(logo)
(navigation image)
Home American Libraries | Canadian Libraries | Universal Library | Open Source Books | Project Gutenberg | Biodiversity Heritage Library | Children's Library | Additional Collections

Search: Advanced Search

UploadAnonymous User (login or join us) 
See other formats

Full text of "Rivista italiana di numismatica e scienze affini"

RIVISTA ITALIANA 



DI 



NUMISMATICA 

E SCIENZE AFFINI 



RIVISTA ITALIANA 

DI 

NUMISMATICA 

E SCIENZE AFFINI 

PUBBLICATA PER CURA DELLA 

SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 

E DIRETTA DA 

FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHI 



ANNO XXII - 1909 - VOL. XXII 



MILANO 
Tip.-Editrice L. F. Cogliati 

Corso P. Romana, N. 17 
1909. 



PROPRIETÀ LETTERARIA 




M.10- 



SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 



Presidente Onorario 

S. M. VITTORIO EMANUELE III 
Re d'Italia. 

Presidente 
Conte Comm. NICOLÒ PAPADOPOL1 

Senatore del Regno. 

Vige -Presidenti 

GNECCHI Comm. Francesco — GNECCHI Cav. Uff. Ercole 

Consiglieri 

GAVAZZI Cav. Giuseppe. 

MOTTA Ing. Emilio, Bibliotecario della Trivulziana. 
RICCI Dott. Serafino, Conservatore nel R. Gabinetto Numismatico di 
Brera in Milano (Vice-bibliotecario della Società). 

RUGGERO Comm. Magg. Gen. Giuseppe. 
VISCONTI March. Cav. Carlo Ermes. 

Angelo Maria Cornelio, Segretario. 



CONSIGLIO DI REDAZIONE DELLA RIVISTA PEL 1909. 

Gnecchi Francesco e Gnecchi Ercole, Direttori 

Gavazzi Giuseppe — Motta Emilio — Papadopoli C. Nicolò 

Ricci Serafino — Visconti M. Carlo Ermes. 



FASCICOLO I. 



APPUNTI 

DI 

NUMISMATICA ROMANA 



XCF. 

IL RIPOSTIGLIO D'OSTIA 

ASSI E DUPONDIO CONIATO. 




Nello scorso agosto venne trovato ad Ostia un 
ripostiglio di bronzi repubblicani, il quale constava, 
a quanto pare, di 500 a 600 pezzi. Il bottino venne 
diviso fra tre operai, ed io non ne potei avere che 
una parte; ma probabilmente la più fortunata. Fra i 
176 pezzi che mi toccarono, 175 sono assi e uno è 
il dupondio coniato, il secondo e l'ultimo dupondio 
della repubblica. 



12 



FRANCESCO GNECCHI 



Ecco la completa descrizione del ripostiglio : 

Assi senza indicazioni. Farfalla e Uva. 

N. 52, gr. 48, 46, 44, 42, 40, 39, 39, N 3) gr _ 3Ó) 36i 34 
38, 38, 38, 38, 33, 37, 37, 37, 37. 

37, 36, 36, 36, 36, 36, 35, 35, 35, Ferro di Lancia - 

34, 34, 34, 33. 3 2 > 32, 32, 32, 3 1 , N. I, gr. 39. 
31, 29, 29, 28, 28, 27, 27, 27, 27, 

26, 26, 26, 25, 25, 24, 23, 22, 22. hulmlne 

N. 1, gr. 44. 



Assi con simboli. 

N. 74 (dal 254 a. C). 

Ancora. 

N. 3, g r - 34, 25, 24. 

Astro. 

N. 1, gr. 30. 

Berretto Flamine. 

N. 4, g r - 44, 36, 34, 33- 

Bipenne - Berretto. 

N. 1, gr. 51. 

Bove e monogr. MO. 

N. 5, gr- 37, 35. 34, 33, 33- 

Cane. 

N- 1, gr. 34. 

Cinghiale. 

N. 3. gr- 43, 43, 36. 

Colonna. 

N. 1, gr. 47. 

Cornucopia. 

N. i, gr. 51. 

Corona. 

N. 2, gr. 45, 43. 

Delfino. 

N. 4, gr- 39, 37, 32, 28. 

Delfino avanti la prora. 

N. 2, gr. 33, 29. 



Grifo. 

N. 6, gr. 43, 42, 34, 34, 30, 27. 

Lupa e Gemelli. 

N. 8, gr. 37, 33, 31, 30, 29, 27, 24, 24. 

Mezzaluna. 

N. 4, g r - 46, 4 1 . 38, 34- 

Prora. 

N. 2, gr. 37, 32. 

Spiga. 

N. 3, g r - 36, 34, 34- 

Vittoria. 

N. 3, gr- 32, 32, 3 1 - 

Vittoria e Lancia. 

N. 5, gr- 43, 4°, 37, 32, 28. 
Uccello e Corona. 

N. 1, gr. 30. 

Uccello e Timone. 

N. 2, gr. 36, 34. 

Simboli incerti. 
N. 7, gr. 40, 36, 35, 35, 30, 28, 25. 

Assi con lettere e monogrammi. 

N. 49- 

LAP (monogr.). 
L. Aemilius Paullus, a. 234 a. C. 

N. 3, gr- 34, 32, 23. 

MA (monogr.). Matienus, a. 234 a. C. 
N. 6, gr. 39, 34, 32, 31, 26, 23. 



IL RIPOSTIGLIO D'OSTIA I3 



BAL (monogr.) Naevius Baibus C SAX (monogr.). 

a. 218 a. C. C. Clovius Saxula, a. 189 a. C. 

N. 4. gr- 34. 28, 27, 26. N. 4, gr. 40, 40, 40, 39. 

LPH (monogr.). L. Plautius Hypsaeus N „„„_ c Domitius Ahenobarbus 

a. 218 a. C. - N. i, gr. 30. a l6g a c _ j,. ,_ gr> 32 

ME (monogr.). Caecilius Metellus C|NA Corne|ius Cjna g g Q 
a. 217 a. C. 

N. 4, gr. 4 6, 40, 38, 37- N - 3 ' gr - 36 ' 34> 22 ' 

TAMP (mon.) Cn. Baebius Tampilius MVRENA Licinius Murena, a. 159 a. C. 



a, 



217 a C. — N. 2, gr. 44, 32. N. 4, gr. 30, 27, 23, 22. 

M TITINI, M. Titinius Q. MARI Q. Marius, a. 159 a. C. 

a. 209 a. C. - N. 1, gr. 27 . N> 3j gr# +1| 29 . 



C SCR C. Scribonius Curio 
a. 204 a. C. — N. 1, gr. 27. 



P Pestum? 
N- 4, gr. 38, 36, 28, 25. 



A CAE (monogr.). A Caecilius 

a. 189 a. C. Dupondio, a. 112? 

N. 8, gr. 36, 34, 34, 32, 29, 29, 29, 29. N. 1, gr. 45, 50. 

Negli assi, come risulta dalla datane descrizione, 
fatta una eccezione per quelli della Maria che non 
sono fra i più comuni, non v'ha nulla di raro e nulla 
di specialmente interessante. Se li ho descritti, gli è 
perchè il contorno può giovare all' illustrazione del- 
l'unico pezzo importante che vi stava frammezzo, il 
Dupondio, e dare anche argomento a qualche rifles- 
sione d'indole generale. 

Il primo dupondio romano (non tenendo conto di 
quello italico appartenente alla serie dell'asse librale 
col simbolo della ruota del peso normale di gr. 654.90), 
fu quello dell'asse trientale del peso normale di gr. 
218.30 — (l'asse primitivo essendo di gr. 327.45 e il 
trientale di gr. 109.15) ed è il solo che generalmente 
si conosca per gli esemplari, sempre abbastanza rari, 
che ci offrono le collezioni. 

Un secondo dupondio venne messo in circola- 
zione molto più tardi e fu anche l'ultimo durante la 
monetazione repubblicana. 



14 FRANCESCO GNECCHI 



Pare che quest'ultimo sia stato emesso in pic- 
colissima quantità, giacche finora tre soli esemplari 
vennero in luce e di questi uno solo, il primo com- 
parso, venne finora onorato delle discussioni dei dotti. 

Esso apparve quasi di passaggio nella collezione 
Depoletti di Roma; ma non vi apparteneva più nel 
1882 quando la collezione andò dispersa, e difatti non 
figura nel catalogo di vendita. Per lungo tempo lo si 
credette perduto; e tutti gli autori che successiva- 
mente ne trattarono non lo videro e ne parlarono 
come dell'araba fenice: 

Che vi sia ciascun lo dice, 
Dove sia nessun lo sa. 

Il Mommsen non ne conobbe che il disegno e 
ne tratta in modo poco chiaro, e direi quasi equivoco. 
Lo descrive nel suo quadro cronologico, assegnan- 
dolo al periodo 268-244 (Voi. IV, pag. 24) e lo ri- 
produce alla Tav. 21, n. 3, quasi fosse appartenente 
alla serie trientale, mentre invece nel 2 U volume 
(pag. 7 e 8 e 215) W e ancora in una nota a pag. 75 
dello stesso volume 2 ) dice chiaramente che questo 
dupondio coniato appartiene alla serie dell'asse un- 
ciale debole. 

Anche il Barone d'Ailly e il Garrucci lo clas- 
sificarono nell'asse unciale, e vi si associa il Babe- 
lon (3) e mi vi associo io pure, essendo ciò indicato 
non solo dal peso, ma anche dalla coniatura. 



(1) " Une pièce nouvellement décoiiverte est venue rectifier cette opi- 
nion (che cioè il dupondio, il tripondio e il decusse non avessero durato 
oltre l'epoca in cui l'asse era ridotto a oncie 2 %) et prouver qu'au 
nioins le dupondius a été frappé (et non coulé) à l'epoque de l'as uncial 
faible „. 

(2) "... . nous ne connaissons encore qu'un exemplaire (unique 
jusqu'ici) d'un dupondius frappé sur le pied oncial „. 

(3) Il quale, tratto in inganno dal modo, come accennai, poco chiaro, 
anzi equivoco in cui si esprime il Mommsen dice : " Mommsen regarde 



IL RIPOSTIGLIO D OSTIA 15 



Un secondo esemplare del raro dupondio apparve 
pochi anni sono sul mercato di Londra; ma non 
so ove attualmente si trovi. Ed ora il ripostiglio 
d'Ostia ne porta in luce il terzo, di cui ecco la 
descrizione: 

ì& — Testa galeata di Roma a destra, senza indicazione 

di valore. 
?! — Prora di Nave a destra e indicazione di valore II. 
Peso gr. 45,000. 

Il pezzo è riconiato su di un asse del quale sono 
ancora visibili le vestigia, sia al dritto che al rove- 
scio, senza pertanto che l' asse originario si possa 
identificare, senza cioè che si possa precisare quale 
questo sia, se fosse anonimo o se portasse qualche 
lettera o qualche simbolo ( J ). 

Dell'esemplare Depoletti venne data l' identica 
descrizione (salvo la variante del peso di soli gr. 40.150) 
primieramente dal Barone d'Ailly, poi dal Mommsen 
e infine dal Garrucci, il quale rettifica che esso venne 
riconiato non su di un asse, ma su di un semisse &). 

Bahrfeldt cita pure il detto Dupondio Depoletti 
nelle sue « Monete riconiate » (3) e, deplorandone la 



" ce dupondius cornine un dupondius faible du système triental. Mais 
" il vaut mieux le classer dans le système de l'as uncial, parcequ'il 
" est frappé et non coulé „ (Voi. I, pag. 6265). 

(1) Il conio del diritto cadde perpendicolarmente sul diritto dell'asse 
di modo che la verticale primitiva tra le due teste di Giano è ancora 
visibile appena al disotto della linea dell'occhio della nuova testa di 
Roma. Nella parte posteriore più sporgente di questa, ossia nella cuffia 
del casco, ove non arrivò il metallo nella riconiatura, è ancora visibile 
il segno I all'unione delle due teste. Il rovescio cadde invece quasi in 
senso contrario al primo conio. L'indicazione del valore riuscì sbia- 
dita per essersi incontrata in una depressione ; invece è ancora leggi- 
bile in alto a destra la parola ROMA dell'antico esergo. 

(2) Il quale aveva però i conii spostati, il diritto cioè coniato sul- 
l'antico rovescio e viceversa. 

(3) Zeitschrift /Tir Numismatik, 1891. 



l6 FRANCESCO GNECCHI 



perdita, aggiunge: « È un vero peccato, giacché così 
non si può più avere la certezza assoluta circa la sua 
autenticità monetaria. Anche il Friedlander nel Rc- 
pertorium pag. 63 ne dubita ». 

Ma il Bahrfeldt nel 1891, quando scriveva quelle 
righe, non conosceva ancora il secondo esemplare 
(quello di Londra) che vide poi e giudicò autentico, 
riconiato su di un asse anonimo. E il Bahrfeldt stesso, 
che ora lo insegna a me, ignorava che l'esemplare 
Depoletti fosse passato, vivente ancora il primo 
proprietario, nella Collezione d'Ailly, ove riposò per 
molto tempo ignorato e dove si trova anche oggidì. 
Bahrfeldt lo vide dopo il 1891 e lo giudicò autentico. 

Il dubbio ora dunque è tolto, essendo ricono- 
sciuti perfettamente autentici i tre esemplari. 

L'essere i tre esemplari di questo dupondio, non 
di coniazione originale, ma riconiati su due monete 
anteriori, potrebbe far ritenere che di questo pezzo 
non si sia fatta una vera e propria emissione; ma 
che invece la riconiatura possa quasi paragonarsi a 
una contromarca impressa quando avvenne la ridu- 
zione dall'asse se stantario all'unciale. 

Per economia di lavoro, invece di rifondere le 
vecchie monete, sugli assi o su qualunque altro 
bronzo, il cui peso corrispondesse a un dipresso a 
due oncie, si impresse col nuovo conio il valore 
di due assi, ossia il tipo del dupondio unciale. Questa 
misura probabilmente non fu che transitoria, come 
lo indica l'estrema rarità di questo dupondio. 



Volendo ora assegnare una data al nostro ripo- 
stiglio, mi trovo davanti a fatti che a me pare non 
collimino con quanto s'è finora insegnato riguardo 
all'epoca in cui avvenne la riduzione dell'asse al 



II. RIPOSTIGLIO D OSTIA 17 

peso unciale, la quale in base a quelli risulterebbe 
più recente di quanto generalmente si ammette. 

Dall'esposizione cronologica che del nostro ri- 
postiglio abbiamo dato in principio di questa me- 
moria, risulta che esso non può essere stato sepolto 
prima dell'anno 159 a. C, questa essendo la data 
degli assi più recenti in esso contenuti. E ciò non im- 
plicherebbe teoricamente nessuna contraddizione colla 
data comunemente accettata dell'anno 217 per la 
riduzione dell'asse al peso unciale. 

Tutti i numismatici sono d'accordo (caso strano!) 
su questo punto, incominciando da Plinio, e tutti, se- 
guendo il primo maestro, sono anche d'accordo nello 
spiegare tale riduzione quale ripiego alle strettezze 
finanziarie prodotte dai disastri della Trebbia e del 
Trasimeno (Hannibale urgente!) e nell'ammettere che 
tale riduzione sia stata sanzionata dalla legge flaminia. 

Ma, se noi guardiamo ai monumenti, se teniamo 
cioè conto, come pare indispensabile, dei pesi reali 
che le monete ci offrono, noi ci troviamo in grande 
imbarazzo a metterli d'accordo coi fatti accettati. 

Mentre è notorio che le monete di bronzo della 
Repubblica non raggiungono mai il peso normale o 
lo raggiungono solo eccezionalmente, nel nostro ri- 
postiglio abbiamo gli assi di A. Cecilio e di Clodio 
Saxula dell'anno 189 a. C. oscillanti fra i grammi 40 
e i 29, sempre superiori al peso di un'oncia ; e an- 
cora nell'anno 159 a C. quelli di Cornelio Cina del 
peso di 36 e 34 grammi e quelli di Licinio Murena 
e di Quinto Mario con una media assai superiore 
all'oncia e raggiungenti ancora i grammi 30, 34 e 41. 

E del resto questi pesi non sono punto speciali 
al nostro ripostiglio ; ognuno può riscontrarli in 
qualsiasi collezione. Ora è egli possibile che, oltre 
mezzo secolo dopo la promulgazione di una legge 
che decretava l'asse di 27 grammi, lo si emettesse 



FRANCESCO GNECCMI 



ancora a peso di tanto superiore e quasi vicino al 
doppio ? 

E, peggio ancora, è egli ammissibile che il du- 
pondio del peso di 40 grammi fosse emesso contempo- 
raneamente ad assi di peso equivalente o anche su- 
periore? È evidente al contrario che questo dupondio 
non poteva essere contemporaneo che a un asse al 
più unciale , e probabilmente anche più leggero ; 
il che posticiperebbe la data del nostro ripostiglio e 
quella della riduzione dell'asse unciale non solo oltre 
l'anno 217, ma benanco oltre l'anno 159 segnato 
dagli ultimi assi. 

La contraddizione tra la data accettata del 217 
per la riduzione dell'asse e i pesi accennati degli 
assi risalenti fino al 159 mi sembra tanto stridente 
da autorizzare la supposizione che vi sia uno sbaglio 
di persona, e che la famosa legge che porta il 
nome di flaminia debba attribuirsi ad altro Fla- 
minio posteriore al Console del 217. V'hanno altri 
personaggi, la cui identità non è bene stabilita ed 
Eckhel ebbe il medesimo dubbio relativamente alla 
legge Papiria : As iincialis inde a 0. Fabio usque ad 
le geni Papiriam incertum quando et a quo Papirio latani. 

Se noi dobbiamo affidarci ai pesi reali delle 
monete, i quali pare dovrebbero darci una norma si- 
cura, i primi assi veramente unciali che noi incon- 
triamo sono quelli di C. Fonteio, il quale, parecchi 
anni dopo che la coniazione degli assi era sospesa, 
la riprende nell'anno 112. 1 suoi assi presentano 
una media di circa 26 grammi, ossia sono precisa- 
mente corrispondenti nel fatto al peso normale di 
un'oncia, grammi 27,25. 

Non e a dirsi con ciò che la riduzione dell'asse 
al peso di un'oncia abbia dovuto aver luogo preci- 
samente con C. Fonteio ; ma dovrebbe essere avve- 
nuta nel periodo che corre fra il 159 e il 112. Gre- 



IL 1UPOSTIGLIO D OSTIA 1CJ 



derei probabile che essa sia stata attuata insieme al 
cambiamento avvenuto in questo periodo nel rap- 
porto fra l'argento e il bronzo, quando cioè il de- 
naro venne portato a valere non più io. ma 16 assi. 
Erano probabilmente due innovazioni che andavano 
di conserva e si completavano, e quindi furono in- 
trodotte contemporaneamente. 

Sic stantibìis rebus, e. se altri dati non vengono 
a smentire queste mie osservazioni emergenti da 
quanto mi pare risultare dai fatti e dai monumenti, 
la data della riduzione dell'asse al peso unciale an- 
drebbe ritardata di circa un secolo. 



XCII. 

RITROVAMENTI DIVERSI. 

Gli scavi di Roma quest'anno essendo stati poco 
copiosi per quanto riguarda monete inedite o molto 
interessanti, ho pensato di riunirvi quelle di alcuni 
altri ritrovamenti. Ad ogni descrizione segue l'indi- 
cazione della provenienza. Quando questa manca, 
s' intende che la moneta proviene da Roma. 

NERONE DRVSO. 
i. Medaglione d'argento Asiatico. Prima di Cohen, n. i. 

,©' - NERO CLAVD DRVSVS GERMÀNICVS IMP Testa lau- 
reata a destra. 

R) — DE GERMANIS scritto nell'arco di trionfo su cui si 
vede la statua equestre di Uruso a destra fra due 
trofei. 

(Tav. I, n. i). 

Si conoscono monete d'oro e d'argento col medesimo tipo del mo- 
numento di Druso sull'arco di trionfo e colla leggenda DE CERNI ; 



FRANCESCO GNECCHI 



ma il medaglione d'argento finora è unico. Questo medaglione, come il 
seguente n. 2 e i due denari n. 3 e 4, coniati probabilmente a Cesarea 
di Cappadocia, formavano parte di un ripostiglio trovato nel 1906 nel- 
l'Asia Minore, di cui ebbi una cinquantina di pezzi, la maggior parte 
dei quali erano medaglioni d'argento di Nerone, Claudio e Agrippina. 

CLAVDIO E NERONE. 

2. Medaglione tParg. Asiatico. Dopo Cohen, n. 1. 

& - - DIVO CLAVD AVGVST &ERMANIC PATER AVG Testa 

laureata di Claudio a destra. 
R] — NERO CLAVD DIVI CLAVD F CAESAR AVG GERM 

Testa laureata di Nerone a destra. 

(Tav. I, n. 2). 

NB. Questo medaglione (Cohen, n. 1) porta sempre al diritto la 
dicitura DIVOS. 

NERONE E AGRIPPINA. 

3. Denaro d'argento. Dopo Cohen, n. 3. 

& - NERO CLAVD DIVI CLAVD F CAESAR AVG GER- 
MANI Testa di Nerone laureata a destra. 

9 - AGRIPPINA AVGVSTA MATER AVGVSTI Busto a si- 
nistra. Dietro nel campo un doppio K. 

- (Tav. I, n. 3). 

4. Denaro d'argento. Dopo Cohen, n. 3 bis 
La stessa moneta ; ma il busto d'Agrippina è velato. 

NERONE. 

5. Medio bronzo Imperatorio. Dopo Cohen, n. 141. 

& - NERO CLAVD CAESAR AVG GER P NI TR P IMP P P 

Testa a destra. 
R) — GENIO AVGVSTI Genio di fronte volto a sinistra 
col cornucopia in atto di versare una patera su 
di un ara (senza S C). 

GALBA. 

6. Denaro d'argento. Dopo Cohen, n. 72. 
& — IMP SER GALBA AVG Testa nuda a destra. 



RITROVAMENTI DIVERSI 



UH - SALVS GEN HVMANI Figura femminile a sinistra, il 
piede poggiato su di un globo, con un timone, in 
atto di versare la patera su di un'ara. 

7. Denaro d'argento. Dopo Cohen, n. 76. 

Variante del precedente con i& — IMP SER G-ALBA 
CAESAR AVG Testa laureata a destra. 

8. Gran bronzo. Dopo Cohen, n. 138. 

& — SER GALBA IMP CAES AVG TR P Busto laureato a 

destra col paludamento. 
R) - LIBERT AVG R XL S C La Libertà a sinistra col 

berretto e lo scettro. 

(Tav. I, n. 4). 

9. Gran bronzo. Dopo Cohen, n. 240. 

,& — IMP SER SVLP GALBA' CAES AVG TR P Busto lau- 
reato a destra col paludamento. 
1? — S P Q R OB CIV SER in una corona di quercia. 

io. Medio bronzo. Dopo Cohen, n. 154. 

& — SER GALBA IMP CAESAR AVG PON MA TR P P P 

Testa laureata a destra. 
Iji — LIBERTAS PVBLICA S C La Libertà a sinistra col 

berretto e lo scettro. 

11. Medio bronzo. Dopo Cohen, n. 144. 

,&' - SER GALBA IMP CAES AVG TR P Testa laureata a 
destra. 

Jjl — VESTA (all'esergo) S C Vesta seduta a sinistra col 
palladio e lo scettro. 

ADRIANO. 

12. Vitreo. Cohen, n. 517. 

& - HADRIANVS AVG COS III P P Testa nuda a destra. 
I$l — VIRTVTI AVG L'imperatore in abito militare galop- 
pante a destra in atto di lanciare un giavellotto. 

(Tav. F, n. 5). 



FRANCESCO GNECCIII 



Questo nuovo esemplare d'uno dei migliori aurei di Adriano come 
arte e stile viene a rimpiazzare quello descritto da Cohen come già 
appartenente al Gabinetto di Francia, ma distrutto nel famoso furto 
del 1831. 

13. Medio bronzo. Dopo Cohen, n. 909. 

B' -- HÀDRIANV3 AVG COS MI PP Busto a destra col 
paludamento, testa scoperta. 

lj? — FORTVNA AVG S C La Fortuna a sinistra colla pa- 
tera e il cornucopia. 

FAVSTINA JVNIORE. 

14. Medio Bronzo. Dopo Cohen, n. 212. 
& — FAVSTINA AVG PII AVG FIL Busto a destra. 

1# — S C Diana a sinistra con una freccia e appoggiata 
all'arco. 

(Tav. I, n. io). 

15. Gran bronzo. Dopo Cohen, n. 238. 
& — FAVSTINAE AVG PII AVG FIL Busto a destra. 

\}ì — VENVS S C Venere diademata a sinistra. Tiene colla 
destra il pomo, mentre colla sinistra sostiene il 
lembo del velo. Ai suoi piedi un delfino. 

(Tav. I, n. 6). 

M. AURELIO E COMMODO. 

16. Medaglione di bronzo. Dopo Cohen, n. 2. 
■B" — M ANTONINVS AVG TR P XXIX Busto laureato e 

corazzato di M. Aurelio a destra. 

Iji — ANTONINI AVG Testa nuda di Commodo 

fanciullo a destra (anno 175 d. C). 
Mill. 36, gr. 45,50. 
11 medaglione è assai consunto, ma allo stato vergine di ritrovamento. 

LVCIO VERO. 

17. Medaglione di bronzo. Dopo Cohen, n. 109. 

,& — L AVREL VERVS AVG ARMENIACVS IMP II TR P V 

COS II Busto a sinistra in corazza visto da tergo. 
Testa scoperta. 



RITROVAMENTI DIVKRSI 23 



$ — Anepigrafo: Lucio Vero a cavallo galoppante a si- 
nistra, in atto di colpire coll'asta un armeno ca- 
duto a terra. Sotto il cavallo giace un altro ar- 
meno. Un milite a piedi segue l'imperatore, por- 
tandogli l'elmo. Al secondo piano a sinistra un 
altro milite (a. 165), 
Mill. 38, gr. 37,250. (Tav. I; ri. 7). 

NB. Di questo stesso medaglione gli scavi di Roma mi fornirono il 
primo esemplare nel 1903; ma era tanto sconservato, che la leggenda 
del diritto era totalmente scomparsa. Ne diedi quindi una descrizione 
molto incompleta nella Rivista (1904, Appunto 11. LX, tav. I, n. 3) e sup- 
posi probabile la leggenda ARMENIA al rovescio per analogia di tipo 
con altri medaglioni di L. Vero. Il secondo esemplare ora comparso, 
per quanto sia tutt'altro che di buona conservazione, permette la com- 
pleta lettura della leggenda al diritto ed esclude invece ogni leggenda 
al rovescio. 

» 
COMMODO. 

18. Medaglione di bronzo. Dopo Cohen, n. 418. 

& - M AVREL ANTONINVS COMMODVS AVG Testa lau- 
reata a destra con un lieve indizio di paludamento 
sulla spalla sinistra. 

$ — PROVIDENTIAE DEORVM (all'esergo) TR P Vili IMP 
UH COS III P P (in giro). Commodo velato a sini- 
stra accompagnato da altro personaggio in atto 
di versare la patera su di un tripode, al di là del 
quale una figura in abito militare coll'asta nella 
sinistra e la destra appoggiata a un cippo. Al 
secondo piano due alberi i cui rami s'incontrano 
formando una specie di pergolato (anno 178 d. C). 
Diam. mill. 38, gr. 45,500. (Tav. I, n. 11). 

L'esemplare che presento nella tavola è in così misero stato che 
chi lo guarda non potrà a meno di meravigliarsi che io ne dia la leg- 
genda. E avrebbe completamente ragione, poiché, se la leggenda del 
diritto da un occhio pratico può essere facilmente completata, quella 
del rovescio invece non c'è occhio umano che la possa ritrovare. Ma 
in un lontano museo, nel Museo Hunter, esiste un altro esemplare di 
questo medaglione, da poco conosciuto, infelice altrettanto e forse più 
del mio. Fortunatamente però dove più manca l'uno è dove l'altro in- 
vece è in migliori condizioni; dimodoché, se non si può dire che i due 
pezzi si completino, si aiutano però in modo sufficiente da poter rico- 



24 FRANCESCO GNECCHT 



stituire il medaglione in tutta la sua integrità. Nel mio esemplare ó 
meglio visibile la parte centrale, mentre in quello di Glasgow sono vi- 
sibili le leggende quasi scomparse nel mio e, siccome si tratta dell'iden- 
tico medaglione, prendo da quello le leggende e dal mio il tipo, retti- 
ficando la descrizione del signor Macdonald (i), il quale certamente col- 
l'esemplare che aveva sott'occhio non poteva darla più esatta. Difatti 
egli vi intravvede quattro figure mentre non sono certamente che tre, 
il che meglio risponde anche all'armonia della composizione. 

Può darsi poi, anzi ritengo che si tratti dello stesso medaglione 
che Cohen riporta da Vaillant al n. 419 (i. a ediz.) e 641 (2.» ediz.) colla 
seguente sommaria e monca descrizione : 

& — 

ty — PROVIDENTIA Tre figure sacrificanti e una quarta 
in piedi sotto un albero. 

Anche Vaillant vide quattro figure (!). Può darsi che abbia avuto 
sott'occhio l'esemplare di Glasgow, il quale nella sua sconservazione, 
per quanto riguarda il tipo e per qualche guasto prodotto dall'ossido, 
può autorizzare tale interpretazione. 

SETTIMIO SEVERO. 

19. Gran bronzo. Dopo Cohen, n. 586. 
3' — L SEPT SEVERVS PIVS AVG Testa laureata a destra. 
9 P M TR P XVII COS III P P L'Abbondanza seduta a 

destra con una ghirlanda che tiene colle due 
mani. Davanti a lei un genietto alato. Al secondo 
piano una prora di nave (a. 209). 

(Tav. I, n. 8). 

Questo rovescio è conosciuto per l'anno 210 (TR P XVIII) ed è da 
Cohen descritto al suo n. 595. 

CARACALLA E PLAVTILLA. 

20. Aureo. Cohen, n. 1. 

& - ANTON P ÀVG PON TR P V COS Busto giovanile 
laureato di Caracalla a destra col paludamento e 
la corazza. 

$ - PLAVTILLAE AVGVSTAE Busto di Plautilla a sinistra. 



(1) Roman Medallions in the Hunterian collection. Numismatic Chro- 
nicle, 1906, parte II. • 



RITROVAMENTI DIVERSI 25 

L'aureo non è nuovo e neppure molto bello ; ma fa piacere vedere 
un esemplare di questi aurei rarissimi di indiscutibile autenticità. Venne 
portato in luce dagli attuali lavori per le fondazioni del ponte Umberto I. 

(Tav. I, n. 9). 

MACRINO. 

21. Gran bronzo. Var., n. 73. 

& - IMP CAES M OPEL SEV MACRINVS AVG Busto lau- 
reato a destra col paludamento e la corazza. 

9/ — FELICITAS TEMPORVM S C La Felicità a sinistra col 
caduceo e il cornucopia. 

DIADVMENIANO. 

22. Medio bronzo. Dopo Cohen, n. 15. 

& — M OPEL ANT DIADVMENIANVS CAES Busto a destra, 
testa scoperta. 

R 1 - PRINC IVVENTVTIS S C Diadumeniano di fronte ri- 
volto a destra con un'insegna e lo scettro. A 
destra due altre insegne. 

ALESSANDRO SEVERO E MAMMEA. 

23. Medaglione di bronzo. 

& IMP ALEXANDER AVG IVLIA MAMAEA AVG MATER 

AVG Busti affrontati di Alessandro laureato con 
paludamento e corazza e di Mammea diademata. 
R) - AEQVITAS AVGVSTI I-e tre Monete, di fronte, volte 
a sinistra colle bilancie e il cornucopia. Appiedi 
di ciascuna il mucchietto di metallo. 
Diam. mill. 36, gr. 47. (Tav. I, n. 12). 

Alla prima pubblicazione del Cohen, il medaglione era sconosciuto; 
Rollin ne pubblicò poi un esemplare di sua proprietà nella seconda 
(n. 3) che poi passò nella Coli. Weber di Amburgo; ma, se ho creduto 
bene di pubblicare questo secondo esemplare, non è solo per la sua ra- 
rità, ma specialmente per la sua straordinaria bellezza. 

È a perfetto fior di conio e tutto ricoperto di una patina uniforme 
somigliante a uno smalto verde cupo. Se a ciò si aggiunge la coniatura 
perfettamente accentrata, non sarà esagerato il dire che forse è il più 
bello dei medaglioni conosciuti. 

Il tipo delle tre Monete che a una cert'epoca diventa il più comune 
fra tutti, è molto raro a questa e difatti non è che il secondo esem- 
plare conosciuto sotto il regno d'Alessandro. La figura centrale poi 



26 FRANCESCO GNECCHI 



delle tre Monete, quella che dovrebbe rappresentare l'oro, offre la rara 
particolarità di tenere le bilancie col braccio abbassato come le altre 
due, mentre generalmente lo tiene alzato. 

Il medaglione venne trovato l'anno scorso in Ungheria, e per chi 
è amante della parte annedottica, accennerò ai successivi valori attri- 
buitigli nel corso di pochi giorni. Il contadino che lo trovò fu conten- 
tissimo di venderlo a io fiorini. Il compratore lo portò a Vienna e cavò 
abbondantemente le spese di viaggio, vendendolo a ioo fiorini. Il se- 
condo compratore decuplo ancora assai facilmente il capitale impiegato, 
trovando un terzo compratore che portò il numero dei fiorini a loco.... 
Dopo di che passò nella mia collezione, non più però decuplando, ma 
semplicemente con una ragionevole provvigione. 

VALERIANO PADRE. 

24. Aureo. Cohen, n. 18 
,©' — IMP C P LIC VALERIANVS P F AVG- Busto laureato 

a destra. 
$ — APOLINI CONSERVA Apollo nudo a sinistra con un 
ramo d'alloro e la lira appoggiata a una rupe. 

(Tav. I, n. 13). 

Questo è un altro aureo che Cohen descrive come anticamente esi- 
stente al Gabinetto di Francia. L'esemplare ora venuto in luce a per- 
fetto fior di conio è circondato da un rozzo ma antico ornamento d'oro 
con appiccagnolo e sostituisce ora l'esemplare scomparso di Parigi. Venne 
trovato da un contadino in una campagna presso Parma nel 1907. 

AVRELIANO. 

25. Piccolo medaglione d'oro. Dopo Cohen, n. 2. 
& — IMP C L DONI AVRELIANVS AVG Busto radiato e co- 
razzato a destra. 

P — CONCORDIA AVG- La Concordia assisa a sinistra 
colla patera- e il doppio cornucopia. 
Diam. mill. 23, gr. 7,500. (Tav. I, n. 14). 

L'aureo è a fior di conio ; solo fu un po' guasto per un colpo ri- 
cevuto nel ritrovamento, il quale sciupò un poco il campo e le due ul- 
time lettere della leggenda del diritto. Fu trovato a Lodi verso la fine 
del 1908. 

Francesco Gnecchi. 



UNA GRIDA DI CARLO 1 
Duca di Mantova e di Monferrato per la zecca di Casale 

(16 Giugno 1629) 



DA UN FOGLIO VOLANTE STAMPATO. 

Narrano gli storici mantovani che nella notte delli 
24 venendo alli 25 dicembre dell'anno 1627 rendeva 
l'anima a Dio nel suo magnifico palazzo ducale di 
Mantova il duca Vincenzo secondo duca di Mantova 
e di Monferrato senza lasciar prole legittima ; che 
quattro ore prima di morire volle che nella sua ca- 
mera da letto, alla presenza di pochi cortigiani e 
dell'ambasciatore di Francia, monsignor Vincenzo 
Agnelli Soardi, vescovo di Mantova, unisse in ma- 
trimonio la principessa Maria Gonzaga, figlia unica 
di Francesco IV (I ), col duca Carlo di Rethel figlio 
di Carlo Gonzaga duca di Nevers, suo cugino < 2 ), 



(1) Questa principessa era figlia del duca Francesco IV, fratello 
primogenito di Vincenzo II, e di Margherita di Savoia figlia di Carlo 
Emanuele I, e quindi era sua nipote. Siccome il Monferrato era un 
feudo femminino, così, alla morte di Vincenzo senza prole, spettava a 
lei ed a suo marito quello Stato. 

(a) Il duca Carlo di Rethel era il primogenito del duca Carlo di 
Nevers, il cui padre Ludovico Gonzaga era fratello di Guglielmo X 
duca di Mantova e di Monferrato; perciò il Nevers era cugino in primo 
grado col duca Vincenzo I. ed in secondo grado con Vincenzo II, figlio 
del medesimo, e suo più prossimo parente maschile; quindi per le leggi 
della consanguineità doveva essere suo successore nel Mantovano, feudo 
maschile; col matrimonio di Maria col Rethel Vincenzo II volle riunire 
nella famiglia di suo cugino i diritti di successione al Monferrato e al 
Mantovano. 



28 GIUSEPPE GIORCELLI 



il quale Rethel già dal mese di dicembre del- 
l'anno 1625 dimorava nella corte di Mantova ; che 
il duca Vincenzo nel suo testamento dichiarava suo 
erede degli Stati di Mantova e del Monferrato il 
duca di Nevers suo cugino in secondo grado e suo 
più prossimo parente, nominando il duca di Rethel 
luogotenente di sud padre e Reggente degli Stati 
fino all'arrivo del medesimo; e che ordinava che le 
autorità e le popolazioni mantovane e monferrine 
dovessero giurare subito la fedeltà al nuovo sovrano 
nelle mani del duca di Rethel, giuramento che fu 
tosto prestato nel Mantovano, e pochi giorni dopo 
anche in Monferrato. 

Il duca Carlo di Nevers giungeva dalla Francia 
a Mantova la sera del giorno 17 di gennaio del 1628, 
trovava gli Stati devoti e tranquilli, e ne assumeva 
il governo immediatamente. Ma non passò molto 
tempo che il suo trono così dolce si mutò in un 
letto di Procuste. 

L'imperatore Ferdinando II protestò che, es- 
sendo deceduto il duca Vincenzo II senza prole, i 
suoi Stati, quali feudi imperiali, dovevano ritornare 
alla Camera Cesarea ; che essa sola poteva disporre 
dei medesimi, e dichiarare a chi spettavano ; che 
perciò l'assunzione del Nevers era illegale, e che 
egli sarebbe ricorso alle armi per scacciarlo quale 
intruso ed usurpatore. 

L'imperatore mantenne la sua parola, perchè 
nell'anno 1629, in settembre, mandava in Italia un 
esercito comandato dal conte Rambaldo di Collalto, 
e dai generali subalterni barone Mattia Galasso ed 
Aldringher, il quale riuscì funesto alla nostra cara 
patria, non solo perchè desolò le regioni, per le quali 
passò, come pure per il suo barbaro modo di guer- 
reggiare col ferro e col fuoco, ma specialmente 
perchè portò seco il contagio della peste bubbonica, 



UNA GRIDA DI CARLO I 29 

la quale sviluppatasi nel Mantovano quando nel mese 
di ottobre, cioè alla sua metà, detto esercito invase 
il ducato ed andò a cingere d'assedio la capitale. 
La peste dilagò presto per tutta l'Italia superiore 
causando una terribile mortalità W. Dopo un lungo 
assedio i tedeschi riuscirono a penetrare in Mantova 
nella notte delli 27 venendo alli 28 di luglio del- 
l'anno 1630, se ne impossessarono senza incontrare 
seria resistenza, e per tre giorni la saccheggiarono 
nel modo più barbaro che si possa immaginare. 

La famiglia ducale, sorpresa nel sonno, ebbe 
appena tempo di fuggire da Mantova pressoché in 
camicia, e riparare in Ferrara, città dello Stato Ec- 
clesiastico, donde nel 1631, dopo il Trattato di Che- 
rasco, fece ritorno in Mantova, e trovò il suo palazzo 
vuoto di suppellettili, e la città nell'estrema desola- 
zione per le uccisioni, per il saccheggio e per la 
pestilenza. 

Il re di Spagna e il duca di Savoia si lagnavano 
e si mostravano offesi perchè nella corte di Mantova 
avevano disposto della mano della principessa Maria 
senza il loro consentimento, al quale avevano diritto 
per la loro stretta parentela colla medesima (»), pro- 
testavano illegali gli atti compiuti in Mantova, e di- 
chiaravano di volere vendicarsi colle armi. 

La Spagna da assai tempo agognava ad appro- 
priarsi il Monferrato e sopratutto a possedere la 
formidabile cittadella di Casale sia perchè essa era 
la chiave strategica del Piemonte e dominava la na- 
vigazione sul Po, potendo chi ne era padrone per- 



ei) Gli orrori commessi dai soldati del Collalto nella loro calata in 
Italia, e le pietose vicende della grande pestilenza, che infierì poco 
dopo in Milano, sono descritte maestrevolmente da Alessandro Man- 
zoni nei suoi Promessi Sposi, ed illustrate da Cesare Cantù. 

(2) Catterina consorte del duca Carlo Emanuele i era sorella del 
re di Spagna Filippo III, padre del regnante Filippo IV. 



3') GIUSEPPE GIORCELLI 



mettere od impedire a suo piacimento le comunica- 
zioni fluviali del Piemonte colla Lombardia, ma spe- 
cialmente perchè questa fortezza costituiva un valido 
antemurale contro i possibili attacchi dell'audace e 
irrequieto duca Carlo Emanuele I contro lo Stato 
di Milano, perciò la Spagna afferrava con entusiasmo 
questa occasione per effettuare il suo vagheggiato 
sogno. 

Il duca di Savoia vantava dei grossi crediti sul 
Monferrato, e quindi esso pure voleva servirsi di 
questa propizia occasione per farsi pagare i detti 
crediti con ottenere tante terre, che fruttassero una 
rendita annua di 14,000 scudi d'oro. 

Il governatore di Milano Don Gonzalo di Cor- 
dova e Carlo Emanuele andarono presto intesi, defi- 
nirono quali terre dovevano spettare al duca, ed il 
rimanente del Monferrato con Casale doveva essere 
del re, col patto che ciascheduno doveva conquistare 
colle proprie armi la parte sua. Intanto i due alleati 
andavano affilando le armi, radunavano soldati e 
munizioni, e si preparavano ad entrare in campagna 
appena che la primavera lo permettesse. 

I casalesi vedendo addensarsi sul loro capo un 
nembo così terribile, benché abbandonati a se stessi, 
non si sbigottirono, ne si perdettero di animo, ma 
intrepidi e fedeli al duca Carlo attesero con alacrità 
a mettere la loro città in grado di difendersi e di 
poter resistere a qualsiasi assedio. 

La cosa pubblica in Casale e nel Monferrato 
era in quell'epoca amministrata da un Supremo Con- 
siglio di Stato, chiamato anche Consiglio Riservato 
o Segreto, il quale nell'anno 1628 era formato da 
Traiano Guiscardi, casalese, gran cancelliere di Man- 
tova e di Monferrato, personaggio di grande auto- 
rità, di una tempra di acciaio, favorevolissimo alla 
Francia, alla cui corte aveva dimorato molti anni 



UNA GRIDA DI CARLO I 31 



prima quale Presidente, poscia quale ambasciatore 
del duca di Mantova, dal marchese Tomaso Canossa, 
veronese, che aveva militato sotto i veneziani, ed 
ora era comandante generale delle armi in Monfer- 
rato, dal marchese Giacomo Valperga di Rivara, ca- 
salese,* che si era distinto nelle passate guerre del 
Monferrato, ed allora era governatore della Citta- 
della, da Alessandro Grisella, casalese, presidente 
del Senato, e da Paolo Zampolo, mantovano, presi- 
dente del Maestrato. 

Questi signori del Consiglio cominciarono con 
far costrurre sollecitamente le fortificazioni comple- 
mentari che ancora mancavano, cioè un grosso forte 
chiamato Tenaglia dalla sua forma, all'angolo nord- 
est della città, dei rivellini, delle mezzelune, delle 
palizzate, ecc. 

Poscia, siccome il presidio di Casale non supe- 
rava il numero di 600 soldati pagati, così i predetti 
signori chiamarono in città tutta la milizia del Mon- 
ferrato tanto di fanteria quanto di cavalleria, for- 
mando coi fanti quattro Terzi (Reggimento) sotto il 
comando di quattro mastri di campo (colonnelli), cioè 
il primo era guidato dal conte Ferdinando S. Giorgio, 
il secondo dal cav. Ottaviano Montiglio, il terzo dal 
commendatore (Gerosolomitano) Grisella, il quarto 
dal conte Mazzetti di Frinco. Dei cavalli ne fecero 
cinque compagnie, delle quali la prima di lanze fu 
affidata al comando del conte Gian Giacomo Sca- 
rampi di Camino e le altre di carabini a quello dei 
signori Imarisio, commissario generale, Morra, Val- 
lino e Falix. Essendo poi arrivati in città l'ambascia- 
tore francese signor de Guron con parecchi francesi, 
che avevano lasciato il servizio di Savoia, vennero 
organizzate due altre compagnie di cavalli francesi 
misti a monferrini, delle quali presero il comando il 
marchese di Beveron, che fu ucciso da un colpo di 



32 GIUSEPPE GI0RCELL1 



pistola alla gola in una sortita nei primi giorni di 
novembre dello stesso anno, e dell'altra il signor di 
Monbrun, il quale dopo la morte del Beveron fuggì 
da Casale. 

In mancanza di capaci caserme li signori del 
Consiglio collocarono i soldati nelle case dei citta- 
dini, i quali sul principio dell'assedio dovevano dare 
a cadaun soldato un boccale di vino, a metà di esso 
anche la minestra, e negli ultimi tre mesi altresì il 
pane. Malgrado che tutto ciò recasse disagio e spese 
alle famiglie, tuttavia esse sopportarono tutto con 
ammirevole abnegazione. 

In pari tempo i signori del Consiglio fecero ra- 
dunare in Casale grandi quantità di grano, vino, 
fieno, biada, paglia, ecc., per provvedere al mante- 
nimento degli uomini e dei cavalli per lungo tempo. 

Perchè le cose procedessero con ordine e sod- 
disfazione generale i signori del Consiglio deputarono 
alcuni gentiluomini per provvedere agli alloggi, altri 
per la conservazione e distribuzione dei viveri, altri 
per accompagnare le ronde notturne e vegliare che 
non nascessero .tumulti di malcontenti e traditori, ed 
all'uopo fossero prontamente respinti gli attacchi 
degli spagnuoli assedianti. 

Con queste saggie disposizioni, colla fedeltà e 
col valore dei soldati, e colla buona volontà ed abne- 
gazione dei cittadini, Casale sostenne eroicamente 
questo lungo e famoso as'sedio, che durò un anno 
meno undici giorni, meritandosi l'ammirazione e l'en- 
comio di tutta l'Europa, e sostenendo il duca Carlo 
sul suo vacillante trono. 

La Francia, che aveva favorito l'assunzione al 
trono del duca Carlo, e prometteva sempre di mandare 
un esercito in Italia per soccorrere Casale, ma non 
poteva farlo perchè era impegnata nell'assedio della 
Roccella, in grazia della resistenza di Casale ebbe 



UNA GRIDA DI CARLO I 33 

agio di prendere quella Piazza, di rinfrescare e rin- 
forzare il suo esercito, e quindi in principio di 
marzo del 1629 scendere in Italia a portare il pro- 
messo soccorso, come vedremo. 

Frattanto giunta la primavera del 1628 il duca 
di Savoia da una parte, ed il governatore di Milano 
Don Gonzalo di Cordova da un'altra invasero il Mon- 
ferrato per conquistarne cadauno quella parte che 
nel loro trattato si erano assegnata. 

Don Gonzalo, nel mese di marzo di detto anno 
1628, concentrò il suo esercito a Valenza, e nel 
giorno 28 di questo mese mandava un suo trombetta 
a Casale con una lettera per il Consiglio di Stato, 
colla quale chiedeva in nome dell' imperatore la con- 
segna in sue mani della città, del castello e della 
cittadella, con minaccia, in caso di inobbedienza, di 
prenderle colla forza. Rispose il Consiglio che i 
monferrini avevano giurato fedeltà al duca Carlo, e 
che non riconoscevano altro padrone. 

Ricevuta questa risposta Don Gonzalo fece avan- 
zare la sua truppa su Casale e nel giorno 29 suc- 
cessivo la cittadella di Casale sparava per la prima 
volta i suoi cannoni contro i nemici. 

Così cominciò questo assedio. 

La Francia nel giorno 30 ottobre del 1628 si 
impadroniva della Roccella, ed allora potè rivolgere 
il suo pensiero alle cose di Casale. 

Essa lasciò riposare le sue truppe estenuate, 
ne riempì i vuoti con nuove reclute, e finalmente in 
principio del marzo del 1629 il re col cardinale Ri- 
chelieu scendeva con un agguerrito esercito nella 
valle di Susa, e nel giorno sei di detto mese sbara- 
gliava presso Susa l'esercito ispano-savoiardo che 
gli contrastava il passo. 

Allora il duca Carlo Emanuele vedendo aperta 
la via ai francesi per invadere il Piemonte, chiese 

5 



34 GIUSEPPE GIORCELLI 



la pace e per gli uffici di madama Cristina sua nuora, 
e sorella del re di Francia Luigi XIII, l'ottenne con 
il trattato di Susa, col quale il duca di Savoia si 
impegnava di far levare l'assedio da Casale, e si 
obbligava di introdurvi una considerevole quantità 
di grano (l ). 

Nella notte del giorno 16 di questo mese di 
marzo i casalesi rimasero stupiti di non sentire il 
rombo dei cannoni, ed, appena fu giorno, corsero 
alle mura per darsene ragione; ivi con loro grande 
meraviglia e gioia immensa videro scomparse le tende 
dei nemici e deserte le loro trincere, e spingendo 
lo sguardo più lungi scorsero la cavalleria spagnuola 
che proteggeva la ritirata della fanteria e dell'arti- 
glieria, dirette tutte verso Occimiano, sulla via che 
conduce ad Alessandria. 

Così ebbe fine questo assedio glorioso per i 
monferrini ed indecoroso per la Spagna, la quale 
dopo quello smacco andò perdendo del suo prestigio, 
anzi della sua onnipotenza in Italia. 

Quell'inverno fu eccezionalmente rigido, perciò 
la povera gente di Casale andava lagnandosi di avere 
freddo e fame. I signori del Consiglio per evitare i 
possibili tumulti, che avessero a turbare il buon an- 
damento della difesa, instituirono dei pubblici scal- 
datoi servendosi dapprima della legna disponibile e 
delle canne, che erano destinate alle viti, e poi del 
legname delle cantine e di quello di alcune casupole, 
che fecero demolire. Per soddisfare alla fame i si- 
gnori suddetti fecero distribuire dalla Pia Opera della 
Misericordia ogni giorno della minestra di fave con- 



(i) Chi avesse vaghezze di conoscere i dettagli di questo assedio 
consulti la Cronaca Monferrina anni 1628 e 20 di Gian Domenico Bremio 
spedavo di Casale con prefazione e note del dott. G. Giorcelli, che si 
sta pubblicando nella Rivista di storia e di arte della Provincia di Ales- 
sandria. Alessandria, tip. della Società Poligrafica. 



UNA GRIDA DI CARLO I 35 



dite ora con sale ed olio, ora con sale e lardo, unico 
cereale che si trovasse nella città, dandone un piatto 
a quanti ne chiedevano (0. 

Con questi due espedienti quei tapini stettero 
quieti, e la difesa continuò felicemente. 

Nel mese di gennaio del 1629 insorsero fra i 
soldati ed i cittadini lo scorbuto e la dissenteria, ma- 
lattie solite nei lunghi assedii, le quali fecero molte 
vittime. Provvidero i signori del Consiglio anche a 
ciò ordinando che non si facesse più il pane con la 
crusca, ma che si dovesse usare soltanto della farina, 
distribuendo una maggior razione di vino , e mi- 
gliorando anche le minestre. Con questa migliore 
alimentazione, e coll'uso di alcuni rimedii fecero ces- 
sare quei due flagelli pericolosi. 

È notorio che per far bene la guerra tanto in 
campagna quanto negli assedii occorrono danari, 
danari e poi danari. 

In sul principio dell'anno 1628 le casse pub- 
bliche di Casale erano ben fornite, ma in seguito 
tra per i lavori fatti eseguire per completare le for- 
tificazioni e per radunare in città abbondanti prov- 
visioni di vettovaglie e munizioni da guerra, come 
pure per le paghe dei soldati, si produssero dei no- 
tevoli vuoti nelle suddette casse. Cercare di avere 
delle somme grosse dal di fuori, era un sogno. Perciò 
i signori del Consiglio, volendo ad ogni costo rifor- 
nirle, volsero un caldo appello alla cittadinanza perchè 
volesse concedere in prestito del danaro e degli ar- 
genti da convertire in moneta, promettendo che alla 
fine dell'assedio ogni oblatore sarebbe indennizzato 
completamente. Vennero deputati parecchi impiegati 
a ricevere i danari, altri a ritirare gli argenti, ed essi 



(1) Fu una anticipazione delle moderne cucine economiche. 



36 



GIUSEPPE GIORCELLI 



li notavano in appositi registri rilasciando la relativa 
ricevuta. 

I casalesi di tutte le classi sociali, il clero sia 
regolare che secolare, animati da patriottici senti- 
menti, contribuirono volonterosi portando chi danari, 
i quali erano versati presso la Camera ducale, e chi 
oggetti d'argento, che si trasmettevano alla zecca. 

Presento al lettore due pagine di quei registri (*), 



A dì 17 aprile 1628, Argenti mandati in 

Marchese Rivara Marchi 22 

Signor Guiscardi ....... „ 14 

Signor Grisella „ 33 

Conte Angelo Ardizzo „ 12 

Vincenzo Magnocavalli „ 8 

Vincenzo Gambera „ 17 

Federico Millo „ 3 

Vincenzo Natta „ 12 

Gio. Antonio Faà „ 11 

Conte Avellani „ io 

Mercurino Tarachia „ io 

Francesco Baronino „ 5 

Conte Rolando Natta „ 25 

Marc'Antonio Del Ponte .... „ 6 

Traiano Bobba „ 17 

Hippolito Magnocavalli „ 6 

Guglielmo Sannazaro „ 12 

Henrico Gambera „ 3 

Paolo Torre . . „ 2 

Rolando Francesco Dalla Valle . . „ 6 

Vespasiano Fruga, mantovano . . „ 5 

Senatore Gabioneta „ 8 

Monte di Pietà „ 8 

Camera Ducale „ 59 



zecca 



3 


12 


1 


6 


6 


— 


3 


■ — 


1 


— 


3 


— 


4 


— ■ 


1 


— 


6 


— 


2 


12 


5 


12 


1 





5 


12 


1 


8 


6 


— 


3 


— 




18 


7 


12 




12 


3 


— 



(1) Vedi Ing. Enrico Bertana : Del valore delle monete anticamente 
correnti nel Monferrato-Casale. Tipografia Casalese, 1865. Appendice se- 
conda, pag. 61 e 62. Lavoro importantissimo e troppo poco conosciuto. 



UNA GRIDA DI CARLO 



37 



Marc'Antonio Balliano Marchi — 7 15 

Hortensio Mola „ 4 3 — 

Conte Jacopo Natta „ 21 — 12 

Gio. Battista Gillone „ 3 — 18 

Marchesa Langosco „ 5 5 — 

Francesco Calori „ 16 1 12 

Conte Ardizzone „ 13 1 18 

Marchese Langosco „ 6 7 18 

Frati di S. Francesco „ 50 2 — 

Canonici di Sant'Evasio „ 53 2 4 

Antonio Faletti „ 11 — — 

Salomon Sacerdote „ 4 4 19 

Jsac Sacerdote „ 6 2 — 

Clemente „ 1 5 — 

Frati di S. Domenico „ 9 5 6 

Danari havuti da particolari in prestito : 

Marchese Canossa per doppie 450 . Spa* Sculi 2250 

Presidente Zampolo „ 500 

Secret. Martio „ 100 

Marc'Aurelio Del Ponte „ 1000 

Sig.' Genovesi per mano del Sig. Mi- 

gliavacca „ 318 

Conte Gian Giacomo (Scarampi) da 

Camino „ 236 12 

Signori Ponzoni per mano del si- 
gnor Barbotti „ 323 

Senatore Bido 100 scuti di Savoia et 

100 da fiorini 9. 
Antonio Gaspardone ducatoni 60. 

La zecca cominciò a lavorare nel mese di mag- 
gio coniando, ad imitazione delle monete del duca 
Ferdinando, quattro specie di pezzi, cioè degli scudi 
d'argento, dei cervettoni, delle cervette, e degli azza- 
lini, in nome del duca Carlo I, che furono le sue 
prime monete casalesi W. 



(1) Dopo queste monete si batterono gli scudi e mezzi scudi fidu- 
ciarii, detti ossidionali. 



38 GIUSEPPE GIORCELLI 



Se non che, o sia per la fretta e per le circo- 
stanze burrascose fra le quali lavorò la zecca, o 
perchè si volle di animo deliberato battere troppe 
monete oltre il normale, ovvero per la consueta in- 
gordigia di lucro degli zecchieri, il fatto sta che le 
suddette quattro specie di monete riuscirono man- 
canti della debita bontà. 

Però finché durò l'assedio e si trattarono gli af- 
fari fra gli abitanti di Casale, queste monete servi- 
rono ottimamente, erano date in buona fede, e veni- 
vano accettate senza difficoltà. Invece, sciolto l'as- 
sedio ed aperte le porte della città, allorché i citta- 
dini vollero usarle nei loro commerci colle provincie 
vicine, non passò molto tempo che la deficienza 
venne riconosciuta, e le quattro specie di monete 
furono rifiutate cagionando un incaglio nel commercio 
ed un danno notevole per i monferrini. Questi pre- 
sentarono le loro lagnanze alle autorità, ed i signori 
del Consiglio esposero le cose alla corte di Mantova. 
Il duca Carlo, il quale, come si era espresso in una 
sua lettera, sentiva in petto una viva riconoscenza 
per i fedeli e valorosi casalesi, vi provvide solleci- 
tamente con una Grida delli 16 giugno, colla quale 
ordinava di ritirare le nuove monete deficienti, di 
batterne delle altre buone, e di più fissava, per com- 
modo dei commercianti, il valore camerale di pa- 
recchie monete casalesi ed estere. 

La Grida è la seguente : 



« CARLO PRIMO 

u per la Gratia di Dio Duca di Mantoa, Mon- 
« ferrato, Nevers, Rethel, Umena, etc. 

« Volendo Noi per ogni modo rimediare alle 
a difficoltà che s' incontrano nei commerci, et all'ec- 



UNA GRIDA DI CARLO I 39 

« cessivo prezzo al quale sono ridutte tutte le cose 
« sotto pretesto delle nuove monete fabbricate in 
u questa Zecca durante la guerra, cioè Scuti, Cer- 
« vettoni, Cervette, et Azzalini, et di molte altre fo- 
« rastiere introdutte in questo Nostro Stato, accioc- 
« che i Nostri ben amati sudditi, usciti dal travaglio 
« della guerra, possano attendere ai loro negotii con 
« maggiore commodità et trafficare più liberamente, 
« dopo maturo consiglio et lunga deliberatione, siamo 
« venuti in risolutione di ritirare tutte le suddette 
« monete, et anco i vecchi Azzalini et Cervette, 
« et farne fare delle nuove alla rata del valore 
« delle monete d'oro et d'argento notate a pie di 
« questa. In virtù della quale ordiniamo et espres- 
« samente commandiamo a qualunque persona, di 
« qualsivoglia grado, stato, et conditione, che si tro- 
« vera havere presso di se delle suddette monete sì 
« nuove come vecchie, debba portarle dentro il ter- 
« mine di un mese dopo la pubblicatione della pre- 
« sente ai Gozani nostri Zecchieri, dai quali riceve- 
« ranno subito il giusto valore conforme alla intrin- 
« seca bontà di ciascheduna delle dette pezze, vietando 
« a chi che sia di spenderle, o contrattarle, dopo la 
« presente Grida, et di accettare, spendere, o essere 
« mezzano a cambiare monete d'oro, di argento, et 
« altre, diversamente da quello che portano le tasse 
u et limitationi infrascritte, sotto pena, in tutti li 
« suddetti casi et per ogni contraffatione, et tutte le 
« volte che contravverrà, oltre la perdita del danaro, 
« del quadruplo, et di altra maggiore, all'arbitrio 
« nostro et del nostro Consiglio Riservato, da essere 
« per due terzi applicato alla nostra Camera, et 
« l'altro terzo all'accusatore. Et finalmente Ordiniamo 
« a tutti i Mercanti, Bottigari, Artisti, Lavoratori di 
« campagna, et a qual si voglia altro Negoziante, 
« che essendosi per comune beneficio ritirato il corso 



40 GIUSEPPE GIORCELLI 



« delle monete suddette, et levata l'occasione dell'ec- 

« cessivo prezzo, cui erano ridutte le cose, debbiano 

« anch'essi, tanto nelle mercantie quanto nelle opere 

« manuali, conformarsi al Regolamento suddetto, 

« sotto pena di dieci scuti d'oro per ogni contraf- 

« faciente, et ogni volta che contravverà, oltre la 

« perdita della roba da essere applicata come sopra, 

« et a chi non avrà il modo, in tre tratti di corda, 

« commettendo al Nostro Maestrato et alli altri No- 

« stri Ministri, ai quali spetta, che per quanto sti- 

« mano la gratia nostra, facciano osservare questa 

« nostra giusta mente, et che sieno con irremissibile 

« rigore puniti li dissubbidienti, sotto la qual pena 

« vogliamo che ogni Mercante et Bottigaro sii ob- 

« bligato a tenere affissa nella sua bottega questa 

« Nostra Grida, perchè sia a tutti più nota et mag- 

« giormente osservata. 

" In Casale li 16 di giugno 1629. 

Tassa et Limitatione delle monete : 

Reali Grossi Quarti 

Doppie di Spagna et di Genova .... 62 — — 

Doppia di Fiorenza 61 3 — 

Doppia d'Italia 60 

Scuti d'oro del sole di Francia 31 4 — 

Zecchini di Venezia 34 

Ongari della buona stampa 33 

Crosazzi d'argento di Genova 27 — — 

Filippi di Milano signati, n. 100 20 

Ducatoni della buona stampa 23 

Realoni di Spagna 18 6 — 

Parpaiole di Milano — 4 — 

Scuti di Casale et Mantoa vecchi .... 14 — 
Giustine di Venezia di giusto peso ... 6 6 

Quarti di scuto d'argento di Francia ... 6 3 — 

Testoni di Francia io — 

Scuti di Savoia — 



UNA GRIDA DI CARLO I 41 



Reali Grossi Quarti 

Doppi fiorini di Savoia colà valutati grossi 

sedici 1 4 2 

Fiorini novi pur di Savoia 8 — 

Cavallotti di Savoia i 3 

Grossi di Savoia — 2 — 

Li danari che hora si fanno stampare in 
questa zecca con l'effigie di S. A. ar- 
mata da una parte, et d'all'altra l'Arme 
Ducale con le lettere Carol I, etc. . . 2 6 

Li mezzi con simile impronta 1 3 

Li danari con l'impronta di Sant'Evasio da 

una parte, et dall'altra l'Aquila ... 3 

Li Grossetti et Quarti vecchi stampati in 
questa Zecca si spenderanno al valore 
che correvano. 

« Tutte le altre monete basse non specificate 
« nella suddetta Tassa et stampate in qual si voglia 
« Zecca, non si potranno spendere, accettare, con- 
« trattare o cambiare, ma s'intendano bandite, con 
« prohibitione anco di non poterle ritenere presso 
« di se. 

" Guise ARDUS 

Luogo del Sigillo 

u Agnetus prò Secret. 

" In Casale per Cesare Goffi Stampator Ducale, MDCXXV1III „. 

Pare che i ben amati sudditi di Casale e del 
Monferrato abbiano ottemperato molto scrupolosa- 
mente a questa Grida, perchè le quattro monete 
nuove scomparvero ed oggidì invano se ne cerca 
menzione nei cataloghi di monete e nelle opere di 
numismatica, dimodoché sono considerate pressoché 
sconosciute. Perciò la presente Grida, che ce ne ri- 
fi 



42 GIUSEPPE GIORCEL1.I 



vela le vicende e di più ci dà parecchie preziose 
notizie sulla zecca di Casale e sul valore ufficiale di 
molte monete in Monferrato, a mio avviso è ben 
degna di essere ristampata e presentata agli studiosi. 
Ricorderò ai lettori, i quali non sono famigliari 
colle monete casalesi, che i cervettoni e le cervette 
sono così chiamate perchè portano sopra un campo 
un cervo che corre verso sinistra, e che gli azza- 
lini hanno questo nome perchè un lato di essi pre- 
senta lo stemma paleologo di Costantinopoli, formato 
da una croce, nei cui quattro angoli vedesi un C 
mutato poi in B, chiamato Focile od Acciarino, per- 
ciò tali monete vennero dette dialettalmente azzalini. 

Casale Monferrato. 

Dott. Giuseppe Giorcelli. 



ACQUI 



LA SUA ZECCA, LO STEMMA COMUNALE, 
IL SIGILLO VESCOVILE 



Acque turrite, onde vitali e dive 
Che del ferrato Olimpo in sen bollite, 
E aurate avete le casate rive 
Di fama adorne e di virtù fiorite. 

Ottavio Capello. 

\ Nell'anno 1877 l'illustre e compianto nummo- 
grafo Ernesto Maggiora- Vergano faceva la bella sco- 
perta di un grosso veneto o matapane del vescovo Od- 
done dei Bellingeri e, nel pubblicarlo, univa pure la 
illustrazione delle altre monete acquesi fino allora 
conosciute "». 

Ora, se l'opuscolo del Maggiora-Vergano non 
fosse divenuto così raro, che indarno se ne cerche- 
rebbe un esemplare presso i librai; e, se dopo la 
sua pubblicazione non fossero venute in luce altre 
varianti di monete acquesi, questo mio lavoro po- 
trebbe giustamente parere inutile. Null'altro eccita- 
mento adunque mi mosse a scrivere queste poche 
pagine se non il desiderio di estendere la conoscenza 
della storia e delle monete di questa rara zecca, 
mettendo a portata degli studiosi quanto su di essa 



(1) Maggiora-Vergano Ernesto: Di una moneta inedita di Acqui. 
Asti, 1877. 



44 T. COLONNELLO Al HERTO CUNIETTI-CUNIETTI 

venne pubblicato in opere rare od esaurite, analo- 
gamente a quanto già feci per la zecca di Alessan- 
dria ('), non senza aggiungere che il merito princi- 
pale, se pure in queste pagine sia merito, va ascritto 
alle dotte fatiche di coloro che mi precedettero e 
che ebbero la fortuna di scoprire i rari e preziosi 
prodotti di questa zecca. 

A rendere più agevole l' intelligenza e il riscontro 
di quanto si riferisce alla zecca, ho creduto non inu- 
tile far precedere alcuni cenni storici sulla città di 
Acqui, terminando poi il lavoro con le notizie che 
mi fu possibile raccogliere intorno allo stemma co- 
munale ed al sigillo vescovile. 



I. 



Brevi cenni storici sulla città di Acqui fino al- 
l'anno 1329 in cui si chiuse la zecca (2 \ 

Tralasciando quanto vi sia di favoloso e leg- 
gendario intorno alla fondazione di Acqui, ciò che 
poco interessa al nostro lavoro, diremo che, avuto 



(i) Cunietti-Cunietti Alberto: La zecca di Alessandria. Milano, 1908. 

(2) Opere consultate nella compilazione di questi cenni: 
Statuto civita/is Aquarum. Aquis, 1618. 

Blesi Luca Probo : Acqui città antica del Monferrato. Tortona, 1614. 
Memorie della città di Acqui, sec. XVIII, attribuite ad un sacerdote 

Gatti professore di umanità in Acqui (Ms.). 
Memorie storiche del Piemonte, considerato nei diversi popoli che l'hanno 

abitato, ricavate dalla Descrizione del Piemonte di monsignor F. A. 

Della Chiesa e continuate da *** nel 1741, le aggiunte sono di 

mons. Ignazio Della Chiesa (Ms.). 
Torre Francesco: Memorie detta città di Acqui, sec. XVIII (Ms.). 
Ughelli Ferdinando : Italia sacra. Venetiis, 1719. 
Orlandi Cesare: Delle città d'Italia. Perugia, 1770. 
Durandi Jacopo : // Piemonte cispadano antico. Torino, 1774. 



acqui: la sua zecca, lo stemma, il sigillo 45 



riguardo al proprio nome che era Ai, Aigh o Aich 
e a quello di varie terre vicine come Ovran, Lossi, 
Vison, Bestagn, ecc., essa sia da ritenersi stata fon- 
data dai Celti, anteriori ai Liguri, ravvisando radi- 
cale celtica nelle suddette denominazioni ('). Contut- 
tociò è certo che gli Stazielli poi e i Romani in 
seguito l'abbiano ingrandita, come ne fanno fede le 
innumerevoli vestigia d'antichità remotissima che 
sono state scoperte e le iscrizioni antiche, dalle quali 
ricavasi che Aigh era stato municipio romano già 
in grande splendore. 

La magnificenza d'Acqui e la celebrità delle sue 
terme andarono crescendo fino alle invasioni barba- 
riche e precisamente fino alla discesa in Italia di 
Attila, il quale ne ecclissò lo splendore, come pur- 
troppo fece di tante altre città dell'Alta Italia. 

Nel 569 Acqui fu in un colla Liguria occupata 
dal re Alboino, e nel 574 vuoisi da taluni storici, fra 
cui Paolo Diacono e il Baronio, che sia passata 
prima sotto il governo di Autari, quindi di Agilulfo 
duca di Torino e finalmente nel 636 di Rotari che 
dominava su tutto il Piemonte. 

Secondo il Baronio, Acqui dovrebbe avere ap- 
partenuto un tempo alla corte di Roma, in quanto 
detta città e suo contado fosse stata compresa con 
Tortona, Bobbio, Genova e Savona nella provincia 
delle Alpi Cozie, donata, giusta l'asserto di Paolo 
Diacono, da Ariperto II re dei Longobardi alla Chiesa 



Malacarne Vincenzo: Della città e degli antichi abitatori di Acqui. To- 
rino, 1787. 

Moriondus Jo. Bapt. : Monumenta Aquensia. Taurini, 1787. 

Biorci Guido: Antichità e prerogative di Acqui. Tortona, 1818. 

Lavezzari Giacinto: Storia d'Acqui. Acqui, 1878. 

Iozzi Oliviero: Il Piemonte sacro, voi. I. Storia delta Chiesa e dei Ve- 
scovi di Acqui. Acqui, 188 1. 

Ghilini Gerolamo: Annali di Alessandria, annotati e documentati da 
A. Bossola e da G. Iacihno. Alessandria, 1906. 
(1) Malacarne: Op. cit. 



46 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIF. TTI-CUNIETTI 

Romana. Ma il Muratori, negli Annali d'Italia, sotto 
l'anno 707, esprime l'avviso che tale donazione non 
contenesse se non un patrimonio di beni allodiali in 
questa regione, non ammettendo assolutamente che 
la città di Acqui od alcun'altra della suddetta pro- 
vincia sia stata giammai sotto il dominio del papa. 

Acqui passò poi nel 712 al nipote di Ariperto II, 
Liutprando principe buono e savio, che lasciò a quella 
città prove della sua beneficenza, e continuò coi 
successori di lui fino all'innalzamento al trono di 
Desiderio (756), sotto il quale rimase stabilmente con 
la Lombardia e la Liguria fino all'anno 774, in cui 
Desiderio ne fu spogliato da Carlo Magno per darne 
il governo a Bernardo suo nipote. 

Probabilmente Acqui sul principio del IX se- 
colo era governata dal conte Enrico o Irico, gover- 
natore della Liguria occidentale sotto Carlo Magno 
e Bernardo. 

In seguito Acqui passò insieme col regno di 
Italia e coli' impero d'Occidente a Lodovico II, pri- 
mogenito di Lotario, indi a Carlo il Calvo (875) ed 
a Carlo il Grosso (880). 

Dopo la morte di quest'ultimo (888) l' Italia soffrì 
gravi disastri per le discordie e le lotte che vi fe- 
cero scoppiare Guido e Berengario, e la città di 
Acqui ubbidiva allora a Berengario siccome re d'Italia. 
Senonchè Guido non potendo ottenere il regno di 
Francia, occupò colla violenza quello d'Italia e si 
fece l'anno 891 incoronare imperatore a Roma da 
Stefano V, che nell'anno seguente diede pure la co- 
rona imperiale a Lamberto, stato da Guido suo 
padre associato nel governo. 

La chiesa d'Acqui fu, come si vedrà, somma- 
mente beneficata dagli imperatori di Germania, che 
la onorarono di molti feudi e di ampi privilegi. Ed 
appunto all'anno 89J risale il primo diploma di do- 



acqui: la sua zecca, lo stemma, il sigillo tf 



nazione di cui si abbia notizia, donazione fatta da 
Guido re d'Italia al vescovo d'Acqui Teobaldo o 
Teodaldo o Tedaldo della chiesa di S. Vigilio firn- 
data in Corte Urba cum omnibus suis appendiciis, de- 
cimis, dominicatis eius et utriusque sexus familiis et 
suis adiacentiis (0. 

A Guido morto nell'895 era succeduto Lamberto 
ed a questo nell'898 Ludovico figlio di Bosone re 
di Arie incoronato da Benedetto IV nel 901. Dopo 
lunghe lotte fra Ludovico e Berengario, questi ri- 
mase vittorioso e si fece incoronare imperatore da 
papa Giovanni IX. Intanto molti signorotti italiani 
non potendo prevalere a Berengario e sperando di 
migliorare la loro condizione coli' intervento straniero, 
chiamarono dalla Borgogna il re Rodolfo II e si sot- 
tomisero al suo governo nel 922. Questo re, il 923 
rotto a Fiorenzuola l'esercito di Berengario, il quale 
venne assassinato in Verona l'anno seguente, si rese 
tosto padrone della Lombardia, dove regnò poco 
tempo perchè il papa ed altri principi italiani mal- 
contenti di lui, chiamarono Ugo conte di Provenza 
che fecero incoronare re d' Italia in Milano nel 926. 
Ugo sposò la famosa e potente Marozia vedova 
prima di Alberico conte di Tuscolo e poi di Guido 
duca di Toscana, vinse Arnolfo duca di Baviera che 
aveva cercato d'impadronirsi del regno d'Italia- e, 
associatosi al trono il figlio Lotario, lo fece incoro- 
nare a Milano il 932 e gli diede in sposa Adelaide 
figlia di Rodolfo. 

In quel tempo Acqui, secondo afferma lo storico 
Liutprando, fu saccheggiata dai Saraceni. 

Il Durandi (2 > inclina a credere che Acqui abbia 



(1) Questo luogo detto Orba, di cui parla anche il Muratori, doveva 
essere vicino al fiume omonimo e verso i confini dell'Alessandrino. 

(2) Durandi: Op. cit., pag. 236. 



48 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 

avuto per signori i progenitori di Aleramo caposti- 
pite dei marchesi di Monferrato, anzi che Aleramo 
stesso sia pure stato conte di Acqui, perchè esso 
era possessore di molti luoghi in quel contado e 
particolarmente per tre diplomi del 934, 938 e 967, 
aggiungendo inoltre che Acqui e il suo contado es- 
sendo stati più volte infestati dai Saraceni di Fras- 
sinetto, gli Acquesi non solo li respinsero, ma nel 
933 ne trucidarono intieramente la squadra ed il loro 
barbaro condottiero Sagitto ; ciò fu mercè la prudenza 
e il valore del suddetto Aleramo. 

Lo storico Malacarne dubita che Aleramo sia 
stato conte di Acqui, osservando che a ciò mal si 
apporrebbe che undici anni appena dopo la investi- 
tura avuta da Ottone I di diversi feudi nel contado 
acquese, Aleramo ne venisse spogliato da Ottone II 
per investirne Benedetto vescovo di Acqui, e perchè 
non parrebbe che i discendenti di quel marchese vi 
avessero mai più esercitata giurisdizione diretta fino 
all'anno 1278, in cui gli Acquesi si diedero a Gu- 
glielmo VII marchese di Monferrato. 

Sta però di fatto che nel 938 Aleramo ricevette 
dai re Ugo e Lotario l'investitura in Pavia della lo- 
calità denominata Foro e che Berengario II l'anno 950 
affidò ad Aleramo il governo della nuova marca 
composta dei tre comitati riuniti di Vado, Acqui e 
Monferrato W. 

Ugo e Lotario concedettero al vescovo Ristaldo 
tutti i diritti goduti dalla pieve di Calamandrana, e 
certo Walpert Clerico nipote di Bodone già vescovo 
di Acqui gli fece la donazione nell'anno n° del regno 
di Ugo e 5 di quello di Lotario di una certa casa 
e di poderi situati nella regione detta Calamagna ; 



(1) Giorcelli Giuseppe: Cronaca del Monferrato in ottava rima del 
marchese Galeotto Del Carretto, nota A. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 49 



la qual cosa dimostra sempre maggiormente che 
Acqui fosse dipendente da Ugo e da Lotario. 

A questi erano succeduti Berengario II e suo 
figlio Adalberto (951) che venivano tosto spogliati 
del regno da Ottone I, ma l'anno seguente lo riacqui- 
starono e lo conservarono fino alla terza discesa in 
Italia, di Ottone il 961, nel quale anno Ottone veniva 
incoronato in Milano re d'Italia e Berengario II fatto 
prigioniero. 

Acqui era dunque passata da quell'anno alla 
dipendenza di Ottone I, ed invero esiste una perga- 
mena relativa alla donazione di una casa in Acqui 
fatta da Valfredo alla chiesa acquese, di cui era 
allora vescovo Gottofredo nell'anno 7 dell'impero 
di Ottone I e di suo figlio Ottone II. 

Ottone II poi nel 978 diede il dominio di tutta 
la città e territorio di Acqui al vescovo Benedetto, 
giurisdizione che si estendeva per tre miglia all'in- 
torno e delle ville Gamalero, Vesime, Cavatore. 
Terzo, Strevi, Cassine, Visone, Morbello, Pareto, 
Grognardo, Mioglia, Melazzo, Cartosio, Castelnuovo 
detto Frumenziano, Bistagno, Alice, Montabone, Roc- 
chetta Palafea ed altri, colle relative decime e per- 
tinenze ( T >. 

Oltre a questo si conosce un diploma di Ot- 



(1) Riguardo a queste donazioni occorre osservare che in genere 
gl'imperatori erano assai liberali nel concedere la stessa cosa oggi ad 
uno e domani ad un'altro, lasciando poi che chi più poteva si facesse 
valere l'investitura. Per esempio Carlo IV nell'anno 1364 con un di- 
ploma pomposo quanto mai dire si possa, concedette a Guido vescovo di 
Acqui tutto il paese inler Tanagrum et Burmidam coi diritti di caccie, 
pesche, bandi, fodro, duello, moneta e tutti quanti gli altri diritti regali, 
coll'autorità di fare ed ordinare tutte quelle cose quae nos Carolus Im- 
pera/or nostrique successores possemus de magna nostra Romana Impe- 
ratoria et absolnta plenitudine potestatis, quando però gran parte di questo 
paese aveva egli stesso conceduto dieci anni prima al marchese Gio- 
vanni di Monferrato. 



50 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUN 



tone III del 996 dato in Cremona a favore del ve- 
scovo Primo, e un diploma di Enrico III del 1040 
dato in Ratisbona a favore del beato Guido di Acque- 
sana (0 vescovo e cittadino di Acqui esso pure, nei 
quali diplomi gli imperatori concedono districtionem 
urbis Aquensis intrinsecus et extrinsecus per tria mil- 
itarla circumquaque. 

Da tuttociò si vede come gli imperatori ave- 
vano sottomessa la città al dominio del proprio ve- 
scovo, ma nel contempo la città aveva giurisdizione 
e signoria sopra diverse comunità e luoghi circon- 
vicini e si era fatto ancor essa i suoi vassalli, fra i 
quali si annoveravano i marchesi di Ponzone, quelli 
del Bosco, i Malaspina ed altri, sapendosi dal Blesi ( 2 ) 
esistere un istromento d'investitura del marchesato 
di Ponzone, al terzo marchese degli Aleramidf, col 
giuramento di fedeltà prestato dal medesimo ai con- 
soli di Acqui. 

Nell'anno 991 venne stipulato nel castello di 
Visone l' atto della fondazione del monastero di 
S. Quintino di Spigno per opera del marchese An- 
selmo, figlio del marchese Aleramo e di Gerberga 
figlia di Berengario II, per ottemperare al voto del 
fratello minore marchese Oddone, morto prima di 
aver potuto effettuare il suo disegno. Da questo 
stromento rogato dal notaio Gervino risulta che il 



(1) Acquesana, dicono taluni, fra cui il Biorci, era tutt'altro che 
Acqui e, pur essendo un luogo assai celebre nella storia del nostro 
Monferrato, si cercò invano di determinarne l'ubicazione. Quest'incer- 
tezza fece a taluni supporre che quel luogo fosse stato distrutto nel 
fondare Nizza circa l'anno 1235, ma ciò è insussistente. È da ritenersi 
essere, piuttosto che una determinata località, un aggregato di diversi 
luoghi, come risulta dall'atto di dedizione passato l'anno 1203 da quelli 
dell'Acquesana agli Alessandrini, dove appare come quell'Acquesana 
fosse appunto un aggregato di varie terre poste nella valle del Belbo 
(Lavezzari : Storia d'Acqui, pag. 28). 

(2) Blesi: Op. cit.. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 51 

marchese Anselmo e gli altri della sua famiglia nel 
medesimo menzionati essendo padroni della contea 
di Acqui, mettevano al governo della medesima un 
conte, che presiedeva agli atti pubblici e che nel 991 
tal conte era Gaidaldo; che probabilmente la città 
di Acqui o • non era compresa nella giurisdizione 
dei signori suddetti o non era ancora risorta dall'ec- 
cidio sofferto dai Saraceni verso il 933, epperciò il 
conte ed i signori risiedevano a Visone. 

Alla morte di Ottone III (1002) era stato eletto 
e coronato re d'Italia Arduino marchese d'Ivrea. 
Tale incoronazione spettava di celebrare ad Arnolfo 
arcivescovo di Milano allora assente, e, non essendo 
stata a lui riservata, fu causa di turbolenze gravis- 
sime ed affrettò la discesa in Italia di Enrico II in- 
vitato da Arnolfo per togliere il regno ad Arduino. 
Questi sconfisse un esercito tedesco, ma il 1004 
scese Enrico e Arduino fu abbandonato dai suoi, 
mentre Enrico veniva incoronato a Pavia. 

L'anno 1015 Arduino spontaneamente si spogliò 
dei suoi stati che furono retti da Enrico II incoronato 
imperatore l'anno 1014 a Roma da Benedetto VII. 

Gli successe Corrado II il Salico nel 1024. In 
quest'anno furono fatte altre donazioni alla chiesa di 
Acqui essendo vescovo Dudone li. A questo era 
succeduto S. Guido d'Acquesana che aveva ricevuto, 
come già si è detto, l'anno 1040 dall'imperatore En- 
rico III il governo tanto della città quanto della 
contea; ma tutto egli cedette alla chiesa sua catte- 
drale stata da lui riedificata. 

Il XII secolo comprende un'epoca gloriosa per 
le città italiane per la libertà in cui si posero le po- 
polazioni. Cominciarono le città marittime a darne 
l'esempio approfittando della lontananza degli impe- 
ratori e delle loro brighe in Germania e coi ponte- 
fici. A queste tennero dietro le città del centro della 



52 T COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 



Lombardia: le scomuniche lanciate dai papi agli 
Enrici IV e V furono il mezzo a cui ricorsero la 
maggior parte delle città per sottrarsi all'ubbidienza 
degli imperatori e dei loro vicari. Le città poi che 
erano governate dai vescovi, riguardavano la giuri- 
sdizione civile di essi e la parte che essi prendevano 
nei pubblici e privati affari come contraria alla di- 
gnità sacerdotale ed all'adempimento dei doveri ve- 
scovili; epperciò la più parte di dette città si po- 
sero a spogliare del temporale dominio i vescovi, 
cosicché tutte quasi le città di Lombardia si trova- 
rono alla metà del XII secolo in grado di reggersi 
da se a governo popolare. 

La città di Acqui era passata dal dominio del 
conte al dominio del vescovo, imposto questo dagli 
imperatori come già si è detto e quindi il vescovo 
poteva riguardarsi come il vero vicario imperiale. 
Nei diplomi d'investitura vedesi difatti il vescovo 
chiamato dagli imperatori princeps noster carissimus, 
onde ne venne ai vescovi di Acqui il titolo di prin- 
cipe del Saero Romano Impero. 

Contuttociò la giustizia era amministrata dai 
consoli, i quali, eletti dal Comune, ricevevano 1' in- 
vestitura dal vescovo. Siccome nel trattato di Co- 
stanza per la pace stipulata fra Federico Barbarossa 
e i comuni lombardi vi era la clausola che nelle 
città dove il vescovo aveva il temporale dominio e 
i consoli da lui prendevano l'investitura, si conti- 
nuasse in tale uso, non può affermarsi, come osserva 
il Muratori, che tutte le città lombarde si fossero 
interamente sottratte alla civile giurisdizione del 
vescovo. 

Riguardo ad Acqui nulla si sa di positivo per 
la totale mancanza di documenti. Quello che è si- 
curo si è che nei secoli posteriori non si trova più 
vestigia di civile giurisdizione del vescovo sulla città, 



ACQUI : LA SUA ZECCA, IO STEMMA, II. SIGILLO 53 



sebbene esso continuasse a possedere castelli e feudi 
e a godere del diritto di battere moneta, di pedag- 
gio, del fodro, di un macello, di curadia, nonché di 
una porzione di dominio signorile sulle mura della 
città o castello; e non ostante che continuasse pure 
ad influire sulle pubbliche deliberazioni, non valen- 
dosi però se non di blandi suggerimenti o consigli 
invece che di ordini o comandi. 

È quindi da ritenersi che gli Acquesi accettas- 
sero il parere e il consiglio del vescovo circa gli 
affari importanti, non facessero guerra o pace senza 
renderlo partecipe, ma si governassero a forma di 
repubblica con consiglio proprio e relative cariche 
dipendenti ('). 

Dopo la morte del vescovo S. Guido (1067) i 
suoi successori, trovandosi più ricchi per le grandi 
donazioni fatte alla chiesa e per conseguenza più 
potenti, non mancarono di influire sul temporale e 
sul politico della città e del contado acquese ora 
per sostenere i propri diritti od accrescerli, ora per 
difendere quelli della città stessa, e seppero mante- 
nere per tutto quel secolo alto il lustro e la consi- 
derazione della città presso le circonvicine, che si 
gloriavano di averla per alleata, specialmente quelle 
che seguivano le parti dell'imperatore, al quale Acqui 
sempre fu fedele. 

Al principio del secolo XII gli Acquesi, gover- 
nati dal potente e dispotico vescovo Azone dei signori 
della Rocchetta Palafea, furono condotti a -guerreg- 
giare contro Arderico vescovo di Lodi. Azone non 
rifuggì da nessun mezzo, pur di accrescere il partito 
dell' imperatore Enrico V contro il legittimo ponte- 
fice Pasquale II, anzi tentò con lettere d'indurre 
l'imperatore a creare un altro papa e si credette da 

(1) Slattila civilatis Aquarmn. 



54 T. COLONNELLO ALHERTO CUNIETTI CU N'IETTI 



tanto da sostenere egli solo coi suoi partigiani quel- 
l' imperatore, quando avesse seguito il suo consiglio 
di scendere in Italia. Per tutte queste prove di de- 
vozione l'imperatore Enrico V concesse, con suo di- 
ploma del 1116, alla mensa* vescovile d'Acqui tutto 
il paese situato fra il Tanaro e la Bormida, dall'Apen- 
nino al confluente dei due fiumi. 

E questo non fu certo di vantaggio alla città di 
Acqui, giacché, aumentando la potenza temporale 
del vescovo, diminuiva sempre più l'autorità del 
Comune. 

Nelle dissensioni fra l'imperatore Federico Bar- 
barossa e i papi, Acqui, tenendo per l'imperatore, 
non fece parte della Lega Lombarda, ma era alleata 
di Pavia amica anch'essa dell'imperatore. Perciò Fe- 
derico, nel suo decreto di pace colle città della Lega 
confermato poi nel trattato Costanza, nominò ancora 
Acqui fra le città sue aderenti e fedeli, cui furono 
confermati i loro privilegi (*J. 

Non molti anni dopo la fondazione di Alessan- 
dria cominciarono fra Acquesi e Alessandrini le con- 
troversie, derivanti dall'auge in cui si trovò Ales- 
sandria fin da principio, dai suoi progressi ed acqui- 
sti, nonché dalle sue alleanze nei luoghi stessi di 
ragione della città di Acqui, per" modo che tutto 
contribuiva a deprimere questa città in vantaggio di 
Alessandria. 

Non poteva poi naturalmente Acqui essere amica 
di Alessandria, questa essendo città nata pontificia 
mentre quella fu in ogni tempo, e specialmente in 
allora, partigiana dell'imperatore. Né valse ad estin- 
guere le faville di quell'odio nascente il fatto che 
l' imperatore Federico, data la pace alla Chiesa tutta 
e ad Alessandria cui aveva cambiato il nome in 



(1) Ghilini: Op. cit. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, II. SIGILLO 55 

Cesarea, volendo pur affermare l'alleanza fra queste 
città e le altre circonvicine a lui fedeli, avesse sta- 
bilito che Imperator amicos et fideles suos qui in vi- 
cinici Caesareae situi faciet jurare, quod ipsi Caesareac 
praestent auxilium, et Caesarea versa vice jurabit prae- 
stare illis auxilium. Sitnt autem hi: Papienses, Der- 
thonenses, Asteuses, Aqucnses, Aìbenses, etc. ('). 

Ma non potè durare a lungo la pace fra gli 
Alessandrini e gli Acquesi essendo sorta una nuova 
causa di gravi gelosie ed inimicizie, che fu l'unione 
delle due chiese e il trasferimento della sede del ve- 
scovo di Acqui in Alessandria, come era stato or- 
dinato dal papa l'anno 1180. 

Per questi fatti si riaccese la guerra fra Acquesi e 
Alessandrini, avvennero scorrerie e depredazioni, e 
l'anno 1205 ne seguì con scambievole perdita un 
gran fatto d'armi e una sanguinosa scaramuccia < 2) . 
Cogli Alessandrini erano uniti i Tortonesi, i mar- 
chesi Del Carretto e di Ceva ed Enrico marchese 
di Ponzone, che certo non si dimostrava fedele vas- 
sallo della città di Acqui, e, secondo lo storico Al- 
ghisi, ancora i Vercellesi e gli Astigiani. Quei d'Acqui 
erano sostenuti solo dai Pavesi: avevano bensì stretta 
alleanza fin dal 1198 con Guglielmo VI marchese di 
Monferrato e con 'Bonifacio detto il Gigante figlio di 
lui, a condizione che comperasse tanto terreno in 
Acqui pel valore di cinquecento lire, giurasse di 
fare la guerra agli Alessandrini e Bonifacio stabilisse 
sua dimora in Acqui; ma in seguito troveremo, quale 
governatore del castello, Rainerio bastardo di Bo- 
nifacio. 

Di nessun aiuto fu agli Acquesi quest'alleanza, 
giacche l'anno seguente 1199 Guglielmo si rappa- 



(1) Ghilini : Op. cit. 

(2) lbid. 



56 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIKTTI 



cificò cogli Alessandrini, contraendo con loro alleanza 
e obbligandosi a difenderli contro i loro nemici, 
fra cui ebbe almeno la discrezione di eccettuare 
Acqui come sua amica ed alleata. E nel 1203 il 
marchese Bonifacio col figlio Guglielmo, confermata 
la lega cogli Alessandrini, si pose affatto dalla loro 
parte per costringere gli Acquesi a trasferire la re- 
sidenza del loro vescovo Ugone Tornielli novarese 
in Alessandria. In tale frangente gli Acquesi, vistisi 
abbandonati da tutti fuorché dai Pavesi, s'appiglia- 
rono al partito di accrescere da per sé stessi le pro- 
prie forze, invitando a trasferirsi in Acqui molte 
famiglie di Visone e Cavatore e dando loro la cit- 
dinanza, purché giurassero di abitare perpetuamente 
nella città. 

Continuarono i dispareri e le ostilità a cagione 
della sede vescovile e furono talmente gravi che 
venne dagli Alessandrini rovinata la pieve antichis- 
sima di Calamagna esistente fra Morsasco e Visone, 
e solo per intercessione del marchese di Monferrato, 
di Ottone Del Carretto, del conte di Biandrate e di- 
altri potenti signori, si ottenne che la chiesa d'Acqui 
non venisse totalmente distrutta ed annichilita, poi- 
ché, per la sentenza del pontefice Innocenzo III, nel 
1205 le due chiese dovevano veni're unite sotto un 
solo vescovo, in maniera che l'alessandrina dovesse 
chiamarsi la prima sede e l'acquese la seconda. Le 
discussioni e i malumori per tale sentenza aumen- 
tarono ancora, finché, con la mediazione di Oberto 
Visconti podestà di Milano, venne nel 1206 conchiusa 
fra Acquesi e Pavesi da una parte e Alessandrini 
col vescovo Ugone Tornielli dall'altra una tregua, 
sotto obbligo di osservarla fedelmente e di risarcirsi 
vicendevolmente dei danni sofferti in quella guerra : 
nell'anno seguente 1207 fu poi conchiusa regolar- 
mente la pace. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, I.O STEMMA, II. SIGILLO 57 



Ciononostante i dissidi, o per una ragione o per 
un'altra, perdurarono e solo più tardi nel T209 si 
volle seriamente porre termine alle contese e gli 
Alessandrini e gli Acquesi compromisero concorde- 
mente tutte le loro differenze nella città d'Alba, o 
sia per essa nel suo podestà Nicolao Foro, il quale 
cominciò col mettere d'accordo gli Acquesi e il ve- 
scovo Ugone, ordinando che egli fosse ristabilito in- 
teramente nel pristino stato, cioè con gli onori e le 
ragioni che già gli spettavano in Acqui prima che 
egli si fosse portato a risiedere in Alessandria, e 
quindi pronunziò il suo giudizio su tutte le vertenze 
fra Acquesi e Alessandrini, giudizio che ambo le parti 
si obbligarono solennemente di accettare. 

In sostanza per questo arbitrato si stabiliva: di 
rendere Acqui e Alessandria una medesima città, 
ciascuna però coi propri consoli e podestà, coll'ob- 
bligo reciproco di difendere e soccorrere i cittadini 
di ambo le città, di darsi reciproco aiuto in caso di 
guerra, di fare la pace di comune accordo, ecc. ecc. 

Dopo l'arbitrato efi Nicolao Foro la residenza 
del vescovo in Alessandria non ebbe più luogo, 
giacche, caduti gli Alessandrini in disgrazia del pon- 
tefice Innocenzo III per avere nell'anno 1213 seguito 
il partito contrario alla Chiesa, la residenza dei ve- 
scovi tornò ad Acqui, ove seguitarono a risiedere 
pacificamente essendo nel contempo vescovi di Ales- 
sandria; il che durò per lo spazio di duecento anni 
cioè fino al 1405, in cui furono separate affatto le 
due chiese e gli Alessandrini ottennero dal papa In- 
nocenzo VII il loro vescovo particolare. 

Sempre dopo quell'arbitrato gli Acquesi si erano 
con vera cordialità uniti agli Alessandrini, ma anche 
questa volta l'unione non ebbe lunga durata, giacché 
nel 1217 nacquero fra loro nuove dissenzioni per il 
luogo di Melazzo che gli Alessandrini avevano coni- 

8 



58 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 

perato da alcuni terrieri del luogo, e volendo gli 
Acquesi la restituzione di Melazzo e non intendendo 
gli Alessandrini di cederlo, si ruppero le ostilità che 
durarono fino al 1220 in cui i legati imperiali Cor- 
rado vescovo di Spira e Giacomo vescovo di Torino 
intimarono a nome di Federico II agli Alessandrini 
di cessare da ogni molestia verso gli Acquesi. Fi- 
nalmente nel 1224 si fece nuovamente la pace fra 
Acquesi e Alessandrini e si rinnovò l'alleanza col 
giuramento di reciproco aiuto e difesa, e così Melazzo 
tornò in potere degli Acquesi. 

La città di Acqui ebbe poi nell'anno 1274 a 
soffrire molto danno e poco meno che la sua terza 
distruzione da Carlo d'Àngiò re di Napoli. Questi 
assediò nel castello di Acqui Rainiero bastardo di 
Monferrato e zio del marchese Guglielmo: Rainiero 
fece valorosa resistenza, ma, costretto finalmente ad 
arrendersi, fu condotto prigione in Alessandria ove 
morì in carcere. 

Verso l'anno 1250 le fazioni Guelfa e Ghibellina 
funestarono tutte le città che si reggevano a repub- 
blica e così pure Acqui, che teneva come sempre 
il partito Ghibellino. 

Capi delle fazioni in Acqui erano i Bellingeri 
da una parte e i Blesi dall'altra e tale diventò l'astio 
che un giorno vennero alle armi nella città e pa- 
recchi d'ambo le parti furono uccisi. Questo fatto 
costrinse gli Acquesi a dover prudentemente separare 
da loro quelli che avrebbero cagionato la completa 
distruzione della città e così furono proscritti quei 
Bellingeri e quei Blesi con i loro più focosi parti- 
giani, da cui era derivata l'intestina lotta. 

La traslazione del vescovo d'Acqui, l'unione 
della chiesa acquese coll'alessandrina, la parzialità 
del vescovo Ugone Tornielli verso di questa e le 
brighe inevitabili avevano scossa la buona armonia 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 59 



degli Acquesi, cosicché in Acqui stessa gli Alessan- 
drini avevano partigiani. Inoltre la gioventù malcon- 
sigliata e avida di avventure, le discordie e le guerre 
prodotte dalla frenesia delle fazioni Guelfa e Ghibel- 
lina, l'annichilamento del commercio di cui godeva 
Acqui prima dell'esistenza di Alessandria, l' ingran- 
dirsi continuo di questa città, tutto questo non po- 
teva a meno di dare l'ultimo crollo alla decadenza 
della repubblica acquese. Ed a maggiormente offu- 
scarne il prestigio si aggiunse ancora il fatto che la 
città divisa dalle fazioni, fu abbandonata dal proprio 
vescovo che si ritirò con la curia e gli aderenti ad 
abitare a Bistagno, cinta di mura e di buon castello. 

Lacerati pertanto dalle intestine discordie non 
meno che dai turbamenti politici e sociali, i cittadini, 
e resi perciò inabili a più sostenersi sia contro gli 
interni sia contro gli esterni nemici, messi nella con- 
dizione di mendicare appoggi qua e là, stabilirono 
per il loro meglio di perdere la libertà e di darsi 
ad un principe, non troppo vicino ma abbastanza 
potente, che li governasse e li difendesse, pur di 
non cadere sotto la giurisdizione di qualche città vi- 
cina, come Alessandria, Asti o Genova. Si bilanciò 
qualche tempo l'affare tra il marchese di Monferrato 
e il marchese di Savona, ma da ultimo prevalse il 
partito per il primo, sia perchè il marchese di Mon- 
ferrato offriva migliori garanzie, sia perchè per la 
sua maggior potenza era meglio in stato di difendere 
i suoi sudditi, non senza osservare che la casa di 
questo marchese aveva già ottantanni prima otte- 
nuto la cittadinanza di Acqui nelle persone di Gu- 
glielmo e Bonifacio, come già si è accennato. 

Per queste considerazioni, avvalorate dalla spe- 
ranza di potere un giorno rivendicarsi in libertà, gli 
Acquesi il 2 maggio 1278 fecero la dedizione della 
città al marchese Guglielmo VII di Monferrato e si 



6o T. COLONNELLO ALBERTO CUN1ETTI-CUNIETT1 



stipulò nel castello di Moncalvo il relativo contratto, 
col quale la comunità di Acqui passava sotto la giu- 
risdizione di esso marchese ('). 

Le condizioni furono invero assai favorevoli, 
ma non considerarono gli Acquesi che essi in questa 
guisa si assoggettavano poco alla volta alle leggi 
monarchiche, e il marchese, che ciò benissimo pre- 
vedeva ed aveva di mira, promise loro tutto ciò che 
desideravano. 

D'allora in poi cominciò la soggezione della città 
di Acqui ai marchesi di Monferrato, verso i quali 
si mantenne sempre fedele. 

A Guglielmo VII morto avvelenato in carcere 
dagli Alessandrini (T292) era successo il figlio Gio- 
vanni e morto questo senza prole nel 1305 terminò 
la discendenza degli Aleramidi. 

Lo stato di Monferrato e con esso la città di 
Acqui passò nell'anno 1306 ai Paleoioghi di Costan- 
tinopoli, avendo Giovanni lasciata sua erede la so- 
rella Violante moglie di Andronico imperatore di 
Oriente. Questa investì del marchesato di Monferrato 
il suo secondogenito Teodoro, il quale, sbarcato in 
Liguria, fece atto di sottomissione all'imperatore 
Enrico VII, che lo investi de loto marchionatu Mon- 
tisferrati et pertinentiis suis in nobile ree tutu, gentile, 
antiquum avitutn et proavitum fendimi prò se et Ime- 
redibns sitis recipientem, salvo jnre cujuscumque alterius 
personae ecclesiasticae et secnlaris et citjnslibei Cornimi- 
nitatis et Universi 'tatis. 



(1) Questo Guglielmo, VII secondo taluni scrittori, sarebbe Gu- 
glielmo V secondo il Bossola {Annali di Alessandria di Girolamo Ghi- 
lini, pag. 272 nota 272 e pag. 278 nota 277). 

A costui accenna Dante nel canto 7. del Purgatorio : 

Quel che più basso tra costor s'atterra, 
Guardando in suso, è Guglielmo marchese, 
Per cui ed Alessandria e la sua guerra 

Fa pianger Monferrato e '1 Canavese. 



acqui: la sua zkcca, lo stemma, il sigillo 



61 



In questo atto conviene osservare che per le 
clausole ivi contenute la città di Acqui conservò i 
diritti che si era riservati nella dedizione a Gu- 
glielmo VII e il vescovo quelli che aveva sulla città 
stessa e su vari luoghi dell'Acquese. Tali diritti fu- 
rono talmente riconosciuti da Teodoro che egli non 
sdegnò di chiedere ai vescovi le relative investiture; 
di che si ha un cenno nel suo stesso testamento del 
19 agosto 1336 in cui dichiara che di tutti gli stati 
e regioni del Monferrato ne aveva preso l'investi- 
tura a D. Henrico Imperatore Romano et etiam a plu- 
ribus Episcopis et Praelatis, a qnibus dictus Marchio- 
natus tenebatur in fendimi. 

Da questi documenti si arguisce che Acqui po- 
teva benissimo esercitare il diritto di zecca. 

Fu appunto approfittando della debolezza di 
Teodoro che il vescovo Oddone Bellingeri ottenne 
nel 1311 da Enrico VII la conferma degli antichi 
privilegi e l'investitura. Pare che Oddone abbia go- 
duto il possesso della città fino al 1313, allorquando 
venuto in Lombardia Roberto d'Angiò re di Napoli, 
con quel favorevole ascendente che già sembravano 
avere le sue armi in tutta l'Italia, s'impadronì di 
molte città, fra cui anche di Acqui e la costrinse a 
prestargli giuramento di fedeltà. Si sdegnò per tale 
motivo l'imperatore Enrico VII e privò immanti- 
nente gli Acquesi di tutti gli onori, privilegi ed 
immunità, quasi fossero meritevoli di castigo per 
non avere potuto resistere ad una forza superiore. 

Rimase la città di Acqui sotto Roberto d'Angiò 
fino all'anno 1329 e in questo frattempo ebbe a sof- 
frire grandi calamità dall'accanimento dei Guelfi pro- 
tetti da quel re contro la fazione contraria. Final- 
mente declinando la fortuna di Roberto in Lombardia, 
il marchese Teodoro ricuperò i propri stati, anzi li 
accrebbe e così la città di Acqui ritornò sotto il suo 



62 T. COLON NF.LLO ALBEKTO CUNIIiTTI-CUN IETTI 



lominio. Morto Teodoro nel 1338, gli successe il 
figlio Giovanni, che fu poi investito nell'anno 1355 
dall'imperatore Carlo IV ancora della città di Acqui 
e delle sue pertinenze; e fu questa la prima investi- 
tura che si trovi nella città di Acqui ai marchesi di 
Monferrato, ai quali rimase poi per sempre. 



IL 
LA ZECCA. 

Da questi cenni appare come la città di Acqui 
prima di cadere per sempre sotto i marchesi di Mon- 
ferrato (1329) si sia retta a libertà (1 183-1278) e 
come poi sia ricaduta sotto il dominio dei propri 
vescovi. 

Fra questi uno, il vescovo Oddone dei Bellin- 
geri, approfittando della debolezza del governo di 
Teodoro primo Paleologo successo nel marchesato 
di Monferrato a Giovanni ultimo Aleramido, tolse a 
quel marchese la città e. rivendicando i suoi diritti 
sulla medesima, ottenne nel 1311 dall'imperatore 
Enrico VII la conferma degli antichi privilegi e la 
relativa investitura. Questo vescovo, come già si è 
detto, fu signore della città fino all'anno 1313, in 
cui Roberto d'Angiò se ne impossessò tenendola poi 
fino al 1329: in quest'anno Teodoro la riprese e 
d'allora in poi rimase sempre soggetta ai marchesi 
di Monferrato, che ne chiusero definitivamente la 
la zecca. 

Nelle monete acquesi finora conosciute sono 
appunto rappresentate queste due epoche. 

Appartengono alla prima le monete imperiali o 
autonome, di cui si conoscono le seguenti in numero 
di sette fra tipi e varietà. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 



63 



1. Grosso astese. 

B' — + IMPERÀTOR Ira due cerchi concentrici di perline; 

nel campo FR. 
1$ — + AQVENwlw fra due cerchi concentrici di perline; 
croce patente. 




È d'argento, del peso di grammi 0,830. 

Esiste nella collezione Reale privata di Roma. È stato pubblicato nel 
1852 da Domenico Promis in Monete del Piemonte inedite o rare, 11. 1, e 
dal Maggiora- Vergano nel 1877 in Di una moneta inedita di Acqui, 11. r. 

2. Altro Grosso, varietà del n. 1. 



i& — + IMPERÀTOR Nel campo in un circolo periato FR 

(sull'abbreviazione una croce). 
I? — + AQVENwlf Nel campo in un circolo periato 

croce patente. 




\&i < giro ,'t-J/ 






È d'argento, del peso di grammi 1,250. 

Esisteva nella collezione Gnecchi, catalogo, n. 1. E stato pubblicato 
nel 1897 da Ercole Gnecchi in Ripostiglio di Cavriana, n. I, in Rivista 
Italiana di Numismatica, anno 1897, fase. I. 

Questo grosso varia dal n. i per la crocetta 
posta sul segno di abbreviazione e per avere il segno 
stesso liscio invece che curvato in mezzo. 

Il prelato illustre numismatico soggiunge che 
questa croce, la quale non fu certamente messa a 



64 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNII'.TTI 

caso, sia probabilmente un segno del dominio tem- 
porale dei vescovi di Acqui, dominio che essi ave- 
vano ricevuto dagli Ottoni verso il 900 e che riten- 
nero fino al XIII secolo, come già si è veduto. 

3. Altro Grosso varietà del precedente. 

Nella bella collezione di monete sabaude e pie- 
montesi del signor Luigi Cora di Torino esiste un 
grosso che differisce dal precedente per avere il 
segno dell'abbreviazione incurvato come in quello 
descritto al n. 1 ma con una crocetta sopra, invece 
che liscio come al n. 2. 

+ 
£)' — + IMPERATOR Nel campo FR in cerchio di perline. 
P — + AQVEN">|to Nel campo croce patente in cerchio 
di perline. 
È d'argento, del peso di gr. 1,220. 

4. Denaro imperiale mezzano. 

,D' — + IMPERATOR fra due cerchi concentrici di perline, 

nel campo FR. 
1$ — + AQVEN<"lw fra due cerchi concentrici di perline; 
croce patente. 

È identico al n. 1, solo di modulo più piccolo. 




È d'argento basso o mistura, del peso di grammi 0,500. 

È stato pubblicato nel 1840 dal Giovanelli in Alteri hùmlicht Eni- 
dectungen im Sitdtirol im lahre iSjS, dal Promis in op. cit., n. 2 e dal 
Maggiora-Vergano in op. cit., n. 2. 

5. Altro Denaro imperiale mezzano, varietà del n. 4. 

B' — + IMPERATOR Nel campo FR e sotto stelletta a 
cinque raggi fra due punti, in cerchio liscio. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 



65 



R) — + AQVENwi Croce patente in cerchietto liscio. 




È di mistura, del peso di grammi 0,400. 

Esiste nella collezione Reale privata di Roma. E stalo pubblicato 
nel 1865 dal Maggiora- Vergano nella Rivista della Numismatica aulica 
e moderna, voi. I, pag. 318, tav. VI, n. XII e ripetuta dal medesimo 
nell'op. cit., n. 4. 

6. Altro Denaro imperiale mezzano, varietà del precedente. 

Nel catalogo della collezione Serazzi W al n. 164 
è descritto e riprodotto nella tav. I questo denaro 
che varia dal precedente per avere soltanto la stel- 
letta senza i due punti sotto la sigla FR, al centro 
fra queste due lettere un punto e al disopra del 
segno di abbreviazione un altro punto. 

• 
& + IMPERÀTOR Nel campo f 7r 

R) — + AQVENf>l Croce patente. 

È di mistura, del peso di grammi 0,500. 

Ora appartiene alla collezione del prelodato signor Cora. 

7. Altro Denaro imperiale mezzano, di tipo dissimile dai 

precedenti. 

B' — + • FREDRIC • Nel campo l,P in cerchio di perline, 
li - + • A — Q — V — E • Fra due cerchi di perline, nel 

campo croce che con sole tre braccia taglia la 

leggenda. 




(1) Collezione avv. Pietro Serazzi di Novara. Genova, 1908. 



66 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUN1ETTI 



È di mistura, del peso di grammi 0,534. 

Esisteva nella collezione Rossi, catalogo, n. 1 e poi nella collezione 
Guecchi, catalogo, n. 2. Ora esiste nella collezione Reale privata di 
Roma. E stato pubblicato nel 1865 dal Caurich in Rivista della Numi- 
smatica antica e moderna, voi. I, pag. 316, tav. VI, n. XI e dal Maggiora- 
Vergano in op. cit., n. 3. 

La sigla FR che è impressa nel campo del di- 
ritto dei numeri i, 2, 3, 4, 5 e 6 e la leggenda 
FREDRIC del 11. 7 vogliono naturalmente significare 
FREDERICVS; resta quindi da stabilire a quale dei due 
Federici, se al primo o al secondo, si debbano rife- 
rire le monete suddette e quale sia stato il conces- 
sionario della zecca alla repubblica acquese. 

Premesso che non esiste nessun documento che 
provi in quale anno e da quale dei due menzionati 
imperatori Acqui abbia ottenuto un tale privilegio, 
se si prende ad esame quanto è stato scritto dai di- 
versi autori al riguardo, i pareri, pur essendo dub- 
biosi, non risultano concordi. 

Il nostro sommo Domenico Promis (') così si 
esprime : 

« Sarei per credere che autore ne sia stato 
« Federico II, poiché quantunque quel Comune sia 
« a proprio nome intervenuto alla dieta di Roncaglia 
« ed alla pace di Costanza, cionondimeno Federico I 
« confermava al vescovo il dominio temporale sulla 
" città, la qualcosa non concorderebbe colla conces- 
« sione di una regalia tale come questa, che andava 
« unita alla propria autonomia, invece che sul finire 
« del secolo XII liberatasi dalla soggezione vesco- 
« vile come sopra si è veduto, si resse da se sino 
« al 1273, costantemente conservandosi fedele al- 
ti l'impero nelle guerre di Lombardia; per tali ra- 
« gioni adunque al regno di Federico II, cioè tra 



(1) Promis Domenico: Mone/e del Piemonte inedite o rare, Torino, 1852. 



acqui: la sua zkcca, i.o stemma, il sigillo 67 



« il 1220 ed il 1250, deve aver avuto principio tale 
« diritto, e le due anzidette monete le sole sinora 
« conosciute (numeri 1 e 2) (') per il loro tipo e 
u forma delle lettere appunto si distinguono per es- 
« sere del secolo XIII ». 

Al giudizio del Promis si oppone quello del 
Maggiora-Vergano ^ il quale, avendo acquistato la 
monetina inedita descritta al n. 5 insieme ad una 
moneta di Umberto II e a due di Amedeo III conti 
di Savoia col SECVSIA, tutte uscenti da un medesimo 
ripostiglio rinvenuto in quel d'Ivrea, è d'avviso che 
al primo Federico invece che al secondo sia da at- 
tribuirsi la concessione della zecca, confermando nella 
seguente guisa la sua congettura : 

« Da quanto posso desumere dalla età delle altre 
« insieme rinvenute, e dallo stato di questa moneta 
« che è forse fra tutte la più nuova, io sarei per 
« credere che possa dessa far prova doversi piut- 
« tosto dal primo che dal secondo dei Federici ri- 
« petere la concessione del diritto della zecca in 
« Acqui, giacche non pare possibile che ai tempi 
« del secondo fossero ancora in corso usuale, ed in 
« istato non affatto scadente, le monete di Umberto II 
« e di Amedeo III che tra entrambi abbracciano un 
« periodo di settantasei anni lontano di settantadue 
« anni dalla creazione ad imperatore di Federico II (3). 
« Per lo contrario il primo essendo stato eletto alla 
« dignità imperiale nel periodo tosto a quei due 



(1) Numeri 1 e 4 della presente memoria. 

(a) Maggiora- Vergano Ernesto: Altra moneta inedita di Acqui in 
Rivista della Numismatica antica e moderna, voi. I, 1865, pag. 318. 

(3) I conti Umberto II ed Amedeo III regnarono in complesso 
68 anni, cioè dal 1080 al 1103 il primo e dal 1103 al 1148 il secondo. 
Federico li fu eletto nel 1220: dalla morte di Amedeo III (1148) al 1220 
corrono appunto 73 anni. 



68 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 



« conti di Savoia susseguente h) , da ritenersi perciò 
« quasi ai medesimi contemporaneo, pare assai più 
« naturale che colle loro monete si trovassero quelle 
« dell' Enobarbo. 

« Tanto più mi fermai su questo pensiero, in- 
« quantochè lo stesso ciottissimo Promis, il quale 
« ha sì gran merito di diligenza nella ricerca dei 
« documenti e di critica nel valersene in appoggio 
u alle sue opinioni, rimane dubbioso a quale dei due 
« sia ad assegnarsi la concessione ad Acqui di tale 
u privilegio ». 

Secondo il Tonini ( 2 ) e secondo il Muoni (3) la 
zecca sarebbe stata aperta fra il 1220 e il 1250, cioè 
durante il regno di Federico II, ma non si allude al 
concessionario della zecca stessa. Vi sono poi Vin- 
cenzo Promis, i fratelli Gnecchi, Bazzi e Santoni (4), 
i quali, senza entrare in discussioni, ritengono che 
Acqui debba forse a Federico I il diritto di zecca. 

Di fronte a questi dispareri io cercherò di di- 
mostrare come il giudizio del Maggiora- Vergano, 
assai posteriore a quello di Domenico Promis e suf- 
fragato da quello analogo dei sopramenzionati va- 
lenti numismatici, sia il più attendibile, oltre che 
per le ragioni adotte dal prelodato autore, anche 
per le considerazioni seguenti. 



(1) Federico Barbarossa tu eletto nel 1152 cioè quattro anni dopo 
la morte del conte Amedeo III. 

(2) Tonini F. P. : Topografia generale delle zecche ital. Firenze, 1869. 

(3) Muoni Damiano: Elenco delle secche d'Italia dal medio evo irt- 
sino a noi. Como, 1886. 

(4) Promis Vincenzo: Tavole sinottiche delle monete battute in Italia 
e da Italiani all'estero dal secolo VII a tutto l'anno 1868. Torino, 1869. 

Gnecchi Francesco ed Ercole: Saggio di bibliografia numismatica 
delle zecche italiane medioevali e moderne. Milano, 1889. 

Bazzi e Santoni : Vademecum del raccoglitore di monete italiane. Ca- 
merino, 1886. 



acqui: la sua zecca, lo stimma, 11. sigillo 



69 



É bensì vero che alla pace di Costanza, cioè 
l'anno 1183, Federico I confermava al vescovo il 
dominio temporale sulla città, ma non devesi trascu- 
rare il fatto che pochi anni dopo la città si sottraeva 
all'autorità del vescovo per governarsi a reggimento 
popolare, né tanto meno che durante il regno di Fe- 
derico II (1220-50) cominciò appunto il decadimento 
della libertà municipale, dovuto alle fazioni che ave- 
vano invaso la repubblica acquese, alle brighe per 
la traslazione del vescovo di Acqui in Alessandria, 
alle lotte con questa città ed all'annichilamento del 
suo commercio già tanto fiorente prima dell'esistenza 
di Alessandria. Dopo tutto ciò sembra attendibile di 
attribuire a Federico II la concessione della zecca? 
L'uso della zecca dimostra sempre lo stato florido 
di una città e non già la decadenza. 

Non pare adunque verosimile che Acqui possa 
avere cominciato a valersi di una tale prerogativa 
sotto Federico II, allorquando appunto cominciava 
il suo decadimento. E se non fu sotto quell' impe- 
ratore, sarà naturalmente prima del regno di Fede- 
rico II che Acqui avrà cominciato a battere moneta 
ed allora ne viene di conseguenza che questo di- 
ritto debba esserle stato concesso dal primo Federico. 

Ed invero nelle monete autonome delle diverse 
città nell'epoca comunale, si vede sempre nominato 
il concessionario della zecca. Perciò se si ammette 
che alla pace di Costanza il Barbarossa abbia con- 
fermato al vescovo, fra gli altri privilegi, anche quello 
di zecca, ma che il vescovo non ne abbia per al- 
lora usufruito, sembra naturale che quando la città 
si mise a repubblica e cominciò ad approfittare di 
quel privilegio, abbia , a similitudine delle altre 
città, impresso sulle sue monete il nome dell'impe- 
ratore, dal quale le proveniva pur sempre il diritto 
di zecca, cioè del primo Federico. 



T. COLONNELLO ALBERTO CUNIKTTI-CUNIETTI 



E se poi si voglia ritenere che la città si sia 
arrogato tale prerogativa, sempre però a Federico I 
deve alludere il nome sulle monete, perchè, per le 
ragioni suesposte, la zecca deve avere funzionato 
prima del regno di Federico II. 

Finalmente se si confrontano le monete impe- 
riali acquesi con le analoghe alessandrine, si riscon- 
tra somiglianza nel tipo ed eguale paleografia. Onde 
essendo già dimostrato come le monete alessandrine, 
le quali indubitatamente si riferiscono al primo Fe- 
derico, siano state battute alla fine del XII o al prin- 
cipio del XIII secolo (0 altrettanto devesi concludere 
in riguardo a quelle d'Acqui per l'epoca della loro 
coniazione, cosicché viene di conseguenza che anche 
per queste monete la sigla FR o la leggenda FREDRIC 
voglia indicare Federico Barbarossa. 

Avendo cos'i descritto le monete imperiali e sta- 
bilito l'epoca della loro coniazione ed a quale impe- 
ratore si riferiscano, rimane a fare altrettanto per le 
monete vescovili, che appartengono alla seconda 
epoca e che sono in numero di sei fra tipi e varietà. 

8. Grosso astese. 

jy — +-ODONV" Nel campo E • S in cerchio di perline. 

• P . 

R) — + • QVEN • w|W • Nel campo A accostata da quat- 
tro globetti, in cerchio di perline. 




È d'argento, del peso di grammi 1,010. 

Esiste nella collezione Reale di Torino. È stato pubblicato dal Promis 
in op. cit., n. 3 e dal Maggiora- Vergano in op. cit., n. 6. 



(i) CUNIETTI-CUNIETTI : Op. cit. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, • LO STEMMA, IL SIGILLO 



71 



9. Grosso veneto o Matapane. 

i& — ODONVS '-" AQVESIS ' Santo in piedi paludato, che 
forse vuole essere S. Guido protettore della città, 
il quale consegna il labaro al vescovo; lungo 

E 
l'asta P cioè EPISCOPVS. 
S 
9 — Il Redentore seduto in cattedra col capo nimbato 
ed accostato dalle abbreviature IX — XE. 




È d'argento, del peso di grammi 1,630. 

Esiste nella collezione Reale privata di Roma. E stato scoperto e 
pubblicato nel 1877 dal Maggiora-Vergano in op. cit., n. 5. 

io. Grosso iirolino. 

i& — + ODONVS • EPISCOP Nel campo aquila imperiale 
colle ali spiegate e colla testa a sinistra, in cer- 
chio di perline. 

9 — AQ— VE — NS — IS * Croce patente che attraversa la 
leggenda, un'altra croce più piccola in cerchio di 
perline che esce dai quattro angoli della croce 
maggiore. 





È d'argento, del peso di grammi 1,400. 

Esiste nella collez. Reale privata di Roma e nel Medagliere c ]i Brera. 
È stato pubblicato dal Giovaiielli in op. cit., dal Promis in op. cit., n. 4, 
dal Luschin nel 1869 in Ilalienische Beischliige iirolischtr Zvoainziger 
nella Numismatische Zeilschrift herausgegeben inni redigirt non Ch. IV. 
Huber, Erster Band, Jahrhang 1869 e dal Maggiora- Vergano in op. cit., 
n. 7. A questo grosso accenna pure l'Ambrosoli fra le Monete del ripo- 
stiglio di Lutate Abbate in Riv. Hai. di Nani., a. I, 1888, pag. 18. 



72 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUN IETTI 



li. Varietà del Grosso tir olino. 
,-D' — + ODONVS + + EPISCOP' • Aquila come al n. io. 
R) — + + AQ - VE - NS - IS + + Doppia croce come al n. io. 

È d'argento, del peso di grammi 1,130. 

Esiste nel Museo di Parma. È stato pubblicato nel 1883 da Umberto 
Rossi in Monete inedite del Piemonte nella Gazzetta Num., a. Ili, fase. 1 1-12. 

12. Altra varietà del Grosso tiro/ino 

\Y — + ODONVS • EPISCOP Aquila come ai numeri pre- 
cedenti. 

R) — AQ — VE — NS — IS Doppia croce come ai numeri pre- 
cedenti. 

È d'argento, del peso di gr. 1,400. 

Faceva parie del ripostiglio di Monfalcone rinvenuto nel maggio 
1896, e fu pubblicato da Alberto Puschi nella Riv. Ita/, di Nulli., a. VI, 
1896, pag. 357. 

13. Denaro mezzano. 

B 1 — + EPISCOP' Nel campo in cerchio di perline le 
quattro lettere O • D • O • N • in croce attorno a 
globetto e divise l'una dall'altra da un globetto. 

9 _ + AQ-VEN-SIS nel campo in tre linee; sopra e 
sotto una rosetta accostata da due piccoli trifogli. 




E di mistura, d«.l peso di grammi 0,670. 

Esiste nella collezione Reale privata di Roma. È stato pubblicato 
malamente nel 1789 dal Moriondo in Monumenta Aquensia, esattamente 
dal Promis nel 1873 in Monete e Medaglie italiane, n. 1 e dal Maggiora- 
Vergano in op. cit., n. 8. 

Già si è visto come il vescovo Oddone Bellin- 
geri approfittasse della debolezza del marchese Teo- 
doro I per rendersi signore della città ed ottenere 
dall'imperatore Enrico VII gli antichi privilegi di 
cui avevano goduto i suoi predecessori. Ora essen- 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 73 

dovi stati due vescovi per nome Oddone che ebbero 
la sedia episcopale d'Acqui, Oddone Bianchi che la 
tenne dal 1234 al 1238 e Oddone dei Bellingeri che 
la ebbe dal 1293 al 131 3, poteva esservi il dubbio 
a quale dei due dovessero appartenere le suddescrittc 
monete vescovili (*). 

Ma ogni dubbio venne luminosamente chiarito 
dal Promis (2 > che dimostrò dovere dette monete ap- 
partenere a Oddone dei Bellingeri. Infatti, anche a 
prescindere che questo vescovo ottenne dall'impera- 
tore l'investitura degli antichi privilegi, occorre os- 
servare che il primo Oddone segnavasi OTTO e l'altro 
sempre ODDONVS e che le suddette monete, dal con- 
fronto con le analoghe delle zecche più vicine, non 
possono ascriversi ad altra epoca se non al prin- 
cipio del secolo XIV. 



(1) Del vescovo Oddone Bianchi si legge nella famiglia Bianchi al 
cap. VII dove se ne riporta lo stemma consistente in due mani che 
si stringono assieme con una sbarra sotto di esse orizzontale e tre 
altre verticali con tre gigli sopra ciascuna sbarra o fascia: " Oddo o Od- 
" done Bianchi nipote della suddetta Beuta abbadessa di Valle Gloria 
" e cameriere di papa Gregorio IX, fu da esso creato cardinale nel 1229 
" e vescovo di Monferrato, raccomandandolo strettamente a quel mar- 
" chese, affinchè restasse libero dalle armi di Federico II che perse- 
" guitava i prelati di S. Chiesa e potesse quindi esercitare sicuramente 
" il suo ministero episcopale; onde il suddetto marchese, per assicurarlo 
" da ogni pericolo, gli diede il suo casato ed arme, chiamandosi Oddo 
" Bianchi cardinale di Monferrato „. Ex Chronich. Hispellii de Targa- 
rinis et ex scriplis exislentibtis in Archivio Ven. Monasl. Vallis Gloriae. 
(Iozzi : // Piemonte sacro). 

Del vescovo Oddone Bellingeri si dirà in seguito. 

(2) Promis Domenico: Monete del Piemonte inedite o rare. Torino, 
1852. 

Id. Monete e medaglie italiane. Torino, 1873. In questo, parlando del 
denaro mezzano malamente pubblicato dal Moriondo, cosi si esprime: 
" Da chi e quando questa città venisse infeudata al proprio vescovo 
" non ho trovato alcun documento che lo dica, ma ciò non potò essere 
* avvenuto che per opera dell'imperatore Federico II o di qualche suo 
" prossimo successore, poiché il vescovo Oddone, che il primo vediamo 
" usare questo diritto, viveva nei primi anni del secolo XIV „. 



74 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 

Il grosso astese vuole imitare i cosidetti bolo- 
gnini in uso a quell'epoca in molte città dipendenti 
dal papa; il grosso tirolino vuole imitare il grosso 
dei conti del Tirolo, detto tyralinum in una grida 
dell'imperatore Enrico VII ( x ) del 1311, e il denaro 
mezzano imita i denari milanesi di alcuni impera- 
tori, i denari dei marchesi d'Incisa, di Giovanni I 
di Monferrato, ecc., monete tutte correnti al prin- 
cipio del secolo XIV. 

E la verità di queste deduzioni venne poi splen- 
didamente provata dal Maggiora- Vergano colla sco- 
•perta fatta del grosso veneto, il quale rassomigliando 
perfino nella forma dei caratteri a quelli imitati da 
Teodoro I e Giovanni 1 di Monferrato, da Filippo 
d'Acaia, dai Marchesi di Cortemiglia, di Ponzone, 
illustrati dal Promis, dal Morel-Fatio e dal Gavazzi ( 2 ), 
deve necessariamente essere contemporaneo alle mo- 
nete simili uscite dalle dette zecche. Ma essendo quei 
signori vissuti al principio del secolo XIV, ne viene 
di conseguenza che anche l'Oddone, nel cui nome 
venne battuto il grosso in parola, non possa essere 
se non il Bellingeri. 

Non si conoscono monete di vescovi anteriori 
ne posteriori a Oddone Bellingeri. Lo storico Mala- 
carne ed il Biorci (3) affermano che si sono trovate 



(1) Perini Quintilio : La grida di Enrico VII imperatore del ijir. 
Rovereto, 1903. 

(2) Promis Domenico : Mone/e di zecche italiane inedite o corrette, me- 
moria 3.* Torino 1871. 

Id. : Monete inedite del Piemonte, supplemento. Torino, [866. 

Morel-Fatio Arnoldo: Cortemiglia et Ponzone. Monnaies inédites. 
Bruxelles, 1865. 

Gavazzi Giuseppe: Monete dei marchesi Del Carretto in Riv. Hai. di 
Num., anno XV, 1902. 

(3) Malacarne Vincenzo: Della città e degli antichi abitatori d'Acqui. 
Torino, 1787. 

Biorci Guido: Antichità e prerogative di Acqui. Torino, 1818-19. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 75 

in Acqui monete del vescovo Enrico che viveva nel 
1252, e da ciò arguiscono che i vescovi si mante- 
nessero nel possesso della giurisdizione temporale 
sovra la città medesima loro accordata dagli impe- 
ratori, o almeno che gli Acquesi, riverenti verso i 
vescovi, si recassero a gloria di fregiare coli' im- 
pronta del nome del vescovo le monete che avevano 
il diritto o la libertà di coniare. E più tardi nel di- 
ploma del 1364 dell'imperatore Carlo IV a favore 
del vescovo Guido II si trova pure compreso il di- 
ritto di zecca. Tuttavia non mi risulta che alcuna 
moneta dei menzionati vescovi esista ne in collezioni' 
pubbliche né in private. Quelle che si conoscono 
sono state più sopra descritte ed appartengono esclu- 
sivamente al vescovo Oddone Bellingeri. Non intendo 
con ciò escludere che altri vescovi possano avere 
battuto monete quando signoreggiavano la città di 
Acqui, ma finora nessuna di queste è venuta alla luce. 
I tipi delle monete d'Acqui così imperiali come 
vescovili che si conoscono, sono stati tutti descritti 
nella presente memoria: queste monete sono tutte 
di esimia rarità, e taluni sono veri cimeli. 

L'importanza e l'estensione acquistata dalla re- 
pubblica acquese nel medio evo e la stessa sua ubi- 
cazione, separata da Genova dagli Apennini, divisa 
da Asti e Casale dalle Langhe, lontana da Tortona 
e Pavia, ci fanno a ragione supporre che Acqui non 
potendo adoperare le monete di quelle città, abbia 
dovuto essa stessa batterne in quantità adeguata ai 
bisogni del vasto suo territorio e del suo commercio, 
non potendo verosimilmente sopperirvi le poche e 
rare monete battute dai marchesi d' Incisa e di Pon- 
zone feudatari d'Acqui, giacche queste effimere zec- 
che non funzionarono che nei primi anni del secolo 
XIV, epperciò solo contemporaneamente all'emissione 
delle monete del vescovo Bellingeri. 



-]6 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 



Devcsi quindi ritenere che la zecca di Acqui 
abbia lavorato più di quanto farebbe argomentare 
l'estrema rarità delle sue monete. E di questo mag- 
gior lavoro sarebbe prova la varietà dei tipi mone- 
tari e l'essere negli statuti d'Acqui (I ) ed in molti suoi 
atti del XIV e XV secolo nominati i propri denari im- 
periali invece dei soliti denari astesi, tortonesi, pavesi, 
genovesi, ecc., in uso in altre città o sprovviste di 
zecca o i cui prodotti erano così esigui da dover ricor- 
rere alle altrui monete anche per gli atti pubblici. 

Per questi motivi, soggiunge l'illustre Maggiora- 
Vergano ( 2 ): « io penso di non essere lungi dal vero, 
« credendo che la moneta acquese dovesse proprio 
a servire ai bisogni degli abitatori della città e del 
a suo territorio, sebbene l'uso non ne oltrepassasse 
« forse i confini ». 

A questo punto viene naturale la domanda come 
si possa conciliare l'estrema rarità delle monete 
acquesi con il lavoro non esiguo che si vorrebbe 
attribuire a questa zecca ? 

Non è cosa semplice il rispondere esauriente- 
mente, non avendo altra base che la pura induzione, 
poiché nessun documento, come già si è ripetuto, 
esiste al riguardo. 

A me parrebbe che il ristretto numero di mo- 
nete acquesi giunte a noi e la conseguente loro ra- 
rità derivi dal fatto che, col decadimento della libertà 
e del commercio della città di Acqui, le sue monete 
siano andate perdendo del loro credito anche sui 
mercati delle altre citta, ma più peculiarmente per- 
chè, colla sottomissione di Acqui ai Paleologi mar- 
chesi del Monferrato la cui zecca era già ricca di 
prodotti propri, essi abbiano, nel chiudere la zecca" 
acquese, ritirate e fuse le rispettive monete. 



(i) Statuiti civitatis Aqtiarum. Aquis, 1618. 

(2) Di una moneta inedita di Acqui. Asti, 1877. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STKMMA, IL SIGILLO 77 



III. 

Lo Stemma Comunale. 



Nell'anno 1187 Gerusalemme era caduta in mano 
di Saladino ed era stato sconfitto l'esercito cristiano 
e fatto prigioniero il re Guido Lusignano insieme 
col marchese di Monferrato Guglielmo IV il Vec- 
chio W. 

Intimorito il pontefice Clemente III, incitò la 
Cristianità al gran riacquisto: ne seguirono paci ge- 
nerali e lo stesso imperatore Federico I, presa la 
croce, nel 1189 passò in Asia col figlio e con gran 
seguito di principi e vescovi. Nella chiesa acquese 
la crociata venne bandita dal vescovo Ugone, e, seb- 
bene manchino documenti per potere confermare che 
gli Acquesi vi abbiano preso parte, pure è da rite- 
nersi la cosa come assai probabile. Infatti il Mura- 
tori afferma essere stata numerosissima la copia dei 
combattenti concorsi in quelle orientali contrade da 
tutte le parti d'Italia ed è quindi verosimile che vi 
siano stati anche degli Acquesi. 

Inoltre altro argomento in favore di questa con- 
gettura si è l'antico stemma della città. 

Vogliono molti scrittori, come il Millot e il Mu- 
ratori < 2 ), che le armi gentilizie delle città e delle 
famiglie abbiano avuto origine ai tempi delle Cro- 
ciate quale segno per distinguere fra loro così le 
popolazioni come i privati cittadini concorsi all'im- 
presa di Terra Santa. Ed a quest'epoca appunto 



(1) Giorcelli Giuseppe: Cronaca del Monferrato in ottava rima del 
marchese Galeotto Del Carretto, nota E. 

(2) Millot Claude: Éléments a" histoire generale. Tom. VI, pag. 119 
Muratori Lodovico: Antichità italiane, dissertazione 53.* 



78 



T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 



sembra che risalga l'origine dello stemma della città 
di Acqui. 

Esso consiste in un campo spaccato, di bianco 
con croce verde nella sezione superiore ed un'aquila 
colle ali spiegate che tiene fra gli artigli un lepre 
nella sezione inferiore ed all'intorno il verso Lector 
Aquis dignum Communis respice signum. 



> 
z. 

u 

Q 

> 
< 

Di 

o 

H 
U 

w 
ij 



C O M M V N I S 







pi 
cn 

o 

•s> 
a 

< 



Questo è lo stemma gentilizio di Acqui quale 
si trova descritto negli antichi statuti acquesi (') e 
come viene riportato dal Blesi O). Più tardi andò in 
disuso l'esametro che circondava lo stemma e venne 
impresso invece il motto ARTE ET MARTE sopra un 
nastro formante fregio alla parte inferiore. 

Varie sono le interpretazioni che gli storici 
acquesi vollero attribuire a questa insegna. 

Secondo il Blesi la croce dinoterebbe l'antica 
e salda fede cristiana, mentre l'aquila sarebbe l'em- 
blema della magnanimità e costanza, e il lepre posto 



(i) Staluta civitatis Aquarum. Aquis, 1618. 
(2) Blesi Luca Probo : Acqui città antica del Monferrato. 
tona, 1614. 



Tor- 



acqui: la sua zecca, lo stemma, il sigulo 79 



negli artigli dell'aquila, simbolo della viltà e timidità, 
significherebbe che negli animi dei cittadini ha sem- 
pre maggiore potere una generosa fermezza e co- 
stanza che qualsivoglia altro rispetto, vincendo con 
quella ogni timore o viltà : perciò pare al Blesi con- 
venientissimo il verso : Lector Aquis dignum Coni- 
rnunis respice signum, quasi voglia significare: « Vedi 
« che siccome l'aquila animai più perfetto e nobile 
« di tutti gli altri vince e tiene negli artigli timido 
« e spaventoso lepre, così la città di Acqui con per- 
« fetta costanza mantenendosi ha sempre vinto e su- 
« perato ogni timore: onde degnamente se le deve 
« quest'impresa ». 

Anche il Biorci concorda nell'opinione del Blesi 
che l'impresa dell'aquila e del lepre voglia indicare 
il valore e la magnanimità degli antichi cittadini 
acquesi, la qual cosa sarebbe avvalorata dal motto ; 
ARTE ET MARTE. 

Io non trovo affatto appagante questa spiega- 
zione, non potendo ammettere che sembri magnanimo 
l'atto di stendere gli artigli sul più timido animale. 
Altri, fra cui fra Leandro, farebbero derivare l'im- 
presa dello stemma acquese dalla discordia dei cit- 
tadini, interpretandola nel senso che l'uno perseguita 
l'altro. 

Ma anche questa spiegazione che è combattuta 
dal Blesi, non sembrando verosimile che Acqui abbia 
voluto fondare la sua impresa sopra un vizio quale 
è la discordia, ritengo poco attendibile. Contuttociò 
io non saprei quale altra interpretazione dare a quel- 
l'impresa e lascio che ciascuno giudichi come cre- 
derà più conveniente. 



80 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 



IV. 
Il Sigillo Vescovile. 

Che dai vescovi di Acqui si facesse uso di si- 
gilli, ci viene confermato dalla bolla del pontefice 
Innocenzo III del 1205 (') che conteneva, fra le altre, 
la seguente disposizione : 

« Si dichiarano unite le chiese di Alessandria 
« e di Acqui sotto un solo vescovo, il quale tro- 
ll vandosi nella diocesi di Acqui e dovendo scrivere 
« a persone acquesi oppure di affari spettanti a 
» quella Chiesa si denominerà solamente vescovo 
" di Acqui e dovendo scrivere agli Alessandrini op- 
» pure di affari spettanti a quella Chiesa, denomi- 
« nerassi solamente vescovo di Alessandria. 

« Avrà egli a tale effetto due sigilli, uno colle 
« lettere e coli' impronto del vescovo di Acqui, e 
« l'altro con quelle di vescovo di Alessandria ». 

Presso la curia episcopale di Acqui esistono 
tuttora vari sigilli di vescovi : il descriverli oltre- 
passerebbe i limiti e lo scopo che mi sono proposto 
con questo breve lavoro. 

Mi limiterò quindi a riportare la descrizione del 
sigillo del vescovo Oddone Bellingeri e di quello 
del vescovo Enrico Scarampi, il primo per l'impor- 
tanza che ebbe il suo governo come vescovo e si- 
gnore di Acqui, e il secondo per la fama e le im- 
portanti missioni compiute durante il suo episcopato. 

Oddone Bellingeri apparteneva ad antica ed il- 
lustre famiglia acquese: un Bellingeri Gerondica fu 
console di Acqui nella tregua del 1206 fra Acquesi 



(1) È riportata dall' Ughelli e comincia: " Quum Beatus Petrus 
Apostolus „. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 8l 

ed Alessandrini; un Andrea Bellingeri intervenne 
come sindaco di Acqui all'atto di dedizione di detta 
città al marchese di Monferrato nel 1278. Chi però 
maggiormente si segnalò fu il vescovo Oddone che 
resse la chiesa acquese dal 1293 al 131 3, essendovi 
state molte investiture dal medesimo concesse in 
questo lasso di tempo. 

Di questo vescovo è rimasto il Sinodo diocesano 
tenuto nella cattedrale l'anno 1308 e riportato dal 
Moriondo. Ebbe Oddone importanti incarichi dal 
papa, come di definire controversie insorte in Ales- 
sandria fra Domenicani e Francescani, e di prendere 
parte al concilio provinciale tenuto nel 131 1 dall'ar- 
civescovo di Milano Cassone Della Torre. Nello 
stesso anno intervenne in Milano all'incoronazione 
dell'imperatore Enrico VII ed ottenne da lui tutti 
gli anlichi diritti e privilegi di cui godeva in passato 
la chiesa acquese. 

Morì nel 1333 o nel 1334. lasciando un nome 
benemerito anche alla storia, sia per le sue monete, 
sia per i suoi scritti, che però non giunsero fino a 
noi. Essi sono:, una cronaca di cui fa menzione mon- 
signor Gioffredo Della Chiesa nel suo Arbore genea- 
logico dei marchesi di Salazzo, una storia della chiesa 
acquese ed una storia cronologica dei suoi vescovi : 
ma di tutto questo non rimane che la memoria ed 
un frammento conservato da Teobaldo Ainardo 
acquese nella Cronologia dei vescovi da lui composta 
nel 1500. 

Il sigillo del vescovo Oddone Bellingeri deve 
essere andato smarrito in causa delle tante peripezie 
cui fu soggetta Acqui specialmente dopo la rivolu- 
zione francese. 

Ne trascrivo la descrizione fatta dal Iozzi (0, 



(1) Iozzi Olivifro: // Piemonte sacro. Voi. I. Storia della Chiesa e 
dei vescovi di Acqui. Acqui, 1881. 

■ 1 



82 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIKTTI-CUNIETTI 



non essendomi stato possibile avere il disegno pub- 
blicato dal Torri nella sua cronologia episcopale. 
/E. Lungo l'A vi sono le lettere ODN-ODONVS e tra 
l'A e l'È sonovi inserte perpendicolarmente la croce * 
e le lettere QVS. alle quali lettere preponendovi l'A 
avremo AQVENSIS e all'È facendo seguire PIS legge- 
remo EPISCOPVS e cos'i tutt'assieme ODONVS EPISCOPVS 
AQVENSIS. 

Nella sala dell'episcopio vedesi la sua effigie 
sotto cui è scritto : 

1305 — ODDONVS • BELLINGERIVS • AQVEN • CONCILIO • 
PROV • BERGOM • INTERFVIT • HENRIC • VII • MEDIOL • INAV- 
GVR • ADIIT • 1311. 

Il vescovo Enrico Scarampi era nobile, patrizio 
d'Asti e dei signori di Cortemiglia; venne eletto ve- 
scovo di Acqui nel 1396 e per le sue virtù fu poi 
innalzato all'onore degli altari. In compagnia di Ale- 
ramo abate Fruttuariense combinò a nome di Teo- 
doro marchese di Monferrato il matrimonio fra il 
figlio di lui Giangiacomo e Giovanna sorella del 
conte Amedeo di Savoia. Accompagnò pure la 
B. Margherita di Savoia moglie del marchese Teo- 
doro quando prese il possesso della città di Genova. 
Nel 1403 venne trasferto al vescovado di Belluno e 
Feltre. Nel 141 5 fu deputato a Giovanni XXIII an- 
tipapa per indurlo a deporre il triregno, e, dopo la 
deposizione dei tre antipapi Giovanni XXIII, Gre- 
gorio XII e Benedetto XIII, nel concilio di Costanza, 
fu tra gli elettori della Nazione Italiana destinati 
per l'elezione del nuovo pontefice. 

Sotto il suo ritratto nella sala dell'episcopio 
si legge : 

B • ENRICVS ASTENSIS THEODORO MARCH • MONTISFERRATI 
ACCEPTISS • TRANSL • AD ECCLESIAM FELTRENS • ET BEL- 
LVNENS • ANNO 1403 MIGRAVIT AD SVPEROS AN. 1440 
D. 24 SEPT. 



ACQUI : LA SUA ZECCA, LO STEMMA, IL SIGILLO 



8 3 



Il sigillo del vescovo Enrico Scarampi è di forma 
elittica, di millimetri 68 per 42 e all'intorno è scritto 
in lettere capitali gotiche : 

S HÀN'RICI DEI GRATIÀ EPISCOPI AQVEN 







Nel campo vedesi una nicchia ogivale ornata in 
stile della fine del secolo XIV, che racchiude l'ef- 
figie della B. Vergine col Bambino con nimbo cru- 
cifero ; al di sotto vi è la figura di un vescovo mi- 
trato, inginocchiato in atto di pregare e accostato 
da due scudi ovali palati di cinque verghette. 

Questo sigillo fu pubblicato nel 1855 in Parigi 
in Notice sur les sceaux dn cabinet de feu M. Bouchage 
de Macon inserta nel tomo IV di Société de sphragi- 
stique de Paris. 

T .-Colonnello Alberto Cunietti-Cunietti. 



UNE NOUVELLE VARIETÉ 



DE LA 



PIÈCE DE 40 FRANCS DE NAPOLEON I 
EMPEREUR ET ROI D'ITALIE 



L'ouvrage si complet de M. r Gnecchi sur les 
monnaies frappées à Milan, suivi des volumes ré- 
digés par M. r Dewamin sur la numismatique de Na- 
poléon I < [ ), faisait croire à la publication de tout ce 
qui avait été émis ou crcé comme essai a Milan 
pendant la période napoléonienne. Nous avons néam- 
moins découvert la pièce de 40 francs suivante, qui 
avait échappé aux recherches de ces numismates at- 
tentifs. 

Le droit reproduit ci-dessous se distingue de celui 
des autres espèces de mème metal par l'absence de 
la marque d'atelier M au dessous de la date 1808. 




Cependant cette lettre monétaire avait figure des 
1806 sous la date sur l'essai de la pièce de 40 fr. 
cité par M. r Gnecchi comme effectué pendant cette 



(1) Dewamin : Cent ans de numismatique franfaise de 17S9 à 1X89. 
Paris, 1895, 3 vo '- ' n f°'- 



86 P. BORDEAUX 

première année de la Vice-Royauté d'Eugène de 
Beauharnais {1 \ Les deux différents du directeur et 
du graveur en chef de l'atelier monétaire milanais, 
une grenade et une coupé renversée, prouvent que 
cet essai, bien que dépourvu de lettre de l'atelier, à 
été réellement créé et frappé à Milan. 

Les recherches réalisées dans les archives mi- 
lanaises ont appris qu'au cours de l'année 1807, les 
monnayeurs de Milan ont fait des tentatives infructueu- 
ses pour frapper couramment des pièces d'or de 20 
et de 40 francs portant la tranche azurée marquée 
à l'aide d'un anneau special. Les coins se rompirent 
ou s'écrasèrent, probablement à cause d'une trempe 
insuffisante de l'acier. 

Ces résultats défectueux furent portés à la con- 
naisance du Vice-Roi. Au début de 1808, les com- 
mercants italiens se plaignirent au gouvernement de 
la minime quantité d'or monnayé existant sur la 
place. Le Ministre des finances, ému de ces doléances. 
proposa au Vice-Roi, par lettre officielle du 25 jan- 
vier, de continuer les essais de frappe de monnaies 
d'or mèmeen laissant supprimer toute marque de 
la tranche, s'il n'était pas possible de procéder au- 
trement. Le lendemain 26, le Prince de Beauharnais 
approuva d'urgence la proposition ( 2 ). 

Les monnayeurs milanais se mirent à l'oeuvre. 
Au cours de ces essais effectués avec une grande 
hàte, un offìcier monétaire oublia d'apposer sur le 
metal au dessous de la date, le différent M. 

La preuve que le travail a été effectué avec 
trop de rapidité ressort jusqu'à l'évidence de l'aspect 
de la monnaie, qui n'est pas centrée, et dont le li- 
stel est très visible sous la date ainsi que sur le 



(1) Gnecchi : Le Monete di Milano, pag. 209, n. 1. 

(2) Archivio di Stato di Milano, 11. 2206. 



UNE NOUVFLLE VARIÉTÉ 87 



début du nom : NAPOLEONE, alors qu'il n'existe pas 
au dessus de: IMPERATORE. Les lettres de cette der- 
nière titulature touchent presque la trancile, tandis 
que celles du mot précédent en sont sensiblement 
plus distantes. Le revers présente les mémes défauts 
dans l'apposition du listel très apparént seulenient 
par endroits. Notre exemplaire pese io centigram- 
mes de plus que l'espèce courante gravée ultérieu- 
rement avec M sous la date. 

Des exemplaires furent frappés et émis avec ce 
coin, qui avait donne satisfation sous le rapport du 
fini de la gravure et de la dureté du metal. Lors- 
qu'on s'apercut de l'inadvertance, le morceau d'acier 
fut mis immédiatement au rebut et remplacé par un 
autre pourvu des mentions correctes. Effectivement 
au cours de la mème année des exemplaires régu- 
liers pourvus d'un M sous la date et continuant 
d'avoir une tranche azurée avec l'inscription en rc- 
lief: DIO PROTEGGE L'ITALIA, furent forgés et répandus 
dans le public, lls étaient les seuls qui eussent été 
rencontrés jusqu'à ce jour. 11 n'y en aurait pas eu 
moins de huit à dix mille émis. 

D'après le catalogue Dewamin, l'emploi de cette 
trancile azurée n'aurait cesse qu'à partir de 1809 
pour les pièces de 20 francs et de 1810 pour 
celles de 40 francs du royaume d'Italie. Elle fut dé- 
sormais remplacée par la mème legende gravée en 
creux. Aucun essai ou frappe sans apposition de 
tranche, dans les conditions oli la lettre ministérielle 
citée précédemment le prévoyait en cas de neces- 
sitò, ne parait avoir été encore rencontré. 

Les numismates ne connaissent jusqu'à préseut 
que trois exemplaires de la picce dessinée cidessus. 
L'un est conserve dans la collcction de S. M. Victor 
Emmanuel III. Les intelligenccs avisées, qui s'oc- 
cupent du classement des scries royales, avaient di- 



88 P. BORDEAUX 



scerné depuis longtemps l'intérét d'une monnaie pré- 
sentant la particularité, que nous avons expliquée (0. 
Les deux autres font partie de notre collection et 
de celle d'un amateur de Paris. 

L'existence de la variété signalée montre l'at- 
tention avec laquelle les numismates doivent re- 
cueillir toutes les pièces, qui ont été créées dans les 
périodes de temps, où les ateliers monétaires ont été 
obligés de travailler avec une certaine hate. Ces 
travaux rapides ont occasionné fréquemment la frappe 
de variétés particulières, qui prouvent combien la 
numismatique est le miroir fidéle des difficultés du 
moment. 



P. Bordeaux. 



(i) Nous remercions M. r le general Ruggero de l'obligeance qu'il a 
mise à nous renseigner aussitot sur cette rareté. 



MANTOVA A VIRGILIO 



Che da qualche anno si vada raccogliendo a Mantova 
denaro per erigere un monumento a Virgilio, tutti lo sanno. 
Non vorrà però credere nessuno che soltanto così tardi, in 
questi tempi cioè di riviviscenza classica, Mantova abbia 
pensato di onorare il suo gran poeta. Che tacendo pure, 
che più volte in suo onore furono eretti in città monumenti 
e ricordi, alcuni dei quali ancora esistono e nei musei e fuori, 
ella non tralasciò mai di eternare il suo gran figlio nelle sue 
monete. Unica, fra le tante città che vantano glorie latine 
(come Verona, Catullo; Padova, Tito Livio), sempre, libera 
o schiava, per mezzo delle monete cercò di ravvisare ai più 
lontani pronipoti il glorioso nome e la ipotetica, ma spon- 
tanea effigie. 

Né certo fece questo, come pretenderebbe il Bellini ('), 
per imitare gli antichi che nelle loro monete già avevano 
effigiato Omero, Saffo e non pochi illustri filosofi, e nemmeno, 
come dice il Comparetti ( 2 ) con idea affine, che l'effigiare 
Virgilio sia stato un omaggio a lui reso soltanto dalla classe 
istruita del paese. No certamente ; prima che a Mantova si 
coniasse moneta un'ipotetica effigie di Virgilio faceva già 
parte dello stemma della città (3); quanto poi al ricordarlo, 
i mantovani, continuavano a custodire gelosamente una casa 
che si diceva fosse stata abitata dal poeta stesso (4). 



(i) Zanetti: Raccolta delle monete e zecche d'Italia. Tomo III, pa- 
gina 249 e sgg. Lelio della Volpe, 1783. 

(2) Domenico Comparetti : Virgilio nel Medio Evo. Voi. II, pag. 137. 

(3) Un tale antichissimo stemma si trova infisso nella casa n. 2 dei 
portici Soliari ora Umberto I. 

(4) Amadei : Cronica »is. di Mantova. Tomo I, pag. 14. 



90 ALESSANDRO MAGNAGUTI 

Fu adunque per voto unanime dei mantovani che mol- 
tissime loro monete recano l'effigie e il nome glorioso di lui. 



Lungo, noioso e di nessun interesse sarebbe il dover 
dare un fedele elenco di tutte le monete per così dire virgi- 
liane ; sarà quindi compito di questo articoletto illustrare, 
come meglio saprò, soltanto le più importanti di tal genere. 

È frattanto la più antica moneta mantovana che si co- 
nosca quella che apre questa interessante serie. Di bassa 
lega d'argento, con ogni probabilità sarebbe da riferirsi alla 
fine del secolo XI, ed ecco che su questa vi si legge per 
la prima volta l'augusto nome: VIRGILIVw. Né fu molto 
tempo dopo questa prima emissione che si ardì improntarvi 
l'effigie stessa del poeta. 

Era del resto troppo doloroso il dover constatare che 
mentre a noi rimangono le effigi di tanti umani mostri, non 
la più piccola immagine ci fosse pervenuta di quel poeta 
che aveva meravigliato il mondo per il candore della sua 
anima e per la dolcezza dei suoi versi. Fu dunque scusabile 
ed anzi lodevole che i suoi concittadini tentassero ogni mezzo 
per raffigurare quel Virgilio, che tutta era la loro gloria, 
tutta la loro speranza. Se noi quindi lo troveremo nelle 
nostre prime monete ridicolmente raffigurato, consideriamo 
in esse quel lento, diverso, eppur grande sforzo, che fecero 
gli artisti mantovani per condurci poi a mirarlo, quasi in 
autentica effigie, in quella ormai famosa monetina che al ro- 
vescio lo dice il migliore dei poeti epici. 

Come ci appare per la prima volta sulle monete, l'im- 
magine virgiliana è davvero ridicola e bizzarra; in essa vi è 
rappresentato il nostro poeta di prospetto, dal volto sbar- 
bato ed ilare come quello d'un giovinetto. Né s'accontenta- 
rono di questa bizzaria gli incisori mantovani, che non molto 
tempo dopo ce lo presentarono, davvero assai precoce- 
mente invecchiato, con una lunga zazzera ed altrettanta 
barba e seduto, come dicono i mantovani di un monumento 
consimile che trovasi in una piazza della città, sul banco 
della scuola. In siffatto modo ci vien rappresentato il nostro 



MANTOVA A VIRGILIO gì 



poeta, in un rarissimo quanto finissimo grosso fatto ad imi- 
tazione di quelli contemporanei dei veneziani. Il quale, quan- 
tunque pecchi del difetto generale del medio evo in ogni 
genere di rappresentazione, segna senza dubbio per l'arte 
della moneta mantovana il primo reale progresso. Secondo 
anzi il signor Manni, questa figura di Virgilio rassomiglie- 
rebbe moltissimo a una che trovasi in un manoscritto della 
biblioteca vaticana, la cui età è fatta risalire dal P. Mont- 
faucon ai tempi di Costantino ( J ). Comunque sia, lodando 
molto l'erudito argomento, sono ben lontano dal credere che 
un Virgilio così brutto rifletta anche solo qualcosa di auten- 
tico. Peraltro penso di intrattenermi ancora altrove sulla tanto 
discussa effigie. 

È quindi con poche varianti, ma fregiate però sempre 
del ricordo virgiliano, che si susseguono tutte le nostre mo- 
nete fino all'inizio della dominazione gonzaghesca, cioè al- 
l'anno 1328. 



Sembrerebbe a primo aspetto che il nuovo signore si 
sarebbe dovuto adoperare per spegnere quanto più poteva 
ogni antico segno di autonomia, ma questo non fecero con 
certa politica i Gonzaga. I quali forse per accarezzare il po- 
polo, dimostrarono palesemente di sacrificare ben volentieri 
la loro stessa ambizione personale, permettendo che a sua 
maggior gloria il nome del gran poeta fregiasse ancora le 
loro monete. 

E in verità tutte indistintamente le monete dei Gonzaga 
allora capitani del popolo, recano in qualche modo quel- 
l'augusto nome e talvolta l'effigie del poeta che in questo 
periodo prende, è davvero ridicolo a dirsi, un novello aspetto. 

Il poeta, che nel grosso avevamo lasciato assai preco- 
cemente barbuto e invecchiato, in queste ridiventa giovane, 
senza barba affatto e colla testa coperta di un berretto del 
più puro medio evo. 

Chi del resto fosse desideroso di vedere tutte le monete 



(1) Ved. Zanetti. 



92 ALESSANDRO MAGNAGUTI 

da me fin qui sommariamente descritte, lo invito all'osser- 
vazione dei due primi volumi del Portioli illustrati anche da 
due buone tavole. 



Che talvolta le monete esprimono chiaramente i varii 
sentimenti del principe che li ordina, è cosa ormai ben di- 
mostrata, ma troppo si palesa nelle nostre monete virgiliane 
per dover passare sotto silenzio alcune osservazioni in ri- 
guardo. 

Abbiam visto quale rispetto conservassero i Gonzaga 
al ricordo virgiliano, ma tosto vedremo che Gian Francesco 
signore di Mantova, creato marchese dall'imperatore Sigi- 
smondo (1433), cominciò a far perdere alle nostre monete 
quel carattere che le rendeva tanto simpatiche. Mantova che 
fino ad ora era stata dei mantovani, divenne allora veramente 
dei Gonzaga. Lo stesso Giovan Francesco che come capi- 
tano del popolo aveva sempre fregiate le sue monete del 
nome e dell'effigie di Virgilio, diventato marchese non lo 
ricorda più affatto. Ormai non aveva più bisogno di acca- 
rezzare il popolo; lo proteggeva l'imperatore. 

Questa specie di disprezzo pare però spiacere ai suoi 
successori, che tosto vediamo Lodovico li (1444-1478) in una 
bella monetina d'argento, comunemente detta solino, perchè 
al rovescio ha un sole radiante, rappresentarci simpatica- 
mente, in una bella testina giovanile al tempo stesso che 
sostenuta, il glorioso cantor dell'Eneide. 

Che dirò poi di una forse delle più belle monete spic- 
ciole del rinascimento ? Di quella attribuita al marchese Fe- 
derico, recante al rovescio il famoso EPO ? ( J ) 

Ben davvero è dedicata questa monetina al principe dei 
poeti epici, epicorum poètarum optimo ; in essa l'immagine 
del poeta è così accurata che al primo vederla facilmente 
si sarebbe indotti a credere che quello fosse l'autentico ri- 
tratto del poeta. Certo è che ritiene scrupolosamente delle 
notizie tramandateci sulla sua immagine dagli scrittori a lui 



(1) Vedere in proposito Rivista Hai. di Num. Fase. IV, 1907. 



MANTOVA A VIRGILIO 93 



contemporanei, e se questa fu l'intenzione dell'incisore, nes- 
suno avrebbe potuto essere più saggio di lui, nessuno avrebbe 
saputo meglio avvicinarsi alla realtà. Gli occhi grandi e in- 
cavati, il naso greco ma grosso, il tipo rustico ma bonario, 
descrittici unanimente dagli scrittori del suo tempo, sono in 
questa immagine virgiliana così fedelmente ritratti da appa- 
gare pienamente il concetto che generalmente ci si fa sul 
volto di Virgilio. 

Molte e varie monete virgiliane in lega e in rame ha il 
marchese Francesco II (1484-1519), molte il duca suo suc- 
cessore Federico II' (0, ma sfortunatamente il bel tipo surri- 
ferito fu da questi completamente abbandonato e, se abbiamo 
monete di fattura migliore delle precedenti, l'immagine vir- 
giliana ridiventa se non goffa insignificante. 

Fra quelle poi del duca Guglielmo (1550-1587) di nes- 
suna o poca importanza, v'ha un tipo così strano sul quale 
mi parrebbe torto non indugiarmi. Al diritto l'effigie del 
duca o una rappresentazione allegorica del nostro fiume 
Mincio, reca al rovescio un giovanile volto di Virgilio coro- 
nato d'alloro uscente di un vaso. 

Quanto al primo aspetto dia da pensare questa strana 
rappresentazione ognuno se lo può facilmente immaginare, 
e pur io m'ero affaticato a spiegare questo mistero impor- 
tunando dotte persone e perdendo invano il mio tempo su 
inutili libri. Quando leggendo a caso della nascita di Vir- 
gilio, trovai tosto il bandolo della matassa arruffata. A do- 
cumento di quanto l'autore asseriva nel testo trovavansi in 
nota questi due versi che furono la rivelazione di quanto mi 
domandavo : 

Haec stupeat? dives partus de paupere vena 
Emicuit; figlili soboles nova carmina fìnx ; t (2) 



(1) Questi i rovesci più conosciuti di tali monete: per quelle di lega 
il pegaso, la cervetta ; per quelle di rame il crogiolo, S. Longino, S. Ca- 
terina. 

(2) Sono questi due versi del grammatico romano Foca, più antico 
del famoso Prisciano, il quale compilò in versi un piccolo commentario 
di Donato, versi che a noi pervennero solo in parte. 



94 ALESSANDRO MAG.NAGUTI 



Che la leggenda dicesse Virgilio figlio di un vasaio non 
l'ignoravo, ma in verità i'osservazione di questa moneta, né 
ad altri né a me, aveva mai fatto balenare un tal pensiero. 
Ma quell' emicuit che spiegava così bene lo sporgere dal 
vaso della piccola effigie virgiliana, bastò per illuminare il 
curioso quesito e certo ormai sono di essere venuto alla 
giusta spiegazione e che quelle monete altro non facessero 
che ricordare a chi le mirava, che un sì eletto figlio era 
nato da un povero vasaio. Ora vi sarà forse alcuno che si 
affannerà ad altre spiegazioni, ma nessuna certo potrà mai 
essere più naturale di questa apparsa a me per semplice caso. 

Ad ogni modo, chiara si vede in questo tipo la decadenza 
di pensiero e di forma, si che nessuno certo sospetterebbe 
che è tuttavia in questo tempo che noi dobbiamo ritrovare 
l'unica moneta d'oro mantovana che ricordi il poeta. Dico di 
un rarissimo quartino d'oro W del duca Vincenzo I (1587-1612) 
recante al diritto una meschina effigie del poeta e al rovescio 
la nota impresa del duca, una mezza luna sormontata dal 
motto sic, decretato ormai per inspiegabile ( 2 ). Ma in questi 
tempi questa moneta, quantunque d'oro, non ha che un signi- 
ficato contrario alla sua apparenza ; questo splendore na- 
scondeva in realtà il germe di quella decadenza, che nel 
1630 per opera dell'assedio, del saccheggio e della peste, 
doveva condurre alla più completa rovina Mantova e l'intiero 
suo ducato. 

Infatti poi né lo stesso duca Vincenzo I, né i suoi tre 
figli Francesco IV, Ferdinando e Vincenzo II hanno più mo- 
nete virgiliane, e per trovarne al nostro caso dobbiamo ri- 
portarci al duca Carlo I di Nevers. Il quale, sembrerebbe 
quasi a rialzare il morale del suo popolo, ne fece coniare 
varie di rame fra le quali alcune veramente pregevoli per 
arte e che naturalmente ci fanno pensare a quella di Fede- 
rico I già da me descritta a più riprese. Ma son queste le 
ultime monete mantovane che conservano integralmente il 
loro simpatico carattere; che in alcune altre, di cui farò un 



(1) Catalogue du Cabinet Imperiai. Monnaies en or. Supplément, 
pag. 69, 70, 71. 

(2) Portioli : Voi. I, pag. 89. 



MANTOVA A VIRGILIO 95 



cenno, noi possiamo ritrovarvi soltanto una semplice allu 
sione virgiliana, giammai un vero ricordo del gran poeta. 

Così Carlo II nipote e successore del precedente ram- 
menta soltanto il nostro poeta in un viso di bimbo che vor- 
rebbe significarlo, usato come contromarca in alcune sue 
parpagliole (*), le quali, essendovene più di false che di buone, 
avevano bisogno di una riconferma di autenticità. E del resto 
quale riconferma migliore poteva escogitarsi di una virgi- 
liana? Assai meglio fece però suo figlio, Ferdinando Carlo 
(1671-1707Ì l'ultimo duca di Mantova, il quale non Io ricorda 
affatto. 



Vennero poi a Mantova i tedeschi, vennero i francesi, 
ritornarono i tedeschi, e in questo periodo noi troviamo 
chiaro nelle monete quell'avvilimento che doveva regnare 
sugli animi dei mantovani schiavi or di questo or di quel 
padrone. E solo nel 1848, alla penosa vigilia della nostra 
indipendenza, che noi vediamo ricomparire sotto la testa 
dell'imperatore Ferdinando I su tre monete ossidionali (il 
fiorino cioè, la lira e il quindicino) un piccolo cigno natante, 
l'emblema di Virgilio. Questa l'ultima comparsa del poeta 
sulle nostre monete; l'efficacia ch'egli doveva esercitare sugli 
animi nostri era compita : 

Jam nova progenies coelo demittitur alto. 

Torino, ij gennaio loop. 

Alessandro Magnaguti. 



(1) Queste hanno al diritto una Madonna col bambino e al rovescio 
due angeli che sorreggono i sacri vasi del Preziosissimo Sangue. 



TESORETTO MONETALE 

scoperto nei fondi dei signori Romanin-Jacur 
in CASALEONE (Verona) W 



Questo tesoretto monetale, reso già noto per sommaria 
descrizione fattane dal prof. Gherardo Ghirardini, soprain- 
tendente agli scavi ed alle antichità del Veneto, meritava di 
essere studiato minatamente sia per il numero considerevo- 
lissimo di monete, di cui era costituito, sia per l'epoca cui 
le monete devono assegnarsi. E fu per consiglio dello stesso 
prof. Ghirardini e per cortese accondiscendenza dei signori 
fratelli Romanin-Jacur, se mi potei applicare al paziente lavoro 
di esaminare tutte quante le monete, con che giunsi alle pre- 
cise conclusioni che qui espongo. 

Il ritrovamento venne fatto * nella località detta Bastione 
di s. Michele, in frazione di Sustinenza, comune di Casaleone. 
A sud di questo paese ed alla distanza di circa 9 chilometri 
da esso, sulla riva sinistra del fiume Tartaro, il giorno 20 
aprile 1901, due lavoranti, certi fratelli Bellini, mentre sta- 
vano spargendo il concime in un campo facente parte della 
vasta tenuta dei signori fratelli Romanin-Jacur, detta la Bor- 
ghesana, ravvisarono a fior di terra alcune monete d'argento. 
La mattina seguente gli stessi fratelli con tre altri contadini, 
che trovandosi per caso lì da presso si aggregarono ad essi, 
fecero uno scavo nel sito ove avevano raccolte le monete, 
e ivi appunto, nella scarpa di un rialzo di terra conosciuto 
col nome di Argine del Cavriol, scoprirono un vaso di ter- 
racotta pieno di monete. Tolte queste dal vaso, i cui rot- 
tami si gettaron via, furono portate dagli scopritori alla fat- 



(1) Fu pubblicata nelle Notizie degli scavi di antichità, anno 1908, 
fase. 3. 



9^ LUIGI RIZZOLI 



toria dei signori Romanin-Jacur, in Maccaccari (comune di 
Correzzo) e consegnate al fattore ing. Pio Scudellari „ (1). 

Le monete così rinvenute passarono quindi ai signori 
Romanin-Jacur in Padova, che tuttora le conservano gelo- 
samente. 

Sebbene si debba credere, come risultò al prof. Ghirar- 
dini, il quale erasi recato sopra luogo il giorno 18 maggio 
del 1901, che alcune di quelle monete sieno andate disperse, 
rimane fermo però che quelle raccolte costituivano la parte 
maggiore del ripostiglio. Il numero delle monete che furono 
a me consegnate è di 1032. 

Prima di passare allo studio di esse, ricorderò che il 24 
febbraio del 1889, nello stesso sito della tenuta Borghesana e 
precisamente nel punto detto " Argine del Cavriol „ a pochi 
metri, pare, di distanza dal nuovo vaso, un'altra pentola con 
oltre 1200 monete famigliari romane fu scoperta. Disperse sul 
principio, furono poi ricuperate ; e per generosità dei signori 
Romanin-Jacur e del dott. Gio. Batt. Bertoli di Casaleone, che 
le acquistarono, donate al Museo Civico di Verona. Questo 
ripostiglio dovrebbe essere probabilmente contemporaneo, 
come opina il prof. Ghirardini, al tesoretto del 1901 ( 2 ). 

Il ripostiglio di Casaleone del 1901 è il quarto fra i vari 
ritrovamenti di monete romane del tempo repubblicano, av- 
venuti nella Regione Veneta, dalla seconda metà del se- 
colo XIX ad oggi. Esso per la sua importanza merita di 
esser divulgato, dopo quello ormai celebre di Maserà (Pa- 
dova), dopo quello di Caltrano Vicentino, e dopo quello di 
Casaleone del 1889. 

Il ripostiglio di Maserà, scopertosi nel 1881, fu pubbli- 
cato dal Garrucci e poi dal De Petra. Era composto di 1214 
monete consolari romane, spettanti ad un periodo assai lungo, 
dal 268 all'84 a. C. (3). 



(1) Notizie degli scavi di antichità, giugno 1901, pp. 290-291. 

(2) Notizie cit., cfr. anche : Ghirardini G., Scoperte archeologiche av- 
venute nel Veneto dall'anno iSc/o al 1002 in Atti del Congresso interna- 
zionale di scienze storiche (Roma, aprile 1903), voi. V : Archeologia, p. 292. 

(3) Civiltà Cattolica ( 1 88 r , quad. 746; 1882, quad. 778); Notizie degli 
scavi (luglio 1888); cfr. anche: [periodi della moneta romana rettificati 
col ripostiglio di Maserà in Bollettino di numismatica e sfragistica per 
la storia d'Italia, anno I (1882), pag. 356 e segg. 






TESORETTO MONETALE SCOPERTO IN CASA LEONE 99 

Il ripostiglio di Casaleone, scopertosi nel 1889, fu som- 
mariamente illustrato dal signor Stefano de Stefani. Constava, 
come si disse, di oltre 1200 monete, che presumibilmente 
erano state seppellite in quella località circa cinquantanni 
avanti l'èra volgare (1). 

Il ripostiglio di Caltrano Vicentino, scoperto nel 1893, 
doveva constare di poco oltre un migliaio di pezzi, de' quali 
soltanto 350 poterono essere studiati dal prof. P. Orsi, mentre 
gli altri andarono perduti. I 350 pezzi erano tutti vittoriati, 
che devono essere stati nascosti negli ultimi anni del III se- 
colo o nei primissimi del II a. C. ( 2 ). 

Il ripostiglio di Casaleone, scoperto nel 1901, è costituito 
di monete che devonsi riportare al periodo dal 268 al 44 
circa avanti Cristo. Resta dunque assodato, come ebbe ad 
ammettere il prof. Ghirardini, che questo tesoretto è preci- 
samente contemporaneo all'altro scoperto nel 1889. 

Non deve però far maraviglia se, fra tante monete ro- 
mane del periodo repubblicano, rinvenutesi nella stessa lo- 
calità di Casaleone, due soltanto di bronzo siansi trovate, 
mentre le altre tutte sono d'argento (denari e quinari). Quanto 
poi all'esistenza di una sola moneta di bronzo per ciascuno 
dei due ripostigli, non saprei darmene una spiegazione se 
non pensando che quella moneta vi fosse stata collocata per 
indicare un dato quantitativo di monete d'argento. 

Questa moneta di bronzo è un asse unciale colla testa 
di Giano bifronte e colla prora di nave ; ma è così logorata 
e lisciata dal tempo che riesce riconoscibile solo a chi è pra- 
tico del tipo delle antiche monete. Il suo peso è di gr. 22,65. 

Il numero dei denari è di 714, di cui 60 dentellati ; 
quello dei quinari è di 317 ; nessun sesterzio. 

I nomi delle famiglie, di cui si rinvennero monete, sono 
i seguenti, che ricorderò per ordine alfabetico, secondo 
l'opera del Babelon (3). 



(1) Notizie degli scavi (marzo 1889), pp. 55-56. 

(2) Notizie degli scavi (luglio-settembre 1894), pp. 259-269. Vedi pure: 
Ghirardini, Scoperte archeologiche, cit., pag. 291. 

(3) Babelon E. : Description historique et chonologique des monnaies 
de la République romaine. Paris, 1885-1886. 



IOO LUIGI RIZZOLI 



Abvria (denari 2 : Babelon I, pag. 94, n. 1 ; denari 2 : Bab. I, 96, n. 6). 

Acilia (denaro : Bab. I, 102, n. 1). 

Aelia (denaro: Bab. I, no, n. 3 e no, n. 4). 

Aemilia (denari 6: Bab. I, 118, n. 7; denari 23: Bab. I, 120, n. 8; de- 
naro: Bab. I, 121, n. 9; denari 15: Bab. I, 122, n. IO; denari 2: 
Bab. I, 123, n. 11). 

Annia (denari 2: Bab. I, 140, n. 3; denaro: Bab. I, 141, n. 4). 

Antestia (denari 3: Bab- I, 144, n. 1; denari 4: Bab. 1, 146, n. 9). 

Antonia (denari 8: Bab. I, 158, n. 1). 

Appvleia (denari 8: Bab. I, 208, n. 1). 

Aqvillia (denaro : Bab. I, 213, n. a). 

Baebia (denari 3 : Bab. I, 254, n. 12). 

Caecilia (denaro: Bab. I, 266, n. 21; denari 5: Bab. I, 275, n. 43; de- 
nari 2: Bab. I, 275, n. 44; denari 3: Bab. I, 277, n. 45). 

Caesia (denari 2 : Bab. I, 281). 

Calidia (denari 4: Bab. I, 283, n. 1). 

Calpvrnia (denari 20: Bab. I, 292, n. 11; denaro: Bab. I, 292, n. 12; 
quinari 17: Bab. I, 295, 11. 13; denari 3: Bab. I, 300, n. 24; denari 
2: Bab. I, 301, 11. 25). 

Cassia (denaro: Bab. I, 327, n. 4; denari 2: Bab. I, 329, n. 6: denari 5: 
Bab. I, 330, n. 7; denari 5: Bab. I, 331, n. 8; denari 4: Bab. I, 331, 
n. 9; denari 8: Bab. I, 332, n. io). 

Cipia (denari 8: Bab. I, 341, n. 1). 

Clavdia (denari 7 : Bab. I, 345, n. 1 ; denari 2 : Bab. I, 349, n. 5). 

Clovlia (quinari 37 : Bab. I, 360, n. 2). 

Coelia (denari 3: Bab I, 369, n. 2; denari 2: Bab. I, 369, n. 3 ; denaro: 
Bab. I, 373, n. 7). 

Cornelia (denaro: Bab. I, 387, n. 1; denari 2: Bab. I, 396, n. 19; de- 
nari 2: Bab. I, 399, n. 24; denari 7: Bab. I, 415, n. 50; quinari 50: 
Bab. I, 415, n. 51; denari io: Bab. I, 417, n. 54; denaro: Bab. 1,421, 
n. 59; denari 2: Bab. I, 422, n. 60; denaro: Bab. I, 423, n. 61; de- 
naro : Bab. I, 424, n. 63). 

Crepvsia (denari 12: Bab. 1, 441, n. 1). 

Critonia (denaro : Bab. I, 443, n. 1). 

Cvrtia (denari 4 : Bab, I, 450, n. a). 

Decia (denaro: Bab. I, 452, n. 1). 

Didia (denaro: Bab. I, 455, n. 1). 

Domitia (denari 2 : Bab. I, 460, n. 7 ; denaro : Bab. I, 462, n. 14). 

Egnatia (denaro: Bab. I, 473, n. 1; denaro: Bab. I, 474, n. 2; denaro: 
Bab. I, 474- n - 3)- 

Egnatvleia (quinari 44 : Bab. I, 475, n. 1). 

Fabia (denari 3: Bab. I, 480, n. 1; denari 2 : Bab. I, 482, n. 5; denari 3: 
Bab. I, 486, n. 14; denaro: Bab. I, 487, n. 15). 

Fannia (denari 7 : Bab. I, 491, n. 1). 

Farsvleia (denari 2 : Bab. I, 493, n. 2). 

Flaminia (denari 7 : Bab. I, 495, n. 1). 

Fonteia (denaro: Bab. I, 500, n. 1; denaro: Bab. I, 503,^7; denari 2: 



TKSORETTO MONETALK SCOPERTO IN CASALEONE IOI 



Bab. I, 506, n. 9; denari 2: Bab. I, 507, n. io; denari 2: Bab. I, 509, 
n. 17). 

Fvfia (denaro: Bab. I, 512, n. 1). 

Fvlvia (denaro : Bab. I, 513, n. 1). 

Fvndania (denari 2: Bab. I, 515, n. 1; quinari 3: Bab. I, 516, n. 2). 

Fvria (denari 4: Bab. I, 525, n. 18; denari 2: Bab. I, 526, n. 19; de- 
nari 9 : Bab. I, 528, n. 23). 

Gargilia (denari 16: Bab. I, 532, n. 1). 

Herennia (denari 4: Bab. I, 539, n. 1). 

Hosidia (denari 8 : Bab. I, 547, n. 1). 

Ivlia (denari 2: Bab. II, 2, n. 1; denaro: Bab. II, 4, n. 3; denari 4: 
Bab. II, 5, n. 4; denari 8: Bab. II, 6, n. 5). 

Ivkia (denari 2: Bab. II, 104, n. 8; denari 6: Bab. II, 108, n. 15; de- 
nari 8: Bab. II, 108, n. 16; denaro: Bab. II, 109, n. 19; denari 7: 
Bab. II, 113, n. 30; denari 3: Bab. II, 114, n. 31). 

Licinia (denaro: Bab. II, 129, n. 7; denari 7: Bab. II, 133, n. 16; de- 
naro : Bab. II, 134, n. 18). 

Lvcilia (denaro: Bab. II, 150, n. 1). 

Lvcretia (denari 4: Bab. II, 151, n. I; denaro: Bab. II, 151, n. 2; de- 
nari 2: Bab. II, 153, n. 3). 

Lvtatia (denari 2 : Bab. II, 157, n. 2). 

Maenia (denari 2 : Bab. II, 165, n. 7). 

Maiania (denaro : Bab. II, 166, n. 1). 

Mallia (denari 6: Bab. II, 169, n. 1; denari 6: Bab. II, 169, n. 2). 

Mamilia (denari 2 : Bab. II, 173, n. 6). 

Manlia Cdenaro : Bab. II, 176, n. 2; denari 5: Bab. II, 177, n. 4). 

Marcia (denari 2: Bab. II, 181, n. 1; denaro: Bab. II, 185, n. 8; de- 
nari 3: Bab. II, 191, n. 18; denari 2: Bab. II, 192, n. 19; denari 5: 
Bab. II, 195, n. 24; denari 3: Bab. II, 196, n. 27; denari 20: Bab. II, 
197, n. 28). 

Maria (denari 2: Bab. II, 203, n. 9; denaro : Bab. II, 202, n. 7). 

Memmia (denari 4: Bab. II, 213, n. 1 ; denari 2: Bab. II, 216, n. 8; de- 
naro: Bab. II, 219, n. 10). 

Minvcia (denari 5: Bab. II, 227, n. 1 ; denari 2: Bab. II, 229, n. 3; de- 
naro : Bab. 235, n. 19). 

Naevia (denari 9: Bab. II, 248, n. 6). 

Noma (denari 4 : Bab. II, 256, n. 1). 

Norbania (denari 4: Bab. II, 259, n. 2). 

Opimia (denaro : Bab. II, 272, n. 12 ■ denari 2 : Bab. II, 275, n. 16). 

Papia (denari 3: Bab. II, 280, n. 1). 

Papiria (denari 4: Bab. II, 288, n. 6; denaro: Bab. II, 289, n. 7). 

Pinaria (denari 2: Bab. II, 303, n. 1). 

Plaetoria (denari 5: Bab. II, 312, n. 3; denari 6: Bab. II, 312, n. 4; de- 
nari 4: Bab. II, 313, n. 5; denaro: Bab. II, 313, n. 6; denaro: Bab. 
II, 314, n. 7). 

Plancia (denari 6: Bab. II, 317, n. il. 

Plavtia (denari 2: Bab. II, 323, n. 11; denari 2: Bab. II, 323, n. 12; 
denari 5: Bab. II, 324, n. 13). 



LUIGI RIZZOLI 



Plvtia (denaro: Bab. II, 329, n. 1). 

Poblicia (denaro: Bab. II, 331, n. 2; denaro: Bab. II, 332, n. 4; denaro: 
Bab. II, 332, n. 6; denaro: Bab. II, 333, n. 7; denaro: Bab. II, 333, 
n. 8; denari 2: Bab. II, 334, n. 9). 

Pompeia (denari 4: Bab. II, 336, n. 1; denaro: Bab. II, 338, n. 4; de- 
nari 3: Bab. II, 338, n. 5). 

Pomponia (denaro: Bab. II, 360, n. 7; denaro: Bab. II, 362, n. 9; denari 
2: Bab. II, 363, n. 13; denaro: Bab. II, 363, n. 14). 

Porcia (denari 6: Bab. II, 368, n. 1; denari 4: Bab. II, 369, n. 3; de- 
naro: Bab. II, 370, 11. 4; denaro: Bab. II, 371, n. 5; quinari 77: Bab. 
II, 371, n. 7; denari 4: Bab. II, 373, n. 8). 

Postvmia (denaro: Bab. II, 377, n. 1; denaro: Bab. II, 379, n. 4; de- 
nari 4: Bab. II, 381, 11. 7; denari 5: Bab. II, 382, n. 8; denari 5: 
Bab. II, 382, n. 9). 

Procilia (denari 3: Bab. II, 386, n. 1; denari 4: Bab. II, 386, n. 2). 

Qvinctia (denaro: Bab. Il, 392, n. 2; denari 2: Bab. II, 394, n. 6). 

Renia (denari 3 : Bab. II, 399, n. 1). 

Poscia (denari 7 : Bab. II, 402, n. 1). 

Rvbria (denaro: Bab. II, 406, n. 1; denaro: Bab. II, 407, n. 2; quinari 
30: Bab. II, 408, n. 4). 

Rvstia (denaro: Bab. II, 411, n. 1). 

Rvtilia (denari 4: Bab. II, 413, n. 1). 

Satriena (denari 4: Bab. II, 420, n. 1). 

Savfeia (denari 2: Bab. II, 42 r, n. 1). 

Scribonia (denari 18: Bab. II, 427, n. 8). 

Sergia (denari 3 : Bab. II, 442, n. 1). 

Servilia (denari 3. Bab. II, 446, n. 5; denari 2: Bab. II, 449, n. 13; de- 
nari 6: Bab. II, 450, n. 14; denari 4: Bab. II, 452, n. 15). 

Svlpicia (denari 2: Bab. II, 471, n. 1; denari 7: Bab. II, 473, n. 6). 

Terentia (denaro: Bab. II, 483, n. io). 

Thoria (denari 5: Bab. Il, 488, n. 1). 

Titia (denari 4: Bab. II, 490, n. 1; denari 6: Bab. II, 491, n. 2; quinari 
38: Bab. II, 491, n. 3). 

Titvria (denari 3 : Bab. II, 499, n. 5 ; uno però è una variante, non avendo 
nel dritto alcuna iscrizione; denari 2: Bab. II, 497, n. r; denari 5: 
Bab. II, 498, n. 2; denari 3: Bab. II, 498, n. 3; denari 2: Bab. II, 
498, n. 4; denari 4: Bab. II, 499, n. 6). 

Trebania (denaro : Bab. II, 500, n. 1). 

Tvllia (denari 3: Bab. Il, 503)? 

Valeria (denari 3: Bab. II, 512, n. 11; denaro: Bab. II, 513, n. 12). 

Vargvnteia (denaro: Bab. II, 525, n. 1). 

Vettia (quinari 13: Bab. II, 531, n. 1). 

Vetvria (denari 2: Bab. II, 535, n. 1). 

Vibia (denari 4: Bab. II, 538, n. 1; denari 11: Bab. II, 539, n. 2; denari 
2: Bab. Il, 540, n. 3; denaro: Bab. Il, 540, n. 5). 

Volteia (denari 3: Bab. II, 565, n. 2; denari 2: Bab. II, 566, n. 3; de- 
nari 3: Bab. II, 567, n. 4; denaro: Bab. II, 568, n. 6). 



TERORETTO MONETALE SCOPERTO IN CASALEONE IO3 



D'incerta famiglia non sono che tre denari con la testa 
di Roma da un lato, e con Diana o la Vittoria in biga, o i 
Dioscuri a cavallo dall'altro. Vi sono poi otto mezzi vittoriati 
secondo Babelon I, pag. 77, del valore di un sesterzio e 
mezzo, monete create in forza della legge Papiria (89 a. C), 
con la testa di Apollo e la Vittoria che incorona un trofeo ; 
finalmente abbiamo l'unica moneta di bronzo, cioè l'asse già 
ricordato. Il denaro, che ha nel rovescio Diana in biga, pre- 
senta sotto le gambe de' cavalli il simbolo del gambero; 
quello che ha nel rovescio i Dioscuri, sotto le gambe dei 
cavalli ha il simbolo dell'ancora; i mezzi vittoriati hanno in- 
vece nel campo del rovescio delle lettere varie. 

La famiglia consolare che è rappresentata dal maggior 
numero di monete è la Porcia, che ha 16 denari e 77 qui- 
nari, che risalgono dal 149 al 92 a. C; segue la famiglia 
Cornelia che ha 27 denari e 50 quinari dal 200 al 53 a. C; 
quindi la Titia con io denari e 38 quinari, battuti verso il 
90 a. C; la Aemilia con 47 denari, che si devono riportare 
dal 112 al 54 a. C; la Egnatuleia con 44 quinari, battuti 
verso il 101 a. C; infine la Calpurnia con 26 denari e 17 
quinari, battuti fra 1*89 e il 64 a. C. 

Il maggior numero di denari spetta dunque alla famiglia 
Aemilia; il maggior numero di quinari alla famiglia Porcia. 

La moneta più antica del ripostiglio è il denaro di un 
monetario sconosciuto della famiglia Decia, che risale al 268 
circa a. C. Esso ha da un lato : la testa di Roma galeata, a 
destra, e di dietro X, dall'altro: ROMA e i Dioscuri a cavallo 
galoppanti a destra, aventi sotto le gambe uno scudo rotondo 
ed un cartiyx (Babelon, I, pag. 452, n. 1). Questo denaro è 
di cattiva conservazione. 

Le monete più recenti sono alcuni denari spettanti alla 
famiglia Iunia, che furono battuti dopo il 44 a. C. da Q. Ce- 
pione Bruto. Sette hanno da un lato: BRVTVS e la testa 
nuda di L. Giunio Bruto l'antico, rivolta a destra; dall'altro: 
AHALA e la testa nuda di Servilio Ahala, rivolta a destra 
(Babelon, II, pag. 113, n. 30). Tre invece hanno da un lato: 
LIBERTAS e la testa diademata della Libertà rivolta a destra: 
dall'altro: BRVTVS e la figura del console L. Giunio Bruto 
l'antico, avanzantesi a sinistra fra due littori preceduta da 
un araldo (Babelon, II, pag. 114, n. 31). 



104 LUIGI RIZZOLI 



Quantunque il ripostiglio non ci abbia dato monete ve- 
ramente rare, pure sono di qualche importanza: il denaro 
della famiglia Decia (e. a. 268 a. C), già più sopra descritto; 
un denaro della Egnatia, che ha da* un lato: MAXSVMVS e 
il busto diademato di Venere a destra; dall'altro: C • EG-NA- 
TIVS CN • F • CN • N • e la Libertà, incoronata dalla Vittoria, 
in biga al passo a destra (circa a. 69 a. C. ; Babelon op. cit. 
I, pag. 473, n. 1); un denaro incuso della famiglia Fabia: 
LABEO • ROMA e la testa di Roma galeata a destra e da- 
vanti X (circa 144 a. C; Babelon, op. cit., I, pag. 480, n. 1); 
infine un denaro della Tituria che ha da un lato: la testa 
nuda e barbuta del re Tazio a destra, ma senza iscrizione ; 
dall'altro: L • TITVRI e Tarpeia, coi capelli sparsi e le braccia 
levate al cielo, fra due guerrieri (verso l'88 a. C; Babelon, 
op. cit. II, pag. 499, n. 5, variante). 

Non stimai necessario indicare il peso delle singole mo- 
nete rinvenute, perchè o dal tipo o dai segni monetari mi 
fu facile pervenire ai sicuri risultati, che qui ho esposto, 
Dirò soltanto che nella loro massa le monete sono di poco 
buona conservazione, specialmente le più antiche. 



Luigi Rizzoli jun. 



BIBLIOGRAFIA 



LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI. 



Maurice (Jules). Numismatique Constantinienne, Iconogra- 
phie et chronologie, description historique des émissions 
monétaires. — Tome I, Paris, 1908. 

Come è ormai noto a tutti, il Maurice da tempo si de- 
dica allo studio speciale della numismatica Costantiniana, e 
tutti conoscono i suoi lavori sulle diverse zecche dell'impero 
romano a quest'epoca, pubblicati nelle varie riviste d'Europa. 
Finito questo lavoro di preparazione, l'autore riunisce ora 
tutti i suoi studii, li collega fra loro e ci offre l'opera sua 
definitiva, pubblicandone il primo volume col titolo che ab- 
biamo sopra indicato. Un resoconto di questo volume e dei 
criterii che guidarono l'autore a distribuire e completare 
l'opera sua deve quindi ispirarsi a criterii più larghi e ge- 
nerali di quanto si usa fare per il lavoro preparatorio del 
periodico e vale la pena di esporre il concetto generale del- 
l'opera, di esaminarne le diverse parti. 

Il lavoro è diviso in tre parti: un'Introduzione, l'Icono- 
grafia imperiale e la Descrizione delle monete distribuite 
per zecche. 

L'Introduzione è un trattato della monetazione dal prin- 
cipio della Tetrarchia alla fine dei Costantini. Alle nozioni 
generali sulla amministrazione delle zecche, segue la parte 
cronologica in aiuto alla quale l'autore ha istituito un pro- 
spetto delle leggende che si trovano anno per anno sulle 
monete, incominciando dal 305 e procedendo fino al 337, 
prospetto che potrà servire alla attribuzione della data a 



Io6 BIBLIOGRAFIA 



monete, monumenti, epigrafi che non contengono altri elementi 
cronologici. In questo senso la numismatica, qui non sarebbe 
solo di sussidio all'archeologia e alla storia, ma avrebbe la 
decisa prevalenza, del che gioirebbe l'anima del nostro rim- 
pianto Ambrosoli, il caldo propugnatore dell'autonomia della 
Numismatica. 

La parte iconografica che segue è la più nuova e cer- 
tamente molto interessante. Tutti sanno come all'epoca dei 
Tetrarchi e dei Costantini, le effigi dei due Augusti e dei 
due Cesari presentino sulle monete una grandissima confu- 
sione, delle strane rassomiglianze fra loro, delle sconcordanze 
colle leggende, al punto che parecchi numismatici hanno di- 
sperato di poter arrivare a trovare le vere immagini dei 
quattro imperatori, non solo sulle monete ma benanco sui 
medaglioni. 

In piccola misura la sostituzione d'effigie avvenne an- 
che in tempi ben più remoti della numismatica romana e 
ne troviamo esempi fino dal principio dell'impero. Appena 
eletto un nuovo imperatore, la zecca incominciava la co- 
niazione delle sue monete. Sia che la mano degli ar- 
tisti avesse difficoltà a scostarsi dalle effigi che da lungo 
tempo era avvezza a incidere ; sia che il ritratto del 
nuovo principe non arrivasse proprio immediatamente il 
giorno dell'elezione, noi troviamo bene spesso che le prime 
monete di un imperatore portano ancora l'effigie dell'impe- 
ratore antecedente. Per citare solo gli esempi più comuni, 
noi troviamo le prime monete di Vitellio colla testa di Ot- 
tone, le prime di Vespasiano colle teste di Ottone e di Vi- 
tellio, e questo vuol dire che le nuove effigi non erano an- 
cora pervenute alla officina monetaria. Lo stesso fenomeno, 
per l'altra causa dell'abitudine degli incisori troviamo nelle 
monete postume, le quali portano sempre nelle effigi il ri- 
cordo dell'imperatore regnante. Le monete coniate al nome 
di Augusto sotto Claudio e Caligola portano sempre una 
effigie di Augusto che richiama qualche cosa dei tratti di 
questi imperatori; e tutte le monete di consacrazione risen- 
tono sempre qualche cosa delle fisionomie degli imperatori 
che le fecero coniare. La splendida serie delle restituzioni 
di Traiano è l'esempio più evidente. 



BIBLIOGRAFIA 107 



Nelle effigi dei diversi imperatori restituiti i tratti ca 
ratteristici di Traiano fanno sempre capolino; tutti i prin- 
cipi restituiti sono, per così dire, veduti e riprodotti attra 
verso la fisionomia di Traiano. 

In nessuna epoca però tale fenomeno fu tanto intensi- 
ficato quanto in quella della tetrarchia, quando non si trat- 
tava più dell'unica zecca di Roma, ma delle numerose zecche 
sparse in tutto l'impero. E qui è specialmente il primo dei 
casi accennati che si verifica. Durante il periodo che impie- 
gavano le effigi di un nuovo Cesare o di un nuovo Augusto 
ad arrivare, le zecche iniziavano la coniazione delle sue mo- 
nete, incidendo tale e quale l'effigie in corso e mutandovi 
solo la leggenda. 

Il nostro autore va un passo più in là; ma in questo 
non lo posso assolutamente seguire. Egli afferma che si ado- 
peravano i comi in corso, lasciando intatta l'effigie e cam- 
biandovi solo la leggenda del diritto. Questo è presto detto; 
ma in pratica si può fare ? Interrogate qualsiasi incisore e 
vi dirà di no. Ma del resto non è necessario ammettere 
questo caso impossibile per provare le numerose sconcor- 
danze delle teste colle leggende e l'enorme confusione d'ef- 
figi avvenuta in quel tempo. Bastano i fatti che abbiamo 
accennati. 

Ora la grande questione sta nello scernere fra le molte 
effigi la vera di ciascun imperatore e l'autore vi riesce con 
soddisfazione, fra le monete disposte cronologicamente e per 
ordine di zecca, scegliendo quelle uscite dalle zecche ap- 
partenenti in proprio almeno da qualche mese a un dato 
imperatore e coniate al suo nome. Parecchie tavole dimo 
strano il felice risultato della razionale teoria il quale, se non 
si può dire matematico, si accosta però moltissimo alla 
verità. 

Alla parte iconografica seguono le descrizioni delle mo- 
nete in ordine cronologico di ciascuna zecca. Sono le me- 
desime descrizioni pubblicate nelle diverse riviste, in gran 
parte rifuse, corrette, aumentate di quanto apparve poste- 
riormente alla prima pubblicazione. E qui, per notare anche 
qualche lieve difetto in un lavoro che ora può dirsi defini- 
tivo, dirò che forse di quanto i diversi periodici pubblicarono 



I08 MIBLIOGRAFIA 



in questi ultimi tempi qualche cosa all'autore è sfuggito (i), 
qualche moneta venne male interpretata ( 2 ), e qualche altra 
venne presa come base d'autorità, mentre un evidente ri- 
tocco la doveva escludere (3). 

Ma qualche lieve inesattezza, qualche piccola dimenti- 
canza sono facilmente perdonabili in un lavoro di lena e di 
importanza come quello che stiamo esaminando, il quale non 
è finito con questo grosso volume, ma sarà seguito da un 
secondo. 

Quello ora apparso contiene la descrizione delle monete 
emesse dalle zecche di Roma, Ostia, Aquilea, Cartagine e 
Treviri. Seguiranno poi le altre che erano a disposizione 
dei Costantini... e fra queste l'autore accenna ripetutamente 
anche a quella di Tarragona... il che dimostra che egli ap- 
partiene ancora alla scuola che diremo austriaca, rifiutando 
la nuova teoria italiana che a Tarragona sostituì Ticinum. 
Non è certo qui il caso di riaprire la discussione su questo 
argomento ; le ragioni da una parte e dall'altra furono dette 
e ripetute ad satietatem. Ma la questione sarà certamente 
riassunta dall'autore a tempo opportuno, e noi aspettiamo 
con grande interesse di conoscere le ragioni antiche o nuove 
che inducono l'autore ad assegnare una patria spagnuola a 
monete che, secondo il nostro modo di vedere, debbono es- 
sere italiane, e a riconoscere sulla sigla T o TI piuttosto Tar- 
raco che Ticinum. 

F. Gnecchi. 



(i) Nella prima emissione della zecca d'Aquilea viene omesso il 
rovescio SACRA MONETA AVGG ET CAESS NOSTR di Ga- 
leno e Costanzo Augusti, riportato da Cohen, Monti e 1. affranchi e 
Voetter. Della medesima zecca d'Aquilea a pag. 297 298 sono omesse 
parecchie varietà del rovescio VIRTVS AVGG ET CAESS N N 
coli' imperatore a cavallo a destra combattente contro parecchi nemici, 
fatte conoscere dal Laffranchi e quello coll'imperatore a sinistra com- 
battente contro quattro nemici, pubblicata dallo scrivente. E pure omesso 
il nome di Valeria Galeria alla zecca d'Aquilea. 

(2) La moneta del Divo Costantino, tav. XVIII, n. 19, non ha al- 
l'esergo R P bensì T R P ; e quindi non è della zecca di Roma bensì 
di quella di Treviri. 

(3) 11 medaglione di Massimino (pag. 70 e tav. VI, n. 4) è comple- 
tamente rifatto al rovescio. Le lettere A C che attualmente vi si leg- 
gono all'esergo sono una evidente alterazione di A Q, e il medaglione 
è quindi proveniente dalla zecca di Aquilea e non da quelle di Cizico. 



BIBLIOGRAFIA IOg 



Fritze (Hans voti), Gaebler (Hugo). Nomisma. — Unler- 
suchwigen auf don Geòide der antiken Mi'mzkunde. 

Di questa pubblicazione periodica, molto interessante ed 
unica nel suo genere per la numismatica classica, sono usciti 
finora, per quanto ci consta, due fascicoli, distinti pel conte- 
nuto, per la forma e veste tipografica, nei quali i due illustri 
autori hanno cercato arditamente di porre le trattazioni nu- 
mismatiche all'altezza e al grado di considerazione editoriale 
che hanno di solito solo i lavori di archeologia e d'arte. La 
ditta Mayer & Muller di Berlino non è rimasta in questo 
inferiore alla sua fama, anche per la cura con la quale fu- 
rono eseguite le tavole. 

Il primo fascicolo, edito nel 1907 e dedicato al 70" anni- 
versario della nascita di Imhoof-Blumer, contiene: 

H. von Fritze : Sestos, Die Menas-lnschrift und das 
Mùnzwesen der Stadi (con una tavola) ; H. von Fritze und 
H. Gaebi.er : Terina (con una tavola) ; H. Gaebler : Beroia 
(con una tavola). 

Il secondo fascicolo, edito nel 1908, contiene : 

F. Imhoof-Blumer: Die Amazonen auf griechischen Mini- 
zen (con due tavole); H. von Fritze: Asklepiosstatuen in Per- 
gatnon (con una tavola); Idem: Nochmals das " Corpus nu- 
morum „. 

Nel lavoro intorno a Sestos l'A. unisce allo studio delle 
monete il confronto di un decreto finora trascurato dagli 
eruditi in onore di Menas, figlio di Menes, che contiene 
allusioni alla coniazione della città. Egli stabilisce che 
Sestos si presenta nel periodo 160-120 av. Cr. , cioè al 
tempo fra Attalo I e Attalo III, città autonoma con diritto 
di zecca per decreto pubblico, la quale conia in onore dei 
re di Pergamo, che le concessero il diritto di coniazione con 
la concessione dell'autonomia. L'autore studia poi attentamente 
i tipi e le successioni dei tipi sulle monete antiche di Sestos. 
Nel lavoro su Terina, fatto in collaborazione con Hugo Gae- 
bler, il von Fritze discute gli argomenti e le conclusioni 
messe innanzi dal eh. dott. Regling nella sua monografia su 
Terina. Il Gaebler poi, nel lavoro Beroia, fa un po' più di 
luce su questa metropoli macedonica, poco nota per quel che 
riguarda la sua monetazione. 



BIBLIOGRAFIA 



Importantissimo, anche pei suoi riferimenti archeologici 
e per le relazioni con la storia della scultura greca, è il lavoro 
intorno alle Amazzoni sulle monete greche, trattato magi- 
stralmente, come sa fare Imhoof-Blumer. Non meno interes- 
sante la trattazione che il eh. von Fritze fa della figura di 
Asclepios sulle monete di Pergamo, distinguendovi tre classi 
di tipi, quella dell'Asclepios phyromachos, l'altra del dio in 
piedi sulle monete imperiali, e la terza di Asclepios seduto 
in trono. 

Le osservazioni che il von Fritze aggiunge intorno al- 
l'opera colossale del Corpus numorum, di cui Gaebler di 
Berlino e Pick di Gotha pubblicarono il primo fascicolo del 
terzo volume delle Nordgriechische Mi'tnzen, chiudono il se- 
condo fascicolo. Le pagine del von Fritze sono scritte per 
confutare alcune obiezioni dello Strack, facendo rilevare le 
difficoltà, ma anche i vantaggi di un lavoro, che non ha di 
mira la illustrazione numismatica di una sola città e in un 
sol periodo, ma la trattazione generale dell'argomento pre- 
fisso per tutte le città di quella regione e in vari periodi 
storici della loro monetazione. 

S. Ricci. 

Mann ucci (Umberto). La moneta e la falsa monetazione. 
— Milano, Hoepli, 1908. 

Questo giovane valente, dell'amministrazione metrica e 
del saggio delle monete e dei metalli preziosi, ci dà in que- 
sto Manuale Hoepli, uscito 1' anno scorso, un trattato abba- 
stanza completo, e interessantissimo per l'argomento, intorno 
alla moneta e ai mezzi di falsificarla. Il manuale quindi ri- 
mane diviso in due parti, la prima riguarda la moneta, ed è 
divisa in ben ventun capitoli ; la seconda tratta della falsa 
monetazione, ed è distribuita in dodici capitoli. 

Non dovendo comporre un vero e proprio trattato della 
moneta nell' antichità e nella storia, l'autore sorvola breve- 
mente sulle basi monetarie nell'antichità, sui cenni storici e 
artistici, insistendo invece sulla fabbricazione delle monete, 
dai rudimentali modi antichi al primo bilanciere di Aubry, al 
torchio monetario Boulton-Watt e ai processi recenti. Spe- 



BIBLIOGRAFIA IH 



cialmente importanti, perchè colmano una lacuna nella serie 
dei manuali Hoepli, sono i capitoli che trattano del valore 
legale ed effettivo delle monete e dei sistemi monetari in 
uso presso gli Stati principali. Anzi, nei capitoli VI-X l'A. 
svolge la materia tecnica con competenza, parlando dei me- 
talli monetizzabili e monetizzati, della scelta nella forma e 
dimensione delle monete, del logoro che presentano, della 
tolleranza di titolo e di peso nei rapporti con le principali 
leghe adoperate nella monetazione; infine della vera e pro- 
pria coniatura, con la relativa incisione dei coni, dopo la ta- 
gliatura e taratura dei tondelli. 



A questo punto il Mannucci passa a considerare la mo- 
neta sotto un altro aspetto, non più in quanto si fabbrica, 
ma in quanto circola, e in quanto deve essere sottoposta al 
saggio per il controllo del peso e del valore, finendo coll'e- 
same del saggio spettrometrico delle monete, rilevando la 
necessità da parte della numismatica di uno studio, che sa- 
rebbe pure interessantissimo, cioè delle leghe prescelte fin 
dall'antichità per la moneta. 

Dò la parola allo stesso Mannucci, perchè meglio non 
potrei dire fpag. 162-163): " Di molte monete antiche si co- 
nosce la composizione quantitativa, ma questo per indagini 
speciali ed isolate fatte in diversi tempi, senza che esse pre- 
sentino un carattere continuativo e di ricerche direttamente 
condotte a tale studio. 

* A parte l'importanza che avrebbe di per se stessa la 
determinazione analitica delle antiche monete, tale determi- 
nazione potrebbe essere mofto utile in vari casi circa la dub- 
bia falsità di una moneta. 

" Una difficoltà non lieve per il raccoglitore e per il 
numismatico è quella di sapersi guardare dalle falsificazioni, 
che, come si vedrà, costituiscono un'industria molto lucrosa 
per chi vi si dedica. 

" Data l'esecuzione deficiente, specie per quanto riguarda 
il mezzo di coniazione delle monete antiche, e tanto più nel 
caso di antiche monete che venivano ottenute per fusione in 



112 BIBLIOGRAFIA 



stampi di terre speciali, spesso le falsificazioni non sono per 
nulla inferiori esteriormente alle monete legali. 

" Inoltre, esteriormente, sono spesso benissimo imitate 
mediante speciali procedimenti, atti a dare alle monete quel- 
l'aspetto di vecchio e di antico. Tanto più, quindi, bisogna 
guardarsi, trattandosi di monete molto rare, e quindi di 
molto valore. 

" In taluni casi, per quanto s'è detto, dal carattere este- 
riore non è possibile pronunciarsi con sicurezza circa 1' au- 
tenticità di una moneta, e per questo sarebbe molto utile per 
ulteriori indagini conoscere quale composizione dovrebbe 
avere tale moneta autentica. 

" È pur vero che, nella più parte dei casi di dubbio di 
falsità, non sarebbe possibile eseguire un vero e proprio sag- 
gio, poiché la moneta andrebbe più o meno deformata, ed 
un saggio potrebbe tutt'al più essere eseguito nel solo caso 
di più esemplari di una sola moneta; ciò non di meno, la 
sola ricerca qualitativa della lega componente potrebbe suf- 
ficientemente indiziare, e questa potrebbe essere compiuta 
senza apportare sensibili deformazioni. 

" È quindi da ritenere che, a parte 1' interesse che po- 
trebbe avere di per sé stesso il saggio delle antiche monete, 
esso potrebbe costituire un sussidio molto importante alla nu- 
mismatica, specialmente per quanto riguarda le falsificazioni. „ 

E più innanzi, dopo aver esaminato un denario falsificato 
della Valeria, il Mannucci conclude (pag. 165): 

" Altro dato molto importante per il numismatico sa- 
rebbe lo stabilire il peso medio presentato oggi da ogni mo- 
neta antica. Si potrebbe in conclusione, mediante uno studio 
speciale condotto a questo riguardo, stabilire tutta una serie 
di dati tecnici, di cui la numismatica ed il raccoglitore di 
monete potrebbero trovare un grande ausilio per distinguere 
le buone monete dalle false, e per garantire l'assoluta inte- 
grità di un medagliere o d'una collezione antica „. 



Tutta intera la trattazione della seconda parte del lavoro 
del Mannucci non è che una conferma della necessità di 



BIBLIOGRAFIA 113 



quanto prima ho citato, e che raccomando ai giovani numi- 
smatici, perchè credo possa molto giovare nello studio della 
numismatica antica e medioevale. L'autore entra poi in que- 
stioni tecniche, le quali non possono direttamente essere utili 
ai numismatici, ma è bene siano anche da questi risapute. La 
fabbricazione delle monete suberate, la doratura, l'argentatura 
sono pure fatti riconosciuti anche dai numismatici, e non solo 
sulle monete moderne: i caratteri speciali delle false monete 
dovrebbero essere conosciuti da tutti. 

Chiude bene il libro un augurio per l'avvenire, a cui dà 
occasione l'istituzione della scuola italiana per l'arte della 
medaglia, recentemente fondata presso la zecca di Roma, e 
di cui il Mannucci aggiunge il Regolamento. Anch' egli si ri- 
promette molto dal nuovo istituto per combattere la falsa mo- 
netazione, ed io non posso che finire col suo voto, che è 
quello di ogni buon italiano: " Sarebbe augurabile che, dopo 
una lotta sapientemente condotta, le nazioni straniere potes- 
sero esclamare a questo riguardo: Italia docet! „ 

S. Ricci. 



Demole (Eugène). Numismatique de l'Evèché de Genève au 
Xl me et XU me siècles. — Genève, 1908. 

L'illustre conservatore del Gabinetto Numismatico di 
Ginevra, già benemerito per la pubblicazione di due impor- 
tanti volumi, che illustrano la zecca di quella città dal 1535 
al 1848, pubblica ora in questa interessante operetta le mo- 
nete dei Vescovi di Ginevra nell'undecimo e dodicesimo se- 
colo. Poco o nulla si conosceva di queste monete fino alla 
scoperta del tesoro di Pas-de-1'Kchelle, avvenuta nel 1892, e 
illustrata negli anni 1893 e 1894 dal Sig. Augusto Ladé nella 
Revue Sitisse de Numismatique. L'illustre Autore, avendo 
potuto acquistare buon numero di monete provenienti da 
quel ripostiglio per il Gabinetto Num. di Ginevra, all'atto 
di classificarle, si avvide che l'illustrazione datane dal Ladé 
richiedeva molte rettifiche ed aggiunte, e si decise a rifare 
quel lavoro, unendovi altre monete vescovili custodite in 
quel Gabinetto e provenienti da doni e da depositi. 

'5 



114 BIBLIOGRAFIA 



Questa sua nuova pubblicazione riassume, dunque, tutto 
quanto si conosce fino ad oggi intorno alle monete del Ve- 
scovado di Ginevra. 

L'illustrazione è preceduta da due capitoli: il primo riguarda 
la classificazione dei tipi principali, i pesi e i titoli di queste 
monete ; il secondo la storia dei Vescovi di Ginevra dal 1031 
al 1135. Segue poi la minuta e diligente descrizione delle mo- 
nete dei Vescovi: Federico (circa 1032-1073); Guido di Fau- 
cigny (circa 1078-1120), e Umberto de Grammont (circa 1120- 
1135), accompagnata da numerosi disegni nel testo. 

Questo interessante lavoro è comparso nel Tomo XXXI 
delle Mémoires et documents publiés par la Société d'histoire 
et d'archeologie de Genève. 

E. G. 

Calleja Schembri (li.). Coins andmedals of the Knights 0/ 
Malta. — Londra, 1908. 

E uno splendido volume in-8° di 260 pagine, dedicato 
al Gran Maestro del Sovrano Ordine di Malta, il principe 
Galeazzo De Thun-Hoenstein. 

Premesse alcune pagine sull'origine dell'Ordine dei cava- 
lieri di S. Giovanni e sulle monete e medaglie da esso coniate, 
e la spiegazione delle epigrafi, dei motti e delle leggende, 
l'autore si ristringe a trattare solo delle monete che riguar- 
dano l'isola di Malta dal 1530, quando l'isola fu da Carlo V 
donata all'Ordine Gerosolimitano, fino ai nostri giorni. 

L'opera è divisa in tre parti. Nella prima si tratta delle 
monete coniate in Malta dal 1530 al 1722, anno in cui il si- 
stema monetario fu totalmente mutato dal Gran Maestro 
De Vilhena; nella seconda, di quelle coniate fino al 1798, 
quando l'isola fu da Napoleone tolta ai Cavalieri; nella terza 
si tratta delle medaglie. Sono aggiunte: un'appendice de' do- 
cumenti storici ; varie tavole dei valori comparativi e venali 
delle monete e delle medaglie, e la cronologia dei Grandi 
Maestri dell'Ordine, dei quali sono sparse nel testo molte 
notizie a schiarimento delle monete e delle medaglie. 

Le monete sono descritte minutamente, e rappresentate 
con illustrazioni finissime, in numerose tavole, onde ne viene 



BIBLIOGRAFIA II5 



grandemente agevolato lo studio, e di ciascuna è notata la 
maggiore o minor rarità. Non tutte portano il nome del Gran 
Maestro sotto cui furono coniate; ma colle leggende riportate 
dal canonico Schembri si può facilmente classificarle. L'im- 
portanza di quest'opera dal Iato numismatico appare sempre 
meglio, se si considera che l'autore estese le sue investiga- 
zioni, oltre a varie collezioni private, alla raccolta della casa 
generalizia dell'Ordine in Roma, ed ai copiosi musei di Malta, 
Londra, Parigi e Napoli. 

A. V. 

Foville (Jean de). Pisanello et les Médailleurs italiens. — 
Parigi, 1908. 

Un volumetto della serie " Les Grands Artistes „ il 
de Foville dedica al padre della medaglistica. Nato a Ve- 
rona nel 1397 da padre pisano e detto perciò Pisanello, 
Vittore (o Antonio come forse si chiamava), si dedicò alla 
pittura e contribuì al sorgere e al formarsi dell'arte veneta. 
Parecchi dei suoi capolavori ci rimangono ancora ad attestare 
la perizia del rivale di Gentile da Fabriano; mail suo nome 
è particolarmente insigne come medaglista. Vu nel 1438 che 
comparve la sua prima medaglia col ritratto di Giovanni VII 
Paleologo, e questa segnò un'era nuova in un ramo dell'arte 
scultoria. Affatto differente dalle antiche monete coniate, la 
nuova medaglia fusa si presentava come qualche cosa di as 
solutamente nuovo, e nasce si può dire addirittura perfetta, 
tanto che, per quanto il Pisanello abbia avuto distintissimi 
seguaci, le sue medaglie rimangono sempre fra quelle di 
primissimo ordine e fra le più desiderate dai buongustai del- 
l'arte italiana. 

Il de Foville nella sua monografia fa ben risaltare l'ori- 
gine della medaglia e il valore del pittore-medaglista, e alle 
notizie speciali sul Pisanello fa seguire un rapido cenno dei 
migliori medaglisti italiani nei secoli XV, XVI e XVII. 

L'opera è arricchita da molte incisioni riproducenti i 
più noti capolavori del Pisanello. 

F. G. 



IIÓ BIBLIOGRAFIA 



Rizzoli (Luigi). I sigilli nel Museo Bottacin di Padova: 
Voi. II (sec. XVII-XIX). Padova, Stabilimento della So- 
cietà Cooperativa Tipografica, 1908, pag. 157, con tavole 
illustrative n. 7, un'appendice e 2 incisioni nel testo. 

Con la consueta nitidezza e diligenza si presenta, in 
veste anche artistica, il secondo volume dei sigilli della rac- 
colta Bottacin presso il Civico Museo di Padova, non meno 
interessante del primo e dovuto alle cure del Conservatore 
della Raccolta, prof. Luigi Rizzoli jun., libero docente alla 
R. Università di Padova di sfragistica e numismatica. 

Come il titolo dichiara, i sigilli illustrati in questo se- 
condo volume appartengono ai secoli XVII-XIX; solo nove 
di essi appartengono ai secoli XIV-XVI, periodo trattato col 
secolo XIII nel volume precedente. 

Il numero totale dei sigilli, formanti la collezione sfragi- 
stica del Museo Bottacin risulta di 714, che illustrano sei secoli 
di storia italiana, e sono distribuiti nelle cinque serie : veneta, 
padovana, italiana, napoleonica, dell'indipendenza italiana. 
Dei secoli anteriori al secolo XIII ve ne sono solo due nella 
serie italiana, del secolo XIII quattro nella padovana e dieci 
nella italiana, del secolo XIV veneti 12, padovani 19, italiani 
43; i due secoli susseguenti sono rappresentati da ben 94 
sigilli; 18 veneti, 29 padovani e 47 italiani. Il maggior nu- 
mero, naturalmente, rappresenta i secoli XVII-XIX, poiché vi 
si aggiunge l'epopea napoleonica e quella della indipendenza 
italiana, e di questi secoli la raccolta contiene 530 sigilli, di 
cui 51 appartengono alla serie veneta, a quella padovana 
ben 318, a quella delle altre provincie italiane 82, mentre la 
serie napoleonica è rappresentata da 62 sigilli, quella della 
indipendenza nazionale da 17. Le due serie più ricche sono 
quella locale padovana, con 370 sigilli, e quella così detta 
italiana con 184. 

Nelle tavole sono riprodotti solo i sigilli tipari migliori, 
mentre i sigilli-impronte sono intercalati nel testo, il quale 
s'indugia a descrivere con molti particolari solamente i pochi 
sigilli di primaria importanza, degni di un' illustrazione spe- 
ciale. Il Rizzoli avvisa che diede deliberatamente le imma- 
gini negative dei sigilli, come sono i tipari originali posseduti 



bibliografia ri- 



dai Museo, perchè il loro studio riuscisse utile agli incisori, 
e conclude la prefazione rilevando che l'esame critico dello 
stile e dell'arte di ciascun sigillo gli rese possibile " di fis- 
sare soltanto, senza conoscere nella pluralità dei casi il per- 
sonaggio o la istituzione cui il sigillo apparteneva, il secolo 
nel quale il sigillo stesso era stato eseguito. Per giungere a 
conclusioni sicure circa gli artisti o le botteghe, che i sigilli 
eseguirono, non sono sufficienti, sebben numerosi, i sigilli che 
il Museo Bottacin conserva „. 

Auguriamo quindi che il dott. Rizzoli, tanto competente 
in materia, possa in avvenire pubblicare anche tutto il mate- 
riale sfragistico che giace ignorato finora in molte altre col- 
lezioni pubbliche e private. 

S. Ricci. 



Catalogo delle medaglie possedute dalla società Colombaria di Fi- 
renze. Firenze, tip. S. Landi, 1908, in-8, pag. 52. 

Catalogo della collezione avv. Pietro Serazzi in vendita all'asta 
amichevole per cura di Rodolfo Ratto : monete italiane, medaglie. Ge- 
nova, tip, fratelli Pagano, 1908, in-8, pag. 51. 

De Stefani (d. r A.), Gli scritti monetari di Francesco Ferrara e di 
Angelo Messedaglia. Verona, Drucker & Tedeschi, 1908, in-8, pp. ix-133. 

Cabrici (E.), Guida illustrata del Museo Nazionale di Napoli. In-8. 
Napoli, 1908 [a pp. 435-55 le monete]. 

Maestri (d. r A.), Documenti inediti di zecche italiane, Mirandola, 
Correggio, Tresana [manoscritti Campori alla biblioteca Estense]. Mo- 
dena, tip. G. Fer/aguti e C, 1908, in-8, pag. 38. 

Maestri (A.). La medaglia della Società Albrizziana di Venezia a 
L. A. Muratori (1729-1730). Documenti tratti dall'Archivio Muratoriano 
della R. Biblioteca Estense e dal R. Archivio di Stato di Venezia. Mo- 
dena, G. Ferraguti & C. tipografi, 1909, in. 4, pp. 36. 

Mannucci (Umberto), La moneta e la falsa monetazione. Milano, 
U. Iloepli, 1908, in-16. 

Monete di zecche italiane e medaglie del risorgimento italiano della 
Raccolta Caprotti. Milano, Cogliati, 1908, in-8 grande, pag. 60 (Vendite 
Carlo e Cesare Clerici, Catalogo, n. 2). 

Rizzoli (jun. Lì, I sigilli nel museo Bottacin di Padova, voi. II, 
secc. XVII-XIX. Padova, Cooperativa tip., 1908, in-4, fig., pag. 157, con 
sette tavole. 



n8 



BIBLIOGRAFIA 



Rizzoli (L). Un medaglione inedito di Giovanni Fantelli agrimen- 
sore del Comune di Padova, sec. XVI. Padova, Soc. Coop. tip., in-8, 1908. 



Babelon (Ernest), La théorie féodale de la monnaie (Extrait des 
" Memoires de PAcadémie des Inscriptions et Belles-Lettres „. Tome 
XXXVIII, I Partie). Paris, 1908, in-8, pp. 73. 

Bodin de Saint-Laurent (Jean de), Les idées monétaires et commer- 
ciales de Jean Bodin. Bordeaux, impr. Cadoret, 1907, in-8, pag. 187. 

Cavaignac (E.). Études sur l'histoire financière d'Athènes au V siècle. 
Le trésor d'Athènes de 480 à 404. Paris, Fontemoing, 1908, in-8. 

Chevreux (P.), Le sculpteur-médailleur Hubert Ponscarme; biogra- 
phie et catalogue de son oeuvre. Chalon-sur-Saóne, Bertrand, 1908, in-8, 
pag. 57 et fig. 

Coutil (Leon), Inventaire des monnaies gauloises das la Seine-Infé- 
rieure. Caen, Delesques, 1908, in-8, pag. 100. 

Dieudonné (A.). Table de la Revue numismatique (de 1836 à 1905) 
publié sous les auspices de la Société francaise de numismatique. Paris, 
Rollin & Feuardent, 1908, in-8, pp. xi-260. 

Foville (Jean de), Les Grands Artistes. Pisanello et les Médailleurs 
italiens. Paris, Laurens, s. d. (1908), in 8, p. 128 e 26 grav. 

Histoire de l'art depuis les premiers temps chrétiens jusqu'à nos 
jours, publiée sous la direction de André Michel, tome III, in-4, fig. 
Paris, libr. A. Colin, 1907 [Chap. VII. L'art monétaire pendant la période 
gothtque par Maurice Prou|. 

Laporte (Albert), Le problème monétaire dans nos vieilles colonies: 
papier-monnaie et bons de caisse. Paris, Challamel, 1908, in-8, p. 235. 

Maurice (Jules), Numismatique Constantinienne. Iconographie et 
Chronologie. Description historique des émissions monétaires. Paris, 
E. Leroux, in-8, 1908. 

Médailles de la Monnaie de Paris. Médailles et Plaquettes artistiques, 
médailles de mariage, médailles de recompenses, concours, etc, 1908. 

Mowat (Robert), Le titre d'Augusta conféré a Maesa, à Soemias et 
à Matnmée par Septime Sevère à propos de moules monétaires trouvés 
en Egypte. Paris, Rollin et Feuardent, 1908. 



Arnhold (Karl), Anhaltisches Mùnzwesen im siebenjahrigen Kriege 
Dissert. Università Halle. Wiitenberg, 1908, in-8, p. 54. 

Forrer (d. r Robert), Keltische Numismatik der Rhein-und Donaulande. 
Slrassburg, Triibner, in-8 gr. ili. 1908. 

Imhoof-Blumer (d. r F.). Die Amazonen auf Griechischen Munzen 
(Sonder-Abdruck aus Nomisma, Untersuchungen auf dem Gebiete der 
antiken Munzkunde, Heft li). Berlin, in-4, p. 18 & 2 Tfl., 1908. 



BIBLIOGRAFIA 1 19 



Lange (Chr.), Sammlung schleswig-holsteinisclier Miinzen und Me- 
daillen. Bd. I. Berlin, in-4, pp. vm-266, ili. 

Regling (K.), Der Dormunder Fund rumischer Goldmiinzen. Dort- 
mund, Ruhfus, in-4, 1908. 

Rudolph {Ernst), Silber-und Kupfermunzen deutscher Staaten aus 
der Zeit 1806-1873. Nachtrag. Erganzungen und Berichtigungen. Dresden, 
Thieme, in-8, p. 88, 1908. 

Sammlung Arthur Lóbbecke , Kunstmedaillen und Plaketten des 
XV bis XVII Jahrhunderts. M une he ti, Kirsch, fol., p. 115 & 47 tav. 1908. 

Scheffler (Johannes), Das Geldwesen der Vereinigten Staaten von 
Amerika im 19. Jahrhundert vom Standpunkte des Staates. Strassburg , 
Triibner, in-8, pp. x-123. 

Schóttle (d. r Gustav), Geschichte des Mflnz-und Goldwesens in Lindau 
(Sep. Abdruck aus " Geschichte der Stadt Lindau „ Bd. II), in-8, p. 21 
& 1 tav. 



Berichtigungen und Nachtr:'ige zu den ersten drei Banden des Kata- 
loges der Mtinzen-und Medaillen-Stempelsammlung des K. K. Haupt- 
mfinzanites in Wien. IVien, 1908. 

Jahresbericht der Numismatischen Gesellschaft in Wien. IVien, Ini 
Selbstverlag der Gesellschaft, 1908, in-4, P- 3°- 

Pachingtr (A. M.), Wallfahrts, Bruderschafts und Weihe-Medaillen 
der gefiìrsteten Grafschaft Tirol und Voralberg. Mit 4 Lichtdrucktafeln 
u. 4 Abblgn. im Texte. Wien, D. r Rud. Ludwig, 1908, in-8, pp. xn-69-(2). 

Réthy (L.), " Corpus xiummoiuni Hungariae „, voi. 2: Epoca dei re 
di diverse dinastie, 1301-1526. Pubblicazione [in lingua ungherese] del- 
l'accademia Ungherese. Budapest, Horyànszky, 1907, in-4, P a g 4 2 e 28 tav. 

Zimmermann (L.), Supplemento al " Corpus nummorum Hungariae „, 
voi. I: Monete dei re Arpàdi. Budapest, Hornyànszky, 1907, in-4, P a S- ,x 
e 3 tav. [in lingua ungherese]. 



Cladet Judith, Auguste Rodin, l'homme et l'oeuvre. Bruxelles, Van 
Oest & C. ,e , 1908. 

Tourneur {V.), Les médailleurs au pays de Liège. In-8 ili. Liège, 1908. 



Catalogus der Munt-en Penningverzameling van het Kon. Ned. 
Genootschap voor Munt-en Penningkunde, on der de Zmspreuk: " Con- 
cordia res parvae crescunt » te Amsterdam. Amsterdam, Johannes Mol- 
ler, in-8, p. 114, 1908. 



120 BIBLIOGRAFIA 



Man (M. G. A. de), Catalogus der numismatische verzameling van 
liei Zeeuwsch Genootschap der wetenschappen. Middelburg, Altorffer, 
1907, in-8, pag. vm-390. 



Brilish Museum, Medallic Illustrations of the History of Great Bri- 
tain, and Ireland, part Vili. London, 1908, Plates lxxi-lxxx, in-fol. 

Wright (H. N.), Catalogne of the Coins in the Indian Museum (Cal- 
cutta): including the Cabinet of the Asiatic Society of Bengal, II. Lon- 
don, Frowde, 1907, in-8, pag. 292. 

Wroth Warwick, Catalogne of the imperiai byzantine coins in the 
British Museum. London, in-8 gr., 2 voi. con 79 tav. 1908. 



Bar/he y Barthe (A.), El problem monetario en Espana. Madrid, 
Fortanet, 1908, in-8, pag. 61. 

Lamas (Arthur), Medalha commemorativa do Casamento de D. Jodo 
VI. Lisboa, Imprensa Nacional, 1908. 

Centenario de una medalha da guerra peninsular (1808-1908). 

Lisboa, Imprensa Nacional, 1908. 



Svoronos (J. N), Die Miinzen der Ptolemaeer, IV. Atlien, Bartli, 
1908, Ì11-4, pp. Lxvm-622 et 80 pag. avec pi. 



Solotnizky (M. A.), Elenco delle monete coniate in Russia dal 17011 
al 1900 fin lingua russa]. Kieiv, 1908, in-4, pag. 141. 

Trutowsky (W. K.), La numismatica. Lezioni all'Istituto archeolo- 
gico di Mosca. Fase. I : Introduzione (in lingua russa). Mosca, in-4, '"• 
p. 86, 1908. 



BIBLIOGRAFIA 121 



PERIODICI. 

11908-19(59]. 

Bollettino Italiano di Numismatica. Milano. 

Anno VI, n. 6, giugno 1908. — Gnecchi (Francesco). Ancora alcune 
parole sul medaglione cerchialo. — Cunietti-Cunietti (Alberto). Alcune 
varianti di monete di zecche italiane [Maccagno]. — La solenne duplice 
cerimonia del io maggio nella Sala Maria Teresa della Biblioteca Brai- 
itense in Milano. — Notizie varie — Vendile, ecc., ecc. 

N. 7, luglio. — Orsi (Paolo) & Haeberlin (E J.). Per l'aes grave 
italico in Sicilia. — Salvaro (Vittorio). Medaglistica l'eronese [Scipione 
Maffei] ; Alba d'un regno a Verona [Luigi XVIII di Francia]. — Notizie 
varie. — Vendite, ecc., ecc. 

N. 8, agosto. — Cesano (I..). Bronzo Romano-Siculo del Museo Na- 
zionale Romano. — Perini (Q.i. Le monete gettale al popolo nella solenne 
incoronazione di Vincenzo li duca di Mantova (1627). — Cunietti- 
Cunietti (A.). Alcune varianti [Hrenze, Gubbio]. — Salvaro (V.). Me- 
daglistica Veronese [Francesco Ferini]. — Vendite, ecc.. ecc. 

N. 9, settembre. — I affranchi (Lodovici'). Bibliografia numismatica 
romana. — Martinori ( Edoardo). A proposito di un obolo medito di 
Giovanni XXII. — Cunietti-Cunietti (A.). Alcune varianti di monete di 
zecche italiane ( Mantova, Messerauo, Cibino). — Volontf. (Isaia) La. 
carta-moneta in Italia. — Perini (Q.i. Le monete gettate al popolo, ecc. 
— Notizie varie. — Vendile all'asta. Necrologio [Azzolino Celati, Zet- 
firino Carestia|. 

N. 10, ottobre. — Haeberlin (E. }.). Le basi metrologiche del sistema 
monetario più antico nell'Italia Media (Lettera al prof. S. Ricci]. — 
Ricci (Si-rafino). Note italiane all'articolo Haeberlin. — Perini (().). Le 
monete gettate, ecc. [cont. e fine|. - Allocatelli (Vitiorio). La con- 
traffazione di un denaro di Papa Agapito II. — Volontf li.). La carta- 
moneta in Italia [cont. e fine]. — Vendite, ecc., ecc. 

N. Il, novembre. — Haeberlin iE. I) & Ricci (S>\ Le basi metro- 
logiche del sistema monetario pili antico nell'Italia Media. — Lisini (A.). 
Medaglia d'Antonio Spanacela. — Balletti (Andrea / bagattini d'Er- 
cole I nella zecca di Reggio dell' Emilia. — Notizie varie. — Vendite, ecc. 

N. 12, dicembre. — Balletti (A .). I bagattìm d'Ercole I nella secca di 
Reggio dell'Emilia [cont. e fine]. — Lisini (Alessandro). Medaglia di 
Antonio Spannocchi [cont. e fine]. — Notizie varie. — Vendile, ecc., ecc. 

16 



122 BIBLIOGRAFIA 



Anno VII, n. 1 gennaio 1909. — Ricominciando... [Prefazione. L'atti- 
vità del Circolo nel 1908. Programma pel 1909, ecc.], — Grillo (Gu- 
glielmo). Ripostiglio di monete medioevali : monete inedite di Milano, Dego; 
una nuova zecca. — Mazerolle (Ferdinand). La inédaille d'Antoine Le- 
dere de la Fon'/, d'Atixerre (16 18). — Notizie varie. — Vendite, ecc. 

Rassegna Numismatica. Orbetelio-Roma. 

Anno V, 1908, n. 4. — Dattari (Giovanni). La pretesa grande crisi 
monetaria del IH secolo dopo Cristo. — Campos (Manuel Joaquim de). 
Prova monetaria de real de cobre de D. Filipe 111. — Agostini (A.). Una 
moneta inedita di Castiglione delle Stiviere. — Rassegna bibliografica. — 
Varielas. — Annunzi. 

N. 5. — Dattari (G.). / venti medaglioni d' Aboukir. — Ai lettori 
italiani. — Lenzi (Furio). Revista numismatica portugueza. — Rassegna 
bibliografica. — Necrologio. 

N. 6. — La Rassegna Numismatica a Roma. — Forrer (Leonardo). 
L'incisore Filippo Rega. — Rassegna bibliografica. — Trovamenti. — 
Varielas. 

Anno VI, 1909, n. 1. — Programma per il 1000. — Dressel (Enrico). 
/ medaglioni di Aboukir. La risposta del prof. Dressel a Giovanni Dat- 
tari. — Dattari (Giovanni). Contributo al problema sull'argentatura delle 
monete antiche. — Cunietti-Cunietti (Alberto). Una moneta inedita di 
Cortemiglia. — Rassegna bibliografica. — Varielas. 



Revue Numismatique. Parigi. 

Deuxième trimestre 1908. — Babelon (E.). L'iconographie et ses ori- 
gines dans les types monétaires grecs. — Decourde.manche (I. A.). Elude 
métrologique et numismatique sur les misqals et les dirhems arabes, suivie 
d'un Appendice sur les poids monétaires des peuples anciens. — Mollat 
(abbé G). Les papes d'Avignon et leur hotel des monnaies de Sorgues 
[Comtat-Venaissin]. — Leblond (V.). Instruction au.x députés de l'hotel 
de ville de Beauvais [note additionelle]. — Piton (G.). Les premiers hólels 
des monnaies à Paris. — Chronique. — Necrologie [M. P. Ch. Stroehlin]. 
— Bulletin bibliographique. — Procès verbaux de la Société francaise de 
numismatique. 

Troisième trimestre. — Jameson (R.). Une trouvaille de statìres de 
Melos. — Cavaignac (E.). Les monnaies d'Eleusis. — Dieudonné (A.). 
Récentes acquisitions du Cabinet des Médailles : I. Monnaies grecques de 
Thrace; II. Trouvaille de monnaies de Iuba li à Et Ksar (Maroc). Avec 
une note de M. L. Charrin. — Bordeaux (P.). La disiribution aux Fran- 
cais de joo millions de pièces en metal de cloche pendant les années jyg2 



BIBLIOGRAFIA I23 



et 179J. — Caillet (L.). Lettre de Charles VII aux Lyonnais (iSjuin 1453). 

— Mowat (R.). Emploi frauduleux des jetons. — Chronique. — Bulletin 
bibliographique. 

Quatrième trimestre. — Dussaud (R.). L'ère d'Alexandre le Grand en 
Phénicie (j}6 avanl J.-C). — Leblond (d. r V.). Monnaies gauloises re- 
cueillies dans Parrondissement de Beauvais. — Dieudonné (A.). Récentes 
acquisitions du Cabinet des Médailles : I. Monnaies mérovingienues; IL 
Trouvaille de Saint-Clair-sur- Elle (Manche) [deniers du XIII siede]; III. 
Gros tournois de Louis IX à Philippe VI; IV. Monnaies d'or de Phi- 
lippe VI. — Babat (C.< A.). Les graveitrs Branche (Jean, Nicolas) et 
Branche (Louis, Francois, le jeune) au XVIII siede. — Foville (J. de). 
Choix de monnaies et médailles du Cabinet de France. Monnaies de Sici/e. 

— Vauvillé (O). Coins monétaires romains trouvés à Soissons. — De- 
lattre (R. P. A.). Médaille du XVIII siede en forme de coeur trouvée à 
Carthage. — Chronique. — _ Bulletin bibliographique. — Procès-verbaux 
de la Sociéié numismatique francaise. 



Revue belge de numismatique. Bruxelles. 

Troisième livraison, 1908. — Svoronos IN.). Lecons numismatiques. 
Les premières monnaies. — Hermans (Cu.). Un piéfort inédit de Phi- 
lippe lì, frappé à Anvers. — Bordeaux (P.). Documents monétaires con- 
cernant les qua/re départements réunis de la rive gauche du Rhin de 7799 
à /Si j [suite et fin]. — Gilleman (Ch.) & Wf.rveke (A. von). Numi- 
smatique gauloise. — Cours et prix d'accouchement à Gand. — Bigwood 
(G.) Sceanx de marchands lombards conservés dans les dépòts d'archives 
de Belgique. — Necrologie {Paul-Charles Stroehlin, Charles-I. éopold Quin- 
tard, Charles van der Bekenj. - Mélanges (Deux deniers carcassonnais 
incertains. — La numismatique au collège de France. — Le Congrès ar- 
chéo/ogique du Caire. — Le prix Du Chalais. — Les médailles médicales 
du Limousin. — Le jéton Arms le comt mereles. — Le Cabinet des mé- 
dailles de Paris. — Erratimi. — Le médaillieur Etienne de Ho/lande. — 
Manifestation Imhoqff-Blumer. — Numismatique monfoise. — Congrcs 
international de numismatique. — Bibliographie méthodique des périodiques 
numismatiques. — Trouvaille de monnaies à Mariakerke-lez-Gand). - 
Sociéié Royale de Numismatique : Ex/raits des procès-verbaux. 

Quatrième livraison. — Svoronos (N.). Lecons numismatiques. Les pre- 
mières monnaies [suite|. - Gileman & van Werveke. Numismatique 
gauloise [suite et fin]. — Bigwood (G.j. Sceanx de marchands lombards 
conservés dans les dépòts d'archives de Belgique [suite et fin]. — Witte 
(A. de). Un inciderti à la Mannaie de Bruxelles en 17 sg. Le graveur 
Francois Herrewyn suspendu de ses fonctions. — Correspondance: Pour- 
quot la médaille liégeoise n'a pas été influencie par la médaille italienne. 
Lettre à M. A. de Witte par M. V. Tourneur. — Necrologie [Sir John 
Evans, Sigmund Oetiinger]. — Mélanges (Médailles nouvelles du Cabinet 



124 BIBLIOGRAFIA 



de France. — Les monades catalanes. — Une médaille d'or donnée en 
recompense à un fermier, en 1780. — La //teorie féoda/e de la monnaie 
par M. E. Babelon. — Invenlaire des dons faits par M.le D.r Alexandre 
an uiédaillier de i Insti/ut archéologique liégeois. — Essais monélaires re- 
latifs au Canada. — La médaille à la future Exposition de Bruxelles 
de 1010. — Les médailles d'infamie par M. De Haerne. — Sigilli nel 
Museo Botlacin di Padova par le D.r Rizzoli. — Bibliographic métho- 
dique). — Socié/é royale de numismatique : Exlraits des proces-verbaux. 

Première livraison, 1909. — Maurice (Jules). Classifìcation chronolo- 
gique des émissions monélaires de l'atelier de Serdica pendant la période 
constaniinienne de joj à jir. — Hermans (Charles). Un demi-florin d'or 
inédil de Marie de Boiirgogne frappée à Anvers. — Jonghe (B. de). Du- 
caton frappé à Tournai en 1618 par les archiducs Albert et Isabelle. — 
De-Munter (V.). La médaille de Pierre l'epers à l'Académie de Bruges. 

— Gilleman (Charles). Numismatique Ostendaise. La Saint Napolcon à 
Oslende. — Babut (commandant). A propos d'un sceau du XIX" siede 
de l'Ordre du Tempie. — Poncelet (Ed.). La monnaie de Herstal au 
noni de Henri, lettre à M. A. de Witte. — Necrologie [L'écuyer Arthur 
Merghelynck]. — Mé/anges (Congrés international de numismatique. — 
Sociale suisse de numismatique. — Bibliographie méihodiqne des periodi- 
ques numismatiques. — Compie rendus et annonces). — Società royale de 
numismatique : Exlraits des procés verbaux. — Liste des ouvrages recus. 

— Cabinet numismatique. 

Revue suisss de numismatique. Ginevra. 

Tome XIV, Première livraison, 1908. Imhoof-Blumer (F.). Zur griechi- 
schen und ròmisc/ten Miinzkunde. — Demole (E.). Mlthode rationelle pour 
indiquer la direction des légendes numismatiques et le point a" oh elles 
partent. — Demole (E.). Médaille inèdite de Fréderic-César de la Harpe. 

— Demole (E.) & Cailler (H.). Paul- Fréderic-Charles Stroehlin. — Me- 
langes (Les soixan/e-dix ans de M. D.r Imhoof-Blumer. — Les quatre- 
vingls ans d'Henri Dtniant. — Décès de sir John Evans. — lnaugura- 
tion du monument de Solone Ambrosoli à Mi/an. le 7 mai 1008. — Con- 
grés de numismatique et d'art de la médaille, à Bruxelles, en 1010. — 
La trouvaille de la forél de Finges. — Convention internationale d'héral- 
dtque. — Fabricaiion de fausses monnaies antiques. — Prix Duchalais. 

— Médatllier volt'). — Bibliographie [F. Gnecchi, Monete romane; Q. Pe- 
rini, Rinvenimento di monete longobarde a Ilanz, Le monete di Merano; 
S. Ambrosoli, Atlante numismatico italiano]. — Société Suisse de numi- 
smatique. Proces-verbaux du cornile. — Bibltothèque, ouvrages recus. — 
Annonces. 

Seconde livraison, 1908. -Palézieux-Du Pan (M. De). Numismatique 
de févéché de Sion. II partie. - Necrologie: [Sir John Evans, Francois 
Auguste Ladé, Joseph Schneuwly]. — Mélanges (Socté/és d'histoire suisse 



BIRUOr.RAFIA T25 

et de la Suisse Romande. — Les fouilles romaines de Martigny. — Les 
thermes d'Eburodiinum. — Nominations. — Trouvailles). — Bibliogra- 
phie [Perini, Nelle zecche d'Italia. 3. Ivrea, ed altre sue pubblicazioni). 

— Sociélé Suisse de numismatique. Extrait des proccs-verbaux du contile 

Zeitschrift fiir Numismatik. Berlino. 

XXVI Band, HefI VI, 1908. — Friedensburg. Dei- Fundvon Lttbnice. — 
Weinmeister. Mttnzgeschichte der Grafschaft Holstein-Sclianenbiirg. — 
Regisìer. 

XXVII Band, Heft MI. — Haebkrlin (E. .(.). Die metrologisclien Grumi- 
lagen der àllesten mittel-italischen Miinzsy>..« ........ il... .M.f 

Achille Martelli, Gerente responsabile. 



. t. .....«**♦«•*»»*•»«•* t. »»4***»««»*« »♦♦•♦«*♦♦• «♦••♦♦♦♦♦♦••m ......,,.. .....•„..!.. *••••* 






FASCICOLO IL 



APPUNTI 



DI 



NUMISMATICA ROMANA 



xeni. 
ASSI IMPERIALI 

A DUE DIRITTI O A DUE ROVESCI. 

Nell'oro e nell'argento imperiale romano, come 
nei medaglioni di bronzo, abbiamo una serie rego- 
lare di pezzi a doppia testa, una per lato oppure a 
tre e a quattro teste occupanti i due lati della mo- 
neta. L'oro e l'argento incomincia coi triumvirati, i 
medaglioni di bronzo cogli Antonini, e continuano, 
per quanto non senza interruzioni, fino a Gallieno. 
Nel bronzo invece una sola emissione fa riscontro 
a quelle accennate, l'emissione di sesterzi e di assi 
di Antonino Pio e M. Aurelio, la sola regolare, va- 
riata e abbondante, la sola in cui sia chiaramente 
indicato il diritto e il rovescio, essendo quest'ultimo 
contrassegnato dalle lettere S C. Per tutti gli altri nomi 
non ci troviamo di fronte ad emissioni regolari ; le 
monete a due teste — quasi esclusivamente assi — 
fanno la loro scarsa apparizione nel breve periodo che 
corre da Tiberio a Commodo, e, per di più, oltre alle 
teste accoppiate, ci offrono lo strano fenomeno del- 



156 FRANCESCO GNECCHI 



l'accoppiamento di due conii portanti la medesima 
effigie. 

Fu quest'ultima specialità che attirò la mia at- 
tenzione e che diede origine a questo appunto. Ben 
pochi se ne occuparono finora, forse perchè la spie- 
gazione abbastanza ovvia di ricordo, di commemo- 
razione, di gloria famigliare che si dava delle prime 
vi fece confondere anche queste, e la sola memoria 
in argomento che io conosca, è quella pubblicata 
nella Revue Numismatique del 1902 dal mio ottimo 
amico R. Mowat W, nella quale la questione delle 
monete a ripetizione è binata all'altra della divi- 
sione del lavoro nelle officine monetarie di Roma. 

L'autore accenna a Morelli e Havercamp come 
i primi che abbiano avvertita l'esistenza di queste cu- 
riose monete, collocandole fra le rare e giudicandole 
errori degli zecchieri. Ci dà una serie descrittiva di 
tutti gli esemplari oggi conosciuti, alla quale riman- 
derò eventualmente il lettore, per non fare qui un 
duplicato e finisce a spiegare le monete a ripetizione 
d'effigie quali modelli di teste fatte dai primari ar- 
tisti per gli allievi. « J'arrive ainsi à ne voir » con- 
clude il Mowat « dans les spécimens de répétition 
« que des essais de modèles spécialement créés par 
« le maitre graveur pour l'usage des copistes char- 
« gés de reproduire à profusion les coins dont il 
« était fait une prodigeuse consommation dans la 
« frappe ». 

La conclusione del signor Mowat, non mi ha 
mai completamente convinto e le obbiezioni più ovvie 
che mi si presentavano erano le seguenti : 

i.° — Nelle effigi di queste monete a ripeti- 
zione non ho mai avvertito la mano del maestro, 



(1) Les essais monétaires de répétition et la division du travail. 



ASSI IMPERIALI A DUE DIRITTI O A DUE ROVESCI 157 

« du maitre graveur » ; vi riconosco invece le effigi 
comuni che troviamo in tutte le monete correnti ; 

2. — Se si fosse trattato di modelli, pare si 
sarebbe preferito il piombo o lo stagno. E, prescin- 
dendo dal metallo, si sarebbe scelto un modulo spe- 
ciale, differente da quello della moneta corrente, per 
evitare che cadessero poi nella circolazione ; come 
invece avvenne certamente, e ne è indubbia prova 
lo stato di conservazione generalmente pessimo in 
cui li troviamo ; 

3. — Non si vede punto il motivo di coniare 
due teste in un solo tondino, mentre chi le doveva 
copiare non poteva servirsi che di una alla volta ; 

4. — Infine poi. e questo è il punto più 
grave, non avremmo alcuna spiegazione della scon- 
cordanza di data che troviamo su parecchie di queste 
monete, sconcordanza che talora è di un solo anno, 
talora va fino a tre o quattro anni (0. 

Se, malgrado queste obbiezioni, non presi mai 
la parola in argomento, gli è che nulla di meglio 
avevo a proporre ; e, se la prendo ora, è perchè il 
caso mi ha suggerito una soluzione, che mi pare 
più persuasiva. 



Prima di tutto fra le monete a ripetizione d'ef- 
figie, dobbiamo distinguere quelle che costituiscono 
una serie da quelle che debbono ritenersi eccezionali. 
Se dagli esemplari descritti dal Mowat togliamo 
quattro denari (d'Augusto, Tiberio, Caracalla e Po- 
stumo), due gran bronzi (di Lucio Vero e Postumo) 
e due piccoli bronzi (di Tetrico), tutto il rimanente 



(i) Su di un medio bronzo d'Antonino Pio abbiamo da un lato 
TR PXXV, dall'altro XXVIII. 



158 FRANCESCO GNECCH1 



è costituito da una quarantina di medii bronzi, anzi 
precisamente di assi, i quali soli possono quindi con- 
siderarsi come una vera serie e vanno presi come 
base di ragionamento, trascurando gli altri pochi 
pezzi, i quali del resto non intralciano punto il mio 
ragionamento e potrebbero essere compresi essi pure 
nel medesimo ordine di idee che ora andrò espo- 
nendo. 

La serie degli assi si apre con Tiberio (Coh. 56), 
poi continua con Nerone (Coh. 146, 147), Vespa- 
siano (Coh. 404 a 406), Tito (Coh. 185), Domiziano 
(Coh. 357), Trajano (Coh. 351), Adriano (Coh. 917 a 
921, 932, suppl. 103 seconda ediz. 809), Antonino 
Pio (Coh. 487, suppl. 55 e 56, sec. ediz. 57), Fau- 
stina madre (Coh. suppl. 24), M. Aurelio (Coh. 583, 
584), Faustina juniore (Coh. 159), L. Vero (Coh. 242), 
Lucilla (Coh. 67) e finiscono con Commodo (Coh. 471, 
547. 577. 613 e sec. ediz. 223). 

Tutti questi assi ripetono con o senza varianti 
la testa o il busto di un principe con relativa leg- 
genda, vale a dire sono formati da due diritti ac- 
coppiati. 

E io non avrei mai veduto nulla in tali monete 
al di là di una smentita al proverbio che ogni me- 
daglia ha il suo rovescio se, a sollevare il velo del 
mistero, non mi fosse capitato sott'occhio un asse di 
Trajano, che, mi veniva inviato da un corrispondente 
estero come appartenente a questa categoria, ma 
nel quale ben presto mi avvidi di un particolare 
assai significativo e che per concatenazione d'idee 
mi condusse a quella che intendo sottoporre agli 
amici. 

L'asse porta da un lato la testa di Trajano 
colla solita leggenda IMP CAES NERVAE TRAIANO AVG 
GER DAC PMTRP COS V P P ed offre al rovescio il 
busto quasi a mezza figura di Trajano stesso, ma 



ASSI IMPERIALI A DUE DIRITTI O A DUE ROVESCI I59 

colla leggenda — ecco il particolare significativo — 
S P Q R OPTIMO PRINCIPI. 




Questa leggenda m'avvertì immediatamente che 
non si trattava più di due diritti accoppiati, ma di 
una moneta regolare con diritto e rovescio; e la cui 
spiegazione non era punto difficile. Il busto del ro- 
vescio qui non è più una seconda effigie dell' impe- 
ratore, non è cioè una replica per quanto variata, 
del diritto; ma invece è la riproduzione di un busto 
a lui dedicato o di parte di una statua a lui eretta. 
In nessun altro modo si potrebbe giustificare la leg- 
genda SPQR OPTIMO principi tanto comune nei ro- 
vesci di Trajano. Aggiungerò poi che la figura a 
mezzo busto, il paludamento, la fisionomia stessa, che 
non è il ritratto reale di Trajano, come la vediamo 
al diritto; ma ne presenta le fattezze alquanto idealiz- 
zate, quali ci appajono sulle sue monete postume, 
sono altrettanti elementi che contribuiscono a corro- 
borare l' ipotesi ('). 

La somiglianza dunque di questo asse con quelli 
a ripetizione d'effigie non è che apparente, mentre 
sostanziale è la differenza. Malgrado ciò, il passo 



(1) La moneta non era sconosciuta. Lo era però a me e fu solo 
dopo aver trovato il mio esemplare che ne ricercai e ne ritrovai la de- 
scrizione nel Cohen. Questi però vi aggiunge erroneamente le lettere 
S C che non esistono nell'esemplare citato dal Gabinetto di Parigi, 
come non esistono nel mio. Si tratta dunque di un unico tipo di emis- 
sione imperatoria. 



léo FRANCESCO GNECCHI 



dall'uno agli altri è forse più breve di quanto po- 
trebbe sembrare a prima vista. L'asse riproducente 
parte d'una statua a Trajano fu certamente emesso 
in occasione dell' inaugurazione, insieme alle altre 
monete d'oro, d'argento e di bronzo riproducenti la 
statua intera. Da questo ravvicinamento mi nacque 
l' idea che alla grande coniazione commemorativa in 
tutti i metalli, allo scopo di diffondere maggiormente 
e più visibilmente nel popolo e, direi quasi, a inten- 
sificare il nome imperiale e l'effigie dell' imperatore, 
se ne aggiungesse una supplementare e occasionale 
cogli assi a ripetizione d'effìgie. Dedicata esclusiva- 
mente al popolo, questa coniazione, che chiamerei 
estemporanea, era eseguita nel modulo più popolare, 
l'asse, e, mancando il tempo d'apprestare conii spe- 
ciali, si usufruivano quelli dei diritti delle monete in 
corso che si avevano alla mano, fossero essi recenti 
o anche vecchi e stanchi; si accoppiavano a caso, 
non badando neppure alla corrispondenza delle date, 
e si battevano senza molta cura, come spesso ap- 
pare dagli esemplari rimasti i quali per la maggior 
parte tradiscono la fabbricazione affrettata e scadente. 
Le due emissioni, l'aristocratica e la popolare, affini 
nell'origine e nello scopo, per quanto perfettamente 
distinte, verrebbero così a collegarsi, e la seconda 
troverebbe nella prima la sua naturale spiegazione. 



L'emissione popolare però non dovrebbe rite- 
nersi costituita unicamente dagli assi a ripetizione 
d'effigie. Ve ne sono altri che si possono ritenere 
appartenenti alla stessa famiglia, e in primo luogo 
intendo alludere a quelli a doppia ma diversa effigie. 
Se questa specie è molto abbondante, come abbiamo 



ASSI IMPERIALI A DUE DIRITTI O A DUE ROVESCI l6l 

avvertito in principio, nell'oro e nell'argento, è ra- 
rissima invece nelle piccole monete di bronzo, e, 
brevissimo ne è l'elenco. Noi conosciamo di Vespa- 
siano e Domiziano 2 tipi, Vespasiano, Tito e Domi- 
ziano 1 tipo, Adriano e Sabina io tipi, Adriano 
ed Elio 2 tipi, Antonino Pio e Adriano 2 tipi, An- 
tonino Pio e Faustina madre 1 tipo, detto e Sabina 
1 tipo, detto e Faustina juniore 1 tipo, M. Aurelio 
e Faustina jun. 3 tipi, M. Aurelio e L. Vero 2 tipi, 
Commodo e Faustina jun. 1 tipo W. 

L'apparizione di questi assi segue il medesimo 
corso degli assi a ripetizione d'effigi. Assai più scarsi 
di quelli, rari o rarissimi per tutti i nomi, offrono 
come quelli un'unica eccezione per l'epoca d'Adriano. 
L'asse di Adriano e Sabina è il solo di cui qualche 
esemplare si trova anche in collezioni minori, mentre 
gli altri 16 tipi non sono generalmente conosciuti 
che in unico esemplare, e parecchi anzi non sono 
che ricordati dagli autori e quindi non meritano fede 
completa. 

Se a ciò aggiungiamo la mancanza delle lettere 
S C, che il Senato vi avrebbe impresso se avesse 
inteso di farne una emissione regolare come quella 
d'Antonino e M. Aurelio, mi pare che ci siano tutti 
gli elementi per parificarli agli assi a ripetizione di 
effigie e aggregarli alla medesima famiglia. 



Ma la famiglia non è ancora al suo completo. 
Occorre che diciamo due parole anche sui pochi 
assi costituiti da due rovesci, eguali o differenti. Le 
due specie sono di estrema rarità, e il materiale di 



(1) Naturalmente per le ragioni più su accennate si omette la serie 
di Antonino Pio e M. Aurelio. 



IÓ2 rRANCESCO GNECCHI 



cui disponiamo è estremamente scarso ; tre tipi in 
tutto, due delia prima specie, uno della seconda ; 
ma torse sono sufficienti per la conclusione, cui in- 
tendo arrivare. 

Gli assi conosciuti a rovesci eguali non sono 
che due, il primo con AEQVITAS AVGVST che pel tipo 
e per la fabbrica si attribuisce a Vespasiano e il se- 
condo con PIETAS e gli istromenti da sacrificio, che, 
per analogia di rappresentazione, deve appartenere a 
M. Aurelio. È inutile spendere molte parole su questi 
due assi pei quali l'ordine d' idee esposte può cor- 
rere senza obbiezione, supponendoli emessi in un 
momento storico che ignoriamo, ma che possiamo 
facilmente immaginare, sempre allo scopo di con- 
correre a popolarizzare un dato avvenimento. 

A rappresentare poi l'ultima specie, l'asse a due 
rovesci differenti, non conosco che un unico tipo 
rappresentato però — e questo è importante — da 
due diversi esemplari. 

Fino dal 1891 ho pubblicato 1 - 1 ) un medio bronzo 
formato da due rovesci d'Adriano, ossia : 

& — COS III P P S C Adriano galoppante a destra col 
manto svolazzante e la lancia in resta (Coh. n. 755)- 

R) — FELICITATI AVG COS III P P Trireme diretta a si- 
nistra col pilota e i rematori (simile ai numeri 
836872 di Cohen). 

e diedi tale moneta come ibrida, ciò che equivaleva 
a dire sbagliata. 

Ma allora si trattava di un esemplare unico, 
sporadico, isolato; ora invece il caso mi ha fatto im- 
battere in un secondo esemplare dello stesso bronzo 
prodotto però da due altri comi. 11 bis in idem mi 



(1) Appunti di Num. Romana, n. LIV, in Rivista Hai. di Num., 1891. 



ASSI IMPERIALI A DUE DIRITTI O A DUE ROVESCI 163 

colpì. Uno sbaglio si poteva ammettere ; ma due 
sbagli simili, rolla ripetizione dei medesimi tipi pro- 
dotti da altri conii non sono ammissibili. Ritenni 
quindi erronea la mia prima supposizione di moneta 
ibrida senza pero trovarne per lungo tempo altra 
più plausibile dt sostituirvi. 

Associando ia questa moneta, che ormai, se- 
condo ogni apparenza, fu coniata così perchè tale la 
si voleva, colie precedenti, vedo che un nesso può 
esistere fra loro e non mi pare improbabile che 
anche quest'asse d'Adriano abbia avuto la medesima 
origine degli altri e appoggi la tesi esposta. Nella 
circostanza dell'inaugurazione d'un monumento eque- 
-tre ad Adriano vennero coniate monete commemo- 
rative d oro e d'argento coll'effigie d'Adriano al di- 
ritto e la statua al rovescio; vennero pure coniati 
numerosi assi a ripetizione d'effigie e probabilmente 
anche quelli colle effigi dell'imperatore e dell'augu- 
sta. E quando tutti i conii delle teste per la grande 
tiratura furono resi inservibili, occorrendo altri pezzi, 
si ricorse all'espediente di accoppiare due rovesci. 
Venne quindi associato quello del monumento a quello 
dell'Annona, rappresentata dalla trireme carica di 
grano col motto FELICITATI AVG, che pure contribuiva 
alla glorificazione dell'imperatore, e ne riuscì una 
moneta che in certo modo aveva un diritto d'occa- 
sione e un rovescio bene appropriato, che forse 
l'Annona abbondante di quell'anno era realmente 
stata l'origine o una delle cause del monumento, o 
quanto meno, la si ricordava come un fatto felice. 

Riassumendo quanto s'è andato dicendo, le quat- 
tro specie di monete o meglio di assi formati : 

a) da due diritti eguali 

b) da due diritti differenti 
e) da due rovesci eguali 

d) da due rovesci differenti 



164 FRANCESCO GNECCHI 



resterebbero così onorevolmente riunite in una sola 
famiglia di monete occasionali, popolari, coniate allo 
scopo di diffondere, esaltare, magnificare l'idea pre- 
dominante del momento, sia che si trattasse della 
persona dell'imperatore oppure di un avvenimento 
toccante la vita civile, militare, politica o religiosa 
del popolo romano. 

Naturalmente siamo nel campo molto libero del- 
l' induzione ove è lecito alla fantasia di divagare. 
Non so se agli altri la spiegazione parrà accettabile 
come pare a me ; ad ogni modo sarà sempre mi- 
gliore di quelle date finora e specialmente di quella 
troppo comune e troppo comoda dell'errore. 



Francesco Gnecchi. 



CONTRIBUTIONS au CORPUS NDMORDM ROMANORDM 



Médailles impériales romaines de la Collection 
de C. Goubastow (S. 1 Pétersbourg), non contenues 
dans la 2. de édition de Cohen. 

DIDE JVLIEN. 

i. & — IMP-CÀES-MDIDIVLIAN AVG Sa tète lauree à 
droite. 
9 — CONCORD • • • MILIT • La Concorde de face, tenant 
deux enseignes. Denier Arg. 




La Collection du Prince Windischgratz possedè cette variété du 
n. a de Cohen (v. son Catalogue n. 1551), et elle se trouvait aussi dans 
la collection Martinetti (v. le Catalogue de la vente des collection Mar- 
tinetti et Nervegna, n. 2348). Notre pièce étant de très bonne conser- 
vation, nous en donnons ici une reproduction. 

ALEXANDRE SEVÈRE. 

2. & — IMP CAES M- ÀVRSEV • ALEXANDER AVG- Son 
buste laure, drapé et cuirassé à droite. 
9 — P • M • TR • P • III COS • P • P • La Sante assise à gau- 
che nourissant un serpent enroulé autour d'un 
autel et appuyant le coude gauche sur son siège 
(an 224). Or. 

Cohen donne la méme médaille (n. 255) en argent, mais sur la pièce 
d'or le siège est beaucoup plus large. 

Achetée à Fischer de Vienne (v. son Catalogue, XI, 1904, n. 1339). 



IÓ6 CONSTANTIN GOUBASTOW 

GORDIEN III. 

3. B' — IMP • GORDIÀNVS PIVS FEL • AVG • Son buste radié 

à droite. 
R) — LIBERÀLITAS AVG • III ■ La Liberté debout tient une 

tessere et une sìmple come d'abondance (an. 242). 

Anton. Arg. 
Chez Cohen, n. 142, la déesse tient une doublé come d'abondance. 

HOSTILIEN. 

4. & — IMP • C • MES • QVINTVS AVG- • Sa tète radié à droite. 

^ — PIETAS AVGG • Mercure debout à gauche tenant 
une bourse et un caducée. Anton. Arg. 

La legende du droit se trouve une seule fois dans les 71 differente 
:ypes des monnaies d'Hostilien décrites par Cohen. 

OTAC1LIA SEVERA. 

5. & — M • OTACIL • SEVERA AV& • Son buste diademé (sans 

croissant) à droite. 

I# — CONCORDIA AVGG • La Concorde assise à gauche 
tenant une patere et une simple come d'abon- 
dance. Anton. Arg. 

Chez Cohen, n. 3. La Concorde tient une doublé come d'abondance. 

DIOCLETIEN. 

6. i& — DIOCLETIANVS AVG- Sa tète lauree à droite. 

9 — VIRTVS MILITVM • Porte de camp surmontée de 4 
tourelles et 4 soldats devant sacrifiant sur un 
trepied. À l'exergue SIS. Arg. 




Chez Cohen, les pièces avec la méme agende (n. 519-522) n'ont 
pas de soldats sacriti? nts. 



CONTRIBUTIONS Ali CORPUS NUMORUM ROMANORUM 



167 



MAXIMIEN HERCVLE. 

7. £>' — MÀXIMIÀNVS AVG • Sa tète lauree a droite. 

£l — VICTORIAE SÀRMATCAE- P erte de camp avec ies 
battaiits ouverts, surmontée de 4 tourelles et une 
étoile audessus d». la porle. A l'oxergue SMNT. 

Arg. 




Chez Cohen, n. 553; l'aspect du mur et la forme des tourelles sont 
autres, et il n'y a pas d'étoile. 

CONSTANTIN LE GRAND. 

8. & - - CONSTANTINVS AVG- ■ Son buste casqué et cuirassé 

à droite. 
Ri - BEATA TRANQVILITAS • Autel surmonté d'un globe, 
audessus 3 étoiles, sur l'autel VOT XX, à l'exer- 
gue STR. P. Br. 

Cohen dit que toutes les pièces avec ce revers portent a l'exergue 
les lettres PLON (Cohen, n. 20). 

9. & — |MP • CONSTANTINVS AVG • Son buste cuirassé à 

gauche avec un casque surmonté d'un cimier, 
tenant une haste. 
9 1 — VICTORIAE LAETAE PRINC PERP • Deux Victoires 
debout posant un bouclier sur un cippe et écri- 
vant VOT X, à l'exergue TSIS. P. Br. 

Cohen, n. 643, ne donne cette pièce qu'en billon et avec Ies lettres 
PTR à l'exergue. 



CONSTANTIN II. 

io. & — Sans legende. Téte diademée de Constantin II 
à droite. 



168 CONSTANTIN GOUBASTOW 

$ — CONSTANTINVS CAES • Victoire marchant à gau- 
che et tenant une couronne et une palme. A 
l'exergue CONS- Poids, 4, gr. 65. Or. 

Chez Cohen la pièce avec la mème legende, n. 72, est en argent, 
contient dans le champ IVI et à l'exergue CONSA. 

JVLIEN II. 

11. ì& — D • N IVLIANVS P • R • AVG • Son buste jeune dia- 

demé et drapé à droite. 
9 — VICTORIA D • D • N N • AVG • Victoire marchant à 
gauche tenant une couronne et une palme. A 
l'exergue LVG. Arg. 2 

Chez Cohen, n. 58, FL ■ CL IVLIANVS P ■ P . AVG ■ Achetée 
à Egger de Vienne (v. son Catalogue, XIII, n. 1569. 

12. i& — D • N • FL • CL • IVLIANVS • P • F • AVG • Son buste 

diademé, drapé, barbu à droite. 
9 — VOT X • MVLT XX dans une couronne, à l'exer- 
gue CP • A. Millim. 19. Arg. 1 

Chez Cohen les mèmes 2 médailles, n. 148 et 149 sont du petit mo- 
dule arg.* et n'ont pas à l'exergue les mèmes lettres. 

AEL1A GALLA PLACID1A. 

13. ,& — AEL-PLACIDIA AVG- Son buste diademé et drapé 

à droite avec un collier et des boucles d'oreille. 
$ — SALVS REIPVBLICAE • Victoire assise à droite sur 
un siege, écrivant ^ sur un bouclier appuyé sur 
une colonne crénélée. Une étoile à coté de l'exer- 
gue S M A Q P. Mill. 24. M. Br. 

Cette pièce a été déjà décrite et reproduite dans le n. 190 du 
Monthly Numismatic Circular (1908). 

CONSTANTIN GOUBASTOW. 



ZECCHE E ZECCHIERI 

DELLA 

REAL CASA DI SAVOIA 

Contributo all'opera del Promis 



PREFAZIONE. 

Il modesto lavoro mio intende di contribuire, 
con accurate ricerche , alla magistrale opera del 
Promis ed agli studi del Perrin; intende pure di pre- 
sentare, nel tempo istesso, una succinta e piacevole 
lettura sulla monetazione sabauda nel Piemonte e 
nella Savoia. 

L'opera del Promis. edita nel 1841, pur restando 
il monumento più insigne degli studi nummari della 
Real Casa di Savoia, è oggi alquanto invecchiata e 
riconosciuta non priva di mende, di lacune, di false 
interpretazioni. Tentò in parte supplirvi il Perrin con 
appositi, importanti studi : ma in questi il compianto 
Direttore del Museo di Chambery cadde egli pure 
in errori di date e di fatto, mal leggendo le epigrafi 
nummarie ed attribuendo ad es. monete d'argento, 
con effigie di Emanuele Filiberto alla zecca di Pine- 
rolo, che tacque per sempre dopo il 1418 e che perciò 
non può aver coniate monete per detto Principe. 



I70 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

Contributo adunque il mio di aggiunte e, in parte, 
di correzioni ; ma perchè lo studioso avesse agio di 
conoscere più facilmente le principali bellezze della 
numismatica sabauda, pensai di condurre il lavoro 
con metodo organico; vale a dire, presentarlo come 
cosa nova, a chi, digiuno di tali cognizioni, non po- 
tesse consultare il Promis — per la mole dell'opera — 
ed il Perrin per la rarità delle sue edizioni. 

Nella parte che riguarda i contrassegni, i tipi, 
le leggende monetarie, mi proposi di spiegare i motti 
principali e le imprese dei nostri Principi, secondo 
gli ultimi risultati della critica storica. 

Note e recensioni di numismatica sabauda furono 
spesse volte pubblicate in questa Rivista: mai un 
lavoro che nel suo complesso potesse darne ai di- 
lettanti ed anche agli studiosi un'idea generale e pre- 
cisa. Io non presumo tanto, ne il potrei; ma a questo 
solo scopo intesi, di raccogliere in poche pagine la 
parte storica e descrittiva della monetazione dei 
Reali di Savoia, senza il qual studio, a poco giove- 
rebbe per le menti colte la parte esclusivamente 
pratica. Ne crederò di aver compiuta opera vana, 
se me ne affidano la cordiale deferenza degli studiosi 
e l'amore per me sacro alle patrie memorie. 

Susa, Marzo 1909. 

Dott. Riccardo Adalgisio Marini. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA I7I 



CENNI PRELIMINARI 



Oddone di Savoia, che per il matrimonio con 
Adelaide, figlia di Olderico Manfredi II Conte di 
Torino, fu l'origine della potenza della sua casa in 
Italia, è il primo dei principi sabaudi al quale si 
possa riconoscere il diritto di battere monete. Di 
tal diritto, per altro, egli non deve essersi valso, a 
causa delle continue contestazioni coi vescovi del 
Delfinato. i quali mal vedevano che i feudatari delle 
terre loro e delle finitime emettessero nuovi confi. 

Alcuni denari di Aquabella sono menzionati negli 
atti di quei tempi, secolo XI; ma i rari esemplari 
che tuttora conservansi appartengono ai Vescovi 
della Moriana: sul diritto è l'immagine di S. Gio- 
vanni Battista, sul rovescio il monogramma A con 
la leggenda Aquabella. 

Parecchi studiosi — forse per troppo zelo — 
vollero interpretare l'A per l'iniziale di Adelaide: 
ipotesi questa assurda assai, poiché conte di Savoia 
e signore della Moriana era Oddone ; ne possiamo 
ammettere anche soltanto in via cavalleresca che il 
fiero conte fosse tanto compiacente colla consorte e 
tanto incurante dei proprii diritti feudali da permet- 
tere che sulle monete si coniasse l'iniziale del nome 
di Adelaide anziché del suo. E poi contro ogni so- 
fisticheria in proposito sta il fatto che i danari aqua- 
bellesi coll'A esistevano già prima del matrimonio di 
Oddone, ritrovandosene cenni in documenti del 1029 
e 1030. L'A non é che l'iniziale della città di Aqua- 



1^2 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

bella la cui officina era ancor attiva sotto Pietro I 
e Amedeo II, come lo dimostra una vendita di ter- 
reni compiutasi nel 1080 a S.' Andre per Aquabel- 
lensium denariorum CX solidos. 

Umberto II (1075- 1 103) apre l'officina di Susa, 
i cui denari colla leggenda Secusia son menzionati 
nel 1098 per la prima volta. Amedeo III (1103-1148) 
batte in Susa con tipo che non permette dubbio tra 
le sue monete e quelle di Amedeo IV. I denari di 
Umberto III (1148-1189) con Secusia sono rarissimi, 
benché il suo regno abbia durato più di quarant'anni, 
come rarissimi sono quelli di Tommaso I (1189-1232) 
che pur dovette battere molto in Susa e del quale 
si conoscono a tutt'oggi due o tre esemplari. Ame- 
deo IV (1232-1253) continuò a valersi dell'officina di 
Susa, ma nel tempo istesso aprì quelle di Avigliana, 
di Chambery, di San Maurizio d'Agauno, dove per 
il primo coniò i famosi denari mauriziani. Dette of- 
ficine conservarono Bonifacio (1253-1263), Pietro lì 
(1263-1268) e Filippo I (1268-1285); di questi due 
ultimi conosciamo pochissimi esemplari, mentre del 
primo neppur uno ci venne tramandato. 

Amedeo V (1285-1323) per parte della moglie 
Sibilla acquistò la Bresse ed il Bugey, aperse la 
zecca di San Sinforiano d'Ozon, continuando tuttavia 
a battere nelle officine dei suoi predecessori. Rin- 
forzò le monete sull'esempio di Filippo il Bello che 
aveva precedentemente affievolite le sue per soppe- 
rire alle spese di guerra contro gli inglesi ed i fiam- 
minghi, guerra nella quale il Re era stato soccorso 
dalle truppe savoiarde condotte dal figlio di Amedeo V 
e suo successore, Edoardo. 

Costui (1323 1329) battè assai nelle zecche sud- 
dette, ma certi suoi oboli all' E sono di titolo molto 
basso. 

Aimone (1329-1343) coniò nelle antiche officine, 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 1 73 

e ne aperse delle nuove quali Bourg, Pont d'Ain, 
S.' Genix che batterono per lui al marco di Lione. 
Il tipo delle sue monete si stacca assai da quello 
dei predecessori ; sole, tra quelle dei Savoia, pre- 
sentano una indicazione del rapporto del loro valore 
relativo, per mezzo d'un certo numero di punti di- 
sposti negli angoli di una croce tagliante il tondello 
intero; ad es., l'obolo ha due punti, e due oboli 
equivalgono al forte bianco a quattro punti ; tre forti 
bianchi valgono il grosso dozzeno che ne ha dodici. 

Amedeo VI (i 343-1 383) cedette San Sinforiano 
alla Francia e perciò quest'officina cessò di lavorare 
per i Savoia. S'oppose energicamente al diritto di 
battere moneta usufruito dal conte di Ginevra, che 
come suo vassallo non poteva più coniare senza la 
sua esplicita autorizzazione. Emise per il primo le 
monete d'oro, usando come tipo, i famosi lacci. Ab- 
biamo fortunatamente numerose notizie sopra le sue 
monete, le sue ordinanze, e i conti delle officine. 
Sotto di lui, Carlo IV imperatore con lettere del 
1363 avrebbe desiderato imporre alla Savoia e al 
Delfinato tipi e leggende monetarie che ricordassero 
la sua sovranità imperiale, divenuta puramente no- 
minale ; ma la fierezza e l'orgoglio di Amedeo non 
cedettero al desiderio del sire, e le monete sabaude 
di quel tempo non portano traccia alcuna di servi- 
lità o di vassallaggio. 

Amedo VII (1383-1391), che prese parte alle 
guerre di Fiandra, conducendo alla vittoria le truppe 
di Carlo VI di Francia e che sotto le mura di Bour- 
bourg sconfisse clamorosamente tre baroni inglesi 
a singoiar tenzone, infuse nuova attività alle vecchie 
zecche dei suoi predecessori ; stabilì come base mo- 
netaria per i suoi dominii il fiorino di piccolo peso, 
equivalente a 12 grossi ; il grosso ad otto forti ; la 
moneta d'oro aumentò gradatamente di valore, sì 



174 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

che il vecchio fiorino nel 1391 equivaleva a 13 
grossi e ' „ e lo scudo d'oro di Savoia a 18 grossi. 

Le piccole monete sì abbondanti e sì varie, 
vennero ritirate all'emissione delle novelle ; le stra- 
niere non ebbero più corso che sui confini dei suoi 
stati ed il fiorino di 12 grossi divenne la moneta di 
conto usuale. Battè in Susa, Avigliana, Chambery, 
Pont d'Ain e Nyon, officina quest'ultima aperta dal 
ramo di Vaud. Aprì pure una zecca ad Aix-les-Bains, 
di cui conosciamo i monetieri soltanto per gli anni 
1408 e 1414. 

Amedeo Vili (1391-1451) ch'ebbe regno lunghis- 
simo, ottenendo dall'imperatore Sigismondo nel 1416 
l'erezione della Savoia in ducato, e che venne poi 
anche sollevato alla tiara col nome di Felice V, mi- 
gliorò assai la bontà e il titolo delle monete; ridusse 
a due soli i mastri monelari generali, l'uno per la 
Savoia, l'altro per il Piemonte, e perciò da lui co- 
mincia la distinzione tra le monete di corso al di 
qua e al di là dell'Alpi. Dopo questo principe il si- 
stema monetario decadde a tal punto, che sotto Lu- 
dovico (1451-1465) le monete furono inferiori a quelle 
più basse emesse dal suo predecessore; Ludovico 
coniò in Cornavin (Ginevra) e a Bourg. 

Amedeo IX il Beato (1465-1472) e Filiberto I 
(1472 1482) conservarono le stesse zecche, delle quali 
noi conosciamo parecchie ordinanze. Con Carlo I 
(1482 1490) abbiamo un'innovazione: per il primo tra 
i duchi di Savoia egli imprime il proprio ritratto sulle 
monete, inscrivendovi leggende tratte dalla sacra 
scrittura. Filiberto II (1497-1504) apre la zecca di 
Monluello dove batte soltanto monete di bassa lega. 
Carlo li (1504- 1553), pur continuando nel sistema 
dei bassi conii, possiede tuttavia una serie monetaria 
importantissima. Sotto di lui lavorano le zecche di 
Chambery, Cornavin, Bourg, Monluello, che vanno 






ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA I75 

a mano a mano perdendo importanza, poiché l'offi- 
cina di Torino prende ormai il sopravvento. 

Emanuele Filiberto (1553-1580), il vero restaura- 
tore della dinastia sabauda, in mezzo agli sforzi per 
riorganizzare ogni servizio dello stato, non dimentica 
la monetazione. Il corso del denaro ch'era declinato 
meschinamente dopo la morte di Amedeo Vili, va 
a poco a poco, per opera sua, rialzandosi. Nel 1559 
riapre le zecche di Chambery e di Bourg per pro- 
curare nuove monete buone in cambio di quelle al- 
quanto consunte che venivano ritirate. La lira d'ar- 
gento fu di 20 soldi grossi di Savoia, quella d'Aosta 
di 240 denari ; coniò scudi da 3 lire in argento, da 
9 e 27 lire in oro. 

Carlo Emanuele I (1580 1630) battè in Chambery, 
Bourg e Gex nei primi anni del suo regno; poi 
dopo la cessione della Bresse. del Bugey, del Val- 
romey e di Gex alla Francia, l'officina di Chambery 
venne chiusa per undici anni circa. Fece emissioni 
di bassa lega e di titolo inferiore. 

Vittorio Amedeo I (1630-1637) , Carlo Ema- 
nuele II (1637-1675), che riaprì nel 1640 la zecca 
di Chambery, e Vittorio Amedeo li (1675-1730) fe- 
cero buone emissioni, apportando nell'arte monetaria 
salde e radicali migliorie. Vittorio Amedeo II poi 
nel 1717 stabiliva la lira di Piemonte come moneta 
di conto usuale e di uniformità in tutti i suoi stati. 

E con questo Principe m'arresto nei cenni pre- 
liminari; poiché dal 1730 in poi la monetazione dei 
Re di Sardegna va sempre più raffinandosi sia sotto 
l'aspetto estetico che nella parte metallica. I due tipi 
predominanti sono per il diritto l'effigie del sovrano 
e per il rovescio lo Scudo Sabaudo. Nella parte che 
tratterò dei contrassegni e dei tipi lo studioso lettore 
troverà notizie più particolareggiate. 



176 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



GLI ZECCHIERI DI SAVOIA 

E 

L'Associazione Monetaria del Sacro Romano Impero 



I — Privilegi, Doveri e Pene. 

Verso il Mille l'arte della moneta era caduta in 
tale stato di barbarie da non produrre che tipi bassi 
di composizione infelice. Ma verso il secolo XI tro- 
viamo di già un sensibile miglioramento : i denari 
di Umberto II di Savoia presentano una superiorità 
su quelli dei vescovi della Moriana, battuti a S. Gio- 
vanni ed Aquabella; e questo tipo primitivo andò a 
mano a mano migliorando, fino a modificarsi com- 
pletamente con Amedeo V. 

Il numero degli operai monetari era allora ri- 
strettissimo, ed i principi dovevano cattivarseli con 
privilegi e immunità che noi vedremo aumentare nel 
secolo XIII e scomparire nel XVI. 

I principi sabaudi accordano ai loro zecchieri 
tutti i privilegi accordati dai Re di Francia e dagli 
stati compresi nell'Associazione degli zecchieri del 
Sacro Romano Impero, aggiungendovi gli obblighi 
del regime feudale, alleviati da concessioni e da pro- 
tezione speciale. In un omaggio di fedeltà prestato 
al Conte Verde da Jean Giust e Johannot noi tro- 
viamo alcuni dati particolari ed istruttivi che rispec- 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 177 

chiano assai bene le formalità allora in uso. Essi 
giurano sul Vangelo omaggio e fedeltà al Conte di 
Savoia e s' impegnano di lavorare nelle sue zecche, 
ovunque Egli vorrà e non uscendo mai dalla sua 
giurisdizione. Da parte sua Amedeo VI assegna loro 
dieci misure di frumento di San Sinforiano, quindici 
misure di vino e cento soldi viennesi pagabili an- 
nualmente a San Sinforiano o a San Giorgio d'Espé- 
ranche; garantisce loro questi cento soldi sopra il 
pedaggio di San Sinforiano, fino alla festa di San Mi- 
chele, promettendo inoltre di sostenere e difendere 
essi e i loro beni, come suoi uomini ligi. Di più 
godranno di tutte le franchigie e libertà accordate 
agli zecchieri del Re di Francia, riceveranno gli sti- 
pendi anche in caso di malattia e, in soprappiù, una 
somma rilevante per l'impressione dei conii. 

Amedeo VI concedendo ai due operai suddetti 
il diritto di battere moneta durante tre anni nel 
viennese, dichiara che questa concessione è fatta 
come le precedenti, la qual cosa ci dimostra che la 
zecca viennese era aperta anteriormente a questa 
epoca. Nello stesso atto troviamo pure descritti par- 
ticolareggiatamente i doveri ed i privilegi degli zec- 
chieri, ed i vantaggi dei quali usufruivano. 

A Giacomo di Sassonia, piacentino, ed a Pietro 
Aloyer, genovese, zecchieri di Savoia nel Viennese, 
il Conte darà una casa conveniente per lavorare, 
finche essi saranno incaricati di battere moneta, e 
procurerà loro in numero sufficiente gli operai della 
sua terra stessa. Ma nel caso ch'Egli non potesse 
loro fornirne, i due zecchieri potranno ricercarne 
fuori degli Stati di Savoia senza che il Conte abbia 
ad elevare la benché minima protesta. Godranno di 
tutti i privilegi e franchigie vigenti nelle altre zecche 
e nessun altro zecchiere potrà lavorare nel Viennese 
finche vi lavoreranno essi. 

23 



I78 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

Daranno poi al Principe per ogni giorno di la- 
voro 35 lire di piccola moneta nera, somma che 
sarà ritirata ogni otto giorni in egual proporzione di 
argento e di mistura; la settimana sarà di soli 5 giorni 
di lavoro, che renderanno al Principe 175 lire. Sarà 
vietato sotto pena di confisca, di far uscire dallo 
stato l'argento, il biglione (monete di lega mista) e le 
monete false ; di rifondere e raffinare le misture. 
Per il primo mese non pagheranno al Principe che 
sole 100 lire di moneta nera. 

Le guardie, o custodi, verificheranno le monete 
ogni qualvolta ne saranno richieste dai Mastri, e la 
riceveranno se sarà del peso e della lega designata; 
ed i mercanti che porteranno alla zecca argento e 
mistura, saranno salvaguardati essi e i loro beni, sia 
nell'andata che nel ritorno. 

v Carlo I precisò in quali limiti ed in quali modi 
gli ufficiali di zecca potessero approffìttare dei loro 
privilegi. Le esenzioni dalle tasse, per essi, furono 
limitate alla durata del loro incarico o impiego, e 
ristrette ai loro beni proprii, agli oggetti di uso loro 
e delle famiglie. Amedeo VI estese a tutti gli operai 
e zecchieri delle sue zecche, i privilegi degli zec- 
chieri del regno di Francia e confermò loro quelli 
già accordati dai suoi predecessori, vale a dire quelli 
concessi dal Re Filippo nel 1333 agli operai mone- 
tari del giuramento di Francia, alle loro donne e 
famiglie. Amedeo di Ginevra, tutore di Amedeo VII 
li estese agli zecchieri del giuramento di Savoia e 
dei contadi di Savoia e Ginevra, a coloro che tro- 
vavansi impediti di lavorare per malattia, vecchiaia 
o debolezza, purché fossero disposti a riprendere il 
lavoro appena ristabiliti. 

Queste immunità e privilegi erano spesso occa- 
sione a proteste e controversie da parte del fisco e 
di privati ; cosicché gli zecchieri cercarono sempre 



ZECCHE E ZECCHIERI DILLA REAL CASA DI SAVOIA 179 

di salvaguardarli e garantirseli, facendoli approvare 
da ogni nuovo Principe ; Sisto IV nel 1475 e Inno- 
cenzo Vili nel 1491 accordarono una bolla di con- 
ferma di tutti quei privilegi e immunità già concessi 
dai principi di Savoia, ma che soltanto con Carlo II 
nel 1535 furono ufficialmente approvati col Regola- 
mento generale per la fabbricazione, verificazione e 
circolazione delle monete. 

Prima di questo regolamento le norme per l'eser- 
cizio e per l'amministrazione dell'industria monetaria 
erano all'arbitrio dei Mastri generali di zecca. Questi, 
soggetti al Principe, dovevano essere esaminati da 
quattro altri Mastri generali e prestar giuramento 
nelle mani dei preposti e dei maestri della Camera 
dei conti. Ogni tre mesi visitavano le officine per 
assicurarsi della bontà delle monete coniate; ne con- 
trollavano i registri, verificavano il peso di cui si 
servivano i Mastri particolari e gli operai; assag- 
giavano la lega della pasta metallica, assicurandosi 
così che i detti Mastri particolari non battessero 
moneta in quantità maggiore del prescritto. Che in 
tal caso, avevano facoltà di sospendere la fabbrica- 
zione, arrestare e incarcerare i colpevoli di furto e 
di falsificazioni; detenerli fino a quando la refurtiva 
non fosse stata restituita. 

I Mastri particolari, una volta esaminati e pre- 
posti all'officina, dovevano sborsare una cauzione. 
S'obbligavano a tenere operai ed impiegati in nu- 
mero sufficiente e a non contravvenire agli ordini 
del Principe e del Mastro generale. Gli assaggi per 
le monete venivano rinchiusi in una cassetta di ferro 
a sei chiavi, le quali erano tenute dal Chiavarlo 
della Camera, dal Mastro particolare e dal Saggia- 
tore; e non si apriva se non in presenza di costoro 
e della Camera. Se gli assaggi venivano trovati di 
titolo basso e senza possibilità di rimediarvi, il Ma- 



l8o RICCARDO ADALGISIO MARINI 

stro particolare era punito con una multa doppia 
della differenza constatata ; con una multa quadrupla 
se l'errore si fosse ripetuto per una seconda volta; 
alla terza, egli veniva rimesso alla pietà del Principe. 

Egualmente esaminati erano i Custodi e i Sag- 
giatori che prestavano giuramento alla Camera dei 
Conti. Loro opera consisteva nel sorvegliare le for- 
naci, vigilare sui guasti delle matrici e dei punzoni, 
assicurarsi della precisione delle bilancie e dei pesi. 
I Saggiatori poi assaggiavano di proposito il metallo 
da impiegarsi nei conii, e le monete dopo la loro 
fabbricazione. 

La semplicità e l'imperfezione nell'arte del fab- 
bricar monete, rendevano facili le falsificazioni ; le 
arti stesse impiegate dai principi per nascondere le 
frodi di cui si rendevano colpevoli per riempire il 
loro tesoro privato, erano valida garanzia ai falsi 
monetari, per i quali erano contemplate tuttavia pene 
severissime. Soltanto i segni ed i punti secreti per- 
mettevano ai maestri di zecca, che assumevansi ogni 
responsabilità, di riconoscere la moneta vera dalla 
falsa, e il valore relativo delle monete di diverse 
emissioni. Facili assai erano le falsificazioni in Savoia, 
dove persone private ottenevano di poter coniare 
nelle officine monetarie, tipi ammessi in altri paesi, 
alla sola condizione di non metterli in circolazione 
nello Stato. Il bisogno poi della moneta spiccia apriva 
un largo campo al commercio ed alla frode arre- 
cando spesse volte ai diffonditori non piccoli gua- 
dagni. Negli Stati Sabaudi la legge però condannava 
i falsi monetari, secondo le gravità della colpa, alla 
perdita degli occhi, alla pena di morte per strango- 
lamento o per rogo, o a quella più terribile ancora 
d'essere annegati in una caldaia d'olio bollente; pene 
tutte che coli' andar del tempo potevano riscat- 
tarsi con fortissime multe, come già appare nel Cin- 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA I«I 

quecento. Nel 1335 un falso monetario, Giuseppe 
Canal, vien condannato, in Cumiana, all'accecamento 
per mezzo di ferro rovente; in Savoia nel 1342 Pietro 
di Sion è tuffato in una caldaia d'olio bollente e 
Teobaldo di Troyes vien cremato vivo per avere 
entrambi falsificato più di dieci volte monete d'oro e 
d'argento. Matteo di Bonaccorso Borgo nel 1390 vien 
condannato ad una multa di mille fiorini, e tal con- 
versione di pena è dovuta soltanto alla grande abi- 
lità dello zecchiere che riuscì ad impietosire di sé 
il Principe; e nel 1405 addì 30 marzo, in Chambery, 
nel luogo ove si erigeva la forca, chiamato Les Chaux, 
vien decapitato Umberto Bonaccorso, figlio del pre- 
cedente, maestro alla zecca di Nyon, il quale fu 
condannato ad aver mozza la testa, il cadavere im- 
piccato alla forca, e il capo infisso sopra una sbarra 
di ferro, esposto al pubblico. 

Questi pochi casi — ai quali potremmo aggiun- 
gerne altri noti come quelli del medico Valpon e di 
Antonio Grange — dimostrano assai bene il rigore 
e la severità con cui procedevasi in Savoia contro 
i falsi monetari, sebbene moltissimi di questi riuscis- 
sero a sfuggire — come in ogni tempo — alle più 
diligenti ricerche del Principe stesso. 



II. — Associazioni e Parlamenti. 

Osservati brevemente quali fossero i privilegi 
ed i doveri degli zecchieri, parliamo ora delle loro 
Associazioni e delle Assemblee periodiche da essi 
tenute, più comunemente chiamate parlamenti. 

Associazione principale era quella degli .zecchieri 
ed operai monetari del Sacro Romano Impero. Sotto 
tal nome si comprendevano quei lavoratori assunti 
dall'imperatore e dai principi al loro servizio, col- 



l82 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

l'ufficio regale di battere moneta del loro Signore. 
Detta associazione s'estese a tutti gli Stati compresi 
nell'antica Provincia romana (Provenza); essa era 
una società importantissima, che usufruiva di grandi 
privilegi, con regolamenti speciali, con assemblee le- 
gislative particolari e con parlamenti generali. 1 
Principi riconobbero con benevolenza quest'istitu- 
zione, confermandone i privilegi ed aggiungendovene 
dei particolari per ogni singolo loro stato: così 
Carlo II di Savoia nel 1509 nomina suo zecchiere 
Stefano Curtillat di Chambery con facoltà di battere 
tanto nel Ducato di Savoia quanto in tutto l'Impero 
Romano. 

L'Associazione aveva lo scopo di garantire l'usu- 
frutto reciproco dei numerosi privilegi concessi agli 
operai che esercitavano nelle zecche, e di creare un 
corpo superiore capace di condannare o assolvere 
coloro che si fossero ad esso rivolti; d'eleggere un 
presidente e dei giudici, di promulgare costituzioni 
ed ordinanze, di fissare diritti e doveri, di regolare 
i rapporti degli operai tra di loro, e di ben dirigere 
il capo d'ogni zecca nei giudizi e nei rendiconti che 
egli avrebbe dovuto rendere annualmente. 

L'origine dell'istituzione nella Savoia e nel Ge- 
nevese risale al secolo XII, quando i grandi vas- 
salli, i cui feudi erano compresi nell'antico regno di 
Borgogna e che non possedevano ancora il diritto 
di battere monete, ne furono investiti dall'imperatore. 
Così l'apertura di numerose officine richiese gran 
quantità di operai che per avvantaggiarsi delle con- 
cessioni e dei privilegi loro spettanti, e per conser- 
varli regolatamente si riunirono in associazione col 
nome di Zecchieri del Giuramento dell'Impero (già sap- 
piamo che ogni operaio monetario prima di entrare 
in servizio, giurava sopra il Vangelo, omaggio e fe- 
deltà al suo Signore). Questi zecchieri si distingue- 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 183 



vano da quelli degli altri giuramenti, e non erano 
ammessi a lavorare nei paesi che non erano compresi 
nel giuramento loro. Una sola eccezione troviamo 
nel 1327-29, quando essendosi resa deficientissima la 
mano d'opera nel Regno di Francia, si ordinò di 
ricercare in tutte le città finitime un numero d'operai 
sufficiente tant du serment de France que de l'Empire 
(Boizard : Traiti des monnaies). 

Gli operai d'uno stesso giuramento si riunivano 
ad epoche determinate ed in località precedentemente 
stabilite per discutere dei loro interessi, assicurarsi 
la conservazione dei privilegi e regolare l'ammissione 
dei nuovi membri. A cominciare dal secolo XIV le 
assemblee degli zecchieri del Sacro Romano Impero 
furono tenute regolarmente a periodi fissi. Il 3 mag- 
gio 1343 in Romans fu inaugurato il primo parla- 
mento generale, dove si discusse e si compilò la 
Carta delle costituzioni e delle ordinanze di qne- 
st' importante associazione, ma il Regolamento de- 
finitivo fu promulgato soltanto nel parlamento di Va- 
lenza del Delfinato nel 1392. 

Esistono tuttora due registri-protocollo di queste 
riunioni: il primo va dal 1342 al 1466 e contiene 
35 processi verbali ; il secondo comincia nel 1469 e 
termina al 1527 con quindici processi verbali. Il 
primo registro affidato agli operai di Romans restò 
in potere del Procuratore anche dopo la chiusura 
di quest'officina, e dopo essere passato per più mani 
trovasi oggidì alla Biblioteca Nazionale di Parigi ; 
il secondo, lasciato a Ginevra nel 1527, è depositato 
alla Biblioteca Civica locale. Cominciano entrambi 
col descrivere l'ordine e le regole da osservarsi in 
ogni assemblea; un atto ad es., comincia così: C'est 
la forme et la manière commetti l'on doit proceder et 
commencer à lenir parlement general, luogo dell'assem- 
blea, funzioni religiose, elezioni degli officiali lesquelles 



184 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



ordonnances , statuts et iustitutions ci-dessus escrites selon 
la fournie, maniere, teneur d'icelles.... Nous Francois 
de Portaguieres prevost general de sa voulonté et con- 
sentement °ordonnions qiielles soyent obseruées en leur 
entier.... Donne en no tre grand parkment tenti a Va- 
lerne le Xe jour du mois de may 1392. 

Vengono appresso quattro passi del Vangelo 
sui quali si giurava; nel mezzo è dipinto un Cristo 
in miniatura e, sotto, la formula del giuramento. 
Narrati assai distesamente questi preliminari (che 
per lo studioso delle tradizioni e delle abitudini rie- 
scono piacevoli e divertenti), il primo registro ci da 
la relazione particolareggiata dei parlamenti che fu- 
rono tenuti quasi tutti nel viennese, specialmente a 
Romans ed a Valenza, principale centro dell'Asso- 
ciazione. Quattro assemblee solamente si tennero 
negli Stati di Savoia; una a Thierrens nel 1351; 
due a Chambery nel 1420 e 1515 e la quarta a To- 
rino nel 1503. Dal 1386 le officine di Avigliana in 
Val di Susa e di Pinerolo figurano associate a quella 
di Chambery; l'officina di Nyon compare nel 1390; 
nel 1418 abbiamo quella di Aix-les-bains, i cui rap- 
presentanti assistono a tre parlamenti, a Torino nel 
1417, ad Asti, Annecy nel 1429, a Cornavin nel 1435. 

Il secondo registro comincia invece con un atto 
del 23 maggio 1469 fatto a Bourg.... De l'Authorite 
et puissance de notre Saint-Pére le Pape de Rome et 
des très excellents hauts souverains et puissants princes 
et redoutés seigneurs l' Empereur, le Roy danlphin de 
France, du Roy de Cécile, Jérusalem et Arragon, du 
due de Bour gogne, du due de Savoye, du due de Bre- 
tagne et tous autres seigneurs ayant puissance de /aire 
monnaye, lesquels nous ont donne libertés, privilèges, 
franchises exemptions de fere assemblées pour condammr 
et absoudre aux ouvriers et monnoyers du Saint-Sacre- 
ment de l'Empire.... pourquoi seront tenus les diets 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REM. CASA DI SAVOIA 185 



ouvriers et monnoyers du dict Sacrement de l'Empire de 
ordonner ung pavlement de temps certain polir /aire 
convenir tous ceulx qui désobéiront es ordonnances.... 
lesquels parlements aitront pitissancc de crcer, coustituer 
ouvriers et monnoyers. .. sont les dictes insérées et escri- 
tes.... En ce livre nouvellement on commence pour ce 
que le vieil livre est pesant a pourter, il est complit 
d'écriturcs lequel demeure dans la garde des ouvriers 
monnoyers de Romans. 

Mentre il primo registro consta di circa trecento 
pagine, il secondo è d'un centinaio appena e con- 
tengono entrambi, come già dissi, processi verbali 
molto prolissi e regole generali. I lavori di ogni as- 
semblea si chiudono con l' iscrizione dei procuratori 
presenti e dei loro mandanti e con l'indicazione delle 
città che li hanno mandati ; così ad es., nel parla- 
mento del 1390 tenutosi a Romans abbiamo un Jehan 
Angelier procureur pour les ouvriers et monnoiers de 
Chambery et de Nyons en Vaud e nel parlamento del 
1397, tenutosi egualmente a Romans. presenti le rap- 
presentanze di Chamberv e di Losanna, abbiamo 
Cy en aprez s'en suivent les noms et surnoms par ordre 
de tous les procureurs et aussi tous les noms et sur- 
noms des ouvriers et monnoiers du serment de l'Empire 
qui ont constituè les diz procureurs. 

I parlamenti generali ricevevano nell'Associa- 
zione operai monetari coloro che presentavano let- 
tere credenziali o richieste accordate dai principi, 
coloro che avevano diritto a titolo ereditario e coloro 
che ne richiedevano direttamente l'Assemblea; così 
negli atti del Parlamento del 1420 in Chambery ab- 
biamo : Nomina receptorum ex crcdcncia concessa per 
ducem Sabaudie sive ex gradi s plurimorum debitorum... 
quod fuit indebite et iniuste con tra nostra privilegia... 
et quorum omnes dictas receptiones valere concedimus... 
Sequuntur Hit qui fuerunt recepii ex grada domini 



l86 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

ducis Sabaudie e in quelli di Bourg del T469 un 
certo Bussi detto Lalaz è ricevuto par réqueté de 
M.'" e la duchesse de Savoie et dn comte de Beangé. 

Quando l'istituzione perdette un po' del suo 
prestigio, le zecche s'arrogarono a poco a poco il 
diritto di nomina, e il titolo puramente nominale di 
zecchiere fu spessissime volte comperato per profit- 
tare delle esenzioni dalle imposte. L'ufficio ereditario 
per il figlio o la figlia maggiore (ricordiamo che una 
Catterina Viviand del fu Antonio, di Bourg, fu ri- 
cevuta insieme a sei operai nel Parlamento di Lione 
del 1473), poteva trasmettersi dalla figlia al figlio 
suo, al nipote, al cugino; ma occorreva in tal caso 
che l'interessato avesse provata la sua parentela e 
dare garanzie di vita e costumi insindacabili. I figli 
degli zecchieri pagavano un marco come diritto di 
entrata; quelli ricevuti per grazia ne pagavano due; 
i candidati donavano.... un paia di pantaloni al pre- 
posto, una mancia ai compagni, ed una somma di 
denaro al notaio per le lettere di nomina, prima di 
prestar giuramento. Curioso poi il fatto che lo zec- 
chiere che si ammogliava, dopo la nomina all'ufficio, 
avrebbe pagata l'imposta di un marco; e se egli 
invece fosse stato già ammogliato,, i figli che già 
aveva, non avrebbero mai potuto pretendere, per 
eredità, all'ufficio del padre. 

Tutte le nomine venivano verificate e ratificate 
dai parlamenti generali, e non erano valevoli se non 
procedevano da principi, i cui stati non fossero com- 
presi nell'Associazione del Giuramento dell' Impero. 

Ogni parlamento fissava il luogo, l'anno e il 
giorno della riunione. Ciascuna zecca faciente parte 
dell'Associazione doveva delegare un rappresentante: 
l'officina che mancava a quest'obbligo, avrebbe pa- 
gato un'ammenda di 20 soldi per ognuno dei suoi 
operai. Se il procuratore non era persona solvibile 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 187 



e accreditata, l'officina mandante pagava una multa 
di soldi io ; quando i rappresentanti non erano in 
numero, l'assemblea veniva rinviata all'anno seguente, 
come accadde per il parlamento di Losanna del 1518. 
Questi parlamenti si aprivano preferibilmente il 3 di 
maggio, giorno dell' invenzione della Croce. 

I procuratori d'ogni singola zecca dovevano ar- 
rivare il giorno stesso dell'apertura dell'assemblea : 
durante la loro permanenza, eran rimborsati delle 
spese per il vitto e per il viaggio ; ad un alloggio 
decoroso e conveniente pensava il preposto degli 
zecchieri della città sede del Parlamento ; il quale 
preposto poteva di sua facoltà rifiutare asilo e de- 
ferenza a coloro che non avessero potuto dimostrare 
con lettere e altri segni, la loro missione speciale. 
Prima dell'apertura, tutti assistevano a funzioni reli- 
giose a fi ti que tout fùt fait a la louange de Die 11, de 
la court celeste, du paradis, des princes, ecc., poscia si 
recavano nel locale delle sedute — (ch'era quasi 
sempre la zecca stessa, meno che a Losanna ove 
furono tenuti parlamenti anche in sedi estranee) — 
dove ciascun rappresentante, dimostrata la sua pro- 
cura, facevasi il segno della Croce e prestava giu- 
ramento ; poi eleggevasi, quasi come in conclave, 
il presidente generale. Durante quest'operazione era 
assolutamente vietato agli stessi operai monetari che 
accompagnavano i rappresentanti e i procuratori di 
ogni zecca, di entrar nell'aula, chiamare od avvisare 
qualcuno dei presenti alla votazione, vociare o par- 
lare a voce alta si da essere sentiti all'interno; alla 
trasgressione di tali ordini applicavasi anche la pena 
del carcere. I votanti per contro, avevan l'obbligo 
di astenersi da ogni precedente intesa o designazione: 
soltanto nell'aula, concentrate e raccolte le loro menti 
avrebbero dopo ponderato esame, a la louange de 
Dieu et des princes eletto il presidente generale. Co- 



l88 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



stui, dopo i soliti ringraziamenti di prammatica, si 
portava nel centro della sala, si metteva in testa un 
cappello di fiori, segno della sua dignità ed indicava 
ad ogni procuratore il posto che doveva occupare 
durante il parlamento. Questo s'apriva col giura- 
mento prestato da tutti, di dar lealmente il proprio 
giudicio su ogni questione. Gli incaricati di costu- 
dire il libro dei parlamenti, il sigillo magno, e le 
chiavi che servivano a rinchiudere questi, rimette- 
vano tosto ogni cosa al Presidente generale che si 
assicurava se il libro non fosse stato aperto durante 
l'anno decorso dall'ultima assemblea, e se il sigillo 
fosse rimasto custodito fedelmente nella sua guaina. 
Nel secolo XVI i sigilli del Procuratore e dell'asso- 
ciazione presero il posto delle chiavi, il cui impiego 
spesse volte presentava inconvenienti. Detti sigilli 
non venivano rotti che quando tuttoché doveva es- 
sere scritto e sigillato, era terminato; i processi ver- 
bali trascritti sui registri copiati e sigillati in tanti 
esemplari quanti erano i procuratori; il libro ed il 
sigillo, di nuovo rinchiusi, venivan rimessi l'uno al 
procuratore della città fissata per la prossima as- 
semblea, il secondo al procuratore della città più 
vicina. 

L'ultimo parlamento generale fu tenuto a Bourg 
nel T523: si decise di riunirsi a Ginevra 4 anni dopo, 
vale a dire nel 1527; ma quest'assemblea non es- 
sendosi potuta tenere, i parlamenti vennero a mano 
a mano decadendo insieme con l'istituzione stessa. 
Fu in tal modo che il secondo registro, di cui parlai 
in principio, rimase a Ginevra. 

Le officine monetarie, già ridotte a due in Sa- 
voia, non occupavano che un esiguo numero di per- 
sonale, privo in gran parte dei suoi antichi privilegii; 
e a partire del secolo XV11 la sola officina di To- 
rino battè per tutti gli stati di Savoia. 



• 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 1 89 .jj^, 

III. — Sigilli. 

L'opera magistrale del Promis e del Cibrario 
sopra i sigilli della Real Casa di Savoia, se pur ri- 
guarda numerosi principi e parecchie castellarne del- 
l'Augusta Casa, non accenna neppur di sfuggita al- 
l'importante sigillo dell'Associazione Monetaria del 
Sacro Romano Impero, sigillo che venne usato anche 
nelle assemblee degli zecchieri di Savoia e, perciò, 
non estraneo alla nostra storia. Parecchi studiosi per 
altro, come il Ménéstrier, il Secousse, il Baulacre. 
lo Chaponnière, il Du Chalais se ne occuparono di 
proposito, ed i loro studi pervennero a fornirci di 
copiose ed interessanti notizie sulla sigillografia me- 
dioevale e specialmente sulla parte riguardante i 
Parlamenti. Senza addentrarci ora in dispute e que- 
stioni troppo minute esaminiamo sinteticamente queste 
preziose reliquie. 

I sigilli adoperavansi per dare legale autorità 
all'atto, tenendo per lungo tempo il luogo della se- 
gnatura o firma. « Quindi — scrive il Promis — ap- 
ponevansi pubblicamente quelli proprii del Principe, 
e del Cancelliere: quelli dej Consiglio, delle giudi- 
cature delle castellarne si apponevano in presenza dei 
magistrati ». 

II sigillo dell'associazione monetaria del Sacro 
Romano Impero è di forma rotonda, del diametro di 
cent. T2 ' a ; nel centro ha il Cristo nimbato, assiso 
sopra un seggio i cui lati terminano con teste di 
animali. Cristo è vestito di una lunga veste e di un 
mantello agganciato sul petto ; colla destra benedice 
e colla sinistra porta il globo crucigero. La figura 
è posta in un doppio contorno di sei lobi appuntati, 
con trifogli negli angoli di congiuntura e con la leg- 
genda + S MAGNVM COMVNE PARLAMENTI GENERALIS 
CONSTIT (Sigillimi Magnimi Comune Parlamenti Gene- 



190 



RICCARDO ADALGISIO MARIN'I 



ralis Constituti) attorniata da un cerchio più largo 
nel quale son disposti senz'ordine prestabilito dieci 
stemmi separati alternatamente da un leone e da un 
aquila, armi usate poi dall'imperatore Carlo V. 




Sigillo dell'Assoc. Monet. del Sacr. Roni. Impero. 

Gli scudi partendo dall'alto sono quelli di Angiò 
(REX), Savoia (SAB), Lione (LVG-D), Valenza (VAL), Va- 
lentinois (ADPIC), Delfinato di Vienna (DALPHS), Arci- 
vescovato di Vienna (VIEN) e Pontefice (PAPA). 

Il sigillo venne coniato nel 1349, e dagli stemmi 
che porta noi riscontriamo: 

i.° L'arma di Carlo d' Angiò, conte di Pro- 
venza e re di Sicilia, titolo ch'egli e-bbe dal 1265 e 
che è indicato dal motto REX ; 

2. Lo scudo di Savoia (SAB) e l'arma dell'ar- 
civescovato di Lione (LVGD). Lo Chaponnière, che 
fu uno degli studiosi più accreditati nella materia 



ZFCCHf. E ZECCHIERI DELLA REAI. CASA ni SAVOIA IQI 



nostra, attribuisce detta arma a Enrico di Thoire e 
Villar arcivescovo di Lione dal 1342 al 1354, mentre 
il Du Chalais l'attribuirebbe di preferenza a Pietro 
di Savoia pur arcivescovo di Lione dal 1308 al 1329; 

3. L'arma di Valenza (VAL) appartiene a Gu- 
glielmo di Rossiglione vescovo di Valenza dal T302 
al 1331 ; 

4. Il quinto scudo appartiene alla Casa del 
Valentinois detta anche di Poitiers; l'iscrizione ADPIC 
potrebbe riferirsi ad Ademarus V de Pictavia che 
regnò dal 1345 al 1373, come potrebbe riferirsi 
— secondo il Perrin — anche ad Ademaro III e IV 
che regnarono dal 1237 al 1339. Io sarei propenso 
a darle una seconda interpretazione che non mi pare 
priva di logica, vale a dire k(ugusta) D(omus) P\C(ta- 
viae). Augusta Casa di Poitiers; 

5- u Le armi della Chiesa di Arles, del Prin- 
cipato di Orange, del Delfinato di Vienna e dell'Ar- 
civescovo di Vienna, non potrebbero da sole aiutarci 
a ben determinare la data del nostro sigillo; quella 
dei delfìni ci porta alla data surriferita, e cioè al 1349; 

6.° L'ultimo stemma reca le armi del papa 
per il contado di Avignone, che fu comperato nel 
1348 da Clemente VI. Questo fatto ci porta ad ac- 
certare così la data del conio del nostro sigillo. 

L'organizzazione regolare di queste riunioni di 
operai monetari non principia che nel 1342; ed il 
sigillo vien menzionato per la prima volta nelle let- 
tere del presidente generale del parlamento di Romans 
il 9 maggio 1395 in questi termini : /:/ en tesi/ioiug 
de laquelle chose nous avons fait /aire ces presentcs 
lettres et en la diete prdeuracion annexer de no/re graut 
scel de nostre parlement general commuti scellez. 

In uno dei primi documenti poi del primo re- 
gistro, in data 1392, sono indicati il modo d'impie- 
gare e le precauzioni da prendersi per l'inviolabilità 



iga RICCARDO ADALGISIO MARINI 



del sigillo: .... et se il n'y a plus à /aire, dire, pro- 
pose) - ne à sceìler que le prevosi general et tous /es prò 
cureux prc'sens, avecques si prendront le dit grand scel 
et le mettront dedans une boursse et se ctorà la boursse 
et quand sera dose, le dit prévost il metrà son scel et 
aitssi tous les procureux chascun son scel, et puis aprez 
la diete boursse scellée le scel et la boursse se metront 
dedans une boite de feustanne laquelte boite se dora et 
lira de cordes, et se scellerà du scel du dit prevost et 
des chaschun scel des diz procureux. 

Dissi più sopra che quattro Parlamenti generali 
soltanto si tennero in Savoia ; uno a Thierrens nel 
1351 regnante Amedeo VI il Conte Verde; due a 
Chambery, nel 1420 regnante Amedeo Vili, e nel 
1515 regnante Carlo II; il quarto a Torino nel 1503 
sotto il regno di Filiberto II. Ora era consuetudine 
cavalleresca di queste riunioni, che, oltre al sigillo 
proprio più sopra descritto, si usasse pure il sigillo 
del Principe sotto il quale, e nel cui stato, l'Assem- 
blea si riuniva. Per la parte nostra, quindi, dovremo 
osservare negli atti compiuti dai quattro parlamenti 
generali, i quattro sigilli sabaudi dei principi viventi 
allora, vale a dire di Amedeo VI, di Amedeo Vili, 
Filiberto II e Carlo li. Non sarà fatica ai lettori co- 
noscerne brevemente la descrizione, che il grande 
Promis volle darci. 



1. Sigillo iti Amedeo VI (1343 1383). 

Dei nove sigilli di questo Principe, vediamo 
usato quello del 1344 nel qual anno Amedeo VI sa- 
liva al trono sotto tutela; detto sigillo perciò gli 
servì fino al 1351 quando uscì di minorità. 

E mezzano, in cera rossa, di bellissima fattura 
e mostra uno scudo quadrato colla croce, accompa- 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 



193 



gnato alla destra da una losanga colla croce attra- 
versata da un bastone in banda, ed alla sinistra da 
altra losanga; avente quattro punti equipollenti ad 




altri cinque; superiormente ed inferiormente da due 
uccelli soranti, il tutto entro doppia cornice formata 
di quattro archi di sesto acuto, in modo tale che gli 
angoli rientranti dell'una corrispondono all'arco del- 
l'altra. La leggenda è SIGILLVM SABÀVDVM COMMVNE 
TVTORVM COMITIS SABAVDIE (Sigillo sabaudo comune 
dei Tutori del Conte di Savoia). 



2. Sigillo di Amedeo Vili. 




È di forma mezzana, tonda, in cera rossa; mo- 
stra uno scudo appuntato ed inclinato colla croce in 



n 



194 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



campo rabescato; cimato di cimo chiuso coi /ambre- 
chini e col solito cimiero di testa alata di leone, ac- 
costato da due nodi di Savoia. 11 campo è seminato 
di piccole croci. Leggenda: SIGILLVM + AMEDEI + DVCIS 
+ SABAVDIE. 



3. Sigillo di Filiberto II il Bello. 




È grande, tondo, di cera verde. Rappresenta in 
un campo ingraticolato a losanghe, nei vani delle 
quali vedonsi alternatamente una croce ed un nodo 
di Savoia, sopra un terreno fiorito, Filiberto il Bello 
in abito ducale, tenente colla destra la bandiera di 
Savoia. Nel campo son disposte, metà per parte, le 
lettere F • E • R • T • Attorno è la leggenda + SIGILLVM • 
PHILIBERTI • DVCIS • SABAVDIE ET DE VAVDETTANI • Cia- 
scuna parola è separata da nodi e da rose. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CLSA ni SAVOIA 



195 



4. Sigillo di Carlo III. 




E mezzano, di cera rossa, simile assai a certi 
sigilli mezzani di Filiberto II. Della leggenda in 

principio mancante leggesi ancora: SABAVDIE • 

DOVCIS • Integra era : + SIGILLVM • KÀROLI • SABAVDIE 
DOVCIS • Nel campo ha lo scudo rotondato ed incli- 
nato colla croce, sormontato da elmo chiuso cimato 
dal teschio alato di leone, e sostenuto da due leoni. 



IV. — Parlamenti generali 

Città che ne furon sedi e zecche di Savoia rappresentate. 



Data 



Sede 



1342 Romans . . . . 

1350 Vienna (Delfinato) 

1351 Thierrens(Thonon 
1353 Romans . . . 
1355 Romans . . . 
1358 Vienna . . . 
1361 Romans . . 
1363 Valenza (Delfinato) 
1365 Valenza . . . . 



Zecche rappresentale. 

Chambery e Bourg. 
Chambery e Susa. 
Chambery e Susa. 
Chambery e Avigliana. 
Chambery, Bourg e S.' Génix. 
Pont d'Aiti e S. 1 Génix. 
Bourg, Pont d'Ain, Susa. 
Chambery e Bourg. 
Chambery e S.' Génix (?) 



196 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 



Data 


Sede 


Zeccbe rappresentate. 


1368 


Romans . . 


. Bourg. 


1370 
1374 






Valenza . 


. Chambery, Bourg, Susa. 


'377 


Valenza . 


. Pont d'Ain, Chambery, Bourg, Avi- 
gliana, Susa. 


1380 
1384 






Romans . . 


. Chambery. 


1386 


Valenza . . 


. Chambery e Nyon. 


1388 


Valenza . . 


. Nyon. 


1390 


Romans . . 


• Chambery e Nyon. 


1392 


Valenza . . 


Pont d'Ain. 


1394 


Valenza . . 


Chambery e Nyon. 


'397 


Romans 


. Chambery (Losanna), Susa. 


1401 


Valenza . 


. Chambery, Avigliana. 


1404 


Vienna 


. Nyon (?) 


1408 


Valenza . • 


• Chambery, Aix. 


1411 


Avignone. 


. Chambery, Aix, Nyon. 


1414 


Valenza . . 


• Chambery e Nyon. 


1417 


Orange . 


. Nyon, Aix, Lausanne. 


1420 


Chambery . 


. Crémieu, Bourg, Macon, Miribel, 
Romans, Torino, Avigliana, 
Nyon, Tarascon, S.' Rhemy, 
Avignone, Mondragone, Lione. 


1423 


Tarascon . . 


. Chambery e Nyon. 


1429 


Saint Marcellin 


. Chambery e Losanna 


1432 


Valenza . . 


. Nyon e Losanna (?) 


H35 


Montélimart . 


. Chambery, Cornavin. 


1439 


Avignone. . 


. Chambery, Nyon, Lione, Annecy e 
Cornavin. 


1443 


Lione . . . 


. Losanna e Cornavin. 


1446 


Vienna. . . 


. Chambery e Cornavin. 


1469 


Bourg . 


. Chambery e Torino. 


1473 


Lione . . • 


• Bourg e Torino. 


1477 


Avignone. . 


• Bourg e Chambery. 


1481 


Montpellier . 


. Torino e Bourg. 


1485 


Orange . . 


. Chambery e Bourg. 


1489 


Avignone 


. Cornavin, Torino, Bourg. 


1493 


Avignone 


. Chambery. 






ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 197 

Data Sede Zecche rappresentate. 

1 496 Marsiglia .... Chambery e Torino. 

1499 Aix-les-Bains . . Torino. 

1503 Torino .... Chambery, Montluel. 

1509 Ginevra (Cornavin) ? Chambery, Torino, Montluel. 

15 15 Chambery . . . Avignone, Mondragone, Ginevra, 

Losanna, Torino. 

1518 Losanna .... Bourg, Chambery. 

1519 Losanna .... Chambery, Bourg, Torino. 
1523 Bourg Chambery, Torino, Ginevra. 

All'elenco delle zecche rappresentate ai Parla- 
menti generali, datoci dal Perrin. ho potuto aggiun- 
gere, sulla scorta di validi documenti, tratti dagli 
archivi di Stato di Torino ( l ) un'altra cinquantina di 
rappresentanze. Complessivamente dal 1342 al 1523 
furono tenuti cinquanta parlamenti, colla rappresen- 
tanza di cento e dicianove officine. La maggior parte 
delle assemblee, come appare, si riunirono di pre- 
ferenza a Romans ed a Valenza, che per la loro 
posizione topografica si prestavano assai bene a tal 
genere di riunioni. Per il 1527 era stato bandito 
l'ultimo Parlamento generale a Ginevra ; ma per la 
quasi totale assenza di rappresentanze e per lo stato 
di decadimento in cui trovavasi l'Istituzione, non ebbe 
più luogo. Riunioni particolari e sporadiche conti- 
nuarono per altro a tenersi nei singoli stati, quando 
il principe le decretava, oppure quando i maestri 
particolari di zecca credevano opportuno di inten- 
dersi sopra qualche nuovo conio o la parziale rin- 
novazione del regolamento; ma anche queste piccole 
assemblee andarono a mano a mano diradandosi, si 
che sul finire del seicento, l'associazione del Sacro 
Romano Impero poteva dirsi assolutamente o defini- 
tivamente scomparsa. 



(1) Archivio di Slato, Torino. Documenti riguardanti la monetazione 
Sabauda. 



198 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



ZECCHE E ZECCHIERI 



I. — Susa ('». 

Sotto il regno di Umberto II (1 080-1 103) si apre 
in Susa la prima e più antica officina monetaria della 
Real Casa di Savoia. Ciò possiamo con orgoglio de- 
gli studi numerari italiani, affermare con tutta cer- 
tezza; giacche la rovinante officina di Aquabella — 
ove i vescovi della Moriana ed i primi Conti di Sa- 
voia disputavansi il diritto di zecca — taceva per 
sempre sul finire del 1080. Vollero i fati che la prima 
impronta di italianità nelle monete della dinastia che 
ora regge l'Italia, si partisse da questa vecchia città 
dell'Alpi e che il nome suo Scensici accompagnasse 
il nome del principe che in lei aveva scelto dimora 
e signoria, quasi augurio benedetto, quasi profetica 
voce per i Savoia, ch'essi avrebbero cinto un giorno, 
dopo tanti secoli di lotte e dolori, la bella corona 
dell'Italia libera ed una. 

Susa adunque ha la sua zecca sotto Umberto II: 
in uno strumento notarile del 1098, ricopiato ed au- 
tenticato in documenti del 1253, 1256, 1272 conser- 
vati nell'Archivio notarile di Susa abbiamo che Jaco- 
bus de Jaglono vende apnd Bardoniseam prò XL dena- 



(1) Per quanto riguarda questa zecca e quella di Avigliana il let- 
tore potrà ricorrere al mio lavoro: Le Antiche Zecche di Susa e di Avi- 
gliana, pubblicato in questa Rivista. Fase. IV, 1908, del qual lavoro ripeto 
ora letteralmente alcuni punti. 



ZECCHE E ZECCHIERI DEI.I.A REM. CASA DI SAVOIA 



199 



riis secusiensibus cinque iugeri di terreno a Martino 
de Noualicia gastaldo Domini H libèrti Comitis. Questo 
ritrovamento ci permette di stabilire irrefutabilmente 
che la zecca di Susa fu aperta fra il 1080 e il 1098 
e che contrariamente a quanto scrissero il Vernazza 
e il Promis — ritrovarsi cioè i primi accenni ai de- 
nari secnsini nel 1104 e 1109 — in Susa e nella 
Valle già contrattavasi fra i privati, con denari di 
Susa, nel 1098. Questa zecca battè così, per circa 
tre secoli, sebbene non continuamente, poiché dal 
1225 in poi i documenti sono rari, per quanto i de- 
bili e forti secusini continuino a correre, e non sono 
alieno dall'asserire che la vicina zecca di Avigliana 
coniasse, alternativamente, con quella di Susa, i de- 
nari sabaudi; tanto più che dal 1225 — anno nel 
quale dalla zecca di Susa furono emessi denari se- 
cusini nuovi — non abbiamo più menzione della no- 
stra officina monetaria fino al 1387, quando appare 
dal conto del tesoriere generale che in quell'epoca 
era mastro di zecca a Susa Giovanni de Campaccio 
di Chivasso. 



~ì-h ri''* 

WÌtW 






'A 



Denaro segusino di Umberto II. 

B— + VMBERTVS. 
R) — + SECVSIA. 

ZECCHIERI. 
1080-1098 — ? 
Secolo XII — Antonietto di Clanisco (Chianoc?) nominato 

in un atto del 1124-27 mogister monetarius Secusiae. 
124244 — Pietro di Antonietto di Clanisco. 
1260-70 — Mosè Millemerces che fu poi anche maestro a 

Bourg nel 1278. 



200 RICCARDO ADAI G1SIO MARINI 



1297 — Durando Carrèrie di Avignone. 
1322 — Alessandro Dardano di Firenze. 
1371-72 — Filippo Baroncelli di Firenze. 
1384 — Giacomino Cattaneo di Pavia. 
1387 — Giovanni Campacio di Chivasso. 



II. — San Maurizio d'Agauno. 

Già zecca dei Re Merovingi, fu la prima officina 
monetaria dei Principi di Casa Savoia al di là delle 
Alpi, nell'Alto Chiablese. Amedeo IV dando la città 
in appannaggio a sua sorella Margherita di Kibourg 
nel 1235, si riservò il diritto di battervi moneta — 
excepto iure cudendi monetam. — I famosi denari mau- 
riziani che battevansi in questa zecca ed eran così 
chiamati dall'immagine del Santo guerriero che por- 
tavano impressa, avevano corso nel Vallese, nel Chia- 
blese e nel Genevese. I Vescovi di Sion, già Signori 
di tutta la valle, conservavano il diritto di prelevare 
una manata — imam manatam — di monete ad ogni 
nuovo conio. La zecca battè con qualche interruzione 
fino al 1360, anno nel quale pare sia stata definiti- 
vamente chiusa, cedendo il primato a quella di Cham- 
bery. Abbiamo documenti del 1235, 1257, 1274, 1278, 
1311, 1327, 1350, nei quali la zecca di San Maurizio 
è citata come attiva e rappresentata in controversie 
fra il Comune e alcuni diritti del Principe. 





Mauriziano di Amedeo IV. 



,& + AM' COMES. 
9 ■ - + SABAVDIE. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 201 



ZECCHIERI. 

1235 — Jacobus de Nyon, maestro. 

! — Un magister monete de scindo Mauricio. 

1278 — Mosè Millemerces, assaggiatore. 
131 1 — Giovanni Ginot Ginotti, maestro. 
1327 — Bernard Robert, guardia. 
1359 — Manfredo Frotta, maestro. 



III. — Chambery. 

L'officina di Chambery venne aperta nella prima 
metà del secolo XIII da Amedeo IV e lavorò fino a 
a tutto il seicento. Occupava la casa detta tuttora 
della Vecchia Zecca, alla quale allude una descri- 
zione fatta nel 1421 e un atto del 1721 che ricorda 
specialmente la galleria e il locale dove battevasi la 
moneta. 

Gli Zecchieri sono ricordati sovente nei conti 
della Castellania di Chambery, ove parlasi pure di 
medaglie battute in onore di un principe e della sua 
sposa; ma spessissimo son menzionati alla fine dei 
conti, ove i sindaci fan notare a loro discarico le 
tasse che quelli si rifiutano di pagare, in conformità 
dei noti privilegi di cui usufruivano. 

I Maestri assegnati stabilmente ad una data of- 
ficina, cessano d'esserlo a partire dal 1394, epoca 
in cui Matteo di Bonaccorso Borgo è autorizzato a 
battere monete nelle varie officine della Savoia, se- 
condo i bisogni dell'erario. Egli si stabilì a Cham- 
bery, e la città nell'interesse proprio e dei monetari 
dimoranti a Chambery, gli assegnò 20 fiorini per l'af- 
fitto della casa durante il primo anno. La fabbrica- 
zione delle monete era frequentemente interrotta per 
mancanza della materia prima ossia della pasta me- 

26 



202 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

tallica, o per 1' abbondanza del denaro in corso, o 
anche soltanto per volontà del Principe. La vita si 
faceva ognor più difficile per questi operai che tro- 
vavansi spesso senza lavoro: il che ci spiega in parte 
la concessione dei privilegi così numerosi e la loro 
lunga durata. Sotto il dominio francese dal 1544 al 
1592, la zecca di Chambery si aperse il 14 giugno 
1542: Andrea Rose vi è nominato maestro per quat- 
tro anni, nei quali dovrà battere 200 marchi d'oro e 
4000 denari; come contrassegno usa due rose alla 
fine della leggenda, sul diritto o sul rovescio della 
moneta. 

Verso la metà del cinquecento il corpo degli 
zecchieri presenta al Principe e ai suoi Consiglieri 
una domanda per. aumento di stipendio, essendo la 
vita materiale divenuta cara nella città e mancando 
spesso il lavoro. 

Si degnasse il Principe di riguardare benigna- 
mente questa richiesta: la Camera l'esaudisce il 14 
gennaio 1566. 

Nel 1580, 1' edificio della zecca essendo ormai 
bisognoso di riparazioni, i Maestri chiedono alla Ca- 
mera 5000 scudi annui per ingrandire i locali, ed 
affittarne temporaneamente degli altri. Ma tale cosa 
non fu accordata : per rimediare ad inconvenienti de- 
rivanti da possibili interruzioni, si tentò di diminuire 
il numero delle officine e degli zecchieri, e più tardi 
si volle che quest'ultimi fossero borghesi della città 
nella quale lavoravano. 

A Chambery si coniò buona moneta nel 1628, 
ritirandosi quella deteriorata ancora in corso; nel 
1640 la Camera dei Conti ordina per una seconda 
volta il ritiro delle monete deteriorate per emetterne 
delle novelle; ma dieci anni dopo l'officina viene 
definitivamente chiusa per un lungo spazio di tempo, 
vale a dire fino a quando Vittorio Amedeo II, biso- 



ZUCCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 203 



gnoso di moneta spicciola, ne usufruisce per rare 
emissioni. 




Testone rarissimo di CarloJII di Savoia 
coniato da Cristoforo Forza in Chambery nel 1529-30. 

& — + KÀROLVS : DVX : SABAVDIE. 

9 — + IN : TE : DNE : confido) : C : F : 

ZECCHIERI. 

1264 — Giovanni di Lione, maestro. 
1297-98 — Edoardo di Varey, maestro. 
1300 — Martino di Castiglione. 

„ — Umberto di Clermont. 

„ — Giovanni Ginot, guardia. 
1338 — Bernardo Robert di Valenza, maestro. 

„ — Alessandro Dardano di Firenze. 

„ — Sandro Farolfi. 
1340 41 — Bernard Robert, maestro. 
„ — Goffredo Vethon, guardia. 
„ — Guglielmo de Bugin, controguardia. 

1342 — Jean Peyser, procuratore. 

1343 — Bartolomeo Alfani di Firenze, maestro. 
1349-50 — Nicola del Podio di Lucca, maestro. 

„ — Giovanni de Allevis, guardia. 
1350 — Tevenez Rogers, procuratore. 
'353 — J ean Angelier. 
1355-56 — Giorgio Cassino. 

„ — Jean Angelier, procuratore. 



204 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

1362-64 — Magister Amblardus, zecchiere. 

1362 — Magister Bertholetus, zecchiere. 

1363 — Giovanni Borgogno, procuratore. 
1363-64 — Anthonius Furbitonsor. 

1375 — Filippo Baroncelli di Firenze. 

1386 — Bartolomeo Archeri, procuratore. 

„ — Pietro Bernard, zecchiere. 

1390 — Giovanni Angelier, procuratore. 
„ — Simone Angelier, zecchiere. 

1391 — Bartolomeo Lebol, guardia. 

1392 — Pietro Bernard, zecchiere. 

1394 1400 — Matteo di Bonaccorso Borgo di Firenze, maestro. 

1397 — Pietro Galhi, procuratore. 

1399 — Antonio Mulet di S. Marcellino, maestro. 

1402 — Matteo di Bonaccorso Borgo, maestro. 

1403 — Umberto di Bonaccorso Borgo. 

1405 — Giovanni di Rezeto da Moncalieri, maestro. 

1406 — Umberto Viallet, guardia. 
1408 — Hugues Bolmet, procuratore. 
141 1 — Pierre l'Hòte. 

1414 — Jean Girod. 

1419 — Tommaso di Folonia d'Avigliana, maestro. 

1420 -- Jacque Jacquet di Chambery, preposto generale. 
„ — Pierre l'Hòte, procuratore. 

1421 — Giovanni di Masio d'Asti, maestro. 

1422 — Manfredo Bessone di Yenne, maestro. 

1423 — Michele de la Balme des Echelles. 
„ — Bastian Gregoire, procuratore. 

1424 — Guido Besson-Vugliod di Yenne, zecchiere. 
1429 — Pierre Girod, procuratore. 

1432 — Jean de Bard, zecchiere. 

1435 — Antonio Lovanier, procuratore. 

1439 — idem idem 

1449 — Ajmar Fabbri, guardia. 

1478 — Pietro di Bardonecchia, maestro. 

1481 — Pietro Balligny, maestro. 

1482 — Giacomo de Ortis, guardia. 
1485 — Guglielmo Véchut, procuratore. 
1488 — Galeazzo Gruet, guardia. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 205 

1489 — Michele de Lugem. contro guardia. 

1490 — Giovanni Charvet, assaggiatore. 
1496 — Giacomo Girod, procuratore. 
1500 - Antonio Ruffi, guardia. 

„ — Andrea Govet, assaggiatore. 
1503 Giovanni Frane, procuratore. 

„ — Giovanni Fraret, maestro. 
1505 - Amedeo Peretti, guardia. 

1507 - Nobile Pietro Ballentray, procuratore. 
„ — Nicod Faber. 

1508 — Anemondo Bertolinia, maestro. 

15 14 — Pietro Balligny. 

15 15 — Girard Savoye, procuratore. 
151923 — Bertrando Vechon. 

1523 — Anna Quay, apprendizza. 
1524-28 — Francesco Savoye, maestro. 
1528 — Cristoforo Forza, coniatore. 
1529-30 — Cristoforo Forza, maestro. 
1550 — Nicola Vialardi d'Ivrea, maestro. 

1562 — Matteo De Ferraris, commesso. 
„ — Nicola Vialardi, maestro. 

1563 — Eustachio Scarrone, guardia. 

1564 — Stefano Divon, controguardia. 

1565 — Andrea Morello, maestro. 

1568 — Stefano Bourges, maestro. 

1569 — Luigi Chambet, controguardia. 

z 57 2 -73 "- Antonia Ranotta, vedova di Stefano Bourges. 
157476 — Emanuele Dian, maestro. 

1577 80 — Giovanni Miretto. 

1578 — Mario Dian. 

1580 83 Chiaffredo Grobert, maestro. 
„ — Nicola Le Grand, guardia. 

1583 - Michele Grobert, maestro. 

„ Andrea Martini, assaggiatore. 

1584 Michele e Chiaffredo Grobert, maestri. 
„ Francesco Jacquemin, preposto. 

„ Carlo Goulaz, assaggiatore. 

., Giacomo Véchut. 

., — Claudio Janin. 



206 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



1589 — Guglielmo Morione, guardia. 

1591 — Cesare Valgrandi. 

— Gian Battista Castagneri. 
„ — Gian Battista Cavallo. 
„ — Cesare Valgrandi, maestro. 

1592 — Bartolomeo Arnaldi di Pinerolo, maestro. 
x 594 - 95 — Gaspare Cornaglia di Chieri. 

1595 — Guglielmo Morione, guardia. 
1600 — Chiaffredo Grobert, maestro. 
„ — Nicola Vialardi. 

., — Antonio Grobert come tutore dei figli di Chiaffredo 
Grobert. 
1617 — Nobile Lorenzo Monetti. 
1628-29 — Galvagno Sirascio, commesso. 
1640-42 — Pietro Perinetti, maestro. 
1640 — Guglielmo Charrot, guardia. 

„ — Claudio Punas, controguardia. 
1649 50 — Gli operai tutti sono ridotti a otto e gli zecchieri 
propriamente detti a quattro; tutti devono essere 
borghesi di Chambery, altrimenti non potranno 
più esercire. 



IV. — Avigliana. 

La zecca di Avigliana fu sicuramente aperta 
prima del 1252. Dice infatti un documento dell'Ar- 
chivio Camerale (Conti Castell. Avigl. Marzo VII — 
12 29- 127 3): Libravi t Johanneto de Clanisco, monetario 
Domini scucienti monetam apud avillianam solidos se- 
cusienses XXX prò ejusdem officio. La pergamena è del 
1252 e in quel tempo regnava ancora Amedeo IV 
che fu il primo Conte di Savoia che sulle monete 
impresse il Comes Sabaudie. Questi fu il primo e vero 
istitutore della zecca d'Avigliana, non ritrovandosi 
altri accenni in proposito prima del 1252; dopo, dob- 
biamo scendere fino al 1297 in cui il Conto del Teso- 
riere generale ci dice di aver ricevuto in pagamento 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAI. CASA DI SAVOIA 



207 



da Jacobo de Varano et sociis eius scudentibus mone- 
tarti apud Avillianam una somma di denaro. Dopo, 
quell'epoca troviamo nominati maestri sul finire del 
1298, del 1341, 1387, 1391 e 1394, cioè durante la 
minorità di Amedeo Vili. Ed appunto sotto questo 
primo Duca di Savoia, eravi maestro quel Matteo di 
Bonaccorso Borgo, di Firenze, che nel 1405, venne 
a composizione col fisco per avere dalla zecca di 
Avigliana emesso monete inferiori d'assai a quanto 
era da legge prescritto. Dopo il 1405 non s'ha più 
notizia alcuna di questa zecca, poiché coli' elezione 
di Amedeo Vili a Duca (1416) i danari ducali furono 
battuti per il Piemonte in Torino e per la Savoia a 
Chambery, dove quel diavolo di Matteo Bonaccorso, 
nipote del precedente, continuava anche dopo il 1416 
a trionfare per l'arte sua. 





Grosso di Amedeo V — Avigliana. 

B' - + AMEDS ! COMES I SAB' 

R) - - A • M ■ E • D' • PED • MON TEN • SIS • 



ZECCHIERI. 

1252 — Johanneto de Clanisco, maestro. 

1297 — Giacomo di Varano, piacentino, maestro. 

1298 — Benedetto Alliaudi, da Susa, maestro. 

1341 Ildebrando e Bartolomeo Alfani, da Firenze, pro- 
curatori. 
1343 — Manfredo Frotta da Firenze, apprendizzo. 
1387 — Giacomino Cattaneo da Pavia, maestro. 
1391 — Giacomo Rezeto da Moncalieri, maestro. 
1394 — Matteo di Bonaccorso Borgo, maestro. 



208 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

V. — San Sinforiano d'Ozon. 

L'apertura di detta officina risale ai tempi di 
Filippo I di Savoia, ch'ebbe come primo appannag- 
gio il contado di Salmorenc. Il documento più antico 
in proposito, è del 1297: Amedeo V, accettando un 
omaggio di fedeltà da Jean e Johannot Ginot, li au- 
torizza a battere moneta nel Viennese. Questi due 
zecchieri si professano uomini ligi del Principe, essi 
e i loro discendenti; s'obbligano di batter moneta 
solo al suo servizio, riconoscendogli il diritto di farli 
ricondurre ovunque essi avessero stabilito di dimo- 
rare fuori dei suoi stati. Questa zecca non ebbe lunga 
esistenza; è mentovata, per l'ultima volta, in un conto 
del tesoriere generale dal 1341 al 1342, ed in altro 
di Bernardo Roberto maestro a Chambery, nel quale 
leggesi che debentur monetae de quibus sibi satisfac- 
lum est in computo suo monetarum Sancti Sinforìani, 
finito XX V° die mensis novembris millesimo CCC XL. 
Nel 1355 questa terra fu ceduta al Delfino di Vienna. 

ZECCHIERI. 

1297 — Giovanni e Giovannotto Ginotti, zecchieri. 
1306 — Giacomo di Varano da Piacenza, maestro. 

„ — Pietro Aloyer di Ginevra. 
1340 — Bernardo Roberti, maestro. 
1341-42 — (conti dei maestri delle monete). 

\ 

VI. — Bourg en Bresse. 

Questa zecca fu aperta sotto il Conte Aimone, 
come appare dal Conto dei Tesorieri Generali del 
1338, sebbene non abbiansi documenti relativi alla 
detta officina prima del 1369, anno nel quale Matteo 
Bonaccorso lavorò alla zecca di Crémieu. Accadde 
frequentemente in .questi tempi che zecchieri di Sa- 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 209 

voia fossero incaricati di dirigere le officine del Del- 
fino o del Re di Francia. Così il 16 giugno 1376, 
Filippo Baroncelli di Firenze è nominato maestro 
alla zecca di San Giorgio d' Espéranche dove Um- 
berto Viallet gli succede al 1 luglio; lo ritroviamo a 
Crémieu, lui pure, nel 1397, ove muore e vien sur- 
rogato nello stesso anno da Pierre Audouard. 

Dal 1394 al 1400, Matteo Bonaccorso alterna la 
fabbricazione a Bourg, Pont d'Ain, Chambéry, Avi- 
gliana ed altre città del Piemonte. Nel 1543 Andrea 
Morel è maestro alla zecca di Lione e si serve dello 
stesso contrassegno usato da lui sulle monete bat- 
tute a Chambéry, cioè A. M- iniziali del suo nome. 

La zecca di Bourg lavorò fino all'invasione fran- 
cese del 1536; fu riaperta dopo la pace di Castel 
Cambresi; e quando Emanuele Filiberto volle rior- 
ganizzare il sistema monetario, fissò con apposito 
regolamento le condizioni e le ordinanze relative alla 
zecca di Bourg: le monete dovevano essere dello 
stesso titolo, peso e condizione di quelle battute a 
Chambéry. Nel 1601, la Bresse essendo stata ceduta 
alla Francia per il Marchesato di Saluzzo (trattato di 
Lione), la zecca di Bourg fu definitivamente chiusa. 




Denaro di Amedeo VI — Bourg. 

& AMEDEVS * DI ' ORA i COMES- 

9 — + SABAVD'- IN ITALIA MARCHIO. 

ZECCHIERI. 

x 338-39 — Bernardo Roberti, maestro. 
„ — Alessandro Dardano, maestro. 



«7 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 



J338-39 — Sandro Farolfì, maestro. 

1339 — Giovanni di Clauso, guardia. 

1340 — Alessandro Dardano, maestro. 
1340-42 — Sandro Farolfì, maestro. 

1342 — Jacopo Guillermet, controguardia. 
1342 43 — Antonio Patritto, maestro. 

„ — Bino Gucchi, maestro. 
I 375"7^ — Filippo Baroncelli, maestro. 

1394 — Giovanni Raffano, guardia. 

1395 — Jacopo Guillermet, controguardia. 

1396 — Giovanni Angelieri, guardia. 

1397 — Giacomo Polli, guardia. 

„ — Guglielmo Séllery, guardia. 
1398-1400 — Matteo di Bonaccorso, maestro. 
1400 — Gerardo Chambon, guardia. 
1453 — Antonio Fabbri di Perugia, maestro. 

1468 — Peronetto Guilliod, maestro. 

„ — Michele di Bardonecchia, maestro. 

1469 — Stefano Varembon, maestro. 

„ — Giovanni De Bussi, detto Lalaz, apprendizzo. 

„ — Goffredo Bordet, guardia. 
1473 — Antonio Viviand, preposto generale. 

„ — Catterina Viviand (figlia). 
1477 81 — Guigo de Santagnieu, procuratore. 
1485 — Pietro Colin, procuratore. 
1497 — Giovanni Gervasio, maestro. 

1503 — Raimondo Colin, procuratore. 

1504 — Umberto Chappon, guardia. 
1506 — Andrea Grilliet, guardia. 
1516 — Antonio Marauda, maestro. 
1518 — Raimondo Colin, procuratore. 
1521 — Valeriano Deulio, maestro. 
1525 — Benedetto Bacod, maestro. 
1528 — Enrico Pugniet, maestro. 
1560 — Luchino Real, maestro. 

1562 — Cristoforo Porro di Torino, guardia. 

1566 — Pietro De Luan, maestro. 

1567 — Luigi Charière, controguardia. 

1568 — Giovanni De Grumel, guardia. 



ZKCCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 211 

1570 — Giacomo Dais, controguardia. 

1574 — Pietro De Luan, maestro. 

1575 — Lorenzo De la Court, guardia. 
1577 — Sebastiano Lartisseur, commesso. 
1577 80 — Emanuele Dian, maestro. 
1580 — Giacomo Rougier, controguardia. 
1583 — Giacomo Rougier, preposto. 
1583 — Giovanni Porro, guardia. 
158486 — Filiberto Dian, maestro. 

1586 — Giovanni Nuyon, guardia. 
1589 — Guglielmo Maion, guardia. 

VII. — Torino (*). 

Cominciò a battere sotto Filippo di Savoia Prin- 
cipe d'Acaia nel 1297. Prima di quest'epoca non 
havvi cenno d'una zecca torinese: nella città e nel 
contado corrono solamente i denari secusini, pata- 
vini, viennesi ed astensi, raramente gli imperiali; 
giammai denari torinesi, come sarebbonsi dovuti chia- 
mare se ne fossero stati battuti. 

Ritornata Torino all'obbedienza dei Savoia, Fi- 
lippo d'Acaia vi aprì nel 1297 la sua zecca, prepo- 
nendovi il maestro Durando Carrérie di Avignone: 
ma dopo la morte di questo Principe (1334 , dovette 
chiudersi, e probabilmente non si riaprì più sino circa 
il 1402. Nel 1418 Ludovico d'Acaia vi nomina mae- 
stro Giovanni da Masio. Nello stesso anno, morto 
Ludovico, il Piemonte ritorna in potere del ramo dei 
Conti di Savoia, e precisamente sotto il governo di 
Amedeo Vili, primo Duca. Questi nel 1419 chiama 
maestro in Torino Martinetto Mercier. Da tal epoca, 
divenuta la città capitale degli stati Sabaudi al di qua 



(i) Su questa zecca mi limito per ora a pochi cenni, quali esigono la 
piccola mole e la modestia del mio lavoro. Ritornerò su di essa in uno 
studio speciale. 



212 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 



dei monti, l'officina prese a mano a mano florido in- 
cremento, sì che restò essa la più importante fra le 
nostre zecche, e l'unica durante tutto il secolo XVII. 
Dal 1824 ebbe nobilissima concorrente la zecca di 
Genova. 




Denaro di Filippo I di Savoia — Acaia, Torino. 

& - + PHILIPPVS DE SAB'. 

9/ -PHIL+ PED • MON ■ TEN • SIS • 



ZECCHIERI. 

1297 — Durando Carrèrie d'Avignone, maestro. 

1418 — Giovanni di Masio d'Asti, maestro. 
„ — Marchetto di Cavoretto, guardia. 

1419 Martinetto Mercieri di Chieri, maestro. 
1422 — Giovanni di Masio, maestro. 

1430 — Martinetto di Lautaschis di Chieri, maestro. 
1449 — Bartolomeo Castelnovo di Chieri, maestro. 

„ — Sebastiano di Pietraviva di Chieri, guardia. 
1452 — Pietro di Pietraviva di Chieri, guardia. 
1462 — Giovanni Camussel di Bardonecchia, maestro, 
1468 — Michele di Bardonecchia. 
1475 — Pietro Monaco, guardia. 

1482 — Pietro e Michele di Bardonecchia, guardie. 

1483 - - Pietro di Bardonecchia, apprendizzo. 
„ — Tommaso Bonaterio, guardia. 

„ — Agostino Ponzone, controguardia. 

1484 - Bartolomeo Caccia, maestro. 
1490 - - Pietro di Bardonecchia, maestro. 

„ — Giovanni Moresino di Milano, guardia. 
„ — Bernardino Moriggia, controguardia. 
1503 — Giacomo Cassini, maestro. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 213 

1507 — Pietro Paolo Porro di Milano, maestro. 
1509 — Marchetto de Facis, guardia. 

„ — Bartolomeo Cavacci, controguardia. 
151 7 — Giampetro Gastaudi, maestro. 
15 19 — Bertolomeo Brunassi, maestro. 

„ — Bartolomeo Doria, controguardia. 
1528 — Ludovico Porro, controllore. 
1536 — Girardino Cagnassone, maestro. 
1562 — Luigi Ferraris, guardia. 
1564 — Giovanni Ludovico Ferraris, maestro. 

„ — Gian Pietro Gastaldo, assaggiatore. 
1567 — Bernardo Castagna, maestro. 

„ — Bartolomeo Voletto, guardia. 

„ — Sebastiano Canalis, controguardia. 
1570 — Gian Battista Cattaneo di Genova, maestro. 

„ — Paolo Doveris, guardia. 

1575 — Michele Corunato, maestro. 

1576 — Rolando Gastaldo, maestro. 

„ — Giovannino Miretto, guardia. 

1577 — Mario d'Alvigi di Perugia, maestro, 
1579 — Giacomo Pezza, controllore. 

„ — Antonio Blancardo, guardia. 

„ — Cesare Valgrandi di Torino, assaggiatore. 

„ — Sebastiano Cavallero, assaggiatore. 
1581 — Giovannino Miretto, maestro. 
1583 — Bartolomeo Arnaldi di Pinerolo, maestro. 
1587 — Cesare Valgrandi, maestro. 
1589 - Giovanni Angelo Costa, maestro. 
1591 — Cesare Valgrandi, maestro. 
1593 Bartolomeo Arnaldi, maestro. 
1595 — Rolando Gastaldi, maestro. 
1601 — Giannantonio Pollino, maestro. 
1604 — Francesco Mazzola, maestro. 
1606 — Dionigi Rotta, maestro. 
1610 — Francesco Mazzola, maestro. 
1618 — Giovan Matteo Torazza, maestro. 
1623 — Sebastiano Taschero, guardia. 

„ — Ludovico Perugino, controguardia. 

„ — Gian Giacomo Traversa, affinatore. 



214 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



1623 — Giacomo Bay] etto, segretario. 

„ — Gian Marco Blancardo, assaggiatore. 

1624 — Gian Domenico Bellino d'Ivrea, maestro. 

1625 — Ludovico Ludovisi, controguardia. 

1626 — Gian Antonio Pollino, maestro. 

1629 — Gian Battista Borgatto, maestro. 

1630 — Gian Antonio Pollino, maestro. 

1631 — Pietro Rotta e Cesare Cavalleris, maestri. 

1632 — Matteo Torazza, maestro. 

„ — Girolamo Occellis, controguardia. 

1633 — Lorenzo Buggia, affinature. 

1634 — Sebastiano Virante, maestro. 

„ — Carlo Paneaglio, controguardia. 

„ — Bernardino Occellis, guardia. 

„ — Paolo Blancardo, assaggiatore. 
1646 — Federico Rotta — maestro. 
1649 — Paolo Antonio Bugnano, assaggiatore. 

„ — Carlo Blancardo, assaggiatore. 

1652 — Lorenzo Buggia e Federico Rotta, maestri. 

1653 — Alessandro Salvay, maestro. 
1656 — Gian Battista Prelasco, maestro. 
1660 — Claudio Batheon, controguardia. 

1666 — Gian Battista Massone, assaggiatore. 

1667 — Giulio Cesare Macario, maestro. 

1675 — Gian Francesco Mare, guardia. 

1676 — Lorenzo Olivero, maestro. 
1680 — Antonio Calcaterra, guardia. 

„ — Sebastiano Ramma, assaggiatore. 
„ — Stefano Laurenti, affinatore. 
„ — Francesco Rapallo, affinatore. 
1686 — Ottavio Bonino, guardia. 
„ — Gaspare Deriva, assaggiatore. 

1688 — Giuseppe Antonio Razzetto, maestro. 

1689 — Maestrotto Giovanni, guardia. 

1690 — Sebastiano Mussa, economo. 
1692 — Giovanni Ruffino, economo. 

„ — Girolamo Ludovico Porta, economo. 
„ — Giuseppe Maria Mare, controguardia. 
1695 — Giovanni Piccono, guardia. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA RE AL CASA DI SAVOIA 215 

1696 — Paolo Gonella, fonditore. 

1699 — Orazio Deriva, contrassaggiatore. 

1703 — Francesco Mistrotto, guardia. 

171 1 — Carlo Giovanni Razzetto, maestro. 

1714 — Giuseppe Bella, controllore. 

„ — Luigi de Roy, controllore. 
1717 — Bartolomeo Boiero, maestro. 
1726 — Antonio Collucci, affmatore. 
1728 — Lorenzo Viale, maestro. 
1730 — Gian Battista Bonezio, guardia. 

Credo bene terminare l' elenco degli zecchieri 
noti della zecca di Torino, all'anno 1730; perchè dal 
regno di Carlo Emanuele III a Vittorio Emanuele li, 
la zecca fu più volte soggetta a riforme e migliorie 
e l'elenco datoci dal Promis, in questi ultimi due 
secoli non è del tutto scevro da errori ed inesat- 
tezze. Perciò rimando lo studioso ad opera più re- 
cente che spero non tarderà ad uscire in questa 
stessa Rivista. 

Vili. — Pont d'Aiti. 

Il Castello di Pont d'Ain, posto nella più bella 
località della Presse, fu temporariamente dimora di 
alcuni Principi di Casa Savoia. Il Conte Aimone, ivi 
allevato, vi aperse una zecca nel 1338 nominandovi 
maestri contemporaneamente Sandro Farolfi, Ber- 
nardo Roberti e Alessandro Dardano, che lavora- 
vano pure in Chambery. Amedeo VI concesse nel 
1352 a Bonaccorso Borgo il diritto di coniarvi scudi 
d'oro simili' a quelli del Re di Francia e fiorini d'oro 
simili a quelli di Firenze in peso, titolo e qualità. 

Queste due monete d'oro sono con tutta probabi- 
lità le prime che furono coniate dai Principi Sabaudi. 
Due cittadini di Pont d'Ain dovevano assistere ogni 
settimana alle prove e alla spedizione delle monete. 



2l6 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 



Dal 1394 al 1400 — anno nel quale questa 
zecca tace per sempre — Matteo di Bonaccorso 
Borgo lavora alternatamente in Pont d'Ain e in di- 
verse altre zecche al di qua e al di là dei monti. 




Fiorino d'oro di Amedeo VI, battuto a Pont d'Ain nel 1352. 

& -- + AMED COMES giglio fiorentino. 

9 — + S • IOHÀNNES • B • S. Giovanni Battista. 

ZECCHIERI. 

133839 -- Bernardo Roberti, maestro. 

„ — Sandro Farolfi, maestro. 

„ — Alessandro Dardano, maestro. 

„ — Giovanni de Clauso, guardia. 
1340-41 — Bernardo Roberti, maestro. 
1342 — Sandro Farolfi, maestro. 

„ — Guglielmo Vacheri, assaggiatore. 
1342-43 — Antonio Patrito e Bino Guchi, maestri. 
134950 — Nicola del Poggio di Lucca, maestro. 
1352-54 — Bonaccorso Borgo di Firenze, maestro. 

1352 — Giovanni Ardizzone di Bourg, guardia. 

1353 — Pietro de Clauso di Yenne, assaggiatore. 
„ — Stefano Roger, procuratore. 

„ — Garnier Faure, procuratore. 
1355 — Stefano Roger, procuratore. 

„ — Giovanni de Flaceys, procuratore. 
1355-58 — Bonaccorso Borgo, maestro. 

1358 — Ugonetto de l'Avis, procuratore. 

1359 — Bonaccorso Borgo, maestro. 

„ — Giovanni Arbizzone, assaggiatore. 
„ — Johannon Evrard Ombard, assaggiatore. 
1370 — Guglielmo Fornia, procuratore. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REALCASA DI SAVOIA 217 



1370 — Guigo de la Croix, procuratore. 

1377 — Guglielmetto Sélléry, procuratore. 

1386 — Huguenon Bourgoing, procuratore. 

1390 91 — Matteo di Bonaccorso Borgo, maestro. 

1390 — Guglielmo Fornia, maestro. 

1394-1400 — Matteo di Bonaccorso Borgo, maestro. 

1395 — Guglielmo Sélléry, guardia. 

1397 — Huguenin Bouvier, procuratore. 

1401 — Guigonnet de Villette, maestro. 

IX. — Nyon (Thierren). 

I Principi del ramo di Vaud ebbero successiva- 
mente tre officine monetarie verso la fine del secolo 
XIII. Ludovico I di Savoia-Vaud nel 1285 usò del 
diritto di battere moneta, ch'egli aveva ottenuto dal- 
l'Imperatore l'anno precedente ed aperse un'officina 
sopra una terra dipendente, dal lato spirituale, dal 
Vescovo di Losanna prope Terenivi, cioè Thierrens 
presso Moudon. Questa zecca non essendo che una 
contraffazione di quella di Losanna, il Vescovo mise 
opposizione, ed un decreto dell' Imperatore Alberto 
ingiunse al principe di smettere la fabbricazione fino 
a che egli non avesse potuto provare la legittimità 
del suo diritto. Ludovico I perciò trasferì la sua 
zecca a Nyon, ove battè moneta a malgrado delle 
proteste del Vescovo di Ginevra, che bandì un ap- 
posito editto proibente di ricevere nella sua diocesi 
le monete che il principe batteva a Nyon. 

II procuratore del principe si portò subito a 
Luly, ove risiedeva il Vescovo contro il quale vivace- 
mente protestò, dicendogli che avrebbe potuto ricor- 
rere al Vescovo di Vienna, al Conte di Savoia, al 
Papa, all'Imperatore o ad amici comuni per regolare 
dette differenze. Il Vescovo replicò ch'egli non avrebbe 
revocata per nulla la sua ordinanza; a nuove osser- 

28 



2l8 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

vazioni del procuratore sul diritto del Duca di bat- 
tere moneta, rinviò la sua risposta ad epoca inde- 
terminata. La lite si protrasse fino al 1308 e ter- 
minò con una sentenza contro il Vescovo Aimone e 
contro Ludovico II di Vaud, successo al padre, colla 
quale sentenza sia 1' uno che 1' altro permetteranno 
che le loro monete corrano reciprocamente nei loro 
stati, senza obbligo per ambo le parti di riceverla 
come legale. Il Duca inoltre avrebbe in perpetuo 
riconosciuto come feudo del Vescovo e della Chiesa 
di Ginevra il diritto di battere moneta, concedendo 
al Vescovo il quarto del beneficio reale sulla moneta 
battuta. 

Nel 1350 la Signoria di Vaud ritornò al Conte 
Amedeo VI che conservò la zecca di Nyon, i cui 
operai si fecero rappresentare ai parlamenti generali 
di Valenza 1390, 1414 e 1432; dopo tal anno più 
non ritroviamo documenti attestanti con certezza l'at- 
tività dell'officina. 





Denaro di Ludovico di Savoia — Vaud. Zecca di Nyon. 

& — + LVDOVICVS : * 
P — + DE SABAVDIA : 

ZECCHIERI. 

1364 — Bonaccorso Borgo, maestro. 

„ — Sandro Bindacci di Firenze, maestro. 
139091 — Giovanni e Matteo di Bonaccorso Borgo, maestri, 
figli di Matteo. 

1390 — Astias de Ferro, guardia. 

„ — Giovanni Angelieri, procuratore. 

1391 — Giovanni Bonaccorso, maestro. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 219 

1392 93 — Giovanni Raffano di Treffort, maestro. 

„ — Perronon de Bays, procuratore. 
1392 — Bernard Varlet, maestro. 
139495 — Giovanni Angelieri di Chambery, maestro. 
1396 — Matteo di Bonaccorso Borgo, maestro. 
1400 — Michele di San Michele, maestro. 
1405 — Umberto Vialet, guardia. 
1406-10 — Giovanni di Rezeto, maestro. 
141 1 — Pietro 1' Hòste, procuratore. 

„ — Giovanni Guigonnet, preposto. 
1414 — Giovanni Girod Tripet, procuratore. 

„ — Pietro Girod, commesso. 
1416-20 — Giovanni Picot di Avigliana, maestro. 
„ — Franceschino de Cabria, procuratore. 

1422 — Lanfranco Busca di Milano, maestro. 

1423 — Sebastiano Grégoire, procuratore. 
1427 — Bertino Busca di Milano, maestro. 
1429 -— Francesco de Seyn, maestro. 

„ — Sebastiano Guigon, preposto. 

— Giovanni Magoni, guardia. 
„ — Stefano Bregna di Torino, guardia. 
„ — Giacomo Picot di Ginevra, apprendizzo. 
1432 — Antonio Lovaguier, procuratore. 
„ — Francesco De Seyn suddetto, maestro. 



X. Donnaz (Valle d'Aosta). 

La terra di Donnaz in Valle d'Aosta fu zecca 
poco rimarchevole, poiché di essa è noto un solo 
ordine di battitura. Aimone di Savoia nel 1341 fa 
battere in Donnaz, deputandovi a maestri l'8 d'aprile 
di quell'anno Aldebrando e Bartolomeo Alfani di Fi- 
renze, padre e figlio, che contemporaneamente tene- 
vano pure la zecca di Avigliana. I denari battuti nelle 
due zecche e dagli stessi due maestri sono uguali 
tra di loro e simili ai Sezeni grossi bianchi ad A et 
scutellum battuti a Chambery. 



220 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 




Sezeuo del Conte Aimone - Zecca di Donnaz. 

& — + IMO | COMES X SABAVDIE. 
R) — + IN ITALIA ! MARCHIO. 



1341 — 



ZECCHIERI. 

Aldebrando Alfani di Firenze, maestro. 
Bartolomeo suo figlio, aiutante. 



XI. — Saint Génix. 

Nel conto del Tesoriere generale Giovanni d'Albi 
è ricordato un magister monetarum sancti Genisii senza 
che alcun documento posteriore a questo conto, che 
è del 1341-42, ci abbia rivelato il nome di questo 
primo maestro. I soli zecchieri conosciuti sono i mae- 
stri Giovanni di Camaiore (presso Lucca?), Bernardo 
de Claustro e due guardie. La zecca dopo il 1355 
deve essere stata chiusa, giacche più nessun cenno 
d'essa, dopo tal epoca, ci è pervenuto. 




Denaro di Amedeo VI. 

D — + MED o COMES ° SABAVDIE- 
R) - - + IN ITALIA S MARCHIO. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 221 

ZECCHIERI. 

1341-42 — Conto dei tesorieri generali. 
1354-55 — Giovanni di Camaiore, maestro. 
„ — Bernardo de Claustro, maestro. 

1354 — Pietro Guilos, guardia. 

1355 — Pietro Peracchi, guardia. 



XII. — Pierre Chàtel. 

Questa zecca venne temporaneamente aperta nel 
1352 da Bonaccorso Borgo di Firenze ch'era già mae- 
stro a Pont d'Ain, e che in Pietra Castello coniò 
forti escucellati. In seguito ivi si stabilì dal 1356 al 
1364, cioè fino a quando Amedeo VI istituì l'ordine 
del Collare dell' Annunziata, fondando in Pietra Ca- 
stello una certosa con chiesa per i quindici cavalieri 
di questo suo ordine. 

ZECCHIERI. 

1352-59 — Bonaccorso Borgo di Firenze, maestro. 
1356 — Pietra de Clauso, guardia. 



XIII. — Yénne. 

Nei documenti della monetazione in Savoia ne 
abbiamo uno ricordante un maitre de monnoye à la 
ville de Jenne del 28 febbraio 1352. con indicazione 
del peso, della lega, e del carattere de Indite mon- 
noye in oro e argento. Ritengo che trattisi d' una 
zecca aperta contemporaneamente a quelle di S.t Gé- 
nix e di Pierre Chàtel, e che perciò rimase in atti- 
vità per brevissimo tempo. Suppongo esserne stato 
istitutore e maestro l'ormai famoso Bonaccorso Borgo. 



222 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



XIV. — Pinerolo. 

Giacomo di Savoia, Principe d'Acaia dovette 
battere per il primo in questa città essendosi rinve- 
nute monete con la leggenda Sanctus Donatus, pro- 
tettore della città. Morto questo principe nel 1366, 
lasciando lo stato al secondogenito, Filippo suo pri- 
mogenito mise il Piemonte a ferro e fuoco, per cui 
Amedeo VI, il Conte Verde, tutore del piccolo Ame- 
deo, gli dichiarò guerra occupando lo stato fino alla 
maggiorità del pupillo. Stabilì nel 1369 Giovanni Pa- 
gani maestro alla zecca di Pinerolo, concedendogli 
di battere monete al suo conio. Quella è la sola volta 
che il ramo dei Conti di Savoia battè in Piemonte; 
giacche restituita questa terra, alcuni anni dopo, al 
Principe Amedeo di Acaia, questi vi lavorò al suo co- 
nio, come vi lavorò il successore Ludovico. Nel J418, 
spentosi il ramo di Acaia, il Piemonte toccò ad Ame- 
deo Vili primo Duca di Savoia, e la zecca di Pine- 
rolo — che erroneamente il Perrin fa lavorare an- 
cora sotto Emanuele Filiberto — tacque per sempre. 




Denaro di Giacomo di Savoia — Acaia. 

»' — IACOB' • D • SAB' • PRIC • ACH • 
Ri ■ - + SANCTVS o DONATVS. 

ZECCHIERI. 

1369 — Giovanni Pagani, maestro. 
1374 — Nicola Bersatore, guardia. 
1395 — Umberto di Bonaccorso Borgo, maestro (?) 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 223 

XV. — Ivrea. 

Per quanto d'Ivrea già conoscansi le monete dei 
suoi antichi marchesi, tuttavia non cominciò a coniare 
monete sabaude che nel 1394 durante la minorità di 
Amedeo Vili per ordine della tutrice Bona di Bor- 
bone e sotto la direzione di Matteo di Bonaccorso 
Borgo. Conosciamo alcuni pochi successori di Mat- 
teo; l'ultimo è del 1426. Da tal anno la zecca d'Ivrea 
pare inattiva, od almeno non è più mentovata sino 
a tempi delle guerre per la tutela di Carlo Ema- 
nuele II, ed allora i Principi Maurizio e Tommaso, 
verso il 1642 vi coniarono pezzi da quattro soldi, 
che presto si ritirarono dal corso. 

ZECCHIERI. 

1394 — Matteo di Bonaccorso Borgo, maestro. 
1420 — Giovanni Benvenuti di Firenze, maestro. 
1321 — Bertino Busca di Milano. 
„ — Savino de Nono, maestro. 
1426 — Maneto di Beauchatel di Valenza, maestro. 

XVI. — Aosta. 

Contemporaneamente Bona di Borbone permise 
a Matteo Bonaccorso d'esercitare l'opera sua in Ao- 
sta, ma la zecca non dovette fiorire che un secolo 




Aureo di Carlo II di Savoia 
coniato in Aosta da Nicolò Vialard. 

È - KROLVS SECVNDVS DVX SABAVD • 
9 - + ET ÀVGVSTÀE PRETORIE N V • 



224 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

più tardi, vale a dire nel 1549, quando nella casa di 
Renato e Michele Tolleri, il Nobile Nicolò Vialardi 
battè monete di Carlo II di Savoia. Altre emissioni 
vennero fatte in Aosta sin durante il regno di Carlo 
Emanuele I; poi dal 1587 la zecca tace. 

ZECCHIERI. 

1394 — Matteo di Bonaccorso Borgo, maestro. 
x 549"55 — Nicolò Vialardi d'Ivrea, maestro. 
1575 — Tommaso Campagnano di Musso, maestro. 
1577 — Mario d'Alvigi di Perugia, maestro. 

1581 — Guglielmo Liboz, guardia. 

„ — Antonio Ruatta, controguardia. 

1582 — Giovannino Miretto, maestro. 

1584 — Gaspare Cornaglia di Chieri, maestro. 
1587 — Cesare Valgrandi, maestro. 

XVII. — Moncalieri. 

In Moncalieri presso Torino furon battute mo- 
nete nel 1421 sotto Amedeo VIII, e allora vi fu cu- 
stode un Pietro Fasolo; ma il lavoro cessò prima 
che l'anno si compiesse. Nuovamente poi, nel 1630 
per causa della peste, vi fu da Torino trasferita la 
zecca, ma soltanto per pochi mesi. 

ZECCHIERI. 

1421 — Pietro Fasolo, guardia. 

1630 — Giovanni Antonio Pollino, maestro. 

XVIII. — Cornavin presso Ginevra. 

Poco dopo che Amedeo VIII ebbe acquistato nel 
1401 il contado di Ginevra, nominò Giovanni di Re- 
zetto da Moncalieri, maestro delle zecche nella Sa- 
voia e nel Genevese, ma nulla prova che costui ab- 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 225 

bia coniato fuori di Chambery. Fu il Duca Lodo- 
vico che aperse la zecca della Croce di Cornavin 
presso Ginevra, fuori del borgo San Gervasio, nel- 
l'anno 1448. L'anno dopo il Duca incarica i suoi mae- 
stri generali di nominare una guardia alla zecca 
prope Gebemiarum, in surrogazione di Aimaro Fabbri 
che non poteva più continuare nel suo ufficio in 
causa della grave età e della salute cagionevole. Gli 
ordini di battitura e i conti dei maestri generali ci 
conducono fino al 1532; ma dal 1530 l'officina non 
doveva più trovarsi a Cornavin, giacche in seguito 
ad una sommossa popolare in odio al Duca di Sa- 
voia, la zecca e le case adiacenti nel borgo di Cor- 
navin furono distrutte dal fuoco. 




Aureo di Ludovico Duca di Savoia. 

&' - - + LVDOVICVS DVX SABAVDIE. 
H) • - + MARCHIO IN ITALIA • PRINC • 

ZECCHIERI. 

1435-39 — Antonio Lovanier, procuratore. 
1448 - Stefano Varembon di Pont d'Ain, maestro. 
„ — Aimaro Fabbri, guardia. 

1450 — Guido Besson di Yenne, maestro. 

1451 — Francesco Garino, maestro. 

„ — Francesco Zucchetti, guardia. 
1453 — Bartolomeo di Castelnuovo, maestro. 

„ — Giacomo Papin, guardia. 
1457 — Giachetto Filippi. 

1468 -- Gotofredo de la Gruyére, maestro. 

1469 — Michele di Bardonecchia, maestro. 

29 



226 RICCARDO ADALCISIO MARINI 

1469 — Gabriele di Riva, guardia. 

„ — Lamberto Magnin, controguardia. 

1483 — Pietro di Bardonecchia, maestro. 

1484 — Bartolomeo Camus, maestro. 

1485 — Nicola Gatti, maestro. 
1496 — Pietro Magnin, guardia. 
1500 — Tommaso Blondel, maestro. 

„ — Andrea Gerves, guardia. 

„ — Rodolfo Aigente, guardia. 
1525 — Claudio Savoia, maestro. 
1528 — Nobile Enrico Goulaz, maestro. 
1530 — Pietro Paolo Pane, guardia. 

„ — Roberto di Versonay, controguardia. 

„ — Pietro de la Gruyére, assaggiatore. 

„ — Claudio Damex, assaggiatore. 
1532 — Enrico Goulaz, maestro. 

XIX. — Mont-Luel. 

Nei primi anni del secolo XVI venne aperta in 
Monluello una zecca, per la quale esistono gli ordini 
di battitura e i conti resi dai suoi maestri, dagli anni 
1503 al 1530. Francesco Savoia della zecca di Cham- 
bery, riordina nel 1528 l'officina monetaria di Mon- 
luello, distrutta in seguito ad un incendio. Egli or- 
dina al vice-guardia e al capo degli operai di non 
battere moneta alcuna sotto i 30 carati. Filiberto II 
nel 1503 vi fece battere sue monete dal maestro Gio- 
vanni Serena, e Carlo II vi battè fino al 1530, nel 
qual anno la zecca di Monluello venne chiusa. 




Forte di Carlo I di Savoia. 

/& -- + AROLVS • DVX • M • nel campo l'iniziale K. 
R) - + SABAVDIE. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 227 

ZECCHIERI. 

1503 — Giovanni Serena, maestro. 

1504 — Giovanni Raffoulaz, maestro 
1526 — Raimondo Collin, guardia. 

1528 — Gaspare Peruseri, controguardia. 
„ — Guglielmo Collin, preposto. 

1529 — Giacomo Sabatier, maestro. 

XX. — Aix-les-Bains. 

Questa zecca non fu ancora menzionata dagli 
studiosi di numismatica sabauda, se ne escludiamo il 
Perrin, che trovò la prova della sua esistenza nel 
primo registro dei parlamenti generali degli zecchieri 
del Sacro Romano Impero. Aperta nei primi anni del 
quattrocento, lavorò di concerto con Chambery, ma 
fu di brevissima durata. I suoi operai e zecchieri si 
fecero rappresentare ai parlamenti generali di Va- 
lenza (1408) e di Avignone (1411). Non si conoscono 
ordini di battitura ad essa relativi. 

ZECCHIERI. 

1408 — Hugues Balmet, procuratore. 

„ — Umberto Corbelli, maestro. 

„ — ■ Bertrando Corbelli, apprendizzo. 
141 1 — Pietro l'Hòste, procuratore. 

„ — Umberto Corbelli, maestro. 

„ — Giacomo Jacquet. 

„ — Johannot di Cantogno. 

XXI. — Vercelli. 

Vercelli, che fin dal 1255 batteva moneta pro- 
pria, come ce ne attesta il Durandi, quando cadde in 
potere dei Visconti di Milano, cessò di battere mo- 
neta. Nel 1427 ritornò nel dominio di Casa Savoia, 



228 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 



essendo stata ceduta da Filippo Maria Visconti ad 
Amedeo Vili; ina soltanto Carlo II vi riaprì la zecca 
nel 1530, preponendovi il maestro Gian Pietro Fer- 
raris. Ridotta a poco la Savoia per l'invasione fran- 
cese del 1535-36, Vercelli fu una delle quattro zec- 
che subalpine nelle quali si continuò a coniar mo- 
neta ducale. Kmanuele Filiberto, ritornato in Piemonte 
dopo il 1559, conservò aperta questa zecca che lavorò 
fino al 1630, dopo il qual anno andò decadendo e 
venne poi chiusa quando Vercelli fu assediata e presa 
dagli spagnuoli durante la guerra per la tutela di 
Francesco Giacinto. 




ir 



153° — 
1544 - 
1548 - 

1564 — 
i5 6 7 — 

1579 — 

1580 - 

1587 - 
1618 — 

» 
1626 — 

1628 
1629 — 



Scudo d'oro di Carlo II — Vercelli. 
+ CAROLVS DVX SÀBAVDIE II. 
+ NIL DEEST TIMENTIBVS DEVM • V • I • P • I 

ZECCHIERI. 

Gian Pietro Ferraris, maestro. 

Girolamo Torrato, maestro. 

Gian Ludovico (o Luigi) Ferraris, maestro. 

Gian Ambrogio Taggia, guardia. 

Bernardo Castagna, maestro. 

Ambrogio Taggia, assaggiatore. 

Mario d'Alvigi di Perugia, maestro. 

Bernardino Dionigi, guardia. 

Cesare Valgrandi, maestro. 

Filippo Boggioni di Balzola, maestro. 

Orazio Lupo, assaggiatore. 

Gian Pietro Cane, maestro. 

Gian Paolo Blancardo, assaggiatore. 

Giovanni Campo, maestro. 

Francesco Fiamma, maestro. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 



229 



XXII. — Asti. 

La città d'Asti ebbe privilegio di battere mo- 
neta da Corrado II Imperatore, nell'anno 1150; e la 
moneta astense ottenne tanto favore nei commerci, 
che per tutto il Piemonte, per oltre un secolo, fu 
usitatissima nei contratti. Quando la città cadde in 
potere dei Visconti, pare che la zecca più non vi la- 
vorasse; nel 1406 fu riaperta da Carlo Duca di Or- 
leans succeduto alla madre Valentina Visconti figlia 
di Gian Galeazzo Duca di Milano. Caduta quindi in 
dominio di re Francesco I e successivamente di 
Carlo V Imperatore, questi vi coniò moneta nel 1530 
col maestro Guido de Barretti. Nel 1531 Carlo V fece 
dono della contea d'Asti e del marchesato di Ceva 
a Beatrice di Portogallo sua cognata e moglie di 
Carlo II Duca di Savoia; la quale, mancata nel 1538, 
lasciò in eredità queste due terre al figlio Emanuele 
Filiberto che nel 1541 battè monete in Asti, pari a 
quelle del padre in bontà, ma col suo nome ed arma. 
La zecca d'Asti rimase probabilmente aperta fino al 
1587, ancora cioè nei primi anni di regno di Carlo 
Emanuele I; poi venne chiusa definitivamente. 




9 



Grosso di Emanuele Filiberto — Asti. 

+ E • PHILIBERTVS DE SABAVDIÀ. 

+ PRINCEPS PEDEMON • CO AST • N 



1542 
1548 



ZECCHIERI. 

Ludovico Mulazzo, maestro. 
Bartolomeo Panizza, maestro. 



230 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 



1549 
*555 
1587 



Giacomo Diano, maestro. 
Francesco Zavatta, maestro. 
Cesare Valgrandi, maestro. 
Giuseppe Mulateri, guardia. 



XXIII. 



Nizza. 



Nel 1536 quando il Piemonte e la Savoia ven- 
nero occupate dai Francesi, Carlo II di Savoia colla 
moglie e col figlio si ritirò a Nizza dove aprì una 
zecca. Il primo ordine di battitura che si conosca è 
del 1541; la zecca lavorò senza tregua fino al 1590, 
dal quale anno rimase inoperosa fino al 1624 e dopo 
interpolatamente, fino al 1636. 




Scudo di Carlo II — Nizza. 

B" + KAROLVS • Il • DVX • SABAVDIE • IX. 
ty — + MARCHIO • IN • ITALIA • PRS • C • P 



ZECCHIERI. 

1541 — Cristoforo Porro, maestro. 

1547 — Nicola Porro, guardia. 

1549 — Aimone Bostenti di Nizza, guardia. 

n — Pietro Uribario, guardia. 

„ — Gian Battista Galles, controguardia. 

1567 — Bernardo Castagna, maestro. 

1568 — Bartolomeo Ferro, guardia. 

„ — Sebastiano Acbiardi, coutroguardia. 

1575 — Gian Battista Monleone, maestro. 



ZECCHE E ZECCHIKRI DELLA BÉAL CASA DI SAVOIA 23I 

1580 — Mario d'Alvigi di Perugia, maestro. 

1581 — Paolo Ronchione, guardia. 
1587 — Cesare Valgrandi, maestro. 
1589 — Giovannino Solaro, maestro. 
1624 — Nicola de la Fertè, maestro. 
1626 — Gian Pietro Cane, maestro. 

„ — Gian Giacomo Traverso, assaggiatore. 

XXIV. — Gex. 

Carlo Emanuele I aprì quest' officina probabil- 
mente nel 1584 per supplire all'antica zecca di Cor- 
navin distrutta dai Ginevrini. In risposta ad una sup- 
plica indirizzata alla Camera dei Conti da Nicola Grand 
zecchiere a Gex, nel luglio 1584, gli vengono impar- 
tite istruzioni sopra la sua carica e le sue funzioni, 
come ne ritroviamo in un'altra ordinanza della Ca- 
mera sopra il titolo e la bontà delle monete ch'egli 
dovrà coniare. A questa zecca furono inviati da Cham- 
bery parecchi operai monetari che vi lavorassero la 
nuova moneta; ma il lavoro durò poco tempo per- 
chè i conti dei maestri di zecca a Gex vanno sol- 
tanto dal 1584 al 1586; si sa che di nuovo nel 1588 
vi furono ordinate emissioni; ma da tal anno la zecca 
deve essere rimasta inattiva, fino al 1601, quando il 
baliaggio di Gex venne ceduto alla Francia. 

ZECCHIERI. 

1583 84 — Nobile Carlo Goulaz, maestro. 

1584 — Nicola Grand, maestro. 

1585 — Claudio Denis, maestro. 

1586 — Benedetto Doppes, maestro. 

XXV. — Santhià e Biella. 

Nell'infausta guerra del 1630, quando la peste 
infieriva nel Piemonte e specialmente in Vercelli, la 



2J2 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



Camera dei Conti autorizzò il maestro Francesco 
Fiamma, che in Vercelli teneva zecca, a trasferirla 
nella città di Santhià, dove lavorò fino al 1631; po- 
scia la zecca, cessata la pestilenza e la guerra, fu 
restituita in Vercelli. Presso a poco dicasi per Biella. 
Ivi ritiratisi i Principi Maurizio e Tommaso, dopo 
aver perduto Torino nell'infausta guerra, vi conia- 
rono pezzi inferiori da soldi 4, soltanto per gli anni 
1641 e 1642. — Ma furono entrambe zecche di poco 
conto e di brevissima durata, senza tipi e contras- 
segni ri marche v ? oli. 

XXVI. — Zecca d'Annécy. 

Amedeo III di Ginevra, creato Principe del Sa- 
cro Romano Impero da Carlo IV, volle ad imitazione 
di Ludovico di Savoia, Barone di Vaud, far atto di 
sovranità emettendo moneta propria, senza curarsi 
dei diritti regali che il Vescovo di Ginevra posse- 
deva su tutta la sua diocesi. Ma Amedeo dichiarò 
di rimettersi ad arbitri designati, per ben definire le 
sue differenze ; così nel 1 356, in domo de insula, ad 
Annécy questo principe comincia a coniare; l'officina 
lavora per ben 34 anni e si chiude soltanto il 16 
aprile 1391. I registri dei parlamenti generali ci se- 
gnalano parecchi monetieri di Annecy quali rappre- 
sentanti della loro zecca ; così a Saint Marcellin tro- 
viamo indicato un Antonio Lovanieri ricevuto al 
parlamento del 1423 ex gratia ducis sabandie. Il nu- 
mero ristretto, per altro, degli zecchieri di Annécy, 
sembra indicare che i Duchi di Savoia, dopo essersi 
impossessati del Genevese, lasciarono sussistere que- 
sta piccola zecca senza però aumentarla di operai, fino 
al 1460, quando cioè la provincia fu data in appan- 
naggio a Giano di Savoia, figlio del Duca Ludovico, 
che con patenti del 28 novembre 1448 prometteva 
che una zecca sarebbesi stabilita in Annécy. Oltre il 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CA5A DI SAVOIA 



233 



1460 i documenti tacciono, ne finora è dato di co- 
noscere con certezza il tipo di conio sabaudo adot- 
tato in questa officina. 

ZECCHIERI. 

1429 — Antonio Lovanieri, maestro. 
„ — Giacomo Vaneis, maestro. 

1439 — Antonio Lovanieri, procuratore. 

1440 — Francesco Deosans, maestro. 
1442 — Giacomo Peiret, guardia. 
1447 — Pietro Forét, guardia. 

MAESTRI ZECCHIERI GENERALI 

PER 

SAVOIA e PIEMONTE. 



i34°- 

!355- 
1390. 

1392. 

1393- 
1400. 

1420. 

1421. 

M3I- 

1448. 

1449. 
1463. 
1467. 
1469. 

H73- 
1478. 

1483. 
1485. 



1496. 



NicolettoFrancini. 
Pietro Gerbaix. 
Aresmino Provana. 
Giorgio Bruges. 
Ambrogio De Arbicis. 
Girardo Chambon. 
Martinetto Mercier. 
Gossivino Bomel. 
Tommaso Folonia. 
Guigo Besson. 
Cristino Boulard. 
Pietro Bessone. 
Guglielmo Grand. 
Aimaro Fabbri. 
Guglielmo Clavelli. 
Giacomo Philippe. 
Jénin Aubausel. 
Guglielmo Roger. 
Janin Ouvassel. 
Pierre Voulliod. 
Guglielmo Roger 
Nobile Galeazzo Gruet. 
Francesco Besson. 



1496, 



i5°4 
1521 

i5 2 3 
T 5 2 5 

r 5 2 9 
!534 

» 

!535 
1548, 

155° 

n 

!55 r 

J 55 6 ' 

157° 

1575 
1584, 

1597' 
1602. 



, Mermet de Mandalla. 

Nicola Gatti. 

Guglielmo Roger. 

Claudio de Monteis. 

Giovanni Raffoulaz. 

Antonio Vagnone. 

Pietro Balligny. 

Giovanni Guillod. 

Enrico Pugins. 

Domenico Franda. 

Gian Pietro Ferraris. 

Francesco Savoie. 

Giacomo Diano. 

Giovanni Réal. 

Gian Pietro Ferraris. 
55. Giacomo Dian. 

Giovanni Réal. 

Stefano Divonne. 

Fiorentino Tardy. 

Francesco Straccia. 

Stefano Divonne. 

Paolo Del Bosso. 

Guglielmo Divonne. 



30 



234 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



MAGISTRATI ALLE ZECCHE. 



1579. Amedeo de Ponte. 

„ Sebastiano di Solere. 

„ Lorenzo Grimaldi. 

„ Giambattista Lordo. 

SOVRAINTENDENTI GENERALI. 

1579. Gian Stefano Doveris. 
1602. Nicola Arnaldi. 

„ Bartolomeo Arnaldi. 
1617. Luigi Grippa. 
1625. Secondo Rossi. 

1634. Vincenzo Vincenzi. 

1635. Giacomo Luigi Giordano. 
1690. Conte Olivero. 

1692. Gian Bartolo Prono. 

INTAGLIATORE DI CONII. 

1407. Lamberto Ballet a Chambery. 
1466. Tommaso Ballet a Cornavin. 

1528. Gerolamo Cattaneo a Cornavin. 
„ Cristoforo Forza a Chambery. 

1529. Francesco de Margues a Cornavin. 
1544. Luigi Porro a Torino. 

„ Paolo Doveris a Torino. 
1562-70. Gabriele Cunelier d'Aosta a Chambery. 

1579. Giovanni Stefano Doveris a Torino. 

1580. Giacomo Nugone a Torino. 
1582. Cristoforo Porro a Borgo. 
1584. Nicola Grand a Chambery. 
1591. Stefano Doveris a Chambery. 
1610. Orazio Astesano a Borgo e Torino. 
1625. Giacomo Ozegni a Chambery. 
1630. Stefano Mongino a Chamber}-. 
1658. Bernardo Laurenti a Torino. 

1663. Stefano Laurenti a Torino. 

,, Michele De Fontaine a Torino. 
1699. Federico Vidman a Torino. 
1730. Claudio Rossetti a Torino. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 235 



I CONTRASSEGNI 



I contrassegni sono quei segni particolari che gli 
zecchieri usavano imprimere sulle monete, perchè si 
distinguesse il conio loro da quello d'altri. Nella 
Real Casa di Savoia, i contrassegni a noi finora 
noti (e parlo solo di questi, poiché se ne hanno 
molti non ancora spiegati), cominciano alla metà del 
secolo XIV con Matteo di Bonaccorso Borgo. Questi 
fu lo zecchiere storicamente più abile e più impor- 
tante, ed i suoi conii ritraggono sempre d'una grazia 
e d'una perfezione senza pari, dati i tempi in cui 
ebbe a coniare, Lo seguono per fama, Giovanni 
Picot e Tommaso Folonia entrambi di Avigliana, 
altri Bonaccorso discendenti del primo Matteo, il 
Brunasso ed il Cassini di Tornio, il Ferraris, il Gatti, 
lo Vialard di Aosta. Cosa naturale perciò che questi 
abili artefici della moneta, che l'opera loro curavano 
con amore e intendimento d'arte, abbiano cercato di 
difenderla da insidie di falsari e da non rare falsi- 
ficazioni che allora, come ai tempi nostri, pur troppo 
andavano per la maggiore. 

Non infrequente il caso che uno stesso zecchiere 
usasse più segni, a seconda delle zecche in cui la- 
vorava ; allora alle iniziali del maestro precede quella 
della zecca. Comunissimi a molti i punti aperti, i 
punti chiusi, i punti segreti nel bel mezzo dell'im- 
pronta, che ci tolgono la possibilità di conoscere 



236 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

con giusto criterio il conio dei singoli maestri. Non 
disperi tuttavia il numismatico di riuscire in simile 
impresa, che se a tutta prima non pare di impor- 
tanza alcuna, molta ne acquista invece per la cono- 
scenza topografica e storica delle zecche sabaude, 
quando ci è dato di scoprire o attribuire contras- 
segni fino a ieri indecifrabili, ad un nuovo zecchiere. 

L'intelligenza s'acuisce a mano a mano che 
l' indagine l'attira e la rende curiosa : certe piccole 
vittorie si presentano con intima gioia e gli studii 
avranno acquistato una forte recluta in più. 

Il Promis ed il Perrin ci danno un esiguo elenco 
di contrassegni. Io ne presento agli studiosi uno 
più lungo e più esatto (mi si perdoni questa convin- 
zione), frutto di accurate indagini praticamente fatte 
sulle monete. Per comodità maggiore li suddivido 
in due categorie : Oggetti e Iniziali. 

A queste iniziali sono ancora da aggiungere di- 
versi segni caratteristici, proprii delle zecche sabaude, 
come la croce di San Maurizio per la zecca di Bourg, 
la testa d'aquila per la zecca di Torino del 1816 e 
l'ancora per quella di Genova del 1824. Numerosi 
contrassegni, ripeto, non possono ancora essere og- 
gidì spiegati; forse gli archivi pubblici e privati ci 
riservano sorprese e utili cognizioni che porteranno 
a scoperte curiose nel campo degli studi nummari 
sabaudi. Chi scrive s'augura di poter un giorno dare 
completo l'elenco dei contrassegni suddetti e riuscire 
così in uno studio finora alquanto grave, per diffi- 
coltà di scelta e vastità di materia. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 



237 



I. — OGGETTI. 



Designazione 



Maestro 



Fiore a cinque petali . 

Una modica stella ante 

Comes 

Due punti aperti . . . 

X X 

Un punto aperto . . . 

n » w • 

Trifoglio (unum triolet 
ante punctum apcr- 
tum) 

Una margherita con pun- 
to aperto 

A forma di un crescente 
(Mezzaluna) .... 

Una rosa 

c o 

Una stella 

Fiorellino. Ne m'oubhez 
pas 

Fiore di giglio .... 

Trifoglio 

Piccolo elmo .... 

Trifoglio tagliato da li- 
neetta 

Elmo (Ad formali tinius 
galee gallico inde ad 
formam crusilli). . . 

Una corona 

Ad instar un us castelleti 

Un piccolo sole con 
fiamme 

Una violetta 

Laccio d'amore tra le 
parole della leggenda 

Punto secreto sotto la D 
di Amedeus e Ludo- 
vicus 

Punto chiuso sopra la D 
di Ludovico .... 

Una chiave 

Doppia crocetta nella 
leggenda 

Fiori a cinque petali 

?? (2 punti interrogativi) 



Bernardo Robert 
Matteo Bonaccorso Borgo 

Matteo Bonaccorso Borgo 

Giovanni di Rezeto 

Matteo Bonaccorso Borgo 

1 Giovanni di Rezeto 



Tommaso Folonia d'Avi- 
gliana 

Martinetto Mercier 

l Giacomo Picot 
Giovanni Benvenuti 
Giovanni Picot 
Giovanni di Masio 

Bertino Busca 
Manfi edo Besson 
Giovanni di Masio 
Lanfranco Busca 



Zecca 



Manfredo Besson 



Michele Balma 
Guido Bessone 
Manetto di Bcauchatcl 

Bertino Busca 
; Martinetto I.autaschis 

Stefano Varembon 



Francesco Garin 



Antonio Fabri 

Bartolom. de Chateauneul 
Giacomo Filippet o Phi- 

lippet 
Pietro Baligny 



Data 



Chambery 

» 

Nyon 

Chambery 

Chambery 

» 
Nyon 

Chambery 

Torino 

Nyon 
Ivrea 
Nyon 
Chambery 

Ivrea 
Chambery 
Torino 
Nyon 

Chambery 



Ivrea 

Nyon 
Torino 

Geiiève(Cor- 
navinl 



Bourg 

Gcnévc(Cor-j 
tiavin)* 

n » 

Chambery 



134» 
1357-59 

1390 

i39i 
1402 

1405 
1407 



1419 

1419 

1420 
1420 
1420 
1421 

1421 
1422 
1422 
1422 

1423 



1423 
1424 
1426 

1427 
1448 



J45 1 

>45'-52 
'453 

'453-57 



'457 
1481 



2 3 8 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 



II. - INIZIALI. 



Lettere 


Maestri 


Zecca 


Data 


A. - AST. 


. 


Asti 





A. M. - e anche s- lo A. 


Andrea Morello 


Chambery 


1563 


AVG. 


— — 


Aosta 


— 


B. 


— — 


Bourg 


— 


B. A. 


Bertolini Anemondo 


Chambery 


1508 


B. B. 


Benedetto Bacod 


Bourg 


1523 


B. P. 


(Bourg) Pugniet 


Bourg 


1543 


C. 


— — 


Chambery 


— 


CA. CAX. 


Cassini Giacomo 


Torino 


1503 


C. F. 


Cristoforo Forza 


Chambery 


1530 


E. B, C(hambery) 


Etienne Bourges 


Chambery 


1565 


E. D. 


Emanuele Diano 


Chambery 


1575 


E. D. 


Emanuele Diano 


Bourg 


1577 


F. 


Ferraris e Fiamma 


Vercelli 


1530-48-1628 


F. D. 


Filiberto Diano 


Bourg 


1584 


G. 


— — 


Genève (Cor- 








navin) 


— 


G. 


Gruber (Chiaffredo) 


Chambery 


1595 


G. C. 


Gerardino Caguassone 


Torino 


1536 


G. G. 


(Genève) Gatti (Nicolò) 


Cornavin 


1485 


G. G. 


(Genève) Goulaz (Enrico) 


Coruavin 


[528 


G. P. 


Gastaudi Pietro 


Torino 


■517 


1. M. 


Jean Miretto 


Chambery 


1577 


J. T. 


Jeronimus Torrato 


Vercelli 


'544 


L. 


Luchino (o Luan?) Real 


Bourg 


1560 


M. G. 


Michele Gròber 


Chambery 


1583 


N. 


— — 


Nizza 


— 


N. G. 


Nobile Goulaz (Enrico) 


Cornavin 


1528 


N. G. 


Nicola Gatti 


Cornavin 


H85 


N. M. 


Nobile Monet 


Chambery 


1617 


N. V. 


Nicolò Vialard 


Aosta 


1553 


P. 


Pugniet 


Bourg 


1543 


P. 


Panizza Bartolomeo 


Asti 


1548 


P. 


Perinetto Pietro 


Chambery 


1640 


P. C. 


Permetto 


C(hambery) 


„ 


P. L. 


Pierre de Luan 


Bourg 


1566 


T. 


— — 


Torino 


— 


T. B. - T. BRVNAS. 


Bartolomeo Brunasso 


T(orino) 


i5 r 9 


T. B. B. 


" » 


M 


n 


T. B. C. 


Bernardo Castagna 


M 


1567 


T. CAS. 


Cassini Giacomo 


M 


1503 


T. CAX. - CAX1N. 


H II 


II 


n 


T. CX. 


" » 


II 


n 


T. J. B. C. 


Jean Baptist. Cattaneo 


n 


157° 


T. J. P. G. 


Jean Pierre Gastaudi 


li 


1517 


T. P. P. 


Pierpaolo Porro 


tt 


1507 


V. 


— — 


Vercelli 


— 


V. G. T. 


Gerolamo Torrato 


V(ercelli) 


1544 


V. J. P. F. 


Jean Pierre Ferraris 


» 


1530 


V. L. F. 


Ludovico Ferraris 


1} 


1548 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 239 



TIPI, MOTTI e LEGGENDE MONETARIE 

PARTICOLARMENTE DELLE ZECCHE DELLA SAVOIA (i) 



Per quanto valenti storici abbiano assegnato ai 
Savoia con tutta certezza la zecca di Aquabella, allo 
stato attuale degli studi dobbiamo riconoscere che 
la prima officina monetaria, della quale son noti i 
documenti, e il nome appare sulle monete, è soltanto 
quella di Susa. Le monete ivi coniate da Umberto li 
fino ad Amedeo IV portano impresso nel diritto il 
nome del principe con la croce o la stella, e nel 
rovescio il nome Secusia con i globuletti, quando anche 
questi tipi abbiano, come facilmente e spesso potremo 
osservare in molti esemplari,, ad essere disposti vi- 
ceversa. Gli stessi segni ritroviamo sotto Amedeo IV, 
ma la leggenda è modificata; al nome egli aggiunge 
il titolo di conte, Amedens Comes, e il nome della 
zecca di Susa sostituisce con quello di Sabaudia che 
d'allora in poi divenne il grido di guerra e la divisa 
della sua famiglia. 

Fino a questo principe i contrassegni usati dagli 
zecchieri per distinguere le monete battute da cia- 



(1) Gli studi numismatici, avendo in questi ultimi anni rivelato pol- 
la monetazione sabauda, l'importanza maggiore delle zecche della Sa- 
voia in paragone di quelle piemontesi, limito per ora quest'ultima parte 
del mio lavoro specialmente alle zecche suddette e avviso insieme 
l'egregio lettore, che non intendo compiere un elenco particolareggiato 
di lutti i motti e di tutte le leggende, ma di spiegare ed esaminare 
soltanto quelle principali. 



240 RICCARDO ADALGISIO MARINI 

scuno d'essi consistevano soltanto, come già dissi, 
in punti o accenti posti sopra o sotto qualche let- 
tera della leggenda ; ma con Amedeo IV appaiono 
le rosette, le stelle, gli anelletti, i punti secreti, ecc. 

La prima arma dei principi di Savoia fu l'aquila 
dell'impero che nel secolo XIII copriva lo scudo e 
il campo di diverse monete dei principi italiani, 
adottata, credesi, da Amedeo IV come Vicario del- 
l' Impero. L'aquila che comparve pure sui sigilli 
dapprima con una sola testa, poi con due non fu 
arma esclusiva di questo conte, ma di tutta la sua 
famiglia, fino all'adozione costante dell'attuale scudo 
di Savoia dalla croce d'argento che vediamo usato 
per la prima volta in un sigillo di Amedeo III del 11 37. 

I tipi e il valore delle monete offrono fino al- 
lora un'uniformità grandissima : i danari e gli oboli 
di Susa, con la distinzione in forti e debili, sono ap- 
pena appena menzionati. Con Filippo I appaiono i 
viennesi, i forti, i mauriziani, il cui rapporto di ti- 
tolo e di peso con le monete precedentemente in 
corso non ci è dato di conoscere con sicurezza. 

Su quelle di Amedeo V c'è l'affermazione di un 
nuovo possesso, il Piemonte : Amedeus Pedemontensis, 
che gli fu dato da Enrico VII di Lussemburgo nel 
1310 ; ma senza menzione del titolo di marchese 
messo su quelle di Amedeo VI e successori. 

Edoardo conservò l'aquila sopra qualche raro 
esemplare, ma per il primo usò lo scudo di Savoia 
con la croce, come si conservò poi nell'arma della 
famiglia. Quale l'origine di questo scudo ? 

Molti storici lo vorrebbero attribuire a Pietro II, 
il piccolo Carlomagno ; ma un recente studio del 
De Sonnaz, ci permette di accogliere una tesi diversa. 
Basti il dire (per amor di brevità non entro in di- 
scussioni) che la vera aquila imperiale adornava già 
lo stendardo di Umberto Biancamano combattente 



ZECCHE E ZECCHIKRI DELLA RE AL CASA DI SAVOIA 24 1 



per l'imperatore Corrado II nel 1032-33; e la croce 
risale direttamente alle crociate, che fondandoci so- 
pra un sigillo del 1137 del conte Amedeo III, vi 
scorgiamo ' la croce bianca, ch'egli probabilmente 
assunse nel 1125-26, quando partecipò ad una spe- 
dizione in Terrasanta, fatta dai veneziani e dagli 
inglesi fra la prima e seconda crociata. 

Sotto Amedeo V la differenza in titolo e peso, 
diviene più grande fra le monete battute e in corso, 
per Savoia e per Piemonte. Le prime di Edoardo 
portano nel campo del rovescio la lettera A eh' io, 
contrariamente alle ipotesi del Perrin, interpreterei 
come un omaggio del figlio alla memoria del padre, 
oppure anche come monete del quinto Amedeo , 
usate fino a consumazione dal figlio. L'A col tempo 
vien poi sostituito dell' E sopra denari di lega assai 
inferiore. 

Aimone è l'ultimo conte che usi nel campo la 
stella a sei raggi, la quale a sua volta verrà dopo 
qualche tempo, sostituita dalla A iniziale del suo 
nome, oppure da tutte le lettere del suo nome di- 
sposte a croce. Nel rovescio figura quasi sempre lo 
scudo di Savoia, o la croce a doppio tratto. 11 titolo 
di Marchio (In Italia Marchio) viene ad aggiungersi 
al Comes. 

Amedeo VI usò la leggenda Amedeus Dei Grada 
Comes, imitazione riprodotta su differenti monete ba- 
ronali, della prima leggenda usata dai re di Francia 
nel 11 37. Assunse ancora il Sanctus Maurici us Agati- 
neusis sopra un bianco dozzeno del 1349 e impresse 
nelle monete (anche in quelle d'oro che emise per 
il primo) l'elmo di Savoia ed i lacci. 

Fece battere il fiorino simile a quello di Firenze, 
col fior di giglio contornato dal motto : Florenum 
Amedei C orniti s ; nel rovescio pose il San Giovanni 
Battista nimbato, il cui nome Sanctus Johannes è se- 



242 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



guito dallo scudo di Savoia, contrassegno della zecca 
di Saint Génix. 

I fiorini battuti da Amedeo VII conservano lo 
stesso rovescio, ma il giglio di Firenze è sostituito 
dall'arma di Savoia, lo scudo caricato dell'elmo, ac- 
costato da lacci, colla leggenda Amedeus Comes Sa- 
bandie. Sopra alcuni esemplari l'elmo è caricato da 
due crocette ; nel rovescio, come contrassegno, ab- 
biamo una croce al posto dello scudo. Nella zecca 
di Nyon nel 1350 battè monete imitanti nel tipo 
quelle dei vescovi di Ginevra, vale a dire, una croce 
accostata da una S nel secondo quarto, e da tre 
punti nel terzo, con la formula + Amed • Comes, e 
nel rovescio la testa di San Pietro col motto + De 
Sabaudia ; imitazione questa che non troviamo regi- 
strata negli ordini di battiture di Amedeo VII a noi 
noti, e che indica una riapertura dell'officina di Nyon 
in epoca non ben definita. Amedeo VII ha due nuove 
leggende; la prima ENPrev, che è sua personale, fi- 
gura sopra grossi tornesi, accostante l'elmo di Sa- 
voia ; l'altra Benedictum Sii Nomen Domini Nostri 
Dei Jesu Christi, sta sopra grossi d'argento del 1391, 
all'imitazione dei re di Francia sulle cui monete 
detta leggenda è posta fin dal 1226. 

La croce di San Maurizio figura per la prima 
volta sopra uno scudo d'oro battuto in Avigliana nel 
1391; questo scudo è un indice della posizione sem- 
pre più importante occupata dagli stati di Savoia, i 
cui progressi successivi si riflettono in qualche modo 
anche nelle emissioni delle monete. Su quelle di 
Amedeo VII compaiono frequentemente i lacci e il 
cimiero di Savoia dalla testa di leone alato. 

Amedeo Vili, il cui regno fu lungo ed impor- 
tantissimo, avendo ottenuto l'erezione della Savoia 
in ducato nel 1416, diede alle sue emissioni un ca- 
rattere più personale, scartando di proposilo i tipi 
monetari degli stati vicini. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REM. CASA DI SAVOI \ 243 

Nel campo della maggior parte delle sue mo- 
nete l'A iniziale del suo nome è sostituita dal ci- 
miero di Savoia col motto F • E • R • T ■ che ritroviamo 
pure sopra i suoi sigilli. Intorno a questo classico 
motto non è d'uopo ch'io mi indugi, in un lavoro 
elementare come questo, fra critiche e considerazioni; 
dirò solamente che l'interpretazione più ovvia ed 
oggidì accettata da tutti si è Fortitudo Ejus Rhodhum 
Teimit, alludendo alla liberazione di Rodi, assediata 
dai turchi ,nel 1316 e felicemente compiuta da 
Amedeo V. 

La S iniziale di Sabaudic figura sopra rari denari, 
dove essa è posta nel campo sia del diritto come 
del rovescio. La croce patente che ritroviamo sopra 
monete di Carlo I e lo scudo losangato che figura 
su quelle di Lodovico e di Amedeo IX, han preso 
queste forme sotto il suo regno. Lacci, rose, rosette, 
crocette e punti aperti accostano poi diverse im- 
pronte del campo delle sue monete. 

Amedeo Vili poi è il primo principe sabaudo 
che nella moneta siasi fatto rappresentare, effigian- 
dovi anche San Maurizio nimbato, armato di spada, 
a cavallo, con la leggenda Sanctus Mauritius Agami. 
sopra grossi tornesi; sopra denari del 1392 ha la 
leggenda Benedictum sit nomai donimi nostri Jesu 
Christi. Riproduce pure la forinola Amcdeus Dei 
grada Comes. Sopra i ducati del 1430, egli si rap- 
presenta in ginocchio davanti a San Maurizio, rice- 
vendo alla sinistra la bandiera del Santo, il quale 
tien la sua destra sulla bandiera e la sinistra sulla 
spada ; imitazione questa delle monete veneziane 
dell'epoca. La leggenda è : Sit nomai Domini Bene- 
dictum. Tutta la sua monetazione può dividersi in 
due grandi parti, nella prima è il titolo di Comes, 
nella seconda, dopo il 1416, di Dux Sabaudie. 

Ludovico vien rappresentato a cavallo, armato, 



244 



RICCARDO ADALGISIO MARINI 



campo un ducato d'oro, colla leggenda Deus in adiu- 
iorium nostrum intende. La croce losangata occupa il 
sopra di qualche moneta, con il motto F • E • R • T •; nel 
rovescio vi figura pure spesso la L iniziale del suo 
nome. In un doppio grosso d'argento usò la nuova 
leggenda Sanctus Mauritius Dux Thoeb ■ con una 
grande croce mauriziana nel campo. Il tipo di questo 
grosso fu riprodotto da Amedeo IX e Filiberto I. 

Amedeo IX è rappresentato a cavallo e armato 
di tutto punto, sopra ducati d'oro, con le leggende 
Deus in adiutorium meum intende e Sanctus Mauritius 
Dux Thoeb. leggenda questa pure adoperata da Fi- 
liberto I insieme con l'altra A Domino factum est 
istud. 

Carlo I è riprodotto in busto, di profilo, spesso 
con la spada alzata nella mano destra. Con lui co- 
mincia la prima rappresentazione della figura del 
sovrano sulle monete della Real Casa di Savoia. 




Testone di Carlo I di Savoia — Cornavin, 1485. 



Parecchi i suoi motti : SU nomen Domini benedictum. 
— Dominus Conti Adiutor et Gov. despicia. — XPS vin- 
cit, XPS regnai, xps imperai. — Christus resurgit in pace 
Deus. — Spesso nel campo della moneta è un K ra- 
ramente una C, come iniziali del suo nome. Fino a 
lui, i contrassegni degli zecchieri consistevano in cre- 
scenti corone, fiori, trifogli, ecc., messi fra le parole; 
da lui invece comincia l'innovazione: ogni zecchiere 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 245 



metterà le iniziali del suo nome e cognome al ter- 
mine della leggenda. 

Della reggenza di Bianca, tutrice di Carlo Gio- 
vanni Amedeo, non abbiamo che big/ioni con nel 
campo una B. 

Filippo II è rappresentato a cavallo, armato di 
tutto punto, oppure in busto di profilo. Questo tipo 
è d'una grande precisione e rende perfettamente la 
fisonomia. Adopera le formule : A Domino factum est 
istud. — xps vincit, xps regnai, xps imperat. — XPS 
resnrgit et Rex venit in pace Deus. Nel campo spesso è 
una P, iniziale del suo nome latino Philippus. Sopra 
altre è pure la cifra romana VII ad indicare ch'egli 
fu il settimo duca di Savoia. 

Filiberto II vien specialmente rappresentato in 
busto : il disegno della sua testa è d'una nitidezza ve- 
ramente perfetta. Sopra un bell'esemplare in argento 
ch'egli dovette battere per le sue nozze, il busto ri- 
volto a destra occupa il diritto, mentre il rovescio 
porta il busto della moglie Jolanda rivolto a sinistra; 
la croce, usata dai suoi antecessori al principio della 
leggenda, vien da lui sostituita con lo scudo sabaudo. 
Sua leggenda preferita e /;/ te Domino confido, che 
sette suoi successori conservarono sulle loro monete. 
Con la cifra romana Vili indica tale suo ordinativo 
nella serie dei duchi di Savoia. Cominciano pure 
con lui ad apparire le iniziali del nome della zecca 
messe davanti a quelle del maestro. 

Carlo II, ch'ebbe veramente una monetazione 
importantissima, ha gran varietà di leggende, di tipi, 
di impronte, benché le sue monete siano alquanto 
inferiori a quelle dei predecessori. Varie, ripeto, le 
leggende : Sanctus Manricius Dux Tlioeb, sopra pezzi 
del 1526 e 1553 ; In te Domine Confido. — Laus Ubi, 
Domine. Nihil deest timentibus Deum. Varie pure 
le formule : Pnnceps Marchio in Italia. — Kablasy et 



246 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



Anguste S. R. Imp. pr. — Sacri Romani Imperi prin- 
ceps vicar perpet Dux Sabaudie Villi (la qual cifra è 
spesso ridotta a V e VII quando il coniatore non 
calcolò bene lo spazio per la leggenda). 

Come iniziali usa il K e la C con o senza co- 
rona, e la S per Sabaudie. Con questo duca com- 
paiono le prime date delle emissioni. Sopra biglioni 
del 1535 il campo delle due faccie è occupato nel 
diritto da una croce fatta di cinque scudi: Savoia 
nel centro, Impero, Sassonia, Chiablese e Aosta, 
formanti i bracci, accostati dalle lettere F • E • R • T • 
La croce del rovescio è invece di quattro fiori or- 
nati con al centro una margherita. In alcune sue 
monete d'oro e d'argento, lo scudo di Savoia è so- 
stenuto da due leoni, e alcune volte anche da un 
solo, rampante, che costituì poi la prima arma dei 
cadetti di Savoia e che apparve sopra i sigilli di 
Tommaso II, di Pietro, di Aimone, signore di Chil- 
lon, e di Amedeo V quando ancora costui non 
aveva alcuna speranza di salire al trono. Comincia 
pure a comparire il cavallo sopra denari chiamati 
cavallotti battuti nel 1551. 

Emanuele Filiberto carica lo scudo di Savoia 
di una sbarra a tre Limbelli sopra monete battute 
mentre era ancor vivo suo padre; portano la data 
di emissione soltanto a partire dal 1555. Prima di 
tal anno le monete sue hanno il nome e il titolo 
soltanto : E. Philibertus de Sabaudia e nel rovescio 
P. Pedemontis. Coni. Asti. La sua- prima divisa allu- 
dente alle sventure che colpirono i suoi stati e la 
sua famiglia fino a quando egli felicemente ne sol- 
levò le sorti, fu Auxilium meum a Domino che fino 
al 1561 figura esclusivamente sopra la maggior parte 
delle sue monete. Un doppio Filiberto d'oro battuto 
a Vercelli in quell'anno porta da una parte i busti 
di Emanuele Filiberto e di Margherita sua sposa, e 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 247 

nel rovescio alcune freccie allacciate da un serpente 
colla leggenda Herculeo vincta nodo. Dopo il 1561 
abbiamo Infestus infestis sopra denari che portano 
nel campo un elefante circondato da agnelli. Poi 
sopra scudi d'oro del 1561, 1571 e 1577 è la leg- 
genda In Domino confido ; e In te domine confido so- 
pra bigioni dal 1561 al 1576 e sopra uno scudo 
d'oro del 1564. Spesso usa lo scudo formato dalle 
armi delle provincie componenti i suoi stati e dopo 
il 1571, la croce di Malta caricata della croce di 
San Maurizio, e qualche volta ancora accostata dai 
quattro scudi di Savoia, del Chiablese, d'Aosta e 
dell'Impero. Sulla lira battuta a Vercelli nel 1561, 
c'è il suo busto rivolto a sinistra e nel rovescio una 
corona di quercia con nel campo la leggenda Instar 
omnium, mentre piccoli biglioni portano le sue ini- 
ziali E • F • con o senza corona, con la croce mauri- 
ziana nel rovescio e qualche volta col motto F-E- Ri- 
tagliato da lacci e da fiori. 

Carlo Emanuele I coniò a Chambery dei duca- 
toni, dei soldi e quarti di soldo. Usa egli pure gran 
varietà di leggende : In te Domine confido. — Nihil deest 
timentibus Deum su testoni e ducati del 1590, 1595 
e 160 1 ; Auxilium menni a domino su testoni del 158T, 
1595 e pezzi d'oro del 1607; Tibi soli aderere e Mihi 
cibsit gloriavi attorno a una croce mauriziana su de- 
nari del 1587 e 1610; De ventre mairis Deus protector 
meus su ducatoni del T591 al 1628; Pax in virtute 
tua attorno alla Vergine col Bambino su ducati d'oro; 
Discerne causam meam nei fiorini detti di San Carlo; 
In hoc ego sferabo su fiorini e testoni del 1610 e 161 1 ; 
Benedic Hereditati tuae attorno al Beato Amedeo (IX) 
di Savoia, nimbato, tenente lo scettro, e appoggiato 
sopra un cartello sul quale sta scritto : Facite Judi- 
cium et jiistitiam, diligile pauperes, et Dominus dabit 
pacem in finibns vestris, nei fiorini del 1619 e 1629; 



248 KICCARDO ADALGISIO MARINI 

Expecta Dm. viriliter age, attorno allo scudo di Sa- 
voia circondato da un Collare dell'Annunziata su 
fiorini del 1629; In virtute tua sotto una croce mau- 
riziana, sulle lire del 1581. Raro e finissimo è il suo 
tallero d'argento in cui egli è rappresentato armato, 
sopra un cavallo a galoppo ; nel rovescio è una 
splendida croce mauriziana accostata dai soliti quattro 
scudi di Savoia, Chiablese, Aosta e Impero. Su du- 
catoni del 1588 vediamo il suo busto in grande, e 
nel rovescio un centauro nell'atto di scoccar la 
freccia dall'arco e la leggenda Opportune. In altre 
monete infine troviamo ancora Ampliar cium premor 
e Omnia dat qui justa negat. 

Vittorio Amedeo I ritornò ad alcune formule 
dei suoi predecessori, ma due specialmente gli sono 
personali : Nec numina desunt con nell'esergo TAVR 
1631, sopra scudi d'oro e d'argento che hanno nel 
campo la corona ducale, dalla quale s'elevano tre 
stendardi portanti la croce di San Maurizio, il col- 
lare dell'Annunziata e la Croce di Savoia ; e Foedere 
Et Religione Tenemur sopra grandi scudi d'oro del 
1635, nel campo una croce formata dallo scudo di 
Savoia e da lacci avvolgenti il motto F • E • R • T -, del 
quale la leggenda è una graziosa interpretazione. 

Sue diventano pure alcune formule usate, come 
già dissi, dal padre suo : In te Domine confido, — Mxhi 
absit gloriari e Benedic Hereditati tnae. La dicitura 
Rex Cypri compare la prima volta sopra una lira 
d'oro del 1634. 

Francesco Giacinto e Maria Christina sono rap- 
presentati in busto l'uno accanto dell'altro ; nel ro- 
vescio è la Vergine col Bambino, attorniata dalla 
leggenda Dedncet nos mirabiliter dextera tua. 

Carlo Emanuele II, durante la reggenza di Maria 
Christina, vien rappresentato anche lui quasi sempre 
in busto a lato della madre, e da solo sopra due 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 249 

s 

tipi soltanto. Sua leggenda preferita è : Justum de- 
duxit per vias recias. Giunto al potere usò spesso lo 
scudo di Savoia sostenuto da due leoni, colla dici- 
tura Dux Sabaudic, Prìnceps Pedemontiwn, Rex Cypru 

Vittorio Amedeo II colla madre Maria Giovanna 
Battista trovasi in busto sopra monete d'oro e d'ar- 
gento ; quelle di rame han la croce Mauriziana e 
patente nel diritto ; nel rovescio un laccio sormon- 
tato dalla corona ducale. Sopra monete d'oro del 
1675 la Vergine col Bambino è circondata dalla leg- 
genda Pupillum et Vidnam suscipiet; sopra altre il 
duca è a cavallo, e nel rovescio sta la Giustizia 
colla leggenda Patriam tuendo, /idem servando. 

Da Carlo Emanuele III in poi i tipi monetari 
e le leggende non rappresentano più particolarità 
speciali e degne di note : ai detti biblici vien quasi 
sempre sostituito nel diritto il nome del principe 
accompagnato dalla dizione Rex Sardiniae; e nel ro- 
vescio Dux Sabaudiae Prìnceps Pedemontiwn, Rex 
Cypri et Jerusalem. 

Di più, con Vittorio Amedeo II cessa virtual- 
mente la zecca di Chambery, prima ed ultima tra 
le zecche della Savoia. Con i suoi successori la mo- 
netazione diventa prevalentemente subalpina: le vec- 
chie officine sabaude hanno ceduto il posto a Torino e 
Genova e di loro più non resta che l'opera gloriosa 
rievocante la storia del passato. 

Dott. Riccardo Adalgisio Marini. 



31 



250 RICCARDO ADALGISIO MARINI 



BIBLIOGRAFIA 



NB. — Raccolgo in questa breve bibliografia soltanto quelle 
opere che di proposito studiano la monetazione sabauda; 
escludo perciò tutte quelle altre che pur accennando in 
qualche loro parte alle zecche di Savoia, non ne trattano 
proficuamente e particolarmente. 

Guichenon Samuel : Histoire généalogique de la royak Maison de Savoie. 

Lyon, 1660. 
Vernazza: Moneta di Edoardo conte di Savoia. Torino, 1790. 
Cibrario e Promis: Documenti, monete e sigilli della Rea/ Casa di Sa- 
voia. Torino, 1833. 

Sigilli dei principi di Savoia. Torino, 1834. 

Promis Domenico: Mone/e dei Reali di Savoia. Torino, 184 1. 

Monete del Piemonte inedite o rare. Torino, 1852. 

. Monete inedite del Piemonte (supplemento). Torino, 1866. 

Barthélemy Anatole : Monnaye de Louis de Savoye. Revue Numisma- 

tique, tom. XV, 1850. 
Blanchet A. : Mémoires sur les monnaies des pays voisins du Léman. 

Société d'Hisloire Suisse romande, tom. XIII. Lausanne, 1854. 
Chaponnière : De l'instilu/ion des ouvriers monnayers du Saint Empire 

romain et de leur parlements. Société d'Hisloire et d'Archeologie de 

Genève, tom. II, 1842. 
Friedlaender : Monnaies des princes francais d'Achaye et d'Athènes. 

Revue Kumismatique, 1843. 
Feuardent : Gros inédit de Louis II di Vaud. Revue Numisma!., 1860. 
Géry : Monnaies du moyen àge trouvées a Paladric (Savoye). Revue Nu- 

mismatique, 1865. 
Lecoy de la Marche : Testament d'Amcdée III, etc. Revue Savoisienne, 

1863. 
Lévrier : Histoire des comtes de Genèvois. 



ZECCHE E ZECCHIERI DELLA REAL CASA DI SAVOIA 25 1 

Morel Fatio : Trouvaille mone/aire de Rumilly (Revue Savoisienne). An- 

necy, 1870. 
Perrin André : Le monnayage en Savoye sous les princes de celle Maison. 

Société Savoisienne d'Histoire, 1872. 
De l'Association des monnayeurs du Saint Empire Romain et des 

ateliers de Piemont qui en firent partie. Torino, 1873. 

Une ntonnaie du comte Thomas de Savoie. Revue Savoisienne, 1874. 

Promis Vincenzo : Tavole sinottiche delle monete italiane. Torino, 1869. 
Notice sur les jetons de Marguerite de Bour gogne, duchesse de Sa- 
voie. Memoires Société Savoisienne d'Histoire, età, tom. XV. Cham- 

bery, 1876. 
Mone/a inedita di Pietro di Savoia e cenni sulla zecca primitiva dei 

principi sabaudi. Torino, Loescher, ]888. 
Rabut Francois : i, 2, 3, 4 e 5 notice sur quelques monnaies de Savoie 

inèdiles. Memoires Société Savoisienne d'Hist. et Archeol., 1851-54- 

59-62-72, tomi I, II, III, V, XIII. 
Dénier de l'ivéché de Saint Jean de Maurienne, frappé à Aiguebelle 

au XI siede. Société Savoisienne, etc, tom. Ili, 1859. 
Perrin André : Catalogne du Mèdailler de Savoie, Mitsée de Chambery , 

1883. 

Musée d'Annecy, id. id. 

Seraud Elois : Ecu d'or d'Amedée VII. Revue Savoisienne, 1867. 
Soret Francois : Lettre sur un gros inédit de Louis de Savoie. Revue 

Numismatique, 1850. 
Rivista Italiana di Numismatica : Studi e note di Numismatica Sabauda 

dei signori prof. Rossi Umberto, prof. A. Ladé, avv. Alfredo Mar- 
chisio, Giacinto Cerrato, prof. R. A. Marini. 

Ladé A. : Les monnaies anonimes des com/es de Savoie. Genève. 

Marini Riccardo Adalgisio : Le antiche zecche di Susa e d'Avigliana. . 
Rivista Ital. di Numism., 1908. 

Gerbaix de Sonnaz : L'aquila e la croce di Savoia, ecc. Torino, Ma- 
rietti, 1908. 

R. A. M. 



LE MONETE E LE ZECCHE 

DI 

VOLTERRA 

MONTIERI, BERIGNONE E CASOLE 



Appresso questo tornammo a Volterra, 
Sopra un monte, che è forte ed antica 
Quanto in Toscana niun'altra terra. 

(Fazio degli Uberti). 



Volterra è tra le poche città etrusche che hanno 
tramandato fino a noi la serie completa e progres- 
siva delle monete della sua antichissima civiltà. 

Ma se le monete volterrane fuse al tempo degli 
etruschi sono abbastanza note e studiate, non accade 
altrettanto per le monete battute nella stessa città e 
nel suo territorio durante il medio evo, sebbene 
queste appartengano a tempi meno remoti e più 
prossimi a noi. Anzi si può con sicurezza affermare 
che di questa seconda serie monetale neppur tutti 
i tipi oggi sono noti ai numismatici. 

È vero peraltro che se molti numismatici e sto- 
rici hanno lasciato ricordo delle zecche e della mo- 
neta medioevale di Volterra, tutti o quasi tutti ne 
hanno trattato incidentalmente ; e per quanto è a 
nostra notizia, nessuno fin qui prese a scriverne di 



254 ALESSANDRO LISINI 



proposito W. Infatti il Bellini ( a ), il Giovannelli (3), il 
Catelani (4>, il Promis (5), il Rossi ( 6 ), l'Ammirato ( 7), 
il Muratori ( 8 >, il Riccobaldi Del Bava (9), il Targioni 
TozzettH 10 ) il Giachi («>, l'Oderici ( 12 ), l'Argelati («3), il 
Repetti (m), il Pagnini te), il Luppi ( l6 J, il Kunz ( J 7) ed 



(i) Guido Antonio Zanetti aveva promesso la completa illustrazione 
della zecca di Volterra, ma non mandò ad effetto la promessa (v. Delie 
monete d'Italia. Nuova raccolta. Bologna, 1775, t. I, pag. 363). 

(2) Bellini V. De moneiis ltaliae medii aevi. Dissertano. Ferrara, 
1755, pag. 113. — Altera disserta/io. Ferrara, 1767, pag. 139. 

(3) Giovannelli. Alterthiimliche Entdeckungen in Sudtirol, i8j8. Ixms- 
bruck, 1844, n - II - 

(4) Catelani M. Memorie della zecca di Fermo (v. opera Zanetti, 
t. Ili, pag. 346). 

(5) Promis D. Le monete della repubblica di Siena. Torino, 1868, 
pag. 23. 

(6) Rossi U. Volterra e le sue monete (v. Gazzetta Numismatica, 
Como, 1882, an. II, n. 20, pag. 81). 

(7) Ammirato S. / vescovi di Fiesole, di Volterra e di Arezzo. Fi- 
renze, 1637, pag. 127. 

(8) Muratori L. A. Antiquitates Italicae. Milano, 1739, t. II, Dis. 37, 
col. 746. 

(9) Riccobaldi Del Bava G. M. Dissertazione storico etnisca di 
Volterra. Firenze, 1758, pag. 81. 

(io) Targioni Tozzetti G. Viaggi in Toscana. Firenze, 1769, t. Ili, 

pag- 374- 

(n) Giachi A. F. Saggio di ricerche sopra lo stato antico e moderno 
di Volterra. Firenze e Siena, 1786, 1706, cap. V. 

(t2) Oderici G. Dissertationcs et adnotat'wnes in aliquot ineditus ve- 
terum inscriptiones et numismala. Roma, 1765, pag. 128. 

(13) Argelati F. Appendice alle opere De Monetis ltaliae. Milano, 1759, 
t. V, nella Dissertazione del Bellini. 

(14) Repetti C. E. Dizionario geografico della Toscana. Firenze, 1843, 
t. V, articolo Volterra, pag. 819. 

(15) Pagnini Del Ventura G. F. Della decima, ecc. e della moneta dei 
fiorentini. Lisbona, Lucca, 1765, pag. 114, 215. 

(16) Luppi C. Moneta inedita dei vescovi di Volterra (v. Rivista Hai. 
di Numismatica. Milano, 1891, an. IV, fase. Ili, pag. 383). 

(17) Kunz C. // Musco Bottacin (v. Giornale di Numismatica e Sfra- 
gistica, an. 1871, t. Ili, pag. 33) Il Rossi cita, sotto la fede del Promis (?), 
un grosso del vescovo Ranieri di Volterra che sarebbe stato pubblicato 
dal Gazzoletti nella illustrazione della zecca di Trento. Noi abbiamo 
consultato quest'opera, ma non abbiamo potuto ritrovarcelo. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 255 

altri ancora ne fanno più o meno ricordo ; tuttavia 
sulle zecche e sulle monete mediocvali di Volterra 
lasciano molte cose incerte ed oscure. E prova ne 
sia il fatto di trovare lo stesso tipo di una moneta 
volterrana attribuito a più vescovi di quella città, 
ancorché essi abbian vissuto alla distanza di quasi 
cento anni l'uno dall'altro. 

Come rimane accertato da numerosi atti dei se- 
coli XII, XIII e XIV, l'officina monetaria di Volterra 
e dei suoi castelli dovette esser certamente operosa; 
ma è pur da notare che ben pochi sono i tipi va- 
riati della moneta conosciuti fin qui; e ciò lascia ra- 
gionevolmente supporre che qualche altro tipo debba 
rimanere tuttora ignorato. 

Quando anche non si voglia tener conto, come 
giustamente osserva il Repetti, di un documento ci- 
tato dal dott. Antonio Fabroni ,n , che farebbe risa- 
lire il ricordo della moneta volterrana all'anno U58, 
altri documenti di poco posteriori, dimostrano che 
anche prima dell'innalzamento del vescovo Galgano 
alla dignità di principe, avvenuto nel 1164 per grazia 
dell'imperatore Federico I, nella confermazione del do- 
minio temporale sulla città, i vescovi di Volterra. 
probabilmente di proprio arbitrio, avevano aperto la 
zecca nei loro dominii * 21 . Che sia stata aperta arbi- 



(1) Atti dell'I, e R. Accademia Aretina. Delle monete di Arezzo, 
voi. I. Il documento è ricordato dall' Alticozzi (Dominio dei vescovi 
d'Arezzo in Cortona, t. I, pag. 149) con la data del 1158, ma contenendo 
un'allogagione della zecca di Volterra ad alcuni appaltatori che si obbli- 
gavano di coniar moneta alla stessa lega delle zecche di Pisa, Lucca, 
Siena ed Arezzo, sembra che nel citarlo abbia commesso un errore 
cronologico. Si può sospettare che il documento sia quello stesso pub- 
blicato dal Pagnini coiranno 1258, di cui parleremo più avanti. 

(2) Secondo l'opinione del Gazzoletti, anche i vescovi di Trento 
avrebbero aperta la zecca prima che l'imperatore Federico avesse loro 
concesso nel 1182 il privilegio di batter moneta (Gazzoletti A. Della 
zecca di Trento. Trento, Seiser, 1851). 



256 ALESSANDRO LISINI 

trariamente, si può dedurre dallo stesso diploma im- 
periale, non trovandosi in esso alcun cenno di que- 
st'alta prerogativa di coniare moneta, mentre era 
costume in ogni nuova investitura di non trascurarne 
il ricordo. Di questa concessione non si trova nep- 
pure traccia nel diploma del 17 maggio 1185 dello 
stesso Imperatore confermante al vescovo Ildebrando 
Pannocchieschi e ai di lui successori la dignità di 
principi e di governatori della città. 

Il diritto di batter moneta, o per dir meglio, il 
riconoscimento di questo diritto ai vescovi di Vol- 
terra per parte dell'impero, non va oltre l'anno 1189, 
quando già da qualche tempo essi battevano moneta. 

Il giorno 16 agosto dell'anno predetto il re Ar- 
rigo VI, con speciale diploma dato da Wurzburg, 
concesse al nominato vescovo Ildebrando et succes- 
soribus suis, monetam recto fendo tenendam, dantes, 
dice il documento, ei licentiam et plenum potestatem 
cudendi eam in quo pondere, colore et forma volnerint, 
et in omnibus predictis eam nmtandi prò sua voluutate. 
Ed è aggiunto : Pro hac antem Majestatis nostre con- 
cessione, predictus Episcopus eiusque successores fìsco 
nostro annuatim in pensione persolvent sex marchas 
puri argenti ad pondus coloniense in festa Sancii Mar- 
tini W. Questa seconda parte del diploma spiega la 
ragione del riconoscimento ai vescovi di Volterra 
del diritto di batter moneta. Fino allora l' impero 
non aveva ricavato alcun lucro da quella preroga- 
tiva esclusivamente imperiale e col riconoscimento 
avvenuto potè imporre invece una tassa a prò' del- 
l' impero. 



(1) Il diploma fu pubblicato dal P. Orlandi nell' Orbis sacer et profaiuts 
(P. II, lib. 3), poi da Gio. Rinaldo Carli nelle Istituzioni delle zecche 
d'Italia e di recente venne edito in varie opere tedesche. Qui lo ripor- 
tiamo in appendice, tra i documenti, al n. i. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 257 

Nessuno ignora che durante i secoli XI e XII 
il governo delle principali città d'Italia dagli impe- 
ratori fu conferito ai rispettivi vescovi, affinchè questi 
non sfuggissero totalmente alla soggezione dell' im- 
pero, e fu rilasciato ai conti soltanto il governo delle 
terre e dei castelli. Quindi si può facilmente imma- 
ginare che i vescovi salirono ben presto in mag- 
giore reputazione e potenza dei conti; e quando pur 
non vennero creati di fatto, si considerarono alla 
pari dei principi, specialmente quelli che ottennero 
giurisdizione nelle grandi città o su vasto e ricco ter- 
ritorio come fu appunto quello soggetto al vescovado 
di Volterra. 

I vescovi non poterono mantenersi a lungo in 
tale condizione, perchè essi mancavano di una suc- 
cessione dinastica. La lunga ed aspra contesa tra 
l' impero e la chiesa offrì in seguito comoda occa- 
sione ai maggiorenti delle città di costituire poco 
alla volta il governo a comune, deprimendo quasi 
dapertutto con la violenza l'autorità vescovile. 

I vescovi di Volterra furono tra i primi ad 
avere il dominio temporale sul territorio della loro 
chiesa e furono poi tra gli ultimi a perderlo, sebbene 
anche in quella città le contese tra il vescovo e i 
cittadini sien sorte assai presto ('). Nei primi anni 
del secolo XIII il governo a comune riuscì ad im- 
porsi anche in Volterra, facendo perdere ai vescovi 
ogni supremazia nella città. Tuttavia essi anche in 
seguito tentarono, ma inutilmente, di riconquistarla 
col favore imperiale e papale. 

Senza dubbio i vescovi di Volterra aprirono la 
zecca, quando trovaronsi all'apice della loro potenza, 
cioè intorno alla metà del secolo XII. E ne dovette 



(1) Il vescovo Galgano nel 1171 finì la vita trucidato in una solle- 
vazione popolare mentre stava per entrare in chiesa. 



33 



258 ALESSANDRO LISINI 



dar loro motivo il trovarsi al possesso delle miniere 
argentifere di Montieri e di Gerfalco. Si può sup- 
porre che la zecca sia stata aperta contemporanea- 
mente a quella fatta aprire dai senesi, seguendone 
l'esempio. 1 senesi avevano ottenuto dal vescovo vol- 
terrano Ademaro, nel novembre 1137, la metà del 
castello e delle miniere di Montieri (I) , e pochi anni 
dopo si erano dati a batter moneta di bassa lega, 
facendo a meno della sanzione imperiale. Il ricono- 
scimento della zecca fatto alle due città dal re Ar- 
rigo VI, risulta quasi dello stesso tempo e con soli 
tre anni di differenza ( 2 ). 

Nessuno oggi può dire con sicurezza quale im- 
pronta portarono le più antiche monete volterrane, 
non conoscendosi ancora alcun esemplare che si 
possa far risalire a quell'epoca. Tutti i tipi della 
moneta volterrana, oggi conosciuti, appariscono della 
metà del duecento o sono altrimenti posteriori. An- 
che le leggende impressevi si riferiscono a vescovi 
di nome Ranieri o Ranuccio, di cui non si ha notizia 
prima del 1252 , o altrimenti danno certezza che 
la moneta fu battuta dal Comune e non dai vescovi, 
cosa che avvenne alla fine del secolo XIII e nella 
prima metà del secolo successivo. 

Tuttavia nessuno può più mettere in dubbio 
l'esistenza della moneta volterrana nella seconda 
metà del secolo XII e nella prima metà del secolo 



(1) L'atto della cessione delle miniere leggesi nel Caleffo vecchio a 
e. 13, conservato nel R. Archivio di Stato in Siena. Nel giuramento 
che fino dal 1181 prestavano i custodi di Montieri, si legge che la con- 
cessione della guardia del detto castello veniva fatta di comune accordo 
tra il vescovo di Volterra e i consoli di Siena (v. Schneider: Regestum 
Voìatcrranum. Roma, 1907, pag. 74). 

(2) 11 diritto di batter moneta fu confermato ai senesi dal re Ar- 
rigo VI, con diploma munito di bolla d'oro dato da Cesena il 25 no- 
vembre 1186. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 259 



susseguente, essendo numerosi i documenti sincroni 
che ne fanno ricordo. 

A riprova ci sia consentito di dare un elenco 
dei documenti a noi noti fino al 1250, cioè fino alla 
elezione del vescovo Ranieri, del quale si conosce 
indubbiamente la moneta : 

1165 dicembre 24, Ind. XII — Lire 3 di buoni denari vol- 
terrani e pisani. ' 
11 75 gennaio 9 — L. 105 vulterrane monete. ' 
1 194 gennaio 2 — L. 400 di moneta volterrana. ' 
1196 maggio 3 — L. 300 di denari volterrani vecchi. ' 

1202 marzo 26 — L. 15 di moneta volterrana. ' 

1203 agosto 30 — L. 2i e sol. 4 di moneta volterrana. " 

1203 settembre 21 — L. 26 di moneta volterrana. " 

1204 gennaio 5 — L. 210 di moneta volterrana. s 

1204 — Marche 11 Va acquistate con L. 60 di moneta vol- 
terrana. 9 
1206 — L. 200 di buoni denari volterrani. 10 
1209 gennaio 2 — L. 8 di moneta volterrana. " 

1209 gennaio 23 — Denari 6 volterrani. '" 

1210 gennaio 17 — L. 11 di moneta volterrana. " 

121 1 giugno 30 — L. 14 di denari volterrani. " 

1212 maggio 8 — L. 40 di moneta volterrana. ir ' 

1213 maggio 11 — L. 1000 di moneta volterrana. '" 

1214 gennaio 7 — L. 42 di moneta volterrana. " 
1216 luglio 20 — L. 300 di denari volterrani. IS 

1216 settembre 1 — L. 30 di buoni denari volterrani " 

1217 giugno 14 — L. 120 di moneta volterrana. ;o 

12 19 ottobre 3 — Denari 33 volterrani. "' 

1220 giugno 8 — Soldi 50 di denari volterrani. " 

1221 ottobre 29 — L. 49, sol. 13, den. 4 di denari volterrani. 

1223 giugno 27 — L. 27 di buoni denari volterrani. : ' 

1224 ottobre 9 — L. 400 in moneta volterrana. " 

1225 — L. 100 di denari volterrani... '"'' 

1226 aprile io — L. 9 di denari volterrani. ~~ 
1228 — L. 300 di denari volterrani. IS 

1231 novembre 5 — Censo di L. 100 in moneta volterrana. ' 

1232 agosto 26 — Soldi 30 di denari volterrani. 30 



2ÓO ALESSANDRO LISINI 



1233 novembre 15 — L. 100 di moneta volterrana. " 

1234 — Denari io volterrani. 3! 

1235 gennaio 26 — L. 100 di moneta volterrana. 3i 

1236 giugno 8 — Soldi io volterrani. " 

1237 novembre 7 — L. io e sol. io di denari volterrani. ' 

1238 maggio 26 — L. 50 di denari volterrani. " 

1239 — L. 50 di buoni denari volterrani. 37 
1244 marzo 9 — L. 23 di denari volterrani. 3 

1244 dicembre 26 — L. 13 e sol. 20 di denari volterrani. 
1246 febbraio 4 — L. 3 e sol. 5 di denari volterrani. I0 
1246 aprile 4 — L. 100 di moneta volterrana. " 
1250 marzo 22 — L. 15 di moneta volterrana. '' 

N. 1, io, 28, 32, 37. I documenti son citati dal Pagnini nella Decima 
fiorentina a pag. 255 e segg. e molti tuttora esistono. 

N. 2. Il documento è citato dallo stesso Pagnini come esistente nel- 
l'Archivio episcopale di Volterra. E parimente citato dal Riccobaldi 
Del Bava come esistente ai suoi tempi nell'Archivio del cav. Mario e 
frate'li Maftei, ma egli limita il pagamento a sole L. 5. Però il paga- 
mento deve essere di L. 105, perchè trovasi così registrato anche in 
vecchi spogli dell'Archivio comunale. Negli Archivi del Comune e del 
Vescovado non ci fu possibile rintracciare il documento, ma si può du- 
bitare che oggi sia conservato nell'Archivio della famiglia Maffei. 

N. 3, 12, 18. Documenti citati dallo Schneider nel Regestum Voìa- 
ierranum. Roma, 1907. 

N. 4> 5. 1, 9. ll < 13. 14. 15, 16, 17, 25, 36, 39, 40, 4t, 42. Documenti 
esistenti nell'Archivio di Stato di Firenze. Diplomatico provenienza di 
Volterra ad annulli. 

N. 6, 19, 21, 22, 24, 27, 30, 34, 35. Documenti riportati nei Calefiì di 
S. Galgano, voi. I, e. 300, 379, 415, 416, 419, voi. Ili, e. 141, 294, 322, 428, 
conservati nell'Archivio di Stato in Siena. 

N. 8. Archivio predetto perg. Riformagioni Massa di Maremma ad 
annum. 

N. 23. Archivio predetto. Protocollo notarile dal 1221 al 1229, e. 17. 

N. 38. Archivio predetto perg. Bichi Borghesi, I, n. 60. 

N. 20, 31, 33. Repetti. Dizionario storico citato. Art. Montevoltraio 
e Volterra. 

N. 26. Catelani: Monete di Ferino citate. 

N. 29. Muratori: Dissertazione cit. XXVII. La moneta volterrana è 
ricordata anche nel Liber censuum di Cencio Camerario. 

A questo lungo elenco avremmo potuto aggiun- 
gere molte e molte altre citazioni, ma a noi basta 
provare come senza interruzione si trova ricordo 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 2ÓI 



della moneta volterrana nel periodo sopra citato, e 
come sia di nessun valore la supposizione messa 
fuori dal compianto Umberto Rossi W, con la quale 
si tenderebbe a far credere che in quei documenti 
non si ricordi la vera e propria moneta volterrana, 
ma bensì una moneta ideale e di computo. 

Noi invece sosteniamo essere assurdo il sup- 
porre che se in un documento o in un contratto si 
legge che il pagamento venne eseguito con tante 
lire, soldi e denari di moneta volterrana, debbasi in- 
tendere che quel pagamento venne invece fatto con 
moneta d'altro paese. Ragionando così si giunge- 
rebbe a negare l'esistenza della moneta di qualsiasi 
altra zecca. I ricordi della moneta volterrana per 
tutto quel non breve periodo di oltre 80 anni, son 
chiari, ben determinati e troppo frequenti per farci 
rigettare a priori quella strana supposizione che non 
può trovare logico riscontro. Ma se ancora rima- 
nesse qualche dubbio, per toglierlo affatto addurremo 
altre prove convincenti. Qui intanto citeremo una 
partita che leggesi in un libro della Biccherna, vale 
a dire dell'amministrazione della repubblica di Siena. 
Sotto la data del dicembre 1249 in quel libro si legge: 
« Item xxxij lib. et xiiij sol. minus ij den. quos re- 
« nuntiavit nobis dominis Renaldo Alexi, Guinisio 
« Venture et Guidoni Jacobi, ex quatuor provisoribus 
« Comunis Senarum, dominus Orlandus Arrighi ca- 
« merarius Comunis Senarum tempore domini Ber- 
« nardini de Faventia senensis potestatis. in primis 
« sex mensibus, qui remanserunt sibi de suo offitio. 
« iiiter quos fiterunt iiij lib. et xj sol. et iij den. inter 
« vulterranos et senenses grossos et minutos et vene- 
ti tianos falsos: die v kal. julii ( 2) ». Queste monete 



(1) Rossi U. nello scritto citato: Volterra e le sue moneti. 

(2) Archivio di Stato in Siena. Biccherna. Libro d'entrata e di uscita 
voi. XVI, e. 1 e 14. 



2Ó2 ALESSANDRO L1SINI 



false di Volterra, di Siena e di Venezia, che il ca- 
marlingo Orlando d'Arrigo consegnò ai suoi succes- 
sori nell'ufficio, non saranno state certamente ideali 
e di computo ! E se facevansi monete di Volterra 
false, bisognava bene che vi fossero anche monete 
di Volterra non false ! 

E ben vero che rimane difficile indagare per 
quali ragioni le più antiche monete di Volterra re- 
stano tuttora sconosciute. Non è quasi ammissibile 
l'ipotesi che sieno andate affatto distrutte; esse eb- 
bero troppo lungo corso non solo in Volterra ma 
anche per gran parte dell' Italia centrale, quindi in 
tanta diffusione qualche esemplare almeno dovrebbe 
trovarsi. E se pure devesi ammettere che qualche 
officina monetaria, per render più accetta al com- 
mercio la propria moneta, siasi presa cura di co- 
niarla con poca lega di rame, dando modo ad altre 
zecche d' incettarla per poi rifonderla e coniarla a 
più basso titolo per trarne guadagno . facendola 
così divenire rara ai tempi nostri (*); tuttavia non 
può esser questa la ragione che rende sconosciuta 
la moneta volterrana anteriore alla metà del se- 
colo XIII, perchè anche in Volterra si dovettero 
coniare denari provenigini e quindi di bassa lega. 

Si può invece supporre che i primi tipi della 
moneta di Volterra non abbiano una chiara leggenda 
per distinguerli e riconoscerli con facilità ( 2 ) o altri- 



(i) La poco onesta speculazione di rifondere le grosse monete di 
argento di Francia e d' Inghilterra, nel secolo XIII arricchì le molte com- 
pagnie mercantili italiane, che frequentavano le rinomate fiere di quei 
paesi. La moneta cortonese, che ai suoi tempi incontrò largo favore in 
commercio per la bontà dell'argento, venne dappertutto rifusa ed oggi 
è ridotta quasi introvabile. 

(2) In un acquisto da noi fatto a Taormina di alcuni piccoli denari 
del re Manfredi e del re Carlo d'Angiò, trovammo un denaro di rame 
fatto coniare da qualche vescovo o da qualche abadia di quella regione; 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 263 

menti che la moneta battuta prima del riconosci- 
mento legale della zecca porti il nome di altra auto- 
rità avente quel diritto. A questo proposito torna 
opportuno notare che anche in Siena nel tempo an- 
teriore al riconoscimento legale della zecca fatto dal 
re Arrigo, coniavasi moneta, ma non se ne faceva 
troppa pompa; e nei contratti senesi di quel tempo 
raramente è fatto ricordo della propria moneta. Di 
preferenza il pagamento è dichiarato in buoni denari 
della corrente moneta, ovvero in denari migliori spen- 
dibili nella città di Siena. Anche nei contratti volter- 
rani anteriori al 1189 raramente è ricordata la mo- 
neta di quella città. 

Ma questa supposizione si dovrebbe tutto al più 
limitare alle monete battute anteriormente al privi- 
legio del re Arrigo, e non vale per quelle fatte co- 
niare dal vescovo Ildebrando dopo ottenuta la con- 
cessione imperiale. E rimane anche ozioso supporre 
che questo stesso Vescovo dopo avere impetrato dal 
re Arrigo il riconoscimento della zecca non si sia 
effettivamente valso di quella speciale concessione. 
Che veramente se ne sia valso si dovrebbe presu- 
mere dall'atto del 1196, dove si ricordano le L. 330 
di denari volterrani vecchi, i quali stanno a provare 
come durante il suo governo episcopale si sia pro- 



ma la leggenda impressavi non ci aiu;a a riconoscer la zecca. Lo crediamo 
inedito e perciò lo pubblichiamo per segnalarlo ai numismatici più com- 




petenti di noi. Nel diritto di questa monetasi legge: + AVE MARIA. 
Croce nell'area con un punto; nel rovescio: + AVE GRATIA PL. 
Un pastorale nell'area. Pesa gr. 0,400. 



264 ALESSANDRO LISINI 



ceduto in Volterra ad una nuova riforma della mo- 
neta, quando mancasse una più esplicita conferma 
offertaci da una lettera esortatoria scritta nel 1194 
dallo stesso Arrigo VI, allora imperatore. L'impe- 
ratore mentre raccomanda ai fiorentini di aiutare 
i pisani nell'acquisto del territorio loro assegnato, 
soggiunge : « Ceterum precipimus vobis ut monetam 
« Fulterrani episcopi in civitate vestra et districtu 
« vestro nec recipiatis aliquatenus, nec recipi per- 
« mittatis; quia nos prorsus eam deletam habemus 
" et cassatam » (0. Come è evidente l'Imperatore 
erasi pentito del riconoscimento fatto cinque anni 
avanti. 

Abbiamo detto che il denaro battuto in questo 
tempo nel volterrano doveva essere minuto e di 
bassa lega, come era quello di ogni altra officina 
monetaria della Toscana ; e a questo proposito ci 
sia lecita una breve digressione. Il celebre e com- 
pianto numismatico Domenico Promis (2) fu di parere 
che sul finire del secolo XII, tra le città di Toscana 
sia stata concordata una riforma monetaria. Poiché 
— egli dice — Firenze, Lucca, Pisa, Arezzo e Siena 
dettero principio a coniare denari d'argento fine, 
ossia a denari 11 e 12; bontà massima cui, con i 
mezzi chimici d'allora, potevasi portare quel metallo; 
e del peso di grani 32 cadauno come erano quelli 
di Carlo Magno e di Lodovico Pio. Quei denari di 
argento detti grossi vennero lavorati alla ragione di 
12 denari piccioli ciascuno, vale a dire rispondenti 
al valore di un soldo. Le città di Firenze, di Lucca, 
di Pisa e di Arezzo adottando un tipo consimile vi 
fecero imprimere nel rovescio la figura di Cristo, 
della Madonna o del Santo patrono, cosa nuova nelle 



(1) Sani ini P. Nuovi documenti dell'antica costituzione di Firenze 
(v. Archivio Storico Italiano, serie V, t. XIX, d. 2, 1897, pag. 286). 

(2) Promis D. : La zecca di Siena citata, a pag. 24. 



LE MONETE E Lt ZECCHE DI VOLTERRA 265 

città dell'Italia centrale; Siena invece continuò ad 
imprimere anche nei grossi, lo stesso tipo e la stessa 
leggenda dei suoi danari minuti. 

Il Promis peraltro cadde in errore. La verità è 
che in Toscana si dette principio alla coniazione 
dei grossi nel primo ventennio del secolo XIII e non 
avanti. E Firenze incominciò a coniare la propria 
moneta più tardi delle altre città di Toscana, e 
forse il suo grosso d'argento cominciò ad apparire 
poco avanti la metà dello stesso secolo ('). Anche 
quello di Volterra dovette esser coniato per la prima 
volta dal vescovo Ranieri alla metà del dugento. 

Che la moneta piccola o minuta di lega sia 
stata battuta nel territorio volterrano anche al tempo 
del vescovo Pagano dei conti dell'Ardenghesca con 
gli argenti che estraevansi dalle miniere di Montieri 
e forse in Montieri stesso, stanno a provarlo tre 
documenti dell'Archivio vescovile. Il primo di essi 
porta la data del 20 luglio 1216. Il vescovo Pagano 
avendo bisogno di denaro prese ad imprestito da 
Corrado del fu Bonefidanza, L. 300 di denari vol- 
terrani e a garanzia della restituzione della somma 
dentro un anno, per la festa di S. Michele del mese 
di settembre, impegnò intanto alcuni beni del vesco- 
vado, ma da questi volle eccettuati paìatium, domos 
monete, vineam episcopi de castello ( 2) . Forse allora la 
moneta non battevasi esclusivamente per suo conto, 
e il lucro di essa doveva esser ceduto in parte ad una 
compagnia di mercanti fiorentini. 



(1) Il Santini P. pubblica nel voi. X degli Atti della Deputazione 
degli studi di Storia Patria Toscana (pag. 23) un documento del 21 
luglio 1184, dal quale si rileva clic i fiorentini portavano i loro argenti 
a coniare nella zecca di Lucca e questa si obbligava a dar loro la 
metà del guadagno astracta prtus inde, wedietate qnam pisani habere 
debent, et oinnes expensas. 

(2) Pergamena dell' Archivio vescovile di Volterra citata dallo 
Schneider nel Regestum ricordato, n. 336, pag. 118. 



266 ALESSANDRO LISINI 



Da una sentenza d'arbitraggio che fu pronun- 
ziata, il 9 giugno i2i 8, da Gerardo di Rinaldo da 
Prata e da Usimbardo da Picchena, in una questione 
sorta tra il vescovo Pagano da una e i domini montis 
et monete de Monterio, cioè Ildobrandino e Jacomo 
di Cavalcante, Ranieri di Ranuccio, Gundo, Ranuc- 
cino, Bencivenni e Boninsegna figli di Ghislincione, 
Tursello e Brunetto del fu Giugno e Jacomo di Tor- 
sello per proprio conto e come tutori di Giugno, 
Legierio, Falconieri, Cambeo e Rossa figli minori 
del fu Cambeo di Giugno costituiti in società dal- 
l'altra, si rileva che questi ultimi, eletti dal Ve- 
scovo secondo la consuetudine delle argentiere super 
monetam et alios redditus de Monterio, lamentavansi 
che le eccessive e continue spese che andava com- 
mettendo messer Pagano, facessero crescere a di- 
smisura il debito che egli teneva verso la loro 
società. Il Vescovo da altra parte querelavasi, dichia- 
rando, che le grosse spese di viaggi e di perma- 
nenza di costoro fossero causa di far diminuire il 
lucro a comune. Gli arbitri condannarono il Vescovo 
a pagare determinate somme di denaro a ciascuno 
dei suoi creditori, ma ordinarono che al Vescovo 
fossero date, sulle due parti del reddito della zecca 
di Montieri, L. 257 e sol. 13; metà della somma alle 
calende di dicembre e metà allo spirare di un anno (*). 

Per quanto tempo questa società di fiorentini 
abbia esercitato la zecca vescovile, non è possibile 
desumerlo dagli scarsi documenti rimastici. Ma sap- 
piamo che pochi anni dopo altre società di mercanti 
senesi e volterrani, profittando del continuo bisogno 



(1) Vedasi il libro citato al n. 363, pag. 128. Nel documento si legge : 
De duabas parti bus reddituum Monterii Lece, liabeat cclvij lib. xiij sol: 
medietatem ad. Kal: decembris et medieiaiem ad kal: decembris ad unum 
annutn. Sulla parola ceca o cecca si consulti l'opera del conte Gian Re- 
gnialdo Carli, t. II, pag. 466. Milano 1784. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 267 



di denaro che aveva quel Vescovo, con un impre- 
stito fattogli di 4000 marchi d'argento e di L. 2000 
in denari senesi, riuscirono a farsi cedere l'uso delle 
argentiere e della zecca di Montieri. 11 vescovo Pa- 
gano stretto dal bisogno, dovette a malincuore farne 
la cessione, ma ben presto se ne penti ; e con atto 
del 30 giugno 1220 protestò pubblicamente che la 
cessione de lucro montis de Monterìo et moneta et ar- 
genteria, fcchnus contra nostrum velie. Tuttavia non 
avendo modo di far la restituzione dell' imprestito, 
poco gli giovò la protesta, come in seguito ve- 
dremo (I) . 

La moneta battuta in questi anni nel feudo ve- 
scovile dovette essere scadente, perchè negoziandola 
in Siena veniva valutata molto meno della moneta 
senese ( a ). 

Le continue controversie che si agitarono du- 
rante l'episcopato di Pagano e del suo predecessore 
Ildebrando, specialmente con i Comuni di Volterra 
e di S. Gemignano, i quali cercavano di affrancarsi 
dalla soggezione vescovile, avevano ridotto in gran- 
dissimo disordine il patrimonio dell'episcopio. Pagano 
per difendere i propri diritti più volte dovette ricor- 
rere alla forza delle armi, da che la protezione e i 



(1) Arch. vescovile di Volterra. Pergamena riassunta dallo Schneider 
nel ricordato libro al n. 391, pag. 139, ma non interamente. 

(2) In un contratto del 29 ottobre 1221 leggesi che con L. 40 di 
moneta senese si acquistarono L. 49, sol. 3 di moneta volterrana. In 
altro contratto, del 28 marzo 1223, con L. 20 di den. senesi si acquista- 
rono L. 24 di den. volterrani (Archivio di Stato in Siena, protocollo 
notarile di detti anni, a e. 17 e 35). 

Guido Antonio Zanetti, nel t. II. Mone/e e zecche d'Italia, pag. 417, ri- 
porta da un trattato d'aritmetica compilato durante la vacanza dell'im- 
pero di Federico li (1250-1254) conservato ai suoi tempi nella Maglia- 
bechiana, un passo sul cambio della moneta allora corrente in Toscana, 
dove è detto che, 50 lib. di bolognini valevano 60 lib. pisane; io pisani 
valevano 12 volterrani; 12-imperiali valevano 31 pisani; 5 bolognini 
valevano 7 pisani e un terzo e 3 pisani valevano 5 volterrani. 



268 



ALESSANDRO LISINI 



moniti degli imperatori e dei papi a suo favore poco 
gli avevano giovato : ma neppure con questi mezzi 
riuscì a sottomettere gli avversari, anzi essi contri- 




Sigillo vescovile di Pagano conte dell'Ardenghesca. 

buirono ad accrescere i debiti usurari che già dila- 
nianavano la sua mensa. Ridottosi indigente, egli fu 
costretto per ogni nuovo imprestito a dare in pegno 
anche quei pochi castelli e quelle poche terre che 
gli eran rimaste. Finalmente trovandosi vinto in quella 
lotta che non aveva giovato ad altro se non ad 
esaurire ed a peggiorare le condizioni già gravi del 
vescovado, negli ultimi anni di sua vita vollesi ri- 
conciliare con i suoi concittadini, e ridottosi alla 
sua sede naturale e giunto presso a morte, il 27 
agosto 1239, assolvendoli da ogni scomunica, impartì 
loro la solenne benedizione ( J ). 

Dai pochi atti rimastici non resulta che Pagano 
abbia avuto subito un successore. Avvenutane la 
morte, il Capitolo volterrano erasi affrettato a con- 
ferire la dignità vescovile ad Opizio arcidiacono della 
chiesa lucchese, ma papa Gregorio IX negò la con- 



(1) Vedasi il libro dello Schneider più volte citato al n. 573, pag. 194. 



LE MONETE E LE ZECCHK DI VOLTERRA 2ÓQ 



ferma della elezione. Cinque anni più tardi, papa In- 
nocenzo IV, con bolla spedita da Lione il io agosto 
1245, raccomandava al potestà ed al popolo di Vol- 
terra il nuovo vescovo Galgano II, già monaco ci- 
stercense della famosa abadia di S. Galgano presso 
Chiusdino; ma la città, dominata allora dalla fazione 
ghibellina e piena di turbolenze, non volle accogliere 
il nuovo presule, e lo stesso arcidiacono Lotterengo 
osteggiò la presa di possesso della diocesi, come ri- 
levasi da altra bolla dello stesso papa. In questo 
tempo mancano notizie per provare che dalla morte 
del vescovo Pagano e durante il vescovado di Gal- 
gano II, i mercanti senesi abbiano esercitato la zecca; 
ma le pretese affacciate in questi anni da Pandolfo 
da Fasanella e dagli altri vicari imperiali sulle mi- 
niere di Montieri fanno nascere qualche dubbio. Di 
sicuro non troviamo che questo ricordo riferito dal 
Lami nelle Memorie della chiesa Fiorentina ('). 

L' imperatore Federico II, il 4 novembre 1243, 
trovandosi presso Viterbo ed avendo bisogno di de- 
naro, cedette a Bensivegna o Bentivegna del fu Ugo- 
lino mercante di Firenze, per la somma di L. it,ooo 
di denari minuti pisani, e per la durata di due anni, 
le miniere d'argento di Montieri e tutti i proventi 
imperiali di S. Miniato, Fucecchio e Val di Nievole. 
Nel documento della cessione si legge: « vendidimus 
« et tradidimus atque cessimus Bensivegne, merca- 
» tori Florentie, filio quondam Ugolini, fideli nostro, 
« a die scilicet Mercuri presentis mensis Novembris 
« usque ad duos annos completos futuros, Argcnte- 
« riam nostrani Monterii, salvis bannis, penis, exer- 
« citu atque custodia Castri, quam nobis et imperio 
« reservavimus. Concedimus e/iam quod infra eundem 



(1) Lami Giovanni: Sanctae ecclesiae florentinac monumenta. Firenze, 
1758, t. I, pag. 493. 



270 ALESSANDRO LISINI 



« terminum ìiceat sibi ìbidem monetarii miliariensium 
u elidere et cudi facere, ad modum et formarti que in 
« Sicha Pisarum serva tur ». 

Il miliarese dovette essere una moneta di buon 
argento e probabilmente corrispondeva al grosso, se 
pure il grosso in principio non fu così denominato. 
A nome di quale città e con quale impronta doveva 
esser battuta la moneta milliarese, non è fatto cenno 
nella concessione. Si può sospettare che se questo 
mercante fiorentino battè veramente moneta, l'abbia 
coniata per conto del Comune di Firenze, e che il 
primo fiorino d'argento di questa città sia uscito ap- 
punto dalla sua officina. 

Comunque sia, è poi certo che la zecca dei ve- 
scovi di Volterra dovette rimanere aperta ad inter- 
valli, come avveniva nelle altre piccole città ; ed in 
seguito, quando il governo episcopale venne a per- 
dere ogni autorità, il Comune volle sostituirglisi an- 
che nella prerogativa della zecca. 

Negli statuti municipali di Volterra trovasi un 
capitolo che tratta de moneta facieiida. Noi lo tra- 
scriveremo dalla compilazione del J252, sebbene ri- 
cordando i consoli W apparisca riferito testualmente 
da compilazioni più antiche. Il capitolo dice : « Po- 
« nimus et ordinamus quod si dominus Episcopus 
« Vulterrarum vel aliis prò eo vel eius occasione, 
» voluerit facere monetarii vel fieri fecerit, debeat 
" fieri et consolari cum tribus bonis hominibus de 
« Vulterris et melioribus et idoneoribus quos cogno- 
« verint esse in civitate prò ipso opere faciendo vel 
« consolando; qui inventi et nominati sint a Pote- 
11 state vel Consulibus et eorum Consilio toto vel 
« duobus partibus : et si aliter dieta moneta facta 



(1) Nelle compilazioni posteriori invece dei consoli è ricordato il 
Capitano di popolo. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 271 



« fuerit, teneatur Potestas ex inde ad octo dies, 
« postquam sciverit, eam disbandire et prò disban- 
« dita tenere et teneri lacere. Et Potestas teneatur 
« per totum mensem februarii tenere Consilium ge- 
« nerale prò moneta facienda in civitate Vulterra- 
« rum, et quod prò Consilio generali habuerit, te- 
« neatur facere. 

« Item in dicto capitulo additum est : quod Po- 
« testas faciat generale Consilium prò moneta fa- 
« cienda in Vulterris vel in districtu Vulterrarum, 
« et quod per duas partes Consilii inde stabilitimi 
« fuerit, Potestas observari facere teneatur ». 

Per questo capitolo dello statuto si può con 
certezza affermare che fino all'anno della sua com- 
pilazione, vale a dire fino al 1252, la moneta fu bat- 
tuta esclusivamente dai vescovi o per conto di essi, 
limitando il Comune la sua ingerenza nel sorvegliare 
la bontà della moneta, facendone far saggio a tre 
cittadini idonei nominati dai Consoli, dal Potestà e 
dal Consiglio minore. Del resto la vigilanza appari- 
sce giusta, dovendo la moneta aver corso principal- 
mente nel territorio volterrano. Ma l'addizione appo- 
sta allo statuto poco tempo dopo la sua compilazione, 
fa palese la tendenza nei cittadini e nei governatori di 
coniar moneta per conto del Comune, indipendente- 
mente dal vescovo. 

Succeduto al breve episcopato di Galgano II, 
Ranieri degli libertini, egli trovò in gran disordine 
la chiesa volterrana. I castelli, le terre e le stesse 
miniere non erano più in potere del vescovado. Quei 
beni erano stati quasi tutti ceduti o occupati più o 
meno legittimamente dai Comuni finitimi e dai cre- 
ditori. Con grande sollecitudine ed energia egli si 
die a rivendicarli alla sua mensa e a ritoglierli dalle 
mani dei detentori, interponendovi, per ricuperarli, 
anche l'autorità del papa. Sua prima e principale 



272 ALESSANDRO LISINI 



cura fu quella di rivendicare dalle compagnie mer- 
cantili senesi le miniere di Montieri. Dagli atti che 
vennero fatti in quell'occasione si ricava che i diritti 
di escavazione del minerale argentifero eran passati 
in diversi creditori, cioè : una parte agli uomini di 
Montieri, una parte alle compagnie mercantili senesi 
degli Arzocchi e dei Cittadini e infine una parte al- 
l'abazia cistercense di S. Galgano. Come è naturale 
i senesi si valevano largamente dell'argento per for- 
nire la propria zecca, ma la tradizione vuole che se 
ne sieno giovati altresì i monaci di S. Galgano per 
coniare essi pure moneta, sebbene di questo fatto 
non si trovi certa notizia nei documenti del tempo (l ). 

Lunga fu la controversia tra il vescovo Ranieri 
e i senesi per causa di queste miniere. Corsero sco- 
muniche non solo contro le ricordate compagnie 
mercantili ma anche contro gli ufficiali del Comune 
di Siena, i quali naturalmente sostenevano le ragioni 
dei loro concittadini. Tuttavia al principio dell'anno 
1253 vennero sistemate di comune consenso. Il ve- 
scovo Ranieri fattosi imprestare 6600 lire dalla so- 
cietà dei Buonsignori e dei Tolomei di Siena, potè 
tornare con questa somma di denaro al possesso 
delle miniere ; e succeduto tra le parti un amiche- 
vole accordo, trovandosi lo stesso Vescovo soddi- 
sfatto, il di 1 [ maggio 1253 nominò Guinigi di Giunta 
Arzocchi potestà per un anno del castello di Mon- 
tieri. E l'Arzocchi, tre anni dopo venendo a morte, 
punto da qualche rimorso di coscienza o altrimenti 
per mostrarsi grato al Vescovo, ordinò nel suo te- 
stamento che venissero restituite al vescovado tutte le 
usure estortegli, ascendenti a 7,770 lire volterrane. 

Al principio del suo episcopato anche Ranieri 



(1) Vedasi il Repetti : Dizionario storico geografico citato, all'arti- 
colo : Abazia di S. Galvano. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 273 



aveva dovuto lottare con i governatori di Volterra 
per la recuperazione dei castelli e delle terre della 
sua chiesa ; infine per dirimere pacificamente ogni 
questione era stato costretto, con atto del 29 maggio 
1253, a rinunziare a favor del Comune i castelli di 
Pomarance, di Montecerboli, della Leccia, del Sasso 
e di Serrazzano; e cosi in breve tempo tutto potè 
acquietarsi. 

Il vescovo Ranieri tornato al possesso delle 
miniere di Montieri, deliberò quasi subito di batter 
moneta e a questo scopo dovette seguire un facile 
accordo tra lui ed il Comune perchè, in conformità 
delle disposizioni dello statuto, la moneta potesse 
aver corso nel volterrano e fuori del volterrano. In- 
fatti l'uno e l'altro fecero istanza alla Repubblica di 
Siena, affinchè la moneta battuta in Volterra avesse 
spaccio anche nel territorio senese. La notizia ri- 
cavasi dai libri delle deliberazioni del Consiglio ge- 
nerale di Siena e trovasi sotto la data 1 dicembre 1256, 
ed è annotata con queste parole: Super licteris missis 
a Comuni et domino Electo de Vulterris, quod i/li de 
bulgano (zecca) videant eorum monetarti si est equalem 
nostre monete, argento pondere et aliis ; et sic ut et qua- 
litatem invenerint reducatur ad Consiltum Campane et 
Populi (". 

Non conosciamo ciò che gli zecchieri senesi 
ebbero a riferire su queste monete, perchè negli atti 
dello stesso Consiglio manca ogni altra deliberazione 
in proposito, ma la notizia basta a provare che 
questo Vescovo, anche prima di concedere nel 1258 
la zecca a Guido Spizziche nel suo castello di Mon- 
tieri, aveva d'accordo col Comune aperta la zecca 
nella città di Volterra. 



(1) Archivio di Stato in Siena. Deliberazioni del Consiglio, voi. VI, 
pag. 129. 

35 



274 ALESSANDRO USIMI 



All'accordo col Comune deve aver contribuito 
il fatto d'esser passato il governo della città dal do- 
minio dei ghibellini a quello di parte guelfa. 

Dopo la morte dell'imperatore Federico II i fio- 
rentini andarono osteggiando con vario successo su 
tutte le terre e città della Toscana parteggianti pel 
re Manfredi. Tra queste trovavasi Volterra, che erasi 
dichiarata ghibellina e per conseguenza apertamente 
ostile a Firenze. I fiorentini, mal sopportando che 
anche i piccoli Comuni della Toscana fossero domi- 
nati dal partito loro avverso, cercarono subito di 
sopraffare i più deboli e nell'agosto T254, quasi im- 
provvisamente, si accostarono coll'esercito alle mura 
di Volterra per espugnarla ed abbatterla. I volter- 
rani, impreparati alla difesa e neppur tutti concordi 
col partito dominante, opposero una debolissima re- 
sistenza, tantoché ai nemici fu facile di superare le 
mura e di entrare vittoriosi nella città. E mentre questi 
stavano per dar principio al saccheggio ed a passare 
a fil di spada i miseri abitanti, come in simili im- 
prese era costume di quei barbari tempi, il Vescovo 
seguito dal clero con croci in mano e da lungo 
stuolo di donne, di vecchi, di fanciulli tutti piangenti 
e timorosi, presentando la croce, si dettero a gri- 
dare pace e misericordia. 

L'esercito fiorentino mosso a compassione da 
quelle grida disperate e dalle parole di carità e di 
misericordia pronunziate con calda eloquenza dal 
Vescovo, venne a sbollire i fieri propositi, e ridot- 
tosi a più mite e pietoso consiglio verso quei mi- 
seri, astenendosi da ogni atto di violenza, si limitò 
a cacciare tutti i ghibellini dalla città ; e quindi ri- 
formatone insieme al Vescovo il governo a parte 
guelfa, abbandonò l' impresa senza arrecare alcun 
danno. 

A questo tempo devesi riferire il grosso d'ar- 



LE MONETE K LE ZECCHE PI VOLTERRA 



275 



gento che è veramente il più comune tra le monete 
volterrane e che ebbe anche buona accoglienza tra 
i grossi agontani in molte città d' Italia M. In questo 
grosso del peso di circa gr. 1,850 e che deve con- 
tenere once io e ; d'argento fine ( 2 \ vedesi nel 

B" — + : R • EPS • D' • VVLT' • (Ranerius episcopus de Vul- 
terrisj. Figura del vescovo in abito pontificale con 
pastorale in mano, benedicente con la mano de- 
stra alzata. 

R) — : + CX E VITORIÀ NRA (Crux est Victoria nostra). 




La croce e la leggenda posta nel rovescio della 
moneta probabilmente alludono allo scampato pericolo 
del saccheggio e della strage degli abitanti di cui 
sopra abbiamo fatto cenno. E da tenere per certo 
che il vescovo Ranieri, dopo il ricordato avveni- 



(1) La moneta volterrana, specialmente Vagontano in tutto simile a 
quello d'Ancona e di Ravenna, ebbe largo corso nelle città e nei paesi 
delle Marche. Il Dk Minicis, nei Cenni storici e numismatici di Fermo 
(Roma, 1839, paj;. 105), scrive che " le monete ravennati, anconitane e 
" bolognesi sono nominate spesso nei contratti di Fermo, ma specialmente 
" le volterrane le quali in Fermo più che in altra città ebbero grandis- 
" simo corso „. Secondo il Muratori ebbero anche corso in Ascoli e 
in Rieti. 

(2) In un Liber Abaci conservato prima nella Gaddiana e poi nella 
Magliabechiana citato dallo Zanetti (t. II, pag. 417) e poco avanti da 
noi ricordato, al cap. 25, ove trattasi delle leghe di diverse zecche, si 
legge : La lib. ilei volterrano dille stelle tiene onde dieci e due terzi di 
oriento fine. La libbra dei piccioli volterrani casolesi tiene once una e un 
terzo di oriento fino. — / volterrani vecchi sono once io, denari 16, che 
corrisponde a once io e 2 | 3 di sopra indicate. Il ricordo dei piccioli bat- 
tuti nella terra di Casole, ci dà certezza che il libro fu compilato nella 
prima metà del 300 e non avanti. 



276 ALESSANDRO LISINI 



mento, venne eletto all'alto ufficio di Capitano di 
popolo della città e che questa deve essere la mo- 
neta stessa mandata a saggiare alla zecca di Siena 
per darle corso anche in quella città. 

Però l'accordo tra il vescovo e il Comune non 
ebbe lunga durata. Erano appena passati quattro 
anni dalla riforma del governo a parte guelfa 
quando il Vescovo abbandonò Volterra per riti- 
rarsi nelle sue terre di Casole e di Berignone. Abi- 
tando in quei castelli, per utilità e comodo del ve- 
scovado, ai 12 dicembre 1258, concesse a m. Guido 
Spizziche, rappresentante della società mercantile dei 
Feliciani da Piacenza, a m. Giovanni di Durante da 
Genova e suoi soci e a Bertoldo e Bondorso del fu 
Ugieri e loro soci, la facoltà di batter moneta grossa 
e minuta « ad illum modum, ligam et valutam ad 
u quam et quem fabricatur, battitur et cuditur hodie 
« dieta moneta vulterrana » e come battevasi o al- 
trimenti si sarebbe battuta nelle città di Pisa, Siena, 
Lucca e Arezzo, dando loro facoltà di coniarla in 
Montieri o in altro luogo da concordarsi tra il Ve- 
scovo ed i concessionari. L'allogagione doveva du- 
rare otto anni principiando dal mese di gennaio, con 
obbligo di pagare al Vescovo o ai suoi successori 
4 denari per ogni libbra di moneta minuta da bat- 
tersi nei primi due anni dell'allogagione, e di 4 de- 
nari e mezzo a libbra nei rimanenti sei anni. Bat- 
tendo poi moneta grossa, il contributo doveva essere 
di denari 9 minuti a libbra. 

Il Vescovo obbligavasi di fornire le officine e 
le abitazioni occorrenti ai monetieri, a facilitare il 
corso della moneta e a non concedere ad altri, per 
tutto il tempo della fatta concessione, il diritto di 
zecca, sotto pena di 100 marche d'argento. I con- 
duttori dal canto loro assumevansi l'obbligo, sotto 
la medesima pena, di coniar subito la moneta e di 



LE MONETE E LE ZECCHE 1)1 VOLTERRA 277 

farla saggiare agli approvateci delegati dal Vescovo 
(v. documento allegato n. 2). Nel contratto è omesso 
ogni accenno sulla leggenda e sulla impressione da 
farsi sulla moneta, la qual cosa fa credere che il 
Vescovo se ne sia rimesso interamente al gusto ed 
all'abilità degli intagliatori dei coni e degli altri 
zecchieri. 

Le parole ad illuni modum, ligam et valutarti ad 
quarti et quem cnditnr Iwdie dieta moneta vulterraua 
contenute nell'atto, inducono a credere che i vecchi 
zecchieri d'accordo col Comune abbiano seguitato, 
nonostante la partenza del Vescovo da Volterra, a 
coniar moneta nella città senza l'intervento di lui. 
Infatti il vescovo Ranieri, il 20 febbraio 1259, * ece 
fare a mezzo dell'arciprete la seguente inibizione : 
« In Xpi nomine. Amen. Pateat evidenter quod do- 
« minus Jacobus archipresbiter vulterranus, de raan- 
« dato sibi facto a reverendo patre domino R. Vul- 
« ter : Electo. corani me notano infrascripto, inibuit 
« et precepit dominis Johanni et Guidoni, magistris 
« monete, ut non bactant vel fabricent vel bacti seu 
" fabricari faciant Vulter: vel alibi, monetam, absque 
« speciali licentia dicti domini Electi. Actum Vul- 
« terris in canonica, presentibus domino Arrigo ca- 
« nonico et Importuno quondam domini Hugonis, te- 
« stibus. Die Sancte Marie (0 ». Saremmo inclinati 
a credere che sia di questo tempo quel grosso con 
Crux est Victoria nostra portante nel diritto la lettera 
B invece della lettera R. iniziale del nome del ve- 
scovo Ranieri, messavi in cambio per denotare che 
la moneta non veniva battuta a nome di lui. E ve- 
ramente quel grosso venne impresso con nuovo 
conio, notandovisi la variante della S di EPS {episcopns 



(il Archivio storico di Volterra, carte Guarnacci. Inibreviature di 
Lamberto notaro, n. 8494, e. 71. 



27» 



ALESSANDRO l.ISINI 



posta dopo la figura del vescovo, e la mancanza dei 
punti tra parola e parola. 




Non conosciamo però la moneta minuta ossia 
il denaro che con l'allogagione sopra riferita avrebbe 
fatto emettere il vescovo Ranieri nelle terre del suo 
feudo, ma non bisogna dimenticare che da questo 
vescovo della metà del secolo XIII incomincia una 
serie di successori fino al 1324 quasi tutti col nome 
di Ranieri e quindi rimane impresa assai difficile 
il determinare con sicurezza a quale dei vescovi 
d' identico nome possono assegnarsi le monete con 
la leggenda R. EPISCOPVS o RANERIVS EPISCOPVS. Tut- 
tavia tra gli esemplari di monete volterrane, da noi 
conosciuti, non ne troviamo uno che a lui si possa 
attribuire. 

Dopo l'allogagione fatta da Ranieri II, per qualche 
anno non trovansi ricordi della officina monetaria 
di Volterra. 

Eletto vescovo nel 1291 il fiorentino Rogeri 
dei Ricci, alcuni suoi concittadini, conoscendo il pri- 
vilegio che avevano i vescovi volterrani di batter 
moneta, costituitisi in società impetrarono da lui li- 
cenza d'aprire la zecca in Volterra; promettendogli 
la compartecipazione degli utili. Nel febbraio 1295 
tre deliberazioni dei Difensori del Popolo ci fanno 
conoscere che questa compagnia fiorentina, presie- 
duta da Fuligno di Doccino, aveva aperto la zecca 
con licenza del vescovo, sebbene ciò non sia nella 
deliberazione esplicitamente dichiarato. Quei mone- 
tieri assumendo la lavorazione della moneta vollero 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 279 

chiedere al Comune quei medesimi privilegi e quelle 
immunità che solevansi concedere dalle repubbliche 
a chi vi esercitava quell'arte. 1 Governatori di Vol- 
terra nel nominare, il 2 febbraio di quell'anno, un 
sindaco o procuratore per trattare con essi i do- 
mandati privilegi, per concederli vollero imporre una 
contribuzione a favore del Comune di 2 denari per 
ogni libbra di grossi coniati ; ordinando al sindaco, 
di non dar corso alle trattative, se questa contribu- 
zione fosse stata negata. 

Con altra deliberazione del 15 dello stesso mese, 
i Governatori nominarono un soprastante alla zecca, 
il quale, conformandosi a quanto prescrivevano gli 
statuti locali, dovesse vigilare alla coniazione ed al 
saggio della moneta, affinchè il Potestà potesse per- 
metterne il corso nel territorio volterrano. Nell'atto 
della nomina si ripete la stessa condizione, cioè di 
far pagare ai conduttori della zecca 2 denari per ogni 
libbra di grossi coniati. 

Finalmente una terza deliberazione di due giorni 
appresso designa a soprastante monete que iimic con- 
cuditur in Civitate Vulterrana da Fuligno di Uuccino 
e dai suoi soci, un tal Sasso di Ugolino, al quale 
viene assegnato uno stipendio di 12 soldi al mese. 
Neppur questa volta i Governatori eran sicuri che 
la società si sarebbe indotta a pagare al Comune 
i due denari richiesti, perciò nella deliberazione viene 
aggiunto : 5/ dictus Foligmts noìlet eidem SassQ (dare) 
dictos duos denarios prò Comuni, ut dietimi est, dictus 
Sassus nullo modo se in dicto officio intromittat. 

Da questa deliberazione si deve dunque arguire 
che qualche moneta sia stata effettivamente coniata; ed 
è cosa anche presumibile che per darle corso i mo- 
netieri si sieno assoggettati a pagare la contribuzione 
richiesta dal Comune. Nulla però si conosce intorno 
al tipo della moneta battuta, né circa il tempo in 



280 ALESSANDRO LISINI 



cui fu aperta e chiusa la zecca. Si può credere che 
questa volta sia rimasta aperta per breve tempo 
anche perchè non fu lungo l'episcopato del Ricci. 

Succedutogli nel vescovado Ranieri III della 
volterrana famiglia Belforti, un'altra società fiorentina 
fece accordo col nuovo vescovo per battere moneta 
grossa e minuta in Volterra. Anche questa società, 
rappresentata da un tal Baldo di Virgilio da Firenze, 
prima d'aprir la zecca volle impetrare dal Comune 
i consueti privilegi ed immunità. In una istanza pre- 
sentata ai Priori, il ricordato Baldo si offrì di co- 
niare moneta dentro la città, eo quod — dice l'istanza 
— est maioris honoris, et cives et artifices possimi inde 
consegni multimi frnctum. Discussa agli 8 di maggio 
1310 la domanda nel Consiglio generale, venne ap- 
provata a grande maggioranza; ma i consiglieri vol- 
lero imporre alcune condizioni che probabilmente 
non furono accettate sembrando forse troppo gra- 
vose (vedasi il documento di n. 4): ed allora la so- 
cietà si deve essere ridotta a batter moneta in qual- 
che terra del vescovado, se pure non si sciolse dal- 
l'impegno preso col Vescovo. Poiché erano appena 
trascorsi sei mesi quando i Difensori del Comune, 
ai 23 di dicembre, dettero incarico ai Priori d'inter- 
rogare Vanni di Chino e Cetto di Manetto e altre 
persone per conoscere il guadagno ricavato dalla 
coniazione della moneta, dovendosene riferire in Con- 
siglio al seguito della richiesta fatta da un tal Nic- 
colò da Lucca di batter moneta in Volterra ('). Anche 



(1) La deliberazione dice: Convocatis XI de XII Di /'eusoribus pò- 
pulì civitatis Vii//. Item modo et forma prediclis.per viiij ex eis quod Priores 
XII habent col/oquium cum Vanne Chini ei Ceplo Manteo et a/iis scien- 
/ibiis de mone/a fac/a in civitate Vult : quali/er Comune Vult : non habebat 
profec/um, et scito mit/ant ad Consilium Generale qua/iter Nicolaius de 
Luca vult monelam facere de novo in civitate Vult : quod dicto Consilio 
placet providere et ordinare super predictis consulalur. (Archivio storico 
di Volterra. Deliberazioni, Filza A, nera 6, quinterno II, e. 21). 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 



28l 



di queste trattative rimangono monche ed incerte 
notizie. 

Cinque anni dopo, cioè il 23 agosto 1315, il ve- 
scovo Ranieri, che ornai aveva portato la sua abi- 
tuale residenza nel ben munito castello di Berignone 
riacquistato poco tempo innanzi con l'aiuto del papa, 
concesse la zecca ad un fiorentino del popolo di 
S. Frediano, a Simone di Gianni Orlandini e a Fran- 
cesco di Simone Brancaglia d'Arezzo, dando loro 
facoltà di batter moneta in quel suo castello, riser- 
vandosi il diritto di farla saggiare ed approvare 
prima di metterla in corso da appositi saggiatori di 
sua fiducia. Nell'atto d'allogagione così vien descritta 
la moneta da battersi : « ex una parte predicte mo- 
« nete cum quadam crux Domini sic designata, et 
« in circuitu ipsius partis et summitate monete, cum 
« quadam crux parva et licteris sic dicentibus de 
« sic puntatibus DE VVLTERRA. Et de alio latere imago 
« episcopi parati in pontificalibus de recta statura 
« cum puncto ex quolibet latere cum quadam cruce 
« parva in circuitu a summitate monete sic desi- 
« gnate et licteris sic dicentibus: EPISCOPVS RANERIVS, 
« de liga, ad pondus septem unciarum... argenti prò 
« qualibet libra ». 

Esiste infatti il grosso di questo vescovo, com'è 
descritto nell'atto d'allogagione : & - • + EP RANERIVS. 
Il vescovo in abito pontificale col pastorale nella 
mano sinistra e benedicente con la destra, ty ■ — • DE : 
VVLTERRA. Nell'area la croce accantonata da due 
stelle. 




Di questo pezzo del peso di gr. 1,600 si co- 

36 



282 



ALESSANDRO LISINI 



nosce un altro tipo quasi in tutto simile a quello 
descritto, dal quale differisce soltanto per due stelle 
poste ai lati della testa del vescovo in luogo dei 
due punti, e per un punto dopo le lettere EP che 
manca nell'altro esemplare. 




Non sappiamo se il denaro piccolo, quasi di puro 
rame, del peso di gr. 0,450, spettante come si dirà 
in seguito a questo stesso Vescovo, sia opera dei ri- 
cordati monetieri. 

& - + EPRANERIVS. Nell'area il busto del Ve- 
scovo racchiuso dentro un cerchio, ty — + D. VVL- 
TERRA. Nell'area croce. 




Il Pagnini riassumendo l'atto d'allogagione, opina 
che i precitati zecchieri abbiano aperta la zecca vol- 
terrana per conto della città di Firenze ('). Egli evi- 
dentemente cade in errore perchè anche questa 
società dovette coniar moneta per proprio interesse 
e per utilità del vescovado ; e non si può credere 
altrimenti, sia perchè neppur tutti quei monetieri 
erano fiorentini, sia per la leggenda che doveva es- 
sere impressa nella moneta allusiva al vescovo di 



(1) Della Decima fiorentina, t. I, pag. 114. Eseguite le debite ri- 
cerche nell'Archivio del Vescovado, non abbiamo potuto ritrovare que- 
st'atto riferito dal Pagnini come esistente nell'Archivio predetto. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 283 

Volterra e non al Comune di Firenze. Si potrebbe 
tutto al più sospettare che quei monetieri, oltre a 
batter moneta a nome del Vescovo come veniva 
fatto obbligo nel contratto d'allogagione, abbiano 
poi coniato altri pezzi per conto del Comune di 
Cortona. La supposizione potrebbe trovare qualche 
riscontro in una deliberazione del Consiglio generale 
di Volterra de' 22 dicembre dello stesso anno, con 
la quale si fa bandire per la città che nessun vol- 
terrano potesse più spendere o computare nei pa- 
gamenti e nei contratti aliqnem denarìum cnrtonensem 
de conio noviter facto; et quod quinciimqne reccperit ve! 
sibi computaverit, exinde nullum fiat ei jus (I) . Con 
tutto ciò nulla ci autorizza a credere che veramente 
la moneta cortonese sia stata coniata nella zecca di 
Volterra. 

Mentre il vescovo Ranieri faceva batter moneta 
nel suo castello, anche il Comune doveva permet- 
tere ad alcuni monetieri di tener aperta una zecca 
in città. Un concordato passato tra essi, ci fa certi 
del fatto. Il 1 maggio 1316 Francesco fratello di 
Jacopo de' Ramisini, Pietro e Jacomo di Pistorisio da 
Bologna, Sandro di Baldo Lippo e Saracino di Segna da 
Firenze, Angelo e Cecco di Guiduccio d'Arezzo, Leone 
e Prancazio da Siena, Stefano di Francesco da Co- 
gorno del genovesato, Riccardo de Maxio di Napoli 
e Giovanni Ispano corriere, lavoranti e fabbricanti 
delle monete que preseti tia/iter fabricatur in Civitate 
Vulterre, fissarono nella chiesa di S. Giovan Battista 
di Volterra per mano di Giovanni da Bologna no- 
taro i seguenti patti nel loro reciproco interesse. Il 
primo patto fu di nominarsi un capo, che venne 
eletto nella persona di Francesco Ramisini; il se- 



(1) Archivio Storico di Volterra : Deliberazioni citate. Filza A, 
nera 7, e. 16, 



284 



ALESSANDRO I.ISIN1 



cohdo di fissarsi un salario per ciascuno di denari 
30 per ogni libbra di moneta completamente coniata. 
Il terzo patto, di non ricevere nella compagnia nes- 
sun nuovo lavorante senza il consentimento di tutti 
gli altri. Ciascuno dei ricordati lavoranti si obbligò 
d'osservare tutte queste condizioni sotto pena di 
L. 25. Nelle deliberazioni del Comune di Volterra 
non trovasi memoria di questa allogagione e si ri- 
mane incerti sul tipo e sul valore della moneta bat- 
tuta in questo tempo. Si può sospettare che a questo 
tempo sia stato coniato quel grossone del peso di 
g" r - 3>3°° che descriviamo : 

i& — PP SAT IVSTVS Nel centro la figura di un ve- 
scovo in abito pontificale, con la testa nimbata, 
con pastorale nella mano sinistra e con la destra 
alzata in atto di benedire. 

9 — * + * DE UVLTERA Nell'area la croce. 




La lettera U ricorre anche nel sigillo comunale 
di questi anni, invece posteriormente quasi sparisce 
nei caratteri lapidari. Il grosso, che sembra per il tipo 
e per il peso di questi anni, manca di qualsiasi allu- 
sione al Comune o al Vescovo e fa quindi supporre 
che dai monetieri ne sia stata intrapresa la battitura 
a proprio rischio dando qualche grossa regalia al 
Comune per averne permesso la coniazione nella Città. 

In Italia era ornai venuta a cessare ogni inge- 
renza dell'impero e quindi le città considerandosi af- 
fatto indipendenti non impetravano da esso neppure 
prò forma quelle concessioni che fino a poco tempo 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 285 

innanzi eran considerate di esclusiva competenza 
imperiale. Questo stato di cose aveva fatto sorgere 
dovunque una fioritura di zecche, di officine mone- 
tarie e di zecchieri. Famiglie di banchieri e di orafi, 
compagnie mercantili, allettate dal vistoso guadagno 
che ritraevasi con l'argento monetato dopo che la 
coniazione del fiorino d'oro aveva deprezzato quel 
metallo, eransi date alla lucrosa speculazione del 
monetiere battendo pezzi d'argento e di bassa lega 
che venivano specialmente richiesti dal piccolo com- 
mercio. E a questo scopo esse portavansi da una 
città all'altra, da un paese all'altro, presso comuni, 
vescovadi e signorie ed assumevano a nome di quelli. 
ma quasi sempre a proprio rischio, la coniazione 
della moneta, rilasciando ai concessionari una parte 
del guadagno. Qui basterà accennare che soltanto 
in Toscana, al principio del secolo XIV, coniavasi 
moneta in Firenze, Lucca, Pisa, Siena, Arezzo, Cor- 
tona, Volterra, Massa e Chiusi. E come se queste 
officine fossero state poche, il Comune di Volterra 
con l'annuenza del suo Vescovo volle aprire una 
nuova zecca nella città, mentre il Vescovo per conto 
proprio faceva batter moneta nel castello di Beri- 
gnone. 

Il Consiglio generale ai 29 ottobre 1316 con- 
cordava con Meo d'Alberto d'Arezzo e con alcuni 
suoi soci, i seguenti patti per tenere aperta la zecca. 
Per prima cosa si stabilì che l'allogagione dovesse 
avere la durata di due anni dal giorno dell'appro- 
vazione fattane. Che la moneta da battere dovesse 
essere della medesima lega e bontà dei grossetti 
d'argento di 6 denari l'uno, che uscivano dalle zec- 
che di Firenze e di Siena. Che la moneta dovesse 
esser coniata sotto la vigilanza di alcune guardie a 
ciò deputate dal Comune, a tutte spese dei mo- 
netieri,. ma a volontà del Comune e del Vescovo. 



286 ALESSANDRO LISINI 



Che da una parte del conio vi fosse rappresen- 
tata la consueta figura del vescovo e dall'altra la 
croce del popolo con la leggenda intorno + POPVLO 
VVLTERRANO. Che per la concessione i monetieri do- 
vessero pagare al Comune 4 denari a libbra e più 
3 denari a titolo di gabella ogni volta che si fosse 
estratta la moneta dall'officina per darle corso. Né 
si dimenticò la condizione, che se durante l'alloga- 
gione i Comuni di Firenze e di Siena avessero va- 
riato la lega o il peso dei grossi e dei denari mi- 
nuti, anche gli zecchieri volterrani dovessero unifor- 
marsi a quel peso e a quella lega stessa, quando 
così fosse piaciuto al Vescovo od al Comune, ai 
quali era riserbata anche la facoltà di far cambiare 
le impronte. Non si trascurò poi l'obbligo di farla 
accettare per tutto il territorio volterrano a mezzo 
di pubblico bando. E si aggiunse anche la condi- 
zione che se gli altri Comuni della Toscana non 
avessero voluto riceverla e l'avessero sbandita dal 
loro territorio, egual trattamento si dovese usare 
alla moneta del paese dove fosse stata sbandita. In- 
fine il Comune esentò dal pagamento dei dazi e 
gabelle e dai servizi reali e personali tutti i mone- 
tieri ed artefici per la durata dell'allegagione. 

Bisogna ricordare che in Siena ed in Firenze 
di comune accordo erasi dato mano a lavorare 
mezzi grossi del valore di 6 piccioli l'uno, e la co- 
niazione di questi pezzi doveva offrire un discreto 
guadagno, superiore a quello che ritraevasi dalla la- 
vorazione del grossone. Questo guadagno non do- 
vette passare inosservato al monetiere Meo d'Alberto 
ed ai suoi compagni allorquando proposero al Co- 
mune di Volterra di coniare mezzi grossi consimili. 
E incoraggiati dal successo incontrato sul principio 
nella emissione di questo pezzo, essi debbono aver 
richiesto ed ottenuto il permesso di coniare anche 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 



28-; 



grossetti del medesimo tipo e leggende di una lega 
anche peggiore, come ne rimane prova da qualche 
esemplare esistente che qui descriviamo: 




& - + pp RANERIVS *. Il solito vescovo in abito 
pontificale come è rappresentato nelle precedenti 
monete volterrane. 

# - .+• PPL'VS VVLTERA. Croce accantonata da 
due stelle contrapposte nella parte superiore e in- 
feriore dei bracci della croce. Questo pezzo pesa 
1,500 gr., mentre il mezzo grosso pesa circa 1,200 gr. 
Ha nel & - '+ PP RANERIVS con la mezza figura del 
vescovo e nel ty — ■ PJtO WLTERRA. Croce nell'area u>. 




Di questo stesso tempo e di mano dei medesimi 
zecchieri deve essere il seguente grossetto il quale 
apparisce della stessa lega, sebbene la leggenda del 
rovescio differisca dai precedenti e pesi gr. 1,800 : 



(1) Il Promis nell'opera Le monete della repubblica di Siena (pag. 24) 
a torto nega l'esistenza di queste monete che pure figurano in varie 
raccolte pubbliche e private. Nel Museo Civico volterrano conservansi 
due torselli, uno dei quali ha la leggenda CX E VICTORIA NRA, 
l'altro PPL'VS VVLTERA: ma ambedue malamente incisi si manife- 
stano opera di qualche mal pratico contraffattore del secolo decorso. 



288 



ALESSANDRO LISINI 



& — + P P RANERIVS. Busto del Vescovo benedicente 
nel mezzo. ty — + DE VLTERRA. Croce nell'area. 




Queste monete si manifestano di una lega 
molto scadente e peggiori delle senesi e delle fio- 
rentine che pure non avevano avuto buona acco- 
glienza nel mercato. La repubblica di Siena tro- 
vandosi sbanditi questi pezzi da 6 denari in alcune 
città della Toscana, per rappresaglia proibì nel pro- 
prio territorio tutte le monete d'argento e di lega 
delle altre città e paesi, facendo eccezione per i de- 
nari minuti vecchi di Firenze e di Cortona e per i 
denari nuovi di Firenze ('). La moneta volterrana, 
che resultava anche di più basso titolo, non trovò 
affatto credito fuori del paese e dovunque venne re- 
spinta. 

Venne accettata con grande difficoltà in Siena 
ed in Firenze per convenzioni precedenti, ma si pro- 
curò che ve ne entrasse la minore quantità possi- 
bile. Per questo rifiuto i volterrani subirono gravi 
scapiti e la intera cittadinanza trovandosi danneg- 
giata, se ne riportò con grande lamento al Consiglio 
generale. Agli 8 d'aprile 1317, fatta su questa materia 
l'opportuna proposta, il consigliere Cavalcuccio di 
Mannuccio salito sull'aringhiera propose questo grave 
provvedimento, cioè: che si sospendesse immediata- 
mente la coniazione della moneta e che i monetieri 
venissero subito cacciati dalla città e dal territorio 



(1) Archivio di Stato in Siena. Deliberazioni del Consiglio generale 
ad annum voi. 88, e. 77. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 289 



sotto pena di L. ioo. Ma la proposta giovò a poco, 
perchè il danno non venne rimosso. Si tornò sopra 
a questa materia alcuni mesi dopo nello stesso Con- 
siglio. E questa volta concordemente fu deliberato 
che a nessun cittadino fosse permesso di ricevere 
monete grosse o piccole coniate negli ultimi due 
anni, sotto la pena di 5 soldi per ciascun denaro 
ricevuto in pagamento. Si esclusero dal divieto le 
monete di Firenze e di Siena e la moneta vecchia 
pisana. Ogni altra moneta nel termine di otto giorni 
doveva essere spesa fuori del dominio. Provvedi- 
mento ingiusto che rese peggiore il rimedio del 
male, sebbene al tempo stesso i Governatori del 
Comune avessero in animo di rifondere quella mo- 
neta e di riconiarne altra migliorata con maggior 
quantità d'argento. A questo scopo il giorno ap- 
presso fu deliberato d'inviare ambasciatori a Firenze 
per riaprire la zecca per conto del Comune e del 
Popolo come era stata allogata precedentemente. 
Anzi si delegarono intanto due cittadini, cioè m.° Fede 
medico» e ser Neri di Rustichino per ogni ulteriore 
incombenza sull'affare. Ma il rimedio troppo radicale 
adottato, cioè di volere sbandita dalla città e dal terri- 
torio tutta la moneta erosa accrebbe, di gran lunga il 
danno. E come l'aver cacciato con mal garbo da 
Volterra i precedenti monetieri non incoraggiò altri 
ad esporsi ad un simile pericolo, cosi la moneta 
volterrana ricusata dentro e fuori del piccolo stato 
subì, come era naturale, un deprezzamento senza 
limiti ; il quale divenne tanto maggiore quanto 
maggiore fu il bisogno di chi fu costretto a spen- 
derla. E le lagnanze allora crebbero a dismisura e 
s'invocarono leggi di protezione. Il io aprile 1318 
si tentò di porvi un rimedio coll'ordinare che ciascun 
grosso che era stato emesso nella città per 18 de- 
nari fosse in seguito computato per 17 denari, man- 



37 



290 ALESSANDRO LISINI 



tenendo il divieto per tutte le altre monete non vol- 
terrane, fatta eccezione per i piccioli di Firenze, di 
Siena e di Pisa che avevano corso per tutta Toscana. 

Ancorché non si fosse rinunziato a tenere aperta 
la zecca in Volterra, come ce ne fanno fede due de- 
liberazioni del Consiglio, una del 29 e l'altra del 
30 aprile, pure in seguito il malcontento generale 
prodotto dallo scapito che facevano i cittadini nello 
spendere la propria moneta, la quale non avendo 
più un valore sicuro e fisso recava continuo danno 
al commercio, finì per vincere ogni ostinazione. 

Il 17 di maggio il Consiglio tornò a discutere 
se veramente sarebbe resultato un utile per il Co- 
mune il tenere aperta la zecca. Fatta una diligente 
investigazione si esset utile ve! non, moneta cudi in 
Civitaie Vulterrana ; et reperto, fuit ventate quod utile 
prò Comuni Vulterrarum non est, venne deliberato 
quod moneta hinc ad calendas Junii proximi futuri in 
Civitaie Vulterrana non debeat nec possit; sed hoc in 
futurum per alios dominos Duodecim provideatur, quod 
per Priores presentes XII in aliis sepissime dimittant. 

Per dare spaccio alla moneta coniata fu neces- 
sario mandare un nuovo bando per diminuirne un'altra 
volta il valore. Col nuovo bando si ordinò che quei 
grossi già ridotti a 17 denari fossero ricevuti in se- 
guito per 16 denari, e i grossarelli di qualunque 
conio, fino allora computati a 5 denari, si valutassero 
a 4 denari e mezzo l'uno; e si ridusse pure il va- 
lore del vecchio soldo cortonese che tanta ricerca 
aveva avuto per il passato, fissandone il valore a 
io denari e non più, perchè appunto non facesse 
concorrenza alla moneta erosa. Come vedesi, il va- 
lore nominale della moneta d'argento e di lega non 
rispondeva più alle esigenze del mercato. La mone- 
tazione dell'oro, che facevasi sempre più su larga 
scala, procurava ogni giorno la svalutazione della mo- 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 29 1 

neta d'argento, e in Volterra rendevasi maggiormente 
sensibile il danno che derivava dalla svalutazione, a 
causa della cattiva moneta che v4 si era coniata e richia- 
mata per analogia anche da altre zecche. L'inconve- 
niente era arrivato a tal punto che per frenarlo fu ne- 
cessario di porvi qualche riparo. Il 6 settembre 1319, 
Zampa de' Ricciardi, capitano e vessillifero di giustizia, 
propose in Consiglio di emetter qualche ordine relati- 
vamente alla cattiva moneta che abbondava in Vol- 
terra che pure impediva l'entrata e la circolazione 
di quella buona. Per provvedere al caso fu nomi- 
nata una commissione di cinque cittadini affinchè 
essi curassero quanto era necessario di fare su questa 
materia; ma non conosciamo se l'opera di costoro 
abbia giovato per rimuovere l'inconveniente. 

L'ordinanza di trasmettere in ogni rinnovazione 
dell'ufficio dei XII Priori la proposta di riaprire la 
zecca dovette esser consacrata in qualche capitolo 
dello statuto, perchè almeno nei primi anni la pro- 
posta venne rigorosamente presentata. Difatti, trascorso 
qualche tempo, tornò a discutersi in Consiglio la con- 
venienza di tenere aperta la zecca di Volterra. 11 
capitano di popolo m. Francesco Mazzavillani da Bo- 
logna ne fece proposta il 14 maggio 1321, ma al- 
lora prevalse il consiglio di ser Giovanni Gessie no- 
taro, il quale fu d'avviso che sull'apertura della zecca 
fosse conveniente soprassiedere per tutta la durata dei 
XII Governatori in ufficio, assolvendoli intanto dalla 
multa nella quale erano incorsi a norma degli or- 
dini per non averla aperta. Ben si conosce che i 
tempi correvano poco propizii per tentare simili im- 
prese, le quali avendo già arrecato non piccolo sa- 
crifizio ai cittadini, non trovarono più grande favore, 
ed il Comune stesso d'allora in poi abbandonò per 
sempre la velleità di rinnovare siffatta speculazione. 

La zecca definitivamente chiusa in Città trovò 



292 ALESSANDRO L1SINI 



la sua naturale continuazione nei castelli del vesco- 
vado. Ranuccio Allegretti nobile volterrano e par- 
roco della pieve a Morbo (Montecerboli), contro la 
volontà del papa, dal Capitolo, fu eletto vescovo 
di Volterra, ed in seguito papa Giovanni XXII, do- 
vette agli 8 di febbraio 1321, confermare l'elezione 
facendolo consacrare da Gherardo arcivescovo d'Arles. 
Il nuovo Vescovo ebbe a soffrire violenze per opera 
dello zio materno Ottaviano de' Belforti il quale dopo 
essersi fatto tiranno della sua patria, giunse ad asse- 
diarlo anche nel forte Berignone: ma noi trascureremo 
questi fatti che esorbitano dal nostro compito. Diremo 
piuttosto che all'Allegretti, divenuto vescovo, fu subito 
richiesta la concessione della zecca da un tal Paniccia 
o Panizia di Luto da S. Gemignano a cui si associa- 
rono nella richiesta un Fantone di Gretto del fu 
m. Lotteringo de' Rossi da Firenze ed altre persone. 
Col primo atto del 14 agosto 1321, che chiameremo 
preliminare e di massima, perchè non ebbe verun 
effetto pratico, fu richiesta la concessione di batter 
moneta piccola in Berignone o in Montalcinello o 
in altro paese del vescovado per la durata di due 
anni nella quantità che ai monetieri fosse piaciuta 
e con la condizione espressa che se essi avessero so- 
spesa la coniazione per due mesi continui, senza 
legittima causa, la concessione poteva essere revocata 
dal Vescovo a suo piacere. La moneta che intende- 
vasi battere doveva esser della medesima bontà, lega 
e peso di quella fatta coniare dal predecessore del 
vescovo Ranuccio. Il Vescovo intanto obbligavasi di 
non concedere nei detti due anni ad altri il diritto 
d'aprire altra zecca, di non gravare i monetieri e 
loro sottoposti con gabelle, pedaggi e con altre ser- 
vitù, di rilasciarli liberi d'andare e tornare a loro 
piacimento, di rifondere loro i danni di furto purché 
non fossero stati commessi dagli uomini addetti alla 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 293 

zecca, e di permettere alla fine della condotta l'estra- 
zione di tutti gli arnesi e ferri della zecca senza spesa 
di gabella. Le parti si obbligarono vicendevolmente alla 
osservanza dei patti promessi sotto pena di 500 fiorini 
d'oro. Nell'atto stipulato nella terra di Montalcinello 
dal notaro Guglielmo di Mello del fu m.° Gherardello 
da Imola, manca qualsiasi allusione circa il compenso 
che doveva ricevere il Vescovo per la concessione fatta; 
la qual cosa induce a credere che non fosse un atto defi- 
nitivo ma piuttosto compromissorio, perchè altre società 
non si facessero avanti. E dovette veramente essere 
tale: perchè un anno dopo, ai 9 di novembre, Vanni 
di Benvenuto, orefice fiorentino e intagliatore di co- 
mi, a richiesta del ricordato Paniccia di Luto, as- 
sunse il carico di preparare le ferramenta necessarie 
alla lavorazione; e in compenso gli fu promesso un 
salario abbastanza lauto di 6 fiorini al mese, e più 
le spese di vitto per se e per un cavallo durante il tempo 
che avrebbe impiegato nel lavoro. Il Vescovo, dal canto 
suo, eleggeva ser lldobrandino di Giovanni da Casole 
notaro a saggiatore e approvatore della moneta che do- 
veva essere emessa dalla zecca, e a lui affidava la cu- 
stodia dei punzoni e degli altri ferri occorrenti alla 
stazzatura. È però da notare che l'orefice fiorentino 
prometteva d'incominciare il lavoro dal 14 novembre 
e di darlo compiuto dopo dieci mesi, vale a dire il 
14 agosto del 1323 (0. 

Cosicché neppure allora la società si poteva 
dire completamente costituita, sebbene proprio il 18 



(1) In alcuni appunti lasciati dall'erudito Antonio Ormanni, vissuto 
nel sec. XVIII, oggi conservati nella Biblioteca civica di Volterra, si 
legge che la commissione d'incidere i conii sarebbe stata data dal Ve- 
scovo anche a un m.° Benincasa orefice di Firenze; e che nello stesso 
tempo il Vescovo avrebbe nominato ser Bindo di Manno notaro alla 
vigilanza della moneta che battevasi in Casole, affidandone il saggio ad 
un Fede di ser Guido da Firenze. 



294 ALESSANDRO LISINI 



novembre, nove giorni appunto dopo l'allogazione 
dei conii, si rinnovasse il contratto di concessione 
al ricordato Paniccia di Luto, il quale, in luogo di 
Fantone de' Rossi da Firenze, erasi questa volta as- 
sociato quello stesso Meo d'Alberto d'Arezzo che 
venne cacciato dalla città di Volterra dopo che i 
Priori gli avevano affidato la coniazione della moneta 
nel 1316. 

In questa seconda concessione il vescovo Ra- 
nuccio non solo permetteva che si battessero denari 
minuti a lega di un'oncia d'argento a libbra, dalla 
quale dovessero uscire 55 soldi, ma anche una grossa 
moneta d'argento di cui si riserbava concordare 
la lega, il peso, il numero dei pezzi per cia- 
scuna libbra, e l'impronta da farvi. I metodi imper- 
fetti usati nella coniazione della moneta in quei tempi 
non permettevano una esatta ripartizione del me- 
tallo nei pezzi che si monetavano e anche l'amal- 
gama delle leghe usate lasciava spesso a desiderare. 
Perciò tra i patti concordati fu previsto che se nella 
saggiatura e nella pesatura della moneta piccola che 
si veniva coniando fosse stata notata una differenza 
in più o in meno di 12 denari, e di 2 grani in più 
o in meno di lega a libbra, dovevasi nondimeno dai 
saggiatori approvare la emissione, purché la diffe- 
renza venisse compensata nelle successive tratte. 
Se poi questa differenza fosse stata minore, non ri- 
chiedevasi alcun compenso. La moneta doveva da 
una parte portare l'impronta della croce con l'iscri- 
zione all' intorno De Vulterra e dall'altra la figura 
del Vescovo benedicente e presso alla testa del Ve- 
scovo una crocetta con stella e lo scritto Episcopus 
Ranuccius. 

Per questa concessione, che doveva durare quat- 
tro anni, con altro atto si fissò il compenso o l'as- 
segno che doveva ricevere il Vescovo : e bisogna 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 295 

credere che le zecche offrissero vistosi guadagni se 
permettevano d'esser così generosi col concessionario. 

I conduttori dunque si impegnarono di pagare 
al Vescovo per ciascuna libbra di piccioli, 3 soldi di 
denari, e per assicurargli veramente quest'utile rima- 
sero d'accordo di assegnargli 30 soldi tutti i giorni 
non festivi, sia che si fosse o non si fosse lavorato ; 
e nei giorni in cui la battitura fosse risultata mag- 
giore, e quindi le competenze del Vescovo fossero 
state superiori ai 30 soldi, il di più doveva essergli 
pagato e non compensato con i giorni in cui la la- 
vorazione fosse risultata minore. 

II Vescovo si riserbò l'elezione dei saggiatori, 
e degli intagliatori dei conii e degli altri ferri neces- 
sari alla zecca, pur confermando a m.° Vanni da Fi- 
renze orefice la commissione precedentemente da- 
tagli. Oltre alla moneta piccola ricordata, consentì 
che i monetieri battessero altri pezzi con i consueti 
segni e lettere, nei quali pezzi dovessero mettere 
un'oncia e un grano d'argento fino, il doppio del- 
l'argento usato per la lega del denaro. Commise poi 
a m. Benedetto abate di S. Salvi presso Firenze di 
sorvegliare la cesellatura dei conii, partecipando con 
sua lettera all'orafo la delegazione fatta. 

Con tutto che negli atti citati sia detto della 
moneta que nitnc fabricatiir, si rimane nella incertezza 
che la moneta sia stata effettivamente coniata, perchè 
un anno dopo, con data 8 giugno 1323, trovasi un 
altro atto d'allogazione. Vannuccio di Petruccio di 
Cambio mercante e banchiere senese, Paniccia di 
Luto da S. Gemignano e Guglielmo di Giuntarino da 
Cunigliano del contado fiorentino ed altri loro soci 
assumono la coniazione della moneta piccola alla lega 
di mezz'oncia d'argento a libbra, da ripartire ogni 
libbra di metallo in tanti piccoli denari del comples- 
sivo valore di 55 soldi con tutte le condizioni espresse 



296 ALKSSANUHO LISÌNI 



nei precedenti contratti, dividendo gli utili nel modo 
che appresso viene fissato in altro atto consecutivo. 
Delle dodici parti degli utili o altrimenti degli scapiti, 
quod Deus avertat, dice il documento, quattro dovevano 
andare a prò' o a scapito a Vannuccio Petrucci ed 
ai suoi fratelli, due parti a Tingoccio di Baldo Tolomei 
da Siena, due parti a Meo d'Arezzo, tre parti a Pa- 
nicela e finalmente una parte a Guglielmino da Cu- 
nigliano. 1 soci assegnano al Vescovo i trenta soldi 
al giorno come negli atti precedenti, con promessa 
di pagarli anche nel caso che la corresponsione per 
la moneta battuta fosse risultata minore. Vannuccio 
si obbliga in fine al Vescovo, in nome di tutti, alla 
osservanza delle cose promesse sottoponendosi, nel 
caso contrario, a pagare fiorini 500 d'oro a titolo 
di penale. Quattro mesi appresso la società richiese 
ed ottenne dal vescovo Ranuccio, il quale si dichiara 
investito a detta concessione per autorità imperiale, 
anche il permesso di lavorare monete grosse d'ar- 
gento fino, al peso di Siena e di Firenze. Le prime 
monete dovevano contenere undici once e mezzo 
d'argento a libbra senese e per ogni libbra dovevasi 
ricavare il valore di soldi diciassette. E avvertito che 
si prò libra essent duo grossi plus ve! minus, dummodo 
in deliveratione sequenti f adendo, debeant computar i et 
reduci ad dictam rationem solidorum decem et septem. 
Si vero essent minoris numeri debeant delivrari non 
computando posteci in minori numero, nisi in dictis duo- 
bus grossis. Si vero in deliveratione /adendo esset in 
fondere, pondus unius denarii argenti fini prò libra plus 
vel minus, possit per deliveratores fieri deliveratio, re- 
staurando postea in deliverationibus faciendis. 

Il conio della moneta doveva avere da una parte, 
la croce in mezzo e all'intorno un'altra piccola croce 
con la leggenda R' EPS D' VVLT'. (Ranuccius episcopus 
de VuUerra) e dall'altra, la figura àe\Y Agnus Dei so- 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 297 



stenente una croce e intorno altra piccola croce con 
punto e la iscrizione: ECCE ÀGNVS DEI. 

Le seconde monete d'argento dovevano conte- 
nere per ogni libbra fiorentina sette once d'argento 
fino e per il valore a libbra di soldi diciassette e denari 
dieci da emettersi con le condizioni e compensazioni 
sopra accennate II conio doveva avere da una parte 
la croce nel mezzo, accantonata da due stelle contrap- 
poste, e all'intorno altra piccola croce con punti e la 
leggenda DE VVLTERRA; dall'altra l'immagine del Ve- 
scovo benedicente come nelle altre monete volterrane, 
con la differenza di due mitre in più collocate presso 
la testa del vescovo e nel circolo esterno la leggenda 
EPISCOPVS RAYNVCCIVS. 

Il Vescovo con sua lettera commise a Simone 
del fu Gianni Orlandini da Firenze e al più volte 
ricordato Paniccia da S. Gemignano non soltanto 
l'esecuzione di questi conii, ma ve ne aggiunse un 
altro per una moneta più piccola non descritta nel- 
l'atto di concessione, ma che si può sospettare do- 
vesse essere un bolognino per la disposizione delle 
lettere che ordinò incidersi in una faccia della mo- 
neta stessa. Nella lettera di commissione si legge : 
Item alias ferros prò moneta nostra parva fabricanda 
in uno quorum, in medio circuii interioris, sii < rux, et 
supra ipsam crucem intra circulum extcriorem sit cru.x 
parva puntata citm his lietcris: DE VVLTERRA. Et alio 
vero, intra circulum interiorem, sint sculk hec lictere: 
CTS et supra dietimi • V • intra circulum e.xteriorem sit 
cru.x parva puntata cum his lietcris EPiScopus RAYNVCr///s. 

Senza volere escludere l'esistenza di tutte queste 
quattro monete ricordate nei documenti, soltanto due 
oggi si conoscono del vescovo Ranuccio, cioè il grosso 
portante nel & -- + R • EPS : DE : VVLT Nell'area la 
croce. 9 — + ECCE : A&NVS DEI. Nell'area la figura 
dell'Agnello divino che regge una piccola croce, 



298 



ALESSANDRO LTSINI 





ed il denaro piccolo simile a quello del vescovo Ra- 
nieri. La leggenda di questo è, nel Ì& — + EP RA- 
NVCCI. Neil' area busto del Vescovo benedicente. 
9 — • + • D • VVLTERRA. Croce nell'area. Pesa poco 
più di un mezzo grano , mentre il grosso pesa 
gr. 1,500 circa. 




Con questi pezzi termina la serie delle monete 
volterrane coniate nella Città e nelle terre del suo 
vescovado. Ranuccio morì nel 1348, forse durante 
la memorabile pestilenza avvenuta in quellanno, e 
dopo di lui non v'è memoria che i suoi successori 
abbiano fatto coniare moneta. 

Il Comune di Volterra alla metà del secolo XIV, 
si trovò coinvolto in molte guerre civili causate dal- 
l'ambizione dei suoi cittadini, e se volle ristabilire una 
relativa quiete fu costretto a porsi sotto l'accoman- 
digia della Repubblica di Firenze; e perchè questa 
più volonterosa ne prendesse la protezione, dovette 
obbligarsi a pagarle un censo annuo di 1000 fiorini 
d'oro. I fiorentini, per le convenzioni intercedute tra 
le parti, mandarono a capo della Città, un loro con- 
cittadino col titolo di capitano, il quale poco alla 
volta con le sottili arti fatte usare da quella repub- 
blica ai suoi rappresentanti, venne a sottoporre Voi- 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 299 



terra totalmente alla dipendenza di Firenze. Un ten- 
tativo di ribellione fu fatto circa il 1472 a causa dell'ap- 
palto delle miniere d'allume del territorio, che rende- 
vasi lesivo agli interessi dei volterrani. E fu per questa 
cagione che suscitatasi nella Città una sedizione 
popolare contraria ai fiorentini, si licenziò il Pretore 
e si abbassarono tutte le insegne di Firenze e si ri- 
conquistò per breve tempo la libertà. Ma i fiorentini 
assoldate molte milizie, che posero sotto il comando 
di Federico degli Ubaldini conte d'Urbino, fecero 
cinger d'assedio Volterra e introdotte di notte tempo 
le loro milizie nella fortezza col tradimento dei sol- 
dati che i volterrani avevano chiamato a propria difesa, 
per due giorni intieri misero a ferro e a fuoco tutta la 
città, di modo che Volterra da quel giorno rimase 
per molto tempo depressa e desolata, ne valsero i 
privilegi e le grazie in seguito concesse ai volterrani 
da Lorenzo dei Medici, allora potente in Firenze, per 
farla risorgere nel primiero stato : soltanto poterono 
quei privilegi render più tollerabile ai cittadini la 
soggezione alla repubblica fiorentina. 

Il cronista senese Tommaso Fecini, contempo- 
raneo a quegli avvenimenti e quindi meritevole di 
esser creduto, ha lasciato nelle sue cronache questo 
ricordo: « 1472 marzo. 1 volterrani ebbero differenza 
u con i fiorentini e ferno una balìa e volersi dare a 
« più potentati e batterno la moneta ». Ma di quest'ul- 
tima circostanza non trovansi memorie nei documenti 
volterrani da noi veduti, forse perchè dai vincitori 
furono distrutte le carte di quel breve periodo di 
libertà. E se durante questo tentativo di ribellione 
alcuni denari furono coniati come affermazione di 
ricuperata indipendenza, probabilmente quelle mo- 
nete non ebbero corso o lo ebbero soltanto per 
tempo brevissimo. Oggi non si conosce alcun esem- 
plare di quel denaro e quindi, se pure esiste, deve 
considerarsi di una estrema rarità. 



300 ALESSANDRO USINI 



SIGILLI DEL COMUNE DI VOLTERRA. 

11 più antico stemma del Comune di Volterra, 
che pur dovettesi incidere nel primo sigillo solenne 
della città, consistette nel grifo alato di rosso in 
campo bianco. 

Questo favoloso animale dal corpo di leone e 
dalla testa, ali e piedi d'aquila, che stette a simboleg- 
giare la forza con l'agilità, probabilmente fu assunto ad 
impresa pel fatto d'averlo trovato di frequente usato 
come emblema di vigilanza nei numerosi monumenti 
etruschi della antichissima città. 

Nel 1254, durante le rivoluzioni politiche avve- 
nute in questa regione, cacciati i ghibellini da Vol- 
terra e passato il governo della cosa pubblica in 
potere dei guelfi, lo stemma del Comune venne mo- 
dificato. A dimostrazione del partito politico domi- 
nante allora si sottopose al grifo un drago (insegna 
dei ghibellini) nell'atto d'esser dilaniato dal grifo, 
per denotare la vittoria dei guelfi volterrani o meglio 
fiorentini sul partito imperiale. 

In quella stessa occasione anche lo stemma in- 
nalzato dal popolo, che consisteva in uno scudo 
spaccato d'argento e di rosso, subì una trasfor- 
mazione. 

La croce che dovette impugnare il vescovo 
Ranieri II nelle ricordate rivoluzioni per fare argine 
alle vittoriose milizie fiorentine che accingevansi a 
dare il guasto alla città, fu assunta come impresa 
dal popolo a memoria dello scampato pericolo; e 
quando si volle riportare questa stessa impresa nella 
moneta si aggiunse la leggenda : Crux est Victoria 
nostra, completando l'allusione a quel fatto. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 



30I 



Il più antico sigillo del comune di Volterra non 
si conosce. Nel Museo civico conservasi quello rin- 
novato dai guelfi nel 1254, già altra volta pubblicato 
dal Manni (0. 

Nel sigillo vedesi inciso il grifo nell'atto di di- 
laniare il drago, con questa leggenda all' intorno : 

VRBI VVLTERRE PAREATIS VNDIQVE TERRE. 




Anche il Museo nazionale di Firenze nella sua 
copiosa raccolta sfragistica conserva un sigillo del 
Comune di Volterra. Questo secondo sigillo, simile 
nell'impresa al primo, dovette essere usato nel se- 
colo XIV, e porta all'intorno un'altra leggenda, cioè: 

SIGILLVM VVLTERRANE CIVITATIS. 




(1) Manni Domenico. Osservazioni isteriche sopra i sigilli antichi dei 
secoli bassi. Firenze, 1739, tomo III: sigillo n. 7, pag. 59. 



302 ALESSANDRO LISINI 



Oggi il Comune mantiene la stessa impresa, ma 
volta in senso opposto a quella che vedesi incisa nei 
vecchi sigilli ; cioè, si rappresenta col grifone di 
rosso ed il sottoposto drago di verde rivolti a sini- 
stra, il tutto su campo d'argento. 

(Continua). 

Alessandro Lisini. 



DUE MEDAGLIE CASALESI ANONIME 

DEL SECOLO XVI 



Nella seconda metà del secolo XVI furono coniate nella 
zecca di Casale due piccole medaglie, delle quali non tro- 
vasi più ai nostri giorni che qualche raro esemplare. E benché 
esse abbiano eccitato più volte la curiosità de' numismatici, 
nessuno però ne ha fatto cenno finora; forse perchè, essendo 
esse anonime e senza data, male si prestavano ad un'esatta 
interpretazione dell'epoca e dello scopo della loro coniazione. 

Avendo avuto l'opportunità di fare qualche studio su 
queste due medagliette, ne presento la figura, aggiungen- 
dovi pochi cenni storici, che forse varranno a spiegarne 
l'origine rimasta fino ad oggi oscura. 




<&' — Effigie del vescovo mitrato, a sinistra ; SANCTVS 

EVASIVS, in cerchio di perline. 
9 —Nel campo: FRVGI - PARSIMO-NI/E in tre righe, 

entro cerchio di perline. 
Rame, mill. 16, peso gr. 1,12. 




& — Effigie del vescovo mitrato, a sinistra ; SANCTVS 
EVASIVS. 



304 FLAVIO VALERANI 



I}l — Nel campo: FRV- G-ÀLITA— TI in tre righe, in cer- 
chio di perline. 

Rame, mill. 16, peso gr. 0,85. 

Così, nel diritto di amendue le medaglie abbiamo l'iden- 
tico busto del vescovo : nel rovescio invece varia è la leg- 
genda, benché il concetto ne sia il medesimo. 

Che esse appartengano alla zecca di Casale, non può 
esservi dubbio; perchè l'effigie di Sant'Evasio, protettore di 
questa città, non appare mai sopra alcuna moneta o meda- 
glia d'altra zecca. Quanto poi all'epoca della coniazione, 
malgrado la mancanza d'ogni indizio (anno, nome o stemma), 
la si può argomentare dall'esame comparativo con le monete 
di questa zecca; e quest'esame c'induce a credere siano 
state battute verso la fine del cinquecento o poco dopo. Ma 
quale fu l'occasione che die luogo a questa battitura: quale 
lo scopo ? ( l ) 

Nessun documento né sincrono, né posteriore, viene a 
illuminarci : nessun accenno nei libri, negli scritti, negli epi- 
stolari dei contemporanei lascia intravedere la soluzione del 
problema. 

Intanto è da escludere che esse siano state coniate 
per ricordare qualche avvenimento politico o militare, man- 
cando ogni accenno relativo, tanto nel diritto quanto nel ro- 
vescio delle due medagliette. 

Fra queste incertezze mi parve opportuno riandare tutta 
la storia casalese di quel secolo e del successivo, in traccia 
di un evento o di un fatto valevole a darci un'appagante 
spiegazione ; ed ora ho la convinzione di aver raggiunto 
P intento. Credo di appormi al vero affermando che l'occa- 
sione di questa battitura fu presentata dall'inaugurazione del 
Monte di Pietà in Casale. Nessun altro evento cittadino, tanto 
di quella epoca, quanto dei tempi posteriori, vale a fornirci 
una spiegazione di uguale o maggiore evidenza. 

La fondazione del Pio Monte devesi quasi intieramente 
all'opera benefica del vescovo Benedetto Erba, mantovano, 



(1) In alcuni cataloghi queste due medaglie sono erroneamente clas- 
sificate tra le monete, quali quattrini del duca Ferdinando. 



DUE MEDAGLIE CASAI.ESI ANONIME 305 



che resse con esemplare carità la diocesi casalese dal 1570 
al 1576. Nello scopo di frenare l'usura, che, con grave no- 
cumento dei poveri bisognosi, regnava allora in Casale, il pio 
vescovo pensò di creare un Monte di prestito su pegni: e 
questo avvenne specialmente per consiglio ed eccitamento del- 
l'arcivescovo di Milano S. Carlo Borromeo, che venne a visi- 
tarlo a Casale, essendo a lui legato per molta stima ed amicizia. 

Grande era la miseria della città in quegli anni calami- 
tosi. Le lunghe guerre degli anni precedenti, la scarsità dei 
raccolti, la gravezza delle imposte, la peste che continuava 
a serpeggiare e a mietere vittime; tutto contribuiva ad ac- 
crescere il numero dei poverelli (0. Aggiungasi che parec- 
chie famiglie facoltose aveano dovuto lasciare il paese, per 
le persecuzioni del duca Guglielmo Gonzaga nella sua lunga 
lotta contro Casale, per spogliarla d'ogni privilegio: tanto che 
la città, la quale un decennio prima, a testimonianza di Ste- 
fano Guazzo, contava quindici mila abitanti, sullo scorcio 
del secolo non ne conteneva più che undici mila. 

Fu nel periodo di queste strettezze economiche che 
mons. Erba, nell'agosto 1575, promosse una sottoscrizione 
fra i principali cittadini di Casale (tanto nobili quanto bor- 
ghesi d'alto rango, leggesi in un documento), i quali pro- 
misero di sborsare una certa somma, a titolo di elemosina, 
allo scopo esclusivo di creare il Pio Monte, a sollievo e a 
beneficio dei poveri bisognosi di qualunque condizione. La 
sottoscrizione non salì che alla somma di 943 scudi ; e a 
capo della lista stava il nome del vescovo con 50 scudi. 
Egli però non ebbe il conforto di veder compiuta l'opera 
sua ; perchè passò di questa vita il 28 dicembre 1576 ( 2 ), 
mentre l'inaugurazione del Monte non avvenne che il 6 
maggio 1577 (3). 



(1) In una lettera di S. Guazzo, in cui e descritta Casale di quei 
tempi, e il vivere degli abitanti, si legge : « Rendite piccole, spese so- 
verchie, et pegni agli hebrei „ (v. Le/fere del sig. Stefano Guazzo, ediz. 
di Venezia, 1590, pag. 15). 

(2) Nel suo testamento il vescovo Erba, con altri pii legati, lasciava 
ancora 150 scudi all'erigendo istituto del Monte. 

(3) V. in line, il documento dell'inaugurazione, che tolgo da un ma- 
noscritto esistente nell'Archivio del Monte di Pietà di Casale. Si noti 



3°6 



FLAVIO VALERANI 



All'epoca dell'inaugurazione il capitale versato era so- 
lamente di 740 scudi ; somma che venne poi man mano cre- 
scendo, grazie alla pietà di successivi benefattori. Alcuni cit- 
tadini, fra quelli che maggiormente eransi interessati all'ere- 
zione del Monte, furono chiamati ad amministrarlo, col titolo 
di Reggenti ( l ). 

Tornando ora alle due medaglie, panni non si possa 
dubitare che esse siano state coniate appunto all'epoca in 
cui fu eretto questo pio istituto. È vero che dalla loro iscri- 
zione, in cui si accenna a frugalità e parsimonia, è mani- 
festo il pensiero del risparmio ; epperò parrebbe che esse 
abbiano a ricordare l'istituzione di una Cassa di risparmio, 
anziché quella di un istituto di beneficenza. Giova però no- 
tare che la Cassa di risparmio non venne fondata e aggiunta 
al Monte se non qualche tempo dopo : i due istituti erano 
uniti, ed il servizio amministrativo era comune ; è perciò 
probabile che le due medagliette ricordino anche la fonda- 
zione della Cassa. 

D'altro canto non conviene dimenticare che il Monte, 
nei primi anni di sua esistenza, soleva somministrare agli ac- 
correnti prestiti in natura, cioè grano, meliga e altre sostanze 
di prima necessità; le quali erano poscia restituite, all'epoca 
del disimpegno, nella stessa quantità e qualità ricevuta. Era 
pertanto utile che venisse ricordato e consigliato a questi 
accorrenti il risparmio e la frugalità, se pur volevano met- 
tersi in grado di restituire, al debito tempo, le sostanze tolte 



ohe il nome di S. Evasio, la cui effigie campeggia sul diritto delle due 
medaglie, e pure invocato nell'intestazione del documento; ciò che 
viene a conferma del mio asserto sull'epoca e scopo della coniazione. 
(1) Anche il duca Guglielmo Gonzaga, che erasi limitato a conce- 
dere permesso all'erezione del Monte, ne favori più tardi, l'incremento; 
come appare da un suo editto, in data 28 maggio 1580, nel quale or- 
dina espressamente a tulli i Notari inanzi che riceviiw il testamento o 
codicillo o dona/ione per causa di morte, overo altra ultima volontà, siano 
tenuti avvisare li Testatoli, overo Donanti, se le piace di lasciare alcuna 
sua facoltà al dello Monte, et che di tale ammoni/ione appaia per esso 
medesimo testamento o codicillo o vero altra ultima volontà. Lo stesso 
duca poi riordinò l'amministrazione, commettendola a due cavalieri 
della città col titolo di Presidenti, dei quali riserbò a sé la scelta. 



DUE MEDAGLIE CASALESI ANONIME 307 



ad imprestito : e a quest'ufficio servivano benissimo le me- 
daglie che portavano impresso il salutare consiglio (0. 

È anche da ritenere che le due coniazioni siansi susse- 
guite a breve distanza, considerando l'identità del conio 
nella protome del Santo vescovo, l'identità del concetto 
nella leggenda, e infine l'identità del metallo e delle dimen- 
sioni. E verosimile che, esaurita l'emissione della prima me- 
daglia, ne sia stata ordinata una nuova battitura, variandone 
soltanto il motto. E se la prima è dovuta, come credo, al 
vescovo Benedetto Erba, la seconda sarebbe da attribuire 
al suo successore Alessandro Andreasi che continuò a pro- 
teggere il pio istituto o ad altro vescovo degli anni poste- 
riori. Epperò invano si cercherebbe, fra i decreti ducali della 
monetazione monferrina, qualche documento riguardante il 
conio di queste medagliette; perchè non fu il duca che primo 
abbia pensato a erigere il Monte. 

La coniazione è dovuta a quelli stessi che, con senti- 
mento di carità, s'affaticarono a creare l'istituto ; e scopo 
della medaglia era il ricordare un avvenimento importante 
per Casale, che fu tra le prime città ad avere un Monte di 
Pietà. Ritengo che le medaglie venissero distribuite, nei 
primi tempi, quale monito di parsimonia, ai poveri che pi- 
gliavano a prestito le sostanze più necessarie al vitto ; forse 
coll'obbligo di riportarle, quando si presentavano pel disim- 
pegno. E probabilmente ne fu anche fatto dono a ciascuno 
di quei generosi cittadini, che colle loro oblazioni avevano 
aiutato l'opera pietosa del vescovo, e resa possibile la crea- 
zione del Monte e della Cassa di risparmio. 

(usale Monferrato, apule 1009. 

Dult. Flavio Valekani. 



li' Anche il dotto collega ed amico cav. dott. Giuseppe Gioreell : , 
peritissimo della storia del Monferrato, partecipa a questo mio giudizio 
su lo scopo delle due medaglie, e su l'epoca della loro coniazione. 



308 FLAVIO VAI.KRAN'I 



DOCUMENTO. 

AI. NOME DEL S." IMO ET DELLA GLORIOSA MADRE 

ET DEL PROTETTORE NOSTRO S. EVASIO 

in Casale 

Aìli 6 WtJgilio 1577. 

Doppo l'essersi solertissimamente cantato la Messa del Spirito S.'" 
nella Chiesa Cathedralc di questa Città per la fondatione del Monte 
della Pietà si è latto la processione geiìale dalla detta Chiesa sino al 
Monastero di S. Domenico, ove si è eretto il detto Monte alla presentia 
ci intervento dell' III. 1 "" et Rcv.'"" Monsig. Gio. Vincenzo Gonzaga priore 
di Barletta come intervenendo a nome et in luogo dell'Ili. 1 " Ecc. S. Duca 
nostro Guglielmo et Mons. Andrea Cernola Vie. Episc. le in nome di 
Monsig. Reverend." Alessandro Andreasio Vescovo di Casale r; il Re- 
verendo Sig. Alessandro Mola Preposto - il Rev.' 1 " Sig. Cesare Na- 
zaro Arcidiacono — il R.» Padre Gio. Batta Castiglione Guardiano di 
S. Antonio — il R. L. F. Bartolomeo de Monteregali Sotto-priore, et in 
nome del Supperiore di S. Domenico r_. il Sig. Corrado Mola dottore = 
il Sig. Angustino 'ribalderò medico il S. r Guido Grosso nobile — il 
S. r Bonifacio Passato nobile : — il S. Gio. Antonio Guaita il S.' Squartia 
mercante — il S. 1 Gio. Domenico Vialardo mercante — tutti Sig. rl Pre- 
sidenti, et il S. ! Giacomo Capello depositario et me Evasio Carena No- 
taro = et Gio. Antonio Ferrari fattore, officiali d'esso Monte, al quale 
se gli è datto principio a imprestare con il nome del Signor Iddio, et 
come di sopra, in questo luogo di San Domenico alli 8 di Maggio 1577, 
gratis; et se gli attende il Mercore et Sabato due volte il giorno per 
buon principio, et coll'aiuto del S."' di bene in meglio. 

dott. r Evasio Carena. 



NEC R O LOG1 E 



VINCENZO DESSI. 

Il giorno 30 scorso dicembre moriva a Sassari il cava- 
liere rag-. Vincenzo Dessi. Fu appassionato raccoglitore e 
studioso delle monete della sua Sardegna, sulle quali pub- 
blicò numerosi lavori, di cui tre apparvero sulla nostra 
Rivista. Da tempo egli attendeva alla illustrazione completa 
delle zecche Sarde, illustrazione che certo sarebbe riuscita 
ottima ed esauriente, stante la competenza e la lunga pra- 
tica fatta da lui in questo ramo della numismatica. È a spe- 
rare che questo materiale non vada disperso e che qualche 
persona competente pensi un giorno a riordinare e comple- 
tare i materiali radunati dal Dessi e a darci una monografia 
completa dalla monetazione Sarda, che fino ad oggi ebbe 
pochi cultori. 



GIOVANNI PAOLO LAMBROS. 

E morto quasi improvvisamente e in età ancor valida 
il chiaro archeologo e numismatico ateniese Giovanni Paolo 
Lambros, che aveva anche una fiorente casa di commercio 
nelle antichità, che era considerata la più antica del genere, 
fondata nel 1840. Dotto in tutti i rami dell'archeologia e 
della storia antica, si era poi da molti anni dedicato con 
passione alla numismatica, possedendo egli stesso una bel- 
lissima collezione di monete greche. Di lui è nota l'opera 
sulle monete antiche del Peloponneso, con 16 tavole. Appas- 
sionato per l'Italia e in relazione di studi con molti italiani, 



310 NECROLOGIE 



frequentava il nostro paese, specialmente in occasione dei 
Congressi, e ognuno lo rammenterà infaticabile relatore di 
storia e di epigrafia al Congresso internazionale di Roma, 
nel 1903, e a quello internazionale di Berlino nel 1908. Ol- 
treché socio della Società Numismatica Italiana, fu tra i soci 
fondatori del Circolo Numismatico Milanese, che egli aiutò 
continuamente, approvandone il programma di diffusione delle 
cognizioni numismatiche in Italia. 



PIETRO CHANOUX. 

E morto all'Ospizio dell'ordine mauriziano del Piccolo 
San Bernardo l'abate comm. Pietro Chanoux, che da 50 anni 
viveva lassù nella solitudine alpina al governo di quelPOspi- 
zio-ricovero. Il Chanoux era come il venerando della mon- 
tagna. Da mezzo secolo si era ridotto nel suo eremo, sepolto 
per sei mesi dell'anno nella neve come custode di quel 
valico, meta di tante escursioni, pronto a ricevere sotto il 
suo tetto ospitale i viandanti ed i viaggiatori per diletto, 
bisognosi di letto e di conforto. 

Aveva vissuto lassù, nel silenzio solenne, divino delle 
sue cime, intento ed assorto nella sublime opera d'amore, 
cosicché pare oggi che non solo un santo scompaia: ma che 
l'anima stessa della montagna si diparta con lui. 

Nel raccoglimento diuturno egli s'era approfondito nelle 
scienze naturali : e il giardino, oasi miracolosa su quelle 
vette, sarà il gentile simbolo della sua memoria. 

Ma l'abate Chanoux era anche numismatico, e in una 
sala nell'Ospizio ordinò cronologicamente in vetrine esposte 
al pubblico le numerose monete che gli antichi romani per- 
devano man mano nel valico del S. Bernardo e che egli 
andò amorosamente raccogliendo. 



VARIETÀ 



Il medagliere di Casa Savoia. Le effigie di Re Vit- 
torio e della Regina Elena. — L'u aprile scorso il sena- 
tore Frola, sindaco di Torino, fu ricevuto in udienza privata 
da S. M. il Re, al quale fece omaggio delle medaglie fatte 
coniare da quel Municipio coll'effigie del Re e della Regina 
a complemento della Storia metallica della Real Casa di 
Savoia. 

Successivamente eguale consegna fece al Senato del 
Regno, che nelle sue sale tiene il medagliere dei Reali di 
Casa Savoia. 

Fin dal 1757 Re Carlo Emanuele III aveva concepito il 
pensiero di far rappresentare tutti i sovrani di Casa Savoia 
mediante una serie di medaglie, le quali portassero da un 
lato la immagine del principe e della relativa consorte, dal- 
l'altro un emblema allusivo a ciascun personaggio. Affidava 
l'incisione dei ponzoni al celebre Lorenzo Lavy, e l'abate 
Berta ebbe l' incarico di comporne le leggende e immagi- 
narne gli emblemi. Quel principe moriva mentre era com- 
piuto il lavoro di 77 ponzoni, ma non ancora coniata alcuna 
medaglia, e la splendida opera sua giacque dimenticata nella 
zecca di Torino, finché Carlo Felice si persuase di fare al- 
meno nota al mondo l'esistenza di un tanto lavoro, pubbli- 
cando, incisi su lastre di rame, i disegni dei ponzoni. Questi 
disegni apparvero in un volume, col titolo di Storia metallica 
della Real Casa di Savoia, in Torino, nel 1828, pei tipi della 
Stamperia Reale; la serie delle medaglie, che nei ponzoni 
del Lavy giungeva a Vittorio Amedeo III, venne continuata 



s 



•^ T2 VARIETÀ 

fino a Carlo Felice: le incisioni furono opera dell'illustre 
Pietro Palmieri; Galeani Napione premise una sua introdu- 
zione al volume, e Pietro Datta diede, col concorso del Na- 
pione, la spiegazione delle leggende e degli emblemi. 

Ma con tutto ciò, il grandioso concetto di Carlo Ema- 
nuele III rimaneva ancora sempre abbandonato, e nel tempo 
stesso era pure frustrato improvvidamente il grave dispendio 
ià fatto per una tanta opera monumentale. 

Se non che il colimi. Luigi Torelli, ministro di agricol- 
tura, industria e commercio, visitando nel dicembre 1864 la 
zecca di Torino, ebbe occasione di vedere quei magnifici 
ponzoni colà giacenti da quasi un secolo, inoperosi; e col- 
l'intento di soddisfare al lustro della dinastia e della nazione, 
deliberò tosto di farne completare la serie, conducendola da 
Beroldo, primo conte di Savoia, a Vittorio Emanuele II, 
primo Re d'Italia, e procacciare alla storia ed all'arte ita- 
liana il presente medagliere. Presi gli opportuni accordi 
colla Real Casa, onde provvedere ai mezzi occorrenti, il mi- 
nistro commise ai più abili artisti italiani la formazione dei 
nuovi conii. 

La Regia Zecca di Torino rimise nel 1870 i conii e pun- 
zoni alla R. Accademia delle Scienze, e questa poco dopo 
al Museo civico. 

La Giunta municipale di Torino, in data 8 luglio 1885, 
deliberò di completare la storia metallica di Casa Savoia, 
mandando ad aggiungere alla collezione dei conii i ritratti 
delle LL. MM. il Re Umberto I e la Regina Margherita. 

Infine la Giunta, nel 26 marzo 1902, sempre per com- 
pletare il medagliere di Casa Savoia, ordinò le medaglie con 
le effigie delle LL. MM. il Re Vittorio Emanuele III e la Re- 
gina Elena di Montenegro. 

Affidò l'incarico di dettare le iscrizioni al comm. prof. 
Ettore Stampini, che le dettò nel modo seguente : 

Medaglia per il Re. Da un lato : VICTORIVS EMMÀ- 
NVEL III - VMBERTI I F. - REX ITALIAE. Dall'altro: FIDIS- 
SIMA ITALORVM SPES -- MAGNI AVI OPTIMIQVE PATRIS - 
VESTIGIA PREMENS - OMNE DECVS - PATRIA POLLICETVR 

Medaglia per la Regina. Da un lato: ELENA A MONTE 



VARIETÀ 313 

NIGRO - DABEATIVM VICTORII - EMMANVELIS MI VXOR 
Dall'altro: SPECIE VENVSTA HABITV PROCERA - MODESTA 
PIA MVNIFICA - VXORIS MATRIS REGINAE - PARI VIRTVTE 
MVNERA PRAESTAT 

L'incarico della incisione e coniazione delle dette me- 
daglie venne dato all'incisore Giuseppe Tua. 

Il coordinamento dei Medaglieri italiani al Con- 
gresso della Società per il progresso delle scienze a 
Firenze. — A proposito di questo argomento, già da noi 
accennato nel fascicolo scorso, ecco il riassunto contenuto 
negli Atti^ ricevuti or ora dalla direzione del Medagliere di 
Brera : 

" La seduta si apre alle ore 15 con la comunicazione del 
prof. Serafino Ricci sul Coordinamento delle collezioni numi- 
smatiche nei pubblici medaglieri. Egli parla a nome della So- 
cietà italiana di numismatica, del Gabinetto di Brera e del 
Circolo numismatico milanese. 

" Le condizioni dei medaglieri italiani sono tutt'altro che 
felici: vi sono parecchie collezioni notevolissime, ma esse 
sono per la maggior parte disgregate, e non rispondono agli 
scopi e alle esigenze che sono richieste dalla scienza. Manca 
soprattutto il coordinamento dei pubblici medaglieri, nel senso 
di completare uno, due o tre medaglieri di indù!; generale, 
e di formare poi e completare parecchie collezioni regionali 
o locali; ma, per far ciò, occorrono i cataloghi scientifici delle 
pubbliche collezioni numismatiche. Al Congresso storico su- 
balpino di Voghera (settembre 1908) è stato votato un ordine 
del giorno diretto a ottenere una legge sui cambi e sulla 
vendita dei duplicati, il che è grandemente desiderabile; ma 
ciò dovrebbe andar congiunto a una maggiore libertà da 
concedere ai direttori dei singoli Istituti. E però deplorevole 
che la numismatica sia stata esclusa dalla Scuola italiana di 
archeologia, e non sia rappresentata nelle cattedre degli isti- 
tuti d'istruzione superiore. Egli propone quindi l'ordine del 
giorno seguente: 

" La Sezione XVIII di archeologia al II Congresso della 
Società italiana per il progresso delle scienze in Firenze, 



3*4 



VARIETÀ 



" udita la relazione del prof. Serafino Ricci, di Milano, sul- 
" l'urgenza del coordinamento delle collezioni numismatiche 
" nei pubblici medaglieri, esprime il voto che il Consiglio 
" superiore d'Archeologia e Belle Arti faccia oggetto spe- 
" ciale dei suoi studi tale coordinamento nei rapporti tanto 
'• con le collezioni, quanto con l'insegnamento numismatico, 
" in modo che l'Italia mantenga, anche sotto questo rispetto, 
" il primato che le spetta nella sua tradizione numismatica. 
" Perciò raccomanda vivamente all'illustre suo presidente, 
" prof. Luigi Milani, di farsi interprete dei desideri della se- 
" zione archeologica del Congresso di Firenze presso il Con- 
" siglio, di cui egli fa parte „. 

" Milani approva i concetti espressi dal referente sul coor- 
dinamento delle singole collezioni, per quanto sia d'avviso 
che non tutti siano pratici ed attuabili. Circa ai cambi dei 
duplicati essi sono bensì ammessi, ma è pur vero che sono 
circondati da tali difficoltà, che si rendono molto scabrosi: oc- 
correrebbe maggior libertà ai singoli direttori. Quanto all'in- 
segnamento universitario, un breve corso di numismatica sa- 
rebbe certo importantissimo, ma tale insegnamento dovrebbe 
accoppiarsi a quello della paleografia. Infine, per ciò che con- 
cerne l'ordine del giorno presentato dal prof. Ricci, ritiene 
che, siccome non tutte le questioni svolte dal Ricci sono ve- 
ramente pratiche e attuabili, meglio sarebbe votare un or- 
dine del giorno semplicemente per invocare l'insegnamento 
della numismatica negli Istituti superiori. 

" Pigorini riterrebbe opportuno affidare al prof. Milani 
l'incarico di trattare queste questioni in seno al Consiglio 
superiore di Antichità e Belle Arti. 

" Ricci difende la sua proposta di votare un vero e pro- 
prio ordine del giorno per l'intera questione numismatica. 

" Pigorini insiste sulla opportunità di affidare l'incarico al 
prof. Milani di svolgere quéste considerazioni. 

" Milani risponde che è opportuno riconoscere che lo 
Stato spende per le collezioni numismatiche somme ingenti, 
mentre forse, con somme molto minori, si potrebbero acquistare 
pezzi ugualmente importanti. Non ritiene quindi conveniente 
un coordinamento che si riduca a continue proposte di acquisti, 
tali da diventare uno sperpero del pubblico denaro: tuttavia 



VARIETÀ 315 



talune proposte del prof. Ricci vogliono certo essere prese 
in particolare considerazione, ed egli accetta l'incarico affi- 
datogli di trattarne in seno al Consiglio superiore di Antichità 
e Belle Arti „. 

Osservazioni. — Ogni lettore vede che anche il prof. Mi- 
lani trova che tanto la proposta di far presto i cataloghi 
delle collezioni numismatiche, quanto quella di coordinare gli 
acquisti con un criterio generale costante, siano questioni 
gravi e che abbisognino di soluzione, non meno che quella, 
già da noi accennata in questa Rivista, della necessità del- 
l'insegnamento numismatico negli Atenei, e specialmente 
presso la Scuola italiana di archeologia in Roma. Ora il let- 
tore leggerà qui sotto la risposta del Consiglio Superiore 
Centrale per le Antichità e Belle Arti, auspice il prof. Milani, 
alle proposte importanti del prof. Ricci. 

Risposta del Consiglio Centrale per le Antichità e 
Belle Arti alla proposta di coordinamento delle colle- 
zioni numismatiche. — La Direzione del Medagliere Na- 
zionale di Brera ricevette tempo fa questa lettera di S. E. 
l'on. Rava : La Sezione I del Consiglio Super, per le Anti- 
chità e le Belle Arti, relativamente alle proposte contenute 
nella comunicazione del prof. Serafino Ricci al Congresso 
delle Scienze in Firenze, ha deliberato il seguente ordine del 
giorno : 

" La Sezione è di parere che non si debba costituire 
" un fondo speciale per gli acquisti numismatici, esistendo 
" già presso il Ministero un fondo comune, dal quale, caso 
" per caso, si può attingere quando sia strettamente neces- 
" sario. 

" Pei bisogni normali di Gabinetti numismatici crede 
" che si dovrebbe provvedere, aumentando le dotazioni spe- 
" cialmente nei Musei dove vi sono medaglieri d'importanza 
" mondiale, e nei quali, e per i quali conseguentemente, è 
* pure necessaria l'opera assidua di uno speciale ispettore. 

" La Sezione non crede necessaria la creazione di un 
" Consiglio speciale per la numismatica, questa disciplina es- 



316 VARIETÀ 



" sendo rappresentata sufficientemente nel Consiglio Su- 

" periore. 

" Quanto al coordinamento delle pubbliche collezioni 

" numismatiche è di parere che, in massima, ogni Gabinetto 

" debba accrescere particolarmente la serie d'interesse lo- 

" cale e regionale, ma non senza trascurare il complemento 

" occasionale di quelle serie che sono con le prime intima- 

" mente connesse, e delle altre che, per speciali circostanze, 

" siano state già costituite e formino una gloria dei singoli 

" Istituti. 

" Procedendosi ad acquisti di intere collezioni numisma- 

" tiche, il Consiglio Superiore sarà in grado di indicarne, a ra- 

" gione veduta, il ripartimento nei vari Medaglieri dello Stato,,. 

Non si poterono sottoporre al parere del Consiglio Su- 
periore le conclusioni relative all'insegnamento numismatico, 
essendo tali questioni, come tutte quelle attinenti all' inse- 
gnamento, di esclusiva competenza del Consiglio Superiore. 

Il Ministro 
firmato RAVA. 

Osservazioni. — La risposta del Consiglio Superiore è 
tutt'altro che esauriente. Il fondo speciale per la numisma- 
tica era richiesto dalle speciali condizioni nelle quali si 
trovano i soli direttori dei medaglieri, di aver bisogno da 
un giorno all'altro (per concludere, come si suol dire, un 
buon affare) di una certa somma, spesa con la loro respon- 
sabilità, a vantaggio del Museo che essi dirigono. Ci vuol altro 
che domandare permessi, telegrafare, ritelegrafare, attendere 
che il Consiglio Superiore si convochi, e poi far aspettare 
ai rivenditori per lo meno sei mesi per le inevitabili e com- 
plesse pratiche di burocrazia !... Cosi, non se ne farà mai 
nulla ; oppure si perderanno intere collezioni a buon prezzo, 
per riacquistarle col triplo, come è avvenuto ! Bisognerà 
quindi insistere per l'aumento delle dotazioni annuali dei 
singoli medaglieri. Meno male che rimase impregiudicata 
la questione dell'insegnamento, poiché l'aggregarlo alla cat- 
tedra di paleografia, secondo l'opinione del Milani, a noi sa- 
rebbe parso un grave errore. 



VARIETÀ 317 



Domanda di aumento di fondo dotale del R. Museo 
Numismatico di Brera. — La direzione di questo Museo 
diramò agli on. Deputati lombardi questa circolale : 

" L'on. conte Carlo Ottavio Cornaggia, deputato di 
Milano, accettò gentilmente l'incarico di parlare, in sede di 
bilancio, del fondo annuale del Medagliere nazionale di Brera. 
Siccome so quanto stia a cuore anche a Lei, illustre Deputato, 
le sorti del medagliere più importante della Lombardia e di 
uno dei più storici e più ricchi medaglieri d'Italia, m'affretto 
ad avvertirLa della cosa, affinchè, o nella forzata assenza del 
relatore on. Cornaggia, o nel caso di dover prendere la 
parola per corroborarne la proposta, Ella sia edotto dell'ar- 
gomento e cerchi di portarvi il pregiato contributo dei Suoi 
consigli e dei Suoi mòniti al Governo. 

" S. E. l'on. Rava, ministro dell'istruzione, non fu mai 
alieno, da due anni a questa parte, dal concedere fondi straor- 
dinari, per quanto molto ristretti, per acquisti ad aste pubbli- 
che a favore del Medagliere nazionale di Brera; ma non ha 
mai portato il fondo dotale da L. 1500 annue a L. 3000 fisse, 
come per lungo periodo d'anni fu, quando appunto si notò 
il costante incremento nelle collezioni numismatiche di Brera. 

" Ora, se Ella considera che nelle L. 1500 sono comprese 
tutte le spese di riscaldamento, illuminazione, vestiario dei 
custodi, cancelleria, posta, manutenzione e pulizia dell'ufficio, 
piccole spese, troverà veramente irrisoria quella somma per 
acquisti di monete e medaglie e per compera di libri! 

" Qual direttore può stare al corrente della scienza e 
non lasciarsi sfuggire i pezzi migliori per completare le col- 
lezioni, con quello che resta di tutte le spese suaccennate, 
quando un pezzo solo talora raggiunge e supera, per la sua 
rarità numismatica, le lire mille! Qui non si tratta di mag- 
giore o minore larghezza di bilancio; si tratta di un semplice 
scherzo continuatosi per tutta la gestione Ambrosoli, durante 
la quale il fondo dotale era di L. 600, e fu da me portato fino 
alle famose attuali 1500. Ma si tratta di uno scherzo di cat- 
tivo genere, perchè è a danno delle collezioni, della scienza, 
e, quel che è più, del decoro nazionale. 

* Né si obbietti che il ministro concede una o due volte 



318 VARIETÀ 



l'anno qualche fondo straordinario, poiché il direttore abbi- 
sogna spesso di denaro speciale in cassa, e solo allora può 
giungere in tempo, con un pronto e oculato pagamento, a 
dare al medagliere pezzi ottimi a poco prezzo, che all'asta 
salgono, pur troppo, per la gara dei concorrenti, a somme 
talora favolose. Ora l'attuale direttore è obbligato ad anti- 
cipare del suo, o a pregare mecenati locali a sborsare per 
lui i danari, o a fare contratti a condizione di attesa fino a 
sei mesi, tutti ripieghi indegni di una amministrazione sana 
ed onesta, quale dovrebbe essere quella d'ogni nostro pub- 
blico ufficio. 

" Lo scrivente quindi, per tutte queste ragioni, pregò 
l'on. Cornaggia di insistere, affinchè il fondo dotale di questo 
museo sia raddoppiato in L. 3000 annue. 

" Accolga frattanto, onorevole Signore, i miei ossequi e 
ringraziamenti anticipati dal devotissimo 

" firmato: Serafino Ricci, Direttore „. 

Recenti acquisti del Museo Numismatico di Brera. 

— Con un fondo straordinario autorizzato da S. E. il Mini- 
stro dell'Istruzione di complessive L. 3500, su proposta del 
direttore del Medagliere braidense, prof. Serafino Ricci, fu- 
rono aggiunti alle collezioni numismatiche di Brera i se- 
guenti pezzi : 

Nella serie greca e della Magna Grecia. Furono comple- 
tate le collezioni sotto il rispetto topografico, colmando le 
lacune di monete di città mancanti a Brera con pezzi corri- 
spondenti d'argento e di bronzo per i seguenti luoghi: Stur- 
ninni, Tyrrheni, Caena, Phistelia, Mesma, Pandosia, Motya, 
Graxa, Consentia, Laus, Adranum, Osicerda, Alibani, Tea- 
num, Sidicinum, Amestratus, Neapolis, Potidea, Mende, Se- 
lymbria, Edessa, Eion, Pidna, Myrina, Ef estia, Calcidice, 
Imbro, Ortagoria, Elaeus, Nymphaeum, Odessus, Troiana, 
Odrysae, Crithote, Capsa, Madytus, Plotinopolis; inoltre fu- 
rono acquistate le monete dei re Sparadacus e Mosses. 

Nella serie romana : un denaro della Aemilia e della 
Aqnillia, un quinario della Cordia, un medaglione d'argento 
di Augusto, un denaro di Clodio Macro con la Sicilia, un 



VARIETÀ 319 

aureo e un quinario di Domiziano, un gran bronzo di Adriano 
con il rovescio della Annona, un medaglione in bronzo di Tre- 
boniano Gallo e Volusiano, un medaglione in bronzo di Anto- 
nino Pio e un altro di Marc'Aurelio ; inoltre un raro bronzo 
imperiale di Smirne e un altro di Ottone per Antiochia ; 
tutti pezzi mancanti a Brera e importantissimi. 

Nella serie medioevale furono arricchite le collezioni delle 
zecche italiane con uno scudo d'oro d'Aosta per Carlo II, 
con YAmatrice e la moneta-medaglia di Antonio Pignatelli 
per Belmonte, oltreché con pezzi di minor importanza, però 
mancanti a Brera, delle zecche non ancora rappresentate di 
Capua, Casteldurante, Pontcstura, S. Martino dell' Argine, 
Torre del Greco e Valenza. 

Nuove Medaglie. — Fra le molte medaglie in questo 
primo semestre dell'anno coniate in Italia, notiamo, per inte- 
resse storico e artistico, quella offerta a Camillo Boito in 
Milano, il 20 marzo se. nella grande aula dell'Accademia di 
Belle Arti, con epigrafe di Francesco Novati. Essa riproduce 
ridotto (milì. 66) il ritratto somigliantissimo e scultorio di 
Luigi Secchi, inciso da Angelo Cappuccio e coniato dallo 
Stabilimento Johnson. La medaglia d'oro fu donata su un 
dado di lapislazzuli su disegno dell'ardi. Sommaruga, con 
ornamenti a cesello del Lomazzi. 

Coniate dallo Stabilimento Johnson uscirono pure le me- 
daglie d'oro ideate dal Pogliaghi e donate come insegna del 
valore ad ogni singolo reggimento italiano e francese del 
1859. Le medaglie, del diametro di mill. 44, furono pure in- 
cise dal valente Cappuccio e rappresentano da un Iato le 
figure d'Italia e Francia e dall'altro la leggenda: EXERCI- 
TIBVS LATINIS LIBERATORIBVS ANNO A BELLO GESTO ET 
LIBERTATE ADLATA QVINQVAGESIMO CIVITAS MEDIOLA- 
NENSIS D. D. MCMIX. 

A un altro famoso architetto, che è anche sommo ar- 
cheologo, Alfredo d'Andrade, fu offerta una medaglia col suo 
ritratto di profilo a sin. da un Iato e dall'altro una castellana 
che reca il progetto del castello di Fenis. È opera di D. Ca- 
landra, con la data 1909 delle solenni onoranze a lui rese in 
quel castello che, per merito suo, rivisse la vita di un tempo. 



320 



VARIETÀ 



Un'altra pregevole medaglia fu offerta al senatore Luigi 
Luzzati. Speriamo di poter illustrare maggiormente alcuna 
di queste medaglie nel prossimo fascicolo. 



Vendita della Collezione Romana Weber. — Nello 
scorso maggio ebbe luogo a Monaco, sotto la direzione del 
dott. Jacob Hirsch, la vendita della collezione romana già 
appartenente al console Weber di Amburgo. Un'altra grande 
collezione privata, una delle poche ormai esistenti, che andò 
dispersa e buona parte della quale prese posto definitivo 
nelle collezioni pubbliche. Alcuni pezzi vennero acquistati 
dai gabinetti di Roma e di Milano ; ma la parte migliore 
andò ad arricchire quelli di Vienna e di Berlino. 

Diamo qui un saggio dei prezzi ottenuti per i pezzi più 
importanti. 



N. 



46 
747 
773 
1234 
1259 
1453 
1548 

1597 
1776 
1779 
1791 

1794 
1810 
1964 
2044 
2061 
2121 
2136 
2252 
2268 
2301 
2310 
2349 
2351 
2362 

2365 
2377 



Dupondio di Sutrio . 

Aureo di Lepido 

Aureo di Numonio Vaala 

Aureo di Tito e Giulia 

Med. d'argento di Domiziano . 

Aureo di Trajano, Adriano e Plotina 

Medaglione di bronzo d'Antonino Pio 

Medaglione di Lucilla 

Aureo di Manlia Scantilla 

Aureo di Didia Clara 

Aureo d'Albino .... 

Med. di bronzo d'Albino . 

Med. di bronzo di Sett. Severo 

Aureo di Diadumeniano . 

Med. di bronzo di Aless. e Mamea 

Aureo d'Uranio Antonino 

Med. d'argento di Gordiano 

Med. d'oro di Gordiano 

Aureo d'Emiliano 

Med. d'oro di Valeriano . 

Med. d'oro di Gallieno 

Med. d'argento di Salonino 

Aureo di Leliano 

Aureo di Vittorino . 

Aureo di Claudio 

Med. d'oro d'Aureliano 

Aureo di Severina 





M. 


1875 




» 


2950 
1500 




n 


1650 




» 


3825 


ma 


» 


1800 


Pio 


n 


2550 




V 


1000 




» 


2325 




n 


2200 




n 


3400 




» 


1825 




n 


1000 


1 


ìt 


3700 
1000 




» 


3000 




» 


1800 




M 


1200 
1300 




V 


1400 




n 


1500 




» 


1325 




» 


4725 




» 


1300 

J275 




V 


»675 




» 


2725 





VARIETÀ 








321 


N. 2394 — 


Aureo di Floriano M. 


2600 


. 2453 — 


Med. d'oro di Diocleziano 






11 


3400 


,, 2491 - 


Aureo di Carausio 






»i 


1425 


» 2501 - 


Aureo di Alletto 






„ 


1975 


» 2519 — 


Aureo di Elena . 






11 


2150 


» 2579 ~ 


Med. d'oro di Costantino M. 






11 


8000 


„ 2580 - 


» » *i 






„ 


i°75 


. 2592 — 


n » v 






» 


11600 


„ 26I4 - 


Med. d'arg. di Crispo 






11 


'55° 


„ 2627 — 


Med. d'oro di Costantino II 






w 


6700 


,, 2643 


Med. d'oro di Costanzo II 






ti 


4000 


„ 265O — 


v « » 






.11 


1125 


» 2734 — 


„ „ Valente 






.. 


1300 



Il Museo Britannico ha acquistato la collezione di mo- 
nete antiche della Palestina già appartenuto al defunto si- 
gnor Leopoldo Hamburger di Francoforte sul Meno. Questa 
serie, ricca di 2700 pezzi, contiene delle rarità, specialmente 
fra le monete della seconda rivolta degli Ebrei sotto Adriano. 

Ripostiglio di monete bizantine. — A Varna sul 
Mar Nero i lavori del porto misero in luce un ripostiglio di 
circa 150 kilogr. di monete di bronzo dell'epoca di Giustiniano. 

Gli avanzi della zecca di Milano romana. — In una 

nota Recenti ritrovamenti a Milano, letta all'Istituto Lom- 
bardo di scienze e lettere, agli 11 giugno 1908, il prof. At 
tilio De Marchi ha trattato dei ruderi di un vasto edificio, 
apparso negli sterri fatti per la costruzione del nuovo palazzo 
della Banca d' Italia. L'edificio fu già ritenuto da altri un 
tempio ; ma il De Marchi ne dubita per più ragioni, ed os- 
servando come esso sorgesse in una località vicina alla quale 
corre una via detta Moneta e sorgeva nei secoli scorsi una 
chiesa di S. Mattia alla Moneta, e come altri esempi mila- 
nesi dimostrino quanto è tenace la tradizione dei nomi locali, 
mette innanzi l'ipotesi che quei ruderi siano gli avanzi della 
Moneta, ossia della zecca di Milano romana, ricordata anche 
da Ausonio fra gli edifici monumentali di Milano. 

Una grida monetaria del 1438 per Viterbo. — No- 
tiamo nell'ultimo fascicolo uscito dell' 'Archivio della R. So- 



41 



322 



VARIETÀ 



cietà Romana di Storia Patria (voi. XXXI, fase. III-IV) l'ar- 
ticolo di C. Pinzi : Lettere del legato Vitelleschi ai priori 
di Viterbo dal 14JJ al 1440. In data 29 giugno 1438 egli 
decretava che i provisini si spendessero e si ricevessero ogni 
cinque per un denaro. In appendice a questo decreto è data 
la tariffa o valuta delle monete in corso, bandita di quei 
giorni per ordine del Vitelleschi in Viterbo e in tutte le terre 
della sua legazione, e cioè : 

Bolognino romano, cinquini IV. 

Bolognini aquilani et altri bolognini picholini, cinquini III. 

Grossi della colonna dì peso, bolognini IV romani III, cinquini et de- 
nari III l'uno. 

Carlini, overo grossi papali di peso, XXVI cinquini : cioè bolognini VI 
et mezzo. 

Ducato romano et altri fiorini di camera di peso, carlini X et bolognini 
III ovvero bolognini LXVIII romani. 

Ducato veneziano et ducati nuovi coll'arma del papa Eugenio, bolognini 
LXX romani, o vero carlini X et bolognini V. 

Bolognini marchisciani et celle aquilane, cinquini VI l'uno. 

Bolognini nuovi romani papali, li quali abiano da uno canto scolpita la 
figura di San Pietro, et dall'altro dui chiavi incrociate, vagliano et 
currano VI cinquini et IV denari l'uno. 

Medaglie di Isabella d' Este. — Alessandro Luzio 
nell'Archivio Storico Lombardo (fase. IV, 1908) ha pubblicato 
dei documenti interessantissimi intorno ad Isabella d' Este 
all'epoca del sacco di Roma (1527) e della sua passione per 
l'acquisto delle medaglie antiche. E fornisce l'elenco di quelle 
trovate nella Grotta d'Isabella d' Este, aggiungendo alcuni 
pezzi cavati dal libretto di spesa di quell'anno. Ad es. 19 
febbraio. " A Zo. banchero de piaza Giudea schudi 37 d'oro 
di sole per la valuta de medaglie 16 di metallo antique „. 
" A Francesco che vende medaglie schudi 7 e l / t d'oro di 
sole per medaglie 15 antiche di metalo „. " A Nichollò di 
Firenze iuli 23 per una medaglia antiqua de uno Vespa- 
siano „. 3 marzo. 4 scudi io per 4 medaglie comperate in 
Campo di fiore, / marzo. 1 ducato per due medaglie: * uno 
Adriano et una Faustina „. 



VARIETÀ 323 



Due documenti per le zecche di Desana e di Frinco. 

— Inutile, in una rivista d'indole così speciale come la no- 
stra, qualificare o squalificare la produzione delle famose 
zecche di Desana e di Frinco sotto i Tizzoni, i Tornielli 
ed i Mazzetti. Troppi autori ne hanno trattato ed alle diverse 
pubblicazioni, più o meno remote del Gazzera, del Promis, 
del Morel-Fatio, del Demole, del Dionisotti, elencate nella 
Bibliografia Numismatica dei fratelli Gnecchi, s'aggiunsero, 
ultimi contributi, non spregevoli, quelli del Papadopoli, di 
E. Gnecchi, del San Rome, del Grillo, del Cunietti, del Ciani 
e d'altri, apparsi in questa medesima Rivista e nel Bollettino 
Numismatico. 

Noi, che della zecca di Desana ci siamo pure un tantino 
occupati, producendo il privilegio a favore del conte Filippo 
Tornielli (1527) e la concessione a Maffeo da Civate, il ce- 
lebre medaglista, di recarsi presso Aloisio Tizzoni a dirigerne 
nel 1525 la zecca ('), aggiungiamo qui un nuovo documento 
del 1585, in cui è cenno dell'arresto in Vercelli di un " messer 
Rolando mastro di zecca „ per smaltimento " di monete 
fabricate in Desana „. Trattasi di una lettera di Ludovico 
Valperga al marchese Filippo d'Este, luogotenente del duca 
di Savoia in Torino ( 3 ), che è tale : 

JU.mo e t Ecc.™» Signore, 

Inviai una mia delli due d'aprile a V. E. per staffcta, per la quale 
le fecci intendere, come era qui in castello all'arcsto, un messer Ro- 
lando mastro di zecca, per informationi che s' havevano contro di lui, 
d'hayer smaltite molte monete fabricate in Desana, a diversi mercanti 
di questo Stato, contra gl'ordini di S. Altezza et perchè egli ha confessato 
et accusati parecchi di questi mercanti eh' hano fatto trafico di simil 
monete prohibitc, viene il Fiscale di Vercelli da V. E. per dargli mi- 
nuto conto di quanto s'è fatto, acciò se le puossi provedere conforme 
a quello che da lei sarà sopra questo ordinato, et perchè da detto ti- 



fi) Cassetta numismatica, a. VI, 1886, 11. 12. — Rivinta Hai. di Niim., 
1893 e sgg. (Doc. visconteo-sfurzeschi, 11. 471, 495 e 499). 

(2) Biblioteca Trivutsiana. Fondo Belgioioso: corrispondenza d'Este- 
Suvoia, a. 1585. 



324 VARIETÀ 



scale intenderà il tutto, io non sarò più lungo, ma solo, baseiando a 
V. E. le mani humilmente pregandola a tenermi in sua gratia. 
Di Vercelli li 5 d'Aprile 1585. 
Di V. E. 

devotissimo Servitore 
Ludovico Valperga. 

Di Frinco e dei Mazzetti si occuparono di recente, più 
specialmente, il Ciani ed il Grillo ('). 

Importante e sintomatica assai ci sembra la lettera che 
qui segue, dal Mazzetti indirizzata nel febbraio 1600 al mar- 
chese d'Este, allora a Fossano, e tolta come la precedente 
dalle ricche collezioni trivulziane : 

III.™ et Ecc.mo m io Sig. r 

Già per un'altra mia diedi ragguaglio à V. S. Ill. ma et Ecc." 1 " che 
la zecca di Frinco lavorava di continuo con gran concorso de' mercanti 
et contra la forma della capitulatione accordata con S. A. Ser. m ", hora 
di novo ho voluto raguagliarla che non si cessa di lavorar con la im- 
pressione della stampa delle monete di Milano come mandandosi a 
veder se uè ritroverà il chiaro effetto. Io di ciò ne sento fastidio perchè 
simili abusi sono poi ascritti in generale alli Signori dil loco et pur io 
non ne sono né colpevole ne consentiente, oltra che sento malie che 
si alla scoperta si contravenghi alli capitolli accordati con S. A. et dar 
occasione al Stato di Milano di dolersi, pur poi che non si è fatto conto 
di provedergli, non né scriverò più di questo né d'altri molti abusi che 
si cometteno, bastarà sollo che io resti escolpato et habbi fatto il debito 
mio. La supplico nondimeno non comunicar questi avisi, con alcuno di 
quei Sig. ri Ministri per la causa che già nel'altra mia scrissi, et anco 
perchè ho suspetto che non vi intravenghi il consenso d'alcuno poi che 
totalmente si comporta questo misfato. Con qual fine basiando a V. S. 
Ill. ma et Ecc." m le mani, le pregilo dal Signore ogni contento. D'Asti li 
22 febrajo 1600. 

Di V. S. 111.'" 1 et. Ecc.™ 

Ser.re obligatiss.'no 
Giulio Cesare Macetti (2). 



(1) Rivista Hai. di Numism., Ili, 1902, pag. 88. — Bollettino Nudi., 
luglio 1907, pag. 102. 

(2) Trivulziana. Fondo Belgioioso, citato, ad annum. 



VARIETÀ 325 



La zecca di Desana diede più a lungo da fare a' tri-- 
bunali. Fra le consulte del celebre poeta dialettale e segre- 
tario del senato milanese, Carlo Maria Maggi, segnalate 
agli studiosi dal prof. Antonio Cipollini, ve n'ha una del 
9 luglio 1674 ancora accusante il conte di Desana d'intro- 
durre nel proprio feudo monete adulterate (>). 

E. Motta. 

Falsi monetari nella chiesa di Piona. — L'ing. Gius- 
sani nel suo pregevolo articolo : // priorato di S. Niccolò di 
Piona dopo i restauri (in Riv. archeol. di Como, fase. 56-58, 
1908, pag. 90) accenna anche agli ultimi anni di vita di quel 
monastero, che non corsero certamente splendidi, se nella 
chiesa s'erano perfino annidati i falsi monetari. Ne fanno 
prova i quattro coni usati per batter due monete d'argento, 
che il 19 settembre 1907 furono scoperti murati in un foro 
della parte destra della navata, sopra la porta che dà ac- 
cesso al chiostro, poco sotto il soffitto. Delle monete, l'una è 
un testone di Galeazzo Maria Sforza (1466-76); l'altra è un 
marcello di Pietro Mocenigo, doge di Venezia (1474-76). I 
quattro coni vengono ora conservati nel Museo civico di Como, 
cui furono donati. 

Quando operassero in Piona quei falsi monetari sarà dif- 
ficile di stabilire: forse nel 1574?.... 

Si potrebbe crederlo, ricordando che ai 9 luglio di quel- 
l'anno le tre Leghe dei Grigioni istituivano uno speciale 
tribunale penale per la punizione di una banda di tali mal- 
fattori scoperta sul lago di Como e che appunto falsificava 
monete milanesi, veneziane e genovesi (2). 

Monete gettate al popolo. — Il Perini nel Bollettino 
Ital. di Num. (n. 8, 1908) ha ricordato Le monete gettate al 



(1) " De inditijs resultantibus contra Coniitem Desanae occasione 
introductionis assium adulterinarum „. Cfr. Ardi. S/or. Lomb., XI, 1899, 

Pag- 3^7- 

(2) Cfr. Jeckun (F.): Materialien sur Standes-und Landesgtschichte 
Gem. Ili Blinde Bd. /. Bascl, 1907, pag. 211. 



326 



VAR1KTA 



popolo nella solenne incoronazione di Vincenzo 11, duca di 
Mantova nel 1627. 

Eguali episodi e nei diversi secoli, si ripetevano in Mi- 
lano. Così nel 1646 per l'entrata di Maria Anna di Spagna, 
nella nostra città dovevano venir gettati via " denari stampati 
a questo effetto... di valore di 3 fiorini l'uno, con l'effigie da 
una banda di Filippo IV e dall'altra della Ser. ma regina con 
lettere che dicevano Caracena Gubernante et il nome de 
proprii principi „. ma, aggiunge il cronista Cremosano (Ardi. 
Stor. Lomb., Vili, 1880, pag. 285), ne forte tumultus fieret in 
populo si tralasciò ed i " denari furono poi distribuiti a cu- 
rati delle parrocchie acciò essi a poveri della cura di cia- 
scuno fossero con carità ripartiti „. 

A festeggiare nel luglio 1701 l'elezione del nuovo re, 
dal cocchio del Governatore di Milano, lo scudiero di lui, un 
Egiél francese gettava " a piene mani monete d'argento 
coll'effigie del nuovo monarca coniate nella nostra zecca pel 
valsente di scudi 2000, e la plebe, aggiunge il Cusani (St. di 
Milano, II, 64), s'arruffava a raccoglierle, con diletto dei 
patrizi che senza smettere la contegnosa gravità d'etichetta, 
si divertivano di quella brutta gazarla „. 

Anche l'assunzione al trono di Francesco II imperatore 
fu come la sopra citata, sfarzosamente festeggiata nel 1792. 
Monete d'argento coniate per quella circostanza vennero 
gettate al popolo gremito nella piazza ducale. Avevano da 
un lato l'effigie dell'imperatore, dall'altro la leggenda: Loti- 
gobard. Fides Sacramento firmata, die 16 Sept. ijg2 (Cusani, 
op. cit, IV, 126). 

Saltando nel secolo decimonono troviamo ricordata ai 
15 maggio 1815 la solennità del giuramento di fedeltà al re 
Francesco I col vecchio cerimoniale spagnuolo che Maria 
Teresa e i suoi figli avevano conservato. Da quattro finestre 
del palazzo di corte vennero gettate al popolo le monete ri- 
cordatrici del fausto giorno ; monete d'argento del valore di 
una lira austriaca coniate nella nostra zecca. La biscia vi- 
scontea e il leone veneto sormontati dalla corona ferrea ; 
sotto un'ancora; all' ingiro: Franciscns Anstr. Imp.Hnn. Boh. 
Longob. Venet. Gal. et Lod. Rex A. A. Nel rovescio, sotto 
la corona imperiale : Fides Novi Regni Sacramento Firmata 
Mediolam XV Mail MDCCCXV (Cusani, VII, 255). 



VARIETÀ 327 

Medaglie nelle fondamenta del teatro della Scala. 

— Ai 25 gennaio 1776 un incendio distruggeva, come è noto, 
il teatro ducale di Milano e tosto si procedeva all'erezione 
dell'attuale della Scala, su disegno dell'arch. Piermarini, il 
di cui centenario è stato solennemente celebrato nello scorso 
settembre. 

Come l'usanza voleva, e tuttora si mantiene, varie me- 
daglie furono gettate fra le fondamenta del nuovo teatro, 
e parecchie in onore della marchesa Cusani-Litta coli' iscri- 
zione : Decus Insubri ae. 

A tal episodio richiama un sonetto dell'abate prof. An- 
gelo Teodoro Villa (Poesie. Pavia, Galeazzi, I, 144) che qui, 
a titolo di pura curiosità, riproduciamo. 

ALLA SIGNORA MARCHESA 

Donna CLAUDIA CUSANI nata LITTA 

IN OCCASIONE CHE FURONO GETTATE VARIE MEDAGLIE IN SUO ONORE 

FRA LE FONDAMENTA DEL NUOVO TEATRO DI MILANO 

COLL' INSCRIZIONE 

DECUS INSUBR1AE. 

Donna immortai, se qual mi sembri, e sei 

Oso ritrarti nel tuo stato altero, 

I versi, ove adombrarti io sol potrei 

Fregi si crederan, ch'io tesso al vero. 
Cara a Natura, al Ciel, su colli Ascrci, 

Cara alle Grazie hai d'ogni cuor l'impero: 

Ma non avran poi fede i versi miei, 

Chiamandoti d' Insubria onor primiero. 
L'avranno un di, quando atterrate e dome 

L'alte Moli dal tempo uscirà franco 

Dalle rovine il tuo superbo nome. 
E portando bei raggi impressi in fronte, 

Raggi di gloria, con quest'inno al fianco 

Vedrassi andar d'eternità sul monte. 

Ritrovo di monete del Canton Ticino nel Vallese. — 

Nello scorso settembre 1908 è stata trovata a Bovernier, 



328 VARIETÀ 



presso Martigny, nel Vallese, una cassa seppellita nel terreno, 
la quale conteneva circa 3000 pezzi da soldi 3 del Cantone 
Ticino, coniati nel 1835: essi sono perfettamente conservati. 
Il sig. Ch. de Rivaz, presidente della Società per la conser- 
vazione dei monumenti storici del Cantone Vallese, crede che 
quel gruzzolo sia il risultato dell'opera di falsi monetari. In- 
fatti quelle monete hanno il peso di grammi 1,73 ed il dia- 
metro di mill. 18,5, mentre i pezzi autentici pesano gr. 1,80 
e misurano mill. 20 di diametro. Il lavoro è abbastanza gros- 
solano {Boli Stor. d. Svizz. Ita/., nn. 7-12, 1908, p. 97). 



ATTI 



DELLA 

SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 



Seduta del Consiglio io Giugno 1909. 
(Estratto dai Verbali). 

Il Consiglio è convocato alle ore 14 nella Sala Sociale 
al Castello Sforzesco. 

I — Il Segretario A. M. Cornelio, dà lettura del Bi- 
lancio Consuntivo 1908 da presentarsi all'Assemblea gene- 
rale dei Soci. È approvato ad unanimità. 

II — Il Vice-Presidente, comm. Francesco Gnecchi, 
legge la Relazione sull'andamento morale della Società, du- 
rante il 1908, ch'è approvata. 

Ili — Si approva del pari la formazione del secondo 
fascicolo e di buona parte del terzo. 

IV — Il Presidente, conte Papadopoli, riferisce sulle 
sue pratiche col Ministero a proposito dell' insegnamento 
della Numismatica e dell'ordinamento delle collezioni pub- 
bliche («), pratiche che finora purtroppo non ottennero alcun 
risultato. II Consiglio discute sui modi di proseguire la 
campagna. 

V — Il Presidente chiede poi ai Consiglieri milanesi 
notizie intorno al trasferimento della Collezione di Brera al 
Castello, trasferimento che a quest'ora dovrebbe essere un 
fatto compiuto ; ma, avuto notizie che le cose sono ancora 
a un dipresso al punto dove si trovavano or fa un anno, 
propone d'inviare una sollecitazione al Ministero della P. I., 
proposta che viene accolta all'unanimità. 

La seduta è sciolta alle ore 14 3 /\. 



(1) Vedi particolari nella relazione sull'Assemblea generale qui in 
seguito. 



33° 



ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 



Assemblea Generale dei Soci io Giugno 1909. 
{Estratto dai Verbali). 



L'Assemblea generale è convocata nella Sala Sociale al 
Castello. Il Presidente conte Papadopoli alle ore 15 dichiara 
aperta la seduta e dà la parola al Vice-Presidente Francesco 
Gnecchi per la lettura della Relazione annuale, di cui ecco 
il testo : 

Soci e Collezioni Sociali. 

Alla fine del 1908 la nostra Società contava 16 Soci Be- 
nemeriti, 53 Effettivi e 64 Corrispondenti. Gli Associati alla 
Rivista sommavano a 130. Notiamo con dispiacere una di- 
minuzione nel numero di questi ultimi, in gran parte pur 
troppo rapitici dalla morte. Alcuni nuovi Soci entrarono du- 
rante l'annata, non sufficienti però a colmare completamente 
i vuoti. 

La nostra Biblioteca contiene oggi : 

Volumi N. 684 

Opuscoli ..... „ 1405 

Il medagliere, ora distribuito più razionalmente coll'aiuto 
di due benemeriti nostri Soci, signori Monti e Laffranchi, 
contiene: 



Monete 



Oro . 
Argento 
Bronzo 
Vetro . 



Medaglie j £ rgento 
f Bronzo 



Piombi 



N. 



14 

1215 

9610 

448 

24 
472 

161 



Totale pezzi N. 11944 



Dal grosso fondo di monete romane e tolomaiche, pro- 
venienti dal dono del benemerito Socio, cav. Giannino Dat- 
tari del Cairo, furono destinati gli ultimi tre lotti, di circa 



ATTI DKLLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 33I 



500 monete ciascuno, al Museo Civico di Brescia, a quello 
di Susa e al Gabinetto Num. del Collegio Rosmini a Domo- 
dossola. Così furono dieci le collezioni che fruirono di questo 
ammasso di monete, senza contare la nostra collezione so- 
ciale, la quale, secondo il desiderio del generoso donatore, 
ne ebbe la prima scelta. 

La " Rivista „. 

Possiamo dire che ormai la Rivista è entrata nel suo 
periodo di virilità, e la sua esistenza — se non materialmentej 
al che però si arriverà pure assai prima di quanto era lecito 
sperare — moralmente la possiamo dire assicurata. 

La Direzione non si è mai trovata in difficoltà per la 
materia. Essa affluì sempre abbondante, talché talora si do- 
vettero pregare alcuni nostri buoni collaboratori di pazien- 
tare, perchè l'estensione della nostra Rivista ha pure un li- 
mite che non possiamo di troppo oltrepassare. La varietà 
della materia ci pare che nell'anno scorso sia stato mante- 
nuta con sufficiente equilibrio. 

Le Collezioni pubbliche di Milano. 

Quando lo scorso anno annunciavamo la prossima riu- 
nione delle Collezioni pubbliche di Milano, la governativa e 
la municipale, al Castello Sforzesco, avevamo la convinzione 
che al giorno d'oggi la cosa dovesse essere un fatto com- 
piuto. Invece le trattative fra il Comune e il Governo si tra- 
scinarono — come pur troppo avviene di solito — tanto per 
le lunghe, che non sapremmo veramente dire quale passo 
si sia fatto durante il corso dell'anno. 

L' idea tuttavia permane, e noi ci limitiamo a sperare 
che ormai la realizzazione non sarà più lontana. 

Studi Numismatici. 

I voti espressi dal vostro Consiglio nella seduta del 19 
scorso gennaio vennero trasmessi al Ministero della P. I. 
accompagnati da una lettera del nostro Presidente. 

Crediamo che il mezzo più opportuno e più spiccio per 
informare i soci di tali trattative sia quello di comunicare 
la corrispondenza intervenuta. 



332 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 



Alla lettera del nostro Presidente il Ministro Rava ri- 
spondeva : 

" Ironia, addì y maggio njoy. 
" Ministero della pubblica istruzione. Direzione Generale per 
la Istruzione Superiore. Divisione II. N. di Posiz. 2j, 
Prot. J928. 

" Era già noto a questo Ministero l'estratto della Rivista 
Italiana di Numismatica, che la S. V. mi ha trasmesso con 
la lettera dell'8 aprile volgente ; ed io non posso che espri- 
merle tutto il mio compiacimento per l'interesse che codesta 
on. Società dimostra, non soltanto alle discipline numisma- 
tiche in generale, ma alla sistemazione delle nostre collezioni 
e dei medaglieri. 

" Debbo però significarle che due o tre anni fa fu fatta 
una proposta per l' istituzione di un corso di numismatica, 
da parte della Facoltà di Lettere di Roma : ma la proposta 
non potè essere accolta, perchè il Consiglio Superiore della 
P. I. espresse parere contrario. Se altre simili proposte per- 
verranno dalle Facoltà di altre Università, questo Ministero, 
che ben comprende l'importanza delle discipline numisma- 
tiche, non mancherà di prenderle in esame con tutta bene- 
volenza e di chiedere su di esse il parere del Consiglio Su- 
periore, riservandosi di deliberare poi in merito, a seconda 
di questo. 

Al Presidente della 
Società Numismatica Italiana IL MINISTRO 

Venezia. firmato RAVA „. 

A questa il Presidente replicava il 17 maggio colla 
seguente : 

" Venezia, iy maggio 1909. 
" Eccellenza, 

" Onorato della lettera dell' E. V., prendo occasione 
dall'interessamento in essa proclamato per gli studi numi- 
smatici, che, nel fervore di rinnovamento scolastico ond'è 
pervasa l'Italia, non vogliono essere trascurati, per richia- 
mare l'attenzione dell' E. V. su alcune mie idee al riguardo. 



ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 333 



" Che il Consiglio Superiore della P. I. abbia espresso 
parere contrario alla istituzione di Cattedre di Numismatica 
nelle singole Università, non mi fa meraviglia, perchè forse 
non volle aprire l'adito a una troppo abbondante fioritura 
di esse, ciò che non contribuirebbe certamente a mantenere 
il prestigio in che tutti vorremmo si conservasse questo spe- 
cialissimo insegnamento. Per tagliar corto a simili richieste, 
mi parrebbe opportuna e ragionevole l' istituzione di una 
Cattedra di Numismatica nella Scuola Superiore di Archeo- 
logia di Roma, dove appunto debbono formarsi quelli che 
saranno preposti ai nostri Musei. 

" Ed eccomi naturalmente condotto a parlare di ciò che 
costituisce la nostra vera e grande deficienza : le raccolte 
numismatiche dei Musei pubblici. Esse sono molte e ricche; 
ma, fatta qualche rara eccezione, sprovviste di cataloghi e 
prive di personale che possa mettersi a disposizione degli 
studiosi. Una raccolta numismatica è come una Biblioteca, 
senza catalogo e senza personale ; rimane un cumulo di te- 
sori inutili e male difesi. Alla vigilia dell'approvazione di una 
legge restrittiva che si propone d' impedire l'esodo delle 
monete, credo dovere imprescindibile del Governo provve- 
dere alla sistemazione delle raccolte esistenti, perchè non 
debba un giorno deplorarsi dagli studiosi che le monete siano 
rimaste in Italia per trovare nei Musei una nuova sepoltura 
poco dissimile da quella della terra donde sono uscite. Nei 
Musei esteri non solo è facile vedere e studiare le monete, 
ma da essi è agevole avere impronte e notizie sempre utili 
per quelli che non possono andarvi di persona : in quei 
d' Italia le cose vanno ben diversamente ed è inutile che io 
stia qui a ripetere fatti e notizie che tutti sanno. 

" Al senno e all'amore dell' E. V. per la nostra cultura 
non può mancare il modo di prescrivere sollecitamente di 
mettersi sulla buona via della formazione dei cataloghi al 
personale che abbiamo, di provvedere alle deficienze di questo 
con elementi nuovi e volonterosi, di far cessare insomma 
uno stato di cose troppo umiliante per il nostro amor pro- 
prio scientifico e nazionale. 

" Io sarei ben lieto se le mie parole dettate dall'amore 
che professo a questa scienza nobilissima alla quale ho con- 



334 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 



sacrato la mia vita intera, avessero la virtù di provocare 
provvedimenti savi e pronti che sarebbero al certo lodati 
dagli studiosi presenti e più ancora dai futuri che ne trar- 
ranno maggiore benefizio. 
" Con perfetto ossequio 

" firmato Pai'adopoli 
" Presidente della S. N. I. „ 

All'ultimo momento, in data cioè di ieri l'altro, giungeva 
al nostro Presidente l'altra seguente lettera del Ministro 
della P. I. 

" S Giugno iyoy. 
" Onorevole ed illustre Senatore, 

" Mi riservo di rispondere con separata lettera a quanto 
Ella mi ha scritto circa le raccolte numismatiche dei Musei 
pubblici ed ai provvedimenti eh' Ella, col grande amore che 
porta alla nobile scienza, suggerisce per rendere più utili e 
meglio sistemare le raccolte medesime. 

" Intanto, per quanto riguarda l'insegnamento della Nu- 
mismatica, che Ella desidererebbe fosse istituito nella Scuola 
di Archeologia di Roma, debbo osservarle che questa non 
è un istituto autonomo, ma fa parte integrante dell'Univer- 
sità ed è annessa alla Facoltà di Filosofia e Lettere, onde 
io non potrei di mia iniziativa istituirvi nuovi insegnamenti, 
poiché, a norma delle vigenti disposizioni, occorre all'uopo 
la proposta della Facoltà competente. Se la Facoltà romana 
di Filosofia e Lettere rinnoverà la proposta, che già fece 
qualche anno fa, per l' istituzione di un corso di Numisma- 
tica, io non avrò difficoltà a sottoporre la proposta stessa 
all'esame del Consiglio Superiore di P. I.; ma non posso 
tacerle a tale proposito che questo ebbe in passato a mani- 
festare parere contrario all'accoglimento della proposta. 

" Gradisca i miei ossequi e mi creda, 

" Aff. RAVA ,,. 
All'Onorevole 
Nicolò Papadopoli-Aldobrandiki 
Senatore del Regno 

VENEZIA. 



ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 335 

La Società però non si tiene paga di questa risposta, 
ma insisterà, principalmente sui due punti : 

I. Che in Italia venga istituita, a Roma o dove meglio 
crederà il Ministero, una cattedra di Numismatica ; 

II. Che sia provvisto a che le collezioni dei Musei, 
che non possono pretendere d'avere un direttore proprio, 
siano poste in grado di riuscire di utilità agli studiosi, vale 
a dire che siano provviste di buoni cataloghi redatti da per- 
sone competenti. 

Bilancio. 

Ed ora, venendo alla parte finanziaria, eccovi il Bilancio 
Consuntivo del 1908: 

Rimanenze attive del 1907. 

Quote da riscuotere da Soci ed Abbonati 

pel 1907 L. 120 — 

Fondo di cassa » 6292 65 

L. 6412 65 

Entuate dell'anno 1908. 

Quote di Soci e di Abbonati alla Rivinta L. 4527 60 
Interessi sul fondo di cassa in conto corr. » 211 35 

L. 4738 95 
Rimanenze passive. 
Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1909. . L. 180 — 

L. 11331 60 

Rimanenze passive del 1907. 
Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1908. . L. 60 — 

Spese del 1908. 

Stampa della Rivista e accessori. . . . L. 5167 60 

Fotoincisioni, eliotipie e disegni .... » 940 — 

Spese di Segreteria . •> 100 — 

Custode dell' Ufficio » 100 — 

Spese per la collaborazione della Rivista » 665 — 

Posta » 49 40 

L. 7022 — 



336 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 



Da riportarsi L. 7082 — 



Rimanenze attive al 31 Dicembre 1908. 

Quote da riscuotere da Soci e da Abbo- 
nati pel 1908 L. 80 — 

Fondo di Cassa » 4169 60 



L. 4249 60 
L. 11331 60 



Di 



mostratone. 



Attività in principio di esercizio . . . . L. 6412 65 
Passività » 60 — 

L. 6352 65 

Attività in fine di esercizio L. 4249 60 

Passività » 180 — 

L. 4069 60 

Diminuzione di patrimonio L. 2283 05 

Entrate dell'anno 1908 L. 4738 95 

Spese » 7022 — 

Disavanzo L. 2283 05 
// Segretario Amministratore: Angelo Maria Cornelio. 

Il nostro Bilancio dello scorso anno presenta dunque un 
disavanzo di L. 2283,05 pari al triplo di quello verificatosi 
nell'anno precedente. Mentre le entrate del 1908 furono 
press'apoco le stesse, la differenza passiva fu costituita to- 
talmente dalla spesa della Rivista, la quale, fra stampa, foto- 
incisioni, tavole e spese di collaborazione, raggiunse l'ammon- 
tare di L. 6821, superiore di circa L. 1400 alla spesa della 
Rivista nel 1907. Questo aumento corrisponde perfettamente 
alla maggiore spesa incontrata nel 1908 in causa del Fascicolo- 
Omaggio, pubblicato in onore di Solone Ambrosoli. Questo 
fascicolo, che contava ben 344 pagine e buona parte de' 
suoi Estratti furono stampati in un grandissimo numero di 



ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 337 



copie per poterle distribuire, com'era doveroso, alle Autorità 
e a tutte le persone che onorarono di loro presenza la bella 
cerimonia fatta in onore del rimpianto direttore del Gabinetto 
di Brera. 

Nell'anno corrente, cessata ogni opera straordinaria, la 
Direzione potrà rientrare per la Rivista nei limiti normali e 
dedicare invece i fondi esuberanti ad acquisti di libri, e ad 
altre spese pure necessarie, che furono sempre procrastinate 
per mancanza di mezzi. 

Pubblicazioni Numismatiche. 

Siamo lieti di poter chiudere questa nostra relazione 
annunciando che l'attesa dei numismatici italiani sta per es- 
sere soddisfatta. Il lavoro cui da tempo S. M. Vittorio Ema- 
nuele III Re d' Italia e nostro Presidente Onorario dedica 
le sue cure, è presso ad essere compiuto. Sono dodici 
anni che 1' idea dell'opera venne definitivamente concre- 
tata e decisa, e dodici anni certamente non furono troppi 
per maturare un lavoro di tanta importanza e di tanta mole, 
se si riflette alle molteplici e profonde cognizioni storiche 
che esso richiede e al moltissimo tempo che l'Augusto Au- 
tore non può sottrarre alle cure di Stato. 

Ma ormai le cose sono a buon porto, e crediamo non 
saranno che graditi alcuni particolari circa l'imminente pub- 
blicazione, particolari che solo da pochi giorni ci sono noti. 

Del primo volume contenente le monete di Savoia la 
materia è pronta e si darà mano alla stampa entro il cor- 
rente mese, ai Lincei (Salviucci) con caratteri fusi apposita- 
mente e con carta di Fabriano a mano. 

Nelle quattrocento o cinquecento pagine di questo vo- 
lume saranno descritte circa 3500 monete, delle quali circa 
700 saranno riprodotte in 42 tavole calcografiche, cui già 
da tempo sta lavorando la Ditta Danesi di Roma. 

Il secondo volume descriverà le monete del Piemonte, 
con un appendice delle zecche d'Oltremonti, di Savoia e 
Sardegna. 

Siamo dunque, come si dice, al principio della fine e 
speriamo che l'anno iniziato non terminerà senza che sia 

43 



338 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 

apparso il primo volume di un lavoro di cui siamo fieri per 
il nostro paese e per l'Augusto Autore che ebbe il coraggio 
di accingersi a un'impresa che nessun altro numismatico 
vivente avrebbe osato tentare. 

L'Assemblea approva la Relazione della Presidenza e il 
Bilancio Consuntivo 1908. 

Si passa da ultimo alla nomina di tre Membri del Con- 
siglio in sostituzione dei signori : cav. Giuseppe Gavazzi, 
prof. dott. Serafino Ricci, magg. generale Giuseppe Ruggero, 
scadenti per anzianità. Fatta la votazione, i tre Consiglieri 
uscenti, risultano riconfermati in carica. 

Vengono pure riconfermate per acclamazione le cariche 
sociali in corso per l'anno 1910. 

Alle ore 16 '/»> esaurito l'Ordine del Giorno, l'Adunanza 
è sciolta. 



Finito di stampare il 30 Giugno 1909. 

Achille Martelli, Gerente responsabile. 



FASCICOLO IIHV. 



APPUNTI 

DI 

\ 

NUMISMATICA ROMANA 



xciv. 
MEDAGLIONI SENATORI 

E BRONZI ECCEDENTI. 

Nulla di più ingrato che fare una ritrattazione; 
ma è pure altrettanto doveroso il farla, quando si è 
convinti d'aver commesso uno sbaglio. 

Diciasette anni sono, vale a dire nel 1892. pub- 
blicai uno de' miei Appunti, il XXV, dal titolo // Me- 
daglione Senatorio, nel quale assegnavo tale denomi- 
nazione a quei bronzi del Senato, i quali, coniati 
su di un disco più erto e più largo del comune, as- 
sumono l'apparenza del medaglione, pure essendo 
stampati coi medesimi conii delle monete correnti. 

Tre anni dopo e precisamente il 28 febbraio 
1895 il cav. Camillo Serafini faceva all'Accademia 
Pontificia Romana una lettura dal titolo : Di una re- 
cente teoria sulla classificazione del bronzo romano, pub- 
blicata poi nelle Dissertazioni dell'Accademia stessa, 
ed esponeva le sue osservazioni contro il citato mio 
articolo. Siccome però, ne io appartenevo a quel- 
l'Accademia, ne avevo allora l'onore di conoscere 



044 FRANCESCO GNECCHI 



personalmente il cav. Serafini, della memoria non 
ebbi alcun sentore e fu solo parecchi anni più tardi 
che essa mi venne comunicata dal compianto amico 
Ambrosoli, nell'occasione che il discorso ci aveva 
portati sull'argomento. 

La lessi, la studiai, me ne convinsi e, dopo 
tanto tempo, trovo finalmente l'opportunità di esporre 
una evoluzione d'idee provocata da quella memoria 
piena di buon senso e di acume critico. Essa com- 
batte dapprima la nota teoria del Kenner sulla mo- 
netazione leggera e pesante del bronzo romano ; ne 
prova la pratica assurdità e in questo l'autore è in 
perfetto accordo con quanto avevo anch'io scritto 
in proposito ; anzi nella memoria trovai citati pa- 
recchi passi di articoli miei inseriti nella Rivista. 
L'autore viene poi a combattere anche me ed è qui 
ove debbo ammettere che ha ragione lui, e per con- 
seguenza ho torto io, se non proprio in tutto, al- 
meno in gran parte. 

Prescindendo dalle piccole oscillazioni del se- 
sterzio — e dico piccole per modo di dire, mentre 
tali oscillazioni sono abbastanza sensibili, tanto che 
il Kenner ha trovato necessario di fabbricare su di 
esse tutto un nuovo sistema — io. avevo assegnato 
il nome di Medaglione senatorio a quei pezzi che, 
stampati coi conii comuni , rappresentano per lo 
meno un doppio sesterzio e talvolta raggiungono 
anche il peso di cinque, sei o più. 

Ora il Serafini, considerando che tali pezzi sono 
individualmente troppo rari e troppo irregolari, che 
non possiedono cioè quella sequenza e quella uni- 
formità che è necessaria per costituire una serie, 
paragonabile a quella dei medaglioni imperatorii, ne 
alcuna delle caratteristiche del medaglione eccetto 
la dimensione del disco, non li vuole considerati 
come tali; ma piuttosto come pezzi eseguiti acciden- 



MEDAGLIONI SENATORI E BRONZI ECCEDENTI 345 

talmente di quando in quando, vuoi come prove, vuoi 
per semplice capriccio e li vorrebbe chiamare bronzi 
pesanti o eccedenti. 

Le ragioni del cav. Serafini ben ponderate mi 
inducono ad accettare la sua opinione, salvo qualche 
piccola riserva ; come accennai e come spiegherò 
più tardi. 

Ammetto quindi che saranno meglio designati 
colla sua denominazione e rinuncio fin d'ora alla 
primitiva di Medaglioni senatori, con cui designai già 
questi bronzi. 



Con questo però non intendo punto che la serie 
dei Medaglioni senatori sia a radiarsi ; mi affretto 
anzi a soggiungere che la serie esiste sempre ; solo 
non è quella da me erroneamente indicata e invece 
la ritrovo e la riconosco in quei pezzi di gran mo- 
dulo, che portano impresse le lettere S C, presen- 
tando nello stesso tempo tutti i caratteri del meda- 
glione, conii speciali, rilievo più accentuato e arte 
superiore. 

Negli antichi cataloghi i medaglioni contrasse- 
gnati dalle lettere SC sono confusi senz'altro cogli 
altri medaglioni; vale a dire, alla piccola variante 
non si era badato. 

Alcuni numismatici espressero in seguito l'idea 
che le lettere SC vi fossero state impresse per er- 
rore, e anche il Serafini, seguendo la congettura di 
Eckhel, che tutto il bronzo fosse coniato nell'officina 
senatoria, la quale non imprimeva la sigla SC sui 
medaglioni perchè non destinati alla circolazione, ac- 
cetta e conferma la supposizione dell'errore. Ma io 
questa non la posso assolutamente accettare. 

È parlando d'un bronzo di Gallieno apparte- 



346 FRANCESCO GNECCHI 



nente al Gabinetto Vaticano, che il Serafini attri- 
buisce la sigla SC a un errore dello zecchiere. E la 
cosa potrebbe anche non recare meraviglia, se si trat- 
tasse di un unico pezzo di Gallieno. A quell'epoca 
può essere ammesso un errore di questo genere ; 
ma l'errore non è più ammissibile, quando si rifletta 
che il caso è tutt'altro che isolato, e che il mede- 
simo errore sarebbe stato ripetuto tante volte du- 
rante un periodo di tre secoli. 

Il Cohen ancora titubante, non sa appigliarsi ad 
un partito deciso e colloca alcuni di questi pezzi 
tra i gran bronzi, assegnando invece alla serie dei 
medaglioni quelli che ne mostrano più spiccatamente 
i caratteri; ma vi aggiunge la frase: « Vrai médail- 
lon malgré les lettres SC » frase che ha l'aria non 
solo di dubbio, ma quasi di tolleranza o di scusa. 

Io tolgo ogni indecisione e li chiamo senz'altro : 
Medaglioni con S C o Medaglioni Senatori, coniati cioè 
dall'autorità del Senato. E il fatto si spiega assai 
naturalmente. 

Le occasioni che si presentavano all'Imperatore 
o alla zecca imperiale di coniare pezzi speciali di 
dono o di ricordo, si presentavano pure, quantunque 
assai meno frequentemente, al Senato. Le due ca- 
tegorie di medaglioni aventi la medesima origine e 
la medesima significazione offrono i medesimi dati 
caratteristici esterni e, per quanto non paragonabili 
l'una all'altra ne pel numero, ne per l'importanza 
dei soggetti rappresentati e raramente per la bel- 
lezza dell'arte, pure formano due serie molto simili 
e parallele, contraddistinte unicamente dalla assenza 
o dalla presenza delle lettere SC. 

La divisione delle due serie non venne mai sta- 
bilita nettamente, e l' istituzione della serie senatoria 
è appunto quello che tento di fare in questo studio, 
seguendo il criterio accennato, il quale mi condurrà 



MEDAGLIONI SENATORI E ISRjNZI ECCEDENTI 347 

a mutare parecchie delle classificazioni stabilite da 
altri e per ultimo dal Cohen. Vi figureranno pezzi 
del Cohen collocati fra i bronzi comuni e vi saranno 
invece omessi altri che il Cohen collocò fra i me- 
daglioni, e d'ogni cambiamento darò la ragione. 



Prima di descrivere la nuova serie tenterò di ab- 
bozzarne un insieme generale e incomincierò accen- 
nando un fatto fin qui ignorato e che a molti anzi 
desterà meraviglia. Il medaglione senatorio è ante- 
riore all'imperatorio. Questo non appare che con 
Adriano, l'altro incomincia coi Flavii, precedendo 
quindi quello che doveva poi di tanto sorpassarlo 
in numero, di circa mezzo secolo. 

Cohen descrive, come appartenente al Gabinetto 
di Parigi, al n. 434/476 di Vespasiano, un gran bronzo 
di quest'imperatore colla quadriga trionfale e la sem- 
plice sigla S C all'esergo. 

Nella prima edizione vi fa seguire la nota: « Le 
» médaillon pareil estimé 150 f.cs par Mionnet ap- 
u partient au Cabinet des médailles. C'est un G B 
» frappé sur un gran flan » (0 e ne dà il disegno. 
Ora Cohen ha torto ed è il Mionnet che aveva ra- 
gione. Cohen non avverti che non si ha a che lare 
puramente col volume del metallo; ma che invece a 
questo corrispondono anche gli altri caratteri. Il cir- 
colo di perline ha un diametro superiore di circa 
due millimetri a quello dei sesterzi ordinarli di Ve- 
spasiano e il conio non è quello del gran bronzo. 
Il rilievo, specialmente nel rovescio, è assai superiore 
al comune e più grande è il disegno generale della 



(1) Nella seconda edizione si dice semplicemente " Le Cabinet de 
France en possedè un exemplaire frappé sur un flan du module 12 „. 



348 FRANCESCO GNECCHI 



quadriga, come è facile verificare confrontando il 
pezzo in quistione con altri sesterzi comuni dello 
stesso Vespasiano aventi il medesimo rovescio. Non 
si tratta dunque di un sesterzio eccedente; ma bensì 
di un vero medaglione, del primo (almeno finora) 
medaglione senatorio. E il secondo segue a brevis- 
sima distanza o anzi probabilmente gli è contem- 
poraneo. 

Il bel pezzo di Parigi mi fece sovvenire di posse- 
derne io pure uno simile di Tito. Lo ritrovai difatti 
frammisto agli altri sesterzi. Se non altrettanto bello 
e pesante come quello di Vespasiano, pure presenta 
le medesime proporzioni di diametro, di disegno e di 
rilievo. I due pezzi sono coniati nello stesso anno, 
nel settantadue o settantatre d. C, essendo Vespa- 
siano console per la quarta volta e Tito per la se- 
conda. Sono essi che aprono la serie del Medaglione 
senatorio e stabiliscono la priorità di questo sul Me- 
daglione imperatorio (I ). 

Sotto Domiziano non trovo conii che escano 
del comune, quantunque siano più frequenti che 
sotto ogni altro regno i sesterzi eccedenti e i cer- 
chiati. E qui, pure lasciando da parte questi pezzi, 
dacché non dobbiamo prendere in considerazione che 
quelli apprestati con conii speciali, non posso a 
meno d'accennare come in essi si debba riconoscere 



(1) Tra i sesterzi di Vespasiano e di Tito ve ne sono alcuni altri 
che eccedono alquanto la dimensione comune. Il diametro del circolo 
di perline è generalmente di 30 millimetri, giusti per Vespasiano, un 
pochino scarsi per Tito ; talvolta questo diametro è superiore di uno o 
due millimetri e lo verifico nei rovesci PAX AVCVST dell'uno e del- 
l'altro imperatore. 

Malgrado ciò, il rilievo e le dimensioni delle figure non eccedono 
l'ordinario o l'eccedono di poco, e, perciò, non essendovi tutti gli ele- 
menti richiesti, non oso mettere questi pezzi nella categoria dei meda- 
glioni, nella quale non posso pienamente riconoscere il diritto d'entrare 
che ai due accennati. 



MEDAGLIONI SENATORI E BRONZI ECCEDENTI 349 

una specie di parentela con quelli cui ora diamo il 
nome di Medaglioni senatorii, avendo con questi co- 
munanza d'origine e di scopo. Tale parentela l'intrav- 
vedo, senza avere per ora dati positivi che mi per- 
mettano di precisarla nettamente; ma se l'ho accen- 
nata è perchè fu questa visione che mi fece mettere 
qualche riserva all'ammissione completa del mio er- 
rore primitivo e all'accettazione pura e semplice del- 
l'opinione del Serafini. 

Nerva non ha alcun pezzo che esca dalla mo- 
netazione ordinaria, Traiano parecchi bronzi pesanti 
o per ertezza di tondino o per cerchio, come Domi- 
ziano ; ma nessun conio senatorio speciale ( J ). 

È solo al regno d'Adriano che, oltre a qualche 
pezzo che troviamo ancora indeciso, il Medaglione 
senatorio (come avviene dell'imperatorio) assume ve- 
ramente il suo tipo definitivo. La piccola serie trova 
un discreto sviluppo sotto Antonino Pio; ma declina 
tosto con M. Aurelio. Da questi W con due soli nomi 



(1) Del tempo di Traiano possiedo un piombo di Plotina, il quale, 
imitando in dimensioni maggiori (diam. mill. 40) il suo Gran Bronzo col 
rovescio FIDES AVGVST, colla semplice variante AVGVSTI, par- 
rebbe indicare d'essere la prova d'un medaglione senatorio. Mi pro- 
venne con parecchi altri piombi dal ripostiglio di Narni di cui parlai 
altre volte, e ciò attribuisce assai al ritenerlo antico. Ma non oso met- 
terlo nella serie, perchè non potrei garantire che proprio voglia indi- 
care un medaglione di bronzo realmente esistito, e invece non sia sem- 
plicemente una moneta eseguita per lo scopo che avevano le altre 
monete di piombo, una semplice imitazione, cioè delle monete correnti, 
ma di minor valore intrinseco. Difatti il disegno è meno fine e l'ese- 
cuzione meno accurata di quanto vediamo nei bei sesterzi di quest'epoca. 

(2) Qui conviene sbarazzare il terreno da un sedicente medaglione 
di Lucio Vero. Nella prima ediz. del Cohen, al n. 93, è descritto il se- 
guente bronzo : 

/& - |MP CAES L AVREL VERVS AVG Testa laur. a destra. 
IP - (FELICITAS?) SAECVLI S C La Felicità a sinistra col 

caduceo e il cornucopia, 
dato timidamente quale medaglione. Dico timidamente, perchè ciò mi 
sembra comprovato dal fatto che la valutazione è di sole L. 150. 

45 



35° FRANCESCO GNECCHl 



intermedii , Giulia Domna ed Alessandro Severo, 
giungiamo a Traiano Decio, unica epoca veramente 
abbondante, tanto da lasciar supporre che allora il 
medaglione senatorio o doppio sesterzio fosse coniato 
veramente come moneta corrente Poi da Gallieno 
saltiamo ai quattro ultimi di Tacito, Carino, Nume- 
riano e Massimiano Erculeo. 

La serie è dunque composta di 15 nomi e da 
38 tipi, dai quali, se togliamo i 6 di Traiano Decio ed 
Etruscilla, non ne restano che trentadue, ventotto dei 
quali sono rappresentati da un unico esemplare, e 
circa la metà sono finora inediti. Né credo che il 
numero possa venire sensibilmente aumentato in se- 
guito, avendo ormai esaurite le ricerche in tutti i 
Musei. Ciò porta alla conclusione che i Medaglioni 
senatori — sempre coli' accennata esclusione di 
Traiano Decio — sono incomparabilmente più rari 
degli imperatori, la proporzione numerica di quelli a 
questi essendo inferiore al due per cento. 



Nella seconda edizione (n. 85) si aggiunge : " Cette pièce est probable- 
ment un G B frappé sur flanc de médaillon ,. E lo è difatti perchè 
nulla al di là del disco pesante dinota il medaglione, né il rilievo, né 
le dimensioni del disegno, né la composizione del rovescio, la quale 
è anzi una delle più semplici. Ma v' ha di peggio. 

Si tratta di un gran bronzo e neppure legittimo... Il pezzo è scon- 
servatissimo ; nel rovescio rimane di antico la figura della Felicità; 
ma della leggenda, a destra non si leggono che le prime lettere FEL... 
mentre il resto è scomparso e la parola SAECVLI a sinistra è rifatta 
e rifatta assai male. La malversazione venne evidentemente eseguita 
sull'altro bronzo di L. Vero descritto al n. 168 (il quale è tutt'altro che 
comune come Cohen lo classifica, anzi va annoverato fra i più rari 
grandi bronzi di L. Vero) sul quale, conservata la figura della Felicità, 
le parole FEL TEM COS II vennero tramutate in FELICITAS 
SAECVLI, anticipando questa leggenda di circa un secolo. 

Anche nel Catalogo della collezione Weber, venduta lo scorso 
maggio a Monaco, viene pubblicato (n. 1664) come medaglione malgrado 
le lettere S C, un pezzo che debbo omettere, non trattandosi che di un 
bronzo eccedente. Esso corrisponde esattamente, come conio, al gran 
bronzo ordinario. 



MEDAGLIONI SFNATORÌ E BRONZI ECCEDENTI 35 1 



Come nella serie imperatoria, ai medaglioni pro- 
priamente detti vengono ad aggiungersi anche altri 
pezzi eli moduli minori, cui l'intendimento artistico e 
l'accurata fattura danno il diritto di aggregarsi a 
quella serie, così avviene anche nella serie senatoria 
e noi abbiamo specialmente sotto Alessandro, Gor- 
diano e Filippo, alcuni bronzi speciali che, pure por- 
tando la sigla del Senato, sia per l'effigie imperiale 
rappresentata a mezza figura e generalmente volta a 
sinistra, mentre sulle monete comuni è sempre a de- 
stra, sia per l'ornamentazione del busto, sia per le 
rappresentazioni più complesse e più finamente ese- 
guite del rovescio, presentano un aspetto speciale e 
debbono entrare nella serie dei medaglioni, qualunque 
sia la definizione che di questi si voglia dare. La 
distinzione di questi però non è sempre facile, e, 
se ve ne sono alcuni di classificazione sicura, ve ne 
sono invece molti altri che lasciano dubbiosi. Citerò 
ad esempio alcuni bronzi d'Adriano, d'Antonino, di 
Commodo, dei Severi e di qualche altro imperatore, 
che, per alcune delle particolarità più su accennate 
e talora anche pel duplice metallo, parrebbero de- 
stinati ad un ufficio superiore a quello della circo- 
lazione ordinaria. Forse col tempo nuove -indagini e 
nuovi criterii potranno condurre alla completa sele- 
zione, la quale per ora non mi riescirebbe possibile 
che pel periodo da Alessandro a Filippo. 

Nell'elenco seguente quindi io non darò che i 
medaglioni senatori di gran modulo , trascurando 
quelli non superanti le misure comuni, i cos'i detti 
medaglioncini, i quali potranno eventualmente for- 
mare materia d'altro studio in avvenire. 



gr 2 FRANCESCO GNECCMI 



Elenco dei Medaglioni Senatori 



VESPASIANO. 

i. & — IMP CAES VESP AVO PMTRPPP COS IMI CENS 
Testa laureata a destra. 

R) — S C Vespasiano con lo scettro in quadriga lenta 
a destra. Sul fianco del carro è scolpita una 
Vittoria. Sul davanti una corona, nel centro 
della quale forse un'aquila (a. 72 o 73 d. C). 

Cohen, 434/476, dato come gran bronzo comune. 

Gabinetto di Parigi. — Diam. mill. 40, gr. 40,500. 

(Tav. II, n. 1). 

TITO. 

2. & — T CAES VESPÀSIÀN IMP PON TR POT COS II 

Testa laureata a destra. 
9( — S C Tito col ramo d' ulivo in quadriga lenta a 

destra (a. 72 o 73 d. C). 
Coh. 235/226, dato come gran bronzo comune. 
Coli. Gnecchi. — Diam. mill. 36, gr. 28,000. (Tav. II, n. 2). 

Gabinetto imperiale di Vienna. 

ADRIANO. 

3. & — HADRIANVS AVGVSTVS Testa laureata a destra. 

R) — COS III SC Ercole a destra appoggiato alla clava 
e con un ramo sulla spalla e la pelle del leone 
sul braccio sinistro. 
Museo di Parma. — Mill. 37, gr. 43. Inedito. (Tav. II, n. 3). 

4. i& -- IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG P M TR P 

COS III. Testa laureata a destra. 



MEDAGLIONI SENATORI E BRONZI ECCEDENTI 353 

9 DIVAE MATIDIAE SOCRVI SC Tempio a due co- 
lonne col frontone ornato da statue. Nel centro 
si vede la statua di Matidia divinizzata ; ai lati 
del tempio in due nicchie due altre statue (due 
Vittorie). Due edifici laterali costituiti da due 
portici con piano superiore formano corte ed 
ingresso al tempio. 

Coh. 543/550. 

Gabinetto Imp. di Vienna. — Mill. 45, gr. 63,620. 

(Tav. Ili, n. 1). 
Museo Archeologico di Madrid. — Mill. 39, gr. 43,200. 

(Tav. Ili, n. 2). 

L'autenticità di questo importantissimo medaglione venne antica- 
mente discussa. L'unico esemplare conosciuto era quello del Museo 
Imperiale di Vienna, proveniente dalla collezione dei Padri Certosini 
colla maggior parte dei medaglioni di quel Museo. Eckhel è piuttosto 
dubbioso, Arneth invece dice: " genuinum mihi videtur „. Cosa ne pen- 
sasse'il Kenr.er non so. Lo omise nella sua descrizione dei medaglioni 
di Vienna; ma forse a causa delle lettere S C; Cohen nelle due 
edizioni lo descrive, ma lo lascia senza indicazione di prezzo quasi in 
segno di dubbio. Quanto a me, dopo averlo attentamente esaminato, lo 
ritengo perfettamente autentico, come lo ritengono gli attuali conserva- 
tori del Gabinetto di Vienna, come lo ritiene il prof. Dressel, che gli 
consacrò una dotta monografia nella Corolla Numismatica e come mi 
pare debbano ritenerlo tutti i numismatici moderni, il cui giudizio non 
sempre si accorda con quello degli antichi... e a ragione. 

L'esemplare di Vienna fu il solo conosciuto finora, ma un secondo 
esiste al Museo Archeologico di Madrid. È di conservazione molto in- 
feriore, tanto che le lettere S C sono scomparse completamente e nes- 
suno avrebbe potuto immaginare che vi fossero state, senza la guida 
dell'esemplare di Vienna. Del resto l'esemplare di Madrid è per me 
autentico come quello di Vienna e, stante l'importanza storica del me- 
daglione e le discussioni suscitate, ho creduto bene riprodurli ambedue 
nella tavola, onde il lettore possa giudicare per sé stesso. 

5. & — IMP CAESAR TRAIANVS HADRIANVS AVG Busto 
laureato a sin. col paludamento e la corazza. 
9 - P M TR P COS III (in alto) SC (all'esergo). Troja 
a destra all'ombra di un albero, allattante i suoi 
piccoli. 
Coh. 550/1168. 
Museo Britannico. — Mill. 42, gr. 68,400 (medaglione ornato di un 
piccolo cerchio). (Tav. II, n. 4). 



354 FRANCESCO GNECCHI 



6. B- -- |MP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG P M TR P 

COS III Testa laureata a destra. 
IJf — Rappresentazione identica a quella del precedente; 
ma le parole o non esistevano o sono del tutto 
scomparse. 

Medagliere fiorentino. Firenze. — Mill. 41, gr. 43,090. Inedito. 

(Tav. II, n. 6). 

Dò questo medaglione con riserva. Potrebbe essere una varietà 
del precedente pel diritto, oppure essere anepigrafo e mancare forse 
anche delle lettere S C. Credo più probabile il primo caso sia per 
l'identità del rovescio, sia per la riproduzione nel diritto del conio del 
medaglione senatorio (11. 5) col rovescio del tempio di Matidia. Ad ogni 
modo non sarà che l'apparizione di un esemplare meglio conservato 
che scioglierà definitivamente il dubbio. 

7. & -- IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG Busto lau- 

reato a destra con paludamento e corazza. 
R) - - P M TR P COS III (in giro) S C (all'esergo) La lupa 

a sinistra coi gemelli (a. 118 a. C). 
Coh. seconda edizione, 1055 (dato come G B). 
Coli. Gnecchi, già Laborde. — Mill. 33/47, gr. 72,000 (con cerchio). 

(Tav. Ili, n. 3). 

Nel Cohen questo pezzo è dato come gran bronzo contornato da 
cerchio, ma il diametro del cerchio di perline e il rilievo lo affermano 
vero medaglione. 

8. B 1 - HADRIANVS AVGVSTVS COS MI P P Testa nuda 

a destra. 
9 — SC (all'esergo) Ercole seduto di fronte su di un 
ammasso d'armi su cui è stesa la pelle del leone. 
Tiene colla destra la clava, appoggiata a una 
corazza. 

Gdb. Imp. di Berlino. — Mill. 33/54, gr. 88,850. (con cerchio). Ined. 

(Tav. II, n. 5). 

La dimensione del conio è quella di un gran bronzo, ma il rilievo 
è da medaglione come l'arte bellissima che si ammira specialmente nel 
rovescio, il diritto essendo molto sciupato. È battuto su disco largo e 
pesantissimo. 



MEDAGLIONI SENATORI E BRONZI ECCEDENTI 355 

ANTONINO PIO. 

9. & — ANTONINVS AVG PIVS PPTRP XVIII Testa lau- 
reata a destra. 
^ — COS III (in giro) S C (all'esergo). Ercole ignudo di 
fronte seduto su due corazze sulle quali è stesa 
la pelle del leone, appoggia il braccio destro 
disteso alla clava e tiene un oggetto indistinto 
(delle freccie?) colla sinistra. Accanto alle co- 
razze uno scudo (a. 155 d. C). 

Coli. Gnecchi. — Inedito, ritoccato. — Mill. 36, gr. 35,850. 

(Tav. IV, n. 1). 

Questo stesso medaglione esiste pure colla medesima data nella 
serie imperatoria. Il rovescio è identico, meno le lettere S C. Nel di- 
ritto presenta due varietà. L'esemplare del Gabinetto di Parigi (Cohen, 
385/215) ha il busto laureato a destra col paludamento e la corazza ; 
l'altro, appartenente al Gabinetto di Berlino (inedito) ha la testa lau- 
reata a destra fregiata dell'egida. 

io. & — ANTONINVS AVO PIVS P P Busto corazzato e lau- 
reato a destra. 
9 - ITALIA (all'esergo) TR POT COS III (in giro) S C 
L' Italia turrita collo scettro e il cornucopia as- 
sisa a sinistra sul globo. 
Museo Archeologico di Bologna — Mill. 40, gr. 44,600 (Inedito). 

(Tav. Ili, 11. 4). 

Tipo del medaglione imperatorio conosciuto in unico esemplare al 
R. Gabinetto di Brera e del gran bronzo comune. 

ri. & - ANTONINVS AVGVSTVS PIVS Busto laureato a de- 
stra coll'egida. 
P — P P TR P COS III SC Enea a destra che porta 
sulle spalle il vecchio padre Anchise, con gli Dei 
Penati, conducendo per mano il piccolo Ascanio. 
Coli. Gnecchi, già Weber. — Mill. 38, gr. 36,650. (Inedito). 

(Tav. IV, n. 4). 

Tipo del gran bronzo. Il conio del diritto potrebbe anzi dirsi di 
G B; e difatti il Catalogo della vendita Weber lo dà come tale; ma 
le dimensioni e il rilievo del rovescio sono decisamente da medaglione. 



35& 



FRANCESCO GNKCCHI 



12. B* — ANTONINVS AVG PIVS PP TR P COS III Busto a 

destra con paludamento e corazza, visto da 
tergo. Testa scoperta. 
R) — TIBERIS S C II Tevere sdraiato a sin. il gomito 
sinistro appoggiato a un'urna da cui esce l'acqua, 
un giunco nella sinistra e la destra appoggiata 
a una nave (a. 140 a 143). 
Coli. 401/817. 
Gabinetto di Parigi. — Mill. 38. (Tav. Ili, n. 6). 

Tipo identico al gran bronzo. 

13 . B> _ | M p T AEL CÀES HADR ANTONINVS AVG PIVS 

Testa laureata a sinistra. 
I}( — TR POT COS II Vittoria a sinistra con una co- 
rona (?) e una palma. Nel campo S C 
Gab. Vaticano. Roma. — Mill. 40, gr. 52,250 (Inedito). 

(Tav. IV, n. 2). 

14. B' -- IMP CAES T AEL HADR ANTONINVS AVG PIVS PP 

Testa laureata a destra. 
R) — TR POT XV COS IMI S C Statua equestre d'Anto- 
nino colla destra alzata a sinistra. 
Coh. 915/966. 
Gabinetto di Parigi. — Mill. 37, gr. 42,500. — Museo di Modena. — 
Coli. Gnecchi. (Tav. IV, n. 3). 

Cohen nella seconda edizione fa seguire la descrizione di questo 
pezzo dall'osservazione : " Le médaillon avec le méme type décrit par 
" Mionnet et estimé 72 f.cs existe au Cabinet des médailles. C'est un 
" grand bronze frappé sur un flan de médaillon „. — Questo pezzo di 
Parigi è precisamente quello di cui dò l' impronta nella tavola. Da essa 
si può vedere come, se il diritto potrebbe anche dirsi gran bronzo, il 
rovescio presenta un rilievo da medaglione, superiore a quello dei 
gran bronzi d'Antonino. E tale rilievo lo noto nel mio esemplare, in 
quello di Modena e anche in un quarto che vidi, ma di cui non conosco 
l'ubicazione. Così pure il peso è sempre molto eccedente quello del 
sesterzio, e il cerchio di perline presenta un diametro da due a tre mil- 
limetri superiore a quello di tutti gli altri gran bronzi d'Antonino Pio. 

15. B" -- ANTONINVS AVG PIVS P P TR P COS III Busto a 

destra con paludamento e corazza, visto da 
tergo. Testa scoperta. 



MEDAGLIONI SKNATORÌ E BRONZI ECCEDENTI 357 

9 — VICTORIA AVGVSTI S C Vittoria volante a sinistra 

con una ghirlanda (a. 140 a 145). 
Coh. 407/1086. 
Gabinetto di Parigi (già Vaticano). — Mill. 38. (Tav. Ili, n. 5). 

16. i& — ANTONINVS AVG PIV P P IMP II Testa nuda a d. 

P — VOTA PVBLICA (all'esergo) S C (ai lati nel campo). 
Antonino velato sacrificante a sinistra su di 
un'ara. Davanti a lui il vittimano che abbatte 
un toro e un fanciullo. Al secondo piano un 
suonatore di tibia e un altro personaggio (a. 156). 

Museo di Modena. — Mill. 37, gr. 39,000. — Coli. Gnecchi (Scavi 
di Roma) (1). — Mill. 40, gr. 70,000. Inedito in Cohen. 

(Tav. IV, n. 5). 

M. AVRELIO. 

17. & AVRELIVS CAESAR AVG PII T COS Busto con pa- 

ludamento e corazza a destra visto da tergo. 
Testa scoperta. 
9 PIETAS AVG (in giro) S C (all'esergo). Coltello da 
vittimario, aspersorio, vaso da sacrificio, lituo 
e simpulo (a. 140, 145 d. C). 

Coh. 374/453- 
Gabinetto di Parigi. — Mill. 38. (Tav. IV, n. 6). 

Lo stesso tipo esiste in oro, in argento, in grande e medio bronzo. 

18. & ■ - M ANTONINVS AVG TR P XXIII Testa laur. a des. 

R) - PROFECTIO AVG (all'esergo) COS III (in alto) SC 
M. Aurelio a cavallo a destra in abito militare 
coll'asta, preceduto da un soldato e seguito da 
tre altri (a. 169 d. C. 

Coh. prima ediz. 375. 
Gabinetto di Parigi. — Mill. 38 (ritoccato). 

Nella seconda edizione del Cohen, questo medaglione è omesso 
perchè le leggende sono ritoccate. Ma a questa stregua ce ne sareb- 
bero troppi da omettere. 



(1) Pubblicato per la prima volta in Rivista ltal.di Numism., 1892 
Appunti di Num. Romana N. XXV, tav. Vili, n. 2. 

46 



358 FRANCESCO GNECCUI 



19. & — AVRELIVS CAESAR AVG PII F Busto a destra visto 

da tergo col paludamento. Testa scoperta. 
9' — TR POT XV COS III S C M. Aurelio in quadriga 
lenta a sinistra con una corona e lo scettro. 

Coli. Gnecchi. — Mill. 35, gr. 49,500. Inedito (Tav. V, n. 1). 

Simile al gran bronzo, descritto da Cohen ai nn. 114, 788. Cohen 
difatti avverte che il Duca di Blacas possedeva un esemplare (passato 
ora al Museo Britannico) coniato su disco da medaglione. Probabilmente 
si tratta di un secondo esemplare dello stesso medaglione. 

FAVSTINA CIOVANE (1). 

20. & — DIVA FAVSTINA PIA Busto a destra. 

R) — AETERNITAS S C Vittoria o donna alata con una 

fiaccola in atto di portare Faustina in cielo. 
Coh. 98/9. 
Già coli. Duprè. 

SETTIMIO SEVERO. 

21. & - 

R) -- CONG II POP R D SC L'imperatore seduto 

su delle armi e davanti a lui una figura col 
cornucopia. Nel mezzo il modio... 

Coh. 462/79. 
Da Mionnet. 



(1) Cohen nella sua prima edizione (n. 101 e suppl. 17) pubblicava 
i due seguenti medaglioni : 

i& — FAVSTINA AVG ANTONINI AVG PII FIL Busto a des. 
9 — S C Tre Sacerdoti e tre Vestali accompagnate da un 
fanciullo, sacrificanti su di un'ara davanti a un 
tempio (n. 101). 
i& — Come il precedente. 

R) — VESTAE S C medesima rappresentazione del prece- 
dente (suppl. 17). 
Ambedue questi medaglioni appartenenti al Gabinetto di Parigi, 
sono omessi, credo, a ragione, nella seconda edizione, il che vuol dire 
che non furono ritenuti autentici. Nel 1892 io diedi la descrizione del 
primo tipo e ne riprodussi un esemplare del Gabinetto di Brera; ma 
ora, riesaminato questo esemplare, come pure quelli di Parigi e due 
altri che mi appartengono, ritengo che ci troviamo davanti a un lavoro 
del secolo decimosesto o decimosettimo. Perciò li ometto ambedue. 



MEDAGLIONI SENATORI E BRONZI ECCEDENTI 359 



22. &" — L SEPTIMVS SEVERVS PIVS AVG Busto laureato 

a destra col paludamento. 
9 — IOVI SOSPITATORI AV& SC Serapide in un tempio 

(a. 198 a 201). 
Coh. 471/246. 
Da Welzl de Wellenheim. — Mill. 38. 

GIVL1A DOMNA. 

23. !& - IVLIA AVGVSTA Busto a destra. 

9 — VESTA MATER (in giro) S C (all'esergo). Sei ve- 
stali sacrificanti sopra di un'ara accesa davanti 
a un tempio rotondo, nel centro del quale si 
vede la statua di Vesta. 

Diam. mill. 40, gr. 42,50 (a due metalli). (Tav. V, n. 2). 

R. Gabinetto di Brera. Milano (Inedito in Cohen). 

ALESSANDRO SEVERO. 

24. B — IMP SEV ALEXANDER AVG Testa laur. a destra. 

R) — P M TR P VII COS II PP SC Quadriga di fronte 
condotta da due militi coli' imperatore coronato 
dalla Vittoria. 
Gabinetto Imperiale di Vienna (già Bachofen v. Echt). — Mill 39 
(molto consunto e molto ritoccato). (Tav. V, n. 3). 

Altro esemplare simile (mill. 39, gr. 51,300) nel medagliere fioren- 
tino, al Museo Archeologico di Firenze (Inedito) pure assai consunto. 

25. jy — IMP SEV ALEXANDER AVG Busto laureato e coraz- 

zato a desta col paludamento sulla spalla, 
lj» — PROFECTIO AVGVSTI SC Alessandro a cavallo a 

destra, preceduto dalla Vittoria. 
Coli. Gnecchi. — Mill. 38, gr. 43,000 (1). 

TRAIANO DECIO. 

26. & - IMP C M Q TRAIANVS DECIVS AVG Busto radiato 

a destra in corazza. 
9 - FELICITAS SAECVLI S C La Felicità a sin. col ca- 
duceo e il cornucopia. 

Coh. 57/39- 
In tutte le collezioni. 



(1) Vedasi la riproduzione di questo medaglione nella Rivista Hai. 
di Num., 1892. Tav. Vili, n. 2, ove fu pubblicato per la prima volta. 



a 6 ° 



FRANCESCO GNliCCHI 



27. Variante del precedente colla corazza e il paludamento 

visto da tergo. 
Coh. 57/40. 
Gabinetto di Parigi. 

28. Altra variante del precedente senza la corona radiata. 

Coh. 58/41. 
Welzl de Wellenheim. 

2g# ,F - IMP C M Q TRAIÀNVS DECIVS AVG Busto radiato 
a destra con paludamento e corazza. 
$ — LIBERALITAS AVG S C Decio ed Erennio seduti a 
sinistra su di un palco. Davanti a loro la Libe- 
ralità ; in basso un popolano che sale i gradini 
del palco (a. 249). 
Coh. 59/74. 
Gabinetto Imp. di Vienna. (Tav. V, n. 4). 

30. 1& — IMP C M Q TRAIANVS DECIVS AVG Busto radiato 

a destra in corazza. 
fy — VICTORIA AVG S C Vittoria corrente a sin. con 

una corona e una palma. 
Coh. 61/114. 
In tutte le collezioni. (Tav. V, n. 5). 

ETRVSCILLA. 

31. & — HERENNIA ETRVSCILLA AVG Busto diademato a 

destra circondato dalla mezza luna. 
9 — PVDICITIA AVG S C La Pudicizia assisa a sin. con 

lo scettro in atto di coprirsi il viso col velo. 
Coh. 18/21. 
In tutte le collezioni. (Tav. V, n. 6). 

GALLIENO. 

32. & — GENIVS P R Testa radiata di Gallieno ornata del 

modio a destra, 
tj — S C in una corona d'alloro. 

Medagliere fiorentino. Firenze. — Mill. 39, gr. 32,300. 

(Tav. VI, n. 2). 



MEDAGLIONI SENATORI E BRONZI ECCEDENTI 361 

Cohen cita da Banduri questo medaglione come d'argento ; ma 
credo per errore. Prima di tutto le lettere S C del rovescio lo dichia- 
rano di bronzo; poi assai probabilmente Banduri, che di solito trae le 
sue descrizioni dal Museo di Toscana, si riferisce a questo medesimo 
esemplare da me descritto, il quale è di bronzo e fu erroneamente 
scambiato con argento di bassa lega. 

33. & — IMP GALLIENVS PIVS FEL AVG Busto a mezza 

figura laureato e corazzato a destra, armato 

d'asta e di scudo. 
$ — VOTIS DECENNALIBVS S C in una corona d'alloro. 
Coh. 735/1341. 
Gabinetto di Parigi (già Vaticano). — Mill. 34. (Tav. VI, n. 3). 

34. Lo stesso medaglione con la testa di Gallieno ornato 

della pelle di leone. 
Già Gabinetto Vaticano, scomparso dopo il 1797. — Dalle impronte 
di Lodi. (Tav. VI, n. 1). 

TACITO (1) 

35. & - - IMP CMCL TACITVS AVG Busto laur. a sinistra 

con paludamento e corazza (marca del Museo 
Estense). 



(1) E necessario spendere qualche parola sulla estensione cronolo- 
gica di questa serie, la quale incomincia quasi al principio dell'impero, e 
si prolunga fin verso la fine del terzo secolo, si estende cioè fino ad epoca 
così tarda che da alcuni non si vorrebbe più vedere nelle lettere S C 
l'espressione di una autorità che si andava spegnendo o che forse era 
già completamente spenta. E opinione generale fra gli storici che l'au- 
torità del Senato finisca con Floriano, e da tal fatto si deduce che alle 
lettere S C ritrovate su monete posteriori a quest'epoca debba attri- 
buirsi un nuovo significato. Non è però solamente sui pochi medaglioni 
da me citati che queste lettere S C diedero a pensare, ma pure su 
qualche aureo di Tacito, Diocleziano e Massimiano. Furono anzi questi 
che richiamarono l'attenzione ed è quindi opportuno dare un rapido 
sguardo retrospettivo alle varie eccezioni delle lettere S C su monete 
che non siano di bronzo. 

Esse incominciano proprio al principio dell'impero. Abbiamo dap- 
prima gli aurei dei triumvirati, colla sigla o gli emblemi del Senato, dei 
quali nessuno discute l'origine ; poi i denari dell' interregno di Galba e 
di Clodio Macro, un denaro di Sabina col roveseio VESTA e più tardi 
uno di Treboniano Gallo e uno di Volusiano con PAX AVGVS. 

Di questi nessuno si accorse o si occupò per quanto mi consta, 



062 FRANCESCO GNECCHI 



9 — ÀVENTVI (il posto della lettera D mancante sarebbe 

occupato dalla testa di Tacito) AVGVSTI Al- 

I'esergo SC L'imperatore a cavallo a sinistra 

colla destra alzata e preceduto da una Vittoria. 

R. Gabinetto di Brera. Milano. — Mill. 41, gr. 53,800. 

(Tav. VI, n. 5). 



di modo che passarono finora inosservati. Vengono infine gli aurei di 
Tacito (ROMAE AETERNAE) di Diocleziano e Massimiano Erculeo 
(FATIS VICTR1CIBVS) e questi furono ripetutamente oggetto di 
discussione. 

Missong pel primo si occupò degli ultimi due e, sia riflettendo 
all'epoca tarda, sia considerando che le monete d'oro erano all' infuori 
dell'autorità senatoria, sospettò che le lettere S C potessero essere l'in- 
dicazione della zecca e vi lesse SISCIA. 

Voetter, posteriormente tentò di dimostrare la cosa e fece rimon- 
tare tale interpretazione anche all' aureo di Tacito. Di più vi con- 
globò anche i medaglioni di bronzo di questo periodo che portano le 
lettere S C. 

Egli ritiene che le lettere S C per Siscia siano analoghe a 

S D per Serdica 
T S per Tessalonica 
S IVI per Sirmium. 

Contro tale analogia però osservo che nelle tre ultime di queste 
abbreviazioni sono esposte le iniziali delle due prime sillabe, mentre 
le lettere SC non possono considerarsi come tali per SISCIA; mentre 
dovrebbero invece essere S S, la seconda S essendo evidentemente 
collegata col C seguente (SI-SCIA). 

D'altronde, un'altra ragione che si oppone a questo nuovo signi- 
ficato è che l'abbreviazione comunemente usata per Siscia è SIS, come 
la troviamo su innumerevoli monete, incominciando dal tempo di Gal- 
lieno e su molti medaglioni d'oro e d'argento dell'epoca costantiniana 
in poi, sigla perfettamente corrispondente a quella delle altre zecche 
come CON per Costantinopoli, TES per Tessalonica. OST per Ostia, 
ANT per Antiochia, LVG per Lugdunum e così via. 

Abbiamo poi anche parecchi medaglioni di bronzo coniati a Siscia 
(Probo, Coli. 85I797 e altro inedito del Museo di Budapest; Diocleziano, 
Supplemento 10/529; Galerio Massimiano, Coh. seconda edizione, 205), 
contemporanei agli ultimi nostri citati con S C, ma portano la sigla 
comune SIS. 

Non si vede quindi la ragione dell'adozione di questa nuova sigla 
S C, ia quale, mentre offre una forma diversa dalle altre contempo- 
ranee, e non corrisponde neppure a quelle adottate in tempi posteriori 
come R V, R IVI, IVI D, tutte formate dalle iniziali delle due prime sii- 



MEDAGLIONI SENATORI E BRONZI ECCEDENTI 363 



Presento questo medaglione per quello che vale, essendo troppo 
difficile giudicarlo dopo il deplorevole ritocco di cui fu vittima, tanto 
che si può dire quasi completamente rifatto. Il diritto, per quanto ro- 
vinato, pare risponda ancora all'originale se lo confrontiamo con uno 
simile e bellissimo del Museo di Berlino. Il rovescio invece ispira 
pochissima fede. Tutto vi fu alterato e il D di ADVENTVI certa- 
mente scomparve per opera del ritoccatore, il quale con molta pro- 
babilità avendo occupato colla testa della Vittoiia il posto del primo 
A, collocò questo al posto del D, supponendo questo dietro la testa 
dell'imperatore... a meno che tutta la leggenda sia una rifacitura o una 
invenzione. 

NVMER1ANO. 
36. Bf — IMP C NVMERIANVS P F AVG Busto laureato e co- 
razzato a destra. 
R) — P M TR P COS P P (in giro) S C (all'esergo) Nu- 
meriano e Carino in quadriga lenta a destra. 
Quello a destra tiene un ramo. 
Coli. Gnecchi (già coli. Kaiser di Zagabria). — Mill. 35-40, gr. 27,000. 
(Inedito). (Tav. VI, n. 4). 



labe, offre per di più il grave inconveniente di confondersi con quella 
troppo antica e troppo nota del Senato. 

Aggiungerò poi anche che, se alcuni medaglioni come quelli p. es. 
di Carino e Numeriano, che pubblico qui per la prima volta, muniti 
della sigla SC offrono anche il tipo materiale della fabbrica di Siscia, 
l'aureo di Diocleziano con queste lettere offre invece i caratteri del- 
l'officina di Cizico. Non si può quindi affermare che per legge gene- 
rale S C a questi tempi voglia indicare SISCIA. 

Un'ultima osservazione poi è questa, che la storia è molto oscura 
a questo punto e molto incerte sono le notizie che ci pervennero sulla 
decadenza e sulla fine del potere del Senato. Tali incertezze risultano 
evidentemente dalla monetazione da Gallieno in poi. 

La sigla è saltuaria sulle monete di Postumo, scompare sotto Aure- 
liano ; ricompare poi su alcuni medii bronzi di Floriano; nessuna me- 
raviglia che l'uso, qualunque fosse allora l'autorità del Senato, si sia 
prolungata ancora qualche anno dopo quest'epoca. Il fatto anzi potrà 
forse riuscire prezioso a chiarire un punto storico di quest'epoca poco 
conosciuta. 

Chi ci assicura che fosse estinto sotto C'arino, Numeriano e Massi- 
miano, ogni potere di quel Senato che troviamo risorto sotto Co- 
stantino ? 

E per queste ragioni, che pure professando il più alto rispetto ai 
numismatici eminenti ed autorevoli che abbiamo citati, io non mi so 
decidere per ora ad adottare la loro opinione e persisto a mantenere 
alla sigla S C l'antico e unico significato di Autorità senatoria. 



364 FRANCESCO GNECCHI 



CARINO. 

37. - IMP CARINVS P F AVG Busto laureato a destra in 

corazza, visto da tergo e con lo scudo che gli 
copre la spalla destra. 
R) -- P M TR P COS P P SC Carino e Numeriano in 
quadriga lenta a destra. Uno di loro tiene un 
ramo. 
Coh. 39/80. 
Eremitaggio imperiale. Pietroburgo (già coli. Fontana). — Mill. 35. 

(Tav. VI, n. 6). 

MASSIMIANO ERCVLEO. 

38. & - IMP C M A VAL MAXIMIANVS P F AVG Busto lau- 

reato a destra a mezza figura col manto impe- 
periale e lo scettro. 
R) ADVENTVS AVGG (in giro) S C (all'esergo) Massi- 
miano Erculeo e Diocleziano a cavallo a sini- 
stra, preceduti dalla Vittoria e seguiti da un 
milite con lo scudo. Al secondo piano un'aquila, 
uno stendardo e due insegne. 
Coh. 119/4. 

Coli. Recamier (già Colson de Noyon, anticamente Fontana). 

Si ignora l'ubicazione attuale. 

Francesco Gnecchi. 



L'EPOCA DEL PROCONSOLATO IN ASIA 

di C. ASINIO POLLIONE 
e le leggende eponimiche sulle monete 



Le leggende contenenti i nomi dei magistrati 
locali sulle monete delle città, dei municipi e delle 
colonie all'epoca dell'Impero romano, hanno una 
grande importanza, come date eponimiche, per la 
ricostruzione degli annali e delle singole costituzioni 
interne, per la menzione dei proconsoli e legati im- 
periali, e sono una fonte preziosa di notizie per il 
ristabilimento dei fasti provinciali dell'Impero ro- 
mano W. Tuttavia intorno ad alcune di esse, special- 
mente di quelle riguardanti la numismatica della 
provincia d'Asia, che il sommo Eckhel ha tentato 
di elucidare, regna ancora molta oscurità ( 2 ). Sopra- 
tutto le leggende al dativo, non sicuramente eponimi- 
che, a mio vedere, offrono motivo a nuove riflessioni; 
ed io penso, anche per i pochissimi esempì che se 
ne incontrano, che esse debbano riferirsi ad un pe- 
riodo posteriore all'esercizio della carica dei procon- 
soli, degli asiarchi, degli arconti e di altre supreme 
magistrature. Sarebbero da paragonarsi a quelle così 
dette formule di dedicanza onoraria che si leggono 
sulla specie greca, la cui natura è più quella di me- 
daglie commemorative che di monete propriamente 



(i) Lenormant Fr. La mannaie dans l'Antiquité, III, 113. 
(2) Eckhel. Doclr. num. vtt., IV, 368-374. 



47 



366 GIOVANNI PANSA 



dette, poiché non hanno mai avuto carattere mone- 
tario o tutt'al più, come pensa il Lenormant (0, lo 
hanno avuto in linea eccezionale. A questa categoria 
apparterrebbero specialmente quei bronzi coloniali 
con la testa divinizzata di Antinoo, destinati allo 
scopo di onoranza postuma anziché all'uso di specie 
circolante. 

Sotto il titolo di « Un cas singulier d'abrasion 
« et de surfrappe monétaire », il eh. Mowat, non è 
molto, ha pubblicato uno studio sopra un curioso e raro 
medio bronzo coloniale, appartenente alla Comunità 
di Sardes (Lydia), con la primitiva epigrafe oblite- 
rata e sostituita da un'altra ricordante un C. Asinio 
Pollione, proconsole romano in Asia ( 2 ). 

Precedentemente il dr. B. Pick, conservatore del 
Medagliere Ducale di Gotha, aveva di quella moneta 
fatto obietto di un accurato esame per la sua impor- 
tanza in rapporto allo studio dell'antica tecnica mo- 
netale. La moneta, tuttavia, era stata già nota al 
Vaillant, al Morelli, all'Eckhel ed al Sanclemente, i 
quali , quantunque inesattamente , la ricordano (3). 
Trattasi d'uno dei soliti casi d'abrasione ovvero mar- 
tellaggio di leggende monetali; con questo però di 
singolare, che alle due intere leggende del diritto e 
del rovescio furono sostituite altre due pure intere, 
per tutta la periferia della moneta. Di solito il mar- 
tellaggio o l'abrasione erano praticati sopra il solo 
nome del principe, oppure del magistrato a cui ap- 
parteneva la moneta; e quell'operazione derivava dal 
fatto dell'indegnità o dell'infamia in cui erano incorsi, 
dalla così detta damnatio memoriae, trattandosi spe- 



(1) La mannaie, età, III, 135. 

(2) Revtie Numtsmatique, IV Ser., t. VI. Paris, 1902, pag. 286 et suiv. 

(3) Cfr. Musei Sanclementiani numisma/a selecta, etc. Romae, 1808, 
Pars I, pag. 67 e seg. 



l'epoca del proconsolato in asia 367 

cialmente d'Imperatori romani W. Qui, invece, si è 
in presenza di un nummo di carattere tutto diverso, 
con le due primitive leggende abrase e riconiate 
mediante un processo che consisteva nell'impiego 
di due conii anulari, ossia vuoti nel mezzo, i quali 
non offendono i tipi della parte centrale, mentre la ri- 
coniazione avviene soltanto nella superficie circolare 
in cui erano apposte le due iscrizioni. 

Quale fu lo scopo, quali i fini per cui venne 
praticata quella strana sostituzione ? 

Nel suo stato primitivo il medio bronzo, di cui 
ci occupiamo, risponde alla seguente descrizione: 

& — APOYIOI KAI TEPMANIKOI KAIIAPEI NEOI 0EOI 
4>IAAAEAOI Druso e Germanico laureati, in 
toga, seduti a sin., l'uno accanto all'altro, in due 
sedie curuli. Il secondo, che sta più indietro, ha 
un lituo nella mano destra, ch'è protesa. 

9 — Eni ÀPXIEPEHI ÀAEEANAPOY KAEANOI IAPAIA- 
NflN, attorno ad una corona di quercia, nell'in- 
terno della quale si legge, in due linee, KOINOY 
AIIAZ (■). 




(1) Cfr. Movvat R. Martelage et abrasion des monnaies sous l'Empire 
romain fin Revue Nuntism., IV ser., t. V, 1901, pagg. 443471). 

(2) Nell'esemplare appartenuto alla collezione Waddington il titolo 
il Apxiepeouc manca (Babelon E. Inveiti, de la collect. Waddington. Paris, 
1897, n - 5 2 37); così P llre in quello ricordato dal Boutkowski nel suo 
Petit Mionnel de poche (Berlin, 1889, deux.» part. e , pag. 324). Si tratterà 
certamente di uno sbaglio, perchè tutti e nove gli esemplari che esi- 
stono nel Gabinetto delle medaglie di Parigi, dei quali, per cortesia del 
signor Dieudonné, ho potuto avere i calchi, hanno quel titolo. Così pure, 
l'esemplare della mia collezione. 



368 



GIOVANNI PANSA 



In seguito all'abrasione, una leggenda identica 
a quella obliterata fu sostituita nel diritto; ed al ro- 
vescio un'altra leggenda nuova prese il posto della 
prima, ed è la seguente : 

TAin AIINNin nOAAIfìNI ANeYTTÀTn. 




Come vedesi, questa moneta fu coniata per ono- 
rare la memoria di Druso Cesare, figlio di Tiberio, 
e quella del cugino Germanico, figlio di Nerone 
Druso, durante il sommo sacerdozio di Alessandro 
figlio di Cleone. Secondo il Waddington, il C. Asinio 
Pollione della leggenda ribattuta sarebbe figliuolo di 
quel C. Asinio Gallo che sposò una Vipsania Agrip- 
pina, ripudiata da Tiberio, e che, condannato a morte 
da costui, morì nell'anno 33 d. C. 0). Ma la moneta, 
egli soggiunge, non potette essere coniata sotto Ti- 
berio, perchè questi avea fatto perire Germanico ; 
né è supponibile che concedesse il proconsolato di 
Asia a C. Asinio Pollione, il cui padre avea con- 
dannato a morte. La data della coniazione va dun- 
que rimandata all'anno primo dell'impero di Cali- 
gola, essendo Tiberio morto il 16 marzo del 37 ; 
quindi l'anno proconsolare di C. Asinio Pollione 
dev'essere il 37-38. 

Cronologicamente la congettura del Waddington 
non presenta difficoltà. Ne presenta, invece, dal punto 



(1) Waddington W. H. Fasles des Provinces Asiatiques de l'Empire 
Romain, I.« part., Paris, 1872, pag. lai. 



l'epoca dei. proconsolato in asia 369 



di vista numismatico per la singolarità della doppia 
coniazione, la quale, come si vedrà, ci conduce a 
conclusioni diverse. Si tratta, anzi, di uno dei casi più 
curiosi in cui la numismatica viene in soccorso della 
storia, dove questa è oscura o manchevole. 

Non è a dubitarsi che il nummo Sardiano e 
tutti gli altri coniati dai municipi e dalle colonie in 
onore di Druso e Germanico, sieno di carattere 
commemorativo e quindi da rimandarsi ai primi anni 
dell' impero di Caligola ( J ). Per regola generale, i 
figli ed i nipoti degl'Imperatori cominciarono soltanto 
sotto i Flavii a coniare monete per conto proprio 
e parallelamente a quelle del padre. Di Germanico 
non si conosce, all'infuori del denaro coniato in Ar- 
menia in forza dei suoi poteri speciali ( 2) , che il solo 
medio bronzo trionfale che il Senato gli fece coniare 
in vita, dopo la riconquista da lui fatta delle insegne 
di Varo tolte ai Germani <3). In queste monete, tutta- 
via, non appare mai il suo ritratto. Tutti gli altri pezzi 
di bronzo con l'effigie di Germanico sono comme- 
morativi, battuti cioè sotto Caligola e Claudio. Col- 
l'effigie di Druso parimenti furono battute monete 



(1) Fanno riscontro al nummo sardiano quelli coniati a Laodicea 
(Phrygia) ed a Pergamo (Mysia) in onore di Druso e Germanico 
(Mionnet. Suppl. V, pag. 430, 944). Si conoscono, inoltre, alcune monete 
di Smirne con le teste affrontate dei due Cesari e col rov. di Vesta» 
altra avente nel dr. la testa di Druso (APOTEOSI KA1SAP) e nel rov. la 
leggenda rKPMA.NIK.OS; KAISAP ribattuta sopra un'altra leggenda che 
dice 1WI0S SEB...IMT... (Mionnet. Suppl. VI, pag. 330, 1635). Il Se- 
stini (Lettere e Dissert. Nutnism., t. IX, pag. 44 e di continuaz., t. VI. 
Firenze, 1819, pag. 65 e segg.), descrive ancora un pezzo con l'effigie 
commemorativa di Druso e Germanico, coniato a Taba (Caria), che pure 
faceva parte della provincia d'Asia. Altre monete postume di Druso e 
Germanico sono pubblicate dal Lobbecke (in Zeitschrift fiir Nutnism., 
Bd. XII, pag. 347, n. 1, pi. XIV, f. 3). 

(2) Cohen H. Descript '. des monti, frappces sous l'Empire, II edit., voi. I> 
pag. 225, n. 6. 

(3) Ivi, "• 7- 



37Q 



GIOVANNI TANSA 



solo durante i due anni in cui, sotto Tiberio, fu as- 
sociato alla potestà tribunizia. 

Essenzialmente commemorativo, come abbiamo 
detto, è il nummo sardiano coi due Cesari riuniti ; 
ma esso non può ascriversi all'anno 37 d. C, secondo 
afferma il Waddington. Trattandosi di una moneta 
ribattuta in ambedue i lati mediante un processo di 
riconiazione parziale, bisogna ritenere che prece- 
dentemente, nel suo stato integro, avesse avuto corso 
per un certo periodo di tempo, fino a quando almeno 
durò la magistratura asiarcale di Alessandro di Cleone. 
Supponendo ora che sia stato coniato nel primo anno 
dell'impero di Caligola, la riconiazione è certamente 
posteriore a quell'anno. L'epoca, dunque, del pro- 
consolato di C. Asinio Pollione non può ricadere 
nell'anno 37. 

Ma vi sono ragioni anche più evidenti per con- 
cludere che la menzione di C. Asinio Pollione sulle 
monete di Sardes è soltanto commemorativa e non 
eponimica, come ha creduto il Waddington, e che 
quindi la data del proconsolato di lui debba essere 
rimandata ad un periodo anteriore a quello del primo 
anno dell'impero di Caligola. 



Il diritto di battere moneta, tanto nelle provincie 
imperiali che in quelle sottoposte alla giurisdizione 
del Senato, sotto Augusto dipendeva dall'Imperatore, 
mentre sotto Tiberio ed i successori poteva essere 
accordato dal proconsole o legato imperiale della 
provincia ('), al quale spettava il controllo sulla le- 
galità o meno delle emissioni che si facevano. Però 



(1) Mommsen-Blacas. Hist. de la monti, rom. Paris, 1873, voi. Ili, 
P a g- 339 et suiv - 



L EPOCA DEL PROCONSOLATO IN ASIA 37I 



non bisogna credere che il nome di quei proconsoli 
o legati sulle monete, specialmente dell'Asia e della 
Siria, provi il loro diritto alla concessione della 
zecca ( J ). Questo diritto apparteneva solo alle città, ed 
i nomi dei proconsoli o legati non vi rappresentano 
che semplici menzioni eponimiche. Così la formula 
protocollare costituita da Eni o YTTO innanzi al genitivo, 
dal genitivo assoluto o dal semplice nominativo con o 
senza ivéSxxs, è relativa sempre all'epoca in cui fu 
emessa la moneta, oppure alla elargizione che ne 
facevano alle città quei magistrati eponimi, mai alla 
giurisdizione che essi avrebbero potuto rappresen- 
tare sulla zecca locale ( 2 ). Non vi ha finora esempio, 
osserva il Lenormant, d'inframmettenza di quei ma- 
gistrati imperiali sui diritti riguardanti la zecca delle 
città e delle colonie (3). 

« Nous laissons de coté (soggiunge) le rares 
« exemples de légendes de monnaies de villes grcc- 
« ques qui offrent un nom de proconsul au datif, 
« par une formule de dédicace honorifique (4' ». 
Questa dedicanza onorifica consisteva, il più delle 
volte, nel semplice ricordo del nome del proconsole 
o legato, dopo la morte. E si hanno esempì, tanto 
sulle lapidi che sulle monete, di queste glorificazioni 
postume. 

Le città, come si è detto, erano libere di co- 
niare monete; ma ciò non tolse che la grande de- 
vozione verso i rappresentanti o legati imperiali 
delle provincie le portasse a tributar loro, oltre quelli 



(1) Mommsen-Blacas. Ivi, pag. 340, nota. 

(2) Lenormant. La monnaie, II, 361; III, 93 et suiv., 115 et suiv., 
135 et suiv. Cfr. Reinach S. Traile d 'épigraphii grtcque. Paris, 1885, 
pag. 348. Gilbert O. Handbuch dtr griech. Alterili., II, pag. 329 e segg. 
Manca sinora uno studio sulle magistrature eponime tanto delle iscri- 
zioni lapidarie che delle monete. 

(3) Lenormant. Ivi, III, 133 et suiv. 

(4) Lenormant. Ivi, II, 362. 



372 



GIOVANNI PANSA 



della eponimia, anche altri titoli solenni. I quali 
titoli, sotto la repubblica, arrivavano persino all'ere- 
zione di templi a loro ricordo W. La legge stessa 
autorizzava questi tributi di carattere divino ( 2 ). 

Di tali esagerati onori, però, gl'imperatori fu- 
rono gelosi, ed Augusto vi mise fine. Ma il diritto 
d'effigie sulle monete rimase ed i proconsoli conti- 
nuarono a valersene ponendovi in alcuni casi il loro 
ritratto accanto a quello dello stesso imperatore ; e 
quest'uso regnò a preferenza nelle due provincie d'Asia 
e d'Africa(3). Però il diritto all'effigie dei viventi sulle 
monete cessò sotto Tiberio, nell'anno 6 dell'Era vol- 
gare (+), e fu mantenuto soltanto in alcune città e co- 
lonie per i proconsoli, ma dopo morti, quasi per ono- 
rarne la memoria. Queste glorificazioni postume così 
ridotte non potevano più ingelosire il potere impe- 
riale. Così ci appare sulle monete di Caesarea-Tralles 
il ritratto di P. Veidius Pollio, l'amico d'Augusto, dopo 
morto (5). Anzi, come ha notato il Von Sallet, queste 
effigi commemorative erano generalmente apposte 
sulle monete quasi subito dopo la morte di quel 
proconsole o del personaggio di cui si voleva cele- 
brare la ricordanza ( 6 ). 



(1) Cfr. Mongault. Mem. de l'Acad. des Inscript. Anc. Ser. I, 353 
et suiv. Waddington. Rev. Numism., 1867, pag. 104 et suiv. 

(2) Cicer. Ad Quint. fra/., I, 1, 9. 

(3) Sopra una moneta di Temnos si vede appunto l'effigie di C. Asinio 
Gallo, padre di C. Asinio Pollione, di cui ci occupiamo, il quale fu pro- 
console in Asia nell'anno 6 d. C. (Mionnet, Suppl. VI, pag. 41. Borghesi. 
Ouvres, I, 179. Sestini. Lelt. Numism., IV, pag. 112. Head. Hist. Num., 
pag. 482. Waddington. Fastes, cit., pag. 94. Id. Mélanges de Numism., 
1867, 2" ser., pag. 145, 147). Così pure in un medio bronzo di Hierapolis 
è riportata la testa di Fabio Massimo, proconsole d'Asia sotto Augusto 
nell'anno 4 av. C. (Waddington. Mélang., cit., pag. 137 et suiv. Babelon. 
Invent. de la collect. Waddington, n. 6142, pi. XI, fig. 24). 

(4) Lenormant. Ivi, li, 335 et suiv. Muller L. Numism. de l'ancien 
Afriquc. Suppl., pag. 43 et suiv. 

(5) Pellerin. Mélanges, II, 6. Sestini. Lelt. e Disseti. Livorno, 1779, 
t. Ili, pag. 63, n. 2. 

(6) Von Sallet., in Zeilschr. fiìr Numis., III, pp. 136-139; IV, p. 198 



l'epoca del proconsolato in asia 373 

All'epoca di C. Asinio Pollione non s'incon- 
trano più ritratti di proconsoli sulle monete e forse 
l'onore postumo che ad essi era decretato, consi- 
steva nel semplice ricordo del loro nome. A questo 
concetto mi sembra informata la presenza del nummo 
di Sardes con la espressa menzione di quel perso- 
naggio al caso dativo. 

Il dativo, nei pochissimi esempì che si cono- 
scono, suppone una menzione onorifica e non costi- 
tuisce una data eponimica, come da alcuni s'è cre- 
duto. Così in una moneta aneddota coniata in Taba 
(Caria) sotto Adriano, si trova nel rovescio una de- 
dica dei Tabini a Traiano, il cui nome è espresso al 
dativo ('). In due monete di Prusias ad Hypium s'incon- 
tra la nota eponimica di Marco Plancio Varo procon- 
sole (Eni fóAPKOY TTAÀNKIOY OYAPOY ÀNeYTTÀTOY); ma è 
curioso che sul diritto di una di esse è posto il nome 
di Vespasiano al nominativo, mentre sul diritto del- 
l'altra quel nome è al dativo < 2) . Si desume da ciò 
che la seconda delle monete fu coniata dallo stesso 
proconsole, ma dopo avvenuta la morte di Vespasiano. 

Non credo, tuttavia, che le città, le colonie ed 
i municipi tributassero l'onore di quelle menzioni com- 
memorative esclusivamente dopo la morte dei procon- 
soli. Lo stesso, secondo me, doveva accadere anche 
essendo in vita, ma dopo spirato il termine della 
carica, che sotto l'Impero durava un solo anno 
(Sveton. Aug., 47; Tacit. Annui, III, 58), quando 
avessero rivestite qualità straordinarie per lustro e 
dottrina, per grandi benemerenze e avessero per- 
corso, con larga liberalità, il cursus honorum (3). 



(1) Sestini. Lett. e ciiss. numism. di continuaz. Firenze, 1819, t. VI, 
pag. 66. 

(2) Sestini. Op. cit, t. VII, Firenze, 1820, pag. 58. 

(3) Cfr. Lenormant. La monnaie, III, 138. I n. 251, 252 e 168 (Hie- 
rocaesareia) del Suppl. di Mionnet hanno la leggenda ANH1TIATS2 

48 



374 GIOVANNI PANSA 



A testimonianza di Plinio il giovane < J ) , il 
noto poeta C. Silio Italico acquistò molta cele- 
brità durante il proconsolato in Asia ; e tre città 
come Smirne, Dorilaeum e Cotiaeum (Cutaia), conia- 
rono monete in suo onore, accordandogli l' eponi- 
mia e la menzione onorifica. Dorilaeum coniò moneta 
sotto il nome di lui forse dopo il ritiro dal procon- 
solato; infatti quel nome vi è apposto al dativo (2 ). 
Cotiaeum, invece, appose il nome stesso sopra al- 
cune sue monete al caso genitivo preceduto dalla 
formola protocollare ETTI; segno manifesto che furono 
coniate durante il proconsolato del poeta fe). Una 
conferma a quanto abbiamo detto, del significato di- 
verso delle due leggende al genitivo e al dativo, ci 
offrono le monete di Smirne pure coniate a nome 
di C. Silio Italico. Sopra alcune di queste monete, le 
quali risalgono al tempo di Tito, si leggono promi- 
scuamente la dedicanza onoraria al dativo e la data 
eponimica al. genitivo, in questa maniera: UAAiKfl 
AN9Y • Eni ioyaiai • Ar[PHNOi] CMYP (Heracles bibax) ; 
oppure in quest'altra: ITAAIKfl • AN6 • ETTI • C • ArPHNOC • 
ZMYP (4). 

Queste monete coniate dalla Comunità di Smirne, 
sotto il proconsolato di C. Giulio Agrone, in onore 
di Silio Italico, dimostrano evidentemente che la leg- 
genda eponimica al genitivo è cosa tutta differente 
da quella onorifica al dativo. 



K?OKI e sono evidentemente monete postume, coniate sotto Traiano 
in memoria di un /. Ferox, com'è manifesto da un'altra moneta pure 
coniata sotto Traiano che ne ricorda il nome. Di lui Plinio il giovane 
{Litt., lib. II, u) dice ch'era " Vir rectus et sanctus „. Babelon. Invent. 
de la Collect. Waddington, n. 5005. 

(1) Litt., lib. Ili, 7. 

(2) Sestini. Leti, e dissert. numism., di continuazione, t. IX (Firenze, 
1820), pag. 74. 

(3) Sestim. Ivi, t. Ili (Milano, 1817), pag. 113. 

(4) Mionnet. Suppl. VI, 335, n. 1662. 



L EPOCA DEL PROCONSOLATO IN ASIA 375 

Del resto, nessuno fino ad oggi si era occupato 
della questione dei titoli proconsolari al dativo nelle 
monete coloniali. Lo stesso Lenormant, a cui devesi 
lo studio più accurato delle iscrizioni eponimiche 
sulla specie imperiale greca, rimanda, per quelle al 
dativo, al lib. IV, cap. 2." della sua opera La mon- 
naie dans l'antiquité. Disgraziatamente l'opera a quel 
punto è rimasta interrotta. 



A proposito dell'anno proconsolare di C. Asinio 
Pollione, il Waddington ( J ) osserva: « Si le tour de 
« C. Galba, consul en 22, était arrivé en 36, celui 
« de Pollio, consul en 23, pouvait très-bien étre ar- 
« rive en 37. Il gouverna donc l'Asie pendant l'année 
u proconsulaire 37-38 ; Tibère était mort le 16 
« mars 37 ». 

Si è già detto per quale ragione il nummo 
di Sardes non può appartenere all'anno primo del- 
l'impero di Caligola. L'anno proconsolare di C. Asi- 
nio Pollione va, dunque, rimandato ; ma nemmeno a 
dopo quell'anno può essere fissato, per quelle stesse 
difficoltà cronologiche che vi si oppongono a giudi- 
zio del Waddington. Dovrà dunque risalire al tempo 
di Tiberio, fra l'anno 23, epoca in cui fu console < 2 ), 
e l'anno 30, quando il padre di lui, C. Asinio Gallo, 
fu condannato a morte, non potendosi supporre che 
dopo la condanna del padre, Tiberio avesse voluto 



(1) Fastes, loc. cit. 

(2) Da Augusto in poi le due sole provincie senatoriali d'Asia e 
d'Africa furono riservate ai proconsoli, i quali avevano rivestito l'uf- 
ficio di console. Ai proconsoli delle altre provincie invece bastava avere 
esercitato in Roma la sola pretura (Dion. LUI, 13. Sveton. Aug., 47. 
Plin. Hist. Nat., XIV, 22, 144). Per tale ragione, C. Asinio Pollione non 
poteva essere eletto proconsole prima dell'anno 23, in cui fu console. 



376 



GIOVANNI PANSA 



conferire la dignità di proconsole al figliuolo. La 
menzione, dunque, di C. Asinio Pollione fatta dai 
cittadini di Sardes al tempo di Caligola, è molto 
posteriore alla morte di quel proconsole, del quale 
eglino intesero celebrare la memoria, associandola a 
quella di Druso e Germanico, che furono a lui cugini 
per parte della madre Vipsania Agrippina W. 

Il nummo di Sardes, per la sua speciale strut- 
tura, apre l'adito a molte considerazioni. Il Pick, il 
Mowat e l' Head ( 2 ) avevano sagacemente osservato 
che l'obliterazione delle due leggende è dovuta al- 
l'opera del bulino. L'esemplare, infatti, è stato dap- 
prima raschiato parallelamente a tutta la dicitura 
del bordo, rendendosi così più sottile lo spessore 
della moneta; poscia è stato adattato fra i due conii 
anulari, ma non con quella facilità con cui si co- 
niava un pezzo qualunque; sibbene, con molta cau- 
tela, avendosi cura che le prominenze centrali com- 
baciassero con la parte vuota dei conii, ed i bordi 
circolari abrasi con le nuove leggende scolpite nei 
nuovi conii. Per fare le due operazioni del raschia- 
mento col bulino e dell'adattamento al nuovo conio 
anulare, occorreva certamente maggior tempo di 
quello che si sarebbe impiegato adoperando un 
conio interamente nuovo ; però il lavoro era di 
gran lunga minore. Com'è noto, i conii si rompevano 
con molta facilità e bisognava rifarli spesso. Gli 
antichi dovettero, senza dubbio, bilanciare le difficoltà 
che si sarebbero incontrate nelle due operazioni, 
in quella cioè del raschiamento delle due leggende 
e della costruzione del conio parziale ed in quella di 
rifare un conio interamente nuovo. 



(i) Waddington. Ftis/es, cit., § 58. 

(2) (.citai, of the Britisli. Mus. (Lydia), 1901, pag. 252, n. 106-109, 
pi. XXVI, f. 5. 



l'epoca del proconsolato in asia 377 

È evidente che la prima operazione è meno 
difficile e più conveniente della seconda, giacche il 
tempo che si perdeva nella raschiatura delle due 
leggende (operazione facile e materiale) veniva lar- 
gamente compensato da quello minore che s'impie- 
gava nella lavorazione d'un conio parziale, con le 
sole lettere e senza le figure. Questo fatto ne con- 
ferma anche dell'abbondanza del numerario sotto- 
posto alla riconiazione parziale, perchè con un nu- 
merario ridotto non sarebbe valsa la pena di ricor- 
rere a quello speciale artifizio, ma si sarebbe prov- 
veduto a coniare un tipo di moneta del tutto nuovo. 
Dalla sola abbondanza del numerario può ricavarsi 
la spiegazione per cui gli antichi s'indussero ad 
adottare il sistema più facile e sbrigativo , per 
quanto antiestetico, di riconiare parzialmente le mo- 
nete. E quell'abbondanza dovrà anche costituire una 
prova, che la primitiva emissione cioè con la nota epo- 
nimica dell'asiarca Alessandro stette lungamente in 
corso e che la leggenda sostituitavi, non eponimica, 
è posteriore all'anno primo dell'impero di Caligola. 

Per siffatti motivi, l'anno del proconsolato di 
C. Asinio non può rimandarsi al 37-38, ma va fis- 
sato fra l'anno 23 e il 30. 

In tutta la numismatica greca imperiale, come 
abbiamo veduto, l'eponimia è contrassegnata dalle 
tre specie di leggende: al genitivo, con o senza la 
preposizione, al nominativo, col supposto àvé^ws, c 
al dativo. Queste tre formule, diremo protocollari, 
rappresentano, non v'ha dubbio, tre concetti diversi 
e precisi, che non è presumibile si confondessero 
fra loro. Abbiamo esaminato il caso di qualche mo- 
neta coniata sotto uno stesso proconsolato, ma con 
due diciture al dativo e al genitivo ; così pure, 
quello di monete che adottano contemporaneamente 
i due casi per esprimere due fatti diversi, la nota 
eponimica e la dedicanza onoraria. 



378 



GIOVANNI PANSA 



Da tutto ciò si deve concludere che se i citta- 
dini di Sardes avessero voluto dare alla leggenda 
che ricorda C. Asinio Pollione il significato eponi- 
mico, avrebbero continuato a servirsi della forma 
genitivale che vi era prima, sostituendo semplice- 
mente il nome del proconsole a quello dell'asiarca; 
e tutto questo, allo scopo di non ingenerare dubbio e 
confusione. 

Quale fosse stato poi il motivo per cui i Sardiani 
abrasero sulle monete la leggenda ricordante il 
sommo sacerdote Alessandro di Cleone, per sostituirvi 
quella di C. Asinio Pollione, non si può giudicare. 

1 casi d'obliterazione di leggende tanto sulle la- 
pidi che sulle monete, riflettono generalmente la 
condanna all' infamia. A tale proposito va notato che 
oltre a Sardes, città della Lydia, parte della pro- 
vincia proconsolare d'Asia, anche altre sette città 
della stessa provincia offrono monete abrase o mar- 
tellate , come Sylandos (Lydia). Cibyra (Phrygia), 
Stratoniceia (Caria), Ephesus (Jonia), Smyrne (Jonia), 
Pergamus (Mysia) e Perperene (Mysia) (*). Ma siffatte 
obliterazioni avvengono soltanto sul nome degl'Im- 
peratori , dei Cesari o dei loro ministri, mai su 
quello dei magistrati locali; sono parziali e non in- 
tere come quella del nummo di Sardes, che costi- 
tuisce fino ad oggi il primo e l'unico esempio. 

Giovanni Pansa. 



(i) Mowat. In Rev. Numis., cit., t. VI, 1902, pag. 289. 



Della moneta paparina del Patrimonio di 
S. Pietro in Tuscia e delle zecche 
di Viterbo e Montefiascone. 

PARTE PRIMA. 

Il Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, sulla fine 
del XII secolo, era costituito da tutta la regione che 
aveva per confini al N. la Toscana, ad E. il Tevere, 
al S. il ducato o distretto di Roma, ad O. il mare; 
o meglio, da tutto il territorio compreso fra il Te- 
vere, il Paglia, la Flora ed il mare. Il Patrimonio di 
Tuscia fu però amministrativamente considerato come 
una divisione dello stato ecclesiastico solo al tempo 
di Innocenzo III (1198-1216), e definitivamente costi- 
tuito regnante Onorio III (1216-1227) (I ). 

I distretti di Amelia, Terni, Narni, Rieti e la 
terra degli Arnolfi fecero anch'essi parte del Patri- 
monio, ma solo amministrativamente. 

I comuni maggiori erano Viterbo, Orte, Corneto, 
Orvieto ed Acquapendente ; venivano poi Sutri, Ve- 
tralla, Bolsena, Toscanella, Gradoli, Valentano, Bas- 
sano, Montefiascone, Civitavecchia, Civitacastellana, 
Nepi, ecc. 



(1) Per maggiori notizie sulla costituzione del patrimonio vedi l'ec- 
cellente lavoro del prof. Calisse : Costituzione del Patrimonio di S. Pirtro 
in Tuscia (Archivio della R. Società Romana di Storia Patria, 1892, 
xv . Pag- 55, e segg.). 



3«° 



EDOARDO MARTINORI 



Il Patrimonio era soggetto, come le altre Pro- 
vincie della chiesa, al Rettore ed agli ufficiali che 
ne componevano la Curia. 

La nomina di questi spettava al Pontefice che 
qualche volta nominava un vice-Rettore. 

Un tesoriere era incaricato di riscuotere i tri- 
buti e di fare i pagamenti alla Camera apostolica. 
I registri che questi ufficiali ci hanno lasciato costi- 
tuiscono la fonte delle maggiori notizie che si hanno 
sulle vicende del governo di questo Patrimonio. 

Il Rettore e la Curia hanno risieduto quasi 
sempre, specie dopo la traslazione della Sede apo- 
stolica in Avignone, in Montefiascone, luogo ben 
munito, e, solo verso la metà del XIV secolo, Be- 
nedetto XII accolse la domanda dei Viterbesi che 
il Rettore dovesse fare, almeno per qualche tempo, 
residenza nella loro città. Viterbo infatti si poteva 
considerare come la capitale di quella regione e ad 
intervalli vi si recavano anche i Pontefici con la 
loro corte e vi si trasportava il governo e la Curia 
pontificia. Ma le varie vicende, cui le fazioni rende- 
vano soggetta la città ed il continuo pericolo per la 
sicurezza degli ufficiali papali, consigliavano una re- 
sidenza più tranquilla ed in località più facilmente 
difendibile. 

Prima di entrare a parlare della moneta che i 
Pontefici fecero coniare espressamente per aver corso 
in questo Patrimonio, e delle altre coniate in Viterbo 
ed in Montefiascone, nei vari periodi di quel go- 
verno, non sarà inutile dare un rapido cenno delle 
vicende che, dalla metà del XIII secolo, subì il Pa- 
trimonio fino al ritorno della Santa Sede in Roma 
da Avignone. 

Abbiamo già detto come la costituzione di questo 
Patrimonio si debba a Innocenzo III. Questo ponte- 
fice nel settembre del 1207 tenne in Viterbo un con- 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 381 

cilio (0 al quale intervennero tutti i Vescovi, Abbati, 
Conti, Baroni, Podestà e Consoli delle varie Pro- 
vincie del Patrimonio, nonché del ducato di Spoleto 
e della Marca di Ancona ; ed in questa riunione di 
tutti i rappresentanti civili e religiosi della chiesa, 
pose per la prima volta le basi della costituzione 
politica dello Stato pontificio, e gittò le fondamenta 
dell'autorità papale in tutti i domini di S. Pietro. 
Prepose al governo delle provincie i Rettori Aposto- 
lici con giurisdizione di supremi giudici di appello 
presso i quali tutti i comuni dello Stato dovessero 
sottoporre le loro controversie. 

Un primo atto che ci rivela la costituzione ef- 
fettiva di questo Patrimonio, fu quello col quale 
Onorio III nel 1227 vi nomina a Rettore, o meglio 
a suo vicario, Giovanni di Brienne, re titolare di 
Gerusalemme, che era venuto a domandare aiuto e 
protezione al Pontefice, il quale, nella speranza di 
averlo propizio agli interessi della Chiesa contro Fe- 
derico li, che al di Brienne aveva usurpato il titolo, 
lo nominò a quell'ufficio e gli concesse in appan- 
naggio tutte le terre del Patrimonio da Viterbo a 
Montefiascone. Il successore di Onorio, Gregorio IX 
vi nominò nel 1234, a Rettore e Capitano delle mi- 
lizie papali, il Cardinale Capocci, che si pose a capo 
di una potente reazione contro Federico all' intento 
di frenarne le conquiste specie nei possessi della 
Chiesa. 

Distolse Viterbo sua patria dalla fede all'impe- 
ratore e vi compiè e diresse quella splendida difesa 
che fu uno dei più interessanti episodi delle guerre 
di quell'età ( 2 >. 

Quando papa Innocenzo IV nel 1244 si ricoverò 



(1) Pinzi C. Storia della città di Viterbo (voi. I, pag. 248). Roma 1887. 

(2) Pinzi, op. cit., pag. 376 e segg. 



49 



082 EDOARDO MARTINORI 



in Lione per pronunciare in quel famoso concilio la 
deposizione di Federico, il Capocci rimase Legato 
papale nella Tuscia. Morto Federico nel 1250 il Car- 
dinale mosse, in qualità di Legato Pontificio, a ricu- 
perare tutti i domini della chiesa, spazzarli dai Te- 
deschi e nel T251 ridusse la provincia del Patrimonio 
sotto l'ubbidienza papale. 

Viterbo, che nel 1240 aveva accolto con grande 
entusiasmo Federico II fra le sue mura ed aveva 
ottenuto da questo imperatore grandi concessioni e 
privilegi, fra cui quello di coniare moneta (del quale 
parleremo in seguito nel discorrere della zecca), nel 
1251 emana il proprio statuto, dopo instaurata la 
concordia cittadina, ed aver fatto omaggio ad Inno- 
cenzo IV, che di buon grado concede una generale 
amnistia e l'assoluzione di tutte le censure nelle 
quali era incorsa la città quando patteggiava per 
Federico C 1 ). 

Nel 1257 papa Alessandro IV, che era succe- 
duto fin dal 1254 a Innocenzo IV, malsicuro in Roma, 
venne a trapiantare la Sede papale in Viterbo, ini- 
ziando in questa città una nuova fase di incremento 
cittadino, che segnò l'apogeo della sua floridezza 
medioevale < 2 '. Ed è in questa circostanza che il co- 
mune profittò del privilegio concessogli da Federico 
per iniziare la coniazione del denaro che chiamossi 
Vilerbino. 

In Viterbo nel 1261 ebbe luogo la incoronazione 
di Urbano IV che nell'estate del 1262 si portò in 
Montefiascone « Castellania papale ricca allora di 
« ben mille casipole che si stendeva in una grossa 
« borgata dalla Pieve di San Flaviano alla sommità 



(1) Nel 1255 troviamo a Rettore un Dominus Leo, e nel 1256 L. For- 
tebraccio di Panicale. 

(2) Pinzi, op. cit., voi. II, pag. 57. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 383 

« della collina. L'amenità e la fortezza del sito, l' in- 
u cantevole vista che s'apria d'ogni intorno, il do- 
« minar che esso faceva sul sottoposto lago e su 
u quell'ampie distese di terre confinate dai Cimini, 
« dalla lontana marina e dai monti di Castro, invo- 
« gliarono Urbano a rizzare colassi: una munita cit- ' 
« tadella che stesse a guardia a nella contrada, e fosse 
« stanza ad un tempo e baluardo dei Rettori Papali 
« posti a sorvegliare la provincia » ( J ). 

Nel 1262 nominò a Rettore Guiscardo di Pie- 
trasanta. Costrusse anche una rocca nell'isola Bisen- 
tina, che volle dal suo nome si chiamasse isola Ur- 
bana; nome che per altro non le rimase. Ricondusse 
la terra degli Arnolfi, sulla quale gli Spoletini ave- 
vano poste le mani, sotto il demanio della Chiesa e 
sotto il governo del Patrimonio di S. Pietro in Tu- 
scia. Ricuperò Marta, riscattò Valentano dalla Si- 
gnoria di Pandolfo Capocci ed ingiunse ai Viter- 
besi di rompere la loro alleanza con Todi e con 
Spoleto a lui ribelli, ed a vendicare l'uccisione del 
Rettore Guiscardo avvenuta per mani dei Signori 
di Bisenzo {2) . 

Ma mentre Urbano era in travaglio per le ri- 
balderie dei Baroni e le protervie dei comuni delle 
sue terre, ben più gravi danni lo minacciavano ; la 
fazione ghibellina montava in superbia per l'avan- 
zarsi di Manfredi, mentre egli, esausto l'erario, non 
osava scendere in campo. Il partito guelfo era sco- 
rato ; ed a lui non rimase altra risorsa che ricorrere 
alla corte di Francia e nel 1262 inviò a Carlo, mi- 
nore fratello di Luigi IX, il suo notaio Alberto, per 
offrirgli senz'altro la corona di Sicilia, in compenso 
dell'aiuto, che avrebbe dovuto prestargli, contro i 
nemici della Chiesa. 



(1) Pinzi, op. cit., voi. II, pag. 94. 

(2) Pinzi, op. cit., voi. II, pag. 88 e segg. 



384 



EDOARDO MARTINOR1 



Entra ora sulla scena la famiglia dei Prefetti 
Di Vico, potenti signori e baroni; dei quali darò 
più ampia notizia in seguito quando illustrerò alcune 
monete da loro coniate nella zecca di Viterbo. 

Pietro Di Vico, il quarto di questo nome, figlio 
dell'altro Pietro, cui Urbano aveva tolto Marta da 
lui usurpata alla Chiesa, si era ribellato al Papa ed 
erasi schierato fra i fautori ed amici di Manfredi; e 
raccolti i ghibellini del Lazio e della Tuscia, li in- 
focava di speranze, e si erigeva a loro capo, mi- 
rando alla conquista delle terre del Patrimonio. Il 
Papa, in attesa dell'oste liberatrice che gli doveva 
giungere di Francia, bandì la crociata contro il 
Di Vico, e chiamò i fedeli in armi sotto il gonfa- 
lone della Chiesa. Pandolfo Conte d'Anguillara si 
pose a capo dei guelfi del Patrimonio, e presto venne 
alle mani col suo odiato rivale. Non starò a rifare 
la storia di tutto questo periodo turbolento e di tutte 
le vicende che subirono i comuni ed i castelli del 
Patrimonio. Citerò solo alcune date storiche. 

Nell'aprile 1264 Pippione di Pietrasanta, Rettore 
'del Patrimonio, e Nicolò di Ranuccio Signor di Far- 
nese, danno l'assalto al castello di Ghezzo, lo diroc- 
cano, ed uccidono uno dei baroni. Dal canto suo il 
Di Vico, aiutato dalle milizie tedesche inviategli da 
Manfredi, assedia Sutri, la prende ma non riesce a 
tenerla; che il Cantelmi, vicario di Carlo d'Angiò, 
piomba rapidissimo sopra la città, la riprende, e co- 
stringe il Di Vico a fuggire nel suo castello sul 
lago di questo nome. 

Quivi fu assediato dalle milizie papali, che per 
altro dopo pochi dì rinunciarono all'assedio e fecero 
ritorno in Roma. 

Il Di Vico, appena si vide libero, raggranellate 
le reliquie dei Tedeschi, che, dopo la rotta di Sutri 
si erano sparsi per le terre vicine, si precipitò su 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 385 

Pandolfo dell' Anguillara, che con forte nerbo di sol- 
datesche, speditegli da Roma, era venuto a dargli 
battaglia nei pressi di Vetralla. La vittoria sorrise 
al Di Vico, e fatto prigione Pandolfo e non pochi 
nobili romani, li trascinò prigioni alle sue rocche. 
Ciò avvenne nell'agosto del 1264 (0. 

Urbano, all'annuncio di quel disastro, depose 
ogni speranza di più tenere il Patrimonio. Domandò 
soccorsi a Narni, a Perugia, a Todi, ad Assisi ed a 
Spoleto; ma non ebbe che ripulse. Orvieto stesso, 
ove risiedeva, gli divenne ostile e lo costrinse a ri- 
fuggiarsi in Perugia. Quivi lo colse la morte il 2 ot- 
tobre dello stesso anno. 

Con la fine di Urbano IV e la venuta di Carlo 
in Roma , le sorti del Patrimonio cominciarono 
a volgersi a profitto del nuovo Pontefice Cle- 
mente IV. 

Pietro Di Vico, appena veduta arridere la for- 
tuna alle audacie del Provenzale, rimutò fede ed 
amici. Sollecitò la grazia di Carlo, e si sottomise a 
Clemente, giurando al Rettore del Patrimonio fedeltà 
e soggezione. Lo troviamo poi all'assalto di S. Ger- 
mano, ove rischiò la vita combattendo fra le schiere 
dei Francesi. Clemente, non revocando in dubbio la 
sua conversione, gli concede in feudo i Castelli di 
Civitavecchia e di Bieda, per l'annuo censo di dieci 
bisanti d'oro ( 3) . 

Viterbo e le terre del Patrimonio nelle contese 



(1) Pinzi, op. cit., voi. II, pag. 124. 

(2) I bisanti d'oro erano moneta che si cominciò a coniare, come 
rivela la parola, in Costantinopoli e fino dai tempi di Costantino. Il loro 
valore non si mantenne sempre eguale e secondo il Catalani (v. Za- 
netti, Monete e zecche d'Italia, toni. Ili, pag. 141) sulla fine del XII se- 
colo valevano ciascuno a6 paoli circa, cioè lire italiane 13,90 circa. — 
Lo Zanetti poi al tomo II, pag. 379 ce ne da una distesa notizia. Desta 
meraviglia vedere ancora sulla fine del XIII secolo valutare i censi in 
moneta da tanto tempo fuori di corso. 



3* 



liOOARDO MARTINOR1 



di Carlo d'Angiò con Manfredi cercarono di mante- 
nersi neutrali. 

Dopo la morte dello Svevo, e le fortune del- 
l'Angioino, Clemente IV temè che questi avesse delle 
velleità di conquista anche sulle terre del Patrimonio, 
e si affrettò a raggiungere Viterbo (30 aprile 1266). 
Da questa città scrisse a Carlo, intimandogli di di- 
mettere l'ufficio di Senatore di Roma, come da patti 
stabiliti già dal suo predecessore. Ai primi di aprile 
del 1267 avvenne in Viterbo un incontro dell'An- 
gioino con il Papa, che gli concesse il vicariato nel 
governo di Toscana. Nello stesso tempo Clemente 
emana una bolla a tutti i comuni del Patrimonio in- 
giungendo loro di non dare ascolto ai comandi di 
Arrigo di Castiglia, che dalla fazione ghibellina era 
stato nominato Senatore di Roma, ed ambiva alla 
conquista del Patrimonio. Nel settembre dello stesso 
anno Arrigo prende Sutri ed assedia Vetralla. Carlo 
torna in Viterbo nell'aprile del 1268 e si pone d'ac- 
cordo col Pontefice per tentare un colpo di mano 
su Roma. Ma le milizie di Carlo furono sconfitte ed 
egli da Viterbo se ne partì pel reame di Napoli. 

Pietro Di Vico lo troviamo ora dalla parte di 
Arrigo alla battaglia contro gli Angioini, mentre 
Pandolfo dell'Anguillara rifa la sua comparsa fra le 
milizie guelfe che erano accorse in aiuto di Carlo. 

Avvenuta la sconfitta di queste ultime a Ponte 
a Valle sull'Arno, per opera di Corradino, che era 
sceso in Italia a vendicare Manfredi, le popolazioni 
del Patrimonio si misero in trepidazione e a grande 
stento il Papa riusciva a tenersele fedeli. 

Il 22 luglio 1268 si videro da Viterbo balenare 
le prime schiere di Corradino, che però passarono 
oltre e, per Vetralla, Sutri e Monterosi, giunsero in 
due giorni alla vista di Roma. 

Corradino entrò in città il 24 luglio 1268, e 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 387 

pose stanza in Laterano, ricevuto festosamente dal 
popolo romano. Ne ripartì il 18 agosto ed il 23 di 
questo mese fu sconfìtto a Tagliacozzo. 

Clemente muore in Viterbo il 29 ottobre. Dopo 
33 mesi di interregno, fu eletto Papa Tedaldo Vi- 
sconti di Piacenza, che prese il nome di Gregorio X. 
Parlerò più diffusamente di questo famoso interregno, 
in seguito, illustrando la moneta paparino, che fu 
coniata in quel periodo di tempo. 

La nuova conversione di Pietro Di Vico al 
partito ghibellino gli fu fatale. Alla battaglia di Ta- 
gliacozzo, ove combatteva per Corradino, fu ferito 
a morte e, condotto prima in Roma poi al Castello 
di Vico, rimutò amici e fede, e morì fra vescovi e 
frati, dopo aver ricevuto l'assoluzione dall'anatema 
e dalle censure, grazie a buone lascite fatte alla 
Chiesa per la redenzione dell'anima sua. Ordinò, in 
un codicillo del suo testamento, di fare del suo corpo 
sette brani a detestazione dei sette peccati mortali 
o vizi capitali dei quali si era macchiato in vita |J ). 

Carlo d'Angiò re di Sicilia torna in Viterbo l'u 
marzo del 1271 con Filippo IH re di Francia, che 
riconduceva in patria le ossa di suo padre Luigi IX 
morto sotto le mura di Tunisi. 

Gregorio X che, quando fu eletto, trovavasi in 
Siria, appena giunto in Italia si recò difilato in Vi- 
terbo, donde l'i 1 marzo 1272 partì per recarsi in 
Roma a ricevere la tiara. Durante il suo pontificato 
nessun fatto notevole avvenne nel Patrimonio. Da 
Viterbo il papa si condusse a Lione per tenervi un 
Concilio, nel quale fra le altre cose riconobbe Ro- 
dolfo d'Absburgo a re dei Romani e gli pose sul 
capo la corona di Carlomagno. 

Ritornato in Italia nel 1275 morì in Arezzo nel 



(1) Pinzi, op. cit., voi. II, pag. 261 



388 EDOARDO MARTINORI 



gennaio 1276, ed i Cardinali, adunatisi in questa città 
gli diedero tosto a successore Pietro di Tarantasia, 
che si fece chiamare Innocenzo V. Breve fu la du- 
rata di questo pontificato. Il Papa, giunto in Roma, 
vi moriva ai 22 giugno dello stesso anno 1276. 

Nel conclave che ne seguì, Carlo si era prefisso 
far collocare sul soglio pontificio un Papa francese, 
ma non vi riuscì. Invece fu eletto il genovese Car- 
dinale di S. Adriano, Ottobono del Fiesco, che prese 
il nome di Adriano V. Ma anche questo Papa dopo 
39 giorni di pontificato, senza essere stato nemmeno 
incoronato, nella estate, morì in Viterbo, ove erasi 
recato per fuggire la canicola di Roma. 

Gli successe Giovanni XXI, al secolo Pietro di 
Giuliano Card, vescovo di Ostia e Velletri. Questo 
pontefice si era fatto costruire una residenza sul pa- 
lazzo Episcopale di Viterbo ; ma sfortuna volle che 
la stanza, nella quale egli aveva preso alloggio, 
crollasse d' improvviso, e lo travolgesse fra le ma- 
cerie uccidendolo dopo soli 8 mesi di regno. Ciò 
avvenne il io maggio 1277 ('). Nel novembre dello 
stesso anno fu eletto Papa Giovanni Gaetano Orsini, 
romano, col nome di Nicolò III. Grandi furono le 
feste colle quali lo ricevettero i romani (che da 
60 anni non avevano più acclamato un Papa citta- 
dino) con dispetto dei Viterbesi i quali si vedevano 
disertare la loro città dalla corte, e perder tanti lucri 
e benefici. 

Si studiarono per altro i Viterbesi di facilitarne 
il ritorno almeno nella stagione estiva offrendo alla 
Corte vantaggiate condizioni ( 2) . 

Viterbo godeva tutti i privilegi del comune fi- 



li) Pinzi, op. cit., voi. II, pag. 344. 

(2) Pinzi, op. cit, voi. II, pag. 354 e segg. e Theiner, Codex dipi., ecc. 
Doc. 359. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 389 

bero ; ed il potere politico del Papa non era che ap- 
parente. Ciò si arguisce dalle concessioni, che per 
mero interesse s' inducevano i Viterbesi a fare alla 
Curia papale, concessioni d' indole politica, come 
quella di dare esecuzione alle bolle contro gli ere- 
tici, di nominare podestà consoli e altri funzionari 
timorati di Dio e ligi alla Chiesa, nonché d' indole 
economica, rimettendosi al vescovo per stabilire i 
prezzi degli alloggi e delle derrate. Si obbligavano 
i Viterbesi a munire le strade e risarcire i danni di 
ladroneggi o malefici, e ad allontanare dalla città le 
meretrici ed i lenoni. 

Una speciale concessione, della quale non mi è 
dato conoscere la ragione, era quella di togliere 
dalla circolazione la moneta così detta paparino, (*), 
della quale è parola in questo mio lavoro e che non 
potrei spiegare altrimenti che a causa del deprezza- 
mento avvenuto o delle falsificazioni che ne fossero 
state fatte. Correvano invero molte specie di monete 
nelle terre del Patrimonio, ma quella che rappresen- 
tava l'autorità della Chiesa era propriamente la pa- 
parino,, e la sua proscrizione non comprendo come 
potesse servire a contentare il pontefice e la curia. 
Ma' di ciò in seguito. 

Nicolò III accettò di buon grado l'invito dei Vi- 
terbesi e ratificò le concessione che questi gli ave- 
vano fatte. 

Da Viterbo il Pontefice bandì la celebre costi- 
tuzione, nella quale si affermò per la prima volta 
con la solennità di un decreto papale e con lin- 
guaggio reciso, il diritto dei pontefici su Roma. 

I Romani lo elessero senatore a vita, ed egli 
nominò suo vicario il fratello Matteo Orsini, mentre 



(1) Vedi un estratto del docum. in appendice, doc. 2. 

5" 



39° 



EDOARDO MARTINORI 



Orso, altro fratello, era stato insignito dell'ufficio di 
Podestà in Viterbo. 

Quest'ultimo, profittando della sua posizione e 
col favore del Papa, cominciò ad allungare le mani 
sopra alcuni castelli del versante dei Cimini, sui 
quali Viterbo vantava diritti di signoria. Spogliò i 
Signori di Soriano del loro feudo, ed il Papa, fat- 
tane a lui l'investitura, nell'estate del 1279 vi si recò 
a villeggiare. Vi ritornò nell'agosto del 1280 ma, 
fulminato da apoplessia, vi lasciò la vita. 

I Cardinali si adunarono in Viterbo per l'ele- 
zione del nuovo pontefice, e Carlo d'Angiò vi corse 
ancora una volta per ottenere che si eleggesse un 
Papa francese. Gli riuscì facilmente a far deporre il 
Podestà Orso ed a nominare a quell'ufficio Riccardo 
degli Annibaldi, suo partigiano, il quale, postosi al 
fianco come capitano del popolo Visconte Gatti di 
Raniero, si piantò con gran sussiego a custode del 
conclave. Nello stesso tempo fu ingiunto agli Orsini 
che, come Cardinali, ne facevano parte, di restituire 
Soriano ai loro legittimi proprietari, i Guastapane. 
Ed in seguito all'opposizione che gli Orsini facevano 
a queste ingiunzioni, il popolo li oppresse di contu- 
melie e d'insulti e li fece prigionieri. 

Sgominata così la fazione degli Orsini, riuscì a 
Carlo di far nominare a pontefice Simone de Brion 
Card, di S. Cecilia, francese, che tolse il nome di 
Martino IV. 

II nuovo Papa non volle perdonare ai Viterbesi 
le violenze fatte ai cardinali di parte Orsini, quan- 
tunque la sua elezione si dovesse alla fazione op- 
posta, ma il grave insulto fatto al conclave non do- 
veva andare impunito; che Martino scagliò l'anatema, 
condannando Viterbo all' interdetto ecclesiastico. 

Appena eletto non potendo recarsi in Roma, 
essendo questa città in scompiglio per la rivalità tra 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMOTIO DI S. PIETRO 39I 

gli Annibaldeschi e gli Orsini, si portò, accompa- 
gnato da Carlo, in Orvieto, ove ebbe luogo la sua 
incoronazione il 23 marzo 1281. 

I Viterbesi esacerbati per la dipartita della Curia 
e per la durezza del Papa contro la loro città, si 
rivolsero a Pietro Di Vico, figlio dell'altro Pietro 
morto nel 1268. 

Questo rampollo della famiglia dei Prefetti, ne- 
mico giurato degli Orsini e cupido di ricuperare al- 
cuni castelli aviti, concordò con il comune un'alleanza. 
Furono aperte subito le ostilità contro i patrizi della 
città, e fu eletto un gonfaloniere del popolo nella 
persona di Pietro di Valle. Si scese a battaglia nelle 
vie di Viterbo e da quel dì cominciò l'era di lotte, 
di tirannie e di odi cittadini, che funestò per due 
secoli le terre del Patrimonio. 

Martino IV si recò di sovente in Montefia- 
scone, ove, per maggior sicurezza della Curia e 
del Rettore del Patrimonio, ampliò la rocca ed il 
palazzo. 

Possiamo fin d'ora considerare questo castello 
come vero baluardo del Patrimonio di S. Pietro in 
Tuscia, se non come capitale, che era sempre vir- 
tualmente la città di Viterbo. Ma l'ambita autonomia 
ed il desiderio di libertà, che animava quel popolo, 
vi rendeva troppo malsicura la dimora della Curia 
e della ufficialità pontificia, che finì per stabilirsi de- 
finitivamente in Montefiascone. 

Avvenuta la morte di Martino IV e l'elezione 
di Onorio IV Savelli (15 maggio 1285), i Viterbesi 
cercarono rappacificarsi con la Chiesa e l'ottennero, 
ma a duri patti. Oltre all'obbligo di distruggere le 
mura e le torri della città, i Viterbesi furono costretti 
a reintegrare nei loro castelli gli Orsini, rinunciare 
alla libera elezione del Podestà, perdere il privilegio 
del mero e misto imperio, e subire un processo, nel 



392 



EDOARDO MARTINORI 



quale furono implicati tutti i cittadini accusati di ec- 
cessi specie durante il conclave del 1281. 

Anche Roma, l'eterna nemica dei Viterbesi, dopo 
morto Onorio IV (3 aprilo 1287), ed eletto Giovanni 
d'Ascoli (22 febbraio 1288) al soglio pontifìcio, col 
nome di Nicolò IV, cercò di ridurre a vassallaggio 
la città ed il distretto di Viterbo; ma essendo ri- 
corsi i Viterbesi al papa, questi diede loro ragione; 
e ricordando come la loro città appartenesse di di- 
ritto alla Chiesa, l'incoraggiò nella ripulsa alle pre- 
tese del Senato romano. 

Fu bandita la guerra. Questa riuscì molto po- 
polare fra i romani, i quali non potevano perdonare' 
ai Viterbesi l'aver nei tempi passati dato sempre ri- 
fugio ai papi ogni qualvolta erano stati discacciati 
da Roma, e l'aver ostacolato l'annessione della Tu- 
scia al ducato romano. Ma nell'assedio posto alla 
città di Viterbo le milizie romane perdettero molti 
capitani e nobili patrizi; i quali, fatti prigionieri in 
una sortita degli assediati furono dalla plebaglia bar- 
baramente uccisi. I Romani dovettero accontentarsi 
di dare il guasto alle campagne ; e, ricchi di bottino, 
fecero ritorno in Roma, ove la perdita di tanti baldi 
giovani appartenenti al fiore della cittadinanza rin- 
carò l'odio ed affermò il proposito di radere al suolo 
la città nemica. 

Nicolò IV, a por termine alle contese, nella sua 
carica di Senatore di Roma comandò ai Viterbesi 
di venire ad un accomodamento, e, temperando le 
pretese dei Romani, ottenne, bene o male, la paci- 
ficazione fra le due rivali. Viterbo dovette pagare 
grandi taglie per l'uccisione dei nobili romani e per 
la rifazione dei danni, e giurare vassallaggio a Roma. 
Il Papa fece aggiungere nel trattato di pace la clau- 
sola: salvo il vassallaggio e la fedeltà dovuta alla Chiesa. 
Così i Viterbesi dovettero, e ben di mala voglia, 



DELLA MONETA PAPAR1NA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 39^ 

acconciarsi alle bizze di due padroni eternamente in 
lotta fra di loro, il Papa ed il popolo di Roma l 1 ). 

Sul principio dell'anno 1292 una coalizione di 
tutte le corporazioni delle Arti rovesciò e rimutò 
per intiero l'ordinamento municipale di Viterbo; e 
primo atto del governo popolare fu l'ampliamento 
dei confini settentrionali del distretto del Comune. 
Anche Orvieto volle ridurre alla sua soggezione al- 
cune terre del Patrimonio; quelle cioè che si trova- 
vano sul lago di Bolsena e che andavano sotto il 
nome di Valdilago. 

Nicolò IV era morto nel 1292; ed i Cardinali 
divisi in due fazioni, adunati a conclave in Perugia, 
scrissero ai Viterbesi perchè si preparassero ad 
aiutare con un esercito il Rettore del Patrimonio a 
scacciare gli Orvietani dalle terre e dai Castelli, che 
avevano occupati. 

Dopo 27 mesi di dissenzioni, i Cardinali, non 
essendosi potuti accordare sopra la scelta di uno di 
loro, elessero l'eremita di Monte Morrone e lo in- 
signirono della carica di pontefice, coronandolo il 
24 agosto 1294 in Aquila, col nome di Celestino V. 

Ma il Santo anacoreta desioso della pace e della 
solitudine dopo soli cinque mesi di pontificato fece 
« il gran rifiuto » ed abdicò. 

Benedetto Cattaui gli successe col nome di Bo- 
nifacio Vili. Ad un umile fraticello subentrava nel 
governo della Chiesa un uomo scaltro, di note ten- 
denze teocratiche, di propositi tenaci, di grande dot- 
trina e talento diplomatico, quantunque violento e 
superlativamente altero < 2 '. 

I Viterbesi accolsero con gioia l'annuncio di 
questa elezione. Il Caetani era notoriamente bene- 



(1) Pinzi, op. cit., voi. II, pag. 467, doc. in nota. 

(2) Pinzi, op. cit., voi. Ili, pag. 14. 



394 



EDOARDO MARTINORI 



volo alla loro città, ove aveva fatto dimora da pro- 
tonotario apostolico al tempo che la Curia vi si era 
insediata sotto Nicolò III ed in altre circostanze suc- 
cessive. Ricordavano con orgoglio essere stato lui 
a venire in soccorso dell'erario del comune quando, 
nel 1291, dovettero pagare le forti taglie imposte 
dai Romani. Il Cardinale diede in prestito, in quella 
occasione, ben 8500 fiorini d'oro ( 1] . Bonifacio non 
smentì la fiducia che in lui riponevano i Viterbesi. 
Egli ottenne subito la pace con i nobili banditi dai 
popolari « pena la testa a chi rompesse detta 
pace » (2 ); e dagli Orsini, specie dal vecchio Car- 
dinale Matteo che aveva subito villanie e prigionia 
al conclave del 1281, piena rimissione degli eccessi 
commessi contro di lui e della sua casa (3). Final- 
mente ai 4 febbraio 1296 Bonifacio emise una bolla 
di arbitraggio che risolveva la questione dei possessi 
degli Orsini e dei diritti dei Viterbesi. 

Dagli Orvietani ottenne la restituzione delle 
terre di Valdilago, blandendoli e facendo sperare 
il trasferimento della corte papale nella loro città, 
iniziandovi la costruzione del palazzo papale e 
portandovisi realmente a risiedere nel giugno del 
1297 (4). 

Non è mio compito narrare le tumultuose vi- 
cende di questo pontificato. Per ciò che riguarda il 
Patrimonio ricordo la cooperazione prestata al Papa 
dai Viterbesi colle milizie proprie contro i Colonnesi 
e contro Nepi. 

Le milizie, che in quell'epoca andavano ad in- 
grossare quelle pontificie, erano composte di nobili, 
combattenti a cavallo, e di popolani, a piedi, sotto 



(1) Pinzi, op. cit., voi. Ili, pag. 15. 

(2) Della Tuscia Cronache di Viterbo. 

(3) Margarita di Viterbo, t. I, pag. 82. 

(4) Luigi Fumi. // Palazzo Soliano o dei Papi in Orvieto. Roma, 1890. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 395 

gli ordini di connestabili e di gonfalonieri in pieno 
assetto di guerra con le insegne del Comune spie- 
gate, ed a spese tutte del Comune stesso ; ed erano 
vere prestazioni militari, che, come quella del fodero 1 * 1 ), 
dell'omaggio della fedeltà, erano reclamate dai papi 
con tutto il rigore feudale e sotto pena d'interdetto 
e di gravissime ammende. 

Per ricompensare i Viterbesi dell'aiuto presta- 
togli, Bonifacio li assolvette dal pagamento della 
taglia {tallia Tusciae) che pagavasi dai Comuni al 
Rettore del Patrimonio per la sicurezza delle strade 
e del territorio ( 2 ). 

Ampliò il Pontefice i privilegi e le giurisdizioni 
del Comune, proteggendolo inoltre dalle angherie 
degli ufficiali papali. 

Egli promulgò, il 20 gennaio 1299, una nuova 
costituzione pel governo delle terre del Patrimonio, 
che fu per molti anni il codice civile di tutte le città 
della Tuscia. 

In questa costituzione oltre stabilire le varie at- 
tribuzioni degli ufficiali e dei Podestà, si leggifera 
contro la falsificazione della moneta e si stabilisce 
la dimora del rettore nella rocca e palazzo di Monte- 
fiascone fe). 

La via Cassia, questa grande arteria che da 
Roma portava in Toscana, traversava per lungo 
il territorio del Patrimonio, ed era frequentatissima 
in tutti i periodi dell'anno. 



(1) Il fodero o fodro era un'antica forma di regalia o tributo di man- 
tenimento dovuto agli imperatori ed alle corti di accompagno nel pas- 
saggio a traverso feudi o città. 

(2) Vedi il riparto di questa taglia nei Comuni del Patrimonio, in 
Fabre, Un registrt canterai du Card. Albornoz nei Melanges d'Hist. et 
Arch., P. II, doc. n. 4. 

(3) La copia autentica di questa costituzione esiste nell'Archivio 
comunale di Viterbo (pergamena n 310), ed è più completa ed esatta 
di quella pubblicata dal Theiner nel suo codice diplom. doc. 528. Pinzi, 
op. cit., pag. 33. 



396 



EDOARDO MARTI NOR1 



Il via vai de' romei, per il famoso giubileo del 
1300, fu di grande vantaggio per i Viterbesi e per 
quei di Montefiascone. Il Rettore del Patrimonio W 
fece erigere le forche sulla via verso Viterbo, per 
mettere timore ai malandrini che infestavano la con- 
trada, ed il colle, ora di Monte Arminio, ha conser- 
vato per molto tempo il nome di Poggio delle 
Forche 12) . 

Ma nemmeno in questo periodo di grande pro- 
sperità per tutte le terre del Patrimonio vennero 
meno le ribellioni e le defezioni alla Chiesa. Le mi- 
lizie Viterbesi dovettero unirsi all'esercito del Ret- 
tore per spegnere le sollevazioni di Bagnorea e dello 
stesso Montefiascone mentre la città di Toscanella 
veniva dai Romani aggiogata alla signoria del Cam- 
pidoglio. 

La morte di Bonifacio, avvenuta in Roma 1' ti 
ottobre del 1303 poco dopo l'aggressione subita in 
Anagni per opera del proscritto Sciarra Colonna e 
dei baroni del Lazio, non destò alcun rimpianto, 
come in Roma, così nelle terre del Patrimonio da 
lui beneficate. A ciò contribuirono certamente le 
calunnie sparse sul suo capo dai numerosi nemici, 
che la sua indole superba gli aveva procacciati, dalle 
quali non riuscì interamente a purgarlo neppur la 
odierna critica storica. 

Nicolò Boccasini da Treviso, uomo pio e di na- 
tura mite, raccolse i suffragi dei Cardinali riuniti in 
conclave a Roma, e fu eletto Papa il 1." novembre 
col nome di Benedetto XI. 

Erano corsi pochi giorni dalla sua assunzione 
al pontificato che già Roma, il Patrimonio e la Cam- 
pania si erano riempiti di turbolenti faziosi. Gli Or- 



(1) Era rettore del Patrimonio il Card. Teodorico di Orvieto. 

(2) Pinzi, op. cit., pag. 37. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 397 

sini spadroneggiavano nel Vaticano, i Caetani ane- 
lavano a vendetta, i Colonnesi si preparavano a rien- 
trare minacciosi contro gli uni e contro gli altri, 
per rivendicare i loro castelli e le terre confiscate 
da Bonifacio. Nel Patrimonio durante il breve pon- 
tificato di Benedetto XI nessun fatto notevole si pro- 
dusse all' infuori dell'invio, per parte del Pontefice, 
in Viterbo, dell'inquisitore domenicano fra Consiglio 
degli Amfanelli incaricato di riassumere i processi di 
eresia, e riferire onde provvedere agli interessi della 
fede. 

Benedetto mal sicuro in Roma, per Viterbo e 
Montefiascone, ove dimorò qualche giorno nell'aprile 
del 130-1, riparò a Perugia; e quivi morì il 7 luglio 
di quello stesso anno, non senza il sospetto di es- 
sere stato avvelenato per opera dei Cardinali Orsini 
e Le Maine o dello stesso Filippo il Bello, perchè 
ritenuti responsabili dal Papa, benché velatamente 
nella sua bolla di scomunica per il misfatto di 
Anagni ('). 

Nel periodo del lungo conclave per la nomina 
del nuovo Papa, le ostilità fra le varie fazioni si ac- 
cesero più vive che mai. e quando si seppe che 
l'eletto di Perugia Bertrando de Got si era fatto in- 
coronare in Lione, col nome di Clemente V (14 no- 
vembre, 1305) ed invece di venir in Italia, aveva 
chiamato in Francia la Curia ed i Cardinali, il par- 
tito ghibellino alzò la testa e si sentì pienamente 
padrone nei Comuni, abbandonandosi alle più audaci 
speranze. 

I Viterbesi per dare un governo più forte e 
compatto alla loro repubblica avevano sostituito a 
Stefano Colonna, loro Capitano e Podestà, divenuto 
Senatore di Roma, il concittadino Pietro de Gatti, 



(1) Tosti, Storia di Bonifacio Vili. II, 232, Roma, 1886. 



39» 



EDOARDO MARTINORI 



detto Messcr Guercio, il quale prese il titolo finora 
mai usato di Difensore del Comune e del popolo 
oltre a quello di Rettore e Governatore, iniziando 
la serie dei piccoli tiranni Viterbesi <". 

Clemente V aveva intanto pensato a provve- 
dere provincie; e, come aveva inviato a Roma due 
suoi vicari O), nominò un cavaliere francese, tal Ama- 
nevo di Labreto, a Rettore del Patrimonio. Sulla 
dominazione pontificia in questa provincia, durante 
il periodo della dimora della S. Sede in Avignone, 
ha scritto un interessante memoria il chiaro autore 
M. Antonelli, dalla quale ritraggo le principali no- 
tizie sulle vicende che vi si riferiscono (3). 

Avvenuta la partenza della Sede Apostolica da 
Roma e dall'Italia, l'organizzazione politica del Pa- 
trimonio rimase grandemente turbata. Tutto lo Stato 
fu in rivolta e l'autorità papale ridotta quasi al nulla, 
e quella dei Rettori e degli altri ufficiali di Curia, 
quasi tutti venuti dalla Francia di null'altro curanti 
che di ammassare denaro, divenne strumento di ti- 
rannide provocando l'odio dei sudditi, ribellioni e 
guerre. 

La venuta in Italia di Enrico VII fece imbal- 
danzire la fazione ghibellina; e l'anarchia raggiunse 
il colmo. Montefiascone stesso, ove risiedeva la Curia, 
il governo cioè del Patrimonio, fu preso di mira, e 
vi fu attentato persino alla vita del Rettore. 

Il 24 novembre del 131 5 un poderoso esercito 
mosse da Orvieto contro Montefiascone per vendi- 
carsi di quel Rettore , che per sue mire speciali 
aveva prestato aiuto ai ghibellini in guerra con Ca- 



(1) Pinzi, V. Ili, pag. 55. 

(2) Theiner, 1. doc. 588. 

(3) Antonelli M. Vicende della dominazione pontificia nel Patrimonio 
di S. Pietro in Tuscia, ecc. Roma, a cura della R. Società romana di 
Storia Patria, 1904. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 399 

nino e con i Farnese, i quali si erano messi sotto 
la protezione di quella città. Ne seguì un terribile 
saccheggio alle case dei ghibellini e l'assedio della 
rocca ove risiedeva il vicario ( J) , che poco mancò 
non dovesse rendersi a discrezione. Manfredi Di Vico 
e Sciarra Colonna a capo di una forte masnada di 
ghibellini, per la maggior parte Viterbesi, vennero 
in suo soccorso e posero in fuga gli Orvietani. È 
degno di nota, come ben rileva l'Antonelli, il vedere 
il rappresentante dell'autorità della Chiesa schierarsi 
così apertamente contro i guelfi; e ciò perchè questi 
maggiormente si opponevano alle sue angherie. Vi- 
terbo ed il Di Vico ottennero in premio dal Vicario 
la sottomissione di Montefiascone per la durata di 
dieci anni. Ma la lotta continuò micidiale fra gli Or- 
vietani ed i Viterbesi. Montefiascone fu di nuovo 
saccheggiato, le terre orvietane devastate, molti ca- 
stelli distrutti ; quasi tutto il Patrimonio fu per più 
mesi in fiamme. 

Il 21 giugno 131 7, esausti i contendenti, nel pa- 
lazzo di Montefiascone fu stipulata una pace fra Vi- 
terbo, Orvieto ed il Vicario di Coucy < 2) . 

Dell'anarchia che regnò nel Patrimonio durante 
il pontificato di Clemente V profittò il Senato ro- 
mano per estendere la sua giurisdizione sopra al- 
cuni comuni che appartenevano alla Chiesa. 

Oltre a Toscanella, passarono dalla giurisdizione 
della Curia a quella di Roma. Amelia, Porchiano, 
Corneto e Sutri. 

Messi romani giravano continuamente nelle terre 
del Patrimonio per esigere tributi, e contro chi non 
ubbidiva veniva spedito l'esercito a fare esecuzioni. 



(1) Era vicario del Rettore, Bernardo di Coucy (Cucniaco). Il Ret- 
tore Gagliardo di Falguières arcivescovo di Arles non risiedeva nella 
provincia, ma governava per mezzo del suo vicario. 

(2) Antonella, op. cit., pag. 362 e segg. 



,00 EDOARDO MARTINORI 



Nel 13x2 si presentavano a Montefiascone, a Mon- 
talto, a Canino ed in altri luoghi della Maremma"». 

Clemente V protestò ma i Romani non gli die- 
dero ascolto. L'anarchia giunse al colmo. Corneto 
nel T316 fece i suoi proventi della castellania di Ci- 
vitavecchia (2) . Narni occupò Miranda sopra Terni. 
Le guerre civili proruppero più fiere e le gare fra 
i baroni desolarono quelle contrade ove più non era 
che disordine, squallore e ruina. 

Il successore, Giovanni XXII, si adoperò con 
molta energia a ristabilire l'ordine e rialzare la de- 
caduta autorità della Chiesa. Cambiò il Vicario e 
spedì come Rettore Guglielmo Costa, suo cappellano 
che assunse le redini del Patrimonio il giorno 30 
ottobre 1317. Il primo nemico che il Costa cercò di 
debellare fu Manfredo Di Vico capo del partito ghi- 
bellino. Con l'aiuto degli Orvietani gli ritolse Gal- 
lese, lo scacciò da Montalto e lo molestò negli aviti 
castelli Di Vico, Giulianello e Bieda. 

Contro altri potenti ghibellini combattè il nuòvo 
Rettore con successo, e si diede anche a ripristinare 
l'autorità della Chiesa ed il riconoscimento dell'alta 
sovranità di essa in molti comuni e feudi, solleci- 
tando dai morosi il pagamento dei censi arretrati. 

Il Costa non potè compiere la sua opera restau- 
ratrice, che morte lo colse il 3 settembre 1319. 

Fu nominato a suo successore Guitto Farnese, 
Vescovo di Orvieto, che appena entrato in carica 
spedì al Pontefice una dettagliata relazione sullo stato 
della provincia. Documento interessantissimo, dal 
quale ricavansi tante preziose notizie non solo sullo 
stato politico, ma anche su quello economico delle 



(1) Antonelli, op. cit., pag. 365. 

(2) Questa castellania pagava circa quattrocento libbre di paparini 
al tesoriere del Patrimonio. Arch. Vai. Intr. et exit. Patr. n. II, A. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S PIETRO 4OI 

terre del Patrimonio u) . Questa relazione è anche 
documento gravissimo del decadimento della sovra- 
nità pontificia in tutta la provincia avvenuto dopo 
che la sede apostolica si era trasferita in Avignone. 

Giovanni XXII volle correre energicamente ai 
ripari ed emise bolle, annullò concessioni ; ma con 
poco frutto. Le contese degli ambiziosi baroni non 
avevano tregua; le gare tra i Bisenzo, i Farnese, i 
Di Vico, i Capocci e gli Orsini infierivano sempre 
più. ne riusciva al Pontefice condurre la pace fra i 
discordi. 

A premunirsi contro i ribelli Giovanni racco- 
mandò la buona manutenzione delle rocche papali, 
specie di quella di Montefiascone ; provvide contro 
gli abusi e le malversazioni degli ufficiali di Curia 
cambiando i tesorieri ed eleggendo alle cariche per- 
sone amanti della giustizia e fedeli alla Chiesa. 

Guitto Farnese non durò a lungo al governo, 
e non furono risparmiate calunnie sul suo conto, nò 
potè sottrarsi alla nomea di uomo venale ed inetto. 
I ribelli ne profittarono; e tutti più o mòno rialza- 
rono la testa e fecero man bassa sulle terre della 
Chiesa; e molti luoghi si sottrassero alla obbedienza 
di questa, negandole i diritti e le prestazioni. 

Il nuovo Rettore Roberto d'Albarupe (t 323-1 329) 
si diede a tutt'uomo a porre un riparo al disfaci- 
mento del Patrimonio ; ed ottenne subito vari suc- 
cessi, ricuperando castelli, componendo liti e riu- 
scendo a porre concordia fra i contendenti. Ma 
mentre spegneva un incendio altri se ne suscitavano. 

Durante la sua assenza da Montefiascone per 
l'impresa di Miranda, che occupavano i Narnesi a 



(1) Antonelli. Una re/azione del incarto del Patrimonio a Gio- 
vanni XX II in Avignone. Aichivio della R. Società romana di storia 
patria, 1895, XVIII, pag. 447 e segg. 



402 



KDOARD0 MARTINORI 



danno della Chiesa, Silvestro Gatti cercò afferrare 
la Signoria di Viterbo ; ed avendo saccheggiato ed 
arso Montegiove, appartenente agli Orvietani, per 
vendicare l'uccisione di un suo figliuolo, ne seguì 
una nuova e più aspra guerra fra Orvieto e Viterbo. 
Tutto il Patrimonio riandava in fiamme. Viterbo da 
quella campagna ebbe grandi guai e perdette Castel 
Fiorentino che possedeva a N. O. di Montefiascone 
e che fu raso al suolo (1 ). 

L' impresa di Narni ebbe fine nel marzo del 
1327 con la sottomissione della città. 

La venuta del Bavaro fece sospendere le lotte 
che si erano nuovamente accese fra il Gatti e Vi- 
terbo da una parte. Orvieto ed il Rettore dall'altra 
per il ricupero di Orchia e Ghezzo, asili di ribelli. 
Ludovico iu accolto dappertutto con festa durante 
il suo passaggio per recarsi in Roma a cingere la 
corona imperiale (17 gennaio 1328J. 

I ghibellini profittarono del passaggio delle mi- 
lizie tedesche per dare unitamente a queste il sacco 
alle terre ed ai castelli ancora devoti alla Chiesa, 
specie nella Valdilago, ove Gradoli, Latera, Valen- 
tano, furono letteralmente distrutti. Solo Bolsena il 
cui presidio era stato rinforzato, resistette al loro urto. 

Montefiascone si fortificò maggiormente, e tutte 
le altre rocche del Patrimonio furono munite ed eb- 
bero aumentato il loro presidio. 

II Bavaro, nel suo ritorno, assediò Bolsena che 
fortemente difesa dagli Orvietani e da Cataluccio di 
Galasso di Bisenzo resistette anche questa volta ; 
ma il territorio fu messo a sacco, e Borgo a Sesto, 
lì vicino, fu completamente distrutto (2 ). Fallita l'im- 
presa di Orvieto, partì alla volta di Todi che, ghi- 



(1) V. Pinzi, op. eh., V. Ili, pag. 144. 

(2) Antonelli, op. cit., pag. 262. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 403 



bellina fervente lo accolse con entusiasmo e gli diede 
la Signoria del comune, cui egli tenne per mezzo 
di vicari. Partì quindi per Pisa lasciando nel Patri- 
monio come suo rappresentante l'Antipapa, che aveva 
fatto acclamare dal popolo romano, dopo aver pro- 
nunciata la sentenza di deposizione di Giovanni XXII, 
e che aveva preso il nome di Nicola V <'>. Anche 
l' Imperatrice, che era rimasta in Viterbo, dopo pochi 
mesi raggiunse con l'Antipapa l'Imperatore a Pisa* 2 ). 

Il Capitano del Patrimonio si diede subito a ra- 
dunare milizie per cacciare il Catti da Viterbo e ri- 
stabilirvi il governo della Chiesa. Ma non fu che 
dopo molti assalti e dopo che i Viterbesi, stanchi 
dalla resistenza e perduta la speranza di aiuto per 
parte dell' imperatore, che accingevasi ad abbando- 
nare l'Italia, il io settembre 1329 si ribellarono al 
Gatti, l'uccisero, ed aprirono trattative per avere la 
pace. Il legato del Papa, Giovanni di S. Teodoro, 
potè entrare in Viterbo, ove il popolo lo accolse 
con esultanza; e Giovanni XXII con bolle del 15 
febbraio 1330 riammise la città in grazia, e la pro- 
sciolse dall'interdetto. Contemporaneamente avvenne 
la sottomissione di Corneto e la riduzione delle terre 
della Sabina e più tardi quella di Todi e di Amelia. 

Ma dopo pochi mesi Viterbo era tornata alla 
ribellione fomentata da Faziolo Di Vicu, l'uccisore 
del Gatti. Anche i Todini rimbaldanziti nel 1332 ri- 
presero a devastare la terra degli Arnolfi, sulla 
quale avanzavano delle pretese. Amelia mosse in 
armi contro Foce e fattovi strazio degli abitanti la 
diede in preda alle fiamme. Questo stato di cose 
alternato da ribellioni e sottomissioni, censure e in- 
terdetti, remissioni e perdoni, durò ancora per molto 



(1) Era questi un frate Minorità di nome Pietro Rainalucci di Corbara. 

(2) 3 gennaio 1329. 



4°4 



EDOARDO MARTINOR1 



tempo ; e non solo non accennò a cessare ma andò 
sempre più peggiorando, e sulle rovine della domi- 
nazione pontificia andava ad innalzarsi la potenza 
vittoriosa dei Prefetti Di Vico. 

Giovanni XXII era morto in Avignone nel 1334, 
e Benedetto XII che gli era succeduto ben poco 
potè ottenere per ricondurre il Patrimonio in un 
assetto durevole di pace e tranquillità. Allo scopo 
di avere Viterbo dalla sua, die facoltà al Rettore di 
trasferirvi la sede del Patrimonio; ma non risulta 
che questi l'abbia fatto. Orvieto, allo scopo di con- 
durre nella propria città la Curia, elesse nel 1343 
a Capitano del popolo il Rettore del Patrimonio 
Bernardo del Lago, che ottenuto l'assenso del Pon- 
tefice, vi si recò e vi. risiedette per circa un anno 
e mezzo. Ma il malcontento della popolazione pel 
vessatario governo degli ufficiali ecclesiastici fu esca 
potente agli ambiziosi disegni di Giovanni Di Vico 
e quando Clemente VI, succeduto a Benedetto XII, 
si rallegrava con il detto Bernardo (lett. del 13 gen- 
naio 1345) della fedeltà e della pace regnanti nel 
Patrimonio, era ben lungi dall' immaginare che pro- 
prio in quell'anno la dominazione della Chiesa do- 
vesse precipitare sull'orlo della rovina. 

Gli avvenimenti del reame di Napoli, fatali al 
guelfismo, la morte di re Roberto, e con essa la ca- 
duta della monarchia angioina, che era stata finora 
il punto d'appoggio dello stato temporale della Chiesa, 
misero i ghibellini in grande fermento specie in 
Viterbo, ove, capitanati dal Di Vico, erano divenuti 
potenti e manifestarono liberamente il loro entu- 
siasmo ponendosi in aperto contrasto colla Chiesa. 
Il Papa non potè opporre alle mire ambiziose di 
Giovanni Di Vico che scomuniche e censure. Sulla 
città fulminò 1' interdetto che ebbe ancora una volta 
qualche effetto conducendo pel momento ad un ac- 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 405 

cordo stipulato fra il Rettore ed il Prefetto al co- 
minciare del 1347 ('). 

Entra ora in scena Cola di Rienzo, il tribuno 
romano il quale, come aveva fatto con gli altri ba- 
roni, ottenne dal Di Vico la sottomissione incondi- 
zionata. Il Patrimonio passò sotto la protezione del 
tribuno e Cola scrisse al Pontefice essere ciò avve- 
nuto « onde liberarsi dalle angherie degli ufficiali 
« ecclesiastici e dalla rabbia dei tiranni ». Il Pon- 
tefice non tenne per buone queste ragioni; ed or- 
dinò al Rettore Guiscardo di Comborino di fronteg- 
giare in tutti i modi l'opera di Cola e di liberare il 
Patrimonio, anche colle armi, dalla sua indebita in- 
gerenza. Il tribuno cadde ; ed il Di Vico riprese la 
sua opera per ottenere il dominio delle terre del 
Patrimonio. Ai danni prodotti dalle lotte politiche si 
aggiunsero per queste terre i flagelli naturali. La 
famosa peste nera distrusse quasi due terzi degli 
abitanti, e lo stesso Rettore Guiscardo ne mori il 
16 luglio 1348, e, come ciò non bastasse, il 9 set- 
tembre dell'anno successivo un violento terremoto 
sconquassò la maggior parte della città e dei castelli 
del Patrimonio. Ne soffersero specialmente Viterbo, 
Orvieto, Onano, Toscanella e Tarano in Sabina, che 
ebbero le mura, le torri e le rocche rase a terra. 

Altro flagello si scatenò sul Patrimonio nel 1350, 
l'anno stesso del giubileo, che si sperava avesse li- 
berato quelle terre dagli influssi diabolici, quello cioè 
delle bande del Guarnieri, le quali avevano già se- 
minato la 'Campania di rovine. Il Di Vico si alleò 
subito coli' invasore, e grandi furono le devastazioni 
commesse i 2 ). 

Scaduto il periodo di concordia fra il Prefetto 



(1) La durata della concordia fu stipulata per anni 3. 

(2) Antonelli, op.' cit., pag. 145. 



406 EDOARDO MARTINORI 



Di Vico e il Rettore del Patrimonio, quegli si diede 
a consolidare la sua influenza ed a preparare il ter- 
reno a future conquiste. Ma all'offensiva in campo 
aperto il Di Vico preferiva quella occulta dell' in- 
sidia e del tradimento. Non vi era città o terra ove 
egli non contasse amici devoti pronti ad aprirgliene 
le porte. 

Col novembre del 1351 cominciò la serie dei 
suoi successi; Orchia, l'Abbadia al Ponte e Montalto 
sono occupate a tradimento; Canino e Marta cadono 
in suo potere prima che finisca l'anno. Il Pontefice 
invia soccorsi in danaro, e tutte le rendite del Pa- 
trimonio vengono impiegate nella guerra. Si doman- 
dano aiuti a Firenze, a Siena ed a Perugia. Roma 
spedisce milizie contro Giovanni al comando di Gior- 
dano Orsini, che, morto il Rettore Serra per una 
caduta da cavallo, prende il governo della provincia. 
Ma non ha ancora preso possesso di quell'ufficio 
che il Prefetto favorito da fortunate circostanze ot- 
tiene la signoria di Orvieto. L'Orsini domanda una 
tregua, durante la quale il Di Vico non cessa di 
stancare la vigilanza del Rettore. 

Muore frattanto Clemente VI il 6 dicembre 1352; 
ed a stento l'Orsini ottiene una proroga alla tregua. 
Il nuovo Pontefice, Innocenzo VI, a restaurare la 
sovranità pontifìcia in Italia, ricorre al Card. Egidio 
Albornoz, e lo invia con estesissimi poteri nel 1353 
nelle terre del Patrimonio, ove giunge il 20 di no- 
vembre. Il Di Vico non si smarrisce e gli corre in- 
contro in Orvieto per fargli riverenza. Ne profitta 
il legato per concludere subito un accordo. Ma dura 
poco la fede del Prefetto, che accortosi della debo- 
lezza delle forze dell'Albornoz, ritira la parola ed 
affila le armi per un duello finale. 

Il consiglio di Orvieto riconferma la sua devo- 
zione al Di Vico e si prepara a difendere la libertà 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 4O7 

cittadina, minacciata dall'Albornoz. Questi comincia 
collo scagliargli contro l'interdetto; e nel dicembre 
espugna la rocca di Castello d'Agliano occupata dal 
Prefetto. Ne segue l'assedio di Orvieto, e con l'aiuto 
di milizie Senesi e Perugine attacca in vari punti 
quelle del Di Vico. È un succedersi continuo di ca- 
valcate e di offese; nelle quali il Di Vico prevale, 
grazie alla miglior qualità delle sue milizie composte 
in gran parte di Tedeschi. 

Il Legato assolda genti in Lombardia, altre nella 
Marca ; toglie per denaro ottanta delle migliori bar- 
bute all'avversario e sollecita da Avignone i mezzi 
necessari per approntare un grosso esercito e poter 
condurre onorevolmente a termine la guerra. Mentre 
Giovanni Orsini assedia Orvieto, viene snidato da 
Latera Giovanni di Pistoia, uno dei migliori con- 
dottieri del Di Vico, che opprimeva le terre della 
Val di Lago. Presa Toscanella il Rettore ne ottiene 
subito la sottomissione ('). Vengono egualmente ri- 
cuperati alla Chiesa Graffignano, l'Abbadia al Ponte, 
Montalto e Canino. La stella di Giovanni Di Vico 
tramonta. Il Papa esulta alla nuova dei successi del 
Legato e lo stimola alla totale disfatta del tiranno. 
Si riesce persino a stornare Fra Moriale dal portarsi 
ai servigi di Giovanni e non rimane che ricuperare 
Corneto e Viterbo che vengono presi d'assalto nel 
maggio 1354. Il Di Vico, vistosi perduto, si arrende 
e conclude la pace coll'Albornoz consentendo al ri- 
conoscimento della supremazia della Chiesa in Vi- 
terbo e Corneto, ed alla restituzione di Orvieto al 
Legato, che volle in questa circostanza eccedere 
in mitezza accordando all'avversario tante agevola- 
zioni e ricevendolo subito in grazia della Chiesa non 
solo, ma allo scopo di allontanarlo da Viterbo, no- 
minandolo Vicario di Corneto. 

(1) Antonelli, op. cit., pag. 153. 



_|.o8 EDOARDO MART1NORI 



In Viterbo fu iniziata la costruzione di una rocca, 
ove poi nel 1361 furono collocati gli uffici della 
Curia del Patrimonio, e vi prese stanza il Rettore 
soddisfacendo così ai voti tante volte espressi dai 
Viterbesi, che videro la loro città perdere le prero- 
gative di comune libero ed indipendente ma acqui- 
stare quelle di capitale della ricostituita provincia. 

La rocca di Montefiascone non fu abbandonata 
del tutto. Urbano V comandò al Rettore di risiedervi 
qualche tempo dell'anno ed egli stesso vi passò 
l'estate del 1368 (»). 

E qui dovrei far sosta nel narrare le vicende 
del Patrimonio pel periodo che interessa il mio studio 
sulle monete papaline. Ma volendo dire qualche cosa 
anche su quelle che furono coniate in Viterbo dai 
Di Vico, occorre che riassuma brevemente la storia 
di questa famiglia ancora per qualche anno suc- 
cessivo. Giovanni Di Vico non smentì il suo carat- 
tere ambiguo e di fedifrago. Le sue ostilità con la 
Chiesa durarono fino alla morte di lui avvenuta 
nel 1366. 

Il figlio Francesco che gli successe nella pre- 
fettura di Roma seguì l'orme del padre. Partito 
l'Albornoz dal Patrimonio, dopo di averlo ricondotto 
sotto il governo della Chiesa, cominciarono ben 
presto i malumori e le insurrezioni delle popolazioni, 
specie contro gli ufficiali ed i funzionari prepotenti 
e rapaci che vi aveva lasciati. Era Rettore Giordano 
Orsini e Tesoriere Angiolo Tavernini che, quantunque 
non stranieri, seguivano i medesimi sistemi di quelli 
nel taglieggiare ed opprimere la provincia. 

La venuta di Urbano V in Italia unì tutti i cuori 
in un giubilo immenso, e fece tacere il malcontento 
generale. Ma appena ripartito il Pontefice, il malu- 



(1) Theiner, doc. 444, 445, 446, 447, 448, 449. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 4O9 



more si accentuò. Legati e Vicari francesi che si 
successero, continuando il sistema usato dai loro 
predecessori, con angherie e con ingiustizie di ogni 
sorta, misero a disperazione la provincia già dis- 
sanguata da continue imposte di guerra. 

Alla fine la misura fu colma e traboccò. Quando 
Firenze al grido di libertà chiamò alla riscossa nel 
1375 quanti si trovavano malcontenti del governo 
dei Legati pontifici, tutte le città e le terre del Pa- 
trimonio insorsero a cacciare gli ufficiali della Chiesa. 
Prime Orte e Narni; Montefiascone. la fida cittadella 
della Curia, si ribellò anche essa. Viterbo si diede 
a Francesco Di Vico che introdottovisi nascostamente 
il 18 novembre, si fece proclamare signore della 
città (0. 

Da Avignone, donde già era stato scagliato 
sopra Firenze il più grande anatema che bocca di 
pontefice abbia mai pronunciato, si fulminarono con- 
danne contro il Di Vico ed i suoi fautori ( 2) . 

La venuta di Gregorio XI ed il ritorno della 
S. Sede in Roma non bastò a disarmare gli ostinati 
ribelli. Il Di Vico con aiuti ricevuti da Firenze battè 
i mercenari di Gregorio che lo precedevano nel suo 
viaggio per Roma. Quivi giunto il 13 gennaio 1377 
il Papa rinnovò subito contro di lui una bolla fie- 
rissima di condanna, cui rispose Francesco con l'as- 
salto a Montefiascone, l'occupazione di Bolsena e 
facendo prigione il nepote del Papa, Raimondo di 
Turena. Ma mossogli contro un esercito di Brettoni, 
il Di Vico fu disfatto sotto Viterbo, mentre Bolsena 
fu presa e saccheggiata (3). 



(1) Antonelli. La dominazione pontificia nel Patrimonio negli ultimi 
20 anni del periodo Avignonese in Arch. della R. Soc. Rom. di st. pat., 
XXX, MI, pag. 144. 

(2) Antonelli, op. cit., pag. 148. 

(3) Antonelli, op. cit., pag. 156. 



410 EDOARDO MARTINORI 



Alla fine fu stipulato ancora un accordo, e Gre- 
gorio il 27 dicembre emanò bolle di assoluzione a 
favore di Di Vico e dei Viterbesi dalle censure ec- 
clesiastiche W. Ma nello scisma religioso, che seguì 
l'elezione del nuovo Papa Urbano VI, Francesco pat- 
teggiò pel Papa francese ( a ). Urbano eccitò i Viter- 
besi a ribellarsi al Prefetto ed incarcerò in Roma la 
moglie di lui, madonna Perna, ed egli di ricambio 
fece prigioniero in Viterbo Pietruccio di Raniero 
mandato dal Papa come ambasciatore ai Viterbesi; 
si gittò quindi sui domini della Chiesa e cercò di 
prendere a tradimento la città di Toscanella, ma non 
vi riuscì te). La guerra continuò nel Patrimonio fra il 
Di Vico coadiuvato dalle bande Brettoni inviategli 
dai cardinali scismatici e le milizie fedeli ad Urbano 
sorretto anche dai romani, gli eterni nemici di Viterbo. 

Questa città si era data al Di Vico per sottrarsi 
al malgoverno dei Rettori Papali ; ma si accorse 
ben presto di essere ricorso ad un rimedio peggiore 
del male. 

Il Di Vico, natura proterva e repulsiva, come 
la descrive il Pinzi, disprezzava ogni arte di governo 
intesa a far parere men cruda la ferrea inesorabilità 
del suo volere U). 

Nell'aprile del 1385 avvenne l'assedio e la presa 
della rocca di Montefiascone, che segnò l'apogeo 
della sua potenza. Egli dominava, oltre che a Cor- 
neto a Toscanella ed a Montalto, anche al di là dei 
Cimini, in Civitacastellana, nella Sabina, nel ducato 
spoletano e sulle città di Amelia e di Terni ( 5). 



(1) V. Pinzi. Storia di Viterbo, III, pag. 392. 

(2) Ne è una prova la moneta di Clemente VII coniata in Viterbo 
e della quale parlerò nella seconda parte. 

(3) Pinzi, op. cit., Ili, pag. 405. 

(4) Pinzi, op. cit., Ili, pag. 421. 

(5) Theiner, II, doc. 644. — Pinzi, op. cit., pag. 417, nota. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 4II 

Urbano Vi, sottrattosi all'assedio di Nocera e 
rifugiatosi a Genova (23 settembre 1385), nominò a 
Vicario onde restaurare la sua sovranità nel Patri- 
monio, Tommaso Orsini, detto il Cardinale di Ma- 
nopello, con l'incarico di debellare il Di Vico e ri- 
condurre tutte le terre da lui usurpate sotto il do- 
minio della Chiesa. 

Un primo successo ebbe l'Orsini col ricupero 
di Montefiascone, seguito dalla uccisione del Prefetto. 
Francesco si era rifugiato in Viterbo, ove insidiato 
da congiure e odiato dal popolo per le sue esosità, 
in una rivolta viene trascinato sulla piazza del co- 
mune dopo essere stato trafitto dalla spada di uno 
dei congiurati tal Angelo di Palino Tignosi (0. 

Ciò avvenne l'8 maggio 1387. 

Durante il periodo del suo dominio in Viterbo 
abbiamo notizia certa aver Francesco Di Vico co- 
niato moneta al suo nome come vedremo in seguito. 



PARTE SECONDA. 

Nel periodo, del quale abbiamo narrate le vi- 
cende, i Papi fecero coniare nella provincia del Pa- 
trimonio di S. Pietro una moneta, che doveva ser- 
vire per le transazioni con i propri sudditi e correre 
come moneta ufficiale in detta provincia. Questa per 
distinguerla da quella che coniava il Senato romano 
nella zecca di Roma, prese il nome di papalina o 
paparino, cui si aggiunse « del Patrimonio » quando 
i Pontefici ne fecero coniare allo stesso scopo nel 
contado Venesino prima e poi nella città di Avignone. 

Passando in rivista i rari autori che nei tempi 



(1) Pinzi, op. cit., pag. 427. 



AI2 EDOARDO MARTINOR1 



andati si sono occupati della numismatica papale, 
troviamo scarse e poco concludenti notizie intorno 
a questa moneta; causa forse la mancanza di do- 
cumenti e la deficienza di nozioni storiche riflettenti 
quella provincia, che , come abbiamo veduto , fu 
sempre funestata da turbolenze e ribellioni. 

Lo Scilla (I ) ed il Fioravanti ^) non fanno pa- 
rola di moneta papalina e, quando ne presentano il 
tipo e lo descrivono, vagano nel regno delle ipotesi, 
e ne traggono le più strane deduzioni. L'Argelati (3) 
confessa di non poter dire di che moneta si tratti, 
quid autem Papalina pecunia fuerit incompertum mihi 
fateor e congettura possa essere moneta senatoriale 
che abbia preso il nome dalla famiglia dei Paparoni. 

Lo Zanetti ( 4) afferma trattarsi di moneta papale 
coniata in Orvieto quando i Papi vi trasportarono 
la loro residenza e specialmente sotto Urbano IV 
dopo il 1261. 

11 Cinagli (5), nel presentarci i tipi, attribuisce 
a queste monete i nomi generici di grossi, grassetti, 
mistura e rame, seguendo pedantemente le orme dello 
Scilla e del Fioravanti. 

Il Garampi, nella sua pregievole opera sulle 
monete pontificie ( 6 ), fa un fugace accenno alla mo- 
neta papalina presentandoci un primo documento che, 
peraltro, si riferisce alla coniazione o meglio al corso 
che questa moneta doveva avere nel contado Ve- 
nesino nel 1302. Ma poca luce se ne può ricavare 
sulla origine di questa moneta del Patrimonio, e solo 



(1) Breve notizia delle monete pontificie. Roma, 1715. 

(2) Antiqui romanorum pontificum DENARI, etc. Roma, 1738. 

(3) De MONETIS Italiae, etc. Milano, 1750. 

(4) Delle monde d'Italia, etc. T. Ili, pag. 264 (in nota 2521. Bolo- 
gna, 1775-89. 

(5) Le monete dei Papi, e/c. Fermo, 1848. 

(6) Saggi di osservazioni, etc. Opera incompleta stampata verso il 1790. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 413 

in una nota l'autore vi fa accenno CO. Riporto testual- 
mente questa nota : 

« paparinorvm: Cosa siano cotesti Paparini niuno 
« è che lo sappia, scrive il sig. co. Carli, t. I, p. 391 ^ 2 > 
« il quale inclinerebbe trarne la denominazione dal- 
« l'antica famiglia Romana de Paperoni. Noi però, 
« riserbando di trattare in altro luogo e tempo del 
« giusto valore e ragguaglio della moneta Paparina, 
« ci contenteremo di qui accennare, essersi primie- 
« ramente così denominata la moneta che poco dopo 
« la metà del XIII secolo, i Romani Pontefici fecero 
« battere in Viterbo e nel Patrimonio di S. Pietro 
« e che fu diversa affatto in valore dalla Provisina 
« o Romana; e così essersi anche chiamata Papa- 
ti ritta quella che fecero battere per uso dei loro 
« propri sudditi nel Contado Venesino. Sicché la 
« voce Paparina viene ad essere sinonima di Papa- 
ti lina o Papakna come altrove enuncio ». 

L'opera del Garampi rimasta incompleta, con 
grande iattura dello studio sulle monete papali, per 
la morte dell'autore, manca precisamente della terza 
parte, nella quale doveva, come aveva promesso, 
trattare della moneta minuta e perciò anche della 
paparina. 

Ai nostri giorni il Capobianchi, in un eccellente 
lavoro sopra la moneta senatoriale '3) coniata in 
Roma dal 1184 al 1439, non trascura di darci qual- 
che notizia sulla moneta paparina, ma ne parla in- 



di Garampi, op. cit. Appendice di documenti, Ili, pag. 7 e pag. 8, 
nota 4. 

(2) L'autore si riferisce all'opera di Carli-Rubbi Gianrinaldo inti- 
tolata : Del commercio della moneta e dell'istituzioni- delle zecche d'Italia. 
Venezia, 1751. Come si vede nella nota del Garampi, il Carli riporta 
la stessa cervellottca opinione dell'Argelati. 

(3) V. Capobianchi. Appunti per servire all'ordinamento delle monete 
conia/e dal Senato di Roma, e/c. A cura della R. Società romana di 
storia patria. Roma 1895. 

53 



414 



EDOARDO MAKTINORI 



cidentalmente, in una nota a pag. 8, quando (a pro- 
posito della falsa interpretazione data alle sigle espri- 
menti la voce papiensis lette erroneamente papalis) 
dice che « l'attributo derivato dal titolo papa, come 
« riferibile alla moneta, non comincia ad apparire che 
u nella seconda metà del XIII secolo, per quella 
u nuova specie che i papi principiarono allora a co- 
li niare nel Patrimonio di S. Pietro, provincia sog- 
« getta alla loro immediata giurisdizione, che perciò 
« denom inossi moneta papalina » ed aggiunge con 
molta avvedutezza, come « il segno speciale che do- 
« veva distinguere quella moneta erano le due chiavi 
« di S. Pietro poste in palo ». 

A lui dobbiamo dunque la prima designazione 
sicura di questa moneta. Infatti questo segno fregiò 
tutte le monete battute nel Patrimonio di S. Pietro 
durante la seconda metà del XIII secolo e buona 
parte del XIV; e quelle coniate nel contado Vene- 
sino ed in Avignone nel XIV e XV secolo. 

Perciò che riguarda la località, ove i Pontefici 
avevano impiantato la loro zecca nel Patrimonio, 
vedremo come non sempre questa fosse stata aperta 
in Viterbo, ma anche in Montefìascone, ove hanno 
risieduto per molto tempo i Rettori di quella pro- 
vincia. 

Il Lisini, l'attuale benemerito conservatore del 
R. Archivio di Siena, aveva già messo in sull'av- 
viso i cultori della numismatica papale sulla impos- 
sibilità nella quale si trovarono spesso gli ufficiali 
della Curia di esercitare i loro poteri in Viterbo, 
stante le continue ribellioni e defezioni di questa 
città contro la chiesa che obbligavano la detta Curia 
a ramingare in Montefìascone od Acquapendente (0. 

Espresse così in succinto le opinioni di quanti 



(i) Rassegna numismatica. Orbetello, 1904, pag. 22. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 



4'5 



mi hanno preceduto nello studio di questa moneta 
vediamo quale ordinamento debba darsi ai vari esem- 
plari che se ne conoscono e che portando l'emblema 
o il segno (,) del Patrimonio, come lo chiama il Ca- 



(1) 11 segno delle due chiavi in palo lo ritroviamo in alcune monete 
di Carlo d'Angiò [Poey d'Avant : Descriptìon des monnaies segneuriaks 
francaises, eie, pag. 93, n. 533 (1853) e Monnaies feitdales de France 
(1858), pag. 207, n. 1524 e 1525]. Le riproduco trovandoci un certo nesso 
con le monete paparine sia del Patrimonio che del Contado Venesino. 





B - - ■* : K REX SICILIE Due chiavi a palo. 
91 — + : C ANDEGAVIE Croce con piccola corona ed un 
giglio al secondo ed al quarto. 
Arg. Denaro, gr. 0,92. 




Lo stesso tipo e la identica leggenda. 
Bill. Obolo. ' 

Il Poey d'Avant nel riprodurle non nasconde la sua meraviglia 
nel trovare un cambiamento cosi brusco nella monetazione di Carlo 
d'Angiò, ma non sa dirci ove e quando queste monete siano state co- 
niate. Quel titolo peraltro di Rex Sicilie unito all'altro di Comes Ande- 
gavie ci dice chiaramente come la coniazione di dette monete si debba 
riportare ad un'epoca posteriore alla venuta di Carlo in Italia ed alla 
sua investitura del reame di Sicilia. L'offerta di questo regno fu fatta 
a Carlo la prima volta da Innocenzo IV nel 1254, ma non venne accet- 
tata per l'opposizione della Francia (Gregorovius, II, pag. 878). Ur- 
bano IV riprese le trattative nel 1262 e nell'anno seguente trattò con 
Carlo sulle condizioni dell'investitura. Nel 1264 i Romani offrirono al 
medesimo l'officio di Senatore e ciò all' insaputa e contro il volere del 
Pontefice, che dovette fare di necessità virtù per non vedere quell'uf- 
ficio cadere nelle mani di Pietro d'Aragona, col patto espresso, peraltro, 



EDOARDO MARTINOR1 



pobianchi, si debbono ritenere coniati nelle due zec- 
cbe di esso cioè in Viterbo o in Montefìascone. 

Cercheremo, alla stregua dei pochi documenti 
che ci sono stati trasmessi o recentemente rinvenuti, 
di precisare l' epoca e le circostanze della loro 
emissione. 





I» -- + SANCTVS PETRVS Testa barbuta e ricciuta del 
Santo. 

fy — + SANCTVS PETRVS Due chiavi a palo addossate, 
con una crocetta in alto fra le medesime. 
Arg. gr. 0,94 - 1,14. — Gabinetto Vaticano. 



che Carlo rinunciasse alla durata vitalizia di quell'ufficio. Sulla fine del 
1265 Clemente IV l' investì del regno di Sicilia, o meglio gli confermò 
l'investitura, mentre i primi diplomi firmati da Carlo con quel titolo 
datano dal luglio di quell'anno (Gregorovins, II, pag. 898, nota). Non 
prima della fine del 1265 dobbiamo supporre coniate quelle monete, ed 
evidentemente nel comitato d'Angiò, come lo dice il titolo del quale si 
pregia. Il Capobianchi non stenterebbe a crederle coniate nel Patri- 
monio, ma, esaminando bene il tipo, le lettere e lo stile ultramontano, 
dobbiamo escludere affatto simile ipotesi, ed un'altra considerazione, 
che ha pure il suo peso in tale ricerche, viene a provare si tratti di 
moneta coniata fuori d'Italia; il fatto cioè che simili monete, specie il 
denaro, siano comuni, cioè di facile rinvenimento, in Francia; mentre 
non è a mia cognizione se ne siano mai ritrovate fra noi. Sulle monete 
di Carlo d'Angiò coniate posteriormente alla sua investitura del regno 
di Sicilia ha scritto una importante memoria il dotto numismatico fran- 
cese Conte di Castellane dal titolo Le gi'os turttois de Charles d'Anjou 
in Revtte numismatique, Paris, 1904, pag. 533. 

Alle considerazioni del chiaro autore debbo aggiungere come le 
due chiavi in palo che troviamo nelle monete col titolo di re di Sicilia 
siano a dimostrare il vassallaggio di quel regno alla chiesa che Carlo 
dovette riconoscere. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 417 

Si sono occupati di questa moneta in vario senso 
molti autori. Il De Magistris nella sua confutazione 
dell'opera di Carlo Rubbi la vuole battuta da Gre- 
gorio II « che fu il primo Papa che assunse il go- 
« verno del Ducato Romano ». Il Fioravanti è me- 
glio avvisato quando l'attribuisce al Patrimonio di 
S. Pietro il cui capoluogo è la città di Viterbo, ma 
anticipa di molto l'epoca della sua coniazione quando 
crede doversi riportare a poco dopo che questa re- 
gione fu regalata dalla Contessa Matilde a Gre- 
gorio VII (»). Il Garampi, dal non trovare nella mo- 
neta nome di Papa, argomenta possa essere stata 
battuta in tempo di conclave od in assenza del Pon- 
tefice da Roma o forse anche dagli stessi Romani. 
E per ultimo il Capobianchi la crede anch'egli pro- 
dotta dalla zecca di Viterbo regnante Papa Cle- 
mente IV (1265-1271). Ma riflettendo, come anche 
fece il Garampi, che vi manca il nome del Ponte- 
fice trovo più plausibile il crederla coniata in periodo 
di conclave, e forse in Viterbo capoluogo del Patri- 
monio, posteriormente peraltro al 1268, trattandosi 
certamente di grosso paparino, che nei documenti 
comincia a comparire per la prima volta in un do- 
cumento del 1269 ( 2 >. Vedremo come con tutta pro- 
babilità nel lungo periodo del conclave che seguì 
la morte di Clemente IV e che ebbe la durata di 
trentatrè mesi, dal 19 novembre dell'anno 1268 al 



(1) Non è dimostrato che fra i beni che la Contessa aveva in Tu- 
scia fossero compresi quelli che costituivano in appresso il Patrimonio 
di S. Pietro. 

(2) Castelvecchio venne in potere del comune di Viterbo fin dal 
1269 che l'aveva acquistato per il prezzo di 2100 libbre di paparini da 
Rosicchiano e Bartoluzzo di Messer Guidone e da Gregoriuzzo di Por- 
cello che ne erano Signori. Margarita di Viterbo, t. I, pag. 68 e Pinzi, 
op. cit. V. Ili, pag. io. È questo il più antico documento che fa accenno 
a questa specie di moneta. 



418 EDOARDO MARTINORI 



settembre del 1271, la zecca di Viterbo lavorò per 
conto del Sacro Collegio ed emanò le prime monete 
ufficiali del Patrimonio che presero il nome di pa- 
parine. 

Ho voluto peraltro mettere in forse che questo 
grosso paparino possa essere stato coniato in Viterbo 
per le seguenti ragioni. 

I grossi ed i denari minuti o piccoli paparini 
del Patrimonio portano sempre la leggenda PATRI- 
MONIVM B. PETRI con leggere variazioni mentre la 
moneta in questione porta la sola leggenda SANCTVS 
PETRVS. 

La fattura della moneta, nello stile della figura 
e delle lettere, ricorda quella delle monete di Pro- 
venza e specialmente di quelle coniate da Carlo 
d'Angiò dopo il 1257, quando s'impadronì di Mar- 
siglia ( l >, e non sarebbe temerario il supporre la detta 
moneta coniata in qualche zecca provenzale e anche 
nel Venesino in periodo di vacanza della S. Sede, 
che potrebbe essere tanto la vacanza che corse dal 
1268 al 1271, come qualche altra successiva. 

Nella speranza che venga fuori dagli Archivi 
Vaticani qualche documento che ci dia maggior luce 
in proposito, lascio agli studiosi di esaminare il que- 
sito, che per ora non ha sufficienti argomenti per la 
sua definitiva risoluzione. 

II peso (in media di un grammo) ed il titolo di 
questa moneta sono pressoché eguali a quelli del 
grosso coniato nel contado Venesino da Bonifa- 
cio Vili ( 2 \ mentre i grossi paparini del Patrimonio 
variano nel peso da gr. 1,70 a 1,65. 



(1) Vedi i tipi in Poey d'Avant, Monnaies feudales de France, ta- 
vola LXXXVIII, n. 16-19. 

(2) Martin-ori. Zecca di Ponte della Sorga in Rivista Ilal. di Nu- 
mismatica, 1907, pag. 215. 



DELLA MONETA PAPAR1NA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 419 





& — + PATRIMONIV Croce, 
p — + BEATI PETRI Due chiavi a palo. 
Grosso paparino, arg. gr. 1.700 - 1.250. — Gabinetto Vaticano. — 
Coli. Martinori. 





Leggenda come sopra. 
Denaro paparino piccolo, mist. gr. 0.750 - 0,650 - 0,500. — Id., id. 

Queste due monete non possono ingenerare al- 
cun dubbio sulla loro attribuzione. Esse ci danno il 
prototipo della moneta paparino, del Patrimonio ; ed 
a noi non rimane che indagare e stabilire il luogo 
e l'epoca della loro coniazione. Se si dovesse tener 
conto del parere degli autori che le hanno pubbli- 
cate, vedremmo come anche in questo caso esse 
siano le più svariate ed inconsulte. 

Il Fioravanti (I ) le crede coniate fin dal tempo 
di Gregorio VII o di Pasquale II; alla fine cioè del- 
l'undicesimo secolo « poco dopo la donazione della 
« Contessa Matilde ». Lo Scilla |2) in mancanza di 
argomenti le suppone emesse al tempo di Gio- 
vanni XXII (1316-1334) « per essere somiglianti a 
« quelle che portano il nome di questo pontefice ><; 
ed il Cimigli ( 3), che, nel suo utilissimo lavoro di 



(il Op. cit., pag. 4. 

(2) Op. cit., pag. 200 e pag. 156, n. 3. 

(3) Cin\, pag. 29, n. 11. 



420 EDOARDO MARTINORI 



descrizione di quante monete pontificie erano note 
al suo tempo, segue le opinioni dei suoi predeces- 
sori senza discuterle, riporta il denaro solo (che il 
grosso gli era sconosciuto), attribuendolo a Gio- 
vanni XXII e ciò sulla fede dello Scilla. 

Non discuto l'opinione del Fioravanti basata 
sull'erronea credenza che la Contessa Matilde pos- 
sedesse fra le altre tutte le terre che vennero col 
tempo a formare il Patrimonio di S. Pietro nella 
Tuscia, e ne facesse dono a Gregorio VII. Basta il 
rammentare come dalla fine del decimo secolo a 
quella del tredicesimo i Papi non coniarono più mo- 
neta, trovandosi la zecca di Roma in mano al Se- 
nato romano che gelosamente la custodiva. Ne più 
convincente è la deduzione dello Scilla. 

Il Garampi ( : ), l'unica fonte attendibile per simili 
ricerche, accennando alla moneta paparino, del Pa- 
trimonio ci assicura essere stata coniata verso la fine 
del tredicesimo secolo « in Viterbo o nel Patrimo- 
nio »; e ce ne dà il valore dicendo come « \\ fiorino 
« d'oro valse a moneta paparina del Patrimonio, circa 
« l'anno 1270, soldi 25 ». 

Anteriormente dunque a quest'anno va ricercata 
l'epoca della coniazione della moneta paparina. 

Il più antico documento che fra tante ricerche 
mi è riuscito di trovare che si riferisca a pagamenti 
fatti in tale moneta è un istromento di vendita fra 
il Comune di Viterbo ed i proprietari del castello 
di Castelvecchio dell'anno 1269 riportato nella Mar- 
garita di Viterbo, pag. 67 e 68 e del quale ho fatto 
già cenno indietro ( 2) . 

Questa data ci riporta in un periodo storico di 
grande importanza per Viterbo, non solo, ina anche 



( t) Op. cit., appendice, doc. III. 
(2) V. Nota 2, pag. 417. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 421 

per il Papato; e vale la pena di svolgerlo con una 
certa latitudine, portandoci indirettamente, ma con 
qualche presunzione di verità, a conclusioni soddi- 
sfacenti al nostro scopo. 

Avvenuta la morte di Urbano IV in Perugia 
nell'ottobre del 1264, fu eletto Papa il Card, francese 
Guido Le Gross Fulcodi, che prese il nome di Cle- 
mente IV. Nelle contese fra questo Papa patteggiante 
per Carlo d'Angiò e Manfredi, Viterbo volle mante- 
nersi neutrale ; lo che diede occasione al zelante 
Rettore del Patrimonio Giovanni Franciosi, Cardi- 
nale portuense, d'inveire e perseguitare quanti Vi- 
terbesi credeva fautori della fazione ghibellina, pro- 
cessando gli accusati di eresia, ridestando ire di 
parte da lunga pezza sopite, e sollevando tumulti e 
ribellioni da venirne alle mani persino nelle vie 
della città. 

In quei trambusti il partito guelfo ebbe la peg- 
gio, ed i suoi partigiani, il Cardinale compreso, fu- 
rono costretti a fuggire da Viterbo per non incor- 
rere nella vendetta del popolo. 

Clemente non gradì troppo lo zelo del suo Ret- 
tore, che gli alienava gli animi dej suoi sudditi in 
un momento nel quale si trovava in grandi imba- 
razzi finanziari ed aveva il nemico d'appresso (I ). 

Clemente IV, appena salito al trono aveva do- 
vuto soddisfare le inesauribili domande di denaro, 
che Carlo d'Angiò gli faceva ; ed aveva dato in pe- 
gno per un prestito di oltre centomila libbre di 
provisini tutti i beni della Chiesa l 2 ). 



(1) Vedi l'Epistola di Clemente al Rettore del Patrimonio data da 
Perugia il 18 agosto 1265, in Marlene. Thes. anecd., n. 137, t. II, pag. 190. 

(2) È interessante e curioso il riassunto che il De Chevrier (Lcs 
luttes des Papes et des Empereurs, t. Ili, lib. IX, pag. 176) ci dà dei de- 
biti creati nel 1265 dal Papa con i banchieri fiorentini ed altri per sov- 



54 



422 EDUARDO MARTINOKI 



Ma Carlo, non ancora contento, volle ingiun- 
gere ai Viterbesi alcune prestazioni militari ed altri 
tributi. A causa di queste pretese il Pontefice si af- 
frettò ad ammonire l'Angioino ed a minacciarlo per- 
sino di scomunica se non avesse cessato di vessare 
i suoi fedeli sudditi, cui scrisse di non cedere per 
verun conto a quelle ingiuste pretese. 

Anzi, nella tema che, dopo preso possesso del 
regno di Napoli, Carlo non volesse estendere le sue 
mire ambiziose anche sul Patrimonio, decise trasfe- 
rire la sede apostolica in Viterbo; e vi si portò con 
tutta la sua corte il 30 aprile 1266, 

Giova notare come fin dal marzo di questo anno 
la zecca di Viterbo era aperta ed aveva dato com- 
missione a tal Magistro Tagliapanc, zecchiero, di 
coniare moneta grossa e minuta n \ 

In mezzo alle più grandi angustie ed assediato 
dai creditori il Papa venne a morte il 29 novembre 
1268, appena un mese dopo la tragica fine dell'in- 
felice Corradino. 

Fu, con molta probabilità, in questo scorcio di 
tempo, durante il quale, il Papa fece dimora in Vi- 



venire a Carlo d'Angiò ipotecando i beni della chiesa. Eccone il 
prospetto : 

Da Ugone di Giacomo, senese Lib. 7,000 

„ Giacomo Riccomanno, fiorentino . . . „ 3,000 

„ Bonav. di Bernardino, senese , 2,000 

„ Bindo Galigai, perugino „ 1,000 

„ Faccio Restano, senese , 20,000 

„ Bonaguido Neri, fiorentino „ 4,000 

„ Tomaso Spigliati, senese , 2,930 

„ Perugino Cassini, fiorentino „ 3,000 

„ Pietro di Casigliano, di Montpensier . „ 1,000 

„ Bonaventura di Bernardo e soci, senesi „ 70,500 

Totale Lib. 114,430 
riportato dal Pinzi, op. cit., V. II, pag. 162. 
(1) Vedi il documento, in Appendice, n. 1. 



DELI A MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 423 



terbo, che deve aver avuto il pensiero di ricorrere 
alla zecca di Viterbo per emettere moneta e riparare 
alla grande penuria nella quale egli si trovava e 
poter soddisfare così alle esigenze dei creditori. 

Ma la morte gli impedì di effettuare il suo di- 
segno ; e quello che non potè fare lui dovette farlo 
il Sacro Collegio appena riunito in conclave. I di- 
ciotto Cardinali, che tanti ne convennero in Viterbo 
per l'elezione del nuovo Pontefice, si trovarono su- 
bito fra loro discordi e si divisero in due fazioni ; 
una composta di undici italiani e l'altra di sette 
stranieri. I primi lottavano per la riuscita di un 
papa nostrano, e gli altri per quella di uno francese, 
o meglio, i due partiti subivano l'influenza dell'im- 
peratore l'uno, e di Carlo d'Angiò l'altro. 

Dei Cardinali ciascuno voleva essere il campione 
della sua parte; ed i giorni ed i mesi passavano 
senza che potessero accordarsi. 

Sul cadere del 1269 stanchi i Viterbesi dal 
lungo indugio, per mezzo del loro Podestà, Corrado 
di Alviano, cominciarono a protestare ed anco a mi- 
nacciare i convenuti nel conclave ; ma questi per 
tutta risposta scomunicarono e destituirono il detto 
Podestà. E qui cade acconcio notare come nel pe- 
riodo di interregno il Sacro Collegio riuniva in se 
tutta l'autorità sovrana del Pontefice ; e, da quanto 
ci risulta, si sostituiva anche a quella del governo 
del Comune, usando a suo vantaggio dei privilegi 
e delle franchigie del Comune stesso. 

Il popolo, passato ancora qualche tempo senza 
che si addivenisse ad un accordo, capitanato da Al- 
berto Montebuono e da Raniero Gatti, il i.° giugno 
del 1270, chiuse le porte della città, e colti i Cardi- 
nali alla sprovvista, li ridusse colla forza nella 
grande aula del palazzo vescovile e li ammonì 
che non li avrebbe tratti fuori di quelle mura, se 



424 EDOARDO MARTINORI 



non quando avessero provveduto la Chiesa di un 
nuovo pastore. Ne si fecero i Viterbesi intimidire 
da moniti e proteste e nemmeno dalle pene tempo- 
rali e spirituali comminategli dai reclusi ; che anzi, 
come risposta a quelle rappresaglie scoprirono il 
tetto della sala e minacciarono di assottigliare il vitto 
quotidiano che erano soliti apprestare ai congregati ( r) . 

Ma quei pertinaci prelati durarono incrollabili 
nelle loro contese ancora per molto tempo ; e non 
fu che l'u marzo del 127 1 che si potè venire ad 
un accordo fra il Comune ed i Cardinali onde questi 
potessero godere di una maggiore libertà. Quel 
giorno infatti Viterbo era in festa per l'arrivo di 
due grandi monarchi della cristianità, Carlo I di Si- 
cilia e Filippo III di Francia, che riconducevano in 
patria le ossa del loro padre Luigi IX, il Santo, e 
di suo fratello Giovanni Tristano, ambedue morti 
sotto le mura di Tunisi. Questi Sovrani si diedero 
anche essi, ma con risultato negativo, ad esortare i 
Cardinali a volersi porre d'accordo. Il numero di 
questi si era di già assottigliato, che tre di essi ave- 
vano per salute dovuto ritirarsi dal conclave. So- 
praggiunta la canicola del 1271, che minacciava di 
ridurre ancora quel piccolo numero di contendenti, 
e tocchi i Cardinali dalle preghiere di San Bona- 
ventura, si addivenne alla fine ad un compromesso, 
dal quale, esclusi per patto tutti i Cardinali, venne 
fuori la scelta di un semplice arcidiacono italiano, 
di nome Tedaldo della famiglia de' Visconti di Pia- 
cenza, che in quel momento trovavasi in Siria presso 
Edoardo d'Inghilterra che vi combatteva la crociata. 
L'eletto giunse in Viterbo il io febbraio del 1272 e 
quivi fu incoronato col nome di Gregorio X. 

Mi sono dilungato nella narrazione delle vicende 



([) Pinzi, op. cit., V. II, pag. 265 e segg. 



DELLA MONETA PA FARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 425 

di questo conclave, perchè proprio in questo scorcio 
di tempo la zecca di Viterbo deve aver coniato per 
ordine dei Cardinali la moneta papalina della quale 
stiamo ragionando. 

Ed è congettura che si basa sopra qualche fon- 
damento. L'esser infatti la moneta priva del nome 
del Pontefice, cosa insolita nelle monete papali, la 
necessità grande che il Sacro Collegio o la Curia 
aveva di coniare moneta sia per la inopia nella quale 
si trovavano alla morte di Clemente IV, sia per le 
ingenti spese del conclave e per quelle necessarie 
al ricevimento dei monarchi francesi, debbono aver 
suggerito di servirsi della zecca che allora allora il 
Comune aveva aperto. Il fatto poi che i primi do- 
cumenti, nei quali si fa parola di detta moneta, non 
sono anteriori al 1269, come già si è detto, hanno 
contribuito a formarmi la convinzione che le due 
monete il grosso ed il picco/o paparino si debbano as- 
segnare alla zecca di Viterbo divenuta zecca del 
Patrimonio nel periodo del conclave 7268-1271. 

Per ciò che riguarda il valore di questa moneta 
papalina abbiamo già veduto come nel 1270 si com- 
putasse a ragione di soldi venticinque a fiorino d'oro 
o anche di denari trecento'". 

Mancandoci i documenti relativi a questa co- 
niazione, non ne conosciamo i capitoli. Sappiamo 
solo come pochi anni dopo la comparsa di questa 
moneta, cioè nel 1278, Papa Nicolò III, fra le con- 
dizioni della sua venuta in Viterbo, e della trasla- 
zione della Curia in detta città, impose quella della 
proibizione del corso della moneta papalina che pure 
aveva conservato lo stesso valore iniziale ,2 '. 



(1) Il valore del fiorino in quell'epoca corrispondeva in moneta 
corrente a lire 12 e cent. 18; il valore del soldo paparino risulta perciò 
di lire 0,4872 e quello del denaro di lire 0,0406. 

(2) Vedi il Documento, in Appendice, n. II. Nella tariffa stabilita in 



426 EDOARDO MARTINORI 



Ho già accennato nella prima parte di questo 
lavoro alla sorpresa che ingenera il vedere proibito 
dal Pontefice, nel suo Patrimonio, il corso di questa 
moneta; la quale fra tutte le altre che vi circolavano 
era la sola a rappresentare la sua indipendenza po- 
litica in quella provincia; e solo si può spiegare col 
tatto che detta moneta non doveva servire che per 
transazioni locali, per pagamento di tributi, censi ed 
altri oneri nella cerchia del Patrimonio e fosse perciò 
rifiutata fuori dei confini di esso. E questo mio pa- 
rere è dimostrato all'evidenza dal non ritrovarsi in 
alcun documento (che non si riferisca al Patrimonio) 
alcun accenno a questo genere di moneta. Ora la 
Curia pontificia aveva rapporti d' interesse in tutte 
le parti del mondo cattolico ed abbisognava per le 
sue operazioni finanziarie di moneta che avesse cre- 
dito oltre che nei propri domini anche al di fuori. 

Troviamo infatti nei documenti di tempi poste- 
riori, ma relativi a transazioni locali, come l'uso di 
questa moneta e di quella autonoma Viterbese (*) 
abbia continuato per molti anni. 

Un documento del 1284 ci dice come Anibaldo 
di Trasmondo, Senatore di Roma, e Podestà di Vi- 
terbo, arbitro fra il Comune e Pietro Scolari, ordi- 
nasse il pagamento, per rifazione di danni, di 1500 
libbre di paparini (2 K 

Il Bussi (3) ci riporta una bolla di Onorio III, 
del 1285, nella quale si fa obbligo ai Viterbesi di 



quella occasione di comune accordo fra il Papa ed il comune di Vi- 
terbo troviamo che il fiorino d'oro si doveva computare 48 soldi e de- 
nari 6 corlonesi e 4 soldi e % di romanini ed ogni romanino 28 denari 
paparini; donde ci risulta che il fiorino equivaleva a 301,5 di paparini. 
( 1) Vedi in seguito quando discorreremo della moneta Viterb'ma. 

(2) Savignoni. Archivio storico di Viterbo. — Archivio della R. So- 
cietà di sturia patria, 1895, V. XVIII. 

(3) F. Bussi. Storia della città di Viterbo. Roma, 1742, pag. 175 e 
Pinzi, op. eie, II, pag. 428, in nota. 



DKLLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 427 

spendere, per la creazione di un ospedale, 25000 
libbre di denari papalini. 

Nel 1286 Bomarzo viene ceduto a Viterbo dai 
baroni per il prezzo di 1000 libbre di paparini {1) . 

Nei registri della Curia del Patrimonio dell'anno 
1289 troviamo spesso la formula: Soìvebant enim pa- 

parinorum ìib... et sol , solvimi modo lib. provisi- 

norum ovvero Soìvebant ab antiquo... et solvunt modo... 
Gallese p. e. Solvebat olìm prò focatico paparinos... 
solvit modo provisinos (2) . 

Questi brani di documenti ci addimostrano chia- 
ramente come alla moneta papalina del Patrimonio 
si andasse sostituendo dai collettori della Curia la 
provisina, moneta del Senato Romano che aveva 
maggior credito e meglio si prestava per le transa- 
zioni con le aire provincie confinanti (3). 

Dal 1291 al 1297 il valore della moneta papa- 
lina era ridotto di circa un sesto; e ne andavano 
trenta soldi, ovvero trecentosessanta per fiorino. Ciò 
nonostante si seguitarono a pagare i censi in alcune 
località a moneta paparina ancora per molto tempo. 
Un documento del T29J ci fa conoscere come il Sin- 
daco del Castello di Centocelle (Civitavecchia) si 
obbligasse a pagare alla Chiesa l'annuo censo di 
cinquanta libbre di paparini U>. Nel 1293 la propor- 
zione fra il denaro paparino ed il provisino era da 
cinque a quattro (5). 



(1) Margarita di Viterbo. Istrom. 5 Ag. 1286, t. I, pag. 115 e Pinzi, 
op. cit., Ili, pag. 9. 

(2| Theiner, t. I, pag. 303, Doc. 457, Ex. reg, dir. patr. B. Petri in 
Tuscia, Ibi. 17. 

(3; I provisini del Senato nell'anno 1285 contenevano once 2, e 
den. 2 di argento fino per libbra, come risulta dalla tariffa di Francesco 
Balducci Pegolotti inserita nel t. Ili della Decima e Moneta fiorentina, 
pag. 294 e riportata dal Caki.i-Rcbbi, t. Ili, parte II, App. pag. 160. I 
paparini invece non contenevano di fino che oncie 1 e denari 22. 

(4) Argelati, op. cit., t. I, pag. 11. 

(5) V. Documento n. XXIV in Garamì>i, op. cit., pag. 90. 



428 EDOARDO MARTINORI 



In altro documento del 1298 la moneta paparino, 
è chiamata usualis monda, e già in un documento 
anteriore troviamo che Bonifacio Vili fu dai Tosca- 
nesi (Toscanella) eletto a loro Podestà con l'annuo 
stipendio di mille libbre di paparini ('). 

Anche nel Contado Venesino i Papi fecero co- 
niare moneta paparino da servire come moneta lo- 
cale; ed il Garampi ce ne dà notizia asserendo come 
il corso di questa moneta avesse luogo fin dal tempo 
del Rettore Mattia di Theate che fu nominato a 
quell'ufficio da Bonifacio Vili il 5 giugno 1300 ( 2 ). 
Questo paparino del Venesino nelle rimesse che si 
facevano alla camera apostolica era computato nel 
1301 a soldi ventitre e mezzo per fiorino d'oro; e 
nel 1302 a soldi venticinque e mezzo; mentre quello 
del Patrimonio era disceso tanto di valore da com- 
putarsene ben quaranta per ogni fiorino. 

Per trovare una nuova emissione di questa mo- 
neta nel Patrimonio dobbiamo arrivare al pontificato 
di Benedetto XI, volendo prestare fede allo Scilla 
ed al Fioravanti che ci hanno descritto uno di questi 
denari con : 

& — + PP BENEDICI VN Croce nel campo (3). 

f£ — + S PETR PATRIMOMVM Due chiavi in piedi. 

ed un altro ci riporta il Cinagli ( 4> : 

i& -- + pp BENEDETV XI Croce nel mezzo. 

R) - + PATRIM S PETRI Due chiavi in piedi (5). 



(1) Theinek, t. I, doc. 517. 

(2) Garampi, op. cit., doc. Ili e Martinori, op. cit., pag. 227. 

(3) V. Cimagli, op. cit., pag. 28, n. 1. 

(4) Id., n. 3. 

(5) L'antica dicitura BEATI PETRI si converti in SANCTI 
PETRI sotto il pontificato di Benedetto XII dopo che Giovanni XXIII 
l'aveva già trasformata in DIVI PETRI nelle ultime emissioni. Argo- 
mento notevole per la mia tesi. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 429 

Ho messo in dubbio la coniazione di questa 
moneta al tempo di Benedetto XI, oltre che per la 
breve durata di questo pontificato, che fu di soli 
otto mesi (dal i.° novembre del 1302 al 7 luglio 
del 1303), anche per il fatto di non trovarne alcun 
cenno nell'opera del Garampi; il quale, se fu man- 
chevole, e non per sua colpa, nel fornirci documenti 
anteriori al 1300, potè invece compulsare a tutto 
suo agio l'archivio secreto vaticano, specie per la 
parte che riguarda le convenzioni e le ordinazioni 
monetarie posteriori (0. 

Con molta probabilità lo Scilla ( 2 ) che fu il primo 
a rivelarci quella moneta deve aver scambiato il 
n. XII per le lettere VN come il Cinagli il n. XII 
per 1' XI. Il fatto poi che in verun gabinetto numi- 
smatico trovatisi tali monete maggiormente mi con- 
ferma nella opinione che trattasi di una lettura mal- 
fatta di moneta appartenente a Benedetto XII te). 



A Benedetto XI successe il guascone Bertrando 
de Goth, Arcivescovo di Bordeaux, che prese il nome 
di Clemente V. Invece di recarsi in Roma il nuovo 
eletto, che trovavasi in Francia, invitò i Cardinali a 
raggiungerlo a Lione ; e quivi si fece incoronare il 
14 novembre del 1305. 



(1) Il Garampi tenne dai 1749 al 1792 l'ufficio di Coadiutore prima, 
e poi di Prefetto dell'Archivio Vaticano. 

(2) Lo Scilla infatti confessa a pag. 199 essere " l'unica che finora 
si sia veduta „ ed aggiunge " ma per essere consumata dal tempo, ed 
anche mal battuta resta mancante di molte lettere „. 

(3) Il chiaro conservatore del Gabinetto Num. Vaticano prof. Ca- 
millo Serafini, al quale mi sono rivolto per qualche schiarimento, è anche 
egli di opinione si tratti di errata interpretazione. Profitto di questo 
inciso per porgere all'amico i miei ringraziamenti per le facilitazioni 
prestatemi nell'eseguire i calchi di quasi tutte le monete che qui ri- 
produco. 

55 



43° 



KDOARDO MARTINOR! 



Questo Papa, il primo della serie dei pontefici 
che si usano chiamare Avignonesi, non coniò mo- 
neta papalina, ma di lui si hanno solo grossi e mezzi 
grossi dal tipo del farnese, coniati nel Contado Ve- 
nesino W. 






IY -- + lOS- PAPA. XXII. Due chiavi a palo. 

Ri — + PATRIM. BEI. PE. Croce e scudetto nel giro. 

Den. pap., diam. mill. 17-18, peso gr. 0,71, 0,67, 0,66, 0,60. 

Cinagli, n. 8, 9, io, 12, 16 (2). — Coli, di S. M. il Re e Gab. Vatic. 

Giovanni XXII (Giacomo d' Euse di Cahors) 
successe a Clemente V nell'agosto del 131 6; e sua 
prima cura fu di introdurre nei domini della Chiesa 
la moneta d'oro a somiglianza di quella già emessa 
dalle repubbliche di Firenze, di Venezia e di Genova. 
Il fiorino d'oro ed il grosso d'argento, imitazione del 
gigliato di Carlo li d'Angiò, furono da lui fatti co- 
niare nella zecca papale di Ponte della Sorga (3) e 
non trascurò la moneta minuta che per altro emise 
solo in Italia (4) e dove la Chiesa esercitava la sua 
autorità. 

Fin dal 1321 Giovanni XXII aveva scritto da 
Avignone al Rettore del Patrimonio perchè facesse 
coniare moneta paparino, nuova. 

(1) Mautinori, op. cit, pag. 229. 

(2) Molte sono le varianti di questa moneta oltre quelle riportate 
dal Cinagli. In alcune trovasi il segno delle zecchiere che è rappresen- 
tato da uno scudetto con una stella ovvero da una sola stella. V. n. 5 e 4. 

(3) Martinori, op. cit., pag. 231. 

(4) A l'arma fra il 1326 ed il 1329 e nella Marca di Ancona. 



DELLA MONKTA PAPAR1NA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 43] 



Si era indotto il Pontefice a dare tale ordina- 
zione u in seguito a relazione avuta da persone de- 
« gne di fede che lo informavano della grande con- 
« fusione che la diversità di moneta corrente nel 
« Patrimonio induceva, ed ai danni non lievi che ne 
« risentivano i fedeli ( J) . 

Correvano infatti in quell'epoca nella provincia 
del Patrimonio di S. Pietro promiscuamente fiorini 
d'oro, lire e soldi Cortonesi e Lucchesi, grossi Ro- 
manini, Tornesi, Aquilini e Veneti, oltre ai piccioli 
denari Ravennati e Perugini, e a quelli paparini e 
provisini del Senato i2 \ 

Nessun altro documento posteriore alla lettera 
di Giovanni viene ad assicurarci che gli ordini del 
Papa furono eseguiti; ma, trovando tanti e svariati 
tipi nei paparini col nome di quel Pontefice, dob- 
biamo supporre che varie e frequenti siano state le 
emissioni. 

Nel mese di maggio del 1334 Giovanni XXII 
torna a scrivere al Rettore ed al Tesoriere del Pa- 
trimonio, residenti in Montefiascone, perchè ordinino 
la coniazione di nuova moneta paparina » per comodo 
« della provincia, e con il consenso ed il consiglio 
« del Vescovo di Viterbo ( 3) ». 

Il Tesoriere, tale Stefano Lascoutz, scrisse su- 
bito ad Angeluzzo Peponi mercante di Orvieto, per 
invitarlo a venire in Montefiascone e prendere gli 
accordi necessari col Rettore per la coniazione della 
moneta; e ciò « per mandato del papa ». Nel docu- 
mento si fa accenno alla esperienza dell'Angeluzzo 
in tale lavoro. 



(ij Vedi il documento, in Appendice, n. III. 

(2) Theinkr, doc. 709. Il paparino del Patrimonio era ridotto al va- 
lore di lire 0,0232 a moneta corrente. 

(3) Vedi i documenti in Appendice, n. IV e n. V. 



432 



EDOARDO MARTIXORI 



Questa importante notizia che ricavo dal lavoro 
dell'Antonelli : Notizie Umbre, età, 1904, si trova 
fra le Solutiones, etc. Pati: B. Retri in Tuscia ab 
anno 1331-1336. 

Possiamo quindi con certezza asserire che la 
zecca del Patrimonio si trovava al tempo di Gio- 
vanni XXII, in Montefiascone e non in Viterbo, 
come viene da tutti gli autori creduto; e nello stesso 
tempo siamo certi che la moneta paparino, doveva 
aver corso nella provincia e per comodo di questa. 

Tutte le città, i castelli e le terre soggette al 
Rettore del Patrimonio pagavano infatti i loro censi 
ed i tributi in moneta papalina, salvo qualche ecce- 
zione. Amelia, p. e., pagava in libbre di antichi Luc- 
chesi e Bagnorea in quelle di Cortonesi (*). 





B 1 — + ■ P. P. BENEDITV XII. Croce nell'area. 
$ — + PATRIM S. PETRI. Due chiavi, a palo, pendenti. 
Grosso paparino, arg. gr. 1,68. — Cinagli, pag. 30, n. 1, 3. — Ga- 
binetto Vaticano. 





Leggenda come sopra. Impronta id. 
Denaro paparino, mist. gr. 0,66. — Cin. pag. 30, n. 5 (2). — Rac- 
colta di S. M. il Re. 



(1) V. Theiner, t. I, doc. 709. 

(2) Di questo denaro sono molte le varianti. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 433 

Il successore di Giovanni XXII che fu Papa 
Benedetto XII ( J) (Giacomo Forner di Tolosa) non 
mancò di dare ordinazione ai suoi rappresentanti nel 
Patrimonio per la emissione di nuova moneta papa- 
ritta grossa e piccola. 

Abbiamo infatti che nel 1337 Benedetto scrisse 
al Rettore ed al Tesoriere in Montefiascone dando 
loro il permesso di far coniare moneta papalina; 
si ntììitati reipublicae expedire cognoverint ( a ). 

Un documento inedito che mi è stato fornito 
dal lodato Antonelli, cui rendo pubblicamente i miei 
ringraziamenti, viene a proposito per assicurarci che 
l'ordine o meglio la concessione del Papa fu ese- 
guita. Infatti vi leggiamo che nel 1338 il Capitano 
ed il Tesoriere fecero venire in Montefiascone Ser 
Cecho di Mastro Pietro de Senis (Siena) per la co- 
niazione della monete, secondo il mandato ricevuto 
dal Papa, e che detto Pietro venne in Montefiascone 
il i.° di maggio e vi stette continuamente fino all' 11 
di luglio a spese del Tesoriere « con il cavallo ed 
« un familiare » ed era accompagnato da tal Angelo 
di Orvieto (forse l'Angeluzzo del quale si parla nel 
documento del 1334); e furono fatti i patti per la 
coniazione (3). 

Montefiascone dunque fra le altre cose che la 
rendono interessante storicamente può aggiungere 
alle sue glorie l'aver ospitato una zecca papale nel 
periodo che i Pontefici avevano disertato 1' Italia. 
Questa zecca ebbe vita corta, che dopo Benedetto XII 
non mi risulta vi abbiano i Papi, che sono a lui 
succeduti, battuto ulteriormente moneta. 

La moneta papalina si seguitò a coniare in Avi- 



(1) Non risulta da documenti che abbia fatto coniare moneta nel 
contado Venesino ma solo in Macerata e Montefiascone. 

(2) V. docum., in Appendice, n. VI. 
(31 Doc, in Append., n. VII. 



434 EDOARDO MARTINORI 



gnone da molti altri Papi dopo il loro ritorno in 
Roma. Questa moneta differisce da quella del Pa- 
trimonio in ciò che al posto di PATRIMONIVM S. PETRI 
si legge SANCTVS PETRVS ovvero S. PETR. ET PÀVL. 
Coniarono moneta paparino, in Avignone : 

Urbano V. 1362-1370 t 1 ) 
Urbano VI. 1 378-1 399 ( 2 ) 
Benedetto XIII. 1394-1417 (3) 
Giovanni XXIII. 1410-1417 (4) 
Eugenio IV. 1431-1447 (5) 
Nicolò V. 1447-1455 ( 6 ) 
Innocenzo Vili. 1484-1499 b) 
Leone X. 1515-1521 < 8 ). 

Cessata la coniazione della moneta paparina nel 
Patrimonio, si continuò ancora molto tempo a con- 
teggiare in quella specie; e nei resoconti del Teso- 
riere Tavernini troviamo che, all'anno 1359, tutte le 
varie monete da lui riscosse venivano ridotte nel 
conteggio a moneta paparina, che peraltro era an- 
data continuamente deprezzandosi tanto che mentre 
nel 1270 il fiorino d'oro si computava a ragione di 
25 soldi di denari paparini nel 1359 valeva ben 
58 soldi! (9). 



Lo studio della moneta paparina del Patrimonio 
di S. Pietro in Tuscia mi ha facilitato alcune ri- 



ti) Cinagli, op. cit., pag. 32, n. 17. 

(2) Coli. Martinori e Gabin. Vaticano. 

(3) Cin-., pag. 38, 11. 9 e tav. I, n. 32. 

(4) Cin., pag. 41, n. 13 e tav. I, n. 34. 

(5) Poey d' A vant, op. cit. (1853), tav. XIX, 2. 

(6) V. Rivista Hai. di Num., Ili, 220. 

(7) Cat. Rossi, 1895, n. 91. 

(8) Gab. di Medaglie di Marsiglia. 

(9) Theiner, II, pag. 360, doc. 338. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 435 



cerche sulla zecca di Viterbo che ho creduto opportuno 
pubblicare unitamente ai documenti finora trascurati, 
che varranno a dare la giusta importanza a questa 
zecca medioevale. Questa nella varietà dei tipi e 
delle leggende rispecchia le tumultuose vicende della 
città nei periodi della sua autonomia e della sua 
soggezione ai Pontefici ed ai tiranni. 

Fin dal 1240 Federico II aveva concesso alla 
città di Viterbo il privilegio di coniare moneta. Ma 
non ci risulta che il Comune ne abbia profittato per 
conto proprio; e forse ciò si spiega con le fortunose 
vicende e con le calamità cui andò soggetta quella 
città nelle lotte fra il Papa e 1' Imperatore ''l 

Dopo la morte di questi (2 ), i Viterbesi tornati 
alla obbedienza della Chiesa, ed, ottenuta una certa 
autonomia, rivolsero le loro cure a restaurare la 
città e riformare gli statuti '3). 

Nel 1257 Alessandro IV, poco fidandosi di di- 
morare in Roma, ove era stato minacciato dai ghi- 
bellini e dallo stesso Senatore Brancaleone, abban- 
donò il Laterano e trapiantò la sede papale in Vi- 
terbo. Questa città si avvantaggiò non poco per 
quella buona ventura : crebbero gli agi ed il lusso 
e si può dire che in quella circostanza essa rag- 
giunse l'apogeo della sua floridezza medioevale (4). 

Gli statuti del 1251, riprodotti fedelmente dal 
Pinzi nella sua pregevole storia della città di Viterbo, 
non parlano ne di zecca ne di emissione di moneta; 
ma trovando documenti fin dal 1262 che ci parlano 



(1) Vedremo in appresso come con tutta probabilità Pietro di Vico 
nel periodo che Viterbo fi era data all'imperatore abbia profittato del 
privilegio concesso alla città per coniarvi moneta in nome proprio. 

(2) Federico II morì nel Castello di Fiorentino presso Luceria 
addì 13 dicembre 1250. 

(3) Pinzi, op. cit., voi. I, pag. 497. 

(4) Id. voi. II, pag. 57. 



436 EDOARDO MARTINORI 



di moneta viterbina dobbiamo supporre che fra il 
1257 ed il 1262, poco dopo cioè della venuta della 
corte pontificia in quella città, siasi aperta quella 
zecca. 

La moneta che nei documenti va col nome di 
denaro viterbese o viterbino minuto è quella che qui 
riproduco e della quale abbiamo molte varietà fra 
loro distinte da segni di zecchiero fra loro diversi. 
Tutte portano la stessa dicitura: 





• • 



i& — + S. LAVRENTI. Busto del Santo nimbato. 
9 ■ - + D. VITERBIO. Croce nel campo. 
Denaro, mist. gr. 0,49 - 0,53. — Coli. Martinori. 

11 più antico documento che parla di questi de- 
nari viterbini è riportato dal Calisse ('>, e si riferisce 
ad un pagamento fatto da Pietro Di Vico nel 1262 
al Comune di Viterbo pel possesso del Castello di 
S. Giovenale colla somma di cento libbre di denari 
viterbesi minuti. 

Un altro documento del 1264 parla di denaro 
viterbino a proposito delle espropriazioni per fare 
una piazza nella città di Viterbo ( 2) . 

Ma un primo o proprio documento di zecca non 
lo troviamo prima del 1266. In questo si dice come 
il comune di Viterbo concede a Dno. Taliapane 
factionem et fabricationem et incussionem monete crasse 



(i) Calisse. I Prefetti di Vico. Archivio della R. Società di storia 
patria, voi. X, doc. n. 47. 

(2) Ptnzi, op. cit., II, pag. 143, nota. 



DELLA MONETA PAPARINA DEL PATRIMONIO DI S. PIETRO 437 



et minute in civitate Viterbis cum certis pactis et con- 
dì tionibus [1) . 

Il documento non ci fa conoscere queste condi- 
zioni, ma ci dice come, oltre la moneta minuta, cioè 
ai denari, venne concessa a quello zecchiere anche 
la coniazione della moneta grossa. Di grossi autonomi 
peraltro non ne sono giunti fino a noi, e, forse, non 
ne furono coniati. 

Come già ho rilevato, molte furono le emissioni 
dei viterbini minuti se si tiene conto dei vari esem- 
plari che si trovano nelle collezioni ( 2 >. 

In un documento del 1269 questi viterbini ven- 
gono chiamati denari punctati ad unum punctum <3». 

Sono quelli che qui riproduco e che hanno un 
punto sia nel campo del diritto che fra due bracci 
della croce nel rovescio. 




m< 



Dal 1269 bisogna arrivare al 1323 prima che 
troviamo un altro documento nel quale si parli di 
viterbini minuti. È questo un testamento a favore 
del Vescovo di Viterbo, nel quale il testatore lascia 
al medesimo due soldi di viterbini e ad altri legatari 
tre libbre di viterbini minuti (4). In un documento del 



(i) Savignom. Archivio storico di Viterbo, pag. 266. 

(2) Nella raccolta di S. M. il re d'Italia vi sono ben cinque conii 
differenti e con segni di zecca vari. Debbo alla cortesia del generale 
Ruggero che, con il consenso di S. M., volle darmi notizia delle mo- 
nete Viterbesi che trovansi nella raccolta reale, fornendomi molti calchi 
e descrizioni di queste monete. Approfitto di questo inciso per render- 
gliene pubbliche grazie. 

(3) V. Margarita Cornetana, pag. 9 e Pinzi, op. cit., voi. I, pag. 374. 

(4) Pinzi, op. cit., voi. I, pag. 374. 

56 



438 EDOARDO MARTINORI 



1430 W si accenna ancora alla vecchia moneta Vi- 
terbese e se ne stabilisce il valore. 

Il viterbino correva promiscuamente al paparino, 
emesso come abbiamo veduto dalla Curia pontificia 
in Viterbo qualche tempo dopo ; ma aveva corso 
solo nel distretto di questa città, non essendone no- 
tizia in alcuna carta dell'epoca, di altre regioni, che 
ne faccia menzione. 

(Continua) E. Martinori. 



(1) V. Documento IX in Appendice. 



LE MONETE E LE ZECCHI: 

DI 

VOLTERRA 

MONTIERI, BERIGNONE E CASOLE 

(Continuazione e fine, vedi fase. II, 1909) 



DOCUMENTI. 

1. 

Privilegio concesso dal re Arrigo VI, al vescovo Ildibrandino ed 
ai suoi successori, di batter moneta. 

In nomine Sancte et individue Trinitatis. Heinricus Sextus 
divina favente clementia Romanorum Rex et semper Augustus. 
Excellentie nostre benignitas serenitatem nostrani induit, ut devota 
fidelium nostrorum obsequia clementer attendentes liberali muni- 
ficentia Maiestatis Nostre beneficiis, ipsos studeamus sublimare. 
Notum igitur facimus universis Imperii nostri fidelibus presentibus 
et futuris quod Nos considerantes fidem ac devotionem dilecti Prin- 
cipis nostri Ildebrandi Vulterrani Episcopi quam nobis preclaris 
obsequiis constanter obstendit, Regali excellentia ipsi et successo- 
ribus suis monetam recto feodo tenendam in perpetuum concedi- 
mus, dantes eis licentiam et plenam potestatem cudendi eam in 
quo pondere colore et forma voluerint et in omnibus predictis 
eam mutandi prò sua voluntate. Pro hac autem Maiestatis nostra 
concessione, predictus Episcopus ejusque successores fisco nostro 
annuatim persolvent sex marcas puri argenti ad pondus coloniense 
in festo Sancti Martini, preter illam pensionem quam pio aliis re- 
galibus dare tenentur. Si vero aliquis successorum predicti Epi- 
scopi monetam resignare voluerit, non teneatur ad earumdem sex 
marcarum persolutionem. Statuimus igitur et regali auctoritate san- 
cimus ut nullus Dux, Marchio, Comes, Vicecomes, Capitaneus, 
Consul nulla potestas, civitas, nullum Comune nulla denique per- 
sona humilis vel alta, saecularis vel ecclesiastica, predictum Vulter- 
ranum Episcopum vel eius successores in hac sublimitatis Nostre 



440 ALESSANDRO LISINI 



concessione audeat gravare vel aliquam eis inferre molestiam; quod 
siquis facere actemptaverit viginti Iibras auri prò pena componat, 
medietatem Camere Nostre et reliquum passo iniuriam. Iluius rei 
testes, sunt. Cunradus Maguntine sedis Archiepiscopus, Wigmannus 
Magdeburgensis Archiepiscopus, Conradus Wormatiensis Episcopus, 
Einricus Argentensis Episcopus, Bertoldus Nuvemburgensis Epi- 
scopus, Eberhxirdus M....ensis Episcopus, Octo Barnembergensis 
Episcopus, Otto Frisigensis Episcopus, Heinricus Pragensis Epi- 
scopus, Conradus palatinus Comes Reni, Otto illustris frater Noster 
Marchio Burgundie, Otto Dux Boemie, Otto Marchio de Minensis 
et filius eius Marchio Albertus, Dedo Marchio de Lusiz, Comes 
Sifridus de Orlamunde, Comes Gibertus de Wrde (?), Comes Vol- 
marus de Castello, Heinricus Marscalcus de Bappenheim, Humfri- 
dus de Valchenstem et alii quam plures. 

Signum domini [Heinrici] sexti Romanorum Regis invitissimi. 
Ego Johannes imperialis Aule Cancellarius vice Conradi Maguntine 
Sedis Archiepiscopi et Germanie Archicancellari, recognovi. 

Acta sunt hec, anno Dominice Incarnationis Millesimo centesimo 
octuagesimo nono. Indictione septima, regnante domino Heinrico 
Sexto Romanorum Rege gloriosissimo Anno regni eius decimo nono. 

Datum apud Wircebe per manus Heinrici imperialis Aule Pro- 
tonotarii, decimo septimo kal. septembris. 

(Archivio vescovile di Volterra, Copia in pergamena fatta 
l'anno 1348). 



II. 

Il Vescovo Ranieri concede a Guido Spicziche, rappresentante della 
società dei Feliciani da Piacenza, il diritto di tenere aperta per 
otto anni la secca in Montieri. 

Anno dni : millesimo ducentesimo quinquagesimo octavo, In- 
dictione secunda, die secundo idus decembris. Appareat omnibus 
evidenter presens instrumentum inspecturis quod dns: Ranerius dei 
gratia Vulterranus electus, nomine et vice sui episcopatus et com- 
modo et utilitate eiusdem et ob infrascriptam causam concessit et 
dedit licentiam et liberam potestatem dno: Guidoni Spicziche, reci- 
pienti prò se et sotiis suis et sua sotietate que appellatili- sotietas 
Felicianorum de Plagentia prò tertia parte duodecim partium, et 
dno: Johanni Durantis de Janua recipienti prò se prò quarta parte 
earumdem duodecim partium et Bertoldo quondam Ugierii recipienti 
prò se et Bondono fratre suo et sotiis suis prò quinque partibus 
dictarum duodecim partium, fabricandi, battendi, cudendi et mone- 
tandi et fabricari, batti, cudi et monetari faciendi mondani Vulter- 
ranam grossam et minutam ad illuni modum ligam et valutam ad 
quam et quem fabricatur, battitur et cudi tur hodie dieta moneta 



LE MONETE E I.E ZECCHE DI VOLTERRA 44I 

vulterrana vel ad quam sive quem fabricatur, battitur et cuditur 
nunc seu fabricabitur, battetur et cudetur in antea pisana vel se- 
nensis seu Iuccensis vel aretina moneta, in Monterio vel alibi 
ubicumque eis et duo : Electo concorditer placuerit in vulterrano 
episcopati!, a proximis venturis kalendis Januarii ad octo annos 
proxime complendos. Et promisit et convenit eisdem recipientibus, 
ut dictum est, dare et concedere eis in Monterio usque dictum 
tempus et alibi ubi de eorum communi concordia et voluntate et 
dicti dui: Electi, ipsi dns: Guido et dns: Johannes et Bertoldus pre- 
fati, in dicto episcopati! dictam monetam fabricari, cudi et batti 
facerent, domos necessarias ad ipsam monetam battendam, cuden- 
dam et fabricandam, et ad habitandum per se et familias suas, 
promittens per se et successores suos dno: Guidoni, dno: Johanni 
et Bertoldo prefatis recipientibus, ut dictum est, ipsos et familias 
suas et omnes et singulas personas que in loco in quo dieta mo- 
neta fabricaretur, cuderetur et batteretur starent occasione diete 
monete vel ad locum in quo dieta moneta fabricaretur, ut dictum 
est, cuderetur et batteretur accederent occasione ipsius monete ma- 
ntenere et defendere in avere et persona per omnes et singulas 
terras sui episcopatus in eundo, redeundo et stando sine aliqua 
exactione prestanda; et se facturum ita et taliter curaturum quod 
dieta moneta per universas terras sui episcopatus curret et expen- 
detur et dare auxilium et favorem quod ipsa moneta cuirat et expen- 
datur per Tusciam iuxta posse. Promisit insuper dictus dns: Electus 
nomine et vice dicti episcopatus dno: Guidoni, dno: Johanni et Ber- 
toldo prefatis recipientibus, ut dictum est, dictam monetam fabri- 
candam, battendam et cudendam alicui seu aliquibus aliis homini- 
bus vel personis non concedere vel concedi facere ullo modo, nec 
permittere, quod dieta moneta fabricetur, battatur seu cudatur per 
aliquem alium seu alios aliquo modo usque tempus predictum, que 
omnia et singula supradicta et quodlibet predictorum dictus dns : 
Electus per se et successores suos dno: Guidoni, dno: Johanni et 
Bertoldo prefatis recipientibus, ut est dictum, attendere facere et 
observare; promisit et contra ea vel eorum aliquod non venire, 
per se vel alium seu alios ullo modo, nullamque exceptionem de 
iure vel de facto contra predicta, vel aliquod eorum opponere, vel 
opponi facere ullo modo sub pena centum marcharum argenti. 
Quam penam eis recipientibus, ut est dictum, dare promisit et sol- 
vere si committeretur et ea soluta predicta servare promisit, ita 
quod pena intelligatur super quolibet articulo repetita. Pro quibus 
omnibus et singulis supradictis firmiter observandis et plenarie 
adimplendis et attendendis dns: Electus predictus se et successores 
suos et omnia bona episcopatus predicti mobilia et immobilia, pie- 
sentia et futura, predictis dno: Guidoni, dno: Johanni et Bertoldo ut 
dictum est recipientibus pignori obligavit, et hec ideo fecit et con- 
cessit eisdem, quia predicti dns: Guido, dns: Johannes et Bertoldus 
promiserunt et convenerunt dicto dno: Electo recipienti prò se et 



442 



ALESSANDRO LISINI 



successoribus suis dare et solvere ei ad -Vili- dies post suam 
voluntatem et inquisitionem de qualibet libra ad pondus Vulterre 
totius monete minute Vulterrane adiudicate et traete ad monetam 
quam fabricari, cudi et batti et monetari facient infra tempus pre- 
dictum quatuor denarios a dictis kalendis ianuarii ad duos annos 
proxime complendos, et ab inde ad residuos sex annos, quatuor 
denarios et dimidium, et de qualibet libra monete grosse vulter- 
rane adiudicate et traete ad monetam ad dictum pondus Vulterre 
si eos dictam monetam grossam fabricari, batti et cudi facere con- 
tigerit novem denarios minutos prout inferius continetur, et etiam 
omnia alia et singula facere, que inferius et prout inferius conti- 
nentur. Renuntians in omnibus et singulis supradictis dns: Electus 
predictus exceptioni non facte concessionis promissionis et obli- 
gationis et non sic celebrati contractus, benefitio clericali, privi- 
legio fori et omni et cuique iuris et legum auxilio, conditioni in- 
debiti et sine causa vel ex iniusta causa et omni exceptioni ac 
defensioni et cuique rei que obici possit contra hoc instrumentum 
vel factum. Preterea Gualteroctus Notarius infrascriptus nomine 
iuramenti et guarentisie dicto dno: Electo volenti et confitenti pre- 
cepit ut presens instrumentum predictis dno: Guidoni, dno:Johannì 
et Bertoldo recipientibus, ut dictum est, observet per singula. Et 
dns: Guido, dns: Johannes et Bertoldus prefati pura solempni ac 
legittima stipulatione interposita promiserunt et convenerunt dno: 
Electo predicto nomine et vice sui Episcopatus recipienti dictam 
monetam fabricari, batti et cudi et monetari facere suis expensis 
bonam rectam et legalem, ad valutam ligam et modum predictos, 
omni fraude malitia soffismate et malo ingenio remotis et de qual- 
libet libra ad pondus Vulterre totius monete minute adiudicate et 
traete ad monetam quam fabricari, cudi et batti et monetari facient 
usque dictum tempus ei dare et solvere quatuor denarios minutos 
a dictis kalendis ianuarii ad duos annos proxime complendos, et 
ab inde ad sex annos residuos quatuor denarios et dimidium et 
de qualibet monete grosse vulterrane adiudicate et traete ad mo- 
netam ad pondus dictum Vulterre si eos dictam monetam grossam 
fabricari, batti et cudi facere contigerit novem denarios minutos 
ad octo dies post requisitionem et voluntatem dicti dni:Electi vel 
certi nu"tii sui. Promiserunt insuper et convenerunt dno: Electo 
predicto, quod totani monetam quam fabricari, batti et cudi fece- 
rint infra tempus predictum, facient mitti in unum scrineum ad vo- 
luntatem et requisitionem illius qui tenuerit clavim dicti scrinei prò 
dno: Electo predicto in quo scrineo voluerunt dns: Electus predictus 
et dns: Guido, dns: Johannes et Bertoldus prefati et dixerunt con- 
corditer, quod deberent esse due claves, unam quarum retineant 
dns: Guido, dns: Johannes et Bertoldus prefati vel alius quem vo- 
luerint et aliam retineat qui positus fuerit ad eam tenendam prò 
dicto dno: Electo, inter quos dnm : Guidonem, dnm: Johannem et 
Bertoldum prefatos et ipsum dnm: Electum, actum fuit expressim 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 443 

quod dieta moneta non possit nec debeat expendi, nisi primo fuerit 
approbata et ponderata per approbatorem vel approbatores seu 
adiudicatorem vel adiudicatores ponendum vel ponendos ad eam 
approbandam vel adiudicandam, cui approbationi vel adiudicationi 
dictus dns: Electus dno: Guidoni, dno: Johanni et Bertoldo predictis 
stare promisit et contra non facere vel venire, seu fieri facere ullo 
modo, quem approbatorem vel approbatores seu adiudicatores vo- 
luit dns: Electus predictus quod dns: Guido, dns: Johannes et Ber- 
toldus prefati possent et deberent eligere ad voluntatem eorum et 
salarium ipsius solvere teneantur. Fuit insuper actum inter ipsum 
dnm: Electum et predictos quod si dieta moneta inveniretur minoris 
ponderis uno denario vel duobus per libram vel uno grano ar- 
genti per sagium factum medie uncie ob hoc non remaneat quin 
ipsa moneta approbetur et debeat approbari et expendi, ita tamen 
quod in aliis approbationibus debeat suppleri quod tunc defuit 
cum pondere in ipsa moneta, et quod si contingeret dictam raone- 
tam inveniri maioris ponderis vel pluris argenti quam esse debe- 
ret, dns: Guido, dns: Johannes et Bertoldus prefati debeant restau- 
rari in aliis approbationibus de eo quod pluris in pondere vel ar- 
gento fuissei. Fuit insuper inter ipsum dnm : Electum et predictos 
actum expressim quod si ipsi infra tempus predictum aliquo impe- 
dimento detinerentur ita quod fabricari, batti et cudi facere non 
possent, liceat eis et possint per tantum tempus dictam monetam fa- 
bricari batti et cudi facere post tempus predictum per quantum tempus 
impediti infra dictum tempus fuissent, excepto quam eorum impe- 
dimento, in quo casu noluit dns: Episcopus quod possent de aliquo 
tempore restaurari. Quam monetam bonam, rectam et legalem ad 
ligam valutam et modum predictos et quatuor denarios minutos 
per libram ad dictum pondus a dictis kalendis ianuarii ad duos 
annos et ab inde usqce dictum tempii < quatuor denarios et dimi- 
dium monete predicte minute et novem denarios minutos monete 
grosse, ut dictum est supra, dns: Guido, dns: Johannes et Bertoldus 
prefati dno: Electo predicto facere et fieri facere et attendere et 
observare et solvere proniiserunt sub pena centum marcharum ar- 
genti, quam penam eidem dno: Electo, ut dictum est recipienti, dare 
et solvere promiserunt si committeretur, et ea soluta predicta ser- 
vare et omnia alia predicta et singula eidem attendere et obser- 
vare promiserunt sine pene adiectione. Acto inter eos et dnm: Elec- 
tum predictum quod ipsi non obligentur nec teneantur ad penam, 
nisi solum in premissis duobus articulis, scilicet de faciendo fieri 
dictam monetam bonam et legalem, et de dictis quatuor denariis 
et dimidio per libram monete minute et novem denariis minutis 
monete grosse ut supra dictum est solvendis, in aliis vero tenean- 
tur et obligentur sine aliquo lapsu pine: pio quibus omnibus et 
singulis firmiter observandis et attendendis, dns: Guido, dns: Johan- 
nes et Bertoldus prefati se et suos heredes et bona eorum predicto 
dno: Electo recipienti ut dictum est suisque successoribus pignori 



444 



ALKSSASDRO LISINI 



obligaverunt, renuntiantes in premissis omnibus exceptioni non 
factarum promissionum et obligationum et pactorum, ut dictum est, 
rei dicto modo non geste, renuntiantes nove constitutioni, conditioni 
indebiti et sine causa vel ex iniusta causa fori privilegio et omni 
iuris et legum auxilio. Preterea Gualteroctus Notarius infrascriptus 
nomine iuramenti et guarentisie dno: Guidoni, dno: Johanni et Ber- 
toldo prefatis, volentibus et confitentibus predicta precepit, ut pre 
sens instrumentum per singula observent dno : Electo prefato. Et 
actum fuit quod de predictis posset facere cuilibet predictorum 
unum instrumentum per se. 

Acta sunt predicta in Casule de Vulterris in dormitorio plebis 
ipsius castri, coram magistro Bernardino preposito diete plebis, 
donino Galgano Canonico eiusdem, dno: Inghirramo dni: Albertini 
de Certaldo, Porcello Bonsignoris de Casole et Fede Marini testibus 
ad hoc prescntibus et rogatis. 

Kgo Gualteroctus Notarius quondam Mammoli filius, predictis 
omnibus et singulis interfui et ea omnia scripsi et publicavi rogatus. 

(Archivio vescovile di Volterra, Pergamena del sec. X11I, 
decade VI, n. 65). 



III. 

Condizioni fatte dai Priori del Comune di Volterra a Fuligno di 
Duccio da Firenze e ai suoi soci monetieri, per la concessione 
delle immunità richieste al Comune. 

1295. Die secunda februarij. 

Congiegatis X ex XII Defensoribus populi Vult: in palaiio &.. 
stantiatum quod Sindicus Comunis qui debet facere certas promis- 
siones prò Comuni Vult: Fuligno Duccii de Florentia monetario et 
etiam abbeo (sic) recipiente prò Comuni, faciat sibi promissam, et 
ita curet et faciat quod dictus Fulignus promissam sibi latificet 
prò Comuni dare duos denarios prò qualibet libra denariorum 
grossorum qua coniaverit vel coniari fecerit ; et aliter vel alio 
modo, nullo modo se cum dicto Foligno vel aliis prò eo intromittat. 

Die xvi februarij. 

Congregatis X ex Xll Defensoribus &. Stantiatum et Armatura 
et provisum fuit quod eligatur unus suprastans super moneta que 
nunc cumeuditur in civitate Vult : per Fulignum et sotios, qui su- 
prastans recipiat et recipere debeat a dicto Fuligno vel ab alia 
persona dante prò eo (1), prò qualibet libra ipsius monete, post- 
quam reducta fuerit ad finem et sagiata prò Comuni Vult: Et si 



(1) Qui nella deliberazione mancano le parole duos den. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 445 

dictus Fulignus nollet ita eidem solvere dictam pecuniam (?) prò Co- 
muni [soprastansj non intromictat se in dicto officio alio modo. 

Die xvij februarij. 

Congregatis XI de XII Defensoribus ropuli Vult: Stantiatum <&. 
quod Sassus Ugolini sit et esse debeat prò Comuni Vult: supra- 
stans monete que nunc concuditur in civitate Vult: per Folignum 
Duccini de Florentia et suos sotios, ad salarium sol: XII prò quo- 
libet mense recipiendum a dicto Foligno prò se, et ad recipiendum 
prò Comuni Vult. et vice et nomine dicti Comunis a dicto Foligno 
vel ab alia persona dante prò eo, den : ij de qualibet libra diete 
monete compresse que cudetur per ipsum Folignum vel alium prò 
eo in civitate Vult : videlicet de illa libra que reducta fuerit ad 
finem diete monete. Et si dictus Folignius nollet eidem Sasso dictos 
duos den : prò Comuni, ut dictum est, dare, dictus Sassus nullo 
modo se in dicto officio intromictat. 

(Archivio storico di Volterra. Deliberazioni. Filza A nera i, 
a e. 2' 3. g.'). 



IV. 

La società fiorentina di Baldo di ni. Virgilio, avendo ottenuto dal 
Vescovo t'allogagione della zecca, domanda al Comune le fran- 
chigie solite concedersi a chi batteva moneta in Volterra. 

1310. Die viij mensis Madij. 

Coram vobis dominis XII Defensoribus populi civitatis Vult: 
Baldus filius quondam domini Virgilii de Florentia prò se ipso et 
sotiis suis exponit et dicit, quod ipse et sotij eius sunt in contractu 
et concordia cum venerabili Patre domino Ranierio Dei et aposto- 
lice sedis grafia Episcopo Vult : facere et facere fieri et cudi mo- 
netam grossam et minutam bonam veram et legalem in Civitate 
Vulter : vel eius episcopatu. Unde cum hec sint utilitatis et honoris 
in civitate in qua fit et cuditur ipsa moneta, et dicti Baldus et sotii 
optent magis eam facere et fieri facere et cudi in ipsa civitate 
quam alibi, eo quod est maioris honoris et cives et artifices pos- 
sunt inde consequi multum fructum ; petit quod per vos et illud 
consilium per quod fieri potest, quatenus sub protectione et licentia 
vestra et Consilii generalis diete civitatis, predirti Baldus et sotii 
dictam monetam facere et fieri facere et cudi possint et valeant : 
et in predictis velitis providere ut melius videritis convenire. 

Insuper, est sue intentionis et sotiorum quod ipse neque sotii 
graventur vel molestentur honeribus personalibus vel realibus per 
dictum Comune Vult: nisi quatenus de eius et sotiorum processerit 
volumptate. 



446 ALESSANDRO LISINI 



Bindo consultore. 

(Omissis) Super tertia imposita, de petitione quam fecit Baldus 
domini Virgilii prò se ipso et sotiis de moneta fatienda, consuluit: 
quod fiat et executione mandetur prò ut in dieta petitione conti- 
netur, dummodo quod dieta moneta fieri debeat in civitate Vult : 
tantum et non alibi, cum illis pactis, modis, forma et condictionibus 
eisdem Baldo et sotiis dandis per dominos XII populi civitatis, et 
secundum illa pacta et tenorem, formam et modum que et quas 
eisdem XII videbitur, convenerint et extiterint concordes cum pre- 
dictis Baldo et sotiis. 

Item facto et misso partito per supradictum dominum Pote- 
statem ad bussolas et palloctas, secundum formam statutorum, ve- 
runi procedatur supra dieta petitione Baldi de Florentia et sotiorum 
aut supra contradictione dicti banditoris, obtentum et firmatum 
fuit per lxxxviiij consiliarios qui miserunt eorum palloctas in 
bussola rubea del si quod supradicta imposita procedatur: xxv 
consiliarios qui miserunt eorum palloctas in bussola alba del no 
et contradicentes dicti banditoris, non obstante. 

Item simili modo et forma facto et misso partito per supra- 
dictum dominum Potestatem ad bussolas et palloctas secundum 
formam statutorum, obtentum et firmatum fuit et stantiatum per 
i.xxxxviij consiliarios qui miserunt eorum palloctas in bussulam 
rubeam del si, quod supradicta imposita de petitione Baldi et so- 
tiorum fiat et executioni mandetur prout dictum est et arengatum 
fuit per supradictum dominum Bindum consultorem supradictum, 
et xvj consiliarios qui miserunt eorum palloctas in bussulam albani 
de no, non obstantibus. 

(Archivio storico di Volterra. Deliberazioni del Consiglio. 
Filza A nera 6, e. 68 e seg). 

V. 

Gli zecchieri residenti a Volterra fanno alcune convenzioni tra loro, 
cioè di nominarsi un capo, d' assegnarsi un salario di jo de- 
nari pisani per ogni libbra di moneta coniata e di non ricevere 
nella loro società altri lavoranti se non col consentimento di 
tutti loro. 

In Christi nomine, Amen. Anno Incarnationis eiusdem millesimo 
trecentesimo sesto decim, Indictione quartadecima, die vigesimo 
primo mensis mady. Omnibus hanc in instrumenti seriem inspectu- 
ris appareat manifeste quod Franciscus. frater Jacobi de Ramisinis, 
Petrus Pistorisij et Jacobus eius frater de Bononia, Sandrus Baldi, 
Lippus Sengne et Saracinus ejus frater de Florentia, Angellus Gui- 
ductij et Cecchus ejus frater de Arisio, Leone Prancatij de Senis, 
Stefaninus Francischi de Cogorno de Janua, Riccardus de Maxio 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 447 



de Regno et Johannes Yspànus curerii, laboratores et fabricato- 
res monete que presentialiter fabricatur in Civitate Vulterre , 
congregati in simul in Ecclesia sancti Johannis Batiste de Vul- 
terris, ad tractandum, ordinandum et statuendum de bono et pa- 
cifico statu ipsorum, statuerunt et ordinaverunt infrascripta : In 
primis, quidem statuerunt et ordinaverunt unum facere prepositum 
ex ipsis, qui aliis debeat preesse, et cui obediatur per alios omnes 
et singulos. Et in continenti omnes predicti, dominimi Franceschum 
eorum prepositum fecerunt et ordinaverunt. Item statuerunt et or- 
dinaverunt quod nullus ipsorum audeat vel presumat palam vel 
occulte, per se vel alium, minuere salarium quod presentialiter sol- 
vitur eis, videlicet denarios xxx pisanos prò libra argenti laborati 
et fabricati usque ad pontum monetandi. Item statuerunt et ordinave- 
runt quod nullus alius extraneus recipiatur in ipsorum sodimi et 
ad ministerium antedictum nisi de conscientia, voluntate et con- 
sensu dicti prepositi et omnium predictorum sociorum supra no- 
minatorum nemine discordante. Qui predicti omnes et singuli per 
se et ipsorum heredes promiserunt observare et adimplere omnia 
suprascripta et infra scripta sub pena vigiliti quinque librarum 
denarioruir. ; quam penam, observantes predicta ab ilio vel illis non 
servantibus predicta, ubicumque locorum terrarum et fori petere et 
exigere possit cum effectu, videlicet quilibet predictorum observan- 
tium predicta prò parte supra contingente. Et predicta pena in sin- 
gulis capitulis hujus contractus in solidum promissa, et pena soluta 
vel non, predicta omnia et singula firma permaneant et perdurent. 
Item statuerunt et ordinaverunt quod sacramento trium ex supra 
noniinatis credatur et fìd;s piena adhibeatur si quis in aliquo contra 
fecerit. Item statuerunt et ordinaverunt sub pena superius nominata, 
observare et adimplere ac executioni mandare omnia et singula 
stantiamenta ordinationes et statuta, per dictum prepositum cum 
consensu et conscientia aliorum sociorum suorum facienda in po- 
sterum concedentes michi notario ex mine quod unicuique ipsorum 
possim instrumentum predictum in formam publicam exibere. Actum 
Vulterris in Ecclesia sancti Johannis Batiste de Vulterris, presen- 
tibus Philippino de Aleo di Cremona, Cambio I'uccij de Florentia 
et Masino Benevicnis de Florentia testibus ad hoc vocatis. 

(Archivio vescovile di Voltkrra. Protocolli del notaio Gio- 
vanni da Bologna, dal 1313-1316 ad annum). 

VI. 

Condizioni fatte dal Comune di Volterra alla società di Meo d'Al- 
berto d' Arezzo per tenere aperta la zecca nella città. 

Anno domini millesimo trecentesimo xvj. Indictionc xv. Die 
xxviij. Ottubris. 



448 ALESSANDRO LISINt 



Undecim de xu Defensoribus et Gubernatoribus Comunis et 
Populi civitatis Vult : ad consilium ad sonimi campane in camera 
palatii Comunis Vult : super doanam salis et iuxta turrim Comunis 
existentem, mandato Priorum XII more solito, convocatione et con- 
gregatione facta : 

Primo inter eos proponitur diligenter de infrascriptis per unum 
ex dictis Prioribus, de licentia et voluntate aliorum Priorum, et 
audito Consilio super ea dato et posito, exinde facto et misso par- 
tito inter eos per eumdem Priorem de voluntate aliorum, ad bus- 
sulam et palloctas, secundum formam statutorum ; stantiatum fir- 
matimi et obtentum fuit per omnes suprascriptos XI de XU in 
concordia, qui eorum palloctas miserunt in bussolo rubeo del si, 
nullum in contrarium in bussolo albo del no repertum ; quod in- 
frascripta pacta facta intèr XI, de dictis dominis XII, prò Comuni 
Vult : et cuditores seu battitores volentes monetam vel cudi fa- 
cientes, et monetarios scilicet inter Meum Alberti de Aritio et sotios 
observetur et sine fraude prò Comuni Vult : et econtra prò parte 
Comunis non fiat in quantum prò parte suprascriptorum cuditorum 
seu battitorum observent illesa, et monetarios magistrum Ugonem 
ser Jacopi Dietifecis, ser Johannem notarium Bonvicini et Petri- 
nura Seghenini tres honorabiles homines positos ad predicta prò 
Comuni Vult : per approbatores. 

In primis, quod moneta quam intendunt seu volunt cudere vel 
battere seu cudi facere, initietur cudere per predictos ad presens , 
et durent ad cudendum vel battendum ab eorum initio ad duos 
annos proxime subsequentes et non ultra. 

Item, quod moneta quam incipient predicti Meus et sotii cudere 
seu battere, sit illius leghe et illius bonitatis et ponderis cuius vel 
quorum sunt grossi de argento ad sex denarios deputatos qui 
Ount et cuduntur ad presens in civitate Florentie et Senarum. 

Item, quod dieta moneta quam suprascripti intendunt cudere et 
battere seu cudi facere, cudatur et fiat in civitate Vult : in publico 
loco et sit illius bonitatis et ponderis ut dictum est. Et fiat et cu- 
datur cum suprastantibus seu guardianis ; que diete monete sint et 
esse debeant designate et cum aliis cautelis que necessarie sunt 
prò dieta moneta cudenda et fienda, expensis dictorum monetario- 
rum et cuditorum, ad voluntatem Comunis Vult : et domini Epi- 
scopi vulterrani. 

Item, quod dieta moneta sit cum cuneo, videlicet ex uno latere, 
cum forma sine imagine domini Episcopi Vulterrani, et ex alio la- 
tere sit et esse debeat in dieta moneta quedam crux ad similitu- 
dinem et signum armorum popoli civitatis Vult : cum hiis licteris 
et vocabulis, scilicet : populo vulterrano. 

Item, quod de dieta moneta Comune Vult: vel alia persona 
prò dicto Comune recte habeat a dictis monetariis seu cuditoribus, 
prò dricto de quolibet libra diete monete, denarios iiij. or et prò ga- 
bella denarios ij, solvendam tamen dictam pecunie quantitatem Co- 
muni Vult : quando de Bolzano extraheretur. 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 449 



Item, si acciderit quod inter dictum tempus duoruni annorum 
Comune Florentie vel Senarum vel alìquod eorum mutaret legham 
monete grossorum de argento seu de picciolis, quod dicti mone- 
tarii possint facere vel lìeri facere ad illam similem legham et 
pondus dictarum civitatum vel alicuius earum, in quantum placuerit 
Comuni Vult: et domino Episcopo, et cuilibet eorum in concordiam 
sint (et) cum illa forma cuneo et dritto que placuerint dictis Co- 
muni Vult: et domino Episcopo in concordia cum dictis monetariis. 

Item, quod dieta moneta facta predicto modo et cum dictis 
pactis et condictionibus, possit et debeat expendi in civitate Vult : 
et eius districtu, et sic banniatur quod expendatur in dieta Civitate 
et districtu. 

Item, quod si acciderint quod per aliquod Comune de Tuscia 
disbandiretur quod non expendatur seu non teneretur firma dieta 
moneta facta suprascripto modo in dieta civitate Vult: quod si- 
militer fiat et fieri debeat prò Comune Vult: de dicto tali Comuni 
et terra, inde exbamniendo eius moneta, et non recipere nec per- 
mictere quod recipiatur in civitate Vult: vel eius districtu. 

Item, quod dicti monetarii et eorum laboratores et monetam 
cuditores foreases tantum sint liberi et ab-^oluti ab omni datio et 
imposita et achatus et ab omnibus fationibus et servitiis, realibus 
seu personalibus, debentibus Comuni Vult: quocumque modo et 
causa, et ad predicta facienda per aliquod oftictium civitatis Vult: 
non possint modo aliquo coartare. 

(Archivio storico di Volterra. Deliberazioni del Consiglio. 
Filza A. nera 7, e. 28 e seg.). 



VII. 

Provvisioni relative alla cattiva moneta che battevasi in Volterra e 
alla convenienza di tenere aperta la zecca nella città. 

1317. Die viij mensis aprelis. 

Consilio generali Comunis et populis etc. 

Item, quod placet dicto Consilio et consiliariis de Consilii stan- 
tiare, providere et ordinare si moneta qua presentialiter cuditur et 
fit in civitate Vult : fiat ulterius nec ne, cum magna querela expo- 
sita sit ab hominibus mercatoribus civitatis Vult : de dieta moneta, 
dicentibus ipsani monetam non esse rectam nec pure factam 

Cavalcuccius Mannuccii, unus ex dictis consiliariis, surgens in 
dicto Consilio, arengando, consuluit .. Item, super secunda pro- 
posita de moneta, consuluit arengand > quod ab hodie in antea 
moneta in civitate Vult: non fiat nec cudatur : nec monetari qui 
eam cudunt et faciunt in dieta civitate, stare et morari possint. Et 
dictus Potestas teneatur eos expellere et eis precipere quod ad 



450 ALESSANDRO LISINI 



penam C. lib : prò quolibet, amplius dictam monetarii non cudant 
nec faciant, et ipsi discedant de civitate Vult : et suo districtu. 

[La proposta venne approvata da 104 consiglieri nonostante il 
voto contrario di altri 17 consiglieri). 

(Archivio storico di Volterra. Deliberazioni. Filza A nera 7, 

e. 30' ). 

Anno Domini Millesimo trecentesimo septimo decimo. 
Die prima octubris. 

Item, stantiatum et firmatum est per omnes eos in concordia 
qui miserunt eoruni palloctas in buxolo rubeo del si, quod nullus 
generis homo audeat vel presumat recipere aut tollere aliquam 
nionetam noviter factam a duobus annis citra, grossam vel parvam, 
ad penam solidorum quinque denariorum prò quolibet denario re- 
cepto vel apud eum invento, exceptam aliquam nionetam floren- 
tinam et senensem, quam quilibet possit et sibi liceat impune tol- 
lere et dare ; et quod nullus audeat ad Civitatem Vult : aliquam 
aliam nionetam novam aportare ad penam admissionis eius quod 
apportaverit. Et quod quilibet qui alias monetai novas, quum 
dictum sit habere possit, teneatur et debeat eam expendere et 
sgombrare infra octo dies ad dictam penam sol : quinque prò 
quolibet denario. Quas monetas florentinas et senenses tam gros- 
sam quam parvam, et monetam pisanam veterem quilibet possit 
expendere et tenere absque pena et banno. 

Die ij octubris. 

Item, proposuit, dictus Prior, quod eis videtur et placet esse 
provvidendum super ambaxiatoribus mictendis ad civitatem Flo- 
rentie, facto monete noviter fiende in civitate Vult : prò Comuni 
et populo Vulterrano. 

Anno Millesimo trecentesimo septimo decimo. Indictione prima, 
die xv. octubris. 

Item, proposuit unus ex supradictis Prioribus Duodecim de aliorum 
suorum Priorum voluntate et presentia ; si videtur et placet dicto 
Consilio providere, stantiare et ordinare quod moneta fiat et cu- 
datur in civitate Vult: prò Comuni et populo vulterrano: 

Ser Martinus notarius ser Galgani, unus ex infrascriptis con- 
siliariis, surgens in dicto Consilio ad aringheriam, arenghando dixit 
et consuluit : 

Item, super secunda proposita predicta, arengando dixit et 
consuluit, quod prò Comuni et populo vulterrano fiat et cudatur 
in civitate Vult: nionetam. 

Item, facto et misso partito per dictum Priorem ad buxolos et pal- 
loctas, secLindum formam statutorum, super secunda proposita stan- 
tiatum et firmatum est per i.xxj, consiliarios qui eorum palloctas 
miserunt in buxolo rubeo del si, non obstantibus iiij qui eorum 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 45I 

palloctas miserunt in buxolo albo del no, quod fiat et observetur 
in omnibus et per omnia prout et sicut in dictis proposita et dicto 
dicti ser Martini arengatoris plenius continetur. 

Die xvj octubris. 

Ser Magister Fede medicus et Ser Nerius Rustichini, etc. ad scru- 
ptinium ad buxolos et palloctas, secundum formam statutoruin electi 
sunt ad procurandum omni via modo quo melius poterint quod 
moneta fiat in civitate Vult: prò Comuni et populo vulterrano, iuxta 
reformationem factam per Consilium pieni dominii. Qui eorum of- 
fitium bene et legaliter facere iuraverunt. 

(Archivio storico di Volterra. Deliberazioni . Filza A nera 7, 
e. 3', 4, 19', 20). 



Vili. 

Altre provvisioni relative alla valutazione delle monete che avevano 
corso in Volterra, e alla convenienza di tenere aperta la zecca 
nella città. 

Anno Domini Millesimo trecentesimo decimo octavo, Indictione 
prima, Die lune x Aprelis. 

Convocatis... Item modo et forma predictis, stantiatum firma- 
tum et obtentum est per omnes predictos in concordia, scruptinio 
facto inter eos ad bussulas et palloctas, quod quilibet grossus de 
arento qui mine computatur et mittebatur prò denariis decem et 
octo, tam factus in civitate Vult: vel alibi, detur, recipiatur et com- 
putetur deinceps prò denariis decem et septem tantum. Et nullus 
de civitate Vult: vel alibi in civitate Vult: vel eius fortia debeat 
nec possit dare, expendere vel recipere aliquem denarium parve 
monete, nisi solum denarios florentinos, senenses et pisanos. 

Die sabati xxviiij Aprelis. 

Item modo et forma predictis, firmatum obtentum est per 
omnes suprascriptos in concordia, scruptinio facto inter eos, quod 
eras fiat consilium pieni dominii Capitanei Vexilliferorum et Con- 
siliariorum iiij or centum populi et ipsorum XII. Et in ipso Con- 
silio fiat propositum per unum ex dictis Prioribus, quod videtur et 
placet dicto Consilio, quod moneta fit, bacti et coniali debeat prò 
Comuni et populo Vult: et quicquid in dicto Consilio fuerit obten- 
tum executioni mandetur. 

Die xxx Aprelis. 

Item modo et forma predictis, proposuit et dixit dictus Prior, 
de voluntate et presentia aliorum suorum Priorum, quod videtur et 
placet dicto Consilio providere stantiare et ordinare quod fieri et 



452 ALESSANDRO LISINI 



bacti et coniari debeat prò Comuni et populo Vulterrano in civitate 
Vult : secundum forinam statutorum : 

Ser Martinus ser Galgani de Vult : dixit super secunda vero 
proposita, etiam consulendo dixit, quod per offitium Dominorum 
XII, populi, diligenter inventa facti veritate, prò Comuni et populo 
utile fuerit quod moneta cudetur et fiat prò predi' to Comuni et 
populo in civitate Vult : fiat et coniatur in civitate dieta eo modo 
et forma ut eisdem Dominis XII utile videbitur prò predicto Co- 
muni et populo ; et id quod circa predicta factum fuerit sit firmum 
et habeat robur firmitatis. 

Die xvij Maij. 

Convocatis et cohadunatis Dominis XII Defensoribus et Gu- 
bernatoribus Comunis et populi civitatis Vult : mandato dominorum 
Priorum dictorum XII, in Camera palatii Comunis Vult : in quo do- 
mini Priores XII, morantur prò ipsorum offitio exercendo ad sonum 
campane ad consilium ut moris est : in quo quidem Consilio facta 
et missa proposita per unum Priorem ex dictis Prioribus, de volun- 
tate et presentia aliorum suorum Compriorum, et audito Consilio 
et examine facto et misso partito ad bussolos et palloctas per 
dictum Priorem de voluntate aliorum suorum Compriorum et in- 
frascriptorum et quolibet ipsorum; stantiatum, firmatum et obtentum 
est per omnes suprascriptos in concordia, scruptinio facto inter 
eos, quod facta diligenti inquisitione et investigatione verum prò 
Comuni Vult: esset utile vel non, moneta cudi in civitate Vult: et 
reperta facti veritate quod utile prò Comuni Vult : non est, sed 
inutile, quod moneta huic ad calendas junii proximi futuri in ci- 
vitate Vult : cudi non debeat nec possit, sed ad hoc in futurum per 
alios Dominos XII provideatur quod per Priores presentes XII in 
nota aliis sepissime dimictant. 

Anno Domini wcccxviij, Indictione prima, Die xviij Maij. 

Item, stantiatum firmatum et obtentum est, modo et forma pre- 
dictis, per novem ex predictis decem de XII in concordia scruptinio 
facto inter eos ad bussolos et palloctas secundum formam statu- 
torum, quod qualibet persona de civitate Vult : vel eius districtus 
vel aliunde in civitate Vult: vel eius districtus debeat, teneatur et 
possit dare et contende- e et recipere et sibi computare quemlibet 
grossum de argento, qui nunc computatur de xvij den :, sexdecim 
denarios tantum ; et quemlibet grossarellum cuiuscumque condi- 
tionis qui nunc computatur denarios quinque, prò denariis quatuor 
et dimidio ; et quemlibet solidum denariorum curtunensium veterani 
pio denariis x tantum ; et sic debent dicti grossi ac pecunia dari, 
recipi et computari in civitate Vult: et eius fortia et districtu, co- 
mitatus ab hodie retro et non aliter vel alio modo. Et sic bannatur 
et preconizetur in civitate, publice, Vult : 

(Archivio storico ni Volterra. Deliberazioni. Filza A nera 7, 
P a g- i9, 35 '. 3 6 ', 37 e P a S- 6 > IO )- 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 453 



IX. 

Altre provvisioni sul corso delle monete erose in Volterra, e sul- 
l'apertura della secca. 

Anno Domini Millesimo trecentesimo nonodecimo. Indictione 
tertia. Die sexto mensis Septembris. 

In Dei nomine, Amen. Convocati et congregati XI de XII De- 
fensoribus et Governatoribus Comunis et populi civitatis Vult: et 
XII de Capitaneis Vexilliferis et Consiliariis iiij or populi predicti etc... 
Zampe de Ricciardis honorabilis capitaneus et Vexillifer iustitie Co- 
munis et populi Vulterrarum proponit etdicit: Item proponit et dicit 
dictus Potestas, modo et forma predictis, quicquid ipsi Consilio 
placet providere ordinare et stantiare esse facendum super moneta; 
cum moneta minuta et alia mala moneta abundet Vult : et alia 
bona moneta cesset : 

Dominus Pannocchia judex de Vult : unus ex dictis consilia- 
riis... Item, dixit et consuluit dictus dominus Pannocchia super se- 
cunda proposita de moneta, quod sit in sex bonis hominibus eli- 
gendis per dictos XII, et dictis XII, ad providendum que sint utile 
prò Comuni et hominibus et personis civitatis Vulterrarum. 

(La proposta messa ai voti fu approvata da 41 consiglieri, con- 
tro 2 consiglieri). 

1319. Febbraio 6. 

Congregati, etc. 

Item, statutum et firmatimi est per eos, modo et forma predictis, 
quod eligantur sex boni homines civitatis Vult: qui sint et esse 
debeant cum dominis XII populi ad providendum de facto monete 
ut stantiatum fuit per dictum Consilium ad hoc ut bona moneta 
sit in civitate Vult: et quicquid provisum fuerit executioni mandetur. 

Vannes Chini \ , ., tl . . .. 

_ . „ . . J de Vult: electi sunt per dictos 

Petrinus Segenni I ,„.. ,•-,?, , ,. 

.. ... ,. I XII. populi Vult: ad predieta 

Mone Vichi ; ., v ,. r 

r, . „. , . 1 providendi supra monete pre- 

Puccius Cianghi I ,. r 

Johannes Inghirami ) 

(Archivio storico di Volterra. Deliberazioni. Filza A nera 5, 
quad. 7, e. 8 '). 



1321. Anno et Indictione proxime suprascriptis, Die quarto decimo 

Marti j. 

Convocatis et congregatis dominis Duodecim Defensoribus et 
gubernatoribus Comunis et populi Vult : et li de consiliariis con- 
silii pieni dominij et XII de XVI Capitaneis consiliariorum et ve- 



454 ALESSANDRO LISINI 



xilliferorum vi. populi antedicti in palatio populi antedicti de man- 
dato nobilis viri Francisci de Mezzavillanis de Bononia honorabilis 
Capitanei et Vexilliferi populi antedicti ad sonum campane et nuntii 
requisitionem vocemque preconis ut moris est. Et Franciscus pro- 
posuit et dixit, unus ex dictis Prioribus de presentia et voluntate 
suorum sotiorum, quod videtur et placet dicto Consilio providere et 
deliberare et stantiare de faciendo et coniando monetam prò Co- 
muni Volterrano, quod dicant et consulent in nomine altissimi 
Dei vivi. 

Ser Vannes notarius Gessie, unus ex dictis consiliariis, surgens 
in dicto Consilio ad aringheriam, consulendo dixit, quod supradicta 
proposita supersedeatur toto tempore presentis offitii Dominorum 
Duodecim, et quod presens offitium Dominorum Duodecim et eorum 
notarios sint de predictis libberi et absoluti. 

(La proposta venne approvala con 71 voti favorevoli nonostante 
4 voti dati in contrario). 

(Archivio storico di Volterra. Deliberazioni. Filza A nera 8, 
quinterno V, e. 90 ' ). 



X. 

Panicela di Luto da S. Gcmignano e altri suoi soci ottengono dal 
vescovo Ranuccio Allegretti il diritto di batter moneta nei ca- 
stelli del vescovado. 

In Christi nomine, Amen. Anno Incarnationis Eiusdem millesimo 
trecentesimo vigesimo primo, Indictione quarta, die quirtodecimo 
mensis Augusti. Hec sunt pacta et conventiones ordinate inter ve- 
nerabilem in Christo patrem et dominum, dominum Raynuccium 
divina et apostolica gratia episcopum vulterranum, et discrttos viros 
Paniziam Luti de Sancto Gemignano et Fantcnem Gretti olim do- 
mini Lottoringhi de Rubeis de Florentia prò se et aliis ecrum sotiis, 
in infrasciipta moneta super opere et in opere zecche seu monete 
parve dicti domini Episcopi fabricande et cudende. Quam quidem 
zecham si ve monetam dicti mercatores conduxerunt a dicto vene- 
rabili patre hinc ad duos annos proximos, ut continetur instrumento 
publico sci ipto manu mei notari infrascripti. Inprimis videlicet quod 
ipsi mercatores possint et eis Iiceat, auctoiitate dicti domini Episcopi, 
cudere et cudi facere dictam zecham seu monetam parvam libere 
et publice in episcopalibus castris de Berignone vel de Montalcino 
in altero videlicet dictorum castrorum in modica vel magna quan- 
titate et aliquando nichil prout eis videbitur, hac tan.en conditione 
adiecta, quod si propter defectum ipsorum mercatorum dieta mo- 
neta non cudereretur per spatium duorum mensium continuorum, 
Iiceat ipsi domino Episcopo ipsam fabricatiorem monete dictis mer- 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 455 

catoribus tollere et ad se et episcopatum revocare et alij vel aliis 
mercatoribus locare prò sue libito voluntatis. Quibus quidem mer- 
catoribus, nomine quo supra recipientibus, idem venerabilis pater 
per se et suos successores promisit et convenit stipulatione solepni 
eisdem mercatoribus et eorum sotiis dictam fabricationem monete 
non tollere vel molestare hinc ad duos annos proxime venturos 
nisi in eo casu videlicet cum per spatium duorum mensium non 
cuderetur, ut superius est expressum, et nullam aliam monetam 
parvam vel magnam alicujus alterius forme vel ponderis cudi fa- 
cere in aliquo alio loco dicti episcopatus ve] per alias quascumque 
personas. Que quidem moneta parva debeat esse illius ponderis 
conij et bonitatis prout erat et cudebatur tempore olirti domini Ray- 
nerij episcopi vulterrani proximi predecessoris dicti domini Ray- 
nucci nunc episcopi, ut continetur in ultimo instrumento tunc de 
locatione diete monete confecto per ser Genarium de Berignone 
notarium vel per ser Landum de Coneo notarium. Idem quod dicti 
mercatores totaque eorum gens qui laboraverint in opere diete mo- 
nete, sint liberi penitus et exclusi ab omnibus et singulis factio- 
nibus et servitiis diurnis et nocturnis communibus dictorum ca- 
strorum vel =.Iicujus eorum impendendis et prestandis. Et similiter 
ab omnibus et singulis datiis impositis pedagijs et gabellis eundo 
redeundo et stando in dictis castris vel eorum aliquo aut eorum 
districtibus sint esclusi, ita tamen quod si ipsi vel aliquis eorum 
aliquem execssum commiserint in ipsis castris vel eorum aliquo 
aut eorum districtibus vel ad hec dederint auxilium, consilium vel 
favorem, pena debita puniantur. Insuper si aliquod dapnum recipe- 
rent de dieta moneta in dictis castris vel earum aliquo aut eorum 
districtibus occasione furti vel depredationis alicujus persone, pre- 
terquam operariorum laboratorum artificum et aliorum offitialium et 
familiarum dictorum conductorum et diete monete et omnium alia- 
rum personarum quas ipsi mercatores secum ducerent vel haberent, 
promisit idem pater nomine, quo supra, dictis conductoribus dicto 
nomirie stipulantibus et recipientibus totum hujusmodi dapnum 
restaurare et resarcire de sua pecunia propria integraliter cum 
effectu. Itero, quod in fine dicti termini duorum annorum dicti mer- 
catores et eorum gens et operarii et Iaboratores ipsorum possint 
et eis liceat extrahere et deferre de dictis castris et quolibet eorum 
et ipsorum districtibus omnia eorum ferramenta suppelettilia et 
omnes et singulas alias res suas perìinentes ad opus diete monete 
libere et expedite sine aliqua exactione pedagy vel gabelle. Et e 
converso dicti conductores, nomine quo supra, promiserunt et con- 
venerunt dicto venerabili patri, dicto nomine stipulanti et recipienti, 
dictam monetam parvam hinc ad dictum terminimi bene et legaliter 
cudere et cudi et fabricari facere iuxta formam superius nomina- 
tam. Que omnia et singula supradicta promiserunt sibi ad invicem 
diete partes solepnibus stipulationibus hinc inde intervenientibus 
firma et rata habere, tenere et non contrafacere vel venire aliqua 



456 ALESSANDRO LISINI 



ratione vel causa, de jure vel de facto, sub pena quingentorum 
florenorum auri ad invicem inter ipsos stipulatione promissa et 
refectione dapnorum et expensis litis et extra et pena soluta vel 
non predicta omnia et singula firma perdurent. Pro quibus omnibus 
et singulis firmiter observandis obligavit una pars alteri omnia sua 
bona, videlicet dictus venerabilis frater, nomine quo supra, dictis 
conductoribus, dicto nomine stipulantibus, omnia bona sui episco- 
patus, et dicti conductores eidem venerabili patri, dicto nomine, 
omnia sua bona tam habita quam habenda. Actum in Episcopali 
palatio castri Montalcini Vulterrani Episcopatus, presentibus domino 
Sigherio olim Franciscii de Vulterra, Rectore ecclesie de Spechaiola, 
presbitero Lotto Bindi de Ripamarantia cappellano dicti domini 
Episcopi, testibus ad hec vocatis et rogatis. 

In Christi nomine, Amen. Anno Incarnationis eiusdem mille- 
simo trecentesimo vigesimo secundo, Indictione sexta, die nono mensis 
Novembris. Pateat publice quod magister Vannes Benvenuti aurifex 
de Florentia promisit et convenit stipulatione solepni, Panicie olim 
Luti de sancto Gemignano, recipienti et stipulanti prò se et aliis 
suis sotiis conductoribus fabricationis monete venerabilis patris et 
domini domini Rainuccy dei gratia episcopi Vulterrani, se facturum 
et fabricaturum a die quartodecimo presentis mensis novembris in 
antea usque ad diem quartumdecimum mensis Augusti proxime 
subsequentis, ad omnem ipsius Paniccie requisitionem omnia ferra 
que dictis Paniccie et sotiis suffitiant prò fabricatione diete monete, 
que nunc fabricatur vel alterius lige aut forme que fabricaretur 
infra dictum tempus, minute vel grosse. Et hoc ideo quia dictus 
Paniccia dicto nomine promisit et convenit dicto magistro Vanni, 
prò se et suis heredibus stipulanti, se daturum et soluturum eidem 
magistro Vanini prò suo salario, labore et mercede diete fabrica- 
tionis ferrorum mense quolibet quo dieta moneta fabricaretur in 
magna vel parva quantitate, in principio cujuslibet mensis, sex fio- 
renos boni et puri auri, et etiam dare et facere sibi expensas victus 
quamdiu Iaboraverit circa fabricationem dictorum ferrorum et expen- 
sas etiam prò se et equo in eundo et redeundo de Florentia oc- 
casione predicta. Hoc acto specialiter inter eos, quod si dicti Pa- 
nicela et socij ex aliqua emergenti causa non facerent fabricari 
monetam in aliqua quantitate, non teneantur ipsi Paniccia et sotij 
dictos sex florenos vel aliquod aliud solvere aut dare magistro 
Vanni predicto prò tempore quo non fabricaretur ipsa moneta nisi 
ut supra dictum est. Que omnia et singula supradictii promiserunt 
vicissim, scilicet unus alteri adinvicem solepnibus stipulationibus 
hinc inde intervenientibus firma et rata habere tenere et non con- 
trafacere vel venire aliqua ratione vel causa de jure vel de facto 
sub pena quinquaginta librarum denariorum florentinorum parvo- 
rum ad invicem inter ipsos stipulatione promissa et refectione 
dapnorum et expensarum litis et extra et obligatione omnium suo- 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 457 



rum honorum. Et pena soluta vel non rata maneant omnia et sin- 
gula supradicta. Actum Casulis vulterrane dioecesis in domo plebis 
dicti castri in presentia dicti domini Episcopi, presentibus domino 
Andrea proposito diete plebis, presbitero Buto rectore ecclesie 
Sancti Alexandri de Vulterra et Jacobo domini Baronis judicis de 
Vulterra, testibus ad hoc vocatis et rogatis. 

Eisdem die et loco tt corani dictis testibus. Pateat universis 
quod venerabilis in Christo pater et dominus, dominus Rainuccyus 
divina et apostolica gratia Episcopus vulterranus, elegit et assumpsit 
ser Udebrandinum Johannis notarium de Casulis in suum notarium 
et offitialem ad vidtndum ponderari monetam suam que cuditur et 
fabricatur ad presens et que cudetur prò tempore custodiendum 
capsam et ferra cum quibus fabricatur et fabricabitur ipsa moneta, 
claves ipsius capse tenendum ac dieta ferra operarys exhibendum, 
et alia fatiendum et exercendum, que hujusmodi offitio necessaria 
dinoscuntur. 

(Archivio vkscovii.e di Volterra. Locazioni, Elezioni, etc, 
1321-1323, rogiti di Guglielmo da Imola, notaio). 



XI. 

Altra allogazione alla zecca fatta a Paniccia da 5. Gattigliano dal 
vescovo Ranuccio. 

In Christi nomine, Amen. Anno Incarnationis Eiusdem mille- 
simo trecentesimo vigesimo secundo, Indictionc sesta, die decimo 
octavo mensis Novembris. Evidenter appareat universis hoc instru- 
mentum pubblicum inspecturis quod venerabilis in Christo pater et 
dominus, dominus Raynuccius, divina et apostolica gratia episcopus 
vulterranus, auctoritate imperiali qua fungitur suo et suorum suc- 
cessorum et ecclesie vulterrane nomine, dedit, concessit et locavit 
Paniccie ohm Luti de Santo Gemignano vulterrane dioecesis et Meo 
olim Alberti de Aretio, recipientibus et stipulantibus prò se ipsis et 
prò omnibus et singulis mercatoribus, quos ad hec sibi duxerint 
sociandos, monetam grossam et parvam ipsius domini episcopi cu- 
dendam et fabiicandam dans eis et sociis ipsorum plenam liberarci 
et expressam licentiam et mandatum cudendi et fabricandi seu cudi 
tt fabricari faciendi in castro de Casulis, vel in alio loco vulterrani 
episcopatus sicut dicto patri et dictis conductoribus videbitur et du- 
xerint deputandum. Que moneta grossa sit et esse debet de illa 
liga de ilio numero et pondere et de illis figuris et signis ac licteris 
quibus idem pater cum dictis conductoribus erunt concordes tem- 
pore fabricationis ipsius, moneta vero parva ex pacto dicti venera- 
bilis patris domini episcopi cum predictis Paniccia et Meo inito te- 



I58 ALESSANDRO LISINI 



nere debeat in liga mediarti unriam argenti boni et puri prò qua- 
libet libra, in pondere vero quelibet libra tenere et capere solidos 
qu'nquaginta quinque. Et si contigerit quod libra diete monete 
contineat duodecim denarios plus vel minus in pondere ipsius 
libre, plus vel minus denariorum duodecim et duo grani plus 
vel minus in liga, quando venirent ad deliverationem ipsius per 
assagiatorem et deliveratorem ad hoc specialiter deputatum, vo- 
luerunt et convenerunt posse approbari et deliverari, dum tamen 
id quod inveniretur superfluum vel diminutum suppleatur et sup- 
pleri debeat infra tertiam proximam deliverationem venturam. 
Si vero accideret quod ipsa moneta descenderet prò libra usque 
ad soldos quinquaginta tres, possit deliverari sine aliquo re- 
stauramento de dictis duodecim denariis ultra quinquaginta tres. 
Cujus monete parve signa figure ac Iictere in hunc. modum con- 
cesse fuerunt per dictum dominum episcopum, videlicet quod ex 
parte una in circulum inferiorem debeat esse crux integra cum 
quadam cruce parva desuper, Iictere vero circumferentie de Vulterris. 
Ex alia vero parte infra interiorem circulum debet esse media 
ymago episcopi parati in pontificalibus et cum mitra in capite et 
pastorali in manu sinistra, in circumferentia vero sive in circulo 
exteriore, supra caput ymaginis episcopalis quedam crux cum stella 
e latere destro et puncto ex sinistro, cum his licteris: Episcopus Ra- 
nuccius. Que concessio et licentia facta fuit per dictum dominum 
venerabilem patrem dominum episcopum vulterranum, nomine quo 
supra, predictis Paniccie et Meo, nomine quo supra recipientibus, 
hinc ad quartum decimum diem mensis Augusti proximi venturi et a 
dicto quartodecimo die ad quatuor annos tunc proxime subsequen- 
tes. Promittens idem dominus episcopus, nomine quo supra, pre- 
dictis Paniccie et Meo quo supra nomine stipulantibus et recipien- 
tibus, prefatam monetam non dare vel concedere seu locare toto tem- 
pore suprascripto alicui seu aliquibus personis sine eorum expressa 
voluntate, licentia et mandato: hoc etiam pacto interveniente inter 
ipsos quod idem dominus episcopus convenit et promisit predictis 
Paniccie et Meo, nomine quo supra stipulantibus, tractare eos in 
omnibus habere et tenere tamquam suos familiares domesticos, et 
non gravare eos nec gravari faccre aliquo gravamine heris et per- 
sonarum, hac etiam conditione interveniente inter eos, videlicet quod 
si predicti Paniccia et Meus seu monetarii propter suam negligen- 
tiam vel defectum, cessarent cudere et fabricare seu fabricari fa- 
cere per duos menses continuos, idem dominus episcopus prefatam 
monetam ex tunc ad se revocare possit vel locare quibus placuerit, 
non obstantibus obligationibus predictis. Et promiserunt dicti Pa- 
niccia et Meus, nomine quo supra, eidem domino episcopo, dicto no- 
mine stipulanti et recipienti, dictam monetam bene et legaliter cudi 
et fabricari facere ut superius est expressum. Que omnia et sin- 
gula supradicta promiserunt sibi invicem nominibus quibus supra, 
videlicet una pars alteri ad invicem, solepnibus stipulationibus hinc 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 459 

inde intervenientibus, firma et rata habere et tenere et non contra 
facere vel venire sub pena mille florenorum auri stipulatione pro- 
missa et refectione dapnorum et expensarum litis et extra et obli- 
gatione omnium suorum bonorum, et pena soluta vel non, predicta 
omnia et singula firma perdurent; quam penam pars non observans 
parti observanti solvere teneatur, prò quibus omnibus et singulis 
firmiter observandis, obligando quelibet pars sponte et libere vo- 
luit quod possit cogi et conveniri coram quolibet judici ecclesiastico 
et civili et in omni curia ubi actori placuerit convenire. Actum Ca- 
sulis in domibus plebis de Casulis, presentibus domino Andrea 
preposito plebis de Casulis. Jacobo domini Baronis iudice de Vul- 
terra et Guilielmino Junctarini de Empoli, testibus ad hec vocatis 
et rogatis. 

In Christi nomine, Amen. Supradictis Anno, Indictione, die, loco 
et coram diclis testibus : pateat publice quod predicti Paniccia et 
Meus, nominibus quibus supra, idest eorum proprio et privato no- 
mine et prò mercatoribus quibus ad predicta habere voluerint, prò 
quibus de rato promiserunt, promiserunt solepniter sine aliqua 
exceptione juris vel facti, se obligando dicto venerabili patri, quo 
supra nomine recipienti, dare et solvere eidem prò qualibet libra 
monete parve cudende et fabricande per ipsos, prò directos soldos 
tres denariorum parvorum de moneta vero grossa fabricanda per 
ipsos dare et solvere eidem patri, illam quantitatem de qua fucrint 
in concordia tempore fabricationis, et facere et curare ita et taliter 
nominibus quibus supra, quod dictus pater habebit fructum de ipsa 
moneta, idest de dicto directo trium soldorum prò libra, soldos tri- 
ginta denariorum parvorum prò qualibet die non festiva, etiam si 
non bateretur, si vero ultra fabricari facerent quod dietimi directum 
ascenderet ultra dictos triginta soldos solvere et dare eidem patri, 
illud plus quod ascenderet ad dictam rationem, et propter hoc illud 
plus non debeat compensari in aliis diebus quibus bateretur in mi- 
nori quantitate, quam sit illa que ascendat ad dictum directum 
trium soldorum denariorum parvorum. Et si accideret quod batti et 
fabricari non facerent, infra dictum terminimi quatuor annorum, 
nihilcminus dictos triginta soldos prò die qualibet non festiva sci- 
vere integraliter teneantur. Concedens idem pater dictis Paniccie et 
Meo, nominibus quibus supra recipientibus, quod possint fabricari 
facere de dieta moneta illam quantitatem que sibi videbitur et pla- 
cebit, reservans sibi idem pater electione assagiatoris, intalliatoris 
ferrorum et guardiani capse, quibus per dictum patrem electis, so- 
lutio eis electis particulariter fieri debeat per predictos Panitiam et 
Meum et ipsorum socios prout decens et iustum fuerit. 

In Christi nomine, Amen. Supradictis, anno, indictione et loco 
et presentibus predictis domino Andrea et Jacobo testibus, die de- 
cimo nono mensis novembris, diclus pater elegit magistrum Vannem 
de Florentia aureficem intalliatcrem et scultorem ferrorum supra- 



460 ALESSANDRO LISINI 



diete monete et eidem absenti tamquam presenti commisit quod 
possit intalliare et sculpire iuxta formam et modum sibi per dictum 
patrem exibendum, cum salario ordinando, solvendo per predictos 
conductores monete, et elegit assagiatorem diete mo- 
nete, cum salario etiam ordinando et solvendo eidem per predictos 
mercatores et conductores monete. 

Supradictis anno, indictione, die, loco et coram dictis testibus, 
dominus pater concessit predictis Paniccie et Meo, nominibus quibus 
supra, quod possint facere monetam que teneat prò libra unam 
unciam et unum granum argenti fini, sub signis, figuris, et licteris 
et in illa quantitate que fuerit in concordia. 

Provido viro Vanni Benvenuti aurifici de Florentia. Raynuccius 
divina et apostolica gratia Episcopus vulterranus, salutem: ad vota 
felicem de tue probitatis et legalitatis industria de qua apud nos 
plurium fidedignorum testimonio commendatis plenarie confidentes, 
te fabricatorem, factorem, sculptorem et intalliatorem ferrorum om- 
nium necessariorum prò moneta nostra tam grossa quam minuta 
cudenda, tenore presentium duximus elligendum. Quo circa discre- 
tionem tuam rogamus quatenus ad requisitionem et instantiam Reli- 
giosi et honesti viri domini Benedicti abbatis monasterii sancti 
Salvi prope Florentiam, cui in hac parte per presentes committimus, 
vices nostras, ferra omnia opportuna prò dieta nostra moneta cu- 
denda et fabiicanda in ea stampa et cum illis figuris et signis ac 
licteris, quibus idem abbas sibi duxerit exponendum fabricare fa- 
cere sculpire et intalliare placeat tocens quocens ab eodem fuerit 
requisitus que per te effectualiter ut predicitur executa, eidem ab- 
bati, vel alteri, cui idem sibi duxerit nominandum sub tuo sigillo 
inclusa nobis integraliter defferenda exhibeas et consignes. In cujus 
rei testimonium, presentes licteras nostro sigillo mandavimus com- 
muniri. 

Datum Vulterris in nostro Episcopali palatio. Anno Incarna- 
tionis Domini millesimo trecentesimo vigesimo primo, indictione 
quinta, die primo mensis octobris. 

(Archivio vescovile di Volterra. Locazioni, Elezioni, eie, 
1321-1323, rogiti di ser Giovanni da Bologna, notaro). 



XII. 

Atti relativi alla conferma della secca fatta dal vescovo Ranuccio 
a Vannuccio Petrucci da Siena, a Meo d'Alberto d'Arezzo e 
a Paniccia di Luto da S. Gemignano. 

In Christi nomine, Amen. Anno Incarnationis eiusdem millesimo 
trecentesimo vigesimo tertio. Indictione sesta, die octavo mensis 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 461 

Juny. Evidenter appareat universis hoc instrumentum publicum 
inspecturis, quod videlicet in Christo pater et dominus, domi- 
nus Raynuccius, divina et apostolica gratia episcopus vulterra- 
nus, auctoritate imperiali qua fungitur, suo et suorum successo- 
rum et ecclesie vice et nomine, dedit, concessit et locavit Va- 
nuccio Petrucci Cambi de Senis recipienti prò se et Meo Alberti 
de Aritio, Paniccie Luti de Santo Geminiano et Guilelmino Juncta- 
rini de Cunigliano (sic) fiorentini comitatus prò se ipsis et ipsorum sociis 
et ipsorum heredibus, monetam parvam ipsius domini episcopi cu- 
dendam et fabricandam dans eis plenam liberam et expressam li- 
centiam et mandatimi cudendi et fabricandi seu cudi et fabricari 
faeiendi monetam parvam in castris de Casulis vel de Berignone 
aut de Montalcino Vulterrani episcopatus et in aliis locis in dicto 
episcopatu, per dietimi patrem dominum episcopum vulterranum de 
predictorum consensu deputandorum. Que moneta ex pacto dicti 
domini episcopi cum predicto Vannuccio, nomine quo supra, tenere 
debeat in ligha mediani unciam argenti boni et puri prò qualibet 
libra, in pondere vero quelibet libra tenere et capere solidos quin- 
quaginta quinque. Et si contigerit quod libra diete monete contineat 
duodecim denarios plus vel in pondere ipsius libre, plus vel minus 
denariorum duodecim et duo grani plus vel minus in ligha, quando 
veniret ad deliverationem ipsius per assagiatorem et deliveratorem 
ad hoc specialiter deputatum voluerint et convenerunt posse appro- 
bari et deliverari, dum tamen id quod inveniretur superfiuum vel 
diminutum, suppleatur, et suppleri debeat, infra tertiam proximam 
deliverationem venturam. Cujus monete signa, figura ac lictere in 
hunc modum concesse fuerunt, per dictum dominum episcopum, 
videlicet quod ex parte una in circulum inferiorem debeat esse 
crux integra cum quadani cruce parva desuper, lictere vero circum- 
ferentie, de Vulterra: ex alia vero parte infra interiorem circulum 
debeat esse media ymago episcopi parati in pontificalibus et cum 
mitra in capite et pastorali in manu sinistra, in circumferentia vero, 
sive in circulo exteriore supra caput ymaginis episcopatis, quedam 
crux cum stella ex latere destro et puncto ex sinistra, cum his lic- 
teris : Episcopus Ramtccius. Que concessio et licentia facta fuit per 
dictum dominum episcopum nomine quo supra, dicto Vannuccio 
quo supra nomine recipienti et predictis Paniccie et Guilelmino 

nomine quo supra, hinc ad Promittens idem dominus 

episcopus, nomine quo supra, predictis Vannuccio, Paniccie et Gui- 
lelmino, dicto nomine stipulantibus et recipientibus, prefatam mone- 
tam non dare vel concedere seu locare toto tempore suprascripto, 
alicui sive aliquibus personis sive expressa ipsorum licentia et man- 
dato; et ipsi Vannuccius, Paniccia et Guilelminus, nominibus quibus 
supra, solepni stipulatione promiserunt dicto Venerabili patri quod 
aliquam monetam sive zeccham, per se vel alios non accipient infra 
terminimi supra dietimi. Hoc etiam pacto interveniente inter eos, 
quod idem dominus episcopus convenit et promisit predictis Van- 

59 



462 ALESSANDRO LISINI 



miccio, Paniccie et Guilielmino, nomine quo supra stipulantibus, 
tractare eos et in omnibus habere et tenere tamquam suos fami- 
liares domesticos et non gravare eos nec gravari facere aliquo gra- 
vamine heris et personarum, hac etiam conditione interveniente inter 
eos, videlicet quod si predicti mercatores seu monetarii propter 
suam negligentiam vel defectum, cessarent cudere vel fabricare, seu 
fabricari facere per duos menses continuos, idem dominus episco- 
pus prefatam monetam ex nunc ad se revocare possit vel locare 
quibus placuerit, non obstantibus obligationibus supradictis, et pro- 
miserunt dicti Vanuccius, Paniccia et Guilelminus, nominibus quibus 
supra, eidem domino episcopo dicto nomine stipulanti et recipienti, 
dictam monetam bene et legaliter cudi et fabricari facere ut supe- 
rius est expressum. Que omnia et singula supradicta promiserunt 
sibi vicissim, videlicet una pars alteri adinvictm solepnibus stipula- 
tionibus hinc inde intervenientibus, firma et rata habere et tenere 
et non contra facere vel venire sub pena mille florenorum auri sti- 
pulatione promissa cum refectione dapnorum et expensarum litis et 
extra, et obligatione omnium suorum honorum, et pena soluta vel 
non, predicta omnia et singula firma perdurent. Que pena pars non 
observans parti observanti solvere teneatur, prò quibus omnibus et 
singulis firmiter observandis quelibet pars sponte, nominibus quibus 
supra et libere voluit quod possit cogi et conveniri corani quolibet 
indice ecclesiastico et civili et in omni curia ubi actori placuerit 
convenire. Actum in castro de Radicondoli vulterrane dioecesis in 
domibus plebis de Radicondoli, presentibus presbitero Locto Bindi 
capellano majoris ecclesie vulterrane et dicti patris, ser Chelino ca- 
nonico plebis de Radicondoli, Martino vocato domino Philippo de 
Fataglano et Johanne Magistri Jordani de Senis, testibus ad hoc 
vocatis, habitis et rogatis. 

In Christi nomine, Amen. Hec sunt pacta et conventiones or- 
dinate inter venerabilem in Christo patrem et dominum, dominum 
Raynuccium divina et apostolica gratia episcopum vulterranum et 
Vannuccium Petruccy Cambi de Senis prò se et Meo Alberti de 
Aritio, Panitiam Luti de Santo Gemignano et Guile'minum Juncto- 
rini de Sumiglano comitatus fiorentini, prò eis et ipsorum sociis, 
prò quibus de rato promiserunt super opere et in opere zecche 
seu monete parve dicti domini episcopi fabricande et cudende, 
quam quidem zeccham sive monetam dicti Vannuccius, Paniccia et 
Guilelminus, nominibus quibus supra, conduxerunt a dicto venera- 
bili patre, hinc ad ut continetur instrumento publico 

scripto manu mei Johannis notari. Imprimis, videlicet, quod ipsi 
mercatores possint et eis Iiceat auctoritate dicti domini episcopi 
cudere seu cudi facere dictam zeccham seu monetam parvam libere 
et publice in episcopalibus castris de Casulis, de Berignone vel de 
Montalcino in altero videlicet dictorum locoium seu castrorum, in 
modica vel magna quantitate et aliquando sicut et prout eis videbitur; 






LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 463 

hac tamen condictione adiecta, quod si propter difectum ipsorum 
mercatorum dieta moneta non cuderetur per spatium duoium men- 
sium continuorum, liceat ipsi domino episcopo ipsam fabricationem 
monete dictis mercatoribus tollere et ad se et episcopatum revocare 
et alii vel aliis mercatoribus locare prò sue libito voluntatis. Quibus 
quidem mercatoribus, nomine quo supra recipientibus, idem venera- 
bilis pater per se et suos successores promisit et convenit stipulatione 
solepni eisdem Vannuccio, Paniccie et Guilielmino, nominibus quibus 
supra recipientibus, dictam fabricationem monete non tollere vel mole- 
stare hinc ad dictum terminum nisi in eo casu videlicet cum per spa- 
tium duorum mensium non cuderetur, ut superius est expressum, et 
nullam aliam monetam parvam vel magnam alicujus alterius forme, 
vel pondere cudi facere in aliquo alio loco dicti episcopatus, vel 
per alias quascumque personas. Que quidem moneta parva debeat 
esse illius ponderis, conij et bonitatis, prout erat et cudebatur tem- 
pore bone memorie domini Rayneri, olim episcopi vulterrani pre- 
decessoris venerabilis patris domini Raynucci episcopi nunc vul- 
terrani predicti, ut continetur in instrumento tunc confecto. Item, quod 
dicti mercatores et tota eorum gens que laboraverint in opere diete 
monete sir.l liberi penitus et exclusi ab omnibus et singulis factio- 
nibus et servitiis diurnis et nocturnis comumbus dictorum castro- 
rum vel aliorum eorum imponendis et prestandis et similiter ab om- 
nibus et singulis datiis, impositis, pedagys et gabellis, eundo, redeundo 
et stando in dictis castris vel eorum aliquo aut eorum districtibus 
sint exclusi. Ita tamen, quod si ipsi vel aliquis eorum, aliquem exces- 
sum commiserint in ipsis castris vel eorum aliquod aut eorum di- 
strictibus, vel ad hoc dederint auxilium etconsilium vel favorem, pena 
debita puniantur. Insuper, si aliquod dapnum reciperent de dieta 
moneta, in dictis castris vel eorum aliquo aut eorum districtibus, 
ocasione furti vel depredationis alicuius persone preterquam ope- 
rariorum, laboratorum, aurificum et aliorum ofiitialium et familia- 
rium dictorum conductorum et diete monete, et omnium aliai uni 
personarum, quas ipsi mercatores vel haberent, promisit idem pater, 
nomine quo supra, dictis conductoribus, dicto nomine stipulantibus 
et lecipientibus, totum hujusmodi dapnum restituere tt resercire de 
sua propria pecunia integraliter cum effectu. Item, quod in fine dicti 

termini dictorum annorum, dicti mercatores et eorum 

gens et operarij et laboratores ipsorum possint et eis liceat extra- 
nere et deferre de dictis castris, et quolibet eorum et ipsorum di- 
strictibus, omnia eorum feramenta suppeletilia et omnes et singulas 
alias res suas pertinentes ad opus diete monete, libere et expedite 
sine aliqua exactione pedagij vel gabelle. Et e converso dicti con- 
ductores, nomine quo supra, promiserunt et convenerunt dicto Ve- 
nerabili patri, dicto nomine stipulanti et recipienti, dictam monetam 
parvam, hinc ad dictum terminum, bene et legaliter cudere et cudi 
et fabricari facere iuxta formarli superius nominatam. Que omnia 
et singula supradicta, promiserunt sibi adinvicem diete partes, no- 



464 ALESSANDRO LISINI 



minibus quibus supra, solepni stipulatione hinc inde interveniente 
fuma et rata habere et tenere et non contra faccre vel venire, 
aliqua intenderne, vel causa de jure vel de facto, sub pena mille 
florenorum auri adinvicem inter ipsos stipulatione promissa et 
refectione dapnorum et expensarum litis et extra, et pena soluta 
vel non, predicta omnia et singula firma perdurent, prò quibus om- 
nibus et singulis firmiter observandis, obligans una pars alteri no- 
minibus quibus supra, omnia sua bona videlicet dictus Venerabilis 
pater nomine quo supra, dictis Vannuccio et aliis conductoribus 
quo supra nomine stipulantibus omnia bona, sui Episcopatus, et 
dicti Vannuccius et alij conductores eidem venerabili patri, omnia 
ipsorum bona tam habita quam habenda, sub anno Incarnationis 
Domini millesimo trecentesimo vigesimo tertio. Indictione sesta, die 
octavo mensis Junij. Actum in castro de Radicondoli, Volterrane 
dioecesis, in domibus plebis de Radicondoli, presentibus presbitero 
Locto Bindi capellano maioris Ecclesie Vulterrane et dicti patris, 
ser Chelino canonico plebis de Radicondoli, Martino vocato domino 
Philippo de Fataglano et Johanne magistri Jordani de Senis, te- 
stibus ad hec vocatis, habitis et rogatis. 

In Christi nomine, Amen. Anno Incarnationis eiusdem, mille- 
simo trecentesimo vigesimo tertio. Indictione sesta, die octavo mensis 
Junij. Evidenter appareat universis hoc instrumentum pubblicum 
inspecturis, quod venerabilis in Christo pater et dominus, dominus 
Raynuccius divina et apostolica gratia episcopus vulterranus, de vo- 
luntate et consensu predictorum Vannuccy Petrucci Cambi de Senis, 
Paniccie Luti de santo Gemignano et Guilelmini Junctarini de Si- 
migliano fiorentini comitatus, et una cum eis et ipsi una cum eo, 
declamavei unt predictam locationem monete hodie factam et per me 
Johannem notarium scriptam non obstantibus contcntis in eis, esse 
per formam infrascriptam, videlicet, quod de duodecim partibus 
ipsius monete quatuor partes sint dicti Vannuccij et ad eum spec- 
tent et pertineant tam comodi quam, quod deus avertat, incomodi 
sequentis, ex ipsa et fratrum suorum prò quibus fratribus suis, idem 
Vannuccius per stipulationem solepnem de rato promisit: due partis 
de dictis duodecim, sint Tingocci Baldi de Tholomeis de Senis 
et ad ipsum pertineant modo predictos, presenti et recipienti et Io- 
cationi jam diete et omnibus contentis in eis, et pactis edam infe- 
rius adnotatis, volenti, consentienti et se sponte et sua bona obli- 
ganti : due partes Mei predicti : tres partes ipsi Pannicele et una 
pars dicti Guillielmini et ad ipsos ut predicitur spectent et pertineant 
et sint pieno jure. Actum in Castro di Radicondoli vulterrane dioe- 
cesis, in domibus plebis de Radicondoli presentibus presbitero Locto 
Bindi capellano majoris Ecclesie Vulterrane et dicti patris, ser Che- 
lino canonico plebis di Radicondoli, Martino vocato domino Phi- 
lippo de Fataglano et Johane magistro Jordani de Senis, testibus 
ad hec vocatis, habitis et rogatis. 



I E MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 465 

In Christi nomine, Amen. Anno, Indictione, die et loco predictis 
et coram testibus superius nominatis. Evidenter appareat universis 
hoc instrumentum publicum inspecturis, quod predicti Vannuccius, 
Paniccia, Tingoccius et Guilelminus et quilibet ipsorum in solidum 
promiserunt et convenerunt per stipulationem solepnem dicto vene- 
rabili patri domino Rainuccio, episcopo vulterrano, quod idem do- 
minus episcopus, die qualibet, hinc ad terminum in locatione diete 
monete contentum, habebit fructum et ex ipsa moneta et fabrica- 
tione ipsius fructum et proventum consequetur triginta soldorum 
denariorum usualis monete, et si directum ad dietimi episcopum 
pertinentem, ad dictam summam non ascenderet, promiserunt so- 
lepniter et in solidum solvere de proprio. Et hoc ad penam quin- 
gentorum florencrum auri, ad quam se sponte obligarunt et omnia 
ipsorum bona obligata eidem patri prò predictis servandis voluerunt. 

In Chribti nomine, Amen. Supradictis Anno, Indictione die et 
loco et corani dictis testibus, Vannuccius piedictus solepni stipula- 
tone promis t et convenit, die t ^ venerabili patri quo supra nomine 
recipienti, quod predicti onines et singuli in instrumento locationis 
diete monete nominati afendentes ob-servabunt et adiplebunt omnia 
et s'ngula per ipsorum et ipsoruru nomine promissa in supradict's 
omnibus insti umentis locationis et promissionis, occasione diete mo- 
nete, prò quibus omnibus et ipsorum pr^cibus et mandato extitit 
fi'lejupsc rum et si id non facerent et observarent, ut supra pro- 
missum est, piomisit solepuiter facere, solvtre et adimplere de suo 
proprio, sub pena quingentorum florenorum ami, pio quibus omnibus 
et singulis observandis et adimplendis, obligans se et sua bona 
presentia et futura. 

In Christi nomine, Amen. Anno Incarnationis eiusdem millesimo 
trecentesimo vigesimo tertio, Indictione septima, die quartodecimo 
mensis Gvtubris. Evidenter appareat universis hoc instrumentum 
publicum inspecturis quod venerabili^ in Christo p; ter et dominus, 
dominus Raynuccius divina et apostolica gratia episcopus vultera- 
nus, Imperiali auctoritate qua fungitur suo et suorum successorum 
et Ecclesie vulterrane vice et nomine, dedit et concessit licentiam 
Paniccie Luti de Santo Gemignano, recipienti pio se, Vannuccio 
Petrucci Cambi, Meo Alberti de Aiitio et Guilielmino Juntarini de 
Simiglano comitatus fiorentini, conductoribus monete fabricande et 
zecche dicti domini Episcopi, prò tempore contento in locatione 
eis facta, ut constat manu mei Johannis notari, cudendi et fabri- 
candi monetam grossam de argento, que teneat prò qualibet libra 
undecim uncias cum dimidio de argento lino et sint ad pondus 
Senarum prò libra qualibet soldorum deceni et septem. Et per 
deliveratores ipsius monete possint deliverari si prò libra essent 
duo grossi plus vel minus, dummodo in deliveratione sequenti 
facienda, debeant computari et reduci ad dictam rationem soldorum 



466 ALESSANDRO LISINI 



decem et septem. Si vero essent minoris numeri, debeant deliverari 
non computando postea in minori numero, nisi in dictis duobus 
grossis. Si vero in deliveratione facienda esset in pondere pondus 
unius denarii argenti fini pio libra, plus vel minus, possit per ipsos 
deliveratores fieri deliveratio; restaurando postea, in deliverationibus 
faciendis. Cuius monete, ex una parte sit + in medio circuii interio- 
ris et supra + predictam, in circulo exteriori, sit + parva cum hisHcteris 
k' (Ranuccyus) eps (Episcopus) volt' (de Vulterra). Ex alia vero parte, 
in medio circuii interioris, sit figura Agni Dei, cum +' more solito, 
sculta; in circulo exteriori, sit + parva punctata cum his licteris : 
Ecce agnus Dei. Item, cudendi et fabricandi aliam monetam ar- 
genti, que teneat in pondere prò qualibet libra septem uncias ar- 
genti fini et sit prò libra solidorum decem et septem et denariorum 
decem ad pondus florentinum, et possit et debeat deliverari per 
deliveratores monete predicte, ut supra proxime dictum est de su- 
pradicta moneta, cujus quidem monete, ex una parte, in circulo in- 
teriori sit >ì< cum duabus stellis sub forma hac +* et supra + in 
circulo exteriori, sit + parva punctata, lictere vero : de Vulterra. 
Ex alia vero parte sit ymago Episcopi parati in pontificalibus cum 
mitra: lictere vero circuii exterioris sint sub hac forma, videlicet + 
Episcopus Raynuccius, et a capite Episcopi, circa caput ymaginis 
Episcopalis due mitre scilicet ex utraque parte una mitra. Actum 
in castro de Radicondoli, vulterrane dioecesis in domibus plebis 
dicti castri de Radicondoli, presentibus domino Andrea preposito 
casulano, Nicoluccio Petrucci Cambi de Senis et Figletto Figlucci 
de Vulterris, testibus ad hec vocatis, habitis et rogatis. 

Providis et discretis viris Simoni olim Jannis Orlandini de Flo- 
rentia et Paniccie Luti de. Santo Gemignano, salutem ad vota fe- 
licem: de vestre legalitatis et probitatis industria de qua per expe- 
rientiam cognovimus plenarie confidenter, vobis presentium tenore 
committimus quatenus cum intendamus de diversis monetis facere 
fabricam nostro nomine ferros prò ipsa nostra moneta cudenda sub 
signis, formis et figuris infrascriptis scolpiri et intalliari faciatis.- 
Imprimis, videlicet, ferros pio quadam nostra moneta grossa fabri- 
canda, in uno quorum sit sculta crux intra circulum interiorem et 
supra dictam crucem, intra circulum exteriortm, sit crux parva cum 
uno puncto ex qualibet parte crucis, cum his litteris: R. Ep. de Vttlt. 
In alio vero, intra circulum interiorem, sit sculpta figura unius 
agni Dei cum cruce in pede destro more solito et supra caput 
ipsius agni, iuxta circulum exteriortm, sit crux parva punctata cum 
his licteris: Ecce agnus Dei. Item, alios ferros prò alia nostra mo- 
neta grossa fabricanda, in quibus quidem in uno ipsorum sit sculta 
ymago unius Episcopi parati in pontificalibus, cum mitra in capite, 
et ex qualibet parte capitis sit quedam mitra parva cum his licte- 
ris, intra circulum exteriorem : Episcopus Raynuccius. In alio vero, 
intra circulum interiorem, sit crux cum duabus stellis scilicet ex 



LE MONETE E LE ZECCHE DI VOLTERRA 467 

parte superiori; ex parte recta una stella et ex parte inferiori ex 
sinistra parte alia; et supra ipsam crucem, intra circulum exteriorem, 
sit crux parva punctata ex qualibet parte cum his licteris de Vul- 
terra. Item, alios ferros prò moneta nostra parva fabricanda, in uno 
quorum, in medio circuii interioris, sit crux, et supra ipsam crucem, 
intra circulum exteriorem, sit crux parva punctata cum his licteris: 
de Val terra. In alio vero, intra circulum interiorem, sint sculpte 
hec lictere : C"S et supra dictum -V* intra circulum exteriorem, 
sit crux parva punctata, cum his licteris: Eps Raynuc. Concedentts 
ac plenarie tenore presentium committentes omnibus et singulis fa- 
bricatoribus, factoribus, sculptoribus et intalliatoribus ferrorum mo- 
nete quod ad instantiam et petitionem dictorum Simonis et Panie- 
eie dictos ferros et quelibet ipsorum possit fabricari, facere, scul- 
pire et intalliare semel et pluries et quocens fuerit postulatimi. 
|>B Raynuccius divina et apostolica grada episcopus vulterranus. 

(Archivio vescovile di Volterra. Locazioni, Elezioni, etc, 1321- 
1323, rogiti di ser Giovanni da Bologna, notaro). 



Alessandro Lisini. 



MONETE INEDITE 

DELLA COLLEZIONE CORA 



Il valente collezionista signor Luigi Cora di 
Torino mi ha gentilmente concesso di pubblicare le 
monete della sua bella collezione, che, per essere 
inedite o varietà di tipi rari, possano interessare 
così gli studiosi come i raccoglitori. 

Mentre ringrazio il signor Cora per l'onore che 
mi ha fatto, dichiaro che sono ben lieto di potere 
per questa guisa portare il mio modesto contributo 
all'incremento della scienza numismatica, offrendo 
agli studiosi la descrizione di nuovi pezzi scono- 
sciuti o rari. 



CORTEMIGLIA. 

Oddone III Del Carretto marchese 
1284-13 13. 




}y — OD — ON — VS-MÀ intercalate fra i bracci di una 
croce estesa a tutto il campo e tagliata da un'altra 
minore. 

Od 



47° 



T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 



R) — * DECH * ARRETO ì Aquila spiegata con la testa 
volta a sinistra (I segni divisori sono trifogli). 
Argento. Grosso tiro/ino. Peso gr. 1,480. Ottima Conservazione. 

Questa rarissima moneta è stata oggetto di una 
mia precedente pubblicazione ('), essendo in allora 
inedita, e la riproduco allo scopo di avere in una 
sola memoria riunite le monete inedite della colle- 
zione Cora. Mi limiterò perciò ad un semplice cenno 
intorno alla moneta, rimandando, per i maggiori par- 
ticolari storico-numismatici, lo studioso alla citata 
mia pubblicazione. 

Il grosso tirolino del marchese Oddone III è 
sconosciuto a tutti gli scrittori ed illustratori della 
zecca di Cortemiglia : Gazzera, San Quintino, Gio- 
vannelli, Promis, Morel-Fatio, Ambrosoli e Gavazzi^). 

11 tipo del grosso tirolino venne emesso per la 
prima volta dal conte del Tirolo Meinardo II. che 



(1) Cunietti Alberto : Una moneta inedita di Cortemiglia in Ras- 
segna Numismatica, a. 1909, n. 1. 

(2) Gazzera Costanzo : Discorsi intorno alle secche e ad alcune rare 
monete degli antichi marchesi di Ceva, Incisa e del Carretto in Memorie 
della Reale Accademia delle scienze di Torino. Tomo XXXVII, 1834. 

Corderò di San Quintino Giulio : Discorsi sopra argomenti spet- 
tanti a monete coniale in Italia nei secoli XIV e XVII in Memorie della 
Reale Accademia delle scienze di Torino. Serie 2. a , tomo 1X-X, 1849. 

Giovannelli Benedetto : Alterthiimliche Entdeckitngen itti Siidtirol 
im Jahre 183S. Innsbruck, 1840. 

Promis Domenico : Monete del Piemonte inedite o rare. Torino, 1852. 

Monete del Piemonte. Supplemento. Torino, 1866. 

Monete di zecche italiane inedite o corrette. Memoria 3." To- 
rino, 1871. 

Morel-Fatio Arnold : Cortemiglia et Ponsone, monnaies inédiles in 
Revue de la Numismalique Belge. 4"™ serie, t. Ili, 1865. 

Ambrosoli Solone : // ripostiglio di Lurate Abbate in Rivista Ita- 
liana di Numismatica, a. 1888. 

Gnecchi Ercole: // ripostiglio di Cavriana in Rivista Italiana di 
Numismatica, a. 1897. 

Gavazzi Giuseppe : Monete dei marchesi Del Carretto in Rivista Ita- 
liana di Numismatica, a. 1902. 



MONETE INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 47 1 



fu signore di Merano dal 1276 al 1295. e venne poi 
imitato dalle zecche di Acqui, Cortemiglia, Incisa, 
Ivrea, ecc. Onde il grosso suddescritto non può evi- 
dentemente attribuirsi ad Oddone I che visse nel 
1191 e 1233 e tanto meno ad Oddone II che pre- 
morì all'avo Oddone I : deve perciò appartenere ad 
Oddone III, che tenne il marchesato dal 1284 al 1313, 
epoca in cui già da parecchi anni erano in circola- 
zione i grossi tirolini di Merano. 

Di questa rara moneta esiste nella collezione 
Reale privata di Roma un altro esemplare legger- 
mente variato. 

Dopo la mia precedente pubblicazione sulla 
Rassegna Numismatica, l'egregio cav. Perini, in un 
suo pregevole articolo in un periodico estero, ha 
pure accennato al grosso tirolino del terzo Oddone 
quale imitazione italiana della moneta meranese (1 ). 

IVREA. 

Seconda Repubblica 
1310-1313. 




H 
1> — + IM.PATOR Nel campo in cerchio di perline P • R 

•I» 
9 — + IVREA Croce in cerchio di perline. 
Mistura. Denaro imperiale piccolo. Peso gr. 0,470 (2). Discreta con- 
servazione. 



(1) Perini Quintilio : ilber Meraner Mùnsen und ihre Ualienischen 
Beischltige in Frankfurter Mitnzzeitung. Jahrg IX, n. 101. Frankfurt a. 
Mani, 1909. 

(2) Ne esiste un esemplare nella collezione Reale privata di Roma 
del peso di gr. 0,340. 



472 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 



Anche riguardo a questa rara- moneta, che ri- 
tengo inedita, riassumo in poche parole quanto fu 
oggetto di una mia precedente pubblicazione (') alla 
quale rimando il lettore per i maggiori particolari. 

Essa non deve confondersi con l'obolo citato al 
n. 1812 del catalogo della collezione Gnecchi, ne 
con quello pubblicato dal cav. Perini ( 2 ) che appar- 
tengono a quelle monete adulterine dette caratini, 
emesse dalle minori zecche del Piemonte verso la 
fine del secolo XIII ed il principio del XIV, giacche 
il vero denaro imperiale è del titolo di 300 mille- 
simi di fino, mentre il caratino non è che della metà 
o meno ancora. 

Ma ciò che forma la parte più interessante della 

monetina in discorso si è l' impronta del diritto 

H 
IM,PAT0R col monogramma p»R, mentre tanto nei 

denari imperiali quanto negli oboli sinora pubblicati 
si vede costantemente la leggenda S • BESVS e nel 
campo l • P • R • T • {impevator). 

Premetto che la sigla H debba ritenersi real- 
mente per una acca e non per una emme, poiché 
sarebbe assurdo che in una stessa impronta si usas- 
sero caratteri diversi per rappresentare una mede- 
sima lettera, bastando all' uopo osservare come è 
fatta la emme nella leggenda IM-PATOR. 

Ammesso pertanto che sia una acca, la sigla H 
non può significare se non HENRICVS, mentre riman- 
gono a spiegarsi le rimanenti tre sigle P • I • R • 

Mi pare dovere senz'altro escludere che quelle 
tre lettere vogliano indicare IMPERÀTOR, essendo tale 



(1) Cunietti Alberto: // denaro imperiale d'Ivrea battuto nel tempo 
in cui la città si governava per la seconda volta a comune (ijio-ij) in 
Bollettino Hai. di Numism. e di arte della medaglia, a. 1909, pag. 102. 

(2) Perini Quiniilio: Nelle secche d'Italia. III. Ivrea in Bollettino 
Italiano di Numismatica, ecc., a. 1907, pag. 20. 



MONKTE INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 4/3 



parola già posta nel giro della leggenda ; e, sebbene 
in moltissimi denari imperiali del principio del XIV 
secolo vi sia il monogramma I • P • R ■ T • per deno- 
tare quel titolo, tuttavia non ho mai riscontrato in 
nessuna moneta la ripetizione della detta parola, cosa 
evidentemente illogica. 

Laonde riterrei che le tre lettere P • I • R • pos- 
sano essere le iniziali di tre attributi del titolo IM- 
PERATOR, ossia che l' impronta della moneta possa 
ricostruirsi HENRICVS PIVS INVICTVS ROMANORVM IMPE- 
RATOR (i). 

Ammessa pertanto questa congettura, rimane a 
stabilirsi a quale Enrico voglia alludere la nostra 
moneta ed a quale epoca risalga la sua battitura. 
Verso la metà del secolo XIII Ivrea cadde nelle 
mani dei Vercellesi, che nel 1278 la cedettero al 
marchese del Monferrato Guglielmo VII, il peggiore 
tiranno dell'epoca ( 2 >. 

Estinta nel 1305 con Giovanni la linea Alera- 
mica, il marchesato d'Ivrea passò, sebbene contra- 
stato, a Teodoro Paleologo. 

Sembra però che gli Iporediesi approfittassero 
dell'estinzione degli Aleramici per rivendicarsi in li- 
bertà, giacche nel 1310 alla venuta in Italia dell'im- 
peratore Enrico VII molte terre del Monferrato si 
erano sottratte a quel marchese e fra esse Ivrea 
che già si reggeva a governo popolare. Come ri- 
sulta da parecchi documenti, Ivrea fu la prima città 
che prestò a quell' imperatore il giuramento di fe- 
deltà viri de fpporegia primi /iterimi qui fidelitatem 



(1) Ripeto quanto ebbi già a dichiarare in altra occasione che, cioè, 
questa è una pura induzione, giacché mancano i documenti al riguardo, 
e sarò ben lieto se altri potrà dare una interpretazione migliore della mia. 

(2) Cfr. Cunietti: La zecca di Alessandria in Rivista Italiana di Nu- 
mismatica, a. 1908, pag. 117. 

Acqui, la sua secca, ecc., in Rivista, ecc., a. 1909, pag. 59. 



474 T - COLONNELLO ALBKKTO CUNII'.T 1 1-CUNIETTI 

fecerunt dicto Henrico ('); ed essa ne ricevette in com- 
penso tutti gli antichi diritti perduti insieme colla 
propria libertà. 

Per questa considerazione a me pare che l'En- 
rico, cui voglia alludere la sigla segnata sulla mo- 
netina sopradescritta, non possa essere se non En- 
rico VII, avendo gli Iporediesi voluto indicare il 
nome di lui sulla loro moneta in omaggio al prin- 
cipe che restituiva alla città gli antichi privilegi, fra 
i quali vi era anche quello di zecca. 

Ad Enrico VII deve quindi alludere il mono- 
gramma improntato nel campo del diritto e la mo- 
neta stessa deve perciò essere stata battuta nel breve 
periodo di tempo in cui Ivrea si governava per la 
seconda volta a comune dal i3ioal 131 3, corrispon- 
dendo anche nella paleografia e nel tipo alle monete 
imperiali coniate al principio del XIV secolo. 

CREVACUORE. 

Anonima dei Fieschi 
sec. XV. 



{%$>& 






±V - -b MONETA trifoglio NOVA Aquila spiegata con la 
testa volta a sinistra senza corona. 

$ — Trifoglio CR-EPA — CHO — RII Doppia croce di cui 
la maggiore interseca la leggenda in quattro e la 
minore raggiunge appena il cerchio di perline. 
Argento. Grosso tiro/ino. Peso gr. 1,200. Buona conservazione. 



(1) G. Ventura . Chron., e. 58. 

Gabotto Ferdinando: Un millennio di storia eporediese, pag. 171. 



MONETE INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 



475 



Questa moneta esiste pure nel Museo Bottacin. 
Il Kunz (0 vuole forse alludere ad essa accennando 
al grosso tirolino colla leggenda MONETA NOVA CRE- 
PACHORII, ma non la descrive. 

È da annoverarsi fra le anonime dei Fieschi, 
sebbene potrebbe appartenere al tempo di Lodo- 
vico II Fieschi, nel cui tirolino ,2 > si notano parec- 
chie lettere di tipo gotico e per di più osservasi un 
gambo di trifoglio che divide le parole della leggenda 
del diritto, eguale al gambo che si ripete nel diritto 
e nel rovescio della moneta sopra illustrata (3). 

MASSERANO. 

Francesco Filiberto Ferrerò Fieschi principe 
1584-1629. 




f'' •• ì\ 
fi 'i/i "A 

& - - CLEM • Vili • P ■ MAX • A • VS Busto del pontefice a 

destra. 
9 — BONA • OMNIA • A • DEO • NRO Leone rampante a si- 
nistra con vessillo fra le zampe anteriori, sul ves- 
sillo due chiavi in croce. 
Argento. Doppio giulio, contraffazione bolognese. Peso gr. 3,710. 
Buona conservazione. 



(t) Kunz Carlo: // museo Bottacm in Opere numismatiche pubbli- 
cate per cura della Società Numismatica Italiana, pag. 65. Milano, 1907. 

(2) Promis Domenico : Monete delle zecche di Messcrano e Crevacuore 
dei Fieschi e Ferrerò. Tav. II, n. I. Torino i86g. 

(3) Questa ipotesi mi è stata gentilmente suggerita dall'egregio con- 
servatore del Museo Bottacin prof. Luigi Rizzoli.///;». 



476 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETT1-CUNIETTI 

Questo principe, che lasciò di sé tristissima me- 
moria, continuò, anzi accrebbe, nel suo stato l'indu- 
stria della falsificazione delle monete degli altri stati, 
non risparmiando neppure il pontefice Clemente Vili, 
che nel 1598 gli concedeva l'investitura degli stati 
aviti, la conferma degli antichi privilegi, nonché 
l'erezione del marchesato di Masserano in principato. 

Ne è una prova la moneta che illustriamo. 

Essa e la contraffazione del doppio giulio o lira 
di Clemente Vili per Bologna ( T ). 

Il Promis ( 2 ) al n. 5 della tav. Vili pubblica la 
stessa moneta, ma che porta per leggende : 

CLEMEN ■ Vili • PONT • MAX • AVSP 

BON • OE • A • DEO - FRA • FI • FÉ . FL • MAR • MES 

Come vedesi, essa varia essenzialmente dalla 
nostra, perchè in questa manca la parte di leggenda 
che si riferisce a Francesco Filiberto. Nonostante la 
mancanza di questo dato, non ho esitato ad attri- 
buire allo stesso Francesco Filiberto la moneta so- 
pradescritta, anche prescindendo dalla perfetta so- 
miglianza del tipo, per la seguente considerazione. 
Il giulio descritto da Promis era stato battuto nel- 
l'anno 1596 (3), prima, cioè, che il detto marchese 



(1) Malaguzzi- Valeri nella Zecca di Bologna così la descrive al n. 6 : 

& — CLEMENS- Vili PONT • MAX Ritratto del Pontefice 

a destra. 
R} BONONIA • MATER • STVDIORVM Leone con bandiera. 

Cinagli, n. 85. 

(2) Promis Domenico : Op. cit. Questa stessa moneta è poi ripetuta 
con leggera varietà al n. 39 della tav. IV della Memoria quarta di Vin- 
cenzo Promis. 

(3) Secondo Promis questo pezzo deve essere stato emesso prima 
del finire del 1596, poiché il 22 maggio dell'anno seguente lo si trova già 
tassato dalla Camera ducale di Torino a grossi 16 del Piemonte. 



MONETE INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 477 



avesse ricevuto da Clemente Vili i benefizi a cui si 
è accennato in principio. 

Dopo essere stato così beneficato, sembra na- 
turale che Francesco Filiberto ommettesse di porre 
il suo nome sulle contraffazioni papali non già per 
pudore, ma per timore d'incorrere nella disgrazia 
del pontefice, pur volendo continuare nell'ignobile 
commercio di falsificare le altrui monete. A tale 
scopo è ovvio che egli tacesse il suo nome su tali 
monete per distogliere da lui il sospetto di falsario 
e per dare agio alla moneta di circolare liberamente 
come fosse una moneta papale genuina. Perciò sarei 
d'avviso che la nostra moneta sia stata battuta dopo 
il 1598. 

Paolo Besso Ferrerò Fieschi principe 
1629- 1667. 

& — • P • FER • MAP ■ ET • MAR • CREP • MDCXXXV Busto 
corazzato a destra con gorgiera alla spagnuola. 

R) — PROTECTOR NOSTER ASPICE MDCXXXV S. Giorgio 
a cavallo armato di tutto punto in atto di trafig- 
gere il drago colla lancia. 

Argento. Scudo o tallero, imitazione di quello di Vincenzo I Gon- 
zaga duca di Mantova per Casale. Peso gr. 30,880. Ottima conseivaz. 

Di questo tallero mi limito alla pura descrizione, 
trattandosi soltanto di una varietà da aggiungere 
cdle quattro seguenti già pubblicate. Esso varia : 

i.° Da quello illustrato dal Promis ( x ) al n. i 
della tav. XII, le cui leggende sono : 

\y — ® P • FER • MES • P • ET • MARCREP MINI XXXIII ; 
sotto il busto L ■ I 



(il Promis Domenico: Op. cit. 



478 



T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUMETTI 



9' — PROTECTOR NOSTER ASPICE nell'esergo * S • G • 
NI 
CAS L • 

2. Da quello pubblicato da Vincenzo Promis (1 ) 
avente per leggende : 

,B' _ _ P FER • MA • P • • ET • MAR • CRE • III • Il busto 

non ha la gorgiera alla spagnuola ma il toson d'oro. 

P PROTECTOR NOSTER ASPICE MDCXXXV; nell'esergo 

NI 
• S • G • CA • S • L • 

3. E finalmente dalle due varietà pubblicate 
dal Caucich, le cui leggende sono rispettivamente : 

& - ® P • FER ■ MES • PET • MARCR M • XXXIII; sotto il 

busto L • ® I 
^ — PROTECTOR NOSTER ASPICE; nell'esergo SC- 
NI , 
CAS- ( 2 ) 
e 

& — ■ PFEMA • CRE : ECDS [REF] MDCVXVIII • P 

$ — PROTEC NOSTERASPIC MDCXXIII ; nell'esergo 

•S-G-CA-S-L- (3). 

NOVARA. 

Pier Luigi Farnese marchese 

I538-I547- 




XY — P • LOY • F • DVX • P • Z • P • NOVAR MI Scudo car- 
tocciate sormontato da corona in forma di sem- 
plice cerchio lavorato a perle, diviso in tre pali, 



(1) Promis Vincenzo : Mone/e di zecche italiane inedite corrette. Me- 
moria quarta. Tav. IV, n. 42. Torino, 1882. 

(2) Caucich A. R. : Bullettaio di Nnm. Hai., a. II, n. 1, pag, 4. 

(3) id. id. a. Ili, n. 2, pag. 17. 



MONETE INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 479 

nel 1 e 3 i tre gigli sovrapposti l'uno all'altro, in 
quello di mezzo le chiavi decussate sotto il pa- 
diglione. 
Iji - Giglio • S • QAVDENTIVS • EPISCOPVS Sopra una 
linea orizzontale a guisa di piedestallo il Santo 
di fronte in abito pontificale, benedicente colla 
destra e tenendo il pastorale nella sinistra. 
Argento. Grosso. Peso gr. 1,55. Ottima conservazione. 

Alessandro Farnese, uomo sommamente ambi- 
zioso ed astuto, salito al papato col nome di Paolo III, 
si era prefisso, ad esempio di quel perverso suo pre- 
decessore che lo aveva creato cardinale a soli 25 anni, 
di rendere ricca e potente la propria famiglia senza 
badare ai mezzi. 

Così fu che sotto la parvenza di alleviare i po- 
poli travagliati e smunti dalle lunghe guerre com- 
battute dagli eserciti stranieri nel nostro infelice 
paese, volle interporre la sua mediazione per otte- 
nere la pace fra i due potenti rivali Francesco I e 
Carlo V. Paolo III infatti riuscì a fare tenere un 
congresso a Nizza, ove fu segnata una tregua, con- 
vertita poi in pace. E sebbene i patti di essa non 
venissero in seguito osservati , egli tuttavia ot- 
tenne il suo intento, poiché Carlo V per rimunerarlo 
dei suoi buoni uffici, eresse la città di Novara in 
marchesato e, con diploma del 27 febbraio 1538. lo 
concesse in feudo al figlio di lui Pier Luigi Farnese, 
già creato duca di Castro l'anno precedente e che 
poi nel 1545 fu fatto duca di Parma e Piacenza. 

Pier Luigi, nonostante venisse in simile guisa 
beneficato da Carlo V. brigava segretamente coi 
Francesi : ma non seppe così scaltramente fingere 
che l'imperatore non si accorgesse della sua dop- 
piezza ; epperciò Carlo V, sotto pretesto delle gra- 
vissime spese cui doveva sottostare, gli richiese il 
castello e i redditi del feudo di Novara per due anni. 



480 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTICUNIETTI 



Sebbene tale richiesta desse assai da temere a Pier 
Luisi, tuttavia finse di acconsentire volentieri. 

Poco durò nel principato quest'uomo terribile, 
che, avendo avuto l'origine sua simile a quella di 
Cesare Borgia, pose in pratica l'infernale politica 
di Macchiavelli. La sua doppiezza fu senza esempio: 
avendo il cuore doppio, tenne ancora due sorta di 
ministri, fra i quali ne aveva dei valenti come Fila- 
rete e Annibal Caro ; palesava agli uni ciò che agli 
altri teneva rigorosamente celato. Fu pessimo come 
principe, infame come cittadino ; nelle brutali sue 
passioni non faceva distinzione alcuna di sesso, di 
età, di condizione. Formatasi una congiura dalle fa- 
miglie Pallavicini, Landi, Anguissola e Confalonieri, 
fu nel proprio palazzo di Piacenza pugnalato il io 
settembre 1547 ( J ). 

Le monete battute da quésto principe sono tutte 
di bel conio e, se si confrontano quelle di Paolo III 
per Roma, Parma e Piacenza con le monete di Pier 
Luigi, prima per Castro e poi per Novara, sembrano 
essere tutte opere dello stesso artefice. Havvi quindi 
tutta la probabilità che provengano dal bulino di 
Alessandro Cesari detto il Grechetto, il quale lavo- 
rava nella zecca di Roma per Paolo III e che nel 
1561 fu chiamato a Torino per formare i nuovi 
coni, quando Emanuele Filiberto duca di Savoia ri- 
formò la propria moneta ( 2) . 

La moneta sopradescritta varia da quelle con- 
simili pubblicate, che sono lire, per essere di minore 
dimensione e quindi di minore peso, per avere il 



ti) Moriìio Carlo: Storia dei municipi italiani illustrata con docu- 
menti, voi. V, Milano, 1846. 

(2) Promis Domenico: Monete di secche i/aliane inedite. Memoria se- 
conda, pag. 36. Torino, 1868. 

Caire Pietro : Numismatica e sfragistica novarese, pag. 35. No- 
vara, 1882. 



MONETE INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 



4 8l 



Santo su un piedestallo rappresentato da una linea 
orizzontale, mentre nelle altre i piedi del Santo sfio- 
rano la leggenda e finalmente perchè in essa leg- 



gesi NOVAR 



invece di NOVA ('). 



PASSERANO. 

Conti Radicati di Cocconato 
1581-1598. 




%3> 




& -- COMITES • IMI • PACERANI Scudo con due chiavi in- 
crociate, sormontato da tiara, ai lati A — A- 

9 - SIT • NOME • DOMINI • BENE • 1585 Croce patente 
accostata in due angoli opposti al vertice da leone 
rampante e negli altri due da due E addossate a 
monogramma. 

Rame (forse una volta argentato). Contrattazione del bianco dozzeno 
avignonese. Peso gr. 2,570. Buona conservazione. 

Fra le piccole zecche del Piemonte che acqui- 
starono trista fama per avere imitato e contraffatto 
le monete dei maggiori stati italiani ed esteri, tiene 
principale posto questa di Passerano, la quale non 
fece che contraffare esclusivamente le altrui monete 
ed ebbe per zecchieri gli stessi contraffatori che 



(1) Cfr. Zanetti Gltidanto.nio : Nuova raccolta delle monete e secche 
d'Italia. Tomo V, pag. 35572. 

Caire : Op. cit. 

Rossi Umberto: Monete inedite del Piemonte in Gazzetta Numisma- 
tica, a. Ili, n. n-12, pag. 91. 



{82 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 

esercitavano quel mestiere nelle zecche di Dezana 
e di Frinco. 

Il diritto di zecca ai conti Radicati rimonta con 
certezza al 1530, come risulta da una investitura 
concessa a quei signori dall' imperatore Carlo V. 

Si è voluto da taluno fare risalire ad epoca 
assai più remota siffatto diritto, ma i documenti re- 
lativi furono riconosciuti apocrifi M e d'altra parte se 
vera fosse una tale precedente investitura che sarebbe 
del 1249, non sembrerebbe tuttavia verosimile che 
i Radicati avessero ancora atteso oltre tre se- 
coli a valersi di un diritto così onorifico e lucroso 
quale è quello di battere moneta, giacche i primi 
prodotti di questa zecca portano la data del 1581. 

La zecca di Passerano aperta dunque l'anno 
T581, si chiuse nel 1598 per vendita volontaria fatta 
dai capi dei terzieri dei Radicati al duca di Savoia, 
col quale atto questi signori rinunziarono al diritto 
di battere moneta dietro compenso di un' annua 
rendita di 300 scudi d'oro, somma che dà una 
ben meschina idea dell'importanza di quella zecca, 
oppure varrebbe forse a dimostrare che all'atto 
della vendita la zecca avesse già cessato di funzio- 
nare H 

In allora lo stemma dei Radicati consisteva in 
uno scudo inquartato 1 e 4 di aquila d'oro mono- 
cefala coronata con ali spiegate in campo nero, 2 e 
3 di un castagno nero sbarbicato in campo d'oro. 

La moneta che sopra presento è una contraffa- 
zione del denaro dozzeno avignonese di Clemente 
Vili (3). Porta la data del 1585, quando era ret- 



(1) Promis Domenico: Monete dei Radicati e dei Mazzetti, pag. io. 
Torino, 1860. 

(2) Morll-Fatio Arnold : Monnaies tnédites de Desana, Frinco et 
Passerano. Troisième panie. Passerano, pag. 78. Paris 1865. 

(3) Poey d'Avani così descrive in Les inomiaies fiodales de France, 



MONETE INEDITE DELLA COLLEZIONE CORA 483 



tore e capitano del consortile dei Radicati il conte 
Ercole. 

Secondo il Promis ('), appunto in quell'anno 
venne ripetuta per parte del duca di Savoia la proi- 
bizione del corso nei suoi stati delle monete basse 
di Cocconato. Tuttavia le monete si continuarono a 
battere e contraffare nella zecca di Passerano, risul- 
tando da una convenzione del 9 settembre 1591 che 
la zecca di Passerano venne data dai terzieri dei 
Radicati in appalto per anni quattro all'ebreo Ven- 
tura Lodi di Moncalvo per la battitura di monete 
d'oro, d'argento e di lega. 

E la moneta in discorso ritengo possa per l'ap- 
punto appartenere a quelle coniate in quest'epoca 
dal detto ebreo, nonostante porti una data anteriore. 
Infatti mentre essa imita il bianco dozzeno di Cle- 
mente Vili per Avignone, che resse il pontificato 
dal 1592 al 1605, porta però il millesimo 1585. 

Ma nulla può meravigliare quando si pensi che 
a questi contraffatori non faceva certo difetto l'im- 
pudenza e la malafede e che essi non avevano quindi 
scrupolo di alterare anche le date, se così loro con- 
veniva per allontanare i sospetti dal vero falsario e 
per dare maggiore facilità di circolazione ai loro 
prodotti. 



n. 4334 (Tab. XCV, n 21) il grosso dozzeno di Clemente Vili: 

B — CLEMENS • Vili • PONTI • MAX Scudo con due chiavi 
incrociate sormontato da tiara, ai lati A — A 

9 — ® SIL ■ SARELLVS • VICELEQ • AVEN • 1593 Croce 
patente accostata in due angoli opposti al vertice 
da leone rampante e negli altri due da rosetta. 

E il Cimagli {Le monete dei papi) al n. ni lo riproduce similmente 
colla differenza che la leggenda del rovescio è : 

OCT ■ CAR • D ■ AQVIVA • LEG • AVE • 1594 • 

(1) Promis Domenico: Op. cit., pag. 18. 



484 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 

Vi sono poi le due E a monogramma che mi 
pare vogliano alludere ad Ercole Radicati e ritengo 
che siano state fatte di una particolare forma allun- 
gata e stretta per imitare le chiavette, quali si os- 
servano nelle monete avignonesi di Gregorio XI, 
Clemente VII antipapa, Benedetto XIII antipapa, Ni- 
colò V, Sisto IV, Alessandro VI e Giulio III. 

T. Colonnello Alberto Cunietti-Cunietti. 



IL SIGILLO DEI CAVALIERI LAURETANI 

OPERA DI BENVENUTO CELLINI 




Diametro o,o<>. 



Il Pontefice Paolo III (Alessandro Farnese) nel 1545 
istituì un Ordine cavalleresco, col titolo di Collegio dei Ca- 
valieri Lauretani, a difesa della Santa Casa di Loreto e delle 
prossime spiaggie adriatiche, continuamente infestate da pre- 
doni di terra e di mare. 

Diego Calcagni, Gesuita, che nelle sue Memorie storiche 
di Recanati {*) si estende nei particolari di tale fondazione, 
cioè sul numero e sull'ufficio dei Cavalieri, sulle rendite e 



(1) Messina, Mafiei 171 1, pag. 96. 



6a 



486 ORTENSIO V1TALINI 



privilegi loro, fa pure conoscere come nelle mire del Pon- 
tefice fondatore, non fosse soltanto la tutela armata dell'in- 
signe Santuario, ma eziandio l'aumento del pubblico erario; 
poiché la collazione del nuovo titolo equestre non si otte- 
neva che mediante lo sborso di cinquecento scudi. 

Io non starò qui a ripetere le parole del Calcagni o di 
altri che, più o meno largamente, illustrarono l'Ordine d), 
perchè sarebbe fuori del mio proposito; ma dirò soltanto 
che la Milizia Lauretana andò sempre scemando d'impor- 
tanza nei pontificati dei successori di Paolo III, fino a Gre- 
gorio XIII, che ne decretò la soppressione. 

La rinnovazione del nobile istituto era riserbata ad un 
grande Pontefice Marchigiano: e salito difatti al trono papale, 
col nome di Sisto V, Felice Peretti da Grottamare, per an- 
tica ed intensa devozione alla Vergine di Loreto, incominciò 
subito a favorire quel luogo con speciali privilegi ed onori, 
facendo pure rivivere i soppressi Cavalieri Lauretani con la 
bolla Postquam divina dementici, in data 28 maggio 1586, e 
mantenendone il duplice scopo di tutelare la Santa Casa e 
di avvantaggiare il tesoro dello Stato. 

È naturale che, fin dalla primitiva costituzione, il Col- 
legio dei Militi Lauretani sentisse la necessità di avere, per 
gli atti della propria amministrazione e per quelli provenienti 
dall'esercizio dei suoi molteplici privilegi, uno speciale si- 
gillo; e così è ovvio intendere come, data la nobiltà del- 
l'istituto, si volesse affidarne l'esecuzione ad uno dei migliori 
artisti del tempo. 

Questo sigillo, fino ad ora ignorato, io ebbi la fortuna 
di trovarlo e di acquistarlo nella vendita pubblica, fatta nello 
scorso aprile dalla Ditta Jandolo e Tavazzi, di tutti gli og- 
getti antichi appartenenti allo scultore signor Gioacchino 
Ferroni. 



(1) Memnenius Franciscus. Dcliciae equestrium sive milttarium or- 
dimmi, eie. Coloniae Agrippinae, MDCXIII; Giustiniani B. Histoire ero 
nologiche della vera origine di tutti gli ordini equestri, eie. Venetia 1672 
Michfli Marquez. Teso) o militar de Caballeria, e/c. Madrid, 1642; Pasini 
Frassoni Ferruccio. Rivista araldica, anno IV, fase, novembre 1906 
Sanesi E. Annali della Santa Casa di Loreto, anno XIII, n. IV; Moroni 
Dizionario di erudizione eeclesiaslica. 



IL SIGILLO DEI CAVALIERI LAURETANI 487 

Il sigillo era così indicato nel catalogo, al n. 658 : 
CELLINI BENVENUTO 

GRAN SCEAU EN BRONZE OFFRANT LA VIEUGE DE LORETTE, LES 
ARMOIRIES DES FARNESE ET DES DEUX CÒTÉS GROUPES DE GUER- 
RIERS. À l'eXERGUE L'iNSCRIPTION : " COLLEG1UM MILITUM LAU- 
RETANORUM „. 

Esso corrisponde negli elementi principali all'insegna 
dell'Ordine, che, secondo il citato Calcagni 0), portava da 
un lato la Vergine Lauretana e dall'altro lo stemma del Pon- 
tefice fondatore; ed esprime inoltre, con i due gruppi di ca- 
valieri in veste militare, il concetto della difesa del Santuario, 
e con eleganti lettere romane nell'esergo, il titolo del- 
l' istituto. 

Un particolare di grande rilievo fu però taciuto nella 
sommaria descrizione del catalogo, cioè che la Vergine, er- 
gentesi al disopra della Santa Casa sostenuta da serafini, è 
in atto di conferire, con la destra protesa, l'insegna equestre 
ad uno dei militi genuflesso. 

L'attribuzione di questa mirabile opera al grande mae- 
stro fiorentino, non fu temeraria — come spesso interviene 
nei cataloghi, dove, per artifizio di reclame, si cerca di esa- 
gerare il valore degli oggetti offerti a pubblico incanto; — 
ma provenne da maturo giudizio, come qui appresso mi 
adoprerò a dimostrare. 



La dimostrazione si rende agevole per due capi: i° per- 
chè per ragionata esclusione, si arriva al Cellini come unico 
possibile autore dello stupendo sigillo; 2 perchè l'esame di 
alcune particolarità del sigillo medesimo, rivelano in modo 
sicuro l'esimio artista. 

Tra i contemporanei del Cellini, in quell'arte speciale, 



(1) Op. cit., pag. 96. 



488 ORTENSIO VITALIN! 



primeggiò un Perugino a nome Lautizio di Meo Roteili ('), 
al quale sono con certezza attribuiti due superbi sigilli, cioè 
quelli dei Cardinali Giulio ed Ippolito de' Medici, ora nel 
Museo nazionale di Firenze, e l'altro del Card. Della Valle 
del titolo di Santa Prisca, già esistente nella collezione del 
Principe D. Camillo Massimo ed ora nella Galleria nazio- 
nale del Palazzo Corsini (Lincei), illustrato dal Prof. Passe- 
rini ( 2 '. 

Il Cellini, ricordando Lautizio, dopo averlo proclamato 
unico al mondo nella professione dei suggelli, soggiunge : 
" Anchora a questo valente huomo io portava una honesta 
invidia ; sebbene questa arte è molto appartata da l'altre arti 
che si intervenghono nella oreficeria; perchè questo Lautitio 
facendo questa arte de' suggelli, non sapeva fare altro. Mes- 
somi a studiare anchora in essa arte, sebbene difficilissima 
la trovavo, non mai stancho per faticha che quella mi dessi, 
di continuo attendevo a guadagnare et a imparare „ (3). Lau- 
tizio però era morto nel 1537; e non poteva essergli com- 
messo il sigillo dei Cavalieri Lauretani, creati nel 1545. 

Mentre rapidamente saliva in fama il Cellini in mezzo 
ad una folla di orafi minori (4), grande nomea si erano pro- 
cacciata due maestri marchigiani: Lucagnolo da Iesi '5) e 
Tobia da Camerino ( 6 >. 

Benvenuto, che ebbe Lucagnolo compagno di lavoro in 
Roma, nella bottega di un Maestro Sante orefice, in questi 
termini ne discorre : " Questo giovane lavorava meglio che 



(1) Vita di Benvenuto Cellini. Testo critico con introduzione e note 
storiche per cura di O. Bacci. Firenze, Sansoni, 1901, pag. 51, nota 24. 

Cfr. pure Adamo Rossi in Giornale di erudizione artistica, Perugia, 
1872, voi. I, pag. 361. 

(2) Periodico di numismatica e sfragistica per la storia d'Italia, di- 
retto dal march. Carlo Strozzi. Voi. V, pag. 265, tav. X. 

(3) Vita, ed. cit, pag. 50. 

(4) Della sola mia Camerino lavoravano in Roma, oltre il famoso 
Tobia, Antonio di Maestro Paolo, Giammaria e Felice, tutti conosciuti 
col nome del luogo di origine. 

(5) Annibaldi Giovanni. Il Lucagnolo ovvero saggio di memorie sul- 
l'oreficeria di Jesi. Jesi, tip. Fazi, 1879. 

(6) Santoni Milziade. Maestro Tobia da Camerino orafo ed emulo 
di Benvenuto Cellini (ijjo-ijjo). Camerino, Succ. Borgarelli, 1888. 



IL SIGILLO DEI CAVALIERI LAURETANI 489 



huomo che io vedessi mai insino a quel tempo con grandis- 
sima facilità et con molto disegno: lavorava solamente di 
grosseria, ciò è vasi bellissimi et bacini et cose tali „ C 1 ). 

Tobia era stimato tanto eccellente che il Cardinale Sai- 
viati, Legato apostolico in Parma, così ne scrisse al Ponte- 
fice Clemente VII: " Se voi fate venire questo grande huomo 
a Roma, vostra Santità sarà causa di abbassare quella grande 
alterigia del vostro Benvenuto et sono certissimo che le 
opere di questo Tobia vi piaceranno molto più che quelle 
di Benvenuto „ O). Il Papa lo fece venire ; ma il maestro 
Camerinese si applicò sempre a lavori di oreficeria artistica, 
come, ad esempio, la guarnizione del corno di liocorno, do- 
nato da Clemente VII ad Enrico d'Orleans, sposo della sua 
nepote Caterina de' Medici; né mai si trova che eseguisse 
lavori ed incisioni in ferro (3). 

Il Cellini invece, che, per onesta invidia, si era tanto 
affaticato neii'emulare il celebrato Lautizio, doveva certa- 
mente esserne considerato il successore nella specialità dei 
sigilli, dopo aver data luminosa prova del suo valore in 
quelli di Ercole Gonzaga, Cardinale di Mantova, e d'Ippo- 
lito d'Este, Cardinale di Ferrara, che egli descrive nel Trat- 
tato dell'Oreficeria, notando l'alto prezzo che gli furono pa- 
gati U). È quindi lecito argomentare che egli fosse, anche 
dai Cavalieri Lauretani prescelto per la fattura del sigillo 
del loro Collegio. 

Si dirà da qualcuno che il Cellini nel 1545 era assente 
da Roma: ma egli in quell'anno trovavasi a lavorare in Fi- 
renze, nel Guardaroba del Granduca (5). Chi oserebbe per 
ciò escludere, che fosse colà richiesto dell'opera sua da Lo- 
reto, dove, non solo per fama, ma di persona era conosciuto, 



(1) Vita, ed. cit., pag. 38. 

(2) Vita, ed. cit. pag. 118. 

(3) A Tobia e Lucaglielo, non ho aggiunto l'oralo Lombardo Ca- 
radosso Foppa giudicato dal Cellini eccellentissimo valente Intorno perche 
morto tra il 1526 e 1527. l'ita, ed. cit., pag. 50; Bertolotti. Gli artisti 
lombardi. Hoepli, 1881, voi. I, pag. 274-281. 

(4) Cellini Benvenuto. / trattati dell'oreficeria e della scultura per 
cura di Carlo Milanesi. Firenze, Le Mounier, 1857, P a S- 10 °- 

(5) Plo.n. Benvenuto Cellini. Paris, 1883, P a o- ■ I 47- 



490 ORTENSIO VITALINI 



essendovi andato da Ferrara qualche anno prima per devo- 
zione ?('). E come potrebbe asserirsi che il sigillo venisse 
eseguito proprio nell'anno della fondazione dell'Ordine, e 
non piuttosto quando ne fosse pienamente costituito il Col- 
legio, coll'ammissione dei cento e più cavalieri prescritti dalla 
bolla di prima erezione? 

Un'altra osservazione è pure da prevedersi, cioè che del 
suddetto sigillo negli scritti del Cellini non si trova cenno : 
ma egli, per quella grande alterigia che notava il Cardinale 
Salviati, e che emerge da tutti i suoi atti, doveva di pre- 
ferenza darsi vanto delle maggiori opere condotte per Papi 
e Re, per Granduchi, Principi e Cardinali, trascurando quelle 
da lui stimate di minor conto. 

Mentre, difatti, esiguo è il numero dei sigilli di cui il 
grande Artefice ha lasciato singolare menzione, da più luoghi 
della Vita e del Trattato si ritrae che moltissimi ne furono 
da lui eseguiti. 

Nel parlare dei sigilli cardinaleschi dice : " Di questi 
sigilli cotali ne feci dua fra gli altri „ ( 2 ). E, ricordando 
l'unico Lautizio ed il proprio ardore nel volerlo emulare, ci 
fa sapere che, operando in quell'arte di continuo, attendeva 
a guadagnare e imparare (3). Altrove, poi, accennando a co- 
loro che si erano messi ad intagliare sigilli senza prima 
gettarli, soggiunge: " in cotal guisa mi è occorso ancora 

di LAVORARNE „ (4). 



A far dileguare ogni dubbiezza su quanto ho detto fin 
qui, e per uscire dal campo delle ipotesi, soccorre lo stesso 
nostro sigillo con taluni particolari che equivalgono, per 
così dire, alla firma del suo autore: voglio dire con la forma 



(i) Vita, ed. cit., pag. 194: " Partitomi (da Ferrara) la mattina, me 
ne andai a Santa Maria dal Loreto, e di quivi, fatto le mie oratione, 
ne andai a Roma „. 

(2) Tra/tali, ed. cit., pag. 100. 

(3) Vita > ed - c it-; pag- 5 2 - 

(4) Trattati, ed. cit., pag. 108. 



IL SIGILLO DEI CAVALIERI LAURETANI 49I 

delle lettere nell'esergo e con i piccoli gigli adoperati, in 
luogo di punti od altri segni, negli spazi tra le parole ('). 

Dei gigli usati a quel modo, non si ha esempio in opere 
simili di altri artisti : ma se ne trova preciso riscontro nella 
leggenda dello scudo d'oro di Paolo III i. 2 \ nel quale si vede 
pure lo stemma papale identico nella fattura a quello del si- 
gillo Lauretano. Resta soltanto incerto se l'insigne artefice 
con l'uso di quei piccoli gigli, intendesse riferirsi all'arme 
Farnesiana od a quella della propria famiglia, che così egli 
stesso descrive: " Un leone rampante di color d'oro in campo 
azzurro con un giglio rosso posto nella zampa diritta e sopra 
il rastrello con tre piccoli gigli d'oro „ (3). 

Per riconoscere poi la mano del Cellini nelle lettere del 
nostro sigillo, se non è sufficiente la loro somiglianza a quelle 
dello scudo d'oro sopraccennato, gioverà ripetere quanto 
egli stesso ne disse nel trattato dell'oreficeria (4). Ecco le 
sue parole : * Et ancora si bisogna fare un alfabeto di let- 
tere d'acciaio intagliate in nel modo diligente che tu hai fatto 
le testoline e l'altre cose. E perchè quando io ho in Roma, 
o in altro luogo lavorate cotai opere, volentieri ho sempre 
rifatto il mio alfabeto di lettere nuovo, e così mi son fatto 
onore perchè le si logorano : e le lettere vogliono essere 
belle fatte con quella bella ragione che ti mostra una penna 
tagliata alquanto grossa, cioè larga ; e secondo che la penna 
si gira nella mano, quei corpi che da essa ti vengon fatti, 
quella è la vera ragione; avvertendo che le non sieno troppo 
grosse o cortacciole, perchè sono dispiacevoli da vedere, et 
anche le troppo lunghe e sottili „ (5). 

Bandito dunque il vecchio sistema di far lettere con 



(1) Non deve trascurarsi di osservare die il Cellini ne' suoi sigilli 
ha usato sempre la forma circolare come nel nostro, diversamente da 
tutti gli artisti del tempo. 

(2) Questa moneta trovasi nella collezii ne di Sua Maestà, nella mia 
ed in quella del conte Papariopoli di Venezia. 

(3) Vita, ed. cit., pag. 104 e noia 26. 

(4) Trattati, ed. cit., pag. 107. 

(5) Lo stesso modo teneva nelle medaglie a proposito delle quali 
al cap. XV del Trattato dell' oreficeria, dice: " Di poi. si mette le sue let- 
tere all'intorno fatte in punzonetti di acciajo „. 



492 



ORTENSIO VITALINI 



ciappolette e bulini, Benvenuto usava i punzoni di acciaio 
seguendo tecnica e forma propria, l'una e l'altra evidentis- 
sime nel sigillo Lauretano. 

Dopo aver messo in rilievo tali dati caratteristici del 
Cellini, non sarà fuor d'opera notare come nella fattura di 
sigilli e di lavori affini, fosse per lui di grande compiacenza 
l'abbondanza delle figure, potendo meglio con quella dimo- 
strare la sua valentia nel disegno, nella composizione e nel- 
l'esecuzione. 

Basta ricordare com'egli parla (') del bottone del piviale 
di Clemente VII, che destò le meraviglie di Carlo V; dei 
sigilli dei due Cardinali di Mantova e di Ferrara, e della me- 
daglia coll'istoria di Moisè fatta pel detto Pontefice: opere 
tutte copiosissime di figure che, all'occhio del sagace osserva- 
tore, rivelano la stessa genesi artistica del nostro sigillo ( 2 ). 

Per le suesposte considerazioni, non esito a dichiarare 
opera certa di Benvenuto Cellini il sigillo del Collegio dei 
Cavalieri Lauretani; augurandomi che tale mia sentenza sia 
per riportare il consenso di tutti i dotti cultori della sfragi- 
stica italiana : come, intanto, mi è caro avere a mio favore 
il parere dell' illustre Direttore del " Kaiser Friedrichs Mu- 
seum „ di Berlino, signor Bode, il quale, andato a visitare 
la Raccolta Ferroni, mi dicono che, indugiatosi alquanto a 
contemplare l'ora nostro sigillo, rivolto al proprietario escla- 
masse : " Voi avete qui una opera indubbia del Cellini : 
tenetela cara „. 

Roma, 2j giugno 1909. 

Ortensio Vitalini. 



(ì) Trattati, ed. cit., pag. 80, 100, 118; Vita, ed. cit., pag. 94, 139, 246. 
(2) Cfr. le tavole X e XI nell'opera citata del Plon. 



BIBLIOGRAFIA 



LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI. 



G. F. Hill (M. A). Historical Roman Coins Jroni the ear- 
liest times to the reign of Aiigustn's. 

Ho letto d'un fiato, il che vuol dire con grande piacere, 
il nuovo libro di G. F. Hill, che è fatto nello stesso ordine 
d'idee dell'altro che lo precedette tre anni sono intorno alle 
monete greche. 

E una erudita illustrazione delle monete della repubblica 
romana, una continua spiegazione del perchè di ogni emis- 
sione, del significato dei diversi tipi, una interpretazione delle 
monete secondo il loro significato storico. La lezione segue 
ordinata, profonda e dilettevole nello stesso tempo e tutti 
avranno qualche cosa a impararvi, non solo i novizii , ma 
anche chi è, o si crede addentrato nella numismatica romana. 
Per parte mia ci ho trovate molte utilissime cognizioni, e mi 
auguro che l'Autore continuando il suo lavoro, ci dia in altro 
volume la spiegazione dei tipi delle monete imperiali, il quale 
non riescirà certo meno interessante di quello ora pubblicato. 

F. G. 

Luschin von Ebengreuth. Steirische Mùnzfunde. 

È giunto alla Società Numismatica l'estratto deWJahr- 
buch fùr Altertumskunde dell'anno 1907, pubblicato per cura 
della Commissione Centrale per i monumenti storici e arti- 
stici, il quale estratto illustra in 47 pagine quei ritrovamenti 
più recenti di monete della Stiria di pfennige del XIV se- 
colo, i quali fanno sèguito ai ritrovamenti più antichi di mo- 
nete del XIII secolo illustrati l'anno precedente nel mede- 
simo Jahrbuch. 

63 



494 BIBLIOGRAFIA 



In quel primo fascicolo fu data relazione dei primi quattro 
ritrovamenti di pfennige avvenuti nella Stiria ; quest'ultimo 
lavoro invece contiene una esattissima, esauriente relazione 
intorno al ritrovamento di Sachsenfeld, presso Cilli, nella 
primavera del 1893, consistente in un vaso, rinvenuto in oc- 
casione di rimozione di terreno per giardino, ripieno di circa 
300 pfennige d'argento. 

Segue una relazione più diffusa dei ritrovamenti di 
Kohlberg, non lungi da Marburg (nel 1885, di 500 pfennige), 
di Gross-Kanizsa (nel 1885, 14 pezzi), di Kalkgrub presso 
Wies (20 pezzi), di Hohenmauten presso Mahrenberg (nel 
1884, circa io decagrammi di pezzi), di Kunigund presso 
Cilli e di Marburg. 

Infine sono raccolti nell'ultimo capitolo gli altri ritro- 
vamenti di pfennige che son rimasti — malgrado tutte le 
ricerche — privi di provenienza sicura, ma che formano coi 
precedenti di origine nota un complesso di elementi di primo 
ordine per la storia del pfennig nell'Alto Medio Evo in 
quella regione. 

Pritze (von Hans)-Gaebler (Hugo). Nomisma. Untersuchun- 

gen ciuf dem Gebiete der antiken Miìnzknnde. Berlino, 
Mayer u. Mùller, 1909, 3." puntata. 

Alla prima e seconda puntata, contenente gli studi su 
Sestos, Terina e Beroia (di cui già a suo tempo si occupò 
la nostra Rivista, composti insieme dallo Fritze e dal Gae- 
bler), e più recentemente il lavoro del Fritze stesso sulle 
statue di Asklepios in Pergamon e intorno al Corpus nu- 
mortim, e dell' Imhoof-Blumer intorno alle Amazzoni sulle mo- 
nete greche, ora vien fatta seguire la pubblicazione della 
terza puntata, nella quale il valoroso Hans von Fritze parla 
con competenza ed esaurientemente delle monete autonome 
della città di Abdèra. Il lavoro è composto con criterio cro- 
nologico e storico, e svolge lo studio prima della coniazione 
dell'argento in generale, poi della determinazione dei pe- 
riodi di quella coniazione nella città, infine della cronologia 
del bronzo (fine del V secolo a. C). Il lavoro è illustrato 
con tre nitide tavole. 



BIBLIOGRAFIA ^95 



Demole (dott. Eugène). Description des médailles concernant 
Jean Calvin. 

Questo interessantissimo estratto della Iconographie cai- 
vinienne, diretta da E. Uoumergue, contiene e illustra ben 
97 tipi differenti di medaglie, dedicate alla memoria del grande 
riformatore Calvino, e di cui in tre grandi tavole si illustrano 
le migliori. 

La descrizione è disposta in ordine cronologico, dalla prima 
medaglia, d'autore ignoto, della metà circa del sec. XVI, fino 
ai medaglioni commemorativi del 1909. Interessante per il 
Medagliere nazionale braidense è il n. 1 a tav. XXI (della 
serie completa del lavoro), rappresentante in grandezza natu- 
rale, la grande medaglia del 1835, posseduta da Brera. L'esem- 
plare illustrato nel lavoro del Demole è tolto dalla collezione 
di F. Raisin a Ginevra (ved. pag. 13, n. 66 a, collocata dopo 
il n. 66, dell'incisore ginevrino Antonio Bovy. 



Forrer (Léonard). Sir John Evans K. C. B. (1823 1908). 
Biographie et bibliograpliie. Chalon sur Saòne. E. Ber- 
trand, 1909. 

Fra le biografie pubblicate in occasione della morte del- 
l'illustre sir John Evans, di cui si occupò nella nostra Ri- 
vista specialmente Francesco Gnecchi, questa occupa il primo 
posto, e per numero di notizie relative alla sua vita, e per 
cenno completo dei lavori composti dall' Evans, posti in ap- 
pendice, segnando l' ordine cronologico della sua attività 
scientifica ininterrotta dal 1849 al 1907. L'infaticabile e dot- 
tissimo autore del Dizionario dei medaglisti, di cui è uscito 
ora il quarto volume (che formerà argomento di recensione 
nei prossimi fascicoli della Rivista) non poteva, del resto, 
essere meglio di qualsiasi altro in condizione di narrarne 
la vita scientifica in tutti i particolari, quale si svolse so- 
pratutto presso la Reale Società di Londra. 

Il lavoro del Forrer è estratto dalla Gazette numisma' 
tique francaise (1909). 

Serafino Ricci. 



496 BIBLIOGRAFIA 



Serena (Aug), Dante numismatico. Treviso, tip. istituto Turazza, 
pag. 18, in-8, 10.08. 

Torlonia (C). Le dottrine finanziarie di F. V. Duverger de Forbon- 
nais nell'opera " Reeherches et considérations sur Ies finances de 
France „. Roma, 1908. 

Fi/a/ini (Ortensio). Il sigillo dei cavalieri Lauretani, opera di Ben- 
venuto Cellini. Roma, tip. dell'Unione Ed., pag. 14, in-8, 1909. 

Dal/ari (C), Vincit omnia veritas. Kairo, in-8, 1909. 

Babelon (E.), Le origini della moneta considerata dal punto di vista 
economico e storico. [Bibl. di storia economica diretta da \Y. Pareto, 
voi. Ili, fase. 90-91]. Milano, Soc. edit. libraria, 1909. 



Bordeaux (Paul), La médaille d'honneur offerte par la municipalité 
de Creil à Madame Palm-Daelder, en février 1791. Biauvais-Paris, in-8, 
paga;. 28-3 & 1 vignetta, 1908. 

Bianche/ (A.), Mémoires et notes de numismatique. Paris, E. Leroux- 
Rollin & Feuardent, pag. 450, in-8, 1909. 



Kunstwissenschaftliche Beitrage August Schmarsow gewidmet. 
Leipzig, Hiersemann , in-4 gr. ili., 1909 [Contiene: Schubring P. 
Matteo Pasti]. 

Friedensburg (Ferdinand), Die Miinze in der Kulturgeschichte. Ber- 
lin, Weidmann, pag. 241 in-8 ili., 1909. 

Jahrbuch des Numismatischen Vereines zu Dresden fiìr des Jahr 
1908. Mit 2 Tfln. Dresden, 1909. 

Ettling (W.), Das Gold als Geld. Strassburg, Singer, in-8, 1909. 

Bendixen (Friedrich), Das Wesen des Geldes. Zugleich ein Beitrag 
zur Reform der Reichsbankgesetzgebung. Leipzig, 1908, Duncker & 
Humblot, pag. 60, in-8 gr., 1909. 

Hegemann (fV.), Mexikos LJebergang zur Goldwàhrung : ein Beitrag 
zur Geschichte des mexikanischen Geldwesens (1867-1906). Stuttgart, 
Cotta, pagg. xvi-189, in-8, 1908. 

George (P), Die Bewegung des Silberpreises seit 1873. Jena, Fi- 
scher, pagg. vn-127, in-8, 1908. 

Menadier (D. J.ì, Die Miinzen der Grafschaft Mark [Sep. Ab. aus 
" Die Grafschaft Mark „. Festschrift zum Gedàchtnis der 300 jàhrigen 
Vereinigung mit Brandenbrug-Preussen], pagg. 667-690, in-8 grande 
con 5 tavole. 

Fiala (Eduard), Miinzen und Medaillen der Welfischen Lande. Das 
neue Hans Braunschweig zu Wolfenbuttel. I. Sammlungen S. r Kgl. 
Hoheit des Herzogs von Cumberland, Herzogs zu Braunschweig und 
Liineburg. Leipzig und Wien, Franz Deutike, pag. 292, in-4 & x 8 ta- 
vole, 1909. 



BIBLIOGRAFIA 497 



Ebner (d. r /.), Deutsche Renaissance-Medaillen. Katalog der Ausstel- 
lung deutscher Renaissance-Medaillen, veranstaltet vom Kònigl. Mùnz- 
kabinett Stuttgart mit Unterstùtzung der Stuttgarter Numismatischen 
Vereinigung. Mit Einleitung von d. r P. Goessler, Konservator am Kgl. 
Mùnzkabinttt. Essliw>en a/N., Paul Neff Verlag, pag. 44 & 3 tavole, 
in-8 gr., 1009. 

Domaszewski (prof. Alfred von), Abhandlungen zur ròmischen Re- 
ligion. Leipzig, Teubner, in-8. 1909 [XVI. Tessera aus Trier]. 

Halke (//.). Handwòrterbuch der Miinzkunde. Berlin, G. Reimer, 
pagg. vi 396, in-8 gr., 1909. 



Lehner (d. r />.), Die Munzensammlung des k. k. Staats-Gymn. zu 
Linz [I. Gnechische Munzen]. Programma del Ginnasio di Linz, pa- 
gine 24, in-8. 

Rzepinski (Stanislaus). Le monete ed i manoscritti del Gabinetto 
Archeologico nel Ginnasio di Neu-Sandez. Progr. del detto Ginnasio, 
pag. 72, in-8 [in lingua polacca]. 

Fiala (Eduard), Antonio Abondio. Prag, 1909. 

Kubitschek (IV.), Ausgewàhlte romische Medaillons der kaiserlichen 
Munzsammlung in Wien. Wien, A. Schroll, pag. 56 & 23 tav., fol. 1909. 



Droz-Farny (A.). Sur une médaillc polonaise. Porrentray, pag. 13 
et fig., in-8, 1909. 

Stiickelberg (E. A.), Die ròmischen Kaisermunzen als Geschichts- 
quellen. Basel, Schwabe, pag. 20, in-8, 1909. 

Demole (Eug'ene), Description des médailles concernant Jean Calvin 
{extr. de V lconographie calvinienne par E. DoumergueJ. Lausanne pag. 18 
e 4 tav., in-4, 1909. 

Bagehot (Walter), Lombard Street. A description of the Money 
Market. New Edition. With new Introduction and notes, bringing the 
work up to the present time. London, Kegan & C., in-8, 1909. 

Valentine (W. H.), The modem Copper Coins of the Muhamma- 
dans. London, Spink & Son, in-8, 1909. 



Kerkwijk (A. O. van), Catalogne du Cabinet numismatique de la 
fondation Teyler à Harlem. Harlem, pag. 519 & 24 tav., in-8 grande, 
2."" édition, 1909. 

Dompierre de Chaufepié (//. J. de), Koninklijk Kabinet van munten, 
penningen, etc. te 's-Gravenhage. Haag, pag. 51 e 4 tav., in-8, 1908. 



498 . BIBLIOGRAFIA 



Jakuntschikovi (B.), Monete antiche greche inedite o rare. — Markow 
(A. von). Della pulitura delle monete antiche. Pietroburgo, pag. 53+15 
& io tav., in-8 gr., 1908 [Dalle Memorie in russo della Società archeo- 
logica imperiale di Russia, voi. I, fase. 2. ]. 

Smirnow (IV. P.), Descrizione di medaglie russe [in lingua russa]. 
Pietroburgo, pag. 748, in-8, 1908. 

Raw/ings (Gertrude Burford), Coins, and how to know them. New 
York, Frederick A. Stokes, pagg. xix-374, in-12, 1908. 



PERIODICI. 

[1909]. 



Bollettino Italiano di Numismatica. Milano. 

Anno VII, n. 2, febbraio 1909. — Laffranchi (Lodovico). — Il prezzo 
di una moneta falsificata. — Cunietti-Cunietti (Alberto). Alcune va- 
rianti di monete di zecche italiane [Correggio, Genova, Loano]. — Calza 
(Francesco). Le medaglie pel centenario della Casa Ricordi. — L'opera 
del Circolo numismatico milanese per la diffusione della coltura numisma- 
tica in Italia. — Ricci (Serafino). Spigolature d'archivio: Il titolo 
ufficiale del Museo numismatico e Medagliere nazionale di Brera ; La 
data del decreto di istituzione del R. Gabinetto numismatico di Brera. 

— Notizie varie. — Necrologio : Alessandro Leopoldo Parodi e cava- 
liere Carlo Giulietti. 

N. 3, marzo 1909. — Dattari (Giannino). Le monete suberate e den- 
tellate. — Cunietti-Cunietti Alberto. Alcune varianti di monete di zecche 
italiane [Runa, Siena]. — Calza (Francesco). Le medaglie pel centenario 
della Casa Ricordi [cont. e fine]. — Ricci (Serafino). Spigolature d'ar- 
chivio: III. A proposito del lavoro incompiuto e non mai pubblicato di 
Bernardino Biondelli su documenti inediti della zecca di Correggio; 
IV. Dono dei manoscritti Mulazzani. ■— Notizie varie. 

N. 4, aprile 1909. — Ricci (S.). Bibliografia numismatica romana: 
[A. Blanchot, H. Holke, Lehmanu, Haupt, H. Fritze e H. Gaebler]. — 
Balletti (Andrea). / bagattini di Alfonso l d'Este nella zecca di Reggio 
Emilia. — Ricci (S.). Una targa in memoria di Solone Ambrosoli. — 
La Redazione. // terzo congresso numismatico milanese. — Notizie varie. 

— Necrologio: [Vincenzo Dessi, Manuel Joaquim de Campos]. 

N. S, maggio 1909. — Belloni (Aurelio). Un tesoretto tarantino. — 
Bellini Pietri (dott. Augusto). Di una medaglietta pisana del sec. XVIII, 



BIBLIOGRAFIA 499 



e documenti relativi. — Ricci (S.). Spigolature d'arcliivio : Una lettera 
inedita di Gaetano Cattaneo a proposito dell'acquisto delle collezioni 
Beccaria e Frisi pel R. Gabinetto numismatico di Brera. — Notizie varie. 

N. 6, giugno 1909. — La Redazione. Bibliografia numismatica ro- 
mana [cont.]. — CuNiETTi-CuNiErn Alberto. Alcune varianti di monete 
di zecche italiane [Casale, Castiglione delle Stiviere]. — Rizzoli (dottor 
Luigi junior). Per la storia nella numismatica. Alcune lettere dirette al 
marchese Tommaso degli Obizzi 1750-180J. — San Rome (Mario). Una 
medaglia in onore del comm. Carlo Castiglìoni. — Notizie varie. — Ne- 
crologio : [Gian Paolo Lambros]. 

N. 7, luglio 1909. — La Redazione. Bibliografia numismatica romana. 
La numismatica del periodo Costantiniano. Le ultime ricerche sulla nu- 
mismatica romana. — Forrer (Leonardo). Le deuier de S. Pierre [Peter's 
penre] en Angleterre. — Cunietti-Cunietti Alberto. Il denaro imperiale 
d' Ivrea battuto nel tempo in cui la città si governava per la seconda volta 
a Comune (ijio-ijij). — Notizie varie: [li " Corpus nuinorum italicorum „. 

N. 8, agosto 1909. — Orsi (prof. Paolo). Ripostiglio di monetine del 
Basso Impero rinvenuto a Siracusa. — Pansa (Giovanni). Un denaro 
inedito della zecca di Cittaducale. — Agostini (A.). Altra moneta inedita 
di Castiglione delle Stiviere. — Cunietti-Cunietti (Alberto). Alcune va- 
rianti di monete di zecche italiane [Correggio, Masserano, Roma, Siena]. 
— Giorcelli (dott. Giuseppe). Medaglia commemorativa della liberazione 
di Cuneo dall'assedio dei Francesi nell'anno tòpi. — Salvaro (Vittorio). 
Medaglistica veronese: [La pace di Vi.lafranca], — Notizie varie. 

N. 9, settembre 1909. — Orsi (prof. Paolo). Ripostigli siciliani di 
monete. — Perini (Quintilio). Medaglistica Trentina: [Vili. Medaglia 
inedita di Carlotta Madruzzo-ChallantJ. — Salvaro (Vittorio). Meda- 
glistica veronese: [La pace di Villafranca]. — Rizzoli (dott. Luigi jun.). 
Per la storia della numismatica. Alcune lettere dirette al marchese Tom- 
maso degli Obizzi (iyjo-iSoj). — Leite de Vasconceilos (dott. J.). 
O dinheiro ita poesia popular portuguesa. — Notizie varie. 

N. 10, ottobre 1909. — Orsi (prof. Paolo). Ripostiglio di assi romani 
rinvenuti ad Avola (Sicilia). — Pansa Giovanni)- Un medaglione cer- 
chiato di Marco Aurelio e nuovi studi intorno all'uso ufficiale del meda- 
glione cerchiato come decorazione dell insegne militari. — Donati (Gio- 
vanni). Dizionario dei motti e leggende delle monete italiane [cont., vedi 
n. 2, 1908J. — Ricci (Serafino). Conferenze pubbliche di numismatica 
[I. 11 sentimento della natura nella monetazione greca|. — Notizie varie. 

Rassegna Numismatica. Orbetello-Roma. 

Anno VI, n. 2, marzo 1909. — Cesano (dott. Lorknzina). La numi- 
smatica antica e le scienze storiche, archeologiche ed economiche. Prolu- 



5°° 



BIBLIOGRAFIA 



sione alta R. Università dì Roma. — Rassegna dell'insegnamento [Alle 
R. Università di Roma, Padova, Pavia ed alla R. Accademia Scientifico- 
letteraria di Milano], — Dattari (Giovanni). Intorno ai venti medaglioni 
d'Abukir. — Necrologio : [Manuel Joaquim de Cainpos. Dessi cav. Vin- 
cenzo]. — Varielas. — Libri in vendita. — Offerte e desiderata. 

N. 3, maggio 1909. — Dressel (prof. Enrico) & Eddé (dott. J.). Pro 
e contro i medaglioni di Aboiikir. — Eddé (dott. J). Voyages d'autrefois. 

— Cunietti-Cunietti (Alberto). Una moneta anonima della zecca pesa- 
rese. — Rassegna bibliografica [libri, opuscoli, periodici, cataloghi]. — 
Rassegna degli antiquari. — Varietas. — ■ Libri in vendita, ecc. 

N. 4, luglio 1909. — Pansa (prof. Giovanni). Una medaglia cristiana 
dei SS. Martiri di Celano menzionata in un pubblico islrumento. — Riz- 
zoli (prof. L. jun.). Di alcuni zecchini veneziani rinvenuti a Piazzola 
sul Brenta. — Rassegna dell' insegnamento [alla R. Università di Roma]. 

— Rassegna bibliografica [libri, opuscoli, ecc.]. — Trovamenti. — Va- 
rietas. — Libri di numismatica, ecc. 

N. S, settembre 1909. — Dattari (Giovanni). Veritas vincit [Reso- 
conto degli esperimenti sui medaglioni di Aboukir pubblicamente ese- 
guiti al Cairo). — La Direzione. Pro e contro i medaglioni d' Aboukir. 

— Rassegna bibliografica [opuscoli, periodici, ecc.]. — Trovamenti. — 
Varietas. — Libri in vendita. — Offerte e desiderata. — Note bibliografiche. 

N. 6, novembre 1909. — Lisini (comm. Alessandro). Sigillo del car- 
dinale Ugolino conte di Segni poi papa Gregorio IX. — Cunietti-Cunietti 
(Alberto). Ancora della monetina anonima della zecca pesarese. — Dat- 
tari (G.). Intorno ai venti medaglioni di Aboukir. — Rassegna bibliogra- 
fica [opuscoli, periodici, ecc.]. — Varietas. — Libri in vendita, ecc. 



Revue Numismatique. Parigi. 

Premier trimestre 1909. — Foville (J. de;. Les monnaies grecqites et 
romaines de la collection Val/on. Catalogne [Italie et Sicile, I. e partie]. 
— Soutzo (M.-C). Essai de classification des monnaies de bronze émtses 
en Egypte par les trois provinces Lagides. — Gassies (J.-G). Moyen bronze 
inédit de Germanicus. — Moyvat (R.). Les dégrèvements d'impóts et 
d'amendes insci i/s sur les monnaies impériales romaines. — Dieudonnk (A.). 
La //teorie de la monnaie à l'epoque féodale et royale, d'apris deux livres 
nouveaux. — Castellani-: (comte de). Le premier écu d'or frappé en Dau- 
phiné. — Blanchet (A.). Documents numisiiia/iques relatifs à la Compa- 
gnie des Indes de Lavo. — Landry (A.). Note sur l'origine du mot " frane „ 
compie noni de monnaie. — Chronique. — Bulletin bibliograp/iique. — Proccs 
verbaux de la Société francaise de numismatique. 

Oeuxième trimestre. — Dieudonné (A.). Numismatique syrienne: 1. Tyr 
ou Antioche? Monnaies impériales. 11. Questione de chrono/ogie: A. De 



BIBLIOGRAFIA 5ÒI 



la manière de compier les années de r'egne des empereurs à Antioche. 
B. Epoque des monnaies de Commodiis à Sélencie. Un nouveau légat de 
Syrie. — Jameson (R.). La trouvaille de Milo [Statères grecs archaìquesj. 

— Foville (J. de). Monnaies grecques de la collection Valton. Sicile [fin]. 

— Bonnet (E.). Boson, roi de Provence, et l'atelier monétaire d'Arles. — 
Roman (J.). La collection de Montcarra. — Béchade (J.-L.). Matrice de 
scean du XIII.' siede. — Caillet (L.). Monnaies trotivées à Lyon en 1434, 
dans le " plot „ du pardon du pont du Rhóne. — Chronique. — Bulletin 
bibliographique. — Proc'es-verbaux de la Société francaise de numismatique. 

Troislème trimestre. — Foville (J. de). Monnaies grecques de la col- 
lection Valton. Grece continentale et iles. — Rouvier (dott. J.). Nouvelles 
recherches sur Pére de Alexandre le Grand en Phénicie. — Dattari (G.). 
Le sesterce de l'empire romain. — Prinet (M.). Les armoiries écar/elées 
des conjoinìs d'aprcs les sceaux fiancais. — Bordeaux (P.). La plus an- 
cienne médail/e d'or d'exposi/ion nationale de l'industrie francaise. — Fo- 
ville (J. de). A quelle date Pisanel/o at-il exécuté la médaille de Jean- 
Francois I." de Gonzague ?..: — Chronique. — Bulletin bibliographique. 

— Proces-verbaux de la Société francaise de numismatique. 



Revue belge de numismatique. Bruxelles. 

Deuxième livraison 1909. — Svoronos (J.). Lecons numismatiques. Les 
premiires monnaies [Trad. de M. Jean Dargos]. [suite], — Maurice (Jules). 
Classification chronologique des émissions monetaires de l'atelier de Ser- 
dica pendant la période constantinienne de joj à jii [suite et fin]. — 
Limburg-Stirum (comte Tu. dei. Monnaies des comtes de Limburg-sur- 
la-Lenne. Supplémenl. — Brants (V.). La politique monétaire aux Pays- 
Bas sous Albert et Isabelle. — Wiìte (Alph. dei. Une fabrication illicite 
de liards à Namur, en IJ12. — Jusiice (J.). Menati de l'archiconfrèrie 
du Saint-Sacrement, à Lembeke [Fiandre orientale]. -- Babut (cornili.). 
A propos d'un sceau du XIX.' siede de l'Ordì e du Tempie. Les Tem- 
pliers de ijij a 1S71. — Necrologie : [Mons. de Bethune et Manuel- 
Joaquim de Campos]. — Mélangucs : [A propos d'une recente étude 
sur Marville. — Note sur Antonio Pisano per M.. Biadego. — Concours 
pous la médaille de l'exposition universelle de Bruxelles. — Coins mo- 
nétaires romains en bronze, par M. O. Vauvillé. — Une thèse numis- 
matique. — Société hollandaise belge des amis de la médaille d'art. — 
Vente Lobbecke. — Congrès iiiteriiationa^ de numismatique de 1910. — 
Les jetons du comte de Schlitz]. — Bibliographie mtthodique. — Proc'es- 
verbaux de la Société royale de numismatique. — Tourneur (Victor). 
La médaille en 1008 [con 8 tavole, e numerazione a parte]. 

Troisième livraison. — Imhoof-Blumer (F.). A propos de quelques 
monnaies grecques inédites 011 mal décrites. — Jonghe (vicomte B. de). 
Un sou d'or pseudo-impérial au revers de l'empereur teuant le fabarum 

64 



t;ft2 BIBI.IOGkAFIA 



et un globe surmonté d'une victoire. — Tourneur (Victor). Le monnayage 
de l'atelier d'Osteude sous Marguerite de Constantinople et Guy de Dom- 
pierre. — Brakts (V.). La politique monélaire aux Pays-Bas sous Albert 
et Isabelle [suite et fin]. — Babut (comm.). A propos d'un sceau du 
XIX.' siede de l'Ordre du Tempie [suite et fin]. — Soutzo (prince de) 
& Van de Vyvere-Colens. Lettres à M. Alph. de Witte. — Necrologie : 
[H.-L.-A. Van den Wall-Bake|. — Mélanges : [Congrès international de 
numismatique. — Legs faits par le chanoine baron de Bethune au Musée 
archéologique de Bruges. — Travail sur les jetons des provinces des 
Pays-Bas. — L'état actuel de l'art de la médaille en Allemagne par 
M. Rodolphe Bosselt. — Trouvaille de monnaies à Lille Saint-Hubert. — 
Bibliographie métodìque. — Société royale de numismatique, — Procès- 
verbaux. 

Quatrième livraison. — Svoronos (J.). Les premières monnaies [suite]. 

— Witte (Alphonse de). Un jeton inidit des receveurs de Bruxelles pour 
l'année 1465. — Gilleman (Ch.) & Van Werveke (A.). Numismatique 
gantoise. Les jetons scabinaux au XV IL' et au XVUL' siede. — Na- 
veau (L.). Sceau matrice de Marie d'Argenteau, vicomtesse de Loos, ióoj- 
[629. — Mélanges: [Congrès international de numismatique. — A pro- 
pos de " marques de lépreux „ opinion de M. Blanchet. — Acquisition 
de la collection de feu Hamburger par le British Museum. — Leonhard 
Posch. — Dans de la famille Wiener et de M. Braem, au Musée de la 
Monnaie de Bruxelles. — La numismatique à l'exposition Albert et 
Isabelle. Appel aux numismates. — Concours de l'Académie]. — Comples- 
rendus. — Bibliographie méthodique. — Société Royale de numismatique. 

— Procès- verbaux. 



Revue suisse de numismatique. Ginevra. 

Tome XV. Première livraison, 1909. — de Palézieux-Du Pan. Numis- 
matique de l'évèché de Sion [fin]. — Witte (Alph. de). Une nomination 
d'essayeur general à la Monnaie de Bruxelles au temps de Marie-Thérèse, 
1764-1765. — Grunau (d. r Gustav). Zwei schweizerische miti/arisene Ver- 
dienslmedaillenj mit 3 Taf ehi [I. partie]. — Lugrin (Enest). Hans Frei 
et son oeuvre comme médailleur, avec 4 pi. — Mélanges : [Le trésor de 
la forét de Finges (Valais) avec fig. (E. Demole). — Les collections 
Stroehlin. — Schweiz. Landesmusem. — Congrès international de 
numismatique]. — Trouvailles. — Procès-verbaux de la Société suisse de 
numismatique. - Bibliographie. — Comptes-rendus et notes btbliographiques. 
— Bibliographie méthodique. 

Deuxième livraison. — Demole (Eoo.). Le tir à l'oiseau de Ferney du 
2j aoùt 177S, à propos d'une médaille inèdite de Voltaire. — Grunau (d. r G.). 
Zwei schweizerische militàrische Verdienstmedaillen [fin]. — Mélanges : 
[William Wavre. - XXX." Assemblée generale de là Société, Aarau 



BIBLIOGRAFIA 503 

1909. — Les médailles des jubilés et fétes de Genève, en 1909]. — Trou- 
vailles. — Procìs-verbattx dtt cornile de la Société. — Bibliographie. — 
Comptes rendus et notes bibliographiques. — Bibliographie méthodique. 



Zeitschrift fiir Numismatik. Berlino. 

XXVII Band, Heft lll-IV, 1909. - Schwinkowski (W.). Das Geldwesen 
in Preussen unter Herzog Albrecht (ij2j-rjópj. — Weinmeister (P.). 
Nachiràge zur Mùnzgeschichte der Grafschaft Holstein-Schauenburg. — 
Schròtter (Fr. Frh. von). Zwei Enliviirfe zu preussischen Talerstempeln 
mit eigenhdndigen Bemerkitngen der Kónige Friedrich Wilhelm 1 und 
Friedrich des Grossen. — Litteratur. — Register. [A questo volume vanno 
annessi il Jahresbtricht iiber die numismatische Litleratitr iooj-iooó e le 
Verhandlungen der numismatischen Gesellschaft zu Berlin ipoS]. 



Frankfurter Munzzeitung. Francoforte. 

N. 99. marzo 1909. - Nessel (X.). Vie Miinzen der Ablei Selz. — 
Joseph (P.). Etne Thorensche Dreikreuzer-Nachahmung der Grafiti Anna 
von der Mark-Lumàin. — Deahna (d. r ). Zttm Jenenser Universi làts-Jubi- 
làum. — Nette Munzen und Medaillen. — Lilteratur. — Kleine Mitteilun- 
gen. — Numismatische Gesellschaflen . - Versteigerungen. — Anzeigen. 

N. 100, aprile. — Stùckelberg (d. r E. A.). Die ròmische Kaiserliste. 
— Nessel (X). Die Munzen der Abtei Selz. — Schóttle (d. r G.). Die 
Ulmer stddtische Bankanstalt von 1620 als Hilfsmittel der Kipperprd- 
gung. — • Demole (d. r Eug.). Der Mùnzschalz von Pfyn (Finges) im 
Rhonetal. — Nette Munzen und Medaillen. — Lilteratur, ecc. 

N. 101, maggio. — Nessel (X.). Die Munzen der Abtei Selz. — Pe- 
rini (Q.). Ueber Meraner Munzen und ihre italienischen Beischlàge. — 
Kleine Mitteilungen, ecc. 

N. 102, giugno. — Nessel (X.). Die Miinzen der Abtei Selz [fine). — 
Joseph (P.). Valvation oder Wurdigung auf Balzen-und auf Albttswàhrung 
gerechnel, Februar 1609. — Kleine Mitteilungen, ecc. 

N. 103-104, luglio. — Nessel (X.) Unbestimmle Elsdsser Denare. — 
Ebner (d. r J.). Peter F/òlner oder Matthes Gebel ? — Beck (S.). Schul- 
pràmien von Sttrsee. — Nette Miinzen und Medaillen, ecc. 

N. 105, settembre. — Joseph (Paul). Die àltestcn Medaillen des Hauses 
Solms. — Domanig (d. r K.). Zttr Flótnerfrage. — Joseph (P.). Die Zep- 
pelin-Plakette und andere Arbeiten von W, O. Prack. — Nette Miinzen 
und Medaillen, ecc. 



504 BIBLIOGRAFIA 



N. 106, ottobre. — Joseph (P.). Die àltesten Medaillen des Hauses 
Soli». — Domanig (d. r K.). Zur Flóinerfrage. — Nette Mitnzen uud Me- 
daillen, ecc. 

N. 107, novembre. — Joseph (P.). Das Mùnzrecht timi die àltesten 
Gemeinschafts-miinzen des fitrstlichen Hauses Solms. —Joseph (P.). Zur 
Kippermiinzgeschich/e von Wertheim. — Helmreich (d. r Th.). Die nu- 
mismatischen Vorlesungen an den deutschen Universitdten im Winterse- 
mester, 1909-10. — Neue Miinzen ttnd Medaillen. — Munzfunde. — 
Litteratur, ecc. 



Numismatisches Literatur-Blatt. Rastenburg. 

N. 167-171, febbraio-agosto, 1909. — I. Inha/tsangabe der numismatischen 
Zeìtschriften. — II. Selòs/àndige Arbeiten und Aufsàtze in nicht-numt- 
smatischen Zeìtschriften. — III. Miinz-und Bucherverzeichnisse. 



Mitteilungen der Oesterr. Gesellschaft fiir Miinz-und Me- 
daillenkunde. Vienna. 

N. 225, febbraio 1909. — Renner (prof. V. von). Die Schlacht bei 
Aspern im Jahre 1809 und iltre numismatischen Erinnerungszeichen. — 
Aus der Jubitàumsaustellung der Oesterr. Gesellschaft fi'ir Miinz-und 
Medaillenkunde : IV. Stephan Schwartz [con 6 tavole], — Vereinsnach- 
rtchten. — Verschiedenes. — Anzeigen. 

N. 226, marzo. — Renner. Die Schlacht bei Aspern, ecc. [fine]. — 
Fund rbmischer Mitnzen des 4. Jahrhunderts n. dir. in IVien 1908. — 
Medaillen und Plaketten von Hans Schaefer [con 4 tavole]. — Aus der 
Jubilàumsattstellung der Oesterr. Gesellschaft fùr Munzkunde: V.Hariig 
und Schwerdtner jun. [con 3 tav.]. — Epilog zur Kaiser j ubi làutns-Auss- 
tellung [con 3 tav.]. — Vereinsnachrichten. — Verschiedenes. 

N. 227, aprile. — Landwehr (M. von). Erzherzog Karl in der Nu- 
utismatik. — Renner. Medaille zur J ahrhundertfeier der Schlacht von 
Aspern. — Die Medaille in der 35 Jahresaustellung im Kimstlerhause. — 
Aus dem Atelier Marschall. — Porlràtplakette Kempf von Anton We'tn- 
berger. — Die Pariser Miinze. — Vereinsnachrichten. — Verschiedenes. 

N. 228, maggio. — Landwehr (M. von). Erzherzog Karl in der Numi- 
smatik [cont.J. — Themessl (J.). Kàrtner Jahrhundermedaille. — Renner. 
Medaillen von prof. Rodolf Marschall [con 3 tav.]. — Neue Uusiker- 
medaillen von A. Rothberger [2 tav.]. — Vereinsnachrichten. — Ver- 
schiedenes. 

N. 229, giugno. — Allerhochster Dani' Si: Majestàt. — Landwehr 
(M. von). Erzherzog Karl in der Numismatik [fine]. — Walla. Ueber- 



BIBLIOGRAFIA 505 



pragungen der Tiroler Meinhard-Denare durcli die Bìscliófe von Acqui . 
— Renner. Die Medaille zum yo jàhrigen Sammlerjubiliium des Fùrs/en 
Ernst zìi Windischgràts. — Gussmedailleii von Anton Weinberger [2 ta- 
vole]. — Schubertìnedaille von Hans Schaefer. — Vereinsnachrichten. — 
Verschiedenes. 

N. 230, luglio. — Dank Sr. Majestdl fiìr die Ueberreichung der 
Aspernmedaille . — Andorfer (Karl). Franz Josef Haydn. — Renner. 
Die Medaille in der grossen Deittschen Kunstausstellung, Wien 1909. — 
Vereinsnachrichten. — Verschiedenes. 

N. 231, agosto. — Richter (Alois). Die Jabilàumspriigungen des 
Jahres 1908. — Vereinsnachrichten. - - Verschiedenes. 

N. 232, settembre. — Richter (A.). Die Jubilaumspràgungen des 
Jahres 1908 [fine]. — Renner. Die Medaille in der X. lnternationalen 
Kunstausstellung zìi Miinchen. — Von der Spezialaustellung zur Feier 
der Eróffnung der Taiierba/111 in Salzburg. — Vereinsnachrichten. — 
Verschiedenes. 

N. 233, ottobre. — Richter (Alois). Die Jubilaumspràgungen des 
Jahres 1908 [fine]. — r Renner. Johann Scliwerdtner, Graveur und Me- 
dailleur, 1817-1909. — Hallama (H.). Neue polnische Medaillen. — Ve- 
reinsnachrichten. — Verschiedenes. 



Numismatische Zeitschrift. Vienna. 

Voi. XXXIX & XL, 1907. — Register zu I bis XXXVIII. 



Monatsblatt der Numismatischen Gesellschaft in Wien. 
Vienna. 

N. 307, febbraio. — JahresversammluHg der Wiener Numismatischen 
Gesellschaft am 20 Jiinner 1909. — Verschiedenes. — Anzeigen. 

N. 308, marzo. — Ernst (C. von). Einiges iiber die anlike Mìinz- 
technik. — Wiener numismatische Gesellschaft. — Numismatische Litte- 
ratur. — Verschiedenes. 

N. 309, aprile. — Ronde (Tu.). Dos Papiergeld des Lombardisch-Ve- 
netianischen Kónigreiches. — Wiener numismatische Gesellschaft, — Ver- 
schiedenes. 

N. 310, maggio. — Gerin (Paul). Grossbronze des Marcus Antonius, 
Julius Caesars und der Octavia. — Versammlung der Numismatischen Ge- 
sellschaft ani 21 Aprii 1909. — Besprechungcn. — Verschiedenes. 



506 BIBLIOORAFIA 



N. 311, giugno. — Ernst (Hofrat von). Ueber Grosse und unge- 
wòhnlich grosse Bergiverksmedaillen. — Ausflug nach Kreuzenstein. 

Verschiedenes. 

N. 312, luglio. — Ernst. Ueber grosse unii ungewòhnlich grosse Berg- 
werksmedaillen. — Numismutische Literalur, ecc. 

N. 313, agosto. Hauptversammhtng des Gesamtvereines der deutschen 
Geschichts-und Altertumsvereine in Worms [settembre 1900]. — Ernst. 
Ueber grosse ttnd ungewòhnlich grosse Bergiverksuiedaillen. — Bespre- 
chungen. — Verschiedencs. 

N. 314, settembre. — Ernst. Ueber grosse und ungewòhnlich grosse 
Bergwerksmedaillen. — Besprechungen. — Verschiedenes. 

N. 315, ottobre. — Grossbronze des Marcus Anionius, Julius Caesars 
und der Octavia. — Numismutische Literalur. — Verschiedenes. 

N. 316, novembre. — Versammlung der Numìsmalischen Gesellscha/t 
am 20 Oktober /909. - Nagl (d. 1 Alfred). Ueber die rómische Silber- 
geldrechung nach L, Volusius Maecianus. — Munzfunde, — Verschiedenes. 



Numizmatikai Kòzlòny. Budapest. 

II Ffizet, 1909. — Mihàlovics (d. r Béla). A Georgtkon irmei [Le me- 
daglie della scuola superiore d'agricoltura], — Gohl (Ed.). A Biatec- 
csoportbeli barbar pénzek [Le monete barbare del gruppo Biatec]. — 
Szalay (G.). A kiskunfélegyhàzai aranyforintlelet [Ritrovo di fiorini d'oro 
del XIV-XV secolo a KiskunfélegyhàzaJ. — Andor (Leszik). Resurgo 
[filagrana della carta monetata di Kossuth, data fuori a Londra nel 1860]. 
— Ritrovi di monete. — Nuove medaglie ungheresi. — Musei. — Biblio- 
grafia. — Miscellanea. — Vendite. 

HI Fuzet. — Gohl (Ed.). Magyar iskolak e'rmet ; [Medaglie delle scuole 
ungheresi dal 1618 ai nostri giorni]. — Gohl (Ed.). A Biatec-csoportbeli 
barbar pénzek [Le monete barbare del gruppo Biatec], — Szentgàli 
(Kàroly). Ujlaky Miklós kiadatlau denàra [Denaro inedito di Nicola 
Ujlaky re di Bosnia, sotto re Mattia Corvino, re d'Ungheria]. — Faragò 
(Miksa). A mi barkjegyink [La carta-moneta austriaca ed ungherese 
dal 1762 al 1907). — Leszih (Andor). Mtskolc vàros pénztdn utalvànya 
1860 [Assignat della città di Miskolcz di 25 kreuzer dell'a. 1860). — 
Gohl (Ed.). Nemzetkózi numizmatikai és medailliszlikai kongresszos 
Br/iszszelben igio [Il congresso internazionale di numismatica di Brus- 
selles, 1910]. — Horvàth (A. Jànos). Iskolai signumok [I segni (signum) 
usati nelle scuole dell'Ungheria un secolo fa]; Az iglói og. ev. fògim- 



BIBLIOGRAFIA $07 



nazium éremgyiijteménye [Il medagliere del ginnasio di Iglò]. — Mild (G.). 
Egy e'rdekes règi érem [Medaglia religiosa da aprirsi]. — Ótvòs (G.). 
Irodalom [Bibliografia]. — Z-n. Fadrusz Jdnos emlikérme [Medaglia di 
Giovanni Fodrusz, scultore ungherese]. — Medaglie e plachelfe ungheresi 
recenti. — Vendile. — Società numismatica ungherese. 



The Numismatic Chronicle and Journal of the Royal Nu- 
mismatic Society. Londra. 

Part I, 1909. — Seltman (E. J.). Lacedaemon versus Ai/aria. — Roth 
(Bernard). A unione ancient British Gold Stater of the Brigantes [? a 
Pattern], — Mowat (Robert K.). The counìermarks of Claudius I. — 
Macdonald (George). Roman Contorniatts in the Himterian Collection. — 
Hockihg (W. J.). Simon's Dies in the Royal Mini Museutn, wit/i some 
Notes on the Early His/ory of Coinage by Maclunery. — Notice of recent 
Publication. 

Part II. -- Hands (A. W.). Notes on a Phoemcian Drachm hearing 
the Natne Jahve. — Walters (F. A.). The coinage of the Reign of 
Edward IV. — Covernton (J. G.). Some Silver Buwayhìd Coins. — 
Evans (lady). Memorial Medal of Josias Nicolson. — Miscellanea. — No- 
tice of Recent Publication. — Proceedings. 



Spink & Son's Monthly Numismatic Circular. Londra. 

N. 195, lebbrato 1909. — Hands (A. W.). Coins of the Italo-Greek 
Cities (Cales, Capua). — Gnecchi (Francesco). Coin-types of Imperiai Rome. 
— Forrer (L.). Biographical Notices of Medallists, e/c. ivith References 
lo iheir Works, B. C. joo. • A. D. 1000 [Pingret-Pisanello]. — Piccione 
(Matteo). / denari e i picco/i bronzi fusi dell'antichità. — Obituary [Ma- 
nuel Joaquim de Campos], — Rtviews. — Numismatic Societies, Mu- 
seums, eie. — Garside (Henry). The British Imperiai Bronze Coinage 
[Part 15]. — Numismatic Books, eie — Catalogne nf Coins and Medals 
for sale. — l'aria. — Notices. 

N. 196, marzo. — Hands (A. W.). Coins of the Italo-Greek Cities (Nu- 
ceria, Phistelia, Legendless Coins, Suessa, Teanum Sidicinum). — For- 
rer (L.). Biographical Notices of Medallist, eie. [Pisani-Pistrucci]. — 
Grogau (Henry T.). Ceylon Du/ch Currency. — H. F. A Proclamation 
conceming the Gun-money of James II. — Ramsden (H. A.). Une pièce 
medile. — Obituary [Leon Ardouin], — Numismatic Societies, etc. — A^k- 
mismatic Books, etc. - Catalogne nf Coins and Medals for sale. — 
Notices. 



c;ofc> BIBLIOGRAFIA 



N. 197, aprile. - - Perini (Q.). Una medaglia inedita di Vincenzo li, 
duca di Mantova. — Gocbastoff (C). Une piece inèdite de Valentinien 11. 

— Hands (A. W.). Coins of the Italo-Greek Cities (Suessa, Teanum Si- 
dicinum, Compulleria, Nola, Hyriawith Nola). — Gnecchi (Fr.). Coiti 
Types of Imperiai Rome {The Imperiai Records). — Forrer (L.). Biogra- 
phical Notices of Medallisls, e/c. [Pitau-Pomar]. — Garside (H.). The 
British Imperiai Coinage [Part 16]. — Numismatic Societies, e/c. — Ca- 
talogne of Coins and Medals /or sale. — Notices. 

N. 198, maggio. — S. M. S. Inedited Coins [Noble {Transitionalj of 
Henry VI; Ange/ Henry Vili (First Coinage); Exeter Unite, Charles 1]. 

— Hands (A. W.). Coins of the Italo-Greek Cities (Hyria, Fensernia, Ve- 
lecha-Romano-Campanian Coins), — Gnecchi (Fr.). The Coin-Types of 
Imperiai Rome [fine]. — Forrer (L.). Biographical Notices of Medal- 
lisls, etc. [Pomedello-Poppe]. — Garside (Henry). The British Imperiai 
Bronze Coinage. — Numismatic Societies, Museums, Reviews. — Obi- 
taary [H. B. Bowles; Sir Maurice Holzmann]. — Numismatic Books, etc. 

— Catalogne of Coins and Medals for sale. — Varia. 

N. 199, giugno. — Hands (A. W.). Coins of the Italo-Greek Cities 
(Romano-Campanian Coins). — Forrer (L.). Biographical Notices of 
Medallisls, eie. [Poppo-Protarchos]. — Piccione (Matteo). Le mone/e su- 
turate e dentellate. — Garside (Henry). The British Imperiai Bronze' 
Coinage. — Davis (W. J.). Correspondence. — Numismatic Societies, Mu- 
seums, etc. — Numismatic Books, etc. — Catalogne of Coins and Medals 
for sale. — Varia. — Notices. 

N. 200, luglio. — Hands (A. W.). Coins of the Italo-Greek Cities 
{Romano-Campanian Bronze Coins). — Forrer (L.). Biographical No- 
tices of Medallisls, eie. [Protat-P. Z.]. — Henderson (J. R.). Ceylon Dulch 
Currency. — Eddé (d. r ). Les mcdaillons d' Aboukir. — Numisma/ic So- 
cieties, Museum, etc. — Numismatic Books, e/c. — Catalogne of Coins 
and Medals for sale. — Varia. — Notices. 

N. 201, agosto. — Forrer (L.). Biographical Notices of Medallisls, etc. 
[Queste-Ragusio]. — Petrie (G. B.). The Need for a Standard Catalogne 
of English Coins, and a suggested Method for compiling the Same. — 
Numismatic Societies, Museums, eie. — Obi/uary. — Numisma/ic Books, e/c. 

— Catalogne of Coins and Medals for sale. — Varia. 

N. 202, settembre. — Forrer (L.). Biographical Notices of Medal- 
lisls, etc. [Raemi-Rausch]. — Rezviezvs. — Numismatic Books, eie. — Ca- 
talogne of Coins and Medals for sale. 

N. 203, ottobre. — Hands (A. W.). Greek Coins (Romano-Campanian 
bronze; The six different Pounds of Italy). — Forrer (L.). Biogra- 



BIBLIOGRAFIA 509 



phical Notices of Medallists, etc. [Ravaschieri-Rego]. — Neiv Lincoln 
Pennies. — S. M. S. Centettary of Matthew Boullon. — Sales [The Hazlitt 
Coins]. — Finds [A Somerset Find]. — Obituary [Jean Paul Lambros]. 
— Numismaiic Reivieivs, e/c. — Catalogne of Coins and Medals for sale. 

N. 204, novembre. — Hands (A. W.). Greek Coins {The districi of 
Apulia and Arpi). — Forrer (L.l Biographical Notices of Medallists, eie. 
[Regommier-Ribourt]. — Una medaglia commemorativa del Centenario 
di U. Foscolo a Pavia. — Numismaiic Societies, Museums, etc. — Nu- 
mismaiic RewieiK's, etc. — Catalogne of Coins and Medals for sale. — 
Varia. — Notices. 



Tijdschrift van het Koninklijk Nederlandsch Oenootschap 
voor Munt-en Penningkunde. — Amsterdam. 

17 Jaargang, 2 Aflevering 1909. — Bruinvis (C. \\'.). De boogschutterij 
van St. Sebas/iaan's Doelen te Alkmaar. — Kekkwijk (A. O. van). Gc- 
graveei de nederlandsche penningen [einde \(>M en begin 17.de eeuw]. — 
Gouw (J. E. ieri. Over valsene munteti en munters. — Gouw. Nachrift 
op het artikel over de oudheid van het gemimi metaal. — Sassen (Auc). 
Bijdrage tot de muntgeschiedenis van Holland. — Hollestelle (A.). De 
blank. — Zw. Penning ter cere van Jsaac Rockesen (iój2). — Zw. in 
Memoriam H. L. A. van den Wall Bake. — Gemengde berichten. 

3 Aflevering. — Wigersma Hz. (S.). Muntvondst te Hiaure. Obo/en 
uit 't laatst der 11.de eetav. — Man (M. G. A. de). Jets over de penningen, 
geslagen op den th'ee/ionderd-jarigen gedenkdag der bevrijding van Vlis- 
singen. — Sassen (Aug). Bijdrage tot de muntgeschiedenis van Ba/en- 
burg (ifS6-isso). — Herrwiik (A. O. van). /> nederlandsche numisma- 
tici! in verval. — Prijsvraag op penningkundiq gebied. — Zwierzina 
(W. K. F ). Geboorte-en dooppenmngen der Oranjes. — Gemengde be- 
richten. 

4 Aflevering. — Wigersma Hz. (S.l. Over den oorsprong en het belang 
vati familiepenningen [Quest'importante memoria è qui riassunta anche 
in francese : De l'origine et de l'importance des médatlles de famille con 
7 tavole illustrative e molte ili.]. - Gwrngde berichten. 



American Journal of Numismatics. New-York. 

Voi. XLIII. N. 202, 1908-1909. — Silvestre (M. F.). Notes on the 
money of China and its Dependencies. III. [Translated for the Journal]. 
— A Locai Medal of the C'ivi/ H'ar. — W'ood iH. ('..). Fundamental Ideas 
in Metrology, exemplified in Ancien! Coins. — The New Gold Coins. — 

«5 



5 10 



BIBLIOGRAFIA 



Lagerberg (F. de). A Swedish-Catholic Memory in England. — Belden (L.). 
The Colleclion of American Insignia in the American Numismatic So- 
ciety's Cabinet. — Boston Anniversary Medal, 1008. — New Lincoln Me- 
dals. — Storer (d. r Horatio R.). The Meda/s, fetons and Tokens illu- 
strative of the Science of Medicine. — Proceedings of Sociefes: [The Ame- 
rican Numismatic Society ; Boston Numismatic Society ; The Interna- 
tional Congres of NumismatistsJ. — Coin Sale: [The James B. Wilson 
Collectionl. — The new I/a/ian Coins. 

N. 203. — Svoronos (M. Jean). The origina of Coinage [Translated 
for the Journal}. — A Bit of U. S. Mint Hisiory. — Lagerberg (Ju- 
lius de). Medals by Godefroid Devrees. — Anniversary Medal. — Lage- 
berg (J. de). A Theory as to the Origin of the Symbol of the Three 
( rowns 011 Sivedish Coins. — Storer (d. r H. R.). The Medals, fetons 
and Tokens illustrative of the Science of Medicine. — The International 
Congress of Numismatists. — United States Assay Medal for 1909. — 
Inauguration Medal. — The Controversy over " Communion Tokens „. 

— The Head Testimonial Fund. — Proceedings : [of the American Nu- 
mismatic Society at the fifty-first Aunual Meeting, Monday, January 
18, 1909. 

N. 204. — Svoronos (H. Jean). The Origins of Coinage [The Homeric 
Talents of Gold]. — Additions to " The Money of Folly „. — Blan- 
chet (M. J. Adrien). Ah unnoticed Jeton of John Law and i/s Date. — 
A Medal for the Princess of Ho/land. — Storer (d. r H. R.). The Medals, 
Jetons and Tokens illustrative of the Science of Medicine. — Baldwin 
(Agnes). - Facing Heads on Greek Coins [with four plates]. — Contor- 
niates. — The Lincoln Cent. — Hudson Ter-Ceniennial. — Foreign 
Notes. — Proceedings of Societies : [The American Numismatic Society]. 

— Numismatic Notes. — Obituary: Asher D. Atkinson ; Thomas Hall 
M. D. — Book-Notice. 



Journal international d'archeologie numismatique. 

Atene. 

Tome dixième, quatrième trimestre 1907. — Karo (G.). Die Spiesse 
der Rhodopis. — KeramopoULOS (A. D). 'Avà9-f)(jia 'AniteXt(oTùiv Kopt)vatu>v 
ìv AeXtpot;, XO0XÓ5 oikyioo. — Thiele (W.). Fràgstatten unter Severus 
Alexander. — Konstantopoulos (Iv.). BuSavxioxòv cpoXav.x-fipiov. — Beh (N.). 
'AvaYViuastc xal xatatóSet; Bo£avnaxù>v |aoXoj3So{5oùX/,ujv. — Svoronos (J. N.). 
Tà vo(iia[).aTÓof)[j.n xob 'Apooxtp. 

Tome onzième, premier, deuxième et Iroisième trimestres 1908. — 

Imhoof-Blumer (F.). Nymphen und Chariten auf griechischen Mi'mzcn : 
1. Nymphenbilder auf Miinzen der hellenischen und hellenistischen Zeit. 



BIBLIOGRAFIA ^11 



11. Nymphenbilder auf grìechischen Mitnsen der ròmischen Zeit. III. Cha- 
rittn. — Desswffy (Graf Miklos). Nso; xopivìhaxò; axax-ìjp. — Bahr- 
feldt (M.). Kupferpràgung aus dem Ende der ròmischen Republik : Sosius, 
Proculeius, Crassus. — Svoronos (J..N.). E3pf)p.a ex xyji; KtoitatSop. Aóotc 
yaXx<ùv vo(uap.óxiuv xoi? lìoiouxo;- u^ò 'Avx'.fóvou li xo5 Aióaiovo!;. 

Tome onzième, quatrième trimestre. — Sundwall (Joannes). Zur Ba- 

sisinschrift des delphischen Wagenlenkers ((Mi' eìxóvoo). — Svoronos (J. N.). 
228 'Aìfjvoixà TitpaSpa/iia, Bupfj(ta ZapòjJae.. — Rf.gling (Karl). Drei Mis- 
zellen (|i«xà xpcùv eìxóvcov). — Svoronos (J. N.). "Exfttoic. nepl xoó 'ESvtxoù 
No[ua|iaxixoy Mouatiou xaì x-'r,!; iStaixspai;, vofuap.axex-?]r avXXoyr : xoò 'ESvixoù 
IlavmtoxYj|iiov p.«xà ntptf aipixoù xaxaXÒYOv xaùv irpo)- 
[loixòv èxo? 1907-19x18. 



La Romagna, a. V, 1908, fase. I-XII: Boschi {!'.). Un processo di falsi 
monetari nella Repubblica di S. Marino (1780). — Manaresi (C). Le 
paghe degli uomini d'arme sotto Francesco Sforza [con qualche ac- 
cenno a ragguagli di monete]. — Brocco/i (P.). Di due altri quattrini 
di Astorgio III Manfredi, signore di Faenza. 

Bollettino storico pkr la provincia di Novara, a. II, fase. V-1V, 
novembre-dicembre 1908 & a. .Ili, fase. IV, 1909: Pcllini (S.). Il Prina, 
il Gabinetto numismatico di Milano e un'opera ms. della Biblioteca Ci- 
vica di Novara. — Morandi (G. B.). Memorie Novaresi del '59 [con di- 
segni di medaglie patriottiche dell'epoca]. 

Archivio storico messinese, IX, 1-2, 1908: Coseni/no (C). I conti 
della zecca di Messina [specialmente nel sec. XV], 

Atti del r. istituto veneto di scienze, lettere ed arti, t. LXVI11, 
disp. 4.", 1909: Biadego (G.). Pisanus pictor. Nota 2. 

Archivio storico sardo, voi. IV, 1908, pag. 243-59: Solmi (prof. Ar- 
rigo). Il sigillo del re Enzo. 

Viglevanum. rivista della società vigevanese di lettere, storia 
ed arte, a. III, fase. I, 1909 : Colombo (A.). Scoperte archeologiche ai 
Piccolini [monete romane]. 

Notizie degli scavi, fase. 2.", 1909: Orsi (P.). Ripostiglio di mone- 
tine del Basso Impero, rinvenuto a Siracusa. 

Rivista araldica, maggio 1909: Perini iQ.). Il sigillo di Armano III 
Signore di Campo [f 1344]. 

Bollettino del museo civico di Padova, a. XII, fase. MI, 1909 : Doni 
e acquisti del Museo Bottacin : Monete e medaglie, a pagg. 62-64. 

Bollettino della commissione archeologica comunale di roma, 
a. XXXVI, fase. 3." : Cesano (L.). Le monete degli italici durante la 
guerra sociale. 

Atti e memorie della r. deputazione di storia patria per le prò- 



5 12 



BIBLIOGRAFIA 



vincie di Romagna, 3- a serie, voi. XXVII, fase. I-Ili, 1909: Salvioni (G. B.). 
Il valore della lira bolognese dal J551 al 1604 [fine). 

Raccolta vinciana, n. 5, 1909 : Beltrami {Luca). La relazione del 
prof. Luigi Cavenaghi sul consolidamento del Cenacolo, e la medaglia 
d'oro a lui dedicata [con 1 tav.]. 

Rassegna d'arte, luglio 1909: Le onoranze al prof. Luigi Cavenaghi 
[Medaglia commemorativa]. 

San carlo nel terzo centenario della canonizzazione, a. I, 1909: 
n. 8 e segg. : Le medaglie di S. Carlo. 



Petite revoe des bibliophiles dauphinois, n. 1, 1908: Vallentin citi 
Cheylard (li.). Tarif imprime a Grenoble par Pierre Verdier. 

Revue des études ethnographiques et sociologiques, novembre- 
dicembre, 1908 [Paris, 1909] : Decourdemanche {A.}. Note métrologique 
sur la livre et la pile de Charlemagne et l'osselet de Suse. 

Revue historique, marzo-aprile 1909: Ricci (Francois). Note sur les 
tarifs de la Loi salique. 

Le musée, febbraio-agosto, 1909 : Thiaiès (O.). Les grandes mystilì- 
cations artistiques : Les Médailles pseudo-antiques. — Sambon (A.). Bul- 
letin numismatique ; Recueil de monnaies de l'Italie meridionale depuis 
le VII sièele de notre ère jusqu'au XIX. 1 — Sambon (A.). La bague a 
travers les àges. — Fonville (Jean de). Sperandio. 

Revue de l'art ancien et moderne, io ottobre, 1908: Faville (J. de). 
Pisanello d'aprts des découvertes récentes. 

BULLETIN DE LA SOCIÉTÉ ARCHÉOLOGIQUE ET HISTORIQUE DE CLERMONT- 

de l'oise, pour l'année 1907 [Abbeville, impr. Paillart 1908] : Binant 
(Paul). Intailles et monnaies romaines trouvées à Vendeuil-Caply. 

Recueil de notices et mémoires de la soctété archéologique du 
département de constanTine, 41 volume, année 1907, Constantine, 1908: 
Maguelonne (/.). Pièces d'or de l'epoque berbere, trouvées à Bougie. 

BULLETIN DE LA SOCIÉTÉ ARCHÉOLOGIOUE SCIENTIFIQUE ET LITTÉRAIRE 

du vendòmois, Vendòme 1908, t. XLII : Letessier (L.). Une trouvaille de 
monnaies du XVIII sièele à Autainville et l'Invasion anglaise de 1380. 
— Métais (abbé). Le sceau de Magdeleine de Vendòme, abbesse de 
Soissons. 

Travaux de l'académie nationale de reims, t. CXX11I : Bellevoie 
(Ad.). Note sur une trouvaille de monnaies du XV sièele, faite à Reims, 
rue Brulée, pres Saint Marcoul. 

Revue de synthèse historique (Paris), XVII, 3, 1908: Arens (F.). 
Commerce d'argent et commerce de denrées au moyen àge, a propos 
d'un travail récent [quello del Kulischer]. 

Le gaulois, 14, VII, 1909: Toni Paris. Graveurs en médailles. 

Bulletin archéologique et historique de tarn-et-garonne, 2. tri- 
mestre 1908 : France (H. de). Un Hotel des monnaies à Montauban. 



BIBLIOGRAFIA 513 



Zeitschrìft des histor. vereins fììr nikdersachsen, a. 1909, lasc. I: 
Bahrfeldt (A/.). Miinzgeschichtliches der Stadt Hannover. 

Hansische geschichtsblatter, a. 1909, pag. 205-209: Bahrfeldt (M.). 
Der Miinzrezess der vier wendischen Stadte von 1433, Januar 13. 

Hamburger nachrichten, n. 126, 14 marzo 1909 : /. (E.). Ein Gang 
durch die Hamburger Miinze. 

Tuurixger moxatsblattkr, XVIII Jahrg., il. 4, juli 1909 : Nagel {E.). 
Streifziige durch das Gebiet thiiringischer Munzen. 

Antiouitatex-rundschau (eisenacii), 1909, n. 10-29: Bayerische Mtìnzen- 
sammlung. — Sammlung Weber in Miinchen. — Miinzenfunde in Moor- 
burg, Heming, Edemisscn bei Einbeck, Chillon ani Genfersee, Heiliger- 
stadt [Wien]. — Miinzenfund in Gundelheim [Mittelfranken]. — Die 
Munzen ini Aberglauben. 

Klio. beitrage zur alien GEscHiciiTE, voi. IX, fase. II : Cagnat (P.). 
Remarques sur les nionnaies usitées dans l'Afrique romaine à l'Epoque 
du Haut-Empire. 

Glotta, voi. II, t'dsc. I: Jhm (M). Anduarto [presso Babelon, Mon- 
naies de la Rép. romaine, II, n ; è un nome proprio celtico, che va 
con Andouarto di Corpus Inscr. Latinarum, V, 5955]. 

Pfalzisches museum, giugno-luglio 1909 : Heitser (Emil). Silber- 
miinzenfunde in der Pfalz. 

SlTZUNGSBERICHTE DER KON. PREUSSISCHEN AKADEMIE UER WISSENSCHAFTEX, 

XXV, 1909, pag. 640-648 e tav. IV : Dressel (H.). Das Iseum Campense 
auf einer Miinze des Vespasianus. 

HlSTORISClIE VIERTELIAHRS-SCHRIFT, I9O9, pag. IÓI-2II: Hillinger 

[Benno). Alter und Miiiizrechnung der Lex Salica. 

MlTTElLUXGEN DES COPPERMCUS VEREINS FilR WISSENSCHAFT UND KUNST, 

17 Heft, n. 3, pag. 35-41 : Semraii (Arthur) Beitrage zur Milnzgeschichte 
der Stadt Thorn : 2. Die Miinzmeister der Stadt Thom 1630-1768. 

I IlSTORlSCHE MONATSBLATTER FUR DIE PROVINZ POSEN, Jalirgang IX, 1908, 

nn. 4, 6, io: Simon (K.). Ròmischer Dtnarfund von Lengovvo. — Mu- 
rile (//.). Numismatische Gesellschaft zu Posen. — Bolssus. Munzfuiul 
zu Lissa. — Bolszus (//.). Zur polnischen Mflnzkunde. 

Jahresbericht des Thflringisch-Sachsischen Vereins fiìr EiTorschung 
des vaterlàndischen Altertuins in Halle (1909): Braiise. Kriegsdenk- 
niilnzen. 

Jahrbuch fur Gesetzgtbung, Verwaltung und Volkswirthschaft ini 
Deutschen Reich, 32 Jahrg., 4 Heft, 1909 : Zwiedineck (Otto von). Die 
Einkommengestaltung als Geldwertbestiinmungsgrund. 

KoRRESPONDENZ-BLATT FUR DIE HOHEREN SCHULEN WURTEMBERGS, XVI 

Jahrg., Heft I (Stuttgart, 1909): Hesselntayer. Nochmals die Munzen. 

Nomisma, Heft 2 (Berlin 1908): Iinhoof-Bliimer (F.\ Die Amazonem 
auf gritchischen Munzen. — Fntze (H. von). Nochmals das Corpus 
Nummorum. 

Jahrbuch des dUsseldorfek geschichts-vereins fììr 1908 : Kirsch 
(Theodor). Die alteste Diisseldorfer Miinze. 



^14 BIBLIOGRAFIA 



Nomisma, Berlin 1909, Heft 3 : Fritze (H. von). Die autonomen 
Munzen von Abdera : eine chronologische Studie. 



Atti i. r. accademia degli agiati in rovereto, luglio-dicembre 1908: 
Perini (Q.). Il sigillo di Antonio Castelbarco di Lizzana. 

Atti i. r. accademia degli agiati in rovereto, s. Ili, t. X, fase. II, 
1909: Perini (£)•)• Contributo alla medaglistica trentina. 

Internationale sammler-zeitung, Vienna, a. I, n. 5 : r. Irma Stuart 
Willfort, eine neue Erscheinung auf dem Gebiete der Medaillenkunst. 

Jahrbuch fUr altertumskunde, Bd. II, 1908: Luschin von Ebengreuth. 
Steirische Munzfunde [Fundtabellen und Ergebnisse]. 

Jahreshefte des oesterreichischen archaologischen instituts, vo- 
lume XI, fase. 2 : Eberi {M). Der Goldfund von Dàlj [Museo di Berlino]. 

67 JAHRESBERICHT DES MUSEUM FRANCISCO CAROLINUM, Linz, I9O9 : 

Arndt (/.). Die Medaillensammlung des Museum Francisco Carolinum 
in Linz. — Die oberòsterreichischen Munzen, Medaillen, Jetons, Raitpfen- 
nige und Pràgewerke. 



Espàna moderna, marzo 1909 : Calvo (/.). El sexo femenino en las 
monedas : Grecia antigua. 

BOLETIN DE LA REAL ACADEMIA DE LA HISTORIA, t. LUI, quaderno IV: 

Vives {Antonio). Lote de monedas àrabes. 



Revue historique vaudoise, mars 1909 : Gruaz (Julien). Les mon- 
naies de Lausanne d'après la collection du Médaillier cantonal. 



Vkije fries, t. XXI, 1909, pagg. 81-131 : Wigersma (S.). Mundvond- 
sten van Vroeg-i3. de eeuwsche halve Obolen in Friesland [ili.]. 



The burlington magazine, aprile 1909 : Hill (G. F.). Notes on Ita- 
lian medals [sec. XVI]. 



VARIETÀ 



A proposito dei medaglioni d'oro d'Abukir. — La 

questione sull'autenticità di questi pezzi nacque alla loro ap- 
parizione e dura tuttavia. I numismatici si divisero in due 
campi e numerosi articoli apparsi o in pubblicazioni speciali 
o in diversi periodici, talora serii e cortesi, talora anche tra- 
scendenti al di là dei limiti della calma discussione, attacca- 
rono o difesero questi medaglioni, senza che una delle parti 
sia riuscita a convincere l'altra. Ma il fatto più memorabile 
di questa vessata questione fu la conversione di uno dei più ac- 
caniti oppositori, vogliamo dire dello Svoronos, il quale, dopo 
di avere accusati di falso i medaglioni, e d'avere promesso 
una carica a fondo contro di essi, li rivede, li riosserva e 
colpito da una inaspettata ispirazione, a guisa di Paolo sulla 
via di Damasco, cambia parere e scrive un articolo quale 
nessuno se lo sarebbe aspettato. Il male si è che l'articolo 
è scritto in greco, e il greco chi lo capisce? Non crediamo di 
far torto ai pochi ellenisti affermando che la generalità cer- 
tamente non ha potuto leggerlo, ed è per questo motivo che, 
per quanto la nostra Rivista si sia sempre tenuta estranea 
alla questione (la quale a vero dire è più archeologica che 
numismatica, trattandosi in ogni caso di oggetti di dono, non 
di monete) abbiamo creduto giusto e anche doveroso verso 
chi da questo articolo può sentirsi favorito, di darne la tra- 
duzione, onde chi della questione voglia interessarsi, possa 
imparzialmente attingere a tutte le fonti e giudicare dopo 
d'aver udite ambe le parti. 

Ecco dunque la traduzione dell'articolo del signor Svo- 
ronos apparso nell'ultimo fascicolo della Revue Internationale 
de Nutnismatique. 

* I MEDAGLIONI D'ABUKIR. 

" Nella grande questione della autenticità o non auten- 
ticità dei medaglioni detti d'Abukir, in parte acquistati dal 



VARIKTÀ 5I6 

Museo Numismatico di Berlino, io mi ero schierato — dacché 
ne avevo avuto cognizione dalla pubblicazione del sig. Ar- 
vasutakis — fra quelli che li condannavano come falsificazioni. 

" Uno studio che feci in seguito, basandomi su delle 
fotografie e delle impronte, m'ha convinto così completa- 
mente che, quantunque non avessi avuto l'occasione, mal- 
grado tutte le mie pratiche, di avere nelle mie mani i 
pezzi originali, io ho creduto mio dovere d'esporre pubbli- 
camente e dettagliatamente davanti al primo Congresso di 
Archeologia ad Atene le ragioni che m'avevano indotto in 
questa convinzione. 

" Io m'ero altresì deciso a pubblicare in questa Rivista 
i miei argomenti, pensando che monumenti in parte acqui- 
stati da un eminente collega non dovevano essere condan- 
nati vagamente, irresponsabilmente e solo verbalmente, af- 
finchè quelli che erano d'opinione contraria avessero potuto 
conoscere per parole precise quella di uno di coloro che con- 
dannavano i 20 medaglioni in questione. 

" Se non ho realizzato tale mia intenzione, fu perchè 
il mio venerato collega sig. Dressel, vale a dire il compra- 
tore di cinque di quei medaglioni pel Museo di Berlino, mi 
raccomandò di non pubblicar nulla sull'argomento prima che 
egli stesso avesse pubblicato uno studio in difesa della tesi 
contraria, col quale pensava di convincere anche me. Lo 
studio del sig. Dressel andò per le lunghe per l'estensione 
che assunse durante la redazione. 

" E giacché, né la lettura di quella pubblicazione, né lo 
studio che ne feci avevano potuto convincermi della giustezza 
dell'opinione del suo autore e neppure gli scritti appoggiami 
l'opinione contraria m'erano parsi abbastanza decisivi per 
provarne la falsità, e d'altra parte neppure un esemplare 
che il possessore mi aveva lasciato in mano per qualche 
istante m'era parso autentico, decisi di pubblicare immedia- 
tamente il mio studio dopo aver fatto tradurre in lingua stra- 
niera il mio manoscritto greco, cui avevo aggiunto tutto ciò 
che diventava necessario alla rettifica minuziosa degli argo- 
menti del sig. Dressel. 

" Fortunatamente quando il mio lavoro fu terminato, al- 
l'edizione di questa Rivista sopraggiunsero delle difficoltà, in 
seguito alle quali mi fu impossibile farlo comparire nel terzo 
fascicolo del 1907, nel quale comparve solo una parte delle 
tavole; e il quarto fascicolo 1907 non potè vedere la luce 
che nel febbraio 1909 in altra tipografia. Ho detto fortuna- 
tamente, perchè nell'intervallo ho potuto visitare Berlino nel 
corso del viaggio da me intrapreso pel Corpus delle monete 
Ateniesi nell'estate del 1908, ed ebbi così occasione d'avere 
nelle mani con tutto agio cinque dei celebri medaglioni 
d'Abukir. 



VARIETÀ 5T7 



" La mia prima impressione fu ancora che si trattasse 
di falsificazioni. Ma a poco a poco, di mano in mano che i 
pezzi, a mia richiesta, erano messi davanti a me, si sviluppò 
in me una forte impressione d'autenticità, impressione che 
né il minuzioso studio degli esemplari né la critica più se- 
vera non poterono cancellare dalla mia mente. 

" In breve, la conclusione di questo studio, durato circa 
un mese, fu che la mia convinzione si scosse a tal punto che 
non mi era più consentito di sostenere l'opinione contraria, 
di modo che m'affrettai da Berlino a sospendere la pubbli- 
cazione del mio manoscritto. 

" Ed ora, perduta la confidenza di me stesso, io ignoro 
se in me non si manifesta l'effetto contrario che già si pro- 
dusse nella mente del sig. Dressel, il quale, dopo aver com- 
perato quattro di questi medaglioni nella piena convinzione 
della loro autenticità, incominciò — da quanto mi scriveva 
allora — a dubitarne, dacché ebbe la riproduzione degli altri 
sedici. 

" Io ignoro pure, se alcuni de' miei colleghi, cui confidai 
la mia nuova opinione, hanno ragione dicendomi che la prima 
impressione è sempre la buona; e che io sono stato certa- 
mente suggestionato dalla vista dell'oro e dalla meravigliosa 
bellezza dei medaglioni di Berlino. 

" Quello che io so in ogni caso con certezza è che ora, 
avendo a torto o a ragione, perduta la convinzione assoluta 
che io possedevo sulla non autenticità di questi pezzi, il do- 
vere scientifico più elementare m'impone di confessarmi pub- 
blicamente e d'astenermi da ogni pubblicazione in senso 
contrario. 

" Certamente io penso che la pubblicazione del mio la- 
voro potrebbe mettere in imbarazzo sotto più d'un aspetto 
i partigiani dell'autenticità di questi pezzi, tanto più che nel 
corso delle discussioni con questi ultimi, riesci loro impos- 
sibile di rispondere a parecchie delle questioni che loro 
eran poste. 

" Ma questo sillogismo non potrebbe dimostrare né la 
falsità di questi monumenti né la loro autenticità ; tanto più 
che, non essendo monete, non solamente non potrebbero es- 
sere giudicate alla stregua della numismatica, ma altresì ap- 
partengono a una classe di monumenti che ci è poco co- 
nosciuta. 

" D'altra parte il sig. Dressel ha provato col suo studio 
che sarà possibile sciogliere scientificamente qualcheduna 
delle numerose questioni sospese, principalmente se la nuova 
categoria di monumenti numismato-morfi sarà aumentata. 

" In ogni caso, invece di rimpiangere questa disgrazia 
personale nella questione dei medaglioni d'Abukir, io me ne 

66 



5i8 VARIETÀ 



rallegro particolarmente perchè in questo modo ci si presenta 
l'occasione d'apprezzare il coraggio di chi osò, malgrado la 
corrente d'opinione contraria, acquistare a un prezzo elevatis- 
simo alcuni medaglioni per conto del Museo affidato alla sua 
direzione. 

" J. N. Svoronos „. 



A proposito del R. Gabinetto di Brera. — Le trat- 
tative lungamente protratte fra il Governo e il Municipio di 
Milano pel trasporto delle Collezioni Numismatiche di Brera 
al Castello, non approdarono finora ad una soluzione. Le 
proposte del Governo non sembrarono finora accettabili al 
Municipio di Milano, il quale per mezzo dell'Assessore an- 
ziano, ora Sindaco di Milano, comm. avv. B. Gabba, rivolse 
ai membri della Commissione dei Musei Municipali una let- 
tera circolare, in cui si domanda il parere di ciascuno sulla 
questione. Trattandosi di argomento che così da vicino tocca 
gli interessi della Società Numismatica Italiana che fu una 
delle prime promotrici e propugnatrici dell' idea, e di chiun- 
que si occupa di numismatica, crediamo bene dare qui la 
risposta che il Vice-Presidente della nostra Società nella sua 
qualità di membro della Commissione dei Musei Municipali 
al Castello, diede alla citata circolare, onde ciò serva ad in- 
formare i nostri lettori del modo in cui la nostra Società 
intenderebbe fosse risolta l'importante questione. 

Milano, io novembre 1909. 

On. Giunta Municipale 

Milano. 

" Rispondendo alla circolare diretta il io sett. scorso 
ai membri del Consiglio Direttivo dei Musei Municipali 
(97408-684 Riparto 6°/n), non posso che riassumere le idee 
da me ripetutamente espresse a voce nella Commissione e 
anche in parecchi scritti. 

11 problema da risolvere è il seguente : Conviene al 
Governo e conviene al Municipio di Milano il trasloco del 
R. Gabinetto di Brera al Castello? In tal caso, quali dovreb- 
bero essere le condizioni? 



VARIETÀ 5 ig 



Ora i fatti della posizione attuale e gli effetti dell'even- 
tuale trasporto sono i seguenti : 

Il R. Gabinetto Numismatico ha nel palazzo di Brera 
un locale perfettamente idoneo, sufficiente e decoroso, direi 
anzi che la sua sede potrebbe essere invidiata da parecchi 
gabinetti esteri. Non avrebbe quindi alcuna ragione di cer- 
carsi una sede migliore; ma invece è alla Biblioteca o alla 
Pinacoteca che questi locali farebbero molto comodo e da 
ciò l'idea prima e le successive pressioni all'esilio del Ga- 
binetto numismatico. 

Locali governativi adatti allo scopo non ve ne sono in 
Milano; perciò si rivolsero gli occhi al Castello di proprietà 
Municipale. 

Il Municipio di Milano, quale proprietario del Castello, 
offrendo ospitalità alle raccolte del Governo, avrebbe non 
solo il vantaggio di accogliere una nuova e insigne collezione 
che certo aggiungerebbe lustro ai suoi Musei ; ma anche 
l'altro maggiore di approfittare di tale occasione per render 
vive e utili agli studiosi le sue collezioni numismatiche, le 
quali ora, senza direzione, sono morte e inutili e, aggiungerò 
anche, poco decorose pel proprietario. Per ciò fare però, per 
affidare cioè le proprie collezioni al direttore della collezione 
governativa, il Municipio dovrà necessariamente assumersi 
il carico di fare una congrua aggiunta all'onorario del detto 
direttore. 

" Sic stantibus rebus „, rimane a considerare : 

I. - - Se nel Castello si possa trovare quel gruppo di 
locali in cui collocare le due collezioni, opportunatamente 
separate e distinte, la direzione e la biblioteca numismatica, 
poiché è naturale che colle collezioni di Brera debba tra- 
sportatisi anche quella parte di libri che alla numismatica si 
riferisce, quella parte cioè che già apparteneva al Gabinetto 
Numismatico e che poi per ragioni non bene chiarite venne 
incorporata al rimanente della Biblioteca Braidense. Traspor- 
tare le sole monete senza la Biblioteca numismatica sarebbe 
un non senso. E questo lo dichiaro anche a nome della So- 
cietà Italiana di Numismatica; 

II. — Dato che il gruppo di locali sia dalla Commis- 
sione trovato e accordato, rimano a stabilire quali dovreb- 
bero essere le condizioni reciproche del trasporto. 



VARIKTA 



E qui, sorvolando o meglio, calcolando come non av- 
venute le trattative fatte a spizzico e a lunghi intervalli in 
questi due ultimi anni fra il Governo e il Municipio di Milano, 
trattative che non arrivarono a nulla di organico e di posi- 
tivo, ecco come, riprendendo la cosa a nuovo, sarebbe, a 
mio modo di vedere, giusto per le due parti procedere. 

" Lo Stato, il quale non ha alcuna plausibile ragione 
di diminuire il suo onere attuale circa il Gabinetto numisma- 
tico, mentre sarebbe ingiusto caricarne il Municipio di Mi- 
lano che gli offre ospitalità gratuita, continui a sostenere le 
spese fin qui sostenute, spese che potrebbe continuare a 
versare direttamente alla Direzione del Gabinetto, oppure, se 
meglio credesse, anche versare in una sola cifra 0) annual- 
mente al Municipio di Milano coll'obbligo a questo di ero- 
garla come lo è attualmente. 

" Di più dovrebbe essere a carico del Governo la spesa 
di trasporto e collocazione, concretando tale spesa nella cifra 
di L. 20.000, la quale non sarebbe che un assai tenue com- 
penso ai locali goduti gratuitamente in perpetuo. 

" Il Municipio di Milano da parte sua si obbligherebbe 
a ricevere, collocare e custodire le collezioni numismatiche 
dello Stato, divise dalle proprie, sotto l'unica direzione del 
Direttore governativo, allo stipendio del quale aggiunge- 
rebbe un paio di migliaia di lire per proprio conto : e così 
pure si obbligherebbe ad erogare la somma annuale pagata 
dal Governo, quando fosse a lui versata, a norma dell'ero- 
gazione attuale „. 

Questa, secondo me, sarebbe nelle sue linee generali 
la convenzione più semplice, più equa e più ragionevole per 



(1) La quale cifra si compone come segue : 

Spese annuali per l'Ufficio e acquisti . . . L. 2000 

Onorario pel Direttore „ 3000 

Stipendio amanuense e custode „ 2800 

Fondo generalmente accordato per acquisti di 

monete e libri , 1300 

L. 9100 

E la cifra potrebbe essere arrotondata in L. 10,000, accordando 
qualche cosa di più alla dotazione ben meschina per gli acquisti. 



VARIETÀ 521 



ambe le parti, fra le quali però, se una dovrà aggiungere 
un atto di ringraziamento all'altra sarà il Governo il quale 
dovrà riconoscere che il Municipio di Milano fu largo e gene- 
roso ,,. 

Francesco Gnecchi. 



La Numismatica al III Congresso per il progresso 
delle scienze in Padova (20-26 settembre). — Con no- 
stra soddisfazione segnaliamo anche quest'anno lo svolgi- 
mento di temi numismatici al Congresso delle scienze. La 
numismatica, che è scienza autonoma, abbraccia l'archeologia, 
la storia medioevale e moderna, ha a suo sussidio la meda- 
glistica, la sfragistica, l'araldica, la paleografia e l'epigrafia, 
non può a meno di essere col tempo apprezzata come si 
conviene e di essere posta accanto alle altre discipline sto- 
riche, non già come ancella, ma come collega utilissima per 
tutti gli studi che hanno per base e fine la illustrazione sto- 
rica dei popoli e delle regioni. 

Quest'anno a Padova, la Società numismatica italiana 
fu rappresentata dal prof. Serafino Ricci di Milano, il quale vi 
rappresentava anche la Direzione del Medagliere braidense, 
il Circolo numismatico milanese e gli Amici dei monumenti 
di Milano e della Lombardia. 

La Direzione del Museo Civico di Padova era rappre- 
sentata dal prof. Luigi Rizzoli junior, nostro socio e colla- 
boratore, conservatore del Museo Bottacin di Padova e li- 
bero docente di numismatica e sfragistica a quella Università. 

I temi svolti furono un nuovo contributo alla numisma- 
tica padovana (relatore Rizzoli) e la storia della zecca di 
Padova in relazione col nuovo progresso delle discipline 
numismatiche (relatore Ricci). 

L'adunanza riservata alla numismatica fu quella della 
mattinata del 25 settembre, e fu aperta dal presidente pro- 
fessore Pellegrini, il quale diede la parola al prof. Rizzoli. 
Questi aggiunse un altro contributo a quelli notevolissimi 
già da lui portati alla numismatica padovana, presentando 
un denaro piccolo di Jacopo 11 da Carrara e un bagaltino 
detto della Rosa, e offrendo una nuova ipotesi sul significato 



522 VARIETÀ 

che ha la testa raffigurata sul testino negro appartenente a 
Novello da Carrara. 

Il prof. Ricci, dopo brevi parole di plauso per il contri- 
buto che il prof. Rizzoli reca alla storia della numismatica 
padovana, tenne poi la sua comunicazione sulla storia della 
zecca di Padova e il progresso delle discipline numismatiche 
in Italia. 

Tracciata rapidamente la storia della zecca di Padova, 
accennato al buon ordinamento delle serie numismatiche nel 
Museo Bottacin e considerato l'odierno risveglio degli studi 
relativi alla storia della monetazione e della medaglistica, 
propose i seguenti due ordini del giorno, i quali furono appro- 
vati all'unanimità : 

" La Sezione storica della Classe C del III Congresso 
" della Società Italiana pel progresso delle scienze in Pa- 
" dova, udita la Relazione del prof. Serafino Ricci, di Mi- 
" lano, Sulla stona delta zecca di Padova e sul progresso 
" delle discipline numismatiche in Italia, plaude all'opera della 
" città di Padova, anche in queste discipline, pel riordina- 
" mento del Museo Bottacin, degna all'antica fama di dotta „. 

" La Sezione storica della Classe C del III Congresso 
" della Società italiana pel progresso delle scienze in Pa- 
dova, si augura che almeno nella Scuola italiana di archeo- 
logia presso l'Università di Roma, e possibilmente in qual- 
che altra Università, si istituisca l'insegnamento numisma- 
tico, che prepari gli studiosi competenti pel riordinamento 
scientifico dell'ingente e prezioso patrimonio numismatico 
" della nazione „. 

Entrambe le relazioni numismatiche furono ascoltate con 
religiosa attenzione e vivo interesse, e riuscirono applaudi- 
lissime. Il secondo ordine del giorno, presentato dal prof. Se- 
rafino Ricci, accese una calorosa discussione sulla necessità 
dell'insegnamento universitario della numismatica. Fu anzi 
osteggiato un ordine del giorno più vago, e invece appro- 
vato ad unanimità quello più concreto, che domandava senza 
altro qualche cattedra di numismatica nelle Università ita- 
liane, prima quella di Roma. 



VARIFTÀ 523 

La tutela dei monumenti e del patrimonio artistico 
e storico della nazione, del quale son parte importante 
pure le monete e le medaglie, fu argomento di discussione 
vivacissima al Congresso di Novi Ligure, indetto dalla So- 
cietà storica subalpina. Da un lato si riconobbe che la Dire- 
zione Generale per le Antichità e Belle Arti fa tutto quello 
che può per arrivare in tempo, dall'altro si lamentò da molti 
l'insufficienza dei fondi e del personale, cause costanti di 
deficiente tutela, di mancati restauri, di imperdonabili oblìi. 
Riconosciuta quindi molto pratica la proposta di nominare 
una Commissione, che studii i mezzi migliori per riparare a 
così grave danno, si accolse ad unanimità l'ordine del giorno 
seguente, riuscito dalla fusione dei due ordini distinti del 
prof. Patrucco e del prof. Ricci : 

" Il Congresso, constatando che con tutta la professata 
" buona volontà dell'autorità superiore, il Ministero è scien- 
" temente impotente a provvedere alla conservazione del 
" materiale artistico e storico dei monumenti d'Italia, si au- 
" gura che il Governo provveda subito ai fondi ed al per- 
" sonale necessario, adeguato ai bisogni in tutto il Regno ; 
" riconosce l'isolamento in cui è lasciata l'attuale Direzione 
" Generale delle Antichità e Belle Arti e l'intelligente opera 
personale del corani. Corrado Ricci, e delega una Com- 
" missione di competenti, che portino personalmente al Mi- 
" nistero della Pubblica Istruzione le lagnanze ed i voti dei 
" congressisti subalpini „. 

La Carta numismatica italiana. — Al XII Congresso 
storico subalpino, tenutosi in Novi Ligure lo scorso settem- 
bre, il Circolo Numismatico milanese prese l'iniziativa di 
richiamare l'attenzione dei dotti, archeologi, storici, numisma- 
tici sulla necessità di compilare, nel più breve tempo possi- 
bile, la Carta numismatica italiana, la quale deve servire, 
come la Carta archeologica d' Italia, di punto di partenza 
negli studi topografici, archeologici e storici della regione. 

Era relatore del tema il prof. Serafino Ricci, presidente 
del Circolo di Milano. 

Rilevata la necessità di detta Carta, il Ricci mostrò i 



524 



VARIETÀ 



modi coi quali si può allestire, affermando che, con la divi- 
sione del lavoro, pure quest'opera gigantesca potrebbe ve- 
nire portata a compimento. Concluse col promettere che il 
Circolo numismatico milanese si porrà all'opera, coadiuvato 
validamente dalla Società numismatica italiana, per preparare 
gli elementi alla Carta per quello che riguarda la Lombardia, 
sperando che le Società storiche del Piemonte facciano lo 
stesso per la loro regione. 

Il Congresso approvò quindi il seguente ordine del 
giorno : 

" Il Congresso, riconosciuta l'importanza della numisma- 
" tica per l'archeologia e per la storia italiana, ed udita la 
" relazione del prof. Ricci intorno ai lavori preparatori per 
" la Carta numismatica, a nome del Circolo numismatico 
" milanese, plaude alla iniziativa del Circolo stesso, di pre- 
" parare la Carta numismatica d'Italia, e di inaugurarne la 
" compilazione con quella della regione lombarda e piemon- 
" tese, e fa voti che, per il prossimo Congresso, la Società 
" storica subalpina e le altre affini siano pronte a riunire gli 
" elementi della Carta numismatica suddetta, per quel che 
" riguarda la regione piemontese „. 

L' insegnamento superiore della numismatica in 
Italia sarà discusso, secondo una lettera recente di S. E. 
l'on. Rava all'on. Morelli, in sessione plenaria del Consiglio 
Superiore della Pubblica Istruzione. Qualora la discussione 
porti all'approvazione delle proposte d'incarico presentate 
da alcune Università, oppure alla istituzione d'una cattedra 
di numismatica e medaglistica in Italia, S. E. il Ministro del- 
l'Istruzione, secondo lettera da lui scritta al sen. conte Pa- 
padopoli, nostro presidente effettivo, darebbe voto favorevole, 
apprezzando l'importanza degli studi numismatici e l'urgenza 
di avere dei giovani competenti in numismatica anche nel- 
l'amministrazione delle Antichità e Belle Arti. 

Vendita Stroehlin. — Nei giorni 15, 16, 17, 18, 19 e 

20 del passato novembre, ebbe luogo a Ginevra la vendita 
d'una parte delle collezioni già appartenute al defunto nu- 



VARIETÀ 525 



mismatico signor P. Ch. Stroehlin. Questa prima parte con- 
teneva una splendida e numerosissima serie di monete di 
Ginevra, la più ricca che sia mai apparsa in vendita, oltre 
a molte altre monete e medaglie Svizzere, specialmente di 
Losanna, di Sion, di Vaud, del Vallese, di Neuchàtel e di 
Friburgo. Per riguardo all'Italia, la collezione conteneva una 
magnifica serie delle monete di Casa Savoia, e un certo 
numero di altre monete di zecche italiane. 

L'insieme della collezione, oltre la rarità di molti pezzi, 
si distingueva per la magnifica conservazione di gran parte 
di essi. 

Di rado si constatò tanto concorso ad un'asta di mo- 
nete. Notammo fra i presenti, i direttori dei Musei di Gi- 
nevra, di Losanna, di Friburgo e di Nyon ; i negozianti : 
signori E. Bourgey e J. Florange di Parigi, Leo Hamburger 
di Francoforte, E. Merzbacher-di Monaco, Rodolfo Ratto e 
Carlo e Cesare Clerici di Milano; e, fra gli amatori, oltre 
una quantità di stranieri, i signori Luigi Cora e Mentore 
Pozzi di Torino. La gara fra i compratori fu animatissima. 
e i pezzi salirono in proporzione. Tralasciando di dare la 
nota di molte monete svizzere, che pure raggiunsero prezzi 
non mai praticati, daremo qui nota di alcuni prezzi ottenuti 
per monete italiane. Da questa, chi ha un poco di pratica 
del commercio delle monete, vedrà come i loro prezzi in 
pochi anni si siano più che raddoppiati : 



1029. 


Savoia 




Fr. 


615 - 


1038. 


» 


VII 


,, 


650 — 


1064 


» 


Vili 


« 


515 — 


"43- 


» 


Filiberto I „ „ 


II 


610 — 


"54- 


m 




„ 


485 - 


"55- 


n 


W H » 


ti 


460 — 


1156. 


n 




n 


400 — 


1206. 


ìi 




V 


655 


1207. 


» 




» 


615 - 


1226. 


„ 


Carlo II, scudo d'oro di Vercelli .... 


» 


55° — 


1432 


w 


Carlo Emanuele I, dieci ducati d'oro . . 


.. 


910 — 


1512. 


n 


Vittorio Amedeo I, dieci scudi d'oro 1633 


„ 


1500 — 


I5I3- 


■ 


» i°3S 


n 


860 — 


I5I4- 


w 


» II » »» » " 


» 


710 — 


I5I5- 


» 


n „ mezzo ducatone 1632 . 


» 


650 — 

67 



526 VARIETÀ 

N. 1522. Savoia M. Cristina e Carlo Emanuele II, dieci 

scudi d'oro 1641 Fr. 625 

1540. „ Carlo Em. II, venti ducati d'oro 1660 .) 

1541. „ dieci ducati d'oro 1663 \ " 20 °° 

1542. „ doppia 1655 ) 

1552. „ (Ramo d'Acaia) Amedeo, fiorino d'oro . „ 650 

1853. „ Filippo, testone di Cornavin ... „ 500 

1856. „ „ mezzo „ „ . . . „ 650 

1857. „ „ „ „ „ ... „ 575 
1861. „ Filiberto II, testone di Cornavin .... „ 430 
1872. Asti. Luigi XII re di Francia, testone (Promis, 

tav. V, 8) „ 1425 



Vendita Merzbacher. — Presso i successori del dot- 
tore Eugenio Merzbacher di Monaco ebbe luogo in principio 
di novembre scorso una vendita di monete romane e greche. 
Ecco alcuni dei prezzi ottenuti pei pezzi principali : 

N. 1122. GB. d'Augusto col tempio Marchi 1575 

„ 1130. „ „ coniato in Siria .... „ 210 

„ 1209. „ di Nerone (tempio di Giano) ... „ 200 

» 1213. „ „ „ „ • • • « 425 

„ 1246. „ di Galba (Libertas) „ 305 

„ 1268. „ di Vitellio (Victoria) „ 445 

„ 1304. Aureo di Vespasiano (Roma) .... „ 220 

„ 1434. „ di Trajano, Trajano padre e Nerva „ 325 

„ 1452. „ d'Adriano (Lupa) , 305 

„ 1485. GB. d'Adriano (Mauritania) ,, 255 

„ 1731. „ di Commodo ,, 305 

„ 1783. Aureo di S. Severo e Giulia , 400 

„ 1784. „ di Settimio Severo con Giulia, Ca- 

racalla e Geta „ 495 

„ 1824. „ d'Eliogabalo (Adventus) .... „ 420 

„ 1830. GB. di Giulia Paola ., 355 

„ 1914. „ di Gordiano Africano „ 195 

„ 2016. Antoniniano di Cornelio Supera ... „ 325 

„ 2018. Quinario di Mariniana „ 275 

„ 2056. Medaglione d'oro di Costanzo II . . . „ 750 

MONETE GRECHE. 

N. 2351. Didramma di Crotone Marchi 795 

„ 235 2 - « » " I 4°° 

» 2354. „ „ , iaoo 

,, 2356. „ „ „ 525 



VARIETÀ 



5^7 



N. 2391. Tetradramma di Reggio Marchi 500 

„ 2403. Didramma di Reggio p| 420 

„ 2434. Semidramma d'Agrigento n 1^ 

„ 2546. Tetradramma arcaico di Siracusa ... „ 530 

„ 2572. Decadramma di Siracusa 2200 

» 2 573- » » , 1575 

„ 2661. Bronzo di Taornina „ i o 

„ 2669. Asse d'Olbia „ 195 

„ 2681. Tetrobolo di Dicea „ 205 

„ 2716. Tetradramma di Calcidice „ 820 

„ 2884. Statere di Locri „ 625 

„ 2901. Statere di Tebe „ 905 

« 3°55" Tetradramma di Cizico ,, 1150 

„ 3056. Statere di Lampsaco „ 1500 

Un pubblico plauso, per così dire, numismatico fu 

dato dal prof. Ricci, a nome della Direzione del Museo nu- 
mismatico di Brera a S. E. il Ministro on. Rava, tanto nel 
Congresso di Novi Ligure, quanto in quello di Padova, per 
l'incoraggiamento e per l'aiuto pecuniario dato generosa- 
mente in questi ultimi anni all'incremento delle collezioni 
pubbliche di monete e di medaglie. 

La Società numismatica italiana si augura di poter at- 
tribuire a S. E. l'on Rava anche il merito d'aver sistemato 
in modo definitivo e adeguato alle necessità scientifiche tutta 
l'amministrazione numismatica in Italia. 

Ad entrambi i Congressi fu anche rilevato con vero 
compiacimento l'opera intelligente e amorosa di Corrado 
Ricci e dei suoi attivi collaboratori alla Direzione Generale 
per le Antichità e Belle Arti in Roma. 

Il riordinamento generale delle collezioni numi- 
smatiche in Italia, tanto per le direzioni dei medaglieri, 
quanto pei cataloghi scientifici, e stato trattato, per interessa- 
mento dell'illustre Direttore Generale per le Antichità e Belle 
Arti, comm. Corrado Ricci, nell'ultima convocazione della 
Commissione centrale superiore per le Antichità e Belle 
Arti. Speriamo che le conclusioni di questa Commissione 
corrispondano finalmente alle necessità della scienza e ai 
voti non solo dei numismatici, ma anche delle persone colte. 
Ne parleremo più ampiamente nel prossimo fascicolo. 



528 VARIETÀ 



Ripostiglio di Monete in San Giorio di Susa. — 

Nello scorso mese di luglio furono ritrovate in San Giorio 
di Susa, regione Martinetto, circa 100 monete d'argento del 
secolo XVII. Diligentemente visitate dal conte prof. Riccardo 
Adalgisio Marini, vennero riconosciute appartenenti per la 
maggior parte a Luigi XIV di Francia, a Carlo Emanuele II 
e a Vittorio Amedeo II di Savoia. La loro conservazione è 
buona. 

Collezione donata allo Stato. — Il prof. Gustavo e 
l'avv. Camillo, figli al corani. Vittorio Padoa, di Firenze, il 
quale aveva già appartenuto alla nostra Società rendendo- 
sene benemerito per importanti doni, e morì pochi anni sono, 
fecero dono allo Stato della Collezione da lui formata di 
oltre 4500 pezzi relativi al Risorgimento Nazionale, perchè 
sia collocata in una delle aule del grande monumento che 
Roma sta apparecchiando al Padre della Patria. 

Per le medaglie di Casa Savoia. — Il nostro colla- 
boratore, conte prof. Riccardo Adalgisio Marini, prega tutti 
quanti gli studiosi, i lettori e gli abbonati della Rivista di 
volergli indicare — Via Moncenisio, 12, Susa — quelle no- 
tizie che fossero a loro conoscenza sulle medaglie e i meda- 
glisti Sabaudi del Rinascimento, per lo studio in proposito, 
al quale attivamente attende. 

Musei di Milano. — Nel testé pubblicato n. 4 del Bui- 
lettino dei civici musei di Milano è dato l'elenco delle molte 
medaglie commemorative donate a quei Musei dalla con- 
tessa Matilde Mirasole vedova Beretta. 



ATTI 



DELLA 

SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 



Seduta del Consiglio 6 Settembre 1909. 
(Estratto dai Verbali). 

Il Consiglio è convocato nella Sala Sociale al Castello 
Sforzesco alle ore 14 : 

I. — Lettura e approvazione del Verbale del Consi- 
glio precedente ; 

II. - Presentati dai Vice Presidenti Francesco ed Er- 
cole Gnecchi, vengono ammessi in qualità di Soci Corrispon- 
denti i Sigg. Giuseppe Ancona Martucci di Lizzano (Lecce), 
G. A. Castoldi di Roma ; 

III. — Si approva la composizione del Fascicolo III-IV 
della Rivista; 

IV. — Dietro proposta dei Vice-Presidenti, si dà in- 
carico al Collega, prof. Serafino Ricci, di rappresentare la 
Società al XII Congresso indetto dalla Società Storica Su- 
balpina a Novi Ligure, e al III Congresso per il progresso 
delle scienze in Padova ; 

V. — Il Segretario, A. M. Cornelio, dà lettura dei 
seguenti doni pervenuti alla Società durante l'ultimo trimestre: 

Bordeaux Paul di Neuilly. 
La sua pubblicazione : 

Une nouvelle variété de la picce de 40 francs de Napoléon I Em- 
pereur et Roi d'Italie. — Milan, 1909 (Estratto). 



c^O ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 



Comitato per le onoranze a Luigi Cavenaghi. 

Una copia in bronzo della medaglia d'oro offerta a L. Cavenaghi nel- 
l'occasione del ristauro della Cena di Leonardo. 

Demole dott. Eugène di Ginevra. 
La sua pubblicazione : 

Description des médailles concernant Jean Calvin (Estratto dalla 
" Iconographie Calvinienne „. Losanna, 1909). 

Forrer sir L. di Londra. 
La sua pubblicazione : 

John Evans K. C. B. Biographie et Bibliographie (Estratto dalla 
Gazetle numismatique francaise). 

Qnecchl cav. uff. Ercole. 
N. 60 Cataloghi di vendita di Monete e Medaglie. 

Qnecchl cornili. Francesco. 
O Archeologo Portugues, annata 1909. 

Annales de la Société Archéologiqne de Bruxelles, annata 1909. 
20 Cataloghi diversi. 

Hill Q. F. M. A. di Londra. 
La sua pubblicazione : 

Historical Roman Coins. Londra, 1909. 

Luschin von Ebengreuth dott. Arnold. 

La sua pubblicazione : 

Steirische Mùnfunde (Estratto). 

N. N. 
Una moneta d'argento di Lucca. 

Alle ore 15 '/* . esaurito 1' Ordine del Giorno, la seduta 
è levata. 



COLLABORATORI DELLA RIVISTA 
NELL'ANNO 1909 



Memorie e Dissertazioni. 

Bordeaux Paul 
cunietti-cunietti alberto 
Giorcelli Giuseppe 
Gnecchi Francesco 
Goubastow Costantino 
Lisini Alessandro 
Magnaguti Alessandro 
Marini Riccardo Adalgisio 
Martinori Edoardo 
Pansa Giovanni 
Rizzoli Luigi 
Valerani Flavio 
Vitai.ini Ortensio 

Cronaca. 

Gnecchi Ercole 
Gnecchi Francesco 
Motta Emilio 
Ricci Serafino 
Varisco Achille 



ELENCO DEI MEMBRI 

DELLA 

SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 

E DEGLI 

ASSOCIATI ALLA RIVISTA 

PER L'ANNO 1909 



SOCI EFFETTIVI (•). 

1. *S. M. il Rk. 

2. S. M. la Regina. 

3. "Arcari Dott. Cav. Francesco — Cremona. 

4. Caruso Lanza Avv. Michele — Girgentu 

5. 'Castellani Prof. Giuseppe — Venezia. 

6. Celati Avv. Luigi Agenore — Livorno. 

7. 'Ciani Dott. Cav. Giorgio — Trento. 

8. Circolo Numismatico Milanese — Milano. 

9. Cornaggia Gian Luigi (dei Marchesi) — Milano. 
io. Dattari Giovanni — Cairo (Egitto). 

11. f Dessi Cav. Vincenzo — Sassari. 

12. Dotti Enrico — Milano. 

13. Fasciotti Barone, Consigliere alla R. Ambasciata — Vienna. 

14. 'Fasella Comm. Carlo — Milano. 

15. 'Fiorasi Colonnello Cav. Gaetano — Pavia. 

16. 'Gavazzi Cav. Giuseppe — Milano. 

17. Gavazzi Dott. Carlo di Pio — Milano. 



(*) I nomi segnati con asterisco sono quelli dei Soci Fondatori. 

68 



534 



ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 



18. 'Gnecchi Cav. Uff. Ercole — Milano. 

19. 'Gnecchi Corani. Francesco — Milano. 

20. Grillo Guglielmo — Milano. 

21. Hirsch Dott. Jacopo — Monaco di Baviera. 

22. Jesurum Cav. Aldo — Venezia. 

23. "Johnson Comm. Federico — Milano. 

24. Lazara (De) Conte Antonio — Padova. 

25. 'Marazzani Visconti Terzi Conte Lodovico — Piacenza. 

26. 'Mariotti Sen. Dott. Comm. Giovanni — Parma. 

27. Mattoi Edoardo — Milano. 

28. Menchetti Nob. Andrea — Ostra. 

29. 'Milani Prof. Cav. Luigi Adriano — Firenze. 

30. 'Motta Ing. Emilio — Milano. 

31. Naville Luciano — Ginevra. 

32. f Nervegna Cav. Giuseppe — Brindisi. 

33. Novati Prof. Comm. Francesco — Milano. 

34. 'Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò — Venezia. 

35. Pisani Dossi Nob. Comm. Alberto — Milano. 

36. Puschi Prof. Cav. Alberto — Trieste. 

37. 'Ratti Dott. Luigi — Milano. 

38. Ricci Prof. Serafino — Milano. 

39. Rizzoli Cav. Dott. Luigi — Padova. 

40. Rocca Conte Mario Leone — Venezia. 

41. 'Ruggero Comm. Magg. Gen. Giuseppe — Roma. 

42. 'Salinas Comm. Prof. Antonino — Palermo. 

43. San Rome Mario — Milano. 

44. Savini Cav. Paolo — Milano. 

45. Seletti Avv. Cav. Emilio — Milano. 

46. 'Sessa Cav. Rodolfo — Milano. 

47. 'Sorniani Andreani Conte Lorenzo — Milano. 

48. Strada Marco — Milano. 

49. 'Tatti Ing. Paolo — Milano. 

50. Traversa Francesco — Bra. 

51. Trivulzio Principe Alberico Luigi — Milano. 

52. 'Visconti Ermes March. Cav. Carlo — Milano. 



ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 535 



SOCI CORRISPONDENTI. 

i. Ancona Martucci Giovanni — Lizzano (Lecce). 

2. Balli Emilio — Locamo. 

3. Bartolo (Di) Prof. Francesco — Catania. 

4. Belimbau Piero — Firenze. 

5. Boeri Osvaldo — Terracina. 

6. Bordeaux Paul — Neuilly. 

7. Bosco Ing. Emilio — Omegna. 

8. Bourgey Etienne — Parigi. 

9. Bruscolini Emilio — Castelnuovo Val di Cecina. 
io. Cahn E. Adolfo — Francoforte sul Meno. 

11. Camozzi Dott. Guido — Ce/alù. 

12. Canessa Cesare — Napoli. 

13. Castellani Cav. Ten. Colonnello Raffaele — Fano. 

14. Castoldi G. A. — Roma. 

15. Cerrato Giacinto — Torino. 

16. Clerici Ing. Carlo — Milano. 

17. Coen Comm. Maurizio — Pielungo. 

18. Conconi Cap. Giulio — Busto Arsizio. 

19. Cora Luigi — Torino. 

20. Cuenca di Niceto — Alicante. 

ai. Cunietti-Cunietti Ten. Col. Cav. Alberto — Torino. 

22. De' Ciccio Mario — Palermo. 

23. Dell'Acqua Dott. Cav. Girolamo — Pavia. 

24. Egger Arminio L. — Vienna. 

25. Fantaguzzi Ing. Cav. Giuseppe — Asti. 

26. Forrer L. — Bromley. 

27. Fovyler Prof. N. Harold — Cleveland. 

28. Galeotti Dott. Arrigo — Livorno. 

29. Gamba Castelli Conte Gian Nicola — Firenze. 

30. Garzia Avv. Raffaello — Maglie. 

31. Gazzoletti Dott. Cav. Antonio — Nago. 

32. Geigy Dott. Alfredo — Basilea. 

33. Giorcelli Dott. Cav. Giuseppe — Casalmonf errato. 

34. Haeberlin Dott. E. J. — Francoforte s. M. 

35. Hess Adolf Nachfolger — Francoforte s. M. 

36. Koeniger Dott. Carlo — Gardone (Riviera). 

37. Laffranchi Lodovico — Milano. 

38. tLambros Giovanni Paolo — Atene. 

39. Lenzi Furio — Orbetello. 



536 ELENCO DKI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 

40. -i-Leone Dott. Coram. Camillo — Vercelli. 

41. Majer Nicolò — Venezia. 

42. Marchisio Nob. Avv. Alfredo Federigo — Torino. 

43. Mariani Prof. Cav. Mariano — Pavia. 

44. Marini di Villafranca Nob. Prof. Riccardo Adalgisio — Susa. 

45. Martinori Cav. Ing. Edoardo — Narni. 

46. Monti Pompeo — Milano. 

47. Nahmann M. — Cairo (Egitto). 

48. Nuvolari Francesco — Castel d'Ario. 

49. Olcott Dott. Giorgio — Nuova York. 

50. Pagnoni Ernesto — Vaprio d'Adda. 

51. Paulucci Panciatichi Marchesa M. a — Firenze. 

52. Pansa Avv. Giovanni — Sulmona. 

53. Perini Cav. Quintilio — Rovereto. 

54. Pinoli Avv. Galileo — Ivrea. 

55. Pinto Avv. Gerardo — Venosa. 

56. Podetti Francesco — Trento. 

57. Porta Carlo — Costantinopoli. 

58. Pozzi Mentore — Torino. 

59. *Romussi Dott. Carlo — Milano. 

60. Salvaro Vittorio — Verona. 

61. Santini Ing. Zemiro — Perugia. 

62. Savo Doimo — Spalato. 

63. Scaglione Francesco — Sciacca. 

64. Schiavuzzi Dott. Bernardo — Pola. 

65. Simonetti barone Alberto — S. Chirico Rapaio. 

66. Società Svizzera di Numismatica — Ginevra. 

67. Spink Samuele — Londra. 

68. Stettiner Comm. Pietro — Roma. 

69. Valerani Dott. Cav. Flavio — Casale Monferrato. 

70. Vitalini Cav. Uff. Ortensio — Roma. 

71. Witte (De) Cav. Alfonso — Bruxelles. 

72. Zane Cav. Riccardo — Milano. 

73. Zitelli Pietro — Smirne. 



ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 537 

BENEMERITI DELLA SOCIETÀ. 

S. M. il Re. 
-j- Ambrosoli Dott. Cav. Solone. 

Cuttica de Cassine Marchesa Maura. 

Cuzzi Ing. Arturo. 

Dattari Giovanni. 

Gnecchi Antonio. 

Gnecchi Cav. Uff. Ercole. 

Gnecchi Comm. Francesco. 
Y Gnecchi Comm. Ing. Giuseppe. 

Hoepli Comm. Ulrico. 

Johnson Cornm. Federico. 
■]■ Luppi Prof. Cav. Costantino. 

Noseda S." Erminia ved. Bonacossa. 

Osnago Enrico. 
y Padoa Cav. Vittorio. 

Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò. 



ASSOCIATI ALLA RIVISTA. 

American Journal of Archaeology — Nuova York. 

American Journal of Numismatics — Boston. 

Annales de la Société d'Archeologie — Bruxelles. 

Archeologo Portoghese — Lisbona. 

Archivio della Società Romana di Storia patria — Roma. 

Archivio Storico Baliano — Firenze. 

Archivio Storico Lombardo — Milano. 

Archivio Storico Napoletano — Napoli. 

Bagatti Valsecchi Nob. Cav. Fausto — Milano. 

Baglio Vassallo Cataldo — San Cataldo. 

Bahrfeldt Colonnello Max — Breslavia. 

Bari — Museo Provinciale. 

Bassano — Museo Civico. 

Behrentz Ermanno — Bonn. 

Benson Sherman Frank — Brooklyn |S. U.). 

Berarducci Emiliano — Roma. 

Bignami Comm. Giulio — Roma. 



508 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 



Bocca Fratelli — Torino (copie 2). 

Boghandel Tillges — Copenaghen. 

Bollettino di Archeologia e Storia — Spalato. 

Bologna — Biblioteca Municipale. 

Borgna Ten. Giuseppe — Roma. 

Bret Edoardo — Nimes. 

Brockhaus F. A. — Lipsia (copie 3). 

Bullettino dell' Imp. Istituto Archeologico Germanico — Roma. 

Cagliari — Regio Museo di Antichità. 

Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo — Roma. 

Carpinoni Michele — Brescia. 

Ceppaglia Tenente Colonnello Cav. Federico — Padova. 

Cini Avv. Tito — Montevarchi . 

Como — Biblioteca Comunale. 

» — Museo Civico. 
Comparetti T. L. — Philadelphia. 
Cuzzi Ing. Arturo — Trieste. 
Del Hierro Dott. José — Madrid. 
Detken e Rocholl — Napoli. 
Domodossola — Collegio Rosmini. 
Dressel Dott. Enrico — Berlino. 
Dulau e C. — London. 
Eddé J. — Alessandria d'Egitto. 
Engel Dott. Arturo — Parigi. 
Firenze — Biblioteca Marucelliana. 
Fioristella (Barone di) — Arcireale. 
Formenti Giuseppe — Milano. 
Genova — Biblioteca Civica. 
Gentiloni Silverj Conte Aristide — Tolentino. 
Goubastow Constantin — Pietroburgo.' 
Grassi-Grassi Barone Antonino — Acireale. 
Guiducci Dott. Antonio — Arezzo. 
Jolms Hopkins — Baltimora. 
Hiersemann Carlo — Lipsia. 
Hoepli Dott. Comni. Ulrico — Milano. 

Journal international d'Archeologie numismatique — Atene. 
Lamertin H. — Bruxelles. 
Loescher Ermanno e C. — Roma. 
Lussemburgo — istituto Granducale. 
Magnaguti Rondinini Conte Alessandro — Mantova. 
Magyar Numizmatikai Tàrsulat — Budapest. 
Mantova — Biblioteca Comunale. 



ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 539 

Marsiglia — Biblioteca Civica. 

Marucci Nicola — Castelpizzuto. 

Milano — R. Gabinetto Numismatico di Brera. 

» — Biblioteca Braidense. 

» — Biblioteca Ambrosiana. 

Modena — R. Galleria Estense. 
Molgatini Giacomo — Vanzone. 
Napoli — R. Museo di Antichità. 
Nnmismatic Chronicle — Londra. 
Numismatische Zeitschrift — Vienna. 
Nuovo Archivio Veneto — Venezia. 
Nutt Davide — Londra. 
Obermuller G. — Genova. 
Osnago Enrico — Milano. 

•j- Pancera di Zoppola Conte Nicolò — Brescia. 
Parisi Rosalia — Roma. 
Parma — R. Museo di Antichità. 
Paulou Luigi — Craiova di Rumania. 
Pavia — Museo Civico di Storia patria. 
Pesaro — Biblioteca Oliveriana. 
Piacenza — Biblioteca Passerini-Landi. 
Polybiblion — Parigi. 
Ratto Rodolfo — Milano. 
Renner Prof. (V. von) — Vienna. 
Revue francaise de Numismatiquc — Parigi. 
Riggauer Dott. Prof. Hans — Monaco di Baviera. 
Rivani Giuseppe — Ferrara. 
Rivista di Storia Antica — Padova. 
Rizzini Dott. Cav. Prospero — Brescia. 
Roma — R. Accademia dei Lincei. 

» — Direzione generale delle Antichità e delle Belle Arti. 

» — Direzione della R. Zecca. 

» — Biblioteca della Camera dei Deputati. 

« — Biblioteca del Senato. 

» — Gabinetto Numismatico Vaticano. 
Roma — Museo Nazionale Romano. 
Rosenbey e Sellier — Torino. 
San Marco (Conte di) — Palermo. 
Scarpa Dott. Ettore — Treviso. 
Scheyer Joachim — Milano. 
Schultz Albert — Parigi. 
Seltman E. J. — Berkhamsted. 



e±o ELENCO DEI MEMHRr DELLA SOCIETÀ, ECC. 



Smithsonian Institution — Washington. 

Società Neerlandese di Numismatica — Amsterdam. 

Société d'Archeologie — Bruxelles. 

Société R. de Numismatique — Bruxelles. 

Strolin Teopisto — Schio. 

Tinti Cesare — Bologna. 

Tolstoy Conte Giovanni — Pietroburgo. 

Tonizza P. Giacinto — Beirut. 

Torino — R. Biblioteca Nazionale; 

» — R. Museo di Antichità. 
Torrequadra Rogadeo Conte Giovanni — Bitonto. 
Trentini Ing. Adriano — Vienna. 
Trento — Biblioteca Comunale. 
Vaccari Emanuele — Ferrara. 
Varese — Museo Archeologico. 
Vasconcellos (de) Prof. Leite — Lisbona. 
Venezia — Ateneo Veneto. 

» — R. Biblioteca Marciana. 

» — Museo Civico. 
Verona — Biblioteca Comunale. 

Vienna — Gabinetto Num. di Antichità della Casa Imperiale. 
Volterra — Museo e Biblioteca Guarnacci. 
Zeitschrift filr Numismatik — Berlino. 
Zurigo — Biblioteca Civica. 



INDICE METODICO 

DELL'ANNO 1909 



NUMISMATICA ANTICA. 

(Memorie e Dissertazioni). 

Appunti di Numismatica Romana. F. Gnecchi: 

XCI. Il ripostiglio d'Ostia; assi e dupondio coniato (fig.) . Pag. n 

XCII. Ritrovamenti diversi (i tav.) ,,19 

XCIII. Assi imperiali a due diritti o a due rovesci (fig.) . „ 155 

XCIV. Medaglioni senatori e bronzi eccedenti (5 tav.) . . „ 343 
Tesoretto monetale scoperto nei fondi dei sigg. Romanin- 

Jacur in Casaleone (Verona). L. Rinsoli . . . . „ 97 
Contributions au Corpus Numorum Romanorum (fig). Gou- 

bastow C. „ 165 

L'epoca del proconsolato in Asia di C. Asinio Pollione e le 

leggende eponimiche sulle monete (fig.). G. Pansa . , „ 365 

(Varietà). 

Diocesi e zecche monetarie Pag- 147 

Il tesoro di Atene „ ivi 

Vendita della Collezione romana Weber „ 320 

Il Museo Britannico „ 321 

Ripostiglio di monete bizantine , ivi 

Gli avanzi della zecca di Milano romana , ivi 

A proposito dei medaglioni d'oro d'Abukir (J. N. Svoronos) „ 515 

Vendita Merzbacher „ 526 

69 



542 



INDICE METODICO DELL ANNO I909 



NUMISMATICA MEDIOEVALE E MODERNA. 

(Memorie e Dissertazioni). 

Una grida di Carlo I, duca di Mantova e di Monferrato per 
la zecca di Casale. G. Giorcelli 

Acqui; la sua zecca, lo stemma comunale, il sigillo vesco- 
vile (fig.). A. Cunielli-Cunietti 

Une nouvelle variété de la pièce de 40 fr. de Napoléon I em- 
pereur et roi d'Italie (fig.). P. Bordeaux .... 

Mantova a Virgilio. A. Magnaguli 

Zecche e zecchieri della Real Casa di Savoia. Contributo al- 
l'opera del Promis (fig.). R. A. Marini .... 

Le monete e le zecche di Volterra, Montieri, Berignone e 
Casole (fig.). A. Lisini 

Idem idem. (Continuazione e fine) 

Della moneta paparino del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia 
e delle zecche di Viterbo e Montefiascone (fig.). Cont. 
E. Martinori 

Monete inedite della Collezione Cora (fig.). A. Cunielli-Cunietti 



Pag. 27 



43 



85 
89 

169 

253 

439 



379 
469 



(Varietà). 

Rara collezione di medaglie e monete polacche 

La tavola della zecca di Firenze nella Galleria degli Uffizi 

Uno zecchiere lombardo del 1430 

Un antenato del Sindaco di Milano zecchiere?... 

Una grida monetaria del 1438 per Viterbo 

Due documenti per le zecche di Desana e di Frinco. E. Motta 

Falsi monetarii nella Chiesa di Piona 

Monete gettate al popolo ..... 

Ritrovo di monete del Canton Ticino nel Vallese 

Vendita Stroehlin 

Ripostiglio di monete in San Giorio di Susa . 



Pak 



144 
146 

147 
ivi 
321 

323 
325 

ivi 

327 
524 

528 



MEDAGLIE E SIGILLI. 

(Memorie e Dissertazioni). 

Due medaglie casalesi anonime del secolo XVI (fig.). Flavio 

Valerani Pag. 303 

Il Sigillo dei Cavalieri Lauretani : opera di Benvenuto Cellini 

(fig.). O. Vitalini „485 



INDICE METODICO DELL ANNO I9O9 543 



(Varietà). 

Per la medaglistica di San Carlo Pag. 145 

Il medagliere di Casa Savoia. Le effigie di Re Vittorio e 

della Regina Elena „ 311 

Nuove medaglie , 319 

Medaglie di Isabella d' Este „ 322 

Medaglie nelle fondamenta del teatro della Scala . . . „ 327 

Per le medaglie di Casa Savoia „ 528 



NECROLOGIE. 

Vincenzo Dessi Pag. 309 

Giovanni Paolo Lambros „ ivi 

Pietro Chanoux „ 310 



BIBLIOGRAFIA. 

Maurice Jules. Numismatique constantinienne (F. Gnecchi) . Pag. 105 

Frilze (Hans vonyGaebler (Hugo). Nomisma. Untersuchungen 

auf dem Gebiete der antiken Munzkunde (S. Ricci) . „ 109 

Mannucci (Umberto). La moneta e la falsa monetazione (S. ./?.). „ no 

Demole (Eugène). Numismatique de l'Evéché de Genève au 

XI.™ et XII.™ siècle (E. G.) , 113 

Calleja Settembri (H.). Coins and medals of the Knights of 

Malta (A. K) „ 114 

Faville (Jean de). Pisanello et les médailleurs italiens (Fran- 
cesco Gnecchi) „ 115 

Rizzoli (Luigi). I Sigilli nel Museo Bottacin di Padova, vo- 
lume II (S. Ricci) „ 116 

G. F. Hill (M. A.). Historical Roman Coins from the earliest 

times to the reign of Augustus (F. G.) . . . . „ 493 

Luschin (von Ebengreuth). Steirische Munzfunde . . . „ ivi 

Frilze (von HansyGaebler (Hugo). Nomisma. Untersuchungen 

auf dem Gebiete der antiken Munzkunde . . . . „ 494 

Demote (doti. Eug'ene). Description des médailles concernant 

Jean Calvin „ 495 

Forrer (Léonard). Sir John Evans K. C. B. (1823-1908). Bio- 

graphie et bibliograpie (Sera/ino Ricci) , ivi 

Pubblicazioni diverse Pag. 117, 496 



544 



INDICE METODICO DELL ANNO I909 



(Periodici di Numismatica). 

Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia 

Rassegna Numismatica 

Revue Numismatique francaise 

Revue belge de Numismatique 

Revue suisse de Numismatique 

Zeitschrift fiir Numismatik 

Frankfurter Munzzeitung 

Numismatisches Literatur-Blatt 

Mitteilungen der Oesterr. Gesellschaft fur MOnz=und Me- 

daillenkunde 

Numismatische Zeitschrift 

Monatsblatt der numismatischen Gesellschaft in Wien 

Numizmatikai Kòzlony 

Zeitschrift fllr Munz=und Medaillenkunde .... 

The Numismatic Chronicle 

Spink & Son's Monthly Numismatic Circular . 
Tijdschrift van het Koninklijken NederlandschGenootschap 

voor Munt- en Penningkunde 

American Journal of Numismatics 

Journal International d'Archeologie numismatique . 
Articoli di Numismatica in Periodici diversi. 



ìg. 121, 


49* 


„ 122, 


499 


„ IVI, 


500 


v 123, 


5°i 


» J 24, 


502 


„ 125, 


503 


„ IVI 


IVI 


„ 126, 


504 


„ ivi 


ivi 




505 


» 127, 


IVI 


„ 128, 


506 


» !29 




„ lV! 


507 


„ I3°> 


IVI 


,, I3ii 


5°9 


„ 132, 


IVI 




510 


» 133. 


511 



MISCELLANEA. 

S. M. il Re d'Italia e l'Associazione Numismatica Americana 

Il Ministro delle Finanze Giuseppe Prina e il R. Gabinetto 
Numismatico di Brera (S. Ricci) 

L' insegnamento libero universitario della numismatica a Pa 
via, a Milano, a Padova e a Roma .... 

La prolusione del prof. S. Ricci al corso libero di numisma 
tica e di medaglistica nella R. Università di Pavia . 

Recenti acquisti per il R. Museo Numismatico di Brera 

Nomina accademica 

Secondo Congresso internazionale d'archeologia al Cairo 

Congresso di Bruxelles 1910 

Il coordinamento dei medaglieri italiani a Congresso della 
Società per il progresso delle scienze a Firenze 

Risposta del Consiglio Centrale per le Antichità e Belle Arti 
alla proposta di coordinamento delle collezioni numi- 
smatiche 



Pag. 



37 
138 
141 

142 

143 
145 

ivi 
ivi 

313 
315 



INDICE METODICO DELL ANNO I9O9 545 

Domanda di aumento di fondo dotale del R. Museo Numi- 
smatico di Brera Pag- 317 

Recenti acquisti del Museo Numismatico di Brera . . . „ 318 

A proposito del R. Gabinetto di Brera (Francesco Gnecchi) . „ 518 
La Numismatica al III Congresso per il progresso delle 

scienze in Padova (20-26 settembre) „ 521 

La tutela dei monumenti e del patrimonio artistico e storico 

della nazione „ 523 

La Carta numismatica italiana „ ivi 

L'insegnamento superiore della numismatica in Italia . . « 524 

Un pubblico plauso, per così dire, numismatico . . . „ 527 
Il riordinamento generale delle collezioni numismatiche in 

Italia „ ivi 

Collezione donata allo Stato „ 528 

Musei di Milano „ ivi 

Collaboratori della Rivista per l'anno 1909 , 531 

Elenco dei Membri della Società Numismatica Italiana e degli 

Associaci alla Rivista per l'anno 1909 ,33 

Atti e Memorie della Società Numismatica Italiana. 

Seduta del Consiglio 18 gennaio 1909 P<*g- 149 

10 giugno 1909 329 

Assemblea generale dei Soci io giugno 1909 , 330 

Seduta del Consiglio 6 settembre 1909 „ 529 



Finito di stampare il 20 dicembre 1909. 

IW»MHIIHMII)tHHimHMHIM4MMMHMtWMWttH4*WHHH4INttHI4Hm< 

Achille Martelli, Gerente responsabile. 



I*** ****************************** **************** HHt»*4HHH»«H>Hm* ♦»»*»«♦♦ 



TAVOLE. 



RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA 



Tav. I. 











FRANCESCO GNECCH1 - Ritrovamenti diversi 



RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA 
Anno 1909. Tav _ „ 




RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA 

Axxo 1909 Tav m 







FRANCESCO GNECCH] - Medaglioni Senatori e Uron/.i Eccedenti. 



RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA 

Anno 1909. Tav. IV. 









FRANCESCO GNECCHI - Medaglioni Senatori e Bronzi Eccedenti. 



RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA 

Anno 1909. Tav v 









FRANCESCO GNECCHI - Medaglioni Senatori e Hronzi Eccedenti. 



RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA 

Anno 1909. Tav . yj 









>. 



m-y fi- 








£*-+J 





FRANCESCO GNECCHI - .Medaglioni Senatori e Bronzi Eccedenti. 



? 



CJ Rivista italiana di numisma- 
9 tica e scienze affini 

R6 
v.22 



PLEASE DO NOT REMOVE 
CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET 

UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY 



■■■■'. ìliili