RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA E SCIENZE AFFINI RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA E SCIENZE AFFINI PUBBLICATA PER CURA DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DIRETTA DA FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHl ANNO XXI - 1908 - VOL. XXI MILANO TiP.-EdITRICE L. F. COSLIATI Corso P. Romana, N. 17 1908. PROPRIETÀ LETTERARIA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA -^ — I*t'esidmite Onorario S. M. VITTORIO EMANUELE III Re d'Italia I*remdetite Conte Cornili. NICOLÒ PAPADOPOl.I Senatore del Regno. V1ce-I*i'esidenti GNECCHl Comm. Francesco — GNECCHl Chv. Uff. Ercole Consiglieri GAVAZZI Cav. Giuseppe. MOTTA Ing. Emilio, Bibliotecario della Tiivulziana. RICCI Dott. Seraflvo, Conservatore nel R. Gabinetto Niniiisiiiatico di Brera in Milano {Vice-bibliotecario della Società). RUGGERO Comm. Magg. Gen. Giuseppe. VISCONTI March. Cav. Cario Ermes Angelo Maria Cornelio, Segielario CONSIGLIO DI REDAZIONE DELLA RIVISTA PEL 1908 Gnecchi Francesco e Gnecchi Krcole, Direttori Gavazzi Giuseppe — Motta Emilio — Fapadopoli C. Nicolò Ricci Serafino — Visconti M. Carlo Ermes. OMAGGIO ALLA MEMORIA DI SOLONE AMBROSOLI NEL CENTENARIO DEL R. Gabinetto Numismatico di Brera (Fascicolo I e II riuniti) Milano, 7 Maggio 1908. Lieti di presentare, nella solenne circostanza del Centenario del Gabinetto Numismatico di Brera, l'an- nunciato fascicolo-omaggio, ricco di studii pervenutici da ogni parte dell'Italia e dall'Estero, ci è doveroso ren- dere le più vive grazie a tutti coloro che vollero col loro nome onorare la memoria del rimpianto Solone Atn- brosoli. Francesco ed Ercole Gnecchi. V Solone ai-ibposoli L'OPERA NUMISMATICA DI SOLONE AMBROSOLI L'attività numismatica di Solone Ambrosoli si può dividere secondo due tendenze e in due gruppi: quella scientifica nel senso più stretto ed elevato della parola, e quella di divulgazione popolare dei prin- cipi della numismatica. Si può affermare sùbito che essa fu egregia e notevole in entrambi i rami. Analizzando brevemente l'attività dell'Ambrosoli nei vari campi delle nostre discipline, essa fu mag- giore nella divulgazione che non nella originalità scientifica, fu più vasta e profonda nella numisma- tica medioevale e moderna che non in quella clas- sica greca e romana, o nella medaglistica. L'Ambrosoli giunse alla direzione del Gabinetto di Brera quasi completamente digiuno di nozioni nu- mismatiche greche e romane ; egli stesso me lo ri- peteva spesso a titolo di soddisfazione, d'esser potuto giungere in br^ve numero d'anni a scrivere manuali che trattassero appunto di quella numismatica clas- sica, che lo aveva tanto spaventato da principio. E infatti la parte greca e romana del suo Ma- nuale di numismatica e il manuale Hoepli delle Monete greche ci mostrano con quale tenacia di volere egli si sia assimilato il vasto campo della numismatica classica. Un attento esame di questa parte ci mostra ch'egli ebbe delle felici idee di compilatore, come quando, nel Manuale delle monete greche, preparò pa- H SICRAflNO RICCI zientemente il diligentissimo Repertorio dei nomi di città, popoli e re ('), che molto serve allo studioso numismatico mancante del Repertoire pratique del Boutkowski *2). Nel Manuale di numismatica, che nella sua prima edizione del 1891 in Milano, nella serie Manuali Hoepli, come nella 3' del 1904 aveva il titolo semplice di Numismatica, ed ora è giunto in pochissimi anni alla 4" edizione, l'Ambrosoli in- serì una Bibliografia numismatica in miniatura, e un Prontuario latino per chi non conosce questa lingua e deve consultare libri latini di numismatica, e un Pic- colo prontuario delle monete greche, che non so per quale ragione plausibile egli abbia tolto nelle ultime edizioni. Nella parte romana intuì la vera difficoltà dei principianti nel decifrare le monete consolari ro- mane, con l'inserire l'utilissimo Repertorio dei nomi di monetarii, che mantenne anche nell'ultima edizione (3), e che lo stesso Francesco Gnecchi accolse costan- temente in tutte le edizioni delle sue pregevoli Mo- nete romane (4), poiché molto spesso gli aurei e i de- nari repubblicani di Roma antica, invece del nome gentilizio, portano solo il cognome o soprannome del magistrato monetario, talvolta anche abbreviato. Ognuno degli studiosi del campo classico rammen- terà l'altra felice idea del Repertorio delle leggende delle teste impenali romane, come egli stampò, che per- mette a chi non possiede il Cohen di identificare un gran numero di monete di quella serie che avessero (i) Solone Ambrosou: Monete greche. Milano, Hoepli, 1889, pag. 85 e segg. (2) Alexandre Boutkowski-Glinka: Petit " Mionnet „ de poche. Ber- lino, 1889. (3) Solone Ambrosoli: Numismatica. Milano, Hoepli, 1907, 4* edi- zione riveduta pag. 78. (4) Francesco Gnecchk Monete romane, Milano, Hoepli, 1907, 3* edi- zione pag. 172 e segg. l'opera numismatica di solone AMBROSOI.i 15 evanidi o poco riconoscibili i ritratti degli imperatori, ma invece abbastanza decifrabili le epigrafi. Sono quei prontuarii di cui solo il lettore eru- dito conosce le difficoltà e la pazienza che costano al compilatore, ma, utilissimi a tutti, lo riescono anche ai profani della materia. L'Ambrosoli fu fortunato di dedicarsi alla nu- mismatica classica quando ancora pochissimi qui in Italia ne scrivevano, e nessuno aveva raccolto in ma- nuali speciali l'una o l'altra parte delle nostre disci- pline, come, per es., lo stesso Ambrosoli fece con le Monete greche e Francesco Gnecchi con le Mo- nete romane. I suoi primi lavori di divulgazione, so- stituendo la mancanza di libri o rari o costosi, come il Mionnet e lo Head per la serie greca, il Cohen e il Babelon per la serie romana, parvero utilissimi e unici in Italia nel loro genere, mentre ora s'è fatto un tale progresso nelle nostre discipline, che essi non solo ci sembrano un compendio elementare delle opere maggiori precitate, alla lor volta ispirate dalla colossale e geniale opera dello Eckhel, ma sono ormai insuffi- cienti, poiché, per es., per la parte greca ora non basta certo r indice topografico dell'Ambrosoli a dare al principiante una esatta, per quanto superficiale cono- scenza delle monete greche. Del resto l'Ambrosoli, modesto e consapevole del suo valore, era il primo a dichiararlo, e preve- deva benissimo che anche del suo manuale ^A'»g *'\ che doveva servire di divulgazione delle notizie in- torno a quella città storica, sarebbero rimaste solo utili agli studiosi la Bibliografia descrittroa e l'Appen- dice numismatica, che fanno fede più che dell'acume del numismatico, della vasta coltura e della acuta e (i) Solone Ambrosoli: AUne. Milano, Hoepli, 1901, con panorama e 22 tavole. SERAFINO RICCI paziente investigazione del bibliofilo e del bibliografo, come fu, di fatto, per natura prima d'ogni altra cosa, e come rimase sempre Solone Ambrosoli. E infatti, oltre tre buone traduzioni di lavori numismatici tede- schi, presentate con quella spigliatezza di stile che ri- vela la profonda conoscenza dell'Ambrosoli nel campo delle lingue germaniche (i), egli non ci diede di suo originale nel campo greco-romano se non l'aggiudi- cazione al nomo Tanite ad una moneta di Traiano per l'Egitto (2)^ la conoscenza del rovescio inedito della aeterni tas per un gran bronzo di Volusiano (251-254 d. C), neir illustrazione del ripostiglio di San Mar- tino del Pizzolano, in quel di Lodi (3), e la descrizione del ripostiglio di Monte Cuore (4) in quel di Crenna (Gallarate), che, come il precedente, è notevole per il solo fatto di essersi trovato in Lombardia, regione non feconda di rinvenimenti di tal genere, quando si tratta dell'Alto Impero romano. Frutto di osservazione sagace fu la comunica- zione fatta al Congresso Internazionale di scienze storiche in Roma, il 4 aprile 1903, intorno aWanio- niniano di Traiano, di cui riconobbe due tipi diversi, l'uno col tradizionale ritratto di Traiano e l'altro con quello di Traiano Decio (5). Che le cosidette « restituzioni » di Gallieno o di (i) Traduzione dal tedesco di Fed. Kenner, // medaglione romano; di Andrea Markl, Serdica o Antiochia? e Peso e titolo degli antoniniani di Claudio Gotico in Rivista Hai. di Num., 1889. (2) Solone Ambrosoli: Di un gran bronzo inedito del Nomo Tanite in Rivista Hai. di Num., 1891. (3) Solone Ambrosoli: // ripostiglio di S. Martino del Pispolano in Rivista ital. di Num., 1897, e Sesterzio inedito di Volusiano in Archivio slor. dt Lodi, 1904. (4) Solone Ambrosoli: // ripostiglio di Monte Cuore in Rivista ital. di Num., 1903. (5) Solone Ambrosoli: A proposito delle cosidette " restituzioni „ di Gallieno o di Filippo in Rivista ital. di Num., 1903. L OPERA NUMISMATICA DI SOLONE AMBROSOLl 17 Filippo si dovessero ascrivere a Treboniano Gallo, piuttosto che a Gallieno, a Filippo o a Traiano Decio, era già stato detto da quell'acuto ingegno del Pelle- rin ('); l'AmbrosoIi, riproducendo i due tipi deWanto- niniano detto di Traiano, aggiunse alle undici resti- tuzioni la dodicesima di Traiano Decio, portando a dodici gli imperatori consacrati, come dodici erano i Cesari e gli dei conseiites. Ma la inclinazione naturale e la pratica, che fin da giovinetto aveva aggiunto allo studio, traeva l'Am- brosoIi con irresistibile passione al campo della nu- mismatica medioevale e moderna; anzi si può dire schiettamente che specialmente della medioevale si era fatta una provincia sua, nella quale spaziava so- vrano e talora autocrate, mentre gli rimasero sempre un po' meno amiche e intime la numismatica moderna e la medaglistica. Era del resto un fascino ben naturale e quasi inevitabile che traeva una ventina d'anni fa gli stu- diosi a svelare i segreti di un'epoca più interessante d'ogni altra, appunto perchè meno conosciuta, la quale sotto l'apparenza di oscure e intricate vicende stori- che rivelava tanto sentimento della personalità umana, tanto orgoglio di casta e valore di mente e di brac- cio, così squisito e geniale senso dell'arte nella splen- dida rinascita delle città italiane. L'animo mite e scrutatore dell'Ambrosoli ne fu vinto e conquiso, e così come alla passione dello stu- dio di quel periodo dobbiamo i più insigni storici medioevalisti viventi, nello stesso modo dobbiamo (1) Pellerin: Recueit des médailles de Feiiples et de Willes. Parigi, 1763, voi. Ili, pag. 51. SERAFINO Ricci pure la larga e meritata fama che circonda il nome dell'Ambrosoli, come insigne numismatico medio- valista. Anche in questo campo l'Ambrosoli tenne di mira il duplice "scopo di divulgare le nozioni più ele- mentari della disciplina e di illustrarne i punti oscuri e le monete inedite. La prima edizione delle sue Zecche italiane nel 1878 (') è l'inizio della sua attività scientifica; presto ne fece una seconda edizione nel 1881 ^'^) e per allora parve a lui e agli altri gran cosa un lavoro con otto tavole fotografiche, nel numero limitato di cen- tocinquanta esemplari numerati, di cui più tardi egli stesso sorrideva, ponendolo a confronto con i lavori più recenti, illustrati dalle nitidi tavole della Rivista Numismatica. L'Ambrosoli conobbe tosto la necessità di avere un periodico a sua disposizione, e fondò quella Gaz- zetta Numismatica di Como, che durò dal 1881 al 1887 e fu l'introduzione alla Rivista italiana di Numismatica, ch'egli ebbe il merito di iniziare e di dirigere per il primo biennio 1888-1889. E in quel primo biennio di attività scientifica e poi dal 1890, da quando assunsero la direzione della Rivista i fratelli Francesco ed Ercole Gnecchi, fino alla sua morte, cioè per il periodo di ben diciotto anni, l'Ambrosoli ebbe a sua disposizione la Rivista per inserirvi quei lavori, che alla perfetta italianità della forma univano ogni volta il frutto di un lungo lavoro di ricerche e di confronti, o la geniale ipotesi di una zecca nuova, o la nuova interpretazione di una moneta già nota. (i) Solone Ambrosoli : Zecche italiane rappresentato nella raccolta numismatica di S. A., studente in leggi. Como, coi tipi di Carlo Franchi, I gennaio 1878. (2) Solone Ambrosoli: Zecche italiane rappresentate nella raccolta (tei dott. S. Ambrosoli. Como, Franchi, 1881. L OPERA NUMISMATICA DI SOLONE AMBROSOLI 19 Alcuni dei lavori che trattano di numismatica me- dioevale italiana possono essere additati come mo- dello per ordine di trattazione, per completezza esau- riente di indagini, per vivace eleganza di ibrma, e possono stare a paro coi lavori più stimati dei grandi numismatici italiani del secolo teste chiuso, Dome- nico Promis, Giovanni Mulazzani, Carlo Kunz. Non vi è fascicolo della Rivista che non con- tenga un lavoro, una ricerca, una nota dell'Ambro- soli : si arguirebbe quasi da ciò che la sua attività scientifica uscisse impreparata e tumultuosa, tanto era frequente e inesauribile, se non si pensasse che l'Ambrosoii in quei diciotto anni si era quasi appar- tato dal mondo, e chiuso in un esclusivismo assoluto per non occuparsi d' altro che della sua disciphna prediletta. E questa gli diede davvero delle grandi soddi- sfazioni morali, anche se gli negò quelle materiali, alle quali aveva diritto, ma dovette rinunziare, per- chè non fu abbastanza compreso. Tralasciando in questa breve rassegna della sua attività scientifica i primi lavorucci, che non hanno in sé abbastanza valore da costituire la base della fama di uno scienziato, perchè correggono solo errori o fanno rilevare l'importanza di qualche moneta poco nota ('), rileverò invece le illustrazioni delle monete (i) Ecco l'elenco di questi primi lavori dell'Aiubrosoli in ordine di tempo: Aggiunte alle zecche italiane rappresentate nella raccolta del dot- tor S, A. (Gazz. Num., 1881) — Saggio di un catalogo originale di mo- nete straniere; Contribuzioni alla numismatica comense; Note monegasche {Gazz. Num., 1882, 1883, Riv. Num., 1889) — Quisquiglie nwrismatiche {Gazz. Num., 1882) — Una monda della Zecca di Ge.x {Gazz. Num., 1883) — Zecche minori dei Gonzaghi nella raccolta Ambrosoli {Gazz. Num., 1884, 1886) — Di una novella attribuzione alla zecca monegasca {Gazz. Num., 1886) — Di una moneta trivulziana con S. Carpoforo ; Di uno scudo progettato per San Marino (Riv. Num., 1888) — // mezzo zecchino del Vasto (Riv. Num., 1890) — Di un singolare cavallotto al tipo bellinzQ- 20 , SERAFINO RICCI inedite, le nuove attribuzioni di zecche, le ricostru- zioVii storiche e numismatiche di alcuni ripostigli e le identificazioni nuove di monete speciali. L'Ambrosoli ci diede la notizia di un luigino ge- novese e forse unico e di una moneta inedita di Sci- pione Gonzaga, principe di Bozzolo, già nella Gaz- zetta numismatica di Como (1881-1882); poi nella nostra Rivista la notizia di una patacchina savonese inedita di Filippo Maria Visconti e di un soldmo asti- giano di Carlo Quinto nel 1890; ci descrisse il ripo- stiglio di Lurate Abbate nel 1888, quello di Como nel 1891, di Chignolo-Po nel 1897, di Ronago nel 1898, di Abbiategrasso nel 1899; fece rilevare il trait d'union entre la France et l'Italie a proposito della incerta zecca franco-italiana di Charleville o Carlo- poli, in una dissertazione al Congresso Internazio- nale di Numismatica a Parigi f'); poi mise in luce l'importanza di alcuni acquisti del Gabinetto Numi- smatico di Brera nella serie delle zecche itahane (2); ma più ancora, in occasione della pubblicazione nel volume Ambrosiana di scritti vari pel XV centena- rio della morte di S. Ambrogio <3), in sèguito ad accu- rate ricerche storico-numismatiche intorno all'ambro- nese; Lo zecchino di Farcia (Riv. Num., 1897) — Una moneta beltinzonese da ritrovare (Boll. slor. della Svizzera italiana, 1901) — Una moneta mi- lanese anonima dei successori di Giovanni Visconti (Arc/i. slor. lomò., 1902) — Contraffazione bellinzonese di una moneta franco-italiana (Boll. slor. della Svizzera italiana, 1902) — La zecca franco-italiana di Charleville o Carlopoli. — Le monete dei conti di Fenlimiglia {Riv. Num,, 19^3) -^ Le monete di Orbelello (Rass. Num., 1901) — Noterelle Numismatiche {Pe- riodico della Soc. Coinense, e Riv. Num., 1904, 1906) — Il ducato d'oro di Parma del ijij (Ardi. star, per le Prov. Parmensi, 1904) — Intorno ad un nuovo esemplare della moneta " cavallina „ in Candia (Riv. Nu- mis., 1905). (i) Atti di quel Congresso Parigi, 1900. (2) In Rivista ital. di Num., 1902. (3) Solone Amrrosoli: L'Ambrosino d'oro. Ricerche storico-numisma- tiche. Dal volume Ambrosiana. Milano, Cogliati, 1897. L OPERA NUMISMATICA DI SOLONE AMBROSOLI 21 sino d'oro della Repubblica milanese. l'Ambrosoli fece acutamente notare che si debba andar cauti nell'am- mettere l'esistenza deìVambrosmo d'oro, quale moneta corrente della Prima Repubblica, come è stata data finora nella serie milanese ; le altre zecche, non con- fortate da alcuna indicazione di codici, ne da con- ferma di monete più chiare e decifrabili, hanno troppo deboli elementi di vita da lanciarle con fiducia nel campo scientifico, e faremmo torto alla fama dell'Am- brosoli se proprio oggi gliene facessimo un vanto. Va ristudiata tutta la questione di queste zecche più pacatamente e con maggiori mezzi scientifici a nostra disposizione. Una certa sussistenza ha invece il tentativo del- l'Ambrosoli di identificare il bissalo visconteo, che si attribuisce a Gian Carlo Visconti, coi bissoli di Cantù "^2), poiché da un lato il cav. Giuseppe Gavazzi e gli stessi fratelli Gnecchi, editori delle Monete di Milano, asserivano che il bissolo in questione doveva essere stato coniato in un'altra zecca che non fosse Milano (3), dall'altro lato l' ing. Motta, benemerito bi- bliotecario della Trivulziana, aveva riconosciuto in un codice di quell'insigne biblioteca citati i bissali da Monza e da Cantù. Quindi anche questa città aveva la sua zecca, e noi ora staremo con gli occhi aperti per rintracciare altri bissò/i e altri dati che ne confermino l'esistenza così felicemente provata. Tutte le altre dissertazioni dell'Ambrosoli nel campo medioevale non escono dal contributo della descrizione e della critica, la quale però più d'una (i) Circolo Numismatico Milanese: Fascicolo-omaggio per il Primo Centenario del /?. Gabinetto Numismatico ili Brera : Note ili numismatica e d'archivio. Milano, Crespi, 1908. (3) Solone Ambrosoli : La zecca di Cantit e un codice delta Trivul- ziana. Milano, Cogliati, 1904, pag. 475 e segg. (3) F. e E. Gnecchi: Le monete di Milano in Supplemento, tav. LVII, n. 4, cfr. Giuseppe Gavazzi : A proposito delle monete dt Gian Carlo Vi- sconti in /?»■?'. //. di Num., 1888, pag. 225 e segg. 26 SERAFINO RICCI volta corresse errori e modificò date e attribuzioni di monete, perchè in ogni sua ricerca il mio maestro non s'allontanava mai dal severo e rigido metodo scientifico. Le più importanti di queste sue disserta- zioni, occasionate da monete che erano immesse nelle collezioni di Brera, sono poi riunite in un lavoro riassuntivo ('). » » * Se a tutta questa attività dell'Ambrosoli aggiun- giamo quanto egli pubblicò nel campo della meda- glistica e in opere di carattere più generale, un altro lato non meno pregevole di operosità scientifica ci si schiude dinanzi (^), e se noi poi aggiungessimo quanto egli fece come traduttore di opere nelle lin- gue del nord (di cui oggi non dobbiamo qui occu- parci e non ne abbiamo la competenza), si conclu- derebbe anche favorevolmente a una certa qual non (i) Solone Ambrosoli : Alcuni acquisti del R. Gabinetto Numisma- tico di Brera (iSSjigoo) : Monete di zecche italiane in Riv. Hai. di Nu- mismatica, 1902. (2) Pregevoli scpratlutto le ricerche: Una medaglia inedita del Museo di Brera (Riv. 11. di Num., 1888). — Una medaglia di Antonio Abondio (ibidem, 1889). — Una medaglia inedita di Giacomo Jonghelinck (ibidem, 1891). — Di un medaglista ignoto del secolo XVI (ibidem, 1901). — Una medaglia poco nota di Papa Pio IV (Roma e la Lombardia, 1903). — Sono utili per il ciclo completo delle medaglie che illustrano: Le meda- glie di Alessandro Volta in Riv. It. di Num., 1899 con la I" e II" aggiunta (1902-1904). — Le medaglie di Giuseppe Verdi. — La bibliografia com- pleta delle sue opere (Ved. Rivista Italiana di Numismatica, 1906, pag. 442 e eegg. ; cfr. S. Ricci in Bollettino Ital. di Num., 1907) porta anche la traduzione dal tedesco del lavoro di Robert von Schneider: Di una medaglietta anonima mantovana (Riv. li. di Num., 1900). — La targhetta commemorativa del V Congresso Geografico italiano. Milano, Diario del Congresso, 1901. — Placchelte italiane in Rassegna d'Arte, 1901 e Placchelte italiane moderne in Riv. It. di Num., 1901. — A propos d'une medaille Siennoise in Bull, intern. de Num., Parigi, 1802. — Me- daglie del Petrarca nel R. Gab. Num. di Brera, nel volume Da Dante a Leopardi per nozze Scherillo-Negri. Milano 1904. L OPERA NUMISMATICA DI SOLONE AMBROSOLI 27 comune versatilità di ingegno tanto nel campo filolo- gico e letterario, quanto in quello storico-critico ^^). Ma, per rimanere nel campo delle discipline numi- smatiche, riparliamo delle sue opere di divulgazione intorno alla numismatica medioevale e moderna. L'Ambrosoli non ebbe fiducia nell'efficacia del- l'insegnamento universitario. Nominato libero docente in numismatica per titoli nella nostra R. Accademia Scientifico-Letteraria, dopo quella breve Prolusione che è inserita nella Rivista italiana di Nwnisììiatica col titolo : Della numismatica come scienza autonoma, null'altro ne scrisse, né pronunciò riguardo all'inse- gnamento. La potenza singolare di questo per far conoscere e apprezzare il campo, i metodi, il fine di una scienza era misconosciuta da lui, oppure egli vi era naturalmente contrai;io, o per poca facilità e pas- sione di parlare in pubblico, o per troppe occupa- zioni di ufficio, che gli impedivano di prepararsi alle lezioni con quella scrupolosa diligenza ch'egli cre- deva doverosa, trattandosi d'insegnamento superiore. E questo tolse a lui una grande soddisfazione di più, e privò l'Accademia del contributo di disci- plina si può dire nuova per l' insegnamento univer- sitario. Fu rotto anzi ogni legame tra i corsi nu- (l) Oltre i numerosi Manuali citati, i vari necrologi, le moltissime recensioni inserite nella Rivista Italiana di Numismatica, che sono pregevoli per le indagini storiche e per gli elenchi bibliografici, oppure per le ricerche e le considerazioni numismatiche, mitiaino i lavori: Breve relazione di un viaggio ad Atene e Costantinopoli. Milano, 1892. — Della numismatica come scienza autonoma (Riv. II. di Sum., 1893). — Museo Provinciale di Catanzaro: 1 Monete romane e bisantine; li Monete me- dioevali e moderne ; Medaglie. Catanzaro, 1894. — Giangiacomo de' Me- dici, castellano di Musso (1523 1532) Saggio bihliografico con particolare riguardo alle sue monete. Milani-, 1895. — Bibliografìa numismatica di Gian Giacomo de' Medici, castellano di Musso (Riv. II. di Num., 1896I. — Vocubolarietto pei numismatici, in sette lingue. Milano, Hi.epli, 1897. — Intorno all'uso delle lingue nazionali negli scritti di numismatica in Alti del Congr. Intern. di Scienze Storiche. Roma, 1904. 28 SERAFINO RICCI mismatici all'Accademia e il museo numismatico di Brera, che sotto il Biondelli era Gabinetto universi- tario, e anche questo fu dannoso, perchè i giovani incominciarono a disimpararne la via e a non consi- derare lo studio delle pregevoli collezioni antiche e moderne come uno dei fondamenti più saldi delle ricerche archeologiche, storiche e artistiche, mentre nessuno sarebbe stato più autorevole dell'Ambrosoli per mostrarne tutta la vastità, l' importanza e lo stretto legame con la cultura superiore della nostra gioventù studiosa. Ma oltre a una certa ripugnanza innata a pre- sentarsi al pubblico, che confinava con una timidità talora infantile, l'Ambrosoli s'era accorto che per r insegnamento numismatico i tempi non erano an- cora maturi, come in fondQ non lo sono neanche oggi, in cui gli scolari sorridono udendo parlare di numismatica, ed è il sorriso più innocente di questo mondo, perchè viene dalla completa ignoranza di quel che possa essere e divenire la nostra scienza. Dinanzi a ostilità di varia natura, egli non affrontò l'opinione pubblica, ma si rinchiuse sdegnoso nel suo museo, che doveva essere la sua gloria, e si studiò, invece, di irradiare da quello la luce più viva e più diffusa possibile. E sognò la divulgazione della nu- mismatica per mezzo dei manuali, anche nella parte medioevale e moderna, e vi riuscì. Il manuale di Nu- mismatica del 1891, perfezionato nella terza edizione e nella quarta in cui è, si può dire, postumo, è un gioiello del genere, sopratutto per la parte medioe- vale. L'unica cosa che io non approvo è l'aver tolto nelle ultime due edizioni il prontuario dei motti e delle leggende, il quale, come l'altro dei santi, è uti- lissimo a tutti, anche agli specialisti. È vero che l'Ambrosoli vi fu indotto dalla speranza di fare un manuale a parte dei motti e delle leggende, ora che l'opera numismatica di solone ambrosou 29 diffusamente fu ritrattato questo importante argomento nel nostro Bollettino italiano di Numismatica dalla penna del defunto Giovanni Donati ; ma intanto si rese defunto anche l'Ambrosoli e il Manuale manca di un capitolo importante. In ogni modo la distribuzione geografica, chiara e sobria, è resa viva dalle indicazioni bibliografiche esaurienti, e le serie dei regnanti e dei papi alle sin- gole zecche orientano tosto gli studiosi per le ri- cerche; manca la descrizione delle monete e della mancanza s'avvide negli ultimi tempi l'Ambrosoli col supplirvi con altri due Manuali : VAtlantino delle monete papali a compimento del Cinagli (1905) e V Atlante Numismatico moderno (1906), entrambi però suscettibili di miglioramenti e di aggiunte. Infatti, ormai il Mannaie Ambrosoli rimane im- pari al progresso continuo incessante della parte numismatica medioevale e moderna, e ormai s'invo- cano dagli studiosi i manuali delle singole zecche maggiori, non appena gli studi degli specialisti avranno condotto a un risultato esauriente e sicuro. Solone Ambrosoli un bel giorno ebbe paura egli stesso della propaganda numismatica che aveva fatto, e nella sua timida, ma leale scrupolosità di stu- dioso e di scienziato non trovava i mezzi per debel- larla, come diceva spesso. E questo diventava in lui una fobìa. Eppure quest'uomo, che non voleva la luce elettrica nel suo ufficio per paura d' incendio, non il telefono per non essere disturbato, dalla mattina alla sera era là nel suo museo, curvo sui libri; egli, natura forte, vigorosa, nata forse alla luce, al sole, al moto, preparava lentamente lo sfacelo del suo es- sere per la voluttà di finire una ricerca prediletta e di sentirsi per questo solo, indipendentemente dai concetti di lucro o di ambizione, soldato del dovere che sacrifica la vita, ove occorra, per la sua bandiera. 30 SERAFINO RICCI Solone Ambrosoli è colpevole incosciente di questo suo lento suicidio. D'antico stampo, ligio al dovere, di una correttezza e di uno scrupolo in certe inezie perfino esagerato, schivo della pubblicità sotto tutte le forme, egli attese dal suo posto che gli altri venissero a lui, e venivano pur troppo a disturbarlo a solo proprio vantaggio, ed egli ne rimaneva vit- tima volontaria, quasi contenta; sempre affabile, cor- tese fin troppo, anche con l'umile fattorino postale che gli portava una moneta, perchè questi rappresentava per lui una parte di quel pubblico che intendeva erudire coi suoi manuali. Spaventato dall'incremento della numismatica in questi ultimi anni, quando vide a poco a poco affol- larsi di pubblico vario, dotto e indotto, quel museo che prima era quasi deserto, tentò tenerlo lontano col ripetere ai più audaci, che sconfinavano nelle do- mande, quel severo « monete e medaglie » che l'Am- brosoli, da adirato esclusivista, gridava contro chi voleva sfruttarlo per ogni genere d'antichità e d'arte; diventava talora così esclusivista da non riconoscere nemmeno ciò che ai suoi studi stessi avrebbe gio- vato, e alla scienza occorreva come utile sussidio. Mi ricordo ch'egli condannò perfino una circolare, che a me pareva necessaria, rivolta ai sindaci perchè curassero negli scavi archeologici fortuiti di conser- vare tutte le monete trovate al loro posto, o nei re- cipienti fittili, oppure nelle tombe che si andavano scoprendo; ma d'altra parte egli. Solone Ambrosoli, al più umile garzone di negozio non era capace di negare un favore, e subiva tutto e tutti con uno strano quietismo, senza mai che quella voce si fosse alzata, e, notando il contrasto stridente fra quello ch'egli era e quello che dava e quello con cui lo si ricompensava, come a un servo si dà la mercede, egli avesse osato gridare all' ingiustizia e ribellarsi, l'opera numismatica di solone ambrosoli 31 non in nome suo e della sua famiglia, perchè almeno aveva la fortuna di non averne bisogno, ma, dico, in nome della scienza, dell' incremento del suo stesso museo, del riordinamento delle raccolte, della pubbli- cazione del catalogo scientifico, che ancora attende, dopo un secolo di vita numismatica, il suo autore. Ma l'Ambrosoli aveva fede di vivere e di lavorare ancora molto. E sempre sperando di giungere in tempo, lo colse sprovvisto, impreparato, la sera della vita, senza che potesse vedere coronati i frutti del suo lavoro indefesso e spesso mal compreso. E re- clinò il capo, stanco, sfinito quel galantuomo, senza nulla chiedere, né nulla pretendere, egli che tutto aveva dato quel che poteva dare, per nulla, o quasi, di quel che aveva diritto di chiedere ! Se alle ricerche dell'Ambrosoli i tempi e gli uomini meno contrari avessero data l'importanza di quelle linguistiche o filologiche, dove pur ben di rado la indubbia lotta coi prefissi e coi suffissi riesce poi ad aprirsi il varco dalla parola al pensiero, e molto meno squarcia di inaspettata e meridiana luce tutto un periodo storico, come fanno le monete e le medaglie, ben altro si sarebbe detto di Solone Ambrosoli e più benemerito parrebbe oggi in faccia alla critica a alla storia della scienza. Ma egli ci sorride dal busto con quella sua bona- rietà naturale, perchè sa che, più tardi, mutati i tempi e gli apprezzamenti, quando la numismatica entrerà sovrana con l'epigrafia e l'antichità da un lato, con la storia e 1' arte dall' altro nel tempio della scienza, noi dovremo ancora rivolgerci riconoscenti alla me- moria sua, perchè Solone Ambrosoli fu nel secolo che è morto il vero pioniere e divulgatore, che con- 32 SERAFINO RICCI tinuò degnamente e ampliò la nostra gloriosa tra- dizione italiana negli studi che ci diedero Ennio Quirino Visconti, Bartolomeo Borghesi, Domenico Promis. Egli stette sempre sul posto di battaglia, dove più folta era la mischia, anche quando pareva al pubblico eh' egli stesse a poltrire nella comoda nicchia di Brera e che volesse di proposito schivare la società per far parte da se stesso. Dalla vita, infatti, così affascinante di bellezza e di gioia, ove si prova il disinganno, ma è potente la passione, dove avvince talora la voluttà della lotta pel bene, per la gloria, anche quando si cade per essa affranti o incompresi, si vide un giorno l'Am- brosoli scomparire come rassegnato e tranquillo. Speriamo che dall'affetto vero e costante della mo- glie adorata, nella tacita gara di divenire primo fra i numismatici italiani, abbia tratto quei conforti che un altro carattere più battagliero, più espansivo, più dominatore avrebbe attinto alle fonti dirette e varie di una vita pubblica, in mezzo alla società. Noi oggi poniamo riverenti un ramo di lauro a pie del suo busto; nessuna fronda può essere più gradita al forte e modesto lavoratore! Quando col veloce trascorrere del tempo si per- deranno nella memoria i lineamenti della persona e non resterà che l'idea, quel lauro nella nostra fan- tasia possa vedersi crescere d' intorno folti rami vi- goreggianti, che ombreggino con le loro frondi ospi- tali il tronco avito da cui germinarono. Milano, febbraio 1908. Serafino Ricci. R. GABINETTO NVMISMATICO E MEDAGLIERE NAZIONALE DI BRERA IN MILANO SALA DEGLI STIPI E DELLE VETRINE i IL R. GABINETTO NUMISMATICO DI BRERA I Il decreto che istituiva a Milano il Reale Gabi- netto di Medaglie e Monete, porta la data del 7 mag- gio 1808 ed è per questo che oggi ne celebriamo il centenario ; ma la sua origine data da qualche anno prima. La sua storia è collegata a quella della zecca milanese, come a quella del principio della domina- zione napoleonica e al nome del chiarissimo archeo- logo Gaetano Cattaneo, che fu quegli che ne gittò le prime basi, che riuscì a farlo eleggere in Istituto autonomo, e che più tardi lo salvò dal pericolo di vederlo trasportato a Parigi, come già era stato de- cretato e come pur troppo avvenne in quell'epoca, di molte preziose collezioni artistiche e scientifiche dell' Italia. Al principio dello scorso secolo Gaetano Cat- taneo veniva aggregato alla zecca di Milano in qua- lità di disegnatore. Avendo assistito una volta ca- sualmente a una fondita di monete d'oro, osservò come nella massa ve ne fossero alcune di non lieve storica importanza e, male soffrendo che tale vanda- lismo venisse giornalmente consumato in un pubblico stabilimento, pensò di richiamare l'attenzione della Sopraintendenza generale delle zecche. Questa non fu sorda al richiamo e,, comprendendo il sentimento eminentemente civile che guidava lo spirito del Cat- 34 FRANCESCO GNECCHI taneo, prese tosto le opportune intelligenze col Mi- nistro delle Finanze, l' infelice Prina, il quale aderì di buon grado all'onesta domanda del Cattaneo e con decreto 20 dicembre 1803 ordinò che delle vec- chie monete destinate al crogiuolo, venisse sempre fatta una scelta e fossero ritirate tutte quelle giudi- cate meritevoli di conservazione. Di tale scelta venne incaricato il Cattaneo, il quale così iniziò una colle- zione numismatica presso la zecca stessa. A formarne il primo nucleo il Sopraintendente generale conte Isimbardi ofifrì alcune medaglie d'ar- gento di sua proprietà ed altre ne offrì pure lo stesso Ministro. Alcuni piccoli acquisti fatti occasio- nalmente e in Italia e fuori di monete e medaglie d'ogni epoca e d'ogni paese nei primi quattro anni portarono il numero dei pezzi a duemila, ma fu solo dopo questo periodo che le diverse serie così ab- bozzate vennero aumentate da regolari compere fatte presso negozianti o meglio ancora da acquisti di intere collezioni. Frattanto il Cattaneo approfittava della soppres- sione nelle zecche di Mantova e di Modena per ar- ricchire il suo incipiente gabinetto numismatico di circa 1500 pezzi fra punzoni, matrici e conii prove- nienti da quelle. A queste univa poi tutti i vecchi conii e punzoni esistenti nelle zecche di Milano e di Bologna, formando così un totale di oltre 2000 pezzi interessantissimi. Il primo vero acquisto venne fatto nel 1807 col materiale di due collezioni milanesi, la prima di mo- nete posseduta dal marchese Giulio Beccaria, la se- conda di medaglie formata dall'abate Frisi. Nel 1808 e precisamente nel giorno 7 maggio, data del decreto di fondazione del Gabinetto, veniva coU'assenso del Ministro e coU'approvazione del Principe Viceré stipulato per 30,000 lire di Milano IL R. GABINETTO NUMISMATICO DI BRERA 35 il contratto d'acquisto della collezione romana del Duca di Ccriliano-Saluzzo. già appartenuta al P. Fe- lice Caronni, costituita da circa 5000 pezzi, fra cui 254 aurei. Nello stesso anno veniva pure acquistata per 20,000 lire una collezione greca (1700 pezzi) dell'archeologo inglese Giacomo Millingen, e per altre 10,000 lire la collezione del milanese marchese Anguissola. Così il 1808 può segnarsi albo lapillo, come l'anno più fortunato del nostro Gabinetto. L'attività del Cattaneo poi non s'era limitata alla collezione delle monete, ma s'era estesa anche a quella non meno importante dei libri numismatici. Nei primi- otto anni aveva speso 90.000 lire, racco- gliendo una copiosa biblioteca di oltre ottomila vo- lumi, la quale formava degno complemento alle rac- colte numismatiche. Così il lavoro aumentava e verso la fine del 1808, il Cattaneo non potendo più reg- gere solo a classificare e catalogare monete e libri, ottenne che gli venisse assegnato come collaboratore il giovane Carlo Zardetti. Nel 1809 vennero pure fatti diversi acquisti, fra cui, principale, uno d'aurei romani a Torino. Acquisti di minore importanza furono fatti nel 1810; ma fu appunto in quest'anno che le prime delusioni aftlissero il povero Cattaneo, il quale abituato alla buona fede negli acquisti, fu tratto in inganno, come lo furono del resto tutti 1 direttori dei Musei di Europa, da quel l'amoso falsario che fu Guglielmo Becker di Mannheim.. Avendo fatto un rilevante acqui- sto di aurei romani, dovette poi riconoscere che ai pezzi genuini era frammischiata una dozzina di falsi. Lungi però dallo scoraggiarsi per l'ingrata sorpresa, ne trasse profitto, istituendo una serie di monete false che presto raggiunsero il migliaio e che de- stinò a servire di scuola e di esperienza per chi si dedica alla raccolta delle monete. 36 FRANCESCO GNECCHI Nel 1811 intraprese a viaggiare l'Europa per conoscere le collezioni dei principali Musei e con- tinuò gli acquisti specialmente con pezzi scelti fra le raccolte Pisani e Collalto di Venezia, da quella del- l'Abate Hottari di Chioggia e più ancora coU'aggre- gazione dell' intera collezione Sanclemente di Cre- mona. La collezione venne pagata 14,600 lire ita- liane, ed è illustrata dallo stesso proprietario (^). 1 primordi! del 1812 furono contrassegnati da un decreto vicereale in forza del quale venne asse- gnato al Gabinetto, con una munificenza al giorno d'oggi affatto sconosciuta, la somma di 30,000 lire. Il che non tolse che altri sussidii venissero di tempo in tempo accordati dietro le richieste del Cattaneo, il quale in quell'anno intraprese anche un viaggio in Germania per conoscere quei Musei e vi fece parecchi importanti acquisti, fra cui principale quello della collezione Canonici a Venezia (per L. 24,000) ricca di una bella serie di medaglioni, serie che ancora mancava al nostro Gabinetto. L'anno 1813 infausto all'Italia non solo ma a tutta r Europa, estese la sua ingrata influenza anche sopra il R. Gabinetto. Il tesoro era esaurito, e le collezioni numismatiche non ebbero in quell'anno che lievissimo aumento, malgrado che l'attivo direttore, in mancanza di denaro, avesse tentato di supplire con vendite e cambi di duplicati. Ma la fine di quel- l'anno minacciò di riuscire fatale al nascente Ga- binetto. L'8 novembre veniva rimesso al direttore un ordine ministeriale di estrarre dal R. Gabinetto tutto quanto vi si trovava di riputata importanza e di tenerlo pronto per essere spedito. Per quanto do- loroso, l'ordine dovette essere eseguito e non fu che in seguito ai passi che l'amarezza del caso suggerì (i) Numismata selccta Musaei Saiiclenientiani. IL R. GABINETTO NUMISMATICO DI BRERA 37 al direttore presso il Ministro, che la minacciata di- spersione venne scongiurata. Il 1814 passò egualmente sterile per acquisti e il 181 5 portava di nuovo la dominazione austriaca a Milano, della quale non potè però lagnarsi il R. Ga- binetto. Sapeva il Cattaneo che le scienze e le arti erano ben vedute alla Corte di Vienna e, senza perder tempo, presentò a mezzo del maresciallo Bellegarde un memoriale in cui, dopo aver presentato un ca- talogo delle raccolte, e un prospetto dello stato at- tuale del Gabinetto, chiedeva quanto era necessario per la conservazione e l' incremento di un istituto a cui aveva già consacrati tanti anni e tante cure. Il responso fu assai lusinghiero e confortante pel Cattaneo, il quale si vide provvisto di mezzi (nel seguente anno si spesero circa 20,000 lire), fornito di nuovi locali alla zecca, coadiuvato da due colla- boratori addetti l'uno alla parte antica e l'altro alla parte moderna. Ma il R. Gabinetto che aveva già errato qua e là in diversi locali della zecca, per l'aumento con- tinuo delle monete e più ancora della biblioteca, si trovava ormai a disagio e gli occorreva una sede meglio appropriata. Fu in data 12 gennaio 1817 che il Direttore Provvisorio (titolo che non era mai stato cambiato dal principio dell' istituzione), riceveva un dispaccio governativo, in cui si diceva : che il Gabinetto Numi stnatico colla raccolta dei libri relativi debbano traspor- tarsi dalla zecca nel locale di Brera e che vi esistano separatamente e indipendentemente da quella Biblioteca; ma che i detti libri per renderli profittevoli, siano de- stinati, come quelli della Biblioteca, a pubblico uso sotto l'osservanza delle convenienti cautele. Dichiarato per tal modo Istituto scientifico auto- nomo e reso indipendente dalla Direzione generale 38 FRANCESCO GNECCHI della zecca, il Gabinetto numismatico e la relativa Biblioteca trovarono molto decoroso collocamento nel Palazzo di Brera e precisamente nelle sale già occupate dall'Istituto di Scienze e Lettere del ces- sato regno d'Italia, accanto a quelle delle Biblioteca. Ma i tempi non volgevano piìi tanto propizii all' Istituzione. Un dispaccio governativo in data 15 ottobre 1818 avvertiva il direttore che S. M. erasi degnata di sistemare l'I. R. Gabinetto con un diret- tore provvisto dell'annuo stipendio di L. 3070, un aggiunto con L. 2000 e un inserviente con L. 600. Per le spese necessarie agli acquisti si assegna- vano L. 6000. Tali assegnazioni, che parrebbero pro- dighe al giorno d'oggi, parvero invece assai me- schine al Cattaneo, abituato alle larghezze anteriori. Ma, malgrado tutte le sue rimostranze, il Governo fu irremovibile, e solo alcuni anni dopo vennero ac- cordati due impiegati interinali, i quali però fecero cattiva prova. Il Gabinetto quindi, dopo i suoi primi anni di slancio, trascorse una lunga epoca di torpore fra l'abbandono del governo e l'indifferenza del pubblico, quantunque però de' suoi tesori approfittassero pa- recchi eruditi italiani e stranieri. Ma gli aumenti vennero sempre in misura scarsissima e alla spic- ciolata. Dopo la prima epoca della formazione non si parlò più d'acquisti di collezioni o comunque im- portanti. Nel 1842 al Cattaneo succedeva il dott. Carlo Zardetti e a questi nel 1849 il cav. Bernardino Bion- delli. Il 25 agosto di quello stesso anno 1849 ve- niva istituito presso il Gabinetto una cattedra d'Ar- cheologia, compiendosi così dopo 35 anni il voto del benemerito fondatore e questa provvida istitu- zione servì a rilevare alquanto le sorti dell' istituto, a renderlo noto al pubblico, a formare dei proseliti. IL R. GABINETTO NUMISMATICO DI BRERA 39 Nel 1864 un fatale decreto del 6 settembre stac- cava la Biblioteca numismatica dal Gabinetto per unirla alla Braidense. Non conosciamo quali ragioni abbiano condotto a tale inconsulta determinazione ; ma abbiamo motivo di credere che a ciò sarà rime- diato nella prossima occasione del trasporto del Ga- binetto al Castello Sforzesco. Il trattamento austriaco del Gabinetto che era sembrato meschino al Cattaneo, si poteva ancora chiamare splendido, in confronto a quello inflitto dal Governo nazionale. Basti dire che la dotazione per acquisti fu ridotta alla cifra irrisoria di looo lire al- l'anno, comprese in questa cifra le spese di ordi- naria amministrazione (cancelleria, riparazioni, riscal- damento dei locali, ecc.). Non era possibile andare più in là.... nella grettezza. Nel 1886 moriva Bernardino Biondelli e poco mancò che alla sua morte seguisse anche quella del Gabinetto. Il Governo, non avendo pronto un suc- cessore, o non volendo per motivi economici nomi- narlo, chiuse e suggellò il Gabinetto. .. E il peggio fu che, durante i parecchi mesi di questa chiusura, trapelò come nelle sfere governative si andasse ven- tilando il progetto se non di abolire completamente il Gabinetto, di ucciderlo moralmente e di renderlo completamente inutile, togliendolo dal posto oppor- tunissimo ove si trovava per relegarlo in alcuni lo- cali perduti e fuori mano dello stesso palazzo di Brera, dove, senza spesa di dotazione e di direzione, alcune monete e alcune medaglie esposte a guisa di campionario avrebbero formato oggetto di pura curiosità pei visitatori della... Pinacoteca. Un grido d' indignazione si sollevò allora in Milano e una protesta iniziata da chi scrive e da suo fratello Er- cole, corroborata da una quarantina di firme di cit- tadini milanesi, amanti delle patrie istituzioni, venne 40 . FRANCESCO GNECCHI presentata- a mezzo dei deputati Sola e Mussi al Ministro della P. I., chiedendo la regolare riaper- tura del Gabinetto e la nomina di un direttore^'). (i) Ecco il testo dell' istanza diretta al Ministro della P. I. ; Istanza presentala a S. E. il Ministro detta 1. P, " I sottoscritti, amanti e gelosi delle istituzioni archeologiche che decorano Milano loro patria, e desiderosi che tali istituzioni siano messe in posizione da poter raggiungere il loro scopo, si rivolgono a codesto eccelso Ministero pregandolo vivamente a voler prendere in seria con- siderazione quanto stanno per sottoporgli a nome e nel!' interesse di tutti coloro che si dedicano allo studio dell'archeologia e delle memorie patrie. " Vedendo con dispiacere come fino dallo scorso luglio quando mo- riva il compianto prof. Biondelli, il R. Gabinetto Numismatico fosse posto sotto suggelli e tale rimanga tuttora con grande discapito degli studiosi si italiani che forastieri, a cui fu per tutto questo tempo im possibile penetrarvi, e alcuni dovettero rinunciare a ricerche su meda- glie che dovevano consultare per opere da pubblicarsi, si permettono di sottoporre a V. E. le seguenti dimande e proposte che credono ade- guate all'importanza del R. Gabinetto Numismatico di Milano e atte a rendere proficuo l' immenso materiale scientifico che vi si racchiude, il quale altrimenti rimarrebbe assolutamente inutile. Domande, I." Il Gabinetto Numismatico venga senz'altro indugio aperto al pubblico colla nomina di un Direttore coadiuvato da un aggiunto; o quanto meno provvisoriamente da un ff. di Direttore, dipendente dal Prefetto della Braidense. 2.0 Sia stabilita una decorosa dotazione al Gabinetto per acquisto di monete, medaglie e libri di Numismatica. 3." Vengano rifuse al Gabinetto, come fondo per acquisti di me- daglie e libri di Numismatica, le competenze del Direttore e dell'aggiunto decorrenti dalla morte del Direttore Biondelli fino alla riapertura del Gabinetto. E così pure vengano allo stesso rifuse le economie fatte in questi ultimi anni sul fondo appunto devoluto agli acquisti, ma non erogato. Proposte. i." Sia nominata una Consulta o Commissione Numismatica di otto o dieci membri, coli' incarico di riunirsi a dwli periodi sotto la pre- sidenza del Direttore, e coadiuvato sia nell'acquisto di libri o medaglie IL R. GABINETTO NUMISMATICO DI BRERA 4I Fu solo nel seguente anno 1887, dopo circa un anno di chiusura, che il Gabinetto fu riaperto e no- minato quale direttore il compianto dott. Solone Ambrosoli, il quale ne tenne le chiavi fino all'epoca della sua morte, il 27 settembre 1906. L'abbandono in cui fu continuamente lasciato dal Governo Italiano il Gabinetto Numismatico di Milano... almeno fino allo scorso anno, la mancanza di mezzi, la scarsità del personale addetto fecero sì che esso rimase sempre senza un regolare catalogo, ciò che non solo ne diminuisce immensamente l' in- teresse per gli studiosi, ma accresce d'assai la re- sponsabilità di chi ne deve ricevere, conservare e trasmettere la consegna. Dopo i cataloghi sommarli del Cattaneo, fu solo nel 1850 che si intraprese per cura del dott. G. B. De Capitani d'Arzago, aggiunto per qualche anno al Biondelli, il catalogo delle mo- nete greche ; e nel 1882, per cura dell'aggiunto prof. Cohen, che pure vi rimase qualche tempo, si incominciò a compilare il Catalogo Generale. Ma tale lavoro rimase incompleto e aspetta sempre una mano forte che sappia portarlo a compimento. Noi ci auguriamo che il compito possa venire assunto e onorevolmente condotto a termine dall'at- tuale direttore provvisorio il prof. Serafino Ricci, il quale, già collaboratore dell'Ambrosoli, diede prova, nel breve tempo che lo supplisce, di interessamento sia nella corrispondenza, nelle pubblicazioni, nella compilazione dei ca- taloghi, ecc. 2." Venga riunita, come io fu fino al 1864, al Gabinetto Numisma. tico, la relativa Biblioteca, ora aggregata alla Braidense ; ma pure già radunata nella sala speciale attigua al Gabinetto. " Persuasi i sottoscritti che V. E. non vedrà in tali domande e pro- poste che il loro interessamento alla scienza e al decoro delle patrie istituzioni, non dubitano di essere prontamente esauditi e attestano in anticipazione i loro sentimenti di riconoscenza. (Seguono le firme). 6 42 FRANCESCO GNECCHI e di attività, avendo provocato diversi incrementi alle collezioni mediante acquisti ottenuti dal Mini- stero sia presso privati, sia alle ultime vendite al- l' incanto, e al quale auguriamo di ottenere definiti- vamente per concorso il posto di direttore. Il secondo centenario del Gabinetto di Brera sarà commemorato dal cambiamento di dimora. Non già che quella attuale gli fosse divenuta insufficiente o inadatta. L'antica sede nel Palazzo di Brera è sempre decorosissima e il Gabinetto vi avrebbe potuto restare ancora per un tempo indefinito, se diverse circostanze non fossero sorte per consigliarne il cambiamento. Tutti gli istituti residenti in Brera, l'Accademia di Belle Arti, la Pinacoteca, la Biblio- teca, pel continuo loro accrescimento sentono il bi- sogno di ampliare le proprie sedi ; d'altra parte vi era anche una ragione scientifica che invocava il cambiamento. La suppellettile numismatica di proprietà muni- cipale, costituita *per la maggior parte dai lasciti Taverna e Castiglioni e formante già un nucleo di importanza specialmente per la serie milanese e per le medaglie del Rinascimento, da parecchi anni gia- ceva sepolta al Castello Sforzesco, in parte esposta, è vero, al pubblico, ma in parte nascosta e impenetrabile. La Società Numismatica Italiana da qualche anno si preoccupava della questione e, quando vide che i tempi erano maturi, credette obbligo suo di espri- mere il suo voto per un ordinamento definitivo delle collezioni numismatiche di Milano. Difatti il 30 giugno dello scorso anno, votava all'unanimità il seguente Ordine del Giorno : « I Membri della Società Numismatica Italiana, « oggi radunati in Assemblea Generale, udita la re- " lazione della Presidenza e considerando IL R. GABINETTO NUMISMATICO DI BRERA 43 u a) che il Gabinetto Numismatico Municipale « non può avere vita e quindi utilità pratica senza u una speciale organizzazione ; « b) che tale scopo si potrebbe raggiungere « con una spesa relativamente mite, quando il Ga- « binetto Municipale e quello Governativo fossero « riuniti in un unico locale, « chiede « all'Onorevole rappresentanza Municipale di Milano u di voler iniziare pratiche col Ministro della P. I. « e colla Direzione Generale delle Belle Arti, perchè « il R. Gabinetto di Brera venga riunito al Museo « Municipale, sotto un'unica Direzione nel Castello « Sforzesco ». Le pratiche furono quindi condotte con solleci- tudine presso le competenti autorità dal Municipio di Milano e dalla Società Numismatica e l'accordo venne felicemente concluso. In breve il R. Gabinetto di Brera verrà trasportato in degna sede al Castello, occupando l'antica Sala del Tesoro e alcuni altri locali attigui fino a raggiungere quello che è sede della Società Numismatica. Dal connubio delle due grandi collezioni, a cui serviranno di cornice la antiche ampie sale sforzesche, siamo certi che risulterà un insieme degno di gareggiare coi migliori Gabinetti d' Europa. Il numero delle monete delle due collezioni riu- nite sale a poco meno di sessantamila e, più assai che il numero, ne formano il pregio le molte rarità e i molti pezzi unici contenuti sia nell'una che nel- l'altra. L'una e l'altra collezione potranno progressiva- mente migliorare ed aumentare, col vantaggio di non farsi una inutile e dannosa concorrenza, se il Go- 44 " F'RANCESCO GNECCHI verno continuerà nelle buone disposizioni dimostrate in questi ultimi tempi, se il nostro Municipio, come tutto dà luogo a sperare, vorrà imitarne l'esempio e infine, se anche il privato cittadino vi vorrà con- tribuire nella misura delle sue forze. Sappiamo che, a ricordare la circostanza del centenario, pervennero già al Gabinetto parecchi doni, dei quali non possiamo ancora dare il preciso elenco ; ma non è dubbio che quando la nuova sede sarà inaugurata, il suo splendore eserciterà un fascino su alcuni raccoglitori privati, i quali si terranno ono- rati di vedervi collocate le loro raccolte o come dono o non fosse altro come semplice deposito. Francesco Gnecchi. NOTE SUR UN POIDS BYZANTIN Le sens des lettres OB dans les exergues CONOB, TROB, TESOB, ANOB, SIROB et leurs variantes, qu'on rencontre constamment sur les monnaies d'orromaines et byzantines, depuis Valentinien I" (364-375) jusqu'à Constanti!! VII Porphyrogénète (911-959), est main- tenant bien déterminéet scientifiquement établi. Après avoir longtemps agite le monde numismatique et provoqué des polémiques dans lesquelles se sont trouvés engagés les savants les plus illustres, la question a été nettement éiucidée par M. H. Willers, et il n'y a plus lieu de la reprendre et d'v revenir (". Mais si l'on peut lui appliquer le dicton : « \)u choc de la discussion jaillit là lumière », il convient d'ajouter que la lumière a brille surtout par suite de la dc- couverte de nouveaux éléments d'information que les protagonistes ne pouvaient pas connaltre. Bref, les lettres OB ne sont ni l'abréviation de obsignatum u contresigné », ni le chiffre grec 72, comme le croyait Mommsen, parce que le soHdus aureus fut, à partir de Constantin, taillc à raison de 72 pièces dans une livre d'or : elles sont tout simplement l'abréviation du mot greco-latin ó?p'-<^ov, obryzwn. L'or purifié et affine était ordinairement appelé par les Grecs, surtout à l'epoque byzantine, x?'-"''^' (1) H. Willers, dans la Num. Zeitschrift de Vienne, 1899, pag. 35 et suiv. ; cf. E. Babelon, Traile des monnaies grecques et romainrs. Première partie, t. I, pag. 890; Proceedings of the Society 0/ Antiqua- ries de Londres, 24 mars 1904. 46 E. BABELON óépuCos, « or affine, recuit », et par les Latins, aurum obryzum ou obrussum. Le procède d'affinage de l'or que les modernes appellent la coupellation. se nom- mait obrussa, d'où l'expression courante, atirum ad obrussaììi, « or passe à l'éprouvette ». Le metal ainsi affine était mis en lingots, en barres {regulce, yj-x^oi ì^'^ p-r,yiioi;), A l'aide d'un marteau les contróleurs officiels appliquaient sur ces barres leur estampille particu- lière pour attester la pureté du metal (aurum proba- htm atqm examinatum). C'est ainsi, par exemple, que sur l'une des barres d'or aujourd'hui bien connues, trouvées dans le comté de Haromszeker, en Tran- sylvanie, et provenant de l'atelier romain de Sirmium, on lit l'estampille : LVCI ANVS OBRISI&- {Liicianiis obryzum I signavit) (■). Sur les monnaies elles-mèmes on rencontre quelqucfois OBR au lieu de OB (2). Ces lettres forment, en quelque sorte, le pendant des lettres PS, PST ou PTS (pusulatum ou pnstnìatum) qui paraissent aussi sur les monnaies d'argent à partir de Valentinien I" ainsi que M. Willers l'a démontré *3). La présence, à la basse epoque, des lettres OB sur des pièces d'or pale et mènie sur quelques mon- naies d'argent et de bronze, issues des ateliers des Barbares, ne saurait infirmer leur interprétation par obryzum : ce sont des anomalies exceptionnelles en- gendrées par l'abus, l'ignorance, la routine des gra- veurs ou par la ruse des faux monnayeurs W. (1) E. Babelon, op. cit., pag. 88i. (2) E. Babelon, op. cit., pag. 892. (3) H. Willers, Ice. cit. ; on interprétait autrefois ces lettres par percussum. (4) E. Babelon, op. cit., pag. 892. NOTE SUR UN POIDS BYZANTIN 4'J En rcsumant, dans mon Traile, tout ce qui a été écrit d'essentiel sur ce point intéressant de la numismatique- romano-byzantine, j'ai fait observer que r introduction de la marque OB sur les monnaies, correspondait directement à la législation du temps et qu'elle en était l'application immediate. En effet, à partir de Valentinien I" les empereurs légifèrent fréquemment sur le bon aloi de la monnaie; ils veu- lent que la pureté du metal soit rigoureusement res- pectée ; dans les lettres et rescrits impériaux il est enjoint aux directeurs des ateliers de veiller à ce que, dans la fabrication des espèces, il soit fait usage exclusivement d'or affine et zovA.XQ\t,aurum obryzum^^^ . Je présente aujourd'hui au lecteur un monument nouveau, du commencement de la période bizantine, qui a sa place marquée à la suite de tous ceux qu'on a cités pour établir le veritable sens des lettres OB et commenter les textes législatifs auxquels je viens de faire allusion. C'est un poids de plomb qui vient d'entrer au Cabinet des médailles de Paris et dont voici l' image et la description : nOAYXPONlOY OBPYZON Les deux mots sont séparés par une croix la- tine entre deux étoiles. Poids en plomb, de forme (i) Voyez ces textes dans E. Babelon, op. cit., pag. 891. 48 E. BABELON carréc, mesurant 26 millimctres de coté et pesant 21 gr. 52. La tranche est biscantée sur les quatre cótés ; le metal est un peu oxydé et patine, mais le monument est en parfait état de conservation. Le poids du solidus aureus ordinaire (taillé à 72 à la livrc) étant de 4 gr. 55, il est aisé de constater que le monument que nous venons de décrire ne correspond ni à quatre solidi, ni à cinq solidi. Il ne saurait ctre non plus un multiple ponderai du solidus de 3 gr. 89 (^taillé à 84 à la livre) ; il ne porte au- cune mention de valeur ponderale, contrairement à l'usage courant. Ce n'est donc pas un exagium: ce qu'indique aussi, d'ailleurs, son metal et l'absence de tonte formule appropriée à cette destination. Mais ce n'est pas non plus un poids ordinaire du commerce, comme suf- fisent à le prouver l'inscription OBPYZON et le pojds de 21 gr. 52. L'once du commerce étant, comme chacun le sait, de 27 gr. 28; un poids de 21 gr. 52 ne correspond à rien dans le système ponderai ro- main. Comme il n'est pas possible d'admettre que le monument ait perdu, par suite de rox3^dation du metal, 5 gr. 76, c'est à dire plus d'un cinquième de son poids primitif, il faut, de tonte nécessité, recon- naìtre dans ce poids de 21 gr. 52, une once d'un S3'stème particulier, dépendant d'une livre de 258 gr. 24, tandis que la livre romano-byzantine ordi- naire est de 327 gr. 45. Qu'est-ce donc que ce système ponderai parti- culier? Le mot o€pu?^ov inscrit sur l'once, va nous en donner la clef: c'est le système ponderai special pour peser l'or affine dans les ateliers monétaires. En etìbt, comment justifier, sans cette interprétation, la présence de la mention o?puUv « or affine » sur ce NOTE SUR UN POIDS BYZANTIN 49 monument de ploinb, à la place de tout chiffre ou de toute mention de valeur ponderale ? Expliquons- nous : Sur un poids vulgaire, on ne s'avise pas de graver la nature des objets à peser, mais bien au contraire, un chiffre ou une lettre indiquant le rap- port avec l'unite, étalon du système ; on n'inscrit sur un poids le nom des objets à peser que si ces objets doivent Tètre suivant un système ponderai différent du système banal qui sert à toutes autres marchandises. Donc, le mot ógpuCov nous avertit que nous avons affaire à un poids special à l'or affine, et voila évi- demment pourquoi nous constatons par la balance que ce poids ne rentre pas dans le système ponderai ordinaire et courant. Toutefois, dans le commerce des métaux. il ne pouvait y avoir — cela va de soi — aucune raison plausible pour peser l'or, méme affine, suivant un système particulier. Une livre d'or était représentée par 327 gr. 45 d'or et ne pouvait étre autre chose. Aussi n'est-ce pas dans le commerce ordinaire que l'on faisait usage du système ponderai exceptionnel que nous révèle notre once de 21 gr. 52: ce système servait dans les ateliers monétaires et dans les cir- constances que nous allons préciser. Quiconque se présentait à un atelier monétaire pour faire monnayer un lingot d'or ou — ce qui revient au mème — pour acheter de la monnaie, devait subir une retenue qui lui était imposée par l'administration pour frais de main d'oeuvre et comme bénéfices sur la fabrication monétaire. On tenait compte aussi, dans cette retenue, de la différence legale de l'aloi du metal employé dans la bijouterie et du metal affine pour étre monnayé. Celui qui apportait une once d'or de 27 gr. 28 ne 5^ E. BABELON recevait en or monnayé ou affine, qu'une once af- faiblie de 21 gr. 52. La difìFérence — soit 5 gr. 76 — représentait le prélèvement et le bénéfice de l'admi- nistration. De inéme, sur une livre d'or de 327 gr. 45, on ne lui rendait en or monnayé ou affine que 258 gr. 24; la diflérence, soit 69 gr. 21, restait à l'Etat, fabricant de la monnaie et affineur du metal. Et Gomme nous venons de le dire, cet écart consi- dérable s'explique non seulement par ces frais, mais par la différence d'alliage du metal, l'or de la mon- naie étant d'une pureté supérieure à l'or qu'em- ployaient les orfèvres et pour lequel un minimum d'aloi devait étre, comme au moyen àge et comme de nos jours, légalement fixé. L'or ainsi rendu au client de l'atelier monétaire, après avoir été amene au degré de pureté de la monnaie, sinon toujours converti en espèces moné- taires. était pese avec des poids du systcme de l'once de 21 gr. 52 que nous cherchons à expliquer. Et cette pesée du metal ó'^p^'Cov était une opération d'au- tant plus nécessaire que l'irrégularité ponderale des sous d'or était admise dans une certaine mesure et que l'on était dans l'habitude de payer couramment toutes choses aussi bien en lingots qu'en monnaie. On pesait la monnaie elle méme péle-mèle avec des lingots d'or affine. Des usages analogues empruntés au moyen-àge justifieront notre interprétation. Dans sa Note sur les Poids du moyen-àge, M. P. Guilhiermoz cite des tableaux d'équivalences monétaires dans lesquels il est spécifié, par exemple, que l'or de Valence en Espagne étant de bas titre, il faudra } onces de cet or pour équivaloir à une once d'or cuit, c'est à dire affine à la monnaie ('). Dans l'étude approfondie de (i) P. Guilhiermoz, Note sur les poids du Moyen-àge, pag. 6i (extrait de la Bibliotlìèque de l'Ecole des Charles, t. LXVII, 1906). NOTE SUR UN POIDS BYZANTIN 5I M. Borrelli de Serres sur les variations monétaires sous Philippe le Bel, nous constatons que le metal monnayable, soit en lingots et en pièces décriées, soit en vaisselle et bijoux, est acheté toujours au mare de Paris ; au contraire, la monnaie, c'est à dire le méme metal, une fois affine et monnayé, est ap- précié au mare le Roy ; et il y avait une différence réelle entre les deux marcs puisque nous voyons, dans un cas, qu'une certaine quantité de metal acquise au mare de Paris, devait fournir 59 ' ^ agnels, tandis qu'on n'en monnaya que 58 '/3 au mare le Roy. La dififérence, soit '/,8 e faisait partie du prclèvement exercé pour la fabrication et s'ajoutait aux droits de seignetiriage et de brassage ('). La différence d'aloi du metal employé dans le commerce et du metal monnayé était déterminée légalement. Les orfèvres du moyen-àge étaient tenus par des réglements sévères, de donner à leurs ou- vrages d'or et d'argent un titre dont le minimum était fixé ; les fraudes étaient rigoureusement punies. On connaìt les statuts et obligations de la corpora- tion des orfèvres de Paris au XIIP siècle à ce sujet; en 1275, apparaìt l'obligation de la marque ou du poingoii attestant le titre du metal, après essai offi- cici : l'Etat intervieni ainsi pour garantir la loyautc d'un commerce où la fraude eut été facile. Par une ordonnance de 1345, par exemple, le titre de l'or dans le commerce et l'orfévrerie est fixé au minimum de 19 carats (sur 24 carats ou or idéalement pur); la monnaie est à 22 carats. Qui- conque apportait à la monnaie des bijoux pour les faire convertir en espèces circulantes subissait une (i) Borrelli de Serres, Les varialions tnonélaires sous Philippe le Bel, pag. 32 (1902 in-8). — Jean Boizard, Traiti des Monnoyes, pag. 55 et suiv. (Paris, 1692, in-ia). 52 E. BABELON retenue de trois carafs en surplus des frais de sei- gneuriage et de main d'oeuvre. Il n'y a pas lieu d'entrer ici dans de plus amples développements en ce qui concerne le moyen-àge, mais on admettra bien que nous sommes fondés à croire, d'après tout ce qui précède, que des usages analogues existaient déjà au commencenient de la période byzantine, sinon beaucoup plus tòt encore : le moyen-àge ne fìt qu'hériter des traditions de la familia monetalis romaine. La légalité de la livre de 258 gr. 24 et de l'once de 21 gr. 52 dans les conditions spéciales que nous venons de déterminer, est attestée par le nom du magistrat qui est grave sur le poids. Quelle était la nature des fonctions de ce personnage dont le nom n'est, ici, suivi d'aucun qualificatif? Ce nom noW^povio; est assez rare dans l'onomastique grecque. On le rencontre notamment sur des inscriptions d'Aphro- disias en Carie, à une epoque antérieure de plu- sieurs siècles à notre monument : il n'y a pas lieu au moindre rapprochement de ce coté '■). A l'epoque byzantine le nom no>j;(;povtoj est porte par divers personnages, notamment des clercs, que citent Libanius et Photius, et qui ne sauraient, non plus, avoir quelque rapport avec le controleur et vérificateur officici, signataire de notre poids (2). Celui-ci était peut étre un Procurator ou un Praepo- situs de l'un des ateliers monétaires de l'empire d'Orient, à moins qu'il ne fut simplement un exactor altri, argenti et aeris, ou mieux encore un officinator ou probator (òV/.'.f;.a<;T^)^ chef du bureau de l'essa- yage (3). On sait que les Hotels des monnaies étaient, (1) BoFXKH, C. 1. Gr., II. 2824, 2828, 2839. (2) C. 1. Gr., n. J:866 {Caialogtis ckricoriiiu). — Photius, Bibliolh., pag. 14 m. (3) E. Babelon, Tratte, première partie, t. I, pag. 860. NOTE SUR UN POIDS BYZANTIN 53 comme les poids et mesures, dans les attributions suprèmes du comte des Lafgesses sacrées; toutefois, au moins à certaines époques de la perioda romano- byzantine, on constate qua l'établissement des poids- étalons (exagta) est confié au préfet du prétoire ou mème au Praefectus Urbi. Les noms de titulaires de ces hautes fonctions a été relevé sur des poids. On les rencontre aussi sur de petites tessères en bronze à lettres niellées dont la destination comme exagta a été contestée pour deux raisons : il n'y a point, a-t-on dit, de mention de valeur ponderale sur ces tesserulae et en second lieu , leur poids qui oscilla entre 3 gr. 92 et 2 gr. 97 est inférieur à celui des véritables exagia solidi dont le poids varie entre 4 gr. 79 et 3 gr. 75 <". Mais nous répondrons en invoquant l'analogie avec la monument ponderai expliqué plus haut : lui aussi, nous l'avons fait ressortir, ne porte ni l'effigie imperiale, ni l'indication de sa valeur par rapport à l'unite ponderale et son poids est sensi- blement inférieur au poids normal de l'once du com- merce. L'absence de toute indication de valeur, le poids faible par rapport à celui des autres exagia solidi, viendraient-ils de ce que les petites tessères en question auraient eu une destination analogue à celle de notre once de plomb ? En un mot, si l'interprétation des petites tessères de bronze des bas temps romains comme exagia so- lidi n'est peutètre pas absolument certaine, elle est, dans tous les cas, bien mieux justifiée que l'opinion qui voudrait reconnaitre dans ces minuscules objets des tessères destinées à ètra cachées dans les fon- dations des édifices, à seule fin d'en consacrer la (1) MoWAT, Bull, de la Soc. Jes Antiquaircs de France, 1900, pag. 277 54 E. BABELON construction ou la réédification par un souvenir tan- gible légué à la postérité"). E. Babelon. (i) Les petites tessères de bronze à lettres niellées auxquelles je viens de faire allusion ont été appelées tour à tour pas les érudits : tesseroe hospilales, apophoreta, donarla, pondera, exagia. Caylus, le premier, a émis l'opinion qu'elles avaient du ètra cachées dans les fondations de certains édifices (Caylus, Recueil d'antiquilés, t. VI, pag. 252); cette opinion qui ne repose sur rien a pourtant rencontré de nombreux adhé- rents (voyez surtout H. Dressel, dans le C. 1. Lat., t. XV, 2, pag. 887 et E. MiCHON, art. Pondus, dans le Dictionn. des andquités grecqufs et romaines de Daremberg et Saglio, note in fine). Je me suis rallié à l'hypothèse qui voit plutòt des exagia dans ces petits objets trouvés souvent loin de tout édifice et, au moins une fois (C. /. L., n. 7107), en compagnie de coins inonétaires. Leur forme, leur poids, la multiplicité du méme exemplaire, les circonstances des trouvailles et d'autres argu- ments encore me font persister dans cette manière de voir (E. Babelon, art. Exagium, dans le Dictionn. cité de Daremberg et Saglio). SCUDO D'ORO di Federico H Gonzaga e Margherita Paleoioga coniato nella Zecca di Casale (1536-1540). É cosa nota che l'imperatore Carlo V con una sentenza pubblicata in Genova nel giorno 3 novem- bre dell'anno 1536 dichiarava che la successione del Monferrato, feudo femminino, rimasta vacante per la morte di Gian Giorgio Paleologo, senza prole e senza congiunti maschi, spettava alla principessa Marghe- rita, sua nipote di fratello, ed a Federico II Gonzaga duca di Mantova suo marito. Il Gonzaga, che allora trovavasi a Genova presso l'imperatore, pochi giorni do])o prendeva commiato dal medesimo, e si avviava a Casale in compagnia del Commissario Cesareo, il quale doveva metterlo in possesso del marchesato. 1 due nuovi padroni as- sunsero allora il titolo di duchi di Mantova e mar- chesi di Monferrato. La dominazione di Federico fu assai breve, per- chè esso decedeva in Marmirolo nel giorno 28 giugno dell'anno 1540 lasciando gli Stati al suo primogenito Francesco III ancora in bassa età. Per molti anni non si conobbero monete coniate nella zecca di Casale durante i quattro anni della cg GIUSEPPE GIORCELLI signoria di Federico e Margherita, perciò fra i nu- mismatici era invalsa la credenza che in questo pe- riodo di tempo detta zecca fosse stata inoperosa, e se ne attribuiva la cagione alle continue guerre fra gli imperiali ed i francesi, che in quegli anni dila- niarono la regione subalpina. Fortuna volle che pervenisse nelle mani di mon- signor Attilio Portioli un bel Mocenigo fatto battere in Casale da Federico e Margherita, ed allora questo insigne numismatico volle fare delle ricerche negli archivi mantovani, e le sue indagini riuscirono feli- cissime, perchè esso trovò nei medesimi un decreto di Federico, delli io marzo 1537, col quale conce- deva per cinque anni al nobile Pietro Martire de Giva, cittadino milanese, la facoltà di coniare nella zecca di Casale otto specie di monete, cioè Scudi d'oro, Mocenighi, Marcelli, Cavallotti, Grassetti, Mezzi Grossi e Bagattini di rame. Di pili il Portioli rinvenne altresì il capitolato che Federico stipulava collo zecchiere per la batti- tura delle suddette monete. Esso pubblicava la descrizione del Mocenigo, il decreto, ed il capitolato, nel Periodico di Numisma- tica e di Sfragistica del marchese Carlo Strozzi (vo- lume sesto, pag. 199), e col suo dotto lavoro cor- reggeva un errore e riempiva parzialmente una lacuna della storia della zecca di Casale, dimostrando che Federico e Margherita furono solleciti a compiere l'atto di sovranità in Monferrato coU'uso della zecca, cioè soltanto tre mesi e mezzo dopo averne preso possesso. Avendo io acquistato uno scudo d'oro degh stessi principi, sono lieto di presentarlo ora agli stu- diosi concorrendo ad onorare la memoria del com- pianto prof. Solone Ambrosoli, del quale fui sempre e sono un sincero ammiratore. SCUDO d'oro di federico II GONZAGA, KCC. 57 SCUDO D'ORO. '^mmk Nel ^ presenta accostati ed in un solo scudo gli stemmi dei Gonzaghi e dei Paleologi ; in alto il Monte Olimpo sotto una corona marchionale ; in giro le parole FED • GON ■ MARG • PALE • MOtS • FÉ • MAR •. vale a dire FBDencus GONcrt^rt MhROanta PA LBologa MON//S FB>ra/i ìAkKcIiioiies. Nel I^ vedesi una croce colle braccia bizzarramente filet- tate e colle estremità fiorate; nel contorno leggesi: + IN • HOC • SIGNO • EICIAS • DEMONIA. Oro, peso gr. 3,35, min. 27. Io credo che questo scudo sia inedito, ma non oserei giurarlo, perchè oggidì presso le varie nazioni si pubblica in differenti hngue una infinità di lavori numismatici, e quindi riesce impossibile conoscerli tutti. Certo è che in Italia finora è sconosciuto e passa per inedito. Come si è veduto, il lavoro dell'esimio numisma- tico Attilio Portioli veniva stampato nel Periodico delio Strozzi, e siccome quest'opera è diventata rara e pochi numismatici la posseggono, o possono con- sultarla nelle biblioteche delle loro città, così io ho creduto di fare una cosa gradita ed utile agli studiosi riportando il disegno del geniale Mocenigo, del quale trovasi un buon esemplare nel Gabinetto Numisma- tico dell' Istituto Leardi di Casale. In tal modo il lettore ha sotto gli occhi amendue le monete che si conoscono di quel periodo storico. 8 5» GIUSEPPE GIORCF.LLI MOCENIGO. ;& - 9 - Stemmi accostati dei Gonzaghi e dei Paleologi in un solo scudo sormontato dal Monte Olimpo e coperto da una corona marchionale. Intorno si legge FÉ • GON • MAR© • PALE • MON • FER • MR -, cioè : FBdericNS QOUza^a MARGar//a PkLBo/oga N\ON/ts FBRraii fAiìRchiones. Si scorge nel campo a sinistra la figura di Cristo raggiante ed in piedi, che benedice, a destra Sant'Evasio inginocchiato che tiene le mani giunte, ed è vestito colle paramenta vescovili, e colla mitra in terra. Sotto le due figure trovansi le pa- role S • EVAXW5. In giro : REDEMISTI • NOS -DomiNE- DEVS • VERITATIS. Leggasi nel capitolato: Primo, Scuti d'oro de' tenuta de Carati XXII di fino per oncia, et de peso che non ne vada più di CV et doi tertii sino in CVI della libra del peso di Mantoa. Item, Monete simili al Mocenigo venetiano, de tenuta de oncie sette et denari quattordeci di argento fino per marca, de peso che non ne vada più de pezzi XXVI '/^ et 7,o P^'" "^arca. * • In quale anno fu aperta la zecca di Casale. Esiste tuttora un grave errore fra i numismatici SCUDO D ORO DI FEDERICO II GONZAGA, ECC. 59 circa l'epoca nella quale fu aperta questa importante zecca. Credesi generalmente essa abbia avuto prin- cipio nell'anno 1404, ed invece ciò avvenne trentun anno dopo, cioè nel 1435, come verrà limpidamente dimostrato coU'appoggio della storia. Ecco come nacque l'errore. Domenico Promis, principe fra i numismatici e creatore della numismatica subalpina, non era così erudito nella storia quanto lo era nella scienza delle monete. Egli nella sua importante Memoria sulle mo- nete dei Paleologi marchesi di Monferrato, a pag. 19 scriveva che: « Nessuna indicazione abbiamo per conoscere dove questo marchese (Teodoro li) abbia fatto lavorare le sue monete, tuttavia dovette essere Chivasso principale residenza della sua casa, finche riacquistata Casale nel 1404, e questa divenuta ca- pitale dello Stato, ivi pur anche probabilmente venne allora trasportata la zecca n C). Ora è bensì vero che Casale, posseduta dai Vi- sconti, duchi di Milano, fin dall'anno 1370, venne re- stituita al marchese Teodoro II paleologo nel J404, per il trattato di pace e di alleanza conchiuso fra la corte di Milano e quella di Monferrato, ma non è punto vero che Casale sia divenuta allora capitale dello Stato monferrino e sede di zecca. La grande autorità del Promis ha fatto sì che i numismatici gli prestarono cieca fede e nessuno con- trollò la veridicità della sua asserzione, ed in tal modo è invalso e durò fino ad ora il deplorato errore. ■ Vediamo ora quanto ci narra la storia. I fiorentini impensieriti per la grande potenza del duca di Milano Filippo Maria Visconti, e per la sua tendenza continua ad allargare il suo dominio a (i) Domenico Promis, Monete dei Paleologi marchesi di Monferrato, Torino, Stamperia Reale, 1858. 6o GIUSEPPE GIORCELLI spese dei vicini, nell'anno 1430 rinnovarono la loro alleanza coi veneziani collo scopo di opporre un ar- gine alle espansioni del Visconti. Inoltre cercarono di suscitare altri nemici contro il temuto Duca. Con tale intento essi mandarono degli oratori al marchese di Monferrato Gian Giacomo, e, promettendogli l'ac- quisto dell'Alessandrino, lo indussero a partecipare alla loro lega. Gli oratori tentarono pure il duca di Savoia Amedeo Vili, ma senza successo, perchè esso aveva altri fini, e rispose che voleva mantenersi in pace col Visconti. La guerra si svolse nel 1431, ma fu sfavorevole agli alleati. Il conte di Carmagnola, il quale coman- dava un grosso esercito suU'Adda e doveva agire contro il milanese, si dimostrò così inerte da destare presso i veneziani dei sospetti sulla sua lealtà. Per- ciò il Senato lo chiamò a Venezia a rendere conto del suo operato, e non trovando soddisfacenti le sue spiegazioni, lo fece decapitare. La flottiglia fluviale, che sotto gli ordini di Nicolò Trevisano doveva ri- salire il Po e spingersi verso Pavia danneggiando le due rive del fiume, non essendo stata coadiuvata dalle forze di terra, fu battuta dalle navi milanesi e quasi distrutta. La flotta di mare numerosa e forte, che. doveva attaccare la città di Genova dalla parte del mare, mentre 1 Barnaba Adorno colle forze dei fuorusciti l'avrebbe assalita dalla parte di terra, si limitò ad impadronirsi di alcuni luoghi della riviera di levante. Il marchese Gian Giacomo, invece di an- dare alla conquista dell'Alessandrino, che doveva essere suo, si portò coi suoi soldati nell'Astigiano e s'impadronì delle tene e castelli di Galliano, Frinco, Piova, Grinzano, e di parecchi altri luoghi, tentando poi, ma inutilmente, la città di Asti. Il Visconti, in sul finir dell'autunno, vedendo che SCUDO d'oro di federico II GONZAGA, ECC. 6l i fiorentini ed i veneziani, sconcertati per i loro in- successi, non davano segno di volere, per il momento, prendere nuovamente l'offensiva, mandò i suoi ca- pitani Francesco Sforza ed Urbano Rampini con un buon nerbo di soldati contro il marchese Gian Giacomo. Il Rampini si portò nell'alto Monferrato, ed in breve tempo si impadronì di numerose terre, ed ob- bligò molti feudatari a dichiararsi vassalli, aderenti, raccomandati del Duca di Milano. Lo Sforza, sedati colla mannaia gli alessandrini, che si erano sollevati contro il Visconti, verso la fine di novembre entrò nel basso Monferrato, ed in non molto tempo recava in suo potere le terre ed i ca- stelli di Lù, di Vignale, e molti altri luoghi vicini. 1 feudatari di Mirabello, di Baldesco, e di Castel- grana, come pure il comune libero di Occimiano, si salvarono dal saccheggio pagando delle forti somme di denaro. Il marchese Gian Giacomo alla vista di tanta rovina del suo Stato, non potendo sperare un aiuto pronto e valido dai suoi alitati, pensò di rivolgersi per soccorso ad Amedeo Vili duca di Savoia, del quale aveva sposato la sorella principessa Giovanna, e che allora risiedeva nella amena cittadina di Tonon sulla sinistra sponda del lago di Ginevra. Gli scrisse narrandogli le sue disgrazie, la sua impossibilità di difendersi, e pregandolo caldamente di volerlo soc- correre prima che lo Sforza gli avesse tolto tutto il dominio. Non ottenne alcuna risposta. Alli 24 di dicembre il Marchese inviò al Duca una seconda lettera più commovente e più suppli- chevole. Neppure questa volta il Savoiardo rispose. Frattanto lo Sforza faceva nuove conquiste e negli ultimi giorni di dicembre otteneva Casale per composizione. 02 GIUSEPPE GIORCELLI Giunte le cose a questi estremi, Gian Giacomo, sopraffatto dallo spavento, non sapendo piii a quale partito appigliarsi, andò a rinchiudersi colla sua fa- miglia nel forte castello di Chivasso, sua capitale, e da quel luogo mandò una ambasceria al duca di Sa- voia per raccomandarsi anche a voce e con più vive instanze alla sua pietà. Allora parve che Amedeo Vili restasse commosso, ed infatti spedì ordine a Manfredo di Saluzzo, suo maresciallo in Piemonte, di far occupare dalle truppe savoiarde le terre ed i castelli monferrini confinanti con quelli posseduti dai soldati milanesi, e di impe- dire che questi si avanzassero ulteriormente. In pari tempo il duca Amedeo invitava il marchese Gian Giacomo ed il suo primogenito principe Giovanni a recarsi a Tonon per meglio intendersi sopra gli affari del Monferrato e definire ogni cosa. I due Principi monferrini vi andarono, e furono accolti con grande amorevolezza ; però quando si venne alle trattative, essi con non poca meraviglia e vivo dolore intesero che il Duca prometteva di prenderli sotto la sua protezione, si obbligava di cu- stodire il loro Stato e di difenderlo contro qualsiasi nemico, ma voleva che, ottenuta la pace, il marchese Gian Giacomo gli cedesse Chivasso, Settimo. Bran- dizzo e parecchie altre terre vicine. La cessione di Chivasso, capitale da tanto tempo del Monferrato e munita di un forte casteTlo, sembrò una enormità ai due Principi, perciò per parecchi giorni non vollero accondiscendere, ma poi, sia per la urgenza delle cose e sia per le pressioni che il Duca faceva su di essi, finirono per accettare quelle durissime condizioni, e le sottoscrissero in un Trat- tato detto di Tonon. Allorquando Gian Giacomo e Giovanni partirono dalla corte Sabauda, il Principe fece ritorno a Chi- SCUDO d'oro di federico II GONZAGA, ECC. 63 vasso, dove trovavasi tuttora la famiglia marchio- nale, ed invece il Marchese, il quale non sapeva darsi pace per la suddetta cessione, prese la via della Svizzera e dell'AUemagna e si portò a Venezia gui- dato dalla speranza di poter ottenere per mezzo di quel Senato una modificazione dei patti di Tonon. Gian Giacomo entrava in Venezia nel giorno 8 maggio del 1432, ed era ricevuto e fu sempre trat- tato con grandi onori. La guerra ricominciò nel 1432, ma nel successivo anno 1433 i belligeranti, desiderosi di venire ad un componimento, si accordarono di rimettere le loro differenze in Nicolò d'Este, marchese di Ferrara, e di accettare il suo arbitrato. Nicolò si associò il marchese Ludovico primo di Saluzzo, suo suocero, il quale in quel mentre trovavasi alla sua corte. L'arbitrato veniva pubblicato in Ferrara nel giorno 26 aprile dello stesso anno, e secondo il me- desimo « Il duca di Milano doveva nel termine di un mese, a partire dal giorno della sentenza, rila- sciare e restituire tutte le terre, i castelli, i fortilizi. e luoghi da lui. o dai suoi confederati, aderenti, o seguaci, tolti al marchese di Monferrato, od ai suoi feudatari, vassalli ed aderenti. « Che in quanto alle terre e castelli del Mon- ferrato tenuti dal duca di Savoia, feudatari e sudditi, il duca di Milano non sia tenuto a farli restituire colla forza, ma debba con ogni possibile industria e pre- ghiera intercedere e fare olii ci presso il Savoiardo affine di indurlo a restituirli al Marchese monferrino ». L'arbitrato veniva sottoscritto da tutte le parti, tranne dal duca di Savoia. Filippo Maria Visconti alli 19 maggio del 1433 inviava al duca Amedeo Vili un'ambasceria per pre- garlo di voler sottoscrivere l'arbitrato, e restituire ai principi di Monferrato i castelli e le terre, delle quali aveva assunto la custodia e la difesa. 64 GIUSEPPE GIORCELLI Il duca Amedeo, il quale nell'anno 1418 aveva ereditato lo Stato dei principi di Acaia e perciò ora possedeva la maggior parte del Piemonte, aveva tra- sportato la capitale da Pinerolo a Torino, quindi vo- leva ad ogni costo possedere Settimo, Brandizzo e le altre terre, ma specialmente Chivasso, il cui ro- busto castello costituiva un valido antemurale per la difesa della nuova capitale. Perciò rispose negativa- mente ai legati milanesi. Il Senato veneto inviava parimenti un'ambasceria capitanata dal senatore Bedoaro Ambrogio alla corte Savoiarda a Tonon col mandato di conoscere la mente del Duca e di indurlo alla restituzione delle terre e castelli monferrini da esso presidiati. Agli oratori veneti Amedeo rispondeva che esso coi prin- cipi di Monferrato aveva fatto una convenzione a parte, la quale era fuori dell'orbita dei trattati dei belligeranti, e che perciò non si credeva vincolato ad accettare ed osservare l'arbitrato di Ferrara. Intanto il duca di Milano in ossequio alle dispo- sizioni dell'arbitrato faceva ritirare le sue truppe dal Monferrato, e quando Casale fu sgombra, il mar- chese Gian Giacomo partiva da Venezia, dove aveva dimorato fino allora, passava per la Lombardia, vi- sitava il duca di Milano, ed andava a Casale. Appena pervenuto in questa terra, spediva un corriere a Chivasso per dare notizie della sua persona e del suo arrivo alla sua famiglia, che colà dimorava, in- vitandola a portarsi a Casale essa pure, desiderando vivamente di abbracciarla dopo una così lunga sepa- razione. Il Senato veneto, il quale aveva preso molto in- teressamento alle tristi condizioni del marchese Gian Giacomo, volle ritentare la prova, e spediva il sena- tore Orsato Giustiniano, personaggio di grande ca- pacità e di molta autorità, a Tonon, onde sollecitare SCUDO d'oro di federico II GONZAGA, ECC. 65 il duca Amedeo a voler restituire i luoghi dal me- desimo occupati in Monferrato. Quando l'oratore ve- neto passò a Chivasso, Gian Giacomo deputava un suo consigliere a fare compagnia al veneziano nella sua ambasceria. Il duca di Savoia faceva un'ottima accoglienza agli oratori, ma quando essi esposero lo scopo del loro viaggio, il Savoiardo fu irremovibile nelle sue pretese, e li lasciò partire senza fare alcuna conces- sione. Alli IO di febbraio del 1434, 1' ambasceria era di ritorno a Chivasso, e riferiva al Marchese che il Duca aveva dato la seguente risposta: « che avendo egli fatto tanto per il marchese Gian Giacomo, ed essendo le cose riuscite in bene, il Marchese non doveva mostrarsi ingrato verso di lui dopo un cosi grande benefizio, ma bensì ricordarsi che esso e suo figlio Giovanni avevano sottoscritto dei capitoli, dei patti, e delle convenzioni a Tonon, e che quando i Principi monferrini li osservassero e restituissero le spese incontrate per la difesa, per la custodia, e con- servazione della patria (stato) del Monferrato, esso non ricuserebbe più di fare la restituzione, ed avrebbe soddisfatto quanto aveva promesso ». Non è a dire quanto questa risposta sia dispia- ciuta al marchese Gian Giacomo ed al Senato veneto. Il doge Francesco Foscari, assai indispettito, alli 27, cioè appena giunto l'Orsato a Venezia, scriveva di nuovo e con risentimento al duca Sabaudo, di- cendo che aveva creduto che esso, sia per naturale sentimento di umanità, sia per le reiterate e calde preghiere, come pure per la stretta sua parentela col marchese Gian (iiacomo, avrebbe senz'altro restituito le terre di Monferrato da lui tenute in custodia, come aveva promesso, se non per scrittura, certo a voce, all'ambasciatore Ambrogio Bedoaro, imitando il duca 66 GIUSEPPE GIORCFI.LI di Milano, il quale aveva restituito al Marchese la parte del Monferrato, che nelle passate guerre era venuta in suo potere; soggiungeva il Doge non es- sere cosa onesta che un alleato ritenga i luoghi di un altro alleato, e che, avendo saputo per relazione del nobile Orsato Giustiniano, di ritorno dalla corte Savoiarda, che i luoghi e le terre del Monferrato erano ancora in mano di lui, rinnovava la preghiera con maggior calore perchè volesse a suo riguardo e contemplazione e per avere il ricambio di buon trattamento, come per l'amore suo verso l'Ili. '"°S/ Mar- chese suo cognato, verso la Marchesa sua sorella, e verso i figliuoli suoi nipoti, rendere quanto occu- pava al Sig. marchese Gian Giacomo. Chiudeva la sua lettera con dire che qualora il Duca ricusasse, esso dubitava avessero a nascere degli scandali e degli inconvenienti, che potrebbero dispiacere al Duca ed al Doge, e riuscire molto molesti. Il duca Amedeo Vili rimase altamente sdegnato nel leggere questa lettera, però né rispose, né tenne di essa conto alcuno. Gian Giacomo, volendo tentare ogni mezzo, ri- corse allora al pontefice Eugenio IV, e con lettera commovente invocò la sua autorità ed i suoi buoni ufficii presso il Savoiardo per indurlo alla restitu- zione. Il Pontefice se ne interessò, ed alli 25 maggio scriveva al duca Amedeo esortandolo alla restituzione. Il Duca non \olle compiacerlo. Il povero Marchese fece un ultimo tentativo ri- volgendosi all'imperatore Sigismondo, il quale prese in considerazione le sue tristi contingenze, e con de- creto delli IO giugno ordinava ad Amedeo di rimet- tere in sue mani le terre monferrine da lui tenute, perchè erano feudi imperiali, e che egli avrebbe poi pronunciato a chi spettassero. Neppure l'ordine imperiale valse, ed il Duca non volle obbedire. SCUDO d'oro di federico II GONZAGA, ECC. 67 I veneziani, che avevano preso veramente a cuore le sventure del marchese Gian Giacomo, instavano vivamente presso il duca di Milano onde indurlo a perorare la causa dei Principi monferrini alla corte di Savoia. Perciò Filippo Maria, volendo compiacerli, alli 17 novembre dello stesso anno 1434 inviava il suo capitano Guido Torello conte di Guastalla e di Montechiari, Guarnerio Castiglione dottore in leggi, ed il cavaliere Emanuele dei Secchi, a Torino, dove era giunto il principe di Piemonte Ludovico di Sa- voia, luogotenente generale di suo padre Amedeo Vili, e quivi alcuni giorni dopo arrivarono altresì i legati del Marchese, affine di trattare le questioni, e venire ad una soluzione. Pur troppo le trattative riuscirono vane anche questa volta perchè il Monferrino non voleva dare Chivasso, ed il Savoiardo lo voleva as- solutamente. A questo punto il duca Amedeo, stanco e ri- stucco di queste lunghe, noiose, ed inutili trattative, per finirla ricorse ad un mezzo narratoci dal cronista Benvenuto San Giorgio, mezzo certamente non com- mendevole, ma efficace, col quale esso riusciva ad ottenere quanto desiderava. Mandò al figlio Ludovico l'ordine di impadronirsi con le armi dei luoghi, che pretendeva, e che gli erano negati. II principe Ludovica obbedendo cominciò col fare arrestare il principe Giovanni dopo le feste di Natale, per le quali il Monferrino si era recato a To- rino, e lo trattenne in quel castello: quindi fece en- trare in Monferrato le sue truppe, che in breve tempo s'impadronirono di Settimo, di Brandizzo, e di parecchie altre terre, e giunte sotto Chivasso si preparavano a dargli l'assalto. " Il marchese Gian Giacomo comprendendo essere impossibile una ulteriore resistenza, fuggiva colla fa- miglia a Casale, ed alli io gennaio del 1435 faceva 68 GIUSEPPE GIORCELLI scrivere dal castellano di Chivasso al principe Lu- dovico a Torino essere disposto ad accettare ed os- servare l'arbitrato dei legati milanesi, i quali erano rimasti in Torino. Ricevuta la lettera il principe Ludovico fece so- spendere le ostilità. Gli oratori milanesi pronunciarono la loro sen- tenza arbitramentale nel giorno 27 dello stesso gen- naio alla presenza del principe Ludovico di Savoia, del marchese Gian Giacomo recatosi appositamente a Torino, del principe Giovanni rimesso in libertà, dei fratelli Enrietto e Secondino Natta, di Marco del Carretto, dei marchesi di Savona, di Ludovico Tiz- zone, e di Gian Bartolomeo del Carretto, tutti con- siglieri del Marchese, e di parecchi altri ufficiali mon- ferrini, savoiardi e milanesi, i quali apposero tutti la loro firma al lodo. Gli arbitri, prendendo per base il trattato di Tonon, col primo capitolo obbligavano il marchese Gian Giacomo a fare donazione valida, irrevocabile, ed in forma solenne, al duca di Savoia Amedeo Vili dei luoghi di Chivasso, Settimo, Brandizzo, Monta- naro, Ozegna, Feletto e Lombardore, l'aderenza del- l'abbazia di San Benigno ed il vassallaggio di Azeglio. Nel giorno successivo (28) Gian Giacomo nomi- nava Ludovico Tizzone conte di Desana, quale suo procuratore per rimettere al principe Ludovico Chi- vasso e le altre terre sopì anominate. Il Tizzone nel giorno 30 faceva la regolare con- segna delle medesime a Manfredo di Saluzzo mare- sciallo ducale in Piemonte, a ciò delegato dal prin- cipe Ludovico. L'atto di cessione venne rogato dai notai Mela- nino Campanito per Monferrato e da Filippo Cara di San Germano per Savoia. In tal modo ed in tale giorno la terra di Chi- vasso divenne savoiarda. SCUDO d'oro di federico II GONZAGA, ECC. 69 Nello stesso mese il marchese Gian Giacomo trasportava la sua corte con tutti gli uffici governa- tivi, compresa la zecca, a Casale, che da quell'anno divenne la nuova capitale del Monferrato. Se mai qualche lettore troverà troppo lungo il mio racconto storico, io gli farò osservare che la cosa era necessaria onde potere coU'abbondanza dei dettagli, colla esattezza delle date nelle quali i fatti si svolsero, e colla precisione dei nomi dei perso- naggi che vi presero parte, convincere i numismatici delle seguenti verità: I.' Che Chivasso cessò di essere capitale del Monferrato nell'anno 1435, e contemporaneamente venne abolita la sua zecca; ■2° Che, perdendo Chivasso, il marchese Gian Giacomo elesse Casale per sua nuova capitale nello stesso anno, e vi aperse la nuova zecca monferrina; 3.° Che perciò le monete di Teodoro II, il quale regnò dal 1381 al 1418, devonsi attribuire tutte a Chivasso; 4." Che la serie delle monete della zecca di Casale deve incominciare soltanto con quelle del marchese Gian Giacomo. Ora io mi lusingo di avere conseguito il mio scopo, cioè di vedere corretto un erroraccio, che da mezzo secolo ingombra la storia della zecca della mia patria. In quale anno venne chiusa la zecca di Casale. Anche a questo proposito i numismatici erra- rono per molti anni, credendo alle parole di Dome- nico Promis. Questo scrittore nel 1871 trattando della zecca di Casale scriveva che « prima del finire del 70 GIUSEPPE GIORCELLl secolo XVII il lavoro di questa officina venne già sospeso, poi appena ceduta nel 1707 Casale al duca di Savoia, fu definitivamente chiusa » ('*. Avendo io pubblicato un Sesino di Casale colla effigie della Madonna di Crea e colla data dell'anno 1706 (21, dimostrai che la zecca di Casale in detto anno era ancora aperta e lavorava. Anzi siccome nella collezione del nostro amato Sovrano si trovano tre altre di queste monetine, una afìatto simile alla mia e due con varianti, ed un quinto esemplare adorna il Museo Numismatico di Como parimente con variazioni, è cosa lecita supporre che se ne siano fatte parecchie battiture. D'altronde si sa dalla storia che l'esercito au- stro-savoiardo s'impadroniva di Casale dopo la vit- toria di Torino, cioè nel novembre 1706 cacciandone i francesi, che per due anni circa il Monferrato fu governato in nome dell'Imperatore, e che nell'agosto del 1708 ne venne investito il duca di Savoia ^'it- torio Amedeo II, il quale fece chiudere la zecca di Casale e ritirare le sue monete. La zecca di Casale venne dunque soppressa nell'anno 1708 dopo 273 anni di vita. Dott. Giuseppe Giorcelli. (i) DoMKNico Promis, Memoria Terza, Sulle monete ili zecche italiane inedite o corrette, Torino, Stamperia Reale, 187 1, pag. 35. (2) Bollettino Numismatico Milanese, dicembre 1903. Milano, Tip. Co- gliati. — Giuseppe Giorcelli, L'ultima moneta coniata nella Zecca di Casale Monferrato. Un nouveau gros au lion de Jeanne et Wenceslas DUCS DE BRABANT (1355-1383) Le type du gros au lion dans un entourage de petites feuilles a été crcc en Fiandre par le comte Louis de Crécy (i 322-1 346) "X Le lion entre, coni me pièce principale, dans un grand nombre d'armoiries ; aussi la nouvelle mon- naie du riche et puissant pays de Fiandre fut-elle imitée un peu partout dans les anciens Pays-Bas. et mème dans des contrées assez éloignées de son lieu d'origine. Le lion debout apparait, en effet, sur les cspèces, en Brabant, dans le conité de Looz, dans la sei- gneurie de Rummen, dans la seigneune de Fauque- mont, dans la seigneurie de Horn. dans la seigneurie de Megen, dans le comtc de Naniur, dans le conité de Luxembourg, dans le cumté de Rcthel, dans le comté de Hainaut, dans l'évèché de Canibrai, dans la seigneurie d'Elincourt, dans la seigneurie de Se- rain, dans le comté de HoUande, dans le duché de Gueldre, dans la seigneurie de Gennep. dans la sei- gneurie de Batenbourg, dans le duché de Bretagne, enfin dans l'Aquitaine, alors au pouvoir des Anglais (2). Le fils de Louis de Crécy, le comte Louis de Male, continua la fabrication des gros au lion depuis son avènement (1346), jusqu'à l'année 1364. Il re- (1) Gaillard : Recherches sur les monnaies des comles de Fiandre, pi. XXIV, n. 200 à 202. (2) R. Serrure : L'imitalion des types monéiaires flamands au moyen-àge. 72 ALPHONSE DE WÌTtE prit ensuite la frappe de ces picces en 1369; mais cette seconde émission ne dura guère plus d'une année et la frappe des lions d'argent prit définiti- vement fin en Fiandre, dans les derniers mois de l'an 1370 "). Ce fut le type du lion dans un entourage de feuilles que, lors de la célèbre entente monétaire con- clue le 3 décembre 1339 entre la Fiandre et le Brabant, le comte Louis de Crécy et le due Jean HI adoptèrent pour leurs gros de convention, forgés à leurs deux noms, à la fois à Gand et k Louvain (2). Jean III frappa d'ailleurs, lui aussi, comme le fit Louis de Crécy, des gros au lion à son nom seuI et cela, selon toutes les probabilités, jusqu'à la fin de son règne (1355) ^3'. Ces pièces sortent des ate- liers de Louvain et de Bruxelles. C'est à Louvain et à Vilvorde, que ses successeurs, Jeanne et Wen- ceslas, continuèrent l'émission de ces pièces. Peut- ètre Wenceslas en fit-il méme frapper à Luxembourg; car il existe un tiers de gros au lion portant le nom de cet atelier qu'il est difficile d'attribuer à un autre due (4). Les variétés connues, à ce jour, des gros braban- gons de Jeanne et de Wenceslas sont au nombre de deux. L'une est au seul nom de la duchesse, l'autre porte les noms des deux époux. Voici, d'ailleurs, les descriptions complètes de ces pièces. (i) Gaillard : Recherches sur les inonnaies des comles de Fiandre, pi. XXVII, n. 219 à 221. (2) A. DE WiTTE : Histoire monétaire des conites de Louvain ducs de Brabanl, n. 380. Peut-étre est-ce là l'origine du type. Du reste le Bra- bant, comme la Fiandre, a pour arme un lion debout ; seuls les émaux diffèrent. Le type du gros au lion pour une monnaie de convention entre ces deux pays, convenait donc admirableinent. (3) A. DE WiTTE : Htstoire monétaire des comtes de Louvain, ducs de Brabant, n. 359 à 365. (4) R. Sekrure : Essai de numismatique luxeinbourgeoise, n. 121. UN NOUVEAU GROS AU LION DE JEANNE ET WENCESLAS 73 I. — Dans un entourage compose d'un petit lion et de onze feuilles d'ache, se voit un lion debout entouré de la legende: * MONETA FILFD'. ^ — Croix longue et pattée, coupant la legende inté- rieure : I — O DV — C LO — TBR — AB. Legende extér. : * BNDICTV : SIT : NOME : DNI : NRI IIiV: XPI. Arg. Pds. : 2,86. — A. de Witie: Histoire moiiétaire des dtics de Brabant, n. 375. II. — Dans un entourage compose d'un petit lion et de onze feuilles d'ache, se dresse un lion entouré de la legende : * MONETA BRASA. 1$ — Croix longue et pattée coupant la legende inté- rieure: I — ODV — C LO -TBR - AB. La legende extérieure est : * WENCESL : DEI : &RA • LVCENB ■ BRAB : DVX. Arg. Pds.: 2,63. — A. de Wittk: Ibid., n. 405. Un heureux hasard a fait entrer dernièrement dans notre collection une troisième variété, que voici, de ces gros : III. — Dans un entourage torme d'un petit lion et de onze feuilles, est campé un lion debout, entouré de la legende : * MONETA FL'ADB. 91 — Croix longue et pattée coupant la legende inté- rieure: W I - O : DV - C * LO - TBR - A. Legende extérieure: * BN SIT : NOME : D • • • • NI : HiV : XPI. Arg. d'assez mauvais aloi. Pds. : 2,95. Louis de Crécy et Jean IH pLicent un petit aigle en téte de la legende qui entouré le lion. Louis de Male y substitue une croisette, ce que Jeanne et Wenceslas s'empressent de faire aussi. On ■^4 ALPHON?E DE WITTE volt, par là, combien les souverains brabangons ap- portèrent de soin à donner à leurs gros au lion l'aspect de ccux de Fiandre. Mais, en somme, l'imi- tation maintenue en ces limites et autorisée par le traité de 1339 restait licite. 11 n'en est plus de mcme pour le gros que nous venons de faire connaltre. Là, l'intention frauduleuse est manifeste ; car la legende « trompe l'oeil » MO- NETA FL'AD'B' n'a d'autre objet que de faciliter la confusion, par le public, de cette pièce avec les gros flamands à l'inscription MONETA FLAND'. Cette monnaie d'assez bas argent sort-elle d'un atelier brabangon? S'agit-il d'un échantillon du mon- nayage que le due et la duchesse, lors de leurs dé- mèlés avec les Etats de Brabant à propos de l'exer- cice de leur droit régalien, prétendaient pouvoir pra- tiquer à » leur bon plaisir et à leur seul bénéfice « dans les donjons et les chàteaux de leurs pays « de Luxembourg et d'outre-Meuse? » (') Nous l'igno- rons absolument et toutes les suppositions sont permises. Ce qu'il y a de certain, c'est que l'existence de notre gros place Jeanne de Brabant et son époux, Wenceslas de Luxembourg, au rang de ces petits dynastes mosans, si justement qualifiés de faux mon- nayeurs, qui ne reculaient devant aucun expédient pour donner à leurs numéraires frélatés la circula- tion la plus ctendue possible. On s'explique mainte- nant les continuelles protestations des Etats de Bra- bant concernant la monnaie et l'histoire monétaire du règne de Jeanne et de Wenceslas s'éclaire d'un jour nouveau. Bruxelles, novembre igoj. AlpHONSE de WlTTE. (i) A. DH Witte: ìbid., t. I, n. 148. Giacomo Jonghelinck e Leone Leoni IN MILANO (NUOVI DOCUMENTI) Dell'insigne medaglista fiammingo Giacomo Jon- ghelinck (1530-1606) forse ultimo ad occuparsene fu il compianto amico dott. Solone Ambrosoli in questa medesima Rivista, descrivendovi {IV, 1891, pag. 389 segg.) una sua splendida medaglia inedita di Mar- gherita d'Austria che si conserva nel Gabinetto nu- mismatico di Brera. Ora è per noi gradito compito quello di portare un nuovo, interessante contributo alla biografia del valoroso artista. Trattasi di un documento del nostro archivio notarile che lo prova in Milano nell'anno 15526 più precisamente alloggiato in casa del celebre Leone Leoni, forse ai di lui servigi nel coniare e gettare medaglie e stampe. Ai 23 maggio 1552, diffatti « dominus Giaches " longhelinck fìl. qd."" domini Io. Retri de Andverpia, « et nunc moram trahens in ci vitate Mcdiolani in « Porta Nova, parrochie S.'' Martini ad Nuxigiam in- « tus, in domo habitationis magnifici domini Leonis « Aretini Cesarei sculptoris » confessava d'aver ri- cevuto da Giuseppe de Ronis, figlio del sig. Fran- cesco, abitante in Porta Ticinese, nella parrocchia di S. Lorenzo dentro, per conto di Leone Leoni « et de denarijs propriis prefati magnifici domini " Leonis » scudi 6 d'oro d'Italia, di buon peso, perchè li sborsi a Giovanni Vanost, giojelliere in Anversa, 76 EMILIO MOTTA creditore del Leoni per certe tappezzerie vendutegli già a mezzo di un mercante, suo compatriota ^0. Se non erriamo, di un soggiorno dell' Jonghe- linck in Milano non eravi alcuna notizia fin qui. Tuttodì, malgrado il succedersi di dotte pubbli- cazioni, del Leoni non se ne sa ancora abbastanza ed una dose di errori rimane certamente accumu- lata, anche per quanto riflette l'opera del figlio suo Pompeo (2). Certamente si è equivocato sul possesso della sua nota casa in via Omenoni. Si ripetè sempre ch'egli l'avesse avuta in dono dall'imperatore Carlo V, ma la cosa non è tutt'affatto così: egli ebbe bensì in dono « sua vita durante n una vecchia, malandata casa, confinante colla chiesa scomparsa di S. Martino Nosiggia, da servire qual officina per darvi compimento alle sue molte opere (i) Rogito notaio Gio. Giacomo Moriggia, e rogato " in canzellis magnis domus notariorurn Mediolani sit. in broleto novo „. (2) Delle recenti pubblicazioni citeremo: Casati: L. Leoni d'Arezzo, scultore. Milano, 1884; Gnecchi: Monete di Milano, ivi 1885, Pag- Lxii e seg.; Plon: L. Leoni sculpteur de Charles-Qtiinl. Paris, 1887; Venturi: L. Leoni incisore della zecca di Ferrara in " Arch. s:onco dell'arte „, F, 1888, 8; Ilg : Die Werke Leone Leoni's in den kaiserl. Kunstsammlitngen, in " Jahr- biich „ di Vienna, voi. V ; Dell'Acqua. Del Iuo,ì;o di nasci/a di L. Leoni e del monumento mediceo da lui eseguilo in Milano, in " Arch. stor. dell'arte „ II, 1889 fase. 11 ; Lombroso : Memorie italiane del buon tempo antico. Torino, 1889 [A pag. 130 e seg. si discorre del Leoni, tra i mae- stri di zecca di Pietro Aretino]; Ke.nner : Leone Leoni's Medaitien fiir den kaiserlischen Hof, \n " Jahrbuch „ di Vienna, voi. XIII; Molmenti : Leone e Pompeo Leoni in " Arte illustrata „ di Milano, n. 2, 1895 ; Valton : Médaille par L. Leoni in " Revue nuniismalique „ 1904 pag. 496 <: seg. ; Herrera : Medallas del principe Don L'ehpe y de luaiielo Tur- riano in " Rivista de Archivos „ di Madrid, marzo-aprile 1905. Non in- dichiamo titoli bibliografici più antichi, tra i quali sempre meritevoli quelli del Ronchim, del Campori, del Beitolotti, ne i lavori speciali di medaglistic-a quali quelli, più o meno recenti, del Friediànder, dell' Er- culei, dell'Armand, del Biondelli, del Forrer e del Fabriczy. GIACOMO JONGHELINCK E LEONE LEONI IN MILANO 77 destinate all'Escuriale ('); ma la sua casa ch'egli poi rifabbricò elegantemente, adornandola dentro e fuori di statue antiche e cose d'arte rare, egli ebbe per- sonalmente ad acquistarla dalla famiglia Castiglioni — particolare questo fin qui ignorato — nell'anno 1573» dopo averla tenuta già in affitto fin dall'anno 1562. Dififatti con istromento 30 ottobre di quest'anno i nobili Gio. Francesco, Pomponio e Cesare, fratelli da Castiglione, figli del qd."" Ettore, abitanti in S. Zeno in Pasquirolo, l'affittano al Leoni, o meglio al « ma- « gnificus eques Leo Aretinus Regius et ducalis scul- u ptor, fil. qd."" nob. domini Jo. Baptistae » in P. Nuova, parr. di S. Martino in Nosiggia, per un anno, da S. Michele p. passato in avanti, per il prezzo di L. 200 ricevendone intanto L. 100. 1 Castiglioni si obbli- gavano ad ottenere dentro Pasqua o Pentecoste il diretto dominio della casa e sedime, liberandone quella parte soggetta a fidecomisso, onde potere addivenire alla alienazione del detto stabile che l'Are- tino quindici giorni dopo avrebbe comperato pel prezzo di L. 8750 imperiali. Se per quel termine non fosse seguito lo svincolo fidecommissario, la vendita era ritenuta nulla, fermo ed obbligatorio però l'affitto ('■^). La cosa si trascinò per undici anni e soltanto nel 1573 succedette la definitiva cessione, non più però da parte dei tre fratelli Castiglioni, sopra ricor- dati, ma bensì da Giov. Fermo Castiglioni, del nobile Pietro Antonio, certamente loro prossimo parente, il quale per non sapere scrivere, incaricava della firma del contratto il noto letterato Ascanio Cen- (1) È dei 5 marzo 1583 una lelttra dtl Card. Tolomeo Gallio al Borromeo in commendatizia di Pompeo leeoni per i suoi lavori di Spagna e perchè s'interponga " acciò il Rettore di S. Martino Nusigia desista dal darli molestia per conto d'impedire la luce a le case, ove si fabricano le machine de la Chiesa del'Kscurial „. (Cfr. Perioiiico di Como, Vili, 1891, pag. 280). (2) Ardi, notarile Milano. Rog. noi. Gio. Francesco Piciu. 78 EMILIO MOTTA torio degli Ortensi, ricordato già dall'Argelati per le molte sue pubblicazioni a stampa <'). Anche il prezzo di vendita non era più il medesimo, inferiore anzi, ciò che lascia adito a supporre non trattarsi di tutto il precedente stabile, forse in parte già ceduto dai Castiglioni, per quanto le coerenze figurino eguali nelt'istromento di vendita (2). A prova, il documento che stimiamo interessante riprodurre qui subito in extenso: Io Gio. Fermo Castiglione confesso per il presente scritto da sottoscriversi in mio nome dal Cavaliere Ascanio Centorio de' Hortensij che pregato da me lo farà alla presentia delii infrascritti Signori che qui sotto per maggiore fede e testi- monio si sottoscriveranno, come in questo dì vij di settembre 1573 faccio per virtù di questo presente scritto libera ven- dita della mia casa situata nella contrada di San Fedele, che sta nella parrocchia di San Martino in Nosiggia coherentiata da una parte ms. Feliciano Zerbi, et dall'altra la casa delli heredi di ms. Simone Maggenta, e dietrp la casa che gode il Sig. cavalier Leone Aretino concessali da sua Maestà et la via pubblica avanti, al S/ cavaliere Leone Aretino per il prezzo di libre cinquemila trecento cinquanta imperiali in questo modo : libre quattro mila che detto S/ sia obligato a pagarli in termine di sette anni prossimi et futuri & co- minciati già a Calende de zugno passato innanzi, aili heredi de M. Cesare Brandiano (3), da quali detto S/ Leone sia (i) Cfr. p. e. gli Apparati e feste del marchese di Pescara in casa di G. B. Castaldo (Milano, 1559) e 1 cinque libri degli avvertimenti, ordini, gride ed editti fatti et osservati in Milano nei tempi sospettosi della peste dell'a. isj6 (Milano, 1631). — Versi di Giuliano Gosellini a " Leone Are- lino statuario „ stanno in Opuscoli inediti di Tarquinia ;l/o/«« (Bergamo Lancellotti, 1750), pag. 91. (2) Questi Castiglioni non figurano nelle tavole genealogiche del Litta (Famiglie illustri italiane, voi. III). Mentre sappiamo che nella pam di S. Martino in Nosiggia dimorava Gio. Stefano Castiglioni, il noto senatore ed ambasciatore a Luigi XII, mortovi nel 1519 (cfr. Arch. di Sfato. Milano, Necrologio ad aunum ed Arch. Stor. Lomb. 1891, p. 279). (3) Dai quali eredi (Cesare Annibale e Giaconiina Brandiani), il Ca- stiglioni " habuit venditionem tt datum de dicto sedimine , così nel susseguente istr. di vendita dei 14 settembre 1573. GIACOMO JONGHELINCK E I.EO>'E LEONI IN MILANO 79 obligato a rilevarmene in modo che io ne resti non solo del capitale, ma del loro usofrutto a ragione de cinque per cento, che sonno per ogni anno libre dugento sino se li pagaranno dette libre quattromilla, che in dui termini detto S/ cava- liere le potrà pagare alli detti heredi come di sopra rilevato et liberato, et oltre a me contanti nell'atto dell' istromento che tra noi si farà in termine di giorni otto libre mille et trecento cinquanta che saranno l'intero prezzo et pagamento della sudetta mia casa. Et dopo tutto il sudetto, che mi ri servo il stare in casa de bando per tutto il 1574 pross.° fu- turo, cioè da san Michele presente 1573 sino a san Michele 1584 che oltre ogni cosa di sopra mi riservo questo di piìi, né possa fino che sarà finito detto anno esser levato di casa, senza haverne a pagare cosa alcuna ma starvi inmune. Et prometto di fare l' instromento, con tutte quelle solennità, che jo l'ho havute, et dare a detto S/ cavaliere Aretino tutti gli acquisti, e scritture, che appartengono alla sudetta casa, che si trovaranno in mio potere et di cedere ogni mia ragione et promettere prò meo dato di facto, che il S/ ca- valiere non mai sarà molestato da alcuno per mio dato et facto. Et per non sapere io scrivere ho pregato il sudetto cavalier Centorio che per fede della verità a mio nome come di sopra per non saper io utsupra scrivere che facci et sottoscriva di mia commissione la presente di sua propria mano. In Milano alli vij di settembre 1573 Io Ascanio Centorio de Hortensij di commis- sione come disopra ho scritto et sottoscritto de mia propria mano, siggillate propria mano dal sudetto Castiglione. Io Lione Aretino me obligo et prometto di esseguire quanto di disopra si contiene et per fede mi sono sottoscritto di mia mano (0. Io Socino Secco d'Arragona fui presente per testimonio a quanto disopra. Io Govanbattista Mantegaza sono stato per testimonio de volontà delle parte. Io Kabritio Cablato fui presente a quanto di sopra. (i) Con sigilli impressi del Castiglioni e dell'Aretino. Ardi, iiolarile Milano, Rog. notaio Gio. Francesco Picio. éo EMILIO MOTTA Questo il chirografo, susseguito in data 14 set- tembre dal vero istrumento notarile di vendita e con- fesso, nel quale lo stabile ceduto, ed abitato ancora dal Castiglioni, e più dettagliatamente specificato. E cioè (valga per una migliore cognizione della vecchia topografìa milanese) « sedimen unum cum sala una in u terra, a manu sinistra intrando portam dicti sedi- « minis, camera una supra dictam salam, solario uno (( supra dictam cameram. coquina una, a manu dextra '( intrando portam ut supra, habentem hostium versus " curiam dicti sediminis cum cameris duabus supra " et alio solario supra dictas cameras, canepa una « sub dieta coquina et predicta sunt in parte ante- « riori dicti sediminis, in parte vero posteriori altera « coquina cum altera canepa subtus et camera una « supra dictam coquinam, stala una cum lobijs, cu- « ria, putheo necessario porticu et alijs suis spcct. et « pertinentijs ac porta cui coheret ab una parte strata, « ab alia d. Feliciani et fratrem de Zerbis, ab alia " prefati mag.'' equitis emptoris et ab alia her. qd.™ " domini Simonis Mazente ». La casa dell'Aretino, come narrano già i suoi contemporanei Vasari e Bidelli (i> era tutta piena di statue antiche: egli le esportava da Roma, causan- done dispiacere all'amico suo IVlichelangelo (2) che dolcemente ne lo rimproverava, se creder dobbiamo al Cicerejo, antiquario ed umanista milanese, ben noto dell'epoca medesima (f 1596) '3). (2) Bidelli: Supplemento delta Nobiltà di Milano, Milano, 1619, pag. 67. (i) Per le relazioni con Michelangelo, a proposito del monumento del Medeghino e del ritratto del Buonarrotti, cfr. Casati: op. cit. pag. 39 e FoRTNUM : On the originai portrait 0/ Michel Angelo by Leo Leone " Il Cavaliere Aretino „ (s. n. t.). (2) Cfr. Forcella : Iscrizioni di Milano, voi. II, pag. V e segg. Tra gli aneddoti nel suo codice autografo n. 756, pag. 41 t. della Trivulziana, leggesi diffatti : " Michael Angelus Bonarotus Leoni Arre- tino, Mediolanum in patriani redituni paranti, dìxit: Est, quod libi male I GIACOMO JONGHELIN'CK E LEONE LEONI IN MILANO 8l Pure ardente e fortunato raccoglitore di quel tempo fu Pompeo Leoni, figlio e continuatore di Leone, lo scultore favorito di Filippo II di Spagna; possessore del Codice Atlantico vinciano, poi passato alla sua morte (i6io) all'Arconati ('). * * * È noto che Giovan Battista Suardo, intagliatore di coni nella zecca di Milano, sotto Leone Leoni, ne divenne poi genero e successore nella zecca C^). Nel marzo 1585 lavorava ad una « caroza intagliata » per il duca Carlo Emanuele I di Savoja, sui disegni del pittore di corte Alessandro Ardente o», e che doveva servire per l'entrata del duca in Torino, re- duce dalla Spagna con la sposa, l'infante Catterina, figlia di re Filippo II. Lo prova la seguente sua lettera autografa di- retta al marchese Filippo d' Este, luogotenente del duca in Torino (4): Illustrissimo Signor Marchese patron mio Mi pare che in tutte le cose che l'omo à qualche dubio doverla anticipar tempo acio che quando è poi fatto, è assai velim Leo. Quid autem mihi male velit Michael Angelus? ait Leo. Non hoc fit de nihilo, refert Bonarotus, tu eniin R mian ipsam in tuam ipsius patrìam anelis : sìgnifioans opera suinmorum artificum qiiani- plurima, quibus Roman spoliavit Arretinus, et acdes suas exornavit, Mediolani magnifice extructas, doctissimo aique elegantissimo cuique patentas ,. Nel medesimo codice (pag. cit.) è pur cenno di statue an- tiche trasportate da Roma a Milano dal Landrianì, abbate commenda- tario di S. Antonio. (1) Ratti : // Codice Atlantico di L. da Vinci, pag. 14. — Come la casa degli Omenoni, dai Leoni, passasse in proprietà dei Calchi, igno- riamo. (2) Cfr. LoMAZZo : Idea del tempio della pittura, pag. 164. (3) Cfr. Vesme : Torquato Tasso e il Piemonte in « Miscellanea di storia italiana », xxvii, pag. 127. (4) Per il marchese d' Este, le sue relazioni con Torquato Tasso e dove fosse il suo palazzo in Torino, cfr. Vesme : Ice. cit., pag. 49, 70 e seg. 81, 89. ÌÌ2 EMILIO MOTTA più dificile accomodar li erori che prima: io sono quello che fa la caroza intagliata per sua Altezza Serenisima per far la entrata in Turino e cosi mi trovo a bonissimo termine de l'opera che dele tre parte sono finitto le doi. Mi resta una cosa solla ch'è questa : che sopra il disegno che à mandatto il sig."" Alesandro Ardente non v' è l'arma di sua Alteza ne mancho quella di Spagna ecetto che il loco da farglia che nel schenal de la caroza. Voria se no questo da Lei che mi mandase uno sercetto de l'arma giusta come à da esere ne più ne meno perchè so certo che ste cose sono de tropo importanza e così non voglio far circha questa arma cosa nisuna sin tanto che V.* 111.™* Signoria non mi manda l'arma giusta come a da esere e dil resto poi la se sicura che io non mancho per far cosa bella e onoratta si come comporta l'onor mio, e far onore a un tanto principe, dil che gli resto a sua Illu.*"' Signoria servitor aff.""" di core. Da Milano il 28 Marzo 1585 Il suo minimo servitore di core Gio : Batta Suardo, scultore a me mi pare che di ragione voria eser così come qui de- signata quella di sua Altezza, a man drita però voria quella de Spagna giusta come a da esere aciò non si facia erore (0. Dei 5 gennajo 1583 altro documento, non nu- mismatico però, per Leone Leoni. Di quel giorno egli confessava d'aver ricevuti da Geronimo Casati, maestro delle entrate ducali, scudi 800, per completa soluzione della somma ordinata da pagarsi da Don Sancho de Padilla dei 6000 scudi pattuiti « para la « obra de bronze que por mandado de Su Majestad « en està ciudad se haze » ^^K Gli altri 4500 erano già stati pagati in data 23 luglio e 23 agosto 1582, come da istrumenti del notajo Ottaviano Castelletti. Emilio Motta. (1) Trivulziana. Fondo Belgiojoso, cartella 36.» — Con, a sinistra, lo schizzo dello stemma sabaudo. (2) Arch. notarile Milano. Rog. not. Giov. Paolo Rho. NOTA DI NUMISMATICA SABAUDA B- ~ + KAROLVS : DVX : SABAVDIE Busto del duca a destra. 9 - + IN : TE : DNE : CONFIDO) : C : F : Stemma con corona comitale tra FÉ RT Un punto segreto nella croce. Argento, gr. 9,370. Conserv. buona, ma un po' ribattuto il rovescio. Se, a prima vista ed in linea generale, il testone di cui mi pregio sottoporre l' impronta alla curio- sità dei Lettori, per il tipo e le epigrafi, può sem- brare identico a quello già pubblicato dal chiaris- simo prof. FrancescO'Rabut ('), a chiunque verrà fatto di confrontare i due disegni, di leggeri si potrà con- vincere come essi differiscono tra di loro in alcuni particolari. Infatti sulla moneta più sopra effigiata, la figura del duca Carlo II appare più piccola e snella, anzi dirò meglio, stecchita, che non lo sia quella dataci (i) Cinqui'eme nolice sur quelques monnaies de Savoie inédites. N. 3 della tavola. 84 GIACINTO CERRATO dal suUodato Autore, come altresì ne è difiFerente la forma del berretto e di alcune lettere della leggenda. Queste varianti farebbero tuttavia ritenere, e con ragione, il pezzo di cui si servi il prof. Rabut per rappresentare la sua moneta, battuto con un conio non eguale a quello usatosi per stampare il testone da me posseduto. Cosa per se stessa niente affatto straordinaria, comune anzi, occorrendo a quell'epoca e pratican- dosi anche in tempi posteriori, per la battitura di una medesima qualità di monete, varie coppie di coni e punzoni, per i quali non era possibile otte- nere la perfetta eguaglianza. Constatata la differenza esistente fra questi due testoni quello che ora io presento, avrebbe un me- rito, cioè di essere una variante a quello del Rabut e non del tutto indegna di essere notata. Un dubbio, però, venutomi alla mente — esa- minando attentamente l'impronta é&Wdi Cinquième no- tice, ecc. — mi fece sospettare che le varianti più sopra riferite non esistine di fatto, ma siano piut- tosto da attribuirsi alla minore attenzione od abilità di chi eseguì il primitivo disegno ; essendoché l' im- pronta non fu ricavata coi procedimenti ora prati- cati generalmente per avere il facsimile della mo- neta che si intende di far conoscere, ma venne di- segnata a mano. Riuscire a riprodurre fedelmente in ogni più minuto particolare copiando a vista un nummo, spe- cialmente se porta una figura, non a tutti sempre, la buona volontà corrisponde all' intento. Ed è ap- punto quanto io stimo sia avvenuto per il testone dell'opuscolo sovrariferito. Si è per questa personale convinzione dunque — la quale non infirma per niente all'illustre mio predecessore il merito della sua scoperta — e spe- NOTA DI NUMISMATICA SABAUDA 85 cialmente in vista anche al fatto di non essersi Egli pronunziato in merito, sulla marca dello zecchiere il cui nome gli restava ignoto, che ho creduto ri- pubblicare la. moneta esponendo brevemente il mio parere riguardo alla classificazione a darsi a questi pezzi di stile barbaro e di esecuzione trascurata. Il prof. Rabut aveva bensì intuito — da quel valente numismatico eh' Egli era — che la sua mo- neta doveva spettare ad un'officina monetaria d'oltre Alpi ; ma fuorviato, pare, da una marca trisillaba C ■ F • B • da Lui osservata su di un quarto pubbli- cato dall' illustre comm, D. Promis {Monete dei Reali di Casa Savoia, tav. XVI, n. 17) suppose fosse quella di Borgo nella Bressa. Ora io sono di parere che le iniziali C • F -, poste in fine leggenda nel rovescio di questi testoni, siano la sigia monetaria adoperata come contrassegno alle sue emissioni da Francesco Savoia maestro alla «zecca di Chambery dall'aprile 1524 al giugno 1533. Diversamente essa non si potrebbe interpretare, poiché a nessuno dei maestri in funzione nelle zecche al di là delle Alpi, durante il periodo di tempo che passa, dall'esordio del regno dello sventurato duca Carlo II, al funesto anno 1536 dell'invasione fran- cese, si adatterebbero tali iniziali. Un altro argo- mento poi, ed assai importante pel mio asserto, si è, che identiche lettere monetarie si trovano su par- paiole emesse alla zecca di Chambery mentre era in funzione Francesco Savoia, monete aventi pur altri punti di contatto coi testoni in discorso, sia per lo stile sia per l'eguaglianza nelle leggende '". Che il detto maestro abbia coniato dei testoni è indubitato ; ce lo dice il lodato comm. Promis a (1) Doli. A. Ladi: Conlrtbuliun à la numismalique des JJkcì, tic Havoie. Genève, 1901, p.ig. 40, n. 219 86 GIACINTO CERRATO pag. 169, voi. 2° del già menzionato suo libro. Nel riassunto ch'Egli fa ragionando appunto delle ope- razioni eseguite da Francesco Savoia durante il pe- riodo di tempo in cui fu maestro alla zecca di Cham- bery, cita fra le diverse specie di monete da costui battute (maggio 1524 all'ottobre 1526), marchi 300 di testoni, per la prima volta peggiorati d'intrinseco come prescriveva l'ordinanza delli 21 maggio 1524 dei maestri generali Rafifoulaz e Balligny per le zecche d'oltre monti. In quattro conti susseguenti, resi da questo maestro il 28 giugno 1533, nota an- cora r illustre numismatico torinese, altri 462 marchi e mezzo di testoni; però questi ultimi emessi sotto l'impero dell'ordinanza delli 17 ottobre 1526 — ul- tima per le officine monetarie al di là delle Alpi — non mi fu fatto di rinvenire sulle tabelle degli or- dini di battitura del Promis, il quale ivi registrò solo i testoni della zecca di Torino, ne quindi io posso dire se eguali o no fossero ai precedenti '0. Ora tenendo calcolo della mediocre qualità del metallo col quale è fabbricato il mio pezzo, al suo peso (2) non di troppo inferiore al normale (gr. 9,578) prescritto per i testoni dalla sovrariferita ordinanza delli 25 maggio 1524; parmi — se si coordina questi dati a quelli piij sopra esposti — bastantemente sta- bilita l'attribuzione da me proposta per queste, dirò, così poco eleganti monete. Mi si permetta prima di finire ancora un'osser- vazione. Ammessa, come spero, la classifica proposta per i detti testoni, troverei logico e razionale pro- porre altresì il traslato alla zecca di Chambery dello sento d'oro a cavallo pubblicato dal comm. D. Promis (i) Op. cit., pag. 462, 463, voi. I. (2) Si avverta che il Rabut obbliò di indicare il peso del testonf pubblicato. NOTA DI NUMISMATICA SABAUDA Ò7 e da lui attribuito, non saprei per quale ragione, all'officina monetaria di Nizza ('\ Nessuno potrà negare la grandissima affinità esistente tra l'aurea moneta suddetta col /estone che ha motivato il presente scritto. Sono le stesse sigle monetarie C F., i medesimi caratteri irregolari, eguali le leggende, aria di famiglia per così dire, già av- vertita dal chiaris. prof. Rabut, il quale parlando infatti di cotesta rassomiglianza nell'articolo riferen- tesi al testone, riteneva quelle due monete per pro- dotto di una medesima zecca '^i. Tonno, febbraio jpoS. Giacinto Cerrato. (i) Op. cit., voi. II, tav. XVIII, n. 42. (2) Dal 1524 al 1533 periodo di tempo pel quale si hanno i conti del maestro Francesco Savoia, si emisero alla zecca di Chamber\', n. 10908 scuti d'oro a cavallo. Cfr. Promis : op. cit., voi. I, pag. 169. i ¥ IL SISTEMA MONETARIO DEGLI AUREI ITALIANI DI CARLOMAGNO Le monete d'oro del grande monarca franco erano fino ai nostri dì quasi ignote; appena si co- nosceva qualche raro esempio proveniente dalla Francia meridionale (^Uzès) o dalla fertile zecca di Lucca, ove la fabbricazione dell'oro si mantenne più lungo tempo che altrove nelle parti superiori del- l' Italia. Il ripostiglio di Ilanz, scoperto nel 1904, ha mutato le cose ad un tratto. Oggi si sa, che la monetazione dell'oro in Italia non cessò colla sconfitta del dominio longobardo (774); essa invece continuò ancora per qualche decennio non solo nei principati di Benevento e Salerno, ma anche nelle antiche zecche longobarde settentrionali, a Ber- gamo, Lucca, Milano, Pavia, Pisa e Castel Seprio. La forma esterna di codeste monete carolingie d'oro segue come modello i tipi di Desiderio, mu- tando solo il nome del re. Vi è dunque da una parte una croce longobarda e la leggenda * D'oìiiinus N'osfer) CAROLO R^)X; dal- l'altra una stella ed il nome della zecca : * FLA(t7Vr) BERGAMO, * FLAVIA LVCA, * FLA zvV?) MEDIOLANO, *• FLA(wa) SEBRIO o * FLAVIA TICINO (■'. Aggiungo che non mancano parecchie varianti di conio, indizio che questa monetazione ebbe qualche intensità e durata. (l) Un sesto tipo di tali tremissi proveniente dai fondamenti della vecchia chiesa di Telfì (Sardegna) col nomo della zecca FLAVIA PISA C(ivitas) venne descritto dal Sig. V. Dessi nell'omaggio utTerto dalla so- cietà numismatica italiana al congresso internazionale di scienze sto- riche in Roma (Milano 1902, p. 146). 90 ARNOLD LUSCUIN VON EBENGREUTII Tutto questo è chiaro ; oscuro però resta finora il problema monetario, non ostante le acute indagini del San Quintino (') e di Adolfo Soetbeer (2). Grazie al materiale abbastanza ricco salvatosi fra i sassi di llanz in istato di perfetta conservazione, la situazione si è mutata anche su questo punto. Premetto che io mi baso in tutte le particola- rità sulla descrizione del ripostiglio di llanz pubbli- cata dall'egregio signor Fritz Jecklin nelle Mittei- lungen der bayerischen Numismatischen Gcsellschaft, voi. XXV (Monaco, 1906) e che di mio non vi sono che le conclusioni. I 34 tremissi di Carlomagno che formavano una parte di quel tesoro erano quasi tutti a fior di conio e sembravano (secondo le parole del signor Jecklin) esser state trasportate direttamente dalla cassa militare di Carlomagno al luogo ove furono trovati, senza aver subito il consumo della cir- colazione. Tanto più fa meraviglia la irregolarità nei loro pesi : a) I 24 tremissi della zecca di Milano (n. 33-53 della descrizione) pesavano : gr. 0.846. 0.883, 0.896, 0.900, 0.908, 0.915, 0.927, 0.938, 0.945, 0,963, 0.968, 0.968, 0.974, 0.974, 0.980, 0.985, 0.990, 0.990, o 996. 1,003, I-0O4, 1.016, 1.039, 1.052; tutti insieme gr. 23.06 , ,. 23.06 e per la media -^ — = gr. 0.961. è) I 6 tremissi di Bergamo (n. 55-60): gr. 0.835, 0.941, 0.944, 0.952, 0.971, 0.984; tutti insieme gr. 5.627 e per la media gr. 0.938. (i) Sulla moneta dei Longobardi in Italia, 1834. Della zecca e delle monete di Lucca. Lucca, 1860. (2) Beitrftue zur Geschichte des Geldwesens in Deutschland (For- schungen z. Deutsch. Geschichte, II, 1862). IL SISTEMA MONETARIO DEGLI AUREI ITALIANI 9I c) Lucca (n. 6i), un pezzo di gr. 1.048. dj Castel" Seprio (n. 62), un pezzo di gr. 0.847. e) Pavia (n. Ó3), un pezzo di gr. 0.961. Vi era ancora un tremisse della zecca di Coirà di tipo un po' differente (n. 54), il quale pesava gr. 1.030. Il peso totale dei 34 pezzi era dunque di gr. 32.573 e il loro medio ]ieso di gr 0.958. Osservo, che non ostante la buona conserva- zione del conio, tre fra queste 34 monete erano mancanti di un pezzetto del margine, come si può rilevare dalla riproduzione eliotipica dei numeri 47, 58, 62. Escludiamo perciò queste tre e il loro peso di gr. 0.846, 0.835 e 0.847 dal calcolo definitivo, e noi troviamo così un peso medio di gr. — ' - = 0.966 23 per i 23 pezzi intatti della zecca Milanese, un totale di gr. 1^<- = 0.958 per i tremissi Bergamaschi e di gr. ^ ' "^^ = 0.969 per il totale delle residue 31 monete. Con questa correzione restano nondimeno diffe- renze di quasi 20 " „ fra il peso dei singoli pezzi va- rianti da gr. 0.883 ^ I-052. Ciò rende evidente, che l'esattezza ora prescritta dalla legge monetaria non bastava per ottenere un peso individuale variante solo fra ristretti limiti come oggidì ; bastava invece che un determinato numero di monete corrispondesse con qualche indicato maggior peso, per esempio con un'oncia. Ma — si dirà — chi vuol richiedere al tempo di Carlomagno l'esattezza dei milligrammi? Concedo subito che non si poteva ottenerla cogli istrumenti del tempo. E quale era questa ? Quistione difficile e non ancora studiata molto. Però l'inglese F. Seebohm 92 ARNOLD LUSCHIN VON EBENGREUTH l'ha toccata in un suo articolo : On the early curren- cies of the Gennan Tribes ") narrando, che furono trovate bilancie e piccoli pesi in diverse tombe del primo medio-evo, per cui mezzo si potevano pe- sare oggetti sino al peso del grano d'orzo, equiva- lente al Trov-grain inglese di gr. 0.0648. Accettiamo in mancanza d'altro questa osservazione per base delle nostre conclusioni, e ammettiamo che al tempo di Carlomagno il Troy-grain fosse l'ultimo grado di esattezza possibile e che perciò il peso medio di un fremisse doveva corrispondere al peso di tanti Troy- grams. Se noi ordiniamo così i tremissi di Carlomagno appartenenti al tesoro di Ilanz secondo il loro peso, escludendo i tre esemplari difettosi e trascurando differenze minori di gr. 0.0648, noi vediamo che tutti i tremissi di un peso maggiore a gr. 0.8424 e infe- riore a gr. 0.9072 corrispondono al peso di 13 Troy- grains e quelli di un peso fra gr. 0.9072-0.9720 a un peso di 14 Troy-grains, ecc., come si vede dalla tabella seguente : E Tremissi della zecca di B a Milano Bergamo varia Numero t 13 0,8424 0.883, 0.896, 0.900. — — 3 14 0.9072 0.908, 0.915, 0.927, 0.938, 0.945, 0.963, 0.968, 0.968. 0.941, 0,944, 0,952- 0,971. 0.961. 13 15 0.9720 0-974. 0.974, 0930, 0.985, 0.990, 0.990, 0.996, 1.003, 1.004, ' "'6. 0.984, 1.030. 12 16 1.0368 1.039, 1052. — 1.048, 3 (i) Vierteljalirsclirifl fìir Social-umi Wirischaflsgcschichie, voi. I, Lipsia, 1903, pag. 171 e seg. k IL SISTEMA MONETARIO DEGLI AUREI ITALIANI 93 Abbiamo abbreviato con questo espediente la scala lunga in modo che tutte le differenze si ridu- cono a quattro gradini. Fra questi, i due medii (14 e 15 Troy-grains) comprendono 25 pezzi, vuol dire più di 80 7„ del totale di 31 tremissi di Carlomagno, e solo sei aurei o meno di 20 °,^ cadono sopra i gradini estremi di 13 e t6 Troy-grains. Con questa semplificazione si vede che la mo- netazione era basata sul peso medio di 14-15 Troy- grains per il tremisse, i pezzi da 13 e 16 Troy-grains erano solo tollerati e i tre deboli controbilancia- vano i 3 forti. Ma noi possiamo andare ancora più in là, e io sono persuaso che il peso medio prescritto dalla legge monetaria fosse di 15 Troy-grains. Basta osservare che, non ostante il logorìo della circola- zione — il quale consisteva allora non solo nel con- sumo meccanico, ma più ancora nella cribrazione delle monete forti — , al peso medio effettivo dei 31 menzionati tremissi : gr. 0.969, non mancano più di 3 milligrammi, per toccare il gradino di 15 Troy- grains (gr. 0.972). Colla supposizione di un medio peso di 15 Troy-grains prescritto per i tremissi di Carlomagno, noi raggiungiamo un piede monetario semplice e probabile, perche mancante di ogni suddivisione com- plicata: 28 di tali tremissi di gr. 0.972 o 15 Troy- grains, peso medio, corrispondono a gr. 27.216 o al- l'oncia, 336 a gr. 326.592 o alla libbra romana, peso usato al tempo di Carlomagno nelle officine mo- netarie. Ma non siamo ancora alla fine ; il tempo di Costantino I, il quale ordinò la fabbricazione di 72 solidi, uguali a 216 tremissi della libbra romana di oro fino, era già lontano e il peggioramento aveva frattanto attaccato non solo il taglio, ma pure il ti- tolo delle monete. 94 ARNOLD LUSCHIN VON EBKNGREUTH Grazie al signor dott. Nussberger, chimico can- tonale a Coirà, il quale si è dedicato ad analizzare alcuni frammenti riconoscibili di tremissi di Desiderio e di Carlomagno, ci siamo orizzontati anche sul ti- tolo di codeste monete. Ecco il risultato delle sue analisi : Tremissi di Desiderio di Carlomagno Oro 33-1 7o 40.9 7„ Argento . . . 63.5 "/„ 55-8 V» Rame .... 3.3 "/„ 3-3 7o- Ma queste cifre, risultanti dall'applicazione di metodi moderni e esatti, debbono essere parimenti semplificate, come i pesi, considerando che al tempo di Carlomagno non si distingueva ne per millesimi ne per milligrammi, ma con mezzi più rozzi. Fra i metalli è noto, che l'oro si affina piìi facilmente del- l'argento, il quale resiste piti alla riduzione e con- tiene talvolta particelle d'oro e di rame anche nel metallo purificato. Per tale cagione si usava nel 00 medio-evo un argento purificato a — o a qualche ° 24 altra proporzione simile come finissimo per la mo- netazione. Ciò premesso, ritengo che i 3.3 ",„ di rame nei sopradetti tremissi non sono effetto della lega, ma il residuo di una purificazione incompleta. Questi 3.3 7„ debbono perciò essere aggiunti ai 63.5 7„ e 55.8 °/'„ dell'argento, essendo fissata sola la lega di argento e non d'argento e rame. Vi occorrono an- cora piccole correzioni. La cifra di 63.5 -1- 3.3 7„ = 66.8 7„ senza dubbio deve essere ridotta a 66.6 ° \,, vuol dire a due terzi; parimente la cifra di 55.8 + 3.3= 59.1 "/^ deve essere portata a 60 "/„ o a 75- Per giustificare questo bisogna considerare che l'ar- gento usato per la lega dei tremissi di Carlomagno IL SISTEMA MONETARIO DEGLI AUREI ITALIANI 95 era forse alquanto aurifero, cosa la quale non di rado accade. In base a tali considerazioni si può dire che dovevano contenere i tremissi di Desiderio oro 33.3 "/„ ('/J; argento 66.6 "/; (', ,) diCarlomagnoO» 40 "/„(^';); " 60 7„ C/.) Conoscendo ora tanto il taglio quanto il titolo dei tremissi di Carloniagno il quadro della moneta- zione si completa nel modo seguente : Ogni tremisse di gr. 0.972 peso medio conte- neva 40"^ di esso = %. = 0.3888 d'oro fino, e gr. 60 " „ = '/. = 0.5832 d'argento fino. Settanta di tali tremissi contenevano in oro il peso di un'oncia romana (gr. 27 216; e in argento quella di un'oncia e mezza (gr. 40.824). Il taglio della libbra romana d'oro fino era dunque di 70X12 = 840 tremissi. equivalente di 280 soldi d'oro. Per dare adesso un' idea di quanto avesse per- duto il soldo d'oro nel suo valore dai tempi di Co- stantino alla fine dell'ottavo secolo bisogna calcolare nei tremissi di Carloniagno oltre il loro contenuto di oro fino . gr. 0.3888 anche il valore di gr. 0.5832 d'argento fino. Poniamo il valore comparativo fra i due metalli i : 12 come fu stabilito nell'editto Pistense e otteniamo presso a poco gr. 0.0486 come valore dell'argento nel tremisse e perciò un valore totale di . . . . gr. 0.4374 per la detta moneta. Il soldo d'oro di Costantino tagliato a 72 pezzi dalla libbra conteneva almeno gr. 4.53 d' oro e il (i) Il signor V. Dossi ci notifica, nel suo articolo sopralodatc (p. 143) che un tremisse di Carlo Magno d'oro pallido della zecca di Milano, fatto l'assaggio con la pietra di paragone, fu trovato di circa 600)00 d'oro e 400100 d'argento. Osservo che l'assaggio dell'oro pallido con la pietra di paragone non dà risultati esatti. g6 ARNOLD LUSCHÌN VON EBENGREUTH tremisse gr. 1.51 ; 3 tremissi di Carlomagno equi- valenti del soldo valevano gr. 1.3122 d'oro e il tre- misse gr. 0.4374. Il valore metallico di un tremisse ai tempi Co- stantini era perciò supcriore di gr. 0.1978 d'oro fino ad un soldo d'oro carolingio. Si comprende adesso, perchè alla caduta del regno longobardo la moneta- zione dell'oro in Italia stesse per finire. So bene che le mie deduzioni presentate oggi sono disputabili e di natura preliminare. Non ignoro che manca ancora qualche prova per renderle defi- nitive. Ciò non ostante, non ho voluto tacere le mie idee agli scienziati italiani, nipoti di Carli-Rubbi e di altri numismatici, i quali tentarono dal settecento in poi di basare la storia monetaria sulla numismatica. Graz, gennaio 1908. Arnold Luschin von Ebengreuth. Essai d'interprétation du mot FLAVIA figurant sur les triens des Rois Lombards ASTAULF, DIDIER et CHARLEMAGNE Une question nouvelle vient d'ètre posée en nu- mismatique par le nombre important de tiers de sou d'or pourvus du qualificatif FLAVIA cxistant dans une trouvaille de monnaies lombardes effectuée à Ilanz en 1904 (^>. Soixante triens portent cet adjectif précédant le nom de l'atelier monétaire. Ils se répartissent ainsi : 29 appartenant au règne de Didier, dernier roi de souche lombarde, 31 à celui de Charlemagne son conquérant et son successeur comnic Roi de ce mème peuple. Si l'on ajoute les dcux ou trois tiers de sou connus d'Astaulf, prcdécesseur de Didier, frappés à Lucques avec le nom de cet atelier, pré- cède de FLAVIA, ainsi que les quatre ou cinq de Charlemagne cmis de mème en cette localité, on arriv^e à constater l'existencc dans divers mèdailliers d'environ soixante quinze pièces à ce type, èmises entre 750 et 800 après Jesus Christ dans les villes de l'Italie du Nord ci-après : Milan, Pavie, Trcvise, Vicence, Verceil, Castel-Seprio, Bcrgame et Lucques. Le sens du mot : FLAVIA employè dans de telles con- ditions pendant cinquantc ans, est à dècouvrir, ainsi que le motif qui aurait fait graver ce vocable sur les monnaies d'or à còte du nom de l'atelier monétaire. Pour apprécier ce fait exceptionncl au Vili' siècle (i) Der Langobardisch-Karolingische Milnz-fund bei Itanz, von Fritz Jecklin. Sonderabdruck aus den Mitteilimgen der Bayer. Numism. Gestllschaft, XXV, Jahrgang 1906 und 1907. — R. N. I., 1906, p. 273 et '907. Pag- 159 et 617. — R. N. D., 1907, p. 5. 98 PAUL BORDEAUiC il est indispensable de rechercher les règles suivies en matière d'émission monétaire dans le Royaume Lombard. A cet égard un texte fournit de premiers renseignements précis. L'article 242 de l'Edit de Rotharis, Roi des Lombards de 636 à 652, conticnt la disposition suivante : Si quis sine jussionem Re- gis aurum figuraverit aut mo- netam confinxerit, manus ei incidatur (i). Celui qui aura mis une em- preinte sur des espèces d'or ou celui qui aura frappé monnaie, sans la permission formelle du Roi, aura la mairi coupée. Le numéraire et surtout les pièces d'or ne pou- vaient par suite ètre fabriqués en Lombardie qu'en vertu d'une autorisation formelle émanant du Roi. Cet ordre du Souverain devait fixer en mème temps les conditions de la fabrication, c'est à dire ce qui figurait — figuraverit — sur le numéraire. Dès lors si un mot important et insolite, tei que FLAVIA, a été appose pendant cinquante ans d'une facon régulière sur les espèces du pays, il n'a pu Tètre que si le Roi l'a décide ainsi, en ayant un but et une inten- tion déterminés. Ce vocable ne saurait ètre compare aux adjectifs : Felix, Invicta ou Inclita, accolés par- fois aux IV et V* siècles aux noms de Rome, de Carthage ou de Ravenne. Ces adjectifs étaient de simples qualificatifs poétiques ou usuels, FLAVIA a au contraire un sens net, qui ne permet pas de le con- sidérer comme une épithète littéraire. L'importance et le caractèrc sérieux du mot employé sont dcmontrés, mais l'Edit ou le Capitu- laire fixant l'emploi et la portée du mot ; FLAVIA, n'a pas encore été retrouvé. Cette expression ne paralt mème pas avoir été parfois usitée dans des documents de la période lombarde, actuellement connus. Pour (i) Pertz: Monumenta Germaniae historica. Leges, voi. 4, p. 60. ESSAI D INTERPRETATION DU MOT FLAVIA 99 arriver à l'interpréter, on se trouve réduit à étudier les conditions, dans lesquelles les ateliers monctaires lombards fonctionnaient tant au moment où un Roi de la contrée a fait ou laissc inserire pour la pre- mière fois l'cpithète : FLAVIA, que pendant la période de temps, au cours de laquelle ce mot a continue de figurer sur les espèces. Les Lombards envahirent le Nord de l'Italie vers 565-570 après Jesus Christ sous la conduite de leur chef Alboin. Six Rois se succcdèrent au cours d'un premier siècle jusqu'à Rotharis. Ces souverains essayèrent d'organiser et de régulariser la conqucte. en créant une trentaine de Ducs feudataires. Les monarques du siècle suivant, sous l'influence de la civilisation ambiante. furent amencs à reconnajtre l'importance de l'clément romain. Obligcs d'établir une ligne de démarcation entre peuple conquérant et peuple conquis, ils rendirent de nombreux édits, constituant les lois des Lombards — Leges Lango- bardorum. Les auteurs, qui se sont occupés de la question historique et legale, ont reconnu presque tous, que, pendant le second siècle de la monarchie lombarde, il avait existé concurremment deux nations différentes vivant en paix entr'elles sur le sol de l'Italie septentrionale, mais dont chacune ctait regie par ses lois propres (". D'une part, les Italiens, qui par suite de la longue domination de Rome, étaient communément appelés Romains, vivaient rcgis par les anciennes lois romaines et étaient jugés d'après catte antique législation. D'autre part les Lombards suivaient les lois et coutumes lonibardes, que les édits de leurs Rois de souche barbare prccisaient. Les souverains, organisateurs du pays conquis, in- séraient parfois dans leurs dispositions législatives (1) Storia di Milano par le comte Verri, Voi. i, p. 103 a 104. lOO PAUL BORDEAUX des prescriptions s'appliquant d'une faQon generale à vainqueurs et à vaincus. Il en fut évidemment ainsi pour ce qui concer- nait la circulation et les conditions d'émission du numéraire. Charlemagne, au début de sa conquéte, c'est à dire tant qu'il employa le titre de Roi des Lombards, maintint cet ctat de choses. Il y super- posa toutefois un nouveau pcuple envahisscur, les Francs, dont ccrtains s'établirent en Lombardie et y vccurcnt soumis à la loi salique. Les capitulaires du grand Empereur ne furent considcrcs que comnie de simples adjonctions à la loi lombarde. Dans cette póriode encore, les Italiens d'origine romaine restè- rent toujours soumis à l'ancien droit romain *^). Cette situation si speciale entre Italiens et enva- hisseurs, s'accusa surtout cent cinquante ou deux cents ans aprcs le commencement de la conquéte, quand les deux sortes de populations se furent habituces à vivre còte à còte. L'élément romain tendit aussitót à faire sentir de plus en plus son importance. Gomme conséquence, les Rois lombards se trouvèrent obligés de reconnaìtre des droits chaque jour plus notables à leurs sujets d'origine italienne-romaine. Un texte législatif établit que cette évolution se produisit no- tamment sous le règne d'Astaulf (749-756): In quinta lege, Aistulfus Romanos appellat Iterum igitur Aistulfi tempore nomen Romanorum in Lan- gobardis legibus legitur. Jam- que centum et octaginta anni effluxerunt ex quo Italia su- bacta fuerat (2), Dans la cinquème loi, A- staulf emploie l'expression de : Romains C'est donc sous le regne d'Astaulf que l'on recom- men^a à employer dans les loia le mot de : Romains. Cent cinquante ans s'étaient écoulés depuis que les Lom- barda s'étaient installés com- ma conquérants en Italie. (1) De Parsouneaux : Histoire de la conquéte de la Lombardie. Paris, 1842, voi. I, p. 198. (2) Petit DE Baroncourt: De Langobardorum regutn Ratdiidis, Asitulfique ineditis legibus disquisitio. Paris, 1846, p. 12. ESSAI D INTERPRETATION DU MOT FLAVIA IO! Ce fait est d'un intérét capital pour la question qui nous occupe, quand on remarque que justement cet Astaulf est le premier Roi, qui ait employé le qualificatif FLAVIA sur la monnaie à coté du nom de l'atelier de Lucques ('). Le mcme monarque lombard a recommencé à qualifier du noni de Romains ses sujets italiens et a d'autre part prescrit ou permis — jussio regis — à l'officine de Lucques de prendrc la dénomination : Flavienne. Les deux faits sont con- comitants et dérivent incontestablcment de pensces et de tendances politiques idcntiques. Une première hypothèse permet de rattacher le mot : FLAVIA au droit romain, et par suite à l'en- semble de ces prérogatives qu'Astaulf rcconnaissait à ses sujets de souche italicnne. Les romains des siècles antérieurs avaient joui d'un : Jus Flavianum, appelé parfois : Jus civile Flavianum '^t. Ce jus Fla- vianum était un recueil de formules des actions de la loi remontant à une certaine antiquitc. Il da- tait de Cneius Flavius, jurisconsulte, qui avait vécu au IV' siècle avant Jesus Christ. Ce Flavius avait publié sous son nom les formules des: Legis actiones, — des procédures permises par la loi sous la con- dition de l'emploi de paroles sacramentelles précises à certains jours et dans des circonstances détcr- minées. Pour permettre de comprcndre cettc question, il est nécessaire de rappclcr que le droit romain était avant tout formulairc, c'est à dire, qu'une in- stance ne pouvait Otre introduite en justice que sous la condition de l'emploi de certains mots indispen- sables. Le répertoire de Flavius avait révélé au (1) Engel et Serrure : Traile de numismatique du Moyen-àge. T. I, p. 34. (2) Edouard Cucq : Les institutions juridiques des Romains. L'an- cien droit. Voi. 1, p. 447. — Mommsen : Rom. Furschungen. 11, 301. I02 l'AUL BORDEAUX public un nombre considérable de ces formules, dont la plupart avait continue d'étre toujours employées sous les Empereurs des cinq premiers siècles de l'ère chrétienne. Le Code de Justinien et le Digeste (527-565) eurent cn partie pour but au VP siècle d'adoucir les rigueurs de ce droit formulaire. Mais au dcbut le caractère utile des facilitcs nouvelles concédées par cet Empereur pour intcnter une procedure, avait étc excessivement discute. L'Occident accepta ces rcformes moins facilement que l'Orient où le Ba- sileus rcsidait à Constantinople. En Italie, on resta attaché aux anciennes formules flaviennes, auxquelles jurisconsultes et tribunaux étaient accoutumés depuis des siècles. 11 en fut surtout ainsi dans les pays, qui, par suite de l'invasion barbare, se trouvèrent séparés violemment et politiquement de l'Empire de Justinien. Cette prcdilection pour les lois anciennes exista surtout dans l'Italie du Nord, parce que les Lombards, en conquérant ces populations, avaient rompu dans la mesure possible leurs relations avec l'Empire des successeurs de Justinien. En outre ces nouveaux monarques de l'Italie du Nord, vainqueurs de l'Empire d'Orient, empèchèrent évidemment leurs sujets, qui étaient des Occidentaux, de se soumettre aux lois et Codes récemment promulgués par Justi- nien et ses successeurs. Ils prcférèrent les laisser régis par l'ancien droit romain et notamment par le Jus Flavianum. Il est dès lors permis de supposer que le Roi Astaulf a concède aux habitants de Lucques non seulement le droit de se qualifier de Romains, en vertu de la disposition précitée d'une de ses lois, mais encore qu'il leur a octroyé soit par un capitulaire, soit peut étre mème par une simple tolérance, la permission d'indiquer, sur les monnaies frappées en Essai d'interprétation du mot Flavia 103 cette ville, que les habitants avaient le privilège d'ètre soumis au JVS FLAVIANVM et jouissaient du droit flavien : FLAVIA LVCA. Cette situation aurait étc con- sidérée comme si avantageuse par vainqueurs et vain- cus que Didier, successeur d'Astaulf, aurait étendu la mème faveur à un grand nombre d'autres villes de l'Italie du Nord, qui ne demandaient pas mieux que de rester attachées à d'anciennes coutumes. En- suite Charlemagne, continuant la tradition de ces Rois de Lombardie, dont il prenait le titre, aurait suivi les mèmes errements pour s'attacher la popu- lation d'origine romaine. Cette hypothèse, qui pcut étonner au premier abord, trouve un singulier appui dans le texte meme de nombre de lois lombardes. Ces dispositions Ic- gislatives, dont les plus anciennes datent des prédé- cesseurs de Luitprand (713-744), deviennent surtout nombreuses sous ce Prince, qui regna trenta et un ans. Ratchis, son successeur (744-749) chercha à les codifìer, détail qui a pour nous son importance: car il démontre l'intention de faire un monument légi- siatif s'opposant à celui de Justinien et nettcment séparé des règlcs du Digeste suivies en Orient. Lorsqu'on prend connaissance de ces documcnts si diffus, qui n'occupent pas moins de 600 pages du 4' volume in folio des : Leges, des Monumenta Germaniae de Pertz, on reste confondu devant la quantité de formules judiciaires, dont la plupart de ces lois sont remplies, par exemple : Petre, te appellai Martinus, j Pierre, Martin t'appelle en quod tu es servus suus, et 1 justice, parce que tu es son malo ordine subtrahis te de 1 esclave et parca que c'est à suo servitio ('). tort que tu te soustrais à I son esclavage. (i) Guido I^adelletti : Fontes juris italici medii aevi. Torino, 1877, p. 300 et Sér|. l04 PAUL BORDEAUX On lit ainsi des pages de formules innombrables pour toutes les éventualitcs de procès possibles. Un grand nombre de ces formules se rapprochent de celles du Jus Flavianum, ou méme concordent av-ec lui. Il serait fastidieux de les mentionner. A ce sujet on ne saurait mieux faire que de citer le passage suivant, qui fait ressortir l' importance incontestablc à cettc epoque du droit formulaire en question : Praecipua autem hujus regni I Mais la loi principale du (Luitprandi) lex, quse aperte règne de Luitprand, qui dé- testabatur, quantum civitates mentre combiens les exemples romana; exempla barbarorum donnés par les anciennes lois mores immutaverint ad seri- des Romains avaient impres- bas sive notarios pertinet , sionné les barbares, concerne les scribes ou les notaires, auxquels il est recommandé de se conformer dans la ré- daction de leurs conventions aux formules des lois Ioni- bardes, ou à celles des lois romaines. quaj prescribitur ut Lnngo- bardorum seu Romanoriim foriiìiila' in pactis serventur (•). Il n'y a dès lors plus lieu de s'étonner si le Roi Astaulf et si ensuite Didier, son successeur, ont concèdè à certaines villes lombardes, oìi les anciens Romains avaient une situation prépondérante, le droit de se qualifier de : Flaviennes, parce qu'elles em- ployaient les formules du Jus Flavianum de l'ancien droit romain, et qu'elles pouvaient, à raison de ce fait, ètre ainsi dénommées. Ce privilège pouvait ètre considéré par Ics Lombards, comme une séparation bien nette de toutes relations juridiques avec l'Em- pire d'Orient et avec le droit nouveau, qui 3' avait été applique par Justinien et ses successeurs. Cette révendication d'indépendance contre Byzance se com- prend aussi bien de la part du conquérant que de (i) Petit DE Baroncourt : De Langobardorum regiim Ratchidìs, Aistulfique ineditis legibus disquisitio. Paris, 1846, p. 12. ESSAI d'iNTERPRÉTATION DU MOT FLAVIA I05 celle des villes où le vieil élément romain cherchait à l'emporter. Les souverains lombards avaient intérét à con- stater ainsi officiellement que leur Royaume était la suite de la monarchie des Empereurs des premiers siècles de l'ère chrctienne. L'application du Jus ci- vile Flavianum, antcrieur aux réformes judiciaires de Justinien, était la conséquence naturelle de ces donnces. Elle avait pour résultat d'amener les villes d'Italie jouissant de ces prérogatives à prendre l'cpithète de : Flaviennes — FLAVIA. De toutes fa^ons, il ressort jusqu'à l'évidencc de ce qui précède, que l'emploi du mot: FLAVIA, sur les espèces d'or a coincide avec l'augmentation d'im- portance de l'élément romain, ainsi qu'avec la pré- ponderance des coutumes et de la législation ro- maine dans le Royaume lombard. Si la première hypothèse, rattachant le mot FLAVIA à l'emploi du Jus Flavianum dans un certain nombre de villes, paraissait trop téméraire, il est possible de se rallier à une idée subsidiaire, qui interpréterait le mot : FLAVIA, non plus grace au droit romain, mais seule- ment avec l'aide des lois et coutumes monétaires romaines des siècles, qui ont précède l' invasion lombarde. Pendant la Tetrarchie, ainsi que sous les règnes de Licinius et de Constantin, les Hotels des Monnaies impériaux frappèrent Ics espèces de l'ancien S3'stème monétaire de Dioclétien et celles du système nouveau de Constantin. Il exista vcrs cettc epoque trois dy- nasties, dont l'influence fut rappelée par les initiales apposées dans le champ de ces diverses sortes de numéraire. Les ateliers marquèrent d'un l les mon- naies de la dynastie Jovienne, d'un H celles de la dynastie Herculienne, et enfin de F, ou de FL celles de Constantin et de sa famille Flavienne. Le sens tó6 PAUL nonoEAUx de ces dernières abréviations était absolument clair pour les contemporains, et il ne laissait aucune he- sitation possible sur le mot à prononcer en les lisant. On comprend que le langage populaire ait qualifié du nom de Flavienne — FLAVIA, d'abord la monnaie, qui portait les initiales FL, ou F, et ensuite par ex- tension l'officine monétaire, qui avait l'habitude d'ap- poser couramment ces sigles. Quand la dynastie de Dioclétien cessa de régner, la famille Flavienne, persistant seule, prit la pré- pondérance. Il en resulta que les espèces flaviennes, c'est à dire celles pourvues des marques : FL, ou F, restèrent surtout connues du public au cours des siècles suivants et que seules elles eurent la faveur de la population. Les lettres FL paraissent avoir figure à certains moments sur la plus grande partie du numéraire émis par les divers établissements mo- nétaires de l'Empire au IV' siècle et méme encore au V' siècle ('*. Le nom de Flavien avait été à l'origine parti- culier à Vespasien, à la gens Flavia, dont il faisait partie, et à ceux des membres de sa famille, qui avaient régné après lui. Au IV' siècle, Constantin, ainsi que les Empereurs, ses parents ou successeurs, joignirent à leur nom le mème gentilice c'est à dire la mème désignation familiale. Presque tous inserèrent le vocable : FLAVIVS, ou FLAVIA, dans leurs légendes monétaires. Par application du mème ordre d'idées, les auteurs de l'epoque constantinienne ajoutèrent au nom de Claude II, le gothique (265-268), la dé- nomination: FLAVIVS, qui n'appartenait pas de nais- sance à cet Empereur et dont strictement il n'aurait pas du ètre pare t^). Deux siècles après, Constantin III (i) R. N. F., 1905, p. 470 et seq. L'iconographie par les médailles des Empereurs romains des III' et IV« siècles par M/ J. Maurice. (a) l^KCRiVAiN : Eliides sur l'hisloire Auguste. Paris, 1904, p. 38 et seq. ESSAI DINTKRPKÉTATION DU MOT FLAVIA IO? I prit de son autorité privée quand il se fit proclamer Empereur en Gaule et en Bretagne, la qualification: D • N • FLAVIVS ■ CLAVDIVS • CONSTANTINVS • bicn qu' il n'appartint pas à la gens Flavia. Les deux dynasties flaviennes, qui s'ctaient constituées l'une après l'autre, avaient occupo dans le monde romain une place si considérable que le mot: Flavien, avait du finir par personnifier en quelque sorte la dignité imperiale. D'un autre coté, toujours dans le mème esprit, un certain nombre de villcs, notamment en Italie, ajoutèrent à leur nom l'epithète: FLAVIA. Nous pouvons citcr comme exemple la capitale de l'Ombrie : FLAVIA • CONSTANS, dénommée actuellement Spello. Dans d'autres parties de l'empire romain, Vienne (en Autriche) FLAVIA • VIN- DOBONA, ainsi qu'une quinzaine de villes de la Bé- tique et de la Tarragonaisc en Espagne, joignirent ce qualificatif à leur nom habituel. Beaucoup d'autres cités durent agir de mème dans des conditions, qui sont maintenant ignorces de nous. Ces particularités montrent combien la denomination : « flaviennc » fut populaire, et répandue depuis Constantin jusqu'à l'epoque des invasions barbares. Cette épithète, après avoir été personelle aux Empcreurs règulicrs de la famille de Vespasien, puis de celle de Constantin, avait été étendue de plus en plus tant par des mo- narques usurpateurs, que par diverses villes et par l'ensemble des habitants, en n'ctant plus qu'une qua- lification honorifique. Les ateliers monctaires avaient ctè d'autant plus amenés a se faire gratifier aussi de cette appellation, qu'ils se rattachaient particulièrement à l'epoque et aux lois flaviennes. Constantin I. le grand, avait créc un système monétaire nouveau base sur le sol d'or, sur le demi-sol, et sur le (n'ens cu liers de sou, pièce divisionnaire, dont l'usage populaire et universel per- sista en Italie sous les Rois lombards jusqu'au temps I Io8 PAUL BORDEAUX de Charlemagne. Il y ajouta : la silique, valeur d'or monnayce en argent, le nummus centenionalis et le nummus simple, monnaie divisionnaire de bronze ('). Cet ensemble de dispositions monétaires applique dans l'Empire d'Occident par la dynastie flavienne, servit universellement de règie jusqu'après la chute de cette monarchie. Gomme consequénce, les règlements con- cernant l'exploitation des Hotels des Monnaies et cmanant de ces souverains constantiniens, ont ctc forcément qualifiés de : Flaviens. Les populations d'Italie, attachées aux lois flaviennes, ainsi qu'aux ateliers habituels des Empereurs de la dynastie et à leurs espèces, avaient du voir se perpétuer chez elles l'emploi du terme : FLAVIA, dont les sigles FL d'une partie du numéraire en circulation maintenaient le souvenir sous tous les yeux. Monnaies, officines, lois, coutumes monétaires durent ètre appelées com- munément flaviennes en Italie, pendant les siècles qui précédèrent l'invasion lombarde. Une des caractéristiques de ces cmissions fla- viennes consista en ce que indépendamment des ini- tiales impériales FL, les sigles spcQiaux tels que des points et des étoiles y ont été apposés, parfois, il est vrai, par suite d'anciens errements, pour faire reconnaìtre les dates et les conditions d'émissions. Cette fìguration n'a pu avoir lieu qu'en exécution des règlements en vigueur, plus ou moins complé- mentaires de décisions antérieures, mais qui n'en furent pas moins encore dénommés flaviens. Ces habitudes résultant de dispositions s'ctant à ce mo- ment généralisées, furent suivies par chaque atelier dans des limites plus ou moins strictes. Mais la ga- (i) Babelqn : Traile des monnaies grccques et romaines. — J. Mau- rice : L'atelier monétaire de Tréves, dans Mèmoires de la Soc. des AhH- quaires de Frante, 1901, pag. in, — J. Maurice: Numismatique de la période constantinienne. Paris, 1908, T. i. ESSAI D INTERPRETATION DU MOT FLAVIA tog rantie résultant pour le peuple de l'emploi de ces sigles combinés FL, points ou étoiles, resta une des particularités du numéraire flavien. Les Italo-Romains, par la force des choses, durent conserver le souvenir de ces bonnes espèces flaviennes d'autrefois, qui étaient meilleures que celles qui suivirent, et surtout que celles qui leur furent imposées pgr les conquc- rants barbares. La rapiditc et la confusion des inva- sions successives empéchèrent de continuer l'emploi de ces sigles des ateliers flaviens. Les envahisse- ments des peuplades du Nord occasionnèrent la frappe dans les parties occupées, d'espèces plutòt défec- tueuses, à type imniobilisc, et à légendes coniposées de lettres se suivant sans prcsenter aucun sens. Ce dernier ctat de choses exista surtout pendant ce que ' l'on pourrait appeller la période aigtìe des invasions. Le S3stéme monétaire, institué au début du IV' siècle par la dynastie flavienne de Constantin con- tinua d'otre suivi par les Barbares envahisseurs et par leurs Rois. Les réglements antérieurs se main- tinrent d'autant plus que leurs dispositions étaient éminemment utiles au milieu des circonstances diflì- ciles que l'on traversait, et qu'ellcs ctaient devenues d'une application journalicre. Les fausses monnaies avaient été fabriquées en grand nombre de tous cótés. A cet cgard, les populations italo-romaines se souvinrent forcément que des lois du grand Eni- pereur Constantin avaiént eu pour but: i" d'empc- cher la fabrication des picces fausses, et notamment de toutes celles qui ctaient coulccs, 2" d'interdire -toutes frappes ou émissions d'espèces falsifiées aux Monetarii autoriscs à travailler isolémcnt dans les villes en dehors des ateliers gouvernementaux (". Cette dernière disposition legislative avait cté juste- (i) Code théodosien, IX, 21, a et 3. PAUL liOKDEAUX ment celle qui avait permis à tant de Monetarti, de fabriquer isolcment les triens d'or émis du V au VllP siede dans les pa^'s occupés par les Barbares. Tout le monde cherchait à se rallier à ces idées et à ces prescriptions légales, si essentielles à la circu- lation monétaire. Les bonnes monnaies, que l'on rencontrait circulant encore, étaient celles remontant aux cpoques de Constantin et des Empereurs de la gens Flavia, qui lui avaient succede. Les souvenirs des Flaviens s'imposaient à tous les esprits. Aussitot après les invasions, dans les parties de la péninsule où l'élément romain fut assez impor- tant pour recommencer à dominer, il y cut forccment tendance à revenir aux anciens errements, à la bonne monnaie d'autrefois. Il en fut surtout ainsi dans l'Italie septentrionale. Deux cents ans après leur in- stallation dans ce que l'on pourrait appeler les plai- nes lombardes, la population barbare s'ctait peu à peu transformée par suite de la fusion opérée avec les habitants antérieurs. Les Rois de cette contrée cherchèrent à rattacher leur monarchie à l'ancien Empire romain. Plusieurs des documents cités pré- ccdemment l'ont dcmontré. Astaulf, en mème temps qu'il gratifiait du nom de Romains une partie no- table de ses sujets, a du estimer de son intérct et de celui de sa dynastie de prescrire à certains ate- liers monétaires de Trapper les monnaies d'or con- Ibrmément aux rcglements cdictés par les Empereurs flaviens et d'cntourer la fabrication des garanties résultant de ces lois et coutumes. Il n'y avait qu'un pas à faire dans cette voie pour qualifier de fla- viens soit les villes, soit les ateliers, et pour raviver ainsi chez tous le souvenir des bonnes espèces fla- viennes. La numismatique montrerait que ce pas à cté franchi. FLAVIA aurait cté une cpithète apposée pour indiquer la volonté de se rattacher pour l'émis- fesSAI d'iNTERPRÉTATION nU MOT FLAVIA Iti sion du numéraire au beau et bon temps du règne de Constantin, Une preuve de la vcrité de ces données paraìt résulter de l'emploi au milieu des légendes moné- taires, des étoiles et des points, qui au IV' siècle avaient servi à différencier !es dates et les conditions d'émission des ateliers flaviens (''. Sous le règne de Didier, l'innovation tentce par Astaulf à Lucques fut jugée si profitable que beaucoup d'autres officincs monétaires agirent de mème probablement cn exc- cution d'ordres supérieurs. Dans ces émissions, nous constatons également ces emplois de points ou d'étoi- les, quand depuis presque deux siècles, rap])Osition en a cesse. Charlemagne jugea si utiles les garanties résultant de la mention flavienne et de l'usage des points secrets qu'il les maintint à son tour. Il est digne de remarque que la tradition de ces marques cachées fut appliquée niéme aux premiers deniers d'argent frappés à Pavie sous son règne et sous celui de son fils Louis le Débonnaire. On connaìt des de- niers de ces Princes portants soit: P • APIA soit PAP • lA. 11 a été reconnu depuis longtemps que ces signes difierentiels devaient indiquer des changements de dates d'émission et de degré de fin >2). Ces particula- rités n'ont donc été qu'une continuation ou une applica- tion ultérieure des ròglements monétaires Flaviens de l'Empereur Constantin. Ces sigles FL, étoiles et points. devaient ètre d'autant plus chers au souvenir des populations habitant la Lombardie, que Icur apposi- tion avait coincide avec l'apparition des monogram- (i) Classification chronologique des émissions monétaires de l'atelier de Lyon pendant la période constantinienne par J. Maurice, dans Mé- moires de la Société des Antiquaires de France. Voi. 63, 1904, p. 100 et seq. — L'atelier nionétaire de Cyziquc par J. Maurice. Zeiisrhriji fiir Numisiiialik, 1905, p. 173. (2) Coniptes rendus du Congrès Nuniisniatique de Bruxelles, 1891, p. 177. PAUL BORDEAUX mes chrétiens et des croix sur les pièces romaines. Les monnaies antérieures ctaient pa'Jennes et avaient dfi déplaire peu à peu à cause des faux Dieux qu'elles rappelaient. Celles au contraire qui ctaient flaviennes étaient les premicres espèces chrétiennes. Un certain nombre avait pu ctre conserve pour servir d'amulettes. Le souvenir en avait été gardé par les pretres et par les Romains christianisés. L'hypothèse présentée en dernier lieu a l'avan- tage de fournir un sens compréhensible et acceptable pour le mot FLAVIA et d'expliquer en outre la pré- sence de ces étoiles et de ces points qui se rencon- trent sur un grand nombre de tiers de sou d'or lombards du systéme constantinien pourvus des lé- gendes F L*A V • I A*L V C*A u) — F L ■ A • M • EDIOL ■ ANO, etc. Les interprétations de ces deux particularités se fortifieraient ainsi mutuellement. Nous soumettons au monde numismatique les deux explications paraissant les plus probables quant à présent de ce mot FLAVIA si exceptionnel et qui a cu évidemment une portée utile. Le texte décisif d'un document législatif ou monétaire fournissant un sens incontestablc fait défaut. Nous souhaitons qu'on le découvre un jour. Mais en attendant qu'il soit connu, nous espérons nous étre rapproché, dans la mesure possiblc d'après Ics connaissances actuelles, de l'explication, qui serait finalemcnt fournie pour cette expression. P. Bordeaux. (i) Garifi. : Moiin. Carolingicnnes, voi. 2, P- 148. pl- XII, n. 172. LA ZECCA DI ALESSANDRIA Voglio io pure rendere il mio modesto tributo alla memoria dell'illustre e compianto nummografo Solone Ambrosoli nella solenne ricorrenza del primo centenario del medagliere di Brera; ed ardisco quindi offrire agli studiosi la illustrazione della zecca di Alessandria, così per sentimento di affetto alla mia città natale, come per estendere la conoscenza delle vicende e delle monete di questa zecca rara. È fuori di dubbio che la città di Alessandria, quando governavasi a repubblica, abbia avuto, o si sia arrogato, il diritto di battere moneta. Sebbene, o per trascuranza degli antichi cronisti alessandrini, o per lo smarrimento avvenuto nel 1499 delle più im- portanti carte e documenti del pubblico archivio, non sia giunta a noi notizia sicura di tale privilegio, pure ne sono sufficiente prova le tre seguenti monete"^: fì * FREDERICVS Nel campo I • P • R • T • in croce at- (i) Guasco Carlo, Alessandria città di Lombardia nell'Alessandrino sotto il dominio di S. M. Sarda, nel libro " Delle città d'Italia „ di Ce- sare Orlandi. Perugia, 1770. Bellini Vincentii, De monetis Italiae medii aevi hactenus non evul- gatis. Postrema Dissertatio. Ferrari ae, 1774. Promis Domenico, Monete del Piemonte inedite o rare. Torino, 1552. Brambilla Camillo, Altre annotazioni numismatiche. Pavia, 1870. ÌI4 A. CUNIETTI-CUNIETTI torno a globetto, con un punto a fianco di ciascuna lettera. 9^ — * ALEXANDRIA Nel campo croce patente (i). ^ - * F ■ IMPATOR- Nel campo S •> (2). 9» — * ALEXANDRIA Nel campo croce patente. ^' — +-S-P-E-T-R-V-S- Nel campo busto mitrato del Santo di fronte. 9^ — * ALEXANDRIA Nel campo croce patente. La prima delle suddescritte monete è d'argento del titolo di 500 millesimi, del peso di circa grammi 0,870 e può ritenersi essere il mezzo grosso, uguale alla metà del danaro grosso di Lombardia, pari a 2 danari imperiali (3). L'impronta del diritto FREDERICVS i • P • R • T • quale Federico vuole indicare? La forma dei caratteri ed il tipo sono gli stessi che si riscontrano nelle monete di Federico I battute per Milano o per altre città nei secoli XH-XIII. Essa (i) Questa croce vuole indicare l'antico stemma di Alessandria, che era di croce rossa in campo d'argento, quasi volesse denotare di essere stata fondata per sostegno della Chiesa pericolante. (2) Le iniziali S. P. significano SANCTUS PETRUS protettore della città. (3) Carli-Rubbi Gianrinaldo, De/U mone/e e deirinstituzione delle zecche d'Italia, Tomo li, Dissertazione V, Pisa, 1757. LA ZECCA DI ALESSANDIUA 11^ deve quindi appartenere o alla fine del secolo XII o al principio del XIII. La seconda moneta è pure d'argento del titolo di 800 ad 850 millesimi e del peso di circa grammi 0,650. Essa è dunque di peso inferiore, ma di titolo superiore alla precedente. Tanto per questo fatto, quanto per avere le lettere di forma meno accurata e le E lunate, nonché le iniziali del Santo protettore della città con quelle dell'Imperatore, è da ritenersi essere di qualche anno posteriore alla stessa. Per la proporzione poi fra la quantità di argento puro e il peso della moneta, si deve conchiudere che essa avesse lo stesso valore della precedente, cioè che fosse essa pure il mezzo grosso. Anche per questa facciamo la stessa domanda: la F della leggenda del diritto vuole indicare FREDE- RICVS, ma quale Federico? Colla pace di Costanza (26 giugno 1183) Ales- sandria dovette sottomettersi all'imperatore Federico Barbarossa, sacrificando generosamente se stessa per facilitare agli altri comuni della Lega la pace col- r Imperatore; e, fra le condizioni che Alessandria do- vette subito accettare per raggiungere il nobile scopo. vi fu anche quello di mutare il nome di Alessandria in Cesarea, come fosse allora stata fabbricata dal- l'Imperatore. Federico vuole essere fondatore di Alessandria e quindi « cvibinit onines a civitate » e riconduce dentro solennemente i cittadini, dichiarando che « Imperator fimdat civitatem! ». E il nome di Cesarea fu mantenuto fino al 1197 alla morte di Enrico VI figlio del Barbarossa, il quale era morto il 9 giugno 1190. Ora le monete in discorso devono verosimilmente essere state battute dopo il 1197, giacché, in caso diverso, porterebbero nella leggenda CAESAREA invece di ALEXANDRIA, come era d'obbligo negli atti pubblici. Il6 A. CUNIETTI-CUNIETTI È bensì vero che anche in questi atti sfuggiva talvolta il nome caro di Alessandria. E così vediamo il Papa continuare a chiamarla in questa guisa; in un privilegio del monastero di S. Giustino di Sezzè dato da papa Celestino nel 1192 vediamo nominato « Monasterium S. Stephani Alexandriae »; in un altro documento di quest'epoca, prima cioè del 1197 ossia « fragmcntum pacis inter Bonifacium Mar- chionem Montisferrati et Astenses, quo istis renun- tiat Rupeculam » troviamo che il podestà Robba si sottoscrive « Robba potestas Alexandriae » *^'). Ma trattandosi di pubblica moneta, non era na- turalmente possibile derogare dall'ordine imperiale, epperciò è da ritenersi sicuramente che debba rife- rirsi al primo Federico. A questo infatti gli Alessandrini avevano giurato fedeltà, quando per la pace di Costanza dovettero a lui sottomettersi; e non solo gli rimasero fedeli fino alla sua morte, ma, fedeli allo scrupolo, non vollero rompere il patto giurato neppure durante il governo del figlio e successore del Barbarossa, Enrico VI; perchè egli pure era concorso all'atto di Costanza. E solo dopo la morte di quest'Imperatore, avvenuta il 3 ottobre 1197, gli Alessandrini abbandonarono definitivamente l'esoso nome negli atti ufficiali. Col secondo Federico poi gli Alessandrini furono continuamente in lotta ; ed è quindi impossibile, anche a prescindere dalle ragioni sopra addotte, che essi abbiano potuto alludere al nome di lui sulla loro moneta. Sembrerebbe dunque che Alessandria, approfit- tando di un diritto o concesso dal Barbarossa o ar- rogatosi nelle circostanze suesposte, abbia battuto (i) Gasparolo Francesco, Dissertazioni storico-critiche sopra Ales- sandria. Alessandria, 1887. LA ZECCA DI ALESSANDRIA li? queste monete alla fine del secolo XII od al prin- cipio del XIII volendo indicare col nome di Fede- rico il concessionario della zecca stessa, nella me- desima guisa che si riscontra nelle monete di molte altre zecche repubblicane. La terza moneta è di bassissimo argento a 200 millesimi, del peso di circa grammi 0,405; può ri- tenersi essere un danaro piccolo o mezzano, cioè mezzo danaro imperiale ('). Questa moneta deve essere di parecchi anni po- steriore alle precedenti; e, dal non comparire più in essa il nome dell'Imperatore, dall'effigie del Santo protettore della città con il suo nome all' intorno e dalla paleografia, sembra essere stata coniata verso la fine del XIII o il principio del XIV secolo. Infatti Alessandria, dopo essere nuovamente pas- sata alla parte Guelfa con Carlo I d'Angiò conte di Provenza (22 maggio 1270), cadde sotto il duro giogo di Guglielmo Longaspada marchese del Monferrato '^t (15 maggio 1278), dal quale gli Alessandrini si libe- rarono nel 1290, facendo prigioniero il detto mar- chese, che, dopo avere tenuto per circa un anno e mezzo in carcere, fecero morire avvelenato il 6 feb- braio 1292. Per tal modo Alessandria ricuperava la pristina libertà e grandezza e tornava a godere del governo repubblicano e con esso del privilegio di battere moneta. Onde è da ritenersi essere questa moneta stata battuta appunto in questo periodo di tempo, in cui Alessandria si reggeva a repubblica, prima di per- dere di nuovo la libertà sottomettendosi, non potendo (i) Vedi nota 3, pag 114. (a) Cronaca del Monferrato, scritta da Galeotto Dal Carretto nel- l'anno 1493. Il8 A. CUNIETrl-CUNIKTTI fare di meno, al dominio dei Visconti nel 1348 ('), epoca in cui indubitatamente cessò la zecca. 11 sommo nummografo piemontese Domenico Promis (2j dubita che Alessandria per sola ostenta- zione si sia valsa del diritto di battere moneta, spie- gando con ciò la somma rarità delle monete Ales- sandrine e il fatto di non trovarsi nei suoi statuti (3) menzionata che la lira di soldi pavesi, tortonesi o semplicemente imperiali, e non mai moneta propria. Anche il Brambilla U) condivide il parere del Promis che, cioè, Alessandria, volendo mettere in pratica per sola ostentazione il diritto di battere moneta, non solo vi improntasse il nome del primo Federico da cui ripeteva tale privilegio, ma battesse vera moneta imperiale. L'A-Valle (^s) osserva poi come, ogni qualvolta nei pubblici atti si dovesse parlare di monete, si sia sempre dovuto aggiungere il luogo di origine (danari tortonesi, pavesi, ecc.). soggiungendo che nulla di positivo si sia potuto conchiudere in merito alle mo- nete alessandrine. Ma a questo proposito occorre osservare che le monete di ostentazione sono sempre o auree o mo- nete di maggior conto che non sia il mezzo grosso o il danaro, e sono poi generalmente battute in altre zecche da chi. pur avendone più o meno il diritto. (i) Ghilini Girolamo, Annali di Alessandria annotati e documentati da Amilcare Bossola. Alessandria, 1903. (2) Vedi nota i, pag. 113. (3) Codex Stalutontm magnificae Cumuniìatis atquc Dioecesis Ale- xandrinae. Alexandriae, 1547, In questo non si parla che di denari im- periali. Codex qui Liber Crucis nuncupatur e tabularlo Alexandritto descriptus et editus a Francisco Gasparolo. Roma, 1889. In questo si parla di danari pavesi e soldi milanesi. (4) Vedi nota i, pag. 113. (5) AValle Carlo, Storia di Alessandria daW origine ai giorni no- stri, voi. II. Torino, 1854. LA ZECCA DI ALESSANDRIA Ì19 non aveva officina propria. A me parrebbe che la rarità delle monete alessandrine dipenda dal fatto o che realmente esse siano state battute in esiguo nu- mero per la difficoltà di provvedere la materia prima in momenti di continua guerra, in cui la vita econo- mica era un difficile problema, o perchè, colla sot- tomissione di Alessandria ai Visconti, questi abbiano ritirato le monete alessandrine per fonderle con le proprie. Ma, ripeto, queste non sono che induzioni, giac- ché mancano i documenti al riguardo. Vi è poi il Bissati (i), il quale si pronunzia contra- riamente all'esistenza della zecca di Alessandria, ba- sando il suo asserto sulla circostanza che nell'atto di Costanza non era accennata la concessione di battere moneta. Il detto scrittore è del parere che o Alessan- dria abbia battuto moneta per abuso, non avendone mai avuto il diritto, o che la monetina col S • PETRVS sia piuttosto una medaglia stampata in occasione forse di qualche pubblico avvenimento ed in onore del pro- tettore della città S. Pietro e probabilmente nell'anno della fondazione della chiesa maggiore a quel Santo dedicata; ed avvalora la sua congettura affermando che dalla paleografia di quella medaglia si possa fa- cilmente dedurre essere stata coniata nel secolo XII i^i. Da ciò è facile arguire come il Bissati non co- noscesse che la monetina col S • PETRVS ossia il mezzo danaro imperiale e che non sapesse l'esistenza delle altre due monete col nome dell' Imperatore, cioè del mezzo grosso ; altrimenti avrebbe forse modificato il suo giudizio. Riguardo alla monetina con S • PETRVS si è an- (1) Bissati, Memorie politiche, civili e militari della città di Alessan- dria, 1793. (2) Si osservi che la costruzione del Duomo si cominciò nel 11 70 e che la moneta in discorso e assai posteriore. 120 A. CUNIETTI-CUNIETTI tecedentemente dimostrato in quale periodo essa debba essere battuta ed è poi assolutamente da esclu- dersi che essa sia una medaglia, avendo della moneta tutti i caratteri, che è superfluo dilungarsi a dimo- strare. Ritengo perciò inesatta l'affermazione del Bis- sati e. da quanto si e finora esposto, bisogna con- venire che la zecca di Alessandria abbia esistito ed abbia funzionato, o arrogandosi gli Alessandrini tale diritto, o valendosene, dopo la morte di Enrico VI. Ed a viepiù confermare l'esistenza di questa zecca si rammenti ancora che vi era in Alessandria una casa contigua al ghetto ed appartenente alle monache Orsoline, la quale da tempo immemorabile era nominata casa della zecca ^^L Ma la prova più (i) Questa casa fu demolita per l'attuazione di un piano regolatore progettato da Napoleone I. Essa occupava precisamente in parte l'area su cui si trova oggi la casa Crespi all'angolo di via Vochieri colla piazzetta della Lega ed in parte l'area ora occupata dalla stessa via Vochieri, già via Reale e che sotto il governo napoleonico (1800-1804) si chiamò me Napoléon: detta casa aveva accesso dalla via dell'Erba e dalla via che venne poi sostituita dalla via Vochieri col piano regolatore. La zecca di Alessandria 121 evidente che questa casa servisse a tale uso si deve alla scoperta fatta nel 1767 dalla marchesa Teresa Glittica di Cassine, donna di molta intelligenza ed erudizione ed amantissima di cose antiche, di un bas- sorilievo di terra cotta esistente sull'alto della parte esteriore della casa. In esso, che è lungo circa metri 0,60 e alto m. 0.40. sono scolpite tre figure nude esprimenti tre fabbri, dei quali due battono sull'incudine la moneta uno di fronte all'altro ed il terzo più indietro assiste od aiuta al lavoro. Chiaramente indica questo bassorilievo a quale uso servisse nei secoli andati la casa in discorso; e pertanto fattolo levare dal muro, la nobildonna il fece riporre nel suo palazzo, conservandolo quale prege- vole monumento, atto ad assicurarci di quanto si è finora esposto sulla zecca di Alessandria'". Avrei così terminata la illustrazione dei ti-e soli tipi che si conoscano di monete alessandrine. .Sc- nonchè esistono altre due monete, o più esattamente una moneta ed una tessera o medaglia, battute in secoli assai posteriori, le quali, pur non essendo propriamente uscite dalla zecca di Alessandria, furono però coniate per questa città e ricordano il glorioso episodio dell'assedio di Alessandria del 1746 durante la guerra per la successione d'Austria. E di queste appunto voglio fare menzione. Carlo Emanuele III, re di Sardegna, dopo la campagna del 1745 assai per lui infelice, già vedeva in possesso dei Francesi, oltre Nizza e Savoia, anche Piacenza, Tortona, Novara, il Monferrato, l'Astigiano e Alessandria, eccetto la cittadella ^^). (1) Vedi nota r, pag. 113. (2) CiBRARio Luigi, Memorie s/ortc/ie sulla giiena del l'ieiiioiile tini i']4t al IT4T, scritte dal conte Gaspare Galleani D'.-Xgliaiio. Torino, 1840. Carutti Domenico, Storia del regno di Carlo Eman, III. Torino, 1859. 16 122 A. CUNlETTI-CnNIFTTI 11 maresciallo Maillebois, dopo avere battuto i Piemontesi a Bassignana, poneva l'assedio ad Ales- sandria il 6 ottobre 1745. Essendo questa città cinta solo da un debole muro, non lìotette resistere alle artiglierie nemiche se non per cinque giorni ed il governatore marchese Isnardi di C'araglio fu costretto a ritirarsi con sette battaglioni nella cittadella, che venne tosto bloccata dal maresciallo francese. La difesa della fortezza di Alessandria nell'inverno 1745-46 è da annoverarsi fra le più gloriose gesta delle armi piemontesi. Il marchese Caraglio, settuagenario, fece prova di quella fermezza e costanza che pareva ereditaria nella sua famiglia ('>. I viveri erano stati assottigliati tanto da potere appena sostentare i soldati, volendo il marchese Ca- raglio usare la massima parsimonia per la speranza di potere prolungare di qualche giorno la resistenza oltre il tempo che egli prevedeva sarebbe stato co- stretto ad uscire dalla piazza. La razione di pane fu ridotta a soli 150 grammi per uomo, cosicché i sol- dati mangiarono i cavalli, i cani e i gatti, e insino i topi furono pagati a caro prezzo come fino selvatico. II marchese Caraglio porgeva il primo l'esempio delle privazioni e, non volendosi assolutamente pie- gare ai gridi della guarnigione a cui pareva ormai inutile tanto soffrire per ritardare soltanto di qualche giorno la resa ai nemici, cercava di distrarre il più possibile i soldati con piccole sortite protette dal cannone della piazza, mediante le quali si riusciva a fare molte prede di cavalli, muli ed asini, che scr- ii) Ignazio Gio. Battista Isiiarcli marchese di Caraglio, difensore di Alessandria, era figlio di Angelo Carlo Isnardi di Caraglio, difensore di Nizza nel 1704 e di Torino nel 1706. II marchese Ignazio morì nel 1748. La famiglia degli Isnardi di Caraglio, originaria d'Asti, si è estinta nel 1770. LA ZECCA DI ALESSANDRIA 123 vivano di cibo. Ciononostante il marchese Caraglio si trovava in non poche angustie per mancanza di denaro, e, pensando ai mezzi di rimediarvi, dopo di avere venduto quanto possedeva di prezioso per pa- gare i soldati, incaricò alcuni ufficiali svizzeri, pratici di questa materia, di costruire una certa lega metal- lica, con cui fece battere una moneta piuttosto rozza, alla quale venne assegnato il valore di io soldi <'). E questa una moneta ossidionalc che porta : ^ - BLOG- - ARCIS ALEX- - GVB • - MARCHIO - DE — CARALIO - 1746 in sette linee nel campo fra due rami di palma, con sopra corona reale. fff — Aquila spiegata sormontata da grossa corona reale, con in petto la croce di Savoia e con la testa volta a sinistra; ai lati S — IO. Secondo il Promis e secondo l'autore dell'articolo " Siège (T Alexandrie cu ij^6 » nella Reviie de la Xii- mismatiqiic fnincaisc ''^\ il metallo di cpiesta moneta sarebbe puro rame; ma nella collezione di S. M. il Re in Torino ne è conser\-atcj tm esemplare in ar- (i) Il conte (iaspare Gallcani d'Agliano (oijera cit.) dice ohe il mar- chese Caraglio " fece battere delle monete di varia specie e valore, il stag- giare però delle 'inali era di io soldi „. A noi non sono pervenute che queste da io soldi, che costituiscono l'unica moneta che si conosca di quest'assedio. Il conte d'Agliano poi confonde la moneta con la tessera battuta in seguito. (2) Pkomis Uo.me.nico, Monete ossidionali del Piemonte. Toiiiio, 1903. Revite de la Niiinismalique fran(,aise, anncc 1837, pag. ijy. 124 ^- «^UNIETTI-CUNIETTl gcnto, che deve probabilmente essere stato battuto per saggio. Per quante indagini praticate così negli archivi del Municipio di Alessandria come in quelli di Stato in Torino, non è stato possibile rintracciare l'ordine di battitura di questa moneta. Da un manoscritto esistente nella biblioteca di S. A. R. il Duca di Genova (" risulta che l'ii no- vembre ] 745 venne dato ordine al, cav. Joannini '^l di lavorare gli stampi per battere dei pezzi da j soldi ed altra moneta. Ed il 9 dicembre seguente venne pubblicato l'ordine di ricevere la nuova moneta che il marchese Caraglio aveva fatto battere e che erano soldi. Ma né gli originali, né copie di questi ordini si sono potuti ritrovare. Da essi parrebbe che si siano battute anche mo- nete da 5 soldi, come già si e accennato, mentre non si conoscono che quelle da io soldi. Tutto ciò induce viepiù a ritenere che queste monete ossidionali debbano essere state battute nella cittadella stessa da ufficiali, come dice il D'Agliano, pratici della materia per ■ ordine del governatore, marchese Caraglio, il quale ave\a affidato la costru- zione dei relativi stampi al ca\'. joannini ; che le me- desime non ebbero circolazione se non nella citta- della o tutto al piti nella città di Alessandria; e che dopo il blocco furono ritirate, avendo cessato di avere valore, o andarono perdute. La rozzezza stessa della moneta ci dimostra che essa non è uscita da una vera zecca. Dopo cinque mesi di assedio, il io marzo, fatta (i) Journal du blocns de la cilladelk d' AlcxandrU iaiìnce ly^ó in Kdalion des caDipdgms /(liies mi servici: de S. M. le loi de Sardaigite pendant la guerre d'Ilalie. Ms. Hibl. Duca di Genova, 213. (2) Il cav. Gasparo Jnaniiini era iiitcndciitc generale per la citta e provnieia di Alessandria, LA ZECCA DI ALESSANDRIA 125 l'ispezione dei viveri, si trovò che non ne rimanevano più che per tre giorni. Ma ecco in quello stesso giorno comparire in distanza le insegne del generale Leutrum, che con tanto ardore aveva difeso Cuneo nel 1742. Egli avanzava su Alessandria alla testa di 20 battaglioni di fanteria e di numerosa cavalleria, dopo di avere già occupato Asti, il cui presidio co- mandato dal Montai gli si era reso prigioniero, e il IO marzo liberava Alessandria, obbligando i Francesi a ritirarsi così precipitosamente, da lasciargli nelle mani la maggior parte delle munizioni. In quel giorno veniva così salvata la fortezza di Alessandria, e tosto rifornita di vettovaglie anche la città, veniva pure cambiata la sfinita, ma gloriosa guarnigione, il cui valore e la cui costanza, unita alla fermezza del marchese di Caraglio, produssero i più benefici effetti. Infatti, con la presa d'Asti e con la liberazione di Alessandria, i Francesi e gli Spagnuoli furono cacciati dal Piemonte, che rimase completamente li- bero, tranne Tortona e \'alenza. a cui il generale Leutrum i)os€ quindi l'assedio. E così terminarono le trattative per la pace fra il Piemonte e la Francia. A ricordare la nobile difesa della fortezza di Alessandria venne coniata la seguente tessera o me- daglia : ,iy - CAR EM • D • G REX SAR • CYP ■ ET lER 1 t sia del re a smisua con lun^a capigliatura. 126 A. CUNIETTI-CUNIEnl I^ - ARX • ALEX • LIBERATA • SVB M CARALIO M IO MARTY 1746 Una bilancia avente nel piattello sinistro, piìi pesante, una pianta di fortezza, e nel destro un castello ed un rì^I'o, e sottostante al piattello un nastro con ET GENVA. Intorno alla bi- lancia superiormente ATTAMEN • NON SVFFICIT- Come facilmente si comprende, la figura allego- rica della bilancia vuole indicare la fortezza di Ales- sandria che resiste agli Spagnuoli, Francesi, Geno- vesi, Napoletani e li scaccia. Questa tessera o medaglia, che fu trovata dai nemici un po' troppo impertinente, è descritta da Vincenzo Promis al n. 69 della tav. VI ('): essa è di mistura o rame inargentato e ne fu autore Lorenzo Lavy, incisore della zecca di Torino dal 1750 al 1770. Con queste brevi notizie sulla zecca e sulle mo- nete di Alessandria non ho ccvU) inteso di dire cose nuove, ma soltanto di riunire in una sola breve mo- nografia quanto era riportato in molte opere da di- \ersi autori, allo scopo di rendere più conosciuta e popolare una parte di numismatica, nella quale si compendiano fatti gloriosi della nostra storia patria. T. Colonnello Ai.bkkto CuNiETTi-CuNn:TTi. (i) PiioMis Vincenzo, Tessere i/i principi di O/ìyi Snifo/V). Torino, 1879. " Non dirò a lungo dell'uso cui questi pezzi furono destinati essendo " generalmente riconosciuto servir dessi come seguo convenzionale in " sostituzione della moneta piccola quando ufficialmente non esisteva " che monetalo l'oro e l'argento, ovvero anche come luarclie da giuoco " o per riscossìiuie di souuiie in date occasioni, come marche di prc- " senza od altro „. SCAVI DI ROMA NEL 1907 I Appiiììti (il \iini. /k'oiii. N. Lxxxvinl. L'anno 1907 non fu meno generoso del prece- dente pel suo contributo alla numismatica, se debbo giudicare da quanto per\'enne alla mia collezione. Tra i pezzi usciti da terra durante l'anno decorso, ne scelgo dodici per questa memoria tutti nuovi, meno uno e quasi tutti interessanti o almeno di qualche valore. Vi si trovano intatti tre medaglioni, uno d'Elio e due d'Ant(jnino Pio, tre bronzi imperatori (Galba, Massimino e Gallieno), un bronzo di peso eccedente (Caligola), un pezzo che lascia il dubbio d'essere un bronzo imperatorio o la pro\a d'un me- daglione d'oro (Gallieno) e infine una nuova tessera di bronzo d'Augusto. AVCVSTO. I. lesserà di Bromo. fì' - DIVI F Testa d'Augusto a destra coronata di erbe o di spighe... Dietro il lituo. 9 - MAR Vie Personaggio seduto a destra in atto di presentare una Vittoria alla statua di Marte Vinci- tore posta su di un cippo inghirlandato. 1 av. I, II. .(. Io8 FRANCESCO ONF.CCHI CALIGOLA. 2. Craii Bronzo, eccedente. Coli. n. 13. D' - C CAESAR AVG GERMANICVS PON M TR POT Testa laureala di Caligola a .sinistra. 1^' — 10 cosi consunto, che appena appena si vedono le traccia delle tre figure rappresentanti le sorelle Agrippina, Drusilla e Giulia, come nel noto bronzo descritto al n. 13 di Cohen. Tav. I, n. 2. Tra la scarsa serie dei bronzi eccedenti questo pezzo e uno dei più pesanti, raggiungendo 125 grammi, ossia abbondantemente quello di cinque sesterzi. CLAVDIO (Rest. di Tito). 3. Medio Bronzo, dopo Coh. 94. ^' — TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP Testa nuda a destra. Iji IMP T VESP AVG REST S C Pallade a destra collo .scudo in atto di lanciare un gravellotto. Tav. I, n. I. Nelle diverse restituzioni di Tito conosciute Pallade è sempre volta a sinistra. GALEA. 4. Graìi Bronzo imperatorio, dopo Coh. idi. ^' — SER SVLPI GALBA IMP CAESAR AVG P M TR P Testa laureata a destra coU'egida. R) — ADLOCVTIO Galba su di un palco col prefetto del pretorio a destra in atto di arringare quattro sol- dati, di cui due volti a destra con delle aste, e due volti a sinistra uno con un' insegna e lo scudo e l'altro coll'asta e lo scudo. Al secondo piano si vede un vessillo e un' insegna e fra i soldati di destra la testa e le gambe di un cavallo. iav. I, n. 3. È il tipo solito dell'Allocuzione di Galba descritta ai num. idi a 104 di Cohen; solo mancano le lettere S. C. SCAVI DI ROMA NEL I907 I29 0' TITO. Gran Bronzo, dopo Coh. 231. 3' — T CAESAR VESPASIAN IMP PON TR POI COS II Testa laureata a destra. 9 — SALVS AVGVSTA S C La Salute assisa a sinistra collo scettro e la patera (anno 72 o 73 di C). ELIO. 6. Medaglione di Bronzo, dopo Coh. 26. ^ — L AELIVS CAESAR Busto in corazza a sinistra. Testa scoperta. Ptì — TR FOT COS II II Sole radiato e seminudo col man- tello svolazzante in quadriga veloce a destra, (a. 137 d. C). Mill. 3P, gr. 42,000 Tav. I, n. 3. I medaglioni d'Elio sono estremamente rari. Nessuno e conosciuto negli antichi cataloghi e in quello della coli. Albani, volendosi comple- tare la serie dei nomi, è dato come tale il Gran Bronzo ornato di un cerchio, attualmente appartenente al Gabinetto di Parigi. Mionnet lo diede pure quale medaglione; ma ciò non toglie che questo bellissimo pezzo non sia che un gran bronzo senatorio cerchiato. Il primo vero meda- glione dal rovescio CONCORDIA è descritto come unico nella prima edizione del Cohen. Apparteneva allora alla famosa collezione Dupré, dalla quale passò al Museo Britannico. Nella seconda edizione del Cohen ne apparve un secondo col rovescio del Sole in quadriga, allora appar- tenente alla collezione Tisckievich, ora passato al Museo di Berlino. Un terzo finora, credo, sconosciuto col rovescio d'Esculapio e di infe- licissima conservazione, esiste al Museo Imperiale di Vienna e il quarto venne messo in luce quest'anno dagli scavi di Roma. E una variante pel diritto dell'esemplare di Berlino. La conservazione ne è buonissima; è solo a deplorarsi la soverchia ripulitura che, in qualche punto del diritto specialmente, confina col ritocco. L'avrei certamente preferito allo stato vergine in cui venne ritrovato ; ma l' ho dovuto prendere quale m'è arrivato. ANTONINO PIO. 7. Medaglione senatorio di Bronzo, dopo Coh. 407. B' — ÀNTONINVS AVG PIVS P P IMP II Testa scoperta a destra. 130 FRANCESCO GNÈCCHI 9' — VOTA PVBLICA (all'esergo) S C (nel campo). Scena di sacrifizio. Antonino velato a sinistra sacrificante. In faccia a lui un vittimario che abbatte un toro. Davanti all'ara un efebo, al secondo piano due suonatori di tibia (dopo l'anno 139). Diani. mill. 40, gr. 70,000. Tav. I, n. 9. Il medaglione è sconosciuto e il tipo colla leggenda VOTA PV- BLICA, preso dal rarissimo gran bronzo di Adriano, Coh. 1159 citato da Vaillant o dall'aureo pure rdrissimo d'Adriano, Coh. 518, è nuovo pei Antonino Pio; ma ne esiste un altro esemplare cattivo e ritoccato nel Museo di Modena. 8. Medaglione di Bronzo, Coh. 442. B' - ANTONINVS AVG PIVS P P TR P COS IMI Testa lau- reata a destra. I^ — Anepigrafo. La Terra coronata di spighe sdrajata a destra col gomito appoggiato a un toro ac- covacciato. Essa è circondata da quattro bam- bini rappresentanti le quattro stagioni. Uno è dietro di lei visto a metà e un altro sulle sue gi- nocchia. Colla mano sinistra tiene un cornucopia, davanti al quale un terzo fanciullo con una falce. Il quarto, vestito, è assiso ai suoi piedi. A destra, al secondo piano la prora di una nave. In alto il cerchio dello zodiaco (dopo l'anno 145). Mill. 37, gr. 50,000. Tav. I, n. 6. Il medaglione non è nuovo, ma l'ho voluto ricordare e riprodurre per essere l'esemplare migliore dei tre finora conosciuti. Uno è con- servato al Gabineito di Parigi, l'altro a quello di Londra, ma ambedue sono di scadente conservazione, non paragonabili all'esemplare ripro- dotto nella tavola I, il quale poi è complttameiite ricoperto di una pa- tina verde chiara cristallina, che lo rende uno dei più bei pezzi che si possano ammirare. MASSIMINO I. 9. Gran Bronzo imperatorio, dopo Coh. 94. B' — MAXIMINVS PIVS AVG- G-ERM Busto laureato a de- stra con paludamento e corazza. SCAVI DI ROMA NEL I9O7 13! Itì — VICTORIA GERMANICA Vittoria a sinistra con una corona e una palma. Ai suoi piedi un prigioniero seduto e legato che a lei si rivolge. Tav. I, n. 8. Il tipo è identico a quello del Gran Bronzo senatorio descritto al n. 94 senza le lettere S C. GALLIENO. 10. Aureo, dopo Coh. 540. S' — GALLIENVS AVG Testa laureata a destra. 1$ — VBERITAS AVG La Fertilità a sinistra col cornucopia nella sinistra e un ferro d'aratro nella destra. Tav. I, n. 7. Nell'aureo descritto da Cohen la Fertilità tiene il cornucopia e un grappolo d'uva. 11. Gran Bronzo imperatorio, dopo Coh. 735. B — IMP GALLIENVS P F AVG Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. 9 ~ ADVENTVS AVGG Gallieno cavalcante a sinistra colla destra alzata e col mantello svolazzante. Tav. I, n. 10. Il tipo è nuovo pel bronzo. U Adventus di Gallieno non è conosciuto che in un aureo e in un antoniniano. Sono poi rarissimi i gran bronzi di Gallieno con testa radiata. Non se ne conoscono che altri cinque, due dei quali col genio del popolo romano al diritto (Coh. 765) o al rovescio (Coh. 763) e forse anche il terzo FIDEI PRAET (Coh. 758) furono coniati nella medesima occasione dell'ingresso dell'imperatore in Roma, cui accenna più specialmente quello ora comparso. 12. Medaglione di Bronzo o prova di Medaglione d'Oro. ^ — CONSERVATORI ORBIS Testa di Gallieno a sinistra coronata di giunchi. I§ — VBIQVE PAX Vittoria in biga veloce a destra. Tav. I, n. II. Questo bronzo, curioso e affatto nuovo per l'iscrizione al diritto, viene ad aumentare la serie di quelle monete di Gallieno che, iiiter- 132 FRANCESCO GNECCHI pretate un tempo come satiriche, poi altrimenti, offersero occasione di parecchie dissertazioni ai numismatici. Fatta astrazione sull'iscrizione al diritto, il bronzo offre la perfetta riproduzione dell'aureo ben cono- sciuto, ma in proporzioni un po' maggiori, talché, se dovesse essere la prova di un pezzo d'oro, non io potrebbe essere che di un pezzo mul- tiplo, di un binione o di un ternione. Diffìcile è decidere se sia un vero pezzo di bronzo o la prova di un medaglione d'oro. Le sue dimensioni però come anche la finitezza del lavoro e il tipo farebbero accedere più volentieri alla seconda ipotesi. La leggenda del diritto è affatto nuova e per di più occupa per la prima volta il diritto della moneta, mentre leggende simili sono sempre al rovescio. La leggenda abbastanza comune di CONSERVATOR AVO o AVGG e sempre al rovescio e sempre riferita a una divinità, rappresentata al rovescio stesso, sia poi Giove, il Sole, Escnlapio, Apollo, ecc. Più rare sono le monete in cui la parola CONSERVATOR è riferita all'imperatore in senso attivo, come CONSERVATOR EXERCITVS, MILITVM, PIETATIS, VRBIS SVAE, KART SVAE, ecc. ma anche in queste le leggende e i relativi tipi sono sempre al rovescio. Il caso rimane dunque unico e forse merita uno studio ulteriore. Francesco Gnfxchl ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE XVI. Degli errori di attribuzione. Ho fatto cenno ripetutamente di queste attribu- zioni errate, dovute molte volte alla preferenza cieca data ai documenti d'archivio, talora a falsa interpre- tazione di segni ed altri caratteri, ma sempre allo studio trascurato od imperfetto delle monete stesse. Il peggio si è, che tali errori si perpetuano quasi sempre, venendo riprodotti dagli scrittori che si se- guono e raramente basta una rettifica a toglierli di mezzo. Fra i diversi esempi che si potrebbero addurre, scelgo quello della Zecca Bolognese, nella quale noi troviamo gli errori dello Schiassi (') ripetuti nella ul- tima illustrazione <*'. Lo Schiassi, colla scorta dei documenti, classi- fica le monete secondo le varie epoche e le varie dominazioni. Finche queste monete portano un nome ben chiaro, o segni ben definiti sui quali non possa cader dubbio alcuno, la cosa non gli riesce troppo difficile; ma diventa ben diversa quandu si tratti delle anonime, che noi sappiamo quanto siano numerose in quella zecca. Fgli ha fatto bensì qualche gruppo (1) De Moneta Bononiensi, Dissertano. Bologna, 1839. (2) M.\laglvzi-Vai.kri: La Zecca t-(ige. Paris, 1891. (2) Opere storico-numismatiche. Bologna, 1870. 13» GIllSKPPF. RUOr.ERO Il primo si esprime così : on classe à Radchis {-j44-j4()) rles tn'ens cliargcs ait droit d'un monograìnme et ali revers d'une croix à braiiches f>otencces, ceinte de la ìéifende unmobiliséc VIVIVI.... mais cette attdbiiUon de- mande à étre confirmée. V. pag. 33 del Voi I. Da queste indicazioni, ci sarebbe quasi da cre- dere che si tratti dei tremissi di Lucca col mono- gramma CIVICO. Il secondo, a pag. 334, a proposito delle monete Longobarde del Museo Trivulzio, cita, e ripeto quasi testualmente, quelle di Cuniperto con diverse lettere nel campo, e quelle di Ariperto; poi Ratchis (?) e finalmente Astolfo, ecc. Quell' interrogativo dopo il nome di Rachis, mi fa supporre che si tratti delle stesse monete citate dall' Engel et Serrure, per le quali era incerta l'attribuzione. In ogni modo, parmi che l'attuale tremisse debba ritenersi ancora inedito. Fu rinvenuto nell'alveo del Lambro presso Landriano, insieme ad altro tremisse di Astolfo, ed è entrato da poco nella collezione di Sua Maestà. E interessante per il busto di faccia. Anche il solito D N è qui cambiato in D M, cioè DOMINVS in luogo di DOMINVS NOSTER. Circa alla scritta sul petto, non posso per ora azzardare una ipotesi qualunque. Il peso conviene benissimo all' epoca di questo Re. Infatti, risalendo indietro, troviamo che i tremissi ben conservati di Cuniperto si avvicinano al peso di gr. 1.40: poi seguono quelli di Ariperto, che vanno ai gr. T.35 — di Liutprando, a 1.30. — Quelli di Astolfo che seguono al Rachis. non giungono più a questi limiti. Per ultimo, non è inutile osservare, che la stella del ^ si trova quasi sempre in Astolfo, ma non negli antecessori di Rachis. Roma, gennaio igoH. G. Ruggero. DUE AUREI INEDITI DELLA ZECCA DI BOLOGNA Non è la prima volta che mi si porge la circo- stanza ed il piacere di poter segnalare ai cultori della numismatica monete rare, e qualche \olta anche uniche; e tali sono appunto le due che ora descrivo. Il primo è un zecchino, fino ad oggi sconosciuto, battuto nella zecca di Bologna sotto il pontificato di Martino V (Colonna) dal cardinale legato di quella città. B" - MARTINVS • P • P • QVINTVS Stemma del Pontetìce. K — PETRV • APOSTOL • S. Pietro stante, al lato destro campeggia lo stemma del cardinale Carillo com- posto di una fortezza sormontata da tre torri. Questo rarissimo nummo, rinvenuto \o scorso anno nel circondario di l'ireiize, pesa grammi 3,85 e trovasi ora nella grande collezione di S. M. il Re d'Italia. Alfonso Carillo, o Cariglio. nato a Cuenca di Spagna, fu creato cardinale d.iU' antipapa Bene- detto XIII, col titolo di S. Eustachio, ma terminato lo scisma fece atto di sottomissione a Martino V che lo accolse con molta benevolenza e lo nomino car- 140 O. VITAIINI dinaie prete il 19 maggio 1419 col titolo dei Santi Quattro Coronati. In seguito fu arciprete della basi- lica lateranense e legato di Bologna. Quivi fu soi- preso dalla peste che devastò quella città nel 1423, ed egli, spaventato per la morte di un nipote colpito dal malanno, fuggì abbandonando l'alto posto dopo soli tre anni di governo. Durante il pontificato di Martino V, dal 1417 al 1431, il Carillo fece magnificamente restaurare a sue spese la chiesa dei Santi Quattro Coronati, di cui portava il titolo, come si apprende dalla mar- morea lapide che ancora si conserva sopra la porta d'ingresso del primo cortile, nella parte interna, e precisamente sotto l'antico orologio. Nella lapide si legge: llaec (jiiaecuìiiqne vicìes veteri prostrata niitia Obruta verl>enis, hederis dian isqiie jaccbant Non tulìt hispaìuis Larillus Alplioiisiis, lionorc Cardineo fiilgens, secì opus licet occiipat ingens Sic animus magno reparatque palatia siimptii Ouiim sedei exstincto Martinus sc/iismate quinto. Questa epigrafe è sormontata dallo stemma car- dinalizio del Carillo, che è perfettamente eguale a ciucilo riportato dal Ciacconio ed a quello che si vede sulla moneta che ho descritta. Ma non sempre il Carillo fece porre lo stemma della sua famiglia cogli attributi cardinalizi, sulle mo- nete da lui battute in Bologna. Il Cinagli riporta a pag. 42, sotto il n. 3, un altro zecchino di Martino V per Bologna, sul quale si vede una testa di cervia con una croce fra le corna, e lo stesso Cinagli alla nota n. 6, dice : questo rarissimo ducato d'oro fu bat- tuto sotto Marti iw V quando il cardinale Alfonso Ca- rillo, che ha per insegna cardinalizia ima cervia, ecc. DUE AUREI INEDITI DELLA ZECCA DI BOLOGNA 14! Credo di potere spiegare con sicurezza questa diversità blasonica, col fatto già da me riferito, della primitiva nomina del Carillo a cardinale per opera dell'antipapa Benedetto XIII, col titolo di S. Eustachio. Questa basilica ha per emblema la cervia colla croce fra le corna, in memoria della leggendaria vi- sione, ed il Carillo avrà voluto adottarlo per devoto animo, ma spogliato delle insegne spettanti alla di- gnità; poiché ai tempi di Martino \' non era più in possesso di quel titolo. E cosi ben disse il Cinagli : la cervia essere in- segna cardinalizia e non di famiglia. Non è possibile di precisare quando sieno stati usati i differenti conii, se vivente Martino V o dopo la sua morte, sotto Eugenio IV. Io propendo a credere che la moneta con lo stemma di famiglia e gli attributi cardinalizi, sia stata la prima battuta dal Carillo appena ottenuta la no- mina da Martino V, e che l'altra con la cervia sia stata fatta negli ultimi temj^i in cui egli fu legato a Bologna, nell'anno 1432. quando già erano sorti dis- sapori fra lui ed Eugenio IV. Uno studio serio ed accurato dei documenti di quell'epoca, studio che fu iniziato con amore dal Malaguzzi, potrebbe dare multa luce per classificare con ordine e precisione le varie monete battute a Bologna, specialmente da Martino V' in poi, le c|uali sono interessantissime per stemmi di Pontefici, di cardinali, di prelati, per sigle di signori, tli direttori di zecca, ecc. Ma ritorniamcj ai cardinale spagnuolo, il quale dopo avere restaurata la chiesa dei Santi Quattro Coronati, e morto .Martino V, fu nominato da papa Eugenio IV, legato a latere in Ispagna con incaric(j di promuovere con ogni sforzo la conquista del re- gno di Granata. Ebbe pure missione di comporre le 142 O. VITALINI controversie di giurisdizione fra i magistrati del Re di Francia e quelli di Avignone. Intanto la congregazione di Basilea, in data 20 giugno 1432. costituì il cardinale Carillo legato di Avignone, contro la volontà del pontefice Eugenio IV, dando luogo a sedizioni raccontate dal Fantoni Ca- strucci nella sua storia della città di Avignone e del contado Venesino (lib. IH, cap. II, pag. 314 e sgg.). Eugenio IV non ottenendo con le buone a far tornare all'obbedienza, il Carillo, determinò nel 1434 di mandare legato in Avignone il cardinale Pietro de Foix, il quale fu costretto a cingere la città di as- sedio, riuscendo così dopo qualche mese a scacciare rusur[)atore. Il Carillo si rifugiò a Basilea dove nello stesso anno morì ed ebbe poi sepoltura nella chiesa di Osma in Ispagna. Anche la seconda moneta che qui descrivo, viene in luce per la prima volta, almeno per quanto mi consta, ed è un magnifico zecchino battuto a Bologna sotto il pontificato di Sisto IV. B' — SISTVS • PP. QVARTVS • Stemma del Pontefice. I^ - S • PETRVS • APOSTOLV • Figura di S. Pietro stante; ai lati due armeUe, una della città di Bologna e l'altra del cardinale Francesco Gonzaga, figlio del marchese di Mantova. Pesa gr. 334. Questo zecchino faceva parte di un ricco teso- DUE AURHI INEDITI DELLA ZECCA DI I50L0C.NA I43 retto, rinvenuto nello scorso anno, diccsi nel circon- dario di questa città, ed era il solo della zecca di Bologna fra tanti dello stesso Pontefice battuti nella zecca di Roma, ed insieme ad altri dei papi Euge- nio IV. Calisto III, Pio II. Paolo II, Giulio II, Ales- sandro VI, e Paolo III. A mio credere questo zecchino dovrebbe essere stato battuto fra il 1472 e il (474. quando la zecca di Bologna era appaltata a Ludovico Canonici, va- lente orefice bolognese della cappella di S. Tommaso del Mercato, e dal maestro dei conii Antonio di Bat- tista Magnani, che nel documento viene qualificato per Virnm ìiabikm, aptnm, idoiieum, praticiiiii et expertiiìii. Ma debbo dichiarare che, malgrado si vegga nello zecchino lo stemma della città di Bologna, mi è sorto il dubbio che esso sia stato piuttosto coniato in Roma, e ne dirò in appresso le ragioni. Francesco Gonzaga di Mantova fu creato cardi- nale il ]8 dicembre 1461 da Pio II, col titolo di car- dinale diacono di S. Maria Nuova (uia S. Francesca Romana) e da Paolo li fu nominato legato a Bologna e commissario apostolico nel ducato di Mantova. Sisto IV non solo lo confermò in tali cariche, ma nel 1476 lo fece anche amministratole generale del ve- scovado di Bologna. E qui\ i il cardinale mori nel 1483. Ma nel periodo di cui trattasi, il dominio della Chiesa nella città di Bologna era divenuto effimero ed appena nominale, mentre il governo era effettivamente nelle mani di Nicolò Piccinino prima, e dei Bentivoglio, .Sante e Giovanni dopo, che tiranneggiarono la città. Il Malaguzzi nella sua Zecca di Bologna, ci dice che : « // potere della curia romana su Bol(\i^i!a, in quel tempo eia quasi nullo: il legato non infìuiia per niente sulla pubblica amministiacione ". ICd infatti ben poche sono le monete battute a Bologna dai pontefici di quel tempo: Sisto IV, Innocenzo Vili. ecc. 144 O. VITALINI Un documento significativo di tale stato di cose, Io abbiamo nelle monete che ])apa Giulio II fece bat- tere appena riuscì a scacciare da Bologna Giovanni Bentivoglio ed a prendere possesso della città. Tali monete rispecchiano il giubilo del Papa e della curia per il fausto avvenimento nel motto « Bonoma a Ti- rano liberata » che si vede impresso nel rovescio di un aureo, di un grosso è di un mezzo grosso (Cinagli, pag. 70, n. 12, to. Il e n. 48 e 65). Questi fatti mi confermano il dubbio sortomi che lo zecchino da me descritto sia stato fatto a Roma piuttosto che a Bologna. Da un attento esame della moneta poi si ap- prende che il rovescio non porta uno dei soliti motti usati dai cardinali legati, come: S. Petrus de Bono- nia, oppure Bnnonia dncet, bensì quello di 5. Petrus Apostolus adoperato nella zecca di Roma a comin- ciare dalla primitiva monetazione papale fino ai giorni nostri. Anche la fattura del conio si discosta da quelli della zecca bolognese, sia per la figura del Santo più maestosa e di arte migliore, sia per lo stemma del legato più grande di quello della città; differenze che non si riscontrano nelle altre monete bolognesi di quei tempi. Da tali osservazioni e considerazioni, sono in- dotto a supporre che Sisto IV, per soddisfare un desiderio del suo legato, il quale voleva fare atto di autorità e dare una prova del suo potere sulla città e sulla zecca, dominate dai Bentivoglio, abbia fatto coniare in Roma questo zecchino con i tipi di quelli battuti dai suoi predecessori in Bologna. Anche questa esimia rarità ha preso posto nella grande Nummoteca italica di S. M. il Re d'Italia. O. VlTALlNl MASSA LOMBARDA {Appunti di Nunt. Italiana, N. xxi). Pochi numismatici, e pressoché tutti di vecchia data, hanno fatto menzione della piccola zecca estense di Massa Lombarda. — L'unico che ne se occupò di proposito fu il Kunz, il quale, in un suo lavoro pub- blicato nel 1882 "' riassumendo tutto quanto era stato scritto fino a quell' epoca circa i prodotti di quella zecca, e aggiungendovene un discreto numero di ine- diti, ci dà la illustrazione di 32 monete in oro, ar- gento e rame battute dal Marchese Francesco d'Este nel suo feudo di Massa Lombarda dall'anno 1564 al T578. Dalla data di quel lavoro del Kunz fino ad oggi, per quanto io sappia, nessuno si è più oc- cupato di questa zecca, all'intuori del nostro amico e collega prof. Giuseppe Castellani, il quale, nel 1894, pubblicava in questa stessa Rivista '2) un in- teressante quattrino inedito del marchese Francesco d'Este, scoperto in quei giorni. Riunendo dunque quanto finora si conosce, am- montano a 33 le monete coniate dal marchese Fran cesco nella sua zecca di Massa Lombarda, e fra que- (i) Kunz Carlo: Monete inedite o rare di zecche italÌRne. Massa Lombarda. (Arclieografo Triestino, voi. IX, 1882, pag. 166-183, con una tavola). (2) Castellani Giusf.pi'e: Quattrini inedito di Francesco d'Este per Massa Lombarda. ( Rivista ila/, di Num., Anno VII, 189.1; fase, i.", pag. 91- 97, con disegno). l^Ó I'".R(OI K r.N'ECCHI ste, 2 scudi d'oro, 7 talleri, t mezzo tallero, t te- stone, 7 giulii, 4 mezzi giulii e 11 fra sesini e quat- trini. È un bel numero per una piccolissima zecca che ebbe così poca durata. A queste monete oggi posso aggiungerne un'al- tra, da poco entrata nella mia modesta collezione, e che ha un certo interesse per la sua leggenda. Eccola: Giulio (gr. 3.200). -©' — FRANCIS- ESTENSI- Aquila estense entro uno scudo ovale ornato, sormontato da corona. 9i — S PAVLVS MASS IVVIII E • LOMBAR • Il Santo ritto, volto a d., con la spada nella destra e il libro nella sinistra. Questo giulio sarebbe, per tipo e leggenda, una variante dei cinque giulii pubblicati dal Kunz nel già citato suo lavoro. Ciò però che lo differenzia aff'atto da quelli sono le lettere iVVlll poste in mezzo alla leggenda del rovescio. — Che cosa possono signi- ficare quelle lettere? — Il Kunz descrivendo due mezzi giulii i quali re- cano in fine alla leggenda del diritto o del rovescio i numeri 57 o V7, suppone che questi rappresentino l'anno d'età del marchese Francesco, in cui furono battute quelle monete, e che, essendo egli nato nel 1516, corrispondano al 1573. Questa ipotesi, già un poco arrischiata, minaccia ora di cadere aff'atto da- APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA I47 vanti a queste lettere IVViii che si leggono sul giu- lio teste descritto e che non si sa come conciliare colle altre citate dal Kunz. — E non sono queste le sole lettere o sigle che troviamo sulle monete di Massa Lombarda. — Sopra di una (Kunz, n." 13) ve- diamo in fine alla leggenda del rovescio un C; su di un'altra (Kunz, n.° 14) il dittongo CE; su di una terza (Kunz. n.° 24) una X, e finalmente su di una quarta (Kunz, n.° 27) una R. Che cosa vogliono indicare tutte queste lettere, e specialmente quelle inserite nel giulio da me de- scritto? Sono una data, un numero di coniazione, il valore della moneta, le iniziali degli zecchieri? — 11 Kunz, dopo aver tentato di spiegare le sigle V7 e 57, non fa alcuna parola delle altre lettere riscontrate nelle varie leggende. Per conto mio. dopo inutili ten- tativi, mi trovo costretto a confessare che non ho potuto trovarne una spiegazione plausibile. — Pro- pongo il quesito ai numismatici ben più competenti di me in materia, e sono molti, e spero che a qual- cuno riescirà di trovarne il bandolo. Ercole Gnecchi. 148 ERCOLE GNECCHI BIBLIOGRAFIA NUMISMATICA UKLLA ZECCA DI MASSA LOMBARIJA Tariffa di Venezia, 1554 in fol. Tav. Ili, n. i. Idem, 1564 in fol. Tav. IV, n. 27. Sturmer W. Verzeichniss und Gtprage dar groben und kleinen Mttnzsorten. Leipzig, 1572. New-Munzbuch. Miinchen, 1597. Ordonnance pour les cliangeurs. Aiivers, 1633 in fol., pag. 116. BoRELLi. Editti antichi e nuovi di sovrani princìpi della Real Casa di Savoia, delle loro tutrici e dei magistrati di qua dai monti. Torino, 1681 in fol., pag. 361. HoFFMANN L. W. Alter und neuer Munzschllissel. Niirnberg, 1715. Tomo I, tav. XXVIII. Muratori L. De moneta sive iure cudendi numnios. (Antiq. italicae meda aevi. T. II, Mediolani, 1739 e Argelati, T. I, tav. LXXXIV, n. 2). Bellini. De monetis Italiae niedii aevi hactenus non evulgatis dis- sertationes quatuor. Voi. IV, Ferrariae, 1755-79, in-4''. T. 1, pag. 64, n. I-IO. T. II, pag. 76, n. 1-6. T. Ili, tav. IX, n. 1-3. T. IV, tav. VII, n. 1. Brunacci Giovanni. Monete tre estensi. Lettera al sig. Nicoletto Venezze. Padova, 1763 in-S". Madai D. S. Thaler-Cabinet. Kónigsherg, 1765. T. I, 1999. DuvAL et F'roelich. Monnaies in argent du Cabinet de Vienne. Vienne, 1769 in fol., pag. 444. Appel Joseph. Repertorium zur Miinzkunde des Mittelalters iind der neuren Zeit. Pesth und Wien, 1820-29. Voi. III, n. 2114. Reichel. Die Reichel'sclie Miinzsaninilung in S.* Petersburg. Ivi, 1843 in-i2". Trésor de nuinismatique et des glyptique. Paris, 1846, in fol. Ta- vola XXXVIII, n. 8. KuNZ Carlo. Le Collezioni Cumane. Archeografo Triestino, 1878. Rossi. Catalogo delle Monete italiane incdioevali e moderne del cav. Giancarlo Rossi. Roma, 1880. (Un doppio grosso o giiilio inedito). KuNZ Carlo. Monete inedite o rare di zecche italiane. Massa Lom- barda. Archeografo Triestino, voi. IX, 1882, pag. 166-183, con una tavola. Castellani Giuseppe. Quattrino inedito di Francesco d'Este per Massa Lombarda. Rh'. Ito!, di Nian., anno VII, 1894, fase. I, pag. 91-97, con disegno. UNA LETTERA DI SAN CARLO BORROiMEO a proposito della Zecca di Fano Nei parecchi anni decorsi da quando compilai una monografia sulla Zecca di Fano non mi è capi- tato proprio nulla che valesse la pena di essere messo in luce a complemento di essa. Solo nel catalogo dei manoscritti della Biblioteca Federiciana pubblicato dal eh. prof. Adolfo Mabellini "> trovai indicato un documento che volli conoscere e mi parve degno di essere reso pubblico, non tanto per la sua impor- tanza intrinseca che non è molta, quanto perchè porta la firma di uno dei più eminenti personaggi della seconda metà del secolo XVI. il cardinale Carlo Borromeo. Presentatasi così l'occasione di tornare su quel mio lavoro, premetto una notizia sfuggitami nelle ri- cerche precedenti e chiudo con un piccolo supple- mento alla bibliografia di quella Zecca. Nel 1542 l'officina monetaria di Fano fu chiusa per una disposizione di ordine generale, alla quale pero il Rossi volle non fosse estraneo un puntiglio (l) Miiitoscnlli, Inciiiialiuli. Edizioni run- del secolo A'I^'I, rsis/eiili nella Bibhnleca Comunale Federiciaun di Fano, catalogati e descritti dn ArioLvo Mabellinj. Fani), Premiata .Società Tipogratìca Cooperativa. 1905, in-8 di pag. 168. — Il prut". Mabellini con soniina yentilfz/.a un favori copia ilclla lettera e altri lagguagli, ili che lu ringrazici qui (;• 1 • dialiiicnle. 150 GIUSEPPE CASTELLANI del cardinale Farnese "^i). Ho trovato su questo pro- posito che il Consiglio Generale del Comune il 9 gen- naio del T543 stabilì di fare qualche spesa per « ri- cuperare la zecha », e che Nicolò Nucci, lo zecchiero. dirò così, spodestato da quella proibizione, si offerse di spendere lui i denari occorrenti purché i signori del Comune « ne li menassero buoni ne' pagamenti ». Il 6 novembre dello stesso anno, gli Eletti sopra la Zecca, riferendosi al partito accolto dal Consiglio Generale, diedero facoltà al Nucci, per conseguire l'effetto di ricuperare la zecca, di spedire a Roma alla Reverenda Camera un donativo fino a scudi trenta di denari suoi propri, che il pubblico di Fano dovrà rendergli o menar buoni nei pagamenti che egli farà al Pubblico stesso quando la concessione fosse di fatto ottenuta, poiché, in forza dei suoi ca- pitoli, la zecca doveva ritornare a lui (2). La notizia senza essere di grande importanza, pure è assai caratteristica, perché dimostra come la Reverenda Camera, o meglio i Reverendi della Ca- mera non fossero alieni dal cedere alle lusinghe dei donativi, e come tale sistema non fosse reputato men che onesto, poiché non si aveva ritegno di conse- crarlo negli atti pubblici. C'è da domandarsi soltanto se la revoca della chiusura della zecca non sarebbe stata più sollecita quando la misura del donativo fosse stata piij ampia e generosa! E ora vengo alla lettera del Borromeo, che ri- porto testualmente: « Mag.'' nri Car."' N.™ S.'' ha inteso da l'Am- (i) Cfr. Giuseppe Castellani : La zecca di Fano Milano, Cogliati, 1901, pagg. 44-46 e Rossi Umberto : Notizie su alcune zecche Pontificie al tempo dt Paolo III in Gazzetta Numism. di Como, anno VI (1886-87). (2) Archivio Comunale di Fano, Sezione .Aniiani, n. 4, Sommario degli Atti Consigliari, car. 89. UNA LETTKRA DI SAN CARIO BORROMI.O Ift basciator vostro le cause, per le quali cotesta Città si move a desiderare di rimettere la Sua Zecca et battere come faceva per il passato: et parendo a S. S.'^ che tali cause siano honeste, et degne d'essere esaudite: si è contentata consolarvi in tutto quel che può. Vi concede dunque licenza di far detta Zecca a vostro beneplacito; ma non vuole già che possiate battere altra sorte di moneta che quattrini : et che quelli siano recipienti et buoni. VA tanto mi ha com- messo S. S.'" che vi faccia intendere in suo nome : il che sarà per fin di questa. Et N.'" S.'' Dio vi conservi. Di Roma il 4.'° di Maggio M.D.LX. Vostro Il Car.'^ Borromeo A li Mag."' nri cariss.' Il Confaloniero et Communità di Fano. » Ecco dunque la conferma del privilegio di bat- ter moneta fatta da Pio IV che io cercai invano nel mettere insieme i documenti intorno alla zecca: e si capisce, perchè essa non era più al suo posto. Non si sa né come, ne quando, né per opera di chi, que- sta e altre tredici lettere del Cardinale Borromeo, datate dal 1560 al 1565, siano passate alla Biblioteca dall'Archivio loro sede naturale. Nell'Archivio poi si trovano altre undici lettere del cardinale medesimo, una in originale e le altre copiate ne' Registri, di queste tre sole sono copie di altrettante di quelle che si trovano nella Biblioteca ('). Di tutte queste let- (1) Ecco la nota delle lettere del Cardinale Borromeo esistenti a Fano : Roma, I marzo 1560, al Luogotenente di Fano (Arch. Coin. Registri, voi. VII, car. 169-170, copia). t52 GIUSEPPK CASTELLANI terc, soltanto due furono pubblicate, l'una del 26 lu- glio 1564 dal Diambrini ") e l'altra del 9 aprile 1565 dall'Amiani '-'. Esistono dunque a Fano parecchi do- cumenti della vita ufficiale del celebre Arcivescovo di Milano, quando era Segretario di Stato del Pontefice, che aspettano di essere messi in luce, mentre nella chiesa di S. Pietro, una ricca cappella fu consacrata Ironia, 23 aprile 1560, al Governatore di Fano (ivi, copia). „ 4 maggio 1560, al Gonfaloniere e Priori di Fano (ivi, copia e Biblioteca Comunale, MS. 83-IV, t, originale). „ 29 gennaio 1561, ai sudd. (Registri, Voi. Vili, car. io, copia). „ 20 febbraio 1561, ai sudd. (Bibl. Coni. MS. 83-1 V, 2, originale). „ 12 aprile 1561, ai sudd. (ivi, MS. 83-IV, 3, originale). „ 14 maggio 1561, ai sudd. ( „ „ „ /„ 4, „ ). 8 luglio 1561, al Governatore di Fano (Registri, voi. Vili, car. 8, copia). „ 23 agosto 1561, al Gonf e Priori di Fano (Bib. MS. 83-lV, 5, originale). „ 17 dicembre 1561, ai sudd. (ivi, MS. 83-lV, 6, originale). „ 2 dicembre 1562, al Governatore di Fano (Registri, voi. Vili, car 21 t, copia). „ 19 dicembre 1562, senza indirizzo (ivi, e. 20 t, copia). „ 5 aprile 1563, al Governatore di Fano (ivi, e. 25, copia). 23 settembre 1563, al Gonf. e Priori di Fano (Bibl. Coni. MS. 83-IV, 7, originale). „ 27 maggio 1564, al Governatore di Fano (ivi, MS. 83-lV, 8, ori- ginale e Reg. voi. Vili, e. 32, copia). „ 26 luglio 1564, al Gonf e Priori di Fano (Arch. Coni. Carteggio, Lettere di Cardinali, originale). ,, 23 marzo 1565, ai sudd. (Bibl. Coni. MS. 83-lV, 9, originale). „ 9 aprile 1565, ai sudd. (ivi, MS. 83-IV, io, originale e Registri, voi. Vili, e. 36 t, copia). „ 25 aprile 1565, ai sudd. (ivi, MS. 83-IV, 11, orig.) „ 28 luglio 1565, al Governatore di Fano(„ „ „ „ 12, „ ) „ 15 agosto 1565, al medesimo ( „ „ „ „ 13, „ ) „ 25 agosto 1565, al Gonf e Priori di Fano ( „ „ „ „ 14, „ ) (1) Memorie Istoriche della Città di Fano raccolte e pubblicate da Pietro Maria Amiani. Fano, Leonardi, MDCCLI, parte II, pagg. 191-192. (2) Lettere inedite di Eminenti Personaggi tratte dall'Archivio Muni- cipale e corredate di note dal Canonico Teologo Carlo Diambrini. Società Tipografica Cooperativa, Fano, 1897; in-8 di pag. 17: pubblicazione di Omaggio del Capitolo della Cattedrale nell' ingresso di Mons. Vincenzo Francescliini alla Sede vescovile di Fano. UNA LETTERA DI SAN CARLO RORROMEO 153 alla sua memoria da Antonio Petrucci dovizioso pa- trizio fanese. Quello stesso che, nell'aprile del 1564 quando il cardinale ebbe occasione di recarsi a Fano, si narra movesse ad incontrarlo al Ponte del Me- tauro per invitarlo in casa sua, e vi andasse vestito di abiti dimessi e da pezzente per essere più sicuro che l'invito venisse accettato. Questo fatto è ricor- dato in una delle pitture con le quali l'artista fos- sombronate Gian Francesco Guerrieri decorò la cap- pella suddetta. In questa conferma ottenuta ad istanza degli ambasciatori inviati come di consueto dopo l'elezione del Papa, che furono Fermano Permani e Francesco Pilj, troviamo espressamente limitata la concessione ai soli quattrini recipienti et buoni. In quelle prece- denti di Paolo III e Giulio III questa limitazione non era espressa, ma di fatto la moneta emessa fu sem- pre soltanto quella piccola di mistura. La nuova con- cessione ebbe effetto immediato, coni' era naturale, dato l'interesse dello zecchiere Nucci a non tenere inoperosa l'officina. Ai quattrini di Pio IV battuti nella zecca di Fano da me descritti nell' elenco delle monete di quella zecca dal n." 29 al 42, posso aggiungerne un altro capitatomi dopo di allora: S" — Stemma con chiavi e triregno: in giro da d. PIVS • PP • UH • 154 GIUSEPPE CASTELLANI P — Santo in piedi con mitra nella s.: in giro da d. • S • PATERNI ANI • FANI • Raccolta Castellani. Mistura, peso gr. 0,90. Il rovescio di questa moneta è identico a quello dei quattrini di Paolo III descritti ai numeri 24 e 25 dell'elenco suddetto, e ciò mi fa pensare che possa trattarsi di uno dei primi quattrini battuti dopo la concessione di Pio IV, prima cioè che fossero ap- prontati i nuovi rovesci, dove il nome della città è sempre al nominativo Faniim, invece che al genitivo Fani, come in quelli di Paolo III. G. Castellani. UNA LETTERA DI SAN CARLO BORROMEO I55 ¥ Appendice alla Bibliografìa della ZECCA di FANO Castellani Giuseppe. Una presunta moneta Malatestiana di Fano. Milano, Tip. Editrice L. F. Cogiiati, 1902; in-8, pag. 3. Estratto dalla Rivista Italiana di Numismatica e Scienze Affini, anno XV, fase. I-II, 1902. Numismatica Marchigiana. Ascoli Piceno. Stabilimento Cesari, 1906; in-8, pag. 41 (237-277). Estratto da Atti e Memorie della R. Depu- tazione di Storia Patria per le Provincie delle Marche, 1906. CuNiETTi-CuNiETTi T. Colonnello Alberto. Alcune varianti di monete di zecche italiane. Milano, Cart. e Lito-Tipografia C. Crespi, 1908; in-8, pag. 4. Estratto dal Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia, anno VI, fase. I, 1908. A pag. 3, n. L, pubblica una variante di un quattrino di Gre- gorio XIll, e altra di un quattrino di Pio V a pag. 4, n. LI. Delle Osservazioni sopra di un libro intitolato Dell'Origine e del Commercio della Moneta e dell'Istituzione delle zecche d'Italia, aH'Haja MDCCLI, in quanto appartiene alla zecca Pontificia e a Roma, Libri ITI. In Roma, MDCCLII. Nella Stamperia di Angelo Rotilj e Filippo Bac- chelli nel palazzo de' Massimi ; in-4, pag. xxiv-282. Non conoscevo questo libro quando raccolsi le notizie della zecca di Fano. Ne e autore Simone De Magistris. A pagg. 268-269 si rileva l'errore commesso dal Carli-Ruubi nel pubblicare il giulio di Gregorio XIII per Fano come fosse di Gregorio XII. Hazlitt W. Carew. Supplement to the Coinage of the European Continent. London, Spink et Son, 1897 '> 'f-^, pag. viii-i0. A pag. 44 breve menzione delle monete malatestiane pubbli- cate dal Conte Papadopoli, del sampietrino di Pio VI e di un te- stone di Gregorio XIII. Heiss AloIs. Les Médailleurs de la Renaissance. Léon-Baptiste Al- berti, Matteo de' Pasti et Anonyme de Pandolplie IV Malatesta. Paris, I. Rothschild, 1883 (typog. Georges Chamerot); in-4 grande, pag. 60, 8 tavole e 100 vignette. A pag. 40 è riprodotto il piccolo di Pandolfo Malatesta attri- buendolo a Sigismondo : il disegno è quello stesso pubblicalo dal Litta. 156 GIUSEPPE CASTELLANI LiTTA Pompeo. Famiglie celebri italiane. Malatesta di Riniini (1869-70J. Al n. 12 della tavola unitavi di monete e medaglie c'è un pic- colo di Pandolfo Malatesta dalla Collezione Marignoli. Ruggero Giuseppe. Annotazioni Numismatiche Italiane. VI-VII. VI. Una singolare Baiocchella di Fano. Milano, Tip. Editrice L. F. Cogliati, 1903; in-8, pag. 12, fig. Estratto dalia Rivista Italiana di Numismatica e Scienze affini, anno XVI, fase. IV, 1903. Questa e l'unica moneta affatto nuova venuta in luce dopo la pubblicazione del mio lavoro e, per quanto il tipo sia strano e più strano il fatto dell'adozione di esso da parte della piccola zecca fanese, pure le ragioni addotte dal eh. A. per attribuirla ad essa sono tali da doversi accogliere interamente. Forse il tipo non in- contrò e quindi la rarità della moneta. Non sarebbe da meravigliare che altre sorprese ci attendessero nel campo assai vasto delle baiocchelle. LE CAVITÀ CENTRALI SOPRA LE EACCIE delie monete Tolomaiche di bronzo Tav. II. È al chiaro professore E. Babelon che s'ad- dice il merito di avere risvegliato il problema delle cavità centrali che si vedono sulle monete Tolomai- che di bronzo come pure il inerito di avere per il primo combattuto una teoria che i più celebri num- mografi avevano adottato per l'insegnamento delle dottrine numismatiche ''*. Quella teoria pretenderebbe che i conii, i quali servivano a battere quelle monete, fossero provvisti di una punta conica la quale sotto l'azione del martello andava conficcandosi dentro la faccia del tondino onde impedirgli di sbalzare e di spostarsi. Non starò a ripetere le giuste e saggie osser- vazioni addotte dal professore Babelon contro quel- l'antiquata teoria che egli propone di surrogare con una nuova che credo bene di ricordare inte- gralmente. Un procede de fabricatwn repandn dans certains ateliers vers le II' et /■'' siede avaìit noti e ère, consistait à decoiiper les fhiiis iiionetaires dans une p/aque inétalHqiie, à Faide d'un tour qit'on faisait cvo- luer sur un pivot centra! par une manivelle coi/une un vilbrequin. Ce pivot penètrant dans le metal, y creusait une petite cavitc centrale en iiiàiie temps que l'aile cou- tondante de l'instrument decoupait la circonfcrence. (i) E. Babelon: Traile des monnaies grecques et romaines, pag. 941. 158 G. DATTARI Io pure sono dell'opinione che il tornio facesse parte della tecnica che venne usata per la fab- bricazione di queste monete ; ma non posso asso- ciarmi al parere che l'opera di quell' istrumento consistesse neh' intagliare i tondini da una placca metallica. Non abbiamo che consultare le monete stesse e si vedrà come esse si oppongano a questa nuova teoria, giacche molte di queste monete sono di forma irregolare, ve ne sono perfino delle quadrate (fìg. 12), e talune, e non poche, lungo il loro contorno riten- gono ancora dei pezzi di metallo sporgenti (fìg. n. 5, 6, 7, II, 16). A parte queste prove assai eloquenti, lo- gicamente sembra molto dubbioso che con dei sem- plici torni a mano si arrivasse a potere intagliare delle placche metalliche di uno spessore di oltre 7 mil- limetri ; ma, anche se ciò fosse stato possibile, bisogna convenire che la fabbricazione delle monete nella maniera suggerita dal Professore Babelon doveva divenire ardua, lunga, onerosa e senza dubbio, tra il valore intrinseco del metallo e la mano d'opera, le monete di bronzo avrebbero quasi raggiunto il valore di quelle di argento. Una sì costosa e diciamo pure stravagante la- vorazione poco si accorda con le qualità ammini- strative del re sotto del quale furono emesse queste prime monete. Sta nel fatto che esse vennero inau- gurate durante il regno di Filadelfo, degno successore di Lago fondatore della famosa dinastia dei Lagidi ; il quale, al dire degli storici, se non possedeva le qualità militari del padre, aveva uno spirito d'or- ganizzazione rimarchevole e con la sua saggia am- ministrazione dette all'Egitto quel grado di prospe- rità che non aveva veduto prima ne rivide dopo quel glorioso regno. Dinanzi a sì fatte testimonianze v'è molta ragione da convenire che tra le tante e saggie LE CAVITÀ CENTRALI SOPRA LE FACCIE 159 misure prese da quel gran principe, una fu la nuova tecnica delle monete necessitata dagli eventi. Fu appunto durante il regno di Filadelfo che un editto reale stabilì che tutte le somme dovute al tesoro, dovessero essere versate in moneta di bronzo ; conseguenza per cui il numerario di quel metallo prese preponderanza sopra l'oro e l'argento. Per dar forza e valore a quell'editto s'impose la necessità che le monete di bronzo venissero ac- cettate con la stessa fiducia che fino allora godevano solamente quelle d'oro e d'argento. Per ottenere tanto, fu necessario che gli spezzati di bronzo venissero ad avere un peso uniforme e per quanto era allora possibile, quel peso non doveva allontanarsi troppo dal normale, come avveniva per le monete degli altri metalli. In pari tempo onde le masse faces- sero buon viso alle nuove monete di quel vile metallo e quasi direi affinchè queste incontrassero una certa simpatia, si dovette pensare a dargli una estetica gradevole e raffinata. Finalmente, il nuovo editto offrendo ai falsari un campo di risorse e di guadagni inauditi, il governo dovette escogitare una tecnica la quale garantisse la propria produzione contro quella dei falsari. Aggiungerò di piti; dato l'incremeiTto della circolazione che andavano ad avere le monete di bronzo, la loro usura diveniva precipi- tosa e quell'usura avrebbe potuto danneggiare il loro credito, per cui è molto probabile che si pensasse di stabilire fino a quale grado di usura le monete avevano libero accesso alla circolazione. A quanto sembra, la nuova tecnica raggrup- pava in sé tutti i requisiti voluti onde giungere ai diversi intenti che ho enumerati, i quali nel loro in- sieme formano le conclusioni che spero risulteranno da questo studio. Esaminando le monete d'Egitto, tanto dei Lagidi l6o n. DAtTARÌ come dell'epoca imperiale, sarà facile rendersi conto del sistema che veniva impiegato per la preparazione dei tondini i quali dovevano essere convertiti in moneta. Da prima si fabbricavano le forme di terra ar- gilla capaci di contenere una quantità di metallo eguale al peso che dovevano avere le monete che s'intendeva di fabbricare. Queste forme messe su di una linea, perchè il metallo scorresse da una forma all'altra, venivano riunite da un canaletto pure di terra; di maniera che dopo la colatura del bronzo i tondini che risultavano si trovavano riuniti da un tratto di metallo il quale demarcava il punto ove do- vevano essere separati (fig. i e 2). Dopo la separa- zione, i tondini in quello stato venivano coniati. Con questa tecnica in uso fino allora e quindi ripresa nell'epoca imperiale, le monete di una stessa frazione risultavano di differenti pesi, talvolta mag- giori, tal'altra minori del normale. Questo inconve- niente proveniva da molte cause, tra queste, l'impos- sibilità di fabbricare a mano le forme di una stessa capacità, l'incuranza degli addetti alla separazione dei tondini ed anche dei fenomeni risultanti dalla differente temperatura del metallo fuso quando lo co- lavano nelle forme, la quale poteva essere causa che le prime forme ricevessero più metallo delle altre. Con la nuova tecnica i tondini erano preparati nella maniera indicata più sopra, mentre le forme, per ragioni che vedremo in appresso, io credo do- vessero essere capaci di contenere una maggiore quantità di metallo più di quanto dovevano pesare gli spezzati che s'intendeva di emettere. Dopo la fu- sione e la separazione dei tondini, il tornio comin- ciava l'opera sua e da questa derivavano le cavità centrali. Le traccie del tornio non si presentano sempre LE Cavità centrali sopra le faccie i6i eguali; in certe monete appariscono solamente in giro alla intera periferia : a questa categoria appartengono le monete di buona fabbricazione; in altre si vedono sulla periferia e sopra i lati. Qualche volta solo una parte della periferia venne tornita e parte delle faccie furono sgreggiate; in altre su parte delle faccie e giusto in giro alle cavità si vedono le traccie del tornio; finalmente ve ne sono di quelle la cui periferia è tale quale sortì dalle forme e i loro lati non portano traccie di sgreggiatura, ma, come tutte le altre, non mancano della cavità centrale. A queste ultime ca- tegorie appartengono le monete di fabbricazione difet- tosa, senza essere barbara. Tutte queste apparenti diversità d'azione del tornio dobbiamo considerarle come tante modifica- zioni portate alla nuova tecnica? oppure dobbiamo ritenere che l'insieme di quelle diversità formano il completo della tecnica inaugurata sotto Filadelfo? Io propendo per quest'ultima ipotesi e ritengo che, se le monete di buona fabbricazione non lasciano vedere le traccie della sgreggiatura dei lati, ciò è dovuto alla cura con cui le monete erano fabbricate. Logicamente si ottiene il medesimo risultato, giacche non si può ammettere che in epoche, nelle quali le monete erano battute senza regola, sì per la loro forma come per il loro peso e allorquando la peri- feria non era sempre tornita, ma veniva lasciata tale quale sortiva dalla forma, proprio allora si dessero la briga di sgreggiare i lati dei tondini in tutto o in parte. Quale era lo scopo delle due operazioni fatte dal tornio? Per ciò che riguarda la tornitura della periferia ritengo che ciò era nell'intento di liberare i tondini dal metallo che aveva servito per congiun- gerli e nel medesimo tempo per dar loro una forma geometrica che poi sensibilmente riperdevano al j62 <■• l'Ai TARI momento in cui andavano coniati; nell'insieme di questa operazione i tondini venivano ridotti di quel metallo in piti che, come ho detto, veniva posto nelle forme di maniera che venivano portati al peso nor- male, il quale si doveva accertare con la bilancia (?). Quale poteva essere lo scopo della sgreggiatura dei lati? Era essa fatta all'intento di dare alle faccie dei tondini una superficie liscia e pulita affinchè i tipi risultassero più distinti? Questa ipotesi avrebbe qualche valore se le traccie di quell'operazione si trovassero sopra le monete di accurata fabbricazione come quelle di Filadelfo, ma, al contrario, è grazia all' imperfetta fabbricazione delle monete che questo processo ci è stato rivelato; quelle traccie si trovano appunto sulle monete i cui tipi sono appiattiti e riusciti per metà, ed è dalle monete imperfette che si rileva che la sgreggiatura allorquando non fu operata sopra l'intiera faccia, lo è sempre in giro alle cavità centrali. Da ciò sembra possibile che la sgreggiatura venisse fatta su quelle parti dei lati i quali presentavano delle eventuali prominenze o bave lasciate dalla fusione; ma immancàbilmente veniva sgreggiata la parte limitrofa alle cavità centrali per la ragione che diremo a suo tempo. Non ho nessun dubbio e il lettore converrà meco che le cavità centrali sono uno sconcio estetico che male si addice alle belle monete di Filadelfo, e di primo impeto riesce difficile spiegare come quello sconcio potesse aver avuto origine nell'epoca in cui l'Egitto era la culla delle scienze e delle arti giunte all'apogeo. Se quelle cavità fossero state fatte dopo la coniazione tornerebbe facile e naturale il pensare che non si potevano far sparire senza che i tipi venissero mutilati; ma dal momento che quelle ca- vità vennero fatte prima e quando con una semplice operazione di martello era facile di farle sparire, è LE CAVITÀ CENTRALI SOPRA lE KACCIE 163 giuocoforza convenire che se vi furono lasciate, ciò dovette essere per uno scopo prefìsso e di somma importanza! E cosa v'era di meglio delle cavità centrali per testificare che quelle monete uscivano dalle officine controllate dal patrio governo e quindi erano di buona lega e di peso giusto? Se, come credo, tale era il mandato affidato alle cavità centrali, si arriva a spiegare l'operazione della sgreggiatura, la quale doveva avere per scopo di rimuovere dall'orifizio delle cavità, le bave lasciate dal pernio del tornio, le quali rimanendo avrebbero riempito in tutto o in parte le cavità al momento che i tondini erano coniati. Certe rare monete false che possiedo, dimostrano come i falsari, non ostante che per fabbricare le loro forme si servissero delle impronte di monete genuine, non riuscivano a fare risortire le cavità centrali. Questo impedimento proveniva da molte cause. Una di queste era la cattiva qualità del metallo che im- piegavano, il quale dopo la fusione lasciava una quan- tità di scorie e bave, dando alle faccie delle loro monete un campo slivellato, così che le cavità se mai risortivano non si potevano distinguere. Se dopo la fusione i falsari avessero voluto imitare quelle cavità, e ciò era possibile per mezzo del trapano, sarebbero state smascherate dall'aspetto dell'orifizio il quale non poteva giammai prendere l'apparenza di quello delle monete genuine risultanti dalla coniazione. Oltre alle cavità, i falsari avevano a contendere contro le traccie indelebili del tornio, operazione troppo costosa perchè i falsari se ne servissero; ma ancorché aves- sero voluto farne uso, pur troppo erano a conoscenza che l'apparenza delle parti tornite avrebbe contra- stato con quelle granulose e la frode sarebbe stata scoperta. [64 G. DATTARI Fino a questo punto, se le mie ricerche e le con- clusioni, che ne ho derivate non riceveranno l'una- nimità dèi voti, mi lusingo che troveranno qualche aderente. Resta a trattare dell'ultima conclusione la quale riconosco che verrà giudicata assai ardita; ma stante che posso suffragarla con dei fatti, mi sento il co- raggio di affrontare la critica. Avendo manipolato e ripulito diverse migliaia di monete tolomaiche di bronzo, ho avuto campo di con- statare che le monete battute prima dell'introduzione della nuova tecnica, in gran parte sono consunte, molte sono addirittura delle placche; mentre in quelle che appartengono alla tecnica delle cavità centrali, la conservazione varia tra la buona e la buonissima; quelle consunte sono rarissime come lo sono quelle ben conservate dell'epoca anteriore. 11 risultato di questa esperienza mi ha suggerito che le cavità centrali, oltre lo scopo di cui ho fatto cenno, ne potevano avere un secondo, il quale poteva consistere neh' indicare fino a qual grado di usura dovevano stare in corso le monete; cioè a dire fino a tanto che le cavità erano scomparse o quasi, le monete dovevano essere ritirate dalla circolazione, e ciò perchè la loro apparenza diveniva simile alle mo- nete dei falsari. Non mi lusingo che questa ipotesi sia accolta favorevolmente, anzi troverà una forte opposizione, in quanto che si crederà che allorquando le cavità erano scomparse, le monete dovevano avere perso molto del loro peso; ma tale non è il caso quando si rifletta che le cavità erano collocate nel punto cul- minante delle faccie. quel punto cioè piìi soggetto allo sfregamento e perciò all'usura; ed allorquando le cavità stavano per disparire, i tipi erano ancora vi- sibilissimi e nell'insieme il peso perduto non era no- LE CAVITÀ CENTRA'Ll SOPRA LE FACCIE 165 tevole, ma in tutti i casi era sempre minore di quello perso dalla più gran parte delle monete antiche di tutte le epoche. Ammetto che sopra a certe monete le cavità sono assai profonde, ma esse formano la minoranza ed ap- partengono alle epoche in cui la corruzione era penetrata in tutti i dipartimenti governativi, quando le vecchie e saggie costituzioni non venivano più tenute in conto, per cui non sono quelle monete che possano decidere sulle sorti della mia ipotesi. Nel dubbio che le impronte della tavola qui an- nessa non riescano distintamente a far vedere i par- ticolari della tecnica, dò qui sotto un elenco con la descrizione di ciascuna moneta o pezzo. N. I. Tondini antichi che non furono separati; le faccia sono granellose. „ 2. Tondini che ho riprodotto da una moneta che man- tiene ancora i due punti di attacco. „ 3. Tondino antico con la periferia tornita ; le faccie sono parzialmente sgreggiate; non fu coniata (una delle faccie è piuttosto concava, le cavità centrali sono di differente grandezza). „ 4. La periferia è tornita. La faccia del B' è sgreggiata in giro alla cavità centrale; quella del 9* è intieramente sgreggiata ed i tipi sono riusciti per metà. Sulla peri- feria è rimasto un pezzo di metallo che ha servito di attacco. „ 5. Moneta deforme, di grande spessore che non è passata al tornio; ma sul B' porta la cavità centrale. Sulla periferia vi sono ancora i pezzi di attacco. „ 6. La periferia è tornita; la faccia del 1^ è sgreggiata; ritiene il pezzo d'attacco mentre è mancante di metallo. „ 7. La periferia è quale sortì dalla forma, granellosa e bavosa; i lati sono sgreggiati, giusto in giro alle cavità centrali. „ 8. Faccia intieramente sgreggiata ; i tipi sono riusciti per metà. l66 G. DATTARI N. 9. La periferia è tornita, la faccia è sgreggiata, i tipi ricercati per metà. Faccia concava come il tondino N, 3. „ IO. La periferia è tornita a spigoli. Sulla faccia del ro- vescio si vedono le traccie della sgreggiatura. „ II. La periferia non è tornita, e mantiene i due pezzi di attacco: le faccie non sono sgreggiate. Ambe le ca- vità centrali ; l'orifizio delle cavità è ornato di un anel- letto. Sembra che, non essendo state sgreggiate le bave lasciate dal pernio, si siano ripiegate su loro stesse al- lorché vennero impressi i tipi. „ 12. Pezzo in forma quadrata delle ultime epoche dei La- gidi. Le cavità centrali non mancano. „ 13. Diritto di una moneta di Filadelfo la di cui periferia è torniata e di forma semicircolare. Si noti la cavità centrale la quale non è più grande di un capo di spillo come la moneta N, 16. „ 14. Altra moneta di Filadelfo; la periferia è torniata a spigolo e semicircolare. „ 15. Moneta di fabbricazione barbara. Senza traccie del torno, ma esistono le cavità centrali ed assai piccole. „ 16, 17, 18 e 19. Monete false. La cavità centrale è appena visibile oppure venne fatta con un istrumento rettango- lare. Sono tutte granulose con bavature. Cairo, IO Gennaio 1^08. G. Dattari. STEMMI ED EMBLEMI sulle monete del Monferrato ^'^ I. Quelli fra i discendenti del vecchio Aleramo cui toccò il dominio del Monferrato, ed ebbero perciò il titolo di Marchiones Monferratenses, non usarono mai, per quanto si sa, del privilegio della zecca. Ma se mancano le monete aleramiche a ricordarci lo stemma di questa famiglia, non per questo però esso ci è meno noto ; poiché lo ritroviamo frequentemente sulle monete dei tempi posteriori ; come inoltre figurò, per tanti anni, sul petto di quei gagliardi marchesi, la cui vita quasi per intero soleva tra- scorrere fra le armi. Questo stemma era d'argento col capo di rosso ; e oltre che il petto, fregiò gli stendardi di tutti quegli Aleramidi, il cui valore rifulse nelle crociate, e nelle lunghe guerre degli imperatori, in favore dei quali sempre parteggiarono : al che alludeva Car- ducci scrivendo : La fida a Cristo e a Cesare balzana di Monferrato. Al contrario degli Aleramidi, i Paleologi, che sul principio del trecento loro succedettero, appena (i) Capitolo tolto dalla Inlrodueioue ad un'opera sulle Monete del Monferrato, non ancora pubblicata. róS FLAVIO VALERANt consolidati nel dominio, si diedero tosto a coniar monete ; e su di esse non mancarono mai di porre lo stemma dei loro predecessori, perchè era desso considerato il vero stemma di Monferrato. Ne questo, sulle monete, era sempre nudo e semplice; ma spesso lo si completava alla maniera con cui brillava sui vessilli marchionali ; cioè sovrapponendo allo scudo, inclinato a destra, un elmo con lambrecchini, e con cimiero fatto di due corna di cervo, frammezzo alle quali alzavasi un braccio impugnante una spada. Lo scudo, inclinato, portava alla sommità del cantone superiore destro il noto incavo, entro cui il cavahere soleva passare la lancia, piegandosi in avanti sul- l'arcione. Questo scudo aleramico, come già dissi, non venne mai dimenticato sulle monete dei Paleologi ; esso si osserva frequentemente in petto all'aquila imperiale bicipite, ad ali spiegate, che si riscontra nella loro monetazione; e campeggia poi costantemente nel cen- tro dello stemma proprio della famiglia paleoioga. Lo stemma vero dei Paleologi venne completato per la prima volta da Guglielmo IX: e a partire da questo marchese lo si trova sulle monete, tanto pa- tologhe, quanto dei Gonzaga. Lo scudo è così inquartato: i.° — dell'aquila dell' impero, per ricordare l'in- vestitura data a Giovanni II dall'imperatore Carlo IV quando scese in Italia, e da lui confermata nel 1374 al marchese Secondotto e suoi successori, accordando il titolo di Vicario del Sacro Romano impero; 2.° — della croce di Gerusalemtne, per signifi- care l'antico diritto al regno di Gerusalemme, già posseduto da un loro antenato di schiatta aleramica; cioè da Corrado, figlio di Guglielmo // Vecchio, noto per le sue imprese guerresche in Oriente; il quale STEMMI ED EMBLEMI SUI. LE MONETE DEL MONFERRATO 169 nel 1190 aveva sposato Elisabetta, erede della corona di Gerusalemme; e, prima di Corrado, anche da suo fratello Guglielmo detto Lungaspada, che aveva spo- sato Sibilla, sorella di Baldovino 1\', e lasciò il figlio Baldovino V. coronato re di Gerusalemme; 3." — dei pali di Aragona, a ricordo della dona- zione del regno di Maiorca, fatta da Re Giacomo di Aragona a sua sorella Elisabetta, quando essa andò sposa al marchese Giovanni li Paleologo; 4.° — delle fascie di Sassonia, volendo rammen- tare la concessione fatta di quest'arma, secondo la leggenda, dall'imperatore Ottone I ad Aleramo loro antenato; 5." — dei pesci di Bar, ritti, salienti e contrap- posti, per ricordare il diritto al ducato di Bar, alla cui successione era stato chiamato Guglielmo Vili. Questo diritto risaliva al matrimonio di Giovanna, figlia di Roberto duca di Bar (in Lorena) con Teo- doro II Paleologo; quando il ducato cadde in mano del cardinale Ludovico, questi vedendo mancare gli eredi, richiese a Gian Giacomo, suo ni])ote, di man- dargli uno dei suoi figli, che sarebbe stato poi de- signato erede; e fu scelto il secondogenito Guglielmo; 6." — della Croce, accantonata da quattro /'<- cili od acciarini ; i quali vennero spesso, ma a torto, scambiati per quattro B per una grossolana rassomi- glianza nel modo di raflìgurarli. Lo stemma paleologo si trova sempre caricato dello scudetto aleramico. Quando venne a mancare la stirpe paleoioga, e nel dominio del Monferrato subentrò la famiglia Gon- zaga, questa improntò le sue monete del proprio stemma, che era inquartato dell'aquila imperiale. Piii tardi, Vincenzo I circondò lo stemma col cordone dell'ordine del toson d'oro. Però sulle monete che i 170 FLAVIO VAI ERANI Gonzaga coniarono a Casale, non dimenticarono gli stemmi dei loro predecessori; e troviamo ora lo stemma paleologo, caricato dello scudetto aleramico; ora quest'ultimo in petto all'aquila imperiale, ora l'uno di fianco all'altro, ora sul rovescio della moneta. E la presenza di questi stemmi, propri delle due stirpi, che precedettero i Gonzaga nel dominio, è uno dei caratteri più importanti per riconoscere se una mo- neta appartenga alla zecca di Mantova o a quella di Casale; distinzione che talvolta non è troppo facile anche per chi è provetto negli studi numismatici. É notevole che sulle monete del Monferrato, anche le più antiche, non si trovano mai nominati gli imperatori, come si riscontra invece in quasi tutte le monete delle altre zecche italiane del periodo medio-evale. La ragione sta in ciò, che i Paleologi, i quali furono i primi a batter moneta, si credettero in diritto di zecca, quali discendenti degli imperatori di Oriente; epperò non abbisognavano della conces- sione degli imperatori germanici; mentre i comuni italiani, riconoscendo questo diritto di zecca dall'im- pero, eran soliti di apporre il nome di quell'impera- tore, che primo avea loro accordata tale concessione. E anche allorquando i Paleologi ebbero l'investitura imperiale, si limitarono ad aggiungere, al proprio titolo marchionale, l'altro di vicario del sacro romano impero. II. Numerose sono le imprese e gli emblemi che cam- peggiano nella monetazione monferrina, tanto sotto il dominio paleologo, quanto sotto quello dei loro successori. Nessuno ignora che, in tutto il basso medio evo. STEMMI ED EMBLEMI SULLE MONETE DEL MONFERRATO I7I non solo i regnanti ma ogni cavaliere soleva distin- guersi con un'impresa personale; la quale impresa talvolta si cambiava, o per ragione di qualche avve- nimento importante, o per mutata fantasia. E quasi tutti i signori del Monferrato fecero mostra di mol- teplici imprese: eccone in breve l'elenco: In un grosso di Giovanni II havvi un guerriero a cavallo, armato, che tiene con una mano lo scudo aleramico, e coll-'altra imbrandisce una spada; a si- gnificare la sua vita agitata, trascorsa in continue imprese guerresche. \J Agnello pasquale è l'impresa adottata, sopra una moneta sola {i^rosso), da Teodoro II. L'agnello è in posizione passante ; stringe nella zampa destra un'asta terminata in croce, con l)anderuoIa; ed havvi la leggenda: A&NVS DEI QVI TOLLIT PECCATA MVNDI. Quest'impresa non ha altro scopo che di ma- nifestare i sentimenti religiosi del marchese; e non può avere il significato che dall'araldica è attribuito all'agnello, cioè d'innocenza e mansuetudine; ciò sa- rebbe smentito dalla vita di Teodoro, spesa, come quella del padre suo, in continue guerre. IJedera, abbracciata ad un tronco d'albero, è rap- presentata sulle poche monete che si hanno di Gian Giacomo. Essa è simbolo di amicizia inalterabile, e sempre viva; benché, a dir vero, questo si accordi poco cogli eventi, che funestarono i giorni di questo marchese, spinto dalle necessità politiche a cangiar soventi volte le sue alleanze, e ad essere ora in guerra ora in pace coi suoi vicini, più potenti di lui. i Savoia ed i Visconti. Questo varrebbe a confermare il fatto — se pure avesse bisogno di conferma — che nella scelta dell'impresa si ubbidiva piuttosto al ca- priccio del momento, che ad un concetto vero, come a guida delle proprie azioni. Epperò, quando non soccorrono i dati storici, l'interpretazione delle im- 172 FLAVIO VALERANI prese o dei motti riesce arbitraria, e spesso fallace; potendo ravvisarvi intenzioni e significati, quali non ebbero in mente coloro che ne erano stati gli autori. il Cervo, che nel linguaggio araldico accenna a nobiltà antica e generosa, non comincia ad apparire che sopra alcuni pezzi di Guglielmo IX; poi sopra altri di Gian Giorgio, ed anche in un doppio grosso di Carlo V. Esso porta sempre sul petto lo scudetto aleramico, I Gonzaga si compiacquero pure dell'im- presa del cervo, modificandone però l'atteggiamento, cioè figurandolo in atto di correre, mentre sulle mo- nete dei Paleologi esso è sempre accovacciato sopra un letto di vimini (■'. Il semprevivo è un'impresa particolare del solo Guglielmo IX. Questo marchese, che, nella breve sua vita, die tanto lavoro alla zecca e coniò così splen- dide monete, adottò questo emblema sopra alcuni pezzi monetari, forse per accennare alla sua fede co- stante nelle alleanze e nelle amicizie. Dico /orse, per- chè anche qui manca il motto, che, nelle imprese complete, accompagna la figura, e coadiuva a farne l'interpretazione. In quasi tutte le monete di questo (i) La scelta del cervo risaliva però sino ai primi aleramidi; e già abbiamo notato che lo scudo di quei marchesi era completato col ci- miero fatto di due corna di cervo. In tutti i loro successori continuò questa predilezione; tanto che alcuni cervi erano mantenuti chiusi nelle fosse che circondavano la città di Casale. Vincenzo I, avendo notato che queste povere bestie, avvezze alla vita libera, soffrivano nella pri- gionia cittadina, li pose in libertà; sperando che, annidati nei boschi presso la città ed i paesi circonvicini, potessero meglio prosperare e moltiplicarsi ; e minacciava in pari tempo severissime pene a coloro che in qualsiasi modo li molestassero, sia mettendoli in fuga, o dando loro la caccia o uccidendoli. " Le pene a ciascun contravveniente saranno arbitrate da Noi ; e vogliamo che secondo la qualità della disobbedienza e delle persone, si possano estendere non solo alla confìscationt dei beni e ad ogni pena corporale, ma anche alla pena della morte „ (L'editto ha la data : Casale, 21 giugno 1601 ; sottoscr. Fabio Gonzaga. V. Guido Avellani). SIEMMI ED EMBLEMI SULLE MONtTE DEL MONFEHRAIO I73 primo periodo della zecca, l'impresa è di solo corpo, senza Vanima, per usare il linguaggio del Giovio e del Ruscelli. Al contrario sulle monete dei due secoli posteriori il motto non manca mai; e in qualche caso trovasi anche senza figura. Frequente è VAgtiila, simbolo della potenza e della vittoria; cosi comune in tante altre zecche ita- liane e straniere. Essa è ad una testa sola sopra un quarto di grosso di Giovanni II; e a due teste sulle monete de' suoi successori. Trovasi sempre sotto la forma araldica, ben differente, come è noto, dalla forma naturale di quest'uccello rapace ; cioè ad ali spiegate, di prospetto, colla testa volta di fianco, il rostro incurvato, la lingua sporgente, le zampe di- varicate, e gli artigli aperti. Anch'essa e sempre ca- ricata dello scudetto di Monferrato: e figura anche su qualche pezzo dei Gonzaga. Sopra moltissime monete delle due stirpi domi- nanti riscontrasi la Croce; simbolo di fede e di pietà religiosa: fede e pietà che non mancavano mai, anche nei tempi della più efferata barbarie: e quando man- cavano, si ostentava di esserne dotati : per modo che la croce campeggia sopra moltissime zecche italiane e straniere di tutti i tempi. Nella monetazione mon- ferratese la croce si presenta in parecchie delle tante forme, colle quali è conosciuta nell'araldica: ora sem- plice, ora ornata, fiorita, filettata, patente, gigliata, potenziata, di Gerusalemme, ecc. E numerose sono pure le leggende che accompagnano questo simbolo : ADORAMVS TVAM C(ritcem) sopra parecchi rolabassi, quarti, forti e bianclietti. SVB TVVM PR/ESIDIVM, nei grosso di Bonifacio, nel mezzo grosso di Guglielmo IX, ecc. IN HOC SI&NO VINCES, in un grossclto di Gian Giorgio. 174 FLAVIO X'ALKKAM IN HOC SIGNO EJICIAS D>tMONIA sullo SCudo d'oro di Margherita e Francesco, e su quello di Margherita e Guglielmo. Invece sugli scudi d'oro dei tre ultimi Paleologi la croce era accompagnata dalla leggenda solita degli scuti del sole di Francia, sul cui tipo erano coniati : cioè XPS VINCIT, XPS REGNAI, XPS IMPERAI. QVI NON COLLIGII MECVM DISPERGII, SuUo SCUdo d'oro di Guglielmo Gonzaga. CRVX CHRISII SALVS NOSIRA leggesi sul bianco' à\ Margherita Paleologa, e su quello di Guglielmo Gonzaga. IN DEO SPES MEA sul quarto di Guglielmo. Tutte queste leggende non sono esclusive della monetazione casalese; e molte di esse sogliono ac- compagnare la croce sulle monete di parecchie altre zecche d'Italia e dell'estero. III. Alcuni emblemi della famiglia Gonzaga figurano già sulle monete della zecca di Mantova, prima che a questa famiglia toccasse in eredità il dominio del Monferrato. Così vediamo frequentemente raffigurato il Monte Oliììipo col motto FIDES, che gli sta sopra: notissima impresa che si compose Federico II fin da quando succedette, nel 1519, al padre; e che si ri- scontra in tante monete mantovane, e poi su quelle di Casale. È un monte ornato di alberi, con un'ara sulla vetta, coronata dalla parola FIDES; e in esso si volle ravvisare il superbo significato simbolico della favola mitologica intorno a questo monte, soggiorno di Giove. Frequente del pari vediamo il Crogiuolo ardente, ripieno di verghe d'oro, col biblico motto PROBASII STEMMI ED EMBLEMI SULLE MONETE DEL MONFERRATO I75 ME DOMINE ET COGNOVISTI ; impresa adottata dal duca di Mantova Francesco II, dopo la battaglia di For- novo (1495) nella quale egli ebbe tanta parte. Se- condo la testimonianza del Giovio, egli avrebbe adot- tato questa impresa in occasione dei sospetti che su lui gravavano, per la sua condotta in quella famosa battaglia quale generalissimo della Lega, e quale spe- ciale condottiero delle forze venete. Siccome egli potè giustificarsi delle accuse, così immaginò, a ricordanza della sua innocenza, l'impresa di un crogiuolo in mezzo alle fiamme, in cui si fa una prova decisiva della bontà e finezza del vaso e delle verghe d'oro in esso contenute: e il motto che l'accompagna, viene a confermare il suo significato simbolico. \J Aquila ad una testa sola, sia sul rovescio della moneta, sia nello stemma inquartato, è l'aquila del- l'impero; perchè dall'impero riconoscevano i Gonzaga l'autorità di cui erano rivestiti. Il Delfino, ricurvo e incoronato, non si osserva che sopra alcune monetine di Guglielmo X che egli volle coniare ad imitazione dei Harris del Delfinato. Anche la Giustizia, in piedi, colla spada in una mano e la bilancia nell'altra, e colla leggenda: CVIQVE SVVM, non si nota che sulla lira, o terzo di scudo di Guglielmo Gonzaga; moneta coniata quando egli adottò il nuovo sistema monetario emesso dal suo vicino Emanuele Filiberto. La Giustizia è raffigurata tanto sulle lire coniate quando egli era ancora mar- chese di Monferrato, quanto dopo ch'egli ebbe otte- nuto il titolo di Duca, cioè dopo il 1574. Ma se v'ha un'impresa che poco convenisse a questo duca, è appunto questa della giustizia; perchè ognuno ricorda quanto poca giustizia egli usasse verso i cittadini di Casale, allorché col terrore e colle scellerate ucci- sioni, spoglio completamente la città de' suoi statuti e privilegi, sottoponendola per intiero al suo disjìo- tismo. 176 FLAVIO VALERANI L'impresa del Cervo, che, come già dissi, cam- peggia sulle monete degli ultimi Paleologi, trovasi pure su quelle dei Gonzaga; e nel medesimo atteg- giamento, cioè accovacciato, è solo in due quattrini di Margherita e di Guglielmo. Più tardi lo vediamo sulla mezza lira dei medesimi, ancora in istato di ri- poso, ma tenendo in bocca una vipera per metà di- vorata, col motto SIC REPAROR; volendo così manife- stare il modo con cui essi sapevano distruggere i nemici, che tanto li avevano molestati colla guerra nei loro possedimenti. Anche su parecchi altri pezzi del duca Ferdi- nando, e di Carlo II (Gonzaga-Nevers) vediamo l'im- presa del cervo, ma in altro atteggiamento; esso è corrente verso una fonte, da cui zampilla l'acqua, col motto biblico: ITA ANIMA MEA AD TE DEVS; sottin- tendendo: ut cerviis acì fontem. Il Sole si osserva su qualche moneta di Ferdi- nando e di Carlo II ; ed è sempre rappresentato al solito modo araldico, cioè a forma del volto umano, contornato da sedici raggi fiammeggianti. L'impresa è completata dal motto NON MVTVATA LVCE; ed è sim- bolo superbo di grandezza e di nobiltà illustre. Essa era speciale della zecca mantovana; tuttavia i duchi sopra mentovati vollero pure estenderla ad alcune monetine della zecca casalese. Non voglionsi dimenticare alcune altre leggende, benché non accompagnate da figura; imprese senza corpo. La più notevole è quella scritta sul rovescio della lira, ove sono effigiati la madre Margherita Paleologa e il figlio Guglielmo addossati : NON IM- PROVIDIS, entro una ghirlanda, per accennare che i nemici non li avrebbero mai colti alla sprovvista e impreparati. STEMMI ED EMBLEMI SULLE MONETE DEL MONFERRATO I77 IV. Per ultimo sono da ricordare le figure e le leg- eende delle monete ossidionali. Nel corso della guerra per la successione del Monferrato, Casale dovette sottostare a due assedii, nei quali furono coniate monete di necessità. Nel primo assedio, che durò a lungo (1628-29), non fu- rono battuti che due pezzi, cioè lo scudo e il mezzo scudo. Portano entrambi lo stemma dei Gonzaga, inquartato dell'aquila e caricato dello stemma paleo- logo; e nel campo del rovescio havvi una targa su cui sta scritto: CASALIS IN OBSID- INIVSTA; qucH'lNIVSTA è la solita protesta delle città assediate contro gli assedianti: non hav\'i però alcun emblema. Al contrario sono ricche di figure simboliche le cinque monete battute col bronzo dei cannoni, du- rante il secondo assedio, quello cioè del 1630. La prima moneta, col valore convenzionale di venti fio- rini, portava sul diritto lo scudo di Francia coi tre gigli, essendo la città difesa dai francesi; e colla leggenda: FLORESCAM INSTAR HORVM ; e sul rovescio le due figure femminili della giustizia e della forza, colla scritta: HIS DVCIBVS OMNIA DOMANTVR; e in basso TOIRACE CLIPEO. L'allusione è manifesta; ciue: " avendo la ragione e la forza vinceremo, sotto l'usbergo del maresciallo Toyras » il quale a\e\a il comando nella citlà assediata. Nella seconda moneta, del valore di dieci fiorini. il solito scudo francese è circondato dalla leggenda HORVM AVXILIO NON OPPRIMAR ; cioè Cull'aiuto di questi gigli, ossia della Francia, non sarò battuta. Nel ro- vescio havvi la pianta della cittadella di Cas;de, e nell'interno una donna seduta colla corona e con una palma nella mano destra: e intorno il motto: TENTATA SED INCORRVPTA. La palma, emblema della vitt, e il suo parere ha un certo valore, pen- sando che egli visse in tempi ne' quali si manteneva ancora la tradizione dell'ultimo periodo della Repub- blica veneta. Si può quindi ritenere che, o il decreto in parola fu interpretato assai largamente, o ad esso seguirono altre concessioni, generali o parziali, rela- tive alla monetazione aurea, divenute poi consuetudine. Questa opinione intanto trova conferma nel fatto che il primo pezzo multiplo dello zecchino finora co- nosciuto è quello di Leonardo Dona che esiste nella mia raccolta <2) e di cui presento il disegno; il primo, (i) Cenni islorici intorno alla moneta veneziana di A. Z. (Estratti dall'opera: Venezia e le sue las:nne). Venezia, 1847, in-8, pagg. 5859. (2) Nicolò Papadoi'oli : Monete inedite della zecca veneziana. Vene- zia, i88i, Ì11-4, png. 14. MONKTE italiani; INEDITE i8i perchè il doppio zecchino di Alvise I Mocenigo, oltre al non appartenere a questa categoria, fu una sem- plice prova che non ebbe seguito <■'. Questo pezzo pesa esattamente gr. 52,16; corrisponde quindi al- l'incirca a quindici volte il peso dello zecchino che era di gr. 3,494. Il conio con cui fu battuto è iden- tico a quello dello zecchino d'argento di cui porta ancora le sigle del massaro F • S ■. che rispondono al nome di Fantino Soranzo, il quale tenne quell'ullicio '^ poco dopo la pubblicazione del decreto di cui ab- biamo parlato. Fin da questo primo esempio noi pos- siamo constatare che il peso di questi eccezionali pezzi d'oro era esattamente divisibile per il peso dello zecchino, e che per essi si adoperarono i coni del- l'argento, zecchino, giustina, scudo e rispettive fra- zioni, senza nemmeno occuparsi di toglierne le ini- ziali dei massari e le indicazioni del valore. A questo primo (2) e finora unico esemplare di Leonardo Dona, seguono pezzi da due e da cinque zecchini battuti (1) Cfr.: Le iiioiie/e di l/enezia discntle ed illu^tritle da Nicolò [^a- i'Adopoli-Aldobrandini: Parte II. Venezia, 1907, in-4, pag. 312. (2) Il I-AZAKi nelle sue schede rìcurfla nn pezzo da sei zecchini di Leonardo Dona, però senza darne la descrizione e senza dire ntniiiieno dove esiste. l82 N. PAPADOl'OLI-ALDOBK ANDINI sotto il doge Antonio Friuli con coni piccoli e spe- ciali, mentre sotto il doge Nicolò Contarini troviamo adoperato di nuovo, come sotto il Dona, il conio dello zecchino d'argento e frazioni per battere pezzi d'oro di diverso valore. Il Museo Bottacin di Padova e il Gabinetto Im- periale di Vienna possiedono di questo doge pezzi del peso di venti zecchini battuti col conio dello zecchino intero d'argento; io ne possiedo tre del ri- spettivo peso di quindici, dieci e cinque zecchini battuti con quello del mezzo zecchino d'argento, finalmente il Musco Civico di Trieste ha l'ottavo dello zecchino d'argento battuto in oro col peso di tre zecchini. In tutti questi pezzi, come può vedersi dalla riprodu- zione di uno di quelli della mia raccolta, le sigle dei massari, che a quei tempi si trovano soltanto sulle monete d'argento e che, come vedemmo, vennero la- sciate intatte nel pezzo d'oro di Leonardo Dona, fu- rono cancellate con la sovrapposizione di rosette o stelle, non però così completamente da non veder- sene le traccie. Forse con questo ripiego si volle ovviare al pericolo che qualche male intenzionato potesse, dorandoli, far passare per oro anche i pezzi d'argento. Sia per questo motivo, sia per essere ve- nuti a mancare i coni degli zecchini d'argento la cui MONKTE ITALIANE INEDITE 183 emissione si arresta al dogato di Nicolò Contarini, sta in fatto che d'ora in avanti, senza tralasciare di usare gli stampi delle monete d'argento e più rara- mente anche quelli di qualche moneta di mistura per battere pezzi d'oro, si fabbricano coni speciali per i multipli dello zecchino con la figurazione identica dello zecchino semplice. Stante l'assoluta mancanza eso di cinquanta /cechini, abbiano il cuscino, siano mancanti della rosetta sotto la parola DVX, e il doge vi sia ef- l86 N. PAPADOPOLI-AI.DOBRANDIM fìgiato senza barba; mentre in tutti gli altri pezzi grandi che io conosco, i dogi sono effigiati con la barba anche quando non si costumava più di por- tarla, e sotto la X della i)arola DVX si trova una ro- setta o una stella. Per me è certo che i due pezzi appartengono allo stesso principe; il minore, che io possiedo da lungo tempo, venne da me attribuito ad Alvise III Mocenigo per le affinità che presenta in tutte le sue caratteristiche con quelli dei dogi più vicini. Il secondo pezzo è notevole per la sua forma quadrilatera. Quésta forma che si ripete con qualche frequenza nella monetazione germanica, è rarissima in quella italiana e speciailmente in quella veneziana. Feci conoscere altra volta la liretta di Marc'Antonio Giustinian battuta in oro di forma quadrata ('); dello stesso doge al Museo Civico e Correr c'è anche l'osella dell'anno primo battuta in oro con la stessa forma. Il pezzo che ora pubblico è il terzo che si conosca della serie veneziana. Si tratta di un multi- plo di zecchino del doge Giovanni II Corner (1709- 1722), battuto con conio identico a quello con cui furono battuti altri multipli nella ordinaria forma rotonda. ^ — San Marco in piedi tiene il Vangelo con la sinistra e benedice con la destra il doge genuflesso da- vanti a lui che tiene la destra sul petto e regge con la sinistra una croce in asta: dietro il doge IOAN •¥ CORNEL *, lungo l'asta DVX *, dietro il santo S • M • VENETVS in colonna. 9* — Il Redentore in piedi di fronte benedice con la de- stra e tiene il globo crucigero nella sinistra, entro (i) Monete inedite, rie, op. cit., pag. 14. MONtTK ITALIANE INEDlTli 187 un' aureola elittica con venti stelle a sei punte, nove per parte, una sopra la testa e una sotto i piedi. Nel giro SIT '♦^ T * XPE * DAT =*^ Q * TV * * REGIS * ISTE * DVCAT *■ Oro, titolo 1000 (carati 24 di tìii i|, peso gr. 115,1 (trentatre zec- chini), diametro nini. 52, lato maggiore del quadrilatero inni. 53,5. N. PAPADOPOLI-ALDOBRANDINI Viene ultimo un piccolo pezzo d'oro del doge Lodovico Manin battuto col conio del mezzo soldo o mezzo marchette. ^ — Il Doge inginocchiato davanti al leone alato andante a destra tiene con la mano sinistra un'asta con banderuola e croce: nel giro entro doppio cerchio di perline * S • M • V • LODO ■ MANI • esergo * 6 *. F$ — Il Redentore in piedi di fronte con libro nella sini- stra: nel giro entro doppio cerchio di perline • DEFENS • • NOSTER •. Oro, titolo looo (carati 24 di fino), peso gr. 1,705 (peso del mezzo zecchino), diametro mm. 20. Il Padovan (1) nota come raro il pezzo corrispon- dente in mistura, ma è un fatto che esso invece non si trova in nessuna delle raccolte pubbliche e private da me vedute, e nessuno dei raccoglitori e negozianti da me conosciuti l'ha mai avuto per le mani: quindi non raro deve giudicarsi ma addirittura inesistente. Questa è senza dubbio la prova di un conio che non fu mai messo in opera. Avrei voluto accertarmi se esso si trova con gli altri di Lodovico Manin nel R. Museo Archeologico di San Marco, ma, mi duole il dirlo, non mi è stato possibile. Perchè, sebbene sembri inverosimile, pure da oltre due anni, non ostante le premure fatte da me e da altri, le raccolte di quel Museo sono inaccessibili e non se ne può (i) La Nummografia veneziana. Venezia, 1877, in-8, pag. 72. MONETE ITALIANE INEDITE 189 vedere se non quel tanto che apparisce attraverso i cristalli delle vetrine. Sarebbe ora, mi pare, di por fine a uno stato di cose veramente indecoroso, e che, invece di fare la voce grossa per ogni oggetto che cambia di proprietario e di correr dietro ai pretesi capilavori che vanno all'estero, si provvedesse a far sì che gli studiosi potessero almeno giovarsi del ricco patrimonio che possediamo. N. Papadopoli-Ai.dgbkandini. 190 N. l'APADOPOLI-ALDOBR ANDINI NOTA dei MULTIPLI dello ZECCHINO VENEZIANO finora conosciuti Nomi dei Dogi Leonardo Dona Antonio Friuli Nicolò Centanni Francesco Molin Francesco Morosini Silvestro Valier Alvise II Mocenigo Giovanni II Corner Alvise III Mocenigo Carlo Ruzzini Alvise Pisani Pietro Grimani Alvise IV Mocenigo Paolo Renier Lodovico Manin Indicazione dei valori e dei coni da 15 zecchini, conio dello zecchino d'argento. da 5 zecchini, conio speciale piccolo. da 20, 15, IO, 5 e 3 zecchini, coni dello zecchino d'argento e spezzati. da 50 (?), 20, 16, 12, IO e 7 zecchini, conio speciale. da 8 (?) e da 6 zecchini, conio speciale. da 15, i2{?) e IO zecc, conio speciale. da IO zecchini, conio speciale. da 33, 15, 12 e IO zecc, conio speciale. da 100 (?), 50 (?), IO e 4 zecchini, coni speciali di due dimensioni. da 3 zecchini, conio speciale. da 40, 30 e 24 (?) zecchini, conio spe- ciale. da 28, 22, 15 e IO zecchini, conio speciale. da 100 (?), 50 (?), 18 e IO zecchini, coni speciali di due dimensioni. da 50 (?), 40, 24, 20, 18, IO e 8 (?) zecchini, coni speciali di due di- mensioni. da 100, 50, 20 e IO zecchini, coni speciali di due dimensioni. Si sono omessi i doppi zecciiini, i multipli coniati con gli stampi dello zecchino semplice, e in generale tutti i pezzi battuti in oro con i coni delle monete d'argento di mistura e di rame. Quelli che possedessero o conoscessero altri pezzi diversi da quelli qui notati, mi faranno cosa assai gradita dando- mene notizia. NOTE SUR LA GLUVRE DE MILAN Tout le monde connait la guivre, la biscia, qui constitue les armoiries de l'illustre famille des Vi- sconti de Milan et qui paralt sur de nombreuses monnaies de Milan , pendant les XIV", XV' et XVP siècles. Farmi ces monnaies, la place d'hon- neur revient sans conteste au beau florin de Ga- leazzo II et de Barnabò Visconti (1354-1378) ">. Le gros des mémes princes est aussi trcs digne d'at- tention. Quelle est l'origine de la guivre ? Laissons de còte la legende d'après laquelle Uberto Visconti aurait tue, dans les environs de Milan, un dragon, qui était la terreur du pays '2). C'est une legende. (1) F. et E. Gnecchi : Le moiie/e di Milano, 1884, pag. 37, pi. VI, 8; Catalogue de la vente de la Colleclion Gnecchi (Fraiicfort-s.-M., 1902), n. 2623. Cette pièce porte des Icgendes remarquables, qui coniniencent par le mot ci>neriu(in), relatif au ciinier des écussons, compose d'une guivre à tòte de dragon. Le mot cimeritim paraìt aussi dans les ancicns statuts de Mantoue (Du Gange, Gloss., s. v.). (2) F. et K. G.NEccHi: Op. ci/., pag. LXVIH. 192 ADRIEN BLANCHEt frequente dans de nombreuses contrées et qui se rattache à l'histoire de saint Georges, apparentce elle-mème au mythe d'Horus (''. Nous ne nous arréterons pas non plus au fait que le bàton pastoral d'Ardengo Visconti, abbé du monastère de Saint-Ambroise, en 1226, était orné de vipères d'ivoire '^). Car on sait que beaucoup de crosses du moyen age sont ornées de serpents, mo- tifs de décoration fréquents dans l'art roman. Non seulement les auteurs ne sont pas d'accord sur l'origine de la guivre, mais les opinions sont divergentes, mème lorsqu'il s'agit de décrire le monstre. Ainsi, pour André Alciat, l'enfant est naissant par la gueule du serpent. Cet auteur dit qu'Othon, vicomte de Milan, ayant pris et tue un Sarrasin, en Asie, choisit comme emblcme de sa victoire le casque de l'infidèle où l'on voyait comme cimier une vipere vomissant un enfant, couvert de sang, qui naissait ^3\ (i) Cu. Clermont-Ganneau : Horiis et Saint Georges, 1877. (2) F. et E. Gnecchi : Op. cit., pag. l.XIX. On dit aussi qu'Othon Visconti, vers 1270, fit sculpter son écusson sur la porte du palais ar- chiépiscopal de Legnano et que cet ornement différait des armoiries postérieures en ce que l'enfant tenait une flèche de la main droite et un niasque de la gauche (F. et E. Gnecchi : Ibid.). C'était sans doute une fantaisie d'artiste, qui ne saurait jeter aucune lumière sur l'origine niC'iiie de la guivre. Retenons seulement que le serpent de Milan était déjà connu à l'epoque où Dante écrivait (Purga/otre, eh. Vili). (3) Andrea' A/ciati de Singulari certamine tiber, Lyon, 1545, pag. 8r: " ... galese ornamento privavit, idq. gentilitiis insignibus suis addidit, hoc " est vipera vix natum & adhuc manantem sanguine infantem ore evo- " niens „. On retrouve la mème idée dans un autre ouvrage du mème auteur {Andrea' Alciati einhlematiim libe/his, Paris, 1536, pag. 5), ;i propos de reniblòme des arnies de Milan, dédié au due Maxiniilieu : Exiliens infans sinuosi e faiicibus angiiis Est gentilitiis nobile stemma tuis. Ore exit, tradunt sic quosdam enitier angnes, An quia sic Pallas de capite orla Jovis ? CtV, l'cdition d'Anvers, 1574, pag. 3740. NOTE SUR LA GUIVRE DE MILAN I93 Et Alciat ajoute quc cet emblème était celui d'Alexandre le Grand, car on le voyait sur les vieilles monnaies de ce roi, qui se disait issu de Jupiter. Paul Jove raconte à peu prcs la nicme legende; mais il est d'avis quc l'enfant est dévoré par le serpent ''"). Palliot, tout en disant que l'opinion de Paul Jove est plus croyablc que cello d'xMciat, reste in- certain, parce qu'il n'est pas éloigné d'admettre, avec Pline et Solin, qu'en Asie, " il y a une espèce de « serpens qui font leurs petis par la bouche, commc « l'oyseau Ibis enfante les siens et coni me Jupiter « enfanta la prudente Minerve » i^'. ' Pétrarque s'était fait l'écho d'une autre tradition d'aprcs laquelle Azzo, qui devint plus tard prince de Milan. suivant une expédition de son [)ère, de- scendit de son cheval pour prendre un peu de repos et enleva son casque qu'il plaga sur le sol. Un ser- pent s'y glissa et, lorsqu'Azzo remit l'armet, tomba à terre en lui touchant la joue. mais cependant sans lui faire aucun mal <3). Azzo vit dans cettc aventure un heureux augure et, depuis lors. il choisit le serpent comme enseigne de guerre, imitant ainsi Epaminondas. Bien que Pétrarque eùt été chargc par les Vi- sconti de diverses missions politiques, il connaissait (i) Paolo Giovio : Le vite di dicenove H immilli ii/iis/ri.... cioì', ih do- dici Visconti, Venise, isór, f." 25 v." : " Una sriuaniosa Biscia, che con " la dentata bocca divorava le gambe d'un sanguinoso fanciullo „. Cfr. l'édition latine dans J.-G. Graeviiis, T/iesaiinis .lutiquitatnin et /listar. Italia, t. Ili, premiere pari e, 1704, col. 284. (2) Pierre Palliot : Li vraye et parfnite science des aniioiries, 1659 {2' ed., 1895), pag. 356. (3) Francisci.Petraichae... opera, B.-iU-, 1581; Rer. meiiiorar.d. 1. IIII, pag. 494: "...ingens vipera, nullo cornile advertcntc, in galeani jiixta " positani irrepsit. Quim cum nio.'c capiti reponcret, fumoso quideni iV " horribili, sed prorsns innocuo lapsu, per dccoras interrili dncis genas " illa descendit, eam a neniine la;di passus, aniniosus adolesccns, ad " onien geniinii,' vicluriac t a.\it... „. 25 194 ADIUF.N MI.ANCHKT sans doute mal l'histoirc primitive des seigneurs de Milan, car l'anecdote qu'il rapporte n'explique nul- lement l'aspect de la guivre. L'autre théorie est préférable ; mais il convient d'examiner les diver- gcnces qui existent cntre l'interprétation d'Alciat et celle de Paul Jove. Andrea Alciati était milanais; il devait par con- séquent étre enclin à exagérer la noblesse de la cé- lèbre maison, qui avait donne tant de gioire à Milan. C'est peut-ètre en obéissant à ce sentiment d'orgueil patriotique qu'Alciat décrivit la guivre, comme si elle eùt donne naissance à l'enfant qu'on voit dans sa gueule. Citant les anecdotes de serpents, rapportées à propos de la naissance d'Alexandre le Grand et de Scipion l'Africain, et rappelant l'histoire des Lusignan, le juris- consulte milanais arriva facilement à conclure que l'en- fant naissant de la tete d'un serpent indiquait une ori- gine divine, la noblesse de lignage et un cerveau sage. Cette théorie devait plaire, mème au successeur (•' des ducs qui avaient porte avec orgueil le titre de diix anguigcr (2). Paolo Giovio n'avait pas les mémes préoc- cupations lorsqu'il décrivit la guivre d'une ma- nière differente, que l'on doit préférer, car l'aspect feroce du reptile est un des traits constants des an- cienncs représentations de la biscia, qui parait bien dévorer un enfant. (i) La pièce de vers, qui accoinpagne l'écusson à la guivre dans les Eiiibkinaia d'Alciat, est dédiée au due Maximilien Sforza. Francois- Alexandre Sl'orza, gendre de Philippe-Marie Visconti, était devenu due de Milan, à la niort de son beau-père, en 1450. (a) Cette épithète se lit dans l'cpitaphe de Galeazzo I", mort en 1328 (J.-G. Grcevius, Tlies. Antiq. et Histor. Italia', t. Ili, première partie, 1704, col. 293). On la retrouve dans le premier vers de l'épitaphe de Gian-Galeazzo Visconti, mort en 1402 (Muratori: Rcr. ital. script., t. XVI, 1730, col. 1037) et Aleiat lui-niénie l'a emplojce dans Venibleiita relatif au tombeau de ce prince (Ed. de Paris, 1536, pag. 109). ► NOTt: SUR LA (.UIVRIC UE MII.AX J95 Et cette observation m'amène aux rapproche- ments qui constituent le fond de cette note. Il n'est pas possible d'admettre que les armoiries des Visconti tirent leur origine du fait qui s'était passe enAsie.selon latradition rapportéc par Alciat. D'abord on pourrait s'étonner qu'un guerrier sarrasin ait porte un casque orné d'un sujet qui n'est certaine- ment pas niusulman. De plus, Othon, fbndateur de la dynastie des Visconti, qui gouverna Milan de 1277 ;ì 1295, était ne vers 1208, et il est peu probable qu'il ait joué un ròle actif dans la sixièine croisade (1228- 1229), entreprise par l'empereur Frcdéric II (0. Laissons donc de còte la tradition dont les auteurs du XVP siècle ont fait la fortune et sou- venons-nous que le sujet du serpent avalant un en- fant a été iraité par les Anciens. Plusieurs auteurs nous ont parie du jeune Opheltes, fils de Lycurgue, rei des Thraces, qui, depose sur l'iierbe par sa nourrice Hypsipyle, fut dévorc par un serpent <^). Stace a dépeint cette scène tragique à plusieurs rcprises, sans doute d'après des représentations ([n'il avait vues : Sic let in angiiiferae ludeiitem graniine Lernae Rescissum squamis avidus bibit ignis Ophelten (3). hic reptat flebilis infans, Hic iacet, extrenuim tumuli circuni asperat orbeni Squameus ; expectes morientis ab ore cruenta Sibila, marmorea sic volvitur anguis in basta (4). (i) Palliot ne craint pas d'avancer que le combat d'Othon contrc le Sarrasin arriva au sicge de Jcrusalem par Godefroy de Bouillou (1099). Depuis le XVI!° siede, nous avons appris à mieux respecter la chronologie. (2) Pausanias, II, 15, 2; Apollodore, 1, 9, 14, tt les autres textes cité-i dans le Lexikon dir f^riech. 11. riim. Mytiìologie de Roscher, t. Ili (1900), col. 923 (Cfr. Ibid., s. v. Hypsipyle, col. 2855). Opheltes reijut en- suite le noni d'Arcliemoros. (3) Stace: Sihi., II, I, 181 182 (Ed. A. Klotz, Teubner, pag. 40). (4) Stack: Theb., VI, 223 226(Ed. Kohimann, Teubner, t. Il, pag. 153). 196 ADRIEN BLANCHET La mort d'Opheltes a cté représentée sur des vases peints et sur divers monumeiits ('). Il convient d'examiner surtout les monnaies d'Argos et de Co- rinthe, qui nous laissent voir plusieurs phases de la scène (2). Remarquons surtout les bronzes de Domitien et de Septime Sevère, frappés à Corinthe avec le type d'un héros (Adraste ou l'un des sept chefs) debout, combattant un serpent, dressé sur ses replis, qui ticnt dans sa gueule Opheltes dont on voit le buste, les bras étendus en avant (3). (i) J. OvERBF-CK : Bildwerke der theb. u. iroj. Her., pag. no; cfr. W. H. RoscnER : Lexikon, loc. cit. et aussi s. v. Archemoros, col. 472-473, La mort d'Opheltes devint un thcme assez fréquent pour les ccrivains et les artistes, parce qu'elle avait été la cause de la fondation des jeux néméens. (2) J. MiLLiNGEN : Ancienl cnins of Greek cilies, 1831, pi. IV, 14; J. Friedlaknder : dans Archàol. Zeitiing, 1869, pag. 99 et 100, pi. XXIII, II à 13 (monuaies d'Argos, Irappées sous Hadrien et Plautille) ; F. Imhoof-Blumer et Percy Gardner : Nuniisinaiic Commenlary on Pati- sanias, 1885-1887, pag. 33, pi. i, II à IX ; Cat. du British Museum, Peìo- ponnesus, pag. 152, n. 169, pi. XXVIII, 23. — On trouve aussi Hypsipyle représentée à coté d'Opheltes sur quelques unes des monnaies d'Argos que je viens de citer et sur des pièces de Caracalla et de Philippe Pére éinises à Nicopolis d'Epire (Cat. British Museum, Thessaly io ALtolia, pag. 108, n. 42, pi. XIX, 17). Mais pour le type du contorniate portant la legende TTIUTAH l'artiste a confondu la legende d'Opheltes avec celle d'Hercule étouffant les serpents (^Rev. num., 1868, pag. 257, pi. VII, 4, et Anmtaire Soc. Num., 1878, pag. 241). (3) F. Imhoof-Blumer et Percy Gardner: Op. cit., pi. i, VII et VIII. Ces deux pièces, qui faisaient partie de la collection Imhoof Bhimer, sont aujourd'hui au Cabinet de Berlin. Je remercie M. Dressel, qui a eu l'obligeance de m'en envoyer les moulages. Le revers dessiné lei est celui de la monnaie portant au droit la téle de Domitien. NOTE SUR LA GUIVRE DE MILAN 197 On ne saurait nier la ressemblance qui cxiste entre ces représentations du serpent dcvorant Ophel- tes et les figures de la guivre de Milan. L'épithète angiiiger des épitaphes de Galeazzo et du due Gian-Galeazzo est proche parente de l'adjectif anguifer d'un \ers de Stace, cité plus haut. Les oeuvres de ce poète ont sùrement été lues en Italie, au nioyen àge ; car, en France, dans le XIP siècle, le roman de Tlièbes, dont l'auteur est peut-ètre Benoit de Sainte-More, fut une paraphrase de la Thchaidc de Stace''). Il est certain que Dante s'in- spire souvent plutòt de Lucain (^); mais Stace pa- rait à coté de Virgile dans diverses scènes du Pny- gatoire Cs) et les poèmes de Dante sont rcmplis de souvenirs classiques et d'éjìisodes empruntés à l'An- tiquité. On ne saurait donc tenir pour impossible que l'histoire d'Opheltes, rapportée par Stace, ait fait quelque impression au moment oli se formcrent les armoiries des Visconti. Aussi bien, il suffit de faire le rapprochement entre le serpent d'Opheltes et la guivre de Milan, sans affirmer que celle-ci derive nécessairement du premier. Car il ne faut pas oublier une rare rcprésenta- tion de Jason dont le buste sort de la gueule d'un dragon (4). Enfin, il y a une autre serie de monu- ments que les Italiens du mo3en àge pouvaient avoir aussi devant les \'eux. Je veux parler des sarco- phages chrétiens où l'on volt quelquefois Jonas avalé (i) Voy. Gaston l'aris, La lillérutiire fnini;aise au iiioyen age, 3' eJ. 1905. pag- 82. (2) Voy., par excinplc, Eu/er, eh. XXIV, 85 (Ed. Soartazzini, i?>T-\) et cfr. Lucain, Phars., IX, 706-721. (3) Par e.xeniple, dans les chants XXII ti XXIV. (4) Dìclionnaire des aniiq. gr. et rom., s. v. Draco (E. Pottier), pag. 408, lig. 2575. 198 ADRIEN BLANCHF.T par un monstre ; et, sur quelques sculptures de cette sèrie, l'animai ressemble beaucòup plus à un dragon ou serpent qu'à une baleine i^K Mais, s'il règne encore des incertitudes sur l'origine de la guivre de Milan, je crois qu'on peut considérer comme probable que cette figure fut in- spirée par une représentation antique. Pendant tout le XIIP siècle, les artistes italiens ont souvent pris leur inspiration parmi les objets antiques qui les environnaient. La première émission des augustales de Frédéric II eut lieu vers 1232 ; la chaire de Nicolò Pisano est de 1260 et le sceau de Bernardus de Parma est antérieur à 1265 (2). Or, Othon, fondateur de la dynastie des Visconti, gou- verna Milan pendant le dernier quart du XIIP siècle. Adrien Blanchet. (1) Par exemple, sur une peinture du cimeticre de Saint-Callixte et sur le sarcophage de Sainte-Qiiitterie, à Aire-sur-l'Adour (Edmond Le Blant, Les sarcophages chréliens de la Gante, 1886, pag. 99, pi. XXVI, I ; cfr. Coiigrès archéol. de France, à Dax, en 1888, pag. 202, pi.) et sur la belle coupé de verre, publiée dans les Jahrbiicher de Bonn, f. XLII, 1867, p. 170, pi. V. On retrouve d'ailleurs l'histoire de Jonas sur des monuments divers des premiers temps du Christianistne : lampes, fonds de coupes de verre, diptyques, pierres gravées (cfr. Martigny, Diction- naire des antiq. chrét., s. v. Jonas). (2) Voy., ma note dans le Bullet. de la Soc. des Antiquatres de France, 1905, pag. 165 à 168, fig. I diversi stili nella monetazione romana V. LE MONETE DEGLI IMPERATORI VALERIANO E GALLIENO CONIATE A VIMINACIUM E AD ANTIOCHIA. (Tav. IH). Nei precedenti articoli che fanno parte di questa serie non ho ancora accennato alle graduali modifi- cazioni di stile che, durante un periodo anche bre- vissimo, si osservano talvolta sulle monete di una medesima zecca. Tutti, ad esempio, sanno che i caratteri che noi vediamo su di un GB di Vespasiano hanno paleogra- ficamente nulla di comune con quelli di un G B di Gordiano III, ma ciò non significava afifatto che essi furono coniati in due zecche distinte: ambedue furono coniati a Roma. Infatti, se noi osserviamo attentamente le diverse emissioni succedutesi in ordine cronologico da Ve- spasiano a Gordiano, noi vediamo che la forma delle lettere va modificandosi gradatamente sino a rag- giungere quella che vediamo sulle monete di quest'ul- timo imperatore. Ma in questo caso occorse più di un secolo e mezzo perchè avvenisse il graduale cambiamento. 200 L. LAFFRANCHI mentre in altri casi il fenomeno si osserva anche in un periodo di pochi anni; come io dimostrerò per la zecca di Viminacium durante il regno degli imperatori Valeriane e Gallieno. Però prima di accingermi alla mia dimostrazione debbo esporre in brevi cenni lo stato in cui si trova attualmente lo studio della numismatica di questo re- gno nei riguardi della cronologia e della classifica- zione per zecche. Mentre già da parecchi anni distinti specialisti, come Markl , Rhode , Kolb e Missong , avevano esplorata quasi a fondo la numismatica del periodo tra Claudio II e Probo, e ci avevano dato uno studio completo della cronologia e delle zecche di detto pe- riodo, il lunghissimo ed importante regno di Gallieno attendeva invano il suo illustratore. Non che i numismatici avessero completamente trascurato questo periodo, perchè non mancano dotte memorie e pubblicazioni di contributi al corpus delle sue monete, ma si tratta di lavori isolati, non aventi alcun legame tra di loro, e per lo piti vertenti sulla tipologia e la metrologia e non sulla cronologia e le zecche. Unico tentativo fatto tempo addietro in questo senso fu quello del Feuardent in un suo catalogo di vendita, ma ne risultò una classificazione empirica nella quale non vien tenuto alcun conto dello stile. Quegli a cui spetta il merito di aver compiuto uno studio generale sulle monete di Gallieno e Va- leriano e di averlo condotto con criteri scientifici è il colonnello Voetter di Vienna, il quale nel suo lavoro presentato al Congresso Internazionale Numismatico di Parigi del 1900 (') si occupò dapprima a riunire ( r) Vedi Voetter: Die Miinzen des Kaisers Gallienus und seiner Familie, nella IVieiter Niiiiiisniatische Zeitscbrift, Band XXXU e XXXIII con due atlanti. I DIVERSI STILI NELLA MONETAZIONE ROMANA 2ÓÌ in serie le monete che presentano affinità di tipi del rovescio e di leggende del diritto, e poi accomunò le diverse serie, secondo la somiglianza di stile, in otto gruppi distinti, i quali verosimilmente rappre- sentano altrettante zecche. Lo studio del col. Voetter, quantunque non si possa dire completo, è quindi un lavoro serio, quale può esserlo quello di uno dei pochi specialisti che studiano la numismatica, sulle monete, a preferenza che 5/// libri ; e, come nei suoi precedenti lavori vi è esclusa ogni forma rettorica. e vi mancano quelle pesanti ed inconcludenti citazioni di autori più o meno illustri ed antiquati, che in certe pubblicazioni occu- pano metà delle pagine, e che non servono se non a far perdere allo scrittore il tempo prezioso che me- glio sarebbe impiegato nello studio delle monete. Sono le monete quelle appunto che non si osser- vano abbastanza, e lo studio di esse ci darebbe ri- sultati insperati, mentre le tirate rettoriche ed incon- cludenti alle quali taluni amano abbandonarsi, se procurano magari una facile nomea sui dizionari bio- grafici degli scrittori viventi, non fanno però avanzare di un sol punto la scienza numismatica. Il Voetter col suo lavoro, che si distingue affatto dalle solite opere di semplice catalogazione, redatte dai non meno soliti direttori di musei, ha innalzato l'edificio della storia numismatica di Gallieno, serven- dosi del materiale ancora informe che costituisce la massa sterminata delle monete di questo regno. Ma poiché, come dice il Voetter stesso, riman- gono ancora molti punti oscuri da chiarire, questo edificio si deve ritenere costrutto nelle lince gene- rali: restano diversi dettagli da approfondire che po- tranno esser tema di studi futuri. Come ho detto più sopra, il Voetter ha stabilito la divisione delle monete di Gallieno e Valeriane in otto 2 02 !.. LAFFRANCHt gruppi distinti a seconda dello stile. È chiaro che questi gruppi costituiscono ognuno una zecca, ma le diffi- coltà incominciano quando si tratta di stabilire l'ubi- cazione ed il nome di questa zecca. Se di ogni mo- neta esistente nelle collezioni pubbliche e private si potesse sapere esattamente il luogo del ritrovo, la questione sarebbe subito risolta, poiché il gruppo di monete prevalente nei ritrovi di una data regione, non può essersi coniato che nella zecca esistente nella re- gione stessa; ma disgraziatamente ben poche sono le monete di cui si può stabilire il ripostiglio al quale appartennero, e perciò le attribuzioni alle varie zecche sono talvolta fondate su delle supposizioni, piuttosto che su fatti concreti, È specialmente su questo argomento che la di- scussione rimane ancora aperta, ed io ho deciso di presentare il risultato delle mie osservazioni, le quali mi indussero a spostare l'ordinamento fatto dal Voetter per quanto riguarda le zecche di Viminacium e di Antiochia. Per Viminacium specialmente mi sono ser- vito di un elemento trascurato dal Voetter: del con- fronto, cioè, delle monete coloniali o provinciali cogli antoniniani ed i bronzi imperatorii dei quali si deve stabilire la zecca. La zecca di Viminacium ebbe origine sotto Gor- diano IH nel 239 d. Cr. i^'* ed acquistò maggior im- portanza sotto Filippo, quando vennero abolite tutte le altre zecche della Mesia. A Viminacium oltre ai bronzi coloniali colla leg- genda PMS COL VIM (Provincia Mesia Superior Colonia Viminacium) vennero certamente coniati anche quelli con PROVINCIA DACIA che ad essi sono identici per lo stile, per le effigi e per le leggende del diritto: esclusi però gli esemplari di fattura barbara, che si devono (i) Vedi B. Pick: Noidgriecheland Muusen, I, 4-26. I DIVERSI STILI NfXLA MONETAZIONI- ROMANA 203 considerare come imitazioni fabbricate probabilmente dai Goti. Anche le monete imperatorie senza il nome della colonia vennero emesse a Viminacium; ed il colonello Voetter<') mediante il confronto dello stile e delle leggende del diritto ha potuto facilmente provare che a Viminacium nel periodo 242-244 vennero coniati i seguenti antoniniani: IMP GORDIANVS PIVS FEL AVG PMTRPV COS II PP (Ercole) Cohen 264 FIDES MILITVM „ 92 FORTVNA REDVX „ 98 MARTI PACIFERO „ 162 ORIENS AV& „ 167 PAX AVG-VSTI „ 279 SAECVLI FELICITAS „ 319 VICTORIA AVG „ 362 VICTORIA AVGVSTI 375 VICTORIA GORDIANI AVG 380 IMP IVL PHILIPPVS PIVS FEL AVG PM (tav. Ili, n. i). IMP CM IVL PHILIPPVS PF AVG PM PAX FVNDATA CVM PERSiS Cohen 113 114 SPES FELICITATIS ORBIS „ 220221 VIRTVS EXERCITVS „ 243245 PAX AVGVSTI (Gnecchi) Non si deve escludere che siano state coiiiate delle monete d'argento anche nel periodo tra Filippo e Valeriano, e che attualmente rimangano confuse tra quelle della zecca di Roma '2'. (1) Vedi Voetter: Die nìinisclien Miinzeii des Kaisers Gordianiis IK und dereii antike Fillschungen. Nella ÌViener Ntimismalische Zeitscrift, Band XXV, 1893. (2) Gli aiit iiiiiiiaiii di I'ac;iZÌaiio non si potrebbero con certezza assegnare aila zecca di Viininaciiiin, ed in quanto a quelli di Emiliano colla leggenda Imp M Aemil Aemilianus P F Aiig (Cohen, nn. 31, 58 e 63) spellano probabilmente a qualche zecca della Macedonia o della Tracia. »• 204 L. LAI-FRANCHI Venendo all'epoca che più ci interessa, quella di V'aleriano e Gallieno, ho già detto più sopra che nel ricercare quali monete imperatorie furono veramente emesse dalla zecca di Viminacium, mi sono curato di osservare se talune presentino somiglianza di stile colle monete coloniali ed ho dovuto concludere che le monete dal Voetter attribuite a Viminacium appar- tengono, come dimostrerò piìi tardi, ad Antiochia, mentre a Viminacium spettano tutte quelle formanti il gruppo rappresentato dal Voetter alla tav. XV e da lui attribuito alla zecca di Tarraco in Spagna. Il Voetter in questa tavola non riproduce alcun esemplare in bronzo, ma solo degli antoniniani; egli si limita a citare due bronzi, uno di Valeriane ed uno di Gallieno, senza darne il facsimile. Le monete di bronzo imperatorie per la loro maggior grandezza ci mostrano con miglior evidenza le caratteristiche delle effigi e dello stile e perciò possono servire assai meglio che gli antoniniani, per stabilire i confronti colle monete coloniali. Perciò mi sono procurato l'impronta di uno dei due bronzi citati dal Voetter: il Valeriane della col- lezione Bachofen ; a questo ho potuto aggiungere le impronte di due bronzi di Gallieno, ignoti al Voetter ed appartenenti alla medesima zecca : uno della col- lezione Gnecchi ed uno della collezione Monti. È per merito di essi che ho potuto stabilire l'at- tribuzione a Viminacium delle monete di bronzo e d'argento in questione dal Voetter assegnate a Tarraco. Però anche gli antoniniani non sono da trascu- rarsi perchè mediante il confronto delle epigrafi del diritto ci forniscono una prova delle più sicure. In- fatti la leggenda IMP P LIC VALERIANO AVG- delle prime monete coloniali di Viminacium si riproduce esatta- mente sulla prima emissione delle monete di Vale- riane riportate dal Voetter a tav., XV (vedi fig. n. 13, I DIVERSI STILI NELLA MONETAZIONE ROMANA 205 tav. Ili) e siccome questa leggenda non si trova sulle monete di alcun'altra colonia, è evidente che gli an- toniniani in questione spettano a Viniinacium. E precisamente il medesimo criterio col quale il Voetter stesso giustamente attribuisce a Viminacium gli antoniniani di Filippo che ho citato più sopra. Se si devono attribuire a Viminacium le monete im- peratorie d'argento colla leggenda IMP C M IVL PHI- LIPPVS P F AVG P M (tav. Ill.n. i) perchè tale leggenda figura anche sui bronzi coloniali, altrettanto deve farsi per quelle con IMP P LIC VALERIANO AV& ed IMP VALE- RIANVS P AVG perchè anche queste leggende figurano sui bronzi coloniali. Qui alcuno potrebbe farmi osservare che lo stile degli antoniniani di Valeriano e di Gallieno in que- stione è molto differente di quello degli antoniniani di Filippo. E vero: ma anche le monete coloniali di Va- leriano e di Gallieno presentano delle caratteristiche differenti di quelle di Filippo. Lo stile si è quindi modificato tanto nelle monete coloniali che nelle imperatorie ; siamo perciò di fronte ad una evoluzione dello stile, e ciò, come ho gicà detto più sopra, non ha nulla di straordinario perchè tutta la monetazione del periodo imperiale ci mostra che la maniera degli zecchieri non si fossilizzava sempre nel medesimo stile, ma subiva dei periodi graduali di progresso o di decadenza, probabilmente causati dai nuovi elementi che venivano assegnati alle varie zecche. E nel caso di Viminacium non è escluso che le modificazioni di stile siano opera di artefici provenienti da Roma. Veniamo ora alla moneta di bronzo. Negli anni XIV {254), XV (255) e nella prima parte del XVI (256) vennero coniati dei bronzi co- loniali coi medesimi caratteri paleografici di quelli 2o6 I,. LAFFRANCHI degli imperatori precedenti, e cioè colle lettere M e V aventi la forma regolare che noi siamo abituati a ve- dere anche attualmente, cioè con le aste convergenti in modo da formare degli angoli acuti (vedi tav. Ili, n. 2, 3, 4). Nella seconda parte dell'anno 256 noi vediamo in modo chiarissimo la modificazione delle due let- tere in questione, e cioè le aste che le compongono diventano meno oblique e si avvicinano alla posizione verticale in modo che non formano più gli angoli e sembrano staccate le une dalle altre (vedi tav. Ili, n. 5). Ora se noi osserviamo i bronzi imperatore delle collezioni Bachofen, Gnecchi e Monti, noi vediamo che le medesime caratteristiche paleografiche di cui sopra, si riproducono su di essi (vedi tav. Ili, n. 6, 7, 8). Il modo di rappresentare le effigi si presenta più accurato, è vero, ma la niauiera è sempre la medesima, è cioè la mano del medesimo artista che, trattandosi di fare dei conii per monete imperatorie, destinate a circolare in tutto l' impero e non solo nella Mesia come le coloniali, cercava di imitare le monete di Roma tanto nella forma delle lettere M e V che nelle effigi, conservando però le epigrafi del di- ritto caratteristiche delle vecchie monete coloniali. Ed anche il peso ed il modulo delle monete in questione vengono in aiuto della mia tesi, dimostrando che i bronzi imperatorii appartengono al medesimo sistema metrologico dei bronzi coloniali e per con- seguenza debbono considerarsi come la loro conti- nuazione. Il modulo di mill. 25, cioè intermedio tra il GB ed li MB ed il peso di gr. 9-1 1 sono comuni soltanto alle coloniali ed alle imperatorie in questione, e non si trovano nelle monete di alcun'altra zecca. Ma una osservazione importante e decisiva è quella che se tra le monete coloniali mancano quelle di Gal- lieno degli anni XIV e XV, anche nell'argento impe- I DIVEHSI STIM NELLA MONETAZIONI': ROMANA 207 ratorio le prime due emissioni contengono solo le monete di Valeriane. La monetazione di Viminacium si presenta quindi nel seguente ordine cronologico: Anno 254. Bronzo Coloniale. pms col vim AN XIV IMP P LIC VALERIANO AVG (Pick, n. 185, gr. 8,75) Argento (Antoninl\m). nillP P LIC VALERIANO AVG (1) (tav. Ili, 11. 13) FIDES MILITVM VICTORIA GERMANICA VIRTVS AVG VIRTVS AVGG Anno 255. Bronzo Coloniale (grammi loj. PMS COL VIM ^^^ IMP P LIC VALERIAIQ (2) AVG (Pick, n. 187) IMP VALERIANVS P AVG (Pick, n. 188) DIVAE MARINIANAE (Pick, n. 191) Argento (Antoniniani). IIIIIP VALERIANVS P AVG (tav. Ili, n. 14» FIDES MILITUM VICTORIA GERMANICA VIRTVS AVGG (i) Il Voetter, invece di questa leggenda, scrive IMP C P LIC VALE- RIANO AVG, ed il Cohen le riporta tutte e due. Io però non ho veduto che quella da me citata, ed anclic le impronte speditemi dal Gabinetto di Parigi, proverebbero che la seconda non è che un errore di descri- zione. (2) Si deve leggere VALERIANA, poiché a mio avviso Al è il mono- gramma di AN. 2o8 L. LAFFRANCHI Anno 256 (I Periodo). Bronzo Coloniale. (tav. Ili, n. 9) PMS COL VINI ^ j^yi IMP P LIC VALERIAIO AVG (Pick, n. 189) tav. Ili, n. 2. IMP C GALLENVS (1) AVG (Pick, n. 194) gr. 10,40, tav. Ili, n. 3, IMP GALLIENVS AVG (Pick, n. 192) gr. 11,20, tav. Ili, n. 4. Anno 256 (Il Periodo: Riforma Paleografica) Bronzo Coloniale. PMSCOLVIM ^j^, I llll P VALERIANVS P AVG (Pick, n. 190, gr. 9,82). I llll P GALLIENVS P AVG (Pick, n. 193, gr. 9,25), tav. Ili, n. 5. Bronzo Imperatorio. I IMI P GALLIENVS P AVG, tav. Ili, n. 6 (Gnecchi). FIDES llll ILITVIIII (tipo dell'argento) (2). TEllllPORVIIII FELICITAS (coli. Gnecchi tav. Ili, n. io) gr. 15 Argento (Antoniniani). un P VALERIANVS P AVG (3) LIBERALITAS AVGG TEMPORVM FELICITAS SAECVLI FELICITAS AETERNITATI AVGG CONCORDIA llll ILIT CONCOR MIL CONCOR LEGG CONCOR EXERC CONCORDIAE EXERCITI PAX AVGG PROVID AVGC SALVS AVGG VIRTVS AVGG I llll P GALLIENVS P AVG (4) SAECVLI FELICITAS CONCORDIAE MILITVM CONCOR MIL CONCOR LEGG CONCORDIAE EXERCIT LIBERALITAS AVGG LIBERALITAS AVGG III PRINCIPI IVVENT SALVS AVGG VIRTVS AVGG (i) Come nel caso precedente, E è il monogramma di lE. (2) Citato dal Voetter (vedi op. cit.). (3) Vedi tav. Ili, n. 14. (4) Vedi tav. Ili, n. 15. 1 DIVERSI STILI NELLA MONETAZIONE ROMANA 2O9 Anno 257. Bronzo Imperatorio. I un P VALERIANVS P AVG (n. 8). IMI ARTI PACIFERO (n. 12). (Collezione Bachofen Von Echt ora al Museo di Vienna). I IMI P 6ALLIENVS P AVG (n. 7). SPES PVBLICA (n. ii) coli. Monti: gr. 9. Argento (Antoniniani). I un P e P LIC VALERIANVS AVG I llll P C P LIC GALLIENVS AVG CONCORDIA llll ILIT CONCORDIA llll ILIT PAX AVGG liniP VALERIANVS P AVG (1) I llll P GALLIENVS P AVG (2) PAX AVGG PAX AVGG SALVS AVGG SALVS AVGG SPES PVBLICA SPES PVBLICA PROVID AVGG PROVID AVGG SAECVLI FELICITAS LAETIT TEMP VIRTVS AVGG VIRTVS AVGG VIRTVS AVGG VIRTVS AVGG PIET SAECVLI Anno 258 (TRPV). Argento (Antoniniani). liniP VALERIANVS PF AVG I llll P GALLIENVS PF AVG P M TR PV COS llll P P SPES PVBLICA SALVS AVGG VICT GERM VIRTVS AVGG GERMANICVS MAXIMVS VICT AVGG VICT PART Dopo quest'anno sembra che la zecca abbia ces- sato di funzionare. Probabilmente la città di Vimiiia- cium venne distrutta dai Goti e non risorse mai più. In quanto alle monete riportate dal Voetter nella successiva tav. XVI, esse differiscono interamente dalle (i) \*di lav. Ili, n. 17. (2) Vedi tav. Ili, n. 16. L. I-AFFRANCHI suddescritte, e devono assegnarsi in parte all'Italia superiore e in parte a Roma ^'). Ora che ho dimostrato quali monete spettano veramente alla zecca di Viminacium mi rimangono a esporre più brevemente che mi è possibile le ragioni per le quali le monete dal Voetter attribuite a questa zecca spettano invece ad Antiochia. Esse sono descritte a tav. XXV e tanto per Valeriano che per Gallieno presentano i rovesci : Aeqiiitas Aiigg., PM T RPIICos II, Aeternitati Augg., Diana Lticifera, Felicitas Saeculi, Fortuna Rednx, Lae- titia Augg., Pacatori Orbis, Pietati Augg., Restituì Gener Huniani, Romae Aeternae, Venus Victrix, Vic- toria Augg.. Victoriae Augg., Virtus Augg. Non mi abbisognano molte parole per affermare che queste monete furono coniate ad Antiochia, perchè ognuno potrà constatare l'assoluta identità di stile, che esse (vedi n. 20) presentano con quelle di Trebo- niano Gallo e di Volusiano (vedi n. 18, 19) ivi coniate. Infatti se noi confrontiamo le monete di Trebo- niano e di Volusiano con quelle caratterizzate dai rovesci colle due figure stanti Pietas Augg.. Virtus Augg., Vota Orbis, ecc., ecc., che il Voetter rappresenta a tav. XXII del fase. II e che egli considera come le prime monete di Valeriano e di Gallieno coniate ad Antiochia, noi vediamo che lo stile di esse è assai più scadente, di quelle di Treboniano e Volusiano, e per- ciò tra questi due gruppi si presenta chiaramente una lacuna la quale deve essere colmata colle monete in questione. Infatti, esse per le diverse maniere con cui sono eseguite le effigi nei vari esemplari ci mostrano la graduale decadenza che intercorre tra le due emis- (i) Le monete di Saloniiia n. 43 a 52 con Pietas Aiigg. ^rg. BR MED GB MB spettano certamente a Roma. I DIVERSI STILI NKLLA MONETAZIONE ROMANA 211 sioni. Il n. 20 succede alle monete di Treboniano Gallo e Volusiano (n. i8, 19), mentre il n. 21 (i> Ro- mae Aeternae) precede le monete al tipo delle due figure n. 22 (9* ì^irtiis Augg). Anche la tipologia viene in aiuto alla mia tesi, poiché i 9 Aeqiiitas Augg., Aetcrnitati Augg., Diana Luci/., Laetitia Augg. e Rouiae Aeternae, noi li ve- diamo più tardi esattamente riprodotti sulle monete della zecca di Antiochia, e quindi senza alcun dubbio si deve attribuire ad essa il gruppo di monete in questione. Avrei terminata la trattazione dell'argomento, ma giacche mi occupo della zecca di Antiochia, ne ap- profitto per intervenire ne! dibattito avvenuto anni fa (') tra il Markl, seguito dal Voetter, ed il francese Lepaulle circa le monete di Gallieno e di Salonina con all'esergo il ramo di palma, oppure il motto SPQR, che il Lepaulle sosteneva doversi attribuire ad Antiochia, mentre il Markl ed il Voetter credono che spettino in parte a Sardica ed in parte a Cizico. Io credo che il torto e la ragione siano da di- vidersi in parti uguali tra i contendenti, poiché ad un attento esame le monete in questione ci presen- tano due gruppi affatto differenti per lo stile. Perciò se il gruppo con SPQR di stile grosso- lano (tav. Ili, n. 26, 2.1) spetta senza alcun dubbio alla zecca di Cizico. non é meno vero che le mo- nete col ramo di palma , di assai miglior stile (n. 25), sono assn/iifamenle identiche, specialmente per le effigi, a quelle di Antiochia coll'esergo VIIC (n. 24), e non solo, ma hanno comune con esse il numero delle officine, poiché, se il gruppo VIIC coi suoi dodici rovesci (2) ci presenta dodici officine, (i) Vedi A. Markl: Serdica od Anliochia ^ Tradotta da S. Atiibrosoli nella Rh'. Ital. di Niini., anno 1889. (a) Vedi Voetter: Op. cil., tav. XXVI. 212 L. I.AFFRANCHl altrettanto avviene pel gruppo col ramo di palma O il quale senza senza alcun dubbio rappresenta una emissione di Antiochia, avvenuta immediatamente prima di quella con VIIC. Ne contro l'attribuzione ad Antiochia potrebbe contrastare il fatto che il tipo del leone, il quale figura sulle monete al ramo di palma unitamente alla data PMTRPXMI, esiste anche nella serie SPQR, colle date PMTRPXVI e XVII, poiché il tipo del leone sulle monete imperiali che riportano la potestà tri- bunizia è comune alle epoche ed alle zecche più disparate. Febbraio i<)oS. Lodovico Laffranchi. (i) Idem, tav. XXVII. Les fìgures de face sur les monnaies antiques ¥ Les aiiciens avaient l'habitudc de représenter sur leurs monnaies les tètes de leurs divinités, de leurs héros ou de leurs princes de diftcrentes ma- nières. On les voit de profii, de trois quarts et de face. Celles de profii et de face nous occuperont spécialement. Les figures de profii ctaient les plus en usage. Le profii était tantòt tourné à droite et tantòt à gauche. Les profils tournés à droite étaient les plus communs et on peut dire que c'était là une habitude generale que les Grecs ont légué aux Romains et qui a subsisté jusqu'à nos jours. Les profils tournés à gauche étaient cepcndant en usage et quoique beaucoup moins fréquents que ceux tournés à droite, on les rencontre encore assez souvent, surtout sur les monnaies grecques. En effet ils sont beaucoup plus fréquents sur les monnaies grecques que sur les monnaies romaines; ainsi sur 280 monnaies d'or et d'argent, grecques, prises au hasard, j'ai trouvé 48 monnaies avcc le profii' tourné à gauche et tout le reste à droite ; tandis que sur 280 monnaies romaines je n'ai trouvc ce profii à gauche que 21 fois seulement. Y-avait-il une règie à ce sujet imposée aux gra- veurs? ou bien laissait-on l'artiste libre d'agir à sa guise et suivre son caprice? 214 .1. EDDK Les figures de face sont beaucoup plus rares que celles de profil. Cependant les rares exemplaires qu'on rencontre de temps à autre sont presque tous gravés sur les monnaies grecques et à part quelques insignes ra- retés on ne les rencontre presque pas sur les mon- naies romaines, exception faite cependant pour les monnaies byzantines où elle deviennent la règie. Sur les 280 monnaies grecques citées plus haut j'en ai trouvé dix-sept avec la figure de face et sur 700 monnaies romaines je n'ai trouvé cette figure de face que sur trois exemplaires seulement. A quoi donc peut tenir cette particularité et qu'elle est la règie qui a preside à la gravure des figures de face sur les monnaies ? Une observation à faire et qui doit frapper l'atten- tion c'est que toutes les fois qu'on rencontre la figure de face sur les monnaies c'est presque toujours du portrait d'une divinité effrayante, ayant une legende de terreur et d'effroi qu'il s'agit, que ce soit la face de la Nymphe Arethuse des monnaies de Syracuse, que ce soit celle de la Nymphe Larissa des mon- naies de Thessalie, ou bien celle de la Pallas armée et casquée des monnaies d'Audoleon roi de Peonie ou bien encore celle avec la face de Jupiter Ammon des magnifiques tetradrachmes de la Cyrenaique, toujours et partout c'est une aurèole de terreur, de crainte et de respect qui semble émaner de ces fi- gures surhumaines. Il semblerait donc que toutes les fois que les anciens ont voulu inspirer le respect, la terreur, personnifier une pensée, une idèe se rattachant à un eulte vènere, à une legende effrayante ou bien hono- rer une divinité en rappelant l'efifroi et la terreur dont elle serait capable de frapper ses ennemis ils se sont adressès à la figure de face. LES FIGURES DE FACE SUR LES MONNAIES ANTIOUES 21$ Il est probable que les Romains ont bien compris cette habitude car, eux aussi, ont reservé cette figure de face pour le mème objet et dans le mème but: il suffit de voir la tète de Meduse au revers d'une monnaie de Victorin Pere ou bien l'Hercule de face au revers des monnaies de Maximien Hercule ou bien encore celle de Jupiter sur les monnaies de la Tetrarchie pour justifier cette hypothèse. Il est certain que les anciens ont employé cga- lement la tète de face pour leurs ]n-inces ou pour leurs héros toutes les fois qu'ils ont voulu les déifier, les glorifier, les montrer dans les actes majéstueux ou héroTques de leur vie. Un exemple très probant nous est fourni par M. le Commandant Mowat. A ce propos, qu'il me soit permis de dire en passant, que toutes les fois qu'on cherche l'explication d'une idee neuve, d'une théorie ingénieuse ou bien qu'on désirc trouver une explication difficile c'est à ce grand et modeste sa- vant qu'il faut recourir. Ce n'est ni dans les livres classiques ni dans les traités usuels qu'il faut chercher. mais bien dans ses beaux travaux, dans ses mémoires si lumineux et si clairs qu'on peut trouver l'explication qu'on cherche, la preuve qu'on désire. Voici donc ce que dit M. Mowat dans sa com- munication à la société des Antiquaires de France en date du i6 juillet 1902 en dccrivant quelqucs médaillons du trésor d'Aboukir. Je copie textuellcment la belle description d'un de ces médaillons avec le buste d'Alexandre de face. « — Sans legende. Buste cuirassé d'Alexandre " le Grand, en haut relief, vu tic face, la tète nu(; " ccintc du bandeau royal à lemnisques flottants, le " cou tendu en avant. 2l6 J EDDÉ " 11 tient dans la main droite une lance trans- versale à armature lateralement échancrée et se couvre le coté gauche d'un bouclier orné de su- jets mythologiques parmi lesquels on distingue : au centre un buste féminin de face soit Tychée sous un nimbo de voiles, soit plutót la terre en- tourée par le cours sinueux de l'Océan, au dessus deux tétes, l'une en regard de l'autre, à gauche celle d'Hélios radié, à droite celle de Selene sur un croissant lunaire separé par deux étoiles et faisant sans doute partie du cercle des douze grand dieux ou peut étre encore du groupe des sept divinités planétaires qui président aux jours de la semaine, sur le pourtour les signes du zo- di'aque, ceux qui sont visibles dans la partie su- périeure du bouclier sont en allant de gauche à droite, le Bélier, le Taureau, les Jumeaux, le Cancer. La cuirasse est de mème richement ornée, sur l'épaulière et le pectoral droits de Pallas Athéna casquée tournée à droite et tendant en avant le bras gauche arme du bouclier brandit sa lance contre le géant anguipède Encelade, qui gravit la hauteur sur laquelle elle se tient et qui s'appréte à lancer contre elle les quartiers de roc qu'il porte dans chaque main. li 9 — Sans legende. Une Nércide, peut ótre Thétis, demie nue, assise à droite sur le dos d'un jeune Centaure marin qui tient dans la main gauche une conque (bucine), appuie un trident sur son épaule droite et nage à gauche en tournant la tète en arrière vers la déesse, au dessous trois dauphins efflcurent leur tète hors des flots. " Poids : 70 gr. 50 — saillie maxima (au menton et au nez) m. 0,005 diamètre m. 0,058 >>. Je m'en serai voulu de ne pas donner cette description magistrale en entier oìi rien n'a passe LES FIGURES DE FACE SUR LES MONNAIES ANTIOUES 21 7 inapercu aux 3'eux de mon savant ami et maintenant voici ce qu'ajoute ce savant: " L'artiste a su donner une intensité de Il vie cxtraordinaire mi portmit dii he ras macédonien " dont le regard, dirige légèreìiient en liaui, droit devant « lui, respire l'energie et l'entìiousiasìne guerrier; san « casque s'est détaché dans le feu de F action et il con- ti tinue à combattre malgrc cet accident, téle ime, dans " l'attitude de la chargc, les cheveux rejetes en arrière u en longnes boucles flottantes. C'est l'épisode caracté- " ristiqiie de la bataille du Granique oii Clitus saliva u la vie du roi en abattant la inain du Gcìicral perse u Rhouacès aii moment oii il aliali le frapper à la lète u qii'il avait desarmée par un pretnier coup. Luigi de « Féis s'est donc trompé cn affirmant que cet épi- « sode n'a été relaté par aucun historicn, lorsqu'il « a expliqué la fameuse inosaique pompéiennc dite « de la bataille d'Issus, où le principal personnage " combat tote nue et traverse de sa lance un guer- " rier per san ». Ainsi donc dans cette belle figure de face l'in- tention est visible, c'est bien le courage indomptable, l'action intrèpide du héros macédonien qu'on a voulu célébrer et commcmorer d'une fagon grandiose et l'artiste inspiré par un tei sujet et un tei héros a donne à cette figure de face une splendeur surhu- maine. Il devait et ne pouvait représentcr son héros que de face. C'était la seule manière pour lui de faire revivre son demi dieu et lui donner par la direction des yeux, par la contraction des traits, la vie et le mouvement que. seul, le portrait de face lui permettait d'obtenir. L'habitude de rcprésenter les figures de face a &l8 j. EDDÉ été reprise pour ne plus ótre abandonnée par les Empereurs de Byzance. Quoi que l'Empire menacé de toutes parts fut proche de sa chute, malgré la décadence et l'affai- blissement d'une puissance jadis si redoutable, ou peut étre à cause de cela méme, les autocrates By- zantins cherchaient à Trapper l'imagination de leurs peuples. Eux, à qui le sceptre échappait, ils se fai- saient voir dans tonte leur gioire et dans tout leur faste; et fantoches vacillants, ils cherchaient à se tromper eux mèmes, et à en imposer au monde entier sur la fin prochaine de leur Empire. Alexandrie, février i()oH. D/ Eddé. ZECCA DI BENEVENTO SOLDO D'ORO DI SCAUNIPERGA E LIUTPRANDO minorenne, Duchi (751-756). /B' — DN — ... — IVNPP . Busto di prospetto diademato con la croce nella destra ed il vohimen nella si- nistra. Ijl — VICTORV — W&ySJW . All'esergo CONOB . Croce po- tenziata sopra piccolo globo e quattro gradini decrescenti. Nel campo le iniziali S ed L. Soldo d'oro (solidus) gr. 3.90, diani. niill. 19, titolo ''"/looo. La prima volta che comparve questa rara mo- neta fu nella vendita della Collezione Sambon (Mi- lano 1897). Proveniva dalla raccolta Boyne e fu ac- quistata per quella di S. M. Vitt. Emanuele III ove ora si trova. Un secondo esemplare (') ebbi la fortuna di po- ter acquistare recentemente mentre stavo studiando una più razionale classificazione delle monete del Ducato beneventano ed in ispecial modo di quelle ove trovansi lettere iniziali, sigle e monogrammi va- gamente e senza sicuro criterio attribuite a questo o quel duca. (I) Fra i due esemplari si riscontra una leggiera variante di conio. 220 E. MARTINORI Se per molte di queste monete non è facile dare una assegnazione certa e documentata, ma bisogna contentarsi di pochi ed incerti elementi per almeno raggrupparle intorno a qualche periodo storico e mantenerle in limiti ben definiti, così non è per il soldo che prendo ad illustrare. Già il Sambon nel classificare le monete della sua importante raccolta aveva con giusto criterio letto nelle due iniziali S . ed L . i nomi di Scauni- perga e Liutprando ed a me non resta che il com- pito di ragionare più estesamente sugli elementi che rendono quella attribuzione giusta ed_ indiscutibile. Le monete che i duchi longobardi di Benevento coniarono nella loro capitale si possono dividere in tre categorie. Nella prima vanno poste tutte quelle monete che imitando i solidi ed i tremissi delle zecche bizan- tine non portano alcun segno speciale che possa darci luce non dico per una assegnazione certa ma nem- meno approssimativa. Queste monete ebbero vita nel primo periodo del regno longobardo e costituiscono quella serie, che per la loro servile imitazione e la loro anonimia, non presentano alcuna particolarità, che ne permetta la ripartizione e sarà per molto tempo il punto più oscuro della numismatica medio- evale. Questo primo periodo lo possiamo limitare fra gli anni 571 e 671 (". La seconda categoria comprende le monete be- (i) La moneta d'oro che doveva servire per le transazioni più im- portanti, emanava dall'autorità del sovrano, e Procopio {De bello Gotico, lib. Ili, e. 33) dice che nel mondo romano ed anche presso i barbari questa moneta non era ammessa che a condizione di riprodurre fedel- mente il tipo al quale si era abituati. Ecco la ragione per la quale e Franchi e Borgundi, Ostrogoti e Longobardi, hanno servilmente copiato la moneta bizantina, tanto in voga in quei tempi, introducendo, quasi fraudolentemente, nelle estremità delle leggende o nel campo, lettere o monogrammi che ingannavano facilmente il pubblico illetterato e pote- vano costituire per essi un grande profitto, specie adulterando ed abbas- sando il titolo del metallo. ZECCA DI BENEVENTO 221 neventane che portano iniziali o sigle o monogrammi rispondenti ai nomi dei duchi e che per l'uniformità del tipo si possono aggruppare fra loro e costitui- scono un tipo direi quasi nazionale. Questo secondo periodo va dal 671 al 774. Da quest'anno fino al ritorno della dominazione greca cioè all'Sgi le monete di Benevento, che co- stituiscono la terza categoria, portano ben chiaro il nome del principe e non ci lasciano piti incerti sulle loro attribuzioni. Delle due categorie non conosciamo che monete d'oro, solidi e tremissi, ma ciò non vuol dire che non si imitassero anche monete di altro metallo. Chi sa quante e quali sorprese ci riserva uno studio piti accurato ed analitico delle monete che ci ostiniamo a chiamare bizantine? La nostra moneta appartiene dunque alla se- conda categoria che ha lasciato finora dubbiosi ed incerti tutti gli illustratori della zecca beneventana molti dei quali per togliersi d'imbarazzo hanno finito per escluderla dall'ambito delle loro ricerche e dei loro studi (i). (1) Il Barthélemy {Manuel de numismadque (185 m.) mediaevate, 1851) attribuisce ai re Longobardi la cussione delle monete dal tipo imperiale comprese quelle di Benevento e comincia la serie delle monete di quella zecca da Arichi II cioè dall'anno 758. Ad. Blanchet nel nuovo manuale del 1890 corregge in parte il la- voro del Barthélemy e si limita a farci conoscere come vengano attri- buite ai duchi di Benevento le imitazioni di soldi e tremissi d'oro che portano nel campo sigle e monogrammi sui quali si basano le attribu- zioni ma non ci dà l'elenco di queste. Il Lazzari {Zecche degli Abruzzi, 1858) chiama ricca la serie delle monete dei prin. ipi di Benevento ed asserisce non esservi alcun dub- bio che alcuna di esse rimonti agli ultimi anni del secolo Vili e pro- priamente al 788 quando ai Beneventani Carlo Magno concedette prin- cipe Grimoaldo III permettendogli di battere moneta purché fregiata anche del proprio nome. E poco dopo soggiunge " giovandosi di alcune lettere apposte ai lati della croce potenziata longobarda sopra tremissi e solidi d'incerta origine, tentarono alcuni dotti nummografi di ampliare la serie beneventana, riconoscendo in quelle sigle le iniziali dei nomi di duchi e di principi; ma la loro attribuzione, a primo aspetto soddisfa- E. MARTINORI Il primo, se non erro, a darci qualche attribu- zione certa, fu Giulio di S. Quintino nel suo Ragio- naììiento stille monete di Giustiniano II. Questo distinto numismatico, messo sull'avviso dal fatto che alcune monete di quell'imperatore si allontanavano troppo dal tipo primitivo e, contraffacevano la dicitura e, quello che è più importante, erano scadenti nel peso e nel titolo, pensò dover attribuire alla zecca di Be- nevento quelle che avevano sigle o monogrammi che potessero in qualche modo giustificarne l'attribuzione a questo o a quel duca. Fra le ragioni che ci espone citerò l'ultima che a me sembra la più esauriente ed è questa: « È cosa rarissima che le dette monete d'oro si rinvengano altrove che in Benevento o nelle confinatiti proviticie del regno di Napoli ». Le attribuzioni del S. Quintino non sono tutte esatte, ne per le scarse cognizioni di quel tempo in questa materia si poteva pretendere di più. Solo meraviglia come aperta la via a quelle investigazioni non si siano in seguito trovati altri volonterosi a pro- seguirne lo studio. Fra tutti gli esemplari finora conosciuti e che timidamente fanno la loro comparsa nei cataloghi con più o meno esatta classificazione, quello che a mio avviso, non può generare alcun dubbio pella sua at- tribuzione e può anzi meglio di qualunque altro pre- starsi a punto di partenza per uno studio compara- tivo, è l'esemplare che ora presento e che appartiene al periodo di conreggenza della Duchessa Scauni- perga e di suo figlio minorenne Liutprando. L'uso continuato dai successori di porre le loro iniziali nel campo delle monete, anche quando vi cente per qualche pezzo, avuto poi riguardo alla discrepanza dei tipi, induce in tale scompiglio nella serie stessa che gli è d' uopo ritenerla basata su troppo deboli fondamenti „. Ed anche nei manuali più recenti ancora si asserisce essere stato Grimoaldo III nel 788 il primo duca che coniasse moneta in Benevento! ZECCA ni BENEVENTO 223 avevano inciso ben leggibile il nome, come vediamo praticato da Grimoaldo III, Siconolfo, Sicardo, Ra- delchi, ecc., ci assicura le due iniziali S ed L appar- tenere a Scauniperga e Liutprando. Pochi documenti ci sono giunti che rischiarano quel periodo oscuro della storia. Alla morte di Gisulfo, avvenuta nel 751, Liut- prando suo figlio era ancora bambino e sua madre Scauniperga dovette assumerne la reggenza *'). Vediamo infatti nei documenti dell'epoca sempre associato il nome dell'una con quello dell'altro. Un primo documento del 752 comincia « Firma- « vimus nos gloriosissima Domna Scani perga (sic) et « Domnus vir gloriosissimus Liutprand summi duci- « bus (sic) gentis langobardorum, » etc, etc, (^i e più oltre « secundum qualiter haec, quae super legitur, « in isto Dei loco concessum est a Domno sanctae « memoriae Romoald socero ed avone nostro ». Pa- role che bastano a definire la lite agitata fra molti insigni scrittori del Ducato Beneventano per sapere se il Duca Liutprando fosse stato figliuolo o marito di Scauniperga. Un altro documento del dccembre dello stesso anno comincia come il precedente (3'. Un terzo documento del febbraio 753 ])orta egual- mente uniti i nomi di Scauniperga e di Liutprando. ma solo questi è distinto col titolo sniiiiinis (iitx '4\ Un quarto del marzo 755, assegna il titolo di stimmi cìiices alla madre ed al figlio 's». Nel giugno 756 Liutprando emana un giudicato in nome proprio chiamandosi vir iilnriosi^simiis Lco- (i) Ferdinando Hirsch : // ducato di Benevento, ecc., traduzione di M. Schipa, 1890, pag. loo. (2) Trova, T. IV, p. IV, Cod. Long., pag. .140. (3) Trova, op. cit., pag. 443. (4) Idem, idem, pag. 448. (5) Idem, idem, pag. 557. ^24 E. MARTINORI prand summus diix Longobardorum, e non si fa cenno di Scauniperga. Ciò ci dimostra come fosse il duca uscito di minorità e cessata la reggenza della di lui madre. La nostra moneta fu coniata, dunque, nel primo periodo che corre fra il 751 ed il 756. Abbiamo già accennato ai criteri che hanno in- dotto alcuni studiosi della numismatica bizantina a distinguere le imitazioni beneventane. Questi si pos- sono riassumere cosi: i.° Lo stile ed il lavoro più rozzo e trascu- rato che non è quello dei solidi e fremissi che si fabbricavano nelle zecche di Bisanzio e nelle altre primarie officine dell'impero ; 2.° La maggior scorrettezza delle leggende; 3.° Il più alto rilievo sia delle lettere che delle cose figurate; 4.° La scadenza del titolo, l' abbassamento della lega più sovente di argento che di rame ed il minor peso. Questi caratteri troviamo riuniti nella nostra moneta. L'incisore ha preso a modello il solido di Arte- mio Anastasio, ma ha voluto imprimergli tutta la propria individualità. Con pochi tratti ben marcati egli ci presenta il busto del principe di faccia: se il braccio destro non fosse levato in alto per sor- reggere la croce ma ripiegato sul petto il disegno sarebbe perfettamente simmetrico. Il diadema che porta sul capo manca della croce che invece troviamo ripetuta sopra il capo degli im- peratori bizantini nelle loro monete da Tiberio Co- stantino in poi. Il collo è lungo e nudo. Mentre la destra sor- regge un piccolo globo crucigero, la sinistra, ripie- ZECCA DI BENEVENTO 225 gata sul petto, stringe il vohimeii specie di borsetta chia- mata anche acacia che gli imperatori usavano tenere in mano, ripiena di cenere o di polvere, per ram- mentarsi della fragilità umana e come monito ad es- sere clementi e moderati verso i loro sudditi. Alla roz- zezza del disegno va accoppiata una cura nei dettagli che non è priva d'interesse. Da certi piccoli tratti che segnano le linee del volto possiamo arguire aver vo- luto l'artista significare una corta barba che lo ornava. Passando al secondo criterio osserviamo come della leggenda imperiale DN IVSTINIANVS pp non ri- mangano nella nostra moneta che poche lettere quante ne potevano entrare nello spazio lasciato dalla figura DN IVN PP e nel rovescio per VICTORIA AVGVSTI, Vie- TORY - VGVSTI. Come vediamo, la lettera A è ban- dita affatto dalla iscrizione, e, cosa che si vede ripe- tuta in tutte le monete di quel periodo e di quel ducato, questa prima lettera dell'alfabeto va trasformandosi in un A o i> o in V . e l'analfabeta incisore ha finito per servirsene come di un ornamento simmetrico ai lati della croce. Le altre lettere sono fra loro ineguali ed ostentano rozzamente i caratteri che vogliono imitare. Per ciò che si riferisce al terzo criterio cioè al più alto rilievo delle lettere e della parte figurata e cosa che non ha bisogno di dimostrazione. Per ultimo, ciò che caratterizza le monete di conio beneventano è il loro minor peso in confronto di quelle di conio imperiale, il titolo più basso dell'oro, e la lega formata con argento piuttosto che con rame e clic contribuisce a dar loro quel colore pallido che, a prima vista, le fa distinguere da quelle di altre zecche. Mentre i solidi bizantini fino ali'e|)oca della quale stiamo parlando, si mantengono di peso e di titolo legale, quelli della zecca di Benevento sono nell'uno- e nell'altro inferiori e nelle contrattazioni erano sem- pre preferiti i primi ai secondi e nella stessa città 226 E. MARTINORI di Benevento si faceva la distinzione fra il solido del- l'impero e quello del ducato"). La nostra moneta pesa grammi 3.90 e contiene 760,1000 di oro mentre il soldo bizantino pesa gram- mi 4.50 circa ed è molto superiore nel titolo che va- ria Ha ""/' a """/ ^2) Dopo la distruzione del regno longobardo cessò nelle zecche italiane la battitura delle monete d'oro (3). I soli principi di Benevento ed i duchi di Sa- lerno continuarono a coniarne, ma di qualità sempre più scadente fino al punto da lasciare il dubbio sulla lega metallica che le costituiva. Da quanto ho esposto ho dovuto convincermi come la moneta beneventana dovesse servire per le sole contrattazioni locali. E difficile infatti ritrovare esemplari di questa moneta fuori dei confini del du- cato o insieme a quella bizantina ed è raro trovarne menzione nelle trattazioni con i paesi limitrofi. Oltre a queste ragioni dobbiamo assegnare la rarità di questi solidi allo scarso traffico monetario dei Longobardi, alla grande copia di numerario aureo che usciva dalle zecche bizantine, nonché al maggior credito che questo godeva, mentre i duchi Beneven- tani si accontentavano di produrre più o meno cor- rettamente quanto poteva bastare per aff"ermare il loro privilegio. Nella raccolta di S, M. trovasi ancora il tre- misse (gr. 1.32) di Scauniperga e Liutprando che differisce solo per le sue dimensioni (mill. ns). • Roma, 26 febbraio 1908. E. Martinori. (i) A. Engel: Reclierches sur la numismatique, eie, des Normands de Stelle et d'Italie. Paris, 1883, p. 73. (2) Nelle epistole di S. Gregorio troviamo che regnando Agilulfo (590-615) i solidi bizantini erano ragguagliati ad '/o ^i oncia cioè a 72 per libbra e pesavano grani 98 (Zanetti, IV, pp. 43-48). I soldi del basso impero contenevano 84 grani d'oro (Idem, pp. 46-50). (3) V. Capgbiancmi: Origine della secca del Senato romano, p. 64. Grumento, Matera e S. Chirico Rapare APPUNTI DI NUMISMATICA. Quando si voglia tentare di parlare della mo- netazione delle tre località, di cui è oggetto il nostro tema, si viene con rincrescimento a sapere che do- cumenti al riguardo non ne esistono ; ciò non per- tanto io credo che un po' di luce, per quanto scialba possa essere, la gittino queste mie considerazioni, che bramerei siano di gradimento a quanti amano le patrie ricordanze. I. — PER GRUMENTO. Grumento, dalle cui rovine surse l'odierna « Sa- ponara » fu città antichissima e ricca della Lucania mediterranea, e capoluogo dei popoli grumentini. Della sua nobile e rimota esistenza, dell' importanza che ebbe, non solo ai tem[)i dell'autonomia lucana, ma anche ai tempi romani, ci parlano i [)iii chiari scrittori dell'antichità, a cominciare da Livio, gli an- tichi itinerari!, una quantità di monumenti lapidei, avanzi di rovine e oggetti di scavo bellissimi. Tra questi oggetti rinvengonsi pure delle monete in bronzo, della grandezza 7 ad 8 della scala di Mion- net, le quali, da un lato, presentano una testa di donna, rivolta a dritta, con capelli annodati e di- sposti a tutulo sull'occipite, e. dall'altro, un bue coz- zante, o un cavallcj saliente, rivolti a dritta entrambi, ed aventi a lato le lettere fPY. Da dotti nunnsma- 228 AI.HF.KTO SIMONKTTI tici (') sono state queste monete attribuite a Gru- mento ; ma v' ha taluni che questa attribuzione ve- dono capricciosa ed arbitraria, e le ccnnate monete dicono appartenenti a Grumo, nella Peucezia : solo perchè, su monete di Grumo, vedonsi tipi simili a quelli descritti i^K Faccio però osservare, che il ri- trovarsi tipi simili sopra monete di serie diversa, non è buona ragione per non dire Grumentine quelle in discorso. E invero, non si potrà negare che, nelle antiche monetazioni, il tipo di una città sia stato, talora, adottato da un'altra. Ciò è dovuto ad affinità etnica e religiosa, o a convenienza commerciale, ad- dirittura. Ad esempii : il Pegaso, con la testa di Pal- lade, che vedesi sulle monete di Corinto, vedesi pure su quelle delle sue colonie : molti tipi della Locride vedonsi su monete di Locri Epizefirii : su parecchie monetazioni della Beozia vedesi lo scudo tebano, e così via via. Altri, poi (31, avendo sulle monete di Arpi ve- duto lo stesso tipo del cavallo saliente ^^>, appoggian- dosi all'autorità di Snida, han detto che le lettere TPY potrebbero pure denotare una moneta, interpretan- dole pel valore della moneta stessa, come OBOAOI s' interpreta per quello delle monete di Metaponto. Ciò fa supporre che i tipi delle monete di Arpi sono sempre accosto alle lettere rPY. Ma per quanto io mi sappia, desse lettere non si trovano mai su queste monete, sulle quali, invece, o intera o dimezzata, leggesi soltanto la leggenda APnANflN, vicino a cui vedesi talvolta il nome AAIIOY, che è il nome di un magistrato monetale di Arpi. (1) Fra questi è annoverato il cliiarissiino Eckel. {2) Gian Domen. Romanelli : Aulica topografia storica del regno di Napoli. Napoli, Stanip. Reale, 1818, part. II, pag. 173. (3) Franc. Mah. Avellino : Giornale niimisiiiattco, 180S-12, Napoli. (4) Secondo il Corda, questo tipo è relativo ai famosi cavalli di Diomede. GRUMENTO, MATERA E S. CHIRICO RAPARO 229 Mettendo da banda, dunque, ogni congettura, si può ritenere che, quando su monete, che presen- tano tipi simiU ai descritti, vedonsi le lettere rPY, le monete sono grumentine; le lettere sono iniziali della parola rPYMENTlNHN; e. pei tipi, tanto il bue quanto il cavallo furono dai Grumentini effigiati , perchè si conoscesse pubblicamente in quanta con- siderazione avessero tenuto quegli animali. IL — PER MATERA. Matera, in latino « Mateola » ed in greco u MsTO'Aov „ è città tuttora esistente, e vanta origine enotria antichissima, secondo apprendiamo da Plinio, da Strabone e da altri antichi storici. Frammisti ai monumenti della sua antichità, rinvengonsi delle mo- nete in bronzo, della grandezza 4 a 6 della scala di Mionnet ; aventi, nel diritto, la testa di Pallade ga- leata col morione, a dritta, e sormontata or da uno or da due globetti, secondo che eran segno or del- l'oncia, or del sestante : e, nel rovescio, a volte, un leone seduto sulle gambe di dietro, e con un giavel- lotto tra le zampe anteriori e protendentesi sulla spalla sinistra; a volte, un corno di abbondanza, ri- boccante di frutta : ma sempre con la sigla aa a lato a dessi simboli. Alcuni dotti numismatici non si ac- cordano, però, sul luogo preciso, ove queste monete ebbero vita. Ed invero Millingen "' le attribuisce a « Natiolum » Avellino '^i a « Gnatia », o più pro- priamente, « Egnatia » ed il Riccio O» le dice appar- (i) Millingen ; MédatUes grecqties, ined. (2) Fr. Maria Avellino : Giornale Numismalico, 1808-1812, Napoli. Rucetia. (3) Genn. Riccio : Reperlorio ossia ilescrizioiie e lasse delle tnonele, ecc. Napoli, Traiiiater, 1852, pag. 45. 230 ALBERTO SIMONETTI tenenti a Mateola ; mentre non esclude la probabi- lità che possano appartenere a Gnatia. L'esistenza di Natiolum è molto discussa, trovandosene notizia nella sola tavola Peutingeriana, e, ciò stante, non è il caso di accettare l'opinione del Millingen. Gnatia, invece, fu città antica e ricca, e bene avrebbe po- tuto essere la culla delle cennate monete; ma, se ci fermiamo per poco ad ossef varie, ci accorgeremo che la sigla AA è un monogramma abbreviato, e che, scrivendolo regolarmente, si legge MAT, monogramma che si presta bene ad indicare il nome Mateola, ma non per altre argomentazioni (i'. Altri poi dicono che le cennate monete potrebbero essere di « Caelium » perchè sono a queste simili, presentando, nel dritto, lo stesso tipo della testa di Pallade coi globetti: e che nella sigla aa potrebbero essere invece le iniziali del nome di un magistrato monetale di Caelium. Rispetto le opinioni altrui; ma, per conto mio, fino a che non verranno alla luce monumenti che dimostrino falso il nostro asserto, dirò sempre Materane le mo- nete con la sigla aa; e, riguardo al tipo, ripeterò col Gattini, che stimasi desso allusivo alla pace che se- guì alla prima guerra punica (2). A differenza, poi, della Pallade, che è sulle monete di Caelium, la Pal- lade delle monete Materane apparisce spirante quella grazia squisita che i Greci artisti accordarono alla vergine figlia di Giove. III. — PER S. CHIRICO RAPARO. S. Chirico Raparo è terra antichissima, e si disse « Serra » prima di ricevere la fede cristiana. Fu, (i) Solone Ambrosoli: Monete greche. Milano, U. Hoepli, 1889, p. 135. (2) Conte Gius. Gattini: Note storiche sulla città di Ma/era. Napoli, Perrotti, 1882, pag. 6. GRUMF.NTO, MATERA K S. CHIRICO RAPARO 23I molto probabilmente, originata da coloni greci, per- chè da essi, in prosieguo, e propriamente nel IX se- colo, fu edificato pure il suo castello, che andò sem- pre celebre tra i castelli Lucani. In uno dei sotter- ranei di questo castello, in ora diruto pressoché tutto, era, secondo una costante tradizione e i dotti del luogo ripetono, una zecca istituita dal principe Pi- gnatelli, ramo di Monteleone, quando questi era feu- datario di S. Chirico Raparo Veniamo infatti a co- noscere che Antonio PignateUi "\ figlio di Nicola, ottavo duca di Monteleone, nel 1731, da Carlo VI, imperatore d'Austria e re di Napoli, fu creato prin- cipe del sacro romano impero, e di Belmonte, con dritto, per se e suoi eredi, di poter coniare moneta, con i proprii stemmi ed effigie: privilegio, però, di cui il nuovo principe cominciò ad avvalersi due anni dopo, cioè nel 1733. Delle sue monete, però, ne ri- mangono soltanto alcune in oro, che pare siano state lavorate in qualche officina di Germania, o di Vienna addirittura; e tanto è stato pure ritenuto dal Bazzi- Santoni (2) e dai fratelli Gnecchi (31. Ma con l'avve- nimento al trono di Carlo III di Borbone, avvenuto, nel 1734, dopo la famosa battaglia di Bitonto, es- sendosi Napoli e Sicilia ridotte sotto un solo scettro, e liberate dal servaggio austriaco, si ebbe un nuovo ordine di cose, per effetto di cui Carlo III stabilì. (i) Antenato di costui fu quell'Ettore Figiiatelli che ussend i viceré di Carlo V, in Sicilia, die ordine, nel 1531, che si introducesse, in quel regno, moneta di puro rame, siccome leggesi a carte 92 ilelle " Memo- rie storiche ed economiche sopra la bassa moneta di Si -dia „ del chiaro Della Rovere. Cuminciamo, dimque, a vedere che, nella casa PignateUi, ramo di Monteleone, il diritto di zecca, or da concedente, or da conce- duto, non è cosa nuova. (2) G. Bazzi e M. Santoni: l''ii(U ineciim del racco^Ulnre di inaitele. Camerino, tip. Mercuri, i856, pag. 128. (3) Francesco ed Ercolk Gnecchi; Siiygw di biblioi^nifm uiiiiiìshm- tictx. Milano, Cogliati, 1889, pag. 28. 232 ALBERTO SIMONETTI fra le altre, che il titolo di principe del sacro ro- mano impero dovesse essere riserbato solo ai prin- cipi della famiglia reale '^'. e che i privilegi e le concessioni fossero dai principi esercitati soltanto nelle terre ad essi infeudate. Da quel tempo, è pro- babile che i Pignatelli avessero tenuto zecca nelle loro terre, tra le quali fu S. Chirico Raparo. L' a- vanzo che ora vedesi di questa zecca è una cavità circolare in forma di calotta, nella quale doveva av- venire la fusione del metallo. Dell'ultimo Pignatelli, poi, che in questa zecca abbia battuto moneta, erano ammirevoli, si ricorda, per perfezione e bellezza di conio, i pezzi in argento da « due » e da » sei carlini ». S. c/lirico 'Raparo, H febbraio igoS. Barone Alberto Simonetti. (i) Francesco Ceva Grimaldi: Della citlà di Napoli, ecc. Napoli, stam- peria Pignasecca, 1857, P'''S- 4°- UMBERTO BONACCORSI ZECCHIERE DI SAVOIA Un certo Antonio Grange fu condannato ad una multa di 5 soldi e 3 denari grossi perchè si era ri- fiutato ad accettare moneta di Amedeo Vili conte di Savoia prima ancora che questa fosse pubblicamente screditata; ciò avveniva in Aiguebelle sul finire del T404 <^'\ Questa oscura nota eccita la curiosità di conoscere il motivo per cui si puniva un suddito che rifiuta la moneta dello stato. La prima supposizione che si presenta è ovvio sia quella, che di detta mo- neta molta doveva essere stata falsificata e la voce pubblica sussurrasse già abbastanza a questo propo- sito da sollevare la diffidenza generale. Approfon- dendo infatti le ricerche si trova, come nel 1402 dopo aver pacificato lo stato messo a soqquadro dalle in- testine lotte venute per la violenta morte di Ame- deo VII; Oddone di Villars. tutore del giovane Ame- deo Vili, avesse pensato anche di riformare la moneta facendo coniare oro, argento e rame (^l La prima zecca savoina incaricata di questo lavoro fu quella di Nyon alla quale era jireposto Umberto Bo- nacourt o Bonaccorsi di Lione (3) il quale aveva in quell'anno presentati al giovane principe i modelli delle nuove specie. Nel gennaio 1405 sono convocati a Chambery, il vescovo di Lausanne, il signor di Langin, il visconte 234 G. CATsBONELLI di Ginevra ed il proposto di Monte Giove, i quali assieme al castellano di Nyon dovevano radunarsi in tribunale per giudicare il maestro delle monete (4). Apprendiamo infatti dai Conti della Castellania di Chambery come il giorno 30 marzo 1405 nel luogo dove si erigeva la forca chiamato Les Chaux fu de- capitato Umberto Bonacourt, maestro della zecca di Nyon, con tutte le forme condannato ad aver mozza la testa, il cadavere impiccato alla forca ed il capo infisso sopra una sbarra di ferro esposto al pubbli- co (5). 11 documento molto particolareggiato sulla ese- cuzione capitale, è troppo laconico sulla motivazione della sentenza, che possiamo tuttavia conoscere per induzione dalle disposizioni venute subito dopo nella ordinazione delle zecche e nei conii delle specie. Lo zecchiere di Chambery, che il documento non dice chi fosse, è incaricato di trasformare le mo- nete battute a Nyon (^'. Giovanni di Rozeto da Mon- calieri è nominato maestro generale delle monete ci- tra montes con facoltà di far battere specie d'oro e di argento nel luogo dove meglio gli piacerà ^T>. Um- berto Violet da Lione è nominato custode e guar- diano della zecca di Nyon (8> Collegando adunque i fatti fra di loro occorsi nello stesso tempo, cioè la multa al Grange, la ese- cuzione solenne del Bonacourt, la trasformazione della moneta; si può logicamente concludere che il Bona- court abbia abusato della sua posizione falsificando ed adulterando le monete, il supplizio inflittogli sta a provarlo, il sospetto già penetrato nel pubblico, donde il rifiuto del Grange di accettare specie già screditate. Da tutto ciò ne viene come allo stesso modo che al collezionista può interessare di conoscere le falsificazioni delle monete di Amedeo VII operate dal medico Giovanni Valpon (9^; cosi non è privo di UMBERTO BONACCORSI ZECCHltRE DI SAVOIA 235 interesse il conoscere le falsificazioni del Bonaccorsi, le quali si riferiscono alle monete di Amedeo Vili che chiamerò della prima maniera. G. Carbonelli. NOTE E DOCUMENTI (i) Arch. Cam. Torino, Conto Castellania Aiguebelie, M. 8, Rot. 6 (fine del 1404) : Recepii ab Anthonio Grangie prò eo quia refutavit monetam domini recipere ante quam fuisset decridata V. sol. n] den. gros. (2) Ib. Conto dell'Hotel Conte 1402. (3) Sui Bonaccorsi " lombardi „ e zecchieri v. L. Ci- brario Ecou. Poi., voi. 3.°, pag. 217. Torino, 1842. (4) Arch. Cam. Torino, Conto Cancellieri Savoia, Maz. 9, Reg. 35, fol. 19, V.: Lib.' die X dicti mensis (Gennaio, 1405) apud Rossel- lionem diete Salliet prò portu Iiterarum per doininum missa- rum domino episcopo Lausanne, domino Langini et vice- dompno Gebennarum quod deberent esse Chamberiaco die XXV Januarii prò quadam jornata tenenda XX den. gros. Lib.' die xij eiusdem mensis apud Seissellum diete Bri- sibarra prò portu literarum per dominum missarum preposito Mentis Jovis qued esset in dieta jornata et castellano Niui- duni super facto magistrorum monete xvj den. gros. (5) Arch. Cam. Torino, Conto Cast. Chamberì, Hot. 57, perg. 51, 1405-06. 236 G. CARBO.NELLI Libravit in et prò execucione facta de Humberto Bo- nacourt magistro monetaruni domini in Nyuiduno. Con- dempnato per d. Georgium Pailuelli licenciatum in legibus, ad amputacionem capitis, et suspensionem eius corporis, ut per eiusdein domini Georgii sentenciam, datam die penultima mensis marcii A. D. millesimo ecce"'" quinto executam prout infra. Et primo, prò precio sex chiuronorum et quinque po- stium emptorum manu Thome Ogerii carpentatoris castri do- mini Chamberiaci a Petro Balia prò tanto IX den. gros. Implicatorum in quodam solano facto in furchis de Les- chaux super quo fuit capud dicti Humberti amputatum, et in una scala prò eodem necessaria. Item prò precio duodecim crochiarum ferri implicatarum in gardeando, et retinendo dictum solanum j den. ob. gros. Item in emptione unius panne fuste empte a Petro Albj, prò tanto jncluso uno denario gros. prò precio cuiusdam ferri fìxi in dieta pannea. Et que panna piantata fuit iuxta plotum, et in eadem positum capud dicti Humberti iij den. gros. Item salario et expensis, dicti Thome carpentatoris Johan- nis Risol, et Arthaudi de Monthons etiam carpentatoris unius diei qua uacauerunt, in faciendo dictum solanum, in dictis furchis, scalam et pannam seu pilonum predictas, Capiens quolibet ipsorum prò diem de salario jnelusis expensis duos denarios ob. gros. more solito vij den. ob. gros. Item in empcione et prò precio unius Catelle et unius chinillie ferri positarum in summitate dictarum furcharum, prò tirando sursum corpus dicti Humberti vj den gros. Item in emptione unius capistri canapis empti a Johanne Basterii cum quo fuit suspensum dictum corpus per spatullas ij den. gros. UMBEUTO BONACCORbl ZtCC£IlKRE DI SAVOIA 237 Item in empcione unius dolorie empte a Johanne Grey- niolat fabro, prò amputando dictum caput xij den. gros. Item Johann! de Conca parrocchie Bagiaci laniste, qui execuciones supradictas fecit prò tanto, ultra expensas xij den. gros. Item prò miialiia dicti laniste quinque dierum quibus stetit in dicto castro expectando diem execucionis dicti Humberti V den. gros. Item prò miialHa eiusdem Huberli decem dierum finito- rum die undecima exclusive mensis Aprilis anno predicto computatis duobus den. vienn., prò die. j den. t quart. gros. Item Chardono mistraii Chamberiaci prò suis ipsius et eius equi expensis factis una vice eundo de Chamberiaco, apud Burgentam et Castrum noum ad perquirendum et jnue- niendum lanistam qui dieta execucionem fecisset et neminem jnuenit. vj den. gros. (6) Ib. Conto Cancellieri Savoia. Voi. 38, Ibi. 5, r. : Recepii prò sigillo litere date Annexiaci die undecima mensis septembris, manu Guidonis Collumbi signate, per quam dominus dedit magistro monete Chamberiaci sex vi- ginti florenos ab una parte in remuneracionem expensarum per ipsum magistrum factarum mutando dictarum moneta- rum de Nyuiduno in Chamberiaco. Kt quinquaginta florenos ex alia certis aliis causis, 1406 vj den. gros. (7) Ib. Ib. voi. 36, fol. 46, V. : Recepit a Johanneto de Rozeto de Montecalerio magi- stro generali citra montes monetarum domini, prò sigillo li- tere qua dominus eundem Johanetum constituit curavit et ordinavit magistrum generalem citra montes monetarum sua- 238 G. CAKBONELLI rum tam auri quam argenti ad fabricandum cudendum fa- bricari et cudi faciendum, per eius monetarios, ubi sibi pla- cuerit et in loco quem duxerit eligendi, certas auri monetas et argenti diuersi generis, que lacius in litera dieta sue con- stitucionis lacius designantur. Datam Chamberiaci die xxiij mensis Junii 1405. (8) Ib. Ib. fol. 49 r. : De sigillo litere, qua dominus constituit Humbertum Vio- leti ciuem Lugduni gardam et custodem monetarum suarum, que cudentur in villa Niuiduni. Et alibi in toto suo Sabaudie Comitatu, per modum, per quem alii garde ante Ipsum facere consueverunt. et sub salario ceteris dari consueto, per unum annum et ultra dum bene facerit, et dum fuerit volunter. Datam in Ponte Yndis die xxviij Julii 1405. (9) G. Carbonelli : L'officina di un falso monetario nel XIV secolo. Estratto dalla Rivista Ital. di Num. e Scienze affini, anno XIX, fase. II, Milano, 1906. Il Ripostiglio di Delos 1 DENARI LEGIONARI DI M. ANTONIO Durante gli scavi di Delos, che furono eseguiti in Atene daWEco/c fraiicaisc, al 4 agosto 1905, si rinvenne un tesorctto di 650 denari consolari romani. Le monete furono cedute al Museo Numismatico nazionale di Atene e il suo direttore J. N. Svoronos ne diede una breve notizia sommaria nel Journal internatioìial d'archeologie niuìiismatique (voi. IX. 1906, pag. 300-302^. I pochi pezzi di conio più antico, anteriori al 705 a. u. e. sono comuni ; li registro qui brevemente: Numero Triumviro monetario Numero del Blacas 75 C. Ter. Lue. i 190 a L. Saturn. i 194 b T. Mail. Ap. CI. q. ur. i 213 a D. Silanus L. f. 2 227 e C. Mamil. Limetan. i 257 e M. Volteius M. f. I 259 a Cn. Len. q. i 267 b M. Plaetorius M. f. Cestianus i 271 Sufenas i 272 (Brutus) I 278 Caesar 4 279 Man. Aciliiis III vir i Denari N. 16 I denari di tempo più tardo non offrono nulla di notevole, solo appare nel tesorctto il denaro, che 240 M. BAHRFELD COSÌ raramente si rinviene nei Q. Voconio Vitulo nell'anno 7 Triumviro monetario C. Considi Paeti ripostigli, coniato da 16 u. e. Man. Cordius Rufus Caesar, con trofeo « 111 M. Cato propr. L. Hostilius Saserna L. Valerius Acisculus L. Livineius Regulus L. Mussidius Longus P. Clodius M. f. Petillius Capitolinus Albinus Bruti f. C. Vibius C. f. C. n. Pansa Mag. plus. imp. iter, praef. clas ecc. Q. Voconius Vitulus Babelon Considia 2 Cordia i e 2 3 Julia 12 „ 26 Porcia IO Hostilia 2 Valeria 16 Livineia io Mussidia 6 Clodia 14 .; 17 Petillia 3 Postumia 14 Vibia 16 „ 18 e 19 Pompeia 27 Voconia 2 Numero Denari N. 23 É sorprendente invece la quantità di denari di Marco Antonio, e fra questi a sua volta i denari le- gionari, che ammontano a non meno di 604 pezzi. Sono i seguenti : Leggenda Babelon M. Antoni imp. Ili vir r. p. e. Antonia 34 Antonius augur cos. des. iter. et ter imp. tertio III vir r. p. e. „ 94 Antoni; Cleopatrae reginae, ecc. „ 95 Ant. aug. imp. III cos. des. Ili III V. r. p. e. » Numero I I 2 96 2_ Denari N. 6 IL RIPOSTIGLIO DI DELOS 24I La prima di queste quattro monete appartiene al periodo dalla metà di novembre del 712 fino al- l'estate 715, cioè è posteriore alla vittoria di Filippi, in seguito alla quale Antonio ed Ottaviano ripresero il titolo IMP senza numero, ed è anteriore al con- vegno di Pozzuoli che portò seco le 'iesigii itiones. Queste appaiono quindi sulla seconda moneta che per l'indicazione IMP • TERTIO si deve attribuire al periodo dal principio dell'anno 716 fino alia fine del 719 e appartiene verosimilmente a quest'ultimo anno. La terza moneta è da portare all'anno 720 e la quarta infine al periodo che va del t gennaio dall'anno 720 alla fine del 722, poiché in entrambi quegli anni An- tonio era COS • DES • III d). Al seguente anno 723 appartiene la caratteri- stica coniazione con le indicazioni delle legioni, che si trova in un numero cosi grande in questo ripo- stiglio quale finora a mia notizia nessun'altro si incontrò. La leggenda che ap|)are su questi de- nari legionari AVG • ili ■ VIR ■ R • P ■ C • non ci offre neir insieme alcun' altra data i)iù precisa. Ma la notizia che la loro coniazione, con la quale An- tonio s'era prefisso dati scopi relativamente alle sue truppe, deve essere trasferita al periodo di tempo immediatamente prima della battaglia di Azio al 2 set- tembre 723, acquista più ampia conferma per mezzo del nostro ritrovamento. La Grecia propriamente detta e le isole erano il teatro degli armamenti di Antonio per la lotta della monarchia. Qui sono state coniate e sotterrate le monete appunto poco prima della catastrole della potenza di Antonio o immediatamente dopo, ed è notevole che il tesoretto non contenga un sol pezzo (i) Cfr. M. Bahkik.ldi : Clirouologie dei iMììiizai là-s M. Ait/oiiiiis. Berlin.', 1903. 242 M. BAHRFEI.D del rivale Ottaviano la cui coniazione pure appunto in questo periodo ebbe luogo e fu aumentata. Le legioni rappresentate dai denari erano le seguenti : Legione Numero Lcg ione Numero LEG II 40 LEG XIIII 6 W III 25 XIV 12 •; IV 28 XV 39 w V 36 XVI 24 j; VI 37 XVII 22 v VII 27 XVII class. 8 >) vili 27 xvm 6 tf Vini 15 XVmiibicae 4 » IX 20 XIX 16 }) X 28 XX 14 tf XI 24 XXI 23 )} XII 28 XXII 14 w XII antiqtiae 5 yj XXIII 24 » XIII 20 incerte 17 CHORTIVM PRAETORIARVM 6 CHORTIS SPEC VLATORVM 9 Denari N. 604 Da questo prospetto si rileva che mancano nel ripostiglio pezzi della LEG(/o/«'s) ?R\{iiiae) e della LEG XXIV fino alla XXX, che sono cos'i rari che di essi in parte è noto un solo esemplare. Da un caso deve dipendere la mancanza dei denari comuni della le- gione quarta col numero nella forma mi. mentre la medesima legione con la forma IV appare in 28 esem- plari ; anche la forma alquanto più rara XVllll non è rappresentata. Che manchi anche la LEG XIIX citata dal Babelon (I, 203, 131), secondo Morell, Antonia, tav. 9, VI, non mi meravigliò, poiché io dubito del- l'esistenza di un simile denaro, sopra tutto perchè non r ho mai incontrato. IL RIPOSTIGLIO DI DELOS 243 E da lamentare che il signor Svoronos non abbia aggiunto alcune indicazioni sullo stato di con- servazione dei denari rinvenuti. Sarebbe stato inoltre molto opportuno il sapere in quale proporzione la foderatura si mostri sotto i denari legionari, e se qui si mostrino quei piccoli contromarchi di ripieno di cui tante volte si è discusso, i quali infine possono anche essere citati per prove della bontà della lega'". Si sarebbe anzi acquistato un punto cronologico per r inizio dell'apparire di questo fatto. Si sarebbe potuto inoltre determinare per mezzo del peso dei pezzi, appunto trattandosi di un materiale così co- pioso a disposizione dello studioso, se Aiiionio sotto r incubo delle circostanze abbia diminuito il peso dei pezzi, come ne aveva diminuito il titolo mo- netale. Ma siccome il tesoretto trovò una sede sicura e duratura nel Museo numismatico di Atene, rimane ancora la possibilità di poter addentrarsi maggior- mente in entrambe le questioni. L'unico elemento straniero che contiene il te- soro è una moneta d'argento coniata sul piede del denaro romano appartenente al re Giuba I di Nu- midia (694-708), una moneta che non di rado s'ac- compagna in simili ripostigli. M. Bahrfki.dt. (i) II. WiLLERS in Niimismatisclie ZeilsclirifI, Vienna, XXXI, p. 329 e segg. MEDAGLIONI CAPITOLINI (Tavole IV e V). L'anno 1876 nell'eseguire alcuni sterri presso il Monte della Giustizia sul Viminale si rinvennero quattro medaglioni romani con largo bordo circolare, i quali per esser entrati a far parte del Medagliere Capitolino furono pubblicati ed illustrati nel Bull, della Commissione ardi. Comunale di Roma (anno 1877. pag. 76-78) dal eh. Pietro Ercole Visconti. Tre di essi appartengono agli imperatori Adriano, L. Vero ed Elagabalo, il quarto all'augusta Faustina giuniore, e si possono veder non troppo fedelmente delineati nelle tav. VI e VII dell'annata 1877 del suddetto bullettino. Peraltro l'essere in ispecie due di essi ricoperti da una leggiera .ma larga ossidazione, che in parte li nascondeva, e deturpava, ebbe per effetto che la illustrazione del Visconti non potè riuscire né diligente, né fedele, di guisa che ora che sono stati con ogni cura rinettati, e che appaiono monumenti d'arte squisita e di mirabil fattura, sembra opportuno il presentarli di nuovo agli studiosi ('). (1) Confrontando le riproduzioni del Bull. Ardi. Cam., fatte sui me- daglioni intatti, appena venuti fuori dalla terra con le nostre, il lettore potrà convincersi della minuziosa attenzione con cui e stata eseguita la ripulitura dei bronzi, in modo da non toglier nulla dell'antico e nulla aggiungere. 246 e. SERAFINI I. Adriano. iO' — IMP CAES HADRIANVS AVG COS IMI {sic) PP Testa nuda e barbata a dr. ^ — VENERI - &ENETRICI Venere stante diad. con tunica e manto scendente sui fianchi, volta alquanto a sin., protende nella dr. una Vittoriola tropeofora, e poggia la sin. su largo scudo ovale ritto su fascio di armi; in questo è effigiato Enea che cammina a dr., volgendosi a guardare indietro, col padre seduto sull'omero sin., e conducente il figlio per mano. La cornice che circonda il disco fusa insieme con esso è convessa da ambo le faccie con mar- gine rialzato, ed adorna di tre semicerchi incusi per lato, di due ad x in basso e di un cerchio in alto. Diam. del e. di perline niill. 32; del disco mill. 56. Var. del Cohen edi- zione II, n. 1446. Tav. IV, n. i. Due sono le varietà che distinguono questo dal medaglione riportato dal Cohen, l'aggiunta dell'IMP • CAES assai raramente usata senza il prenome di Traianus ed il ricordo di un IMI consolato, che, a quel che sappiamo, Adriano non assunse giammai. Infatti il comune ed unanime consenso degli storici non solo, ma anche dei monumenti epigrafici e nu- mismatici fino ad ora conosciuti, non lascia verun dubbio intorno al fatto, che Adriano ebbe il terzo con- solato nel 119, e che depostolo come officio, lo ri- tenne peraltro a titolo di onore fino agli ultimi della sua vita. Le monete che portano le teste di Adriano ed Elio, e di Adriano ed Antonino battute tra il 136 ed il 138, conservando il terzo consolato, non per- mettono alcuna fondata ipotesi per difendere come legittima e scevra da errore la leggenda del nostro medaglione. MEDAGLIONI CAPITOLINI 247 E per quanto in generale non si debba troppo correre nello attribuire leggende o date a tutta prima inesplicabili ad un errore di incisione da parte dei monetieri, in ispecie quando trattasi di pezzi ragguar- devoli, d'importanza, condotti con ogni arte ed accura- tezza e destinati a donativi o a commemorazioni e non al comune corso monetario come nel caso del nostro medaglione, tuttavia allo stato attuale delle nostre conoscenze intorno alla vita di Adriano, sembra non possa neppur dubitarsi dell'evidente disattenzione del monetiere. La Venere genitrice rappresentata nel K allude senza dubbio alla memoria della fondazione di Roma tanto per la figura in se stessa, quanto per la scena disegnata sul grande scudo che le sta ai piedi. Ran- noda perciò questo bronzo alla serie delle monete coniate in occasione dei giuochi dati per festeggiare il Natale di Roma non certo nel 121, anno in cui furono stabiliti, o forse meglio ristabiliti con maggior solennità e pompa i circensi, poiché vi si oppone il titolo di Pater Patriac accettato dall'imperatore sol- tanto nel 128, ma in alcuno degli anniversari se- guenti di quella memorabile data. In tal caso il me- daglione capitolino col largo suo contorno avrebbe dovuto essere adoperato per donativo e vera me- daglia commemorativa della insigne ricorrenza, e per rendere come si usa ai giorni nostri non solo più grandiosa la solennità, ma anche duraturo il ri- cordo di essa. È mia opinione che come questo di Adriano così i due seguenti medaglioni di Faustina e L. Vero fossero battuti in occasione di avveni- menti straordinari e solenni dei quali si volle eternare il ricordo, mentre col donativo di essi si ebbe in animo di gratificare alcuni speciali personaggi, che probabilmente all'avvenimento ebbero parte. E che altro sarebbero allora questi meda- 248 e SERAFINI glioni se non vere medaglie commemorative all'uso moderno? 2. Faustina Gixiniore. ^ — FAVSTINA - AV&VSTA Busto a sin. con cappelli lie- vemente ondulati, accenno di manto. I^ — Senza leggenda. La Fortuna diad. e seminuda se- duta a sin. su seggio a larga spalliera con due traverse, tiene nella sin. un timone a forma di remo, tende con la dr. un serto (?) ad un Amorino ritto innanzi a lei, che lo prende con ambo le mani ; un cornucopia ricolmo di frutta poggia sulla gamba dr. della figura, sostenuto dal braccio teso, e col vertice rivolto in fuori. La cornice che circonda il disco fusa insieme con esso è convessa da ambo i lati con una co- rona di grosse perle nell'interno. l>iaiTietro del e. di perline interno niill. 35, esterno mili. 42, del disco min. 68. Var. del Cohen ed. II, n. 297. Tav. IV, n. 2. È incerto se trattisi qui di una vera varietà del medaglione riprodotto dal Cohen, o piuttosto debba in questo nostro riconoscersi un esemplare di mi- gliore conservazione, per essere quello, come si vede dalla illustrazione, assai mal ridotto, e perciò non completamente descritto. Comunissimo per verità nelle rappresentanze numismatiche imperiali è il tipo della Fortuna, e svariatissimi ne sono gli atteggia- menti e le denominazioni. Ciò che la distingue sem- pre dalle sue consorelle l'Abondanza e l'Annona è l'attributo del timone che giammai difetta; nel nostro bronzo peraltro l'atteggiamento della figura che con- segna ad un fanciullo un serto od un grappolo forse, o forse ne riceve due spighe, come si vede in un medaglione consimile del gabinetto numismatico di Madrid, che mi viene gentilmente comunicato dal MEDAGLIONI CAPITOLINI 24$ comm. Gnecchi, fa piuttosto ricordare alcune rap- presentanze che si ripetono sulle monete e sui bronzi figurati assai spesso, dell'Abondanza in atto di vuotare il cornucopia sia in un modio, sia anche tra le mani di uno o due fanciulli ! Evidentemente se il fanciullo riceve, come a me sembra, alcunché dalla Fortuna, un' allusione a qualche elargizione sovrana qui si scorge nell'atto della figura, e non è impro- babile che si commemori una solenne distribuzione ^alimentaria elargita ai fanciulli poveri dalla pietà dell' imperatrice Faustina, connessa senza dubbio coir istituto delle Pitelìae Faustinianae eretto da An- tonino Pio in memoria della moglie, in cui periodi- camente si facevano distribuzioni di viveri. Osser- viamo che nel nostro esemplare non v'ha traccia della statuetta della Speranza, che il cornucopia è rivolto all' infuori in modo usato assai raramente, e che la figura è eccezionalmente 'seminuda. Anche questo medaglione deve avere il suo posto tra le medaglie commemorative di un avvenimento insigne, il quale, trattandosi di una Augusta, può ritenersi essere stata appunto una elargizione per qualche circostanza speciale che noi ignoriamo. 3. L. Vero. Ty L AVR VERVS AVG ARM - PARTH MAX TR P Villi Busto laur. a dr. volto alquanto di spalle con ac- cenno di paludamento e di corazza. Ijii — COS III all'esergo. Roma con tunica ed elmo seduta a sin. su corazza, con parazonio nella sin. riceve colta dr. un fiore o ramoscello da L. Vero; questi armato le sta dirimpetto tenendo un'asta corta o scettro nella sin. Dietro la figura di Roma sta una grande Vittoria che tende una corona sul capo di lei, mentre stringe una palma nella sin. Anno 169 di Cr. La cornice che circonda il 12 ì 250 e. SERAFINI disco fusa con questo è convessa con una corona di ovoli neir interno. Diametro del e. di perline interno mill. 35, della corona di ovoli mill. 42 del disco mill. 70. Var. del Cohen ed. II, n. 66. Tav. V, n. 3. La disposizione diversa del busto di L. Vero ed una piccola aggiunta alla leggenda del dr. differenziano questo dal medaglione del Gabinetto di Francia. Questo splendido campione della miglior arte medaglistica romana dovette essere battuto l'anno stesso della morte di L. Vero, allorché in Roma eb- bero luogo feste solenni per la pace avvenuta coi Marcomanni, ed a ciò allude la rappresentanza della città che riceve dall'imperatore il ramoscello d'olivo simbolo della pace conclusa. 4. Elagabalo. ^ — IMP CAES M AVR - ANTONINVS PIVS Busto laur. a dr. con accenno di paludamento e corazza. 1^ — Senza leggenda. Simulacro della Sanità di faccia in lunga veste con serpente avvolto intorno al corpo la testa cristata a sin., esso è posto su di una base circolare con plinto, sul dinnanzi della quale leggesi SÀLVS ; a sin. una figura muliebre semi- nuda con la gamba sin. sovrapposta alla dr. porge una patera al serpente, mentre sembra tendere il braccio sin. dietro alla statua; a dr. un albero sacro. La cornice che circonda il disco interno, fusa con questo è concava da ambo i lati, con un e. di perline nell' interno. Diametro del e. di perline interno mill. 25, esterno mill. 32, del disco mill. 60. Tav. V, n. 4. (Cohen riporta al n. 308 questo medaglione del MEDAGUOiNI CAPITOLINI 25I Museo Capitolino, riproducendo però l'erronea de- scrizione del Visconti). Questo broi>zo ricoperto più che gli altri di larga ossidazione fu descritto dal Visconti in modo affatto arbitrario ed erroneo, per vero senza sua colpa, dacché, come può vedersi nella sua riproduzione, l'incrostazione superficiale erasi a caso foggiata in modo, da potersi interpretare la rappresentanza del rovescio per due figure l'una in piedi, l'altra seduta su cippo. Tolte via pertanto le sovrapposizioni estranee è sorta chiara e perfettamente conservata la graziosa scena, già conosciuta per due medaglioni di M. Au- relio (Cohen li, n. 1049) ^ Commodo (detto, n. 225) di una figura muliebre che compie un sacrificio in- nanzi al simulacro della dea Salus. Ma se la scena è consimile, assai diversa è la disposizione nel nostro. Qui manca affatto la tavola di sacrifizi coi relativi accessori, che negli altri medaglioni catnpeggia al centro. La statua della dea che in quelli e da un lato, in questo ha preso il posto principale, e si in- nalza sulla base col suo nome SALVS. Soltanto la figura muliebre che sta sacrificando sembra riprodotta o dai medaglioni degli Antonini, o da un esemplare che sia servito di modello co- mune, poiché di pochissimo conto sono le differenze che si riscontrano nell'osservarla. La figura nel nostro me- daglione è girata un po' più di faccia a causa della posizione diversa del simulacro, ed in luogo di por- gere al serpente la patera con la mano sinistra, la porge con la destra, e mancando la tavola su cui appoggiava la mano libera, essa porta la sinistra dietro la statuetta quasi per abbracciarla; tutto il resto della figura, l'acconciamento del capo in ispecie, il movimento caratteristico del corpo e delle gambe, la positura del manto che discende dall'omero sinistro lasciando nuda la metà del corpo e l'anca destra. 252 C. SERAFINI tutto è perfettamente e meravigliosamente ripro- dotto. Il Gnecchi riporta [Riv. Ital. di Nnm., 1905, voi. XVIII, tav. XVI) il solo rovescio di un meda- glione (') con motivo assai somigliante al nostro. In ... esso la disposizione dell' insieme si accosta di pre- ferenza a quella del bronzo capitolino mancandovi la tavola dei sacrifizi; soltanto in luogo del simulacro sul cippo, scorgesi nel centro un'ara con festone ed uguale scritta SALVS ; il serpente è avvolto all'albero, che come nel nostro è a destra, mentre la figura seminuda nel consueto suo atteggiamento gli porge la patera. Se in questi due bronzi si è potuto variar la disposizione degli accessori, vi deve ben essere stato un motivo per ricopiare esattamente il tipo della donna sacrificante. Nei due medaglioni di M. Aurelio e Commodo in quella figura si volle ri- conoscere nell'uno Faustina, nell'altro Crispina che offrissero sacrifizi per la salute dell' imperatore o del- l' imperiai famiglia, e tanto per l'acconciatura del capo, quanto per l'uso comunissimo di rappresentar l'Augusta sotto l'aspetto di qualche dea o personi- ficazione allegorica, questa identificazione sembrava perfettamente conveniente. Non può peraltro lo stesso affermarsi per alcuna delle mogli di Elagabalo, che per ragione di analogia voglia riconoscersi sul nostro bronzo, poiché non è verosimile che l' inci- sore del conio non si sia' punto occupato nel dise- gnare la figura di riprodurre l'acconciatura così ca- ratteristica delle auguste del suo tempo, ma abbia invece ricopiata la figura divinizzata di una prece- dente imperatrice. Ogni volta che trovasi raffigurata sul rovescio delle monete specialmente in bronzo di (i) Il medaglione è d'Adriano (dir. Testa laureata dell' imperatore a d. colla leggenda HADRIANVS AVG COS 111 P P) e appartiene al R. Gabinetto di Brera. MKDAGLIONI CAPITOLINI 253 Giulia Pia l'augusta stessa, lo è sempre colla sua propria acconciatura dei capelli ben distinta, mentre quando vi si ritraggono le personificazioni o deità, si sogliono disegnare come porta la consuetudine tradizionale. Altri vorrebbe riconoscere in questa donna Igiea, la dea stessa della Sanità, ma oltreché il libero abbigliamento di Venere non si attaglia in nessun modo alla severa figura della figlia di Escu- lapio, non saprei rendermi ragione di questo quasi sdoppiamento della personificazione dello stesso con- cetto in una scena presumibilmente ritratta da un avvenimento reale. Escludendosi pertanto l'una e l'altra delle indicate interpretazioni, non vedrei dif- ficoltà a riconoscere nella donna la stessa Venere che porge offerte alla Salute per la città, e per i tardi suoi nepoti. Il culto di Venere genitrice sopravvisse alla razza Giulia che aveva allargato al mondo romano l'onore tributato a Marte e Venere quali progenitori di quella nobile stirpe ; essi presiedettero ai destini dell'impero, e la dea dell'amore restò la madre del popolo romano, anche quando religioni straniere per opera dei successori di Severo, ed in ispecie di Ela- gabalo invasero il campo delle antiche divinità la- ziali od elleniche. C. Serafini. Le monete del Comune di Cremona dal 1155 al 1329 Nell'anno 1155 Federico I, che era sceso in Italia l'anno precedente, e s'era fatto incoronare re a Pavia, e imperatore a Roma, rifaceva la via delle Alpi, lasciando dietro a sé i tristi segni del suo pas- saggio. Prima di partire da Verona volle sfogare l'ira contro i Milanesi, i più fieri nemici dell'Impero, privandoli del diritto di battere monete, e conferendo questo privilegio a Cremona, che nelle lotte crudeli che aveano desolata 1' Italia, aveva parteggiato per lo Svevo. Il diploma « actinn in tenitorin Vcroiiensi, npinl in- stilam Accenseììi, anno doininicac Incavìiationis MCLÌ'', Indictione III, resinante Federico anno regni siti /ì\ fui- perii vero primo » è riportato estesamente nell'Arge- lati (Tom. I, pag. 23). L'Odorici (Slor. Bresciana, VI. 13) ricorda al- tresì il precetto ai Mantovani, Bresciani e Bergama- schi, segnato presso Verona da questo Imperatore, col quale ingiunge loro di non accettare la nuova moneta dei Milanesi. E a quest'epoca che alcuni autori, trattando della moneta di Cremona, fanno risalire l'apertura della zecca in questa città, benché finora non siano venute in luce ne monete, ne carte, a conferma di tale avvenimento. Non ne trovo accenno di sorta nella copiosa raccolta di documenti cremonesi pubblicati da Lo- 256 GIORGIO CIANI rcnzo Astegiano, col titolo di Cndex diplomaticus Cre- inonensìs (Tom. XXXI della Serie II Historiae patriae nionuìnenta della R. Deputazione di Storia patria, Torino 1895) da cui riporto i dati, che successiva- mente verrò annotando in questo breve studio ('). La moneta che avea corso in Cremona dal 11 55 al 1163 era la milanese, e per la prima volta e sol- tanto nel 1163 trovo cenno della moneta cremonese, a proposito di un annuo affitto pel quale si pagavano denari 4 de Cremona, ve! unmii den. imp. (Sec. XII, doc. 207). L'accenno è importante perchè ci assicura che in quell'anno o poco innanzi, erasi battuta mo- neta in Cremona, e di tale specie di cui quattro ne occorrevano per formare un denaro imperiale. Nel 1166 (doc. 221) e nel 1168 fdoc. 243) questi denari erano detti semplicemente cremonesi, ma nelle con- trattazioni si usavano più frequentemente i denari buoni milanesi vecchi. Di questi primi denari cremonesi, per quanto mi è noto, nessun esemplare è giunto fino a noi. Do- vcano essere piccole nionetuccie della specie di quelle dette più tardi medaglie, ma con carattere più antico di quelle che riporterò qui in seguito. Fin' ora non so che alcuno le abbia pubblicate, avvegnaché il de- naro, che il Brambilla dice obolo, da lui illustrato nella Riv. Hai. di Numismatica del 1891, e che ri- tiene di quest'epoca, non vi appartenga, e non vi appartiene il grosso di pari tipo, come cercherò di dimostrare. Corrispondevano questi cremonesi alla metà del denaro piccolo, o mezzano, nei documenti di Cremona detto inforziaio, e che appare la prima volta nel 1172 (doc. 295), e nel 1177 (doc. 331 e 336). (i) Gli e grazie alia condiscendenza della R. Deputazione di Storia Patria, che ni'è concesso di riprodurre le indicazioni riguardanti le mo- nete cremonesi. LE MONETE DEL COMUNE DI CREMONA 257 In questo stesso anno 1177 vengono menzionati i soldi di inforziati cremonesi (doc. 335) e nel 1182, al T5 aprile i den. in fave. Creìnowìc, vel dcii. nov. Me- diolani in electione emptons (doc. 375), che sono ri- cordati altresì nel 1183 e 1184 (doc. 389 e 399). Grandi avvenimenti s'erano svolti in questo pe- riodo di tempo. Le ripetute spedizioni di Federico ai danni d' Italia, avevano persuase le città italiane ad unirsi per opporre valida resistenza alla prepotenza straniera, che il giorno 29 maggio 11 76 fu fiaccata sui campi di Legnano. Il 25 giugno 1183 seguiva la famosa pace di Costanza fra l' imperatore e le città italiane unite 'in concordia, e da quest'epoca si ac- centua in tutta la penisola il miglioramento econo- mico di cui indice principale è la moneta. Cremona il 15 gennaio 1184 si univa con un accordo, per la durata di 15 anni, con lìrescia, per quanto riguardava le strade, i commerci e la nioneta (Carli II, 272). Ed è appunto in quest'almo che Bre- scia apri la sua zecca, coniandovi monete conformi a quelle di Cremona. A questi anni (1T77-T200) assegnerei il denaro che qui descrivo, non escludendo però che possa essere \ inforziatn nuovo di cui fanno parohi i do- cumenti posteriori. 'mi, I. Denaro inforziato (scodellato) o mezzano, corrispondente a metà del denaro imperiale. ^' — + FREDERICVw Nel campo P»R Circolo di lineette I interno ed esterno. F$ — + CR — EM -ON-A Nel mezzo: Croce che divide la leggenda. Circoli come sopra. Argento. Conservazione buona. Peso gr. 0,62. 258 GIORGIO CIANI É il denaro della collezione Gnecchi (n." 11 33) figurato alla tav. VII, passato nella mia raccolta, e del quale riproduco il disegno, completandone l'iscri- zione del diritto col mezzo di un altro esemplare che tengo di questa moneta *^'). Non posso indicare il titolo di questo denaro, di tipo simile a quello di Brescia, ma non esito a rite-. nerlo a questo contemporaneo. Trovo infatti che nell'accennato codice sono no- minate, in data 3 aprile 1185, le lire den. bon. infor- ciatornm Cremoiiae et Brixiae (doc. 406) e nel 11 86, 1189, 1192, e T193 le lire inf. Cremonae et nov. me- diai, et brixensiiim equivalenti fra loro (doc. 440, 471, 508, 509, 516, 517, 524-526), dei quali denari è detto che erano computati a ragione di 37 soldi imperiali per marca (doc. 509), ossia che ne andavano 37 lire per formare 100 marche d'argento (doc. 516). Sorpasserò qualche altro accenno a queste mo- nete della citata raccolta di documenti cremonesi per rilevare che nel 1209, 1210, e 1211 (sec. XIII, do- cum. 103, T15, e T2i) si fa menzione di so!, bonor. iìifort. novorum Ciemonae. Quale precisamente sia questo Hìiovn inforziato non potrei dire. Pare che dal 1224 al 1226 la zecca cremonese fosse in piena attività. Da documenti del 16, 27 e 28 febbraio 1226 (407, 408, 409) risulta che i sovra- stanti alla moneta del comune erano Alberto de Ri- boldi, Martino de Avinato, Pietrobono da Milano, e Anzelerio Oldorico. Soltanto nel 1236 (doc. 517) trovo cenno del grosso in occasione di un pagamento che dovea farsi ad rationem 12 denariorum unuiiiijuemqiie deuaritim. Quantunque tale specie di monete non sia ulte- (i) Per evitare ripetizioni avvertirò, che per questo studio mi valgo soltanto di q. ielle alcune monete di Cremona che tengo nella mia limi- tata collezione. LE MONETE DEL COMUNE DI CllEMONA 259 riormente specificata, e probabile che si tratti del grosso cremonese da 12 den. inforz4ati, equivalenti a 6 denari imperiali di cui darò in seguito la figura. Altri accenni alla moneta cremonese non incontro fino al 1256 (doc. 668), nel qual anno sono nominate lib. )2 et solid. imp. j in denariis bonis et legalihus de arigento. cremonensibits, placentinibiis, papiensibus, grossis de 6 denariis, et niediolanensibìis grossis de 12 denariis, et parmensibus grossis de ^ denariis, sine cambio. 11 grosso di Parma qui menzionato del valore di 4 den. imperiali si cominciò a battere nel 1233 (Affò, in Zanetti, V, pag. 38) e pesa gr. 1,33 o poco più. Quello di Piacenza, colla croce, pesa gr. 2,00. E dunque della stessa bontà del precedente, e, cor- risponde a 6 den. imp. Il grosso di Pavia da 6 im- periali, secondo il Brambilla, alza gr. 1,70. Il grosso cremonese figurato al n." 7, pesa gr. 2,08, ed è dunque approssimativamente eguale a quello di Piacenza; esso o quello descritto al n." 11, pure equivalente a 6 denari imperiali, dovrebbe essere appunto quello indicato in questo documento. Incidentalmente osservo che qui sono nominati altresì i grossi milanesi da 12 denari, e devesi in- tendere 12 denari imperiali, che nell'opera sulle mo- nete di Milano dei fratelli Cinecchi non trovo, se non in epoca posteriore, regnando Enrico VII. E perciò verosimile che o per la scarsa coniazione nessun esemplare di tale moneta sia giunto fino a noi, o per il titolo elevato essa venisse a scomparire, per dar luogo a specie di minor bontà. Assegno alla prima metà del secolo XIU le se- guenti monete. Ritengo anzi che quelle contrassegnate coi numeri 2, 3, e 4 sieno state emesse regnando Fe- derico Il iVa il 1220 e il 1250. Le seguenti dal n." 5 al n." 8 vi appartengono, o per quanto ci indicano 26o GIORGIO CIANI i documenti surriferiti, o per la somiglianza dei ca- ratteri che ci inducono a ritenerle a queste conten- poranee. 2. Denaro mezzano o metà del denaro imperiale. ^ — + IM,PATOR Nel campo «F» (come nella figura). Circoli di lineette interno ed esterno. I^ — CREM — ONA» Croce che divide la leggenda, e colle braccia forma l'asta della E e della N, accantonata ad 2 e 3 da un globetto. Argento di bassa lega. Conservazione sufficiente. Peso gr. 0,65. Dalla collezione Gnecchi, n. 1132. WTr 3. Grosso da S mezzani pari a 4 denari imperiali, di tipo identico al precedente. Argento. Conservazione ottima. Peso gr. 1,35. 4. Grosso come sopra. Varietà del precedente, con una punta scendente dal cir- colo interno a sinistra della F, e con due punti simili, al rovescio negli angoli della croce, ad i e 4. Argento. Conservazione ottima. Peso gr. 1,22. Titolo 950 mill. (Brambilla). LE MONETE DEL COMUNE DI CREMONA 201 11 Brambilla illustrò nella Rivista It. di Ninni- smatica (anno 1891, pag. 431) il denaro riportato al n.° 2, ma possedendo egli un esemplare di questa moneta assai corroso, gli attribuì il peso di gr. 0,40, e perciò la ritenne un'obolo, o mezzo denaro piccolo, mentre l'esemplare che tengo, quantunque alquanto consunto, raggiunge i gr. 0,65, e perciò non esito a ritenerlo un denaro mezzano. Questo denaro, che egli supponeva coniato fino dal 1155, ha l'identico tipo del grosso n.° 3, che seguendo il Tonini, il prelodato autore assegnava a Federico I. « La finezza del me- tallo, egli dice, e la forma caratteristica di quella grande F che sta nel campo del diritto e che pure troviamo nei diplomi di Federico I, devono di ciò ampliamente persuaderci ». Per quanto rispettoso della memoria di quel va- lente numismatico, non posso aderire alla convinzione da lui espressa a proposito di queste monete. Anzi- tutto il fine del metallo potrebbe essere un' indizio ■per dare la precedenza di data ad una moneta, sem- pre però paragonata a specie fra loro eguali, e della stessa zecca, essendo nota la tendenza nel medio-evo a peggiorare la lega col progredire del tempo. In questo caso non giova, mancando i dati di confronto, perchè gli altri grossi di Cremona sono di buon argento, pari a quello in parola. E parmi evidente che la forma particolare della lettera F che scorgesi su questo grosso, ha impressionato tanto il Tonini come il Brambilla, il quale avendola riscon- trata simile a quella segnata su d'un diploma di Fe- rico I del 1 186, concluse che anche la moneta do- veva appartenere alla stessa epoca, non tenendo egli conto che quella F di forma speciale è usata frequen- temente nei documenti della prima metà del secolo XIII. L' assegnazione perciò di questo grosso fatta dal Brambilla scema di valore, e lo perde affatto 202 GIORGIO GIANI quando si ricordi che è appunto durante l'impero di Federico li che si trova con qualche frequenza nel campo delle monete l'iniziale del suo nome, mentre non si ha esempio di tale consuetudine al tempo di Federico I. Basterà qui rammentare i grossi di Pisa, i denari che vengono assegnali a Brindisi, e i grossi e piccoli di Trento. Ma una ragione ben piti forte avrei per rifiutare la assegnazione di queste monete a Federico I, ed è quella che ho espresso descrivendo il ripostiglio di Vigo Cavedine {Rivii^ta It di Num., 1897, pag. 490), dove notavo che la moneta cosi detta grossa non si cominciò a battere nelle zecche d'Italia se non dopo il 1220 circa. Venezia intorno al 1200 fu forse la prima a coniare il suo grosso matapane, Parma nel 1233, Reggio nel 1233, Modena nel 1242, Brescia verso il 1244 o poco prima, Pavia fra il 1220 e il 1250. Milano soltanto, come appare dalla descrizione delle sue monete dei fratelli Gnecchi, potrebbe Van- tare la precedenza per un grosso da due soldi, ed altro da un soldo al nome di un imperatore Enrico, monete che nell'opera accennata furono assegnate ad Enrico VI (1190-1197). Se non che questi grossi per il loro carattere generale non sembrano appartenere a quel tempo, ma piuttosto alla prima metà del se- colo Xlll. È non tornerà inverosimile che i Milanesi avversi agli Svevi e particolarmente a Federico II, a cui avevano chiuso in faccia le porte della loro città, non abbiano mai voluto segnare sulle loro mo- nete il nome dell'odiato imperatore, preferendo im- primervi quello di un Enrico da cui forse riconosce- vano il privilegio della zecca, come fecero più tardi Bologna e Novara, o segnandovi il nome di Corrado, come avea fatto Genova, e poi Piacenza. K un dubbio che oso esprimere, condiviso prubabilmente da altri, che abbia preso in particolare esame le monete medio- LE MONETE DEL COMUNE DI CREMONA 263 evali, e che m' auguro abbia ad essere chiarito da qualche studioso della zecca milanese. Ritornando, dopo la lunga, ma pur necessaria digressione, alla moneta cremonese, assegno alla pri- ma metà del secolo XIII, e più precisamente fra il 1220 e il 1254, tutte quelle monete che sono prive del segno della stella, prescritto nella convenzione di quell'anno. 5. Mezzano + FREDERICVcrt Nel campo P»R Circolo di lineette I esterno ed interno, con una punta uscente a de- stra da questo, convergente al centro. + CREMONA Croce accantonata da due globetti, ad I e 2, e da due punte come nel diritto, ad 3 e 4. Argento. Conservazione ottima. Peso gr. 0,71. Questo denaro per la forma delle lettere A e V sembra più an- tico di quelli qui sotto descritti. 9 6. Mezzano. Varietà della precedente per la forma delle lettere. Argento. Conservazione buona. Peso gr. 0,83. ism 7. Grosso da 12 mezzani, equivalente a 6 denari imperiali. Tipo e leggende come nelle precedenti. Argento. Conservazione ottima. Peso gr. 206. 264 GIORGIO CIANI 8. Medaglia o cremonese, equivalente a 'j^ del denaro im- periale. Tipo e leggende come nelle precedenti. Argento di bassa lega. Conservazione buona. Peso gr. 0,38. Nel T254 Cremona passava ad un accordo con largamo, Brescia, Parma; Piacenza, Pavia e Tor- tona, valevole per due anni (') per la coniazione di monete di eguale valore che doveano aver corso nel territorio dei comuni contraenti. Da questa conven- zione si rileva che doveano battersi: Grossi, da 4 denari imperiali dei quali se ne do- veano tagliare 171 pezzi da una marca di Bergamo, che secondo la conclusione del Mazzi '2) si raggua- gliava a gr. 217,0345. Mezzani, da 8 per uno dei detti grossi, dei quali se ne doveano ricavare 565 da una libbra di Ber- gamo (gr. 325,55175) due dei quali ragguagliavano il denaro imperiale, lasciando facoltà di coniare al- tre monete, della stessa lega, di cui 3 doveano cor- rispondere a due di questi mezzani, ossia corrispon- denti ad '/, del denaro imperiale, E ritengo che que- sto fosse veramente il terzo/o. Medaglie, ossia monete del valore della metà del mezzano, delle quali se ne doveano ricavare 816 da una libbra. (1) Fu stampato estesamente nell'Argelati, T. 5, p. 147, e nell'opera di G. A. Zanetti, T. IV, p. 42J. (2) Angelo Mazzi : La (^onvensioiie monetaria del 12J4, ecc. Ber- gamo, 1882. LI-: MONETE DEL COMUNE DI CREMONA 265 Dai dati ulteriori che ci sono forniti da questa convenzione risulta che: il grosso doveva pesare gr. 1,2692 ed essere al titolo di iiiill. 828 il mezzano „ „ ., 0,5772 „ „ „ „ , „ 208 il Urzuolo „ „ „ 0,385 „ „ ,, „ „ „ 208 la medaglia „ „ „ 0,399 » » „ „ „ „ 125 Tutte le monete sovra indicate doveano essere contrassegnate da una stella che è indicata a 6 raggi) « qiiae debet fieri modo croxato ». Non mi è lecito asserire che Cremona battesse monete in conformità a questa convenzione. Pare tut- tavia che il denaro, illustrato da E. Gnecchi nella Rivista It. di Nwnismatica (anno 1897, pag. 28, 13) che pesa gr. 0,32 ed è al titolo di mill. 164 sia stato emesso in quest' epoca. L' esemplare da cui ne ho tratto il disegno pesa gr. 0,62, quello del Museo ci- vico di Trento gr. 0,38. Tanta differenza di peso non ci permette di for- mulare un giudizio definitivo, e non ci resta che il segno della stella per attribuirlo verosimilmente a questo periodo di tempo (7254-1256). \ 9. Denaro (scodellato). B' — + FREDERICVw Nel campo P*R Circolo dilineette esterno ed interno, dal quale ultimo si dipartono due punte convergenti al centro. 9 - + •CREMONA» Nel campo: Stella a 6 raggi. Cir- coli come sopra. Argento. Conservazione buona. Peso gr. 0,62. 3t 266 GIORGIO CIANI Nella collezione del Museo Civico di Trento esiste un esemplare di questo denaro, privo delle punte, proveniente dal ripostiglio di S. Nicolò de- scritto dal Giovanelli, che comprendeva esclusiva- mente monete del secolo XIII. IO. Medaglia. ^ — + FREDERICVw Nel campo P*R Circoli come nella precedente. RI — -J- CREMONA * Nel campo: Croce accantonata ad I e 2 da una stella a cinque punte. Circoli e. s. Argento di bassa lega. Conservazione buona. Peso gr. 0,37. Il Gnecchi illustrando il ripostiglio di Cavriana riporta al n. 14 questa medaglia, priva però della stella dopo il nome della città, e indica per la stessa il titolo di mill. 124, corrispondente quasi esattamente a quello stabilito dalla convenzione citata. Metto qui in seguito qualche altra moneta che per il segno della stella dovrebbe appartenere alle coniazioni successive al ricordato accordo, quantun- que non trovi corrispondenza coi pesi in esso pattuiti. II. Grosso da 6 denari imperiali. ^ — + FREDERICVw Nel campo P'^'R Circoli di lineette. LE MONKTE DEL COMUNE DI CREMONA 267 R) — + CREMONA Nel campo: Croce accantonata ad i e 2 da una stella a 6 raggi, e ad 3 e 4 da una punta uscente dal circolo interno. Circoli e. s. Argento. Conservazione abbastanza buona. Peso gr. 1,47. -^^ 12. Denaro imperiale. P*R B" — + FREDERICVw Nel campo * Circoli come so- pra e una punta uscente dal circolo interno a de- stra in basso. ^f — + CREMONA Nel campo : Croce accantonata ad i e 2 da un globetto, ad 3 e 4 da una mezzaluna. Circoli e. s. Argento. Conservazione buona. Peso gr. i,ii. Il codice diplomatico di Cremona che ebbi più volte a citare, non offre dopo la metà del XIII se- colo alcun dato interessante intorno alle monete di questa città, essendovi nominata quasi esclusivamente la moneta imperiale e soltanto eccezionalmente nel T274 G 1291 (doc. 970 e IT 14) i dell. iinp. di Creiiioìia, che dovevano essere del tipo sovradescritto. ci; 13. Mezzano. ,©' — + FREDERICVw Nel campo P»R Circoli e. s. 268 GIORGIO CIANI ì^ — + «CREMONA* Nel campo: Croce accantonata ad I e 2 da una stella a 6 raggi. Argento. Conservazione buona. Peso gr. 0,92. Appartengono, per la forma delle lettere com- ponenti le leggende, alla fine del secolo XIII, e più probabilmente al principio del secolo XIV, le due monete seguenti : 14. Mezzano. ^' - + FREDCRICVS Nel campo * Circoli di punti. R) — + CREMONA Nel campo : Croce accantonata ad i e 2 da una stella a cinque raggi. Circoli e. s. Argento di bassa lega. Conservazione buona. Peso gr. 0,84. 15. Grosso. ^ — + CREMONA Nel campo : Croce accantonata ad i e 3 da un giglio, a 2 e 4 da un globetto. Circoli di punti. ì^ — •$• JW€-RIVS» Il Santo col nimbo punteggiato, mitrato, benedicente, e col pastorale, seduto in cattedra ornata di due leoni. Circolo esterno di punti. Argento. Conservazione ottima. Peso gr. 2,05. LE MONKTE DEL COMUNE DI CREMONA 269 16. Grosso. Varietà del precedente, colla E lunata in CREMONA. Argento. Conservazione buona. Peso gr. 1,77. Nel 1330 Cremona si clava a Giovanni re di Boemia che vi battè il denaro col suo busto e la solita croce colle due stelle, illustrato dal Lopez. Il governo autonomo era cessato, e con esso la sua zecca, e cominciava l'epoca delle signorie, e dei tiranni. Dai dati che ebbi a riferire in questi brevi cenni si viene a conchiudere, che la zecca comunale di Cremona fu aperta anteriormente al T163, e che la prima moneta coniatavi fu il denaro cremonese, cor- rispondente ad '/^ del denaro imperiale, che fin'ora non è conosciuto. Forse nel 1173, ma certamente nel 1177 era in corso il denaro inforziato di Cremona del valore di ' ., denaro imperiale, ed equivalente al denaro di Brescia e al denaro nuovo di Milano. Una seconda coniazione di tali denari fu fatta nel 1209 o poco innanzi e per distinguerli dai precedenti fu- rono detti nuovi inforziati. Verosimilmente nel 1233 o nel 1236, ma ccr- tc^mente prima del 1256, furono coniati i grossi da 6 denari imperiali, e contemporaneamente i grossi da 4 denari imperiali, i denari inforziati e le meda- glie di egual tipo dei grossi. Per la convenzione del 1254 sembra che Cre- mona mutasse la sua moneta, uniformandola nella lega e nel taglio, a quanto era stabilito da quell'ac- cordo. Ma due anni dopo riprese le coniazioni col- l'antico sistema, e di quest'epoca conosciamo il grosso da 6 denari imperiali, il mezzano, e la me- daglia, nonché il denaro imperiale cremonese. Dal 1300 al 1330 uscirono dalla zecca cremonese i grossi da 6 denari imperiali coli' immagine del santo protei- 270 GIORGIO CIANI tore della città, ed i mezzani, e questi furono forse gli ultimi suoi prodotti. Giunto al fine di questo studio mi sia lecito esprimere la speranza che altri abbia a pubblicare quelle monete di Cremona che non furono fìn'ora avvertite colmando le lacune da me accennate, che riguardano in modo speciale il primo periodo della sua attività. Trento, febbraio igoS. Giorgio Ciani Il punzone del Papa Felice V a Basilea In Basilea furono coniati già dal tempo dei Merovingi trienti d'oro: più tardi i Carolingi e Bur- gundi e infine anche i Tedeschi coniarono quivi denari d'argento. Nelle adiacenze della Cattedrale si trovava un palazzo nel quale verosimilmente si coniavano le monete necessarie in occasione della dimora di qualche re. Circa l'anno looo i vescovi di Basilea ebbero diritto di zecca, e lo esercitarono fino all'anno 1373 circa, come lo dimostrano molti pezzi d'argento brat- teati e mezzo bratteati rimasti fino a noi. Nel 1373 il vescovo ipotecò alla città la zecca, poi la liberò, poi di nuovo la mise in pegno nel 1385. Dopo l'ul- timo quarto del secolo XIV la città coniò bratteati d'argento prima con la testa del vescovo e le ini- ziali B-A, poi con il proprio stemma, il pastorale di Basilea. Nel secolo XV la città coniò inoltre anche pezzi d'argento a due forme, con l'eHigie della pa- trona della Cattedrale Santa Maria sul diritto e sul rovescio con lo stemma della città. L'anno 1429 il re Sigismondo fondò una zecca regia in Basilea, la quale coniò sotto di lui e sotto i suoi successori fino all'anno 1509, nel quale la zecca fu trasferita in Augsburg, fiorini d'oro detti 272 E. A STUCKELHKRG Apfelgulden, perchè su essi era rappresentata la mela dell'Impero. Questa zecca fu data in ipoteca insieme con quella di Francoforte e di Nòrdlingen a Corrado di Weinsberg (■). Era capo della zecca, dal 1439 al 1454, Pietro Gatz, e sotto di lui stavano alcuni assistenti i quali curavano la coniazione. Noi apprendiamo, p. es., che nell'anno 1438 furono coniati 237, nel 1439 326 e 238 fiorini d'oro pesanti detti Apfelgulden (2). I documenti dell'Archivio di Basilea ricordano per il periodo di tempo dal '1401 al 1450 anche vari maestri di zecca, come Werli, abitante alla Pfhig- gasse, Dietrich abitante nella Totengasse, Hans e Die- trich dimoranti nella Schneidergasse ; fra i congiunti di quest'ultimo vi è una donna di nome Orsola (Ursel). Un maestro di zecca senza nome abitava allo Spa- lenberg. Anche intorno agli edifici della zecca nel Medio Evo ci danno alcuni particolari i documenti dell'Ar- chivio di Stato. Secondo questi atti si coniava al- l'antico Fischmarkt, n. 7 e in parte del n. 8, dirim- petto al Rndengàsskin, n. 3 ; dietro la Eisengasse, al n. 22 ; nella Schivanengasse, al n. 2 ; nella Sporen- gasse, al n. I [Gtddinmiìnz); nella Stadthausgasse, m parte del n. 13. Le abitazioni di tutti questi maestri di zecca e tutti insieme gli edifici sopraccitati si tro- vano nella città vecchia, non lungi dal centro, cioè del Rathaus e del Markt ; la maggior parte nella bassura del fiumicello Birsig. Fino a qual punto le indicazioni qui riferite avessero relazione con la zecca municipale o regia, (i) Ved. Archivio di Stato di Basilea. Atti della zecca, 7». (2) Giuseppe Albrecht: MUtheilungemiir Geschichte der Reichsmunz- statten, 1835, pag. 38. IL PUNZONE DEL PAPA FELICE V A BASILEA 273 non ci è dato di determinare con maggior precisione. I punzoni della città sono in gran parte rimasti; fra questi vi sono anche conii per medaglie, inoltre pun- zoni dell'officina regia ed un conio del Papa Felice V. I punzoni sono tutti di ferro, sono in parte molto, in parte poco usati, alcuni ben conservati, altri male, anzi rotti. L* intera collezione passò al dipartimento della Finanza cioè al Rathmis, quando il cantone di Basilea cedette il suo diritto di zecca. Nel 1863 il direttore della zecca federale Escher domandò l'invio dei punzoni a Berna, ma l'archivista di Basilea d'al- lora, Krug, ha il merito d'aver negato l' invio. I punzoni furono affidati alla Commissione delle Antichità ed esposti in ordine in una vetrina dell'an- tico Museo della Angus iinergnsse. Il ferro era molto arrugginito ; invece di togliere la ruggine, si verniciò la superficie dei conii. Nell'anno 1894 tutta la raccolta insieme col Ga- binetto Numismatico venne trasportata nel Museo storico nell'antica Barfùsser Kircìie. Qui i punzoni ri- masero senza catalogo e trascurati. Nel novembre 1906 chi scrive queste righe diede un'occhiata a quei pezzi antichi e trovò in quell'occasione fra punzoni di bratteati e conii del XV fino al XVIII secolo il pezzo con lo stemma del Papa Felice V. Eseguii al- lora alcune impronte in ceralacca e ne inviai un esemplare all'ambasciata italiana a Berna per S. M. il Re d' Italia, al prof. Maurice Prou per la Société des Antiquaires a Parigi, al Gabinetto Numismatico di Berlino e al biografo del Papa Felice V, Max Bruchet, archivista in Annecy. Contemporaneamente pubblicai nel n. 289 del supplem. alla Aìlgem. Zeitung di Monaco una breve notizia sul ritrovamento "). Que- sta nota diede per effetto che il punzone fu con molta (il Frankfurter Mnnzzeiiung VII (1907), n. 14, tav. 49, i. 35 ^4 E, A. StiiCKELBERG cura pulito con petrolio e arroventato. Poi i vari periodici numismatici mi sollecitarono un articolo su questo ritrovamento. Il punzone consiste di un cilindro di ferro bat- tuto, la parte superiore è stata alquanto allargata pei colpi di martello dati nel conio. Esso misura ora mill. 7,2 in altezza e mill. 22 di diametro di super- ficie di coniazione. Il sotto punzone, la cui cima do- veva essere ben incastrata in un tronco di legno, pare non si sia conservato, per lo meno non è stato trovato. La superficie di coniazione del nostro pun- zone è levigata, il campo è occupato dallo stemma di Casa Savoia ; sopra emerge il triregno e sotto le infule svolazzanti sono le due chiavi decussate. Lungo il circolo del campo il cui punto centrale è visibile come in molte antiche monete romane, corrono due cerchi di perline ; fra il maggiore e il minore sta la leggenda, incisa in maiuscole gotiche: FELIX * PP * * QVINTVS. La leggenda e l'arme del campo fanno ricono- scere senza alcun dubbio lo stemma come ricordo del Papa Felice V. Sotto questo nome, che dopo il VI secolo non fu portato più da alcun Papa (Fe- lice I, 259-74; Felice II, 355-66 (antipapa); Felice III, 483-92 ; Felice IV, 516-30), salì al pontificato il duca Amedeo Vili di Savoia eletto dal Concilio di Ba- silea. 11 Concilio di Costanza aveva concesso al conte il titolo di duca, quello di Basilea il triregno (5 novembre 1439). Il 17 dicembre eletto al trono papale. Felice V giunse a Losanna in aprile e il 24 giugno a Basilea (1440). Qui fu incoronato con gran pompa il 24 luglio. Il 17 novembre 1442 lasciò Ba- silea, ma poi ritornò di nuovo nella città del Reno per soggiornarvi dall'agosto 1446 al 9 gennaio 1447, Siccome il nostro punzone fu conservato insieme ai conii di Basilea, deve chiaramente esser stato usato IL PUNZONE DEL PAPA FELICE V A BASILEA 275 in Basilea e certamente durante il soggiorno del Papa in questa città. Ora la cronaca racconta che il Papa abbia fatto gettare al popolo del denaro in occasione della sua solenne incoronazione, che egli inoltre abbia fatto coniare pei signori e prelati presenti alla cerimonia medaglie di presenza di due pfeiining d'argento e di un pfemiing d'oro. Si può quindi ben supporre che il punzone a noi rimasto abbia servito alla coniazione di questi pezzi, ma non sappiamo poi se per l'oro, o per l'ar- gento, o per entrambi insieme. Che non ne sia ri- masto alcun pezzo di scarto può esser chiarito in tre modi : le monete erano di valore superiore, cioè o di titolo o di peso maggiore di quelli cor- renti in quel tempo e ciò allora doveva escluderli dalla circolazione, oppure si trattava sopratutto di soli pochi esemplari distribuiti, o furono i pezzi ri- masti piti tardi fusi come pezzi condannati quali mo- nete di un antipapa. Che però Felice V abbia coniato moneta, è molto verosimile. I documenti parlano della sua relazione con Corrado di Weinsberg ^0; questo pignoratore della regia zecca di Basilea era dopo il 13 novembre 1438 uno dei quattro regi ambasciatori al Concilio, e fu il 22 febbraio 1439 il suo protettore. Come uomo versato in grandi affari egli dovette riscuotere il denaro delle indulgenze sotto due re, egli provvide a questo per il Concilio che gli aveva rilasciato cinque lettere di indulgenze; egli ottenne molte altre lettere d' indulgenza anche da molti Papi. Con Felice V, Weinsberg stette in corrispon- denza fino al 1445 e cavalcava nel corteo della inco- ronazione coi primi dignitari. Anche il suo maestro (i) Luher Arcliival-Zeilschrift, VII, pag. 150175. 276 E. A. STilCKKLBERG di zecca Pietro Gatz era in relazione col Papa; l'esame del Bidlarium di Torino potrebbe offrire qualche maggior particolare. È quindi molto verosimile che il Papa Felice si sia servito di queste due persone per i suoi affari di zecca. Il punzone deve essere stato dimenticato in oc- casione della partenza del Papa da Basilea (nel 1442 oppure nel 1447), e coi punzoni che portano la marca di Weinsberg rimase fra i coni della città. Felice V fece coniare anche il cosidetto Agnus dei con la cera del cero pasquale, ma finora non se ne è rinvenuto alcun esemplare. Donò anche una campana alla Cattedrale, ornata con il suo stemma. Quando si spaccò, fu fusa di nuovo alla fine del se- colo XV, ma di nuovo ornata dallo stemma del do- natore. Quando nel secolo XIX la campana venne fusa, lo stemma fu tolto e conservato ('). Si può rico- noscere dall'originale che si trova nel Museo storico della città che la tiara non ha più forma conica come nella moneta, ma forma convessa ed ovale. Basilea, gennaio igoy. E. A. Stuckelberg. (1) Rivista Araldica, Roma, anno V, 1907, pag. 129-130. APPENDICE ALLA ILLUSTRAZIONE DELLA ZECCA DI CASTIGLIONE DELLE STIVIERE (') Pubblicando nella mia storia di Castiglione delle Stiviere l'illustrazione della zecca di tale luogo, av- vertivo non essere noto che l'officina fosse stata aperta in virtù di una concessione speciale; e dichia- ravo anche che. sebbene le mie ricerche fossero state alquanto diligenti, non mi lusingavo di avere fatto opera completa, e speravo anzi che varie altre mo- nete venissero in luce. Trascorsero non molti anni, e fatti nuovi mol- teplici vennero a mia cognizione e furono da me e da altri pubblicati in varii periodici. Ho pensato quindi che torni utile per gli studiosi riunire le no- tizie tutte che dalla predetta mia pubblicazione ad oggi io appresi. Il che è scopo della presente ap- pendice. E prima di tutto ricorderò il Privilegio da me rinvenuto, con cui l'imperatore Massimiliano II con- cedeva a Ferrante Gonzaga, primo marchese di Ca- (i) Agostini ing. Agostino: (aslig Itone delle Stiviere dalle sue origini geologiche fino ni nostri giorni. Ptrte III: La zecca. Brescia, T. Apollo- nio, 1895. 278 AGOSTINO AGOSTINI stiglione, il diritto di monetazione ('). Poscia qui ripor- terò la illustrazione di monete della zecca di Casti- glione delle Stiviere da me e da altri pubblicate. MONETE. Marchesa Ferrante Gonzaga (7580-1586). Il numismatico Paul Bordeaux nella Keviie nit- mismatiqtie del 1901, primo trimestre, pubblicò un articolo sulla imitazione delle monete francesi operata in Italia: ed una ne attribuì tosto a Ferrante Gon- zaga di Castiglione, che vi aprì la zecca non appena investito del titolo; e quindi, assai probabilmente nel 1580. Un rescritto imperiale di Enrico III fu emanato in Francia nel 1583, allo scopo di impedire in quella nazione la circolazione di monete imitanti i liards francesi. E qui il detto autore ci dà la descrizione della moneta da me riprodotta alla tav. IV, n. 54 nella mia illustrazione della zecca di Castiglione portante in campo una F coronata con attorno: GON MAR • CAST • "E • S • R ■ IMP • P • e nel rovescio una crocetta a braccia eguali, ed attorno: SALVS • "E • GLORIA • DNS • Una tale moneta che io ho elencata per Fran- cesco I principe, come del resto fu fatto da varii altri studiosi, viene invece dal Bordeaux attribuita a Fer- rante: quelli partirono dal concetto che la F coronata riproduca il tipo della trillina milanese di Francesco I e che la crocetta del rovescio sia stata copiata dal forti di Carlo Emanuele I di Savoia: questi invece asserisce essere stata la moneta una imitazione del Hard francese, che in tutto le rassomiglia. Così ra- gionando, e considerando ancora che l'editto proibi- (i) Pubblicato da ine nella Rivista di Numisin., X (1897), p. 175. CASTIGLIONE DELLE STIVIERE 279 tivo sopra accennato data dal 1583, il Bordeaux giu- dica che tali imitazioni debbano essere state coniate fra il 1580 e 1583; per cui non possono essere che di Ferrante. A prima giunta pare infetti esatta simile indu- zione: ma se si considera che il detto marchese Fer- rante venne investito nel 1580, ammesso anche che abbia tosto cominciato a battere moneta, sembra ben difficile pensare che si sia dedicato immediatamente a produrre delle falsificazioni; mentre appare più lo- gico che queste debbano essere state eseguite più tardi in onta all'editto proibitivo, Comunque, il Bordeaux non fa conoscere una moneta nuova della zecca che ci occupa; è solo que- stione di attribuirla all'uno piuttosto che all'altro Principe. Invece lo stesso autore ci dà illustrazione di un'altra imitazione inedita, da lui attribuita ancora a Ferrante, per analogia alle sopra ricordate sue argo- mentazioni. È pure una falsificazione del Hard di En- rico III di Francia, avente in campo diritto una grande H coronata, con attorno : I. — Moneta avente il peso di gr. 0,75. B' - + GON- MAR ■ SACRIQVE. ^ - Croce fiorata e: + ROM • IMPERI • PRINC • L'autore giustamente non trova possibile spie- gare la presenza della lettera H su una moneta dei Gonzaga, se non per la intenzione di generare con- fusione coi pezzi francesi similari, i quali comincia- rono ad essere coniati nel 1575. Questa moneta veramente inedita, evidentemente non era altro se non una contraffazione : e risulta pure quasi certo che debba attribuirsi alla zecca di Castiglione, come quella che ebbe ad emettere un 28o AGOSTINO AGOSTINI numero straordinario di falsificazioni di ogni paese vicino o lontano : se non che, per le stesse ragioni sopra indicate, io propendo a credere che debba an- ziché a Ferrante, attribuirsi a Rodolfo, od a Ferdi- nando I. Marchese Rodolfo Gonzaga (i 586-1 593). Una serie di monete inedite di questo Marchese venne pubblicata dall' IH.""' Sig/ Conte Nicolò Papa- dopoli nella Rivista Numismatica del 1893 ed io qui le riproduco, togliendole da quel magnifico periodico: 2. — Mistura (peso gr. 1,075). B' — + CA • S • R • I D • &0 • MAR • Scudo colla croce Sabauda chiusa in tre archi di cerchio. R) — Croce ornata entro un contorno quadrilobato + CRV • • • • DE NOSTRA • Questa moneta è una variante di quella da me inserita nella citata mia illustrazione alla tav. Ili, n. 43. 3- 1^ - Mistura (peso gr. 1,20). Scudo colla croce sabauda chiusa in tre archi di cerchio; sotto lo scudo una stella: + CA ■ S • R • IMP O- M • Croce di S. Lazzaro grande, caricata da quella di S. Maurizio più piccola -f- CRVS • CRISTI • REDEN- NOSTRA- CASTIGLIONE DELIE STIVIERE 281 4- 9. - Mistura (peso gr. 0,95). Simile al dritto della precedente. Sotto lo scudo la lettera B invece della stella: CA S ■ R • IM • P • ROD I ■ MA Croce come nella precedente: CRVX • CRIS • REDE ■ NO Queste ultime due monete sono varianti di quella alla tav. Ili, n. 44. della mia illustrazione. Tutte e tre poi le predette monete, sono mani- feste contraffazioni, dice il prelodato sig. Conte, delle parpagliuole di Carlo Emanuele I di Savoia : e la seconda è copiata da quelle coniate a Chamber3\ 5. — Mistura (peso gr. 0,99). iy — Stemma senza corona con tre corni di cervo posti in fascie: 3G ROD C RSIP- I^ — Stemma senza corona con due pesci addossati : ® MO FA TA MA C- 1586, « Ecco una monetina », dice l'Ili.'"" Sig. Conte, « che rimase lungamente ignorata dai numismatici. perchè destinata a circolare in paesi lontani, ove diffìcilmente si poteva indovinarne l'origine. E una imitazione dei Dreier di Ulrico duca di Wiìrtembcrg, 282 AGOSTINO AGOSTINI nella quale lo stemma del dritto riproduce i corni di cervo, impresa della casa regnante, e quello del ro- vescio i pesci di Mompelgard. È da osservarsi come gli intagliatori della zecca di Castiglione e di altre con- generi, senza essere grandi artisti, sapessero indovi- nare e riprodurre i caratteri speciali delle monete dei diversi paesi, in modo di trarre in inganno tutti co- loro che non vi facevano particolare attenzione ». 6. — Mistura (peso gr. 0,83). ^ — G. C. che consegna le chiavi a S. Pietro in ginoc- chio: GO • MA ■ C • S • R • I • PR • esergo RO • I^ — Ritratto del papa Sisto V : S • SIXTVS ■ P • MAR • Sotto al busto : G + I • Il È questa una delle tante imitazioni fabbricate in Castiglione sul tipo delle bajocchelle romane, nella quale per meglio giustificare l'inganno, attorno al ri- tratto del pontefice è posta la inscrizione S. Sisto; e le lettere RO devono essere interpretate come la prima sillaba del nome del Marchese, invece di se- gnare la zecca di Roma. A mio avviso (dice l'Ili.""' Sig. Conte) dovrebbe essere una delle più antiche falsificazioni di Rodolfo, perchè la lega apparisce mi- gliore ed il lavoro più accurato del solito ». Venuto a mia cognizione che nell'asta della col- lezione A.... C... tenutasi nel febbraio del 1902, presso il sig. cav. Sambon a Milano, il signor Achille Can- toni, fra altre monete, ebbe a comperarne una di Ca- stiglione, elencata al n. 1016, sotto il titolo di mezzo grosso — falsificazione per Genova — Rodolfo Gon- zaga; e ritenendo si trattasse di un pezzo inedito, mi recai dal predetto signore onde prendere in esame la moneta: ed egli infatti, con quella cortesia singo- larissima che lo distingue, mi permise non solo ogni più minuta analisi, ma concesse anche che ne prendessi CASTIGLIONE DELLE STIVIERE 283 il calco. Dalle quali ispezioni rilevai non trattarsi affatto di moneta inedita, perche il pezzo di cui è cenno altro non è se non quello illustrato da me alla tav. Ili, n. 40: ma però rilevai che la moneta è im- portante, inquantochè, mentre la mia illustrazione la- sciava incomplete affatto le diciture, questa del signor Cantoni essendo benissimo conservata, ci porta ogni schiarimento desiderabile. E perciò che trovo utile qui riportarla (moneta n. 7): ,& - RO G • MA • CA • SA • R ■ IM • P • 9 - CRV • CRISI • RED- NOSTE- Dal che risulta che questo Marchese, con audacia singolare, metteva il proprio nome ed i propri titoli sulle monete che numerosissime falsificava per zecche italiane ed estere ('). il sig. Guglielmo Grillo, nel Bollettino di Numi- smatica, a. Ili, n. 6, giugno 1905. pubblica la seguente varietà posta in corso da Rodolfo, ad imitazione delle bajocchelle di Sisto V. 8. B' - ROD • G • MAR CA • S • RO • IM ■ PR Cavaliere con vessillo. I^ - S • SIXTVS • PA • MA • 1590 Busto di Sisto V. Il tenente colonnello A. Cunietti-Cunietti nel Bollettino di Numismatica, n. 7, 1907, rende pubblici due soldi da lui attribuiti a Rodolfo, come contraffa- zioni di quelli di Carlo Emanuele I di Savoia. (i) Dalla Rassegna di Numismalicii, a. I, n. 2, marzo 1904. 284 AGOSTINO AGOSTINI 9. ,& RODV - CAR • EM • D • G • C • MAR Stemma di Savoia inquartato e coronato. R; - + CD-V-MTINT- DOMINE ■ OST • Croce di S. Maurizio in cerchio quadnlobo. Peso gr. 1,100. 10. B' — CRVX • CRISI • CAR • EM ■ D Stemma e. s. 1^ — CAR • EM • DVX • SABA Croce e s. Peso gr. 2,000. Marchese poi Principe Francesco Gonzaga (1595-1616). Anche per questo Principe, l'ili.™ sig. conte Pa- padopoli piìi sopra ricordato, ci diede ricche notizie di monete inedite, nel precitato fascicolo della Rivista di Numismatica del 1893; notizie che qui integralmente riportiamo, cominciando da un preziosissimo scudo d'oro, formante parte della splendida collezione del signor Conte medesimo. ' 11. — Oro (peso gr. 3,11). B' — Busto del Principe a destra con collare alia spa- gnuola: FRAN • D G • PRiNC • CASTIONI • P — Stemma Gonzaga coronato e fregiato dei toson d'oro: nello scudetto centrale, nel primo e quarto leone rampante, nel secondo le fascie Gonzaga, e nel terzo la testa di buffalo: MARCHIO • MEDV- LAR EC- Il conio è squisito lavoro, probabilmente dello stesso Gaspare Mola che incise altri pezzi di questo Principe, e lavorò egregiamente per la zecca di Gua- stalla e per quella di Mantova. 12. — Mistura (peso gr. 1,42). (ly — Scudo colla croce di Savoia chiuso in tre archi di cerchio: + FRAN • GON • MA • CAS • S • R • I • P • CASTIGLIONE DELLE STIVIERE 285 ^ — Croce grande di S. Lazzaro caricata di quella di S. Maurizio più piccola: + CRVX • CRIS ■ REDE • NOST imitazione delle parpagliole di Savoia, simile a quelle di Rodolfo. Principe Ferdinando I (i6i6-]678). Il signor Guglielmo Grillo pubblicò "' tre monete sconosciute di questo Principe, e cioè due inedite ed una varietà; e ne completa una di quelle già note. Tali monete sono le seguenti: In un ripostiglio di una discreta quantità di mo- netine della dinastia di Savoia, dal detto sig. Grillo acquistate a Biella, come egli scrive, rinvenne anche alcune contraffazioni: una di queste imita il soldo di Carlo Emanuele e Maria Cristina. E la illustra nel modo seguente: « Le monete basse, a consuetudine d'allora, veni- vano battute o tagliate in modo molto irregolare. Del soldo di Carlo Emanuele e Maria Cristina, pur co- niato in quantità rilevante e perciò di facile ritrova mento ai dì nostri, il Promis, nella sua grandiosa opera ^^\ non riuscì a dare la leggenda che in parte. « Ora, trattandosi di una contraffazione, solita- mente di minor peso, pur essendo fresca di conio è così falcidiata da non lasciare visibile che ben poche lettere; però, a mio modo di vedere, quanto basta per riconoscerne l'origine e indicarne la zecca. 13. f& — PRIN CA • • Stemma con la croce Sabauda, coronato. (i) Bolletlitto llaliatw di Nutiiisiiitilua, unni) Ili, giugno 1905, n. 6. (2) DoM. PiiOMis, Le monete dei l\cali di Savoia, i&\'. -XXXXVI, n. 21. 286 A(.OSTlNO AGOSTINI ^ - IN TE DOMINE CON . . . Croce trilobata, accanto- nata da due C in monogramma. Rame. Peso gr. 1,120. « Che io mi sappia, non trovo interpretazione mi- gliore, ne più confacente alle parole PRIN CA, che at- tribuire queste all'abbreviatura comunemente usata ; a PR\ficcps Cksiilionis. « Il lunghissimo governo di Ferdinando I Gon- zaga (1616-1678) comprende non solo, ma sorpassa di molti anni l'epoca di battitura dei soldi di Carlo Emanuele e di Maria Cristina di Savoia ed anche i somiglianti di Carlo Emanuele II, perchè questa mo- neta, rimasta fino ad ora sconosciuta, non si possa con tutta probabilità attribuire a questo Principe, ben noto ai numismatici per le sue numerose e variate contraffazioni «. La moneta di cui il sig. Grillo dà la completa- zione, viene da lui illustrata nel predetto BolUttino, come segue : « Guid'Antonio Zanetti, nel volume III della sua preziosa opera, al n. 12 della tav. XII, dà il disegno di una moneta di Ferdinando I Gonzaga, riprodotta poi esattamente dal sig. A. Agostini alla tav. VI, n. 84 della sua monografia: La zecca di Castiglione. « Il Santo è raffigurato colle bra,ccia tronche e la dicitura incompleta. " Lo Zanetti come pure l'Agostini, non ebbero a quanto pare, a loro disposizione che un esemplare mal battuto, oppure guasto e logoro dal tempo; pos- CASTIGLIONE DELLE STIVIERE 287 sedendo la graziosa monetina del Gonzaga a fiordi conio, ne disegno esattamente l'improiita, completando la leggenda a questa audace imitazione della moneta di Pesaro ». 14. 3^ — S • NAZARIVS • P • C • Il Santo in piedi colla sinistra alzata e nella destra la palma del martirio. P — Aquila coronata volta a sinistra in una ghirlanda di foglie. Rame. Peso gr. 0,700. La varietà di una moneta di questo Principe resa nota dal sig. Grillo sul citato Bolleiliìio, è da lui illustrata così: « Ancora di Ferdinando I una interessante va- rietà di quella pubblicata dal signor Agostini alla tav. VI. n. 88 ». 15. & — Busto del Principe con collare di pizzo. 9 — A destra alcune lettere della parola MARCHIO. In una croce filata, stemma inquartato: i. Aquila co- ronata; 263. Biscia coronata con fiore in bocca; 4. Cane rampante coronato, nel centro testa di buffalo coronata, parte dello stemma della moglie. Rame. Peso gr. 1,450. L'altra moneta inedita di questo Principe è dal 288 AGOSTINO AGOSTINI signor Grillo nel suddetto Bolkitino illustrata come segue : « È una astuta contraffazione dei quattrini di Filippo IV di Spagna per Milano. i6. ^' - FER • D ■ G • S • R • llll • ET • C P {F^R'imandus ■ Dei- (ìratia • Sacrique • Ro»iani •ANipern • ET C-astilio- tiis • Vrinceps). Testa del Principe volto a destra, con collare alla spa^nuola. ^ — MARCHIO MEDOLANI Biscione coronato. Rame. Peso gr. 1,470. Una variante per disegno e disposizione delle lettere, di bellissima conservazione, appartiene alla collezione del mio buon amico Marco Strada ». ^ - FER- D • &-S • R ■ llll • E C • P • Busto del Principe volto a destra. 1^ ~ MARCHIO MEDOLANI Biscione coronato. Rame. Peso gr. 1,180. Di questo stesso Principe ci d<à la seguente va- rietà il chiarissimo sig. tcn. colonnello A. Cunietti- CASTIGLIONE DELLE STIVIERE 289 Cunietti, pubblicata nel Bollettino di Numismatica, n. 4 (T907), e da lui così illustrata : 17. ,0- — FERD-M- E-M • F • - • MAR • M • CA Stemma dei Gonzaga coronato, colle quattro aquile e al centro scudetto colle fascie e i leoni. I^ - TAB ■ SAN& • CHRIST • lESV Tabernacolo (come in quelle di Mantova per rappresentare il vaso del preziosissimo Sangue di N. S.). « Come bene afferma l'egregio ingegnere Ago- stini <■», per quanto ricca sia la serie dei pezzi di questo Principe, essa non completa l'idea dei prodotti nel periodo del suo governo. Onde la monetuzza che sopra ho descritto deve ritenersi una delle numerose e svariatissime monete battute da Ferdinando 1 ad imitazione o contraffazione di quelle degli altri stati d'Italia. Non avendo però riscontrato questa monetuzza né fra quelle descritte dall'Agostini, né dal Grillo, che sono i piti recenti illustratori di questa zecca, e da considerarsi una varietà non ancora pubblicata ». Ma la più preziosa delle monete inedite di Fer- dinando I, venne da me pubblicata nella Rivista Nu- mismatica, a. XIX, fase. I, Milano, 1906 (moneta n. 18), con un'aggiunta dell'illustre conte Nicolò Papadopoli, che attribuì altre quattro monete consimili al Prin- cipe medesimo (monete n. 19. 20, 21, 22). Lo stesso ili.""" sig. conte N. Papadopoli nella Rivista di Numismatica in principio citata, dell'anno 1893, di questo Principe ci fornisce la seguente mo- neta inedita: 23. — Mistura (gr. 0,50). fy - - Stemma con ornamenti che simulano le chiavi e la tiara: FER • GON • (i) Agostino Agostini: Castiglioìte delle Slivierc dalle sue origine geologiche fino ai giorni nostri. Parte IH. I^a zecca. 290 AGOSTINO AGOStlNi ^ — Santo vescovo dj profilo volto a sinistra seduto: S PATERNIANVS. Alle quali notizie il sig. Conte aggiunge la pub- blicazione di altre monete di questo principe, che costituiscono piccole varianti a quelle della mia illu- strazione segnata alla tav. VI, n. 53, 54. 60; e tav. VI, n. 87. Carlo Gonzaga (1678-1680). Abbiamo veduto che Francesco Gonzaga terzo Marchese e primo Principe di Castiglione delle Sti- viere, dopo avere innalzata quella zecca alla dignità di coniare monete coi nobili metalli, ne pose in corso varie come Marchese, e parecchie anche come Prin- cipe; ma due sole in questa sua qualità nel metallo rame, per quanto è noto. Esse sono il soldo ed il mezzo soldo: le quali portano nel campo dritto il monogramma delle let- tere F e G contrapposte, coronate, con attorno le parole: PRIN • CASTILLIONIS ■ ETC- ; nel rovescio un cane rampante tra due staffe (stemma di Castiglione), ed attorno la dicitura: FIDES ■ INCORRVPTA • Ho detto ancora nella mia illustrazione di tale zecca, come l'Aftò e lo Strozzi attribuissero senz'altro simili monete a questo Principe, mentre avrebbero potuto essere del suo successore Ferdinando I : ma io ho allora aggiunte le ragioni per le quali si devono indubbiamente ritenere appunto di Francesco. Ferdinando 1 a lui succeduto e che dominò dal [616 al 1678, coniò una grande serie di monete anche di rame. Durante questo lungo periodo, Carlo Gon- zaga, signore di Solferino suo cugino e naturale suc- cessore essendo morto l'unico figlio di Ferdinando, CASTIGLIONE DELLE STIVIERK 29I si rodeva nella sfrenata sua ambizione, di non poter sollecitamente salire il trono del principato di Casti- glione. Al quale uopo pose in opera ogni sorta di tentativi, e persino la violenza ed il tentato assassi- nio. Xè altro potendo fare, sfogava infrattanto la sua manìa ambiziosa col coniare monete di ogni metallo, improntandovi titoli superlativi, che non gli apparte- nevano. Finalmente nel 1678 fu ap[)agato il massimo suo desiderio, e per la morte di Ferdinando I, gli suc- cesse nel principato; nel quale durò poco, perchè da principio gli venne negato il diritto; e solo dopo la soluzione dell'insorto litigio, potè ottenere l'agognato intento; mentre poi moriva nel t68o, per cui solo per un tempo inferiore a due anni potè esercitare la carica finalmente raggiunta. In questo breve periodo, tre sole monete ci fu- rono note fino ad oggi essere state da lui coniate nella zecca di Castiglione; e cioè una d'argento basso col S. Nicolao protettore (h Solferino; una di rame col S. Luigi stante, assai ccjmune; ed un altro soldo con S. Ilario, che è strana perchè questo Santo non fu mai fra i protettori del Principato; tale moneta non è nota, ma venne da me inserita nella citata il- lustrazione, perche la trmai accennata nel Catalogo della collezione Franchini venduta in Roma dal si- gnor Dura. In oggi posso dare contezza di una quarta mo- neta di questo Principe, la quale non è altro che la riproduzione tli quella sopra ricordata del principe Francesco, col cane rampante; m.i il conio ne è pii^i fino, per cui si può dire essere di quella, una specie di perfezionamento: e dessa un soldino di rame, avente nei campo dritto il monogrannna colle lettere C G contrapposte, ccjronate, disposte in due cerchii costi- tuiti di [)untini: e nella zecca formata da essi, leggesi 292 AGOSTINO AGOSTINI la dicitura * PRINC • CASTILLIONIS "EC *. Nel campo del rovescio vi è un cane rampante fra due staffe, più smilzo di quello delle monete similari di Francesco; anche esso è fra due cerchii costituiti di puntini; e nella zona di questi cerchii formata, trovasi la dici- tura: * FIDES • INCORRVPTA #. La moneta, che è nella mia collezione, è bene conservata per quanto lievemente tosata, come erano tutte quelle dei tempi di cui trattasi : è del dia- metro di mm. 18, e pesa gr. 1,10 (moneta n. 24) (J^. Principe Ferdinando II (1680-1723). Ancora il sig. Guglielmo Grillo nel Bollettino di Numismatica sopra ricordato, n. 6, anno III, giugno 1905, ci fornisce una moneta inedita di Ferdinando II, ed una varietà, da lui ivi illustrate nel seguente modo: « Di Ferdinando II Gonzaga una inedita moneta di rame con poca lega di argento, molto simile ad una di Ferdinando I. 25. — Mistura (peso gr. 0,630). ,& — FER • Il • PRIN • CAS • Busto del Principe rivolto a destra. ]J — SESIN VS CASTI Scritto in tre righe, una rosetta in alto ed in basso. Fra V ed S un punto, probabilmente uno dei così detti punti segreti di zecca. (i) Dalla Rassegna Numismatica, anno 1908, n. 2. CASTIGLIONE DELLE STIVIEKE 293 Di questa moneta l'ili.'"" sig. conte Papadopoli nella Rivista di Numismatica. 1893, in principio rife- rita, ci dà di Ferdinando II altra moneta simile alla precedente ed a quella da me illustrata alla tav. VI, n. 82, di Ferdinando 1, ridotta per questo Principe: ■fe vè 'il 26. Mistura (peso gr. 0,78). B' - Testa a destra: FERO II ■ PRIN • CA ?( — SESIN • V S • CASTI Su tre righe fra 4 rose. Infine aggiungerò una varietà di quella di Fer- dinando II riportata dall'Agostini a tav. Vili, n. 120, in cui a ditierenza e aggiunta la data di emissione nella leggenda, invece che nell'esergo. 27. & - FERD • Il • D • G- 1688 Busto del Principe a destra, I^ - PRI CAST ETC In tre righe fra quattro rosette. Rame. Peso gr. 0,730. Castiglione {ielle Stiviere, febbraio i()oH. A(.osTi.\(i Ing. AciosTiM. I TRRMISSI LONGOBARDI a proposito di un piccolo ripostiglio di monete d'oro di Liutprando, rinvenuto presso il villaggio di Ossi (Sassari). (Tav. VI). I. Nel T." aprile dell'anno 568, Alboino re dei Lon- gobardi ('), chiamato da Narsete, col suo popolo nu- meroso accresciuto di Sassoni, Gepidi, Bulgari, Svevi. Sarmati, Norici ed altre orde, dopo sconfitti i Gepidi, muove dalla Pannonia, che abbandona agli Avari e nel settembre entra in Italia. In breve tempo s'im- padronisce di quasi tutto il Veneto; nell'anno appresso di Mantova, Treviso. Brescia, Bergamo, Milano e della Liguria fino alle Alpi Peiinine. Con la presa di Mi- lano avvenuta nel settembre del 569 Alboino costi- tuisce il suo regno in Italia e, presa Pavia dopo tre (l) Incerta è l'etimologia del nnnie ìougobiirUo. Paolo Diacono scrive che ai Longobardi venne questo nome dalle barbe che solevano portare lunghissime. Vi ha chi suppone che quei popoli si servissero come arma dell'alabarda che, quindi conservossi come un carattere distintivo del loro regno. Altri crede che il nome longobardo possa essere derivato dalla voce teutona Langbarihe, che signitìcava lunga asta. Benché pre- valga comunemente la spiegazione data da Paolo Diacono, a me pare che longobarda significhi asta in cima alla quale sta infissa una lunga arma, così come alabarda era un'asta nella quale si fissava una larga arma. É qui da notare che barda era (\\it:\\' armatura ordinariamente di ferro con la quale si armavano i cavalli prima del combattimento, donde bardatura. 296 VINCENZO DESSI anni d'assedio (572), vi fissa la sede dei re longo- bardi ('). Al governo della città e rispettivi territori con- quistati furono posti dei capi chiamati Duchi, che venivano primi in dignità dopo il re. Trentasei furono i ducati. Intanto i Greci si erano raccolti intorno a Ravenna, dove era l'Esarca, magistrato mandato dal- l'imperatore di Bisanzio. L'Esarca nominava i Duchi di Roma, Gaeta, Taranto, Sicilia e Sardegna, luoghi soggetti all'impero. Ventitre furono i re longobardi che si succedet- tero nella loro dominazione in Italia, dominazione durata duecentocinque anni. Nel 773 Carlo Magno, invitato dal papa Adriano, scendeva in Italia per combattere i Longobardi. Ar- rise ai Franchi la sorte delle armi. Nel 774 Desiderio venne fatto prigioniero a Pa- via, e condotto in Francia, finì i suoi giorni nel mo- nastero di Corbeia. Con lui cessò la dinastia dei re longobardi e Carlo Magno si intitolò re dei Franchi e dei Longobardi e patrizio dei Romani. I Longobardi venuti in Italia come conquistatori, vi si stabilirono e fecero sede del loro regno Pavia, città italiana, mentre capitale degli antichi domina- tori era Costantinopoli e dei nuovi invasori Aquis- grana. I Longobardi permisero ai vinti di vivere con le proprie leggi ed in breve tempo ne adottarono la religione, la lingua ed i costumi. Molti dei loro re, che venivano scelti fra i più prodi, furono ottimi. Le loro leggi erano miti, avuto riguardo alla ferocia dei tempi. Quando cessò la dominazione dei Longobardi in Italia, essi erano e rimasero Italiani. (i) A. Crivf.llucci: Se Pavia sia stata scelta a capitale del Regno Longobardo da Alboino, in " Studi storici „. Pisa, 1892, voi. I, pag. 86 e segg. I TREMISSI LONGOIiAKDI 297 Ecco la cronologia dei re lon gobardi in Italia: I . — Alboino • 569-573 2 . — Clefi . . • 573-574 Interregno . • 575-584 3 . — Autari . . • 584-590 4 . — Agilulfo . . • 590-615 5 — Adaloaldo . 615-625 6 . — Ariovaldo . 625-636 7 — Rotari . . 636-652 8 — Rodoaldo . . 652-654 9 . — Ariperto . 654-66T IO — Bertarido (Mi ano) . 661-662 IT — Godeberto (P avia) 661-662 12 — Grimoaldo 662-671 T3 — Garibaldo . 671-672 Bertarido (ris tabilit 0) 672-680 Bertarido e Cunipcrto ( . 680-688 T4 — Cuniperto . 688-702 15 — Liutberto . , 702 16 — Ragimberto 702 T7 — Ariperto II 702-713 18 — Ansprando 713 '9 — Liutprando 713-744 20 — Ildebrando 744 2T — Rachis . . . 744-749 22 — Astolfo . . . 749-756 23- — Desiderio . . 756-774 II. Nella fine del VI secolo aveva corso in Italia la moneta degli imperatori d'Oriente e quella battuta dai Goti a Pavia e Ravenna, imitante la bisantina. 298 VINCENZO DESSI I re longobardi che, a scopo di lucro e per am- bizione di potere, nel principio del loro dominio vol- lero battere moneta propria, dovettero comprendere che poco conveniente sarebbe stata l'emissione di nuova speciale moneta, essendo allora molto accre- ditata quella degli imperatori d'Oriente. Per cui, come già praticavano i Franchi, i re longobardi diedero in appalto la battitura ed emissione delle monete, mi- nacciando con leggi speciali, di pene gravissime, chiunque fabbricasse moneta senza il reale permesso. All'appaltatore o zecchiere si dava il nome di monetano. Nella zecca di Lucca si continuò con lo stesso conio delle monete già in corso, sostituendo al mo- nogramma LVCANA, la stella a sei raggi con intorno la leggenda FLAVIA LVCA. Nella zecca di Pavia si bat- tevano monete d'oro imitanti le bisantine, come già praticavasi sotto il dominio dei Goti. Di quel tempo non si conoscono monete col nome dei primi re longobardi. Una, attribuita dal Beneven- tano ad Agilulfo, è riconosciuta per falsa dal Mu- ratori "'. I tremissi coniati dai monetari longobardi sono per la maggior parte imitanti quelli di Maurizio Ti- berio (582-602). Nel tremisse, riportato dai signori Engel e Serrure (^i, si vede chiaramente lo stile lon- gobardo. II pii^i antico tremisse conosciuto, col nome d'un re longobardo, è quello di Rotari, esistente nel Museo civico di Brescia. È di oro fino con lamina sottilis- sima, del modulo di mni. 22 e del peso di gr. 1,380 <3K Ha un largo bordo liscio, cui fa seguito un anello (i) Anliq. Hai. M. Aevi, toni. V, diss, XXVII. Arretii, MDCCLXXIV. (2) Traile de niimismalique dti Mqyeii Age, voi. I, pag. 31, fig. 89. (3) Brambilla, Jl tremisse di Rotari re dei Longobardi. I FREMISSI LONGOBARDI 1^99 molto rilevalo dalla parte della vittoria alata, che è il rov^escio della moneta. Nel diritto è la testa imberbe del re a destra, con benda che cinge la capigliatura, sul petto lettere che sembrerebbero la continuazione della leggenda, e REX in monogramma. Intorno procedendo da destra MARINVS MON. Al rovescio la vittoria alata di prospetto colla testa rivolta a sinistra ; con la mano destra regge un bastone ricurvo (pastorale), con la sinistra una croce la cui asta è arricchita di vari ornamenti; intorno la leggenda DNBOTARI VIVTORIIV, all'esergo CONCI. E in.discutibile l'importanza del tremisse di Ro- tari, che per la sottigliezza della lamina, per il peso e modulo, per il largo bordo perfettamente liscio, per l'anello rilevato che chiude come una cornice l'im- pronta del rovescio '", è ben lungi dall'essere tuia imitazione barbarica, foiiinnissiiiia del tremisse di Mau- rizio Tìlìerio o del tremisse imperiale, come asserirono il Morbio '2) ed i signori Engel e .Serrure '3>. Mentre effettivamente è la prima moneta d'oro bracteata, di tipo speciale longobardo, che precede i tremissi, della stessa forma e modulo, del re Cuniperto. Sono attribuiti a Pertarido alcune monetine d'ar- gento (silique) appartenenti al ripostiglio di monete longobarde rinvenute nella provincia di Biella nel 1833 '•♦'. L'impronta che è da una sola parte ha in monogramma le lettere PER. I Longobardi che, coll'andare degli anni, avevano adottato degli italiani la religione, la lingua ed i co- (11 Della montila di Rotali ho (.■saininato mia esatta riproduzione fotografica, favoritami, dopu mia richiesta, dal gentilissimo e distinto numismatico prof. Rizzini, diretture del ^useo civico di Brescia. (2) Mmkhm : Caliilooi) lai^ioiuiio della sun riìcrolta. Milano 1857. (\^) ()p. II/., pag. 31, nota i. (4) <;. di -S. (Jliinfino: Sitl/d itionela ilei Longobardi in Italia. 300 VINCENZO DESSI stumi, e che avevano, col declinare del potere dei Greci, assodata la loro conquista in Italia, fin dal tempo di Rotari abbandonarono il sistema di imitare nelle monete i tipi bisantini; e sotto il regno di Cu- niperto vennero battuti tremissi formati di lamina d'oro sottilissima, di diametro eccedente alquanto l'impronta, per cui hanno un largo margine nel con- torno, portano nel diritto il busto del re, ed intorno il nome; nel rovescio la figura di S. Michele arcan- gelo, protettore del popolo longobardo, intorno la leggenda SCS MI HAHIL dentro un anello molto rile- vato che incornicia l'impronta del rovescio. Essendo i tremissi di sottilissima lamina, ed avendo l'impronta del rovescio molto rilevata, questa impronta comparisce in incavo nel diritto, renden- done molte volte indecifrabile la leggenda e poco vi- sibili le lettere od altri segni di zecca che trovansi davanti al busto del re. Ed è a causa del profondo incavo eseguito nel conio per il rilievo dell'anello che chiude ed incor- nicia l'impronta del rovescio, che la moneta, essendo di sottilissima lamina, piglia la forma bracteata, sol- levandosi nel margine, e rimanendo quindi concava nella parte dove la pressione è più forte. Coi nomi di Ariperto (702-713) e Liutprando (713-744), venne continuata la coniazione di tremissi con l'Arcangelo S. Michele. Il Caronni('> pubblicò un tremisse di Cunipertocol busto del re a destra. REX in monogramma nella veste e con la leggenda D • N • CVNICPERT REX, nel rovescio la Vittoria con la stessa leggenda del diritto. Un tre- misse uguale del peso di gr. 1,32 si conserva nel- l'importante raccolta di Sua Maestà Vittorio Ema- nuele III. (i) Viaggio di un diiettaiite, ecc. Milano, 1805, tav. VI, n. 57. I TREMISSI LONGOBARDI 3OI Domenico Promis (" descrive due terzi di soldo stellati, di Cuniperto (?) e Luitperto (?), col FLAVIA MEDIOLANI (?i, che fanno parte della collezione reale di Torino. Il conio delle monete d'oro del Ducato di Bene- vento principia con Romoaldo 11 (7o6-73i); sono di tipo bisantino, hanno nel diritto il busto ed il nome dell'imperatore Giustiniano (681-695 e 705-712). nel rovescio croce bisantina e nel campo R iniziale di Romoaldo. Le prime monete di Benevento sarebbero quindi coniate fra il 706 e il 712. Dello stesso tempo abbiamo un tremisse longo- bardo di taglio romano, nel cui diritto è il busto ed il nome di Ariperto (702-713): ARIPER XCEL REX (Ari- pert excellentissimus rex), e nel rovescio la croce bisantina e la leggenda IFFO GLORIOSO DVX (21. L'in- cognito e glorioso Iffo pare fosse Duca d' una città, che conservò nelle monete il tipo bisantino, ma che rimase sinceramente fedele agli eccelleniisstìiii re lon- gobardi. Invece i Duchi di Spoleto e Benevento che prima presero le parti degli imperatori di Bisanzio, si erano poi uniti al Papa, sempre allo scopo di rendersi in- dipendenti dai re longobardi; per cui Liutprando, ir- ritato contro il Papa, sottomise con le armi i duchi di Spoleto e Benevento. 1 tremissi di Liutprando. dei quali tratterò più avanti, sono di tipo speciale longobardo con l'Ar- cangelo S. Michele. La zecca di Pavia conio col nome di Astolto, (i) Monete e inedo^lie ilaliaite tdile da IJ. Promis. Nella " iMisctlia- nea di siorùi italiana „, luiii. XIII. l'olino, 1873, tav. 1, n. IX e X. (2) Caronm : op. cit., pag. 166, tav. VI, n. 56; D. Fuomis: Monete di secche italiane inedite e corrette, 1868; C. Brambilla: Monete di Pavia, Pavia, 1883, !> 26; (i. (ìavazzi: Riv. ll.di Suni., 1890, pag. 210; En(ìf.l e Serrure: op, cit., voi. I, pag. 33, fìg. 91. 302 VINCENZO DESS5 terzi di soldo, col S. Michele, nei quali al busto del re e sostituito un monogramma di difficile interpre- tazione (i). Nella raccolta di S. M. il Re d'Italia son compresi tre esemplari di bellissima conservazione, che pesano gr. i.ii, 1,07 e 1,09. Viene attribuito ad Astolfo un soldo d'oro, bat- tuto forse dopo la presa di Ravenna, col busto del re di fronte e nel rovescio croce con interposta nel braccio l' iniziale del nome Astolfo (A) ed intorno VICTORIA SA, nell'esergo CON(OB) (2). Di Astolfo conosciamo i tremissi stellati col Flavia Luca e Flavia Pisa, e sono le prime monete longobarde nelle quali si legge il nome del re con quello della città in cui si coniarono (3'. Con Astolfo cessa il conio dei tremissi longo- bardi col S. Michele, e sotto Desiderio il tipo dei terzi di soldo lucchesi si estende alle officine monetarie di Pavia, Milano, Castelseprio, Treviso, Vicenza, Ver- celli '4) e Piacenza (5>. III. Nell'ottobre del 1907 acquistai da un contadino 19 tremissi d'oro da lui rinvenuti in una sua proprietà presso la chiesa di S. Giovanni di Ossi; località che ([) D. Promis: Monete di zecche italiane, pag. 9, tav. I, n. 3, — Bram- uiLLA, Gavazzi, Engel e Skurure: op. cit., pag. 34, fig. 93. (2) G. C. di S. Quintino (Cento tavole di monete antiche fatte incidere da). — D. Promis: op. cit., pag. 7, tav. I, n. 2. — Brambilla, Engel e Serrure, op. cit., pag. 34, fig. 94. {3) Zanetti: Monete e secche d'Italia, toni. II, pag. 398, toni. IV, pag. 59. G, di S. Quintino: op. cit. — Massagli: op. cit. — Bram- billa: op. cit (4) Fritz Iecklin: // rinvenimento di monete Longobarde e Carolingie presso Hans, nel Canlon de' Grigioni. Cividale del Friuli, 1907. (5) B. Pallastrelli: Moneta piacentina di Desiderio ultimo re dei Longobardi. 1 TREMISSI LONGOBARDI 303 dista II km. dal villaggio di Ossi e 26 km. da Sas- sari. Tredici tremissi sono del re longobardo Liut- prando (713-744), tre di Tiberio V Absimaro (6g8- 705), due di Giustiniano II e Tiberio V (705-712), uno di Leone Isaurico (717-741). Eccone la descrizione: TREMISSI LONGOBARDI. LlL'TI'] ~ SCSM IHAHIL Figura e. s. Peso: gr. 1,210, diametro: mill. 23%. 9. ^^ — DN.IV TP/S.N REX (in mon.) Busto e. s., lettera M I^ — SCSM IHAHIL Figura e. s. Peso : gr, 1,270, diametro : mill. 23. 10. B' — III PRDNREX (in mon.) Busto e. s. e lettera N. ^ - SCSII HAHIL Figura e. s. Peso: gr. 1,170, diametro: mill. 23. e 11. B' — DNLIV TPRVN Busto e. s., davanti al viso | sulla veste A. Itì - SCSII HAHIL Figura e. s. Peso: gr. 1,200, diametro: mill. 23. 12. B" — DN IPRAIREX (in monogr.) Busto e. s., davanti al viso mano aperta, sulla veste lettera C. ^ — 8C8III IIAIIL Figura e. s. Peso: gr. 1,240, diametro, mill. 23%. 13. B' — D^LIV TPRA/REX (in monogr.) Busto e. s., davanti al viso mano aperta. Ri — SCSMI HAHIL Figura e. s. Peso: gr. 1,240, diametro: mill. 22 y2. TREMISSI BISANTINI. Tiberio V Absimaro (698-705). I. B' — Busto di prospetto. 1^ — Croce, a s. +, a d. S. Peso : gr. 1,240. 1 TREMISSI LONGOBARDI 305 2. /^ — Busto di faccia. 9* — Croce, a s. N, a d. S. Peso : gr. 1,240. 3. '©' — Busto e. s. 9' - Croce, a s. T, a d. S. Peso : gr. 1,190. Giustiniano II e Tiberio V (') (705-712). I. ,& — Busti di faccia di Giustiniano e Tiberio. 9* — Croce, a d. S, Peso : gr. 1,100. 2. Come il precedente. Leone Isaurico (717-741). I. 3" — Busto di prospetto. 9 — Croce, a d. S. Peso : gr. 1,200, Varie sono le opinioni degli studiosi di numis- matica sul significato delle lettere isolate e degli altri simboli posti sui tremissi longobardi senza indicazione di zecca ed attribuiti a Pavia. Il Promis ed il Bram- billa li supposero segni convenzionali di zecca; il Morbio, iniziali del nome degli zecchieri, od i numeri di battitura; l'Engel e Scrrurc le iniziali delle officine monetarie. Quest'ultima opinione credo sia da esclu- dersi, poiché i tremissi bracteati con l'Arcangelo S. Michele, nei quali vediamo ^variatissimc le lettere isolate, sono generalmente attribuiti alla zecca di Pa- via; e d'altronde volendo pur assegnare le monete (i) Il Sabatier dà solamente il soldo d'oro; ;iltn> treiiiisse identk-c ai due qui riportati esiste nella raccolta F. Gnenhi di Milano. 3y 306 VINCKNZ(J DESSI con le lettere M a Milano, V a Vicenza, Vercelli, Ve- rona, T a Treviso e Ticino, P a Parma, Scia Se- prio, il monogramma P a Piacenza, ed anche le let- tere C a Caneda. Chiusi o Camerino, N a Novara, a quali zecche dovrebbero appartenere i tremissi lon- gobardi con le lettere D, E ed H, col monogramma REX e col segno della mano aperta ? Non significano le dette lettere il numero delle battiture, riscontrando varianti di conio in tremissi di uno stesso re e con la stessa lettera. Così riscon- triamo diversità di conio nelle cinque monete di Liut- prando con la lettera T, rinvenute a Ossi (v. tav. nn. i, 2, 3, 4 e 5j. Ne possono indicare l'anno del regno in cui vennero le monete coniate, notando in alcuni tremissi lettere che rappresenterebbero un numero di anni superiore a quelli di regno. In molti tremissi di Cuniperto e Liutprando al ])osto delle solite lettere vediamo un segno speciale di zecca, che il Morbio qualifica per la mano del re alzata '". Oltre ai tre terzi di soldo accennati dal Morbio (-2*, un esemplare, con lo stesso segno di zecca, è nella collezione di S. M. Vittorio Emanuele III, altro tremisse di re longobardo non determinato, esiste nel ripostiglio rinvenuto presso llanz (3>, e due di Liutprando fanno parte del rinvenimento in Ossi (v. tav. ai nn. 12 e 13). L'esame di questi due tre- missi. che sono di bellissima conservazione, esclude che si tratti della mano del re alzata, scorgendosi davanti al viso del re, al posto della solita lettera, una mano aperta. (1) Morbio: Opere storico-ntiinismalicìie. Bologna, 1870, pp. 111 6334. (2) Nelle collezioni Morbio, Castiglione e Brera. (3) Tav. I, n. 3. Nella descrizione delle monete (pag. il) è scritto " Busto a destra con davanti al viso un segno ad S „ ; la moneta è la più antica del ripostiglio, e forse, perchè consumata dall'uso non vi si scorge chiaramente il segno della mano. TRKMIS^X 1.0Nt,OUARL>I 307 Il segno della mano aperta risale quindi alla fine del VII secolo, poiché appare per la prima volta nei treniissi di Cuniperto re dei Longobardi (680-702) coniati a Pavia. Circolavano in quel tempo tremissi bracteati di oro pallido, con leggende confuse ed indecifrabili, calanti nel peso e titolo, coniati ad imitazione dei ter/i di soldi longobardi di Cuiii|)erto. Ariperto e Liut- prando. Possiedo tre esemplari di tali tremissi, che hanno davanti al viso del re la lettera T e che nel jìcso non raggiungono il grammo. Eseguito l'assaggiij di un esemplare (tav. n. 14) rinvenuto con una mone- tina di bronzo bisantina, negli scavi fatti per lavori agricoli, presso il villaggio di Laerru ncH'Anghìna 3o8 VINCENZO DESSI (circondario di Sassari), assieme a molti scheletri, armi di ferro, armille d'argento, fibule di bronzo ed osso, di epoca barbarica, si trovò di 478 " ,,,^ di fino; mentre l'assaggio eseguito di un esemplare di Liut- prando del gruzzoletto di Ossi (tav. fig. 2) diede di fino "/„„ 710. Da ciò e facile desumere che i tremissi d'oro pallido fossero abusivamente coniati e messi in cir- colazione senza permesso regio, e la mano aperta non fosse altro che un segno speciale della zecca, col quale gli appaltatori della moneta, o zecchieri, o sovraintendenti dell' officina monetale, ricordavano l'editto di Rotari promulgato nel 644, che puniva col taglio della mano i contraffattori o falsi monetari, cioè chi fabbricava monete senza il reale permesso: « Si quis sine jussione regis aurum figuraverit, aut mo- neta confixerit, manus ejus incidatur » C^. 11 codice Teodosiano puniva i falsi monetari con la morte, senza il rimedio dell'appello <2>. Gli Anglo-Sassoni, che al pari dei Longobardi conservarono la loro essenza germanica più intatta di altri popoli germanici venuti a contatto coi Ro- mani, punivano con le loro leggi promulgate nel IX secolo, i falsi monetari coU'amputazione della mano destra. Dopo l'esecuzione la mano veniva inchiodata sulla porta del palazzo, dove coniavansi le monete '3). La mano aperta nelle monete d'oro, quale con- trassegno della zecca, riferentesi alla penale per i falsi monetari, conferma quanto scrisse il Capobianchi, e (i) Edictum Rotliaris regis, CCXLII. — Historiae pairiae monumenta. — Edkta Regum Langobardoriim. Aiigustae Taurinoriim, 1855, col 57. — G. Padelettx : Fonles Jtiris Italici medti aevi, Augustae Taurinorum MDCCCLXXVII, p. 125. (2) Codex Theodos., 1. IV, lit. XXI a XXIII. (3) n. WiLKiNS : Leges anglo-saxoniae. Londes, 1721. 1 TREMISSI LONGOBARDI 309 cioè che il contrassegno della mano diede origine alia denominazione di nianciisi (cum signo manus cusi) data a certi soldi d'oro molto accreditati in Italia prima dell'Sco (i). L'essere i soldi mancusi molto apprezzati esclude la supposizione che così si chiamassero perchè man- canti nel peso. Parimente l'etimologia di tnancosi o mancusi da manu ctisi, cioè coniati a mano, è senza significato, poiché tutte le monete venivano allora approssimativamente coniate nella medesima maniera. In un documento del 778 ed in altri dello scorcio del IX secolo (2), si fa menzione degli miri uiancusi come monete le più apprezzate nei pagamenti e negli scambi. Vediamo quali monete d'oro avevano corso in Italia in quell'epoca e quali dovevano essere le più accreditate. Il ripostiglio di Ilanz, che si suppone nascosto poco dopo la caduta dei re longobardi (774), conte- neva in monete d'oro: tremissi longobardi col S. Mi- chele, tremissi longobardi stellati di Desiderio e tre- missi stellati di Carlo Magno; oltre ai quali avevano corso in quel tempo i soldi e terzi di soldo di Co- stantinopoh e Henevento ed i tremissi stellati di Ai- stolfo e Desiderio della zecca di Lucca. I tremissi longobardi attribuiti a Pavia, esistenti nella collezione di S. M. il Re d'Italia, sono otto di Cuniperto, che pesano gr. 1,35, 1,42, 1,40, 1,41. 1,31, i'39' 1.32 e 1,31 con la media di gr. 1,36 circa; cinque di Ariperto, pesano gr. 1,30, 1.07, 1,35, 1,31, 1,29, media gr. 1,27; cinque di Liutprando, pesano (1) V. Cai'Omianciii: Pesi proporzionali, desiDili dai dociiiiieiili\ dilla libra romana merovingia e di Carlo Magno, in " Rivista Italiana di Nu- mismatica „. Milano, voi. V, pag. 79 e segg. (2) Capobianxhi: op. e he. cil. — /anktti: Nuova raccnlla delle mo- nete e zecche d'Italia, toni. II, pag, 374, n. 2. 310 VINCKNZIJ DKSSi gr. 1,29, 1,24, T,22, 1,23, 1,29 con una media di gr. 1,27. I terzi di soldo di Liulprando rinvenuti ad Ossi, e qui descritti, pesano in media gr. 1,21 circa. L'assaggio di uno di questi tremissi diede di fino, come già si è detto, 710 mm. I tremissi lucchesi autonomi del tempo della do- minazione dei Goti hanno, secondo le tavole del Massagli <'), il peso medio di gr. 1,225 e di fino 722 mm. Quelli longobardi prima d'Aistolfo, peso medio gr. 1,212 e di fino 587 "/„„. I tremissi lucchesi di Ai- stolfo, peso medio gr. t,to8 e di fino mm. 724; di Desiderio, peso medio gr. 1,035 e il titolo di 632 ", ^,, di fino. Dai risultati ottenuti dall'analisi chimica e dai pesi delle monete del ripostiglio di Ilanz (2) si ha per i tremissi di Desiderio un peso medio di gr. 0,9688 ed il titolo di 331 " ,,„ d'oro fino; per i tremissi di Carlo Magno, peso gr. 0.95025 e di titolo 409 "/„„. Tenendo conto esclusivamente delle monete che, con tutta probabilità, avevano corso nei primi anni del dominio di Carlo Magno, si avrà che : Un soldo d'oro formato da tre terzi di soldo col S. Michele, conteneva d'oro fino gr. 2,77 Un soldo stellato di Desiderio della zecca di Lucca » 1,962 Un soldo stellato di Desiderio delle zecche di Milano, Pavia. Treviso, Castel Seprio, Vicenza, Vercelli » 0,962 Un soldo stellato carolingio . . » 1,177 (i) Massagli: Della zecca e (Ielle inoiiele di Lucca. Lucca, 1870, pag. 167 e seg;;. (2) Fhitz Jecklin: Op. cil., pagg. 37 e 38. I tUEMlbSI LONGOBARIJI 311 È notevole la differenza nel titolo tra i soldi stellati e gli altri che, per avere in molti esemplari il segno della mano, chiamerò iimiicitsi, ed è evidente che nelle contrattazioni, questi dovevano essere più apprezzati. Così erano apprezzati i soldi bisantini di buon peso e titolo'", in alcuni dei quali vedesi il segno della mano f^'. Scrive il Capobianclii (^s) che iiiancoso o /nana/so è voce dell'Italia meridionale, dove sono comunissimi ancora oggidì tali nomi ; che in napolitano ìiumcosc, sono le mani, che in Sicilia nuiiin/sii ed in Sardegna mancosii è colui che adopera la ììmìio sinistra i4). Con ciò mi |)are evidente che la denominazione di niaìicosii o iiiancnso, data a chi adopera solo la mano sinistra, o perchè manchi o perchè non possa servirsi della destra, sia originata dal nome n/aiicnsD dato alle monete d'oro che portavano impresso il segno della mano destra mutilata, come simbolo della pena che la legge longobarda comminava ai falsi monetari '5). Siissiiii, fflihroio i()nH. VlNCKNZO Df.SSÌ. (i) I treniissi di Tiberio V, Giustiniano II e Leone Isaurico trovali ad Ossi, hanno lo stesso peso dei trcmissi di Liutprando. {2) Soldi e treniissi di Costantino V Capronmio e Leone IV (751- 775). Cfr. Capobian'CEIi: Op. ctt., pag. 87 nota. (3) Capobianchi: loc. cit., pag. 89. (4) Mancosa è voce della Sardegna meridionale (vedi Lorku: Non dizionariii nitwersali Saniiilìalianu. Casteddn, 1832, pag. 569). — Spani: l^occìbo/ariii Sardii-llaliann et lUiliaiiii-Sanhi Kalaris, Iinprtntn Nazio- nale, MDCCCLI, pag. 306. (5) Nei tretnissi di Cuniperto e Liutprando la mano destra aperta collocata davanti al viso del re, ha le due dita anulare e mignolo ripie- gate e vicine alle labbra, quasi volendo indicare esser la leguc che punisce i falsi monetari, emanazione reale. MONNAIES INEDITES D'ATHÈNES ET DE MYTILÈNE I. Depuis la publication du Corpus des Monnaies d'Athènes par Beulc, en 1858, un grand, je dirais mème enorme nombre de pièces, est venu cnrichir la catégorie des monnaies athéniennes dites de nou- veait stvle ou des archonics, qui, comme tout le monde le sait, sont des tctradrachmes, drachmes et trioboles d'argent (une fois mème des drachmes en or) portant deux ou trois noms de magistrats, une lettre de A à N sur l'amphore, se rapportant au mois et au troisième magistrat, et enfin, sous l'amphore, des lettres qui, comme j'ai soutenu il } a deux ans (le 22 février 1906) dans une scance publique de l'Ecole archéologique francaise d'Athènes, sont les initiales du noni de la mine speciale du Laurion. dont on a tire le metal livré aux magistrats responsables pour chaque émission. Les nouvellcs pièces en question ont grandement enrichi les séries des pièces des archontes déjà con- nues, mais elles n'ont que faiblement augmenté le nombre des séries mèmes. En vérité. malgré les nom- breuscs trouvailles de pièces athéniennes, rien ne se rencontre si rarement qu'une pièce athénienne pré- scntant une sèrie de nouvcaux noms d'archontcs, Je donne ci-dessous la liste des nouvclles séries dccouver- tes depuis la publication de l'ouvrage de Beulé, liste 214 JEAN N. SVORONOS ti ree du manuscrit de mon Corpus des monnaies d'Athènes, à laquelle il faut ajouter aussi la pièce fameuse avec l'inscription AOE (va-W) o AEM (o;) dont on connalt à présent quatre exemplaires. AHMIOXAPIHC nAM'MElNHC, Symbole : cicade ou insecte a) Drachme. Berlin — Catal. Photiadès n. 650. — Lobbecke, Zeit. far Num., XXI, p. 261,2. — Sundwall : Z. /. TV,, XXVI, 273. AIOlNYlllOZ AHMO|ITPA|TOlC. Symbole : caducée ' a) Drachme. Svoronos: Journal Inter, d' Ardi. Ntim., voi. VIU, p. 62 (Comparez aussi 'Ecf(]|ispiq 'Ap-/a'.o/.oY'*'i, 1904, P- 66. ^) Danaké surmoulée sur la méme drachme. Svoronos, 1. e. Y) Drachme (4,14). Berlin, Lobbecke. — Sundwall: Z. f. N., XXVI, P- 273- AIOINYJIIOI MNAlIArOlPAI. Symbole : Dionysos debotit a) Tétradrachme. Coli. E. H. Bunbury — A^«;w. Chronkle, 1881, p. 82, pi. IV, 4. — A. Kòhler, Sitzungsberichle der Kgl. Preiiss. Akad. der VViss., voi. XLI (1896), p. 6 [1094]. P) Tétradrachme. Berlin. Catal. Photiadès, n. 656. •() Tétradrachme (14,50). Collection de l'Ecole Evangélique à Smyrne. KAAAllMAlXOI EPI|KPA|THI. Symbole : Triptolème sur un char de serpents ailés a) Tétradrachme (—,—). London. B. M. C. Attica, p. 59, 428. P) Tétradrachme (15,91). Berlin, Prokesch. MEN'NEAI HPCOIAHIZ. Symbole : Triple Hékaté a.) Tétradrachme (15,32). Athènes. Svoronos: Journal Infernational d'Arch. Num., tom. IX (1906), p. 299, pi. XIII, 24. MIKI ['wv] OE [ócppaGTO;]. Symbole : Buste radié de Hélios de face a.) Tétradrachme (15,87). Athènes. Svoronos: 1. e, p. 266, n. 205, pi. XIII, 16. NB. Getta pièce et la suivante composent de nouvelles séries par leur iiouveaii symbole. Les noms élaient déjà connus, si toutefois il s'agii des mèmes magistrats. MONNAIES INÉDITKS d'aTUKNì-S KT DE MVTILKNE 315 ieInoIkahi apmoIzeInoi. Symbole : Déesse assise sur un tróne à dr. a) Brachine (3,63). Athènes (Hirscli Catal. XIII, n. 2067). p) Drachme (4,20). Berlin?? nANTAlKAHZ AHM!HTPI!0I Symbole : Héraklès [-'.'j-tty,; (tenant de la main droite par le pied un petit porc et de la main gauche la rame a) 16,26. Athcnes. Ilirsch Calai. XIII, 11. 2068, pi. XXV. Svoronos, 1. e, pag. 327, n. 62. ,?) 17,05. Berlin. Kòriler, I. e, p. 1094, pi. XI, io. NB. Cctte pièce est trcs remarquable aussi par son symbole mal intcì prete jiisqu'à prcscnt. Noiis y reviendrons à une autre oc- casion (Coniparez polir Héraklès \i.ifivi\i: Journal Inter. d'Arch. Nudi., voi. IV, pi. lE et IZ. TPY|*nN nOAYlXAPllMlOI. Symbole : Triple Hckate o) Tétradraclinie (16,30). Municli. Sitztmgsberichte der bayer. Akad.^ 1904, II. 190. Svoronos: Journal Inlern. d'Ardi. A'iiin., p. 299, pi. XIII, 15. Voici à prcsent la dcscription et l'image (fig. i) d'une tctradrachme de la nicme catégorie qui nous fait connaitre une nouvclle serie. Fig. I. jy — Tète d'Athéna Parthénos à dr. dont le casque est orné de quatre chevaux s'élanv'ant en forme de visière et d'un griffon sur le coté. Grenetis pour- tour. 3l6 JKAN N. bVUKONUS 1} - A GÈ BEO - OPA IUTOI lOlEMI HITO Chouette à dr., posée sur une amphore couchée. Dans le clianip, à droite, une bandelelte épaisse liée en forme de couronne. La lettre numerale qui se troiivait sur l'ampiiore est etì'acée. Las initiales ile la mine au dessous sont restées en dehors du llan. Le tout dans une couronne d'olivier. M. 32, gram. 15,40. Cette pièce se trouve à présent au Musce de llcraklcion (Candic) de Créte, et provient d'une trou- vaiUe faite dans l'ile mènieet composée d'une vingtaine de tctradrachmes athéniennes appartenant presque toutes à la catégorie à deux noms de niagistrats. Sur les magistrats Théophraste et Théinistocle et leur date, ainsi que sur tous les autres noms qui se rattachent à tant de problèmes, je me réserve dVcrire longuement dans mon Corpus des monnaies d'Athc- nes, oìi j'exposerai les résultats de mes études. En attendant on peut consulter la longue et intéressante étude qu'a consacrée sur ce thcme Monsieur le proL Johannes Sundwall et qui va paraitre sous le titre: Untersuchungen iìber die attischen Miìnzen des neuercn Stilcs, dans le voi. XLIX (1906-1907) n. 9. de Fiiiska l 'eteiL^kaps-Socicidcìis For/uiiK/Iiiigar à I lel- singibrs. C'est ici le lieudepublierpour la première fois une autre tétradrachme d'Atliènes (fig. 2) de la méme ca- tégorie et qui est entrée au Musée Numisni. d'Athènes (n. 2710) depuis longtemps avec la grande collection des Zosimades formée en Russie. C'est une pièce fausse ancienne (fourrée) d'une tabrique barbare avec des noms de niagistrats écrits par (|uclqu'un qui ne MONiNAlES INKDIIES DATIIIONES ET DE MVTllKNl': 31 7 savait pas le grec; on ne pcut dire si elle presente la copie des noms connus par d'autres tétradrachmes, ou de pure invention. Sa fabrique rappelle les inii- tations des peuples barbares du Danube. Fig. 2. \y — Téle d'Athéna Partliérwos à clr. y/ - A — OE TH KA NEH - lA lAI EY Chouette à dr. posée sur une ampliore sur laquelle une lettre obscure. Dans le champ à dr. synibole ressemblant à un navire. M. 32, grani. 15,72. II. Tous les numismates connaissent bien la sène si rare et si interessante des monnaies de l'epoque imperiale frappées à Mytilène de Lesbos avec les portraits de citoyens célcbrcs de cettc ville ('». Nous (i) Voyez surtout : L. Bììrchnek : (iricchischc Milnzen iiiit Bildnisscn historischer Privat-personcn : Zeìtsch. fiir Niimistit., Bd. IX (1832), s. 109-136 Taf. IV. — Imiioof-Blumer : Monnaies Grecques, p. 280, n. 258. Portraitkòpfe aiif antikcii Mtinzen, 1885. p. 68-69, Taf. Vili et Zeilsch, far Niimis., Bd. XX (1897) p. 286-288. — W, Wrotii : Portraits of famoiis 3l8 JEAN N. SVOKONOb en avons à présent une petite galerie, de presque une vingtaine de personncs historiques, qui de temps à autre s'accrolt de quelque nouvelle pièce, comme celle que nous allons publicr ici à la fin. Voici d'abord les inscriptions qui accompagnent ics ])orti"aits connus jusqu'à présent et classées dans la suite chronologique donnée par M. W. Wroth et anicliorce par M. Imhoof-Blumer. 1. — cJ)|TTAKOC Pitlakos le célèbre xì'7u;y.vr,TT,; de Mytilène vers 652-564 av. J.Ch. 2. — AAKAIOC Alcée le célèbre poèta vers 606 av. J.-Ch. 3. — ■H'Anfl Sapho la célèbre poetesse contemporaine d'Alcée et de Pittakos. 4. — AGCBflNAKTA ON] Lesbonax philosophe et rhéteur des temps d'Auguste honoré dans une inscrip- tion de Mytilène comme E'JEpyéTr,;, «0Tr,p x.aì -/.riiz-r,; Tvi; -òXeoì;, pére du rétheur Potamon. Ces quatre personnes se trouvent sur des pièces du temps d'Antoninus Plus. 5-6- - I ?pTaAm"c oìk"" \ Théophanès de Mytilène Fami connu de Pompée et l'historien de ses guerres. Ar- chédamis est inconnue, mais, comme elle figure sur le revers de la pièce de Théophanès, on peut la considérer comme sa femme. Une inscription de Mytilène contient une dédicace à Wìoyivr, tm TOJXYipi ■/.y.l sOìpysTy, /.y.l ■/.tw-tt, '^s'jTspw Tr,; TvaToiòo;. Tibère a mis à mort les descendants de Théophanès; aussi cette monnaie, qui est du temps de Tibère, dut étre rra|:)pée au commencement du règne de Tibère et avant la disgràce dont la famille de Théophanès tomba victime. Les habitants de Mytilène ont adoré Théophanès comme dieu (Tacite, ann. VI, io). Il ciiizciis of Mytilène: Classical Revieiv, 1894, p. 226-227. Du niciiie : B. M. C. Troas Aulis, p. XVIII LXXV el 198-205, n. 158 176 et Nuiii. Chronicle, 1902, p. 334-335 pi. XV'I. — L. Fdkkku: Les purtraits de Sapho sur Ics luonuaics: Reviie Belge de .Xiiiitiaiii., 1901, p. 413-425. MONNAIES INEDITES D ATHKNFS ET DE MYTII.KNE 3I9 existe aussi une pièce du temps de Sept. Sevère avec le portrait du mème Théophanès et la legende OEOOANHC, sans le mot OGOC ^r. S C€ITOC N€OC MAKAP (ou MAKAPEVC)^ c„Hp« nlè 7""- " ' ANAPOM€AA NCA A6C [BOC] pur les pie- ces du temps de Titus et de Domitien, personnages in- connus dans l'histoire. 'Sli./.xc, ou .M//.apsj; était le fon- dateur et gouverneur mythologique de l'ile de Lesbos qui a refu de lui le nom Ma/.xpix, tandis que Lesbos, selon une autre legende, était sa femme. Ainsi il est sur que Sextus " le nouveau Makareus „ et Andro- meda " La nouvelle Lesbos „ étaient aussi des époux et iCTiTTa'. òs'jTSpoi t7,; -xizil^o;. 910. — \ AAAA \ C^'-'-^ autre couple, qui se rencontre sur des pièces du temps de Trajan, doivent ètre aussi des époux. Ils sont inconnus dans l'histoire. Une per- sonne mythologique Dada esimentionnée comme fem- me de Simon le Crétois contemporain de Scaniandre, premier roi des Troyens. Après la mort de Simon, Dada se rattache à Polion qui était un lieu de LesLos avec le tombeau de Tantalos. Ainsi la nouvelle Dada des pièces de Mytilène doit ètre une femme histo- rique homonyme de cette Dada, comme nous allons trouver plus loin une autre femme homonjme de la célèbre Naus:caa d'Homère. Mais elle peut aussi étre la mème que Matidia, la nièce de IVajan, dont les portraits de nos pièces présentent exactement les mémes traits et la mème coiffure. Si cela est vrai, alors le TTANKPATIAHC, de l'autre coté de la mème pièce, qui est figure debout et accompagné d'un serpent comme Asklépios, peut ètre une cpithèle de ce dieu mème dans la signification de celui qui combat avec succès toutes les maladies (-'/v-/.pxT(òv). Vo^'ez les epithètes analogues du mème dieu -po- /.«Or,-j'j7.(óv, àpyz-j'ÌTa:, ìv/.oXo;, ),'j';aviz;, ó -•, -y.-i à-.ojv x.xt v:u.(.)v r:(,,-r,o -:(òv óaojv u). Une autre supposition, (I) I'rkli.kk-Robf.kt r Griccliische Mytliolnuie. S. 525. 320 JEAN N. SVORONOS aussi probable, est celle de Head, qui regarde Pan- kratidés comme un médecin célèbre, figure sous les traits d'Asklépios. 11. — AeCBflNAZ HPflC NeOC sur pièces des temps des An- tonins. Comme ses traits sont tout différents de ceux de Lesbonax le philosophe (n. 4), nulle doute qu'il ne s'agisse d'une autre personne, peut-ètre de la méme famiile. Si la lecture de Imhoof-Blumer ANAP0M6AA N£A AeCB0ù[NACTOC] de la pièce n. 7-8 étaitjuste, on pourrait supposer avec lui que Lesbonax II était le pére d'Andromeda. 12. — lOY TTPOKAAN HPflIAA sur pièces des temps d'Anto- ninus Pius (voyez ci dessous). 13. — NAYCIKAAN HPHIAA ou seulement NAYCIKA. Une femme inconnue dans l'histoire, et dont les traits et la coiffure ressembient à celles de Faustina mère. 14-15 - j OA^f n?,ko^mTx^C i ^"'^ P'^'^^' ^" ^^'"P' ^^ ^- Aurei. Ce Sextus est un autre personnage que Sextus (n. 7-8) le nouveau Makareus, car ses traits sont tout autres. Sur Nikomachis voyez cidessous. 16. — AEYKinrrOC Sur une pièce mal conservée du temps de Sept. Severus. La femme Julia Proxla du n. 12 ainsi que la Flavia Nikomachis du n. 14-15 sont connues seule- ment par l'inscription suivante de Mj^tilène méme, copiée par le célèbre voyageur Cyriaque d'Ancóne et publiée par Kaibel dans V Ephemeris Epigraphica, voi. II, p. 7 (1j. M. C, 1. e. p. Lxxiii). 'A po'Xà /.al 6 Sxy.o; <\^\. Hou-'Xi/.tav >'£ix.op,ay^iSa t:«tSx Atvvoy.ày^[w| y.yx n[pjó/,),[y.]; twv E'JSpyE-àv x.aì k~h Tùpoyóvwv e'jspyeTàv x.al /'.t[oJitt5v toc; -Ó>,lo; àfjLyitov xàv St'aÌMVo; ■:7p'jTavt[vj àpsTa; sìv[vjsi'.a T.y.axz. La pièce inedite suivante (fìg. 3), que j'ai trouvée à Athènes dans la collection de mon ami M. James Anderson, Directeur des télégraphes anglais, nous MONNAIES INKDITES d'aTHFNES ET DK MYTII.ÈNE 52I fait connaitre le portrait de la troisième personne men- tionnée dans cette inscription, Déinomachos l'époux de Prokla et le pere de Nikomachis, cette '^'•' xifòvo Trp'jTav',; et qui, comme ses monnaies nous l'apprennent, était ccrtainement l'épousc de Sextus II le w-'K de My- tilène. Ainsi nous avons à présent sur les monnaies de Mytilène toute cette famille '<~jv òjsovótSv y,x\ xtwtxv xaì à-ò :t:o-,-óv(ov s'jpySTZv /.xt /.t'.it'/v tX; -'J'X'.o; de Mytilène. Voici la description et la figure (fig. 3j de notre pièce. ^ — NfEOlNi?) A6IN0-MAX0N|HPnA] Buste barbu à dr. puitant liimation aerate sur l'é|iaule. Grenetis. I<1 — lEniITlPA AVPH nP HTEOV MYTIAHNAI Zeus debout HN à gauche marchant sur le pied droit avance, por- tant un himation qui descend de l'épaule gauche et couvre la parile basse du corps, laissant découverte la poitrine et le bras droit qui tient dans la main avancée une phialé au-dessus d'un autel allume, pendant que la gauche tient le sccptre. Grenetis. M. 32. Le noni du niènie stratège, Aurei. Proteus, se rencontre sur les pièces de Mytilène portant au droit le buste de Commode (180-192 api'ès j.-C.) "^ fjiii (I) B. M. C. : i e, p. 20;, 11. 20(. 522 .IKAN N. SVORONOS vicnt à la suite d'Antoninus Pius (138-141) et de M. Aurei (161-180) aux temps dcsquels furent frappées les pièces portant les portraits de Frokla, de Niko- machis et de Sextus II. De plus le portrait de Déino- machos resseinble d'une manière ctonnnnie au portrait de Commode, sous le règne duquel cette pièce fut frappée. Nous trouvons aussi la méme ressemblance entre beaucoup d'autres portraits de ces citoyens cè- lùbres de Mytilène et de ceux des empereurs aux temps desquels on les a frappées "). 11 est dono sur que, comme de nos temps les courtisans et adulateurs des rois et des empereurs imitent la coiffure, les mousta- ches, les habits, les manières etc., d'un Napoléon III ou d'un Guillaume II, ainsi leurs anciens confrères fai- saient tout leur possible pour ressembler à leurs idoles. Du reste j'ai déjà '^j attiré l'attention sur un autre exemple ancien, le relief-médaillon en marbré d'Artémidore de Pergé, le vieux et fidcle phrourarchos de Ptolémce Soter à Théra, qui, voulant dédier sa propre figure, identifie ses traits ì\ ceux de Ptolémée Soter (3). Athènes, Février 1908. Jean N. Svoronos. (i) Wroth B. M. C. : 1. e, p. 198, note. (2) Tà Xo|i!aaaTa Tou xpÓTOu; xcùv llTo).s(J.aiojv, I p. (lò', et. p. f^'P'Y- (3) Comparez aussi le cotiinientaire de M. lliiler von Giirtringen : Ardi. Anzeig 1889, 4, S. 188-192. Di una medaglia patriiittica milanese Tavola VII. Recando il mio piccolo contriljuto :\\VOì/iaiihhliea Cisalpina stava per essere chiamata Ito!ic<*, si trovò fuori pro- posito l'esecuzione di quanto si era ordinato ; si di- spose perciò colla massima sollecitudine perchè la coniazione disposta non avvenisse, ma, riformato i' conio secondo le nuove esigenze, pur lasciando le f;gure e le parole che non dissentivano, invece di COS-CIS incuso nel volumetto del diritto si incidesse in tre linee COS-ITA-LIC; e che nel rovescio, ixW mvixo della quarta linea della leggenda del campo, si so- stituisse ITALICA a CISALPINA. Se non che qualche esemplare era già stato coniato alla prima maniera. e ne rimase qualcuno, come si vede, anche in ar- gento, salvo dal crogiuolo. Anzi, nel trambusto della sostituzione si coniarono anche talune medaglie in contraddizione con sé stesse, usando per una parte / il conio vecchio, e per l'altra il conio nuovo. Ma la / vera battitura della medaglia così detta dei Coìuizii (i) I-uigi Manfredini, senior. Nato a Bologna nel 1771, morto ivi il 22 giugno 1840. Incisore valentissimo, per tutto il periodo Napoleonico. V. L. FoKRF.K : Nmnismalic Ctrcular, voi. XIV, n. 167, pag. 9400 i 9401. 326 A. F MARCHISIO di Lione e quella che porta al diritto ed al rovescio il nuovo nome assunto dalla Repubblica con a capo Bonapartc. Il disegno di questa medaglia così modi- ficata lo dà il Comandini nella citata sua opera (■> e già prima essa si trovava disegnata nell'opera del IVlillin e Millingen al n. 57 della tav. XVII (2); della qual opera si legge quanto segue nel testo che si riferisce al disegno (pag. 21): = 57. Planche XVII, S[)Cììi boìiain ccrtatiiqnc domiim reporto. Fior. {Cannen Saccitlare v. 74). « Le Genie des Arts et du Commerce, presente à la Rcpublique Cisalpine une tablette, sur laquelle on lit, Cos italic « Constitution Italienne ». A còte de la Rcpublique. est le genie de la Justice, tenant une balance. Dans le fond, une vue de la ville de Milan (!?) et des Alpes. Exergue, Comizii Cisalpini iìi Lione a. X. Au-dessus, L. M. F. (Luigi Manfre- dini fecit). Revers. Voti pubblici per la prosperità eterna della repubblica italica assicurata colla costituzione auspice Boìuiparte. Cette mcdaille rappelle la réunion de la Consulte Italienne dans laquelle la Rcpublique Ci- salpine prenant le nom d' Italienne, recut son orga- nisation definitive. On avait frappé d'abord une médaille, où au lieu du mot Italica au revers, on lisoit Cisalpina, et de l'autre coté sur la tablette que tient la Rcpu- blique. on lisoit Cos. Cis. au lieu de Cos Italie. Celles-ci sont fort rares ». Soggiungo ancora che la nuova medaglia ha le lettere della leggenda del rovescio alquanto più grosse che quelle della medaglia primitiva. Un esemplare (i) 11 diruto a pag. 31, il rovescio a pag. 32. (2) Hisloire mètalliqne de Napoìéon, ou recueil des médailles et des nionnaies qui ont été fVappées depuis la premiere campagne de l'armée d'Italie, jusqu'à son abdicatioii en 1815. Londres, 1819. ni UNA MEDAGLIA PATRIOTTICA MILANESE 32') di esso, in argento, fu il 26 gennaio 1802 dato in ricordo a ciascun membro della Consulta straordi- naria Cisalpina nelln sua parziale riunione delle cinque sezioni, essendosi il Governo di Milano af- frettato a farne invio alla sede dei Comizii "K L'indomani, a nome di Bonaparte, fu distribuita ai deputati Cisalpini altra medaglia commemorativa, pure in argento, coniata a Lione, che si trova di- segnata nell'opera del Comandini a pag. 36, e nel- l'opera di Millin e Millingen alla tav. XVIII, n. 58. Dacché se ne presenta l'occasione, riporto qui la descrizione, e ne dò la riproduzione nella Tavola VII coU'aiuto dell'esemplare che pure posseggo, della medaglia Lionese : ^ — LEGES MUNERA PACIS Testa nuda, a sinistra, di Bonaparte. Sotto il busto, mercié f. lug. [Mcrcié fecit Lugduni '2). 9 — Nel campo, in undici linee: AUSPICE - BONAPARTE — INTER GALLOS — GALLORUM NEPOTES - CISALPINI ~ ANTIQUUM FOEDUS - RENOVANTES — GENTEM SUAM - LEGIBUS CONDIDERUNT — LUGDUNI — ANNO X • REIP • GAL • Peso gr. 50,25. Diametro mill. 48. Contorno liscio. Torino, gennaio i^oA'. A. F. Marchisio. (i) Comandini; Op. cit., pag. 36. (2) Claudio Antonio Mercié, incisore francese; nato a Gray il 28 dicembre 1751, morto a Lione il io aprile 1812. V. L. Forrkr : Niiiiii^- mn/ic Circitlar, voi. XV, n. 172, pag. 9724. V. pnre l^olztntlial, Rondol, Ilennin. (11 Millin et Millingen fa precedere erroneamente da una P (pag. 22) la firma di Mercié). CAR^FA- MONETA ITALIANA Invitato dall'Egregio Signor prof. Serafino Ricci a scrivere un lavoretto per onorare la memoria del compianto dott. Ambrosoli. mi vedo quasi obbligato di aderirvi per debito di riconoscenza verso l'Illustre Estinto, che fu uno dei primi ad incoraggiarmi di pro- seguire nella mia Raccolta di Carta Moneta Italiana; collezione che, a suo dire, è una specie di comple- mento delle raccolte numismatiche, ed anzi Egli de- sideroso di veder presto pubblicato qualche cenno in proposito, mi aveva ottenuto il consenso di un ri- nomatissimo editore per la stam[')a del mio lavoro; pubblicazione che mi riservo di fare a tempo più opportuno ed in modo più completo di cjuello che potrei fare ora. La ragione più importante per cui questa pub- blicazione riesce difficile, è che essendo essa la prima dell' argomento, non è possibile nessun controllo e dovendo procedere senza alcuna guida, la ricerca del materiale che è necessario consultare riesce molto tediosa e richiede una enorme quantità di tempo per sfogliare negli archivii. in cerca dei decreti riguar- danti le numerose emissioni, decreti che sono fram- misti a tutte le leggi emanate dai diversi governi; e basti il dire che per avere la nota cronologica delle emissioni della Banca Nazionale e delle altre cinque 330 ISAIA VOLONTE Banche di Emissione, dovetti ricorrere alla cortesia di un egregio Deputato, il quale desideroso di sod- sfarmi e non essendogli riuscito di trovare l'elenco voluto ne presso i diversi Ministeri competenti, né presso le Banche, dovette incaricare persona pratica di fare le necessarie ricerche nei diversi volumi delle Leggi Italiane, s'immagini il lettore con quanta per- dita di tempo ; e si pensi che si trattava di emissioni recenti, delle quali è ancor viva la ricordanza. Mi proverò quindi ad esporre così alla buona e senza pretesa quelle notizie che ho potuto accumu- lare in relazione alla Carta Moneta ItaHana, nella lusinga di segnare una strada, fosse pure molto in- certa, a chi disponendo di maggior tempo e di più vaste cognizioni, vorrà dedicarsi a scriverne un poco diffusamente. Prendendo esempio dalla vicina Francia, fu nel 1745 che Carlo Emanuele III introdusse negli Stati Sardi la carta moneta collo scopo di agevolare il trasporto delle valute, come risulta dal relativo Editto, e questo sistema deve aver presto incontrato il fa- vore del pubblico, poiché qualche anno più tardi i laghetti di Credito verso le Regie Finanze (così de- nominati) facevano aggio, ed anzi si trova un Editto del 1746 che comminava pene a chi negoziava i Biglietti con valore superiore a quello sovra essi segnato. Non posso garantire se veramente questi furono i primi Biglietti emessi in Italia, ma io non ho tro- vato altra menzione e non ne trovo fino al 1786, nel quale anno furono emessi i Vaglia del S. Monte della Pietà di Roma e del Banco di S. Spirito pure di Roma, vaglia che avevano corso in tutti gli Stati Ecclesiastici, e più tardi nel 1789 i Biglietti della Prima Repubblica Romana, e nel 1796 le Cedole Mantovane. CARTA-MONF.TA ITALIANA 33 1 Sembra che anche la RepubbHca di Venezia avesse intenzione di introdurre il sistema della Carta Moneta, ma la cosa rimase allo stato di progetto e non ebbe esecuzione. Le tristi vicende politiche della fine del secolo XVI li ebbero un funestissimo esito sulla sorte della Carta Moneta, poiché in primo luogo i Governi ap- profittarono di questo comodo e niente costoso mezzo di far denaro, per sopperire ai bisogni delle Finanze; ed il pubblico che mezzo secolo avanti accettava con gioia il nuovo mezzo di scambio, adesso vedendo l'e- norme quantità che si trovava in circolazione comin- ciava a diffidare, e gradatamente il valore dei Biglietti scemava, al punto che gli stessi Governi emittenti, escogitati tutti i mezzi possibili per mantenerli in cir- colazione, si videro costretti a ridurne il valore, che in meno di io anni scomparve totalmente essendo- sene soppresso il cambio sotto qualsiasi forma. E forse per questa ragione che nei primi anni del secolo scorso non si trova più nessuna emissione di Carta Moneta, e non ne ho trovato fino al 1848, allorquando la febbre di conquista della libertà della Patria fece quei miracoli di generosità che nessun altro scopo avrebbe saputo ottenere. Infatti fu a Venezia che nel 1848 si emise Mo- neta Patriottica garantita da facoltosi cittadini, e poco tempo dopo la Moneta del Comune di Venezia che era garantita dalla Municipalità coi redditi delle im- poste ; troviamo la Carta Moneta emessa durante l'assedio di Palmanova, biglietti grossolanamente stampati sopra carta comune e garantiti sopra di- versi stabili; e quella dell'assedio di Osoppo, biglietti scritti a mano sopra carta comune, e garantiti pure sopra diversi stabili della fortezza. Troviamo i Biglietti della II Repubblica Romana del 1849, e non potrei dire come fosse regolata detta 332 ISAIA VOLONTK emissione, poiché quantunque l'intestazione fosse sem- pre Repubblica Romana, pure se ne trovano con stam- pato sotto: Provincia di Comune di , e si deve quindi supporre che ciascuna amministrazione pensasse a mettere in circolazione la quantità che le occorreva. In questi anni pullulano diverse Carte Valore che non so se avevano corso monetario o se pure erano solamente ricevute di doni che i cittadini lar- givano a profitto della Patria, come il Dono Patriot- tico di Venezia del 1848 intestato « Per 1' Italia a Venezia — Dio premierà la Costanza » ; il Prestito Nazionale Italiano diretto unicamente ad affrettare l'indipendenza e la libertà d'Italia, lanciato da Maz- zini nel 1850 da Londra; le cedole del Prete Tazzoli di Mantova; quelle dell'Associazione dei Comitati di Provvedimento per il riscatto di Roma e Venezia; quelle della Sottoscrizione per un Milione di Fucili promossa dal Generale Garibaldi; le cartelle del Pre- stito Nazionale per la Rivoluzione emesse dal Comi- tato Regionale di Napoli ; quelle dei Soccorsi a sol- lievo dei Romani del 1867; quelle dell'Associazione degli Emigrati Romani intestata « Diritto alla Patria» del 1868; i biglietti dell'Alleanza Repubblicana Uni- versale firmati da Mazzini, e chi sa quanti altri che io non conosco. Da quanto ho potuto dedurre da informazioni assunte da persone vissute in quell'epoca, mi risulta che questi Biglietti, pur non avendo corso legale, erano in circolazione, e gli incaricati della distribuzione cer- cavano ogni mezzo per spacciarli, non rifuggendo anche dall'inserirne qualcuno in ciascun pagamento, a seconda della sua importanza, e del prenditore, il quale si trovava obbligato a non rifiutarli se non voleva essere tacciato di anti-patriottico. Dopo la guerra, anche l'Austria nell'aprile 1849 CARTA-MONETA ITALIANA 333 emise nel Regno Lombardo- Veneto carta moneta coi Viglietti del Tesoro a firma del Commissario Impe- riale Plenipotenziario conte Montecuccoli e con in- teresse pei Biglietti dalle lire trenta in su. Nel Piemonte funzionava la Banca Nazionale degli Stati Sardi creata nel 1849 colla fusione delle Banche di Torino e di Genova. Nello Stato Pontificio circolavano biglietti emessi colla denominazione di Boni del Tesoro. L'Austria nel 1859, "'' causa delle ristrettezze finanziarie procuratele dalla guerra, emise nuova- mente per il Lombardo-Veneto dei Biglietti in Va- luta Austriaca (cioè Fiorini) che avevano corso for- zoso e con data da Verona del 15 giugno 1859, e da quanto mi risulta ebbero però un corso molto breve e cioè di circa due anni. Appena avvenuta nel 1859 1^^ riunione del Lom- bardo- Venetu al Piemonte, il Governo Italiano in virtù dei pieni poteri di cui era investito, autorizzò la Banca Nazionale degli Stati Sardi ad emettere Bi- glietti ma tutti di taglio superiore alle lire 20. Nell'anno 1860 la Banca di Parma e quella delle Quattro Legazioni di Bologna furono assorbite dalla Banca Nazionale, ma non so se queste due Banthe avessero in circolazione Carta Moneta. CoU'estendersi del nuovo Governo e colla legale proclamazione del Regno d' Italia, la Banca Nazio- nale degli Stati .Sardi con R." D: 23 ottobre 1865 cambiò il suo nome in quello di Banca Nazionale del Regno d' Italia. Nel ]866 il Governo Italiano si vide obbligato a dichiarare il corso forzoso ai Biglietti di Carta, ed autorizzo la Banca Nazionale con R." 1)." 17 mag- gio i865 ad emettere Biglietti da Lire 10: ma sia per la impre[)arazione, sia per l'urgenza del bisogno, il Governo con R." D." 15 giugno t866 fu costretto 334 ISAIA VOLONTK a valersi delle Marche da Bollo da lire 5, io e 15 che. munite di un distintivo speciale, vennero messe in circolazione a corso forzoso. Questo però fu un provvedimento afifattc tempo- raneo che durò circa quattro mesi; e successivamente nel medesimo anno 1866 venne autorizzata l'emissione dei Biglietti da lire 5, e nel successivo anno i867 quella dei Biglietti da lire 2, volgarmente chiamati Cavourini, in omaggio al grande statista il cui ri- tratto figurava impresso su questi biglietti. Nel successivo anno 1868 venne pure emesso il biglietto da lire i. Tutti questi biglietti erano stam- pati in America e credo di non errare asserendo che sono i migliori che la Nazione abbia finora posseduti. Le Banche di Emissione in questo anno 1868, erano quattro, cioè la Banca Nazionale, il Banco di Napoli, autorizzato ad emettere biglietti da lire i, il Banco di Sicilia parimenti autorizzato ad emettere biglietti da lire i, la Banca Nazionale Toscana che emise biglietti di varii tagli, ma tutti superiori alle lire 20, e la Banca Toscana di Credito che non aveva emesso alcun biglietto. Ma la deficienza di monete metalliche e la esi- gua quantità dei Biglietti emessi procurarono un'e- norme intralcio al commercio, e si racconta che per il cambio di Biglietti di grosso taglio in moneta spic- ciola, si esigeva una provvigione che in diverse epo- che superò anche il 12 per cento. Fu allora che, allo scopo di mettere un riparo a simile stato di cose, Banche, Casse di Risparmio, Camere di Commercio, Monti di Pietà, Luoghi Pii, Orfanotrofii, Provincie, Municipii, Città, Comuni, So- cietà Operaie, Società Private, Bottegai, ecc., qual- cuno autorizzato dal Governo, ma la maggior parte senza permesso e. quello che più monta, senza nes- suna garanzia, emisero Biglietti o Boni di Cassa, che CARTA-MONETA ITALIANA 335 si cambiavano presso 1' emittente solamente in nu- mero collettivo, ed in parecchi casi per cifre non inferiori alle lire 50. Fra gli emittenti di questi Biglietti e Boni qual- cuno (forse anche con malizia) trascurò di indicare il luogo di emissione, ed anche quello del cambio, qualche altro si servì di nomi antiquati ed in disuso per indicare il paese al quale appartenevano, qual- cuno infine fallì, facendo perdere ai disgraziati posses- sori intieramente il loro avere. Ognuno poi emetteva i valori che credeva, o che meglio si confacevano al suo commercio, e quindi se ne trovano di tutti gli importi e stampati in mille differenti guise, qualcuno sopra carta filigranata, ma la maggior parte su carta comune, ed in molti casi tanto ordinaria e tanto leg- gera che all'uso doveva certamente sciuparsi e rom- persi colla massima facilità. La maggior parte portano .Serie e Numeri, non si saprebbe però precisare se realmente per un con- trollo, opi)ure solamente per dare maggior illusione al popolino che necessariamente doveva usarne. Con R." D." 2 dicembre 1870 si approvò il nuovo statuto della Banca Romana che altro non era se non la continuazione della Fianca dello Stato Pontificio, ed alla medesima venne concesso il privilegio del- l'emissione dei Biglietti: del quale usò ed anche abusò, principiando ad emettere nel J872. Ne devo passare sotto silenzio che la Banca Italo- Germanica nell'anno 1871 circa, cercò di mettere in circolazione dei Biglietti di Carta da lire 5 fino a 1000 (dei quali possiedo nella mia raccolta tutti i tipi affatto nuovi), ma incontrò l'opposizione governativa, forse anche per la ragione che i Biglietti dalle lire 50 in su portavano l'interesse del 2 ", , all'anno, e quindi non furono mai in circolazione. P'inalmente, dopo tanta confusione, venne la legge 336 ISAIA VOLONTK 30 aprile 1874 importantissima per i suoi effetti, la quale regolò propriamente la circolazione cartacea durante il corso forzoso, vietando a qualsiasi privato, società od ente giuridico di emettere Biglietti di Banca od altri titoli equivalenti, pagabili al portatore, ed a vista, ad eccezione dei seguenti istituti: Banca Nazionale nel Regno d'Italia, Banco di Napoli, Banca Nazionale Toscana, Banca Romana, Banco di Sicilia, Banca Toscana di Credito, salvo le disposizioni riguardanti gli Istituti di Cre- dito Agrario e di Credito Fondiario. Tutti i Biglietti emessi da questi sei Istituti erano Consorziali, erano a Corso Forzoso Inconvertibile e dovevano essere impressi su carta bianca. Nell'anno 1880 si incominciò a pensare seria- mente all'abolizione del Corso Forzoso dei Biglietti; e nel t88i il Ministro del Tesoro, Agostino Magliani, ebbe l'onore di veder approvato con 266 voti favo- revoli e 27 contrarli il suo progetto di Legge in data 7 aprile che provvedeva alla totale ed immediata abolizione del Corso Forzoso. Ma la liquidazione del Corso Forzoso non fu cosi facile come preveduta, ed anzi dopo pochi mesi il 25 dicembre t88t vennero messi nuovamente in circolazione dei Biglietti già Consorziali in tutto si- mili ai precedenti come disegno, e con variato sola- mente la dicitura ed il colore; finche colla legge 15 settembre 1893, lo Stato era in grado di abolire completamente il Corso Forzoso e avocando a se il diritto di emettere Carta Moneta ; ritirò tutti i Biglietti Consorziali e già Consorziali dalla circolazione cam- CARTA -MONETA ITALIANA 337 biandoli in oro ed argento, ed emise Buoni di Cassa a Corso Legale da lire i e 2, nonché Biglietti di Stato da lire 5, io e 25 tutti cambiabili al portatore ed a vista in monete metalliche. I Buoni da lire i e 2 ora sono tolti dalla cir- colazione e gli altri Biglietti di Stato sono quelli ora usati unitamente ai Highctti della Banca d'Italia, del Banco di Napoli, e del Banco di Sicilia, tutti di taglio superiore alle 50 lire, emessi in virtù della Legge bancaria del io agosto 1893 e 22 luglio 1894. Prima di finire devo anclie accennare ai Buoni degli Esercenti da cent. 50 e 1 lira comparsi nel- l'anno 1893 in molte città specialmente dell'Alta Ita Ha per pochi mesi, allorquando la deficienza degli spezzati e la mancanza dei Buoni di Cassa gover- nativi aveva nuovamente creato al piccolo commer- cio gli imbarazzi come nei precedenti anni 1866 e successivi. Non voglio chiudere queste mie memorie senza fare cenno alla fortunata coincidenza che lo scopo di facilitare gli scambi, introdotto in Italia dall'illu- stre Principe Sabaudo che primo emise Carta Mo neta venne pienamente raggiunto dopo tante e così disparate vicende sia politiche, sia economiche, da al- tro Principe del Ramo che in pochi anni di regno già seppe accaparrarsi tante simpatie, e che porta così degnamente la fulgida corona ereditata da' suoi avi. Milano, Marzo if/oS. Isaia Voi.ontk. 41 RIPOSTIGLIO DI MEDAGLIONI DI PIRRO È noto come i medaglioni di Pirro re dell'Epiro vengano noverati fra le piia grandi rarità numismatiche greche, sia per lo scarso numero che di essi si co- nosce, sia per la insigne bellezza della testa di Giove Dodoneo e della Figura di Dione, le quali a buon diritto fanno di questa moneta, assieme ai medaglioni di lerone II, uno dei più imponenti ed ammirabili prodotti dell'arte del conio dell'Italia e della Sicilia ellenistica. Si chiamano medaglioni attesa la rilevante grandezza del conio (mm. 30 a 31), ma in realtà non sono che dei tetradrammi coniati in Italia, e con tutta probabilità a Locri i". Ora una insigne scoperta viene ad aggiungere peso alla vecchia credenza sul luogo di emissione di codeste magnifiche e ricercate monete. Da un pajo di anni in qua collettori ed antiquari accorrono affannosamente a Gerace in Calabria per dar la caccia ai preziosi pezzi, che a spizzico ed alla spicciolata, ogni qual volta un'alluvione dilava e rode la superfice del suolo dell'antica Locri, escono da un profondo ed angustissimo vallone, detto Meligri, nel- l'ambito delle mura della città antica. Avidamente cercati e contesi dai villani del sito, in sulle prime erano venduti a vii prezzo come scudi napoletani; ma oggi invece se ne fanno domande esagerate e quasi favolose. Fino al momento in cui scrivo 70 sono gli esemplari restituiti dal generoso suolo lo- crese; dispersi ovunque, rappresentano tutte le gra- dazioni della conservazione e della bellezza. Esem- (i) La vita militare irrequieta e fortunosa di Pirro lo obbligò a battere moneta iu molti paesi, in Macedonia, in Epiro, in Italia ed in Sicilia. Alla Sicilia, cioè a Siracusa, vengono generalmente attribuiti i bei pezzi d'oro da 120 litre, da 60 litre, ed alcuni di argento e di bronzo. Il medaglione invece e assegnato a Locri (Head, Hisloria nitmoniiii, pag. 273; Hill, Coìhs of Sicily, pag. 161-163). 340 P. ORSI plari di splendido conio, passati per la trafila del Virzi di Palermo all'Hirsch di Monaco, vennero pa- gati da L. 2000 fino a L. 3500; ma altri sono di scadente conservazione e di assai piia modico valore. In ogni modo è merito di Corrado Ricci, direttore generale delle antichità e belle arti, di aver assicu- rato alle collezioni dello Stato per conveniente prezzo sei eccellenti esemplari di questa insigne moneta, che esaurito il tesoretto locrese tornerà a diventare estre- mamente rara ed irreperibile. La presenza di questo ragguardevole tesoro va posta in relazione alle vicende della città, contesa negli anni 282-280 fra Pirro ed i Romani. Occupata da un presidio romano, essa lo espelle all'approssi- marsi di Pirro; ma ben presto si pente della dedi- zione fatta al monarca, la cui guarnigione aveva commesse tante violenze, da provocare una esplo- sione d'ira dei cittadini, che cacciarono anche le truppe epirote. Se non che Pirro reduce dalla Sicilia punì amaramente l'audacia dei Locresi, spogliando con una dura imposta di guerra i cittadini, e sac- cheggiando il ricco tesoro del famoso tempio di Per- sefone. Ed in questo momento appunto deve fissarsi il nascondimento del nostro tesoro monetale. Se il tempio di Persefone va, come pare, iden- tificato con quello scoperto dal Petersen e da me esplorato in contrada Marazzà negli anni 1 889-90''*, si può anche in via di ipotesi muovere la domanda, se il prezioso peculio non facesse per avventura parte della cassa del santuario, ovvero, in ipotesi più larga, di quella di qualche ricco cittadino, che nascondendolo dentro l'impervia e cupa gola del Me- ligri, non ebbe poi più modo di ricuperarlo. Locri Epizefiri, novembre igo"]. P. Orsi. (1) PEiEKdEN, Roemische Milllieilimgeii, 1890, pag. 161 e segg. ; Ousi, Notizie degli scavi, 1890, pag'. 248 e segg. PER LA ZIÌCCA DI VENTIMIGLIA Il non mai abbastanza compianto dottor Solone Ambrosoli, rispondendo nella Rivista Italiana di Nu- mismatica, anno XVI (1903), fascicolo IV, ad un mio modestissimo articolo sulle monete dei Conti di Ven- timiglia, erroneamente attribuite alla famiglia Reque- sens, inserito nel Bollettino di Ntunismatica e di arte della Medaglia, anno I, n. 5-6 e 9-10, scriveva che da tempo aveva in animo di scrivere una memoria sulle monete dei Conti di Ventimiglia. E poiché anch'egli riteneva, come tutti gli altri, che quelle monete appartenevano ai Requesens, Prin- cipi di Pantelleria, volea proporre che esse dovessero d'allora in avanti intitolarsi col nome di Pantelleria invece che di Ventimiglia. Assodato in seguito al mio articolo, ed accettato anco da lui, nella sua risposta, il fatto che i Reque- sens nulla aveano a vedere con le dette monete, mentre queste sì appartenevano ai Ventimiglia, Mar- chesi e Conti di Ceraci, Principi del Sacro Romano Impero, di Castelbuono, ecc., ecc., non si parlò più del cambiamento del nome di questa zecca. Però nel passato anno riflettendo all' idea del dott. Ambrosoli di cambiare il nome a detta zecca, mi venne il pensiero che non era propriamente in- dicato il nome di Ventimiglia, perchè esso è nome della famiglia e non del feudo. Il titolo di Conte di Ventimiglia deve ritenersi, o titolo sul cognome, op- pure, come scrive il Villabianca nella Sicilia Nobile, proviene dal Contado di Ventimiglia nella Liguria. Nell'un caso e nell'altro non mi pare indicato il nome di Ventimiglia per la zecca di queste monete. 342 ANTONINO GRASSI-GRASSI Il titolo di Conte di Ceraci fu dato dal Conte Ruggero I al di lui fratello Ugone da Serlone. Fu il primo titolo di Conte concesso in Sicilia; passò alla famiglia Ventimiglia in seguito al matrimonio di Enrico Ventimiglia con Elisabetta ereditiera della detta Contea e per ben sei secoli si è mantenuto in essa fauiiglia con strettissimo vincolo di fide-commesso mascolino come sostiene il Villabianca e con lui mol- tissimi scrittori di araldica, fra cui l'abate Rocco Pirri nel proemio alla cronologia dei Re di Sicilia, ovvero come rilevasi da uno scritto stampato a Venezia nel- l'anno 1632 che porta per titolo: Confutazione della Genealogia dei Conti di Ceraci addotta dal Pirri, di cui fu autore il marchese Ruggero Ventimiglia di Ceraci, sotto il pseudonimo accademico d'Insensibile. in questo scritto si sostiene che la famiglia dei Conti di Ventimiglia discende per continuata linea mascolina dal sopranominato principe Serlone fra- tello al conte Ruggero I re di Sicilia, e che fu chia- mata Ventimiglia dal fatto di avere in uno scontro contro i Saraceni uccisi in un sol giorno ben venti- mila Mori, per cui venne agnominata Vigintimillia, agnome che divenne poi cognome. Il Contado di Ceraci fu nell'anno 1433 dal re Alfonso il Magnanimo elevato a Marchesato e fu que- sto il primo titolo di marchese concesso in Sicilia. Ora se una zecca si deve assegnare alle monete dei detti conti, questa non può essere che quella di Ce- raci come la più indicata e non quella di Ventimiglia. Questa idea avevo in animo di scrivere e pro- porre al dottor Ambrosoli, quando la Parca troncava quella preziosa esistenza. La sottometto ora alla So- cietà Numismatica Italiana ed al Circolo Numismatico perchè vogliano prenderla in considerazione. Antonino Grassi-Grassi. INDICE L'Opera Numismatica di Solone Ambrosoli (Se- rafino Ricci) Pan-, i^ Il Regio Gabinetto Numismatico di Brera (Fran- cesco Gnecchi) I, 33 MEMORIE. Ernest Babelon. Note sur un poids byzantin . Giuseppe Giorcelm. Scudo d'oro di Federico II Gonzaga e Margherita Paleologa, coniato nella zecca di Casale ...... Ai.piioNSE DE WiTTE. Un nouveau gros au lion de Jeanne et Wenceslas, ducs de Brabant . Emiuo Motta. Giacomo jonghelinck e Leone Leoni in Milano ...... G. Cerrato. Note di Numismatica Sabauda Arnold Luschin von Ebengreutii. Il sistema mo- netario degli aurei italiani di Carlomagno . „ 89 Paul Bordeaux. Essai d'interprétation du mot FLAVIA figurant sur les triens des Rois Lom- bards Astaulf, Didier et Charlemagne . . •■97 Alberto Cunietti-Cumetti. La zecca di Ales- sandria . . . . . . ,,113 Francesco Gnecchl Scavi di Roma nel 1907 „ 127 Giuseppe Ruggero. Annotazioni numismatiche ita- liane : Degli errori di attribuzione. — Un tre- misse di Rachis ....... 133 Ortensio Vitalini. Due aurei inediti della zecca di Bologna ........ 139 Ercole Gneccìii. Massa Lombarda . . . „ 145 Giuseppe Casiei.lani. Una lettera di San Carlo Borromeo a proposito della zecca di Fano . „ 149 't.?- 45 '; 55 '1 71 75 83 344 INDICE G. Dattar[. Le cavità centrali sopra le faccie delle monete Tolomaiche di Bronzo Flavio Valerani. Stemmi ed emblemi sulle mo- nete del Monferrato Nicolò Papadopoll Monete italiane inedite della Raccolta Papadopoli Adrien Blanchet. Note sur la guivre de Milan . Lodovico Laffranchi. Le monete degli imperatori Valeriano e Gallieno, coniati a Viminacium e ad Antiochia J. Eddé. Les figures de face sur les monnaies antiques E. Martinori. Zecca di Benevento : Soldo d'oro di Scauniperga e Liutprando . Alberto Simonetti. Grumento, Matera e S. Chi rico Raparo G. Carbonelli. Umberto Bonaccorsi zecchiere d Savoia ....... M. Bahrfeldt. Il Ripostiglio di Delos. I denari le gionari di M. Antonio .... C. Serafini. Medaglioni Capitolini Giorgio Ciani. Le monete del Comune di Cre mona dal e 155 al 1329 .... E. A. SxttcKELBERG. Il punzone di Papa Felice V a Basilea Agostino Agostini. Appendice alla illustrazione della zecca di Castiglione delle Stiviere Vincenzo Dessi. I tremissi longobardi. Jean N. Svoronos. Monnaies inédites d'Athènes et de Mytilène A. F, Marchisio. Di una medaglia patriottica mi lanese ....... Isaia Volontè. Carta-moneta italiana . P. Orsi. Ripostiglio di medaglioni di Pirro. A. Grassi-Grassi. Per la zecca di Ventimiglia Pag. 157 ;; 167 '1 179 M 191 M 199 W 213 W 219 n 227 n 233 » 239 n 245 n 255 >} 271 ti 277 w 295 313 323 329 339 341 Finito di stampare il 20 Aprile 1908. Achille Martelli, Gerente responsabile. «>♦«»♦»»»«" !•»♦♦•♦♦••»••••»•»♦♦♦.♦♦•♦♦• FASCICOLO III. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA LXXXIX. ROMA E LA GERMANIA (Tav. Vili, IX e X). Dagli ultimi anni della Repubblica e continuando per tutta la durata dell'impero romano, i contatti fra Roma e la Germania furono costanti e quasi inin- terrotti, di modo che riesce impossibile scindere la storia dell'una da quella dell'altra. La lotta per l'espansione fino alla conquista della intera Germania dovette seguire il fatale suo corso; nello stesso modo che quando la fortuna di Roma, giunta all'apogeo, volse al declivo, quel popolo stesso che Roma aveva prima conquistato, prendeva alla sua volta il soprav- vento, accelerando col suo peso la rovina dell'im- putridito impero. Roma imperiale, che stampava nelle monete la sua storia, ci conservò in moltissimi mo numenti numismatici il primo periodo degli accen nati avvenimenti, la conquista .... trascurando na- turalmente il secondo o lasciando ai nuovi vincitor la cura di registrarlo dapprima in quelle rozze e barbare monete che rispecchiano la tristizia dei tempi, indi assai meglio in molte monete che ai Sovran germanici apprestarono i nostri artisti del rinasci- mento. 348 FRANCESCO GNECCHI I due periodi storici mi parvero poter fornire due argomenti opportunissimi per chi volesse sten- dere una memoria in occasione del Congresso sto- rico di Berlino. Se lascio ad altri il secondo, come appartenente al medio evo e mi limito al primo perchè i miei pochi studii non vertono che sul pe- riodo romano, non credo che alcuno vorrà trovare in ciò un malinteso patriottismo, una ostentazione della gloria di Roma a spese della Germania. Prima di tutto già anticamente Arminio, poi, come si ac- cennò, tutto il medio evo e parte dell'evo moderno vendicarono ad esuberanza le conquiste romane. E del resto non è punto necessario ricorrere a tali ra- gionamenti. Gli avvenimenti in discorso sono ormai così lontani, che già si perdono nella caligine dei tempi, e non sono più atti a suscitare né ire, ne rancori, ne dispiaceri. Delle antiche lotte non rimane che il semplice ricordo, il quale, accomunando le origini di un popolo con un periodo storico di un altro, non può che affermare maggiormente il vincolo di cordiale amicizia che oggi li unisce. L'Italia e la Germania, studiando insieme la loro storia comune e le comuni vicende, possono liberamente e con tutta tranquillità stringersi la mano, scambiandosi saluti ed auguri da Roma a Berlino e viceversa. La storia dell'antica Germania è ricordata in due modi dalle monete ; o pel titolo di Germanico assunto dall' imperatore romano, o per i ricordi ger- manici stampati sui rovesci delle monete stesse. Dopo qualche rapidissimo cenno storico, dò quindi l'elenco dei principi che portarono sulle monete il titolo di Germanico, accompagnandolo con una tavola (n. Vili) in cui tutti sono rappresentati e faccio seguire l'elenco delle monete contraddistinte da tipi germanici, di cui è dato un saggio nelle altre due tavole (n. IX, X). ROMA E LA GERMANIA 349 Ho limitata la descrizione delle monete a quelle che, sia per leggenda, sia per chiarezza di rappre- sentazioni, richiamano specificatamente e indubbia- mente la Germania, mentre ho escluso tutte le altre, e sarebbero molte che, pure non portando una leg- genda o un tipo specifico, dovrebbero alla Germania riferirsi. Ve ne sono molte per esempio, fra quelle col tipo vago della Vittoria, che facilmente potrebbe provarsi essere riferibili alle guerre germaniche ; ma, siccome ve ne sarebbero anche altre di attribu- zione discutibile, mi sono attenuto solo a quelle in cui la Germania è precisamente indicata, e ne ho rac- colte oltre 300, ben inteso non includendovi quelle coniate nelle colonie o a leggenda greca, colle quali il numero sarebbe facilmente raddoppiato. La serie delle monete ricordanti la conquista della Germania o, per dirla con altre parole, la storia numismatica della Germania, si inizia con Nerone Druso, Nero Claudius Drusus, figlio di Livia e acl suo primo marito Tiberio Claudio Druso e figlio adottivo d'Augusto. Egli trascorre la sua vita a com- battere i diversi popoli nordici, che si aggruppano sotto il nome di Germani e vi porta vittoriose le aquile romane. Il Senato gli innalza sulle rive del Reno quel superbo arco di trionfo ornato della sua statua eque- stre fra due trofei, che vediamo riprodotto sulle sue monete d'oro e d'argento e a lui pel primo confe- risce il titolo onorifico di Germanico , che pure leggiamo su tutte indistintamente le sue monete. Di più gli accorda il diritto di trasmetterlo ai suoi discendenti ed egli se ne vale imponendolo a suo figlio come nome, mentre quale titolo glorioso, lo vedremo ripetersi lungamente, talvolta per semplice eredità, talvolta conferito nuovamente dal Senato. Note sono le imprese di Germanico e specialmente la sua vittoria sopra Arminio e il ricupero delle in- 350 FRANCESCO GNECCHI segne perdute nel disastro di Varo, fatti tutti ricor- dati dalle sue monete, nelle quali vediamo al diritto Germanico in carro trionfale e lo ritroviamo al ro- vescio in abito militare da trionfatore colla leggenda SIGIMIS RECEPTIS, DEVICTIS GERMANIS Caligola figlio di Germanico si accontenta di portare il titolo avito, non avendo compiuto contro i Germani che quell'impresa da burla raccontata da Svetonio. Non sarebbe tuttavia impossibile che i suoi bronzi col l'allocuzione si riferissero a quell'im- presa.... Claudio ripete pure la gloria germanica del padre, riproducendo sulle sue monete il monumento di Druso. Nerone aggiunge per diritti aviti come discen- dente di Nerone Druso ai propri nomi e iscrive quasi costantemente quello di Germanico; ma nes- suna delle sue monete accenna specialmente alla Germania, non essendovene mai stato il motivo. Cessa il titolo sotto i regni di Galba e di Ot- tone, per riapparire con Vitellio. il quale non lo in- voca a titolo di diritto gentilizio, ma lo conquista per le sue imprese quale legato di Galba in Ger- mania, e non lo dimentica su nessuna delle sue mo- nete. Anzi su quelle in cui ricorda i figli questi sono chiamati LIBERI IMP GERMANICI AVGVSTI. Hanno tregua le imprese germaniche sotto i regni di Vespasiano e di Tito, la cui attività è ri- volta altrove e riprendono invece con Domiziano, il quale si arroga con ben pochi meriti il titolo di Germanico. Ne solamente si arroga il titolo e lo scrive su moltissime monete, ma molte altre ne conia celebranti vittorie ipotetiche e rappresentanti la Ger- mania vinta e piangente, il Reno ai suoi piedi e trofei di guerra colla leggenda GERMANIA CAPTA. Nerva ottiene il titolo di Germanico per una ROMA E LA GERMANIA 3SÌ vittoria riportata. Fa parcamente uso del titolo sulle monete e non ne conia nessuna specialmente dedicata alla sua vittoria. Trajano nominato imperatore da Nerva è man- dato a combattere in Germania e, in seguito alle sue brillanti imprese, gli viene conferito da Nerva stesso il titolo di Germanico, che figura su tutte in- distintamente le sue monete. Le sue imprese contro i germani sono celebrate nei bassorilievi della famosa colonna, la quale, oltre all'essere ricordata nelle sue monete, s'erge ancora intatta nel centro del foro trajano. Pure la più gran parte degli episodii in essa scolpiti ci rimangono inesplicati, perchè sventurata- mente poco o nulla ci fu conservato di quanto gli storici scrissero intorno all'ottimo principe. Adriano, inviato giovanetto da Trajano a com- battere in Dacia, in Sarmazia e in Pannonia, si con- duce valorosamente; ma, appena eletto imperatore, non si cura che della pace dell'impero e dedica molta parte del suo tempo a visitarne pacificamente le numerose provincie. Così nella immensa serie delle sue monete non troviamo alcun accenno a vittorie o a guerresche imprese. Solo conservò il titolo di Germanico sulle monete dei suoi primi anni, che continuano il tipo della monetazione di Trajano. Le poche monete che fanno allusione alla Ger- mania, lo fanno in senso pacifico, quantunque pure rimanga apparente una differenza tra le provincie germaniche e le altre. Un denaro colla leggenda GERMANIA, personifica questa provincia senza alcun sentimento ostile e senza alcuna allusione a vittoria o conquista, come sono rappresentate in altre mo- nete HISPANIA. BRITANNIA. ecc. Così pure le monete semi-militari con EXERC GERMANICVS fanno riscontro alle molte altre con EXERC BRITANNICVS, MAVRETA- NICVS, ecc.; ma pure le monete simboleggianti la fé- 352 FRANCESCO GNECCHI lice provincia che acclama l'arrivo dell' imperatore (ADVENTVI AVG BYTHINIE. AFRICAE, ecc, o il ristauratore del tempo felice RESTITVTORI HISPANIAE, ecc.) man- cano per la Germania, ciò che vuol dire che i suoi viaggi non si spinsero fin là, e che alla Germania, pur non nuocendo, non dedicò speciali cure. Nessun rapporto ebbe Elio colla Germania, e, quantunque la guerra fosse ripresa sotto Antonino, nessuna moneta di questo imperatore allude spe- cialmente a vittorie in quelle regioni. 11 regno di M. Aurelio invece passa in continue lotte coi diversi popoli della Germania. Egli assunse il titolo di Germanico nel 172 e numerose sue mo- nete ricordano le sue vittorie. GERMANIA SVBACTA, DE G-ERMANIS, CCC. Lucio Vero non porta il titolo di Germanico; lo porta brevemente Commodo, insieme a quello di Sarmatico, in memoria del padre ; ma alla morte di M. Aurelio l'abbandona per assumere quello di Bri- tannico. Ciò non toglie che alcune sue monete in- dichino le sue vittorie, DE GERMANIS. Settimio Severo coniò parecchie monete legionarie ricordanti le legioni destinate al Reno ; ma il titolo di Germanico, dopo Commodo non appare piti che sotto Caracalla, il quale l'aggiunse agli altri titoli nel 214, dopo alcune vittorie, coniando anche una moneta con VICTORIA GERMANICA. E da Caracalla saltiamo a Massimino, il quale sfoga la sua ambizione militare combattendo e vin- cendo i Germani. Assume il titolo di Germanico, e lo accorda anche al figlio Massimo, celebrando su molte delle sue monete la sanguinosa sua vittoria. Filippo ottiene pure il titolo di Germanico in seguito alla sua spedizione del 245 e il titolo viene egualmente accordato al figlio; ma non figura mai sulle monete ne dell'uno ne dell'altro imperatore ROMA E LA GERMANIA 353 e nessuna delle loro monete allude specialmente alle vittorie germaniche. Valeriano guerreggiò in Germania e delle sue imprese lasciò memoria in qualche sua moneta. Ebbe il titolo di Germanico, ma questo non figura che al rovescio di un suo antoniniano. Gallieno associato nel 253 dal padre Valeriano, fece con lui tutte le guerre della Germania, assunse il titolo di Germanico e ricordò le sue vittorie su moltissime monete. Hanno pure attinenza alla Ger- mania le sue monete legionarie, delle quali la Vili Augusta e la XXII Primigenia erano destinate al- l'alto Reno, la I Minervia e la XXX Ulpia Victrix al basso Reno. Postumo ebbe molte imprese contro i Germani; gli venne conferito o assunse il titolo di Germanico, che però non figura mai nelle leggende che circon- dano la sua effigie sulle monete. Assai raramente appare al rovescio, accompagnato da quello di Mas- simo, GERMANICVS MAX. Alle sue imprese però allu- dono parecchie altre sue monete colla vittoria ger- manica. Tetrico padre ha un solo aureo ricordante una vittoria germanica e qualche rara moneta ha Claudio, conosciuto sotto il titolo di Gotico. Aureliano ha pure a che fare coi germani e ri- corda la sua vittoria su di un unico piccolo bronzo. Probo invece dedica alle sue gran numero di monete, Carino due aurei, Carausio due piccoli bronzi, e, come Gallieno, conia monete legionarie al nome delle medesime quattro legioni del Reno. Costantino Magno muta il nome di Germania in Alamannia, e tale lo conservano Crispo e Costan- tino II, dopo dei quali, ossia dopo tre secoli, la storia monetaria a proposito della Germania si tace. 45 354 FRANCESCO GNF.CCHI ELENCO DEI PRINCIPI che portano il titolo dì Germanico sulle monete 1. Nerone Claudio Drusa, nero clavdivs drvsvs, germa- NICVS, IMPERATOR. 2. Germanico, germanicvs caesar, tiberi avgvsti filivs, DIVI avgvsti nepos. 3. Caligola. cAivs caesar avgvstvs germanicvs, imperator, pontifex maximvs, tribvnicia potestate, consvl, ger- manici FILIVS, M AGRIPPAE NEPOS. 4. Claudio. TIBERIVS clavdivs CAESAR AVGVSTVS GERMANICVS, IMPERATOR, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBVNICIA POTESTATE, PATER PA1RIAE. 5. Nerone, nero clavdivs caesar avgvstvs germanicvs, IMPERATOR, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBVNICIA POTESTATE, PATER PATRIAE. 6. Vitellio. AVLVS VITELLIVS GERMANICVS, IMPERATOR, PONTI- FEX MAXIMVS, TRIBVNICIA POTESTATE. 7. Domiziano, domitianvs caesar avgvstvs germanicvs, IMPERATOR, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBVNICIA POTESTATE, CENSOR PERPETVVS, PATER PATRIAE. 8. Nerva. nerva caesar avgvstvs germanicvs imperator, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBVNICIA POTESTATE, CONSVL, PATER PATRIAE. 9. Trajano. nerva traianvs optimvs avgvstvs germanicvs, DACICVS, PARTHICVS, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBVNICIA PO- TESTATE, consvl pater PATRIAE. IO. Adriano, traianvs hadrianvs caesar optimvs avgvstvs, DIVI traiani avgvsti filivs, divi nervae nepos, ger- ROMA E LA GERMANIA 355 MANICVS DACICVS, IMPERATOR, PONTIFEX MAXIMVS, TRI- BVNICIA POTESTATE, CONSVL, PATER PATRIAE. 11. Marc' Aurelio, marcvs avrei.ivs antoninvs caesar avgv- STVS, ANTONINI AVGVSTI PII FILIVS, GERMAN1CVS, SARMA- TICVS, MEDICVS, IMPERATOR, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBV- NICIA POTESTATE, CONSVL, PATER PATRIAE. 12. Commodo, lvcivs aelivs avrelivs commodvs antoninvs, PIVS FELIX, CAESAR, AVGVSTVS, GERMANICVS, SARMATICVS, BRITANNICVS, IMPERATOR, PONTIFEX AIAXIMVS, TRIBVNICIA POTESTATE, CONSVL PATER PATRIAE. 13. Caracalla. marcvs avrelivs antoninvs pivs, caesar, avgv- STVS, IMPERATOR, GERMANICVS, BRITANNICVS, MAXIMVS, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBVNICIA POTESTATE, CONSVL PA- TER PATRIAE. 14. Massimino. maximinvs avgvstvs pivs, imperator, germa- NICVS. 15. Massimo, caivs ivlivs vervs maximvs caesar germa- NICVS. 16. Valeriana, caivs pvbi.ivs licinivs valerianvs pivs felix AVGVSTVS GERMANICVS MAXIMVS. 17. Gallieno, caivs pvblivs licinivs gallienvs, imperator, PIVS FELIX avgvstvs, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBVNICIA POTESTATE, CONSVL GERMANICVS MAXIMVS. 18. Postumo. CAIVS MARCVS CASSIANVS LATINVS POSTVMVS PIVS FELIX AVGVSTVS, PONTIFEX MAXIMVS, TRIBVNICIA POTE- STATE, CONSVL, IMPERATOR, GERMANICVS MAXIMVS, PATER PATRIAE. ■^^6 ruANCKw:!) onkcciii i-:ij:n(:() (Ielle moiiele Imperiali .spuciulmeiile rifereittisi nlla (ìermania NKKONK Ci.AUDlU DKIJSO, OHO. I. !>' ni:ni) ( lAVDivs Duvsvs (jKUMANicvs mr Testa laureata il sin. - \Ji m: (.1 km Arco di trionfo sul quale la statua (•(|ucstrc (li Diiisi) a (1. Ira due trofri . . Coli. 1/1 (') u. I.a stessa iiioncta folla U'Uf^cinla hk ckkmanis e la statua (li Driiso a sinistra Coh. 3/3 {. ,!>' (Ionie i preeedeiiti. 1^ l'K (;i-.iA{ida. \Ji imi' vini cos .\i < kns i'otk.s i- i- Medesimo tipo (a. Hs) ("oh. 73/iHi 7. Variante con < 1'.ns(ji IMP I, AVREI, COMMODVS AVG GERM SARM BuStO giova- nile laur. ad. — R) de germanis tr p h cos p p s c Mucchio d'armi (a. 177) Coh. 483/79 8. -py IMP CAES L AVREL COMMODVS GERM SARM Testa gio- vanile laur. a d. — ^ DE germ tr p 11 cos s e Trofeo tra due prigionieri germani seduti a terra, una donna piangente a sinistra, un uomo a destra colie mani le- gate dietro il dorso Coh. 486/81 9. Variante con busto laureato a destra . . Coh. 487/82 10. & IMP L AVREL COMMODVS AVG GERM SARM Medesimo busto. — t{( Come i precedenti .... Coh. 488/83 11. ^ Medesima leggenda. Testa giovanile laureata ad. — 9^ Tipo simile, ma la germana è a destra e il germano a sinistra Coh. 490/86 12. V^ariante con busto giovanile laureato a d. Coh. — /88 13. ^ IMP CAES L AVREI. COMMODVS GERM SARM BuStO giova- nile laur. a d. — 9 DE germ tr pot ii cos s c Med. tipo coi due prigionieri seduti su due scudi. Coh. 486/92 MEDIO BRONZO. 14. ,©' COMMODO CAES AVG FiL GER.M SARM Tcsta rad. a d. — I^ DE GERM TR p II COS s c Mucchio d'armi. Coh. 489/84 15. Variante con busto radiato a destra . . . Coh. 489 85 16. & COMMODVS CAf:s AVG KiL GERM SARM Testa uuda. — I^ DE GERMANIS s c Trofeo appiedi del quale due pri- gionieri (a. 176) Coh. 485/78 17. ^ IMP L AVREI. COMMODVS AVG GERM SARM Testa radiata a destra. — F$ Trofeo fra due germani seduti a terra. Coh. 491/87 CARACALLA. ORO. I. & ANTONiNVS Pivs FEL AVG Busto laureato a destra. — P VICTORIA GERMANICA Vittoria che corre a destra con una corona e un trofeo Coh. 352/645 366 FRANCESCO GNECCHI 2 ARGENTO. La stessa moneta Coh. 353/646 3, jy ANTONINVS PIVS AVG BuStO laUP. a d. - Ri VICTORIAÈ Due Vittorie volanti e sostenenti insieme uno scudo sul quale si legge av gè Al disopra Caracalla in abito mi- litare, laureato, col globo e lo scettro. Sotto due pri- gionieri seduti e legati. Dietro a questi uno scudo. Coh. 346/619 MEDIO BRONZO. 4. ,-©" ANTONINVS PIVS AVG GERM Tcsta laur. d. — ^ P M TR p XVII iMP III cos mi p p s e Roma assisa su una corazza e uno scudo con una Vittoria e l'asta, il piede su di un elmo. Davanti a lei un germano inginocchiato in atto supplichevole (a. 214) Coh. 449/264 5. Variante con busto radiato a destra Coh. suppl. 30/265 6. Variante con busto radiato a sinistra . . Coh. 450/265 7. S' Medesima leggenda. Testa laur. ad. — 9 Medesima leggenda. Vittoria a sin. con un trofeo che tiene colle due mani. Ai suoi piedi un germano inginocchiato. Coh. 451/268 MASSIMINO I. ORO. 1. ^ MAXiMiNvs PIVS AVG GERM Busto lauFcato 3 destra. — i^ VICTORIA GERM Vittoria a sin. con una corona e una palma. Ai suoi piedi un germano seduto e legato (a. 236). Coh. 38/106 2. La stessa moneta (Quinario) Coh. 39/105 ARGENTO, 3. La stessa moneta Coh. 40/107 4. La stessa moneta (Quinario) Coh. 41/108 5. ^ iMP MAXIMINVS PIVS AVG Busto laureato a destra. — I^ VICTORIA GERMANICA Massimiuo in abito militare a s. coll'asta, coronato dalla Vittoria che tiene una palma. Ai piedi di Massimino un germano seduto in attitudine di tristezza Coh. 42/112 ROMA E LA GERMANIA 3^7 MEDAGLIONE DI BRONZO, 6. 91 MAXiMiNvs pivs AVG GERM Busto laureato a destra. — I^ VICTORIA GERMANICA Massimino galoppante a sin. cal- pestando due combattenti germani. È preceduto dalia Vittoria e seguito da un milite collo scudo. Coh. 47/116 GRAN BRONZO. 7. /ly Come il precedente. — ^ Victoria germanica s c Vittoria a sin. colla corona e la palma. Ai suoi piedi un prigioniero legato Coh. 94/109 8. La stessa senza se Coli. Gnecchi 9. ìy Come i precedenti. — 9 Victoria germanica Tipo del n. 5 Coh. 97/114 10. Variante con maximimvs pivs avg . . . Coh. 99/113 MEDIO BRONZO. 11. Come il n. 7 Coh. 95/110 12. Variante con busto radiato a destra. . . Coh. 96/111 13. Come il n. 9 Coh. 97/115 MASSIMINO I e MASSIMO. MEDAGLIONE DI BRONZO. I. R' MAXIMINVS ET MAXIMVS AVGVSTI GERMANICI BuSti affron- tati di Massimino laur. a d. e di Massimo a capo sco- perto a s. — r$ Come il n. 6 Coh. 3/4 VALERIANO PADRE. ARGENTO. 1. B' iMP VALERIANVS PIVS AVG Busto rad. ad. — ^^ ger- MANicvs max TER Trofco appiedi del quale sono seduti due prigionieri Coh. 54/79 2. 3' iMP e p i.ic VALERIANVS p F AVG Busto rad. ad. — 9 VICTORIA GERM Vittoria con una palma a destra, ap- poggiata allo scudo Coh. 150/245 3. ^ Medesima leggenda. Busto rad. a d. ^ 9* Victoria GERM Vittoria a sin. con una corona e una palma. Ai suoi piedi un prigioniero seduto e legato. Coh. 151/248 4. /fy iMP e Lic VALERIANO AVG Busto radiato a destra. — 1$ VICTORIA GERMANICA Medesimo tipo . Coh. 152/251 368 FRANCESCO GNECCHI 5. S' Come il precedente. — 9* Victoria germanica Vit- toria con una palma a sin. appoggiata allo scudo. Ai suoi piedi un prigioniero Coh. 153/252 6. Variante con imp p lic valeriano avg . Coh. — /253 7. Variante con imp valerianvs p avo . . . Coh. —,'254 8. ÌB' imp c p lic valerianvs p f avg Busto rad. ad. — t{( victoriae avgg IT germ Vittoria a sin. con una co- rona e una palma Coh. 154/242 9. Variante con imp c p lic valerianvs avg . Coh. 155/243 GRAN BRONZO. 10. ^ imp c p lic valerianvs p f avg Busto laur. ad. — ì^ VICTORIA GERM s c Vittoria a sin. con una corona e una palma Coh. 219/246 11. Come il precedente con un prigioniero appiedi della Vittoria Coh. 221/249 MEDIO BRONZO. 12. Come il n. II Coh. — /250 13. Come il n. IO Coh. 220/247 GALLIENO. ORO. 1. ,& GALLiENvs p F AVG Busto laur. e cor. a s. con lancia e scudo. — I^ viCT GERMANICA Vittoria che cammina a sinistra con una corona e una palma . Coh. 564/1046 2. ^ Come il preced. — ^ Medes. leggenda. Vittoria che corre a sin. con una corona e un trofeo, calpestando un germano {Quinario) Coh. 570/1057 3. ^ IMP GALLIENVS AVG GERM Busto laur. e cor. ad. — 5' VICTORIA GERM Vittoria a s. colla corona e la palma Ai suoi piedi un prigioniero germano . Coh. 617/1158 4. Varietà con imp lic gallienvs p f avg . Coli. Gnecchi 5. Varietà con imp gallienvs p f avg germ Busto laureato a destra Coli. Trivulzio 6. ÌB" imp c p lic gallienvs p f avg — 9' victoriae avg germanica [sic) Vittoria a sin. colla corona e la palma. Ai suoi piedi un prigioniero Coh. — /ii97 ROMA E LA GERMANIA 369 ANTONINIANO o P. BRONZO. 7. ÌB" galliexvs avg Busto rad. e cor. a d. — I^ german MAX TR p Trofeo appiedi del quale due prigionieri ger- mani Coh. suppl. 22,305 8. ly IMR GALLIENVS R F AVG BuStO rad. a d. — GERMANICVS MAxiMvs Medesimo tipo Coh. 185/306 9. 'B' iMP p Lic GAi.LiEWS R F AVG Testa rad. a destra. — R! GERMANICVS MAX TER Medesimo tipo . Coh. 186/307 10. ì^ GALLIENVS P F AVG BuStO rad. a d. ~ ti GERMAMCVS MAX V Medesimo tipo Coh. 188/308 11. Variante con busto rad. e cor. a s. con scettro e scudo Coh. 189/310 12. Variante con imp gallie.ws r .\vg Busto a d. Coh. — /312 13. Variante con gallienvs r avg Busto rad. a d. Coh. 187/ — 14. Variante con gallie.ws avg germ v Busto radiato a si- nistra con lancia e scudo Coh. — /314 15. ^ iMR gallie.ws r f AVG Busto rad. a d. — 1^ vicr ger.m Vittoria che cammina a sin. colla corona e la palma. Ai suoi piedi un prigioniero . . Coh. 562/1045 16. /ly gallif-.ws p f AVG Busto rad. e corazzato a sinistra con lancia e scudo. — I^ vicx germanica Medesimo tipo Coh. 563/- 17. .1^ Come il precedente. — 1^' Come il precedente senza il prigioniero Coh. — /1047 18. Variante. Busto ladiato e corazzato a d. Coh. — /1048 19. Variante. Testa radiata a destra . Coh. suppl. 63/1049 20. Variante. Busto radiato e corazzato a sinistra, armato di lancia e scudo Coh. 568,1050 21. >& IMR GALLIENVS AVG Busto radiato e corazzato ad. — 9' viCT GERMANICA Vittoria che corre a destra con una corona e un trofeo Coh. 565/1051 22. Variante imr gallienvs v avg Busto radiato e corazzato a destra Coh. — /1052 23. Variante imp gallienvs r avg Busto rad. a d. Coh. — /1053 24. Var. IMR gallii^jvs p f avg Busto rad. a d. Coh. 566/- 25. Var. IMR gallienvs pivs avg Busto rad. a d. Coh. 567/1054 26. Variante gallienvs r f avg Busto radiato e corazzato a sinistra, armato di lancia e scudo . . Coh. 568/1055 27. Var. gallienvs avg germ v Busto e. s. Coh. 569 1056 28. -B' gallienvs p f avg Busto e. s. — ^ vict germanica Vittoria che corre a s. con corona e trofeo calpestando un germano seduto a terra e legato . Coh. 571 1059 47 370 FRANCESCO GNECCHÌ 29. Variante con busto radiato a destra . . Coh. — '1060 30. tì' GAM-iENvs p F Avci Busto radiato e corazzato ad. — ^ viCT GERMANICA Vittoria che cammina a d. con una co- rona e un trofeo. Sotto i suoi piedi un globo. Ai lati due jjermani seduti a terra Coh. 573 1062 31. Variante con busto a destra {Quinario) . Coh. 574 1064 32. Variante. Busto rad. e cor. a s. armato di lancia e scudo. Coh. 575/1065 33. Variante con imp gali.ienvs avg Busto rad. e cor. a d. Coh. — /1066 34. Var. con imp galijenvs pivs avg Busto e. s. C. 576 1067 35. iy IMP e p Lic gali.ienvs p f avg Busto come sopra. — 9 VICTORIA germ Vittoria a s. colla corona e la palma. Ai suoi piedi un prigioniero Coh. — /1160 36. Variante con busto laureato e paludato a d. Coh. — /1161 37. Variante con imp gallienvs p f avg germ Busto radiato e corazzato a destra Coh. 618/1162 38 Var. con imp gallienvs p f avg g m Testa laur. a des. Coh. — ;ii63 39. Var. con imp c p lic gallienvs avg Busto radiato e co- razzato a destra Coh. — /1164 40. Var. con imp gallienvs p f avg Busto radiato e coraz- zato a destra Coh. — ,1165 41. & IMP gallienvs avg Busto radialo e corazzato ad. — Ip. VICTORIA GERMAN Vittoria a d. colla palma nella s. in alto di presentare una corona a Gallieno che tiene il globo e l'asta Coh. 620/1173 42. Variante con imp- gallienvs p f avg Busto radiato a d. Coh. 621/1174 43. >& imp gallienvs p f AVG GERM Busto radiato ad. — ^ VICTORIA germanica Vittoria a s. colla corona e la palma. Ai suoi piedi un prigioniero germano. C — /1175 44. GALLIENVS AVG GERM Busto rad. e cor. a s. con asta e scudo. — 1^ VICTORIA GERMANICA Vittoria corrente a d, su di un globo sostenuto da due schiavi germani seduti e legali Coh. 622/1176 45. Var. con gallienvs avg germ v . . . Coh. 623/1177 46. Var. con GALLIENVS AVO germ Testa rad. a d. Coh. — /1178 47. Var. con imp gallienvs pivs avg Busto radiato a destra. Coh. 624/1179 48. Var. con gallienvs avg Come il preced. Coh. — /1180 49. Var. con gallienvs p f avg Come il prec. Coh. — /1181 ROMA E LA GERMANIA 37I 50. Var. con imp galijenvs p f avg Busto radiato e coraz- zato a destra Coli. Gnecchi 51. ■& GAi.LiENVs p F AVG Biisto laur. a s. con asta e scudo. — i^ VICTORIA GERMANICA Vittoria corrente a s. colla corona e la palma Coh. — ,1182 52. B' IMI» GAI.LIENVS p F AVG GERM Busto rad. e cor. ad. — 9' VICTORIA G M Vittoria con corona e palma a sin. Ai suoi piedi un prigioniei'o legato . . . Coh. 625/1185 53. Var. IMP GALLIENVS p F AVG G M Busto radiato a destra. Coh. 627/1187 54. /B' IMP GALIJENVS p F AVG G M Busto rad. e cor. ad. — ^ VICTORIA G M Trofeo fra due prigionieri. C. 628/1189 55. ly IMP e p Lic tJALLiENVs p F AVG Busto radiato e corazzato a destra. — F$ victoriae avgg it germ Vittoria a sin. colla corona e palma. Ai suoi piedi un prigioniero. Coh. 635 II 98 56. Var. IMP GAI.LIENVS p E AVG GERM Busto rad. e cor. a d. Coh. 636/1 199 MEDAGLIONE DI BRONZO. 57. B" IMP GAI.LIENVS p F AVG GERM Busto lauf. e cor. a d. — 5^ VICTORIA GERMANICA Gallieno a d. coronato dalla Vittoria. Dietro Gallieno un prigioniero seduto, davanti uno inginocchiato Coh. 733/1183 GRAN BRONZO. 58. & IMP GAI.LIENVS p F Avv. GER.M Busto laur. e cor. a d. — li viCT(^RiA GERM s c Vittoria a s. con corona e palma. Ai suoi piedi un prigioniero . Coh. 845/1167 59. Var. con imp gallienvs p f avg g m Busto laurealo. Coh. 847/1 169 60. Var. con imp gallienvs pivs avo Testa laur. a destra. Coh. 848 1 170 61. Testa laur. Victoria g m s c Med. tipo. Coh. 851/1188 MEDIO BRONZO. 62. B" IMP GALLIENVS p F AVG Busto laur. ad. — ^ vict GER li Vittoria a sinistra con corona e palma. Ai suoi piedi un prigioniero Coh. 827 1044 63. & (ìallienvs p f avg Busto laur. a d. — tj vicioria GERM Vittoria con corona e palma a s. Ai suoi piedi un' prigioniero Coh. 8461171 372 FRANCESCO GNECCHI 64. Var. con testa laurata a destra . . . Coh. 849/1172 65. Var. con imp gallienvs p f avg g m Testa laureata a d. Brera 66. i^ GALLiENvs p V AVG GERM Biisto laureato e coronato a sinistra con asta e scudo. — ^ Victoria germanica Gallieno coronato dalla Vittoria. Ai lati dell'imperatore due prigionieri legati Coh. 850/1184 QUINARIO DI BRONZO. 67. B' GALLIENVS p I' AVG Busto laur. e coraz. a destra. — ^ GERMANicvs MAX V Trofeo appiedi del quale due pri- gionieri germani Coh. 190/315 68. ^ GALLIENVS p F AVG Busto laureato e corazzato a sin. armato di lancia e scudo. — 1^ vict germanica Vittoria che corre a sin. con corona e trofeo calpestando un ger- mano Coh. — /1058 69. GALLIENVS p F AVG Busto laur. ad. — 9^ vict germa- nica Vittoria che cammina a d. con una corona e un trofeo, su di un globo ai lati del quale due prigionieri. Coh. 574/1064 70. i& imp GALLIENVS AVG GERM Busto laur. e cor. ad. — I^ VICTORIA GERM Vittoria a sin. con corona e palma. Gnecchi 71. i^ IMP e p Lic GALLIENVS AVG Busto laur. e cor. ad. — R) VICTORIA GERM Vittoria a sinistra con corona e palma ; ai suoi piedi un prigioniero Coh. 619/1166 72. ^ IMP GALLIENVS p F AVG GERM Busto laur. e cor. ad. — 9/ VICTORIA G M Vittoria come sopra . Coh. 626/1186 POSTUMO. ORO. 1. ^ posTVMvs AVG Busto coH'elmo e la corazza a sinistra. Sull'elmo si vede la Vittoria in biga. — ^ vict germ p M tr p V cos III p p Postumo a sin. coronato dalla Vittoria Coh. 178/367 2. Var. con postvmvs pivs avg Testa laur. a d. C. — /369 ANTONINIANO. 3. ^ IMP c POSTVMVS p F AVG Busto rad. a d. — I^ ger- MANicvs MAX V Trofeo appiedi del quale due prigionieri. Coh. 83/84 4. Come il n. I Coh. 179/368 ROMA E LA GERMANIA 373 GRAN BRONZO. 5. Come il n. 3 Coh. 223/85 MEDIO BRONZO. 6. Medesimo tipo Coh. 224/86 TETRICO PADRE. ORO. I. & iMP c c .p F.sv TETRicvs AVG Tcsta laureata a sin. — I^ VICTORIA GERM Teti'ico a sin. col globo e l'asta co- ronato dalla Vittoria. Ai suoi piedi un prigioniero. Coh. 33/195 CLAUDIO GOTICO. IMCCOLO BRONZO. 1. ,& iMP cLAVDivs ì> F AVG Busto rad. a d. — 9 victor GER.M Vittoria a sin. con uno scudo e una palma fra due prigionieri Coh. 220/ — 2. ^ iMP cLAVDivs p F AVG Busto rad. a d. — 9 victor GERMAN Trofeo fra due prigionieri seduti a terra. Coh. suppl. 22/289 3. ,©' iMP e CLAVDivs AVG Testa rad. a d. — 9' Victoria g m Vittoria a sinistra con uno scudo e una palma fra due prigionieri seduti a terra Coh. 219/304 4. & iMP clavdivs AVG Busto rad. a d. — F^ Victoria german Trofeo fra due prigionieri . , Coh. 216/305 5. Var. con imp ci.avdivs p f avg .... Coh. 217/306 6. ,iy iMP e M avr ci.avdivs avg Busto rad. — ^ Victoria germanio Medesimo tipo Coh. — /307 AURELIANO. PICCOLO BRONZO. I. iy IMP avrei. lANvs AVG Busto rad. e corazzato a d. — R) VICTORIA GERM Vittoria che cammina a sinistra colla corona e la palma Coh. 202/259 374 FRANCKSCO GNECCHI 13 PROBO. ORO. 1. B" iMP l'KOBVs AVG Busto laureato e corazzato a d. — ]^ VICTORIA GERM Trofco fra due prigionieri. C. 47/755 2. ly iMP PROiìvs AVG Busto a s. in elmo e corazza armato di lancia e scudo. — 9 Victoria germ Medesimo tipo. Coh. 48/762 3. Var. IMI' PROBVS avg Busto laureato a sinistra colla co-_ razza, l'egida e la spada Coh. — /763 ANTONINIANO. 4. ìy iMP PROBVS I' AVG Busto laureato e corazzato ad. — P VICTORIA GERM Vittoria che cammina a sinistra con corona e palma fra due prigionieri seduti e legati. Coh. 570 761 5. & Come il precedente. — 9' Victoria germ Vittoria che cammina a d. con una corona e un trofeo tra due prigionieri seduti e legati Coh. 572/759 6. Variante con ijip probvs p f avg . . . Coh. - /760 7. ^ PROBVS p F AVG Busto radiato e corazzato a des. — P VICTORIA GERM Trofeo fra due prigionieri. C. 573/766 8. Variante imp probvs avg Busto laureato e corazzato a d. Coh. 574/767 9. Variante. La stessa con busto radiato e corazzato a d. Coh. 575/768 To. Variante imp c m avr probvs avg Busto laur. C. 580/765 li. Variante imp probvs p t avg Busto rad. e corazz. a d. Coh. -/773 12. Variante imp c probvs avg Busto e. s. . Coh. — '775 MEDIO BRONZO. ,& IMP c M AVR probvs p f AVG Busto laureato e co- razzato a d, ~ 1^' VICTORIA GERM Vittoria a d. volta al- l'indietro con corona" e palma fra due prigionieri a terra. Coh. 571 758 14. Lo stesso, ma la Vittoria porta una corona e un trofeo. Gnecchi. 15. y IMP e M AVR PROBVS AVG Busto laur. e cor. ad. — ip VICTORIA GERM Trofeo fra due prigionieri. C. 579 764 ROMA E LA GERMANIA 375 QUINARIO DI BRONZO. i6. ^ iMP PROBVs V F AVG Busto laureato e cor. a d. — ì^ VICTOR GER Vittoria che cammina a d. con una corona e un trofeo fra due prigionieri a terra . Coli. 555 734 17. Variante con victor germ Coh. — /735 18. ^ IMP PROBVS p K AVG Busto laur. e corazzato a d. — R} VICTORIA GER Vittoria che cammina a destra con una corona e un trofeo Coh. — 754 19. ìy IMP PROBVS AVG Busto laur. e cor. a d. — 9^ Victoria GER Trofeo fra due prigionieri .... Coh. 568 756 20. Var. con imp probvs p avg Busto laur. a d. C. 569,757 21. .& IMP PROBVS AVG Busto laur. e cor. a d. - fji' Victoria GERM Trofeo come sopra Coh. — '774 22. Var. PROBVS avg Busto laur. ad.. . . Coh. 576/769 23. Var. Lo stesso col busto visto per di dietro. Coh. — 770 24. Var. Busto laur. e cor. ad Coh. — 771 25. Var. PROBVS p avg Busto laureato a des. Coh. — /772 26. Var. IMP PROBVS p f avg Busto I. e e. a d. Coh. 577 774 27. Var. IMP e PROBVS p f avg Coh. 578/776 CARINO. ORO. 1. ^ IMP c M AVG CARiws p F AVG Busto lauf. a d. — 1^ VICTORIA GERMANICA Vittoria in biga veloce a s. con corona e palma. Sotto la biga un prigioniero. C. 28 158 2. Var. IMP e CARiNVS p f avg Busto laur. a d. Coh. - 159 CARAUSIO. PICCOLO BRONZO. 1. & IMP CARAVSivs AVG Busto rad. a d. — ii' Victoria GER Trofeo fra due prigionieri .... Coh. 262/385 2. ■& I.MP e CARAVSIVS P AVG BuStO C. S. — ì^ VICTORIA GER.MA Medesimo tipo Coh. — 386 COSTANTINO MAGNO. ORO. 1. /& coNSTANTiNvs p F AVG Tcsta laur. a d. — 9" ''^'•''^" MANNiA (all'esergo) gavuivm ro.manorvm (in giro). La Germania seduta a terra in atto di tristezza a sin. che si volge all' indietro guardando un trofeo. Coh. 59 165 376 FRANCESCO GNECCHI 2. Var. La Germania non si volge all' indietro e appoggia la mano sinistra a terra Coh. 60/166 3. Var. La stessa di piccolo modulo . . . Coh. — /167 4. Var. La stessa di piccolo modulo senza l'iscrizione ala- MANNiA e con TR all'esergo Coli. Gnecchi 5. ^' Come i precedenti. — ^ franc et alam (all'esergo) GAVDivM ROMANORVM (in giro). Trofeo appiedi del quale la Francia e la Germania Coh. — /169 6. Var. Busto di Costantino nimbato a sin. col manto im- periale col globo niceforo e un libro . . Coh. 62/170 C R I S P O. ORO. 1. ly FL ivL cRispvs NOB CAES Busto laur. a sinistra. — 9 ALAMANNIA (all'cSergo) GAVDIVM ROMANORVM (in gÌro). La Germania seduta a sin. piangente in atto di rivol- gersi a guardare un trofeo Coh. 6/74 PICCOLO BRONZO. 2. ^y FL ivL CRispvs NOB CAES Testa laur. a destra. — P ALAMANNIA DEViCTA Vittoria che cammina a d. con un trofeo e una palma calpestando un prigioniero. Coh. 29/1 3. Variante con crispvs nob caes Coh. 30/2 COSTANTINO II. ORO. 1. ly FL CL coNSTANTiNvs iVN N c Testa laureata ad. — 9* Tipo di Crispo, n. i Coh. 26/108 PICCOLO BRONZO. 2. ^ CONSTANTINVS ivN NOB CAES Busto laur. a destra — I^ ALAMANNIA DEVicTA Medcsimo tipo di Crispo. e. 73/1 3. Variante con constantinvs ivn nob c . . Coh. 74/2 Francesco Gnecchl Di un Sestante inedito e singolare CON LEGGENDA BILINGUE battuto nella metropoli etnisca di Tarquinia Dell'officina monetaria di Tarquinia finora non si conosceva alcun esemplare coniato. Si è attribuito a quella celebre metropoli etrusca una serie di aes grave, mentre già si conoscevano, per essersi rinve- nuti nelle terre tarquiniesi ed in quelle adiacenti di Cere e di Vei, parecchi pezzi d'aes rude e signatum, i quali attestano l'esistenza in quelle sedi di un'offi- cina monetaria fin da epoche remotissime (''. Ora l'unico esemplare battuto che ci ricordi la città di Tarquinia, è il piccolo sestante di sistema ridotto, da me posseduto, e che qui si pubblica per la prima volta. Esso reca i seguenti tipi : ^ — Testa galeata di Pallade a dr., dietro due giobetti, intorno leggenda in caratteri etruschi ANT'?^... . . . {archna). r^ — Protome di cavallo origliato a dr., con delfino sot- tostante. Attorno, leggenda latina . . .MA ... i .. NO (Romano). JE, grammi 3,20. (i) MoMMSEN : Hist. de la monn. rom. Tradut. Blacas, IV, pag. 13 et suiv. — Fabretti h.: Il Museo d'antichità della R. Università di To- rino, T872, § 41. — Garrucci R. : Monete dell'Hai, ant., parte I (Mon. fuse), pag. 24 e tav. XLVI, n. i 39. 48 Q^8 GIOVANNI PANSA L'esemplare è in eccellente stato di conserva- zione e se le due leggende non sono complete, ciò si deve al fatto che esso non è centrico; per modo che nella pressione esercitata dal conio la prima lettera è sfuggita interamente, e le altre due, appena ac- cennate, ho ricostruite coi puntini alla parte man- cante. Ciò non toglie che la prima delle leggende, in carattere etrusco, debba integrarsi con l'ag- giunta di una T, per potersi leggere Tarchna, che in etrusco corrisponde a Tarquinia. Infatti il nome di questa città non è già Tarchuna, come alcuni hanno supposto, ma Tarchna, e ciò è dimostrato dalle iscrizioni che di recente si sono rinvenute. La seconda leggenda, del rovescio, è più difettosa, ma non si può sconvenire, anche per ragioni di analogia con le altre monete dello stesso tipo, che le poche lettere superstiti facciano parte della leggenda RO- MANO. Abbiamo così una moneta nuova e singolare, del cosidetto tipo alla testa di cavallo, con leggenda bilingue. I tratti delle lettere hanno anche una fiso- nomia particolare. La lettera A latino-arcaica, che si trova in alcuni alfabeti pompeiani O e così pure nei monumenti volsci ed in quelli dei marsi, scritti da si- nistra a destra con caratteri romanizzati ^^^ ricorre, sebbene non abitualmente, nell'alfabeto etrusco, come è dimostrato da alcune iscrizioni di vasi provenienti da Vulci (3). Non deve meravigliare che questa let- tera nella stessa leggenda vada unita ad un'altra fì, corrispondente alla vera e più comune forma etrusca. Esempi consimili di quest' ultima lettera ad arco tondo e della A, ad arco acuto, si notano promiscua- mente in altre iscrizioni '4'. (i) Garrucci R. : Graffiti di Pompei, tav. I, n. 8, 12. (2) Fabretti a.: Corpus inscript, ital., 1." suppl., parte II, fase. i.° Osservaz. paleograf. „, pag. 170, 176. (3) Ivi, n. 2453 bis ", 2178, 2246. (4) Fabretti : Op. cit. pag. 174. DI UN SESTANTE INEDITO E SINGOLAUE 379 La lettera T {eh) neppure apparterrebbe all' al- fabeto etrusco, al quale spettano invece la 4' o T, che fu copiata ai greci. Ma qui si osservi che nem- meno gli Umbri, né i popoli della Campania e del Sannio ebbero il suono della gutturale aspirata (^i; e d'altra parte a nessun alfabeto italico può ascri- versi quella lettera meno che all'etrusco, ritenendola una variante ingentilita della t, la quale arieggia quella rotondeggiante H^, che pure s'incontra nel- l'alfabeto etrusco (2). Il tipo, in fine, della nostra moneta si può dire perfettamente conforme a quello delle monete di Cosa o Cossa VolcienUiim, altra città dell' Etr uria presso Orbetello, dove ora è Ansidonia, alla quale il Gar- rucci, dopo l'Eckhel e il Lanzi, ha attribuito quelle monete che hanno la leggenda COSANO o COZANO (3) contro l'opinione del Carelli. dell'Avellino, del Mil- lingen, del Ruhnken e del Madvvig, rinnovata recen- temente dall'Head '4), i quali le avevano ritenute come spettanti ad una Cosa della Campania o del Samnio e più propriamente ad una città di simil nome del ter- ritorio degl'Irpini. La differenza fra la nostra mo- netina e le monete di Cosa, sta solo nel peso, ch'è di gr. 3,20 per la prima e quasi il doppio per queste ultime. Ciò farebbe supporre come le monete co- sane oggi conosciute non sieno che dei multipli. (i) Solamente alcune iscrizioni di vasi capuani, le quali rivelano un'influenza della grafia etrusca, hanno y (Fabretti : Op. cit. n. 2754 »• '') nonché una patera trovata presso S. Agata dei Goti, che reca traccie dell'antica ortografia greca (H) = %). (Fabretti : Ivi, " Osserv. pai. », pag. 204). (2) Fabretti : Ivi, n. 2328. (3) EcKHEL : Sylloge, 1, pag. 81. — Lanzi: Sax'g'o di lingua etnisca, ir, pag. 48. — Garrucci : Mon. dell'Ital. aiti., parte II, pag. 74 e segg. e tav. LXXXII, n. 33, 24, 25. (4) Histor. niim., pag. 25. L'Head, seguendo il Poole (Brilish. Mus. Calai, u Italy ", pag. 69, n. x, 2, 3), continua ad attribuire quelle mo- nete ad una Compsa del Sannio. 380 GIOVANNI PANSA ovvero dei quadranti corrispondenti al piccolo se- stante tarquiniese, secondo un sistema in comune adottato. Rivendicate, come si è detto, all'antica Cosa etrusca le monete con la leggenda di cui sopra, anche la monetina di cui ci occupiamo per la prima volta non può appartenere, per l'analogia dei tipi e dello stile, che ad una città etrusca dello stesso ter- ritorio. Questa città, delle dodici che allora, insieme a Cosa, formavano una dodecapoli, è evidentemente Tarquinia. Cosa, situata presso Orbetello, sul monte Ar- gentaro, dove oggi sono le rovine di Ansedonia, entrò, dopo la caduta di Faleria, nel numero delle dodici città confederate, a capo delle quali, come madre patria, risiedeva Tarquinia . Il Duchalais e gli altri redattori del ca- talogo della Biblioteca Nazionale, hanno esattamente considerate queste monete come imitazioni delle campane, rimandandole tuttavia ad un'epoca poste- riore all'anno 250 a. C. Il Mommsen pure fa menzione d'un ripostiglio di dette monete, trovato a Jonquières, fra Grange e Sorges, insieme ad oboli di Marsiglia (5). Si ritiene generalmente che i nomi terminati in os sieno di capi gallici e non di città. Neil' Etruria transtiberina e specialmente nel- nente all'officina di Suessa, o piuttosto d'una moneta già appartenuta a quella officina, ma ribattuta in seguito, senza perdere qualche traccia della leggenda primitiva. (i) Cfr. Martha J. : L'art élrusque. Paris, 1889, pag. 130. — Gazette ArchéoL, an. V, 1879, pag. 45 et suiv. — BtilMt. dell'Itisi, di Corr. Archeol., 1880, pag. 50, III ; Ivi, 1881, pag. 261. (2) Garrucci : Ivi, pag. 61. (3) Garrucci: Ivi., pag. 72 e tav. LXXXII, n. 12. (4) PoNCET E. : Oboles de Marseille et tnonnaies a legende nord- élrusque (in Reviie Niiniisin., Paris, 1903, IV" sér., tom. VII, pag. 87 et suiv., e tav. VI, n. 19, 20). (5) Mommsen : Die nordetrusck alphab., pag. 213, n. 36, 37. DI UN SESTANTE INEDITO E SINGOLARE 383 l'attuale territorio corrispondente all' antico volcen- tano, si scoprirono in abbondanza le monete di rame con la testa di Pallade e la protome equina, delle quali il solo deposito delle acque di Vicarello fornì nientemeno che novecento sedici esemplari *^). La mo- neta di Cosa e quella di Tarquinia che oggi s'incontra per la prima volta, starebbero anche a confermare la larga diffusione che se ne fece. » » Ora si domanda : Perchè nel rovescio di tutta questa straordinaria monetazione si è adottata co- stantemente la protome di cavallo libero o brigliato? Perchè Roma impose questo tipo uniforme a tutte le città sue alleate o soggette ? La testa di cavallo, ha osservato recentemente il Sambon (■^), è 1' indizio sicuro del nascente inte- resse dei romani per la cavalleria, imitata allora da quella dei tarentini <3). La riflessione è esatta, ma è troppo vago attribuire le prime emissioni di quelle monete all'anno 303-270 n. C. Io penso che l'epoca può essere meglio precisata, restringendola all'a. 279, ossia a dopo la battaglia di Ascoli contro Pirro. E ne dirò la ragione. Non bisogna peraltro dimenticare che il tipo del cavallo brigliato è antichissimo, apparendoci an- (i) MoMMSEN : Hisl. de la ntonn. rom., I, pag. 363. (2) Op. e loc. cit. (3) Di questo interesse dei romani e di altri popoli per la caval- leria, ne convince anche la presenza sulle monete del cavaliere in corsa, con lo scudo e la lancia in resta. Questo tipo di monete, proprio dei didrammi di Taranto, si generalizzò presso i romani, come è manifesto da alcuni denari della gente Servilia, in cui si vede M. Servilio Puìex Getninus in atteggiamento di combattere (Babelon : Mon. de la Republ., II, 447, n. 5) ; presso i Frentani, i Siculi di Amestratus, ed altri popoli, l.o stesso tipo si trova sulle monete di Patrao re di Peonia e può es- sere forse, come pensa il Babelon, un indice dei rapporti commerciali esistiti fra l' Italia meridionale e le coste dell' Illiria. 384 GIOVANNI PANSA che sulla specie fusa ; ma è oggi generalmente ri- conosciuto che quel tipo è calcato sulle monete car- taginesi che correvano in Italia ed in Sicilia (^0. L'epoca tuttavia in cui la testa di cavallo incominciò a con- trassegnare l'estesissima monetazione latina in tutte le piazze forti di Roma, fu appena dopo l'anno 279, come si è detto. In quell'anno i romani avevano provato a loro spese che la cavalleria, fino allora per niente orga- nizzata, era un coefficiente indispensabile per vin- cere nelle battaglie. Le vittorie di Pirro furono do- vute esclusivamente alle cariche di cavalleria, ch'egli faceva eseguire. I romani capirono la necessità di riformare la cavalleria propria e di aggiungere ai loro cavalieri legionarii un forte effettivo supplemen- tare. Questo effettivo fu chiesto appunto alle città unite a Roma con patto d'alleanza ^^\ Il più interes- sante documento intorno alla cavalleria supplemen- tare degli alleati, creata allora, è fornito dal na- turalista Fabio, presso Polibio, ed esso risale al- l'anno 529 (225 a. C), ossia al principio della seconda guerra punica (3). Il Marquardt (4) ha rico- (i) Ved. Sici/. Ntimism. Edit. Burmann : parte I, pag. 27, 30 e seg. e parte III, tav. 139. Monete cartaginesi con la protome di cavallo ap- parvero anche nel ripostiglio di Tortoreto, in provincia di Teramo (De Petra, in Notiz. degli Scavi, 1896, pag. 366). Il Lanzi (Saggio, ecc., II, 48 e seg.) parlando appunto delle monete di Cosa, aveva già am- messa la derivazione del tipo del cavallo dagli esemplari cartaginesi, presso i quali " caput equi bellicosuin potentenique populum significans „, al dire di Giustino [Hist., XVIII, 5). Non ha tuttavia alcun fondamento la provenienza, voluta da quello scrittore, di Cosa, detta anche Compsa e Consa, da Consus u Nettuno equestre », (Iloaf.Sàivt licitio)), cui erano sacri i Consualia, giuochi istituiti in di lui onore. (2) Liv. : XXVII, 9. — PoLYB : VI, 21. — Cfr. Dòbbelin : De auxiliis sociutn ac latini nominis. Berlin, 1851, fase. I. (3)Polyb: II, 24. — DioD. : (edit. Dindorf), XXV, 13. — Liv.: Epa. III, 5. — Oros. : IV, 13. — Plin H. N., Ili, 138. Cfr. Marquardt: Slaatsverwaltung, II, pag. 393 e note. (4) Ivi. DI UN SESTANTE INEDITO E SINGOLARF, 385 struiti, in base a quel documento, i quadri completi della cavalleria degli alleati, il cui effettivo ascen- deva al numero di 43.000 cavalieri i quali venivano arruolati fra i Latini, Sanniti, Iapigi, Tessali, Lucani, Siculi, Marsi. Marrucini, Frentani, Vestini, Sabini, Etruschi, Umbri, Veneti e Cenomani, ecc. La ca- valleria degli alleati così composta, formava un corpo indipendente comandato da ufficiali inferiori della stessa nazionalità, ma sottoposti ad ufficiali superiori (praefecti sociormn) che erano romani e nominati dai consoli <'). I corpi ausiliari dei cavalieri etruschi (celeres) erano, secondo gli scrittori, i meglio orga- nizzati (2). I patti che Roma dettava ai soci alleati, com- prendevano, anzitutto, il contingente di leva che quelli erano obbligati a dare per la cavalleria delle legioni. Ora io ritengo che a commemorare l' isti- tuzione o la riforma della cavalleria avvenuta allora, Roma avesse imposto agli alleati, come segno del loro contributo di soldati, un tipo uniforme di monete, ossia quello con la protome equina, e che le sud- dette monete avessero appunto dovuto servire al pa- gamento delle truppe assoldate. In questo modo soltanto e non diversamente si può spiegare la straor- dinaria monetazione con la testa del cavallo e la sua estesa diffusione in ogni regione d' Italia. Queste monete, dunque, vanno ascritte, secondo me, ad un periodo non anteriore all'anno 279 a. C, ossia a dopo le guerre di Pirro. (i) Marquardt : Op. cit., II, pag. 400, 67. — Marcks E. : De alis quales in exercitii romano tempore liberae reip. fuerint (Jarbi'icker fiir class. Philolog., 1886, pag. 3 et seg.). — PoLvn. : 21 626. — Liv. : XXIII, 7, 19; XXV, I, 14; XXXII, 26; XXXIII, 36. (2) Cfr. SaglioUaremiìerg : Dictionn. d. Anliq. grecq. et roiii., t. II, pag. 829, s. V. " Etrusci ,. 49 386 GIOVANNI PANSA Le sole città dell' Etruria, fra cui Cosa e Tarqui- nia, posero sotto la testa del cavallo anche un del- fino, per indicare che erano città marittime ('\ Il delfino, infatti, è il tipo parlante, il simbolo di molte zecche dell' Etruria, in quanto, cioè, ricorda la favola dei marinai tirreni che Bacco tramutò in delfini (2). Esso notasi quasi costantemente sulle monete etru- sche di città situate sul mare. Strettamente non può dirsi che Tarquinia fosse situata sul mare, essendone lontana ben quattro miglia. Anche Cosa, che aveva il suo porto, era situata sulla sommità del monte Argentaro, come sopra si è detto. Si deve, tuttavia, riflettere che gli Etruschi, sebbene fossero un po- polo di navigatori, il più esperto nei commerci del mare, evitavano quasi sempre di fondare le loro città in vicinanza di esso. Non v'ha, infatti, città etrusca, fuori di Popu- lonia, che sia situata sulla spiaggia : Popitlonium Etrusconim quondam hoc tantum m littore (3). Siffatta cautela, al dire di Plinio e di Strabene (loc. cit.), fu necessaria Sìa tv'.? x'^?*' '«^-'[^■svou (propier regionem im- portuosam); e specialmente in quei tempi, quando la pirateria era lecita, quasi fosse una professione di eroi (4), e costituiva una fonte di legittimo guadagno. Giovanni Pansa. (i) Livio : (XXVIII, 4-3) annovera Tarquinia fra le città etrusche che concorsero all'armamento della flotta romana, provvedendola delle vele per gli alberi (Tarquinienses lintea in vela). (2) HoM. : Hymii. in Bacch., v. 52. — Ovid. : Meìaiit., Ili, fab. 8. — Hygin. : fab. 134. (3) Plin. : Lib. Ili, 5. — Strab. : 1. e. p., 154. (4) Cfr. Thucyd : I, 5. — Justin : L. XL, III, e. 3. Contpibutions au Corpus Nuraorum Romanorum (Matériaux du Musée natioiial liongrois à Budapest) II. sp:rie. Suite des mcdailles impcrialcs romaines non con- tenues dans la seconde édition de Cohen (". SEPTIME SEVERE. 231 (après n. 22 de Cohen). Sy — INIP CAES L SEP SEV PERT AVG Sa tùie lauree à droite. ^ — AEQVIT AVG TR P COS II L'Equitc debout à gauclie, tenant une balance et une come d'abondance. (Argent). Médaille hybride : Le revers est pris de médailles n. 1-3 de Pertinax. 232 (a. n. 70). ,B' — IMP CAE L SEP SEV PERT AVG Sa tète lauree à droite. 9* — CERER FRVG II COS Cérès debout à gauche tenant deux épis et un long flambeau. (Ar.). 233 (a- n- 7°)- z©' — L SEP SEV PERT AVG II C Sa tète lauree à droite. 9 — Meme revers (du méme coin). (Ar.). (i) Vedi Rivista lial. di Numismatica, fase. IV, 1907, pag. 537. q88 i-dmond gohl 234 (a. n. 96). ,B' - L SEPT SEV AVG IMP XI PARI MAX Sa téte lauree à droite. ]^ — COS II P P Victoire marchant à gauche, tenant une couronne et une palme. (Ar.). 235 (a. n. 137). B' — SEVERVS PIVS AV& BRIT Sa lète lauree à droite. P — FELICITAS PVBLICA La Félicité debout à gauche, tenant un caducée et une come d'abondance. (Ar.). 236 (a. n. 168). B" — L SEPT SEV PERET (sic!) AVG- IMP I Sa téle lauree à droite. ;^ — FORT RDEVC (sic !) La Fortune debout à gauche, tenant une longue palme et une come d'abon- dance. (Ar.). Trouvé à Korong en Hongrie. 237 (a. n. 165), ^' — SEPT SEV PERET (sic !) AVG IMP I Sa téte lauree à droite (frappé d'un coin différent au précédent). 9 — FORT REDEVC (sic !) La Fortune coiffée du modius, debout à gauche, tenat un gouvernail et une come d'abondance. Dans le champ, à gauche, au dessus de l'épaule, et à droite, au coté de la come d'abondance, un point. (Ar.). 238 (a. n. 219). B — SEVERVS PIVS AVG Sa téte lauree à droite. I^ — INDVLGENTIA AVGG et à l'exergue IN CARTH La déesse celeste de Carthage assise de tace sur un lion qui court à droite ; elle tient un foudre. Dessous, on voit des eaux sortant d'un rocher. (Ar.). 239 (a. n. 300). rB' — L SEPT SEV PERT AVG IMP II Sa téte lauree à droite. CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORUM ROMANORIIM 389 9* — LIBERO PATRI Bacchus nu debout à gauche, tenanl un diota et un thyrse. A ses pieds, une panthère, qui le regarde. (An). 240 (a. n. 314). ^' — IMP CAE L SEP SEV PERII AVG UH Sa tète lauree à droite. 9 — MARTI VLTORd?) Mars nu, casqué , le manteau flottant, marchant à droite et portant une baste et un tropbée. (Ar.). Médaille d'un style trcs rude, principalement l'avers. Peut ótre c'est un denier hybride et postlnime, dont le revers est pris du n. 154 de Caracalla, frappé 950, de I. C. 197. (Ada. : Denier n. 497 de Traian, surfrappc du denier n. 330 de Sept. Sevère). 241 (a. n. 347). ^ - IMP CAE L SEP SEV PERT AVG COS I Sa téte lau- ree à droite. rij — MONET • A • E AVG I-a monnaie debout à gauche, tenant une balance et une come d'abondance. (Ar.). 242 (a, n. 361). ©' — (L) SEP SEVERVS PER AVG P M IMP XI Sa téte laure à droile. ^ — PAR ARAB AD TR P VI et à l'exergue : COS II P P Deux captifs assis sous un trophée. (Ar.). 243 (a. n. 374). !>' — SEV PERT A(VG) (iMiP XIIII Sa téte lauree à droite. \ji — PART MA(X PO?) N TR(OJP III Deux captifs assis sous un trophée. (Ar.). Médaille d'un travail rude, e.xcepté le portrait ! 244 (a. n. 376). J>' — SEVERVS PIVS AVG Sa tète lauree à droite. 390 EDMOND GOIIL I^ — P M TR P COS I.a Fortune debout à gauche, te- nant un gouvernail pose sur un globe et une cerne d'abondance. (Or.). ]3iain. : mill. 19, poids : gr. 8,13. 245 (a. n. 566). ^' — SEVERVS PIVS AVG Sa lète lauree à droite. I^ — PONT III COS II La Piété (?) voilée debout à gauche, sacrifiant sur un autel et tenant un sceptre trans- versal. (Ar.). 246 (a. n. 606). B" — SEVERVS PIVS AV& Sa téle lauree à droite. R) — RESTITVTOR VRBIS Rome assise à gauche sur un bouclier rond, tenant le palladium et une baste, la pointe tournée en bas. (Ar.). 247 (a. n. 629). i)' — (IMP) CAE L SEP SEV PERI AVG COS II (?) (ou CO III) Sa téle lauree à droite. I^ — SAECVLI FELICITAS Croissant couchè , entre les pointes du quel se trouvent sept étoiles. (Ar.). (Voir le n. 627 de Cohen). 248 (a. n. 664). B' — (L SEPT SEV PERT?) AVG IMP III Sa téte lauree à droite. 9 — TR P • V • IMP COS II P P La Vertu casquée assise à droite, tenant un parazonium et une baste. (Ar.). Trouvée à Korong en Ilongrie. 249 (a. n. 664). B' — .. SEP SEV AVG IMP XI (PE?)RT MA(X) Sa téte lauree à droite. R) — Meme revers. (Ar.). 250 (a. n. 690). B' — L SEPT SEV PERT AVG IMP III Son buste laure, drapé et cuirassé à droite. CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORUM ROMANORUM 39I ^ — VICT AVG TR P II COS II P P et S C dans le champ. Victoire marchant à droite et tenant une coiironne et une palme. (G. B.). Adn. La médaille n. 550 en bronze jaune; diam. : niill. 24-26, épais- seur min. 3 Vj, poids ; gr. 13,41. La nicdaille n, 800, avec palnitttes sur l'autel. SEPTIME SEVÈRE, CARACALLA a GÉTA. 251 (a. n. 7). iy — SEVERVS PIVS AVQ Sa téle lauree à droite. Ijf — AETERNIT IMPERI Bustes affrontés de Caracalla et de Géta laure, drapé et cuirassé. (Ar.). JVLIE. 252 (a. n. io). ,iy — IVLIA DOMNA AVG Son buste drapé à droite. Iff — BONI EVENTVS La Foi debout à droite tenant deu.x épis et une corbeille de fruits. (Ar.). 253 (a. n. 55 >. ly — IVLIA PIA FELIX AVG Son buste drapé à droite. Iti — FORTVNAE FELICI La Fortune dt bout à gauche, te- nant une come d'abondance et appuyée sur un gouvernail. (Denier détburré). 254 (a. n. 64). ,L>' — IVLIA AVGVSTA Son buste drapé à droite. F$ — FORTVNE AVG (sic) La Fortune debout à gauche, tenant uu gouvernail (?) ou un court sceptre tourné en bas ?) et une come d'abondance. (Ar.). 255 (a. n. 65). !>■ — IVLIA DOMNA AVG Son buste drapé à droite. ^j> — FORTVN REDVC La Fortune diadémée assise à gau- che sur une chaise, tenant une longue palme et une come d'abondance. (Ar.). 393 EDMOND GOHL Adn. La niédaille n. 85, diam. : mill. 31, épaisseur: mill. 5, poids : 28.70, la nième niédaille; diam.: mill. 29-31, épaisseur: mill., 2'/, poids: gr, 10,85. 256 (a. n. 142). i?' — IVLIA PIA FELIX AVO- Son buste drapé à droite. yi — MONETA (AVG) La monnaie debout à droite, tenant une come d'abondance et une balance (?). (Ar.). 257 (a. n. 146). & - IVLIA DOMNA AVG Son buste drapé à droite. ijf — PIETAS Femme voilée, assise à gauche sur une chaise, tenant une Victoire et un sceptre. (Ar.). 258 (a. n. 162). B' — IVLIA AVGVSTA Son buste drapé à droite. ^ — P M (TR P-) VI COS IMI P P Femme debout à gauche, tenant une couronne (?) ou une bourse et un sceptre. (Denier défourré ou P. B.?). 259 (a. n. 162). fi' — IVLIA PIA FELIX AVG Son buste drapé à droite. 9 — PONTIF TR P MI I lemme (?) debout à gauche, tenant un globe et une baste, dont la pointe est tournée en bas. (Denier fourré). 260 (a. n. i8r). fi — IVLIA PIA FELIX (AVG) Son buste drapé à droite. P — (SECVRIT) IMPERII La Sécurité assise à gauche sur une chaise, tenant un globe et le bras gauche accoudé au siège. (D. fourré). Denier hybride. Le revers est identique avec le denier n. 183 de Géta. 261 (a. n. ?). fi" - IVLIA AVGVSTA Son buste drapé à droite. y — IVP COS II Femme debout à gauche, tenant une come d'abondance et un sceptre termine de quatre points ( : : ) (Fabrique rude). (D. fourré). CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORUM ROMANORUM 393 CARACALLA. 262 (a. n. 26). 3' — ANTONINVS PIVS AVG Son buste jeune laure drapé (et cuirrassé ?) à droite. P - CONCORDIAE AETERNAE Caracalla et Plautilla de bout se donnant la main. (Ar.). 263 (a. n. 70). ^ — ANTONINVS PIVS FEL AVG Son buste jeune laure, drapé et cuirasse à droite. 9 — FELICITAS TEMPOR La Felicité debout à gauche, tenant un caducée et une come d'abondance. (Ar.). 264 (a. n. 74). ^' - M AVR ANTON CAES PONTIF Son buste jeune, nu, drapé (et cuirasse ?) à liroite. F^ — FELICITATEM PVBLICAM La Felicité debout à gau- che, tenant un caducée et un sceptre. (Ar.). 265 (a. n. 179). ^ — M AVR AN(T) CAES PONTIF Son buste jeune nu, drapé et cuirasse à droite. 9 — PART MAX PON TR P V COS Deux captifs assis sous un trophée. (D. fourré). 266 (a. n. 202). ,B' — ANTONINVS PIVS AVG BRIT Sa tète radiée à droite. 9 — P M TR P XV COS III P P et S C dans le champ. Mars casque debout à gauche en habit militaire, tenant une Victorie et une baste, la main gauche appujée sur un bouclier. (M. B.). 267 (a. n. 399). ^ - M AVREI ANTONINVS PIVS AVG GERIVI Son buste laure, drapé et cuirasse à droite. 9 — P M TR P XX ( ?) COS III! P P et S C dans le champ. Femme coiffée du modius debout à gauche, tenant une couronne (?) et un sceptre. (G. B.). 50 394 i-'OMONi) coni- 268 (a. n. 410). ,£>' _ ANTONINVS PIVS AVG GERM Sa téte lauree à droite. T{ — PONTIF TR FOT II Iloinme nu, ceinturé, debout de lac(-, regardant à gauche, et tenant une patere (un globe?) et des épis (?). Près de lui, à gauche, un autel (?). (D. fourré). 269 (a. n. 503). & — ANTONINVS AVGVSTVS Son buste jeune , laure, drapé et cuirassé à droite. 1> - PRINC IVVENTVTIS Caracalla debout à gauche, te- nant un rameau (?) et un sceptre. Derrière lui un bouclier rond appuyc à un trophée. (Ar.). 270 (a. n. 516). B' — ANTONINVS PIVS AVG GERM Sa tète (barbue) lauree à droite. 1> PROF (à l'exergue) PONTIF Ti? P XI COS III (à l'en- tour). Caracalla à cheval à droite, tenant une ha.ste. Devant lui, un captif assis à terre. (D. fourré). 271 (a. n. 527). 1> - ANTONINVS PIVS AVG BRIT Sa téte lauree à droite. 1; — PROVIDENTIA DEORVM La Providence debout à gauche tenant une baguette avec laquelle elle touche un globe, et une come d'abondane. (P. B.). 272 (a. n. 599). B' — IMP CAES M AVR ANTON AVG Son buste jeune laure drapé et cuirassé (?) à droite. R — SPES PVBLICA L'Espérance marchant à gauche, tenant une fleur et relevant sa robe. (Ar.). 273 (a. n. 602). I) — (IMP CAES) M AVR ANT AVG P TR P Son buste jeune radié drapc et cuirassé à droite. ìt — Meme revers. (M. B.). CONTRIBUTIONS AL" CORPUS NUMOKU.M ROMANORU.M 395 274 (a. n. 616). £>' — IMP ANTONINVS AVG Son buste jeune laure et drapé à droite. W — VICTORIA AVG- Victoire niarchant à gauche, tenant une couionne et une palme. (Ar.). PLAVTILLA. 275 (a. n. 14). ^ - PLAVTILLA AVGVSTA Son buste drapé à droite avec le chignon. ^ — MATRI DEVM Femme coiffée du modius, debout à gauche, tenant un grand globe et un sceptre et appuyé sur une colonne. A ses pieds, un petit animai (?). (Ar.). 276 (a. n. 23). O' — PLAVTILLA AVG-VSTA Son buste drapé à droite avec le chignon. 9 — VENVS GENETRIX Vénus assise à gauche sur une chaise, tenant un globe et un sceptre. (D. fourré) 277 (a. n. 28). & -- PLAVTILLAE AV&VSTAE Son buste drapé à droite (avec la coitfure relevée). yt — Lisse (médaille uniface). (Ar.). GÉTA. 27B (a. n. 50). iy — p SEPT GETA PIVS AVG BRIT Sa tòte lauree (et barbue) à droite. 1> — FID EXERC TR P III COS II P P La Fidélite voilee deboul à gauche, tenant deux enseignes. Derrière elle, un aigle légionnaire. lAr.). 279 (a. n. 62). i>' — P SEPTIMIVS GETA CAES Son buste jeune nu et (.irapé à droite. 396 EDMOND GOHL I^ — FORTVNE (sic) AVG Femme assise à droite sur un bouclier rond, tenant un sceptre et sacrifiant sur un autel allume. (Ar.). 280 (a. n. 128). & — IMP CAES P SEPT GETA PIVS AVG Sa téle lauree à droite. I^ — PONTIF TR P COS II et S C à l'exergue. Mars de- bout à gauche, couronnant un trophée de la main gauche, tenant une haste et s'appuyant sur un bouclier rond. (M. B.). 281 (a. n. 171). ,iy — (P?) SEPTIMIVS GETA CAES Son buste drapé à droite. r^ — RECTOR OPMDI (sic) Caracalla (?) debout à gauche, tenant un globe et une haste renversce. (D. fourré). Denier hybride : dont le revers est pris du n. 541-542 de Caracalla (reclor orbis). 282 (a. n. 186). jy _ G-ETA CAES PONT Son buste drapé (et cui- rassé?) à droite. 1^ — SECVRIT IMPERII et S C dans le champ. La Sécu- rité assise à gauche, tenant un globe et le bras gauche appuyé au siège. (M. B.). 283 (a. n. ?). 3' - P SEPT GETA (CAES?) PONT Son buste drapé à droite. r$ — VM • • TR P Vili Deux captifs assis sous un trophée. (D. fourré). MACRIN. 284 (a. n. 15). ^^ - IMP C M OPEL SEV MACRINVS AVG Son buste laure et cuirassé à droite. P — FELICITAS TEMPORVM La Félicité debout à gauche, tenant un caducée et une come d'abondance. (Ar.). CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORU.M ROMANORUM 397 285 (a. n. 19). /B' — Meme avers. 9 — FELICITAS TEMPORVM La Félicité debout à gauche, tenant un caducée et un sceptre. (Ar.). 286 (a. n. 41). ^' — IMP C M OPEL SEV MACRINVS AVG Son buste laure, drapé et cuirassé à droite. 9 — LIBERALITAS AVG La Libéralité debout à gauche, tenant une tessere et une cerne d'abondance. (Ar.). 287 (a. n. 70). £' — IMP C M OPEL SEV MACRINVS AVG Son buste laure et cuirassé à droite. 9 — PONTIF MAX TR P COS P P Jupiter nu debout à gauche, tenant un foudre et un sceptre. (Ar.). 288 (a. n. 76). ^' — IMP C M OPEL SEV MACRINVS AVG Son buste laure et cuirassé è droite. 9 — PONTIF MAX TR P P P La Fidélité debout de face et regardant à droite, posant le pied droit sur un casque et tenant une enseigne de chaque main. (Ar.). 289 (a. n. 116). ^ — IMP C M OPEL SEV MACRINVS AVG Son buste radié et cuirassé à droite. P — SALVS PVBLICA La Sante assise à gauche, nourris- sant un serpent enroulé autour d'un autei et te- nant un sceptre. (Ar.). 290 (a. n. 119). ^ — IMP CAES M OPEL SEV MACRINVS AVG Son buste radie, drapé et cuirassé à droite. 9 - SALVS PVBLICA el S C à l'exergue. La Sante as- sise à gauche, nourrissant un serpent enroulé autour d'un autel et tenant un sceptre. (M. B.). 39'S KDMONI) GOIII, 291 (a. n. 128). D' — IMP C M OPEL SEV MACRINVS AV& Son buste laure et cuirassé à droile. 1> - SECVRITAS TEMPORVM La Sécurité assise à gauche, tenant un sceptre et soutenant la téte de sa main gauche. Près d'elle, un autel allume. (Ar.). 292 (a. n. 147). :& — IMP e M OPEL SEV MACRINVS AVG Son buste radié et drapé à droite. 1> — VOTA PVBL P M TR P La Felicitò debout à gauche, tenant un caducée et un sceptre. (Ar.), ELAGABALE. 293 (a. n. 15). yy — ANTONINVS PIVS FEL AVG Sa téte lauree à droite. R) — CONCORDIA et MILIT à l'exergue. Deux enseignes entre deux aigles légionnaires. (Ar.). 294 (a. n. 92). D' — IMP ANTONINVS PIVS AVG Son buste imberbe laure et drapé à droite. r^ — LIBERTAS AVG La Liberté debout à gauche, tenant un bonnet et un sceptre. Dans le champ, à droite, une étoile. (Ar. Q.). 295 (a. n. loi). B' — IMP ANTONINVS AVG Son buste laure et drapé à droite. 9 — LIBERTAS AVGVSTI La Liberté assise à gauche, tenant un bonnet et un sceptre. (Ar.). Adn. Le denier n. 196 d'ordinaire avec le buste barbu, mais quei- quefois avec le buste imberbe. 296 (a. n. 221). iy — IMP CAES M AVR ANTONINVS AVG Son buste im- berbe radié, drapé et cuirassé à droite. CONI'KIlìI'TIONS Ali COKPUS NUMOKUM ROMANOKUM 399 tj( — P M TR P VI COS II P P Mars debout à gauche, appuyé sur un bouclier rond et tenant une haste renversée. (P. B. ou denier défourré). Mcdaille hybride posthnnie : Le rcvers est pris probableiiient d'une médaille d'Alexandre Severe (non contenue dans Cohen). Adn. La médaille n. 273 avec ANTO • » NINVS etc. et on ne voit pas la cuirasse. 297 (a. n. 280). B" — IMP CAES M AVR ANTONINVS AVG Son buste radié, drapé et cuirasse à droite. 1^ — TEMPORVM FELICITAS La Fclicité debout à gauche, tenant un caducée et une corna d'abondance. (Ar.). Trouvé à Korong en Hongrie. 298 (a. n. 306). -B' — IMP ANTONINVS AVG- Son buste imberbe laure, drapé et cuirasse à droite (La cuirasse écaiilée). P — VOTA PVBLICA Klagabaie voile debout à gauche et sacrifiant sur un autei allume. (Ar.). MAESA. 299 (a. n. 51). B' — IVLIA MAESA AVG Son buste drapé à droite. ì]i — VENVS CELESTIS Venus assis à gauche sur ime chaise et tenant ? (D. fourré). ALEXANDRE SEVÈRE. 300 (a. n. 25). X)' — IMP C M AVR SEV ALEXAND AVG Son buste laure et drapé à droite. 1^' — ANNONA AVG L'Abondance debout à gauche, tenant deu.x épis et une come d'abondance. A ses pieds, le modius rempli d'épis. (P. B. ou D. défourré). 301 (a. n. 63). ^' — IMP SEV ALEXAND AVG Sa tète lauree à droite. 400 EDMOND GOIIL tji — FORTVNAE REDVCI La Fortune debout à gauche, tenant un gouvernail pose sur un globe, et une cerne d'abondance. (Ar.). 302 (a. n. 63), ^ — Meme avers. R) — FORTVNA PO(P)R (ou POD R?) La Fortune debout à gauche, tenant ? et une come d'abon- dance. (Ar.). 303 (a. n. 168). /©' — IMP ALEXANDER PIVS AVG Son buste laure, drapé (et cuirassé ?) à droite. I^ — MARS VLTOR Mars, en costume militaire marchant à droite et tenant une baste et un bouclier. (M. B.). 304 (a. n. 183). jy — IMP SEV ALEXAND AVG Sa téte lauree à droite. 9 — PAX AETERNA A(VG) La Paix debout à gauche, te- nant une branche d'olivier et un sceptre. (Denier fourré). 305 (a. n. 202). 3^ — IMP C M AVR SEV ALEXAND AVG Son buste laure, drapé (et cuirassé ?) à droite. R) — P M TR P COS Mars debout à gauche, tenant une branche d'olivier et une baste renversée. Dans le champ, à gauche, une étoile. (Ar.). 306 (a. n. 207). B" — IMP C M AVR SEV ALEXAND AVG Son buste laure, drapé et cuirassé à droite. 9 — P M TR P COS P P Mars debout à gauche, tenant une branche d'olivier et une baste renversée. (Ar.). 307 (a. n. 207). La mème médaille, avec une étoile dans le champ du revers, à gauche, (Ar.). CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORUM ROMANORUM 4OI 308 (a. n. 262). /& — IMP CAES NI AVR SEV ALEXANDER AVG Son buste laure et drapé à gauche. ^ — P M TR P ini COS P P et S C dans le champ. Mars casqué, le manteau tlottant, marchant à droite et tenant une baste et un tropbée. (M. B.). 309 (a. n. 332). ^ — IMP SEV ALEXAND AVG Sa téte lauree à droite. R) — P M TR P VII COS II P P Mars, le manteau flottant, marcbant à droite et tenant une baste et un tropbée. (Ar.). Il y avait 3 exemplaires dans la trouvaille de Csapò (Transyl- vanie, 1907). 310 (a. n. 490). i& — IMP SEV ALEXANDER AVG Son buste laure à droite (sans draperie et sans cuirasse). 9 - PROFECTIO AVGVSTI et S C à l'exergue. Alexandre en habit militaire à cbeval, à gauche. Il lève la main droite et tient une baste de la main gauche. (M. B.). 311 (a. n. 503). ^ — IMP ALEXANDER PIVS AVG Son buste laure, drapé (et cuirasse?) à droite. 9* — PROVIDENTIA AVG et S C dans le champ. La Pré- voyance debout à gauche, tenant deux épis et une come d'abondance. Auprès d'elle deux épis dans un modius. (G. B.). 312 (a. n. 535). ^ - IMP SEV ALEXAND AVG Son buste laure et drapé à droite. 9 — SALVS P S V LAS (sic) La Sante assise à gauche, nourrissant un serpent enroulé autour d'un autel. Dans le champ, à droite, une étoile. (Ar.). (Voir la iTiédaille 11. 535 de Cohen). Trouvé à Csapò en Transylvanie, 1907. 51 402 KDMONl) (, 1)111, 313 (a- n- 554)- H' - IMP C M AVR SEV ALEXAND AVG Son buste laure et drapé à droiie. I^ __ VENVS VICTRl(X) Venus, à demi-nue, debout à gau- che, tenaiu un casque créte et un sceptre. Auprès d'elle, à gauche un bouclier rond. (D. fourré). Médaillc hybride ; [-e revcrs est ideiUique aii n. 76 de Maméc. 314 (a. n. 558). ,iy — IMP SEV ALEXAND AV& Sa tète lauree à droite. ]j( — VICTORIA AV& Victoire debout à gauche, appuyée sur un bouclier et tenant une palme. Au dessous du bouclier on voit la petite figure d'un captif assis à gauche. (Ar.). Trouvé à Korong en Ilongric. 315 (a. n. 564). B IMP C M AVR SEV ALEXAND AVG Son buste laure, drapé (et cuirassé ?) à droite. IjS — VICTORIA WG (sic) Victorie marchant à gauche, tenant une couronne et une palme. (Ar.). 316 (a. n. 589). ,i>' — IMP ALEXAND(ER) (IR?) PIS AVG Son buste laure, drapé et cuirassé à droite. 1^ — VIRTV(S AVGViSTI La Valeur debout à gauche, te- nant un globe et une baste. (P. B. ou D. défourré). MAMÉE. 317 (a. n. 4). B — IVLIA MAMAEA AVG Son buste drapé à droite. \i — CONCORDIA La Concorde debout à gauche, sacri- fiant sur un autel allume et tenant un sceptre. (Ar.). 318 (a. n. 30). Sf - IVLIA MA(MAE)A AVG Son buste diadémé et drapé à droite (Uans le champ, à gauche, un point). CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMOliUM UOMANORUM 403 r$ — lOVI ht>D ORI lupiter marchand à gauche et regardant en arrière, tenant un foudre et (un aigle ?). (Ar.). Fabrique rude. Denicr hj'bride : Le revcrs est pris du deiiìtr n. 82 (IVnppc tu 231 de J C.) d'Alexandre Sevère, qui porte la legende lOVl PROPV- GNATORI. Vuvtz, plus bas, le n. 327. 319 (a. n. 90). jy - IVLIA MAMAEA AV& Son buste diadémé et drapé à droite. 1^' - (VICTORilA AVG- Viatorie courant à droite, tenant une couroiine et une palme. (I). défourré ou P. B.?). Médaille hybride : Voir les n. 288-289 d'Élagabale. MAXIIVIINVS I. 320 (avant n. i de Cohen!. r>' - MAXIMINVS PIVS AVO GERM Son buste laure et drapé à droite. 9 - ADLOCVTIO S C (à l'exergue). Maximin debout à droite sur une estrade, haranguant trois soldats, qui portent des enseignes niilitaires et dont le troisième porte un bouclier sur le bras. Derrière l'empereur, le piéfet du prétoire, debout. (G. B.). Trouvé a Puszta-Budovalla cii Hongrie (?). Apocryphe. 321 (après n. 63 de Cohen). B' — IMP MAXIMINVS PIVS AV& Son buste laure et drapé à droite. li — P M TR P II P P (on ne voit pas 1' S C) Maximin et un autre homme debout à gauche, tous les deux casqués et en habit militaire, en face de deux enseignes inilitaire. Maximin tient un sceptre et la Viatorie le couronne, debout derrière lui. (M. B.) 322 fa. n. 73). iy - IMP MAXIMINVS PIVS AVG Son buste laure, drapé et cuirassé à droite. 404 EDMOND GOHL 9 - P M TR P VI COS II P P L'Équité debout à gauche, tenant une balance et une come d'abondance. (Ar.). Cette médaille est de bronze algente, mais non fourrc. 323 (a. n, 102). iy - IMP MAXIMINVS PIVS AVG Son buste radié, drapé (et cuirassé ?) à droite. I\l - VICTORIA AVG et S C dans le champ. Victoire courant à droite, tenant une couronne et une palme. (M. B.). Bronce jaune. 324 (a. n. 117). ^^ — IMP MAXIMINVS PIVS AVG Son buste laure, drapé (et cuirassé ?) à droite. R) — VIRTVS AVG La Valeur debout à gauche, tenant un parazonium et une baste. (Denier défourré ou P. B. ?). GORDIEN LE PIEVX. 325 (a. n. 28). ^ — IMP CAES GORDIANVS PIVS PEL AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. 9 — AEQVITAS AVGG L'Équité debout à gauche, tenant une balance et une come d'abondance. (Ar.). 326 (a. n. 28). ,& — IMP GORDIANVS PIVS PEL AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. ^ — Meme revers. (Ar.). 327 (a. n. 107). ^ — IMP GORDIANVS PIVS PEL AVG Son buste laure, drapé et cuirassé à droite. P — lOVI PROPVGNTAORI (sic) Jupiter tenant un foudre et un aigle, marchant à gauche et regardant en arrière. (Ar.). Bronze argentò. Denier hybride : Le revers est pris du n. 82 d'Alexandre Sevère. Voyez, plus haut, le n. 318). CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORUM ROMANORUM 4O5 328 (a. n. 186). ^ — IMP GORDIANVS PIVS FEL AV& Son buste laure, drapé (et cuirassé ?) à droite. P - PIETAS AV> VSTI (sic) La Piété debout de face, re- gardant à gauche et levant les deux mains. Elle tient une patere et un sceptre ressemblant à un 7. (Ar.). Bronze argante. 329 (a. n. 319). ^ - IMP GORDIANVS PIVS FEL AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. ^ — SALVS AVG La Sante debout à droite, nourrissant un serpent qu'elle tient dans ses bras. (Ar.). PHILIPPE PERE. 330 (a. n. 13). /©' - IMP PHILIPPVS AVG Son buste radié, drapé et cui- rassé à droite. 9 — AEQVITAS AVGG L'Equité debout à gauche, tenant une balance et une come d'abondance. (Ar.). 331 (a. n. 16). ^ - IMP M IVL PHILIPPVS AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. £Jl - AETERNITA( ) Le Soleil debout à gauche, le- vant sa main droite et tenant un globe. (Ar.). 332 (a. n. 17). -B* — Meme avers. r$ — AETERNITAS AVGG Kléphant marchant à gauche, monte par un cornac qui tient un javelot et une baguette. (Ar.). 333 (a- n- 45)- ,& — Meme avers. I^ — FELICI! TEMP La Felicitò debout à gauche, tenant un caducée et une come d'abondance. (Ar. fourré). 4o6 tCDMONI) GOllI. 334 (a- n- 94)- !>' — IMP M IVL PHILIPPVS AVO- Son buste radié et drapé ;'i droite. H^ - MARS PROPV& Mais casqué, en habit militaire, le manteau llottant, marchant à droite, tenant une liaste et un bouclier. * (Ar. fourré !). Médaille liybride : Le revers est pris du n. 155 de Gordien le Pieux. 335 (a- n- r4i)- /iy — IMP M IVL PHILIPPVS AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. l.v - P M TR P llll COS II P P Philippe voile debout à gauche, sacrifiant sur un trépied et tenant une baguette. (Ar.). 336 (a. n. 173). ly — Meme avers. !;{( — SAECVLARES AV&G et I à i'exergue. Lion radié marchant à droite. (Ar.). 337 (a- n. 217). ,ìy ~ IMP M IVL PHILIPPVS AVG Son buste radicS drapé (et cuirassé?) à droite. r$ - SECVRITAS AVG& La Sécurité debout à gauche, posant la main droite sur sa téte et accoudée à une colonne. (Ar. défourré). Médaille hybride (?): Le revers est pris du n. 37 de Hcrennius, Irappé, selon Cohen, 251 a. S. C. 338 (a. n. 317). 1>' IMP M IVL PHILIPPVS AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. R; — SECVRIT PE^RPET.'') La Sécurité debout à gauche, tenant un scepti e et accoudée à une colonne. (Ar.). Voir le revers du n. 328 de Gordien le Pieux. 339 (a. n. 240). 1»' — IMP M IVL PHILPPS (sic) AVG Son buste radié et drapé à droite. CONTKIBI'TIONS ALJ CORrUS NUMORUM RoMANORUM 407 I^ — VIRTVS AVG La Valeur casqiiée, assise à gauche sur une cuirasse, tenant un ranieau et une baste. (Ar.). OTACILE. 340 (a. n. 23). B' — MARCIA OTACIL SEVERA AVG Son buste diadémé et drapé à droite, avec le croissant. Ftì — IVNO REGINA junon (avec le chignon, et en habit court, laissant les genoux libres), debout à gau- che, tenant une patere et un sceptre. Auprès d'elle, un paon (?). (Ar.). Le revers est de fabriqiie très rude. Quant au type, comparez le n. 23 de Cohen, avec IVNO LVCINA. 341 (a. n. 38).. B' - OTACILIA SEVERA AVG Son buste diadémé et drapé à ciroite, avec le croissant. ^ — PIETAS AVGG et dans le champ, a gauche ]\ (au lieu de A)- La Piote debout à gauche, sacrifiant sur un autel allume et tenant une boite à parfums. (Ar.). 342 (a. n. 70). ,1/ — OTACIL SEVERA AVG Son buste diadéinc; et drapé à droite avec le croissant. FJl - SAECVLARES AVGG et S C dans le champ. (M. B.). Cippe. PHILIPPE FILS. 343 (a. n. 6). B' JMP M IVL PHILIPPVS AVG Son buste radié, drapé (et cuirasse ?) à droiti-, li — AETERNITATI AVGG Le Soleil courant à gauche, le manteau iloltant, levant la main droite et te- nant un fouet. (Ar.). 408 EDMOND GOHL 344 (a- n- 33)- f)' — IMP M IVL PHILIPPVS AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. P — P M TR P IMI COS P P La Paix ou la Félicité de- bout à gauche, tenant un caducée et une come d'abondance. (Ar.). Vo3'ez le rcvers identique du n. 130 de Philippe pere. TRAIAN DÈCE. 345 (a- n- 79)- ^' - IMP C M Q TRAIANVS DECIVS AVG Son buste radié et cuirassé à droite. On voit le dos écaillé de la cuirassé, et sous le portrait, quatre points. P — PANNONIAE La Pannonie debout de face, regardant à droite. Elle tient un casque et une enseigne miiitaire. (Ar.). Voyez le revers identique du n. 9 de Hérennius et du n. 17 de Ilostilien chez Cohen et le n. 350 (Etruscille) ci bas. 346 (a. n. 97). iy — Meme avers (sans les quatre points). I^ — PIETAS AVGVSTAE La Piété debout à gauche, le- vant la main droite et tenant une boite à parfums. (Ar. fourré). Médaille hybride : Le revers est pris du n. 43 d'Otacile. 347 (a. n. 105). ^ — Meme avers (sauf les écailles et les quatre points). 9 — VBERTAS AVG (sic) La Fertilité debout à gauche, tenant une bourse et une come d'abondance. (Ar. fourré). ETRVSCILLE. 348 (a. n. 664). B' — HER ETRVSCILLA AVG Son buste diadémé et drapé à droite avec le croissant. S) — ABVNDANTIA AVG La Pudeur debout à gauche, re- CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORUM ROMANORUM 409 levant son voile et tenant un sceptre tranversal termine d'un bouton (pas une baste, comme Coben le dit). (Ar.). 349 (a. n. i). ^ — Meme avers. 9 — ABVNDANTIA AVG- L'Abondance debout à droite, vidant sa come. (Ar.). 350 (a. n. 15). ^ — Meme revers. r$ — PANNONIAE La Pannonie debout de face, regardant à droite. Elle tient un casque et une enseigne mi- litaire (presque transversale). (Ar.). Voyez plus haut le n. 345, Traian Dece. HÈRENNIVS. 351 (a. n. 2). B' — HEREN ETRV MES QV DECIVS CAESAR Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. Sous le portrait quatre points (bouts des rubans sur l'épaule de la cuirassé?). Kl — AEQVITAS AVG L'Equité debout à gauche, tenant une balance et une come d'abondance. (Ar.). 352 (a. n. 7), & - Q. HER ETR MES DECIVS ISOB C Son buste radié et drapé à droite. 9 — MARS PRO(PV)G' Mars casqué courant à droite, te- nant une baste et un bouclier. (Ar.). Trouvé à Korong en Hongrie. Adn. Il y en a deux espcces de la niédaillc 11. 28 (chez Colien). Sur l'avers de l'une, on voit le dos de la cuirassé, sur d'autres exeni- plaires la partie autérieure de la cuirassé est visiblc avcc une riche drapcrie. ^lO KDMOND Gr>lll. HOSTILIEN. 353 (3- n. 7). 1)' — IMP C MES QVINTVS AV& Son buste radié et drapé à droite. I^ - CONCORDIA AVGG- Deux mains jointes. (Ar.). 354 (a. n. 23). l>' - IMP CAE C VAL MES QVINTVS AVG Son buste radié et drapé à droite. 1>' — PIETAS AVG& Mercure debout à gauche, tenant une bourse et un caducée. (Ar.). 355 (a- n- 43)- D' - C OVL OSTIL MES COVINTVS CAESAR Son buste radié et drapé a droite. Sons le buste : VII- III - PVDICITIA AVG La Pudeur assise à gauche, rame- nant son voile et tenant un sceptre. (Ar.). Adii. Variante de 11. 52 de Cohen avec trois poiits sous le buste, à l'avers. TRÉBONIEN GALLE. 356 (a. n. 6). 1' — IMP C C VIB TREB GALLVS P F AVG Son buste radié et cuirassé (non drapé) à droite. On voit le dos écaillé de la cuirassé. Sous le portrait, 4 points. 1>! — AEQVITAS AVG L'Equité debout à gauche, tenant une baiance et une come d'abondance. À l'exergue 4 points. (Ar.). Adn. Variantes du n. 6 de Cohen : a) Avec i point sous le p ^rtrait. />) Avec 2 points de chaque còte (en bas). r) 11 Q " " " " " *' (0 - IV ■• e) ■< VII -^ - fj .. IIV " •' " " " CONTRIBUrlONS ALT CORPUS NUMOKUM KOMANORUM 4II 357 (a- n- 14)- ^^ — IMP C C AIB TREB GALLVS AVC (ainsi!) Son buste radié et drapé à droite. 1^ — AETERNITATI AVG- Le Soleil debout à gauche, le- vant la main droite et tenant un globe. (Argent défourré). 358 (a. n. 24). -B" ~ IMP C VIB GALLVS P F AVG Son buste radié et cuirassé (non drapé) à droite. IJI — CONCORD AV&G La Concorde assise à gauche, tenant une patere et une doublé come d'abon- dance. (Ar.). Trouvé à Korong en Hongrie. 359 (a. n. 28). '& — IMP C C VIB TREB Son buste radié et drapé à droite. ^ — CONCORDIA AVGG La Concorde assise à gauche, tenant une patere et une doublé cerne d'abon- dance. (Ar. fourré). 360 (a. n. 34). ^ — IMP C C VIB TREB GALLVS AVG Son buste radié et drapé à droite. ^ — FELICITAS PVBL La Félicité debout à gauche, tenant un caducée et une come d'abondance. (Ar.). Adn. Variantes du n. 34 de Cohen : a) Avec un point de chaque ente (en bas). b) Avec trois points de cliaque ente (en bas). e) Avec I de chaque cóle (en bas). Variantes du n. 47 de Cohen : a) Avec un point de chaque coté (en bas). b) Avec 4 points sous la tote et 3 points à i'exergne du revcrs. e) Avec ir „ „ „ „ VII ' - IMP C P LIC VALERIANVS AVG Son buste radié, cuirassé et drapé à droite. CDNTRIIiUrloNS AU COUPUS NlIM'iKUM l^OMANOUU.M 4I5 9 — lOVI CONSERVATORI Jupiter nu debout à gauche avec son niaiueau déployé derrière lui, tenant un foudre et un sceptre. A coté de lui une petite figure humaine, debout. (Billon). C'est probablement une médaille hibryde, dont le revers est pris du n. 104 de Gordien III. 375 (a- n- "2). -B' — IMP C P LIC VÀLERIANVS P F AVG Son buste laure et cuirassé (non drapé), à droite. Ri — LIBERALITAS AVGG et S C dans le champ. La Li- beralité debout à gauche, tenant une tessere et une corna d'abondance. (G. B.). 376 (a. n. 145). B" — IMP VÀLERIANVS P F AVG Son buste radié et cui- rassé à droite. Iji — PAX AVG La Paix debout à gauche, tenant une branche d'olivier et un sceptre transversal. (Bill.). 377 (a- n- i54)- B — IMP VÀLERIANVS P F AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. 9 — PIETAS (AVGG?) Aspersoire, simpule, vase à sacri- fice tourné à droite, couteau de sacrificateur et bàton d'augure. (Billon). Médaille hibryde : dont le revers est pris ' — GALLIENVS AVG Son buste radié à droite (sans draperie et sans cuirassé). ìji — DIANAE CONS AVG Antilope marchant à gauche, ies cornes tournées en haut, avec une bosse sur le dos. A l'exergue : r (Billon). 400 (a. n. 181). ,ìy — GALLIENVS AVG Son buste radié et cuirassé à droite. ^ — FELICI AVG La F'elicité debout à gauche, tenant un long caducée et une come d'abondance. (Billon). 401 (a. n. 190). ,& — GALLIENVS AVG Son buste radié et cuirassé à droite. 1^ — FELICI! AVG La Félicité debout à droite, tenant un long caducee et un globe (Sans lettre dans le champ). (Billon). 4 20 EDMOND GOHL 402 (a. n. 227). & — GALLIENVS AV& Sa lète radice à droite. 1$ - FIDES MIL La Fidélité debout de face, regardant à gauche et tenant deux enseignes. (Billon). 403 (a. n. 249). f^ — GALLIENVS AVG Son buste radié et légèrement drapé à droite. I^ — FIDES MILITVM La Fidélité debout à gauche, tenant un sceptre de la main droite et ? de la main gauche. A l'exergue, traces des lettre. (Billon). De fabrique rude. 404 (a. n. 257). & - GALLIENVS AVG Sa téte radié à droite. ij( — FIDES MILI TVM (en trois lignes) dans une courone de laurier. (Or). Percé. 405 (a. n. 269). & — IIVIP GALLIENVS AVG Sa tète radice à droite. 9^ — FORTVNA REDVX La Fortune debout à gauche, te nant un gouvernail pose sur un globe et une come d'abondance. Dans le champ, à droite : S (Billon). 406 (a. n. 277). /& — GALLIENVS AVG Son buste radié et cuirassé à droite. '\^ - FORTVNA REDEX (ainsi !) et VII C • à l'exergue. La Fortune debout à gauche, tenant un court caducée et une come d'abondance. (Billon). Adii. La médaille n. 279 de Cohen avec V à l'exergue du revers. (Billon). 407 (a. n. 294). tB" — GALLIENVS AVG Son buste radié et drapé à droite. 9 — GENIVS AVG Genie coiffé du modius debout à gauciie, tenant une patere et une come d'abon- dance. (Billon). CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORUM ROMANORUM 42I 408 (a. n. 295). ,©" - &ALLIENVS AVG Sa téte (buste) radiée à gauche. ip — Meme revers. A l'exergue une ligne horizontale. (Billon). 409 (a. n. 301). B' - IMP G-ALLIENVS AVG Som buste radié et cuirassé à droite. I^ — Meme revers (Sans signe à l'exergue). (Billon). 410 (a. n. 306). B' - IMP GALLIENVS P F AVG Son buste radié et cui- rassé à droite tenant une baste (la pointe en avant) et un bouclier rond. 91 - GERMANICVS MAXIMVS Deux captifs assis sous un trophée. (Billon). 411 (a. n. 307). ^' - IMP C P LIC GALLIENVS P F AVG Son buste radié et cuirassé à droite. 9i - GARMANICVS (ainsi !) MAX TER Deux captifs assis sous un trophée. (Billon). Adn. Les médailles 11. 308 et n. 310 de Cohen avec des points a la legende de l'avers : GALLIENVS . P . F . AVG. Au revers de la iiiédaiile 11. 324 de Cohen, l'Indulgcncc ne titnt pas un raineau; elle tend sa niain, on voit préciseinent scs doigls. 412 (a. n. 355). iy - IMP e P LIC GALLIENVS P F AVG Son buste radié et cuirassé à droite. 1^ - lOVI CONSERVA lupiter nu debout à gauche, avec son manteau sur l'épaule gauche, tenant un foudre et un sceptre. (Billon). Adn. La inédaille n. 361 de Cohen, avec S dans le champ da revers à gauche. (Billon). La niénie médaille avec X dans le cham;) du revers à gauche. (Billon). 413 (a. n. 363I. & - IMP GALLIENVS P F AVG G(A ?) • • Son buste radio et drapé à droite. -J22 EOMOND GUHL lj( — lOVI CONSERVAI lupiter nu debout à gauche, avec son manteau sur l'épaule gauche, tenant un foudre et un sceptre. Dans le champ, à droite: S (Billon). 414 (a. n. 366). ,& ~ GALLIENVS AVG Son Ijuste radié et cuirasséà droite. Ij* - lOVI CONSERVAI et 8XV à l'exergue. lupiter nu debout à gauche avec son manteau sur l'épaule gauche, tènant un globe et un sceptre. (Billon). 415 (a. n. 366). i>' — GALLIENVS AVO Son buste radié et drapé à droite. I^ — Meme revers, avec PXV à l'exergue. (Billon). 416 (a. n. 404). ,tì' IMP G-ALLIENVS AVG Son buste radié et cuirassé à droite. Ri — lOVI VLIORI lupiter nu marchant à gauche et re- gardant à droite. Il tient un foudre de la maio droite et son manteau sur le bras gauche. (Billon). 417 (a. n. 404). iy — IMP GALLIENVS AVG Son buste radié et légèrement drapé à droite. 1^' — Meme revers. (Billon). 418 (a. n. 414). B' — IMP C GALLIE Sa tète (buste) radiée à droite. 1^ — IS(IS) AVG Figure humaine debout de face, en vé- lenient court, les bras ouverts, tenant un sceptre (?) appuyé à son bras gauche. (Billon). Fabrique rude. Diam. mm. 14)4, 5. 419 (a. n. 431). i)' — GALLIENVS AVG GER Son buste radié et légère- ment drapé à droite. Ip — LAEIIIIA AVG La loie marchant à gauche, tenant une couronne et une ancre. (Billon). CONTRIBUÌ lONS AU CORPUS NnMORI'M ROMANORUM 423 420 (a. n. 437). -©' — IMP C P LIC &ALLIENVS AVG Son buste radié tt cuirassé à droite. r$ — LAETITIA AVG La Joie debout à gauche, tenant une couronne et une ancre. (Billon). 421 (a. n. 510). fi" — GALLIENVS AVG Son buste radié et cuirassé (non drapé), à droite. ^ — LEG VII CL VI P VI P laureau marchant a droite. (Billon). 422 (a. n. 597). - ,& - IMP GALLIENVS AVG Sa lète radice k droite. §( — LIBERTAS A La Liberté debout à gauche, te- nant un bonnet et une come d'abondance (Billon). 423 (a, n. 601). B' — GALLIENVS AVG Son buste radice et drapé à droite. R) — LVNA LVCIFERA Diane, coiffé du croissant, debout à droite, avec l'habit flottant et tenant une torche allumée de sa main droite. (Billon). 424 (a. n. 669). ^ly — GALLIENVS AVG Sa tète (buste) radié à droite, sans draperie et sans cuirassé. ^ — NEPTVNO CONS AVG Hippocampe, (cheval marin) à gauche. A l'e.xergue: IV. (Billon). 425 (a. n. 703). ,D' — IMP GALLIENVS AVG Sa tòte radice à droite. I^ — ORIENS AVG Le Soleil marchant à gauche, levant la main droite et portant son manteau flottant sur le bras gauche. (Billon). 426 (a. n. 710). fy — GALLIENVS AVG Sa tète radice à droite. I<1 — ORIENS AVG Le Soleil debout à gauche, levant la main droite et tenant un globe de la main gauche. (Billon). 424 EDMOND GOUI. 427 (a. n. 762). ,iy — (IMP?) GALLIENVS P F AV& G M Son buste radié et cuirassé à droite. Iji — PAX AV&G et T dans le champ à gauche. La Paix debout à gauche, tenant une branche d'oHvier et un court sceptre transversal. (Billon). 428 (a. n. 767). jy — GALLIENVS AVG Son buste radié à gauche, sans draperie et sans cuirassé. 9 — PAX AVGVSTI et s dans le champ, à gauche. La Paix courant à gauche, tenant une branche d'oli- vier et un long sceptre transversal. (Billon). Adn. La médaille n. 766 de Cohen, sans aucune marque monétaire. (Billon). 429 (a. n. 767). B' — GALLIENVS AVG Son buste radié et légèrement drapé à gauche. Ip — Meme revers. 430 (a. n. 781). iy — IMP GALLIENVS P AVG Son buste radié et drapé à droite. iji — PI ET SAECVLI lupiter enfant, les bras ouverts, assis à gauche, et regardant à droite, sur la chèvre Amalthée, tournée à gauche. (Billon). 431 (a. n. 788). tiy — GALLIENVS AVG Son buste radié, drapé (et cui- rassé ?) à droite. 9' — PIETAS AVG Gallien debout, la tète voilée, sacri- fiant sur un autel allume, tenant un sceptre trans versai. A l'exergue : VII C • (Billon). 432 (a. n. 852). n' — GALLIENVS AVG Sa tète radiée à droite. I^ — PRINC IVVENT Gallien debout à gauche, tenant un CONtRIBUTIONS AV CORPUS NUMORUM ROMANORUM 42^ globe et une baste, devant lui, une petite figure humaine assis à gauche. (Billon). Adn. La médaille n. 864 de Cohen avec IVI T à l'exergue du revers. (Billon). 433 (a. n. 868). >& — IMP GALLIENVS P ÀVG Sa lète (buste) radiée à droite, sans draperie et sans cuirasse. 9 — PROVID AVG- et M T à l'exergue. La Providence debout à gauche, touchant de sa baguette un globe pose à terre et tenant un sceptre (ver- tical). (Billon). 434 (a- n- ^VS)- ^ — IMP GALLIENVS P F AVG- GERM Son buste radié et cuirasse à droite. ^ — PROVIDEN A AVGG (ainsi !) La Providence debout à gauche, touchant de sa baguette un globe pose à terre et tenant une come d'abondance. (Billon). 435 (a- "• 873)- & — GALLIENVS AVG Son buste radié, drapé et cuirasse à droite. 9 — PROVIDEN AVG La Providence debout à gauche, touchant de sa baguette un globe pose à terre et tenant une come d'abondance. (Billon). Adn. La médaille n. 875 de Cohen avec le buste cuirasse, non drapé. (Billon). 436 (a. n. 893). & — GALLIENVS AVG Son buste radié et cuirasse à droite. 9( — PVDICITIA La Pudeur debout à gauche, couvrant son visage de son voile et tenant un sceptre trans- versal. (Billon). 437 (a. n. 951). ^ — GALLIENVS AVG Son buste radié et cuirasse à droite. ^ — SECVRIT AVG La Securité debout à gauche, levant sa main droite au dessus de sa tète et s'appuyant sur une colonne. (Billon). 426 K.DMOND GOHL 438 (a. n. 989). /& — G-ALLIENVS AVG et sous le portrait : B. Son buste radié, drapé et cuirassé à droite. ^ — SOLI INVICTO Le Soleil (ou Gallien ?) en vétement long, debout de face, regardant à gauche, levant la main droite et tenant un globe. À l'exergue : PXV. (Billon). 439 (a- n- 989)- ^ — GALLIENVS AVG Son buste radié, drapé (et cuirassé?) à droite. I^ — SOLI INVICTO Le Soleil nu, le manteau sur le bras gauche, debout de face, regardant à gauche, le- vant sa main droite et tenant un globe. (Billon). 440 (a. n. 1072). ^ — GALLIENVS AVG Son buste radié et drapé à droite. 9 — VICTORIA AET et danslechamp: Z Victoire debout à gauche, tenant une couronne et une palme. (Billon). 441 (a. n. 1073). ^ - IMP GALLIENVS AVG Sa tète radiée à droite. 3^ — VICTORIA AE(T) et dans le champ à gauche : s Victoire debout à gauche, tenant une couronne et une palme. (Billon). 442 (a. n. 1097). B' - IMP GALLIENVS AVG Son buste radié (et cuirassé?) à gauche, tenant une baste sur l'épaule et un bouclier rond, orné d'une étoile. 9^ — VICTORIA AVG et dans le champ à gauche: T Victoire courant à gauche, tenant une couronne et une palme. (Billon). 443 (a- n- "46)- !& — GALLIENVS AVG Son buste radié à droite, sans cuirassé et sans draperie. CONTRIBUTIONS AU tOKPUS NUMORUM ROMANORUM 427 9 - VICTORIA AVGG Victoire debout à gauche, appuyé sur un bouclier rond et tenant une palme de sa main gauche. (Billon). 444 (a. n. 1163). ^' - IMP GALLIENVS P F AVG & M Son buste radié et cuirassé a droite. F$ - VICTORIA 3ERM Victoire debout à gauche, tenant une couronne et une pahne, à ses pieds, un captif assis à gauche. (Billon). 445 (a. n. 1173). ^ — G-ALLIENVS AV& Son buste radié et cuirassé à droite. R) — VICTORIA GERM Victoire debout à gauche, tenant une couronne et une palme, à ses pieds un ger- main captif assis à gauche. (Billon). 446 (a. n. 1175). ^' - IMP C P LIC GALLIENVS P F AVG Son buste radié et cuirassé à droite. ^ — VICTORIA GERMANICA Victoire debout à gauche, tenant une couronne et une palme, à ses pieds un captif assis à gauche. (Billon). 447 (a. n. 1232). & — GALLIENVS AVG Son buste radié à droite, sans cui- rassé et sans draperie. 9 — VIRTVS AVG Mars, en habit militaire, debout à gau- che, tenant un rameau et une baste. Près de lui, à gauche, un bouclier. (Billon). 448 (a. n. 1235). Sf - GALLIENVS P F AVG Son buste radié et drapé à droite (sans la cuirassé). I^ — VIRTVS AVG La Valeur casquée debout à gauche, appuyé sur un bouclier rond et -tenant une baste renversée. (Billon). Adii. La médaille 1236 de Cohen, au revers avec un sceptre ter- mine d'un bouton, à la place de la haste, et avec VI dans le clianip, à droite. (Billon). La incdaille n. 1237 de Cohen, au revers avec une haste, la pointe tournée en haut et une étoile à l'exergue. (Billon). 428 EDMOND GOHL 449 (a. n. 1242). ^' - IMP C P LIC &ALLIENVS AVG Son buste radié et cuirassé (mais non drapé) à droite. 9 — Meme revers. 450 (a. n. 1247). i^ - &ALLIENVS P AVG- Sa téte (buste) radiée à gauche. ^ — VIRTVS AVG La Valeur casquée debout à gauche, appuyé sur un bouclier rond et tenant un sceptre termine d'un bouton. (Billon). 451 (a. n. 1292). ^ — IMP GALLIENVS P F AVG Son buste radié et cui- rassé (ou drapé?) à droite. I^ — VIRTVS AVGG La Valeur casqué, en habit militaire debout à gauche, tenant une baste renversée et appuyé sur un bouclier. (Billon). Adn. La médaille n. 1322 de Cohen avec XII dans le champ du revers, à gauche. (Billon). 452 (a. n. 1292). ^' — IMP GALLIENVS P F AVG GERM Son buste radié et cuirassé à droite. 1$ — VIRTVS AVGG La Valeur, en habit militaire, mar- chant à gauche, tenant une baste renversée, ter- minée en haut d'un bouton, et appuyé sur un bouclier rond. (Billon). 453 (a. n- 1322). /& — GALLIENVS AVG Son buste radié, drapé et cuirassé à droite (presque à mi-corps et très richement drapé). P — VIRTVS AVGVSTI Mars casqué debout à gauche, tenant un rameau et une baste. Son pied droit est pose sur un casqué. Dans le champ, à gauche: X (Billon). 454 (a- n. 1349). ^' - IMP C P LIC GALLIENVS (AVG) Son buste lauree, drapé et cuirassé à droite. 9 — VOTIS DECENNA LIBVS (en trois lignes) dans une couronne de laurier (sans S C) (M. B.). CONTRIBUTIONS AU CORPUS NUMORUM ROMANORUM 429 iWédailles frappées dans les colonies. TROADE. 455 (a- n- M2i). B' — IMP LICIN GALLIEN Son buste laure et drapé à droite. I^ — COLAVGTROAD Apollon Sminthien debout à droite, sacrifiant sur un trépied allume et tenant un are. (P. B.). 456 (a. n. 1422). ^' - IMP LICIN GALLIENO (?) Son buste laure et drapé à droite. I^ — COL AVG TROAD Silène debout à gauche, levant sa main droite et tenant une outre sur l'épaule gauche (Diam. mm. 20). (P. B.). SALONINE. Adn. La médaille n. 25 de Cohen, sans aucune marque monétaire. (Billon). La médaille n. 31 de Cohen, sans aucune marque monétaire; l'épais- seur du flan est de mm. 3. Poids gr. 6,73. Diamètre mm. 21-21,5. (Billon). La médaille n. 31 de Cohen avec un point au centre du revers, au dessus du type. (Billon). 457 (a- n. 51). ly — SALONINA AVG Son buste diadémé et drapé à droite, avec le croissant. I^ — FORTVNA REDVX La Fortune debout à gauche, tenant un gouvernail pose sur un globe, et une come d'abondance. (Billon). (Voyez la médaille n. 276 de Gallien chez Cohen). 458 (a. n. 75). 3* — Meme avers. P — PAX AVG La Paix debout à gauche, tenant une branche d'olivier et un sceptre vertical. (P. B.). Diam. mm. (6-17. Le diamètre du type est de quelques mm. plus grand que celui du flan. (Bronze jaunàtre). 43° EDMOND GOHL 459 (a. n. io6). ^ — Meme avers. 9 - SALVS AVGG La Sante debout à gauche, tenant une patere et un sceptre termine d'un bouton. (Billon). 460 (a. n. 107). ^ — Meme avers. 9 — SECVRIT AVG La Securité debout à gauche, posant la main droite sur sa tète et s'appuyant sur une colonne. (Billon). SALONIN. 461 (a. n. 42). ^ — DIVO CAES VALERIANO Son buste radié et drapé à droite. P — PIETAS Ay& Vase à sacrifice entre deux objets in- certains. (Billon). MARIVS. 462 (a. n. ?). B' - IMP CAES M AVR MARIVS PIVS AVG Son buste ra- dié, drapé (et cuirassé ?) à droite. R) — (Legende effacée). Femme debout à gauche, sacrifiant (?) sur un autel et tenant un sceptre {?). (M. B.). Diain. mtn. 25-28, épaisseur inm. 2 {À suivre). Edmond Gohl. Nota di Numismatica Sabauda Un TESTONE di Carlo II DUCA DI SAVOIA o & — + KAROLVS : DVX : SABAVDIE Busto del duca a destra. 9' — + IN : TE : DNE : CONfKiDo) : C : F : Stemma con corona comitale tra FÉ RT con un punto segreto nella croce. Argento gr. 0,^70 Collezione Cerrato ) ,. . , ° ° ■^' ^ ' "Tservazionc l)uona. ■rato ) ,. . . > Cons rmi 5 „ . 9.412 „ Ma Giacinto Cerrato, pubblicando nel fascicolo pre- cedente della nostra Rivista questo testone di Carlo II di Savoia, lo attribuisce al conio di Francesco Sa- voie, maestro particolare della zecca di Chambery dal 1524 al T528. Leggendo lo scritto dell'egregio studioso, pur così benemerito per altri lavori sulla Numismatica Sabauda, non fui questa volta convinto delle cle- (i) Vedi fascicolo-omaggio III, Niv. Ilal. si ricorda di registrare come semplice graveitr, ma che un documento del 1529 dell'Archivio Notarile di Susa (casell. XVI, 1 520-1 556) riabilita poi nella sua vera carica, chiamandolo, fra i testimoni in un atto di vendita, magister tnonetarùis illustrissimi Do- mini, Domini nostri Caroli, ecc., ecc. Dunque, mae- stro di zecca e non più soltanto coniatore, come lo ricorda il Perrin. (i) A. Perrin: Calai, du Médailler de Savoie. Chambery, 1883; pag. 64-65-70. 53 434 RICCARDO ADALGISIO MARINI Concludendo : il testone di Carlo II di Savoia, colie iniziali C • F, dopo quanto esposi, ritengo con certezza emesso dalla zecca di Chambery sotto la funzione di Cristoforo Forza , dal 1528 al 1534. Dunque le iniziali C • F • vanno interpretate per C{hambery) ■ F(orzaì -, o meglio ancora, e soltanto, per C{nsto/oro) ■ f(orza) -, non avendo questo maestro bat- tuto in altre zecche fuori di Chambery. Dott. Riccardo Adalgisio Marini. UN QUATTRINO INEDITO della ZECCA ARETINA sotto il Reggimento dei Fiorentini dal 1337 al 1342 Nella sua prege\'ole memoria Della Zecca Are- tina sotto il reggimento dei Fiorentini ^^) l'egregio num- mografo generale Ruggero pubblica un grosso ine- dito del secolo XIV col giglio fiorentino nel campo del rovescio, battuto dalla zecca aretina sotto il reg- gimento dei Fiorentini e precisamente nel periodo, in cui questi erano padroni di Arezzo per la ven- dita loro fattane nel T337 da Pietro Tarlato Saccone, fratello del vescovo Guido Tarlato. Detta città ricu- perava poi sei anni più tardi, nel 1342, la sua li- bertà, senza però poterne godere in causa delle ci- vili discordie che la dilaniavano, cosicché nel 1385 veniva nuovamente venduta ai P^iorentini dalle milizie di Ludovico d'Angiò, che se ne erano impossessate. La scoperta di questo grosso prova chiaramente : I." come la zecca aretina non sia sempre stata autonoma, anzi indica un nuovo periodo di mone- tazione fiorentina in Arezzo finora sconosciuto, quello dal 1337 al 1342; (1) Ruggero Giuseppe: Annolaeioni Numismatiche Italiane: XIV. Della zecca Aretina sotto il rfgghnenlo dei Fiorentini in Rw, Ital. di Num., 1907, voi. XX, fase. Ili, pag. 408. 436 T. COLONNELLO ALBERTO CUNIETTI-CUNIETTI 2." come sia in errore chi ritenga che questa zecca abbia cessato di funzionare colla caduta della città in mano dei Fiorentini nel 1385. Infatti, anche a prescindere dalla scoperta fatta, se si osserva l'ordine del 1472 cui accenna l'Orsini (^), appare che esso si riferisce ad un secondo periodo di monetazione in Arezzo, dopo, cioè, il 1385. Inoltre esiste un quattrino imperfettamente de- scritto dal Bellini (^) e dal Kunz (3), ma riprodotto nella sua integrità dal generale Ruggero ^4), il quale, e per la paleografia e per il modo come è scritto il nome della città ^5), deve senza dubbio appartenere alla fine del XV o al principio del XVI secolo : detto quattrino, di cui trovansi numerose varietà, pur tuttavia venne da tutti finora sempre confuso tra le monete autonome anteriori al 1385. E perfino il Muratori, mentre non riporta altre impronte di monete aretine se non colla leggenda DE ARITIO siccome appunto trovasi scritto il nome della città nei documenti del secolo XI fino a tutto (i) Et perchè si conoscie per le cose sopradette e Quattrini vecchi Fiorentini non si possono disfare se non per le Zecche Forestieri, però esser necessario, et utilissimo proibire le monete Forestieri, e per ve- nire a questo effetto si provveda : Che passato il mese di Dicembre prossimo avvenire 1472 non si possa nella Città, Contado, o Distretto di Firenze, o suo Imperio spen- dere, né ricevere in alcuno pagamento alcuno Quattrino se non del Segno et conio del Comune di Firenze, Pisane, et Aretine, et battute nelle dette Zecche di Firenze, Pisa et Arezzo, sotto pena di perdere le Monete triste, et altrettanta della buona, et di Fior. Venticinque larghi, et quello più, et meno, che parrà a' Signori pe' tempi esistenti nella detta Zecca, avendo rispetto a' delinquenti del delitto commesso. (Orsini Ignazio: Delie mone/e delia Repubblica Fiorentina, pag. 241). (2) Bellini Vincentii : De monetts Ilaliae medii aevi hactenus non evulgatis. Postrema Dissertatio, pag. io, tav. Il, n. VI. (3) Kunz Carlo: // Museo Botlacin in Opere Numismatiche, pag. 142, tav. XII, n. 8. (4) Ruggero Giuseppe : Opera citata. (5) È scritto alla moderna ARRETIVM invece di ARITIVM, UN QUATTRINO INEDITO DELLA ZECCA ARETINA 437 il XV, asserisce però di avere veduto un quattrino meno antico e colla più corretta leggenda DE ARETIO ('X Il Fabroni afferma poi di conservare nella col- lezione della Fraternità una monetina di rame, ove è scritto ARETIVM invece di DE ARETIO. « Questi due esemplari, prosegue il Fabroni, " fanno conoscere che la nostra zecca continuò, o « riassunse per intervalli una qualche attività quando " il ritorno alle buone lettere aveva fugata la vec- « chia barbarie. Difatti Fra Luca Paciolo (Siimma u de Arithmetica, Venezia 1494, pag. 22, 4." V. 23) « fa menzione dei bolognini d'Arezzo, come di mo- « neta di argento corrente circa il 1500, ed assegna M ai medesimi, dietro il saggio fattone dal Perugino u Petrozzo di Masso, la bontà o titolo di once nove « e denari ventidue, inferiore a quello dei popidiiii u di Firenze, superiore ai bolognini di Roma e di u Lucca. Al momento bensì in cui scriveva il Fa- « ciolo un altro riscontro ci fa presumere che, se H la moneta era in corso, la monetazione Aretina fosse « estinta : poiché Messer Arcangelo Visdomini nar- « rando la rivolta d'Arezzo contro la repubblica di « Firenze accaduta nell'anno 1502, così si esprime « {V. Relazione Rondine/li, ecc. Arezzo i^S^.pcig- ^Jj)- u Ordinata in tal guisa la Città circa il Governo, si M cominciò a battere le monete, secondo /' uso e fa- u colta antichissima concessa da tanti Imperatori: io « che prova che la zecca della città aveva cessato « di esistere avanti il 1500 una o più volte, in « epoche che non potrebbero determinarsi, ma che « debbono avere relazione con le due vendite di « Arezzo fatte ai Fiorentini da Pier Saccone Tarlati (i) Fabroni A.: Dei/e monete ha uno spessore di mm. 5 e pesa gr. 12,3. A Tarquinia le tombe, a mia conoscenza, che offrirono aes rude sono le due principali del sepolcreto primitivo di Poggio dell' Impiccato. Nella notizia sommaria che il Pernier diede delle suppellettili di queste due tombe (v. Not. 1907, pag. 80 e segg.) fu per una semplice svista omessa la de- scrizione dei pezzi di aes rude, sui quali io ora debbo ri- chiamare l'attenzione degli studiosi (i). La tomba I, con l'ossuario villanoviano di terracotta e l'elmo crestato di bronzo (v. Not., pag. 53, fig. 8 e 16) con- teneva i due pezzi di aes rude che riproduciamo a fig, 6. Uno di tali pezzi è discoide e lenticolare, quasi come una moneta, e simile a quello sopraccitato di Vetulonia. Ha un diam. di mm. 31, è spesso mm. io ed è spezzato a metà (sec. Ili e II a. C). Anche nella necropoli dell'antica Populonia, di cui si è iniziata testé per cura del Governo l'esplorazione sistematica, si rinvennero tre pezzi di ars rude deposti come obo/iis Charonlis sotto la testa di un cadavere in una tomba riferibile al sec. IV a C. Cfr. ora la mia " Relazione preliminare sulla prima campagna di scavi gover- nativi in Populonia „ in Notizie degli scavi, 1908, fase, di giugno. (l) L'accenno all'ars rude di questa tomba fu aggiunto in fine alla relazione Pernier in Notizie, 1907, pag. 352. Le suppellettili di questa in- signe tomba e tutte le altre degli scavi tarquiniesi del Fioroni sono ora conservate nel Museo di Firenze. 452 L. A. MILANI con un colpo di tagliuolo (peso gr. 22,86). L'altro pezzo, spesso mm. io, lungo mm. 42 e largo da mm. 30 a 25 e del peso di gr. 70,22, mostra di essere stato parte di un pane di bronzo a barra, da un lato piano-convesso e dall'altro piatto e quindi fuso con regola e forma ben determinate. La tomba II, con l'ossuario fittile ridotto in pezzi e con calotte di bronzo di cui una sbalzata a maschera umana (v. Not. pag. 80, fig. 4, 5, 17) conteneva un pezzo di aes rude mm. 70 X 5° spezzato da una barra piano-convessa affatto simile alla precedente, ma di spessore poco minore (mm. 9), peso gr. 249,25. Lo diamo a fig. 7. Fig. 6. Fig. 7. Aes rude del sepolcreto primitivo tarquiniese di Poggio dell'Impiccato. Se dunque dall'ars rude del corredo di queste tombe volsiniesi, vetuloniesi e tarquiniesi si può inferire che nella prima età del ferro era praticato in Etruria il rito funereo del vaO>>ov, non sarà più tanto inverosimile di ammetterlo anche in un'età anteriore, cioè nell'età del bronzo e spiegare il pane del deposito di Montemerano come proposi. Con questa spiegazione si viene a riconoscere indiretta- mente il corso come oggetto comune di scambio, e in certo modo, il valore monetale tanto dei pani a focaccetta, quanto dei loro spezzati che sono così ovvi in Etruria (i). Che i pani o le formelle discoidi a focaccetta di rame avessero in Etruria un valore quasi monetale, sembra po- (i) V. Garrucci: Moit. d'Italia antica, tav. II-Vl ; De Feis : Dt un aes siguatum scoperto in Orvieto, Genova, 1881 e Origini e valore del- l'aes rude e detl'aes signatum come moneta, Firenze, 1899. DUE DEPOSI ri DELL ETÀ DEL BRONZO DI CAMPIGLI A Ij'oRCIA 453 tersi arguire anche dai ripostigli composti puramente di sif- fatte formelle. Due di tali ripostigli li abbiamo nel Museo Fig. 8 — Formella di S. Michele presso Campiglia Marittima. di Firenze, il primo acquistato nel 1874 come proveniente dalla Val d'Orcia e composto di sei formelle discoidi di vario peso (•), e l'altro acquistato nel 1897 proveniente da S. Mi- chele presso Campiglia Marittima e composto di 12 formelle pure variate di peso e grandezza (2). Uno dei pani di que- (i) I diametri e i pesi del ripostiglio di V,il d'Orcia sono i segueni: mm. gfr. mm. gr. a) 100 X "O 41 6,05 i/J 96 493 b) 104X83 465 «) 94X82 443,25 O 98 563 /) 74 32J,9.5 (2) I diametri ed i pesi del ripostijjlio di S. Michele sono i seguenti: mm. gr. mm. ter- a) 98 498 g) «07 451 b) 100 486,84 /,; 83 362 e) 96 493 105X78 281 dj 116X88 483 .;> 100 280 e) 108 459 i) 83 274 /; 122X95 628 75X56 139 454 L. A. MILANI st'ultimo ripostiglio, dato a fìg. 8 (diam. mm. io, peso gv. 486,84), esibisce sulla parte liscia tre segni lineari a scal- pello che non saprei se spettino ad un tentativo fallito per spezzare la formella in due, oppure ad un marchio primitivo di valore parallelo a quello più tardi usato come segno del tripondio. Un altro pane a focaccetta di rame proveniente Fig. 9 — Formella di Saturnia. da Saturnia, del peso di gr. 442, diam. mm. 90, presenta in- ciso, come può vedersi nella riproduzione che ne diamo a fig. 9, un segno in croce simile a X : ma anche questa inci- sione non si può in via assoluta determinare se fatta per segno di valore o per altra causa. Ove si potesse constatafre che nell'uno o nell'altro caso si trattasse di un segno di valore, avremmo il più antico esempio italico di quel marchio (toO -otoO (7r,y.e'tov) che Aristo- tile {Polli., Ili) dichiarava costituire la caratteristica (/apix;cTr,p) della moneta primitiva. Marchi indubbi di garanzia e quindi segni di carattere e DUE DEPOSITI DELL'kTÀ DEL BRONZO DI CAMPIGI.IA o'ORCrA 455 funzione monetale si trovano anche suil'rtf^ rude degli Etru- schi. Quattro sono gli esempi tipici sui quali, in questa con- tingenza è duopo richiamare l'attenzione. I! primo esempio ci fu fatto conoscere dal padre De Feis, che lo illustrò con molto acume e dottrina, ed è quello informe di Orvieto da lui stesso posseduto, del peso dell'oncia librale romana (gr. 27) e sul quale è impresso due volte un astro cruciforme, simile Fig. IO — Aes rude di Orvieto (i.oll. P. De Feis). al mozzo di una ruota a quattro raggi fig. io (•). Lo stesso segno ci è offerto anche sugli altri due pezzi di aes rude del peso di circa un'oncia, a piastrella quadrilatera, che ci fece conoscere il Garrucci (2) e che provengono uno da Ancarano (coli. Nardoni) fig. 11, e l'altro consimile da Perugia Fig. n — Aes rude di Ancarano (coli. Nardoni). (coli. Stettiner). Su una delle faccie di questi ultimi due pezzi, apparendo il marchio della lunula, si può ben ritenere che il simbolo contrapposto, sia appunto un astro. E ciò vien con- (1) V. De Feis : Di un aes signaiuni scoperto ad Orvieto, in Giorn. lig., Genova, 1881 e Origine e valore AcW'aes rude, ecc., Firenze, 1899. (2) V. Mon. detl'llatia ant., I, tav. LXVII, i ti, b. A tav. 1. XVIII, 3 è riprodotto anche Vaes rude De Feis. 456 L. A. MILANI fermato dal quarto esemplare di aes rude contromarcato, che è quello di Tarquinia, già della coli. Strozzi, conosciuto tanto dal padre De Feis che dal Garrucci (v. op. cit.), ma ri- masto inedito. Fig. 12 — Aeii rude contromarcato del Museo di Firenze, proveniente da Tarquinia. Avendolo io acquistalo per il Museo di Firenze all'asta Strozzi (catal. n. 7), cade molto in acconcio di produrlo qui a fig. 12 per metterlo a riscontro coi suddetti esempi con- tromarcati e con Vaes rude monetario delle ricordate tombe antichissime dell'Etruria. Questo pezzo della massima importanza per la questione sull'origine della moneta in Italia, è fatto in forma di matto- nella (later), coi margini a doppio spigolo obliquo, pesa gr. 561, ha uno spessore di mm. 23, misura mm. 82X48 e porta impressi sopra una delle faccie piane, mediante un punzone quadro, i simboli riuniti della lunula e dell'astro solare a quattro raggi, appunto i simboli che furono adot- tati per Vaes signatiim quadrilatero dell'Etruria e specifica- mente per quello tarquiniese (ved. Garrucci, Mon. d'Ital., tav. XXVI, 3). Così dalle mie osservazioni suH'rt^^ rude de- posto nelle tombe dell' Etruria a partire dall'età del bronzo e dal dato e fatto dell'esistenza àeW'aes rude contromarcato, mi sembra emergere chiara ed assodata la funzione mone- DUE DEPOSITI DELL ETÀ DEL BRONZO DI CAMPIGLIA D ORGIA 457 tale deW'aes rude fin dai primordi del suo uso e del suo corso in Italia. A che epoca rimontino gli anzidetti due ripostigli di pure formelle di rame del Museo di Firenze non possiamo determinare con certezza ; ma dopo i trovamenti di Monte- merano e di Campiglia d'Orcia si può ben presumere che risalgano essi pure all'età del bronzo e rappresentino veri e propri peculi di tale età. Che del resto nell'età dei bronzo fosse già diffuso l'uso di dare al metallo di scambio le più svariate forme e di contraddistinguerlo con marchi che ne determinassero il peso o la qualità, è cosa che nessuno può mettere ormai in dubbio dopo i trovamenti dei pani monetali di bronzo dell'età preel- ^'S!- '3 — il? signalum di Cnosso. lenica nelle isole di Creta, di Cipro e di Sardegna ; dopo lo studio documentato che l' Evans ci porse sui pesi mi- noici (^) e dopo che questi ci fece conoscere Vargentum si- gnatum di Cnosso fig. 13 e l'oro ponderale dei Preelieni analogo e corrispondente al ben noto oro e argento rude monetale degli Etruschi (2); e pubblicò una specie di moneta (i) Vcd. Evans: .\tinoan weights and currency, in Coralli numisma- tica in hon. Head, London, 1906, pag. 355 e segg. (2) V. o. e. pag. 363 e segg. Richiamo a questo proposito il fatto che presso i Babilonesi, già nel 3." millennio a. C, secondo nota De- litsch in Mehr Licht, Leipzig, 1907, pag 24, la voce kaspu riunisce in sé i due significati di argento e di misuratore del valore (Werlmesser) o di moneta, circa come la voce argenl presso i Francesi. Così deve ritenersi essere avvenuto dellWs rude ai primordi degli scambi in Italia, giusta rilevasi dalle stesse voci aerariuin ed aestimare dai Romani. 58 458 t. A. MIIANI Fig. 14 — ]^ signalunt di Micene. d'argento quadrilatera di Micene coi segni del valore (fig. 14, pezzo Howes, o. e. pag. 354) e produsse altresì una delle Fig. 15 — Tavoletta fittile di Cnosso. tavolette fittili di Cnosso (fig. 15), che rappresenta, come in azione , il sistema ponderale e monetale dell' età mi- noica. L. A. Milani. N ECROLOGIE SIR JOHN EVANS. Il 30 scorso maggio nella sua residenza di Britwell presso Berkhamsted, dopo una breve malattia, cessava di vivere nell'età di 85 anni l' illustre e venerato Presidente della Reale Società Numismatica di Londra sir John Evans. Per la lunga serie dei suoi lavori numismatici che furono pubblicati dal 1864 ad oggi e per la sua lunga carriera nella R. Soc. Num. di Londra di cui fu eletto membro nel 1849, Segretario Onorario nel 1854, e Presidente nel 1874, carica che tenne fino alla sua morte, sir John Evans era ben noto a tutti i numismatici del mondo ; ma ben pochi di questi sa- pevano che egli si dedicava egualmente all'archeologia in genere, alla geologia e all'antropologia, anzi fu a queste scienze che dedicò la maggiore sua attività, scrivendo le sue opere più importanti, fra cui principale la pubblicazione del 1872 The ancien stone implements, weapons and ornaments of Great Britain, che ebbe una seconda edizione nel 1897, e che venne completata dall'altra del i88r The ancien bronze implements, weapons and ornaments of Great Britain and Ireland. Dal 1874 al 1876 fu Presidente della Società Geo- logica, dal 1885 al 1892 Presidente della Società degli An- tiquarii e quindi Conservatore del Museo Britannico ; dal 1877 al 1879 Presidente dell' Istituto Antropologico, e troppo 460 NECROLOGIE lungo sarebbe qui enumerare tutte le cariche scientifiche e onorifiche da lui coperte. Meno ancora sono quelli che sanno che lo scienziato era anche uomo d'affari, e probabilmente dei moltissimi nu- mismatici, archeologi e scienziati che conoscevano il suo an- tico indirizzo di Nash Mills Hemel Hemsptead, perchè la sua corrispondenza era estesissima, nessuno sapeva che questa era non solo la sua residenza scientifica, ma ben anco quella della cartiera ch'egli diresse fino a pochi anni fa. L'uomo di scienza non la cedeva all'uomo d'affari, e il Presidente della Reale Società Numismatica di Londra, dal 1892 al 1893 fu Presidente dell'Istituto d'Industria Chimica e fu anche Pre- sidente dell'Associazione dei fabbricatori di carta. Ma, venendo alla parte numismatica, quella che deve in- teressare i nostri lettori, sir John Evans era ecclettico. Nei numerosi suoi scritti apparsi durante circa un cinquantennio nella Numismatic Chronicle egli si occupò di monete greche, romane ed inglesi, e fra le sue numerose collezioni si trova una eccellente serie greca, una serie romana ricca specialmente d'aurei al punto di essere degna emula delle famose colle- zioni D'Amécourt e Montagu e una serie inglese. Con lui la Reale Società di Londra perde un prezioso Presidente, e la nostra Società manda alla consorella le più sincere e sentite condoglianze. Chi scrive perde non solo un collega ma un amico, col quale da lungo tempo si trovava nella più cocdiale relazione e ripensa con dolore e con tenerezza alle belle ore pas- sate in sua compagnia ogni volta che i suoi viaggi, continuati malgrado la sua tarda età con arditezza giovanile fino a questi ultimi anni, lo portavano a transitare per Milano. L'ultima sua visita fu nel 1907 e mi piace ricordarla perchè essa vale a caratterizzare l'uomo di scienza e d'affari, l'uomo preciso che non perde un minuto del suo tempo. Il 5 marzo mi scriveva dall'alto Egitto e precisamente da Luxor: " Vado al Cairo (Hotel d'Angleterre) da dove conto partire il 32, il 31 sarò a Venezia (Danieli), la sera del i aprile a NECROLOGIE 461 Milano (Hotel Cavour). Spero vedervi il giorno seguente e far colazione con voi. Partirò col diretto delle 4,25 per Londra ove il giorno 4 devo presiedere un'assemblea commerciale (forse quella dei fabbricanti di carta....) „. Difatti la sera del 1 aprile io ero a riceverlo al suo ar- rivo e il giorno seguente ebbi il piacere d'averlo colla sua signora a casa mia dove tutti fummo sorpresi nel sentire che aveva compiuto r83.° anno. Ne dimostrava 60. Dopo colazione volle dare un'occhiata alia mia raccolta coll'oro- logio in mano per non mancare il treno. Partì per Londra e da allora io non l'ho più veduto. F. G. PAUL CHARLES STROEHLIN. Il giorno 4 marzo p. p. moriva improvvisamente a Gi- nevra, nella ancora fresca età di 44 anni. Paolo Carlo Stroehlin, Presidente della Società Svizzera di Numismatica e Membro di 1 arecchie altre Società congeneri. Si era da principio dedicato allo studio della medicina, ma poi lo in- terruppe per un viaggio nella Germania ch'egli intraprese dal 1884 al 1887, soffermandosi specialmente a Lipsia e a Berlino. Fu in quest'ultima città ch'egli incominciò a dedi- carsi alla numismatica , lavorando sotto la direzione del von Sallet. Nel 1888 ritornò per breve tempo nella Svizzera, indi ricominciò a viaggiare percorrendo rapidamente la Fran- cia, la Germania, l'Italia, l'Inghilterra 'e la Russia, finché nel 1889 ritornò definitivamente in patria. Nel 1892, col con- corso del dott. Ladè, fondò a Ginevra un Ufficio Numisma- tico, dedicandosi al commercio delle monete e alla pubbli- cazione di varii lavori su monete e medaglie. Nel 1904 fon- dava il Journal des Collectionneurs, che vive tuttora ; e in- 462 NECROLOGIE tanto dedicava buona parte del suo tempo alla direzione della Rivista Svizzera di Numismatica, sulla quale pubblicò buon numero di lavori, specialmente su monete e medaglie svizzere. Era di una straordinaria attività ; iniziò molti lavori allo scopo precipuo di diffondere l'amore per gli studii numisma- tici, ma ne lasciò molti incompleti; cosicché fra una quan- tità enorme di piccoli lavori, non ve n'è neppure uno di vera importanza, che possa ricordare durevolmente il suo nome nella letteratura numismatica. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI. Warwick Wroth. — Catalogne of lite imperiai byzanline Coins in the British Museum. Due volumi con 79 tavole (Londra 1908). Riesce assai interessante questo catalogo delle monete byzantine, che, descrivendo la ricchissima serie del Museo britannico, si può quasi considerare come un catalogo gene- rale, e che viene a supplire quello ormai non solo esaurito ma anche invecchiato del Sabatier, il quale finora costituì il vade-mecum dei raccoglitori di queste monete. Il nuovo ca- talogo del Museo britannico ha non solo il vantaggio di ve- nire mezzo secolo dopo il Sabatier, ma principalmente quello d'essere redatto con criterii molto pili razionali e scientifici. In primo luogo la serie delle monete bizantine è inco- minciata dall'A. al suo vero inizio. Sabatier, allo scopo di far seguito senza interruzione al punto in cui arbitrariamente il Cohen aveva troncata la sua descrizione delle monete romane, la iniziava pure arbitrariamente con Arcadio. Ma la ragione storica, monetaria e artistica segna invece il prin- cipio della monetazione bizantina col regno di Anastasio I, ed è appunto con questo che Warwick Wroth incomincia la sua descrizione. Questa poi non è divisa semplicemente per metallo, come quella di Sabatier ; ma prima di tutto per zecca, poi, fin dove è possibile, in ordine cronologico. In ogni regno sono dapprima descritte le monete della zecca imperiale di Costantinopoli, poi seguono quelli di Tessalo- nica, Nicomedia, Cizico, Antiochia, Alessandria, Cartagine, Sicilia, Roma e Ravenna. La classificazione cronologica non è possibile nell'oro e nell' argento, che non portano data ; 464 BIBLIOGRAFIA ma facilissima nel bronzo che porta sempre l' indicazione dell'anno di regno. La descrizione così ordinata delle monete è completata dalle copiose illustrazioni dal vero che ci danno le 79 tavole che accompagnano i due volumi, e l'insieme forma al giorno d'oggi il corpus più completo che possediamo, di questa serie bizantina, che dovrebbe essere maggiormente curata e studiata dai raccoglitori, i quali si fermano generalmente alla caduta dell' impero d'occidente. Seguono la descrizione delle monete quattro indici. Il primo, degli imperatori e delie dinastie, per ordine alfabetico; il secondo, delle zecche. Il terzo è un indice generale, il quarto un'elenco delle iscrizioni che s' incontrano sulle mo- nete. Agli indici fanno seguito due altri prospetti cronologici degli imperatori e infine le solite tavole di riduzione dei pesi e delle misure inglesi in pesi e misure decimali, tavole che io mi augurerei di vedere abolite, adottando invece quell'unità di misura che sarebbe tanto comoda per tutti e alla quale un giorno o l'altro si dovrà pure venire. F. G. Bildt (le Baron De). Les médailles romaines de Christine de Suède. — Roma, 1908, in-8 (con 20 tavole). Cristina di Svezia, la gran protettrice degli artisti e dei dotti, l'amica di Roma e dell'Italia, ci ha lasciato memoria di sé in una gran quantità di medaglie, che ricordano tutte le fasi della sua vita, e forse nessuna Sovrana ne conta un numero uguale. Il barone De Bildt raccoglie in questo splendido volume le medaglie fatte eseguire da Cristina, dalla sua entrata in Roma nel 1655 fino al 1689, anno della sua morte. Le medaglie sono riprodotte in venti belle tavole, e ac- compagnate da una minuta descrizione e dall'esposizione dei fatti e dalle circostanze che hanno dato origine a ciascuna di esse. L'opera è preceduta da un capitolo che tratta dei Me- daglisti romani del tempo di Cristina e specialmente degli Hamerani. Un altro capitolo è destinato a dare un saggio BIBLIOGRAFIA 465 delle medaglie della Sovrana, coniate all'estero durante il suo regno (1632-1654). Sono 19 e rappresentano Cristina dagli otto anni fino all'età maggiore ; tre di esse ricordano la sua incoronazione (1650) e l'ultima la sua abdicazione (1654). Nella serie delle medaglie coniate a Roma, le prime due ricordano l'ingresso di Cristina nell'eterna città e portano il ritratto di papa Alessandro VII, il suo grande amico e pro- tettore. A queste tengono dietro una cinquantina di meda- glie, eseguite per la maggior parte da Gio. Hamerani, da Guglielmada, da Soldani, e sono distribuite, finché è possi- bile, in ordine cronologico. Al diritto esse portano costante- mente il busto della Regina, talora in semplice pettinatura dell'epoca, talvolta laureata, talvolta anche col casco di Mi- nerva. Quanto ai rovesci, tenuto conto che le medaglie erano eseguite per ordine di Cristina stessa, ci dicono chiaramente che la modestia non era la sua virtù predominante. Tanto gli emblemi, che le leggende sono d'una alterezza e d'una pre- suntuosità che Luigi XIV non avrebbe potuto oltrepassare. Basti, per darne un saggio, quella che rappresenta il globo colla leggenda NE MI BISOGNA NE MI BASTA. La serie delle medaglie di Cristina si chiude con due coniate dopo la sua morte per ordine dei papi Clemente XI e Alessandro Vili, di cui portano il ritratto. Vi sono aggiunte tre medaglie in onore del card. Azzolino, il grande amico e ammiratore di Cristina, di cui fu poi l'erede. Anche queste fu- rono molto probabilmente eseguite per ordine di Cristina stessa. L'Autore nota giustamente nella prefazione che l'arte italiana del secolo XVII non gode di un gran favore presso gli amatori e i critici del nostro tempo, e che, mentre si pubblicano innumerevoli opere sui medaglisti del Rinasci- mento, è ben raro che un autore spinga le sue ricerche oltre l'epoca detta del barocco, la quale ha pure i suoi me- riti, come lo provano appunto buon numero di medaglie illustrate in questo volume. E. G. 59 466 BIBLIOGRAFIA Bellucci- Ragnotli (Ada), Collezione di monete di zecche umbre, esposta ed illustrata. Perugia, tip. Perugina, 1907, in-i6, pag. 16. Bildt {De), Les médailles romaines de Christine de Suède. Rome, Loescher et C. : W. Regenberg (Forzarli e C), 1908, in-8 fig., pag. 168, con venti tavole. Biiotti (Pa. Em.), Gordiano Pio sul trono dei Cesari: nota storico- numismatica. Salerno, tip. fratelli Jovane, 1907, in-8, pag. 20. 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Gabinetto Numismatico di Brera impedi- rono alla Rivista di illustrare prima d'ora una bellissima medaglia che, per la persona onorata, la quale occupa uno dei posti pili elevati nelle scienze positive, per gli artisti che concorsero ad onorarla, non poteva assolutamente passare sotto silenzio ai cultori della medaglistica odierna. Compiendosi con l'inizio dell'annata scolastica 1906-1907 il cinquantesimo anno d'insegnamento del sen. ing. Giuseppe Colombo, direttore del Politecnico milanese, un Comitato del Corpo insegnante, degli ex allievi e degli allievi dell'Isti- tuto, costituitosi per iniziativa del vicedirettore prof. Sayno, propose di " offrire al sen. Colombo, che al culto della scienza accoppia fine gusto artistico, un bassorilievo in bronzo rappresentante il gruppo di Archiiìicdc nell'atto di svolgere una dimostrazione geometrica ad alcuni allievi, gruppo che si ammira in Vaticano nella composizione di Raffaello La Scuola d'Atene, e del quale il cartone è prezioso cimelio delia nostra Pmacoleca Ambrosiana „ ('-l Intatti, essendo affluite larghe e premurose le adesioni improntate a vivi sensi di gratitudine e di reverenza sotto la direzione del geniale e infaticabile architetto sen. Luca Bel- trami, si potè il 9 dicembre 1906, con imponente concorso di autorità e di pubblico, offrire a Giuseppe Colombo due II) Ved. Onoranze al Senatore G:nse/'/>e Cotoniln/, direltove del R. hli- liito Tecnico Superiore ili Milano, nel jo." anno il'insegnameitto. Milano, Allegretti, 1907, pag. 8 e 39. 492 doni opportuni e riusciti, la medaglia d'oro commemorativa e la targa in argento allegorica alla sua carriera di inse- gnante. In quell'occasione il sen. Colombo tenne quell'ap- plauditissimo discorso, che lasciò profonda impressione in quanti ebbero la fortuna di udirlo ('). Noi oggi, però, parleremo brevemente soltanto della medaglia d'oro. Essa ha il diametro di mill. óó'/» equi viene riprodotta in grandezza naturale. Presenta sul diritto il ritratto di Giu- seppe Colombo, sul rovescio il gruppo di Archimede già citato : .py ~ iS» Ad arco, in giro, lungo l'orlo del diritto : A GIV- SEPPE COLOMBO NEL CINQVANTESIMO ANNO DI INSEGNAMENTO COLLEGHI E DISCEPOLI MCMVI Ritratto di profilo a sin. Sotto il busto, sulla costa 'L{uigi) Secchi — uoD{enò). A{nge/o) C{afipuccio) lin nesso! mc{tse). Il medaglione, dal quale il cav. Cappuccio con la sua consueta fedeltà e correttezza di incisione trasse il ritratto (I) Op. cit., pag. 29-38, VARIETÀ 493 della medaglia, fu modellato dall'illustre nostro scultore, cav. Luigi Secchi, in proporzioni molto maggiori, e in tali proporzioni fu scolpito in marmo dallo stesso. Secchi pel Politecnico. Così il medaglione da lui modellato per la coniazione della medaglia spicca in un bel bassorilievo in marmo entro la cornice di legno, scolpito dall'intagliatore Domenico Fio- rani, con la riproduzione in argento dell'epigrafe di dedica che si legge scolpita in rilievo su lastra d'oro, nella targa, mediante punzone espressamente lavorato dallo Stabilimento Johnson. Iji — Nel campo, la riproduzione ridotta del gruppo d'Ar- chimede coi suoi discepoli, nella Scuola d'Atene di Raffaello. In basso, nella targa dell'esergo • ADHVC ■ DOCET • Nel vano, a sinistra della targa: A. Cai'I'Uccuj mod. e inc. Nel varco, a destra della targa : S. Johnson. Come già è reso noto nell'opuscolo citato del Comitato, questo, per porre in speciale rilievo l'opera del sen. Colombo come insegnante, scelse pel rovescio della medaglia una composizione che rendesse evidente la benemerenza carat- 494 VARIETÀ teristica del sen. Colombo. L'aggruppamento di Archimede nella grandiosa composizione raffaellesca della Stanza della Segnatura in Vaticano parve il più adatto, poiché Archimede, con i lineamenti dell'amico e protettore di Raffaello, Bramante da Urbino, è rappresentato nell'atto di svolgere un problema di geometria, e gli allievi fanno a lui corona attentissimi. L'epigrafe adhiic docet, dettata dall'illustre Rettore dell'Am- brosiana Achille Ratti, nella sua tacitiana brevità, riferisce chiaramente al sen. Colombo ciò che Raffaello riferiva ad Archimede. Così lo stesso comm. Ratti espresse più estesa- mente nell'epigrafe sottostante al bassorilievo d'argento, mo- dellato per il rovescio della medaglia dal Secchi, e fuso nello Stabilimento Johnson per essere racchiuso nell'apposita cor- nice in bronzo ed argento del cav. Giovanni Lomazzi: • ar- CniMEDEM • SANCTIO • COLVMBVM • NOBIS • REFERT ■ DOCENTIS • FIGURA • BRAMANTIS • Archimede praticò il suo insegnamento sino agli ultimi istanti di sua vita, la presente onoranza a Giuseppe Colombo mette in luce una benemerenza che cinquant'anni di aposto- lato nun hanno ancora attenuato; egli adhtic docet dalla cat- tedra e fuori nella vita scientifica e industriale della nazione. Era naturale che il motivo artistico fosse scelto da un capolavoro del quale Milano, per munificenza del cardinal Fe- derico Borromeo, può da tre secoli gloriarsi di possedere il cartone originale (i), disegnato dallo stesso Raffaello per l'ese- cuzione dell'affresco vaticano. Così era tolto, direi quasi, dal ciclo artistico milanese, se non d'origine, però d'adozione, l'allusione d'onore allo scienziato, la cui attività si è spiegata soprattutto nella metropoli lombarda, meno il breve periodo nel quale il sen. Colombo fu ministro. Sotto il punto di vista della riproduzione artistica, la me- (i) Lo stesso card. Federico Borromeo ne! suo Musetim, stampato nell'anno 1625, rileva l'importanza del cartone, allora diviso in due: " quos studiosi artis tanto cariores habere debent, quanto niiniis de auctore dubitatur „. Vcd. Guida sommaria per il visitatore della Biblioteca Ambro- siana e delle Collezioni annesse. Milano, Allegretti, 1907, pp. 61-64. VARIETÀ 495 daglia si può dire una piccola opera d'arte. Per il ritratto del senatore, il cav. Cappuccio dovette riprodurre il modello ori- ginale dello scultore Secchi, e quindi il profilo, per quanto ben condotto, risente nell'espressione di una certa durezza, che non riproduce la dolcezza serena e affabile, abituale a chi conosce l'illustre uomo. Invece nel rovescio, pel quale il di- segno originale, esposto nella Sala della Biblioteca Ambro- siana, ha potuto agevolare il compito di tradurre in bassori- lievo l'aggruppamento pittorico, il cav. Cappuccio fu felicis- simo, riuscendo a conservare, anche nella forte riduzione delle proporzioni, la grazia e la morbidezza che animano d'un fa- scino insuperabile la creazione di Raffaello. Riesce veramente gradito che il gruppo pittorico scelto ad onorare il nostro matematico meccanico e architetto insigne contenga tanta parte di vita del famoso architetto (i>, che, fa- vorendo amichevolmente l'opera del genio d'Urbino, preparò all'amico lo sfondo meraviglioso architettonico della Scuola d'Atene, sfondo che, pur troppo, nel cartone ambrosiano non si può ammirare (2). E così anche al rovescio della nostra medaglia manca l'aria e la luce che ravviva il gruppo nell' invenzione origi- nale, ma ognuno che ve lo guardi così diligentemente cesel- lato, con lungo studio e grande amore, tosto rievoca e rigodé l'entusiasmo provato la prima volta dinanzi al capolavoro vaticano, mentre ogni allievo del Colombo moderno rievo- cherà con profonda gratitudine il suo maestro e gli parrà di riudirlo in quelle lucide sue lezioni, in quelle indimenticabili sue conferenze, nelle quali il senatore Colombo ha potente- mente contribuito a dar impulso ed a sorreggere quel movi- mento di superiorità scientifica e di emancipazione industriale che da qualche tempo si è iniziato in Italia. Serafino Ricci. (r) Di fianco al cartone della Scuola d'Atene, nell'Ambrosiana, il visitatore può scorgere anche lo studio dal vero della testa dì Bramante per la figura di Archimede (Ved. Calalogo cit., pp. 61 e 63), miracolo- samente salvato, come quello, pure della testa di Bramante, per la Di- spula itil Sacraineitlo, che si ammira nel Museo del Louvre. (2) Ved. G. Cahotti: Le opere eli Leonardo, Bramante e Raffaello. Milano, lloepli, 1905, pp. 275-276. 49^ VARIETÀ Centenario del R. Gabinetto Num. di Brera e Com- memorazione Ambrosoli a Milano. — La cerimonia, si svolse il giorno io maggio nella grande saia Maria Teresa al Palazzo di Brera, con severa e grandiosa solennità regale per il fatto che S. M. il Re d' Italia era rappresentato uffi- cialmente dal Prefetto nella sua duplice qualità di Sovrano e di Presidente della Società Numismatica Italiana. Erano inoltre rappresentate tutte le Autorità politiche e cittadine; il Mmistro del Tesoro dal primo intendente di finanze comm. Scarabelli, quello della Pubblica Istruzione dal pro- fessor Novati, la R. Commissione monetaria dal comm. Fran- cesco Gnecchi, il Sindaco di Milano dall'assessore Gabba, l'Accademia di Brera dal comm. Colombo, la Braidense dal prof. Fumagalli che faceva gli onori di casa, il R. Isti- tuto Lombardo dal prof Zuccante, l'Accademia Scientifico- Letteraria dal prof. Francesco Novati, la Società Storica Lombarda dallo stesso prof. Novati, dall' ing. E. Motta e dal cav. Seletti, la Società Numismatica e il Circolo Numisma- tico dalle rispettive Presidenze, la città di Como, patria del- l'Ambrosoli, dal Sindaco avv. Pagani e dal prof E. Baragiola. Inoltre erano presenti molte altre notabilità, senatori, depu- tati, numismatici, ecc. La maestosa sala era gremita di signore e signori, e vi- cino al tavolo presidenziale, adorno di verdi arbusti e di lauro, spiccava un bel busto in bronzo rappresentante la simpatica figura di Solone Ambrosoli, opera dello scultore prof. Antonio Ricci. Di fronte al busto si nota una distinta signora in lutto che si commove profondamente e a stento trattiene i sin- ghiozzi. E la vedova del commemorato. Vi è pure presente il fratello l'on. dott. Francesco Ambrosoli. Il comm. Francesco Gnecchi, quale rappresentante della Società Numismatica e del Comitato promotore della com- memorazione, apre la seduta ringraziando gì' intervenuti ed esprimendo riconoscenza speciale per il Re. Prende pel primo la parola il prof. Novati in nome del Ministro della Pubblica Istruzione, rilevando l' importanza della duplice cerimonia e i meriti dell'Ambrosoli non solo come numismatico, ma come poliglotta e letterato. Segue il Varietà 497 discorso di Francesco Gnecchi il quale tesse la storia del Gabinetto Numismatico dalle sue origini, ossia dal decreto di sua istituzione, portante la data del 7 maggio 1808, fino ad oggi. Egli accenna rapidamente alle felici e alle infelici vicende dello stesso, al suo progredire ora spedito ora lento, alla successione de' suoi direttori, alle sue peregrinazioni. Si sofferma poi a discorrere dei recenti progetti e delle attuali trattative per il trasporto nel Castello Sforzesco onde riunirlo alle collezioni municipali e chiude il suo discorso con queste parole : " Il momento psicologico per tale riunione ora sembra veramente opportuno. " Un soffio di riforma spira attualmente in tutta l'europa, favorevole al miglioramento materiale e scientifico delle collezioni numismatiche. A Berlino vidi lo scorso anno ap- pena terminato il nuovo grandioso ordinamento delle monete e delle medaglie al Museo P'ederico ; a Budapest, sta per iniziarsi il trasporto di quel Museo in nuova e ilegna sede; a Parigi si stanno apprestando i locali per il trasloco del Ga- binetto di Francia in sede più appropriata, in altra parte dello stesso palazzo della Biblioteca Nazionale. Venendo in Italia, a Bologna si sta compiendo la riunione della colle- zione municipale con qLiella del R. Museo Archeologico ; a Venezia si sta studiando quella del Museo Correr colla Marciana ; a Roma la fusione delle due collezioni del Capitolino e del Museo delle Terme. E ben giusto che anche a Milano, dove nacque e ha sede la Società Numi- smatica Italiana , dove da venti anni si pubblica la sua Rivista, dove abbiamo il solo Istituto Numismatico auto- nomo d' Italia, tra le diverse riforme economiche, artisti- che, scientifiche che si stanno escogitando, si pensi pure alla sistemazione definitiva di questo importantissimo ramo dell'archeologia : tanto più possedendo un materiale così ricco e prezioso, ammontante complessivamente a circa sessanta- mila pezzi. " È di buon augurio il fatto che, a ricordare il cente- nario, parecchi doni sono già pervenuti al Gabinetto ed è a ritenersi per fermo che la nuova splendida sede possa eser- citare tal fascino sui privati da indurli a offrirvi le proprie 63 498 VAIilKTÀ collezioni o quanto meno a collocarvele come semplice deposito „. Il discorso Gnecchi riscosse calde approvazioni. Il prof. Serafino Ricci, dopo di aver dato lettura di un telegramma dell'on. Carcano, il quale, pur facendosi rappre- sentare, volle [)ersonalmente plaudire al Comitato promotoie delle onoranze all'illustre suo concittadino e d'avere annun- ciate altre adesioni, tra cui quelle di Corrado Ricci, di An- tonino Salinas, di don Achilie Ratti e dell'on. Greppi, dice una bella commemorazione di Solone Ambrosoli, enume- rando i lavori che sono prove eloquenti della vasta cultura e dell'acuta e paziente investigazione del rimpianto numisma- tico, del bibliofilo e del bibliografo. Dopo di aver parlato delle opere principali del maestro, che si distinse specialmente nella divulgazione della numi- smatica medioevale e moderna, il Ricci delineò con finezza e sentimento la figura del mite solitario, dell'uomo gentile, fatto solo per amare e studiare. Amatissimo e stimatissimo da tutti per la sua grande bontà e cortesia, confortato da una compagna ben degna del suo cuore, egli, così conclude il Ricci, fu nel secolo trascorso il vero pioniere e divulga- tore che continuò degnamente e ampliò la nostra gloriosa tradizione italiana negli studi che ci diedero Ennio Quirino Visconti, Bartolomeo Borghesi, Domenico Promis. Il prof Ricci si commosse profondamente e commosse l'uditorio nell'evocare l'uomo buono, affabile con tutti, anche co! più umile fattorino. Il Prefetto rivolse parole d'elogio all'oratore, e quindi, in nome del Re, plaudì alla Società Numismatica Italiana e al Comitato promotore della riuscitissima cerimonia, di cui si conserverà duratura memoria. Prima di uscire dalla sala, il Prefetto rivolse parole di conforto alla vedova del commemorato. La cerimonia aperta colla marcia reale, eseguita dal corpo musicale del 66." reggimento di fanteria, si chiuse colle medesime note di circostanza. In memoria della solenne duplice commemorazione, la Società Numismatica Italiana, come del resto è già noto ai nostri lettori, pubblicò m doppio fascicolo trentacinque me VARIETÀ 499 morie mandate dall' Italia e dall'estero, e un numero straor- dinario pubblicò pure il nostro Circolo Numismatico. Il Co mitato poi, oltre il busto, fece coniare una medaglia a Solone Ambrosoli e una placchetta per il Centenario del Gabinetto. Doni pervenuti al R. Gabinetto di Brera in occa- sione del Primo Centenario del Medagliere braidense (to maggio 1908). — S'affrettarono a inviare doni piìi o meno cospicui, ma tutti interessanti, molti signori cultori delle discipline numismatiche, e (quello che è pii^i confortante) anche altri che non mostrano interesse ai nostri sludi, ma hanno creduto di onorare il centenario del nostro Museo Nu- mismatico con un loro omaggio, riuscito graditissimo alla Direzione del Gabinetto Numismatico di Brera, che li rin- grazia pubblicamente. Il comm. Francesco Gnecchi donò la sua intera colle- zione di 800 piombi romani, alcuni dei quali furono descritti dal Rostozsew nella Rivista Italiana di Niiniis>ii. del 1902. Il cav. uff. Krcole Gnecchi donò la sua intera collezione di circa 800 p^ si antichi e moderni, dei quali alcuni interes- santi. La Società Numismatica Italiana offri 94 tra piccoli bronzi e antoniniani imperiali romani del Basso Impero. La contessa Giulia Turati offrì 15 monete turche ; la signora Erminia Bonacossa un notevole gruzzolo di monete, da cui la Direzione di Brera dovrà scegliere quello che non ha, dando il resto alla Società Numismatica Italiana ; la si- gnora Ida Rolandi Picei, n. 33 biglietti di carta monetala, emessa da municipi, banche, consorzi di commercio della Lombardia e del Piemonte. Il signor Carlo Giussani si privò pel Museo di Brera di ben 143 fra monete, prove di zecca e pesi giapponesi ; il sac. Giuseppe del Torchio di n. 25 monete la maggior parte imperiali romane di bronzo ; il prof. Silvio Bellini di Aosta, donò n. 142 pezzi in bronzo e in argento di varie età e nazioni; il Comitato per la Commemorazione del primo Centenario del R. Gabinetto Numismatico di Brera e per le onoranze a Solone Ambrosoli diede in dono un esemplare in argento e uno in bronzo tanto della placchetta pel Centenario quanto 500 * VARIETÀ della medaglia per Solone Ambrosoli ; il cav. dott. Soffian- tini, direttore dell' Istituto Sanitario Umberto I, una medaglia di Chaplain recante scolpito il ritratto del celebre Hallopeau. specialista per le malattie della pelle, membro dell'Accademia di Medicina di Francia, con due monete di bronzo; il conte Roberto de Moij Brunetta e Usseaux regalò la sua medaglia di nozze, dell'incisore Agry di Parigi, in bronzo, presentata a mezzo del Socio comm. Quinto Cenni ; il prof. Salvatore Cerbara di Milano portò al Museo, in onore del suo parente, il ritratto del prof. Giuseppe Cerbara, insigne incisore ro- mano sotto Pio IX, riproduzione del suo quadro nella R. Ac- cademia di San Luca, di G. B. Biscarra, dipinto nel 1831 ; il sig. E. Mazzucchetti, banchiere di Milano, cedette per le nostre collezioni il pezzo da lire io in oro di Vittorio Ema- nuele II, per le Regie Provincie dell'Emilia (Bologna, 1860). Hanno già promesso altri doni importanti al Medagliere Braidense il comm. Federico Johnson, il sig. G. Dattari, re- sidente al Cairo ed altri. Nuovi acquisti pel Museo Numismatico di Brera. — Col fondo straordinario del Ministero per l' Istruzione e su proposta della Direzione del R. Gabinetto Numismatico di Brera, S. E. il Ministro Rava concesse l'acquisto pel Me- dagliere braidense del raro scudo d'argento di Francesco d'Este per Massa Lombarda (Ravenna), moneta interessante perchè la zecca per sé stessa fu di pochissima durata (1562- 1578) e limitata alla coniazione in quella città eseguita da Francesco d'Este, che aveva ottenuto dall'imperatore Fer- dinando I il titolo marchionale e il diritto di zecca. Lo scudo d'argento acquistato per Brera è una variante di quello, pure raro, della Collezione Gnecchi nell'asta Hamburger (Catal. II, pag. 118, n. 2282) salito a L. 1200. Merita pubblica lode il consenso ministeriale ogni qual volta occorra arricchire le nostre importanti collezioni di Brera : altri acquisti furono fatti all'asta Carlo e Cesare Clerici in Milano e ne parleremo. (Da! Bollettino Ital. di Niim., n. 6 e 7, 1908). La Società Numismatica Italiana al Congresso In- ternazionale per le scienze storiche a Berlino. — Quan- VARIETÀ 501 tunque il secondo Congresso storico, che fin dal 1903 era stato dichiarato a Berlino, non facesse prevedere una sezione numismatica speciale, pure era in animo della nostra Società di offrire in omaggio alla dotta capitale della Germania, alla Sede di una delle più celebri Università del mondo, un la- voro storico e numismatico insieme, che, specialmente nei riguardi della storia della moneta, narrasse dei rapporti tra la Germania e l'Italia dal periodo classico dell'Impero ro- mano a quello moderno. Il vasto tema avrebbe dovuto essere diviso in tre grandi parti: Roma e la Germania, il Medio Evo Italiano e la Ger- mania, l'Italia e la Germania nell'Evo Moderno. Alla prima parte avrebbe provveduto Francesco Gnecchi, alla seconda il fratello Ercole e la terza avrebbe curato il prof. Serafino Ricci, direttore del nostro Medagliere Braidense. I lavori per il Primo Centenario del R. Museo Numi- smatico e Medagliere Nazionale di Brera tolsero il modo di condurre a termine il vasto progetto scientifico ; l'unico più libero, che potè compiere la sua parte, fu il commenda- tore Francesco Gnecchi , che all' apertura del Congresso fece pervenire il suo omaggio per mezzo del prof. Ricci, che, oltre il Museo di Brera e il Circolo Numismatico Mila- nese, rappresentava al Congresso storico di Berlino anche la nostra Società Numismatica. II Ricci offerse l'omaggio del Gnecchi in una seduta an- timeridiana della Sezione Vili che precisamente trattava delle scienze ausiliari, e quindi conteneva anche le discussioni nu- mismatiche (1), avendo creduto, pur troppo, di considerare tale scienza, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi, soltanto quale ausiliare della storia, non quale scienza autonoma, come essa è. La Sezione Vili, presieduta dall'illustre prof. Tangl del- (i) Cogliamo l'occasione per rainmentare con parole di vivo en- comio le dotte relazioni numismaticlie svolte alla sezione Vili, dal signor F. Friir. von ScHuòTriÌR sul tema: Die prenssische Miinz-polilik tilt XVIU Jalirluinderl e dal prof. dott. J, Menadier sul tema : Das Miiiiz- recht der deiilschen Staiiiiiiesherzoge. Quest'ultima conferenza, special- mente, deli' illustre direttore del Miinz-kabinet di Berlino raccolse vivis- simi applausi per la profonda conoscenza della materia e per la rara lucidità di esposizione. 502 VARIETÀ l'Università di Berlino, accolse l'omaggio del Gnecchi pre- sentato dal Ricci insieme coi doni delio stesso, della Società Numismatica e del Circolo Numismatico Milanese. Il Presidente di turno permise che il prof. Ricci tenesse una breve relazione sull'argomento Roma e la Germania, illustrando il concetto del Gnecchi e della Società Num. Ita- liana. Applausi vivissimi e ripetuti accolsero il discorso Ricci, e le pubblicazioni offerte riuscirono graditissime; il Presidente prese la parola per pronunciare un plauso speciale alla nostra Società, che fu poi confermato per iscritto e che sarà pubbli- cato negli Atti del Congresso insieme con l'elenco dei doni offerti al Congresso storico. E la Società Numismatica Ita- liana sente il dovere di ringraziare pubblicamente la Vili Se- zione del Congresso e la Presidenza generale per le dimo- strazioni di simpatia e per la nobile ospitalità offerta agli studiosi italiani tanto negli studi, quanto nelle accoglienze oneste e liete di Berlino e di Amburgo. Ecco l'elenco degli omaggi presentati al Congresso sto- rico di Berlino in un notevole numero di esemplari. Per incarico della Società Numismatica Italiana: Comm. Fkancksco Gnecchi, Roma e la Germania, — Scavi di Roma nel 1907 {Appunti di Numismatica Romana). Milano, Cogliati 1908. Fascicolo-Omaggio alla memoria di Solone Ambrosoli della Rivista Italiana di Numismatica. Milano, Cogliati 1908. E. J. Haeberlin, Del più antico sistema monetario presso i Romani. Nuovo contributo al Corpus Niimorum aeris aravis. Traduzione dal tedesco di Serafino Ricci. Mi- lano, Cogliati 1906. Per incarico del Circolo Numismatico Milanese: Fascicolo Omaggio per il Primo Centenario del R. Gabinetto Numismatico e Medagliere Nazionale di Brera .e per le onoranze a Solone Ambrosoli. Milano, Crespi 1908. Da Serafino Ricci: S. Ricci, Un altro documento inedito della Zecca di Cor- reggio. Milano, Cogliati 1907. S. Ricci, L'opera numismatica di Solone Ambrosoli. Milano, Cogliati 1908. VARIETÀ 503 NeirXI Congresso Storico Subalpino che ebbe luogo a Voghera, dal io al 14 del corrente mese, furono anche presentate relazioni numismatiche importanti. L'avv. Orazio Roggero, di Saluzzo, riferi sul tema ; Delle relazioni fra le varie zecche del Piemonte iti rapporto specialmente colle fal- sificazioni numismatiche, leggendo una vera monografia, che sarà pubblicata negli Atti del Congresso. Il prof. Scialino Ricci, di Milano, dopo d'aver portato al Congresso il saluto e l'augurio della Società Numismatica Italiana, a nome del Circolo Numismatico iVIilanese, svolse il tema: Questioni nn- mismatiche (l' aitila l ita, trattando dei cambi delle monete, della vendita dei duplicati, dei cataloghi, e proponendo il seguente ordine del giorno, che fu approvato all'unanimità: " Tenendo conto dello stretto rapporto fra le discipline " numismatiche e quelle storiche, la Società Storica Subal- " pina, nel suo XI Congresso a Voghera, udita la relazione " del prof. Serafino Ricci, a nome del Circolo Numismatico " Milanese, su varie questioni numismatiche d'attualità, rico- " noscendo indispensabile all' incremento e al riordinamento " delle collezioni niunismatiche nazionali la vendita dei du- ' plicati e la concessione dei cambi di monete e medaglie * fra musei governativi e municipali, eccezionalmente anche " con musei esteri, sotto responsabilità dei singoli direttori : " I. — Invoca una legge sui cambi e sulla vendita " dei duplicali di monete e metlaglie, con cataloghi stampati " a prezzi segnati, come si fa già all'estero con grande van- " taggio delle collezioni e degli studi ; " II. — Raccomanda inoltre le esposizioni periodiche, " a turno, di collezioni speciali, d'interesse anche locale, e " la sollecita pubblicazione dei cataloghi delle singole col- " lezioni numismatiche italiane „. La relazione del prof. Ricci verrà prossimamente pub- blicata nel Bollettino di Numismatica del Circolo Numisma- tico Milanese e negli Atti del Congresso Subalpino. Congresso di Numismatica e dell'Arte della Meda- glia a Bruxelles nel 1910. — Nel giugno del 1910 si terrà a Bruxelles un Congresso internazionale di Numismatica e dell'Arte della Medaglia, sotto il protettorato di S. A. R. il principe Alberto del Belgio. 5Ó4 VARIETÀ Il Comitato è così costituito. Presidenti: Il visconte B. de Jonghe e il signor A. De Witte ; Vice- Presidenti: Il signor De Dompierre de Chaufepié, il conte di Limburg- Stirum, il signor Carlo Le Grelle e il signor Federico Aloin: Segretarii i signori : cav. Buivert de Blokland, E. de Breyne, C. Bigwood, V. Tourneur; Tesoriere : M. Laloire. Si stanno formando anche dei Comitati speciali per ogni nazione, di cui daremo notizia in seguito. La nuova zecca di Roma. — Il 27 giugno scorso S. M. il Re poneva la prima pietra del nuovo palazzo per la zecca in Roma, e il Ministro del Tesoro on. Carcano pronunciava il discorso inaugurale. Questa nuova sede veniva decretata colle leggi appro- vate il 2 e l'S giugno 1904, il 14 luglio 1907 e il 21 maggio 1908, ed era ben tempo che sorgesse a sostituire l'edificio attuale, , che, costrutto nel 1665 per la zecca pontificia, è ormai diventato assolutamente impari ed inadatto per le esigenze del Regno d' Italia. Ci auguriamo che la zecca della terza Roma abbia a dimostrarsi non degenere da quella di Roma antica e di Roma medioevale. Nel masso di travertino che formava la prima pietra, venne immessa con alcune monete dell'anno 1908 una per- gamena colla seguente epigrafe : Vittorio Emanuele III Re d'Italia il XXVII Giugno MCMVIII pose la pietra augurale di una nuova zecca in Roma, officina e scuola del- l'arte del conio, continuatrice di gloriose tradizioni, propaga- trice di nomi e di fatti memorandi alle genti future. La Direzione. Per l'ammissione alla Scuola dell'Arte della Me- daglia. — Sono uscite le norme per essere inscritti come alunni a questa scuola di perfezionamento in Roma, di cui tenne a suo tempo parola la Rivista. Con decreto dei ministri on. Carcano e on. Rava sono state stabilite quelle norme per l'apertura dei Corsi, secondo la legge 14 luglio 1907. Coloro che vi aspirano devono pre- sentare come attestato di studio la licenza del corso speciale di ornato, rilasciato da un R. Istituto di Belle Art'. VARIETÀ 505 Gli aspiranti che non potessero produrre tale attestato dovranno dare nei giorni dal 21 al 24 settembre un esame di disegno e ornato in uno degli Istituti di Belle Arti di Ve- nezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo, o in una delle Accademie di Belle Arti di Torino o di Milano. Per l'esercizio 1908-1909 saranno ammessi come allievi i primi dodici aspiranti per ordine di merito. La Cattedra di Numismatica a Parigi conferita a Ernesto Babelon. — Ci vien riferito da comunicazioni private che l'assemblea dei professori al Collegio di Francia designò al Ministro come primo, con voto unanime, per la Cattedra di Numismatica, Ernesto Babelon, conservatore del Cabinet des médailles, presidente dell'Academie des inscriptions et belles lettres e nostro illustre collaboratore. Secondo nella votazione riusci Fernando Mazerolle, archivista della zecca di Parigi, direttore delia Gazettc Niniiismaliquc frangaisc. Congratula/ioni. La Medaglia della Società Reale Numismatica di Londra. — Nell'Assemblea Generale della R. Società Nu- mismatica di Londra tenutasi il 18 giugno scorso, la meda- glia annuale pel 1907 venne conferita al dott. lùirico Diessel, conservatore del Gabinetto Imperiale di Berlino, principal- mente pei servigi da lui resi alla Numismatica antica e al- l'Archeologia in genere. La Società Numismatica Italiana è lieta di inviargli le sue congratulazioni. Palsificazioni moderne. Il comm. Giuseppe Rug- gero pubblicava, nel primo fascicolo 1895 di questa Rivista *0, il disegno di una grossa moneta d' argento genovese pel Levante da un calco in gesso portato da Pietroburgo da S. A. R. il Principe di Napoli. Negli ultimi mesi dell'anno passato, veniva offerto in Roma agli amatori un esemplare di detta moneta, fatto in modo da ingannare chicchessia. (1) G. Ruggero: Aitnnlazioni niiiiiisinaiic/ie genoz'esi. XXIV. Di una grossa moneta per il Levante {Riv. Hai. di Niim., 1895, fase. I, pag. 89- 93. fig)- 64 5o6 VARIETÀ L'unico indizio della falsità consisteva nelle tre lettere del ly G-EN, raddoppiate per risalto del conio, come sono sull'esemplare di Pietroburgo. Pareva strano, che si fosse potuto fare una moneta per- fettamente eguale ad un semplice disegno. Eppure il calco del Ruggero non era mai uscito dalle sue mani. Si scrisse dunque al Museo dell'Eremitaggio Imp. e si ebbe la notizia, che negli ultimi anni del secolo passato (dunque dopo la citata pubblicazione), un Signore di Roma avea richiesto un gesso di quella moneta. Si vede che il possessore di questo secondo calco non fu così geloso di tenerlo ben guardato dai falsari, come ha scritto di aver fatto il Ruggero. Le monete d'oro rinvenute nel Polesine. — In se- guito a intervento dell'On. Direzione Generale a Roma toc- carono allo Stato, del ripostiglio rinvenuto a Riva d'Ariano nel fondo di proprietà Odoardo Pezzati, nove monete d'oro fra le più notevoli, destinate al Medagliere del R. Museo Archeologico di Venezia. Tra questo v'è uno scudo di Ve- spasiano Gonzaga della zecca di Sabbioneta, del valore di lire settecento. Il Museo Bottacin di Padova potè pure acqui- stare, per cura del suo direttore prof. Luigi Rizzoli, varie monete di pregio, tra le quali uno scudo d'oro di Marghe- rita e Francesco della zecca di Casale, uno scudo d'oro di Guglielmo Gonzaga," mezzo scudo d'oro di Lodovico III Pico della Mirandola e uno scudo d'oro di Ottavio Farnese della zecca di Piacenza. Se avremo particolari piìi esatti in pro- posito, li pubblicheremo. Premio Duchalais. — Questo premio per la Numisma- tica venne àAV Academie des inscriplions rt bclles letlrcs asse- gnalo per lo scorso anno alla Revite Niimisinatiqne di Parigi. Medaglia Imhoof Blumer. — L' illustre numismatico di Winterthur compieva l'ii maggio 1908 il suo settante- simo anno. Un gruppo d'amici e d'ammiratori per celebrare tale anniversario gli offerse una medaglia modellata da Hans Frei di Basilea. In capo alla lista dei Sottoscrittori figura il nome di S. M. il Re d'Italia. S. Ricci. ATTI SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Seduta dei. Consiglio, 15 Marzo 1907. (Estratto dai Inerbali). La seduta è aperta alle ore 14 nella Sala Sociale al Castello Sforzesco. I. — Sono ammessi quali Soci Corrispondenti i si- gnori : Osvaldo Boeri, tenente elei RR. Carabinieri a Ter- racina ; LhÌì>^ì Cora di Torino ; Nob. prof. Riccardo Adal- gisio Marini di Villafranca di Susa ; Mentore Pozzi di To- rino presentati da Francesco ed Ercole Gnecchi e il conte Gian Nicolai Gamba Castelli di Firenze presentato dal pro- fessore L. A. Milani e da Francesco Gnecchi ; li. — Si esaminano 1 numerosi lavori inviati pel fasci- colo omaggio Ambrosoli e, visto il numero già esuberante di quelli che giunsero nel termine prescritto, si decide di non accettarne alcun altro fra i parecchi arrivati in ritardo. Il fascicolo verrà così costituito da 35 memorie. La seduta è levata alle ore 16. Seduta dei. Consiglio 18 Aprile 1908. [Estratto dai Verbali). La seduta è aperta al tocco al Gabinetto Numismatico di Brera. I. — V^iene presentato il fascicolo omaggio quasi com- pleto e approvato ; 508 ATTI DKLLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA li. — Si prendono le opportune disposizioni circa la ce- rimonia del Centenario del Gabinetto, da celebrarsi il io pros- simo maggio ; III. — Si annuncia un prezioso dono della signora Er- minia Bonacossa consistente in una collezione numismatica formata anni sono dal suo defunto marito e consistente in monete romane (n. 300 in argento e n. 300 di Bronzo) mo- nete e medaglie italiane (n. 50 in arg. e n. 100 in bronzo). Il Consiglio manda i più sentiti ringraziamenti e alla prossima Assemblea propone di iscrivere il nome della si- gnora Erminia Bonacossa nell' albo dei Benemeriti della Società. La seduta è levata alle ore 15 '/r SiiDUTA DEL Consiglio 19 Settembre 1908. (Estratto dai Verbali). La seduta è aperta alle ore 14 nella Sede Sociale al Castello. I. - Su proposta del prof. S. Ricci e del comm. Fran- cesco Gnecchi viene ammesso come Socio Effettivo il si- gnor Carlo Porta di Milano ; II. — 11 Segretario sig. Angelo Maria Cornelio dà co- municazione del Bilancio Consuntivo 1907, che è approvato ad unanimità; III. — Il Vice-Presidente comm. Francesco Gnecchi dà lettura della Relazione sull'andamento morale della Società tlurante il 1907, che è pure approvata; IV. — Il Segretario dà lettura dei seguenti doni per- veiiuti alla Società nell'ultimo quadrimestre. BHdt (le Baron) De. /.'( sua pubblicazione : Les mcdailles roiiiaines de Christine de Suède. Roma, 1908, in-8, con 20 tav. Bordeaux Paul. La sua piibblicasione : Docunients monétaires concernaiit les quatre départements réunis de la rive gauche du Rliin de 1799 a 1813 (Extrait de la Revtie belge de Nuì)iis»iatique, 1908). ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 509 Cunietti-Cunietti Tin.-Colonnello Alberto. Le sue pubblicazioni : La Zecca di Alessandria. Mi/ano, 1908, in-8, fig. (Estratto). Alcune varianti di monete di zecche italiane. Mi/ano, igo8, in-8 (Estr.). Frltze von Hans e Qaebler Ugo. La loro pubblictizioiie : Noniisina. Untersuchungen ani' dt.ni Gcbiete der antiken Miinz- kunde. Berlin, 1908, in-8, con 3 tnv. Qnecchl Conim. Francesco. O Archeologo Portugiies. .Annata 1908. Annales de la Société Archóologique de Bruxelles. Annata 19:8. Gnecchi Cav. Uff'. Ercole. N. 18 Opuscoli di Numismatica e 12 Cataloghi di Vendite di Monete. Museo Britannico. Catalogue of the imperiai byzantines Coins in the British Museum by Warwich Wroth. London, 1908. Due voi. con 79 tavole. Perini Cav. Quintilio. La sua pubblicazione : Le monete gettate al l'opolo nella .soUnne mcoronazione di Vin- cenzo li Duca di Manlova. Milano, 1908, in 8 (Estratto). Ricci Prof. Dott. Serafino. Le sue pubblicasioni : L'opera nuinisMUitica ili Solune Ambrosoli. Milano, Cogliat', 1908. Fascicolo-omaggio per il primo Centenario del R. Gabinetto Numi- smatico e Medagliere Njzionale di Brera. Redatto dal prof. S. Ricci. Milano, Crespi, igo8. Spigolature d'archivio. Estratto dal volume precedente. Medaglistica. — Le onoranze a Solone Ambrosoli e la conmiemora- zionc del primo Centenario del Medagliere Nazionale di Brera. Ras. segna d'Arie, ihaggio, 1908, con una tavola. Sulla circolazione internazionale delle monete antiche. Relazione svo'ta al Congresso Artistico Internazionale di Venezia 1905, a nome del Circolo Numismatico Milane-.e. l^enecia, l'eirari, 1908. Medaglistua. — La medaglia d'oro in onore di Ercole Vidari. — I let- terati numismatici : Francesco Petrarca e Aunibal Caro. Dal Bollettino italiano di Numismatica, Milano, niaizo e aprile 1908. La medaglistica nel Quattrocento e nel Cinquecento. V>a\V Oreficeria italiana, agosto 1908. Il Vice-Presidente comm. F. Gnecchi comunica d'essere stato in corrispondenza col Ministero della P. I. a proposito 5IO ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA di un generoso dono del nostro socio Dattari. Questi, per mezzo della nostra Società, offriva al detto Ministero 50 copie del suo splendido Catalogo {Nìuunii Augg Alexamirini) per essere distribuiti ai Musei e alle Biblioteche del Regno. Quei volumi, dietro proposta del Consiglio della Soc. Numisma- tica e dal Ministero accettata, saranno distribuiti ai seguenti Istituti : Musei di Ancona, Bologna, Cagliari, Acireale, Como, Este, Ferrara, Firenze, Livorno, Lodi, Mantova, Milano (Brera e Municipale), Modena, Napoli, Padova, Palermo, Parma, Pavia, Ravenna, Roma (Nazionale, Capitolino, Vaticano), Sas- sari, Siracusa, Taranto, Torino, Udine, Venezia, Verona, Vicenza; e alle Biblioteche di Bologna, Catania, Cremona, Fi- renze, Genova, Lucca, Messina, Milano (Brera e Ambrosiana), Napoli, Pavia, Pisa, Roma (Vittorio Emanuele, Ministero P. L, Lincei), Siena, Torino, Venezia. Il Vice-Presidente comm. F. Gnecchi comunica inoltre che, delle monete romane e tolemaiche provenienti dal dono Dattari furono destinati altri due lotti ai Musei di Monza e di Casahìionfenatn. Alle ore 14 7<' esaurito l'Ordine del Giorno, la seduta è levata. ASSKMBI.KA GeNF.RAI.F. DKl SoCl I9 SETTEMBRE T908 (Estratto dai Verbali). L'Assemblea è convocata per le ore 15 nella Sede del Castello. Sono presenti i due Vice-Presidenti, Francesco ed Ercole Gnecchi, tre membri del Consiglio e buon numero di Soci ; fra questi, l' egregio signor Paolo Bordeaux di Neuilly-s-Seine ; egli porta alla nostra Società il saluto della consorella Società Numismatica Francese, saiuto che la nostra cordialmente ricambia. Approvato il verbale dell'Assemblea precedente il Vice Presidente, Comm. Francesco Gnecchi, dà lettura della se- guente Relazione: ATTI DKLI.A SOCIKIA NUMISMATICA ITALIANA 51I COMMEMORAZIONK AmBROSOLI E Centenario del R. Gabinetto di Brera. La nostra Relazione annuale leita nel 1907 prendeva le mosse dal mesto accenno alla morte del rimpianto nostro amico e collega, il dott. Solone Ambrosoli, annunciando che di Lui si sarebbe fatta a suo tempo una degna commemo- razione. La promessa fu mantenuta, il io maggio scorso la so- lenne commemorazione ebbe luogo nel palazzo di Brera, riu- nita all'altra cerimonia pure solenne del Centenario del no- stro Gabinetto numismatico. Non ripeteremo qui la cronaca perchè forse tutti i Soci qui convenuti vi erano presenti e perchè già tutti i periodici e i giornali quotidiani ne diedero ampii resoconti. Diremo solo che grazie all'intervento delle rappresen- tanze, prima di tutto di S. M., poi di molte associazioni scien- tifiche e per la presenza di moltissimo e scelto pubblico, la grande cerimonia si svolse in modo degno e grandioso, da lasciare in tutti un indelebile ricordo (i). Soci e Collezioni sociali. Alla fine del 1907 la nostra Società contava 15 Soci be- nemeriti, 53 effettivi e 64 corrispondenti. Gli abbonali alla Rivista sommavano a 140. La nostra Biblioteca contiene oggi: Volumi N. 675 Opuscoli r, 1370 Il medagliere, in gran parte ordinato per opera special- mente dei Sigg. Monti e Laffranchi, che vi dedicarono mollo tempo e molte cure, contiene: Oro . . N. 14 „ 1 160 " 9560 Vetro . -. ^ ) Argento Monete , „ Bronzo MedagUe \ ^'^'''''' " * f Bronzo, ecc. Piombi .... Totale pezz 448 24 470 161 N. 11837 (i) Vedi nella Varietà di questo stesso fascicolo. 5t2 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA L'aumento principale durante l'anno corrente avvenne perii dono della signora Erminia Noseda vedova Bonacossa, la quale offriva alla Società la collezione di monete romane e medioevali formata dal defun'o suo marito, un complesso di oltre 700 monete e medaglie per metà in argento e metà in bronzo. Il vostro Consiglio, riconoscente pel cospicuo dono, propone all'Assemblea di iscrivere il nome della signora Er- minia Bonacossa nell'albo dei Soci benemeriti. La nostra Società non ha solamente ricevuto doni nel corrente dell'anno; ne ha anche fatti. Coi grosso fondo delie monete tolemaiche e del basso impero che restavano e re- stano tuttavia del dono Dattari, dopo naturalmente d'aver aggiunto alle nostre collezioni quanto vi mancava, abbiamo formato delle piccole collezioni di circa 500 pezzi, desti- nandole ai Musei di Lodi, Lecco, Varese, Siracusa, Ter- radila, Monza e Casale Monferrato, e nell'occasione del Centenario del Gabinetto di Brera, anche la nostra Società potè iscriversi fra i benemeriti che offrirono un ricordo a quel Museo. Certo non si trattava di monete molto impor- tanti; ma fra quelle monete pure comuni ve n'era un certo numero di bellissima conservazione, che entrando nella vec- chia collezione di Brera portarono il loro lieve contributo di miglioramento. La Società tiene ancora disponibili due Serie di queste monete romane e tolemaiche, e crede opportuno far nota la cosa ai suoi Soci, per il caso che essi conoscessero qualche piccolo Museo, a cui quelle monete potessero interessare. " La Rivista „. Poco abbiamo a dire circa la nostra Rivista, non volendo ripetere quanto dicemmo gli anni scorsi. Essa ormai segue la sua via senza intoppi e senza difficoltà. Il materiale affluisce sempre copioso e la Direzione, approfittando dei mezzi finan- ziarli che la generosità dei Soci mise l'anno scorso a sua disposizione, continua con quella larghezza che ora le è consentita, a pubblicare fascicoli che sarebbero per mole e per illustrazioni superiori a quanto la Società ha l'obbligo di dare. atti della società numismatica italiana 5i3 Il \uovo Museo Numismatico di Milano. Era nostra speranza di potervi annunciare nell'odierna Assemblea che il voto da noi emesso lo scorso anno in questa medesima sala circa la riunione delle collezioni numismatiche di Milano era un fatto compiuto; ma pur troppo non avevamo abbastanza calcolato sulle lungaggini delle trattative col Go- verno. Il Municipio di Milano accolse favorevolmente la nostra proposta e iniziò le trattative col ministro della P. I., ma queste sono sempre in corso e le cose frattanto si trascinano per le lunghe. Da parte nostra non abbiamo mancato e non mancheremo di sollecitare da una parte e dall'altra, e abbiamo tutta la fiducia che le cose riusciranno alla fine con piena soddisfazione, ma ci siamo armati di longanimità e di pazienza. Del resto questo tempo di forzata attesa non fu total- mente perduto. Furono intanto ventilate e definite varie questioni circa i locali che dovranno ospitare il Museo Nu- mismatico, circa le modalità del trasporto e del collocamento delle varie serie, sul tipo dei nuovi medaglieri, sul modo di disporre la biblioteca, ecc., ecc., cosicché, una volta conse- guite le sospirate approvazioni, in breve tempo si addiverrà alla esecuzione del progetto. Bilancio. Ed ora, venendo alla parte finanziaria, eccovi il Bilancio Consuntivo del 1907: Rimanenze attive del 1906. Quote da riscuotere da Soci ed Abbonati pel 1906 L. 170 — Fondo di cassa .... " 6983 — L- 7153 — Entrate dell'anno 1907. Quote di Soci e di Abbonati alla Rivista L. 4780 — Interessi sui fondo di cassa in conto corr. " 265 65 L. 5045 65 Rimanenze passive. Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1908. . L. 60 — L. 12258 65 65 514 ATTI DI- I LA SUCIF.TA NUMISMATICA ITALIANA Da riportarsi L. 12258 65 Rimanenze passivk dkl 1906 Aiilicìpazioiii quote tli Soci ed Abbonati pel 1907. . L. 80 — Spesk Di'i. 1907. Stampa tiella Rivista e accessori. Fotoincisioni, eliotipie e disegni . Spese di Redazione Mobili e riparazioni Segi'eteria Custode dell' Uflìcio Posta L 4850 339 200 — 139 100 — •' 100 — 38 - 5766 Rimanenze attive al 31 Dicembre 1907. (Juote tla riscuotere da Soci e da Abbo- nati pel 1907 L. 120 Fondo di Cassa ..." 6292 65 !.. 6412 65 L. 12258 65 Dimostrazione. Attività in |)nncipio di esercizio . . . . L. 7153 — Passività " 80 — L- 7073 Attività in iìne di esercizio L. 6412 65 Passività . . . . " 60 — L. 6352 65 Diminuzione di patrimonio L. 720 35 Entrate dell'anno 1907 ... . L. 5045 65 Spese " 5766 — Disavanzo L. 720 35 // Si' spreta rio Ainniiinslratore : Angelo Maria Cornelio, ATTI DKLI.A SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 5I5 Il nostro Bilancio 1907 presenta dunque un disavanzo di L. 720.35, dovuto esclusivamente all'aumento di spesa nella stampa, compilazione e redazione delia Rivista. Ab- biamo però piena fiducia che i nostri Soci non vorranno farcene carico e approveranno il nostro operato. Essi hanno potuto constatare coi fatti clie già in due occasioni, quando la nostra Società si è trovata in momenti un po' difTiciii, un nostro appello ha subito richiamala su di essa l'attenzione di quelli che si interessano alle sue sorti, e che non indu- giarono un momento a prestarle aiuto ed appoggio. Questa esperienza è più che sufficiente per farci contmuare nella nostra via sicuri e fiduciosi nell'avvenire. La Relazione morale e finanziaria 1907 è approvata ad unanimità. Si passa da ultimo alia nomina di tre Membri del Con- siglio, in sostituzione dei signori: comni. Francesco Giucchi, ing. Emilio Motta e marchese Carlo Ermes Visconti, sca- denti per anzianità. 1 ere Consiglieri uscenti riescono eletti a grande maggioranza. Vengono pure riconfermate per acclamazione le cariche sociali in corso per il 1909. Alle ore 16 '/,. esaurito l'Ordine del Giorno, i Vice- Presidenti dichiarano sciolta l'adunanza. Finito di stampare il 30 Settembre 1908. Achille Martelli, Gerente responsabile. l«M44M***«*«*****«*«««*«*«*4 ., 7,48 n 3.94 (1) M. Bahrfeldt : Die Miinzen der Flottenprdfekten aes Marcus An- tonius. Mit. 2, Tafeln und 2 Textabbildungen. Sonderabdruck aus dem XXXVII, Bande der Wiener. Numism. Zeitschift, 1905. LE LETTERE A B T A S SULLE MONETE DI BRONZO 539 Nonostante questa inqualificabile divisione dei pesi, quelli medii delle monete sono ancora assai lungi da assomigliare ai pesi teorici i quali sono stabiliti per l'esclusivo uso e consumo di questa teoria. La divisione in due o più gruppi sarebbe ammis- sibile qualora le monete di un gruppo appartenes- sero ad un prefetto e quelle dell'altro ad un'al- tro ; ma questo non è il caso : sarebbe pure am- missibile se fosse provato che le monete apparten- gono a due differenti metalli ; ma le analisi dimo- strano che non lo sono (^), e allora io mi domando perchè si batterono due monete d'egual peso, pre- tendendo che una fosse spesa al valore di un se- sterzio (li gruppo, US A di gr. 13,64) e l'altra al va- lore di un dupondio (1 gruppo ; B di gr. 13,64), op- pure che una moneta valesse un dupondio (II gruppo, B di gr. 6,82) e l'altra un'asse (I gruppo, A di gr. 6,82). E domando ancora : come è possibile che abbia mai potuto esistere un sistema monetario i di cui nomi- nali di bronzo erano di due differenti pesi e valori, se gli uni e gli altri portavano i medesimi distintivi? Da una simile teoria si può solo dedurre che, quantunque nell'epoca in cui furono emesse queste monete il piede dell'asse fosse semi-onciale, le mo- nete non erano tagliate su quel piede. Nonostante che fossero stati creati due nuovi assi, uno sul piede d'un quarto, l'altro su quello dell'ottavo d'oncia, i pesi delle monete tanto singoli che medii, non ri- spondevano affatto a quei nuovi pesi. Inoltre, una moneta del peso di gr. 13,64, perchè era marcata MS A, valeva 4 assi, mentre un'altra dello stesso metallo e dello stesso peso, perchè era marcata B, non valeva che 2 assi ! (l) Da quanto sembra una sola moneta con A è stata analizzata ed è risultato che non conteneva dello zinco (Grueber : Roman brame coinage, pag. 60). I 540 G, DATTARI Io credo che tanto basta per concludere che questa teoria è troppo artefatta per ammetterla a far parte nell'insegnamento delle dottrine numisma- tiche. Passiamo alla seconda soluzione la quale venne escogitata per rimpiazzare quella che abbiamo esa- minata. L'autore di questa è il sig. M. Soutzo ('), il quale basandosi sopra una teoria a lui propria, con la quale crede di poter stabilire che la libella aveva lo stesso valore dell'asse (2) (conseguenza per cui il denaro doveva dividersi in io assi anzi che in 16 ed il se- sterzio in 2 assi e mezzo anzi che in 4), ne deduce che la moneta marcata MS A doveva essere un se- sterzio di assi 2 Va = ^ gr- 34.o6 di bronzo, ossia eguale al valore e peso d'un tetracalco; percui MS A = un tetracalco ; T ^^ un tricalco; B = un dicalco ; k = un calco. In quanto alla lettera S, deve signifi- care Va asse ossia un semis (semi-onciale). Da questa soluzione ne risulta il seguente pro- spetto : MS A = un tetracalco = gr. 34,06 assi 2 '/a r = un tricalco --~- „ 25,54 B = un dicalco = „ 17,03 A = un calco = „ 8,51 S = un semis = „ 6,81 mezzo asse. Da prima dirò che male si regge una teoria la quale si basa sulla dualità dei pesi e valori per delle (i) Michel C. Soutzo: Les monnaies de bronse des préfets de la flotte de Marc-Antoine, avec marques de valeur {Revue Numismatique, 1906, pag. 457). (2) Michel C. Soutzo : Exanten critique d'ime nouvelle theorie de la mannaie romaine (Revue belge de numismatique, 1901). LE LETTERE A B P A S SULLE MONETE DI BRONZO 54Ì monete di una stessa serie ; d'altra parte, se questa teoria sembra poter accordare i pesi teorici con la scala progressiva rappresentata dalle quattro lettere (valori), ciò è apparente, poiché quell'accordo è la conseguenza di voler pretendere che il denaro si dividesse in io assi ; mentre è accertato che il de- naro di quell'epoca si divideva in t6 assi ed il se- sterzio in 4. Questa teoria, se ha il vantaggio di conservare all'asse il peso normale che aveva in quell'epoca, ha lo svantaggio che le monete marcate A B r non sono in relazione con quel peso (romano); di ma- niera che con questa serie di monete i pagamenti in assi non si potevano effettuare che con le mo- nete marcate IIS A e S, e dato il caso che uno avesse dovuto fare un pagamento di un asse e non avesse avuto altre monete che di quelle marcate A B r, non gli era possibile ottenere il cambio (gram- mi 25,54 — 13,64 = gr. 11,90?: gr. 17,03 — 13^64 = 3.39 ?)• Per ultimo dirò che, quantunque l'autore abbia scelto i pesi delle monete che potevano convenirgli, tuttavia ne quelli singoli ne quelli medii si prestano a convalidare la sua teoria che è ancora meno so- lida dell'altra, in quanto che essa è stabilita in con- tradizione a ciò che riferiscono i testi, e tra questi il famoso trattato di V. Maecianus il quale dimostra che la libella era il decimo del sesterzio ed in quel- l'epoca il sesterzio non valeva io assi; quindi la li- bella non poteva avere lo stesso valore dell'asse. In complesso queste due teorie, benché sieno diametralmente opposte, partono da uno stesso cri- terio, cioè, le cinque lettere devono indicare i valori delle rispettive monete. Partiti da questo concetto, non sorprende il vedere che. tanto gli uni che gli altri per dare la necessaria validità alle rispettive teorie, 69 54= G. DATTARI sono andati almanaccando tra i pesi delle monete stesse, ma, come abbiamo veduto, senza alcun suc- cesso ; nonostante che quei pesi stabiliti nel modo adottato dalle due teorie, si presterebbero a me- raviglia per tutte le combinazioni ponderali di tutti i sistemi monetari passati, presenti e futuri. L'irregolarità che si riscontra nei pesi di queste monete, non poco deve essere attribuita alla loro cattiva conservazione come all'ossidazione di cui al- cune di esse sono ancora ricoperte; però malgrado queste cattive condizioni, sono giusti i pesi i quali dimostrano che logicamente quelle lettere-cifre non devono indicare dei valori. Esaminando il prospetto annesso a questo studio, risulta che il presunto sesterzio o tetracalco (MS A) dal massimo peso di gr. 26,72 scende a gr. 7,43 ; il cosidetto tressis o tricalco (r), da gr. 31 cala a gr. 12,83; '1 diipondio o dicalco (B), da gr. 21,50 di- scende a gr. 4,12 ed il famoso asse di differenti tagli o calco (A), da gr. 11,98 scende a gr. 2,49. Per ammettere che quelle lettere sieno delle cifre-valori come vengono stabiliti nelle due teorie, bisognerebbe ammettere che le monete di gr. 7,43 fossero spese allo stesso tasso di quelle che pesa- vano gr. 26,72, perchè ambedue portano il mede- simo segno (MS) e la stessa cifra di valore (A). Così pure che le monete di gr. 4,12 dovevano essere spese allo stesso valore di quelle di gr. 21,50, perchè, tanto l'una che l'altra, portavano la cifra r! È mai possibile che delle monete di gr. 7,42, per il fatto che sul loro rovescio fu posto US A, do- vessero equivalere a quattro assi e potessero avere un valore maggiore delle monete di gr. 31, per- chè sopra di queste fu scritta la lettera r eguale a 3 assi ? Supponiamo che queste monete fossero prive LE LETTERE A H P :i S SULLE MONETE DI BRONZO 543 di quelle lettere, e allora chi avrebbe mai osato as- serire che quelle di gr. 21,50 (B) dovevano valere il terzo di quelle di gr. 7,43 (MS A)? Sono sicuro che nessuno avrebbe arrischiato tanto ; mentre sono più che convinto che, data la cattiva conservazione di queste monete, data la similitudine dei moduli e dato il peso medio che risulta dai pesi massimi delle monete marcate B r e A cioè, gr. 31 + 26,73 -1- 21,50 = gr. 79,22 : 3 = gr. 26.64 (peso medio), chiunque, e non esclusi i partitanti della prima teoria e l'autore della seconda, tutti avrebbero sostenuto che quelle tre monete dovevano appartenere allo stesso nomi- nale e perciò avevano il medesimo valore. La dif- ferenza tra il peso massimo e quello minimo delle monete di ciascun gruppo (A B r A S) è di tanta en- tità, che, se lo riscontrassimo sopra delle monete prive di quelle cifre, verrebbe naturale di dividerle in tante frazioni i cui pesi medii s'avvicinassero a quelli teorici della serie alla quale potessero appar- tenere le monete (greche o romane). Il modulo delle monete di uno stesso metallo, che in tutti i tempi servì di guida per meglio di- stinguere un nominale dall'altro, serve del pari per questa serie; esso varia tra le monete le quali por- tano una medesima cifra, così : tra le monete con A ve ne sono da mill. 34, 29, 23. , „ n V „ „ n 36, 30. 27. „ , B „ „ „ 31. 28, 22, 19. • , , « A „ „ „ 25, 19, 14. » » „ S „ ., „ 20, 17, 14. Da ciò risulta chiaro che i moduli delle monete portanti la stessa cifra sono simili ai moduli dei differenti nominali di cui si componevano le serie delle monete di bronzo dei sistemi monetari dei primi 544 G. DATTARI imperatori, non escluso il più perfetto, cioè, della ri- forma di Nerone, i di cui nominali all' incirca mi- surano : i cosidetti GB . . da mill. 34 a 36 „ MB . . . „ „ 26 a 28 „ PB (assi) . . „ „ 20 a 23 „ PB (semis e quadrius) „ „ 17 a 18. Dunque, tanto per il peso come per il modulo, se queste monete fossero prive di quelle lettere, la loro classificazione ponderale non avrebbe differito da quella che viene data alle monete di bronzo delle epoche prossime a quella di Marco Antonio ; per conseguenza certe monete di questa serie, che oggi vengono assegnate tutte a sesterzi, verrebbero in parte assegnate al dupondio ed anche all'asse e lo stesso sarebbe per le monete assegnate o al tressis oppure al dupondio ed anche all'asse. Logicamente abbiamo veduto che non è possi- bile ammettere che due monete marcate MS ^, una di gr. 7,43, l'altra di gr. 26,76, potessero essere spese allo stesso valore ; oltre di ciò sappiamo che nel 43 a. C, Giulio Cesare e Pompeo fecero una nuova emissione di sesterzi d' argento i quali valevano 4 assi semi-onciali, cioè a dire che quella piccola moneta equivaleva a gr. 54,56 in valore di bronzo. Come è dunque possibile che circa cinque anni dopo quella data, il sesterzio fosse talmente avvilito da equivalere gr. 7,43 di bronzo? Ciò che sembra dare una certa validità all'idea che quelle cifre esprimono dei valori, è il segno US il quale in origine venne posto sulle piccole monete d'argento che chiamarono sesterzio. Quel segno tro- vandosi ora sulle monete marcate con A, ne è stato dedotto che esse debbano rappresentare il sesterzio. LE LETTERE A B T A S SULLE MONETE DI BRONZO 545 Resta a vedere se questa deduzione sia giusta. Io dico che non lo è ; essa proviene dal principio sbagliato, prevalente nell'archeologia come nella nu- mismatica, di voler studiare l'antico con dei concetti moderni. Nel caso del segno US, perchè a noi moderni ha servito per riconoscere la moneta che in antico chiamavano scstertins, si crede che anche in antico dovesse avere quel significato ; mentre logicamente bisogna ritenere per sicuro che coloro i quah facevano uso di queste monetine non avevano di bisogno che i nominali portassero scritto il nome con il quale esse erano conosciuti ; allora come oggi l'essenziale era di sapere il valore dei nominali. Quando Roma per la prima volta introdusse nel suo sistema monetario le monete d'argento, l'unità del sistema era ancora l'asse ; per cui fu necessario che sopra le nuove ed inusitate monete vi scrives- sero il rispettivo valore corrispondente al valore dell'unità su cui ancora basava il sistema ; così sul denaro scrissero X = io assi; sul quinario V = 5 assi e sul sesterzio US = 2 assi e mezzo. Dunque quelle che oggi con una idea del tutto moderna chiamiamo segni (X, V, MS), non erano altro che dei numeri romani indicanti il valore delle diverse mo- nete e nel cosidetto segno del sesterzio a me sembra leggervi, 1 + 1 4- S, cioè i unità + i unità -f S mezza unità = a 2 unità e '/,, ^= 2 assi e mezzo. Che questa sia l' interpretazione che si deve dare alle cifre-segno US mi sembra provato dal fatto che nell'Sg a. C, allorquando G. Cesare e Pompeo emisero i nuovi sesterzi, questi erano mancanti di quelle cifre e ciò per la buona ragione che l'unità del sistema essendo stata ridotta semi-onciale, il va- lore del sesterzio non era più di 2 assi e mezzo, ma di 4, per cui le cifre US non convenivano più a quelle nuove monete. 546 G. DATTARI Se quel segno (MS) rimase adottato nell'epigrafia ancora quando il sesterzio non valeva più 2 assi e mezzo, ciò deve essere attribuito all'usanza contrat- tata durante 180 anni da che i conti erano tenuti in sesterzi, sistema che fu inaugurato contemporanea- mente all'emissione del sesterzio del valore di 2 assi e mezzo, per cui venne ritenuta quella primitiva forma d'indicare le somme in sesterzi, tanto più che nell'epigrafia, fino dall'origine, con quelle cifre (MS) non fu mai inteso che scrivendo MS 1000, s'inten- desse di dire, 1000 pezzi di monete d'un sesterzio ; ma s'intendeva annunciare una somma il cui valore era di 1000 sesterzi. È un fatto incontestabile che nell'epoca in cui furono emesse le monete che ora ci occupano, il piede dell'asse era semi-onciale. È pure incontesta- bile che in quell'epoca il denaro valeva 16 assi, il quinario 8 ed il sesterzio 4, cioè a dire, quest'ultima moneta di uno scrupolo d'argento (gr. 1,13) equiva- leva a gr. 54,56 di bronzo o rame. Monete di questo peso e valore non ne conosciamo e siamo sicuri che non ne siano esistite per la buona ragione che cinque anni prima dell'emissione delle monete della flotta erano stati emessi in vistose quantità i nuovi sesterzi d'argento a cui ho più sopra accennato; perciò è molto probabile, che il numerario di bronzo di que- st'epoca doveva consistere : del dupondio del peso teorico di gr. 27,28 dell'asse „ „ „ „ 13,64 del semis ('/... asse) , „ „ „ 6,82 della libella „ „ „ „ 5,45 della simbella „ „ „ „ 2,75. Per sicuro non è dai pesi delle 180 monete fino ad oggi conosciute (di questa serie) che è dato di poter LE LETTERE A B T A S SULLE MONETE DI BRONZO 547 controllare i pesi che ho stabiliti, poiché sopra quel numero solamente 22 pezzi sono bene conservati ; tutti gli altri sono in uno stato così avariato da ren- derli inadatti per lo studio metrologico ; nonostante ciò, sia per pura combinazione, o sia per altro, le tre piti pesanti monete, una marcata B, l'altra r e la terza A, pesano rispettivamente gr. 21,50, 31 e 26,72, per cui una media di gr. 26,64, ossia poco meno del peso normale che ho assegnato al dupondio, il quale, come ho detto più sopra, doveva essere la moneta più pesante di questa serie ^') (gr. 27,28). Da quanto ho tentato di stabilire, mi si faranno due giuste domande. j." Qual'è l'interpretazione che si deve dare alle lettere A B r A S? 2.* Se US non è il segno del sesterzio e se le monete di bronzo con la lettera A non avevano il valore di 2 assi e mezzo, perchè fu scritto MS ? Alla prima domanda rispondo, che la flotta di Marco Antonio per le di cui necessità furono emesse quelle monete, trovandosi oggi in un posto e domani in un altro, sembra naturale che quelle monete non vedessero la luce tutte nello stesso luogo e proba- bilmente non dovessero nemmeno essere state emesse dalla medesima zecca (ambulante) e ciò perchè la flotta non poteva stare sempre compatta, ma doveva essere divisa in squadre destinate in direzioni dif- ferenti. A tutti è noto il controllo e la rigorosa sorve- glianza che in tutte le epoche il governo di Roma osservò sulla fabbricazione del numerario, e per si- (1) Tengo a far constatare che questo resultato non è stato otte- nuto dalle due teorie in questione. 54^ ^- dattari curo le monete della flotta di M. Antonio non do- vettero andare esenti da quel controllo e perciò fare, i luoghi, i presidi, oppure le officine che fossero, do- vettero essere numerate con A= i, b^=2, r=^^3, A == 4 e S = 6. La mancanza dell'officina € ^ 5, io l'attribuisco alla supposizione che in questa quinta officina venis- sero fabbricate le monete d'argento e forse anche quelle d'oro che certo se ne dovettero coniare con- temporaneamente a quelle di bronzo. Di questa mia opinione mi sembra di trovare una certa prova dalle monete stesse. Se prendiamo ad esaminare il prospetto qui annesso, si osserverà che il quantitativo delle mo- nete si trova essere come segue : con la lettera A se ne conoscono 77 pezzi V II B „ „ „ 5*^ i> t) n y n lì n Io » » « ** „ „ „ lo „ » » 5 „ n n 13 » Da questo risultato ne dedurrei che l'officina A fu aperta la prima e per conseguenza emise più mo- nete delle altre officine. In questa si emettevano le monete di piccolo taglio (forse quelle che più neces- sitavano); venne quindi aperta l'officina B (nulla osta che questa officina sia stata aperta contemporanea- mente a quella A), nella quale si fabbricarono le mo- nete di peso più forte, quindi vennero aperte le of- ficine r e A le quali emettevano monete dello stesso taglio che s'emettevano nell'officina B. Allorché le emissioni delle monete di bronzo furono bene avan- zate o per altre cause impossibili a controllarsi, venne aperta l'officina €, nella quale, come ho già detto, si dovettero battere le monete d'argento. Per LE LETTERE A B P A S SULLE MONETE DI BRONZO 549 ultimo venne aperta l'officina S nella quale si batte- rono le monete del più piccolo taglio, simili a quelle che si emettevano nell'officina A. L'andamento delle emissioni delle differenti fra- zioni nella maniera che propongo è simile a quello che si osserva in tutta la lunga epoca dell'impero, per il qual tempo la zecca o le sue officine emettevano certe frazioni in maggior numero delle altre, ed al- lorché la quantità dell'una era considerata sufficiente, si poneva mano all'emissione di altre, ed è in con- seguenza di questo sistema che per certi regni man- cano le monete di certe frazioni, mentre di tali altre ne abbondano. In quanto al sistema di controllare le officine per mezzo della loro numerazione, se è nuovo per l'epoca che ora ci occupa, è comune a partire dalla metà del III secolo d. C. ed era comune nella Grecia già da tempo immemorabile, allorquando sulle mo- nete si ponevano dei monogrammi o segni per distin- guere le monete emesse dalle differenti zecche o of- ficine appartenenti ad uno stesso regno. L'unico inciampo che sembra opporsi all' idea che le cinque lettere servissero a indicare il numero dell'officina ove le monete vennero emesse, sareb- bero le due monetine con due globetti (• •). Ma per il momento quelle monetine sono irreperibili e la descrizione di esse appartiene ad un' epoca in cui gli autori spesso descrivevano quello che non esi- steva sulle monete ed in compenso omettevano di descrivere quello che v'era rappresentato, per cui non possono servire di base per combattere la mia teoria, tanto più che una monetina simile a quella sembra che si trovi a Roma <■). La sua impronta è ri- prodotta sulla tavola I dello studio del sig. Bahrfeldt (i) M. Bahrfeldt : Op. cit,, pag. 4. 70 550 G. dattarì e debbo dire che, quantunque io vi abbia messo tutta la buona volontà, non sono riuscito a snidare i due globetti, i quali però si vedono sopra il facsimile della stessa moneta che è disegnata nel testo del detto studio (pag. 5). In quel disegno i globetti sono posti uno a destra e l'altro a sinistra del tipo, posi- zione che toglierebbe a quei globetti (se pure esi- stono) le qualità possessive che si vuol loro at- tribuire; poiché se esprimessero dei segni di valore non sarebbero separati, ma posti uno accanto al- l'altro e sarebbero stati posti in maniera che si di- rebbero che fanno parte del tipo. D'altra parte, nella descrizione che il sig. Bahrfeldt fa di quel rovescio, i due globetti sono sempre accompagnati da un punto interrogativo (• •?) ciò che dà luogo a du- bitare dell'esistenza di essi (■). Giacche quella monetina è reperibile, io credo valga la pena d'essere riesaminata e qualora fosse ricoperta di patina, un leggero bagno d'acido zolfo- rico ed anche muriatico non la guasterebbe affatto. Una volta liberata dall'ossidazione e messo allo sco- perto il metallo, sarà facile rendersi conto se i due globetti esistono o no. Oltre questa verifica, essendo la moneta così ripulita, il suo tipo sarà più distinto e chi sa se invece del cosìdetto Rostrum, non appa- rirà la testa e il collo di un hyppocampo. Allora questa monetina si troverebbe in rapporto con le monete ove sono rappresentati gl'hyppocampi, di maniera che le monete di questa serie potrebbero dividersi in due gruppi; quelle con le navi e la prora apparterebbero ad uno, quelle con gli hyppocampi ad un altro e forse delle analisi sistematiche potreb- bero far risultare che le une sono d'drichalcum e le altre di rame ? (i) La descrizione è L BIBVLVS ■ M • F ■ PR ■ DESIG Schiffsva- Iute, zu beiden Seiten angeblich je ein Kilgelchen (?), pag. 4. LK LETTERE A H P i^i S SULLE MONETE DI BRONZO 55I Per rispondere alla seconda domanda che io stesso candidamente ho portato in evidenza, devo dire che contrariamente alle mie inclinazioni, bisosna che peschi la risposta nel mare magno delle ipotesi! Non potendo ammettere che tutte le monete marcate MS A appartengano allo stesso nominale, propongo di dare a quel segno lo stesso significato che aveva nell'epigrafia ; ma mentre che in questa il segno annunciava un valore in sesterzi, sulle mo- nete dinotava che quelle monete erano tante frazioni del valore della nuova moneta d'argento, la quale aveva rimpiazzato la prima moneta il di cui valore diede origine a quella combinazione di cifre. In tal maniera le monete del maggior peso e modulo erano la metà del valore di quella moneta e le altre il 7,^ ;/,, 7.0 e il 20- Forse delle analisi metodiche potranno assicu- rarci se le monete con MS A sono di metallo diffe- rente delle altre che non portano il segno MS; senza di ciò confesso che non potrei dare una ragione giustificata del perchè quel segno si trova unicamente sulle monete battute nella quarta officina ! Non ho alcun dubbio che questa mia nuova teoria sarà giudicata forse troppo ardita ; ma oso sperare che la si troverà per lo meno tanto logica quanto le due che ho teste combattute. Cairo, il maggio 1908. G. Dattari. 552 G. DATTARI •H fi +J ^ < H tH b o rt N ^ H •H Ti Uì Q (rt W p H W 2; h O jpl H w flj W j j ft Q (1) Ti Ul •H fi 45 ^ •H ® Ti SUOIZBA J3SU03 5 5 S S S S cv. uuuo-. ossosi ■Iliui o|npow •j3 0S3({ u f «3 o OT CO w "S E rocooorocoN rorow oorocoroN fON n^ « N " o co I , 00 \o O 'l- _i>.--<_ltr)i>-U0'>* d o onoo'oo'c M 01 1-1 w H MIMI Ql 0. o < o O ( o W w o < Q w ^ I a; Q. O Q. o 0. co I Q. /-. OD /-> Q. CL Q. Q. OO 0. Q. o oc m oc a m a. co O Z I i I I « V u t. « « u « 75 0) (U j_, '^l oj oJ-E.E 0-- <<<:<% ^S /N ^ , Cu e o I o : o Sì E IO 00 •ni ■ ,— •*-» 2 'in . ^ u al a; m > e fi- ^^ a. 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P ai u u U (/) — "■ LU lacioc o: m mlK te — (b H > P UJ 1— Q t- |U Ul 1- 3 X) m o . ti 23 dJ — l) ; •T3 1-4 =! ii cn O - = .ti V) D V a 4-1 «4-1 .2 re 4) 3 o u CQ E 13 a; -a i) ■< o e ti o ^ E V 13 "" UJ V re o u re E 4) 4-1 41 c o E V) UJ a u> o u co UJ o (A o u è^ Q. a. && ^ fej fel ^ fe! fei ;sj z s s s s s s UJ — ^ ii (- 3 V - <" 3 W _ O" Ul = 3 Q « <" trt UJ 4) O '^ .« <-> M ._ UJ U LE LETTERE A B T A S SULLE MONETE DI BRONZO 559 Vi co V) -I o > OD OC 00 a. oc a. 0£ 11. > -J > OD OD 6 '(n O 0) UJ > o oc oc a. u. 55 < oc a. 2 (D I w co > lU -I o > m OD S < E c75 a. < u co > a. O co co < u te. a. re o V b _i u a. E Q. < < OC U Q- CO co > UJ -o -o -J Q c« ni > OD u OJ OD E E -1 e/) e/) T3 C/) tn ^ (!) „ -5 $ 55 O i > UJ I- < Q E w ffl co ,„ ILI i: CO i8 - z ^ z u co co UJ oc Q. < a- < u a: ^ w S: u 2: O N < > w CQ CQ 2; o 2 O w w Q w 2 O N < O W Su e/) N < > a!, , (ri ni '0 C 7-, o 3 J3 o u ni W ctf ni N _> B J J c ni ìi •4-> ni f ) ni .3 w Q 'E o e o 3 ni XI ■6 ni _> ni O o .E in <0 O c o o mm<§!jS(xc/) OD CD QQ s < S U U a. z, u VJ S^ S > l^.^t^ cu O o|0 1» d "* o < o u ni *=• destra di d'Ottavia M. Antoni è"5 ni ni ni ni u ^^« 4-» -i-t (/ì 'fi U) . yj ■U 4J ni (U5; dj Ht- s.-o US- «^ e o •4-1 C i s • o u Q. >■ C^ ^ ^§ . -u u '° ^ ì- n! tuo— ii'-O '^ !/) ni a; OJ 3 u V-» HCH co « ^ *" u n '^ (O u u ni ni > > w C c o o u u ni ni N C lU 7! « ni tuo tuo m ourg e Pont d'Ain la sua condotta non fu davvero delle migliori. Pur tuttavia la precisione e l'irreprensibilità del suo conio erano tali, da renderlo sempre ricercato dai Savoia, dei quali fu uno tra i migliori e più celebrati maestri di zecca. Dopo il 1405 non s' ha più notizia alcuna della zecca d' Avigliana , poiché coli' elezione di Amedeo Vili a duca (1416) i danari ducali furono battuti, per il Piemonte in Torino, e per la Savoia a Chambery dove quel diavolo di Matteo Bonaccorso continuava anche dopo il 1416 a trionfare per l'arte sua ('). Conti di Savoia cmk batterono nelle due zecche. Oddone. . Pietro I. . Amedeo II Umberto II Amedeo III Umberto III Tommaso . Amedeo IV Bonifacio Aquabella ? Susa Susa Susa Susa Chambery San Maurizio d'Agauno Susa Avigliana Chamber)- San Maurizio d'Agauno Susa (i) Vedi in proposito G. Carbonelli : Umberto Bonaccorsi zecchiere di Savoia in Riv. Hai. di Numismatica, fase. MI, 1908, dove narransi anche le avventure di questo maestro, figlio di Matteo. — Consulta pure L. CiBRARio: Econ. Polit., voi. 3.°, pag. 217. Torino, 1842. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E D AVIGLIANA 585 Pietro II . Filippo I . Amedeo V Edoardo Aimone , Amedeo VI Amedeo VII Amedeo Vili. Chambery San Maurizio d'Agauno Susa Chambery Avig liana San Maurizio d'Agauno San Sinforiano d'Ozon Avigliana Chambery San Sinforiano d'Ozon Susa ? Avigliana Bourg en Eresse Chambery Donnaz Pont d'Ain San Genisio San Sinforiano d'Ozon Nel Chiabiese Chambery Pietra Castello Pinerolo Pont d'Ain San Genisio Avigliana Nion Pont d'Ain Susa Aosta Avigliana Bourg en Bresse Chamberj' Ivrea Moncalieri Nion Pont d'Ain Torino \ ^86 RICCARDO ADALGISIO MARINI Risulta COSÌ da questo specchio che i Savoia coniarono in Susa ed in AvigHana dal 1080 al 1416 all' incirca, e cioè nel primo periodo della loro af- fermazione storica : finche furono Conti. Coll'eleva- zione di Amedeo Vili a duca le nostre due zecche, se non cessarono d'un tratto, languirono lentamente, e Torino prese il sopravvento sulle altre officine monetarie del Piemonte, per il conio dei danari du- cali. Riassumendo : nove conti di Savoia coniarono in Susa, Umberto II, Amedeo III, Umberto III, Tom- maso, Amedeo IV, Bonifacio, Pietro II, Amedeo V, Amedeo VII; sei in Avigliana: Amedeo IV, Filippo I, Amedeo V, Aimone, Amedeo VII, Amedeo VIII ; sei in Susa soltanto : Umberto II, Amedeo III, Um- berto III, Tommaso, Bonifacio, Pietro II; soltanto in Avigliana, tre: Filippo I, Aimone, Amedeo VIII; contemporaneamente 'in Susa ed in AvigHana, pure tre: Amedeo IV, Amedeo V, Amedeo VII. Maestri di zecca ^^l 1080-1098 .... ? Secolo XII e quasi tutto XIII .... ? Susa } ^^97 Durando Carrèrie di Avignone 1322 Alessandro Bardano da Firenze (2) 1384 Giacomino de Capitaneis o Cattaneo, Pavia 1387 Giovanni de Campacio di Chivasso 1252 .... ? 1297 Giacomo de Varano di Piacenza 1298 Benedetto Alliaudi di Susa A ■ ,■ ] 1^41 Ildebrando e Bartolomeo Alfani di Firenze ^ 1343 Manfredo Frotta di Firenze (3> 1387 Giacomino Cattaneo suddetto 1391 Giovanni di Rezeto di Moncalieri 1394 Matteo di Bonaccorso Borgo di Firenze. (1) Riporto la lista del Promis, aggiungendovene due. (2) Archivio municipale di Susa. Carte 1320-1390. Questo Bardano fu pure maestro a Chanibery, Bourg e Pont d'Ain nel 1338-39. (3) Arch. municip. Susa. Carte 1320-1390. Frotta fu pure maestro a Bourg S. Maurice nel 1349-50. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E d'aVIGLIANA 587 Questi maestri particolari di zecca venivano scelti ed esaminati da quattro maestri generali, ed una volta nominati all'officina, prestavano un'appo- sita cauzione, obbligandosi a tenere al loro servizio un numero sufficiente di operai e di impiegati. Essi venivano ottimamente retribuiti ; e pare che la ca- rica dovesse essere tenuta in alto pregio perchè vi ambivano gli stessi nobili. Avigliana poi fu terra di abili e fortunati zecchieri; citerò per debito d'onore i nomi dei due più illustri e cioè Tommaso Polonia e Giacomo Picoz o Picot, entrambi maestri di zecca nominati da Amedeo Vili, il primo a Chambery, il secondo a Nion, dove tennero alto il prestigio del- l'arte monetaria cosi fiorente nella Valle di Susa. Passiamo ora in rassegna i danari d'ogni conte : alla descrizione numismatica farò precedere alcune brevi notizie storiche, giacché mi pare che questo sistema meglio contribuisca a farci intendere il senso del- l'epigrafia e dei tipi monetari sabaudi. Umberto II (1080-1103). Nota storica. — Figlio di Amedeo II, suc- cesse nel 1091 alla nonna, la famosa contessa Ade- laide. Fu signore della Moriana, della Tarantasia, dell'Alta Savoia, della Valle d'Aosta, del Canavese, del dominio di Susa con Pinerolo. Il titolo che ordinariamente usava era quello di conte della Mo- riana e di Marchese in Italia. Abbiamo un suo atto del 1094 scoperto nell'archivio vescovile d'Ivrea, nel quale facendo egli varie donazioni a quella chiesa, professa chiaramente, ^.v natione mea lege vi- vere romana, cioè di seguire in forma di nazionalità la legge romana, donde appare com'egli si conside- rasse propriamente italiano. Mori nel 1103. 588 RICCARDO ADAHaslO MARINI Denaro di Umberto II — gr. 0,95 (i). Già il Vernazza aveva intuito che i primi da- nari battuti in Susa dovessero appartenere ad Um- berto II, ed in prova allegava un documento del 1109, inserito nel famoso Chartarmm Ulciense, per il quale un tale Oberto si obbliga verso i canonici di quella prepositura nel doppio di quanto prometteva et in- super poenam librarum decem denan'orum honorum se- cusiensium. Ora se nel 1109, quando Amedeo III era appena uscito di tutela, noi vediamo specificati nei contratti i danari buoni, dobbiamo logicamente ar- Denaro di Umberto II — gr. 1,05. guire che ne esistevano precedentemente dei non buoni, ossia dei debili, già logori e scadenti per la circolazione di parecchi anni. Ed a questi ultimi de- vono certamente alludere i due documenti di data anteriore al 1109: uno dell'archivio capitolare della Cattedrale di Torino, già scoperto dal Promis, in data 18 giugno 1104, ed è un'investitura concessa a Bergundo dal sacrestano della Canonica di S. Sal- vatore per la somma di so/idos quinquaginta et quinqiie (i) Un gramma equivale a i8 grani, e ogni 5 centigramma ad un grano all' incirca, 95 centigr. equivarranno adunque a 17 grani. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E d'aVIGLIANA 589 secusiensium ; e l'altro è l'atto di vendita da me ri- trovato nell'archivio notarile di Susa, in data del 1908, in cui si accenna a iugeri di terra acquistati presso Bardonecchia da un certo Martino di Nova- lesa per CCL denariis seciisiensibus. I danari di Umberto II sono tutti d'argento me- diocre ; portano sul diritto la croce, accantonata su- 0M. ^ inyt' Denaro buono di Umberto II — gr. 1,06. periormente da due globuletti, con attorno il nome + VMBERTVS; sul rovescio è una stella a sei raggi, accostata da due punti obliqui, colla leggenda assai chiara + SECVSIA. In una emissione speciale, poste- riore di certo al iioo. poiché più raffinata nell'arte del primo conio, i danari portano invece della stella, un fiore a sei petali colla leggenda + COMES, e sul Mèzzo denaro di Umberto II — gr. 0,56. diritto, una croce patente come osserviamo spesso sulle monete della fine del secolo XII. Osservando fe l'orò botità' e peso, i primi esemplari pesano dai 26 ai là grani, della bontà media di danari 8,t2 e 8,4 od almeno 6 di argento fino: il che non ci deve stu'pire, conoscendo la difficoltà di ben mescolare Inargento quando contiene molta lega e la poca pra- tica di quei tempi nella chimica metallurgica. Altri esemplari invece, di emissioni posteriori alia prima 75 590 RICCARDO ADALGISIO MARINI Denaro rarissimo di Umberto II Stella a otto raggi — gr. 1,15. sono del peso di grani 12-14 e della bontà di danari 7-8 ('^. Di questi danari trovasi anche la metà, ossia l'obolo del peso di grani 13 a 18 e di conio simile agli interi. Unico fra le monete del tempo è il da- naro secusino per il suo tipo : la stella a sei raggi, secondo il Ginanni (arte del Blasone, Venezia 1756, pag. 156), indica origine italiana, i francesi usandola di soli cinque, anzi l'unica moneta italiana di tempi a questo più vicini è quella di Lucca battuta dal re longobardo Desiderio. Le monete scensine erano battute a somiglianza di quella di Aquabella e di Vienna nel Delfinato ; l' impronta però varia, tro- vandosi nelle segusine, oltre la diversità della leg- genda, la stella radiata, dove le altre hanno la testa di S. Maurizio. Amedeo III (1103-1148). Nota storica. — Figlio di Umberto II, al quale successe, acquistò ai suoi stati nel 1131 la città di (i) L'oro, l'argento, la lega di rame e argento, ed il rame puro sono i metalli usati dai Reali di Savoia nella loro monetazione. Nelle monete d'oro, questo metallo figura per pili della metà ; in quelle di argento, quello trovasi per metà almeno; nella lega o biglione l'argento è in quantità minima ; le monete di rame sono sempre pure. Quanto al peso, avevamo il marco suddiviso in 8 oncie ; l'oncia in 8 danari ; il danaro in 34 grani; il grano in 24 granuli; il granulo in 24 granelline Per indicare il titolo ossia la bontà, s' impiegava per l'oro, il carato, di cui 24 formavano l'oncia d'oro fino, divisa in 24 grani e il grano in 24 granellini ; per l'argento, il danaro, dei quali 12 eguagliavano pure l'oncia di argento fino. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E d'aVIGLIANA 591 Torino, per forza d'armi. Scacciò dai suoi domini i francesi che, istigati da sua sorella Adele, regina di Francia, tentavano impadronirsi della Savoia e della Moriana. Nel 1140 scoppiarono dissensi tra lui ed il Delfino di Vienna, per motivi non ben conosciuti e furono il principio di continue guerre fra le due fa- miglie rivali. In quell'anno il Delfino fu sconfitto presso Monmeliano e, ferito nella mischia, poco dopo morì. Nel 1146 Amedeo giurò la crociata nelle mani di papa Eugenio III che passava per Susa, e diffatti partì. Ma fallito ogni scopo di quella memorabile crociata, Amedeo disponevasi a tornare in Susa, quando morì, reduce dalla Palestina, nell'isola di Cipro, a Nicosia il i aprile 1148. Denari oboli di Amedeo III 1, gr. 1,05 — 2, gr. 0,85. Per recarsi in Palestina alla crociata ebbe in regalia dal monastero di San Giusto in Susa undici- mila soldi secusini. I suoi danari, come più sopra Denaro di Amedeo III a quattro globuli. 592 RICCARDO ADALGISIO ^AR|1>J| vedesi, portano sul diritto s AiyiEDEys, crocp patente cantonata superiormente da due e raramente quattro globuli ; nel rovescio, tre globuli disposti su linea orizzontale e la leggenda • SECVSIA, e raramente anche s SECVEV|TAS; la qual ultima leggenda deve interpretarsi per SECV(SIA Ci) VITAS. essendo la E in- Denaro di Amedeo III con ^ AMEDEVS COMES R SEKVEVITAS ririssimó, termedia forse un errore di conio da corregersi in CI • Suoi sono certamente tutti questi danari ('), non avendone battuti di tali né Amedeo li, né Amedeo IV, il quale, pur conservando la zecca di Susa, non impresse più il nome della città, ma per il primo inaugurò, come già dissi, il COMES SA- BAVDIE. I danari di Amedeo III sono peggiori di quelli di Umberto II. Dei globuli o palle ch'essi por- tano nel rovescio, e della croce sul diritto, conser- vasi fra i nostri ragazzi la memoria nel giuoco croce e pila. I secusini di questo conte sono di tre conii. Mezzo denaro di Amedeo III — gr. 0,70. un po' variati, compresi gli oboli. La loro bontà è di danari 8, 7,12 e 7,18 ; e due mezzi, eguagliano in bontà danari 7 e 5. Pesano grani 19, 18, 16, 15; (i) Alcuni rari denari di Amedeo III portano anche la leggenda AVEDEVS '^he devesi logicamente interpretare per un errore di conio, LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E D AVIGIIANA 593 e i mezzi, grani 12 e 8 ' ... Fu sotto il regno di Amedeo HI che i soldi secusini cominciarono ad in- contrare grande favore anche al di là dell'Alpi, so- stituendo spesso nel commercio, i danari viennesi e imperiaU. Umberto III (11 36-1 189). Nota storica. — Nacque da Amedeo III nel turrito castello di Avigliana, e trascorse la gioventù fra i tempestosi eventi dell'epoca sua. Guerreggiò egli pure col Delfino di Vienna che nel 1153 scon- figgeva nuovamente sotto le mura di Monmeliano. Avversò, colla politica e coU'armi, Federico Barba- rossa, che per vendetta gli tolse Torino, gli aizzò contro i marchesi di Saluzzo e del Monferrato ed infine gli incendiò e saccheggiò la diletta Susa nel 1174. D'indole piuttosto mite e contemplativa, fondò monasteri e conventi, dotandoli regalmente. Morì in Altacomba nel 1189, in concetto di santità. Aveva sposato tre mogli, dall'ultima delle quali ebbe Tom- maso I, che gli successe. Denaro debile di Umberto Ul — gr. 0,72. La prima moneta che con sicurezza possa dirsi di Umberto III, la scoprì il Promis, presso un an- tiquario di Torino ; nel diritto ha la croce fatta pa- tente per capriccio dell'intagliatore ed attorno il nome VMBERTVS; nel rovescio è un fiore a sei foglie in luogo della stella, con SECVSIA, ciò che indica aver egli continuato a battere in busa. Pesano, tutti i suoi 594 RICCARDO ADALGISIO MARINI danari, grani 34-12 e di bontà vanno da danari 8 a 7,16. A questi danari appunto il Promis crede ri- ferirsi una carta del 1188. quando specifica lire de- bilium secusinorum, e veramente paragonando questi con i primi secusini, trovansi di molto peggiorati nel peso; però nel 11 13 circa dovevansene essere bat- tuti dei migliori, vedendosi menzionati in carta di tal anno, citata nel Chartarium Ulciense : solidi honorum denariorum secusiniensium fortiiim, che correvano coi debili, e unitamente ai viennesi, valentiniesi, astesi ed imperiali. Le monete di Umberto III sono raris- sime, per quanto egli abbia regnato più di 40 anni. Tommaso I (i 189-1232). Nota storica. — Riottenne dall'imperatore En- rico IV, figlio del Barbarossa, la città di Torino ; perciò fu sempre principe ligio all'impero. Da Fi- lippo di Svevia ebbe l'investitura imperiale degli Stati che possedeva, e che gli fu poi riconfermata dall'imperatore Ottone IV. Dopo il 1214, chiamato dal re di Francia, combattè in Linguadoca gli albigesi". Nelle contese fra papa Onorio III e Federico II, par- teggiò sempre per questi, onde, per gratitudine, fu innalzato alla dignità di vicario* imperiale, nel 1226, per il Piemonte e la Lombardia. Aumentò conside- revolmente l'influenza della sua famiglia. Credesi se- polto nella sacra di San Michele in Val di Susa. Denaro buono secusino di Tommaso I — gr. 1,00. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA K D AVIGLIANA 595 Rarissimi pure sono i danari di Tommaso I. Trovandosene memoria in carte contemporanee, come in una del 1203 (Vernazza, Moneta Secusina 1793) dove parlasi di danari secusini vecchi, prova adunque che in quell'anno ve n'erano già dei nuovi; ma siccome potremmo ancora dubitare se questi non siano i se- cusini buoni di Umberto II così specificati per distin- guerli da quelli di Umberto III, si ha un altro do- cumento del 1225 nel quale parlasi di danari secusini nuovi, ed altro del 1229 con danari buoni secusini nuovi, il che indica che in quell'anno eransi già bat- tuti danari più forti degli antecedenti. I danari di Tommaso portano sul diritto la croce patente col nome + THOMAS, e sul rovescio la stella a sei raggi con + SECVSIA. Hanno quasi sempre il peso di 18 grani e sono migliori assai dei danari di Umberto III. Amedeo IV (i 232-1 253). Nota storica. — Nacque nel castello di Mon- meliano nel 1197. Continuò la politica del padre, legandosi al partito ghibellino e all'amicizia di Fe- derico II, ma conservando nel tempo istesso l'ami- cizia con papa Innocenzo IV e la pace nel suo regno durato circa 20 anni. Sposò le sue figliuole ai mar- chesi di Saluzzo e di Monferrato, suoi antichi rivali e ottenne dal primo la cessione d'ogni diritto sopra Torino, riconducendo questa città, già ribellatasi, alla sua obbedienza nel 1235 e assegnandola in ap- Denaro grande di Amedeo IV (Susa) — gr. 1,30. 596 RICCARDO ÀDALCtàlO MARÌIÌI pannaggio a suo fratello Tommaso, ma serbando per se le ragioni di alto dominio. Dopo uri regnò dissennato e felice morì a Monmeliaho nel t253 e fu sepolto nella badia di Altacomba. Battè in Silsa ed apri ìà zecca di Avigliana. I suoi danari hanno diametro diverso, tutti colla croce patente e noh, Con fiore a sei foglie oblunghe o meglio stella a sei raggi, accostata ora da litìò ora da due globuli e colle leggende + A-M' * éowÈS, oppure 4 Ai^ED * CdMÉS oppure aricora + • A o m * eoMÉè sul diritto, e + SABA^tìrE sul rovesciò, dicitura da lui sostituita alla ptìtrn. SÉéVSlA, quasi ad affermare la propria autorità di regnante fra gh altri soVra'rii del tempo. I dariari più grandi che h'afirio due glò- Obolo bianco di Amedeo IV (Susa) — gr. 0,70. bùli dal lato della stella, pesano grani 22-24, ed ini bontà danari 8,21 ; al^ri, certamente la metà dei Obolo bianco di Amedeo IV (Susa) — gr. 0,80. primi, ma con un solo globuletto dal lato della croce ed un altro dal lato della stella pesano grani 13 ed in bontà danari 9 ; inoltre altri danari, simili a questi secondi, meno che la leggenda Amedens Comes è dal lato della croce dovè quelh l'hanno dat lato della LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E DA VIGLIA NA 597 Obolo di Amedeo IV (Avigliana) — gr. 1,05. stella, pesano egualmente grani 13, ma hanno solo la bontà di danari 2,12. Questi, che per l'antichità loro si distinguono facilmente da quelli di Amedeo V e non possono confondersi con quelli del ITI, non v'ha dubbio che siano tassativamente del quarto Amedeo. Il peso e la bontà dei primi e dei secondi corrisponde in tutto ai segusini forti, e gli ultimi possono essere una frazione, quasi un quarto dei primi, oppure la meta di un'altra moneta posteriore più debole. Non portano più, come dissi, il nome della città Secusia, ma nelle carte continuano a chia- marsi danari secusini e si battevano non soltanto più in Susa, ma pure in Chambery e a San Maurizio d'Agauno, colla stessa legge, peso e bontà che bat- tevansi i danari segusini. Altra ragione questa, per cui Secusia fu sostituita con Comes sabaudie, indican- dosi così il contado tutto ove coniavasi la moneta del conte. Pietro II (1263-1268). Nota storica. — Altro figlio di Tommaso I, successe al nipote Bonifacio, nel trono sabaudo al- l'età di 60 anni, dopo aver trascorso quasi tutta la sua vita in Inghilterra, alla corte di Enrico III e di Riccardo I suoi parenti. Da questi ricevette l'inve- stitura di Aosta, del Chiablese e di Vaud. Nel 1266 i Bernesi lo elessero loro signore. Morì nel 1268 nel castello di Chillon sul lago di Ginevra. Per le sue 76 598 RICCARDO ADALGISIO MARINI gesta gloriose e battagliere fu soprannominato il Piccolo Carlomagno. Denaro forte di Pietro II (Susa) — gr. i,o6. Battè anche in Susa ed in Avigliana quei da- nari forti menzionati in una carta del 1264, eguali ai danari viennesi, moneta comune a quei tempi e l'unica nominata dal conte Pietro nel suo testamento. Identici danari aveva già battuto in Susa, il suo pre- decessore conte Bonifacio. I danari di Pietro portano sul diritto la grande stella a sei raggi colla leggenda + o p o COMMES e sul rovescio la croce patente con + SABAVDIE. Filippo I (1268-1285). Nota storica. — Nato nel 1207 in Aquabella, successe, egli pure in età di 60 anni al fratello Pietro, dopo aver trascorso la vita nella carriera ecclesia- stica, diventando anche vescovo di Valenza. Regnò ancora 16 anni senza infamia e senza lodo, parteg- giando più per il papato che per l'impero. Morì nel 1285. Denaro forte aviglianese di Filippo I — gr. 1,05. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E d'aVIGI.IANA 599 Battè in Avigliana la maggior parte delle sue monete. In conto del Castellano di detta Città, per il 1272, leggesi : in stipendmm ciimsdam mincii niissi ad dominum comitem prò moneta nona. Dal che ri- sulta che in detto anno si coniarono in Avigliana, per ordine di Filippo I, nuove monete, migHori delle antecedenti ; e pare che sotto questo conte la zecca di Susa, di cui non troviamo notizia, cedesse il pri- mato a quella di Avigliana soltanto. In altro conto della mistrallia di Chambery dal 1271 al 1272 tro- vansi menzionati danari forti vecchi e fiorini d'oro. I forti vecchi erano di Susa. e secondo lo stesso conto, venticinque lire di essi corrispondevano a ventitré nuovi di Chambery. I danari di Filippo co- niati in Avigliana, rarissimi, ed oggidì quasi ir- reperibili portano sul diritto la croce patente con + PH • COMES od anche + PHILIP ■ COMES • e nel ro- vescio la stella a sei raggi con + SABAVDIE • Amedeo V il Grande (1285-1323). Nota storica. — Figlio di Tommaso II, nacque in Bourget nel 1249. Ebbe regno lunghissimo e co- ronato di prosperi successi. Guerreggiò coi Delfini di Vienna e coi conti di Ginevra, per questioni di giurisdizione coi limitrofi, riuscendo ogni volta, colla sua accortezza, a ricavarne segnalati vantaggi per i suoi Stati. Nel 1290, dopo aver combattuto insieme con Filippo il Bello contro i Fiamminghi, prestò va- lido soccorso ad Asti contro il marchese di Mon- ferrato, che in quella guerra morì prigioniero. Nel 1305 ottenne il vassallaggio dei marchesi di Saluzzo e nel 1313 il vicariato imperiale in Lombardia da Arrigo VII di Lussemburgo, unitamente alla città di Ivrea la cui investitura fu confermata dal libero volere della cittadinanza. L' impresa sua maggiore 6oo RICCARDO ADALGISIO MARINI fu la liberazione di Rodi assediata dai Turchi nel 1316, per il qual fatto vuoisi attribuire a lui la pa- rola FERI, introdotta nel suo stemma, e comunemente spiegata per Fortitudo Eius Rhodum tenuti. Morì in Avignone nell'ottobre 1323. Grosso di Piemonte di Amedeo V (zecca d'Avigliana) gr. 2,25. Contemporaneamente che a San Sinforiano di Ozon, Amedeo V batteva i famosi grossi di Pie- monte in Susa e in Avigliana, trovandosi in conto del Castellano di Susa dal maggio 1297 al maggio 1298 che un Durando de Auenione, lo stesso certa- mente che lavorò in Torino per Filippo, primo prin- cipe d'Acaia, pagò dieci lire prò sigillo concessionis monete scudende apud secnsiam nello stesso tempo che quel d'Avigliana ricevette una somma da Jacopo da Varano et sociis ejus scudentibus monetam apud Auil- lianam. Inoltre in conto del tesoriere generale dal settembre al dicembre 1298 leggesi : de IP libris receptis de domino Benedicto Alliaudi de Secusia de exitu monete Secusie, indi Hbrauit per mannm Anthonii de claromonte, Rosseto de Sancto Raguemberto clerico prò expensìs suis et monetariorum quos duxit secum apud Auillianam faciendis per litteras dicti Rosseti de recepta, qnas ostendit datas die mercurii ante festum beati luce attuo nonagesimo octauo. Con ciò, il Vernazza credette che si lavorasse in Susa, in attesa che fosse preparato il locale per Lli ANTICHE ZECCHE DI SUSA K d'aVIGLIANA 6o1 la zecca di Avigliana; ma i! Proinis avendo trovato nel conto del tesoriere generale per il 1298 de VI" LXXXVI Itbris viennensibus receptis de benedicto Al- liaudi per mannm Johannis bergoiiini Corsini chambe- riaci videlicet quingentas triginta sex libras de exitibus monete auilliane, il Promis, dico, è di opinione che l'AUiaudi rilevasse la zecca di Susa al Durando Car- rerie di Avignone che aveva già da Filippo di Sa- voia-Acaia quella di Torino, e che poi ritirandosi il Varano da Avigliana, rilevasse anche questa. Sic- come poi, due zecche così vicine non avrebbero po- tuto avere pasta a sufficienza per mantenersi attive, così sembra probabile, per quanto non certo, che in detta epoca, si chiudesse, per breve, la zecca di Susa, non trovandosene più notizie nei documenti del tempo. Sopra le monete di Amedeo V — grossi di Pie- monte e sue frazioni, le quali portano spesso la stella invece dell'aquila — noi troviamo il nome del novello possesso, Amedeus Pedemontensis, alludendosi così al Piemonte, che gli fu solennemente dato nel 1310 da Arrigo VII di Lussemburgo ; ma non tro- viamo ancora il titolo di Marchio, messo sulle mo- nete di Aimone, di Amedeo VI e dei loro succes- sori. Sotto Amedeo V la monetazione muta in- titolo e in peso fra Savoia e Piemonte ; e però di molto migliore alle monetazioni precedenti. Sul diritto ab- biamo l'aquila a due teste, coH'ali spiegate, sormon- tata d'un punto secreto, colla leggenda + ■ AMED-S '■■ COMES ; SAB' ; sul rovescio la croce patente formata Quarto di grosso di Amedeo V con stella sui diritto, gr. 0,60. 6o2 RICCARDO ADALGISIO MARINI da quattro angoli retti, che taglia la leggenda, can- tonata dalle lettere A, M, E, D'; ^ PED | MON | TEN SIS. In un piccolo danaro di soli 12 grani di peso — mentre i grossi di Piemonte pesano generalmente dai 40 ai 45 grani — abbiamo invece sul diritto la Quarto di grosso di Amedeo V con stella sul rovescio. solita croce patente cantonata dalle lettere A, M, E, D', colla leggenda - AMEDEVS, e sul rovescio la stella a sei raggi con un punto centrale e la leggenda COMES SABAVDIE. Aimone (i 329-1 343). Nota storica. — Nato nel 1291, aveva tra- scorso la sua giovinezza nella carriera ecclesia- stica, quando nel 1329, gli Stati generali raccolti in Chambery lo chiamarono a succedere al fra- tello Edoardo, morto pochi mesi prima. Fu d'animo mite e generoso. Costretto a combattere, come i suoi antenati, contro il Delfino di Vienna. Guido ed il figlio suo Umberto, uccise in battaglia Guido e Seseno bianco grosso di Aimone (zecca d'Avigliana). gr. 2,13. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E d'avIGLIANA 603 ridusse a miglior consiglio il Delfino Umberto che con lui si pacificò. Assistè nobilmente Giacomo, prin- cipe d'Acaia, contro la lega guelfa, di cui trionfò. Prestò aiuto a re Filippo di Francia contro Edoardo III d'Inghilterra, nell'assedio di Tournai, e riuscì a pa- cificare i due rivali. Morì nel 1343 in Monmeliano. Il conte Aimone concesse le zecche di Avigliana e di Donnaz (Valle d'Aosta) ad Aldebrando Alfani di Firenze ed a Bartolomeo suo figlio, per tre anni colla permissione di battere al marco di Lione : i.° Sezeni bianchi grossi ad t\ et scntellnm simili a quelli di Chambery a danari 4.12 d'argento le roy ed a soldi 7 e da aver corso per sei danari forti ; 2.° danari doppi bianchi minuti ad s et scutelhim pure simili a quelli di Chambery, ma a danari 2,12 dello stesso argento, ed a soldi 13, da aver corso per due danari forti bianchi; 3.° minuti piccoli oboli bianchi ad crucem et a a danari 1,4 dello stesso ar- gento ed a soldi 32 e da aver corso ogni due da- nari per un forte bianco ; 4." grossi oboli bianchi ad crucem in latere dextro et ad florem lilii habentem parvam crucem prò pede cmn suprascriptione nominis nostri secondo quelli di Pont d'Ain a danari 6 d'ar- gento le roy ed a soldi 8 al marco di Troyes e cia- scun obolo per 15 danari piccoli tornesi; 5.° moneta vera doppia, minuta, detta redattese ad crucem ha- bentem in qttolibet hrachio florem lilii et ab alia parte prò pila manu florem lilii come quella di Pont d'Ain, a danari 2 del suddetto argento ed a soldi 16 e da aver corso per tornesi piccoli due e mezzo; E pur detto nella stessa concessione che loro si permette di battere monete grosse e piccole, sempre in Avi- gliana e Donnaz, simili nell' impronta, legge e peso a quelle dei signori di Milano, fuorché invece del loro nome sia il suo et ubi est a parte pile umis scutus, sii unus ntiles tenens in marni lanceam seit massiam éo4 RICCARDO ADALGISIO MARINI Piccolo obolo bianco ad crucem di Aimone — gr. o,4a. loco ferie, come loro verrebbe ordinato. Diversi sono i diritti e i rovesci dei danari di Aimone, come più sopra accennati ; in questi, sopra riprodotti e battuti in Avigliana, abbiamo nel primo, ch'è un sezeno bianco grosso, la lettera A con quattro stellette a cinque raggi e la leggenda + IMO ° COMES ° SABAVDIE, e sul rovescio lo scudo di Savoia colla leggenda + IN ITALIA o MARCHIO ; e nel secondo invece, ch'è un piccolo obolo bianco, abbiamo l'A semplice colla leg- genda + % IMO % COMES, e sul rovescio la croce pa- tente, cantonata di un punto al i.° e 3.° quarto, ta- gliante la leggenda, + o SA | BA | VD | lE. Amedeo VII il Conte Rosso (i 383-1 391). Nota storica. — Nacque in Avigliana nel 1360. Passò la sua giovinezza fra le armi ed i tornei, ove diede prove superbe del suo ardimento e della sua cavalleresca cortesia. Guerreggiò nelle file di Carlo VI re di Francia e sotto le mura di Burburg sconfisse, a singoiar tenzone, i tre campioni inglesi, alla lancia, alla spada e all'azza. Per cui la sua gloria, dopo tal fatto, divenne immortale. Assediò e prese d'assalto la contea di Sion ai Vallesani. Annesse ai suoi do- minii la contea di Nizza nel 1388, dando così alla sua casa, e per la prima volta, stabile dominio sulle coste del Mediterraneo. Ridusse a novella obbedienza e vassallaggio i marchesi di Saluzzo che gli si erano ribellati. Per una ferita riportata alla coscia in una LE ANTICHE ZECCHK DI SUSA E d'aVIGLIANA 605 caccia al cinghiale nel Chiablese, si portò a Ripaglia dove morì giovane di 31 anni nel 1391, compianto ed amatissimo da tutti i suoi popoli. Fiorino'd'oro di Amedeo VII '^ AMED ■ COMES • SAB — R) S • lOHANNES B • Il 14 giugno 1384, Amedeo VII concedeva in Torino a Giacomo o Giacomino De Capitaneis da Pavia di poter lavorare al marco di Troyes per due anni, cominciando da quel giorno tam in Secusia quam alibi ultra montes, fiorini d'oro di buon peso, fiorini di piccolo peso, mezzi grossi corrispondenti agli antichi mezzi grossi di Piemonte, quarti, bianchi, forti neri e viennesi neri. Tali lettere noi ritroviamo in conto del Cattaneo, come maestro in Susa, reso per il suo esercizio dal 14 giugno 1384 al 31 lu- glio 1385, dopo il qual tempo deve aver rimesso l'officina di Susa a Giovanni de Campacio ed essersi trasferte in Avigliana come appare da questo com- Mezzo grosso di Amedeo VII (Avigliana) — gr. 2,00. putttm Symonis fìlli et heredis Jacobim de Captanei de papia magistri monetarum domini de c.xitu et seignoria 77 6o6 RICCARDO ADALGISIO MARINI monetarum quas cudi et fabbricavi fecit apud Auillia- nam usque ad diem decimam quartam mensis maii anno domini millesimo CCCLXXX septimo quibtis die et anno facta fiiit ultima expeditio monetarum de quarum sei- gnoria inferius computai. Ed in prova della rimes- sione della zecca di Susa al de Campacio abbiamo una notizia nel conto di Amblardo Gerbasio teso- riere generale per il 1387, secondo il quale Hbravit die XIX lulii magistro Johanni vioneti misso Auinio- nem prò ibidem fieri /adendo exayia de monetis auri et argenti fabbricatis Secusie per magistrum Johannem de Campacio de Clattasio magistrum monetarum domini, inclusis quatuor florems datis per dictum Johannem magistro qui dieta exayia fecit prò eiiis labore Xl/s. Xd. ob. gross. Viennese nero di Amedeo VII (Susa) — gr. 1,03. Dopo il 1387 non troviamo più menzione di questa zecca. Ma il 23 febbraio 1391 Amedeo con- cede ancora con sue lettere patenti la zecca di Avi- gliana a Giovanni di Rezeto da Moncalieri, con per- missione di battervi scudi, mezzi grossi, quarti, forti e bianchetti, e grossi collo scudo della croce sor- montato da elmo col cimiero di Savoia, cioè d'un teschio di leone alato, già adottato da Amedeo VI col motto del Conte Rosso EN PREV e col rovescio simile ai grossi tornesi dell'O rotondo di Asti e di Cortemiglia. Le leggende, per i danari battuti in Susa ed in Avigliana, sono le seguenti: sui diritti h nel mezzo contornato da -1- MED l COMES * SA8AVDIE od anche solo -»- M' « COMES * ; e sui rovesci * INIT | ALIA I MAR I CHIO, oppure soltanto + SABAVDIE. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E u'aVK. LIANA 607 Amedeo Vili (Conte 1391-1416, Duca T416-1439). Nota storica. — Nacque nel 1383 in Cham- bery. Nel 1401 acquistò la contea di Ginevra e ne portò il titolo. Ampliò i suoi dominii dalle foci del Varo sino all'estremità del lago Lemano. Nel 1416 fu creato duca di Savoia dall'imperatore Sigismondo venuto espressamente a Chambery. Morto, senza prole, il principe Ludovico d'Acaia nel 1418, tutto il Piemonte entrò a far parte degli Stati di Amedeo Vili. Nel 1430 pubblicò gli Statiita Sabaiidie. Scontento e nauseato del mondo, si ritirò nel monastero di Ripaglia, ove con sei cavalieri — dopo aver abdi- cato in favore del figliuolo Ludovico — vestì il ru- vido manto di anacoreta, e portò al collo una croce d'oro per distintivo della passata grandezza. Così fu istituito l'ordine cavalleresco di San Maurizio che in seguito molto si ampliò, e divenne uno degli onori concessi dalla Casa di Savoia. Fu eletto papa col nome di Felice V, ma dopo otto anni rinunziò in favore di Nicolò V, che lo ricolmò di onori e pri- vilegi. Morì a Ginevra nel 1451, dopo 12 anni di vita ecclesiastica. Mezzo grosso aviglianese eli Amedeo Vili — gr. 2,23, Con ordinanza di Bona di Savoia, avola e tutrice di Amedeo Vili, data a Chambery il 23 gennaio 1392 6o8 RICCARDO ADALGISIO MARINI fu concesso a Giovanni di Rezeto di battere in Avi- gliana grossi tornesi di Savoia, mezzi grossi, quarti, neri e bianchetti, cioè le stesse monete d'argento che trovansi nell'ultima ordinanza di Amedeo VII. Matteo di Bonaccorso Borgo da Firenze, lavorò appunto per Amedeo Vili nella zecca di Avigliana dal 1394 al 1400, e, come già dissi, essendo egli stato accusato per la seconda volta di falsificare monete da esso battute in Avigliana, per salvarsi dalla pena venne a composizione col fisco nel 1405. I grossi danari aviglianesi, hanno adunque sul diritto lo scudo di Savoia, pendente, caricato dell'elmo, sormontato dal cimiero di Savoia a destra, tagliante in alto la leg- genda, in un contorno formato da sei lacci separati da due foglie con AMEDEVS ^ DEI § GRACIA ° COMES ; e sul rovescio la croce di San Maurizio accompa- gnata da quattro margherite a sei foglie, in un doppio contorno di mezzi cerchii e quattro angoli alternati- vamente acuti, accompagnati di otto punti aperti con + SABAVDIE ° IN ITALIA ° MARCHIO. Sopra i quarti di Quarto di grosso aviglianese di Amedeo Vili — gr. 1,54. grosso e sopra alcuni viennesi neri abbiamo invece sul diritto il motto FERI colla leggenda + AMED o COM * SABAVDIE e sul rovescio la croce semplice con + IN ITALIA * MARCHIO. LE ANTICHE ZECCHE DI SUSA E d'aVIGLIANA 609 Tutti i tipi riprodotti in questo modesto lavoro appartengono esclusivamente alla zecca di Susa e di Avigliana. Quanto poi ai primi danari battuti in Susa da Umberto II e da Amedeo III, dobbiamo ancora ricordare ch'essi sono complessivamente i Danari Palatini che si coniavano per ordine del principe in palatio principis e non altrove. Diffatti Carlo Magno con sua speciale ordinanza delibe- rava che Nullo alio loco moneta sit nisi in Palatio nostro, .... nullo alio loco moneta parcutiatur nisi ad Curtem, et UH Denari! Palatini mercentw et per omnia discurrant (Capitul. Reg. Frane. I, 433, 464). Ora noi sappiamo che in palatio Secusie risiedeva Ade- laide nel 1073 coi figli e nipoti, fra i quali Um- berto II (Chart. Ulc. Eccl.) e che in Palatio Secu- siensi stava nel 1234 Amedeo IV (Guichenon. Pretives, 66). Tutti i danari palatini poi s'attenevano per il tipo a quanto prescrisse Carlo il Calvo nel suo Edictum Pistense del 864, capit. XI e cioè che In Denariis novae nostrae monetae ex una parte Nomen Nostrum habeatur in gyro ex altera vera parte Nomen Civita tis, et in medio Crux habeatur. Conclu- dendo, le prime monete secusine, ed in seguito anche quelle di Avigliana, furono sempre battute nello stesso palazzo del loro signore, con maestri ed operai quasi sempre forestieri, o se della valle, estranei alla sede di zecca. Susa, Settembre igo8. Dott. Riccardo Adalgisio Marini. 6lO RICCARDO ADALGISIO MARINI BIBLIOGRAFIA NUMISMATICA DI SUSA E d'AvIGIJANA (0 PiNGON : Angusta Taurinorum, 1577. Bailly (Gasparo) : Tratte sur le renfort et le rabais des monnaies, in-4. Lyon, 1668. Argelati : De inonetis Italiae variorum illustrium virorum dissertationes, cinque volumi. Milano, 1730. Volume V. Zanetti : Nuova raccolta delle monete e zecche d'Italia. Bologna, 1775-89. Vernazza : Della moneta secusina. Torino, 1793. GuicHENON : Histoire généal. de la royale Maison de Savoie. Preuves. Lyon, 1660. Muratori : Aniiquit. ital. medii aevi. Milano, 1739. Perrin : Le monnayage en Savoie sous les princes de cette Maison. Cham- bery, 1872. Catalogue du Médaillier de Savoie. Chambery, 1883. Promis (Domenico) : Monete dei Reali di Savoia. Torino, 1841. Monete del Piemonte inedite o rare. Torino, 1852 e Supplemento, Tomo XXI, Misceli. Stor. Patria. Torino, 1866. Rabut (Francois) : i", 2'"^ j™"^ 4^ Notices sur quelques monnaies de Savoie inedites. Chambery, 1851-1860. Promis (Vincenzo) : Tavole sinottiche delle monete italiane. Torino, 1869. Bazzi e Santoni : Raccoglitore di monete italiane. Camerino, 1883, Blanchot (Adrien): Nouveau Manuel de Numismatique du Moyen-àge et moderne. Paris, 1890. Voi. I, Engel et Serrure : Tratta, de Numismatique du Moyen-àge. Parigi, 1891. Voi. II. R. A. M. (i) Accenno in questa breve bibliografia, soltanto alle opere prin- cipali che interessano la nostra zecca, tralasciando di proposito la cita- zione di tutte quell'altre che per il nostro lavoro non furono di pronto ed utile giovamento. MEDAGLIA DEL CARDINALE DI QRANVELLE Presentiamo ai lettori la bella ed artistica medaglia del Cardinale di Granvelle, opera pregevole dell'ultimo periodo della rinascenza italiana, e aggiungiamo qualche sommaria notizia sui personaggi rappresentativi e sull'artista che la scolpi, incoraggiati a far ciò dall'illustre Direttore di questa Rivista. La medaglia è stata brevemente notata dall'Armand (i): ma alcuni maggiori schiarimenti non saranno superflui. Il Cardinale Antonio Perrenot di Granvelle, figlio di Ni- colò, primo ministro di Carlo V, fu — come si sa — uno dei più abili politici del secolo XVI. Prese parte alle Diete di Worms, di Ratisbona e al Concilio di Trento. A soli 23 anni fu fatto Vescovo di Arras, poi Arcivescovo di Melines, e (l) Médailleurs lìaliens. Voi. I, pag. 265 (Paris, E. Plon, 1883). PIETRO BROCCOLI finalmente — nel 1561 — sotto il pontificato di Pio IV, Car- dinale. A 32 anni d'età subentrò al padre nella dignità di Consigliere di Stato, e fu custode dei sigilli dell'Impero. Go- dette la fiducia di Filippo II, succeduto al padre Carlo V, e i trattati di Passau e di Castel Cambrese nel 1559, sono opera sua. Nel 1571 all'incirca, per le crescenti invasioni del Turco, e dopo la presa di Cipro, con la caduta e gli eccidii di Ni- cosia e Famagosta, porgendo orecchio alle istanze di Pio V, i principi cristiani si persuasero di dover stringere una lega contro il Turco. Filippo II incaricò il Cardinale di Granvelle per le trat- tative. Gli dette per aggiunti il Cardinale Pacheco e Gio- vanni Zurriga, e tutti e tre conchiusero felicemente l'accordo (che fu ratificato in un Concistoro a Roma il 25 maggio 1571), con grandissima soddisfazione del Re di Spagna, del Papa e della Repubblica Veneta (1). Avendo il Cardinale di Granvelle maggiormente contri- buito a questo successo, il Re di Spagna lo ricompensò con- ferendogli il Vice-Reame di Napoli, che di Granvelle accettò, facendo nell'aprile del 157 1 il solenne ingresso nella capitale. Pio V — succeduto al suo omonimo IV — lo nominò Legato Apostolico di Napoli. Don Giovanni d'Austria, fratello naturale del Re di Spagna, venne creato dai Legati generalissimo di tutta l'ar- mata, ed ebbe per consiglieri Giannandrea D'Oria e Luigi Requenses. La flotta della Santa Sede era capitanata da Marco An- tonio Colonna e la veneta da Barbarigo (2). Erano dell'armata il Principe di Parma, Andrea Provana, Sebastiano Veniero e molti altri guerrieri già distintisi in precedenti e segnalate imprese. Granvelle ricevette solennemente a Napoli, con gli altri capi e generali, Don Giovanni d'Austria, qui prit de sa main (i) Mémoires du Card, de Granvelle, par un Religieux Bénédetin de la Congrégation de Saint Vanne — à Paris — chee Guillaume Dupres, lyS} (Tome II, Chapitre III, pag. 106). (2) Henrion : Storia Universale delta Chiesa (voi. IX, a. 1571, pag. 29). MEbAGLlA DEL CARDINALE DI GRANVELLE 613 l'étendard de l'Eglise et le bàion de General que lui avoit envoyé le Pape Pie F{i). E qui fermiamoci, ricordando solo che la famosa batta- glia di Lepanto — con la vittoria degli alleati — segui il 7 ottobre 157 1. La nostra medaglia rappresenta precisamente la solenne consegna dello stendardo, fatidico talismano della gran vit- toria. Essa è di una fattura superbamente classica, tanto nel busto del Cardinale, quanto nella rappresentazione della consegna del vessillo. Tutti i piani sono veramente studiati e perfettamente giusti. La prospettiva è curata al massimo grado, ed il gruppo è di una grandiosa impressione e di un effetto più che mai pittorico, rilevando l'eccellenza dell'artista che la modellò. Essa è di centim. 43 di diametro, e di gr. 35,500 di peso. Si presenta con un orlo alquanto basso e con un cerchio all'esterno di perline tanto al diritto quanto al rovescio. Al diritto, all'intorno, vi è la leggenda: ANT • S • R • E ■ PBR • CARD • GRANVELLLANVS, cioè: Antonius Sanctae Ro- manae Ecclesiae Presbyter Cardinalis Granvellamis. Nell'area si vede, a buon rilievo, il busto a destra del Cardinale An- tonio Perrenot di Granvelle, a testa nuda, con affluente barba, portante sulle spalle la mozzetta coi relativo cap- puccio. Sotto al busto, a piccoli caratteri, vi è il nome del- l'artefice che eseguì il conio, cioè : 10 • v ■ melon: f • Joannes Vincentius Melon fecit. Il rovescio presenta un gruppo veramente artistico e grandioso. A destra vedesi, su due gradini, un altare di base quadrata, a tempietto, dalle colonne tortili, dal tetto piano, sormontato da una piccola croce. Poggia, sulla mensa, il ta- bernacolo, pure a tempietto, di base quadrata, con cupola e croce. Il paliotto porta lo stemma del Cardinale, e sopra lo stemma è sovrapposto il cappello cardinalizio. Sul piano da- vanti, e sul primo ed ampio gradino, vediamo seduto sul faldistorio il Cardinale coi paramenti pontificali, cioè piviale e mitria in capo, che tiene con la mano destra il vessillo svo- (i) Mémoires du Card, de Granvelle (Tome II, Chapitre III, pag. 107). 6l4 PIETRO BROCCOLI lazzante, su cui, nella parte più larga, è rappresentato Cristo in croce. L'asta dello stendardo termina con una crocettina. Il pavimento è ricoperto da un tappeto sul quale vi è un cuscino che accoglie genuflesso, nel superbo ed elegante costume dell'epoca, Don Giovanni d'Austria, in atto di pren- dere con nobile posa, con la destra lo stendardo che il Car- dinale gli porge, mentre poggia la mano sinistra sull'elsa della spada. Alle spalle del glorioso vincitore di Lepanto, si scorgono tre nobili principi, che probabilmente raffigurano i valorosi capitani Marco Antonio Colonna, Barbarigo e D'Oria. Dietro di essi, e vicino al cerchio di perline appare la figura di un altro guerriero, che potrebbe rappresentare il Veniero. E al di là dell'altare fanno capolino un cardinale, un prelato ed un nobile, e non è azzardata 1' ipotesi che nelle tre figure dovessero ravvisarsi il Cardinale Pacheco, Giovanni Zurriga e forse il principe di Parma. I gruppi del secondo piano sono contornati da una fitta selva di alabardieri. Nello sfondo poi vedonsi delle arcate con pilastri, che danno l' idea di una navata di un tempio, e sopra l'archi- trave, e precisamente nel posto del fregio, vi sta scritto — fra due punti — il motto • IN HOC VINCES • Ed ora qualche cenno sull'eccellente artista che modellò la medaglia, firmandola • io • v • melon : f • Veramente gli storiografi non sono d'accordo riguardo all'epoca in cui dimorò a Roma l'artista, o se questi si chia- masse di cognome precisamente Melon, asserendo il Nagler ('), che Giovanni di Melon (o di Milan) si chiama un medaglista che lavorò in Roma dal 1573 al 1580 (secondo l'Armand dal 157 1 al 1579) e aggiungendo che la parola Milan indica trattarsi di un milanese, e perciò il cognome doversi desu- mere dalla V. (i) Die Monogrammaien, fortgesetet von D. A. Andressen et C. Clauss. Mùnchen und Leipzig. G. Hirth's l^erlag (s. a.). Voi. IV, pag. 79, n. 222. MEDAGLIA DEL CARDINALE DI GRANVKLLE 615 Passiamo in breve rassegna, per una certa analogia, alcune altre medaglie dello stesso artista. Il KoHLER (XII, pag. 337) descrive una medaglia per l'ingresso di Don Giovanni d'Austria in Tunisi, e l'attribuisce a /. V. Me loti. Sopra altra medaglia, col busto del Cardinale Alessandro Farnese, e con la facciata della chiesa dei Gesuiti in Roma, sta scritto Jo. V. Milan f. e fecit anno doni. ijyj. Una grande e bella medaglia, che il Venuti vuole del 1579, e che reca l'immagine di Gregorio XIII, ha sotto il braccio del Papa la firma Jo. V. Milan, e, nel verso, è rap- presentata la Giustizia sul trono, e la Pace con la cornu- copia. Siamo piuttosto proclivi a convenire con l'Armand nello stabilire che l'artista lavorasse in Roma dal 1571 al 1579, per il fatto che incise una serie di medaglie illustranti il so- lenne avvenimento della consegna dello stendardo. E se si considera che la battaglia di Lepanto avvenne il 7 ottobre 157 1, e che la consegna precedette la battaglia, si vede fa- cilmente come l'opinione nostra possa avere fondamento di verità. Non concordiamo col Nagler, e crediamo arbitraria la sua asserzione, che il cognome dell'artefice sia indicato dalla lettera V., perchè il Nagler ha conosciuto ben poche opere del nostro medaglista, in confronto dell'Armand ; ma tuttavia abbastanza per poter rilevare le due forme della segnatura di lui, cioè : Melon e Milan. Crediamo che la V indichi l' iniziale del nome Vincenzo, comunissima abbreviazione di Giovanni Vincenzo, in Italia assai frequente fino al principio del secolo XIX, a guisa di tanti altri nomi doppi ricordanti dei Santi largamente vene- rati fra il popolo. Quindi ci persuadiamo che l'artista sia italiano, tanto più che la maniera dell'arte, lo stile della com- posizione e la vigorosa e morbida esecuzione della medaglia hanno tutti i caratteri del periodo della rinascenza. La vittoria di Lepanto dette la stura ad un seguito di medaglie eseguite dallo stesso artista, e l'Armand ne de- scrive altre, qualcuna delle quali presenta delle varianti nella forma della segnatura. 6l6 PIETRO BROCCOLI Una prima, nel diritto e nel rovescio è uguale a quella descritta, ma di soli cm. 32 di diametro. Una seconda, di cm. 43 di diametro ha, al diritto, la leggenda ANT • S • R E ■ PBR • CARD • GRANVELLANVS e col busto, a sinistra, del Cardinale di Granvelle con la mezzetta. Sotto al busto, in piccoli caratteri, melon f • A rovescio il motto • IN • HOC • VINCES ■ e nel centro la stessa scena delle due precedenti medaglie, cioè la consegna del vessillo a Don Giovanni d'Austria. E finalmente una terza, di cm. 43 di diametro, avente il diritto uguale alla seconda, ha invece nel rovescio il motto DVRATE, e riproduce la nave di Enea sbattuta dalla tempesta. Non dobbiamo dimenticare — e il soggetto esige la presente conclusione • — che, per la vittoria di Lepanto^ si fecero ovunque grandissime feste e che in Venezia furono battute alcune monete con la scritta : Anno magnae navalis victoriae Dei grafia cantra Turchas. Gatieo, agosto j^oS. Pietro Broccoli. RELAZIONE della Commissione nominata dalla Società Nu- mismatica italiana per studiare lo schema unico migliore di ordinamento dei Meda- glieri per il Risorgimento nazionale. In una seduta del Congresso per la storia del Risorgi- mento, tenutosi l'anno 1906 a Milano, il Congresso votò il seguente ordine del giorno : // Congresso, udita la Relazione del doti. Cesare Clerici sui criteri da seguire nelP ordinamento dei Medaglieri del Risorgimento, e la discussione seguita coi proff. Ricci e Ro- mano, confida che la Società Numismatica italiana nomini una Commissione che studii nella sua pratica attuazione la proposta, e presenti uno schema unico da adottare in tutti i Medaglieri esistenti presso i Musei del Risorgimento- La Commissione nelle sue sedute d) delineò tosto a tratti grandi e sicuri il campo a lei prescritto, e discusse vivamente i termini e le divisioni da adottare. (i) La Commissione si riunì per le sedute nel salone della Società Numismatica italiana alla Rocchetta del Castello Sforzesco. Officiato l'ass. comm. avv. Bassano Gabba, quale Presidente della Commissione del Museo del Risorgimento, a presiedere alle discussioni e ai lavori, si scusò in modo gentile di non poter accettare per le sue molteplici occupazioni. In sua vece accettò l' incarico, e intervenne in rappresen- tanza della Presidenza del Museo del Risorgimento il suo Direttore, cav. dott. Lodovico Corio, che alternò la presidenza col dott. Luigi Ratti, consigliere di presidenza del Museo precitato. Furono aggregati, e accettarono, il cav. uff. Ercole Gnecchi, in rappresentanza della So- cietà Numismatica italiana, e il signor Carlo Stefano Johnson, pel me- dagliere Johnson del Risorgimento italiano, in rappresentanza dei col- lezionisti privati delle medaglie del Risorgimento nazionale. Il prof. dott. Serafino Ricci, rappresentante il .Medagliere nazionale di Brera e il Circolo Numismatico milanese, come autore della proposta della Com- missione al Congresso precedente di Milano, nell'anno 1906, venne in- caricato della Relazione, che qui sopra si legge. 6l8 SERAFINO RICCI Innanzitutto volle distinguere il Medagliere del Risorgi- mento di un piccolo centro municipale, che corrisponde alle esigenze speciali del luogo, dal medagliere tipico di una colle- zione governativa o municipale ampia, grandiosa, che vada completandosi e possa, in un certo numero di anni, raggiun- gere una relativa completezza. La Commissione non si oc- cupò che di questa ultima serie. Rilevò la necessità di divi- dere bene il periodo dei moti e delle cospirazioni, che segna la preparazione diretta alla guerra per l'indipendenza, da quella precedente preparatoria, non solo dal principio del secolo, ma fin dal trattato d'Aquisgrana. Trovò che occorre poi ben divi- dere la parte retrospettiva da quella contemporanea, affinchè non si confonda nella coscienza del popolo la commemorazione di un fatto del tempo da quella postuma degli anniversari, dei centenari e simili, e credette opportuno aggiungere, come in appendice, una serie speciale per tutto quel movimento intellettuale ed economico che dal 1870 andò vie più cre- scendo e rinforzandosi, e che costituisce un secondo Risor- gimento propriamente detto, che ha le radici nel passato e si ramificherà nell'avvenire. Lo schema del dott. Cesare Clerici si presentava quindi lodevolissimo come primo tentativo, non solo limitato alla parola, ma corroborato dai fatti, cioè dall'esempio, pure lo- devolissimo, della mostra sistematica presentata, in collabora- zione col padre suo ing. Carlo Clerici, ma non adatto come schema unico per due ragioni sostanziali. La prima, che si estendeva agli autografi, a tutti quei documenti grafici e iconografici che completano la narrazione dei fatti per mezzo delle monete e delle medaglie, e questo particolare altera le proporzioni e le suddivisioni dello schema stesso. La seconda ragione sta nel fatto, inevitabile per sé stesso, che lo schema Clerici era quello della collezione Clerici, ed era quindi di- sposto con criteri d'opportunità, i quali non ppssono corrispon- dere allo schema unico di un grande museo nazionale, che non ha serie speciali da mettere in luce, mentre è suscettibile di ogni ingrandimento e perfezionamento possibile. La Commissione ha riconosciuto di poter seguire quasi fedelmente il Clerici nella parte che si riferisce alle cospi- razioni e ai moti italiani, perchè s' impernia su un buon studio RELAZIONE DELLA COMMISS. PER l'ORDIN. DEI MEDAGLIERI 619 delle medaglie del Risorgimento in omaggio a quelli prece- denti di Camozzi-Vertova e di Nicomede Bianchi ; ma ha trovato che, per desiderio di ampliare alcune serie, che ormai fanno parte a sé, lo schema Clerici si presenta al- quanto disgregato e sproporzionato, specialmente per quel che riguarda le Case dominanti in Italia e la serie della Ri- voluzione francese e napoleonica. Perciò ha creduto, invece, di raggruppare questa serie in una seconda parte retrospet- tiva, e per quella sola parte nella quale le nazioni estere ebbero rapporti diretti con l' Italia. D'altra parte, siccome lo schema Clerici include fatti e persone che appartengono alla vita moderna, si è trovato che questo, se è utile per allargare le serie di medaglie, non può essere consentito nel concetto chiaro e preciso del Ri- sorgimento nazionale ; mentre invece è degno di nota in un capitolo a parte, riunendo quelle medaglie che costituiscono la serie moderna e possono formare la parte terza. La Commissione poi fu d'accordo col Clerici circa il termine di partenza, che non può più essere del 1815 e neanche il 1789, ma il 1748, cioè l'anno del trattato di Aquisgrana, includendo così il periodo dei Principi riforma- tori, che influirono sul Risorgimento italiano, come ben disse il dott. Clerici. Questo termine più arretrato, ma non meno importante, fu rilevato utile anche dal prof Romano, in se- duta, come quello che, esteso e approfondito " potrebbe " portare un cambiamento assai largo in tutti i criteri che " riguardano i cimeli in genere del nostro Risorgimento " nazionale „. Non è del resto termine nuovo, poiché già da una die- cina d'anni è adottato anche nell' insegnamento della storia nelle scuole, ma per noi ha il merito di essere adattato per la prima volta, dopo la raccolta Camozzi, a una collezione di medaglie, e di essere stato esteso anche agli autografi e cimeli in genere nel saggio sistematico esposto a Milano. Se non che, non è possibile pretendere che un medagliere del Risorgimento, perchè include Casa Savoia o il Papato, debba distendere, perciò solo, tutta la serie medaglistica di Casa Savoia dagli inizi, o tutta la serie Pontificia, come nel Catalogo Clerici, da Clemente XII (cioè dal 1730) in poi. E 620 SERAFINO RICCI come sarebbe più opportuno iniziare Casa Savoia con Ema- nuele Filiberto anziché col 1740, e il Papato anzi con Giulio II e Leone X, perchè davvero costoro promossero il nostro Risorgimento intellettuale, che doveva preparare quello po- litico, così sarebbe inopportuno iniziare dal 1740 la serie ve- neta, per es., che non può farsi viva se non con il Renier e col Manin. Si intende quindi che il termine 1748 sia adot- tato pei Principi riformatori, mentre pel resto sia adottato il termine che meglio corrisponda al vero periodo preparatorio del Risorgimento nazionale. Così, sfrondando qua e là le serie medaglistiche, esclu- dendo quelle che sono già considerate a parte, come quella di Casa Savoia e quella napoleonica, se ne include solo quella parte dell'una e dell'altra ch'ebbe rapporti diretti col nostro Risorgimento. Umberto I e Vittorio Emanuele III, per es., inclusi nello schema Clerici, appartengono ormai all'Italia libera ed una, non all'Italia che si divincola dalle strette dello straniero. Il capitolo della reazione austro-russa appartiene più alla storia delia Reazione, che non a quella del Risorgimento, le medaglie religiose e quelle dedicate alle singole persone, quando queste non siano strettamente legate alla storia del Risorgimento, devono essere parimenti escluse, come dovrebbe esserne esclusa la parte estera complemen- tare, che distrarrebbe la nostra attenzione e sposterebbe il centro d'osservazione, alterando il carattere nazionale del medagliere tipico del nostro Risorgimento. Anche quella multiforme, vigorosa, incalzante operosità italiana, che mostrava a tutti, e soprattutto allo straniero, che non eravamo terra dei morti, come volevano benevolmente farci credere gli altri, sia divisa in due grandi parti e non si confonda con le commemorazioni, coi centenari, con gli anniversari e con tutte quelle medaglie ricordanti scoperte, istituzioni, progetti, benemerenze, che dal 1870 risposero al vigoroso slancio dell'Italia libera e indipendente, che guarda con fidente coraggio in faccia alle altre nazioni. La Commissione, quindi, della Società Numismatica ita- liana presenta lo schema che le pare più adatto ad essere tipico; ben lieta, del resto, se la Società Storica del Risorgi- mento, oggi ormai costituita ne' suoi vitali elementi, troverà RELAZIONE DELLA COMMISS. PER l.'oRDLM. DEI MEDAGLIERI 62I di fare di più e di far meglio. Uno schema non è, né può essere, un medagliere completo ; non può che accennare a grandi, sicuri tratti la via da percorrere. Si dice che uno studioso competente (al quale non mancano né mezzi, né tempo), stia formando una collezione completa delle meda- glie del Risorgimento italiano ; com'egli si varrà certo di quello che dal Clerici e da noi è stato fatto dopo l'ardito tentativo Camozzi, così noi ci varremo dell'opera sua, se pel 191 1 a Torino, o a Roma egli ci potrà presentare il meda- gliere perfetto. Quod est in votis ! Ora, la Commissione finisce il suo modesto compito, raccomandando agli eventuali raccoglitori, specie nei musei pubblici, stipi a vetrine alte e ampie, che contengano non solo molte medaglie, ma molte targhette e abbondanti car- tellini dichiarativi, affinchè specialmente il gran pubblico possa abbracciare con lo sguardo e con la mente i vari periodi e sottoperiodi, e formarsi un concetto chiaro del procedere degli avvenimenti, meglio che non farebbe leggendo un gran prospetto storico, o vari volumi di storia narrata. E così, oltre la storia del Risorgimento, potrà abbrac- ciare in un gran quadro anche la storia della medaglistica moderna, in tutto quel periodo di lotta fra classici e roman- tici, che caratterizza anche nelle lettere e nelle arti maggiori tre quarti del secolo XIX. Lodovico Corio — Luigi Ratti — Ercole Gnecchi Carlo Stefano Johnson — Serafino Ricci, relatore. CONCLUSIONE. Dalla Relazione della Commissione nominata dalla So- cietà Numismatica italiana risulta che Io schema tipico del medagliere del Risorgimento, pur oscillando in alcuni par- ticolari a seconda dei centri ove è istituito, e delle acciden- talità dipendenti dalle persone o dai fatti stessi, può deli- nearsi in questi limiti : 1.° Deve seguire lo svolgersi cronologico dei fatti sto- rici nei vari periodi delle battaglie dell'indipendenza ; 2.° La prima parte e più importante del medagliere dev'essere costituita dalle serie di medaglie che ricordano 79 622 SERAFINO RICCI fatti relativi .a cospirazioni, moti, insurrezioni, battaglie del- l'indipendenza. — Si può discutere se le medaglie comme- morative, coniate posteriormente, debbano allinearsi sùbito dopo i fatti o i personaggi, autori dei fatti. La Commissione è d'avviso che, pei medaglieri popolari, sia molto più efficace ed utile questo ordinamento, mentre per un grande meda- gliere modello (e in Italia dovrebbe esservene uno in ogni grande città), per un medagliere che deve servire agli stu- .diosi, e deve quindi avere un riordinamento sistematico, la Commissione crede sia preferibile la divisione in una parte di medaglie contemporanee ai fatti e in un'altra retrospet- tiva, commemorante i fatti. 3.° Deve concedere larga parte al periodo prepara- torio del Risorgimento nazionale, includendo quello dei Prin- cipi riformatori, e risalendo quindi al 1748. In questa se- conda grande parte vi devono essere due suddivisioni distinte : a) la serie delle medaglie che riguardano le Case dominanti in rapporto con l' Italia ; b) la serie delle medaglie che ri- cordano congressi, centenari, benemerenze, scoperte e mezzi di comunicazione. 4.° La serie moderna delle medaglie, in quanto può commemorare i fatti dell'indipendenza e incitare gli animi all'amore per la patria, al ricordo delle glorie passate e alla riconoscenza verso i fautori della nostra indipendenza, non deve essere trascurata; né d'altra parte, dev'essere confusa con quella contemporanea alle persone ed ai fatti, oppure con quella retrospettiva fino al 1870, ma dev'essere ordinata ed esposta in appendice a parte in una terza serie, quella del secondo Risorgimento italiano, che dal 1870 va fino ad oggi, e che non si chiuderà mai, quella dell'ordinamento e del progresso civile degli Italiani (0. Serafino Ricci. (i) Alla Relazione dovrebbero seguire i prospetti proposti dalla Com- missione e presentati al Congresso di Torino per la storia del Risor- gimento italiano, i quali saranno inseriti negli Aiti del Congresso stesso, pubblicati nella Rivista della Società nazionale per la storia del Risor- gimento italiano, diretta dal prof. Beniamino Manzone, edita dai Fra- telli Bocca, col titolo : Il Risorgimento italiano. VARIETÀ La medaglia d'oro a Luigi Pigorini e le onoranze al grande paletnologo e numismatico a Parma. — 11 giorno 26 ottobre scorso furono tributate a Parma, nell'Aula Magna di quell'Università, onoranze solenni al principe dei paletnologi italiani, al comm. prof. Luigi Pigorini, ordinario di paletnologia alla R. Università di Roma, direttore dei RR. Musei Preistorico, Etnografico e Kircheriano, e bene- merito Presidente della Scuola superiore italiana di archeo- logia in Roma. Essendo stato il Pigorini nel suo primo decennio di car- riera dei musei anche un valente studioso di monete e di sigilli, e il primo a studiare specialmente le zecche di Bor- gotaro, di Bardi, di Compiano e di Soragna, era opportuno onorarlo anche come numismatico. A portare il saluto del Medagliere di Brera e della Società Numismatica italiana si recò lo scrivente, che si onora di essere stato discepolo del grande maestro durante il suo alunnato alla Scuola supe- riore di archeologia in Roma. Il sen. Giovanni Mariotti, Pre- sidente del Comitato ordinatore delle onoranze a Luigi Pi- gorini, consegnò con nobilissime e affettuose parole un esemplare nei tre metalli della medaglia coniata in onore del Pigorini, opera artistica dello Stabilimento Johnson, di cui fu donato pure un esemplare in bronzo al Medagliere braidense, come ricordo delle onoranze. La medaglia reca sul diritto l'effigie del Pigorini in gran rilievo, tratto dal modello dello scultore Egidio Boninsegna, ed inciso con molta cura dal cav. Angelo Cappuccio ; sul rovescio reca un'epigrafe dedicatoria. Eccone la descrizione, con la riproduzione del diritto in grandezza naturale: 624 VARIETÀ Diam. mill. 64. B' — Busto di Luigi Pigorini di tre quarti a destra, A si- nistra del busto, in basso, all'orlo: Johnsok, e sotto E B (in nesso : Egidio Boninsegna) MOD{ellò). A C (in nesso : Angelo Cappuccio) Kciise). I^ — Nel campo, epigrafe in nove righe, come segue A LVIGI PIGORINI PRINCIPE DE' PALETNOLOGI ITALIANI NEL CINQVANTESIMO ANNIVERSARIO DEL SVO INGRESSO NEGLI ISTITVTI ARCHEOLOGICI DISCEPOLI E AMICI MDCCCLVIII MCMVIII La testa caratteristica dello scienziato, somigliante e resa ancor più plastica dal tocco dell'arte, è di evidenza scultoria e fa un'impressione indimenticabile. Al banchetto, offerto la sera alla Croce Bianca al vene- VARIETÀ 625 rando professore dalla Deputazione provinciale e dalla Giunta municipale in onore di uno dei figli prediletti di Parma, che vide crescere il Pigorini nell'amore alla scienza e laurearsi nelle sue aule universitarie, lo scrivente brindò, ricordando, i meriti di lui come uorfio e come numismatico con queste parole : " Non ho voluto stamane turbare la serie dei discorsi ufficiali col parlare, e perchè la prima parola di plauso do- veva essere rivolta dai paletnologi al collega illustre, e perchè delle benemerenze numismatiche del Pigorini fece opportuno cenno il nostro esimio sen. Mariotti. " Ma mi permetta ora, mio grande e amato maestro, che al plauso generale unisca inter pociila anche il mio, non tanto come rappresentante del Museo Numismatico di Brera e della Società Numismatica italiana, quanto come uno dei suoi antichi alunni della Scuola italiana d'archeologia, uno dei suoi più sinceri e devoti ammiratori ed amici, e non du- bito che anche qui non le torni meno gradita dei discorsi ufficiali la mia parola, meno fervido il mio augurio di bene. " Il sen. Mariotti trovò le lettere di Michele Lopez, il Suo predecessore nella direzione del Museo di Parma, e ne rievocò stamane, con quella gentilezza d'animo che è tutta sua, la nobile figura dello scienziato mecenate; ma io ho tro- vato la risposta del Pigorini, nella sua prima lettera diretta al Lopez, precisamente il 17 novembre t868, a proposito del l'illustrazione del sigillo dell'arciprete Lusardi di Bedonia : " La collezione dei sigilli del patrio Museo, è, può dirsi, tutta opera Sua, scrive il Pigorini, epperò l'illustrazione di essa deve uscire fregiata del Suo nome. " Oltre a ciò mi corre sempre il rigoroso dovere di at- testare pubblicamente, ad ogni volta che ne ho l'occasione, quanta gratitudine io Le professi per l' infinito amore onde Ella mi fu largo, e coll'educarmi nella prima gioventù agli studi antiquari, e col procacciarmi dal Governo la direzione del Museo Parmense (da lei per tant'anni onorevolmente tenuta), non appena Le sembrò che fossi in grado di succe- derle, e di conservare col fatto mio la dignità dell' Istituto. Interpreti Ella dunque colla maggior possibile benevolenza tutto quanto di affettuoso vorrebbe l'animo esprimerle, e 626 VARIETÀ della povertà dell'opera che Le dedico mi sia scusa quel forte buon volere che Le piacque sempre in me commendare „. " Ho trovato dunque in questa lettera la pubblica at- testazione del discepolo riconoscente e devoto, che ci pre- senta il Pigorini, quale è oggi " umile in tanta gloria „, quale era all'adunanza solenne in suo onore, nella quale quasi voleva scagionarsi dell'onore conferitogli e mostrarlo immeritato, perchè nella sua severa, onesta figura di lavo- ratore e di galantuomo, gli pareva che l'aver fatto costan- temente il suo dovere non dovesse meritargli alcun onore speciale. Così scriveva Luigi Pigorini sei anni dopo il suo primo lavoro di numismatica, che è ancor oggi il termine di partenza per lo studio delle zecche dell'Emilia (i). " All'illustrazione del sigillo Lusardi il Pigorini allora fece seguire quella dei due sigilli della Comunità di Parma e del sigillo dei Merciai di Parma col Ponte della Pietra, del sigillo Sanvitale e del medaglione di Giulia Barattieri- Bajardi (2); ma la sua attività numismatica non si fermò alla sfragistica, poiché abbracciò tutto il campo della numi- smatica antica, medioevale e moderna, non limitarldosi solo a illustrazioni di singole zecche o monete, ma affrontando i problemi più ardui della, numismatica. " Così al primo lavoretto del 1863 e all'appendice del 1864 (3) fece seguire altri di maggior mole, e in quello sulle baiocchelle papali e loro contraffazioni assurse alle considera- zioni sulle contraffazioni, che ancora oggi servono di discussione in quell'importante argomento; e nel lavoro sull'ars signatum intuì lo stretto anello di congiunzione fra la numismatica e la paletnologia, nell'attribuire Vaes signatum al periodo di mezzo della civiltà di Marzabotto e di Servirola, non essen- (i) Ved. Periodico di Numismatica e Sfragistica per la Storia d'Italia di Carlo Strozzi, voi. 1, 1868, pag. 187 e segg. (2) Ved. Periodico cit., voi. Il (1869) pag. 175 e segg. e pag. 300; III, pag. 173 e segg.; IV, pag. 15 e segg. (3) Ved. Luigi Pigorini : Memorie storico-numismatiche di Borgo- taro, Bardi t Compiano. Parma, 1863; Id. : Monete e medaglie de' Landi di Valditaro in Rwista della uum. antica e moderna dell'Olivieri, voi. I, pag. 158 e segg. VARIETÀ 627 dosi trovato a Villanova, ed essendosi rintracciato invece Vaes grave alla Certosa (O. " E se la famiglia numismatica italiana non può dolersi che Luigi Pigorini l'abbia abbandonata per cogliere allori in un altro campo non meno fecondo di studi e di ritrova- menti, oggi però proclama il nome di Luigi Pigorini come uno dei più apprezzati e serii numismatici italiani, che, nel decennio in cui coltivò le nostre discipline, stampava orma vasta orma e lasciava segno imperituro del suo valore Solo ha l'orgoglio in questo giorno di dire che quel de cennio di studi numismatici non fu perduto per Luigi Pigo rini. Pur abbandonati gli studi numismatici, rimasero nel Pigo rini 1 caratteri fondamentali del metodo rigorosamente scien tifico, della ricerca delle prove di fatto, della completezza ed esattezza della analisi, delia lucidità di distinzione e di esposizione nei particolari e nell'assieme, che costituiscono ancora oggi i pregi più salienti delle sue pubblicazioni e del suo insegnamento. E in questo Luigi Pigorini rimase il Pi- gorini numismatico, o signori, e non prese né da Gastaldi, né da Stròbel, né da Clerici; egli è autentico, quello che era prima di dedicarsi alla paletnologia! " E se mi permettono che dalla scienza passi all'arte, concluderò col dire che Luigi Pigorini mi sembra nella scienza ciò che riuscirono nell' arte quei pittori e quelli scultori del Quattrocento e del Cinquecento, che prima furono orefici e miniatori, come il Caradosso, il Cellini, il Francia, ed altri ben noti, i quali portarono poi nelle loro opere d'arte quell'esattezza, quella minuziosità in tutti i particolari degli sfondi architettonici, delle vesti, degli ornamenti, che il Pigo- rini numismatico portò nella ricerca e nell'illustrazione delle questioni paletnologiche, archeologiche e storiche „. Serafino Ricci. (i) Per le baiocchelk papali, ved. Periodico di Num. e Sfrag, citato, V (1873), pag. 148 e segg. ; per Vaes signatum nella provincia di Parma, VI (1874), pag. 219 e segg. 628 VARIETÀ La Medaglistica di San Carlo. — Per iniziativa del comm. dott. Achille Ratti, prefetto dell'Ambrosiana e dei fratelli comm, Francesco ed Ercole Gnecchi, il periodico San Carlo Borromeo nel Terzo Centenario della Canoniz- zazione (MDCX-MCMX), che si pubblica in Milano e che vide la luce, nel suo bel primo fascicolo, il novembre scorso, contiene anche la descrizione delle medaglie a lui dedicate. I fratelli Gnecchi hanno messo a disposizione le loro, il si- gnor Carlo Stefano Johnson ne raccolse un bel numero e le donò alla Biblioteca Ambrosiana, affinchè giovassero al- l' illustrazione, e il prof. Serafino Ricci, direttore del Meda- gliere nazionale di Milano, cedette al medesimo fine il con- tributo delle medaglie di San Carlo esistenti a Brera e non contenute nelle raccolte Gnecchi e Johnson. Potè poi pro- curarsi il calco di una medaglia, forse l'unica incisa durante la vita del Santo, di cui l'originale sta nel Medagliere im- periale di Vienna, opera del nostro medaglista milanese Gio- vanni Antonio Rossi, che sarà prossimamente illustrata nel periodico sopraccitato. I fratelli Gnecchi poi cureranno l'inser- zione di tutta l'illustrazione medaglistica di San Carlo nella Rivista, a pubblicazione finita del periodico, cioè in occasione del Terzo Centenario della Canonizzazione del Santo. La Numismatica e le sue raccolte al Congresso degli Scienziati a Firenze. — Nella sezione Vili di questo importante Congresso, tenutosi lo scorso' ottobre a Firenze, sezione presieduta dall' illustre comm. prof. Luigi Adriano Milani che trattava archeologia e paletnologia, fu accolta ed approvata la Relazione del prof. Ricci, che, a nome del Me- dagliere di Brera e nell' interesse delle collezioni numisma- tiche italiane, dimostrò la necessità di coordinare le varie collezioni nei pubblici Medaglieri, completandole a vicenda, agevolandone l' incremento coi cambi e con la vendita dei duplicati, e affrettando la pubblicazione dei relativi cataloghi scientifici. Nello svolgersi della discussione apparve chiara la ne- cessità di qualche direzione numismatica in Italia, che pre- sieda e coordini tutto il movimento scientifico nelle nostre discipline, la opportunità di qualche pubblico insegnamento VARIETÀ 629 universitario di numismatica, specialmente per preparare degli ispettori e dei direttori numismatici competenti, e l'ur- genza di nominare una Commissione superiore centrale di numismatica, anche nel seno stesso di quella già esistente di archeologia e belle arti, rinvigorita con qualche altro ele- mento di speciale competenza numismatica. La Sezione, dopo vivace e interessante trattazione dell'argomento sotto tutti gli aspetti , accolse la pratica proposta del Vice-Presidente, comm. prof. Pigorini, di delegare il Presidente prof. Milani, che fa già parte della Commissione superiore centrale di archeologia, in Roma, a presentare e sostenere i voti espressi dal Ricci e riconosciuti utili dall'assemblea al progresso degli studi numismatici in Italia e all'incremento delle collezioni numismatiche nei pubblici Medaglieri. La Società Numismatica italiana e la Rivista, che sem- pre combatterono per questo nobile fine, si augurano che i voti del Congresso di Firenze, che si tenne appunto pel pro- gresso della scienza italiana, siano esauditi, e che finalmente anche la numismatica, la quale tanta parte costituisce della nostra storia e della nostra arte, e di cui la tradizione ita- liana dura ininterrotta dal Petrarca al nostro Re Vittorio Emanuele III, entri e sia considerata una buona volta nel campo scientifico, non già come sussidio di studiosi o pas- sione di collezionisti dilettanti, ma come una delle principali scienze storiche, che va studiata e insegnata con metodo da chi ne è competente, non meno dell'archeologia e della storia dell'arte. Nuovi acquisti pel Museo Numismatico di Brera. — E lodevole il fatto che in mancanza di fondi ministeriali, la Cassa di Risparmio, su proposta del valente suo direttore, il dotto avv. Ettore Sacchi, abbia provveduto col dono di lire mille all'acquisto per le nostre pubbliche collezioni del rarissimo denaro d'argento del secolo XIII, della zecca di Alessandria, il terzo esemplare finora conosciuto e non mai presentato in vendita all'asta. Alessandria, fondata per impulso dei milanesi nel 1168, e così chiamata dal papa Alessandro III, ebbe zecca aperta 630 VARIETÀ per concessione di Federico dal 1197 al 1348. È quindi zecca già abbastanza rara per la brevità della sua durata ; pure sono abbastanza comuni il sesino con S. Pietro, e l'ossidio- nale battuta dal Caraglio per Carlo Emanuele III di Sardegna, durante il blocco del 1746. Riesce quindi veramente impor- tante che il Medagliere braidense, per l'atto munifico della Cassa di Risparmio, non si sia lasciato sfuggire il documento storico più importante della vita municipale di Alessandria, quando era ancora recente l'eco delia Lega Lombarda e della battaglia di Legnano. Col rimanente della somma si acquistò anche una meda- glia interessantissima degli Sforza, col ritratto di Francesco Sforza da un lato e del figlio Galeazzo dall'altro. La meda- glia in bronzo, molto ben conservata, porta la data del 1459, ed è opera del medaglista Gian Francesco Enzola, di Parma, che fiorì appunto nella seconda metà del Quattrocento, e che è conosciuto più comunemente sotto il titolo di Gianfrancesco Parmense. La doppia di Innocenzo IX al Museo Vaticano. — Fra i doni offerti a Pio X nell'anno corrente per la ricor- renza del suo giubileo sacerdotale va segnalata una moneta d'oro di Innocenzo IX, per Bologna, la quale nei trattati numismatici è registrata tra le più rare monete medioevali. Come è noto, i Sommi Pontefici per la loro esaltazione fa- cevano coniare, in pochissimi esemplari, e talora anche in uno solo, una speciale medaglia o moneta commemorativa. Questa di Innocenzo IX (Gian Antonio Facchinetti di Bo- logna), il quale morì dopo soli due mesi di pontificato, nel dicembre 1591, era l'unica che mancava in tale serie nel Medagliere Vaticano, ricchissimo. Fu trovata per caso nel 1892 da un parroco d'Acqui, nello scavare il terreno per l'erezione di una chiesa nuova. L'allora principe di Napoli, ora Vittorio Emanuele III, la fece richiedere per la sua col- lezione ; richiesta pure ne fece la città di Bologna ; l'auto- rità giudiziaria la fece sequestrare, e per deliberazione del- l'amministrazione parrocchiale fu ceduta al signor Giuseppe Gualandi, dal quale l'odierno vescovo di Acqui, mons. Disraa Marchese, la riscattò coU'obolo dei suoi diocesani per offrirla al S. Padre. VARIETÀ 631 Un esemplare di questa moneta esisteva già nel Museo Vaticano, e figurava nel vecchio catalogo ; ma scomparve con tutto il resto al tempo dell'occupazione francese nel 1797, e non fece più ritorno. La lacuna venne così felicemente colmata. La descrizione è la seguente : Sul diritto lo stemma del papa coU'epigrafe: INNOCEN- TIVS IX PONTIFEX MAXIMVS, ed al rovescio lo stemma di Bologna e quello del cardinale legato, governatore della città col solito motto : BONOMIA DOCET. Medaglia Papale. — È noto che ogni anno si conia nel Vaticano in oro, argento e bronzo una medaglia storica, detta medaglia del Pontificato, la quale illustra uno dei più insigni avvenimenti dell'anno precedente, e pel 29 giugno, festa dei SS. Pietro e Paolo, viene consegnata al Sommo Pontefice, il quale ne fa ampia distribuzione agli alti digni- tarii della Curia Romana. Quella di quest'anno, commemorativa dell'anno V del pontificato di Pio X, lavoro finissimo del cav. Bianchi, reca nel diritto l'effigie del S. Padre, rivestito di mezzetta e stola, sulla quale è ricamata l'imagine di S. Giovanni Crisostomo, per ricordare che in quest'anno ricorse il centenario di questo Santo Dottore, e gli furono tributate solenni onoranze. L'ef- figie del Papa ha all'ingiro l'epigrafe: PIVS • X • PONT • MAX • ANNO • V • Nel rovescio il S. Padre, vestito di mozzetta e stola, in piedi davanti alla cattedra di S. Pietro, indica colla sini- stra una pergamena su cui è scritto : PASCENDI, e tiene la destra distesa in alto di proclamare la condanna del mo- dernismo. Ai suoi piedi 1' idra dalle sette teste tenta di af- ferrare con le zanne la pergamena, mentre calpesta tre libri, sui quali si legge : Biblia, Traditio, Scholastica. Dinanzi al Papa stanno: l'Europa genuflessa, e dietro di essa l'Asia, l'America, l'Oceania e l'Africa. Al di sopra l'epigrafe : MO- DERNISMI • ERRORE • DAMNATO- e nell'esergo: VI • ID • SEPT • MCMVII, data dell'enciclica : Pasccndi, contro i modernisti. 632 VARIETÀ Istituzione del Premio Head per la Numismatica, — Nel 1906 venne aperta una sottoscrizione per un volume in onore del signor Head nell'occasione del suo ritiro dalla direzione del Museo Britannico. Il volume è ormai esaurito e al Comitato istituito all' uopo rimase un avanzo di circa L. 2,700. In seguito a voto unanime del Comitato, e all'approva- zione del signor Head, questa somma venne affidata all'Uni- versità di Oxford, quale primo nucleo di un fondo destinato all'incoraggiamento alla numismatica, mediante l'istituzione di un premio, che porterà il nome di Head, e che probabil- mente assumerà la forma di un dono in libri. Essendo desi- derabile che tale premio possa riuscire di una certa entità, il Comitato avvisa che si riceveranno volontieri offerte ad aumento del fondo, e che tali offerte dovranno essere in- viate al seguente indirizzo : To the Secretary of the Oxford University Appeal Fund, Victoria Street ■ Londra SW, oppure a G. E. Hill. Esq. British Museum, Londra. Il Circolo Numismatico milanese per la diffusione della coltura numismatica e storica in Italia. — Questa giovane associazione scientifica, che ebbe già gli incoraggia- menti del Ministero dell' Istruzione, del Comune, della So- cietà Numismatica italiana, che donò L. 100 (v. Bollettino di gennaio 1908) e della Cassa di Risparmio, che donò que- st'anno L. 300 (v. Bollettino di febbraio 1908), continua audace e costante nella sua propaganda numismatica, per quanto le concedono i mezzi finanziari ancora ristretti, di cui dispone. Domandò ed ottenne dall'Università Popolare un corso di lezioni, che sarà tenuto in primavera nell'Aula Magna del Liceo Beccaria dal suo Presidente, sul tema : Arte e storia nelle monete dell'antichità classica e pelle medaglie del Rina- scimento {con proiezioni). Inoltre il Circolo Numismatico, secondo i voti espressi ed approvati al Congresso che si tenne la primavera scorsa dall'associazione per l' incoraggiamento alla coltura classica Atene e Roma in Milano, sta preparando piccole collezioni VARIKTA 633 di monete romane consolari e imperiali, da donare agli alunni più distinti dei licei e degli istituti tecnici, a titolo di incorag- giamento nello studio della numismatica, e un atlante con prospetto delle monete più interessanti per la storia e per l'arte a sussidio dell'insegnamento della storia antica nelle scuole secondarie e superiori. Corsi di Numismatica e di Medaglistica approvati dal Ministero dell'Istruzione Pubblica. — Sono stati ap- provati dal Ministero per l'anno scolastico 1908-9 i seguenti Corsi universitari di Numismatica e di Medaglistica : I. — Alla R. Accademia Scientifico-Letteraria di Mi- lano pel libero docente di Antichità ed Epigrafie classiche, dott. Serafino Ricci: — Prolusione: Storia ed arte sulle mo- nete antiche. — Lezioni: Il sistema monetario antichissimo presso i Romani. — Conferenze : Le antichità greche spie- gate con le monete ; esercitazioni pratiche al Medagliere nazionale di Brera. IL — Alla R. Università di Pavia, pel libero docente di Numismatica e Medaglistica, prof. Serafino Ricci: — Pro- lusione : Le discipline numismatiche nel secolo scorso e ai nostri giorni. — Lezioni: La zecca di Pavia nell'antichità e nel Medio Evo. — Conferenze : L'arte nella medaglia mo- derna. III. — Alla R. Università di Padova pel libero docente in Sfragistica e Numismatica, dott. Luigi Rizzoli, su pro- gramma che non ci è stato ancora comunicato. Falsificazioni. — Crediamo utile avvisare i nostri Let- tori di tre altre falsificazioni di monete italiane, che ci sono recentemente capitate sott'occhio. Esse sono le seguenti: Milano — Gio. Gal. Maria Sforza, doppio testone d'oro (Gnecchi, n. 3) ; Savoia — Ludovico, scudo d'oro (Promis, tav. VII, i). Cuneo — Prova in rame del mezzo scudo ossidionale 1641. 634 VARIETÀ La " Rassegna Numismatica „ nel suo ultimo fasci- colo di novembre (anno V, n. 6) annuncia che col prossimo anno il periodico non si pubblicherà più a Orbetelio, ma a Roma. E bene che un periodico di numismatica veda la luce nella città eterna, e noi ben di cuore gli auguriamo annutn novum faustum felicem. La Direzione. Pel Corpus dei Medaglioni Romani. — Il sottoscritto, avendo ormai esaurite le ricerche nei pubblici Musei e nelle private collezioni che erano a sua conoscenza, prima di ve- nire alla distribuzione definitiva delle impronte per le tavole, fa un ultimo appello a quei raccoglitori a lui sconosciuti, che possedessero qualche pezzo non peranco comunicato, a vo- lergliene dare notizia, dichiarandosi fin d'ora ben ricono- scente a tutti coloro che vorranno così contribuire a rendere più completo il suo lavoro. Dev. Francesco Gnecchi Via Filodrammatici, 10 - Milano. COLLABORATORI DELLA RIVISTA NELL'ANNO 1908 Memorie e Dissertazioni. Agostini Agostino Babelon Ernest Bahrfeldt Max Blanchet Adrien Bordeaux Paul Bosco Emilio Broccoli Pietro Carbonelli G. Castellani Giuseppe Cerrato Giacinto Ciani Giorgio Cunietti-Cunietti Alberto Dattari Giannino Dessì Vincenzo Eddé J. Giorcelli Giuseppe Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco Gohl Edmond Grassi-Grassi Antonino Laffranchi Lodovico LuscHiN voN Ebengreuth a. Marchisio Alfredo Federico Marini Riccardo Adalgisio Martinori Edoardo Milani Luigi Adriano Motta Emilio Orsi Paolo Pansa Giovanni Papadopoli Nicolò Pellati Franz Ricci Serafino Ruggero Giuseppe Serafini Camillo SiMONETTi Alberto Stììckelberg e. a. SvoRONos Jean N. Valerani Flavio ViTALiNi Ortensio VoLONTÈ Isaia Witte (de) Alphonse Cronaca. Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco Motta Emilio Ricci Serafino ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DEGLI ASSOCIATI ALLA RIVISTA PER l'anno 1908 SOCI EFFETTIVI ("). 1. "S. M.. IL Re. 2. S. M. LA Regina. 3. "Arcari Dott. Cav. Francesco — Cremona. 4. Caruso Lanza Avv. Michele — Girgenti. 5. 'Castellani Prof. Giuseppe — Venezia. 6. Celati Aw. Luigi Agenore — Livorno. 7. "Ciani Dott. Cav. Giorgio — Trento. 8. Circolo Numismatico Milanese — Milano. 9. Cornaggia Gian Luigi (dei Marchesi) — Milano. 10. Dattari Giovanni — Cairo (Egitto). 11. Dessi Cav. Vincenzo — Sassari. 12. Dotti Enrico — Milano. 13. Fasciotti Barone, Consigliere alla R. Ambasciata — Vienna. 14. 'Fasella Comm. Carlo — Milano. 15. "Fiorasi Colonnello Cav. Gaetano — Pavia. 16. "Gavazzi Cav. Giuseppe — Milano. 17. Gavazzi Dott. Carlo di Pio — Milano. 18. 'Gnecchi Cav. Uff. Ercole — Milano. 19. "Gnecchi Comm. Francesco — Milano. 20. Grillo Guglielmo — Milano. 21. Hirsch Dott. Jacopo — Monaco di Baviera. (") I nomi segnati con asterisco sono quelli dei Soci Fondatori. 81 638 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 22. Jesurum Aldo — Venezia. 23. "Johnson Comm. Federico — Milano. 24. Lazara (De) Conte Antonio — Padova. 25. *Marazzani Visconti Terzi Conte Lodovico — Piacenza. 26. 'Mariotti Sen. Dott. Comm. Giovanni — Parma. 27. Mattoi Edoardo — Milano. 28. Menchetti Nob. Andrea — Ostro. 29. "Milani Prof. Cav. Luigi Adriano — Firenze. 30. "Motta Ing. Emilio — Milano. 31. Naville Luciano — Ginevra. 32. ■]• Nervegna Cav. Giuseppe — Brindisi. 33. Novali Prof. Comm. Francesco — Milano. 34. "Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò — Venezia. 35. Pisani Dossi Nob. Comm. Alberto — Milano. 36. Porta Carlo — Milano. 37. Puschi Prof. Cav. Alberto — Trieste. 38. "Ratti Dott. Luigi — Milano. 39. Ricci Prof. Serafino — Milano, 40. Rizzoli Dott. Luigi — Padova. 41. Rocca Conte Mario Leone — Venezia. i\2.. "Ruggero Comm. Magg. Gen. Giuseppe — Roma. 43. "Salinas Comm. Prof. Antonino — Palermo. 44. San Rome Mario — Milano. 45. Savini Cav. Paolo — Milano. 46. Seletti Avv. Cav. Emilio — Milano. 47. "Sessa Cav. Rodolfo — Milano. 48. "Sormani Andreani Conte Lorenzo — Milano. 49. Strada Marco — Milano. 50. "Tatti Ing. Paolo — Milano. 51. Traversa Francesco — Bra. 52. Trivulzio Principe Alberico Luigi — Milano. 53. 'Visconti Ermes March. Cav. Carlo — Milano. SOCI CORRISPONDENTI. Balli Emilio — Locamo. Bartolo (Di) Prof. Francesco — Catania. Belimbau Piero — Firenze. Boeri Osvaldo — Terracina. Bordeaux Paul — Neiiilly. ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 639 6. Bosco Ing. Emilio — Omegna. 7. Bruscolini Emilio — Castelnuov'o Val di Cecina. 8. Cahn E. Adolfo — Fraiicofortc sul Meno. 9. Camozzi Dott. Guido — Cefalii. 10. Canessa Cesare — Napoli. 11. Castellani Cav. Ten. Colonnello Raffaele — Fano. 12. Cerrato Giacinto — Torino. 13. Clerici Ing. Carlo — Milano. 14. Conconi Cap. Giulio — Busto Arsizio. 15. Cora Luigi — Torino. 16. Cuenca di Niceto — Alicante. 17. Cunietti-Cunietti Ten. Col. Alberto ^ Torino. 18. De' Ciccio Mario — Palermo. 19. Dell'Acqua Dott. Cav. Girolamo — Pavia. 20. Egger Arminio L. — Vienna. 21. Fantaguzzi Ing. Cav. Giuseppe — Asti. 22. Forrer L. — Bromley. 23. Fcwler Prof. N. Harold — Cleveland. 24. Galeotti Dott. Arrigo — Livorno. 25. Gamba Castelli Conte Gian Nicola — Firenze. 26. Garzia Avv. Raflfaello — Maglie. 27. Gazzoletti Dott. Cav. Antonio — Nago. 28. Geigy Dott. Alfredo — Basilea. 29. Giorcelli Dott. Cav. Giuseppe — Casahnonferrato. 30. Haeberlin Dott. E. J. — Francoforte s. M. 31. Hess Adolf Nachfolger — Francoforte s. M. 32. Koeniger Dott. Carlo — Gardone (Riviera). 33. Laffranchi Lodovico — Milano. 34. Lambros Giovanni Paolo — Atene. 35. Lenzi Furio — Orbetello. 36. f Leone Dott. Comm. Camillo — Vercelli. ■yj. Marchisio Nob. Avv. Alfredo Federigo — Torino. 38. Mariani Prof. Cav. Mariano — Pavia. 39. Marini di Villafranca Nob. Prof. Riccardo Adalgisio — Susa. 40. Martinori Cav. Ing. Edoardo — Marni. 41. Monti Pompeo — Milano. 42. Morchie e Mayer — Venezia. 43. Nahmann M. — Cairo (Egitto). 44. Nuvolari Francesco — Castel d'Ario. 45. Olcott Dott. Giorgio — Nuova York. 46. Pagnoni Ernesto — Vaprio d' Adda. 47. Paulucci Panciatichi Marchesa M." — Firenze. 48. Pansa Avv. Giovanni — Sulmona. ÓAO ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 49. Perini Cav. Quintilio — Rovereto. 50. Pinoli Avv. Galileo — Ivrea. 51. Pinto Avv. Gerardo — Venosa, 52. Podetti Francesco — Trento. 53. Pozzi Mentore — Torino. 54. *Romussi Dott. Carlo — Milano. 55. Salvaro Vittorio — Verona. 56. Santini Ing. Zemiro — Perugia. 57. Savo Doimo — Spalato. 58. Scaglione Francesco — Sciacca. 59. Schiavuzzi Dott, Bernardo — Pola. 60. Simonetti barone Alberto — S. Chirico Rapare. 61. Società Svizzera di Numismatica — Ginevra. 62. Spink Samuele — Londra. 63. Stettiner Comm. Pietro — Roma. 64. Valerani Dott, Cav, Flavio — Casale Monferrato. 65. Vitalini Cav. Uff, Ortensio — Roma. 66. Witte (De) Cav. Alfonso — Bruxelles. 67. Zane Cav. Riccardo — Milano. 68. Zitelli Pietro — Smirne. BENEMERITI DELLA SOCIETÀ, S, M. IL Re. t Ambrosoli Dott. Cav. Solone. Cuttica de Cassine Marchesa Maura. Guzzi Ing. Arturo. Dattari Giovanni, Gnecchi Antonio. Gnecchi Cav. Ufif. Ercole, Gnecchi Comm, Francesco. t Gnecchi Comm. Ing. Giuseppe. Hoepli Comm, Ulrico. Johnson Comm. Federico. f Luppi Prof. Cav. Costantino, Noseda S.* Erminia ved. Bonacossa. Osnago Enrico, t Padoa Cav. Vittorio. Papadopoli Conte Sen. Comm, Nicolò. ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 64I ASSOCIATI ALLA RIVISTA. American Journal 0/ Archaeology — Nuova York. American Journal of Numismatics — Boston. Annales de la Socie'té d'Archeologie — Bruxelles. Archeologo Portoghese — Lisbona. Archivio della Società Romana di Storia patria — Roma. Archivio Storico Italiano — Firenze. Archivio Storico Lombardo — Milano. Archivio Storico Napoletano — Napoli, Bagatti Valsecchi Nob. Cav. Fausto — Milano, Baglio Vassallo Cataldo — San Cataldo. Bahrfeldt Colonnello Max — Breslavia, Bari — Museo Provinciale. Bassano — Museo Civico. Behrentz Ermanno — Bonn. Benson Sherman Frank — Brooklyn (S. U.). Berarducci Emiliano — Roma. Bignami Comm. Giulio — Roma. Bocca Fratelli — Torino (copie a). Boghandel Tillges — Copenaghen. Bollettino di Archeologia e Storia — Spalato. Bologna — Biblioteca Municipale. Borgna Ten. Giuseppe — Roma. Bret Edoardo — Nìmes. Brockhaus F. A. — Lipsia (copie 3). Bullettino dell'Imp. Istituto Archeologico Germanico — Roma. Cagliari — Regio Museo di Antichità. Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo — Roma. Carpinoni Michele — Brescia. Ceppaglia Tenente Colonnello Cav. Federico — Padova. Cini Avv. Tito — Montevarchi. Coen Maurizio — Pielungo. Como — Biblioteca Comunale. n — Museo Civico. Comparetti T. L. — Philadelphia. Guzzi Ing. Arturo — Trieste. Del Hierro Dott. José — Madrid. Detken e RochoU — Napoli. Domodossola — Collegio Rosmini. Dressel Dott. Enrico — Berlino. Duiau e C. — London. g.2 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. Eddé J. — Alessandria d'Egitto. Engel Dott. Arturo — Parigi. Firenze — Biblioteca Marucelliana. Fioristella (Barone di) — Arcireale. Fermenti Giuseppe — Milano. Genova — Biblioteca Civica. Gentiloni Silverj Conte Aristide — Tolentino. Grassi-Grassi Barone Antonino — Acireale. Guiducci Dott. Antonio — Arezzo. Jolms Hopkins — Baltimora. Hiersemann Carlo — Lipsia. Hoepli Dott. Comm. Ulrico — Milano. Journal International d'Archeologie numismalique - Atene. Lamertin H, — Bruxelles. Loescher Ermanno e C. — Roma. Lussemburgo — Istituto Granducale. Magnaguti Rondinini Conte Alessandro — Mantova. Magyar Numizmatikai Tàrsulat — Budapest. Mantova — Biblioteca Comunale. Marsiglia — Biblioteca Civica. Marucci Nicola — Castelpizzuto. Milano — R. Gabinetto Numismatico di Brera. „ — Biblioteca Braidense. „ — Biblioteca Ambrosiana. Modena — R. Galleria Estense. Molgatini Giacomo — Vanzone. Napoli — R. Museo di Antichità. Numismatic Chronicle — Londra. Numismatische Zeitschrift — Vienna. Nuovo Archivio Veneto — Venezia. Nutt Davide — Londra. Obermilller G. — Genova Osnago Enrico — Milano. . . t Pancera di Zoppola Conte Nicolò — Brescia. Parma — R. Museo di Antichità. Paulou Luigi - Craiova di Rumania. Pavia — Museo Civico di Storia patria.' Pesaro — Biblioteca Oliveriana. Piacenza — Biblioteca Passerini-Landi. Polybiblion — Parigi. Ratto Rodolfo — Genova. Renner Prof. (V. von) — Vienna. Revue frangaise de Numismalique — Parigi . ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, fclCC. 643 Riggauer Dott. Prof. Hans — Monaco di Baviera. Rivani Giuseppe — Ferrara. Rivista di Storia Antica — Padova. Rizzini Dott. Cav. Prospero — Brescia. Roma — R. Accademia dei Lincei. » — Direzione generale delle Antichità e delle Belle Arti. » — Direzione della R. Zecca. » — Biblioteca della Camera dei Deputati. n — Biblioteca del Senato. n — Gabinetto Numismatico Vaticano. Roma — Museo Nazionale Romano. Rosenbey e Sellier — Torino. San Marco (Conte di) — Palermo. Scarpa Dott. Ettore — Treviso. Scheyer Joachim — Milano. Schultz Albert — Paris. Seltman E. J. — Berkhamsted. Smithsonian Institution — ÌVasliington. Società Neerlandese di Numismatica — Amsterdam. Société d'Archeologie — Bruxelles. Société R. de Numismatique — Bruxelles. Strolin Teopisto — Schio. Tinti Cesare — Bologna. Tolstoy Conte Giovanni — Pietroburgo. Tonizza P. Giacinto — Beirut. Torino — R. Biblioteca Nazionale. I» — R. Museo di Antichità. Torrequadra Rogadeo Conte Giovanni — Bitotito. Trentini Ing. Adriano — Vienna. Trento — Biblioteca Comunale. Vaccari Emanuele — Ferrara. Varese — Museo Archeologico. Varisco Sac. Achille — Monza. Vasconcellos (de) Prof. Leite — Lisbona. Venezia — Ateneo Veneto. » — R. Biblioteca Marciana. » — Museo Civico. Verona — Biblioteca Comunale. Vienna — Gabinetto Num. di Antichità della Casa Imperiale. Volterra — Museo e Biblioteca Guarnacci. Zeitschrift fUr Numismatik — Berlino. Zurigo — Biblioteca Civica. INDICE METODICO D E L L' A N N O 1908 NUMISMATICA ANTICA. ( M K M O R I F. F I) [ S S F R T A 7. I O N I ). Note sur un poids byzantin (lìg.)- E. Bubelon .... Appunti di Numismatica Romana. F. Gnecchi: LXXXVIir. Scavi di Roma nel 1907 (i tav.) ... LXXXIX. Roma e la Germania (3 tav.) . . XC. Divagazioni intorno all'organizzazione e al fun- zionamento della zecca imperiale di Roma Le cavità centrali sopra le faccie delle monete Toloniaiche di bronzo (i tav.) G. Dallari Le monete degli imperatori Valeriane) e Gallieno, coniati a Viminacium e ad Antiochia (i tav.). /.. Laffranchi . Les figures de face sur les monnaies atitiques. J. Edd>- Grumento, Matera e S. Chirico Rapare. A. Sitiioiieìti Il ripostiglio di Delos. I denari legionarii di M. Antonio. M. Bahrfeldt Medaglioni Capitolini (2 tav.). C Strafini Monnaies inédites d'Athènes et de Mytilènc (tìg.).y. A'. Si'oro;io5 Ripostiglio di medaglioni di Pirro. P. Orsi .... Di un sestante inedito e singolare con leggenda bilingue, bat- tuto nella metropoli etrusca di Tarquinia (fig.). G. Pausa Contributions au Corpus Nuniorum Ronianorum. (Matériaux du Musée national hongrois à Budapest). E. Golii . Tesoretto di monete repubblicane d'argento. F. Pillati Pag. 127 347 159 213 227 239 24.=) 313 339 .387 441 646 INDICI'. METODICO D£LI,'aNNO I908 Due depositi dell'età del bronzo di Campiglia d'Orcia e della funzione monetale àeìl'aes rude nei sepolcri dell' Etruria (fig.) L. A. Milani Pag. 443 Le lettere A B F A S sulle monete di bronzo della flotta di Marco Antonio. G. Datiari „ 537 NUMISMÀTICA MEDIOEVALE E MODERNA. (Memorie e Dissertazioni). Scudo d'oro di Federico II Gonzaga e Margherita Paleoioga, coniato nella zecca di Casale (fig.). G. Gioreelli . . Pag. 55 Un nouveau gros au lion de Jeanne et Wenceslas, ducs de Brabant (fig.). A. De Wille ,,71 Giacomo Jonghelinck e Leone Leoni in Milano. E. Motta . „ 75 Nota di Numismatica Sabauda (fig.). G. Cerrato . . . „ 83 Il sistema monetario degli aurei italiani di Carlomagno. A. L. V. Ebengreuth 89 Essai d'interprétation du mot FLAVIA figurant sur les triens des Rois Lombards, Astaulf, Didier et Charlemagne. P. Bordeaux » 97 La zecca di Alessandria (fig.). A. Cunietti-Cunietti . . . « 113 Annotazioni Numismatiche Italiane. G. Ruggero : XVI. Degli errori di attribuzione , 133 XVII. Un tremisse di Rachis (fig.) >, I37 XVIII. Monete della Collezione privata di S. M. il Re, ine- dite, poco note o corrette (fig.) » 561 Due aurei inediti della zecca di Bologna (fig.). O. Vitalini . „ 139 Appunti di Numismatica Italiana. E. Gnecchi: XXI. Massa Lombarda (fig.) „ HS' Una lettera di San Carlo Borromeo a proposito della zecca di Fano (fig.). G. Castellani „ M9 Stemmi ed emblemi sulle monete del Monferrato. F. Valerani „ 167 Monete italiane inedite della Raccolta Papadopoli (fig.). N. Papadopoli » 179 Note sur la guivre de Milan (fig.). A. Blanchel . . . „ 191 Zecca di Benevento: Soldo d'oro di Scauniperga e Liut- prando (fig.). E. Martinori ,.219 Umberto Bonaccorsi zecchiere di Savoia. G. Carbonelli . „ 233 Le monete del Comune di Cremona del 1155 al 1329 (fig.). G. Ciani « 255 INDICE METODICO DEI.I.'aNNO T908 647 11 punzone di Papa Felice V a Basilea (fig.)- E. A. Stii- ckelberg Pag. Appendice all'illustrazione della zecca di Castiglione delle Stiviere (fig.)- A- Agostini _ I tremissi longobardi (i tav.j. V. Dessi , Carta-moneta italiana. /. Volante ,^ Per la zecca di Ventimiglia. A. Grassi-Grassi Nota di Numismatica Sabauda : Un testone di Carlo li duca di Savoia (fig.). R. A. Marini „ Un quattrino inedito della zecca Aretina sotto il reggimento dei Fiorentini dal 1337 al 1342 (fig.). A. Cunietti-Ctcnietli „ Una curiosa monetina di Mantova (fig.). E. Bosco . . „ Le antiche zecche di Susa e d'Avigliana (fig.). R. A. Xlarini 271 277 29,T 431 435 440 s8i (Varietà). Nuovi acquisti per il Museo Numismatico di Brera Falsificazioni moderne Le monete d'oro rinvenute nel Polesine . Nuovi acquisti per il Museo Numismatico di Brera La doppia di Innocenzo IX al Museo Vaticano Falsificazioni Pag. 500 .505 506 629 630 633 MEDAGLIE. (Memorie e Dissertazioni). Di una medaglia patriottica milanese ( i tav.). A. F. Marchisio Pag. 323 (Variet.X). La medaglia d'oro al senatore Giuseppe Colombo nel 50.° anno del suo insegnamento (fig.). S. Ricci . . Per l'ammissione alla Scuola dell'arte della medaglia La Medaglia della Società Reale Numismatica di Londra Medaglia Imhoof-Blumer La medaglia d'oro a Luigi Pigorini e le onoranze al grande paletnologo e numismatico a Parma (fig). S. Ricci La medaglistica di San Carlo Medaglia Papale Pa,i, 491 .504 S06 623 628 631 648 INDICE METODICO DELI.'aNNO T908 NECROLOGIE. John Evans. F. Gnecchi Paul Charles Stroehlin Pag- 459 •7 461 BIBLIOGRAFIA. Wanvick Wrotli. Catalogne of the imperiai byzantine Coins in the British Museimi (F. G.) Pag. 463 Bildt {le Baron de). Les médailles romaines de Christine de Suède (E. G.) ..464 Pubblicazioni diverse „ 466 (Periodici di Numismatica). Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia Circolo Numismatico Milanese. Fascicolo-omaggio per le onoranze a S. Ambrosoli Rassegna Numismatica . Revue numismatique fran9aise Revue belge de Numismatique Revue suisse de numismatique Zeitschrift fiir Numismatik . Frankfurter Miinzzeitung Numismatisches Literatur-Blatt Mitteilungcn der Oesterr. Gesellschaft fiir MQnz daillenkunde Monatsblatt der numismatischen Gesellschaft in Wien Numizinatikai Kòzlony Zeitschrift fiir Munz=und Medaillenkunde . The Numismatic Chronicle Numismatic Circular Journal International d'Archeologie numismatique . Tijdschrift van het Koninklijken Nederlandsch Genootschap voor Munt- en Penningkunde American Journal of Numismatics Articoli di Numismatica in Periodici diversi Pag. 470 .. 471 „ ivi -. 472 . 473 .. 474 ., 475 „ ivi ; 477 „ ivi ., 478 Il 480 „ 481 „ ivi „ 482 „ 483 ., 484 ., 485 „ 486 MISCELLANEA. (Memiirie e Dissertazioni). L'opera numismatica di Snlone Ambrosoli ifig.). S. Ricci . Pag. Il Regio Gabinetto Numismatico di Brera (fig.). P. Gnecchi . „ Relazione della Commissione nominata dalla Società Numi- smatica italiana per studiare lo schema unico migliore di ordinamento dei Medaglieri per il Risorgimento Nazion. „ 617 »3 33 INDICK METODICO DEI.l'aNNO I908 649 (Varietà). Centenario del R. Gabinetto Num di Brera e Coniniemora- zione Ambrosoli a Milaiu ....... Pei};. 496 Doni pervenuti al R. Gabinetto di Brera in occasione del Primo Centenario del Medagliere Braidense . . . „ 499 La Società Numismatica Italiana al Congresso Internazionale per le scienze storiche a Berlino 500 Neil' XI Congresso Storico Subalpino 503 Congresso di Numismatica e dell'Arte della Medaglia a Bru- xelles nel 1910 „ 'vi La nuova zecca di Roma 504 La Cattedra di Numismatica a Parigi conferita a Ernesto Babelon „ 505 Premio Duchalais 506 La Numismatica e le sue raccolte al Congresso degli Scien- ziati a Firenze 628 Istituzione del Premio Head per la Numismatica . . . „ 632 ir Circolo Numismatico milanese per la diffusione della col- tura Numismatica e Storica in Italia , ivi Corsi di Numismatica e Medaglistica approvati dal Ministero dell' Istruzione Pubblica .. 633 La " Rassegna Numismatica , 634 Pel Corpus dei Medaglioni Romani. F. Gnecchi ivi Collaboratori della Rivista per l'anno 1908 , 635 Elenco dei Membri della Società Numismatica Italiana e degli Associati alla Rivista per l'anno 1908 . . . . „ 637 Atti e Memorie della Società Nu.mis.matica Italia.va. Seduta del Consiglio 15 marzo 1908 Pag. 507 , „ „ 18 aprile 1908 ivi „ „ „ 19 settembre 1908 508 Assemblea generale dei Soci 19 settemljrc 1908 510 Finito di stampare il 20 Dicembre 1908. .»»«♦♦ M«»**.»»»»4.»**««. «fi m i! !«*♦>« M«tii»«**>» n i>«i n iiiii II ii m i* m «i n «i« n ti i m ««>«»««»«. ry-^ Lodovico L affranchi LE MONETE DI VALERIANO E GALLIENO CONIATE A VIMINACIUM E AD ANTIOCHIA RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno 190S Tav. IV. Camillo Serafini - MEDAGLIONI CAPITOLINI RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno 1908 Tav. V. Camillo Serafini - MEDAGLIONI CAPITOLINI RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno 1908 # • # li) II i:i II Vincenzo Dessi - l TREMISSI LONGOBARDI RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno 1908 Tav. vii. A. F Mah:h!ìio - DI UNA MEDAGLIA PATRIO ITICA MILANESE RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno igos. Tav. Vili. m FRANCESCO GNECCHI - Roma e la (iormania. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno igoS Tav. IX. FRANCESCO CNECCHI - Roma e la Germania. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno 1908 Tav. X. ■^^'.rvT^^ l'i '»jr?l FRANCESCO GNECCHl - Roma e la Germania. .' -^ f CJ Rivista italiana di niomisma- 9 tica e scienze affini R6 V.21 PLEASE DO NOT REMOVE CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY m •'■il i2 ' .''!••; vili