RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA E SCIENZE AFFINI RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA E SCIENZE AFFINI PUBBLICATA PER CURA DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DIRETTA DA FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHI ANNO XXIV - 1911 - VOL. XXIV MILANO Tip.-Editrice L. F. Cogliati Corso P. Romana, N. 17 I9II. PROPRIETÀ LETTERARIA V.l'f SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA ^^- Presidente Onorario S. M. VITTORIO EMANUELE III Re d' Italia Presidente Conte Comm. NICOLÒ PAPADOPOLI SeiMt. Non dimenticandovi quelle di Antonio Tolomeo Gallio Trivulzio per il suo feudo di Retegno (2), vi registrava eziandio lo zecchino ed il tallero dei Belgiojoso. (i) Lo zecchino di Porcìa in Riv. Ital. di Num., 1897, P^g- 159 segg. (2) Per le monete dei Trivulzio cfr. l'opera magistrale dei fratelli Gnecchi (Milano, 1887). Sulla zecca di Roveredo, ed a nuova prova che colà soltanto, e non mai a Mesocco, i Trivulzio batterono moneta, noi ritorneremo, e lo speriamo presto, in questa medesima Rivista, verso di noi sempre largamente ospitale. 20 EMILIO MOTTA Come è già noto, per questa ed altre pubblica- zioni d' indole numismatica e genealogica, il conte Antonio dì Barbiano di Belgiojoso (1693-1779), con- sigliere intimo di Stato e cavaliere del Toson d'oro, veniva creato principe, con diploma imperiale con- cesso in Vienna ai 5 agosto 1769 ('l Nel gonfio di- ploma, il cui testo venne più tardi con ogni ampli- ficazione nobiliare elaborato ^^), al titolo di principe si ottenne, non senza pratiche laboriose, di far ag- giungere il privilegio di battere moneta in oro ed in argento, e di coniarvi la sua effigie con gli an- tichi titoli di conte di Cunio e di Lugo e di mar- chese di Grumello (3). Non ci diffonderemo troppo, coi carteggi della famiglia Belgiojoso alla mano, ad illustrare tutte le pratiche e trattative usate e corse per riuscire ad ottenere il principato ed il Jus monetandi (4). Dapprima (i) Cfr. Appendice alla Biblioteca Firmiana (Medaglie), Milano, 1783, pag. 160, n. 35 (tallero). Benaven, Le caissier ilalien, Lyon 1787, tav, 81, n. IO. — Ambrosoli, Zecche italiane, Como, 1881, tav. I-II, nn. 8-9. — KuNz, // Museo Bottacin (ristampa in Riv. Ital. di Nunt., 1897, pag. 229, tav. 4.*). — Calvi, Famiglie notabili milanesi, voi. 1: I Belgiojoso, tav. I e IV. — Gnecchi, Bibliografia numismatica delle zecche italiane, pag. 27 ed alla Braidense di Milano il voi. IV della Raccolta di documenti sulle zecche d'Italia di Zanetti e Bellati (mss.). — Omettiamo le pubblica- zioni che registrano o citano soltanto incidentalmente le monete dei Belgiojoso, quali gli Elenchi delle zecche italiane del Morbio (1867) e del MuoNi (1886), le Tavole sinottiche del Promis (1868), il Vade Mecum di Bazzi & Santoni ed altre. (2) Nel diploma restò fuori la spiegazione scritta liberata Italia ab exteris (nella bandiera dei Belgiojoso) interpretandosi a Vienna questo ab exteris come se volesse dire a Germanicis I .'... Il diploma pronto e firmato non lo era che ai 9 aprile 1770 (ved. lettere x." marzo, 9 e 16 aprile 1770 di Benedetto Stefani, da Vienna, a casa Belgiojoso). Alla sua confezione in Milano, per conto dei Belgiojoso, collaborò il noto antiquario ed epigrafista p. Guido Ferrari della C. di G. (3) Ved. Doc. I in appendice. (4) Tutti questi documenti, si avverte una volta tanto, sono conser- vati nella Biblioteca Trivulzio (Fondo Belgiojoso, cartella n, 149). Per qualche altro documento, che a suo luogo sarà indicato, ci siamo valsi LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO si voleva da parte del Belgiojoso appoggiare il titolo di principe agli antichi feudi della casa Belgiojoso, poi la cosa sembrando incontrasse difficoltà, si mise avanti il progetto di fissarlo su Mesocco e Val Me- solcina, feudi imperiali decaduti di quegli anni alla Imperiai Camera per la morte del principe Trivul- zio (1767)^^). Si andava più in là colle aspirazioni: oltre al diritto di zecca si aspirava al Grande Pala- tinato. Progetti tutti abbandonati, e per le molte in- certezze di riuscita che presentavano e per le grandis- sime spese cui il richiedente sarebbe andato incontro, delle quali, malgrado il fasto e le ricchezze della sua casa, egli non si sentiva troppo di assumere il peso (^K Si insistette per la concessione di batter moneta « in qualche zecca già fissata in luogo dipendente dalla Giurisdizione Imperiale », sembrando « un quasi necessario decoro dell' Imperio, che anche in Lom- bardia siavi qualche imperiale feudatario decorato di tal privilegio, alcuno più non vi essendo dopo la morte del principe Trivulzi ». Si appoggiava anzi la domanda ai vecchi privilegi del Trivulzio, scriven- dosene dal principe Belgiojoso al consigliere refe- rendario di cancelleria de Gundel ed al vice-cancel- liere principe di Colloredo. ai 26 agosto 1769. Ma, come osservava l' agente Stefani al Bel- del fase. 3.° cartella 13.-» deWArchivio primogeniale Belgiojoso. Dell'aver potuto liberamente consultare tutti questi carteggi, dobbiamo viva rico- noscenza ai principi Luigi Alberico Trivulzio ed Emilio Barbiano di Belgiojoso. (i) Di questo progetto non era finora notizia; ma esulando dall'ar- gomento numismatico, intendiamo parlarne in altra sede, più indicata, laddove sarà altresì lumeggiato il principato dei Rasini fissato su S. Maurizio, nel Vallese. (2) La pura tassa pagata per il principato fu di fiorini 16234 e 30 carantani, ed a rigore avrebbe dovuta essere di fiorini 19341 e 30 ca rantani. La tassa del " palatinatus major cum jure monetandi , pre- ventivata in fiorini 6200 (vedi lettera 8 ottobre 1769 dello Stefani). 22 EMILIO MOTTA giojoso (28 settembre), il caso del Trivulzio non sembrava al Colloredo di poter servire d' esempio « poiché questo defunto principe, oltre al principato di Musocco e Valle Misulcina, possedeva Retegno e Bettola, feudi immediati dell' impero, ove poteva fis- sare la zecca, ottenuta già da piti secoli, quale zecca però si è in appresso non solamente ristretta per le capitolazioni imperiali, a non accordarsi più, che per ragioni superiori, ma anche a non potersi mai col- locare in Stati dipendenti da altri principi, di modo che, quelli che ne' tempi più recenti hanno ottenuto il privilegio di potere battere le monete, non l'hanno ottenuto, che sulla riserva positiva di batterle in una zecca autorizzata dall'impero, e sul piede stabilito per le leggi del medesimo ». Se sopra questo piede (ag- giungevasi) piacesse al principe di Belgiojoso « d' im- plorare con suppHca, la concessione Cesarea, S. A. Vice Cancelliere (Colloredo) procurerà d'abbracciare un'occasione favorevole per umiliarla nelle mani della prefata Maestà Imperiale ». Il suggerimento addottato e la nuova supplica innoltrata, il principe di Colloredo, ai 4 gennaio 1770, finalmente , aveva « la sodisfazione " d' informare direttamente il Belgiojoso « che avendo profittato d' un momento favorevole per umiliarne all' Augu- stissimo Imperatore la di Lei riverente suppHca », vi aveva « Sua Maestà benignamente condesceso, secondo l'uso, che porta seco tale grazia, vai a dire, che la moneta sia battuta in una zecca, già fissata sotto la dipendenza imperiale e che le monete siano solamente majoris generis^ conforme » doveva espri- mersi nel diploma « che va compilandosi ». Ora, dai diversi autori che trattarono delle monete dei Belgiojoso, si è affermato che il nuovo principe usò subito di tale diritto, e che le sue monete — lo zec- chino d'oro e lo scudo o tallero d'argento — furono LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBI ANO DI BELGIOJOSO 23 battute probabilmente a Vienna nel 1769, data questa che sempre portano quelle monete. E così, è perfet- tamente per riguardo al luogo della zecca, Vienna ('); non furono però battute nel 1769, perchè la conces- sione non venne che a gennaio del 1770, come si è qui sopra detto, ma soltanto nel febbraio 1772 come verremo provando, con le molte notizie diret- tamente forniteci dagli archivi belgiojosiani. Per tutto il 1770 ed il 1771, anche parte del 1772, seguirono le pratiche onde concretare i disegni, i coni e la battitura delle monete. Il carteggio tra il principe di Belgiojoso ed il suo agente in Vienna, Benedetto Stefani, ci è guida in questa rassegna e noi stimiamo non inutile farne qui seguire cronolo- gicamente, a migliore chiarezza, i relativi passi. Anzitutto vi fu il timore che non si potesse met- tere il ritratto sulle monete. Scriveva lo Stefani agli 8 marzo 1770 al cav. Curioni. altro agente in Milano del principe di Belgiojoso: « Circa il modo di battere le monete ho avuto tempo d'ottenere tanto, quanto à potuto essere pos- sibile. Sappia, che il Ritratto nelle monete non viene mai concesso a que' Principi, che non posseggano So- vranità immediata dell'Impero, e che si sostituisce, per stilo usitato della Cancelleria, al Ritratto un'Aquila imperiale come Ella ha osservato nella copia del nuovo Diploma: al solo Principe Bathiani (non saprei dirne la ragione) non è stato parlato nel di lui di- ploma, da me veduto, d'Aquila, e nemmeno di Ri- (i) Il KuNZ, seguito dal Muoni {Elenco delie zecche d'Italia, 2.aediz., Como, 1886, pag. 18) lascerebbe dubbio se coniate a Vienna od a Mo- naco. Zecca quest'ultima fuori di concorso, non essendo imperiale. Non sappiamo poi con quale esattezza Bazzi e Skstoììi {Vademecum del rac- coglitore di monete italiane, Camerino, 1886, pag. 128) possano scrivere che « lo zecchino, unica moneta che di lui (Belgiojoso) si conosce debba essere stato battuto a Vienna, per errore, invece dell' a. 1769, si mise sul disegno l'a. 1760 ,. 24 EMILIO MOTTA tratto, conforme Ella ricaverà dal qui compiegato estratto, e sopra di ciò, il medesimo Principe si è preso l'arbitrio di fare coniare la moneta a suo buon piacere, sul che non solo non li è stata fatta oppo- sizione da parte della Cancelleria dell' Impero, ma anzi S. M. l' Imperatrice Regina li ha permesso di poter far battere la moneta qui nella zecca di Vienna. Non essendo dunque stato possibile d' ottenere nel Diploma la premissione del Ritratto come cosa non praticata (come ho qui sopraccennato) co' Principi che non hanno Sovranità immediata, ho procurato d' ottenere almeno che non vi si parli nepure d'A- quila, come nel Diploma del Bathiani, di modo che se S. A. il Sig/ Principe di Belgiojoso, vuol far bat- tere la moneta col suo Ritratto, Tosone, etc, come ha fatto il ridetto Principe Bathiani, sarà sicuro di non avere opposizione per parte della Cancelleria Imperiale, ma converrà compassare costà questa faccenda in maniera da non incontrare difficoltà per parte di codesto Governo, il quale non so, se avrà la stessa compiacenza verso il Sig/ Principe di Bel- giojoso, che S. M. l' Imperatrice Regina ha dimo- strato verso Bathiani, a cui, come ho accennato, ha permesso sino di battere la sua moneta in questa Zecca ». r Poi seguirono le pratiche per ottenere il permesso di fare coniare le monete a Vienna, evitando di ricor- rere alla zecca di Milano, che avrebbe forse susci- tate delle difficoltà, meno temibili più tardi, per una susseguente coniazione. « Riguardante V Jus monetandi (scriveva lo Ste- fani ai 6 agosto 1770 al cav. Curioni) dirò che la zecca di Milano è una di quelle, che abbraccia il Diploma Cesareo, ma con tutto ciò, mi figuro, che, ricorrendo alla medesima per battere le monete, ver- ranno suscitate delle soffisticherie, che quantunque LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 25 insussistenti, darann' però motivo, particolarmente sul porre, o non porre il busto alle monete, di scri- vere e riscrivere qua, tanto per una parte che per l'altra. Su questo reflesso, considero con V. S. 111.*"* che sarebbe molto più a proposito, se si potesse ottenere di battere questa prima volta le monete nella zecca qui di Vienna, perchè così si verrebbe a fare uno stradamento, che non darebbe luogo alla zecca di Milano di fare in avvenire quelle difficoltà, che. a mio credere, farebbe, senza dubbio, adesso. Per giungere a questo fine, ho già fatto qualche pratica, e benché non ci sia esempio, che sia stato permesso di battere moneta in questa zecca a de* Principi di Nazione Estera fuori della Germania, ar- disco però lusingarmi, che forse mi riuscirà di ot- tenere tal permesso. Sarà in primo luogo necessario, che S. A. il Sig. Principe di Belgiojoso scriva una lettera compita a S. E. ti Sig. Conte Francesco An- tonio di Kollowrath, Consigliere intimo attuale di Stato delle M. M. I. I. e Presidente del Dipartimento delle Miniere e Monete, informandolo con un estratto del- l'articolo deiryw5 monetandi autenticato tal quale sta nel Diploma, dal privilegio accordatoli da S. M. l'Im- peratore e supplicandolo a procurarli il benigno per- messo di potere fare battere nell' I. R. Zecca di Vienna qualche numero di monete d'oro e d'argento, come hanno fatto altri illustri Principi del S. R. Im- pero ; e, per non fare una lettera troppo lunga, potrà S. Altezza inserire nella stessa lettera una Memoria, che spieghi le monete da coniarsi, e che nomini me per adempire quanto questa faccenda dimanda. Con questa lettera alla mano, che presenterò io stesso al detto Sig." Presidente, scoprirò il positivo, e siccome mi lusingo, come ho detto, più d'un sì, che d'un no, così , per non perdere tempo, converrà, che io mi trovi contemporaneamente munito di quanto bisogna. 26 EMILIO MOTTA particolarmente per potere metter mano a conj. La forma delle monete, siano Ungheri o altro, col busto di S. Altezza, sarà bène di trasmetterla qua fatta in cera, affinchè l' incisore de' conj possa ricavare me- glio la somiglianza: soggiungo, per mero lume, che Bathiani ha fatto coniare degl' Ungheri, de' Talleri, de' Fiorini, e qualche moneta grossa d'oro sulla stessa stampiglia de' Talleri, e de' Fiorini: Kevenhuller poi ha fatto coniare degl'Ungheri e de'Talleri solamente. Dipenderà dunque dagl'ordini, che mi verranno da codesti Ecc.™' Signori il venire all' effettuazione di quest' opera, parendomi che quanto vengo di dire possa portarli a prendere resoluzione >f. A Milano si desiderava di vedere le monete coniate per il Batthyani, il Khevenhiiller, il CoUoredo e il Kaunitz, e lo Stefani alla fine del 1770 inviava a Milano « le monete del Principe Bathiani cioè un Unghero d'oro, un Tallero d'argento di due fiorini ed un fiorino semplice » ; più un « Tallero di due fiorini del Principe Auersperg » (0. Aggiungeva nella sua lettera del 20 dicembre che « i Principi Collo- redo e Kevenhuller sono nel pensiero di far bat- tere anch'essi le monete, ed in effetto, tanto 1' uno che 1' altro si sono fatti ritrarre in cera per venire a conj, ma Dio sa quando verranno alla totale effet- tuazione, sicché non c'è da pensarci, o almeno da sperare di vederle così presto v2). H Principe di (i) Il valore delle quali non variava dal valore delle monete cor- renti. L'unghero imperiale 4 fiorini e io carantani, i talleri 2 fiorini l'uno; il fiorino 60 carantani (Lett. 31 gennaio 1771). (2) In altra posteriore (24 gennaio 1771) aggiungeva d'aver veduto i ritratti in cera dell'uno e dell'altro " che devon servire per incidere i conj ed ho osservato che sono sul gusto delle monete di Auersperg e di Bathiani „ mandate a Milano. Ai 17 luglio, segnalava l'acquisto " di un tallero d'argento tutto nuovo di quegli che viene di far coniare il Sig. Principe Kevenhtìller „ e che avrebbe procurato " per qualche occasione che si presenti „ di far " passare in mano di Sua Altezza „. LE MONETE DFI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 27 Kaunitz non ha monete, né so, che sia in pensiero di farne battere » ('). Dei 20 maggio, sempre del 1771, è l'informa- zione della spesa dei conj e di zecca, tenendo cal- colo anche che l'agio delle monete d'oro era allora di molto cresciuto. È sempre lo Stefani che scrive: « Mi sono un poco informato circa le monete ed ho ricavato, che il Big/ Principe Kevenhiiller, che è nel caso di far batterne anche esso, ha speso 800 fiorini pe' soli tre conj, uno per gli Ungheri d' oro, altro pe' Talleri di due fiorini, ed il 3° pe' fiorini; che si paga alla zecca 5 per cento per le monete d'argento, e qualcosa di più per gli Ungheri d'oro; e che sta in quello, che fa battere le monete la quantità del più e '1 meno: gli conj già si rianno indietro, ma. fatta che sia la spesa qui, crederei, che potesse tornar meglio di far batter qui tutta la quantità in una sola volta, che ribatterla co' medesimi conj quasi subito nella Zecca di Milano, per far che, bisognerà fare un nuovo negoziato. u Stimo doverla anche informare, che da poco in qua 1' aggio delle monete d' oro è cresciuto due grossi per ciascun pezzo, cioè l'Onghero ordinario, che correva con l'aggio di 7 karantani e '/,, ora corre con l'aggio di quattro fiorini e 14 karantani; l'On- ghero Imperiale che correva con io karantani, ora corre con 16, — e l'Onghero Kreminitz che si va- lutava 4 fiorini e 12 karantani, si valuta ora 4 fiorini e 18. — Nel caso che quest'aggio non sia aumentato (i) Per i principi Carlo Giuseppe Batthyaui (1697-1772), Giuseppe KhevenhQller-Metsch (1706-1776), Rodolfo Giuseppe Colloredo-Melz e VVallsee (1706- 1788), Venceslao Antonio Kaunitz-Rietberg (1711-1794), cfr. WuRZBACH, Biogr. Lexikon des K. Oesterreich, I, 178, XI, 211, I, 430, XI, 70. Per il Kaunitz agg. Cusani, St. di Milano, III, 297, Beer e Ar- NETH in Archiv far oesterr. Geschichte, 48, I e 88, I. Per i principi di Auersperg, oltre il Wurzbach, op. cit., I, 88. cfr. RiCHTER in Neues Archiv fiir Geschichte, eie, li, 1830 (Viennaj. 28 EMILIO MOTTA ancora costà, crederei vantaggio per l'Ecc."'^ Casa, se potesse, per fare questa spesa delle monete, raccapez- zare costà degl'Ongheri di qualunque specie che pos- sino essere e procurar poi di trasmetterli qua in specie, purché tali Óngheri siano di giusto peso, altrimenti, invece di guadagno, si perderebbe l'aggio intiero ». Il principe di Belgiojoso, avute queste ed altre informazioni, inoltrava finalmente (6 luglio) la domanda al conte di Kollowrath (già suggerita un anno prima dallo Stefani), per la permissione di coniare nella zecca di Vienna (0. Tale la lettera : u Eccellenza, « Mi lusingo che troverà V. E. ben naturale, e ragionevole eh' io faccia il maggior possibile uso della grazia che la munificenza di S. M. l' Impera- dore mi ha accordata in dichiararmi Principe del S. R. I. Tra le prerogative che hanno accompagnato tal insigne grazia v'è il diritto di batter moneta, come potrà V. E. compiacersi di scorgere dall'articolo del Cesareo diploma, che ho l'onore di qui acchiuderle. Ma siccome questa zecca ora oziosa, e che da molto tempo non è stata in attività che di batter piccole monete, non mi da luogo d'aspettare, che le monete, che mi propongo di far battere possono riuscirvi con la decenza che conviene, appoggiato alla generale e giusta fama della gentilezza di V. E. prendo la libertà di supplicarla a permettermi di farle battere in cotesta Imperiale Regia Zecca, come mi è noto che hanno fatto molti Principi dell' Impero. L'essere io di pro- vincia , che è feudo dell' Impero , il ritrovarsi tutta la mia famiglia all'attuale servizio delle LL. MM. mi dà coraggio a sperare che vorrà V. E. concedermi questa distinzione ; nel qual caso per non entrar qui (i) Per la genealogia dei Kolowrat cfr. Wurzbach, op. cit., XII, 371. LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBI ANO DI BELGIOJOSO 29 in maggior dettaglio prendo la libertà di supplicare V. E. a permettere al Sig. Benedetto Stefani di rap- presentarle le occorrenze relative al favore che ho preso la confidenza di richiedere a V. E. « Sono col più verace, distinto rispetto. " Milano, 6 luglio 1771 „. Neil' attesa del permesso , che non si dubitava fosse per mancare, si addivenne a fissare di far co- niare ungheri (o zecchini) e talleri. Esaminati i saggi spediti dallo Stefani a Milano, si trasmettevano a Vienna il ritratto del principe Belgiojoso ed i disegni delle armi di casa, colle iscrizioni da porre sulle monete. A miglior schiarimento valga il brano della lettera del conte Alberico di Belgiojoso, primogenito del principe Antonio, allo Stefani, in data 20 lu- glio 1771: a Accuso a V. S. 111.*"* la ricevuta dell' ultima sua a me diretta sotto la data degli 8 andante, come pure l'avere in seguito anche il mio Genitore rice- vuto il Tallero di Kevenhiiller in ottimo stato. Ri- guardo dunque il nuovo conio da farsi per le nostre monete, si stima qui per ora dal Principe mio Padre di non farne che di due qualità differenti, cioè per Ongari e per Talleri. A tali conj potrà dunque ella incominciare a far porre la mano dal miglior arte- fice di Vienna in questo genere. Quantunque non sia qui ancora pervenuta la risposta dal Ministro che costì presiede alle monete, siccome questa non può che giugnere da un ordinario all'altro, e come credo favorevole; così nulla ostante potrà ella fare inco- minciare un tal travaglio; al qual fine troverà qui annessa la medaglia di mio Padre entro uno scat- tolino. Sebbene questa non sia fatta in cera come da V. S. III."'^ fu indicato, ciò non deve influire a minore facilità di una tale esecuzione. Tanto più che 30 EMILIO MOTTA in cera poteva essere soggetta a guastarsi in sì calda stagione. Il profilo è molto somigliante; ma perchè si vorrebbe vestito, e non a collo ignudo, come si vede nella medaglia d'avorio, così si manda espresso in carta anche qui accluso il modello, o disegno del- l' abito, col quale si vorrebbe precisamente vestito. Si trasmettono due esemplari delle armi di casa. La segnata A. per i Talleri , e la segnata B. senza manto, e per conseguenza meno inviluppata, per gli Ongari, per esservi meno spazio. Così ha fatto an- che il Principe Bathiani. « Toccante la inscrizione da porre sul Tallero nella parte del busto sarà: ANTONIVS I. BARBIANI, BEL- GlOiOSII, ET S. R. I. PRINCEPS e nel rovescio poi, ove sarà l'arma vi si porrà: CVNII ET LVGI COMES MARCH. G-RVMELLI. In tal guisa si ommetteranno i titoh delle cariche, che quantunque posti dagh altri, credo as- solutamente inutili, tanto più che il Tosone, carattere principale fra gli onori, si vede al collo del ritratto e attorno dello scudo dell'arme. « Una tale leggenda non sarebbe possibile che fosse posta in esteso negli Ongheri Veramente sul fogho che troverà qui compiegato si è messa la data dell'anno corrente 1771, ma sarebbe mia sommissima premura, che su le accennate mo- nete vi si mettesse la data dell' anno 1769, come un'epoca della concessione del Principato, e del pri- vilegio di poter batter moneta. Una sola cosa po- trebbe ostare, e questa sarebbe la data del Decreto che forse a quest' ora sarà sottoscritto ma ciò non sarà difficile a far mutare. Per ottenere tal cosa ella tenterà tutte le strade possibili, perchè veramente ci preme assaissimo, e la sua destrezza me lo fa sicu- ramente sperare. Allora sarà necessario che sulla carta che si trasmette, sulla quale sono le inscrizioni, vi ponga di suo pugno il millesimo 1769, perchè LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIAMO DI BELGIOJOSO 3I l'artefice non possa sbagliare. Ad ogni buon conto il detto artefice può lavorare, perchè 1' inscrizione è r ultima cosa ». Lo Stefani rispondeva, in merito, al cav. Curioni, ai 5 ed ai 12 agosto. Scriveva ai 5 che in quanto a battere le monete poteva « assicurare l'Eccellenza Sua che sarà attento per mettere in esecuzione tutto quanto egli desidera ». Sin qui non aver però po- tuto intraprendere cosa alcuna, sì per non essergli ancora pervenuta « la medaglia di S. Altezza, senza la quale non posso convenire con l'artefice de'conj, ne colla zecca, sì ancora per non trovarmi abilitato con piena permissione a venire all'effetto di questa faccenda aspettando questi Signori della Zecca di dirmi di sì il ritorno responsivo, sull' insinuato, che hann' fatto passare al Dipartimento d' Italia, per ri- portarvi informazione. Questo ritardo però, mi lu- singo, che non ci apporterà niente di sinistro, sup- ponendolo io derivato per motivo di sbaglio del servo dell' Ufizio della Zecca, che invece di portare detto insinuato al ridetto Dipartimento d' Italia, lo abbia portato alia Cancelleria di Stato, perchè il Sig. Se- gretario Molinari mi ha asserito di non averlo ve- duto né Lui, né il Sig. Consigliere de Sperges, del che ho già avvertito la Zecca medesima » (^). Aggiungeva ai 12 agosto : « In proposito delle monete, benché non sia ancora in pieno potere di fare le occorrenti disposizioni, per cagione che la zecca non ha ricevuto di ritorno dal Dipartimento d'Italia l'insinuato, che la medesima Zecca li mandò per riportarvi informazione, ciò non ostante, come che il Sig. Consigliere de Sperges, con cui ho par- li) Per il dotto barone Giov. Sperges, tirolese, oltre il Wurzbach, cfr. MuoNi, Governatori di Milano, 1859, pag. 137, Cusani, Sloria di Mi- lano, III, 340. Per il marchese Molinari ancora Cusani, loc. cit. 32 EMILIO MOTTA lato SU questa faccenda, mi disse jeri, che si era scordato di rimandare detto Jnsinuato, e che non ci vedeva difficoltà in contrario, così parmi, che si possa credere questa cosa sicura, lo che intenderò domani, o l'altro nel portarmi che farò alla Zecca per ricavare la resoluzione positiva. « Lo scatolino con la medagha di Sua Altezza, non è ancora capitato, senza il quale non posso andare avanti, né discorrere circa gli conj da farsi. « Il predetto Sig, Consighere mi domandò, tra l'altro, il perchè qui, e non a Milano, si facevan battere le monete, ma pour couper court, li risposi, che Sua Altezza avendo veduto le monete del Prin- cipe Bathiani, Kevenhuller etc, ed essendoh piaciute, aveva concepito idea di potere essere servito nel- l'incisione de' conj, meglio qui che altrove ». Ed ai 19 agosto era lieto di confermare che « l'affare è riuscito, come mi lusingavo che dovesse seguire, cioè senza incontrare difficoltà. Il Diparti- mento della zecca ha ricevuto di ritorno l'insinuato, che aveva fatto passare al Dipartimento d'Italia, per ritrarvi informazione, senza nulla in contrario, onde in questa settimana, come che vengo di ricevere oggi lo scatolino con il ritratto in avorio di Sua Al- tezza, comincerò a parlare e trattare per venire alla fattura de' conj ». Difatti ai 26 agosto informa dei suoi primi ab- boccamenti in zecca. « Per venire alla Iattura de' conj per le connote monete, mi sono indirizzato al primo incisore di questa Zecca, che ha fatto gH conj anche per il Principe di Kevenhuller, uomo molto abile. Nel pro- posito, che ho avuto col medesimo mi ha osservato che il ritratto in avorio di S. Altezza è voltato alla sinistra, e che nelle monete usasi alla diritta, e di più che l'arme nell'Unghero verrà, stante il poco LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 33 spazio, troppo confusa, parendo a lui, che riducen- dola in qualche modo più semplice, potesse tornare meglio. Mi son fatto fare, affine di meglio intendersi, gli modeUi in carta, qui annessi, su quali codesti Ecc.""' Signori potranno megho dirmi il loro piacere. Avverta, che il ritratto del Tallero, non è tirato da quello di S. Altezza, essendo per ora puramente ideale per fare solamente vedere il profilo, e Tarte che pensa di tenere detto incisore. Non sarà possi- bile di mettere nelle monete altra data, che quella dell'anno in cui si battano, essendo questa una re- gola invariabile di zecca, quando si tratta di monete, e non di medaglie. Sarà necessario di rimandarmi gli medesimi modelh in carta con quelle correzioni, ed annotazioni, che si crederà a proposito di farvi, acciò, a scanso d'errori, io mi possa positivamente spiegare col medesimo artefice, e contrattare insieme per la fattura. La spesa de' due conj va a 500 fio- rini, e così ha pagato il Principe di KevenhuUer per gli suoi. Converrà anche che io sappia il numero degl' Ungheri e de' Talleri , che vogliano codesti Ecc.""' Padroni far battere, e se dovrò far capo per l'occorrente a questi SS." Smitmer ». Ai 13 settembre segue la risposta del Principe, diretta dal cav. Curioni allo Stefani. Approvato « il disegno del conio, tanta circa la positura della testa, quanto dell'acconciatura de' capegh, come pure per l'abito ". Le armi pure « vanno a dovere », come stanno nel rovescio della pergamena che si rimanda all'artefice. « Le iscrizioni sono bene eseguite, tanto da una parte, che dall'altra. Si rimanda altresì l'altra pergamena per l'Ongaro, e gli Ecc.""' Padroni ame- rebbero, che Tartefice si attenesse all'arma, come sta al num. L Premerebbe però a' medesimi, che la lettera C. fosse aumentata in COM., il che benissimo potrebbe eseguirsi, avvicinando il CVNII all' ET, e il LVGI al MARCH. 34 EMILIO MOTTA a V. S. 111.""' è pregata inoltre di avvertire Tar- tefice di osservare, che la croce nelle armi deve es- sere appoggiata metà sullo scacco rosso, e metà sullo scacco bianco, cioè che deve cadere sul falso, come potrà rilevare dal disegno trasmesso ; al qual disegno si avverte che l'autore debba perfettamente attenersi con esattezza anche riguardo alle imprese, e caratteri, che sono sopra i due stendardi ». Ri- guardo al prezzo procurasse lo Stefani « d'accordarlo a quel meno, che le sarà fattibile, e posto anche che non vi fosse ribasso, purché l'opera si eseguisca ». Alla fine di settembre lo Stefani concludeva col direttore della zecca di Vienna per la fattura dei coni tenuto conto delle varianti desiderate dai Bel- giojoso. I coni contrattati per 500 fiorini, fuori ben inteso le regalie al direttore della zecca e ad altri. Ma ecco meglio i particolari da lui scritti ai 30 set- tembre : « Subito pervenutami la di Lei stimatiss.'"* del 13 di questo spirante mese, colla risposta, che io attendeva, circa il battere le monete, ho concluso col Direttore della Zecca per il permesso della fat- tura de' conj, ed essendo anche convenuto coU'arte- fice de' medesimi, li ho tra l'altre, raccomandato il di più, che V. S. IH."'* mi osserva, cioè che, in quanto all'Onghero, si attenga all'arma come sta nel disegno n. I, che la lettera C sia aumentata in COM, che la croce neirarme d'ambedue le monete sia ap- poggiatoi, metà sullo scacco rosso, e metà sullo scacco bianco, e che in tutto l'altro, procuri d'imitare esat- tamente, tanto riguardo alle imprese, che a caratteri, il disegno dipinto già prima trasmessomi. M'è parso, che m'abbia capito, e mi ha replicato, non si potrà così ben discernere il tutto, come nel Tallero, stante la piccolezza dello spazio, e per questo egli avrebbe desiderato, che l'arme dell'Onghero fosse più sem- LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 35 plice di quella del Tallero. Mi ha anche detto, che non è fattibile (quando un conio è fatto) di potere bene, e pulitamente cambiare il millesimo dell'annata che corre per farlo poi dire invece del 71 l'anno 1772, senza fare un nuovo conio, come per cosa tale si fa sempre nella Zecca medesima. « La prevengo, che gli conj non potranno es- sere pronti così presto come forse Ella s'immagi- nerà, perchè l'artefice ha sempre tra mano del la- voro per la Zecca, che va avanti a tutt'altro. Il Principe Kevenhuller ha dovuto aspettare più di quattro mesi, ma io m'addopererò in modo da far che l'opera non vadi tanto a lungo. « La spesa, o sia l'utile, che va alla Zecca per battere le monete si computa un grosso di Vienna, o poca cosa di più, per ciascuna moneta, sia On- ghero, o sia Tallero, cioè tanti Ongheri, o Talleri, che si fanno battere, siano cento, o dugento, o mille, tanti grossi di sopra più al corso ordinario si conta alla Zecca. « Gli conj restano contrattati 500 fiorini, e meno non si è potuto fare, perchè la Zecca non permette che gU conj siano fatti da nissun'altro, che da quell della Zecca medesima. Ci va poi un regalo conve niente al Direttore della Zecca, che si chiama Mintz Master, e qualche altra mancia, che ora ben non so » Il principe di Belgiojoso replicava ai 19 ottobre stabilendo la cifra delle monete da battersi in 600 ongari ed in 400 talleri. « Siccome sento (scrive allo Stefani) non sij fa- cile di poter bene, e pulitamente cambiare il mile- simo dell'annata, così mi giova credere che volendo nell'anno venturo 1772 far battere ancora monete, non si avrà difficoltà a lasciar correre la datta del 1771 a tenore de conj che si stan facendo, mentre sembrarebbe non indiferente il voler tutti gli anni 36 EMILIO MOTTA far battere monete, e dovere pagare cinquecento fiorini per li conj e però anche in questo n'atten- derò riscontro, fra tanto mi raccomando a V. S. III.™* perchè solleciti l'artefice a terminarli presto, tanto per poter far battere in quest'anno il danaro e per li cinquecento fiorini per detti conj, già sono ordinati alli Sig." Smitner per pagarli a Lei ad ogni richiesta. « Mi permetta che novamente lo prega di di- stinto ragualio per ciò devesi pagare per far battere Ongari e talleri. Mentre V. S. III.'"^ mi dice che alla Zecca vi si deve corrispondere un grosso di Vienna per ogni Tallero, e per ogni Ongaro, e questo lo capisco, solo mi dirà quanti grossi vi vogliono a formar un fiorino. Ma ciò che io ò bisogno di sa- pere si è, se debba alla Zecca pagar oltre il grosso un Ongaro per Ongaro, un Tallero per Tallero, o pure se debba mandar la posta, o in oro ed argento per farh battere per conto dell' Ecc.""' Casa, e che la Zecca non abbia altra ragione che di far l'assag- gio per riconoscere se sij di quel cahbro che porta la Zecca di Vienna. Mentre se fosse in libertà del- l' Ecc."* Casa a mandarli la posta, in quel caso lo pregherei informarsi come hanno fatto li ultimi Prin- cipi dell' Impero per . . . . (J) così anche per la Casa Ecc.""* ed avere quelle stesse facilità, e vantaggi avuti delli altri Principi che ultimamente hanno fatto batter danaro. In somma si darà l' incommodo di prender le più esatte informazioni e mandarne poi un conto esatto per 600 Ongari che penso per ora far battere, e 400 Talleri con tutto quel maggior risparmio possibile. « Mentre all'avviso, e detaglio che mi darà farò subito far il fondo, e ciò oltre li 500 fiorini per li conj che questi già son inteso, e son disposti. Mi (i) Testo illegibile. LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 37 saprà pur dire in cosa possi consistere il regalo con- veniente al Direttore della Zecca, Mintz-master e così l'altre mancie, e tutto ciò colla maggior brevità pos- sibile per poter venire presto a capo di tale affare ». Il lavoro dei coni s' iniziò subito. " Già vi si lavora (scriveva lo Stefani ai 28 ottobre) e stante qualche mio maneggio, spero, che potranno essere terminati prima di quel tempo, che m'hanno fatto credere ". Ai 4 novembre assicurava « che per la spesa indispensabile per battere le consapute monete, sarà pensier mio a ciò rEcc.™" Casa non vi riceva il minimo torto, e che tutti vadi in regola secondo quello che è stato praticato coll'ultimi Principi del- l' Impero ». Evadendo la domanda del 19 ottobre forniva i seguenti schiarimenti : u Circa a far battere 600 Ongheri, e 400 Tal- leri, conforme Ella m'accenna, o di più, o di meno come possa piacere a codesti Ecc.""' Signori, la Zecca pensa a fornire tutto il materiale, sia oro. o sia ar- gento, per battere le monete come devano essere in bontà, valore, e peso corrente; all'incontro la mede- sima Zecca per rifarsi del suo avere prende Onghero per Onghero, Tallero per Tallero, o pure tutto oro in moneta, anche per il valore de Talleri nuovi, e prende anche dell'oro e dell'argento non monetato per il valore, che porta seco ; onde trattandosi di una somma non molto grande, servirà l'ordine a questi SS." Smitmer che mi somministrino quella somma (senza l'altre spese) che potrà fare detto n.** di 600 Ongheri e 400 Talleri, perchè, per la più corta, procurerò, se sarà possibile, che me le som- ministrino in tutt'oro, cioè in Onghari o Kreminitz. o ordinari, sapendo che la Zecca adesso, che l'oro è qui raro, lo gradisce di più, e per questa ragione. Ella si ricorderà, che io le suggerii tempo fa che 38 EMILIO MOTTA sarebbe tornato a proposito e vantaggioso di met- tere insieme costà degl'Onghari per trasmetterli qua in specie. « Credo, che codesti Ecc.'"' Padroni pensino di far battere un certo numero di monete per validi- tare solamente il privilegio che hanno, e che non vorranno farne battere ogn'anno, per farle correre ordinariamente, stante la manifesta perdita, ma, se a capo di qualche anno, piacesse loro di farne battere altra quantità, potranno servire gli primi conj, però con permissione della Zecca col primo millesimo, quando non sopravvenisse nel fratempo un cangia- mento di lega, e di prova negl'Ongheri e ne' Tal- leri, perchè nella Zecca si conserva la lega, e la prova delle monete, che si battano anno per anno, per potere riscontrare la bontà e la falsità, anche da qui a 50 anni, che potrebbe darsi w. Altre informazioni per la valuta delle nuove mo- nete seguivano ai 7 novembre : « ... avendo doman- dato a questa Zecca come dovevo regolarmi per soddisfare alla valuta delle nuove monete, che S. A. il Sig. Principe di Belgiojoso farà battere m'è stato risposto, che io riporti per le nuove monete oro per oro, e argento per argento monetato, cioè pe' 600 Ongheri, e 400 Talleri, che S. Altezza pensa di far battere, devo riportare l'equivalente d'altri 600 On- gheri d'Oro, e 400 Talleri d'argento di lega e peso corrente, eccettuate le spese. Come che l'oro in oggi è qui scarso, e raro, conforme l' ho prevenuta, e che questi banchieri, se ne hanno, lo tengono prezioso, ho stimato bene d'interpellare questi Sig." Smitmer per scoprire, se potevo far capitale di tale somma in oro, ed in argento, e m'hanno promesso, che, per servire l'Ecc.""* Casa di Belgiojoso, si faran piacere di fornirmi il tutto. Ciononostante tornerà a propo- sito, che il di loro corrispondente di costi li speci- LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 39 fichi (eccettuato l'altro danaro, che potrà bisognare) quel numero d'Ongheri e di Talleri in natura, che dovranno somministrarmi. « Spero, che gli conj saranno presto in ordine, e mi è riuscito, secondo le prime premure fattemi da V. S. 111."^ di farvi incidere il 1769, cosa, che piacerà, credo io a codesti Ecc."' Padroni. « Il Principe di Kevenhuller non ha fatto regalo alcuno al Direttore delle Monete, perchè non ha sin'ad ora fatto battere li Ongheri, ma però pensa di farglielo, e nulla ho potuto raccapezzare da parte del Principe Bathiani, che trovasi assente da Vienna; per nostro regolamento in proposito del regalo da farsi a detto Direttore, credo però, che meno d'una dozzina d'Ongheri non li si potrà dare, sì per non esser egli una persona ordinaria, sì ancora per onore della Casa Belgiojoso. Da tutto questo dunque Ella potrà appresso a poco antivedere quello, che ci bi- sognerà per finire questa faccenda; dissi appress'a poco, perchè non è fattibile, che io vada a diman- dare e ridimandare per farle anticipatamente un conto esatto di tutte le mancie, e mancerelle, che potranno bisognare, cosa per altro che verrà da me effettuata all'ultimo, conforme al dover mio. « Penso che le mancie. ed anche il regalo al Direttore suddetto potrebbono darsi colle monete nuove di S. Altezza, e prevedo, che anche alcuni della Cancelleria, ed ahri, che fanno delle Collezioni di Talleri d'ogni conio, mi ricercheranno per averne (O, (i) Diffatti lo Stefani, ai i8 settembre 1777 scriveva: " È certamente più d'un anno, che io vengo seccato, ed arciseccato da alcuni dilettanti, che fanno collezioni di talleri d'argento, tanto antichi che moderni, per averne uno di quelli fatti coniare da S. A. il Sig. Principe di Belgiojoso. Se Ella potesse trasmettermene, con permesso dell'A. S., tre o almeno due, per mezzo di qualcuno, che venga qua a Vienna, li riceverei per grazia particolare, e mi farei debitore della propria valuta ,. 40 EMILIO MOTTA però con il ricambio in altra moneta, onde, se pia- cesse a codesti Ecc.""' Signori d'avere costà tutti i 600 Ongheri e tutti i 400 Talleri, potrebbero per- mettere, che se ne battesse almeno una dozzina di più per sorte w. E diffatti, come si vedrà dal conto di zecca si coniarono 620 zecchini e 430 talleri. Dei 9 dicembre è l'avviso che « rimanendo or- mai, tra oggi, e domani, terminati pienamente gli conj w lo Stefani pensava di prelevare dai banchieri Smittmer « l'occorrente danaro per sodisfare la Zecca, tanto circa la spesa della fattura de' medesimi, che circa le specie d'oro e d'argento da darsi alla medesima Zecca per battere le nuove monete, di modo che, contento di poter effettuare tutto questo dentro la corrente settimana » sperava « che dentro il corrente mese rimarranno le nuove monete ap- prontate r. Ma la cosa non andò ancora così celere. Avute le prove dei coni, lo Stefani, anche dietro il parere discorde di chi le aveva osservate, non si fidò di far battere le monete e trasmise le prove a Milano. Così ne scriveva ai 16 dicembre al cav. Curioni : « Prima di battere le monete, mi hanno fatto vedere le prove di come sono riusciti gli conj, e per non fidarmi al mio solo parere, avendole fatte vedere ad altri, chi m' ha detto, che il ritratto pare poco rilevato; chi mi dice, che se fosse più rilevato pa- rebbe più medaglia che moneta, etc. Questa diversità di pareri mi ha messo in perplessità tale, che mi sono risoluto, prima di far battere le monete, di trasmettere costà le qui accluse prove, acciò codesti Ecc.""' Padroni, e V. S. 111.""* vi faccino col loro più chiaro discernimento le loro osservazioni, e ciò con tanta più ragione, che l'artefice de' conj m'ha detto, che, prima di dare la tempera a medesimi conj, si possano, in qualche cosa, che possa piacere, ritoc- ""^k- LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIA.NO DI BELGIOJOSO 4I care. Mi lusingo, che non verrà disapprovata questa mia attenzione.... Se bisognerà correggere qualche cosa, sarà necessario di rimandare qua la prova, acciò io possa , su quella , spiegarmi coli' artefice de' conj ». Le osservazioni da parte dei Belgiojoso, a mezzo sempre del loro agente, Curioni, seguirono imme- diatamente. « Il rovescio dell' armi tanto la prova del Tallero, quanto quella dell'Ongaro va a dovere ». Non potevasi « dir così del ritratto perchè non as- somiglia all'originale mandato, e la risposta in breve sarebbe di uniformarsi al detto originale fedelmente, ma per dirli quel pocho che si può, si ritrova che il labro inferiore resta più rilevato della mandibola superiore, il naso troppo corto benché di cosa di pocho, onde sarebbe di rimediare a detti difetti, e li capelli portarli più avanti tanto lateralmente che sulla fronte come restano segnati sulle prove del Tallero, che si rimandano. Onde l'artefice di Milano suggerisce che per necessità doverebbesi abbassare il conio, e di novo rittocare la figura e ridurlo alla perfezione del modello mandato. Mentre deviando dal modello non si avrà la fisonomia che si è quella che non c'è, mentre si conviene che trattandosi di moneta si deve rilevare discrettamente e quanto più si può, ma non eccedere apponto perchè non sembri una medaglia ». Così trascorse il 1771 senza venir a capo di veder le monete eseguite, ed anche nel 1772 il car- teggio in proposito tra Vienna e Milano perdurò fino a marzo. Sentiamo lo Stefani: 19 gennaio. « Vi adempisco oggi con soggiungere d'essermi già abboccato coU'artefice de' conj, e d'averlo fatto vedere colle prove, tanto del Tallero, e dell'Onghero, ^.2 EMILIO MOTTA che col modello del ritratto di S. Altezza alla mano gli difetti indicatimi. Mi è parso che ne sia restato persuaso, e mi ha detto, che vedrà di rimediarvi, solamente mi ha mostrato difficoltà d' abbassare il conio, avendo addotto per ragione, che abbassandolo di piti, si corre risico, che il conio non sempre si riempia (nel battere le monete) in tutte le cavature, e che le monete rieschino imperfette, ancor che non sia mancamento nel conio ». (20 gennaio). « ler' r altro fui appresso l'artefice de'conj, il quale avendo messo mano a correggere gli medesimi, conobbi, che ha ben capito gli difetti da me a lui fatti osservare, e che impiega diligenza per rendere più perfetta la somighanza del ritratto di S. Al- tezza.... abbassando anche, tra V altre, alquanto il conio medesimo, nonostante che mi mostrasse in principio, sopra di ciò, qualche difficoltà. Mi ha pro- messo di finirli verso il fine di questa settimana, ma non ci fò conto ». (27 gennaio). « Gh conj sono ancora tra le mani dell'artefice. Veramente ci sono già impaziente, ma ormai bisogna lasciarli tempo, e pazientare ancora qualche giorno, perchè l' opera riesca perfetta. Dal canto mio, ci porto tutto il pensiero, ma il travagho non lascia per se stesso sforzarsi, e richiedendo anche giornate chiare, queste appunto mancano nella corrente sta- gione, che ci dà se non pioggia, della continova folta nebbia ». (3 febbraio). « Il conio del tallero è terminato, ed avendo avuto sotto gl'occhi la prova, è parso non solo a me, ma anche ad altri, a cui 1' ho fatto osservare, che rassomigli assai bene alla medagha d' avorio, LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 43 onde mi dispenso dal mandare questa seconda prova costà, per non trasportar più a longo questa facenda. Il conio dell' onghero, mi dice V artefice, che sarà perfezionato in questa settimana; non richiedendo, come ha osservato anche V. S. 111."''' tanto ritocco, quanto quello del Tallero, onde se mi terrà parola, potrò nella ventura settimana adempire al restante ». (io febbraio). « Anche il conio dell'Onghero è finito, ed avendo fatto osserv^are la prova da più persone in confronto della medaglia d'avorio, m' è stato lodato e detto, che rassomiglia, apparendo S. Altezza più attempato, che nella prima prova, sol che penso che il Sig. Prin- cipe stimerà più la rassomiglianza, che d'esser ri- tratto più giovane , come parmi sia stato il primo pensiero dell'artefice ». (13 febbraio). « Ieri l'altro mi feci dare da questi SS." Smitmer fiorini 4300 contro mia ricevuta parte in Ongheri Imperiali, e parte in argento, conforme mi bisognava, e che, senza indugi feci l'occorrente sborso a questa Zecca per battere 620 Ongheri di corso, come gli Ongheri di S. M. l' Imperatrice Regina, e 430 Tal- leri, e per pagare la fattura de' conj, e l'altre spese ». (24 febbraio). « Spero, che le monete rimarranno in questa settimana battute, non essendo ciò seguito prima, perchè battono attualmente in Zecca degl'Ongheri e de' Talleri di S. M. l' Imperatrice Regina , e perchè il Mintz-Maister vuol servirsi della medesima pasta, per battere le monete di S. Altezza ». (2 marzo;. « Le monete rimarranno in questa settimana approntate, ma non essendo arrivato il Foglia, e non 44 EMILIO MOTTA curandomi di tenere tal danaro longo tempo appresso di me, non mi mostro troppo sollecito di levarlo dalla Zecca, prima, che ci sia l'occasione di farlo trasportare via »». Il Foglia era il conducente venuto da Milano per ritirare, d' incarico della casa Belgiojoso, le mo- nete, ed a lui le rimise diffatti lo Stefani ai i8 marzo. Come da una sua dei 23 risulta, i 600 ongheri erano : « ripartiti in 12 involti, ciascun 'de quali ne con- tiene 50; custoditi in modo, che uno non può fre- garsi coU'altro e poi di questi dodici involti , se ne son fatti tre pacchetti separati di 4 involti ciascuno ». I 400 Talleri erano « in cinque rotoletti separati di 80 pezzi ciascuno, con carta, che tramezza un pezzo dall'altro, affinchè non possino fregarsi assieme ». Tutte le monete così diligentemente involte erano a rinchiuse in una cassetta di legno forte , così ben ripiena di segatura che direi impossibile, che possino muoversi, per qualunque moto e negligenza che possa essere. L' indirizzo sulla cassetta è a S. A. il Sig. Principe di Belgiojoso, accompagnata da una semplice lettera. Oltre a tutto questo la cassetta si trova bollata con due sigilli di questa I. R. Zecca, ed accompagnata con un Passo della Zecca mede- sima, che H franca il transito sicuro da per tutto. Dio voglia, che giunga felicemente il tutto a sal- vamento ». Lo Stefani trasmetteva in egual giorno il conto originale, saldato della zecca, che importava la somma di fiorini 4042.27 Va, ai quali erano da aggiungersi le diverse regalie, distribuite in zecca (0. Il privi- (i) Vedi Doc. II in appendice. Vi si riproduce, anziché il testo ori- ginale in tedesco, la traduzione italiana compiegatavi, più la cifra dei regali. LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 45 legio imperiale di battere monete aveva costato fio- rini 1000, in più della tassa del principato. Aggiungeva però un particolare, non inutile a sapersi dai colle- zionisti, e cioè « che siccome il conio del Tallero ha sull'ultimo un poco sofferto nel battere le monete come Ella bene riconoscerà in alcuni de' medesimi Talleri, mi ha il Miintz-Meister della Zecca promesso di farmene fare un' altro tutto di nuovo, senza al- cun' altra spesa, onde si avranno gli conj indietro tutti in buono stato, e da potersene ancora servire nel caso che piacesse a codesti Ecc.""' Signori di far battere altre nuove monete » (^). In altra del 6 aprile aggiungeva: « quando dunque si trovi costì, ne* tal- leri già battuti, qualche difetto, ch'avesse luogo a potervi rimediare, V. S. me 1' avvisi, perchè 1' arte- fice sospende a finirlo (il nuovo conio) sino a mio ordine ». La cassetta delle monete arrivò felicemente a Mi- lano; ma pare ch'esse non incontrassero « il pieno gusto degli Ecc.*"' Signori ». Il busto del principe non sembrava rassomigliasse. « Posso per altro dirle (così lo Stefani, ai 4 maggio) che chiunque l'ha qui veduto, in confronto del ritratto d'avorio, è parso che sia stato preso bene. Io però non mi maraviglio, se non rassomiglia a perfezione, perchè anche nelle monete di que' Principi, che sono qui sugl'occhi de- gl'artefici, anzi in quelle di S. M. V Imperatrice Re- gina stessa, vi si trova da ridire; e senza parlare della somiglianza, posso anche dirle, che il Tallero è stato stimato qui più bello e meglio travagliato di quello dell'Imperatrice medesima: frattanto continovo a lasciar sospeso il conio del Tallero, affin di cor- (0 II KuNz {Museo Botlacin) a prova che le monete dei Belgiojoso abbiano circolalo, ricorda che il tallero incontrasi quasi sempre sdrii- scito. Che trattisi del conio guasto di cui sopra?... 46 EMILIO MOTTA reggerlo, nel fattibile, secondo il ritratto di gesso, che dice volermi trasmettere ». Ci si domanderà, giunti a questo punto: dato che il nuovo conio del tallero era in via di esecu- zione, i principi di Belgiojoso se ne valsero per una nuova emissione delle loro monete?... Non ci consta. E avantutto diremo che per motivo di questo benedetto conio da rifarsi, la 'corrispondenza vien- nese è durata per tutto il 1772 e non ha cessato fino al 1774, senza però una conclusione. Tedescamente sintomatico il suggerimento dello Stefani di « sacri- ficare qualche libbra di cioccolata al Muntzmeister perchè dipendendo tal faccenda da lui, quando si dà qualcosa da leccare, si esige più cortesia, e si è meglio visti e ricevuti » (lett. del 8 giugno 1772). Ancora nel febbraio 1780 « dormivano (i coni) nella zecca di Vienna » (lett. del io febbraio). L'idea di tentare una nuova coniazione — non cosi subito, ma però nella zecca di Milano — si era già manifestata nel 1772-73 (^) e venne ripresa nel 1780 alla morte del principe Antonio, dal figlio suo principe Albe- rico di Belgiojoso (1725-1813), che desiderava co- niarvene per la somma di 2000 zecchini tra ongheri e talleri ^2). Nel 1773 si erano anche chieste ad Augusta in- formazioni sulla zecca di Coirà, nei Grigioni, riceven- done invece altre su quella bavarese di Gunsburg (3). (i) Scriveva io Stefani ai 4 febbraio 1773: " Attendo l'occasione di battere col nuovo conio gli nuovi talleri per prendere motivo di parlare e vedere d'ottenere un ordine di poter far battere in avvenire dal- l' Ecc."" Casa le monete in codesta Zecca di Milano „ (Cfr. anche in appendice la lett. del 1 marzo 1773). (2) Cfr. il suo Pro Memoria in appendice al n. V. — Chi fosse il principe Alberico di Belgiojoso, ben diverso dal " Giovin Signore „ pa- riniano, già indicammo in due nostre note leonardesche nei fase. 4.0 e 5.» della Raccolta Vinciana (1908-1909) del sen. Luca Beltrami. (3) Vedi doc. IV in appendice. LE MONETE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 47 Per non tediare oltre i lettori, riferiamo a prova, nell'appendice, i documenti illustranti tutte le pra- tiche per il nuovo conio e per la zecca di Milano ; confermandoci nella persuasione che una sola volta e soltanto a Vienna, fecero coniare monete i principi di Relgiojoso. Le loro monete non sono rare ; lo zecchino vale al giorno d'oggi lire 150 e il tallero da 35 a 40 lire. Reputiamo utile aggiungerne qui la descrizione: ZECCHINO. ^ - ANTON. I BARBIANI BELGIOJOS ET S. R. I. P. Busto corazzato a destra, con parrucca. Sul petto il toson d'oro. R - COM CVNII ET LVGI MARCH. GRVMELLI • 1769. Lo stemma Belgiojoso, sormontato dalla corona im- periale e tenuto da due leoni. Al basso il toson d'oro. TALLERO. ^ — ANTONIVS I BARBIANI BELGIOJOSII ET S. R. I. PRIN- CEPS. Busto a destra come nello zecchino. 91 — COMES CVNII ET LVGI MARCH. GRVMELLI • 1769. Stemma come nello zecchino. Emilio Motta. 48 EMILIO MOTTA DOCUMENTI I. Paragrafo riguardante il privilegio di zecca, estratto DAL DIPLOMA IMPERIALE (Vienna, 5 agosto 1769). Quo etiam animi Nostri Caesarei propensionem in dictum jjj mum Antonium Sacri Romani Imperii Principem de Bel- giojoso, ejusque legitimos Descendentes masculos primoge- nitos, ut supra, cumulatius manifestemus, eadem scientia, Consilio, authoritate Caesarea, et potestatis plenitudine ipsi, ac iisdem primogenitis modo, quo supra, benigne dedimus, concessimus, et elargiti sumus libertatem et facultatem in quadam Nostra, aut Sacri Romani Imperii monetaria officina monetam auream et argenteam, majoris tamen generis, et valoris, Dilectionis suae, ejusque legitimorum descendentium masculorum primogenitorum, ut supra, insignibus nominis et cognominis, nec non dignitatum inscriptione signatam fa- ciendi, atque cudendi, bonam tamen, probam, sinceram, et justam, quae non sit adulterata, aut deterior illa quam cae- teri vel Italiae, vel Germaniae Principes ex Divorum Ante- cessorum Nostrorum Romanorum Imperatorum et Regum gratiosa concessione, secundum Nostras, aut Sacri Romani Imperii leges, cudunt, ita ut nemo de ejus cusione justam conquerendi causam habere queat. Volentes, et hoc Nostro Caesareo edicto firmiter decer- nentes quod saepefatus Illustrissimus Antonius S. R. Imperii Princeps de Belgiojoso, ejusque descendentes masculi pri- mogeniti, ut supra, monetam auream et argenteam, majoris tamen generis, et valoris, ac bonam, justam, probam et sin- ceram, nec viliorem illa, quae, ut ante dictum est, a caeteris Italiae, ac Germaniae Principibus S. R. Imperio subjectis, justa praescriptum tenorem Privilegiorum ipsis a Divis Ro- manorum Imperatoribus, ac Regibus concessorum cuditur, in quadam Nostra, aut alia Sacri Romani Imperii officina monetaria cudere, eamque ubivis terrarum et gentium ero- LE MONFTE DEI PRINCIPI DI BARBIANO DI BELGIOJOSO 49 gare, erogandamque, seu distrahendam curare, nec non om- nibus gratiis, libertatibus, piivilegiis, immunitatibus, praero- gativis, et juribus uti, frui et gaudere possint, et valeant, quibus caeteri S. R. Imperli Principes, et ordines talem mo- netam cudendi facultatem habentes, utuntur, fruuntur, et gaudent, quomodolibet ex consuetudine, vel de jure. II. Conto della zecca di Vienna (17 marzo 1772). Conto di S. A. il Sig. Principe di Belgiojoso (pienissimo titulo) per essere state coniate delle monete d'oro ed argento coll'effige della prefatta Altezza Sua, cavata dal Suo ritratto in questa Imperiale Regia Zecca (') : N. 620 Zecchini a fior. 4, karantani i6import. L'or allié sur le titre des Ducats de 23 Carats, et 8 grains y est payé a f. 339.35 le Marc de Vienne, et valeur, de Vienne, et pour les monnoyes vous payerez i 7s pour cent. Voilà ce que l'on nous à marqué a cet egard. Auguste le jo« Juilltl ijjj. Il y a deja quelques années que l'on n'y a battu en Coire de la monnoj-e; mais la Ville a le droit de faire battre 56 KMILTO MOTTA toutes espèces sur le pied de convention, notre ami ajoute. Je crois qu'il ne seroit pas si difficile de vous procurer la inonnoye pour quelques années en louage spus des certaines conditions, et puisque vous avez occasion de faire battre des sommes considerables je crois que ce seroit le plus avan- tageux pour vous sur quois j'attends votre sentiment (0. V. Promemoria del Principe Belgiojoso toccante la moneta- zione, s. data (1780). Il Principe di Belgiojoso d'Este per Diploma imperiale avendo il privilegio di battere moneta, brama di mantenere il possesso, e non avendolo ancora esercitato dopo la morte dell'allora regnante di lui Padre desidera ora di eseguirne l'idea facendone coniare per la somma di 2000 zecchini fra Onghari e Talleri. Fatta questa prima operazione, in Vienna, come lo fece il già prelodato di lui genitore, penserebbe esso Principe di servirsi per un'altra volta del diritto, che piacque a S. M. I. accordargli nell'accennato Diploma, cioè di poter battere mo- neta in tutte le zecche Imperiali; per il che essendo ora aperta qui in Milano ed in pieno esercizio l'Imperiale Ducale Zecca, crederebbe il Principe Alberigo suddetto ora regnante, di potersi servire della detta zecca milanese, come imperiale, battendo delle monete qui in corso, ben inteso ne termini espressi nel Diploma suddetto. Esso Principe sarebbe por- tato a far questo per due ragioni; la prima per essergli più comodo; la seconda poi, perchè essendo ora qui bandite le monete dell'Impero non potrebbe avere il piacere di spen- dere qui le monete coniate in Vienna, o, facendolo, ne pro- verebbe un grave danno. Se ne desidera il savio suo sentimento (2). (i) Archivio Primogeniale Belgiojoso. (2) Arcìiivio Primogeniale Belgiojoso. PER UNA VECCHIA QUESTIONE L'Ambrosino d'oro della Prima Repubblica Milanese (iae50-i3io). 11 Mulazzani ne' suoi scritti postumi cita un do- cumento del 1303 quale unico testimonio della esi- stenza dell' ambrosino d'oro equivalente affatto al fiorino nel periodo della Prima Repubblica milanese ; ma non dice, ne donde sia stato tratto ne dove si trovasse quel documento (^l II compianto Ambrosoli in un suo scritto interessantissimo appunto suU'am- brosino aureo si affidò alla affermazione del Mulaz- zani, ma non andò più in là (2); e questo fu un male, perchè, se la conoscenza del documento forse non sarebbe valsa a modificare le induzioni sue, certa- mente, però, a lui competentissimo nella materia avrebbe aperto il campo per una feconda discus- sione. Egli, che venne alla conclusione, che in quel periodo storico non si fossero mai coniati ambrosini uguali in valore al fiorino d'oro, ma solo ambrosini equivalenti alla sua metà, e che, fondandosi sopra fortissimi argomenti, richiamò alle coniazioni della Prima Repubblica quelle monetuccie auree, che an- che dai più competenti erano per lo innanzi asse- gnata alla seconda ^3), non avrebbe trovato solo di (i) Rivista Italiana di Numismatica, anno I, 1888, pag. 299 sg. (2) Ambrosiana. Scritti pubblicati nel XV anniversario della morte di S. Ambrogio, Milano, 1897, ^^^ pag- 22 sg. (3) GxECCHL Le Monete di Milano, tav, XI, un. 1-3 e pag. 64, nn. 1-4. 58 A. MAZZI fronte a sé l'unico documento sitoniano (^), ma an- che altro, di autorità indiscutibile, che pare rinfranchi il sitoniano, e quindi non avrebbe potuto forse con uguale sicurezza pronunziare: « oggi io non esito u ad esprimere la mia convinzione, che il documento « in parola (senza necessità d'impugnarne la esistenza) u sia stato, per lo meno, male interpretato, inesatta- « mente trascritto, e non debba avere per noi che « un valore assai relativo, per non dire, senz'altro, « nessun valore » (^). O piuttosto anche, colla somma perizia, che lo distingueva in questa materia, avrebbe saputo al fatto, oramai incontrovertibile, dare tale interpretazione, che avesse a togliere ogni contrad- dizione, fosse pure apparente, fra l'autorità dei do- cumenti e le accolte condizioni della monetazione. L'atto del 1303 non dovrebbe esser noto solo da oggi; ne trascrisse la parte più importante il Mozzi ne' suoi Adversaria togliendola dalle imbrevia- ture di Bartolomeo Osa conservate nell'Archivio Ca- pitolare (3); era stato riprodotto poco di poi dal ca- nonico Camillo Agliardi in uno de' suoi preziosi zi- baldoni monetari ricorrendo alla stessa fonte <4); se ne giovava il Ronchetti nel 1817 per quanto riguar- dava il ragguaglio delle monete e ne pubblicava il relativo brano (5) ; onde da quel punto potevasi dire (i) Argelati. De monetis Italiae, II, pag. 19; cfr. Giulini. Memorie della città e campagna di Milano, V- pag. 63 sg. (2) Ambrosoli, pag. 22. (3) Mozzi. Antichità Bergamasche, IV, fol. 328 r., ms. notissimo nella Civica Biblioteca di Bergamo. Chi fosse Bartolomeo Osa (non Ossa) e di quale autorità godesse, Io si può vedere in Finazzi, Degli antichi scrittori delle Cose di Bergamo, Bergamo, 1844, pag. 43 sg. (4) Agliardi. Nome e valore delle monete correnti in Bergamo, ms. F, V, 5*, fascicolo segnato D nella citata Biblioteca. Egli ci dà assai più che non il Mozzi. (5) Ronchetti. Memorie istoriche della città e chiesa di Bergamo, IV, pag. 227 sg. Ho citato le descrizioni, fatte da ciascuno per proprio conto, dal Mozzi e dalI'Agliardi, conipetentissimi, perchè guarentiscono anche della esattezza del brano del Ronchetti recato qui di seguito. PER UNA VECCHIA QUESTIONE 59 entrato nel dominio di tutti. Trattavasi di una decima dal papa imposta al clero per la prosecuzione della guerra siciliana, e della riscossione ne era stata in- caricata la fiorentina società de' Chiarenti, troppo avveduta in siffatti negozii, perchè abbia a restare il sospetto del più lontano malinteso. Ora, in que- st'atto di ricevuta del pagamento eseguito sono nu- merate tutte le specie monetarie, che eff'ettivamente servirono a compierlo, ed a ciascuna d'esse è asse- gnato il relativo valore in imperiali, onde, per citare solo ciò, che più importa, abbiamo : u libras centum viginti in florenis ducatibus « et ambroxinis aureis centum, singulis eorum com- u putatis prò solidis vigintiquatuor imperialium; u libras centum vigintiduas imperialium in « ambroxinis, placentinis et papiensibus argenteis u crossis computatis prò denariis decem imperialium « prò quolibet eorum; « libras quadraginta imperialium in turonen- « sibus crossis et venetis et crossis regis Araxie u eorum singulis computatis turonenses scilicet prò u solidis duobus imperialium et venetis et crossis u regis Araxie prò denariis duodecim imperialium u prò quolibet eorum; « et hbras vigintiquinque et denarios decem « imperialium in imperialibus etc. » ^^\ Su questo ragguaglio a me pare non possa ca- dere il menomo dubbio : i pezzi monetarii aurei erano (i) Ronchetti. Memorie cit., IV, pag. 228. L'Agliardi reca anche il brano della circolare, colla quale l'arcivescovo Francesco, di Milano, collettore generale di questa decima triennale, raccomadava ai suoi sot- tocollettori di tenere esatto conto di tutte le diverse specie di monete raccolte e di ragguagliarle a moneta imperiale; il che, come vedemmo, risponde esattamente al brano qui recato. Egli poi, profondo conosci- tore di materia monetaria, in fianco alla sua trascrizione fece questa postilla : " l'ambrosino d'oro è forse ignoto „. 6o A. MAZZI cento, e perchè compissero le 120 lire d'imperiali, occorreva, che ciascuno di essi avesse il valore di 24 soldi d'imperiali. È evidente, che se 99 d'essi fossero stati misti di fiorini e di ducati veneziani, i pezzi sarebbero saliti a loi ove gh ambrosini effet- tivi non avessero contato che per la metà dell'altre specie congeneri. In un atto, in cui sono ad una ad una designate scrupolosamente le numerose specie monetarie, che formavano quella somma totale di lire d'imperiali 307 soldi 5 denari io, non sarebbe stato difficile indicare separatamente fiorini e ducati come pezzi da 24 soldi d'imperiali e gli ambrosini come pezzi di soH 12 soldi d^uguale specie, come si fece per tutto il restante materiale argenteo; se que- sto non si credette di poter fare, è lecito dedurre la perfetta equivalenza fra quelle tre specie. Ma, si oppone, a noi pervenne il solo mezzo ambrosino d'oro e così rappresentato, da essere an- che oggidì assai comune ('), onde per questo solo fatto dovrebbesi ammettere, che il suo doppio, cor- rispondente al fiorino, non fosse giammai stato co- niato. Una tale osservazione potrebbe avere il suo valore per questo, che, come mostrai altrove ^^\ anche la moneta argentea della Prima Repubblica fu a Milano emessa con un particolare rapporto col conteggio a terzuoli; onde il maggior grosso a noi pervenuto se ha il valore di 6 imperiali o mezzo soldo, ha per contro il vantaggio di rappresentare il soldo intero di terzuoli. Così, se la monetuccia d'oro rispondeva alla metà del fiorino quando questo era calcolato al corso di 20 soldi di imperiah; essa invece della lira imperiale, non veniva a rappresen- (i) Ambrosoli, pag. 23, e qui aggiunge, che questo così detto am- brosino si riduce al grado modesto ed alle umili funzioni di un sem- plice spezzato dei fiorini e dei ducati di vario stampo allora correnti. (2) Archivio Storico Lombardo, serie IV, voi. VII, pag. 199 sg. PER UNA VECCHIA QUESTIONE 6l tare che la lira di terzuoli, la quale n'era la metà (»). Questo ambrosino sarebbe stato in certo modo, come fu esattamente osservato, il fiorino della moneta ter- zuola ^2), Certamente, il ragionamento in se è cor- rettissimo; ma sta contro di esso il documento del 1303, il quale ci lascerebbe ammettere, giacche è impossibile negarne la portata, che appunto, per questo suo speciale rapporto col conteggio a ter- zuoli, la monetuccia fosse stata emessa in notevole abbondanza come lo esigevano i bisogni di una grande città quale Milano, mentre forse in assai minor copia fosse stata data fuori quella specie, che pel suo valore corrispondeva al fiorino e la quale poteva essere preferita in quelle città, in cui, come a Bergamo, i conti erano tenuti solo ad impe- riali (3). Il mezzo ambrosino raggiungeva una finezza difficile a trovarsi nelle monete d'oro di quella età, perchè ci presenta il titolo di 998 <4); e se tale era anche quello dell'ambrosino intiero, si può facilmente immaginare quanto esso a poco a poco dovesse scomparire anche nell'altre città, ove si era diffuso, appena ne fossero conosciute le pregevoli qualità. Ma qui si presenta l'oggetto della presente discus- sione nel fatto, che si assegnano alla Prima Repub- blica quegli ambrosini. che ci sono pervenuti sol- tanto in numero di tre e sui quali compaiono le figure dei ss. Gervasio e Protasio, che in certa tal guisa eclissano quel predominio della figura di s. Am- brogio, la quale giustificava il nome dato alla mo- (i) Ambrosoli, pag. 20 sg. (2) Così fu battezzato dal Gavazzi in Ambrosoli, pag. 24. (3) Nel citato Zibaldone dell'Agliardi vi è anche un fascicolo, in cui in base ai documenti si segue il Corso del fiorino dal 1278 al 1500. Esso è sempre ragguagliato sulla moneta imperiale. (4) Ambrosoli, pag. 13. 62 A. MAZZI neta (0. Ma è appunto questa comparsa, che merita una particolare attenzione. Per me credo di osser- vare due cose: la prima, che l'impronta dell'ambro- sino aureo coi ss. Gervasio e Protasio rappresenta quasi una stonatura fra le monete del periodo della Prima Repubblica, il quale si chiude col 1310; la seconda, che essa invece si accorda colle monete del periodo seguente, che è designato dal nome di Enrico Vii. Vi vuole una ragione, perchè sulle mo- nete di Milano accanto a s. Ambrogio avessero a comparire anche gli altri due santi, quasi a togliergli quel privilegio d'aver reso così popolare il suo nome ; ed è quella ragione ch'io mi arrischio di investigare unicamente, si intende, per avviare fra altri, tanto di me più competenti, una ricerca su questo punto. Fra i personaggi, che meglio eccelsero durante la dimora di Enrico VII nell'Italia settentrionale, vi fu anche il bresciano Tebaldo Brusati. Certo, bisogna sfrondare molte delle lodi tributategli dagli scrittori patrii ^2)j ma, d'altro canto, sembra sia stata oggetto di un odio inestinguibile da parte degli avversarii, senza che alcuno de' contemporanei osasse scagio- narlo dalle colpe imputategli (3). Pareva avesse favo- (i) Ambrosoli, pag. 9. Questo ambrosino è descritto dai Gnecchi, Le Monete di Milano, pag. 25, n. i. Nella Rivista cit., a. VI, 1893, pag. 53, l'esemplare della collezione Verri è riprodotto più esattamente ed il peso raggiunge i gr. 3,550. A questa circostanza di peso eccedente at- tribuisce il Gnecchi la sua estrema rarità. Però, se per la coniazione di questi pezzi fessesi usato, anziché il marco coloniense della zecca di gr. 233,77, quello comunemente usato in città pel commercio dei metalli preziosi, il peso normale dell'ambrosino aureo avrebbe dovuto essere di gr. 3,560. Ma certo i dubbi elevati su queste monete mettono in se- conda linea la questione del peso. Veggasi anche Rivista cit., an. IV, 1891, pag. 280 sg. ed an. IX, 1896, pag. 503. (2) Già lo avvertiva il Muratori, Annali d'Italia, 1311. (3) Il Malvezzi è autorità troppo tarda per questi fatti, e non bi- sogna dimenticare, che se lasciò una cronaca preziosa per la sua patria, d'altro canto subì anche l' influenza della sua età e molti particolari probabilmente non ebbero altra fonte, che la sua fantasia. PER UNA VECCHIA QUESTIONE 63 rito il conferimento in patria della suprema autorità al vescovo Berardo Maggi, non solo ritraendosi da ogni gara, ma anzi dando opera, perchè la cosa avesse a trionfare; ma poi, destatesi le gelosie ed i sospetti di quel vescovo, fu con altri mandato in bando. Corse allora di terra in terra cercando favo- reggiatori, ed egli, che era già stato podestà a Pia- cenza, a Bologna e per quattro anni consecutivi a Treviso, nel 1304 fu da Benedetto XI creato gover- natore della Romagna (^). Scaduto dalla carica, si pose alla testa degli esuli bresciani tentando inutil- mente varie imprese per rientrare in patria; ma quando scese in Italia Enrico VII, fosse il desiderio di rivedere il luogo natio o fosse brama di ricupe- rarvi quella autorità, che da avverse circostanze eragli stata contesa, il fatto è, che si presentò al re in Asti, si gettò a' suoi piedi, lo supplicò di porre un termine al travagliato suo esiglio. Ed il re, non solo lo accolse nelle sue grazie, ma fece in modo, che potesse rientrare sicuro nella sua patria ; anzi, lo colmò così di benefici, che, a quanto pre- tendevasi, non reputò nemmeno disdicevole levargli un figlio dal sacro fonte (^K Narravansi, è vero, cose orribili del suo infido carattere: ingannando la fede data, avea a tradimento fatto scempio de' Federici di Valcamonica ghibelllini, non repugnandogH nem- meno di rendere vedova la propria figlia, che era entrata in quel casato come pegno di pace ^3). Mal- grado questo si dovette credere, che Tebaldo avesse (i) OooRict. Sfon'e Bresciane, VI, pagg. 253, 268 sgg. (2) Odorici, op. cit., pag. 283 sg. (3) Qui la fonte è il Cermenate, ghibellino, il quale dice, che questi fatti narravansi colla indifferenza, colla quale sarebbesi raccontata una favoletta : « more vulgaris fabulae ,. Ma l'Odorici (pag. 284) cerca met- terne in dubbio la attendibilità, e sia pure; ma sta il fatto, che per lo meno il Brusati poteasi credere capace di azioni di tal genere. 64 A. MAZZI onestamente accolto il nuovo ordine di cose, e che la gratitudine, di fronte a tanti benefici conseguiti, l'avrebbe trattenuto del gettarsi senza freno nella piti aperta ostilità contro il nuovo re, proprio nel punto, in cui a questi più tardava di portarsi a Roma per cogliervi la corona imperiale. Ma in quella vece un movimento felicemente riuscito in Brescia pose nelle mani di Tebaldo ogni autorità; la città chiuse le porte in faccia al re, che v'era accorso col suo esercito, e di qui cominciò una resistenza ostinata, che deve aver sconcertato non poco la parte ghibellina, la quale oramai tenevasi certa del suo trionfo ('\ Quando Tebaldo in una sortita « per giustizia di Dio » (2) ferito cadde di cavallo e fu fatto prigioniero, i cuori de' suoi avversari devono essersi sentiti sollevati e non poco, perchè dovettero immaginare che, mancata l'anima di quella difesa, anche Brescia non avrebbe tardato a rassegnarsi al suo destino; e la prestezza, colla quale al pri- gioniero fu fatto il processo, e la terribile sentenza che il giorno dopo fu pronunciata, dimostrano quanti odii Tebaldo avesse accumulati contro di se e quali timori avesse saputo tener svegli in quel momento, in cui trattavasi della esistenza di intiera la parte a lui avversa. Tutti i suoi beni furono revocati al fisco ed i suoi successori privati d'ogni diritto ereditario fino alla quinta generazione. La sentenza (i) È noto, per tacere di altri tentativi, come la prontezza, colla quale rialzarono il capo i Guelfi appena Enrico ebbe lasciate le terre lombarde, si debba ad un lavorìo continuato durante il forzato e pro- lungato indugio sotto le mura di Brescia. Tutta la parte II degli Ac/a Henrici VII pubblicati dal Bonaini è una prova dell'insistente maneg- giarsi di Firenze ovunque sperasse di poter intralciare l'opera del nuovo re appena ebbe posto piede in Italia e di creargli sempre nuovi nemici. (2j Dino Compagni. Cronaca, 3 e. 29 ed. Del Lungo. L'espressione usata dal cronista fiorentino dimostra quali sentimenti allignassero anche fra i più temperati scrittori. PER UNA VECCHIA QUESTIONE 65 fu pronunciata e confermata dal re in persona stando sul ballatoio della casa, che serviagli di abitazione in queir accampamento. In essa diceasi che Te- baldo, esiliato da Brescia, avea giurata fedeltà al re in Asti ed ottenuto di rimpatriare. Ma, giunto a Brescia, avea tentato di sollevare la Lombardia, unendosi con molti ribelli e banditi, fra i quali prin- cipalmente Passerino della Torre, Pino Vernazza e Guglielmo Cavalcabò di Cremona. Assediata Brescia, inventò e fece costruire una macchina, che lanciava u grossos lapides, plures da gente nostra offen- « dendo ». In una sortita fu fatto prigioniero, a propter a que omnia et alia, que per ordinem scribere longum u est, Tebaldus incidit in crimen legis lidie maiesfatis u et /egis Come/te de sicariis et aliarum plurium le- « gum et iurium comunium, per quas et earum « quamlibet dignus est mortis ». E quindi, tenuto conto delle diverse imputazioni, nella sentenza si ordina, che « predictus Tebaldus, propter proditio- « nes, trainetur per castra nostri exercitus et postea « suspendatur ad furcas ; et, propter homicidia, caput « amputetur eidem; propter alia commissa et atten- « tata per eum corde et anima, eius interiora com- u burantur ad ignem; et propter alia commissa per « eum contra nos et gentem nostram, bustus eius « dividatur in quatuor partes, quarum quelibet pars « ponatur ad rotam in quatuor et diversis partibus " nostri exercitus „ (^). Tebaldo era stato preso il 19 giugno (^)) e la (i) BoNAiNi. Ada Henrici VII, I, doc. CXV e la rappresentazione di questo terribile supplizio in Odorici, op. cit., VI, pag. 298. (2) Il Malvezzi {Chron. 9 e. 11 in R. I. S., XIV, col. 971) confuse in una le due date dicendoci, che Tebaldo fu giustiziato ■ ante oculos Impera- toris die dominico 19 iunii ipso anno „. Ma nel 1311 il 19 giugno ca- deva in sabato, e quindi la domenica era al 20, in cui fu data ed ese- guita la sentenza. 66 A. MAZZI data, nella quale finalmente era stato ridotto all'im- potenza l'odiato ed implacabile nemico, il ribelle spergiuro ed ingrato, deve essere rimasta profonda- mente impressa nell'animo di quanti nel campo sotto Brescia aveano trionfato per quella cattura. Il 19 giu- gno, date le macchinazioni che dagli avversarii tut- t' intorno si ordivano e che si appuntavano nella in- domabile resistenza del Brusati, segnava un momento memorabile pel trionfo di parte ghibellina, e senza dubbio non si mancò, anche pel modo, col quale era avvenuta quella cattura, di ascriverlo al particolare favore de' santi milanesi Gervasio e Protasio, la cui ricorrenza cadeva appunto in quel giorno (0. Matteo Visconti il 13 del successivo luglio era nominato dal re suo vicario generale della città e del distretto di Milano (2), ed egli volle senz'altro, che sulla sua mo- neta avesse a perpetuarsi quella data, che segnò anche il consolidamento della sua fortuna. Ne questo sarebbe esempio affatto isolato. La battaglia di Pon- toglio del 1191 accadde appunto nel 7 luglio, giorno, in cui ricorreva la festa del santo bresciano Apol- lonio; e se le cronache notarono con particolare com- piacimento questa coincidenza (3), d'altro canto essa serve a segnare il principio della coniazione di quelle monete, nelle quali furono impressi il busto e il nome del santo patrono, a cui ascrivevasi la memo- randa ed insperata vittoria (4). Come quindi queste (i) Ada Sanctorum Junii, W, pag. 817 sg. Fu quasi il caso, che con- tribuì alla cattura del Brusati, o, come si userebbe dire, una fatalità. Veggasene il racconto nel Cermenate e nel Mussato (/?. /. S., IX, col. 1256 sg.; X, col. 374). (2) BoNAiNi. Ada cit., I, doc. CXXI. (3) Annales Brixienses in Pertz, M. H. G., XVIII, pag. 814. Il Mal- vezzi (ChroM., 7 ce. 62, 63) dice senz'altro nel descrivere quella pugna : « gloriosi etiam Brixiensium patroni Apollonii nomen invocando „. (4) Veggansi queste monete in Zanetti, Nuova raccolta delle mo- nete e zecche d'Italia, IV, pagg. 429 e 449 le tavole VII, n. 7 e Vili, n. 8; PER UNA VECCHIA QUESTIONE 67 ultime monete non si potrebbero in niun modo te- nere per anteriori al 1191, così indubitatamente i tre ambrosini d'oro giunti a noi non possono esser stati battuti prima del 19 giugno 1311. Se vera questa conseguenza, parmi che la que- stione dell'ambrosino d'oro della Prima Repubblica venga d'assai semplificata. L'Ambrosoli, dopo aver parlato dei tre unici esemplari che abbiamo sott'oc- chio, *e dopo aver manifestato tutti i ragionevoli dubbi e tutti i fondati sospetti, che gli rimanevano anche dopo un attento e così competente esame, ag- giunge « ad ogni modo, saranno (se si vuole) prove « di zecca di un fiorino d'oro, che poi si rinunciò « forse a coniare, ma non possono, a mio sommesso « giudizio, essere ambrosini (foro » (^). Intanto, quelle tre monete vengono sottratte ad un'epoca, sulla quale potevano sorgere le più forti contestazioni; e quanto al ritenerle o prove di zecca od esemplari di una coniazione, alle quali si dovette tosto rinun- ciare, parrebbe dovere tale pensamento, se mai a quei pezzi si può dare il valore di una moneta pro- gettata, esser suffragato dal fatto delle disastrose condizioni finanziarie, nelle quali si trovò Matteo dopo l'assedio di Brescia (2). Di fronte ai dati così Veggansi anche le tavole in Odorici, op. cit., VII, pag. 314 sg. Il Bru- NATi {Vite e Gesta de' Santi Bresciani, Brescia, 1854, ^> P^g- 249 sg.), cita l'immagine di S. Apollonio sulla moneta come segno del culto, che nel secolo XIII sorse per questo patrono accanto a quello dei SS. Fau- stino e Giovita, ma non vide il nesso cogli avvenimenti del 1191. (i) Ambrosoli pag. 9. Per quanto siano attestate dai documenti le forme Antbroxius, Gervaxius e Protaxins dell'esemplare Verri, mi per- metto però osservare, che sopra una moneta avremmo diritto di atten- derci le forme tradizionali di zecca sempre mantenute, anziché forme racimolate tra atti di notai. (2) GiuLiNi. V- pagg. 5, 34. Si intende questa osservazione nella ipotesi, che qui non si tratti che di prove per una emissione; al che però ostano troppe ragioni. 68 A. MAZZI espliciti dell'atto del 1303 non restano che due sup- posizioni: o che dell'intero ambrosino della Prima Repubblica non sia rimasto alcun esemplare, e che quindi non possiamo affidarci che al tempo, il quale ponga in luce qualche ripostigho ancora sfuggito alla attenzione dei ricercatori; oppure, e questa sa- rebbe ipotesi abbastanza strana, che i banchieri di quel tempo contassero come un pezzo unico due am- brosini effettivi equiparanti il valore del fiorino e del ducato veneziano. In qualunque modo dalle pre- messe parmi risulti, che nella questione dell'esistenza dtlVambrosino intiero nel periodo della Prima Repub- blica non possano esser tratti in campo i tre esem- plari giunti a noi. A. Mazzi. MONETE INEDITE POCO NOTE DELLA COLLEZIONE RATTO I. CORREGGIO. Nella Collezione Ciani, venduta all'asta nel no- vembre dello scorso anno, figurava al n. 850 un tal- lero di Camillo d'Austria, conte di Correggio al tipo del Brabante, che fu acquistato dal R. Gabinetto Numismatico di Brera in Milano. Questo tallero di grande rarità proveniva a sua volta dalla raccolta olandese Smild Ost Ramos pure venduta all'asta alcuni anni fa ad Amsterdam. Il tipo del Brabante era già conosciuto fra le contraffazioni operate nella zecca di Correggio. Oltre qualche tallero anonimo, e uno col nome di Siro, parecchi al nome di Camillo, con varianti nella leg- genda e nella data furono pubblicati da varii autori. Troviamo il primo nell'opera di L. W. Hoffmann ('), citato poi dal Bigi ^2) e riprodotto dal Dannenberg (3) e dal Kunz (4). Un altro fu da edito J. F. Meyer (s). Uno di essi figurava nel Catalogo della Collezione Sedgwick-Berend venduta a Francoforte nel 1887 <^>, e tre esemplari variati della stessa moneta facevano 7© RODOLFO RATTO parte della Collezione Gnecchi (7), venduta nella stessa città nel 1902. Ma, se si conoscono varii talleri tipo Brabante, contraffatti nella zecca di Correggio, nessuno, ch'io mi sappia, ha mai fatto cenno a contraff'azioni del mezzo tallero di quel tipo, coniate in quell'officina, e nemmeno in altre officine italiane, come Bozzolo, Sabbioneta, Maccagno, Frinco e Loano, dove pure si imitò quel tipo. Ora ho il piacere di far conoscere ai lettori della Rivista questa nuova moneta, recentemente entrata nella mia collezione : 3^ — X MO X CAM X AVS X 35 X SOL x COM x CO Mezza figura di guerriero elmato e corazzato, volta a sinistra e respiciente a destra, che so- stiene colle due mani un panneggiamento al quale sta sospeso uno scudo col leone rampante, 9 — ^ ^ CONFIDENS X NON x MOVETVR Leone rampante a sinistra che occupa tutto il campo. Questa moneta, del peso di gr. 13.35, è precisa- mente la metà del tallero Ciani da me citato, il cui peso è di gr. 26,30. La piccola diff'erenza di gr. 0,40 può attribuirsi al fatto che quel tallero è un po' lo- goro, mentre il mio mezzo tallero è di ottima con- servazione. La moneta, come altre di questa officina, MONETE INEDITE O POCO NOTE DELLA COLLEZIONE RATTO 7I porta in mezzo alla leggenda del diritto l'indicazione del valore, in soldi 35. Fattosi il semplice assaggio alla pietra per il titolo del metallo, si verificò la stessa lega in en- trambe le monete, che si può all' incirca calcolare su '/\ di fino. Il titolo di queste due monete, contra- riamente a quello degli altri talleri tipo Brabante, imitate nelle zecche italiane, sarebbe identico al loro prototipo, mentre vi notiamo una sensibile diminu- zione di peso. La moneta originale detta Leeuwen- daalder, ossia tallero del Leone, fu dagli Stati confe- derati dell'Olanda creata nel 1575. Nel decreto di coniazione di quella moneta il suo peso era prescritto in 18 eyigels (gr. 27,684441) e il titolo in 9 pfen- ning (0,750). Il tallero Ciani e il mezzo tallero da me ora descritto sono indiscutibilmente del medesimo arte- fice, per lo stile, per la rosa in principio della leg- genda, per i segni intercalati fra le parole, ecc. Solo, il mezzo tallero appare alquanto più accurato nel disegno, soprattutto nel contorno dello scudo che racchiude il leone, come pure nei dettagli del leone al rovescio. Le differenze essenziali fra queste due monete consistono unicamente in questo, che il tallero porta nel diritto, sotto lo scudo, la data 1603, mentre il mezzo tallero non ha data, e al posto di essa, sotto lo scudo ha l'indicazione del valore in soldi 35. Mi è grato segnalare resistenza di questo mezzo tallero, che finora credo unico, ai cultori della nu- mismatica italiana. Febbraio i^ii. Rodolfo Ratto. 72 RODOLFO RATTO IV o or Bj. (i) HoFFMANN L. W. Alter und neuer Munz-Schliìssel. Nurnberg, 1715, in-4, tav. XXXIII. (2) Bigi Quirino. Di Camillo e Siro da Correggio e della loro zecca. Modena, 1870, in-4, pag- 74» "• 57- (3) Dannenberg H. Unedirte Thaler {Numismatische Zeitschrift^ 1871, tomo III, pag. 222; tav. VI, 4). (4) KuNz Carlo. Monete inedite o rare di zecche italiane. Correggio {Archeografo triestino, 1882, voi. Ili, pag. 265-266 in nota). (5) Meyer J. F. G. Monnaies rares dtt Cabinet royal de la Haye {Revtie belge de Num., 1873, tomo V, pag. 317). (6) Sedgwick-Berend. Deutsche italienische und schweitzer Miinzen und Medaillen. Frankfurt a M., 1887, in-8, pag. 38, n. 232. (7) Gnecchi e. Italienische Miinzen. I Abtheilung. Frankfurt a M., 1901, pag. 57, n. 1082, 1083, 1084, tav. VII, 1082. QUATTRINO DI MASSALOMBARDA PROIBITO NEL DUCATO DI URBINO Nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro tra i nu- merosi manoscritti lasciati dal suo fondatore Anni- bale degli Abbati Olivieri, quello che porta il numero 439 e il titolo: Zecca di' Pesaro, contiene in originale o in copia molti documenti di cui TOlivieri si servì per la sua memoria sulla Zecca e le Monete Pesaresi dei secoli bassi, quelli da lui comunicati al Reposati o allo Zanetti per l'illustrazione delle monete dei conti e duchi di Urbino e altri che non videro an- cora la luce. Tra questi è il seguente bando proi- bitivo del quattrino di Massalombarda del quale io pubblicai in questa Rivista (anno VII, 1894. pag. 91) un esemplare allora rinvenuto in Urbino. La 111."^^ et Ecc.'"* Signora Duchessa d'Urbino.... essen- dosi certificato che li quattrini negri quali escono dalla zecca di Massa Ferrarese et anno dal lato {sic) l'impresa stessa che è stampata in quelli che si battono nella Zecca di S. E, III.™*, non sono della lega ragionevole che dovrebbono essere et perciò non meritano di essere accettati per boni; Per la qual cosa avendo S. S. 111."* et Ecc.*"* inteso che in questo Stato ve n'è concorsa una quantità importante, del che gli uomini del Signor Duca 111.™° et Ecc.™° che negotiano nelle sue cit- tadi e luoghi suoi ne potrebbono restar dannificati: Per il presente Bando si notifica che nessuna persona etc. gli debba portare, ricevere, né spendere in modo alcuno, sotto pena della perdita di essi quattrini e di cento scudi per ciascun contrafaciente etc. Pisauri die 22 Decenibris 1560. {Biò. Oliveriana, Mss. Olivieri, n. 439, car. 50). I quattrini di Guidubaldo II della Rovere chia- mati del vaso, perchè portavano una specie di vaso 74 GIUSEPPE CASTELLANI con fiamme, vennero emessi, a quanto dice il Repo- sati {Zanetti, I, pag. 80), nel 1558. Il marchese di Massa Lombarda si aftVettò dunque ad imitarli su- bito, se sul finire del 1560 era tale la quantità di tali imitazioni introdotta nello stato di Urbino da rendere necessario il proibirle espressamente e con sanzioni abbastanza severe. Così questo documento circoscrive e precisa la data della emissione del quattrino di Massa Lombarda che non mi fu possi- bile stabilire quando ne pubblicai un esemplare. Esso serve anche ad eliminare ogni dubbio, se mai vi po- tesse essere, sulle intenzioni, diremo così, poco or- todosse dell'Estense nel far emettere dalla sua pic- cola zecca queste monetuccie. Esse venivano battute unicamente per essere importate nel ducato di Ur- bino dove si confondevano facilmente con le monete similari del duca, data la grandissima somiglianza, non fortuita, del canestro di fiori improntato in esse con la fiamma rovescia o vaso con fiamme di quelle di Guidubaldo. La deduzione pili importante però che si può trarre dal breve documento riguarda l'epoca in cui venne concesso al marchese Francesco d'Este il diritto di zecca. Vincenzo Promis {Tavole sinottiche, ecc., pag. 105) dice che la zecca di Massa Lombarda fu aperta per concessione imperiale nel 1564; i tratelli Gnecchi {Saggio di Bibliografia delle Zecche Italiane, pag. 188) portarono la probabile concessione al 1562. L'uno e gli altri si appoggiarono al Bellini, al Mu- ratori e al Litta riassunti dal Kunz [Monete inedite rare di zecche italiane, IV. Massa Lombarda, nota a pag. 6). Questo documento che proibisce monete di Massa nel 1560, dimostra che la concessione do- vette essere anteriore a quest'anno, perchè nessuna zecca in quei tempi avrebbe potuto funzionare senza averla prima ottenuta. G. Castellani. MONETA INEDITA DEL RE CARLO YIII DI FRANCIA coniata nella zecca di Chieti Nella diligente e costante ricerca di monete che faccio per la mia raccolta, specie di quelle coniate per l'Italia meridionale, ebbi occasione di rinvenire, giorni or sono presso Amalfi, una monetina di rame, che credo sia stata fin'ora sconosciuta, giacché non ne trovo fatto cenno in nessuna pubblicazione numi- smatica. Sento perciò il dovere di rendere di pubblica ragione questa moneta unica e rara, che potrà in- teressare gli studiosi specialmente delle importanti e storiche zecche dell'Abbruzzo, e di darne qui la figura e la descrizione : B' - KROLVS • D & • R • FR • SI • Scudo con i tre fior- dalisi di Francia sormontato da corona. H) - CIVITAS ^ TEATINA ♦ Nel centro piccola croce, contornata da una corona d'alloro. Peso grammi 3. I vari scrittori che si occuparono delle zecche in cui furono battute monete di Carlo Vili nell* Italia meridionale come il Cartier, il Leblanc, il Fusco, THoffmann ed il Sambon |l. . . . Vacai Vio Statere = litra I . Vacai gr. 17,054 « 8,527 XX V 4.264 X „ 2,132 A „ 1,066 >ll » 0,853 „ 0,426 I Vacai. Statere doppio. Statere. 72 Statere. Vi Statere. Vacai. 7,0 Statere= litra. Se oltre le forme citate vi fosse anche una forma in- termedia con la diminuzione della litra a 7s ^^^ peso origi- nario (gr. 0,639), perchè pare che si presentino anche stateri con il numero di valore AX, può anche rimanere non di- mostrato per il presente scopo. La litra, diminuita alla metà (== gr. 0,426), è un valore ben piccolo in sé e per sé, ma, poiché essa rappresenta un valore ancora più elevato per le necessità della vita quotidiana, se ne deduce che, accanto agli stateri di gr. 8,53 col numero XX, fosse coniata una specie di valuta di rame, nella quale questa litra fosse suddivisa ancora in cento parti. LE BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA 93 Questi pezzi divisionari si presentano in quella bella specie di monete coniate di bronzo, che sul diritto è or- nata dalle teste di dei in rilievo, sul rovescio invece con tipi incusi, in parte figure beluine, in parte ornamentali. Si trovano riprodotte nell'opera di A. Sambon, Monnaies antiques de l'Italie, voi. I, pag. 77 e segg. Esse portano il segno di valore da 100 (= i litra) fino a i (= 7, 00 ^^ litra), e formano nel rapporto dell'argento al rame in i : 120 una parte integrante del sistema leggiero d'argento. Deecke espresse l'opinione che queste monete di bronzo stiano al peso dell'asse romano sestantario; egli diede quindi al pezzo da cento il peso di gr. 54,57. Questa opinione era errata e mal riconosceva la connes- sione di questo rame coll'argento che gli è intimamente le- gato. Il peso della litra (esattamente) di gr. 0,42637 X 120 ci dà per il pezzo da cento il computo piuttosto di gr. 51,1644. L'ultimo computo forma la norma della serie. Deecke nella sua opera " Die Etrusker „ (voi. I, 1877, pag. 426) ha disposto un elenco, nel quale egli aggiunge ai singoli nomi- nali i pesi effettivi a lui noti, come anche i pesi normali sup- posti (sestantarì romani). Questa lista è pure passata rxtW Handbook dello Hill (1899, pag. 58), e si trova recentemente presso A. Sambon (op. cit., pag. 34), anzi completato in tanto, in quanto Sambon ha aggiunto i pesi effettivi, che nel frattempo divennero noli. Io ripeto qui la lista secondo Sambon ; vi aggiungo però i pesi giusti normali, ai quali pongo accanto i pesi inesatti di Deecke nell'ultima colonna, a scopo di controllo. Pesi normali Nominali B«2 Pesi effettivi 5 5 Esatti Inesatti litra 100/ Die gr. 40,80 — 32,00 gr. 51,164 gr. 54,57. »» 50 / t n 24,78—19,10 „ 25,582 „ 27,28. n SO / XXX n 14,04- .3,45 n 15.349 » 16,37. » ti AXX n 11,60 — 10,20 „ 12,791 „ 13,64. n so/ ,0 w''0<» XX n 10,70— 9,30 „ 10,233 „ 10.91. n >IIX » 6,40— 5,76 « 6,395 „ 6,82. n 10/ X manca » 5»! 16 „ 5.45. » j/100 A » 3.58— 2,49 « 2,558 „ 2,73. » /lOO 1 n 0,55 „ 0,512 1 „ 0,54. 94 E. J. HAEBERLIN Se si confronta questa lista con quelle di Deecke, Hill e Sambon, si troverà che i pesi normali della prima lista armonizzano meglio coi pesi effettivi, che non le aggiunte elevate dello Deecke. La diminuzione nel valore monetale era quindi fiorita in Etruria fino a un grado che, contem- poraneamente, non era stato mai raggiunto nel sistema romano (i). La litra centesimale rappresenta un valore d'argento eguale a gr. 0,00426, con cui essa porta 1' Vaooo dello statere di gr. 8,53 ad una pratica espressione. Rimane ora la domanda se le monete etrusche d'oro co- niate da una parte sola (ved. sopra a pag. 382) si debbano considerare come appartenenti alla specie pesante o leggiera dello statere. La circostanza che esse seguono il piede dello statere pesante di gr. 11,37, poiché esse formano un quarto, un ot- tavo, ecc., di questo peso, suggerisce il tentativo di consi- derarle come dipendenti da questa valuta (2). (i) La moneta più piccola della riduzione ron\ana, cioè la quar- toncia coniata, pesa, col peso normale di gr. 3,41, quasi sempre ancora sette volte quanto una litra centesimale. (2) Seguendo questo tentativo, e attribuendo l'oro etrusco alla specie pesante d'argento, Gamurrini dovette venire alla conclusione nel suo lavoro " Le monete d'oro etrusche „ {Periodico di Num., voi. VI, 1874, pag. 47 e segg.), che l'oro all'argento abbia avuto in Etruria il rapporto di 1 : 20. E questo uno dei pochi errori sul terreno etrusco che finora trovarono contraddizione, ma dal suo punto di vista fu il Deecke {Etrusk. Forschungen, fase. II, pag. 71) che contraddisse pel primo. La giusta veduta che l'oro etrusco sia connesso con la specie leggiera dello sta- tere, si trova quindi anche presso Hill {Handbook, pag. 55), come presso A. Sambon {Monnaies antiques de l'Italie, voi. I, pag. 13). Cer- tamente Deecke dovette inalzare alquanto il peso dell'oro etrusco so- pra il suo grado normale (v. sopra, pag. 382) per porlo in accordo col rapporto i : 15, col peso presunto attico-siracusano di una litra d'ar- gento (gr. 0,87). Gamurrini era confermato nelle sue opposte opinioni dai segni di valore, che si trovano sulla specie d'oro romano con la testa di Marte a. dr., e al rovescio l'aquila stante sul fulmine. Prendendo le mosse del suo pensiero da ciò, che tanto i segni di valore dell' oro etrusco, co- niato solo da un lato, ^, AXX, >IX e X del peso di 274» i V4» V» ^ Va scrupoli, quanto i numeri 4'X, XXXX e XX di quella specie re- LE BASI METROLOGICHE DELL' ITALIA MEDIA 95 Il pezzo d'oro con la testa di leone e col segno t, di gr. 2,84, dovrebbe esser posto in relazione con 50 litre d'ar- gento di gr. 1,137; quello coli' ippocampo, dal segno A, in re- lazione con 5 stateri d'argento di gr. 11,37; entrambi perciò in relazione con un quantitativo d'argento di gr. 56,85, che corrisponderebbe al rapporto fra oro e argento = i : 20. Ma contro il rapporto dell'oro all'argento = i : 20 par- lano però argomenti importanti. È provato che nella valuta- zione romano-campana, cioè nella seconda metà del IV se- colo a. C, l'oro era valutato in ragione di quindici volte mana d'oro di 3, 2 e i scrupoli, in egual modo siano da riferire a scru- poli d'argento di gr. 1,137, cioè nell'Etruria alle litre pesanti d'argento, in Roma ai sesterzi, ne deduceva che i segni di valore etruschi e ro- mani indicassero la stessa cosa, e quindi tanto nell'Etruria, quanto in Roma i due metalli stessero nel rapporto di 1:20. Nelle didrarame e dramme d'oro romano-campane, prive di segni di valore (testa di Giano da un lato, scena del giuramento dall'altro), da 6 e 3 scrupoli di peso, egli completò quali numeri di valore CXX e ^X := 120 e 60 scrupoli d'argento. Questo presupposto era errato, e quindi errata anche la conseguenza. L'ipotesi si fondava sull'osservazione che il pezzo d'oro etrusco di Yj scrupolo di peso fosse segnato col X, mentre quello romano di i scrupolo con XX. In ciò stava l' illusione. Gamurrini non pensò che, se monete di egual peso, ma di due diversi territori di valuta, portano i medesimi segni di valore, da ciò non segue assolutamente che gli uguali segni si debbano riferire anche a eguali unità di computo. Per l'oro romano-campano (che manca di segno di valore) rimane fermo oggi il rapporto i : 15. Quindi la didramma d'oro non valeva 120, la dramma d'oro non 60 scrupoli, ma la prima 90, la seconda 45 scrupoli d'argento. Identico al peso della dramma d'oro (gr. 3,41 rr: 3 scrupoli) è certamente il pezzo d'oro con la testa di Marte da un lato, l'aquila dal- l'altro, col numero di valore ^X. Ma in ultima analisi il fatto che 3 scrupoli d'oro valessero 60 sesterzi, riposa su quest'altro, che qui si tratta di una moneta di necessità d'oro, sopratariffa, del petiodo anni- balico, la quale stava in rapporto all'argento o di 1 : 20, o di i : 17,43, secondo che si riferisce a sesterzi pesanti di gr. 1,137, o leggieri di gr. 0,975. In entrambi i casi il rapporto era oltremodo elevato a favore del- l'oro. Da questa anormalità romana, perc'ò, non potevansi trarre con- seguenze sul rapporto normale fra l'oro e l'argento etrusco, e quindi l'ipotesi del Gamurrini non può reggersi di fronte a tutii gli altri punti di vista, secondo i quali la questione stessa va trattata. 96 E. J. HAEBERLIN l'argento, e rimane inoltre assodato che questo medesimo rapporto sia stato tradotto nell'uso anche da una città etrusca, cioè Valsimi, circa il 300 av. C. Che il rapporto fosse in realtà differente 100 fino a 150 anni prima (poiché, secondo lo stile arcaico dei pezzi con la testa di leone, bisogna far risalire di tanto l'inizio delia monetazione aurea dell' Etruria), è sommamente inve- rosimile per la dimostrabile stabilità dello stato reciproco degli altri due metalli di valuta (argento e rame). Se si vo- lesse, malgrado ciò, riferire i pezzi d'oro coniali da un lato alla specie pesante dell'argento, se ne avrebbe un conflitto insolubile 'coi criteri stilistici. .Poiché l'oro col rapporto di I : 20 potrebbe esser riferito non alla specie dello statere del- l'unità pesante col segno del valore A, ma solo alla specie dell'unità leggiera con X (il rapporto all'antecedente specie condurrebbe al rapporto insostenibile i : 40), lo stile arcaico dell'antichissimo oro non potrebbe porsi in accordo con lo stile progredito dallo statere di gr. 11,37 con X, e in corre- lazione dello statere doppio con XX; entrambi si presentano soltanto nel bel conio appartenente a un periodo di tempo evidentemente seriore, quello del polipo che esce dall'anfora. Inoltre un piede differente di monete d'oro e d'argento non depone per nulla contro la sua omogeneità. Un simile piede monetano si conforma solo allorquando il rapporto dei due metalli é identico con la divisione dell'unità monetaria, p. es., quando l'oro all'argento sta come i a io e lo statere viene decimale, oppure quando, come in Atene, stava nel rapporto i : 12, e contemporaneamente lo statere era dodeci- male, cioè constava di 12 oboli, secondo i quali anche la moneta d'oro si divise in oboli e multipli degli oboli. Ogni altra relazione deve naturalmente condurre a dif- ferenza di piede monetario di entrambe le specie di monete. Perciò, secondo l'ordine babilonese, il dareico d'oro nel regno persiano col rapporto di i : 13 '/s stava a gr. 8,41 (ved. lo statere d'oro della tabella 8 ; cfr. con lo statere ponderarlo della tabella 4); lo statere d'argento invece stava a gr. 11,22 (tabella 12). Un rapporto di i : 15 conduce all'esatta inver- sione del rapporto. Questa inversione si presenta in Etruria, quando qui l'oro LE BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA 97 sul piede babilonese d'argento (monete d'oro come pezzi di- visionari! di gr. 11,37) appartiene agli stateri d'argento del piede ponderario babilonese di gr. 8,53 ; donde si deduce il rapporto di i : 15 già nel periodo più antico della moneta- zione etrusca, come rapporto d'entrambi i metalli. Questa determinazione è d' importanza speciale, poiché da essa scaturisce una conformità di questo rapporto per tutta l'Italia Centrale che dura per secoli, e che rimane nor- male fino al periodo romano-campano, cioè fin dopo il 300 avanti C. Per r Etruria s'aggiunge anche un altro argomento di prova. Nella serie esposta più sopra (pag. 382) dei nominali dell'oro manca la litra d'oro di gr. 1,137. Se l'oro al rapporto i : 20 si ponesse in relazione con gli scrupoli d'argento, non potrebbe mancare l'unità più pra- tica, lo scrupolo d'oro [litra) col valore di due stateri d'ar- gento. Dovrebbe dunque esistere necessariamente nell'istesso modo come esisteva in Atene l'obolo d'oro. La sua mancanza è la prova più sicura per questo, che l'oro si riferisce ad un'altra valutazione dell'argento, cioè a quella dello statere leggiero di gr. 8,53, alla quale, però, pote- vano convenire i nominali d'oro non per divisione decimale, ma solo per continuata metà, quarto, ottavo, eccetera. Però i segni di valore dell'oro si riferiscono al rapporto di i : 15 solo sul conto delle litre pesanti d'argento di gr. 0,85. Con l'abbassamento della litra d'argento alla metà = gr. 0,43, fu finita la coniazione etrusca dell'oro. La questione dell'antichità della coniazione dell'oro e dell'argento sta all' infuori di questa considerazione in prima linea metrologica ; non è però da dividerla interamente da essa, poiché essa pure è collegata con la questione del luogo nel quale dapprincipio la coniazione fu incominciata. Secondo l'opinione di Deecke, la coniazione degli sta- teri pesanti di gr. 11,37 anticipò quella degli stateri leggieri di gr. 8,53, e la questione del luogo è stata completamente cancellata (i). (i) Malgrado uno zelo degno di ammirazione, spiegato intomo alla monetazione etruscn, Deecke" fu stranamente infelice anche circa la data "3 98 E. J. HAEBERLIN Pel primo lo Head toccò nel segno {Hist. num., pag. 13), considerando entrambe le valutazioni come separate riguardo al luogo, mentre nella relazione di tempo considera come delle singole specie. Dopoché egli già dal 1876, nelle sue Eiruskische Forschungen, aveva diviso la materia monetaria in sei periodi, passò egli a datare anche particolarmente questi periodi nel suo rifacimento dell'opera di Ottofiedo Muller, Die Eirusker (voi. I, 1877, pag. 379-434). Una completa ignoranza dei criteri stilistici, dei fattori metrologici e del rapporto di valore dei metalli contribuirono insieme a questo che Deecke, dove voleva stabilire l'ordine, creava un caos. Contro singole sue affermazioni si offri già occasione di contraddire. In generale sia osservato anche quanto segue. A proposito del rame, Deecke partiva dal concetto che la monetazione etrusca abbia incominciato e abbia finito con ciò. Come base della valutazione originaria del rame valse anche per lui, secondo la condizione delle cognizioni d'allora, senz'altro la libbra (nuova) romana di gr. 327,45 ; però, secondo il Deecke, dal principio non si sarebbero fuse monete, ma quadrilateri, pei quali, così ricchi a'arte dello stile campano, che Roma fece eseguire circa dal 312 a. C. in poi, egli sosteneva fossero prodotti etruschi del i." e 2.» periodo, che fini- vano nel 500 e 450 a, C. Le sue ulteriori vedute sopra il denaro pesante etrusco sono già di- venute a noi note caso per caso : l'asse col peso della litra sicula di gr. 218,30; uguaglianza di valore di questo asse nel rapporto 1:250 con la litra d'argento del piede attico-siracusano di gr. 0,87; riduzioni dell'asse, la diminuzione ultima del quale finirebbe col (presupposto) peso trientale romano; in fine il piede sestantario romano. I pezzi coniati al centesimo della litra (ved. sopra a pag. 93) per lui valevano quindi come l'ultima specie di denaro coniata in Etruria dopo la fine della monetazione dell'argento, cioè più tardi del 200 a. C. Le monete d'argento si susseguono, secondo Deecke, l'una dopo l'altra cronologicamente secondo lo schema seguente : i." — Stateri persiani (presupposti di gr. 11,22) di unità pesante sino al 450 av. C. ; 2." — Idem dell'unità leggiera fino al 400 av. C. ; 3.° — Stateri attici-siracusani (presumibilmente di gr. 8,73) di unità pesante fino al 269 av. C. ; 4.° — Idem di unità leggiera fino al 200 av. C. Dopo l'introduzione nell'uso della unità leggiera del n. 4, la dramma etrusca di ormai gr. 4,37 deve, secondo il Deecke, aver eguagliato il denaro di gr. 4,55 (!). A queste congetture insostenibili, dopo che per una decina d'anni riiTiasero incontestate, contraddisse con buon a-rgomento pel primo lo Head (ved. sopra nel testo). Nell'oro Deecke aveva posto la specie più recente, cioè l'oro di LE BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA 99 indubbio un inizio anteriore della specie degli stateri leg- geri, ma nel resto poi ammette che entrambe le specie siano sorte l'una accanto all'altra per un lungo periodo di tempo. Se noi ci atteniamo saldamente a questo, e inoltre con- sideriamo che, nella comunità dello scrupolo, come unità di computo, la parentela che appare della valutazione pesante etrusca con la romana mostra una vicinanza della prima al territorio romano, mentre il presentarsi non di rado del nome della città di Populonia, sulle monete del piede leg- giero d'argento, ascrive quest'ultimo gruppo piuttosto alla regione nord ovest; infine, quando si consideri che il denaro pesante etrusco (eccettuata Volterra), secondo i ritrovamenti, appartiene interamente all'Etruria Orientale, specialmente alla valle di Chiana, allora si spiega dinanzi a noi, nel rapporto topografico e in certo qua! modo anche in quello cronologico, un quadro pur sempre assai chiaro dei rapporti monetari etruschi così poco ancora chiariti. Secondo ciò, sembra che di fatto e secondo lo stile certo in corso del quinto secolo av. C, appunto Populonia (0 abbia incominciato con la coniazione monetaria, e questo secondo il piede leggiero d'argento con la litra di gr. 0,85. Volsinii come il più antico alla cima, fra il 500 e il 400 av. C, secondo un rapporto all'argento di i : io. Fra il 400 e il 269 segue l'oro coniato da una parte sola nel rapporto di i : 15. Vi è una osservazione ironica che coglie proprio nel segno circa la prima data in Hill, Handbook, pag. 55 : " then Etruria was a long distance a head of Greece in arti- stic development „ (I). — Così rimane esattamente osservato dalle spie- gazioni del Deecke appena un unico dato sostenibile, ma esse avranno ancora vitalità, in sèguito alla lentezza con la quale nuove teorie ten- dono a guadagnare terreno. Appunto non poco di queste pur troppo e passato anche nel più recente volume della Realencyclopidie del Paulij- Wissova nell'articolo " Etrusker „ (voi. XI, i, 1907, pag. 757 e segg.). (1) Che Populonia si debba considerare come una fondazione focese, ha tentato di renderlo verosimile il Gamurrini nel Periodico di Numi- smatica, VI, pag. 49 e segg. Certamente non erra nella opinione che Populonia sia stata più volte tocca da elementi greci, e appunto in questo fatto si debba vedere l'occasione per l'inizio della sua coniazione d'argento e d'oro molto per tempo. Quasi tutte le monete d'oro etrusche coniate da un solo lato, per quanto esse lascino trasparire i loro luoghi di ritrovamento, se- condo Gamurrini, 1. cit, pag. 58 60, sono str.tc trovate presso Populonia, oppure nelle sue vicinanze. ICO E. J. HAE8ERLIN Riguardo a ciò, pare che la testa di Medusa sia stata la figura monetaria esclusiva nel principio, poiché vi sono sta- teri della specie leggiera con il numero del valore X solo di questo tipo, eccezione fatta del pezzo Strozzi venduto al- l'asta, col busto di Mercurio con X. Ved. sopra a pag. 86. Accanto a Populonia vi era il piede leggiero d'argento che diveniva la valutazione locale nella regione nordocciden- tale. A questa regione, e senza dubbio ancora al più antico periodo della sua monetazione, appartiene pure l'oro coniato da una parte sola, i cui segni di valore, come vedemmo, si riferiscono interamente a litre di gr. 0,85. Ancora durante questo primo periodo della monetazione di Populonia succede l'inizio della coniazione dell'argento nella regione meridionale vicina ^1 Tevere, sulla base delia valutazione dello scrupolo, cioè secondo lo statere di gram- mi 11,37 (^). Certamente non dev'essere detto con ciò che la conia- (i) Anche Soutzo {Monnaies de l' Italie antique, 1887, parte I, pag. 56) entra in campo, come Deecke, per quel che riguarda questa specie, circa la priorità cronologica degli stateri del piede pesante, in confronto di quelli del piede leggiero; però con la considerazione che la loro unità di computo, lo scripuliim doppio, li faccia sembrare nel rapporto di i : 120 come eguali per valore ed età con l'asse etrusco primitivo di gr. 273. Il solo particolare che Soutzo si è appropriato dei progressi della nuova ricerca nel territorio monetario dell' Italia Media, è la conoscenza del rapporto di valore dall'argento al rame in i : 120. Appartiene invece ancora alla cerchia d'idee ormai antiquata di questo autore la precedente, che egli attribuisce anche all'Etruria l'asse da Mommsen addoltato per Roma di dieci oncie, dove mai furono assi di questo peso. Che questo asse rappresenti la libbra osca-latina, è rimasto scono- sciuto finora a Soutzo, come si può comprendere dalla sua critica molto errata della mia Systematik nella Revue Numismatique, voi. II, 1907, pag. 337 e segg. — È possibile che dal passo sopraccitato di Soutzo sia sorto il giudizio abbastanza strano di Nissen nel suo Ital. Landes- kunde, voi. II, pag. 73, che la coniazione etrusca dell'oro e dell'argento avesse in principio a sua base la libbra fenicia ; una ricerca più accu- rata (manca anche qui una citazione numerica), mi fece trovare al luogo citato, pag. 68, che Nissen intende sotto il titolo di fenicia la libbra osca-latina di gr. 273, il che non ha nulla a che fare coll'oro e coll'ar- gento etrusco, come neppure con la Fenicia quale schiettamente babilo- nese (cfr. tabella 9). LE BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA zione, secondo quest'ultimo piede, non possa essere stata anche in altre parti del paese. Ma da questo punto per il presente non vi è da dire nulla di preciso ; al più si può citare che il conio con l'anfora e il polipo indica la bassa vaile dell'Arno, poiché uno degli sta- teri doppi venne acquistato in Pisa dallo Strozzi nel 1873, mentre lo statere semplice si trova nel Museo di Volterra. Si può anche dire, che questo tipo indichi la vicinanza al mare; inoltre può essere ricordato che la ruota arcaica, come appare sul rovescio di stateri pesanti con la Gorgona corrente, appare più volte anche sui monumenti di pietra nord-etruschi, in Bologna ancor più che non in Firenze. Tutto questo costituisce un argomento che lascia apparire ammissibile che stateri di piede pesante anche in altre contrade dell' Etruria siano stati coniati; solo io faccio richiamo a ciò, che questo piede, dopo gli argomenti già tante volte chiariti valesse anche e in special modo per l' Etruria Meridionale, poiché solo dalla sua presenza anche in questa regione si possono spiegare i molti rapporti fra la monetazione etrusca e quella romana. Probabilmente nel medesimo tempo, in periodo però non ancora molto vicino a determinarsi, la litra venne ab- bassata alla metà nei due territori etruschi dell'argento ; con che, secondo la prova degli stateri esistenti in numero rag- guardevole con il capo della Medusa e il numero di va- lore XX, Populonia, tanto dopo che prima, affermò la sua po- sizione direttiva ; ma contemporaneamente anche altre città passarono alla monetazione, secondo la specie leggiera dello statere, come balza chiaro dalla presenza di nuovi tipi mo- netari, nei quali il numero di valore fin dal principio segna XX- . Sugli stateri dal piede pesante appare accanto al segno A, il numero di valore X, mentre nell'ultimo caso il semplice scrupolo forma l'unità del valore. Quali città, del resto, nella coniazione di entrambe le valute abbiano preso parte, rimarrà incerto nella maggior parte dei casi, per mancanza di iscrizioni, anche in futuro. Ora questa cosa intanto resta sicura, che, secondo il numero degli esemplari rimasti, deve essere stata sensibilmente su- periore la coniazione degli stateri leggieri a quella degli sta- I02 E. J, HAEBERLIN teri pesanti. Con che inoltre, secondo la rarità dei segni di valore che s'accordano alle litre pesanti, si giustifica la con- clusione che al periodo di coniazione più recente degli sta- teri di Populonia si dovrebbe attribuire una durata mag- giore che non al più antico. Mentre in questo modo nell'occidente e nel meridione d' Etruria una copiosa coniazione aveva luogo tanto in oro, quanto in argento, l'oriente, come anche il territorio di Siena e di Volterra, rimaneva ugualmente al resto dell' Italia Media ancora lungo tempo senza monetazione. Per la prima volta dopo un certo tempo che Roma era passata alla fusione del denaro pesante, cioè circa nel 300 av. C, incominciò anche questa parte d' Etruria a coniare moneta, non però secondo il modello delle altre regioni etru- sche sulla base dei metalli nobili, ma secondo l'esempio di Roma e del resto dell'Italia Media sulla base del bronzo. Riguardo a ciò, da un rapporto con i territori etruschi dell'argento, rimase notevole solo questo, che la specie pe- sante dell'asse (gr. 204,60) era uguale in valore a due litre pesanti (0,85 gr.) o a quattro litre leggiere (0,43 gr.) del piede leggiero d'argento, e che tale rapporto ben anche era la causa per la quale in Etruria mancava una fusione vera- mente librale, cioè di denaro pesante una libbra. Nel resto influssi orientali e occidentali contribuiscono l'uno sull'altro qui in quanto l'asse leggiero (gr. 151,60) sta sulla base del quinto della mina fenicia pesante di gr. 758 che fu dimostrata anche pel Piceno ; l'asse pesante, invece, sta sul quinto della mina pesante (gr. 1023) del talento pon- derarlo babilonese, che dominava nella regione occidentale, compresa pure l'Umbria Meridionale. In ogni caso è degno di nota il fatto che l' Etruria Orientale, in un tempo così tardo in confronto alle altre contrade con la loro coniazione dei metalli nobili, sia pas- sata ad una monetazione del denaro pesante che riposava su una base così particolare. Il suo territorio si stende da Chiusi fino alla superiore valle dell'Arno, però con due diramazioni, a oriente verso Perugia, ad occidente verso Volterra. Oltre queste due città avranno partecipato alla fusione del denaro pesante le città che si trovavano nella LE BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA I03 pianura di Chiana, che formava il nucleo della regione del denaro pesante, soprattutto Chiusi, Cortona, Arezzo; nel ter- ritorio montuoso verso Volterra, che sta in mezzo, e forse Siena e nella superiore valle dell'Arno, probabilmente Vipena, al che pare accennino le lettere N'IR che stanno sul quin- cusse (0. Ma questa regione col suo aes grave rimane esclusa dal resto delTEtruria in un modo, che, specialmente per questo periodo progredito di commercio già sviluppato, è in ve- rità a mala pena comprensibile, poiché le fonti salutari del Lago Sabazio, le aqitae Apollinares, dalle quali fra più di 5000 monete non meno di 1366 pezzi sono stati tratti de- naro pesante dell' Italia Media, pur non diedero mai neanche un esemplare del denaro pesante propriamente etrusco, pre- scindendo da un sestante ovale, forse umbro, E una marcia italica che si manifesta nell'Oriente del- l' Etruria verso la partecipazione della fusione del denaro pe- sante in contrasto coll'Occidente, attraversato molte volte da elementi greci; alla ricerca storica antropologica può essere riservato di chiarire le antitesi, che appunto anche in questo fatto sono espresse per la differenza degli elementi della popolazione nei singoli territori etruschi. Nei rapporti della sua monetazione noi vediamo quindi r Etruria divisa in tre territori; la regione occidentale del piede leggiero d'argento, con Populonia come punto centrale dirigente, dove forse la monetazione per la prima ha inco- minciato ; la regione meridionale, che segue sùbito dopo sulla base del piede pesante d'argento, e una regione orientale nettamente distinta da entrambe le altre, con una propaggine verso ovest fino a Volterra, che per la prima volta tardi passò ad una monetazione bronzea e interamente estranea alle rimanenti parti del paese. A proposito di quanto fu detto, la regione meridionale appartiene al territorio di entrambi i talenti babilonesi che do- minavano anche nel Lazio, della norma B comune ed elevata (1) Ora è Bibbiena, a sud del Monte Falterona, sul quale nel 1840 fu rinvenuto anche 1' esemplare fiorentino del quincussis con N'IR. Questa ipotesi interessante devo a una comunicazione orale di Gamurrini. I04 E. J. HAEBERLIN di gr. 32745 e 341 IO, presso il primo dei quali qui, come an- che là, la libbra osco-latina di gr. 272,875 avrà formato la libbra del paese (i). Nella regione occidentale, come in parte nel territorio del denaro pesante e nell'Umbria, domina il talento ponde- rarlo babilonese della norma elevata B di gr. 30698, la cui libbra commerciale di gr. 255,82 nell'Umbria Meridionale {Tuder) è nel tempo stesso anche la libbra monetaria, mentre quattro quinti di questa (== Vs delia mina pesante di gr. 1023) formano il peso dell'asse delle serie pesanti etrusche e del- l'Umbria Settentrionale {Iguvium). Un'altra parte del territorio del denaro pesante etrusco, invece, si serve del peso fenicio con la libbra commerciale di gr. 379, il doppio della quale, cioè la mina di gr. 758, si presenta di pieno peso nel quin- cussts della specie leggiera etrusca del denaro pesante. Così r Etruria si presenta come una regione divisa in molte sfere di interessi, alla quale mancava l'unità tanto po- litica, quanto economica. Non si poteva mai giungere in questo modo a una grande attività collettiva del paese, e la nazione, che con la sua antichissima cultura per l'addietro pareva avere la missione, almeno nell'Italia Media, di rag- giungere la posizione più dominante, si esauriva invece nel suo frazionamento in singole battaglie inutili contro il rivale romano, dinanzi alla potenza assimilatrice del quale, come anche per la straordinaria capacità di adattamento negli abitanti all'elemento straniero, lo stato, la lingua, lo scritto etrusco entro due secoli dalla sottomissione spa- rirono senza resistenza, e quasi inavvertitamente, dalla loro patria, per dar posto a una completa romanizzazione del paese. (i) Nella regione meridionale si trova tardi denaro pesante in Tar- qttinii, che non è sulla base del peso etrusco dell'asse. Gli assi rari di quella città, con un cinghiale sul diritto, una punta di lancia sul rove- scio, mostrano peso molto differente da gr. 352 fin giù a gr. 250. — Notizie pili precise darò nella mia opera principale. I E BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA IO5 IV. Divisione duodecimale e decimale dell'asse. Con quanto si è detto finora sono esaurite le valute che esistevano nell'Italia Media in bronzo, argento e oro avanti 1* introduzione della valuta del denario romano (^X Però rimane ancora da parlare della divisione dell'asse, che era duodecimale nell'Italia Cisapenninica, decimale nell'Italia Transapenninica. Si trovò che tutte insieme le libbre italiche di rame sono mezze mine di determinali talenti; esse devono disporsi secondo la serie del loro peso come segue : aj — gr. 379,00. Libbra italica orientale (picena o fe- nicia) = '/« della mina cinquantenale del talento fenicio de- rivato di gr. 37900 (quest'ultimo = Ve ^^^ talento pesante fenicio d'argento della norma elevata B; ved. tabella 15 e 21); b) — gr. 341,10. Libbra italica == */» della mina cin- quantenale del talento leggiero babilonese d'argento della norma elevata B di gr. 34110 (tabella n e 19); e) — gr. 327,45. Libbra neo-romana = 7» della mina cinquantenale del talento leggiero babilonese d'argento della norma comune di gr. 32745 (tabella 9 e 18) ; d) — gr. 272,875. Libbra osca-latina = '/i della mina sessagesimale del medesimo talento (tabella 9); e) — gr. 255,82. Libbra etrusco umbra = */• della mina sessagesimale del talento leggiero babilonese ponderarlo della norma elevata B di gr. 30698 (tabella 3) ; f) — gr. 218,30. Libbra sicula di rame = '/i della mina cinquantenale del talento leggiero fenicio d'argento della norma comune, di gr. 21830 (tabella 13 e 22). Sono quindi babilonesi le quattro libbre di mezzo, fe- nicie la libbra più pesante e quella più leggiera. Alla norma comune appartengono le libbre e, d, /, (i) Rimasero senza citazione, come secondarie, solo le piccole monete d'argento delle città latine di Alba e Signia ; che saranno ben 7s e Ye della dramma fenicia di gr. 3,79. Cfr. per questo Mommsen, Ròm. Munew., pag. 207. 14 I06 E. J. HAEBKRUN mentre le libbre a, b, e stanno sulla base della norma B elevata a Vg*- Sotto la divisione originaria del talento in 60 mine stanno solo le libbre d ed e; sono esse quindi un centoventesimo dei loro talenti. Centesimi dei loro talenti sono le quattro altre libbre, poiché appartengono a talenti, che per via della trasforma- zione seriore in talenti quinquagesimali erano stati mutati. Solo due libbre sono inoltre ottantesimi di altri talenti, cioè e = Vto del talento attico di gr. 26196 e d = Vs» del talento fenicio di gr. 21830. Siccome questo rapporto, però, è solo uno accidentale nei rapporti proporzionali di tutto intero il sistema, così non può esser basata su essi la originaria derivazione delle libbre precitate. Tutte insieme le libbre, eccezione fatta della libbra di rame sicula, sono già state a noi note più sopra, quando le conoscevamo come assi ponderar!. In Sicilia denaro pesante nel senso italico non fu mai eseguito; solo l'isola Lipara circa il 400 av. C, coniava, ma non fondeva litre di bronzo del peso mezzo della libbra, quindi nel computo di gr. 109,15 (0. E a questo computo si ritor- nerà più tardi. La divisione dell'asse in dodici uncie è principio italiano antichissimo; la sua origine risale, secondo ogni probabilità, al sistema duodecimale babilonese. Essa però si riferisce, se- condo il principio suo, solo alla coniazione del rame, cioè dove il rame forma il metallo di valutazione, non certo in- vece dove esso si presenta come numerario dell'argento (2), e rimane quindi anche la base dei sistemi dell' asse, che non significano altro se non il trarre la libbra commerciale, o libbra di valuta, in forma monetaria. Così anche gli assi (i) Cfr. su ciò l'opera del Willers, Ein neuer Kàmmereibericht aus Tauromemon in Rhein. Mus fiir Philologie, voi. LX, pag. 353 e segg., e le illustrazioni annesse. (2) Diversamente avviene nella valuta del deiiario rispetto alla divi- sione duodecimale dell'asse sestantario, per il che questo sistema si dimostra tanto più come una valuta bimetallica contemporanea dtU'ar- gtnto e del rame (cfr. anche a pag. 109). LE BASI METROLOGICHE DELL'ITALIA MEDIA IO7 etruschi sono divisi in dodici parti, quantunque non siano libbre monetarie, ma quinti di mine. Una eccezione a questo principio duodecimale si pre- senta nella Italia Orientale, dove gli assi di gr. 379 e gr. 341,10 si dividono in dieci uncie. In questo sistema il quincusse indicato con cinque palle forma il semis (^); i pezzi susseguenti quatrunx, teruncius, biunx ed uncia sono ri- spettivamente il 7,0» Vi.» 7io e Vio dell'asse. Questo fatto risulta senza dubbio dai pesi delle monete; la ragione di questa distribuzione anormale si dovrebbe forse rilevare dal tentativo di estendere fino all'uncia la medesima divisione decimale, che già dal talento va fino alla libbra. In questo senso essa si divide come segue : a) — nel Piceno il talento di gr. 37900 in 50 mine di gr. 758; 100 libbre (assi) di gr. 379; 1000 uncie di gr. 37,90 ; b) — nell'Apulia il talento di gr. 34110 in 50 mine di gr. 682,20; 100 libbre di gr. 341,10; 1000 uncie di gr. 34,11. Non potrei io invece far derivare questa divisione anor- male dal computo dell'argento (dramma di gr. 3,79 e di gr. 3,41 = Viooo» d^' talento), poiché si tratta nel Piceno, come nell'Apulia, di una pura valuta di bronzo, nella quale nessuna unità d'argento appare, che copra una unità di bronzo. Nessuna distribuzione anormale, del resto, e nessuna ec- cezione alla regola appare, se si tratti di divisione decimale della moneta di rame, nella sua qualità di sottonominale delle unità di computo in argento; poiché, in tal qualità, il denaro frazionale di rame si deve considerare non come moneta di rame, ma come moneta di argento, cioè come una parte di tale moneta d'argento che con essa dipende dal principio del computo decimale dell'argento, e coniata in rame solo (i) Questo deve essere fortemente accentuato, poiché Mommsen nella sua teoretica ostilità contro la divisione decimale dei sistemi del- l'asse neh' Italia Orientale (j pesi dei sottonominali sfuggirono ancora troppo alle sue cognizioni per concedergli un giudizio pratico intorno ad essi) corse tanto, da dichiarare ogni pensiero ad una tale divisione come del tutto insostenibile {volltg ttnhaltbar: cfr. Róm. Mtìnsw., pag. 205, nota 94). In sèguito all'influenza esercitata anche dopo da una cotale sua dimostrazione quest'errore pure oggi e molto diffuso. :oS E J. HAEBERLIN per questo, che in argento, a cagione della sua piccolezza, non sarebbe stata adatta pel commercio. Su questa considerazione si basa il fatto che nella mo- netazione argentea romano-campana, nel periodo della conia- zione dei quadrigati, la unità di computo in argento, cioè lo scripulum, fu diviso in dieci libelle esposte in rame, che si presentano nella cosidetta " serie coniata con ROMA „ in pezzi da 4, 3, 2, i e V2 libella (cfr. Garrucci, tav. XXVIII, da I fino a io). Un altro esempio mostrano i pezzi etruschi in rame, che rappresentano un centesimo della litra (v. sopra pag. 93). In entrambi i casi non esiste una moneta divisionaria di rame di un peso a capriccio, ma esiste rame di valuta di pieno peso, che sta all'argento come i : 120, e in senso com- merciale rappresenta l'argento. Parallelamente a questa divisione decimale dello scrupolo nella Campania romana, la divisione decimale dell'asse semi- librale ha il suo corso nella capitale, come dell'equivalente bronzeo di valore dello scrupolo d'argento. La sua introduzione significa, come già dimostrai nella Systemaiik (pag. 39 e segg.; cfr. Riv. Ital. di N uni., a. XIX, 1906, pag. 611 e segg.) niente di più e niente di meno che la cessione della valuta librale duodecimale a favore del computo dell'argento, nel senso di un pareggio del sistema della capitale con la valutazione decimale d'argento romano- campana. Con che l'asse ridotto fu espresso originariamente di pieno peso, cioè del peso normale del semisse librale di gr. 136,44. Del resto, nessun altro significato all' infuori di un assegno in bronzo sul valore dello scrupolo dell'argento aveva questa riduzione. Perciò esso non appare susseguen- temente col suo proprio peso completo; esso col tempo di- scende effettivamente fino al peso di 2 uncie. Anche in quest'ultimo peso gli assi mantennero il va- lore dello scrupolo, poiché la cassa dello Stato era sempre pronta, e obbligata a cambiarli con scrupoli d'argento. Il principio decimale del computo dell'argento è, secondo ciò, condoito nella riduzione in su verso i multipli sino al decusse, all' asse decuplicato ; in giù, verso i sottomultipli fino all'uncia, il decimo dell'asse o il centesimo del decusse ; LE BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA I09 e ciò perchè tutto intero il sistema è basato sull'argento. Le uncie della riduzione monetale sono fino dal principio di valore e di peso eguali alle libelle del quadrigato. D'al- tra parte, fin dal momento nel quale nella capitale (con l'introduzione del denario e dell'asse sestantario in luogo dell'oscillare tentoni fra il computo dell'argento e l'espres- sione bronzea di esso), entrò in azione il chiaro principio di una doppia valutazione parallela, fin d'allora il denario fu diviso in dieci, l'asse fu diviso di nuovo in dodici uncie. La divisione decimale dell'asse, durante il periodo di ri- duzione, è stata posta in dubbio da Regling nella Klio, voi. VI, pag. 495 e seguenti ; il che era possibile solo nella doppia supposizione, prima, che già con la riduzione fosse stata in- trodotta la nuova libbra romana, più pesante di un sesto; in secondo luogo, che circa per diciotto anni, durante la ridu- zione, fosse stato inalzato il rapporto dell'argento al rame da I : 120 a i : 144. Entrambe le supposizioni furono poste da Regling effet- tivamente a base della sua obiezione. La prima però naufraga contro il fatto che, fra centinaia di assi ridotti, non uno solo raggiunge il presupposto peso normale di gr. 163,72 (metà della libbra nuova romana), mentre questo limite avrebbe dovuto essere oltrepassato in un certo numero di esemplari, nel caso che in effetto questa fosse stata la base originaria della riduzione, secondo ]1 rap- porto normale nelle prove di pezzi oltre e sotto il peso mo- netario. Per quanto invece concerne la seconda ipotesi, essa è soltanto una petitio principii, che non è in grado di dimo- strare ciò che vuole dimostrare; poiché essa in sé non co- stituisce alcuna prova di fatto, ma solo la conseguenza teo- retica del non camminare diritto della divisione duodecimale dell'asse ridotto. Ora la supposizione che il rapporto di entrambi i me- talli sia stato in un certo periodo di tempo inalzato al rap- porto I : 144, per essere poi diminuito di nuovo, dopo circa 18 anni, all'antica base del rapporto i : 120, si trova a coz- zare con la pratica dei fatti in tale contraddizione, che sembra molto meno fuori del naturale l'altra alternativa che l'asse E, J. HAEBERLIN sia stato per alquanto tempo diviso in dieci parti. In contrario questa alternativa perde ogni principio di artificio, e diventa un postulato indispensabile, appena che si entri nello spirito della riduzione, come valuta basata sull'argento, anche se tecnicamente è espressa in bronzo, e si rende così chiaro che, per conto e mezzo suo, uno spostamento nei rapporti dei valori nei metalli, non viene nuovamente introdotto, né soprat- tutto vi è condizionato. Questa essenza della riduzione è appunto quella che Regling travisò; la sua costruzione divergente è come an- dare verso un'uscita per la quale non si può passare, cioè non può condurre a una via pratica. In una nota al lavoro del Regling (1. cit., pag. 499} anche Lehmann si è espresso in favore della divisione decimale da me rappresentata (i). Soprattutto non si deve mai nei casi singoli trascurare la base di guida che sorge dal complesso. Una simile base, perciò deve valere come regola , che per la divisione decimale o duodecimale non si tratti e non importi se la specie monetaria corrispondente si presenti estrinsecamente in argento, oppure in bronzo; ma piuttosto se, nel sistema al quale appartiene, essa stia secondo il principio della valuta dell'argento, o secondo quella del bronzo. Nel primo caso (i) A proposito di quanto sopra, il signor dott. Regling mi mandò, anche durante la correzione delle bozze, la comunicazione epistolare, che qui segue, e che io pubblico per gentile concessione dell'autore : " La divisione decimale dell'asse di riduzione non mi sembra più inam- missibile, dal momento che Ella portò esempi analoghi di divisione de- cimale ; dal momento che Ella inoltre accenna a ciò, che è comune a queste divisioni, che si tratti veramente ogni volta di monete di bronzo quali sottoiiominali di moneta di computo d'argento; dopoché Ella mi confermò recentemente per iscritto, che ciò non si riferisce a libbra commerciale, ma solo all'asse ridotto nella sua qualità di moneta. An- ch' io ho riconosciuto ora che il risultato dei pesi degli assi di riduzione (Klio, pag. 495) conduce a gr. 136,4 e non a gr. 163,7; conduce alla libbra antica, non già alla nuova, mentre io prima considerava i pesi deWaes grave secondo le esperienze che valgono pei grandi pezzi d'argento. " Per tal modo diviene superflua la mia via d'uscita, che si basava, circa il concetto dell' anticipnta introduzione della nuova libbra (di gr. 327,45), sulla modificazione della valuta di rapporto dell'argento col rame in 144: i „. LE BASI METROLOGICHE DEI l' ITALIA MEDIA ITI / essa è divisa in dieci parti, anche se è in apparenza di bronzo; nell'ultimo è divisa in dodici parti, anche se è rap- presentata in argento. Un esempio non meno ricco di insegnamento della ri- duzione romana lo offre sotto questo rapporto la maniera sicula di contare, poiché essa, quantunque ex cmttrario, con- ferma la medesima regola. La libbra di bronzo di gr. 218.30 forma per la Sicilia la litra pesante, accanto alla quale sta una litra più leggiera della metà, secondo quel parallelismo che s'incontra dapper- tutto nei sistemi ponderali antichi. La seconda col computo di gr. 109.15 formava per la Sicilia (come fu dim.ostrato nel Kàmmereibericht dé\ Willers; cfr. pag. 106, nota i) la propria litra di computo; essa si divide, secondo la regola generale italica, in 2 emilitrie, 3 te- tras, 4 trias, 6 hexas e 12 onkie, con i segni di valore seguenti: Ora noi troviamo, inoltre, nel computo siculo dell'argento introdotta la divisione italica decimale per il pezzo grande; poiché, in contrasto alla divisione greca in dodici oboli, fu di- viso in Sicilia lo statere di gr. 8.73 secondo la maniera ita- lica (uguale in peso all'attica didramma) in dieci litre d'ar- gento di gr. 0.87; ma questa divisione decimale non si trova applicata alla litra d'argento, che viene piuttosto anch'essa divisa in 12 oncie come la litra di rame. Questo particolare deve al primo esame sorprendere ; però lo scrupolo di gr.1,137 in Campania al tempo romano si divide in modo decimale in dieci libelle; neh' Etruria anzi la litra leggiera di gr. 0.43 si divide in cento parti. Perchè anche la litra sicula d'argento non si divide in dieci sottomultipli? La risposta a tale domanda è questa, che la questione non sia posta giusta. La litra sicula di gr. 0.87 non può es- sere considerata, nel senso del diritto monetario, soprattutto un valore d'argento: essa è piuttosto un valore di rame, e in questo risiede la ragione della sua divisione duodecimale. Più antico della coniazione dell'argento è in Sicilia il computo secondo litre di rame ; e si rimase a quel com" 112 E. J. HAEBERLIN puto anche quando si procedette alla coniazione di monete d'argento. Secondo l'antico rapporto di valore per la Sicilia fra i due metalli di i : 125 (cfr. sopra a pag. 367), si ebbe la litra di computo in rame di gr. 109,15, uguale a un peso d'argento di esatti gr. 0.8732. Qui sta l'origine della litra sicula d'argento ; essa è in apparenza coniata in quest'ultimo metallo, ma è considerata solo come un equivalente in ar- gento di un valore di rame, e perciò essa sta nella divisione duodecimale del rame. Perciò è errato anche il modo di considerare l'attica didramma di gr. 8,73 come diviso in Sicilia in io litre, in- vece che in 12 oboli. In tal modo la litra di gr. 0,87, secondo la sua origine, sarebbe stato un valore d'argento come le litre etrusche, alle quali appartiene lo scripiilum, e in questo senso avrebbe dovuto sottostare alla divisione decimale del- l'argento. Piuttosto la litra d'argento sicula è, secondo la sua origine, un valore di rame, e solo per questo la didramma attica trovò accoglienza anche in Sicilia, poiché essa corri- spondeva al valore decuplo di questa unità bronzea d'ar- gento. Che essa avesse questo valore riposa sulla comu- nanza di origine dei pesi euboici attici e siculi del talento leggiero fenicio d'argento, della norma comune di gr. 21830, trasformato nel talento di gr. 26196 (ved. sopra a pag. 259). Di questo talento la litra di gr. 0,8732 forma Vsoooo» ^ '^ didramma di gr. 8,732 ne forma Vsooo» ^ quindi questo statere, di peso eguale alla didramma attica, in Sicilia è stato for- mato e adottato secondo il modello attico. Ma tutto questo, però, non impedì di considerare la litra d'argento, dopo come prima, tale quale essa era in origine, cioè come un valore di rame espresso in argento. Da questo motivo per essa fu serbata la divisione duodecimale del rame (come in Lipara, dove di fatto la litra fu coniata in rame), e noi abbiamo qui la conferma più convincente della regola, che valori in rame erano divisi in duodecimali, anche se essi apparentemente erano presentati in argento, come nel caso presente; mentre d'altra parte valori in argento si dividevano in dieci parti, anche se, come nella riduzione romana, erano composti in rame. Ne viene di conseguenza che si presenta una eccezione LE BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA "3 unica e sola alla divisione duodecimale del rame nella divi- sione decimale degli assi librali trans-appennici (apuli e pi- ceni); mentre la divisione decimale della riduzione romana del bronzo, come la divisione duodecimale della litra sicula d'ar- gento, corrispondono alla regola, poiché la prima è basata sull'argento, la seconda invece sul rame. Sarà pratico di dare uno sguardo d* assieme di tutti i nominali monetari, che effettivamente si incontrano nel de- naro pesante italico, e io li presento come segue: A. — SISTEMI DUODECIMALI. Osco I Neo-romano Italico Tader Etra ria Etraria li Quincussis. ! — Tressis. . . 818,625 Dupondius. 545.75 As . . . . Semis Triens . . Quadrans Sextans . Uncia . . Semiuncia 272,875 13644 90.96 68.22 45.48 22,74 11.37 327.45 163,72 109.15 81,86 54,58 27,29 13.64 341.10 255.82 170.55 127,91 1 13,70 8527 56,85 28,43 85.27 63.95 42,64 21,32 204,66 102,33 68.22 51,16 34, ri 17,06 758,00 303,20 151,60 75.80 50.53 37.90 2527 12.63 B. — SISTEMI DECIMALI. Osco semilibrale Itai. Orientale Italico Decussis Tressis. Dupondius As 1364,40 409,31 272,875 136,44 68,22 54.58 40,93 27,29 13,64 6,82 3.41 379,00 189,50 151.60 113.70 75.80 37.90 18,95 341,10 170.55 136,44 102,33 68,22 34,11 17,06 Quincunx Quatrunx Teruncius Biunx Uncia Semuncia Quartuncia 114 ^' J- HAEBERLIN Nota: Osco-semilibrale è il sistema della riduzione ro- mana; essa contiene il maggior numero di nominali (undici), che appaiono in una sola serie. Il numero originario è da 6 nominali, dall'asse fino all' uncia. Decussis, Tressts e Du' pondius della riduzione cominciarono dapprincipio quando l'asse è disceso circa a loo gr., e pesano quindi negli esem- plari più pesanti solo gr. 1106, 314 e 221. Questo prospetto mostra che nella Media Italia vi erano nove sistemi di denaro pesante (poi ancora la riduzione apula di Luceria e Venusta e la riduzione umbra di Tuder). Inoltre si rilevano quattro sistemi d'argento, due in Campania di piede fenicio (didramma di gr. 7,58) e di piede romano di sei scrupoli (didramma di gr. 6,82); accanto a questo Toro: lo stesso piede in Volsinii; due in Etruria secondo il piede d'argento pesante etrusco (statere gr. 11,37), e secondo quello leggiero (statere gr. 8,53). Sul piede pesante sta anche l'oro etrusco coniato da un lato (da ^|^ di statere in poi), il che però, secondo la sua valuta, appartiene agli stateri del piede leggiero. V. Riassunto dei risultati. In fine del lavoro dev'essere dato un sunto dei fatti con- seguiti e ben in doppia serie, innanzi tutto secondo sistemi ponderar! con l' indicazione dei territori dell'avanzamento e dei pesi monetari appartenenti ai singoli talenti; poi, secondo i paesi, con l'indicazione delle valute presenti in ciascuno di essi, A — Prospetto secondo i sistemi ponderari. I. — I DUE TALENTI BABILOKESI d'aRGENTO, C CÌoè : i." // talento della norma comune di gr. J2'j4j. Terri- torio: Etruria Meridionale, Roma, Lazio, Campania. Da questi due sistemi librali sono derivati e sono : a) secondo la libbra osco latina di gr. 272,875 = 71*0 del talento; inoltre la riduzione romana, che sta in ragione della metà del peso ; b) secondo la libbra neoromana di gr. 327,45 = Vj^^ dei talento. LE BASI METROLOGICHE DELL ITALIA MEDIA II5 2.'* // talento della norma elevata B, di gr. 34110. Il ter- ritorio, come al n. i; inoltre l'Apulia, e probabilmente anche il Sannio. Ne deriva : A. In oro e in argento : a) il piede d'argento pesante etrusco (statere gr. 11,37; litra = scripulum gr. 1,137); oro da un 7* di statere in poi; b) il piede da sei scrupoli romano-campano: didramme e dramme d'argento e d'oro di gr. 6,82 e 3,41. B. In bronzo: Un sistema d'asse secondo la libbra italica di gr. 341,10 = Vioo del talento. IL — Talento di gr. 37900 = talento fenicio derivato (V« del talento pesante d'argento fenicio della norma elevata B di gr. 45480). Territorio: Campania, Apulia, paese dei Vestini, Piceno, Etruria Orientale ; pure a nord-ovest fino a Volterra. i.° In argento = piede fenicio (didramme e dramme di gr. 7,58 e di 3.79. 2.° In bronzo == due sistemi dell'asse : a) secondo la libbra dell'Italia Orientale (picena o fe- nicia) di gr. 379 = Vioo d^ talento ; b) secondo Vs ^^^'^ mina pesante di gr. 758 = gram- mi 151,60, peso dell'asse. III. — Talento di gr. 30698,44 = talento ponderano leg- giero babilonese , della norma elevata B. Territorio = L' Etruria Occidentale ed Orientale, come anche l'Umbria. i.*» In argento: il piede leggiero etrusco d'argento (sta- tere di gr. 8,53). 2.* In bronzo : due sistemi di assi : a) secondo la libbra di gr. 255.82 = '/ijo di talento ; b) secondo '/s della mina pesante di gr. 1023,28 = gr. 204,66, peso dell'asse. B — Prospetto secondo i territori, A. — Roma, Lazio, Campania. 1-.° Oro e Argento: a) Valuta d'argento fenicia: didramme e dramme d'ar- gento di gr. 7,58 e 3,79; queste ultime = Vioooo del talento di gr. 37900 (sistema romano-campano più antico) ; Il6 E. J. HAEBERLTN b) valuta da sei scrupoli in argento e in oro : di- dramme e dramme di gr. 6,82 e 3,41; le ultime = Vioooo ^^^ talento di gr. 341 io (sistema più recente romano-campano; inoltre il pezzo d'oro di 4 scrupoli col segno del valore XXX). 2.° Bronzo : 4 sistemi degli assi : a) secondo la libbra osco-latina di gr. 272,875 = V120 del talento di gr. 32745; serie librale della capitale; serie romane- latine di peso leggiero, Cales, pezzi isolati di altre comu- nità che possedevano il diritto di zecca ; b) secondo la libbra nuova romana di gr. 327,45 = Vioo dello stesso talento come al n. a; serie romano-latina pe- sante con le teste di Giano e Mercurio, Pezzi isolati di altre comunità che avevano la zecca ; e) secondo la libbra italica di gr. 341,10 = Vioo ^^1 talento di gr. 341 io; serie pesante romano-latina con l'Apollo ; d) secondo la metà della libbra osco-latina; riduzione semilibrale della capitale; asse normale di gr. 136,44, che però col tempo diminuisce fino a gr. 50. |S. — Apulia. i.° Argento: valuta fenicia d'argento come in A, i a. — Arpi, Teate. 2.° Bronzo: denaro pesante, secondo la libbra italica di gr. 341,10 come in A, 2 e; però con la suddmsione deci- male: Luceria, Venusia. In entrambi i luoghi vi sono pure riduzioni. C. — Piceno e Regione dei Vestini: solo bronzo; denaro pesante secondo la libbra di gr. 379 = Vioo <^^^ talento di gr. 37900, Hatria, Vestini; — Piede della città picena Firmum ancora incerto. D. — Umbria, parimente solo bronzo: a) piede di denaro pesante , secondo la libbra di gr. 255,82 = 7i2o d®^ talento di gr. 30698; al Sud, Tuder; anche qui riduzione ; b) piede piceno di denaro pesante, secondo la libbra " di gr. 379, come al n. C. All'Oriente: Rimini ; e) piede etrusco del denaro pesante: serie pesante dell'asse di gr. 204,66, come nel n. E, 2, a. Al Nord: Iguvium. LE BASI METROLOGICHE DELL lrALL\ MEDIA II7 E. — Etruria. i." Argento e Oro: a) piede d'argento pesante etrusco: statere 11,37 =^ V3000 del talento di gr. 34110; Vio dello Statere, oppure Litra = Seri- piilum di gr. 1,137. ^' questo piede c'è anche l'oro (da V4 di statere in su), che, però, secondo la sua valuta, appartiene alla serie leggiera degli stateri {h). — Territorio di questo argento è principalmente l'Etruria Meridionale ; b) piede d'argento leggiero etrusco. Statere di gr. 8,53 — Vaeoo del talento di gr. 30698. Inoltre v' è l'oro citato al n. a, poi c'è bronzo coniato di valuta al centesimo della libbra leggiera più tarda di gr. 0,43. — Territorio: Etruria Occi- dentale, Populonia, e altre città ; e) piede di scripultim romano-campano: Oro di scru- poli 4 e I (gr. 4,55 e 1,137) Dramma di 3 scrupoli, gr. 3,41. — Volsinii. NB. — Il bronzo etrusco coniato con segni dell'uncia (Sambon, Monnaies antiques de l'Italie, pag. 69-75) è danaro bronzeo di credito ; appartiene al tempo della valuta del de- nario romano, ed esce quindi dalla cornice di questo nostro quadro prospettico. 2° Bronzo: Due sistemi dell'asse, però non del peso di una libbra, ma di un quinto di mina : a) asse di gr. 204,66 = Vs della mina del talento pe- sante di gr. 61396, in peso di g^. 1023,27, appartenente al talento leggiero di gr. 30698. — Etruria Orientale; b) asse di gr. 151,60 = '/s della mina pesante fenicia di gf- 758 (talento di gr. 37900). — Etruria Orientale ; al- l'ovest: Volterra. CONCLUSIONE. L'assunto che m'ero preso di spiegare l'origine e il piede dei sistemi monetari locali nell'Italia Media prima dell'inizio della coniazione del denario romano, è stato condotto a ter- mine per mezzo delle precedenti dilucidazioni a un punto it8 e. j. haeberlin conclusivo, al quale non poteva esser giunto finora, senza il materiale di peso da me raccolto. Accanto alle valute romana e romano-campana, che già prima nei punti essenziali erano fissate, si presentano qui an- che i sistemi apulo, piceno, umbro ed etrusco per la prima volta fissati in una base sicura, che può servire come punto di partenza per ulteriori ricerche. In generale i fatti da anni erano per me sicuri. Ma per ciò che riguarda la definitiva formula data a questi fatti, mi sento di essere legato di speciale gratitudine a due scien- ziati, che sono ormai noti come illustri in questo campo di ricerche. L'uno è, come già appare da ripetute citazioni, il signor dott. Kurt Regling di Berlino. Lavori scientifici non sono sollecitati in accordo migliore di quello che sorge dallo scambio personale delle idee. II suo consenso mi offrì oc- casione di dare al testo, sotto molti rispetti, quella forma più precisa che solo si può dare, quando al posto della ipotesi subentra la convinzione di aver trovata la soluzione esatta. Le obiezioni e le aggiunte del Regling trovai io decisa- mente fondate, e non tralasciai di farle note ai rispettivi passi come provenienti da lui. Però necessaria condizione per compiere il presente lavoro erano le determinazioni che la metrologia ampia deve al signor prof. C. F. Lehmann- Haupt, nel campo dei sistemi ponderar! babilonese e fenicio; io quindi sono obbligato a lui da non minore gratitudine. Queste determinazioni riusciranno utili col tempo, senza dubbio, anche in molti altri campi dell'antica monetazione. Possano i metrologi e i numismatici sempre più con- vincersi che un comune fondo di sapere li unisce ; allora diverrà vera, a vantaggio di entrambe le discipline, la bella frase che il prof. Lehmann una volta mi scrisse " getrennt marschieren, vereint schlagen ! ,,, cioè : mettersi in marcia separati, ma vincere uniti! Eschersheim presso Francoforte sul Meno Febbraio, 1908. D.^ jur. E. J. Haeberlin. Trad. dal tedesco del Prof. Dott. Serafino Ricci. IL SIGILLO DI STATO di EDMONDO Re di Sicilia e d'Apulia 1254-1263 B' - €ADM^IND^1S i Dei : GRACIA :' SICILIC 1 R€X Edmondo seduto in trono di fronte collo scettro nella destra e il globo crucigero nella sinistra. In alto la mezzaluna colla croce fra due rosette. ^ — CADMVNDaS : NAXaS : R€6IS : ANGLI€ : IL- LVSTRIS. Scudo reale d'Inghilterra coi tre Leo- pardi. In alto rosetta fra due paja di punti. Diam. luilL 38, gr. 23,872, fuso in oro e cesellato. Una impronta in tenue lamina d'oro del reale sigillo di Edmondo esiste al Museo Britannico ed è descritta nel Ca- talogo di Sigilli nel Museo Britannico p. 246 come la Bolla del Papa Alessandro IV per Edmondo quale re titolare. Prima d'entrare in una particolareggiata discussione in- torno al nostro soggetto, mi piace ricordare ai lettori un I20 E. J. SELTMAN interessante, quantunque poco noto capitolo di vecchia storia italo-inglese (0. Edmondo secondogenito di Enrico III d'Inghilterra non aveva che nove anni, quando, nel 1254, suo padre accettò a suo favore da Innocente IV 1' offerta dei regni di Si- cilia e d'Apulia, il possesso dei quali era strenuamente difeso da Manfredi, il bastardo di Federico II di Hohenstaufen, il quale, com« suo padre, osava sfidare l'interdetto papale. Il re d'Inghilterra divenne un alleato del papa per ambizione di famiglia e in parte per forza di circostanze. Poco tempo prima aveva fatto voto di riconquistare il Santo Sepol- cro, e il papa non volle scioglierlo dal voto, che pur rico- nosceva di non poter compiere, a meno che intraprendesse in favore del figlio, una crociata contro i nemici del papa in Italia. Innocente IV essendo venuto presto a morte, il papa Alessandro IV rinnovò l'offerta della corona di Sicilia sotto certe condizioni, che furono accettate da Enrico in favore di suo figlio. Per tali condizioni, Edmondo si dichiarava vassallo della Santa Sede, tenendo il suo regno mediante un tributo di denaro e di servizio al papa, Enrico pure era tenuto a fare omaggio ad Alessandro in nome del figlio e si impe- gnava a rimborsare al papa 135000 marchi per le spese ultima- mente sostenute per la campagna contro Manfredi. Il cardi- nale Ubaldini veniva dal papa mandato in Inghilterra portatore di un anello col quale investiva Edmondo del Regno di Si- cilia, il 18 ottobre 1255, mentre Enrico solennemente s'impe- gnava con giuramento davanti all'altare di guidare in persona un' armata in Apulia, appena avesse potuto con sicurezza attraversare la Francia. Ma questo progetto del re d'Inghil- terra per l'ingrandimento della sua casa fu e rimase impo- polare sia presso i baroni che presso il popolo. Il parlamento rifiutò uomini e denari ed Enrico dovette abbandonare l'idea di scendere in Italia. Nel frattempo Manfredi sconfiggeva le (i) Storia politica d'Inghilterra di J. F. Tout, voi. Ili e Dizionario di Biografia nazionale, voi. XXXII, articolo " Lancaster „. IL SIGILLO DI STATO DI EDMONDO RE DI SICILIA E D APULI A 121 forze dei legati papali, che avevano tentato di fargli oppo- sizione. Il papa tentò vari mezzi per stimolare lo zelo del re inglese. Nel 1257 fece che una lettera pervenisse ad Enrico avvisandolo che gli assoldati assassini di Manfredi minaccia- vano la vita sua e quella dei suoi figli e subito dopo mandò in Inghilterra l'arcivescovo di Messina a sollecitare il paga- mento delle somme promesse. Enrico col piccolo re di Si- cilia in abito pugliese, comparve in Parlamento pregando i baroni di autorizzarlo a redimere l'ostaggio del papa. Ma il parlamento non accordò punto denaro pel progetto fantastico del re. Enrico tentò allora di aggiustare le cose con un ma- trimonio di suo figlio colla figlia di Manfredi ed offerse di cedere una gran parte della Puglia alla Santa Sede, quando il papa avesse voluto scioglierlo dal pagamento dei 135,000 marchi. Il papa acconsentì a differire il pagamento; ma ciò non bastava a togliere il re dall'imbarazzo. Nell'estate del 1258 i baroni scrissero al papa dichiarando che non inten- devano aver nulla a che fare colle viste politiche di Enrico sulla Sicilia. Nel frattempo Manfredi veniva incoronato a Pa- lermo, e il regno siciliano di Enrico svaniva. Tuttavia nel marzo 1260 Enrico assicurava l'arcivescovo di- Messina a Parigi, che intendeva seguire il suo proposito con maggior vigore ed entrava in nuovi negoziati col papa. Le cose si trascinarono per parecchi anni, finché Urbano IV il 29 lu- glio 1263 indirizzò una formale dichiarazione a Enrico III e a suo figlio, annullando la promessa del regno di Sicilia. Tale è in riassunto la storia di Edmondo re titolare di Sicilia. E ritorno al sigillo. Che Edmondo avesse bisogno di un reale sigillo è evi- dente per sé stesso, e che quel sigillo abbia esistito é pro- vato dalla bolla d'oro del Museo Britannico. Senza dubbio il papa Alessandro inviò il sigillo insieme all'anello, perchè é facile dimostrare che era stato eseguito a Roma per or- dine del papa. I nostri lettori devono avere osservato che la ortografia del nome Edmondo nell'antica forma era Eadmundus, forma 16 122 E. J. SELTMAN che era andata già fuori d' uso in quel tempo. Ma alla corte papale la vecchia forma sarebbe sopravissuta in grazia di S. Eadmondo, re dell'Angiia Orientale, stato martirizzato dai danesi pagani nell'anno 873 e poi canonizzato. Un'altra curiosa sopravvivenza è l'antico 21 che si alterna col V nel sigillo. Questo anche è naturalmente spiegato dalla circostanza che il nome di S. Edmondo avrà mostrato questa forma negli antichi manoscritti del Vaticano e sarà stato così trascritto dall'artefice incaricato di incidere il sigillo, il quale colla più recente V dimostra di non essere famigliare col- l'uso dell'antica forma unciale. Il disegno è del resto migliore delle opere medaglistiche inglesi contemporanee, e difatti quando il reale padre di Edmondo, solo due anni più tardi, nel 1257, stampò pel primo monete d'oro, che oggi sono rarissime, l' incisore indigeno che presentava Enrico precisamente nella posa e cogli at- tributi del figlio, appena riusciva a produrre una rozza im- magine (i). Infine vi è la croce vittoriosa sulla mezzaluna, come simbolo della crociata che il giovane re e suo padre dovevano bandire contro i nemici di papa Alessandro (2). L'esfstenza della nostra antica impronta in oro è accredi- tata dalla sua provenienza fortunatamente conosciuta. Un pezzo di antica carta che 1' accompagna e che porta la data 1845 afferma, in una scrittura che è caratteristica della prima metà dell' ultimo secolo, che V impronta in oro fino del sigillo di Edmondo, re di Sicilia, figlio di Enrico III era prima conser- vata nella collezione di famiglia di Lord " Saye e Sele „. Quantunque decaduta, la famiglia è una delle più antiche d' Inghilterra, e quando 1' ultimo rampollo morì nell' otto- (i) Cai. Montagli, 2." parte, tav. II, 386. (2) Nel 1270 Edmondo come duca di Lancaster e suo fratello mag- giore Edoardo riunirono una vera crociata, la settima ed ultima, contro i Saraceni. Egli era poi soprannominato " Cross-back „ (Croce sul dorso) per causa della croce che pare abbia continuato a portare sul suo man- tello. Ma cross-back venne poi storpiato in " crouch-back „ (gobbo). IL SIGILLO DI STATO DI EDMONDO RE DI SICILIA E D APULIA I23 bre 1907, i giornali (cito il ben noto Daily News di Londra di quel giorno) parlavano di lui in questi termini: " Morte " di un Pari discendente da un Barone della Magna Carta. " Lord Saye and Sele morì nel sonno alla sua residenza " nella città di Reading ieri mattina nell'età di 77 anni. Era " il ventunesimo discendente di Goffredo di Saye, uno dei " venticinque Baroni che nel 1215 obbligarono re Giovanni * a firmare la Magna Carta „. Qui abbiamo dunque che la famiglia nel 1215 era sola- mente conosciuta pel suo nome rrormanno-francese De Saye. Le memorie private delle famiglie inglesi di questi tempi rudi e turbolenti sono molto deficienti. E però certo che il secondo titolo " Sele „ esisteva verso il 1400 e che quindi era stato creato nell* intervallo. Se pure è evidente che Edmondo aveva bisogno d' un reale sigillo, è non meno evi- dente che sarà stato nominato per lui, come per qualunque altro sovrano, un guardasigilli. L' esistenza dell' impronta in oro nella collezione della famiglia chiaramente indica come il Barone Saye, essendo stato assunto alla onorifica e comoda carica, abbia presumi- bilmente aggiunto il titolo di Sele (ossia Seal , sigillo, la pronuncia di Sele è la stessa che Seal, e l'ortografia di quei tempi non era punto fissa) al nome del suo casato. Secondo le usanze medioevali, egli avrà portato un segno del suo ufficio con una catena e questo avrà potuto continuare ad essere portato anche molto tempo dopo come un antico ornamento. Fo menzione di questo punto, perchè le parti prominenti neir uno e nell* altro lato dimostrano per la loro usura, che l'oggetto fu portato. Che la medaglia sia stata portata so- spesa è anche dimostrato dal fatto che rimangono alcune traccie del sostegno pel quale l'orlo riuscì leggermente com- presso in quattro punti equidistanti, cioè al disopra dell' ul- tima lettera in SICILIE, della quarta in EADMVNDVS, dell'ul- tima in GRACIA e della seconda in DEI. La fusione e la cesellatura furono fatte in modo alquanto primitivo, né si poteva aspettare di megUo in un periodo 124 E. J. SELTMAN anteriore di due secoli alle prime medaglie del Rinascimento. Presumibilmente venne adoperata una impronta di piombo presa dal sigillo, per la forma di fusione, e un piccolo di- fetto al disopra del globo nella mano del piccolo re, venne in seguito corretto un po' grossolanamente. Ma questa roz- zezza conferma 1' epoca, perchè è inutile dire che 1' opera- zione sarebbe stata fatta assai meglio in qualunque epoca posteriore. Il metallo mostra il colore delicato dell'oro antico. Berkhamsted, Marzo igii. E. J. Seltman. NECROLOGIA ÉMILE CARON. Una grave perdita ha fatto testé in Francia la scienza numismatica. Il giorno I marzo 191 1, moriva a Parigi Emile Caron, Presidente Onorario delia Società francese di Numismatica, Cavaliere della Legione d'onore. Nato nel 1823 a Saint- Quentin, fu licenziato in diritto nel 1845, e per 22 anni eser- citò a Parigi le funzioni di avoué ai Tribunali di prima istanza. Fin dalla sua prima giovinezza egli si interessò allo studio della numismatica. Il suo primo lavoro ha per titolo: Dissertation sur une monnaie de Dretix au type chartrain, e fu pubblicato nel 1863 nel " Bulletin de la Société archéolo- gique du Vendomois „. Col signor d'Amécourt fu uno dei fondatori della Società francese di numismatica nel 1866, e in quel primo anno fece parte della Commissione di pubbli- cazione deWAnnuaire. Egli si occupava attivamente di tutto ciò che si riferisce 'al Medio Evo, e specialmente alla serie feudale. Pubblicò nel 1866 una Notice sur une monnate de Rogier, evéque de Beauvais. Nel 1868 fu membro della Commissione di finanza della Società, e ne divenne Presidente nel 1892. Dopo la morte del signor de Barthèlemy fu nominato Pre- sidente Onorario, nel 1904. ì^éiVAnnuaire, nella Revue num. franfaise e nel Bulletin de nuniismatique di Serrure pubblicò numerosi articoli sulla numismatica feudale, sulle monete comunali di Amiens, sulle monete baronali del ripostiglio di Sierck, ecc., ecc. Analizzò molte volte i ripostigli, che gli capitavano alle mani, e in un lavoro speciale mise in evidenza r interesse dello studio sincrono della monetazione feudale e 126 NECROLOGIA di quella reale sotto i primi quattro Capetingi. Pubblicò pure un lavoro sui denari battuti a Damietta da Giovanni di Brienne, Re di Gerusalemme e uno studio su ripostigli sco- perti a Delfo di minute specie divisionarie dei secoli XIII e XIV. Uno dei suoi ultimi lavori è intitolato : À travers les minutes de notaires parisiens. Esamina in esso numerosi con- tratti notarili, stipulati a Parigi dal 1559 al 1577, riguardanti le personalità più eminenti della Corte delle Tuileries. Vi si trovano i nomi di un certo numero di italiani, ch'erano ve- nuti alla Corte di Caterina de Medici. Nella seduta della Società Numismatica del 3 giugno 1905, il Presidente gli offriva a nome di tutti i colleghi una placchetta in argento, coniata specialmente in memoria del 40 anniversario della Società, di cui egli era divenuto il de- cano e il Presidente Onorario. Aggiungeremo infine che Emile Caron era membro della Commissione di sorveglianza degli Ospizi dei pazzi, ai quali per lo spazio di ben trent'anni prodigò con intelligente amore le sue cure, la sua attività. E. G. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI Corpus Nttmmorum Italicorum. Primo tentativo di un Cata- logo Generale delle Monete medievali e moderne co- niate in Italia o da Italiani in altri paesi. — Volume I, Casa Savoia. — Roma, Tipografia della R. Accademia de' Lincei proprietà del cav. V. Salviucci, 1910, in-4° pag. viii-532 e XLII tavole. Nelle precedenti annate di questa Rivista è contenuta, per così dire, la cronistoria dell'opera colossale ideata dal nostro Augusto Presidente Onorario, del primo volume della quale saiutiamo ora la comparsa con gioia e compiacenza vivissime. Dal primo annunzio del concetto di essa manife- stato dall'allora Principe di Napoli, quando nel 1897 si recò a Milano con gli Augusti suoi Genitori ad inaugurare la nuova sede della nostra Società nel rinnovato Castello Sfor- zesco (anno X, 1897, pag. 536, 542 e anno XI, 1898, pag. 327), alle notizie successive dell'assunzione a suoi collaboratori del prof Costantino Luppi (anno X, 1897, pag. 543 e a. XI, 1898, pag. 328), e, dopo la morte di questo, del generale Giuseppe Ruggero (a. XII, 1899, pag. 456), fino al riassunto della comunicazione del dott. Serafino Ricci alla riunione della Società per il progresso delle Scienze in Napoli in- torno a questo primo volume allora d'imminente pubblica- zione (anno XXIII, 1910, pag. 531). Sono adunque tredici anni di lavoro assiduo di preparazione consistente nella esatta e diligente catalogazione delle monete della raccolta Reale che ascendono al numero cospicuo di oltre sessantamila, e nello spoglio delle pubblicazioni numismatiche per ricavarne le varianti o i tipi mancanti ad essa. Non sono troppi, data 128 BIBLIOGRAFIA la mole del lavoro, ma parvero tali alle attese impazienti dei più che non si rendono esatta ragione delle grandi dif- ficoltà di certi lavori e del tempo enorme che viene assor- bito dalle ricerche e dai raffronti diligenti e minuziosi. D'altra parte le impazienze dell'attesa sono ben giustifi cate dalla vera necessità in cui si trovano gli studiosi di una guida sicura specialmente se si pensa ai problemi faticosi che inceppano il regolare cammino degli studi di numisma- tica italiana, alla soluzione dei quali non piccolo contributo deve portare la nuova opera. Non vi è infatti persona che si sia occupata, anche incidentalmente, di numismatica, la quale non abbia dovuto constatare le deficienze veramente enormi che si riscontrano ad ogni pie sospinto. Si possono esse compendiare nella mancanza di un materiale abbondante scientificamente e diligentemente descritto: scarsezza e, alle volte, mancanza assoluta degli elementi illustrativi di tale materiale e cioè degli studi sulla denominazione delle monete e sui sistemi monetari: finalmente, conseguenza dell'una e dell'altra di queste mancanze, nessuna sistemazione e distri- buzione razionale del materiale monete. Non è certo cosa agevole assumere 1' ufficio di esami- nare in quale misura la nuova opera viene a colmare le la- cune lamentate, perchè qualunque osservazione può parere intempestiva di fronte alla mole vastissima del lavoro com- piuto e, forse, anche irriverente, non tanto per la Persona dell'Autore in sé che è al di sopra di qualsiasi critica, quanto per la competenza indiscussa che Egli Ka acquistato nel campo della numismatica italiana. Noi siamo i primi a rico- noscere e proclamare questa competenza del nostro Augusto Presidente Onorario e, senza ombra di adulazione, la rite- niamo superiore a quella di qualsiasi altro degli studiosi viventi : chi ci conosce poi sa bene come non possiamo es- sere sospettati di avere la più lontana idea di mancare ai riguardi e al rispetto dovuto; però crederemmo di venir meno all'ufficio assunto non esprimendo interamente il nostro pensiero perchè convinti che dal cortese dibattito delle opi- nioni può derivare un vero vantaggio alla scienza che tutti proseguiamo con eguale affetto e passione. BIBLIOGRAFIA I29 Il Corpus Nummorum Italicorum, come indica la parola, presupponeva uno studio completo della materia in modo da lasciare ben poco ancora alla soluzione dei problemi accen- nati. Però, durante il lavoro di preparazione, alla mente del- l'Autore dovettero affacciarsi in tutta la loro imponenza le varie quistioni, a risolvere le quali sarebbero necessari studi lunghi e diligenti cui non possono certo bastare le forze e la vita di un uomo. Forse per questo al titolo vasto e compren- sivo vediamo aggiungersi il sotto titolo di : Primo tentativo di tot Catalogo Generale delle Monete medievali e moderne coniate in Italia o da Italiani in altri Paesi, pieno di mo- destia, anche soverchia, dato il valore vero del libro, e che disarma completamente la critica. Intanto si può subito af- fermare fin da questo primo volume che la promessa conte- nuta nel titolo viene oltrepassata, e l'opera, più che un ten- tativo, risulta un verone grande catalogo delle monete ita- liane destinato a riempire interamente la prima delle defi- cienze da noi accennate, quella cioè della mancanza del materiale scientificamente e scrupolosamente descritto. Questo volume contiene la descrizione delle monete emesse dai Prin- cipi di Casa Savoia del ramo principale e dei rami di Acaia e di Vaud. Sono 4354 le monete descritte accompagnate dalla riproduzione in fotocalcografia di 713 pezzi compren- denti i diversi tipi e le loro principali varianti : la nostra affermazione non parrà dunque esagerata di fronte a questo numero così rilevante. Le monete sono raggruppate sotto il nome del Principe che le emise, a cominciare da Amedeo IV {1232-1253) fino al regnante Vittorio Emanuele III, disposte cronologicamente quelle che portano l'indicazione della data, le altre a seconda della specie. Ad ogni moneta fu data la de- nominazione che portava all'epoca in cui fu emessa in quanto fu possibile allo stato attuale delle cognizioni. La descrizione è minuziosa e precisa, accompagnata dalle indicazioni di dia- metro e di peso, così che con l'aiuto delle numerose riprodu- zioni, è agevole identificare qualsiasi pezzo con tutta rapidità e precisione, ciò che è lo scopo e l'ufficio principale del libro. Dopo questa esplicita dichiarazione, a quanto saremo per dire non potrà darsi significato diverso da quello di apprez- zamenti diretti a dimostrare quale sarebbe l'ideale da rag- 130 BIBLIOGRAFIA giungere, pur riconoscendo l'impossibilità materiale di con- seguirlo allo stato presente degli studi. L'ignoranza dei principali sistemi monetari è aggravata dalla ignoranza dei nomi che avevano le monete all'epoca delia emissione, perchè molte delle denominazioni con le quali vengono generalmente indicate nei cataloghi di vendita e anche in quelli scientifici, sono posteriori ; desunte talune dall'aspetto e dalle figurazioni, altre addirittura cervellotiche: così che anche in questa parte pare che tutto abbia congiu- rato a farci perdere quel tenue filo conduttore che potrebbe essere il nome vero della moneta per riannodarla al sistema monetario del quale faceva parte. Di questa incertezza si vede il riflesso nel volume che stiamo esaminando, dove non poche volte alla denominazione segue un punto interro- gativo o non risponde la qualità della moneta di cui non è noto l'intrinseco. L'approfondire e risolvere anche solo taluna di tali difficoltà avrebbe voluto dire perdere anni di tempo in ricerche di esito non sempre sicuro, e ciò male avrebbe risposto alle impazienze di chi attendeva e a quelle ben le- gittime dell'Autore che da siffatte lunghe indagini vedeva sempre più allontanato quel principio di esecuzione del suo piano grandioso che era in cima ai suoi pensieri. Del resto questa deficienza può considerarsi insita nel concetto stesso dell'opera che si proponeva di raccogliere in un sol corpo la descrizione delle monete italiane quali esse sono note al presente senza sottoporle a nuovi studi, perchè in tal caso il lavoro si sarebbe dovuto ideare ed eseguire diversamente. Non insisteremo quindi su questo particolare per dire invece qualcosa del sistema adoperato per la classificazione del materiale. Esso risponde al sistema adottalo da S. M. il Re per l'ordinamento della sua raccolta, che viene esposto in poche parole nelle brevissime " Avvertenze Generali „ con le quali si apre il volume : " ordinamento regio- " naie ; e per ogni regione, le singole zecche, ovvero i luoghi " a nome de* quali vennero battute le monete, son disposti " in ordine alfabetico „. Non si contende che tale sistema non sia facile e pratico, e sopra tutto utile in specie ai ne- gozianti, ma a chi lo esamina, pur non avendo vaste cogni- BIBLIOGRAFIA I3r zioni in materia, si addimostra subito mancante di una so- lida base scientifica e razionale. Senza fermarci a considerare come esso perpetui le varie significazioni della parola zecca, abusivamente introdotte nell'uso numismatico, la prova evi- dente di questa nostra affermazione ci viene data dallo stesso Augusto Autore che è stato costretto a cominciare l'opera sua con una eccezione. Non già una di quelle piccole ecce- zioni che confermano, come suol dirsi la regola, ma con una eccezione che investe e infirma tutta l'essenza del sistema adottato, perchè dimostra come nella razionale distribuzione delle monete debba entrare un altro elemento che non sia il semplice luogo dove o per il quale la moneta fu battuta, ma l'autorità che la improntava ed emetteva. E questa una antica e vessata quistione e ci verrà perdonato se volemmo farne cenno a proposito di un'opera che, ideata in fondo con un concetto diverso da quello da noi vagheggiato, finisce poi non solo a non pregiudicarla in senso contrario al no- stro, ma viene in certo modo a darci ragione. Ci permettiamo pertanto di esprimere il rammarico che la eccezione non sia stata completa in modo da darci tutta riunita in questo volume la serie intera delle monete Sabaude, alcune delle quali invece dovranno cercarsi nei volumi suc- cessivi. Nelle * Avvertenze speciali „ vengono enumerate le monete che furono escluse dalla serie principale, e sebbene tali esclusioni sembrino coerenti al sistema enunciato nelle " Avvertenze Generali „, pure alcune non sono, a parer no- stro, bastantemente giustificate, data sopra tutto l'inclusione di altre. Troviamo per esempio a pag. i6 sotto il n. i de- scritta la moneta di Aimone che porta per esteso il nome dell'officina monetaria di Ponte d'Ain. mentre non vi tro- viamo tutte le monete, che sono le prime e più antiche della serie Sabauda, col nome di Susa; né vale il dire che la mo- neta di Susa ha carattere a sé, perché Susa in tanto ebbe moneta in quanto la emisero i Principi di Savoia che vi ave- vano dominio, e non emise mai moneta propria senza il nome del Principe. Le cifre accennate di sopra della quantità delle monete descritte costituiscono la prova migliore dell'enorme lavoro 132 BIBLIOGRAFIA compiuto e di quello anche più grande già preparato per i volumi successivi. Siccome nelle " Avvertenze „ è detto che il contributo portato dai Musei e dai Raccoglitori privati ai quali vennero di mano in mano comunicate le bozze di stampa, è stato all' incirca dell'uno e mezzo per cento di mo- nete nuove e del venti per cento di varietà, così è certo che l'ottanta per cento dell' intero lavoro è pronto fin da ora. Di fronte a questo risultato i tredici anni di preparazione non furono troppi davvero e noi non possiamo lesinare la lode all'attività veramente prodigiosa data alla grande opera dall'Autore e dal suo egregio e fido cooperatore il generale Giuseppe Ruggero, bellissimo esempio di energia giovanile. Quanto alla parte materiale, l'esecuzione tipografica è perfetta sia per la eleganza e nitidezza della stampa che per la eccellente qualità della carta impiegata. Forse sarebbe stata desiderabile una maggiore varietà nei tipi usati per ri- produrre le leggende delle monete; il bisogno di tale varietà è specialmente sentito nei periodi di transizione da una ad altra forma di scrittura, quando le leggende sono composte di lettere appartenenti a forme diverse non solo, ma alle volte è diversa perfino la forma di una stessa lettera nella medesima leggenda. Si hanno per tal modo delle varianti di cui non è possibile rendersi ragione con la uniformità del carattere adottata. Le tavole sono abbastanza nitide ; osser- viamo però che in generale le monete, anche se di buona conservazione, vi appariscono meno belle di quello che sono effettivamente. Non sappiamo se ciò debba attribuirsi al si- stema di riproduzione, come ha osservato G. F. Hill ; siamo in ogni modo persuasi che, come in alcune tavole tale deca- dimento è meno sensibile, così possa sparire del tutto nei volumi successivi. Di questi daremo conto brevemente ai nostri lettori di mano in mano che vedranno la luce senza più tornare sulle quistioni di massima accennate in questa recensione del primo volume. E le abbiamo accennate non già per vana manìa di critica, ma per far rilevare agli studiosi che l'apparizione di questo atteso e desiderato lavoro non deve attenuare ma attivare le loro energie per dare alla BIBLIOGRAFIA I33 numismatica italiana quel definitivo assetto scientifico che è nei desideri di tutti. Assetto che servirà non soltanto agli studi storici ma eziandio e più a quelli economici, che sono di pratica ed efficace applicazione. Quando l'opera sarà compiuta, e ci auguriamo di vederne il compimento, gli studiosi non avranno più da lamentare la più grande delle deficienze della numismatica italiana e quella più difficile a colmarsi, e ben pochi saranno i pezzi che po- tranno ancora aggiungersi al Catalogo delle monete italiane raccolte nel Corpus Nummorum Italicornm, monumento ira- perituro della dottrina, dell'attività e della munificenza del nostro Augusto Sovrano e Presidente Onorario. N. P. Gohl (d.' Edinond). Gróf Dessewffy Mtklós Barbar Pénzei [La Collezione di monete barbare del conte Nicolò Des- sewffy a Budapest]. Budapest, 1910, in-4° gr.. pp. 26 con 18 tavole in fototipia. Il d/ Gohl, r infaticabile redattore del Niimismatikai Kòzlòny, ha pubblicato come supplemento speciale delia sua rivista numismatica, e come sempre in veste tipografica ed illustrativa elegante, il Catalogo della Collezione delle mo- nete barbare del conte Nicolò Dessewffy in Budapest, Questa magnifica collezione comprende circa 500 monete nei diversi metalli e rappresenta la più gran parte dei gruppi delle monete barbare della regione ungherese ; e vi sono anche compresi alcuni speciali ripostigli, quali quelli di Zichy-Ujfalu e Borgó-Prund. Tutte le monete sono riprodotte nelle 18 ta- vole e di tutte vengono indicate, con lodevole cura, il peso, il diametro ed il luogo di ritrovo, fatica questa personale del conte Dessewffy e che di assai aumenta il valore della pubblicazione. 11 libro servirà oramai di atlante-manuale per il racco- glitore ungherese, utile vieppiù perchè vi potrà attingere con sicurezza i dati per classificare e descrivere le proprie monete, senza più oltre ricorrere alle molte pubblicazioni estere, sempre costose e spesso introvabili nei centri minori provinciali. 134 BIBLIOGRAFIA Del resto le concordanze ed i rimandi, in questo Cata- logo, ai lavori dei De La Tour, Blanchet, Forrer, Luschin, collezione Windischgratz, ecc., semplificano il ritrovo degli esemplari cercati e l'uso delle tavole analoghe. Non soltanto gli ungheresi, ma tutti coloro che si oc- cupano di quest'interessante sezione della numismatica an- tica tributeranno una ben meritata lode al munifico posses- sore ed al dotto illustratore di sì bella collezione. Un vero regalo patriottico e scientifico ! Fritze (von Hans)-Gaebler (Hugo). Nomisma: Untersu- chiingen auf dem Gebiete der antiken Mùnzkunde. Berlin, Mayer u. Miiller, 1910, pag. 42 e 3 tavole, 5.* puntata. E uscito il V fascicolo di questa eccellente pubblicazione periodica. Esso contiene uno studio di Ernesto Assmann sul- r origine babilonese dell'asse, dell' aes , dell'oncia, della libra, ecc., argomento di grande attualità dopo i lavori del- l'Haeberlin, del Lehmann-Haupt, del Kurt Regling e di altri. Vi tien dietro un lavoro di H. v. Fritze (corredato da una tavola) sulle monete di Adramytion prima della domina- zione imperiale. Segue poi un articolo di F. Imhoof-Blumer, nel quale si illustrano alcuni tipi di monete greche, e precisamente di quelle dove sono rappresentati eroi navigatori, atleti, lotta- tori. Due belle tavole ne offi ono numerosi esempì. VARIETÀ Le grandi pubblicazioni numismatiche italiane. — L'Editore Hoepli lancia contemporaneamente i programmi di tre pubblicazioni di capitale importanza segnando così, per dirla con frase moderna, il rècord editoriale delle pro- duzioni numismatiche. Mettiamo in primo luogo il Corpus nummorum italicorum, il lavoro numismatico più grandioso che mai sia stato ten- tato; segue il Catalogo delle Monete e delle Bolle Ponti- ficie del Serafini, di cui abbiamo tenuto parola nell'ultimo fascicolo della Rivista^ e infine i Medaglioni Romani di Fran- cesco Gnecchi di cui non possiamo ancora dire, trovandosi in corso di stampa. Le tre pubblicazioni che vedono la luce quasi contem- poraneamente fra lo scorcio del 1910 e il 191 1 sembrano destinate a portare il contributo numismatico alle feste cin- quantennarie che Roma si appresta a celebrare, e al signifi- cato di tale solenne manifestazione sembra che per felice destino contribuisca la combinazione sulle personalità che le hanno prodotte o ispirate. S. M. il Re ispirò la descrizione storico-numismatica di quella meravigliosa evoluzione per cui dai numerosi piccoli stati in cui l'Italia era divisa, si formò l'unità d'Italia, evo- luzione simboleggiata dalle monete delle moltissime zecche sparse nella penisola e nelle adiacenze ed ora finalmente riunite nell'unica zecca di Roma. L'opera grandiosa si inizia colle monete di Casa Savoja, di questa casa che vanta una serie continua di ben otto se- coli, quale nesjun'allra essa pincipesca al n-.cnco piò vsn tare, e che, dcpo tanto len".po, perdtia a capo della Naziore. S. S. il Papa ordina la descrizione della singolarissima serie pontificia dal suo principio alla sua fine, cerne di s'eiie 136 VARIETÀ chiusa che ha terminato il suo periodo vitale e che si fonde nel resto della vita italiana. Era infine necessario che il popolo fosse rappresentato, e il privato cittadino offre il suo contributo alla felice ricor- renza evocando la numismatica romana, compendiata nella parte più bella, più classica, più aristocratica, nella serie dei Medaglioni. Ed ora ecco i tre programmi. CORPUS NUMMORUM ITAI^ICORUM fatto compilare da S. M. Vittorio Emanuele III Re d' Italia. Primo tentativo di un Catalogo Generale delle Monete medioevali e moderne coniate in Italia o da Italiani in altri Paesi; Volume I, Casa Savoia (Grosso voi. in-40 di pag. viii-532, stampato su carta a mano intonsa, cui seguono 42 ta- vole in fotocollografia, nelle quali ogni singola moneta nitidamente risalta su fondo color paglierino. Prezzo netto L. 60). Al Lettore benevolo : Nell'universale evoluzione e caduta delle umane cose, in cui ven- nero e vengono travolte istituzioni, riti, formidabili imperi, armate, leggi e storie scritte delle genti che popolarono la terra, alcuni monumenti sembra che abbiano il privilegio di potersi salvare dalla comune ro- vina, e con maggiore facilità essere a noi tramandati per motivi spe- ciali, quali la forma, l'uso a cui son destinati, e la materia di cui son composti. Primi fra questi monumenti privilegiati sono da porsi le Monete e le Medaglie. Ho detto monumenti, e tali, infatti, esse sono, inquantochè per ordine di epoche ci narrano le vicende dei popoli, ci parlano di glorie di grandi re e nazioni, di gesta eroiche, in linguaggio semplice e solenne. Una effigie ed una data ci ricordano una conquista od un dominio di re, od una riscossa ed una vittoria di popolo: una allegoria ci rammenta una grande impresa di guerra o di pace benefica, od una aspirazione: l'arte profusavi, un nome, una sigla, evocano alla nostra mente e compendiano il sentimento, il gusto di un'epoca, di una razza. Qui sta l'origine del fascino che la scienza così delta Numismatica esercita sull'uomo : nella narrazione tacita ma altiloquente della di lui storia, della cui conoscenza egli fu avido in ogni tempo, ed è avidissimo ai tempi nostri. Di qui nacque il desiderio di raccogliere Monete ed il pensiero di ordinarle, onde avere una serie non interrotta di ricordi, e la susse- guente ricerca di documenti per suffragare quelli. Molto a tutt'oggi si è fatto in questa scienza, a dire il vero, tutta recente, poiché non ri- monta oltre all'epoca del grande storico Ludovico Antonio Muratori. Ma tutto questo complesso di studi raramente assunse forme organiche, compendiandosi, al più, in Italia, nella storia di una o poche zecche. VARIETÀ T37 Non è da nascondere che il riunire in un sol corpo tutta la storia nu- mismatica di uno stato fu sogno di molti egregi studiosi ; ma molte cause, e non ultima quella dei mezzi materiali mancanti, intervenivano ad opporsi. Toccava, invece, a S. M. VrrxoRio Emanuele III, Presidente Ono- rario della Società Numismatica Italiana, la grata ventura di dare forma concreta a questo sogno, valendosi della propria collezione che conta non meno di 65,000 pezzi, delle profonde sue cognizioni in questa scienza, e dell'opera illuminata di S. E. il Generale Ruggero. Benché l'opera sia poderosa, S. M. volle che il titolo fosse modesto nella espressione di Primo tentativo. Invece, senza tema di errare, quest'opera si può chiamare completa. Il 1° volume che è tutto dedicato alle Monete di Casa Savoia, ci è di caparra sicura della bontà di quelli che seguiranno. Attorno alla Casa di Savoia si aggira la storia del nostro Risorgi- mento: storia di lotte comuni, di martini, di speranze, di voti compiuti; e l'opera si inizia appunto in quest'anno in cui l' Italia celebra le sue conquiste di libertà e di pace operate sotto il vessillo dei discendenti di Biancamano. Assume, quindi, carattere e significato tale, che non poteva non richiamare il mio più vivo interesse. Pertanto, esclusa ogni idea di lucro da parte mia, ma solamente mosso dall'amore dei buoni studii e dal pensiero di assimilarmi ai con- cetto dei patri festeggiamenti ed a quello di beneficienza a prò' di due Istituti — caritatevole l'uno, scientifico l'altro — che spuntò quale fiore gentile dal cuore generoso del nostro Sovrano, ho voluto assumerne la vendita, pronto anche a fare ogni necessario sacrifìcio per compiere la nobile impresa. L'opera non mancherà di aver esito pei meriti intrinsechi dell'Augu- sto Autore : e spero che il pubblico vorrà pure tener conto dei miei intendimenti nel divulgarla. Milano, Febbraio igii. Ulrico Hoepli. I,^ MONETE E LE BOLLE PLUMBEE PONTIFICIE DEL MEDAGLIERE VATICANO descritte ed illustrate da Camillo Serafini, Direttore del Gabinetto Numismatico Vaticano, precedute da un saggio di storia delle collesioni numismatiche vaticane di Mons. Stanislao Legrelle, Scrittore onorario aggiunto della Biblioteca Va- ticana; Volume I, Deusdedit (61S-618) : Pio F (//d<5-//7/), pag. di testo 439, tavole LXII. Prezzo del I Volume L. 80. Questo catalogo scientifico della più illustre serie di monete emesse dai primordi del medioevo ai giorni nostri, comprende tutte le monete che si trovano nel Medaghere Vaticano battute dai Papi nelle zecche 18 138 VARIETÀ dei loro Stati da Gregorio III (731-741) a Pio IX (1870), inoltre le Bolle plumbee del Gabinetto medesimo da Deusdedit (615-618) al regnante Pio X. Sembra fuor d'opera ricordare quanto copiosa ed interessante sia stata questa monetazione papale, che collegandosi immediatamente col- l'antica imperiale romana, presegue senza apprezzabili interruzioni fino ai giorni nostri. Il suo studio sotto l'aspetto storico, artistico ed econo- mico offre una continuata documentazione, durante il periodo di undici secoli, della storia civile e politica del papato e dell'Italia centrale, avendo parecchie altre zecche, oltre quella di Roma, cooperato a for- mare questo ammirevole seguito di monetazione. L'alternarsi di varie maniere d'arte e di stile in questo lungo cammino, nel centro del mondo civile, rispecchiasi assai bene in questi piccoli monumenti, al cui massimo splendore cooperarono, nella rinascenza e dopo, i piià bei nomi degli artisti del cesello dall'Orfini agli Hamerani, dal Francia e dal Cellini, al Girometti e al Cerbara. La raccolta vaticana, ricostituita nel decorso secolo mercè le cure dei Pontefici (la ricca serie delle monete pontificie dell'illustre Scilla acquistata da Benedetto XIV insieme ad altre minori, essendo andata completamente dispersa nelle vicende del 1798) è senza dubbio la più numerosa ed una delle più ricche e singolari che esistano. Essa si compone di quindicimila esemplari circa per la massima parte variati, con grande numero di monete inedite. Principalmente negli ultimi secoli quasi tutte le varietà notate dal Cinagli vi sono rap- presentate (per il secolo XIX, non ne mancano che 28 tra le più co- muni). Inoltre per il numero non ordinario di esemplari anche duplicati sui quali si è formata la raccolta (più di 30 mila pezzi), ogni tipo è rap- presentato da monete di buona ed ottima conservazione, di guisa che le riproduzioni si ottennero per lo più assai belle. L'elenco descrittivo del Cinagli (unico lavoro d' insieme intorno alle monete pontificie) difetta principalmente di esattezza nelle descrizioni, di sicurezza nell'autenticità degli esemplari descritti, infine di qualsiasi riproduzione. Nel Catalogo Vaticano si cercò di otteuere massima accuratezza nelle descrizioni, e la maggior copia, fedeltà e chiarezza nelle riprodu- zioni fototipiche, di guisa che il Catalogo stesso potesse sostituire lo studio dell'esemplare. Perciò oltre al riprodurre con caratteri speciali le leggende, i segni particolari, gli ornati e le cifre, oltre alla descrizione delle rappresentanze fu notato il peso, il diametro e la conservazione di ogni esemplare descritto. Nelle tavole poi si rappresentano tutti gli esemplari di tipi e valori diversi, oltre quelli che presentano anorma- lità di conio degne di nota, diversità di stemmi, di cartelle, ecc. ecc. ; inoltre tutte le antiquìores e le bolle anteriori a Pasquale li. Si ripro- ducono infine in tavole separate i monogrammi e gli stemmi di digni- tari ecclesiastici e civili che sono rappresentati sulle monete, molli dei quali per la prima volta riconosciuti. L'opera divisa in tre volumi descriverà circa quindicimila monete e 220 bolle plumblee. VARIETÀ 139 Il primo volume, già pubblicato, in quarto grande di 439 pagine, descrive più di 3900 monete, e contiene in 62 tavole fototipiche la ripro- duzione di circa 300 esemplari, 150 bolle, 91 monogrammi e no stemmi, da Deusdedit (616) a Pio V (1572); il secondo, che vedrà la luce nel 191 1, descriverà più di 5500 monete e bolle, con circa 60 tavole, e la riproduzione di numerosi stemmi da Gregorio XIII (1572) a Clemente XI (1721); il terzo completerà la serie da Innocenzo XIII (1721) all'ultima emissione pontificia dell'anno 1870, descrivendo circa 5600 esemplari con tante tavole quante nei precedenti volumi, oltre ad indici speciali sto- rici ed artistici, e sarà pubblicato entro il 1912. Ove l'illustrazione che presentiamo in questi tre volumi incontri il gradimento degli studiosi, non è difficile che l'autore dia in un quarto volume di supplemento la descrizione e riproduzione di tutte quelle monete e bolle pontificie mancanti nel Medagliere Vaticano che gli verrà dato di rinvenire nei gabinetti pubblici e privati. Precede l'opera un'erudita storia delie collezioni numismatiche va- ticane dettata da Mons. Stanislao Legrelle, scrittore onorario della Bi- blioteca Vaticana, ed un breve saggio intorno alla cronologia delle bolle plumbee pontificie dell'autore stesso dei Catalogo. hfilano, Mario igti. Ulrico Hoepu. I MEDAGLIONI ROMANI DA AVGVSTO A GIVSTINIANO descritti e illustrati da Francesco Gnecchi (testo di pag. 400. — CLXII tavole). Questa importante pubblicazione, di interesse universale, rappre- senta il " Corpus „ dei Medaglioni Romani, della parte cioè più bella, più artistica, più aristocratica della monetazione imperiale dal suo prin- cipio fino al suo tramonto, da Augusto fino a Giustiniano. La pubblicazione, che nessuno aveva finora affrontata, venne in- trapresa cinque anni sono dall'attivo Vice-Presidente della Società Nu- mismatica Italiana, autore di molte opere numismatiche e formerà la sua opera principe. L'opera descrive più di 3000 pezzi, di cui 350 in oro, 600 in argento, oltre 2000 in bronzo. Circa 2000 tipi sono illustrati nelle tavole. Moltissimi fra i pezzi descritti sono tuttora inediti e si può calco- lare a circa il 40 7o l'aumento che si porta con questi al numero di quelli oggi conosciuti. Alla descrizione di ciascun pezzo non viene citato un solo esem- plare, come si usa generalmente ; ma tutti sono citati gli esemplari esistenti nelle varie collezioni, di modo che il Corpus, oltrecchè presen- tare la serie completa per tipo e per numero dei Medaglioni oggi co- 140 VARIETÀ stituenti il patrimonio artistico-scientifico mondiale, offrirà anche il Ca- talogo di ogni Museo. Le collezioni pubbliche compulsate all'uopo sono in numero di 415 e le private in numero di 57. Precede la Descrizione generale una Prefazione in cui l'Autore dà una monografia del Medaglione, trattando i seguenti argomenti : La pa- rola " Medaglione „ — La Medaglia presso i Romani — Il Medaglione d'oro e d'argento — 11 Medaglione di bronzo — Definizione del Meda- glione — Il bronzo imperatorio — 11 Medaglione senatorio — L'arte e i tipi — Le leggende — Rarità dei Medaglioni — Fonti del " Corpus „ — Falsificazioni. Seguono parecchi indici e prospetti per la pratica utilizzazione del libro e una Bibliografia del Medaglione. Corredano l'opera 162 tavole nelle quali sono riprodotti tutti i tipi conosciuti. Alla stampa del Volume vennero dedicate le più sollecite cure sia per la carta come per i caratteri, mentre per le tavole venne scelto il migliore sistema per le riproduzioni dal vero, e io credo che un'opera comprendente la serie completa dei migliori capolavori dell'arte Romana durante l' impero dovrà incontrare il gradimento non solo dei numi- smatici e degli studiosi, ma benanco degli amatori di cose artistiche in genere e dei semplici bibliofili. L'Opera costituita o da un fortissimo volume in-4.° grande (circa 400 pagine di testo e 162 tavole) oppure divisa in tre volumi, secondo si giudicherà più opportuno, quando la stampa ne sarà finita, uscirà completa nel secondo Semestre del 1911, durante le feste cinquanten- narie di Roma, a cui è dedicata : Romae Aeternae. Chi rimanderà firmato il Bollettino di sottoscrizione prima del 31 Luglio 1911 p. V. riceverà l'opera a L. 175, prezzo che sarà portato il giorno della Pubblicazione dell'opera a L. 200. Milano, Mar\o igri. Ulrico Hoepli. Dirigere Commissioni e Vaglia all'Editore ULRICO HOEPLI — MILANO. Un tesoretto di monete medioevali. — Un contadino, certo Amedeo di Paolo, mentre lavorava in una sua vigna, nei pressi di Vasto, scopriva una piccola anfora di terra cotta contenente n. 1072 monete antiche d'oro e d'argento, di cui ecco la descrizione sommaria, come potemmo desumerla da qualche giornale che ne portava l'annuncio. Il tesoretto si componeva di: 9 zecchini della repubblica Veneta del se- colo XIV; 85 grossi della repubblica di Ancona dal XII al VARIETÀ 141 XV secolo; 23 della repubblica di Riraini dal 1250 al 1355; 4 grossi di Arezzo del 1329; 525 bolognini della repubblica bolognese dal 1191 al 1337; un bolognino del 1347, 60 del 1350, uno del 1362; 35" grossi di Modena dal 1226 al 1293; 3 bolognini di Modena della stessa epoca; 27 bolognini di Reggio Emilia dal 1233 al 1293; 294 mezzi grossi di Roma del 1367 di due varietà; 3 gigliati di Napoli del 1309. Il regio ispettore dei monumenti e scavi del Circondario di Vasto, prof. Anelli, ha potuto accorrere in tempo ed impedire che il tesoretto andasse disperso. Un tesoretto a Sant'Ambrogio di Susa. — Ai piedi della rupe della Sacra di S. Michele, fra i paesi di Sant'Am- brogio e di Chiusa, è slato casualmente scoperto un ripo- stiglio di monete d'oro e di posate d'argento. Alcuni operai, che si erano recati a diporto nella regione detta Ora, in luogo arido e selvaggio, frugando a caso fra le pietre, scoprirono una moneta d'oro. Continuando nelle ricerche, e smuovendo le pietre, finirono per trovare circa 80 monete d'oro e una trentina di posate d'argento. Le monete portano le date 1776, 1786, 1789 e 1790 e l'effigie di Vittorio Amedeo III, re di Sardegna. Le monete sono tutte di ottima conservazione, e molto probabilmente furono colà depositate verso la fine del Secolo XVIll all'epoca dell'invasione francese nel Piemonte. Per uno studio sulle monete romane repubblicane in bronzo. — Il signor Furio Lenzi, direttore della Rassegna Numismatica e del Giornale Numismatico, pubblica sul n. 6 di quest'ultimo il seguente Avviso, che noi riproduciamo, ritenendo fargli cosa grata : " Avendo iniziato uno studio sulla circolazione del bronzo * repubblicano, mi rivolgo alla cortesia dei numismatici, dei collezionisti e dei negozianti per avere delle notizie su ri- " postigli, recenti o antichi, di monete repubblicane di bronzo, " che fossero a loro conoscenza. Benché mi sia servito di " un enorme materiale di libri per ricercare questi dati che sono piuttosto rari, è probabile che qualcosa mi sia sfug- gito, onde sarò vivamente grato a coloro che mi vorranno 142 VARIETÀ " gentilmente comunicare tutto quello che fosse a loro nòto, " anche per averlo letto, indicando in questo caso la fonte. " A volte i giornali di provincia possono pubblicare notizie " in proposito, che le riviste non rilevano. Io desidererei in- " vece raccogliere quanto più materiale fosse possibile, coi " relativi particolari, per vedere di ricostruire con questi " elementi, che per ora sono ben pochi, la storia di quella " circolazione, che può avere una importanza non indifferente " per la storia economica e politica di Roma nel periodo " specialmente della sua prima espansione. " Le comunicazioni mi si possono inviare presso l' uf- " ficio del Giornale Numismatico, Corso d'Italia, 29, Roma. " Furio Lenzi „. Il nuovo Museo d'Arte e di Storia a Ginevra. — Il 15 ottobre 1910, fu inaugurato a Ginevra il Museo d'Arte e di Storia. L'edificio, che costò circa 3 milioni, fu costrutto coi fondi lasciati a tal uopo dal generoso donatore, sig. Carlo Galland. Il nuovo Museo ha il vantaggio di riunire in un solo luogo, appositamente costrutto, tutte le collezioni della città, che prima erano sparse e male collocate. Fra tutte le collezioni antiche, medioevali e moderne, va annoverato il ricchissimo gabinetto numismatico, il quale occupa una vasta galleria lunga 24 metri e larga 6. Per questo specialmente furono adottate le. più rigorose precauzioni per premunirsi dai furti. Le nuove monete italiane per la Somalia sono uscite testé dalla zecca di Roma e già partite per la loro destina- zione, tanto che i raccoglitori trovano difficoltà nel potersele procurare. Sono tre monete in argento, del valore di una rupia, di mezza rupia e di un quarto di rupia. Portano nel diritto il ritratto di S. M. il Re d'Italia a testa nuda volto a diritta e la leggenda: Vittorio Emanuele III Re d'Italia. ì^é\ rovescio, in alto: Somalia Italiana; nel campo, fra due fasci di rose e sormontata dalla corona reale, l'indicazione del va- lore, e sotto la rispettiva traduzione in amarico ; all'esergo R I 1910 VARIETÀ 143 Una nuova Società Numismatica fu fondata, a quanto riferiscono i Ber liner Munzbiatter, il 18 gennaio 191 1 ad Halle. Le cariche furono così costituite: cav. v. de Horst, Presidente ; sig. Th. Heyermann, VicePresidente; dott. R. Gaettens, Primo Segretario; A. Reichmann, Secondo Segre- tario. — Alla cerimonia dell'inaugurazione della Società il dott. R. Gaettens tenne una conferenza sulla essenza e sugli scopi della numismatica. Guide monetarie del Tirolo del secolo XVI. — Nella Zeitschrift des Ferdinandeums d'Innsbruck (voi. 54, 1910) è notevole una memoria del canonico prof. H. Ammann, con nuove notizie intorno al noto tipografo Donatus Faetius di Bressanone. Tra le nuove gride a stampa ch'egli riporta, come fin qui inedite, ed uscite dalla sua officina, sono note- voli quelle in materia di monete emanate ai 15 marzo 1564 dal cardinale Cristoforo Madruzzo, dell'S novembre 1576 dall'arciduca Ferdinando li, del 3 marzo 1585 e del 4 otto- bre 1590 dal vescovo Gio. Tommaso di Spaur e del 3 set- tembre 1591 dal cardinal d'Austria e vescovo di Bressanone, Enrico. Per Sperandio da Mantova. — Del celebre medaglista Sperandio da Mantova ultimo forse a trattarne fu il de Fo- ville nel Mtisée di Parigi, rivista del nostro consocio Sambon, che a malincuore abbiamo veduto sospendere le sue pubbli- cazioni colla fine del 1909. Nell'Archivio di Stato Milanese (Classe: Statistica, e. XV, sezione storica) è conservata una " Lista denari avuti da di- versi da Antonio d'Anguissola ducal Camarero „ (e più tardi tesoriere ducale) dai 20 X. 1460 ai 24 IV. 1466. Assieme a " mJ° Ardizino calzolaro „, al " Signore Buffono „, agli in- gegneri " Maffeo da Como, Giovanni da Sant'Ambrogio, Ambrogio da Cesano e Bertola da Novate », a * m."» Am- broso Lanza ducal seriore „, 3. " m.™ Gio. Pietro Barbero „, all'umanista ben noto " Francesco Filelfo „, figura anche Sperandio da Mantova per la somma ricevuta di L. 31 e 144 VARIETÀ soldi 6. Il Filelfo, sempre a corto di denari, e vero precur- sore dell'Aretino, ne aveva incassate L. 1345 e soldi 13!... Due altri addetti alla corte ducale vogliamo aggiungere qui, di quella lista ; e sono : " m/° Petro da Fiorenza quale attende alo zardino dela fontana del nostro 111.""* Signore „ e " m/° Raphael da Fiorenza scriptore „. A qual lavoro di Sperandio si riferisce la cifra pagatagli dal duca di Milano?... Falsificazioni di monete imperiali romane. Molto si sono imitate nel periodo del rinascimento le monete e le medaglie imperiali romane. La scuola di Padova, coi maestri Valerio Belli, Giovanni Cavino e Alessandro Bassiano, ha imitato con una raffmatezza d'arte estrema, particolarmente i grandi bronzi romani. L'opera del Cohen ne contiene tre di tali imitazioni. Il Gabinetto numismatico di Monaco, se- condo ne scrive Mac Bernhart {Der Cicerone, 15 giugno 1910) ne possiede altre, tra le quali emerge un'imitazione dell'aureo di Nerone. Finito di stampare il 5 aprile 191 1. RoMANENGHi Angelo Francesco G^r^«/^ responsabile. FASCICOLO II. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA e. MEDAGLIONE CERCHIATO DI TRAJANO DECIO ED ETRUSCILLA. La famiglia di Trajano Decio è una delle più ricche in monete a varie teste, quantunque i diversi tipi tutti, meno uno, non siano conosciuti che per un unico esemplare. Il Museo dell'Eremitaggio a Pietroburgo pos- siede un medaglione di bronzo tuttora inedito colle teste di Trajano Decio, Erennio e Ostihano ; il Museo Correr di Venezia un gran bronzo colle medesime 148 FRANCESCO GNECCHI teste ; il IVLuseo Imperiale di Vienna un esemplare con Trajano Decio, Etruscilla, Erennio ed Ostiliano. Ed in argento si trova, nella collezione dello scri- vente, un piccolo medaglione o doppio denaro che riproduce il primo tipo a tre teste, e nel Museo di Berlino e di Parigi uno simile riproducente il se- condo tipo a quattro teste. Eppure in mezzo a tanta abbondanza di com- binazioni mancava finora quella più semplice e più comune delle due teste dell'Imperatore e dell'Au- gusta (i). È appunto questa che oggi ho l'onore di presentare in un bellissimo medaglione cerchiato, l'unico finora conosciuto dì questo imperatore e l'ul- timo di questo genere in ordine cronologico, perchè la serie dei cerchiati conosciuti era chiusa da Ales- sandro Severo. Il bel medaglione venne trovato a Roma alla fine del 1910. (i) È vero che Cohen pubblica un medaglione colle due teste di Trajano Decio ed Etruscilla e col rovescio DACIA, come appartenente al Museo di Vienna; ma non vi esiste. CI. UN MEDAGLIONE DI BRONZO CON CERCHIO E APPICCAGNOLO. I sostenitori della teoria che i medaglioni di bronzo fossero destinati ad essere appesi alle insegne militari, hanno finora cercato invano qualche esem- plare che fosse munito di un appiccagnolo qualsiasi, per appoggiare con tale argomento la loro teoria. La ricerca, vana finora, viene finalmente coro- 150 FRANCESCO GNECCHI nata di successo ; l'esemplare desiderato si ritrova ; ma il caso vuole che esso sia presentato da chi non accetta in nessun modo la detta teoria.... neppure dopo l'odierno ritrovamento. Si tratta di un medaglione di Commodo col ro- vescio di Minerva (Cohen 374/367) pervenuto ulti- mamente alla mia collezione, il quale non merite- rebbe certo d'essere pubblicato pel tipo ben noto, uno anzi dei più comuni, o almeno dei meno rari dell'imperatore più fecondo di medaglioni. Ma il pezzo è reso molto interessante dal grosso cerchio che lo circonda e più ancora dall'anello o appiccagnolo unito al cerchio stesso e al quale è an- cora attaccata una piccola catenella, pure di bronzo, composta di quattro maglie. Le prime tre sono a forma di otto, mentre l'ultima più grande e più larga, per metà ricoperta da altro filo di rame attorcigliato, si presenta sotto l'aspetto di fibula ed era certamente destinata ad appendere il medaghone. Dove? e a quale scopo? Chi lo sa? Non certo, secondo il mio modo di vedere, ad appenderla a un'insegna e l'esemplare presentato non vale a di- struggere le ragioni che qui non ripeterò; ma che, secondo il mio modo di vedere, condannano irremis- sibilmente tale teoria. Ad ogni modo mi parve bene far conoscere questo pezzo eccezionale. Esso non è di scavo recente ; ma proviene da una antica collezione francese, ove giaceva ignorato e mi arrivò troppo tardi per essere inserito nelle illustrazioni del « Corpus » dei Medaglioni. cu. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM - P- Coli. JOACHIM SCHEYER a Milano. (Vedi Appunti N. VII, XI, XVI, XVIII, XXI, XXX, XXXVIII, XLV, LIV, LVII, LVIII, LXXXIII e XCVIII). Il signor Joachim Scheyer di Kreuznach, già da parecchi anni divenuto nostro concittadino, mi permette di far conoscere, per mezzo della nostra Rivista, le monete inedite o varianti della sua bella collezione e ne assumo ben volontieri l'incarico. La collezione, iniziata da pochi anni, non è molto vasta; ma è assai pregevole per le belle conservazioni e per alcuni pezzi rari. Ora con questa prima pubbli- cazione essa entra a far parte delle collezioni cono- sciute nel mondo numismatico. AGRIPPINA FIGLIA E NERONE. 1. Medaglione d'argento di conio asiatico (didramma), var. Cohen, n. i. ^ — AGRIPPINA • AVGVSTA • MATER • AVGVSTI Busto ve- lato a destra. 9 — NERO CLAVD • DIVI • CLAVD • F CAESAR • AVG • GERMAN Busto giovane laureato a destra. (Tav. Ili, n. i). 2. Medaglioncino d'argento di conio asiatico (dramma) var. Cohen, n. i bis. ^ — AGRIPPINA • AVGVS Busto a sinistra. ^ — NERO • CLAVD • DIVI • CLAVD • F CAESAR AVG • GERMAN Busto giovanile laureato a destra. (Tav. Ili, n. 2). 152 FRANCESCO GNECCHI NERONE. 3. Gran bronzo, var. Coh., n. 236. ^ — IMP • NERO • CLAVDIVS • CAESAR • AVG • GER • P • M • TR • P • P • P Testa laurata a destra, III — ROMA • S • C • Roma seduta a sinistra sopra una corazza contro la quale sta appoggiato uno scudo colla testa di Medusa ed altre armi. Tiene una Vittoria ed un'asta. GALEA. 4. Gran bronzo, var. Coh., n. 207. ^^ — IMP • SER • OALBA • AVO • TR • P Busto a sinistra coronato di quercia. 9^ — S • C • Victoria a destra con corona e palma. 5. Medio bronzo, var. Coh., n. 168. B' — SER • G-ALBA • IMP • CAES • AVG Testa laureata a d. I^ — PAX • AVGVST -se La Pace a sinistra con ramo d'ulivo e cornucopia. VESPASIANO. 6. Gran bronzo, var. Coh., n. 340. ^^ — IMP • CAES • VESPAS . AVG P-MTRPPP- COS • III Testa laureata a destra. ^ — PAX • AVGVSTI • S • C • La Pace in piedi a sinistra con ramo d'ulivo e cornucopia. 7. Medio bronzo, dopo Coh., n. 458. ^ - IMP • CAES • VESPASIAN • AVG PMTRPPP- COS • Il • D • III Busto laureato, corazzato a destra, visto dalle spalle. ^ — SECVRITAS • P • ROMANI • S • C La Sicurezza seduta a sinistra, davanti ad un altare, contro il quale è appoggiata una torcia. (Tav. Ili, n. 4). Il tipo della Sicurezza del Popolo Romano, introdotto sulle monete da Galba e da Ottone, lo vediamo figurare qui per la prima volta sulle monete di Vespasiano. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM I53 TITO. 8. Gran bronzo, dopo Coh., n. 163. B' — J ■ CAES • DIVI • VESP • T • AVG PMTR-PPP COS-VIII in giro e nel campo S C ^ — DIVVS • AVGVSTVS • VESP Vespasiano divinizzato colla corona radiata, in toga, assiso a sinistra. Nella destra tiene un ramo e si appoggia colla sinistra allo scettro. Posa i piedi su di uno sgabello. (Tav. Ili, n. 7). Il tipo di questo bronzo, fatto ad imitazione di quello di Caligola coniato in onore d'Augusto è affatto nuovo nella famìglia dei Flavii. 9. Medio bronzo, var. Coh., n. 197. B" — 1 - CAES • IMP • PON • IR • P COS • III • GENS Testa laureata a sinistra. ^ — PAX • AVGVST se- La Pace a destra, appog- giata ad una colonna, colla patera e il ramo di ulivo (a. 72 o 73). DOMIZIANO. 10. Medaglione d'argento, di conio asiatico (tetradramma), prima di Coh., n. i. B — m? ■ CAES • DOMITIANVS Testa laureata a destra. ^ — AVG • GERM • Fascio di sei spighe. (Tav. HI, n. 5). Il fascio di spighe, conosciuto su cistofori di parecchi imperatori da Augusto a Nerva, era finora sconosciuto su quelli di Domiziano. 11. Aureo, var. Coh., n. 258 e var. suppl., n. 48. -B' — IMP • CAES • DOMITIANVS • AVG • P • M • Testa lau- reata (non barbata) a destra. ^ — JR- POT • IMP • Il • COS Vili • DES • Villi • P • P • Busto di Pallade coU'elmo a sinistra, ma senza scettro. (Tav. Ili, n. 3). NB. Cohen, n. 258, dà la stessa leggenda del rovescio, ma indica : Busto di Pallade con scettro. Cohen, suppl. n. 48, indica il busto di Pal- lade senza scettro ma dà la leggenda del rovescio senza P • P " Am- bedue poi segnano la testa di Domiziano barbuta. 154 FRANCESCO GNECCHI NERVA. 12. Medio bronzo, var. Coh., n. 90. .& — IMP • NERVA • CAES • AVG • P • M • TR • P • COS • Il • DE- SIG-N • Ili • P • P Testa radiata a destra. ^ — FORTVNA • AVGVSTI • S • C • Fortuna in piedi a si- nistra con timone e cornucopia. TRAJANO. 13. Medaglione d'argento di conio asiatico (tetradramma), var. Coh., n. 6. ^' — IMP • CAES • NERVA • TRAIAN • AVG • GERMI • P • M • Testa laureata a destra. I^ — TR • POT • COS • Il (all'esergo) COM • ASI • Tempio a due colonne ; di dentro Trajano coronato da donna che tiene cornucopia. Sulla cornice del tempio : ROMA • ET • AVG. 14. Denaro d'argento, var. Coh., n. 88. ^ — IMP • TRAIANO • AVG • GER • DAC • P • M • TR • P • Busto laureato a destra. i^ — DIVVS • PATER • TRAIAN • Trajano padre seduto a sinistra su sella curulis, tenente patera e scettro. ADRIANO. 15. Medaglione d'argento di conio asiatico (tetradramma), dopo Coh., n. 30. ^ — HADRIANVS • AVGVSTVS • Testa nuda a destra. I^ — COS • MI Roma seduta a sinistra sopra corazza, te- nente Vittoria e scettro; dietro uno scudo. 16. Medaglione d'argento come sopra, dopo Coh., n. 34. ^f — HADRIANVS • AVGVSTVS • P • P • Busto laureato a sinistra. ^ — COS • III Tempio a 6 colonne. (Tav. Ili, n. 6). CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM I55 17. Denaro d'argento, var. Coh., n. 314. B' — HADRIANVS • AVO • COS • III • P • P • Testa laureata a destra. 9 — LIBERALITAS • AVO- • P • P (all'esergo) COS • MI La Li- beralità a destra, rovesciando il suo cornucopia. 18. Denaro d'argento, var. Coh., n. 452. ^ — HADRIANVS • AVG • COS • III • P • P Testa laureata a d. 9 — RESTITVTORI • GALLIAE • Adriano in piedi a sinistra rileva la Gallia inginocchiata; fra essi un coniglio. 19. Denaro d'argento, var. Coh., n. 520. ^ — HADRIANVS • AVG • COS • III • P • P • Busto nudo a de- stra col paludamento. ^ — VOTA • PVBLICA • Adriano sacrificante a sinistra presso altare. 20. Medio bronzo, dopo Coh., n. 938. iy — HADRIANVS • AVG • COS • III • P • P • Testa laureata a d. ^ — lOVI • CVSTODI se Giove seduto a sinistra con fulmine e scettro. Col tipo di Giove Custode finora non si conosceva che il Gran Bronzo. SABINA. 21. Denaro d'argento, var. Coh., n. 18. ^ — SABINA • AVGVSTA • Busto a destra con capigliatura rilevata. ^ — IVNONI • REGINAE Giunone in piedi a sinistra con la patera e lo scettro. ANTONINO PIO. 22. Denaro d'argento, var. Coh., n. 16. cepxuvd(popov) ; . ainsi surnommée, sans doute à cause du foudre peint sur ses bouciiers. Bronze d'Antioche (Syrie) à l'effigie de Néron ; bronze de Cesaree (Cappadoce), à celle de Trajan. La légion douzième Fulminata était de l'armée de Cappadoce ; elle perdit son aigle dans la campagne de l'an 66 contre les Juifs. L • XV legionis quindecimae ; sur un bronze d'Aradùs (Phénicie) à l'effigie de Trajan. La légion quinzième était surnommée Apollinaris (tò 'AttoXXwvsiov) et tenait garnison à Salala (Cappadoce) ; elle fut employée en Judée sous Vespasien. L'absence de la lettre A, à la suite du numero XV sur l'estampille postérieure à Trajan, prouve qu'elle n'avait pas encore regu de surnom à cette epoque ; la première mention en est faite sur une in- scription de Marc Aurèle et Vérus ; elle le re9ut donc dans r intervalle. J'ai dit plus haut qu'on n'apergoit pas a priori de raison d'attribuer la fabrication des médaillons de bronze (sans S • C) plutòt au Sénat qu'à l'empereur, ou inversement. Sans prétendre établir une ligne de démarcation absolue entre les bronzes sénatoriaux et les bronzes impériaux, je rangerais volontiers dans cette dernière catégorie tous ceux qui sont ornés d'une legende de revers ou d'un type essen- tiellement militaire, comme ceux de Caligula et de Néron avec ADLOCVT COH, de Trajan avec ADVENTVS AVG, représentant l'empereur arme, à cheval, suivi de soldats, de Commode avec FIDES EXERCIT , et aussi ceux qui ont la legende MONETA AVG-VSTI fre- quente depuis Hadrien. 'Quant à ceux d'un carac- tère franchement civil, religieux ou mythologique, i CONTRIBUTIONS À LA THEORIE DES MEDAILLONS I7I je les attribue sans hésiter au Sénat pour les raisons qu'Eckhel a si judicieusement exposées; telle est la pièce que Cohen. I, Doni. 93, qualifie de petit mé- daillon ou M. B. au revers représentant Domitien dans un quadrige au pas à gauche avec la legende COS XVI ; telle encore la pièce d'Hadrien, représen- tant Silvain nu, trainant un bélier et tenant un pedum, la houlette du berger (Cohen, II, Had. 477). Farmi les médaillons sertis dans de larges cer- cles à moulures concentriques, il en est deux de Trajan que je signale, parceque leur contraste rend sensible la difficulté qu'il y a à tracer avec précision une ligne de démarcation. qui après tout est peut- ètre illusoire. 9 — ADVENTVS AVG- SPQR OPTIMO PRINCIPI (sans S-C); Trajan à cheval à droite arme d'une lance, pré- cède de la Félicité qui tient une come d'abon- dance et un caducée et suivi de trois soldats. Cohen, II, Traj. 2, vignette. Médaillon. 91 — FIDES EXERCIT. Trajan debout à droite; devant lui un porte-aigle, un porte-enseigne et deux autres soldats; au milieu, un autel allume, en exergue SC- Cohen, II, Traj. 147, vignette. Grand bronze. D'autres grands bronzes avec SC sertis dans une monture du méme genre, se rencontrent d'ailleurs à d'autres époques, témoin celui du Cesar Aelius : ^ — TRIB POT COS II, Cérés voilée assise à droite sur la ciste mystique; devant elle, Aelius debout; en exergue S C- Cohen, II, Ael. 70. Grand bronze. On trouve méme des médaillons grecs sertis de la mème manière dans un largc cercle à moulures 172 ROBERT MOWAT concentriques, tcmoin le médaillon d' Antinoiis, frappé à Tarse (Cilicie): ^' — ANTIIMOOC (à droite) HPnC (à gauche ; buste nu d'Antinous à droite, surmonté du lotus et d'une étoile. 1^ — KYANOC, le dieu fleuve Kydnos couché à gauche, tenant dans la main droite levée un rameau, dans la gauche un roseau, le coude appuyé sur une urne renversée. (Tav. IV, n. 4). Diamètre du médaillon, 36 mill. Diam, de l'encadrement, 76 mill. Cabinet de France, médaillons grecs. Mionnet, Descr. de méd. Ili, p. 625, n. 428, note (a) : " ce médaillon de niodule 11 est monte dans un doublé cercle de bronze de i8 lignes et demi de diamètre „. Les Grecs n'étaient pas, comme les Romains, dans l'usage d'encadrer leurs médaillons dans de lar- ges cercles plus ou moins ornés. Il faut en conclure que le médaillon d'Antinous a été encerclé par les soins d'un Romain, habitant Tarse ou quelqu'autre ville de Cilicie. Suivant Spartien (0, Hadrien avait prescrit aux cités, qui tenaient de l'autorité imperiale le privilège de monnayer le bronze. d'hérofser Anti- noiis mort à son service. Des fonctionnaires romains résidant en Orient auront sans doute, par zèle ou par flatterie, fait monter en tmagmes clupeatae quel- ques médaillons frappés en l'honneur du nouveau demi-dieu favori d'Hadrien et plus particulièrement à Tarse qui s'intitulait 'A^ptarn p/r,TpÓ7co"Xi;. La main-d'oeuvre de la monture du médaillon d'Antinous est, du reste, sensiblement inférieure à celle des médaillons romains et décèle un artisan peu habile à ce genre de travail. (i) Spartien, Hadr. vita, XllI : et Graeci quidem, volente Hadriano, eum consecraverunt, oracula per eum dati asserenies. CONTRIBUTIONS À LA THÉORIE DES MÉDAILLONS I73 C'est ici le lieu de parler des grands moyens et petits bronzes marqués S • C et frappés, sur des flaons d'épaisseur et de diamètre supérieurs à ceux de leur module normal, avec les coins du numéraire courant. Ils ont été parfois assimilés à de véritables médaillons à cause de leurs dimensions exception- nelles ; ils méritent plutòt le nom de pseudo-médail- lons. M. Fr. Gnecchi en a dressé une première liste sous le titre de médaillons sénatoriaux (^), et M. Adr. Blanchet une autre sous celui d'essais monétaires comprenant les pièces fortes de l'argent et du petit bronze^2) Voici celle que j'ai dressée pour mon propre usage. On y remarquera que les trois premières pièces sont du triumvir monétaire Q. Aelius Lamia; je n'ai trouvé de quadrans excédant d'aucun autre de ses collègues ; le fait est curieux et il mérite d'ètre relevé. 1. B' — ANNIVS- LAMIA SILIVS, come d'abondance entre les lettres S C. I^ — III • VIR • A • A • A F • F enclume. P. B. (Tav. IV, n. 3). Diamètre, 23 mill. Epaisseur, 3 mill. 2. Poids, 8 grammes 70. Cabinet de France, petit médaillier d'Ailly, 17067. Pour le type normal, voir Babelox, Monn. rép. I, Ael. io. Cohen, I, Aug. 340. 2. B' — ANNIVS • LAMIA • SILIVS, deux mains jointes devant un caducée. ^ — III • VIR • A A A • F F autour des lettres S C. P. B. Diamètre, 24 mill. Epaisseur maxima, 2 mill. 2. Poids, 8 gr. 14. Cabinet imperiai de Vienne, 4858. Moulage et renseignements dùs à l'obligeance de M. W. Kubitschek, (i) Fr. Gnecchi, // medaglione senatorio, dans la Rivista italiana di Numismatica, V, 1892, p. 291, et p. 433. (2) Adr. Blanchet, Essa.-s monétaires romains, dans la Revue nu- mismatique, 3* sér. XIV, 1896, p. 235. 174 ROBERT MOWAT Max Bahrfeldt, Nachtr. u. Bericht. d. Miinzk. d. ròm, Rep., 1897, p. IO, pi. I, 7. Pour le type, Babelon, Monii. rép. I, Ael. 8. Cohen, II, Ang. 338. Le poids d'une pièce normale de ma collection est 2 gr. 4. 3. B' — AVGVSTVS ! TRIBVNIC | POTEST. en trois lignes dans une couronne de laiirier. R) — Q • AELIVS LAMIA III • VIR • A • A • A • F • F autour de se M. B. Diatnètre du grénetis, 22 mill. Diamètre total, 30 mili. Cabinet de France. Babelon, I, Ael. 7, vignette à marge excédante. Cohen, I, Aug. 342, vignette à marge excédante. 4. ^' — OB I CIVIS 1 SERVATOS en trois lignes dans une couronne de chéne entre deux branches de laurier. I^ — C • GALLIVS C • F • LVPERCVS Ili • VIR A • A • A F • F autour de S C. G. B. Diametro total, 42 mill. Cabinet de France, grands bronzes. Cohen, I, Aug. 434 : " grand bronze frappé sur un flan du mo- dule 12 V2 „. 5. B' - CAESAR AVG-VSTVS TRIBVNIC POTEST, téte nue d'Auguste à droite. I^ — C • PLOTIVS RVFVS III VIR A • A • A • F • F autour de S C. G. B. Cabinet de France, grands bronzes. Cohen, I, Aug. 503, vignette à marge excédante; diam. total, 35 mill. 6. B' — CAESAR AVGVST PONT MAX TRIBVNIC POT, téte lauree d'Auguste, à droite ; derrière, une petite Victoire, tenant une come d'abondance, noue les lemnisques de sa couronne. 9 — MSALVIVS OTHO III VIR AAAFF autour de S C. G. B. Diamètre du grénetis, 27 mill. Diam. total, 38 mill. (Tav. IV, n. 7). Cabinet de France, médaillons 39. Cohen, I, Aug. 519. P'roehner, Médaillons de f empire romain, p. 2, vignette à marge excédante. C'est vraisemblablement l'exemplaire de la collection Borghesi, Oeuv. compi. Vili, p. 219, pesant 39 grammes, tandis que la pièce normale ne pése que 13 gr. 597, suivant Riccio, Le mone/e, tav. XL, 3; passe dans la collection lloffniann, pnis dnns la collection de Belfort, Calai. 1888, n. 429, pi. II. CONTRffiUTtONS À LA THÉORIE DES MÉDAILLONS 175 7. B' — DIVVS AVGVSTVS PATER téte radiée d'Auguste à gauche. 51 — se accostant un aigle éployé sur un globe. M. B. (Tav. IV, n. 6). Diamètre du grénetis 27 mill. Diamètre total, 38 mill. Poids, 59 gr. Cabinet de France, niédaillons 36, ancienne collection Gréau. Cohen, I, Aug. 247, note i : " nioyen bronze frappé sur un flan de médaillon „. 8. ^ — DIVVS AVG-VSTVS PATER, téte radiée d'Auguste à gauche. p — se dans une couronne de laurier. M. B. Diamètre du grénetis, 27 mill. Diamètre total, 30 mill. Epaisseur, 6 mill. Poids, 44 grammes. Cabinet de France, grands bronzes, 877. Cohen, I, Aug. 252: " il en existe un exemplaire au Cabinet des niédailles frappé sur un flan de grand bronze très épais ,. 9. ^ — 11^ AVGVST TR POT. téte nue d'Auguste, à droite. I^ — OB 1 CIVIS I SERVATOS sur un bouclier orné d'une couronne de chéne entre trois cercles concentri- ques, sans S C G. B. Cohen, I, Aug. 212, vignette avec marge excédante (38 mill.); fa- brique coloniale (Gaule?^, Revue numismalique, 1857. 10. ^' — CAESAR AVGVSTVS DIVI F • PATER PATRIAE le pied des lettres sur le bord, lecture externe; téte lauree d'Auguste, à droite. ^ — ROM ET AVG- dans le bas ; autel entre deux co- lonnes surmontées de Victoires stéphanéphores ; sans S C. Frappe coloniale de Lugdunum (Gaule). G. B. Diamètre du grénetis, 32 mill. Diamètre total, 38 mill. An. de Barthélemy, MédailUs au revers de faulel d'Auguste, dans le livre d'AuG. Bernard, Le tempie d'Auguste et la ttaiionatité gauloise, 1863, p. 138-139, pi. VI, 2 (i). (i) Artide cmis dans la Notice nécrologique d'An. de Barthélemy par F. Mazerolle {Bull. d. l. Soc. d'Ani, de France, 1909, p. 69-100) et dans la notice sur l'oeuvre numismatique de Barthélemy par Maurice Prou (Rev. nui/i., 1904, p. 438-459). 176 ROBERT MOWAT 11. /©" — IVSTITIA, buste diadémé de Livie, à droite. I^ - TI CAESAR DIVI AVG- F P M TR POT XXVIII autour de S C. M. B. (Tav. IV, n. 9). Diamètre du grénetis, 27 mill. Diamètre total, 36 mill. Poids, 25 gr. Cabinet de France, grands bronzes, 908. Cohen, I, Liv. 4, vignette avec marge excédante, note i: " frappée sur flan de grand bronze „. 12. ^^ — M • AGRIPPA L • F • COS • IH, téte rostrée d'Agrippa à gauche. ^ — S C dans le champ ; Neptune debout à gauche. M. B. Diamètre du grénetis, 27 mill. Diam. total, 34 mill. Poids, 27 gr. 50. Cabinet de France, moyens bronzes. Cohen, I, Agr. 3 : " cette niédaille frappée sur un flan de médaillon a paru à la vente Fontana en 1860 „ Riv. Hai. d. Num., 191 1, tav. I. 13. ^' - TI CAESAR DIVI AVG- • F • AVGVST • IMP Vili, téte lauree de Tibère à gauche. 9* — CLEMENTlAE au dessus d'un bouclier orné d'un buste viril, de face, au centre; dans le champ, se. M. B. (Tav. IV, n. i). Diamètre du grénetis, 27 mill. Diamètre total, 35 mill. Cabinet de France, grands bronzes, 918. Cohen, I, Tib. 4. 14. ^' — VI CAESAR DIVI AVG F • AVGVST IMP Vili, téte lauree de Tibère à gauche. I^ — MODERATIONIS {sic) au dessus d'un bouclier orné d'un buste viril, de face, au centre ; dans le champ se. M. B. (Tav. IV, n. 2). Diamètre du grénetis, 27 mill. Diamètre total, 35 mill. Cabinet de France, grands bronzes, 936 A. Cohen, I, Tib. 6. 15. ;& ~ j\ CAESAR DIVI AVG F • AVGVST IMP Vili, lète lauree de Tibère à gauche. CONTRIBUTIONS À LA THÉORIE DES MÉDAILLONS ^^^ \^ — PONTIF MAXIM TRIBVN POTEST XXXVII, caducée ailé entre les lettres S C- M. B. (Tav. IV, n. lo). Diamètre du grénetis, 24 mill. Diamètre total, 35 mill. Cabinet de France, grands bronzes, 920. Cohen, I, Tib. 22, note i : " cette médaille exìste au Cabinet de France frappée sur un flan de grand bronze „. 16. ^ — TI CAESAR DIVI AVG F AVG-VST IMP Vili, téle lauree de Tibère à gauche. 9 - PONTIF MAXIM TRIBVN POTEST XXXIIX, caducée ailé entre les lettres S C. M. B. (Tav. IV, n. n). Diamètre du grénetis, 27 mill. Diamètre total, 35 mill. Cabinet de France, grands bronzes, 919. Cohen, I, Tib. 23. 17. ;& — AGRIPPINA M F MATCCAESARIS AVGVSTI buste d'Agrippine mère à droite. ^ — S P Q R MEMORIAE AGRIPPINAE. carpentum à gauche. G. B. (Tav. IV, n. 8). Diamètre du grénetis, 32 mill. Diamètre total, 40 mill. Cabinet de France, médaiilons, 40. Cohen, I, Agr. m. 1, note 2 : ■ le Cabinet de France et le Musée Britannique jxjssèdent le grand bronze frappé sur un flan de mé- daillon „ (i). 18. Autre exemplaire. G. B. Diamètre du grénetis, 32 mill. Diamètre total, 38 mill. Cabinet de France, médaiilons, 40 A. 19. ^' — CCAESAR DIVI AVG PRON AVG PM TR P III PP, téte lauree de Caligula à gauche. I^ — SPQRPPOB CIVES SERVATOS dans une cou- ronne de chéne. G. B. Diamètre du grénetis, 35 mill. Diamètre total, 40 mill. Cabinet de France, médaiilons, 41. Cohen, I, Cai. 25, note i : " n'est qu'un grand bronze frappé sur un flan de module 12 „. — Voir la note i ci-dessous (i). (i) Cohen cite encore, p. 231, note i, un médaillon compose de deux grands bronzes, l'un d'Agrippine pour la téte et l'autre de Cali- gula pour le revers S P Q R P P GB CIVES SERVATOS, frappés dans l'antiquité sur un flan de médaillon du Cabinet de France. J3 178 ROBERT MOWAT 20. ^ — NERO CLAVD CAESAR AVO G-ER P M TR P IMP P P, téte lauree de Néron à gauche. I^ — ROMA S C, la déesse Rome assise à gauche sur une cuirasse. G. B. Cabinet de France. Cohen, I, Ner. 273, note i : " le Cabinet des médailles possedè un exemplaire di cette médaille frappée sur un flan du modale 13 „. 21. B" — NERO CLAVD CAESAR AVG GERM P M TR P IMP P P, tète lauree de Néron à droite. ^ — SECVRITAS AVeVSTI, dans le champ S C, la Sécu- rité assise à droite ; à l'exergue II, marque du dupondius. M. B. (Tav. IV, n. 5). Diamètre du grénetis, 25 niill. Diamètre total, 40 mill. Poids, 52 gr. Cabinet de France, médaillons, 43. Cohen, I, Ner. 326. Revue numismatique, 1896, p. 236, p. 238. 22. ^ - IMP CAESAR VESPASIAN AVO P M TR POT PP COS III, tète lauree de Vespasien, à droite. I^ — SIONIS RECEPTIS SO, Victoire deboutà droite. G.B. Diamètre total, 36 mill. Le type da droit est moyen bronze, celui du revers, grand bronze. Cabinet de France, grands bronzes, 1303. Cohen, I, Vesp. 511. 23. 3^ — IMP T VESP AVG COS VIII, modius. ^ — SCdans une couronne de laurier. P. B. Diamètre, 20 mill. Epaisseur, 4 mill. 5. Le diamètre de la pièce normale est 15 millimètres, l'épaisseur 2 mill. 5. Cabinet de France, petits bronzes, 10763, Cohen, I, TU. 252. 24. ^' - IMP CAES DOMIT AVG GERM COS XVI CENS PERP P P, téte lauree de Domitien, à droite. pf — lOVI VICTORI se, Jupiter nicéphore assis à gauche. G. B. Cohen, I, Dom. 315, note i : " j'ai vu, chez M. Hamburger, cette médaille frappée sur un flan de médaillon „. 25. & — IMP CAES DIVI VESP • F • DOMITIAN AVG GER COS X, buste laure de Domitien avec l'ègide à droite. I CONTRIBUTIONS À LA THEORIE DES MEDAILLONS l^g P — MONETA AVG-VST S C la Monnaie debout à gauche. M. B. Epaisseur, 4 mill. Poids, 12 grammes. Cabinet de Franca, moyens bronzes, 5360. Cohen, I, Dot». 323. C'est la première mention de l'hotel monétaire de l'empereur; elle en commémore peut-ètre l'ouverture dans un nouveau locai à cause de l'incendie du Capitole. 26. B' — IMP CAES DOMIT AVO GERM COS XVI GENS PERI • P • P. téle lauree de Domitien à droite. 9' — MONETA AVG-VSTI se la Monnaie debout à gauche. M. B. Diamètre, 31 mill. Epaisseur, 5 mill. 5. Poids, 28 gr. 8. Cabinet de France, moyens bronzes, 5369. Cohen, I, Dom. 333. note i : " Mionnet a regardé à tort comme grand bronze un exemplaire de cette médaille conserve au Cabinet de France, frappé sur un flan un peu plus grand et surtout très épais ,. 27. B' — IMP CAES DOMIT AVG GERM COS XII CENS PER • P • P, buste laure de Domitien avec l'ègide à droite. p —se, Domitien debout à gauche, arme du pilum ; devant lui un Germain agenouillé déposant ses armes. G. B. Cohen, I, Dom. 490, note i : " le Cabinet des roédailles possedè un exemplaire de cette pièce frappé sur un flan du module 13'/» • U^ mill.). 28. B' — IMP CAES DOMIT AVG GERM COS XVI CENS PER P • P. tète lauree de Domitien à droite. ^ — se. Domitien debout à gauche, en habit militaire, couronné par la Victoire. G. B. Cabinet de France, grands bronzes. Cohen, 1, Dom. 514, note i : " le Cabinet de France en possedè un exemplaire frappé sur un flan du module 13 „ (44 mill.). 29. B' — CAESAR AVG F DOMITIANVS COS II, tète lauree de Domitien, à droite. ^ — VICTORIA NAVALIS SC Victoire debout à droite. M. B. Coin de moyen bronze sur flan de grand bronze. Cabinet de France, moyens bronzes, 1506. Cohen, I, Dom. ójj. ì8o ROBERT MOWAT 30. :& — IMP DOMIT AVG GERM, dans le champ S C. P — Sans legende. Rhinocéros à droite. P. B. Flaon très épais, avec bourrelet. Cabinet de France, petits bronzes, 10792. Cohen, I, Dom. 673. 31. B' — IMP CAES NERVAE TRAIANO AVO GERM DAC PM TR P COS V PP, buste laure de Trajan à droite. I^ — S P Q R OPTIMO PRINCIPI S C, Trajan au galop à droite, frappant un ennemi terrassé. G. B. Cabinet de France, grands bronzes. Cohen, li, Traj. 504, note i : "le Cabinet des médailles possedè un exemplaire de ce grand bronze frappé sur un flan du module 12 „. (40 mill.). 32. ^ — IMP CAES NERVAE TRAIANO AVG GER DAC PM TR P COS V PP, buste laure de Trajan à droite. I^ — SPQR OPTIMO PRINCIPI, Trajan en habit mili- taire, debout à gauche, posant le pied droit sur un Dace vu à mi-corps. G. B. Cohen, li. Tra;'. 512, note i : "le Cabinet des médailles possedè un exemplaire de ce grand bronze, frappé sur un flan de module 11 „. (38 mill.). 33. & — HADRIANVS AVGVSTVS COS III P P, tète lauree * d'Hadrien à droite. ^ — • • • COS l!l P P, Silvain ou Faunus, nu, marchant à droite, le manteau enroulé sur le bras gauche qui tient une houlette {pedum) et de la main droite traìnant un bélier devant un autel allume. Médaillon. CoUection RoUin. Cohen, II, Hadr. 478 : " médaille hybride ; la tète est sur un flan de grand bronze „ vignette. 34. B' — HADRIANVS AVGVSTVS P P, buste laure d'Hadrien à droite. P — VIRTVTI AVGVSTI (sans S C), Hadrien galopant à droite et frappant de son javelot un lion. G. B. British Museum. Cohen, II, Hadr. 1471, note i : " cette médaille est frappée sur un flan de médaillon „. CONTRIBUTIONS À LA THÉORIE DES MÉDAILLONS l8l Je ne prolonge pas cette liste de flaons excé- dants au delà du règne d'Hadrien, parce qu'ils dis- paraissent, ou du moins deviennent très rares, à partir de cette epoque et que Cohen ne les signale plus. Par une coincidence, peutètre fortuite, c'est à ce moment que les médaillons encerclés font leur première apparition, sous Trajan. M. Blanchet les regarde comme de simples essais; sans repousser absolument cette manière de voir, je crois que ce sont des épreuves de choix définitivement acceptées, toutes autres étant écartées; elles étaient frappées sur flaons excédants pour n'étre pas confondues avec les espèces -courantes et ont été offertes en prémisses à Tempereur pour étre soumises à son approbation par le Sénat avant la frappe du numéraire; bien qu'au point de vue éco- nomique le monnayage du bronze fùt dévolu au Sénat, c'était à l'empereur qu'appartenait le dernier mot, ne fùt-ce que par déférence, au point de vue technique sur lequel il avait la haute maio. Nous ne possédons pas de notions précises sur la manière dont les monnayers opéraient dans la fabrication des médaillons, surtout de ceux de fortes dimensions. Roumeguère s'est pose la question en ces termes (*>: « comment supposer qu'une force humaine serait suffisante pour soutenir le marteau qui aurait frappé les médaillons d'or, ceux de bronze et les médailles de grand bronze ? Les découvertes de coins et de débris d'instruments grossiers remon- tant au siècle dernier t^) démontrent suffisamment que les Romains employaient le marteau pour fabri- (i) Roumeguère, Description des médailles grecques et latines du Muse'e de la Ville de Toulouse, 1858, p. 39. (2) L'auteur fait peut-étre allusion aux trouvailles d'Autun (Babelon, Traile des monn. gr. et rom., I, col. 914). l82 ROBERT MOWAT quer les médailles de petit module en or, en argent et plus particulièrement les quinaires, mais qu'ils possédaient aussi une machine assez comparable au niouton en usage dans les hòtels des monnaies jus- qu'au règne de Louis XIII pour Trapper les médail- lons et les grandes pièces qu'Elagabale donnait en présent ». L'écrivain toulousain aurait pu confirmer sa conjecture s'il s'était rappelé que les ingénieurs de Jules Cesar connaissaient le mouton et méme la son- nette auxquels ils donnaient les noms de fistucae et de machinafiones et qui leur permirent de construire en dix jours un pont sur pilotis traversant le Rhin dans tonte sa largeur (0.- Suivant Fr. Lenormant « la frappe au marteau qu'employaient les anciens ne permettait pas d'obtenir d'un Seul coup le relief des monnaies, meme les re- liefs les moins accusés, comme on produit celui de nos pièces modernes avec un seul coup du balan- cier ou du bélier hydraulique. Il fallait s'y reprendre à plusieurs fois, et à chaque coup faire recuire le flan (2) w. Je suis curieux de savoir si ce procede a jamais été expérimenté d'une manière réelle et positive, car j'ai des doutes sur l'efficacité de la recuisson réitérée par des ouvriers dépourvus d'appareils de précision pour le repérage exact d'un flaon porte au rouge. Je crois que la chauffe a été employée dans le cas des médaillons dits à deux métaux qu'on ren- contre fréquemment aux règnes de Commode à Probus, mais sans reitération de la cuisson et de la mise au point. A ma connaissance, personne n'est encore entré dans le détail de leur fabrication, quoi qu'on ait souvent defini en quoi ils consistent. (0 Cesar, Bell. Gali., IV, 17. (2) Fr. Lenormant, La inonnaie dans l'antiquiié^ I, p. 254. CONTRIBUTIONS À LA THÉORIE DES MÉDAILLONS 183 Pour Froehner ce sont « des disques de cuivre rouge encastés (sic) dans un cercle de cuivre jaune, de sorte que l'empreinte occupe la totalité de la sur- face et que la legende est imprimée sur la ligne de jonction des deux métaux « ^0. Babelon dit précisément le contraire: u le ca- dre étant en cuivre rouge, le médaillon centrai en laiton » (2\ Je ne me permets pas de décider lequel des deux a tort; ils ont peut-ètre raison l'un et l'autre, suivant les spécimens qu'ils ont eus entre les mains. Quant à mei, sur ceux que j'ai examinés, il m'a été impossible de saisir aucune différence dans la colo- ration des métaux du disque centrai et de la bague ou virole qui l'entoure. Si des observateurs plus perspicaces ont cru en apercevoir, cela tient, au moins dubitativement, au plus ou moins d'alliage suivant les hasards de la fonte. Il serait oiseux de chercher s'il est préférable de renforcer le noyau centrai par une virole d'étain, metal plus tenace que le cuivre, mais plus cassant, ou d'en agrandir le pourtour par une ceinture de cuivre, metal plus malléable et plus extensible que Tétain. Toutefois, une chose est certaine: les anciens avaient dù remarquer que souvent les grands bronzes se déchiraient au pourtour sous la violence du choc et que les pièces de petit module jusqu'au moyen bronze échappaient à l'inconvénient de cette cassure partielle. En donnant au noyau centrai un diamètre tout au plus égal à celui du moyen bronze et en Tentourant d'une ceinture de mème metal, ils ont obtenu, par la discontinuité de la substance de la (i) Froehner, Les niédaillons de l'empire romain, p. xiv. Le Diction- unire de Liitré dit qu'encasier est une mauvaise proiionciation d'en- casirer. (2) Babelon, Traile' des monn. gr. el rom., I, col. 667. 184 ROBERT MOWAT partie enveloppée et de la partie enveloppante, un flaon réunissant l'avantage d'une grande superficie à l'immunité du moyen bronze contre l'accident de la fissure. Pour assurer la solidité de l'assemblage, ou plus exactement la solidarité de ses deux élé- ments constitutifs, ils ajustaient au moyen de la lime le noyau au diamètre intérieur de la virole ou frette ; cela fait, le noyau était pose sur l'enclume, puis la frette, chauffée au rouge-blanc et dilatée par la haute temperature, était rapidement sortie du feu et portée sur le noyau qui s'y emboìtait facilement; le coup de masse était asséné, écrasant l'un dans l'autre les deux métaux dont l'osculature ctroite était consom- mée par la contraction de la frette reprenant ses dimensions primitives en se refroidissant. C'est d'après le mème principe que le charron cercle d'une bande de fer les jantes d'une roue et en consolide le moyeu par un anneau de fer. C'est encore ainsi qu'opèrent nos constructeurs dans le frettage d'une fonie de machines, notamment dans la fabrication des canons renforcés à la culasse par des manchons du système Armstrong et Blakely; le peu que j'en sais m'a aidé à deviner et à com- prendre celle des médaillons à deux métaux qui n'est autre chose qu'un frettage à petite échelle. Lutetiae Parisìortim, XI kal. maias, quo die Urbs Roma condita fuit Robert Mowat. Post-scriptum. — Le mécanisme par lequel le médaillon de l'enseigne mentionnée à la page 167 était détachable à volente est ingénieusement utilitaire, trop peut-étre, mais peu conforme aux idées romaines ; car prévoir plus ou moins indirectement la fin d'un règne était un crime de lèse-nìajesté, dont l'ombre eùt été évitée soigneusement, surtout sur une enseigne. R. M. MONETE ROMANE INEDITE VARIANTI nella coli. L. Paulon dì Craiova CONTRIBUTO AL CORPUS NUMORUM ROMANORUM I. Monete della Repubblica. ACILIA. 1. Denaro et argento, var. Babelon, n. 8. 3* — SALVTIS (scritto da alto in basso) Testa laureata della Salute a destra. 9 — MV ACILIVS ili VIR. VALETV La Salute in piedi, di fronte, che guarda a sinistra, appoggiata a una colonna, e con la mano destra nutrisce un serpente. (Tav. V, n. i). DIDIA. 2. Denaro et argento, var. Babelon, n. i. B' — P FONTEIVS CAPITO III VIR CONCORDIA Testa diademata e velata della Concordia a destra. 1$ — T DIDI IMP VIL PVB La Villa Pubblica, veduta di prospetto, obliqua a destra, raffigurata nella sua fronte, a tre piani e sostenuta da arcate e colonne. (Tav. V, n, 2). NB. In questo esemplare, nel rovescio, oltrecchè esservi la scritta più minuta che in quello descritto dal Cohen e dal Babelon, la Villa è veduta con la fronte obliqua a destra. l86 LUIGI PAULON MARCIA? 3. Denaro d'argento, Babelon, n. 17. i^ — Testa della Dea Roma, a destra, con elmo alato, dietro un pretericolo capovolto e ^. 9^ — CAHOIIY OIIVATCVA La Vittoria con una corona in quadriga veloce, a destra. (Tav. V, n. 3). Denaro di un bello stile e di un'arte bellissima, di fabbrica barbara. NAEVIA. 4. Denaro d'argento, Babelon, n. 6. ^ — se Testa diademata di Venere, a destra. I^ — Aa 3AN La Vittoria, in piedi, in triga veloce, a destra ; nel campo delle lettere. (Tav. V, n. 4). Denaro di fabbrica barbara. SERVILIA. 5. Denaro d'argento, Babelon, n. 14. B" — IJJVA Testa di Minerva con elmo, a destra. I^ — 3MIJIVfl3S9 La Vittoria con una palma, in piedi in biga veloce, a destra. (Tav. V, n. 5). Denaro di fabbrica barbara. PLAETORIA-VIBIA. 6. Denaro d'argento. ^ — PAN8A Maschera di Pane barbuto, a destra (Vibia, Babelon, n. 18). I^ — IVI PLATORIVS M F AEL CVR Aquila ad ali aperte sopra un fulmine (Plaetoria, Babelon, n. 4). (Tav. V, n. 6). Denaro ibrido di fabbrica barbara. Questo denaro, come gli altri due Acilia (Bab. 8) e Didia (Bab. i) fanno parte di un ripostiglio di 117 denari consolari trovati anni fa nella Dobrogia (l'antica Mesia inferiore) e venuti quasi tutte in mio possesso (103 pezzi). MONETE ROMANE — COLL. L. PAULON 187 II. Monete imperiali romane. GALEA. 7. Denaro d'argento, di peso eccedente, grammi 4." a 5.*", Cohen, n. 119. ^ — IMP GALBA Testa laureata, a destra. I^ — LIBERTAS PVBLICA La Libertà in piedi, a sinistra, con un berretto e uno scettro. Questa moneta di fabbrica barbara è del peso del doppio denaro romano. VESPASIANO. 8. Medio bronzo, var. Cohen, n. 69. /B* — IM CAES VESPASIAN AVG- COS III Testa radiata a destra. 9 — CONCORDIA AVG S C La Concordia assisa a sini- stra, vicino ad un altare acceso e inghirlandato, tenendo una patera e un cornucopia. 9. Medio bronzo, dopo Cohen, n. 74. B' — IMP CAESAR VESPASIAN AVG COS III Testa radiata a destra. 9 — CONCORDIA AVGVSTI S C La Concordia assisa, a sinistra, tenendo una patera e un cornucopia. 10. Denaro dargento, dopo Cohen, n. 387. ^ — IMP CAES VESP AVG CENS Testa laureata a destra. I^ — PONTIF MAXIM Vespasiano seduto, a destra, con un scettro e un ramo. 11. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 631. ^ — IMP CAESAR VESPASIANVS AVG Testa laureata, a sinistra. 9 — VICTOPIA IMR VESPASIANI Vittoria stante, a sinistra, su di un globo con una corona e una palma. l88 LUIGI PAULON 12. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 643. & — IMP VESP PONT [MAXIM] Testa laureata a destra, p — Anepigrafo. Vespasiano in quadriga veloce, a de- stra, con un ramo e uno scettro. TITO. 13. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 31. ^ — J CAESAR VESPASIANVS Testa laureata, a destra. 5^ — CERES AVG-VST Cerere stante, a sinistra, con due spighe con un papavero e una fiaccola. DOMIZIANO. 14. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 399. & — CAESAR DIVI F DOMITIANVS COS VII Testa laureata a destra. R) — PRINCEPSIVVENTVTIS Trono sormontato da un elmo. "TRAIANO. 15. Medaglione d'argento, gr. 4.*° oppure denaro di peso eccedente. ^ '- IMP CAES NERVA TRAIAN AVO GERM Testa lau- reata a destra, ^ - PMTR PCOSII PP- Pontefice caldeo? stante, a sinistra, vestito col pileus e la tunica talare a frangie, con le mani sollevate e tenendo in ciascuna degli oggetti indistinti. (Tav. V, n. 7). Moneta di fabbrica barbara. 16. Denaro d'argento, dopo Cohen, n. 227. ^ — IMP CAES NERVA TRAIAN AVO GERM Testa lau- reata a destra. ^ — P M TR P COS III P P La Concordia assisa, a sini- stra, con la corona e il cornucopia. Cohen, n. 227, dà questo esemplare con la Concordia che tiene il doppio cornucopia e innanzi un altare acceso. i MONETE ROMANE — COLL. L. PAULON l8g ADRIANO. 17. Gran bronzo, dopo Cohen, n. 614- B' — HADRIANVS AVG- COS III P P Testa laureata a d. ^ — FELICITAS AVG S C La Felicità stante, a sinistra, con un ramo e un'asta sormontata da un caduceo. 18. Denaro d'argento, dopo Cohen, n. 887. B' — HADRIANVS AVG-VSTVS Busto non laureato, a sini- stra, col paludamento. 9 — IVSTITIA AVG- P P (all'esergo) COS III La Giustizia assisa, a sinistra, con la patera e lo scettro. (Tav. V. n. 8). SABINA. 19. Denaro cf argento, var. Cohen, n. 3. /B' — SABINA AVG-VSTA Busto diademato, a destra, con pettinatura a coda. T^ — CONCORDIA AV&VSTA La Concordia, stante, a si- nistra, appoggiata ad una colonna, con una pa- tera e un cornucopia. NB. Cohen dà questo denaro al n. 3, la Concordia con doppio cor- nucopia. 20. Gran bromo, var. Cohen, n. 52. B — SABINA AVGVSTA HÀDRIANI AVO P P Testa diade- mata, a destra, con pettinatura rialzata. 9 — PIETAS AVG- S C La Pietà in piedi, a sinistra, po- sando le mani sulla testa di due fanciulle. XB. L'esemplare che presento, ha il rovescio assai consunto e per la leggenda, mi guidai dopo Cohen, n. 52. ANTONINO PIO. 21. Gran bronzo. B — ANTONINVS AVG- PIVS P P Busto laureato a destra. 9 — se- Antonino in piedi di fronte, rivolto a sinistra, col paludamento, con un ramo e uno scettro. Simile a questo nuovo esemplare, Cohen, n. 105, descrive un MB col rovescio AVGV ■ • • • S C Antonino ? stante, a sinistra, tenendo la mano destra rialzata e con uno scettro. igO LUIGI PAULO N 22. Medio bronzo, dopo Cohen, n. 173. ^ — ANTONINVS AVG- PIVS P P TR P Testa radiata a d. P — COS II S C La Salute in piedi a sinistra, in atto di nutrire un serpente, attorcigliato ad un altare e la mano appoggiata a un timone posto su di un globo. 23. Denaro di mistura, var. Cohen, n. 357. B' — DIVV ANTONINVS Testa nuda, a destra. ^ — DIVO PIO Altare diviso in quattro parti eguali, Battuto dopo la morte di^ Antonino Pio. 24. Gran bronzo, var. Cohen, n. 764. B' — ANTONINVS AVG PIVS P P TR P COS III Busto lau- reato, a destra, col paludamento e la corazza. P — S • C • Antonino seduto a sinistra su di un palco, dietro di lui Marc'Aurelio seduto; a basso del palco un soldato stante, con un'asta in mano. Cohen, n. 764, dà : a basso del palco per ogni lato un soldato, 25. Denaro d'argento, dopo Cohen, n. 1124. & — ANTONINVS AV(t PIVS P P TR P XXII Testa lau- reata a destra. B' — VOTA SVSCEPTA DEC III (all'esergo) COS III Anto- nino velato, stante, a sinistra, con una patera sopra un tripode acceso e un rotolo. FAVSTINA MADRE. 26. Denaro d'argento, dopo Cohen, n. loi. & — DIVA FAVSTINA Busto non velato, a destra. P — AVG-VSTA Cerere stante, a sinistra, senza velo, le- vando la mano destra e tenendo una torcia. FAVSTINA FIGLIA. 27. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 99. B' — FAVSTINA AVCjVSTA Busto a destra con speciale acconciatura dei capeUi e doppio filo di perle. MONETE ROMANE — COLL. L. PAULON I9I ^ — FECVNDITAS La Fecondità in piedi, a destra, con uno scettro e un bambino. 28. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 120. ;& — FAVSTINA AVGVSTA Busto a destra con speciale acconciatura dei capelli con un filo di perle. I^ — IVNO Giunone stante, a sinistra, con patera e scettro ; ai piedi un pavone. LVCILLA. 29. Medio bronzo, dopo Cohen, n. 79. ^ — LVCILLAE AVG- ANTONINI AVG F Busto a destra. ^ — VENVS S C Venere stante, a sinistra, sollevando la mano destra e tenendo uno scettro. SETTIMIO SEVERO. 30. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 495. ^ — SEVERVS PIVS AVG Testa laureata a destra. 9 — PM TR P XV COS III PP L'Imperatore a cavallo, andando a sinistra, con l'asta. (Tav. V, n. 9). 31. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 652. ^ — IMP CAE L SEP PERT AVG COS II Testa laureata a destra. 19 — SPQR OPTIMO PRINCIPI Severo a cavallo, diretto a destra, in abito militare, tenendo un vessillo (asta ?). (Tav. V, n. io). GETA. 32. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 157. B' — p SEPT GETA CAES PONTIF Busto nudo, a destra, col paludamento e la corazza. ^ - PRINCIPI IVVENTVS Geta in piedi, a sinistra, in abito militare con un ramo e un'asta; dietro un trofeo, nel basso del quale poggia uno scudo. 192 LUIGI PAULON 33. Piccolo bronzo, dopo Cohen, n. 160. ^ ~ ? SEPTIMIVS GETA CAES Busto nudo, a destra, col paludamento e la corazza. ^ — PRINC IVVENT COS Severo, Caracalla e Geta ga- loppanti a destra. GORDIANO PIO. 34. Gran bronzo, var. Cohen, n. 209. ^ — IMP CAES M ANT GORDIANVS AVG Busto laureato, a destra, col paludamento e la corazza. P — P M TR P II COS P P S C Gordiano velato, stante, a sinistra, con una patera e uno scettro, sacrifi- cando su di un tripode acceso. DIOCLEZIANO. 35. Denaro d'argento^ dopo Cohen, n. 519. & — DIOCLETIANVS AVG Testa laureata, a destra. I^ — VIRTVS MILITVM Porta del campo sormontata da quattro torri e quattro soldati davanti sacrificanti su di un tripode. (Tav. V, n. 11). Nelle monete colla stessa leggenda date da Cohen (519-522) non vi sono soldati sacrificanti. COSTANTINO MAGNO. 36. Piccolo bronzo, var. Cohen, n. 132. ^ — CONSTANTINVS AVG Busto laureato, a destra. ^ — DN CONSTANTINI MAX AVG intorno ad una corona di lauro, nel mezzo della quale si legge VOI XXX. All'esergo S M H B. 37. Aureo, var. Cohen, n. 147. ^ — CONSTANTINVS P F AVG Busto laureato a destra. ^ — FELICITAS PERPETVA SAECVLI Costantino laureato, in abito militare e col mantello imperiale, stante a sinistra, e avanzando la mano destra per rice- MONETE ROMANE — COLL. L. PAULON 193 vere il globo (sormontato dalla Vittoria) che gli presenta il Sole radiato, stante di fronte. Un pri- gioniero in ginocchio, ai piedi dell'imperatore, pro- tende le mani. AU'esergo S M • T S • (Tav. V, n. 12). Nel rovescio di quest'aureo variano i personaggi da quelli de- scritti dal Cohen, n. 147. 38. Medio bronzo, dopo Cohen, n. 309. /B' — IMP C CONSTANTINVS Busto laureato e barbato a destra. 9 — lOVI CONSERVATORI AVGG N N Giove nudo stante, a sinistra, con una Vittoria, il mantello sulla spalla sinistra e uno scettro; ai piedi un'aquila colla co- rona nel becco. AU'esergo I S B. Questo nuovo esemplare colla barba non s'è osservato fin'ora nella monetazione di Costantino Magno. 39. Denaro d'argento di gran modulo, var, Cohen, n, 737. ^ — Anepigrafo. Testa diademata di Costantino Magno, a destra. ^ — VOTIS XV MVLTIS XX in quattro righe, in una co- rona di lauro. AU'esergo ANT- COSTANTINO MAGNO, CRISPO E COSTANTINO II. 40. Medaglione d'oro, var. Cohen, n. i. /©' — D N CONSTANTINVS MAX AVG Busto laurodiademato, a destra, col paludamento e la corazza. ^ — CRISPVS ET CONSTANTINVS NOBB CAESS Busti a mezzo corpo laureati e affrontati di Crispo e Co- stantino II col paludamento e la corazza, tenendo ciascuno in una mano un globo e nell'altra lo scettro sormontato da un'aquila. AU'esergo S M N. (Tav. V, n. 14). Questo medaglione fu trovato diversi anni or sono in unione di un altro, Cohen, n. 238, a Celei (nell'antica Malva, nella Dacia Traiana). Entrò a far parte della mia collezione nel finire dell'inverno del 1910. E un po' sciupato ed ha un appicagnolo perchè servi in diverso tempo come ciondolo alla catena dell'orologio. *5- 194 LUIGI PAULON COSTANTINO II. 41. Denaro d'argento dì gran modulo, dopo Cohen, n. 105. & — Anepigrafo. Testa diademata di Costantino II, a d. I^ — FELICITAS REIPVBLICE [sic) intorno ad una corona di lauro nel mezzo della quale si legge VOT XX MVLT XXX. All'esergo S M N. (Tav. V, n. 13). Il comm. Francesco Gnecchi, Rivista Hai. di Num., fase. IV, 1910, descrive lo stesso denaro attribuendolo a Costantino Magno col rove- scio : FELICITAS REIPVBLICAE. 42. Piccolo bronzo, var. Cohen, n. 133. 3^ — DN FL CL CONSTANTINVS NOB C Busto diade- mato e corazzato, a sinistra. Tiene colla destra uno scettro sormontato da un globo e colla si- nistra un fulmine. I^ — lOVI CONSERVATORI CAESS Giove nudo stante, di fronte, rivolto a sinistra col mantello sulla spalla sinistra, tenendo il globo niceforo e uno scettro. Nel campo una corona e a destra €. All'esergo SMK- 43. Denaro d'argento di piccolo modulo, dopo Cohen, n. 204. ^ — CONSTANTINVS IVN NOB Busto laureato e corazzato, a destra. 9 — VICTORIA CAESARVM Vittoria che cammina a sin., con una corona e una palma. All'esergo S I S. (Tav. V, n. 15). COSTANTE. 44. Denaro d'argento di gran modulo, jdopo Cohen, n. 38. B' — FL IVL CONSTANS P F AVG Busto laureato, a destra, col paludamento e la corazza. P — &AVDIVM POPVLI ROMANI intorno ad una corona di MONETE ROMANE — COLL. L. PAULON 195 lauro nel mezzo della quale si legge SIC V SIC X- All'esergo T S E. (Tav. V, n. i6). Cohen, n. 38, dà questa moneta con busto diademato e coU'esergo SIS *. 45. Denaro óC argento di gran modulo, dopo Cohen, n. 150. 3' — CONSTANS P F AVG Busto diademato, a destra col paludamento e la corazza. 9( — VICTORIA D D N N AVG-G Vittoria che cammina a sin., con una corona e una palma. All'esergo T E S. (Tav. V, n. 17). COSTANZO II. 46. Denaro d'argento di gran modulo, Cohen, n. 30. ^' — FL IVL CONSTANTIVS P F AVG Busto laureato col paludamento, a destra. ^ — FEL TEMP REPARATIO Vittoria stante, a destra, scri- vente VOT XX su di uno scudo sostenuto da un prigioniero in ginocchio. All'esergo R. NB. Cohen, ne descrive un egual esemplare al n. 30, di piccolo modulo. 47. Denaro d'argento di gran modulo, Cohen, n. 70. ^ — D N CONSTANTIVS AVG Testa laureata, a destra, col paludamento e la corazza.. ^ — FELICITAS REIPVBLICE {sic) attorno di una corona di lauro nel mezzo della quale si legge VOT XX MVLT XXX in quattro righe. All'esergo C • A Cohen dà, al n. 70, un denaro simile di piccolo modulo. 48. Piccolo bronzo, var. Cohen, n. 167. ^ — FL IVL CONSTANTIVS NOB C Busto diademato, a sinistra, col paludamento. R) — PROVIDENTIAE CAESS Porta del campo sormontata da due torri, al disopra una stella. All'esergo SMA. Cohen, n. 167, dà nel rovescio PROV.DENTIA CAES. 196 LUIGI PAULON 49. Denaro d'argento di gran modulo, var. Cohen, n. 233. B' — CONSTANTIVS P F AVG Busto diademato, a destra, col paludamento e la corazza. ^ — VICTORIA AVG-VSTORVM Vittoria che cammina a sin., portando un trofeo e una palma. All'esergo S I S. (Tav. V, n. 18). 50. Denaro d'argento di gran modulo, dopo Cohen, n. 259. ^ — CONSTANTIVS P F AVG Busto diademato, a destra, col paludamento e la corazza. R) — VICTORIA D N AVG Vittoria andando a sinistra, te- nendo un trofeo e una corona, col piede destro calpesta un prigioniero, a terra, il quale è legato, colle mani dietro la schiena, in atto supplichevole. All'esergo T E S. (Tav. V, n. 19). Secondo il Cohen, le monete colla stessa leggenda (n. 259-268) non hanno la Vittoria calpestante un prigionero. Questo nuovo esemplare, non s'è veduto fin'ora nella monetazione di Costanzo II. 51. Denaro d'argento di gran modulo, var. Cohen, n. 340. 3' — D N CONSTANTIVS P F AVG Busto diademato, a de- stra, col paludamento e la corazza. 9* — VOTIS XXV MVLTIS XXX in quattro righe, in mezzo di una corona di lauro. All'esergo C • B ; A N T. 52. Denaro d'argento di gran modulo, var. Cohen, n. 342. ^ — D N CONSTANTIVS P F AVG Busto diademato, a de- stra, col paludamento e la corazza. P — VOT XXX MVLT XXXX in quattro righe in una co- rona di lauro. All'esergo S I S. (Tav. V, n. 20). COSTANZO GALLO. 53. Denaro d'argento di gran modulo, dopo Cohen, n. 52. -B' — D N CONSTANTIVS NOB CAES Busto a testa sco- perta, a destra, col paludamento e la corazza. MONETE ROMANE — COLL. L. PAULON I97 P — VOTIS V in tre righe in mezzo di una corona di lauro. All'esergo A N T. (Tav. V, n. 21). L'esemplare che presento non è conosciuto fino ad oggi nella mo- netazione di Costanzo Gallo. GIVLIANO II L'APOSTATA. 54. Denaro d'argento di piccolo modulo, var. Cohen, n. 139. B' — F L C L IVLIANVS P P AVG Busto barbuto e diade- mato, a destra, col paludamento e la corazza. 9 — VOTIS V MVLTIS X in quattro righe, in una co- rona di lauro. All'esergo S I R M. (Tav. V, n. 22). NB. Cohen, n, 139, Busto imberbe e diademato, ecc. 55. Denaro di piccolo modulo, var. Cohen, n. 146. ^ — F L C L IVLIANVS P P AVG- Busto barbuto e diade- mato, a destra, col paludamento e la corazza. ^ — VOTIS X MVLTIS XX in quattro righe, in una co- rona di lauro. All'esergo R T- Dopo Cohen, n. 146, nel rovescio VOT X MVLT XX. GRAZIANO. 56. Aureo, var. Cohen, n. 49. ^' — D N GRATIANVS P F AVG Busto diademato, a destra, col paludamento. ^ — VICTORIA AVGVSTORVM Vittoria metà nuda, assisa a destra, su di una corazza e di uno scudo scri- vendo VOT V MVL X su di uno scudo appoggiato su di un monopodium; nel campo O-B. All'esergo CONS ♦. (Tav. V, n. 23). VALENTE. 57. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 66. ^' — D N VALENS P F AVG Busto diademato, a destra, col paludamento e la corazza. 198 LUIGI PAULON ^ — VOT X MVL XX in quattro righe in una corona di lauro. AU'esergo A N T. 58. Denaro d'argento, var. Cohen, n. 98. & — Dt\ VALENS P F AVG Busto diademato, a destra, col paludamento e la corazza. ^ — VOT XX MVLT XX in quattro righe in una corona di alloro ; alla sommità una stella. AU'esergo SIS C P • s. (Tav. V, n. 24). Craiova (Rumania), Mar:^o i^ii. Luigi Paulon. IL TIPO DI ROMA DEI DENARI CONSOLARI e le sue imitazioni sulle monete delle colonie In generale i tipi delle monete appartenenti alle colonie romane, tanto del periodo repubblicano che di quello imperiale , contengono allusioni agli antichi fasti, alle memorie storiche o mitologiche delle lo- calità ove le colonie furono dedotte. La più parte di essi, nei primordi dell'era imperiale, rappresenta l'atto simbolico da cui derivò la condizione legale della colonia, specie di omaggio reso al fondatore, che si vede riprodotto rivestito del a'ncius gabtnus, mentre guida l'aratro per tracciare il solco che deve delimitare la zona della nuova città. In alcune rappresentazioni monetarie sono fatti allusivi alla madre patria, come la lupa che allatta i gemelli nelle monete di Alessandria della Troade. L'Eckhel ha inoltre stabilito in maniera deci- siva che il tipo di monete della stessa città, rappre- sentante Sileno-Marsia in piedi, con l'otre sulle spalle e la mano diritta alzata, non è che simbolo del di- ritto latino (0. In complesso, il contenuto della tradizione ro- mana si rivela sovente in queste rappresentazioni simboliche della specie coloniale, quasi come espres- (i) Eckhel, D. N. V., tom. IV, 489, 492. 200 GIOVANNI PANSA sione dell'origine e provenienza nobilissima di cui i coloni ab urbe missi non dovevano abbandonare il ricordo. Sembra anzi che nelle deduzioni a colonie av- venute negli ultimi due o tre secoli della Repub- blica, i colonizzatori romani fossero molto gelosi di conservare quel ricordo, insieme alle tradizioni più care della patria; e lo espressero con simboli sulle monete. Alcune volte questo senso di attaccamento alla terra natale li spinse a sostituire il nome di essa a quello della nuova colonia fondata. Ciò , del resto, doveva essere comune a tutti i coloni italici, i quali recandosi ad abitare nuove terre, sia per causa d'emigrazione che di conquista, vi deri- varono molto spesso il predicato della propria na- zionalità. Ed il fatto non è nuovo anche nei tempi pre- senti e nelle condizioni attuali dell'emigrazione; per cui troviamo nei più lontani paesi d'oltre Oceano, traccie di nomi, istituti e tradizioni tutte nostre. Questa specie di legge costante, dirò così, che presiede al fenomeno dell'emigrazione tanto nell'an- tichità che al giorno d'oggi, non dovrebbe far di- menticare quanto sia utile in molti casi lo studio della toponomastica, come mezzo più adatto a rin- tracciare l'origine di molti popoli, la provenienza di antichissime razze. Ma tralasciando queste considerazioni, che sono più proprie alla indagine di epoche assai remote, e restringendoci, nel campo numismatico, ai tempi della storia romana, non è difficile convenire, col riscontro stesso delle monete, come la città di Osca^ per esem- pio, possa ripetere la sua origine da una colonia degli Osci, che riuscì a fondarla fra gl'Ilergeti della stessa regione. Che Italica sia stata la sede dei co- loni peligni nella Betica, sorta forse in memoria IL TIPO DI ROMA DEI DENARI CONSOLARI 2pi della capitale dei confederati nella Guerra Sociale, ho cercato dimostrare in altro luogo '^'. Le tradizioni che presiedettero alla trasforma- zione dell'antica Tkurium, nella Lucania, in Copia, dovettero essere quelle stesse che determinarono la fondazione di Lione nella Gallia, già Copia dei primi coloni romani ^^K Esplorando bene il campo della numismatica coloniale, s'incontrano alcuni pezzi d'imitazione, i quali rappresentano coi loro tipi una specie di ado- zione di altri tipi specialmente romani, la riprodu- zione esatta di alcuni simboli e figure tolti alla monetazione romana repubblicana e trasportati in quella coloniale. La ragione principale di queste imitazioni o ri- produzioni ha un fondamento in quella stessa legge cui ho accennato più sopra, per cui i popoli sono tratti a derivare anche nei centri più lontani gli at- tributi della propria origine e nazionalità. La numi- smatica, a questo proposito, ci offre qualche esempio curioso, che si riflette finanche sul tipo monetario e sul nome stesso di Roma, circostanza da altri finora non avvertita. Già Livio (XXXIV, 53; XXXV, 40) e Vel- leio Patercolo (I, 14) parlando della deduzione a colonia che i romani fecero, nel 515, dell'antica Vibone {Hippo o Hypponium) nei Bruzii, dicono che ne fu commutato il nome in quello di Valentia; e ciò avvenne, come si vedrà più innanzi, a ricordo e glorificazione della madre patria, poiché il nome di Valentia per quei coloni doveva corrispondere a quello di Roma. (1) Pansa G., La tnonelazione degf Italici durante la Guerra So- ciale, ecc. (in Riv. Ital. di Numism., an. XXIII, 1910, fase. Ili, pag. 314). (2) Cfr. De Saulcy, Monn. posth. de Cesar, pi. IX, 4; Duchalais A., Descript, des médaill. gauloises, etc. Paris, 1846, pag. 136. s6 202 GIOVANNI PANSA Anche i coloni romani che nel 612 (a. C. 142) occuparono il territorio degli Edetani nella Spagna ci- teriore o Tarraconense, trovarono, a detta di Avieno, sulla riva del fiume Turia, oggi Guadalaviar, a tre miglia dal mare, una città col nome di Tyris, deri- vato forse dal prossimo fiume, alla quale piij tardi cambiarono il nome in quello di Valentia. Non è casuale, secondo io penso, l'omonimia delle due Valenze. La suggestione del nome avrà dovuto esercitare nei coloni dell'una e dell'altra una specie di fascino, ravvivare il ricordo di Roma, che già per molti fu sinonimo di Valentia, quasi per af- fermare la supremazia della forza sui luoghi con- quistati. E pare che questa tradizione dello scambio dei due nomi non andasse interrotta per lo spazio di molti secoH, se la poesia popolare, come sembra, ne fu tramite fedele. Ai tempi, infatti, dell'Agostini, nel suo celebre Dialogo intorno alle medaglie antiche^ cor- reva uno stornello tolto da antico romanzo o can- zone spagnuola, che diceva O Valencia, o Valencia Roma primero nombrada (i). La storia è molto confusa sulle origini di Roma; ma vera o fantastica che sia, l'opinione prevalente tende a far credere che l'antico nome dell'eroina eponima della città sia appunto derivato dal greco 'Pw(A7i (robur), col quale appellativo i coloni d' Evan- dro avrebbero battezzata la nuova sede sorta su quella primitiva, che già rispondeva al predicato di Valentia. A questo sentimento convengono Atteio Capi- tone, Verrio Fiacco, Solino ed altri, compreso il ce- (1) Agostini A., Dialoghi inforno alle medaglie, ecc. Roma, Facciotti, 1592» pag- 218. IL TIPO DI ROMA DEI DENARI CONSOLARI 203 lebre inno greco della poetessa Melinno, tramanda- toci da Stobeo (^). Ma questa tradizione di Roma conservata dalle cblonie, non riflette soltanto il nome della città o gli attributi della forza, robur, con la quale i coloni in- tesero simbolizzare la loro terra d'origine, ma riflette anche il tipo, la personificazione allegorica della città, rappresentata dalla testa della dea eponima. Quella testa coperta dal casco alato di Perseo, terminante in altra figura di aquila o di grifo, come vedesi costantemente sui denari della Repubblica, è confermato oggi in modo non dubbio essere un'espli- cazione del tipo di Roma (2). La stessa ravvisiamo pure nel seguente bronzo semissale spettante a Va- lenza di Tarracona : ,©' — Testa di Roma con casco alato terminante in figura di aquila o grifo. 5» — Cornucopia attraversata da fulmine trifido orizontal- mente e leggenda VAL in nesso. Alcuni la confusero con quella di Perseo, altri la ritennero di Pallade *3). A completare il diritto (i) Att. Capit., Polyhisl , I.; Serv. ad Aen , I, 273; Solin. I, imV. ; Cfr. De Witte, in Rev. Archéol., 1849, p. 34; Welcker, Kleine Schrifl., II, 160; BiRT, De urbis Romae nomine (Proem. Acad. Marburg, 1887); Christ., Griech. Liter. 517. (2) Haeberlin, Der Roma typus (in Corolla Nuinism., pag. 135 e sg.). (3) Ved. Sestini D., Descris. delle medaglie ispane, ecc., che si con- servano nel Museo Hederveriano; Firenze, 1818, pag. 209; Mionnet, De- script., voi. I, Suppi., pag. no, u. 632; Delgado A., Medallas autonomas de l'E^pana, toni. Ili, pi. CLXXXIil ; Heiss A., Descript, gen. des monn. 204 ttlOVANNl PANSA della moneta concorrono talora i nomi dei magi- strati L. Coranius, C. Numisius, T. Ahius, L. Tri- nius, C. Lucenius e C. Munius. L'identico diritto, col tipo galeato di Roma, ri- scontrasi in altri bronzi della Macedonia in g., in quelli di Fella, d'Amphipolis, di Bottiaea e forse di altri nominativi appartenenti a colonie romane, che ora mi sfuggono. Noto pertanto i seguenti : ^ — Testa di Roma come sopra. ^ — MAKEAONnN TAMIOY TAIOY nOHAIAlOY, ovvero TAMIOY AEYKIOY OOAKINNIOY, entro corona di quercia (0. B' — Uguale testa e. s. iji — TTEAAHI, entro corona di quercia (2). fB" — Uguale testa e s. 1^ — AMirrOAEITnN, entro corona e. s. (3). ani. de l'Espagne, Paris, 1870, pi. XXVII, 3. L'Head {Hist. Numor., 4)ag. 210), fra gli ultimi, è dubbio sull'identificazione di quella testa e la descrive così : " Head of the hero Perseus or Roma ^. (i) British Mus. Catal. of Greek coins (Macedonia), 16. (a) B. M. C, 3. (3) B. M. C, 21, 28. IL TIPO DI ROMA DEI DENARI CONSOLARI 20$ Si avverta che il tipo di Roma di queste mo- nete è perfettamente uniforme a quello dei denari consolari. Non mancherebbero però altri esempi af- fini tra gli stessi bronzi coloniali, che potrebbero ritenersi tante personificazioni di Roma. La stessa uniformità si riscontra ancora sopra alcuni pezzi attribuiti alla Cirenaica '») e sopra un tetradramma di Metello eretico spettante a Gortyna (Creta) (2). A proposito poi del tipo di Roma dei denari repubbli- cani, fino ad oggi tanto discusso e tanto controverso, il Furtwàngler l'aveva ravvisato in modo identico sopra alcune gemme '3'; ma l'adozione fattane dalle colonie sembra oggi confermare in modo assoluto l'opinione di coloro, e sono i più, che la figura galeata dei denari della Repubblica ritennero unicamente l'esplicazione del tipo di Roma. E quella adozione od imitazione, giova ripetere, non ebbe alcun significato servile da parte dei ma- gistrati preposti alle colonie, ma costituì quasi un tributo di riverenza, un omaggio doveroso alla me- moria della patria d'origine. Occorre tener presente che non soltanto Va- lenza di Tarracona, ma anche la Valenza dei Bruzì adottò sulle monete la personificazione di Roma, come c'indica il bronzetto onciale fatto coniare nel (i) MuLLER, Numism. de F ancien Afriqtu, I, pag. 29, n. 100; pag. 36 e 77, n. 286. (2) FuRTWANGLER, Geschn. Sitine in Antiqu. zu Berlin, n. 1821, 4876, 4877. (3) Zelischrifl fur Numismatik.y 1883, pag. 118. 206 GIOVANNI PANSA 674 (80 a. C.) dai coloni di Siila (0. Appresso si no- terà pure come il tipo parlante e comune alla mo-, netazione delle due città omonime sia espresso dalla cornucopia, doppia o semplice, la quale è simbolo o emblema della forza {'P^y-'n). Il Babelon ha fatto osservare l'uniformità tra il semis di Valenza tarraconese e il denaro ch'egli at- tribuisce a Q. Fabio Massimo Eburneo, figlio di quel Q. Massimo Servihano che riuscì vittorioso nella guerra contro Viriathe, capitano generale dei Lusitani (150-140 a. C.) (2). La somiglianza fra le due monete è perfetta, essendo l'una copia dell'altra; ma a me non pare che il denaro romano possa essere stato copiato dal semis di Valenza. Ritengo invece che i coloni di Valenza togliessero a modello quel denaro in me- moria delle vittorie riportate da Q. Massimo Servi- liano su Viriathe e del suo proconsolato in Lusitania, dove ebbe a combattere l'insurrezione spagnuola. Non si spiegherebbe, infatti, come i romani avessero potuto copiare dalle colonie o appropriarsi il tipo di Roma, ch'è tutto originale ed esclusivo della loro monetazione. Riflettendo anche al simbolo della cornucopia, è la prima volta ch'esso appare sui denari conso- lari, mentre tutte le altre manifestazioni sono della seconda metà del sec. I a. C, ossia dopo la ditta- ci) Babelon, Descript., etc, I, 32, 410. (2) Appian., His(., 60 e sg. ; Flor., II, 11 e sg. ; Just., XLIV, 2; Cic, C#., II, II. IL TIPO DI ROMA DEI DENARI CONSOLARI 207 tura di Siila e fino al triumvirato d'Ottavio, Antonio e Lepido. Sono poche le monete coloniali che presentano raffronti tipologici con quelle romane-repubblicane. Così abbiamo i denari di C. Considio Peto, che imi- tano i pezzi d'Apollonia Illirica, quelli di Q. Coponio, che riproducono i diversi tipi monetari di Alinda, d'Alabanda e d'Antiochia nella Caria ; quelli di Man. Cordio Rufo, con le insegne di Amisus del Ponto, ecc. (^\ Ma questi casi d'imitazione concernono l'opera dei generali e capi delle armate, costretti ad avvalersi delle officine provinciali per assoldare le truppe e perchè il numerario che da esse proveniva era più accreditato nel commercio d' Oriente. Si trattava di monete emesse per l'autorità dei gene- rali e col consenso del Senato. Giudico ben diverso il caso di colonie romane che producendo specie metallica per proprio conto, cercavano di uniformarne il tipo a quello della madre patria, ovvero di creare un simbolo che valesse a ravvivare la memoria di questa. Poiché il nome di Valentia^ come si è detto, nelle antiche tradizioni equivaleva a quello di Roma e, come questo, dinotava la forza, è assai naturale che andasse accoppiato alla figura della cornucopia, ch'è l'emblema appunto della forza, essendo l'attributo di Ercole. Si avverta pure alla figura del fulmine, che le colonie adottavano nella monetazione sia per alludere ai presagi fortunati che avevano preceduta la loro fondazione, sia anche per dinotare la loro forza e potenza <2). La cornucopia è simbolo comune alla moneta- zione delle due Valenze. Fu tuttavia notata l'analogia (1) Babelon, op. cit., I, 377, 382; II, 458. (2) Ved. Saguo-Daremberg, Dictionn. d. Antiq. grecq. et rom., s. v. " Fulmen ». 2o8 GIOVANNI PAN SA che passa fra alcuni tipi della gente Cornelia ed i bronzi di Valentia del Bruzio <0; ma venne spiegata nel senso che quei pezzi furono ivi coniati dopo il ritorno di Siila dall'Oriente nel 672 (82 a. C). La doppia cornucopia che si osserva sull'aureo di L. Cornelio Siila, sul quadrante, sul sestante e sull'oncia (2), sono segni evidenti dell'officina di Va- lenza ; ciò che dimostra come Siila v' istallasse l'of- ficina monetaria del suo questore durante la cam- pagna dell'Ss, in cui avea fatto base delle sue ope- razioni l'Italia meridionale ^3). Eccezione fatta di alcuni pezzi della serie mo- netale fusa, la cornucopia appare per la prima volta sulle monete di Capua, coniate alla fine del III sec. a. C, ossia appena dopo la conquista della città da parte dei romani. Al II sec. si riannodano i conii di Copia, l'antica Turio, colonizzata verso il 192 a. C; e seguono poscia quelli di Valenza e di Pesto che appartengono al i.° secolo. In tutte queste monete, che sono le più an- tiche, la cornucopia sta a rappresentare il significato più arcaico, ch'è quello dell'attributo di Ercole, vin- citore d'Acheloo ; perciò si spiega come simbolo della forza. Il concetto dell'abbondanza derivò molto più tardi ed in maniera tutto distinta, come distinte erano le due leggende mitologiche del corno d'Acheloo e di quello d'Amaltea ^4). Giovanni Pansa. (i) Babelon, Ivi, I, 408. (2) Babelon, Ivi, I, Cornelia, 32, 35 a 37. (3) Babelon, Ivi; Lenormant, La monn. dans l'Aniiq., II, 297 e sg.; D'AiLLY, Recherches, etc, II, pi. LXXVII, 5 e 6; Cavedoni, Ragguaglio dei precipui ripostigli^ ecc., pag. 147 ; Mommsen-Blacas, Hist. d. la monn. rotn^ II, pag. 457, n. 246. A torto V Eckhel congettura che il corno d'ab- bondanza possa ritenersi un emblema del Senato sulla monetazione coloniale (D. N. V., tom. VI, pag. 192). (4) Sulla rappresentazione d'Ercole con la cornucopia, ved. Hartwig, Herakles mit dem Fiillhorn, Leipzig, 1883, pag. 15 e sg. LA MONETAZIONE di Carlo VI Imperatore d'Austria (III COME RE DI Spagna) in SICIIvIA(^) CARLO VI d'AUSTRIA (III in Sicilia, 1720-1734). Carlo VI d'Austria, nato in Vienna il i," otto- bre 1683 dall'imperatore Leopoldo e da Eleonora di Neoburgo, dopo la funesta guerra detta di Suc- cessione di Spagna (che durò per molti anni recando uno sconvolgimento all'intera Europa, tanti danni (i) Per gentile concessione dell'Autore, signor Memmo Cagiati, diamo qui un saggio del suo importante lavoro : Le monete del reame delle due Sicilie da Carlo 1 d'Angiò a Vittorio Emanuele 11, che si sta ora pubblicando a Napoli. A^. d. R. 2IO MEMMO CAGIATI all'Italia ed in particolare alle nostre regioni meri- dionali) il 12 settembre 1703 veniva dichiarato Mo- narca delle Spagne e, con i fini maneggi del suo gabinetto, riconosciuto dalle potenze alleate ed anche dallo stesso papa Innocenzo XIII. Messo alla testa di poderoso esercito, con l'aiuto degli alleati, Carlo passava in Ispagna e si faceva proclamare re da molte provincie e, nel 1710, dopo parecchi successi, giungeva a far fuggire da Madrid Filippo V, che poi vi ritornava difeso dal gran ge- nerale francese Vandome. Nel 1711, morto l'imperatore Giuseppe I, fra- tello primogenito di Carlo, questi ritornava a Vienna quale successore dell'impero d'Austria ed in forza del trattato di pace conchiuso in Bada col re di Francia rinunziava in favore di Filippo V alle pre- tenzioni sulle Spagne ed aveva, insieme ai Paesi Bassi spagnuoli ed ai ducati di Milano e di Mantova, il regno di Napoli e quello di Sardegna. Filippo V, avendo tentato nel 1717, per consi- glio del turbolento cardinale Alberoni, di riacquistare la Sardegna e la Sicilia, dopo tante crudelissime stragi fu costretto il 4 maggio 1720 a mettere ter- mine alla guerra e addivenire al Trattato di Londra, col quale si ritornava alla osservanza del trattato di Utrecht del 1713. In tale occasione la Sicilia era ceduta a Carlo VI, mentre la Sardegna veniva data in compenso al duca di Savoia. Questa pace era poi ratificata col Trattato di Vienna del 7 giugno 1725 e Carlo rimaneva pacifico possessore di Napoli e della SiciHa (qui col nome di Carlo III) fino al 1734. L'impegno preso a favore dell'elezione di Fe- derico, contro le giuste pretensioni di Stanislao, le- gittimo re di Polonia, protetto da Luigi XV, riac- cese la terribile guerra che portò le maggiori scia- gure sulla sventurata Italia. LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. D AUSTRIA IN SICILIA 211 Il re di Sardegna ed il re Cattolico vi presero parte anch'essi e quest'ultimo, per riacquistare i regni di Napoli e Sicilia, mandò nel regno di Na- poli con un'armata spagnuola suo figlio don Carlo, il quale, riuscito vincitore nella battaglia di Bitonto, occupata Gaeta e poi Capua, entrò in Napoli il 24 febbraio 1734 e vi fu proclamato re, e l'anno ap- presso si portò a Palermo e venne coronato re delle due Sicilie. Carlo VI. che aveva subite tante sconfitte, do- mandò la pace , che venne accordata in Vienna il 3 ottobre 1735. in forza della quale, l'Infante don Carlo restava padrone delle due Sicilie, al re di Sardegna venivano cedute Tortona, Novara e la sovranità delle Langhe, Carlo VI rientrava in pos- sesso del ducato di Parma e Piacenza, e la Francia, dopo la morte di Stanislao, guadagnava la Lorena. Morto il principe Eugenio di Savoia, con la perdita di sì formidabile comandante, gli Ottomani furong incoraggiati a rompere la tregua stabilita e Carlo fu obbligato ad una pace poco decorosa, per cui, afflitto da tante sventure e caduto in uno stato di feroce tristezza, sorpreso da violento malore, cessò di vivere in Vienna il 20 ottobre 1740 in età di cinquantatre anni. Questo disgraziato principe fu generalmente compianto, e perchè virtuoso, giusto e fiero, pa- ziente e coraggioso nelle avversità, ^ perchè nella prosperità benefico e clemente, pronto ad accordare grazie, tardo nell'usare atti di rigore, e perchè mu- nifico, intelligente e colto, anche in Napoli ed in Sicilia a mezzo dei suoi viceré aveva cercato di agevolare le scienze, le arti, ed il commercio con remunerazioni, benefici e privilegi. MEMMO CA CIATI (Tipo A). I. Tre onde d'oro (30 tari). ^ — CAROLVS * A^ III ^ D ^ G ^ Busto laureato a des., nell'esergo ^ S ^ ^ — SICILIA ^ ^ REX ^ Corona imperiale e sotto spada e scettro decussati sopra un globo; nel campo • S • -IVI -, nell'esergo 1727. R. K Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 9995. (Tipo B). \ ^ 1 I. Due onde d'oro (60 tari). ^ — C/ES • CAROL • III • D G • SICIL • REX • Testa lau- reata a destra con lunga capigliatura. Sotto • DG • intrecciate. Ili — AVSTRIACIS RADIIS CLARIOR • F • 1733 • N • Nel campo rinchiuso in un circolo il sole che illumina l'isola di Sicilia. R. K Questa moneta coniata in occasione della investitura della Sicilia, concessa dal pontefice Innocenzo XIII a Carlo VI, è rarissima e, senza LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. D AUSTRIA IN SICILIA 213 dubbio, una delle più interessanti monete coniate in Europa in quel periodo. Per la prima volta fu riportata unica ed inedita nella impor- tante e preziosissima collezione Sainbon, col n. 1310 del Catalogo. (Tipo C). I. Oncia d'oro (30 tari). ^ — C/ES • CAR • III • D • G- • SIC • REX Testa laureata a d. 9* — TRIVMPHAT Aquila coronata con le ali aperte a d. tra due palme; ai lati F N, sotto 1723. R. K Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 9993-94. 2. Oncia d'oro. B' — CAROL • Ili ■ D • G • SIC • REX • Testa laureata a d., sotto . VNCIA • I^ — RESVRGIT • 1733 • La Fenice sul rogo; sopra il sole. N Collezione prof. Dell' Erba di Napoli. 3. Oncia d'oro. ^' — CAROL • III • • D • G • SIC • REX • Testa laureata a d. sotto • VNCIA • 214 MEMMO GAGIATI ^ — RESVRG-IT • 1734 • La Fenice sul rogo, sopra il sole. N Collezione Cagiati. « (Tipo D). I. Oncia d'argento (30 tari). ^ - CAROL • III • D • & • SICIL • ET • HIER • REX • Busto lau- • reato a d. con lunga capigliatura ; sotto C • P • '^ — OBLITA • EX • AVRÒ • ARGENTEA • RESVRGIT • 1732 • La Fenice sul rogo con ali spiegate volta a sin.; sopra il sole, sotto nel campo le lettere S M. R. M Collezione Cagiati. 2. Onda d'argento. ^ — CAROLVS • III • D • G- SICIL • ET • HIER REX • Simile al precedente. R) — OBLITA • EX • AVRÒ . ARGENTEA • RESVRGIT • 1732 • Simile al precedente. R. M Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 10027-28. Rarissime monete coniate con l'argento rinvenuto nelle miniere della Sicilia. LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. d'aUSTRLA IN SICILIA 2Ì5 3. Oncia d'argento. & — CAROL • MI • D • G • SICIL ET • HIER • REX • Busto lau- reato a d. con lunga capigliatura; sotto C-P- ^ - EX AVRÒ ARGENTEA RESVRGIT ; sotto -1733. La Fenice sul rogo come nella precedente ; sotto le lettere S M. R. M Catalogo della Collezione Sambon 131 1. (Tipo E). LM2 I. Scudo (12 tari). ^ ~ ^ CAROLVS * III * DEI * GRATIA ^ Busto laureato a destra con lunga capigliatura, sotto Ji^ C -^^ P ■¥• ^ — REX ^ SICILI>€ ^ ET HIER Aquila coronata con testa a sinistra e stemma sul petto; nel campo S M. sotto -1730. R. M Collezione Cagiati. 2l6 MEMMO CAGIATI 2. Scudo. Altro esemplare con la stessa data e con piccole varietà di conio. R. M Catalogo della Collezione Sambon 1320. 3. Scudo. Altro esemplare simile ai precedenti, con la data 1731. R. M Collezione cav. Saya di Messina. 4. Scudo. ^ — ' CAROL • • III . D • G- • Testa laureata a d. ; sotto C • P • 9* — REX • SIC • ET • HIE Aquila coronata come nelle pre- cedenti; sotto • 1732 •, nel campo S M- R. JR Collezione prof. dell'Erba di Napoli. I. Mezzo scudo (6 tari). B' — . CAROLVS • III • DEI • GRATIA • Busto laureato a d.; sotto C • P • ^ — -REX- SICILI/E ET-HIER -1730. Aquila coronata volta con testa a sinistra sopra una croce ornata con corona alle quattro estremità ; nei due spazi inferiori le lettere S M. M Catalogo della Collezione Sambon 1317. LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. d'aUSTRIA IN SICILIA 31? (Tipo F). 2. Mezzo scudo. Altro esemplare simile al precedente, con la data 1731. Collezione Cagiatì. 3. Mezzo scudo. ^ — • CAROL • • III • D • G • Testa del re laureata a de- stra ; sotto C • P • 1^ — • REX • • SIC • • ET • HIE • ; sotto 1732. Aquila con stemma nei petto sopra una croce ornata con co- rona alle tre estremità, nel campo S M. M Catalogo della Collezione Sambon 1313. 4. Mezzo scudo. Altro esemplare simile al precedente, con la data 1733. M Collezione Cagiati. 2l8 MEMMO CAGIATI (Tipo G). I. Mezzo scudo (grammi 13.40) o medaglia? ^ — CAROL • VI D • G • R • I SA • GER • HIS • SIC • REX • Busto laureato a destra con lunga capigliatura ; sotto le lettere F • B • 9( — + eX + VIsCerIsVs + MeIs + h>eC + fVnDItVr Figura geografica della Sicilia. Sotto 1 • C • G Nel bordo si leggono le parole : COSTANTER • CONTINE! ORBEM. Rarissima moneta che il barone di Fioristella illustra nel Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia (anno 1906, n. 2) e che dice : "... pare sia stata battuta fuori di Sicilia, giacché nella moneta Sici- " liana l'imperatore Carlo VI è detto Carlo III come re di Sicilia e " le iniziali I ' C ' G del maestro di zecca nel rovescio non corrispon- " dono con quelli della nostra monetazione „. " ...interessante anche per la leggenda del rovescio, dalla quale si de- " sume l'anno di coniazione (1734) sommando le lettere numerali, che " nella moneta sono circa il doppio più grandi e che sono le sole che " fanno parte dell'abaco Romano " (X + V + l + C + l + V+M + l + C+V + D + l + V - MDCCXVVVVIIII) v. R. M I. Quattro tari. ^ — CAROLVS • III • D • G • HISPAN • ET Busto laureato a destra sotto • OG' • intrecciate. 9^ — VTR • SICILI/E • REX Aquila coronata volta a sinistra; sopra ai lati 17 22 ; sotto F N. M Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 9972. 2. Quattro tari. ^ — CAROLVS • III • • DEI GRATIA Busto laureato a d. che occupa al disotto tutto il campo. LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. d' AUSTRIA IN SICILIA 219 (Tipo H). i l :^~ — m >>. ^ — REX • SICILI/E • ET • HIER Aquila coronata con testa a sinistra e stemma sul petto; sotto • 1730 • ; nel campo inferiore S M. R. JR Collezione Cagiati. 3. Quattro tari. Altro esemplare simile al precedente ma con le lettere E H nel campo inferiore del retro. Collezione prof. Dell'Erba di Napoli. 4. Quattro tari. ^' — CAROLVS III DEIG-RATIA Busto laureato a d. ; sotto C • P • ^ — Simile al n. i, con la data 1731. JR Collezione Cagiati. 5. Quattro tari. Altro esemplare che varia dal n. 2 per avere il busto lau- reato a destra che non occupa tutto il disotto del campo e differisce dal n. 4 per non avere al di- sotto del campo del busto le lettere C • P JR Collezione Cagiati. 220 MEMMO CAGIATI 6. Quattro tari. Xy — • CAROL • • III • D • G- • Testa laureata a d. sotto C • P • ^ — REX • SIC • ET • HIE Aquila coronata con testa a sinistra e stemma sul petto; nel campo S M, sotto . 1732 . M Collezione Cagiati. 7. Quattro tari. Altro esemplare simile al precedente, dell'anno 1733. M Collezione prof. Scacchi di Napoli. 1. Tre tari. 3' — CAR • ili • D • G- • HISP • VTR • SIC • REX • Busto laur. a destra; sotto T • S • ^ — AVGVSTISSIM/E • DOMV • RESTITVTA • 1720 • Croce con corona alle quattro estremità. Nei due spazi al disotto della croce DD A • G • R. M Catalogo della Collezione Sambon 1334. Questa interessante moneta riportata nel Catalogo Sambon come unica ed inedita, di cui non sono in grado di riportare la figura, fu coniata dopo il trattato di Londra, allorché Vittorio Amedeo, in cambio della Sardegna, cedette la Sicilia all'imperatore Carlo VI. 2. Tre tari. ^ — CAROLVS • III • DEI • GRATIA • Busto laureato a destra sotto C • P • ^ — • REX • SICILI/E • ET • HIER • 1730 • Aquila coronata volta a sinistra sopra una croce coronata alle quattro estremità, sotto S M M Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 1000607. 3. Tre tari. Altro esemplare simile al precedente con la variante sotto il busto della sigla H, invece di C • P • ^ Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 10008. 4. Tre tari. Altro esemplare, simile ai precedenti, che non ha sotto il busto alcuna sigla dello zecchiere. M Collezione prof. Scacchi di Napoli. LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. d'aUSTRIA IN SICILIA 221 (Tipo I). 5. Tre tari. Altro esemplare simile ai precedenti con Tanno • 1731 • sotto il busto C • P •• & Collezione Cagiati. 6. Tre tari. ^ — ■ CAROL • • III • D • G- • Testa laureata a d. ; sotto C • P. I^ — • REX • • SIC • • ET • • HIE • Aquila coronata volta a sinistra con lo stemma sul petto e su croce or- nata coronata alle tre estremità ; nel campo infe- riore S M, sotto 1732. M Catalogo della Collezione Sambon 13 16. 7. Tre tari. Altro esemplare simile al precedente, con la data 1733. M Catalogo della Collezione Sambon 1315. (Tipo L). 222 MEMMO CAGIATI 1. Due tari. ^ — CAROLVS • III • • DEI • G-RAT • Busto laureato a sin. con lunga capigliatura. ^ — ' REX • SICILI/E • ET • HIER • Aquila coronata volta a s. con lo stemma nel petto. Nel campo S M; sotto 1730. R. M Collezione Cagiati. 2. Due tari. pà' — . CAROLVS • III • • DEI • G-RATIA • Simile al prece- dente, ma sotto il busto C • P • II) —-REX- SICILI/E- ET HIER- Simile al precedente con la data 1731. R. M Catalogo della Collezione Sambon 1335. 3. Due tari. B' — . CAROL • • III • D ' G • Testa laureata a d.; sotto C- P- 1^ — • REX SIC • ET HIE • Aquila coronata a sinistra con lo stemma nel petto. Nel campo S M ; sotto 1732. M Collezione Cagiati. 4. Due tari. Altro esemplare simile al precedente, dell'anno 1733. M. Collezione Cagiati. 5. Due tari. Altro esemplare simile ai precedenti, dell'anno 1734. M Catalogo della Collezione Sambon 1325. LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. D AUSTRIA IN SICILIA 223 I. Tari. B' — CAR DO- HISP • Testa laureata a d. sotto T- S • 9' — VTR • SIC • REX • Aquila bicipite di fronte con le ali aperte sormontata da corona imperiale, avente sul petto uno scudo circolare coronato, in cui v'è la triquetra con tre spighe, sotto • DD • • AC • R. M Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 9959. \ (Tipo M). 2. Tari. ^ — CAROLVS • MI • D • (7 • HISP • ET • Testa laureata a d. sotto • DG . intrecciati. ^ — SIC- (nel campo 1721) REX- Aquila coronata volta a sinistra e stemma coronato nel petto; sotto F N. R. M Collezione Cagiati. 3. Tari. Altro esemplare simile al precedente, dell'anno 1722. R. M Catalogo della Collezione Sambon 1336. 4. Tari. ^ - CAROLVS • III • D • G • Busto laureato a destra. ^ ~ f^EX SICILI/E 1731 Aquila coronata volta a sinistra con Io stemma nel petto. Nel campo S M. M Catalogo della Collezione Sambon 1337. 224 MEMMO CAGIATI 5. Tari. Altro esemplare simile al precedente, dell'anno 1732, con le lettere C • P • sotto il busto. M Collezione prof. Dell'Erba di Napoli. 6. Tari. /B' — CAROLVS • III • D • G • Testa laureata a d. sotto C • P • ^ — REX • SICILI/E • 1731 • Aquila coronata a sin. avente sul petto lo scudo, ai lati S M JR Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelii 10024-25. 7. Tari. ^ — CAROL • MI • a • G- (il a è capovolto così). Simile al precedente. P — REX • SICILI/E • 1731 • Simile al precedente. M Collezione prof. Scacchi di Napoli. 8. Tari. B' — . CAROL • MI • D • G- • Simile al precedente. 91 — • REX • SIC • ET • HIE • Simile al precedente, sotto 1732 M Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelii 10037-38. 9. Tari. ,& — • CAROL • • MI • D • G- • Simile al precedente. ^ — • REX SI ET • HIE • Simile al precedente; sotto la data 1733. JR Catalogo della Collezione Sambon 1326. 1 ^ J LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. D'aUSTRIA IN SICILIA 325 IO. Tari. Altro esemplare simile al precedente dell'anno 1734. M Collezione Cagiati. (Tipo N). I. Mezzo tari. ^ — CAR • III • D • G • Testa a d. con lunga capigliatura. 9 — SIC • (nel campo 1722) REX Aquila volta a sinistra con lo stemma coronato sul petto, sotto le lettere F N. R. M Collezione Cagiati. 2. Mezzo tari. ^ — CÀROL • III DEI GRA • Busto laureato a sinistra. ^ — REX • SICILI/E • 1731 • Aquila coronata volta a s. con lo stemma sul petto; sotto S M. R. M Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 10026. 3. Mezzo tari. ì^ — • CAROL • • III • D • G • Testa laureata a destra. 9* — • RE • SI • ET • HI • Aquila volta a sinistra con lo stemma sul petto, sotto 1733. M Collezione Cagiati. 226 MEMMO CAGIATI (Tipo O). I. Cinquina [Cinque grana). ^ — CAR • III • DG • Testa laureata a destra con lunga capigliatura. I^ — .5 sormontato da corona, fra rami di palma intrec- ciati e la data 17 22. R. M Collezione Cagiati. 2. Cinquina. ,& — Testa laureata a destra entro un circolo, p — • CAR • SIC • REX • Nel campo S (cinque) sotto 1733. R. M Catalogo della Collezione Sambon 1332. (Tipo P). .M I I. Due grana. & — CAROLVS VI • D • G • ROM • IMP • Aquila coronata volta a sinistra con lo stemma sul petto, sopra a destra °y^-, ai Iati G • M G • II. l^ — + • III • UTR • SIC • REX (l'U è tondo). Nel mezzo UT FACI LIUS 1720 tra due rami di quercia (l'U è tondo). R. JE Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 9960. LA MONETAZIONE DI CARLO VI IMP. d'aUSTRIA IN SICILIA 227 2. Due grana. 43' - + CAROLVS VI D • + & • ROM • IMP • Aquila coro- nata volta a sinistra con lo stemma sul petto, sopra a destra °\i^\ ai lati GM G • II. B - + III-® UTR- SIC-® REX- (l'U è tondo). Nel mezzo del campo UT FACI LIUS 1720 fra due rami di quercia (l'U è tondo). R. ì£ Collezione cav. Saya di Messina. 3. Due grana. Altro esemplare simile ai precedenti, con la data 1721. R. ^ Collezione Museo di Napoli, Catalogo Fiorelli 9970-71. 4. Due grana. Altro esemplare simile al precedente, con la data 1725. R. JE Naumann 17964. 5. Due grana. Altro esemplare simile ai precedenti, con la data 1726. R. ^ Collezione cav. Saya di Messina. (Tipo Q). 1. Grano. '^ — é> CA ROLVS • VI • D • G • ROM • IMP Aquila coronata volta a sinistra, ai lati DV V. ^ — HISPET VTR SIC REX * Targa in cui vi è VT COMMO DIVS 1720, al lato d. M R. ^ Collezione Cagiati. 2. Grano. Altro esemplare con piccole varietà di conio e della stessa data. R. JE Collezione Museo di Napoli, Catalogo F.orelli 9964-69. 228 MEMMO CAGIAtl 3. Grano. ^ — CAROLUS • VI • D • G • ROM • IMP (l'U è tondo). Simile al precedente, P — HISPET-UTR-SICREX (l'U è tondo). Simile al ' w* precedente, con UT GOMMO DIUS 1720. R. ^ Naumann 17963. 4. Grano. & — CAROLVS • VI • D • G • ROM • IMP Simile al precedente. I^ — HISP • ET • VTR • SIC • REX Simile al precedente, con VT GOMMO DIVS 1726. R. M Naumann 17966, (Tipo R). I. Tre Cavalli. ^' — * GAROLVS -VI D • G • Aquila coronata volta a s., ai lati DV V. ^ — III • TRINAGRI/E • REX • 1720 Nel campo 3 in uno scudo a cartoccio. R. ìE Collezione Cagiati. Memmo Cagiati. ALCUNE MONETE INEDITE DEI BARONI DI VAUD Alla prima delle vendite che dispersero la mi- rabile collezione Stroehlin, ebbi la ventura di poter acquistare diverse notevoli monete dei baroni di Vaud. Poiché alcune di esse non figurano nel Corpus Nummorum Italicorum, né, che io sappia, in antece- denti pubblicazioni, confido di fare cosa non discara ai lettori della Rivista, descrivendole qui brevemente. Delle monete di cui mi occuperò, due appar- tengono ad un tipo affatto nuovo per le zecche dei Signori di Vaud ; la terza fu bensì, come tipo, già pubblicata da Domenico Promis; questi tuttavia non la vide effettiva , ma solo ne ebbe fra le mani un calco. Dal disegno pubblicato dall'insigne nummografo nel Supplemento alle Monete inedite del Piemonte (tav. VI, n. 66), fu pure tratto quello che figura sulla tav. XLII al n. i del Corpus. Anche di questo pezzo posso ora presentare un esemplare effettivo, che offre per di più notevoli varianti dai disegni sopra citati. Scarse sono le notizie che rimangono sulla mo- netazione dei Savoia, baroni di Vaud, che pare si 230 LUIGI CORA applicassero di preferenza ad imitare le monete degli stati vicini (0. In mancanza di ordini di battitura, sappiamo tuttavia che i due baroni, entrambi di nome Ludovico, che coniarono monete, le fecero lavorare in diverse località: in Thierrens e Nyon il primo, a Nyon e Pietracastello il secondo (2). Delle tre monete che ora pubblico, nessuna offre segni particolari che possano farla attribuire ad una zecca determmata: mi contenterò di esporre in pro- posito qualche congettura, via via descrivendole , senza però nascondermi quante deboli basi debbano avere ipotesi di tal fatta, che non si appoggiano ad alcun documento. Stimo inutile diffondermi su fatti e gesta dei due Ludovici ; per lo scopo di questa breve memoria basterà rammentare che Ludovico, ereditata la Si- gnoria di V^aud dallo zio Filippo I di Savoia nel 1285, governò da quell'anno fino al 1302 in cui morì, e che il di lui figho e successore Ludovico II cessò di vivere nel 1350. Venduti i domini paterni da Caterina di Namur, figlia ed unica erede di Ludovico II ^3), ad Amedeo VI nel 1359, le zecche di Nyon e Pietracastello lavo- rarono ancora in seguito pei conti di Savoia ^^4). (i) Anzi Ludovico I dovette appunto chiudere l'officina di Thierrens nel 1299, dietro ingiunzione dell'imperatore Alberto d'Austria, a cui il vescovo di Losanna sì era rivolto, lagnandosi che colà venissero mala- mente contraffatti i suoi denari. (2) Rimangono ancora monete che portano il nome di queste due ultime zecche. Vedi Corpus, pag. 518, n. 3-7 e pag. 519, n. 8. (3) Essendo premorto al padre, Giovanni, unico maschio di Ludo- vico II, Caterina di Namur rimase soia erede dei dominii di questi. Maritata tre volte (con Azzo Visconti, Raoul de Brienne, e Guglielmo di Fiandra conte di Namur) senza aver avuto figliuolanza, si decise nel 1359 a vendere la Signoria di Vaud ad Amedeo VI per lóocxx) fiorini d'oro. (4) Già nello stesso anno 1359, Bonaccorso Borgo battè a Pietra- castello moneta per Amedeo VI (vedi D. Promis: Monete dei reali di Savoia, voi. I, pag. 96). ALCUNE MONETE INEDITE DEI BARONI DI VAUD 231 Ecco ora la descrizione delle monete ^ — + LVDOVICVS :^ B « SABAVB Aquila spiegata con lesta volta a sinistra, caricata di rastrello a cinque pendenti in cerchio di perline. R} — * » SPX X VICIT « SPX X REGNAI Croce patente in cerchio di perline (0. Argento, diam. 25, peso gr. 2,43. — Ci, mia collezione. Come si può vedere, gettando una semplice occhiata sul disegno che precede, questa moneta è una stretta imitazione del Grosso all'aquila monoce- fala di Amedeo V, variante soltanto da questo per le leggende, e per essere l'aquila caricata di un lam- bello (o meglio rastrello, data la forma dei pendenti), a cinque pendenti. Peso e diametro del pezzo sono pure analoghi a quelli dei grossi Savoiardi di peso medio (2). A quale dei due Ludovici appartiene questo Grosso ? Non conoscendosi l'epoca della prima emissione (i) Inutile insista sulla sigla retrograda SPX, invece di XPS, es- sendo simili singolarità, o meglio errori, non insoliti nella numismatica medioevale. (2) Il Ladè ha dato peso e descrizione di buon numero di questi grossi di Amedeo V, nella sua Contribution à la Numismatique des Comfes de Savoie ; essi variano da un massimo di gr. 3,26 ad un minimo di gr. 2,13. Cfr. anche Corpus, pag. 9-10, n. 1-13. 232 LUIGI CORA dei grossi di Amedeo V, che servirono di modello ai nostri, la cosa parrebbe assai ardua da stabilire, essendo stato il regno di Amedeo V (1285-1323) con- temporaneo non solo a quello di Ludovico 1, ma altresì a buona parte di quello di Ludovico IL Fortunatamente la sfragistica viene in buon punto in nostro soccorso, e l'esame dei sigilli dei baroni di Vaud ci offre elementi di confronto che permetteranno forse di sciogliere il quesito. Nei u Sigilli de' Principi di Savoia raccolti ed illustrati da L. Cibrario e D. C. Promis », ne tro- viamo un discreto numero appartenenti a Ludo- vico I (^>; orbene, il rastrello che carica l'aquila in essi è sempre a cinque pendenti, come nel nostro grosso. Se passiamo poi ad esaminare i sigilli di Ludovico II, non vediamo invece figurare in essi che un rastrello a tre soli pendenti: possiamo adun- que ritenere che Ludovico I usasse il rastrello a cinque pendenti, Ludovico II quello a tre. Come si vedrà, descriverò più sotto un pezzo recante l'aquila col rastrello a tre pendenti; se i due baroni vollero differenziarsi nei sigilli pel vario nu- mero dei pendenti al rastrello, sembra ovvio che essi debbano aver voluto mantenere la medesima distinzione anche sulle monete, e che quindi il grosso coi cinque pendenti si possa a buon diritto attribuire al i.° Ludovico, mentre quello che seguirà si debba ascrivere al 2.° Come detto, Ludovico I fece battere moneta prima a Thierrens, poi a Nyon; se, come si pre- tende, dalla zecca di Thierrens non uscirono che contraffazioni di tipi Losannesi (2), parrebbe verosi- (i) Vedansi specialmente i numeri 176-180 per Ludovico I e 182 e 189 per Ludovico IL (2) Vedi Promis, op. cit., voi. I, pag. 373. ALCUNE MONETE INEDITE DEI BARONI DI VAUD 233 mile ritenere questo pezzo come uscito dall'officina di Nyon. Ecco ora la moneta col rastrello a tre pendenti, dianzi accennata : «B* — + LVDOVICVS : B : SABA '^ Aquila spiegata con testa volta a sinistra, caricata di rastrello a tre pendenti, in cerchio di perline. I^ — * BENEDICTVS ■ DEVS " Croce patente accantonata da quattro trifogli, in cerchio di perline. Argento, diam. 33, peso gr. 1,48. — C 2, mia collezione. Se il primo pezzo descritto offre strettissime analogie col grosso all'aquila monocefala di Ame- deo V, questo rammenta ancora abbastanza, per tipo e dimensioni, quello all'aquila bicipite dello stesso conte, quantunque nel nostro l'aquila non abbia che una testa sola e sia assai diversa la croce del ro- vescio (*\ Come detto, in questo grosso minore, l'aquila porta un rastrello a tre pendenti ; per questo motivo, già fatto valere più sopra, credo che la moneta si possa ascrivere a Ludovico II. Ravvalora ancora questa attribuzione il fatto che lo stile e la fattura del pezzo lo dimostrano piut- tosto come appartenente al XIV che al XIII secolo. Avendo Ludovico II battuto moneta non solo a Nyon, ma altresì a Pietracastello, non è facile sta- ci) 11 peso di questo grosso di Vaud è assai minore di quello dei grossi Piemontesi all'aquila bicipite; ma bisogna tener presente che al mio esemplare manca un discreto pezzetto. 234 LUIGI CORA bilire da quale delle due zecche sia uscito questo secondo grosso; tuttavia un fiore a sei petali che termina la leggenda del diritto, e certi piccoH trifo- gli (^) che accantonano la croce del rovescio, po- trebbero far credere che la nostra moneta sia stata battuta dalla zecca di Nyon, essendo a questa co- munemente attribuiti pezzi che offrono gh stessi distintivi. Ecco ora la terza moneta : B" — A* VDOVIC ! DE SABAVH Grande L fra quattro ro- sette a cinque petali in doppia cornice quadrilo- bata e cerchio rigato. ^ — ♦ DOMINVS ! VLAVDI Scudo Sabaudo con banda; rosa a cinque petali sopra; in doppia cornice di tre archi e tre angoli ; cerchio rigato. Argento, diam. 26, peso gr. 2,92. — C 2, mia collezione. La moneta disegnata nel Promis e nel Corpus, ha le leggende : B' — * VDOVI-e- • SABAVDIA. P - * DOMINVS • VAVDI. che, come si vede, si differenziano alquanto da quelle della mia. 11 peso di questa si accosta assai a quello (i) Nel Corpus questi piccoli trifogli sono detti archetti colla punta. Tutti questi piccoli segni distintivi sono assai diligentemente riprodotti dal Blanchet nella sua Mémoire sur Monnaies des Fays voisins du Léman. ALCUNE MONETE INEDITE DEI BARONI DI VAUD 235 del Grosso bianco di Aimone di Savoia (^) e più an- cora a quello della parpagliola di Amedeo VI (2). Assai simile ad entrambi la moneta lo è pure nel tipo; anzi, come disegno essa è quasi uguale ad una parpagliola di Amedeo VI, variata da quella del Corpus, che si trova nella mia raccolta e che pre- senta, in luogo delle rotelle, le identiche rosette a cinque petali. L'attribuzione nel Promis e nel Corpus di questa moneta al 2.° Ludovico, è indiscutibile, a causa del tipo stesso, che non può essere anteriore al 1329; le grandi analogie di fattura e di segni con certe monete che si vogliono battute da Amedeo VI a Pietracastello, non appena il Vaud fu nuovamente riunito alla corona Sabauda, potrebbero permettere la congettura che anche il mio pezzo appartenga a questa zecca. A complemento di questi brevi cenni, aggiun- gerò peso e misura di una monetina, pure di Lu- dovico II, già pubblicata nel Promis e nel Corpus (3), perchè in queste due opere, peso e misura sono mancanti, ed il mio esemplare offre altresì la lieve variante di avere tre punti in palo, anziché due, tanto in fine della leggenda del diritto che di quella del rovescio. Ci) Vedi Corpus, pag. 17, n. 2-6. Questi esemplari pesano da gram- mi 1,81 a 2,70. (2) Vedi Corpus, pag. 23, n. 16-18. Questi esemplari pesano da gr. 2,80 a 3,04; quindi dal peso il nostro pezzo potrebbe piuttosto dirsi parpagliola che grosso bianco. (3) E disegnata nel Promis, M. d. R. d. S., tav. complementare III, n. 12, e nel Corpus al u. 9 Jclla l2iW. XLII. 236 LUIGI CORA 11 mio esemplare, che proviene al pari delle monete già descritte, dalla collezione Stroehlin, è di ottima conservazione; misura mill. 17 di diametro e pesa gr. 0,80. Questa monetina, che è di mistura, è detta dal Promis « denaro », dal Corpus « viennese »; per peso e dimensioni essa si accosta molto ai de- nari del i.° Ludovico. Torino, ij Aprile i^ii. Luigi Cora. MONETE INEDITE POCO NOTE DELLA COLLEZIONE RATTO II. CHAMBERY. Fra le molte officine che coniarono monete sotto il lungo governo di Carlo Emanuele I, certamente fra le più importanti si può stabilire quella di Chambery. Essa si distingue specialmente per il segno della stella a cinque punte che si trova sopra molti fra i tipi numerosi coniati da quel principe e sopratutto sopra le monete di minore valuta, cioè dal testone alle più spicciole. Promis, nella sua pregevole opera sulle monete dei Reali di Savoia, dà il tipo di un testone alla ta- vola XXXIl, n. 34, il quale ha la data 15-95 nel- l'esergo dimezzata dalla stella e con una piccola let- tera G- in fine; iniziale dell'incisore Gaspare Comaglia, che è così interpretata al n. 193 del Corpus Num- morum, ecc. Ora mi capita un mezzo testone di fine argento e di tipo identico al suddetto, il cui peso è gr. 4,62 che può essere il peso esatto all'emissione, essendo tale moneta di perfettissima conservazione. 238 RODOLFO RATTO Eccone l' illustrazione e la descrizione & — + CAR • EM • D • G- ■ DVX • SABAVDIE Busto coraz- zato a destra. P — AVXILI -MA' DOM • Stemma coronato, nell'esergo • 15 lAr 95 • Manca la lettera G- ; ma abbiamo l'eguale stella a cinque punte che dimezza la data. Ho ragione di stimare detta moneta finora sco- nosciuta, non trovandola descritta in nessuna delle importanti opere sulle monete di Savoia, quali il Promis, Rabut, Perrin, Ladè, nonché V ultima e più importante di tutte che è il Corpus Nummorum, ecc., epperciò credo far cosa gradita indicandone l'esistenza. R. Ratto. STDDl SULLA NUMISMATICA DI CASA SAYOJA Memoria XII. Le Monete di Amedeo 1 di Savoia, Duca d'Aosta, Re di Spagna. Del regno effimero di Amedeo I di Savoja, duca d'Aosta, in Ispagna, si hanno alcune medaglie, delle quali mi riservo darne contezza assieme alle altre italiane delio stesso prin- cipe. Le monete non sono che tre, due d'oro e una d'argento. Premetto poche parole : Amedeo Ferdinando Maria, duca d'Aosta, figlio secondogenito di Vittorio Emanuele li. Re d'Italia, e fratello di Umberto I, nato il 30 maggio 1845, accettò il 4 dicembre 1870 la corona di Spagna offertagli dalle Cortes, e vi condusse sul trono glorioso la consorte Maria Vittoria Carlotta Enrichetta Giovanna Dal Pozzo, principessa della Cisterna, nata il 9 agosto 1847 e sposata il 30 maggio 1867. La storia contemporanea narra le vicende di quel breve e torbido regno e le azioni generose di quel Re, a cui non hi rimproverato altro che di non essere nato in Ispagna. Narra come quel rampollo dei Savoja espose la vita quando non si trattava che della propria persona, sacrificando, per l'avvenuto attentato, la salute della consorte, e depose spon- taneo la corona, accettata con nobili intenti, quando gli parve colla rinunzia favorire il bene e risparmiare il sangue del suo popolo di adozione. Narra come la proclamazione della Repubblica nuova portò il paese all'anarchia, fra le cruenti lotte dei repubblicani, dei carlisti, dei socialisti, ecc., per cui, dopo la rinunzia dell'i i febbraio 1873 il Governo di Madrid, con D. Nicolas Salmeron y Alonso si reggeva appena nel- l'estate dell'anno stesso. Il potere esecutivo era a mal par- tito e con grandi stenti potè aver ragione delle intestine di- scordie, fino all'avvento del maresciallo E. Serrano y Do- 240 A. F. MARCHISIO mingues, duca della Torre, quando, nell'agosto del 1874, dietro iniziativa dell'Impero Alemanno, veniva il nuovo stato di cose riconosciuto dalle grandi potenze d'Europa. Lasciando da parte ciò che è nella memoria di molti, e che è qui fuor di luogo, dirò che S. M, Amedeo I volle provvedere anche alla coniazione di monete per il nuovo regno ; ma di esse una sola, lo scudo d'argento, rimane a memoria popolare di quel breve ed infausto periodo. Dico una sola, perchè le due monete d'oro che furono altresì co- niate, rimasero quasi allo stato di progetto, per la fatalità degli eventi ; difatti, una decina, e forse meno, per ogni tipo, furono battute, e senza una nota che le descriva, potrebbero essere dannate all'obblio, come fu la sorte di tante altre rare monete di ogni nazione e tempo. Questa è la ragione che mi consigliò la presente Me- moria; e passo senz'altro a dare il disegno e la descrizione di tutte tre le monete che ricordano il regno in Ispagna di Amedeo di Savoja : I. Da 100 Pesetas, oro. & — -¥ AMADEO I REY DE ESPANA % Testa nuda a d. All'esergo 1871 Nel taglio del collo, incuse L • M • P — LEY 900 MILESIMAS 31 PIEZAS EN KILOG • Al- l'esergo SD- 100 PESETAS • M • Scudo reale di Spagna, ovale ; i.° Castiglia, 2." Leone, 3.° Ara- gona, 4.° Navarra. Al centro, in scudetto ovale, la Croce di Savoja. In fondo. Granata. Toson d'oro, Padiglione e Corona reale. Sul taglio, in rilievo, t JUSTICIA t ^ Y # 4^ LIBERTAD ^. STUDI SULLA NUMISMATICA DI CASA SAVOIA 24 T Diam. miU. 35. Peso gr. 31,70. F. D. C. (peso legale, gr. 32,258). Collezione delia R. Zecca di Madrid. — Id. Céspede.*, di Madrid (i). Mia Collezione. 2. Da 25 Peseias, oro. ^ — * AMADEO I REY DE ESPANA * Testa nuda a d. All'esergo, 1871 Nel taglio del collo incuse: L • M • I^ — LEY 900 MILESIMAS 124 PIE2AS EN KILOG • Al- l'esergo S • D • 25 PESETAS • M • Scudo reale di Spagna, ovale ; i.° Castiglia, 2.° Leone, 3.° Ara- gona, 4.° Navarra. AI centro, in scudetto ovale, la Croce di Savoja. In fondo, Granata. Toson d'oro, Padiglione e Corona reale. Sul taglio, in rilievo * JUSTICIA t ^ Y ^ ♦ LIBERTAD ♦. Diam. min. 24. Peso gr. 8,056. F. D. C. (peso legale, gr. 8,0645). Collezione della R. Zecca di Madrid. - Id. Céspedes, di Madrid (2). — Mia Collezione. (i) L'esemplare della Collezione del signor Céspedes, pesa gr. 34. (2) L'esemplare della Collezione del signor Céspedes, pesa gr. 8,50. 242 A. F. MARCHISIO 3. Da 5 Pesetas, argento. B' — ^ ÀMADEO I REY DE ESPANA t Testa nuda a sin. All'esergo 1871 Nel taglio del colio, incuse: L • M • \^ — LEY 900 MILESIMAS 40 PIEZAS EN KILOG- • Al- l'esergo, S • D • 5 PESETAS • M • Scudo reale di Spagna, quadrato, appuntato e coronato, fra le colonne d'Ercole; 1° Castiglia, 2.^ Leone, 3.° Ara- gona, 4.° Navarra. In fondo. Granata. Al centro, in scudetto ovale, la Croce di Savoja. Sul taglio, in rilievo ^ JUSTICIA t¥ ^ ^ ^ A LIBERTAD ¥. Diam. mill. 37. Peso gr. 25,15. F. D. G. (peso legale, gr. 25). Esistente, siccome moneta comune, in ogni medagliere di Spagna (i). Di quest'ultima moneta ne furono coniati complessiva- mente n. 16,476,056 esemplari, pari a pesetas n. 82 380,280, così ripartiti : Anno 1871, pezzi n. 5,901,826 = Pesetas 29,509,130 V 1872, „ „ 7,704,184= „ 38,520,920 ,, 1873- » „ 2,870,046 = „ i4.35Q'23o Totale pezzi n. 16,476,056 = Pesetas 82,380,280. Nonostante i tre anni di emissione ogni pezzo reca la sola data 1871. Terminando codesta breve nota io porgo sentite azioni di grazie a S. E. il Ministro dell'Istruzione Pubblica e Belle Arti, di Spagna, al senatore D. Rómulo Bosch y Alsina, di Barcellona, al direttore della R. zecca di Madrid, D. Manuel Diaz Gómez, e al chiar.'"'' numismatico Valentino Gii, di Madrid, alla cui cortesia devo i dati qui sopra esposti, e quanto spero potere fra breve pubblicare circa le medaglie di un sovrano che in poco più di due anni di regno lasciò durature impronte, sacre alla memoria ed all'affetto del ca- valleresco popolo ai cui destini si era con tanto amore de- dicato. Torino, Maggio j^ii. A. E. Marchisio. (i) L'esemplare della Collezione del signor Céspedes, pesa gr. 25,50. Il ritiro d'un MEZZO GROSSO di Papa Clemente XII Nel quasi decennale pontificato di Clemente XII furono coniati sei mezzi grossi, di cui uno — quello uscito dalla zecca papale nel 1739 — portava nel diritto la leggenda: CLEM • XII • P • M • A • IX e come impronta l'arma papale, e nel rovescio il motto : NON EST PAX. Di questa moneta che ha, numismaticamente, poco va- lore accennano brevemente parecchi autori (i), ma nessuno, eh' io mi sappia, narra come, per effetto d'una malevola pa- squinata o meglio d'un superstizioso timore della Curia Ro- mana, la medesima sia stata ritirata non appena fu messa in circolazione. Il perchè d'un tale provvedimento, che ritengo inedito e che non credo del tutto privo d'interesse, casualmente appresi sfogliando la corrispondenza diplomatica inviata, da Roma, alla Corte di Torino dal conte senatore Gio. Battista Simeone Balbis di Rivera (2). Questi scrivendo al signor De Caroli (3) e inviandogli un mezzo grosso in questione, gliene annunciava il ritiro, (i) Cfr. ad esempio : Angelo Cimagli, Le monete dei papi. Roma, 1848, pag. 324. (2) Giov. Batt. Simeone Balbis C* di Rivera, senatore del Senato di Piemonte e già ministro di Savoia a Genova, fu inviato ministro, complenipotenziario col card. Alessandro Albani, da Carlo Emanuele III, a Roma, nel 1738 per cercare di terminare le controversie giurisdizio- nali, feudali e beneficiarie ch'erano risorte alla morte di Benedetto XIII. (3) 11 signor De Caroli era segretario della Giunta Ecclesiastica, creata da Carlo Emanuele nel 1739. 244 G- DELLA PORTA dandone la ragione, e commentando anche argutamente il provvedimento, nella seguente lettera, che integralmente tra- scrivo (i). " Colendissimo Signore, " Dalla nuova battitura di queste Zecche essendo usciti certi mezzi grossi col moto NON EST PAX come vedrà dall'inchiuso, che le mando nell'annessa cartuccia, alcuni malevoli avendo preso ad inferire dal sudetto moto che non vi sia pace tra questi Ministri di S. S. e nel Sagro Collegio, ed altri ancor più temerariamente a metter dei punti tra la lettera P e A e la lettera A e X della parola PAX, e ad interpretar così tutto il motto NON EST PAPA ANNO DECIMO, si è presa qui la pessima risoluzione di dar a si fatta inezia quella dote, che non si meritava, e di ri- tirare tutti i suddetti mezzi grossi usciti nuovamente dalle zecche, il che gli ha fatto crescere di valore in modo che uno di detti mezzi grossi si cambia presentemente contro uno scudo, anche tra i più volgari ed infimi della plebe, tale è l'odio e l'animosità ordinariamente di questo popolo contro quelli, che lo governano.... „. " Roma ij agosto z7Jp. " J. B. Balbis Simeone di Rivera. " M. De Caroli ,;. Purtroppo, nonostante il ritiro del mezzo grosso, Cle- mente XII non potè vedere la fine del suo decennio ponti- ficale! Esaltato al trono papale il 12 luglio 1730, moriva il 6 febbraio 1740, dando ragione alla malevola diagnosi di Pasquino ! Avv. G. DELLA Porta. (i) La lettera si trova all'Archìvio di Stato di Torino, Lettere Mi- nistri Roma, Mazzo 193. NECROLOGIA CARLO ERMES VISCONTI. Il giorno 30 del maggio scorso, nell'età di 76 anni, ces- sava di vivere in Milano il nostro carissimo amico e collega, Marchese Carlo Ermes Visconti. Fino dal 1888, quando si fondava in Milano questa Ri- vista, egli fu chiamato a far parte del suo Consiglio di Re- dazione, e quando nel 1892 da un gruppo di numismatici, studiosi ed amatori furono gettate le basi della Società Ita- liana di Numismatica j egli fu subito scelto a membro del Consiglio di quel sodalizio, conservando poi sempre quelle due cariche fino all'epoca della sua morte. I Musei cittadini gli devono moltissimo; fu il marchese Visconti che iniziò la prima raccolta di oggetti d'arte e di memorie patriotiche, raccolta importante che ebbe sede dap- prima nel vecchio Salone ai Giardini pubblici. E con quale compiacenza, con quale ardore egli si occupò a trasportare e riordinare tutti quegli oggetti preziosi nelle sale del Ca- stello Sforzesco sorto a nuova vita! Ma la parte del Museo che attirò le sue maggiori cure fu la Collezione numismatica. Questa si componeva di quattro raccolte di monete e medaglie state legate in varie epoche al Comune di Milano; le raccolte Castiglioni, Bolognini, Sor- mani e Taverna. La prima di esse si trovava da oltre ses- sant'anni in deposito presso la Biblioteca Ambrosiana; le altre tre giacevano da lungo tempo in completo disordine rin- chiuse in alcune casse presso il Municipio. Per cura del 246 NECROLOGIA marchese Visconti, queste collezioni furono riunite e clas- sificate, e quando, nel 1879, la città aperse il suo Museo Artistico, esse poterono essere presentate al pubblico per- fettamente riordinate. Per molti anni ancora il marchese Visconti continuò nell'ufficio di conservatore del Gabinetto numismatico, che arricchì considerevolmente con acquisti e con doni proprii. Dotato di mente eletta, di vero amor patrio e di larga coltura, il marchese Visconti dedicò gran parte della sua vita in servizio della sua città natale. Fu per molti anni con- sigliere comunale, assessore della pubblica istruzione, mem- bro del consiglio provinciale e di molti istituti scientifici. Schivo d'ogni fasto, di ogni romore mondano, passò lavo- rando sempre per il suo paese, off'rendo tutto se stesso, quando c'era da fare, tirandosi in disparte, quando l'opera era compiuta. La Direzione. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI Stetti ner (Pietro). Roma nei suoi ntomimenti (illustrazione storico-cronologica con 580 figure). — Roma, 191 1. Non è un libro di storia, non è una guida di Roma; ma tiene dell'una cosa e dell'altra riuscendo un libro che molto opportunamente vede la luce nella circostanza delle feste cinquantennarie del regno d'Italia e che vorremmo rac- comandare a tutti i visitatori della città eterna. I monumenti sparsi per la città di Roma sono gli avanzi e i testimoni di epoche molto diverse. Essi incominciano coll'epoca diremo ancora favolosa del principio dell'Urbe, venendo pei tempi della repubblica, dell'impero, poi attraverso tutto il medio evo e l'evo moderno. Le costruzioni originali e le sovrap- posizioni abbracciano il periodo di ben ventisette secoli. La materia non faceva dunque difetto, e l'A. ne usufruì per darci un libro ben fatto e bene illustrato, che si fa leg- gere con molto interesse, riuscendo profondamente istruttivo. Inutile dire che la numismatica ha una gran parte in questa pubblicazione — e difatti quali monumenti più sicuri e più efficaci delle monete? — È anzi per questo che ab- biamo creduto nostro dovere di darne un cenno in queste note bibliografiche, annunciandolo al pubblico con tutto il piacere e con grande simpatia. F. G. Barclay (V. Head). Historia Niimorum. A manual of Greek Numismaiics. — New and enlarged Edition. Oxford, 1911. Dopo 25 anni dalla prima comparsa di questo eccellente m.anuale, l'autore ci offre la seconda ingrandita e migliorata. Come l'autore stesso avverte nella prefazione, appena pub- 248 BIBLIOGRAFIA blicata la prima edizione, dovette occuparsi di raccogliere i nuovi materiali che le riviste, i cataloghi e le pubblicazioni d'ogni genere facevano conoscere. E la raccolta fu molto ab- bondante, perchè in quest'ultimo quarto di secolo lo studio della numismatica greca fu molto intenso. Così la nuova edizione riesce di ben 160 pagine superiore alla prima. Dell'opera in se stessa crediamo inutile parlare, perchè già troppo conosciuta e famigliare a tutti coloro che s'inte- ressano alla numismatica greca. Valentine (W. H.). Modem copper Coins of the Muhamma- dan States. — Londra, Spink & Son, 191 1. Le ricerche intorno a una monetina turca di difficile classificazione condussero l'autore a studiare questa serie nel Gabinetto Britannico, ove si trova una grande quantità di tali monete in parte solo classificate. I suoi studii man mano si allargarono versando su tutta la serie di tali mo- nete e il risultato ne fu il volumetto ora pubblicato, il quale contiene la descrizione delle monete di rame della Turchia, Persia, Egitto, Afganistan, Marocco, Tripoli, Tunisi ed altri paesi mussulmani soggetti al dominio inglese, russo, arabico o chinese. L'opera è molto pratica, perchè ogni tavola contenente i disegni delle monete ha allato una tavola esplicativa, ove le leggende sono tradotte. Così anche chi non conosce l'arabo può classificare geograficamente e cronologicamente tali mo- nete, che contano pochi amatori in Europa appunto per la difficoltà della lingua. Anson (L.). Numismata Graeca. Greek Coin-Types classified for immediate identiftcation. Di quest'opera di cui abbiamo parlato nel IV fase. 1910, e di cui apparvero in anticipazione le tavole, viene ora pub- blicato il testo della parte I: " Industria „, vasi, recipienti, tripodi, ecc. La Direzione. BIBUOGRAFIA 249 Cagiati {Memmaì), Le monete del Reame delle due Sicilie da Carlo I d'Angiò a V. Emanuele II. Fascicolo i.» Napoli, tip. Melfi & Joele, 1911, in-4 ili., pag. 73. Supino {J. B.), La scultura in Bologna nel secolo XV, ricerche e studi. In-8. Bologna, Zanichelli, 1910 [6.» Sperandio Mantovano]. Casteilani {Giuseppe), Gli editti monetari di Ferdinando IV, re delle due Sicilie a Roma (1799-1880). In-8. Bruxelles, 1910 [Congrès interna- tional de nuniismatiquel. 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Die Mùnzen der Stàdie Nor- dalbaniens (Skutari, Drivasto, Sas, Antivari, Dtilcigno). — Nowotny (d."' Eduard). Der Mùnsfund von Lichtenwald. — Roll (Karl). Das Salzbnrger Mùnzwesen unler Ersbischof Johann Khun von Belasi (Die MUnzmeister Hans und Christoph Geizkofler). — Schalk (d.' Karl). Zur Geschichte des oesterreichischen Munzwesens unter Leopold I. — Ernst (C. von). Die Nova Constellatio-und die Fugio-Mùnzen, die ersten Miinzen der Vereinigten Staaten. — Numismatische Literatur. — Jahresberichte der Numisniatischen Gesellschaft fur ipop und /pio. Monatsblatt der Numismatischen Gesellschaft in Wien. Vienna. N. 329, dicembre I9I0, — Versammlungen der Wiener Numismati- schen Gesellschaft. — Verschiedenes [Kaiserplakette; Ein neuer pSpstli- cher Verdienstorden ; .Augustale aus Leder des Kaisers Friedrich II; Mùnzen der Stadt und des Bistums Hildesheim 1855 ; Ein unediertes Aureus Aurelianus ; Auktion Hirsch in MQnchen]. N. 330, gennaio 19 II. — Ernst (C. von). 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Akadeniie der Wissensciiaften ; Attila als Faunus ficarius ; Die Mark, ein alter Name, der ilbrigens niemals eine Miinze bezeichnet hat; Japanische Miinzen; Verkauf von Medaillen der Miinze in Paris; Auk- tion der Medaillensammlung von Lanna]. Numizmatikai Kòziòny. Budapest. I Fùzet, 1911. — GoHL (d.i Odòn). Magyar oroosok emlékérmei [Meda- glie dei medici unglieresi]. — Harsànyi (d.^ Pàl). A m. nemseti mùseum szàzéves éremldra [Discorso per il centenario dell'installazione del ga- binetto delle medaglie del Museo nazionale ungherese]. — Gohl (d.'' O.). Adalékok a hazai barbàrpénzek Corpusàkoz. II [Contributi ad un Corpus delle monete barbariche dell'Ungheria, II]. — Harsànyi (d."^ P.), Eles (Géza) & Lbszik (A.). Éremlelelek [Ritrovi di monete]. II Fuzet. — Zimmermann (d.' Lajos). Visszapillanlàs a M. Numizma- tikai Tàrsulat tizéves mukódésére [Sguardo retrospettivo all'attività de- cennale della Società Numismatica Ungherese]. — Gohl (d.^ Odòn). 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VARIETÀ Le jubilé décennaìre de la société hongroìse de numismatìque. — La société hongroise de numismatique celebrali, dans son assemblée generale de 1911, son jubilé décennaire. Par cette occasion, le secrétaire de la société, m. le dr. Louis Zimmermann débitait à l'assemblée nombreuse l'histoire décennaire de la société. Celle ci tint sa première assemblée, constituante, le 14 mai 1911, et comptait 13 membres. Le nombre des adhérents se multipliait vite et la société avait au commencement de cette année 381 membres dont 41 sont des membres fondateurs. Dès le commencement, Porgane de la société hongroise de numismatique est le Nu- tnizmatikai Kdzldny, fonde et redige jusqu'à présent par le dr. Edmond Gobi. Cette publication périodique trimestrielle (dont les deux premiers volumes son épuisés), sert prin- cipalement la numismatique et l'art de la médaille hongroise; quant à l'antiquité, en première ligne la numismatique barbare du royaume hongrois. Quoique rédigée en hon- grois, cette revue est accessible aussi aux numismates étran- gers, gràce aux abrégés fran^ais et allemands, joints à tous les fasci cules du Numizmaiikai Kòzlòny. Les trésors, en partie encore inédits, du cabinet de médailles du musée national hongrois, le choix riche des trouvailles de monnaies. faites en Hongrie, la récension des oeuvres numismatiques hongroises et étrangères et les mémoires numismatiques de tous les auteurs hongrois sont publiés exclusivement dans le Numiz- ntatikai Kozlony. La société hongroise de numismatique établissait des échanges de périodiques avec les sociétés étrangères, dont le nombre est actuellement 33. Principalement par ce moyen, hors les achats et les nombreux cadeaux, se formait la belle bibliolhèque numismatique comptant plusieurs milliers de vo- 34 4t a66 VARIETÀ lumes, qui est accessible aux membres dans les salles de la société. Hors la dite bibliothèque, la société possedè déjà une jolie collection numismatique, dont la spécialité est une très intéressante sèrie de falsifications monétaires de tous les temps, faites per la plupart dans la Hongrie. De temps en temps, la société organise des séances scientifiques, pendant lesquelles ont lieu des lectures et des sermons de contenu numismatique, tandisque les petites as- semblées régulières, tenues chaque quinze jours, ont un caractère plus familier, et aboutissent dans les soupers com- muns des membres. Chaque année, on organise des excur- sions numismatiques ayant pour but la visite des principales coUections numismatiques provinciales. publiques ou privées.^ Telle étaient les excursions à Kòrmòczbànya (atelier de la monnaie), à Gyòr, Esztergom, etc. Au congrès International de numismatique à Bruxelles, m. Gohl représentait la société, et il y a une dizaine d'annés, la société donnait son adhésion à la société internationale de numismatique, fondée a Paris, après le congrès de 1900, sous les auspices de m. Blanchet. Hors sa revue, le Num. Kòzlòny, la société hongroise de numismatique éditait aussi d'autres oeuvres; telles sont la publication de m. Gohl: les médailles récentes de Buda- pest, puis: le Corpus des données numismatiques (concernant la Hongrie) et la nouvelle édition (avec texte explicatif) des planches numismatiques de Joseph Weszerle ; enfin il faut mentionner ici la publication de la Collection des monnaies barbares du comte Nicolas Dessewffy, qui a paru joint au Numizmatikai Kòzlòny, La société a émis aussi des médailles et des jetons; tels sont: la médaille des membres de la société, imitant dans son type le plus ancien écu hongrois de 1499; ensuite le joli jeton commémoratif de la visite à la monnaie de KOrmòcz- bànya et le jeton du jubilée décennaire, aux types antiques. Depuis quelques années, une exposition permanente, mais toujours renouvelée des oeuvres des médailleurs hongrois modernes, se trouve dans les salles de la société. Les pièces exposées se vendent toutes. Outre celle ci, il y a de temps VARIETÀ 267 en temps des expositions spéciales; puis la société participe elle méme à des expositions, p. e. à celle de Londres en 1908, où elle re<;ut une médaille en or. Des ventes de monnaies anciennes et des médailles ont lieu annuellement dans les salles de la société, arrangées exclusivement pour les membres et dont la matière pro\ ient des doublettes, ou des collections des membres. Depuis 1906, la société obtenait une faveur du gouver- nement, gràce à laquelle, les trouvailles de monnaies an- ciennes, faites dans le pays, et acquises par le gouverne- ment, après avoir été soumises aux choix du musée national hongrois à Budapest et de quelques autres musées provin- ciaux, sont remises à la société hongroise de numisma- tique, dont les membres sont autorisés à acheter les mon- naies contenues au prix du metal. Les exemplaires plus pré- cieux se vendent aux enchères, toujours exclusivement aux membres. La société re^oit, enfin, depuis quelques années, une modeste subvention annuaire de l'état. Arrivée à Tanniversaire décennaire de sa fondation. l'as- semblée generale de cette année (191 1) décernait l'élection des premiers membres honoraites de la société, en signe d'hommage aux numismates de grand mérite des pays étran- gers et pour s'orner de l'honneur de les compter entre ses membres perpétuels. Voici la liste des onze membres honoraires de la société hongroise numismatique, élus à l'as- semblée generale du 30 mars 191 1: Mrs. Ernest Babelon (Paris) ; Emil Bahrfeldt (Berlin); Adrien Blanchet (Paris); Francois Gnecchi (Milan); Edmond Gobi (Budapest); Barclay Vincent Head (Londres): Fréderic Imhoof-Blumer (Winterihur); Arnold Luschin d'Ebengreuth (Graz); Ladislas 'Réi\\y ( Budapest) ; ]^2,x\ Svoronos (Athènes); Alphonse de Witte (Bruxelles). E. GOHL. L'Italia nei Cento anni del secolo XIX. — Il dr. Al- fredo Comandini continua, con diligenza ammirevole, la stampa della sua ottima e utilissima cronologia L'italta nei cento anni del secolo XIX giorno per giorno illustrata. Indispensabile a tutti gli studiosi, perchè pone sotto i loro occhi rapida- 268 VARIETÀ mente, con ricca documentazione iconografica, i principali fatti che si riferiscono alla storia contemporanea di tutte le re- gioni d'Italia, riesce di particolare interesse ai numismatici per la parte preponderante consacrata alle monete ed alle medaglie commemorative. Anche nelle ultime apparse di- spense (63.* e 64.''), che abbracciano il periodo dal 9 dicem- bre 1856 al 31 dicembre 1857, in gran parte consacrate al viaggio dei sovrani austriaci nel Lombardo-Veneto ed al ma- trimonio ed arrivo in Milano dell'arciduca Massimiliano con l'arciduchessa Carlotta, sono riprodotte le medaglie per la visita dei sovrani austriaci alla zecca di Venezia, per il loro ingresso in Milano, per l'amnistia accordata dall'imperatore, per le sue visite al ginnasio di S, Alessandro ed alla fabbrica Binda. V'è la medaglia milanese per le nozze dell'arciduca Massimiliano con Carlotta del Belgio: né vi mancano meda- glie di Pio IX allusive alla ferrovia, per la sua visita alla zecca di Bologna, per la prima pietra della stazione ferro- viaria in Civitavecchia. Altre medaglie a notarsi: quella data da Napoleone III ai superstiti delle guerre napoleoniche e quella a ricordo della sottoscrizione per i cento cannoni di Alessandria (dicembre 1857^. Ritrovo di monete a Roma nel '500. — NeW Archivio della R. Società romana di storia patria (voi. XXXII, fase III- IV, 1911) è comparsa un'interessante memoria di I. A. F. Or- baan dal titolo La Roma di Sisto V negli " Avvisi „. Dallo spoglio di quei curiosi " Avvisi „ togliamo due notizie for- nite dagli anonimi " menanti „ intorno a ritrovi di monete antiche in Roma nel 1587 e nel 1590. Così leggiamo: " iJ; (i) Cfr. MoMMSEN, BulUtino deinsiituto, 1862, pag. 42; Id. Blacas, Histoire, II, pdgg. 7. 8, 75, 215, n. i; IV, pag. 24, tav. XVI, n. 3; D'AiLLY, Recherches, W, oag. 131; Garrucci, Le ntonele dell'Italia ani., pag. 67, tav. LXXX, n. i ; Babelon, Monnaies de la Rep. rom., I, pag. 62, n. 48; Grueber, Op. cit., I, pag. 47; Gnecchi, Riv. Ital. di Num.^ 1909, fase. I, pag. II e segg. 282 LORENZINA CESANO 2. — Della coli, di Londra, già Bignami, di gr. 39,56 (O. 3. — Della collezione Gnecchi, di gr. 45,50 ) 4. — Della collezione Mayer, di gr. 35.61 >da Ostia. 5. — Del Museo nazionale romano, di gr. 43,00) Del dupondio in generale ha detto tanto bene il Gnecchi nel suo articolo su citato che a me ri- mangono soltanto alcune osservazioni da aggiungere. Eccetto il pezzo del Museo Nazionale romano, tutti gli altri esemplari sono riconiati su monete di- verse delFetà precedente, cioè: 1. Il pezzo di Parigi sopra un semisse(2); 2. Il pezzo di Londra sopra un asse col simbolo della spiga e la sigla K' cioè della zecca di Capua; 3-4. Sopra assi anonimi. L'esemplare di peso massimo, gr. 45,50 e quello di peso minimo, gr. 35,61, differiscono fra di loro di gr. IO, circa un quarto cioè del peso massimo stesso ed un terzo del peso minimo; presi insieme questi cinque dupondi danno un peso medio di gr. 40,56, donde risulta un asse di gr. 20,28. A quanto posso giudicare dall'esame dei calchi (s) l'esemplare Mayer è uscito dagli stessi coni che l'esemplare del Medagliere romano, coni che si gua- starono nel riconiare un pezzo già compresso per la prima coniazione e presentante per ciò rilievi e depressioni tali da impedire una buona riconiazione. (i) Grueber, Op. cit., II, pag. 591; III, tav. CXXIII, n. io. È bene qui ripetere l'osservazione, che è questo l'unico asse con tale sigla da considerarsi sestantario, tutti gii altri pezzi noti sinora appartenendo chiaramente al sistema onciale. (2) Non sopra un asse sestantario come dal D'Ailly in poi hanno quasi tutti ripetuto, cfr. Garrucci, 1, e, (3) Devo, per questi calchi, rendere sentite grazie ai eh. signori Grueber ed Haeberlin, il quale mi ha inoltre fornito gentilmente no- tizie sul pezzo Maj'er. DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 283 È lo Stesso diritto, sfigurato però dalle traccie ben visibili del bifronte di Giano e del segno dell'unità, è lo stesso conio del rovescio dalla bassa prora, la linea di sommersione punteggiata, il delfino navi- gante a destra. Da due altre coppie di coni diversi provengono sia l'esemplare di Parigi, le cui rappre- sentanze mi appaiono di dimensioni alquanto mag- giori e meno fini, sia l'esemplare di Londra, che si presenta nelle peggiori condizioni, restando, sopra- tutto al rovescio, troppo visibili traccie della rap- presentanza e della leggenda dell'asse primitivo. Non sarà privo di interesse ora riesaminare, se- condo i criteri adottati per il ripostiglio ostiense, an- cora quello di Avola di Sicilia, per compararlo di poi col precedente. Questo secondo ripostiglio consta di i86 assi coniati, dei quali 74 sono del tutto anonimi, 37 por- tano simboli, 45 hanno monogrammi, lettere e nomi ; altri 30 pezzi sono indecifrabili pure portando traccie di simboli o lettere. Gli assi identificati si devono dunque classifi- care come segue: a) N. 74 anonimi pesanti gv, 48,50 a 27.50 (0. ^) N. 37 assi coi seguenti simboli : 75 I delfino davanti alla prora gr. 48,30. 76-77 I crescente lunare . . „ 46 - 44,25. 78 I cornucopia (2) . . . , 44,20. (i) Nella citata relazione del prof. Orsi non è dato il peso di questi assi. (2) Nella precitata relazione a pag. 64 n. 156 è detto " Simbolo oscuro simile ad una breve cornucopia „. 284 LORENZINA CESANO 79 80 81 82 83-85 86-91 92-93 94 95-101 102-104 105-108 109 ITO III I 5a^/o = bastone a nodi gr. 43. I corona „ 43,50. I uccello su timone . . „ 40 (bello). I ^neta „ 39,50. I Vittoria e cuspide di lancia „ 38,70 - 31,20 - 23,60. I lupa coi gemelli . . „ 38,20 - 32,90 - 28,60 28,50 - 26,20.. I spiga „ 37,50 - 28,30. I cinghiale „ 36,60. I ancora „ 35.50 - 35.50 28,75 - 26,50 - 26,40 25,60. „ 33,20 - 32 - 26,70. „ 3T,2o - 27 - 25 - 24. „ 29,80. „ 27,70 (logoro). (6 es.). 34.50 - delfino sulla prua . . farfalla su tralcio . . mosca grifone due pilei o meglio due berretti da Flamen . „ 24. 112 113-116 117-118 1 19-120 121-123 124 125 126 127-128 129-130 ;') N. 45 assi coi monogrammi e nomi seguenti : I L • PL • H (in monogr.) gr. 42,70. ) V 40 - 39 - 31 - 28,30. ) „ 38 - 31,60. ) V 38,80 - 31,80. BAL (AL AV ( „ ME . ( V L • F • P (in monogr. Vittoria . . . OPEL (?) (I) . . TO e uccello. . P-BLAS . . . A • CAE (AE in sigla) OPEIM (in monogr.) 38,30 - 33.60 - 29,20. 37,80 (logoro). 36,90. 35.80. 34,80 - 34,80 (belliss."). 34,80 - 26,90 (2). (i) Secondo la lettura del prof. Orsi, 1. e, pag. 63, n. 102-3, si tratta dunque qui di un membro di una nuova famiglia, Opellia, nota, cfr. De Vit, Onomasticon, s. v., ma della quale non si conoscevano finora monetari. (2) Il pezzo di gr. 26,90 è consunto, e su di esso si legge solo l'ultima parte della sigla, che io ho creduto identificare con quella di Opeinims, cfr. Orsi, Op. cit., n. 108-3 e 116. «■• . ** DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 235 ^♦-•131 I QMARC LIBO (MAR in sigla) 132-134 I P I35'i36 I MAT (in monogr.) . . 137-139 I (C • ) SAX (AX in mon.) 140-144 I VAL (in monogr.) . . 145 I MD e toro (in mon.). . 146 I TAMP ( „ ) . . 147-148 I MVRENA (MVR in sigla) 149-150 I VARO (VAR „ ) 151 I TVRD (VR „ ) 152 I L • A • P (in monogr.) 153 I CNDOM .... 154 I MA (in monogr.) . 155 I NAT 156 I C • TER • LVC (ER in si già) e Vittoria gr. 33,20. „ 32,70 - 29 - 28. „ 30 - 25,20 (belli, freschi). » 32,50 - 30-80 - 27. „ 32,70 - 29,90 - 29,80 - 28,10 - 24.50. „ 29,00. y, 29,40. „ 28,30 - 23. „ 27,70 - 23. « 27. „ 26,90. „ 26,30. „ 25,60. tf 21,50. „ 22,20. N. 30 assi non identificati, di cui non è dato il peso. Il quadro comparativo dei due ripostigli risulta il seguente : 286 LORENZINA CESANO O O in 0) © > < o IO . ró nJ bjo aJ O IO co" 00 -^ -^ c e ni nJ rf [- !>. CO IO o o , W LO ' Tt- ro ^ o o co IO od co o co N I o w" CO o o IO c^ 00 ^ t^ co co N o IO od" CI o . "^ ó co co co IO 0) ex E tu I 1 tri o o còoo' co co 00 i> I I o o LO N LO oc" 01 o LO co o co • . o . K? 01 co LO Tt- co co Ti- co o 00 01 OJ , N O ctì 01 LO CO sJ r\\ 4-» biO (fi rt btì O LO M a O M LO LO u ù faJO àc ci a TD'U 01 VO t> i^ CO 00 co 01 o co LO co • ^ o «-T co n- co co co co o o Tt-00 covo ^ co H tH l>.VO VO VO LO LO -^ lOLOTl-TJ-T;^T^Ti-Tj-'^t- 00 01 01 co co o 01 o co 01 I o co co Tf co I VO i-i co IO 01 OS 01 o co co 00 01 M co M ' N_ oOCO 00^ co ^^ rt- lON Ti- Tt- co co N Ti- Tl-vo co co co co o Tl- 01 LO 01 o oo"" 01 o Tt- of co co co co On ON t-« Ti- ri- t:!- ro co co IO I I 01 r-.vo VO VO IO Tt- co co co co co co co co Ti- N O co co co ba H ^ ■^ e OJ > o (U -= «-> •— (U u 4-1 ^ ro OJ I I o 01 •ó OJ co 00 01 00 01 ò 00 9. 1 l-l 01 OD ' co ■^ OS co CO c5n CI 1 On 01 1 . CO . o o a.oo 00 00 o co co N 00 co VD IO '^ co co co co co o , IO r^ ' 01 of o cJn co co co 01 o co co o co VO- CI ' 01 c^ o co ci "«*• co co 000 ON co r^ vooó" oT 01 01 "^ ha o IO co co co o o co lOO O I ^ ,00 01 01 co" !^ '^j - %ci 01 -• co d I co o o Cl_ ON Ón co co co i I On O 00 01 '^ CI co^-^ I ^ co I « ' 01 ro M f^ ro . co co c< VO CI o co ci CI CI Od,, . ■^ co o , , o o IO I ' IO qv dwo "^ '^ ■-< ^ Ti- T^ rt- r^ rh O VO co -4- co co d M O 00 Ov r^vO Tj- rf co co co co o co VO co o c^ ' lo -^ co co ro co CI d co d co CI O o VO o o IO d c^ r^ 10 M d d d 01 Tf o o r^ co co co 01 faJO u CJ cj d U ré OS . •00 • d ^Cj Usi u 00 ■Su 05 «0 ^s ^^^ •;:: S H u. uu >iu< • . i_ < SK S -jO d 5^ « !!•§ ^^ "s O- V ^ 10 S ^ -^ 5 d - .-^ s co 1; ,^ • - '^ CJ ^ ^ ™ ^ £jQ uj ^ i^j <: h- t- e. O Ouc S 'O ci d ■4-1 • o "** 2oo Cj^ w ro 10^ ro U '^co O Su W ^ co -^ d^ co 01 ^ 5=^ d U «5 .CJ OJ D r^ ro d O '2 « ^ - S o V U ré d = Z < uu CO U 2 oc ;: -J O > _J ^ré^^« co • d »» M Ni •h d-s Q • ^ ^ ^^ X< i-SZ •J2 ea .i ta <-• e o ,/5) (in mon.) (234 a. C); h\/TR{oiitus) (in mon.) (234 a. C.) ; PWR/^pitreo) (in mon. o VR in nesso) (217 a. C.) MAE(«m5) (in mon.) (217 a. C.) ; L • MAMILI(//5) (217 a. C) TAL(«^) (in mon.) (209 a. C); L-POMP(owm5) (209 a. C.) OPB miits); C • IVNI(//s) (204 a. C.) ; P • SVLA (200 a. C.) L • SAVF(^/«5) (200 a. C); S • AFRA(«m5) (200 a. C); C • MAIA NI(m5) (194 a. C); StiRianns) (194 a. C); S • FVRI(//5) (189 a. C.) C • ANTESTI(«5) (174 a. C); M • ATILl(//5) (174 a. C); L • SEM ?{romiis) PITIO (171 a. C.) (ctr. Bab. alle rispettive famiglie) C • SAE(m'M5) (m sigla) 172-151 (Brit. Mus. Cat., 1 p. 107, n. 810) Q-ME(/<^/M „ 196-173 („ „ « I P- 79. n- 603) 3) Tutti i pezzi segnati dalle seguenti lettere L. H. V, r C. A. K. iniziali delle città di Luceria, Her- donea, Canusium, Vibo, Palio, Canusium, Capua, emessi, secondo il Babelon, nel periodo 229-217 dalle rispettive zecche locali. « * * Dalle osservazioni il più possibilmente precise, fatte nello studio particolareggiato dei due ripostigli si deduce chiaramente innanzi tutto che essi non sono contemporanei, ma quello di Avola un pò più recente di quello ostiense. Quali le date cui risal- gono l'uno e l'altro è difficile dire con precisione, sebbene nella classificazione cronologica sino ad oggi adottata ad ogni pezzo e ad ogni monetario spetti un posto ed una data precisa. Lo studio, limitato essenzialmente ai due gruz- zoli e condotto rigorosamente sulla base del peso 294 LORENZINA CESANO dei singoli pezzi e gruppi di pezzi, mi ha condotto infatti ad una nuova classificazione la quale diffe- risce di molto da quella, e, pur dovendo subire a sua volta delle modificazioni in più di un particolare (avendola io a ciò tracciata con termini vaghi), mi appare meno inesatta scientificamente parlando, perchè fondata sul dato di fatto, che oggi la scienza riconosce come il più indispensabile per determi- narla con sicurezza. Così si vede che i due ripo- stigli partendo dal periodo pienamente sestantario, del quale comprendono un numero diverso di rap- presentanti, rientrano nel periodo onciale, nel quale più si addentra il ripostiglio di Avola che non quello ostiense. Ora tale risultato non concorda coi dati cronologici forniti dalla classificazione e del Momm- sen e del Babelon, perchè non concordano alla loro volta i dati di peso per ogni singolo monetario col posto che in quella classificazione viene loro assegnato. 1 dati forniti dai due ripostigli mi permettono di asserire che quello ostiense fu nascosto poco dopo la emissione del dupondio onciale, emissione che fu certo effimera e rappresentata da un numero non grande di pezzi, e quindi poco dopo il momento in cui fu emanata la legge della riduzione onciale, con- temporanea di quell'emissione, e che di alcuni anni più recente appare invece il ripostiglio di Avola. Secondo la vecchia cronologia invece i due gruz- zoli sono contemporanei e scendono all'anno 159, es- sendo partitamente rappresentati per ultimi i tre mo- netari assegnati a quell'anno : C. Marius, Cina e Mu- rena, i primi due cioè ad Ostia, Murena ad Ostia e ad Avola. Ora gli assi di questi tre monetari forniscono all'incontro pesi diversi. Murena soltanto rientrando nella categoria dei monetari che segnarono pezzi es- senzialmente e decisamente onciali. DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETET DI BRONZO 295 Tanto per l'uno come per Taltro ripostiglio osservarono già l'Orsi ed il Gnecchi (^\ riferen- dosi alla vecchia cronologia ed ai concetti che la determinarono, come le medie degli assi di pa- recchi monetari considerati onciali, risultassero su- periori a quello che avrebbero dovuto essere, data l'età cui i monetari rispettivamente sono attribuiti. Il Gnecchi quindi ingegnosamente ha pensato potersi datare l'emissione onciale molto più avanti del 217 e cioè al periodo 159-112 a. C. ^^), e ricercare a quale Flaminio dovrebbesi attribuire. A prescindere dalla nuova soluzione del problema oggi presentata e di cui si parlerà in appre;3so, e quindi facendo astra- zione da ogni considerazione riguardo alla pluralità o meno delle emissioni per uno stesso simbolo e nome, io penso invece che tale termine, che ci ri- portarono autori degni di fede confortandolo di dati di contemporaneità assolutamente inoppugnabili, quali la seconda guerra punica e la presenza di Annibale in Italia, non possa neppure porsi in discussione <3), e che invece innanzi tutto sieno probabilmente da classificarsi bensì all'età ed all'emissione sestantaria, sempre però nel periodo 268-217, un maggior numero di monetari di quanti vi sono stati sinora inclusi, probabilmente tutti quelli cioè i cui pezzi, noti in un certo numero, ci dieno una media superiore an- che di poco al peso dell'oncia. Se si consideri che si constata di solito una media inferiore anche di molto a questo peso per un buon numero se non forse per tutti i monetari (i) P. Orsi, Op. cit. ; F. Gxecchi, Op. cit. (2) GxECCHi, Op. cit., pag. 17 e segg. (3) An:he questa questione è riassunta e discussa in uno dei ca- pitoli d'introduzione del Catalogo del Grueber e di poi in quello che precede la descrizione delie serie onciali ; non mi indugio quindi a trat- tarne, anche perchè è argomento ben noto. 296 LORENZINA CESANO assegnati al periodo onciale; che, di regola, pochis- simi assi del periodo pili antico sestantario ci danno il peso del sestante librale, e quindi per nessun monetario od emissione di quegli anni si ha una media superiore ai gr. 50, da tale coincidenza si dovrà logicamente dedurre la conferma di un fatto finora non rilevato, che cioè le due leggi delle ridu- zioni sestantaria ed onciale dovettero fissare nei due pesi dell'asse, sestantario ed onciale, un massimo — corrispondente probabilmente ed un minimo che non conosciamo ancora — da non oltrepassarsi nel taglio delle monete di bronzo, non rinvenendo noi più questi massimi appena oltrepassiamo le due date. Tali disposizioni legislative, che devono essere pur quelle che determinarono e delimitarono le precedenti ridu- zioni, mi appaiono, come ogni altra emanante dal governo centrale di Roma, informate a sani, severi criteri di giustizia; scambiandosi infatti ancora con le nuove emesse le monete dell'età precedente, que- ste con l'eccedenza del loro peso compensavano la deficienza di quelle. Questa supposizione mi detta primieramente il constatare che i cinque dupondi oggi noti danno un peso medio di gr. 40,56, che si basa su di un asse di gr. 20,28, il quale asse, pur essendo di peso così basso e tanto lontano dal teo- rico dell' oncia, non si può non considerare onciale, e inoltre che il peso medio dell'asse risultante dai due ripostigli, databili dall'età pienamente onciale, è, all' incontro, come si è veduto, di molto superiore al peso dell'oncia stessa. Lo studio dei nostri due ripostigli mi conduce ancora a considerare la nuova soluzione, presentataci dal Grueber, del problema complesso riguardante le emissioni di uno stesso pezzo dai pesi più vari. Ho già detto della varietà dei pesi che per uno DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 297 stesso simbolo e nome si riscontra in essi consi- derati complessivamente, ovvero ognuno a se, ciò che, del resto, apparisce evidente dai prospetti qui uniti, ai quali inoltre ho creduto opportuno aggiun- gere due appendici. A, B, nelle quali sono raggrup- pati i dati di peso di altro maggior materiale, degli assi cioè classificati dal Mommsen, nel Catalogo del Grueber stesso (^), e nelle collezioni del Museo Na- zionale romano. Dall'insieme dei dati raccolti si constata age- volmente che viene confermata: I. — Per i simboli : a) l'esistenza di pesi massimi sestantari oltrec- chè minimi onciali — mi riferisco cioè costantemente ai due ripostigli qui studiati — per gli assi con la spiga, l'uccello sul timone, la Vittoria, la lupa ed i gemelli, l'ancora, la bipenne e Vapex; P) resistenza di pesi minimi, onciali, oltrecchè sestantari, per i pezzi col crescente lunare, il delfino davanti alla prora, la cuspide ; t) r emissione essenzialmente sestantaria (2) degli assi con il fulmine, il cornucopia, il cinghiale, lo Scipio, la corona. 5) l'emissione essenzialmente onciale dei pezzi segnati dall'astro, la mosca, i pilei, la farfalla sul tralcio, la prora. (i) Dal Catalogo del Grueber ho prescelto più spesso i dati estremi di peso, apparendomi superfluo tradurre in quelle appendici tutti i pesi raccoltivi, l'opera essendo ora fra le mani di tutti e quindi di facile consultazione. (2) Ciò può dirsi ora, ma con ogni probabilità dovremmo per nuovi ritrovamenti modificare questo come il seguente asserto. 298 LORENZINA CESANO IL — Lo stesso vale per i pezzi segnati da lettere, monogrammi e nomi. Come ho già detto, il ripostiglio ostiense contiene in generale pezzi dai pesi massimi e medi, quello di Avola pezzi dei pesi medi e minimi — salvo le citate eccezioni — ; i due gruzzoli quindi si reintegrano reciprocamente, e i dati di peso altrove raccolti (0 confermano l' esi- stenza contemporanea, nelle varie collezioni, di pezzi dai pesi massimi sestantari e minimi onciali per Au{relms), Me{tellus), Tamp(^7w5), M. Titìnì{us), L. F\{att- tius) Y{{ypsaens), L. F{urms) F{hihis), Q. Mar(/M5), S^x{ula), Bc[\{bus), ecc. così come remissione essen- zialmente onciale degli altri monetari rappresentati per ultimi nei nostri due ripostigli. Il quesito riguarda dunque la monetazione dei pezzi con simboli e nomi dai pesi piti vari, per la identificazione e la determinazione cronologica delle singole emissioni; giacché, se per la categoria dei pezzi sestantari, come per quelli onciali, abbiamo ri- spettivamente un termintis post qtiem del 268 e 217, e fra le due date si dovranno porre tutti gli altri pezzi con simboli e nomi dai pesi medi, in quale o meglio in quante emissioni si dovranno distribuire i pezzi dai pesi piti vari, che rientrano chiaramente nelle due serie? O si continuerà ad ammettere che rappresentino una sola emissione pezzi che si diffe- renziano in peso di più di gr. 20? Il Grueber nel suo Catalogo ha risolto e per il primo, a quanto io so, la questione, suddividendo nelle due emissioni e quindi nei vari periodi, per ogni simbolo e nome, il materiale numismatico che era a sua disposizione. Noi, sulle sue traccie, abbiamo già determinato il quadro cronologico dei due ripo- (i) Ved. Appendici A, B. DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 299 stigli, con le variazioni credute necessarie ed op- portune, e sopratutto dettate dal maggior materiale numismatico preso in considerazione, giacche, se- condo il Grueber, gli assi dei nostri due ripostigli dovrebbero essere distribuiti come segue (^) : I. — Simboli : Emissioni sestantarie. Emissioni onciali. 240 Spiga Scipio (2) Vittoria j 229 Spiga 1 Scipio Vittoria 217 Spiga Scipio Vittoria 197 i Vittoria Bipenne-<7^fAr Bipenne-fl^^^ Bipenne-rt^f.r Bipenne-«^^.T 173 (i) Faccio notare che nell'opera del Gruebek mancano, malaugu- ratamente, prospetti e tavole sinottiche, le quali ho dovuto quindi io stessa ricostruire con alquante difficoltà per il mio lavoro, afllne di porre solt'occhio ai lettori, nel loro complesso, tutte le innova- zioni apportate dall'A. Si noti ancora che il materiale vi è suddiviso oltrecchè per emissioni, ancora nelle due grandi categorie, zecca di Roma e zecche locali, argomento di cui parlerò in appresso. Della quale suddivisione nuovissima, per la serie del bronzo repubblicane, non ho creduto tener conto, nel compilare tali prospetti. Quanto poi alla sud- divisione cronologica nei quattro periodi 240-22 p ; 229-217; 217 197 ; I97-I73> n^" l'ho presa in tale considerazione da poterne discutere in questo lavoro; tengo però per fermo, soltanto per ora, la data princi- pale 217, come punto di divisione delle due serie. (2) Come si vede dall'Appendice A, di questo nuovo simbolo non si conoscono altri esemplari oltre quelli noti al Grueber e riconosciuti nei due ripostigli ; io penso però che esso sia stato confuso colla dava; confrontati i due esemplari del Museo Nazionale, consunti, con l'uno e l'altro simbolo, ho notato la possibilità dell'identificazione ambigua. 300 LORENZINA CESANO Emissioni sestantarie. Emissioni onciali. 240 Fulmine (?) (i) (2) 239 Fulmine Crescente Mosca Ancora ^^^;t:-elmo Corona Cuspide Delfino da- vanti a prua Cornucopia Uccello e tim. 217 Fulmine Crescente Mosca Ancora Apex-dmo Corona Cuspide Delfino da- vanti a prua Cornucopia Uccello e tim. Delfino su prua Prua Stella Cinghiale Grifone Cane Meta Vittoria e cuspide Due pilei Farfalla su tralcio Lupa e Ge- melli (3) 197 Fulmine Crescente Mosca Ancora ^^^A:-elmo Corona Delfino su prua Prua Stella Cinghiale Grifone Cane Meta Vittoria e cuspide Due pilei Farfalla su tralcio Lupa e Ge- melli I 173 IFulmine Crescente ì Mosca (i) Il Grueber, I, pag. 58, n. 2, dice che il fulmine appare : i) su serie sestantaria, assi e nom. infer.; 2) su serie onciale, semis; 3) su serie semionciale, quadrans; cfr. D'Ailly, Mon. Rom., tav. 83, 12-20 e tav. 84, 1-2. (2) Anche l'uccello con corona sarebbe un simbolo nuovo il quale, cioè non trovo ricordato in alcuna delle collezioni maggiori note, né nel Mommsen. È figurata, a quanto mi pare l'aquila romana su sostegno e con corona nel becco (l'insegna dell'aquila?). (3) Nel Catalogo del Grueber, I, pag. 58, n. i, è dato solo il sentis ed il triens, però vi si nota che esistono anche l'asse e le altre deno- minazioni (v. D'Ailly, M. /?., tav. 95, n. 13-14 e tav. 96, n. 2-3), di cui alcuni pezzi si avvicinano al sistema segtantario. DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 301 2. — Lettere, monogrammi e nomi: 217 ME =P(L F-P) 197 ME 173 151 =P — — AV AV — TAMP TAMP — MTITINI MTITINI — OPEIM OPEIM — TO e uccello TO e uccello — CSAX CSAX — P P — MD e toro MD e toro — MAT MAT — CN DOM CN DOM — BA/ = BAL BA/ — VAL VAL — LAP LAP — L -PL-H LPLH — VARO VARO — MA MA — P • BLAS P • BLAS Q MARI Q-MARI A CAE A -CAE CINA CINA Q • MARC • Q • MARC • LIBO LIBO MVRENA MVRENA CSCR CSCR TVRD TVRD C TERLVC CTERLVC NAT 1 NAT Anche dei simboli e dei nomi di monetari man- canti ai due ripostigli credo bene dare l'elenco se- condo l'ordine di classificazione del Grueber, così si avrà implicitamente completo il quadro cronolo- gico nuovamente adottato nell'opera poderosa,, da porre a riscontro alla cronologia più antica. 302 LORENZINA CESANO I. — Simboli (0 340 Caduceo Ramo di lauro 229 Caduceo Ramo di lauro Clava 217 Caduceo Ramo di lauro Clava Coltello Martello Farfalla Asino Stendardo Cavallo(2) 197 Coltello Martello Farfalla Asino Stendardo Cavallo Scudo 173 Scudo 2. — Lettere, monogrammi e nomi 240 217 196 173 AVR(mon.)AVR ÀVTR (mon.) MÀE „ Q-ME OPEI TAL (mon.) PVR „ AVTR MÀE QME OPEI TAL PVR (mon. TA = AT „ L-MAMILI C • IVNI P • SVLA LSAVF S • AFRA SAR S • FVRI C • ANTESTI M • ATILI L-SEMP C-SAE PVR C- MAIANI 151 TA = AT L- MAMILI CIVNI P • SVLA LSAVF S-AFRA SAR S • FVRI C- ANTESTI M • ATILI L-SEMP CSAE PVR C- MAIANI (i) Vedi per questi simboli, come per i nomi non rappresentati nei due ripostigli, l'Appendice B. (2) È bene spesso difficile identificare il quadrupede che contras- segna gli assi romani. DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 3O3 3. — Zecche locali in Italia : L {Luceria) 240-217 in poi; H [Herdonea] 240 in poi ; C iCamisium) 229 in poi ; V i^tbo) 229 in poi; P {Palio) 217 in poi ; CA [Camtsium) 217 in poi ; K' {Capua) 217 in poi. Avendo diggià applicato nel suo concetto infor- mativo l'innovazione del Grueber allo studio dei due ripostigli, mi sembra inutile affermare che tale innovazione considero degna non solo di esser presa nella massima considerazione e studiata per le op- portune modificazioni, ma di essere, in linea gene- rale, accettata, apparendomi che con essa venga ri* solto, in parte almeno, il complesso problema circa la varietà di peso degli esemplari di una stessa mo- neta rep. di bronzo. Quanto alle modificazioni, una osservazione an- che superficiale basterà infatti a mostrarci come già per i nostri due ripostigli appaiono insufficienti, angusti, i termini del quadro della nuova classifi- cazione per emissioni , perchè non solo un mag- gior numero di pezzi con simboli, ma parecchi con monogrammi e nomi appaiono, come si vede nel mio prospetto cronologico, doversi classificare ai due pe- riodi sestantario ed onciale, numero che aumenta an- cora se si prendono in considerazione i dati raccolti nell'Appendice A. D'altra parte non dobbiamo ignorare che riman- gono da risolvere alcuni altri quesiti di primaria im- portanza sollevati dal nuovo sistema: quale sia cioè il vero e proprio significato o valore da dare ai sim- boli ed ai nomi che contrassegnano due diverse emis- sioni; quale la ragione della permanenza o del riap- 304 LORENZINA CESANO padre dello stesso simbolo e nome sui due diversi gruppi di pezzi, quale il tempo che quelle separa. I nostri due ripostigli pur presentando parecchi dati di fatto nuovi che reintegrano il nuovo quadro, non mi permettono finora di dare una sicura risposta, che ci conviene attendere dallo studio di altro mate- riale e sopratutto di altri ripostigli: poiché è bensì colla maggior, quantità possibile di pezzi che si deve comporre il quadro della monetazione romana di qualsiasi periodo e metallo, ma solo dallo studio com- pleto e comparativo di gruzzoli dei vari luoghi e delle diverse età possono emergere le soluzioni di tutti i problemi. La nuova classificazione del Grueber segna inoltre una buona traccia nell' intricato problema di cronolo- gia, ma non vi soddisfa pienamente, giacche, anche facendo ar.trazione dal materiale insufficiente, l'A., se- condo quanto m'appare^ ha abbassato e ristretto in generale troppo i termini cronologici del primo periodo, il sestantario, che, per me, si diparte dal 268 e comprende, come ho già detto, un maggior numero di monetari di quello che enumera sinora. A prescindere dal peso dei pezzi, me lo confer- mano altri fatti di ordine estrinseco. Più considera- zioni storico-numismatiche fanno ritenere pienamente confermata Tosservazione (0 che, dal momento della prima coniazione del denarius sull'arce capitolina, cominciò a rallentare la coniazione del bronzo, al suo uso subentrando in misura sempre più vasta quello dell' argento, più comodo, sicuro e pratico mezzo di scambio nelle relazioni commerciali spe- cialmente esterne , coi paesi italici , abituati alla (i) Ved. per questo argomento Mommsen-Blacas, Hisloire, li, p. 69 e il inio articolo Denarius in De Ruggiero, Diz. ep. di antichità ro- mane, al capitolo : Circolazione. DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 305 moneta greca, e che infine, dopo la riduzione on- ciale, circa la metà del secondo secolo a. C, tale coniazione venne sospesa quasi del tutto; ora è un po' difficile comprendere tutti i monetari dal- l'A. assegnati al periodo onciale nello spazio di tempo 217-150, tanto più se si noti che molti di quelli che coniarono bronzo non coniarono argento. Mi ap- pare quindi logico ritenere che V uso di segnare il bronzo con lettere monogrammi e nomi si sia inau- gurato nel periodo pienamente sestantario, così come quello di imporvi i simboli più vari è perdurato bene addentro nel periodo pienamente onciale. Troppo diffìcile ed arrischiato per ora ho creduto determi- nare più precisamente il posto o i due posti che nella serie ogni simbolo e nome debbono occupare, e questa è pure la ragione che mi ha trattenuto dal segnare una qualsiasi data ad alcuno di quelli nel quadro cronologico dei due ripostigli. Ancora un'ultima osservazione. Nel considerare i simboli ed i nomi sotto il punto di vista del luogo di emissione secondo i criteri sopratutto stilistici adottati dal Conte De Salis, il Grueber nel suo Ca- talogo ha distinto : I. — I- Simboli di emissione romana; 2. Simboli di emissione locale in Italia; 3. Simboli di emissione locale e romana. Dei simboli rappresentati nei due ripostigli (0 appartengono al secondo gruppo : (i) Credo bene dare qui l'elenco, in ordine cronologico, di tutti gli altri simboli e nomi delle emissioni sestantaria e onciale assegnati dal Grueber a zecche locali : i) Simboli di emissione locale : "Ramoscello di lauro .... 240 — 217 Caduceo „ _ , _ 197 39 306 LORENZINA CESANO Bipenne ed apex . . 240 — 217 — 197 Vittoria „ - „ — „ Spiga „ — „ — — Grifone — — „ — „ Elmo ——» — ,; Appartengono al terzo gruppo: Scipio, 240 - 217 in zecca locale; 229 - 217 a Roma; Ancora, 217 - 197 „ „ „ 229 - 217 - 197 „ Mosca, 197 - 173 „ „ „ 229 - 217 Appartengono al primo gruppo tutti gli altri simboli. II. — I. Lettere, monogrammi e nomi di emissione romana; 2. „ „ „ „ locale in Italia ; 3. Lettere, monogrammi e nomi di emissione romana e locale. Due soli nomi in monogramma, fra i tanti rappre- sentati nei due ripostigli, si devono classificare a questi due ultimi gruppi: 1. ^A == MAT, di cui si danno due emissioni contem- poranee, da classificarsi al periodo 196-173, la prima, di Roma, contrassegnata dal monogramma sempre nel campo superiore del rovescio; la seconda, di una zecca locale, sui cui pezzi il monogramma si trova rovesciato, davanti alla prua; 2. MA, i cui pezzi sono da considerarsi tutti usciti da una zecca locale. 2) Nomi di emissione locale : AVR (mon.) 240 — 217 TAL „ 196—173 PVR „ , - „ PVR 172 - 151 C ■ MAIANI „ — » DI DUE RIPOSTIGU DI MONETE DI BRONZO 307 Se noi facciamo astrazione dal concetto stilistico, vario, molto vago e subiettivo, il quale d'altra parte io non posso applicare nell'esame dei pezzi, i nostri due ripostigli, cosi come sono composti, non giusti- ficano in alcun senso ne sotto alcun riguardo tale distinzione, come invece dovrebbe accadere. È ben saputo da tutti che le monete antiche, spe- cialmente di bronzo, si rinvengono in maggior numero vicino al luogo di emissione e ciò per varie ragioni di ordine economico e pratico; ora prevalgono nel ripostigho ostiense, come in quello di Sicilia, i pezzi dichiarati della zecca di Roma, e gli altri sono in maggior numero rappresentati nel ripostiglio che fu nascosto a poche miglia da Roma che non in quello dell'isola lontana; abbiamo cioè: Ostia. Bipenne^^é^A; (em. sest.) Grifone (em. sest.-onc.) Elmo „ „ „ Vittoria (em. onc.) Spiga Scipio (em. sest.) Ancora (em. onc.) MAT (emiss, sest.-onc. Avola. Grifone (em. onciale) Spiga (em. onc.) Scipio (em. sest.) Ancora (em. onc.) Mosca (em. onc.) MAT (em. onc.) MA ( , , ) Inoltre, se si pensi al metodo di fabbricazione dei coni, a mano, e della coniazione dei pezzi, al nu- mero di operai addetti alle officine, alla varia abilità loro, per cui tutta la monetazione romana nella ric- chissima produzione di ogni singola zecca mostra 308 LORENZINA CESANO una varietà infinita di stile e di valore artistico, sì da pensare che ogni pezzo sia uscito da un paio di coni diversi, l'attribuzione del Conte de Salis di alcune serie repubblicane a zecche locali ci apparirà fondata su basi poco soHde: a determinare, il più approssimati- vamente possibile, il luogo di emissione di quelle po- tendo servire soltanto, in mancanza di una leggenda dichiarativa, criteri storici e tipologici, ogni altro essendo insufficiente allo scopo. Ed ora, considerando in ultima analisi, il con- tenuto dei due gruzzoli in rapporto alla circolazione monetaria del bronzo nei due momenti, non molto distanti, del loro nascondimento, ne risulteranno più dati importanti: innanzi tutto la circolazione con- temporanea di assi di due emissioni e delle tre specie — anonimi, con simboli, con lettere e nomi — dai più vari pesi, gli uni pesanti quasi il doppio degli altri, e di dupondi, il cui peso non raggiungeva neppure quello degli assi più forti, dei quali avevano doppio valore; il corso diverso, più limitato in or- dine di tempo e di luogo dei nominali inferiori, del tutto assenti dai due gruzzoli <^0; la breve, effimera, hmitata emissione e circolazione del dupondo, già assente dal ripostiglio di Sicilia, dove forse non apparve mai. Da questi dati infine è la conferma del concetto prevalente circa il valore assolutamente nominale della moneta di bronzo sino dalla fine del III secolo a. C, per cui cedeva sempre più luogo all'argento, pur cercandosi, con l'uso delle vecchie emissioni commiste alle nuove, di compensare la deficenza di peso di queste ultime e cioè di aumentare della moneta corrente il valore intrinseco comples- sivo e avvicinarlo di più al valore nominale di quanto (i) Come anche dal ripostiglio di Parma, v. pag. 276, nota i. DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 309 pur la legge permetteva e sanzionava. Se ciò av- venisse intenzionalmente per le necessità del com- mercio, che di solito regola lo scambio, ed impone le sue proprie leggi a quelle votate da qualsiasi corpo legislativo, io vorrei ammettere, perchè è ben risa- puto che sempre e dovunque la cattiva moneta scaccia la buona, e quindi dopo il 217 noi dovremmo rin- venire gruzzoh composti esclusivamente, o quasi, della moneta più leggera e di minor valore intrinseco. LoRENziNA Cesano. 3IO LORENZINA CESANO <0 o 'a e o a a < ■*N» ■^ to ò o ?^ CJ u ^ • ^ D^ ' o > IO ro o co ■ 6 ^ . IO o CO M S co o M LO M o . ^ o >-' 00 àJi Co S o Co o co co co co o 01 od co co . I (N co o d - LO ii LO .Co I ^ ^ 0\ co LO co oo"^ co o LO o 00 lo o co co o co o MO IO ? < o co co 01 co 01 o , co f;oc7\ . 1 0) e o .'C' ^ u t =: O u o ^ ^ J-; ^LO ro 9- , 0) O S ^O 2^^0 o co O N ~" 00 01 o 00 o co o co_^ q\ vo" co 01 co o co LO 01 o LO d co o 00" 01 , , ' -f 01 H o ^ IO kT ' , ^ ' 'tco 00 LO ^ "^ 01 00 I ' •> "*■ LO r^ g lo IO co co-0 o IO co o 00_ i-T co I o 01 lo co LO 01 01 1 "^ 01 co co co 01 ,^ co co co 1 IO ^3^ f\l co LO Co s fi: 00 . vd ^ LO co co co 01 co co o ^-.CO* M ss co " 1 d^ó^'^ - 01 ^ ^ ' I ,^ 01 ^ 1 o of co 01 -^ _ Co ^r • ' co ^ C^ !>• CO Th % bjo O (U O 3 o.S o '5. 'o (n ò e ^u u > CTS — e te o f^ , vO « c5s S-t"^l co . d 00^ " •> co •2 ^ co _ .«0 ^ ( < . a i X ' ' ON g 'to ^ o _ "*» o j; ; ?od « co. co ^0, e».; CO-: r>» C3 1-Oq»» S O t.^ f CO CI "S I f^ " vO W ' ^ ^ ^ "^^ g CO o ' ^ -*- 3>cog,.%7^. Jo- ^ d * ' 'i^- " ' S^vS^ w co ^ « covo «v>co .S2COVO 'fi, coSSa-^^^'S^ o '^'■'có c^ « V o •§ . 5 . 00 OS 0; • . (^ • liJ ,.«0 O w vO.nVOOo^'" CnOr^. ^O" OC ^iQu^CO rovo"»* o cnico eoo co IO coooOND novovo ■«*-col^io->r 00 l'^-co-^Ns 'i-i-Ti--^ o O 00 oj co 2 co « J W .0, <<; I Q N co lo °° d ó o o d I -^ 5^-> IO CI t=- IO IO , , ', d"gcóoì(MC? od ó -^ aò COq«!Nc* I I . r I I I ON I ilO(/)Oo"500 o 00 , -^lO l^^fX^ "^ «cóvo lói-^ I ?> c< ^ co co co. co CI co c o O N «^ MG S OCO I r /eoo J^ PI • F^^~ f*^ r-^ IO i-i co , , X) CM (M 1 01 CO 1 U ^ . '" db « •. IO O lÓ N "-J - o I d Cv «ó" IO ~ ^^^vo"' ^- "^ ^ ?r -^ co ^°2 IO ^ vd M , vo" 2-cd 101 CNCOCO<^-^' «mInTw " ' o 1 I d I I lox ^ o d 1 ^» 1 IO I i^ . Tf ^ 00 vi i^ IO IO Ì2 o 00 ir; CI vo co '^^ M c^»^ O e» co Pi Pi cn Tt co co c 1 1 1 1 t I 1 ci o "i o 1 !>• , 1 1 O VO ^ (N (>• 2fo 00 OnX o IO Ti- ^. 1 c^ CO r^«^ !>• \d ^<^ o" '^ cT d M vd co o vq eh o CO co CO 1 co 'O Ci CJ co o w • , XJ CJ ir ^ Co co co ^7 ' * 1 1 1 I ' > co o o 1 o d g ' o ^ o H IO IO o co co c=-,vo 1 ^ 1 ó 1 o ro Ci o ^ co •-' r-vo '^ c^ a^ On 1 o r^ 5» r> ^ C3 co a o co N d ro ro CO 1 ^ d vd 4-^ IO co c) CI T co co 4 w CI CI d o co 1 «0 o CJ 1 o IO ir Cl lods ■v CI 1 1 Ci IO co d ^ . . . r^ co o M CI 1 1 o o o co IO LO CO CI 1 LÓ co 1 o Tf- , CO " 1 CI ^ ro >o IO co IO i^oq ' VO LO HH ir co 00 DO 0\ o o eh 6 >^ co co i> vq ci CI VO CO O CI CI ch\D co d co CI M o co CI 1 ir ir CI co 1 ^ IH Tt- CI !>• rs s lÓ • co !>> a- o , CO vd '^ . p CO O o Z'cn 1 o o __ < 1 1 o o LOCO I !>. • CO 1 o 'T !>> co 0\ 1 , IO o co 1 o CO ' , e co q> •» Vs IO LO:^ n- CI MD co co o> co 't- ^"^ CJ '^ ^ r^ LO o M co co & IO IO 1 .COCICICICOCÌCJCI o co CJ 2; o co a~ IO 6^ LO d ce ^0 co 3 6 ■^ LÓ I-I 'i- tr^ \D Q xf- ■^ u Tl- ^ co CO CO 1 < . o ^ o z o oc: o CJ 1 1 o IO ci 1 d IO co 00 o LO cs ' LO CÒO) O IN N o xT d 1 . 1 ^ Ci w H H W e» co :3 co M ro 1 M «4 1 M 1 o CI od ' • i o d q co d o^ co 'SO Co o co CI 1 i -0 ci J S o 00 -0 o CI 1— 1 ^^ lÓ 1-^ CJ Ci 1 IO co 1 o IO 1 ;ì d «s 1 d ^f I-I vd~ 1 LÓ ir^ rh ^ co co co 1 JL W CO 1— H 1— 1 u tuo » » = R R R s ^ ^ ,,„_^ ce • « • <0 "^ X § co * D 3, -< . ■^ , ^ co , ^ v5 s IL < 6 1 X < < I li Ql s o u o < mÀ O co 00 j c Z z DI DUE RIPOSTIGLI DI MONETE DI BRONZO 313 O •geo* . ,co' '§co' ' 'co'o' i_roco,co' 'iT ' c^ro» O • O O -^ » 01 d tÌ- s s '^ o\ CO of u co 01 <5\ CO co w co co CO IO ao_ r^ 11 1 d ir co vd 01 00 01 01 01 ^- N 1 co «0 i 'io 1 01 1 IO lo 1 00 lo Ci - 30,50 - - 27,50 - - 24,80 -i 1 00" M 1 . co N !>• . ^ d o~ 1 M N N c8 IO t •/ i ^ «o IO 0< 1 1 1 'Ò eòo IO IO '^ H •1 °^ 1 ^ COC< 00 !>• <3 r^ 01 s 01 »o 0< r^ 1 Ós lo ^ W M 1 co' 6 1 1 IO 1 1 IO 01 IO IO o" co M 1 1 01 IO «0 «0 ó co co 01 ^00 "^ N 1 01 l d 1 F"^ f^ CO IO cj 5ì 1 ' 1%. . . • IO IO ^ « ^ 1 Òv lÓ PI IO CJ N PJ d IO oo_ M 01 IO •0 1 co § 01 d l-H 01 {^ 5. t^ Tt- «^ \d oT M ON lo IO M co co co Ci co co 01 co 01 co & s * e * » s - s ^ » "^^^ s .5S •o JO .s „.— ^^ s lU . *>* . 13 V '^ UJ < . z (A 03 UJ c li .a < 0. e < z LU oc > oc u co oc < C 1- > _l s u > 40 314 LORENZINA CESANO < Oi o o o s w ce w H W 00 LO c^ co" T:t- ooo O On ' ■^ c^ O 00 cfco «N • rf " 52 C>) ^ ?(^ O I I> I ^^ I LO ' . 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L'assenza di qualsiasi effigie o nome d'impera- tore, il piccolo modulo, ed il poco interesse dei tipi, conferiscono un aspetto così meschino ad un gruppo di monete appartenenti alla -serie imperiale, da ren- derle trascurate e quasi sprezzate dai collezionisti. Le monete in questione sono dei quadranti (PB) che portano il nome dei Triumviri Monetari. Esse possono suddividersi in tre gruppi ; primo quello comprendente quattro varietà di conio, ognuna col nome di un solo triumviro. Queste monete sono evi- dentemente il prodotto di una medesima emissione e ciò dimostra che i magistrati in funzione a quel- r epoca erano quattro ad onta della qualifica di triumviri. Diritto. Nel campo incudine attorno in leggenda circolare: IH VIR AAA FF (Tav. VII, n. 7). Rovescio. Nel campo S C attorno in leggenda circolare : P BETILIENVS BASSVS e NAEVIVS CAPELLA C RVBELLIVS BLANDVS L VALERIVS CATVLLVS (Tav. VII. n. 5, 6). (i) La presente memoria venne già pubblicata sul Rendiconto del Congresso di Bruxelles (vedi pag. lxxvi e 13), ma avendo\i poi intro- dotte alcune modificazioni, ho creduto opportuno ripubblicarla. 320 LODOVICO LAFFRANCHt Il secondo gruppo mostra chiaramente di suc- cedere in ordine cronologico al precedente, ed è ca- ratterizzato dai nomi di quattro monetari come nel primo, ma in causa delle molteplici combinazioni formate dalle diverse trasposizioni dei nomi stessi, anziché quattro varietà di conio ne comprende al- meno ventidue. Diritto. Nel campo: incu- dine, attorno in leggenda cir- colare : APRONIVS SISENNA III VIR APRONIVS MESSALLA III VIR APRONIVS SISENNA III VIR APRONIVS MESSALA III VIR GALVS MESSALLA III VIR GALVS SISENNA III VIR GALVS APRONIVS ili VIR GALVS MESSALLA IH VIR GALVS SISENNA III VIR GALVS APRONIVS IH VIR SISENNA MESSALLA III VIR SISENNA GALVS IH VIR SISENNA MESSALLA HI VIR SISENNA APRONIVS IH VIR SISENNA GALVS HI VIR SISENNA APRONIVS III VIR MESSALLA SISENNA IH VIR MESSALLA GALVS IH VIR MESSALLA SISENNA IH VIR MESSALLA APRONIVS HI VIR MESSALLA GALVS IH VIR MESSALLA APRONIVS IH VIR (Tav. VII, 8, 9, IO, ii). Rovescio. Nel campo SC attorno in leggenda circolare: GALVS MESSALLA AAA FF GALVS SISENNA AAA FF MESSALLA GALVS AAA FG SISENNA GALVS AAA FF APRONIVS SISENNA AAA FF APRONIVS MESSALLA AAA FF MESSALLA SISENNA AAA FF SISENNA APRONIVS AAA FF MESSALLA SISENNA AAA FF SISENNA MESSALLA AAA FF APPRONIVS GALVS AAA FF APRONIVS MESSALLA AAA FF GALVS APRONIVS AAA FF GALVS MESSALLA AAA FF MESSALLA APRONIVS AAA FF MESSALLA GALVS AAA FF APRONIVS GALVS AAA EF APRONIVS SISENNA AAA FF GALVS APRONIVS AAA FF GALVS SISENNA AAA FF SISENNA APRONIVS AAA FF SISENNA GALVS AAA FF (Tav. VII, n. 12, 13, 14, 15). Il terzo gruppo comprende monete ognuna col nome di tre magistrati ai quali perciò con assai maggior ragione che non ai precedenti si conviene I DIVERSI STILI NELLA MONETAZIONE ROMANA 32I il nome di triumviri: però le monete ci informano che a quest'epoca funzionavano contemporaneamente e parallellamente due collegi triumvirali in modo che i magistrati in carica da quattro quali erano nella emissione precedente vennero aumentati a sei. Diritto. Nel campo cornu- ., Rovescio. Nel campo incu- copia; ai lati S C, attorno: i dine, attorno: LAMIA SILIVS ANNIVS j III VIR AAA FF PVLCHER TAVRVS REGVLVS ' — — (Tav. VI, n. 22, 23). (Tav. VI, n. 24). Diritto. Nel campo mani Rovescio. Nel campo S C, giunte con caduceo, attorno : j attorno : LAMIA SILIVS ANNIVS 111 VIR AAA FF PVLCHER TAVRVS REGVLVS — — (Tav. VI, n. 25, 26). | (Tav. VI, n. 29). Diritto. Nel campo simpulo Rovescio. Nel campo S C, e bastone d'augure, attorno : attorno : LAMIA SILIVS ANNIVS III VIR AAA FF PVLCHER TAVRVS REGVLVS i — — (Tav. VII, n. 27. 28). ! (Tav. VII, n. 29). Tutte queste monete, figurano tanto nell'opera del Babelon fra le repubblicane, quanto in quella del Cohen tra le imperiali. Esse, quantunque non portino il nome di alcun imperatore vennero, per radicata consuetudine, assegnate al regno di Augusto, e più precisamente al periodo 15-4 a. C, adducen- dosi in prova di questa assegnazione il fatto che durante tale periodo venne emessa una serie di bronzi (sesterzi, dupondi ed assi) i quali pure por- tano il nome di altri triumviri monetari. Ma altra dimostrazione, non venne mai addotta e nessuno saprebbe tentarla se non a patto di en- trare nel campo delle più vaghe e rettoriche sup- posizioni estranee ai criteri positivi della numismatica propriamente detta. •41 322 LODOVICO LAFFRANCHI La scarsità e l'incertezza di quei dati storici che potrebbero gettar luce sui magistrati il cui nome figura sulle monete in questione, fece sì che tutta l'erudizione degli archeologi e di quei numismatici che sono avvezzi ad accettare l'opinione altrui an- ziché formarsene una propria studiando de visu le monete, si spuntasse là dove il semplice esame della maniera o stile che dir si voglia avrebbe risolto il problema. Infatti l'opera magistrale del Babelon, così ricca di dottrina, e diligente nelle ricerche per la spie- gazione storica delle monete consolari, per alcuni nomi di monetari che emisero i PB in questione è forzatamente muta, e per altri è costretta a ricono- scere che le notizie sono contradditorie causa le numerosissime omonimie così frequenti a quell'epoca. E che la classificazione cronologica delle mo- nete in questione come veniva accettata sinora fosse basata su delle supposizioni contradditorie anziché su ragioni concrete, ci è dimostrato dall'opera del Babelon la quale attribuisce all'anno 15 a. C. le mo- nete emesse dal triumvirato Lamia, Silius, Annius, mentre assegna il 4 a. C. quelle di Pulcher, Taurus, Regulus; ora chi vorrà constatare de visu dovrà convincersi che tanto per lo stile, che pei tipi esse mostrano di appartenere ad una medesima emissione e ad un'identica data come ho già esposto più sopra. Però non si potrebbe fare soverchia accusa al Babelon per avere accettata questa vecchia classi- ficazione quando anche gli autori più recenti (Bahr- feldt, Cabrici, Grueber, ecc., ecc.) non fecero che ripeterla senza discussione. A meglio comprendere le ragioni che contrad- dicono l'attribuzione di queste monete al regno di Augusto è necessario non dimenticare che ogni pe- riodo, sia pure brevissimo, di una qualsiasi mone- I DIVERSI STILI NELLA MONETAZIONE ROMANA 323 tazione, ha una sua impronta affatto speciale che lo distingue da un altro di qualche anno prima ; e questa impronta caratteristica aiuta a risolvere i| problema. Infatti la soluzione si affaccia improvvisa se noi confrontiamo i PB in questione con queUi notissimi di Caligola e di Claudio pure senza effigie. Anche un profano è costretto ad ammettere che essi sono di stile assolutamente identico a questi ultimi mentre nulla affatto hanno di comune coi sesterzi, dupondi ed assi di Augusto, che portano i nomi dei trium- viri : Gneo Piso, L. Surdinus, Salvms Otho (Tav. VII, n. I, 2, 3, 4), ecc., ecc., la cui fattura è assoluta- mente grossolana e nei quali si vede ancora l'im- pronta arcaica della monetazione repubblicana alla quale succedono. Dove i sesterzi, dupondi ed assi di Augusto sono prodotti da una tecnica ancora deficiente, e ci presentano delle epigrafi colle lettere contorte, dis- simetriche e talvolta punteggiate alle estremità (Tav. VII, n. i, 2, 3, 4); caratteristica delle monete greche e delle repubblicane i PB in questione ci mostrano invece un'arte raffinata, specialmente nella forma delle lettere, che è la medesima dello stile lapidario più perfetto, affatto identico a quello dei PB di Caligola (Tav. VII, n. 16, 17) e di Claudio (Tav. VII, n. 18, 19, 20, 21). Ed anche dal lato ti- pologico si apre un abisso fra i PB di cui si tratta ed i bronzi di Augusto. Mentre questi, ed i primi di Tiberio ci mostrano sempre un rovescio senza tipo, col campo interamente occupato dalle lettere se, i nostri PB offVono dei tipi, come avviene anche sui PB di Caligola e di Claudio ; anzi con maggior evidenza si presenta l'affinità tipologica e stilistica tra i PB di Claudio ai tipi del modio e della mano con bilancia, ed i PB dei triumviri Lamia, Silius, 324 LODOVICO LAFFRANCHI Annius e Pulcher, Taurus, Regulus: degna di rimarco è la forma speciale della lettera M cogli angoli su- periori spuntati, pecularità che i PB dei suddetti triumviri hanno comune coi PB e talvolta anche coi MB di Claudio, ma non coi bronzi d'Augusto. Ed anche lo studio dei ripostigli appoggia la mia soluzione : infatti i PB col nome dei triumviri monetari si rinvengono sempre uniti a quelli di Ca- ligola e di Claudio mentre mancano nei ritrovi di monete d'Augusto. Credo perciò di aver persuaso i lettori che i PB in questione anziché al regno di Augusto, al quale venivano attribuiti soltanto in forza di una misonei- stica abitudine, spettano invece al periodo che in- tercorre tra la fine del regno di Tiberio e gli ultimi anni di Claudio. A mio avviso il susseguirsi delle emissioni dei quadranti, tanto col nome dei monetari che con quello degh imperatori si sarebbe svolto così : 1° — Dal 35 al 37 circa d. C. (regno di Tiberio) : col nome dei monetari Betilienus, Naevius, Rubellius e Valerius. 2.° — Dal 37 al 39 circa d. C. (regno di Caligola) : col nome dei monetari Apronius, Galus, Messalla e Sisenna. 3.° — Dal 39 al 41 d. C: col nome dell'im- peratore Caligola e le lettere RCC al tipo del berretto. 4.° — Dal 41 al 47 circa d. C. : col nome dell'imperatore Claudio, ai tipi del modio o della mano con la bilancia. 5.° — Dal 47 al 50 circa d. C. : col nome dei monetari Lamia, Silius, Annius, Pulcher, Taurus e Regulus. E non è da credersi che la storia, se rettamente interpretata si opponga alla mia tesi: anzi viene ad aiutarla. Perchè se noi facciamo attenzione alle no- I DIVERSI STILI NELLA MONETAZIONE ROMANA 325 tizie biografiche, quali il Babelon ci fornisce per alcuni pochi nomi di monetari: Aproniiis, Silitis, Re- giihis, Betilienus, Rubellms (poiché gli altri sono af- fatto ignoti), ci colpisce il fatto che questi perso- naggi agirono ed ebbero cariche ed onori durante il regno di Tiberio, non sotto Atigusto. Importanti sono specialmente le notizie che riguardano Betilienus Bassus e RubeUius Blandiis. Seneca e Dione Cassio ricordano un Beiiliemis Bassus messo a morte da Caligola e Tacito menziona un Rubellius Blandus che nel 33 di C. (cioè verso la fine del regno di Tiberio) sposò Giulia figlia di Druso Juniore; il Ba- belon accettando l'attribuzione al regno di Augusto si trova perciò imbarazzato a mettere d'accordo i due storici. Infatti siccome la carica di triumviro monetario era una delle prime tappe del cursus onori e veniva assegnata ai giovani nell'inizio della carriera politica, egli ammette che il Betilienus Bassus citato da Se- neca è il medesimo il cui nome figura sulle monete, ed in questo caso alla sua morte avrebbe oltrepas- sato i settant'anni, se supponiamo che le monete fu- rono coniate sotto Augusto; ma per logica conse- guenza, non ammette che il RubeUius Blandus citato da Tacito sia quello ricordato dalle monete, perchè in questo caso sarebbe stato coetaneo di Betilienus e perciò troppo vecchio per sposare la giovanissima figlia di Druso ! E quindi giocoforza ammettere che ambedue questi magistrati furono in carica non già sotto Augusto, ma bensì verso la fine del regno di Ti- berio: così si spiega la data 33 di C. riportata da Seneca, ed in questo modo Numismatica e Storia saranno perfettamente d'accordo. E saranno d'accordo anche colla logica più ele- mentare, poiché se al temp o di Augusto un mede- 326 LODOVICO LAFFRANCHI simo triumviro presiedeva alla coniazione del se- sterzio^ del dupondio e dell'asse, non v'era alcuna ragione perchè la coniazione del quadrante fosèé affidata ad altro triumviro. È chiaro che se queste monete portano nomi affatto distinti delle altre, ciò alvvenne perchè coniate in epoca assai posteriore quando gli antichi triumviri non erano più in carica, ed altri H avevano sostituiti. E qui mi vedo fatta una obbiezione che però, anche se non ribattuta, non potrebbe distruggere le prove schiaccianti che ho già esposte : mi si potrebbe cioè chiedere il perchè sotto Tiberio e Caligola sol- tanto i quadranti portano il solo nome dei monetari mentre gli altri bronzi al contrario recano quello dell'imperatore unito alla sua effige. Ma la risposta è facile : anche nell'epoca moderna le monete ed i francoboUi che rappresentano il minimo valore, ge- neralmente non portano l'effige ed il nome del mo- narca ma sólo lo stemma dello stato, ovvero una figura allegorica. Ed il periodo imperiale stesso in epoca poste- riore a Tiberio e Caligola ce ne fornisce un altro esempio in quei PB anepigrafi, ma con SC, che ven- gono generalmetité attribuiti al regno di Domiziano, laddove assai probabilmente vennero emessi sotto Nerva quando in causa della costui debolezza il Se- nato tentava di riacquistare l'antico potere e s'illu- deva di confermarlo coniando monete senza nome ne effigie d' imperatore. Concludendo, credo di aver lumeggiata abba- stanza chiaramente l'importanza che le trascurate monetine col nome dei magistrati acquistano nella storia della moneta romana. Esse ci mostrano nel suo inizio il graduale decadimento dell' influenza se- natoria sulla monetazione, giacché mentre sotto Au- gusto il Senato^ aveva il diritto di inscrivere il nome 1 DIVERSI STILI NELr.A MONETAZIONE ROMANA 32 dei suoi triumviri monetari anche sull'oro e sull'ar- gento (') oltre che sul bronzo, col regno di Tiberio si ridusse ad esercitare tale diritto soltanto sulle più infime monete di bronzo e sotto Caligola perdette anche questa prerogativa, conservando però sino al terzo secolo quello di marcare colle lettere SC l'in- tera monetazione del bronzo, ammesso tuttavia che nel terzo secolo queste lettere non indichino meglio la forza di una consuetudine piuttosto che Tespres- sione di un diritto: consuetudine resa necessaria per dare il carattere ufficiale e consacrare l'autenticità delle monete onde fossero accette al pubblico. E che si trattasse di una semplice consuetudine lo dimo- strerebbero i bronzi di Postumo, i quali quantunque coniati in odio al Senato di Roma portano in- scritto SC. Lodovico Laffranchi. (i) S'intende solo per le monete coniate a Roma. MONETE E VARIETÀ INEDITE della COLLEZIONE CORA (TERZA SERIE) CASALE Gian Giorgio Paleologo marchese di Monferrato (1530-1533)- B' — Testina • IO- G-EORGIVS • M • MONTIS- FERRATI Busto a sinistra con berretto rotondo, cercliio lineare. I^ — Testina SACRI • ROMANI • IMPERII • P • VIC • P P • IM Stemma inquartato e coronato. Argento. Cavallotto. Diam. niill. 26. Peso gr. 3,20. Discreta conser.^ Gian Giorgio ^^\ fratello del marchese Gu- glielmo II, abbate della badia di Lucento e vescovo di Casale, rassegnò nel gennaio 1525 il vescovado per potere accudire alla tutela del nipote il marchese Bonifacio II, ultimo rampollo della Casa Paleologa. Ma questo, raggiunta appena l'età di 18 anni, cavalcando un focoso destriero in una partita di caccia, venne da altro cavaliere, Sforza Morone gen- tiluomo milanese, investito per modo che, in seguito alle ferite riportate nella caduta, nel gennaio 1530 si partì di questa vita. In conseguenza di ciò il marchesato passava ai marchese Gian Giorgio, il quale, sebbene della ancor (i) Cfr. De Conti Vincenzo : Notizie storiche della città di Casale Monferrato, voi. V. Casale, 1840. 42 33° colonnp:llo Alberto cunietti-cunietti non matura età di 43 anni, era talmente cagionevole di salute, da lasciare assai dubbia ed incerta la suc- cessione. Rimanevano di Bonifacio due sorelle Maria e Margherita, la prima delle quali era stata dai geni- tori già fidanzata al marchese di Mantova Federico li Gonzaga ; ma questi, dopo la morte del padre, ri- fiutò di fare il matrimonio. Intanto Gian Giorgio, ot- tenuto il 26 aprile 1531 dall'imperatore il titolo e la carica di principe e vicario del Sacro Romano Im- pero, riprendeva le trattative per ricondurre a ter- mine questo matrimonio ; e questa volta tutto era a buon punto, quando la fidanzata morì. Allora l'im- peratore Carlo V, con i buoni uffici del vescovo di Casale e del governatore di Milano Antonio de Leva, iniziò nuove pratiche allo scopo di maritare l'altra sorella Margherita al detto marchese di Mantova ; ed il matrimonio fu concluso e celebrato in Casale l'ii novembre 1531. In quello stesso anno Gian Giorgio, dopo di avere riconosciuto a sovrano e signore diretto l'im- peratore Carlo V e di avergli prestato il giuramento di fedeltà, ottenne dal medesimo la conferma di tutte le investiture antiche, come già avevano goduto i suoi predecessori, con la dignità del vicariato impe- riale, per sé, per i suoi discendenti maschi e, in mancanza di questi, per le femmine, e, restando egli senza prole, per la nipote Margherita ed il marito Federico, nonché per i loro discendenti. Gian Giorgio volle in tal guisa infeudare i suoi nipoti nel marchesato con l'annuizione dell'impera- tore ; e, a sua propria maggiore garanzia il mar- chese di Mantova otteneva ancora dall'imperatore, che trovavasi in quell'anno 1532 a Mantova, la san- zione dell'investitura del Monferrato a favore di lui e della moglie Margherita, qualora il marchese Gian Giorgio fosse morto senza prole. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 33I Spiacendo tuttavia all'imperatore che si estin- guesse una così nobile e antica famiglia come quella dei Paleologi, esortò il marchese Gian Giorgio ad ammogliarsi, e gli propose Giulia d'Angiò, figlia di Isabella già regina di Napoli, che da molti anni vi- veva in Ferrara presso il duca Alfonso I d'Este. il quale tanto si adoperò che le nozze furono conchiuse. Gian Giorgio, sebbene abate e vescovo, non era legato da ordini sacri ed ottenne facilmente la di- spensa per questo matrimonio, che seguì per pro- cura a Ferrara nei primi di aprile 1533. La sposa fu quindi avviata con molta pompa e con solenne accompagnamento a Casale, ove si pre- paravano grandi feste e giunse il 29 aprile a Fras- sineto Po. Il marchese Gian Giorgio, che era a Ponte Stura, volle differire all'indomani la sua venuta a Casale per dare alla festa maggiore solennità ; ep- perciò al mattino del 30 i suoi consiglieri si recarono a Ponte Stura per ossequiarlo ed accompagnarlo ; ma, entrati nella sua camera, lo trovarono cadavere nel letto. Vuoisi da taluni storici, come il Denina e il Muratori, che Gian Giorgio sia stato fatto avvele- nare dal marchese Federico, per paura che non gli sfuggisse con quel matrimonio il marchesato di Mon- ferrato. Da altri si dice invece che la morte sia av- venuta per le tristi condizioni di salute in cui ver- sava il marchese Gian Giorgio. Di fronte a queste due versioni ve n'è poi una terza, che lascierebbe adito al sospetto della morte per veleno, inquantochè il marchese era stato visto il giorno prima in buona salute, allegro e più scher- zoso del solito. Nonostante il breve governo di questo marchese, si hanno di lui buon numero di monete, e la moneta che sopra ho descritto è una bella varietà del ca- 332 COLONNELLO ALBERTO CUNIETTl-CUNIETTI valletto illustrato da Promis (i) al n. 6 della tav. VII per la leggenda del rovescio che in questo è : VICARIVS • ROMANI • IMPERII • 7 -. Ma l'essere nella nostra moneta la leggenda completata con tutti i titoli e gli attributi relativi al vicariato imperiale, vorrebbe forse dimostrare che essa sia stata battuta tosto dopo l'atto di riconosci- mento, sottomissione e fedeltà, fatto da Gian Giorgio all'imperatore Carlo V per ottenere la conferma di tutte le antiche investiture. PASSERANO. I. Giacomo Radicati conte di Cocconato (1594-98). li. Francesco Radicati (ultimi tempi del terzieree della zecca). L B" — R • • • • • D- PASS • DN • C • Ritratto a destra barbato e con colletto alla spagnuola. R) - DONVS •....• PASS 159 ... . Covone di sette spighe visibili. Rame. Parpagliola. Contraffazione della analoga di Filippo II per Milano (2). Diam. mill. 20. Peso gr. 2,48. Mediocre conservazione. Il signor Grillo *3) ha pubblicato due varietà di questa rara contraffazione della pure rara parpagliola di Filippo II per Milano, avente nel diritto il ritratto e nel rovescio il fascio di spighe. La prima appartiene al Gabinetto numismatico di Brera, è di bella conservazione e porta : B' - lACOB • RAD • PASSERAN e. s. I^ — DOMVS .... PASS • DVX e. s. (i) Promis Domenico: Le monete dei Paleologi marchesi del Monfer- rato. Torino, 1858. (2) Gnecchi Francesco ed Ercole : Le Monete di Milano (n. 97, tav. di suppl. LVIIIj. Milano, 1884. (3) Grillo Guglielmo : Monete inedite corrente di Desana e Passe- rano in Bollettino italiano di numismatica, a. 1907, pag. 95. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 333 E della seconda di cattiva conservazione non si può distinguere nel diritto se non le parole COM • RAD • e nel rovescio nuU'altro che le lettere P • D • del- l'esergo : il covone in questa appare formato di nove spighe. A queste due varietà il signor Tribolati (•> ag- giunse recentemente una terza, che completa un poco la leggenda della seconda : & - COM • RAD • PAS • M e. s. ^ — 1594, nell'e. M • P • D • e. s. Quella della collezione Cora, che ho soprade- scritta, non completa le leggende delle altre tre, ma si presenta però come una nuova varietà per il ti- tolo DN • C • {Dominus Cocconati) che manca in quelle. Mentre pertanto nella prima moneta sopracitata, cioè in quella del Gabinetto di Brera, che è di buona conservazione, si legge chiaro e distinto il nome di Giacomo Radicati, nelle altre tre, malconservate nelle leggende, non vi è alcuna traccia da potere rico- struire il nome del conte : tuttavia la data 1594 in- dica che queste monete non devono più essere state coniate a nome del consortile, ma bensì con l'effigie e col nome di alcuni membri del terziere di Passe- rano (2) ; però il ritratto essendo il medesimo in tutte e quattro, ne consegue che, al pari della prima, anche le altre tre attribuire si debbano al conte Giacomo, del quale le poche monete che si cono- scono sono tutte contraffazioni milanesi. IL Sono lieto che colla presente circostanza mi si offra l'opportunità di aggiungere alla serie delle mo- (i) Tribolati Pietro: Di una contraffazione di Passerano in Boll. Hai. di ttum., a. 191 1, pag. 42. (2) Cfr. Promis Domenico : Le monele dei Radicati e dei Mazzetti, ag. 20. Torino, 1860. 334 COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI nete dei signori di Passerano ancora una nuova con- traffazione di altra parpagliola milanese, che, per il nome del conte e per la leggenda, ritengo finora sconosciuta. È superfluo che io ripeta quanto ebbi già da esporre in precedente memoria (') sul diritto di mo- neta concesso ai conti Radicati, sulla loro zecca e sui loro zecchieri : dirò solo che la moneta che sto illustrando è una prova evidente dell'audacia dei signorotti di quell'epoca. Essa appartiene alla collezione del mio ottimo amico cav. Tommaso Maggiora- Vergano, tenente-co- lonnello nei Reali Carabinieri, il quale, degno figlio dell'illustre e compianto nummografo comm. Ernesto, prosegue con attività ed intelligenza a raccogliere monete della sua città natale Asti e delle piccole zecche del Piemonte, di cui sta costituendo una ricca e bella collezione. B' — FR [anI do — -S-R-IP-CP- Stemma coro- nato da cui escono due rami ed inquartato i e 4 aquila, 263 biscia viscontea (2). ^ — -PROV — DENTIV La Provvidenza in piedi a sinistra, appoggiata ad una colonna, tocca con la bac- chetta il globo ; nell'esergo fiore a 4 petali fra due punti. Rame. Diain. niill. 18. Peso gr. 1.95. Discreta conservazione. (i) CuNiETTi Alberto: Monete inedite deità collezione Cora in Rivista italiana di numismatica, a. 1909, pag. 481. (2) Questa leggenda può ricostruirsi : FRANcisctis oppure FRan- ciscus R Adicati Dei Gratta Sacri Romani Imperii Princeps Comes Passerani. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELLA COLLEZIONI; CORA 335 Questa moneta è una impudente contraffazione della parpagliola da soldi due e mezzo di Filippo III per Milano, di cui i signori Gnecchi ci danno cinque varietà <^). Le contraffazioni milanesi cominciarono, secondo il Promis <2), nel 1587 con lo zecchiere Luca An- tonio Bosio di Bergamo, dopo le continue e ripetute proibizioni fatte dal duca di Savoia negli anni 1583 e 1585 di introdurre nei suoi stati le monete basse di Cocconato. Ma la contraffazione della parpagliola di Filippo III non può evidentemente che risalire agli ultimi giorni della zecca di Passerano, giacché questa fu chiusa nel 1598, anno appunto dell'assun- zione al trono di Filippo III. Laonde queste contraf- fazioni devono, come le altre milanesi, attribuirsi al conte Giacomo Radicati od a qualcun altro- del ter- ziere, prima della rinunzia fatta al duca di Savoia del privilegio di battere moneta. Il Promis ^3) al n. io della tav. I ha illustrato una contraffazione assai comune di questa parpa- gliola che è : B' — MONETA- RASE CC Stemma inquartato con l'aquila e li castano in luogo della biscia ; al disopra corona senza rami. (1) Gnecchi F. ed E.: Op. cit. (n. 50-53, tav. XXX, n. 8). — Idem. Afone/e di Milano inedile (n. 15). Milano, 1894. 50. ^ — • MEDIOLANI • D • Stemma inquartato con l'aquila e la biscia, al disopra corona coi rami. 9»' — PROVIDENTIA • La Provvidenza in piedi a s. colla bacchetta tocca il globo posto a terra, all'esergo 1602, Le altre variano per essere di data differente, o senza data, o per avere una rosa fra due stellette invece della data. (2) Promis Domenico: Op. cit., pag. 18. (3) Promis Domenico : Op. tit. 33^ COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 9* — S • PRODENCIANV La Provvidenza in piedi a sinistra colia bacchetta tocca il globo posto a terra. Il Kunz (i) ha poi pubblicato un'altra contraffa- zione della stessa parpagliola, che porta : ^ — MEDIOLÀNI • D • Stemma inquartato con l'aquila e il castano, al disopra corona coi due rami. I^ — PROVIDENTIA La Provvidenza e. s. A questa contraffazione del Kunz il sig. Grillo (2) ha aggiunto una varietà, la quale non differisce che per la leggenda del rovescio che è S • PRODENCIANO • In queste due l'audacia è giunta al punto di porre la stessa leggenda MEDIOLANl • D • delle parpagliole genuine, ed in quella del Kunz anche la stessa leg- genda del rovescio PROVIDENTIA. Nella mia invece lo stemma è inquartato con Taquila e la biscia come nelle milanesi e solo la leggenda di Passerano è artatamente intricata, mentre il rovescio conserva pure di quelle la stessa leg- genda scritta erroneamente PROVDENTIV. Ma quello che colpisce in questa moneta e che riveste pecu- liare interesse si è la prima parte della leggenda, ossia le prime quattro lettere della leggenda stessa, di cui le due prime FR appariscono abbastanza chiare da non lasciare dubbio alcuno, mentre le altre due per essere in parte cassate, posson sembrare tanto AN quanto RA. Nel primo caso formerebbero la pa- rola FRAN (Franctscus) e nel secondo FRRA {Franciscus Radicati). In ogni caso però le prime due lettere, abbastanza visibili e distinte, inducono ad attribuire questa moneta a quel Francesco, di cui non si ha (i) Kunz Carlo : // Museo Bottacin (tav. Ili, n. 4) in Opere nuttii- smaliche, pag. 66. Milano, 1907. (2) Grillo Guglielmo : Op. cit., in Boll. Hai. di tiiim., a. 1907, png 94. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 337 notizia nella genealogia dei conti Radicati U), e che neppure figura nella convenzione dell'S febbraio 1586 col duca di Savoia (2). Il generale. Ruggero (3) pubblicò un sesino (con- traffazione milanese di quello di Filippo II), in cui vedesi il nome di Francesco di seguito a quello di Giacomo : ma col solo nome di Francesco ritengo essere questa la prima moneta che si conosca, o, quanto meno, la prima che venga pubbhcata, onde la sua importanza; a meno che interpretare si voglia per Fi'ancisci Pkserani la leggenda MONETA • NOVA • F • PA di una contraffazione di Kreiitzer bernese del se- colo XVI, pubblicata da Vincenzo Promis (4). Concludo su queste contraffazioni, ricordando come il signor Grillo, col suo acume numismatico, abbia accennato che possa essersi adoperato il motto PROVIDENTIA anche al rovescio, come in quella del Kunz, per rendere le contraffazioni irriconoscibili dalle vere e che certi esemplari da lui esaminati, nonostante il loro aspetto regolare e le complete e regolari leggende, presentino nel loro assieme una fisionomia dubbia o, per così dire, poco onesta, da non potersi ritenere usciti dalla zecca di Milano. Ed ora la scoperta della parpagliola sopraillustrata non può se non avvalorare la congettura del Grillo. (1) Da un alto clelli ii luglio 1586 risulterebbe che Gio. Francesco, Percivalle e Pompeo Radicati furono investiti del feudo di Robella, Craviglio e Montafia ; ma non può certo essere il Gio. Francesco cui si riferisca la moneta. (2) Promis Domenico : O^. cit , pag. 19. (3) Ruggero Giuseppe: Annotazioni numismatiche italiane, V, in Riv. Ha!, di num., a. 1902, pag. 110. (4) Promis Vincenzo : Monete di zecche italiane inedite corrette. Me- ni .ria IV, pag. 35, tav. V, n. 44. Torino, 1882. A me parrebbe che quella F possa pure interpretarsi per Tacia ossia MONETA NOVA Facta PAserani. in analogia .-.Ila contraffa- zione pubblicata da Morel-Fatio (Faiix Kreulzers de Berne et dii Valais fabriqués en Italie) al n. 2, che porta intiera la parola FATA scritta a guisa italiana per FACTA. 338 COLONNFLLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI PARMA Ferdinando di Borbone duca (17651802). ^' — FERO • I • D • G • H • I • PAR • PLA • ET V • DVX 1783 Scudo di forma sannitica coronato ed inquartato. P — S • THOMAS APOST • PAR • PROT • Figura per tre quarti del Santo nimbato e barbato, con asta nella destra e libro nella sinistra, nell'esergo SOLDI XX • sotto *. Rame. Prova della lira. Diam, mill. 25. Peso gr. 6,39. F. D. C. Sotto l'ultimo Farnese ed i primi Borboni la zecca di Parma era andata sempre più decadendo, cosicché pochi prodotti rimangono di questi principi, e le monete forestiere inondavano in quei tempi i mercati del Ducato Parmense. Fu Ferdinando di Borbone che ristabih in Parma la zecca; e le prime monete che fece battere furono i sesini siccome moneta maggiormente necessaria al popolo, che in allora faceva uso di sesini di ogni paese, di ogni qualità e forma. Il Lopez (^) pubblicò la prova del sesino che si sarebbe fatta nel 1781, mentre poi l'Afifò <2) illustrò i due tipi di sesini battuti con l'ordinanza del 1783, anno in cui la zecca cominciò a lavorare. I conii di queste monete furono con tutta pro- babilità intagliati da Angelo Carrara, che poneva (i) Lopez Michkle : Aggiunte alla secca e moneta parmigiana del padre Ireneo Affò in Periodico di numismatica e sfragistica per la storia d'Italia, diretto dal march. Strozzi, voi. 30, pag. 188. (2) Affò Ireneo: Della zecca e moneta parmigiana in Zanetti. Nuova raccolta, ecc., tomo V, tav. Xlll, n. 180, 181. Bologna, 1789. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELI. A COLLEZIONE CORA 339 come segno monetario non già le sue iniziali, ma una rosetta. Il Lopez soggiunge che rimasero inedite le prov^e in rame e in piombo delle altre monete che in detto anno 1783 intagliava il Carrara, ma che non furono approvate, forse perchè le monete, in ragione del loro modulo, sarebbero riuscite di un valore superiore a quello stabilito. Organizzato pertanto il nuovo sistema monetario, VS agosto 1783 veniva concesso l'appalto della zecca a Nicola Piacentini ed a Giambattista Ruspaggiari, che durò sei anni, ossia fino al 1789. La Itra^ la prima delle monete erose, s'inco- minciò a battere l'anno 1784 ed il relativo conio fu lavorato da Giovanni Siliprandi, mentre quello (felle lire successivamente battute nel 1786 fu intagliato da Giovanni Zanobi Weber fiorentino. La prima emissione della lira risale adunque all'anno 1784 ed è illustrata dall'AfTò al n. 197 della tav. XV, e porta : ^ — FERO • I • H • I • D • G • PAR • PLAC VASI • DVX 1784 Scudo ovale coronato fra due rami. ^ - S • THOMAS APOST • PAR • PROT • Mezza figura del Santo nimbato e barbato, leggermente volto a destra, tiene l'asta appoggiata fra il braccio e la spalla destra e nella mano sinistra il libro ; nel- l'esergo SOLDI • XX Essa è di mistura e, dall'esame di diversi esem- plari, ho potuto constatare che il suo diametro è di mill. 23 a 24, ed il suo peso di gr. 3,85 a 3,90. Ora se si osserva che la nostra sopra illustrata è del diametro di mill. 25 e del peso di gr. 6,39. è di puro rame, porta il millesimo 1783 e l'impronta differisce così nello scudo come nella figura del Santo dalle prime lire battute nel 1784, si può age- volmente inferire che essa sia una di quelle prove in rame inedite, cui allude il Lopez. 340 COLONNELLO ALBERTO CUMETTI-CUNIETTI NAPOLI. Numerosissime sono le varianti che si possono osservare nelle monete napoletane degli Angioini, Durazzeschi, Aragonesi e Spagnuoli ; e quasi non si sarebbe lontani dal vero asserendo che non sia troppo facile incontrare V identicità in una stessa impronta di moneta, poiché o nel tipo o nella leg- genda o nell'ortografia si può rilevare qualche par- ticolare diverso. Ne consegue che un vasto campo rimanga da sfruttare in fatto di varianti, dovendosi deplorare come la numismatica, tanto importante, delle zecche meridionali e della napoletana in parti- colare sia stata negletta ; giacche quanto a questa si riferisce si riduce al vecchio ed insufficiente libro del Vergara, a quello dell'Heiss, per piccola parte a quelli dell' Hoffmann e del Poey d'Avant, alle disser- tazioni o memorie dei Fusco, del Bellini, del FioreUi, delBonucci, del Cherubini, del Maggiora-Vergano, del Carpentin, del Cartier, del Caron, del Charvet ed a quelle più recenti del Papadopoli e di Arturo Sambon. Onde la necessità di un'opera che riunisca tutti i tipi nelle loro più minute varietà, e questa sarà l'opera grandiosa e poderosa di S. M. il nostro Augusto Sovrano, quell'opera che solo il coraggio di un Re colto e studioso, dotto ed appassionato numismatico poteva ideare e condurre in porto. Ma purtroppo prima che il volume della zecca napoletana possa vedere la luce, dovranno trascorrere parecchi anni ed intanto si fa sempre maggiormente sentire la mancanza di un libro che comprenda almeno i tipi e le principali varietà dei prodotti di questa zecca. Ed a siffatto riguardo mi è grato di segnalare la pubblicazione iniziata da un egregio studioso, l'avvocato Memmo Cagiati di Napoli : Le monete MONETE E VARIETÀ INEDITE DELIA COLLEZIONE CORA 34I del reame delle dtie Sicilie da Carlo I d'Angiò a Vittorio Emanuele II, pubblicazione che, in attesa del volume del Corpus Niimmorum Italicorum relativo alla zecca di Napoli, non potrà non tornare di grande utilità agli studiosi, colmando la lacuna ora lamen- tata. Di questo lavoro del Cagiati sono già pubbli- cati due fascicoli, il primo che comprende le monete battute a Napoli dagli x^ngioini e Durazzeschi e il se- condo che tratta quelle degli Aragonesi pure battute a Napoli; e facciamo l'augurio che al più presto possa il rimanente lavoro essere terminato e pubblicato. Il signor Cora nella sua bella collezione, ora ricca anche nelle zecche meridionali, possiede di- versi pezzi di Napoli che sono varietà di tipi cono- sciuti e pubblicati dagli autori sopramenzionati od anche di quelli citati nei principali e più importanti cataloghi, quali del Gabinetto di Vienna, del Museo nazionale di Napoli, delle collezioni Santangelo, Fran- chini, Rossi, Fusco, Tafuri, Gnecchi, Sambon, ecc. E di quei pezzi mi limiterò ad accennare al seguente splendido ducato d'argento di Filippo II : B' — PHILIPPVS REX • ARAGON • VTRIV Busto corazzato a destra, testa nuda, in 4 cerchi lineari ; dietro il busto yp a monogrammo, sotto il busto rosa a 4 foglie • 1571 ; cerchio esterno di perline. 9 — HIL-ARITAS VNIVRR-SA nel campo in quattro righe, due cerchi lineari, in ghirlanda d'alloro; cerchio esterno di perline. Argento. Diam. miU. 44. Peso gr. 29,800. Ottima conservazione. E una bella varietà dei numeri 11, 12 e 13 tav. 130 dell' Heiss ('), non solo per le leggende ma anche per il tipo. (I) Heiss Aloiss : Descripcion general de las monedas hispanocristia- nas desde la invasion de los Araòes, torno 2. Madrid, 1887. 342 COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI BENEVENTO Adelchi principe (853 878). /& — ÀDELCHiS in monogrammo nel campo ; a destra ostensorio, a sin. croce italiana, sopra triangoletto. 9 — BENE — BENTV Croce potenziata su tre gradini, sotto due cunei trasversi separati da globetto, ai lati del secondo gradino due globetti, ai lati dell'asta della croce le lettere M — H [Michael Archangelus). Argento. Denaro. Diam. mi!I. 20. Peso gr. 1,12. Buona conservazione. Pare che il diritto di zecca di propria autorità risalga al duca Arichi II (778-787), allorché questi proclamandosi erede di Desiderio e assumendo le insegne di principe sovrano, s'intitolava piissimiis atque excellentissimus princeps gentis Longobardae. Questo principe infatti incominciò a porre sulle monete il nome per disteso, laddove i predecessori lo limitavano ad una iniziale o sigle con leggenda contraffatta a quella imperiale, segno piuttosto di abuso che non di privilegio (^\ (i) Cfr. Borgia Stefano: Memorie storiche della pontificia città di Benevento dal sec. VII al XVIII. Roma, 1763-69. Devita Joannes : Thesaurus antiquitatum Beneventanarum. Roma, 1754. Frati Luigi : Delle antiche monete d'oro ritrovate in Reno nell'agosto iSjj. Bologna, 1857. Promis Domenico: Monde di zecche italiane inedite o corrette. Torino, 1867, Id., id. Memoria 2*. Torino, 1868. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 343 Ma nell'anno 787 Arichi fu costretto ad accet- tare le condizioni impostegli da Carlo Magno per essere confermato nel principato di Benevento e fra esse vi era pure l'obbligo di apporre sulle monete il monogrammo di Carlo : nummosque sui nominis liiaracteribus super scribi semper juberet ^i\ Non ebbe tuttavia siffatta condizione lunga durata; che il figlio e successore Grimoaldo III, riacquistando più tardi (793) la propria indipendenza, riprese a contrasse- gnare le monete col suo nome soltanto : Grimoaldus in suis nummis eius nomen {Caroli) aliqnandiu fgurari placuit, schedas similiter aliquanto jtissit, tempore exa- rari reliqtta aufem prò nihilo duxit observanda. Max rebellionis jurgium initiavit '2). E quest'uso venne poi continuato dai suoi successori. Adelchi, vir quippc mitissinms et amabilis cunctts, tantaeque mansiietudinis, ut etiam ab exteris diligere- tur ^3), fu il 21° duca e 7" principe di Benevento, regnò dall'Sss all'SvS e si hanno di lui monete d'oro e d'argento. Il suo regno venne funestato dall'inva- sione dei Saraceni, i quali, dopo di aver messo piede nell'isola di Sicilia, erano passati a fare conquiste sopra i Greci in Calabria e nei dominii del principe di Benevento. Adelchi, intimorito e preoccupato per la perdita delle sue terre, si rivolse per aiuto all'im- peratore Lodovico li. Dum et oppida et villae pluri- mae a Paganis crematae sunt, et nostris exigentibus KuNZ Carlo : Adelchi principe di Benevento in Periodico di num. e sfrag., voi. II, a. 1869, pag. i. Engel et Serrure : Traiti de numismatique dii mqyen àge^ pag- 35, 277, 289. Papadopoli Nicolò : Monete italiane inedite della raccolta Papadopoli in Riv. ital. di mtm., a. 1894, P^g- 308. (i) Erchemperti monachi benedictini : Historia Longobardoruni Be- neventi in Corpus fiisioricum medii aevi a Jo. Georg io Eccardo, p. 52, n. I V. (2) Idem, idem. (3; Erchemperti : Op. cit., pag. 61, n. XX, 344 COLONNELLO ALBERTO CUMETTl-CUNIETTI mentis saepius cremantur et dispendientur . (Adelgiso nel suo capitolare num. VII) (^). Lodovico accorse con poderoso esercito nel- l'anno 866 e nel corso di quattro anni ritolse ai Saraceni le terre da essi occupate in Calabria e in Puglia. Senonchè, come suole avvenire quando il debole ha bisogno del più forte, Lodovico, dopo le riportate vittorie sui Saraceni, entrò trionfalmente in Benevento, vi prese dimora insieme con la moglie Angilberga e la figlia Ermengarda e si mise a farla da padrone assoluto, tenendo in non cale il legittimo signore Adelchi. I Beneventani, irritati per questo fatto, non meno che per le angherie ed insolenze delle milizie impe- riali, che disponevano di ogni cosa a loro benepla- cito, e per l'alterigia ed asprezza dell'imperatrice, secondati da Adelchi che, troppo obbligato a Lodo- vico, aveva dapprincipio dovuto adoperare simula- zione, ordirono una congiura e il 25 agosto 871 sor- presero Lodovico, lo spogliarono dei suoi tesori e lo gettarono in carcere insieme con la moglie e la figlia. Ma ecco che mentre Lodovico era in prigione, i Saraceni nuovamente sbarcarono a Salerno, laonde Adelchi spaventato tosto lo rimise in libertà, non senza averlo prima fatto giurare che non prende- rebbe vendetta dell'offesa patita e che non entrerebbe mai più con armi od armati nel principato di Be- nevento (2). Da questi brevi cenni necessari per il riscontro e la giusta interpretazione della moneta sopra illu- strata, appare come il regno di Adelchi possa divi- dersi in tre periodi distinti: il primo, antecedente (1) Borgia : Op. cit., parte I, pag. 66. (2) Borgia : Op. cit. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA ^45 air invasione dei Saraceni ed all'entrata di Lodovico in Benevento (853-866) ; il secondo durante l'occu- pazione di Lodovico (867-871) e il terzo, dopo che Adelchi rientrò in possesso dei suoi diritti e delle sue prerogative (871-878). Ed a me sembra che an- che nelle monete di questo principe si possano ri- conoscere queste tre fasi. Mi affretto per altro a soggiungere che è questa una mia pura congettura non basata su documenti, ma solo sul ragionamento in seguito all'esame dei vari nummi di questo prin- cipe. Al primo periodo assegnerei le monete che por- tano il nome di Adelchi ed al rovescio il nome o la sigla del santo protettore dei Longobardi, Michele Arcangelo. Al secondo attribuirei le rarissime mo- nete su cui sono i nomi di Lodovico e di Adelchi, le non meno rare col solo nome di Lodovico e quelle più comuni che al nome dell'imperatore uni- scono quello della moglie Angilberga; dal qual fatto si rileva quanta fosse l'influenza che 'l'imperatrice esercitasse sul marito e quale ingerenza avesse nella pubblica cosa. Finalmente metterei al terzo periodo )e monete che portano il nome o il monogrammo di Adelchi col titolo di principe e il nome o mono- grammo della B. V. Maria protettrice della città e titolare della chiesa di Benevento o solo o unito con quello di S. Michele, sembrando che in questa guisa Adelchi volesse dimostrare la riacquistata sovranità ed autonomia. La moneta che abbiamo illustrata dovrebbe adunque appartenere al primo periodo, avendo essa nel diritto il solo nome del principe a monogrammo ma completo, essendovi tutte le lettere che formano il nome ADELCHIS: in quanto poi alla croce ed al- l'ostensorio non saprei quale altro significato dare, se non considerando quei segni come un omaggio alla fede e religione cristiana. 44 346 COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI Si conoscono di Adelchi parecchie monete che furono pubblicate dal Promis, dal Kunz, dal Fusco, dal Sambon, dal Papadopoli, ma nessuna è del tipo di quella descritta. In un denaro di Grimoaldo III, predecessore di Adelchi di circa mezzo secolo, si riscontra tipo di diritto analogo, cioè nel campo monogrammo con croce ed ostensorio (^); e questa rassomiglianza di (i) Questo denaro è illustrato da J. B. A. A. Barthélemy in Nottveati maituel compiei de mnnismalique du moyen àge el moderne, tav. ii, n. 528, è riportato pure da Engel et Serrure a pag. 288, fig. 552, e porta: (^ — Nel campo GRIMOÀL a monogrammo, a destra ostensorio, a sin. croce italiana, sopra triangoletto. J^ — BENE— BENTV" Croce potenziata su tre gradini, sotto due cunei trasversi separati da globetto ; ai lati del 2° gradino due globetti, ai lati del- l'asta della croce A - — CO- La croce volendo allu- dere alla fede cristiana ossia a Cristo, le due lettere A ed 00 altro non possono dimostrare se non che Egli è il principio ed il fine, come si legge nel cap. I, vers. 8 Apocalis. : Ego smn alpha et omega, principiiim et finis. Riguardo a questa moneta si deve osservare che v' ha chi l'attri- buisce a Grimoaldo III ed altri a Grimoaldo IV detto Storefeiz (806-817) che era tesoriere del III e gli successe nel regno. Primo fu il Borgia che nella tavola unita alla prima parte della sua opera mise questo de- naro per Grimoaldo HI, poi nella terza parte dell'opera stessa stampata alcuni anni dopo lo assegnò invece a Grimoaldo IV. E ciò perchè es- sendo nel frattempo venuto in luce un denaro col monogrammo di Gri- moaldo da una parte e di Carlo Magno dall'altra, esso non si poteva attribuire se non a Grimoaldo III e siccome il monogrammo era diver- samente composto che non quello della anzidescritta moneta, così la restituì a Grimoaldo IV. Poi vi fu il Sambon che nel catalogo della collezione Tafuri (Roma 1880) pose al n. 48 quel denaro per Grimoaldo IV e poscia nel catalogo della sua collezione (Milano 1897) lo restituì al n. 67 a Grimoaldo III e così pure nel catalogo della collezione Gnecchi (Francoforte 1901) e nel trattato di Engel e Serrure questo denaro è assegnato a Grimoaldo III. A me parrebbe che, vuoi per il monogrammo vuoi per il tipo, sia forse più attendibile l'attribuzione al III Grimoaldo. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 347 tipo con monete più antiche di antecessori, ver- rebbe, a prescindere dalle precedenti considerazioni, vieppiù a convalidare V ipotesi che la nostra mo- neta appartenga a quelle battute da Adelchi nei primordi del suo regno. BRINDISI CoRRADiNo DI SvEviA Tc di Sicilia (i 254-58). ^ — * • CVN CVND' Aquila sveva spiegata con la testa a sinistra, dietro tre globetti disposti a piramide. P^ - Croce a lunga asta accostata da ic — XC-NI — KA sotto ^o^, dagli angoli superiori della croce par- tono due fioretti. Oro. Sei tari. Diameiro niill. 17. Peso gr. 4,25. Discreta conserva- zione, alquanto tosata nella leggenda. Prima che l'egregio dottore Arturo Sambon fa- cesse conoscere due monete d'oro di Corradino, cioè il pezzo da 4 tari e quello da 2 tari, si riteneva che non fossero stati battuti col nome di questo prin- cipe se non denari di mistura (". E il Sambon ha dimostrato come sia erronea la (i) Sambon Arthur. Monnaies ilaliennes itiédites ou incerlaines : Ta- riti d'or de Conrad II roi de Siale frappés à Brindes et à Messine in Revue numismattque, a. 1898, pag. 309. 348 COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI congettura di Vincenzo Promis (^) che tutte le mo- nete di Corradino fossero state coniate nella zecca di Manfredonia e durante la disgraziata spedizione del 1267 ; giacche, pur prescindendo da altre consi- derazioni, non si potrebbe ammettere che in sì breve tempo si fossero battuti otto tipi di denari di mi- stura e due di monete d'oro. Il prelodato autore ha, con la scorta di documenti, provato che la coniazione delle monete col nome di questo infelice principe sia stata eseguita nella zecca di Brindisi e in quella di Messina e che la prima battitura risalga all'a. 1254. Ed invero Corrado I morendo (21 marzo 1254) lasciava erede del trono il figliuolo Corradino, che di soli tre anni di età si trovava in Germania con la madre Elisabetta di Baviera, ed affidava Tammi- nistrazione del regno al marchese Bertoldo di Honen- bruch, suo congiunto per parte di moglie e capitano di tutte le milizie tedesche, non fidandosi di Man- fredi principe di Taranto, che già reggeva in suo nome gU stati di Napoli e SiciHa. Ma poco tempo dopo, il nominato marchese, debole e inetto, sentendosi incapace a governare in mezzo alle ribellioni ed ostilità degli Italiani, abban- donò la tutela e la reggenza a Manfredi. Questi go- vernò, fra mille difficoltà e in lotta con la Chiesa, gli stati di Napoli e Sicilia a nome del nipote Cor- radino fino all'i I agosto 1258, in cui sparsasi la falsa notizia della morte di lui, Manfredi si fece co- ronare re di Sicilia, cominciando allora a battere monete in suo proprio nome. Al periodo pertanto fra il 1254 e il 1258 spet- tano le monete col nome di Corradino, le quali fu- rono fatte coniare da Manfredi e dal marchese Honen- (i) Promis Vincenzo: Tavole sinottiche delle monete battute in Italia o da Italiani all'estero, pag. loo. Torino, 1869. MONETE E VARIETÀ INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 349 bruch, volendo naturalmente approfittare degli im- mensi vantaggi che apportava loro la zecca, special-, mente con la emissione delle monete di mistura. Sotto i Normanni il peso del tari fu sempre assai vario, da un minimo di gr. 0,52 sotto Roberto duca, di gr, 0,60 sotto Guglielmo I, lo si vede sa- lire ad un massimo di gr. 2,96 sotto Tancredi. Ma nel 123 1 Federico II ne ridusse il peso a gr. 0,75 e tale fatto non fu dovuto alla crisi mone- taria che travagliò l'Europa fra la fine del XIII a tutto il XIV secolo, ma semplicemente al bisogno di trarre dall'emissione un maggiore guadagno (0. E pertanto, giusta tale riduzione, il nostro pezzo dovrebbe essere da sei tari, non tenendosi natural- mente conto della ditferenza di 25 centigrammi do- vuta all'essere la moneta un po' tosata nel contorno. Secondo il Blancard (^\ il tari doveva essere di gr. 0,86, ed allora la nostra moneta sarebbe solo da cinque tari; forse però al detto autore era scono- sciuta l'ordinanza di Federico II. Ma sia che considerare si voglia la moneta sopra illustrata un pezzo da sei da cinque tari, certo si è che essa viene ad arricchire la serie delle monete auree di Corradino, di cui le due, finora giunte a noi, furono pubblicate ed illustrate dal Sam- bon, come si è detto in principio. (i) D.' e. A. Garufi : Monete e comi nella storia del diritto siculo dagli Arabi ai Martini. Parte I, pag. 131. Palermo, 1898. " Quantum ■ curie nostre pecunia sit opportuna, scrive Federico ai suoi ufficiali (♦), " ad presens vostra devocio non ignorat. SoUicite igitur omnes vias " expedit inveniri, ex quibus habere pecuniam valeamus, propter quod " de cudenda nova moneta nuper per nostram curiam est provisum ,. (•) Vinkelman. Acta imp. cit., pag. 637. (2) Blancard Louis : Des ntonnaies frappées en Sicile ati XIII siede par les suzérains de Provence in Revue numismatique, a. 1864, pag. 22 |. 35° COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI SIRACUSA Carlo VI imperatore d'Austria e III come re di Spagna (1707-35) Assedio di Siracusa del 1734. ^' — CÀROLVS * III ^ [D • G.] * ROM ^ IM Aquila coronata volta a sinistra, caricata dello scudo austriaco. P — VT - FACI -LIVS- 1734 nel campo in quattro righe entro cartello ornato. Bronzo. Grano (?). Diam. mill. 24. Peso gr. 6,14. Buona conservaz." Il Kunz W basandosi sul giudizio del Torre- muzza, dice battute a Siracusa certe monete di bronzo da due grani col millesimo 1734, mentre gli Austro- Piemontesi trovavansi ivi assediati dagli Spagnuoli capitanati dal Montemar. Di queste grossolane monete non ho visto finora pubblicato se non il pezzo da due grani del diametro di mill. 30 e del peso di gr. 8,45 (^X Quello sopra- descritto, perfettamente identico nell'impronta ma di minore diametro e peso, ritengo possa essere il pezzo da un grano. Barone Alberto Cunietti-Cunietti. Colonnello. (i) Kunz Carlo : // Museo Bottacin in Op. cit., pag. 176. . (2) Sambon Giulio: Catalogo della sua collezione, n. 1340. Milano, 1897. LE NUOVE MONETE ITALIANE Ho voluto aspettare a parlare delle nostre nuove monete finche tutte fossero apparse e messe in corso. La serie, incominciata or sono cinque anni con la moneta di nichelio, viene finalmente completata con quella commemorativa del Cinquantenario. Il pub- blico ha ormai pronunciato il suo giudizio ; è dove- roso anche per la nostra Rivista di occuparsi del- l'argomento. Il fatto che chi scrive queste righe appartiene alla Reale Commissione da cui furono approvati i modelli delle nuove monete, non nuocerà punto al- l'esposizione delle sue impressioni, che andrà di- chiarando con tutta sincerità, sia quando sono d'ac- cordo con quelle della Commissione stessa o per lo meno della maggioranza, sia quando ne discordano. CRONACA. Da lungo tempo era risentito il bisogno di una riforma nella monetazione del Regno d' Italia, la quale si presentava assai inadeguata alle tradizioni artistiche del paese. Vi insistevano numismatici, ar- tisti, cultori del bello in genere, e finalmente nel 1905, reggendo il Ministero del Tesoro S. E. Carcano, venne nominata una R. Commissione tecnico-artistica- 352 FRANCESCO GNECCHI monetaria, la quale, per una nuova serie di monete da sostituire quella in corso, incominciò col bandire un concorso (decreto ministeriale 15 aprile 1905). Vi aderirono 23 concorrenti e nella primavera del 1906 ebbe luogo l'esposizione dei modelli a Roma ; ma sventuratamente l'esito fu affatto negativo. In seguito a che, ad evitare nuovi perditempi e nuove delusioni, la Commissione, abbandonando ogni idea di concorso, adottò il principio di affidare il com- pito direttamente a quattro artisti di fama ricono- sciuta, e vennero eletti gli artisti, Bistolfi, Boninsegna, Calandra e Canonica. Per sorteggio poi venne asse- gnata la moneta d'oro a Boninsegna, quella d'ar- gento a Calandra, quella di bronzo a Canonica e quella di nichelio a Bistolfi. Le norme relative a ciascun metallo vennero brevemente così esposte : i.° Nelle monete d'oro, d'argento e di bronzo il diritto dovrà contenere l'effigie del Re in profilo con la testa o con parte del busto e la leggenda : VITTORIO EMANVELE III RE DI ITALIA. 2.° Nel rovescio delle anzidette monete dovrà campeggiare una personificazione dell'Italia e do- vranno esservi l'indicazione del valore e l'anno di coniazione. 3.° La moneta di nichelio dovrà portare al diritto la testa dell'Italia e nel rovescio un par- tito ornamentale, in cui sia compreso lo scudo Sa- baudo, contenendo al diritto la leggenda ITALIA e l'anno di coniazione, e al rovescio il valore. All'adunanza della Commissione del 13 dicem- bre 1906 vennero presentati i modelli per i quattro tipi di monete; i quali, con più o meno importanti modificazioni suggerite dalla Commissione e in tutto o in parte eseguite dagli artisti, diedero luogo alle nuove monete, di cui ora parlerò partitamente. LE NUOVE MONETE ITALIANE 353 Nichelio (1907) La moneta di nichelio rappresenta al diritto la testa ideale dell' Italia (?) con una spiga in mano e la leggenda: ITALIA. Al rovescio la figura della Li- bertà (?) librata al volo con una fiaccola. Al disotto lo scudo di Savoja e l'indicazione del valore e la data di coniazione ('). (i) A titolo di memoria noterò qui come nel 1902, per sostituire i volgarissimi pezzi di nichelio esistenti, da 20 cent., lo stato facesse un'emissione di pezzi da 25 centesimi portanti da un lato l'aquila sa- bauda, dall'altro la leggenda " Centesimi 25 , in una corona d'alloro ; i quali però vennero dopo pochissimo tempo, ritirati dalla circolazione, perchè, sia per la loro grandezza, sia per l'aquila impressavi, troppo facilmente venivano confusi colla lira d'argento, e davvero fu assai mi- gliore accorgimento il ritiro che non la creazione di questi pezzi sia sotto il rapporto artistico, che sotto quello della praticità. Nel 1905 il nostro compianto Ambrosoli, in una delle prime adu- nanze della Commissione monetaria di cui pure faceva parte, a sosti- tuzione del miserabile nichelino in corso, ispirandosi alla numismatica antica, propose un tipo di moneta incusa, la figurazione della quale cioè fosse convessa da un lato e concava dall'altro, onde potesse es- sere facilmente riconosciuta anche al semplice tatto. Il comm. Johnson mise a disposizione la sua officina e, ad imitazione di un'antica moneta 45 354 FRANCESCO GNECCHI Era opportuno coniare in Italia una moneta di nichelio ? Avendo in paese il bronzo o per dire più precisamente il rame, che rappresenta anche il tipo classico della monetazione italica, sembrava a taluni poco ragionevole importare dall'estero un metallo che ha il grande inconveniente di confondersi col- l'argento. Se si fosse abolito completamente il bronzo, perchè non lo si giudicava abbastanza elegante, si sarebbe risolta una questione di principio ; ma dac- ché il bronzo veniva conservato, e, dacché, essendo moneta appunto senza valore intrinseco, si pote- vano liberamente ridurre le proporzioni, meglio sa- rebbe valso attenersi a questo e abolire o non in- trodurre il nichelio. Tali considerazioni vennero esposte in una delle prime riunioni della Commissione ed anzi il com- mendatore Johnson, in quella del 7 dicembre 1906, offerse, coniati nel suo stabilimento, i campioni delle nuove dimensioni che potevano adottarsi pel 20, io e 5 centesimi ; ma ad ogni ragionamento, pure tro- vato giustificato, si oppose l'esistenza di una legge, che ordinava la coniazione di una moneta di niche- lio, e ogni altra considerazione dovette cadere. di Metaponto, ne coniò una di nichelio coll'emblema di una spiga, rile- vata al diritto e incusa al rovescio. Ambrosoli aveva forse ragione e la sua idea meritava una sorte migliore; ma la nuova moneta presentata alla Commissione non trovò l'aggradimento della maggioranza e venne respinta per ragione d'igiene! Predominò l'idea che la parte incusa sarebbe divenuta nella circolazione un ricettacolo di microbi ! Così l'evocazione antica non ebbe seguito. LE NUOVE MONETE ITALIANE 355 Il nuov'o 20 centesimi italiano è certamente il più artisticamente elegante fra tutti i pezzi conge- neri di tutte le nazioni. In via generale queste monete divisionali di pic- colissimo valore portano al diritto una testa o sem- plicemente uno stemma e al rovescio la pura indi- cazione del valore. Il nostro 20 centesimi è ricco di due incisioni fra cui è difficile dire quale sia più im- portante, se quella del diritto o quella del rovescio. Malgrado ciò non fu senza forti opposizioni che venne accettato. Mentre nessuno della Commissione disconobbe il valore artistico, anzi lo apprezzò in tutta la sua estensione, le osservazioni critiche fu- rono rivolte all'opportunità pratica delle due rappre- sentazioni. La prima impressione provata da parecchi mem- bri della Commissione quando venne presentato il modello Bistolfi, fu che la testa dell' Italia si pre- sentasse sotto forme eccessivamente arcaiche. Si sa- rebbe desiderato — e si riteneva che nel programma tosse inteso — un tipo più moderno, più armoniz- zante alle condizioni dell'Italia nostra, di un signifi- 356 FRANCESCO GNECCHI cato più comprensibile e più chiaro anche pel po- polo, dacché si tratta di una moneta eminentemente popolare. « Ben altro è l' ideale di bellezza (diceva « il sen. Monte verde nell'adunanza del . 14 dicem- « bre 1906) con cui l'Italia appariva ai nostri grandi u da Dante a Garibaldi, a Mazzini, a Mameli e ben « altrimenti bello, sereno e spirante di grazia il sim- « bolo della nostra patria w. E con lui concordarono allora quasi tutti i membri della Commissione, i quali sembravano a un certo momento volere tutti una vera Italia formosa e turrita, quale da tutti potesse essere senza esitazione riconosciuta Ma pur troppo quando le Commissioni sono soverchiamente nume- rose, non è raro il caso che il risultato finale riesca l'opposto dal desiderato della maggioranza; e così, senza che qui mi dilunghi a raccontare lo svolgi- mento della discussione, avvenne che la Commissione non seppe resistere alle pressioni dell'artista, e alle sue dichiarazioni di sentire la cosa come l'aveva presentata e non altrimenti. E cosi avvenne che, a rappresentare l'Italia nostra, venisse adottata una testa preistorica e priva di qualunque simbolo che valga a identificarla. Se il nome d'Italia non ci fosse scritto, noi ci troveremmo in un imbarazzo parago- nabile a quello degli archeologi, che or son due anni, si aff'annavano a identificare il sesso e le fun- zioni della bella fanciulla d'Anzio!.... I giornali esteri, che ebbero e giudicarono la moneta, prima di avere una spiegazione ufficiale, non ritennero neppure che la parola ITALIA si rife- risse alla testa rappresentata e, per l'attributo della spiga, la ritennero piuttosto una Cerere. h' American Journal of Numtsmattcs la dice: « a « head of the favourite deity of ancient Sicilians, « Ceres ». E veniamo al rovescio. La figura volante, per LE NUOVE MONETE ITALIANE 357 quanto magistralmente modellata, venne accusata, da me in modo speciale e, persisto a credere giu- stamente, di non rappresentare quello che l'artista ha inteso rappresentare, di non portare cioè gli em- blemi della Libertà, o di portarne di tali che ne fanno trasmodare il significato. Volendosi attenere all'allegoria, è necessario seguire le tradizioni. Per un'allegoria nuova, emblemi nuovi, d'accordo ; ma per un'allegoria conosciuta e ripetuta da oltre due millennii, è assolutamente indispensabile conservare queUi che sono consacrati dalla lunghissima tradi- zione. Ora la fiaccola più incendiaria che illumina- trice, la chioma disciolta e abbandonata al vento, Tatteggiamento convulso e quasi dionisiaco della fi- gura, non accennano che vagamente alla Libertà ; ma assai meglio possono prestarsi a indicare una Furia, una Erinni, o modernamente una petroliera. Difatti parecchi giornali italiani e stranieri, che non avevano assistito al battesimo ufficiale, non ne seppero rintracciare il significato e la chiamarono vagamente « Genio volante ». Tutte queste osservazioni vennero largamente sviluppate in seno della Commissione ; ma ben pic- colo fu l'effetto ottenuto. Tutta la modificazione, cui l'artista consentì, si ridusse a un piccolo colpo di forbici nella chioma, come si vede dalla prova alla moneta definitiva, il quale non poteva menomamente contribuire, come non contribuì, a mutare o a chia- rire il significato dell'allegoria ! 358 FRANCESCO GNECCHI Argento (1907) '\. La moneta d'argento porta al diritto il busto del Re a destra colla leggenda: VITTORIO EMANVELE ili RE D'ITALIA; al rovescio l'Italia col ramo d'ulivo e lo scudo, in quadriga a sinistra, coli' indicazione del valore e dell'anno di coniazione. Nel diritto s'è inteso rievocare il tipo dei te- stoni italiani del cinquecento, racchiudendo la leg- genda fra due cerchi di perline. L'imitazione è fe- lice; ma, secondo il mio modesto parere, sarebbe stato bene, per l'uniformità della nuova monetazione, adottarla per tutti i metalli, oppure abbandonarla anche per l'argento. Le prima emissione della moneta d'argento è del 1907. Il pubblico, mentre l'accolse favorevolmente, fece qualche piccola osservazione al diritto e fu sod- disfatto vedendo che nella seconda emissione del 1908 s'era introdotta qualche piccola variante atta a mi- gliorarlo. Il nome dell'artista CALANDRA, che nella prima era scritto orizzontalmente dietro la nuca del So- LE NUOVE MONETE ITALIANE 359 vrano e assumeva l'apparenza d'una piccola catena, venne opportunamente trasportato vicino al circolo interno di perline. Così pure venne migliorata l'ef- figie del Re. Il rovescio offre una imitazione greca e, aggiun- gerò volentieri, una imitazione felice. Il che non to- glie però che qualche miglioramento possa intro- dursi nelle successive emissioni, sia nella figura deiritaha, onde renderla megho appoggiata sul carro, sia nella posa dei cavalli, che potrebbe forse esser resa più varia e raggiungere così poco a poco quella perfezione che è troppo difficile trovare di primo acchito. Non sono che piccole o piccolissime varianti che si richiedono e che non occorre suggerire al- l'artista, tanto più che per tali miglioramenti non abbiamo bisogno di rimandarlo ai modelli originarii ellenici o ai romani che ne sono derivati. Ci basta ri- mandarlo alla superba sua quadriga che corona il mo- numento di ZanardeUi a Brescia, e il cui modello era da tutti ammirato alla penultima esposizione di Venezia. Quella quadriga dimostra che l'autore ha stu- diato ben profondamente e con molto profitto gli antichi modelli. La quadriga zanardelliana, riprodotta sulle monete d'argento, ne farebbe un vero capolavoro. Off'ro qui anche la riproduzione del 5 lire, in cui le figurazioni sono meglio apprezzabili, del quale è per ora sospesa la coniazione in ossequio alla convenzione monetaria latina. 36o FRANCESCO GNECCHl Bronzo (1908) '^ La moneta di bronzo porta al diritto il busto del Re a destra, colla solita leggenda, al rovescio la figurazione dell'Italia marinara, coli' indicazione del valore e dell'anno di coniazione. Il Canonica aveva originariamente presentati due modelli, uno coli' Italia marinara, l'altro coli' Italia in quadriga ; ma, essendosi già scelto questo secondo tipo per la moneta d'argento, venne destinato per quella di bronzo il primo, rappresentante l'Italia col ramo d'ulivo su di una prora. Oro (1910) La moneta d'oro rappresenta al diritto il busto del Re a sinistra colla leggenda: VITTORIO EMANVELE HI e al rovescio l'Italia agricola colla leggenda: REG-NO LE NUOVE MONETE ITALIANE 361 D'ITALIA, l'indicazione del valore e Tanno di conia- zione. L'allegoria è raffigurata dall'Italia turrita che guida l'aratro, tenendo un fascio di spighe. Il busto del Sovrano nella moneta d'oro è in- contestabilmente il migliore dei tre che oggi figu- rano nelle monete italiane L'espressione nobile e severa, come è nel carattere personale di S. M. per legge atavica di Casa Savoja, è perfettamente indo- vinata, la modellatura è fatta maestrevolmente e ben poco possono trovare a dire anche i critici più difficili. 11 rovescio, per quanto pregevole, non dà tutto quello che il giovane artista avrebbe potuto dare. La sua esuberanza si dimostrò al primo appello colla presentazione di quattro tipi per la moneta d'oro (i>, ma la sua pazienza e la perseveranza nel (i) Cibele in quadriga di leoni, imitazione dei medaglioni d'Adriano e d'Antonino Pio pel pezzo da 100 lire l'Italia industriale e commerciale pel pezzo da 50 4«> 362 FRANCESCO GNECCHI correggere e perfezionare i primi abbozzi del tipo prescelto non furono egualmente lodevoli, motivo pel quale vi notiamo ancora qualche difetto che avrebbe potuto esser tolto. Il drappeggiamento, per quanto ridotto, è ancora troppo ampio ed ingom- brante, e la testa rimase eccessivamente piccola, la direzione del braccio destro forma una linea troppo continuata con quella dell'aratro e se queste ed altre minori correzioni, suggerite da chi ne era stato in- caricato dalla commissione, fossero state accolte ed eseguite, il risultato finale ne sarebbe certamente stato migliore. oppure l'Italia agricola, che in altro modo egli rappresenta pel pezzo da 20 lire, pel quale, ad abundantiam presentava ancora un ultimo tipo fuori programma. LE NUOVE MONETE ITALIANE 363 L'artista, avendo messo forse troppo fuoco nel principio del suo lavoro, se ne sentì stanco e di- sinteressato alla fine, e fu sordo ai buoni consi- gli, fors'anco pel motivo che non si era fatto un adeguato concetto dell'alto onore a cui il Governo Faveva chiamato coU'affidargli la modellatura di una moneta. Egli non comprese quanto grande fosse pel suo nome tale fortuna, e come nulla valga a farlo conoscere quanto una moneta che in un numero grandissimo d'esemplari, circola nelle mani di tutti e in tutto il mondo. « Circumit orbem pecunia totum ». Molti nomi d'artisti greci, per quanto ammirabili fossero le loro opere statuarie, ci sarebbero completamente ignoti, se non ci fossero stati conservati dalle monete. La moneta commemorativa del Cinquantenario. Nella penultima seduta della Commissione venne proposta la coniazione di una moneta Commemo- rativa del Cinquantennario , da coniarsi col me- desimo tipo nei tre metaUi. Dopo breve discussione sul tipo d'adottarsi, si decise di non porre alcun legame alla fantasia dell'artista, lasciandolo affatto libero sulla scelta dell'allegoria più opportuna, salvo solo l'accettazione del progetto da parte della Coni- 364 FRANCESCO GNECCHI missione. Quanto all'artista cui affidare l'esecuzione, la Commissione unanime si affermò sul nome di Trentacoste. L' egregio artista era membro della Commissione stessa; perciò si schermì davanti alla nomina; ma poi l'accettò, rassegnando, s'intende, le dimissioni. Dopo pochi mesi il modello era pronto e venne sottoposto alla Commissione, la quale cre- dette d'accettarlo quale veniva presentato, senza nessuna modificazione. L'allegoria si riferisce alla Roma antica che consegna un globo alla Roma moderna. Il gruppo è ben trovato, le pose armoniche, la modellatura squisita e la moneta fa onore all'arte italiana. Oltre gli esemplari in argento e bronzo, ver- ranno stampati 20 mila esemplari da L. 50 in oro, ed è prevedibile che questi ultimi non entreranno punto nella circolazione, perchè verranno facilmente assorbiti prima di tutto dai musei pubblici e dai rac- coglitori privati, e in gran numero saranno conser- vati anche nelle famiglie come ricordo dejle feste giubiliari della patria nostra. RIASSUMENDO. V'ha sempre un certo numero di malcontenti, pessimisti per progetto, che non vogliono ricono- scere alcun miglioramento nella nuova monetazione italiana, e vanno ripetendo che tanto valeva conti- nuare con quella già in corso; ma credo di non er- rare asserendo che la maggioranza pensa che un passo si è fatto, e, se non si è raggiunta la perfe- zione, come non si poteva pretendere, vi ci siamo però incamminati. Certamente difetti ce ne sono ancora e non ho mancato di accennare francamente LE NUOVE MONETE ITALIANE 365 quelli che a me appajono tali; ma tutto è perfetti- bile, questione di non accontentarsi del primo risul- tato ottenuto. 11 nome di Pistrucci, che tanto onora T Italia nostra, trovò in una moneta il suo maggior titolo di gloria. Ma tutti sanno come, dopo d'aver abboz- zata la prima idea per la sterlina inglese, la corresse e la mutò molte volte e pei primi conii attese perso- nalmente e non fu se non dopo molte e molte piccole modificazioni che raggiunse la perfezione del suo San Giorgio e ne fece quel piccolo capolavoro che perdura ammirato già da parecchie generazioni. È questo il paziente lavoro, che devono ese- guire i nostri artisti, se intendono di legare il loro nome a una moneta nostra come Pistrucci la legò alla moneta nazionale della Gran Brettagna. È ben vero che, per l'esito completo di una monetazione, oltre alla bontà artistica dei modelli, è necessaria anche la perfezione della coniazione. Ora questa è tutt'altro che soddisfacente nel caso nostro ; e, facendo tale affermazione, la quale non può che essere da tutti confermata, non intendo punto attribuirne la colpa alla direzione della zecca di Roma. Bisogna tener presente che l'unica officina monetaria del Regno d'Italia, dopo l'inconsulta abo- lizione delle altre buone zecche e specialmente di quella buonissima di Milano, è condannata a lavorare con macchine antiquate negli angusti e infelicissimi locali del Vaticano, che appena bastavano per la produzione monetaria dello ex-Stato Pontificio. La nuova zecca sull'Esquilino è quasi pronta e presto vi sarà colà trasportato il lavoro. Tutto fa sperare che si otterranno i migliori risultati e si riuscirà a fare quello che gli altri fanno. Sotto i due aspetti dunque artistico e tecnico si cerchi il miglioramento e la perfezione. Gli arti- 366 FRANCESCO GNECCHI sti che fortunatamente sono tuttora viventi e giovani e la Commissione che dura pure in vita, impieghino tutto il loro buon volere onde trovare e mettere in pratica i provvedimenti che saranno trovati opportuni per raggiungere a poco a poco quella superiorità ar- tistica e quella perfezione tecnica a cui l'Italia da tanto tempo aspira e per raggiungere le quali venne appunto creata la Commissione, che se ne assunse la responsabilità verso il pubblico. F. Gnecchi. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE L'ETRURIE [Magyarul megjelent az x Erdélyi Mùzeura j^ cimii folyólrat (Kolozsvar) 1909 évi 2-dik (màjusf) fùzetében. L'édition bongroise a paru dans la 2'' livraison de la i Revae Erdélyi Mù> zeum n, Kolozsvar (mai) 1909]. I. La classification scientifique d'un des plus intéressants et des plus instructifs groupes de monnaies antiques, celle des monnaies étrusques, a été entreprise pour la première fois par W. Deecke dans son oeuvre parue sous le titre : Das etntskische Mùnzwesen, comme deuxiènie livraison des Etrnskische Forschiingen (Stuttgart, 1876). Avant, aussi bien qu'après lui, d'éminents numismatistes, des niétrologues et des historiens se sont occupés de la question, soit dans le domaine numismatique en general et pnncipalement par rap- port à l'Italie, soit en des traìtés sur un sujet special. Au lieu de faire connaitre toute cette littérature très étendue, je désire attirer l'attention sur une ou deux opinions qui pourront servir à guider dans des recherches futures. Je parlerai donc d'abord du livre de Th. Mommsen (D, et puis surtout de l'oeuvre de Deecke qui marche dans les traces du premier. Dans une monographie à part Deecke résumé les résultats de toutes les recherches faites jusqu'à son epoque. Il présente les fruits de ses recherches personnelles comme des vérités dogmatiques sur lesquelles jusqu'en ces derniers temps, numismatistes, historiens d'art et historiens se sont appuyés sans l'ombre d'une critique. (i) Th. Mommsen: Geschichte des róm. Mùnswesens. Berlin, 1860. Traduit en fran^ais par Blacas. 368 ETIENNE KOVÀCS Je déclare d'avance que dans la plupart des cas je ne suis pas de l'avis de Deecke. Appuyé sur les resultata des recherches métrologiques et numismatiques des temps mo- dernes, je tàcherai de prouver que le système établi par Deecke est au fond erroné. Dans le système monétaire d'Etrurie il y eut beaucoup plus de légalité et de conserva- tivisme que Deecke n'y semole voir, et il ne fut pas autant sous l'influence des systèmes monétaires italique, sicilien et grècque que l'oeuvre en question l'affirme. Lorsque j'essaierai de mettre en système les monnaies étrusques parvenues jusqu'à nous, ce sera d'abord sur un fond métrologique sans toutefois faire abstraction des points de vue typologique et artistique; car seule la considération simultanee des trois points de vue conduira au resultai voulu. Et si, dans les points de vue artistiques, mon travail sera guide par la metrologie, souvent aux dépens de la ty- pologie, cette circostance s'expliquera par ce traìt particulier des monnaies étrusques que presque chaque pièce porte une marque de valeur; et qu'ici la typologie n'a pas le ròle in- dépendant dans la systématisation qu'elle a dans beaucoup d'autres groupes de monnaies de la Grece antique (i). Les métrologues considèrent l'utilisation correcte de la matière métrologique comme la plus importante des tàches scientifiques de la numismatique. Sans partager cet avis, il faut convenir qu'en servant d'appui à la metrologie, la nu- mismatique est d'une grande ulilité pour la science. La metrologie antique surtout doit à l'aide de la numisma- tique une bonne part des fondements dont elle dispose aujourd'hui. Appuyée sur les monnaies et sur les systè- mes monétaires qu'elles représentent la metrologie a pu décider mainte question incertaine ; car dans l'antiquité il y eut plus de rapport que de nos jours entre les sy- stèmes pondéraux et les systèmes monétaires, ils furent mème identiques. Sans nous arréter aux exemples grecs (i) P. ex. chez les monnaies de Corinthe où l'entière figure dii Pé- gase ailé se trouve seulement sur les drachmes et didrachmes, tandis que les demi-drachmes ne portent que la première moitié du corps du Pégase, Head, Catalogne of Greek Coins, MI. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE l'eTRURIE 369 — nous en trouvons le plus bel exemples dans le système monétaire et le système ponderai romains où la libra ") — la livre et ses divisions qui servaient d'unite de poids. don- nèrent aussi leur nom et leur poids à l'unite supérieure du système monétaire et aux divisions de cette unite. Cependant ces relations étroites ne sont pas propres à tous les systèmes pondéraux et monétaires. Là où de diffé- rents systèmes pondéraux furent employés également et en méme temps pour peser des marchandises de diverses sortes, il va sans dire que le S3^stème monétaire ne pouvait s'ac- corder qu'avec un seul: à Rome p. ex. où encore vers la fin de l'epoque imperiale on se servait pour peser l'huile de la livre de 273 gr. dite livre osque en nième temps que du poids commercial ordinaire de 327.45 gr. — ou bien à Athè- nes où la mine de Solon servait en méme temps que l'unite ponderale commercielle w-vx ayopaìa. Mais à mesure que l'un ou l'autre des systèmes se dèveloppe et change, les systè- mes les plus étroitement liés se séparent et continuent à se développer indépendemment. C'est encore le système moné- taire ultérieur de Rome qui en offre l'exemple le plus frap- pant : l'unite supérieure, Vas, se divisait de la méme manière et sous les mèmes dénominations qu'à l'origine, tandis qu'il perdait peu à peu son poids originai, ne pesant plus une livre entière, mais la moitié, le tiers, le douzième de la livre romaine. Donc, si la numismatique peut rendre des services ini- portants à la metrologie, elle peut aussi devenir la source de plus d'une erreur fatale si nous ne faisons usage de la matière avec soin et méihode. D'un autre coté, la metrologie peut rendre à la numi- smatique des services tout aussi importants. La systèmati- sation des monnaies de différentes sortes et de différentes époques est nécessaire, car elle nous aide à reconnaitre le degré de développement d'un S3'stème et par là à juger du développement de la politique financière d'un état ; nous verrons p. ex. quels furent les moyens pratiques employés à résoudre les crises financières arrivées de temps en temps (l) Selon Bòckh 327-45 gr. 47 370 ETIENNE KOVÀCS dans l'economie de l'état. Pour la systèmatisation il nous faut connaitre l'unite ponderale dont les monnaies en que- stion forment les facteurs et les lois qu'elle suit en se divi- sant — nous saurons donc quelle fut la valeur des monnaies au moment de leur émission. Cette connaissance est surtout importante parce que dans les cas où les systèmes passent à d'autres états, elle nous éclaire sur les relations commer- cielles, économiques et souvent politiques qui existaient entre les différents peuples civilisés. Pour bien juger des systèmes pondéraux et monétaire's en usage sur le terrain d'Etrurie et pour démontrer avec justesse leur origine, il fàut en quelques mots nous rappeler les résultats des recherches les plus récentes dans le do- maine de la metrologie, et cela d'autant plus que, depuis le traile sur les poids et mesures de l'antiquité de Henri Fi- naly (i) se rattachant de près à Bòckh, Brandis et Hultsch, et paru dans l'édition de l'Académie hongroise des sciences, il y a à peine eu du nouveau à ce sujet dans notre littérature. Les fondements scientifiques de la metrologie compara- tive furent posés par Augustin Bòckh (2). Il devinait que tous les systèmes pondéraux antiques eurent leurs racines au centre babylonien. Son activilé relative au terrain d'Italie fut continue par Th. Mommsen (3), son travail sur l'Asie par Brandis (4). Dòrpfeld (5) fit déjà un pas de plus en supposant dans la plupart des états antiques un système imi de me- sure, fonde sur la mesure de longueur. (i) Henri Finàly : Az ókori sùlyokról és mértékekròl {Des poids et luestires antiqurs). Budapest, 1883. (2) A. Bòckh : Meirologische Unlersiic/mngen i'ib. GeivicMe, Miins- fùsse toni Maasse des AUerlttms in ihrem Zusammenhange. Berlin, 1838. (3) Th. Mommsen : oeuvre citée. (4) Brandis : Das Mi'ins-, Mnass-imd Geivichtsivesen in Vordetasien. Berlin, 1886. (5) Dòrpfeld : Mitth. d. kais. deulsch. ardi. Insiituts. Alhenische Abth. VII. Bd. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE l'eTRURIE 37] Cette supposition fut acceptée par Nissen (i), tandis que Lehmann (2) dans son discours de Stockholra lors du con- grès des orientalistes n'accepte le système uni que pour la Babylonie. Selon lui ce serait de là qu'aurait passe aux autres peuples civilisés de l'antiquité certaines parties, tantòt une unite de poids, tantòt une mesure de longueur, suivant le besoin. Brugsch <3), Nissen et Hultsch au contraire récla- ment la priorité pour l'Egypte. Hultsch réunit dans son oeuvre !es résultats des recherches métrologiques jusq'en 1882 (4). Lehmann attaqua les affirmations de Brugsch et de Nissen et démontra par de sérieux arguments que la livre égyptienne, e. à. d. son dixième le keikj n'était que le poids secondaire déduit du système ponderai de la Babylonie an- tique découvert par lui. De sorte que c'est pourtant la Ba- bylonie qu'il faut regarder conime le pays d'origine du sy- stème ponderai et du système sexagésimal *5>. lei nous ne remarquerons que brièvement l'essentiel de la découverte faite par Lehmann. Il a trouvé une unite ponderale datant du temps du roi sumir Gudea, plus ancienne et un peu plus légère que les unités de poids dites royales babyloniennes- persanes (6) représentées par les poids de bronze et de pierre que Layard avait trouvés parmi les ruines de Ninive, lesquels poids comparés aux premiers ne pouvaient ètre comptés qu'avec l'addition d'un '/jo du poids La^-ard (7). Les poids les plus anciens connus jusqu'a présent sont (i) H. Nissen : Griech. u. rónt. Metrologie. Iwan MuUer'sches Hand- buch d. klass. Alterthumswissensch. I. Bd. Sonderausgabe. Nòrdìingerij 1886. (2) C. F. Lehmanx : Das altbubylonische Maass-umi Gewichtsy stetti ah Grundlage des antiken Geivic/i/s-, Milns- u. Maasssysfem (Actes du 8-e congrés International des orientalistes, temi en 1889 à Stockholm et à Christiania. Section I. Le/de, 1891J. (3) Brugsch: Die Lòsutig der altàgyptischm Mi'im froge. Zeiischr. fiìr aegypt. Sprache u. AHerthiimsktttide. Ihrg, 1889. (4) Hultsch: Griechische ti. ròmische Metrologie. Berlin, 1882. (5) C. F. Lehmann : Altbabyl. Maass ti. GeivichI u. derett Wanderuttg. Zeitschr. f. Ethnol. 1889, XXI. Bd., p. 245-328. (6) Leur description chez Brandis, oeuvre citée, p. 4653. (7) Leur description chez Lehmanx (Actes du congrs intern., etc.j. 372 ETIENNE KOVÀCS ceux qui furent trouvés à Ninive, bronze coulé sour la forme d'un lion en repos, et poids de pierre en forme de canard. Voici les unités de poids — mines — lègères et lourdes qu'ils donnent (^) : Unités de poids lourdes légères • gr- gr- 1. Mine commercielle loio 505 2. Mine d'or 842 421 3. Mine d'argent babylonienne-persane . . 1122 561 4. Mine d'argent phénicienne 746 373 Ces unités sont représentées dans les systèmes moiié- taires par le dareìkos et le siglos persans, celui là de 8.4 gr. comme Vso ^^ ^^ mine d'or légère, celui-ci de 5.61 gr. comme Vieo ^^ ^^ mine d'argent légère, et par les monnaies d'argent phénicienne. De ces unités de poids les dififérents systèmes pondéraux de l'antiquité ne pouvaient étre déduits du tout, ou bien seulement avec des arrondissages, des ad- ditions et des soustractions. Déjà, Brandis pressentit qu'un s^^stème de poids plus léger devait servir de fondement à ce système ponderai d'une origine comparativement re- tardée (2). Lehmann fit cette découverte dans plusieurs poids de pierre de la Babylonie antique qui datent du milieu du 3^ mille av. J. C. et portent une inscription sumir. Ces poids de pierre représentent une mine commercielle de 492 gr., de laquelle se développèrent les poids servant au pesage l'or et de l'argent comme poids secondaires dans les gran- deurs suivantes (3) : Unités pondéraies lourdes légères gr- gr- 1. Mine commercielle 982.4 49 {.2 2. Mine d'or 818.6 409.9 3. Mine d'argent babylonienne 1091 6 545.8 4. Mine d'argent phénicienne 727.6 363.8 La mine commercielle de 492 gr. serait donc l'ancéire (i) Lehmann: Zeitschr. fiir Ethnol., p. 254. — Brandis, oeuvre citée, p. 158-9. (2) Oeuvre citée, p. 99, 158. (3) Lehmann : Oeuvre citée, p. 257. LE SYSTÈMC MONÉTAIRE DE l'eTRURIE 373 de tous les systèmes pondéraux. Elle et les mines d'or et d'argent qui en dérivent sont dans le cours de l'antiquité immédiatement suivies du loth ég\'ptien qui est le 7«o ^^ ^^ mine d'argent originale babylonienne (545 : 60 = 9.1). Celle-ci est représentée par les plus anciennes monnaies phéniciennes, lydiennes, par celles de Cyzique et de la Thrace, ainsi que par leurs formes réduites : les mines d'Egine, de Corinthe, d'Eubée, l'antique livre italienne (273 gr.), etc. Cependant, sur quelques terrains les poids originaux montrent des unités plus grandes, augmentées par de cer- taines additions. Ainsi les poids babyloniens-persans men- tionnés plus haut, les seuls connus jusqu'à présent, pèsent Vso de plus que les poids bab3'loniens originaux. Lehmann distingue aussi des systèmes de poids augmentés d'une ad- dition d'un */g^, d'un '/so- Nous n'avons besoin que des systèmes originaux baby- lonien-persan ; une énumération détaillée des autres est donc inutile pour nous. Nous verrons que des deux systèmes en usage en Etrurie, l'un se rattache au système originai baby- lonien et l'autre au système babylonien-persan. II. C. Casati de Casati déclare le système monétaire d'Étru- rie comme un système homogène d'un caractère si particu- lier (i) qu'il faut accorder aux monnaies ètrusques une place indépendante, en dehors des séries de monnaies antiques grecques et romaines, et il désapprouve la coutume de ran- ger les pièces d'or et d'argent parmi les monnaies grecques et les pièces de bronze parmi les monnaies romaines d'une collection. Si, dans la division en deux groupes des mon- naies antiques, nous acceptons les points de vue d'Eckhel (2), nous ne pouvons classer les monnaies ètrusques parmi les monnaies grecques. Les autorilés de l'état romain n'ont jamais émis de la monnaie pour l'Étrurie. Mais avec leurs traits particuliers vraiment originaux les monnaies ètrusques (i) Congrès international de numismatique à Paris, 1900, p. 102. (2) EcKHEL : Doctrina nummorum veterum. Wien, 1792-98. 374 ETIENNE KOVÀCS doivent occuper une place d'autant plus importante dans la subdivision italique des monnaies grecques. Voici en peu de mots leurs traits caractéristiques : 1. — Des séries d'or, d'argent et de bronze existent l'une à coté de l'autre, méme simultanément. 2. — Les plus anciennes monnaies étrusques ont de- vancé au moins d'un siècle et demi les premières monnaies romaines. 3. — Leur valeur au moment de l'émission est pure- ment babylonienne, relativement persane; pourtant certaines de leurs valeurs nominales se rattachent intimement aux monnaies d'autres terrains de l^Italie centrale et meridionale. 4. — La plupart est pourvue d'une marque de valeur. 5. — Leur trait le plus caractéristique c'est qu'elles sont à une face piane, ce qui d'ailleurs caractérise surtout les monnaies de l'ile de Chypre, Ses premiers types de monnaies montrent aussi une influence orientale, mais qui est plus tard remplacée par l'influence grecque. Pour bien juger ces traits tout à fait particuliers des monnaies étrusques, il faut savoir que les premiers habitants de l'Italie, de la Sicile et de la còte septentrionale de la Mer Noire (terrain des Scythes) choisirent le cuivre pour étalon de valeur, à ce degré de développement du commerce d'échange où tous les peuples tàchent de se fixer sur quel- que matière d'une valeur relativement permanente, et con- stamment recherchée. A ce centre de la civilisation de l'est et du sud, en Babylonie, en Assyrie et en Egypte au con- traire, l'or et l'argent remplirent ce ròle. lei l'or et l'argent, là le cuivre furent rais en circulation en bàtons, coulés en anneaux, en forme de fil ou en lingots sans forme, et dans les transactions du commerce, leur poids fut établi par le pesage. Le système ponderai en Babylonie et en Assyrie fut le système sexagésimal qui est encore en usage de nos jours, p. ex. dans notre chronologie. En Italie et en Sicile ce fut le système duodécimal où l'unite se divise toujours par douze, ce qui est aussi une partie constituante du sy- stème sexagésimal. En Égypte enfin régnait le S3^stème de- cimai, le méme qui caractérise notre système monétaire moderne. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE l'ÉTRURIE 375 Il est tout nature! qu'avec le temps les métaux précieux triomphèrent partout des métaux communs. Mais lorsque les Grecs et les Phéniciens, les colonisateurs du bassin occidental de la Méditerrannée, arrivèrent dans l'ile de Sicile et sur la còte meridionale de l'Italie avec une des plus belles inven- tions de l'esprit humain, avec la véritable monnaie, ils trou- vèrent le cuivre comme mesure de valeur dans les deux contrées. À part des colonies grecques, TEtrurie fut le pre- mier état de la péninsule italienne qui, cédant à l'influence venue de l'Orient, adopta déjà au commencement du V*" sie- de av. J. C. à coté du cuivre d'abord l'argent, puis l'or, pour servir de mesure de valeur en forme de véritable monnaie. Des pièces d'or, d'argent et de bronze d'à peu près deux siècles et demi de monnayage étrusque sont parvenues jusqu'à nous. On dirait que les trois métaux circulaient en méme temps comme s'il y eut eu une triple évaluation sur le terrain étrusque. Cependant la classification chronologique et métrologique prouve distinctement que tantòt l'or tantòt l'argent servait de metal d'évaluation: et au commencement le cuivre gardait son ancien ròle à coté d'eux, ne servant que d'instrument d'échange en general dont la valeur fut établie en le pesant à chaque fois, mais qui par son unite ponderale fut pourtant en relation avec le S3Stème mone- taire par le fait que la petite unite des monnaies d'argent au rapport de valeur de i : 120 répondait à une masse de cuivre brut d'un poids déterminé (une livre). Les pièces de bronze ne furent émises que plus tard, mais il paraìt qu'alors elles servaient déjà de monnaie de change pour le commerce intérieur à coté des deux étalons légaux, l'or et l'argent. Les monnaies d'or et celles d'argent, aussi bien sous le point de vue de l'exécution technique que sous celui du système de compte, forment un groupe à part — séparées de la partie considérable des pièces de bronze. Elles furent toujours frappées et leurs multiples dérivent toujours des unités selon le système decimai et ses varialions. Les mon- naies de bronze forment quatre groupes : i. La serie dite sèrie lourde de l'aes grave dont les exemplaires les plus 376 ETIENNE KOVÀCS antiques furent sans doute fabriqués par la fonte en poids étrusques ; 2. Se joignant au premier groupe, la sèrie légère dont la plus grande part ne fut pas coulée, mais frappée. Le s^^stème duodecimal caractérise les deux groupes. A ceux-ci se joignent comme troisième groupe ces singulières monnaies de bronze qui furent frappées avec une technique semblable à celle des numi incusi de la Grande-Grèce et dont le système de compte est de nouveau celui de dix. Comme quatrième groupe figureront les monnaies de bronze qui ne peuvent étre rangées dans aucun des autres groupes et dont l'appartenance est incertaine (i). Quant à l'àge des monnaies, les pièces les plus ancien- nes se trouvent parmi les séries de monnaies d'or et d'ar- gent. Une partie de ces monnaies montrent des traits ar- chaTstique trés prononcés tandis que l'autre partie repré- sente un style artistique plus développé, plus degagé. Par rapport à la classification chronologique, l'on rencontre les vues les plus opposées. Deecke (2) et Hultsch (3) p. ex. tien- nent pour la plus antique la belle médaille d'or (4) d'un st3''le développé de laquelle Haebeiiin (5) a prouvé d'une manière convaincante qu'elle est la plus recente. Il en est de méme de la pièce d'argent qui montre une téte virile à l'avers et dont le revers est généralement lisse, au poids variant enti e 11.38 et 10.56 gr. (6) Deecke (7) et Klugmann (8) la considè- rent comme la plus ancienne monnaie de frappe étrusque (500-450 av. j. C), tandis que Sambon Ì9) y voit l'influence (i) Monnaies au type éléphant. (2) Oeuvre citée. (3) Oeuvre citée, p. 684-689. (4) A. Sambon : Les monnaies antiques de l'Italie. Paris, 1906, p. 40 (Téte juvénile couronnée de iiiyrte. — Taureau, au-dessus une colombe au voi.). (5) Zeitschrift fur Numismatik. Jlirg. 1908. (6) Sambon : Oeuvre citée, p. 65-66. (7) Oeuvre citée. (8) Bullettino dell'Istituto. Rome, 1877. (9) Oeuvre citée, p. 19-20. LE SYSTÈME MONÉTATRE DE l'ÉTRURIE 377 macédonienne et en met l'origine au IV^^ siècle. Cependant tous sont d'accord sur ce qua les plus anciennes monnaies d'or et d'argent étrusques parvenues jusqu'à nous datent du commencement du V* siècle av. J. C. ; telles que les pièces d'or de caractére archai'stique à la tète de lion, et les pièces d'argent montrant des chimères, des hippocampes, des sphinx et des Gorgones courantes, etc. Cela suffit pour que nous les prenions corame point de départ dans notre classification. Seules les monnaies d'argent à la tète virile mentionnées plus haut présentent quelque difficulté quant à leur classi- fication chronologique. Mais là encore nous viendront en aide la metrologie et la circonstance digne d'ètre remarquée que dans d'autres illustrations (i) elles montrent beaucoup plus de traits archaìstiques que chez Sambon. Ce qui est plus difficile c'est d'établir l'àge tant discutè des séries de Taes grave relativement aux autres monnaies étrusques et aux semblables monnaies romaines; car les dif- ficultés qui s'opposent à la solution de cette question sont au moins aussi grandes que son importance. Il est certain que dans les séries de l'aes grave nous chercherions en vain des traits archaìstiques. Elles ne peuvent donc faire partie du groupe chronologique des monnaies d'or et d'argent les plus antiques. Les monnaies d'or et d'argent montrent long- temps un grand conservativisme dans l'exécution des types tandis que d'autre part apparaissent aussi bientòt les séries légères de cuivre. Les deux manières différentes fnémes dans l'exécution technique présentent des difficultés pour le jugement correct du style artistique, vu que la technique du coulage et la technique de la frappe remplissent des tàches différentes. Il ne nous reste donc qu'à établir aussi exacte- ment que possible le rapport de valeur de l'argent et du cuivre et à designer ainsi la place qui revient aux monnaies de bronze à coté des monnaies d'or et d'argent. Récemment on trouve l'opinion de plus en plus confir- mée que Rome émit ses premières grandes monnaies de bronze, non au milieu du V^ siècle av. J. C, comme dit Mommsen, mais plus tard, au commencement — ou méme (I) Garrucci: Le mone/e dell'Ilalia antica. Roma, 1885. LXXII. N. 20, 21. 48 378 ETIENNE KOVÀCS au milieu — du IV^ siècle. Quant à la question si c'est l'Étrurie qui a donne l'exemple à Rome cu si l'usage à passe de Rome à l'Étrurie, elle resterà encore longtenips indecise. Sans entièrement partager l'avis de Lepsius (i) nous constatons brièvement que les lourdes monnaies étrusques mon- trent des types beaucoup plus simples que les monnaies ro- maines, quoique au commencement du IV"' siècle av. J. C. l'Étru- rie pùt se vanter de posseder un art décidément plus développé que celui de Rome. De plus, il estcertain que la puissance ma- ritime et politique de l'Étrurie était anéantie lorsque Rome — en 268 av. J. C, à peine un siècle après l'émission de ses premières monnaies — commenda à faire Trapper des pièces d'argent, et l'epoque républicaine avait déjà succède à l'epoque imperiale, lorsque Rome commenga à faire frapper régulièrement des pièces d'or. Un des traits caractéristiques des monnaies étrusques c'est que la plupart portent une marque de valeur. Ceci nous permet de connaìtre à fond les deux différents S3'stè- mes monétaires compris dans le monna3rage étrusque. Sur les pièces d'or l'on trouve toujours — et à peu d'exceptions près aussi sur les pièces d'argent — la valeur marquée en chiffres romains antiques, disons : étrusques. Des marques de valeur sur les pièces d'or (2) les suivantes sont connues jusqu'à présent: t = 50; XX/\ =25; XII<:.= 12.5; /\ = 5' XX = 20 et X = IO. Une partie des monnaies d'argent n'a pas de marque de valeur (3); il paraìt que ce sont les plus antiques. Des pièces de l'epoque plus avancée on peut dire qu'elles montrent toutes la division suivante: I = i; II'^^ou IIV ou ^11 = 272; /\ ou y/ = 5; X = io et XX = 20. Evidemment ces marques de valeur augmentent et di- minuent selon le système decimai. Le io est le facteur prin- cipal de ce système de compte, mais le 2 et le 5 en sont des facteurs aussi. Dans la sèrie des marques de valeur (i) Lepsius : Ueber die Verhreitung des italischen Mùnzsystems von Etrurìen aus, eie. Leipzig, 1842. (2) A. Sambon : Oeuvre citée, p. 37-40. (3) A. Sambon: Oeuvre citée, p. 41-44. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE L ETRURIE 379 étrusques nous voyons le ròle diviseur et multiplicateur de ces subfacteurs, dans la fraction du pur S3'stème decimai. Maintenant, en quoi consiste l'essence du pur sj'stème decimai ? En ceci que le io est le facteur qui sert à former les unités, que chaque unite plus grande est le decuple de l'unite plus petite la plus rapprochée, et que toute unite plus petite est le dixième de l'unite plus grande la plus rappro- chée. Le S3'stème se développe donc de la fa^on suivante : 1000, 100, IO, I, VlO' VlOO' /looo- Les facteurs élémentaires du dix sont 2 et 5. P?.r leur multiplication nous arrivons du io au 20 ; d'autre part, par une division répétée, nous arrivons du 100 au 50, au 25, au 12.5, et du 20 au io, de là au 5, au 2.5 et enfin à l'unite. Pas une seule marque de valeur sur les monnaies d'or et d'argent qui n'entre dans ce système. Le S3'stème d'évalua- tion des monnaies étrusques est donc un système decimai et l'on aurait tort de le considérer, à l'exemple de Momm- sen, comme système vicésimal. Une forme encore plus complète de ce système se voit dans les marques de valeur des monnaies de bronze ar- chaì'stiques, où se trouvent à coté de la grande uniié )I( = 100, les marques t = 50, XXX --= 30, XX /\ =- 25, XII<^ = 12.5, • == 5 et I = I. Il est probable que de nouvelles trouvailles complèteront cette suite. Mais parmi ces marques de valeur il s'en trouve une que nous n'avons pas rencontrée jusqu'à présent, c'est le 30. On peut le considérer comme partie intégrante du sy- stème decimai, dérivant du io par addition ; mais on y re- marque aussi l'influence qu'exerce sur le système decimai le facteur du système duodécimal, ou bien du système se- xagésimal, le 3, d'autant plus que par hasard les difterents systémes étaient également en usage ; leur influence réci- proque est donc bien naturelle. Néanmoins les marques de valeur des monnaies d'or et d'argent étrusques et celles d'un groupe de monnaies de cuivre ont distinctement le caractère du système decimai. La constatation en est importante car, à notre avis, l'étalon selon lequel furent émises les monnaies d'or et d'argent se divisait d'abord aussi en unités suivant le système decimai, 8o ÉTIENrtE KOVÀCS qui s'est méme fait valoir dans ladoption du système pon- derai de l'Étrurie. Or, ce système ne se trouve ni dans le système monétaire de la Grece ni dans celui de l'Orient, ni méme en Italie avant que l'Étrurie n'en ait donne l'exemple. Cest rÉgypte qui fut le pays originaire du système decimai. De là il entra aussi dans le système sexagésimal (i) qui caractérise les systèmes ponderaux d'Asie. Nous le trouvons employé dans le système de la litra d'argent de Sicile (2), mais la division qu'il a en Etrurie n'apparaìt que plus tard aussi là. On peut dono le nommer tout court : système étrusque. Les lourdes pièces de bronze et les bronzes légers qui s'y joignent sont — au contraire des monnaies d'or et d'ar- gent — caractérisés par leur évaluation selon le sj^stème duodécimal employé depuis les premiers temps sur les ter- rains italiques et siciliens. L'unite ponderale, la livre (litra, libra) qui fut differente selon les pays, se divisait toujours en douze parties sur ces terrains. Il en fut ainsi p. ex. de la livre romaine de 327.45 gr. dont le douzième, l'once, servait de petite unite. Les systèmes ponderai et monétaire étant étroitement liés, cette classification passa aussi dans le système moné- taire romain, sous les mémes dénominations. La marque de valeur de la grande unite monétaire romaine, de Vas fut sur les monnaies le trait vertical ( j ) tandis que ses parties, e. à. d. les multiples de l'once, furent marqués par la répétition d'un point ou d'une petite sphère, de manière à ce qu'il y eut sur la monnaie autant de points qu'elle contenait d'onces. Le semis seul fit exception étant généralement marqué de la lettre S (3). Les mémes marques de valeur se trouvent aussi sur les monnaies .étrusques des groupes mentionnés (i) Lehmann : Oeuvre citée. (2) HuLTSCH : Oeuvre citée, p. 275. (3) Voici les marques de valeur des monnaies de bronze romaines les plus fréquentes : as I Marques des multiples de Vas: • ^ dupondius ... II • • • • • quincussis ... V • • • • decussis. ... X semis triens quadrans sextans . uncia . . LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE l'ÉTRURIE 381 plus haut, avec la dififérence qu'ici le semis est marqué de la lettre C et que la grande unite est souvent marquée de douze petites sphères (i). Beaucoup de rechercheurs tirent de ce fait des consé- quences qui vont loin et, comme Lepsius (2), ils prouvent par des motifs typologiques que les bronzes lourds d'Etrurie sont plus anciens que ceux de Rome. Nous constatons seu- lement que les monnaies portant ces marques de valeur se trouvent dans les séries qui — comparées aux autres — sont généralement regardées comme les plus anciennes, celles du type roue-roue, et que cette procedure montre une ressemblance de principes au s^^stème d'évaluation étrusque mentionné plus haut, puisque lei de méme le ròle principal revient à la petite unite et que de celleci derive la grande unite, mais déjà suivant le S3'stème duodécimal. Varrò dit de 1*^5 romain : as erat libra pondus (3). La grande unite monétaire romaine eut donc le poids d'une livre romaine. Le mème principe se fit valoir dans la litra de cuivre de Sicile. Du moins au commencement, l'unite monétaire autochtone de la Sicile, la litra de cuivre (4), ré- pondait à l'unite ponderale, à la livre sicilienne. Sùrernent il en fut ainsi en Étrurie, et c'est pourquoi les plus anciennes monnaies étrusques représentent aussi le poids de la livre étrusque. Les séries de 1^5 grave étrusque jouent donc probablement un ròle décisif dans l'établissement de cette livre. Nous reviendrons à cette question importante. À pré- sent nous remarquerons seulement que l'introductiòn du système ponderai duodécimal — qui régnait dans les terrains italiques depuis les premiers temps — dans le système mo- nétaire étrusque des bronzes lourds forment une preuve de grande portée pour le fait que le système ponderai indigène d'Etrurie se rattache immédiatement aux séries de Vaes grave, et non pas au système des monnaies d'or et d'argent. II (i) Garrucci: Le monete delF Italia antica. Roma, 188=5, pi. Lll. 2 et pi. LUI, 2. (2) Lepsius : Oeuvre citée. (3) Varrò : De ling. lat. V. 169. (4) Hultsch: Oeuvre cilée.p. 275. 382 ETIENNE KOVACS est naturel aussi que le bronze, la plus ancienne matière d'étalon de la péninsule, se divisai selon l'ancien système qui caractérise les terrains italiques alors mème quand l'or et l'argent nouveaux-venus apportèrent un système différent. III. Avant d'étudier les étalons étrusques, jetons un coup d'oeil sur le groupement des monnaies éirusques selon leur matière et autant que cela se pourra, selon leur àge. Je me suis servi, pour la classification, de l'oeuvre d'A. Sambon (i) qui traile le sujet à fond. Faute de place dans mon livre j'omels la description détaillée, marquant seule- ment les types principaux et indiquant les numéros sous lesquels Sambon décril ces monnaies. Pour donner un aper9u rapide du poids, je fais suivre chaque espèce de sa marque de valeur ainsi que du minimum et du maximum de poids en grammes qui désignent les limites de flucluation. Oìi les monnaies n'ont point de marque de valeur, elle manquera naturellement aussi dans ce tableau. Or. N. Type de i'avers et du revers Marque de valeur Poids I Hippocaiiipe — 4 étoiles 6 dents (?) sur un champ lis- se 8 (2) 5 2.75 (I) (3) 2 Téte de lion — lisse i . . . SO — — — — 2.82 (2) 2. . . 25 — — - — 1.50 — 1.38(3) 3- • • — — 12% — — 0.76 (l) 3 Téte virile imberbe — lisse 4 — 2S — — — 1.43 - 1.36(5) 6, 7 — — — ro — 0.60 - 0.53 (9) 4 Téte de feuìme — lisse 5. . — 25 — — — — 1.38 - 1.30 (3) 5 Téte juvéiiile couronnée de myrte — taureau, au-dessus colombe à l'exergue: Velz- papi 9 . . . — — 20 — — — 3.67 (I) 6 Téte de lemme — chien cou- rant, inscription peu dis- tincte 10 — — — — — 5 1.15 — 2.12(2) (i) Les monnaies antiques de t Italie. Paris, 1903, p. 1-83 et pi. I. (2) Numéros sous lesquels Sambon décrit ces monnaies. (3) Les chiffres en parenthèse marquent le nombre des exeniplaires connus. LE SYSTEME MONETAIRE DE L ETRURIE 383 A^trg^exx-t* N. Type de Tavers et du revers Marqae de ! valenr 1 Poids I Chimère : licn dont la queue se termine en tète de ser- perli — lisse 18 — — — — — 16.67 - 16.33 (4) 2 j Sanglier — lisse 39 ... . — — — — — 16.67-15.80(3) 3 Hippocampe — lisse 24 . . — — — — — 4.25 - 4 18 (3) T- " , „ 25 . . — — — — — 2.02 (i) 4 5 Lievre — lisse 31 z z 4.21 - 4 (2) 2.10 (i) Chouette — lisse 32 ... . 6 Téte virile barbue- lisse 99, 100 — — 5 — — 11.38 - 10.56 (7) 7 ! Téte virile imberbe — lisse loi. 102 ^_ 5 __ _. ; 11.25- 10.41 (4) 8 Gorgone ailée courant - roue t inscription Thezi 11 . . . — — — — — 11.12 (i) 1 Gorgone ailée courant — roue, 1 sans inscription 12. . . . — — — — — 11.45-11.30(20) 9 ! Tète juveniie imberbe entre deux serpents, inscription: 1 i Z^tf-e/'-Sphinx ailé 13 . . . — — — — — [ 5-35 (i) IO ! Tète de boeuf, inscription : 1 7"/ttf;»:/^-hippocampe 14 . . — — — — — * 937 (i) II Chimère: moitié lion, moitié serpent — lisse 15, 16 . . — — — — ili- 1062 (2) 12 Tète de chimère (?) - lisse 17 — — — — — \ 3-55 (i) 13 Hippocampe, autor 4dauphins — Gerbère tricéphale 22 . — — — — — i 5 35 (0 14 Hippocampe — lisse 23. . , — — — — — 2.55 ^5 Poulpe — lisse 28, 29 . . . — — — — — 1.02 (3) 16 ! Téte de iion — lisse 30 na- 1.07 (I) 17 1 Masque de Gorgone grir (jant — lisse 35, 37 • • • — IO — — — 8 38 - 7.84 (4) 36 . — IO? — — — 7.8 - 6.92 (3) ] 41 • . — I5?i6? — — — 8.45 - 6.60 (3) 38 . — 5 — — 4.15-4.10(2) ^ . 39 . — — aV, — 2.06-1 85 (6) 18 lète jeune — lisse 78 . — — 5 — 3-88 (I» 79 • — — — — I 0.90 - 70 (3) 19 Tète de Mercure • lisse 91, 92 Roue — lisse, ou seulement — — 5 — — i 3-97 - 3 58 (4) 20 marque de valeur 26 . . — . I 0-85 • 0.73 (3) 21 Calmar sortant d'une amphore — lisse 20 20 22.61 - 22.51 (2) "•5 (I) 21 IO ^- — — na- 22 Marque de Gorgone grir ?ant — lisse 42-46 . . . 20 — — — — ' 8.39-725 (II) 47 • • • 20? — — — — 8.30 - 7 25 48 . . . 20 — _ _ — 8.# (I) 23 Masque de Gorgone grinia- (jant - type indistinct 50 . . ao — — — — 8.22-785(5) 51 . . 20 — — — 8.90 (I) 24 Masque de Gorgone grima- cant — deux caducées ^2 ao — — 8.59 - 8.29 (3) 25 Masque de Gorgone gnma- , 8.22-7.66(3) gant — poulpe 55 . . • • 20 — — — ~ 384 ETIENNE KOVÀCS Type de l'avers et du revers Marque de valeur Poids 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 ,,6 47 48 49 50 51 Masque de Gorgone grima9ant — deux poulpes 56 ... . Masque de Gorgone grimagant — étoiles, croissant fer de tri- dent et legende circulaìre: Pti- pluna 60 Tète d'Hercule — lisse 62 . . „ „ — massue 61 Téte de Minerve ^^ de profil, coiffée d'un casque - lisse 64 . Tète de Minerve "^j^ de profil g. coiffée d'un casque - croissant, étoile ... ? legende circulaire : Pupìuna 65-67 Téte de femme à dr. diadémée, avec pendants d'oreilles, style varie — lisse 68 Téte de femine à dr. diadémée, avec pendants d'oreilles, style varie — poulpe 69 Téte de femme à dr. diadémée, avec pendants d'oreilles, style varie — roue 70 Téte de femme couronnée d'épis — lisse, style varie 71 . . . Téte juvénile — lisse 73 . • . » » ""■ w 74 • • • au style grossier . . . . . Téte juvénile — objet ressem- blant massue d'Hercule 75. . Téte virile imberbe, iiiscription : Metl. V. Meta — lisse 76. . . Téte juvénile — lisse 80 . . . „ „ „ ol . . . w w » "3 • • • Téte de Mercure — lisse cu objet indistinct 9395 Téte virile barbue — lisse 98 . Téte juvénile — lisse 84, 86, 87, 88 Téte juvénile — deux pentagones et deux petits cercks coiicen triques 89 Téte de femme — lisse 85 . Roue — marque de valeur 26 Roue — lisse 27 Masque de Siléne — lisse 33 Tète juvénile — lisse 34 . . « » — w 90 . . Téte de Mercure — lisse 96-97 . — — Drachmes de style campani en : Téte de femme ornée de bijoux - lion, inscription étrusque 103 . Téte de femme ornée de bijoux - hibou, inscription étrusque 104 1^5? — — — ! j 20 20 — — — — 20 — — — — 20 — — — — 20 IO IO IO 10 IO — — — — — — — IO — — — — — IO — — — — 10 — — — — IO 5 5 — — — — — — — 5 — — — — 5 27. — — — — 2;/. 2V. - — — — — I z — — = — — I — — 5 — — — — — — — 8.02 (1) 8.c8 - 6.70 (5) 905 - 7-4' (7) 8.43 - 7.21 (7) 8.60 - 7.50 (2) 8.38 - 7-35 (5) 4-20 - 3.75 (5) 3-72 - 3-5 (2) 4 00 (2) 4 3^ - 3-93 (5) 3-96 (i) 340 3.10 2.45 - 1.68 (3) 2 40 - 1.85 (2) 1.90 - 1.33(6) 2.03 - 1.90 (8) 1.05 - 0.85 (6) 0-93 (0 0.95 - o 93 (2) 0.4Ì (I) 0.30 (I) 0.51 (0 0.38 (I) o 40 • 0.36 (2) — — j 0.94 - 0.90 (3) a peu pres 3-53 g'"- 3.80 - 3.45 (4) LE SYSTEME MONETAIRE DE L ETRURIE 38: Nous avons vu que les monnaies étrusques de bronze forment quatre groupes. Au premier (a) appartiennent les lourdes monnaies coiilées qui se divisent suivant le S3'stème duodécimal ; au deuxième [b) les monnaies légères frappées, se rattachant au premier groupe; au troisième {e) les suites légères qui se divisent selon le système étrusque ; et au quatrième {d) les bronzes d'origine incertaine, mais qui mon- trent quelque relation avec l'Etrurie. Mes données sur le poids de Taes grave suivent la trace de Deecke (i\ pour le reste je me suis servi de l'oeuvre de Sambon déjà citée. 2 „ ?1 r- q ir: N co ,_, "0 <-> « "< M •^ IH w M •-" s cò W vÓ (N -H M ih VÓ 2" 00 3 " ^ "* *H co ocT q 01 °2~ o\ (A CI "^ 1 CI i o hi« 01 u TJ in , . PO , PO 01 CO n M 3 ó 1 N ::~-' co co i ih à QÒ Ó\ e 0- 10 -o ir: Ov ro •4» M -0 i 1 1 1 co 1 1 cT IO 01 q 1 co co n PO B 1 1 1 1 , l-~ 1 1 1 1 1 t a 1 1 1 1 1 ó 1 1 1 1 1 i cr co . u . , X • . 1 1 .. 1 w u 4> >■ 3 • 'Si 3 V 1 0- I CR a* 1 1 rr. 1 t3 -rt ■ • • 3 C fi c 3 X 1 1) JC V 1) u CS u c^ :^ Li > V T3 a 4» U 1 lU 3 a; 2 a. e 1 1- u c5 1 1 3 •^a M u co ": cn e — ■—1 • ■0 Q. 4> ex 3 6 >i e 3 ifl C C 3 3 3 C-i CO >> C^ ^v ■Si ^ Q. C^ ce 2^ 2^ Ci H> 'c^ :« So -C^-o i-t « CO ■^ ir; vÒ r^ 06 Óv (i) Oeuvre citée, p. 21-43. 49 386 ETIENNI". KOVACS b) Dans le deuxième groupe il n'y a que cinq nominalia plus petites. Les pièces à legende sont en partie de Populonia et en partie de Vetulonia et de Peithesa. L'une d'elles porte l'inscription de l'alliance des villes Populonia-Vetulonia et Camars (?), une autre celle de Vercnas. Leur inarque de valeur consiste, selon la grandeur de la monnaie, en une ou plusieurs sphères, ordinairement au revers (i). Type de l'avers et du revers Espèces de monnaies et poids en grammes quadr. uncia '/o uncia 1. Roue - ancre 105, 106. . . 2. Roue - fer de bipenne 1081 13 Populonia. 3. Tète de Minerve - chouelte et parfois inscription 114, 117 4. Tète de Mercure - caducée et inscription 115, 118. . . 5. Téte d'Hercule - are, flèche, niassue 116 . . . . . . . 6. Tète de Vulcain - niarteau, tenailles et inscription 119 . Populonia - Vetulonia - Camars ? 7.' Tète de Vulcain - marteau, tenailles et inscription 120 . Vetulonia. 8. Tète imbeibe coiflfée de la dépouille d'un fauve - fer de trident et deuxdauphins, par- fois inscription 121-125. 9. Tète juvénile - ancre 126 . Vercnas. 10. Téte de Minerve - mon- stre 127 Peithesa. 11. Tète de Mercure, d'Apol- lon ou de Pallas - Chouette et inscription 128-131 . . . Probablement une demionce . 22.75- 17-70 (3) 19-75 J3-5-1I-I (3) 9 5 6.7 (7) 19,0 (I) 8-55 '1) 9 36 8 29 I — 991 683 i (IO) 10.17 (2)1 9-6(1) _ 11.85(8) - 1419(1 [i5-5-io.o( 9.0 > (M) ) 0, 8.6 1-5-35/ 5-9 5-25 >6 2) — 34.5-2.26 (9) (i) Sambon : Oeuvre citce, p. 68. LE SYSTEME MONE TAIRE DE LEFRURIE 387 c) Les monnaies des légères séries frappées, divisionnaires selon le système decimai divise, sont toujours à revers incus à la manière des numi incusi de la Grande-Grèce. Mais elles sont bien loin de ces derniers quant à leur àge; il est donc impossible de croire à une relation entre les deux espèces de monnaie, Celleslà sont du VP-V^ siècle av. J. C, les pièces étrusques sont de la deuxième moitié du III'' siècle av. J. C. Les efforts archaìslique qui se montrent dans le choix et la conception des 13'pes à l'avers des monnaies (hippocampe, serpent) se font aussi remarquer dans l'exécu- tion technique. Ce fut peut-ètre une imitation de l'avers des anciennes monnaies grecques, mais le style porte l'empreinte du III'' siècle. Type de l'avers et du revers Marque de valeur Poids 8 IO II Tète barbile et lauree — hippocainpe 132 . Métne téte — hippo- campe 133 . . . . Téte barbue converte de la dépouille d'un dauphin — aigle se défendant contre un serpent 134 .... Mèrne tète - griftbn 135 Tète barbue converte de la dépouille d'un fauve - tète d'àne 136 Tète de Minerve en ca- sque - coq 137 . . . Tète lauree - aigle dans champs pointillé 138. Téte juvénile — dans une dépression ovale, serpent 139 .... Tète barbue — pois- son 140 Tète juvénile coiflee d'un casque phrygien — croix à branches égales 141 .... Téte juvénile — astre à six rayons 142 , . Tète barbue - lisse 143. 100 50 _ _|5o;_- — 150 — \o — — 1 -25 — ~ — _ - — 20 — — — 1 — — — 12' J 1 - — -i — — -— 12';. i _l 5 — — - — -2V. 1 40 80-30 70 (4) 2478 (I) 21.25 20 So- 19. IO (3) 1343 11.60 10.72 (3) II 4 9-3 (3) 6.40 (I) 5 76 (i) 3 53 2.49 2-5 055 3B8 ETIENNE KOVACS d) Enfin aii quatrième groupe de monnaies de bronza ap- parliennent d'abord la grande espèce décrite chez Sambon sous le n. 144, tète juvénile, avec croissants et étoiles ; en- suite les petites monnaies de bronze à l'éléphant (7.8-3.6 gr.) et au chien (3.2-1.6 gr.). Les premières ont à l'avers une téte de Nubien, au revers l'éléphant, une clochette au cou, et portent des signes différents que Garrucci et Gamurrini prennent pour des initiales de villes, mais que Sambon re- g-arde comme des signes contenant le nom de l'autorité municipale qui émit la monnaie (i); les dernières portent une téte juvénile couverte de la dépouille d'un fauve et à gauche un chien courant. De méme il faut compter dans ce groupe les petits bronzes qui, selon leur legende, appartiennent à Cosa Vol- cientium (non loin d'Orbetello), avec les types: téte de Mars — téte de cheval, et téte de Pallas — téte de cheval (6.02-5.08 gr.). IV. Dans sa grande oeuvre Mommsen n'essaye pas la sy- stématisation des monnaies étrusques. Il remarque seulement d'une manière generale que le système de l'or, de l'argent et du cuivre léger est beaucoup plus ancien que l'aes grave (2). La matière dont il disposait ne fut pas suflìsante. Il connais- sait à peine quelques monnaies d'or d'après Mionnet, et les petites unités d'argent lui étaient inconnues. Selon lui, l'unite des petites monnaies d'or à un face piane, comme l'unite de (i) Babelon {Rev. Numism., 1896) voit dans le type du revers les éléphants d'Hannibal sur lesquels il traversa la vallèe marécageuse de l'Arno et de la Chiana; et le type à l'avers n'est, selon lui, que la téte du Nubien qui guide réléf)hant. D'accord avec Garrucci, Sambon croient que ces monnaies datent d'avant 217, qu'elles conser^ent le souvenir de l'invasion de Pyrrhus et furent frappées dans l'Italie cen- trale (Sa.mbon: oeuvre citée, p. 35). Elles furent trouvces aux environs du lac de Trasimène. (2) Mommsen : Oeuvre citée, p. 215. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE l'ÉTRURIE 389 0.23 gr. des pièces d'or à deux faces planes et l'unite de 0.43 gr, des pièceS d'argent diffèrent tellement qu'il est dif- ficile de se représenter entre elles une relation naturelle et simple. Ce qui d'ailieurs n'est pas nécessaire parce que les frappes en question dérivant de différentes vilies ne peu- vent ètre mises dans un seul système, mème quand elles seraient analogues. Il en est de méme des nionnaies de cuivre. L'origine des monnaies d'argent se rattache selon Momm- sen au plus ancien monnayage à une face piane de la Grece asiatique, elles sont donc d'une date très antique. D'autre part l'exemple était peut étre venu d'Athènes avec laquelle Populonia, comme terrain de mines de fer, était en relation depuis les teraps les plus anciens. Ce fait est démontré par l'accord dans les types de monnaie, dans leur étalon et leur division semblables (i). Les monnaies d'argent d'à peu près 8 à 16 gr. seraient donc, selon Mommsen, frappées d'aprés des modèles athèniens, suivant les étalons atliques et eubéens. Mais ceci ne peut étre admis pour les pièces d'argent va- riant entre 11.35 &•"• ^t 11. 13 gr. L'étalon qu'elles représen- tent est alors encore inconnu en Europe et ne se déduit que de l'étalon persan. C'est donc une erreur que d'y voir des moditìcations du statère éginéen, aussi bien que de les rattacher à l'étalon de Chalcidique (2). Quant aux pièces sans marque de valeur (i. 2.) (3), Mommsen les considère comme les parties divisionnaires de l'unite monétaire de l'étalon attique, relativement persan. Les monnaies d'or furent frappées, selon Mommsen, à l'étalon de Milet. Il faut regarder les exemplaires de 4.67 gr. et de 1.15 gr. (5. 6.) comme des troisièmes et des douzièmes de drachme. Mais cet étalon, s'il existait en Étrurie depuis les temps les plus anciens ne pouvait étre venu que de là d'où est venu l'argent qui fut attique. L'étalon de Milet eit le seul auquel des monnaies furent frappées dans la (i) Meme oeuvre citée, p. 217-8. (2) Meme oeuvre citée, p. 859-60. (3) Les chiffres entre parenthèses désignent les numéros des mon- naies dans nos tableaux. 390 ETIENNE KOVÀCS Grece européenne, surtout dans l'ile d'Égine et ainsi l'en- chaìnement historique se présente clairement (i). Des monnaies de cuivre il remarque que les séries d'aes grave étrusques sont généralement plus légères que les exemplaires de Latium. Les plus loitrdes dépassent a peine 201 gr. (2) Mommsen conteste cette opinion de Lepsius et de Genarelli que la tipologie ou la metrologie en soi offre des preuves sufììsantes pour une classification chronologique correcte. Selon lui, seule l'observation simultanee du style artistique et du poids des monnaies méne au résultat requis. De ce que les plus anciennes monnaies étrusques sont à deux faces planes, qu'elles ont des inscriptions plus complètes et qu'elles sont plus légères de celles de Latium, Mommsen tire la conséquence qu'elles sont plus jeunes que les plus anciens as romains et qu'elles n'ont point passe de Latium en Etrurie, mais de l'Etrurie en Latium (3). De la livre étrusque il dit quV/ est possible qu'elle fùt plus légère que la livrc romaine et que peut-étre elle vaiati une livre sicìlienne e. a. d. '/s d^ ^<^ livre romaine, ce qui revient à 218 gr. (4). C'est Deecke qui le premier essaya de mettre ces mon- naies dans un système chronologique. Voici les six époques du monnayage étrusque qu'il établit, avec leur système pon- derai, leurs monnaies et leur étalon : Première epoque jusqu'à joo av. J. C. La balance joue le ròle principal; en méme temps figure l'as romain de 327-434 gr. Bàtons de cuivre, lingots et fils d'argent mon- naies étrangères d'or et d'argent, de l'Asie mineure, sont en usage. Deuxième epoque jusqu'à 4J0 av. J. C. A coté du cuivre invariable, apparaissent le statère et le dareikos d'argent persans. Unite d'argent: Via once = Vi44 ^s romain (scri- pulum). Marque de valeur au système decimai mais quater- naire. Or ionien avec surfrappe d'un troisième et d'un si- fi) Mommsen : Oeuvre citée, p. 21 et 219. (2) Mommsen : Oeuvre citée, p, 224. (3) Méine oeuvre, p. 227. (4) Meme oeuvre p. 225. LE SYSTÈME MONÉTAlRK DE LEIRURIE 39I xième. Unite d'or: Vio ^^ l'ancien scripulum. Rapport de valeur de l'or et de l'argent i : io. Marques de valeur 20 et 5. C'est donc ici qu'il faut ranger les pièces d'or n. 5 et 6 et les pièces d'argent de la table plus haut. Troisieme epoque, jnsqiià 400 av. J. C. Les monunies de bronze perdent de leur poids. Les statères et doubles- statères persans sont en usage; les bronzes au poids égal, mais r unite d'argent est 7j4 de l'once -= '/sss de la livre romaine. Rapport de valeur de l'argent et du cuivre 1:288. Marques de valeur: io et 20. Point d'or. Ici il faudrait ranger les pièces d'argent décrites sous le n. 21. Quatrième epoque, jusqu'à 26g av. J. C. Le système monétaire attique-syracuséen a été adopté. Le poids des momiaies de cuivre se fixe à 218.288 gr., elles représentent la grandeur de la livre étrusque. Peu à peu le poids des monnaies de cuivre baisse de nouveau, le plus celui des petites unite. Les tétradrachmes, didrachmes, drachmes et 7; drachme d'argent sont la monnaie courante avec les marques de valeur: 20, io, 5, i. Viennent les litra d'or avec les marques de valeur : 50, 25, 12.5, io. Rapport de valeur des trois métaux i : 15:250. Il faut ranger ici les n. 2-4 des pièces d'or, les n. 1-5, i7'20 des pièces d'argent, et le groupe a des monnaies de bronze. Cinquième epoque, jusqu'à 200 av. J. C. Ajustage des systèmes étrusque et romain ; en 264 est établi l'étalon triental, mais le poids des monnaies de cuivre baisse toujours, à la fin elles deviennent monnaies d'appoint. L'unite d'argent de l'epoque précédente descend à la moitié. Les pièces portent les marques de valeur 20, io, 2.5 (i). Ces trois espèces ré- pondent aux denarius, quinarius et sesterce romains. Point d'or. Ici se rangent les pièces d'argent décrites sous les n. 22 49, les plus légères pièces du groupe a, et le groupe b des monnaies de bronze. Sixième epoque. Enfin l'étalon sextans est accepté ; des monnaies de cuivre seules sont frappées dont la petite unite fait un centième de la plus grande monnaie. La marque de valeur est decimale. Point de monnaie d'or ni d'argent en usage. Ce serait donc la place des monnaies de bronze du groupe e. 392 ETIENNE KOVÀCS Hultsch (i), Head (2) et Sambon (3) adoptent cette clas- sification dans le fond, à cette différence près que Hultsch parie aussi d'étalon babylonien et athénien et que Head con- sidère l'étalon persati corame un étalon éginéen réduit. La liste des opinions divergentes pourrait étre continuée ; mais ce qui a été dit montre suffisemment l'incertitude qui règne par rapport à la classification des monnaies étrusques. Ces classifications furent établies sur des fondements erronés jetés par de grandes autorités. Peu à peu, presque insensi- blement, leur rectification est devenue une nécessité scienti- fique. Mommsen jeta un de ces fondements erronés, en dé- clarant que Rome émit ses premières pièces lourdes de cuivre à l'epoque des décemvirs, donc au milieu du V^ sie- de av. J. C , et que la livre de 327 gr. fut la première unite ponderale de Rome. Car tout signe tend à prouver que Rome émit ses premières monnaies presque un siècle plus tard, que ce fut probablement le moment oiJ elle échan- gea la première unite ponderale italique, la livre italique ou osque, pour sa nouvelle unite ponderale, la livre romaine de 327 gr. (4). Il est donc facile de voir combien Mommsen, et surtout Deecke, se trompent en faisant dériver la grandeur de la livre étrusque de celle de la livre romaine et rendant ainsi dépendant de Rome l'entier système monétaire de l'Étrurie. Le système de Deecke est encore erroné pour d'autres raisons. Pour réunir et mettre en système les plus diverses espèces de monnaies, il établit tout à fait arbitrairement le rapport de valeur des trois métaux. Le rapport de l'or et de l'argent est une fois i : io autre fois i : 15, dell'argent et du cuivre est une fois i : 288, une autre fois 1 : 250. (i) Fr. Hultsch: Griech. u. tòni. Metrologie. Berlin, 1882, p. 68489. (2) Hkad : Hisioria numorum. Oxford, 1887, p. 10-14. (3) A. Sambon : Oeuvre citée. (4) Samwer-Barthfhld : Gescìuchte des àlieren ròiniscìien Miinzwc- sens bis circa 200 v. Chr. Wien, 1883. DòRPFELD : Mitili, d. kais. deiitsch.-arch. Inst.-Athenische Abth. X. Bd. p. 289. Pernice: Griechische Gewichte. Berlin, 1894, 830. Lehmann : Oeuvre cilée. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE L ÉTRURIE 393 Pourtant les rapports des métaux entrés dans les système monétaires devaient montrer beaucoup plus de constance. Mais d'un autre coté, l'or ne pouvait jamais avoir une si grande valeur par rapport au cuivre. Un autre coté faible de ces classifications c'est que les pièces d'argent d'à peu près 8 et i6 gr. n'atteignent jamais le poids ni des didrachmes et tétradrachmes attiques, ni des mèmes espèces syracuséennes de 8.72 gr. et 17.44 gr. mais elles restent 8.4 gr. et 16.8 gr. au dessous du poids moyen de celles-Ià. Le classificateur ne fait nullement atten- tion au caractère decimai très prononcé du système d'eva- luation, et, négligeant le fait important qu'on ne trouve le système decimai qu'au milieu du IV*= siècle à S3Tacuse avec cette division qui apparali déjà plus tòt en Étrurie — il dé- clare directement que l'Etrurie a emprunté son système de S3Tacuse. En étudiant les monnaies étrusques je suis arrivé à la conviction que deux différents systèmes pondéraux devaient régner en Etrurie: un système lourd et un système b^ger. Le S3^stème lourd fut le plus ancien, et identique avec l'origi- nale unite ponderale d'Italie, dite litra italique ou livre osque. Son poids est de 273 gr. Le système lèger est de 202 gr., et son apparition coincide avec le commencement du mon- nayage de pièces d'or étrusques, peut ètre méme elle en est la conséquence. Le monnayage d'or est représenté par les plus lourdes séries de Taes grave étrusque. Il parait que les deux systèmes furent en usage en méme temps dans les terrains de l'Etrurie. La livre lourde est d'origine babylonienne et représenté la moitié de la mine d'argent babylonienne (545.8 gr., v. p. 132). La livre iègère est d'origine persane et représenté /s de la mine royale babylonienne persane commercielle (505 gr., voyez p. 131). Système babylonien-étrusque. Selon mon avis, toutes les monnaies de l'Etrurie se rat- tachent à ces deux systèmes pondéraux: les pièces d'argent d'à peu près 11 et 22 gr., les pièces d'or à deux faces planes 50 394 ETIENNE KOVÀCS à la livre lourde — les pièces d'argent d'à peu près i6 et 8 gr., les pièces d'or à une face piane et toutes les monnaies de cuivre à la livre légère. Il n'y a aucune raison pour que nous cherchions hors de l'Italie l'étalon selon lequel ces monnaies furent émises. De la livre originaire d'Italie de 273 gr., e. à d. de la litra de cuivre identique se développe très simplement — corame nous allons voir — l'unite des monnaies d'argent de 22 et de II gr., de la manière à ce que, en considération du rap- port de valeur existant de l'argent et du cuivre, l'unite d'ar gent fut déduite de la livre de cuivre de 273 gr. et introduite dans le système monétaire. Tous ceux qui jusqu'à présent avaient déduit ces monnaies étrusques de la mine d'argent de 561 gr. et regardaient les pièces d'à peu près 11,22 gr. comme des doublements du siglos persan, ont senti qu'ils n'y arriveraient qu'à l'aide d'un certain arrondissage, puisque le siglos persan pése 5.6 gr. et le statère qui en derive 11.2 gr., le tetradrachme — pour employer l'expression grecque — 22.4 gr., tandis que les exemplaires des mon- naies étrusques sont de 22.61 gr., 11.5 gr., 11.45 S^-f i^-S^ S^- — fait, avec lequel il faut compter. Deecke (i) prend aussi la petite unite d'argent pesant 1.137 gr.; pourtant il n'y voit que le pur système persan. Lehmann (2) au contraire, dans le système établi par lui n'y voit qu'un soixantième de la mine d'argent originaire babylonienne augmentée par l'ajou- tage d'un vingt-quatrième. Je suis arrivée au résultat par d'autres voies. L'ancienne livre italique de 273 gr. en pro- portion de l' originaire S3^stème ponderale babylonien (v. p. 132) ne peut étre considérée que comme poids secondaire, puisque sur le terrain d'Italie dès les temps les plus anciens la moitié de la mine légère d'argent originaire de Babylonie (544-8 gr.) (3) fut adoptée comme unite ponderale aussi pour le pesage du cuivre. Pour cette raison le système monétaire d'argent si étroitement lié avec la mine légère d'argent babylonienne (i) Deecke : Oeuvre citée. (2) Lehmann : Altbabylon. Maass u. Gewicht, eie. Zeitschrift f. Etimo- logie^ XXI (1889), p. 275. (3) Lehmann : Oeuvre citée, p. 257 et 267. LE SYSTÈME MO.NETAIRE DE L ETRLRIE 395 et qui en derive, doit se rattacher au s^^stème bab\lonien qui revètit une forme nouvelle sur le terrain de l'Etrurie, et nous le nommerons s\stème babylonien-éirusque. Il est re- présenté par les pièces d'argent de 11.37 gr. et de 22.74 g^- Cest bien ; mais les s^-stèmes pondéraux et monétaires d'Asie, et tous les s^'stèmes pondéraux et monétaires antiques de l'Europe dérivés des premiers, sont caractérisés par le regime sexagésimal, dont le système duodécimal, employé en Italie depuis les temps originaires, est un des facteurs. Cependant, le système d'évaluation étrusque a passe, comme nous l'avons vu, avec la division par dix de la grande unite d'argent à la petite unite d'argent, ou pour mieux dire, la grande unite s'est formée de la petite avec le regime decimai. Comment le pur système decimai vint-il à se joindre au système duodécimal dans le système monétaire de l'Etrurie sur le terrain italien ? Une réponse commode et briève à cette question fut toujours la déclaration que la litra d'argent de Sicile servit d'exemple à l'Etrurie. Il est possible que le regime étranger entra plus tòt dans le système monétaire sur le terrain si- cilien qu'en Etrurie; mais cela ne suffit pas à prouver que ce regime fut en usage dans l'ile sicilienne plus tòt que sur le terrain étrusque. Le fait qu'à peine adoplé pour le S3'stème monétaire d'Etrurie, il y trouva son expression extérieure dans les marques de valeur et, dans le milieu et vers la fin du V'= siècle, avec une division développée qui en Sicile n'apparait que vers la moitié du IV^ siècle (0 — prouve que l'Etrurie a développé son système decimai avant la Sicile. Pourtant nous ne pouvons accepter ce s^'stème comme in- dépendant et s'étant développé sur le terrain de l'Etrurie, car les peuples d'Italie se servaient du système duodécimal depuis les temps les plus anciens. Cest vers rÉg3'pte qu'il faut se tourner, c'est elle qui est le pays originaire du sy- stème decimai. Les relations fréquentes de rÉg3pte avec les états civi- lisés de l'Asie amenèrent l'introduction du système decimai (1) Head: Oeuvre citée, p. 156. 396 ETIENNE KOVÀCS dans le système sexagésimal asiatique (i), et d'autre part une influence du système asiatique sur celui de l'Egypte. Tandis que les talents pondéraux d'origine babylonienne se divisent toujours en 60 mines, et celles-ci en 60 sekels, les talent d'or et d'argent contiennent 60 mines, mais ces dernières se divisent en 50 sekels (2), Cette particularité montre l'influence du regime decimai sur le regime sexa- gésimal. En Egypte, l'unite ponderale^ le then (91 gr.) est toujours le dècuple de la petite unite, du het (9.1 gr.) ; e est donc le système decimai pur. L'or, comme l'argent jusqu'aux plus grandes sommes est toujours compiè en kets (3). Du point de vue du système babylonien, la livre égyptienne, le then n'est autre que le sixième de l'originale mine légère baby- lonienne (546:6 = 91), et le ket n'en est que le soixantième. Ce sont donc des poids secondaires déduits des poids baby- loniens à l'aide des facteurs du regime sexagésimal (4). Mais la livre italienne de 273 gr. est aussi un des fac- teurs de la mine d'argent bab3donienne de 546 gr.; ainsi nous accepterons cette supposition — si nous voulons dé- montrer l'origine du système decimai étrusque — que la livre de 273 gr. servait avec la division par douze pour la mesure de valeur du cuivre, et que la méme livre de 273 gr. servait pour le pesage de l'or et de l'argent, mais selon le regime decimai, ce qui se fit déjà bien avant qu'on ne son- geàt à l'émission de la monnaie. Le rapport des deux sy- stèmes fut simple, puisque la livre égyptienne est à la livre originaire italienne comme 1:3; un dixième de la dernière vant donc trois kets égyptiens (273 : io = 91 : io X 3 = 27.3 gr.) ou, ce qui revient au méme, un ket égyptien vaut un tren- tième de la livre italienne (9.1 =- ^"/ao)- ^ f'^ut seulement que nous sachions le rapport de valeur de l'argent et du cuivre, pour voir la relation intime entre les deux systèmes diffé- rents. Cest ce qui nous occuperà d'abord; après nous pas- (i) Lehmann : Oeuvre citée, p. 247. (2) Lehmann: Oeuvre citée, p. 251. (3) HuLTSCH : Oeuvre citée, p. 372. (4) Lehmann : Oeuvre citée, p. 325. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE L ETRURIE 397 serons aux deux métaux précieux. Une constatation correcte du rapport de valeur de l'argent et du cuivre est d'autant plus nécessaire que le cuivre joue un ròle important encore longteraps après l'apparition des monnaies d'or et d'argent sur le terrain de l'Italie. Non seulement en Etrurie et en Italie, mais aussi sur le terrain sicilien le rapport de l'argent et du cuivre fut aussi haut que i : 250 dès le commencement. Avec cette propor- tion Mommsen établit qu'à partir de l'introduction de l'étalon triental en 268 av. J. C, l'on commenda à Rome de frapper des monnaies d'argent, et en general on y trouva la solution des questions qui s'étaient élevées à l'égard du sj'stème mo- nétaire de la Sicile et de l'Italie. Deecke de mème a adopté ce haut rapport en S3-sté- matisant les monnaies étrusques d'or, d'argent et de cuivre; il suppose mème la relation de 1 : 288. Les rapports de l'or, de l'argent et du cuivre seraient donc : or: argent r^ i : 15 argent : cuivre =r 1 : 250 or : cuivre =: i : 3750. Mais les recherches modernes prouvent de plus en plus que l'or et l'argent ne pouvaient représenter une si haute valeur par comparaison au cuivre. Selon les documents com- merciaux de la Bab^-lonie antique datant du III'' siècle av. J. C, la valeur de l'argent et du cuivre y variait dans ce temps, entre les rapports i : 120 et i : 130 (0. Brugsch a dé- montré qu'en Égypte à l'epoque des Ptolémées le rapport de l'argent et du cuivre fut, d'après un exemple antique, 1:120 (2). A Rome non plus la doublé évaluation en 268 n'a commencé selon le rapport de i : 250, mais selon le rapport de 1:120, avec l'introduction de l'étalon sextans (3). A l'adoption de l'étalon oncial, en 217 av. J. C. dans le sens (i) Sur ce point j'en appaile à une communication verbale qu'a bien voulu me faire M. dr. E. Thramer, prof, de l'Univ. de Strassbourg. Dans son oeuvre qui paraìtra bientòt il publiera ces documents. (2) Brugsch : Oeuvre citée. (3) Samwer: Oeuvre citée, p. 172-181. 398 ETIENNE KOVÀCS de la lex Papiria le rapport est i : 112 (0. Aussi selon la loi de 397 après J. C. il n'est que i : 120 (2). Vu cette constance du rapport de valeur nous ne pou- vons non plus accepter un si haut rapport, il faut le fixer à I :i2o tei qu'il s'est conserve dans la dernière epoque du monnayage étrusque (3). Le rapport des deux minéraux est donc : argent : cuivre = i : 120. Le système monétaire étrusque dont la plupart des pièces sont pourvues d'une marque de valeur prouve distinctement que le rapport des métaux, établi depuis longtemps selon le besoin et l'expérience, donne de la consistance au système monétaire. Les systèmes moné- taires de l'antiquité ne devaient non plus se ressentir de la fluctuation quotidienne dans le prix des métaux crus ayant caractère de marchandises ; ce n'est que d'epoque en epoque qu'ils réfléchissaient la baisse ou la hausse de la prospérité économique de l'état, par les petites ou grandes espèces de monnaies qui sont émises tout en conservant le rapport de valeur. La monnaie qui dépasse les limites du rapport de valeur n'est — comparée aux autres — que de la monnaie d'appoint servant à des buts de commerce locai. Pour en revenir à démontrer que les deux systèmes dififérents en usage sur le terrain de l'Etrurie sont étroite- ment liés, cette démonstration, fondée sur le rapport de valeur i : 120, sera facile. En Egypte, le ket (lot) comme unite d'argent représente en valeur de cuivre le poids de l'originale mine d'argent lourde babylonienne qui vaut deux mines légères (9.1X120 = 1092) tandis que le devaì ket {lot) d'argent égale la forme légère de la mème en cuivre (4.56X120 = 546). En Etrurie au contraire, un dixième de la livre de 273 gr. se divisant en dix parties, comme petite unite d'argent, représente le dixième du talent de la mine d'argent légère babylonienne (6 mines) et la grande unite de 273 gr. au mème rapport de valeur en égale le talent entier en cuivre (273 X 120 = 32760 ; 263 : io X 120 = 32760: io). Ainsi, tandis que le ket d'argent égyptien correspond (i) Le denarius de 3.9 gr. =. avec 16 pièces é'as de 27.28 gr. (2) MoMMSEN : Oeuvre citée, p. 834. (3) Haeberlin : Oeuvre citée. LE SYSTÈME MONÉTA IRE DE l'ÉTRURIE 399 en cuivre au poids de deux mines légères babyloniennes, l'unite d'argent étrusque vaut 6 mines de cuivre du méme poids. Le rapport simple i : 3 suppose comme existant entre les deux S3Stèmes de livre se manifeste donc aussi sous cette forme et leur relation est evidente. L'on demanderà peut-ètre : pourquoi le S3Stème ponderai d'argent n'a-t-il passe tei quel dans le S3'stème monétaire d'argent? pourquoi n'a-t-on pas conserve le poids de '"'/jo gr. comme unite d'argent? Nous trouverons la réponse si, au rapport i : 120, nous cherchons la valeur de l'argent corre- spondant à la livre de cuivre de 273 gr., 273 : 120 = 2.275 e. à. d. l'unite ponderale représenlée par les monnaies d'ar- gent portant la raarque de valeur 5 (6, 7). La petite unite ponderale employée au pesage de l'argent, le dixième de la livre, fut donc de nouveau divisée en douze parties et les facteurs du s^stème duodécimal, relativement sexagésimal, entrèrent dans le S3'stème decimai. Ceci indique aussi rEg3'pte. Le ket {lot) égyptien non plus n'a conserve le pur caractère decimai dans sa division, il s'est mèle au S3'stème sexagé- simal (i). Que de cette manière on a trouvé la petite unite d'ar- gent mentionnée plus haut, autrement dit qu'elle est dérivée de la litra de cuivre, est prouvé le mieux par le phénomène — auquel on n'a point accordé d'importance jusqu'à pré- sent — que le système d'évaluation étrusque part toujours de la petite unite pour monter ensuite, tandis que les autres S3'stèmes monétaires de l'antiquité partent de la grande unite pour se diviser en parties. Le rapport de cette petite unite monétaire d'argent et de la litra de cuivre fut 1:1; l'unite ponderale (^27.3 gr.) au contraire s'3- rapporta comme 12 : i. Ainsi, tandis que l'unite ponderale d'argent avait la valeur d'une litra de cuivre, l'unite monétaire représentait la valeur d'une litra de cuivre. Cette relation directe exigea que leur S3Stème monétaire se fonde, non sur un dixième, mais sur Vi so ^^ 1^ ìwve comme unite monétaire, auquel S3'stème s'unit alors le caractère decimai du S3-stème ponderai d'argent, et ainsi s'établirent (i) Hultsch: Oeuvre citée, p. 374. 400 ETIENNE KOVÀCS les multiples de l'unite, et de ceux-ci, par la division en deux, les unités intermédiaires. L'unite d'argent de 2.275 S^- ^^t représentée par les pièces d'argent à la marque de valeur 5 (6, 7) d'un poids moyen de 11.37 gr. (11.37:5 = 2.274). Si nous adoptons aussi le nom de litra pour designer l'unite des métaux pré- ci'eux, l'on peut dire que ces pièces de 5 litras avaient la valeur de 5 lourdes litras italiques de cuivre (à 273 gr.). Des monnaies de bronze aussi lourdes que 273 gr. ne sont point parvenues jusqu'à nous. En disant livre de cuivre nous en- tendons donc du cuivre cru dont le poids fut établi par le pesage à chaque transaction commerciale. De tels lingots de cuivre cru sont souvent découverts sur le terrain de l'Etrurie comme par exemple dans la célèbre trouvaille de Vulci (i). Dans la serie lourde des monnaies d'argent se trouvent aussi deux pièces pourvues de marques de valeur, type amphore (21). Celle qui est plus lourde a dix fois le poids de l'unite monétaire d'argent déduite plus haut de la livre de cuivre (22.74 g^-)> niais elle porte la marque de valeur 20. La plus légère pése la moitié de la première et porte la marque de valeur io. L'unite d'argent qu'elles représentent est donc exactement la moitié de l'unite d'argent traitée plus haut (22.74 :2o = 11.37 : io == 1.137), l'une est donc à l'autre comme i : 2. Pour se rendre compte des liens qui rattachent l'une à l'autre ces unités différentes, il faut établir par leur style artistique l'àge des pièces qui les représentent. A. Sambon considère les pièces à amphore comme plus anciennes que les monnaies lourdes à téte virile barbue (2). Dans ces dernières il voit l'influence macédonienne, ce qui le fait fixer leur epoque au IV^ siede av. J. C, tandis qu'il met les types à l'amphore au V*^ siècle. Klugmann et Deecke au contraire voient dans les premières les plus anciennes monnaies frappées de l'Etrurie. En effet, regardant les illu- strations de Garrucci (3) p. ex., nous y trouvons beaucoup (1) Mommsen-Blacas : Histoire de la montiate romaiiie. Paris, 1860, voi. I, p. 175. (2) Sambon : Oeuvre citée, p. 20, 34 et 65. (3) Garrucci: Oeuvre citée, LXXII, 20, 21. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE L ÉTRURIE 40I plus de dureté et plus de traits archaiques que dans les dessins donnés par Sambon. Pour justifier son opinion, ce dernier fait remarquer que l'étalon persan selon lequel ces pièces furent frappées, fut d'abord introduit en Macédoine vers la fin du V^ siècle et que de là il passa en Etrurie. Nous avons vu qu'il n'^- a aucune raison pour que nous re- gardions comrae venu de l'étranger l'étalon d'argent qui de- rive très naturellement de l'ancienne litra de cuivrè italique. Puis, ces monnaies furent trouvées dans le nord de l'Etrurie, dans la contrée du Po (Bononia ?). Cependant il est connu que les peuples barbares qui, passant sur les Alpes, se ré- pandirent dans la plaine du Po, avaient vers la fin du V*' e. à. d. au commencement du IV^ siècle, repoussé les Etruriens de ces terrains et les avaient forcés à se diriger vers le sud. Ces monnaies doivent donc dater d'une epoque précédente et mème, si nous ne donnons raison à Klugmann et à Deecke, il faut les ranger parmi les monnaies les plus antiques. Mais d'un autre coté, l'epoque des monnaies légères au t3'pe amphore-calraar ne peut ètre mise plus tard qu'à la deuxième moitié du Y" siècle av^ J. C. La question est ré- solue par une troisième sèrie. Parmi les pièces d'argent du S3'stème bab3lonien-étrusque il 3- en a quelquesunes sans raarque de valeur (8-16). Parmi elles se trouve aussi le t3'pe à la Gorgone ailée au long péplon et courant à droite. Ce sont les plus anciennes pièces du S3'stème que Martha à cause de leur stile archaìque regarde comme les premières monnaies étrusques, du commencement du V^ siècle av. J. C. (0. Les pièces à l'amphore, mais sùrement aussi celles à la lète virile, sont beaucoup plus jeunes. Cependant, les monnaies à la Gorgone sans marque de valeur ont le mème poids que les pièces à la téte virile pourvues d'une marque de valeur et n'en diffèrent non plus beaucoup chronologi- quement. L'on peut donc affirmer avec toute sùreté qu'elles représentent la mème unite monétaire (2.274 S^-) O" bien, que les pièces à la Gorgone valent de mème 5 litras d'ar- gent. Les pièces sans marque de valeur sont les plus an- ciennes du S3'stème, à elles se rattachent immédiateraent les (4) Y. Martha : L'ari étrtisque. Paris, 1889 p. 609. 402 ETIENNE KOVÀCS monnaies à la téte virile, au méme poids mais déjà pourvues d'une marque de valeur. A la première émission de leurs monnaies les Etruriens ne songèrent pas à y mettre une marque de valeur; ils n'adoptèrent cet usage que plus tard; peut-ètre qu'à la deuxième émission apparut pour la première fois la marque de valeur 5 sur les pièces à téte virile. Il est encore plus probable que les pièces à marque de valeur et celles sans marque de valeur aient été en usage dans des terrains différents ou dans des villes différentes. Cela est indiqué par la diversité des types et des endroits de trou- vaille. Les pièces à la téte virile se trouvent, comme nous venons de le dire, au nord, dans la contrée du Po, tandis que le type Gorgone, suivant l'inscription du revers, est une monnaie de la ville de Phésulae. De Phésulae ou de ses villes alliées sont de méme les monnaies aux types sphinx et hippocampe, aussi sans marque de valeur; mais vu le peu de matière connue, ces pièces ne peuvent encore étre clas sifiées. Les monnaies représentant l'unite lourde d'argent (2.274 g.) datent donc du commencement du V*" siècle av. J. C. Les pièces au t3^pe amphore-calmar au contraire, qui appartiennent à la petite unite d'argent, sont plus jeunes et indiquent un art plus développé. Sambon aussi met l'epoque de leur frappe à la deuxième moitié du V'' siècle av. J. C. (0. Chronologiquement il faut donc les piacer au- dessous des séries lourdes et leur unite (1.137 gr.) est à considérer comme l'unite monétaire obtenue de la grande unite de l'epoque précédente par la division en deux. Dans le monnayage de l'Etrurie se trouvent plus d'une fois de telles réductions, ce qui prouve aussi que notre supposition est juste. A présent il ne nous reste qu'à constater que Garrucci range les pièces du type amphore-calmar à poids réduit parmi les monnaies de Pise — sur les données de Pline et de Caio, que les Grecs nommaient Pise : Teutani, Tautae, etc. Le calmar symbolisait ainsi le nom de la ville; en effet, c'est aux environs de Pise que ces monnaies furent trouvées. (i) Oeuvre citée, p. 44. LE SYSTEME MONETAIRE DE L ETRURlE 403 Le système monétaire babylonien-étrusque, dans la forme dont nous avons parie, était donc propre au nord de l'Etrurie, à la région entre l'Arnus (Arno) et le Padus (Po). Par con- séquent la litra de cuivre de 273 gr. était aussi la plus en usage dans le nord de l'Etrurie. Cette circonstance servirà peut-ètre d'appui à la supposition que l'unite ponderale de 273 gr. était venue d'Asie, par l'intermédiaire de la pénin- sule du Balkan, dans le nord de l'Italie et que de là sur les pentes est et ouest des Appénnins, par l'Etrurie, l'Umbrie et Picenum, elle s'est répandue au centre et au sud de l'Italie. Ce que nous venons de dire se résumé brièveraent en ce qui suit: Depuis les temps originaires on se servait en Étrurie, pour peser le cuivre et l'argent, de l'ancienne livre italique de 263 gr., la litra de cuivre italique, la livre osque. La livre de cuivre se divisait suivant le système duodécimal, tandis que la livre d'argent, sur le raodèle d'Égypte, se di- visait en dix parties, mais un dixième — encore par ana- logie avec l'Egypte — se divisait suivant le système decimai. A l'origine du monnaydge, au commencement du V" siècle av. J. C, Viso d^ 1^ livre d'argent (2.274 S^-) f^^ établi comme unite monétaire et ainsi par le rapport de valeur déjà exi- stant entre l'argent et le cuivre (i : 120) l'unite monétaire d'argent, la litra d'argent, entre en rapport direct avec la litra de cuivre, puisque la litra d'argent est devenue equi- valente à la litra de cuivre. Plus tard, la litra d'argent fut réduite à la moitié, a3'ant alors la mème valeur qu'une demi litra de cuivre. Le poids du cuivre fut toujours établi à l'aide de la balance. Vu que la litra italique de 273 gr. n'est autre que la moitié de l'originale mine d'argent babylonienne (546 gr,), nous pouvons de droit nommer le système monétaire étru- sque qui en derive : système monéiaire babylonten-èirttsque. Il est représenté par les pièces d'argent d'à peu près 22 et II gr. du V^ et du IV'^ siècle av. J. C. (Continua) Etienne Kovàcs. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI Warvvick Wroth. Catalogne of the Coins of the Vandals, Ostrogoths and Lombards and of the empires of Thes- salonica, Nicaea, und Trebtzond in the British Musenm. L' illustre Autore del Catalogo delle monete imperiali bizantine (1908) ci offre ora con questo volume un seguito a quel suo lavoro con un nuovo Catalogo delle splendide collezioni del Museo Britannico, nel quale sono illustrate le monete dei barbari che si incastrano fra quelle dell'impero romano e quelle degli ultimi piccoli imperi, con i quali tra- monta e lentamente si spegne la gloria romana, nel lungo e travagliato periodo dal quinto al decimoquinto secolo. Alla descrizione delle monete precede una dotta mono- grafia storica, nella quale sono sviscerati molti dei problemi relativi ad un'epoca oscura, finora poco studiata e, durante alcuni periodi della quale, l'attribuzione di buona parte delle monete non può essere che approssimativa e molte volte dubbia. Le monete dei Vandali e degli Ostrogoti portano effigie, leggende o almeno monogrammi sull'argento e sul bronzo ; sull'oro invece né effigie, né leggenda (perché non avrebbe avuto corso senza l'immagine e il nome dell'impe- ratore) e assai raramente un monogramma, o almeno un'in- dicazione di zecca. Si vede quindi come il giudizio sulla mag- gior parte delle monete d'oro, sulla emissione cioè diretta del- l'imperatore oppure dei principi barbari dominanti in Italia, non possa dipendere che dall'interpretazione dello stile, inter- pretazione sempre personale e assai difficile in quest'epoca. 406 BIBLIOGRAFIA Ho citato questo caso di incertezza, ma ve ne sono in queste serie anche molti altri, che misero a dura prova l'in- gegno critico dell'Autore del Catalogo, il quale è certo che col suo eccellente lavoro ha fatto progredire d'assai gli studii numismatici di quest'epoca, dal punto in cui li avevano lasciati le opere del Sulcy e del Sabatier. Le serie del Museo Britannico sono tanto copiose, che, come altre volte abbiamo osservato, quei cataloghi formano quasi un vero " Corpus „, tanto più che l'A. ha la buona abitudine di aggiungervi (senza numerazione) anche alcuni pezzi mancanti al Museo Britannico, quando possono ser- vire a riempire qualche importante lacuna. E così che anche nel presente volume vengono citate le collezioni di Berlino, di Parigi, di Copenaghen, e anche quella dello scrivente, pel 'quale non posso neppure aggiungere in questo caso quel modestamente che si usa di prammatica, perchè sa- rebbe troppo in contrasto col posto d'onore che venne ac- cordato nel frontispizio al " Medaglione di Teoderico „, onore del quale sento il dovere di ringraziare l'illustre e gentile Autore. Alla descrizione delle monete fanno seguito quattro in- dici, il primo dei re, degli imperatori e dei principi, il se- condo geografico delle zecche, ecc., il terzo generale dei tipi, monogrammi, ecc., il quarto delle iscrizioni più importanti. Segue la lista cronologica dei principi delle diverse di- nastie di cui si descrivono le monete, e chiudono il volume 42 nitide tavole dal vero. F. Gnecchi. VARIETÀ Le Médaillon attaché à une Enseigne Romaine. — Je viens de lire l'article très intéressant de monsieur R. Mo- wat dans le dernier fascicule de la Rivista di Numismatica, " Contributions à la théorie des médaillons de bronze Ro- mains „. Dans cet article, Tauteur parie, entre autres choses, de l'enseigne militaire dans la possession de monsieur E. J. Seltman. J'ai eu le pnvilège, pendant bien des années, d'étu- dier de près cet objet intéressant, et j'aimerais, aussi briè- vement que possible répondre à la critique de M. Mowat. A une occasion prochaine, j'espère publier dans la Rivista di Numismatica un article au sujet de cette antiquité importante. Monsieur Mowat suggère que le médaillon ne fait pas partie de l'enseigne, et que le quadrige sur l'avers appar- tient à une epoque postérieure. Mais le travail est du plus beau style romain, et n'a aucune ressemblance au mauvais style du temps des contorniates. La patine est exactement la méme que celle des autres parties de l'enseigne. L'auteur dit que la legende est effacée; elle est au contraire lisible, et se lit : NERO • CLAVDIVS • CAESAR • AVG- • IMP • TR • POT • P • P • On a découvert (dans le méme lot de la vente d'où vient l'enseigne) un anneau de bronze d'un diamètre un peu moin- dre que celui du médaillon, et sur lequel sont fixées trois petites bagues. Il y a sur le revers du médaillon trois pe- tites marques, qui correspondent par leur position exacte- ment à ces dernières. Le poids de l'anneau est le méme que celui du médaillon. L'anneau était donc soudé au médaillon et l'on passait un cuir par les petites bagues, qu'on atta- chait ainsi à l'enseigne. C'était un arrangement ingénieux pour lenir solide et droit le médaillon pendant que l'enseigne 408 VARIETÀ se trouvait en motion — un arrangement qui s'appliquerait seulement au raédaillon d'une enseigne. Monsieur Mowat dit qu'il n'y a pas dans la numisma- tique de Néron un revers représentant un vainqueur dans un quadrige. Certainement non — et c'est précisément pour cela que le graveur a choisi une médaille un peu usée (pour effacer plus facilement le revers) et y a grave un type nouveau qui se rapporte tout spécialement au triomphe mi- litaire. L'auteur de l'article suggère dans un postscriptum que la fa^on de détacher le médaillon à la fin d'un règne est trop utilitaire, et serait considerée parmi les Romains comme lèse- majesté. Mais considérant la courte durée de quelques règnes il fallait avoir une méthode simple et facile. Il faut supposer que V Imago qu'on regardait, comme tous les signa, avec une vénération réligieuse, portait la téte ou une petite statue d'or ou d'argent de l'empereur régnant. Si on avait ajouté pour chaque empereur un nouveau médaillon, sans détacher celui du dernier, on aurait eu à la fin sur chaque enseigne une agglomération enorme — en effet une agglomération de plus de cinquante médailles, comptant seulement jusqu'à la division de l'empire — ce qui est une supposition im- possible. J'ai déjà dit que le dessin de l'avers est d'un très beau style. Les incrustations sur les contorniates de la basse epo- que sont seulement en argent, et on trouve ainsi seulement de petites accessoires, comme des feuilles de palmiers, etc. On n'y connaìt pas les incrustations en or. Les tètes et les jambes des chevaux sont dessinées avec une grande déli- catesse. Le graveur a joliment indiqué la terre en cinq lignes gravées de longueur variée. Le médaillon qui est le Seul exemplaire dans un cadre d'avant le temps d'Adrien, est ainsi la plus ancienne pièce de ce genre. En concluant, je me permettrai quelques autres obser- vations par rapport de l'article de monsieur Mowat. Quant aux médaillons encerclés, il me paraìt que les cercles qui entourent les monnaies sont d'un autre metal que les disques centraux. En tout cas, dans une vente recente à Londres se trouvait une pièce (collection Butler) dont le centre était VARIETÀ 409 rougeàtre, tandis que l'entourage était d'une couleur jaune, L'explication disant qu'on entoura ces raédaillons d'un cercle pour les rendre plus fort me semble peu probable. Les grands bronzes par le fait raéme de leur épaisseur seraient plus capables de resister à la force du marteau. J'ai examiné les nombreux médaillons de bronze figurant sur les planches du * Catalogue of Roman Medaliions „ du Musée brilannique, et je n'3' ai trouvé que trois pièces (PI. XLV, 12 et P!. L, 2) qui ont des fissures ; deux de ces pièces sont des médail- lons encerclés. Ce fait ne semble pas supporter la théorie de l'auteur de l'article dans la Rivista di Numismatica. Ne serait-il pas possible que ces curieuses pièces s't-xpli- cassent simplement au point de vue décoratif? D'après le catalogue de Londres, la plupart ont un cercle en metal jaune. Quand ces pièces étaient neuves, ce cercle couleur d'or produisait, sans doute, un frappant effet. Coventry O. Seltm.an La più grande medaglia coniata è quella che lo Sta- bilimento Johnson di Milano apprestò come suo speciale con- tributo alle feste Cinquantennarie del Risorgimento Italiano. Essa misura un diametro di 120 millimetri, diametro che non è raggiunto da nessun'altra medaglia coniata. Il famoso conio del Pistrucci misura è vero un diametro superiore; ma, ese- guito il conio, non si ebbe il coraggio di metterlo in azione, pel timore di spezzarlo e noi non lo conosciamo che per le riproduzioni in galvanoplastica. Il medaglione del Johnson segna quindi, per dirla con termine moderno, il record della dimensione delle medaglie coniate. Al diritto sono rappresentate le due effigi di Vittorio Emanuele 11 e di Vittorio Emanuele III, colla seguente leggenda : IL REGNO d' ITALIA SOGNO DI MARTIRI PER VOLERE DI POPOLO E PER LEALTÀ DI RE IN TORINO PROCLAMATO CON ROMA CAPITALE NELLE FESTE DI PROGRESSO DI PACE IL PRIMO CINQVANTENARIO CELEBRA 4IO VARIETÀ Occupa il centro del rovescio l'Aquila Sabauda circon- data da una allegoria del risorgimento composta di moltis- sime figure e illustrata dai versi danteschi : SECOL SI RINNOVA TORNA GIUSTIZIA E PRIMO TEMPO UMANO E PROGENIE DISCENDE DAL CIEL NUOVA. La medaglia è modellata da G. Castiglioni e incisa dal Cappuccio. La Direzione. VARIETÀ 4 I I Vendita Iklé-Steinlin. — Nei giorni 23 e 24 dello scorso mese di maggio ebbe luogo a Francoforte s/M., sotto la direzione del signor Leo Hamburger la vendita della splen- dida Collezione di monete svizzere del signor Ad. Iklé- Steinlin. I pezzi migliori di questa raccolta, com'era naturale, andarono ad arricchire i tre gabinetti numismatici più impor- tanti della Svizzera, II Museo Nazionale, ha acquistato, oltre un certo numero di monete di minor conto : due ducati della città di Coirà del 1636 e 1637, per 825 e 950 marchi; un pezzo di sette ducati di Tomaso I d'Ehrenfels di Haldenstein, per 1500 m.; tre trienti di Losanna e di Sion, a 275, 255 e 285 m.; la prova in oro del tallero di Berna del 1501, a 2000 m.; la prova in oro del tallero di Lucerna del 1714 (dieci ducali), 1390 m.; i tre gulden d'oro dei cantoni primitivi, battuti in comune per il Ticino, a 2310 marchi per i tre cantoni riu- niti, 2428 m. per Uri e Unterwald, e 2500 m. per Schwytz; il pezzo, ritenuto unico, di un ducato e mezzo di Zug, del 1692, per 2000 m.; una pistola di Friburgo, del 1635, per 1225 m.; il pezzo di cinque ducati del Vescovo di Coirà Giovanni-Benedetto, del 1749. per 2000 m. ; un gulden d'oro del Vescovado di Sion (prova in oro di un kreuzer), dal 1640 al 1646, per 2300 m.; finalmente i due rarissimi pezzi di Neuchàtel, la doppia pistola di Enrico li di Longueville (1595-1663) per 2750 m., e quella di Maria d'Orléans-Nemours (1694-1707) per 2500 m. Il Museo Storico Bernese ha acquistato i seguenti pezzi di Berna: gulden d'oro del 1537, a 2905 marchi; il pezzo da dodici ducati del i68i, inedito, a 2305 m.; quello da otto ducati del 1797, a 955 m. ; quello da sei ducati del 1701, a 690 m. ; altro pure da sei ducati, senza data, a 440 m.; uno da quattro ducati, senza data, a 705 m.; un doppio ducato del 1698, a 325 m.; ed altri pezzi minori. Il Gabinetto numismatico di Ginevra acquistava : i qua- drupli scudi-pistole di Ginevra, del 1635 e 1647, a 1985 marchi ciascuno; il ducato del 1651 a 860 m., e due trienti di Agaune, di cui uno di Romanos, battuto a nome di Da- goberto I (coli. d'Amécourt) per 935 m. I tre primi pezzi 412 VARIETÀ sono Stati offerti al Gabinetto di Ginevra dal signor Filippo Moricand, membro della Società svizzera di numismatica, stabilito a Parigi. (Dalla Revue Suisse de Nuntismatique). Nuovi acquisti pel Medagliere di Brera. — Per l'in- teressamento e il contributo del Ministero della pubblica istruzione e del direttore generale per le antichità e belle arti, su proposta del prof. Serafino Ricci, direttore del me- dagliere nazionale di Brera in Milano, entrarono ad arricchire questo museo numismatico monete e medaglie rarissime e molto importanti per la storia e per l'arte. Nella serie antica, oltre l'acquisto di un medaglione in argento di Claudio e di Agrippina, si continuò quello di altre 131 monete greche non esistenti a Brera che con quelle pre- cedentemente acquistate arricchiscono di ben 230 nomi la topografia numismatica greca rappresentata dal nostro Museo Numismatico. Gli acquisti più rari furono nella serie medioevale e mo- derna. Oltre un bellissimo scudo d'oro di Bellinzona, la se- conda moneta in Italia di tal genere, coniata dai Cantoni di Uri e di Unterwalden, e uno scudo d'oro raro di Giulia da Varano e Guidobaldo, per Camerino, si potè ottenere pure per Brera un fiorino d'oro di Manfredo II del Carretto per Cortemiglia, d'imitazione fiorentina e uno zecchino d'oro di Maccagno, d'imitazione olandese. All'asta Ciani gli acquisti pili fortunati furono un quattrino unico di Jacopo dal Pozzo per Cisterna, uno scudo e un tallero di tipo olandese di Camillo per Correggio; all'asta Gavazzi un cavallotto, per Bellinzona, una moneta da due scudi e mezzo di Vittorio Amedeo III per Cagliari ; un denaro di Cabrino Fondulo per Castelleone, l'esemplare meglio conservato dei tre o quattro che si conoscono, un semprevivo, unico nel suo ge- nere, mancante a Brera, di Massimiliano Maria Sforza per Milano. Inoltre sono pregevoli incrementi alle serie braidensi il grosso di Galeazzo Maria Sforza e lo zecchino di Gian Galeazzo Maria Sforza per Genova, il ducato di Gian Ga- leazzo Lodovico Maria Sforza per Milano ; varii denari VARIETÀ 4T3 longobardi coniati a Pavia e il grosso di Filippo Maria Vi- sconti pure di Pavia, il ducato di Carlo I per Savoia e il grosso molto raro del Comune medioevale di Vercelli. Fra le medaglie all'asta Ratti, sopratutto, si potè ag- giungere al medaglione famoso di Porta Marengo (Milano), acquistato coi fondi della Cassa di Risparmio, la medaglia di fondazione della Repubblica Cisalpina, quella unica in ferro tratta dalla fonderia di Mongiana (Monteleone Calabro), quella di riconoscimento per la polizia a Milano, quella unica finora conosciuta dall'Amministrazione generale della polizia nella Lombardia durante la Repubblica Cisalpina, oltre altre me- daglie di premio e commemoranti varie visite regali alle zecche e parecchie ricevute in dono. Un esempio da imitare. — Togliamo dalla Revue Sutsse de Numismaiiqite la notizia che la direzione della zecca federale svizzera, accogliendo la richiesta di alcuni numismatici, ha deciso di mettere da parte ogni anno un certo numero di esemplari di tutte le specie di monete che va coniando, tenendole a disposizione di quei raccoglitori che desiderassero acquistarle per le loro collezioni. La sola condizione posta dalla direzione della zecca è questa, che ogni richiedente non possa avere più di due serie di dette monete. Questa disposizione riuscirà certo opportunissima agli amatori svizzeri, che desiderano possedere la serie com- pleta delle loro monete nazionali moderne, giacché spesso, anche trattandosi di monete correnti, non è facile potersi procurare degli esemplari affatto nuovi e a fior di conio. Facciamo voti che la nostra zecca italiana abbia ad imi- tare l'esempio di quella svizzera. Furto di monete. — In una notte della scorsa estate avvenne un grave furto con scasso al Museo dell' Ha vre. Sparirono numerose monete d'oro e d'argento, gioielli e pre- ziose miniature. L'importo del furio è valutato a parecchie migliaja di lire. Fu aperta una inchiesta. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Seduta del Consiglio 15 Settembre 1911. (Estratto dai Verbali). La Seduta è aperta alle ore 14 nella Sede Sociale al Castello Sforzesco. I. — Il Vice-Presidente comm. Francesco Gnecchi legge la Relazione sull'andamento della Società durante il 1910, da presentarsi all'Assemblea Generale dei Soci. È approvata ; II. — Il Segretario, sig. Angelo Maria Cornelio, dà lettura del Bilancio Consuntivo 1910 della Società, che è pure approvato ; III. — Il Consiglio dà voto favorevole circa la com- posizione del III fascicolo della Rivista 191 1 ; IV. — Il Segretario presenta la nota dei doni perve- nuti alla Società durante l'ultimo semestre. Essi sono i seguenti: S. M. Vittorio Emanuele III. // primo volume del stw : Corpus Nummorum Italicoruiii. Cagiati Memmo. / primi due fascicoli della sua pubblicazione : Le monete del reame delle due Sicilie da Carlo I d'Angiò a Vit- torio Emanuele II, coi due Supplementi. Castellani rag. Qiuseppe. La sua pubblicazione : Gli editti monetari di Ferdinando IV Re delle Due Sicilie a Roma (1799-1800) (Estratto). 4l6 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Cesano Lorenzina. La sua pubblicazione : Corpus Nummorum Italicorum (Estratto). Cunietti-Cunietti barone Alberto. Le sue pubblicazioni : Una. contraffazione del chiavarino bolognese di Agostino Tizzoni conte di Desana (Estratto). Alcune varianti di zecche italiane (Estratto). Demole dott. Eugène. Le sue pubblicazioni : Médailles genevoises décernées au " Secours Suisse „ du XVII au XIX siede (Estratto). Dissertation inèdite sur une monnaie d'Auguste écrite vers 1730 par M. J. S. Bally de Montcarra (Estratto), Lederer Ph. La sua pubblicazione : Ein syrakusisches Tetradrachmon (Estratto). Lenzi Furio. La sua pubblicazione : Corpus Nummorum Italicorum. — Il primo volume (Estratto). Macdonai George. La sua pubblicazione : The originai significance of the inscription 011 ancient coins (Estr.). Monti Pompeo. Coaversion des mesures, monnaies et poids des tous les pays étrangcrs en mesures, monnaies et poids de la France. Paris, 1867. Museo Britannico. Catalogues of the Coins of the Vandals, Ostrogoths and Lombards and of the empires of Thessalonica , Nicaea and Trebizond in the British Museuni, by Warwick Wroth. London, 1911. Padiglione comm. Carlo. Delia Ghinea e del modo come veniva offerta ai romani pontefici. A^a- poli, 191 1, ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 4I7 Pansa avv. Qiovannl. La sua pubblicasioue : Le monete sannitiche di Metaponto (Estratto). Papadopoli conte Nicolò. La sua pubblicazione : I primi zecchini dei Gran Maestri dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (Estratto). Ricci dott. Serafino. Le sue pubblicazioni : II Corpus Nummorum Italicorum e la sua importanza per la storia d' Italia (Estratto dagli Atti della Società per il Progresso delle Scienze, IV Riunione). Napoli, ottobre 1910. Pubblicazione del discorso di classe del prof. Ricci al Congresso. Roma, tipografia nazionale di G. Bertero e C, 191 1. Corpus Nummorum Italicorum di S. M. il Re Vittorio Emanuele III (Estratto dalla Nuova Antologia, 16 luglio 191 1). Roma, 1911. Rizzoli dott. Luigi, junior. La sua pubblicazione : Un altro contributo alla numismatica padovana (Estratto). Alle ore 14 Va, esaurito l'Ordine del Giorno, la Seduta è levata. 53 4l8 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Assemblea Generale dei Soci 15 Settembre 191 i. {Estratto dai Verbali). I soci sono convocati per le ore 1472 nella Sala So- ciale al Castello Sforzesco, e alle 15, essendo presenti i due vice-presidenti, due consiglieri e parecchi soci, viene aperta la seduta. II vice-presidente comm. Francesco Gnecchi legge la seguente relazione : Commemorazione. Prima di fare ai nostri colleghi il solito breve rendi- conto sull'andamento della Società nel decorso anno, devo ricordare col più sincero rimpianto il lutto toccato al nostro Consiglio e alla Società nostra colla morte del carissimo amico e collega, il marchese Carlo Ermes Visconti, avve- nuta il 30 dello scorso maggio. Egli fu uno dei più costanti e fedeli nostri cooperatori negli intenti di dare incremento agli studi e di far risorgere in Italia l'amore per la numismatica. Fin dal 1888, quando nasceva la Rivista Italiana di Numismatica, egli fece parte del suo Consiglio di Redazione, sostenendo sempre il lavoro dei colleghi co' suoi saggi consigli e co' suoi preziosi sug- gerimenti. Costituitasi poi nel 1892 la Società Italiana di Numismatica, egli fu tra i primi consiglieri della istituzione e tenne sempre fino all'ultimo quella carica con amore. Né solo la nostra Società ha obblighi di gratitudine verso il marchese Carlo Ermes Visconti : la città di Milano deve a Lui in modo particolare la fondazione e l'incremento del suo Museo. Fu Lui infatti che riordinò tutta la suppel- lettile antica ed artistica che Milano possedeva, e che rac- colta dapprima per le sue cure nel vecchio salone dei Giar- dini Pubblici, fu poi nel 1879 trasportata e riordinata nel Castello Sforzesco. Colà Egli attese a classificare tutte le collezioni numismatiche lasciate in varie epoche al Comune e da anni rinchiuse in casse nel massimo disordine, e prov- ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 419 vide poi, durante il lungo, paziente e intelligente lavoro, ad opportuni completamenti con acquisti e anche con doni propri. Molto ancora si potrebbe dire del rimpianto collega al- l' infuori del nostro campo, specialmente circa le importanti cariche cittadine e provinciali ch'Egli sostenne per molti anni con coscienza ed intelligenza, col massimo zelo, sempre modesto, sempre schivo di onori, pago solo della soddisfa- zione di riuscire utile al suo paese; ma de' suoi meriti parla e parlerà con efficacia la memoria di tutti coloro che ebbero la ventura di avvicinarlo ; noi esprimiamo qui un pensiero di simpatia e di affettuosa riconoscenza all'ottimo cittadino, al carissimo amico e collega. Soci e Collezioni Sociali. Alla fine dell'anno 1910 la nostra Società contava 16 Soci Benemeriti, 54 Effettivi, 72 Corrispondenti e gli Asso- ciati alla Rivista sommavano a 137. Notiamo con piacere un piccolo aumento in quest'ultima categoria, aumento che ci auguriamo di veder gradatamente continuare e farsi più sensibile, constandoci che ancora buon numero di studiosi e di amatori di numismatica non vedono che indirettamente il nostro Periodico. La Biblioteca Sociale contiene oggi : Volumi N. 702 Opuscoli ,,1482 Il Medagliere, da qualche tempo stazionario, contiene: Oro . . . N. Argento Bronzo Vetro . Monete Medagtte \ ^'^""'^ f Bronzo Piombi 14 123 1 9649 448 26 481 161 Totale pezzi N. 12,010 La nostra Società, dovendo sobbarcarsi alla grave spesa della stampa della Rivista, la quale costituisce già da sé sola 420 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA una rilevante passività per il nostro bilancio, non può finora, come sarebbe stato suo desiderio, dedicare alcuna somma benché minima ad acquisti di monete o di libri, e deve per ora accontentarsi di ciò che le perviene in dono dalla gene- rosità dei Soci e degli amici. La " Rivista „. Possiamo affermare che il nostro Periodico abbia man- tenuto anche nel 1910 le sue promesse, offrendo a fin d'anno un volume di 582 pagine con 9 tavole e numerosi disegni nel testo. La numismatica classica e quella medioevale e moderna, la bibliografia e la cronaca varia furono equamente distribuite nei quattro fascicoli, tanto da soddisfare in giusta proporzione i vari gusti e le varie tendenze dei nostri let- tori. Tuttavia il vostro Consiglio di Redazione sarà sempre grato a quelli tra i nostri soci e abbonati che vorranno esprimergli qualche loro desiderio e aiutarlo con appoggi, con consigli, con suggerimenti, nell'intento di rendere questa nostra pubblicazione sempre migliore, sempre più rispon- dente alle finalità e agli scopi per i quali venne fondata. Opere Numismatiche. L'attività numismatica italiana non si limitò però alla nostra Rivista e ai due altri periodici che ormai vivono pure di una vita regolare. Delle diverse opere che vi abbiamo accennate come in gestazione lo scorso anno, alcune vennero in luce, altre stanno per uscire. Il primo volume del Corpus Nmnmoruni Italicorum aperse gloriosamente la serie e a quest'ora è conosciuto in tutto il mondo. Il secondo volume è pronto e uscirà probabilmente nell'anno corrente. Non ci fermeremo qui a discorrere partitamente del colossale lavoro, perchè tutti coloro che si dedicano alla numismatica o conoscono il lavoro stesso o ne hanno letto le abbondanti recensioni apparse in tutti i periodici numismatici ed anche in- alcuni non numismatici. Il primo volume del Serafini, altro lavoro di mole e di ATTI DELLA S<3CIETA NC.MISMATICA ITALL\NA 42I importanza sulle Monete e le Bolle pontificie del Medagliere Vaticano è pure apparso e incontrò le maggiori simpatie della critica numismatica. Il terzo lavoro sui Medaglioni Romani doveva apparire nel primo semestre dell'anno corrente — tale almeno era l'intenzione e il desiderio dell'autore — ; ma diverse circo- stanze, non difficili a verificarsi in tali pubblicazioni, ne hanno ritardata la stampa di qualche mese. Sarà però pronto prima che termini l'anno del Cinquantennario italiano. Come opere minori pubblicate in Italia durante l' an- nata, citeremo : Le Monete del Reame delle Due Sicilie di Memmo Ca- giati, di cui uscirono i primi due fascicoli, riferentisi agli Angioini e Durazzeschi e agli Aragonesi, e presto uscirà il terzo sulla Dominazione Spagnuola. Roma ne' suoi monumenti àoWo Stettiner, il quale assegnò in questa sua Guida Storica di Roma un bel posto alla nu- mismatica. Collezioni Pubbliche. La laboriosa questione del trasporto del R. Gabinetto Numismatico di Brera al Castello Sforzesco non fece alcun passo neppure nell'annata 1910-11 e resta quindi al punto in cui l'abbiamo lasciata, allo stato cioè di semplice progetto. Se ne parliamo è unicamente per esprimere ancora una volta il desiderio che la cosa possa essere ripresa e avere lieto fine, tanto opportuna ci sembrerebbe l'innovazione. Abbiamo troppi musei in Italia e questo è il motivo per cui non possiamo averne uno copioso e con una direzione quale sarebbe desiderabile. Noi guardiamo con occhio invi- dioso ai grandi Musei di Londra, di Vienna, di Parigi e di Berlino ; eppure, se riunissimo in uno solo il materiale che abbiamo disperso in un numero eccessivo di collezioni pub- bliche, fra grandi, piccoli e piccolissime, l'insieme che ne ri- sulterebbe non avrebbe nulla da invidiare a quei colossi. Pur troppo quest'ideale è, almeno per ora, troppo difficile a raggiungere e noi non lo vedremo certamente realizzato ; ma, la riunione delle collezioni esistenti in una medesima 422 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA città non è punto impossibile, e costituirebbe un primo passo, un principio di più grandi fusioni e perciò la propugniamo perchè ne vediamo grandi vantaggi ben superiori ai piccoli eventuali inconvenienti Contrariamente a questa nostra teoria abbiamo visto poco tempo fa la proposta della costituzione di un nuovo museo numismatico a Roma nel Castello S. Angelo, sotto lo specioso pretesto che in una così splendida riunione di antichità romane, le monete dovrebbero avere il loro posto. E difatti il posto sarebbe perfettamente adatto per un museo numismatico, se questo a Roma mancasse; ma a Roma esi- stono già tre musei numismatici pubblici, quello del Vati- cano, quello del Capitolino e quello recentemente iniziato del Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano. Se fosse possibile la riunione dei tre, la caldeggeremmo ben vo- lontieri ; e dei tre proprietari, due almeno, governo e mu- nicipio pare a noi che non dovrebbero trovare eccessive difficoltà ad accordarsi. Ma l'esempio di Milano insegna che anche fra questi due enti l'accordo non è facile quanto può sembrare. Ad ogni modo non potremo ritenere che assai inopportuna la costituzione di una nuova serie romana in una città, in cui già tre pubbliche esistono, una delle quali dello Stato, il quale farebbe assai male a formare un dupli- cato e a dividere in due le poche migliaia di lire che destina a tale oggetto. Come le università e come parecchie altre istituzioni, i musei hanno urgente bisogno d'essere ridotti e non aumentati. Bilancio. Venendo ora a trattare di quanto riguarda lo stato finan- ziario della nostra Società, eccovi il Bilancio Consuntivo del decorso anno 1910: Rimanenze attive del 1909. Quote da riscuotere da Soci ed Abbonati alla Rivista L. 60 — Fondo di cassa » 2248 40 L. 2308 40 ATTI DELLA SOCIETÀ NUmSMATICA ITALIANA 423 Da riportarsi L. 2308 40 Entrate dell'anno 1910. Quote di Soci e di Abbonati alla Rivista L. 3939 — Interessi sul fondo di cassa in conto corr. >» 63 40 L. 4002 40 Rimanenze passive. Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1911. . L. 80 — L. 6390 80 Rimanenze passive del 1909. Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1910. . L. 160 — Spese del 1910. Stampa della Rivista e accessori di spediz. L. 4639 — Fotoincisioni ed eliotipie » 632 — Spese di Segreteria » 100 — Spese per la collaborazione della Rivista » 300 — Spese postali » 48 — L. 5719 — Rimanenze attive al 1910. Quote da riscuotere da Soci e Abbonati . L. 200 — Fondo di Cassa » 311 80 L. 5x1 80 L. 6390 80 Dimostrazione. Attività in principio di esercizio . . . . L. 2308 40 Passività „ 160 — L. 2148 40 Attività in fine di esercizio L. 511 80 Passività n 80 — L. 431 80 Diminuzione di patrimonio L. 1716 60 Entrate dell'anno 1909 L. 4002 40 bpese „ 2-^19 — Disavanzo L. 1716 60 // Segretario Amministratore: Angelo Maria Cornelio. 424 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Il disavanzo, mercè qualche risparmio che si potè fare sulla spesa della Rivista, fu dunque di L. 1716.60, inferiore di L. 324.60 a quello dell'anno precedente. Intanto le Rima- nenze Attive sociali si sono ridotte, alla fine del 1910, a sole L. 511.80. Per raggiungere il sospirato pareggio, l'unico espediente, come indicammo nella relazione dello scorso anno, sarebbe stato quello di ridurre sensibilmente le pro- porzioni del nostro Periodico. E saremmo infatti stati co- stretti a ricorrere a questo duro provvedimento, se non fosse venuta in nostro aiuto la liberalità del nostro Augusto Pre- sidente Onorario, il quale, com'è noto, ha voluto dedicare alla nostra Società una parte del ricavo dell'importante opera sua, il Corpus nummorum italicorum. Così nel prossimo Bi- lancio, tali introiti cominceranno a figurare e ci permetteranno non solo di mantenere la nostra Rivista qual'è al presente, ma anche di poter dare maggiore incremento alla nostra collezione numismatica e alla biblioteca, colmando le più gravi lacune che ancora vi si deplorano e formando così un insieme che possa essere di giovamento a quelli tra i nostri Soci che volessero approfittarne per i loro studi. L'Assemblea approva la relazione della vice-presidenza e il Bilancio Consuntivo 1910. Si passa da ultimo alla nomina di tre membri del Con- siglio in sostituzione del comm. Francesco Gnecchi e del- l' ing. Emilio Motta, scaduti per anzianità, e del defunto mar- chese Carlo Ermes Visconti. Vengono rieletti i due Consiglieri uscenti, e al posto del rimpianto collega marchese Visconti viene eletto il Socio signor Lodovico Laffranchi. Per acclamazione viene riconfermato il Consiglio di Re- dazione della Rivista per il 1911, coll'aggiunta del Socio Lodovico Laffranchi. Alle ore 15 7? esaurito l'Ordine del Giorno, l'assemblea è sciolta. Finito di stampare il 20 ottobre 191 1. RoMANENGHi Angelo FRANCESCO, Gerente responsabile. FASCICOLO IV. DN CENTENARIO NDMISMATICO NELL'ANTICHITÀ Per apprezzare il fatto di grande importanza numismatica avvenuto circa diciannove secoli or sono, sul quale intendo convergere l'attenzione degli studiosi è necessario essere compresi della importanza com- memorativa che la moneta assumeva a quei tempi. La moneta era in quell'epoca il manifesto uffi- ciale che recava notizia di tutti gli avvenimenti, po- litici, economici e militari del momento, non solo, ma anche a molti anni da un avvenimento storico importante, era ancora la moneta che lo rievocava quotidianamente agli occhi del popolo, il quale si abituava perciò a considerare la memoria del fatto e la moneta come un corpo solo inscindibile. Questa premessa è necessaria per comprendere le ragioni evidenti che possono aver indotto l'im- peratore Vespasiano a celebrare il centenario della battaglia di Azio e della fondazione dell'impero me- diante la restituzione dei tipi monetali dell'epoca. E qui — per incidente — devo un chiarimento affinchè la parola restituzione non ingeneri confusione nella mente dei lettori. Per monete di restituzione si intendono comu- nemente quelle che portando le qualifiche REST e RESTITVT ripetono quasi esattamente i tipi del diritto e del rovescio di monete precedenti repubblicane ed im- periali. Su di esse che come tutti sanno, furono emesse in bronzo da Tito e Domiziano ed in argento da Traiano e M. Aurelio, torna inutile dilungarsi data la 428 LODOVICO LAFFRANCHI loro notorietà, invece — per quanto mi consta — nessuno ha indagato per stabilire se queste emissioni rappresentano una iniziativa, compiuta ex novo dagli imperatori suddetti, oppure se esse non sono che il completamento di altra iniziativa già attuata prece- dentemente ed esplicatasi colla restituzione non com- pleta ma Hmitata ai tipi del rovescio, accoppiati alle effigi ed alle leggende delle monete usuali. E questa eventuahtà, che si è precisamente avverata sotto i regni di Vespasiano e di Tito, come io potei rilevare, forma l'argomento della presente memoria. Quando nel 70 d. C. Vespasiano fu riconosciuto dal Senato e fece la sua entrata in Roma erano tra- scorsi cento anni da che, per la vittoria di Azio, Ot- taviano fondò il potere imperiale, ma questo potere era allora assai menomato nella opinione pubblica per il mal governo dei costui successori e le crisi violenti che erano costata la vita dei quattro ultimi antecessori di Vespasiano; cosicché il mondo ro- mano usciva allora da una guerra civile che aveva molta affinità con quella tra Ottaviano e M. Antonio e la cui cessazione accomunava Vespasiano ad Au- gusto, quale secondo restauratore dell'impero. Perciò l'accorgimento politico di Vespasiano doveva neces- sariamente approfittare del centenario di Azio onde rialzare il prestigio della podestà imperiale agitando avanti agli occhi del popolo il ricordo delle grandi benemerenze di Augusto (i). (i) Il Centenario di Azio venne commemorato anche dai tetra- drammi a leggenda greca coniati ad Antiochia ed a Cipro colla epigrafe gJOY N€OY l€POY {If^^'^'O della nuova era o del nuovo secolo). Quan- tunque questa dicitura si legga anche su monete di Galba, essa appar- tiene al regno di Vespasiano perchè tali monete sono commemorative. Non è neppure da escludersi totalmente che anche a Roma sotto Ve- spasiano siano state emesse delle monete commemorative coli' effige ii Galba. UN CENTENARIO NUMISMATICO NELL ANTICHITÀ 429 Come ho già premesso, questa rievocazione po- polare non poteva essere fatta efficacemente se non dalle monete, e siccome le monete di Augusto, an- cora in circolazione assieme alle repubblicane, erano ormai consunte ed avevano le raffigurazioni poco riconoscibili, venne deciso di ripetere in parte i loro tipi sulle monete in corso recanti le effigi dei re- gnanti Vespasiano, Tito e Domiziano. Questa restituzione non avvenne tutt'a un tratto, ma bensì gradatamente durante un periodo di dieci anni dal 71 al 80 d. C, e comprende oltre alle mo- nete di Augusto anche un denaro repubblicano colla Roma seduta ed il denaro e l'aureo di M. Antonio colla prora di nave. In quanto alle lievi varianti che si riscontrano sui tipi restituiti, in confronto cogli archetipi origi- nali, è da notarsi che simile rilievo deve farsi anche per le restituzioni propriamente dette; probabilmente gli zecchieri dell'epoca di Vespasiano e di Traiano non seppero interpretare con esattezza le raffigura- zioni delle monete che dovevano copiare, causa il loro cattivo stato di conservazione. EMISSIONE DEGLI ANNI 71-72. 1. F^ — NEP RED. Nettuno a sinistra con un piede sul globo tenendo Vacrostolium ed il tridente. Denaro ed aureo di Vespasiano. Coh. (i) n. 120-122. (Tav. Vili, n. i). 2. Denaro ed aureo di Tito. Coh. n. 46-48. Archetipo. Denaro di Augusto. Coh. n. 9. (Tav. Vili, n. 2). (i) Prima edizione. 43© LODOVICO L AFFRANCHI 3. 9^ — Vie AVG. Vittoria a destra, sopra un globo, tenendo la palma e la corona. Aureo di Vespasiano. Coh. n. 218 220. (Tav. Vili, n. 3). 4. Aureo di Tito. Coh. n. 123. Archetipi. Denari di Augusto. Coh. n. 15 (Tav. Vili, n. 4), 74, 75 e 14 {suppl.°) che come il precedente si rife riscono alla battaglia di Azio ; entrambi furono coniati dopo il 30 a. C, il n. 15 a Cirene ed i nn. 74, 75, 14 nell'Oriente Greco (Amfipoli, Efeso e Licia (i). EMISSIONE DELL'ANNO 73. 5. /B" — IMP CAESAR. L'imperatore tenendo lo scettro ed il lauro su una quadriga andando a d. (Tav. Vili, n. 5). ^ — VESP AVG. Vittoria su prua di nave a destra (2) te- nendo la palma e la corona. Denaro di Vespasiano. Coh. n. 211. (Tav. Vili, n. 7). Archetipo. Il denaro di Augusto di conio orientale. Coh. n, 17 nel quale però l'imperatore tiene soltanto il lauro (Tav. Vili, n. 6-8). Questo denaro venne eccezio- nalmente restituito nel diritto e nel rovescio. EMISSIONE DELL'ANNO 74. 6. p — COS V fra due lauri. Denaro di Vesp.° Coh. n. 50. (Tav. Vili, n. 9). (i) Il Grueber nel catalogo Roman Republic (voi. 2,°, pag. 8-12) ac- cettando la classificazione fatta molti anni or sono dal Salis, li attri- buisce alla zecca di Roma ; mi duole dover contraddire il Salis che può considerarsi il precursore della nuova scuola numismatica che studia gli stili e ricerca le zecche, ma lo stile ed i tipi di questo gruppo di monete negano assolutamente tale attribuzione. (2) I! medesimo tipo si trova sui medi bronzi colla leggenda : VICTORIA NAVALIS ed anche questi devono riferirsi alla battaglia di Azio, poiché gli storici, numerosissimi, dell'epoca non accennano ad alcuna guerra di Vespasiano sul mare. UN CENTENARIO NUMISMATICO NELL ANTICHITÀ 43I 7. 9 — COS III fra due lauri. Denaro di Tito. Coh. n. 14. Archetipi. Aurei e denari di Augusto. Coh. n. 62-64. (Tav. Vili, n. io). EMISSIONE DELL'ANNO 75. 8. 9* — IMP Xllli Toro cornupeta a destra. Aureo di Ve- spasiano. Coh. n. 97. 9. 9( - IMP Vili Come il n. 8. Aureo di Tito. Coh. n. 41. (Tav. Vili, n. 11). 10. 9 - COS VI Come il n. 8. Aureo di Vesp.° Coh. n. 54. (Tav. Vili, n. 13). 11. I^ — COS llll Come il n. 8. Aureo di Tito. Coh. n. 15. (Tav. Vili, n. 14). Archetipi. Aurei e denari di Augusto. Coh. n. 116 e 139 aventi le leggende IMP X e IMP XII. (Tav. Vili, n. 12-15). 12. I^ — COS llll Capricorno a destra tenendo il timone col globo : sul dorso il cornucopia. Aureo di Tito. Coh. n. 16. Museo di Vienna. (Tav. Vili, n. 19). Archetipo. Denaro di Augusto. Coh. n. 55. (Tav. Vili, n. 20). 13. 9 - PON MAX IR P COS VI Vittoria a sinistra, con corona e palma, su di una cista mistica fra due serpenti. Aureo di Vespasiano. Coh. n. 157-158. (Tav. Vili, n. 16). 14- Hi - PONTIF IR P COS llll Tipo simile. Aureo di Tito, (Tav. Vili, n. 17). Coh. n. 65. 432 LODOVICO LAFFRANCHI Archetipo. Quinario d'argento di Augusto. Coh. n, 50 colla leggenda ASIA RECEPTA. (Tav. Vili, n. 18). EMISSIONE DELL'ANNO 76. 15. 19 — COS VII Vacca andante a destra od a sinistra. De- naro ed aureo di Vespasiano. Coh. n. 57-58. (Tav. Vili, n. 21). 16. I^ — COS V Tipo simile. Denaro ed aureo di Tito. Coh. n. i8-2o. (Tav. Vili, n. 23). Archetipi. Denari ed aurei di Augusto. Coh. n. 59-60. (Tav. Vili, n. 22, 24). 17. I^ - PON MAX TR P COS VII Vittoria a sinistra, su prua di nave, tenendo la corona e la palma. De- naro di Vespasiano. Coh. 159. (Tav. Vili, n. 25). Archetipo. Quinario d'argento di Augusto. Coh. n. 53. (Tav. Vili, n. 26). 18. 1^ — COS IMI Cornucopia con spighe e frutto. Aureo di Domiziano. Coh. n, 22. (Tav. Vili, n. 27). Archetipo. Aureo di Ottaviano Triumviro. Coh. n. 352, coniato da L. Mussidtus Longus. (Tav. Vili, n. 28). 19. F() — COS VII Pegaso andante a destra con ali spiegate. Denaro di Vespasiano. Coh. n. 56. UN CENTENARIO NUMISMATICO NELL'ANTICHITÀ 433 20. I^ — COS V Tipo simile. Denaro di Tito. Coh. n. 22. 21. ^ — COS llil Tipo simile. Denaro di Domiziano. Coh. n. 23. (Tav. Vili. n. 29) Archetipo, Denaro di Augusto. Coh. n. 369, coniato da Petronius Turpiliattus. (Tav. Vili, n. 30). EMISSIONE DELL'ANNO 77. 22. I^ — COS vili Due buoi aggiogati andanti a sinistra. Denaro di Vespasiano. Coh. n. 71-72. (Tav. Vili, n. 31). 23. I^ — COS VI Tipo simile. Denaro di Tito. Coh. n. 29. Archetipo. Denaro di Augusto. Coh. n. 18 colla variante che in esso i buoi vanno a destra e sono guidati dal sacer- dote; però nella maggior parte dei casi la moneta è scorniciata in modo che il sacerdote non è vi- sibile: e questo spiega l'omissione fatta dallo zec- chiere dell'epoca di Vespasiano. (Tav. Vili, n. 32). 24. I^ — COS Vili Prua di nave a destra con sopra un'astro. Denaro di Vespasiano. Coh. n. 74. (Tav. Vili, n. 33). 25. ^ - COS VI Tipo simile. Denaro di Tito. Coh. n. 32. Archetipo. Aureo o denaro di M. Antonio Triumviro coniato da Cn Domitius Ahenobarbtis. Bab.° Antonia^ n. 55 56. (Tav. Vili, n. 34). 55 434 LODOVICO LAFFRANCHI 26. I^ — COS VI Roma seduta a destra su degli scudi col piede su di un elmo e tenendo un'asta, a destra e a sinistra due aquile volanti verso di lei ed ai piedi Romolo e Remo allattati dalla lupa. Aureo di Tito. Coh. n. 28. (Tav. Vili, n. 35). Archetipo. Il denaro repubblicano anonimo. Bab. n. 176. Di questo denaro esiste anche una restituzione di Traiano nella quale però le aquile sono sostituite da due prue di nave. (Tav. Vili, n. 36). 27. 9» "~ COS V Parto (i) in ginocchio a destra presentando un'insegna militare. Aureo di Domiziano Cesare. Coh. 26. (Tav. Vili, n. 37). Archetipi. I denari di Augusto coniati dai monetari Aquillius Florus. Coh. n. 297. M. Durmius. Coh. n. 330 e Peironius Turpilianus. Coh. n. 361-363. (Tav. Vili, n. 38). EMISSIONE DELL'ANNO 79. 28. 9* ~ TR POT X COS Villi Capricorno a sinistra con sotto un globo. Aurei e denari di Vespasiano. Coh. 204-206. (Tav. Vili, n. 46). Archetipo. Denaro di Augusto, Coh. n. 132 tranne che il capricorno è a destra e tiene il globo tra le zampe. (Tav. Vili, n. 47). (i) E non Sarmato come dice il Cohen. UN CENTENARIO NUMISMATICO NELL ANTICHITÀ 435 29. ^ — Leggenda idem : Colonna rostrata con sopra la statua di Augusto (?) radiato e seminudo tenendo lo scettro ed il parazonio (i). Aurei e denari di Vespasiano, Coh. 208-209. (Tav. Vili, n. 43). Archetipo. Denaro di Augusto. Coh. n, ni nel quale però manca la corona radiata sulla testa di Augusto (?); il che si potrebbe spiegare ammettendo che essa fu ag- giunta dopo la sua divinizzazione. (Tav. Vili, n. 45). 30. I^ - TR POT Vili COS VII Quadriga andante a sinistra ornata di encarpo da cui si vede spuntare il ful- mine di Giove (2). Aurei e denari di Tito. Coh. n. 115-117. (Tav. Vili, n. 41). Archetipi. Denari di Augusto coniati dai monetari Aquillius Florus. Coh. n. 296 e M. Durmiiis. Coh, 331, nei quali però la quadriga va a destra. (Tav. Vili, n. 42). 31. ^ — Leggenda simile. Venere (3> seminuda a destra ap- poggiata a colonna tenendo l'elmo e l'asta. Au- rei e denari di Tito. Coh. n. 118. (Tav, Vili, n. 39). (i) 11 prof. Milani nel suo importante studio Di alcuni ripostigli di mone/e romane, ha supposto che questa statua rappresenti il colosso di Nerone restaurato sotto Vespasiano, ma ora cadrebbe ogni motivo a tale supposizione. (2) Secondo la descrizione di Milani (vedi op. cit.): il Cohen invece dice quadriga con sopra un fiore. (3) Venere Coa di Prassitele, secondo Milani. 436 LODOVICO LAFFRANCHI Archetipi. Denari di Augusto. Coh. n. 72-73 colla variante dello scudo a terra dietro Venere. Questo archetipo ha servito anche per una restituzione di Traiano, in cui però, si trova unito alla effige di Giulio Cesare. (Tav. Vili, n. 40). EMISSIONI DEGLI ANNI 79-80. 32. ^ — se scritto entro scudo sormontato da due capri- corni, con sotto un globo. Denaro del Divo Ve- spasiano. Coh. n. 176 (i). Archetipo. Il G B del Divo Augusto coniato da Tiberio. Coh. n. 22 salvo lievi varianti. 33. :pi - TR P VMM IMP XMII (o XV) COS VM (o VMl) P P Capri- corno come il n. 28. Denaro di Tito. Coh. n. 85-88. 34. p — Legg. simile. Colonna rostrata come il n. 29. De- naro ed aureo di Tito. Coh. n. 72-76. (Tav. Vili, n. 44). 35. ^ — Legg. simile. Quadriga come il n. 30. Denaro ed aureo di Tito- Coh. 77-79. (Tav. Vili, n. 41). 36. P ~ Legg. simile. Venere come il n. 31. Denaro ed aureo di Tito. Coh. n. 69-70. Milano, ottobre 1911. Lodovico Laffranchi. (i) Anche gli aurei ed i denari n. 80-84 presentano grandi somi- glianze colle monete di Augusto e così pure i G B n. 300 (quadriga di elefanti) e n. 301 (Vesp." seduto) sono copiati dai G B del Divo Augusto, come sui G B di Tito al rovescio del Colosseo n. 163 e 184, il diritto coir imperatore seduto tra le armi è copiato dai G B di Druso Nerone, e sui G B di Giulia e di Domitilla il tipo del Carpentum è copiato dai G B di Livia e di Agrippina. MONETAZIONE DI RUGGIERO II Re di Sicilia (1130-1154) Ruggiero II, allorché, nel natale del 1130 as- sunse il titolo di re, aveva tutt'altro che stabile pos- sesso del regno, anzi gran parte delle terre conti- nentali, indicate nell'atto di consacrazione, che si era fatto dare dall'antipapa Anacleto, erano in potere di signorotti o apertamente ribelli o pronti a divenirlo al minimo cenno. L'unità di governo, così audacemente ghermita dall'ardimentoso Altavilla fra tante cupide voglie, non poteva certo allignare colla potenza rimasta an- cora ai baroni, ne tampoco coU'autonomia conser- vata o ambita da parecchie città del continente, e, quando Ruggiero svelò l'intento di ridurre signori e città ad assoluta soggezione feudale, gli si levarono contro quasi tutti i tirannucci del mezzodì, perchè sicuri che il nuovo regime avrebbe distrutto per sempre la loro turbolente potenza e perchè animati alla rivolta dallo inflessibile astio di Innocenzo II e da promessa di aiuto di altro ambizioso pretendente, Lotario di Germania. E per poco, la sanguinosa lotta, durata con varia vicenda per quasi un decennio, non travolse in sul nascere, la novella monarchia. Ma nel 11 39, morto il prode Rainulfo d'Avellino, l'anima leonina della reazione, sbandati i più, il pon- tefice cadde in un agguato presso Benevento e fu 438 A. SAMBON costretto accettare le condizioni di pace dettate dal re normanno, appagandosi di un atto interessato di vassallaggio, per cui le due armate videro il monarca vincitore cadere ginocchioni dinnanzi all'austero ve- gliardo. * * * La monetazione di Ruggiero va divisa in due periodi. Il primo comprende gli anni della lotta soste- nuta per il completo possesso del reame (1130-1140), e, la moneta continentale di quel burrascoso pe- riodo, coniata in più città, gelose dei loro privilegi e non ancora congiunte da vincoli politici ed ammi- nistrativi di unico governo, si riduce a scarse e sal- tuarie emissioni di rame, di peso variabile, spesso di goffo e rozzo disegno, mentre continua ad aver corso regionale la moneta erosa o argentea di stati vicini, commista alla bizantina e a quella degli an- tichi duchi di Puglia. Solo in Sicilia, già stabilmente ordinata ad unico dominio e regolata da nuove e più connesse istitu- zioni amministrative, la monetazione procede di anno in anno, nei tre metalli, con buon ordine economico e secondo un sistema omogeneo, calcato su quello dei califfi fatemiti. 11 secondo periodo decorre dal 1140, quando Ruggiero, ricevuta l' investitura pontificia, volle dare stabile ordinamento alle province conquistate, ri- formando i poteri amministrativi e promulgando nel 1140, da Ariano, in solenne parlamento, nuove leggi ed istituzioni. Egli attese, allora, ad un' importante riforma della moneta e tentò il riordinamento dei confusi si- stemi monetarii continentali, collegandoli a quelli MONETAZIONE DI RUGGIERO II 439 più omogenei della Sicilia. Cercò di abolire la più gran parte delle zecche minori, surte colla divisione degli stati, volendo concentrare la monetazione in tre sole officine, una nella più importante e dovi- ziósa città della parte continentale del regno, cioè in Salerno, la capitale dell'antico ducato di Puglia, le altre due nell'isola di Sicilia, nelle due grandi città rivali : Messina e Palermo. E sebbene un cronista sincrono, alle ampollose lodi di altri, contrapponga acerbe rampogne e que- rimonie, in ispecie sulla qualità e sul valore nomi- nale della nuova moneta, noi, sceverando dal vero le esagerazioni e le partigiane accuse, cercheremo di dimostrare, mercè accurato esame della moneta stessa, dei documenti e delle condizioni anteriori del numerario, che se Ruggiero peggiorò il titolo di alcune monete, d'altra parte riordinò e migliorò le condizioni generali del numerario, per quanto con- sentivano le consuetudini dell'epoca e gli ostacoli frapposti ai nuovi ordinamenti da province rical- citranti. PRIMO PERIODO. I. — Zecche Continentali dal 1135 al 1140. a) — Monete capuane con i nomi di re Ruggiero e del PRINCIPE Anfuso. La prima moneta di cui si può con sicurezza determinare l'epoca, è un summultiplo di follaro, di tipo assai goffo e di conio trascurato ; reca il nome del re e quello del patrono di Capua, S. Stefano. I. Deca nummo? ^' — ROCERIVS REX Busto del re goffamente disegnato. I^ - S • STEPHAN Busto del Santo. Rame, peso gr. 0,80. L'Engel (n. 49), leggendo solo AN completò S ■ \ANnitarius. 44 O A. SAMBON Questa moneta fu impressa probabilmente nel 1135, quando Ruggiero s'impossessò di Capua, di- scacciandone il principe Roberto II. Altre monete di rame di disegno un po' meno trascurato possono egualmente riferirsi a questo av- venimento. 2. Vz Follavo? {20 Nummi). ^ - T 8 • 8 Busto di S. Stefano. ^ — Croce accontonata da globetti, e, intorno, + R + O + R + X. Rame, peso gr. 2. 3. Altra con ^ ^ Engel, n. 46. Peso gr. 1,62; 1,76; 2,20. 4. Va dollaro ? e 3" — _ Busto nimbato di prospetto. P — + R • • • • REX Croce accantonata da quattro globetti. Rame. Engel, n. 47. Peso gr. 1,40. Ruggiero concesse il principato di Capua a suo figlio Anfuso, e la seguente monetina ricorda quel- l'investitura. Il disegno è accurato ma goffo. 5. 20 Nummi ? ^ — R • R [Rogerius rex) Busto coronato di prospetto. 9* ^ A • P {Alphonsiis princeps). Il principe armato, con elmo cristato, stante di prospetto, la destra alzata. in atto di giuramento. Rame, peso gr. 2. Ruggiero, nell' investire Anfuso del principato di Capua, consentì dunque che la città continuasse a godere del privilegio antichissimo della zecca; ma fra le monete che in quel torno furono impresse in Capua, ve ne sono che sorprendono lo storico e lo lasciano perplesso sugli avvenimenti che poterono motivarne il conio. MONETAZIONE DI RUGGIERO II 44I Alcune di queste monete hanno — se pur tut- tavia l'attribuzione è esatta — il solo nome di An- fuso, senza indizio alcuno dell'autorità regia, altre il solo nome del Santo patrono della città, senza al- cuna indicazione di secolare dominio. Per le monete col solo nome di Anfuso, credo necessario motivare alcuni dubbi. Intorno a quelle con , già da parecchi anni P R I si è risolta la questione, e l'antica attribuzione ad Anfuso — dovuta al fatto che la T, congiunta al- l'asta verticale della croce, non era stata osservata — fu abbandonata quando un nuovo tipo con pi; di- mostrò che il nome era Atenolphus o Adenolphus, il possente principe di Benevento e Capua. Una delle monete edite dall'Engel Recherches sur la Numism. des Normands, pag. 59), avente sul diritto un busto ed al rov^escio un vessillo e la scritta CAPVA, neppure mi sembra ben letta. Le sigle del diritto sono quasi svanite, ma piuttosto che an p, io vi leggo RO P, e attribuisco la moneta a Roberto, principe di Capua. Una seconda monetina, edita pure dall'Engel {Redi., cit., pag. 58) e passata recentemente dalla Raccolta Marignoli in quella preziosissima di S. M. il Re d'Italia, ha la leggenda VSVS • P ben chiara, e l'Engel suggerì che le lettere mancanti dovessero essere ANF. Eccone la descrizione : 6. B' — Il principe in piedi ^ — VSVS P • nel campo. Rame. 442 A. SAMBON Per questa le probabilità sono maggiori, ma un solo esemplare non è sufficiente a risolvere ogni dubbio e credo che occorra per ora sospendere il giudizio sulle interessanti considerazioni storiche che motiverebbe questa monetazione senza indicazione della potestà regia (^). ò) Monetazione autonoma di Capua. La seconda serie di monete fu emessa in quan- tità assai considerevole ; i tipi sono quelli della prima epoca della monarchia normanna; il disegno è talvolta accurato ed elegante. 7. Follar o. ^ — Mezza figura del Santo Patrono che alza la destra in atto d'invocazione; a sinistra 8 8 T- P^ — Crescente sormontato da crocetta e racchiuso in un cerchio di stelle. Rame, gr. 2,80-2,95. 8. 20 Nummi. ■D' — 8 8 T («. s.). Mezza figura del Santo che solleva il braccio sin. p — Crescente sormontato da croce e attorniato da stelle. Rame, gr. 1-1,40-1,60. 9. — Altri con S S T ovvero -78 8 ovvero S S a destra. Gr. 1-1,40. (i) L'intestazione dei diplomi è: " anno VII quo dominus Rogerius Capuam et Aversam acquisivi! et VI an. dom. Anfusi Princ. Capuae et ducis Neap. „. MONETAZIONE DI RUGGIERO II 443 L' Engel {Recherches , cit., pag. 40) attribuisce queste monete a Brindisi e interpreta le sigle : Sanctus Theodorus. Io non credo all' esistenza di una zecca di Brindisi durante il governo di Rug- giero, e ne darò più avanti le ragioni; credo per- ciò più probabile la lettura Sanctus Stephanus e farò osservare che se , come indica 1' Engel, in alcuni esemplari la T è separata dalle due S, queste però hanno ciascuna una sbarra. Ad ogni modo, sia che si assegni a Capua, sia ad altra città del con- tinente, sorprende il carattere puramente religioso di questa abbondante monetazione. Il tipo del cre- scente si ritrova pressoché identico su monete col nome di Ruggiero, e la figura del Santo col braccio alzato, somiglia a quella del principe Anfuso sulle monete capuane dell'investitura; l'aspetto d'insieme del resto — lo stile ed il modulo — non lasciano dubbio sull'epoca, che è quella del primo decennio del regno di Ruggiero. Ci domandiamo se è possibile che Ruggiero abbia concesso a Capua il conio di moneta impron- tata col nome e l'effigie di Santo Stefano, senza indicazione della regia autorità, o se piuttosto quella moneta non sia stata emessa nel 11 37, quando la città fu ripresa da Innocenzo II (0. e) — Monetazione Salernitana 1137-1139, Salerno, la doviziosa capitale del ducato di Pu- glia, era caduta in mano di Lotario re di Germania, venuto in aiuto dei ribelli ed in cerca di conquiste. (i) Durante l'invasione di Lotario, Capua tornò in potere di Ro- berto II, ma fu ripresa da Ruggiero in quello stesso anno 1137. ^^%- giero trasse vendetta della mancata fede con barbara ferocia ed è dif- ficile ammettere che all' infida città lasciasse ancora il diritto di zecca. Cfr. Falcone Benev, a 1137 ^ Romualdo, pag. 422. 444 A. SAMBON e questo straniero vi coniò le monete seguenti di carattere tutto regionale : 10. Vg Follavo ? B' - INPE LOTH Corona. ^ — IC • XC ai lati di una croce. Rame. Collezione Foresio Trinità di Cava. Peso gr. 1,50 e 1,20. 11. /©" — Testina. ^ — IMPE-LOT in due linee. Rame. Collezione Foresio Trinità di Cava. Peso gr. 1,20 e 0,70. Lotario non aveva potuto però ridurre in suo potere la torre di mare, poderosa fortificazione eretta dai principi longobardi, dove si era rinchiuso il pre- sidio normanno. La flotta di Ruggiero, nel 1137, accorse nelle acque di Salerno, e, coadiuvata dai Salernitani e dalla guarnigione del forte, riusci a scacciare i Tedeschi. La seguente monetina della raccolta Nervegna ri- corda quell'avvenimento. 12. 20 Nummi. ^ — Busto di prospetto del Sovrano ai lati R — R. 9* — Due torri. Rame. Engel, n. 43. Peso gr. 2,6. Ruggiero confermò i privilegi che Salerno aveva goduto sotto il dominio dei duchi di Puglia, e man- tenne in quella città la principale officina monetaria del continente e speciaH poteri amministrativi (0. (i) Nel 1137 l'imperatore Lotario, invitato dal Pontefice e dai ba- roni ribelli, invase il mezzodì d'Italia e, soggiogata buona parte della MONETAZIONE DI RUGGIERO U 445 Fra le prime monete quivi impresse col nome del sovrano, nel burrascoso periodo in cui più volte parve tramontare la potenza normanna, ve ne sono che recano ancora il nome del Santo patrono della città : 20 Nummi. 13. ^ — S^ M Busto di S. Matteo di prospetto. ^ — Astro e attorno le lettere R • REX. Rame, gr. i e 1,20. Ant. Coli. Sambon. 14. ^ — Identico al precedente. I^ - Nell'area * ROC-RX. Rame. A. Coli. Bonucci. d) — Monetazione autonoma di Napoli 1137-1139. Fra gli anni 11 37 e 11 39 furono coniate a Na- poli ed a Bari, due monetine di grande interesse storico. Puglia, si volse contro Salerno, il più forte baluardo di Ruggiero nel continente. La guarnigione normanna comandata dal cancelliere Ro- berto, difese strenuamente la città per quasi un mese, sebbene fosse inve- stita per terra dai Tedeschi, Capuani e Napoletani, e per mare dai Pisani. Finalmente, il cancelliere normanno cedette la città a Lotario, a condi- zione di conservare la cittadella o torre maggiore, e, quella resa valse più di una vittoria, perchè, accettata dall'imperatore senza l'avviso dei Pisani, avidi di saccheggio, costoro, sdegnati, abbandonarono l'impresa accordandosi per conto proprio con Roberto. Di lì a poco, tornato a Roma Lotario, Ruggiero accorse nel porto di Salerno e gli fu facile, con l'aiuto dei Salernitani e della guarnigione normanna rinchiusa nella fortezza, di cacciare il presidio tedesco. In quell'occasione Ruggiero fece coniare la moneta colla cittadella salernitana, volendo ricordare con quel simbolo la fedeltà dei Salernitani, e più tardi, concedendo nuovi privilegi, ricordava quell'evento : et nobis quoque tnaximo hoc tempore quod Lotharius cum Theutonicis per proditorum nostrorum perfidiam in Apuliam intraret et cum jam fere tota terra infedilitatis macula contami- nelur, sola Italiae Salerui civitas fìdelitatem iutemeraiam conservavit. Fal- cone Benev. 1137. Romualdo pag. 422. Annali Pisani 1138. Di Meo X, 65. 446 A. SAMBON La napoletana — frazione minima delle monete di quel periodo, probabilmente un penta nummo — ha i tipi seguenti : 15. ^ — Busto di S. Gennaro fra le sigle S — lA. P — XPS VNC • XP REG XPS I Croce accantonata da stellette. Rame. Ant. Coli. Sambon. La leggenda Christus vincita Christus regnai, Christus imperai, sembra quasi grido di guerra contro il conquistatore straniero. È moneta di necessità, coniata nell'ultimo co- nato d'indipendenza del ducato napoletano contro r invasione normanna. Sergio VII, duca di Napoli, era morto, combat- tendo per Ruggiero, nell'infausta battaglia di Rignano, addì 29 ottobre 1137. Animati dalla sconfitta del sovrano, i Napoletani, scosso il giogo normanno, e senza eleggere un nuovo duca, si ressero per qual- che tempo a governo autonomo. Nel 11 39 Ruggiero espugnò la città, e, con generosi ma pur scaltri propo- siti, vi spense definitivamente ogni desiderio d'indi- pendenza. Questa monetina, a cui sin dal 1889 diedi la precitata attribuzione storica, ha il merito di confer- mare le notizie abbastanza incerte che si hanno sulla forma di governo assunta durante quella re- sistenza. e) — Monetazione commemorativa della presa di Bari (1139 fine settembre). La moneta di Bari, di rame e bilingue, ha il seguente tipo : MONETAZIONE DI'rUGGIERO II 447 i6. Follar o. W — Protome di S. Nicola, patrono di Bari ; ai Iati, in lettere disposte verticalmente: O Afyo;) NIKOAAO. p — Astro, e, intorno, leggenda circolare in caratteri cufici : Fallo in Bari fanno quarlo e trentesimo cinquecentesimo. Rame, gr. 2; 1,50; i. Siccome non v'è il nome di Ruggiero e vi si legge solo quello del Santo patrono della città ri- belle, e siccome l'anno dell'Egira 534 decorre dalla fine di agosto del 11 39, ossia prima che Bari si ar- rendesse a Ruggiero (fine settembre 1139), potrebbe, a prima vista, sembrare probabile che la moneta fosse stata coniata dagli assediati. Toglie però ogni verosimiglianza a tale ipotesi il fatto, che, sul rovescio si leggono caratteri cufici, mentre, in Bari, sin dal IX secolo, era quasi scom- parsa l'influenza dell'effimero dominio musulmano. È più probabile quindi supporre che fosse co- niata per ordine di Ruggiero in memoria dell'espu- gnazione di questa città, ultima ad arrendersi fra le insorte, e convien credere che il sovrano facesse in- cidere la leggenda in caratteri cufici, perchè la mo- neta doveva servire per elargizioni alle milizie, com- poste in gran parte di Musulmani di Sicilia. E giova ricordare, a riscontro, una curiosa monetina messi- nese, parimenti anonima e certo contemporanea al follusio barese, la quale ha, da una parte la me- desima effigie di S. Nicolò, e, dall'altra, la scritta : EriN€TO €11 THN nOAHN M€I2HNHI. L'indicazione del Santo barese su moneta mes- sinese contemporanea, sembra alludere a festeggia- menti per quella vittoria, che segnava il fine della rivolta pugliese. 448 A. SAMBON Carattere speciale della monetazione regia NEL CONTINENTE, dal II35 al II40. Le monete continentali, coniate dal 1135 al 1140, sono di aspetto differente da quelle comunemente in uso durante il dominio dei duchi di Puglia. Le mo- nete sottili di rame, sono definitivamente surrogate da piccole monete spesse e globulari di cui alcuni esempi si sono già visti nei VII e Vili secoli a Napoli, nel X a Capua. I vari summultipli del fol- laro di Ruggiero non variano gran fatta di modulo, ma diventano più sottili. Monete globulari erano state specialmente abbondanti in Cartagine, in Si- racusa ed anche in Roma durante il VII secolo. Nel- l'antichità si riscontra una monetazione di rame che Ha lo stesso aspetto, quella di Pesto, composta quasi esclusivamente di piccole monete di rame di forma spessa e globulare. È curioso constatare che la mo- netazione normanna di Salerno aveva un precedente regionale antichissimo. Le monete globulari riappar- vero nel mezzodì d'Italia con Atenolfo principe di Benevento e Capua ; poi furono di nuovo adoperate da Ruggiero Borsa per l'introduzione di nuovi follari. Non saprei indicare la ragione per cui Ruggiero die la preferenza a questa forma piuttosto che al tondino sottilmente schiacciato, a meno che non si pensi al- l' intenzione di quel monarca di abolire definitiva- mente le precedenti emissioni di rame, alcune delle quali, con molto sconcio finanziario, continuavano ad aver corso sin dall'inizio del X secolo. MONETAZIONE DI RUGGIERO II 449 IL — Zecche Sicule dal 1130 al 1140. MESSINA E PALERMO. Le monete sicule di Ruggiero, con titolo di re sono di oro, di argento e di rame. Le monete d'oro — quartigli di dinar ossia rubai di carati i6 ' ^ e del peso di circa un grammo — si coniavano ogni anno, e contemporaneamente, nelle due zecche di Palermo e Messina. É noto che Ruggiero avev^a conservate e fuse nel fasto della sua corte, le principali pompe dei califfi fatimidi e dei basilissi bizantini. Sulla moneta sicula d'oro, che doveva servire anche al commercio atti- vissimo che si faceva fra la Siria, le coste d'Africa, la Sicilia e Salerno, furono riprodotte in lingua araba le formole dell'amministrazione fatimita: Tanno dell'Egira, l'indicazione della zecca ed il titolo fastoso, mentre vi apparivano, in forma molto evidente, la croce e le mistiche sigle della liturgia greca. a) — Mutazioni del tipo dei tarì siculi (1130-1135). Le monete d'oro si dividono in due categorie : La prima si compone di riibàH coniati dal 11 30 al 1135 (Egira 525-530), i quali hanno, da una parte, un'iscrizione centrale col nome ed il titolo: Esaltato da Dio, ridottato, ed un'iscrizione circolare col nome della zecca {Madìnah diMasinì o Madìnah di Siqilliàh)^^) e l'anno della Egira. Dall'altro lato offrono un'iscri- (i) Del re Ruggeri esiste nella Biblioteca Comunale di Palermo una moneta d'oro che nel diritto porta l'indicazione della zecca di Messina e nel rovescio quella della zecca di Palermo. Ciò è forse dovuto ad er- rore di conio e sembra dimostrare che gli incisori dei conii servivano egualmente le due zecche. 450 A. SAMBON zione cufica circolare indicante l'anno e la zecca, e, nel centro una croce che divide l'area in quattro parti, accostata dalle sigle [e • XC — NI - KA^ La seconda serie comprende tutte le monete di Ruggiero coniate dopo il 1135, le quali hanno sul diritto le medesime iscrizioni della prima serie, ma disposte in due cir- coli concentrici, attorno ad un globetto, ed al rove- scio la solita iscrizione circolare coU'indicazione del- l'Egira e della zecca, ed al centro una piccola croce su lunga asta, accostata dalle sigle [e -XC — Nl-KA- Sin dove, in Italia ed in lontani scali commer- ciali, si estendesse il corso dei tari siculi, non è an- cora chiarito. Giova però ricordare che in quel tempo era la sola moneta d'oro che si coniasse in Italia, anzi in quasi tutta Europa. b) — Monete d'argento del 1139. Di monete sicule di argento anteriori all'anno 1140, si conosce sinora, in parecchi esemplari, un solo tipo colla data del 1139. 17. Quarto di dirhem ? ^ — Iscrizione cufica nell' area : Forfè coU'amto di Dio il Re Ruggiero. F^ — Iscrizione cufica nell' area : Coniata P anno quarto trentesimo cinquecentesirno (Egira 534 E. V. 1139). Argento, gr. 0,56 a 0,60. c) — Monete di rame del 1138. Di rame, parimenti una sola su cui si legge l'anno d'emissione. È del 1138 ed è pregevole per l'insolita indicazione della data in cifre arabiche. 18. Frazione di FoUusio. '& — Busto del Redentore fra le sigle IC — XC. P — Nell'area, iscrizione cufica : Per ordine di re Rug- giero il magnifico^ forte coli' aiuto di Dio — jjj. Rame, gr. 1,10 a 0,80, MONETAZIONE DI RUGGIERO n 45 1 SECONDO PERIODO. Riforma monetaria del 1140. Il secondo periodo della monetazione di Rug- giero s'inizia con una riforma politica, legislativa ed economica solennemente promulgata nell'agosto del 1140, nel parlamento di Ariano. Le modificazioni introdotte nel numerario furono vivamente biasimate da un cronista del tempo, e storici e nummografi, sino ai più recenti, accettando quel biasimo, rimproverarono il monarca normanno di avere meschinamente avvilito la moneta. Un cronista contemporaneo — Falcone Bene- ventano — ci dà minuti dettagli delle innovazioni monetarie del 1140, e scagliandosi contro Ruggiero, lo accusa di avere ammiserita l'Italia coli' introdu- zione di pessima moneta : Monetam suatn introdiixit^ unani vero cui dttcatus nomen imposuit, odo romesinas valentem, quae magts magisque aerea qitam argentea prohata tembatiir. Induxit autem tres f oliar es aereos romesifiam itnafii appretta tos.... de quibus horribilibtts nionetis tottis Ita hai s popjiius pauperfati et viiseriae pò- sitiis est et oppì'essus. E più lungi ci dice che i Beneventani, lagnan- dosi dell'aboHzione delle romesine, ricorsero al pon- tefice e che questi ne scrisse al re. Vedremo, esaminando minutamente le innova- zioni monetarie introdotte nel 1140 da Ruggiero, che le accuse del cronista beneventano erano in parte dettate da partigiana avversione, e in parte influen- zate da esagerata opposizione della plebe beneven- tana. Una delle osservazioni di Falcone è facilmente oppugnata, e mi fa senso che i nummografi, prima di far plauso alle accuse di quel cronista, non ab- biano avuto ricorso al saggio della moneta. Falcone dice che il ducale conteneva assai più 452 A. SAMBON rame che argento : magis magisque aerea quam ar- gentea probata tenebatur; in quella vece ripetuti saggi del ducale hanno dato '•V,.,.. "7...., '"/...„ di fino ed alcuni saggi della tercm ducalis '"Viooo *^^^- Dovunque, in Italia e nel resto d'Europa, nella prima metà del XII secolo, la moneta di argento andava rapidamente peggiorando. Nella cronaca di Maillezai è detto che in Francia, nel 1103, durante il regno di Filippo I : Fuit magna tribulatio et nummi argentei prò aereis mutati et facti sunt, e difatti, con grandissima indignazione popolare, si registrava il subitaneo peggioramento dei denari francesi da Via a 7i2 di fino. La moneta pavese sino allora universalmente re- putata per la sua buona lega, cadde anch'essa rapi- damente da ^''V a '"7, „ ed a ^"7 , poiché, '1000 '1 000 '1000' r ' con quest'ultima riduzione ricevette la denominazione di moneta mediana (2). I denari di Lucca erano stati egualmente peg- giorati e si dicevano, a ragione dell'abbondanza della lega erosa, inforziati o afforziate . La moneta di Ruggiero non era dunque di lega inferiore a quella delle migliori monete coniate in quel torno in Italia, e altrove. Vediamo ora quali erano i rapporti di valore legalmente stabiliti da Ruggiero. Io non intendo dimostrare che il ducale di Rug- giero fosse una moneta migliore di quelle che al- lora correvano nella media e bassa Italia, anzi ve- (i) Saggio dei fratelli Morin a Parigi, assaggiatori della Banca di Francia numero di registro 36994, ducato di Ruggero, oro 2,9; argento '""/looo; n- 37653 arg. ^os/^^^^ tracce d'oro. (2) Il Desimoni {Méìanges de Nttnt., 1878, S. V. t. Ili) riporta al 1123 l'abbassamento a 6 once di fino ^"Viooo del denaro pavese; egli dimo- stra che il denaro genovese coniato la prima volta nel 1139 (gr. 0,367 di puro argento) era considerato 7a del denaro pavese detto allora vetus e la '/a del pavese più recente detto bonus. Il Brambilla {Monete di Pavia) ha fatto fare ripetuti saggi di denari enriciani e ha avuto 779/ 000/ 570/ 480/ 4S0/ /looo' /lono /looo' '101,0' /inon- MONETAZIONE DI RUGGIERO II 453 dremo che il suo rapporto colla moneta d*oro fu fissato su basi che fanno credere che l'oro era cam- biato con rilevante vantaggio del fisco; ma credo poter avanzare che malgrado ciò, moltissimi degli ordinamenti economici di Ruggiero furono saggi ten- tativi e non disoneste pratiche, come gridarono i Be- neventani. Per bene intendere la natura della riforma di Ruggiero è necessario dare uno sguardo al nume- rario che correva, in quel torno, nell'Italia meri- dionale. GH scrittori del periodo normanno sono stati indotti in errore da alcune viete formole delle carte del tempo. Da un rapido esame dei contratti dei se- coli XI e XII, parrebbe infatti che non vi fosse stata moneta più comune di quella dei buoni soldi bizantini di oro purissimo, dei migliaresi di argento fino, degli ottimi denari pavesi o di tari d'oro ben pesanti. Niente è più erroneo e Io dimostrano abbon- dantemente i ripostigli. Le monete bizantine di oro puro, così abbondanti nei ripostigli del VII e del- l'VIII secolo, s'incontrano di rado in quelli dell' XI e del XII secolo, e se s'incontrano, sono gruzzoli isolati, tesoretti faticosamente messi in serbo e non frammisti alle monete locali. Invece, numerosi ripo- stigli composti unicamente di monete locali, dimo- strano ad evidenza, che assai prima del regno di Ruggiero. nell'Italia meridionale era gradatamente successo l'immancabile esodo della buona moneta dinnanzi all'invasione della cattiva. Del resto, gli stessi imperatori greci, pur mante- nendo scrupolosamente per Costantinopoli il conio della moneta d'oro puro, consentivano, per i lontani domini, il conio di moneta d'oro basso, e la storia del solidiis italicits non ancora ben definita, termina 454 A- SAMBON nel IX secolo con la disparizione quasi completa dell'oro monetato in Italia. Se esaminiamo attentamente le clausole dei con- tratti dell' XI e XII secolo, vediamo che spesso i soldi bizantini ed i migliaresi d'argento non sono menzionati altrimenti che come valute di conto, per- sistenti malgrado la rapida disparizione delle specie effettive, e sebbene molti contratti, colle particolari denominazioni di constanttniam, michelati, soldi so- ierici di oro purissimo, bisanzi di ogni specie e di ottimo peso, farebbero supporre la possibilità di esi- gere il pagamento in buona moneta costantinopoli- tana, si può supporre che quelle denominazioni va- lessero solo a dar maggior vigore al contratto, ma che il venditore, per forza di legge e per necessità di cose, si dovesse contentare del numerario locale, computato nella proporzione legale del momento. E l'esame accurato di un complesso di contratti di una singola regione dimostra chiaramente l'esodo della moneta buona bizantina, poiché, mentre in al- cuni documenti persiste l'abitudine di menzionare i soldi bizantini, in carte dell' XI e XII secolo dell'an- tica Liburia sono menzionati i iareni amalfitani come le migliori monete della regione, e viene espresso il timore di nuovi peggioramenti, con la previsione di altra moneta che potesse aver corso all'epoca della scadenza. Ed a conferma di ciò, in quella re- gione si sono rinvenuti parecchi gruzzoli composti unicamente di tareni amalfitani. E si avverta che, come per il soldo bizantino, così per i tareni amal- fitani, nel XIII secolo, lungo tempo dopo la loro abolizione, rimase l'abitudine di menzionarli nei con- tratti. D'altra parte le carte baresi menzionano i soldi d'oro ed i migliaresi bizantini, non come mo- nete effettive, ma come valute di conteggio per mo- nete di rame {michelati ramensium, miliarenses rama- MONETAZIONE DI RUGGIERO U 455 sinarum), ed i ripostigli di quelle contrade, confer- mando i documenti, dinotano una miserevole abbon- danza di monete di rame, impresse con i tipi di quasi tutti i signorotti, che dal IX all' XI secolo, così fre- quentemente si successero o si alternarono in quelle terre e nelle circonvicine; vera infestazione di mo- nete di moduli e pesi diversissimi, consunte dall'uso o bruttate dai riconì. Le carte del Salernitano menzionano denari pa- vesi e tareni d'oro della zecca di Salerno. Il tareno siculo vi correva anche, ma con speciali condizioni regionali, e ancora nella seconda metà del XII se- colo, leggiamo: unciae miri tarenonon veteris monete Sicilie ad pondus Salenti et tarenos diios de Salerno < '). Dunque, quando Ruggiero occupò definitiva- mente l'Italia meridionale, trovò che ogni regione aveva pesi propri e monete speciali : che la buona moneta bizantina non era più che un ricordo ed un rammarico : che in alcune regioni abbondavano mo- nete d'oro locali d'infima lega o denari d'argento di altri stati, in altre persino denari francesi di Rouen, di goffo tipo e forte lega, importati da avventurieri normanni: che ovunque avea corso una massa ete- rogenea di follari consunti e ripercossi. Questa miscela di varie monete estere e locali, questi diversi metodi di conteggio, l'affezione per vec- chie consuetudini di antichi regimi, erano un grande ostacolo all'unificazione amministrativa che egli in- tendeva imporre. E, con senno, giudicò che non era prudente affidare le sorti economiche di un paese a straniera moneta o a monete regionali di varia forma e di valore assai diverso, e che consuetudini e pesi diversi dovessero sparire o fondersi in un regime unico. (i) Si veda in proposito il mio articolo Numismalique des Normands de Sicile in Gazette Numismalique, t. II, pag. 133. 456 A. SAMBON La riforma di Ruggiero consisteva nelle seguenti innovazioni : i.° — Introduzione di moneta d'argento di lega pressoché EGUALE A QUELLA DELLE MONETE STRANIERE ACCREDITATE NEL COMMERCIO DEL MEZZODÌ. Il ducale, di gr. 2,70 ed a ''Viooo ^^ ^^o» ossia composto di gr. 1,52 di argento puro, è valutato in carte del 1154-1158, quattro denari afforziati ed 7,8 di soldo romanato ('*. Falcone Beneventano ci apprende che Ruggiero assegnò al ducale il valore legale di 24 follari ov- vero 8 romesine. Abbiamo luogo di credere che la romesina menzionata da Falcone fosse la stessa mo- neta della rmnasina, farnesina o ramense, menzionata frequentemente nei contratti baresi. È interessante constatare che sino al 1140, in quelle carte si fa menzione di solidate, composte di 104 farnesine e, che, dopo il 1140, s'incontrano in Trani e Bari, in- vece delle abolite ramasine, solidate di 13 ducali, che, a ragione di 8 farnesine per ducale, darebbero esat- tamente 104 ramesine. E qui si deve avvertire che il San Quintino, il Brambilla, il Faber, il Desimoni, il Capobianchi e quanti hanno ragionato della valuta intrinseca e le- gale dei denari dell'alta e media Italia, non sono d'accordo, e la ragione di questo disaccordo è prin- cipalmente nella confusione che gittano nei com- puti le carte censuali, dove si cerca di riparare ai danni del rapido peggioramento dei denari. (i) Nelle carte del regno di Ruggiero i ducali sono menzionati a numero senza alcun ragguaglio. Dopo la morte di Ruggiero variò il valore del ducale negli anni 11581163 (Carte di S. Leonardo della Ma- tina, Monasteri soppressi fase. 2° nn. 93, 96, 103, 106) il ducale è calco- lato a ragione di 15 per soldo pari a 60 provisini o 60 inforziati. In carte di Trani degli anni 1156 e 1160 (Prologo, n. 45, pag. 107 e n. 48) si ha menzione di solidate di 13 ducali. MONETAZIONE DI RUGGIERO II 457 Il Capobianchi. mentre riconosce che in quel tempo, in Pavia ed in Lucca, le monete fossero state più volte sensibilmente peggiorate, vuole che sui mercati di Roma e della bassa Italia avessero ancora corso solo buone monete di quelle zecche ; ma due ripostigli, rinvenuti ultimamente vicino Na- poli, dimostrano che sebbene le carte continuas- sero a chieder buoni denari, i buoni erano po- chi ed i cattivi molti. E quando, nel 1164, ad evi- tare litigi sul valore del buon pavese che non si tro- vava più, indicavasi : unum cienarium papiense vel duos lucenses vel duos provesinos, non credo, col. Ca- pobianchi, si possa intendere lucchesi e provisini di antiche emissioni contenenti gr. 0,49 di fino ; ma bensì quelli che in quel torno si potevano avere, ossia antichi provisini consunti e rifilati o nuove emissioni di gr. 0,37 di fino ; in media non più di gr. 0,40 di fino. 2.° — Tentativo di accreditare sul continente la moneta SICULA. 11 ducale, coniato in Palermo, doveva aver corso egualmente in Siciha e nel continente; una sua fra- zione, la lercia ducalis, aveva perciò iscrizioni bihn- gui, e surrogava in Sicilia le monete d'argento del sistema fatemita. Dal 1140, in f>oi, la menzione di tari siculi si fa più frequente e più diffusa nei con- tratti del continente. Essi si computavano ad once a ragione di 30 per oncia. Ruggiero aboh nel 1140 tutte le monetazioni speciali del continente tranne quella di Salerno, che consistette in follari di 3 gr. o frazioni di follaro ed in tari d'oro di bassa lega (io carati) e del peso di gr. 0,90. Questa moneta- zione, però, non doveva uscire dalla regione; mentre la moneta sicula doveva considerarsi la moneta uni- versale del reame e la moneta fiscale. 58 458 A. SAMBON 3.0 — Sostituzione del " soldo regale „ al " nomisma „ o soldo bizantino di conto, come indicazione di multe e diritti fiscali. Abbiamo visto che il soldo bizantino di oro puro non si trovava più da lungo tempo sui mercati italiani. La menzione fiscale del nomisma era però rimasta, come rimase nei codici di leggi e di con- suetudini, sino al XV secolo, quella di augusta le , quale una vieta formola, di cui s'interpretava alla meglio e spesso caviliosamente il valore. L'ordine di Ruggiero fu quindi una saggia misura economica. D'allora in poi il nomisma fu legalmente considerato come l'equivalente del regale e cessarono i litigi in- torno al suo valore. E sin dal 1140, in moltissime regioni, si ottem- perava all'ordine di indicare il soldo regale. In doc. del 1143 (Syll. graec. membr., p. 178) troviamo la penalità con questa indicazione vop-tap-ara tout sgtiv piaXe? '>^l' , ed in carta del 1160 il regale invece del romanaio serve di moneta di conteggio per i ducali: Pro sex regalibus minus duobus ducalibus. Il soldo regale non era moneta effettiva, ma va- luta di conto, composta di quattro tari siculi, che, in quel torno contenevano ancora circa gr. 2,70 di oro puro, ma che ben presto dovevano scemare a gr. 2,44 d'oro puro (^X 4.° — Abolizione di antiche emissioni e introduzione di FOLLARI di modulo E PESI COSTANTI. Abbiamo già detto che correvano ancora, con- sunte dall'uso e guaste dai riconì, grosse monete di (i) Calcolo questo rapporto " grosso modo „ poiché il soldo regale conteneva anche una porzione d'argento che sarebbe da dedursi. D'altra parte, nel XIII e XIV secolo, troveremo l' iperpero costan- tinopolitano ragguagliato a ragione di 7 Y2 P^r oncia, tornando di gr. 2,40 circa d'oro puro. MONETAZIONE DI RUGGIERO H 459 rame di ogni denominazione, di tipi, moduli e pesi diversissimi: considerevole copia di monete erose dello Imp. Giovanni Zemisce e dei suoi successori, con tipi anonimi religiosi, e altre monete costan- tinopolitane coi nomi di vari imperatori greci (i fre- quenti riconì dei tipi dei conti di Calabria e la composizione dei ripostigli, dimostrano che monete dell' Vili e del IX secolo ebbero corso per tutto rXI secolo); monete dei duchi di Puglia e dei conti di Calabria. Queste monete, dette comunemente ramenses o ramesinae, furono abolite nel 1140. Falcone Bene- ventano ci dice, d'altra parte, che fu vietato di spen- dere le romesine e che questo provvedimento occa- sionò in Benevento grave malumore. Abbiamo già detto che romesine e ramasine o ramensi ci sembrano una stessa cosa e crediamo, che, rimaste in circola- zione antiche monete del peso di circa 11 o 12 gr. mentre i follari dell' XI e XII secolo raggiungevano appena i 3 gr., quelle antiche monete sieno state calcolate per trifollari e come multipli massimi della moneta di rame, indicate comunemente col nome di ramasinae o ramenses. Data la confusione del numerario di rame, non possiamo evidentemente trovare una grande regola- rità di pesi ; ma la monetazione dei conti di Sicilia e Calabria e dei duchi di Puglia, ci dà quattro prin- cipali serie che oscillano fra gr. i a 1,50; gr. 2 a 3 J gr. 5 a 7 ; gr. 9 a II e che sembrano rappre- sentare le seguenti valute : 20 nummi; 40 nummi; 80 nummi e 120 nummi o trifollari (0. (i) Su monete costantinopolitane sin dal VII secolo la sigla M (40 nummi o follaro) appare su tondini del peso di 3 gr. ; dopo varie ri- forme, durate il tempo che durano buone intenzioni non sorrette da rimedi radicali, quel peso sembra essere divenuto stabilmente quello del follaro. 460 A. SAMBON Spesso le monete dei conti di Calabria e dei duchi di Puglia, sono riconiate su monete bizantine, che essi cercavano probabilmente di togliere dalla circolazione. Falcone ci dice: Induxit autem tres follares aereos romesinam imam appretiatos. La frase disgraziatamente è di senso ambiguo e alcuni hanno inteso moneta di tre follari valutata una romesina ; altri tre diversi follari valutati una romesina i tre, altri tre follari valutati ognuno una romesina. Probabilmente si deve intendere che Ruggiero al valore della romesina abo- lita di tipo vario sostituì quello di follari con im- pronta regia. Egli, forse prima del 11 30, aveva co- niato in Sicilia o in Calabria i seguenti trifollari di rame, di gr. io a 11. 19. Tri follavo. R . . ^ — - Ruggiero seduto in trono, P - (0 — , pul- lulavano tosatori e falsificatori della regia moneta. b) — Monete che dovevano aver corso in Sicilia. Benché Ruggiero avesse scelto a capitale Pa- lermo e avesse fatto coniare in quella città la mo- neta d'argento destinata al commercio dell'intero regno, egli non volle divestire Messina delle sue prerogative, e all'antica sede dei conti di Sicilia con- fermò il privilegio della zecca per l'oro e per la monetazione di rame destinata al commercio interno delle città sicule. Ecco la descrizione delle monete di rame di conio siculo : 24. Anno 1 140. Mezzo follusio. ^ - OAiy-o;) NIK0AA0(2). Busto del Santo. ^ - EriN€TO €IC THN nOAHN MECCHNHC scritto nel- l'area. Rame, gr. i. Engel, n. 31. Peso gr. 1,23 a 1,76, 25. ^ — lì re seduto in trono, ai lati : P A O N r A G 2 P l_ ^ — Croce accantonata dalle sigle: IC • XC — NI — KA. Rame, gr. i. Engel, n. 81. Peso gr. 1,62. 26. ^ — Il re in piedi, ai lati : P P O H |6 2 PI O C t> - Croce, e, intorno : -»- rE • XC • NI • KA. Rame, Engel, n. 82. Peso gr. 2 a i. (i) Const. Regni Sic. lib. 3. Tit. 62. (2) Goffredo Malaterra ricorda che Ruggiero 1 conte di Sicilia fece edificare a Messina una chiesa in onore di S. Nicolò (Lib. III. Gap. 32) MONETAZIONE DI RUGGIERO II 465 Interessantissimo lo studio che si faceva allora intorno alla esatta traduzione del titolo regio. La voce Ava^ è esempio unico nella numismatica. Queste monete sono di stile un po' secco ma non privo di eleganza e conservano più bizantinismo degli ingenui e spigliati tipi continentali. 27. Anno 1145. ^ — Croce decussa, con ottagono al centro, che racchiude un astro. Negli spazi leggenda cufica : Per ordine del re Ruggiero il magnifico. ^ — Leggenda cufica disposta a guisa di un astro, at- torno ad un cerchietto: Coniata in Messina l'anno quarantesimo e cinquantesimo (Egira 540 E. V. 1145). Rame. Peso gr. 1,30 a 1,50. Spinelli (n. 212) e Engel (n. 34) vi leg- gono la data 544. 28. Anno 1150. ^ — Busto della Vergine orante, fra le sigle MP — 9Y. 91 — Iscrizione cufica disposta a croce: Fu coniata l'anno J4^. Rame. Soret (Revue Num. Belge, de 1858, pag. 254) che vi legge la data 543. 29. Anno 1151. & — Nell'area, leggenda cufica : // potente regnante dei cristiani. I^ — Leggenda cufica circolare; Coniata in Messina l'anno cinquecentoquarantasei. Nell'area, croce con glo- betti negli spazi. Rame, gr. i. e) — Monete dei domini continentali. 11 Fusco, il Bianchini, il Promis (i), lo Spinelli, l'Engel e quanti nummografì dal 1840 in poi, hanno fatto cenno delle monete normanne, hanno supposto (i) Il Promis, Tavole sinottiche, Torino, 1869, pag. 40, dice che il Di Meo ed il Fusco provarono che già esisteva una zecca a Brindisi nel 1129. Questa prova non si trova né in Di Meo né in Fusco, e non si può trovare perchè in quell'anno Brindisi apparteneva ancora ai conti di Conversano, ribelli a Ruggiero. Nel 1891 un collezionista saler- 59 4^6 A. SAMBON che Ruggiero avesse istituito una zecca a Brindisi e che quivi fosse stata coniata quasi tutta la mo- neta continentale. Brindisi, sin dal 1133, era in potere di Ruggiero che aveva dichiarato decaduta la stirpe dei conti di Conversano; ma nulla prova che vi si trasferisse la zecca principale del continente — le prime notizie sicure della zecca brindisina sono del tempo degli Svevi — mentre invece moltissimi indizi dimostrano che continuò ad essere esercitata la zecca nella do- viziosa Salerno. Salerno era stata strenuamente fortificata, prima dai principi di Benevento contro l'invasione dei Fran- chi, poi da Guaiferio contro le incursioni dei Sara- ceni, e, forte contro assalti di nemici, ardita e pro- spera in lontani commerci, attivissima nel cabotaggio della Sicilia, giungeva a grande ricchezza e cultura sotto il governo di Gisulfo 1, e ne menava vanto sulla moneta colla iscrizione: OPVLENTA SALERNO. I duchi di Puglia, scelta quella città a capitale dei loro domini, ne aumentarono lo splendore, arric- chendola di sontuosi edifizii, e, sebbene l'operosità commerciale del X secolo fosse scemata, la moneta- zione di quella^città, colla possanza dei suoi signori, fu sempre una delle più abbondanti del mezzodì d'Italia. Non tornava conto a Ruggiero di mutarne le sorti e, giudicando la facoltà di approdo dalla Sicilia, la posizione e l'organizzazione di quella città favore- vole ai suoi progetti, ne confermò i privilegi, vi con- centrò i poteri amministrativi del continente e vi nitano (Foresio, Le monete delle secche di Palermo)^ mosso da esagerato sentimento regionalista attribuì a Salerno tutte le monete sicule, bene- ventane, napoletane, che si trovavano nelle terre salernitane ; il suo la- voro mostra però la frequenza con cui si rinvengono a Salerno i pic- coli foUari globulari dei re normanni. MONETAZIONE DI RUGGIERO II 467 mantenne l'esercizio della zecca, mentre lo toglieva ad altre città vicine. Brindisi, durante il governo dei Normanni, mal- grado l'importanza del suo porto, fu tenuta in po- sizione secondaria, e la rivolta vi scoppiò spesso e vi covò quasi sempre. Abbiamo visto che negli anni 11371139 furono coniate a Salerno diverse monete di rame, di cui una commemorativa dell'espulsione di Lotario ed altre recanti il nome del Santo patrono, S. Matteo. Le monete di rame coniate in quella città dal 1140 al 1154 hanno i tipi seguenti : 30. a) Con rozza effigie del Sovrano. ©' — Busto del Sovrano fra le sigle : R R. p — Busto di S. Pietro fra le sigle : S • P. Rame. Engel, n. 39. Peso gr. 0,92. 31. ©* — Testa imberbe e prospiciente del re ; a destra : + ROCERIVS REX. 9 — Croce, la cui estremità inferiore termina a guisa di ancora, mentre l'estremità superiore è accostata dalle sigle: ]ÌC • XC. Rame, gr. t,8o a 2,50. Engel, n. 83; Spinelli, pag. 52. 32. & — Testa imberbe del re, coronata e di prospetto. §( — Le lettere R • O • R • X negli angoli di una croce. Rame. Engel, n. 41, gr. 0,88. 33. & — Testa imberbe del re di prospetto. 51 - R REX nell'area. Rame. Engel, n. 44, gr. 1,80 a 0,80. 34. .©' — Busto imberbe coronato del re di prospetto. 91 - Nell'area: ^^'^ Rame. Peso gr. 0,88. 468 A. SAMBON 35. ^ — Testa imberbe di profilo a destra. ^ — Leggenda circolare: ROG-ERIVS REX al centro, astro in cerchio. Rame. Engel, n. 36 (tav. VI, i6). Peso gr. 2 a i. 36. ^ — Busto coronato del re, di prospetto. ^ — Croce ornata. Rame. Engel, n. 38 (tav. VI, 22). Peso gr. 1,80 a 0,90. 37. ^ — Busto barbuto di prospetto, con corona di foggia greca. ]^ — Palmizio accostato da due stelle e dalle sigle: R • R. Rame. Engel, n. 40. Peso gr. 0,96 a 1,15. Spinelli, pag. 186. 38. B' — Testa barbuta di profilo a destra. 1^ — Le lettere R • O • R • X negli angoli di una croce. Rame. Engel, n. 37. Peso gr. 2,08; 1,90; 0,60. 39. La medesima moneta con testa coronata. Rame. 40. La medesima con testa di Ruggiero di prospetto. Rame. Engel, n. 41; Foresio, n. 292. Peso gr. 1,40; i. b) Colie regie insegne. Alcune monete hanno tipi commemorativi del- l'incoronazione : 41. & — Le sigle R R sormontate da regia corona. I^ — Astro in un cerchio. Rame. Engel, n. 56; Foresio, n. 325. Peso gr. 2,05 a 0,55. 42. ^ — Globo crocigero in doppio circolo di globetti. P — Nell'area : o • v ^" doppio circolo di globetti. Rame. Engel, n. 57. Peso gr. 1,80. c) Con simboli religiosi e civili. Vi è anche una numerosa serie di monete con strane immagini — per lo più di animali — che la MONETAZIONE DI RUGGIERO U 469 simbolica dei primi tempi della Chiesa aveva adibite alla rappresentanza del Redentore, giacche Tarte del XII secolo si compiacque singolarmente in quei sim- boli religiosi. Così, su alcuni follari vediamo il sim- bolico pesce, 'X^'J?, per indicare 'lixdoO?) xi><^ò;) 0(soO) r(tò;) 2((ùTT.p) j il CERVO, di cui Filippo di Taon, nel suo Bestiario scriveva : Par c'est cerf, par raisun Jhesu Christ entendum L'Ève sapience est, ki en sa buche est Et par serpent diable, per semblant est venable secondo una leggenda, che si trova in Origene (III sec), in S. G. Crisostomo (IV sec). S. Bru- none, ecc., per cui il cervo, coH'aUto attrae i ser- penti. Così ancora, il pavone, Taquila, simboli an- ch'essi del Redentore ; il leone, simbolo della vigile custodia della chiesa e via dicendo. 43. /B* — Testa di leone prospiciente. 9 — ROG-ERIS REX attorno ad un astro. Rame, gr. 1,20 — gr. 0,70. Engel, n. 61. 44. & — Testa di leone volta a destra. ^ — ROGERIVS REX Astro a sei raggi. Rame, gr. 1,20. 45. B* — Pesce volto a destra. Circolo di globetti. ^ — ROGERIVS REX Astro. Circolo di globetti. Rame. Engel, 72; Fusco, Tavole (tav. Vili, 14). h 46. & — Pesce a destra, fra due croci, in circolo di globetti. I^ — RS — RX in circolo di globetti. Rame, gr. 1,20 a 0,80. Engel, 73; Fusco, Tavole (tav. Vili, 15). 470 A. SAMBON 47. ,©" — Cervo a sinistra. ^ — Pigna fra le sigle: RS RX. Rame. Engel, 77. Peso gr. 1,32; Spinelli, pag. 181, n. 4. 48. 3' — L'Agnusdei a sinistra. ^ — R • O • RE • X negli angoli di una croce. Rame. Engel, n. 52; Fusco, Tavole (tav. Vili, 18). 49. fB' — Testa di cane. p( — Le lettere R • O • C • R disposte a croce. Rame, gr. 1,20. 50. ^ — Cane a destra. ^ — RS • RX Busto del sovrano. Rame. Engel, 76. Peso gr. 0,88; Spinelli, pag. 181, n. 3. 51. /& — Aquila ad ali spiegate. ^ — R R II re in piedi a sin. con lancia nella destra. Rame. Engel, n. 64; Spinelli, pag. 52, n. 8. Conosco un solo esemplare di questa moneta, quello della collezione San Giorgio e mi pare ritoc- cata al bulino. Conviene forse attendere un secondo esemplare per essere sicuri di questo curioso tipo. 52. B" — Pantera a destra. pi — R in cerchietto ornato di globetti. Rame, gr. 1,70 a 0,80 a 2. Engel, 51 (PI. VI, 14). Si hanno anche, in grande abbondanza i se- guenti tipi con croci di varia foggia o altri orna- menti. È interessante la varietà e Toriginalità degli ornamenti e vi scorgiamo in dettaglio le ricche crea- MONETAZIONE DI RUGGIERO II 47I zioni di quell'arte così gaia che si venne formando sotto r influenza araba. 53. ^ — Crescente sormontato da croce e circondato da stelle. ^ — ROCERiVS REX attorno ad una croce. Rame. Engel, n. 74, Peso gr. 1,70. 54. /B' — Crescente e astro. I^ — ROCERIVS REX attorno ad una croce. Rame. 55. i^ — RO Px nell'area. ^ — Croce accantonata da globetti. Rame. Engel, n. 62. Peso gr. 0,96; 1,60; Spinelli, pag. 52, n. 5 e 6. 56. B' — Croce e R • O • R • E negli spazi. P — Croce e globetti negli spazi. Rame. Engel, n 65; Spinelli, pag. 189, n. 2. Peso gr. 0,80 a 1,60. 57-/^ ~ Le lettere R X divise da una croce con lunga asta. ^ — Croce di cui l'estremità inferiore termina a guisa d'ancora. Negli spazi superiori R • O. Rame, gr. i — 0,60. Engel, n. 71. Peso gr. 1,70. 58. /& — Nell'area R circondata da stelle. ^ — RX e cinque stelle. Rame. Engel, n. 68. Peso gr. 1,54; 1,20; 0,60. Spinelli, pag. 189, n. 6. 472 A. SAMBON 59. ^ — Nell'area R circondata da quattro stelle. ^ — RX e quattro stelle. Rame. Spinelli, pag. 189, n. 7 ; Engel, n. 69. Peso gr. 1,32. 60. Jty — o fl o nell'area, circondata da stelle. I^ — Xfl e stelle. Rame. Peso gr. 1,50 a 0,90. 61.^ — Ornato a guisa di due R addossate. ^ — Nel centro, Px Rame. Spinelli, pag. 189, n. 8; Engel, n, 70. Peso gr. 0,44. 62. ^ — Legg. circ. R + O + R + X Giglio il cui petalo, bi- partito, lo racchiude in un cerchietto. ^ — Fiore a quattro petali. Rame. Engel, n. 60. Peso gr. 1,32; Spinelli, pag. 40, n. 4. 63. /B' — Cestino dal quale escono dei rami di palma. ]^ — Le lettere RO-RX divise da una sbarra orizzontale. Rame. Foresio, 329. Peso gr, 1,50 a 0,60. Tancredi ha imitato que- sto tipo. 64.^ — Croce ricrociata; negli angoli superiori R R. tjf — Cerchietto con entro una croce, sovrapposto nel centro di una croce decussata. Globetti negli spazi. Rame, gr. 1,20 a 0,60. 65. B' — Ancora e R R. I^ - Croce con globetti alle estremità. Rame, gr. 0,80. MONETAZIONE DI RUGGIERO II 473 '>i-:^ '^-'L'^ 66. ■B' - ROG-ERIVS REX ovvero ROGERIVS REGI (sic). Nel- l'area globetto in due cerchietti concentrici. I^ — Croce con globetti alle estremità e stelle negli spazi. Rame, gr. i,6o. Fusco, Tavole (tav. Vili, n. 17; Engel, n. 75). Peso gr. 1,5- d) Monete con iscrizioni cufiche simulate. 67.,^ - Legg. circ. cufica contraffatta, al centro RO in un cerchietto. ^ - Px in un cerchietto. Intorno goffa imitazione di leg- genda cufica. Rame, gr. 2 a 1,20. 68. /B' — Legg. circ, goffa imitazione di caratteri cufici. Al centro in un cerchietto di globetti, testa di toro. 9 — Legg. circ, goffa imitazione di caratteri cufici. Al centro uccello. Rame, gr. 2,20. Le simulate iscrizioni di queste due monete, sono dei grossi segni tracciati a casaccio e forse non avevano altro scopo che quello puramente de- corativo. e) Monete salernitane d'oro con iscrizioni cufiche. Abbiamo visto che Ruggiero fu largo di privi- legi a Salerno e che v'istituì l'unica officina mone- taria dei domini continentali. Egli andò ancora più lungi e concesse ai Salernitani di continuare il conio di tareni d'oro d'infima lega (9 carati), necessari per il loro commercio di cabotaggio. fi conio di quei tareni d'oro era stato intrala- sciato nella zecca salernitana, verso la fine dell' XI secolo, mentre era stato intrapreso, con maggiore 60 474 A' SAMBON attività, dalla zecca amalfitana. Sembra che, ora, Ruggiero avesse abolita la zecca amalfitana e ripri- stinata quella monetazione in Salerno. Egli ordinò, però, di porvi, invece delle incom- prensibili imitazioni di versetti del Corano, che sino allora erano stati incisi sui tareni continentali, la leg- genda: Ruggiero Re, protettore della cristianità in ca- ratteri ben formati. Non mancavano in Salerno artisti arabi ; anzi vi era una colonia molto abbondante di musulmani, e dessa contribuì largamente alla cultura artistica e scientifica di quella città. Il tareno salernitano, su cui la scrittura araba è disposta con quegli intermezzi e quelle fioriture che formavano l'elemento primordiale della decora- zione saracenica, ha i tipi seguenti : 69. ^ — Un R accostato da una stella, frammezzo T iscri- zione cufica: Ruggiero re. I^ — Un astro, frammezzo l'iscrizione cufica: Protettore della Cristianità. Oro, gr. 0,90. f) Moneta commemorativa dell'elezione di Guglielmo al du- cato di Puglia (anno 1148). 70. ^ — Croce e negli angoli le lettere : R • O • R • E. 5^ — Croce e negli angoli D • V • X • V. Rame. Ant. Coli. Sambon. g) Moneta commemorativa dell'assunzione al trono di Gu- glielmo (anno 1151). 71. ^' — Castello. Ai lati R-RX. P — Cesta con tre rami di palma ; ai lati VI — R- Rame, gr. 0,90. Ant. Coli. Sambon. MONETAZIONE DI RUGGIERO II 475 Monete false o di erronea attribuzione. Il Promis {Zecche (tal. ined. o corrette, pag. 26) pubblicò una monetuccia d'oro, coi seguenti tipi : ^' — R. ^ -Px- Oro. Peso gr. o,i6o. Questa moneta gli parve un */^ di tareno. L'Engel più tardi pubblicò in altra moneta di circa lo stesso modulo col seguente tipo: B' — R •. 9' — Croce. Oro. Engel, n. 59. Amendue queste monete d'oro sono nella rac- colta del Museo di Torino. La prima mi sembra falsa, l'altra è un tareno di Amalfi rifilato. I nn. 54 e 55 dell'Engel sono monete di Gu- glielmo I mal lette. I nn. 193, 195, 200, 207, 208, 209, 223, 224, 230, 231, 232, 236 (ultima) 240 del Foresio sono fantastiche interpretazioni di tipi mal conservati ; i nn. 210, 228, 229, 233, 243 del Foresio sono mo- nete di Guglielmo mal lette. A. SAAffiON. su DI UNA MONETA INEDITA DI CESARE D'ESTE Presento alla cortese attenzione dei lettori della Rivista Italiana di Niimisìnatica una moneta, che per caso è venuta a far parte della mia modesta raccolta. Sconosciuta al Crespellani <^) l' ho ricercata in- vano nei Cataloghi delle più rinomate Collezioni ; essa è quindi inedita, forse anche unica e, per quello che vedremo, accoppia alla sua straordinaria rarità numismatica il pregio del più alto interesse storico. Esaminando questa moneta, quello che, a prima vista, risalta è che il suo rovescio è simile, tanto per la leggenda quanto per l'impronta, a quella di Ferdinando I dei Medici e riportata dall'Orsini <2) al n. 22 della tav. XI, alla quale si identifica, oltre che per lo stile, anche pel modulo, pel peso, per la bontà del metallo, che la fanno corrispondere al tipo del giti/io quale era in uso presso la signoria di Firenze. (i) Crespellani Arsenio. La secca di Modena nei periodi Comunale ed Estense. Modena, 1884. (2) Orsini Ignazio. Stona delle monete dei Grandttchi di Toscana della Casa dei Medici. Firenze, MDCCLVI. 478 ANTONIO DELL ERBA Eccone la figura e la descrizione ;B' - : CAESAR : DVX : : MVTINAE : REGG : ; nel campo stemma Estense coronato. P — ECCE ANC ILLA DO MINI •; l'Arcangelo Gabriele che annuncia la Vergine, in alto lo Spirito Santo tra raggi. Argento, diametro mill. 28. Peso gr. 2,85. L'esemplare è dorato, bucato, ma di ottima conservazione. Questo giulio appunto per la sua rassomiglianza con quelli Medicei, richiama alla mente l'altro gmh'o coniato dallo stesso Cesare, e riportato dal Crespel- lani (^) al n. 63 della tav. Vili, che porta nel diritto il nome di Cesare e lo stemma Estense, e nel ro- vescio il nome della moghe Virginia dei Medici e lo stemma di questa nobiHssima famiglia. Ambedue si riferiscono ai fortunosi eventi della vita di questo principe, di cui sono documenti interessantissimi e, da veri monumenti storici, narrano a quelli che con passione . ed interesse le studiano le vicende dei tempi loro. La successione di Cesare d'Este al trono dei suoi avi fu oltremodo diffìcile e contrastata, e la lunga lotta che egli ebbe a sostenere per assicurare e di- fendere il vacillante suo potere fu il fatto più sa- liente di quasi tutto il periodo del suo ducato, che dal 1597 andò fino al 1628, anno di sua morte. E (i) Op. cit. su DI UNA MONETA INEDITA DI CESARE D ESTE 479 di questa lotta tremenda è eternato in queste mo- nete uno dei più importanti episodi. Alfonso II d'Este, duca di Ferrara, Modena e Reggio, non avendo prole a cui lasciare il suo trono ed essendo parecchi i suoi congiunti che, lui morto, avrebbero potuto aspirare alla successione, ad evi- tare conflitti tra essi, iniziò trattative dapprima col papa Gregorio XIV e, essendo queste andate a vuoto, per la prematura morte del Pontefice, con l'Impe- ratore Massimiliano dappoi, per ottenere da costoro, dai quali egli a cagion dell'investitura riconosceva il suo potere, la facoltà di nominare suo successore quello che a lui più fosse piaciuto tra i figli di D. Alfonso, figlio di Alfonso I duca di Ferrara, e quelli del fu Don Sigismondo, fratello di Ercole I. Venuto frattanto nell'ottobre del 1597 a mortale in- fermità, egli il di 27 fece chiamare in sua camera Cesare, figlio di Don Alfonso, e comandò si aprisse il testamento da lui fatto, ove questi era nominato suo erede universale e successore. Morto il duca nello stesso giorno. Cesare, suo legittimo erede in virtù del testamento, si investì quale successore di lui, ne assunse il potere, e non mancò di mandarne a mezzo di legati la partecipa- zione a tutti i potenti, tra cui anche al papa Cle- mente VIII che era succeduto a Innocenzo IX, che a sua volta, per soli due mesi ed un giorno, era stato il successore di Gregorio XIV. Ma Clemente Vili pochissimi giorni dopo aver ricevuta questa lega- zione, il 4 novembre 1597, fulminò Cesare con una scomunica tremenda, negandogli la investitura ed in- giungendogli nello spazio di 15 giorni di portare le sue discolpe a Roma ">. Segreto movente di questa (i) Muratori. Antichità Estensi. Modena, Stamperia DucaIe,MDCCXL parte II, cap. XIV, pag. 407. 480 ANTONIO dell'erba condotta del papa era la ferma volontà d'impadro- nirsi di Ferrara, ma per dare un'apparenza di lega- lità e di giustizia alla cosa, dopo un informe ed af- frettato processo, il 23 dicembre 1597 pubblicò una sentenza, con la quale dichiarava che il duca Cesare era incapace a succedere ^^). Contemporaneamente, ordinò in tutta fretta ven- ticinquemila fanti e qualche migliaio di cavalli e li mise in marcia alla volta di Ferrara, richiamò dal- l'Ungheria il nipote Gian-Francesco, con tutte le sue truppe, premendogli più questo affare che non la stessa guerra coi Turchi e mandò anche emissari in Ferrara, che con promesse tentassero di scuotere quel popolo, così fedele in tutti i tempi alla casa d'Este, incitandolo a ribellarsi al nuovo principe (2). Quali erano le ragioni di questa incapacità di Cesare ? Quelle a cui il papa maggiormente dava peso, eran che Cesare non avesse fondamenti per suc- cedere nel ducato di Ferrara e ciò perchè il pa- dre, al momento della sua nascita, non ancora si era unito in regolare matrimonio con Donna Giulia Della Rovere, madre di esso Don Cesare. Egli era quindi un bastardo ! Non potette il duca, lì per lì, nella prima confu- sione, provare immediatamente che il matrimonio, in seguito regolarmente avvenuto, aveva legittimato la sua nascita, ma quando poi ebbe ciò provato, i ca- merali della Santa Sede, istigati dal papa, che voleva a tutti i costi impadronirsi di Ferrara, lo attaccarono con altre accuse che, prive in sé stesse d'importanza, molta ne acquistavano, per riverbero, dall'autorità di quegU da cui erano ispirate. (i) MuRATORL Op. cit., parte II, cap. XIV, pag. 411. (2) Muratori. Annali d'Italia, Anno MDCXVII. su DI UNA MONETA INEDITA DI CESARE d'eSTE 481 E si venne così a sostenere che, ciò non per- tanto, Cesare era sempre indegno a succedere, pel fatto che suo nonno Alfonso I duca non aveva, a sua volta, prima di morire, legittimamente sposata Donna Laura Eustochia, da cui era nato Don Alfonso, padre di Cesare; dalla illegittimità del padre ne veniva di naturai conseguenza quella del figlio. Questo matrimonio di suo nonno Cesare non potette provarlo, così come aveva fatto per quello di suo padre, ne con testimoni, essendo esso avve- nuto tantissimi anni prima, ne con documenti irre- fragabili. Potette tuttavia, se non dimostrare, per lo meno abbastanza sufficientemente provare che co- desto matrimonio era effettivamente e legalmente av- venuto poco tempo prima della morte del duca Al- fonso l e con argomenti tali che sarebbero ben valsi, per la loro serietà e quantità, a convincere chiunque, fuorché i camerali della Santa Sede, sordi della peg- giore specie, cioè di quelli che non vogliono sentire, i quali, a corto di ragioni valide e legali a sostegno della loro tesi, si dovevano attaccare ai cavilli ed alle minuzie per protrarre la loro lotta ingiusta ed illegale. Altra ragione con la quale si volle sostenere la incapacità di Don Cesare fu quella in apparenza gravissima e convincente che il cugino Alfonso II, prima di nominarlo suo erede, aveva sentito il bi- sogno di far legittimare, per dir così, questa sua suc- cessione, e se questa il 13 gennaio 1598 era stata sancita dall'imperatore Rodolfo (succeduto a Massi- miliano) per ciò che riguardava gli Stati d'investi- tura imperiale 0.84 gr. 136.5 gr- cru. t) N C u n u ■0 A) Système campanien- étrusque XX X < 0.227 gr- _ 341 gr- 3 B) Système persan- étrusque — drachme campa- nienne XX \ ^ 1 A } 0.42 gr. QUATRIÈME epoque 266 à peu près 200 av. J.-C. i t )k: \ Système étrusque . . . t XXX XX XII <• X A I et r lég< bro S3 due ' 0.55 gr. lonnaies sres de nze au ^stèrne idécimal. LE SYSTÈME MONÉTAIRE DE l'ÉTRURIE 517 à un semis, ou bien qu'un as de bronze valait deux petites litras d'argent. Il est aussi possible que le metal d evalua- tion changea selon les villes et que p. ex. à Populonia i'on acceptait un as au poids entier de Volaterae {9) pour deux litras d'argent de 0.84 gr. Ceci est aussi indiqué par le fait que les pièces au style plus développé des petites monnaies d'or à une face piane peuvent étre considérées comme ayant le mème àge que les séries lourdes de bronze, et que nous rencontrons aussi des réductions de poids dans les bronzes (9). Mais les monnaies de bronze connues jusqu'à présent ne montrent pas la méme forme complète et régulière de réduction que les monnaies d'argent. La preuve c'est qu'elles ont de bonne heure rempli le ròle de monnaie de change et n'ont servi que des interéts de commerce intérieur. Plus encore I'on regardera comme telles les monnaies de bronze légères (vo3'ez II. groupe) qui se joignent aux bronzes lourds, et qui montrent aussi une assez grande fluc- tuation du poids, de sorte que I'on ne peut décidément dé- clarer quelle piace leur revient comme monnaies de valuta à coté des monnaies d'argent. Ces monnaies furent en usage de la fin du IV* siede durant tout le cours du III* siècle ; elles prouvent donc aussi que Rome avait laissé à l'Etrurie le droit du monnayage de bronze, mème après l'émission des premières monnaies d'argent romaines. D'ailleurs, par rapport aux monnaies de bronze beaucop de questions attendent encore d'ètre décidées. Le résumé chronologique et métrologique des systèmes monétaires de l'Etrurie se trouve dans la table ci jointe : Le monnayage d'or et d'argent de l'Etrurie porte donc si bien ce caractère de la continuile, il s'est développé selon des principes si conformes des deux systèmes pondéraux en usage sur les terrains étrusques, dans les réductions des différents systèmes monétaires survenues de temps en temps règnent des principes si unis — qu'il ne peut ètre question d'une adoption d'autres S3'stèmes monétaires ou pondéraux arrivés dans le cours des temps ni d'aucun ajustage à ces derniers, comme suppose Deecke. Rome pouvait avoir pris l'unite ponderale (i. 137 gr.) qui servit de base à son nouveau système ponderai et mone- 5l8 ETIENNE KOVÀCS taire, le scripulum de l'antique livre italienne, mais elle peut aussi Tavoir adopté par Tintermédiaire de la Campanie du système monétaire étrusque. Ce serait confirmé par la tra- dition romaine qui veut que le roi Servius Tullius d'origine étrusque ait apporté l'usage de la monnaie à Rome. Si la tra- dition n'est pas authentique quant au personnage, le fait n'est pas improbable dans l'essentiel, e. à. d. que Rome pouvait bien avoir pris l'unite ponderale de l'Etrurie pour base de son système monétaire. Si les systèmes monétaires romain et étrusque s'étaient rencontrés ce n'aurait pu étre de la part de l'Etrurie qu'avec le système babylonien-étrusque : car ce dernier peut avoir la mème origine que celui de Rome, Mais il était impossible avec le système persan-étrusque qui dès le commencement eut un autre système ponderai. Cependant, le système baby- lonien-étrusque se trouve déjà au III^ siècle av. J. C. dans la forme que montrent les pièces d'or de Volsinii. Que les trois espèces des monnaies d'argent étrusques de la deuxième réduction s'accordent avec le denarius, quinarius et sester- tius romains — est une conformité qui n'existe qu'en appa- rence ; car les nominalia romains partent naturellement d'une unite plus grande, donc plus lourde. Ce qui est conforme dans les systèmes monétaire ro- main et étrusque, le regime de dix divise, n'est pas dù au hasard, mais au fait que de l'Etrurie il a passe à Rome. Etienne Kovàcs. NECROLOGIA GIUSEPPE RUGGERO. L'anno che sta per tra- montare fu, più d'ogni altro, infausto per la So- cietà Italiana di Numisma- tica. Or sono pochi mesi deploravamo la perdita del nostro carissimo Collega, il Marchese Carlo Ermes Visconti, ed oggi un altro grave lutto ci colpisce colla morte dell'altro nostro di- lettissimo Collega ed Ami- co, il Commendatore Gen. Giuseppe Ruggero, av- venuta a Roma il 14 cor- rente novembre. Era nato il 4 ottobre 1841 in Sestri Ponente. Compiuti gli studi nella R. Accademia Militare di Torino, fu nomi- nato sottotenente nell'ottobre 1859. Fece le campagne del 18601861 e 1866. Fu decorato di medaglia d'argento al valor militare " per l'ardore spiegato alla battaglia di Ca- stelfidardo ,, e di medaglia di bronzo al valore " per essersi distinto all'assedio di Gaeta „. Aveva inoltre la medaglia commemorativa delle guerre per l'indipendenza, quella com- memorativa dell'Unità d'Italia e la Croce per anzianità di servizio militare (43 anni). Prese parte alla repressione del 520 NECROLOGIA brigantaggio nell'Italia meridionale. Percorse tutta la carriera nel corpo dei bersaglieri, di cui comandava il 9° reggimento, quando la legge sui limiti d'età lo tolse dal servizio attivo- Era stato promosso Maggior Generale nel maggio 1904. Era insignito delle più alte onorificenze, e membro ef- fettivo di molte società storiche e numismatiche, tanto italiane che estere. Oltre la numismatica, che fu sempre il suo studio prediletto, si occupò di arte sotto ogni manifestazione, di mi- neralogia, di geologia, di archeologia e di paleontologia, pub- blicando anche parecchi lavori su queste scienze nelle Me- morie della Reale Accademia dei Lincei, e nel Bollettino di Paleontologia Italiana. Giuseppe Ruggero ha legato il suo nome a una quan- tità di interessantissimi lavori su monete italiane e special- mente genovesi, e tiene indubbiamente uno dei primi posti fra i più geniali e acuti numismatici moderni. Fino da gio- vane si diede a raccogliere monete genovesi, e, come risul- tato de' suoi studii, pubblicò una lunga serie di Annotazioni numismatiche genovesi, prima a Palermo (1879-81), poi nel Giornale Ligustico di Genova (1882), indi nella Gazzetta Nu- mismatica di Como (1883-85), e da ultimo nella Rivista ita- liana di numismatica (1888-98). Nel 1891 aveva pure iniziato in questa Rivista, una serie di Annotazioni numismatiche ita- liane, pubblicando una quantità di importantissime monete inedite di molte zecche, rettificando errori incorsi in varie opere, e trattando con grande acume delle più svariate qui- stioni di numismatica italiana. Egli attese a queste sue pub- blicazioni nella nostra Rivista fino al 1908, e si proponeva di continuarle, ma già da qualche anno l'incarico ricevuto da S. M. il Re di collaborare con Lui alla compilazione del Corpus nummorum italicorum gli assorbiva pressoché tutto il suo tempo disponibile, finche gli tolse affatto la possibilità di dedicarsi ad altri lavori. Il suo nome resta pertanto asso- ciato all'opera poderosa iniziata da S. M. e della quale pos siamo ora ammirare i primi due volumi. Fra i suoi studii giovanili il nostro Autore aveva sempre vagheggiato il pensiero di pubblicare una illustrazione com- pleta delle Monete di Genova, opera che mancava affatto, mentre di quella zecca esistono opere speciali, che ne trat- NECROLOGIA 52 I tane del lato economico, o che illustrano parzialmente qual- cuna delle varie epoche di quella importante monetazione, che abbraccia oltre sette secoli. Il suo amico Cornelio Desi- moni, il quale da tempo si era prefisso lo stesso compito, aveva messo insieme una quantità enorme di materiali, aiu- tato in questo lavoro da due altri distinti numismatici e rac- coglitori, l'Avv. Avignone e il Signor Franchini. D'accordo con questi, l'incarico di riordinare tutti questi materiali e di pubblicarli fu dalla Società Ligure di storia patria, affidata al Ruggero, e quindi nel 1891 uscivano le Tavole descrittive (ielle Monete della Zecca di Genova dal 1139 al 1814. Quest'opera, compilata sul tipo di quella del Cinagli sulle Monete dei Papi, riassume tutta la monetazione genovese dalla sua origine sino alla fine della Repubblica nel 1814. La descrizione è molto minuziosa, fornendo ad ogni mo- neta il peso, il diametro, il titolo, la collezione ove esiste, e opportunissime aggiunte danno notizie sulle sigle, sugli zec- chini, sulla paleografia della numismatica genovese, sulla sua bibliografia, ecc. È dunque una vera e completa illustrazione di quella Zecca. Nel 1896 il comm. Giuseppe Ruggero veniva eletto a far parte del Consiglio della Società Italiana di Numisma- tica, e del suo Comitato di Redazione, e conservò poi sempre quelle due cariche, collaborando attivamente alla Rivista, e aiutando l'opera nostra colle sue larghe vedute, coi suoi con- sigli e avvertimenti sempre pratici e opportuni. Noi che fummo legati da salda ed antica amicizia al caro Estinto, e che ab- biamo avuto campo di ammirare le sue preziose doti di mente e di cuore, ne piangiamo amaramente l'irreparabile perdita e desideriamo attestare pubblicamente alla sua desolata Ve- dova, ai Figli, alla intiera sua Famiglia, i sensi del nostro più vivo e sincero rimpianto. Milano, 18 Novembre ipii. La Direzione. 66 522 NECROLOGIA PUBBLICAZIONI NUMISMATICHE DI GIUSEPPE RUGGERO Annotazioni Numismatiche Genovesi: Moneta di Ottaviano Cainpofregoso. Palermo, 1879. Di alcune frazioni minute nella serie genovese. Ivi, anno citato. Alcune altre monete della propria collezione. Ivi, 1881. Frazioni di genovino attribuite ai primi Dogi e monete col DVX lANVE. Ivi, a. cit. Monete del doge Raffaele Adorno col numero XXIII. Ivi, a. cit. Sulla interpretazione del rovescio nel denaro minuto di Ottaviano Campofregoso. Ivi, a. cit. Di un denaro minuto attribuito erroneamente a Ludovico XII {Gior- nale Ligustico, anno IX, Genova, 1882). Grosso del Doge XXI. — 1.° Dogato col n. XIX, dal 1415 al 1421. — 2.0 Dogato col n. XXI, dal 1436 al 1443 {Gazzetta Numi- smatica, 1883, anno III, n. 9-10). Di un Genovino col numero ducale XX {Gazzetta Num., 1884, n. 2). Denari minuti del Cardinale Paolo Campofregoso {Gazzetta Numi- smatica, 1885, n. 6). A proposito dell'Aquilino imperiale di Genova {Gazz. N., 1885, n. 8). Un minuto colla leggenda lANVA Q. D. P. — Monete del Go- vernatore Agostino Adorno {Rivista Italiana di Numismatica, 1888, anno I, fase. IV). Monete del Governatore Cardinale Campofregoso. — Minuto del doge Antoniotto Adorno. — Nuova variante e considerazioni su di un minuto già edito {Riv. Ital. di Num., 1889, anno li, fase. I). Le terzarole di Carlo VI {Riv. Ital. di Num., 1889. anno II, fase. II). Ducato della Libertà del 1442-43 {Riv. Ital. di Num., 1889, anno II, fase. 111). Varianti di minuti ed una moneta inedita {Riv. Ital. di Num., 1889, anno II, fase. IV). Monete attribuite dal Gandolfi ai dogi X ed XI. — Minuti del Go- vernatore Filippo di Cleves {Riv. Ital. di Num., 1890, fase. IV). Ultimi minuti e loro multipli anepigrafi {Riv. Ital. di Num., 1892, anno V, fase. IV). Altre notizie sui ducati dei Governatori di G. G. M. Sforza. — Mo- nete nuove di Ludovico XII {Riv. Ital. di Num., 1893, fase. II). Di una grossa moneta per il Levante {Riv. Ital. di Num., 1895, anno Vili, fase. I). Di una moneta inedita del 1663 e del cambiamento di tipo nel 1637. — Diritto e rovescio nel tipo della Vergine. — Sull'antichità del genovino d'oro (Riv. Ital. di Num., 1P95, anno Vili, fase. II). li doge Isnardo Guarco ha conia'to moneta. — Nuove monete {Ri- vista Ital. di Num., 1896, anno IX, fase. I). NtckÒLÒGÌA 523 Due nuove monete {Riv. Ital. di Num., 1896, anno IX, fase. III). Del cavallotto con San Bernardo (Riv. Ital. di Num., 1898, fase. 1). Annotazioni Namìsmatlche Italiane : Un tallero di Sabbioneta [Rivista Italiana di Numismatica, 1891, anno IV, fase. III). Massa di Lunigiana. — Castiglione delle Stiviere. — Passerano. — Mirandola. — Novellara {R. 1. di N., 1894, a. VII, fase. III). Casa Savoia. — Loano. — Fosdinovo. — Zecca incerta. — Bologna. — Perugia. — Roma (/?. /. di N., 1896, a. IX, fase. III). Dezana. — Modena ed Urbino. — Correggio ? (/?. /. di N, 1897, a. X, fase. IV). Nuovo contributo alle contraffazioni del tallero olandese. — Tassa- rolo. — Monaco. — Firenze (/?. /. di N, 1898, a. XI, fase. I). Asti. — Casale. — Dezana. — Frineo. — Messerano. — Montanaro. Passerano (R. I. di N., 1902, a. XV, fase. MI). Di una singolare bajocchella di Fano. — Un tornese di San Severo. (R. I. di K, 1903, a. XVI, fase. IV). Intorno ad un motto usato in alcune monete di Vittorio Amedeo 1 (/?. /. di N, 1905, a. XVIII. fase. III). Le monete di Teramo. — Circa la monetazione Aquilana del XVI secolo. — Circa le monete Astesi con leggenda comunale {Riv. IL di Num., 1905, a. XVIII. fase. IV). Monete battute in campo dai Fiorentini e dai Pisani. — Quanto vi sia di vero nelle monete del Podestà Bonaccorso da Palude. — Della zecca aretina sotto il reggimento dei Fiorentini. — Di un denaro Lucchese dell'imperatore Lotario col nome di un nuovo duca {R. I. di iV., 1907, a. XX, fase. HI). Degli errori di attribuzione. — Un tremisse di Rachis (/?. /. di N., 1908, a. XXI, fase. I-II), Monete della Collezione privata di S. M. il Re, inedite, poco note o corrette {R. 1. di N., 1908, a. XXI, fase. IV). In collaborazione con Cornelio Desimoni : Tavole descrittive delle monete della zecca di Genova dal MCXXXIX al MDCCCXIV. Genova, 1891, con 8 tav. CARLO R. V. ERNST. Questo illustre metrologo e numismatico di Zara, nato il i.° ottobre 1833 (come si deduce dal discorso commemo- rativo pronunciato da Guglielmo Kubitschek il 4 ottobre scorso alla Società Numismatica austriaca), morì l'autunno scorso in Presburgo in casa della sua figlia più giovane Ella Zsivanovits. Lascia la famiglia nutnismatica austriaca in grave lutto, tante sono le infinite benemerenze non solo scientifiche, ma anche direttoriali e amministrative ch'egli si 524 NECROLOGIA era acquistato nel campo numismatico, e soprattutto come uno dei direttori di redazione della Numismatische Zeitschrift, della Oesterreichische Zeitschrift fiìr Bcrg-und Hiittenwesen dal 1880 al 1905 e della Jahrbuch der K. K. Bergakademien. Ufficiale di stato austriaco ancora al tempo del Governo Lombardo-Veneto nell'amministrazione della zecca, poi am- mogliato alla figlia del pittore della Corte granducale di Baden, Giovanni Grund, dalla quale ebbe due figlie e un figlio, viaggiò poi molto a Parigi, a Londra, a Milano, in molte città tedesche, e pose il fondamento di quei vigorosi studi che dovevano poi fargli un nome illustre nella scienza e nell'industria: nelle discipline numismatiche e nei lavori delle miniere. Anche quando nel 1873 fu nominato vice-direttore e l'anno dopo direttore della vendita di stato dei prodotti delle miniere, non abbandonò mai i suoi studi prediletti, spe- cialmente per quanto riguarda le questioni moderne della tecnica monetaria, nella quale divenne uno specialista e un ricercatore profondo. La Numismatische Zeitschrift poi fu la sua figlia adottiva, e può considerarsene come il fondatore e il suo continuatore dall'apparire del Monatsblati ad oggi. Lavori fondamentali suoi furono: Von Ber gwerksrnùnzen nella Oesterr. Zeitschrift fUr Berg-und Hiìttemvesen (XXXIll, 1858); Zur Geschichte der Mùnzstàtte Gunzhurg inserito nelle Mitteilungen della Società Numismatica bavarese (XII-XIII, 1893-94, pag. 154 e segg. e 3 tavole) ; Die Goldpràgung der MiÀnzstàtte Giìnzbiirg, inserito nel Monatsblatt der Niim. Gesellschaft (VI, 1893, pagine 124 e segg.); Das Mùnzwesen tmter Kaiser Franz Josef (1848-88) detto nell'assemblea della Numismatische Gesellschaft del 1*8 dicembre 1888. Serafino Ricci. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI Corpus Nummoritm Italicormn. Primo tentativo di un Cata- logo Generale delie Monete medievali e moderne co- niate in Italia o da Italiani in altri paesi. — Volume II, Piemonte, Sardegna, Zecche et oltremonti di Casa Savoia. — Roma, Tipografia della R. Accademia dei Lincei proprietà del cav. V. Salviucci, 191 1, in-4° pag. viii^oó e XLVIII tavole. Fedeli alla promessa fatta nel dettare una recensione del primo volume di quest'opera, annunziamo brevemente la comparsa del secondo. Il piacere di farlo però è vivamente amareggiato dalla perdita dell'illustre Generale Giuseppe Ruggero che ad essa aveva consacrato tutte le sue cure sapienti e la sua mirabile attività. Altri dirà di lui e delle sue benemerenze verso la nostra scienza, noi volemmo sol- tanto ricordarlo qui con affetto per rimpiangere che gli sia stata tolta la suprema soddisfazione di vedere pubblicati il terzo e quarto volume del Corpus Nummorum, nei quali con la descrizione delle monete della Liguria ci avrebbe dato il frutto del lavoro coscienzioso e appassionato di tutta la sua vita. Continuando nel sistema enunciato nelle Avvertenze che precedevano il primo, questo secondo volume del Corpus comprende le zecche del Piemonte, quelle di Casa Savoia oltremonti e quella della Sardegna. Però una nuova Avver- tenza rende ragione del trovarvisi alcune zecche di feuda- tari liguri perchè tali località appartengono ora per divi- 526 BIBLIOGRAFIA sione amministrativa a circondari del Piemonte o della Lom- bardia. Questo fatto dimostra la difficoltà di applicare esat- tamente in fatto di monete anche la distribuzione puramente geografica. Ma senza tornare sulle questioni accennate di già, rile- veremo che le monete descritte ascendono a n. 3810, delle quali 3438 appartengono a zecche del Piemonte, 2 a zecche della Casa di Savoia oltremonti e 370 a quelle della Sar- degna ; che la descrizione di esse viene fatta con la stessa coscienziosa diligenza osservata nel volume precedente, e che le riproduzioni delle monete (n. 955 distribuite in 48 ta- vole) sono riuscite alquanto migliori, specialmente le ultime, di quelle precedenti. Dopo questa occhiata generica al contenuto del volume sarebbe forse opportuno considerare quale contributo esso porti al patrimonio scientifico della numismatica italiana ac- cennando alle monete pubblicate per la prima volta o alle nuove assegnazioni e determinazioni di quelle già conosciute. Ma tale lavoro non è né agevole né breve e sorpasserebbe certamente i limiti di una recensione, ci restringeremo quindi a spigolare qua e là nelle note che siamo venuti facendo per nostro studio. Non troviamo alcuna aggiunta alle monete cognite dei Marchesi di Saluzzo per Dogliani, del vescovo di Novara per Domodossola e dei Marchesi di Monferrato per Monte- calvo ; anzi sotto il nome di questa zecca vediamo, con savio criterio, riferita soltanto la moneta che porta per esteso l'in- dicazione del luogo, venendo comprese le altre che ad essa erano attribuite, nella serie principale dei Marchesi di Mon- ferrato. Alle monete dei signori di Benevello portate già dal Promis troviamo aggiunte le imitazioni del grosso anconitano fatte conoscere dal Vitalini, e a quelle dei signori della Ci- sterna la contraffazione del quattrino di Milano pubblicata dal Ciani. Sotto la zecca di Vercelli comparisce poi per la prima volta in un libro italiano il terzo di soldo d'oro del re Longobardo Desiderio che, insieme con altri pezzi di ca- pitale importanza, venne alla luce nel famoso ripostiglio di Ilanz ne' Grigioni, al quale dobbiamo una vera rivoluzione BIBLIOGRAFIA 52? nelle cognizioni intorno alla monetazione dei Longobardi e dei Carolingi in Italia. Vediamo d'altra parte, e con ragione, definitivamente ripudiato come non genuino il grosso di Manfredi Lancia per Busca che ebbe già a trarre in inganno il Rossi ed il Premis, ed escluso dalla serie dei Marchesi Del Carretto per Cortemiglia l'imitazione del fiorino di Firenze ad essi da lungo tempo erroneamente attribuita. Attesa poi la distribuzione delle monete per officine o zecche, ci sofì"ermiamo ad accennare brevemente a quelle che vengono per la prima volta o quasi, ufficialmente in- trodotte nella numismatica italiana. Esse sono quattro : Alba, Albera, Valenza Po e Varce. Se per la prima e l'ul- tima la introduzione appare giustificata dalle monete relative che portano per esteso il nome del luogo, manca ancora qualsiasi documentazione che valga a stabilire più chiara- mente la loro essenza e, per Varce, anche la ubicazione e identificazione con la località moderna corrispondente. Per le altre due poi, la cosa, a nostro parere, va ben diversa- mente. Sotto la zecca di Albera si descrivono due monete di Carlo Settala vescovo di Tortona e Marchese di Albera, ma si dice espressamente che non furono coniate in Albera ma a Genova : e allora perchè aggiungere al lungo elenco delle officine italiane una che non è mai esistita? Si dice ancora che dette monete furono emesse senza averne il di- ritto : allora sarebbe necessario accertare se i pezzi descritti furono mai in circolazione ed ebbero per conseguenza ca- rattere e valore di monete, o non si debbano piuttosto con- siderare come tessere o medaglie. Se furono veramente mo- nete, l'emittente potè credersi autorizzato a farle coniare in quanto la città affidata alle sue cure spirituali ebbe il diritto di zecca fin da* tempi più remoti, e allora potrebbero collo- carsi sotto Tortona, non mai sotto Albera, piccolo feudo cui non era annesso il diritto di zecca e dove moneta non fu effettivamente battuta. Quanto a Valenza Po, l'unica prova della esistenza di questa nuova officina consiste nella lettura, o meglio, nella interpretazione ingegnosa data dall'Ambrosoli di una contraffazione dei bissoli di Milano, la quale, a nostro parere, rientra nella serie non piccola delle falsificazioni coeve 528 BIBLIOGRAFIA anonime, da ognuna delle quali non si può logicamente risa- lire alla esistenza di una nuova officina monetaria senza l'op- portuno corredo di altre notizie e documenti che servano a determinarne la località e sopra tutto l'autorità da cui dipen- deva, facendo diversamente ogni oscuro e clandestino labo- ratorio di falsario assurgerebbe alla dignità di zecca. Non abbiamo bisogno di ripetere che tutte le nostre osservazioni non sono vane esercitazioni di spirito critico ma dirette soltanto a mettere in rilievo i punti che meritano l'attenzione e la diligenza degli studiosi per essere meglio chiariti, cosa resa oggi assai più facile dall'abbondante ma- teriale che viene posto a loro disposizione dal " Corpus Nummorum „. Cagiati (Memmo). Le monete del reame delle Due Sicilie da Carlo I d'Angiò a Vittorio Emanuele IL — Napoli, 191 1 (tre fascicoli). Di questo importante lavoro dell'egregio numismatico sig. Memmo Cagiati, di cui già pubblicammo un saggio nell'anno corrente in questa Rivista (i), abbiamo ora sott'oc- chio tre fascicoli che comprendono la monetazione napole- tana da Carlo I d'Angiò a tutto Filippo II. Quest'opera, provveduta di eccellenti incisioni che illustrano tutti i diffe- renti tipi di quella serie, risponde a un vero bisogno e varrà, speriamo, a far meglio apprezzare questa interessantissima e svariata monetazione che fu sempre trascurata special- mente dai raccoglitori dell'Alta Italia, fors'anche perchè prima d'ora mancava un'opera complessiva che trattasse di questa parte della numismatica italiana. Nel primo fascicolo di questo lavoro, il nostro egregio Autore, premessa una ricca biblio- grafia delle monete napoletane, tratta delle monete battute nella zecca di Napoli, dagli Angioini e Durazzeschi (1266-1442); nel secondo quelle degli Aragonesi e dei Re di Francia (1442- (1) M. Cagiati. La motietaeione di Carlo VI Imperatore d'Austria {111 come Re di Spagna) in Sicilia (Rivista Ifal. di lYutu., 191 1, fase. II, pag. 209-228, fìg.). BIBLIOGRAFIA 529 1503), e nel terzo quelle della dominazione spagnuola da Elisabetta e Ferdinando a Filippo II (1503- 1598). La descrizione delle monete è molto minuta, occupan- dosi l'A. di tutte le minime varietà, che gli venne fatto di trovare, e ad ogni moneta sono citate o la collezione ove essa esiste, o l'opera che l'illustra. I disegni, eseguiti, come già dissi, egregiamente, sono intercalati nel testo, talché riesce assai facile anche ad un raccoglitore poco esperto, il riordi- nare e classificare con sicurezza le sue monete. Contemporaneamente a questo lavoro l'egregio Autore ha iniziata la pubblicazione di un piccolo periodico dal titolo // supplemento all'opera Le Monete del reame delle Due Si- cilie, ecc. In questo supplemento l'A., dopo aver descritto tutte le monete nuove o varianti giunte a sua notizia dopo la pubblicazione del suo lavoro, dà importanti notizie d'ogni genere atte ad interessare gli studiosi di numismatica. Sono biografie di nuovi autori e raccoglitori, annunci di ritrovi di ripostigli di vendite all'amichevole o al pubblico incanto, re- censioni, bibliografie, ecc. È un vero e proprio periodico numismatico. In esso poi l'A. si rivolge specialmente agli studiosi ed amatori di mo- nete napoletane, pregandoli a voler fornirgli quelle osser- vazioni che crederanno opportune sul suo lavoro, e fargli avere quelle modifiche o correzioni di cui abbisognano i suoi fascicoli, nonché le aggiunte dei tipi e delle varianti che possono essere sfuggite alla sua attenzione, ecc. Noi non sappiamo se, una volta terminato il suo lavoro, l'A. continuerà la pub- blicazione di questo Supplemento, ma lo riteniamo, giacché questo, come abbiamo detto, si può veramente chiamare un bollettino numismatico. In ogni modo noi formuliamo un voto; desidereremmo cioè che, terminata la pubblicazione, l'A. riunisse in un solo volumetto quella parte del Supplemento che comprende tutte le correzioni ed aggiunte fatte dall'A. al suo lavoro, perchè i possessori dell'opera potessero avere riunite in un sol corpo questa appendice alla descrizione generale delle monete, che ora si trova sparsa in diversi fascicoli, mista ad altre cose. Noi non dubitiamo che tutti gli amatori saranno gra- tissimi al eh. A. per la pubblicazione di quest'opera, che 67 530 BIBLIOGRAFIA riunisce in un tutto insieme quanto finora si conosceva circa l'importante serie delle monete napoletane e ci auguriamo che altri vogliano seguirne l'esempio dedicandosi ad altre zecche italiane che ancora aspettano una completa illustrazione. E. G. Cahn (D.r Julius). Mùnz-und Geldgeschichte von Konsianz und des Bodenseegebietes im Mtttelalter biz zum Reichs- mùnzgesetz von IJJ9. — Heidelberg, 191 1 (Mit io Tafeln und einer Karte). La Commissione storica badese, fino dal 1903, aveva con lodevolissimo pensiero deliberato di promuovere la com- pilazione di una storia delle zecche e delle monete di tutte le Provincie già facenti parte del Granducato di Baden, e aveva anche dettato le norme per questa pubblicazione, pre- scrivendo, in linea principale, che il lavoro fosse trattato non solo dal lato numismatico, ma anche da quello storico, eco- nomico, politico e artistico. L'incarico di questo poderoso la- voro fu affidato all'egregio numismatico dott. Julius Cahn, di Francoforte s/M. Questi, dopo aver bene studiato e ponderato la materia a trattarsi, stabilì, d'accordo colla detta Commissione, di di- videre il lavoro in cinque volumi, ed ora abbiamo sott'occhio il primo di questi, testé pubblicato, dal titolo : Storia delle zecche e delle monete di Costanza e del suo lago nel Medio- evo fino alla legge monetaria dell'impero nel ijjg. Il volume è diviso in sei capitoli, i quali, seguendo il programma predisposto, trattano la materia sotto tutti gli aspetti, e specialmente sotto quello storico ed economico. Seguono poi delle utilissime tabelle delle monete che si ri- feriscono a questo periodo, colle loro denominazioni, coi pesi, i titoli e i rapporti fra di loro, A questi tengono dietro documenti storici, privilegi, concessioni, ordini di zecca, ecc.; e finalmente la descrizione delle monete, corredata da io ni- tide tavole in eliotipia. Questo lavoro colma una vera lacuna nella numismatica del Baden, sulla quale esistevano bensì dei lavori, come quelli di Hermann Grote, di Rudolf v. Hòfkens, di H. Bu- BIBLIOGRAFIA 53 1 chenau : ma quelli del primo sono ormai invecchiati, e quelli degli altri due, buoni, ma incompleti. Ora i numismatici badesi sapranno grado al nostro Autore per aver riunito in una sola opera tutto quanto si riferisce alla storia monetaria del loro paese; e certo questo primo volume, esauriente e compilato con grande acume e perizia, farà loro desiderare di veder presto il compimento dell'importantissima pubblicazione. E. G. Pick (Behrendt)-Regling (Kurt). Die Antiken Mùmen Nord-Griechenlands unter Leiiiing voti F. Imhoof-Blumer heraiisgegeben von der Kgl. Akademie der Wissen- schaften. [Le monete antiche della Grecia Settentrionale pubblicate dalla R. Accademia delle Scienze sotto la guida di F. Imhoof-Blumer]. — Berlino, Giorgio Reiraer, 1910, in 8 grande del Voi. I, contenente la Dacia e la Mesia, è la II parte del volume, I fascicolo: Le monete di Odessos e di Tomis, con la tav. XXI di complemento, pag. 519-920 della serie. È uscito l'anno scorso con la solita signorilità e nitidezza di tipi del Reimer di Berlino questo volume, che forma il primo fascicolo della seconda parte del I volume di quella importante pubblicazione, fatta a spese della R. Accademia delle Scienze di Berlino, che illustra le monete della Grecia Settentrionale. È un volume di ben 390 pagine, di cui circa una sessantina sono dedicate dal Pick alla città di Odessos, il resto dal Regling alla città di Tomis. I chiarissimi numi- smatici tedeschi non hanno bisogno di presentazione al pub- blico della Rivista, e danno sicuro affidamento sulla bontà del metodo scientifico da loro seguito. Precede un riassunto archeologico-storico sulle due città, che è come uno sguardo d'assieme sulla loro vita, sulla loro religione, sulla loro di- vinità, e quindi sui periodi vari della loro monetazione. Segue la descrizione esatta e completa dei vari tipi di monete in ordine cronologico, di cui nell'introduzione si rag- gruppano le serie per tipi speciali alle città. Seguono note 532 BIBLIOGRAFIA relative ai tipi illustrati delle monete di Olbia e Tyra lungo la costa del Mar Nero, come anche dei re Canites. La parte che seguirà questo volume, e che formerà il secondo fascicolo della seconda parte del I volume del Corpus delle monete greche della Grecia Settentrionale, tratterà della Dacia e della Mesia, con le note e con gli indici finali. S. R. Forster (A. von). Die Erzeugnisse der Stempel-Schneidekunst imd Ph. H. Mùller's nach meiner Sammlung beschrieben und die Augsburger Stadtmunzen. — Lipsia, Karl W. Hiersemann, 1910, Un voi. di pag. 11-201. Il noto numismatico A. von Forster volle dedicarsi a uno studio speciale sulla incisione in Augsburgo, e perciò riuscì a darci un quadro completo della monetazione e della me- daglistica augsburgese. Egli divise il suo lavoro in nove parti distinte: la i.^ sulle medaglie di Augsburgo con indicazione dell'anno; la 2.^ senza indicazione dell'anno; la 3.^ circa per- sone private, la 4.* contenente monete coniate in Augsburgo, ma non appartenenti alla città. La ^^ parte comprende i di- segni della città e la ó."" le medaglie e le monete degli zec- chieri e artisti augsburgesi che non portano il disegno della città. La 7.* e la S."" parte trattano, come indica anche il ti- tolo, delle monete e delle medaglie di Filippo H. Miiller, cui segue il 9.° e ultimo capitolo sulle monete della libera città di Augsburgo. Chiude l'interessante volume (che però manca completamente di illustrazioni dichiaranti la differente rarità ed esecuzione dei pezzi), la lista delle leggende di tutte le medaglie che mancano dei numeri dell'anno e l'errata corrige. È un peccato che tanta dottrina chiara, esatta, frutto di una rara pazienza di ricerca e di un costante studio d'analisi, non possa essere degnamente apprezzata dagli stranieri, non molto conoscitori delle cose augsburgesi, appunto per l'accen- nata mancanza di tavole illustrative. S. R. BIBLIOGRAFIA 533 Lederer (D.E. phil. Philipp). Die Tetradrachmenpràgung von Segesia. — Monaco, A. Buchholz, 1910, con i tavola di illustrazioni. La venerazione al grande numismatico Imhoof-Biumer mosse questo chiaro dotto dell'antichità a trattare elegante- mente ed esaurientemente il tema interessante della conia- zione dei tetradrammi di Segesta. Dopo l'introduzione e la bibliografia numismatica, il Lederer volle dar posto a un rias- sunto storico di Segesta, dalle origini fino alla fine della co- niazione dei tetradrammi, verso il 409 a. C. Seguono la descri- zione e la critica sui tetradrammi finora conosciuti nel mondo numismatico, il che dà occasione al Lederer di citare pezzi pubblicati dal Salinas. Interessante è pure la chiusa intorno la cronologia, lo stile e le relazioni fra le coniazioni di Segesta e quelle delle altre città sicule. S. R. Supino (Camillo). // mercato monetario internazionale. — Milano, Hoepli, 1910. Un voi. di pag. vi-363. Questo volume, appartenente alla collana di studi giuri- dici e politici della Casa Hoepli, conferma ancor più il valore del valente professore di economia politica, noto come autore dei libri la Borsa e il capitale improduttivo; le crisi econo- miche; la teoria del valore; il capitale neW organismo econo- mico e nell'economia politica. Quantunque non sembri a prima vista che tale studio interessantissimo entri a far parte della numismatica propriamente detta, vi è invece intimamente connesso per ciò che riguarda la circolazione monetaria. Perciò si raccomanda a chiunque degli studiosi di numisma- tica voglia stabilire dei confronti fra il numerario metallico antico, medioevale e moderno, e dai dati storici della emis- sione e della circolazione della moneta risalire agli studi di economia politica, del valore di scambio, e di circolazione metallica, specialmente nei rapporti del diritto internazionale. S. R. 534 BIBLIOGRAFIA Studi in onore di Biagio Brugi nel XXX anno del suo insegnamento Palermo, ditta L. Gaipa, 1910, in-8 \Tamassia (IV.), Pesi e misure del- l'Italia medioevale. — Rizzoli {L. junior)^ Ripostiglio di monete conso- lari romane rinvenute a Padova presso il ponte delle Torricelle]. Anelli (Giov.), La finanza e l'ordinamento dei tributi nella teoria e nel diritto positivo italiano. Noto, tip. Tammit, 191 1, in-8, pp. 380. Seriiicola (prof. Silvio), Dei pesi, delle monete e delle misure dei Romani. Santamaria Capita Vetere, tip. del Progresso, R. Umili, 1911, in-8, pp. II. 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Gè- burtstage des Prinzregenten Luitpold von Baiern. — Die numismatischen Vorlesungen an den deutschen Universitàten im Sommersemester igii. — Neue Miinzen und Medaillen. — Literatur. — Kleine Mitteilungen. — Personalnachrichten. — Nekrolog. — Numismatische Gesellschaften. — Versteigerungen. N. 126, giugno. — Joseph (P.). Die Miinzen und Medaillen des fiirstli- chen Hauses Solms. — Ebner (d.r J.). Die Medailliure Philipp Heinrich Milller, Christian Ernst Mailer, Christoph Heinrich Miiller. — Joseph (P.). Ein letztes Wort in der Frage der jUngeren Wetterauer Kónigsbrakteaten. — Neue Miinzen und Medaillen — Personalnachrichten. — Miinzfunde. — Literatur. — Numismatische Gesellschaften. — Versteigerungen. N. 127-128, luglio-agosto. — Joseph (P.). Die Mùnzen und Medaillen des fiirstlichen und gràjìichen Hauses Solms. — Joseph (P.). Arthur Storch BIBLIOGRAFIA 54I und seine Tiermedaillen. — Joseph (P.). Zum 90. Geburtstage des Prins- regenten Luitpold von Baiern. — Kleine Mitteilungen. — Nette Mùmen und Medaillen. — Mùnzfunde. — Literatur. — Personalnachrichten. — Nekrolog. — Versteigerungspreise. N. 130, ottobre. — Stuckelberg (d/ E. A.). Nochmals die Agrippa- bronzen. — Joseph (P.). Die Miinzen und Medaillen des fùrstlichen Hauses Solnts. — Joseph (P.). Etn Hohenlohescher Ortsgulden kaiserlichen Ge- pràges. — Demole (d/ Euc). Zwei wieder aufziifindende Voltaire-Medail- len. — Kleine Mitteilungen. — Neue Miinzen und Medaillen. — Lite- ratur. — Personal Nachrichten. — Versteigerungen. N. 131, novembre. — Joseph (P.). Die Mùnzen und Medaillen des fùrsttichen Hauses Solms. — Joseph (P.). Eln Hohenlohescher Ortsgulden kaiserlichen Gepràges. — Die nutnismatischen Vorlesungen an den deut- schen Universitàten im JVi n tersemi ster igii-i2. — Neue Miinzen und Medaillen. — Literatur. — Verstetgerimgspreise. Numismatisches Literatur-Blatt. AHenstein. N. 182-185, maggio-novembre 1911. — I. hthaltsangabe det nutnisma- tischen Zeitschriften. — li. Selbstàndige Arbeiten und Au/sdtze in nicht numisntatischen Zeitschriften. — III. Mùnz-und Bùcherverzeichnisse. Mitteilungen der Oesterr. Cesellschaft fur Munz-und Me- daiilenkunde. Vienna. N. 252, maggio, 1911. — Englmann (d.' Wilhelm). Medaille und Plakette, ihre Unterschiede und kiinstlerischen Bedùrfnisse. — Zum Jubelfeste der Genossenschaft der bildenden Kunstler IViens. — Roll (K.). Fine unbe- kannie Salzburger Marke. — Renner (V. von). Welche Wege sind ein- zuschlagen zur besseren Heranbildung jungen numismatischen Nach- wuchses ?. — Neue Medaillen und Plaketten. — Vereinsnachrichten. — Verschiedenes [Eine neue Ausgabe der " Nachkommenschaftsmedaille „ des Jahres 1759 von A. Widemann und G. Ehle; Sammlung d.' Ferdi- nand Moser in Wien. N. 253, giugno. — Englmann (d/ W.). Medaille und Plakette^ ihre Un- terschiede und kùnstUrischen Bedùrfnisse [fine]. — Mùnzenfund von Mi- chelbeuern. — Vereinsnachrichten. — Verschiedenes [Auszeichnung; Wett- bewerb ; Adressànderung]. — Anzeigen, etc. N. 254, luglio. — Adam (Joseph). Die Pràgungen des Klubs der Mùnz- und Medaillenfreunde, bzw. der Oesterr. Gesellscha/t fùr Mùnz-und Me- daiilenkunde. — Miinsenfund von Bùr-Szt. Miklós in Ungarn. — Hatipt- 542 BIBLIOGRAFIA versammlurig des Gesamtverein der deutschen Geschichisvereine in Graz. — Verschiedenes [Alfred Obst edier von Artha t ; Rudolf Appel f ; Por- traitmedaillen dcr Kaiserin Elisabeth von Prof. Tauteuhayn; Schenkung an die Milnzensammlung der Stadt Wien. N. 255, agosto. — Schwerdfeger (d/ Josef). Das kaiserliche Miitiz- hatts S.t Fótten iind seine Geprdge. — Spall.art (d.' Anatol Neumann R. von). Ziir Geschichle der Jm'alidemnedaille des Jahres ijjo. — Roll (Karl). 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Poriràimedaille des Grafen Theodor Stratmann. — Die Medail- lenrarbeiten auf Franz Liszt. — Mimienfunde : Griechische Bronzemtin- zen aus Galizien. — Vereinsnachrichten. — Verschiedenes [Medaille auf den Besuch von Bosnien und der Herzogowina durch Kaiser Franz Josef im J. 1910; Plakette zur Hochzeit des Erzherzogs Karl Franz Josef mit Prinzessin Zita von Bourbon; Medaille zum hunderijàhrigen Bestehen des Melker Schulkonviktes. — Anzeigen]. Monatsblatt der Numismatischen Gesellschaft in Wien. Vienna. N. 335-336, giugno-luglio 1911. — Zambaur (Ed. v.). Die Miinzen der Chazaren. — Richter (Gustav). Japan und sein Mùnzwesen. — Ausflug der numismatischen Gesellschaft nach Baden. — Numismatische Literatur. — Verschiedenes [Walcher von Molthein f; Bronzejeton auf das lojàhrige Jubilàum der Numismatischen Gesellschaft in Budapest; Die Zwanziger sammlung des D.*^ Scholz]. N, 337-338, agosto-settembre. — Richter {G.). Japan und sein Miinz- wesen. — Gesamtverein der deutschen Geschichts-und Alterihumsvereine. — Besprechung [His;oria nummorum, del'o Htj'd, 1911J. — Verschiedenes [Rudolf Appellf; Enzenberg Medaille; Lemberg; Samuel Ilorowitz BIBLIOGRAFIA 543 Medaille ; Die Schulerausstellung der k. k. Graveur-und Medailleur akademie]. N. 339, ottobre. — Karl RUter vou Ertisi -j. — Ordentliche Versamm- lung der Wiener Numismaiischen Gesellscìiaft, 4. x. igii. — Numisma- lische Lileratur. — Verschiedenes [Warwik Wrothf; Luschin-Feier]. Numizmatikai Kòziòny. Budapest. Ili Ffizet, 191 1. — GoHi, (d/ O.). Magyar egyhàsi em/ékérmek.\. [Me- daglie ecclesiastiche ungheresi. I. Medaglie di personaggi ecclesiastici]. — Dékàni (d."" K.). 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Snoeck. — Gemengde berichten [Het Bergsche muntuis te Harderwijk; Een waarschijnlijk verloren geraakte plakket ; Muntwaarde in Holland, 1457-58; Zilver-en Goud-waarde te Antwerpen in 158 1 ; Geldersche dubbele dukaat van 1589; Verhaal van het ontstaan van den gedenkpenning op de vrijverklaring van Amerika in 1782; De Historiepenningen van Frans van Mieris in 1786]. — Jaar vergadeting gehouden te Rotterdam, 19 Juni 191 1. 4 Aflevering. — Z\vierzina (W. K. F.). Penningkundige Geschiedenis der Regeering van H. M. Koningin Wilhelniina der Nederlanden IV. — Man (G. a. de). Over door gesneden munten, naar aauleiding van eenige op het strand bij Domburg gevonden exemplaren. — Gemengde berichten [Het nieuwe muntgebouw te Utrecht ingewijd-Muntverslag 1919; Nog iets over de Pfaffenfeind-inunzen ; Zilverprijs . te Geni (1588 en 1614); De Elbinger Muntvondst; Verslag Kon. Kabinet 1910. — Jaarverslag van den Sekretaris igio. — Aanwinsten numismatische verzameling. — Aanwinsten bibliothech. — Ledenlijst. American Journal of Numismatics. New-York. N. 211, aprile-giugno 1911. - Newell (Edward T.). Reattribulion of certain Tetradrachms of Alexander the Great. — Exhibition Room of the Mint Cabinet. — Adams (Edgar H.). Privai Gold Coinage. Moffat &■ C. San Francisco. — Belden Baumann L.). The John Sanford Saltus Gold Medal. — Storer (Horatio R.). The medals, jetons, and tokens illustra- tive of the science of medicine. — Ramsdkn (H. A.). Early Chinese me- tallic currency. — Carapace Money. — The Babelou Medal. — Proceedings of the American Numismatic Society. — Obttuary [Roty, Dompierre de Chaufepié, Kowarczik, Tautenhayn]. — Book Noiices. N. 212, laglio-setteinbre. — Newell (Edward T.). Reaiiribution of certain Tetradrachms of Alexander the Great. — Wood (Howland). Mo- dem Japanese war medals and badges. — Adams (H.). 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KaNSTANTOIIOTAOr AeXxiov 'Efl'Vtxoò NofAtofiattuoó Moóoeioo; "ExS-eoic "^epl toù 'EO-vtxoù No|jLia|jLaxtx'iò NoooeiOD xal t-?]? l^taixèpac vojitoXaxtXYjt; ooXXoy"?]!: xoò 'Etì-vix navEnioxY)|iloo xaxà xò àxaSfifxXaiv.òv sxoi; 1 908- J 909. — nsptYpa» — Gabinetto Numismatico Vaticano. 574 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. Roma — Museo Nazionale Romano. Rosenberg e Sellier — Torino. San Marco (Conte di) — Palermo. Santamaria P. e P. — Roma. Scarpa Dott. Ettore — Treviso. Scheyer Joachim — Milano. Schultz Albert — Parigi. Seltman E. J. — Berkhamsted. Smithsonian Institution — Washington. Società Neerlandese di Numismatica — Amsterdam. Société d'Archeologie — Bruxelles. Société R. de Numismatique — Bruxelles. Strolin Teopisto — Schio. Tonizza P. Giacinto — Beirut. Torino — R. Biblioteca Nazionale. n — R. Museo di Antichità. Trento — Biblioteca Comunale. Vaccari Emanuele — Ferrara. Varese — Museo Archeologico. Venezia — Ateneo Veneto. ì) — R. Biblioteca Marciana, w — Museo Civico. Verona — Biblioteca Comunale. Vienna — Gabinetto Num. di Antichità della Casa Imperiale. Volterra — Museo e Biblioteca Guarnacci. Zeitschrift filr Numismatik — Berlino. Zurigo — Biblioteca Civica. INDICE METODICO D E L l' A N N O I 9 I I NUMISMÀTICA ANTICA. (Memorie e Dissertazioni). Appunti di Numismatica Romana. F. Gnecchi: XCIX. La medaglia presso i Romani (2 tav.) .... Pag. 11 C. Medaglione cerchiato di Trajano ed Étruscilla (fig.) . , 147 CI. Un Medaglione di bronzo con cerchio ed appicca- gnolo (fig.) • . . . » 149 CU. Contribuzione al Corpus Nummorum. - P - Collezione Joachim Scheyer a Milano (i tav.ì . . . . , 151 Le basi metrologiche del sistema monetario più antico del- l'Italia Media {Cout. e fine). E. J. Haeberlin . . „ 77 Contribution à la théorie des médaillons de bronze romains. Fabrication des médaillons à la théorie des médaillons à deux métaux (i tav.). R. Mowat ..... » 165 Monete romane inedite o varianti nella collezione L. Paulon di Craiova. Contributo al Corpus Nummorum Romanorum (i tav.). L. Paulon . , 185 Il tipo di Roma dei denari consolari e le sue imitazioni sulle monete delle colonie (fig.). G. Pansa „ 199 Di due ripostigli di monete di bronzo repubblicane romane (i tav.). L. Cesano , 275 1 diversi stili nella monetazione romana. L. Laffranchi : Vili. Le ultime monete romane col nome dei triumviri mone- tarii (i tav.) » 319 Un centenario numismatico nell'antichità (i tav.). L. Laffranchi „ 427 Le système monétaire de l'Etrurie, E. Kovacs . . . „ 367 Idem idem {Cent, e fine) a 489 (Varietà). Per uno studio sulle monete repubblicane in bronzo . Pag. 141 Falsificazione di monete imperiali romane . . . . „ 144 Les Médaillon attaché à une Einsegne Romaine. O. Sellman „ 409 I Medaglioni Romani . , 558 NUMISMATICA MEDIOEVALE E MODERNA. (Memorie e Dissertazioni). Le monete dei Principi di Barbiano di Belgiojoso (fig.). Emilio Motta Pag. 19 Per una vecchia questione : l'Ambrosino d'oro delia Prima Repubblica Milanese (1250-1310). A. Massi • • • » 57 576 INDICE METODICO DELL ANNO Ì9It Monete inedite o poco note della Collezione Ratto : I. Correggio (fig.) Pag. 69 II. Chambery (fig.) » 137 III. Genova (fig.) „ 484 Quattrino di Massa Lombarda proibito nel ducato di Urbino G. Castellani », 73 Moneta inedita del Re Carlo VIII di Francia coniata nella zecca di Chieti (fig.). C. Prota >, 75 La monetazione di Carlo VI imperatore d'Austria (III come re di Spagna) in Sicilia (fig.) M. Cagiati . , . . „ 209 Alcune monete inedite dei baroni di Vaud (fig.)- i-. Cora . „ 229 Studi sulla numismatica di Casa Savoia. Memoria XII. Le monete di Amedeo I di Savoia, duca d'Aosta, Re di Spagna (fig.). A. F. Marchisio „ 239 Il ritiro d'un Messo Grosso di Papa Clemente XII nel 1739. G. Della Porta „ 243 Monete e varietà inedite della collezione Cora (fig.). A. Cu- nietti-Cunietti „ 329 Le nuove monete italiane (fig.). F. Gnecchi . . . . „ 351 Monetazione di Ruggiero li Re di Sicilia (1130-1154) (fig.). A. Sambon „ 437 Su di una moneta inedita di Cesare d'Este (fig.). A. Dell'Erba „ 477 (Varietà). Un tesoretto di monete medioevali . Un tesoretto a Sant'Ambrogio di Susa Le nuove monete italiane per la Somalia Scudo monetario del Tirolo del secolo XVI Ritrovo di monete a Roma nel '500 . Angherie da parte de' Commissari sforzeschi sopra le nete in Lodi nel 1491 Sulle monete di Borgotaro, Bardi e Compiano Monete di Luigi XVI . Vendita Iklé-Steinlin . Un esempio da imitare Vendita Foresti Ultime vendite all'asta Pag 140 1, 141 » 142 ), 143 w 268 w 269 » 271 » Wl n 411 n 413 w 5.S7 n 560 MEDAGLIE E SIGILLI. (Memorie e Dissertazioni). Il sigillo di Stato di Edmondo Re di Sicilia e d'Apulia (1254-63) (fig.). E. J. Seltman Pag. 119 (Varietà). L'Italia nei Cento anni del secolo XIX Pag. 267 La più grande medaglia coniata „ 409 La Mostra medaglistica all'Esposizione Internaz. di Roma . „ 549 NECROLOGIE. Émile Caron {E. G) Pag. 125 Carlo Ermes Visconti {La Diresione) „ 245 Giuseppe Ruggero {E. G) » 5^9 Carlo R. von Ernst (S. Ricci) „ 523 INDICE METODICO DELL ANNO I9II 577 BIBLIO&RAFIA. Corpus nummorum italicorum. N. P. Pog. 127 Gohl {Edmond). La collezione di monete barbare del conte Nicolò Dessewffy a Budapest . . . . . . ^ 133 Fritse {Hans von) Gaebler {Hugo). Nomisma: Untersuchungen auf dem GebUte der antiken Munzkunde . . . . , 134 Stetiiner {Pietro). Roma nei suoi monumenti F. G. . . „ 247 Barclay (V. Head). Historia Numorum. A raanual of Greek Numismatics. La Direzione , ivi Valeniine {W. H.). Modem copper Coìns of the Muhammadan States. La Direzione „ 248 Anson (L.). Numismata Graeca. Greek Coin-Types ciassified for immediate identification. La Direzione . . . , ivi Warwich-Wroth. Catalogne of the Coins of the Vandals, Ostrogoths, and Lombards and of the empires of Tes- salonica, Nicaea, und Trebizond in the British Museum F. Gnecchi , . , 405 Corpus nummorum italicorum. N. P. „ 525 Cagiati {Memmo). Le monete del reame delle Due Sicilie da da Carlo d'Angiò a Vittorio Emanuele II. E. G. . . , 528 Cahn {dJ Julius). Milnz-und Geldgeschichte von Konstanz und des Bodenseegebietes im Mittelalter biz zum Reichs- mtlpzgesetz von 1559. E. G „ 530 Pick (BehrendtyRegling {Kurf). Die Antiken MOnzen Nord- Griechenlands unter Leitung von F. Imhoof-BIumer he- rausgegeben von der Kgl. Akademie der Wissen- schaften. S. R „ 531 Forster {A. von). Die Erzeugnisse der Stempel-Schneidekunst und Ph. H. MQller's nach meiner Sammlung beschrieben und die Augsburger StadmQnzen. S. R , 532 Lederer (D. E. phil. Philipp). Die Tetradrachmenpràgung von Segesta. S. R , • • » 533 Supino {Cannilo). Il mercato monetario internazionale. S. R. „ ivi Pubblicazioni diverse Pag- 249, 534 (Periodici di Numismatica). Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia Rassegna Numismatica Il supplemento all'opera u Le monete del Reame delle Due Sicilie „ Revue Numismatique fran9aise Revue belge de Numismatique Revue suisse de Numismatique Zeitschrift fiir Numismatik Nomisma. Untersuchungen auf dem Gebiete der antiken MQnzkunde Frankfurter MOnzzeitung Numismatisches Literatur-Blatt Mitteilungen der Oesterr. Gesellschaft far MQnz-und Me- daillenkunde Numismatische Zeitschrift Monatsblatt der numismatischen Gesellschaft in Wien Numizmatikai Kòzlóny . The Numismatic Chronicle Spink & Son's Monthly Numismatic Circular . Pag. 252. 536 253. 537 ivi 'Vi, 538 »^0 539 254. 540 255, ivi^ ivi, ivi 256. 541 ivi, ivi 257i ll/l, 542 258, 543 259, ivi ivi. ivi 73 578 INDICE METODICO DELL ANNO TQII Tijdschrift van het Koninklijk NederlandschGenootschap voor Munt-en Penningkunde Pag. 261, 544 American Journal of Numismatics „ ivi, 545 Journal International d'Archeologie numismatique „ ivi Articoli di Numismatica in Periodici diversi. . . . „ 261, 546 MISCELLANEA. Le grandi pubblicazioni numismatiche italiane 11 nuovo Museo d'Arte e di Storia a Ginevra Una nuova Società Numismatica Per Sperandio da Mantova Le j ubile décennaire de la société hongroise de numismatique Monete di Taranto L'Institut d'Estudés Catalans Nuovi acquisti per il Medagliere di Brera Furto di monete L' insegnamento superiore della numismatica alla Comm Reale per il riordinamento degli studi universitari in Italia Una Gipsoteca numismatica al Medagliere Nazion. di Brera La numismatica ai Congressi del 191 1 .... Una sezione numismatica al Congresso Internazionale d'Ar cheologia nel 1912 in Roma . . . . ■ . La grave questione del Medagliere Nazionale di Napoli Cinquant'anni di storia numismatica L'importanza dei voti numismatici all'ultimo Congresso num internaz. di Bruxelles Pubblicazioni del Congresso Internaz. di numismatica di Bruxelles Le Direzioni numismatiche in Italia Concorso a premio Collaboratori della Rivista per l'anno 1911 . . . . Elenco dei Membri della Società Numismatica Italiana e degli Associati alla Rivista per l'anno 191 1 . . . . «^ ■ 135 » 142 » 143 tvi n 265 I) 271 » IVI n 412 n 413 n 549 n- 550 n 551 n ivi n 552 553 554 556 560 565 567 Atti e Memorie della Società Numismatica Italiana. Seduta del Consiglio 15 settembre 191 1 Assemblea generale dei Soci 15 settebre 1911 Seduta del Consìglio 12 dicembre 191 1 Pag- 415 „ 418 » 561 Finito di stampare il 20 gennaio 1911. ►♦«««♦♦♦♦♦«♦♦«»*» MU wii m i>i n >i mmnMH > m «> m »MH»«H» m »«»»«*( RoMANENGHi Angelo FRANCESCO, Gerente responsabile. »••*•« *♦«**« »«•****««*♦«*• ♦♦»«W»»»Ì»»»»»« W »t M «<» «l*M»***t*M**Mfr« ««♦•»♦***« TAVOLE. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1911 Tav. 1. ^i^.^_ . ■Il FRANCESCO GNECCHI - La Medaglia presso i Romani RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1911 » Tav II. IO FRANCESCO GNECCHl - La Medaglia presso i Romani RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno igii Tav. III. ì '^ &m FRANCESCO GNECCHI — MONETE ROMANE INEDITE O VARIANTI NELLA COLLEZIONE SCHEYER A MILANO RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1911. Tav. IV. R. MOWAT - Gontributions à la théorie des Médaillons de bronze romains. Fabrication des Médaillons à deux nnetaux. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1911, Tav. V. MONETE ROMANE inedite o varianti. Nella Coli. L. Paulon di Craiova. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno XXIV. 1911. Tav. VI. PARIGI LONDRA ROMA GNEGGHI MAYER LORENZINA GESANO Di due ripostigli di monete di bronzo repubblicane romane. ■e- w» a» O - Mit. «M« RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno XXIV, 1911. Tav. VII. ■"> 4' 'i^"' -'', ^'^A^ -4^ ^ yi:iQ/' ^^. v-.,..-.y ^p ii Ì4 15 /^"^ ^8!^ .^#>^. 16 17 ^'C; 18 19 20 .-^^ir 25 21 •28 • 24 26 28 Lod. Laffranchi - I diversi stili nella monetazione romana LlOt C*L20L*»HMFFRR*mO-*IIL*lilO RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1911. Tav. Vili. ^### ^^••C^ 43 LODOVICO LAFFRANCHI: Un Centenario numismatico nell'antichità. a.X)T CAl^CUUtlI» PEKKA CJ 9 R6 V.2A Rivista italiana di numisma- tica e scienze affini PLEASE DO NOT REMOVE CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY