334 pezzi). Nel 1898 poi, essendo pervenuta per legato al Gabinetto di Parigi la collezione Rougier, costituita da più di 5000 tes- sere, H. de la Tour, aderendo al desiderio espresso dal donatore, dovette abbandonare la descrizione generale delle tessere del Gabinetto, e illustrò in due volumi quelle della collezione Rougier. 11 sig. A. Dieudonné, chiude il suo elogio tributato nella Revue numismatique, alla memoria di Henri de la Tour, con queste parole : * Les otivrages de H. de la Tour lui " font honneury mais sa figure demeure surtout dans le sou- " venir de ceux qui Vont connu et qui brusquement viennent " d^étre privés des fruits de ses conseils „. La Direzione. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI Cagiati (M.). Le monete del Reame delle Due Sicilie da Carlo I d'Angiò a Vittorio Emamtele IL Fascicolo V, (4.° Periodo. Borboni, ij 34-18 jg; 5.^ Periodo. Regno d* Italia, 186 ì). — Napoli j 191 2, in-8. L'egregio Autore chiude con questo V fascicolo la prima parte della sua bell'opera descrivendo le monete coniate dai Borboni, dalla Repubblica Partenopea, dai Napoleonidi e da Vittorio Emanuele II, nella zecca di Napoli. Non ci ferme- remo qui a parlare del metodo assai pratico di descrizione delle monete, e delle bellissime incisioni, che abbiamo altre volte elogiate. Diremo solo che questa prima parte del bel lavoro, così felicemente compiuta, farà vivamente desiderare a tutti gli studiosi Tapparizione della seconda, ove saranno illustrate le zecche minori dell* Italia Meridionale. Questa se- conda serie, certamente meno studiata e conosciuta, sarà per molti riguardi piìi interessante della prima. Qualche periodico ha già accennato ad alcune inesat- tezze di data e di descrizione e a vari errori di stampa che si notano in questo fascicolo. Il eh. Autore, il quale ha già esternato la sua intenzione di procedere ad una seconda edi- zione del suo lavoro, comprendendovi tutte le aggiunte e le correzioni da Lui già esposte in quel suo Supplemento men- sile, provvederà senza dubbio a togliere quelle piccole mende, rendendo questa sua opera, per quanto umanamente è pos- 432 BIBLIOGRAFIA sibile, perfetta; e tutti gli saranno grati per aver arricchito la letteratura numismatica di un'opera così utile, e che era da tempo un vivo desiderio di tutti quanti si interessano allo studio delle monete dell'Italia Meridionale. E. G. Mondini (Ten.-colonnello Raffaello). — Spigolando tra Medaglie e Date (1848, iSyo-ji), — Livorno, Raffaello Giusti, 1913. Voi. di pag. xiii-48i, con 260 illustrazioni intercalate nel testo, e una prefazione di Jacopo Gelli. E un'opera veramente pregevole del chiaro numisma- tico e collezionista Raffaello Mondini, che con amichevole fervore illustrò gran parte di queste medaglie nel Bollet- tino e nelle pubblicazioni di Supplemento del Circolo Nu- mismatico milanese, ed ora raccoglie in un bel volume il frutto di tanti anni di ricerche, e disciplina in un libro di storia e di medaglistica del Risorgimento l'entusiasmo ch'egli, come soldato e come cittadino, sentì sempre per la storia del nostro riscatto e per la glorificazione di quelli eroi che morirono per esso. Per questa ragione il libro piace e commuove e per il contenuto e per l'Autore. La storia del Risorgimento nazionale, divisa nei suoi pe- riodi, forma naturalmente lo sfondo al libro, quindi i nove capitoh, nei quali la trattazione è divisa, rispondono a nove periodi di vita italiana intensa e palpitante di emozioni, di sacrifìci, di vittorie e di sconfìtte, di magnanime imprese e di singoli atti di abnegazione e di eroismo: i.° L'anno santo (1848); 2.** L'anno del sacrifìcio (1849); 3.° Decennio eroico (1850- 1858); 4.° L'anno della liberazione (1859); 5.° L'anno dell'unità (1860); 6.° Tempi diffìcili (1861-65); 7.° Valore sfor- tunato (1866); 8.° Verso la mèta (1867-69); 9.® Roma capi- tale (1870-71). Opportuna fu l'idea di fare un indice esatto e completo delle medaglie, ponendo sùbito accanto la nota a quelle il- lustrate e la citazione della pagina relativa per una pronta consultazione ; forse bastava un asterisco per nota, senza em- pire nove pagine del participio del verbo illustrare. BIBLIOGRAFIA 433 Scorrendo il volume, siamo favorevolmente sorpresi della nitidezza dei tipi e della signorilità dell'edizione, ma sovra- tutto della incisiva chiarezza delle illustrazioni, il che giova alla presentazione anche di quelle medaglie che, pur troppo, pel periodo nel quale furono incise, non hanno alcun pregio d'arte. Ma il Mondini sa presentarle tutte così bene, sa circon- darle di tanta vita storica, sa infondervi intorno il soffio di un sincero e sentito patriottismo, che il libro si legge con gran piacere da tutti, e questo sarà il segreto del suo suc- cesso, molto più che, air infuori degli studi del Bianchi e del Romussi, e degli aridi cataloghi del Camozzi-Vertova o delle vendite all'asta successive, la materia non era stata mai trat- tata scientificamente, in modo esauriente e completo. Sopra tutte queste descrizioni di medaglie si eleva l'animo buono e generoso dell'Autore, al quale è degno compenso quanto gli scrive l'amico Gelli nell'Introduzione: " A che m' indugio a dire quanto di bello, di nobile, di grande con- tiene nella rigida descrizione della materia questo volume? Nessuna voce più di quella che dalle pagine di questo Hbro patriottico si eleva con più nobile, e con più suggestivo ritmo di fatti, con più italiana coscienza impresso nelle medaglie quivi illustrate, può intonare il carme secolare alla libertà e alla giustizia dell'Italia rinnovata „. Serafino Ricci. Marini (Riccardo Adalgisio). Medaglie e Medaglisti Sa- baudi del Rinascimento. — Torino, 1913 (Estratto dalla Miscellanea di Storia Italiana, serie 3.% tomo XV). Oggi che la numismatica e la medaglistica sabauda sono in gran favore presso gli studiosi ed i raccoglitori, riescirà loro certamente gradito questo breve studio del eh. Autore, che dà la descrizione di una ottantina di Medaglie dei prin- cipi di Savoia da Lodovico (1434-65) a Filippo Emanuele, figlio di Carlo Emanuale I (1586-1605). Il lavoro si inizia con una copiosa bibliografia; seguono poi la descrizione delle medaglie, l'elenco dei medaglisti e dei motti scritti sulle medaghe. L'ultima parte, che è la più in- 434 BIBLIOGRAFIA teressante, contiene molte preziose notizie su buon numero delle medaglie descritte, sui principi che le hanno ordinate, sugli artisti che le hanno eseguite e infine sulle origini dei motti e delle rappresentazioni che vi figurano. Sarebbe stato un bel complemento a questo lavoro una serie di tavole colla riproduzione dal vero di questa splendida serie di medaglie. N. d D, Anson (L.). Numismata Graeca (Greek Coin-Types classi fied for immediate ideniificaiion), L. Anson pubblica il testo della parte IV delle sue Mo- nete Greche, il cui titolo è Religione, Altari, Attributi di Divinità, Sacrifici, ecc. Vi sono descritte n. 1083 monete portanti i seguenti simboli : Altare, Caduceo, Cornucopia, Onfale, Pilei, Bastone, Fulmine, Dischi, Tirso, Fiaccola, Bucrania, Istromenti da sa- crificio, Berretto, Lituo, Simpulo, Idoli, ecc., ecc. Tolstoy (conte Giovanni). Monete Bizantine. — (Pietro- burgo, 1913). Il Conte Tolstoy ha pubblicato la quinta dispensa della sua opera magistrale sulle Monete Bizantine, di cui abbiamo già tenuto parola in questa Rivista. La serie ora venuta in luce contiene le monete di Tiberio Costantino (n. 139) e di Maurizio Tiberio (x\. 379). « Corpus Nummoriim Italicorum. Primo tentativo di un Cata- logo Generale delle Monete medievali e moderne co- niate in Italia o da Italiani in altri paesi. — Volume IV; Lombardia, Zecche minori. Roma, 1913, in-4, pag. 588 e XLVIII Tavole. Al momento di chiudere la stampa del fascicolo, ci giunge il IV volume di quest'opera colossale pubblicata sotto la di- rezione di S. M. il Re. Spiacenti di non poter parlarne oggi, ci riserviamo di farlo nel IV fascicolo della Rivista. La Direzione. VARIETÀ Per un Circolo Numismatico Napoletano. — Il ca- valiere Memmo Cagiati neirultimo fascicolo del suo ** Sup- plemento „ (anno HI, n. 8-9-10) vagheggia e invoca la costi- tuzione di un Circolo numismatico meridionale, che raccolga i numerosi studiosi di numismatica, di quella ridente regione, ora dispersi, che metta a contatto fra loro i raccoglitori, che infine aiuti il risveglio, che colà si va sempre più accen- tuando, degli studi archeologici e numismatici. " Io ho voluto — scrive il Cagiati — fiducioso nella benevolenza dei miei lettori, che mi incoraggiano e sanno comprendere le mie buone intenzioni, lanciare da questo modesto periodico un'idea che nasce dal desiderio vivo e costante dell'animo mio : vedere inalzati a pari livello ed a gloria della Nazione i nostri paesi meridionali, contribuenti con l'ingegno, con gli studi e con tutte le forze dei loro abitanti, al decoro d'Italia nostra! " Un Circolo Numismatico potrebbe essere fondato da venticinque, trenta cultori napoletani, che io ho avuto la for- tuna di avvicinare, l'un dopo l'altro in varie occasioni ... — Nessuna pretesa, nessun orgoglio, nessun fasto, nessun pro- getto costoso, strano o difficile; un semplice ritrovo amiche- vole, in cui a poco a poco le idee verrebbero ad attuarsi spontaneamente. Gli aderenti non dovrebbero portare che una piccolissima quota mensile ed una grandissima dose di buona volontà, ed il Circolo Numismatico napoletano man- derebbe il suo fraterno saluto al Circolo Numismatico mila- nese, che fraternamente lo restituirebbe con gioia! „. Ora il Presidente del Circolo Numismatico milanese già inviò un telegramma di fraterno augurio, affinchè questo nuovo nucleo di cultori delle nostre discipline presto si fondi e prosperi anche nell'Italia Meridionale. 436 VARIETÀ Noi che abbiamo visto i buoni risultati del nostro Circolo Num. milanese, il quale ha potentemente contribuito alla for- mazione di collezionisti e di studiosi, noi che sempre abbiamo aspirato alla diffusione dei nostri studi in tutta Italia, e che ♦ desideriamo sempre ardentemente la fusione, anche nella scienza, di tutte le regioni italiane, ora così mirabilmente unite dalla politica e dalle aspirazioni nazionali, appoggiamo con tutte le nostre forze T idea promossa con tanto senno dal Collega Cagiati, e auguriamo che ben presto il Circolo Numismatico Napoletano possa inaugurare la sua fondazione e contribuire di buon accordo con gli altri sodalizi congeneri d' Italia al progresso dei nostri studi. La Società Numismatica Itahana — ce ne assumiamo noi la responsabilità — sarà felicissima, appena costituito il nuovo Sodalizio, di offrirgli i duplicati della sua biblioteca, quale segno di buona amicizia e di fratellanza. F. ed E. G. La Numismatica al Congresso Storico Subalpino di Novara. — In questa storica e bella cittadina si svolse nei giorni 14-17 settembre scorso il XVI Congresso Storico Subalpino, del cui Comitato promotore è vanto costante di ogni anno includere nel programma qualche argomento di Numismatica e scienze affmi. Invitato dalla Presidenza mandò un tema di carattere numismatico e intervenne il prof. Se- rafino Ricci in rappresentanza del Medagliere Nazionale di Brera, della Società Numismatica italiana e del Circolo Nu- mismatico milanese. Il tema prescelto era, come fu annunciato a suo tempo, di argomento molto negletto, e che richiede davvero tutta la vigile attenzione degli studiosi. " Della necessità di aggiun- " gere e di coordinare gli studi di araldica e di sfragistica " a quelli di numismatica, tanto presso i medaglieri, quanto * presso le cattedre universitarie, affmchè si formino per * tutte e tre queste discipline alcune sedi scientifiche rico- * nosciute dallo Stato, e qualche centro di studi adeguato * all'importanza del patrimonio storico della Nazione „. Il Ricci richiamò l'attenzione sul fatto grave di non aver perfezionato con gli insegnamenti complementari quella tri- VARIETÀ 437 plice divisione dell' istruzione universitaria, che dà la laurea in lettere, in storia e in filosofia. E sostenendo che non si tratta di una cattedra, ma di insegnamenti complementari a quella di numismatica, insistè affinchè, o per iniziativa del Governo, o per iniziativa pri- vata, si provveda almeno negli Atenei più importanti. Si apre a questo punto una interessantissima discussione, alla quale prendono parte il prof. Gabotto, l'avv. Orazio Roggero e lo stesso prof. Ricci, rilevandovi la necessità di comple- tare con gli studi accennati di araldica, di sfragistica e di numismatica il grandioso e vasto insegnamento superiore della storia, specialmente medioevale e moderna. Viene a questo punto in chiara luce V urgenza di una vera e propria cattedra di numismatica, se però non la si li- mita allo studio delle monete, ma a quello economico e so- ciale della vita di quel periodo che si prende a trattare. In- fine il prof. Gabotto e Tavv. Roggero vorrebbero che dalla discussione emergesse anche la necessità dello studio dei documenti d'archivio, che illuminano talora di luce inattesa la storia e la tecnica della monetazione e la terminologia stessa delle monete. Delineatasi nell'assemblea la tendenza a esporre dei de- siderata singoli su argomenti di così grande importanza pel progresso degh studi storici, il prof. Ricci presenta, d'accordo col prof. Gabotto e con l'avv. Roggiero, i seguenti tre ordini del giorno distinti, i quali sono approvati all'unanimità. /. voto relativo alla necessità degli studi complementari di araldica e di sfragistica. " Il XVI Congresso Storico Subalpino di Novara, udita " la Relazione del prof. Serafino Ricci intorno alla necessità " di rinvigorire lo studio superiore della storia con quello '^ di tutte le sue discipline ausiliarie, e tenuto conto della re- " lativa discussione, fa voti affinchè si istituiscano nei vari " centri più importanti corsi di epigrafia, paleografia, diplo- " matica, numismatica, medaglistica, sfragistica e araldica, se- " condo le opportunità locaH che meglio si prestino allo scopo, " e si augura che iniziative private, individuali e collettive " completino l'opera del Governo „. 56 43Ò VARIETÀ //. Foto relativo a una cattedra vera e propria di scienza numismatica. * Il XVI Congresso Storico Subalpino di Novara, tenuto " conto dei voti già presentati ai Congressi precedenti, e ri- " conosciuta la opportunità di elevare la numismatica al grado * di scienza autonoma pubblicamente insegnata, fa voti che " sorga al più presto in Italia la cattedra di numismatica, a " condizione però, che non si limiti solo alla illustrazione " della moneta, in sé, ma abbracci i vari campi della sua ** attività attraverso i secoli: la tecnica e la circolazione " monetaria, l'epigrafia numismatica, l'arte e lo stile della " moneta e della medaglia, la sfragistica e l'araldica, comple- '^ tandone lo studio storico e artistico con quello economico " nei rapporti con la vita, e integrandolo infine con la ri- * cerca dei documenti d'archivio atti a meglio determinare '^ nome e valore alle monete, nonché il posto ch'esse occu- '^ pano nella vita sociale del tempo „. ///. Voto relativo alla pubblicazione dei documenti numisma- tici d* archivio, * Il XVI Congresso Storico Subalpino di Novara fa ^ voti che si pubblichi il Corpus dei documenti numismatici * italiani, e si augura che una Commissione nominata dalla * Presidenza della Società Storica Subalpina inizi i lavori ^ preparatori, pubblicando annualmente uno speciale fasci. ** colo di documenti e studi numismatici relativi alla storia ^ dell'Italia Occidentale, come complemento al Bollettino * della Società Storica Subalpina „. Nella terza giornata del Congresso, essendo esauriti glj argomenti posti all'ordine dal giorno, il prof. Serafino Ricci prese la parola intorno al settimo tema, che era rimasto per mancanza di Relatori sospeso intorno alle questioni a cui il Centenario costantiniano ha dato luogo in rapporto alla storia subalpina. E dichiarando di volersi attenere alla questione della numismatica costantiniana, ne espose un saggio, leg- gendo il suo lavoro sul Periodo Costantiniano nella storia e nell'arte della sua monetazione, che fu poi inserito nel Bol- lettino dell* Arte Costantiniana, edito dalla Società '^ Amici dell'Arte Cristiana „ coi tipi Alfieri e Lacroix in Milano. VARIETÀ ' 45$ La medaglia Johnson commemorativa dell' Editto costantiniano di Milano. — Per la storia della Chiesa r Editto costantiniano fu avvenimento eternamente memo- rabile. Della sedicesima commemorazione secolare di quest'anno resta ricordo, fra altro, la bellissima medaglia ufficiale che il Comitato ha fatto eseguire dallo stabilimento Johnson di Milano, e che il Pontefice Pio X ha onorato della sua ap- provazione. Essa porta sul recto, in bel rilievo, in tondello centrale il ritratto somigliantissimo .del Papa a destra, in zucchetto, mozzetta e stola; svolgesi in giro un serto di alloro e di palma, formante corona alle diciture disposte ad arco: PIVS • X • PONT • • M • • AN • CH • • MCMXIII • e disposti a croce, sul serto di alloro e di palma, stanno quattro medaglioncini re- canti quello in alto il mistico monogramma Pax, quello in basso il ritratto di fronte di Papa Silvestro, quello a destra il ritratto di Papa Marco, e quello a sinistra il ritratto di Papa Melchiade. Questi tre Papi, Melchiade, africano, Silve- stro 1 e Marco, romani, furono i contemporanei di Costantino il Grande, si beneficiarono del suo famoso Editto, videro la sua conversione al cristianesimo, e Silvestro ebbe da lui un 440 VARIETÀ dono — primo possedimento della Chiesa — il palazzo La- terano, dove sorse la Basilica di San Giovanni, parrocchia e chiesa, di cui è titolare il Romano Pontefice. Nel verso della medaglia, T Imperatore Costantino loricato, stante a destra, volto a sinistra, avente dietro sé un legio- nario portante il mistico labaro, porge l'editto liberatore ad un gruppo di cristiani, un vescovo, un senatore, una vergine ed un neofita, inginocchiato con le catene inft-ante ai piedi. Nello sfondo del paesaggio svolgesi una processione di cri- stiani uscenti dalle catacombe verso un tempio: il gruppo efficacemente simbolico è ricco di espressione e di sentimento. Airesergo leggesi l'epigrafe: PACE • ET • LIBERIATE • EC- CLESIAE I CONSTANTINI • MAGNI • EDICTO I CONSTITVTA | A • CH • CCCXIII (ved. cliché offerto dalla Casa Johnson). La medaglia misura 67 millimetri di diametro, e si pre- senta davvero come una piccola opera d'arte per la sintesi storica del concetto, per l'efficacia rappresentativa del ro- vescio, e per la finezza nei particolari dell'esecuzione. Ne parlò recentemente anche il prof. S. Ricci nel suo lavoro sul Periodo costantiniano nella storia e nell'arte della sua monetazione^ inserito nella Rivista Arte Cristiana, edita dalla Società Amici deli Arte Cristiana^ lavoro nel quale l'au- VARIETÀ 441 tore rileva Topportunità e l'alto significato di questa meda- glia, che è uno dei migliori ricordi artistici della commemo- razione costantiniana (ved. Bollettino di ftuntismatica e cParte della medaglia^ n, 5 (settembre-ottobre) 1913). Medaglie di Verdi. — Il centenario dell* illustre musi- cista ha richiamato l'attenzione dei medaglisti. Oltre la me- daglia eseguita riproducendo il tipo di quella Pogliaghi, la casa Johnson sta preparandone una originale per incarico del Sindaco di Parma, sen. Mariotti, la quale figurerà nelle prossime feste commemorative di Parma in occasione del monumento al Grande di Busseto. Il Comitato per le ono- ranze popolari a Giuseppe Verdi incaricò il Boninsegna di fare il modello di una medaglia che si vende a prezzi mitis- simi alla sede del Comitato in Milano, Via Marino, 3. Il diritto, che reca un ritratto molto espressivo e ben riuscito del Verdi, servì poi all'applicazione industriale del bottone distintivo e della spilla verdiana. Peccato che il ro- vescio, rappresentante un'allegoria verdiana, che dovrebbe essere il trionfo della melodia e la sua influenza sull'uma- nità, non sia riuscito chiaro nella riproduzione, forse per di- fetto di riduzione, cosicché non si può giudicare assoluta- mente del pregio dell'opera d'arte. S. Carlo Borromeo collezionista di medaglie. — Da un buon studio dell'avv. Luigi Anfosso, Presidente del Tribunale di Lodi, intorno a S. Carlo o più precisamente Storia dell' archibugiata tirata al card, Borromeo in Milano la sera del 26 ottobre ij6g (Milano, tip. Sacchetti, 1912) ri- leviamo una lettera dell'agente Zerbinati diretta al duca di Modena, in data, Milano 7 gennaio 1568, nella quale — par- ticolare interessante e forse sconosciuto — è detto che il cardinale Borromeo aveva '^ un gran numero di medaglie " antiche molto belle, delle quali disigna farne vendita per " impiegar quei dinari in opere pie „. Lo scrivente, sapendo " che V. Ecc.^'* se ne diletta e ne intende „ è di ciò avvi- sata '^ aspettando s'ella mi comanderà che s'attenda alla " pratica, che quando questo fosse procura rei di haver la 443 VARIETÀ * lista di esse et la manderei acciò V. Ecc. vedessi s'elle * sono cosi rari come m*è stato detto „. Forse nel carteggio del Borromeo, in Ambrosiana, ci saranno altre lettere che provino o meno la vendita di quelle • medaglie. Falsificazioni moderne. — Ci affrettiamo a far cono- scere ai nostri Lettori la recente comparsa di una nuova falsificazione di moneta italiana. Si tratta ééW Imperiale di Alba, moneta di cui si conosce il solo esemplare nella Collezione di S. M. il Re. La moneta è pubblicata nel secondo volume del Corpus Nummorum Ilalicorum (pag. 4, tavola I, 8), da cui certa- mente il falsificatore Tha ricavata. Eccone la descrizione : /B' — * INPATOR • F • Nel mezzo in due righe AL- BA. I? — * MAR • SAONE Croce. Relazione della Regia Zecca (1911-1912). — L'Inge- gnere Mario Lanfranco, Direttore della R. Zecca di Roma, ci offre la seconda relazione durante l'anno finanziario 191 1- 1912. Fu il 20 novembre 191 1 che avvenne il trasferimento dell'officina monetaria Italiana dalla vecchia sede, dove l'aveva collocata Papa Alessandro VII dietro il Vaticano, nella nuova sede, appositamente costrutta sul monte Esquilino. Malgrado il tempo che fu necessario perdere pel tra- sporto deirofficina e per l'impianto del nuovo macchinario, la zecca coniò oltre 20 milioni di pezzi per un importo di lire 7 milioni e mezzo. Oltre alle monete correnti nel Regno, furono altresì co- niate monete per la Repubblica di S. Marino e per la So- malia Italiana, e di più, circa 60 mila medaglie nei tre metalli. Alla zecca venne pure aggregato un museo contenente esemplari di tutta la produzione della zecca stessa in mo- nete e medaglie. Fra le serie più preziose accenneremo a quelle dei conii delle medaglie pontificie, la quale, partendo da Mar- tino V Colonna, 1417, arriva fino ai giorni nostri. VARIETÀ 443 Un'altra serie di grande valore artistico è quella dei modelli dell'incisore romano Benedetto Pistrucci, direttore della zecca di Londra al principio del secolo scorso e autore della Sterlina e del Penny inglese. Se ci fosse lecito esprimere un desiderio a nome di pa- recchi collezionisti, e più ancora a nome dei collezionisti fu- turi delle monete nazionali, sarebbe bene che, come s*è fatto in Isvizzera, si tenesse in serbo un certo numero di mo- nete d'ogni metallo e d'ogni valore, per cederle dietro ri- chiesta ai collezionisti. Ognuno sa quanto sia difficile, solo pochi mesi dopo che una emissione è posta in circolazione, trovare degli esemplari freschi di conio. I collezionisti sa- rebbero felici di poterli avere dalla zecca, e questa non avrebbe nulla a perdere, perchè potrebbe anzi cederli al di- sopra del loro valore intrinseco. Proposta del Medagliere Nazionale di Brera di un corso di storia e tecnica della medaglia presso la R. Ac- cademia di Belle Arti in Milano. — A preparazione e complemento del concorso Grazioli per la medaglia, la Di- rezione del Medagliere Nazionale di Brera ha inviato alla Presidenza della R. Accademia di Belle Arti in Milano la proposta di tenere un ciclo di conferenze, che illustrino la storia e tecnica della medaglia e della placchetta dal periodo classico ai giorni nostri. Il corso sarebbe gratuito e libero a tutti. Gli iscritti al- l'Accademia, e soprattutto coloro che intendessero partecipare al Concorso Grazioli, avrebbero poi il complemento delle vi- site agli stabilimenti industriali, e degli esperimenti tecnici indispensabili alla buona riuscita del medaglista. Il materiale storico-artistico sarebbe offerto dalla esposizione medaglistica del Museo Numismatico di Brera. Non dubitiamo che la Presidenza e il Consiglio Acca- demico di Brera intuiscano la grande importanza del Corso, e come complemento di coltura storico-artistica, e come pre- parazione ai Concorsi Grazioli per il cesello e per la medaglia, e incoraggino col loro autorevole consenso, e anche col con- corso di mecenati privati, l'attuazione dell'utile proposta della Direzione del Medagliere Braidense. 444 VARIETÀ Pax in Nummìs. — II S. J. Schulman mise in ven- dita il 13 ottobre ad Amsterdam la collezione Le Maistre, composta di n. 1313 Medaglie e Monete riferentesi alla Pace. È peccato che una collezione formata con uno scopo ^ unico e che tiene il suo principale valore appunto dalla riu- nione di tanti pezzi dedicati all'argomento della Pace, vada dispersa. La collezione nel suo insieme sarebbe stata un bellissimo ornamento alla Biblioteca del palazzo della Pace airAja. La Direzione. Finito di stampare il 20 ottobre 1913. I » Illl « I MM ♦ *»«»* «♦♦♦«.♦*«»« RoMANENGHi ANGELO FRANCESCO, Gerente responsabile. FASCICOLO IV. INTORNO ALLE FORME da fondere Monete Imperiali Romane LA CONIAZIONE. La quasi totale mancanza di materiale che servì alla confezione delle monete, specialmente quelle di rame, ha fatto sì che le ricerche sulla fabbricazione delle monete è rimasto un campo quasi inesplorato, lo credo però che il principio di un tentativo può essere fatto basandosi sullo studio dei diversi acci- denti avvenuti alle monete durante la loro fabbri- cazione. Non ignorando che i tentativi spesso condussero a stabilire delle teorie le quali furono poi demolite da nuove scoperte, tengo a dire che quanto mi pro- pongo di svolgere non aspira alla pretesa di stabi- lire una teoria. Le brevi dimostrazioni che sto per fare basano su degli esperimenti da me fatti con l'aiuto della pratica moderna e un materiale antico che ho raccolto pazientemente nello spazio di più anni. Ciò stabilito, chiedo venia se nelle dimostra- zioni che sto per fare, talvolta i miei ragionamenti sembreranno piuttosto autoritari. Se ciò avverrà, prego di non darvi alcun peso. Coloro che scrivono sanno quanto sia difficile di frenare Timpeto della propria convinzione. 448 G. DATTERI Per facilitare il mio compito e perchè il lettore possa seguirmi con meno fatica, dò la lista di tutte le monete accidentate che sono in mio possesso, ac- compagnando ogni singolo accidente da brevi osser- vazioni. MONETE INCUSE. 1 PB. ^ — CONSTANTINVS AVG Busto corazzato a destra con Telmo. (Tav. VII, n. i). 2 PB. ^ — IMP CONSTANTINVS P F AVO Busto laureato a destra con la corazza e il paludamento. 3 PBR. ^ — CONSTANTINOPOLIS Busto di Costantinopoli a destra. 4 Q. a' — D N CONSTANS P F AVG Testa diademata a destra. 5Q. ^'— DNFL CONSTANS AVO Busto diademato a destra con il paludamento. 6 PB. 9 — PROVIDIENTAE AVGG -— — Porta con due oMKA torri e una stella. K 7 PB. R) — lOVI CONSERVATORI AVGCj O y Giove nudo ALE a sinistra tiene la Vittoria e lo scettro. Ai suoi piedi un'aquila a sinistra. (Tav. VII, n. 2). È risaputo che l'accidente delle monete incuse proviene dalla disavvertenza dell'operaio il quale pone un tondino sulla moneta già coniata che dimen- ticò di levare dal conio fisso. La presenza di diritti e rovesci incusi dà luogo a credere che il conio fìsso tanto poteva essere quello del diritto come quello del rovescio. Però, io penso che questa regola fosse solo osservata per le mo- INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 449 nete di poco rilievo. Mentre per quelle di forte spes- sore, il conio fisso doveva essere sempre quello del rovescio. Questo è quanto suggeriscono le tre mo- nete incuse della serie alessandrina che abbiamo già esaminato. D'altra parte anche nel caso delle mo- nete della Riforma si rileva che cinque sopra sette appartengono al diritto. Una delle due impronte, benché proveniente da uno stesso conio, ha la testa incusa molto più grande di quella in rilievo. Questo fenomeno proviene da ciò che rimpronta incusa derivante dalla testa in rilievo della moneta che fu dimenticata sul conio avendo ceduto ai colpi di martello, il metallo si espanse, la testa s'ingrandì e si appiattì e come tale andò a riprodursi sulla faccia del tondino soprastante; mentre la testa in rilievo riuscì della grandezza come si trovava incisa nel conio. Di maniera che la testa incusa e quella in rilievo sono indipen- denti tra loro. Questo fenomeno serve a dare una giusta idea di quanto doveva essere più duro e resistente il me- tallo dei coni in paragone di quello delle monete. Ve dunque ragione di ritenere che i coni dovevano essere capaci di poter battere un numero di monete molto più considerevole di quello che si crede in generale. MONETE UNILATERALI. 8 Q. ^^ - D N CONSTANTINVS P P ÀVGCy Testa velata a destra. 9 Q. ^ — DN CONSTÀNS AVG- Busto laureato a destra con il paludamento. 10 Q. ^^ — D N CONSTÀNS P F AV(y Busto diademato a destra con il paludamento. 11 PB. ^^ — DN CONSTANTI VS PF AVG Testa diademata a destra. 450 G. DATTARI 12 PB. ^ — A sinistra la leggenda è rimasta fuori. A de- stra è illegibile. Testa a destra. R F 13 PB. I^ — [SOLI INVICT]0 GOMITI II sole a sin. X^_. R%T (Tav. VII, n. 4). 14 PB. 9( — GLORIA ESERCITVS Insegna tra due soldati SMÀLA (Tav. VII, n. 3). Ri F 15 Q- ^ — [SOLI] INVICTO GOMITI II sole a sin. ~~, 16 PB. I^ — FEL TEMP REPARATIO Guerriero che uccide un cavaliere TESB 17 PB. 9/ — Legg. indecifrabile. Come il prec. esergo? Due sono le cause alle quali possono essere at- tribuite queste monete. Cioè, o che Tartefice per di- savvertenza ha posto un tondino sopra un altro che già stava sul conio fisso senza che fosse stato co- niato. Oppure, in seguito all'argentatura, due tondini rimasero sensibilmente attaccati e poi si divisero in seguito ai colpi di martello che ricevettero al mo- mento della coniazione. Sia in un caso che neiraltro ne risultava che il tondino superiore, da una parte riceveva l'impronta del conio mobile, mentre il ton- dino inferiore da una parte riceveva l'impronta del conio fisso. Le iaccie dei tondini che combaciavano rimanevano liscie. ACCIDENTI DIVERSL Dai numerosi accidenti che andremo esaminando, io credo che a un dipresso si possa ricostruire l'im- pianto e la manovra della coniazione. Io penso che la coniazione doveva essere effet- tuata da due operai. Uno, incaricato del conio mo- INTORNO ALl.K FORME DA FONDERE MONETtl IMP. ROMANE 45 1 bile e del martello, Taltro, doveva essere addetto a fissare i tondini sul conio fisso e rimoveva le mo- nete coniate. Si capirà come non sia ammissibile che un solo operaio mettesse i tondini sul conio fisso e quindi li coniasse. Una tale manovra avrebbe ri- chiesto che ad ogni moneta coniata, il detto operaio deponesse il martello che teneva nella destra, oppure il conio fisso che teneva nella sinistra. Una simile lavorazione avrebbe progredito troppo lentamente. La lavorazione ricostituita come da me esposta diveniva quasi meccanica, spedita, e non subiva in- terruzioni, poiché, come ho detto, un operaio batteva e l'altro faceva il resto. In quanto all'impianto, ritengo che il conio fisso doveva trovarsi incastrato in qualche cosa che tro- vavasi un poco al disotto del livello di un piano che serviva di banco o tavolo da lavoro. Se il conio fisso si fosse trovato sporgente sul tavolo di lavoro e isolato, spesso e volentieri nel fissare i tondini sul conio questi sarebbero scivolati e ne sarebbe deri- vata una grande perdita di tempo. Mentre il conio, trovandosi in una specie di conca e quasi a livello del tavolo, l'addetto ai tondini non faceva che spin- gerlo mano mano che levava le monete coniate. Io credo che i tondini si trovavano alla destra dell'ope- raio il quale poneva a sinistra le monete coniate. I movimenti celeri e quasi meccanici dei due operai, cioè uno di mettere a segno il conio mobile e di battere col martello, l'altro di scivolare i tondini sul conio fisso e di levare le monete coniate, faceva sì che qualora uno dei due operai ritardava oppure an- ticipava il proprio compito ne derivava un accidente. Così poteva accadere che una moneta coniata o che non venisse abbastanza scostata in tempo dal conio fisso, oppure che il coniatore avanzasse il suo compito di qualche secondo, veniva in parte riconiata. 453 DATTARl i8 Q. ^' - D V CONSTANTI Testa velata a destra. A tra- verso la faccia un semicerchio di perline e la leggenda D V CONSTAN Testa velata a destra (solo la nuca è visibile). 9 — Anepigrafo. Quadriga a destra . A de- SMANS stra due incavi semicircolari. Si vede una piccola parte della testa incusa. (Tav. VII, n. 5). Qualche volta poteva succedere che, sotto Fazione del martello, tanto un tondino che un conio andas- sero in frantumi e per disavvertenza dell'operaio una scheggia andasse a posarsi sul conio fisso. 19 MB. .B' — IMP a sinistra PP AVG a destra. Bu^io lau- laur. a d. con il palud. Incavo semicircolare a d. che copre il profilo della faccia. Nel- l'incavo si vedono delle lettere e una pic- cola testa. 9 — OENIO IMPERATORIS Genio a sinistra con I ^ patera e il corno d'abbondanza I E. ÀNT. (Tav. Vii, n. 6). 20 Q. ^ — CON a sin. TINVS a destra. Busto laureato a destra con il paludamento. Incavo semi- circolare a sinistra che ricopre la nuca. ^ — GLORIA EXERCITVS Insegna tra due guerrieri SMAN€ Q. /B' — D N CONSTAN Busto a destra. Incavo semi- circolare a destra che ricopre la faccia. ^ — A sinistra la leggenda è rimasta fuori. A des. EXERCITVS. Come il precedente ± ASIS 22 PER. ^ — ROMA Depressione che copre tutto il resto del campo. ^ * 4^ 9 -— Anepigrafo. Lupa con i gemelli ^^V,_ SMnl INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 453 D V CO Come il precedente. Anepigrafo. Costantino in quadriga a destra. A d. VS NOB CAES Busto a d. Incavo se- micircolare che ricopre la nuca. 9 — M P REPARATIO Guerriero che uccide un ca- valiere 23 Q- ,& — 9 - 24 PB. 3' - ALEA 25 Q. ^ — A d. ENAE AVG Busto di Elena a d. Incavo semicircolare che ricopre la parte di dietro della testa. ^ — PAX PVBLICAE La Pace con l'olivo e scettro CONS' PEZZI INCUSI RICONIATI 26 PB. B^ — D N CONSTANTINVS P F AVG- Busto laureato e corazzato a destra. ^ - SOLI INVICTO GOMITI II sole a sin. Sotto il tipo si scorge la testa incusa a sin. e delle lettere pure incuse. Dapprima questo pezzo dovette sortire incuso, ma quindi fu ribattuto e gli venne applicato il ro- vescio. Senza alcun dubbio gli accidenti nella coniazione dovevano essere assai frequenti e per sicuro prima che le monete fossero messe in circolazione dove- vano essere esaminate da persone apposite. Così le difettose ritornavano ad essere coniate. Ma alcune passarono inosservate e oggi le ritroviamo rara- mente. 27 PB. ^ - IMP COSTANTINVS PF AVG Busto laur. a des. con il paludamento. Sopra il profilo della faccia si vede le lettere COl\S(tantinus). ^ SOLI INVICTO GOMITI Come il precedente —- Sotto il tipo si scorge la testa incusa a sin. 58 454 G. DATTARI Accidente come il precedente, ma nella riconia- zione la moneta sbalzò e produsse una doppia leg- genda dalla parte del diritto. ♦ PEZZI SEiMICONIATI. Il caso di queste monete deve consistere in ciò che non furono esattamente poste sul conio fisso. Si osserverà dall'impronta che una parte del tondino ha conservato la forma rotonda, mentre la parte coniata si è allungata in forza della pressione. Ciò dimostra che la parte liscia non venne a contatto con il piano del conio e perciò conservò la forma che aveva il tondino. 28 Q. ^^ — A d. NSTAN Parte di dietro di una testa dia- demata a d. Tre quarti del campo è liscio. 9 — Incavo semicircolare, quattro lettere indeci- frabili. Del tipo non si vede che un braccio alzato. (Tav. VII, n. 7). 29 Q. ^' — A d. ANTIVS P Testa diademata a d. (solo la parte superiore è visibile). XX MVLF 9 — Corona d'alloro con entro w^w Tre quarti SMÀLI3 del campo liscio. 30 PB. ^ — \ (1. p F ÀVG Busto diad. a d. con il palud. Manca la parte superiore della testa dove il campo è liscio. 9* — FELTE Soldato che uccide un cavaliere. Non si vedono che le gambe dei personaggi, il resto del campo è liscio. 31 GB. B' — IMP C DIOCLET M P DIOCLETAN Testa lau- reata a d. Sotto si vede una testa rivolta in basso. 9 — A s. GENIO POPV A d. LI ROM in alto INV (7ENIO PO NT Genio a sinistra con patera INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 455 e il corno d'abbondanza. Le gambe non sono visibili. Capovolgendo il pezzo si vede un braccio con la patera nella mano. (Tav. VII, n. 8). Per qualche ragione difficile a stabilire, questa moneta, dopo essere stata coniata a fondo, senza le- varla dal conio fisso, venne girata su se stessa. Quindi, fu ribattuta usando gli stessi coni. Ciò è visibile, inquantochè le lettere della leggenda del diritto di destra sono le stesse di quelle di sinistra. Si noterà che la fronte della nuova effigie non è risortita e al suo posto si vede il nastro della corona d'alloro della primitiva testa. Questo feno- meno è dovuto al fatto che, stante il forte rilievo della prima testa, quando il pezzo è stato ribattuto, le parti piti piatte del conio impedirono d'impri- mervi quelle parti più profonde che si trovavano sopra le parti più basse del primo tipo. Guardando il diritto da sinistra a destra si può vedere parte della primitiva effigie che il conio non è arrivato a coprire. 32 MB. ^ — mP C MAXENTIVS P F AVG Testa laur. a d. 9 — A s. VRB SVAE sopra, àB>ì A d. VRB SVAE esergo RPB Tempio a sei colonne con entro Roma seduta a s. Il frontone è invisibile. Capovolgendo questo rovescio si vede lo stesso tempio senza Roma. (Tav. VII, n. 9). Come si noterà, il diritto di questa moneta è normale ; ciò dimostra che il pezzo non fu rimosso dal conio fisso che in questo caso era giusto quello del diritto; mentre sul rovescio si notano^due acci- denti. A quel che sembra, dopo che la moneta fu totalmente coniata, per qualche ragione impossibile 4S6 G. DATTARI a controllare, Taddetto ai coni cambiò il conio mo- bile ed avendolo impugnato in senso contrario a quello del conio precedente, il tipo risortì all'in- verso del primitivo. Il cambiamento del conio è chia- • ramente dimostrato dalle lettere della leggenda di sinistra (VRB SVAE) come le lettere dell'esergo (RBP) le quali non sono affatto le medesime della stessa leggenda di destra (VRB SVAE) e delle lettere capo- volte (dan). L'altro accidente può derivare da due cause. O l'operaio dette un colpo in falso in maniera che il conio sbandò a destra, cosi che la parte sinistra della moneta non venendo a contatto con la parete del conio, le lettere della leggenda primitiva di si- nistra e la parte superiore del tipo rimasero illesi. Oppure l'operaio non tenne il conio perpendicolare sulla moneta, ma lo appoggiò sulla destra. Il primo caso è il più probabile. 33 PB. B' — CRISPVS NOB CAES Busto laureato a destra con il paludamento. R) - A s. VIENTVTIS sopra IDV. A d. PITVTIS esergo AQT Guerriero con scudo e lancia. Si vedono due gambe sopra due altre ^' gambe; non si vedono i corpi. Questo accidente rassomiglia al precedente, con la differenza che il conio dei due rovesci è il mede- simo. Perciò sembra che l'operaio, dopo battuta la moneta, ha posato il conio, quindi lo ha ripreso ma in senso inverso e ha ribattuto il pezzo. 34 PB. B' - ANTINVS P F AVG TANTINVS P F AVO Busto laur. a d. con il palud. Capovolgendo questo diritto nel posto della nuca si vede il pro- filo di un viso. ^ - SOLI INVICTO GOMITI Sole a sinistra, esergo probabilmente R^l INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 457 Quest'accidente è come i due precedenti con la differenza che in questo caso, essendo il diritto ac- cidentato, il conio fisso era quello del rovescio. 35 Q. ^ — fi iVL CONSTANTIVS NOB C Busto laureato e corazzato a destra. :^ — A s. ITVS sopra lAEXERC a d. ITVS esergo lID^axaiV Insegna tra due soldati. Accidente simile ai nn. 32 e 33. o^ MRR JPy A e '«^P CONSTANT r,,^. 36. MBR. ^' - A s. ,^p CONSTANTINVS P F AV& ^"'^'^ a destra laureato e paludato. A destra il profilo di un altro viso. ^ — SOLI INVICTO GOMITI II sole rivolto a d. — - (Tav. Vn, n. io). In questo caso, benché la parte accidentata sia quella del diritto, ciò non di meno io credo che quello era il conio fisso. Per spiegare questo accidente è bene che faccia notare che fino a tanto che i vani dei coni non sono tutti ripieni di metallo, il conio mobile si mantiene stabile. Mano mano che i vuoti vanno riempendosi e che il conio mobile non trova più l'elasticità, esso comincia a sbalzare. Nel caso di questa moneta sono di parere che l'operaio per disavventura, dopo completata la mo- neta, continuò a battere, sì che il pezzo fece presa al conio mobile il quale sbalzando portò la moneta fuori del conio fisso, e quando l'operaio dette forse r ultimo colpo, il pezzo non rientrò esattamente sul conio fisso ma si portò un poco a sinistra, di modo che da quella parte vi riimpresse la leggenda e vi impresse un nuovo profilo. 458 G. DATTARI Si noterà che la seconda testa è molto stretta, stante che essa è formata dal secondo profilo im- pressovi dalTavvenuto accidente e la nuca apparte- nente alla prima testa. Questo fenomeno è dovuto al fatto che al momento deiraccidente il vuoto della nuca incisa nel conio si trovò ad essere sulla parte piatta del campo primitivo. 37 PB. ^ — IMP CONSTANTINVS P F AVO Busto laur. e corazzato a destra. A destra si vede un altro profilo. Nel campo interno a sinistra IMP CON. A destra VS P F AVO. 9 — SOLI INVICTO GOMITI II sole a sinistra „^ R S Internamente si vede un'altra leggenda di SOLIINV a sin. e COM a d. (Tav. VII, n. 11). Questo accidente è simile al precedente, con lo stesso fenomeno della testa stretta. Le seguenti cinque monete portano sulle due faccie il tipo di un diritto (reffigie) e un tipo del rovescio. Ritengo che sono delle monete usate e quindi riconiate. Ma può anche darsi che Taddetto ai ton- dini per incuranza, invece di togliere le monete dal conio fisso, le ha semplicemente rivoltate. 38 PB. ^ — IMP CO a sin. VS P F AVO a destra. Busto laureato e paludato a d. Attraverso la testa si vedono due gambe (del Sole) e la leg- genda di SOLI. 9 — SOLIIN a sin. MITI a des., esergo -— Il sole RT a sinistra. In alto due profili della testa di Costantino I. (Tav. VII, n. la). INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 459 39. PB. :& — IMP CONSTÀNTINVS P F AVCr Busto laur. e paludato a d. Sulla guancia si vede Tocchio e il naso di un'altra testa. 9 — SOLI INV ICTO GOMITI — Il Sole a s. At- traverso il corpo del Sole si vede un cer- chio di perline e le lettere P CON. 40 PB. 3^ — D N CONSTÀNTIVS P F ÀVG Busto diademato e paludato a destra. Attraverso la testa si vede la gamba di un cavallo, uno scudo e le lettere TIO. I^ — FELTE a s. TIVS P F sopra ÀRATVS a d. — Soldato che uccide un cavaliere. 41 PB. ÌB' — CONSTAN a s. REIP sopra P F AVG a destra M3113 airesergo. Profilo di un'effigie. So- pra di questa un soldato che uccide un ca- valiere. P — D N CONST a sinistra EPARATIO a des. — - ALE Si vede la parte di un busto paludato e sopra confusamente un soldato che uccide cavaliere. (Tav. VII, n. 13). 42 Q. 3^ _ A s. CONSTANS a d. CONSTANS Busto lau- reato e paludato a destra. Si vede un altro busto capovolto. 9 - A sin. GLORI sopra AEXER a d. LORI al- Tesergo EXER. Insegna tra due soldaii. Un altro soldato è capovolto. Gli accidenti delle seguenti otto monete credo debbano essere attribuiti allo sbalzo del conio mo- bile per la ragione che ho detto altrove. 43 GB. ^ — mP C DIOCLETIANVS P F AVO Testa laur. a destra. La testa e le lettere sono dop- piamente battute. ìa 9 — GENIO POPVLI ROMANI Genio a s. Si^P. ALE l 460 G. DATTARI 44 MBR. ^ — IMP CONSTANTINVS PF AVG Busto laureato e corazzato a destra. Solo la leggenda è doppiamente battuta. I^ - SOLI INVICTO GOMITI II Sole con manto di ♦ fronte . La leggenda è in parte dop- piamente battuta. (Tav. VII, n. 14). 45 PB. ^' — IMP CONSTANTINVS P F AVG Busto laureato a d. La testa sola é doppiamente battuta. C I S 9 — SOLI INVI CTO COM [^ Il Sole a sin. La QARL parte superiore è doppiamente battuta. (Tav. VII, n. 16). 46 PB. ^ — IMP CPC CONSTANTINVS PF AVO Sopra la testa STANTIN. Busto iaur. e palud. a des. RIF 9 - SOLI INVICTO COMITI X_. Il sole a sin. La leggenda è parzialmente doppia. 47. PB. ^ - IMP CONSTANTINVS P F AVG Come il prec. 9 — SOLI INVICTO COMITI -- Come il prec. (Tav. VII, n. 15). 48 PB. B' — IMP CONSTANTINVS P F AVG Come il prec. A destra il profilo di una faccia. 9 — SOLI INVICTO COMITI II Sole a sin. Attra- verso le gambe, un cerchio di perline e le lettere OMITI. 49 PB. B' - IMP CONSTANTINVS P F AVG- Come il prec. R 19 - SOLI INVICTO COMITI X F. Il Sole a s. La R P leggenda è doppiamente battuta. 50 PB. B" — IMP CONSTANTINVS P F AV& Busto laureato e paludato a destta. Dietro sulla testa le lettere IMP CONS. ^ - SOLI INVICTO COMITI II Sole a sin. ^. La leggenda e doppiamente battuta. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE . 461 51 GB. /B' - CONSTANTIVS NOB CÀES Testa laur. a d. 9 - GENIO POPVLI ROMANI Due geni a s. ^. (Tav. VII, n. 17). Sopra questo pezzo si trova che il diritto è nor- male come lo sono la leggenda, le lettere del campo e Tesergo del rovescio, mentre il Genio è doppio. Questo strano accidente ritengo che sia avvenuto dopo; quando il tipo del rovescio era sortito, l'ope- raio deve avere dato un colpo in falso, cioè deve avere battuto sull'angolo destro del conio, di maniera che questo ha scivolato un poco a destra e si è al- zato dalla parte sinistra. Così sembra spiegata la mancanza della patera dalla mano del Genio di de- stra ; ciò significa che da quella parte il conio non toccò la moneta. 52 PB. B' — CONSTANTINVS IVN NOB C Testa laur. a d. I^ — CAESARV OSTRORVM Corona di quercia con , VOT ^"^^" • A^IS^ 9- (Tav. VII, n. i8). 53 PB. B - CONSTANTINVS AVG Testa laur. a destra. 1$ - DN CONSTANTINI MAX AVG Corona di quer- cia con entro ^^ — . (Tav. VII, n. 19). È assai comune il caso di trovare delle leggende con delle lettere mancanti oppure appena visibih. Questo accidente deve essere attribuito alla polvere metallica prodotta dalla lavorazione la quale è pe- netrata nei vani delle lettere e a poco a poco si è compressa rendendo delle lettere per così dire cieche. 59 462 G. DATTARI VECCHIE MONETE RICONIATE CON NUOVI TIPI. Esaminando bene le monete della Riforma, si troverà che un buon numero di esse avevano già servito sotto altri tipi. Ciò però non sarà possibile di constatare se non quando le monete sono a fiore di conio oppure assolutamente liberate dalla patina che le ricopre, per quanto minima essa possa essere. 54 PB. 1> _ iMP e C MA MAXIMIANVS P F AVG Testa lau- reata a d. Sotto si vede una testa schiac- ciata con la corona radiata. 9 — A s. LIT Nel campo lettere indecifrabili e NS a d. ATOR sotto nel campo CON all'eseigo ALE più sotto IVWI. Giove nudo a sin. con K la Vittoria e lo scettro ALE (Tav. VII, n. 20). Moneta che ha appartenuto a Massimiano Er- cole con il rovescio CONCORDIA MILITVM. 55 PB. 3^ — A s. IMP LICINIV A d. un poco in alto P C MAXIMIA Testa di Licinio I laur. a destra posta sul busto di Massimiano. 9 - A s. SOLI INVI a d. in basso ODNOD II Sole RF a sin. X_. A des. si vedono le gambe di RP due personaggi. (Tav. VII, n. 21). Moneta della Tetrarchia con il rovescio CON- CORDIA MILITVM. 56 PB. /B' — La leggenda è confusa, si vede chiaramente NIVS Sotto a d. AVG (che appartiene alla ^m. leggenda della prima effigie). Testa laur. a destra, sopra un busto corazzato. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 463 9^ — A s. co Tutte le altre lettere sono indecifra- bili. AlFesergo H . Giove a sin. con la • XXI • Vittoria nella d. Nel rovescio j- . Moneta deirepoca avanti la Riforma ribattuta sotto di Licinio e Costantino. 57 Q. ^^ _ A s. P F AVCj a d. NVS MAX AV(y Busto dia- demato a destra. 9 - A s. (jLOR sopra lAEXE all'esergo ^^^.^ ^ SMAIi B Soldato che uccide un cavaliere. Da una parte ALE. Moneta di Costantino Magno con il rovescio di GLORIA EXERCITVS. La nuova effigie può essere di Costanzo con al rovescio FEL TEMP REPARATIO. 58 PB. Da una parte una testa diademata a des. con sopra il tipo di un rovescio con la Vittoria che tiene una corona. A s. delle lettere indecifrabili. A d. \?S P F AVG-. Dall'altra parte a s. FÉ a d. REPA- RATIO. Airesergo . Sotto il tipo, una testa capovolta. Soldato che uccide un cavaliere. (Tav. VII, n. 22). 59 PB. Da una parte TAN TIVS più sotto CON. Testa diad. a des. Attraverso Roma seduta sopra un trono. Dall'altra parte a d. M P REPARATIO Testa a d. Si vedono i tratti di un soldato che uccide il ca- valiere. Nel campo a sinistra A. 60 PB. ^ — CONSTANTINVS AVO Sotto P F AVG (che ap- partiene all'effigie primitiva). Testa laur. a destra. Sul collo si vede il profilo di una testa rivolta in basso. i 464 G. DATTARI I^ CAESAR lOVI STRORVM Corona d'alloro con VOT ^"^«-^ • RP*- La seconda testa che si vede sul diritto è di Costantino 1 (accompagnata dalle lettere P F AVG-). Il tipo priruitivo del rovescio doveva essere quello con lOVi CONSERVATORI. Comunque sia, è una moneta ibrida coniata. 61 PB. B' - A s. CONSTAN a d. OLIINV Testa laur. a d. (di Costantino I). t{/ - IMP LICIN DN CONSTANTI X Busto senza testa di Licinio I, corazzato a d. Sopra la faccia , VOT una corona con entro * . (Tav. vili, n. i). Queste monete con i vecchi tipi ancora visibili dimostrano quasi chiaramente che un solo buon colpo di martello doveva essere sufficiente per imprimervi i tipi. Sta nel fatto che, se Toperaio avesse dato più colpi, i vecchi tipi sarebbero scomparsi. Però se con un solo colpo era possibile d' im- primere il tipo, ciò lo poteva essere con dei tondini nuovi il di cui metallo era malleabile, mentre il me- tallo delle monete già coniate, essendo stato com- presso, richiedeva piti colpi e, come abbiamo detto altrove, allora il conio mobile era destinato a balzare. Per sicuro la pratica dell'operaio che maneg- giava il martello era tale che dal colpo sapeva quando la moneta era portata a compimento. Nel caso delle monete da riconiare, l'operaio sentendo la resistenza avrà cessato di battere prima che i vecchi tipi fos- sero totalmente scomparsi. INTORNO ALLE FORMK DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 465 MONETE BARBARE CONIATE SOPRA VECCHIE MONETE. 62 MBR. ^^ — A s. O AVGVSTI LICINIVS PF AVG Testa laureata a destra. 9 — A s. NIO A d. AVG IMP C MAXIMINV Genio V a s., tiene la testa di Sarapis X L . Moneta che ha appartenuto a Massimino con il rovescio di GENIO AVGVSTl. 63 PB. & — IMP (appartenente alla prima leggenda) LICIN LICINIVS AVG Testa laureata a d. Sul collo si vede un piccolo busto visto di tergo. 1$ — Lettere sconnesse. All'esergo XXI. Giove a K sin. con Vittoria e scettro ^^^^^ Q X. B Moneta che ha appartenuto a uno dei Tetrarchi, prima delia Riforma. 64 PB. ^^ — IMP C VAL LICIN LICINIVS E F AVG Testa laur. a d. Sotto si vede la corona radiata deireffigie precedente. I^ — lOAl CONS RVATORI AVGG Come il preced. 77-. Sul corpo di Giove vi è un S appar- ALE tenente alla leggenda del tipo precedente. Moneta che ha appartenuto ad epoche ante- riori della Riforma. 65 PB. ^' IMP FIL MWAV Testa a destra, sotto il collo MAXIMINVS. ^ - DINIO AVG ORDIAMIL Genio a s. tiene la N testa di Sarapis ^ 466 G. DATTARI Moneta che ha appartenuto a Massimino con il rovescio di CONCORDIA MILITVM. 66 PB. B" — IMP ce VAL DIOCLE LICINIVS PF AVG Testa a destra. 9 — A s. parole sconnesse e appena visibili. A des. NSERV AVGG. AU'esergo XXI. Da un senso si vede Giove che tiene la Vittoria a e nel campo X. Nell'altro senso si vede Ercole a sinistra. Moneta di Diocleziano battuta avanti la Riforma con il rovescio lOVE ET HERCV CONSERV AVGG. 67 PB. ^ — IMP CL (lettere barbare) AXIMINV P F AVO (queste 5 lettere barbare). Testa laur. a d. I^ - lOVI CON ORDIA MIL RI AVGG Giove senza la testa, tiene una Vittoria e Io scettro. Ai O suoi piedi un'aquila a sinistra B X* 3JA (Tav. Vili, n. 2). Moneta di Massimino come il n. 65. 68 PB. ^ - IMP MAXIMI più sopra CONST. Testa laur. a destra. Sotto si vede il profilo di un'altra testa pure rivolta a destra. I^ - A s. OVI A d. CONCO. Giove a sinistra con Vittoria scettro e aquila ALE Moneta di Costanzo I Cesare con il rovescio di CONCORDIA MILITVM. INTORNO ALLK FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 467 Come il precedente 69 PB. B" — GAL VAL CONSTANS P F AVO Testa laur. a d. 9 — lOVIDO più in alto CONGO. A d. ORI AVGG-. X A- ALE (Tav. Vili. n. 3). 70 MBR. ^ — La leggenda è. confusa. Busto diad. a des. I^ — A s. TEMP REPA (che ha appartenuto alla leggenda primitiva). A des. RKATIO lettere barbare. Esergo . Soldato che uccide ALEl un cavaliere. Si vedono le tracce del rove- scio con il soldato che trascina fuori un bambino da una capanna. 71 PB. ÌB" ~ CONSTANT TINVS AVCr Testa laur. a destra. Sotto si vede un'altra piccola testa. I^ - PROVIDENTAE AVGG Porta di campo con due torri e una stella . 72 PB. - CONPS VS P F AVG Testa laur. a destra. In alto capovolte le lettere SMAL B. 9< — LTEMP ATIO Guerriero che uccide un cava- liere. Sotto si vede il busto di Costantino- poli a sinistra. 73 Q- «^ - P F AV (della primitiva leggenda) Segni in- vece di lettere. Busto laureato a des. Sotto si vede una testa capovolta. R - FEL TEMP a s. (lettere barbare). A d. ORIA. Guerriero che uccide un cavaliere. Esergo ANA MONETE BARBARE CONIATE. 74 GB. -B' — IMP C DIOCETIANVS P Testa laur. a des. 9< - GENI • P • PV LI fl • I I N I I Genio a s. con pa- tera e corno d'abbond. Esergo -— . (Tav. Vili, n. 4). 468 G. DATTARI - IMP C MHMHXIMIHNIIS P F AVG Testa a de- stra laureata. — GENIO POPT I ROMHNI ^. Come il prec. — F L VAL CONSTHITIAS NOB C MES Testa laureata a destra. *| — GENIO POPVLI ROMHNI *_[ Come il prec. HNT — GALVHL MHXIMIHNVS NOB CHES Testa lau- reata a destra. — GENIO POSV • • MHNI ^_ Come il prec. — IMP C VAL MAXIMINV8 PAY Testa laur. ad. — GENIO AVG Genio a s. tiene la testa di Sa- • rapis col corno d'abbondanza ^ ALE — IMS C VHLLIC LICINIVS P F AVG Testa lau- reata a destra. u — GENIO AVGVSTI Come il prec. ^ 75 GB. S" 9 76 GB. ^ 9 77 GB. B" ¥ 78 MBR .& P 79 MBR 80 MBR & n 81 MBR. 82 MBR & 9 83 MBR fi' ALE IILC LIC LICN N IVZ SC AVG Testa laur. a d. N|8 GENIO AVGVSTI Come il prec. %' . ALE CYAPSVIN NICIILC PNIVIIOI Testa laur. a d. GENIO AVGVSTI Come il prec. ^ B ALE IMP CVL LICIN • • S P F AVG Testa laur. a d. N GENIO PO ROMANI Come il prec. \ ALE LIC VAL LICIN LICINIV8 F AVG Testa laur. a d. N GENIOY AVGVSTI Come il prec. > ALE INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 469 84 PB. ;& — IMP C GAL V MAXI P C P f AVO Testa laur. a destra. n — GENIO AVGVITI Genio a sin. sembra tenere uno scettro nella sin. e il corno d'abbon- danza, nella s. ' . A N 1 85 PB. ^ — VAL LICIN LlCmiVS P F AVO Testa laur. a d. 9 — lOVI CONS VATOR AVGG Giove a sin. tiene la Vittoi ia e lo scettro. Ai piedi un'aquila a a sin. X E- ALE 86 PB. ^ — IMP C VAL LICIN LICINIVS P AVG Testa laureata a destra. p - lOVI CONSE ATURI AVGG Come il preced. K a X A- ALE 87 .PB. ^' el^ 88 PB. ^ ^ 9 ? Degli stessi coni del precedente. 89 PB. ^ e 1$ 90 PB. ^ — Dello stesso conio del precedente. P — lOVI CONS ATORI AVCC Come il precedente 1.** K X A* ALE 91 PB. & — VAL LICIN LICINIVS PF AVG Testa laur. a d. 9 — Dello stesso conio del precedente. 92 PB. 1& n » y) » » ^ M » n V tt 93 PB. jy - IMP C VA L LICIN LICINIVS PF AVO Testa laureata a destra. 1$ — lOVI CONSE VATORI AVGG Come il preced. a X ALE ■m 60 470 G. DATTARI 94 PB. /B' _ iMP •• LICIN LICONTS PF AVG Testa laur. a destra. 9 — lOVI CONSE V OTI AV&G Come il preced. a A * AL3 ^ - P C VAL LICIN LICINIVS P F AVO Testa lau- reata a destra. X B X ALE 95 PB. 9 — lOVI CON TORI AVCjG Come il prec. 96 PB. B' e ^ — Degli stessi coni del precedente. 97 PB. ^ — Dello stesso conio del precedente. 9»' - lOVI COASE VATORI AVGG Come il preced. O B X- 98 PB. 99 PB. B — Dello stesso conio del precedente. 9 - lOVI ONSEA TORI AVGO Come il preced. O X A- ALE /B' — IMP C VAL LICIN LICINIVS P F AVCj Testa laureata a destra. O 9 lOVICONSE TORIAVGG Come il prec. 100 PB. 101 PB. ALE B' — IMP C VAL LICIN LiCINIV P F AVG lesta laureata a destra. 9 — CONSER VA CONSER Come il prec. -^^^-^. ^ — CLAL LICIN LICINIVS P F AVG Testa lau- reata a destra. 9 — lOVI CONSE RVATORI AVGG Come il prec. O K A- ALE INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 47I 102 PB. ^^ — . . . CIN LICINIVS P F AVO Testa laur. a d. P — Dello stesso conio del precedente. Probabil- mente anche il iB" è dello stesso conio. 103 PB. ^ — IMMP AVAL LICIM LIC • • • • Testa laur. a d. a K 9^ — lOVI O Come il prec. X ALE 104 PB. B" — IMM PA VAL LICIM LICINIVV AVG Dello stesso conio del precedente. a 9 — lOVI SIAVATOII AVG(7 Come il prec. ^ ^. AVE 105 PB. ^ — Segni e lettere sconnesse. Testa laur. a d. KJX 9 — Lettere scorrette. Come il prec. ' B . ALE 106 PB. ^ — Come il precedente. ^ — lOVI CON R VATORI AV (rO Come il prec. a K X B- ALE 107 PB. ^ — Lettere scorrette. Testa laur. a destra. K| 5^ — Leggenda con segni e lettere L?- ALE Questi tre ultimi pezzi appartengono allo stesso artista. 108 PB. ^ — O VAL LICIN LICINIVS PF VAL Testa laur. a d. 1$ — lOVI CONSE flVATORI AVGG- Come il prec. K B X' ALE 109 PB. ^^ — IMP C VAL LICIN LICINIVS P AVG Testa laureata a destra. I^ — lOVI CONSER ATORI AVG-G- Come il prec. K a X A* ALE l 47a G. DATTARI HO PB. III PB. 112 PB. 9^ LICIN LICINIVS P F AVG- Testa laur. a d. lOVI CONSE AORI AVGG Come il preced. B X ALE I VAL LICIN LICINIVS P F AVG Testa lau- reata a destra. lOVI CONSE TORI AV(j(y Come il preced. a K B X ALE IMP C VAL LICIN LICINIVS P F AVG Testa laureata a destra. lOVI CONSE ATORI AVGG Come il preced. a X B* 113 PB. ^ ALE IMP C VAL LICIN LICINIVS P F AVG Testa laureata a destra. lOVI CONSE TORI AVGG Come il preced. a B X- 114 PB. 115 PB. 116 PB. 1& 9 ^ e 1& - ALE VAL LICIN LICINIVS PI AVG Testa laur. a d. lOAl CONS ATORI AVGG Come il preced. a K X __§* ALE 9 — Dello stesso conio del precedente. Dello stesso conio del precedente. 117 PB. lOVI CON • • • AVGG Come il prec. K O X A ALE SIISV JIC JICINII d F AV G Busto laureato e paludato a destra. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 473 9 - IONI CON(/) ATOII I Come il prec. — . 118 MBR. B' — Il DN SPILI 1 DM DV P III Busto laureato e corazzato a destra. ^ — IMI DDD N 810 VINTOII Giove a s. tiene un fulmine e lo scettro — -. (Tav. vili, n. 5). 119 MBR. f& — NSTANTINVS^P F AVG Testa laur. a destra. I^ — GENIO • • • • Genio a s. tiene la testa di Sa- * rapio e il corno d'abbond. ^ ALE 120 PB. B" - IMP D0IIII8T IIZ PO DIIC Testa laur. a des. 9 — IDIION ZIP HO Giove a sin. tiene una Vit- toria e lo scettro. Ai piedi aquila a sin. rìz. 121 PB. B" — CONSTANTINVS P F AVG- Testa laur. a d. 9 - VI CONSER ATORI AVGG Come il preced. B X- ALE 122 PB. 123 124 PB. ^ — CONSTAN TINVS AVG Testa laur. a destra. ^ - PROVIDEN TA3 AVGG Porta di campo con due torri e una stella . 125 PB. ^ - CONSTAN TNVS AVG Testa laur. a destra. ^ - PROVIDEN • • • • AVGG Come il prec. . PiiS 126 PB. B' — VA8VNIT NATSNOD Testa laureata a sin. 9 — PROVIDEN TIAE AVGG Come il precedente PB ) PB ( '^ ^ ^ degli stessi coni del precedente. SMANT. 127 PB. ;& - IMP CONST ANTINVS P AVG Busto laureato e corazzato a destra. 474 G. DATTARl P — TOCOMITI II Sole a sin. ^^. 128 PB. ^ — CONNN NV NNG- Testa diademata a destra. 9 — CIIB C NNNINNOS TNO NNNN Corona d'ai- • loro con entro . Esergo SISC 129 PB. B' — CU NNL II8IIN IIV Testa laureata a destra. 9 — ne INONA III III Corona d'alloro con entro V V o Esergo R * T X X 130 PB. ^ — CONSTANTINVS NNNONC Testa laureata a destra (Costantino II Cesare). 9 — Segni e lettere sconnesse. Corona di quercia con entro Esergo [^j^- 131 PB. 3^ - MO IWrHHH INNS IVNA Testa laur. a des. 9 - V INI SOTVTI PAV V • • • • Corona d'alloro con . VOT ^ entro rgi Esergo — . 132 PB. B' — CONSTHNT INNSNO Testa laureata a destra. 9 — Segni con qualche lettera. Corona d'alloro VOT con entro . Esergo — . 133 PB. ^ — Segni e qualche lettera. Testa laur. a des. R) — NONNON • • • • Corona come la prec. y^ ^ Esergo T8T- (Tav. Vili, n.6). 134 PB. ^ — Leggenda di lettere sconnesse. Busto laur. e paludato a destra. ^ — Leggenda di lettere sconnesse. Porta di campo con due torri e un castello, esergo • SMNITC 135 MBR. & — ON, CONSTA VS NOB CAE8 Busto diade- mato e paludato a d. Dietro la testa, A. 9 — PEL TEMP BE ABATIO Guerriero che uccide un cavaliere ALEA INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 475 136 PB. B' — A sin. la leggenda è rimasta fuori. A des. TIVSP Testa diademata a destra. 9 — A destra REPPARTIO Come il prec. 142 Q- 143 PB. 144 PB. 145 PB. 146 PB. 147 Q- 148 Q. 149 Q. 150 Q- 151 Q- ALEA 137 Q- ^ - CONSTAN TIVS P F AVG- Testa diad. a d. 9 — Senza la leggenda. Come il prec. j^r-' A EL 13S Q- ^ — Leggenda indecifrabile. Testa a destra. 9^ — Legg. indecifrabile. Come il prec. — -. LLA ^39 Q- /^ — D N CONSTAN TIVS P F AVG- Busto diad. e paludato a destra. 9 — • • TEMP REPARATIO Come il prec. — — . ALE 140 PB. fi- — CONSTV TIVS P F AVG- Busto diademato e paludato a destra. 9 — TEMP Come il prec. — . 141 PB. B^ — D N CONSTANT • • • • AVG Busto diademato e paludato a destra. F^ — FEL TEMPRE PARA • • • Come il prec. ANA fi - • • • N TIVS SVAIC Busto come il preced. ^ — Legg. sconnessa. Come il prec. . AMA * /B" - D N CONSTAN TIVS P F AVG Busto come il precedente. 9 — Leggenda indecifrabile. Come il precedente. fi^ — Busto diademato e paludato a destra. ^ — Come il precedente. Le leggende tanto sul diritto che sul ro- vescio sono indecifrabili, oppure sono rimaste fuori del tondino. Sono tutte senza Tesergo. Talune sembrano di avere appartenuto a delle vecchie monete. 476 G. DATJARI MONETE BARBARE FUSE. ^152 MBR. ^^ - IMP C LIC LICINNVS PF AVG Testa laur. a destra. I^ - G-ENIO AVG-VSTI Genio a sin. tiene la testa *l N H di Sarapio e il corno d*abbond. ^ . aUe 153 MBR. B- e VAL LICININIVS P F AVG Testa laur. a d. • 5i — GENIO Come il prec. N A . ALE 154 MBR. 3^ — M P C CAL C LICINNIVS P F AVG Testa lau- reata a destra. • 9 — GENIO AVGVSTI Come il prec. =^ B ALE 155 MBR. ^ ~ IM CL LIC LICINIVS PF AVG Testa laur. a d. N{S ^ — GENIO AVGVSTI Come il prec. \^. ALE 156 MBR. B' — IMP • . CNINOCSC AVG Testa laur. a des. • 9 — GENIO AVGV8TI Come il prec. % _. 157 MBR. 3^ - IM LC LIC LICININOCSC AVG Testa laureata a des. Dello stesso conio del precedente. 1$ — lOVICO VATOR Giove a sin. tiene la Vit- toria e lo scettro. Ai piedi un'aquila a s. ALE 158 MBR. /B — Leggenda sconnessa. Testa laur. a destra. ^ — CFNIO VSTI Giove {sic) a s., la d. stesa, tiene uno scettro nella sinistra, ai piedi , I il un aquila — . 159 PB. 3* - IMP Liei NIVS AVG Busto a s. con il manto. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 477 P - PROVIDIN TIAE AVGG- Porta di campo con tre torn — . MONETE FUSE. 160 B" - IMP C MAVR NVMERIANVS PF AVG Busto veduto di tergo radiato e paludato a destra. 9< — VIRTVSAV GG- U imperatore a destra riceve un • globo da Giove TR . XXI i6[ ^ — IMP ce VAL DIOCLETIANVS AVG- Busto come il precedente. 9 - CONCORDIA MILITVM Come il prec. con una Vit- 1 1 k A' B' r tona sul plobo ^ XXI» 162 D — IMP C MAMAXIMIANVS AVG Busto come il prec. Bl — Come il prec. . ^ ^ XXI» XXI 163 ^ — IMP C MAMAXIMIANVS P F AVG- Busto radiato e corazzato a destra. B — Come il prec. . ^ ^ «XXI «XXI «XXI* 164 ^ — Leggenda come la prec. Busto rad. e palud. a d. 9 — Come il prec. — . 165 B' IMP C MAVP VAL MAXIMIANVS P F AVG Busto radiato e corazzato a destra. u I^ — Come il precedente A . ANT 166 B' — Come il precedente. 9 - lOVICONSERVÀTO RIAVGO Tipo come il preced. H[ _TK_ XXI • • XXl' 167 ly - GALVAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa laur. a s. ^ — Come il precedente 7.V.. ^- 61 478 G. DATTARI 168 GB. 3^ — IMP C CIOCLETIANVS P F AVG Testa lau- reata a sinistra. 1$ - lOVI CONS CAES Giove a s. tiene una Vit- % toria e lo scettro SiP . ALE Questi quattro pezzi sono stati ritrovati in dif- ferenti lotti. Non si conosce nessun pezzo coniato di questo tipo, con l'effigie a sinistra. La cattiva con- servazione non permette di dire con sicurezza se i quattro esemplari appartengono alla stessa forma di terra. 169 GB. B" — Legg. come la prec. Testa laur. a destra. 9 — Come il precedente S P . ALE 170 GB. B — Come il precedente. 9 - GENIO POPVLI ROMANI Genio a s. con pa- I A ^^ tera e corno d'abbond. irxr^ XXI I . 171 GB. ^ — IMP C MAMAXIMIANVS PF AVG- Testa lau- reata a destra. _ |A 9 — Come il precedente KE S P . ALE 172 GB. B" - GAL VAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa lau- reata a destra. A K P 9 — Come il precedente. S^ ALE ANT 173 GB. ^^ - IMP C GAL VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa laureata a destra. 9 — Come il precedente - ^.-yp,- SMSD 174 PB. ^^ - IMP C SEVERVS P F AVG Busto radiato e paludato a destra. 9 - CONCORDIA MILITVM L'imperatore che ri- INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 479 cfeve una Vittoria da Giove — (sembra un pezzo fuso; ma non sono troppo sicuro). 175 MBR. a^ — IMP MAXENTIVS PF AV& Testa laur. a d. 9 — CONSERVATO RESKART SVAE Tempio a sei colonne con entro Cartagine — — . PBR 176 MBR. B' — come il precedente. 9 — CONSERV VRB SVAE Tempio a sei colonne con entro Roma seduta — --. RBT 177 MBR. ^ - IMPC (tAL VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa laureata a destra. 9 - GENIO IMPERATORIS Genio a s. con patera er' Es e corno d'abbondanza K ALE 178 MBR. B" - OAL VAL MNXIMIANVS NOB CAES Testa lau- reata a destra 9 - GENIO CAESARIS Come il prec. -^. 179 MBR. B — Come il precedente. A A* E S' \S 9 — Come il preced. H XiK ALE ALE 180 MBR. 3^ e I^ — Come il preced. del modulo dei PB. A S kI P ALE 181 MBR. B — Come il precedente. g» - VIRTVS EXERCITVS Marte in abiti militari I A a destra con lancia, scudo e trofeo -A-z- ALE 182 MBR.^' - IMP C GALER VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa laureata a destra. 1^ — BONO GENIO PII IMPERATORIS Genio a sin. u con patera e corno d'abbond. K A B r p ALE 480 G. DATTARI 183 MBR. ^ — IMP C OAL VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa laureata a destra. : A ' B ' r ' A E S 1$ - GENIO IMPERATORIS K i P ^ ALE UIA' B' K !^ ALE 184 MBR. & — Come il precedente. ^ - GENIO AVGVSBI CM Come il precedente MKVA' E'. 185 MBR. S' - - Come il precedente. 9 - - GENIO AVGVSTI Come il prec. con aquila ai piedi A A- ANT 186 MBR. B" - — Come il precedente. 9 - - Come il preced. senza l'aquila, con altare lA 187 MBR. ^ 9 SMN Come il precedente. Come il prec. senza l'altare, il Genio tiene 1 . . ^ e . N B r' A' E S la testa di barapio ^ 9f X N E' H N \ > ALE X I A B' r ALE uiA B- r x^ ALE 188 MBR. B' 189 MBR. B' 9 ALE» ALE» Come il precedente. Come il prec. Il Genio tiene la testa del e , x| A' r E I' ^"^^ ANT • Come il precedente. GENIO IMPERATORIS Genio a sin. tiene la patera e il corno d'abbondanza. Ai piedi u I A I ^ I A r Z H un altare. ANT ANT INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 481 190 MBR. ^ — Come il precedente. P — GENIO EXERCITVS Come il prec. ^J- ^ ". ANT 191 MBR. B" — IMP MAXIMIANVS P F AVG Busto laureato e paludato a destra. 5^ — GENIO POPVLI ROMANI Come il precedente senza l'altare — . RP 192 MBR. B' — IMP C GAL VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa laureata a destra. ^ - SOLI INVICTO II Sole in abito lungo a sin. tiene la testa di Sarapio -—- A NT 193 MBR. ^ — Come il precedente, 1>< — lOVI CONSERVATORI Giove con il manto a X I S H s. tiene la Vittoria e lo scettro -— ^i ANT 194 MBR. ^ — Come il precedente. 9 — lOVI CONSERVATORI AVGG Giove a sin. tiene un globo e lo scettro . 195 MBR. ^ - IMP C VAL LICLICINIVS PF AVG Testa lau- reata a destra. R) - GENIO IMPERATORIS Genio a sin. con pa- B tera e corno d^abbondanza K P . ALE IMP LICINNIANVS LICINIVS PF AVG Testa laureata a destra. GENIO AVGVSTI CM Come il prec. ,^,^^- IMP C VAL LIC LICINNIVS PF AVG Testa lau- reata a destra. GENIO AVGVSTI Come il prec, tiene la 96 MBR. ©' n 97 MBR. testa di Sarapio >^ B A XI A ALE ALE 198 MBR. ^' — IMP C LIC LICINNIVS PF AVG Come il prec. 482 G. DATTARI T^ - lOVI CONSERVATORI Giove a sin. tiene la Vittoria e lo scettro. Ai piedi un'aquila . N|r a sm. ^-. 199 PB, B' — IMP C VAL LICIN LICINIVS P F AVG» Testa laureata a destra. ^ - lOVI CONSERVATORI AVGG Come il prec. ii ii io K X B E' S A' B' K_X Jjl ALE ALE ALE 200 MBR. ^ — FL VVLERIVS CONSTANTINVS PF AVG- Testa laureata a destra. ^ - BONO GENIO PII IMPERATORIS Genio a s. tiene una patera e il corno d'abbondanza A X. ALE 201 MBR. ^^ - IMP CONSTANTINVS PF AVO- Testa laur. a destra. 9 — SPQR OPTIMO PRINCIPL Tre insegne mili- '''' RT- 202 MBR. ^' — FL VALER CONSTANTINVS PF AVG- Testa laureata a destra. K — G-ENIO AVG-VSTI Genio a sin. tiene la testa u di Sarapis e il corno d' abbond. ^ A^ ALE N ALE 203 MBR. ^ — Come il precedente. ^ — lOVI CONSERVATORI Giove a sin. tiene una Vittoria e lo scettro. Ai piedi un'aquila . Nir 204 PB. & - CONSTANTINVS MAX AV& Busto diademato e paludato a destra. rNTORNO ALLE FORMK DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 483 ^ — CONSTANTINIANÀ DAFNE Vittoria seduta a sin. accanto a un prigioniero, tiene un trofeo e una palma -— j — . 205 PB. ^ — CONSTANTINVS MAX AVO Testa laur. a d. 9 — PROVIDEAITIAE AVCrO Porta di campo con due torri e una stella SMKA r A SMALA. 206 PB. B' — Come il preced., la testa diademata guar- dando in alto. 9^ — Come il precedente SMKB 207 PBR. ^ — CONSTANTINOPOLI Busto di Costantino- poli a sinistra. F^ — Vittoria a sinistra SMKA 208 PB. ^ — CRISPVS NOB CAES Busto a d. laureato. ^ — CAESARVM NOSTRORVM Corona con entro VOT V . AQS 209 PB. ^ - FL IVL CRISPVS NOB CAES Busto laureato e paludato a sinistra. 9 — PROVIDENTIAE CAESS Porta di campo con due torri e una stella SMALA 210 PB. B" — CONSTANTINVS IVN NOB C Busto laureato e paludato a sinistra. P - PROVIDENTIAE CAESS Porta di campo con due torri e una stella. 211 PB. B' — Come il precedente. R) — CAESARVM NOSTRORVM Corona con entro VOT V . TESVI 212 PB. ^^ - FL IVL CONSTANTIVS NOB C Busto laur. e paludato a sinistra. i 484 G' DATTARI 1^ — PROVIDENTIAE CAESS Porta di campo con due torri e una stella :r-r.7^~ -*• SMKB* S 213 PBR. /©' — Leggenda come la prec. Busto laureato e paludato a destra. ^ — GLORIA EXERCITVS Due insegne tra due soldati SMKA' FORME DI TERRA CHE HANNO SERVITO PER FONDERE MONETE. GB. ìB* — Faccia piatta senza impronta (pezzo di testata). I A R) — GENIO POPVLI ROMANI SMP Genio a sin. con ALE corno d'abbond. e patera (2 esemplari). B' - IMP DIOCLETIANVS P F AVG Testa laureata a destra (2 esempi.), p — Faccia piatta senza impronta, pezzo di testata (2 esemplari). (Tav. vili, n. 7). ^ — GAL VAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa laur. a destra. 1^ — Come il precedente. ^ B' — Faccia piatta, senza impronta (pezzo di testata). A 9 — GENIO POPVLI ROMANI XX I Genio a s. con ALE patera e corno d'abbondanza. (Tav. Vili, n. 8). ^ — IMP C DIOCLETIANVS P F AVG Testa laur. a d. lA t^ — Come il prec. S XX| I (2 esemplari). ALE ^ - GAL VAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa lau- reata a destra. A H — Come il prec. tt^l JT X^' '• HTA KA j^^ INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 485 lA GB. '^ — (jENIO POPVLI romani XX' ' Genio a sinistra ALE tiene una patera e il corno d'abbondanza. lA „ „ — Come il precedente XXl I. ALE „ „ — Come il precedente S ,; — HERCVLI VICTORI P HTA r Ercole con la clava. ALE MB. B^ — IMP C (tAL VAL MAXIMIANVS PF AV(y. I B GB. l> — GENIO POPVLI ROMANI 77— Genio a s. con pa- AL E tera e il corno d'abbondanza. 1> — GAL VAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa laur. a destra. 1$ — SAC MON VRB AVGG ET CAESS NN La moneta a sinistra. MB. ^ — IMP C GALER VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa laureata a destra. S GB. 9 - HERCVLI VICTORI _P r Ercole con la clava. ALE MB. B' — GAL VAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa laureata a destra. XXI I B GB. 9( - GENIO POPVLI ROMANI ^^ Genio a s. con ALE patera e il corno d'Abbondanza. MB. ^^ — IMP C GAL VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa lau- reata a destra. A GB. P — Come il precedente XX I . ALE B' — IMP C MA MAXIMIANVS PF AVG Testa laureata a destra. 63 486 N G. DATTARI KIÀ |A 1$ — Come il prec. I P XX! I (2 esemplari) ALE ALE XXll A ^1^ ^^^ ANT MB. ^ - GAL VAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa laureata a destra. i A 9/ — GENIO CAESARIS Tipo come il prec. K P . ALE ^' — IMP C GALER VAL MAXIMIANVS PF AVG. Testa laureata a destra. 9 — Faccia piatta, senza impronta (pezzo di testata). „ ^ — Faccia piatta (pezzo di testata). 9 — GENIO IMPERATORIS Tipo come il precedente r KJP. ALE „ ^ — Faccia piatta (pezzo di testata). ui A R) — BONO GENIO PII IMPERATORIS !<_iX Genio a s. ALE con patera e corno d'abbondanza. :^ - GAL VAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa laur. a d. 1$ - GENIO IMPERATORIS KlZ Tipo come il prec. ALE MBR. ^^ — IMP C VAL LICIN LICINIVS PF WG Testa lau- reata a destra. 1^ — Faccia piatta (pezzo di testata) (5 esemplari). (Tav. Vili, n. 9). ^' - IMP C GAL VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa lau- reata a destra. 9 — Come il precedente (4 esemplari). „ B' ^ Faccia piatta (pezzo di testata). A ^ — GENIO CAESARIS !<_? Genio con patera e il ALE corno d'abbondanza. (Tav. Vili, n. io). INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 487 MBR. /& — Come il precedente. y»' — G-ENIO AVGVSTI ^L Genio a s. tiene la testa ALE di Serapide e il corno d'abbondanza. „ t^ — Come il precedente. 1$ — GENIO AVGVSTI --[^ Come il prec. ma tiene ANT la testa del Sole. ,; ^ — Come il precedente. 9 — G-ENIO £XERCITVS ^^ Genio a s. con pa- A NT tera e il corno d'abbond. Ai piedi un altare. „ ^ — Come il precedente. if\ H ^ — GENIO IMPERATORIS — ^ Come il predente. ANT ^^ — IMP C FL VAL CONSTANTIVVS P F AVG Testa laureata a destra. 9 — GENIO AVGVSTI -r^ Genio a s. tiene la testa ANT del Sole e il corno d'abbondanza. ^ — IMP C VAL LICIN LICINIVS P F AVG Testa lau- reata a destra. ^ — lOVI CONSERVATORI ~^ Giove con il manto ALE spiegato, tiene una Vittoria e lo scettro. Ai piedi un'aquila. B^ — FL VALER CONSTANTINVS PF AVG Testa lau- reata a destra. F$ — GENIO AVGVSTI ^- Genio a s. tiene la testa ANT del Sole e il corno d'abbondanza. B" — IMP C VAL LICIN LICINIVS FF AVG Testa a de- stra laureata. • ir I^ — GENIO AVGVSTI ^^ Genio a s. tiene la testa ALE di Serapide e il corno d'abbondanza. G. DATTARI MBR. B' IMPCGALVALMAXIMIANVSPFAVG Testa laur. a d. 4 I A a. I A 4 "» I^ — GENIO AVG-VSTI -~ — ^ — ^ Genio a sin. tiene la testa del Sole e il corno d'abbond. \ „ ^ — Come il precedente. • ^ — GENIO AVGVSTI ^ (3 esemplari) ^ ALE ALE Genio come il precedente ma tiene la testa di Serapide. ^ — Come il precedente. 1$ — lOVI CONSERVATORI ;.'"^ ^[^ Giove con il AL E ALE manto spiegato, tiene la Vittoria e lo scettro. Ai piedi un'aquila. ., — SOLI INVICTO --^ Il Sole in tunica tiene la ANT testa di Serapide. u „ — GENIO AVGVSTI XiA Genio a s. tiene la te- ALE sta di Serapide e il corno d'abbondanza. „ - GENIO IMPERATORIS -r^ Genio a s. con pa- ANT tera e il corno d'abbond. Ai piedi un altare. u E .. — GENIO EXERCITVS _iA Genio come il prec. ANT „ — lOVI CONSERVATORI — ^ Giove con il manto ANT spiegato, tiene una Vittoria e lo scettro. Ai piedi un'aquila. ., — GENIO AVGVSVI ^ '^ Genio a s. tiene la testa ANT di Serapide e il corno d'abbondanza. ^ — m? C GAL VAL MAXIMIANVS P F AVG Testa laureata a destra. ,; — FL VALER CONSTANTINVS P F AVG Testa lau- reata a destra. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 489 PB. ÌB" — Faccia piatta (pezzo di testata). K la j, 1^ lOVI CONSERVATORI AVGCr IN ^ (2es."). K ^"-^ ALE Q X A Giove tiene una Vittoria e lo scettro. ALE Ai piedi un'aquila. B' — IMP C VAL LICIN LICINIVS P F AVG- Testa lau- reata a destra. ^ — Faccia piatta (pezzo di testata). & — Come il precedente. K 9 — lOVI CONSERVATORI AVGG X ^. g Giove a sin. ALE tiene una Vittoria e lo scettro. Ai piedi un'aquila. „ ^ — Come il precedente „ - IMP C VAL LICIN LICINIVS P F AVG Testa lau- reata a desti a (3 esemplari). „ „ — Come il precedente. „ „ — Come il precedente. ,; — IMP FL VAL CONSTANTINVS PF AVG- Testa laureata a destr?. ,; — IMP FL VAL CONSTANTINVS PF AV(y Testa laureata a destra. „ „ - IMP C VAL LICIN LICINIVS P F AVG Testa lau- reata a destra. MBR. „ — IMP C GAL VAL MAXIMIANVS PF AVG Testa laureata a destra. „ - IMP C GAL VAL MAXIMIANVS P F AVG Testa laureata a destra. PB. R) — lOVI CONSERVATORI AVGG ^ ^ Giove a sìn. X A ALE tiene una Vittoria e lo scettro. Ai piedi un'aquila. 490 G. DATTARI PB. H - ^ - Q. IMP C VAL LlCm LICINIVS P F AVO Testa lau- reata a destra. |a la I E K X Come il precedente | ^^ i A ^^ esemplari) ALE ALE K g (2 esemplari). aTe a X _A- ALE 9 B" ^ Come il precedente — Come il precedente Come il precedente — Come il precedente — Come il precedente — Come il precedente ALE — FL AV MAX FAVSTA AVO Busto a destra. — CONSTANTINI MAX AVG- in giro a una corona VOT con entro XX . ÀQP — DEO SANCTO SARAPIDI Busto di Sarapio a d. — DEO SANCTO NILO Nilus a s. seduto accanto ALE K X B' ALE ,ii K X A' ALE a K Y A' ALE a K X i A' a un ippotamo (2 esemplari). (Tav. Vili, n. 11). INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 49I Q. ^ — Come il precedente. F§ — Faccia piatta (pezzo di testata). ^^ — DN VALENTINIÀNVS P F AVO Busto a destra con casco diademato, lancia e scudo. Pezzi di testata (6 esem.). „ — DN VALENTINIÀNVS PF AVO Busto come il prece- dente (5 esemplari). ,; — DN ARCADIVS PF AVG- Busto a d. laur. e corazzato con lancia e scudo. Una mano celeste lo incorona. „ — DN VALENTINIÀNVS V F AVO Busto come il preced. ^ — GLORIA ROMANORVM L'imperatore sopra una g^alera a s. con una Vittoria a poppa — - ^, ^ ^^ ' ^, al TESB' ANTE* (Tav. Vili, n. 14). ^^ — DN VALENTINIÀNVS PF AVG Busto come il preced. P — GLORIA ROMANORVM Imperatore in abito militare di fronte, la testa a s., tiene la lancia e lo scudo. A s. un prigioniero seduto - i CONFA' TESf TESr*' /B' — DN GRATIANVS PF AVG Busto a destra con il casco diademato, tiene una lancia e lo scudo. Pezzi di te- stata (7 esemplari). „ - DN GRATIANVS PF AVG Busto come il prec. (7 esem.). ,; — DN ARCADIVS PF AVG Busto diademato e corazzato a des. tiene lancia e scudo. Una mano celeste lo in- corona. „ — DN GRATIANVS PF AVG Busto come il precedente. (Tav. Vili, n. 12). „ — D N VALENTINIÀNVS P F AVG Busto come il prece- dente (7 esemplari). „ — DN GRATIANVS PF AVG Busto come il prec. (2 esem.). V » tt }} » }) lì n n D N THEODOSIVS P F AVG Busto corazzato a d. con il casco laur. tiene lancia e scettro. (Tav. Vili, n. 13). DN GRATIANVS PF AVG Busto come il precedente. »; 492 G. DATTARl ^ — G-LORIA ROMANORVM L'Imperatore sopra una galera con Vittoria a poppa — ' — :- „ „ — '— , ^ ^ ^^ SMKA'B' r TESB' CONA' o\ « ANTE ^ — DN G-RATIANVS PF AV(y Busto come il precedente. n, — GLORIA ROMANORVM Imperatore di fronte tiene il labarano. A sin. un prig^ioniero — .^ — -— — 5 ^ ^ coNr^" TEsr» ^ ALEA. .£> — DN THEODOSIVS P F AVG Busto a des. corazzato, il casco diademato, tiene lancia e scudo (7 esemplari). „ — DN ARCADIVS PF AVO- Busto a d. diad. e corazzato, tiene lancia e scudo. Una mano celeste lo incorona. (Tav. Vili. n. 15). V — DN THEODOSIVS PF AVG- Busto come il precedente. l> — GLORIA ROMANORVM L'Imperatore sopra una galera conlaV.ttonaapoppa ^^^, ^^ ^-^^ -^-^ al CONA' (Tav. Vili, n. 16). /B' — D N THEODOSIVS P F AVG Busto come il precedente. I^ — GLORIA ROMANORVM L'Imperatore con il labarano e e lo scudo. A sin. un prigioniero - TEST» CONF* ALEA ^^ — D N ARCADIVS P F AVG Busto come il precedente. Pezzi di testata (19 esemplari). „ — D N ARCADIVS P F AVG Busto come il precedente. 9 — GLORIA ROMANORVM L'Imperatore sopra una galera \T.. ■ ^1 al al con Vittoria a poppa -^,„ ^3 ,. ^„,. ^ONA^ TESB* INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MOiNETE IMP. ROMANE 493 ^^ — D N ARCADIVS P F AVG- Busto come il precedente. ^ — GLORIA ROMANORVM L'Imperatore con il labarano e lo scudo. A s. un prigioniero ^^^^o ^^gp ANTA TESr^'* GLORIA ROMANORVM L'Imperatore sopra una galera con la Vittoria a poppa. Pezzo di testata ^ ,772 p7 p-j 0\ Q\ Q\ ili al Il pi cucu. SMKA^ B ' r CONA' ANTE' GLORIA ROMANORVM Come il preced. al SMKA'' B' r al al al CONA' ANTE' TESB' GLORIA ROMANORVM Come il preced. ai SMKA'' B* _i^l_ ii_l a I CON A' ANTE TESB — GLORIA ROMANORVM L'Imperatore a destra tiene il labarano e lo scudo. A sinistra un prigioniero SMKr TESf COIsr* ALEA" GLORIA ROMANORVM L'Imperatore a destra tiene il labarano e lo scudo. A s. un prigioniero. Pezzo di testata -3^, ^f^- GLORIA ROMANORVM Come il prec. ^TTp^s fc^p . " CONr*^ ALEA'' FORMA CON DIECI MONETE. UNA FACCIA. PB. f& - TIVS P F AVG Busto diad. di Costantino a destra. Q. 9 - SALVS REIPVBLJCAE Vittoria a s. con prigioniero .P I SMKA' 494 ^' t)ATTARl Q. iy - D N THEODOSIVS P F AVG Busto diadamato e paludato a destra. „ „ — CONSTAN Busto diademato e paludato a destra. VOT I^ — Corona con entro \^; MVLT SMANI* XXX DUE FACCIE. Q. ^ — GLORIA EXERCITVS Insegna tra due guerrieri SONSS* ,; ^ — Busto a destra (La leggenda è indecifrabile). ,; y — Detto. „ ,; — Leggenda come la preced. Testa diad. a des. „ y — TIVS Testa diademata a destra. FORMA DI DIECI MONETE. UNA FACCIA. Q, ^ — THEODOSIVS P F AVG Busto diad. e palud. a d. „ 1$ — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero a s. „ ;& — '" SIVS P F AVG Busto diad. e palud. a destra. VOT XV y 5^ — Corona con entro ,u,w, j SMKA. XX „ „ — Leggenda indecifrabile. Vittoria con prigioniero. DUE FACCIE. Q. ;& — CONSTANT P F AVG Testa diademata a destra. „ ^ — D N ARCADIVS P F AVG Busto diademato a destra. „ ^ — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero — - „ „ — Come il precedente ^fjj^- „ „ — Come il precedente. La leggenda è indecifrabile. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 495 FORMA CON DIECI MONETE. UNA FACCIA. Q. ^ — CONSTA Testa diademata a destra. „ „ — Come il precedente. La leggenda è indecifrabile. „ „ — D N ARCÀDIVS P F AVG- Busto diad. e palud. a d. „ V — ■ ' ' TIVS P F AVG" Busto diad. e palud. a destra. „ „ — AEL FLAC Busto diademato a destra. DUE FACCIE. Q. ^ — C N ARCÀDIVS P F AVG- Busto diad. e palud. a d. „ „ — Busto a destra. Leggenda indecifrabile. „ I^ — Leggenda indecifrabile. Vittoria con prigioniero. VOT VX Corona con entro MVXT SMANI* XXX PEZZO DI TESTATA Forma con cinque monete. VOT Q. 9 — Corona con entro . XX „ „ — Come il precedente (poco visibile). „ B' — D N THEODOSIVS • • Busto diad. e palud. a destra. ,; y — D N • • • • Come il precedente. „ I^ — SALVS REIP • • • • Vittoria con prigioniero. Forma con dieci monete. UNA FACCIA. Q. t^ — Legg. indecifrabile. Due Vittorie in traguardo — - RP „ „ — Legg. come la prec. Vittoria con prigioniero. „ B' — IVS P F AVG Busto diad. e palud. a destra. „ „ — D N CONSTANTINVS P P AVG Busto velato a d. „ 9 — Leggenda indecifrabile. Due Vittorie in traguardo* 496 G. DATTARI DUE FACCIE. § — • . • • ORVM Porta di campo con sopra it SMK VOT f — Corona con entro . XXX „ — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero. ^ — Come il prec. La legg. è indecifrabile. ^ — AEL FL AC Busto diad. a d. Lo stesso prototipo del precedente. Forma con dieci monete. UNA FACCIA. y> — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero ^^^. SMKA B' — TIVS P F AVG- Testa diad. a destra. „ — CONSTA Testa diad. a d. p I rO — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero ~~-. SMKA B' — D N THEODOSIVS P F AVG Busto diad. a destra. DUE FACCIE. 9» — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero -. CONS „ — Come il prec. La legg. è indecifrabile. „ — Come il precedente. B" — D N HOMO • • Busto diad. e paludato a destra. V — Busto come il precedente. Forma con dieci monete. UNA FACC[A. VOT \i - Corona con entro J^^ — ^g. XX ^ — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero. » — ^-^gg' indecifrabile. Personaggio a d. con lancia. „ — SALVS REIP • • • Vittoria con prigioniero. B' — IVS P F AVG- Busto diademato a destra. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 49? DUE FACCIE. /©" — Busto diademato e paludato a destra. „ - DN VALENTI ••• Busto diad. e palud. a d. Dietro la testa T. VOT B/ — Corona con entro ..f;. -r- MVLT XX „ — G-LORIA •••• Personaggio a cavallo a destra. „ — Indecifrabile. Forma con cinque monete. ^' - D N ARCADIVS P F AVG- Busto diad. e palud. a d. „ — DN THEODOSIVS PF AVG Busto diad. e palud. a d. „ — Come il precedente. „ — Legg. indecifrabile. Busto diad. e palud. a d. H — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero. Forma con dieci monete. UNA FACCIA. B' — Legg. indecifrabile. Testa diad. a destra. .. - D N THEODOSIVS P F AVG- Busto diad. e palud. a d. „ — Legg. indecifrabile. Busto diad. e palud. a d. VOT ,; — Corona con entro ,,,,, _ MVLT XXX V^ - .... REIPVBLICAE Porta di campo . ^ Ras DUE FACCIE. ^^ — D N CONSTANS P F AVG Testa diad. a d. „ — D N VALENTINIAISVS P F AVG Busto diad. e palud. a d. ^ — Legg. indecifrabile. Porta di campo con stella ? SMH ^ — D N Busto diad. e palud. a d. „ — Come il precedente. 498 G. DATTARI Forma con dieci impronte. UNA FACCIA. ^ - OH THEODOSIVS PF AVO Busto diad. e palud. a d. „ — D N CONSTANTIVS P F AVG- Testa diad. a d. « — D N THEODOSIVS P F AVO Busto diad. e palud. a d. ]^ — SAL Vittoria con prigioniero . ? — Indecifrabile. DUE FACCIE. B' — VRBS ROMA Busto di Roma a s. „ — D N VALENTI Busto diad. e palud. a d. ^ — DN THEODOSIVS PF AVO Busto diad. e palud. a d. „ — Legg. indecifrabile. Busto come il prec. „ — Legg. indecifrabile. Busto con. e il prec. Forma con dieci impronte. UNA FACCIA. ^ — DN THEODOSIVS PF AVG Busto diad. e palud. a d. ,; — O N ARCADIVS P F AVG- Busto diad. e palud. a d. „ — DN THEODOSIVS PF AVG Busto diad. e palud. a d. 9 - SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero - SMHA ^ — Come il precedente . ^ SMANB DUE FACCIE. B' - D N THEODOSIVS P F AVG Busto diad. e palud. a d, VOT ^ — Corona con entro /; . XX „ — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero. „ — Come il precedente. n — Come il precedente. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 499 Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. ^ — Busto diad. e palud. a d. La legg. è indecifrabile, y — Come il precedente. VOT t^ — Corona con entro ..,,, _. MVLI XX „ — Personaggio a cavallo a d. ? . Sembrano lisci. • DUE FACCIE. ^^ — SÀLVS REIP Vittoria con prigioniero . SMH . ^ — Legg. indecifrabile. Busto a d. „ — Come il precedente. 9 — Leone a destra. Esere:o - — . ^ CON „ — Leone a sinistra. Sopra + j „ -> Come il precedente ( Modulo piccolissimo. (Q' — Busto a d. Legg. indecifr. \ Forma con quattordici impronte* UNA FACCIA. F§ — Anepigrafo. Costantino in quadriga a d. SMAN t B" - VRBS ROMA Busto di Roma a s. „ — TINVS P F AVG- Testa diad. a d. 9 — Anepigrafo. Costantino velato in quadiga a s. SMALB -B" — D N CONST Busto velato di Costantino a d. ,, _...... Busto diad. ad. 9 — Anepigrafo. Stendardo con VOT tra due prigionieri S F IH -, CON? 500 G. DATTARI DUE FACCIE. ^' — D N THEODOSIVS P F AVG Busto diad. e palud. a d. ^ — Corona con entro -^ . „ — Anepigrafo. Costantino in quadriga velato a d. .cip Lupa che allatta i gemelli a s. SMALA ^ — „ Soldato che uccide un cavaliere. Due impronte liscie. Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. Sette impronte tutte consunte. Sette impronte tutte consunte. Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. Sette impronte tutte consunte. Sette impronte tutte consunte. Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. Sette impronte tutte consute. Sette impronte tutte consunte. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. 9 — Anepigrafo. Costantino velato in quadriga a d. - _.. AN T „ — Come il precedente . SMK • • • m — Come il precedente. n — Come il precedente. n — Corona con entro ^9^. INTORNO ALLE FORMF. DA FONDERK MONETE IMP. ROMANI 50I B — VRBS ROMA Busto di Roma a s. Una torma liscia o consunta. DUE FACCIE. I^ — A s HZA a ci. NA? Penna di struzzo o Pino? ,; — G-LORIA EXERCITVS Insegna tra due soldati. „ — Anepigrafo. Costantino in quadriga a d. VOT „ — Corona con entro ^ . /B' — Legg. indecifrabile. Busto laur. e corazzato a s. „ — Anepigrafo. Busto a s. con la d. tiene una Vittoria. Una impronta liscia. Forma con quaitordici impronte, UNA FACCIA. /B — Busto diad. e palud. a d. It — Sei impronte con (jLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. — — . ALE DUE FACCIE. \^ . — Tre impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. . ALEi D" — Busto diademato e paludato a destra. Tre impronte liscie. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. rtì — Sei impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. tt-t^. ALEl Una impronta liscia. DUE FACCIE. 9 — Due impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. . ALcI 64 502 G. DATTARI .B' — D N THEODOSIVS P F AVO Busto diad. e palud. a d. Tre impronte liscie. 1^ — I.eggenda indecifrabile. Personaggio di fronte tiene una croce. ♦ Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. VOT V 9 — Corona con entro a-wi-r* XX „ — Tre impronte con G-LORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. 77^. ALEi /B' — D N THEODOSIVS P F AVG Busto diad. e laur. a d. „ — Come il precedente. „ — Come il prec. La legg. è indecifrabile. DUE FACCI E, 9 — Lettere indecifrabili. Vittoria? di fronte tiene una croce. n — Tre impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. tt-t^. ALEi Tre impronte liscie. Forma con quattordici impronte. UNA FACCEA. I^ — Cinque impronte con GLORIA ROMANORVM Personag- gio a cavallo a destra 77^-. ALEi VOT ,; — Corona con entro ..„, _. MVL I XXX Una impronta liscia. DUE FACCIE. ^ — Tre impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. . ALEr Quattro impronte consunte. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 503 Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. p — Quattro impronte con GLORIA ROMANORVM Perso- naggio a cavallo a destra rr-^. ÀLEi Tre impronte liscie o consunte. DUE FACCIE. ^ — Tre impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. . ALEi Quattro impronte consunte. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. VOT ^ — Corona con entro «%#. y XX „ — Tre impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. . ALEr Tre impronte consunte. DUE FACCIE. \^ — Due impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. t-t-^i-* ALEi ,B^ - D N THEODOSIVS P F AVG Busto diad. e palud. a d. „ — Tre impronte con busto diad. e palud. a d. Una impronta consunta. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. VOT V 1? — Cinque impronte, corona con entro ,m,w, j . XX Una impronta consunta. ' 50 4 G. DATTARI # • DUE FACCIE. Sette impronte liscie. Forma con quattordici impronte, UNA FACCIA. B' — Legg. indecifrabile. Testa a d. (modulo piccolissimo). ^ — Tre impronte. Busto a d. I^ — Vittoria a sinistra. ^ — MSR in monogramma. Una impronta consunta. DUE FACCIE. ^ — Tre impronte. Busto a d. diademato. I^ — Corona con entro ^ . „ — Vittoria con prigioniero. ^ — MSR in monogramma. Una impronta consunta. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. Sette impronte liscie. })l — Quattro impronte con corona con ^ . Tre impronte consunte. Forma con quattordici impronte, UNA FACCIA. ,^ — Testa velata di Costantino a destra. „ — TIVS P F AVG Testa diademata a destra. , •» - '-t^g^g- indecifrabile. Testa diad. ad. r, — Come il prec. Busto a sinistra. 1^ Anepigrafo. Costantino velato in quadriga a s. Due impronte consunte. DUE FACCIE. ^ — VRBS ROMA Busto di Roma a s. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 505 S I R ^ — Anepigrafo. Lupa che allatta i gemelli a s. -- .^. B' — Testa velata di Costantino a d. 1^' — Soldato che uccide un cavaliere. Tre impronte liscie. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. 1^ — ....... Vittoria con prigioniero ' . „ — Come il precedente -rzrL- Cinque impronte consunte. DUE FACCIE. I^ — Tre impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. 7-, __• A L El D' — .... Tivs p F AV(y Testa diad. a d. Tre impronte fruste. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. \^ — Tre impronte con GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. - . ALEl i^ — Tre impronte con busto diad. a d. Una impronta liscia. DUE FACCIE. ì^ — Quattro impronte cOn GLORIA ROMANORVM Perso- naggio a cavallo a d. 77^^ ALEl & — Due impronte con busto diad. a d. Una impronta liscia. 506 G. DATTARI Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA *I$ — Due impronte. Corona con .^ . Cinque impronte liscie. DUE FACCIE. 5^ — Corona con entro ^ . ^ — Vittoria con prigioniero. Cinque impronte liscie o consunte. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. ^ — Quattro impronte con GLORIA ROMANORVM Perso- naggio a cavallo a d. . ALEi i^ — Due impronte con busto a d. ^ — Quattro impronte con GLORIA ROMANORVM Perso- naggio a cavallo a d. ALET V — Due impronte. Corona con ^ . i^' — Busto diad. a d. Una impronta liscia. Forma con quattordici impronte, UNA FACCIA. i& — Legg. indecifrabile. Busto a d. di stile barbaro (mo- dulo piccolissimo). ^ - D N THEODOSIVS P F AVG Busto diad. e palud. a d. ^ — D N ARCADIVS P F AVG Busto diad. e palud. a d. , - D N VALENTINIANVS P F AVG Busto diad. e palud. a d. y» — Vittoria con prigioniero. Due impronte sciupate. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 507 S| R SMALA' DUE FACCIE. Td — Due impronte con GLORIA ROMANORVM Personao:g:io a cavallo ad. ^ — D N THEODOSIVS P F AVO Busto diad. e paìud. a d. P — Vittoria con prigioniero. Due impronte sciupate. Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. Sette impronte liscie o consunte. . Sette impronte liscie o consunte. Forma con quattordici impronte, UNA FACCIA. 9 — Anepigrafo. Lupa che allatta i gemelli ^^' — Busto diad. e palud. a d. Cinque impronte consunte. DUE FACCIE. ^ — Testa diad. a d. Sei impronte consunte. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. ^ — IVS P F AVG- Testa velata di Costantino a d. 9 — Anepigrafo. Costantino velato in quadriga ad. „ — VN MR Costantino velato di fronte. ^^ — D N THEODOSIVS P F AVO Busto diad. e palud. a d. Tre impronte consunte. DUE FACCXE. ^ — Anepigrafo. Busto a s. tiene una Vittoria nella d. „ — Testa diad. a d. „ — DN THEODOSIVS P F AVG- Busto diad. e palud. a d. ,; — D N CONSTAN • • • • Testa velata ad. 50»B G. DATTARI K — Anepigr. Costantino velato in quadriga a d. ^„7t-\. SMALA ^ — Anepigr. Stendardo con 3 tra due prigion. _JHL. Una impronta frusta. Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. Sette impronte liscie. Sette impronte liscie. Forma con quattordici impronte» UNA e DUE FACCIE. Sette impronte liscie. 9 — Quattro impronte. Corona con ,> • Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. Sette impronte liscie. Sette impronte liscie. Forma con quattordici impronte, UNA e DUE FACCIE. Sette impronte liscie. Sette impronte liscie. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. 1$ — Due impronte anepigrafe. Costantino in quadriga a d. B' — TINVS P F AVGCy Testa velata a destra. I^ — Vittoria con prigioniero ARL? y — Busto diad. e palud. a d. Due impronte fruste. INTORNO ALLE FORME DA FONDERE MONETE IMP. ROMANE 509 DUE FACCIE. ^ — Testa velata di Costantino a d. ^ — Anepigrafo. Costantino velato in quadriga a d. B' ~ Busto diad. e palud. a d. H' — G-LORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. Tre impronte fruste. Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. Sette impVonte liscie o fruste. Sette impronte liscie o fruste. Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. Sette impronte liscie. I> — SALVS REIPVBLICAE Vittoria con prigioniero. ,; — Come il precedente. Cinque impronte fruste. Forma con quattordici impronte. UNA e DUE FACCIE. 9 — GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. Sei impronte liscie o fruste. R) — GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a d. Sei impronte fruste. Forma con quattordici impronte. UNA FACCIA. F§ — NSE in monogramma. „ - GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo. !& — Busto diad. e palud. a d. Una impronta liscia. Tre impronte rotte. ^ — Tre impronte. GLORIA ROMANORVM Personaggio a cavallo a destra. Una impronta liscia. Tre impronte rotte. 5IO G. DATTARI Al materiale delle falsificazioni credo si possa aggiungere la sottostante prova di piombo di un aureo di Valente. • a' — D N VALENS PER F AVG- Busto diademato, paludato e corazzato a destra. ^ — RESTITVTOR REIPVBLICAE L'Imperatore stante a destra in abito militare, tiene il labarum e un globo con sopra una Vittoria . Dalla parte del rov. sotto la moneta il segno o la lettera f. (Tav. Vili, n. 17). Che questo piombo sia una prova di conio ciò è incontestabile ; però ritengo che sia opera di falsari, data Tarte grossolana e i bassissimi rilievi dei tipi e la totale mancanza di^ dettagli. Le perline dei cerchi tanto del diritto che del rovescio sono di una gran- dezza usuale, come lo sono le perle del diadema. Ancora le lettere sono anormali. Nella parola RE- PVBLICAE la lettera R è un P e le altre, all'eccezione del VAE, sono indecifrabili. Si direbbe che l'autore del conio fosse un greco, giacche ancora l'ultima R della parola RESTITVTOR è pure un P e la S del nome VALENS è piuttosto il numero 6 della numera- zione greca ?\ Cairo, Aprile 1913. G. Dattari. DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA nell' ultima età imperiale romana e sotto i re Ostrogoti RIPOSTIGLI. Il primo ripostiglio di cui debbo trattare è il ripostiglio di Castro dei Volsci, un gruzzolo di 1461 piccolissimi bronzetti delFetà post-costantiniana, van- dalica ed ostrogotica, rinvenuto in un rozzo vasetto di terracotta sulla montagna di Castro dei Volsci, comune della provincia di Roma, ed acquistato per le collezioni numismatiche del Museo Nazionale ro- mano. Di nessun valore intrinseco, il gruzzolo mi parve però degno di essere accuratamente esaminato perchè è uno dei pochissimi giunti sino a noi a darci un'idea concreta della moneta enea corrente in Italia in quei tardi tempi agitati ed oscuri coi quah si chiude Tetà romana e s'inizia il medio evo. Su questa Rivista, parecchi anni fa, il commen- datore Gnecchi ci ha dato notizia di un ripostiglio comparabile in parte a questo, ho quindi creduto opportuno riserbare il mio studio a questi stessi fogli. Del gruzzolo ho potuto distinguere i seguenti gruppi di pezzi : I — Piccoli bronzetti imperiali romani postcostantiniani, in maggior numero frammentati, consunti e non identi- ficabili, n. 143 pezzi = Vio ^^^ gruzzolo ; 512 LORENZINA CESANO 2 — Piccoli bronzetti che portano esclusivamente il nome e l'effigie di un imperatore d'Oriente, da Leone a Giu- stiniano, n. 317 pezzi = 75 circa del gruzzolo; 3 — Piccoli bronzetti che portano esclusivamente il nome o il monogramma e l'effigie di un re vandalo, n. 21 pezzi = V70 ^^^ gruzzolo ; 4 — Piccoli bronzetti col nome e l'effigie di un imperatore bizantino e il monogramma di un re ostrogoto, o di questo soltanto, n. 690 = V2 del gruzzolo; 5 — Pezzi illegibili e non identificabili di re vandali e gotici; tondini non coniati (n. 50 circa), n. 285 = Vs circa del gruzzolo ; 6 — Piccoli bronzetti e frammenti vari, n. 6. Quanto airaspetto esteriore dei pezzi, determi- nato dalla forma del tondino e dal grado di conser- vazione, il gruzzolo si distingue nettamente in due parti : il gruppo dei pezzi e frammenti postcostan- tiniani, consunti, illegibili, dai tondini lisci, appiattiti, quasi taglienti agli orli frammentati, che tradiscono la loro antica origine, la lunga circolazione, e dalla linea di frattura, l'intenzionale spezzettatura; i pezzi, diremo così, bizantini, quelli vandalici e gotici ed i tondini non coniati, i quali tutti dalle forme più re- golari, dal tondino all' incirca di una sola misura, cioè di diametro minimo ma di spessore notevolmente maggiore dei precedenti, mostrano una ben diversa conformazione di quelli, sono in maggior numero leggibili, identificabili e più recenti. Eccetto i frammenti amorfi, i pezzi del gruzzolo misurano ali* incirca lo stesso diametro, mill. 8-10 e pesano da gr. 0,48 a gr. 0,90. I pezzi sono i se- guenti (I) : (i) Presso ogni pezzo ho segnato gii esemplari simili noti del ripo- stiglio coevo del Monte Roduni (vedi avanti), il peso dei vari esemplari delle collezioni del Museo Britannico (Warwick Wroih : Cafalogue 0/ the Coins 0/ the yattdals, Ostrogoths and Lombards, ecc. London, 191 1) oltrealle note bibliografiche opportune. SPECCHIETTI DESCRITTIVI DEL NUOVO GRUZZOLO coi dati comparativi e bibliografici riguardanti tutto il materiale simile altrimenti noto. ì 514 LORENZINA CESANO So g-g 1 1 1 6 1 fe «<§ 1 1 CO 1 IO vo 1 1 è5 ià « i <^'S Jò-S T3 o ^'s < < 1 ^ & 5 1^ s 3 1 h o , o o ^=3 SS >l > ù CI cT •«-I 1 M M (U § 11 !j rt b£ ^ e bfl c > H s 1 ^ o d. u s d 1 1^ 7) D O H s Ib'S O 3 aT3 ^.^ r-»v fa» IT O cg W N ( 1 1 1 f?5 o 6 2^"= o ^ o ^ <5:^-^ ^ al OS 8 8) a c§ a. E d ^4 O d d^ d^ z o 1 c Cd 'E 'i3 ^ rt U 00 IO T3 Cd c« O c« c • o E ■ C • - d C/5 ù 2 CO 3 • c/J • 6 . o tin . 3 C CTJ . .Ego M M c co U O Cd e 2 8 00 IL C £ 5 N C e ^ D 73 i- -Q ,„ . o c^ e/) 'n e :« dj ja E >< Cd z o 2 N bjc e e (73 < H co < 2 a. o co (U E o u o e e N 5 1 _a; co ^ 3 O ò ^Q 3 US T3 j > ^ o < e CU ni i ^ i^, a>àì ^ 2^^ ^ C3^ ^ 2 ili 9 M H M M M On 3^ a. ^4 2 l^ ^? CO $ IO VO t^ 00 2-5 '^ '^ -«1- ^ Tf IO V • M M N4 M M N4 9 <« 1 M 1 1 1 -a ^ 00" >^ 2 e %i 'z ^ a od ^ O XJ 3 ;^ " (u cr JL S"^ o ^ o = <« M Z o iJ I O (U CO ro \o e £ Ci > • a e E co <3J ^ co e 05 oro CQ ON >^ ^§ >< > '5 -2 > -^ a^ ^i-^ e o ^ I .2 u JL ' ►-re» . o O tfl vo o Cu ^ S CO 4) vo 00 o' o" co vo vo M IO 00 a IO 00 o\ VO co r^ !>• C^ vo c^ 00 < Tf- co O . O C h-p^ & 0N^^ u O C/5 • I c/j ^ O • o o 3 ;::: • u. •3^ CQ g a; Sii £- - a; co «-> ; > o w2 § c o 5 2 i o = : " fj "n — o . ■" ^ ^ rt •E ÓS C/3 ■< 3 CTS °=^ c?;^z s 3 • :^ e 00 OS e o u o o S e (LI O O C/5 C^ C _ o •ÌS§8 -P^^^^^' o\ CO CI co IO vo ON vo ^ CI co ^ IO vo ^ t^ vn [-- c< N N w » 10 c^ N 10 t> 00 *~* l>H N N co co 5i6 LORENZINA CESANO te < OC O o SS s I I 1 T* o ^ 1 1 ^ 1 1 CO M M M 1 1 5? ' s u B tf} ._r "< N N -Ci o ^ reo .i2 et; >> -2 -^ e - DOC N._ C8 • I - u I u ^=: '^ i ót • e . « —r •^ . ^> o ■^* ^ « ^ e: co u E -5 N .^ N C/} o ce u re C y 4J 1-4 (Q tf) V- D cj I -C co e -• o oc ^ e O M) ^ • o o o e tf) CJ o 03 t^- e tf3 ^ Se QQ .1» O ^ 00 13 w) -" O C e -.7'° X « (u e "2 2S c55 «5 ai _ fl-e 2 o N a: U C/5 si Et CL I II OS 00 M o 00 co o o 00 yf- VO IO c^ ^ c-« ir, t>4 O o o o o M o M : ■- 0a--5 a g o z O o . - o o f" < e t^ ^^ «^ i^ S • CJ -._ ^- e .^ . (/) D 1» (U ^ 3 ^ . - àCrq ^ .-£ CTS .- Z ^ t/5 •-• e ^ t; e 3 ^ ^ ^ • - S co o • u ^ . e --V ^ o '53 co o^^ ^— ^^ ^•^ — • . So • O OJ E = ti: "^ o u IJ •z; ^ cc e >•" . M CTJ C o . ■*-• e .— jo e à^^ 3 Ov '^ I 00 o Q D H Z O co IO i co o o IO CI IO co IO IO IO IO o VO IO co I M DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 517 N OD 1 CO ^ 1 1 1 CO I>- 1 1 1 CO ! CI CT) co ^ (u oT è ò 2 -. tJ • ^'^ E 1 -^ . art . , , p. I - Dis i forni <^ q^.ri Sn . (N "' . e , n. gr. dir deci strui '- CO M bo u • 1 bfli" bZi.S2 cn N i B.M.C 17-18. - lare, un unti ; . 4-6, t. II 140 abb., piare al quindi in zi si rico iritto ci li? n. 21 ; B Vili, n. T ari di fi hiaro e r ^ •- fH Vi ^ ^ in («S 0- 1 in d^ tav. XVIII, n. 47-56, t. gli esemp , conio più tto il grupp . M. 0,70. appa bile, la leg N 2 ^1 ab. I, p. 66 Sono largo di tu oq U U U ^ 00 co Tt- vo 1 1 1 00 o o ir. o o" \0 o'^ §8 o'' C/5 LU C o U o o . c "X5 h ài ^^ o co b o e co ■ •" ^ . ^ O OJ^ e o (!) e CI o u S o o o u H o h V t;5.22 CO • se»- ^•^^ • r oJ e • -^ 2 § S e/) ';^ 17? e 'o Jb i- w »- o a ^ e ^ e -*-» ^-^ +-» . — >. 7 l-l D M bio . bk) . bjo e bjo 5 4j O ^ O ^^ ^ ^ pg^ à^^^^ CO o o S < < . O < . co o vO CO CO o < Q O w H 'So o e '13 "Su h 00 LO N in (M M CO VO vo CO CO s 8^ H rt- rh T^ Tt- •?- IO UO ÒN r^ N ^ k H (^ VO [>• 00 CO 0^ N /^ ^ Tf T^ '«*• LO 66 5'a LORENZINA CESANO f-i < < o o S PQ •2— • •o'nOQ fl-E CO IO e e co ^ 00 IO > *r . . u N Wì c a o Se 1^ ^ . CQ V 2 C 11 — •" o. .v 00 ce O ù Cl u ^ ^ e ^^:- ^ »o.„-> cq vi ' HOT. ••> CO CO e n •« « co.";: X- gii Ce ài' ^ OT O QQvO e .^"^ O = X.- 1 CO^H ^ S' d o o" co 3;-; cu: e ^ I « Z o 1 'J2 sa il S M 00 OS OS e ^ p Q ^- . - u O -TD ^ 00 ^ O co CTS .s- . e ^—^ . biO . • e (^ e òio e • e o o a; o o 01 m IO I M u O < QQ > u O . *-» : -o.s 2 ^^ • s . Z S e • -o o Q.2 S e/) D C -J > X o iti :S ^ Oc OD ^ ci O o S e còlZIOQ P^ ^ ^ > N M Tj- M CI PI 1 ( o\ "^ N ^ 's Y^ ^ ^ ^ M M IO CO IO ^ IO £^5 5? s ^ DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 519 0\ a biO • . ;il • c • '""' oir . fC' D . V > ^ a: . ce u 8-2 i^ ^ a? .2 • 'óf5 *5o - , CJ ?_ y; il — C/3 C e/) e OS a 2"»- a-O 0/j H [J^ Q^ ^;^ ^ ^ 2^ u u a. o cu T3 > 1— 1 00 On vO M r^ in IO S VO 'Z^/ Tj- ^ • "^ "^ M M M 520 LORENZINA CESANO (i) Il Sabatier I, tav. VII, n. 9 ed il Warwick Wroth, pag. 31, n. no e segg., dicono il monogramma esser di Leone I. Il Friedlander, loc. cit., dice il monogramma trovarsi al rovescio di un pezzo di Julius Nepos : /© D. N . . . . OS P. Troppi elementi lo costituiscono per esser di Leone, e neppure può attribuirsi a Nepote che ha regnato solo all'incirca un mese ; lo si potrebbe attribuire a Libio Severo (461-465), al tempo del quale Ricimero ha posto, a quanto si dice, il suo mono- gramma al rovescio dei pezzi di quello. Ad ogni modo ne è incerta l'attribuzione sino a tanto che si ritroverà un esemplare leggibile al diritto. Son pure illegibili l'esemplare di Monte Roduni e quelli delle collezioni del Museo Britannico. (2) 11 Friedlander, Monogr. • Mùnz. byz. Kaiser, pag. 53-54, avverte che un esemplare del Lagoy aveva al diritto la leggenda ....NO I, onde l'attribuzione a Zeno, sicura per gli elementi del monogramma. (3) Degli esemplari del Museo Brit. uno proviene da Atene, un altro da Cartagine. L'A. opina che siano possibilmente di conio imperiale^ emessi nel 53334 dopo la presa di Cartagine per opera di Belisario, ma la rozzezza del diritto glieli fa attribuire preferibilmente a Ilderico. Per TA. è probabile che A. =: i voo[j.jj.bv ma è difficile determinare l'esatto valore di questi pezzi, anche detraendolo dai decanummi e quinquenummi contemporaneamente coniati; questi pezzi di Atalarico e di Teodato della collezione del Museo Brit. danno un nummo di gr. 0,30 circa; i decanummi pesanti di Baduela danno un nummo di gr. 0,75 che è all'incirca il peso medio dei suoi piccoli bronzetti, ma i decanummi leggieri all'incontro un nummo di gr. 0,42. (4) Si distinguono due gruppi di pezzi, gli uni di diametro più largo mill. lo-ii, leggibili in buona parte, di stile mediocre, gli altri rozzissimi di diametro stretto, illegibili ed attribuibili a questo gruppo solo pel monogramma del rovescio. I primi sono pure pili pesanti, in media gr. 1,10 che si avvicina al peso dell'esemplare di Londra. (5) Il Warwick Wroth è incerto se considerare questi pezzi di conio imperiale italiano o attribuirli ad Ilderico che morì nel 530. 1 vari pezzi si differenziano l'uno dall'altro per stile, diametro, spessore. (6) Cfr. Friedlander, M. d. VandaUn, pag. 43 e 51. Il rovescio è eseguito meglio del diritto come si nota per tutti i pezzi del gruppo. Il Warwick Wroth nota che i pezzi possono essere di conio imperiale, emessi dopo il 533-34, ovvero di Ilderico o Gelimero contemporanei di Giustiniano. (7) Anche per questi esemplari, TA. del Catalogo, opina possano es- sere più probabilmente di Ilderico che non di emissione imperiale. Un esemplare del Museo Brit. proviene dall'Africa, un secondo era a Monte Roduni. (8) Cfr. Warwick Wroth, op. cit., p. LIV, n. i. L'A. opina questi pezzi possano essere di conio imperiale italiano, posteriori al 538 d. C. o più probabilmente di conio imperiale africano emessi a Cartagine nel periodo 539-541- I <^"e esemplari del Mus. Brit., pesanti 0,45 e 0,47, DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 52I sono per l'A. probabilmente per la loro rozzezza imitazioni (africane?) di questo tipo. (9) Gli esemplari del Mus. Brit. illustrati dal Warwick Wroth, op. cit., così come i nostri, presentano troppe varietà di conio, ed anche di tipi, per essere considerati tutti in un gruppo, alcuni hanno croce greca altri latina, gli uni in circolo di punti, altri in corona, ecc. Anche il peso varia così (da gr. 2.14 a 0,25), da non poterne trarre una media, ma diversamente non è possibile fare. Questi pezzi dal diritto rozzis- simo l'A. ritiene possibile sieno stati emessi dai Mauri e pili specifica- tamente da Masuna rex Maurorum al tempo di Trasamundo. (io) Il Warwick Wroth considera questi pezzi di stile italiano, si- mili ai pezzi d'arg. di Teodorico (Ravenna) e li attribuisce quindi allo stesso re, identificando la effìgi del diritto con quella di Anastasio ed a ragione. Io faccio però notare che il rovescio di questi pezzi è si- mile a quello dei pezzi del nostro gruzzolo, n. 399-403, i quali hanno al diritto l'effigie di fronte propria di Giustiniano, poi imitata soltanto da Baduela. Anche per questi pezzi si possono distinguere due gruppi, i pezzi di diametro più largo, di conio meno rozzo, leggibili e pesanti gr. 0,90- 1,00 e gli altri molto piià rozzi ed appena riconoscibili. (11) Degli esemplari citati dal Friedlander {Mi'mzen der. Vand., pa- gina 39, 45) uno proviene da Cartagine, due dall'Italia (Monte Roduni); altri si rinvennero in Algeria insieme a piccoli bronzi di Ilderico {Lei- tres de Baron Marchant, 185 1, pag. 196, cfr. 201), l'attribuzione è incer- tissima anche per il Warwick Wroth (p. 7, n. i). Faccio notare che sono i più pesanti pezzi del nostro gruzzolo e con rappresentanza par- ticolare, infine molto uniformi nei caratteri estrinseci. (12) Gli esemplari di Londra variano moltissimo per tipo, stile, peso (i 25 es. vanno da gr. 0,13 a gr. 1,16) così come i cinque esemplari del nostro gruzzolo, due dei quali, di tondino più spesso, pesano gr. 1,10 e 1,40. Malgrado l'esemplare citato dal Keary sul cui diritto si credette di leggere D» N. G. . . . THA l'attribuzione a Guntamundo rimane incertissima. L'esemplare del Keary (loc. cit.) pesa gr. 0,58. Uno dei nostri pezzi ha poi al diritto una effigie notevole pei tratti fisionomici caratteristici (cfr. t. IX, n. 25-26). (13) Altri esemplari in Friedlander, M. d. Vand., pag. 31. — Thom- SEN, Ca/., n. 1075-6. Esemplari erano nel ripostiglio di Guelma in Algeria nel 1843, Ntmt. Chron., 1855, P^g- 5 e 11. — Cfr. Lettres de baron Mar- chant, 1851, pag. 201, cfr. pag. 196. L'esemplare del Keary, pesa 0,50. Noto ancora che questo rovescio non si assomiglia affatto a quello dei pezzi di Giustiniano col busto di fronte (n. 397-98 del nostro gruzzolo), coniati dopo il 538, quindi posteriormente ai pezzi attribuiti ad Ilderico- 1 pezzi di Giustiniano sono molto più rozzi, quasi barbari. (14) Una varietà del monogramma è in Thomsen, Catal., n. 1079. (15) Sono 3 esemplari pesanti gr. 1,20; 0,99; 0,98; onde la media ivi citata risulta troppo pesante per simili pezzi, i quali, come gli altri di Baduela si devono aggirare intornio ài peso di gr. 0,70. 5aa LORENZINA CESANO Comprende il primo gruppo 143 pezzi consunti, frammentati quasi tutti, fra i quali ho potuto iden- tificare : é Piccolo bronzetto di Claudio II I^ [CONSECRATIOl^r^/. i „ , „ Massimiano Ercole, spezzato a metà; I Piccolo bronzetto di Costantino I, di consecrazione (effigie velata a destra ; Ri quadriga veloce). I frammenti sono amorfi, di varia misura, inten- zionalmente spezzati, ed avvicinantisi per misura e peso in generale agli altri pezzi del gruzzolo. Sono molto più numerosi i pezzi del secondo gruppo: sono 317 esemplari rappresentanti tutti i tip noti dal Friedlànder, dal Sabatier ed alcuni tipi nuovi I pezzi di Leone I e Zenone si diff'erenziano notevol mente per stile più rozzo e per maggiore sconser vazione dagli altri pezzi di Anastasio e Giustiniano più facilmente leggibili. Fra questi ultimi sono note- voli i pezzi col busto di fronte ed al rovescio la croce accantonata da A-00 (CO-A) per migliore stile e per taglio più regolare anche degli altri pezzi con simile diritto. Gli ultimi pezzi di questo gruppo (n. 404-460), sono di attribuzione incerta, sia perchè col diritto illeggibile, sia perchè con monogrammi nuovi o nuovi tipi di rovescio. I quattro esemplari con la lunga croce possono considerarsi vere e proprie contraf- fazioni; i pezzi col fiore a sei petali sono pur essi ruzzissimi e di peso minimo, ma in troppo grande numero nel nostro gruzzolo e di stile uniforme, per considerarli come i precedenti ; il rovescio è nuovo (tav. IX, fig. 21-22). Sono da studiarsi i due monogrammi (tav. X, n. 9-10) (cfr. Friediànder, o. e, p. 46). DELIA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 523 Il terzo gruppo è rappresentato da un piccolo numero di pezzi attribuiti ora a Unnerico (3 esem- plari), Guntamundo (5 es.), llderico (8 es.), Gelamiro (5 es.). Solo gli ultimi due re hanno iscritto ir loro nome — quando si legge — al diritto dei loro pic- coli bronzetti, ed è quindi incertissima Tattribuzione degli altri pezzi anonimi. Se il pezzo attribuito ad Unnerico può rientrare nella serie dei pezzi di mag- gior modulo anonimi pure a lui attribuiti, onde di- nanzi a noi avremmo una speciale emissione, i pezzi dati a Guntamundo devono all'incontro rientrare, come appare verosimile (^), nel gruppo delle contraf- fazioni vere e proprie. Dei re ostrogoti costituenti il quarto gruppo di pezzi la serie è quasi completa, anzi aumentata di alcuni pezzi nuovi, e vi si contano : 9 pezzi di Teodorico, 31 di Atalarico, 13 di Teodato, 636 di Baduela, in tutto 689 pezzi ; ai quali si debbono ancora aggiungere buon numero dei 285 pezzi illeggibili e quindi d'incerta attribu- zione. Due monogrammi nuovi ci ha dato il gruz- zolo : quello di Teodorico (tav. X, n. 13-14) che ri- pete, un po' variato, il monogramma dei pezzi d'oro ; anche l'altro suo monogramma (tav. X, n. 15) non trovo segnato nel Catalogo del Warwick Wroth sul bronzo ma sull'argento. Una varietà nuova sono pure i monogrammi di Teodato (tav. X, n. 19-21). Sono però chiari e sicuri tutti. Nel V gruppo insieme coi pezzi illeggibili ma con traccie di monogrammi ed effigi, si enumerano circa 50 tondini (vere pastiglie di bronzo) stretti e spessi, molto consunti e soventi intaccati al centro delle due faccie, sui quali non si distingue alcuna (i) V. pag. 521, n. 12. 524 LORENZI NA CESANO traccia di conio. Questi tondelli sono da considerarsi a parte del gruppo dei pezzi barbari, avendo a questi preesistito, come ce lo dimostrerà l'esame di due gruzzoli dell'ultima età imperiale romana che seguirà su questi fogli. Sono anche intaccati i pezzi più consunti ed illeggibili dei Goti (gruppo V). Nel sesto gruppo ho riunito pochi pezzi di- versi che non rientravano nelle serie precedenti, fra questi, più notevoli il bronzetto del re dei Parti, della fine del I secolo a. C, ancora in circolazione cinque secoli e mezzo dopo la sua emissione. Il nostro gruzzolo giungendo all'età di Baduela (541-552 d. C.) e fors'anco all'età di Teia, l'ultimo re ostrogoto, del quale però non si conoscono monete di bronzo, comprende, con astrazione dal bronzetto greco, monete enee coniate di ben tre secoli. Se- condo il peso medio dei vari gruppi di pezzi il gruz- zolo è costituito d'una sola specie di pezzi, malgrado la loro diversa origine ed età, dunque di un sol nominale, dal peso inferiore ad i gr., e che deve rinvenirsi fra gli estremi 0,48-0,90 (^). Il peso più basso ci danno i pezzi più rozzi e barbari, quelli cioè col nome di Giustiniano con al rovescio il fiore a sei petali (n. 408-452 = gr. 0,48), la lettera a (n- 158- 176 = gr. 0.61), la croce greca in corona (n. 397- 398 = gr. 0,61) e la stella a 6 raggi in corona (n. 456-460 = gr. 0,58); peso medio e più regolare hanno i pezzi degli Ostrogoti; più pesanti sono, nel loro complesso i frammenti di monetine postcostan- tiniane, ed i pezzi attribuiti a Unnerico e Gunta- mundo, che pesano intorno ad i gr. La costituzione del gruzzolo è dunque tutt'altro che semplice, per cui giustamente mi parve merite- vole di non esser trascurato, tanto più che, come (i) Cfr. a pag. 512 e 520, nota 3. DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 525 ripeto, questo è uno dei pochissimi gruzzoli a noi noti di questa età, nessuno dei quali è stato studiato nel suo complesso, onde le poche ed insufficienti notizie che noi abbiamo intorno alla moneta enea corrente in Italia per non dire in tutto il mondo oc- cidentale romano, dai Valentiniani in poi fino al- l' inizio del medio evo. * * Si citano di solito parecchi ripostigli di mone- tine erose delFetà vandahca e gotica (^) cioè : 1. — Il ripostiglio del Monte Rosa neir isola di Lipari (2); 2. — Il ripostiglio di Siracusa (3); 3. — Il ripostiglio di Perugia (4) ; 4. — Il ripostiglio di Cartagine (5); 5. — Il ripostiglio di Monte Roduni nel Sannio(6); ma, come si vedrà, per alcuni Tattribuzione è tut- t'altro che certa e basata soltanto su recenti discu- tibili attribuzioni ai Vandali di qualche gruppo di pezzi sinora considerati non come tali. Ecco quanto dalle brevi relazioni che dei pre- citati ripostigli noi abbiamo si può desumere circa la composizione e Tetà di essi. Più antico fra tutti si presenta il ripostiglio di Siracusa. Rinvenuto nel 1908 in una catacomba della fine del IV e del principio del V secolo d. C. consta esclusivamente di bronzetti di imperatori postcostan- (i) Cfr. per ultimo Warwick Wroth, op. cit., pag. xviii e sgg. (2) Orsi, Rivista Italiana di Numismatica, 1910, pag. 353 e sgg. (3) Orsi, in Notizie degli scavi, 1909. pag- 61. (4) Gnecchi, Riv. Ital. di Num., 1897. App. 43. (5) Delattre, in Mémories de la Società Archeol. de Constantitie, XXXV, 1901, pag. 181 e sgg. e in Comptes-rendus de PAcademie des in- scriptions et belles lettres. 1902, pag. 548 e sgg. (6) Friedlaender, Mtinzen der Vandalen, pag. 41 e sgg. 67 526 LORENZI N A CESANO tiniani fino ad Arcadio ed Onorio, in numero di 1545, frusti e logori in maggior numero, dei quali i 323 pezzi identificati appartengono a : Costantino II, 317-337- Costante, 333-350- Costanzo li, 323-361. Costanzo III, 351-354- Valentiniano I, 364-375. Valente, 364-378. Graziano, 367-383. Valentiniano II, 375-395- Teodosio I, 379-395 Flavio Vittore, 388. Onorio, 395-423. Arcadio, 394-408. Secondo osserva il prof. Orsi, le monetine del periodo costantiniano erano in grande minoranza in paragone alle altre spettanti alla seconda metà del quarto secolo. In ordine di tempo segue, secondo, il riposti- glio del Monte Rosa nell'isola di Lipari. Consta di T745 pezzi, parte dei quali sono piccoli bronzi degli imperatori da Costantino I a Leone I (454-474) ed il resto, il sei per cento, sono vere e proprie con- traffazioni, delle quali TA. dà una illustrazione no- tevole. I pezzi, del cosidetto piccolo modulo e del mo- dulo del quinario, erano di difettosa coniazione, di grande sconservazione; di essi 1474 crar.o del tutto inclassificabili, sebbene in maggioranza chiara la testa del diritto e la figurazione del rovescio (^); i pezzi riconosciuti appartenevano a : Gallieno (254-268) . Claudio II (268-270) Costantino I (306-337, Costanzo II (323-361) Giuliano II (355-363) Valente (364-378) . es. Valentin.-M (364375)^^3 5 II (375-392) S Elia Flaccilla (381) . „ i Teodosio 1 (379-395) ) II (408-450)1 Magno Mass." (383388) 65 (i) Ciò che si nota per tutti i ripostigli di bronzetti di questa età. DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 527 Eugenio (392-394) . . es. i t Galla Placidia (450) . es. - 4 Arcadie (394-408) . . , 13 Onorio (395-423) . . , 9 Valentin.^ IH (425-455) ;; i Marciano (450-457). . „ 24 Avito (455-456) • . • . I Leone I (457-474) (i) . ,, i Non identificabili, quasi tutti però di Teodosio II e successori, con al rovescio la croce o il mono- gramma cristiano in corona, sono 54 esemplari. A questi devonsi aggiungere ancora tre pezzi, cioè : I bronzetto di Lipari, i di Cartagine ed i di un triumviro monetale augusteo. Fra le non identifica- bili TA. ha enumerato una mezza dozzina di tondelli di rame non impressi ed una piastrella rettangolare di minime dimensioni, non impressa. Oltre i pezzi greci di Lipari, di Cartagine ed il bronzetto augusteo, il ripostiglio abbraccia due buoni secoli, dalla metà del III alla fine del V se- colo. In questo momento, cioè in pieno periodo van- dalico, esso fu nascosto, ma TA. insiste sulla man- canza assoluta nel ripostiglio di pezzi di codesti Van- dali, cioè ad essi attribuiti, sino quasi ad oggi, i quali Vandali dunque nel breve periodo che dominarono risola fino al 475, non vi coniarono alcuna moneta. Siamo infatti agli ultimi anni del regno di Gaiserico (429-477), del quale non si conoscono bronzi iscritti al suo nome. Segue il ripostiglio di Perugia, di 418 pezzi, fra i quali il comm. Gnecchi ha contato 17 mo- (f) Il prof". Orsi non ci ha dato, disgraziatamente, una descrizione di questi pezzi onde io posso soltanto supporre che a Leone siano at- tribuiti uno o tutti e due i pezzi col leoncino in moto a destra od a sin. figurati dal prof. Orsi nella sua tavola n. 7 e 9 e che rispondono ai bronzetti simili del Sabatier I, tav. 7, n. lo-ii. Si tratterebbe di sa- pere, secondo la rozzezza dei tipi e la fabbrica dei pezzi, se i pezzi sieno da considerarsi i prototipi costantinopolitani di Leone I o pezzi di imitazione quali quelli appobii ai VauJali dd Warwich Wroth nel suo Catalogo, pag. 26, n. 65-67, giacché, a quanto pare, per la sua attribu- zione VA. del Catalogo si appoggia prevalentemente sulla rozzezza del conio. Z28 LORENZINA CESANO hete antiche, 65 frammenti di vecchie monete; 336 imitazioni barbare. Questi ultimi pezzi piuttosto ben conservati e quindi di coniazione recente rispetto al momento del nascondimento, mostravano da un lato una testina e dall'altro una figura o maschile o fem- minile (imitazione dell' Imperatore o della Vittoria), un castello, una croce (^), una corona, un monogramma indecifrabile e talvolta al diritto ed al rovescio l'imi- tazione barbara di una leggenda (2), laddove fra gli altri pezzi TA. ha identificato : un frammento di un piccolo bronzo di Claudio II (consecratio ed ara) (3), che sarebbe il pezzo più antico, un frammento di un dupondio di Aureliano (9 concordia), un antoni- niano di Probo del tutto consunto, pezzi e frammenti di Costante, Graziano, Valentiniano II, Onorio, Teo- dosio II, Marciano (450-457 d. C). Anche il com- mendatore Gnecchi insiste nel dichiarare che in questo gruzzolo mancavano monete vandale e go- tiche, cioè quei pezzi, quasi fino ad oggi esclusiva- mente attribuite ai Vandali ed ai Goti, dal Friedlànder e dal Sabatier, segnati dal loro nome o dal loro monogramma, mancanza spiegabile col fatto che in- nanzi tutto il gruzzolo non raggiunge l'età gotica, e neppure il regno di quel re vandalo che pel primo, secondo le nostre conoscenze, segnò la moneta enea col suo nome, cioè il penultimo della serie, Ilderico. Gruzzoli nei quali si riconobbero monete bar- bare vere e proprie — quelle cioè di cui sopra — e quindi dell'età barbarica sono : il ripostiglio di Monte Roduni nel Sannio (Isernia), quello di Carta- (i) Cfr. Warwick Whoth, op. cit., tav. II e le illustrazioni del prof. Orsi, l e. (a) L'A. aggiunge che tali pezzi dimostrano chiaramente l'intenzione d'imitare i piccolissimi bronzi degli ultimi imperatori d'Oriente, Arcadie, Teodosio II, Marciano oppure quelli un pò* più recenti dei Goti. (3) Cfr. sopra, p. 522. DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 529 gine (Africa proconsularis) e due altri di localrtà ignota, Tuno citato dal comm. Gnecchi e ritrovato, con ogni probabilità in Italia (^\ Taltro da L. Sam- bon (2). Di questi due ultimi non sappiamo assoluta- mente nulla ; il comm. Gnecchi e' informa soltanto che ebbe una volta, una parte — circa 200 mone- tine — di un ripostiglio degli Ostrogoti e dei Van- dali, coi nomi e monogrammi di Odoacre, Teodo- rico, Atalarico, Teodato, Vitige, Baduela, Anastasio, Ilderico, Gelimaro, oltre ad alcune incerte e barbare che si assomigliavano molto a quelle del ripostiglio di Perugia, ma non gli fu dato di saperne ne la pro- venienza, ne la composizione completa. A sua volta il Sambon c'informa che egli ebbe « un ripostigho " composto di varie piccole frazioni di follaro dei « Goti, del valore di due o tre nummi, al più, una " aveva il monogramma d'Ildebaldo (?), molte erano « del regno di Baduela ed offrivano al rovescio il « tipo del leone od un monogramma ; alcune ave- «< vano un busto con leggenda pseudo-bizantina ed « al rovescio la iniziale A simile ai nummi dei van- « dali (?) w. Anche del ripostiglio di Cartagine sappiamo soltanto che constava di 3418 piccolissimi bronzi dell'epoca vandalica, 100 dei quali non puliti, pesa- rono gr. 43, donde una media di gr. 0,43 per ogni pezzo. Il ripostiglio di Monte Roduni del Sannio è runico veramente noto (3), ma anch'esso solo in parte; il Friediànder infatti di mille e più pezzi di cui con- stava ci ha descritto solo i 63 esemplari da lui (1) Riv. Ital. di Num., 1897. ^PP- 43- (2) Repertorio Generale delle monete coniate in Italia, 19 12, I, pag. 15, num. 93. (3) Fkiedlander, M. d. Vandalen, pag. 43. 530 LORENZINA CESANO acquistati, un po' poco, anche pensando ch'egli ebbe la mano feUce nella scelta così come acuto era il suo spirito osservatore e profonda la dottrina in ma- teria ; non possiamo quindi asserire di conoscere tutto il gruzzolo. I 63 esemplari che ho segnato ac- canto a quelli simiU del nuovo gruzzolo si distin- guono nei seguenti gruppi : 1. — Bronzetti imperiali esclusivamente coi nomi di Ana- stasio e Giustiniano. Esemplari 30. 2. — Bronzetti degli Ostrogoti coi monogrammi loro asse- gnati. Es. 26. 3. — Bronzetti vandalici, e. s. Es. 4. 4. — Bronzetti d* incerta attribuzione. Es. 3. * * * Lo studio del nuovo gruzzolo di Castro dei Volsci, il primo ed il solo — secondo le mie co- noscenze — sinora noto specificatamente nel suo complesso, mi ha quindi condotto quasi inavverti- tamente all'esame di tutta la monetazione enea di piccolo modulo delle età barbariche, e a quello della nuova questione posta ultimamente dall' A. del Ca- talogo del Museo Britannico circa la monetazione enea di piccolo modulo vandalica, e infine ancora allo studio della questione più complessa e più vasta della moneta enea corrente in Italia immediatamente prima e durante l'età ostrogotica, questione che è alla precedente intimamente connessa. Se invero non abbiamo una descrizione esatta e completa di un ripostiglio di questa età, oggi col Catalogo della collezione del Museo Britannico edito dal Warwick Wroth (0, possediamo per la prima volta una esauriente descrizione di un notevole nu- (i) Warwick Wkoth, Catalogne of the coins of the Vandals, Ostro- goths, Loinbards, and uf the empirts of Thessalonica^ Nicaea^ and Tre- bitond, in The British Museum. London^ 191 1. DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 53] mero di pezzi di questa età, abbiamo dinanzi a noi più completo possibile il complesso quadro della monetazione di questo periodo, in un'opera ove alla descrizione sobria e completa si accompagna un dotto commento esplicativo, la quale dunque segna un grande progresso di fronte agli scritti, ottimi per il loro tempo, ed ancora da consultarsi con profitto, del Friedlander, del Saulcy, del Sabatier, coi quali A A. si comprende quasi tutta la letteratura su que- sta monetazione (^). (i) Per le monete vandale il Friedlànder ha notato nel suo breve riassunto sulla letteratura dell'argomento: Eckhel, Doctr.num.vet.,\V p. 138, sotto Karthago. — Mìinter, Bischof von Seeland in Kopenhagen^ 1816. — Cfr. ScHLiCHTEGROLLE MiiNTER, in Arcìuv (ìev Gesellscluìft fùr dlUr. deutschen Geschiktskunde, 111, pag. 160. — Caronni, Ragguaglio del viaggio di un antiquario dilettante a Tunisi. Milano, 1805. — Id. : nel Catalogo del Museo Aedervar. — Sestini, Descrizione delle medaglie del Museo Aedervar, III, pag. 80. — Baron Marchant, Melanges de Num, et d'Histoires, XVI, 1824, Lettrcs, 1851, pag. 196, 201. Dopo il Friedlànder ed il suo lavoro di capitale importanza: Die Miinzen der Vandalen, Leipzig, 1849, ricorderemo il Sabatier, Mon- naies Bizantines, I voi. ; il Keary, in Numism. Chronicle, 1878, pag. 153 e sgg.; cfr. i brevi accenni in Babelon, Traile des monn. greques et rom., I, pag. 618; Engel et Serrure, Numismaiique du moyen age, \, pag. 17 e sgg. ; cfr. ancora L. Sambon, Repertorio delle monete coniate in Italia^ I, p. 2 e sgg. Per le monete ostrogotiche egualmente povera è la letteratura an- teriore e posteriore al Friedlànder. Questo A. nel lavoro Die Miinzen der Ostgoten, 1844, P^g- ^"2 ricorda i seguenti autori : Muratori, Antiquitates ital. Dissert, 27 {Roma, Rav. Ticinum). — Pinci, De nummis ravennatibus in Argelati, De Monetis Italiae, p. iii-iv. — Liruti, Della moneta che ebbe corso nel ducato del Friuli ed in Ve- nezia in Argelati : op. cit., p. 11. — Eccard, Epistula de nummis sub regimine Theodorici cusis, 1720. — Eckhel, Doctr. numm. vet., Vili, p. 211 e sgg- — Caronni, op. cit. — Marchant, op. cit. — Marquis de Lagoy, Explication de quelques medailles à monogramme des rois Gothes d* Italie découvertes dans le midi de la France. Aix, 1843. Dopo il Friedlànder abbiamo gli stessi AA. succitati per le monete vandale cioè il Sabatier, il Keary, il Babelon, Engel et Serrure, I, pag. 24 e sgg. Ultimo lavoro m ordine di tempo è il Catalogo del Museo Britan- nico del Warwick Wroth, edito nel 1911, che tratta estesamente di tutti e due i gruppi di monete. Per i ripostigli vedi le note a pag. 525. 532 I.ORENZINA CESANO Tutti gli AA. posteriori al Friedlander, sino ad oggi, sulla scorta dei suoi lavori insieme con lui, hanno attribuito ai Vandali (oltre le altre monete di maggior modulo e di diverso metallo, delle quali qui non si tratta) esclusivamente quei piccoli bron- zetti, noti in pochi esemplari, che portano il nome ed il monogramma dei due ultimi re vandali, Ilde- rico {523-530) e Gelimero (530-534) contemporanei di Giustino I (518-527) e Giustiniano (527-566), di Teodorico (493-526) e di Atalarico (526 534) e di cui alcuni esemplari sono pure nel nuovo gruzzolo (v. sopra). Nel suo Catalogo il Warwick Wroth ha accre- sciuta invece notevolmente la serie dei piccoli bronzi vandalici, attribuendo in generale ai Vandali un buon immero di piccoli bronzi vari (i), illustrati nelle ta- vole III-IV dell'opera e che io ho potuto distinguere nei seguenti due gruppi, al primo dei quali conser- verò il nome datogli, precedentemente al Warwick Wroth, dal Gnecchi e dall'Orsi : 1. — Contraffazioni o imitazioni barbare^ rinvenute ed identificate primieramente dal comm. Gnecchi e poi dal prof. Orsi, nei ripostigli del Monte Rosa e di Perugia ; 2. — Buon numero di quei bronzetti al nome ed al mo- nogramma di Teodosio I, Marciano, Leone I, Zenone, Anastasio, Giustiniano, i quali pezzi sino ad oggi ab- biamo veduto raffigurati nel Sabatier : Monnaies Byzan- tines /, tav. V-VIII, ed esclusivamente attribuiti ai sin- goli imperatori bizantini sunnominati della cui moneta- zione costituirono il nominale minimo. Dunque, oltre le contraffazioni, quasi tutti i mi- nimi bronzetti al nome dei succitati imperatori di Oriente noi vediamo ora dall'A. attribuiti ai Vandali. (I) Cfr. o. e, p. XVni sgg., p. 17 sgg. \ DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 5^3 A dire il vero, TA., mostra sovente di considerare singoli pezzi quali pezzi di imitazione di altrettanti prototipi costituenti emissioni imperiali italiane o africane (^), ma dal testo non emerge sempre chiaro questo concetto di pezzi di imitazione, questa distin- zione, le figurazioni delle sue tavole sono simili a quelle del Sabatier, onde lo studioso rimane in dub- bio se ammettere o escludere resistenza dei proto- tipi, di emissione imperiale, di Leone, Zenone, Mar- ciano, ecc., se pensare che i pezzi vandalici sieno le imitazioni, o costituiscano invece emissioni ori- ginali, tutte proprie dei Vandali, tanto più che il Sabatier non è citato per tali pezzi, e noi ancora manchiamo di un'opera la quale ci descriva la mo- netazione della prima età bizantina sino ad Anastasio. È, a din vero, l'incertezza delFA. che riflette quella del lettore. Più specificatamente costituiscono il primo gruppo, delle cosidette contraffazioni, bronzetti di vario dia- metro, sempre minimo però, di forme irregolari, con bordi spezzettati, che mostrano al diritto Teffigie diademata imperiale più o meno rozza, contornata da una leggenda più o meno incompleta, e decifrabile (se leggibili, sono i nomi di Onorio, Valentiniano, Teodosio), ed al rovescio un rozzo tipo schematico, raffigurante la Vittoria a destra o a sin., di fronte, con prigioniero; una figura seduta, l'imperatore in piedi di fronte o a sin., due imperatori in piedi di fronte, l'imperatore che trascina un prigioniero, una porta di campo, ecc. ; verosimilmente imitazioni dei tipi dominanti tutta la monetazione enea degU ultimi imperatori d'Occidente e di quelli d'Oriente sino ad (i) Cfr. le varie note degli specchietti ed anche Catalogne, p. XIII e seguenti. 68 534 -ORENZINA CKSANO Anastasio — qualche tipo troppo rozzo e barbaro non si può individualizzare ('). Il secondo gruppo comprende pezzi di diametro più piccolo ancora, ma di fabbrica più regolare, che mostrano al diritto, così come i precedenti, l'effigie imperiale e gli elementi di una leggenda, ed al ro- vescio una leggenda preferibilmente costituita da un monogramma (quello di Teodosio II, Marciano, Leone, Zenone, Anastasio, Giustiniano, il monogramma cri stiano nelle sue varietà), ovvero da una lettera (A D ; K; M; N; IT; T); da una leggenda spiegata: VOT XIII; VOT • xml ; od anche una rappresentanza come una stella, una croce, un leone ; e sono questi i tip propri in gran parte degli imperatori orientali qui citati, cioè dei bronzetti ad essi sino ad oggi asse gnati (2). 11 Warv^ick Wroth nella sua nuova attribuzione ha seguito la classificazione dei pezzi del Gabinetto di Londra fatta dal conte De Salis, il quale per essa è stato indotto e si è fondato esclusivamente sullo stile rozzo, sull'apparenza barbara dei vari pezzi spe- cialmente del primo gruppo, e sulla presunta deri- vazione di molti di essi dall'Africa, dico presunta perchè di molti pezzi è ignota la provenienza, per molti è incerta, per pochissimi sicura, come dichiara lo stesso A. <3). Il quale però mostra di non condi- videre la piena convinzione del conte De Sahs circa la derivazione di tutte queste monete dei Vandali e mentre alcuni pezzi dichiara, come abbiamo veduto, d) Cfr. la tav. Ili del Catalogo del Mus. Brit. e le illustrazioni nella relazione del prof. Orsi (loc. cit.). Alcuni pezzi del Mus. Brit. sono però vere e proprie monete di coniazione imperiale, frammentate ai bordi e sconservate, degli imperatori di cui portano il nome e l'effigie. (2) Cfr. Sabatier, op. cit., tav. V-VIII; Warwick Wroth, op. cit., tav. IV. (3) Cfr. pag. XVIII e sgg. alle note dei singoli pezzi di queste due categorie. DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 535 di emissione imperiale italica o africana <», per altri non risolve la questione che lascia in sospeso (2). In generale però tutti i pezzi che noi abbiamo suddiviso in questi due gm^^ì^ìV A, Atuomìn^. presimti vandalici, attribuendone remissione, a seconda dei nomi che i più leggibili portano al diritto ed a seconda dei mo- nogrammi del rovescio, ai vari re Vandali contempo- raneamente o subito dopo dominanti a Cartagine, e così assegna i pezzi col nome di Teodosio I (379- 395), Onorio (395), Teodosio II (408-450), Valenti- niano III (425-450), Marciano (450-457), Leone (457- 474) a Gaiserico (428-477) o al suo successore ; i pezzi col nome di Zenone (474-491) ad Unnerico (477- 484) e Guntamundo (484-496), quelli col nome di Anastasio (491-518) a Guntamundo (484-496) e Tra- samundo (496-523), i pezzi col nome di Giustiniano (527 566) ad Ilderico (523-530). I pezzi poi del tutto illeggibiU e barbari TA. propende crederli battuti dai Mauri, da Masuna ad es. che nel 508 si denominò rex Matirorum et Roma- norum ed occupò parte del territorio dei Vandali stessi (3). Secondo il Warwick Wroth dunque i pezzi co- stituenti questi due gruppi, nel loro complesso, avreb- bero costituito la monetazione dei vandali, in parte di imitazioni, in parte originale, al nome degli impe- (i) Per es. i nn. 158-176, 223, 224, 227, 381-387 del nuovo gruzzolo- (2) V. a pagg. 520, 521 alle varie note. Inoltre l'A. è in dubbio se considerare ostrogotici parte dei pezzi di cui qui si tratta — quelli cioè che rientrano anche nel periodo ostrogotico — perchè rinvenuti anche in Italia a Monte Roduni insieme coi piccoli bronzi ostrogoti: " Se di origine ostrogotica, quelli colla testa di Leone e di Zenone devono es- sere assegnati ad Odoacre, quelli colla testa di Anastasio a Teodorico ) ma tutti questi bronzi sono così rozzi, specialmente al diritto, che dif- ficilmente possono essere considerati degli Ostrogoti, i cui bronzi pos- sono a mala pena a quelli essere comparati „ (o. e, p. LI). (3) Op. cit., pag. 39 e note. 536 LORCNZINA CESANO ratori d'Occidente ed Oriente ad essi contemporanea- mente regnanti, per servire al piccolo scambio gior- naliero della popolazione sottomessa, monetazione composta di bronzetti coniati prevalentemente in quel periodo in cui i Vandali non segnarono col loro nome alcun bronzo, cioè fino ad Ilderico, il quale, suiresempio di Teodorico, iniziò la monetazione enea al suo proprio nome (^). Ora dobbiamo prendere in esame questa nuova teoria e vedere se i ripostigli oggi noti apportino ad essa una conferma o no. I dati principali fornitici dai ripostigli noti sono, in riassunto, i seguenti (2): 1. — Il ripostiglio di Siracusa, il quale giunge almeno sino ad Onorio (408 d. C), consta esclusiva- mente di piccoli bronzi degli imperatori d'Occidente e d'Oriente (Teodosio e Arcadio). 2. — Il ripostiglio del Monte Rosa, il quale giunge almeno a Leone I (474 d. C), comprende: a) bronzetti d'imperatori d'Occidente e di Oriente; fi) contraffazioni (Ve del tutto) ; y) tondini non coniati. 3. — Il ripostiglio di Perugia, coevo al pre- cedente, comprende : OL) bronzetti d'imperatori d'Occidente e di Oriente; fi) frammenti delle precedenti ; y) contraffazioni (V5 del tutto). 4. — Il ripostiglio di Castro dei Volsci del- l'ultima età ostrogotica comprende : (i) È tutt'altro che certa la lettura del pezzo col nome di Gun- tamnndo (v. sopra). (2) Mi riferisco e mi fondo esclusivamente sulle relazioni che di tali gruzzoli sono state pubblicate. DELLA MONÉTA ENEA CORRENTE IN ITALIA 537 a) bronzetti d'imperatori d'Occidente e di Oriente ; P) frammenti dei bronzetti succitati ; y) coi nomi e monogrammi dei re vandali ; ^) „ n » » » ostrogoti ; e) tondini non coniati e qualche contraffazione. 11 nuovo gruzzolo quindi non comprende le con- traftazioni — se non in minimo numero — (v. sopra), ma bensì buona quantità di bronzetti col nome e col monogramma degli imperatori d'Oriente, cioè del se- condo gruppo dei pezzi assegnati ai Vandali dal War- wick Wroth. Di qui dunque una prima distinzione fra i due gruppi, ai quali non possiamo più asse- gnare una stessa origine, provenienza ed età. Tali contraffazioni, in buon numero, noi ritroviamo non solo nei ripostigli meno recenti precitati di Monte Rosa e di Perugia ma ancora in un altro gruzzolo di vecchia data, coevo ai due precedenti, e pubbli- cato in modo troppo sommario dal Brambilla (^). Fu rinvenuto nella valle del Ticino presso Borgo S. Siro e constava di 900 monetine di bronzo, delle quali 700 consunte ma con traccie di esser state battute nel secolo IV d. C. ; 120 di imperatori bizantini (?) da Costante I (337-350) ad Onorio (395-423) ; 70 di conio affatto barbaro, '/^^ del tutto. Queste contraffazioni sono adunque, sino ad oggi, di sicura provenienza prevalentemente italiana e dell'età prebarbarica, laddove son in Italia rari i coni iscritti vandalici veri e propri ; a questo propo- sito il prof. Orsi ebbe a dichiarare (1. e.) di non aver mai avuto per le mani un conio vandalico — s'in- tende dei coni iscritti — sebbene abbia maneggiato migliaia di monete rinvenute nelle provincie orien- tali della Sicilia, di quella regione cioè che, già do- (i) Alcune annotazioni numismatiche di C, Brambilla, Pavia, 1867 Meni. 12. Cfr. Caucich, Bollettino di Num., II, pag. 7. 538 LORENZINA CESANO minata dai Vandali, con essi dovette mantenere di poi anche per ragioni topografiche più vive re- lazioni. Come si può apporre ai Vandali questo gruppo di pezzi tanto numerosi su tutta la penisola * italica ? Si noti inoltre che le contratfazioni si rin- vengono prevalentemente nei gruzzoli deirultima età imperiale romana e non già dell'età barbara, quando compariscono all'incontro in buon numero i pezzi coi nomi e coi monogrammi degli imperatori di Bi- sanzio ed* i pochi pezzi iscritti vandalici. Sinora mancano dunque prove e ragioni che confermino la attribuzione del De Salis e del Warwick Wroth, lad- dove abbondano le une e le altre per considerare primieramente quegli esemplari quali vere e proprie contraffazioni sorte sul suolo italiano nell'età preo- strogotica : la loro presenza nei ripostigli italiani di questa età, al Ticino, a Perugia, a Lipari, la varietà grande dei tipi, e specialmente dei coni per ciascun tipo, la forma schematica e barbara di essi, la roz- zezza dei pezzi, la forma del flan che ricorda quella dei pezzi postcostantiniani e non già il flan dei bron- zetti vandali ed ostrogoti, più stretti e più spessi. La loro presenza, la loro origine inoltre, si spiegano logicamente, per la contemporanea presenza nei gruz- zoli di altri due gruppi di pezzi coevi, cioè i fram- menti ed i tondini non coniati. Le contraffazioni trovano infatti la loro più ampia giustificazione in quei due nuovi gruppi di pezzi, esse sono da considerarsi quali una deriva- zione logica, una conseguenza inevitabile della spez- zettatura dei bronzetti dell'età precedente postco- stantiniana, spezzettatura intenzionalmente eseguita per la fabbricazione di piccoli pezzetti che rispondes- ad un peso voluto, che non è già quello dei bron- zetti vandali ed ostrogotici posteriori ma un po' più forte; una volta annullato il tipo e la leggenda colla DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 539 spezzettatura, cioè sottratti alla^ moneta ciò che la caratterizza, la legalizza e la identifica, era di con- seguenza inevitabilmente ammesso ogni genere di contraffazione; si ritornava al bronzo a peso e quindi io mi domando inoltre se per questi pezzi il nome di contraffazioni sia del tutto giustificato. Quanto ai bronzetti del secondo gruppo, cioè quelli al nome o al monogramma dei primi impera- tori di Bisanzio da Teodosio II a Giustiniano, VA. del Catalogo ha dovuto già da parte sua ammettere che alcuni pezzi di quest'ultimo imperatore, colFef- figie di fronte rappresentino vere e proprie emis- sioni italiane imperiali; questo gruppo il nostro ri- postiglio aumenta di nuovi pezzi. Per gli altri pezzi per cui TA. è in dubbio, la loro presenza in buon numero nel nostro gruzzolo così come a Monte Ro- duni, mi fa già escludere la loro derivazione dai Vandali ed io penso che se non sono già i prototipi di conio orientale giunti cogli scambi in Italia — di cui un esemplare pervenuto dall'Asia Minore è rap- presentato dalla fig. 62-63, tav. IX — rappresentano ancor essi altrettante emissioni imperiali italiane uffi- ciali, al nome di quegli imperatori, pur non esclu- dendo che gli esemplari più rozzi sieno falsificazioni del tempo. Secondo un uso vigente sino dall'epoca della tetrarchia precostantiniana e durato costantemente di poi, con la prima divisione di Valentiniano e Valente, di Arcadio e di Onorio, le zecche del- l'una parte dell'impero coniarono monete di continuo anche al nome degli imperatori dell'altra parte dello stato (^), lo provano i soldi d'oro di Onorio emessi a (i) Cfr. per quanto qui è detto rarticolo di A. Blanchet, Le mon- nayage de l'empire romain après la mori de Theodose 1 in Acad. des In script., 1908, pag. 254 e sgg. 54© LORENZINA CESANO Costantinopoli, a Tessalonica, ad Alessandria, ad An- tiochia; i pezzi di Arcadio usciti dalla zecca di Roma, da quella di Ravenna, Aquileia, Milano, Treviri, Lug- dunum, Siscia. Anche dopo la presa di Roma ed i * torbidi che seguirono l'arrivo dei barbari in Italia, le due parti del mondo non si separarono neppure nel riguardo del numerario emesso e corrente. Mentre Teodosio II, successore di Arcadio a Co- stantinopoli, fa dichiarare Cesare Valentiniano III, suo cugino, che fu poi proclamato Augusto a Roma sotto la tutela della madre Galla Placcidia (425 d. C), e Valentiniano III sposa Licinia Eudosia, figlia di Teodosio II (435 d. C), nello stesso tempo solidi aurei di Teodosio II sono coniati a Ravenna e ad Aquileia, e quelli di Valentiniano III sono emessi a Costantinopoli ; uno di questi ultimi porta un rove- scio di Teodosio li {imp. XXXXIl cos, XVII Coh.^ 4) e pur vediamo due principi seduti su aurei dell'uno e deiraltro. Se per Toro così bene ci informano i segni di zecca e la stessa cosa possiamo dire per l'argento, resteremmo in dubbio circa il bronzo per l'esiguo numero di esemplari leggibili giunti sino a noi, per Tancor più esiguo numero dei pezzi esa- minati e letti (0, per le descrizioni incomplete del Cohen e del Sabatier, per la mancanza dei segni di zecca sui bronzetti a monogramma, se un recentis- simo ripostiglio, di cui sarà qui appresso parola, non ci confermasse che lo stesso avvenne per il bronzo: piccoli bronzetti di Teodosio II sono infatti coniati (i) A dir il vero non si prestano i pezzi che compongono i gruz- zoli, mal coniati, sconservati sopratutto ai bordi, cfr. ancora fra gli altri il ripostiglio della fine del IV secolo (Valentiniano II), rinvenuto a Veszprem (Ungheria) di 5800 pezzi, dei quali il Voetter ne ha potuto catalogare solo un terzo, 2881 pezzi, a causa della cattiva conserva- zione e della spezzettatura, in Wiener Numismatische Zeitschrifl^ 19091 pag. 117 e sgg. DELIA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 54I a Roma contemporaneamente ai bronzetti di Gio- vanni Tusurpatore, e portano come questi ultimi, la sigla RM della zecca di Roma (v. avanti); lo stesso possiamo quindi dedurre per tutti gli altri imperatori che precedettero e seguirono immediamente a questi sino alla fine dell'impero romano. Si noti inoltre che, mentre gli imperatori di Oriente, da Arcadio sino ad Anastasio, coniarono ancora bronzo di più moduli, il grande, il medio ed il piccolo modulo (^), in Occidente con Onorio scom- pare l'ultimo bronzo, dal Cohen detto di medio modulo, ed in omaggio all'ordinanza del 12 aprile 395 ^^\ colla quale si ordinava che i conti da allora in poi si facessero coi nummi centenoniali, cioè coi più piccoli bronzetti sino allora coniati, ed era de- monetizzata la moneta enea di maggior modulo, si coniarono solo più questi piccoli bronzetti, di modulo minimo e del peso che si aggira intorno ad i gr. Ora questa diversa condizione di cose per le due parti dello stato romano, mi suggerisce una nuova considerazione in appoggio alla mia tesi, cioè che prevalentemente in Italia o meglio nell'Occidente si coniassero pure i bronzetti di minimo modulo al nome degli imperatori d'Oriente, che noi in numero notevole rinveniamo nei ripostigli italiani, e che do- vevano scambiarsi proprio con i rispondenti bron- zetti degli imperatori dell'Occidente che qui costi- tuivano ormai l'unico numerario emesso e corrente. Che, del resto, le une e le altre emissioni fornis- sero una minima quantità di numerario spicciolo, in- k (1) Cfr. Sabatier I, tav. IV-IX. (2) Cod. Theod. IX, 23, 2 " Centenonialem tantum nummum in con- versatione publica tractari praecipimus, inaioris pecuniae figuratione summota. Nullus igitur decargyrum nummum alio audeat commutare, sciens fisco eundem pecuniam vindicandam, quae in publica potuerit conversatione deprehendi „. 69 542 LORENZINA CESANO / sufficiente alla circolazione, lo dimostrano non solo la costituzione dei ripostigli sinora studiati compren- denti frammenti e tondelli non coniati, ma ancora una breve rassegna delle emissioni dei singoli im- peratori, per la quale sappiamo che dopo Onorio, pochissimi sono i bronzetti coniati da ognuno di essi sino a Valentiniano IIL dopo il quale ne rinveniamo solo uno o due per ciascuno (0, sempre rari e noti in un minimo numero di esemplari. Anche i bar- bari del resto, all'inizio della loro monetazione, do- vettero attenersi all'editto succitato dei figli di Teo- dosio, ed all'uso vigente e coniare al loro proprio nome esclusivamente i bronzi minimi, le emissioni di maggior modulo si presentano infatti anonime o al nome degli imperatori d'Oriente, sebbene emesse, presumibilmente, nelle zecche di Occidente, e ciò, sia per l'editto di cui si è detto sopra, sia per le ne- cessità pratiche del commercio, sia ancora per un riconoscimento della supremazia dell'Oriente sull'Oc- cidente. Le ragioni più forti che hanno indotto il conte De Salis ed il Warwick Wroth ad attribuire ai Van- dali i due gruppi di pezzi qui studiati sono: la roz- zezza dei tipi ed il fatto notevole che noi conosciamo solo un minimo numero di pezzi di bronzo iscritti al nome dei re Vandali, i quali pezzi, si pensa, non potevano bastare ai bisogni delle popolazioni del- l'Africa, loro sottoposte. Come in parte abbiamo già veduto, le stesse ragioni si potrebbero addurre per Tltaha e per il resto del mondo antico. Quanto alla rozzezza dei tipi i pezzi cosidetti vandalici nulla hanno ad invi- diare ai bronzetti coniati contemporaneamente nel resto del mondo romano ; per la quantità si è già (i) Cfr. Cohen*, Vili voi., ai singoli imperatori. DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 543 detto che era minima, insufficiente, onde si suppliva coi frammenti di monete dei periodi precedenti, coi tondini non coniati, ed infine colle cosidette contraffazioni. Questo stato di cose era evidentemente l'effetto delle condizioni politiche, dei rivolgimenti, delle in- vasioni barbariche, della presenza di eserciti inva- sori e combattenti, per cui le sole monete di valore reale, d'oro e d'argento, venivano agevolmente scam- biate e quindi coniate in quantità prevalente; si pro- lungava cioè nel campo economico quella crisi che, originatasi nel III sec, era causa ed effetto nello stesso, tempo della profonda crisi politica che doveva sconvolgere tutto il mondo antico. La riforma di Anastasio, perfezionata da Giustiniano, nel campo economico è massimamente importante avendo ap- portato se non un termine, un rimedio a tale stato esiziale di cose, per essa essendo di nuovo messa in circolazione, in quantità straordinaria, la moneta di bronzo di più moduli col segno del valore, la data e il luogo di emissione. I Vandali, occupate le provincie africane dell' impero di Occidente, non erano certo in tali condizioni di superiorità politica, economica e finanziaria da poter essi, nelle provincie invase, migliorare lo stato di cose ivi esistente, stato di cose che essi aggravarono, impoverendo le genti; essi la- sciarono correre sul mercato africano unitamente ai- Toro ed all'argento di conio imperiale, il bronzo di Occidente e d'Oriente che ivi correva prima del loro arrivo (i) come altrove in Italia e nel resto dello stato (i) Il ripostiglio di 4339 bronzetti da Costantino I ad Onorio (423 d. C.) rinvenuto a Cartagine, dimostra di che cosa si componesse il nume- rario di bronzo corrente in Africa all'arrivo dei Vandali. Cfr. Delattre, Une cachette de monnaies a Carthage au V siede in Memoires de la So- ciété archeologique de Coiislantine, XXXV, 1901. ppg. 181 e sgg. e Compies- rendus de i'Acad. des Inscript. el belles lettres^ 1902, pag. 548 ; come i ripostigli coevi italiani, comprendeva bronzetti d' imperatori d'Occidente e d'Oriente, di piià moduli (mill. 11-17) e peso (gr. i, 2, 2,35) (v. avanti). 544 LORENZINA CUSANO romano, fra il quale eran di certo ancor ivi abbon- dantemente rappresentati e le contraffazioni e i ton- dini ed i frammenti, fino a tanto che Ilderico, ad imitazione di Teodorico, riordinando la monetazione del bronzo, non impose il suo monogramma ai pic- coli bronzetti coniati nelle sue zecche. Purtroppo non abbiamo alcuna illustrazione del ripostiglio car- taginese già citato dell'età vandahca, di 3418 piccolis- simi bronzetti, del peso medio di gr. 0,43; per esso noi avremmo risolte tutte le incertezze circa la mo- neta enea ivi corrente in quel periodo oscuro, e sa- rebbe questo un buon risultato acquisito ai nostri studi. Il peso medio di gr. 0,43 ch'è il peso più basso, di pochi esemplari della monetazione cosi- detta vandalica citata dal Catalogo del Museo Bri- tannico, se ci illustra la miseria dei tempi, non basta a darci una idea esatta di queste monete. Ad illustrare un po' piti ampiamente di quanto è stato fatto sinora il numerario di bronzo corrente in Italia nell'ultima età imperiale romana gioverà la descrizione di due nuovi recentissimi ripostigli, ch'io ho avuto occasione di esaminare, rinvenuti l'uno ad Ostia, l'altro al Bivio della via Cassia e la via Clodia nell'agro Veiente, a pochi chilometri da Roma. Quest'ultimo è costituito di circa ti 70 bronzetti tutti in pessimo stato di conservazione dei quali 850 indecifrabili, 250 in parte riconoscibili, parecchi ton- dini stretti e spessi, senza traccia di conio e moltis- simi minuti frammenti. Vi ho riconosciuto oltre un piccolo bronzo di Naevius Capella, monetario di Aug. ^0, i bronzetti dei seguenti imperatori d'Oriente e d'Occidente : (i) Cfr. il ripostiglio del Monte Rosa (Lipari). DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 545 Costantino I. Crispo. Delmazio. Costante. Costantino IL Costanzo li. Costanzo Gallo. Giuliano II. Valentiniano 1 e li. Valente (378 d. C). Graziano (383 d. C). Onorio (423 d. C). Arcadio (408 d. C). Teodosio I (395 d. C). Massimo (388 d. C). [Libio Severo (?) (461-465)]. Secondo il diametro e il peso i bronzetti si di- vidono nei seguenti gruppi (i) : a) pezzi 42; diam. mill. 8-10, peso medio gr. 0,76. Sono i pezzi più piccoli di diametro e più spessi, sui quali non ho distinto alcuna traccia di conio ; ^) pezzi 88; diam. mill. 11-14; peso medio gr. 1,00. Vi si distinguono i piccoli bronzi quinari di Arcadio, Onorio, Massimo, dal tondino fine, piatto, regolare a bordi eguali, con al diritto Teffìgie diademata ed al rovescio una Vit- toria; r imperatore a sin. con prigioniero (spes reipublicae)) due Vittorie in piedi di fronte (victoriae dd, nn. augg., etc); rimperatore in piedi a sin. con globo e scettro, ovvero la leggenda vot v mtdt x di Arcadio, o il casirum di Massimo ; y) pezzi 84; diam. mill. 17, peso medio gr. 1,64. Sono i pic- coli bronzi dei figli di Costantino, di Valente e Valen- tiniano I e II, di Giuliano II, coi noti rovesci : Salus rei- publicae - fel, temp. reparatio - securitas reipnblicae - gloria romanorum. Un solo pezzo, che misura mill. 9 e pesa gr. 0,90 e che ha il diritto illeggibile e quindi è di attribu- zione incerta, mostra al rovescio il monogramma che Sabatier (2) attribuisce a FI. Ricimero. il famoso (i) AduUu per i ripostigli di questa età tale suddivisione per dia- metro e peso, essendo l'unica, a mio vedere, che ci possa offrire con sufficiente chiarezza, l'idea della composizione dei gruzzoli stessi. Ho preso in considerazione i pezzi meno sconservati. (2) Sabatier I, pag. 87, n. i, tav. II, n. i, il quale autore evidente- mente segue il Friedlaender, Ital. Miinsen mit Monogr.^ p. 54. 546 LORENZINA CESANO patriciiis, consu/, magister utritisque mihtiae, che fu arbitro del destino di cinque imperatori, Avito. Maio- riano, Libio Severo, Antemio, Olibrio, quattro anni dopo la morte del quale finì l'impero d'Occidente. Se questo monogramma è il suo e se è iscritto su moneta di Libio Severo, che egli dominò completa- mente, il ripostiglio giunge a circa il 465 d. C. È probabile quindi che fra le tante monetine illeggibili del gruzzolo si nascondano i pochi bronzetti degli imperatori da Onorio (423) a Libio Severo (461- 465 d. C). Questo di Ricimero sarebbe il primo mo- nogramma apparso su monete di imperatori d'Occi- dente, cui seguono quello di Antemio (467-471), infine i monogrammi ostrogoti, laddove per l'Oriente la serie si inizia con Teodosio II (408-450), segue con Marciano (450-457), con Leone I (457-474), Zenone (474-491), Anastasio (491-518) e Giustiniano (527-565). Dei frammenti non posso tener conto, essendo troppo sminuzzati, perchè fragilissimi, avendo subito una profonda ossidazione. * * Il ripostiglio di Ostia, rinvenuto negli scavi della primavera di quest'anno nell'isolato tra via della Fontana e via delle Corporazioni, consta di più di 890 pezzi, fra i quali : Monete coniate n. 298 ; P>ammenti di monete n. 276; Tondini in parte non coniati ma con intaccature n. 310. Nessun pezzo mostra traccie di un monogramma qualsiasi. Il ripostiglio non giunge all'età barbarica, gli ultimi due imperatori rappresentati nella serie dei pezzi coniati essendo Teodosio II e Giovanni DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 547 tiranno (423-425). Secondo diametro e peso ho po- tuto distinguere i seguenti gruppi di pezzi : a) — N. 16 bronzi del diam. di mill. 18-21 e del peso medio di gr. 3,54 ; i pezzi sono consunti ma identificabili : 1 Floriano, Coh. 77 {Providentia) bilione bucato ; 2 Claudio II o Massimiano o Costanzo (5^ requies optimor. nierii.) ; 3 Diocleziano, Coh. 34 [concordia militum); 4-5 Costantino I (nrbs Roma ^7^^ SMKT-'' 6 Licinio f., Coh. 41 (diritto LICINVS (?) • IVN • NOB • C • ; rovescio illeggibile, porta di campo) ; 7-8 Massimiano, Coh. 51 (coficordia militum)] 9 Magnenzio, Coh. 41 (vici. dd. nn. aug et caes); 10-12 Giuliano II, Coh. 151 {vot. x mitlt xx^ in corona plvctd' vrb rom); 13 Teodosio I, Coh. 19 {gloria romanorum -77—); 14-16 Tre pezzi indecifrabili. P) — N. 78 bronzi del diam. di mill. 15-18, e del peso medio di gr. 2,10 : I Licinio p. {d. n. Licini augusti^ attorno a corona) ; 2-6 Costante (fel. temp. reparatio, soldato che ferisce cava- liere; gloria romanorum, due soldati con due insegne); 7-21 Costanzo II (fel. temp, reparatio, e. s.; spes reipuhlicae, r imperatore con labaro); 22-24 Valentiniano MI [gloria romanorum l'imperatore con un prigioniero F • ); BSISC • 25-26 Graziano (fel. temp, reparatio, e. s. ; securitas reipu- blicae. Vittoria) ; 27-33 Valente [securitas reipublicae, e. s.); 34 Teodosio (rovescio illeggibile) ; 35-38 Onorio (Pimp. con globo crucigero, nel campo OF - P;OF-l). 548 LORENZINA CESANO Gli altri 40 pezzi sono simili ai precedenti ma il- leggibili al diritto ed hanno i soliti rovesci: fel, temp. r epara tio, securitas reipnblicae, gloria romanorurn, ecc. Tutti i pezzi del gruppo sono consunti, quasi den- tellati ai bordi e le leggende s'indovinano piuttosto che leggersi. y) — N. 96 piccoli bronzi di diametro minore dei prece- denti, del peso medio di gr. 1,60 di cattiva coniazione e molto corrosi ai bordi per cui sono ridotti del diametro dei piccoli bronzi quinari degli ultimi imperatori, Teodosio I ed Arcadio: I Claudio II (consecratio, ara) ; 2-4 Costante {spes reipublicae, Timp. a d. con globo ed asta); 5-6 Costanzo II (fel. temp. reparaiio, e. s.) ; 7 Graziano (securitas reipublicae, e. s.); 8-15 Teodosio I, Coh. 30 (salus reipublicae)] Coh. 43 (Victoria augg.)\ Coh. 73-4 {urbs Roma felix)\ 16-17 Arcadie (vot. v in corona). Gli altri 79 pezzi sono in parte piccoli bronzi quinari di Teodosio, Arcadio, Onorio illeggibili, e in maggior numero, come è detto sopra, piccoli bronzi pure illeggibili di Valentiniano MI, Valente, Magnen- zio, Graziano (Gloria romanorurn, 6 es. ; securitas rei- publicae, 6 es.); di Costanzo II, Costante, Giuliano II (spes reipublicae, 13 es.); colle solite figurazioni: l'im- peratore con labaro; id. con prigioniero; la Vittoria a sinistra. ^) — N. no piccoli bronzetti, i quali si differenziano da tutti i precedenti per la misura più piccola del diametro, per il maggior spessore del tondino, e la sua forma tozza preva- lentemente oblunga. Sono i pezzi più recenti del gruzzolo ed i più interessanti. Vi si enumerano : N. 44 pezzi di Johannes, Coh. i: ^' D- N • lOHANNES PF- AVG busto diad. a d.; Il) SALVS REIPVBLICAE Nel DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 549- P p campo 'L ; _ Esergo r^r La Vittoria a sin. che tra- c r KM scina un prigioniero (tav. IX, fig. 50-56) ; N. 14 pezzi di Teodosio 11 non descritti in Sabatier : ^' D • N • THEODOSIVS P • F • AV(y busto diad. ad.; B SA- LVS REIPVBLICE La Vittoria come sopra. Nel campo &• 6' ^^^^^So: ^ (tav. IX, fig. 57-61). I 52 altri pezzi del gruppo sono del tutto simili ai precedenti ma illeggibili perchè coperti di ossido o mal coniati. I due gruppi sono identici differenziandosi solo nella leggenda del diritto. La media dei 44 pezzi letti di Giovanni è di gr. 1,36; la media dei 14 pezzi letti di Teodosio è di gr. 1,25. t) — Questo 5.° gruppo è costituito di circa n. 280 fram- menti di monetine di età postcostantiniana, informi e del peso medio di gr. 1,00. Buon numero di questi frammenti sono intaccati su una o su ambedue le faccie. y) — Questo 6.** gruppo è composto di n. 314 bronzetti di forma airincirca regolare, di diametro stretto, spessi, si- mili per conformazione ai pezzi dei due succitati imperatori, su alcuni dei quali può ravvisarsi una effigie, una testina o una Vittoria, sul maggior numero però è solo una intacca- tura al centro di una o di ambedue le faccie. Peso medio grammi 1,09. Non può sfuggire ad alcuno l'importanza di questi due gruzzoli dei dintorni di Roma che illu- strano ampiamente la moneta enea corrente nell'ul- tima età imperiale romana sulla penisola. In questi due gruzzoli ricorrono già come poi in quello di Castro dei Volsci, più recente di un secolo, i fram- menti di monete postcostantiniane ed i tondini non coniati ma intaccati, costituenti gli uni e gli altri il 70 550 LORENZINA CFSANO nominale corrente più piccolo dell'epoca. Inoltre, mentre il ripostiglio ostiense, deiretà di Giovanni tiranno e di Teodosio II, del momento cioè in cui il primo tentò di ingraziarsi il secondo (423-424), è an- cora composto di pezzi dai pesi che variano da gr. 3,54 a gr. i e cioè di pezzi dal peso medio di gr. 3,54; 2,To; 1,60-1,30; 1,09-1,00, il ripostiglio della via Cassia, più recente ancora, consta di soli tre gruppi di pezzi riconoscibili e presumibilmente di tre nominali <^\ pesanti in media gr. 1,63; 1,09; 0,76, il quale ultimo peso sarà poi quello delle mo- netine ostrogotiche che seguiranno, mancano dunque i due gruppi più pesanti del ripostiglio ostiense. Quest'ultimo è ancora interessante sotto un altro punto di vista ; esso ci presenta un nuovo gruppo di pezzi della zecca di Roma, i pezzi di Teodosio II, che ci provano come la zecca romana a questo tardo momento coniasse ancora bronzi al nome degli im- peratori d'Oriente, e di un carattere speciale, rozzo, quasi barbaro, che ci dimostra come fossero svanite le ultime tradizioni degh artisti dei secoli precedenti. Da questa zecca noi dobbiamo ancora riconoscere che uscissero quei tondini intaccati e non coniati, il cui taglio e peso regolare e la forma simile ai pezzi di Giovanni e Teodosio II rivelano chiaramente la stessa origine di quelli; a questi tondelli l'intacca- tura dava aspetto speciale e forse anco valore spe- ciale individualizzandoli ed in certo modo larvando la mancanza della figurazione, laddove non alla zecca o almeno non esclusivamente alla zecca possiamo apporre la spezzettatura delle monete anteriori, ognuno che ne avesse il materiale potendovi atten- dere a suo modo ^^l (i) Non so se nel fatto si possa trattare di tre nominali o piuttosto di due coi pesi di circa gr. 1,63 <: 0,76. (2) Certamente così come prima dell* editto del 393 (Cot/. Theod.^ DELLA MONETA ENEA CORRENTE IN ITALIA 55] Se adunque a Roma e ad Ostia alla metà del V secolo si emetteva ed aveva corso questo insieme di pezzi, che sono lo specchio più fedele della mi- seria economica, del disordine finanziario, dell'ab- bandono in cui eran lasciati T Italia e le provincie dal governo centrale sempre più debole ed inetto all'arrivo dei barbari, se a questi possiamo o dob- biamo apporre un peggioramento delle condizioni economiche che erano il risultato della cattiva poli- tica di più secoli, non possiamo però loro attribuire un peggioramento della moneta corrente, già tanto pessima che essi anzi cercarono di migliorare sotto Timpulso e l'esempio di Anastasio e Giustiniano. LoRENziNA Cesano. IX, 21, io) che aboliva il privilegio accordato ad alcuni privati di fabbricare monete di bronzo a loro proprio conto, ciò dovette aver luogo tanto più nel IV e V secolo, più o meno abusivamente, quando il valore della moneta enea era diventato minimo e sempre più debole il go- verno centrale. I Dna emissione finora ignota di pezze da un centesimo fatta sotto il Regno di Carlo Alberto nel 1847 Nel procedere airordinamento degli Atti della cessata amministrazione centrale delle zecche e della soppressa zecca di Torino, ho trovato un fascicolo riferentesi alla emissione, fin ora completamente sco- nosciuta, di oltre cinque milioni di pezze di rame da un centesimo coniate dalla zecca di Torino nell'anno 1847 sotto il Regno di Carlo Alberto, ma recanti il nome di Carlo FeHce ed il millesimo 1826 <^). Trattasi di una coniazione effimera imposta dalla necessità del momento, che come è noto, fu poi ri- petuta nel 1860 dalla zecca di Bologna la quale ri- coniò le tre monete di rame (da cent.*"' 5, 3 ed i) deiranno 1826 (2). Senonchè le monete coniate a Bologna si distinguono da quelle del 1826, per la soppressione nelFesergo della marca di zecca e del- l' iniziale P del direttore Podestà, mentre quelle co- niate nel 1847 si confondono completamente con le precedenti del 1826 non essendosene per nulla alte- rati i coni, cosicché nessuno ne avrebbe potuto so- spettare l'esistenza se ora non mi capitava sotto gH occhi la relativa trattazione che merita qualche cenno illustrativo. (i) Torino. Archivio di Stato, Sezione 2.» Zecche, Elenco 5.°, n. 20, fascicolo I. (2) Vedi Marchisio A. F. : Studi sulla numismatica di Casa Savoia. Memoria Vili, pag. 25-26. 554 PAOLO DEREGE DI DONATO Il 7 aprile 1845 ramniinistrazione della zecca dì Torino segnalava alla Segreteria delle Finanze la deficienza assoluta delle pezze di rame da un cen- tesimo e le frequenti richieste delle medesime. La scarsità proveniva dal fatto che nella coniazione dell'anno 1826, mentre si dovevano produrre chilo- grammi 83,000 di pezze da i cent., non se ne fab- bricarono che soli kg. 32.032 e gr. 965, cioè una somma in meno di L. 254,835. Veniva perciò proposto che procedendosi ad una nuova battitura di tali monete, sotto il Regno di Carlo Alberto, non si dovessero più fabbricare con i coni del 1826 portanti il nome del re Carlo Felice, ma che si dovessero far coni di nuovo di- segno e forma dei quali si univano due abbozzi pre- parati dall'incisore Ferraris ('). Se ne proponeva poi l'emissione per un va- lore di L. 50,000. La proposta incontrava l' approvazione della Segreteria delle Finanze circa l'opportunità della fabbricazione di pezze da 1 centesimo pel valsente di L. 50,000, ma per ragione d'economia, quanto all'iscrizione del millesimo, questa riteneva non po- tervi essere inconveniente a valersi dei coni del 1826 « giacche il pubblico non doveva essere informato « che la nuova emissione fosse il prodotto d'una « recente fabbricazione piuttostochè quello di un « fondo di riserva esistente nelle R.* casse per l'emis- « sione del 1826 d'altronde non compiuta », e perciò con Nota 15 maggio 1845 rispondeva di aver esplo- rato le intenzioni di S. M. in proposito, la quale si era degnata di approvare il sottopostole divisamento nei termini che seguono: (1) Tali abbuzzi non li ho potuto rinvenire. I UNA EMISSIONE FINORA IGNOTA DI PEZZE DA UN CENTESIMO 55^ u i.° — Che sia il caso di provvedere nella a Zecca di Torino alla fabbricazione di pezze di u rame da un centesimo per un valore nominale a di L. 50/m. u 2." — Che per essa si usino gli stessi coni « adoperati per la monetazione del 1826. « S."" — Che perciò siano le nuove monete a dello stesso peso e diametro delle attuali. " 4/' — Infine che si aprano le analoghe trat- « tati ve col Direttore delle officine monetarie w. Con R.° Brevetto 6 agosto 1846 veniva poi cocessa la Sovrana autorizzazione di una spesa nuova di L. 46,000 per la fabbricazione di tali monete e di conseguenza si stipulava il contratto con il si- gnor cav. Luca Podestà e per esso col suo rappre- sentante presso la zecca di Torino signor Battilana. Esaurite le pratiche preliminari vennero prov- visti i necessari tondini del peso di grammi due ca- dauno e del diametro di 19 millimetri dalla Casa in- glese Bouton e Watt di Soha (Birmingamm) per un quantitativo di kg. 10,200 e la coniazione venne tosto incominciata e compiuta in dieci emissioni con i se- guenti verbali di emissione definitiva : i.'^ - 22 febbraio 1847 N. pezze 403.584 valore 4,035.84 2.^ - 27 marzo y) V f) 505.897 )) 5*058,97 3.^ - 12 maggio ì) V „ 504,785 f) 5.047.85 4.^- 26 giugno il V „ 505.853 » 5.058,53 5-^- 29 luglio ì> ti ìf 506,765 f> 5.067,65 6^ - 16 settemb. »; f! M 505.354 » 5>o53.54 7.- - 28 ottobre » „ V 606,970 V 6,069.70 8.^ - 23 dicembre n V >; 605.355 y) 6^053,55 9.- - 19 febbraio 1848 >t » 504.393 » 5.043,93 10.^ ■ 15 ""jaggio }) » V 424,285 » 4.242,85 Totale generale delle pezze N. 5,073.241 valore 50,732,41 556 PAOLO DEREGE DI DONATO I con! impiegati nella stampa di queste monete vennero formati dalT incisore Lend}' in numero di ,41 coppie, cioè 40 coni diritti e 42 rovesci, con i quali essendosi coniate n. 5,076,143 pezze (i), ne con- seguita che fatta una media sulla massa, ogni coppia a servito a battere 127,000 pezze. Questo risultato ottenuto nella durata dei coni venne segnalato a lode deir incisore come veramente straordinario e fino allora senza esempio. Merita anche di essere segnalata la migliore qualità del rame impiegato per la formazione dei tondini in confronto di quello usato nelle precedenti coniazioni. Ciò risulta da lettera del Direttore della zecca di Torino, 24 settembre 1847, n. 2917 <2) ed ho voluto accennarlo come unica differenza che possa distinguere le monete di questa emissione da quelle del 1826. Torino, Ottobre iQrj. ' Paolo Derege di Donato. (i) La differenza col n. delle pezze emesse è dovuta alle monete lifmtate come sradenii e difettose. (2) Zecche. Elenco 5.0, n. 20. DUE CONTRAFFAZIONI INEDITE DI FRINCO E DI PASSERANO I. — FRINCO. B" — • • • Mostruoso leone di S. Marco in soldo, tenendo una mazzetta a destra ed una a sinistra ; cerchio lineare. 9 — . . . OP • • • • MANO • • • • Croce forcuta con globetto alle estremità, accostata da 4 globetti ; cer. lin. Contraffazione del sesino veneto di Marin Grimani. Rame. Diam. mill. 15, peso gr. 0,66. — Mediocre conservazione. Il sesino veneto del doge Marin Grimani fu, come già si disse in altra pubblicazione W, una delle monete particolarmente prese di mira dai conti Maz- zetti, i quali lo contraffecero in tutti i modi e con ogni sorta di leggende : basti osservare le numero- sissime varietà che di quel sesino contraffatto furono pubblicate da Promis, Morel-Fatio e Perini (2) e più (i) CuNiETTi in Bollett. Ital. di Num., a. 1907, pag. 102. (2) Promis Domenico. Monete dei Radicati e dei Mazzetti. — Idem. Monete inedite del Piemonte, supplemento. — Morel-Fatio Arnoldo. Monnaies inédites de Dezana, Frinco et Passerano. — Perini Quintilio^ La zecca di Frinco in Atti dell'Accademia degli Agiati in Rovereto^ vo- lume I, fase. II. 71 558 A. C. C. G. recentemente dal Corpus (v^ che abbraccia quanto in questa materia si conosca o sia stato pubblicato. Sebbène la monetuccia che presento sia consu- mata nell'orlo, così da non poterne ricostruire con esattezza le leggende, tuttavia la figura araldica delle mazzette non lascia dubbio alla sua attribuzione. Ma quello che in essa appare nuovo e interes- sante si è la mostruosa figura di leone in soldo che tiene una mazzetta a destra ed un\iltra a sinistra, mentre nelle numerose varietà conosciute di questa contraffazione, il leone porta la mazzetta o le maz- zette da una sola parte. Questa moneta viene pertanto a costituire un nuovo tipo da aggiungere a quelli finora pubblicati. II. — PASSERANO. B' — CEM • • CRVX • SALVS Scudo di Savoia col cimiero; cerchio lineare. ^ — CRVX • CARA • EMANAI • Croce Mauriziana; cer. lin. Contraffazione del mezzo grosso di Carlo Emanuele I Duca di Savoia (2). Rame, Diam. mill. 14, peso gr. 0,62. — Discreta conservazione. Anche la zecca di Passerano si è segnalata per i suoi prodotti fraudolenti, fra cui occupano princi- pale posto le contraffazioni delle monete di Savoia (1) Corpus NumiHorum Italicorum, voi. H, pag. 284, numeri 78-127. (2) Promis Domenico. Le monete dei Reati di Savoia, tav. XXXI, 26. Corpus Nummorum Itaticorum, voi. I, tav. XVII, 9. DUE CONTRAFFAZIONI INEDITE DI FRINCO E DI PASSERA NO 559 e di Francia, siccome quelle che più agevolmente potevano essere messe in circolazione ^^\ Quando mi capitò, in mezzo ad altre, questa monetina, mi parve a primo aspetto un mezzo grosso del Piemonte di Carlo Emanuele I, male conservato, talmente nitidi sono in essa lo scudo di Savoia e la croce di S. Maurizio ; ma, quando ne lessi le leg- gende, rimasi sorpreso a così spudorata contraffa- zione ! La leggenda CRVX CARA EMANAI indica subito a quale zecca debba attribuirsi la moneta stessa, dopo quanto ne scrissero in merito il Kunz ed Umberto Rossi 2). Nel Corpus (3) trovansi riunite tutte le varietà di falsificazioni che di questa zecca sono state pubbli- cate o che sono nelle piti importanti collezioni. E fra le contraffazioni di Savoia si osserva quella del doppio grosso (4), della parpagliola, del soldo e del quarto di Carlo Emanuele 1, ma non del mezzo grosso, che riesce affatto nuova. Secondo Promis (s), dopo la convenzione deirs febbraio 1586 fra il Duca di Savoia e i Conti Radi- cati, parrebbe che gli zecchieri di Passerano aves- sero cessato di contraffare le monete di Savoia. Ma se si osservi che il mezzo grosso di Carlo Ema- nuele I è stato battuto nel 1587, che il tipo della moneta sopra illustrata è identico a quello dei mezzi grossi genuini senza nessun segno araldico dei Ra- dicati e se si aggiunga ancora la nitidezza delle let- (i) Cfr. CuNiETTi. Morte/e inedite della Collezione Cora in Rivista It di Num,y a. 1909, pag. 481. (2) Kunz Carlo. Il Museo di Antichità di Trieste, pag. 77. — Um- berto Rossi in Gazzetta Numismatica^ a. 1882, pag. 39. (3) Corpus N. /., voi. II, pag. 378, un. 21-30, 51-54 e 83-84. (4) Umberto Rossi in Gazzetta Num., a. 1886, pag. 82. (5) Promis Domenico. Monde dei Radicati e dei Mazzetti, pag. 19. 560 A. C. C. G. tere stesse che costituiscono la leggenda la quale sola c'indica la contraffazione, nasce il dubbio che questa triste industria abbia continuato anche dopo la convenzione col Duca di Savoia. E questa ipotesi parmi sia pure avvalorata dal fatto che era in allora zecchiere a Passerano quel Tommaso Roglia, nipote di Rolando Castaldo, già maestro a Torino nel 1576 e che poi diresse le zecche di Desana, Frinco e Passerano, contraffacendo considerevolmente le monete italiane e francesi. Non sarebbe quindi improbabile che per conti- nuare nell'ignobile e lucrosa industria, salvaguar- dando le apparenze, abbiano gli zecchieri di Passe- serano scelta altra moneta da falsificare, abbiano, cioè, lasciato il soldo, il quarto, ecc., per il mezzo grosso, imitandolo così bene senza nessun segno speciale e limitandosi alla sola varietà di leggenda, così da trarre in inganno non solo il popolo, ma anche le classi elevate. A. C. C. G. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI Corpus Nummorum Italicomm. Primo tentativo di un Cata- logo Generale delle Monete medievali e moderne co- niate in Italia o da Italiani in altri paesi. — Volume IV; Lombardia [Zecche Minori). Roma, tipografia della R. Ac- cademia dei Lincei proprietà del cav. V. Salviucci, 1913, in-4, pagg. 588 e XLVIII Tavole. Qui troviamo raggruppati i prodotti delle zecche mi- nori della Lombardia propriamente detta e di quelle del Mantovano. Le monete descritte con la solita cura minuziosa e diligente ascendono a 4700 di cui 944 sono riprodotte in 48 tavole. Non c'è veramente bisogno d'insistere sulla importanza e sull'interesse grandissimo di questo volume per gli stu- diosi e per i raccoglitori, perchè basta riflettere che esso comprende una delle più ricche e, nello stesso tempo, delle meno studiate serie, quella mantovana, nella quale alla rie" chezza e varietà dei tipi si congiunge vera eccellenza di arte, e inoltre la produzione svariata e piena di sorprese delle piccole misteriose officine dei Gonzaga quasi esclusivamente dedicate alla imitazione e falsificazione di ogni sorta di mo- nete italiane e straniere. Aggiungansi le monete battute dai capitani di ventura che ebbero più o meno lungo do- minio nelle città lombarde e finalmente quelle dei Goti, dei Longobardi e dei primi Carolingi delle quali finora il Corpus non aveva riferito che una sola moneta longobarda di Vercelli. Questo materiale, così svariato, è ricchissimo: basti dire che della zecca di Mantova sono descritte ben 1666 monete, e 828 di quella sola di Castiglione delle Stiviere, la più tri- 562 BIBLIOGRAFIA stamente celebre per le sue falsificazioni. Non è possibile fare una rassegna, sia pure brevissima, di tutto ciò che di inedito e sconosciuto viene messo a portata degli studiosi, mi limiterò quindi come al solito a rilevare quali nuove zecche vengano ufficialmente riconosciute, pur essendovi molte riserve da fare sulla loro effettiva esistenza. Tale riserva non manca a dir vero per la zecca di An- tignate, perchè in una nota si accenna con tacitiana conci- sione al dibattito avvenuto su di essa senza pronunziarsi in merito, sebbene la descrizione delle monete bentivolesche che segue la nota faccia presumere un tacito consenso con chi ne sostiene l'esistenza reale. Il Muoni assegnò a una pre- sunta officina di Antignate le monete di Giovanni II Benti- voglio che invece il Morbio voleva fossero uscite dall'altra, ugualmente presunta, officina di Covo. Ambedue i luoghi erano feudi del Bentivoglio e potevano del pari essere pre- scelti da lui per la coniazione delle sue monete onde usu- fruire della concessione dell'imperatore Massimiliano, ma che lo fossero veramente rimane molto dubbio. Non è certamente questo il luogo di addentrarsi nella intricata quistione, os- servo soltanto che nessun documento diretto o indiretto è finora venuto a suffragare la tesi dei sostenitori delle of- ficine lombarde, e la stessa nota manoscritta dello Zanetti alla quale essi si appoggiano è tutt'altro che esauriente, e che, mentre nelle monete manca qualsiasi indicazione dei due feudi, non manca mai la qualifica di bononiensis la quale rinsalda in me l'opinione che tali monete, apparentemente di ostentazione, fossero battute in Bologna da chi era signore se non di diritto, certamente di fatto, di quella città, sulle cui monete del resto anche prima di Giovanni II era apparso lo stemma dei Bentivoglio come conservatori. Che la zecca di Belgioioso non sia esistita, è pacifico : le monete del principe Antonio furono battute nell'officina imperiale di Vienna come viene confermato dalla nota in proposito del Corpus; però la denominazione del feudo chia- ramente espressa sulle monete servì a indicare anche la zecca, perchè la sovranità esercitata su di esso fu l'unico motivo della concessione di battere moneta. Ma nulla di si- mile può giustificare l'accezione tutt'altro che propria della BmLIOGRAFIA 5^3 parola zecca per Masegra, giacché questo luogo non è af- fatto menzionato sui pezzi che gli vengono assegnati come a feudo della famiglia Beccaria, della quale si volle identifi- care il nome in certi pezzi di rame molto enigmatici, e clie restano tali anche considerandoli come tessere o rappresen- tativi di moneta per i piccoli resti. Forse l'enigma si spie- gherebbe se da qualche parte potesse aversi la conferma del dubbio affacciato da taluno che si tratti di emissione non molto antica fatta da qualche officina clandestina, forse stra- niera, a scopo di speculazione. Nessuno ha mai veduto i prodotti della zecca di Lecco, però vuoisi rilevare che delle tre monete attribuite a questa effimera officina ossidionale qui ne sono descritte due sol- tanto, mentre il diritto più o meno legittimo alla cittadinanza numismatica sarebbe uguale per tutte e tre. Alla zecca di Redigo viene assegnata sulla fede del P. Affò una moneta di Gianfrancesco Gonzaga, la quale però anche a un esame superficiale apparisce inesistente, perchè nessuno la vide mai- e il disegno che ne fu pubbli- cato nel terzo volume dello Zanetti non è che fantastica de- rivazione dal disegno di una medaglia dello stesso principe. Per contro le monetine di Vespasiano Gonzaga con la scritta Comes Rotingi, delle quali appunto il Rossi voleva servirsi per introdurre Rodigo nel novero delle zecche italiane, ven- nero con tutta ragione comprese sotto la zecca di Sabbio- neta. A questa poi o a quella di Bozzolo dovevano per lo stesso motivo assegnarsi anche quelle col Santo Martino, del qual feudo invece si creò un'altra zecca della cui esi- stenza non si ha notizia alcuna da altra parte. E cosa nota d'altronde che per un certo periodo di tempo pareva una grande scoperta aumentare di qualche unità il numero delle zecche italiane, e non si badò tanto per il sottile a control- lare le credute scoperte che servivano ad accrescere quel numero famoso che mentre pareva destinato a turbare i sonni dei raccoglitori ansiosi di non lasciarsene sfuggire qualcuna, serviva invece a rallegrare quelli dei negozianti con sogni di lauti guadagni. Per questo forse si divisero in due anche le monete della Svizzera italiana, con le zecche di Bellinzona e del Ticino, senza pensare che quest'ultima denominazione 564 BIBLIOGRAFIA non può assolutamente riferirsi a una officina trattandosi del nome dello stato o della intera regione in cui sono per neces- sità comprese tutte le officine che lavorarono quelle monete. Tralasciando però queste minute osservazioni che hanno •importanza assai limitata e solo possono dare argomento a nuovi studi e a nuove ricerche, piacemi accennare alla com- parsa che fanno in questo volume le monete appartenenti alle serie più antiche della monetazione italiana, a quelle cioè dei Goti, dei Longobardi e dei primi Carolingi. Tro- viamo le monete gotiche sotto Pavia, quelle longobarde sotto Pavia e Castelseprìo, e sotto ambedue e sotto quella di Ber- gamo le carolingie. Queste prime monetazioni italiane, con- tinuazione e derivazione di quelle del grande Impero Romano delle quali molte volte conservano anche l'aspetto, hanno certi caratteri generali che mal si adattano a una distribu- zione per località. Esse poi, fatta eccezione per le monete dei Re Goti che furono sempre considerate come facienti parte della serie del Basso Impero, rimasero presso che ignote fino a questi ultimi tempi in cui qualche fortunato ri- trovo, principalissimo quello di Ilanz, diede occasione e im- pulso a nuovi studi e ricerche su di esse. Non è quindi a meravigliare se devesi constatare qualche incertezza o qual- che lacuna nel collocarle a posto. Perchè se ciò è facile per le monete che portano più o meno chiaramente espresso il nome del luogo di emissione, altrettanto è difficile, data la mancanza di ogni documento e di studi comparativi, per quelle che non hanno tale indicazione. Alla zecca di Pavia, per esempio, il Corpus registra le sole monete gotiche con la leggenda Felix Ticinum, tralasciando quelle ad essa re- centemente attribuite dal Sambon, mentre annovera tutte le monete longobarde anche quelle senza nome di luogo e quelle di aspetto esotico attribuite a Pertarido. Ogni osservazione e ogni discorso a questo proposito però parmi prematuro, perchè, dato Tordinamento del Corpus per zecche e il rag- gruppamento di queste per regioni, possiamo benissimo tro- vare in qualcuno dei volumi successivi quelle monete che, o per le nostre idee o per l'abitudine a vecchi testi, cer- chiamo ora sotto date zecche, mentre nuovi studi e l'esame accurato e comparativo di esse possono aver consigliato di collocarle altrove. BIBLIOGRAFIA 565 Come conclusione di questa breve rassegna del quarto volume dell'opera del nostro Augusto Presidente onorario, ripeteremo quanto abbiamo detto altre volte e che, a nostro parere, costituisce il più grande elogio e del volume e del- l'opera intera. La raccolta e pubblicazione del materiale nu- mismatico è fatta in modo che gli studiosi ben poco avranno da desiderare e da ricercare in avvenire per i lavori ai quali si accingeranno, mentre fino ad ora la mancanza appunto del materiale e il doverlo ricercare faticosamente tarpava le ali alla migliore buona volontà ed iniziativa. N. P. Serafini (Camillo). Le monete e le bolle plumbee pontificie del Medagliere Vaticano, voi. Ili : Clemente XI (1700- 1721) ; Pio X (1903). — Milanoy Ulrico Hoepli, 1913, pag. 470 con 66 tavole. Con questo III volume il eh. Autore ha completata la sua opera magistrale sulla serie numismatica pontificia del Gabinetto Vaticano, descrivendo le monete da Clemente XI a Pio IX, e corredandole di 66 belle tavole, delle quali 62 per le monete, due per i piombi e due per gli stemmi. Nella sua prefazione il cav. Serafini, come aveva già accennato sin dall'inizio della sua opera, promette la pubbli- cazione di un quarto volume, nel quale saranno riunite tutte le monete pubblicate dai vari autori, o possedute dai musei pubblici e privati, che mancassero alla Collezione Vaticana. Mercè questo supplemento, gli studiosi e gli amatori trove- ranno riunito in quest'opera tutto quanto si conosce fino ad oggi intorno alle monete coniate da pontefici, e saranno grati all'illustre Autore, nel trovare riassunta in un'opera sola una delle più importanti serie di monete italiane. Riteniamo pertanto che tutti i possessori di monete pon- tificie mancanti al Gabinetto Vaticano, corrispondendo all'ap- pello loro inviato dal eh. Autore, faranno a gara per fornirgli le necessarie indicazioni, contribuendo così a rendere quel IV volume, per quanto è possibile, completo e perfetto. E. G. 72 566 BIBLIOGRAFIA Magnaguti (Alessandro). Studi intorno alla zecca di Man- tova. Prima parte {/ Marchesi, 1433-1530). — Milano, L. F. Cogliati, 1913. ^* Quest'opera, ben lungi dall'aver pretesa di perfezione, " è mio desiderio che almeno serva di incitamento ad altri, " perchè ne perfezionino quelle parti che saranno trovate '' manchevoli „. Così TAutore nella prefazione a questa prima parte del suo lavoro. Noi troviamo sommamente com- mendevole che un giovane signore dedichi le sue ore li- bere a seri studi, e vorremmo che molti altri ne imitassero l'esempio. L'Autore non si era proposto di fare una completa il- lustrazione della zecca di Mantova, tanto più dopo la pub- blicazione del IV volume del Corpus Nummorum, che com- prende appunto quella zecca, ma solo di trattare sommaria- mente, specie dal lato storico ed artistico, tre periodi di quella zecca. I Marchesi ( 1 433-1 530) ; i Duchi (1530-1627); i Duchi della linea di Nevers (1628-1707), completando così l'opera del Portioli, il quale nella sua opera sulla zecca di Mantova, rimasta incompiuta, aveva pubblicato la parte che dal principio va fino ai Marchesi e quella che dai Marchesi giunge alla fine della zecca nel 1848. Il lavoro del conte Magnaguti è di piccola mole, ma in- teressante e corredato da molti accenni storici ed economici intorno a varie monete dei cinque Marchesi. Il lavoro è in- fine arricchito da ben 42 Gride monetarie che illustrano quel periodo della zecca mantovana. È veramente a desiderarsi che il giovane e studioso Autore ci dia presto il seguito del suo utilissimo lavoro. E. G. Cagiati (Memmo). Monete assegnate ad alcune città della Calabria dal XV al XVlll secolo. — Napoli^ 1913 (Estratto di2\X Archivio Storico della Calabria, anno I, fascicolo 5.°). È un altro interessante lavoro che il chiarissimo, infati- cabile Autore ha pubblicato sopra alcune zecche della Ca- labria, di cui parecchie sono assai poco note alla generalità BIBLIOGRAFIA 567 dei raccoglitori di monete italiane. Sono le. zecche di Co- senza, Belmonte, Catanzaro, Pizzo, Reggio e San Giorgio, Tre di queste zecche, (Cosenza, Pizzo e Reggio), non sono finora accertate ed ammesse da tutti i numismatici, e TA. le dà come probabili, appoggiandosi a documenti o ad attribuzioni proposte da autori, quali i fratelli Fusco, che nelle loro opere ne fecero menzione. Il eh. A., dopo aver accennato a queste fonti si augura che nuovi studi e nuove ricerche mettano in grado gli studiosi di poter pronunciare un giudizio sicuro e definitivo sui vari problemi proposti. Il lavoro, come tutti quelli del nostro Autore, è illustrato da numerosi e bellissimi disegni. E. G. Atti e Memorie deW Istituto Italiano di Numismatica, Voi. I. Roma, 1913. \J Istituto Italiano di Numismatica, sorto nel marzo dello scorso anno, ci dà in questo primo volume la storia del suo operato dalla prima assemblea inaugurale del 2 marzo 1912, in cui si gettarono le basi del nuovo sodalizio, colla appro- vazione del suo statuto e colFelezione delle cariche sociali, fino alla seduta del Consiglio del giorno 8 giugno dell'anno corrente. Tutte le Memorie e le Conferenze lette dai Soci nelle varie adunanze, che ebbero luogo in questo frattempo, vi sono riportate per intiero. Seguendo l'ordine cronologico, notiamo interessantissimi lavori del dott. Arturo Sambon, del cav. Memmo Cagiati» deli'avv. Vittorio Allocatelli, della prof. dott. Lorenzina Ce- sano, del sig. Giovanni Dattari, del cav. Edoardo Martinori, del comm. prof. Antonino Salinas, del cav. Camillo Serafini. I temi di questi lavori sono svariatissimi, comprendendo essi la numismatica greca, la romana antica repubblicana e im- periale, quella italiana medioevale e la sfragistica. A questa benemerita Associazione, che si è cosi brillan- temente affermata e che è destinata a promuovere una ef- ficace influenza sugli stn^i numismatici in Italia, rinnoviamo i nostri più lieti e sinceri auguri. La Direzione. 568 BIBLIOGRAFIA Schottle (dott. Gustav). Die Munzfàlschungen von Masse- rano iind Crevacuore und ihre Einftihr nach Deutschland ums Jahr 1620 (Berliner Blàtter, n. 143, novembre 1913). ^ È un curioso episodio sopra due contrafifazioni di mo- nete tedesche coniate dal marchese Francesco FiHberto Fer- rerò Fieschi (1584-1629) nelle sue zecche di Messerano e Crevacuore. Una di queste è una perfetta imitazione degli Zwòlfer o pezzi da 12 Kreutzer della Baviera; l'altra è una copia di un pezzo dello stesso valore di Strasburgo. Il ch.° Autore riferisce le pratiche eseguite dai suoi agenti per dif- fondere in Germania il frutto della sua disonesta speculazione. Questi tentativi vennero finalmente scoperti dalle Autorità di Lindau, le quali ne scrissero direttamente al marchese Francesco, chiedendo spiegazione di quelle strane monete imitanti i tipi delle monete tedesche. Il marchese risponde che realmente quelle monete furono coniate nelle sue zecche, ma in pari tempo si scagiona dalle accuse mossegli, affer- mando che, come gli venne assicurato dai suoi mastri di zecca, quelle monete devono realmente avere quel valore, per cui i suoi agenti volevano spenderle, e che se in avve- nire si troverà alla prova che il loro intrinseco non corri- sponde al valore per cui si spendono, le Autorità germaniche potranno liberamente far conoscere la cosa al pubblico. Il marchese tenta infine di provare che egli non volle affatto imitare il tipo di Strasburgo e che quello che sembra un giglio non è che un pomo cotogno (!). Si sa del resto, come conclude TA., che il marchese Francesco, in causa delle sue continue falsificazioni e con- traffazioni di una quantità di monete italiane, si tirò addosso un serio processo dal Senato di Torino, tantoché, per aver salva la vita, fuggì dai suoi stati e morì in esiglio nel 1629, lasciando di sé una pessima memoria. E. G. VARIETÀ Due importanti ripostigli di monete antiche si sono ritrovati molto tempo fa a Montecarotto e a Falerone, e fu- rono inventariati dalla Sovraintendenza degli Scavi e Musei delle Marche, che fa capo alla Direzione del R. Museo ar- cheologico di Ancona, retta dal prof. Dall'Osso. Per gen- tile autorizzazione della Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti e per concessione della Sovraintendenza soprac- cennata, i duplicati disponibili passeranno alla Direzione del Museo Numismatico e Medagliere Nazionale di Brera. Il ripostiglio di Montecarotto consta di 5298 pezzi, de- nari, vittoriati, quinari d'argento consolari romani, anonimi e delle varie genies di Roma, nonché due assi della famiglia Valeria. Oltre questa vi sono rappresentate moltissime fa- miglie consolari romane. Si riconobbero le seguenti: Aburia, Acilia, Aelia, Antestia, Aufidia, Aurelia, Autronia, Baebia, Caecilia, Calpurnia, Cassia, Cloulia, Coilia, Cornelia, Cupien- nia, Curiatia, Domitia, Fabia, Furia, Gellia, Itia, lulia, lunia, luventia, Lucretia, Lutatia, Maenia, Maiania, Marcia, Matiena, Minucia, Opeimia, Papiria, Pinaria, Plautia, Plotia, Publicia, Pompeia, Porcia, Postumia, Quinctia, Quinctilia, Scribonia, Sempronia, Sergia, Servilia, Spurilia, Terentia, Titinia, Trebania, Tullia, Vargunteia e Veturia. Il ripostiglio di Falerone è ancor pili numeroso e inte- ressante di quello di Montecarotto, poiché comprende un buon numero di pezzi d'argento, di biglione e di bronzo im- periali. Di bronzo si contarono 481 pezzi, d'argento e di bi- glione ben 7091 pezzi, di cui 1857 antoniniani da lulia Domna (173-217 d. C.) a Emiliano (253-254 d. C). I biglioni com- prendono gli imperi di Gallieno, Salonino, Valeriano, Quieto» Postumo e Macriano, della seconda metà del III secolo d. C. 570 VARIETÀ Ripostìglio di monete inedioevali a Concorezzo. — Nello scorso luglio a Concorezzo (Monza) si rinvenne da al- cuni operai, casualmente, in occasione di sterro d*argilla in fondo di proprietà Colombo, a Cascina di Rancate, un bel gruzzolo di monete antiche, che doveva passare di molto il numero di quattrocento, ma che pur troppo si assottigliò per via, di mano in mano, prima che l'Autorità locale potesse sequestrarlo. Pervennero all'esame della Direzione del Regio Museo Numismatico di Brera n. 6 monete d'oro, fiorini della Repubblica di Firenze con simboli, e n. 277 monete d'ar- gento, di cui 199 tornesi di Filippo IV il Bello (1285-1314) e 78 in gran parte soldi e grossi di Milano appartenenti alla i.^ Repubblica Ambrosiana (1250-1310) e ad Enrico VII di Lussemburgo (1310-1313), in piccola parte denari e grossi di altri comuni medioevali italiani, come Arezzo, Bologna, Cre- mona, Merano (Tirolo) Pavia, Piacenza. Si riconobbero anche quindici grossi veneti dei dogi che ressero la Repubblica dal 1259 al 131 1 (Marino Mo- rosini, Ranieri Zeno, Lorenzo Tiepolo, Jacopo Contarini, Pietro Gradenigo). Dal complesso del gruzzolo e dallo stato di conserva- zione delle monete, essendo a fior di conio i grossi da soldi 2 larghi di Milano, del periodo di Enrico VII (1300-13), e parte dei tornesi di Filippo il Bello (1285-1314) pure a fior di conio, si deve indurre che il tesoretto risalga agli ultimi anni dell'impero di Enrico VII a Milano, e che in quel pe- riodo fossero in corso ancora, allorquando la persona rac- colse e mise in disparte le monete rinvenute, denari e grossi da un mezzo secolo prima e più, coincidendo le monete di conservazione mediocre, che presuppongono la loro pre- senza da qualche tempo nella circolazione monetaria d'al- lora, coi grossi della Repubblica veneta e coi denari dei comuni italiani medioevali, il cui diritto di zecca risale al secolo XIII. Si spera di poter raccogliere notizie esatte anche sulla parte delle monete disperse, con la cooperazione della So- vraintendenza alle Gallerie e agli oggetti d'arte della Lom- bardia, presso la R. Pinacoteca di Brera in Milano. VARIETÀ 57 T Un tesoretto di monete italiane. — Sulla fine dello scorso ottobre alcuni operai nel demolire un vecchio muro al Castello Sforzesco rinvennero, in uno dei vani di pon- teggio che erano lasciati nelle mura esterne, un borsellino di velluto rosso contenente n. 135 monete italiane, in gran parte milanesi, del secolo XV. Queste furono tutte diligen- temente raccolte e consegnate alla Direzione del Gabinetto Numismatico del Castello. Eccone una sommaria descrizione : Milano. Filippo Maria Visconti (1412-47). Berlinga (Gnecchi, 3) . , N. i Grosso (Gnecchi, SuppL, 25) » 6 Grosso (Gnecchi, 25) » 3 Grosso (Gnecchi, 24) . . • ,, A Idem, idem (variante nel tipo e nella leggenda) . . . „ i Soldo (Gnecchi, 28) „ 1 Sesino (Gnecchi, 34) varianti v 38 II Repubblica milanese (1447-50). Grosso (Gnecchi, 5) » 3 Sesino (Gnecchi, 6) ,,3 Francesco I Sforza (1450-66). Grosso (Gnecchi, 23) w i » ( „ 26) . . • „ I » ( « 27) „ I Soldo (Gnecchi, 29) » i Sesino (Gnecchi, 33) varianti «27 » ( » 36) „ „ 21 » ( » 37) w • • » IO Trillina (Gnecchi, 40) w i Asti. Carlo duca d'Orléans (1447-65). Quarto di grosso » 3 Casale. Giovanni III Palbologo (1445-64). Quarto di Grosso. ,,2 Genova. Pietro Campofregoso (1450-58). Grosso w I Patacchina . . . „ i 572 VARIETÀ Carlo VII Re di Francia (1458-61). Grosso „ I Venezia. ( Francesco Foscari (1423-57). Doppio Grosso w ' Soldino » 3 Da questo prospetto risulta che il tesoretto deve essere stato nascosto poco dopo la metà del secolo XV. Ripostiglio monetario rinvenuto a Brescia. — Per gentile comunicazione del cav. dott. Prospero Rizzini, diret- tore dei Musei archeologici e artistici di Brescia, appren- diamo che nei primi giorni della fine del settembre scorso il Museo archeologico bresciano acquistò un ripostiglio ben conservato di 5500 bagattini del doge Francesco Foscari (1423-1457) per Brescia, coniati nel 1441 e 1442, un vero teso- retto di coniazione di quel doge, di cui le monete sono il- lustrate dal Papadopoli {Monete di Venezia, voi. I, pag. 259, tav. XV, n. 13). Vennero quei bagattini rinvenuti nel ripa- rare un soffitto di una antica casa della città, e involti in un sacchetto di canape ; pare dalla loro buonissima conser- vazione che fossero pronti per la circolazione locale, ma non ancora diffijsi in città. Il peso totale del tesoretto è di kg. 2,200, con una proporzione media di gr. 0,40 per ogni bagattino, peso molto più basso di quello indicato dal Papa- dopoli, mentre nella collezione numismatica bresciana, se ab- biamo bagattini del Foscari di gr. 0,70, abbiamo anche, se- condo lo stato di conservazione, esemplari a gr. 0,38, 0,39 e 0,40. Scoperte archeologiche nel distretto intrese e rin- venimenti di monete. — In una recente relazione del va- lente cav. Carlo Muller, R. Ispettore di Intra, si rileva che nel fondo Mergozzini, nel territorio di Intra, si rinvennero parecchie tombe, nelle quali, oltre urne cinerarie, unguentari, fibule, braccialetti con altri ornamenti muliebri, vennero in luce parecchie monete. Anche nel fondo Brughera, a Tro- VARIETÀ « 57^ baso, nel 1885, si ha notizia di 5 monete di Augusto, 5 di Tiberio, i di Caligola e i di Faustina, come risulta dal manoscritto Ponti, consultato dal Miiller. Dallo stesso manoscritto Ponti rileva il Miiller partico- lari interessanti circa le necropoli di Zoverallo e di Miaz- zina. Anche in queste, come nelle altre, la presenza delle monete è indizio sicuro di romanizzazione delle regioni gal- liche, ed è punto di arrivo, se non di partenza, per fissare la data delle necropoli stesse. Così a Zoverallo, in una tomba (op. cit., tav. I, n. 6) fu rinvenuto un piccolo bronzo imperiale di Costante I (337- 350 d. C), e in un'altra tomba, segnata B, un certo Bram- billa, che aiutava il Miiller nel registrare i ritrovamenti, fece il seguente elenco, sui dati cortesemente offertigli dal com- pianto direttore del MedagHere Nazionale di Brera, Solone Ambrosoli : 1 — Grande bronzo romano dell'Alto Impero (ritratto irri- conoscibile) ; 2 — Piccolo bronzo di Probo (276-282 d. C.) ; 3 — Piccolo bronzo di Carino (?) (282-84 d- C.) ; 4 — Piccolo bronzo di Costantino I (306-337 d. C.) ; 5-8 — Altri quattro piccoli bronzi costantiniani; 9-10 — Piccoli bronzi di Constantinopolis, 2 esemplari dei successori di Costantino ; 11-12 — Altri due esemplari di un piccolo bronzo imperiale romano del IV secolo d. C. L'Ambrosoli potè dare schiarimenti anche su altre mo- nete, quattro medi bronzi imperiali, rinvenuti a Rovegro negli scavi, che il Miiller condusse nel 1905, sterrando un campo di proprietà dell'ora defunto geometra Fantoli. Essi sono i seguenti : 1 bronzo di Druso iunior, con la leggenda ancora decifra- bile : Drusus Caesar Ti Aug. f. Divi Augusti N. ; 2 m. bronzi di Augusto, coniati dopo la sua morte, proba- bilmente da Tito (7985 d. C); come si riconosce dalla corona radiata, con la leggenda del diritto Divus Au- gustus Pater e il rovescio indecifrabile; I m. bronzo di Claudio (41-54 d. C.) col diritto Ti Claudius Caesar Aug. P. M, Tr. P. Imp. e il rovescio Con- stantiae August S. C. 73 574 . VARIETÀ Medaglie recenti. — Sono notevoli nella produzione medaglistica odierna le medaglie onorifiche coniate a com- memorare uomini e avvenimenti. Fra queste ricordiamo quella modellata dal Rutelli, presentata in onore all'on. Prin- cipe Pietro Lanza di Scalea da parte del popolo di Bom- pensiere. Lo scultore Rutelli modellò anche una bellissima targa in bronzo, che rimarrà a Bompensiere, comune di Mon- tedoro, in provincia di Caltanissetta. In memoria della magnifica statua di Cesare Beccaria scolpita da Giuseppe Grandi nel 187 1 in marmo, ritirata dalla sua base nella Piazzetta Beccaria, aftinché col tempo non venisse deteriorata, fu da un Comitato rinnovato e co- piato in bronzo l'originale del Grandi. A ricordo di questa copia, che fu poi inaugurata, non molto tempo fa, fu coniata una medaglia, opera d'arte dello stabilimento Johnson, che rappresenta sul diritto il ritratto del Grandi con l'epigrafe del Sanvisenti : Aquila deWarte \ visse I /;/ meditante solitudine \ e librò Vali | a pochi e grandi voli. Sul rovescio spicca la statua di Cesare Beccaria con l'epigrafe : L'opera marmorea \ sottratta \ alle ingiurie del tempo I si conserverà nel bronzo \ ad ammirazione perenne \ dei posteri. Un'altra medaglia, modellata dallo scultore A. Ugo, fu coniata e presentata in oro a Napoli all'illustre psichiatra, on. Leonardo Bianchi, da un Comitato di discepoli e colleghi. L'on. Bianchi, professore di psichiatria, clinica psichiatrica e clinica delle malattie nervose all'Università, è anche direttore del manicomio provinciale di Napoli. Un'altra medaglia d'oro fu oft'erta all'on. Facta dal Co- mune di Salsomaggiore in riconoscenza del riordinamento di quegli stabilimenti termali con la legge 5 giugno 1913. E anch'essa un'artistica opera, che riuscì graditissima al Ministro. La legislazione delle belle arti e delle antichità in un recente libro. — 11 dott. Corrado Mezzana, coi tipi della Casa editrice Loescher di Roma, pubblicò quest'anno un libro interessante, che, riprendendo l'esame della legislazione delle VARIETÀ 575 belle arti dal sen. Marietti al Brunialti, al Santangelo Spoto , riassume tutto il lavoro precedente alla luce dei documenti antichi e delle nuove esigenze della proprietà da un lato, del doveroso diritto di precedenza e di tutela dall'altro. Due altri lavori videro nell'anno 1913 la luce, di carat- tere apparentemente affine, ma seguendo vie e mirando a scopi nettamente distinti da quelli che il Mezzana si prefisse: quello dell*avv. Falcone e quello dell'avv. Parpagliolo, Tuno a Firenze edito dal Baldoni, Taltro a Roma edito esso pure coi tipi Loescher, in due volumi. Entrambi gli insigni giu- risti vollero fare la raccolta delle leggi, dei decreti, delle disposizioni relative ai monumenti, alle antichità e agli scavi dal diritto romano ad oggi, oltre alla conservazione dei mo- numenti e degli oggetti di antichità e d*arte, con richiami alla giurisprudenza e ai precedenti storici e legislativi. Il dott. Mezzana, invece, fu mosso dal proposito di di- vulgare le norme che tutelano il nostro patrimonio artistico e storico, l'esposizione delle ragioni che le giustificano e la critica dei lati che paiono manchevoli. Il suo lavoro è quindi di divulgazione e di critica, ed è interessante anche per quanto riguarda le monete storiche e artistiche, poiché anche queste possono per la loro impor- tanza storica e rarità numismatica far parte del patrimonio artistico nazionale. Si può dire che il hbro del Mezzana incominci dai pre- supposti teorici e passi alle vicende storiche e all'esame cri- tico delle norme relative alla conservazione delle cose di in- teresse artistico e storico. Cosicché la parte prima comprende la funzione sociale dell'arte, la necessità pratica e la ammis- sibilità giuridica di un'azione di tutela da parte dello Stato, aggiungendo, prima di passare alla parte seconda, alcuni cenni di storia e di legislazione comparata. Nella seconda parte si tratta della legislazione italiana con le norme intorno all'aHenazione, alla inalienabihtà delle cose appartenenti a Stato, Comuni, Provincie, Enti, intorno alla inalienabilità e indivisibilità delle Gallerie, Biblioteche e Collezioni fidecommissarie. Seguono le norme su certe forme di disposizioni e di uso. Subentra alla trattazione generale quella particolare del- 576 VARIETÀ Tobbligo di provvedere a sicurezza e conservaziorte, e quella più speciale dei vincoli alle facoltà di asportare opere diarie, e le limitazioni al diritto di possedere. Tutto questo fin qui esposto riguarda il contenuto ; ma il cap. II della seconda parte tratta delle medesime norme di proprietà nei riguardi della estensione, ed è interessantissima la discussione sulle norme riguardo all'esercizio del diritto sul sottosuolo. Si passa nel cap. Ili ai provvedimenti finanziari, per finire la parte seconda col cap. IV contenente le disposizioni penali. Mentre la parte prima tratta dei presupposti teorici e delle nozioni storiche, e la parte seconda svolge quanto ri- guarda la legislazione italiana, la parte terza ed ultima tocca delle cose d'arte nei rapporti internazionali, facendo la storia delle appropriazioni delle cose d'arte dai tempi di Roma al secolo XVII, e poi alle depredazioni napoleoniche, e finendo con l'esame dei principi oggi ammessi dal diritto internazio- nale, in sèguito alla Conferenza dell'Aja del 1907. Un nuovo periodico medaglistico, che è di carattere internazionale, è VArchiv fur Medaillen-imd Plaketten-Kunde, che si pubblica ad flalle a. d. Saale. La Redazione, diretta dal dott. Giorgio Habich e dal dott. Bernhart di Monaco, accoglie lavori originali sorti da ricerche d'archivio e da confronti e studi nei musei, di ogni autore specialista, a qualsiasi nazione appartenga, e nella lingua originale di cui meglio si serve. Il primo fascicolo, uscito l'ottobre scorso, contiene i seguenti interessantissimi articoli : G. J. Hill. Medals of the Bolzanio family (tav. I e II); JEAN DE FoviLLE. Mcdaille de V amirai Coligny (tav. III) ' Victor Tourneur. Jacob Zagar, ttnd die Everard Back Medaille; E. W. Braun Troppau. Plaketten von Paul Flind (ta- vola IV); B. Forrer. Die Gussforni einer unbekannten Weiditz- schen Medaille des Strassburgers Jórg Bertscholf) G. H. Nachtrag zu Christoph Weiditz; Georg Habich. Beitràge zu Hans Kels (tav. V). VARIETÀ 577 Seguono a questi lavori originali gli spunti d* Archivio (Urkunden und Regesten): questa volta è Hans Stocklein, che scrive di Alessandro Abondio. Chiude il primo fascicolo la bibliografia, curata da entrambi i redattori. Rivolgiamo alla nuova pubblicazione l'augurio che possa fiorire, essendo il suo programma scientifico uno dei più in- teressanti, che fa veramente onore alla scienza numismatica e medaglistica delle varie nazioni, le cui manifestazioni pos- sono quivi trovare posto degno e adeguata divulgazione. Il ritiro delle monete di bronzo sfregiate o detur- pate prorogato fino al 30 giugno 1914. — Col 31 dicem- bre 1913 verrebbe a scadere il termine per il ritiro dalla circolazione delle monete di bronzo sfregiate o deturpate. Ora il Ministero del Tesoro, allo scopo di rendere sempre più completo il ritiro dalla circolazione delle monete di bronzo sfregiate o deturpate, ha determinato di prorogare di altri sei mesi, e cioè fino al 30 giugno 1914, il termine prefisso per l'accettazione di tali monete da parte delle pubbliche Casse. Tutti gli Uffici postali e ferroviari del Regno sono anche incaricati, nelle ordinarie operazioni, del ritiro di dette monete. L'Annuario dei R. Archivio di Stato in Milano, che anche quest'anno pubblicò i suoi Atti con esempio degno di essere imitato, ed è giunto al fascicolo terzo, contiene una monografia del primo archivista, il comm. d.' Guido Colombo, relativa agli Atti e Registri della Zecca e del Banco Giro di Venezia, che si trovano nel nostro R. Archivio di Stato. Il dott. Colombo dimostra che non vi è necessità di fare un riparto speciale a Venezia di questi documenti, che arricchi- scono il nostro Archivio di Stato, e che possono essere bene collegati all'incarto delle varie pratiche finanziarie. Nomine. — Con decreto ministeriale, in data 23 luglio 1913, il sig. A. Dieudonné, bibliotecario di prima classe, fu nominato Conservatore aggiunto al Dipartimento Médailles 578 VARIETÀ et antiques della Biblioteca Nazionale di Parigi, al posto del rimpianto sig. Henri de la Tour. Il sig. Jean Babelon, archivista paleologo, figlio di E. Ba- jjelon, addetto al Catalogo della Biblioteca, è entrato in fun- zione allo stesso Dipartimento. Prossime vendite a Milano. — Nel p. v. mese di febbraio 1914 avrà luogo in Milano, per cura dei signori C. e C. Clerici, a mezzo della Casa di Vendita Lino Pesaro, la vendita della Raccolta storica ed artistica dell'epoca na- poleonica già appartenuta al conte Jean Jacques de Félis- sent, e comprendente monete, medaglie^ autografi, stampe e oggetti storici e artistici interessanti il periodo Napoleonico. Nel seguente mese di marzo avrà poi luogo, presso il signor Rodolfo Ratto (Corso Vittorio Emanuele, 22), la ven- dita di una ricchissima serie di Monete italiane medioevali e moderne. COLLABORATORI DELLA RIVISTA NELL'ANNO 1913 Memorie e Dissertazioni. Bosco Emilio Cagiati Memmo Castellani Giuseppe Cesano Lorenzina Cora Luigi Cunietti-Cunietti A. Dattari Giovanni Derege di Donato Paolo Gnecchi Francesco Laffranchi Lodovico Magnaguti Alessandro Marchisio A. F. Motta Emilio Pansa Giovanni Papadopoli Nicolò Ricci Serafino Stettiner Pietro Valerani Flavio Cronaca. Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco Motta Emilio Papadopoli Nicolò Ricci Serafino ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DEGLI ASSOCIATI ALLA RIVISTA PER l'anno I913 SOCI EFFETTIVI (*). 1. *S. M. IL Re. 2. S. M. LA Regina. 3. *Arcari Dott. Cav. Francesco — Cremona. 4. ^Castellani Prof. Giuseppe — Venezia. 5. Celati Avv. Luigi Agenore — Roma. 6. *Ciani Dott. Cav. Giorgio — Trento. 7. Circolo Numismatico Milanese — Milano. 8. Coen Comm. Maurizio — Costantinopoli. 9. Cora Luigi — Torino. 10. Cornaggia Gian Luigi (dei Marchesi) — Milano. 11. Dattari Giovanni — Cairo (Egitto). 12. Fasciotti Barone, Consigliere alla R. Ambasciata — Bucarest. 13. *Fasella Comm. Carlo — Milano. 14 *Fiorasi Colonnello Cav. Gaetano — Vicenza. 15. Gavazzi Dott. Carlo di Pio — Milano. 16. Giaj-Levra Avv. Antonio — Torino. 17. *Gnecchi Cav. Uif. Ercole — Milano. (*) I nomi segnati con asterisco sono quelli dei Soct Fondatori. 74 582 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 18. •Gnecchi Comm. Francesco — Milano. 19. Grillo Guglielmo — Milano. 20. Hirsch Dott. Jacopo — Monaco di Baviera. 21. Jesuruni Cav. Aldo — Venezia. 22. *Johnson Comm. Federico — Milano. 23. Lazara (De) Conte Antonio — Padova. 24. *Marazzani Visconti Terzi Conte Lodovico — Piacenza. 25. *Mariotti Sen. Dott. Comm. Giovanni — Parma. 26. Mattoi Edoardo — Milano. 27. Menchetti Nob. Andrea — Ostra. 28. *Milani Prof. Cav. Luigi Adriano — Firenze. 29. *Motta Ing. Emilio — Milano. 30. *Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò — Venezia. 31. Puschi Prof. Cav. Alberto — Museo Civico di Antichità, Trieste. 32. *Ratti Dott. Luigi — Milano. 33. Ricci Prof. Serafino — Milano. 34. Rizzoli Cav. Dott. Luigi — Padova. 35. *Salinas Comm. Prof. Antonino — Palermo. 36. San Rome Mario — Milano. 37. Savini Cav. Paolo — Milano. 38. t Seletti Avv. Cav. Emilio — Milano. 39. t*Sormani Andreani Conte Lorenzo — Milano. 40. Strada Marco — Milano. 41. Trivulzio Principe Alberico Luigi — Milano, ELENCO DEI MEMliRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 583 SOCI CORRISPONDENTI. 1. Ancona Martucci Giovanni — Lizzano (Lecce). 2. Balli Emilio — Locamo, 3. Belimbau Piero — Firenze. 4. Boeri Osvaldo — Terracina. 5. Bordeaux Paul — Neuilly. 6. Bosco Ing. Emilio — Torino. 7. Bourgey Etienne — Parigi. 8. Bruscolini Emilio — Castelnuovo Val di Cecina, 9. Cahn E. Adolfo — Francoforte sul Meno. 10. Canessa Cesare — Napoli. 11. Castellani Comm. Raffaele Magg. Gen. nella Riserva — Fano. 12. Castoldi G. A. — Roma. 13. Cerrato Giacinto — Torino. 14. Clerici Ing. Carlo — Milano. 15. Conconi Cap. Giulio — Busto Arsizio. 16. Cuenca di Niceto — Alicante. 17. Cunietti-Cunietti Ten. Col. Barone Cav. Alberto — Roma. 18. D'Alessandro Luigi — Lanciano. 19. De' Ciccio Mario — Palermo. 20. Dell'Acqua Dott. Cav. Girolamo — Pavia. 21. Egger Arminio L. — Vienna. 2.2.. Fantaguzzi Ing. Cav. Giuseppe — Asti. 23. Forrer L. — Bromley. 24. Fowler Prof. N. Harold — Cleveland. 25. Galeotti Dott. Arrigo — Livorno. 26. Gamba Castelli Conte Gian Nicola — Firenze, 27. Garzia Avv. Raffaello — Maglie. 28. Gazzoletti Dott. Cav. Antonio — Mago. 29. Geigy Dott. Alfredo — Basilea. 30. Giorcelli Dott. Cav. Giuseppe — Casalmonf errato. 31. Haeberlin Dott. E. J. — Francoforte s. M. 32. Hess Adolf Nachfolger — Francoforte s. M. 33. Koeniger Dott. Carlo — Gardone (Riviera). 34. Laffranchi Lodovico — Milano. 35. Le.Hardelay Charles - Rocqueiicnurf pnr le Chesnay. 36. Lenzi Furio — Orbetello. 37. Marchisio Nob. Avv. Alfredo Federigo — Torino. 584 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 38. Mariani Prof. Cav. Mariano — Pavia, 39. Martinori Cav. Ing. Edoardo — Narni. 40. Massia Rag. Giovanni — Cuneo. ^41. Monti Pompeo — Milano. 42. Nahmann M. — Cairo (Egitto). 43. Nuvolari Francesco — Castel d'Ario. 44. Paulucci Panciatichi Marchesa M.* — Firenze. 45. Pansa Avv. Giovanni — Sulmona, 46. Perini Cav. Quintilio — Rovereto, 47. Pinto Avv. Gerardo — Venosa. 48. Pozzi Mentore — Torino, 49. Santini Ing. Z emiro — Perugia. 50. Savo Doimo — Spalato. 51. Schiavuzzi Dott. Bernardo — Pola, 52 Simonetti barone Alberto — S. Chirico Rapavo. 53. Società Svizzera di Numismatica — Ginevra. 54. Spink Samuele — Londra, 55. Stettiner Comm. Pietro — Roma, 56. Valerani Dott. Cav. Flavio — Torino, 57. Vitalini Comm. Ortensio — Roma. 58. Witte (De) Cav. Alfonso — Bruxelles, 59. Zitelli Pietro — Adrianopoli. ECC. 585 BENEMERITI DELLA SOCIETÀ. S. M. IL Re. j- Ambrosoli Dott. Cav. Solone. Cuttìca de Cassine Marchesa Maura. Cuzzi Ing. Arturo. Dattari Giovanni, Gnecchi Antonio. Gnecchi Cav. Uff. Ercole. Gnecchi Comm. Francesco. ]' Gnecchi Comm. Ing. Giuseppe. Hoepli Comm. Ulrico. Johnson Comm. Federico. ]- Luppi Prof. Cav. Costantino. Noseda S.* Erminia ved. Bonacossa. i" Osnago Enrico. f Padoa Cav. Vittorio. Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò. ASSOCIATI ALLA RIVISTA. Agostini Ing. Agostino — Castigliofie delle Stiviere, Allocatelli Avv. Vittorio — Roma, American Journal of Archaeology — Nuova York. American Journal of Numismatics — Boston. Ancona Martucci Giovanni — Lizzano. Annales de la Société d* Archeologie — Bruxelles. Arborio Mella Conte Federico — Vercelli. Arcari Cav. Dott. Francesco — Cremona. Archeologo Portoghese — Lisbona. Archivio della Società Romana di Storia patria — Roma. Archivio Storico Italiano — Firenze. Archivio Storico Lombardo — Milano. Archivio Storico Napoletano — Napoli, Bagatti Valsecchi Nob. Cav. Fausto — Milano. Baglio Vassallo Cataldo — San Cataldo. 586 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. Bahrfeldt Luogotenente Generale Max — Rastenburg, Bari — Museo Provinciale. Bassano — Museo Civico. Behrentz Ermanno — Bonn, ^Bergadani Rag. Ferdinando — Torino. Bocca Fratelli — Roma. Bocca Fratelli — Torino. Bollettino di Archeologia e Storia — Spalato. Bologna — Biblioteca Municipale. Bosco Ing. Emilio — Torino. Bourgey E. — Parigi. Bret Edoardo — Nimes. Bretschneider — Roma. Brockhaus F. A. — Lipsia. Bui lettino dell*Imp. Istituto Archeologico Germanico — Roma Cagiati Cav. Avv. Memmo — Napoli. Cagliari — Regio Museo di Antichità. Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo — Roma. Carpinoni Michele — Brescia. Ceppaglia Tenente Colonnello Cav. Federico — Padova. Cini Avv. Tito — Montevarchi. Como — Biblioteca Comunale. » — Museo Civico. Comparetti T. L. — Philadelphia. Cuzzi Ing. Arturo — Trieste, D'Alessandro Luigi — Lanciano. Domodossola — Collegio Rosmini. Dressel Dott. Enrico — Berlino. Engel Dott. Arturo — Parigi. Firenze — Biblioteca Marucelliana. Fioristella (Barone di) — Arcireale. Formenti Giuseppe — Milano. Galleria Canessa — Napoli, Genova — Biblioteca Civica. Gentiloni Silverj Conte Aristide — Tolentino. Grassi-Grassi Barone Antonino — Acireale. Guiducci Dott. Antonio — Arezzo. lliersemann Carlo — Lipsia. Hoepli Dott. Comm. Ulrico — Milano. Jolms Hopkins — Baltimora. Journal international d*Arcìiéologie numismatique — Atnte. Lamertin H. — Bruxelles. ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 587 Lione — Biblioteca deirUniversità. Lopez- Villasante Antonio — Madrid. Lussemburgo — Istituto Granducale. Maggiora- Vergano Cav. T. — Torino. Magnaguti Rondinini Conte Alessandro — Mantova. Magyar Numizmatikai Tàrsulat — Budapest. Mantova — Biblioteca Comunale. Miani Mario — Milano. Milano — R. Gabinetto Numismatico di Brera. w — Biblioteca Braidense. » — Biblioteca Ambrosiana. Modena — R. Galleria Estense. Molgatini Giacomo — Vanzone. Mondini Cav. Magg. Raffaello — Palermo. Napoli — R. Museo di Antichità. Numismatic Chronicle — Londra. Numismatische Zeitschrift — Vienna. Nuovo Archivio Veneto — Venezia. Nutt David — Londra, Obermiiller G. — Genova. Parisi Rosalia — Roma. Parma — R. Museo di Antichità. Paulon Luigi — Craiova di Rumania. Pesaro — Biblioteca Oliveriana. Piacenza — Biblioteca Passerini-Landi. Polybiblion — Parigi. Rapilly G. — Parigi. Ratto Rodolfo — Milano. Renner Prof. (V. von) — Vienna. Revue frangaise de Numismatique — Parigi. Riggauer Dott. Prof. Hans — Monaco di Baviera. Ri vani Cav. Giuseppe' — Ferrara. Rivista di Storia Antica — Padova. Rizzini Dott. Cav. Prospero — Brescia. Roma — R. Accademia dei Lincei. » — Direzione generale delle Antichità e delle Belle Arti. " — Direzione della R. Zecca. » — Biblioteca della Camera dei Deputati. » — Biblioteca del Senato. » — Gabinetto Numismatico Vaticano. Roma — Museo Nazionale Romano. Rosenberg e Sellier — Torino. 588 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. San Marco (Conte di) — Palermo, Santamaria P. e P. — Roma. Scacchi Prof. Eugenio — Napoli. Scarpa Dott. Ettore — Treviso, Scheyer Joachim — Milano. Seltman E. J. — Berkhamsted, Sforza Guido — Civita Lavinia. Smithsonian Institution — Washington, Société d'Archeologie — Bruxelles, Société R. de Numismatique — Bruxelles. Strolin Teopisto — Schio, Tonizza P. Giacinto — Beirut. Torino — R. Biblioteca Nazionale. » — R. Museo di Antichità. Trento — Biblioteca Comunale. Tribolati Pietro — Milano. Vaccari Emanuele — Ferrara. Varese — Museo Archeologico. Venezia — Ateneo Veneto. » — R. Biblioteca Marciana. » — Museo Civico. Verona — Biblioteca Comunale. Vienna — Gabinetto Num. di Antichità della Casa Imperiale. Volterra — Museo e Biblioteca Guarnacci. Zeitschrift filr Numismatik — Berlino, Zurigo — Biblioteca Civica. INDICE METODICO DEL l' ANNO I9I3 NUMISMATICA ANTICA. (Memorie e Dissertazioni). Appunti di Numismatica Romana. F. Gnecchi: CHI. Medaglione di bronzo di Mariniana (fig.) . . Pag. 13 CIV. Poche aggiunte al " Corpo „ dei Medaglioni (tav. I). „ 17 CV. Bacco (fig.) ,151 evi. Un ripostiglio di Antoniniani del terzo secolo, tro- vato in Oriente. . „ 163 CVII. Tribunicia potestas o Tribunicia potestate (Functus) (fig-) » 295 CVllI. Un rebus Costantiniano (fig.) „ 301 Ripostiglio di Alba dì Massa (fig.) L. Cesano . . . „ 23 Il tesoretto monetale gallico di Verdello. S. Ricci . . . „ 245 La monetazione di Augusto (tav. II-III). L. Laffranchi . . „ 303 L'oflScina monetaria di Lanuvio e gli attributi di Giunone Sospita (tav. IV). G. Pansa „ 323 Intorno alle forme da fondere Monete Imperiali Romane (tav. V-VI). G. Dattari „ 35i Idem, idem (tav. VII-VIII). G. Dattari ,,447 La più illustre collezionista del Rinascimento. A. Magnaguti „ 389 Della moneta enea corrente in Italia nell'ultima età imperiale e sotto i re Ostrogoti (tav. IX-X). L. Cesano . . . „ 511 (Varietà). Un aureo di Tetrico padre ... . - . . Pag. 141 Pax in nummis „ 444 Due importanti ripostigli di monete antiche (S. /?.). . . „ 569 Scoperte archeologiche nel distretto intrese e rinvenimenti di monete „ 572 75 590 INDICE METODICO DELL'aNNO I913 NUMISMATICA MEDIOEVALE E MODERNA. (Memorie e Dissertazioni). Monete italiane inedite della Raccolta Papadopoli (fig.). Pa padopoH N, , Idem, idem (fig.). N. Papadopoli Una moneta ossidionale di Malta (fig.). P. Stettiner Studi intorno alla zecca di Mantova. A. Magnaguti Elenco di un piccolo ripostiglio di monete scoperte a S. Se condo di Pinerolo, A. F. Marchisio .... Una rettifica per la classifica delle monete coniate nella zecca di Messina da Federico II a Federico III d'Aragona (fig.) M, Cagiati 11 ripostiglio di Trino Vercellese (fig.). F, Vakrani. Un testone inedito di Carlo II di Savoia (fig.). L. Cora . Contraffazione inedita della zecca di Passerano (fig.). E. Bosco Le monete del Gran Conte Ruggiero spettanti alla zecca d Mileto (fig.). M. Cagiati. . . . Lettere di Guido Antonio Zanetti ad Annibale degli Abbati Olivieri Giordani di Pesaro. G. Castellani . . . . Una emissione finora ignota di pezze da un centesimo fatta sotto il Regno di Carlo Alberto nel 1847. Paolo Derege di Donato Due contraff'azioni inedite di Frinco e di Passerano (fig.)« A. C. C. G Pag. 49 175 89 95 105 201 211 227 243 377 395 553 557 (Varietà). Falsificazioni Pag. 283 Manifesto monetario napoleonico datato da Mosca. E. M. . „ a86 Falsificazioni moderne „ 442 Ripostiglio di monete medioevali a Concorezzo . . . „ 570 Un tesoretto di monete italiane » 57» Ripostiglio monetario rinvenuto a Brescia . . . . „ 572 MEDA&LIE E SIGILLI. (Memorie e Dissertazioni). La medaglia d'oro del Cantone Ticino del 1804 (fig.). E. Motta Pag. 233 INDICE METODICO DELL ANNO I913 5^1 (Varietà). La medaglia Johnson commemorativa dell' Editto costanti- niano di Milano (fig.) (S. /?.) P^^g- 439 Medaglie di Verdi (S, R.) „ 441 Medaglie recenti „ 574 NECROLOGIE. Giuseppe Gavazzi (fig.) {E. G.) Pag. 251 Enrico Osnago {E. G,) . „ 253 Andrea Markl {La Direzione) „ ivi Henri de la Tour {La Direzione) „ 429 BIBLIOGRAFIA. Maurice {Jules). Numismatique Constantinienne {F. G.) . . Pag. 127 /esurum {Aldo). Cronistoria delle " Oselle „ di Venezia {E, G.) „ 128 Hi/i {G, F.). Portrait Medals of italian artists of the Renais- sance {S. R.) .,129 Beschreibung der griechìschen autonomen Milnzen in Besitze der Kòn. Akademie der Wissenschaften zu Amsterdam (S. R.) ,,130 Forrer {L.). Biographical dictionary of medallistS; coin-gem- and seal-engravers, mint-masters, etc, ancient and mo- dem {S. R.) ,,131 Tolstoi (conte Giovanni), Monete bizantine {F. G,) . , . „ 255 DesseWjffy Miklós {Gróf). Barbar Pénzei (S. R.) . , . „ 258 Lauri Tudeer {O. Th.). Die Tetradrachmenpràgung von Sy- rakus, in der Periode der signierenden Ktinstler (S. R.) „ 259 Ltischin {Arnold) Ritter von Ebengreuth. Der Miinzfund von Hollenstein in Niederòsterreich (S. /?.) , 260 Fritze {Hans von)- Gaebler {Hugo). Nomisma. Untersuchungen auf dem Gebiete der antiken Miinzkunde (S. R.) . . „ 261 Magnaguti {Alessandro). Studi intorno alla zecca di Mantova (Parte I) fig. {S. R.) „ 262 Romussi {Carlo). Milano nei suoi monumenti (voi. II) {S. R.) „ .263 Cagiati (Memmo). Le monete del reame delle Due Sicilie da Carlo I d'Angiò a Vitt. Enin. IT. Fasrirolo V {E. G.) . „ 431 Mondini {Raffaello). Spigolando tra Medaglie e Date (1848, 1870-71) {S. R.) , 432 'ag. 43-2 n 434 ivi 592 INDICE METODICO DELL'ANNO 19X3 Marini {Riccardo Adalgisio). Medaglie e Medaglisti Sabaudi del Rinascimento (La Direzione) Anson (Z..). Numismata Graeca (Greek Coin-Types classified for immediate Identification) {La Direzione) %Tolstoy (conte Giovanni). Monete byzantine {La Direzione) . Corpus Nummorum Italicorum. Primo tentativo di un Catalogo Generale delle monete medievali e moderne coniate in Italia o da Italiani in altri paesi, voi. IV, Lombardia {Zecche Minori) {N. P.) ,,561 Serafini {Camillo). Le monete e le bolle plumbee pontificie del Medagliere Vaticano. Voi. III. Clemente XI (1700- 1721), Pio X (1903) {E. G.) » 565 Magnaguti {Alessandro). Studi intorno alla zecca di Mantova. Parte I. I Marchesi, I433-1530 {E. G.) „ 566 Cagiati {Memmo). Monete assegnate ad alcune città della Ca- labria dal XV al XVIII secolo {E. G.) . . . . „ ivi Atti e Memorie dell'Istituto Italiano di Numismatica. Vo- lume I {La Direzione) „ 567 Schòttle (dott. Gustav). Die Mùnzfàlschungen von Masserano und Crevacuore und ihre Einftihr nach Deutschland ums Jahr 1620 {E. G.) ,,568 Pubblicazioni diverse „ 266 (Periodici di Numismatica). Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia . Pag. 268, II supplemento all'opera u Le monete del Reame delle Due Sicilie „ „ 269, Rassegna Numismatica „ ivi, Giornale Numismatico. Supplemento quindicinale alla Ras- segna Numismatica , ivi, Revue Numismatique fran9aise „ 270, Revue belge de Numismatique „ ivi, Revue suisse de Numismatique „ 271, Zeitschrift fùr Numismatik „ ivi, Frankfurter MOnzzeitung „ ivi, Numismatisches Literatur-Blatt „ 272, Mitteilungen der Bayerischen Numismatischen Gesellschaft „ ivi^ Zeitschrift fùr MQnz-und Medaillenkunde . . . . „ 273, Mitteilungen der Oesterr. Gesellschaft fùr MQnz-und Me- daillenkunde „ »W, INDICE METODICO DELL^ANNO I913 593 Tjjdschrift van het Koninklijk NederlandschGenootschap voor Munt-en Penningkunde . . . . - . . Pag. 274, — Monatsblatt der numismatischen Gesellschaft in Wien . „ ivi^ — Numizmatikai Kòzlòny „ 275, Spink & Son's Monthly Numismatic Circular . . . „ 276, — The Numismatic Chronicle „ ivi^ — Journal International d'Archeologie numismatique „ 277, — American Journal of Numismatics ._ „ ivi, — Articoli di Numismatica in Periodici diversi. . . „ ivi. — MISCELLÀNEA. (Varietà). I medaglieri europei e il loro ordinamento per i fini della coltura PiJg- 133 Dono regale alla Gipsoteca Numismatica del Medagliere Na- zionale di Brera . „ 141 Memmo Cagiati „ 142 II ventennio del " Numismatic Circular „ della Casa Spink & 3on*s di Londra „ ivi La medaglia della Società Reale di Numismatica di Londra . „ ivi La numismatica e le collezioni pubbliche italiane {La Dir.) . „ 281 Dono di un busto di Celestino Cavedoni al Medagliere Na- zionale di Brera „ 284 Onoranze Manno „ ivi Concorsi a premio „ 385 Paghe e personale della Zecca di Milano nel 1786 . . • . » '^' Cholera Morbus e monete coniate nel 1832 . . . . „ 288 Per un Circolo Numismatico Napoletano {F. ed E. G.) . „ 435 La Numismatica al Congresso Storico Subalpino di Novara . „ 436 S. Carlo Borromeo collezionista di Medaglie . . . . „ 441 Relazione della Regia Zecca (1911-12) „ 442 Proposta del Medagliere Nazionale di Brera di un corso di storia e tecnica della medaglia presso la R. Accademia di Belle Arti in Milano „ 443 La legislazione delle belle arti e delle antichità in un recente libro • w 574 Un nuovo periodico medaglisiico „ 576 Il ritiro delle monete di bronzo sfregiate o deturpate proro- gato fino al 30 giugno 1914 v 577 L'Annuario del R. Archivio di Stato di Milano . . . „ ivi Nomine „ ivi 594 INDICE METODICO DELL ANNO I913 Prossime vendite a Milano Pag. 578 Collaboratori della Rivista per Tanno 1913 . . . . „ 579 Elenco dei Membri della Società Numismatica Italiana e degli Associati alla Rivista per Tanno 1913 ,581 S Atti e Memorie della Società Numismatica Italiana. Seduta del Consiglio io marzo ^13 Pag. 143 Seduta del Consiglio 15 giugno 1913 . . . . . . „ 289 Assemblea generale dei Soci 15 giugno 1913 . . . . „ 290 Finito di stampare il 20 gennaio 1914. RoMANENGHi ANGELO FRANCESCO, Gerente responsabile. •*.«*««*•«**•« TAVOLE RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1913 Tav. FRANCESCO GNECCHI. - Poche aggiunte al "Corpo dei Medaglioni RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1913 Tav. IL M fia^ /i 41 42 43 L. LAFFRANCHI - La Monetazione di Augusto. Parte II Zecca di Lugdunum, ELIOT CAUil/LnKKtfEKRARIO-MILflNO Anno 1913 RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Tav. III. L. LAFFRANCHI - La Monetazione di Augusto. Parte II Zecca di Lugdunum, tUOT CALZOLARI aiF-ERH*R10-MILAN0 RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1913 Tav. IV. G. PANSA. L' officina monetaria di Lanusium JOT CAL2aLAKl A^CnHARIO-MILANC RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1913 Tav. V. iii.J t'i ^^. ^^^^ 11 ^i^ G. DATTARI - Intorno alle forme da fondere monete imperiali romane RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. inno 1913 Tav. VI. ^^f*>r/ . ■•^f^*r^ «^ G. DATTARI - Intorno alle forme da fondere monete imperiali romane UOjr CALZOLARI aiHRH/WIO-MlLANC RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1913 Tav. VII \ m^ f^M- ^rm\ 4 ^/ *-4 1'"'^-* ' J % r^ fri 16 G. DATTARI - Intorno alle forme da fondere monete imperiali romane CI lOr. CALZOL RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1913 Tav. Vili /:0^eX G. DATTARI - Intorno alle forme da fondere monete imperiali romane RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1913 Fase. IV Tav. IX • I s^ # •#»« 10 11 12 13 f^ 15 16 17 18 19 '20 21 22 29 36 3 ^^_^ vX^ -...JO' 24 31 23 24 25 26 27 28 32 33 34 35 # 43 27 34 41 42 44 46 46 47 48 49 38 39 40 41 i 1 , 50 51 52 53 54 55 56 ••••••• 58 59 60 61 62 63 L. CESANO - Della moneta enea corrente in Italia. ei-ioT CA>.zoi.^mnr>HKA>«ia-Mii.ANO RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. 1913 - Fase. IV. Tav. X. p^ K M A {^ ^ ¥ jfi ja W) m 13 14 N mi 19 (Rf ^ 1^ 16 B% ^ ED ^ le ^ i^ B^ 2» 22 24 23 L. CESANO. — Della moneta enea corrente in Italia. CJ Rivista italiana di numismati- 9 ca e scienze affini R6 V.26 PLEASE DO NOT REMOVE CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY I '.^■-:^':i&i^^ fili mÉÈ ' ■ ' ' ': ■■■■■ • ■'•lM-'tl>'', iV;j|tó)blfo. mmè ',smm''m 'Ì^MM'ìI i