RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA E SCIENZE AFFINI PUBBUCATA PER CURA DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DIRETTA DA FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHl ANNO XVI - 1903 - VOL. XVI MILANO Tip.-Editrice L. F. Cogliati Corso P. Romana, N. 17 1903. PROPRIETÀ LETTERARIA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Pre»idente Onoretrio S. M. VITTORIO EMANUELE III Re d'Italia I^residente Conte Comm. NICOLÒ PAPADOPOLI Senatore del Regno. Vice - ^Presideììii GNECCHl Comm. Francesco — GNECCHI Cav. Uflf. Ercole. Coìisiglieri AMBROSOLI Dott. Cav. Solone, Conservatore del R. Gabinetto Numisma- tico di Brera e Libero docente di Numism. presso la R. Accad. Scient.-Lett. in Milano {Bibliotecario della Società). GAVAZZI Cav. Giuseppe. MOTTA Ing. Emilio, Bibliotecario della Trivulziana. RICCI Dott. Seraflno, Conservatore-aggiunto nel R. Gabinetto Numisma- tico di Brera in Milano {Vice-bibliotecario della Società). RUGGERO Comm. Col. Giuseppe. VISCONTI March. Carlo Ermes. Angelo Maria Corneuo, Segretario. CONSIGLIO DI REDAZIONE DELLA RIVISTA PEL 1903. Gnecchi Francesco e Gnecchi Ercole, Direttori — Ambrosoli Solone Gavazzi Giuseppe — Motta Emilio — Papadopoli C. Nicolò Ricci Serafino — Visconti M. Carlo Ermes. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA E SCIENZE AFFINI FASCICOLO I. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA XVI. Saggio storico sulla monetazione dell'Egitto dalla caduta dei Lagidi all' introduzione delle monete con leggenda latina. Parte II. La monetazione di Nerone. § ^• La serie delle monete di Nerone si apre con una lacuna di due anni, durante i quali non furono emesse monete di nessun metallo. Se in quei due anni non era allo studio il nuovo sistema monetario, è probabile che per lo meno si pensasse a riforme che tosto esamineremo. La monetazione di questo regno, tanto per l'ar- gento come per il bronzo, va divisa in due periodi: I. — Vecchio sistema, dall'anno 3° all'S''" II. — Riforma, „ 9° al 14'"° Con l'anno terzo di regno appariscono i primi tetradrammi apparentemente simili a quelli di Claudio, tanto per la loro tecnica come per l'estetica, ma differenti nella maniera di porre le date; questi la portano sul rovescio e quelli sul diritto. I tipi delle monete di Nerone sono ancor essi cambiati e seni- 12 G. DATTARI brano copiati da quelli delle monete d'oro di Roma, che venivano emessi verso la stessa epoca. Dopo quattro anni di assai grande attività, la fabbricazione cessa per riprendere nel 9"° anno, con tetradrammi di un altro tipo. Quando ebbe principio la monetazione del bronzo è quasi impossibile stabilire ; ma, stando a quello che abbiamo per le mani, sembrerebbe che non avve- nisse prima dell'anno 6°, quella essendo la data più bassa che io conosca. La combinazione che giusto nell'anno 6° cessò la fabbricazione dell'argento, ver- rebbe a confermare che fu da quell'anno che prin- cipiò quella del bronzo. Una delle maggiori difficoltà che si presenta nella serie neroniana sono le monete anepigrafi, le quali in tutti i tempi dettero origine a classificazioni erronee. Quasi tutte queste monete vennero asse- gnate a Claudio. Il Poole per il primo assegnò loro la giusta classificazione. Tra queste monete anepigrafi, avvene alcune di somma importanza e si trovano tanto tra le monete del vecchio sistema, quanto tra quelle della riforma. 3 % m La moneta dell'impronta N. i, tanto il Mionnet (J) che il Feuardent (^\ la classificarono all'anno 10"^° di Claudio, ed ambedue gli autori domandano a loro stessi se il tipo del rovescio voglia rappresentare una clava. Quello stesso segno si trova pure sul di- (i) Mionnet, Descr. des Méd., Tome 6. (2) Feuardent, Numismatique de l'Egypte ancienne. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA I3 ritto di molte monete dell'ultima grandezza, durante i regni da Nerva a Marco Aurelio (vedi impronta N. 3). I detti autori, ancora per quel segno, si fecero la stessa domanda. Il Poole (^), come ho già detto, giustamente le classificò a Nerone e con ragione non vede una clava in quel segno; ma si domanda per il rovescio di quella del N. i se vuol dire io ? Per il segno sul diritto si limita a dire: « Head » laiir. in front I? Dando uno sguardo retrospettivo a quanto ab- biamo già esaminato, troviamo che Caligola fu l'ul- timo che emise le piccole monete, il cui peso oscilla tra gr. 0,73 e gr. 0,87 (i obolo». Opportunamente a suo tempo notai che Claudio, il quale fece emettere monete di tutte le frazioni, non fece battere monete della più grande e della più piccola frazione. Di quelle piccole monete di un obolo battute sotto Augusto e di quelle poche emesse da Caligola, stante la loro dimensione, poche dovevano rimanere ai tempi di Claudio. Se dunque quella frazione non venne abolita con un decreto, le vicende stesse l'a- bohrono, cosicché sotto di Claudio la moneta del peso di 2 oboli rimane la più piccola frazione. La lettera numerale io fu scritta in tutti i tempi, I, mentre il segno che si trova sul rovescio delle monete di cui ho dato le impronte (N.' i, 3) ha questa forma £, per cui si approssima più al numero uno dei romani (Il che al dieci dei greci (IK Sopra il diritto dell'impronta N. i si trova scritta la data L I (anno io); su quella del X. 2, Lt (6°); dunque il segno del rovescio non vuol significare io e nemmeno serve a rappresentare una clava. Sulle monete di Roma della riforma di Nerone Tasse per la prima volta venne contromarcato con (i) Poole, Caia log uè of the Coins of Alexandria and the notnes. H G. DATTARI il segno ì, e serviva per indicare che quella moneta era Tunità del bronzo. Se di quello stesso segno non venne fatto uso sulla moneta unitaria dell' Egitto, sarà forse perchè le due unità differivano di peso, e si sarà pensato a fare una differente marca all'unità dell'Egitto, ma che si avvicinasse a quella di Roma; cosicché la linea — , che stava sopra il segno del- l'asse {]) per l'unità dell'Egitto, fu posta attraverso del segno, cioè a dire : Unità di Roma I — Unità dell'Egitto I Se poi il segno I fosse già prima stato usitato dagU antichi greci per indicare l'unità della loro mo- neta, sia di argento che di rame, non ne ho cono- scenza; ma in tal caso direi che Nerone, per le sue monete di Roma, copiò quel segno dai Greci. In sostanza ritengo che il segno enigmatico vo- glia semplicemente indicare che quella moneta rap- presentava l'unità del bronzo ed era la prima moneta del sistema monetale. Come vedremo più tardi, Nerone basò il suo nuovo sistema aumentando il peso della moneta uni- taria, portandolo a gr. 1,20 anziché gr. 0,73, come era ai tempi dei suoi predecessori. §2. Il nuovo sistema monetario sembra non ve- nisse introdotto prima del 9"° anno; e allora come spiegare che il segno dell'unità già si trova sulle monete che apparterrebbero al vecchio sistema ? Non so veramente come spiegare questo dilem- ma, a meno che si voglia ammettere che già nel- l'anno 6° o giù di lì, si cominciarono a battere delle monete che appai tenevano al nuovo sistema e si APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA I5 cominciarono a fabbricare di quelle frazioni di cui si av^eva maggior bisogno, e stante che la differenza del peso di quelle nuove monete poco differiva da quelle di due oboli, furono messe in circolazione e per un tempo dovettero circolare con un valore maggiore di quello che avessero in realtà. Che il nuovo sistema non fu totalmente intro- dotto prima dell'anno 9"°, lo provano delle monete di Nerone dell'anno 8'° i cui pesi e la tecnica ap- partengono indubbiamente all'antico sistema. Prima di esaminare la metrologia delle monete del nuovo sistema, sarà necessario che faccia notare una inno- vazione che sembra portata da Nerone appena che fu- rono battuti i primi tetradrammi, a partire dell'anno 3°. I prospetti, nella pagina seguente, saranno di guida al lettore alla migliore intelligenza di quanto sto per accennare. Nel primo prospetto notiamo che sopra i tetra- drammi dell'anno 3" il nome di Nerone venne indi- cato con la parola NEP; su quelli dell'anno 4° con NEP ed anche con NEPH; su quelli dell'anno 5°, con NEPfl ed anche con NEPHN; su queUi dell'anno 6° sempre con NEPriN. Xel secondo prospetto, tutti i tetradrammi del- l'anno 9"° hanno una stella nel campo del rovescio; sopra quelli dell'anno 10""°, la testa di Nerone ora è cinta dalla laurea ed ora dalla corona radiata; sopra queUi dell'anno ii""", ora si vede la testa ed ora il busto ; queUi dell'anno 12'"° sono tutti col busto; in quelli dell'anno 13™° la data ora è dalla parte del diritto ed ora da quella del rovescio; finalmente in quelli dell'anno 14™*' sul campo del rovescio vi è sempre una stella. Dunque si noterà che in un anno alessandrino si trovano sempre due tipi di monele differenti tanto nella prima emissione che nella seconda. L' anno o < .2© M •T3 W «•e >8 w ^; o e/) co W 0^ UJ o o z z .2© s © "«■^ •n " 9 '■ © E 00 o V c e o o §2 CJ 0. UJ z CJ a. LU co O z z < o E «Cu .-. o Ss ■«00 w z o ^ H— 1 CS e/) co b-H o s w ji < Q. UJ r=0 « C -S 2? -J V IH o z < Nel campo del rovescio O i> ) Busto a sin. la testa radiata La data dalla parte del B' l- _i e CO M o z z < •i2 : o « Busto a d. la testa radiata La data dalla parte del 00 -1 o M o z z <; •is : 5 OD . an ^ ^ S V ^ 3 « 2 © 2 Ie <^ vi «e T3 CS n Busto a d. la testa radiata La data dalla parte del 1 < 1 -• a M 1 *"* o z z <; •Ì2 il 11 — è^ t3 CB Testa a d. radiata La data dalla parie del o O i-i o z z < is e co S bb 1- 22 Testa a d. laureata La data dalla parte del 2 o z z < •|s il ? dal JQ Agosto al 31 Dicembre 62 a .2 1 2 APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA I7 alessandrino essendo formato da una parte di due anni di Roma (o di C), ne deduco che tutte le monete di un tipo furono battute nello spazio dell'anno di Roma, cioè dal 1° Gennaio al 31 Dicembre; per esempio, la parola NEP si trova scritta sulle monete dell'anno 3° e 4°; ciò vorrebbe dire che furono battute tutte nell'anno 57 di C. La parola NEPfl si trova sulle monete del 4° e 5° anno, per cui sono tutte battute nel 58 di C. ; quelle con la parola NEPflN con le date degli anni 5° e 6", furono tutte battute nell'anno 59 di C, e così si può stabilire che, quantunque l'anno 3° Alessandrino faccia parte dell'anno 56 di C, le monete con quella data furono battute a partire dell'anno 57, e che nell'anno 60 di C. non furono battuti i tetradrammi con la data dell'anno 6°, ma lo furono nell'anno 59. Similmente avviene per le monete della seconda emissione e porterebbe a far vedere che la riforma avvenne nel 62 di C. Di più, questo sistema ci suggerisce che, se l'am- ministrazione della moneta conteggiava con gli anni di Roma, tutte le altre amministrazioni dovevano pure seguire la stessa regola. Questo sistema non deve sorprenderci affatto poiché, se tutte le provincie dell'Oriente avessero inviato a Roma i loro rapporti datati con le diverse epoche dei diversi paesi, è facile immaginare quanta confusione avrebbe arrecato a coloro che dalla Capi- tale emanavano gli ordini nei diversi dominii. La riforma del sistema monetario d'Egitto, come ho detto, pare abbia avuto luogo nell' anno 9"°. Questo lo deduco dalla tecnica dei tetradrammi, i l8 G. D ATT ARI quali, a partire dell'anno 9"°, differiscono da quelli della prima emissione, come pure dalla tecnica delle monete di bronzo che è differente dalle prime. Nel mio appunto N. XII con apposito prospetto feci ve- dere, che in tutti i regni l'anno 9"° fu sempre sterile nelle emissioni della moneta e specialmente in quella di bronzo. Fra le monete di bronzo, che ho classi- ficato a Nerone, ne possiedo una anepigrafa , ma che senza dubbio appartiene a questo imperatore. La data del rovescio è indicata con LEN (anno nono). Le monete d'argento di Nerone, di questo anno, sono assai rare; per cui vedo in queste monete un'emis- sione quasi forzata, tanto da far supporre che Nerone, avendo decretato la riforma della sua monetazione da eseguirsi in tutte le parti dell'Impero nello stesso anno, fissando questo il 62 di C, l'Egitto dovette sottomettersi e battere monete in quell'anno. § 4. Nerone ridusse il valore del denaro di circa 10%. I tetradrammi delle due emissioni, se sono di buona conservazione, hanno un peso normale di gr. 13; l'analisi di due di essi ha dato una media di gr. 2,185 di argento puro. Come vedremo, Nerone portò la monetazione del bronzo d' Egitto ai pesi equivalenti alle monete di Roma di rame e di oricalco, per cui si può rite- nere come sicuro che diminuì il valore del tetra- dramma per portarlo in relazione col nuovo denaro e coll'aureo, il quale pure era stato ridotto. Il peso di argento contenuto in 25 nuovi denari ammontava ad un totale di gr. 87,25 ; per cui, sup- posto 'che il tetradramma contenesse gr. 2,180 ossia gr. 0,005 nieno di quello che non ha dato l'analisi, abbiamo che 40 tetradrammi contenevano un totale APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 19 di argento di gr. 87,20 cioè il valore di 25 nuovi denari (gr. 87,25). I pesi delle monete di bronzo battute dopo l'anno 9"** non si confanno più con le divisioni del peso dell' Uten e nello stesso tempo non apparten- gono intieramente al sistema semionciale di Roma ; ma, come ho detto, il sistema di Egitto venne assi- milato a quello nuovo di Roma. La nuova moneta unitaria fu portata al peso di gr. 1,20, cioè a dire di gr. 0,47 più pesante della prima. Questo peso bene combina con i pesi nuovi delle monete che ho potuto esaminare e da un confronto tra i pesi medi e quelli normali si vedrà che non siamo lungi dal vero. Pesi nonnali Pesi medi! I Obolo, gr. 1,20 . . . • S^- 1,30 2 Oboli, „ 2,40 . . . 2,20 5 ,. 6,- . . . 5'02 IO 12,- . . . 11,20 15 M ., 18,- . . . 21,70 20 ., 24,- . . 29.50 30 36.- 36,- • Le frazioni vennero dunque ad essere sette. 25 denari equivalevano sempre a gr. 4800 di peso di rame, così che 4800 gr. di monete di bronzo d' Egitto dovevano equivalere a 25 denari e ancora a 40 tetradrammi, ciò che vuole dire: un tetradramma eguale a 120 gr. di bronzo. Le sette frazioni erano quindi rispettivamente in relazione col tetradramma nel modo seguente : Peso normale Gr. 100 monete di i obolo 1,20 == I Tetradramma 50 „ 2 oboli 2,40 = n 20 „ 5 „ 6- = » IO „ IO „ 12,- = » 20 G. DATTARI Peso normale Gr. 6 monete di i=; oboli i8 -- io8,— / _ , , ^ ^ / = I Tetradramma I „ IO „ 12 == 12, — ) 5 , .20 „ 24 = == I „ 3 V 30 .; 36 = 108,- I „ IO „ 12 -= 12,— Fra i pesi di queste nuove monete si ritrova l'asse ed il semis di rame, ma non il quadrans, come nel sistema di Roma non si trovano le monete di uno e di due oboli se non per le oscillazioni del peso del suo quadrans. L' analisi di una moneta, di bronzo di Nerone dimostra che non vi è contenuta alcuna parte di argento; dunque le monete di 20 e di 30 oboli vennero rispettivamente assimilate al du- pondio ed al sesterzio di oricalco, nelle stesse pro- porzioni che a Roma si trovava il rame in rispetto all'oricalco stesso, cioè 7 a 12, così : Or. Qr. I Sesterzio di Oricalco 27 ^\^ = i Moneta di 30 Oboli 36 I Dupondio „ 13 '/j = I „ 20 „ 24 I Asse n 7 = I » IO lì 12 I ,, di Rame 12 = r 1) IO ì) 12 Dunque 400 assi erano eguali a 400 oboli. Riassumendo, la monetazione di Nerone del nuovo sistema era: I Aureo = a 40 tetradrammi I Tetradramma = a 120 oboli. § 5. I regni di Galba, di Ottone e di Vitellio, della complessiva durata di circa 19 mesi, dovrebbero garantirci che nessun cambiamento venne fatto al sistema introdotto da Nerone. APPUNTI D[ NUMISMATICA ALESSANDRINA 21 Le monete di bronzo di questi tre imperatori sono estremamente rare, ed in special modo quelle dei due moduli maggiori, cosicché, dato lo scarso numero di monete che ci sono rimaste per ognuno di questi singoli regni, è troppo difficile formarsi una giusta idea se veramente il sistema non ebbe qualche innovazione. I regni di Ottone e di Vitellio (quest' ultimo fu riconosciuto in Alessandria per soli 45 giorni) furono così brevi e per di più lo stato fu allora in preda all'anarchia, che noi possiamo ritenere per sicuro che il sistema monetario non cambiò da quello che lo lasciò Galba. Se dunque riuniamo tutte le monete di questi tre regni come se fosse uno solo, sarà più facile farne un esame. Ecco i pesi medii delle monete di questi tre regni: Pesi medll Pesi normali I Obolo, gr. 1,80 . . . . gr. 1,20 2 Oboli, , 2.80 . . » 2,40 5 n ., 4.80 . . n 6- IO „ ,, 9.10 • • V 12,- 15 ., »> 15»— • • V 18- 20 „ 27,- . . • 24.- 30 . ,, 30.20 . . ■( 36,- Osserviamo che quasi tutte le frazioni diminui- rono di peso; però quegli stessi pesi in minima parte li ritroveremo nella monetazione di Vespasiano. Invece non sappiamo spiegarci come Vespasiano, il quale fu proclamato dalle proprie truppe e dal popolo di Alessandria nel 1° luglio del 69 di C, nel breve spazio di due mesi abbia avuto tempo di modificare il sistema monetario e battere subito monete con la data del 1° anno. Bisogna ammettere che questo è quasi impossibile e che qualche cambiamento sia 22 G. DATTARI avvenuto sotto di Galba ; ma, come ho detto, il mate- riale non ci permette di indagare più oltre. Che qualche cambiamento sia avvenuto sotto Galba ci viene pro- vato da certi segni che per la prima volta si trovano sopra i tetradrammi di lui; in alcuni, dalla parte del rovescio, è rappresentato il simpuhim, in altri una stella ed altri sono privi di ambo i segni. I tetra- drammi di Ottone sono identici a quelli di Galba e senza alcun dubbio furono battuti cogli stessi conii. Mancano quelli con la stella. I tetradrammi di Vitellio di un sol tipo sono privi di quei segni, come pure lo sono quelli di Vespasiano che esamineremo. In un obolo di Galba (se pure gli appartiene), davanti la testa c'è il segno, l. Parte III. § I- La monetazione di Vespasiano va divisa in tre periodi : 1° Usurpatore, anno i° e parte del 2°. 2° Legittimo imperatore, dal 2° al 7° anno. 3° Dal 9'^° al IO*"". • Le monete d'argento emesse durante i primi tre anni e quelle emesse nell'S" anno appartengono al sistema di Nerone. Le monete di bronzo, emesse subito nel primo anno, furono battute senza interruzione fino al 9"" anno; ma dall' 8° anno appartengono ad un'emissione affatto nuova che a suo tempo esamineremo. Negli ultimi due anni di regno (io""* e ii™°) non furono battute monete di sorta. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 23 I tipi delle monete di argento rappresentano le stesse divinità che si trovano sulle monete di Galba e di Ottone; ma mentre sopra a queste vennero rappresentati i busti delle divinità, sulle monete di Vespasiano queste sono rappresentate per intiero. Benché l'analisi di due monete di argento abbia dato per ciascuna gr. 2,340 di puro argento, ritengo che il tetradramma di questo imperatore, allorché il peso é normale, non dovev^a sorpassare il valore del tetradramma di Nerone e credo che possiamo ritenere senza scrupolo che un aureo era eguale a 40 tetradrammi. §2- Fra le monete di bronzo di Vespasiano del primo periodo, troviamo più sovente che sotto ogni altro regno, esemplari il cui modulo apparterrebbe a una data frazione, mentre il peso é doppio ed an- che triplo di quello che dovrebbe essere, stando alle proporzioni del modulo. Questa discordanza tra moduli e pesi, la spie- gherei con questo che negl'ultimi tempi di Nerone deve essere stata preparata un'assai grande quantità di tondelli, pronti ad essere convertiti in moneta; i regni di Galba, Ottone e Vitellio essendo stati di cosi corta durata non si ebbe il tempo di usare tutto quel materiale, e quei tondelli vennero quindi usati per le monete di Vespasiano, il quale, avendo abolito certe frazioni e rimpiazzate con altre, alcuni tondelli vennero adottati a certe frazioni a cui non apparte- nevano. §3- La tecnica delle monete del primo periodo non differisce da quella dei tempi di Nerone. 24 G. DATTARI L'obolo fu mantenuto al peso di gr. 1,20 e le frazioni del bronzo furono ridotte a sei W, i cui pesi normali rappresentavano le frazioni seguenti : 1 J trazione I Ubolo, gr. r,20 II n 2 Oboli, » 2,40 III lì 4 n 1) 4,80 IV » 8 n » 9,60 V » 12 n n 14,60 VI n 20 n V 24,- I pesi medii che ho ottenuto dall'esame di circa 95 monete di questo periodo sono i seguenti: I Frazione I Obolo, gr. 1,50 II . 2 Oboli, ;; 2,50 HI „ 4 y, ■ ì) 5>75 IV „ 8 . » 9,80 V „ 12 „ » 14,40 VI . 20 „ 1) 25»- Questi pesi differiscono assai dai pesi medii delle monete di Nerone e, come dissi altrove, sono più simili a quelli di Galba. Non credo quindi di avere sbagliato dando alle monete di Vespasiano questo nuovo sistema divisionale, che ritroveremo in seguito fino a che la monetazione del bronzo scompare. Parlando della monetazione di Augusto, osservai che generalmente non si battevano in uno stesso anno le monete di tutte le frazioni, ancorché il si- stema monetario venisse trasformato, ed eccone un (1) Si osserva clie le frazioni di 5, io e 15 oboli vennero rimpiazzate da quelle di 4, 8 e 12 oboli, la frazione di 30 oboli venne abolita. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 25 esempio a proposito delle emissioni annue fatte da Vespasiano nel primo periodo. Nel 1° anno si emisero le frazioni I, II ,. 2'' „ . „ I, II, III A^ — — III IV V „ 5'' . n n -, -, HI, IV, V, VI „ 6° , „ „ -, -, III. IV, V, VI r-o _ _ ni _ _ VI Ammetto che posso benissimo mancare di fra- zioni di monete emesse e non rappresentate nel pro- spetto; ma non sarebbe possibile ammettere che esistano monete delle frazioni I e II, battute nel 4°, 5°, 6° e 7° anno. In tutti i casi si può ritenere che se qualche medagliere possiede delle frazioni le cui emissioni non sono rappresentate più sopra, quelle monete, o le date sono male lette, oppure sono molto rare e la loro emissione deve essere stata molto limitata. § 5. Nell'ottavo anno di regno di Vespasiano (75-76 d. C.) la storia non descrive alcunché di straordinario e nemmeno, per quanto io abbia potuto ricercare, le monete della serie romana fanno supporre che in quei due anni, Tito abbia meritato di essere ri- cordato in modo speciale. La serie Alessandrina possiede dei tetradrammi dell'anno 8°, sul cui rovescio viene rappresentata la testa di Tito. Quello stesso tipo di moneta fu, pare, unicamente usato sulle monete della più grande fra- zione, battuta negli anni 8° e 9"°. La ripresa della fabbricazione dell' argento du- rante un solo anno, dopo quattro anni di tregua, la 26 G. DATTARI novità di porre sulle monete di bronzo la testa di Tito vi è ragione a supporre che qualche cosa sia avve- nuto, ma che la storia non ha tramandato. § 6. Le monete dei due metalli battute negli anni 8° e 9"° e sopratutto le monete di bronzo sono una vera rivelazione della tecnica e dell'estetica ; al punto che differiscono intieramente da tutto ciò che fu emesso in Egitto e prima e dopo questo regno. Benché l'arte non sia che lievemente migliorata, nell'insieme, tutto è più studiato; i tipi da ambo le parti sono appiattiti, il contorno delle monete è re- golare, le leggende tutte visibili e, dentro il contorno, le lettere meglio modellate, le aree del diritto e del rovescio sono di eguale circonferenza e sono le uni- che monete che possono essere classificate col si- stema dei moduli. Queste monete, dalla diversità dei loro moduli e dei loro pesi, dimostrerebbero che le frazioni di queste speciali emissioni erano sei (^). Notando però che tra le monete della maggiore frazione ve ne sono di quelle (di buona conservazione) il cui peso differisce di molto dalle consorelle; ma non avendo potuto trovare niente tra questi differenti pesi, che possa suggerire una divisione plausibile, ho preso la media delle monete della più grande frazione riunendo le monete che ho accennato, con quelle di maggiore (i) Possedo una moneta dell'anno 8°, del modulo che sta tra la mo- neta della prima e della seconda frazione; il suo peso è di gr. i8,oo; ma, sebbene i tipi sieno benissimo visibili, essa e estremamente ossidata e sembra gonfiata, ho dunque creduto bene eliminarla e non tenerne conto per questo studio. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 27 peso ed ho ottenuto gr. 25, cioè il peso della frazione sorella della prima emissione. § 7. La monetazione di Tito si limita a pochissime monete di argento, di una tecnica simile a quelle del padre dell'anno 8°. Sopra alcune di quelle mo- nete riappare una stella nel campo del rovescio; sistema che, abbiamo veduto, venne introdotto da Galba e che Claudio aveva usato ponendo quella stella al diritto. L'ascensione di Tito al trono avvenne in pros- simità del primo dell'anno (23 Giugno); ciò potrebbe far credere che non vi fosse stato tempo materiale per battere monete subito nel primo anno; ma ab- biamo veduto sotto di Ottone e Vitellio con quanta rapidità vennero battute in quantità abbastanza grande tante monete di argento e di bronzo, per cui nel caso di Tito vi deve essere qualche altra ragione. Mancano pure le di lui monete con la data del- l'anno 4^ Quantunque Tito fosse morto il 13 Set- tembre e, pure accordando il tempo necessario perchè la nuova della sua morte giungesse in Egitto, non vi è dubbio che si aveva tutto il mese di settembre per battere moneta quanta se ne fosse voluta. I conii potevano essere stati preparati prima del primo del nuovo anno e ciò secondo la regola che spiegai nel mio appunto N. XII. Tutto questo ci prova che la mancanza delle monete del 1° e del 4** anno di Tito non è acciden- tale, ma fatta a scopo; l'emissioni di monete ristrette agli anni 2° e 3° e le due ultime emissioni fatte da Vespasiano nell'S^ e 9"° anno verrebbero a confer- G. DATTARI mare quanto ho detto per Nerone, circa il conteggio de^li anni, cioè : Emissione di VESPASIANO ANNO 8° LH LG ANNO 9° dal 30 Agosto al 31 Dicembre 75 à. C. dal i» Gennaio al 28 Agosto 76 dal 20 Agosto al 31 Dicembre 76 dal I Gennaio al 28 Agosto 77 Non furono emesse monete Emissione delle monete con le date degli anni 8" e 9° (LH . Le) Non furono emesse monete Emissione di TITO ANNO 1° LA ANNO 2° LB Lf ANNO 3° ANNO 4° LA dal 23 Giugno al 29 Agosto 79 d. C. dal 30 Agosto al 31 Dicembre 79 dal 1 Gennaio dal i Gennaio al 31 Dicembre 1 al 28 Agosto 80 8r dal 29 Agosto al 13 Settembre 81 Non furoi battute moi 10 lete Emis delle r degli an (LB sioae nonete ni 2° e 3° . LD Non furono battute monete Se la mia ipotesi è giusta, vengono spontanee queste dimande : Se Alessandria possedeva una Zecca, sul genere delle altre dell'Impero, o diciamo come quella di Roma; come è ammissibile che essa fosse aperta alla lavorazione durante un'anno e quindi chiusa per due o più anni? Cosa accadeva del nume- roso personale . che abbisognava alla lavorazione, allorché la Zecca si chiudeva? e come lo si ritrovava allorché la Zecca si riapriva? Il fatto d'inerzia nella lavorazione delle monete è chiaro anche senza tenere conto della maniera di conteggiare gli anni nel modo che ho indicato. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 29 Io sono fermamente convinto che in Egitto, per lo meno nelle prime epoche, le monete fossero battute da appositi appaltatori sia in Alessandria che in altri importanti centri della provincia ed il nome sotto il quale questa serie è assai conosciuta lo credo abu- sivo ed erroneo e speriamo che un giorno, con do- cumenti alla mano, potremo sciogliere ancora questo problema a soddisfazione di tutti. Parte IV. § I. L'inerzia nella fabbricazione della moneta, che cominciò nell' anno io'"° di Vespasiano e durante tutto il regno di Tito, continua nel primo anno di Domiziano IO; per cui, secondo la regola di conteg- giare, si può ammettere che le monete dell'anno i° vennero battute non prima del i° Gennaio, 82 d. C, il quale anno faceva pure parte del secondo Ales- sandrino (82-83 d. C). Dal secondo anno la fabbricazione delle monete di bronzo si segue senza interruzione fino alla fine di questo regno. Le monete di argento vennero emesse irrego- larmente cioè negli ?nni 2**, 6° e 8''. Lo stile è si- mile a quello del padre, e la lega pure la credo la stessa. Sopra queste monete si accentua un risveglio circa la varietà dei tipi del rovescio. Le monete di bronzo battute tra l'anno 1° ed il 9"° per l'estetica si avvicinano a quelle del padre (i) Di quest'anno non conosco che ima sola moneta della 111 frazione esistente nella mia collezione. 30 G. DATTARI dell'anno 8" e 9"°, ma differiscano nella tecnica; lo spigolo del contorno del diritto ritorna ad essere arrotondato e nell'insieme riprende le caratteristiche delle monete di Egitto. § 2. Con le monete del 10""° anno (alessandrino) suc- cesse un miglioramento artistico e la fabbricazione è tanto accurata, che l'arte e la fabbrica di poco la cedono alle belle monete di Roma. Questa è la vera epoca del rinascimento della monetazione di Egitto. L'anno dopo (ii""") venne fatta l'emissione delle monete dei nomi dell'Egitto che hanno fatto e faranno ancora sprecare molto inchiostro ; come pure è da quest'anno che comincia la serie dei tanti enigmatici rovesci degni delle ricerche dei dotti. Dal prospetto che darò in appresso, vediamo che Domiziano dal 1° anno al 9"° non emise frazioni di 20, 12 e 2 oboli, mentre a partire dall'anno 10*"° furono emesse monete in tutte le frazioni. Degno di nota è che con il perfezionamento accennato della monetazione, il peso dell'obolo sembra più esatto e non dista di molto dal peso normale. § 3. La monetazione di Nerva, Traiano, Adriano e Antonino, è basata tutta sopra la modificazione intro- dotta da Vespasiano (e forse da Galba) ; prima di entrare nei particolari ed esaminare le fasi della monetazione di questi singoli regni, dò qui contro un prospetto dei pesi (medii) delle monete da me esaminate, dei regni che successero a quello di Galba. APPUNTI DI NUMtSMATlCA ALESS.\NDRINA 31 Prospetto cronologico, metrologico e analitico della monetazione da Vespasiano a Antonino Pio PESO DELLA MONETA UNITARIA DI BRONZO Gr. 1,20 i 2 BRONZO ARGENTO IMPERATORI a OBOU ^ 20 il "'■ 12 8 i 4 2 I PESO EPOCA delle Gr. Gr. ! Gr. ì Gr. Gr. IOaiALE VALORE Éll'Ariiiti EMISSIONI - S 24 14,40 9,60 ! 4,8o 1 2,10 1,20 Gr. Gr. VESPASIANO ! emissione 25 147 14 9,80 5,76 2,50 1,50 1,50 13 2,340 dal Luglio 69 d. C all'Agosto 75 d. C dal Luglio 69 d. C all'Agosto 71 d. C Il emissione 25 14.66 8,30 4 — — — dall'Agosto 75 d. C all'Agosto 77 d. C dall'Agosto 75 d. C 13 2,340 all'Agosto 77 d. C TITO — — — — — 13 2,125 dall'Agosto 79 d. C DOMIZIANO ' all'Agosto 81 d. C 1 emissione 9»57 4,60 1,15 13 •> dal Settem. 8i d. C. all'Agosto 90 d. C dall'Agosto 82 d. C all'Agosto 87 d. C Il emissione 26 14,40 9,60 4,14 2,70 1,05 — — dall'Agosto 90 d. C al Settem. 96 d. C NERVA — — — — l,IO 13 2,210 idal Settem. 96 d. C TRAIANO al Gennaio 98 d. C 1 emissione 24,83 12,28 7,02 3,40 1.28 13 2,210 1 dal Gennaio 98 d. C all'Agosto 106 d. C dall'Agosto loi d.C all'Agosto 106 d.C Il emissione 22 13,23 8.38 4.41 13 ? dall'Agosto 106 d.C all'Agosto 117 d.C dall'Agosto 106 d. C ADRIANO all'Agosto 117 d.C 1 emissione 1 22,72 12,76 5-35 1,60 13 2,275 1^430 dall'Agosto 1 1 7 d. C all'Agosto 124 d.C dall'Agosto ii7d.C all'Agosto 123 d.C Il emissione 27,10 14,15 8,36 3,45 2.45 1,16 13 2,340 dall'Agosto 124 d. C all'Agosto 138 d. C dall'Agosto 124 d. C. all'Agosto 138 d.C. ANTONINO PIO 27,60 13 — 8,58 5.45 1,05 13 ^210 2,275 1,820 dall'Agosto 138 d. C. al Marzo 161 d. C 32 G. DATTART Parte V. § I. La morte prematura di Nerva ha privato la nu- mismatica dell'Egitto della più bella serie di monete di bronzo che si avrebbe potuto vantare: questo viene confermato dalle belle monete di argento, i cui tipi sono di grande rilievo e di un'arte vivace e naturale. I tetradrammi di questo imperatore portano tutti la data dell'anno i°, mentre certe piccole monete di bronzo, che soglionsi attribuire a questo regno, hanno quella dell'anno 2°. Ciò porta a concludere che la monetazione di Galba ebbe principio a partire dal 1° di Gennaio al 31 Dicembre del 97 d. C. e che nel 98 non venne battuta moneta affatto. § 2. Le monetazioni di Traiano, Adriano e Antonino Pio sono tanto simili tra loro, che in gran parte possono essere trattate collettivamente. Sappiamo che Adriano e Antonino ridussero il valore del denaro; se riducessero anche il valore del tetradramma è impossibile verificarlo. L'analisi però delle monete di questi tre regni non si oppone all'idea della riduzione del valore del tetradramma. Ecco il risultato dell'analisi che ho ottenuto da una moneta di Traiano, quattro di Adriano e tre di Antonino. Traiano i tetradramma è risultato argento gr. 2,210 Ìi » » w » j> 2,015 I „ » „ n . 2,340 ^ » » H » » ^ »43*^ ^ n n I) n » 2,275 APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 33 I tetradramma è risultato argento gr. 2,210 >; n tt » » ^>^75 „ » n n n 1,820 Togliendo da queste analisi la moneta del peso di gr. 1,430, la quale sicuramente è opera di falsari o di frodi commesse dai monetari, le altre ci danno una media di gr. 2,163, mentre abbiamo trovato che sotto di Nerone la media era di gr. 2,185, cioè a dire: i tetradramma dei regni di cui ora ci interes- siamo, valeva io °/o meno di quello dei tempi di Ne- rone, presso a poco la differenza tra il denaro di Nerone e quelli di Adriano e Antonino. Le monete di argento dei due sistemi avendo diminuito della stesso valore, erano dunque sempre eguali tra loro e rimanevano 25 denari che equivalevano a 40 tetra- drammi. Dal prospetto della monetazione di bronzo di questi tre regni si vedrà che certe frazioni sono di- minuite di peso e qualche altra (in particolare di Antonino) è aumentata. Possiedo un' immensa quantità di bronzi di que- ste epoche tra il fior di conio e la buona conser- vazione; il che darebbe a credere che debba essere stato facile cosa di ottenere una media dei pesi, media che sembrerebbe dover confermare la mo- netazione di Vespasiano. Al contrario : tra le monete delle tre epoche se ne trovano varie di uno stesso modulo, ma alcune consunte pesano più di altre di buonissima conservazione. Se si eccettuano le mo- nete degli ultimi anni di Adriano le cui propor- zioni e pesi sono più costanti, nel numero spesso si trovano monete di uno stesso modulo, ma una pesante quasi il doppio dell'altra. Di queste se ne trovano poche sotto di Traiano, qualche rara sotto di Adriano tra quelle dei primi anni, ed in assai 34 G. DATTARI numero tra quelle di Antonino a partire del- l'anno 20""°. Quelle mezze monete, giacche non pesano che la metà delle altre, le ritroveremo nei successivi regni e specialmente sotto di Alessandro Severo. Esse allora rappresentavano la metà della moneta maggiore ; ma questa assicurazione non è possibile farla per i regni di Traiano, Adriano e Antonino. § 3. L'arte sulle monete di questi tre regni dififerisce, e per due volte, nel lungo spazio di 60 e più anni, dal bello precipita quasi di un tratto a ciò che non merita nemmeno il nome di arte. Nelle prime monete di Traiano seguita l'arte dei tempi di Domiziano, ma già inclinata alla discesa, talché a partire dal io"'° anno va sempre più avvi- lendosi e verso il i6™° diventa la peggiore che si ri- scontra in questa serie. Nei primi anni di Adriano l'arte continua la stessa, e di tanto in tanto si trovano delle monete abbastanza buone. L'arte ritorna in fiore nel to'"" anno e, se non raggiunge l'altezza dei tempi di Domiziano, di poco le sta distante. Seguono simiH a queste le prime monete di Antonino ; ma a poco a poco peggiorano con una gradazione impercettibile, senza però cadere fino al punto di quelle degli ultimi tempi di Traiano. Le monete di mistura hanno lo stesso andamento. È un fatto assai curioso e che merita di essere notato. In tutti i regni che ebbero una durata maggiore di IO anni, all'avvicinarsi del 10'"° (alessandrino) si fecero delle nuove emissioni di monete e con esse, si avverte un miglioramento oppure un peggiora- mento nell'arte. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 35 § 4. Sulle monete di argento di Traiano, a principiare dall'anno iS""" e così per i due anni che ancora regnò, dalla parte del diritto, davanti la testa dell'impera- tore, si vede una stella; la testa dell'imperatore in questi anni è sempre cinta dalla corona radiata. Le stelle seguitano ad apparire sopra le monete del 2°, 3° e 4° anno di Adriano, come pure di questi anni vi sono monete senza stelle. Dall'anno 4° all' 8°. invece delle stelle, vi è una luna bicorne; questa si trova su tutte le monete del 5° e ó"* anno, mentre sopra quelle degli anni 7° e 8° talvolta quel segno manca. La testa dell'imperatore è sempre laureata. Nel 9"° anno di questo imperatore la fabbrica- zione delle monete di argento prese delle grandi proporzioni e così durò fino alla fine del regno di Antonino. Da quell'anno (q"**), invece della testa, viene rappresentato il busto veduto di dorso. Nell'anno 20 si ricomincia a rappresentare le teste ora rivolte a destra ora a sinistra, talora nude e talora laureate. Questo sistema viene seguito tutto il tempo di Antonino ; ma ancor più variano le posizioni e l'ac- conciatura del busto e verso gli ultimi anni la testa qualche volta è cinta dalla corona radiata. Che cosa volevano significare le stelle, la luna bi- corne e le posizioni e le acconciature delle teste e dei busti? Non saprei quale altra ipotesi fare se non che si volesse con tali varietà indicare in quali officine o da quali appaltatori furono battute tutte quelle monete. Se si eccettuano i segni delle stelle e della luna bicorne, tutte le altre varietà si trovano pure sulle monete di bronzo incominciando da Traiano. Questa regola di porre le effìgi a d. oppure a s., ecc., venne già inaugurata dopo l'anno 10"'° di Domiziano. (Continua). G. Dattari. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO CAPITOLO IL Tipi: Testa di giovane cinta dalla fasce, ovvero coperta da piccolo berretto conico — Un granchio. Questa moneta è senza dubbio fra le più arcaiche di quante ne furono battute in Agrigento: la rozzezza primitiva del suo disegno, specialmente dal lato del granchio, e la forma della medesima, che è molto doppia e quasi biconvessa, sono caratteri i quali dimostrano abbastanza lo stato rudimentale dell'arte, e la poca coltura dei tempi in cui essa fu coniata. E stata edita per la prima volta dal Paruta; Torremuzza la riporta, ma sulla fede di lui, dichia- rando di non averla mai vista (^), e ne offre due impronte diverse, in una delie quali la testina è co- perta, più che da pilos o kynè, da un piccolo berretto a forma conica: io ne ho tre differenti di conio, ma la testa vi è in tutte scoperta. Ritengo questa moneta dedicata esclusivamente alla rehgione del Dio-fiume, e però che tanto il granchio come la testina rappresentino entrambi l'Acragas (Tav. I, n. i). (i) Siciliae Veteres Nummi, tav. VII, n. 4 e 5 e relativa spiegazione. 38 CARUSO LANZA Non recherà meraviglia vedere ricordato quel genio in tutti e due i lati della moneta, e sotto gli aspetti umano e simbolico, imperocché quello si può dire un fatto comunissimo, che si riscontra nei nummi di quasi tutte le città di Sicilia. Gli esempi, che sul riguardo potrei addurre, sarebbero molti, ma per non dilungarmi troppo mi limito ad alcuni solamente. 11 caso più chiaro ed elegante insieme ci viene apprestato da alcuni bronzi della città degli Alontini (0; in essi la sorgente di acqua dolce ricordata da Fazello (2) si presenta effigiata in questa guisa: nel diritto, la testa di un bel giovanotto coperta dal berretto frigio, e nel rovescio un bue dalla cui bocca sgorga un getto d'acqua (Tav. I, n. 2). L' una e l'altra figura principale si addicono perfettamente a quella fonte: il berretto frigio, come le corna, costituisce in genere un distintivo delle personificazioni dei corsi d'acqua; ed anche il bue ha lo stesso significato; difatti sappiamo da Timeo (3) che nel foro degli Agrigentini si vedeva un bue di bronzo, che rappresentava il fiume Gela. Ad ogni modo poi, che quel bue simboleggi la stessa sorgiva è dimostrato in modo esplicito da quel getto d'acqua, che zampilla dalla sua bocca, ed anche dal granchio, che in alcune monete vi è scolpito ai piedi. In quelle di Gela si riscontrano frequentissimi questi tipi: una testa umana, spesso con le corna ovvero coi capelli scarmighati ed ispidi, che si direbbe quasi anguicrinita, accennandosi in cotesto modo ai confluenti, che mettono capo all'unico fiume; e nel lato opposto, il bue od anche il minotauro con la leggenda al nominativo TEAM. È evidente che Tuna (i) Id., ibid., tav. XIV, n. io e ii. (2) Deca I, lib. IX, cap. 4. (3) Frammento II di Spata, pag. 153. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 39 e l'altra impronta si riferiscano al fiume Gela, e le parole di Timeo, delle quali feci menzione, tolgono ogni dubbio sulla interpretazione del simbolo bue. Monete analoghe ha Catana. In alcune di Siracusa quell'emblema è circondato da delfini (Tav. I, n. 3), circostanza questa, la quale rende sicuramente intelligibile l'allegoria. Nelle me- desime però la testa suol essere quella di Cerere ovvero di Proserpina; ma dello identico tipo ne pos- seggo io una di piccolo modulo, inedita ancora, nella quale la testa senza dubbio è quella di Aretusa (Tav I, n. 4), e così affermo per la ragione che essa è di disegno perfettamente uguale a quella che presentano le numerosissime monete di argento, le quali hanno la biga nel rovescio. Gli esempi portati mi pare adunque che siano sufficienti a confermare il fatto da me sopra annun- ziato, che i Greci di Sicilia cioè solevano dedicare monete ai loro sacri corsi d'acqua, rappresentandoli sotto forme umane e simboliche insieme, nella me- desima moneta. Agrigento seguì cotesto uso comune, e ne fa fede quel bronzo ricordato nel Capitolo precedente, in cui vi ha l'aquila sulla colonna jonica; ivi appunto nel campo vi è un piccolo granchio, e nel diritto poi la testa del dio-fiume. Ora, data quella regola generale, io non esito punto a ritenere che la moneta in esame sia stata coniata dai cittadini esclusivamente in onore della divinità fluviale, il granchio la rappresenta in modo simbolico giusto quello, che esposi nel primo capitolo; e attribuisco pure la testina a quel nume, argomen- tandolo dai seguenti indizi: l'età giovane della figura; la fasce, onde è cinta ; e quel pileo in qualche modo simile ad un berretto frigio, che si trova nella mo- netina riportata dal Paruta. 40 CARUSO LANZA CAPITOLO III. Tipi: Aquila, che divora un serpente — Granchio. Sono altresì arcaiche le monete con l'impronta di un'aquila che divora un serpente, ovvero un pesce, o un'altra aquila (Tav. I, n. 5, 6, 9, io e 13); si osserva in esse quella scorrettezza nel disegno, quella ruvidezza nell'arte, le quali sono proprie delle civiltà poco progredite: i barbari nelle loro immagini accen- nano solamente i concetti, spesso grandiosi, senza curarsi gran fatto dei particolari del disegno, mentre i tempi della decadenza amano le peculiarità più minuziose, la barocca ricercatezza (0. Riguardo a cotesto gruppo di monete però, più che qualunque parola se ne possa dire, basterà so- lamente il vederle, toccarle, e metterle in confronto con le più arcaiche e con le altre, di cui ragionerò nei capitoli seguenti, per riportare questa convin- zione piena e sicura: esse non furono le prime co- niate in Agrigento, ma immediatamente dopo quelle. Perchè io non venga frainteso dirò, che non tutti i conii di cotesti tipi sono sempre ed egual- mente ruvidi; altri ve ne sono, i quali raggiungono una sufficiente finezza; essi ricompariscono in tempi a noi più vicini, e contemporaneamente ad altre im- pronte ben diverse, come dimostrerò in altro luogo (2); la qual cosa significa certamente che i fatti, a cui si riferiscono le allegorie in esame, erano di tale importanza, che il popolo amava sempre di averli ricordati e ripetuti. (i) Pagano, Sag^^i Politici. Sag. VI, cap. XII e XIV. (2) Cap. VII. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 4I Ad Ogni modo, per fissare meglio l'epoca della emissione di tali nummi allego l'autorità di persone senza dubbio competenti, riportandomi a questo fatto o aneddoto, che dir si vorrà. Nel museo comunale di Girgenti è una tavola di facsimili, tirati con la galvanoplastica, delle nostre principali monete anti- che; è copia di quella esistente nel British Museum, e fu regalata al nostro Municipio, da un signore inglese il quale faceva le sue meraviglie, come mai a Gir- genti, nel museo archeologico, non vi fossero monete agrigentine. Esse in quella tavola sono disposte per epoca, e quelle ch'io vengo ad esaminare, a Londra, da eccellenti archeologi sono state giudicate appunto del primo periodo della nostra monetazione. Cotesto dato intorno all'epoca della loro crea- zione ci spiana certamente la via : nella storia di un determinato periodo di tempo noi cercheremo la spiegazione dei simboli pesce, serpente ed aquila, di .quegli animali cioè, che vengono ghermiti e di- vorati dall'aquila agrigentina. Solo a guardare cotesti tre tipi e gli altri ap- partenenti ai tempi successivi, che formano il pe- riodo più luminoso della storia d'Agrigento; ad os- servare che mentre prima l' aquila era disegnata stante, ferma e direi quasi accovacciata (V. Tav. pre- cedente, n. I e 5 (0) ed ora invece la si vede in movimento, piena di vita e di brio, che comincia a squassare le penne e batter FaH (Tav. I, n. 3 e 17), ed ora ha ghermito un serpe o un pesce (Tav. I, n. 6, 9 e io), ora ha debellato altra aquila, o una lepre o un cavallo (Tav. I, n. 13, 14, 15, 16, 17 e 19), e' simili, ed in una moneta si mostra con la testa alta e la preda stretta fra gli artigli, in un'altra, che (i) Tav. XVI, anno 1902. 42 CARUSO LANZA lotta con qualche animale, o è intenta a divorarlo; solo a guardare e notare cotesta differenza, dico, un' impressione se ne riceve, ed è questa, che gli Agrigentini nel disegnare l'aquila della loro città in quei modi, nel rappresentarla trionfante sugli altri animali con cui essa ha lottato, abbiano voluto espri- mere il concetto delle loro prime armi e prime vit- torie: è la giovane aquila, che ha lasciato il niao e stende le ali sopra vaste regioni, è la giovane Agri- gento, che si è coverta di gloria sui campi di bat- taglia. E questa impressione viene avvalorata da ciò, che nei tempi della dominazione punica, allor quando la città non avea piìi diritto di vantare illustri gesta, né sottomesso alcun nemico, 1' aquila delle sue mo- nete torna a chiudere le ali, ed a non aver più preda a divorare (^l L'esame dei vari nummi, che mano mano sarà fatto, e il relativo confronto giustificheranno codesto mio modo d'interpretare il significato generico delle cennate impronte. Comincio adesso dallo spiegare che cosa sim- boleggi quella dell'aquila, che divora un serpe (Tav. I, n. 5 e 6). Analoga di significato ve ne è forse un' altra, l'aquila che divora una lucertola: la porta il Torre- muzza (2), però il Salinas non l'ha: che si sia in- gannato quell'eminente archeologo? Ma prima di dare la mia spiegazione, sento il bisogno di premettere alcune notizie storiche, e fare osservazioni e rihevi per giustificare più che sia pos- sibile le mie impressioni. (i) Vedi su questo riguardo il cap. XIII. (2) Siciliae Veteres Nummi, tav. IX, n. ii. Anche Io Schubring fa menzione di tale moneta — op. cit, pag. 183. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 43 La colonia mandata da Gela per fondare una nuova città, venne a stanziarsi in un sito, in cui da tempo esisteva una città antica (0: era Omface se- condo Picone (2), Gamico secondo altri (3). Gomunque si sia chiamata, quel che mi preme di accertare è questo, che Gamico ed Omface eran vicine fra loro, tanto che archeologi di valore pongono, chi V una, chi l'altra in questo luogo; ed Agrigento sorgeva là, dove era stata abitazione da gran tempo. Di più, sappiamo che vicine a quelle due città erano pure Grastos ed Inico; per tanto vengo a questa conclu- sione, che non solamente il suolo e i dintorni, ma ben anche il territorio circostante era frequentato da gente primitiva, la quale vi aveva fondato parecchie città proprie. Alle tradizioni corrispondono i monumenti pre- ellenici, che tuttodì si rinvengono: tombe, vasi, uten- sili, armi, collane, una delle quali con due amuleti io regalai al chiarissimo prof. Orsi, il quale la depo- sitò in mio nome nel museo di Siracusa al N. 20549, e ne fece oggetto di un'apposita monografia nel « Bol- lettino di paletnologia italiana » (4). E più che altro bastano a provare l'esistenza d'una civiltà precedente alla greca gli ipogei, opera ciclopica, i quali dal vertice della collina, su cui siede la moderna Girgenti, si stendono per parecchi chilometri verso sud-est, fin oltre la chiesa di S. Nicola : ed opere simili esistono presso la città di Naro. Adunque, monumenti e testimonianze ci fanno stabiUre con tutta sicurezza, che il luogo in cui fu fondata Agrigento e i suoi dintorni formavano la (i) Scoliaste di Licofrone. (2) Memorie storiche agrigentine, pag. 25. (3) Palmeri, Somma delia storia di Sicilia, pag. 3. — Bonfiglio, Questioni akragantine. (4) Anno XXVII, n. 1012, 1901. 44 CARUSO LANZA stanza di un popolo indigeno. Comprendiamo da ciò, come in principio si siano trovati a contatto due popoli diversi, l'uno natio del luogo, padrone della contrada, e l'altro straniero, che doveva contendere palmo a palmo il terreno su cui adattarsi per isvol- gere la propria attività ; questo che vuol conquistare, l'altro che deve resistere; fin dall'inizio però dovette determinarsi fra essi una guerra ostinata e di ster- minio, la vera lotta per l'esistenza: l'America del cinquecento e l'Africa d'oggi informino. Poche e vaghe sono le notizie arrivate a noi dei fatti importanti seguiti in quei tempi. Delle gesta di Falaride almeno qualche cosa si conosce; ma dei suoi successori fino ad arrivare a Terone (^), non se ne sa nulla. Di Falaride sappiamo questo, che pochi anni dopo la fondazione della città egli usurpava la regia dignità e rivolse tosto le sue cure alle cose della (i) Furon quattro, secondo il Picene: Telemaco, Calciopeo, Emmene ed Enesidemo; due, secondo altri: Alcmane ed Alcaudro (v. Cantù, St. Univ., voi, 63, cap. 27). Dei primi fa menzione lo Scoliaste di Pindaro, alla Olimp. II; dei secondi lasciarono memoria Eraclide Pontico e Scimno da Scio. Molti, compreso il Picene, delle cose agrigentine scrittore ac- curatissimo, non han saputo spiegarsi il come ed il perchè di cotesta differenza di nomi e di numero nei re d'Agrigento; e in fatti, se dopo r uccisione di Falaride la città avesse conservata ancora la forma di governo monarchico, la questione resterebbe irresoluta non potendosi concordare l'uno scrittore e gli altri. Ma quando noi sappiamo, che Agrigento si era retta prima, e dopo Falaride si governò ancora con lo statuto dorico; quando sappiamo che in Isparta sin dai tempi di Ari- stodemo, e poi sanzionato anche dalla costituzione di Licurgo (v. Plu- tarco, Vita di Licurgo, I e II), furonvi due re ereditari, sempre; po- tremo conciliare benissimo quegli scrittori antichi in questo senso, che essi parlano delle due dinastie diverse regnanti nel medesimo tempo in Agrigento: lo Scoliaste di Pindaro parla evidentemente degli ante- nati di Terone, e però di una dinastia; Eraclide Pontico e Scinmo pro- babilmente accennano all'altra. Nel cap. V, parlando di Terone, spiego meglio questo stesso concetto ricavandolo da alcune parole di Pindaro. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 45 guerra; inventò le macchine, le quali dal suo nome per tutta l'antichità falariche si dissero; sottomise Gela, ed a presidio della fatta conquista piantò presso il fiume Imera le due fortezze Ecnomo e Falario ; si spinse fino ai campi leontini, a Catana ed Inessa, distinguendosi sempre per quei tranelli, che furon detti stratagemmi ('); ad Imera fu nominato strate- gota, e si sarebbe impadronito della città a tradi- mento, se non fosse stato il poeta Stesicoro a reci- tare al popolo il noto apologo del cervo e del ca- vallo. Un altro dato di fatto abbiamo da Diodoro <^': ai tempi della guerra di Siracusa ed Agrigento contro Ducezio re dei Sicoli obbediva agli Agrigentini quasi tutta la parte occidentale dell'isola, da Mozia e dall'agro selinuntino al monte Nebrode ed ai due fiumi, che da esso si partono. È meraviglioso! la fonte Fattizza, che scaturisce da quella montagna, dà origine a due fiumi diversi, le due Imere, l'uno dei quali ha il suo corso verso nord, e l'altro a sud, e dividono la Sicilia in due parti quasi eguali i3). Quei due fiumi segnavano allora il confine orientale dei possedimenti agrigentini. Probabilmente la con- quista della parte occidentale dell'isola fu compiuta dai successori di Falaride. Cotesti luoghi sin dall'avvento dei Sicoli erano divenuti la stanza dei Sicani u) e da loro Sicania si dissero; ond'è che se Falaride e successori estesero il loro dominio fino ad Imera e Mozia, vuol dire che dovettero necessariamente combattere e sottomettere (i) PoLiENo, lib. V. — Frontino, lib. III. (2) Lib. XI, cap. XXIV. (3) SiLio Italico, lib. XIV. V. anche Vito Amico, Lexicon topogra- phicum, alla voce Fiume Grande. C4) Tucidide, Iib. VI. 46 CARUSO LANZA i Sicani : Polibio (^) e Polieno (2) ci riferiscono ap- punto di un'aspra lotta sostenuta dal primo tiranno agrigentino contro quel popolo barbaro. Premesse queste notizie intorno al primo periodo della storia d'Agrigento, passiamo ad altre conside- razioni: I Sicani furono le prime genti, che vennero ad abitare la Sicilia (3); col volgere dei secoli perdet- tero la memoria della loro immigrazione e si dissero autoctoni, cioè nati dal suolo, su cui erano cresciuti. Nei tempi più remoti dai Greci furon detti Giganti, parola che si fa derivare da yvi-Y'/i;, terra, ed io vi aggiungerei la radice del verbo ytyvojAai, il latino gigno, trarre origine, aver nascimento, sicché gigante suona addirittura oriundo della terra. Giganti dicevano al- tresì i loro più antichi progenitori moltissimi popoli: gli Egizi, i Rodi, i Cretesi, i Macedoni, gli Italioti dei campi di Flegra, i Filistei nella tradizione bibhca, ecc. I primi abitatori dell'isola nostra adunque si dissero autoctoni e furon chiamati giganti: l'una pa- rola equivale l'altra nel suo intimo significato. I nostri Giganti ebbero ancora degli altri nomi, i quah rispecchiarono le loro varie inclinazioni ed abitudini. A somiglianza di quel popolo d'Africa, di cui parla Erodoto (4), che si nutriva principalmente dei frutti del loto, furono appellati Lotofagi; essi pare siano stati i primi giganti, che dalla vita pa- storale passassero alla coltivazione dei campi; ed il fiore e frutto del loto impresso nelle monete si- cole in genere valgono a ricordare appunto l'agri- (i) Lib. XII. (2) Lib. V. (3) Timeo presso Diodoro, lib. V, cap. IV. — Diodoro, lib. V, cap. VI. (4) Lib. IV. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 47 coltura : e fu tale la nomea d'agricoltori degli antichi abitatori della nostra contrada, che fino al dodice- simo secolo di Cristo si diceva per tradizione : Lo- tophagos eos esse ajtnit, qtti nunc Agrigentini dicuntur (^). Lestrigoni si dissero coloro i quali per mezzo di pali — ^icTpov — escavavano la terra. Ciclopi e Le- strigoni abitavano caverne e spaccature di montagna. Simili a costoro furono i Trogloditi, dei quali dice Diodoro, che avevano abitazioni sotterranee, ove portavano i loro armenti (2) ; e sotto questo riguardo non mi è parso mai infondato il parere di coloro, i quali vogliono, che i nostri ipogei abbiano servito a questo scopo. Erodoto, in fine, afferma che i Tro- gloditi etiopi mangiavano serpenti, lucertole ed altri rettili (3). TaH dunque furono dipinti dalla immaginosa fantasia dei Greci antichi, e tali furono poi descritti da storici e poeti i Sicani, i progenitori di quel po- polo, con con cui dovette imbattersi e lottare la nuova fondazione greca. Dirò per ultimo che gli antichi con l'effigie della lucertola simboleggiarono l'agricoltura, e però la di- cevano sacra a Cerere (4); più ancora, è risaputo, che con la figura del serpe gli Egizi e i Greci rap- presentarono sempre la terra. / serpenti sono figlinoli della terra, risposero i Telmessi a coloro che li in- terrogarono per conto di Creso (5). (i) PicoNE, op. cit., pag. 30. (2) Lib. V, cap. XV. — V. anche Virgilio, Eneide, lib. III. (3) Lib. IV. (4) Ovidio, Metamorfosi, lib. V, trasformazione di Aba. (5) Erodoto, lib. I. Nello stesso senso sono state interpretate le favole relative al serpente ucciso da Cadmo, al serpente Pitone, all'idra di Lerna, ecc. 4^ CARUSO LANZA Adunque, i serpenti eran figli della terra, e la lucertola, l'emblema dell'agricoltura ; ed i Giganti si- cani eran figli della terra, ed i Lotofagi i primi si- cani agricoltori. Giganti, Ciclopi e Lestrigoni, come le serpi e le lucertole, avevano abitazioni sotterra, e nelle caverne e spaccature di montagna. Lestrigoni e Trogloditi si cibavano di serpi, lucertole ed altri rettili. Per tanto il paragone sta: i simboli lucertola e serpente nel linguaggio figurato si adattano bene a rappresentare il popolo dei Sicani, qual esso era, o meglio, così come veniva immaginato e descritto dalla tradizione e dalla fantasia dei Greci. Il portento ap- parso a Creso, di cui teste feci menzione, fu questo, che nella Lidia apparvero una quantità di serpenti, e i cavalli se li mangiavano : Creso, interrogando i Telmessi per conoscere il significato del portento medesimo, ebbe quella risposta : i cavalli sono gli stranieri, i serpenti sono figliuoli della terra, dunque il prodigio annunzia un esercito nemico, che sotto- metterà i cittadini della Lidia (0. Dato tutto ciò, non mi pare fuori proposito spie- garmi la figura della moneta in esame nella stessa guisa, onde fu interpretato quel portento: l'aquila rappresenta la nostra città; il serpe e la lucertola, il popolo natio del luogo, i Sicani; l'intera figura allude dunque a quell'aspra lotta sostenuta vittorio- samente dalla giovine Agrigento contro i barbari Sicani. Parecchie altre città siciliane ebbero monete con quelle impronte: Siracusa, Messana, Morganzio hanno (r) TtXji.7]03é»c fJLÉvToi tóSe eY^uioav, otpatòv àXXód'poov «pooBóxtjiov livat Kpotou) alti fr]v )^(i)p7]v, àittxófiivov 8è xoùtov xacaorpi^l^so^ac toò? sjti)(toptoo;, XìYovtsc otptv iivai f"'!':' itaì8a, Titnov 5à rtoXép.tov xs xoit «iff]Xo8a. — Erodoto, lib. I. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 49 l'aquila che divora la serpe; Camarina ha il gufo, che tiene stretto in una zampa una lucertola. Agrigento ripete lo stesso concetto in una al- legoria analoga a quella trattata nella moneta ri- portata dal Mionnet (^), in cui si vede il granchio che tiene un serpente. CAPITOLO IV. Tipi: Aquila che ha ghermito, o divora un pesce — Granchio. Il pesce è l'emblema del mare e per esso delle città marittime, le quali di fatti nelle loro monete effigiarono sempre pesci di vario genere. Per tanto r impronta, di cui vengo ad occuparmi, l'aquila di Agrigento che abbranca o divora un pesce (Tav. I, n. 9 e io), deve alludere certamente ad una di queste due ipotesi: o alla sottomissione di qualche città litto- ranea, ovvero alla conquista del mare, al predominio nella navigazione da parte della nostra città. La spiegazione data così in termini generali si appalesa plausibile per l'una come per l'altra 'ver- sione, e però fa d'uopo vedere a quale di esse con- venga meglio quell'allegoria. Torniamo alla storia e vedremo. Ho esposto nel capitolo precedente, come in meno di un secolo dalla sua fondazione Agrigento avesse preso uno sviluppo prodigioso ; ai tempi della guerra contro Ducezio e i Sicoli, era già divenuta una grande città, padrona di una buona parte dell'isola. (i) Description.. . Sicile — Agrigenliiw, N. 65. 50 CARUSO LANZA Quello anzi fu il periodo più glorioso per le armi agrigentine; in seguito essa non brillò più per virlù guerresche, ma la gente nova e i subiti guadagni re- sero celebre la nostra città per le sue ricchezze, pei suoi edifici pubblici e privati sontuosi, per il lusso, il fasto e la mollezza dei cittadini — ^55^' mangiano come se dovessero morir domani^ e fabbricano come se non dovessero morir giammai — diceva Empedocle (0. Durante il primo assedio della città, ad opera dei Cartaginesi — 406 a. C. — ci volle un editto dei magistrati per vietare a quelli, che facevano la guar- dia di notte, di portare con se più di un materasso, una coperta, un pannolano e due cuscini (2). E prima di quell'editto dunque che cosa portavano i cittadini, che andavano a guardare le mura della città asse- diata ? In tutto il territorio posseduto dagli Agrigentini erano parecchie le città poste in vicinanza al mare : Gela, Cene, Eraclea-Minoa, Mozia, Imera, e in con- seguenza si potrebbe credere che l'emblema, di cui parlo, sia stato ideato dai cittadini a ricordare la sottomissione di taluna o di tutte quelle città. Ad un attento esame però quella spiegazione non regge ; le città cennàte erano tutte rappresentate da simboli speciali ad esse nelle loro monete: Gela dal minotauro. Cene dall'ippogrifo (Tav. I, n. 11), Eraclea la città dedicata ad Ercole aveva il leone nemeo, Mozia i delfini, Imera il gallo (V. Tav. pre- cedente, n. io); sicché ritengo, che se mai gli Agri- gentini sotto il simbolo del pesce ghermito dalla loro aquila avessero voluto alludere alla conquista di queste città, avrebbero disegnato probabilmente (i) Diogene Laerzio, in Empedocle. (2) DioDORo, lib. XIll, cap. XV, SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 5I qualcuno degli animali teste indicati, il gallo cioè, o l'ippogrifo, il minotauro e simili; o per lo meno avrebbero ideato un altro simbolo qualsia, che a rap- presentare quelle città si sarebbe meglio prestato, che non faccia quello di significato troppo generico, quale è il pesce. Spesso avviene, che alla distanza di tanti secoli non possiamo renderci la ragione dei rapporti, che passavano tra il simbolo e il concetto in esso adom- brato, imperocché ci mancano, a dir poco, i parti- colari dei fatti avvenuti in quei tempi lontanissimi, quando pure qualche notizia è arrivata a noi; mentre per mezzo dei particolari solamente potremmo com- prendere il nesso, che unisce la figura allegorica al- l'idea. Or in mancanza d'altro ci possono servire di guida alla spiegazione dei vari emblemi i simboli accessori, ed altresì le monete simili, o, come le chiamerei, di significato complementare. Spiego meglio il mio concetto : Nelle monete greche, in genere, troviamo spesso delle figurine di piccolo formato intercalate nel campo e specialmente nell'esergo, cioè nel piccolo segmento inferiore, che è separato dal tipo per mezzo di una linea; esse, pur accennando a concetti diversi e per sé stanti, tuttavia non stanno mai in antitesi al sog- getto principale dell'allegoria. Non altrimenti avviene nei quadri, ove lo sfondo e la cornice non formano mai un controsenso al suo contenuto, e nei monu- menti, in cui il piedestallo e le figure secondarie sono sempre in armonia con quella principale. Il Selvatico a proposito del monumento a Bartolomeo Colleoni diceva: Imparino da questo cornicione gli ar- chitetti moderni a scegliere l'ornamento in modo, c/te aiuti la significazione dell'opera: né pongano le sfingi, ove non s'asconde mistero y ne facciano uscir da' canestri 52 CARUSO LANZA i tritoni e gli ippocampi per esser fregio ad opere, che nulla hanno a che far col mare e con Nettuno. I Greci, artisti di genio, non contravvenivano certamente a questo precetto. Da ciò io credo di poter conchiu- dere, che i simboli accessori sopra cennati, a dir poco, ci mettono in condizioni taH da poter inter- pretare con molta probabilità il significato generico della figura principale. Altre volte, ho potuto osservare, il soggetto del- l'allegoria viene rappresentato in due o più modi di- versi, ed anche questo ci aiuta assai a comprenderne il significato : più dati si hanno, più facile riesce la soluzione del problema. Cotesto secondo genere di mo- nete sono appunto quelle, che io direi complementari. A giustificare le mie osservazioni in proposito addurrò degli esempi : dissi nel primo capitolo, che nelle monete agrigentine il granchio semplice è so- stituito dal granchio col volto umano, e l'una e l'altra figura rappresentano lo stesso concetto (V. Tav. pre- cedente, n. I, 9 e 13). Feci notare altresì nel numero precedente, come al tipo più comune di un' aquila che divora la serpe, sta accanto quell'altro del gran- chio che con le sue tenaglie ha stritolato un serpente. Vedremo al capitolo VI, che la battaglia d' Imera è stata rappresentata in tre modi diff"erenti (Tav. I, n. 14, 19 e 20). Osservai del pari che le monete di Siracusa, le quali hanno il bue, nel lato opposto so- gliono avere la testa di Cerere, ed una monetina inedita in vece ha l'effige di Aretusa (Tav. I, n. 4). E per quanto riguarda i simboli accessori ripeto cose già dette, nelle monete di Siracusa teste cennate il bue qualche volta è circondato da delfini (Tav. I, n. 3); ed il bue di quella di Alunzio (Tav. I, n. 2) ha un granchio ai piedi, tanto per dinotare, che la figura di quel quadrupede debba alludere a qualche cosa, che vive nelle acque. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 53 Dalle fatte osservazioni e dagli esempi addotti credo adunque di poter conchiudere, che spesso il bandolo per la spiegazione delle monete ce lo for- niscono le monete stesse; gli accessori e le figure simili sono appunto quelli, che ci fanno raccapezzare il vero significato loro. Tomo quindi all'argomento. Se il pesce impresso in queste monete dovesse ricordare davvero le città marittime soggiogate dagh Agrigentini, essi non avrebbero trascurato di con- fermare vie meglio il loro concetto nei cento segni minori esplicativi dell'idea principale, i quali accom- pagnano quel tipo; e di fronte ad un immenso nu- mero di coni diversi di cotali nummi, avrebbero sa- puto creare certamente qualche impronta comple- mentare, qualche altro emblema, che alla conquista delle città marittime sopra specificate avrebbe meglio accennato. Ma nulla abbiamo di tutto questo, ed il significato dei segni, che numerosi e diversi accom- pagnano la figura principale, ci allontana affatto da quest' idea. Ritengo in vece che i nostri maggiori con l'im- pronta in esame abbiano voluto dar forma sensibile al concetto del predominio nel mare, della naviga- zione e del commercio. Agrigento di fatti intorno all'epoca di Terone e sino alla seconda guerra punica in Sicilia ed alla sua prima distruzione, era padrona delle acque. Tale parola non si dovrà intendere nel senso politico e guerresco, imperocché è accertato, che essa non ebbe mai una marina da guerra, e nessuna battaglia na- vale ci viene indicata dalla storia siccome combat- tuta dalla flotta agrigentina. La città allora fioriva assai in grazia del com- 54 CARUSO LANZA mercio marittimo, dal quale ritraeva immense ric- chezze (^). Siracusa, bellamente fu detto, Qual ampia nave, che le vele spieghi — Ver l'oriente (2), esercitava il suo commercio specialmente con la madre patria e con tutte le coste orientali del Mediterraneo; Agri- gento in vece più direttamente con Cartagine e tutta l'Africa. I prodotti principali del nostro suolo erano, e sono tuttavia, il grano, il vino e l'olio; e di questi, e specialmente degli ultimi due generi, difettava l'Africa (3). Platone il filosofo ritrasse dei grandi guadagni vendendo dell'olio in Egitto (4). Or appunto i segni secondari aggiunti alle mo- nete del tipo in discorso, ed a quelle coeve, di cui tratterò nei capitoli seguenti, sono: granelli d'orzo e spighe di frumento, pampini di vite e grappoli di uva, rami d'olivo e simili, cose le quah accennano in modo semphcissimo ai prodotti del suolo, alla base delle esportazioni. Ed attorno alla figura del- l'aquila che ghermisce il pesce, oltre a quei simboli, vi sono più specialmente cavallucci marini, tritoni e sirene (Tav. 1, n. 17), quei geni delle acque, i quah seguivano il corso delle navi e spesso indicarono la via ai naviganti; sicché possiamo considerarli siccome simboli della navigazione. Ed altresì vi si riscon- trano pesci di mare e di fiume, anguille, gamberi, polipi, conche (Tav. I, n. 9, io, 12 e 14), roba tutta che rispecchia la pesca abbondante, che si faceva nelle nostre acque (s). Cotesti tre generi di èimboli minori messi at- torno all'emblema principale, di cui ragiono, mi pare (i) DioDORo, lib. XIII, cap. XV, (2) E. Perito, Acrogante, canne. (3) Erodoto, lib. II. — Diodoro, loc. cit. (4) Plutarco, Vita di Solone, cap. II. L'Egitto ritraeva l'olio anche dagli Ebrei, come è dimostrato dal libro del profeta Osea. Cap. II, 2. (5) V. cap. xn. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 55 che diano la completa giustificazione della data in- terpretazione. La marineria era Tanima nella vita degli Agrigentini, la sorgente delle proverbiali ric- chezze e delle loro deHzie; e ben si apponeva lo Schubring nel rilevare, che un fatto di tanta impor- tanza non poteva passare inosservato, ma doveva essere registrato e consacrato in un monumento della città, quali sono le monete 'i); però s'ingan- nava nel vedere incarnato questo concetto nella fi- gura del granchio : il pesce è l'emblema del mare, non quello storto crostaceo, come gli uccelli potranno ben rappresentare il concetto della vita e del movi- mento nel regno dell'aere, non i vipistrelli o i draghi volanti. Sicché con l'impronta dell'aquila, che ha gher- mito un pesce accompagnata da cento figurine ac- cennanti ai prodotti d'esportazione, alla navigazione ed al commercio, i cittadini intesero rappresentare il concetto del loro predominio sul mare, su quel- l'elemento, che li aveva resi ricchi e felici. CAPITOLO V. Tipi : Aquila che divora altra aquila — Granchio e due pe- sci sotto. Fra le monete rare di Agrigento sono certamente a noverare quei bronzi, che portano le impronte di un'aquila che ne divora un'altra, e nel rovescio, un granchio e due pesci sotto (Tav. I, n. ii). Io però ne posseggo una di formato piti piccolo, inedita (i) Op. cit., pag. 188. 5^ CARUSO LAN^A ancora, la quale, sebbene alquanto sciupata, è rico- noscibile abbastanza dal lato delle aquile e chiara poi nel lato opposto, e presenta questa particolarità, che invece di due ha un solo pesce al di. sotto del granchio (Tav. I, n. 13). L'aquila, dissi e ripeterò a ogni pie' sospinto, è l'emblema della nostra città: e qui la figura princi- pale della insegna, la solita aquila vittoriosa, identica di disegno a quelle altre che hanno debellato la serpe, il pesce, il cavallo, la lepre, ecc., rappresenta precisamente la città uscita vittoriosa da qualche ci- mento. Non mi sembra ragionevole poi supporre, che i nostri maggiori nella superficie limitatissima di un tondello abbiano voluto, che la medesima figura de- signasse due oggetti differenti, e però anche l'altra aquila, quella uccisa, attribuisco ad Agrigento o ad una parte dei suoi cittadini; specie poi perchè essa non si potrebbe adattare ad alludere all'altra città, che pure dell'aquila veniva rappresentata, imperocché Agrigento non riportò mai alcuna vittoria contro Siracusa. Onde l'impronta di un'aquila, che ne ha soggiogato un'altra, mi dà subito l'idea d'una vitto- ria di Agrigento sopra sé stessa, di una qualche sedizione o lotta intestina felicemente superata. Qui cade in acconcio di notare un fatto: L'aquila vinta di queste monete é molto piccina di fronte alla vincitrice, come la lepre, di cui parlerò nel capitolo seguente, spesso é piccola, ed il cavallo ucciso (Tav. I, n. 19), di cui tratterò pure in quel capitolo, raggiunge le proporzioni di un cagnolino nei rapporti con l'aquila. Queste e simili sproporzioni nei disegni tra la figura principale e le accessorie non rivela l'imperizia o la cattiva scuola degli incisori agrigentini, ma un costume di tutti gli artisti greci. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 57 Il sistema di mettere in maggiore rilievo l'eroe. Io troviamo molto frequente nei monumenti assiri, e dalla Assiria pare, sia stato importato in Grecia : abbiamo infatti statue colossali di quei re, che si tengono stretti al petto dei leoni, i quali sembrano gattini (^ . Nei fregi del Panteon d'Atene v'erano scolpiti cavalli più piccoli dei loro domatori ; tali sarebbero anche quelli dei colossi del Quirinale. E per parlare di cose agrigentine noterò, che negli squisiti altorilievi del sarcofago greco esistente presso la Cattedrale, la Fedra seduta, o meglio sdraiata sulla sedia, raggiunge la stessa altezza delle ancelle in piedi, che le stanno presso. Fra i vari episodi della nostra storia quello, a cui si addice bene il significato di questa allegoria, è la prima vittoria riportata da Terone. Egli ascendeva alla signoria d'Agrigento nel 488 a. C; i figli di suo fratello Senodico, Ippocrate e Capi (2), cominciarono ad eccitare il popolo alla rivolta, ed una fazione di Agrigentini infatti si ribel- lava e scendeva in campo sotto il comando dei detti due sobillatori. Quale la causa di cotesta sedizione non ci viene chiarita dalla storia; mi sembra verosimile, sia stata questa, che Terone otteneva la regia dignità per diritto ereditario, secondo lo statuto dorico stato già adottato in Agrigento; quei re però avevano molto meno di potestà, di quanta ne avessero i con- soli a Roma ; ma Terone, pur divenuto re per diritto proprio, avrebbe usurpato i poteri della città a danno dell' aristocrazia dominante : egli per tanto fu chia- (1) ViARDOT, Le meraviglie della scultura, Cap. II. (2) Vedi la genealogia di Terone dello Scolionte di Pindaro, alla Olimp. II. 8 ^8 CARUSO LANZA mato da Pindaro promiscuamente Suvàd-r/i?, grande, ottimate, e Tópawo;, usurpatore, tiranno (^) ; Ippocrate e Capi sarebbero stati dunque i campioni dell aristo- crazia conculcata. Essi si ridussero ad Imera presso il signore di quella città, Terillo; fu bandita la guerra; Anassila tiranno di Reggio e Messana prese le parti di Terillo suo suocero ; si venne a giornata presso i campi d' Imera ; e Terone li sgominò tutti quanti, e tornato poi in Agrigento festeggiò la sua vittoria contro i ribelli. L' Holm parla di questo fatto d' arme come di avvenimento di epoca posteriore alla grande batta- glia d' Imera (2). Io non comprendo come mai quel sommo maestro abbia potuto incorrere in tale equi- voco, quando Erodoto, scrittore presso a che con- temporaneo, dichiara testualmente che i Cartaginesi furon chiamati in Sicilia da Terillo e specialmente da Anassila per vendicare il suocero, che in seguito a quella giornata era stato cacciato da Imera (3). E poi, ne Ippocrate ne Capi, ne gli Agrigentini si sa- rebbero ribellati dopo la famosa battaglia d' Imera ; ne Terillo avrebbe soccorso dei ribelli contro un re divenuto cotanto potente. Adunque, ritengo che le monete in parola siano state coniate precisamente in memoria di quella gior- nata, e però il suo significato sarebbe questo : la vittoria di Terone sopra i propri nipoti, di Agri- gento contro i ribeUi agrigentini; è un'aquila, che ne ha vinto un'altra. (i) Olimpica II. (2) Storia di Sicilia neW antichità, trad. di Dal-Lago e Graziadei, voi. I, pag. 408 e seg. (3) Lib. VII. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 59 Tali monete sono rare, dicevo, e questo fatto trova la sua spiegazione in ciò, che se in principio Terone nell' esultanza della vittoria pei consolida- mento della sua regia dignità potè volerne registrata la memoria in una moneta, ben tosto dovette di- menticarla a cagione dei fatti politici di molta im- portanza, che seguirono nel giro di pochi anni, la venuta dei trecentomila Cartaginesi, e la loro totale disfatta ad Imera. Da ciò io argomento la scarsità dei conii e del numero di queste monete. Ma — si potrebbe osservare — fu quella so- lamente la lotta intestina, che s'ebbe a lamentare nella nostra città? — No; ben altre occasioni simili vi furono ancora; però se vien preso ad esame ogni singolo fatto nei suoi dettagli, non ci si troverà al- cuna concordanza con l'impronta di queste monete. Così per esempio, ai fondatori della città si sovrapposero ben presto i Tebani, condotti da Te- lemaco: industri, sobri e più ancora ossequenti alla legge erano i primi ; insolenti, violenti e sprezzatori delle leggi i secondi; quelH amavano il regime ari- stocratico, questi invece tendevano alla democrazia: dalla miscela di elementi così disparati e opposti, è naturale, ne seguirono dei torbidi, i quali finirono con la tirannide di Falaride, fine consueto alle dis- senzioni interne. Ebbene, le monete in esame non saprei affatto attribuire a questi avvenimenti. Anche ai tempi di Empedocle, e suscitate dalle teorie e dalla intromissione di lui nel maneggio degli affari pubblici, avvennero delle turbolenze in città ; ma non furono tali, che una guerra civile si possono addimandare; non si venne ad alcun conflitto; furono riforme nella costituzione della città in senso demo- cratico. E neanche tali fatti possono prestarsi bene ad essere considerati come il soggetto di questa allegoria. 6o CARUSO LANZA Dei fatti posteriori non è a parlare perchè sono rappresentati nelle monete da figure simboliche di significato molto chiaro; e poi quelle emesse nell'e- poca, che corse dal dominio punico in poi, hanno tipi specialissimi, che le fanno distinguere abbastanza da queste. Per conchiudere, l'emblema di cui mi sono oc- cupato in questo capitolo non può ricordare alcuna vittoria di Agrigento contro Siracusa; non può ri- cordare neanche ogni altra dissenzione intestina, perche ogni fatto mal si adatterebbe ad essere in cotal guisa rappresentato; un solo episodio della nostra storia antica è quello che corrisponde a cap- pello alla figura allegorica di un'aquila che ne ha soggiogata e uccisa un'altra, ed è quello della vit- toria di Terone contro i propri nipoti, dell'esercito agrigentino contro i cittadini ribeUi. CAPITOLO VI. Tipi: Aquila che divora una lepre — Granchio. Di questo genere di monete ve ne sono di ar- gento e di bronzo. Quelle d'argento sono piuttosto comuni, salvo qualche eccezione; mentre di bronzo ne viene su dalla terra ogni anno una innumerevole quantità, come se davvero se ne battessero ancora. Torremuzza, parlando di questo e di un altro tipo simile, afferma di averne visto circa a seicento di conio diverso; e la sua parola non mi sembra punto esagerata. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 6l Quelle monete hanno come segni caratteristici l'aquila, che divora una lepre nel diritto e un gran- chio nel rovescio (Tav. I, n. 14}. A coteste figure principali sono quasi sempre aggiunti dei simboli minori nell'esergo, e qualche volta anche nel campo; più poi, portano la leggenda, abbreviata o intera, indi- cante il nome della città o dei cittadini di Agrigento. L'aquila di coteste monete non è disegnata co- stantemente nella medesima positura, ma si bene in tre modi diversi. Nel maggior numero essa ha le ali aperte, tirate in su, in atto di volare, il collo inarcato e volto all' ingiù, e col rostro arriva quasi a beccare la lepre, già morta, che tiene fra gli ar- tigli (Tav. I, n. 14, 15 e Tav. precedente, n. 9). In altre è disegnata ferma, intenta solo a divorare la preda fatta (Tav. I, n. 16). Nel terzo tipo infine pare che squassi le ali, e con la testa alta e col rostro semiaperto mandi alte strida, cantando vittoria sulla lepre, ghermita fra suoi unghioni (Tav. I, n. 17). Cotesti tre modi diversi di disegnare l' aquila mi ricordano i versi di Eschilo, riportati da Cicerone, relativi al supplizio di Prometeo (0: Il fiero ministro di Giove ogni tre dì piomba sul povero incatenato, e con gli adunchi artigli prima ne dilania e guasta le viscere (Tav. I, n. 16}; dopo di essersene saziato, manda altissime strida (Tav. I, n. 17); e quindi tutto intriso di sangue al volo si erge sublime, lo non mi azzarderò certamente di dire, che gli incisori agrigentini abbiano avuto presenti quei versi, allor che lavoravano attorno a quei coni. Ora, per quanto sia notevole la differenza di cotesti tre disegni, tuttavia mi si consentirà di af- fermare, che essi accennino ad un unico fatto, ad un (1} TuscoLANE, lib. II, cap. III. 62 CARUSO LANZA unico concetto, giacche l'idea predominante incar- nata in quelle figure è sempre la stessa: una lotta impegnata fra l'aquila e la lepre, e finita con la vit- toria di quello su quest'animale. Gli scrittori di cose agrigentine hanno spiegato in vario modo quest'allegoria, ma nessuno per verità mi pare, ch'abbia colto nel segno. E prima di dire la mia parola in proposito premetterò i soliti appunti di storia, i quali è giusto siano tenuti presenti, perchè si possa accettare la mia spiegazione. Intorno al 495 a. C. era tiranno di Reggio Anassila, e della vicina Zancle, Scite. Questi, volendo fabbricare una città in un luogo amenissimo detto Bei-lido, là dove, molti anni dopo, Ducezio re dei Sicoli fondò Calacta, per aver gente si rivolse ai Ioni allora in guerra coi Persiani, Al- cuni Sami e Milesi mossero a questa volta; però, giunti in Italia, furono rincontrati da Anassila presso i Locri Epizefiri, e persuasi ad unirsi a lui onde occupare Zancle, allora sprovvista di presidio e in- difesa, anzi che sostenere la fatica e il disagio di fabbricarsi da loro una nuova città ; e così fecero (^). Dopo compiuto quel tradimento essi non tolle- rarono il freno di Anassila, il quale, per isbarazzarsi di loro, ovvero opprimerli, chiamò alcuni profughi di Messene; e dallo stanziamento di costoro, ed al- tresì perchè lo stesso tiranno era oriundo di quella città, certo è che da quel tempo in poi, sotto il re- gno di Anassila, la città cambiò il suo antico nome di Zancle in quel di Messena o Messana '2). (i) Erodoto, lib. VII. (2) Tucidide, lib. VI; Diodoro, lib. XV, cap. X. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 63 In Sicilia, come in tutte le isole, era abbondante la caccia dei conigli, e vi mancavano assolutamente le lepri. Anassila ne fece portare parecchie coppie dalla Calabria sopra uno splendido carro tirato da superbe mule, e le buttò nelle campagne di Messana; sicché le lepri, che anche oggi si cacciano da noi, non sono che le pronipoti di quelle portateci da Anassila. Da allora in poi la lepre divenne lo stemma della città di Messana, e fu impressa in tutte le mo- nete dalla medesima (Tav. I, n. i8j, come ci ha traman- dato Polluce ('). Simonide poi cantò la vittoria ottenuta in Olimpia dal tiranno di Reggio con quella stessa carretta tirata da quelle medesime mule, che avevan portato le prime lepri in Sicilia. In quel tempo Terone ascendeva alla signoria di Agrigento. Come abbiam visto nel capitolo precedente, due suoi nipoti si erano a lui ribellati, e rifuggiti a Te- dilo signore di Imera. Fu bandita la guerra ; Terillo invocò Tajuto di Anassila, suo genero; ma Terone battè i due tiranni ed i propri nipoti insieme. Anassila, sia per vendicare il suocero, o più probabilmente per avere occasione di allargare i suoi domini nell'isola, chiamò i Cartaginesi (2). Costoro risposero all'appello, e dopo tre anni di preparazione, mandarono Amilcare con un esercito di trecento mila uomini (3). Questi sbarcò a Panormo; Anassila mandò i suoi pochi ajuti ; la città di Imera fu quindi stretta di assedio; ma vi accorsero in difesa Gelone di Si- (i) Lib. V. (2) Erodoto, lib. VII. (3) DioDORo, lib. XI, cap. I e VI; Erodoto, lib. VII. 64 CARUSO LANZA racusa e Terone di Agrigento, i quali, in seguito a uno stratagemma arditissimo splendidamente riu- scito ('^), riportarono insieme una delle più illustri vittorie, di cui si ornò il nome greco in tutta l'an- tichità: Amilcare vi rimaneva ucciso; l'esercito, parte tagliato a pezzi, e parte fatto prigione; e fu tale il numero di cotesti prigionieri di guerra, che la Sicilia, e pili specialmente il territorio agrigentino ne rimasero allagati, e nella divisione del bottino tra i vincitori a parecchi Agrigentini in proporzione del valore dimostrato, ne toccarono fin a cinquecento per uno (2). Terone impiegò quegli schiavi alla co- struzione dei superbi edifici pubblici e delle chiavi- che sotteranee, per cui la città nostra, dopo Roma e Atene, conserva anco al presente gh avanzi più imponenti di tutta la classica antichità. Gelone fece costruire due tempi a Siracusa, e un altro sull'Etna, che lasciò incompleto, e mandò ad Apollo in Delfo un tripode d'oro in segno di riconoscenza ^3\ Simonide scrisse un epigramma sul tripode col quale indicava i vincitori d'Imera quah liberatori della patria dal giogo barbarico, come gli eroi di Salamina e Platea. Anche Pindaro mette quella vittoria alla pari di queste due memorande battaglie (4). Erodoto afferma, che essa fu riportata lo stesso giorno, in cui Temistocle vinceva a Salamina (5). (i) PoLiENo, lib. I ; DioDORO, lib. XI, cap. VI. (2) DioDORO, lib. XI, cap. VII. (3) Id., ibid. (a) • ■ ■ . Cantando io Salamina — avrei le grazie d'Atene in compenso;' la pugna a pie' del Citeron, da Sparta ; che i Medi dai ricurvi archi prostrati vi tur ; presso le belle onde d' Imera al figlio di Diomene or sciolgo un inno premio al valor pei suoi nemici domi. Pit., F, epad. I, a Terone Etneo, trad. di L. Mariani. (5) Lib. VII. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 65 Secondo Diodoro invece si vuole, che la gior- nata d' Imera sia stata combattuta lo stesso dì, in cui gli Spartani e Tespiesi offrivano sé stessi in olocausto alla patria con Leonida, alle Termopile; e tale coincidenza egli attribuiva all'opera di un nume protettore del nome elleno '^l Tale fu r importanza di quella vittoria e il vanto, che i Greci tutti ne menavano. Queste sono le notizie storiche, le quali mi oc- correva far tenere presenti ; e dopo ciò vengo alla spiegazione dell'emblema in esame. Che l'aquila di cotesti nummi agrigentini sia appunto l'aquila di Agrigento, e rappresenti la città stessa, mi pare che non abbia bisogno di essere di- mostrato. E ritengo della medesima evidenza l'altra idea, che si affaccia spontanea alla sola osservazione di quei tre disegni diversi sopra descritti: la lotta, e la vittoria dell'aquila sulla lepre. Anzi il fatto che la medesima idea si trovi ripetuta e ribadita in dif- ferenti modi, mi pare, che renda molto più facile a riconoscere e interpretare il concetto principale in quelle diverse guise rappresentato. Anche il Cokerell vede adombrato in questo simbolo il concetto di una lotta fra l'aquila e la le- pre, sebbene poi lo esprima in termini molto ge- nerali (2). La lepre infine è l'oggetto passivo di quella vittoria, e però ci resta ad indagare che cosa essa rappresenti. (i) Lib. XI, cap. vili. (2) The Tempie of lupter Olimpius at Agrigeniittn, pag. 4. CARUSO LANZA Dalle notizie storiche sopra riportate si desume, come essa si presti a simboleggiare Anassiia, colui che introdusse le prime lepri in Sicilia, ovvero la città di Messina, ma considerata come repubblica indipendente ed in epoca posteriore alla dominazione di quel tiranno. Seguendo quest'ultima versione, alcuni credono che l'impronta dell'aquila agrigentina, che divora la lepre di Messena, accenni ad una vittoria riportata dalle armi nostre sulle messenie. La storia però non registra un cotal fatto d'armi, e in conseguenza cade di peso la relativa supposi- zione. Non mi pare verosimile infatti, che la repub- bhca di Agrigento abbia voluto incidere in moltissime monete quella vittoria, che non ebbe mai a riportare. La lepre altresì può simboleggiare Anassiia. Tale opinione non solamente è confermata dalla testimo- nianza di Polluce, della quale sopra feci menzione, ma ben anche da quest'altro dato di fatto: i Locri Epizepiri cioè, nemici di Anassiia, effigiarono nelle loro monete un' aquila che ghermisce e divora la lepre; e ciò, come è manifesto, ad imitazione precisa della città di Agrigento. Anassiia dunque, introduttore delle lepri in Sicilia, fu rappresentato mediante quella figura simbolica, non da una, ma da due città. Anche l'Holm crede così; parlando dell'impronta in discorso esprime l'opinione, che essa debba alludere alla 7 un il l'azione di Anassiia (0. Qui bisogna ricordare, che quel tiranno due volte ebbe a venire alle mani con Terone e gli Agri^i^entini: la prima, quando fu chiamato in aiuto da Terillo, e la seconda volta insieme ai Cartaginesi, alla famosa battaglia d'Imera. (i) Storia della Sicilia nell'anlichità, trad. di Dal-Lago e Graziadei, voi. I, pag. 383, nota 3*. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 67 E sul riguardo fa d'uopo un'osservazione: Nessuno degli antichi storici e poeti, i quali decantarono con pari entusiasmo la giornata d'Imera, ha fatto cenno alla parte, che vi abbia avuta il tiranno di Messena; da cotesto silenzio però non si dovrà inferire il convincimento, che lo stesso se ne sia tenuto lontano: ciò non mi pare verosimile. Egli, infatti, fu colui, il quale invitò i Cartaginesi a conquistare la Siciha, e non si sarebbe potuto rifiutare di partecipare all'impresa. Egli fu colui, che desiderava vendicare il suocero e se stesso. Egli dall'esito felice di quella guerra si imprometteva grandi vantaggi, e dai suoi precedenti sappiamo quanto tenesse all'utile. La cosa poi, a considerarla anticipatamente, presentava, se non la certezza, una grande probabilità di esito favorevole: difatti, contro le limitate risorse delle città greche di Sicilia stava la grande potenza di Cartagine , con apparecchi di guerra durati per tre anni; e poi si poteva far asse- gnamento sulla tradizionale antipatia degli originari Sicani e Siculi contro i Greci. Òr in tali condizioni non è verosimile che Anassila si sarebbe rifiutato a partecipare all' impresa. Come spiegheremo dunque il silenzio tenuto in proposito dagli antichi scrittori? Nulla di più semplice. De iiiinniiis non curai praetor, dicevano i Romani. Di fronte alla morte di Amilcare, Anassila, il quale o non è presente, o se presente trova scampo nella fuga, non si nomina; di fronte alla strage del copioso esercito cartaginese i pochi soldati, che vi potè perdere Anassila, non hanno importanza; di fronte a quella cifra tonda di trecentomila Puni, le poche centinaia, di cui poteva disporre quel tiranno, non si contano. Si aggiunga poi che i Greci tutti, poeti e pro- satori, a buona ragione di quella battaglia ne hanno 68 CARUSO LANZA fatto un'epopea, e per regola d'arte l'epopea non comporta ne minuzie ne puerilità. Dunque, a ben rifletterci, la cosa si spiega da se stessa; e per altro, si vedrà meglio in appresso, che la figura allegorica, di cui mi occupo, indica chiaramente, come Anassila abbia avuto la sua parte alla battaglia e rotta d'Imera. Questa volta potremo dire che le monete suppliscano ad una lacuna degli antichi scrittori. Per ora intanto mi basta conchiudere così, che resta dimostrato come il tiranno di Messana per ben due volte venne alle mani con gli Agrigentini, tanto per proporre la questione, a quale dei due fatti d'arme converrà meglio quell'emblema, ed evitare, dove sia possibile, di tenermi sulle spiegazioni generali. L'Holm nel luogo sopra citato non lo specifica. Il Picone lo attribuisce al primo: parlando della sconfitta toccata a Terillo e Anassila, scrive : Questa vittoria fu celebrata in Acragante, ove furono coniate le monete, nelle quali si vede ora una, ora due aquile che abbrancano la lepre (^l Non ostante la speciale competenza del dotto autore delle nostre Memorie storiche^ ritengo non esatta quella versione; se non ci fossero altri argo- menti, mi basterebbe questo solo per convincermi della erroneità di quell' apprezzamento : la vittoria degli Agrigentini sui tiranni di Imera e Messana co- stituisce un fatto di poca o nessuna importanza storica e politica, e non è tale da legittimare l'orgoglio dei nostri cittadini nel volerne registrata la memoria in tutte- le loro monete di un lungo periodo d'anni. 11 fatto a cui alludeva quel simbolo doveva essere davvero rilevante; così almeno fa d'uopo giudicare, (i) Memorie storiche agrigentine, pag. 73. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 69 se si deve tenere ad una certa proporzione nelle cose. Un'infinità di monete di bronzo portano quel tipo; e poi quelle di argento; e poi una moneta, di cui appresso dirò, la quale ci offre dei tipi molto simili; e poi quelle con due aquile, numerosissime, ed il cui disegno accenna al medesimo concetto, come afferma lo stesso Picone. Ebbene, fermando la nostra attenzione su tale circostanza di fatto, dob- biamo conchiudere necessariamente questo, che i cittadini andavano troppo superbi dell'impresa adom- brata in quell'allegoria ; ne sentivano molto lusingato il loro amor proprio; il fatto doveva essere glorioso nel vero e pieno senso della parola; senza di che non si potrebbe capire come mai essi per mille conii diversi abbian voluto rappresentare lo stesso sog- getto, e con tanto fasto e pompa ne abbian voluto tramandare il ricordo alla posterità- Or, non è certamente la disfatta di Terillo e Anassila, che può giustificare l'operato degli Agri- gentini, ma sola, esclusivamente l'altra, l'epopea d'Imera. Comprendo bene come una tale versione a prima giunta potrà lasciare dei dubbi, imperocché nessun legame, nessuna intima attenenza si riscontri fra il simbolo lepre e la cosa dal medesimo adombrata in linea principale, cioè l'esercito punico. Col nome di battaglia d'Imera, infatti, si intende quella, in cui le armi unite degli Agrigentini e Siracusani debella- rono un esercito di trecentomila Africani: l'esercito punico è dunque il soggetto principale del fatto, e, come dicevo, non sono stati mai tenuti in verun conto i pochi aiuti di Anassila; per tanto sarebbe stato più logico mettere un emblema qualsiasi, che ricordasse Cartagine o l'Africa tutta, anzi che quello speciale di Anassila, la lepre. 70 CARUSO LANZA Calzante l'obbiezione; però lo dissi nei capitoli precedenti e lo ripeterò altre volte ancora: alla distanza di tanti secoli, e con le scarse notizie storiche arrivate a noi non è sempre possibile comprendere e dare tutti i perchè. E così, per esempio, chi potrebbe dire qual parte abbiano avuto i Messeni ed Anassila alla giornata d' Imera ? — se mai nella zuffa alle schiere di Terone non sia toccato di sgominar quelli principalmente? — chi lo sa, se nella divisione degli schiavi i Messeni non siano stati tutti assegnati agli Agrigentini? — ovvero anche se la figura di un Greco, che chiama i barbari alla conquista di una terra greca, e insieme ad essi combatte per la schia- vitù dei propri connazionah, non abbia destato il maggiore corruccio dei nostri cittadini, i quali, per reazione, vollero imprimere con quell'emblema il marchio d'infamia sulla fronte di Anassila? Via, data alcuna di coteste, o altra simile ipotesi, ipotesi tutte quante verosimili e possibili, la cosa si spiegherebbe facilmente. E tralasciando d'indagare più oltre intorno al perchè della figura simbolica in esame, vengo a giustificare più tosto la mia parola; e la giustifica- zione sarà data nel modo più sicuro, quale e quello che deriva dalla osservazione e confronto di alcune monete. Siamo sempre lì, una moneta spiega l'altra. Il primo argomento, che mi fa inclinare alla data spiegazione — dicevo — lo abbiamo nella proporzione fra Tidea incarnata in quel simbolo ed il vanto, che ne menavano i cittadini, deteggendo cotale vanto dalla moltiplicità dei coni e dal numero stragrande delle monete. Per giustificare meglio cotesta mia impressione aggiungo questo, che i tipi più comuni di tali nummi SPIEGAZIONE STORICA VELLE MONETE DI AGRIGENTO 7I sono appunto quelli, onde s'intitola il presente Capo: l'aquila che divora la lepre, nei tre disegni diversi sopra descritti, e il granchio nel rovescio. Ma i cittadini non si arrestarono a quelli soli, altri ne crearono, nei quali cambiarono solamente il rovescio, ed invece del granchio misero, in alcune la testa di Giove, monete anche queste comunissime, ed in altre, molto rare, la testa di Ercole. Altre monete, cennai dianzi, hanno impronte molto simili a queste, ed a prima vista si comprende del pari come il soggetto della relativa allegoria rimanga sempre quello del tipo principale. In fine, le medaglie con due aquile che sbranano una lepre. Per conchiudere sul riguardo adunque : lo stesso soggetto fu rappresentato dai cittadini in un numero strabocchevole di monete, mediante una vera molte- pHcità di coni diversi, e tale fatto materiale per potersi spiegare convenevolmente, e direi megHo ancora, coerentemente per parte degli Agrigentini, dovrà trovare il suo riscontro in un fatto grandioso compiuto dalla loro città; e tale non sarebbe mai da considerare la vittoria di Terone sopra Terillo. Ma la spiegazione sicura di quell' impronta — dicevo — la troviamo nel confronto di alcune monete agrigentine fra loro ; e difatti : Posseggo anch'io un campione di quelle pregiate monete d'argento le quali offrono un simbolo di interpretazione non equivoca, l'aquila di Agrigento cioè, che divora un quadrupede — diceva Mionnet ('' — ma che il Salinas ci presenta nella sua vera forma di un cavallo (2) (Tav. I, n. 19). La forma, la dimen- (i) Description de Medailles antiques grecques et romaines — Sicile — Agrigenttmt, n. 33. (2) Le Monete delle antiche città di Sicilia, Tav. IX, n. 6. 72 CARUSO LANZA sione, lo spessore, della medesima, il disegno, l'arte corrispondono a capello con quelli delle moltissime monete che hanno l'aquila che sbrana la lepre (Tav. I, n. 14): l'unica differenza fra esse sta in questo, che alla lepre è stato sostituito il cavallo. Sappiamo abbastanza come e perchè la città di Cartagine abbia tolto il cavallo per suo speciale emblema (^), ed abbia impressa quella figura nelle sue monete battute nel continente africano e nei possedimenti europei; in conseguenza noi compren- diamo subito che l' impronta dell'aquila agrigentina, la quale ha debellato il cavallo di Cartagine, non può avere altro significato che quello di una vittoria riportata dalla città di Agrigento sull'esercito car- taginese. Altre monete^ diceva sopra, hanno per insegna due aquile, le quali insieme hanno raggiunto ed ucciso una lepre, e la tengono fra gli artigli, e la divorano. A questo genere appartengono i medaglioni agrigentini (Tav. I, n. 19), capolavori d'arte, alcuni dei quali portano il nome dell'incisore, Mirone '2). 1 ro- vesci dei medesimi sono vari, ora la quadriga, ora il granchio semplice e con la faccia d'uomo (V. Tav. precedente, n. 13), e nei bronzi che sono ovvi e diversi, vi è sempre la testa di Apollo (Tav. I, n. 21). Già lo stesso Picone nel passo sopra riportato accenna alla identità di significato fra quelle monete e queste dalle due aquile. Ed è facile veramente a riconoscere cotale identità: il disegno è quasi lo stesso in entrambe; in quest'ultimo tipo la figura dell'aquila (i) Virgilio, Eneide, lib. I, v. 443; ....sigittiin. quod rei^ia Loto — Monsirarat, caput acris equi. (2) Vedi il capitolo seguente. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 73 agrigentina e della lepre è precisamente uguale a quella dell'altra moneta, soltanto vi è aggiunta un'aquila di più (Tav. I, n. 20 e 21). Ebbene, io non credo che quelle aquile possano alludere entrambe alla città di Agrigento; non mi pare ragionevole infatti, che si abbia a sdoppiare il concetto individuo di una sola città per presentarlo effigiato in due emblemi identici nello stesso spazio di luogo e di tempo. Se quelle due figure allegori- che fossero differenti, ma riferibili entrambe ad Agri- gento, — come sarebbero per esempio l'aquila ed il granchio — si potrebbe credere che l'artista abbia voluto rappresentare la medesima città, ma conside- randola sotto diversi punti di vista; però il fatto che quelle due figure sono un semplice duplicato, allontana l'ipotesi teste espressa. Io non ho visto mai, che Roma sia stata effigiata mediante due lupe, Cartagine, da due cavalli, e simili. Per tanto mi sem- bra una necessità quella di scartare l'idea, che le due aquile di queste monete rappresentino entrambe la città di Agrigento, e viceversa credo, che faccia d'uopo indagare, meglio che non abbiano fatto l'Holm ed il Picone, a chi o a che cosa si debbono riferire l'una e l'altra. Secondo me, esse sono una l'aquila di Agrigento, e l'altra l'emblema della città sovrana dell'isola, Siracusa, la quale, come notai nel primo capitolo del presente lavoro, è spesso rappresentata dal reale uccello nelle sue monete. L'intero disegno dunque esprime questo concetto, che le due città, alleate, combatterono insieme una memoranda battaglia ri- portando un' insigne vittoria contro il comune nemico, simboleggiato dalla lepre.- Tale versione è resa più accettabile dall'esame e confronto di due monetine di bronzo di fattura «74 CARUSO LANZA elegantissima, le quali hanno precisamente quel tipo (^). Nella prima al di sopra delle due aquile sta l'iscrizione *i (Tav. I, n. 21), abbreviativo di 91X71-71;, amicizia, alleanza. E che così debba interpretarsi quella leggenda abbreviata, ce lo dimostra l'altra moneta, di cui intendo parlare: in essa, egualmente sopra le due aquile, vi è scolpito il Caduceo. Il Caduceo, si sa, è il noto bastone regalato da Apollo a Mercurio, e che, in seguito all' incidente dei due serpi, divenne simbolo di pace e di concordia. Questi due nummi però, mediante un simbolo di significato non equivoco, e l'altro con una leg- genda, ci ricordano entrambi la pace, l'amicizia, l'al- leanza, che intercedeva fra le due aquile, — e vai quanto dire fra Gelone e Terone, fra Siracusa ed Agrigento — allorché combatterono contro il comune nemico e lo debellarono. Ora, se si pensa che Agrigento nei suoi giorni migliori fu sempre la rivale e spesso in lotta con Siracusa, e l'unica volta che le due città si videro far causa comune, e coronata l'opera loro da un completo successo, fu appunto nel 480 a. C, alla battaglia d' Imera, si comprenderà tosto come l' al- legoria in esame rappresenti ed inneggi alla concor- dia fra le due città principali dell'isola, in virtù della quale unione si potè ottenere quella strepitosa vit- toria e la liberazione della patria dal giogo barbarico. E riassumendo in unica sintesi le cose fin qui discorse particolarmente, abbiamo questo, che gli Agrigentini nei tre tipi diversi, dei quali mi sono (i) Vedi le monete riportate dal Mionnet, op. cit. Agrigenium, n. 49; dal ToRREMUzzA, Sicliae Vcieres Nummi, Tav. VÌI, n. 3 ed Ancia- rium Secundum, Tav. I, n. 6; e dal Salinas, Tav. XI, n. 15 e Tav. XII, n. i. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 75 occupato, vollero sempre rappresentare il medesimo fatto, ma considerandolo e presentandolo sotto diffe- renti punti di vista: In queste ultime monete dalle due aquile ha maggiore risalto l'amicizia, l'alleanza fra i vincitori d' Imera, Gelone e Terone. In quelle, ove è effigiato il cavallo, è messo in evidenza appunto il cavallo, l'emblema dell'esercito cartaginese distrutto dalle armi agrigentine. Nel tipo più comune poi, l'aquila che sbrana la lepre, ci vien mostrata l'umiliazione di Anassila, per servirmi delle parole dell' Holm, di colui che fu la prima origine della guerra e della rotta dei Car- taginesi. 1 tre disegni considerati insieme ci offrono la figura completa della cosa, mettendoci sotto gli oc- chi gli Agrigentini e Siracusani alleati, i quali muo- vono contro i comuni nemici, Anassila e i Cartaginesi, e li vincono entrambi in memorabile giornata. Con" quelle figure allegoriche, adunque, ed in un numero inesauribile di monete, i nostri cittadini vollero ricordare al popolo ed ai posteri il fatto d'arme, che li rendeva maggiormente illustri e nobili, quell'epopea degnamente magnificata dai maggiori poeti. Quale l'epoca in cui furono coniate quelle monete? Quella della maggiore potenza, della ricchezza, dello splendore di Agrigento: dal 480 al 406 a. C. Come ho osservato sopra, il numero stragrande delle monete, la varietà e la bellezza dei coni, e l'emissione dei decadrammi, famosi per la loro ele- ganza, indicano chiaramente la circolazione del da- naro, la ricchezza, ed altresì il lusso ed il fasto degli Agrigentini. Segno come punto di partenza il 480, perchè in quell'anno seguiva la rotta dei Cartaginesi; ma 76 CARUSO LANZA è molto probabile che quelle medaglie siano state coniate qualche tempo dopo, giacche le gloriose gesta non sono mai magnificate da coloro stessi che le hanno compiute, ed i monumenti a loro sogliono essere eretti sempre dai posteri. E vado sino al 406, all'epoca cioè in cui la no- stra città fu presa, arsa e distrutta dai Cartaginesi, rimanendo soggetta alla loro dominazione. Non mi pare verosimile infatti, che mentre essa obbediva a feroci conquistatori, ed era ridotta in uno stato pur troppo miserevole, abbia potuto pensare ad incutere nelle sue monete un emblema, che suonasse un inno alla propria grandezza e virtù militare, onta e ver- gogna ai suoi stessi dominatori. Ne questi certamente lo avrebbero consentito. Alla medesima conclusione si viene consultando i risultati della paleografia. Si vuole infatti che i Greci cominciassero ad usare generalmente l'omega intorno al 408 a. C, sebbene se ne attribuisca l'introduzione in Sicilia a Simonide ed Epicarmo, i quali vissero oltre a mezzo secolo prima: in Atene fu adoperata nell'Olimpiade 94.2 = 398 a. C. essendo arconte Euclide. Ebbene, in quei nummi è quasi sempre scritto il nome del po- polo agrigentino, e là, dove la leggenda è intera, si trova adoperato soltanto Vomtcron, giammai l'omega; così per esempio nei medaglioni abbiamo questa iscri- zione bustrofeda entro un quadrato AKFATAN-nomit. Se non sono erronei i risultati di quella scienza, da cotesto fatto solamente potremo indurre ciò, che per altri argomenti io affermava : tutte quelle monete cioè furono create precisamente in quel periodo di tempo che precede la prima distruzione di Agrigento, innanzi il 406 a. C. (Continua). M. Caruso Lanza. LA LEGGENDA DEL TORNESE D'ODDONE III DEL CARRETTO Illustrando le monete dei marchesi Del Carretto in questa Riiista (a. XV, 1902, pag. 67 e segg.), l'egregio signor Giuseppe Gavazzi s' è al pari dei predecessori suoi trattenuto a discorrere deiroscura leggenda che si svolge sul rovescio dell'argenteo e rarissimo tornese, battuto, secondo è comune cre- denza, ad imitazione di quello Astegiano, da Od- done III del Carretto sullo scorcio del sec. XIII o sui primi del XIV. E dopo aver accennato come della leggenda stessa siano state proposte varie in- terpretazioni, dichiara di considerare come di tutte più attendibile quella messa innanzi dal Morel-Fatio in un suo studio sulle monete di Cortemiglia e Ron- zone (^). Il dotto numismatico svizzero, cominciando difatti la lettura dalla zona interna della moneta, che (i) A. Morel-Fatio, Cortemiglia et Panzone, Monnaies inédites, Bru- xelles, 1865 (Extr. de la Revue de la Numismatique Belge, 4* sèrie, tom. III). Per gli scritti anteriori sull'argomento veggasi Gavazzi, op. ciL, pag. 67. 78 FRANCESCO NOVATI reca faxes imveriAiÀs a, e proseguendola nel centro, dove spiccano le tre lettere p e x, e quindi risalendo alla zona esterna che dà moneteqw^ hawc . MArcmoni forma;;/ co/^cessit odoni, ne ricava la seguente di- citura: Faxes, imperialis apex, monetaeque hanc mar- chioni formam concessit Odoni (^), che traduce : « Un « décret imperiai a accordé au marquis Odon le « pouvoir souverain et le droit de battre cette mon- naie » (2). Per verità, se cotest' interpretazione può dirsi nel complesso suo soddisfacente, giacché essa pone in chiara luce il significato dell'iscrizione, rimasta prima che il Morel-Fatio vi spendesse d'intorno la sua critica solerzia, quasi indecifrabile per tutti gli illustratori del grosso famoso; essa non è però in ogni parte così compiuta da toglier adito a dubbi ed interrogazioni. Veggasi un poco. Il dotto illustratore della zecca di Cortemiglia osserva giustamente che la leggenda, di lunghezza davvero fuori del comune, in- scritta nel breve campo della moneta, è imitata da quella la quale si legge nel celebre tornese d'Asti, di cui questo del marchese Del Carretto è a definire una contraffazione (3). « Dans l'une et l'autre pièce, " scrive il Morel-Fatio, on trouve une longue phrase « exprimée en vers léonins, et pour compléter la « ressemblance, la désinence pex (que jusqu'ici l'on a " prise pour un mot latin inconnu ou pour des ini- " tiales non moins indéterminées), placée au milieu « du gros de Cortemiglia, simule très bien le mot « REX de la monnaie d'Asti » (4). Niun dubbio che la leggenda di codest'ultima moneta sia formata da (i) Veramente il Morel-Fatio scrive ntonetae que, e non moneteque; ma si tratta probabilmente d'un semplice errore di stampa. (2) Op. cit., pag. 6-7. (3) Gavazzi, op. cit., pag. 80. (4) Op. cit., pag. 6-7. LA LEGGENDA, ECC. 79 un verso leonino : ASTE • NITET • MVNDO • SANCTO • CV STODE • SECVNDO ; e di regolare fattura; ma il leonino dov' è, o, per dir meglio, dove sono i leonini nel- r iscrizione del grosso di Cortemiglia, quale l' ha ri- costruita il Morel-Fatio ? In quella lunga e male or- dinata proposizione noi sentiamo bensì il tintinnìo di due rime [Odoni = Marchiom), ma non rinveniamo per fermo ne un verso ne più versi ubbidienti alle leggi costanti della ritmica latina medievale, vuoi per ciò che concerne l'accento, vuoi per ciò che riguarda il numero delle sillabe. Ora, poiché è inammissibile che colui al quale il marchese Del Carretto affidò l' incarico di dettar l'epigramma destinato a fare pompa di se sulla nuova moneta, fosse incapace di metter insieme de* leonini di buon conio, non zoppicanti né sgangherati ; é pur d'uopo presumere che la ricostruzione data dal Mo- rel-Fatio sia difettosa. E che tale realmente sia ci tor- nerà facile provare. Battiamo dunque la via proprio opposta a quella cui il nostro predecessore si è at- tenuto; iniziamo, cioè, la lettura dell'iscrizione dalla zona esterna della moneta, anzi precisamente da quel luogo di essa, dove un grosso punto fermo collocato in alto tra l'abbreviazione di qiie ed il pronome /lattc, sta a segnare chiaramente una separazione di senso tra quanto precede e quanto segue i^\ Procedendo quindi per la zona interna fino a raggiungere il centro del tornese, noi vedremo svolgersi tosto questo distico, il quale, senz'essere un miracolo d'arte, ha però tutti i suoi piedi, le rime a posto, e risponde esattamente alle regole della ritmica latina d'allora : HANC MARCHIONI FORMAM CONCESSIT ODONI MONETEQVE FAXES IMPERIALIS APEX : (i) Il punto è omesso nella riproduzione del grosso data dal M.-F. nella tavola annessa al suo lavoro. 8o FRANCESCO NOVATI che tradotto suona : " L' imperatore ha concesso al marchese Od- « done questa forma di moneta e l' onore [di co- u niarla] w. Ed ora poche parole per giustificare la versione da noi offerta del distico, che si diff'erenzia, come è agevole vedere, in più punti da quella eh' ebbe a proporre il Morel-Fatio. Traduco innanzi tutto « l'imperatore » le parole imperialis apeXy che il chiaro numismatico interpreta invece « un decreto imperiale ». In favor suo il Mo- rel-Fatio ha allegato l'autorità del Du Gange, il quale spiega difatti apex con decretitm imperatorium, ed ag- giunge: Saepe occurrunt apex, apices, prò mstrumentis, diplomatibus, epistolis ('). Che apex al singolare abbia proprio così frequentemente, come assevera qui l'au- tore del Glossarium mediae ac infimae latinitatis, il significato di « decreto », " strumento », ecc., a me non parrebbe (2)j e del resto il Du Gange stesso non sa addurne — indizio abbastanza eloquente ! — che un esempio soltanto. Ma ammettiamolo pure ; ciò non toglie difatti che la parola abbia continuato a conservare di preferenza presso gli scrittori medie- vali il suo senso primitivo di « cima „, « sommità », « tiara », « corona », e quello traslato, che dall' ori- ginario era naturalmente rampollato, di « persona ri- « vestita d'altissima dignità » (3). Sicché come ponti- li) Du Gange, Glossar, med. et infimae latinit., ed. Favre, 1883-1837, s. V., n. I. (2) Lo ha al contrario con somma frequenza fin dai tempi del basso impero, come è ben noto, il plurale apices, per cui ved. Forcellini, Du Gange stesso, s. v. apices^ ecc. (3) 11 Du Gange, s. v. apex, n. 3, non cita che un solo esempio di apex — episcopus; quant'altri però ne potrebbe riunire chi assumesse l'ardua ma nobile impresa di rifare l'opera sua ! LA LEGGENDA, ECC. 8t ficalis apex è il papa, imperialis o imperatorius apex è nel linguaggio medievale l' imperatore. La cosa riesce troppo nota, perchè occorra esemplificarla ; tuttavia io non mi asterrò qui dal fare due citazioni calzantissime. Traggo la prima dalla Vita S. Adal- hertt Episcopi Pragensis, celebre scrittura d'un mo- naco romano (sia desso poi o no Giovanni Cana- pario, poco a noi monta), vissuto sullo scorcio del secolo decimo: Rediens interea de Sarracino bello — egli scriveva — adiit Veroiiam imperatorius apex, scilicet Otto secundus (^). L'altra, anche più efficace, perchè desunta da un'opera, che nel corso del secolo XIII ogni persona mezzanamente colta aveva letta e stu- diata sopra i banchi della scuola, mi deriva dalla Poetria nova di Goffredo de Vinsauf, poema dedicato dall'autore a papa Innocenzo III (1198-1216), ed in pari tempo all' imperatore Federigo II. A costui ri- volgesi Goffredo nell'epilogo : Imperialis apex, cui servii poplite flexo Roma caput mundi, cuius prudentia remus Totius imperii, etc. (2). Per quanto spetta poi 2ifaxeSy accusativo plurale di fascis, dove la sibilante sorda ci appare resa me- diante X, secondochè avveniva spesso nei testi tanto latini quanto volgari dell'Italia nordica nei secoli XIII e XIV <3), r interpretazione del Morel-Fatio non brilla per molta precisione; ma anche qui il torto del va- lentuomo è stato quello di appoggiarsi con soverchia (i) Pertz, Mon. Germ. Hist., S cripton, toni. IV, pag. 584, § 8. (2) Gaufridi de Vinosalvo, Poetria nova, v. 2075 e sgg.,'in Leyseri, Historia Poetar, et Poemat. medii aevi, Halae Magdeb., MDCCXXI, p. 976. (3) Si cfr. la Relazione presentata al VI Congresso Storico Italiano in Roma l'a. 1896 dal prof. Sensi e da chi scrive sull'ortografia de' testi medievali, pag. io dell'estratto, nonché Salvioni, Annotaz. sistematiche alla " Antica parafrasi lombarda „ ecc., in Arch. Glottolog. Ital., XIl^ 382. 82 FRANCESCO NOVATI fiducia alle parole del Du Gange: « Le Glossaire de « Du Gange w, così egli s'esprime, « explique le mot « faxes ou fasces par la phrase suivante: Apud scrip- u tores meda aevi prò suprema potestas usurpatiir; et dit a ailleurs o^^ faxis se trouve employé pour fascis ... u in quadam epistola ducis Januensium, a. ij^8 » (0, Ei propone quindi di spiegare fasces: « le pouvoir u souverain de battre .... monnaie ». Che fasces, come il Du Gange afferma, equivalga presso gli scrittori medievali a suprema potestas, non è per nulla provato. A conforto dell'asserzione sua il vecchio erudito francese non allega che un solo esempio : e quest' esempio è senza valore alcuno, poiché egli ha frainteso il passo citato ^2). In realtà (i) Dopo queste parole il M. F. soggiunge: " Cette dernière citation " est doublement précieuse, car on remarquera qu'elle est empruntée " à la langue officielle d'un pays peu distant de Cortemiglia, et que sa " date est presque contemporaine de notre monnaie „. Queste osser- vazioni son prive d'ogni fondamento. Come dichiara il Du Gange stesso la parola faxis =z/ascis ha nella lettera genovese il solo significato che le sia lecito avere: quello di " fascio „; tant'è vero che l'articolo co- mincia così nel lessico: " Faxis prò fascis, gaììice : fatsseau. „ Ora che cosa importa per l'interpretazione del plurale fasces, metaforicamente usato da chi compose la leggenda del tornese di Cortemiglia^ che un documento genovese del 1358 rechi la parola fascis al singolare e nel suo senso naturale? Il Du Gange del resto non cita faxis se non per la ortografia : e qui soltanto v'è un punto di contatto - del resto insi- gnificante — tra i due termini. (2) Questo passo è ricavato dal testamento con cui Rodolfo vescovo diBourges fondò nell'anno 846 un convento di monaci in un suo fondo detto Belloloco, e suona così : " Placuit etiam huic inseri testamento, ut nec " meo nec parentum meorum [arbitrio?] nec fasci bus regiae magni- ■ " tudinis nec cuiuslibet terrenae dignitatis subiaceant, sed quencumque " praefati monachi e semetipsis abbatem vel pastorem suique rectorem... " eligere voluerint et vero in omnibus iure eligendi potiantur „. Ma- BILLON, Ada SS. ord. s. Bened. saec. IV pars I, Venetiis, MDCCXXXVlII^ p. 172. Come ognun vede, i fasces regiae magniti(dinis o cuiuslibet ter- renae dignitatis sono gli " oneri „, i " gravami „, che il potere regio o altre autorità civili potrebbero imporre al convento, non già la " su- " prema potestà „ essa stessa. LA LEGGENDA, ECC. 83 COSÌ i lessicografi come i grammatici dell' età di mezzo danno concordi a fasces (plurale) il doppio significato di « pesi » e di « onori w (insegne degli onori), Pluraliter hi fasces fascitim — scrive Giovanni Balbi da Genova nel suo Catholicon, tesoreggiando gli ammaestramenti de' lessicografi anteriori — idest insigma honorum: et quandoqiie ipsi honores dicimtiir jasces, quasi a fascibiis lignorum, quia graves sunt pondere dignitatis et auctoritatis secunduni Huguiiomm... Unde versus: " Pondera sunt fasces, fasces dicuntur honores (0. „ Fasces monetae ; per quanto il ricollegamento delle due parole risulti abbastanza strano ; non può nella leggenda del tornese oddoniano significar dunque altro che « l'onore di battere moneta ». Riguardo a forma non parrebbe dubbio che il vocabolo designasse qui la figura, il tipo della mo- neta stessa, giacché tale è il senso della voce così presso gli scrittori dell'antichità come presso quelli del medio evo. Ma il Morel-Fatio, tanto ossequente per solito, come s'è veduto, all'autorità del Du Gange, in questa circostanza neppure si degna ricordarne l'articolo ben nutrito (2) j e ragiona così : « Quant à « Texpression forma... je ne puis croire qu'il soit « possible de la traduire par forme ou figure, ce « qui impliquerait que l'empereur a spécifié dans sa « concession monétaire que la monnaie serait fabri- u quée à un type déterminé et que ce type serait « celui de la répubhque d'Asti. Cela est doublement « impossible ; l'usage n'était pas de prescrire d'une « manière absolue le type futur de la monnaie con- « cédée, et aucun pouvoir régulier, à plus forte (i) JoH. Balbi, Catholicon, s. v. (2) Du Canoe, op. cit., s. v. forma. 84 FRANCESCO NOVATI « raison le pouvoir imperiai, n'a jamais accordé u le droit de contrefaire la monnaie d'autrui! Il li me paraìt plus vraisemblable que forma monetae u doit se prendre dan le sens de formatto, fabrica- « don ou création et, par extension, signifier ici le « droit mème de battre monnaie w (i). Quale valore debbasi attribuire agli argomenti di cui il Morel-Fatio si giova per negare tanto riso- lutamente la possibilità che l' imperatore, di cui fa cenno la leggenda, avesse autorizzato i Del Carretto a riprodurre nella zecca loro un tipo già ben cono- sciuto di moneta, lasceremo giudicare ai competenti. Ma poiché taluno fra loro non sembra alieno dal- Topinare diversamente dal numismatico svizzero C^)^ ci permetteremo avvertire come noi stimiamo inam- missibile la interpretazione bizzarra eh' egli dà di forma. Forma monetae non può certo voler dire altro che « tipo ", « figura ». Paghi così d'avere rischiarata in ogni sua parte, se non andiamo errati, la leggenda tanto ingegnosa- mente ristretta nel rovescio della moneta di Corte- migha^ noi termineremo qui le nostre osservazioni. Ma prima di deporre la penna ci sia lecito rivolgere ai cultori della numismatica la preghiera di voler intraprendere nuove indagini rispetto all'età in cui il grosso oddoniano sarebbe stato battuto. Fin qui ninno ha cercato di sapere chi sia stato Vimperiahs apex, da cui la casa dei Del Carretto ripeteva in forma tanto solenne il privilegio di batter moneta e di batterla sulla foggia del tornese d'Asti. Il Gavazzi sembra inclinare ad identificarlo con Enrico VII di Lussemburgo, il quale, in siffatto caso, dopo aver tolto col famoso editto del 1310 al marchese Oddone (i) Op. cit, p. 7 seg. (a) Cfr. Gavazzi, op. cit., p. 80. LA LEGGENDA, ECC. 85 la facoltà di coniar moneta, gliela avrebbe resa qualche tempo dopo (1313?). Ma quest'ipotesi non è fatta per sorriderci. Riflettendo invece che tra le monete uscite dalla zecca di Cortemigha se ne rinvengon talune — quali il grosso ed il danaro illustrati dal Gavazzi medesimo nella sua diligente monografia sotto i 'numeri 2 e 3 — in cui al nome del marchese Oddone I (1191-1233) leggesi associato quello d'En- rico VI di Svevia 'i), non verrà fatto di pensare che si tratti per l'appunto di costui? Ma se l' imperatore di cui ragiona il distico del tornese è il figHuolo di Federico Barbarossa, nel marchese Del Carretto, cui toccò l'onore di batter, primo della sua stirpe, moneta, sarebbe da riconoscere Oddone I, e non già Oddone III. Che il tornese nostro però possa essere ricon- dotto ad età sì remota, vieta di crederlo la sua fattura, la quale ci richiama invece alla tecnica del sec. XIII declinante o del sec. XIV appena iniziato. Che cosa dovremo quindi concludere ? Questo soltanto : che quando Oddone III del Carretto s'indusse a battere moneta, ei volle perpetuare in essa il ricordo della concessione che l'avo suo aveva conseguita dall' im- peratore Enrico VI. Francesco Novati. (i) Cfr. Gavazzi, op. cit, p. 8i. LA ZECCA FRANCO -ITALIANA DI CHARLEVILLE o CARLOPOLl L'articolo che segue fu già presentato nel 1900, sotto la forma di una comunicazione e il titolo : Un trait d'union numismatique entre la France et l'Italie, al Congresso In- ternazionale di Numismatica tenutosi in quell'anno a Parigi ; e fu poi pubblicato nel volume di rendiconti del Congresso medesimo (0. Qui si ristampa per dargli una più larga dif- fusione, lusingandosi l'a. che l' idea espressa nell'articolo possa forse incontrare favorevole accoglienza presso i rac- coglitori italiani. È noto che un ramo della illustre famiglia Gon- zaga, trapiantato in Francia verso la metà del se- colo XVI, venne in possesso del ducato di Nevers e Rethel. Ed è altrettanto noto che essendosi poi estinta nel 1627 con Vincenzo II duca di Mantova la linea primogenita dei Gonzaghi, in séguito alla celebre guerra di successione lo stesso ducato di Mantova passò alla Hnea di Nevers e Rethel, la quale per conseguenza si trovò a dominare contemporanea- mente in Francia ed in Italia. (i) Congrès International de Numismatique réuni à Paris, en 1900. Procès-verbaux et mémoires publiés par MM. le Comte de Castellane, président, et Adrien Blanchet, secrétaire general. Paris, au siège de la Sociétéfranfaise de Numismatique (à la Sorbonne), 1900 — (a pag. 360-63). 88 SOLONE AMBROSOLI Nei loro possessi francesi, quei Gonzaghi batte- vano moneta, approfittando della circostanza che la loro signoria di Arches, appartenente al feudo di Rethel, godeva dei privilegi di principato sovrano. Prescindendo dal tipo, che spesso era scelto a mero scopo d'imitazione e contraffazione (com'era malvezzo purtroppo comune a que' tempi), le loro monete sono nel resto vere monete di casa Gonzaga, portando di questa e l'arme, e talora i motti, quasi sempre poi il nome; e anche, dopo l'assunzione al ducato di Mantova, il titolo relativo. Il rapporto di queste monete con quelle mantovane è così stretto, che condusse ad una vera commistione; talché in più cataloghi e collezioni italiane vediamo che le monete francesi dei duchi di Mantova sono frammiste a quelle mantovane. È singolare tuttavia che a ninno, per quanto a noi consti, si sia affacciata l'idea così naturale, che quelle monete, pur appartenendo in qualche modo alla numismatica italiana, debbano avere un tratta- mento speciale, non possano, insomma, esser collo- cate puramente e semplicemente sotto la zecca di Mantova. Con ciò non intendiamo di fondarci sulla mate- rialità della cussione, essendo risaputo che l'espres- sione di « zecca », nella Numismatica italiana, ha un significato più largo di quel che indica la parola. L'espressione " zecca », quando si parla di monete medioevali e moderne italiane, va presa piuttosto come sinonimo della città capitale o della terra prin- cipale dello Stato o del feudo cui appartiene una data serie monetale, come sinonimo anzi di questo Stato o feudo medesimo. Ciò posto, è evidente che la città di Mantova non può esser considerata come capitale dei possessi trancesi dei Gonzaghi, tanto più quando si rifletta LA ZECCA FRANXO-ITAL. DI CARLOPOLI 89 che questi vi avevano già cominciato a batter moneta avanti la loro accessione al ducato di Mantova. È, come si è detto, in forza della loro qualità di u principi sovrani d'Arches » che i Gonzaghi di Nevers e Rethel vi avevano incominciato e vi conti- nuarono a batter moneta; lo stesso duca che in Italia coniava monete mantovane, coniava in Francia delle monete che affermavano il suo diritto di zecca in virtù del titolo di principe sovrano d'Arches. Sono, insomma, due monetazioni parallele ma distinte; e ciò è tanto vero che nei libri e nelle collezioni francesi tutte le monete dei Gonzaghi pei feudi di Nevers e Rethel si descrivono e si collocano tra le monete feudali francesi. Poiché (sia detto incidentalmente), se talune di queste monete sono considerate come italiane dagl'italiani, tutte sono considerate come francesi dai francesi, e ciò ad altrettanto buon diritto, quantunque partendo da un diverso punto di vista. Dopo quanto abbiam esposto, ci si vorrà conce- dere che se le monete dei Gonzaghi di Nevers e Rethel non si possono collocare nelle collezioni italiane, sotto la zecca di Mantova, mentre d'altra parte esse tutte (anche quelle anteriori alla succes- sione nel ducato mantovano) debbono formare, a parer nostro, come un'aggiunta alla monetazione italiana, perchè appartengono ad un ramo della fa- miglia Gonzaga, è giuocoforza escogitare in qua! forma si debbano collocare nelle collezioni medesime. E poiché in queste è generalmente adottato il sistema di distribuzione per zecche, è chiaro che dovrebbero collocarsi sotto il nome del borgo di Arches, perchè da esso derivava a quei Gonzaghi il diritto di zecca. Senonchè, sin dal 1606, il borgo di Arches aveva, per così dire, cessato di esistere, poiché il fastosis- simo Carlo Gonzaga, volendo creare pei propri stati 90 SOLONE AMBROSOLI una capitale degna di lui, lo aveva trasformato nella simmetrica e graziosa città ch'ebbe nome appunto di Charleville {Carolopolis, Carlopoli (0), e dove egli aveva aperto precisamente, come duca di Nevers e Rethel ma più particolarmente come SVPREMVS PRINCEPS ARCHENSIS, quella zecca di cui l'attività ci è attestata da numerosi e svariati prodotti e che funzionò almeno per tutta la prima metà del se- colo XVII (2). È dunque sotto il nome di Charleville, o di Carlopoli, che i numismatici italiani, a parer nostro, dovrebbero collocare le monete battute dai Gonzaghi in Francia, comprendendo fra esse anche quelle anteriori alla assunzione al ducato di Mantova; e Carlopoli dovrebbe quindi assumere per essi il ca- rattere di zecca italiana, da inserire al suo posto alfabetico nelle collezioni ordinate con questo sistema, oppure da mettere in appendice, fra le monete battute da italiani all'estero, dopo le zecche papali di Avi- gnone e Carpentrasso, nelle collezioni ordinate geo- graficamente. Solone Ambrosoli. (i) Hubert (Jean). Hisloire de Charleville. Ivi, 1854. (2) Secondo il Poey d'Avant (Monttaies féodales de France), la moneta datata più recente, uscita dalla zecca di Charleville, è del 1655. IL MIGLIOR MODO per conservare le bolle di piombo Or sono due anni il senatore conte Nicolò Papadopoli, intendendo di riordinare la sua bella raccolta di bolle dei Dogi di Venezia, mi proponeva di studiare quale fosse la miglior maniera di conservarle dopo averle ripulite e libe- rate dalla crosta di sali colla quale gli agenti atmosferici le ricoprono. Si sa infatti che il piombo risente enormemente l'azione dell'ossigeno, anidride carbonica, vapor acqueo, così che una bolla lasciata all'aria si copre prestissimo di una patina più o meno spessa, costituita prevalentemente da carbonato di piombo; peggio poi se l'ambiente è umido, o ancora, come in palazzo Papadopoli, se ci sono caloriferi ad aria calda, che non raramente portano un contributo di gas solforosi. Se in una maniera qualunque si toglie questo velo di sali, la bolla non tarda a ricoprirsene. Impedire questo fatto con un mezzo di conservazione qualunque era il quesito che mi si proponeva. Qualcuno aveva proposto, dopo ripulite, di chiuderle in piccole vetrine a tenuta d'aria, magari sostituendo l'aria con un gas inerte. Tralasciando l'inconveniente della mancanza di maneggiabilità, c'è sempre il fatto che la bolla, appena netta, assorbe immediatamente l'ossigeno e l'anidride carbo- nica dell'aria che resta nella vetrina e quindi si ricopre di un nuovo straterello di patina. Il sostituire l'aria con un altro gas, se teoricamente va, non va praticamente: infatti l'idrogeno, che sarebbe il migliore, non è consigliabile perchè oltre al pericolo d'esplosione sarebbe difficilissimo il sosti- tuirlo all'aria di una scatola. 92 GIULIO CERESOLE Da quanto ho visto nella raccolta Papadopoli pare che gli antichi, e forse anche i moderni collezionisti di bolle, tentassero di difenderle dagli agenti atmosferici rivestendole di vernice, e forse di semplice colore ad olio di lino. A parte il fatto che restano impiastricciate e perdono nei dettagli, la vernice funziona bene quando sia di fresco data, ma poi coU'andar del tempo le resine si alterano, perdono la loro trasparenza e quindi si ha una bolla coperta di croste gial- lastre che ne alterano l'aspetto quanto e forse più che la patina naturale, senza proteggerle. Quando impresi l'opera di pulitura non sapevo an- cora come avrei risolto il problema; intanto cercavo di difenderle ungendole con vaselina purissima, perfettamente neutra, metodo abbastanza buono perchè la vaselina non irrancidisce, quindi non intacca il piombo e non ha azione sul metallo: però, specie nell'ambiente caldo evapora e, se non si è vigili, le bolle si tornano ad ossidare e rovinare, quindi nuova pulizia chimica con danno non indifferente del pezzo. A me sembra inoltre che l'untuosità, che di conse- guenza presenta la bolla, sia molto noiosa. Escogitai altri mezzi. Sostituire la paraffina alla vaselina: così si hanno mi- gliori risultati, ma non duraturi. Vernici a base di collodio: servono solo temporaneamente ed imperfettamente. Ricoprirle d'oro colla galvanoplastica: questo sarebbe stato il metodo più bello ma lo abbandonai per le seguenti considerazioni. Secondo me, tale metodo protettivo deve avere i se- guenti requisiti: I. Non alterare la natura della bolla. II. Non impedirne il maneggio e lo studio scrupoloso facendone perdere i dettagli. III. Essere perfettamente trasparente, facilmente allon- tanabile, duraturo, impermeabile così da impedire qualsiasi azione dannosa degli agenti atmosferici. IV. Esser estetico. IL MIGLIOR MODO PER CONSERVARE LE BOLLE DI PIOMBO 93 Mi parve quindi che il metodo migliore sarebbe stato di chiudere ogni bolla pulita in una scatolina trasparente, e mi sorse l'idea della celluloide che tosto rifiutai perchè troppo cara, infiammabile, non perfettamente trasparente e non as- solutamente impermeabile. Pensai allora al vetro. Esistono certe scatole di vetro che i batteriologi ado- perano per i loro studi, dette dal nome del loro inventore Capsule di Petri. Sono delle scatoline di vetro, rotonde, basse, di dia- metro variabile a piacimento, che si chiudono per scorri- mento (fig. i). In queste pensai rinchiudere ogni singola bolla e la mia idea fu approvata dall'esperienza. Noi ne adoperiamo di 2 diametri, da 5 e da 6 centi- metri, secondo la dimensione della bolla, e alte un centi- metro. A questo punto mi limito a descrivere il processo da me seguito, che ritengo senz'altro il migliore. Se le bolle sono inverniciate si liberano scaldandole a bagnomaria con la seguente miscela: Essenza di terebentina . . . parti 3 Benzina „ i Alcool assoluto _ 1 facendo attenzione al fuoco. Si lavano poi in alcool comune. Se sono unte con vaselina si lavano nel cloroformio. Se con paraffina, o con sostanze grasse, colla benzina. Per togliere poi la patina salina si mettono per un certo tempo in un bagno di acido acetico al io °/o nell'acqua. 94 GIULIO CERESOLE strofinandole poi con una spazzolina non troppo rigida; si neutralizza poi l'acidità passandole in una soluzione di am- moniaca al 5 °lo , poi si asciugano in alcool assoluto dove si lasciano 4-5 minuti. Tolte da questo si scaldano un po' sopra una lampada a spirito o sopra un becco Bunsen e si fregano allegramente con una spazzolina calda appena unta di pa- raffina, si strofinano poi ben bene con una pelle di daino e si chiudono nelle scatole di Petri previamente perfettamente pulite e tenute calde sulla stufa. a FlG. 2 Nella intercapedine fra i due margini della scatola (fi- gura 2 a) con un contagoccie caldo, o con una pipetta calda si fa .colare il seguente mastice fuso a 60 70 gradi: Paraffina parti 95 Balsamo del Canada . . . „ 5 Colore grasso „ io Il colore grasso serve a dare al mastice la tinta che si preferisce: ce ne sono di vari toni: noi adoperiamo la Brillant Purpur Fettfarbe delle fabbriche tedesche che dà una tinta che armonizza assai bene col piombo. Infine si lascia raffreddare e si ripulisce. Resta così chiusa la bolla in una cella, dove c'è un paio appena di centimetri cubici d'aria che non reca alcun danno alla bolla. Sarà bene fare l'operazione in giornata di gran sole estivo, o, se d'inverno, in una stanza riscaldata a 18" C. senza vasi d'acqua, perchè l'aria resti secca. Noi usiamo incollare attorno alla scatolina una striscia di carta su cui sono stampate le indicazioni riguardanti la bolla. IL MIGLIOR MODO PER CONSERVARE LE BOLLE DI PIOMBO 95 tm. 3. Il preparato è estetico al massimo (fig. 3), perfettamente duraturo: la bolla è assolutamente protetta dall'aria, si man- tiene bella eternamente, può venir rivoltata in tutti i sensi, esaminata, studiata, star esposta, senza risentirne danno alcuno. Venezia, Febbraio 190J. Dottor Giulio Ceresole. CRONACA DELLE FALSIFICAZIONI <*^ The spurious gold coins of King Amyntas of Galatia. The latest comment on the well-known gold coins which bear the name of King Amyntas of Galatia is that of Mr. Warwick Wroth (j). The writer, while disinclined to accept anyofthese coins as genuine (2), qualifies his verdict by adding that " the consensus of condemnation is not complete „, and there seems, indeed, of late a marked (♦) Vediamo con soddisfazione come la Rubrica che abbiamo aperta relativamente alle falsificazioni, non solo interessi vivamente tutti i rac- coglitori; ma ci procura dei collaboratori vicini e lontani. Ben volon- tieri accogliamo il presente articolo che ci viene dall' Inghilterra e ac- condiscendiamo di buon grado al desiderio dell' autore di pubblicarlo nel testo originale, perchè sia meglio inteso dai suoi compatrioti. Lo facciamo però seguire dalla traduzione. Nella Rivista abbiamo finora parlato di falsificazioni romane e me- dioevali. Ora viene la volta anche della serie greca, e certamente anche in questa le falsificazoni sono molte e molto pericolose. Non conosciamo de visii le monete di cui tratta il sig. Seltman e quindi non possiamo proferire alcun giudizio in proposito. Abbiamo però vedute parecchie falsificazioni greche (fra cui una dello staterò di Pirro) fatte con tale abilità da rendere estremamente difficile il giudizio. Il che ci persuade sempre più che nelle monete d'oro specialmente c'è la possibilità d'ar- rivare sia artisticamente sia tecnicamente a un punto tale d'imitazione dell'antico, da poter ingannare anche l'occhio più esperto, il che non sarà certo argomento di consolazione pei raccoglitori! La Direzione. (i) Brit. Mus. cat. " Galatia „ etc. Introd., pp. xviii to xx. (2) " I must own that it seems to me hazardous to assert that one sèries is false, and the other genuine, „ etc, p. xx, ibid. 13 98 E. J. SELTMAN disposition among English collectors to give the coins " the benefit of the doubt „ (i). From scientific reasons, as well as on practical grounds, it will not be amiss, then, to cali attention to a point ot evidence not mentioned by the author. Mr. Warwick Wroth's comments on the subject may be classified under a threefold aspect, viz: I. Circumstantial evidence, or evidence of " provenance „ — which is adverse to the coins. II. Internai or scientific evidence ~ which, a priori, condemns them. III. External evidence, or evidence of fabric — by which, hitherto, the coins could not be condemned. For althongh the author mentions slight differences in the treatment of the hair as possibly suspicious, he does not, and with reason, condemn on such insufficient evidence, for " so dose is the resemblance in style and lettering between ali the gold coins that purport to be of Amyntas „. This, in my opinion, applies in an equal degree to the goldstater of the Bibliothèque Nationale (2). The question, then, remains if anything decisive can be put forward against the fabric of anyone of these pieces. For, since ali are specious in the matter of style and lettering, the condemnation on good grounds of even one, in con- junction with the condemnation of ali under the other raain aspects, would seem to complete the evidence against the whole class. There is an exemple in the British Museum collection inferior to none in regard to style and lettering, and possessed of a special recommendation as compared with the rest, viz: the mellow tint of old gold. Its weight, 20 grains, slightly (i) A coin in Messrs Sotheby's May sale of 1900 (" Collection of a late Collector „) sold for ten pounds; when, before, they averaged from three to four pounds. (2) My thanks are due to Mr. Wroth and to M. de Foville, of the Bibliothèque Nationale, for casts of the coins in both collections. CRONACA DELLE FALSIFICAZIONI 99 exceeds that of the others. The flan is not quite flat, like ali the Silver coins, but slightly concave on one side, the reverse impression being- well struck home, in the manner of thin little gold pieces of an earlier age. Lastly, the types are in an inverted position, i. e. when we look at the head of Pallas, the figure of Nike on the reverse stands reversed, and vice versa. Now it seems certain that we bave no genuine coins, either in silver or copper, of Amyntas with such an inverted type position; presumably, because there was in use some minting appliance that made deviations impossible. Nor is it possible to account for the irregularity by assuming that this piece was struck before the introduction of the practise since it, the practise, antedates the coinage of Amyntas by very many years, being invariable even when the first of the predecessors of bis tetradrachms, those of Side, were minted. The conclusion that the coin must be false is, therefore, irresistible. The forger over-reached himself in trying to be too clever. He seems to bave begun by making use of a valueless, because much worn, antique coin, perhaps a gold dioboi of Agrigentum, which would weigh about 20 grains. Hence the colour of ancient gold. One side of these coins often showing a depression, he adopted it for bis fabrication, and crowned his labours by imitating the irregular type position of the earlier coin. But his style and lettering were faultless from the first. A yet closer comparison of the tetradrachms enabled him, subsequently, to correct his initial mistakes. Yet such as they are, they serve as ** straW'S that show the wind. „ E. J. Seltman. lOO E. J. SELTMAN TRADUZIONE Le monetine d'oro spurie del Re Aminta di Galazia. Il cenno più recente alle ben note monete ' d'oro che portano il nome del Re Aminta di Galazia è quello del Signor Warwich Wroth (0. Lo scrittore, quantunque non propenso ad accettare come genuina alcuna di queste mo- nete (2) spiega il suo giudizio aggiungendo che " il consenso di condanna non è completo „. E difatti pare che il col- lettore inglese si inchni ad accordare a tali monete " il be- neficio del dubbio „ (3). Non sarà male quindi, sia per ragioni scientifiche sia dal punto di vista pratico, richiamare l'attenzione su di una cir- costanza aggravante, non contemplata coll'autore. 11 commento del Sig. Warwich Wroth sull'argomento può essere considerato sotto un triplice aspetto: I. Evidenza di circostanza o sicurezza di provenienza. E queste sono contrarie alle monete. II. Evidenza intima, scientifica. E questa le condanna a priori. III. Evidenza esterna, ossia evidenza di fabbricazione. Su questa le monete non poterono essere condannate finora, perchè, quantunque l'autore accenni a certe piccole differenze nell'acconciatura dei capelli come possibilmente sospette, non le condanna però, e con ragione, su tale insufficente apprez- zamento, essendo " tanto stretta la rassomiglianza nello stile (i) Cat. del Museo Btit. Galatia. Introduzione, pp. XVIII a XX. (2) " Io debbo confessare che mi sembra arrischiato l'asserire che una serie è falsa e l'altra genuina „ di pag. XX ibid. (3) Un esemplare della vendita dei Signori Sotheby nel mag- gio 1900 " collezione di un collettore morto „ venne venduto per IO sterline, mentre prima il prezzo medio non era che da 3 a 4 sterline. CRONACA DELLE FALSIFICAZIONI IDI e nella paleografia fra tutte le monete d'oro che si attribui- scono ad Aminta „. Questo giudizio a mio modo di vedere, deve egualmente applicarsi allo staterò d'oro della Biblioteca Nazionale di Parigi (i). La questione ora sta in questo; se alcun che di decisivo può esser messo innanzi contro la fabbrica di alcuna di queste monete, perchè, dacché tutte sono soddisfacenti sotto l'aspetto dello stile e delle leggende, la condanna, per buone ragioni, di una sola, aggiunta alla condanna che tutte le col- pisce sotto gli altri aspetti, dovrebbe completare l'evidenza contro tutta la classe. C'è un esemplare nella Collezione del museo britannico, inferiore a nessun altro per quanto riguarda lo stile e le leggende e che possiede inoltre una speciale raccomanda- zione, in confronto agli altri, cioè il colore maturo dell'oro vecchio. Il suo peso, 20 grani, di pochissimo eccede quello degli altri. Il tondello non è perfettamente piano, come quello delle monete d'argento, ma leggermente concavo da una parte, l'impressione nel rovescio essendo improntata con forza, come nelle piccole monete d'oro di epoca anteriore. Finalmente, i tipi sono impressi in posizione inversa, vale a dire, quando si guarda la testa di Pallade, la figura della Vittoria nel rovescio è rovesciata e viceversa ; ma pare certo che nessuna moneta in argento o in bronzo d'Aminta presenta un tale rovesciamento di posizione, presumibilmente perchè si era adottato nella coniazione un meccanisnao pel quale tale deviazione riusciva impossibile. Né è ammissibile che il pezzo in questione sia stato coniato prima dell'appli- cazione dell'accennato meccanismo, perchè il sistema era stato adottato molti anni prima che si coniassero monete al nome di Aminta, la relativa posizione dei conii essendo invariabile fino dal primo dei predecessori, cioè i tetradrammi auto- nomi di Side. (i) I miei ringraziamenti al Sig. Wroth ed ai Sig. De Foville della Biblioteca Nazionale per le impronte delle monete esistenti nelle due collezioni. I02 E. J. SELTMAN La conclusione quindi che la moneta sia falsa riesce fatale. Il falsificatore si tradì nel cercare d' essere troppo abile. Sembra che egli abbia incominciato col far uso di qualche moneta antica senza valore perchè troppo consunta, forse un diobolo d'oro d'Agrigento, che avrebbe avuto ap- punto il peso di circa 20 grani. Da qui il colore dell'oro antico. Siccome un Iato di queste monete spesso offre una depressione, egli se ne servì per la sua fabbricazione, e co- ronò l'opera sua adottando la posizione irregolare dei tipi, propria nelle monete di tempo anteriore. Ma il suo stile e le sue leggende riuscirono addirittura senza difetti. Un confronto ancora più accurato dei tetradrammi lo mise in grado di correggere in seguito il suo errore iniziale. Ma, quale esso è, fa l'ufficio del pulviscolo, che segnala il vento. E. J. Seltman. VARIETÀ Congresso Intemazionale di Scienze Storiche in Roma (29 aprile 1903). — x\lle notizie inserite nel prece- dente fascicolo della Rivista (pag. 535) siamo in grado di aggiungere V elenco dei temi e delle comunicazioni finora — per quanto ci consta — presentati al Comitato del Con- gresso dagli iscritti alla Sezione Numismatica e qui disposti in ordine di progressiva presentazione. Te m i. Solone Ambrosoli: Intorno all'uso delle lingue nazionali negli scritti di Numismatica (con Relazione). Serafino Ricci: Dell'ordinamento delle collezioni di monete italiane medioevali e moderne (con Relazione, — A nome del Circolo Numismatico Milanese). Comunicazioni. Solone Ambrosoli : I. A proposito delle cosidette " restitu- zioni ,, di Gallieno o di Filippo. IL Di alcune nuove zec- che italiane. Ercole Gnecchi : Uno scudo di G. B. Spinola, Principe di Vergagni. Francesco Gnecchi : Le Personificazioni allegoriche sulle monete imperiali romane. ZiELiNSKi: Notices biographiques sur Jean Marie Mosca (Pa- dovano) et J. Jacob Caraglio artistes italiens en Pologne au XVP siècle. JuLEs Maurice : L'Atelier monétaire de Sirmium pendant la période constantinienne. A. Blanchet: Le " Congiarium ., de Cesar et les monnaies signées PALIKANVS. I04 VARIETÀ M. Caruso Lanza: Lo studio delle monete greche nei rap- porti con la storia, la mitologia e la scienza delle reli- gioni comparate. Alberto Simonetti : I tipi delle antiche monete greche. Max BAHRFELDT'.La cronologia delle monete di Marco Antonio. Ernest Babelon : Quelques mots sur l'iconographie de l'em- pereur Julien l'Apostate. Serafino Ricci: La Numismatica nell'insegnamento. A. Spigardi : Le Medaglie del Risorgimento Italiano. Giannino Dattari : " n€PIOAOC „ sulle monete Alessandrine. Nicolò Papadopoli : Una tariffa veneziana del 1467. Alfredo Marchisio : Studi sulla Numismatica di Casa Savoja. Luigi Correrà : Osservazioni intorno a una moneta di Neapolis. Alfonso De Witte : Les relations monétaires entre l'Italie et les Provinces Belges au moyen àge et à l'epoque moderne. E. J. Haeberlin : La monetazione deìVaes grave dell' antica Italia. Luigi Rizzoli jun. : Monete Veneziane del Museo Bottacin di Padova. Parecchi furono i Signori che si iscrissero dopo l'elenco già da noi pubblicato nella Rivista (pag. 536); i nomi di que- sti saranno pubblicati dopo il Congresso insieme con quelli degli iscritti a Roma, non ancora giunti a nostra conoscenza. Quanto poi al programma del Congresso, ecco quanto abbiamo potuto sapere per comunicazione dell'Agenzia Ste- fani ai giornali cittadini : Il Comitato ordinatore del Congresso, nelle adunanze degli scorsi giorni, deliberò alcune aggiunte al regolamento e approvò il programma generale del Congresso. Essendo stati successivamente presi gli opportuni accordi con le autorità, tale programma resta definitivamente così stabilito : 1 aprile (ore io) seduta preparatoria privata del Congresso per comunicazioni, rendiconti ed elezioni. Ore 16, seduta speciale per i delegati e per le rappresentanze ufficiali. 2 aprile (ore 9,30). Inaugurazione solenne del Congresso in Campidoglio (sala del Consiglio comunale) alla presenza del Re e VARIETÀ 105 della Regina. Successivamente inaugiirazione della Forma Urbis (la più antica Pianta di Roma), nel cortile del palazzo de* Conser- vatori in Campidoglio. Nel pomeriggio del giorno 2 alcune sezioni inizieranno i loro lavori, e dal mattino del 3 tutte le sezioni, alternatamente, si ra- duneranno dalle 9 alle 12 o dalle 15 alle 18 nelle aule del Collegio Romano e in poche altre località. La sera del 2 aprile i congressisti avranno libero ingresso all'illuminazione del Colosseo promossa in loro onore. Il giorno 3 alle ore 9 pom. avrà luogo l'inaugurazione della mostra di topografia romana^ nella R. Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele. La sera alle ore 9, per invito dell'on. sindaco di Roma, i con- gressisti interverranno ad un grande concerto vocale ed orchestrale di musica classica corale nel teatro comunale Argentina. Il 5 saranno invitati dal Ministro della pubblica istruzione alla visita del Foro Romano e all' inaugurazione della Rampa Imperiale (di accesso al Palatino) e del chiostro di Santa Francesca Romana, futura sede del Museo del Foro. Seguirà la visita al Palatino con im ricevimento ivi offerto dal Ministro della pubblica istruzione. Il 6 aprile avrà luogo nei musei del Campidoglio il solenne ricevimento del Sindaco e del Municipio di Roma in onore dei mem- bri del Congresso. 11 9 aprile alle ore 4 pom. si farà nell'aula massima del Col- legio Romano la chiusura del Congresso. Raccogliendosi sufficiente numero d'iscrizioni, avranno luogo il giorno 11 la gita Roma- Ninfa-Norma-Scavi di Norba Sermoneta, e dal 14 al 22 aprile l'escursione in Sicilia, promossa a scopo archeologico-storico-arti- stico da un gruppo di iscritti al Congresso. Il programma dei lavori delle singole sezioni e gruppi del Congresso è in corso di stampa. ^RAFiNO Ricci. Guida Namismatica Universale, — In questi giorni esce coi tipi Cogiiati, edita dall'Hoepli di Milano, la IV edi- zione della utilissima Guida Numismatica Universa/e dei sigg. fratelli Francesco ed Ercole Gnecchi, non solo rive- duta e corretta, ma si può dire interamente rifatta ed aumentata, raggiungendo gli indirizzi il n. 6278. Nessun libro riuscirà più gradito di questo ai nostri confratelli di tutto il mondo. io6 VARIETÀ I^a medaglia per il XXVI di pontifìcato di leeo- ne XIII fu fatta per iniziativa della Diocesi di Milano, desi- \ ■^ derosa di offrire a Sua Santità una medaglia che emergesse da quelle finora coniate in suo onore. Essa ha un diametro di mm. 67: eseguita con intendimenti artistici moderni, pur VARIETÀ 107 mantenendo sempre il carattere classico, fu coniata in due soli esemplari d'oro e cinque d'argento. Ora Sua Santità, avendone espresso tutto il suo sovrano gradimento e la piena approvazione sotto l'aspetto artistico, si riserva di commet- terne alcuni altri esemplari. La medaglia venne eseguita nello Stabilimento Johnson di Milano, il modello è opera dello scultore Boninsegna, l'incisione del Cav. Cappuccio. La Direzione. Finito di stampare il 26 Marzo 1903. ■«« "" « »«»■« i nn i III iii u >>»««iiiiiiiiiiiiiiiii m iii mn i nu > i >!>♦««»« »«» Achille Martelli, Gerente responsabile. FASCICOLO IL SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO CAPITOLO VII. Tipi : Due aquile che ghermiscono una lepre - Una quadriga, e la Vittcria, che corona l'auriga. È stato sempre detto e ripetuto che l'arte di incidere i coni in Sicilia raggiunse il più alto grado di perfezione, ed è comune consentimento altresì, che fra le più belle monete sicole sono a noverare i me- daglioni agrigentini. Uno di essi porta inciso il nome dell'artefice mediante le lettere MYP u); non mi è stato mai dato di trovare fra i Greci altri nomi, i quali comincino con quelle tre lettere, che quelli di Mirone e Miro- nide: Mirone, un antico re di Sicione e lo scultore famoso; Mironide quel capitano degli Ateniesi, il quale nell' 80^ olimpiade battè i Tebani ; l' autore dunque di questo medaglione dovea chiamarsi pro- ba bihuente Mirone o Mironide. E qui si consenta un po' di sfogo alla immagi- nazione per trovare la persona di cotesto incisore. (i) Pennisi di Fioristella, L'arte nella Numismatica greco-sicola. 112 CARUSO LANZA In Grecia fu un artista eccellentissimo di quel nome, discepolo di Agelade d'Argo, di colui il quale divenne celebre più per i suoi discepoli, che per le sue opere, producendo i più grandi statuari dell'epoca di Pericle : Fidia, Policleto e Telentero Mirone. Questi si distingueva dagli altri nel rappresen- tare con verità e semplicità grandissima la forza fisica, la vita nei suoi svariati fenomeni: a lui si at- tribuiscono in fatti parecchi Ercoli, il Discobulo esi- stente nei Musei Vaticani, e poi dei mostri marini, un cane, una vacca che allatta il vitello, ecc. Quella vacca destò l'entusiasmo, e fu oggetto di molti epi- grammi lusinghieri pel suo autore: Pastore, scostati con le tue vacche, che non abbia a condurre teco anche quella di Mirone. — Questa vacca non l'ha scolpita Mirone; il tempo l'ha cambiata in bronzo, e lo scultore la fa passare per sua — e simili. Egli seppe modellare gli animah a preferenza di tutti gli altri artisti. Nel tempio di Esculapio in Agrigento eravi una statua di Apollo, la quale portava il nome di Mirone a caratteri minuti d'argento incastrati in una coscia. Essa fu tolta via dai Cartaginesi nel 406, restituita alla nostra città da Scipione Africano, e indi rapita da Verre ('). Questa notizia ci fa comprendere come probabilmente delle relazioni siano corse fra gli Agri- gentini e l'illustre scultore. Mirone dunque era uno speciaHsta, per dir così, nel rappresentare a vivo gli animali, e nei deca- drammi in esame abbiamo molto elegantemente scol- piti da un lato due aquile ed una lepre, e dall'altro quattro cavalli pieni di brio e di fuoco (^\ Egli si dilettò di effigiare dei mostri marini, e nella moneta (i) Cicerone, Verrina IV. (2) V. Salinas, Le monete delle antiche citfà di Sicilia, tav. Vili, n. 5 e 6. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO II3 analoga, di cui mi occuperò nel capitolo seguente, abbiamo appunto la figura di uno di cotesti mostri (V. Tav. II, n. 2). Questi medaglioni appartengono a quel periodo luminoso per la Sicilia, che dalla bat- taglia d'Imera va sino alle conquiste dei Cartaginesi — il tempo di Pericle per la Grecia — e Mirone fioriva appunto in quell'epoca. Sono capolavori d'arte, e però opera di artista eminente; portano scritte le lettere MYP, abbreviativo di IMirone, il quale ebbe rapporti con gli Agrigentini. Via, parecchie circo-, stanze potrebbero indurre la convinzione, che le nostre più eleganti monete siano uscite dalle mani dell'insigne condiscepolo di Fidia; ma ripeto, sul pro- posito non si possono far altro che supposizioni, e sarebbe troppo ardimento il volerlo affermare con sicurezza. Di tipi analoghi ai decadrammi sonvi parecchie altre monete di dimensioni più piccole, ed anche piccoHssime, opera anch'esse di artisti provetti, fra le quali quelle di cui offro le incisioni (V. Tav. I, n. 20 — Tav. II, n. I, 2 e 6 — Tav. XVI dell'Anno 1902, n. 13). Alcune sono segnate col nome di IIAAN02. E quello uno dei pochi nomi propri, che ho riscontrato comune ai Greci ed ai Romani: tra i primi, oltre a questo Agrigentino, abbiamo memoria in Senofonte di un augure ambraciota (0; ed in Roma eravi un ramo della famiglia Giulia detta dei Silani, il cui nome si riscontra in parecchie monete, e un D. Giunio Silano fu colui, il quale proponeva in senato la pena di morte per Catilina e pei congiurati tutti (2). Quel nome si trova non solamente in queste (i) Anabasi, lib. III. (2) Sallustio, De Catilinae conjuratione, 50. 114 CARUSO LANZA monete dalle due aquile, ma altresì in quella d'oto (V. Tav. I, n. 5) agrigentina, che riportai nel III ca- pitolo, ed in un'altra di bronzo della città d'Imera (^). Torremuzza crede quel Silano un magistrato agrigentino (2), io invece son di parere che esso sia stato l'incisore del conio. Comunque si sia, quel che mi preme far notare in proposito, a maggior chiarimento di quello, che dissi nel precedente capitolo, è questo: sia stato l'in- cisore quel Silano ovvero un magistrato, certo è che egli incideva o emetteva moneta nello stesso tempo in Agrigento e Imera. Questa circostanza ci porta necessariamente a pensare ad intimi rapporti fra l'una città e l'altra nell'epoca, in cui venivano coniate quelle monete. Ebbene sappiamo che cotali relazioni, co- minciate con l'influenza esercitata da Falaride sopra imera, finirono con una vera e propria signoria: Terillo si vuole da alcuni, sia stato fìgho di Terone, e Terone stesso vi regnò per mezzo del figlio Tra- sideo. Con la caduta d'Imera nel 408 a. C. cessarono per sempre i rapporti fra le due città; sicché la coincidenza notata dimostra all'evidenza ciò, che affermai nel capo precedente, che quelle monete cioè furono emesse prima del 406 a. C, prima della caduta d'Agrigento. Che cosa rappresentano i tipi di quelle me- daglie? Delle due aquile che ghermiscono la lepre ra- gionai abbastanza in quel capitolo; aggiungo qui altre poche osservazioni per dare la riprova della mia spiegazione: Alcune di quelle monete hanno nel campo del (i) Torremuzza, Siciliae Veteres Nummi, tav. XXXVII, n. 7. (2) Op. cit. Spiegazione dei n. 2 e 3 della tav IV. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO II5 diritto la testa di un leone ('^ simbolo che allude manifestamente alla regione dei leoni, all'Africa. Di significato più esplicito poi mi sembra quel- l'altra edita dal Salinas C^i nella quale al di sopra delle aquile vi è scritto ITPATflN — degli eserciti — come per avvertire che le due aquile rappresentano eserciti, e la loro vittoria è vittoria riportata da due eserciti. Ebbene, quale potrebbe essere cotesta vittoria se non quella ottenuta dagli eserciti di Gelone e Terone? Se si riuniscono insieme adunque tutti i dati offerti dalle varie monete, e le osservazioni fatte nel precedente capitolo e in questo, si vedrà che la spiegazione data corrisponde esattamente all'avveni- mento, che si volle rappresentare. L'altro lato della moneta rappresenta una vit- toria riportata nei pubblici agoni, e lo desumo age* volmente dal movimento dei cavalli, dalla positura dell'auriga, che spesso è curvato e sferza i cavalli, ed in ispecie dalla Vittoria, che vola sopra costui, e gli posa una corona sulla testa (V. Tav. II, n. i e 6). Più volte ho fatto menzione dell' importanza attribuita a quei ludi dai Greci, e dell'entusiasmo, che destavano quelle vittorie; anche i re non disde- gnavano di prendervi parte: Pisa è di Giove: il glorioso vanto D'aprir l'olimpia arena Ebbe il figliuol d'Alcmena diceva Pindaro (3\ e le vittorie d'Olimpia si possono paragonar all'acqua, all'oro, al sole (4); egli è per. (i) Salinas, op. cit., tav. Vili, n. ii e 12 e Torremuzza, op. cit., n. 12, 13 e 14. (2) Op. cit., Tav. Vni, n. 14. (3) Olimpica IF, a Terone, trad. del Borghi. (4) Olimpica I, a Cerone di Siracusa. Il6 CARUSO LANZA ciò, che non vi fu monarca o città autonoma, i quali potessero vantar un vincitore in Olimpia, Delfo, Corinto o Nemea, e che poi non ne avessero traman- data nelle monete la memoria ai posteri. Agrigento ebbe molti vincitori ai giuochi pub- blici: Terone trionfò due volte in Olimpia con la quadriga; a Delfo ottennero la palma Mida, a:ulete, e Trasibulo, nipote di Terone, che fece attribuire la palma a Senocrate, suo padre; e di ciò fa testimo- nianza Pindaro. Empedocle, nonno del filosofo, Me- tone, padre di lui, e lo stesso filosofo furono pari- mente vincitori; e si narra anche, che quest'ultimo da pitagorico, e sotto questo riguardo diremmo noi da vegetai iano, offrì agli spettatori un bue fatto di farina, miele ed aromi ; così riferiscono Eliano e Diogene Laerzio. Diodoro registra e magnifica le due .vittorie consecutive di Esseneto nelle XCI e XCII oUmpiadi. A chi meglio potrebbe alludere l'impronta di queste monete? Non è punto facile dare un giudizio, imperocché mancano argomenti tali da farci preferire l'un fatto o Tun personaggio all'altro. Terone fu ri- guardato in Agrigento siccome padre della patria, e Pindaro lo dice occhio della Sicilia, sostegno d*Agri-r genio (0; Trasibulo col suo atto di reverenza verso il padre destò l'ammirazione del popolo, e da Pindaro assai fu lodato (2) ; Empedocle ebbe offerta la corona, ed anche dopo morto ottenne onori divini (3\ Ma se vogliamo tenere presente quel, che dice Diodoro riguardo alla seconda vittoria di Esseneto, l'entu- siasmo dei cittadini ed il ricevimento trionfale, che (i) Olimpica II, a Terone. (2) Pitia VI, a Senocrate. (3) Diogene Laerzio, Empedocle. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO II7 essi gli fecero (^\ potremo più verosimilmente credere che la figura delle medaglie in discorso ricordi appunto i trionfi di Esseneto. CAPITOLO Vili. Tipi: Due aquile che ghermiscono una lepre — Un granchio, e al di sotto una sirena dai femori della quale sporgono due teste di lupo. Torremuzza, parlando di questa medaglia agri- gentina (V. Tav. II, n. 2), la dice prae reh'quis est rari tate et artis perfectione praestantior. In eo sub pa- guro adest figura cujusdam foeminei marini monstri (2). Mionnet la descrive pure, e specificando il nome di cotesto genio marino, lo qualifica per le monstre Scylla; au dessus un crake (3). Cockerell accetta quel batte- simo (4) ; e dal Mionnet e Cockerell sino ad uno degli scrittori più recenti, lo Schubring (5\ quel mostro è stato unanimemente appellato Scilla, e più non ci si è discusso sopra. Però, domando io, e Scilla così dai Greci come dai Romani fu mai ideata o disegnata a quel modo? Omero la descrive minutamente: In uno scoglio è incavato uno speco profondo, Scilla ivi alberga, che moleste grida Di mandar non rista. La costei voce Altro non par, che un guajo!ar perenne (1) DioDoRo, lib. XIII, cap. VI e XV. (2) Siciliae Veteres Nummi. Spiegazione del n. i, tav. V. (3) Dtscription des Médailles. Agrigentum, n. 37. (4) The Tempie of lupter Olimpius at Agrigentum, pag. 4. (5) Op. cit., pag. 188. }l8 CARUSO LANZA . Di lattante cagnuol: ma Scilla è atroce Mostro, e sino ad un Dio, che a lei si fèsse Non mirerebbe in lei senza ribrezzo. Dodici ha piedi anteriori tutti, Sei lunghissimi colli, e su ciascuno Spaventosa una testa, e nelle bocche Di spessi denti un triplicato giro, E la morte più amara in ogni dente. Con la metà di sé nell'incavato Speco profondo ella s'attuffa, e fuori Sporge le teste, riguardando intorno, Se delfini pescar, lupi, o alcun puote Di quei mostri maggior, che a mille a mille Chiude Anfitrite nei suoi gorghi e nutre (i). Per quanto quella orrenda figura omerica col progredire della civiltà si sia pure, relativamente, ingentilita nella fantasia del popolo e dei poeti, tuttavia è rimasta pur sempre tale da destar ribrezzo. Il risultato di queir evoluzione fu questo, che aveva dodici piedi da cane e il resto del corpo nascosto sotto le acque, e l'immaginazione supplì a ciò, che non si vedeva attribuendole tutto il corpo di cane con coda di delfino, e le sei teste da idra divennero testa e busto di donna; con picciole differenze così la descrivono Virgilio (^\ Ovidio (3) e Servio (4), insomma ne fecero qualcosa di simile ai Centauri: questi eran mostri mezzo uomini e mezzo cavalli (5); e Scilla metà donna e metà cagna, circondata da cani ^^). Da cotali descrizioni si ricava nettamente, come l'immagine scolpita nella presente moneta non cor- ei) Odissea, lil>. XII, trad. di Pindemontc, v. 112 e seg. (2) Eneide, iib. 111. (3) Metamorf., Iib. XIV. {4) Ad Aen., Iib. III, 420. (5) Anche i Centaiu'i subirono una simile trasformazione: la forma, o de sono arrivati a noi, l'ebbero soltanto ai tempi di Fidia-Stoll, Miiol già, pag. 143. (6) Ovidio, Metamorfosi, Iib. XIII, 20, e Iib. XIV, i. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I I9 risponda affatto all'idea, che gli antichi tutti si for- marono di Scilla; e quando una fotografia non corri- sponde per nulla ai tratti della fisonomia d' una persona, non diremo certan^ente, che ne sia il ritratto. Si aggiunga poi, che altre considerazioni di ordine secondario dimostrano sempre piii, quanto sia inve- rosimile, che quella figura rappresenti quel mostro: Scilla, dicevano gli antichi, allorquando fu da Circe tramutata in modo sì abominevole, si chiuse in quello speco, in cui era andata bella e col pensiero rivolto al suo Glauco, e più non ne volle uscire, rimanendovi come incatenata ^^); soltanto Virgilio la tolse di là una volta, ma per collocarla insieme a Cariddi alla porta dell' inferno, quasi a formarne i due pilastri dell'ingresso '2). E qui invece essa sta in un campo libero, e di riscontro a lei, non l'inse- parabile Cariddi, ma trovasi il granchio, l'emblema del fiume caro agli Agrigentini. Scilla era un mostro atroce al segno, che neppur un dio potea sostenerne la vista; ed in questa figura non vi ha nulla di ributtante: ai Greci anzi doveva far impressione meno spiacevole di quel, che faccia a noi per la ragione, che essi simboleggiarono in quella guisa i Tritoni e le Sirene loro deità. Scilla era uno spavento; e qui al contrario il suo atteggiamento è dolce e delicato. In fine poi, non mi saprei punto spiegare, perchè mai gli Agrigentini avessero voluto così innalzare un monumento ad un nume straniero, atroce e ma- lefico. E per tutte queste ragioni insieme, contraria- mente alla comune credenza, giudico che la figura di questa moneta non sia affatto quella di Scilla. (i) Scilla loco niansit — Ovidio, Ioc. cìL (2) Eneide, lib. VI. T20 CARUSO LAN ZA Scartata la versione del Mionnet, mi pare che , faccia meglio al caso nostro tornare alle cose agri- gentine, dove, cercando, è molto probabile trovare la spiegazione di una figura allegorica incisa in una moneta d'Agrigento. E credo opportuno altresì di limitare le ricerche fra i soli esseri mitologici del regno delle acque, però che quelT innesto di donna e di pesce non consente, che ci si assegni un posto nel regno delle ombre o sull'Olimpo, ne fra rupi o foreste. Tutti gli antichi scrittori, i quali si occuparono della nostra città, la dissero sempre situata alle sponde dell'Acragas, e di altri fonti o corsi d'acqua vicini non fecero cenno; così Empedocle e Pindaro, Tucidide e Diodoro, Duris ed Eliano, vStefano Bisanzio e Diogene Laerzio, ed altri; solo Polibio fa menzione d'un secondo fiume, che lambiva pure la città, l'ipsas. Ebbene, nella presente moneta abbiamo due fi- gure allegoriche nella stessa faccia : un granchio, che rappresenta l'Acragas, e un' altra divinità aquatica, la quale nella nostra città, che non ebbe altri corsi d'acqua o fontane, verosimilmente può rappresentare r Ipsas, il secondo fiume di cui parla Polibio. Questa prima impressione viene confermata da un gruppo dipinto in un bellissimo vaso antico esi- stente nel Museo archeologico di Girgenti. Esso è un crosso, e contiene ancora le ossa di un cadavere cremato. Fu rinvenuto a i6 aprile 1881 dal Direttore del nostro Museo, sig. Alfonso Celi, a Villa Seta, nelle vicinanze di Girgenti. Nel coverchio sono dipinti due geni marini posti l'uno di fronte all'altro; nel loro mezzo v'hanno parecchi pesci e due ippocampi; e dietro a loro poi guizzano degli altri pesci ancora. La disposizione di quei pesci evidentemente significa, SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 121 che fra l'un nume marino e l'altro sta un tratto di mare, e mare ancora seguita ad essere dietro a loro. Una figura è perfettamente uguale a quella della moneta in esame così nelle forme e proporzioni, con le medesime teste di lupo, che le si innestano ai fianchi, come nella positura; soltanto le braccia ha entrambe distese, e con le mani sembra nell'atto di far cenno e chiamare i pesci e gli ippocampi. Altri vasi, trovati pure nelle nostre terre, ho visti io con la medesima figura; tale fatto, se non vado troppo oltre con la mente, ci dice questo, che i vasi trovati nel contado agrigentino, e che hanno un'immagine uguale a quella di una moneta agri- gentina, sono stati plasmati o graffiti in Agrigento. L'altro genio dell' osto feca in parola ha le sem- bianze di un giovinetto dal petto in su, dai lombi gli si partono due pinne, e termina con la solita coda di delfino; anche quest'altro nume ha la stessa posa, e pare egualmente, che chiami i pesci. L'un mostro è stato creduto Scilla, e in conse- guenza quelle due figure sono state qualificate per Scilla e Cariddi. Tale definizione però si manifesta sbagliata da se stessa, solo a ricordare, che Scilla e Cariddi erano entrambe di genere femminile, e nel vaso descritto un genio è evidentemente maschio. Come conseguenza della falsa interpretazione del Mionnet, adunque, è parimente sbagliata l'opinione di coloro, i quah credono Scilla e Cariddi le figure graffite in questo vaso; e possiamo aggiungere anzi, che le medesime alla loro volta valgono a suggellare l'errore del Mionnet e di coloro, che lo hanno seguilo. Le deità in esse simboleggiate debbono racchiu- dere in se le seguenti condizioni: esseri mitologici, che vivono nelle c.cque; che si guardino l'un l'altro stando a una certa distanza; separali, da una breve distesa di mare; ed abbiano ancora mare dietro ad 122 CARUSO LANZA essi. Tali estremi si riscontrano insieme soltanto nella personificazione di due fiumi vicini, i quali mettono foce a breve distanza, determinando una limitata porzione di spiaggia ricca di pesci; e difatti sap- piamo, che la pesca abbonda maggiormente nei porti e presso le foci dei fiumi, anzi che nel mare libero. Anche Siracusa ha parecchi medaglioni dei piìi belli, uno dei quali porta scritto il nome del suo autore, Eumene, con una figura simbolica uguale a quella della moneta e dei vasi agrigentini. Quei decadrammi offrono queste insegne: nel diritto, la testa di Aretusa fra quattro delfini, e nel rovescio, come motivo principale una quadriga, e poi nelFesergo hanno un mostro marino delle mede- sime forme e proporzioni di quello inciso nella nostra moneta (^): in alcuni medaglioni esso ha le medesime teste di lupo, che sporgono dai femori, e in altri no; un mostro insegue un pesce, un altro dà la caccia a un'aragosta, un terzo ha il tridente in spalla. I soliti confronti ci danno questi risultati : Nei medaglioni siracusani si rileva con maggior evidenza il concetto della pesca, imperocché quella figura simbolica dà la caccia a pesci minuti, a differenza di quei mostri maggiori, che formavano il pasto abituale di Scilla; e nel vaso agrigentino i due numi chiamano, allettano i pesci, i quali numerosi si fanno attorno ad essi. In questo vaso cinerario le due figure rappre- sentano manifestamente le foci di due fiumi vicini; ed in un vaso agrigentino quella di sesso maschile e giovane d'età si può subito riconoscere per la personificazione dell'Acragas, e nell'altra, coerente- mente, si può vedere simboleggiato l'Ipsa, fiume che (i) TouREMUzzA, op. cit., tav. LXXII, n. 8, 9 e 10; tav. LXXHI, n. 7. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 123 scorreva pure vicino alla città mettendo foce a breve distanza dall'Acragas. In fine, nella moneta in esame abbiamo due fi- gure allegoriche nella stessa faccia, le quali è ragio- nevole, che abbiano qualche connessione fra loro: il granchio, simbolo del biondo Acragante, è posto in prima riga, qual dio protettore della città; e al disotto, come figura secondaria, abbiamo l'immagine di un altro nume aquatico (V. Tav. II, n. 2), di un .altro fiume, che in Agrigento, dopo l'Acragas, e in correlazione con lo stesso, non può essere altro che ripsa. Questa spiegazione, che a me sembra piana ed agevole, ha bisogno però di un ulteriore chiarimento. La maggior parte degli eruditi, spiegando le parole di Polibio, a cui sopra accennai, son venuti a determinare questo, che l'Acragas non sarebbe altro, che un torrentello di poca importanza influente dell'lpsas, tanto che Schubring è inclinato a chiamare tutto il fiume Ipsas in omaggio alla maggior portata e lunghezza di questo (0, e dire per ciò che allo sbocco dell'lpsas giaceva il porto (2), e simili. Egli, sostenendo questo, si mostra perfettamente logico, ma se io non m'inganno, si mette in aperta contradizione ad Em- pedocle, agrigentino, a Diodoro, siculo, a Pindaro, che fu alla corte di Terone, ed a tutti gli altri scrit- tori antichi, i quali, parlando del nostro fiume^ il fiume agrigentino per antonomasia, lo dissero sempre Acragas. Quella interpretazione del passo di Polibio me- nerebbe alla conclusione, che non sarebbero più due (i) Op. cit., pag. 23. (2) Ibid., pag. 30. 124 CARUSO LAN ZA i fiumi attorno alla città, ma un solo, avente un affluente ed una foce. In tale ipotesi la mia spiega- zione sarebbe evidentemente sbagliata, per la ragione che le due figure della moneta essendo simboli di- versi e per se stanti, senza alcun tratto di unione, che possa farci comprendere, come gli esseri in quelle adombrati debbano vivere necessariamente legati insieme come i fratelli siamesi; e le figure del vaso descritto, site a distanza e separate da un tratto di mare, non potrebbero prestarsi aff'atto a simbo- leggiar i due confluenti formanti un unico fiume. Per giustificare la mia opinione adunque sono costretto a dir qualche cosa dei fiumi agrigentini, ed ingolfarmi così in una questione di topografia storica, mentre da ogni discussione su tale materia mi dovrei astenere nel discorrere delle monete di Agrigento e del loro significato. Però mentre altri hanno scritto sul proposito monografie e volumi, io mi limiterò a pochi argomenti, tanto per mantenermi piìi che sia possibile entro i confini del mio soggetto. Polibio descrive la città d'Agrigento, e fra le altre cose parla dell'acropoli, e dei fiumi che la circondavano (0. Holm (2) e Schubring (3), i quali vanno sempre di accordo, notano entrambi, che trat- tando dell'acropoli, o Polibio cadde in errore, o devesi correggere il testo alterato dai copisti. Il giudizio di cotali archeologi darebbe altrui il diritto di dir altret- tanto per ciò che riguarda la descrizione dei fiumi; io limito il dubbio alla sola seconda ipotesi, alla possibilità di uno dei soliti errori dei copisti, e così (i) Lib. IX. (2) Storia della Sicilia neW antichità , trad. di Dal-Lago e Graziade , voi. I, pag. 236, nota 27. (3) Op. cit., pag. 75. SPIEGAZIONE STORICA DiTLLE MONETE DI AGRIGENTO I25 la cosa mi sembra più modesta e meno irreverente verso Polibio. Le sue parole tradotte alla lettera sono queste: (Agrigento) è circondata da fiumi, poiché scorre presso il lato meridionale della medesima quello, che ha lo stesso nome della città, e presso il lato volto verso i tramonti e la pioggia quello denominato Ipsas (0. Se non fosse lecito pensare ad un errore dei copisti, da cui non è andato immune verun testo antico, noi non potremmo discutere, e l'Acragas sa- rebbe quel ruscello chiamato S. Biagio, ed Ipsas il Drago, un torrente di maggior importanza, il quale sotto le mura dell'antica città riceve le acque del S. Biagio, e dopo un percorso di due chilometri e più in tortuosi giri va a metter foce nel iVlediterraneo; e ciò precisamente come vogliono Picone e Darà, Holm e Schubring, e tanti altri. Malgrado che la cosa sembri chiara, come ap- presso dirò, non è passata senza discussione, e dal Fazello (1498-1570) ad oggi una schiera elettissima di archeologi si è occupata di tale argomento, ed il Duca di Serradifalco ordinò un'apposita pianta topo- grafica per potersi meglio raccapezzare (2). Questo fatto di una discussione più che secolare dimostra certamente due cose: innanzi tutto che non è stata mai pronunziata l'ultima parola in proposito, ed intanto si è discusso, in quanto ogni parere ha lasciato sempre dei lati scoperti e vulnerabili, e però materia alla discussione; ed in secondo luogo prova (i) .... Kepd/iza.'. Sé notafi-oi!:, psì 'fap aÒTrjc wapà }ièv tTjv vótiov icXeopàv b aovutvufio^ T^ nóXsi, zapà òè ff|v èrcl tà; Suoet? xaX tòv Xi^a Tstpa|ifiévTjV 6 icpoaappapEvopL8vo; 'X^a^. (2; Vedi le opere di Fazello, Pancrazio, Cluverio, Maurolico, Buon- figlio Costanzo, Vito Amico, D'Orville, il Duca di Serradifalco, lo Stato Maggiore Italiano, Picone, Darà, Siefert, Holm, Schubring, Toniazzo, Oliveri, ecc. 17 120 CARUSO LANZA l'importanza deirargomento: quando noi sappiamo, che la città era circondata da due fiumi, la ricerca dei medesimi riesce indispensabile, non solo per la loro identificazione, ma ben anche per determinare i limiti estremi, entro i quali essa si estendeva. Di qui adunque l' importanza maggiore del quesito e lo studio dei dotti per risolverlo. In un capitolo del presente lavoro non è certa- mente concesso di esporre uno per uno i singoli pareri e le ragioni addotte da quegli eruditi, e confu- tarli partitamente, che sarebbe troppo lungo il farlo; riferirò per sommi capi soltanto le loro conclusioni. Alcuni vogliono che l'Acragas sia quel fiume, che oggi chiamiamo Drago, e riconoscono in questa parola una corruzione dell'antico nome; altri invece sostengono che esso sia l'Ipsas, ed in quanto all'A- cragas, parte credono che sia il S. Biagio, e parte il fiume di Naro: Chi nega l'esistenza del S. Biagio nei tempi antichi, e chi lo farebbe scaturire dai pressi di Canicattì, alla distanza di più che 40 chilometri da Girgenti. Vi sono di coloro, i quali sostengono che il S. Biagio ebbe origine dai fossi scavati da Cartaginesi (406 a. C.) e Romani (262) attorno ai loro accampamenti onde renderli inaccessibili all'oste nemica; e per la medesima ragione altri crede, che sia deviato l'antico corso del Drago: come se quei valli fossero stati qualcosa di gran lunga superiori a certi fossati, che i proprietari fanno attorno ai loro poderi, quali fossi poi a capo a pochi anni sono ricolmati dalle piogge. Alcuni fanno l'ipotesi, che il S. Biagio allora dovesse scaricare le acque nel Naro, senza riflettere, che fra l'uno e l'altro fiume ci è un piano abbastanza elevato, detto la Torre che parla, distante tre chilometri circa nei punti più vicini. Altri, per fargli scansare il lato meridionale della SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I27 città, pretendono, che fosse girato a nord della Rupe Atenea e della collina su cui siede Girgenti, alte entrambe 350 metri, per andar a defluire nel Drago sì, ma otto o dieci chilometri più sopra dell'attuale punto di confluenza. Ed in fine, è stato manifestato il dubbio, se mai oggi la faccia dei luoghi non si trovi cambiata a causa di rivoluzioni telluriche e cataclismi, dei quah non si ha memoria, e che pur ingoiando colline esistenti e sollevandone delle nuove, avrebbero poi rispettato e lasciato in piedi le misere colonne dei nostri tempi. E si sopprimono montagne ed altipiani; si eli- mina un torrente, che è il prodotto necessario di una catena di colline, alcune delle quali alte più che 500 metri; si fanno inarpicare fiumi; s'invocano perfino dei cataclismi; e tutto questo per non far succedere un cataclisma di molto minor importanza, quale sarebbe quello di supporre uno sbaglio nei testi di Polibio, ed aggiustarlo in modo più rispondente alla posizione dei luoghi ed alle parole di tutti gli altri scrittori antichi. I due torrenti S. Biagio e Drago scorrono attorno all'ex feudo Civtta{s), su cui numerosi e spessi sor- gono gli avanzi dell'antica città, pigliando le seguenti direzioni : Il lato di nord-est, dietro la Rupe Atenea, è bagnato per poco dal S. Biagio, il quale costeggia tutta la parte orientale sino al tempio di Era, e quindi da questo tempio a Porta Aurea prende la posizione di sud. Là è il punto di confluenza dei due torrenti. Da quella porta sino al tempio di Vulcano il lato meridionale della Civita continua ad essere in linea retta come il tratto precedente, ed è bagnato dal Drago; il quale, salendo fin alla Serra Darà, piglia la direzione di ovest, per poi tornar a stare a sud della necropoli principale, che è posta tutta alle falde della collina di Girgenti. 128 CARUSO LANZA Essendo questa la posizione dei luoghi, com- prendo bene, come si sia data quella interpretazione al passo di Polibio, che il S. Biagio sia l'Acragas, e il Drago Tlpsas: questo avrebbe il suo corso a ponente, sebbene per due buoni tratti scorra pure a sud dell'antica città; e quello, sebbene stia tutto ad oriente, ed arrivi anche alla direzione di nord-est, non di meno nell'ultima parte del suo corso si trova a sud della tenuta Civita. Noto però che qui Polibio lascerebbe molto a desiderare in fatto di chiarezza, mentre suol essere sempre preciso e scultorio nelle sue descrizioni (^); imperocché se davvero a quei due torrenti avesse voluto accennare, o li avrebbe descritti più minutamente, o indicandoli con una sola parola avrebbe dovuto prendere i punti centrali dei mede- simi, e dire, che il primo scorre ad oriente, e l'altro a libeccio della città. Molti per evitare a Polibio quella inesattezza traducono Vèm tòv in^x per uerso libeccio, ed altri per Africo oppositam partem; mentre Xi^a? XifiiaSo;, accusa- tivo irregolare >tfia, significa umido, goccia d'acqua, umidità che sgocciola ; deriva dal verbo T^eipw, render fluido, ammollire, e non già da Ai|i6n, Libia, Africa; egli è per ciò che sopra io tradussi pioggia. Polibio inoltre non avrebbe taciuto la circo- stanza salientissima, che i due fiumi in sostanza ne formano un solo perchè l'uno influente dell'altro. Ora io dico così: certe mancanze di proprietà e precisione in un testo antico ci dovrebbero far pensare meglio ad un errore dei copisti anzi che dell'autore, e consigliarci quindi ad accomodare il testo alla condizione dei luoghi, invece di sopprimere montagne e far inarpicare fiumi per accomodare i luoghi secondo le parole del testo. (i) Vedi per esempio la descrizione della città dei Leontini. SPIEGAZrONt STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I29 Per determinare l'identità dei fiumi agrigentini stimo necessario seguire un sistema di ricerche op- posto a quello tenuto fin qui dagli eruditi: Stabilire prima cioè il perimetro delle mura d'Agrigento per poi trovare i f.umi; trovati i quali, sarà molto facile attribuirvi i nomi in guisa da mettere di accordo Polibio con tutti gli altri scrittori antichi. E dico metterli di accordo, in quanto che una certa anti- nomia a me sembra esistere nelle loro parole: l'uno dice la città posta tra due fiumi, e tutti gli altri la mettono in riva a un solo, all'Acragante. Però qui bisogna riflettere come Agrigento nel corso della sua esistenza abbia subito le solite vi- cende della vita umana: ebbe umili natali, crebbe, cadde, risorse e giacque; sicché fa d'uopo fermare il momento, e stabilire a quel epoca si riportasse Polibio allorquando parlava della nostra città. Anche questo mi sembra logico. Sul riguardo non manifesto una mia opinione, sì bene l'opinione comune: quello storico cioè nel descrivere pomposamente la città, la sua magnifi- cenza, la sua fortezza si lasciò trasportare dalla fantasia ai tempi più felici. Schubring, fra gli altri, lo deduce molto ragionevolmente dall'uso dei verbi, i quali si trovano un po' al tempo presente e un po' al passato; ed anche dalla considerazione che all'e- poca, in cui Polibio venne in Agrigento, la città aveva subito parecchie arsioni e devastazioni, le sue mura erano state da un pezzo smantellate, gli edifici ed i campi distrutti, la ricchezza e la popolazione svanite per sempre, e dopo tante sciagure non era possibile presentasse ancora quella materiale bellezza e fortezza, che Polibio descrive <^). (i) Op. cit., pag. 215. 130 CARUSO LANZA Ciò posto, bisognerà vedere qual'era l'ambito della città nei suoi giorni migliori. Essa fu detta sempre una grande città; al dire di Beloch, Siracusa, Agrigento e Taranto superavano in estensione tutte quelle della madre patria, e sola Atene poteva gareggiar con esse , ma quando si consideravano insieme l'Asty ed il Pireo (^'. Siracusa però era la piti grande e la più bella di tutte le città greche secondo la testimonianza di Diodoro Siculo (2) e di Cicerone (3); sicché Agrigento e Taranto eran grandi come Atene e il suo porto. Strabone ci lasciò la notizia che le mura di Si- racusa avevano un circuito di 180 stadi (^), ventidue miglia romane e mezzo; e gli scavi e gli studi recenti hanno confermato alla lettera la parola dell'antico geografo. Agrigento era la seconda città dell'isola: ai tempi di Falaride, di Cerone, di Ducezio aspirò alla ege- monia della Sicilia; due volte insorse contro Agatocle, la prima quando creò duce lo spartano Acrotato figlio del re Cleomene, e più tardi poi venne a fatti d'arme con Senodico agrigentino. Questi dati di fatto, che ci somministra la storia, ci mettono nella necessità di mantenere una certa proporzione tra le due città sovrane e rivali, tanto in ordine alla rispettiva popolazione, come riguardo alla grandezza delle medesime; e se Siracusa occu- pava l'area contenuta in un perimetro di 180 stadi, crederemo bene che Agrigento ne abbia avuto molto di meno, ma è giusto che non facciamo delle diffe- {1) La popolazione antica delia Sicilia, trad. di Allegra De Luca, pag. ai. (2) Lib. XVl, cap. IV. (3) Verrina, IV. (4) Lib. VI. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I3I renze troppo stridenti. Gli stujdl di oggi però, — studi da tavolino e non sui luoghi e mediante scavi — hanno attribuito alle mura di questa città un'esten- sione molto ristretta, in guisa da rompere quella tale proporzione, che le notizie storiche ed indiscutibili ci costringerebbero a mantenere. Sul proposito mi son formato questa convin- zione, che i moderni archeologi non han saputo trovare il giro delle mura per quella benedetta preoc- cupazione del passo di Polibio relativo ai fiumi ; secondo essi l'Acragas e l'Ipsas sono i nostri S. Biagio e Drago, si creano così le muraglie della China, le colonne di Ercole, che non è lecito varcare, e misu- rando il terreno posto fra i medesimi, arrivano ad un circuito di 37 stadi, ed altri comprendendovi anche il colle di Girgenti lo portano sino a 50 stadi o poco piti, stabilendo così una differenza enorme fra Agri- gento e Siracusa. Anche questa considerazione deve consigliarci ad uscir fuori dai confini segnati da quei due torrenti per trovare l'intiero ambito della città. Ai tempi della seconda spedizione punica in Si- cilia Agrigento contava una popolazione di 200.000 cittadini giusta la testimonianza di Diodoro (0, e Diogene Laerzio (2) facendo il calcolo secondo la proporzione costante nel popolo greco fra gli uomini atti alle armi ed il resto della popolazione, che era come di uno a quattro, dice, che essa ne aveva 800.000: così almeno spiegano i dotti quella differenza fra i due numeri, e quella corrispondenza esatta alla pro- (i) Lib. XIII, cap. XV. (2) Veramente egli cita l'autorità di un Potamiila, autore ignoto, e da tutti si consente, che in quel passo il testo di Diogene sia stato alterato dagli eterni copisti. 132 CARUSO LANZA porzione comune; sicché le due notizie, le quali sembrano cotanto discordanti fra loro, corrispondono a capello. Quelle cifre sono state sempre accettate anche dai più recenti scrittori quali il nostro storiografo Picone, Fischer, Holm, Schubring, ecc.: essi sono di accordo nel ritenere che quegli 800.000 non abitas- sero tutti entro le mura, ma parte in città e parte nel suo fiorente territorio; e chi fa ascendere il nu- mero dei cittadini a 200.000 (0, chi a 300.000 (^^ e simili. Tutti, compreso il Beloch il quale poi dissente da quelle conclusioni, osservano, che non si può negar fede a Diodoro, storico dell'isola, specialmente perchè egli dichiara di aver attinto la sua notizia da Timeo, storico coscenzioso, parimente dell'isola, e quasi contemporaneo di quei tempi felici, il quale alla sua volta potè avere quel numero dal censimento, che fecero i magistrati d'Agrigento al tempo dell'as- sedio dei Cartaginesi. Quelle cifre adunque hanno tutta l'apparenza della verità, e stanno in armonia alla densità della popolazione della Sicilia in quell'epoca: Holm le at- tribuisce 3.620.000 abitanti, Fischer 3.000.000, e si- mili; e corrispondono a certi dati storici e monu- mentali, che non vanno soggetti a discussione : Ero- doto, storico quasi contemporaneo alle cose narrate, e che non aveva afcun interesse ad esagerare o mentire, dice che al tempo delle guerre persiane la sola Siracusa poteva mettere insieme più fanti e cava- lieri, più navi e vettovaglie, di quante non ne potevan dare Atene, Sparta e tutte le città greche confede- rate (3); Agrigento e Siracusa alleate tennero testa (i) Schubring, op. cit., pag. 90. (2) Picone, Memorie storiche agrigentine, pag. 123. (3) Lib. VII. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I33 contro Cartagine, la secolare rivale di Roma; Sira- cusa debellò le forze degli Ateniesi; Agatocle potè trionfare dei Cartaginesi in Sicilia e in Africa; Agri- gento si ornò di tempi sontuosi ed opere pubbliche magnifiche prima ancora di Atene; i suoi senatori erano niente meno che mille, detti perciò i Chi- liarchi (^); ecc. Tutti gli scrittori antichi e moderni adunque convengono in quelle cifre; solo il prof. Beloch ne dissente, e porta il massimo della popolazione d'Agri- gento dai 50 ai 60 mila (^ì^ assegnandone alla città ed al suo territorio insieme 124.000, ed a tutta la Sicilia 800.000 (3). È ben vero che i Greci furono esagerati nel magnificare le cose loro e quelle dei Romani, loro vincitori, e dal Vico, Micali e Niebhur in qua, ci è stata una specie di reazione contro di essi ; però lo studio del prof. Beloch, a me sembra, che abbia il peccato dell'esagerazione nella reazione. Io non scendo a particolari, né intendo stabilire una cifra neanche per approssimazione; mi limito soltanto a notare, che se gli antichi non facevano il censimento della popolazione ai fini della statistica, pur tuttavia tenevano il ruolo dei cittadini per sapere chi e quando avesse l'obbligo di prestare il servizio militare alla città; era quella una necessità dello stato, ed anco in questa guisa si giungeva benissimo a conoscere il numero dei cittadini (4). Pertanto, se Diodoro e Diogene danno delle cifre affermandole con sicurezza; se essi, o le fonti a cui attinsero, erano al caso di conoscere la verità ; se le loro notizie concordano con tutte le circostanze di fatto, che dalla (i) Diogene Laerzio, Vita di Empedocle. (2) Op. cit., pag. 68. (3) Op. cit., pag. 60. (4) Plutarco, Vita di Nicia, cap. XVII. 18 134 CARUSO LANZA storia si ricavano, non mi sembra logico che dobbiamo smentirli in modo soverchiamente assoluto. Crede- remo a delle esagerazioni, e sia; i cittadini di Agri gento non saranno stati 800.000, ma assai meno; però ad arrivare alla cifra di Beloch, a 50.000, ci corre abbastanza, la differenza è troppo forte, e un po' di discrezione credo che sia sempre prudente ^^). (i) Il prof. Beloch dà ad Agrigento nel V e IV secolo a. C. la po- polazione di 50.000, ed a tutta la Sicilia di 800.000. Egli ottiene quei risultati cosi meschini in base a certi criteri fondamentali ed a termini di paragone, che in fatto non mi sembrano per nulla esatti. Non posso certamente in una nota del presente capitolo occuparmi di tutti gli ar- gomenti svolti dall'illustre Professore; ne toccherò uno soltanto, che poi è fra i principali: Non vi può essere questione di una decadenza dell'isola, d'un esauri- n.enlo della terra in confronto dei tempi antichi; che anzi la rendita dei campi nativi, probabilmente, non fu giammai più, alta di quanto lo è oggidì — così egli scrive a pag. 22 e calcola un prodotto medio del frumento del sei per uno di semenza. Oggi — continua — la Sicilia non è più in grado di esportare grani, e appena basta a sé stessa — pag. 27 — mentre allora ne mandava fuori in assai grande misura; e però, dal- l'intera produzione del frumento detraendo quel che si pagava come tributo, quello che si esportava, la semenza, e via, ne rimaneva così poco nell'isola, che in ragione della quantità bisognevole al consumo di ogni individuo, la Sicilia non poteva affatto avere una popolazione densa come quella di oggi — pag. 36; — di qui gli 800.000 in tutto, distribuiti un po' per una alle singole città. Nessun maggior errore che giudicare delle cose antiche con criteri moderni; per esempio a voler paragonare la Palestina dei tempi di Cristo, un giardino di palme, ulivi e cedri, con quella che è oggi, un deserto. Io non son agronomo e potrei ingannarmi; ma sino a prova con- traria crederò, che una terra sfruttata per tremila anni e più non possa avere la stessa forza produttiva dei terreni vergini: nella Babilonide non si ha più quella produzione del 300 per uno, che vide Erodoto — lib. I. — Però quel, che mi fa vedere come il Beloch non si sia reso un esatto conto della cosa, è un argomento, il quale egli adduce come prova contraria, per assottigliare il totale della produzione di allora. Nei tempi antichi — osserva — le montagne di Sicilia, dail'Ema al Mar Tirreno, erano coperte di boschi, prova ne sia che i fiumi ancora al tempo della dominazione araba erano più ricchi di acqua, pag. 26. Verissimo ciò, e prove di cotale fatto potrei addurne parecchie. Questo significa sempli- SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I35 Ove abitarono essi? quale dovette essere lo sviluppo progressivo della città? Il feudo Civita presenta anche oggi questa spe- cialità, che dal lato di oriente, e giù per tutta la linea meridionale, e poi per la parte occidentale è tutto terminato in giro da un ciglione di pietra calcare, che forma un unico balzo tagliato a picco sul sotto- cemente che allora pioveva molto, ed oggi no; le sorgenti, ed in con- seguenza i fiumi, sono animate dalle acque piovane; e posso aggiungere sul proposito, che da noi per sei ed anche sette mesi dell'anno non piove mai, ed in inverno le acque si fanno spesso desiderare. Prima dunque la Sicilia era irrorata da continue piogge e dai raggi del sole, ed ora l'acqua ci manca e ci è rimasto il sole cocente. Ciò posto, è mai possibile il confronto tra la produzione dej V secolo a. C. e quella di oggi? si potrebbero ragionevolmente paragonare il bacino irriguo del Nilo e l'arida Abissinia? Alla mancanza dell'acqua si aggiungono le conseguenze del regime feudale e del monachismo, le quali non sono affatto scomparse ancora. Nel medio evo le terre furon tutte dei baroni e dei conventi; eranvi dunque i latifondi, e del latifondo in Sicilia e dei suoi tristi effetti ri- guardo all'agricoltura si è abbastanza discusso alle Camere legislative, sicché nulla io dirò. Monaci e baroni poi non coltivarono il terreno, ma tenendolo soltanto ad uso di pascolo lo lasciarono covrire in buona parte di palme selvatiche, che lo isteriliscono. Dato ciò in fatto io mi so spiegare il perchè gli antichi favoleg- giassero del soggiorno di Cerere e del ratto di Proserpina in Sicilia; come Diodoro e perfino Fazello videro nascere e produrre bene il frumento non seminato; perchè Livio avesse scritto che la conquista della nostra isola sollevò il mercato di Roma e dell'Italia tutta; Catone la chiamò Nutrice della plebe romana; Cicerone afferma che la Sicilia sola vestì e provvide di vitto i più grandi eserciti romani. Tutto questo si può bene spiegare con quel che dice Fazello, che ai suoi tempi, cioè nel millecinquecento, la produzione del grano in Sicilia dava il cento per uno; ma riesce assolutamente incomprensibile con quello, che scrive Beloch, con una produzione del sei per uno di semenza. Per tanto, mi persuade la parola di lui, pag. 27, che Pindaro e Teocrito oggi non riconoscerebbero più. la Sicilia da loro decantata; ma non mi convince affatto il confronto tra la produzione di venticinque secoli fa e quella d'ora, con tutte le conseguenze, che ne tira il prof Beloch in ordine alla densità possibile della popolazione. E non è giusto neppure desumere la quantità del frumento, che si raccogheva in Sicilia nel V secolo a. C. da quel, che si ricava dalle 136 CARUSO LANZA Stante avvallamento, e torreggia su quel pianoro dal lato nord la Rupe Atenea, i fianchi della quale chiu- dono perfettamente quel piano mclinato. Il fiume gira attorno alla tenuta Civita da tutti i lati, soltanto ad ovest giunge fin sotto la Serra Darà, e da qui alla estrema punta della Rupe Atenea quel ciglione so- vrasta un profondo e rapido avvallamento, il vallone della Fontana o delle Cavoline, il quale nel punto in cui viene a separare quella rupe dal colle di Girgenti, piglia il nome di Nave per la ragione, che assume la forma di una carena. Ai miei giorni la Nave è stata in buona parte ricolmata. Tutto questo circuito ha egregie difese naturali; Verrine di Cicerone: Allora eranvi repubbliche autonome, popolose, industri, commercianti, floride, e la base della ricchezza sta sempre nei prodotti della terra; ed al tempo del grande oratore l'isola era deserta. Diodoro e Sirabone ci descrivono Io stato della Sicilia nell'uno e nell'altro periodo di tempo: dice il primo, che dopo la battaglia d'Imera coltivando i Sicelioti in piena pace il territorio loro fermissimo, ben presto l'abbondanza li fece ricchi; e tutto il paese fu pieno di servi, che lavora- vano, e di bestiame d'ogni sorta, e d'ogni cosa in fine per la quale si vive felicemente, crescendo ogn'ora i proventi, lib. XF, cap. XVII; hanno gli Agrigentini vigneti d'ampiezza spaziosiss:ma e di amenità egregia. La parte massima del loro paese è coperta di ulivi, dei cui frutti o in olio, in natura andavano a far mercato a Cartagine, e per tal via guada- gnavano immense somme, lib. XIII, cap. XV e simili. Viceversa, Stra- bene descrive l'isola al tempo della dominazione romana in ben altro modo : Degli altri lati della Sicilia quello, che dal Pochino tira al LUibeo è tutto abbandonato, serbando solamente qualche vestigio degli antichi edifici, tra i quali è Camarina, colonia dei Siracusa. Vi è rimasto pure Acragante degli Ioni, e la stanza delle navi, e il Lilibeo. Perciocché essendo state queste parti in massima soggette al Cartaginese, per le spesse e lunghe guerre che vi si facevano, molte ne andarono in mina. L'ultima e la maggiore costa (la settentrionale) ancor che essa non sia molto abbondante di abitatori, è non di meno assai bene edificata.... Questi deserti adunque essendo stati conosciuti dai Romani, poiché ne furon padroni, concessero e le montagne e la maggior parte delle pianure ai guardiani di cavalli, di buoi e di pecore, dai quali fu l'isola molte volte posta in pericolo, lib. VI. Ora domando io, se i dati sono eguali, e se il paragone riesce possibile. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I37 in poche parti era accessibile, e sappiamo che fu suppHto con l'arte in quei punti, in cui la natura dei luoghi difettava (0. Fu quello lo spazio assegnato alla città dai suoi fondatori, e senza bisogno di ri- correre a prove, le quali risultino dai libri e dall'e- rudizione, lo dicono i luoghi, lo dice il buon senso, quel sano criterio che dovette guidare gli oicisti Aristonoo e Fistilo, allorquando determinarono di fermare qui la sede della loro colonia. La cosa non potrebbe essere diversamente, giacche se si volesse accrescere o togliere un qualche spazio a quel pia- noro, importerebbe lasciare assolutamente scoperta la città privandola di quelle difese naturah, che la rendevano inespugnabile, rompere il giro di quelle mura così importanti, che furon chiamate maxima moenia (2). Si guardi cotesto piano inclinato dal suo vertice, la Rupe Atenea, ovvero dal mare; si tenga presente il nome di Civita ad esso conservato dagli antichi, e si giudicherà ad occhio e croce molto meglio che stando a tavolino con tutti i testi di Po- libio alle mani, e con tutte le spiegazioni varie e contradittorie, che se ne sono date. L'ex feudo Civita ha un circuito di sei chilometri, o poco più; e nel 580 a. C. pensare a gittar le fon- damenta di una città, la quale avrebbe dovuto occu- pare tutta quell'area, fu anche troppo ardito: Romolo, o chi per esso, non avrà neppur sognato, che quelle mura tracciate con l'aratro un giorno si sarebbero allargate tanto da includere i sette colli circostanti. In Agrigento, per quanto grandioso fosse stato il concetto dei fondatori, la cosa sortì effetti superiori alle previsioni. * (i) Polibio, lib. IX, 27. (2) Virgilio, Eneide, lib. III. T38 CARUSO LANZA In genere lo sviluppo delle colonie greche in Sicilia fu qualche cosa da destar meraviglia: oggi non si comprenderebbe come mai una città fondata da un secolo, e meno ancora, possa acquistare tanta potenza da dare origine alla sua volta a parecchie altre città; e ciò avvenne in Sicilia: Siracusa trasse dal suo seno tre colonie, e fondò Acre, Casmena e Camarina; Zancla fondava Mile e Imera; Gela, Agrigento; e questa dopo appena vent'anni di esi- stenza dava origine a due castelli, l' Ecuomo ed il Falario. Non sembrerà inverosimile dunque quello, che di essa sarò per dire. Quivi, come sappiamo, più che altrove affluirono i forestieri allettati dai grandi guadagni, che si ri- traevano dalle industrie e dal commercio, e dopo la giornata d' Imera una buona metà dell'esercito punico fu qui condotto come schiavo. Quegli schiavi furono impiegati principalmente alla costruzione di opere pubbliche, e prima fra tutte fu quella, di cui fa men- zione Polibio, cioè compiuto il giro delle mura in guisa da riuscire inaccessibili in tutte le sue parti. Quello, secondo me, dovette essere il tempo in cui la città venne ad occupare tutta l'odierna tenuta Civita, quello spazio cioè, che le avevano assegnato cent'anni prima i fondatori. Comunque si sia, è certo che dopo quel fatto d'armi Agrigento ebbe un notevole incremento; ed attinse poi la massima potenza, la magnificenza delle opere pubbliche e private, la massima ricchezza, e si abbandonò a quelle mollezze e lusso sibarita di cui parla Diodoro, nei settantaquattro anni successivi, sino alla sua prima caduta. Ora, siano stati trecento o duecentomila i suoi cittadini, come altri vuole, od anche centomila sol- tanto, quel che si rende evidente è questo, che essa SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I39 non poteva più essere contenuta entro quegli augusti confini assegnatile due secoli innanzi. Infatti: togliamo a quella superficie tutte le ine- guaglianze di terreno, che sono parecchie, e sulle quali non si poteva fabbricare. Togliamo tutta la parte orientale della Rupe Atenea, su cui non si riscontra veruna traccia di abitazione, ma solo un antichissimo tempio e due strade, che ad esso con- ducono (0. E poi se ci facciamo un'idea del numero (1) La parte orientale della Rupe Atenea non fu abitata, e più che da ogni altro argomento si desume daiia esistenza di un acquedotto greco, o dico più propriamente, da una rete, di acquedotti praticata in essa: è un lavoro di drenaggio, il sasso vi è stato bucherellato in tutti i sensi, e le acque, che a stilla a stilla si raccolgono, vanno ad immettere tutte in un'arteria principale, e danno anche adesso l'acqua migliore di cui gode Girgenti. In alcuni punii quei meati sotterranei hanno pozzi d'areaggio. Ebbene, dato ciò, si comprende di leggieri, come gii Agri- gentini abbiano voluto fare di quella crosta di tufo conchiliare un grande lambicco per ottenere una buona sorgente. Però dovevano far modo di alt rarvi le acque piovane, e sarebbe stata una mera contradizione, se 1. avessero ricoperta di cast ggiato. Viceversa è molto probabile che ivi sia stata una selva, sia nata spontaneamente che piantata ad arte, per ciò, che gli alberi hanno la proprietà di attirare le acque. Pindaro nell'ode VI delle Pitie chiama Agrigento, per antonomasia, aurea selva apollonea — èv icoXo^^pósu) AnoXXoviqt xeteóx'.ata: vórea — segno evidente che entro il perimetro della città esistesse una selva splendente come l'oro, anzi di molto oro, sacra ad Apollo. In tutta l'area della tenuta Civita non vi è alcun luogo, in cui poter mettere la detta selva tranne che quello, e nel resto ogni palmo di terreno presenta avanzi di antiche costruzioni. Su quella roccia esiste ancora un tempio antichissimo, in autis, creduto di Cerere, ma senza alcun fondamento. Io invece inclinerei e credere che il medesimo sia stato consacrato ad Apollo e ciò per parecchie ragioni: innanzi tutto dobbiamo ricordare qual'era il culto che i Dori tutti prestavano ad Apollo, il loro dio nazionale, culto che in Agrigento ci è reso manifesto dalle molte monete ad esso consacrate. E ragionevole supporre altresì, che i Dori agrigentini sin dai primi tempi abbiano eretto un delubro a quel nume, ed il tempio, di cui parlo, è vetustissimo. Infine la circostanza di quella selva ricordata da Pindaro, e che nel nostro territorio non si potrebbe mettere in altro sito, che attorno a quel tempio. 140 CARUSO LANZA e dell'ampiezza delle strade e delle piazze; se aggiun- giamo il foro e tutti gli edifici pubblici, il teatro, i bagni, l'odeone, l'ippodromo, ecc.; l'area occupata d:ii numerosi tempi e relativi spazi circostanti, e via. Anzi, se si pon mente, che la città fu detta magnifica e bellissima, ed i resti, che ne avanzano, giustificano veramente quella nomea, dobbiamo senza meno cre- dere che tutte quelle opere pubbliche abbiano avuto delle proporzioni grandiose. Ed abbiamo sul propo- sito la testimonianza di Erodoto, il quale afferma che in tutte le città greche eranvi piazze larghissime nelle quali conveniva il popolo per trattare gli affari pubblici e privati (0; e per Agrigento in ispecie vi ha la parola di Polibio, il quale celebra la nostra città per le sue piazze spaziose, e pel numero ed importanza dei suoi tempi N, Quanto agli edifici privati sappiamo, che la casa greca con uno, o più probabilmente con due cortili e un giardinetto dietro, occupava molto spazio: aveva un solo piano, e soltanto Agatocle ebbe l'ardire di costruirsene una, detta per antonomasia dai sessanta tetti, più alta dei sacri tempi — i quali poi non su- peravano l'altezza di un primo o secondo piano delle nostre costruzioni — e Giove offeso di tanta irrive- renza scagliò il fulmine su quella casa (3). In Agri- gento i fabbricati dovevano avere certamente pro- porzioni grandiose: Dicearco dice di Atene, che facevan contrasto le case piccole, le strade polverose e strette con la magnificenza degli edifici pubblici, e viceversa non v'ha scrittore antico, il quale non inneggi alla grandiosità di Agrigento. E poi tale idea si può ricavare in modo indiretto dalle parole di (1) Lib. 1. (2) Lib. IX. (3) DioDORo, lib. XVI, cap. XVIII. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I4I Empedocle sulla durata eterna delle costruzioni, e da quelle di Ateneo relativamente ai pranzi continui, che ci si davan entro — parole da me riportate in altro luogo — e certamente queste cose non si sarebbero dette di case anguste e meschine. Del resto sappiamo da Diodoro, che il solo Gelila ospitò in casa sua cinquecento Geloi (i); non tutte certamente saranno state capaci di accogliere cinquecento forestieri; ma è verosimile che troppo distacco non si debba fare fra la casa di Gelila e le altre, specie se si tiene presente che Empedocle, il quale visse quasi mezzo secolo prima di Gelila, tanto lodava la proverbiale ospitalità dei suoi concittadini: Son le lor case agli ospiti sacrate E scevro d'ogni mal porlo felice (2). Gli Agrigentini inoltre eran amantissimi di cavalli: Esseneto trionfando la seconda volta in Olimpia fu ricevuto da 300 bighe tirate tutte da cavalli bianchi appartenenti ad Agrigentini, e la figlia di Antistene il Rodo il giorno delle sue nozze fu accompagnata a casa dello sposo da 800 bighe. Vi dovevan essere per ciò molte scuderie, e di tale grandezza ed ele- ganza da giustificare la passione dei cittadini, ed il lusso di tenere stregghie d'oro e d'argento, e d'innal- zare mausolei ai migliori cavalli (3). Ora, domanderei, entro lo spazio limitato della tenuta Civita, in un circuito di 37 stadi, è mai possi- bile che sia stato contenuto tutto il materiale della sontuosa città, quale ci è stata descritta? Catania vista dall'Etna, Palermo da S. Martino, senza bisogno (i) Lib. XIII, cap. XV. (2) Frammento di Empedocle riportato da Diodoro, lib. XIII, cap. XV. (3) DiODORo, loc. cit. — Plinio, Historia nattiralis, lib. Vili, ff. LXIV, Agrigenti compluriunt equorum tumuli fyramides habent. 19 142 CARUSO LANZA di ricorrere a misure, si vede che occupano superficie molto più estese dell'ex feudo Civita, e si noti che hanno palazzi, in media, di quattro o cinque piani, la qual cosa importa, che se le loro case fossero ad una sola elevazione, dovrebbero occupare uno spazio quattro o cinque volte maggiore. La nostra città adunque, sorta in un sol punto del pianoro posto alle falde della Rupe Atenea, mano mano che aumentava la sua popolazione, dovette occuparlo tutto quanto per poi uscire dai suoi confini prestabiliti e riversarsi sui luoghi circostanti, for- mando quartieri nuovi o sobborghi; ed abbiamo ap- punto notizie di cotesti sobborghi esistenti in quel periodo di tempo (^). Avvenne però in Agrigento qualcosa di simile a quello che accadeva in Firenze ai tempi de la gente nova e i subiti guadagni, che la parte contenuta entro le antiche mura fu la vera città dei cittadini (2), e il resto servì principalmente pel popolino, pei forestieri e gli schiavi. Ov'eran situati quei sobborghi? A nord delle mura non ve ne potevan essere perchè la Rupe Atenea, come anche il colle di Gir- genti, finiscon con dei tagh perpendicolari alti in alcuni punti più di 40 metri. A sud, presso il mare, era l'emporio, il quale occupava una superficie limitatissima, il solo fondo Caruso, oggi Caruso e Carotozzolo, in contrada S. Leone, giacche le terre attigue, Picone e Riggio, sono tutte coperte di tombe. Ad ovest, di là dal fiume, non si hanno tracce di abitazione, salvo in pochi punti isolati, come ad (1) DlODORO, loC. Cit. (2) Vedi Dante, il canto di Cacciaguida: Fiorenra dentro dalla cerchia antica Ond'ella toglie ancora e sesta e nona.... SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I43 esempio presso la Casina Velia, e certamente nei dintorni di una grande città non mancano mai casine •e ville. S-illa collina di Girgenti si riscontrano parecchie bocche d'immissione agli ipogei sicani, di cui feci menzione nel III capitolo; quivi dunque ebbe la sua stanza quel popolo primitivo, col quale lottarono i fondatori della città. Sulle alture esistono altresì gli avanzi di un tempio dorico, sopra i quali fu poi edificata l'antica madre chiesa di Girgenti, S. Maria dei Greci. La presenza di questo solo monumento elleno in un villaggio sicano non dovrebbe lasciar correre troppo la fantasia per trovare l'acropoli d'una città posta alle falde della collina limitrofa, special- mente se pensiamo, che Sicoli (^) e Sicani venuti a contatto coi culti EUeni presto si ellenizzarono; sicché quel solo tempio greco in un villaggio sicano ci autorizza semplicemente a fare queste due ipotesi: o che di là furono cacciati i Sicani e vi si insedia- rono i Greci, ovvero che quel castello seguitò ad essere tenuto dai primi abitatori poi rinciviUti. Anco a considerarlo come sobborgo della città, faccio os- servare, che esso non potè avere una notevole esten- sione, ma limitarsi alla sola vetta della collina: dalla parte bassa, infatti, sino alle mura dell'attuale città e per tutta la sua lunghezza è una sequela non inter- rotta di tombe greche incavate nel vivo del sasso. Non possiamo stabilire fin dove arrivassero le tombe dalla parte alta, essendo stato il suolo da molti secoli occupato dall'attuale città; pure mi risulta, che in occasione di alcuni scavi eseguiti nei rioni Madonna degli Angeli e S. Michele per costruirvi degli acque- dotti si rinvennero molte tombe greche. Ad est della Civita havvi un altro pianoro difeso (i) DioDORO, lib. V, cap. IV. 144 CARUSO LANZA da balzi di roccia calcare, quasi nella stessa guisa ond' è circondata questa tenuta ; è un altipiano fors' anche più bello perchè meno accidentato; è detto la Torre che parla, e non saprei donde abbia preso quel nome ; è separato dalla Civita dal solo avvalla- mento su cui scorre il S. Biagio, e la sua punta più vicina, lo Sperone, dista dal tempio di Era un trarre d'arco, dai loo, ai 150 metri appena. Quivi il suolo è stato manifestamente ridotto dalla mano dell'uomo, imperocché forma un piano perfettamente orizzontale terminato da rocce verticali. Tutto il resto della te- nuta è stato piantato ad ulivi spessissimi, che sembra una selva; alcuni di essi, specie quelli sotto la Casina Giudice, hanno tronchi colossali, da sei a sette metri di circonferenza: tale circostanza dimostra che quella piantagione fu fatta parecchi secoli fa, e da noi vi ha la tradizione che tutti gli ulivi del con- tado egualmente vecchi siano stati piantati dai Sara- ceni nel decimo e undecimo secolo di Cristo. Un terreno coperto da una selva così annosa non può offrire certamente molte tracce di antica abita- zione, e credo siano sufficienti quelle poche, ch'io verrò a dare per potere porre anche in quel luogo un altro sobborgo della città. Schubring afferma, che ivi nulla potè osser- vare (0, e non bisogna fargliene un torto: certe pe- culiarità dei luoghi sono conosciute e forse giudicate meglio dai naturali dei luoghi stessi, anzi che da persone, le quali pur avendo l'erudizione di Schubring e di Mommsen vengano a fare delle ricerche di pochi giorni in una città grande come Atene. Ad oriente della Civita dunque abbiamo i se- guenti resti: Schubring stesso parla di alcune tombe greche e sicane a nord, e di altre a sud dello Sperone (i) Op. cit., pag. 24 e segg. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I45 al COSÌ detto Passo di Mandri ^0. Ebbene, sulla stessa linea di quel Passo, nella pianura del Cannateli©, sotto l'estrema punta orientale della Torre che parla vi sono molte tombe greche, sebbene da un pezzo hanno aperto colà una cava di pietra, ed una buona parte delle medesime sia stata portata via. Nel tratto intermedio fra le une e le altre tombe il prof. Giulio Emanuele Rizzo, colto e intelligente, ha rinvenuto gli avanzi di un villaggio sicano (2)j sicché tutta la costa meridionale della Torre che parla presenta indubbi segni di abitazione antica. A metà dell'erta fra il piar.o del Cannatello e quella tenuta vi è un giardino: esso è irrigato dal- l'acqua, che scaturisce ancora da un acquedotto greco. L' ho riscontrato io, e per convincermene meglio vi son penetrato dentro per un buon tratto, e l'ho trovato dell' identico tipo di tutti gli altri acquedotti antichi, che esistono nel nostro territorio. Salendo quell'erta, sulla parte più alta del ciglione sono sparsi per terra molti cocci di vasi e terrecotte antichi, ed altri se ne rinvengono qua e là per tutta la tenuta e specialmente sulla trazzera regia, appena si passa il fiume. In fine, nelle terre Giudice, di fronte alla Casina, nel poggio denominato Mosè, un pò al di sotto di un casaleno diruto, ho rinvenuto avanzi di un imponente fabbricato: tale debbo giudicarlo dalle proporzioni di una colonna, senza che mi sia possibile fare alcuna congettura sulla destinazione del mede- simo, se prima non viene sgombrato il terreno cir- costante. Osservai dunque a fior di terra un concio della nostra pietra calcare di forma circolare; esso misura il diametro di m. 1.90; lo feci scoprire per (i) Loc. cit. (2) V. Bullettino di paletnologia italiana, anno XXIII, n. 1-3 e 79 — P. Orsi, Nuovi materiali siculi nel territorio di Girgenii. 146 CARUSO LANZA una buona metà, e potei osservare che la sua forma continua per oltre 60 centimetri di altezza, sicché non esitai a convincermi, che si trattava del tam- buro di una colonna. Esso alla base si allarga sino a raggiungere m. 1.95 di diametro; probabilmente quella differenza, e la mancanza di scalanature si deve all'opera della zappa e del vomere del contadino, se pure non costituisce la base di una colonna dorica dei bassi tempi, come ne abbiamo l'esempio in quelle del nostro tempio di Giove Ohmpio. Per convincermi se mai si trattasse di un concio buttato lì a caso, ovvero di una colonna piantata al suo posto, feci scovrire il terreno attiguo, e potei osservare che il masso, su cui era stato tagliato quel tamburo di colonna, continuava per altri cm. 44 in linea orizzon- tale, e attaccato allo stesso v'era un altro concio di cm. 60; sicché dalla colonna all'estremità vi è una piattaforma, lo stilobata, su cui si elevava l'edificio. Qui si arrestarono i miei scavi, ma seguendoli chi sa che cosa ne potrebbe venir fuori. Certo è questo, quello che io scopersi, e che è ostensibile a coloro i quali lo voghon vedere, dimostra all'evidenza, che ivi doveva sorgere un edificio di dimensioni non volgari, giacche le colonne del diametro di m. 1.95 non possono addirsi che a costruzioni grandiose. Non sono molti quei resti, e lo comprendo, ma attesa la condizione dei luoghi, i quali non sono stati rimossi da parecchi e parecchi secoli, non li credo neppur pochi, e li ritengo sufficienti per autorizzarmi a conchiudere, che anche ad oriente dell'antica città sia stato un altro sobborgo. Si noti poi che la Torre che parla si prestava meglio d'ogni altro luogo circostante alla fabbrica- zione di nuovi quartieri, godendo sugli altri punti di questi vantaggi : è un sito pianeggiante, elevato e salubre, mentre dalla cima di Girgenti sino al fiume SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I47 è tutto alpestre e in molte parti scosceso, e nel basso poi presso l'Acragas regna la malaria; è molto vicino al centro dell'. mtica città, alla parte più bella, ove sorge ancora la fila dei nostri tempi; è altresì vicino al mare ed all'emporio, e ci si potevano sviluppare strade più comode di quel, che non riesce possibile per mettere in comunicazione il cocuzzolo tortuoso ed erto del colle di Girgenti col centro della città e col porto; e dobbiamo tenere presente sempre, che la vita di Agrigento consistè nel commercio marit- timo, sicché i luoghi più vicini al mare dovevano essere preferiti alle impervie cime delle montagne. Per tutte queste ragioni adunque io credo, che allorquando la città sentì il bisogno di estendersi sopra altri luoghi, al di là di quelli statile assegnati dai fondatori, ebbe a scegliere quel sito per fabbri- carvi il sobborgo principale; ed ivi appunto, in base a tali considerazioni sono andato a cercare, e rin- venni gli indizi, che ho sopra esposti. La Torre che parla dal lato di oriente è bagnata dal fiume di Naro, che ha pure i suoi affluenti ed una portata molto maggiore di quello, che scorre sotto Girgenti. L'ex-feudo, il quale costeggia quel fiume, proprio sotto la Torre che parla, si chiama Ibisa. Nella pronunzia noi del luogo conserviamo meglio l'antico nome di Ipsa, imperocché facciamo la prima i molto lunga — j — e la seconda tanto stretta, che non si sente, diciamo Jbsa: è precisa- mente "^v^t;, il secondo fiume di cui parla Polibio. Ora, se fosse lecito correggere il passo sopra riportato e dire, che l'Ipsas è quel fiume volto ad oriente della città, potremmo spiegarci facilmente tante cose, le quali hanno dato luogo a molti dubbi e lunghe discussioni. 148 CARUSO LANZA Innanzi tutto osservo, che non si dovrebbero fcire alle parole di Polibio delle larghe modificazioni — cosa della quale ci dovremmo sempre guardare — ma sostituire soltanto la parola oriente ad occidente; otterremmo così che la descrizione di lui corrispon- derebbe a capello alla posizione dei luoghi, e gli risparmieremmo il torto di non averli saputo descri- vere. L'Agragas considerato nel suo insieme, quan- tunque verrebbe a sporgere le braccia un po' ad est e ad ovest delle originarie mura, tuttavia starebbe principalmente a mezzogiorno delle medesime, verso quel punto in cui la città aveva la sua esposizione; difatti, dal tempio di Era a quello di Vulcano — come volgarmente si appellano — per una linea retta di due chilometri e piti guardava direttamente il corso del torrente principale, il Drago, e del suo affluente il S. Biagio. Ad oriente e verso la pioggia scor- rerebbe ripsa; e quell'inciso £~ì t^òv 'Xipa sarebbe anche ben appropriato, imperocché i venti dominanti della nostra costa, queUi che portano continua- mente le piogge e le tempeste sono il libeccio ed il greco; e l'Ipsa sta appunto alla direzione di oriente e greco. Troveremmo altresì la soluzione di un fatto anormale, e direi inesplicabile, in riguardo al sistema consueto della religione greca. I nostri padri vivificarono e divinizzarono ogni corso d'acqua, loro tributando molti onori, special- mente a quelli vicini a luoghi abitati. Dato quel che si crede, che l'Acragas fosse stato cioè il nostro torrente S. Biagio, ed Ipsa il Drago, dovremmo ri- levare questo fenomeno paradossale; che mentre sarebbero stati due i fiumi vicini alla città, l' Ipsas di maggior importanza, che ne avrebbe bagnato le coste per un tratto più lungo deli'Acragas, i cittadini SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO T49 poi avrebbero tanto parlato e decantato un ruscello minore, avrebbero a lui resi tutti gli onori; e dell'altro, non che trascurato, ma si sarebbe taciuto perfin il nome: il solo Polibio ne fa menzione. Metteremmo di accordo Polibio, che parla di due fiumi, con tutti gh altri scrittori, i quali uniforme- mente dissero la città di Agrigento situata in riva a un solo, al biondo Acragante. Questo difatti lambiva la città propria, quella, che idearono i fondatori, la abbracciava da tutti i lati, ed appunto per questo potè imporle il suo nome; di esso parlano tutti gli scrittori antichi; mentre ripsas scorreva presso il sobborgo principale degli Agrigentini, di quello, che nato dopo la battaglia d' Imera, veniva ad essere distrutto nel 406 dai Car- taginesi per non ricomparire mai più; e Polibio — notai — nel descrivere la città si riporta ai tempi della maggiore potenza della stessa. Con tale distinzione riesce facile e rispondente ai luoghi la spiegazione di alcune frasi di Pindaro. Egli inneggia alla nostra città siccome ben posta sovra il colle in riva all'erboso Acragante (^). In queste parole tradotte fedelmente dal Mariani è scolpita la posizione dei luoghi: Agrigento era posta sull'aprico e inespugnabile pianoro alle falde della Rupe Atenea — sOSfAx-rov xoXtóvav significa ben costrutta collina; è usato al numero singolare, la qual cosa ci porta a conchiudere, che la rupe attigua di Girgenti non fa- ceva parte della città, in caso contrario Pindaro non avrebbe usato il singolare, ma il duale od anche il (i) ....5 x'oj^S'ai? ètti (LYjXo^ótoo vaUic 'AxpaYÓVTOc toSjiatov xoXcuvav. Pitia, XII, a Mida. 150 CARUSO LANZA plurale — le ben costrutte colline. Pertanto cade assolutamente l'opinione di coloro, i quali vogliono vedere l'acropoli agrigentina sulla cima dell'attuale città; oltre al buon senso, come notai sopra, ci è anche questa testimonianza implicita nelle parole del lirico sovrano. Quel colle — egli seguita — s'innalza sulle rive dell' erboso Acragante; e nel descrivere Tex- feudo Civita feci osservare, come esso è bagnato egualmente dalle due braccia dell'unico fiume. Si viene a spiegare coerentemente altresì l'altra frase di Pindaro, con la quale si dice Agrigento la sacra stanza del fiume ('), e non dei fiumi. Se il nostro Drago fosse stato davvero l'antico Ipsas, Pindaro ne lo avrebbe taciuto, ne si sarebbe espresso a quel modo: non sarebbe stato esatto chiamare sacra stanza del fiume la città se due diversi fossero stati i fiumi, che ricingevano l'ambito delle sue mura, e che abitavano in essa. Con quella correzione del testo di Polibio si spiegherebbe il passo di Plutarco nella Vita di Dione (2) relativo all'esistenza e al sito della Neapoli agrigentina, o di Nea città delle terre agrigentine, come altri traducono. Dei tre sobborghi sopra indicati quello sulla collina di Girgenti, il villaggio sicano, esisteva prima della fondazione greca; l'emporio nacque necessaria- mente insieme ad essa; ed il piti recente, quello che dovette sorgere all'epoca del maggiore sviluppo della città, posteriormente a Terone, la Neapoli, o Nea poli. (1) tèpòv EO/ov oTxYj|i.a iroTcifioo Olimp., II, a Terone. (2) 4>dtpaxo? 8à jtpò;; Nsqc nóXei t-T]? 'AxpaYoivttvTjc 0tpat0Jit8»t)0VT0C. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I5I che per me vai la stessa cosa (i), fu appunto quel sobborgo posto ad oriente della città, sulla tenuta della Torre che parla, bagnato dall' Ipsa. Si spiegherebbero altresì le parole successive dello stesso tratto di Plutarco riguardanti la distanza dal luogo, in cui combatterono Dione e lo spartano Farace, in sino a Siracusa, che fu di 700 stadi secondo quello storico. Se si pone il luogo del combattimento nelle terre sottostanti alla città, presso l'Acragas, come fa lo Schubring, senza che nessun dato di Plutarco lo autorizzi a far quella supposizione, in tale ipotesi la distanza sino a Siracusa ammonterebbe a 784 stadi, giusto le misure date dallo Schubring stesso. Però se il campo di battagha si trasporta sui piani della Ibisa, ovvero su quelli confinanti di Borraiti o Man- drascava, desso, pur restando a vista delle mura della Neapoli agrigentina, starebbe ad otto o dieci miglia ad est dell'Acragas, e si ehminerebbero così altri 60, od 80 stadi: in tal guisa il conto, che fa lo Schubring, e non gli torna (2) verrebbe a corrispondere esatta- mente con la cifra, che lasciò scritta Plutarco. Se le mura della città e del suo nuovo quartiere si estendessero dall' Acragas all'Ipsas nel modo ond'io (i) Io non so spiegarmi, perchè si debba asserire con tutta certezza che Plutarco scrisse Néa «óXei — le due parole distaccate — e non NeanóXei — riunite; quando sappiamo che le antiche pergamene portano tutte le parole scritte di seguito, ed il relativo distacco, gli accenti, i punti e le virgole sono l'opera di coloro, i quali leggono e trascrivono le opere antiche, non mi pare affatto dimostrato che quella sia stata la dicitura voluta da Plutarco. Ad ogni modo per provare che a quelle due parole si annetteva lo stesso significato, tanto scritte riunite, come separate, porto l'esempio di Dìodoro, il quale le scrisse promiscuamente. V. lib. XIV, cap. II. (2) Op. cit., pag. 22. 152 CARUSO LANZA ritengo, cioè dal nostro fiume a quel di Naro, ver- rebbero a raggiungere un perimetro di 14 a 15 chi- lometri, 80 stadi circa, oltre ai due piccoli sobborghi dell'emporio e di quello sul colle di Girgenti. In tal maniera si renderebbe meno marcata la sproporzione fra Siracusa ed Agrigento, fra i 180 ed i 37 stadi, ed anche 50, se si volesse credere al giro delle mura, che le attribuisce Schubring. Fazello, intendentissimo delle cose sicule, che visse quattro secoli fa, allorquando eran meglio conservati e visibili gli avanzi delle antiche opere, dice che Agrigento occupava l'area contenuta in un perimetro di dieci miglia (^) ; ed altrettanto affermano Rocco Pirri (2) e Vito Amico (3); essi evidentemente giudicarono che la tenuta Torre che parla era inclusa nell'ambito della città; sicché la mia opinione viene ad essere sorretta dall'autorità di archeologi compe- tentissimi. Se l'Ipsa fosse il fiume di Naro, potremmo spie- gare insieme un passo di Vibio ed un episodio di Erodoto. Il primo dice : Hypsa secundum Inicon, urbein Sicaniae^ gratam Herculi. Erodoto narra quest'epi- sodio: Scite, signore di Zaucla, si trovava ad asse- diare una città dei Sicoh; Anassila, tiranno di Reggio, occupò Zaucla; Scite si rivolse per ajuto ad Ippocrate, tiranno di Gela, con cui era legato da un trattato di alleanza; ma Ippocrate accorso col suo esercito prese e mise in ceppi Scite ed il fratello, Pitogene, e li relegò nel castello di Inico; Scite ebbe agio di fuggire (i) De rebus siculis. Deca, I, cap. I: .... ut decem p. ni. ambitu, quo ttrbs conlirìebatur.... (2) Sicilia Sacra. Agrigentum. (3) Lexicon topographicum Siciliae. Agrigentum. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO I53 di là e recarsi in Asia presso Dario, da cui fu tenuto ed onorato sino alla morte (^). Alcuni, commentando la narrazione di Erodoto e tenendo presenti le parole di Vibio, fanno questo ragionamento : si diceva Sicania la parte occidentale dell'isola; presso Selinunte scorreva un fiume chia- mato Ipsas; dunque Scite fu relegato in un castello esistente nelle vicinanze di quella città. Essi però non riflettono, che Gela non ebbe mai possedimenti fino a Selinunte, e che nel 495 circa, allorquando succedev^o quegli avvenimenti, fra il territorio di Gela e quello di quest' ultima città stavano i vasti domini agrigentini; dunque non è possibile che Inico sia stata presso Selinunte. Altri convengono che oltre a quell'Ipsas un altro fiume vi era dello stesso nome, e del quale fa cenno Tolomeo; ma lo mettono nella parte orientale della Sicilia fra Camarina e Pachino. Però sono smentiti, non che da Vibio, da cento altri scrittori antichi, i quali dicono Inico, presso cui scorreva quel fiume, una città sicana, anzi la regia di Cocalo il famoso uccisore di Minos; e quei luoghi invece appartene- vano ai Sicoli. Se ripsa di Vibio fosse stato il nostro Drago, come vogliono Holm, Schubring, Picone e tanti altri, avremmo queste contradizioni ed inverosimiglianze: si dovrebbe mettere il castello di hiico sull'uno o sull'altro dei due colli, nel cui mezzo scorre il fiume, la collina di Girgenti e la Montagna del Crasto, come noi la chiamiamo. Quivi però probabilmente sorse la sicana Krastos, come indica il nome; ed in quanto a Girgenti, domanderei a quegh insigni archeologi, se ci era la città di Inico, come va che essi ci met- tono pure l'acropoh agrigentina? (i) Lib. VI. 154 CARUSO LAN ZA Si aggiunga a ciò, che la relegazione di Scite sarebbe avvenuta intorno all'epoca di Terone — sci o sette anni prima della di lui ascensione alla signoria di Agrigento — allorquando cioè la città era divenuta popolosa e potente, padrona di estesissimo territorio, e Gela non ebbe mai possedimenti sino alle porte di Agrigento, anzi ad occidente delle sue mura, tanto meno poi in quel tempo. L'Inico di Erodoto per tanto non poteva essere sul colle di Girgenti, ne sulla Montagna del Crasto ; in conseguenza non può essere l'Ipsa di Vibio il fiume, che scorre ai piedi delle medesime colline ; e l'Ipsa a cui accenna Polibio, che è evidentemente lo stesso di quello, di cui fa menzione Vibio, non può, anzi non deve identificarsi col nostro Drago per non incorrere nelle contradizioni teste cennate. Viceversa, se si volesse ammettere quella sem- plice correzione del passo di Polibio, che io ho pro- posto di fare, che l'Ipsas cioè scorra ad oriente della città, e però sia il fiume di Naro, noi potremmo spiegare agevolmente la narrazione di Erodoto, e trovare Inico, che non è stata indicata da alcuno, nel sito denominato Castellazzo, una delle cime della montagna, su cui siede la città di Naro. In quel luogo sonvi imponenti vestigia di abita- zione preellenica, primo e che basta per tutti, un ipogeo del medesimo tipo di quelli esistenti sul colle di Girgenti. Scorre ai piedi della montagna di Naro, il fiume, che da quella città oggi prende il suo nome, e che arrivato poi presso il sobborgo agrigentino bagna l'ex-feudo Ibsa. Avremmo dunque una città sicana, presso la quale scorreva il fiume Ipsa, che potremmo ben riconoscere per Iiiico, giacché Hypsa seciindum Inicon, urbeni Sicaniae, e Sicania si diceva tutto il paese occidentale dell'isola. Naro è più vicina a Gela anzi che ad Agrigento; e fin là potevano SPIEGAZIONE STORICA DEU-E MONETE DI AGRIGENTO I55 giungere probabilmente i domini di Ippocrate, i quali così non si farebbero arrivare ne al Pachino, ne a Selinunte, ne alle porte di Agrigento; ed in tal modo riescirebbe perfettamente verosimile e spiegabile l'e- pisodio narrato da Erodoto. Insomma, con quella semplice correzione del passo di Polibio potremmo mettere di accordo Polibio stesso con Vibio, Erodoto Tolomeo, Pindaro, Plutarco, Diogene Laerzio, Strabone e cento altri, e non far la figura del lector unius libri, il quale, non potendo trovare sui luoghi quello, che sta scritto nel suo libro, è costretto ad invocare il beneficio di un cataclisma o di un deus ex machina. Per conchiudere: la moneta, che ho illustrato nel presente capitolo, e che mi costrinse ad una larga digressione, ci presenta in una stessa faccia due figure simboliche di deità appartenenti al regno delle acque, o meglio ancora, il simbolo e la persona propria di due fiumi diversi. Il primo, l'emblema granchio, rappresenta l'Acragas, come dimostrai nel primo capitolo. L'altro nume messo in correlazione con quello — giacche non è ammissibile che nel cerchio Hmitatissimo di una moneta si debbano tro- vare le rappresentazioni di soggetti, che non abbiano veruna concordanza fra loro — l'altro nume dico, non può rappresentar altro che Tlpsa; infatti dissi, e qui ripeto, ne gli antichi scrittori fecero menzione di altri corsi d'acqua vicini ad Agrigento, ne ve ne sono neppur adesso. Si noti che nel vaso cinerario sopra descritto i due geni sono di sesso diverso. Tuo maschio e l'altro femina : e l'Acragas fu rappre- sentato sempre come un giovanotto; il suo nome, Acragas-autis, è di genere maschile, mentre Hypsa-ae, è di genere femminile, e tanto nel vaso come nella 156 CARUSO LANZA presente moneta la relativa figura è precisamente di un mostro femina (V. Tavola II, n. 2). Sicché molti indizi dimostrano concordemente che la figura di cotesto mostro rappresenti il secondo fiume agri- gentino. Tanto nel vaso però come nella moneta abbiamo osservato, che le figure sono separate, indipendenti l'una dall'altra, non presentando verun tratto di unione, il quale debba farci comprendere che gli esseri in esse simboleggiati siano legati insieme fra loro necessariamente, che vivano una vita comune, che rappresentino le due braccia di unico corpo; anzi notai come nel vaso sopra descritto le due figure sono separate da un breve tratto di mare; in conse- guenza di cotali osservazioni possiamo conchiudere che le due figure della moneta non possono rappre- sentare i due influenti S. Biagio e Drago; ma si bene i due fiumi diversi, che mettono foce a poca distanza fra loro, il Drago col suo affluente, ed il Naro coi suoi. I monumenti e i luoghi sono documenti storici di tal natura, che non vanno soggetti agli sgorbi dei copisti, e sui quali non è permesso sofisticare: quel, che dicono, è. (Continua). M. Caruso Lanza. LES MONNAIES de Septime Sevère, de Caracalla et de Géta relatives à l'Afrique (0 Les historiens se sont complu à faire ressortir les faveurs exceptionnelles dont le premier des em- pereurs africains combla la province dont il était originaire. Né à Leptis Magna, le n avril 146, issu d'une famille d'ordre equestre depuis longtemps déjà fixée en Afrique, Septime Sevère fut élevé dans son pays d'origine jusqu'à l'age de 18 ans. « Il frequenta d'abord les écoles d'Afrique, probablement celles de Carthage ou de Madaure, très célèbres a cette epoque et supérieures mémes à celles de Rome » (2). Il s'instruisit à fond dans les lettres puniques, et mème il paraìt que plus tard il conserva toujours dans sa prononciation du latin l'accent punique (s). On connaìt son admiration pour Annibal auquel il fit élever une statue de marbré; son fils Ciracalla fit aussi exécuter plusieurs statues du héros cartha- ginois (4), (i) Memoria presentata e letta dall'Autore al Congresso di Roma. N. d. R. (2) Ad. de Ceuleneer, Essai sur la vie et le règne de Septime Severe, pag- 13- (3) Spartien, Sev., 19; Aurel. Victor, Caes., 20; Epit., 20; cf. Ceu- leneer, op. cit., pag. 14; V. DuRUY, Hist. des Romains, t. VI, pag. 41. (4) Hérodien, IV, 8. 158 ERNEST BABELON Cette prédilection pour l'Afrique et en parti- culier pour Carthage, qui est signalée par les anna- listes romains, et que révèle aussi l'épigraphie africaine si abondante pour cette epoque, a son reflet direct dans les types monétaires des règnes de Septime Sevère, de Caracalla et de Géta. Peu après son entrée à Rome, le 7 Juin 193, Septime Sevère se hàta d'envoyer des légions en Afrique pour protéger cette province con tre son compétiteur Pescennius Niger qui, maitre encore d'une partie de l'Orient, eut pù tenter par l'Egypte un coup de main de ce coté, et ainsi, peut ètre affamer Rome et l'Italie TO. L'année suivante, en 194, Sevère réorganisa l'administration de l'Afrique; il détacha de la Proconsulaire la Numidie dont il fit une pro- vince speciale avec Cirta pour capitale, gouvernée par un prceses provincice Numidice (2). Des monnaies datées des 3*^ et 4^ salutations impériales de Septime Sevère (194-195), font allusion à ces évènements et à cette réforme administrative (3). Ce sont les suivantes: I. B' — L • SEPT • SEV • PERT • AVG • IMP • III. Téte lauree de Septime Sevère, à droite. ^ — AFRICA. L'Afrique debout à droite, coififée de la dépouille d'éléphant, vétue d'une ampie stola et d'un peplum ; de la main gauche levée et tendue en avant elle forme avec les plis de son manteau un sinus rempli de grains de blé et d'épis ; elle ramène la main droite sur sa banche; à ses pieds, un lion. Dans le champ S • C. Grand bronze. Frappé en 194 (Cohen, n. 26). PI. Ili, n. i. (i) Spartien, Sev., 8. (2) A. DE Ceuleneer, op. cil., pag. 246-247. (3) Sur les dates des imperatorats de Septime Sevère, voir : Wuìth, Questiones Severianae, pag. 24; R. Cagnat, Cours d'épigraphie latine (3« édit.), pag. 195. LES MONNAIES DE SEPTIME SEVERE, ETC. I59 2. Variété, avec le buste cuirassé. Cohen, n. 27. 3. B' — L • SEPT • SEV • PERI • AVO • IMP • illl. Meme téle. I^ — Pareli au précédent. Grand bronza. Frappé en 194 ou 195 (Cohen, n. 28). 4. Variété, avec le buste cuirassé. Cohen, n. 29. 5. Meme description, mais avec la tète radiée. Moyen bronze. Frappé en 194 ou 195 (Cohen, n. 30J. Dans les années qui suivirent. Sevère obligé de passer en Caule pour réduire Albin, puis de diriger une grande expédition contre les Parthes et de parcourir l'Asie et l'Egypte, n'eut guère le temps de s'occuper de l'Afrique. Mais, rentré enfin à Rome, en mai 202, il commenda à jouir, pour plusieurs années, d'un repos qu'il avait bien gagné et qui se prolongea jusqu'à son expédition de Bretagne en 208. Durant ces cinq années, il put, de nouveau, donner libre cours à sa sollicitude pour l'Afrique, ainsi que les monnaies vont nous l'attester, en dépit du silence des sources littéraires ou épigraphiques. Je dois rappeler que Caracalla était investi de la dignité d'Auguste, et Géta, de celle de Cesar, l'un depuis Mai, l'autre depuis Juin 198 (^\ M. de Ceuleneer soupgonne, avec M. Héron de Villefosse, que dans le cours de cette période de paix, c'est à dire peu après 202, Septime Sevère dut entreprendre un voyage en Afrique: « Les auteurs anciens, dit-il, ne nous disent pas que depuis la fin de la guerre d'Orient jusqu'à Texpédition de Bretagne, Sevère ait quitte l'Italie, mais la présence (i) R. Cagnat, op. cit., pag. 197 et 198. l6o ERNEST BABELON à Lambèse, en 203, d'unt familia rattonis castrensts i^\ nous permet de supposer qu'en cette année Sevère se rendit en Afrique. Nous savons, en effet, que le prince ne quittait jamais Rome sans ètre accompagné d'un certain nombre d'employés de sa maison civile et militaire » (^). Les monnaies que nous allons décrire donnent une grande force à cette h3'pothèse, qu'on pourrait d'ailleurs aussi fortifier en rappelant un passage de Spartien et d'Aurelius Victor qui racontent qu'après son expédition des Parthes, Sevère rendit la sécurité à la Tripolitaine, par l'entière défaite de quelques peuplades belliqueuses qui s'étaient avancées jusque sous les murs de Leptis (3). En ce qui concerne le témoignage des monnaies, nous pouvons dire que si elles n'affirment pas, elles non plus, d'une manière catégorique la présence de Sevère en Afrique, du moins elles nous attestent qu'à cette epoque il s'occupa tout particulièrement de cette province et elles nous précisent la nature des bienfaits dont il la gratifia, et qui l'y rendirent populaire au point que les Africains, dit Spartien, vénéraient Septime Sevère comme un dieu {ab Afris ut deus habetur) (4). Ces bienfaits, disons-le tout de suite, sont, en premier lieu, la remise de la taxe à laquelle les Carthaginois étaient soumis depuis le règne d'Hadrien pour payer les frais de construction de l'aqueduc du mont Za- ghouan à Carthage; c'est, en second lieu, la restau- ration ou Tembellissement du tempie d'Esculape, l'ancien sanctuaire punique d'Eschmoun, sur la colline (i) L. Renier, Itìscr. d' Algerie, n. 69; C. /. L., t. Vili, n. 2702; Hérok DE ViLLEFOssE, art. Castrtnses, dans Daremberg et Saglio, Dici, des antiq. gr. et rom., t. I, pag. 960. (2) A. DE Ceuleneer, op. ci/., pag. 133. (3) Spartien, Sev., 18 ; Aurel. Victor, Caes., 20. (4) Spartien, Sev., 13. LES MONNAIES DE SEPTIME SEVÈRE, ETC. l6l de Byrsa. Il faut ajouter a cela, bien que les monnaies n'y fassent pas une allusion directe, la concession du droit italique à plusieurs vilies africaines. Les monnaies qui furent frappées pour con- sacrer le souvenir du premier de ces actes de la munificence imperiale sont, les unes, à l'effigie de Septime Sevère, les autres à l'effigie de Caracalla ou à celle de Géta; leur rapprochement permet d*en fixer rigoureusement la date en 203 et 204. EUes portent la mention de la 11^ et de la 12^ puissance tribunice de Sevère, et de la 6*" puissance tribunice de Caracalla. SEPTIME SEVÈRE (en 203). 6. ^ - SEVERVS PIVS AVG • P M • TR • P • XI. Buste de Septime Sevère à droite, laure et cuirassé. 9 — INDVLGENTIA AVGGIN CARTH. La déesse C^les- tis assise de face sur un lion qui bondit à droite; elle est tourelée, regarde de face, s'appuie de la main droite sur le tympanum et tient de la main gauche le sceptre. A gauche, un rocher d'où s'échappent des eaux à grands flots. Dans le champ S • C. Moyen bronze (Cohen, n. 218). PI. Ili, n. 2. 7. — Meme description, mais Caelestis tient un foudre de la main droite. Grand bronze (Cohen, n. 223). CARACALLA (en 203). 8. B' - ANTONINVS PIVS AVO • PONT • TR • P • VI- Buste de Caracalla jeune, à droite, laure, drapé et cuirassé. ^ - INDVLGENTIA AVG& • IN CARTH- La déesse Cse lestis assise de face sur un lion qui bondit à droite; elle est tourelée et regarde de face ; de la main droite elle s'appuie sur le tympanum et elle tient l6a ERNEST BABELON le sceptre de la main gauche. A gauche, le rocher d'où s'échappent des flots. Dans le champ S • C. Moyen bronze. Frappé en 203 (Cohen, n. 99). PI. Ili, n. 3. 9. — Variété, avec le buste de Caracalla radié, drapé et cuirassé. Cohen, n. 100. 10. ^ — Meme droit. P^ — Mémes legende et type, mais Caelestis tient (d'a- près la description de Cohen), un rameau d'olivier et s'appuie sur le tympanum. Grand bronze, de la Bibliothèque de Saint-Marc à Venise (Cohen, n. 98}. SEPTIME SEVÈRE (en 204). 11. ^ — SEVERVS PIVS AVG- • P • M • TR • P • XII. Buste de Septime Sevère à droite, laure, drapé et cuirassé. ^ — INDVLGENTIA AVGG- • IN CARTH. La déesse Cae- lestis assise de face sur un lion qui bondit à droite; elle est tourelée et regarde de face ; elle tient le foudre et le sceptre; derrière elle, le rocher d'où s'échappent des flots. Aureus (Cohen, n. 224). PI. HI, n. 4. 12. ^ — Meme droit. I^ — Meme legende et type, mais Caelestis regarde à droite. Dans le champ, S • C Grand bronze avec bords relevés (Cohen, n. 225). PI. Ili, n. 5. 13. — Variété ; Caelestis regarde à gauche. Moyen bronze (Cohen, n. 226). PI. Ili, n. 6. 14. ^ - SEVERVS PIVS AVG • Tète .lauree de Septime Se- vère, à droite. I^ — Meme legende et type ; mais la déesse regarde à droite; elle tient le foudre et le sceptre. Aureus (Cohen, n. 227). LES MONNAIES DE SEPTIME SEVÈRE, ETC. 163 15. — Meme description. Denier d'argent (Cohen, n. 222). PI. Ili n. 7. 16. ^ — Meme legende. Buste de Septime Sevère, à droite. '^ — Meme legende et type ; mais la déesse regarde de face ; elle tient le tympanum et le sceptre. Aureus (Cohen, n, 217). PI. Ili, n. 8. CARACALLA (en 204). 17. ;& — ANTONINVS PIVS AVO- • Buste jeune de Caracalla à droite, laure et drapé. I^ - INDVLGENTIA AVGG • IN CART • [sic). Caelestis sur un lion, comme ci-dessus ; la déesse regarde à droite, et elle tient le foudre et le sceptre. Aureus (Cohen, n. 96). 18. — Variété, avec CARTH. Denier d'argent (Cohen, n. 97). PI. Ili, n. 9. La grande déesse de Carthage, la Tanit ou Astarté punique, devenue Caelestis, et assimilée, à la fois, à Junon et à Cybèle, représente sur les monnaies que nous venons de décrire, la ville objet de la faveur imperiale {indulgentia Attgitstonim); derrière elle, on n'a jamais hésité, avec raison, à reconnaìtre le rocher du mons Zeitgitanus (djebel Zaghouan) dont les sources abondantes furent captées et amenées à Carthage par un aqueduc dont les proportions gigantesques étonnent encore le voyageur moderne. Cet aqueduc qui avait un parcours de 92 kilomètres, dont 17 composés d'arcs et de piliers qui dépassent parfois vingt mètres de hauteur, déversait dans les immenses citernes de Carthage, trente deux millions de litres d'eau par jour (0. (i) EcKHEL, Doctr. num. vet., l. VII, pag. 184; Ph. Caillat, Notice sur l'aqueduc de Carthage, dans la Rev. archéoL, 1873, II, pag. 298; Adr. Blanchet, Etudes de numism., II (1901), pag. 172. 164 ERNEST BABELON On a suppose, sans la moindre preuve, que cet aqueduc existait déjà à l'epoque punique et qu'il fut restaurò par Hadrien vers l'an 136. Mais rien dans cette construction, non plus que dans celle des ci- ternes de La Malga et de Bordj Djedid auxquelles la canalisation aboutit, ne parait remonter à l'epoque punique. Il est à croire que si cet aqueduc qui do- mine si superbement la plaine des environs de Car- thage eut existé à l'epoque du siège de l'an 146 par Scipion, par exemple, les historiens du siège en parleraient; il eut joué un ròle non seulement à l'occasion de ce siège mais aussi dans les guerres antérieures, car il serait inadmissible que les Romains n'eussent pas au moins coupé cet aqueduc pour imposer les tortures de la soif aux Carthaginois bloqués ou assiégés. La construction est entièrement romaine. Faut-il en faire honneur à Hadrien? C'est probable, pour les raisons suivantes. Hadrien vint plusieurs fois en Afrique; il combla, nous dit Spartien, les Africains de ses bienfaits (^); il fit exécuter dans la Proconsulaire, en Numidie et en Maurétanie des routes et d'autres travaux d'utilité jìublique attestés par des inscriptions ; il fit Trapper de nombreuses monnaics qui célèbrent son action bienfaisante en Afrique et portent les légendes: AFRICA; ADVENTVI AVGAFRICAE; RESTITVTOR AFRICAE; d'autres médailles se rapportent à la Libye et à la Maurétanie '2) On sait qu' Hadrien, dans ses voyages, était accompagné d'architectes, d'ingénieurs, et d'ou- vriers habiles. Au commencement de son règne, avant son premier voyage en Afrique, Carthage avait eu à subir les effets d'une effroyable sécheresse qui (1) Spartien, Hadr., 13. (2) H. Greppo, Mémoire sur les voyages de l' etupereur Hadrien, pag. 199 et suiv. LES MONNAIES DE SEPTIME SEVÈRE, ETC. 165 avait dure cinq ans, - ce qui proiive que Taqueduc n'existait point encore. Et à peine Hadrien eut-il mis le pied sur le sol africain qu'une pluie abondante vint faire cesser cette calamite publique: atque ideo ab Afncanis dihctus est, ajoute Spartien (^). Il est donc très probable que Hadrien dut prendre les mesures nécessaires pour éviter le retour du fléau dont les Carthaginois av^aient si longtemps souffert ^2). D'autre part, Taqueduc était achevé sous Antonin le Pieux, puisque sous ce règne on construisit les Thermes desservis par un canal derive des grandes citernes, et dont on a retrouvé Tinscription dédica- toire '^3). Antonin le Pieux, lui aussi, fit frapper, en l'an 139. des monnaies avec la représentation de TAfrique '4). Nous pouvons donc admettre en tonte sùreté que ce furent les ingénieurs romains du temps d'Hadrien et d'Antonin qui congurent et exécutèrent cette oeuvre grandiose, l'une des merveilles de TAfrique, qui devait faire la prospérité de la Carthage romaine. Mais est-on autorisé, en s'appuyant sur les mé- dailles que nous avons décrites plus haut, à affirmer, comme on le fait généralement, que Settime Sevère fit réparer l'aqueduc à ses frais? Telle serait, suivant certains auteurs, le sens symbolique du type mone- taire que nous avons sous les yeux <^5). C'est avec (i) Spartien, Hadr., 22. (2) Ph. Caillat, dans la Rev. Archéol., nouv. sèrie, t. XXVI, 1873, pag. 293. (3) Vernaz, dans la Revue Archéol., 3* sér., t. X, 1887, pag. 164; R. Cagnat, Ménte recueil, pag. 171 ; Ch. Tissot, Géogr. cotnp. de l'atte, prov. d'Afrique, t. I, pag. 799. (4) H. Cohen, Méd. impér., t. II, pag. 272, n. 21 et suiv. (5) EcKHEL, Doclr. mmior. vet., t. VII, pag. 184 ; E. de Sainte-Marie, Mission à Carthage, pag. 194 ; cf. Ph. Caillat, Noiice sur l' ancien aque- diic de Carthage et sa restaiiration, loc. cit. ; J. Vernaz, dans la Revue archéol., 3' sèrie, t. X, 1887, pag. 12 à 23 ; E. Babelon, Carthage, p. 148. l66 ERNEST BABELON raison que, naguère, M. Adrien Blanchet s'est élevé contre cette opinion; il observe justement que le mot indiilgentia doit avoir, comme toujours, le sens de remise d'impot; seulement, tandis qu'il reconnait bien que le type des monnaies vise l'adduction des eaux du Zaghouan, il croit que la legende a, au contraire, « rapport à une remise d'impot dont Carthage béné- ficiait par le fait mème que le jus italicum lui avait été conféré. » Ainsi, chose étrange en vérité, la legende de ces monnaies ne serait pas en connexion étroite avec leur type. C'est sur ce dernier point que je me séparé de M. Blanchet, ainsi qu'on va en juger. Au point de vue juridique et administratif, — M. Edouard Cuq Ta démontré récemment, — le mot indulgeiitia a le sens d'immunité, de dispense d'obser- vation de la loi, accordée par une faveur speciale de l'empereur; c'est la remise de peine, l'amnistie quand il s'agìt de coupables ; c'est la remise d'impót, le dégrèvement de taxes lorsque le mot s'applique à des contribuables pris en masse ou en particulier. « Uindulgentia, dit M. Cuq, commentant cette dernière acception, s'appliquait le plus souvent à l'arriéré de l'impòt {reliqua) „ (0. Le revers Indiilgentia Augusti paraìt souvent sur les monnaies romaines à partir d'Hadrien, et toujours il a le sens de remise d'impót accordée per la bien- veillance de l'empereur. A l'epoque mème de nos monnaies, Septime Sevère et Caracalla en firent Trap- per Ad'autres qui portent la legende : INDVLGENTIA AVGG" IN ITALIAM N; et cette inscription monétaire fait certainement allusion à la remise d'une taxe ou d'un arriéré d'impót pour les habitants de l'Italie. (i) Edouard Cuq, art. Indulgentia, dans le Dictiontt. des Antiq. de Daremberg et Saglio. (2) Cohen, t. IV, pag. 27, n. 228 et pag. 153, n. 102. LES MONNAIES DE SEPTIME SEVÈRE, ETC. 167 Par extension, le terme indiilgentia signifìe aussi un privilège special accordé par l'empereur, et c'est dans ce dernier sens qu'il faut entendre la legende d'une monnaie de Patrae d'Achaie frappée sous Au- guste: INDVLGENTIAE AVO- • MONETA IMPETRATA (). Cette legende signifìe manifestement que la colonie de Patrae dut à la bienveillance de l'empereur le privilège d'ouvrir un atelier monétaire. Fxemption ou privilège par faveur imperiale, c'est l'un de ces deux sens que nous devons donner à la legende: Indulgentia Angustoriim in Cartilagine)}!. Jamais V indulgentia imperiale n'a pu prendre la forme d'une gratification pécuniaire ou d'une entreprise de travaux publics. Nous considérerons donc, avec M. Blanchet, qu'il s'agit, dans l'espèce, d'une remise de taxe, de l'abolition d'un impót, concédée aux habitants de Carthage par la bienveillance de Septime Sevère. Mais, de quelle taxe peut-il bien ètre question? Le type monétaire nous apprend, à n'en pas douter, qu'il s'agit d'une taxe relative à l'adduction à Car- thage des eaux du Zaghouan. Et en effet, cette construction de l'aqueduc et des citernes ne dut pas se faire sans entraìner des dépenses énormes qui retombèrent sur les contribuables Carthaginois, sous la forme d'un impòt additionnel comme nous dirions aujourd'hui. Depuis Hadrien et Antonin le Pieux, ils étaient lourdement grevés , obérés. Nous devons admettre que c'est cette taxe ou l'arriéré de cette taxe dont Septime Sevère fit la remise aux Carthaginois: rien de plus naturel, et par là, disparait l'hypothèse tonte gratuite d'une restauration de l'aqueduc par Septime Sevère. Et, il convient de le faire remarquer, cet aqueduc bàti sous Hadrien et Antonin le Pieux, ne pouvait ètre déjà, sous Septime Sevère, dans un tei (i) MioNNET, Descript, des médailles antiques, t. II, pag. 192, n. 326. l68 ERNEST BABELON état de délabrement que sa réparation eut occasionné des travaux assez importants pour mériter les hon- neurs d'une commémoration monétaire. Il en est tout autrement d'une remise d'impòt qui devait contribuer à rendre l'empereur si populaire; ai-je besoin de rappeler les nombreux revers de monnaies romaines, sous Nerva, Trajan, Antonin le Pieux et d'autres règnes, qui consacrent le souvenir de dégrèvements de taxes ou d'abolition d'impóts et de redevances? J'ai signalé dans la description de nos pièces les variétés que présente l'attitude de la déesse. Son attri- but ordinaire est le tympanum ou tambourin qui ca- ractérise la Cybèle gréco-romaine, et celle-ci est, Gomme on le sait, fréquemment représentée assise sur un lion. Mais, à la place du tympanum, Caelestis tient parfois un foudre, attribut nouveau qui mérite de retenir un instant notre attention. Dans son Apologeticum qu'il écrivait en 197, c'est- à-dire cinq ans seulement avant l'émission de nos mon- naies ('), Tertullien appelle notre déesse: pluviariim pollicitatrix (2), et cette qualification, comme l'a bien vu Eckhel, se trouve en relation directe avec le foudre que Caelestis tient parfois à la main La foudre pro- voque et accompagne les orages dont les eaux bien- faisantes alimentaient les sources du mons Zeugitanus ; c'est un foudre aussi que tient à la main Zeus 'Tér.o; {Jupiter Pluvius) sur des monnaies d'Ephèse à l'effigie d'Antonin le Pieux, qui le représentent assis en face des rochers du mont Peion (3^ ce rapprochement pa- raìtra, sans doute, caractéristique. (i) Paul Monceaux, Histoire littéraire de l' Afrique chrétienne^ t. I, pag. 208. (2) Tertullien, Apolog. 23; cf. Eckhel, op. cit., t. VII, pag. 184. (3) Barclay V. Head, tata!, of the greek Coins of Ionia, pag. 79, n» 237 et pi. XIII, 9; cf. Eckhel, Doctr. num. vet., t. II, pag. 514. LES MONNAIES DE SEPTIME SEVÈRE, ETC. 169 Le troisième groupe des monnaies de Septime Sevère et de ses fils, relatives à l'Afrique, nous reporte à trois ans plus tard, en 207, l'année qui precèda le départ de Septime Sevère pour son expédition de Bretagne oìi il devait, en 211, trouver la mort. Ces monnaies qui, suivant nous, ont au revers, l'image du tempie d'Esculape à Carthage, sont les suivantes : SEPTIME SEVERE. 19. B' — SEVERVS PIVS AVG-. Téte lauree de Septime Sé vére, à droite. ^ — P • M • TR • P • XV • COS • III • P • P • Tempie à deux colonnes sous lequel on voit Esculape, imberbe, nu debout, de face, entre deux serpents dressés; lui mème s'appuie sur un bàton autour duquel est enroulé un serpent, et il ramène la main gauche sur sa banche; le fronton du tempie est orné d'une couronne. Aureus (Cohen, n, 484). PI. \U, 11. io (i). 20. B^ — L-SEPTIMIVS SEVERVS PIVS AVG-- Téte ou buste laure de Septime Sevère, à droite. 9' - P • M • TR • P • XV • COS • MI • P • P • S • C. Le méme tempie. Moyen bronze (Cohen, n. 485). PI. Ili, n. 11. (i) Cet aureus est connu seiilement en trois exemplaires. L'un qui est décrit par Cohen, est depuis longtemps dans la coUection de M. le comte Albéric du Chastel, près de Spa ; le second vient d'entrer au Cabinet des Médailles de Paris, gràce au désintéressement de M. le comte du Chastel, qui l'avait acquis d'une grande trouvaille faite à Karnak, il y a deux ans ; le troisième est au Cabinet de Bruxelles. H. Cohen enregistre à tort les lettres S . C à la suite de la legende du revers. Voyez la description de la trouvaille de Karnak, par M. K. Re- gling, dans la recueil intitulé: Feslchrift zu Otto Hirsclifelds sechzigstem Geburtstage (Berlin, 1903, in-8), pag. 286 à 298). 170 ERNEST BABELON CARACALLA. 2r. ^ " ANTONINVS PIVS AVG-- Téle lauree et imberbe de Caracalla, à droite. R) — PONTIFEX TR-PX-COS- II. Le méme tempie. Aureus (Cohen, n. 409). GÉTA. 22r B' — ? • SEPTINIIVS GETA CAESAR • Buste cuirassé et téte nue de Géta, à gauche. ^ — PONTIFEX COS -se- Le méme tempie. Moyen bronza (Cohen, n. 102). PI. Ili, n. 12. 23- Variété avec le buste de Géta, à droite. Cohen, n. 103. On ne peut guère douter qu'il s'agisse, sur ces monnaies, du tempie d'Esculape à Carthage, et l'on aura remarqué tout de suite les différences qui ca- ractérisent ce dieu, l'ancien Echmoun carthaginois, des autres Esculapes de l'empire romain. Depuis l'epoque des Antonins, Esculape était devenu le dieu à la mode et on lui eleva partout des sanctuaires et des statues qu'on trouve reproduits sur les monnaies de Rome ou des provinces. Esculape est toujours représenté suivant le type d'Epidaure, de Pergame ou de l'ile du Tibre, c'est à dire tei que nous le montre, entre mille, la fameuse statue du musée de Naples, barbu, le haut du torse nu, le reste du corps enveloppé d'une ampie chlamyde dont les plis sont rejetés sur Tépaule (0. Souvent il est accom- pagné d'Hygie et de Télesphore. Sur nos monnaies n. 19 à 23, nous voyons, au contraire, un dieu imberbe, entièrement nu, dans une (1) Maurice Besnier, L'ile tiberine datis l'aniiquUé, pag. 193. LES MONNAIES DE SEPTIME SEVERE, ETC, I7I pose tout à fait differente de celle de l'Esculape or- dinaire avec lequel il n'a de commun que le bàton au serpent sur lequel il s'appuie. Les deux autres serpents qui se dressent sur leurs replis de chaque coté de lui, ne se rencontrent jamais ailleurs. Nous avons donc là une image positive de l'Eschmoun- Esculape Carthaginois, celui que Tertullien stigmatise en mème temps que Caelestis: Ista ipsa Virgo Ccelestis phivianim pollicitatrix , iste ipse ^sculapius medicina- rum demonstrator alia die fuori turi s ('). Les monuments de l'antiquité figurée qui nous sont parvenus, donnent-ils des représentations d'un Esculape imberbe que nous puissions rapprocher de notre type monétaire? M. E. Michon a publié en 1896, sous le titre Esculape jeune, une statuette mutilée, du Musée du Louvre qui représente un buste d'éphèbe ayant pour attribut un baton autour duquel est enroulé un serpent (^^ C'est bien un Esculape jeune, si ce baton n'est pas une restauration moderne; mais le monument est trop mutile pour faire Tobjet d'une comparaison utile. M. Michon examine avec grand soin toutes les autres représentations antiques dans lesquelles on a tenté de reconnaitre des Ksculapes imberbes, et de cette critique minutieuse, il résulte qu'aucune de ces attributions n'est certaine. Des textes, pourtant, affirment que Calamis avait sculpté pour le tempie de Sicyone un Esculape imberbe; il y en avait un autre à Phlius; Scopas enfin, avait sculpté pour Gortys d'Arcadie, un Esculape imberbe (s). Peut- ètre, dirons-nous, dans ces images divines, les artistes grecs eurent-ils l'idée de s'inspirer des représentations (i) Tertullien, Apolog. 23. (2) Monuments et tnémoires de la Fondation Fiot, t. IH, 1^96, pag. 59 à 70. (3) E, Michon, loc. cit., pag. 66. 172 ERNEST BABELON d'Eschmoun, le dieu phénicien et punique qui, par son róle de dieu guérisseur et de dieu au serpent, se rapprochait le plus de l'Asclépios grec. Le fameux tempie d'Eschmoun avait été détruit lors du siège de Byrsa, en 146 avant J. C. ; la femme d'Asdrubal y avait mis le feu elle méme pour s'en- sevelir sous ses ruines. Aussi, n'est-ce pas le tempie d'Eschmoun-Esculape qui parait sur les monnais de la colonie de Carthage frappées sous Auguste. C'est un tempie de Vénus. La legende qui Tentoure, VENERIS, ne laisse subsister aucun doute sur Tidentification de ce monument qui se présente sous Taspect d'un portique à quatre colonnes, le toit surmonté d'acro- tères tout le long de ses deux rampants ('). Le tempie d'Eschmoun-Esculape fut néanmoins reconstruit lui-mème de bonne heure, et Strabon, vers l'an 100, nous le signale comme couronnant l'acropole de Carthage (^). Les traces, plutòt que les débris, d'une longue colonnade, des fragments de bas reliefs sur lesquels on voit le serpent d'Esculape, ainsi qu'un morceau de cratère en marbré blanc, avec une inscription votive Oli on lit [Aesc]>/Ltkp - a pag iis; 2." edi/.., 1900 — a parf. 292-94. Lo STESSO. Sulle Restituzioni In Rivista Hai. di Numismatica, anno X, 1897 — a pag. T2S Blanchet (A.). Les monnaies romaines. Paris, 1896 — a pag. (^. MowAr iR ). La reconslitution des collections de coins aux /"' et II' siéclc. In Proces- verbaux et mémoires du Congres internai de Numismatique rcuni à t'aris, en i()00 — a pag. 210-11. Camozzi (G.). La consecratio di Traiano. In Riv. It di Num , a XIV, i<_)oi — a pag. 21. Registriamo infine un'alira opinione, che si scosta dalle precedenti: Akerman. a Numismatic Manuat. London, 1810 — a pag. 190: « A set ol' Billion Coins " of this ptriod have usually been attributed to Gallienns, bnt their workmanship and ge- li neral appcarance railier indicate tliat tliey wcre slruck by Decius, in imitalion of the rc- « storations of his namosake, Trajanus ». A PROPOSITO DELLE COSIDETTE « RESTITUZIONI n DI GALLIENO I97 Gli antoniniani di cui parliamo sono dedicati ad undici imperatori: Augusto, Vespasiano, Tito, Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marc'Aurelio, Commodo, Settimio Severo e Sev. Alessandro. È sol- tanto di quelli di Traiano che intendo di qui occuparmi. Essi presentano la singolarità che l'effigie del- l'imperatore offre due tipi diversi. Il primo ha il tradizionale ritratto di Traiano, quale siamo avvezzi a vederlo sulle monete contemporanee di quell'impe- ratore, coi capegli disposti a larghe ciocche. È questa probabilmente la varietà che indusse il Cohen a defi- nirlo erroneamente come « busto laureato »(i), mentre la testa ne è radiata come in tutti gli altri antoniniani suddetti, benché in modo forse meno appariscente che sulla varietà del secondo tipo (2), In questa, il busto di Traiano è ostensibilmente radiato, giusta l'uso del III secolo; inoltre, i capegli non sono disposti a ciocche ma tratteggiati, come (i) Cohen. Description hislor. des monnaies frappées sous l'Empire romain [i.» ediz.], t. II, Paris, 1859 — a pag. 86-87. Deuxième édit., t. II, 1882 — a pag. 88. (2) Che la testa di Traiano sia radiata, si può rilevar già da Pe- drusi, Hardouin, Banduri, Vaillant, Rasche, Eckhel, e poi da A. de Bar- 36 198 SOLONE AMUROSOLI p. es, sulle monete di Treboniano Gallo; e, partico- lare curioso, il ritratto dell' imperatore è assai diffe- rente, presentando un'altra fisonomia, caratterizzata soprattutto dal naso spiccatamente aquilino. Ebbene, s'io non m'inganno, qui ci troviamo di fronte, non a due tipi della stessa moneta, ma a due imperatori diversi: — il primo è veramente Traiano, il secondo è Traiano Decio. L'identità del nome occultò sinora pei numisma- tici la diversa individualità dell'imperatore, che ai tardi nepoti ha potuto sfuggire; ma nel III secolo (cioè all'epoca dell'emissione di quelle monete) l'identità del nome non poteva produrre confusione, essendo allora familiare a tutti il ritratto recente di Decio. In tal caso, siccome Traiano Decio è il succes- sore di Filippo, queste cosidette « restituzioni n o u consacrazioni w non si possono evidentemente più attribuire a Filippo, ma bensì ad uno dei successori di Traiano Decio ; senz'essere necessario per questo di scendere sino a Gallieno. Si ritornerebbe insomma, per altra via, alla conclusione formulata da Eckhel, che cioè quella serie deve essere stata approssimativamente emessa nel periodo tra Fihppo e Gallieno (^). thélemy, Fiorelli, Fabretti, ecc. G. Camozzi (1. e, a pag. 25 in nota) osserva anzi esplicitamente: " a torto [il Cohen] afternia che la " testa di Traiano è laureata, mentre in realtà è radiata „. Dobbiamo aggiungere tuttavia che sin dal 1869 lo stesso Cohen, nel catalogo della coUez. Gréau, essendosi accorto della svista, aveva sostituito la dicitura esatta: " tète radice „; quantunque gli editori della seconda edizione delle Médailles impériales non abbiano poi tenuto calcolo della correzione. (i) Eckhel, 1. e., — a pag. 471 : " Quae.... adfirmari possunt, haec " sunt. I. Eos [numos] omnes ah uno eodenique Augusto uno Consilio " fuisse percussos.... II. Non ergo nisi post Alexandrum Severum feriri " potuisse, quia ejus quoque consecrati in hac serie numi exstant. " III. Suadente fabrica et metalli mixtione eorum exortum imperiis " Philippi et Gallieni circumscribendum. „ Cohen. Descr. des monn.frappces. sous l'Enip. ront. [I." ediz.]. t. VII, Stipplcment, Paris, 1868 — a pag. 100 : " rcstitutions faites par les em- " pcreurs cntre Philippe et Gallicn „. A PROPOSITO DELLE COSIDETTE « RESTITUZIONI " DI GALLIENO I99 E, se mi è lecito esprimere il mio avviso perso- nale, pure per altra via arriverei all'ipotesi del Pel- lerin, che cioè appartenga al regno di Treboniano Gallo, ipotesi che quell'autore sostiene con plausibili motivi (0, Un'ultima parola, affine di prevenire un'eventuale obbiezione. Al dire di Eutropio, Traiano Decio, dopo la sua morte, fu divinizzato (2). È vero che Eckhel motteggia Eutropio per la soverchia hberalità nel concedere (1) [Pellerin]. Recueil de médailles de Peuples et de Villes. Tome III. A Paris, 1763 — a pag. Ij : " Quant au motif qui peut avoir engagé " Trébonien-Galle à faire fabriquer catte espèce de médailles, l'Histoire " nous apprend que durant tout son règne.... la peste qui avoit com- " mencé sous Trajan-Dece, ne cessa point en Italie, & qu'occupé des " moj'ens de l'arréter, il employa entre autres celui des sacrifices qu'il " ordonna dans toutes les provinces de l'Empire. Il invoqua tous les " Dieux généralement; de sorte qu'on peut juger que regardant comme " tels les Empereurs ses prédécesseurs qui avoient été déifiés après " leur raort; & voulant que les peuples les invoquassent de mème, il " fit Trapper pour cela ces médailles qui renouvelloient la mémoire de " leur consécration. „ ZoNARAS. Annales. In Corpus Universce Historice, praesertim Bìzantinae. Lutetiae, 1567 — a carte 104: " Pestis quoque tum prouincias inuasit: " quae ab iEthiopia orta, totùmque pene orientem & occidentem perua- " gata, multas vrbes ciuibus desolauit.... „. ZosiMUS. Historiae. Interprete Leunclavio. Bonnae, 1837 — ^ pag. 26: " .... lues etiam pestilens in oppidis atque vicis subsecuta, quicquid erat * humani generis reliquum, absumpsit.... „. Victor. Historice Romance Breviarium. Trajecti ad Rhenum, 1696 — a pag. 376: « Dein pestilentia oritur, qua atrocius saeviente, Hostilianus " interiit „. Cfr. del resto anche lo stesso Eckhel, 1. e, — a pag. 467 : " In " numis iis, in quibus Trebonianus aut proximorum alius superiorum " principum consecrationem restituii ,. (2) EuTROPius. Historiae Ronianae libri decem [ed. Schoonhove]. Basileae, 1546 - a pag. 158-59: " Cum biennio ipse [DeciusJ & filius " eius iinperasser.t, uterque in Barbarico interfecti sunt. senior meruit " in ter diuos referri „. EuTR. Hist. Rom. Breviarium [ed. Dacier]. Parisiis, 1683 — a pag. 113: " ....in Barbarico interfecti sunt, c\: inter Divos relati „. 200 SOLONE AMBROSOLI quest'onore agl'imperatori di cui narra le vite ('), ma forse l'illustre nummografo viennese vi sarà stato indotto dal non trovarsi monete di consacrazione di qualche altro imperatore del quale pure Eutropio afferma che fu divinizzato. Ora, almeno per Traiano Decio l'informazione di Eutropio riceverebbe una conferma dalla numismatica; in ogni caso, quell'au- tore verrebbe in aiuto all'osservazione che ho creduto di formulare. La quale avrebbe anche per risultato di portare a dodici il numero di codesti antoniniani, formando così una serie completa di dodici imperatori diviniz- zati, come vi erano dodici dii consentes. Solone Ambrosoli. (i) EcKHEL, 1. c. — a pag. 463: " Augeri poterit numerus ex testi- " moniis veterum aliis, ac praecipue Eutropii, in conferendo consacra- " tionis honore perquam liberalis „. Cfr. anche Stevenson, op. cit. — a pag. 313: " Eutropius, ever " liberal in awarding divine honours to princes, states, that Decius and " his son were numbered among the gods „. LES RELATIONS MONÉTAIRES entre l'Italie et les provinces belges au moyen àge et à l'epoque moderne Pendant le haut moyen àge, le commerce de l'argent, qui consistait surtout alors en prèts sur gages, resta, en Belgique comme en France, l'apa- nage presque exclusif des Juifs. Les bénéfices énormes que produisait ce trafic special devait fatalement faire naìtre la concurrence. Elle vint d'Italie où, dès le XIIP siècle, le commerce avait acquis une importance capitale. Seuls intermédiaires entre l'Orient et l'Occident, les riches et entreprenants marchands de Gènes, de Pise, de Florence, de Venise, frtquentaient les cé- lèbres foires de Champagne auxquelles s'approvi- sionnaient alors les Pays-Bas. Pour donner plus d'extension encore à leurs affaires et surtout plus de stabilite à leurs tran- sactions, les marchands italiens établirent bientòt à demeure fixe des comptoirs en France, en Angleterre et dans les Provinces belgiques. Originaires de Flo- rence, de Pise, de Milan, de Gènes, de Venise, de Plaisance, de Lucques, de Pistole, de Sienne, c'est à dire de villes du nord de la Péninsule, ils furent dès l'abord désignés par les populations sous le nom générique de Lomhards, qui leur est reste depuis. Très versés dans les questions financières, les Lombards eurent vite fait de se rendre compte des sources de bénéfice que pouvait offrir le commerce 202 ALPHONSE Dli WITTE de l'argent dans des pays de civilisation encore primitive et nous les voyons, presque simultanément, ouvrir des tables de préts, non seulement dans les villes, mais méme dans certains gros villages. Au XIIP siècle ou au commencemens du XIV^ des documents d'archives Tétablissent, il existait en Belgique de ces tables: à Bruges, à Termonde, à Gand, à Audenarde, à Bruxelles, à Mons, à Liège, à Malines, à Anvers, à Binche, à Ath, à Forest, à Courtrai, à Louvain, à Nivelles, à Hérenthals, à Genappe, à Assche, à Hai, à Landen, à Hannut, à Wavre, à Fleurus, à Tirlemont, etc, etc. L' existence de ces comptoirs se prolongea jusqu'au début du XVIP siècle, c'est à dire jusqu'à l'epoque oìi, sur les conseils de Wenceslas Cobergher, les archiducs Albert et Isabelle enlevèrent aux Lom- bards Tautorisation de. préter sur gages pour accorder ce monopole aux Monts de piété, dont le premier s'ouvrit, à Bruxelles, en 1618 (0. * * * Banquiers des princes et des villes, les prèteurs italiens, en general hommes fort experts, prirent une part active à l'administration financière des pays qu'ils habitaient. En Belgique, par exemple, jusqu'au commencement du XV^ siècle, la fabrication des mon- naies fut, pour ainsi dire, uniquement dirigée par eux. Certains indices porteraient mème à faire croire qu'avant l'organisation et la réglenientation des corps (i) Détail typique, de nos jours encore les Monts de piété sont désignés par le peuple, en Belgique, sous le nom de " Lombards „. Nous avons einprunté les renseignements qui précèdent à deux ouvrages récemnient parus sur la maticre: Les Lombards en France et à Paris, par C. Piton, Paris 1892-93 et Les Lombards dans les Pays-Bas^ par F. Donnet, Termonde, 1900. LKS RELATIONS MONETAIRES, ETC. 203 de monnayeurs nationaux, des Lombards à la tète de compagnons exercés dans leur art, mettaient leurs connaissances techniques au service des autorités en puissance du droit de Trapper monnaie. Cela expli- querait l'amélioration subite que l'on constate, au commencement du XIIP siècle, dans la facture des expèces et, dès lors, il serait permis de se demander s'il ne faut pas reconnaìtre dans quelques uns des noms de monétaires qui se rencontrent sur les élégants petits deniers de l'epoque, les signatures de ces étrangers. La création du corps de monnayeurs nationaux n'enleva pas, d'ailleurs, aux Lombards l'influence qu'ils avaient acquise car, sous le nom de Maitres des monnaies , nous les voyons, pendant longtemps encore, présider, dans les Pays-Bas méri- dionaux, à la fabrication du numéraire. Citons parmi ces industriels de la finance, Falco de Lampagne, de Pistole, qui donna son nom à une monnaie d'or brabangonne, le « Falcon Schilde », et fut maitre de la Monnaie d'Anvers sous le due Jean III; Bardet de Malpalys, de Florence, place à la tète de l'atelier d'Anvers, en 1356, lors de l'occupation de cette ville par le comte de Fiandre, Louis de Male, pour y Trapper de la monnaie d'or et Atidrieu du Porche, de Lucques, pour y forger la monnaie d'ar- gent; Nicolas Ciavre, aussi de Lucques, mort en 1397, chambellan de la duchesse Jeanne de Brabant, qui fut pendant de longues années maitre de la Monnaie de Louvain; Barthélemy, fils de Thomas, de Florence, maitre du mème atelier en 1394 et en 1395 et André, autre fils de Thomas, de Florence, qui dirigea les Monnaies de Vilvorde et de Louvain de 1409 à 1412(1). (i) A. DE WiTTE, Histoire monétaire des comies de Louvain, dttcs de Brabant et marqiiis du Saint Empire Romain, 3 volumes in 4, Anvers, 1894-1899. 204 ALPHONSE DE WITTK Voilà pour le Brabant. En Fiandre, les Monnaies du comté sont successivement affermées, sous Louis de Crécy (i 322-1 346) à Perceval dii Porche, de Lucques et à un certain « Faucon » (1338) qui pourrait bien ètre le méme personnage que le Falco, maitre de la Monnaie d'Anvers, mentionné plus haut; sous Louis de Male (i 346-1 384), à Ops, dit Jehan Perceval dii Porche, de Lucques, à Robert et à Andrieti du Porche; à Bardet de Malpalys^ de Florence, dont les biens furent saisis pour malversation, à Henri de le Strieghe, de Lucques; à Alderic des hiterminelli, de Lucques et à son frère Jehan, enfin h Jehan Joiirdain, toujours de Lucques (^). Disons encore que sous Philippe le Hardi, Jean et Barthélemy Thomas de Florence furent maitres de la Monnaie de Bruges et qu'au début du règne de Philippe le Bon, Andrieu Thomas dirigeait la fabrication monétaire du comté (2), Dans le Hainaut, le comte Jean II d'Avesnes accorda au Lombard « Bonsignour », fils de monsei- gneur Ourlant, Chevalier de Sienne, et à ses compa- gnons, l'autorisation de fabriquer monnaies d'or et d'argent, blanches et noires, de Noel 1303 au Noel suivant, et ce, là où il conviendra le mieux soit au comte, soit à Bonsignour (3). Cet octroi donna lieu à un accord passe le 2 mai 1312, entre le comte Guillaume I d'une part et « Bonsegneur de Sene, Conrat Berignon de Sene, (i) V. Gaillakd, Rechcrches sur les monnaies des comtes de Fiandre. Gand, 18521857. (2) L. Deschamps de Pas, Essai sur l'histoire monétaire des comtes de Fiandre de la maison de Bourgogne. Paris, 1863. (3) A. DE WiTTE, Supplément aux Recherches sur les monnaies des comtes de Hainaut de M. Renier Chalon. Bruxelles, 1891. — Les Buon- signori possédaicnt une banque à Sienne, qui, vers 1298, commenda à décliner par suite de dissensions cntre les associés (Pn on, Les Lombards en France et a Paris, t. I, pp. 88-89). LES RELATIONS MONETAIRES, ETC. 205 « maistre Willaume de Montmor, Banket Malclaniel, « Binchin Monald, Faince et Lappe Aringi de l'autre « pour Toquison dou faict de la monnoie de Yalen- u ciennes ke li dit Bonsegneur et si compaigna « tinrent al tans liomme de -clere memoire, monsei- " gneur Jehan, par le grasce de Dieu jadis comte de u Haynau w, etc. Enfin, le 7 novembre 1305, Guillaume I place à la tète de la fabrication monétaire faite au donjon de Walcourt, le Lombard JeJiati Lyonin, qu'il remplace Tannée suivante par Bernard Rogiers, de Florence (^*. A Cambrai, l'évèque Pierre de Mirepoix (1309- 1324) cède à « Frankine, de Pistoire », déjà maitre de la monnaie de Valenciennes, la direction de son atelier épiscopal (2) et, en 1283, Gui de Dampierre, donne octroi à Ubiei t Alien, citoyen d'Asti et à ses compagnons de forger monnaie à Namur (3). Les renseignements nous font malheureusement défaut en ce qui concerne l'évèché de Liège et le Luxembourg. L'influence des Lombards sur le monnayage des provinces belgiques, surtout au XIV^ siècle, nous semble incontestable et il est permis de lui attribuer, plus encore qu'aux relations commerciales, le choix fait par Louis de Crécy (1322-1346), par Jean III (1312- 1355) et par Guillaume II (1337-1345) du type du Florin de Florence à la fleur de lis et au Saint Jean- (i) R. Chalon, Recherches sur les monnaies des comtes de Hainaut. Bruxelles, 1848-57. (2) C. RoBER!, Numismatique de Cambrai. Paris, 1861. (3) R- Chalon, Recherches sur les mnnnaies des comtes de Namur. Bruxelles, 186070. rj 206 ALPHONSE DE WITTE Baptiste pour les premières monnaies d'or qui aient été frappées en Fiandre, en Brabant et dans le Hainaut. Ces pièces sont des copies quasi serviles de leur modèle florentin dont elles ne diffèrent que par un indice monétaire à la fin de la legende du droit et par l'inscription du revers. Fort élégantcs de gravure et de très bon aloi, elles acquirent bientót aux Pays-Bas une vogue immense et furent à leur tour imitées par un grand nombre de comtes et de dynastes. Nous en connaissons, en effet, pour Marguerite II, d'Avesnes, comtesse de Hainaut (i 345-1 356), pour Wenceslas I, comte de Luxembourg (1356-1383^ pour Englebert de la Marck, évèque de Liège (1345-1364), pour Thierry de Heinsberg (1336-1361) et pour Godefroid de Dalembroek (i 361-1362), l'un et l'autre en leur qualité de comte de Loos, etc. Il existe encore d'autres imitations du Florin de Florence faites par de petits seigneurs féodaux, mais frappées dans des ateliers situés en dehors des limites de la Belgique actuelle nous n'avons pas à nous en occuper ici (^). Il y a lieu, cependant, de signaler encore une autre serie d'imitations du Florin FLORENTIA, qui se distingue de la précédente en ce que les pièces qui la composent se bornent à emprunter au prototype italien une seule de ses faces. De ce nombre est le florin à Tévéque à mi-corps sous un dais gothique et au revers du Saint Jean-Baptiste, forge par Arnould de Horn, évéque de Liège (1378-1389) i^K (i) La liste la plus complète des imitations du florin d'or de Flo- rence a été publiée, d'après celles de MM. Dannenberg et P. Joseph, par M. Serrure dans le Bulleiin de numismafisque. Paris, 1898. (2) Baron de Chestuet de Haneffe, Nuniismaiiqtie de la Principauté de Liè^e, pi. XV, n. 266. Le droit de cette monnaic se retrouve exacte- ment sur un florin d'or de Florcnt de Wcvelinkhovcn, cvcquc d'Utreciit ('379-'398). Vander Chijs, De Munteti der Bisscìwppeu van de hecrlijkheid en de Si ad Utrecht, pi. XII, n"" 3 et 4. LES RELATIONS MONÉTAIRKS, ETC. 2O7 C'est encore, parmi le numéraire liégeois si varie de types, que nous rencontrons deux autres imitations de pièces italiennes: d'abord une monnaie d'argent dont le dessin est emprunté aux deniers au Saint Ambroise de Milan, emise par Thibaut de Bar (1303- 1312) qui fit divers V03'ages en Italie, puis, mais beaucoup plus tard, un florin d'or de Gerard de Groesbeeck (i 564-1 580), dont le droit est la copie exacte d'un pistolet d'Hercules II, due de Ferrare (1534- 1559), au Saint Géminien assis et bénissant. Cette deniicre monnaie devait ètre assez répandue dans les Pays-Bas, puisqu'elle se trouve reproduite, sous le nom de couronne de Ferrare, dans un tarif monétaire du roi Philippe II, imprimé à Anvers, en 1576, chez Christophe Plantin. Hercules II n'avait fait, du reste, qu'imiter lui mème, presque servilement, le droit d'un ducat au Saint Géminien, du pape Clémcnt VII (1523-1534), reproduit, lui aussi, dans un placart anversois de l'année 1575. Les copies italieimes des seigneurs de Baten- bourg et de Viane, la frappe à Hedel de pièces d'or inspirées des pistolets de Parme et de Plaisance, les imitations par Jean I de Bronckhorst des pistolets toscans de Cosme de Medicis appartiennent à la nu- mismatique des Pays-Bas septentrionaux. Les monnaies italiennes sont rares dans les trésors découverts en Belgique. Nous mentionnerons, comme en contenant quelques exemplaires, les trou- vailles de Fontaine l'Evèque, près de Charleroi, 1843 (une monnaie d'or du Pape Grégoire XII) ^»); de (i) Rev. belge de num., t. I, p. 402. 2o8 Al PHONSE DE WITTE Nederheim, daiis le Limbourg, 1859 i^^^'^^ pièce d'ar- gent du Pape Paul II et 2 gros de Philibert de Sa- voie) (^^; de Horion-Hozimont, aux environs de Liège, 1877 (i sol de Louis de Savoie) (2) de Neerpelt, 1882, (réal d'argent de Charles Quint au S* Ambroise de Milan) (3); de Hasselt, 1883 (monnaie d'or de Venisc et de Charles Quint pour Naples, pièces d'argent du méme pour Milan, un giulo du Pape Paul III, pour Bologne) (4); de Bruges, 1888 (3 variétés du Frane à pied, de Jeanne 1", reine de Naples) (5); de Lokeren, 1896 (monnaie d'or de 1601, à la Vierge, d'Emmanuel de Savoie) (^); de Mesnil-Blaise, dans la province de Namur, 1900 (monnaies milanaises d'argent) (7). Seule la trouvaille faite à Turnhout, le 16 juin 1891 et dont l'iiìventaire a été publié par M. C.-A. Serrure, présente un peu plus d'intérèt. Elle contenait, en effet, 7 écus d'or d'Emmanuel Philibert de Savoie pour les années 1577, 1578, 1579, 1580 et 1584 (Promis, pi. XXVII, n. 53); un doublé pistolet de 1578 de Philippe II pour Milan; un pistolet de Phi- lippe I; un pistolet d'Andrea Gritti, doge de Venise, un écu d'or du roi de France Henri II, frappé à Sienne (Hoffmann, pi. XV, n. 91); un pistolet au saint Gé- minien d'Hercules li, due de Ferrare, 2 pièces d'or d'Alphonse II; deux monnaies d'or de Mantoue, 6 pistolets des Papes Paul III, Paul IV et Grégoire XIII, une pièce d'or au Saint Pierre de Bologne, 2 monnaies de Lucques, dont l'une au nom de Charles V empereur et 4 pistolets napolitains. (1) Rev. belge de nmn., t. XXI, pp. 384-85. (2) Rev. belge de nitm., t. XXXllI, pp. 215-237. (3) Bulletin de num. et d'arch., t. II, p. 167. (4) Bulletin de num. et d'arch., t. II, p. 196. (5) Rev. belge de num., t. XLIV, p. 198. (6) Rev. belge de nmn., t. Lll, p. 137. (7) Rev. belge de num., t. LVI, p. 259. LES RELATIONb MONÉTAIRLS, ETC. 209 Le petit nombre de monnaies italiennes contenues dans ces différents dépòts monétaires est d'autant plus inexplicable que le cours des espèces d'or frappées en Italie fut longtemps toléré dans les provinces belges. * * * Il iious a paru nécessaire pour rendre cette brève étude un peu moins incomplète de relever les mentions de ces espèces dans les ordonnances et tarifs monétaires du temps. Ces mentions sont fré- quentes, nous les classons par ordre chronologique, mais tout d'abord on voudra bien nous permettre de signaler l'existence d'un curieux document manuscrit italien concernant la valeur des monnaies au marche de Calais, adressé en Brabant, le 22 novembre 1376, à Nicolas Ciavre, de Lucques, par Nicolas Commingi, de Bruges. Il y est question de Fiorini di Firenze battuti in Firenze che sono a lega 24 carati^ de Fiorini di Genova battuti in Genova e di Venezia battuti in Venezia si sono di peso, et de Fiorini papali che sono alla lega d' Inghilterra 'i). Les florins de Florence et de Gènes se retrouvent cités, comme ayant cours en Brabant, dans une or- donnance du 20 décembre 1409 du due Antoine de Bourgogne et lors du congrès monétaire réuni à Bruges, en 1469, par Charles le Téméraire et Edouard IV, roi d'Angleterre, la valeur libératoire des ducats pontificaux, vénitiens, florentins, génois (i) Ce document, qui a échappé aux recherchts de l'auteur de l'article sur Nicolas Ciavre alias Chavre public dans le Tome I de la GazeUe niimismatique fratt^aise, présente cet intérèt particulier de fixer la nationalité de l'ancien maitre de la Monnaie de Louvain, sous les ducs de Brabant, Jeanne et Wenceslas. 210 ALPHONSE DE WITTE et milanais, de 23 carats 2'/^ grains en aloi est établi de commun accord à 52 gros de Fiandre. Ce sont d'ailleurs presque toujours les monnaies d'or d'Italie que l'on rencontre dans les ordonnances sur le cours des espèces, publiées aux Pays-Bas méridionaux. En voici des exemples: 1546. — Ducats et doubles ducats d' Italie, de Rome, de Bologne et de Milan. 1548. — Ducats d'Italie, de Rome et de Venise taillés à 72 au mare et les couronnes de Sicile, de Venise, d'Italie, de Lombardie et de Savoie. 1559. — Les couronnes d'Italie, de Rome, de Venise et de Lombardie, les ducats d'Italie. 1563. — Les couronnes d'Italie, de Rome, de Venise et de Lombardie, les ducats d'Italie. 1572. — Les couronnes d'Italie, de Lombardie, de Rome et de Venise. 1574. — Les couronnes d'Italie. 1576. — Les doubles et les simples pistolets d'Italie. 1577. — Les doubles et les simples ducats d'Italie, les pis- tolets d'Italie. 1586. — Les pistolets d'Italie de 72 au mare, les doubles ducats de 36 au mare et les simples ducats de 72. 1590. — Les doubles et les simples pistolets d'Italie de 36 et de 72 au mare; les doubles et les simples ducats d'Italie de 35-7 et de 71 au mare. ^599- — L^s doubles et les simples pistolets ou couronnes d'Italie. 1602. — Les couronnes d'Italie de 72 au mare; les doubles et les quadruples couronnes; les ducats d'Italie de 71 au mare et les doubles de 35 |-. 161 1. — Les ducats d'Italie de 71 au mare, pesant 2 esterlins, 8 as et les doubles ducats. Les pistolets d'Italie de 72 au mare, pesant 2 esterlins, 7 as et les doubles pistolets. 1617. — Les ducats d'Italie pesant 2 esterlins, 8 as et les doubles ducats. LES BELATIONS MONÉTAIRES, ETC. 211 Les couronnes d'Italie, telles celles de Lucques, de Venise, de Milan, de Savoie, de Génes, de Lombardie, pesant 2 esterlins, 7 as, les doubles et les quadruples. 1633. — Les ducats d'Italie, de 2 esterlins, 8 as et les doubles ducats. Les couronnes ou pistolets d'Italie de 2 esterlins, 7 as; les doubles et les quadruples couronnes. 1644. — Les couronnes ou pistolets d'Italie de 2 esterlins, 7 as; les doubles et les quadruples. Les simples et les doubles ducats d'Italie. 1652. — Les simples et les doubles ducats d'Italie ; les sim- ples, les doubles et les quadruples couronnes ou pistolets. 1701. — Les doubles et les simples ducats d'Italie. 1704. — Les doubles et les simples ducats d'Italie. 1725. — Les ducats d'Italie pesant 2 esterlins, 9 as, trébu- chant; les doubles ducats pesant 4 esterlins, 18 as. Etc. Des exemplaires de tous ces régleinents, tarifs ou ordonnances font partie de notre bibliothèque. La plupart reproduisent le dessin des pièces qu'ils mentionnent. C'est ainsi que l'ordonnance de 1546 nous fait connaltre cinq ducats pontificaux des papes Leon X, Sixte IV, Alexandre VI et Pie II, un ducat de Florence, un de Saluces, un de Lucques, deux de Bologne, un de Venise, trois de Milan, un d'Ancóne, un de Gènes, un de Sienne, deux de Sicile, un de Mantoue et un de Savoie; l'ordonnance de 1576, une doublé couronne d'Italie de Charles Quint, des cou- ronnes des papes Jules II, Paul III, Jules III et Clé- ment VII. de Cosme II et d'Alexandre de Médicis, de Florence, de Venise, de Ferrare, de Lucques, de Lombardie, de Montferrat, de Gènes, d'Urbino et de Savoie; enfin l'ordonnance de 1652, des écus ou pistoles de Rome, de Parme, de Bologne, de Sicile, de Milan, de Gènes, de Venise, de Sienne, de Florence, de Lucques, d'Urbino, de Mantoue, de Lombardie, de ALPHONSE Die WIITE Savoie ; des quadruples pistoles de Milan, de Parme, de Plaisance, de Génes, de Florence et de Mantoue; des doubles pistoles de Savoie; des ducats de Rome, Mantoue, Venise, Parme, Génes, Savoie, Saluces, Milan, Verone, Lucques, Sienne; des doubles ducats de Rome, Bologne, Milan et Florence. Quant aux espèces d'argent nous ne pouvons guère citer que les testons de Savoie, de Milan et de Montferrat (ordonnance de 1586) et les ducatons de Milan du poids de 21 esterlins (ordonnances de 1633, 1644 et 1652). L'article XXI du placard du 19 Septembre 1749, concernant la fabrique des nouvelles monnaies de Marie Thérèse porte: " Auront aussi cours les ducats à nos coings et armes, ceux au coing de Sa Majesté Imperiale, les anciens ducats des archiducs Albert et Isabelle et ceux des Provinces Unies et point d'autres. „ C'est l'interdiction definitive du cours dans les Pays-Bas autrichiens de la monnaie d'or d'Italie. Déjà, en effet, dans l'Instruction pour les changeurs, publiée le 19 Juillet précédent, nous voyons figurer au nombre des espèces billonnées les : " .... doubles et simples Ducats d'italie, forgés au mème pied en AUemagne.... „ " .... doubles et simples Ducats d'Est, Savoye, Saluce, Man- toua, et autres trouvés à moindre alloi. „ " Ducats de Spinola, comte de Tassaroli et autres pièces de tei alloi. „ " Doubles et simples Ducats de Mirandola et d'Urbino.... „ " Les Pistoles, simples, doubles et quadruples légères de Sicile et celles des 4 estampes d'Italie. „ " Les Écus, Pistoles simples, doubles et quadruples du S' Siège, ceux de Parma et Plaisance.... „ LES RELATIONS MONETAIRES, ETC. 2I3 " Autres Pistoles de Luca, Sienna, Ferrare, Urbino, Camerin, Masse, ensemble celles de Mantoua et Monferrat forgées avant Fan 1614. „ " .... Pistoles de Lombardie, de Savoye.... „ " Autres Pistoles de Saluce, Lavanie, Benevente, du corate de Deciane et autres pièces de cet alloi. ,, " Les Pistoles simples, doubles et quadruples de Mantua, forgées depuis l'an 1614, avec la Remonstrance du Très Saint Sacrement. „ * .... et autres Ducats de Spinola, aux Flèches et aux Lettres, contrefaits après ceux d'Hollande. ,, " Autres doubles Pistoles de Sedan on Bouillon, sans date, Ecus de Battembourg et autres contrefaits après ceux d'Italie et de Portugal et autres pièces de seniblable alloi. „ " .... Les Florins de Mirandola.... „ " Les Ducatons et vieux Testons d'Italie. ,, " Daelders de Mantua, de Messera, sans aigle et Daelders d'Amédée de Savoye. „ " Daelders de Mantua et Messera à l'aigle.... „ " Autres Daelders de S' Carolus de Savoye.... „ " Testons de Savoye et Testons de Spinola à l'aigle et aucuns Daelders d'Est. „ " Autres Daelders et Testons de Messera, à l'aigle, et autres. „ " Daelders du conile de Deciane à l'aigle. „ * • La convention monétaire, connue sous le noni de u Union latine n conclue à Paris le 23 décembre 1865 entre la Belgique, la France, l'Italie et la Con- féderation suisse, et à laquelle la Grece adhéra, a rendu aux espèces italiennes le libre cours en Bel- gique. Cependant, le gouvernement italien ayant demandé et obtenu, en 1894, le retrait de ses mon- naics divisionnaires d'argent et le gouvernement belge ayant interdi, par la loi du 19 Juillet 1895, les 214 ALPHONSE DE VVITTE monnaies de billon étrangères, les seules pièces d'or de 20 francs et les pièces d'argent de 5 francs frap- pées par les Souverains de la Maison de Savoie, d'abord comme rois de Piémont puis comme rois d'Italie, circulent actuellement. En 1868, la monnaie de Bruxelles frappa 37.000.000 de pièces de bronze de io centesimi pour l'Italie. Les coins de ces bronzes ont été gravés d'après les poingons fournis par le graveur en chef des monnaies italiennes, M. Ferraris. Au lieu de porter le signe propre à l'atelier de fabrication, les pièces de Bruxelles sont marquées, à l'exergue du revers, du monogramme OM, forme des initiales des deux adjudicataires de cette fabrication, MM. Oeschger et Mesdach, qui dirigeaient, à cette epoque, les usines de Biache Saint-Vaast. * * * Dans les anciennes provinces belgiques les monnaies d'or, et parfois méme les monnaies d'argent, étaient regues non au compte, mais au poids. De là, pour chacun, la nécessité d'ètre muni d'instruments de pesage: une petite balance, dite Trébuchet et des poids de cuivre appelés dénéraux. Ces dénéraux offraient le plus souvent sur l'une de leur face une figuration emprunté au type principal de la monnaie, dont ils représentaient le poids legai. Farmi les dénéraux fabriqués à Anvers, au XVI l^ siècle, un certain nombre ont au droit l'écu des Mé- dicis, somme des clefs de Saint Fierre surmontces de la Tiare pontificai. Leur poids varie de 3 gr. io à 3 gr. 40 et de 6 gr. 80 à 6 gr. 85. Quelques rares exemplaires sont au type des monnaies génoises. LES RELATIONS MONÉTAIRE,S, ETC. 21 = * * * Les modeleurs italiens de la Renaissance qui, au cours du XV^ siècle, travaillèrent pour les Princes de la Maison de Bourgogne, eurent une incontestable influence sur le développement que prit dans les Pays-Bas Tart de la gravure en médailles. Pour nous, qui n'avons à nous occuper ici que de la monnaie, il suffira de rappeler qu'en 1557, ce fut l'italien Jean-Paul Poggini qui fut chargé de fournir le modèle des Philippus d'argent, récemment créés par Phi- lippe 11, modèle plein d'élégance et de finesse que les tailleurs de fers des monnaies de Brabant et de Fiandre eurent vite fait de défigurer, comme on peut le voir par les dessins reproduits ci-dessus. 2l6 ALPHONSE DE WITTE » * * Dans ces quelques pages, hatìvement écrites pour le congrés historique de Rome à la demande de M. le commandeur Francesco Gnecchi, le pro- moteur du mouvement numismatique en Italie, nous avons traité le sujet au seul point de vue belge; souhaitons qu'un de nos confrères d'au delà les Alpes, le traite à son tour au point de vue italien. Il ne lui sera pas difficile de faire mieux que nous. Alphonse de Witte Secrétaire de la Société royale de numismatique de Belgique. RELAZIONE intorno ai lavori della Sezione Numismatica al Congresso Internazionale di Scienze Storiche TENUTOSI IN Roma nei giorni 2-9 Aprile 1903 haSezione Numismatica, che era propriamente una Sottosezione della IV, comprendente anche Archeologia e Storia deWArte, ma che per voto del Comitato ordinatore era stata considerata autonoma, fu per numero di iscritti ed intervenuti, per importanza di temi discussi e di lavori presentati una delle migliori del Congresso e lasciò in tutti ottima impressione. Gli inscritti alla Numismatica giunsero al numero di 141 ; gli intervenuti oscillavano tra la quarantina e la cinquantina quasi costantemente, e ben ventisette numismatici fra stranieri e italiani presentarono co- municazioni, due, i proff. Ambrosoli e Ricci presen- tarono oltre le comunicazioni anche i temi. Regnò la più viva animazione e la più perfetta cordialità in tutti e la migliore serenità degli studi e delle opinioni: le conclusioni alle quali giunsero parecchi degli studiosi furono veramente utili al progresso delle discipline numismatiche. La Numismatica per la prima volta figurava a se in un Congresso internazionale in Italia e si può concludere che si fece onore e che rifulsero maggior- mente le benemerenze della Società Numismatica italiana, che è come faro di luce che attrae ed accentra. La Sezione non si riunì il primo giorno, ma solo il 3 aprile e continuò le sue sedute il 4, il 6, il 7, lasciando così modo ai soci e in principio e in fine del Congresso di partecipare alle feste di inaugu- Kazione e di chiusura e ai trattenimenti consecutivi. 2l8 SERAFINO RICCI comprese le belle gite a Norma (antica Norha), ad Orvieto e a Napoli. L'inaugurazione ufficiale del Congresso nell'Aula Capitolina del Palazzo Senatorio ebbe luogo il giorno 2 aprile alle ore 9.30 alla presenza delle LL. IVIM. il Re e la Regina, accompagnati dal presidente del Congresso senatore P. Villari , dal sindaco prin- cipe Colonna, dai ministri, sotto-segretari di Stato, presidenti della Camera e del Senato e dalle altre autorità. Parlò per il primo il sindaco porgendo il saluto di Roma agli intervenuti; secondo parlò il ministro dell'Istruzione, porgendo il saluto augurale dell'Italia e del Re ai Congressisti e dichiarando in nome del Re aperto il Congresso. Il prof, senatore Villari pronunzia allora uno splendido discorso inaugurale, svolgendo a grandi quadri lo sviluppo della storia in Italia nel secolo XIX e soprattutto delineando con tratto sicuro e visione lucida i nuovi orizzonti che il secolo ventesimo pone dinanzi a se negli studi storici. Finiti gli applausi che coprirono le ultime feli- cissime parole dell'illustre vegliardo, il prof. Frédéricq dell'Università di Gand, delegato dalla riunione dei rappresentanti ufficiali esteri, porse al Re, al Governo italiano, al sindaco di Roma i ringraziamenti di tutti i Congressisti stranieri. Seguì all'inaugurazione del Congresso quella della Forma Urbis, o pianta topografica di Roma antica, disposta opportunemente su una parete del cortile del Palazzo dei Conservatori per cura della Commissione archeologica Comunale di Roma: l'il- lustre prof. Lanciani riassunse in un bel discorso i dati principali della ricostruzione della Forma Urbis. Chiuse la cerimonia la presentazione dei doni: da parte del barone Manno la pergamena della proto- carta Sabauda comitale del 2 aprile 1003 di Umberto Biancamano; da parte del prof. Gierke, rettore dell'U- RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 219 niversità di Berlino, quattro volumi di fotografie di antichi monumenti romani. Lo stesso giorno incominciarono i lavori la Sezione 1 di Filologia classica e comparata, quella II di Storia medioevale e moderna, quella IV di Ar- cheologia. Prima Seduta. Il giorno susseguente, 3 aprile, la Sezione Nu- mismatica inaugurava i suoi lavori in una grande Sala terrena del Collegio Romano, dove l'illustre prof. Haeberlin aveva già fatto esporre lungo le pareti le tavole del suo splendido atlante in folio suWaes grave italico e romano. Alla prima seduta il Comitato esecutore era rappresentato dal prof. No vati, della R. Accademia Scientifico-Letteraria di Milano, la Società Numisma- tica Italiana dal suo Presidente conte comm. sen. Pa- padopoli e dal suo Vice-Presidente comm. Francesco Gnecchi, il Circolo Numismatico Milanese dal suo Presidente prof. Serafino Ricci. Il governo chileno si fece rappresentare dall'ili, sig. Rodriguez. Notammo fra i presenti, oltre il maggior numero dei nostri numismatici più noti, Ambrosoli, Sahnas, Ruggero, De Petra, Vitalini, Perini, Correrà, Cabrici ed altri, anche i migliori numismatici stranieri, cioè 1* Hae- berlin, il Babelon, Riggauer, Luschin von Ebengreuth, Pick, Bresslau, Forrer, Lambros ed altri. Nella prima seduta del 3 aprile, il prof. Novati prende la parola per proporre i nomi dei candidati alla Vice-Presidenza e alla Segretaria della Sezione. Viene eletto Presidente il prof. Babelon; Vice-Presidenti stabili per la durata della Sessione Papadopoli, Gnecchi Francesco, Am- brosoli Solone, Salinas Antonino. A Segretari furono eletti Ricci prof. Serafino e Motta ing. Emilio. Iniziati allora subito i lavori del Congresso col Presidente Babelon, si apre la discussione sul tema del prof. Ambrosoli intorno all'uso delle lingue na- SERAFINO RICCI zionali negli scritti di Numismatica. Il relatore pre- senta ai convenuti la Relazione stampata che qui si riproduce per intero. Relazione del dott. Solone Ambrosoli sul tema : Intorno all'uso delle lingue nazionali negli scritti di Numismatica. Alcuni anni or sono, nel 1897, il relatore pubblicava un Vo- cabolarietto pei numismatici, in 7 lingue, il quale è oggi comple- tamente esaurito, circostanza questa che autorizzerebbe a conclu- dere per la rispondenza di esso allo scopo. Mi si conceda di qui riferirne il principio della prefazione, perchè giovai allo svolgimento del tema proposto al Congresso. a Se vi è una scienza che avrebbe dovuto e facilmente potuto continuare, come la Botanica, a valersi del latino, almeno nelle descrizioni, questa è senza dubbio la Numismatica. « Ma poiché la costanza e la concisione delle formule di essa, e la elegante regolarità della sua terminologia, non valsero ad ot- tenerle grazia in confronto della babele scientifica che in quasi tutti i campi ha tenuto dietro alla caduta di quel vero e nobilissimo linguaggio universale, invece di perdere il tempo in vane queri- monie sarà bene di risparmiarlo con l'escogitare qualche rimedio al presente stato di cose. «Oggidì, infatti, è divenuto per così dire inattuabile il con- durre in porto un'indagine numismatica di qualche serietà e sicu- rezza, senza consultare alternativamente e, rapidaimente libri e periodici in tre o quattro o più lingue, le quali dovrebbero per con- seguenza esser tutte note in egual grado anzi addirittura fami- liari allo studioso od al dilettante. «Ogni numismatico dovrebb'esser insomma nello stesso tem- po un poliglotta, e se non lo fosse dovrebbe improvvisarsi tale. «Ora, quantunque la diffusione dello studio delle lingue ab- bia fatto così mirabili progressi, non si può pretendere che ogni persona colta possegga le quattro o cinque lingue principali in modo da raggiungere in ciascuna quella prontezza ch'è necessaria nelle ricerche numismatiche. «L'erudito stesso conoscerà a preferenza l'una o l'altra di queste lingue, mentre, come ho detto, al numismatico occorrerebbe di aiverle tutte egualmente a disposizione. RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 221 « Ben pochi saranno senza dubbio coloro che troveranno la vo- lontà, e l'agio, e la perseveranza di studiare, fors'anco in età ma- tura, quelle lingue nelle quali si sentono deficienti ; di studiarle, intendiamoci, al solo scopo di facilitarsi le eventuali ricerclie. « Ma vi è fortunatamente una restrizione da fare : non tutto il materiale di una lingua è necessario al numismatico ; a lui basta (a rigor di termine) il conoscere di una data lingua quelle voci e quelle espressioni che s'incontrano più frequentemente nelle ope- re descrittive. cCosì stando le cose, il rimedio ch'io avrei escogitato è que- sto : di riunire tradotte quelle voci e locuzioni che più di frequente s'incontrano nei libri di Numismatica^ scritti nelle singole lingue più adoperate per questa scienza, ecc. ecc ». Le lingue rappresentate nel mio vocabolarietto erano (oltre all'italiano) il francese, il tedesco, l'inglese, lo spagnuolo, il la- tino e il greco-moderno. A questo proposito noterò che l'egr. mio collega e amico A- driano Blanchet, discorrendo del V ocabolarieito nella Revue nu- mismatique di Parigi, così si esprimeva : t L'idée est bonne, mais il faudra certainement introduire le russe dans le prochain voca- bulaire.... ». A questo, a dir vero (come casualmente venni a co- noscere appena un paio di mesi or sono), aveva già pensato l'emi- nente orientalista Stanley Lane-Poole, il quale sin dal 1 874, pre- cedendo adunque di un ventennio e più il mio Vocabolarietto, pubblicava nella Numisma tic Chronicle di Londra un breve glos- sario numismatico russo. Anzi, coincidenza che sarebbe singolare se non fosse fondata appunto nella natura delle cose, lo scienziato inglese, nella sua prefazione, adduce argomenti dei quali io pure mi son valso nella mia : quello soprattutto che al numismatico è sufficiente di poter riuscire a decifrare in qualche modo le mere descrizioni. Il Lane-Poole, nel suo glossario, alla voce russa fa se- guire non solo la traduzione inglese, ma anche quella latina., per . rendere utile il suo lavoro, dic'egli, anche a quei numismatici che non conoscono l'inglese. E aggiunge : « Il francese, forse, avrebbe corrisposto al mio scopo meglio del latino, ma esso non è stato an- cora accettato come strumento internazionale per gli studiosi, fun- zione adempiuta sinora dal latino». Comunque siasi, se il russo è certamente Einch'esso una delle lingue utili come strumento di studio ai numismatici (e ancora più accenna a diventarlo per l'avvenire, al pari di altre lingue slave). 29 SERAFINO RICCI credo mi si vorrà concedere che pel momento le lingue viventi, dav- vero indispensabili per lo studio della Numismatica siano quattro : francese, inglese, tedesco e italiano. Ne si dica che ho aggiunto l'italiano per considerazioni sog- gettive, posponendogli a torto p. es. lo spagnuolo (eh e pur utile talvolta anch'esso). Il eh. archeologo Reginald Stuart Poole, nel suo capitolo sullo studio delle monete, che forma parte del bel volume Coins and Medals pubblicato dagli, autori dei Cataloghi ufficiali del Museo Britannico, conferma implicitamente questa de- signazione, con le parole : « L'esser un grande numismatico ge- nerale supera le forze d'un uomo solo. Taluni sapranno a suffi- cienza di greco e di latino, con quella padronanza d&U'inglese, del francese, del tedesco e deWitalmno ch'è richiesta dai moderni commentarli, da poter intraprendere lo studio della moneta greca e romana. Coloro che vogliono entrare nel vasto campo della Nu- mismatica orientale devono aggiungere a quelle lingue, ancor ne- cessarie per essi, lo spagnuolo e il russo ; ecc. ecc. ». Donde si de- duce che la cognizione delle prime quattro lingue (francese, in- glese, tedesco e italiano) è appunto quella necessaria e sufficiente, in genere,, come mezzo di studio per la Numismatica greca e ro- mana. E infatti, se gettiamo uno sguardo sulle opere moderne di più frequente consultazione, e sui periodici speciali più importanti, vediamo che, per lingua, si aggruppano come segue. Francese : Mionnet, Beulé, Mommsen-Blacas , Cohen, L. Sambon, Feuardent, Svoronos, Babelon, Lenormant, Sabatier, Barthélemy, ecc. ; la Reviie numìsmatique. Inglese : Head e i Cataloghi del Museo Britannico, della Collezione Hunter, ecc. ; la Numismaiic Chronicle. Tedesco : Imhoof-Blumer, Sallet, Pick, Bahrfeldt, i Ca- taloghi dei Musei di Berlino e di Vienna, ecc. ; la Zeitschrift filr N umismaiik di Berlino, la Nuniismatische Zeitschrift di Vienna. Italiano: Borghesi, Bestini, Cavedoni, Marchi e Tessieri, Garrucci, Salinas, Fiorelli, Fabretti, Milani, ecc. ; il Periodico dello Strozzi, la Rivista Italiana di Numismatica. Rimangono fuori del quadro alcune rare opere di Numi- smatica antica scritte in altre lingue (p. es. in ispagnuolo, in gre- co, ecc.), ma esse formano l'eccezione che conferma la regola. Diversamente stanno le cose per la Numismatica medioevale e moderna. Qui le lingue nazionali hanno preso da lungo tempo il RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 223 sopravvento, e qui è naturale che lo abbiano, ed è inevitabile che lo prendano sempre più. Ma è precisamente in questo loro campo che il relatore vor- rebbe vederle legittimamente circoscritte, mentre sta il fatto che le più svariate lingue nazionali tendono oggi ad esorbitarne, in- vadendo territorii che secondo il relatore dovrebbero conservare un carattere intemazionale. Si dirà che questo fenomeno dello sviluppo sempre crescente che vanno prendendo le lingue nazionali, anche le meno coltivate sinora, è d'indole generale e non già limitato alla Numismatica. Ciò è vero, sia per la letteratura che per le scienze. Ma, quanto alla letteratura, osserverò che ognuno, per mezzo delle numerose e pronte traduzioni, può rendersi familiari Tolstoi o Sienkiewicz senza conoscere le lingue slave, Ibsen o Strindberg senza cono- scere le lingue scandinaviche. E, quanto alle opere scientifiche, osserverò che almeno quelle più importanti intomo alle scienze d'interesse vitale ed immediato, come la Medicina, la Chimica, ecc., trovano egualmente ben presto un traduttore ; le opere di Numi- smatica invece, sia per l'indole segregata della nostra disciplina, sia per il loro carattere prevalentemente descrittivo, assai di rado vengono tradotte. Di regola pertanto, o il numismatico è in grado di compren- dere il testo originale, o la ricerca e lo studio incominciati si sj^ez- zano inesorabilmente contro l'ignoranza della lingua. Come si potrebbe riparare a questo gravissimo inconveniente ? in due modi, a parere del relatore, cioè : I. Adottando un'unica lingua numismatica internazionale. II. Aderendo ad alcune proposte concrete che il relatore fa più innanzi. Il primo modo, più semplice e radicale, potrebbe avere due soluzioni : il ritorno al latino, oppure la scelta di una linguai vi- vente assai diffusa e conosciuta. Ma il ritomo al latino (la cui caduta deplorano, come abbiamo visto, sia il Lane-Poole quanto il relatore medesimo nelle prefa- zioni ai loro glossarii numismatici) è questione troppo complessa. Anzitutto, la riforma non si potrebbe applicare immediatamente, essendo assurdo il pretendere che s'improvvisi latinista chi non abbia mdimento di studii classici. Al più al più, si potrebbe adot- tarla per la Numismatica antica, essendo presumibile che chi se ne occupa abbia qualche nozione di latino o sia condotto a procu- 224 SERAFINO RICCI rarsela. La riforma sarebbe intesa piuttosto quindi all'avvenire ; ma anche in tal caso non potrebbe attuarsi efficacemente che lad- dove e quando fosse favorita da un rimaneggiamento dei pro- grammi scolastici in un senso oggidì vagheggiato a dir vero da una eletta minoranza, ma osteggiato apertamente dai più. Miglior partito sembrerebbe al relatore l'adozione pura e sem- plice di una lingua vivente, per parte dei numismatici d'ogni na- zione. E, considerando oggettivamente lo stato odierno della bi- bliografìa numismatica, ragioni di opportunità gli sembrerebbero suggerire, o addirittura il francese come lingua numismatica inter- nazionale in genere, oppure l'inglese per la Numismatica greca e il francese per la romana e per la medioevale e moderna. Questo, parlando teoricamente ; ma siccome si è visto che or- mai sarebbe un dar di cozzo nelle Fata il volersi opporre all'uso della lingua nazionale, p. es. quando si tratti della Numismatica medioevale e moderna di una data nazione, al relatore parrebbe ragionevole di concretare almeno le seguenti proposte : Che tutti i numismatici d' ogni nazione si vogliano servire di una qualunque delle 4. lingue riconosciute come internazionali (Francese, Inglese, Tedesco e Italiano), a) Is! egli scritti di Numismatica antica, b) Negii scritti intorno a monete medioevali e mo- derne di un' altra nazione (ammenocche si sapesse servirsi addirittura' della lingua di questa ; p. es., uno svedese che volesse scrivere sulle monete brasiliane, dovrebbe servirsi possibilmente della lingua portoghese, oppure di una delle 4. lingue internazio- nali). Queste proposte concrete, ove fossero attuate, varrebbero (se- condo il relatore), oltre che a facilitare le relazioni internazionali, ad impedire che rimangano inaccessibili, perchè stesi in lingua jx»- co nota, lavori talvolta importantissimi i quaji potrebbero avere un potente interesse pei cultori della nostra scienza in genere, o almeno per numismatici di lingua diversa da quella in cui è steso un dato lavoro. Considerato poi lo sviluppo e l'importanza che vanno as- sumendo ovunque gli studii artistici e biografici intomo ai meda- glisti e agl'incisori di conii monetali del Rinascimento, e conside- rata inoltre l'indole nomade e l'attività spesso internazionale di quegli artisti, il relatore aggiungerebbe quest'ultima proposta : RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 22$ c) Ai numismatici d ogni nazione si raccomanda pure di servirsi di una qualunque delle 4 lingue riconosciute come inter- nazionali, negli scritti intorno a medaglie, medaglisti e inci- sori di conii del Rinascimento. Prendono parte alla discussione De Petra, Sa- linas, Haeberlin notando l'opportunità, ma insieme la difficoltà di adottare una lingua scientifica unica. Si approva alla quasi unanimità l'ordine del giorno presentato dallo stesso relatore che « per le descrizioni e i cataloghi di numistnatica classica si faccia uso del latino »; per il resto, cioè sull'uso di una delle quattro lingue moderne più universalmente conosciute negli altri scritti di Numismatica, si lascia al buon senso ed alla cultura dello scrittore e degli studiosi lettori. La Relazione sarà ristampata negli ^/// del Congresso. Segue la comunicazione Bresslau Stii denari imperiali di Federico I, che erano destinati a rappresentare la moneta principale del Regno, meno pei Veneziani che, in segno di protesta, invece del nome dell' impeiatore, misero quello del doge. Il Bresslau, notando che non si è ancora trovato il danaro imperiale di quelli anni 1162-1183, nei quaK tale moneta sarebbe stata coniata, si augura che si facciano ricerche nelle colle- zioni italiane per rinvenire tale moneta. Prende poi la parola Francesco Gnecchi per esporre l'argomento di un suo tema di numismatica romana: Le personificazioni allegoriche sulle monete imperiali romane. Dice che il tema e per importanza e per vastità varca i limiti di una semplice comunicazione, quindi egli si limita ad adombrarlo col presentarlo al lettore nei suoi caratteri più spiccati. Pur essendo rappre- sentate le varie deità in uno o più modi, una volta stabilito il tipo o i tipi, essi continuano costanti e inalterati, salvo le variazioni dell'arte. Solo al tempo , di Costantino, quando la nostra religione viene uffi- cialmente introdotta nel mondo romano, si andarono modificando anche i tipi delle personificazioni allego- 220 SERAFINO RICCI riche sulle monete e poi scomparvero. Ora il Gnecchi si propone di ricercare di queste personificazioni l'origine, i simboli, gl'imperatori che le hanno intro- dotte, quali e quanti altri imperatori ne curarono la riproduzione sulle loro monete. Non possiamo che augurare al Gnecchi di compiere presto questo lavoro così interessante anche per la storia dell'arte. Man- cando Zielinski iscritto per allora, il Segretario Ricci lesele la comunicazione sua, scritta in francese, intorno la biografia degli artisti italiani Mosca e Caraglio, che lavoravano alla corte francese nel secolo XVI, dando interessanti particolari sui rapporti artistici che in quel tempo intercedevano tra le due nazioni. Ettore Gabriel interessa l'uditorio intorno al valore dei tipi monetali nei problemi storici, etnogra- fici e religiosi. Essendo la moneta non il capriccio di un dilettante, ma l'emanazione di una volontà dello Stato che la conia, deve avere una sua ragione d'essere in tutti i suoi particolari. Avendo poi le monete segnato sempre il loro luogo d'origine, pos- siamo, per es., studiando quelle della Magna Grecia e della Sicilia, concludere per una civiltà antichissima, continuazione della micenea, che aveva rapporti con quella dell'Asia Minore e delle Isole dell'Egeo. Lo studio del Gabriel è una specie di conferma storica data dalle monete circa le origini della civiltà italica nei rapporti di questa con quella ellenica e dell'Asia Minore. Chiude la seduta la comunicazione del Presi- dente Babelon, che invece di trattare il tema annun- ciato sull'iconografia dell* imperatore Giuliano l'Apo- stata, tratta dei tipi delle monete di Settimio Severo per l'Africa, che, secondo la loro importanza e il tipo da esse rappresentato, il Babelon crede opportuno di dividere in quattro gruppi, ch'egli illustra anche con opportune riproduzioni in gesso presentate al pub- blico plaudente. Dopo la comunicazione Babelon, il Segretario Ricci presenta, annunziandoli, i doni offerti ai con- RELAZIONE AL CONGRtSSO IJiTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 22? gressisti per cura della Società Numismatica Italiana e del Circolo Numismatico Milanese. Oltre le due Relazioni a stampa dei temi Ambrosoli e Ricci, furono distribuite ai congressisti, anche se non erano abbonati alla Rivista Italiana di Numismatica o soci della Società Italiana di Numismatica, i lavori se- guenti: 1. Omaggio al Congresso internazionale di Scienze Storiche: Dieciotto memorie numismatiche. Milano, Cogliati, 1902 (dono della Società italiana di Numismatica). 2. Indice sistematico analitico della Rivista Italiana di Numismatica dalla sua fondazione alla fine del sec, XIX (I, 1888 — Xlll, 1900), con una introduzione di Appunti re- trospettivi intorno alla Storia della Numismatica italiana dal 1860 al 1900. Milano, Cogliati, 1903 (lavoro del prof. dott. Se- rafino Ricci, dono della Società Italiana di Numismatica). 3. Circolo Numismatico Milanese. Omaggio al Con- gresso internazionale di scienze storiche in Roma. Milano, Cogliati, 1903 (dono del Circolo Numismatico Milanese). 4. Ambrosoli Solone, Charleville o Carlopoli? Milano, Cogliati, 1903 (dono Ambrosoli). Si presentano inoltre come primizie numisma- tiche il I fascicolo della Rivista italiana di Numismatica del 1903 e la IV edizione della Giuda Numismatica imiversale dei fratelli Gnecchi, corretta e accresciuta in modo da contenere 6278 indirizzi con cenni storico- statistici di collezioni pubbliche e private e di libri e pubblicazioni periodiche di numismatica. Seconda Seduta. La seconda seduta della Sezione Numismatica non fu meno importante della prima. Si iniziò tosto la discussione sul tema del prof. Serafino Ricci intorno 228 . SERAFINO RICCI all'ordinamento delle collezioni di monete italiane, medioevali e moderne. L'importanza stessa del tema teneva sospesi gli animi degli intervenuti, che avevano già letto la Rela- zione a stampa distribuita il giorno prima dallo stesso prof. Ricci. Questi mette subito in chiaro i termini della questione, rilevando la necessità di abbandonare l'ordinamento empirico alfabetico e di adottare sempre in ogni caso l'ordinamento geografico e storico nella distribuzione delle zecche. Riassunto quanto si è fatto e messi in luce i tentativi del Tonini, del Promis, del Muoni, dell'Ambrosoli, del Caucich per risolvere la questione, il Ricci conclude che nessuna delle spiega- zioni proposte finora soddisfa completamente ed ag- giunge quella proposta che egli nel suo convincimento crede utile: si abbandoni l'ordinamento alfabetico, si raggruppino le zecche secondo il criterio geografico in modo non solo di elencarle tutte, ma anche di ri- costituire gli Stati e quindi la storia pohtica d'Itaha. La sua Relazione è la seguente e sarà ristampata per intero negli Atti del Congresso, insieme con la discussione svoltasi nella Sezione. Relazione del dolt. Serafino Ricci sul tema: Dell' ordinamento delle Collezioni di monete italiane medioevali e moderne. Il tema che qui si propone è di eccezionale importanza, come ognun vede, e considerato in sé e per il fatto che dopo reiterati tentativi non è ancora risolto in modo definitivo e da tutti accettato. Il relatore non presume certamente di proporre la so- luzione dell'arduo problema, ma crede che solo il presentarlo ad una accolta di dotti, dimostrando in quali termini stia ora la questione e quali, mezzi siano più adatti a risolverla, sia opera non del tutto vana, anche in un Congresso Internazionale di scienze storiche, perchè in primo luogo molti dotti anche all'Estero si occupano con passione come della nostra arte così della nostra storia, poi perchè l'ordinamento delle collezioni RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 229 italiane può dare non poca luce su quello di alcune colle- zioni estere, infine perchè tutta la storia medioevale e quasi tutta quella moderna d'Italia interessa moltissimo, in causa delle continue e molteplici dominazioni straniere, anche alla storia degli altri Stati, specialmente europei, ed occorre sia ben determinata e chiara dinanzi alla mente degli studiosi stranieri per non essere misconosciuta o fraintesa. Per questo non vi è ragione contraria, anzi più d'una ragione favorevole per risollevare la questione della topografia delle zecche e del riordinamento delle collezioni italiane nella parte medioevale e moderna ad un Congresso che si occupa delle discipline storiche, che da quelle numismatiche ricevono luce e incremento, e che pel solo fatto di essere internazio- nale, non può trascurare soltanto per questo uno dei pro- blemi numismatici che interessano molto la sede stessa del Congresso. La discussione del tema viene naturalmente ripartita nelle parti seguenti: i.'^ In quali termini sta la questione. 2.° Che cosa si è fatto finora per la sua soluzione. 3.° Tutte le soluzioni proposte e messe in pratica fi- nora sono o errate o insufficienti. 4." Proposte che appaiono piti adatte alla soluzione definitiva. i." In quali termini sta la questione: Dovendo ordinare in modo facile e costante le monete medioevali e moderne d'Italia e trovando troppo intricata la classificazione storica, fin dal secolo scorso furono raggrup- pate queste monete sotto le rispettive zecche e queste elen- cate in ordine alfabetico. Questo ordinamento non si limitò ai privati, ma si estese anche a parecchie collezioni numismatiche pubbliche ed è quello universalmente accettato nei libri di numismatica italiana. Si tratta di osservare se la classificazione alfabetica sia scientifica, altrimenti non può essere adottata per una scienza vera e propria come è la numismatica. 3» 230 SFRAFINO RICCI Di qui nasce il dissenso fra i dotti e gli studiosi circa la classificazione delle monete italiane. 2." Che cosa si è fatto finora per la soluzione della questione? I numismatici nel primo periodo di ricerche e di pub- blicazioni intorno alla numismatica italiana medioevale e mo- derna adottarono il riordinamento alfabetico come quello che, riconosciuto allora buono, fu senza contrasto accettato dap- pertutto. Ma più tardi il progresso stesso degli studi, la ret- tifica di alcune zecche errate, le considerazioni storiche dei singoli Stati mostrarono illogico, antiscientifico, confuso il sistema della classificazione alfabetica, che riduce lo studio delle collezioni e il loro riordinamento ad un puro e sem- phce indice di nomi, uniti in forza dell'alfabeto, mentre sono invece divisi e per la loro lontananza e per le loro ragioni storiche talora profondamente diverse fra loro. Allora alcuni numismatici cercarono di intrecciare nella classificazione il sistema alfabetico con quello geografico e storico, altri tentarono aprirsi una nuova via, abbandonando l'ordinamento per zecche, ma la maggior parte di essi, pur riconoscendo l' errore , vi persistettero per mancanza di meglio. 3.° — Tutte le soluzioni proposte e messe in pratica finora sono o errate o insufficienti. Se si deve ammettere assurdo l'uso dell'alfabeto in un ordinamento innanzitutto storico come quello delle collezioni numismatiche, è per lo meno insufficiente l'uso degli elenchi a sistema misto, che dovrebbero essere possibilmente sosti- tuiti da un criterio unico e generale di classificazione, che si fondasse su elementi geografici e storici e quindi cronologici, ed avesse perciò i caratteri della unità e verità scientifica. Sarebbero quindi da escludere a rigore anche quegli ordinamenti che, pure partendo dal concetto della distribu- zione per regioni, poi accolgono tutti i nomi delle zecche di ogni singola regione disponendole alfabeticamente, come pure si dovrebbe condannare l'ordinamento generale per zecche, poiché la zecca non è che un contingente secondario nella RELAZIONE AL CONGRESSO INTEUNAZ. DI SCIENZE STORICHE 23I Storia della monetazione di un popolo, un'attribuzione nomi- nale alla officina monetaria che talora non coincide con lo Stato che ha diritto di zecca, o con la famiglia che vi regna per diritto ereditario di feudo o per propria conquista. 4.° — Proposte che appaiono più adatte alla soluzione definitiva. Da quanto è venuto dicendo il relatore conclude che il criterio storico e topografico sarebbe il solo veramente logico e sicuro e quindi universalmente da seguire nell'ordinamento delle nostre collezioni monetarie medioevali e moderne. Gli sforzi degli studiosi devono essere rivolti esclusivamente ad eliminare dall'attuazione di questo criterio di ordinamento ogni difficoltà nell'applicazione pratica, escogitando quei mezzi mnemonici e cartografici che agevolino la ricerca e il ritro- vamento dei luoghi e delle monete senza turbare il reale e scientifico ordinamento delle collezioni numismatiche. Conclusione. Posta dunque chiaramente la questione e fattane la cro- naca elencando i tentativi fin qui escogitati per condurre a termine il riordinamento delle collezioni di monete itahane, il relatore espone concludendo quale sia il modo mighore, se- condo lui, per ottenere questo riordinamento facile e costante. Il relatore vi giunge per esclusione: 1. Lasciando in disparte l'elenco alfabetico perchè an- tiscientifico; 2. Non accettando gli elenchi misti topografici ed in- sieme alfabetici perchè non sono di carattere unico ; 3. Considerato che il criterio storico-cronologico di distribuzione é adatto ad una sola città e zecca dalle sue origini ai tempi nostri, ma incontra troppe difficoltà nella pratica, obbligando a tante diverse collezioni quanti sieno i periodi principali di storia delle singole regioni ; 4. Osservando che qualunque altro ordinamento (escluso l'alfabetico e quello topografico-alfabetico) presuppone la co- gnizione esalta e pronta degli avvenimenti storici, dei muta- menti politici di confine, — il relatore conclude che il metodo 232 ■ SERAFINO RICCI migliore sta nel porre per base dell'ordinamento la presente distribuzione regionale d' Italia per province e comuni, e nel- l'elencare le città che ebbero zecca propria secondo l'ordine puramente geografico in cui esse si trovano rispettivamente alla capitale politica della regione. P. es., per la Lombardia l'ordinamento facile, sicuro, co- stante, che parte dalle condizioni presenti della regione (ed è quindi accessibile a tutti) si presenterebbe con Milano, suo centro e con le altre zecche minori considerate nell'ordine geo- grafico a nord, ad est, a sud e ad ovest di Milano; cosicché chiunque appena abbia in mente una carta geografica della Lombardia può facilmente ricordare l'ordine delle sue zecche o facilmente accertarlo consultando una Carta della regione. Questo riordinamento porta per conseguenza la neces- sità delle seguenti aggiunte : i.*^ Le zecche non più esistenti si elencheranno nell'or- dine del luogo dove esistevano, aggiungendo il nome di due località note fra le quali ciascuna di esse si trovava. 2.° Ogni mutamento politico che portò alterazione di confini territoriali è accennato al luogo rispettivo, rimandando alla regione alla quale ora questo luogo appartiene. 3.° Qualora due volte si dovesse ripetere la città che ebbe zecca o l'officina monetaria, una volta si fa sotto quel nome la collocazione delle vere monete, l'altra volta si ri- manda alla prima o si ripete identica per mezzo di calchi in gesso. 4.** Per evitare confusioni si distinguerà ogni volta la città che ebbe la zecca dalla semplice ofììcina monetaria ove le monete erano coniate per conto d'altre città o Stati. 5.° L'ordinamento entro ogni zetca rimane stretta- mente storico e cronologico dall'origine fino ai nostri giorni. 6.° L'ordinamento alfabetico si manterrà negli indici finali, ove si elencherà di fianco al nome del luogo anche il posto che occupò attraverso i secoli e quello che occupa oggi per gli opportuni confronti. 7." Saranno aggiunti a dilucidazione e a consultazione frequenti schizzi cartografici per ogni regione e frequenti prospetti storici e genealogici per ogni città che ebbe zecca. 8," Infine si faccia precedere e seguire tutte quelle RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 233 spiegazioni storiche, cronologiche, topografiche che comple- tino l'ordinamento semplicemente geografico che è stato scelto e diano maggior valore non già alla zecca, ma allo Stato al quale la data serie di monete appartiene. Solo in tal caso il relatore riconosce che l'ordinamento delle collezioni numismatiche può giovare alla storia, perchè ne è la fonte più sicura e diretta, ne è il complemento più importante e duraturo, nel quale il relatore intravvede un avvenire per le disciphne numismatiche più fecondo di utili frutti di quello che fu il passato, sia per la scuola sia per la vita. Si legge una brev^e Relazione di Giuseppe Castel- lani a proposito del tema, e prendono la parola in vario senso Luschin von Ebengreuth, Ambrosoli, Papadopoli, Salinas, Piccione, Gnecchi. Il cav. Lisini, sindaco di Siena, quantunque si dichiari non del tutto favorevole all'opinione del Ricci, pure prende la parola per far notare che la vera storia delle monete è ancora da fare e ne fa rilevare l'indispensabile utilità anche per i profani. Il sen. Papadopoli avendo rilevato la necessità di nominare una Commissione competente che studi la questione, il prof. Ricci propone l'ordine del giorno seguente: " La Sezione IV (Numismatica) del Congresso Interna- " zionale di Scienze storiche, udita la Relazione del prof. Se- " rafino Ricci intorno all'ordinamento delle collezioni di mo- " nete italiane medievali e moderne, fa voti affinchè in awe- " nire nello studio e nell'ordinamento di quelle collezioni sia " seguito l'ordine geografico-topografico nella distribuzione " delle zecche e l'ordine storico-cronologico nella loro illu- " strazione, invece di quello puramente alfabetico adatto pei " cataloghi di compra e vendita, in modo che le Collezioni -italiane rappresentino lo sviluppo storico dei singoli Stati italiani. Incaiica inoltre la Presidenza della Società Numi- smatica italiana di nominare una Commissione per studiare l'ordinamento delle collezioni italiane medievali e moderne, giovandosi anche dei lavori dei numismatici esteri. „ 234 SERAFINO RICCI Alla lettura di questo ordine del giorno il signor Piccione vorrebbe che la Commissione fosse di nomina ministeriale, al che sono contrari gli altri, e il Sahnas desidererebbe modificare la seconda parte dell'ordine del giorno Ricci, non parendogli di doveV raccomandare ai numismatici di studiare le monete. L'ordine del giorno è approvato alla quasi unanimità. È presentata la comunicazione di Ercole Gnecchi su uno scudo di G. B. Spinola, principe di Vergagni. Segue la comunicazione di Solone Ambrosoli intorno alle cosidette restituzioni o consacrazioni del III secolo, generalmente attribuite a Gallieno oppure a Filippo, le quali recano l'effigie e il nome di undici imperatori divinizzati. L' Ambrosoli esprime l'avviso che alcune fra quelle col nome di Trajano si debbano invece asse- gnare a Trajano Decio; col che si avrebbe una serie completa di dodici imperatori divinizzati, emessa pro- babilmente durante il regno di Treboniano Gallo. Dopo la comunicazione Ambrosoli ne vengono presentate altre: quella di Adriano Blanchet sul Con- giariuni de Cesar che sarà pubblicata integralmente in uno dei prossimi fascicoli della Rivista; quella di Castellani sulla Storia della moneta pontificia negli idtimi anni del secolo XVIII, poderoso lavoro che sarà pure integralmente pubblicato nella Rivista; quella di Simonetti Sin tipi delle monete greche, che sono secondo l'autore la guida più sicura per com- prendere le monete stesse. Applaudite le comunicazioni svolte, viene eletto presidente per la seduta successiva il prof. Luschin von Ebengreuth di Gratz e si leva la seduta alle ore 17,20. Terza Seduta. La terza seduta, presieduta dall'illustre prof. Lu- schin von Ebengreuth, si apre con lo svolgimento RFLAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 235 della comunicazione dello stesso Presidente : sul me- todo che debba osservarsi nella descrizione di ripostigli di monete del medio evo, per trarne il tnaggior profitto scientifico. Lasciato il suo posto ad uno dei vice-presidenti, il prof. Luschin con parola chiara e perfettamente italiana considera l'importanza che non per il racco- glitore, ma per il numismatico abbia il dato della provenienza, e soprattutto la notizia delle monete in quanto provengano da ripostigli, il cui studio chia- risca spesso le circostanze o il motivo stesso della formazione e del nascondimento del ripostiglio mo- netale. Il prof. Luschin aggiunge qui le norme ne- cessarie per studiare ponderatamente e in modo esauriente questi ripostigli, aggiungendovi particolari pratici molto interessanti, come, p. es., la numerazione non solo del complesso di tutte le monete, ma anche dei singoli generi che vi si trovano, prendendo il peso genere per genere per trovare la media, la quale per le monete del Medio Evo spesse volte ha maggiore importanza del peso individuale quasi sempre alterato. Accolto con applausi generah il prof. Luschin alla fine del suo discorso, i profif. Salinas e Ambrosoli aggiungono, pure applauditi, schiarimenti sull'oppor- tunità e la praticità dei mezzi tecnici e pratici sugge- riti dal prof. Luschin; di poi il prof. Salinas riprende la parola per dare particolari tecnici relativi alla coniazione delle antiche monete siciliane, mostrando e descrivendo una massiccia forma di bronzo in due pezzi del Museo di Palermo con otto serie di buchi per la fusione dei tondini da servire alla coniazione delle monete. La comunicazione del prof. Salinas desta la ge- nerale vivissima attenzione, soprattutto dinanzi alla forma di bronzo che gira fra i convenuti. Egli ag- giunge poi la descrizione della varia forma del me- tallo prima che sia sottoposto all'azione del conio nella monetazione antica di Sicilia, e vi fa seguire 236 SERAFINO RlCCl interessantissimi appunti di numismatica siciliana del periodo Aragonese. A proposito di un grande ripo- stiglio di monete di argento acquistate dal Museo di Palermo, il Salinas fa notare un errore storico in cui cadono tutti i numismatici, attribuendo a Fede- rico li di Sicilia, le monete di Federico il vSemplice col titolo di Duca d'Atene e Neopatria e spiega l'equivoco, descrivendo poi alcuni pierreali della regina Maria d'Aragona e del marito Martino il Giovane. A questo punto è invitato il prof. Pick dell'Uni- versità di Gotha a prendere la parola su un tema molto importante non solo per la numismatica, ma anche per l'archeologia e per la storia dell'arte, cioè lo studio delle statue di Apollo riprodotte sulle mo- nete greche e romane. Il Pick rileva l'utile che può dare in tali casi la numismatica a tutta l'indagine archeologica e storica nei rapporti dello stile, mo- strando che la serie delle monete ellenistiche e ro- mane per questo riguardo è più importante delle altre, appunto perchè vi è frequente la riproduzione di note opere d'arte dei secoli anteriori. Dimostrato poi quanto possano servire le mo- nete anche nel campo della religione antica per la rappresentanza frequente di divinità in vari atteg- giamenti e con vari attributi, passa poi all'esame vero e proprio delle statue di Apollo, rappresentate sulle monete, facendo distinzioni di queste in gruppi secondo i tipi di Apollo già fissati in capilavori d'arte ai quali risalgono le riproduzioni, notando anche qualche variante dei tipi tradizionali e a noi noti. È molto apprezzato lo studio coscienzioso del prof. Pick. Chiudono la seduta le comunicazioni del conte Pa- padopoli su una tariffa veneziana del 1543, la pre- sentazione e illustrazione dell'Atlante deìV aes grave italico da parte del prof. Haeberlin, e infine la dis- sertazione del dott. Caruso-Lanza sullo studio delle monete greche nei rapporti con la storia, con la mi- tologia e con la scienza delle religioni comparate. RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 237 Il Papadopoli rammenta che all'elenco delle ta- riffe veneziane a stampa presentate per studio al Congresso internazionale di Parigi nel 1900 manca- vano due di queste tariffe, l'una del 1543, l'altra del 1547, di cui si conosce l'ordine a stampa e sono ricordate nella bibliografia del Cicogna ed in uno scritto dello Zon. Trovata per ora la tariffa del 1543, la presenta come omaggio ai dotti riuniti in Roma pel Congresso internazionale di scienze storiche. Lumeggia con brevi ma vivaci parole le condi- zioni finanziarie di Venezia dal tempo della lega di Cambray, che obbligarono Venezia a ricorrere a espedienti monetari. Si alzò nel 1525 il valore del mocenigo sino a 24 soldi e del cavallo fino a 12 soldi, ma, sopravvenuto l'aumento del prezzo dell'oro, il Consiglio dei Dieci deliberò nel 1543, che il Ducato veneziano d*oro nuovo de cecha non si possa accettare né spendere per più di L. 7 soldi 12, il vecchio per L. 7 1:10 e lo scudo di stampa nostra per piti di L. 6 soldi 15. Il ducato fu poi modificato dallo .stesso Consi- glio dei Dieci e la tavola che il sen. Papadopoli presenta mostra la riproduzione di quella pubblicata dai Provveditori della zecca in obbedienza agli ordini del Consiglio dei Dieci. Il dott. Haeberlin di Francoforte sul Meno parla intorno alle monete fuse dtWaes grave di Roma e dell'Italia Centrale. Egli eccita l'ammirazione di tutti i presenti quando dice che egli ha raccolto tutto il materiale eseguendo personalmente i calchi sugli originali nei principali musei di Europa e che può dare per la prima volta l'opera completa di tutto il materiale autentico per mezzo di tavole fototipiche. I presenti, che già le avevano osservate e studiate perchè rimasero esposte nel salone della sezione durante tutto il periodo del Congresso, non possono che riconoscere unanimemente ch'esse sono splendide e fatte con una coscienziosità e una competenza più unica che rara. Il dott. Haeberlin, entrato così in ar- 238 SERAFINO RICCI gomento sovra le più gravi questioni che si aftacciano nelle trattazioni di questo vasto campo numismatico, mentre non può risolvere quelle del luogo primi- tivo di origine dei pezzi, invece avverte di esser potuto giungere a buoni risultati sulla questione del sistema monetario che servì di base alla coniazione dei vari pezzi. Osserva che Roma coniava avendo per base una libbra meno pesante di quella fin qui supposta e precisamente quella osca latina, mentre usava la Hbbra greca più pesante per la prima volta per la riduzione dell'asse a semilibrale. Conclude ri- levando che non si debba considerare come un peg- gioramento della valuta le continue riduzioni della monetazione, ma solo una emissione di pezzi più adatti al commercio spicciolo e volge l'attenzione degli uditori sull'importanza di queste conclusion che rivendicherebbero a Roma un perfetto ordina mento finanziario nazionale anche durante i period torbidi delle gravi guerre. Dopo i meritati applausi volti allo Haeberlin, l'avv. Caruso-Lanza espone i capisaldi del suo studio sui rapporti che la moneta- zione greca presenta con le istituzioni religiose e storiche. Le monete greche contengono il ricordo di fatti importanti, di episodi storici, e bisogna leg- gervi tutto quello che vi è stato scritto, essendo una pagina di storia ogni moneta greca scritta dalla mano di un artista greco, e bisogna poi estendere lo studio alla serie per formare di quelle pagine un volume. Studiando dunque attraverso i periodi storici la mo- netazione, il Caruso-Lanza conclude che la moneta- zione greca accompagnava quel graduale movimento dei vari miti per un lunghissimo periodo di tempo, un millennio circa dalla sua origine all'epoca della conversione del mondo pagano al cristianesimo. Stu- diando poi specialmente questi miti, il Caruso-Lanza osserva che essi esistevano già fin dall'epoca proto- ariana e le prime genti immigrate nell'Eliade, come in tutto il resto d'Europa, li portarono seco dalla madre patria comune; e qui si indugia a studiare RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 239 questi miti sulle monete per un certo periodo a guisa di saggio per concluderne l'importanza che tale studio acquista attraverso i vari periodi della monetazione greca e la dignità che un simile studio conferisce alla scienza numismatica. Con la comunicazione Caruso-Lanza, si chiude l'importantissima seduta del giorno 6 aprile alle ore 15, designando per presidente della prossima seduta il dott. Haeberlin. Quarta Seduta. Il martedì seguente 7 aprile si ebbe la quarta ed ultima seduta. Presiedeva il prof. Haeberlin e v'erano presenti i vice-presidenti Ambrosoli e Gnec- chi, e venne eletto il prof. Riggauer, direttore del Gabinetto Numismatico di Monaco, in assenza del conte Papadopoli. Inizia la seduta il prof. Correrà parlando di una moneta di Neapolis, di cui fa rile- vare l'importanza; segue il prof. De Petra presen- tando una Nota che ha per titolo la data di due momte greche, nella quale rileva il significato storico di una moneta di Cuma e di una di Napoli. La prima ricorda l'aiuto che Cerone di Siracusa nell'anno 474 av. C. portò a Cuma, dando, nelle acque di questa la più completa disfatta agli Etruschi. La seconda si riferisce alla pace che le città greche della SiciHa conclusero fra di se e con Atene nel 424: Napoli, amica di Atene, volle celebrare una pace che traeva la sua amica dal mal passo in cui s'era impigliata. Prende poi la parola il Segretario, prof. Sera- fino Ricci, per svolgere il tema preannunziato: La Nitìnismatica nelFinsegnaniento. Il Ricci dimostra che a torto si trascurano negli studi superiori e secon- dari le discipline numismatiche, che per la parte an- tica danno vivida luce all'archeologia e alle antichità classiche, per la parte medievale e moderna sono il 240 SERAFINO RICCI sussidio più chiaro e sicuro della storia dei popoli. Osserva con rammarico che in Itaha non esiste cat- tedra di Numismatica, mentre dovrebbe esserci al- meno rappresentata in Roma o in un altro centro di primo ordine; nota inoltre che nelle scuole secondarie dovrebbe introdursi tale insegnamento complemen- tare alla storia e alla storia dell'arte, non come ma- teria a se che sovraccarichi il giovane studente liceale, ma per mezzi pratici di piccole collezioni numismatiche presso i gabinetti archeologici e arti- stici, che dovrebbero sorgere presso ogni singolo liceo, o almeno presso il piii importante. Quando l'insegnamento della numismatica sarà universal- mente impartito negli Atenei o come materia speciale o come. corso complementare della cattedra di archeo- logia e di storia medievale e moderna, allora avremo i professori hceali che ne comprenderanno l'impor- tanza e promuoveranno questo nobilissimo studio anche nei licei. Prima di finire l'applaudita comunicazione il Ricci presenta agli intervenuti lo splendido volume edito per cura del prof. Moschetti: // Museo civico di Padova, lodandone l'idea animatrice e la forma elegante e signorile, insiste soprattutto sulla storia del Museo Bottacin e sulla illustrazione del Medagliere condotta dal dott. Rizzoli junior. Segue la comunicazione del prof. Ambrosoli, il quale, dopo di aver richiamato l'attribuzione da lui proposta di alcune monetine del Quattrocento (contraffazioni delle monete contempo- ranee milanesi) alla nuova zecca di Valenza Po, dà notizie di altre monetine e dello stesso tipo che si potrebbero attribuire a Pietra Gavina, Mede e Mon- dondone. Accenna inoltre alla zecca franco-italiana di Charleville o Carlopoli aperta dai Gonzaga di Nevers e Rethel, su cui aveva richiamato l'attenzione dei dotti al Congresso numismatico di Parigi, e presenta da ultimo un tallero coniato nel 1747 da Enrico Fran- cesco II, conte di Mansfeld, col titolo di principe di Fondi, che mostrerebbe invece rapporti italo-germanici RELAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 24 1 nella monetazione di quel principe, provando chiara- mente con la riproduzione fotomeccanica alla mano che quel tallero, benché coniato in Germania e per la Germania e da un personaggio tedesco, ha qualche attinenza con la numismatica italiana. ■ Finita la comunicazione interessantissima del- l'Ambrosoli, uno dei congressisti, il signor Matteo Piccione, domanda ed ottiene di dare qualche spie- gazione sulle monete suberate in sèguito a suoi espe- rimenti intorno alla tecnica di quelle monete, e suscita l'attenzione dei presenti, fra i quah il prof. Salinas domanda la parola per dare qualche schiarimento in proposito. Vengono presentati i lavori degli assenti: M. Bahrfeldt in Halle alS. Uber die Chronologie der Miin- zen des Marcus Antonius (710-724 di Roma, 44-30 a. C). G. Dattari, IlspioSo; sulle monete alessandrine. A. De Witte, Les relations monétaires entre l'Italie et les Provinces Belges ati nioyen age et a V epoque moderne. F. Marchisio, Studi sulla numismatica di Casa Savoia, Memoria Quarta: Altre monete inedite del duca Carlo Emanuele I. Jlles Maurice, L'atelier monétaire du Sirmium peiuiant la periode Constatiiinienne. Luigi Rizzoli, iunior, Monete veneziane del Museo Bottacin di Padova. Arturo Spigardi, Le medaglie del Risorgimento italiano. Tutti questi lavori saranno pubblicati integral- mente nella Rivista e ne sarà dato ampio sunto negh Atti del Congresso Internazionale di Scienze storiche. Alla fine della seduta il comm. Francesco Gnecchi prende la parola per rilevare che i bellissimi avanzi delle navi rinvenute nel Lago di Nemi non sono an- cora proprietà dello Stato, ma in continuo pericolo di essere allontanati da quella sede degna che sarebbe il Museo nazionale delle Terme; fa notare lo splen- dore degU oggetti e T importanza storica ch'essi 242 SK RAPI NO RICCI hanno e avranno con nuovi scavi sistematici che in quell'antico lago si facessero: presenta un opportuno ordine del giorno nel quale s'invita il Governo a provvedere con sollecitudine all'acquisto di quegli oggetti e si incarica il prof. Serafino Ricci, che è iscritto alla Sezione archeologica, di presentare il detto ordine del giorno a quella sezione. Ma il pro- fessor Ricci, presentata la proposta la mattina dopo nella Sezione, dovette pur troppo ritirarla perchè l'Ufficio di Presidenza, consapevole delle pratiche infruttuose che già si erano fatte in proposito tra il Governo e il proprietario di quegli oggetti, non cre- dette opportuno di dar luogo a discussione e molto meno promuovere un voto sull'argomento, il che pro- dusse in ogni modo penosa impressione in quanti si interessano alla tutela del nostro patrimonio artistico nazionale. Dopo il discorso del comm. Gnecchi, il Presi- dente Haeberlin riassume brevemente i lavori della Sezione Numismatica che dice importantissimi e finisce coli' inneggiare a S. M. il Re d'Italia, così appassionato e valente cultore delle discipline nu- mismatiche, a Roma, all'Italia. Domanda la parola il segretario Ricci per rin- graziare i convenuti dell'intervento e dell'interesse posto ai lavori della Sezione e specialmente i nu- mismatici stranieri che hanno onorato della loro pre- senza le sedute e hanno dato contributi cosi preziosi di osservazioni e di lavori. Ringrazia specialmente i Presidenti stranieri che diressero le quattro sedute, i proff. Babelon, Pick, Luschin von Ebengreuth, Hae- berlin, e il Vice-Presidente Riggauer, e propone che si invii a S. M. il Re la fotografia del gruppo della Sezione Numismatica eseguita nei giorni del Con- gresso, in segno di riverente omaggio. Plaudendo a questa proposta, l'ultima seduta si scioglie con l'augurio dei presenti di presto rivedersi in altra propizia occasione. Il prof. Ricci, poi, qualche giorno dopo era af- RELAZIONE AL CONGRESSO LNTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 243 fabilmente ricevuto da S. M. il Re, che accogliendo favorevolmente il gradito dono, lo intratteneva a lungo degli studi prediletti domandando notizie circa i lavori del Congresso, la Società Numismatica Ita- liana e il Circolo Numismatico Milanese. Qualcuno avrebbe desiderato fin dall'ultima se- duta della Sezione Numismatica di fissare la sede del prossimo Congresso Numismatico, ma si trovò più opportuno attendere la deliberazione degli storici. E infatti, il giorno della chiusura che fu solenne, il giorno 9 alle ore 16.15 nell'Aula Magna del Collegio Romano, il Presidente Villari. circondato dai Vice- Presidenti e dai Segretari, lesse i telegrammi dei Ministri della Pubblica Istruzione e degh Affari Esteri e del Sindaco di Roma, che si rallegravano per l'esito del Congresso, scusandosi di non poter inter- venire alla seduta; proposta poi la sede del futuro Congresso internazionale a Berlino pel 1906, è posta in votazione con un ordine del giorno che è appro- vato all'unanimità. Importantissime sono state le dichiarazioni del Presidente Villari quanto all'incremento dei nostri studi e ai risultati pratici del Congresso. Dal discorso del Presidente Villari si deduce che gli inscritti al Congresso furono 2400, gli interve- nuti 1800, le rappresentanze ufficiali 300, le adu- nanze 115, con 54 ordini del giorno. Conseguenze immediate del Congresso furono non solo la presen- tazione dei lavori importantissimi riflettenti le disci- pline storiche, ma anche la pubblicazione del III volume delle iscrizioni di G. B. de Rossi, e la proposta di fondare in Roma, dopo la generosa offerta del sig. Ernesto Modigliani, una scuola storica. È proclamata Berlino sede del prossimo Con- gresso internazionale di Scienze storiche. Il Villari, dopo aver ringraziato gli Stati che per mezzo dei loro Delegati parteciparono al Congresso, tutti gli illustri stranieri che ornarono di loro presenza il Con- 244 SERAFINO [Ricci grasso e quanti cooperarono alla riuscita di questo, tra gli applausi unanimi ed entusiastici dell'Assemblea chiude il suo discorso inneggiando alla fratellanza delle nazioni nel progresso della scienza, fratellanza di cui è lieto presagio lo stesso presente Congresso. 11 Vice Presidente Harnack ringrazia in tedesco il Presidente Villari e si afferma veramente commosso per le cordiali accoglienze ricevute in Italia. Accolto il suo dire da applausi entusiastici, egli riprende per ringraziare Governo e Comune degli indimenticabili ricevimenti al Palatino e al Campidoglio, poiché unitamente con gli importanti risultati ottenuti al Congresso resero questo degno dell' Itaha e del pro- gresso scientifico moderno. Finisce elogiando il Comitato per il suo zelo e il suo tatto e in special modo l'infaticabile e intelli- gentissimo comm. avv. Giacomo Gorrini, segretario generale del Congresso, che nulla omise, con suo sacrificio personale, che potesse tornar di decoro e di utile al Paese; il suo lavoro indefesso per l'orga- nizzazione del Congresso, che fu semplice e insieme completa, assicurò la riuscita al Congresso stesso. Finisce fra gli applausi inneggiando all'Italia e al Re, che incoraggi e protesse il movimento scientifico e il metodo storico del Congresso. Il prof. Cordelli, delegato di Brivio, portò un saluto in nome della patria di Cesare Cantù, il comm. Tommasini propose fra gh applausi un saluto al Re e alla Regina Margherita. Oltre l'inaugurazione della Forma Urbis soprac- cennata nel cortile del Palazzo dei Conservatori, abbiamo avuto nel periodo del Congresso conferenze interessantissime con proiezioni dell'architetto Boni sugli scavi del Foro Romano, degli archeologi Pernier e Gerola sugli scavi di Creta del periodo greco l'uno, del periodo veneto l'altro. Interessante anche la con- ferenza del colonnello Borgatti alla Mole Adriana. 11 3 aprile fu inaugurata la Mostra di Topografia romana nella Biblioteca Vittorio Emanuele per cura RELAZIONE AL CONGRFSSO INTERNAZ. DI SCIENZE STORICHE 245 del conte Gnoli, e la serd fu dato un concerto di musica sacra italiana nel Teatro l'Argentina. Il 4 aprile fu inaugurata la esposizione dei ma- noscritti e cimeli tipografici nella Biblioteca Casana- tense: la sera ebbe luogo l'illuminazione a bengala del Colosseo. Il 5 il Ministro dell'Istruzione inaugurò il Foro del Chiostro di Santa Francesca Romana, cioè il Museo del Foro e la cosidetta Rampa Imperiale, che dal Foro Romano sale al Palatino lasciando alle sue falde la storica basilica di S. Maria Antiqua con i suoi famosi affreschi del IX e X secolo dell' E. V. Al Pa- latino seguì una sontuosa garden Party y resa splendida non meno dalle bellezze del panorama di Roma, che dalla affabile cortesia del Ministro e della Commis- sione ministeriale che faceva gli onori di casa. Gareggiò poi col Ministro nell'ospitalità il Sin- daco di Roma, principe Colonna il giorno dopo, invitando la sera i congressisti al suo ricevimento nei Musei Capitolini che parevano palazzi incantati, alla luce intensa delle lampade elettriche, resa ancor più viva dal candore del marmo su cui si rifletteva. Chiuse la serie dei trattenimenti la gita genia- lissima e ben riuscita che il comm. Gorrini insieme col Comitato ideò come caro ricordo del Congresso a Ninfa e a Norir.a (l'antica Norba), non che di ritorno agli scavi di Sermoneta. La bellezza del cielo caldo dei dintorni di Roma, resa ancor più accesa da una splendida giornata di primavera, s'univa alla grandio- sità delle rovine, alla importanza dei problemi archeo- logici che si presentavano alla mente degh studiosi e specialmente degli archeologi. A Norba si credeva trovare i Pelasgi e non s'incontrarono finora che Romani; a Sermoneta si scavarono le tombe coeve alla fondazione di Roma e nei caratteri loro del rito e della ceramica si mostravano chiaramente apparte- nenti alla schiatta italica, che viveva in quei luoghi immediatamente prima della fusione dei vari elementi nella popolazione dell' 6^r^s. 246 SERAFINO RICCI Gli scavi continueranno sotto la direzione degli archeologi Mengarelli e Savignoni, che ci furono di guida dotta e gentile nella visita ai monumenti, e si vedrà se le mura credute ciclopiche che rinserrano ancor oggi il territorio della città antica di Norba siano davvero preesistite alla civiltà romana o invece siansi costruite dopo ad imitazione dell'uso e della tecnica dei primitivi Pelasgi. Nessun campo di ricerche è più suggestionante e più promettente per la storia delle stirpi italiche di quello che s'aderge sul dosso del monte, acropoh ardita che sfida i secoli e domina la sottostante Nmfa con la sua torre medioevale, triste e abbandonata alla solitudine sinistra che rende deserte le Paludi Pontine. E ritornando a Roma il pensiero correva all'in- distruttibilità della storia, che dalle rovine sorge inesorabile e muta accusatrice o lodatrice delle città, e che ha segnato a caratteri eterni il nome di Roma. Milano, Maggio igoj. Serafino Ricci. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Seduta del Consiglio, 26 Giugno 1903. (Estratto dai Verbali/. La seduta è -aperta alle ore 14. I. Il Segretario dà lettura del Bilancio Consutitivo 1902 da presentare all'Assemblea Generale dei Soci. E approvato ad unanimità. II. Viene poi approvata la Relazione sull'andamento morale della Società durante il 1902. III. In seguito alle deliberazioni prese nel Congresso Storico tenutosi recentemente a Roma, il Presidente C* Nicolò Papadopoli invita il Consiglio a nominare una Commissione di nove membri per lo studio del riordinamento delle monete di zecche italiane. Fatto lo spoglio delle schede, risultano eletti a far parte di detta Commissione i Signori: Conte Comm. Nicolò Papadopoli, Presidente. Cav. Dott. Solone Ambrosoli, Bibliotecario. Prof. Giuseppe Castellani. Cav. Giuseppe Gavazzi. Cav. Uff. Ercole Gnecchi. Cav. Prof. Alberto Puschi. Prof. Dott. Serafino Ricci, Segretario. Comm. Col. Giuseppe Ruggero. Dott. Arturo Sambon. IV. Il Segretario dà lettura dei seguenti doni pervenuti alla Società entro il corrente anno: 243 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Ambrosoli cav. clott. Solone. Le sue pubblicozioni : Una medaglia poco nota di Papa Pio IV (Estr. ùaWArchivio Storico Lombardo). Milano, 1903. - La Zecca franco-italiana di Charleville o Carlopoli. Milano, 1903. — Congresso Internaz. di Scienze storiche. Relazione sul tema: Intorno all'uso delle lingue nazionali negli scritti di Numisma- tica. Roma, 1903. Andrew W. J. La sua pubblicazione : Notes on « A numismatic history of the Reign. of Henry I. — Reply to Messrs C. G. Crump und C. Johnson « Numismatic Chronicle ", 1903. Bordeaux Paul. La sua pubblicazione : La moiette d'éperon, different de l'Atelier monétaire de Saint Quentin {1384-1465), dalla Rcvuc Nmnisma- tique fran^aise, 1901. Giacer! prof. Emanuele. La sua pubblicazione : Il riordinamento del Museo Nazionale di Napoli e la buona fede de' suoi critici. Napoli, Tocco e Sal- vietti, 1903. Circolo Numismatico Milanese. Una copia della sua pubblicazione periodica, il Bollettino di Nu- mismatica e di Arte della Medaglia, diretto dal Presidente del Circolo prof. dott. Serafino Ricci, n. 1-6 con illustrazioni. Milano, Cogliati, 1903. Clerici Carlo. La sua pttbblicazione : Ponti, strade, viaggi, esplorazioni, esploratori, areonauti (sic) ecc., negli ultimi 150 anni in Italia secondo le medaglie. Milano, Vallardi, 1901. Cutiiont Georges di Bruxelles. La sua pubblicazione: Mélanges Numismatiques: Règne de Jeanne di Brabant, veuve {1383-141,6). Amsterdam, Moller, 1902. Qnecchi cav. uff. Ercole. Parecchie prove di falsificazioni moderne di monete italiane, di cui alcune milanesi. Gnecchi Francesco ed Ercole. Guida Numismatica Universale, 1903, IV edizione ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 249 Qnecchl conim. Francesco. La sua pubblicazione: « Roman Coins »; traduzione inglese del Ma- nuale di « Monete Romane » edito dall' Hoepli. Londra, 1903. Jonghe (le V." Baudoln de) di Bruxelles. La sua pubblicazione: Deux thalers de Charles de Croy, prince de Chimay, comte de Megen. — Trois monnaies luxembourgeoises inédites. Bruxelles, Goemaere, 1902-1903. Jorgensen Chr. di Copenaghen. La sua pubblicazione: Médaillons romains en or; traduit par E. Philipot. Copenhagen, Thieh% 1902. Kretzschmar dott. Johannes. La sua fiubblicasione: Die Kónigliche Munze zur Hannover. Dono dell'Historischer Verein fiir Nieder-Sachsen. Osnago Enrico. Le pubblicazioni : Brunacci Gio. Monete tre estensi. Lettera di.... al sig. Nicoletto Venezze.... Padova, 1763, op. in 4, fig. — Gradenigo Giannagostino. Della moneta veneta-imperiale, di- scorso di.... letto all'accademia di Udine l'anno 1762. Padova, Prosperini, 1869, op. in-8. — Macca F. Gaetano Girolamo. Della zecca vicentina.... Vicenza, Tomaso Parise, 1802, i voi. in-i6. — Morroni Giuseppe. La moneta metallica. Studio storico- economico del dottor.... Venezia, Antonelli, 1873. op. in-8. — Notizie sul fiorino d'oro antico di Firenze, in rapporto special- mente al suo vero valore a moneta d'argento ; op. in-4. — N. 2 Monete italiane in arg., 6 in rame. Papadopoli conte comm. Nicolò. Le sue pubblicazioni : Nicolò Tron e le sue monete (1471-1473). Milano, Cogliati, 1901. — Monete italiane inedite della Raccolta Papadopoli {Appendice al N. /). Perini Quintillio. Le sue pubblicazioni : La Famiglia Lindegg e le Signorie di Liz- zana, Mollenburg, Weissenberg, Marbach e Arndorf. — Cenni storici, stemmi, medaglie. Rovereto, Grandi, 1903. Piccione prof. Matteo. La sua pubblicazione : Del bucchero esile. Roma, tipografia editrice Romana, 1903. 250 ATTI DELLA SOCItTÀ NUMISMATICA ITALIANA Ricci prof. doli. Serafino. Le sue pubblicazioni: Indice sistematico analitico della Rivista italiana di Numismatica dalla sua fondazione alla fine del sec. XIX (I, 1888 — XllI, 1900) con una introduzione di appunti retrospettivi intorno alla Storia della Numismatica italiana dal 1860 al 1900. — Una medaglia inedita in onore di Giambattista Camozzi-Vertova, con illustrazione. Milano, Cogliati, 1903 (dal Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia, n. 3-4). — Omaggio al Congresso Internazionale di Scienze Storiche in Roma, pubblicato dal Circolo Numismatico Milanese, redatto dal suo Presidente prof. S. Ricci, con illustrazioni. — Congresso Internazionale di Scienze Storiche in Roma. Relazione sul tema proposto al Congresso dal Circolo Numismatico Milanese, relatore il prof. S. Ricci : Dell' ordinamento delle Collezioni di monete italiane, medioevali e moderne. Milano, Cogliatt, 1903. — L'arte della medaglia e della placchetta in Italia, estratto da.]V Arte italiana decoratica e industriale diretta da Camillo Boito. Milano, Hoepli, 1903, con molte illustrazioni nel testo e due tavole delle medaglie e placchette dello Stabilimento Johnson in Milano. Rizzoli dott. Luigi, junior. Le sue pubblicazioni: Quattrini di Francesco Novello da Carrara; varietà possedute dal Museo Bottacin di Padova. Milano, Cogliati, 1902. — Due bassorilievi in bronzo di Giovanni Dal Cavino. Padova, Società Cooperativa tipografica, 1902. — I sigilli nel Museo Bottacin (Vili). Padova, Società Cooperativa tipografica, 1902. — Di un sigillo in uso a Trento durante il dominio bavarese (1806-1809). Rovereto, tipografia Grandi, 1902. — Il Museo Bottacin in Padova. Padova, Prosperini, 1903. Vanden Broeck Edouard di Bruxelles. La sua pubblicazione : Cinq jetons de Magistrats Bruxellois pour des fonctions restant à déterminer (XVII siècle) con tavola. V. Si approva da ultimo la composizione del II fascicolo della Rivista 1903. Alle ore 143/4, esaurito l'Ordine del Giorno, la seduta è levata. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 25 1 Assemblea Generale dei Soci 26 Giugno 1903. L'Assemblea, convocata nella Sala Sociale del Castello, è aperta alle ore 15. Sono presenti il Presidente, il Vice-Presidente Cav. Uff. Ercole Gnecchi, cinque Consiglieri e buon numero di Soci. In assenza del Vice Presidente Comm, Francesco Gnecchi, indisposto, il Segretario Angelo Maria Cornelio, legge la seguente Relazione: Egregi Colleghi, Nella mia relazione precedente accennavo con piacere a un fatto consolante che da qualche tempo si verifica nel nostro paese, cioè ad un risveglio sensibile negli studi nu- mismatici e nella passione per le raccolte. Non dubito di asserire che il merito principale di questo nuovo indirizzo di studi e d'intenti è dovuto all'influenza e all'impulso della nostra Società e del suo periodico che da ben quindici anni continua regolarmente le sue pubblicazioni. Molti, special- mente fra i giovani, ne sono divenuti fedeli collaboratori, e ogni anno qualche nuovo nome viene ad ingrossare il loro numero. Altri giovani, specie della nostra città, hanno iniziato delle collezioni; alcuni di questi vi attendono con serietà d'intenti, ed è certo che presto porteranno essi pure alla Rivista il contributo dei loro studi. Come indizio di questo risveglio, di questa nuova orien- tazione di studi e di gusti, possiamo citare un altro fatto. Sulla fine dello scorso anno 1902, per iniziativa del nostro collega prof. Serafino Ricci e col concorso di alcuni giovani studiosi, si fondava nella nostra città il Circolo Niimismalico milanese. Questo Circolo ha per iscopo il ritrovo e l'aflìata- mento fra i cultori della numismatica, per promovere ed aumentare le collezioni, per la consultazione gratuita circa le monete e le medaglie, per il prestito gratuito dei libri, ecc., ecc. Il Circolo pubblica un Bollettino mensile, redatto in modo pratico e con tutte quelle notizie che possono inte- ressare i raccoglitori. Noi salutiamo con piacere il sorgere di questo nuovo sodalizio e siamo ben lungi dal minimo sentimento di gelosia. 252 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA o dal temere che esso possa in alcun modo danneggiare la nostra Società e la nostra Rivista, o farci, come si dice, concorrenza. Nel campo degli studi, ogni istituzione può riuscir utile. Perciò le due Società si daranno la mano, si ajuteranno a vicenda, e l'una sarà anzi il complemento dell'altra. Eccomi ora a darvi qualche notizia riassuntiva sull'andamento della' Società nostra durante il 1902: Soci. Alla fine dello scorso anno la Società contava: N. 54 Soci Effettivi e 57 Corrispondenti. Gli abbonati alla Rivista erano 140. Durante l'annata la Società acquistava nuovi Soci ed Abbonati, ma questi bastarono appena a sostituire quelli cessati per morie; sicché il numero totale è ancora quello dell'anno precedente. Biblioteca e Medagliere, Un nuovo incremento segnarono nell'anno la Biblioteca e il Medagliere della nostra Società. Eccone il prospetto numerico alla fine del 1902: Biblioteca. Volumi Opuscoli N. 580 Medagliere. Monete Oro . Argento Bronzo Vetro Argento Medaglie \ Bronzo \ Metalli diversi Piombi \. 13 » 614 >ì 4872 >} 448 » 20 » 328 II 95 » 94 Totale pezzi N. 6484 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 253 Si è potuto finalmente far acquisto di un nuovo mobile per la divisione razionale delle monete e delle medaglie, ed entro il corrente anno la nostra suppellettile numismatica sarà completamente riordinata per cura del nostro collega Vice-Bibliotecario, prof. Serafino Ricci. Rivista. Mentre il numero degli abbonati alla nostra Rivista pur troppo si mantiene esiguo e non proporzionato alle spese occorrenti, constatiamo con piacere che la schiera dei colla- boratori va sempre aumentando, talché i direttori, pur la- sciando da parte quei lavori che non meritano attenzione, durano talvolta fatica a dar posto a tutti gli articoli degni d'esser pubblicati. Nel 1902, quantunque le finanze noi con- sentissero, si dovette sorpassare il numero di 500 pagine prescritte come limite ed avvicinarsi alle 600, unendovi inoltre ben 17 tavole. La materia fu, come di solito, distribuita in giusta misura, dalla numismatica classica a quella medio- evale e moderna e alle medaglie; e fra le sue pagine la Rivista ebbe l'onore di accogliere gli studi di distinti numismatici esteri, elaborati che erano stati predisposti per il Congresso Storico di Roma. Anche nel 1903 i nostri lettori vedranno indubbiamente comparire ancora sulla nostra Rivista lavori dei più riputati scrittori d'oItr'Alpe. Bilancio. Ed eccoci ora al Bilancio Consuntivo del 1902: Rimanenze attive del 1901. Libretto Cassa di Risparmio L. 122 io Quote da riscuotere n 60 — L. 182 IO Entrate dell'anno 1902. Quote di Soci ed Abbonati alla Rivista . . L. 3660 — Elargiz.' del Conte Comm, N. Papadopoli . ■» 500 — " dei F.lli Comm. F. e Cav. E. Gnecchi »» 500 — Dal Congresso Storico di Roma ..." 450 — L. 51 IO — 33 254 ^TTI DKLLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Rimanenze attive del 1901 . . . L. 182 io Entrate dell'anno 1902 come retro » 5110 — Residui passivi. Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1903 . . L. 180 — L. 5472 IO Rimanenze passive del 1901. Anticipazioni quote di Soci ed Abbonati pel 1902 . . L. 170 — Spese del 1902. Stampa della Rivista ed accessori . . . . L. 4020 - Fotoincisioni ed eliotipie » 605 — Affitto locale nel Castello Sforzesco ...» 250 — Al Custode dell'Ufficio » 100 — Competenze di Segreteria » 100 — Spese postali ...» 24 — L. 5099 - Rimanenze attive al 31 Dicembre 1902. In Cassa L. 103 10 Quote da riscuotere » 100 — L. 203 IO L. 5472 IO Dimost r a zio n e . Attività in principio di esercizio L. 182 io Passività » 170 — L. 12 IO Attività in fine di esercizio L. 203 10 Passività » 180 — L. 23 IO Aumento di Patrimonio L. 11 Rendite dell'anno L. 5110 — Spese " 5099 — Avanzo L. 11 — // Segretario Tesoriere: Angelo Maria Cornelio. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 255 11 nostro Bilancio, dunque, si mantenne in pareggio, quantunque la spesa per la Rivista sia risultata considerevol- mente superiore a quella dell'anno precedente, e malgrado le spese incontrate pel Congresso Storico di Roma, spese che furono solo in parte rimborsate sul fondo che la Commissione Governativa aveva a disposizione per quello scopo. Congresso storico internazionale di Roma. Un avvenimento che, quantunque abbia avuto luogo nel 1903 e non nel 1902 di cui ora ci occupiamo, pure deve prender posto in questa relazione, è il Congresso Internazio- nale di Scienze Storiche tenutosi in Roma al principio dello scorso Aprile. Mercè i buoni ufficii della nostra Società, la Numismatica vi ebbe la sua parte e così anche l'Italia può ora dire d'avere avuto il suo Congresso internazionale di Numismatica. Bruxelles iniziò la serie di tali Congressi nel 1891, Parigi tenne il secondo nel 1900 e Roma il terzo appunto nello scorso mese d'Aprile. L'Italia che, passiamo dirlo, figurò bene nei primi due, non poteva restare indietro in quello qui organizzato e ci pare di poter dire che l'onore degli studii numismatici venne tenuto alto dai numerosi intervenuti. Iscritti alla Sezione Numismatica furono N. 141 di cui N. 75 italiani e N. 66 esteri. Le memorie presentate furono 27, di cui 17 italiane e IO straniere. Per la maggior parte le memorie furono lette dagli autori stessi presenti, e, cosa notevole, quasi tutte furono lette in italiano, gentilezza, di cui non possiamo che essere grati ai colleghi stranieri. Io non mi fermerò qui a dare una descrizione delle feste che accompagnarono il congresso, delle cortesie che ai con- gressisti usarono la città di Roma, la Corte e la Presidenza del Congresso stesso, perchè un'ampia relazione del prof. Ricci apparirà nel II fascicolo della Rivista, e neppure mi soffer- merò a citare i nomi degli intervenuti, né le memorie presen- tate, perchè queste verranno pure pubblicate nella Rivista, incominciando appunto con questo II fase, dell'anno in corso. Qualche parola invece credo di dover aggiungere sui due temi presentati dai Sigg. Ambrosoli e Ricci e discussi nelle sedute del Congresso. Il primo di questi temi versava sull'uso delle lingue nazionali negli scritti numismatici, il secondo sull'ordinamento delle Collezioni di monete italiane medioevali e moderne. I due temi non erano di facile soluzione, troppi essendo gli argomenti che si possono portare prò e contro. Quanto 256 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA al primo, abbandonato ormai, e pur troppo, il latino come lingua scientifica, non è certo più il caso di poterlo far rivi- vere, e altrettanto difficile riescirebbe sia il creare una lingua nuova, sia l'adottare come lingua universale una delle viventi. Ormai non resta che limitare il numero di queste, le quali invece col rafforzarsi dei sentimenti nazionalisti, tendono a moltiplicarsi, e il voto espresso fu appunto la limitazione alle quattro principali, francese, inglese, tedesca e italiana. I Prof Salinas e De Petra poi proposero, e il relatore accettò un ordine del giorno, in cui si esprime il desiderio che almeno per le descrizioni delle monete classiche venisse conservato il latino. Vedremo quale fortuna otterrà nella pratica questo voto del Congresso romano. L'altro tema sull'Ordinamento delle collezioni italiane fu lungamente discusso e vi presero parte con molta compe- tenza anche parecchi fra gli stranieri. Le proposte furono diverse, molte le difficoltà e le opposizioni sollevate, e quando si vide che il tema non poteva essere svolto né in una né in due delle sedute del Congresso, si pensò di rimandarne lo studio a una Commissione, deferendo la nomina di questa alla Società Numismatica Italiana. Può darsi che la questione abbia il seguito della di- scussione al Congresso Numismatico di Berlino, già indetto pel 1906. Un argomento che, per quanto non fosse proposto alla discussione in un tema speciale, pure occupò replicatamente le sedute del Congresso, fu quello delle falsificazioni. Nessun tema più pratico e più attuale di questo. Le falsificazioni incominciarono presto nella numismatica, come del resto in tutti gli altri oggetti che presentano un valore; ma ormai raggiunsero un'intensità e una estensione impressionanti. Roma é una delle città dove più fiorente é tale vergognosa industria ed era ben giusto che se ne parlasse. Le falsificazioni dei bronzi hanno avuto il loro tempo di floridezza; ma ormai si possono dire poco pericolose, perché per quanto sia grande l'abilità dei falsarli, gli amatori che si sono lasciati cogliere all'inizio di tale industria, ormai hanno imparato a conoscerle assai bene ed è difficile che si lascino ingannare. Non é dire che non si trovino falsificazioni di monete di bronzo a Roma; tutt' altro. Solo del famoso Gran Bronzo di Tranquillina trovai ben sette esemplari nel giro che feci fra gli antiquarii di Roma. E oltre a questa falsificazione ne trovai molte altre; ma ormai queste non destano più apprensioni. Sull'argento pure non è molto intensa la falsificazione; ma dove invece é grandissima e enormemente pericolosa è ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 257 nell'oro. Questo metallo tanto dolce e malleabile e tanto resi- stente a cjualunque ossidazione e quindi così sempre eguale a qualunque età, si presta mirabilmente alle falsificazioni. Non è questione che di eseguir bene i conii. Sia poi che questi si facciano a mano da abili incisori, sia che si trovi un sistema meccanico di ricalcarli sugli antichi, una volta ottenuti i conii, la moneta che ne risulta è tanto simile all'antica, che è sempre difficilissimo — talvolta aggiungerei impossibile — il distinguere l' una dall'altra. A Roma poi non si fanno solamente monete nuove che sembrano antiche, si correggono anche — e assai bene — sulle monete antiche, e specialmente sulle medioevali lettere o simboli, e si rendono così rare delle monete comuni. Perciò l'amatore in cerca di monete d'oro si trova in un ambiente tanto pieno d'insidie che è ben difficile che ne esca senza danno. Difatti, durante il mio ultimo soggiorno a Roma, ho visto parecchi fra i più intelligenti talvolta rimanere perplessi, tal'altra restare completamente ingannati dalle monete d'oro. Tale la posizione dei fatti. Ma i rimedii? poiché, mi si osserverà: è di questi probabilmente che le discussioni del Congresso si saranno occupate. I rimedii sono pochi e poco efficaci, perchè troppo difficile è colpire il falsificatore, il quale attende anche apertamente al suo mestiere, allegando che eseguisce delle copie, come i pittori che vanno a copiare nelle pinacoteche. L'esecutore poi ha la cura di non vendere i suoi prodotti ai raccoglitori; ma trova chi si assume questo incarico , il quale ha sempre la scappatoja di confessare d'essersi ingannato quando il falso viene scoperto. E frattanto non resta che raccomandare il più caldamente possibile ai raccoglitori di aprir bene tutti e due gli occhi davanti alle monete d'oro; di dubitare di ogni moneta che esca appena dal comune, e di non acquistarne se non da persone pratiche e oneste; e finalmente di essere rassegnato, di quando in quando, a pagare la scuola colla propria borsa. Pur troppo è questa la condizione generale e numerosi sono gli esempi che si possono citare non solo fra i privati amatori , ma benanco fra i direttori dei principali musei. Non preciserò i fatti; ma alcuni di questi sono ormai di dominio pubblico. Il Prof. Piccione di Roma, che si occupa dello studio delle monete antiche sotto l'aspetto tecnico della fabbrica- zione, che dubita assai — e con molta ragione — delle monete che circolano in commercio, che per i suoi studii tagliò e sventrò e diede al crogiuolo tante monete, che per essere sicuro sulla qualità dell'argento nelle diverse epoche non esitò a sagrificare un denaro di Tranquillina — benché il sacrificio assai più tenue fatto colle monete del 258 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA marito avrebbe condotto al medesimo scopo — intrattenne diverse volte l'adunanza interessandola colle sue critiche osservazioni; ma la conclusione finale è sempre quella. Il pericolo esiste ed è molto grande; ai raccoglitori il guardar- sene.... fin che lo possono. Come i nostri Soci ed Abbonati avranno potuto consta- tare, la nostra Rivista ha già cominciato ad occuparsi di questo argomento, pubblicando in una Rubrica speciale un certo numero di falsificazioni recentemente apparse. Essa continuerà coraggiosamente la sua campagna contro questi sfruttatori della scienza e della buona fede, accogliendo di buon grado tutte le comunicazioni e le notizie che le verranno date a questo proposito da' suoi Collaboratori. Il Congresso si chiuse solennemente come era stato inaugurato e lasciò in tutti gli intervenuti un gratissimo ricordo. Si fecero parecchie conoscenze, se ne ravvivarono altre sia con membri italiani che con membri stranieri; e fra questi e quelli regnò sempre la massima cortesia, motivo pel quale sentiamo il dovere di mandare ancora un cordiale saluto a tutti gli stranieri che ci onorarono del loro inter- vento. La Relazione e il Bilancio Consuntivo 1902 sono appro- vati ad unanimità. Dietro invito del Presidente si apre una viva e interes- sante discussione circa la nuova legge relativa all'esporta- zione all'estero degli oggetti antichi, legge già approvata dal Parlamento e che sta per essere trattata in Senato. Tutti sono d'accordo nell'affermare che la nuova legge, per quanto riguarda le monete, oltre riuscire affatto inefficace, lede i diritti e gli interessi dei raccoglitori e dei negozianti, e, nonché favorire, inceppa e rende difficile l'incremento delle collezioni, per le quali si ricorre in gran parte all'estero. Viene pertanto approvato ad unanimità il seguente telegramma da spedire seduta stante alla Presidenza del Senato: u Società Numismatica Italiana, oggi radunata in Assemblea Generale, presa cognizione della legge in discussione al Senato circa divieto esportazione oggetti antichità, fa voti ne siano escluse le monete, poiché qualsiasi limite loro esportazione riesce di difficile applicazione, mentre inceppa grandemente scambi internazionali, incremento collezioni, progresso studii numismatici. »> ATJI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 259 Si passa da ultimo alla nomina di tre Membri del Con- siglio in sostituzione dei Sigg.: Cav. Dott. Soloue Ambrosoli, Conte Nicolò Papadopoli e Cav. Uff. Ercole Gnecchi, scadenti per anzianità. Fatta la votazione, i tre Consiglieri uscenti sono rieletti. Vengono pure confermate le cariche sociali in corso, delle quali ecco 1* elenco pel 1903. Presidente Onorario : S. M. Vittorio Emanuele III, Re d'Italia. Presidente: Conte Comm. Nicolò Papadopoli, Senatore del Regno. Vice- Presidenti : Comm. Francesco Gnecchi. Cav. Uff. Ercole Gnecchi, Consiglieri: Ambrosoli Cav. Dott. Solone (Bibliotecario). Gavazzi Cav. Giuseppe. Motta Ing. Emilio. Ricci Prof. Dott. Serafino ( Vice- Bibliotecario). Ruggero Comm. Col. Giuseppe. V^iscoNTi March. Cav. Carlo Ermes. Angelo Maria Cornelio, Segretario. Alle ore 16 Vi, esaurito l'Ordine del Giorno, il Presidente dichiara sciolta l'Adunanza. Finito di stampare il 30 Giugno 1903. Achille Martelli, Gerente responsabile. FASCICOLO III. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA " (Vedi Fase. I, 19031 XVI. Saggio storico sulla monetazione dell'Egitto dalla caduta dei Lagidi all'introduzione delle monete con leggenda latina. Parte VI. § I. A tutti sono note le tante calamità che si suc- cessero durante il lungo regno di Marco xA.urelio, e la finanza dell' impero in grande parte dovette ripa- rarvi, cosicché si trovò a dovere affrontare delle spese ingenti e straordinarie, a tale segno che il tesoro si trovò spesso in grandi ristrettezze. Per regola generale non solo nei tempi più remoti, ma anche in tutti gli altri, compresi i mo- derni, fra le tante conseguenze che portano seco le ristrettezze finanziarie di un governo, prima tra que- ste, è la penuria del numerario. Nei tempi che ora ci occupano quella penuria fu quasi sempre causa di qualche cambiamento nel sistema monetario, cam- biamento in parte decretato dal governo ed in parte abusivo di coloro che erano addetti all'emissioni delle monete. 264 G. DATTARI Sembra che a questa legge, che chiamerei na- turale, la monetazione di M. Aurelio si sottraesse, poiché apparentemente il sistema non cambiò da quello che lo aveva lasciato Antonino Pio. Ho detto a quello che sembra, giacche per quanto è a mia conoscenza, tanto per le monete della serie romana quanto per quelle di tutte le altre, nessuno ha mai avanzato l' idea che durante questo regno avvenis- sero delle modificazioni al sistema monetario, se si eccettua l'avvilimento nel valore del denaro. Anzi tutti i numismatici sono in pieno accordo, assegnando a Caracalla la prima modificazione dopo che il si- stema venne riformato da Nerone. § 2. Si ricorderà come con l'Appunto IX (i) vagamente accennai che in Egitto fino dai tempi di M. Aurelio si pensava ad una riforma monetaria. A questa idea che oggi vengo a comfermare, ne aggiungo un'altra, ed è che in Alessandria, sotto di questo imperatore e per la prima volta, venne inaugurata una zecca, la quale probabilmente fu istituita sulle stesse basi di quella di Roma, e forse col tempo divenne unica in Egitto. Questa idea viene suggerita dalla comparsa che fa la Dea Moneta sopra i rovesci delle monete di questa serie, tanto di mistura come di bronzo ^^^). La Dea viene rappresentata come lo è sulle monete di Roma, con la differenza che talvolta sopra quelle di bronzo della maggior grandezza, dietro la Dea apparisce un alto monumento con sopra una statua (i) Le date sulle monete di Commodo. (2) NVMI AVGG- ALEXANDRINI. Vedi descrizioni N.i 3478 e 3732. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 265 (Moneta?). Quelle monete portano la data dell'anno 3° (162-163 d. C); mentre che a Roma da Galba in poi la Dea Moneta venne immancabilmente esibita sui ro- vesci delle monete, è proprio sopra a quelle di M. Au- relio, Faustina, Lucio Vero e Lucilla che manca. Questa Dea di creazione puramente romana e mancante nel Pantheon Greco ed Egizio, onde fosse conosciuta nel nuovo ambiente, il suo nome venne ellenizzato e tutte le monete con quel rovescio por- tano la leggenda « MONHTA w. Perchè in Egitto si sarebbe riprodotto un ro- vescio copiato dalle monete di Roma di tempi an- teriori a questi? e perchè a quel rovescio venne aggiunto il monumento? Bisogna convenire che con quella nuova rappresentazione si volle commemorare un avvenimento proprio ad Alessandria e quell'av- venimento, quale altro può essere se non T inaugura- zione della sua Zecca? Se r interpretazione che ho dato alla comparsa delle monete con la nuova Dea ha qualche cosa di vero, si può anche dedurre che sotto di M. Aurelio la Zecca di Alessandria venne messa in più stretta relazione con quella di Roma e con più forte ragione, i due sistemi monetari dovevano camminare di un più comune accordo, per cui, le innovazioni fatte da una di esse dovevano quasi per conseguenza essere risentite dall'altra. § 3- Se all'epoca di questo Augusto, come v^edremo in appresso, il sistema monetano d'Egitto venne mo- dificato, senza che a Roma si abbia fatto altrettanto, bisogna convenire che il caso è unico, poiché ab- biamo constatato e lo constateremo anche pei regni 266 G. DATTARI seguenti, che la monetazione d'Egitto seguì regolar- mente i movimenti di quella di Roma. Non sarà fuori di luogo che faccia osservare che per questo regno l'epoca delle emissioni ed il quantitativo di monete emesse dalle due Zecche (Roma ed Alessandria) camminava di pari passo. Mi spiegherò. A Roma nel 167 d. C. non vennero emesse monete di argento e pochissime di bronzo; a partire dal 171 d. C. la produzione è più cospicua di quella degli anni antecedenti, specialmente per le monete di bronzo; mentre negli ultimi anni si ritorna alla scarsità delle emissioni dei due metaUi. In Egitto la produzione delle monete, sì di mistura che di bronzo, è stragrande dal i" al 5° anno; nel 6° (165-166 d. C), vennero emesse delle rare monete di mistura, ma se ne emisero in assai quantità di quelle di bronzo. Dall'anno 7° all' 11° (166-167-170- 171 d. C), la produzione è molto scarsa, quando nel 12° (171-172 d. C.) si vede un risveglio per le monete del bronzo, che cessa l' anno dopo, causa forse r insurrezione dei Bucoli ed il sollevamento capitanato da Avidio Cassio. Nell'anno iS*" (177-178 d. C.) altro risvegho nelle emissioni del bronzo e, come a Roma, cessa negli ultimi due anni di regno. Fra l'anno 11° e 20" (169-170 al 179-180 d. C.) non vennero emesse monete di mistura, eccettuate alcune poche nel 17° (176-177 d. C). È dunque evidente che, per quanto fosse possi- bile, l'attività delle due Zecche era uguale. Riguardo le monete di Roma, mi permetto di fare osservare, che se nelle loro grandi linee appa- rentemente non danno luogo a supporre che in quel- l'epoca avvenissero delle modificazioni al suo sistema monetario, tutte le monete di PB. descritte dal Cohen, tanto per M. Aurelio come per Faustina, Lucilla e Commodo Cesare, oppure associato all'impero, sem- APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 267 brano così differenti dalle loro consorelle battute pre- cedentemente, che il citato autore trovò necessario accompagnare le descrizioni di quelle, da altrettante note (^) assai significative. Perchè tutte quelle monete sono mancanti delle lettere S • C ? e perchè il loro spessore è oltre l'or- dinario? Ed il N. 406 di Commodo che viene adde- bitato ad una prova di zecca I I PB. che il Cohen chiama suberati, oppure falsi aiitichi, da chi furono emessi? dal governo oppure dai falsari? (2). Perchè mancano i PB. di Lucio Vero? ed i soH due co- nosciuti di Lucilla, secondo il Cohen, sono eviden- temente battuti con dei conii che servirono per le monete di argento. Senza perdermi in altri dettagli, dirò francamente che quelle monete meritano di essere meglio studiate per vedere se non potessero suggerire delle soluzioni differenti da quelle date dal Cohen. (i) Cohen, voi. Ili, pag. 2, P • B (N.os 119, 120 et 121). Toutes Its autres irédailles de petit bronze de M. Aurèle que j'ai vues ne sont que des pièces defourrées ou des deniers faux antiques, etc. etc. Faustine, pag. 135, P • B. Voyez aux incertains, tom. Vili. Lucilla, pag. 220, N.63 (sans S 'C). Celte médaille a été évidemment frappée avec le coin qui a servi à l'argent. Cependant son épesseur prouve qu'elle n'a jamais été couverte d'une feuille d'argent et que d'ailleurs, ce n'est pas un denier faux. J'ignore s'il en existe d'autres exemplaires. La médaille décrite ci-après N. 91 se trouve dans les mémes conditions. Commode, pag. 257, N. 220 (sans S • C); pag. 281, N. 406. Ce petit bronze très épais d'un très beau style semble avoir servi de pièce d'essai, pag. 312, N.> 617, 618 (sans SC). Les letires S*C manquent sur ces deux pièces dont le flan est très épais, pag. 326, N. 735 (sans S • C), flans épais, pag. 327, N. 742 (sans S • C). (2) Non sono consapevole quanti di quei denari falsi e suberati passarono per le mani del Cohen; ma, come egli dice toutes les autres, è giusto sottointendere che il numero da lui esaminato dovette essere non indifferente. In tal caso bisogna quasi credere che durante questo re- gno i falsari emisero tante di quelle monete che oggi ritroviamo in quantità non minori a quelle delle monete genuine. 268 G. DATTARI L'estetica delle monete di mistura di M. Aurelio differisce assai tra moneta e moneta, tanto che pos- sono essere divise in tre gruppi; cioè: 1° Monete di colore bianco e qualche volta rossiccio, il metallo lucente e compatto, oppure colore piombo, e allora il metallo è poroso; l'arte è simile e talvolta migliore delle ultime monete di Antonino Pio (vedi impronta N. i). 2.° Monete di colore rosso-rame, di un dia- metro assai maggiore, i tipi appiattiti e di un'arte quasi barbara (vedi impronta N. 2). 3.*" Monete di colore rossiccio, di un diametro simile alle monete del 1° gruppo; ma di un'arte scadente. Come ho già detto, l'estetica di queste monete è così diff"erente tra di loro, che non mi sbagliai al- lorché ne feci la scelta, onde fare analizzare una moneta di ciascun gruppo. Il risultato delle analisi conferma pienamente quello che non può sfuggire all'occhio meno pratico e meno indagatore ed eccone il risultato: i'' Gruppo, contengono 160 7oo ^i argento; 3° gruppo, ne contengono 8o7ooJ quelle del 2° non ne contengono che 40 7oo- Come si vede, il risultato è superiore a quello che potevamo mai aspettarci, anzi, dirò francamente che l'esatta proporzione che risulta del doppio del valore di argento contenuto in una moneta più che nell'altra, lo attribuisco piut- tosto al caso, anziché alla precisione esercitata dai monetari del tempo; comunque sia, è chiaro che le tre monete rappresentavano dei diff'erenti valori, giac- ché non credo che ad alcuno verrà mai l'idea che le monete le quali contengono 40 7oo ^^ argento, APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 269 fossero opera di falsari; stante che se la loro estetica non arrivò ad ingannare i nostri occhi, molto meno facile era ingannare quelli da cui dovevano ricevere le dette monete quale mercede delle loro fatiche. Le monete del i° gruppo vennero battute nei primi dieci anni di regno e qualcheduna contempo- raneamente a quelle del 2" gruppo, le quali portano la data degli anni 9**, 10°, 17° (quelle che io co- nosco); queste ultime, a quello che sembra, vennero emesse in piccolissime quantità. Le monete del 3° gruppo sono tutte coireffigie di. Commodo, battute in occasione del suo avvenimento al trono in società col padre, per cui portano la data dell'anno 17° e per il valore di argento che esse contengono appar- terrebbero ad una frazione che non si ritrova tra le ^ monete di Commodo solo all'impero, mentre la si ritroverà in epoche assai lontane da queste. Per non dividere le idee e per non ritornare più volte sullo stesso soggetto, fa mestieri trattare collettivamente le monete del padre con quelle del figlio, le quah come si è detto sono simili tra loro, e le impronte sottostanti daranno un'adeguata idea della loro somiglianza estetica. M. AURELIO C(HfMODO Ni N. a N. 3 Arg., i6o7,„ Arg., 150 «/oo 270 G. DATTARI 2 GRUPPO. COMMODO N. 4 Arg., 42 o/o Arg, 40 o/o Nelle monete di Commodo simili alle impronte N. 2 e 3, come si vede, l'arte non è per niente infe- riore alle monete di M. Aurelio dell'impronta N. i; la lega è la stessa (170 e 150 7oo» media 160 7oo)- Nelle monete simili all' impronta N. 4, arte, mo- dulo, lega, sono esaltamente simili alle monete del- l' impronta N. 5. L'opinione che prevale si è che Commodo fu il primo ad emettere delle monete di bassissima lega('); ma, la stretta somiglianza che abbiamo constatato tra le monete di un regno e quelle dell'altro, dimo- stra chiaramente che se le monete del padre furono emesse tredici anni prima che non potesse emet- terne il figlio ^^\ rimane accertato che fu sotto di M. Aurelio che apparve la nuova moneta e con essa venne portata una modificazione al sistema monetario. (i) Feuardent, pag.XI. C'est seulement à partir du règne de Commode que nous croyons devoir admettre la dénomination du mot POTIN. PooLE, pag. XXIX. This billon coinage falls in purity and in the time of Commodus is almost copper washed with Silver. (2) Nell'appunto IX (già citato) cercai di stabilire la cronologia delle monete di Commodo solo all'impero e conclusi che le di lui prime mo- nete vennero emesse in Egitto, qualche tempo dopo il 29 Agosto 180 d. C. Oggi, secondo la regola stabilita con questo studio, apparirebbe che quelle monete vennero emesse dopo il i." Gennaio 181 d. C, ossia, nove mesi dopc la morte del padre. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 27I Osservando la questione anche dal punto logico, veniamo allo stesso risultato; perchè è diffìcile di ammettere che il dissoluto Commodo, appena salito al trono, siasi dato tanta premura di una sì impor- tante riforma amministrativa; mentre è assai vero- simile attribuirla a M. Aurelio. E di ciò ne avremo la prova materiale allorché esamineremo le di lui monete di bronzo. §6. Fra le monete di Commodo con la data del- l'anno 21" (primo del suo regno^ ve ne sono alcune che per la loro estetica farebbero credere essere quelle il trai t-d' union tra le monete del i" e quelle del 2" gruppo; ma l'analisi di una di esse, essendo risultata di un valore di 170 7oo ^^ argento, non lascia ombra di dubbio che appartengano alle mo- nete del i" gruppo (0, le quali per la maggior parte sono di colore bianco piombo ed il metallo è più o meno poroso. La pluralità dei rovesci di queste si riferisce alle gesta dell'Imperatore; ma qualche raro rovescio si ritrova tra le monete del 2" gruppo. L'effigie del diritto è rivolta a d. oppure a s ; la testa è nuda, oppure laureata ed anche radiata; talvolta, invece della testa vi appare il busto, sia loricato che paludato, veduto di fianco, oppure di dorso; tutte queste varianti di posizioni e di acconciature si ri- trovano sulle monete di M. Aurelio del i" gruppo. Le date dimostrano che furono emesse tra l'anno 30" ed il 33^ Le monete dell'altro gruppo, di un'arte assai (i) Le monete di Crispina degl'anni 21* e 22" sembrano appartenere alle monete del i' gruppo ; poiché dall'analisi di una di queste si rileva che conteneva 151 ojoo di argento. 272 G. D ATT ARI barbara e con tipi appiattiti, sono di un colore rosso rame; l'effigie dell'Augusto porta invariabilmente la testa laureata e sempre rivolta a d. (simile alle mo- nete d; M. Aurelio dello stesso gruppo». Le monete di Commodo del 1" gruppo, con po- chissime eccezioni si rinvengono miste con le mo- nete del i" gruppo di M. Aurelio e regni antece- denti ed anche con le monete di S. Severo, Pertinace, Pescennio e Macrino; quelle del 2" gruppo si ritro- vano confuse con le monete di Eliogabalo fino a Gal- lieno. Qualche volta, e molto raramente, le monete dei due gruppi sono trovate assieme; ma in tale caso quelle del 1° gruppo sono in grandissima minoranza oppure viceversa. La differente associazione con cui vengono ritrovate le monete dei due gruppi, dimostra oltre il necessario che non solo appartenevano a due valori differenti, ma più ancora che le monete di Commodo valevano le monete dei rispettivi gruppi del padre. § 7. È ritenuto che sotto di M. Aurelio il valore del denaro venisse ridotto del 25 7„. per cui non conte- neva più che gr. 2,558 in argento puro. Venticinque di questi equivalendo sempre ad un aureo, nel loro totale contenevano un insieme di gr. 63,938 di ar- gento. Le monete alessandrine del i" gruppo, del peso medio di gr. 12,50, contengono t6o 7oo ^^ argento, vale a dire che ogni moneta ne contiene gr. 2 e gr. 10,50 di lega. Quelle del 2" gruppo, di un mag- giore peso, cioè di gr. 13, contenendo 40 o 42 7oo ^^ argento, ogni moneta, ne doveva contenere circa gr. 0,546 e gr. 12,454 di lega. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 273 La quantità di lega, in massima parte rame, con- tenuta nelle monete di quest'ultimo, gruppo, avendo superato il peso ed il valore di un asse, è quasi naturale di supporre che si dovette tenere conto di quel valore ed io credo sia bene giusto che lo stesso dovremo fare noi nei calcoli che andremo svi- luppando . Moltiplicando per 30 la quantità di argento e quindi quella del bronzo contenuta nelle monete del i" gruppo, avremo: argento gr. 60; bronzo gr. 262,50; quest'ultima quantità rappresenta il valore di un de- naro e mezzo ; ossia, gr. 3,835, i quali aggiunti al totale dell'argento (gr. 60), otteniamo che 30 monete del 1° gruppo equivalevano a gr. 63,835 di argento. Facendo la stessa operazione per le monete del 2" gruppo, ma la quantità dei due metalli moltiplicata per 90, avremo: argento gr. 49,140; bronzo gr. 1120,50; quest'ultima quantità rappresenta un valore di cinque denari e 13 16, ossia argento gr. 14,857 i quali ag- giunti a gr. 49,140. si ottiene un totale di gr. 63,997; per cui, il valore di argento contenuto rispettivamente nelle tre monete, era il seguente : 25 denari contenevano gr. 63,938 di argento puro. 30 tetradrammi . „ 63.835 » 90 nuove monete (?) „ „ 63,997 „ ., » Con queste cifre dinanzi a noi, si può stabilire che un aureo era eguale a 30 tetradrammi — a 90 monete del 2° gruppo. Apparentemente il risultato è più che soddisfa- cente, ma, non posso celare che le monete del 2" gruppo vengono a rappresentare una frazione quasi direi incompatibile con la divisione del tetra- dramma. 274 ^' D ATT ARI 8. Si vuole che Commodo abbia ridotto il valore del denaro del S^'^^'^ e così sia; ma, in tale caso abbiamo pienamente veduto che non fu lo stesso con il tetradramma di Egitto; da ciò risulterebbe che du- rante questo nuovo regno, 30 tetradrammi" valevano 27 denari, oppure, che il tetradramma circolava a un tasso inferiore del suo valore reale. 9- La monetazione del bronzo di M. Aurelio e quella dei regni che gli successero, si presenta quale pro- blema di somma difficoltà! Queste monete sono di quattro moduli; tra quelle dei tre maggiori, se ne trovano alcune che altrove abbiamo distinte col nome di mezze monete. Sta nel fatto che tra quelle della maggiore frazione ve ne sono che pesano gr. 31,50, mentre altre appena raggiungono il vile peso di gr. 16,60. Quelle della seconda grandezza, da gr. 19,70 scendono a gr. 7,40; finalmente quelle della terza, da gr. 10,80 scendono a gr. 5,80 (quasi tutte monete di primissima con- servazione). Gran parte di quelle monete potrebbero essere classificate fra le tante che ben di sovente furono addebitate ai falsari ed anche piti modestamente si dice alla frode dei monetari. Io credo che nel caso delle monete che ora ci occupano, non dobbiamo fare uso di quei comodi (i) Dall'analisi e dal relativo peso di un denaro di Conimodo è ri- sultato che conteneva gr. 2,765 di argento. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 275 scappavia poiché sono convintissimo, che molte mo- nete le quali a noi sembrano apocrife, in verità non lo sono, ma, ci appariscono tali, perchè sortono dal perimetro della realtà a cui la scienza e la pratica hanno assegnato le frontiere; come pure, perchè di- mentichiamo che le monete che sono l'oggetto dei nostri studi, vennero emesse allorché lo stato sociale differiva di molto dall'attuale; è dunque necessario che le giudichiamo con criteri differenti da quelli coi quali giudicheremmo le monete di cui facciamo uso giornaliero. Esaminando quelle monete dobbiamo constatare che esse non possono essere opera di falsari ('), poi- (i) Non mancano le prove che i falsari esistettero in tutti i tempi non esclusi quelli più remoti, di questi che ora ci occupano. Come tutte le cose di questa terra andarono progredendo, i falsari non rimasero addietro, ed oggi sono arrivati a tale perfezione che possono van- tarsi di metterci per le mani delle abilissime falsificazioni da ingannare i più esperti e pratici numismatici. £. dunque bene giusto di essere guardinghi e circonspetti; però abbisognano dei limiti e non intestar- darsi a condannare falsa una moneta od un oggetto, perchè sorte fuori dalle generalità che la pratica e la teorica hanno assegnate per distin- guere il falso dal veritiero. Non di rado, per le ragioni anzidette, certi nummi d'indisputabile autenticità vennero condannati per falsi da som- mità numismatiche. Fra i più recenti di questi casi, ricorderò il famoso pezzo d'oro con le iscrizioni geroglifiche, trovato in Egitto or sono cinque anni, il quale venne studiato sotto l' aspetto di una moneta, e giudicato per un' abile falsificazione, perchè naturalmente gli man- cava i requisiti voluti per rappresentare un valore. Lo scopo di quel pezzo d'oro, allorché venne emesso, non fu quello che dovesse rap- presentare un valore, bensì un peso e le sue qualità. Dunque non stupisce che, studiato sotto un aspetto contrario da quello che costi- tuiva la sua missione, venne giudicato per una moneta falsa. Quel monumento, per sicuro uno dei piii preziosi dell'antichità, ca- lunniato dai più, sarebbe andato ai crogiuolo, se per il primo, il celebre egittologo signor Maspeix), Direttore del Museo di antichità egiziane del Cairo, non avesse irrevocabilmente provato che le iscrizioni sopra il pezzo d'oro non erano il parto di un falsario e se la scienza del signor G. Svoronos di Atene non avesse pienamente dimostrato che quel pezzo non è una moneta, ma l'unico AOKIMION di oro che la terra si è compiaciuta di restituirci. 276 G. D ATT ARI che qui è proprio il caso di dire che anche i ciechi lo avrebbero veduto. Non possono essere il risultato di una tecnica imperfetta, ne esser dovute alla trascu- ranza con cui vennero scelti i tondelli che servirono per batterle, se non che si voglia ammettere che il metallo fosse malleabile al punto che una volta rice- vuto il colpo del martello, il tondello di un diametro di 24 milL potesse espandersi tanto da raggiungere il diametro di 31 mill. riproducendo perfettamente i tipi impressi sulle due faccie, senza lasciare traccie della minima mancanza di metallo. Dunque bisogna ammettere che in gran parte quelle mezze monete vennero emesse con uno scopo prefisso. Il sistemia monetario del bronzo ereditato da M. Aurelio, era diviso in sei frazioni le quali erano rappresentate da monete di sei differenti moduli ; mentre che le di lui monete sono di quattro soli moduli. Io sono convinto che le frazioni dei moduli mancanti non furono abolite e che se le monete vennero battute di due differenti pesi, ma di uno stesso modulo, ciò fu fatto allo scopo di ottenere una vistosa economia nella preparazione dei conii, cosicché, con lo stesso conio si potevano battere le monete di due frazioni e per fare ciò i tondelli ve- nivano preparafi di uno stesso modulo, ma di diffe- rente peso. Una simile economia sembrami di ri- scontrarla anche nella zecca di Roma allorché con gh stessi coni si batterono monete di oro e di argento. Purtroppo convengo che quella strana fabbricazione può avere dato agio ai monetari di operare la frode sopra un'ampia scala. Per più chiarezza di quanto andremo esaminando, in appendice ho dato un prospetto (N. 4) dal quale si potranno esaminare i differenti pesi delle monete di bronzo di M. Aurelio fino a Macrino. Quel prospetto darà un'adeguata idea delle dif- APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 277 ficoltà che andremo incontrando, difficoltà che farò del mio meglio per risolvere; ma par troppo nutro poca speranza che il risultato riceva l'approvazione generale. § IO. Il problema di questa monetazione sarebbe quasi insolvibile, se la buona stella non mi avesse favorito della monetina di cui dò qui sotto l'impronta. #• A me sembra che questo piccolo gioiello, non solo stabilisca in modo assoluto che in Egitto, re- gnando M. Aurelio, avvenne una riforma monetaria; ma più ancora ci riveli le basi dell'avvenuto cam- biamento. La monetina è di perfetta conservazione e benché sia anepigrafa, indubbiamente appartiene a M. Au- relio; porta la data dell'anno 2** ed il suo peso è di gr. 0,80. Questo peso è del tutto nuovo per essere quello dell'unità monetaria. Mi verrà contestato che quel peso non ha niente di straordinario in una mo- netazione i cui pesi sono così oscillanti, e che la nostra monetina può benissimo voler rappresentare l'obolo di gr. 1,20. Senza entrare in dettagh del come i monetari avrebbero trovato poco compenso nel frodare sul peso di quel piccolo bronzo, mi limiterò a dire che già sotto di Nerone, allorché avvenne la riforma con la quale si aumentò il numero dei te- tradrammi equivalenti a un aureo, allora, sembra 36 278 G. DATTARI che fosse stato necessario di aumentare il peso del- l' unità monetaria, cioè da gr. 0,73 venisse portato a gr. 1,20 (0. Per la stessa ragione, ma. in senso inverso, M. Aurelio avendo diminuito il numero di tetradrammi eguali al valore di un aureo, il peso della moneta unitaria dovette diminuire. Quali potes- sero essere le basi che regolassero queste propor- zioni, non sono in grado di spiegare (2). Stabilito che l'obolo venne portato al peso di gr. 0,80 e supposto che le così dette mezze monete non sono opera di falsari e non del tutto frode dei monetari, le frazioni ed i pesi normali delle nuove monete dovevano essere i seguenti: 45 oboli del peso normale di gr. 36 3^ » » » » » » ^4 ■^5 » » » » » » ^" i> n » n n }) ^ ^ w ì> » n » » OjOO. § II. Nel prospetto N. 4 si osserverà che le monete della prima grandezza (colonna I), dal peso quasi normale gradatamente scendono e si confondono col peso al disotto del normale delle monete della se- conda grandezza (colonna IVj, e lo stesso è per le (i) A suo tempo misi in campo l' idea che probabilmente fu sotto Claudio I che il peso della moneta unitaria venne aumentato, giusto perchè fu durante il suo regno che il numero dei tetradrammi equivalente ad un aureo venne aumentato, cioè da 22 fu portato a 44. (a) Non bisogna dimenticare che la moneta unitaria del sistema mo- netario alessandrino di Augusto si basava sul peso deWUieu; mentre quella di Nerone apparteneva al semionciale ed ecco forse il perchè non esiste una proporzione tra l'aumento del peso fatto da Nerone con il peso diminuito da M. Aurelio. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 279 monete delle altre due grandezze. Ho dunque as- segnato alla trazione di 45 oboli (colonna I) tutte le monete il cui peso oscilla tra il peso quasi normale ed i gr. 25,50, ottenendo una media di gr. 28. Alla frazione di 30 oboli ho assegnato le monete del maggiore modulo (colonne II e III) che da gr. 24,70 scendono a gr. 17,20, più le monete della seconda grandezza del peso di gr. 19,70 (colonna IV). Alla frazione di 15 oboli sono assegnate le monete della seconda grandezza (colonna V) che da gr. 16,20 scen- dono a gr. 7,40, più le monete della terza grandezza (colonna VI) che da gr. 10,80 scendono a gr. 9,60; finalmente, alla frazione di io oboli sono comprese tutte le monete della terza grandezza (colonne VII, Vili, IX). Ammetto che la proposta divisione, giudicata con criteri adattabiU all'epoca in cui viviamo, sa- rebbe addirittura roba da pazzi; ma non credo che sia lo stesso per i tempi in cui vennero emesse quelle monete. D'altra parte, i prospetti N.' 6, 7 e 8 che si troveranno pure in appendice, serviranno, se non totalmente a convincere, per lo meno a dimostrare che i pesi medi delle frazioni secondo il metodo che ho proposto, si avvicinano di più al peso normale di quello che non sarebbe dividendo le frazioni col si- stema dei moduli e ciò sia detto, tanto che la mo- neta unitaria fosse di gr. 1,20 come di gr. 0,80. § 12. A Roma 25 denari equivalevano sempre a gr. 4800 di rame ; lo stesso doveva essere di 30 tetradrammi ed anche di 90 nuove monete; per cui, un tetradramma valeva 200 oboli (200 X gr. 0,80 = gr. 160 X 30 = 28o G. DATTARI gr. 4800) ed una nuova moneta ne valeva circa 67. Ciò stabilito abbiamo : Qr. Gr. 4 monete di 4=; oboli 36 = 144 ) . , ,. ^ ^^ ^ ^^ ( = o-r. 160 = 200 oboli = I 5 15 I » 0,80 = ':^ C3 I Tetradramma. •6 » 30 }> 24 = 144) I » 15 » = 12 > = come sopra. 5 ); I » 0,80 = 4 ) 13 5 15 I 12 0,80 = 156 1_ 4 ) come sopra. 20 » IO » 8,- = 160 = come sopra. 200 » I u G,8o = 160 = come sopra. La nuova moneta equivaleva a circa gr. 53,60 di bronzo; per cui: Qr. Qr. = gr. 53.60 X 3 = gf • i6o,8o meno i obolo = gr. 160 = I Tetradramma. = gr. 53,60 come sopra. 1 1 noneta di U5' Dboli - - 36 I » 15 >} = = 12 ; 7 » I » 0,80 = = 5-60 ) I n 30 » = = 24 ) 2 n 15 V 12 = 24 > 7 n I » 0.80 = = 5.60 ) 4 » 15 n 12 = 48,- ì 7 » I )) 0,80 = = 5.60 s 6 » IO i> 8 - = = 48,- 1 7 }) I » 0,80 = = 5.60) 67 » I » 0,80 = gr. 53,60 come sopra. = gr. 53,60 come sopra. == gr. 53,60 come sopra. Con la riduzione del peso dell'obolo e la divi- sione delle frazioni, come abbiamo giustamente sta- bilito, si constata che con quelle modificazioni si ri- portò il bronzo di Egitto a rassomigliarsi a quello di Roma, come avvenne con la riforma di Nerone; di fatti, ritroviamo il sesterzio, nella moneta di 45 APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 281 oboli; il dupondio, in quella di 30; e Tasse, in quella di 15 oboli. Questa nuova riforma permise al denaro di trovare in Egitto la sua circolazione meno con- trastata di quello che doveva esserla nei regni an- tecedenti. Niente di più probabile, che la riforma sia stata suggerita dall' idea di portare ad unificare i due si- stemi monetari e col tempo la moneta autonoma sa- rebbe scomparsa naturalmente. Avendo assimiliate le monete di bronzo, il primo passo era fatto e non mancava che il momento opportuno per mettere il resto ad effetto. Pur troppo durante il regno di M. Aurelio i tempi non furono propizi e Commodo non fu certo l'amministratore voluto per continuare l'opera del padre. § 13. Con l'avvenimento di Pertinace al trono e Tusur- pazione di Pescennio, l'andamento della zecca non cambiò e nemmeno il sistema offrì innovazioni. Non potendo pagarmi il lusso di fare distrug- gere delle monete di tanta rarità come sono quelle di questi due Augusti, non sono nel caso di affer- mare quanto argento contengano le loro monete di mistura. Per ciò che riguarda l'estetica, non lasciano dubbio che appartengono al tetradramma; prova ne sia che il Feuardent allorché descrisse l'unica mo- neta allora conosciuta di Pertinace, accompagnò la descrizione di essa con la nota seguente: et le metal en est de hon aloi comme les pièces de Sept. Severus et Julia Domna et Macrin; aitisi noiis avons repris pour ces règnes les lettres A\ au lieu de POT. Questa nota che ho creduto dare in exienso è 282 G. DATTAR. della massima importanza poiché è la migliore ri- prova di quanto ho stabilito circa le monete di Com- modo, le quali a partire dall'anno 30 ** fino al 33") ul- timo del di lui regno) sono di buona lega (1/ gruppo). Se al contrario, come si volle fino oggi, le monete di Commodo fossero tutte di bronzo imbiancate di argento, male si spiegherebbe come che Pertinace venuto al potere così inaspettatamente ed avendo regnato solo tre mesi, avesse fatto battere delle mo- nete del valore simile a quelle dei primi anni del regno di M. Aurelio. Lo stesso si può dire per le monete di Pescennio. Ciò afferma oltre il bisogno che le monete di Commodo sono di due differenti valori ; le analisi di quelle monete ne fanno fede; oltre di ciò non è possibile supporre che Commodo durante i primi io anni (^) facesse emettere delle monete contenenti 7, rneno di argento di quello che contenevano le monete del padre e che dopo tanti anni che il governo ingannava i contribuenti, si rav- vedesse e facesse emettere delle monete di migliore titolo. Tutto questo ci prova una volta di più che le monete del 2° gruppo rappresentano una frazione del tetradramma, la quale essendo stata emessa per IO anni consecutivi, il loro numero venne a bastare per soddisfare le esigenze commerciali (^\ tanto che nell'anno 11" si riprese a battere dei tetradrammi che forse cominciavano a mancare poiché non ne erano stati emessi fino dai tempi di M. Aurelio. Le monete di bronzo di Pertinace e di Pe- scennio (vedi prospetto N. 4) sono simili a quelle dei regni precedenti. (1) Si noti che anche durante questo regno nel io" anno avvenne un cambiamento nella fabbricazione del numerario. (a) La grande quantità di queste monete che sono state rinvenute e si rinvengono giornalmente, provano che durante i dieci anni ne deb- bono essere state emesse delle enormi quantità. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 283 Parte VII. § I- Se la serie romana abbonda oltre misura di mo- numenti numismatici di Settimo Severo e della sua famiglia, nella serie alessandrina, sono rare le mo- nete di S. Severo e di Giulia Donna, rarissime quelle di Caracalla e di Geta. La penuria del numerario di questo lungo regno merita la nostra attenzione ed a suo tempo ce ne occuperemo. Si vuole che S. Severo portasse una nuova ri- duzione al valore del denaro (50 o 60 "/J, talché 25 denari contenevano solamente gr. 34,100(0 di puro argento. Il tetradramma a suo turno venne pure ri- dotto di valore e l'analisi di due di essi prova che contenevano 95 e 107 Voo (rispettivamente) di ar- gento ('); di maniera che ogni nuovo tetradramma conteneva gr. 1,313 di argento, contro gr. 1,365 che ne conteneva il denaro; la differenza di argento in meno contenuto nella moneta di Egitto veniva larga- mente compensata dalla quantità di bronzo in piti (gr. 11,238). Altrove abbiamo detto che le monete del 2.** gruppo di Commodo vengono ritrovate insieme alle monete di Eliogabalo e fino a GaUieno; tanto basta per assicurarci che quelle monete, regnando S. Se- vero, non vennero tolte dalla circolazione. Il loro (1) Dall'analisi di un denaro di S. Severo, del peso di gr. 2,18, ri- sulta che contiene gr. 1,686 di argento. Se però il peso del denaro fosse maggiore di gr. 2,10 il contenuto di argento sarebbe ancora rraggiore. (2) Possibilmente una quantità di analisi di tetradrammi di S. Severo potrebbe dare un risultato differente, ma ancora più soddisfacente. 284 G. DATTARI valore, come abbiamo veduto più sopra, era di gr. 0,546 di argento e gr. 12,454 di bronzo, cioè a dire, due di esse valevano un nuovo tetradramma di S. Severo, ed in tale caso si può dire che le mo- nete del 2" gruppo presero il posto del didramma. Le monete di bronzo di questo regno (v. pro- spetto N. 4) benché poche, ci garantiscono che il sistema di M. Aurelio non subì alcun cambiamento; però con la riduzione del valore del tetradramma, questo, probabilmente venne ad essere diviso in 240 oboli. Per cui la relazione rispettiva del tetradramma e del didramma con le differenti frazioni del bronzo dovettero essere le seguenti; per il tetradramma: Qr. Qr. 5 monete di 45 ^5 oboli 36 n = 180 1 = 12 i ■ gì-- 192 = 1 I 8 . 30 V 24 = V 192 = I 16 „ 15 „ 12 = „ 192 — I 24 . IO ,. 8 = » 192 = I 240 „ 1 „ 0.80 = „ 192 = I per il didramma: Gr. Qr. 2 monete di 45 oboli 36 =^ 72 1 g-,. 96 = 1 Didramma (V.. Tetra). I ., 30 V - == 24 ) 4 „ 30 „ 24 — „ 96 = I 8 „ 15 „ 12 = „ 96 = I 12 „ IO „ 8 = „ 96 = I 120 „ I „ 0,80 == „ 96 = I Dunque, le monete dei due metalli di Egitto sta- vano con le monete di Roma, nel modo seguente : I aureo = a 25 tetradrammi ^ a 50 didrammi —■ 25 denari = 50 qiiinarii. 1 denaro = a i tetradramma = a gr. 192 bronzo = 240 oboli = 16 assi. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 285 I scstenio = a i moneta di 45 oboli = a gr. 36 bronzo. I dupondlo ==ai „ ^3o„=a„24 „ I asse =ai „ „i5„=a»i2 , Ecco dunque che runificazione dei due sistemi iniziata da M. iXurelio venne messa ad effetto da S. Severo. Le monete dei due sistemi essendosi as- similate, non solo il denaro venne a circolare in Egitto quasi direi in società con la moneta auto- noma; ma forse anco qualche bronzo romano si sarà introdotto nel paese fino da quell' epoca. Così si spiegherebbe perchè la monetazione di Egitto du- rante il lungo regno di S. Severo fu tanto scarsa al punto che non si conoscono monete di mistura battute negli anni: 7", 14", 15", I7^ l8^ 19" e di quelle di bronzo, degli anni: 2", 6", 7", 11**, 13", 14", i6^ I7^ 18", 19". Se in questi anni vennero emesse delle monete, forse un giorno ne troveremo ; ma in tal caso, ben poche ne dovettero essere emesse. Questo ci viene chiaramente provato, dai ritrovi che sono stati fatti in Egitto <^^ di veri tesori composti di denari della famiglia di Settimo Severo, come pure di ritrovi di monete coloniali di bronzo, mentre che raramente furono trovati denari da Augusto fino ad (1) Fra i diversi ritrovi di quelle monete dirò come che uno di questi venuto alla luce circa 6 mesi fa, conteneva 152 denari, così divisi : I di Vespasiano ; i di Domiziano ; 2 di Traiano ; 2 di Adriano ; tutti estremamente frusti ; quindi : 3 di M. Aurelio ed uno di Commodo di media conservazione; il rimanente erano tutti della famiglia di Set- timo Severo con alcuni di Caracalla solo all' impero ; tutti erano a f. d. e, però ricoperti di un ossido simile a quello che ricopre i tetra- drammi di buona lega ; mentre i denari dei primi imperatori erano ap- pena ossidati di una materia biancastra. Per bene due volte in quest'anno (per non dire quante volte prima) feci acquisto di tesori di monete di bronzo della terza grandezza, com- posti di monete alessandrine e coloniali come pure di quelle greco impe- riali. Queste ultime in speciale modo appartenevano a S. Severo e fa- miglia. 286 G. DATTARI Antonino Pio e quei pochi furono rinvenuti alla spic- ciolata; ciò prova pienamente che il denaro ai tempi di S. Severo aveva corso in Egitto come mai lo aveva avuto prima di allora. Parte Vili. § I. In qualche maniera fino a questo punto siamo riusciti a sviluppare e dare delle basi più o meno solide alla metrologia delle monete di questa serie e ciò è unicamente dovuto all'aiuto delle conoscenze metrologiche già da tempo stabilite per le consorelle di Roma. A partire dal regno di Caracalla questo necessarissimo aiuto ci viene a mancare, poiché bi- sogna convenire che, non ostante i tanti e penosi studi intrapresi dalla metrologia dei tempi che an- dremo esaminando, i soggetti sono ancora avvolti nelle tenebre, non meno di quelle in cui furono la- sciati dai nostri primi maestri. Per conseguenza, la continuazione di questa storia si presenta ardua e piena di difficoltà quasi insormontabili e richiede una certa arditezza per affrontarle; quest'arditezza mi viene inspirata dalle monete alessandrine, giacche sono convinto che scrutate nei loro più intimi par- ticolari, in gran parte potranno additare la via della soluzione di qualcuno dei molti problemi. Vano sarebbe qualsiasi tentativo che volessimo fare onde accordare le varie teorie emesse per la metrologia delle monete della serie romana, con ciò che andremo constatando per le monete alessandrine. Sarà dunque necessario che per un momento ci rei:- diamo indipendenti dalle diverse teorie in voga, così APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 287 che le ipotesi che andrò formulando, baseranno uni- camente sopra dati che constateremo circa certe mo- nete di Roma per poi confrontarli con i dati che a suo turno rileveremo dalle monete alessandrine. È facile immaginarci come con questo sistema ci tro- veremo spesso in contraddizione con molte delle teorie emesse da altri autori, le quali in buon nu- mero sono approvate dalla maggioranza; ma, tutto considerato, trovo che questa è Tunica via che mi resta aperta onde portare a compimento questo saggio storico. §2. Le monete di mistura di Caracalla e di Geta Augusti sono eccessivamente rare, tanto è vero che ne conosciamo sette solamente (e non tutte sicure), cioè, una per Caracalla (^) due per Geta (2) quattro (i) PooLE, N. 1475. Questa moneta porta la data dell'anno 19", giusto quello in cui mori S. Severo. La leggenda del diritto di essa è AVT K M AVPHA ANTCONINOC C€B, cioè, simile a quella che portano le monete allorché Caracalla era associato col padre; mentre, che possiedo delle monete di piccolo bronzo, pure di Caracalla, ma allora solo al- l'impero, le cui leggende sono come sulle monete di GB cioè AVT* K • M • AVP • CE • ANTCONINOC [n M€r • BP€]M€r • €V • C6[B] per cui se questa lunga leggenda venne scritta sulle piccole monete, con più forte ragione la stessa dovrebbe apparire sulle monete di mi- stura il cui spazio è maggiore. Dunque la moneta descritta dal Poole senza ragioni che possano convincere del contrario, deve essere resti- tuita a Caracalla associato all'impero e così il numero di monete, in- vece di sette, viene ridotto a sei solamente. (2) Poole, N.» 1480-1481. Le lettere K • C€B della leggenda sulla moneta 1480, sono racchiuse da una parentesi, mentre che non è il caso per le stesse lettere della moneta 1481, ciò che indicherebbe che in questa, le lettere sono tutte leggibili. Non ostante ciò, ambo le leg- gende sono accompagnate dall'interrogativo: ?. Sta nel fatto che la leggenda AVT • K • HOV • C€U TCTAC • K • C€B • ? è strana, a tale segno che il Poole si vide obbligato di giustificarla con delle spiega- zioni non meno strane (pag. xvni) che ritraeva dalla leggenda sul ro- 288 G. DATTARI per Giulia Domna (^). Fra le monete di bronzo sono rare quelle di Giulia Donna, mentre quelle di Cara- calla, senza essere comuni, sono più numerose. Di Geta non se ne conoscono affatto. La scarsità delle monete di questi regni indica chiaramente che la Zecca alessandrina mantenne l'andamento osservato ai tempi di S. Severo e ciò per le stesse ragioni che abbiamo già stabilito per quel regno. La pluralità delle monete di bronzo apparten- gono alla maggiore grandezza e vennero battute nel 21°, 22** e 23** anno (212-213-214 d. C). Qualunque sia la ragione per cui quelle monete vennero emesse a partire dall'anno 21^(2), è certo che la preferenza venne data alle monete di quel modulo piuttosto che ad un altro, perchè di quella grandezza non ne erano state emesse fino dagU ultimi anni di M. Aurelio (36 anni avanti), mentre, di quelle dei due moduli in- feriori furono fatte cospicue emissioni da Commodo ed alcune poche da S. Severo. vescio del N. 1481 cioè, N€iKH KM BP6TAN e che il Poole per accor- darla con la leggenda del diritto, la ricostituiva per: NGIKH* KÀICÀPOC BPCTANNIKOY. Ambedue quelle monete portano la data dell'anno 19.° Nella mia collezione possedo una moneta (N. 3991) di cattivissima conservazione, alla quale assegnai l'anno 20° (LK .'*), ma che deve essere riportata all'anno 19"; essa appartiene a Settimo Severo, e sul suo rovescio non si distinguono che le lettere KH KAT Quelle poche lettere sono abbastanza Dcr indicare che la leggenda deve essere ricostituita nel modo seguente: [N€ljKH KAT[A] [BT6TANNnN] ed è così senza dubbio che deve essere ricostituita la leggenda del N. 1481 del BM; come pure le due leggende del diritto dovevano essere: AVT K nOV Cen TETAC e CGB cioè a dire: €[VC6BICJ (Pnis), C€B[ACT0CJ {.lugustus); in tale maniera non solo le leggende del diritto si accordano con quella del rovescio del K. 1481; ma si accordano ancora con le leggende che portano le monete di Geta di Roma: IMF CAES P SEPT GETA PIVS AVG-. (i) BM. N.i 1470-71. Collezione Dattari, N.i 4033-34. (2) Dattaui, Appunto N. Vili. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 289 L' estetica delle monete di mistura dimostra chiaramente che appartengono al tetradramma (i° gruppo). Le monete di bronzo, pei loro pesi, moduli (v. prospetto N. 4) e per tutti gli altri particolari, debbono appartenere al sistema di M. Aurelio, e si può stare sicuri che in Egitto sotto di questo nuovo regno il sistema monetario non subì alcun cambia- mento. A Roma invece nella stessa epoca, la libbra d'oro venne divisa in 50 aurei ed al sistema monetario venne aggiunta una nuova moneta (l'antoniniano). Il nuovo aureo venne come al solito diviso in 25 de- nari; lo stesso dovette essere per l'Egitto, cioè, un aureo eguale a 25 tetradrammi ed anche a 50 di- drammi; per conseguenza, il rapporto dell'antoniniano ed il tetradramma doveva essere simile al rapporto tra quello ed il denaro, cioè a dire l'antoniniano, il doppio del denaro (^), per cui : I aureo = a 25 tetradrammi = a 50 didrammi. I antoniniano =a2 „ =„4 „ (i) Se ho detto che l'antoniniano è il doppio del denaro, non è per conformarmi a questa idea generale che prevale in numismatica, ma solo perchè non ho potuto procurarmi tutte le prove materiali che di- mostrino il contrario ; prove impossibili di ottenere in Egitto. Intanto mi permetterò di fare osservare quanto può essere contestato l'appel- lativo di doppio denaro che viene dato a quel nummo. Si vuole che il peso suo medio sia di gr. 5,45 mentre, che undici di essi a. f. d. e. della rinomata collezione del signor Gnecchi di Milano, hanno dato una media di gr. 4,99; se dunque prendiamo la media delle medie ci avvicineremo assai al vero peso. L'analisi di un anto- niniano ha dimostrato che conteneva 475 **/„„ di argento ossia ogni moneta ne conteneva gr. 2,479. Se Caracalla mantenne il valore del denaro simile a quello del padre, il quale abbiamo detto che conteneva gr. 1,364 di argento, dato però che il suo peso non fosse di gr. 3,20 come quello del figlio, ma, bensì di gr. 2,10 come è risultato il peso del denaro analizzato, solo in questo caso l'antoniniano sarebbe il doppio denaro. Ho però fatto analizzare un denaro di Caracalla solo all' impero, per cui battuto contemporaneamente agli antoniniani e risulterebbe, che 290 G. DATTARI Durante l'effimero regno di Macrino le monete di mistura appartengono al tetradramma, quelle di bronzo sono identiche alle monete dei regni che lo precedettero da vicino. Parfe IX. § I- Con l'avvenimento di Eliogabalo al trono, l'Egitto si vide dotare di una nuova moneta. Nuova per la sua estetica come per il suo valore. In circostanze normali le prime monete del sedicenne Augusto do- vettero essere emesse tra il dì 8 di Giugno ed il 28 Agosto ; tempo insufficiente per poter studiare la riforma, incidere i conii, battere le monete e met- terle in circolazione. Questa anormalità dà luogo a formulare due ipotesi. O la riforma venne studiata allorché regnava Macrino, oppure le monete con la data dell'anno primo di Kliogabalo vennero emesse allorché il secondo anno era in corso. Di queste ipotesi preferisco la prima. conteneva 765 **/oo di puro argento. Cinquanta denari a f. d. e. della ci- tata collezione del signor Gnecchi pesano in media gr. 3,200, per cui secondo l'analisi ogni denaro verrebbe a contenere gr. 2,448 di argento, cioè a dire, avrebbe un valore simile all'antoniniano : ed in tale caso questo non sarebbe il doppio denaro né per il peso né per il suo valore. Quali ragioni avessero potuto indurre il governo a battere due mo- nete dello stesso valore diremo in altra parte di questo appunto; per il momento mi contento di avere segnalato che possibilmente il denaro di Caracalla avendo più valore di quello del padre, se tale differenza esiste realmente, l'appellativo di doppio denaro che venne dato all'an- toniniano è improprio. Profitto di questa occasione per ringraziare vivamente il signor comm. Francesco Gnecchi per le tante e tanto utili informazioni che ha avuto la gentilezza d' inviarmi, in questa ed in cento altre occasioni. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 29 1 Benché le monete di mistura dei regni che suc- cessero a quello di Eliogabalo e fino a Traiano Decio, appartengano tutte allo stesso sistema, per comodo di quanto andremo svolgendo, sarà necessario divi- dere questo periodo in due parti: i/ da Eliogabalo a Alessandro Severo; 2." da Massimino a Traiano Decio. § 2. Dairanalisi di una moneta di mistura di Elioga- balo risulta che contiene 75 7oo ^i argento ; due di Alessandro Severo ne contengono 56 e 60 "/^^ ri- spettivamente. Non ostante che il quantitativo di ar- gento non sia eguale nelle tre monete, ritengo che il valore che dovevano contenere era di 75 7oo» poiché quella stessa quantità la ritroveremo nelle monete dei Gordiani, in quelle dei GaUi ed anche in quelle di Valeriano. Il peso medio di queste mo- nete di buona conservazione è di gr. 12,50, così che ogni moneta contiene gr. 0,937 di argento e gr. 12,563 di bronzo o altra lega. Se il denaro di Eliogabalo si mantenne dello stesso valore di quello di S. Severo e l'antoniniano si mantenne simile al valore di quello di Caracalla ; la nuova moneta di Alessandria stava in rapporto col denaro come 25 a 34 e con l'antoniniano come 25 a 68. Abbiamo detto più volte che con queste nuove monete vengono ritrovati i didrammi di Commodo; secondo la regola, la loro associazione darebbe un certo diritto a credere, che venissero spese allo stesso valore; ma certo, tale non doveva essere il caso, poiché il didramma, allorché fu emesso, con- teneva gr. 0,520 di argento; la nuova moneta ne 292 G. DATTARI conteneva circa il doppio (gr. 0,937). Considerando che i didrammi dopo 30 anni dacché erano in cir- colazione dovevano essere frusti e perciò perdettero del primitivo peso e valore, possibilmente venne loro assegnato un tasso equivalente alla metà della nuova moneta. Cosicché il didramma mantenne il suo pri- mitivo posto e per conseguenza la nuova moneta prese il posto del vecchio tetradramma il quale quasi con certezza venne tolto dalla circolazione (^). Non bisogna dimenticare che se le nuove monete e quelle di Commodo vengono ritrovate assieme, il tipo di ambedue era tanto differente tra di loro, che non era possibile confonderle. Le monete di bronzo di questo regno, benché siano poche quelle conosciute, sono bastanti a dimo- strare che la loro divisione si -mantenne come pei regni precedenti (v. prospetto N. 4). § 3. Lamprido ci fa sapere che Alessandro Severo portò certe riforme al sistema monetario; ma se- condo l'Eckhel, il Cohen e forse molti altri, le mo- nete di Roma di quell'Augusto non lasciano intra- vedere quanto lo storico ci ha trasmesso. Delle vere riforme non si riscontrano nemmeno nelle monete di Alessandria; però, per bene due volte sotto questo regno, si vedono delle monete (i) E ben raro che dei tetradrammi di buona lega vengano ritro- vati con le monete di Eliogabalo e successori, ed allorché se ne trovano, la loro proporzione è di uno o due '/o. Raramente feci acquisti di lotti di monete da Eliogabalo in poi, ove trovai qualche raro tetradramma dei primi tempi; ma non mi fu possibile accertarmi se quei singoli pezzi vennero aggiunti dagli arabi oppure in realtà si trovavano nel te- soro allorché venne disotterrato. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 393 esteticamente differenti : ma quelle differenze, a quanto sembra, non si riferiscono ad alcuna riforma, poiché non portarono conseguenze ne al peso ne al valore. Le monete dei primi tre anni sono simili a quelle di Eliogabalo non solo per il loro valore, ma anche per l'arte e nell'apparenza generale. Nel quarto, quinto e sesto anno, oltre alle monete simiH a quelle dei primi anni, ne vennero emesse delle altre, le quali non hanno per niente le caratteristiche alessandrine e quasi con certezza si possono ritenere battute fuori di Egitto. Esse sono di un modulo maggiore e talvolta anche di maggior spessore delle altre, tanto che alcune raggiungono il peso di gr. 16,50 ; ma ve ne sono che pesano anche gr. 12,50. Il metallo è po- roso ed in generale del colore del piombo scuro, l'arte è molto migliorata, le leggende geometrica- mente disposte, le lettere di quelle, di una perfetta eguaglianza e simmetria, il contorno è arrotondito senza lasciare traccie di spacchi. La cosa più rimar- cabile è l'effigie di Augusto la quale è esattamente simile alle monete battute a Roma, mentre non è così nelle altre monete sulle quali la faccia invece di austera è quasi sorridente. L'anahsi di una di quelle monete ha dato che conteneva 56 7„„ di ar- gento, cioè a dire inferiore a quelle di Eliogabalo che ne contengono 75 "z^^; ma stante che quelle mo nete, come ho detto più sopra, hanno un peso mag- giore delle altre, il valore contenuto in ciascuna di esse è eguale a quelle di Eliogabalo (0. Quelle mo- nete hanno altri particolari assai interessanti, cioè la data venne sempre scritta per intiero: L T€TAPTOV • LnCMniOV • L6BA0M0Y. Il tipo del rovescio, se si ec- (i) Si è detto che le monete di Eliogabalo contenevano gr. 0,937 <^' argento. Le nuove monete di A. Severo di maggior peso, diciamo a mò d'esempio, quelle che pesavano gr. 16,50, contenendo 56 "/oo di argento, ciascuna ne conteneva gr. 0,924, e quindi erano simili alle altre. 38 294 • ^- DATTARI cettua qualche rarissimo pezzo con l'effigie di Or- biana oppure di Mamniea ed anche qualcheduna con la testa del Dio Ammon, su tutte le altre vi appa- risce Serapis rappresentato col busto, oppure in piedi ed anche seduto. Prima d'ora abbiamo constatato che ogni qual- volta un regno superò i dieci anni, all'avvicinarsi del io", si fecero delle nuove emissioni, con le quali l'arte migliorò, come avvenne sotto Domiziano e Adriano, oppure peggiorò, come fu sotto Traiano. La monetazione di A. Severo non andò esente di quella regola o moda che fosse ed è giusto a partire dall'anno io" che apparvero delle nuove monete di un peso simile alle prime, ma di un modulo di qualche poco maggiore e di uno stile di arte tanto squisita che alcune possono rivaleggiare con le più belle di Roma (0. In quello stesso anno venne fatta una cospicua emissione di monete di bronzo (v. pro- spetto N. 4), in generale della maggiore grandezza e tra queste non mancano le così dette mezze mo- nete. Come pure è a partire da quell'anno che tanto sulle monete di bronzo che su quelle di mistura nel campo del rovescio venne messa una palma, quale simbolo di dieci anni di pace, tra l'Augusto, il popolo e l'esercito, spettacolo al quale l' impero non aveva più assistito fino dal regno di S. Severo. È più che erronea l'idea che A. Severo facesse emettere i GB. dell'anno io" all'unico scopo di commemorare le de cennalia. Non solo prima d'allora durante il regno di quell'Augusto vennero emesse delle monete di GB., ma ne furono emesse anche di tutte le altre frazioni ^2), (i) Collezione Dattari, v. Tav. X, impronta N. 4544- (2) Collezione Dattari, v. N. 4425 dell'anno 4". ìE 29 mill. ; N. 4438 dell'anno 9" (cioè prima delle decennalia). JE 33 mill. ; N.» 4549 e 4554 dell'anno io". JE. 24 mill. Una moneta di Mammea dell'anno 10° di mill. 25 è appunto entrata nella mia collezione. APPUNTI DI NUBOSMATICA ALESSANDRINA 295 eccettuato di quelle di un obolo che noi non cono- sciamo ancora. È ammissibile che in occasione delle decennalia venissero emesse di quelle monete in mag- giore numero; ma non bisogna dimenticare che tra le monete di quel modulo ve ne sono che apparten- gono a due frazioni ed in quello stesso anno vennero emesse ancora monete della terza frazione. § 4. Prima di passare ad esaminare le monete della seconda parte di questo periodo, è necessario ren- dersi conto, per quanto ci sarà possibile, della ra- gione per cui l'Egitto dopo avere assimilata la sua moneta a quella di Roma, di un tratto, le monete di mistura tornano ad avere un differente valore delle monete di argento di Roma. Premetto che una ragione tangibile mi è impossibile darla; però con delle ipotesi, se vorremo un poco azzardose, io credo che si possa arrivare a delle conclusioni piuttosto ammissibili. È impossibile di non riconoscere che fino dai tempi di M. Aurelio si pensò di unificare il sistema monetario dell' Egitto con quello di Roma, e forse balenò anche l' idea dell'unificazione generale della monetazione di tutto l' impero. A ognuno è noto quanto l'Oriente teneva alla sua moneta autonoma e quali conseguenze poteva portare seco la subitanea abohzione di essa. L'adempimento di un tale pro- getto non era tanto facile, richiedeva pazienza e bi- sognava arrivarci a piccole tappe. Per ciò che ri- guarda l'Egitto, come abbiamo veduto, la sua mo neta di bronzo e di argento assimilatasi a quella di Roma degh stessi metalli, queste e le monete pro- vinciali trovarono sfogo nel paese, e la sua Zecca si 296 G. DATTARI paralizzò; cosicché le monete della capitale e quelle delle Provincie vennero quasi a rimpiazzare la mo- neta autonoma, a tal segno che i cittadini, avvedu- tisi del pericolo che lì minacciava di veder sparire l'ultimo emblema della loro passata grandezza e della presente indipendenza; minacciosi, intendevano sol- levarsi, quando la venuta di Caracalla ed i massacri che la seguirono, impedì la rivoluzione. Allorché Macrino salì al trono, Alessandria come d' incanto andò riedificandosi più bella di prima; i cittadini riavuti delle passate sofferenze, colti i momenti più opportuni, di bel nuovo minacciosi avranno messo in campo la questione della loro moneta, tanto che avranno indotto il governo ad operare una riforma, che il corto regno di Macrino non lasciò tempo ba- stante per metter ad esecuzione e venne quindi ef- fettuata subito che Eliogabalo ascese al trono. Onde impedire la possibilità del ritorno all'unificazione delle due monete di argento, a quella alessandrina venne dato un valore il quale non potesse essere rimpiazzato dal denaro, oppure dall'antoniniano. Pur troppo non tardarono altri tentativi per l'unificazione dei sistemi monetari e quantunque ciò avvenisse più tardi, la moneta autonoma a partire da Eliogabalo in poi venne emessa in tali e tante quantità che ten- nero a rispetto quelle di Roma. § 5- Dalle analisi delle monete di mistura della se- conda parte di questo periodo, risulta che una mo- neta di Massimino contiene 50 7oo ^^ argento; una di Gordiano padre, ne contiene 75, due di Gordiano Pio 65 e 55 rispettivamente; una di Filippo, 50; ed una di Traiano Decio 70 7oo- Come le monete del APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 297 primo periodo, anche queste normalmente dovevano contenere 75 "^^ di argento. Il peso totale delle mo- nete essendo sempre di gr. 12,50, ne viene per con- seguenza che anche le monete di questa seconda parte appartengono alla riforma di Eliogabalo. Non si conoscono monete di bronzo di tutti questi regni, eccettuate quelle dei Filippi; non perciò, bisogna ritenere, come altri vorrebbero, che la man- canza di monete di quel metallo deve essere attri- buita all'avvilimento del tetradramma il quale ren- deva il bronzo non necessario (^). Se r Egitto senza abolire la sua moneta di bronzo cessò quasi di batterla, in gran parte è dovuto al corso diffuso della moneta di Roma e a quella colo- niale, le quali circolavano unitamente ai bronzi frusti alessandrini a partire dall'epoca di Augusto ed in parte è dovuto al fatto che in queste epoche a Roma la moneta di bronzo era divenuta di minor utilità di quello che non fosse al principio dell'impero; così r Egitto, che andava sempre più romanizzandosi, se- guiva Roma su quella stessa via. D'altra parte T introduzione in Egitto del bronzo non alessandrino non può nemmeno essere attribuita all'inattività della sua Zecca, poiché al contrario è giusto in questi tempi che essa ci dimostri un'at- tività mai osservata fino allora; basti il dire che nel breve spazio di cinque mesi (dal Febbraio al Giugno del 238), Alessandria emetteva delle monete all'ef- figie di A. Severo, Mammea, Orbiana, Massimino, Massimo, Gordiano padre e figlio, Balbino, Pupieno e Gordiano Pio, sì come Cesare che Augusto. È dunque impossibile di non riconoscere che la man- canza del bronzo autonomo va attribuita all'avve- (i) PooLE, pag. XXIX when ali regular issue of bronzes cease as the (baseness of billon made it unnecessary). 298 G. DATTARI nuta unificazione dei due sistemi monetari, iniziata da M. Aurelio e portata a compimento da S. Severo. Le monete di bronzo dei Filippi (vedi prospetto N. 5) appartengono allo stesso sistema di quelle dei regni precedenti. La loro tecnica di molto si avvicina alle monete della seconda emissione di Vespasiano. E mentre che a Roma le monete della stessa epoca perdettero le loro belle forme e divennero quasi ret- tangolari, quelle di Alessandria sono meglio centrate di quelle dei predecessori, le leggende tutte visibili, i tipi di pochissimo rilievo e l'arte è simile a quelle di Roma della stessa epoca. Le date che portano quelle monete sono dell'anno 5" e 6^ Quelle di que- st'ultimo anno invariabilmente portano una palma nel campo del rovescio, mentre che in quelle dell'anno 5** raramente vi appare (^). L' Egitto non avendo battuto moneta di bronzo per 16 anni e il loro riapparire coincidendo con le feste dei Ludi Saeculares di Roma, vi è molto da sup- porre che le dette monete fossero emesse per la cir- costanza; ma è sorprendente che nessuno dei rovesci additi a quella commemorazione, sistema quasi direi contrario all'epoca, poiché se quelle monete furono battute per commemorare le dette feste, non si sa- rebbe risparmiato di farlo con delle apposite leggende, come fecero Commodo e S. vSevero in occasione del periodo decennale (2). Il fatto si è che se le monete dell'anno 5" senza la palma vennero emesse onde commemorare le Sae- (i) Il Poole a pag, xxr, nega l'esistenza della palma sulle monete dell'anno 5" e per appoggiare la di lui asserzione mette in campo certe ipotesi circa le feste Saecolares, facili a demolire. In quanto alla palma sulle monete dell'anno 5", il N. 4945 della mia collezione è di perfetta conservazione e la palma vi appare. Il pezzo è unico e può essere un'eccezione alla regola; ma pure esiste! (2) Daitaki, n€PIOAOC sulle monete alessandrine. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 299 culares di Roma; le monete dell'anno 6\ cioè quelle con la palma, devono commemorare un'altra festa; giacché non è possibile che il simbolo della palma sia stato posto sopra a certe monete piuttosto che sopra altre senza che lo scopo fosse determinato. In mancanza di prove contrarie, ammettiamo pure che i GB. dell'anno 5" siano stati emessi in oc- casione delle feste Saeculares ; in tal caso quelle monete vennero battute ed emesse verso il Gennaio 248 d. C. e possibilmente Alessandria celebrò le feste contemporaneamente a Roma. L'origine delle palme nel campo delle monete è dovuto ad A. Severo, il quale fece porre quel simbolo onde commemorare un avvenimento perso- nale, quasi direi dovuto alla saggezza del principe e non al caso. Dunque le palme sulle monete di Fi- hppo dell'anno 6" sono dovute ad una causa simile e non possono riferirsi alle Saeculares per le quali Filippo doveva al caso di trovarsi sul trono allorché avvennero. Filippo nel 249 verso il mese di Marzo compieva cinque anni (solari) di regno e probabil- mente festeggiò le quinquennali, per cui al pari di A. Severo ritenendo a se stesso il merito di avere regnato per quello spazio di tempo che, a vero dire, per i tempi che correvano era stato abbastanza lungo, fece porre la palma sulle monete del 6" anno bat- tute tra il Gennaio e l'Agosto 249. § 6. Cosa avveniva a Roma durante questo intiero periodo (da Ehogabalo a Traiano Decio?). L'antoni- niano introdotto da Caracalla venne seguito da quello di Macrino e di Eliogabalo e scomparve per tutta la durata del lungo regno di Alessandro Severo, regno, 300 G. DATTARI se non intieramente di pace, per lo meno di saggia e solida amministrazione ; nemmeno sotto Massimino vennero emesse quelle nuove monete; riapparisce durante Teffimero regno dei Gordiani, ma di un va- lore ridotto, e senza tregua continua a comparire sotto tutti i regni, compreso quello di E. Emiliano. La causa per cui l'antoniniano cessò di essere emesso per lo spazio di i6 anni, non è certamente perchè sotto di Caracalla, Macrino e Eliogabalo, venissero emesse tante di quelle monete da non sentire il bisogno di emetterne per circa 20 anni. Abbiamo anzi le prove che durante quei tre regni ne vennero emesse pochissime i^\ L'antoniniano venne abohto da A. Severo oppure da Eliogabalo ? Ap- parentemente sembrerebbe che fu sotto di A, Severo che ciò avvenne; ma, in realtà, credo che fosse sotto Eliogabalo e che poco dopo Tanno 219 d. C. non venissero emesse di quelle monete (2). La causa della scomparsa di quella moneta la spiegherei con una congettura di qualche valore. Quella moneta deve es- sere stata male accolta sì in Occidente che in Oriente. Sta nel fatto che se l'antoniniano doveva rappresen- tare il doppio denaro, male spiega la sua necessità; Roma con il semplice denaro aveva veduto dei tempi piti floridi di quelli di Caracalla. Se al contrario quella moneta non era altro che il denaro sotto un'altra (i) Stando al catalogo del Cohen, troviamo che per il regno di Ca- racalla sopra 114 monete di Macrino (compreso Diadumeniano) solo 8 sono antoniniani, e per Eliogabalo sopra a 144, solo 28 sono antoniniani. È bene vero che poàsono essere stale emesse di quelle monete in gran numero, con tipi poco assortili ; ma ciò è contro al principio della monetazione romana. (2) Sfortunatamente sopra a 28 antoniniani di Eliogabalo, 9 solamente portano le date degli anni 2t8 e 219 d. C. ; gli altri non hanno data, ma siccome molli denari e bronzi battuti negli anni seguenti portano la data, la mancanza di date sugli antoniniani dà un certo diritto a credere che non ne venissero emessi dopo il 219 d. C. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 30I forma, si spiega il malcontento e la cattiva acco- glienza. Mi si domanderà, cosa poteva avere indotto il governo ad emettere due monete differenti, ma di un valore eguale ? Io sono convinto che l' idea del- l'unificazione della moneta di tutto l'impero vi entri per qualche cosa. Se tale è il caso, la nuova moneta venne emessa per incontrare il gusto dell'Occidente, conservando a quella il valore del denaro, ed il gusto dell'Oriente dando alla nuova moneta una dimensione che rassomigliasse a quella autonoma (il tetradramma). In tale caso l'Occidente vedeva sparire la moneta della repubblica della quale Roma andava ancora orgogliosa, e l'Oriente vedeva sparire la sua moneta autonoma. Il malcontento generale avrà spinto il governo ad abolirla oppure a rimettere altre emis- sioni a momenti più propizi. § 7. Il nuovo antoniniano dei Gordiani, come abbiamo detto, è di un valore ridotto e le analisi di alcuni di questi ce ne danno la prova. Sei antoniniani di Gordiano III contengono 420, 420, 415, 400, 405, 385 7;„ di argento. Uno di Filippo I ne contiene 420 " ^^ e due di Traiano Decio ne contengono 420 e 340 \\^ rispetti- vamente. Come si verifica, sopra otto analisi, la quan- tità di 420 7oo s^ ritrova ripetuta cinque volte, per cui, si può ammettere senza alcun scrupolo che quella è la giusta quantità che le monete dovevano conte- nere. Queste nuove monete pesando una media di gr. 470, si può stabilire che ogni antoniniano contiene gr. 1,974 di argento e gr. 2,726 di lega. Abbiamo ve- duto come i tetradrammi di Eliogabalo e dei regni che gli successero contenevano gr. 0,937 di argento 39 302 G. DATTARI e gr. 11,563 di lega; dunque, l'antoniniano conteneva circa gr. 0,100 di argento più di quanto ne conteneva il tetradramma; ma, quella minor quantità veniva largamente compensata dal bronzo in più che con- teneva la moneta di Egitto. Da ciò risulterebbe che il nuovo antoniniano valeva due tetradrammi op- pure quattro didrammi, cioè a dire il nuovo antoni- niano ed il nuovo tetradramma rimasero nella stessa relazione come era l'antoniniano di Caracalla con il tetradramma della stessa epoca. Questo risultato da sé solo ci dà un poco di speranza che le diverse ipo- tesi che abbiamo emesso per questa complicata mo- netazione non siano lungi dal vero, a meno che si voglia che tutte queste cifre e calcoli che abbiamo fatto siano dovuti puramente al caso. Quale fosse la relazione tra i nuovi tetradrammi e l'aureo, è cosa che non può essere definitivamente stabilita fino a tanto che non sapremo con sicurezza la relazione tra l'aureo ed il nuovo antoniniano. Parte X. § I. È tra il 251 ed il 253 d. C. che si riscontra la più grande lacuna nella monetazione dell'Egitto; cioè a dire tra lo spirare del regno di Traiano Decio e l'ultimo anno del regno dei Galli, nel quale anno re- gnarono pure il tiranno Emilio Emiliano e Valeriane con il figho. Nell'appunto XK') dissi che probabil- mente all'epoca di Decio doveva essere allo studio una riforma monetaria. È giusto a quella riforma che credo dobbiamo addebitare la tregua nell'emissione (i) Le monete dei Tiranni Emiliani. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 303 del numerario. Le monete dei Galli emesse per la prima volta nel loro 3" anno (ossia dopo più di un anno solare dacché erano stati eletti Augusti) appar- tengono ad- una tecnica del tutto nuova. Il peso è di gr. 12, l'arte è peggiorata; ma le effigie degli Augusti ritengono ancora le somiglianze. A Roma al con- trario le monete dei Galli, come pure quelle del loro successore, sono simili alle monete dei regni antece- denti e non fu che all'ascensione di Valeriano al trono che il numerario della capitale cambiò di aspetto e di valore. Da ciò risulterebbe che l'Egitto introdusse la riforma prima di Roma. Tutto ciò non è che in apparenza ; in realtà non è così. L' innovazione della moneta venne operata in ambo le Zecche nello stesso anno ed a piccola distanza una dall'altra. Probabil mente sì a Roma che in Egitto e forse in tutto l'im- pero venne stabilito che la riforma avrebbe dovuto avere luogo col principiare dell' anno 254 d. C. La Zecca di Egitto dietro la lunga tregua ebbe campo di prepararsi, e dal i" Gennaio di quell'anno cominciò a battere delle nuove monete coll'effigie dei Galli. La Zecca di Roma, i cui preparativi richiedevano mag- giore tempo, forse, allorché si disponeva a preparare le nuove monete per i Galli, questi inaspettatamente perirono. Essendo l'usurpatore E. Emiliano, già pa- drone di tutto l'Oriente e non lontano da Roma contro la quale marciava, il Senato romaico minacciato ed impaurito riconobbe il tiranno quale legittimo Augusto ed in fretta e furia saranno state battute quelle monete del vecchio sistema (probabilmente con i conii che avevano servito per i GaUi?). Poco tempo dopo, a suo turno il tiranno perì e Roma ritornata alla calma, ebbe agio di battere delle monete del nuovo sistema, all'effigie di Valeriano e della di lui famiglia. In tal maniera l'Egitto emise le nuove monete circa cinque mesi prima che non lo fece Roma. 304 G. DATTARI § 2. Le nuove monete di mistura di Egitto, non ostante che contenessero sempre 75 7oo ^^ argento, avendo diminuito il peso di esse, ogni moneta piti non con- teneva che gr. 0,900 cioè, gr. 0,037 meno di quello delle monete di Éliogabalo. Questa quasi impercet- tibile diminuzione nel valore della nuova moneta, credo che sia dovuta a che i tetradrammi di Élio- gabalo e successori, essendo stati in circolazione per assai tempo, avevano perso del primitivo valore, così che la nuova moneta venne emessa con lo stesso valore che più o meno era rimasto nelle vecchie ('^ L'analisi di due antoniniani, uno di Valeriano l'altro di Salonino, contengono 165 e 140 7oo rispet- tivamente di argento. Se prendiamo per base la quantità maggiore come quella normale e dato che il loro peso medio sia di gr. 4, come è risultato dai due antoniniani in questione, troviamo che ognuna (i) Potrò errare, ma io sono della ferma opinione, che se i Romani per ragioni che non andremo a ricordare, non distruggevano le vecchie monete, dovevano avere una legge emanata in tempi impossibili a rin- tracciare ; con la quale si stabiliva che ogni tanti anni le nuove mo- nete dovevano essere emesse con un valore sensibilmente diminuito, onde il loro valore reale stesse in accordo con le vecchie monete che non cessavano di circolare, ed è a questa causa, che credo dobbiamo addebitare le graduate diminuzioni del valore del denaro che come si vuole è del 5 e io 7, sotto di Nerone, del 15 % sotto Traiano, del 200/0 sotto Adriano, del 25^0 sotto M. Aurelio e del 30^0 sotto Com- modo, proporzioni di un'esatta diminuzione aumentata sempre del s^/^. Se il denaro fosse stato mantenuto di puro argento, con la diminuzione del suo valore sarebbe andato continuamente a diminuire di peso e di modulo, talché un giorno si sarebbe confuso con il quinario e questo sarebbe divenuto una moneta immaneggiabile; per riparare a quella me- tamorfosi, all'argento si aggiunse della lega e così al denaro venne conservato il suo generico aspetto. Un simile esempio lo abbiamo nei tetradrammi Tolomaici; allorché vennero ridotti di valore, con la lega venne mantenuto il peso e l'aspetto primitivo. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 305 di quelle monete doveva contenere gr. 0,660 di ar- gento e gr. 3,337 di lega, cioè a dire un antoniniano di Decio valeva tre di quelli di Valeriano. Come pure due tetradrammi valevano tre nuovi antoniniani (0. Parte XI. § I. Il regno di Gallieno è quello che in tutti i tempi più d'ogni altro ha dato da fare ai numismatici. Tanto è vero che questa monetazione fu l'oggetto di un tema per il programma dell'ultimo Congresso di Nu- mismatica tenuto a Parigi e, non ostante l'ingegnosa quanto elaborata risposta data a quel tema dal signor Col." Vóetter, per il momento per ciò che riguarda la metrologia Vx non è ancora risoluta. Quanto tempo resterà così, è difficile prevederlo; ma non dubito che con un poco di buona volontà e pazienza, il tempo non è lontano in cui sarà un poco meglio chiarita la monetazione di questa epoca. Per ciò che mi riguarda, farò del mio megho portando il piccolo obolo d' informazioni che ho potuto rilevare dalle monete alessandrine ed anche in buona parte da quelle di Roma e mi stimerò contento se con delle nuove idee, in parte perverrò a scuotere le vecchie. § 2. Le monete alessandrine di Gallieno solo al potere, benché di un' estetica simile a quelle del (i) Probabilmente queste monete erano conosciute sotto un altro nome? 306 G. DATTARI padre, non hanno lo stesso valore. Dall'analisi di una di esse risulta che contiene 40 7oo ^i argento, per cui, quasi la metà di quello che ne contengano le monete dei tempi di Valeriano. Questa diminu- zione di valore dobbiamo considerarla quale frode dei monetari? oppure del governo stesso, o di altri che si voglia, oppure dobbiamo ritenere che siamo dinanzi ad una moneta frazionaria del tetradramma? 10 sono per quest'ultima ipotesi; difatti il valore di questa nuova moneta non è altro che il didramma simile a quello di Commodo coi quali viene ritrovata. 11 didramma di Commodo, benché durante io anni consecutivi ne fossero emesse delle immense quantità, dopo un'esistenza di circa 80 anni, non solo aveva perso di peso, ma doveva quasi essere scomparso ed ecco perchè sotto di Gallieno se ne dovette fare una nuova emissione. § 3. A Roma verso la stessa epoca (261 d. C.) com- parvero delle monete di un valore affatto nuovo che al presente sono comunemente chiamate di mi- stura; ma altri le chiamano anche piccoh bronzi. L'ana- lisi di una di queste monete ha dato che contiene iioVoo di argento (0, mentre un'altra non ne ha dato che 2o7oo^^^J queste monete pesano gr. 3 ciascuna, per conseguenza la prima contiene gr. 0,330 di argento, la seconda ne contiene gr. 0,060. Anche per ciò che riguarda il valore di queste monete esse hanno l'ap- parenza di rappresentare due distinte frazioni del- (i) Le monete analizzate sono: Cohen, N. 424; Voetter, Atla$ des monnaies de Gal/ienus, ecc. Tav. XI, N. 16-31. (2) VòETTER, opera citata, Tav. XIV, N. 39. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 307 Tantoniniano. Per un momento supponiamo che questa ipotesi sia giusta. Quali erano le monete che per sicuro a Roma avevano corso all'epoca che ora ci occupa? I ripo- stigli ci provano in maniera positiva che erano: gli antoniniani di Gordiano III, fino a Traiano Decio, gli antoniniani (?) di Valeriano e le due nuove monete di Gallieno. Per non confondere gh appellativi di queste monete, che d'altra parte non sappiamo quali essi fossero, e per comodo della dimostrazione, chiamiamo: a) Gli antoniniani da Gordiano a Traiano Decio, con gr. 1,974 di argento. ò) Gli antoniniani di Valeriano con gr. 0,660 di argento. e) Le monete di Gallieno, con gr. 0,330 di argento. e) Le altre monete di Gallieno, con gr. 0,060 di argento. Stando al valore rispettivo di argento contenuto nelle quattro differenti monete troviamo che: Un a = a. tre b = a. sei e = a. trentatre e ossia, Un a = gr. 1,974 = a tre ^ X gr. 0,660 = gr. 1,980 = a sei e X gr. 0,330 = gr. 1,980 = a trentatre e X gr. 0,060 = gr. 1,980. Questi resultati che non sono dovuti né alla mia immaginazione ne al caso delle analisi, dimostrano chiaramente che le nuove monete di Valeriano e quindi quelle di GaUieno erano delle frazioni del- l'antoniniano dei Gordiani e successori. Questa e non altra, io credo, deve essere l'ipotesi alla quale bisogna attenersi, giacché è impossibile ritenere che le monete che contenevano gr. o,c6o di argento venissero spese come quelle che ne contenevano gr. 0,330 e molto meno come quelle che ne contenevano gr. 0,660. Ammetto che una maggiore quantità di analisi può portare ad altre proporzioni più precise di quelle 3o8 G. DATTARI che non abbiamo ottenuto con le poche monete anahzzate; ma non dubito che il resultato nell'insieme sarà sempre lo stesso e dimostrerà che le quattro monete avevano un differente valore. Le caratteristiche tanto differenti tra gli anto- niniani dei Gordiani e le monete di Valeriano e fra queste e le due di Gallieno non permettevano di confondere una moneta con l'altra. Le due monete di Gallieno allorché nuove e ricoperte di uno strato di argento potevano confondersi; ma, forse delle anahsi future ci permetteranno di stabilire che tutte le mo- nete di Gallieno, sopra i di cui rovesci sono rappre- sentati i diversi animali tanto mitologici che naturali, valevano meno delle altre. Ma anche se ciò non fosse, perchè non possiamo ammettere che ai tempi dei romani, al pari di quelli medioevali, con delle gride si usasse di stabilire il tasso delle varie monete (')? § 4. In Egitto, per quanto io sappia, non furono mai rinvenuti ripostigli di antoniniani, da Caracalla a Traiano Decio, se non che qualche singolo pezzo. Al contrario, le monete a partire da Valeriano vengono ritrovate in gran quantità; osservando però che i ripostigli sono composti di qualche raro pezzo di Valeriano, quelle di Gallieno vi si trovano in pro- porzioni maggiori; ma con queste e con quelle si trovano in cospicue quantità le monete così dette piccoli bronzi, da Claudio II fino a Diocleziano. Dai (i) Se i documenti delle gride medioevali non fossero stati rinvenuti, come era mai possibile potere ritrovare la relazione tra le tante e tante monete che ad un tempo avevano corso in uno stesso stato? Il sistema delle gride è egli un'istituzione medioevale, oppure fu eredi- tata da tempi immemorabili? APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 309 ritrovi dunque si può arguire che a partire da Elio- gabalo fino a E. Emiliano le monete di argento di Roma non vennero reintrodotte in Egitto; mentre 10 furono quelle di mistura a partire da Gallieno. § 5- Delle monete alessandrine di Gallieno, a comin- ciare dall'anno decimo, certune portano una palma nel campo del rovescio, altre non l'hanno. Questo Augusto fu il primo dopo A. Severo che pervenne a regnare oltre dieci anni, ed in occasione del decimo compleanno vennero battutte delle mo- nete con una leggenda: (A€KA €THPIC KYPIOY Decimo compleanno del Signore) ricordante il felice avveni- mento. Oltre la leggenda vi fu posta la data del- l'anno io" ìli), giustamente per fare rimarcare che quell'avvenimento successe nel decimo anno alessan- drino (0. Or bene, quelle monete non hanno la palma nel campo ; anzi quelle del io" anno che la tengono sono in minoranza. È dunque con tutta riserva che dobbiamo dare a queste monete con la palma la stessa attribuzione che si è data alle monete di A. Severo. Quantunque io non arrivi a poter spie- gare il perchè le palme si trovino sopra certe mo- nete e non sulle altre, non esito a dire che una ra- gione plausibile ci deve essere. Nell'anno 12" di questo regno venne fatta una emissione di monete di bronzo (vedi prospetto N. 5). 11 loro numero essendo così limitato ed in generale di cattiva conservazione, non è possibile assegnargli un posto sicuro nella metrologia. La riapparizione del bronzo prova una volta (i) Dattari, n€PIOAOC suile monete alessandrine. 3IO G. DATTARI di più che, nonostante l'ancora più degradata mo- neta di mistura, il bronzo aveva corso in Egitto, anzi lo rivedremo allorché esamineremo la monetazione di Claudio II e quella di Aureliano. § 6. Dei tanti Tiranni che afflissero l'impero sotto r infausto regno di Gallieno, V Egitto non riconobbe che i Macriani, oppure, per dire meglio, non battè moneta per altri che per loro. Quelle monete sono di un modulo inferiore a quelle del legittimo governo, contengono 65 "/^^ di argento ed il loro peso non supera i gr. 10,50, talché si può ritenere che doves- sero rappresentare dei tetradrammi simili a quelli di Valeriano; però, date le circostanze con cui quelle monete vennero emesse, vi è molto da credere che la mancanza del peso e per conseguenza del valore sia dovuta alla frode del governo usurpatore. Le monete di questi Tiranni, essendo simili a quelle di Valeriano, danno diritto a credere che si sollevarono subito dopo la prigionia di quell'Au- gusto ; mentre che per ciò che riguarda la data del- l'usurpazione di Macriano e dei figli, gli storici non sono d'accordo; chi vuole che ciò avvenisse nel 260, altri nel 262. Le monete dell'anno i** sono unicamente al- l'effigie di Macriano II e di Quieto e ne vennero battute in assai quantità, mentre mancano quelle del loro 2" anno; in compenso, per questo anno ve ne sono all'elfigie di Macriano padre ('), mane vennero battute in così piccolo numero che presentemente non (i) Le monete di Macriano I sono le uniche che mancano alla nii;i collezione. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 3 II conosciamo che quella esistente nel Museo di Londra. Sestini ne descrisse una simile a quella del citato Museo e Banduri (0 un' altra con un rovescio dif- ferente. Dunque l'abbondanza di monete del i° anno, la mancanza assoluta di quelle dei figli del secondo anno e le poche del padre, portano alla convinzione che il primo anno fu di più lunga durata del se- condo. Or dunque, se i Macriani furono disfatti nel 262, diciamo pure in Gennaio e dato che il loro regno fosse stato della durata di sette mesi (ciò che è poco probabile), il secondo anno di regno sarebbe stato più lungo del primo. Di più, se il regno dei Ma- criani è stato di una durata di sette e più mesi, ove furono battute le loro monete ? No certo ad Ales- sandria, perchè non mancano le monete di Gallieno dell'anno 8", 9" e io"; come pure, se Alessandria fosse stata per si lungo tempo nelle mani dei Ti- ranni, la storia ne avrebbe tenuto parola. Siccome è più facile che la data in cui perirono i Macriani sia più giusta di quella del loro sollevamento ed am- messo che ciò avvenisse nel 262, secondo le mo- nete, non potrei dire quando i Tiranni si sollevassero; ma si può ritenere che vennero proclamati Augusti lo stesso anno in cui perirono (262 d. C), e le monete del 1° anno vennero battute qualche tempo prima del 28 Agosto, quelle del 2" anno subito dopo il 29 Agosto. L' Eckhel (^ ' che tutto vide e previde , faceva osservare che la mancanza di monete romane per Macriano I dava luogo ad accettare quanto riferiva Zonora: (" Macriamim propter adfectt pedis incomoda de- trac f asse fiirpurani, eamqm iitriqiie filio argitum, eie. „). Però, in vista delle monete di lui della serie ales- (i) Mus. Caes. (2) Doctrina N. V, Pars II, voi. VII, pag. 465-68. 312 G. DATTARI sandrina portanti la data dell'anno 2°, TEckhel con- cludeva: « Ilio tgitur jam inchoate Macrianus in Aegypto agnitus est imperator, duravitque et'us imperium saltem usque ad exeuntem Augustum anni sequentis, quo consus fuit numus LB „. Se con tutto questo, il maestro non arrivò a sciogliere intieramente il problema, resta sempre a lui il merito di averlo accennato. Io credo potere dimostrare che Macriano I non fu mai Augusto. La mancanza di monete battute alla di lui effigie, dalle provinole che lo avrebbero dichiarato Augusto, non deve essere dovuta al caso, poiché è quasi impossibile che tutte quelle provincie abbiano battuto monete per i due Augusti juniori e non per il capo della Triarchia. Le leggende sulle monete alessandrine di questa famiglia sono le seguenti: per Macriano 1, A • K • M • OOV • MAKPIANOC €V • €VC • per Macriano II, A • K • T • • lOVN • MAKPIANOC • € • C6B per Quieto, A • K • T • O • lOVN KOVHTOC • € • C6B • Si osserverà che la finale della leggenda sulle monete del padre (6YC[eBlC]) differisce da quelle dei fìgH (C€B[ACTOC]). Questa differenza si trova per la prima volta sulle monete dei Fihppi. Cioè, quando il padre nei primi quattro anni di regno era solo all' impero, il titolo che porta sulle monete è di C6BAT0C ; allorché divise il potere con il figlio, sì per l'uno che per l'altro le leggende sulle monete finiscono con €Y, op- pure €VC. ed anche CYCe. La seconda volta si trova sulle monete di Valeriano e Gallieno, i quali fino a tanto che il potere imperiale era in comune, le leg- gende terminano in €V€YC ; mentre che dal momento APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 3I3 che Gallieno ebbe il potere assoluto, le leggende cambiarono in C€B Per ultimo diremo che tanto per Carino e Numeriano quanto per Diocleziano e Mas- simiano, le rispettive leggende terminano tutte in C€B. Da ciò credo potersi dedurre, che allorquando il potere era eguale per i due Augusti, il titolo di C6BACT0C veniva ommesso, giusto appunto perchè il potere non era assoluto ne per l'uno ne per l'altro e per conseguenza si dipendevano a vicenda; tale è il caso per i Filippi come per i Valeriani; mentre che i figli di Caro come pure Diocleziano e Mas- simiano I, benché associati rispettivamente, avevano il potere diviso; cioè, gli uni comandavano in Oriente, gli altri in Occidente; dunque uno comandava indi- pendentemente dall'altro ed il potere era assoluto sì per l'uno che per l'altro ('). Se la mia interpretazione è giusta, come spero, si può stabilire che Macriano I non fu mai Augusto, oppure, se si vuole, il suo potere legalmente era secondario a quello dei figli (2). (i) Le leggende delle monete di Treb. Gallo finiscono tutte in C€B, mentre quelle di Volusiano che si vuole fosse stato associato al padre finiscono in €VC. Stante che la leggenda di Volusiano comprende quattro lettere di più di quella del padre, la finale di €VC potrebbe essere interpretata per €V[C€BIC] C[€BACTOC] ed essere così una abbreviazione; ma ritengo fermamente che l'abbreviazione sia fuori di questione e che piuttosto il potere di Volusiano fosse inferiore a quello del padre (assoluto). (2) Non possedo che una storia tradotta dal latino, per cui non sono in grado di dare in extenso il passaggio storico di Zonora allorché descrive come fu offerta la porpora a Macriano. Se però il testo è esatto alla traduzione, io credo che quel passaggio venga a confermare che Macriano trasmise il potere imperiale ai figli. Ecco il passaggio storico: " Macriano non potendo portare gli ornamenti imperiali, perchè era storpio e zoppo, li trasmise ai suoi figli ,. Non vedo la ragione per cui Macriano, avendo dei difetti fisici, cosa che gli impediva di portare la porpora o altro vestimento imperiale, li trasmise; poteva trasmettere il potere, ma non gli abifl. 314 G. DATTARI Parte XII. § I. In Egitto come a Roma con il sorgere del regno di Claudio II apparvero delle monete differenti da quelle di Gallieno. Quelle di Alessandria sono assai più piccole delle precedenti, pesano gr. io e contengono 25 7oo ^^ argento, ossia ogni moneta ne contiene gr. 0,250 e g^- 9>75o di lega. Per non perdersi in calcoli, dei quali ne abbiamo fatti in abbondanza, dirò che queste nuove monete, rispetto ai tetradrammi di Treboniano, come pure rispetto ai didrammi di Gallieno, rappre- sentavano la dramma, per cui il sistema monetario dell'Egitto si accrebbe di una nuova frazione, e sembra che fosse composto: Gr. Qr. del tetradramma, contenente 0,937 di arg. e 11,563 di bronzo del didramma „ 0,480 „ 11.520 „ della dramma „ 0,250 „ 9,75° „ Come si vede, il valore dell'argento delle tre monete è circa la metà uno dell'altro. § 2. A Roma fino dai tempi di Valeriano le monete di bronzo non solo diminuirono nel quantitativo, ma degenerarono nel peso e nella forma da ciò che erano anche nei regni più prossimi a quello. Sotto Claudio II non vennero emessi che dei rari MB. e APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 315 dei rarissimi GB. i^\ Per questo regno ancora l'Egitto emise delle monete di bronzo (vedi prospetto N. 5), ma in così ristretto numero che non se ne conosce che una sola (2). § 3- Le monete che il Cohen, a partire da Claudio II, chiama piccoli bronzi, altri le chiamano antoniniani, viceversa poi non sono ne l'uno ne l'altro. Di queste monete spessissimo vengono ritrovati in Egitto dei veri tesori composti di più migliaia di pezzi. Essi contengono poche monete di Gallieno e moltissime di Claudio 11; sono abbondantissime quelle da Aure- liano fino a Diocleziano e Massimiano. I grandi ritrovi e le stragrandi quantità di monete, che contengono i rispettivi tesori, bastano per accertarci che quelle monete avevano corso in Egitto quasi si può dire come la moneta autonoma. 1 così detti PB. pesano una media di gr. 3,55 per tutti i regni, se si eccettua quelH di Aureliano i quali scendono a gr. 3,49. Le analisi di quelle monete per ogni rispettivo regno sono le seguenti: I mon. di Claudio II arg. 40 "'o ^ » » n I» 20 /, 0/ 00 1 „ „ Quintino „ 40 ^' 2 „ „ Aureliano „ 30 "/t. I „ „ Tacito „ 4o7„„ I „ „ Floriano „ 4o7„„ I mon. di Probo arg. 50 /„„ ■^ •; » if n 4OV00 I „ „ Caro » 40 "/„o 1 „ „ Carino . 4oV„„ 2 „ „ Diocleziano „ 30"/^ (i) La nomenclatura che dà il Cohen per le monete di bronzo a partire da Claudio II varia assai da quella dei regni precedenti. Ora i medaglioni li chiama grandi medagliotii, che in sostanza sono più piccoli dei medaglioni delle belle epoche. Le monete della seconda grandezza le chiama dei piccoli medaglioni ed anche GB. Quindi vengono i PB. (testa radiata); per ultimo i bromi quinari (testa laureata). Non si potrebbe dare a quelle monete una migliore nomenclatura? (2) NVMI AVGG ALEXANDRIM, N. 54T8. 31 6 G. D ATT ARI I moneta di Severina senza la mezza luna sotto il busto non conteneva argento I moneta di Diocleziano con al rovescio Concordia militum non conteneva argento. Benché la quantità di 40 7oo sia quella che più sovente viene ritrovata nelle monete, ciò non ostante, una contenendone 50 7oo» "^n sarà dunque male di prendere la media e così poter stabilire che ogni mo- neta doveva contenere gr. 0,160 di argento e gr. 3,39 di lega e con questi resultati, l'appellativo di PB. che viene dato a quelle monete è fuori di luogo, poiché contengono più argento di certe monete di Gallieno che sono chiamate di mistura. Chiamiamo d) questa nuova moneta e ponia- mola in colonna con le altre monete che ai tempi di Claudio II sicuramente avevano corso sì a Roma che nelle provincie: a) Antoniniani dei Gordiani fino Traiano Decio, arg. gr. 1,974 ì)) Monete di Valeriano „ « 0,660 e) „ di Gallieno che contengono iio**/oo ,, » 0,330 d) „ di Claudio e successori . . • „ „ 0,160 e) „ di Gallieno che contengono 20 ^/oo „ „ 0,060 Queste monete trovano i loro equivalenti nelle monete alessandrine che dovevano pure avere corso ai tempi di Claudio II: Argento I Tetradramma C 2 monete e gr. 0,660 ) . ì , ^ ( Argento Bronzo Argento Bronzo \l „ d „ 0,160? ^ ^^ ^ f ^ \ gì"- 0,940 gr. 9,670 gfo,937,gr. 11,563^2 „ e „ 0,060^ I DlDRAMMA < I „ C „ 0,330 N Argento Bronzo ì > ., 0,490 „ 6,060 gr.o,48o,gr. 11,529 f r „ d „ 0,160) I Dramma ^i „ d „ 0,160 \ Argento Bronzo ) > „ 0,280 „ 6,330 gr. 0,250, gr. 9,750(1 „ e „ 0,060) APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 317 Questi resultati, benché soggetti a rettificazioni che potranno resultare da analisi più perfette, inspi- rano una certa fiducia e lasciano un alito di spe- ranza onde illuderci che non siamo lungi dal vero. § 4. Le monete alessandrine di Quintillo differiscono un poco da quelle del fratello, talché fanno sorgere il dubbio che le une e le altre sieno state battute nella stessa Zecca. Una cosa assai rimarchevole nelle monete di Quintillo è l'effigie, la quale è a lui caratteristica, per cui rassomiglia quella delle monete di Roma, mentre che l'effigie di Claudio II cambia da moneta a mo- neta e non è rassomigliante all'effigie di lui sulle monete battute nella capitale. Se Quintillo avesse regnato solamente 17 giorni, è difficile raccapezzare come Alessandria abbia potuto battere delle monete la cui effigie fosse così rassomigliante. Il tempo ne- cessario sarebbe mancato per ricevere sia monete, che un ritratto di lui; per cui, vi è molto da ritenere che Zosimo fosse nel vero, assegnando a quell'Au- gusto uno o due mesi di regno. ^ §5- La ferma severità, che esercitò Aureliano onde portare la moneta al suo giusto valore, fu causa della famosa sommossa dei monetari avvenuta a Roma nel 274 d. C. Quella severità di Aureliano non dovette limi- tarsi solo alla Zecca di Roma, ma anche a tutte le altre. Delle monete alessandrine di questo Au- gusto a partire dall'anno 5" (273-274 giusto l'epoca della rivolta), alcune portano una stella nel campo 3l8 G. DATTARI del rovescio, ora posta a d. ed ora a s.; dunque, molto probabilmente quel segno doveva servire a fare distinguere da quali officine uscivano le differenti monete: se questo è il caso, come non ne dubito, si può dire che Alessandria in quell'epoca aveva tre officine. Due di esse (quelle con le stelle) cessarono di funzionare, nell'anno 7°, perchè le stelle mancano sulle monete di quell'anno. A quanto sembra, l'Egitto, non solo seguiva Roma in tutti i movimenti della sua monetazione officiale, ma ancora la seguiva nella frode, tanto è vero che le monete dei primi anni di questo regno pesano una media di gr. 9 invece di io come quelle degli ultimi anni e non contengono che 2o7oo di ar- gento, invece di 25 che ne contenevano quelle di Claudio II. Un' altra lieve innovazione si riscontra sulle monete di Aureliano; cioè, a partire dall'anno 5" la data, invece di essere accompagnata dal secolare segno, L, venne rimpiazzata con la parola CTOVC {anno) e lo stesso fu poi durante il regno di Tacito. Non si conoscono monete dell'interregno che gli storici portano alla durata di circa sei mesi. § 6. Le monete di Vaballato Augusto e di Zenobia, la cui rarità non permette di farle analizzare, le ritengo dello stesso valore di quelle di Aureliano e tutte sono datate dell'anno 5** di Vaballato. Queste monete oltre ad essere rare, hanno i rovesci poco variati, tutti indizi che portano a stabilire una breve fabbri- cazione e provano che Zenobia fu padrona dell'Egitto per un cortissimo spazio di tempo. Già in quell'anno erano state battute delle monete di Aureliano con al rovescio il busto di Vaballato, quali si ritrovano APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 3I9 in grandissime quantità; non mancano le monete di quello stesso anno di Aureliano solo (anno 2''); dunque, Zenobia con il figlio dovettero ribellarsi tra il 270 ed il 29 Agosto 271, nel quale anno dovettero fuggire d'Egitto. Con ciò male si spiega il passaggio storico con il quale si vuole che il Generale Probo nel 272 d. C. liberasse l'Egitto dal giogo degli Odenati. §7- Lo storico Vopisco racconta che Tacito, appena investito del supremo potere, fece passare una legge la quale proibiva, sotto pena di morte e di confisca- zione dei beni, l'alterazione dei metalli con lega di straniera materia. L'appellativo metallo è generico e l'editto può mirare al metallo che doveva servire per i gioielli o per gli utensili, ecc. ; ma, gli abusi dei monetari, che Aureliano soppresse al costo di tanto sangue, erano così recenti da non lasciare dubbio che l'editto piti di ogni altra cosa mirava a che non si rinnovassero gli abusi dei monetari. Le monete alessandrine di Tacito sono di due differenti moduli e differenti pesi ; l'esame di una sola moneta (0 del peso di gr. 8,20 ha risultato che contiene 10"/^^ di argento. Il regno di questo Augusto essendo stato così corto (7 mesij, quasi ci garantisce che in quel breve spazio di tempo e con l'editto emanato non si dovettero commettere abusi tali da (i) Già tra le monete di Claudio II ed anche tra quelle di Aureliano e Severina ve ne sono alcune che pesano meno delle altre e sono pure di un modulo minore. Sono dolente di non aver dato la dovuta attenzione a questo punto estremamente interessante, e limitai le analisi a una sola moneta di ciascun regno; ma niente di più probabile che delle future analisi ci facciano constatare che in tutti questi regni, cioè a partire da Claudio II, vennero emessi dei drammi e degli hemidrammi, facili a distinguersi dalle loro differenti grandezze. 330 G. DATTAUI ridurre alla metà il valore delle monete; perciò con- viene ammettere che certe monete di questo regno appartengono ad una nuova frazione la quale rispetto alle monete di Claudio veniva ad essere Vhemi- dramma. In tale maniera l' Egitto aumentava il suo sistema monetario di una frazione che prendeva il posto quasi simile a quello di Roma, di GaUieno, e che conteneva gr. 0,060 di argento. § 8. Le monete di Probo sembrano appartenere a due frazioni, cioè ai drammi ed agli hemidrammi. A partire da questo regno venne riadottato il sistema di porre il segno L davanti alla data. Le monete della famiglia di Caro, tutte di una stessa grandezza, sono di un peso medio di gr. 8,50 e secondo l'analisi contengono gr. 0,065 di argento, per cui apparterebbero all' hemidramma. Fino dai tempi di Probo tutte le provincie e co- lonie dell' impero avevano cessato di battere la mo- neta autonoma; solo l'Egitto, la più importante e pili florida provincia dell'impero, resisteva e non voleva cedere a quel sacro diritto. Pur troppo abbiamo constatato che il sistema delle monete alessandrine si era assimilato a quello di Roma, e le monete della Capitale andavano conquistando le rive del Nilo , talché non era più che questione di tempo onde l'Egitto ancora esso entrasse a fare parte della confe- derazione monetaria. A quanto pare, subito nel primo anno dei Cari le due officine, che furono chiuse nel 6° anno di Aureliano, vennero riaperte (le stelle riappariscano nel campo) durante il 1/' ed il 2^ anno; ma si chiusero nel 3*^. In questo regno si trovano le uniche monete di Consacrazione e sono ancora uniche per la man- APPUNtr DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 321 canza della data. Neiranno 3**, allorché i due fratelli erano ambedue Augusti, v^eniiero emesse delle monete del tipo delle legionarie, uniche in tutta la serie che portino la leggenda indicante a quale delle legioni si riferissero (A€r B • TPAI Legione li Traiano) 0). Parte XIII. Eccoci giunti all'ultima parte di questa storia. Per non ripetere quanto ho detto circa la zecca alessandrina dell' epoca della Tetrarchia, rinvio il cortese lettore al mio appunto N. XV ^2). Tutte le monete di quest'epoca sembrano appar- tenere alla frazione dell' hemidramma; ciò sia detto per il loro peso ed in generale anche per l'estetica. Per quanto riguarda le analisi di quattro monete, due contenevano 10°/^^ di argento, due altre non ne contenevano affatto, io credo che bisogna ritenere che queste ultime erano degli hemidrammi frodati o dai monetari o meglio ancora dai falsari <^3). Mentre che le monete della riforma già venivano battute in tutte le provincie dell' impero, la zecca di Egitto non diminuì la produzione delle vecchie mo- nete; un piccolo rallentamento si riscontra nell'anno 7*; ma in compenso l'anno dopo (291-292 d. e.) il nu- mero delle officine venne aumentato e quasi con più (1) Questo rovescio credo che manchi alle monete della serie romana. (2) Dattari, Appunto XV, Domizio Domiziano. (3) La quantità di monete di quest'epoca che vengono ritrovate in Egitto è veramente strepitosa. Spesso mi pervennero dei lotti composti di monete di aspetto dubbioso. Le leggende quasi intieramente fuori del cerchio, di un arte molto inferiore alle altre; infine avevano l'aspetto di monete emesse dai falsari; benché coniate e non colate. I falsari privando quelle monete del poco argento che avrebbero dovuto conte- nere, ne ricavavano un benefizio assai vistoso. 322 G. D ATT ARI ardore di prima venivano emesse delle immense quantità di monete non solo per i due Augusti ma anche per i due Cesari. Che l'aumento nel numero delle officine venisse fatto allo scopo di preparare le nuove monete della riforma, è cosa probabile; ma difficile a provarlo. Sopra qualche rara moneta degli anni io, ii e 12 eli Diocleziano, come pure sopra quelle di Massimiano dell'anno io e 11, sul campo del rovescio vi appare una stella. Ambedue gli Augusti avendo sorpassato i IO anni di regno, è molto probabile che quel sim- bolo debba la sua comparsa alla circostanza di quell'avvenimento. La mancanza delle palme sulle altre monete degli stessi anni, è attribuibile a qualche causa per il momento a noi ignota. Le palme si trovano pure sulle monete dei due Cesari a partire del loro 2" anno (^). § 2. Nel mio citato appunto usai del mio meglio per provare che la rivolta di Alessandria capitanata da Domizio Domiziano ebbe per pretesto l'imminente introduzione che si voleva fare in Egitto della mo- neta riformata e forse ancora l'avvenuta emissione dei primi follis. Da che pubblicai quell'appunto, la fortuna mi ha favorito di alcune monete, in tempo per confer- ei) Ancora un problema che sarà il tema di un altro appunto se altri non mi precederanno nella soluzione. Se le palme vennero poste sulle monete degli Augusti nella ricorrenza delle loro deceniialia, come è che quelle stesse palme si trovano sulle monete dei due Cesari a partire del loro 2" anno. Costanzo e Calerlo essendo stati creati Cesari il 1° di Marzo 292 d. C, il loro secondo anno corrispondeva al 9° di Dio- cleziano e 8° di Massimiano Ercole, cioè a dire le palme sulle monete dei Cesari vi appariscono l'anno prima delle decennalia di Diocleziano. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 323 mare la causa della rivolta, e che inoltre condu- cono alla conclusione di nuove ipotesi che andremo svolgendo. Le monete in questione sono le seguenti: N. I i> — MA2IMIAN0C C€B Testa a d., radiata, di Massimiano Ercole. H — C€PATTIC CflTHP Busto a d. di Serapis, col modius sulla testa laureata. N. 2 ^ — AOMITIANOC C€B Busto a d. di Domizio Domiziano, paludato e loricato; la testa laureata. I^ — LB Busto simile al precedente; ma rivolto a s. N-3 B' - AOMITIANOC C6B Testa a d. radiata, di Domizio Domiziano. 324 G. DATTARI F^ — LB Serapis andando a d., porta sulla testa il modius; la d. alzata, tiene nella s. uno scettro trasversalmente al corpo; nel campo, una palma. ■" N. 4 ^ — AOMITIANOC C€B Busto simile al N. 2. ^ — LB Simile al rovescio N. 2; ma rivolto a d.; nel campo una palma. Le monete delle impronte N. i e N. 2 sono inedite ; quelle dei N. 3 e 4 (^) sono conosciute in diversi gabinetti sì pubblici che privati. Un accurato esame della moneta di Massimiano (N. i) ci rivela che la sua tecnica è simile alle mo- nete di mistura dei Tetrarchi emesse a partire del- l'anno io" ove vi si scorge un grande migliora- mento nella fabbricazione ed anche nell'arte. Il dia- metro della moneta di Massimiano è maggiore delle altre e si avvicina a quello dei tetradrammi di Valeriano e di Gallieno. La testa dell'Augusto è ra- diata come lo è sul denarius comunis della riforma. Il rovescio è mancante della data ed in suo luogo venne posto il nome della divinità ivi rappresentata; cioè a dire, come sulle monete di Roma Genius po- puli Romani. La leggenda del diritto è dello stesso stile che sulle monete di mistura, adottata a partire dell'anno 8". È a partire da quello stesso anno che (i) Queste quattro monete vennero ritrovate in un tesoretto com- posto di monete di mistura della Tetrarchia, con una piccola quantità di follis. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 325 le monete della Tetrarchia differiscono da quelle emesse nei primi anni, cioè a dire, sono di un mag- giore modulo, di un'arte più ricercata, contorni più regolari ed i ritratti cominciano ad essere rassomi- glianti rispettivamente a ciascun componente la Te- trarchia, mentre che l'effigie sulle monete dei primi tempi erano del tutto convenzionali. Quello che è assai sorprendente si è che a partire dell'anno 9** 1 rovesci sono più alessandrini di quello che non erano stati da dopo il regno di A. Severo. Se il governo in quest'epoca aveva l' intenzione di abolire in Egitto la moneta autonoma e intendeva di dotare il paese delle monete della riforma, perchè allora quel subi- taneo cambiamento ? e perchè la risurrezione delle divinità egiziane ? Io credo che verso l'anno 8" (291-292 d. C), allorché il governo si preparava ad introdurre la riforma anche in Egitto, il popolo dal malcontento sarà passato alle minacele che fecero prevedere una potente rivolta. Il governo, sia che intendesse dila- zionare la riforma e così calmare gli animi eccitati dei cittadini, sia che veramente si abbandonasse l'idea della soppressione della moneta autonoma, rimpiaz- zando la vecchia da una nuova ripristinata sulla vecchia ma adattata al nuovo sistema; ideò delle nuove monete, e tra queste alcune simili all' im- pronta N. I ed altre ancora che forse ritroveremo un giorno. Probabilmente la decisione del governo fu tarda a venire e gh alessandrini già ribellati ave- vano proclamato il proprio Augusto nella persona di D. Domiziano. La sommossa andava progredendo su per le rive del Nilo, e il governo legittimo, senza perdere più tempo, dovette decidersi a far battere delle monete del vecchio sistema con le modificazioni che abbiamo fatto notare più sopra. Tanto nella serie romana che in tutte le altre. 326 G. D ATT ARI non esclusa l'alessandrina, non vi è esempio che tra i tanti Tiranni che insorsero a varie date, alcuno d'essi, facesse emettere delle monete differenti da quelle del legittimo governo. Ma D. Domiziano venuto al potere grazia il sollevamento causato dalla ri- forma monetaria, è bene naturale che prima cura del suo governo fosse quella di ridotare il paese della moneta autonoma. Perchè il Tiranno emise delle nuove monete a preferenza di quelle del vecchio sistema? Come era possibile studiare una riforma in così breve tempo? Io credo che la moneta di Massi- miano (N. i) sia assai eloquente e sarebbe volere rinnegare la verità, se non si volesse ammettere che le monete N. 2 e 3 di D. Domiziano devono la loro origine alla moneta N. i. 11 nuovo sistema monetario del Tiranno dovette essere studiato prima dal go- verno dei Tetrarchi, ma troppo tardi per metterlo ad effetto; cosicché D. Domiziano non ebbe che a copiare quanto era stato proposto e preparato dal legittimo governo: di più, per acquistarsi ancora maggiore stima dai suoi aderenti, egli tolse a quelle monete il nome della divinità ed in suo luogo tornò a porvi la data del regno e così rese a quelle monete il secolare e primitivo aspetto. Sulle monete del Tiranno, quelle della maggiore grandezza, al pari di quella di Massimiano, al ro- vescio venne rappresentato come tipo unico, Serapis. L'idea del rovescio col tipo unico per le monete di una stessa grandezza sembrami tolta dai follis i quali pure a quel tempo erano di un tipo unico (Genio popoli romam). Le monete del Tiranno della minor grandezza conosciute in molti esemplari hanno pure esse il tipo unico della vittoria, come quelle del denario comune avevano per tipo unico : concordia militum. Tutto questo prova come che le monete del Tiranno vennero ideate sulle basi delle monete di Roma della riforma. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 327 11 differente ornamento che porta la testa del Tiranno, come credo, vuol indicare che le monete con la testa radiata avevano un valore maggiore di quelle con la testa laureata. Queste proporzioni mi sembrano suggerite dal rovescio delle monete stesse cioè, su quelle con la testa radiata, Serapis è veduto per intiero, su quella con la testa laureata, Serapis è rappresentato col busto, ossia la metà. La moneta N. 3, con la testa radiata, pesa gr, 12, quelle dei N. 2, 4 ne pesano circa io rispettivamente, le più piccole con la vittoria pesano gr. 7,33. Queste monete essendo ,-^ — ^ PESO MEDIO Gr. 28 Gr. 21 Gr. 11,40 Gr. 8 Gr. 0,80 Commodo 18,70 18,- 10,10 980 8,60 6,50 solo all'Impero — — 15,50 9-0 8,50 — v^— ^-*^-' -—— — v^— *-_-- . PESO MEDIO Gr. 17,40 Gr. 9,86 Gr. 7,80 ■ Pertinace Tiziana , 10,80 8,20 • — — — fi- — — — — Pertinace Figlio - — — — lo, 75 — — — 1 — Pescennio —- — — — — — 1 — PESO MEDIO Gr. 9/83 G r- 7,3. 5 1 1 umero 4 V Marco Aurelio fino a Macrino ìso DI Gr. 0,80 I II I III j IV i V VI , VII |VlIi| IX X GRANDEZZA (Modulo) QUARTA DENOMINAZIONI 45 Oboli 30 Oboli 15 Oboli ! 10 Oboli un Obolo PESO NORMALE Gr. 36 Gr. 24 Gr. 12 Gr. 8 lGr.0,80 AUGUSTI Settimo Severo Giulia Donna Caracalla Plautina Geta ( — s — / = 20,80, PESO MEDIO 10,90 10.70 12,— 8,70 9.70 - 8,70 1 1 i 6,6o| — - H.40 — 5.30 — - 8,30 — — — - 8.29 — i 10,70 7.00 450^ 9.30 — — — — j 9,80 — — — — 1 9.«o — — — 9,30 — 7.10 — 13-30 — — 6,c,o 11,40 — — 630 11,10 — — — — 10,10 — — 9.50 — — — — 9 — — — — — Gr. 10,30 ! Gr. 7.27 Caracalla solo air Impero Giulia Donna Crispina Macrino Diadumeniano 31,60 31,50 3'. IO 28- 27 — 26,10 25.50 25,20 25 — 21,20 |2I,IO 20,50 ! = I 28.70 j 27,60 PESO MEDIO ; 28,30 23,30 21,30 18,10 — 1 18.10; — I7.I0I — 16.40; — 9. 'r. 19,80 14.50 10,70 Gr. 21,14 I Gr. 10,35 8,50 8,20 6,50 Gr. 7.73 330 G. nATTARI PROSPETTO N. 5 METROLOGIA DELLE MONETE DI BRONZO DA EliOGABALO FINO A AURELIANO MONETA UNITARIA DEL PESO DI GR. O,8o COLONNE 1 1 li III 1 IV V VI VII Vili IX X GRANDEZZA (Modlllo) PRIMA SECONDA TERZA QUARTA 1 45 un DENOMINAZIONI Oboli 30 Oboli 15 Oboli IO Oboli Obolo PESO NORMALE Gr. 36 1 Gr. 24 Gr. 12 Gr. 8 |Gr.o,8o AUGUSTI Elìogabaio 25,90 — 18,70 ._ — 10,40 — — 34,50 24,90 19,50 — 11,75 — — a.45 29,70 2+,- 19,50 — 8,20 — — 8,ì0 28,90 23,80 19,50 28,- 23,70 19,30 27,70 23,40 19,20 27,30 2350 18,90 2Ò,60 22,90 18,40 Alessandro Severo '26,- 22,80 17.30 e Mammea ' \ 25,60 25,40 25.30 25,10 1 z ( 29,40 22,50 22,50 22,— 22, — 21,60 21,40 21,40 20,40 16,90 16,90 |6,2D '5,40 12,70 12,50 8,40? ^ 19,80 17,10 25,70 19,20 — . 24,— 19,20 — 23,10 19 20 — 2?,— 19,— — Filippo I 22,50 19.— Otacilla \ 22, — Filippo II 21,70 21,50 21, — 20,30 — — — l 20,30 \20,— z — — '7,30 15.70 — — — — , — — — — 15.50 — — — — Gallieno \ — — — — 14,50 — — — — e Salonina 1- — — ■ — 14,40 13,— IS- — — — [ - — — — TI, 80 — — — — Claudio 11 — — — — — 9,56 — Aureliano — "" " " ^ 8,70 5,15 APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 331 PROSPETTO N. 6 PESI MEDII DELLE MONETE DIVISE COL SISTEMA DEI MODULI COMPARATI CON I PESI MEDII DELLE MONETE DIVISE A SECONDA DEL SISTEMA DA ME PROPOSTO. * Pesi medii del nuovo sistema di divisione. ** _ - a seconda dei moduli. Frazioni Peso M. Aurelio Commodo Pertinace S. Severo Caracalla Macrino Normale Oboli 1 Gr. * ** * ** 7f ^f* * **t * ** * ** 45 36,- i 28,-24,74 18,70 — i — Ì28,30 23,94 28,15 23.65 30 24,— 17,40, — - 1 - '21.14 — — — — - 12,89 — 14.43 9.35 — '0,57 — — — — 15 12, — 11,40 — 9,86 — 9.83 10.36 - . 10,85 10,85 — — IO 8 — 756 7»93 7,80 9.03 7,35 8^0 7,27 8,6+ 6,50 6,50 8,35 8,35 uno —,80 — 80 -,«0 ' ~ PESI MEDII DI I CINQUE REGNI AMALGAMATI ASSIEME SECONDO I DUE SISTEMI Frazioni „ Normale ^^^" Medio secondo la | Peso Medio secondo la Oboli ' ' proposta divisione divisione dei moduli 45.— Gr. 36 30- .. 24 15 — 12 IO.— 8 uno •' , Gr. 28,80 .. 19,85 „ 10,40 7,36 „ —,80 Gr. 22,37 11,61 ; 8,20 —,80 PROSPETTO N. 8 PESI MEDII DELXE MONETE DEI CINQUE REGNI COL SISTEMA EEI MODULI COMP.ARATI CON IL PESO NORMALE SLT.LA BASE DELL* UNITÀ MONETARIA DEL PESO DI GR. 1,20 FRAZIONI OBOLI 20 12 8 4 2 uno PESO NORMALE Gr. 24,— Gr. 14,40 Gr. 9,60 Gr. 4,80 Gr. 2,40 Gr. 1,20 PESO MEDIO Gr. 22,37 (i) Gr. 11,61 Gr. 8,20 — Gr. 0,80 (i) 11 peso medio delle monete di questa frazione pei regni ai Adriano (II emissiore) e Antonino, era di gr. 27,10 e 27,60 rispettivamente. SPIEGAZIONE STORICA DELLK MONETE DI AGRIGENTO CAPITOLO IX. Tipi: La testa d'Aretusa e quattro delfini attorno — Granchio. Torremuzza porta un medaglione d'argento di fattura elegantissima: Stint in eo Caput muliebre inter quator Pisces, et Fagunis — egli dice — e quantunque senza epigrafe, lo attribuisce con tutta sicurezza ad Agrigento (0 (V. Tavola XVI, dell'anno 1902, n. 11). Mionnet, dopo di lui, ha pure quella moneta fra le agrigentine, e specificando meglio il significato della figura principale, afferma che quella è la Téte d'Arétliuse entourée de 4 poissons (2). Schubring ne parla pure, dichiarando che il granchio la dimostra appunto della città d'Agrigento. Crede che qui Apollo sia stato adorato fra gli altri col nome di Delfinio, e non saprei veramente donde mai abbia ricavato quella notizia, e però viene alla con- seguenza, che probabilmente quella figura è di Apollo Delfinio (^). Il prof. Salinas però non mette quella moneta nelle sue tavole delle agrigentine, segno evidente (i) Siciliae Veteres Nummi, tav. IV, n. 9 e relativa spiegazione. (2) Description.... SicHe. Agrigentum, n. 38. (3) Topografia storica d'Agrigento, trad. di Toniazzo, pag. 188. 4^ 334 CARUSO LANZA che non la ritiene della nostra città, e credo addi- rittura, che abbia ragione. L'indizio, che ha potuto determinare quegli ili. numismatici a questa conclusione, è stato certa- mente un solo, quello che dichiarava lo Schubring, la figura del granchio impressa nel rovescio, poiché nel resto nulla ha di comune quella moneta con tutte le altre agrigentine. Il granchio bensì costituisce l'impronta speciale dei nostri nummi; ma dissi altrove, e giova ripe- terlo, che esso non appartiene in modo esclusivo ad Agrigento, e parecchie altre città siciliane lo adot- tarono pure come insegna delle loro monete. Stando così le cose, la conseguenza non riesce più univoca, ma equivoca, onde una moneta sicola con quell'im- pronta potrà appartenere ad Agrigento come a Li- para, ad Tmera come ad Erice, e via. Se non che, guardando con attenzione il diritto della medaglia in esame, quel bel capo di donna se- condo il Torremuzza, la testa di Aretusa secondo il Mionnet, troveremo non uno ma parecchi argomenti per istimarla non agrigentina, ma siracusana. Quella testa è d'Aretusa infatti, e dal Mionnet in poi così è stato unanimemente giudicato; l'opi- nione dello Schubring è assolutamente sbagliata. Quella faccia, quei capelli, il modo onde è pettinata sono da donna e corrispondono a quelle belle teste dei medaglioni di Siracusa, ai capolavori di Eumene, Cimone ed Eveneto; ha gli stessi quattro delfini, che l'attorniano; ne è uguale altresì la forma della mo- neta leggermente biconvessa, mentre in genere le agrigentine tendono al concavo. Insomma, la scuola e fors'anco la mano, che ha creato questo, è preci- samente uguale a quella, che ha saputo produrre i medaglioni di Siracusa: l'arte non inganna, ed il SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGMGENTO 335 pennello o la scuola di Michelangelo non si potranno mai confondere con quelli di Raffaello. Quel capo di donna adunque è l'effigie di Are- tusa, la casta ninfa, la quale fuggendo gli amori e le persecuzioni di Alfeo fu da Diana tramutata in fonte (^); è colei che svelò a Cerere il ratto di Pro- serpina, ed a cagion di lei quella dea soggiornò per alcun tempo nei pressi di Siracusa beneficandone i cittadini. I Siracusani venerarono quella ninfa con ispeciale devozione facendone il loro genio tutelare, e dedicando ad essa la maggior parte e le più belle delle loro monete. Quasi tutte le città greche avevano di coteste divinità peculiari e locali, e tutte le rammentarono nei nummi: abbiamo in Sicilia però i segni del culto di Crimiso nelle monete di Segesta, dell'Oreto a Pa- normo, di Feremone a Messina; e salvo rare ecce- zioni, determinate da avvenimenti politici di grave momento, nel resto poi non vi ha esempio, che il genio tutelare di una città abbia ottenuto altrove l'onore d'essere effigiato in una moneta. Il Crisas, difatti, lo abbiamo soltanto in quelle di Assoro, l'Ame- nanos in quelle di Catana, e l'Aretusa non la si trova, che nei nummi di Siracusa. E se la cosa è così, di- remo sempre moneta siracusana quella, che ci offre l'efiìgie di quella ninfa, almeno sino a tanto che non ci sia data la prova in contrario. Nella specie poi con maggior fondamento dob- biamo venire a tale conclusione, se attendiamo a questo, che, fra le due impronte che vi sono scol- pite, l'Aretusa ha evidentemente la prevalenza, è quella che dà il battesimo al medaglione. Sicché la forma, l'arte ed il significato della fi- (i) Ovidio, Metamorfosi, lib. V, cap. XVI. 33^ CARUSO LANZA gura principale inducono concordemente a ritenerlo siracusano, non agrigentino. Avendo esposto così le mie idee intorno al luogo, in cui sarebbe stata coniata quella moneta, e con- chiuso che essa non è nostrale, dovrei astenermi dal parlarne di vantaggio per non uscir fuori di argo- mento. Però io credo che essa abbia delle attinenze con la nostra città, e per questa ragione ne dirò qualche parola ancora. 11 granchio è l'emblema caratteristico delle mo- nete d'Agrigento, e per quanto sia vero che altre città sicole l'abbiano pure impresso nelle loro o come impronta principale, come tipo si direbbe in gergo, ovvero anche come simbolo aggiunto a quello, pur tuttavia non mi pare, che quello del medaglione in esame si possa riferire ad alcun'altra più che ad Agrigento. Non alluderà certamente a veruna di quelle città le quali ve lo misero come figura acces- soria attorno all'emblema principale, perchè in que- sto, il granchio è simbolo principale di un lato, ed anzi ne occupa quasi tutto il campo (V. Tav. XVI, 1902, n. II). Imera, Erice e Lipara sarebbero le tre città, le quali ve lo impressero come tipo di alcune loro monete; Imera però ve lo incideva allorquando era soggetta alla dominazione agrigentina, sicché quel simbolo, pili che ad Imera stessa, si deve riferire ad Agrigento (V. Tav. XVI, 1902, n. io); Lipara usò raramente quella figura nei suoi nummi, e pertanto non credo che alla medesima si possa attribuire il granchio di quello in esame; resterebbe Erice, la quale adottò largamente quell'impronta, se non che avuto riguardo ai rapporti continui che passarono fra Siracusa ed Agrigento, ed altresì alla poca o nessuna importanza politica di Erice, non esito punto SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 337 a ritenere, che la moneta in discorso, pur essendo stata battuta in Siracusa, si riferisca ancora alla no- stra città. Essa presenta adunque l'immagine della ninfa siracusana nel diritto, e nel rovescio, il simbolo del genio fluviale d'Agrigento. Ci troviamo pertanto in presenza di una di quelle tali eccezioni, cui sopra accennai, nelle quali si hanno combinati insieme in unica moneta gli emblemi di due città diverse. Qualche volta invece degli emblemi vi sono scritti i nomi di due città, e tanto l'uno come l'altro caso non sono punto ordinari e comuni, ed alludono, in genere, a fatti politici di molta impor- tanza, come guerre, alleanze, e simili. Gli esempi : Teste feci menzione di quelle monete imeresi, le quali hanno il granchio agrigentino in un lato, e nell'altro, il gallo, simbolo della religione d'Esculapio, coltivata in Imera. A quest'esempio ne aggiungerò degli altri ancor più chiari, tanto per poterne infe- rire un concetto generale abbastanza sicuro : Siracusa ha monete con la testa della sua ninfa tutelare da un lato, e nell'altro la nottola d'Atene, accennando con questa impronta alla infeHce spedizione di Nicia ed Alcibiade in Sicilia. — E più chiara ancora è quella di bronzo, che ha nel diritto l'effigie di Giove e scritto, ZEYI EAEYGEPIOI, Giove liberatore, e nel ro- vescio poi, il cavallo di Cartagine ; in quella moneta i Siracusani ricordarono la liberazione della loro città dall'assedio di Imilcone nell'anno 395 a. C, allor- quando essi e Dionisio avevan perduto quasi ogni speranza di salvezza, e Giove liberatore mandando una pestilenza nel campo dei Cartaginesi diede l'oc- casione ed il coraggio a quelli di fare una sortita e sconfiggerli. Una moneta evidentemente selinuntina presenta la doppia scritta di lEAlNONTlON e di lYPA, 338 CARUSO LANZA essa ricorda l'alleanza di Siracusa e Selinunte nella guerra contro Segesta, di cui parla Tucidide W. E così egualmente la moneta con l'iscrizione ENTEAAAI KAMTTANnN ricorda il tradimento compiuto dai Cam- pani sulla città di Eutella, e la conseguente signo- ria (2); e quella con la leggenda eEPMiTnN iMEPAinN ci fa comprendere come, dopo la distruzione d'Imera, quei pochi cittadini, che scamparono la morte per mano di Annibale, siano andati a ricoverarsi nella vicina Terme, onde anche oggi questa città chiamasi Termini Imerese. Ed ora, dopo le fatte osservazioni, sull'esempio di quelle da me spiegate, dirò che la presenza del simbolo speciale degli Agrigentini m una bella mo- neta di Siracusa allude certamente ad un qualche avvenimento importante, nel quale ebbero parte le due città. I due emblemi sono di significato chiaro bensì, in quanto accenniano manifestamente ad Agrigento e Siracusa, ma nello stesso tempo, vago ed indeter- minato. Potrebbero alludere ai tempi della prima guerra cartaginese, all'alleanza fra le due città, fra Gelone e Terone; e potrebbero ricordare egualmente l'epoca posteriore alla prima distruzione di Agrigento, dalla dominazione di Dionisio il vecchio in giù, allorquando la nostra città divenne un satellite della metropoli siciliana. La moneta non offre verun argomento per dare la preferenza piuttosto all'una, che all'altra versione, ma tanto per dire com'io la pensi, aggiungerò questo, che un fatto importante come la battaglia d'Imera è (i) Lib. VI. (2) DioDORo, lib. XIV, cap. II. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 339 abbastanza verosimile che fosse stato ricordato anche nelle monete di Siracusa; e, come Agrigento creò l'impronta delle due aquile che insieme abbrancano la lepre, così, io ritengo, che Siracusa abbia coniata questa, nella quale mise insieme i genii tutelari delle due città. CAPITOLO X. Tipi : Un cavallo al trotto, e sopra una stella — Un granchio. Nel volermi spiegare questa moneta ho ricevuto delle impressioni, che, in seguito a più attento esame, ho dovuto riconoscere fallaci; e la causa dei miei errori è stata precisamente quella, che in altre oc- casioni ho rimproverato altrui, non aver considerato cioè l'impronta nel suo insième, spiegandomi l'una figura e l'altra isolatamente, prima il cavallo e poi la stella. La vista di un cavallo, impresso come tipo di una moneta agrigentina (V. Tav. II, 1903. n. 3), mi fece pensare sulle prime alla città di Cartagine, che con queiremblema segnava tutti i suoi nummi, e in conseguenza la credetti una moneta agrigentina sì, ma coniata al tempo della dominazione punica. Vi riscontravo il granchio, lo stemma della nostra città, per dimostrare che la medesima fu emessa in Agrigento; e dall'altro lato — dicevo — è stata tolta l'impronta tipica dell'epoca gloriosa, Taquila che di- vora la lepre, per essere sostituita dall'insegna speciale della città dominante, il cavallo. Ma poi, guardando meglio e confrontando questa moneta con tutte le puniche, mi accorsi, che il cavallo della medesima 340 CARUSO LANZA è di razza o tipo diverso da quelli delle monete di paragone: grassoccio l'uno, svelti e selvaggi gli altri (V. Tav. II, 1903, n. 5); quello è disegnato al trotto, e nelle puniche vi è sempre stante ; compresi allora che mi ero ingannato, desso non è il cavallo dei de- serti, non è quello di Cartagine. . Pensai allora alle parole di Virgilio : Acragas... magnanimum quondam generator equorum ('), a quelle analoghe di Silio Italico: AHor equorum Acragas (2), a quel che scrisse Fazello <3', che la fama dei gene- rosi cavalli agrigentini si era sparsa fin nel piii lon- tano oriente, ed i Cappadoci, per comando dell'ora- colo, mandarono sin qua per averne la razza ; ricor- davo insomma la passione che si aveva in Agrigento per l'allevamento dei cavalli, ed i trionfi ottenuti ai pubblici agoni, e credei, che in questa moneta i cit- tadini avessero voluto ricordare l'oggetto delle loro cure, il nobile animale per cui andavano famosi fin nelle più lontane regioni. Ma poi, passando a consi- derare la stella, che è posta sopra il cavallo, mi ravvidi subito dell'errore, comprendendo, che non era possibile separare l'una figura dall'altra, e che tutte e due insieme, l'emblema unico della stella e del cavallo, ci parlano a chiare note della religione dei Dioscuri, tanto coltivata in Agrigento. Leda comparve, da cui Tindaro ebbe Due figli alteri, Castore e Polluce, L'un di cavalli domatore, e l'altro Pugile invitto. Benché l'alma t^rra (1) Eneide, lib. III. (2) Lib. XIV. (3) De rebus sicnlis, Deca I, lib. VI, cap. I. Veramente però, per quanto io abbia cercato, non ho potuto trovare la l'onte, alia quale Fazello attinse quella notizia. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGV NTO 34 1 Ritengali nel sen, di vita un germe (Così Giove tra l'ombre anco gli onora) Serbano: ciascun giorno, e alternamente, Riapron gli occhi, e chiudongli alla luce, E gloriosi al par van degli Eterni. Così Omero *^): l'uno domatore di cavalli, e l'altro pugile invitto — è naturale — ad essi confidò Ercole le leggi e la presidenza dei giuochi olimpici (2) : Giove li collocò nel cielo fra le costellazioni, ed a causa della loro vita breve ed alterna ne fece le stelle mattutina e vespertina ^3). I modi più comuni, onde furono rappresentati i Dioscuri nell'arte del disegno, sono questi: Due ca- valieri coperti dal pileo, spesso con le due stelle in cima; così nelle monete della repubblica romana in memoria del loro intervento alla battaglia del lago Regillo, là dove più che mai furono compromesse le sorti della nascente repubblica (4); così egualmente nelle monete di Sparta, Siracusa, Tindari, città, come indica il suo nome, a loro consacrata. Un solo cavallo, ovvero un cavaliere conducente un altro cavallo; così nelle monete di Suessa Aurunca. I soli pilti sormontati dalle stelle, come in alcuni nummi di Catana e Tindari; ovvero anche un solo cavallo e la stella sopra, come nella presente moneta agrigen- tina, ed in altre di Gela, Siracusa e Cene. In Agrigento il culto degli amiclei fratelli ebbe molta importanza, e la loro festa, le Tcoxenie, si celebrava con grande pompa: era la festa della cortesia e dell'ospitalità. Vi fu introdotto da Tele- (i) Odissea, lib. XI, v. 390, trad. di Pindemonte. (2) Pindaro, Olimp., III. (3) Ovidio, Metamorfosi, lib. I. (4) Livio, Deca I, lib. II. 44 342 CARUSO LANZA maco proavo di Terone, e divenne l:i religione spe- ciale della famiglia degli Emmenidi; difatti Pindaro ha per Terone le seguenti parole: Ben dunque agli amiclei Nel campo illustri eroi, Teron, se chiaro sei, Se chiari sono i tuoi, Tutto si dee l'onor. Che loro usan gli Emmenidi Più ch'altri offrir conviti, Né dei celesti sdegnano Servar gli eccelsi riti Con reverente cor (i). Tratterò in un capitolo a parte delle monete semplicemente votive, ma ho voluto parlare qui in particolar modo di questa dedicata ai Dioscuri per la ragione, che, essendo stato quello il culto proprio della stirpe degh Emmenidi, la ritengo coniata in- torno al periodo di tempo, in cui visse Terone. Non mi pare fuori luogo anzi il supporre, che in seguito, allorquando la città si ridusse a governo libero, cac- ciando il figlio di lui Trasideo, esoso e crudele, abbia coltivato molto meno la religione della famiglia del tiranno; difatti tra le monete seriori di Agrigento non si riscontra più alcun indizio, che alluda a quel culto. In Roma succedeva il caso inverso relativamente al culto di Venere : questa dea aveva avuto sempre templi ed onori; nel 569 ab. U. e. fu consacrato un tempio a Venere Ericina (2) ; ma poi sotto Cesare ed Augusto, i quali la riguardavano come loro proge- nitrice, il capostipite della famiglia Giulia, la sua re- ligione fu innalzata alla massima dignità. (i) Olimp., Ili, a Terone, trad. del Borghi. (2) Livio, Deca IV, lib. X. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 343 CAPITOLO XI. Tipi : Tetradramma : Un uomo nudo che fa un sacrificio; ai piedi dell'ara vi è un gallo — Una biga; un uomo sul carro che scaglia le saette, e un altro che gli trattiene il braccio. DiDRAMMA : Un uomo nudo che fa un sacrificio: al di- sopra la leggenda Tlx; — Un uomo, che con la sinistra trattiene un bue, nella destra ha una frusta, e lo flagella. Questa moneta non è agrigentina, ma di Seli- nunte (V. Tav. II, 1903, n. 4) e per tale motivo non dovrei occuparmene nel presente lavoro. Tuttavia siccome il soggetto, che vi è rappresentato, appar- tiene alla nostra città e forma una delle sue glorie più belle, ricordando un* azione grande e generosa compiuta da Empedocle, mi piace riportarne la spie- gazione, sicuro di far cosa grata ai miei concittadini rammentando loro l'uomo più illustre, che abbia avuto qui i suoi natali (i>. La spiegazione di questa medaglia è stata data sin da tempi abbastanza remoti: ne fa cenno il Tor- remuzza, e si riporta alla sua volta a Burmanno ed Avercampo. (i) Lucrezio Caro dice di Empedocle, che non parea uomo creato da umana progenie : Nil tameii hoc habuisse rirum proeclarius in se Nec sanctuni magis, et mìruni, carumque videtur. Carmina quìu etiam divini pectoris ejus Vociferantur, et exponunt proeclara reperta ; Ut vix humana videatur stirpe creatus. P. Nessuno mai dubiterà che l'aquila, la colomba, il gallo non ricordino la religione di Giove, Venere ed Esculapio, ed egualmente che la vite, l'olivo, il lauro non alludano a quella di Bacco, Minerva e Apollo; (1) Manuale di Numismatica, pag. 13. 352 CARUSO LANZA sappiamo infatti, che tutti gli antichi dèi avevano animali e piante sacri, i quali in genere ricordavano episodi della loro vita o trasformazioni di uòmini stati a loro cari. Nelle monete però non troviamo sempre quei tah simboli determinati e specifici , ma moltissimi altri bensì, i quali non hanno nulla a che fare con divinità. Io non saprei attribuire ad alcun nume la rosa di Rodi, la palma delle monete puniche, la porca coi porcellini di quelle di Abacena, la lepre di Messina, la tartaruga di Egina, l'elefante delle monete di Antioco, e via; e viceversa, facendo at- tenzione a ciò, che la palma è l'albero africano per eccellenza, che l'elefante è l'animale più importante della Siria, che la tartaruga abbonda nelle isole, che in Abacena si faceva uno speciale allevamento di maiali, in tal caso, anzi che andar fantasticando per cercare quali relazioni potessero passare fra cotesti animali e piante con tutti gli dei dell'Olimpo, credo di venire ad una conseguenza più spontanea (0: con quelle figure, per nulla simboliche, i vari popoli vollero mettere in bella mostra i prodotti più impor- tanti e speciali del loro suolo; i Siri vantavano i loro elefanti, come i Cartaginesi le loro palme, gli Abacenini i loro porci, come i Rodiotti le loro rose. Pertanto la proposizione annunziata dall'ili. Am- brosoli, come regola generale, non mi sembra accet- tabile: le eccezioni alla medesima sarebbero così numerose e frequenti, che tolgono alla medesima la forza di regola, e divengono tutti casi speciali come gli altri casi possibiH. E tornando alle monete agrigentine aggiungo questo, che malgrado sia vero che l'ulivo soglia rap- (i) Ne feci mcn/.ione nel primo capitolo del presente lavoro. APPUNTI DI NUMISMATICA ALESSANDRINA 353 presentare il culto di Minerva, pur tuttavia, allor- quando noi sappiamo da Diodoro ^^) che quella era una delle coltivazioni speciali degli Agrigentini, in tal caso non trovo ragione per attribuire al culto di quella dea quei ramoscelli d'olivo scolpiti nelle nostre monete, e rigettare così l'impressione più semplice e naturale, che ne raccolgo, quale è quella che in tal modo si volesse alludere all'abbondante prodotto dei nostri terreni. Ed altresì, non mi so rassegnare a credere, come fanno Holm (2) e Schubring (3), che i gamberi, le an- guille, le conchiglie, i pesci di fiume, ecc., accennino tutti al culto di Posidone, mentre è constatato che quel dio aveva i suoi simboli speciali ben diversi da quelli: non tutti i pesci, molluschi ed insetti acqua- tici so attribuire a Nettuno, come non tutte le piante della terra riferirò a Cerere. Amo sempre il semplice più che il composto: e quando dalle testimonianze degli antichi risulta, che queste piante ed animali venivano prodotti in abbondanza dal suolo e dalle acque circostanti alla nostra città, dirò che essa ne imprimeva le immagini nelle sue monete per ricor- dare gli oggetti, di cui andava ricca e superba. CAPITOLO XIII. Tipi : Aquila stante — Granchio. Dalla somiglianza dei tipi e dei caratteri usati questo genere di monete con quelli della prima m (i) Lib. XIII, cap. XV. (2) Sloria della Sicilia nell'antichità, voi. I, pag. 291 e 352. (3) Op- cit., pag. 114 e 188. 354 CARUSO LANZA epoca si è formata la convinzione generale, che esso sia sorto nel periodo di transizione tra l'infanzia e la maturità dell'arte (V. Tav. II, 1903, n. 9, io, 11, 13, e 15 in confronto del n. i della Tav. XVI, 1902). Vi abbiamo l'aquila stante ed il granchio come nelle prime monete con questo però, che qui le figure sono disegnate e scolpite meglio, mentre in quelle lasciano molto a desiderare; e però l'arte più progredita da un canto, e dall'altro 1' uso di lettere arcaiche nella leggenda AKPACANTOI costituiscono gli. indizi, in base ai quali si giudica questi nummi appartenere al pe- riodo di transizione. È vero che nella leggenda troviamo quasi sempre adoperati i caratteri antiquati dell'alfabeto greco, quali sarebbero per esempio la ro, la gamma e la sigma scritte a questo modo: l^» C, I, e qualche rara volta la cappa e Val/a così: K, A; ma non mi pare, che questo solo argomento possa valere a dimostrar l'an- tichità di quelle medaglie, come altresì non è affatto il caso di applicare alla Sicilia la settemplice divi- sione segnata dall'Head relativamente ai periodi della monetazione greca. Le regole generali soffrono sempre delle eccezioni; e del resto se consideriamo con at- tenzione lo svolgimento della storia, della letteratura e delle belle arti in Sicilia, comprenderemo subito, che le nostre colonie si svilupparono e vissero di una vita tutta propria non dipendendo mai dalla madre patria, sicché si cadrebbe facilmente in errore a voler giudicare e misurar con la stessa unità di paragone le cose nostre e quelle elleniche. Nel cap. Vili infatti notai come le colonie greche passate in Sicilia trovassero un terreno, nel quale Cerere e Proserpina facevano il loro abituale sog- giorno, ed Apollo teneva il suo gregge, onde le loro città divennero popolose e ricche prestissimo; e le SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 355 arti belle richiedono precisamente libertà, agiatezze e lusso come condizioni essenziali al loro sviluppo. Il periodo di transizione nell'arte sicula pertanto fu molto più breve di quel che non sia stato nella me- tropoli, e l'apogeo fu tosto raggiunto. La libertà e lo splendore delle città sicelioté però durava abba- stanza poco, e la distruzione di Sehnunte, Imera, Agrigento, Gela e Camarina, e l'invasione punica se- gnarono non la graduale decadenza, il declinare della parabola, ma addirittura il baratro, in cui precipitava bruscamente l'isola; non il placido tramonto, ma un uragano in pieno meriggio, che venne ad oscurare, allagare e capovolgere ogni cosa. Inoltre, la Grecia fu sempre dei Greci, ed il linguaggio vi si potè mantenere puro ; mentre in Sicilia Sicani e Sicoli, Fenici, Elimi e Morgeti, e le colonie greche di origine diversa e parlanti i vari dialetti ellenici vennero a formare una tal mescolanza, dalla quale non poteva scaturire né il dorico di Sparta, né il jonico di Atene. Cicerone in una sem- plice frase rivolta a Q. Cecilio, colui che voleva so- stener l'accusa contro Verre, ci lascia abbastanza capire quale fu l'influenza esercitata nel linguaggio dei Sicelioti dalla fusione di elementi di origine co- tanto eterogenei : Si literas graecas Athenis, non Li- lyhei, latinas Romae, non in Sicilia dtdicisses... ecc. (^). E per ciò che riguarda in ispecie l'arte dello scrivere, i caratteri, troviamo usate in uno stesso do- cumento e lettere arcaiche e lettere della decadenza. Non sono molti per verità i monumenti, che avanzano in Sicilia dell'epoca greca, e fra essi primeggiano senza dubbio le Tavole finanziarie di Taiiromenio ^^\ (i) Verrina, III, Divinatio, cap. XII. . (2) V. ToRREMUzzA, StciUae el objacentium iusularum veterum iscrip- tioHum nova coUectio. Classe Vili, n. VI, pag. 93. 356 CARUSO LANZA ed un decreto del popolo agrigentino, col quale si concede il diritto di pubblica ospitalità a Demetrio, figlio di Diodoto, siracusano ('f): quest'ultimo appar- tiene all'epoca della dominazione romana, come si rileva dal contenuto del decreto medesimo; ed in quanto alle Tavole finanziarie basta dire, che esse sono di Tauromenio per giustificare , che la loro esistenza non può rimontare ad un'alta antichità; è noto difatti che la città veniva fondata da Andro- maco, padre dello storico Filisto, ai tempi di Dionisio il vecchio, e però posteriormente all'invasione car- taginese (2). Ebbene, in questi due monumenti si no- tano parecchie lettere di forma arcaica; tali sarebbero la sigma lunare o ad angolo ottuso C, <, e nella stessa guisa scritta la cappa; la mi a gambe diver- genti come la sigma delle monete agrigentine M ; Valfa precisamente come quella di coteste monete; e poi la ro con l'occhio triangolare e simili. Egli è vero che in quei due monumenti accanto alle lettere antiche ne troviamo altre dei bassi tempi, e Io stesso fenomeno non si riscontra nella leggenda delle monete in esame; però io credo, che la cosa si possa facilmente spiegare in questa guisa, che mentre le lettere diverse, le quali compongono il nome di Akragantos non sono altro che otto, per converso il decreto degli Agrigentini € le Tavole di Tauromenio sono lunghe e larghe, e scritte da cima a fondo. Ora, se in documenti del secondo e primo se- colo a. C. troviamo usate in Sicilia ancora le lettere, che nella Grecia comparirono nei tempi antichi, e (i) Id., ibid., pag. 79. (2) Quelle tavole anzi sono state giudicate dal Nissen e dal pro- fessor Gaetano Rizzo della prima metà del secondo secolo a. C. — V. la Rivista di storia antica e scienze affini, diretta dal prof. Tropea. Messina, anno IV, fase. IV, pag. 350 e seguenti. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGHIGENTO 357 poi furono smesse, sarebbe azzardato il voler giudi- care le presenti monete agrigentine con gli stessi criteri desunti dalle cose elleniche, ed in base a questo solo argomento dirle del quinto o sesto secolo a. C. Sin qui per mettere in forse l'opinione altrui, mentre alcune osservazioni da me fatte sopra pa- recchi di cotali nummi mi portano ad una conclu- sione ben diversa da quella. Secondo me, essi sareb- bero stati creati in quel lungo periodo di tempo in cui Agrigento e quasi tutta l'isola caddero sotto la signoria dei Cartaginesi; e vengo tosto a giustificare la mia impressione. Una moneta perfettamente uguale a quelle, delle quali offro le incisioni (V. Tav. II, 1903, n. 9, io, II e simili) fu pubblicata dal Torremuzza : ha la medesima aquila nel diritto, e la leggenda AKPAC — ANTOI, ed il granchio nel rovescio; però in questa faccia sono aggiunte quattro lettere fenicie A, K, R, G, le quali accennano sicuramente al nome di Acra- gante '^\ Si noti sul proposito che la lingua fenicia, come r ebraica , usava scarsamente le vocali nel mezzo delle parole, ed è per ciò che troviamo Akrg invece di Akrag. Non credo che si vorrà mettere in dubbio l'esi- stenza di tale conio, soltanto perchè non lo riportino ne il Mionnet ne il Salinas. Convengo pienamente che l'opera del Torremuzza, oramai abbastanza antica, sia tutt'altro che immune da errori; ma è giusto sempre distinguere cosa da cosa, e per la moneta, di cui ragiono, egli afferma tali circostanze di fatto, (i) Siciliae Veteres Nummi, auctarium II, tav. I, Agrigentinorum, n. 4 e relativa spiegazione. 46 358 CARUSO LANZA che il dubbio suonerebbe una vera irriverenza verso l'archeologo più insigne, che abbia avuto la Sicilia. Egli dichiara di averla vista, indicando la persona del possessore, Mr. Francesco Sanseverino, Arcivescovo di Palermo; dice di averla avuta molto tempo per le mani, e di avere decifrate le quattro lettere fenicie, di forma arcaica, dopo accurato studio ed esame. Eb- bene, tutto questo non ci autorizza a presumere un equivoco del Principe di Torremuzza, salvo che non vogliamo sospettare una mistificazione di lui. Ammessa però l'esistenza di quella moneta, l'epi- grafe in caratteri fenici scritta accanto a quella greca viene a formare la prova documentale di quello, che io sopra affermava, che la medesima cioè e tutte le altre del medesimo tipo appartengono all'epoca della dominazione punica. Ed in vero, è un latto costante, che si è ripe- tuto ogni volta un popolo obbedisca allo straniero, quello che il dominatore faccia il suo possibile per cancellare dalla memoria dei vinti ogni ricordo della propria nazionalità: le monete allora compariscono bilingui, la lingua ufficiale diventa quella del pa- drone, e fin nelle tabelle si cerca di sopprimere l'idioma della gente soggetta. Moltissimi sarebbero cotesti casi nell'epoca moderna, ma per parlare sol- tanto delle cose antiche, anzi delle monete sicole, di fronte alle quali i termini di paragone riescono più vicini ed efficaci, dirò che in Malta troviamo una medaglia col nome del popolo scritto in caratteri greci, e nel rovescio i nomi dei duumviri romani in caratteri latini ('), ed a Solunto ed a Cossura epi- grafi fenicie e latine, greche e latine (^), ecc. (1) Torremuzza, op. cit., tav. CHI, n. 2. (2) Id., op. cit,, tav. XC\'I, 11. 7 e tav. LXVll, n. 7. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 359 Cotesti nummi portano le leggende in lingue diverse nello stesso pezzo: analogo a questo genere ve n'è un altro in cui le leggende trovansi sdoppiate; è una medesima opera divisa in due volumi, sono cioè due o più medaglie dello stesso modello, della stessa forma e dimensione, segnate coi medesimi tipi, e la sola differenza fra esse sta appunto nella scritta, la quale ora è in una lingua, ora in un' altra; tali monete appartengono bensì a coni diversi, ma verosimilmente incisi dalla stessa mano ('^ Naturalmente tanto vale riscontrare le scritture appartenenti a due popoli diversi nella stessa moneta, quanto in due pezzi dilTerenti, ma emessi nella mede- sima epoca e nella medesima città; quello che inte- ressa notare è questo, la coesistenza dei due popoli, i quali quei caratteri adoperarono, nello stesso spazio di tempo e di luogo. Ciò sapendo, conosceremo poi dalla storia il come, il quando ed il perchè di tale coesistenza. Ed i caratteri fenici nelle monete di Agrigento non ci faranno pensare certameiite ad altri tempi, che a quelli posteriori alla sua prima distruzione, ed alla signoria dei Cartaginesi ; e questa illazione noi trar- remo non solamente per la moneta con la doppia leggenda portata dal Torremuzza, ma altresì per tutte le altre dell'identico tipo. Di cotesto genere vi son pèzzi di quattro dramme, da due, da una, degli spezzati, e si arriva a mone- tine così piccine da raggiungere appena il diametro (1) Cotesto fatio si riscontra in quelle di Panormo descritte dal Torremuzza ai numeri io, 11 e 12 della tav. LIX o i.° e seguenti della tav. LXI dell'op. cit.; e si ripete altresì in Agrigento in quelle emesse dal questore romano Muzio Acilio, delle quali mi occuperò nel cap. XIX e che vengono edite dal Salinas ai numeri 17 e seguenti della tav. XIII e i.° e seguenti della tav. XVI. 360 CARUSO LANZA di un paio di millimetri. I moduli della scala del Mionnet non trovano affatto applicazione in questa serie. È una specialità, che ho potuto riscontrare sol- tanto nella monetazione di Agrigento e di Messina; per quest' ultima città ne fa fede una di cotale for- mato, che è nel mio monetario, con la scritta retro- grada 3 M da un lato, e dall'altro la lepre alla corsa e una sigma lunare C --= MEC, Messana o Messanion; e tutto ciò stupendamente scolpito in una moneta della circonferenza di sei millimetri o poco più. T pezzi più grossi di questa serie minuscola hanno i soliti tipi agrigentini, l'aquila stante e il granchio; le ultime presentano: cinque puntini rilevati nel ro- vescio, e nel diritto un' aquila; quattro globuli, e una testina galeata; tre globuli, e collo e testa di cavallo; due puntini e la sola testa dell'aquila. La moneta con cinque globuli fu pubbHcata dal Torremuzza (0, quella con due dal Salinas (2), quelle con tre e con quattro credo siano tuttora inedite: io le posseggo entrambe, quella con la testina galeata in ottimo stato di conservazione, l'altra, con la testa e collo di ca- vallo, quando l'ebbi, era lineata e mi si è rotta fra le dita; l'ho fatta saldare, ma come che cosa tanto pic- cola, è venuta abbastanza male sebbene sia ancora in qualche modo riconoscibile. Ora cotesta ultirna impronta è dell'identico di- segno del tipo comunissimo delle monete puniche, e si direbbe quasi, che queste furon prese come mo- dello nel disegnar quella. Tale riscontro mi ha fatto pensare senz'altro al periodo della dominazione pu- nica; per lo meno mi dimostra sino all'evidenza l'er- rore di coloro, che dicono molto antiche quel genere (i) Op. cit., auctarium. (i) Le monete delle antiche città di Sicilia, tav. VII, n. 33. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 361 di monete. Infatti è risaputo oramai che i Cartagi- nesi fino all'epoca delle loro conquiste nell'isola non usassero moneta battuta, e furono i Greci di Si- cilia, che insegnarono loro l'arte d' incidere i coni e servirsi delle monete. Ciò posto, si comprenderà di leggieri come quella piccola moneta, modellata sul tipo delle puniche, dovette essere emessa dalla seconda metà del quarto secolo in giìj, e non è pos- sibile che rimonti al quinto ne al sesto secolo a. C. Infine, una bella medaglia, eh' è pure nel mio monetario, e che non trovo presso il Torremuzza ed il Salinas, ha qualche cosa di caratteristico, che mi conferma sempre più nella mia opinione: la scatola ossea del granchio, quel pezzo, che ne costituisce il corpo, è orlato in giro da un cordoncino a righe spirali (V. Tav. II, 1903, n. 13) — cosa che riescirà sempre difficile ad osservarsi in un calco, ma chia- rissima a vedersi nell'originale. L'aggiunzione di cotesto fregio alla figura del granchio non mi pare affatto che sia l'indice di un'arte la quale stia nella sua curva ascendente, ma sì bene che cominci a se- gnare la decadenza, che preludi il barocco: nell'arte giovane troviamo il concetto duramente espresso, nell'arte che declina, abbiamo sempre i ghirigori nel disegno, come le rifritture nella lingua. Queir elegante cordoncino adunque mi dà l' im- pressione di una figura disegnata alla vigilia della decadenza. Ora dirò qualcosa di più dettaghato intorno al- l'epoca dell'emissione di quelle monete. La schiavitù vera e propria della nostra città non durava più di otto anni, dal 406 al 398, epoca in cui Dionisio di Siracusa apriva le ostilità contro i Cartaginesi, ed i nostri cittadini imitandolo si ribel- 362 CARUSO LAN ZA larono anch'essi. — In quell'occasione incrudelirono siffattamente contro tutti i Puni e Fenici, che alber- gavano nel loro territorio, che Cartagine, traendo un salutare ammonimento da quella feroce rappresaglia, decreteva di mai più doversi commettere verso i vinti quegli atti di crudeltà stati usati contro i Selinunzi, Imerei ed Agrigentini (0. — Questi seguirono infatti il tiranno di Siracusa nella spedizione contro Mozia, il baluardo dei possedimenti punici in Sicilia. Due anni dopo intervenne un trattato di pace fra Dionisio e Cartagine, e quantunque Diodoro non ne riporti l'in- tero contenuto, tuttavia si deve ritenere, che con esso sia stata sanzionata la liberazione di Agri- gento H. La dominazione punica adunque durava otto anni in realtà, dieci per la forma. Però fa mestieri rilevare, o che durante il tempo della loro signoria i Cartaginesi avessero messo ra- dici nella nostra città, o più probabilmente che in seguito alla loro cacciata ed al rinsavimento teste cennato essi avessero mutato tattica, e soggiogato i cittadini più con l'oro e la protezione, anzi che con la forza; certa cosa è che una fazione di cittadini dovette esservi sempre, la quale teneva per la loro parte, adoperandosi in loro favore nel maneggio delle cose pubbliche. È vero bensì, che dalla caduta della città nelle mani dei Cartaginesi sino al tempo delle conquiste romane vi furono dei brevi intervalli gloriosi per l'autonomia e per l'amore dei cittadini alla libertà; ma sono egualmente fatti storici e di molta importanza politica anche quelli, eh' io vengo (i) DioDOKo, lib. XIV. (2) Cosi il Picone, Memorie storiche agrigentine, pag. 175-77, rilevan- dolo implicitamente dagli altri trattati posteriori, e specialmente da quello del 383: con esso venivano riconfermate le coi;dizoni di pace precedentemente consentite, e vi si dice in modo esplicito che Agri- gento allora veniva considerata di già come una città autonoma. SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 363 a cennare, i quali dimostrano esplicitamente come tenesse Agrigento all'amicizia e protezione dei Car- taginesi: Sosistrato ed i profughi Siracusani contrassero amicizia coi Puni contro Agatocle (314) e fecero centro delle loro operazioni la nostra città <0. Due anni dopo quel tiranno, trovoUa munita da un pre- sidio cartaginese, che v'era approdato con sessanta navi, e dovette desistere dall'idea di assediarla; gli Agrigentini l'anno dopo apprestarono il loro contin- gente di forze ad Amilcare contro Agatocle (2). Fiutia, re d'Agrigento, fu sostenuto sempre dai Cartaginesi t3), e ad essi si rivolgeva allorquando si ribellava contro Pirro (4). Nel tempo delle guerre puniche troviamo Annone, che fortifica le mura di Agrigento <5), ed Annibale, che vi è assediato dai consoli romani L. Postumio e Q. Mamilio — nel 262 — e poi Imilcone, Epicide e Mutine, dall'ultimo dei quali nel 210 Agrigento fu tradita e consegnata agli ec- cessi di Levino C^). Come si vede adunque, dopo la sua prima ca- duta la nostra città ebbe sempre i Cartaginesi or come padroni, ed ora come alleati e protettori; ed a buon diritto il Picone chiama tutto cotesto tempo della storia agrigentina il Periodo elleno-cartaginese. Le monete di cui ragiono adunque io credo che siano state emesse, non nei soli otto anni di schia- vitù, ma in questo lasso di tempo, che precede le conquiste romane. Anco a considerare la notevolis- sima quantità e varietà di cotesti coni e l'immenso (1) DlODORO, lib. XIX. (2) Id., ibid. (3) DioDORo, frani, del lib. XXII. Plutarco, Vita di Pirro. (4) Plutarco, Ioc. cit. (5) Polibio, lib. I. (6) Livio, lib. XXV e XXVI. 364 CARUSO LANZA numero di monete, che ne avanzano, comprenderemo subito, che le stesse non poteron essere coniate ne in venti, né in cento anni, ne in quel breve periodo, che per la Siciha rappresenta l'epoca di transizione tra l'arcaismo e lo splendore dell'arte. Esse ripresero i tipi antichi, i soliti emblemi della città. L'aquila vi è ferma, con le ali chiuse, sem- plice e dimessa: non è più quel fiero uccello, che divora la preda fatta; non più superba alza la testa al cielo e canta vitioria; fra gli artigli non tiene ghermiti e debellati pesci ne lepri, lucertole o ser- penti, cavalH ed aquile; e perfin la leggenda di queste monete non porta più il nome del popolo agrigen- tino ma soltanto quello della città. Ben mi apponevo per ciò, quando dissi, che i Cartaginesi, o dominatori o semplici protettori, non avrebbero consentito ai grami cittadini di rappresentare le loro glorie, e tanto meno poi il ricordo della battaglia d'Imera, ad essi sempre dolorosissimo. Nel campo di tutte quelle monete, osservai, erano sempre aggiunti dei simboli minori, nei quali si leg- gevano a chiare note i sensi di quel benessere, di quella opulenza, che rendevano felici i cittadini; ed in queste invece non vi ha più nulla. Sono rare di- fatti quelle medaglie nelle quali si osserva qualche disegno geometrico senza significato, e più rare an- cora quelle, che hanno nell' esergo del rovescio un delfino (V. Tav. II, 1903, n. io e 11) o qualche altra cosa, che allude alla feracità della terra. Il confronto di queste monete con quelle del primo periodo e con quelle altre, di cui mi occuperò nei due capitoli seguenti, ci dimostra con quella eloquenza irrefragabile, che hanno i testimoni dell'antichità, i monumenti, come sia vero che nel limitatissimo cerchio delle antiche monete si trovino registrati i tristi e i SPIEGAZIONE STORICA DELLE MONETE DI AGRIGENTO 365 fasti delle città, che le coniavano: Agrigento guer- riera, libera, industre, commerciante, ricca, riverbe- rava in esse i suoi trionfi, la sua felicità; e viceversa quando cadde in ischiavitìi e nella miseria, non può offrire altri emblemi che quelli dei suoi santi protet- tori, degli iddii ai quali era devota, l'aquila e il granchio, i simboli che valevano a distinguere le sue monete da quelle delle altre . città, e nuU'altro. (Continua). M. Caruso Lanza. 47 APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA LVIII. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM. M Collezione Francesco Gnecchi e altre (V. Appunti VII, XI. XVI. XVIII, XXI, XXX, XXXVIII. XLV, LIV e LVll). Alle non molte monete inedite o varianti, che entrarono nella mia collezione da due anni in poi (ossia dalla pubblicazione dell'appunto N. LIV), ho unito per la presente Contribuzione alcune altre inedite comunicatemi dal Sig. Luckger di Colonia dopo la pubblicazione delle inedite della sua colle- zione appunto N. LVII) e alcune appartenenti a qualche altra piccola collezione o museo, oppure che in un dato momento mi passarono per le mani e di cui aveva tenuto annotazione. A ciascuna moneta ho quindi segnato il nome della collezione, del museo o del proprietario. AUGUSTO. I. Denaro d Argento. — Completamento Cohen 12. ^ — IMP CÀESARDIVI F ili VIR ITER. Trepiedi su cui poggia un vaso, sul quale si leggono le lettere R P C. 9 — COS ITER ET TER DESIO- in due righe in una co- rona d'alloro. Coli. Gnecchi. NB. Le lettere r p e del dritto formano la finale della leggenda REiPVBLiCAE coNSTiTVENDAE coHie SÌ trova io molte altre monete con- 368 FRANCESCO GNECCHI temporanee. Cohen e Babelon probabilmente non videro quelle lettere per essere consunte sugli esemplari che ebbero sotto gli occhi. Di fatti il denaro è molto raro e generalmente si trova assai mal conservato. Nel mio esemplare bellissimo le due lettere estreme r c sono chiaris- sime, mentre il p di mezzo solo s' intravvede perchè formava la parte pili sporgente della moneta. TIBERIO. 2. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 26. B' - TI CAESAR DIVI AVG- F AVGVSTVS. Testa laureata a sinistra. ^ - PONTIF MAX TR POT XXXVII S C Globo davanti al quale un timone di nave. In basso a destra un piccolo ." globo. Coli. Gnecchi. QALBA. 3. Denaro. — Rettifica del N. i di Cohen. 1^' — HISPANIA. Busto della Spagna a destra. Sotto uno scudo rotondo, dietro due aste, davanti due spighe. ^ — GALBA IMP. Galba galoppante a sinistra colla destra alzata e il mantello svolazzante. Coli. Gnecchi, NB. Cohen vide due rami d'alloro davanti alla testa della Spagna. Nella seconda edizione è detto dubitativamente: due rami d'alloro o due spighe. Nel mio bellissimo esemplare si vedono chiaramente due spighe. 4. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 182. ^ — IMP SER G-ALBA AVGVSTVS. Busto a destra coro- nato di quercia col paludamento. 9* — ROMA S C. Roma seduta su delle armi a sinistra con un'asta e appoggiata al proprio scudo. Coli, Gnecchi. VESPASIANO. 5. Denaro. — Dopo Coh. suppl. 39. & - CAESAR VESPASIANVS AVGVSTVS. Busto laureato a destra. Ij VESPASIANI AVGVSTI FILI (all' ingiro, in fuori) e CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM 369 all'esergo DOM ET T. I due Cesari togati uno di fronte all'altro con due scudi appoggiati a terra. Museo Bottacin a Padova. Il rovescio è affatto nuovo fra le monete di Vespasiano, e richiama quello d'Augusto in cui sono rappresentati i Cesari, Caio e Lucio. Si può calcolare come uno dei più rari di Vespasiano, Peccato che lo stato di conservazione sia tutt' altro che felice e le parole fili nella leggenda circolare del rovescio, come et t dell' esergo si devono, piuttosto che leggere, indovinare. Quali sono interpretate, esprimerebbero però pre- cisamente quello che la rappresentazione vuol significare. Il detto denaro fu rinvenuto assieme ad altre monete erose romane, nel fare le fondazioni di un nuovo fabbricato ad uso Liceo, nell'orto dell'ex monastero di S. Stefano in Padova. 6. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 327. B IMP CAESAR VESPASIANVS AVG- P M T P P P COS III Testa laureata a destra. 1^ — PAX AVG se La Pace a destra con due torcie, con una delle quali dà fuoco a delle spoglie ai piedi di un'ara. Dietro di lei una colonna portante una statua, a cui è appoggiato uno scudo e un'asta. Coli. Gnecchi. 7. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 330. I> - IMP CAES VESPASIAN AV(y COS III. Testa laureata a desira. P — PAX AVGVST S C La Pace a sinistra con un caduceo alato e un ramo d'ulivo. Coli. Gnecchi. 8. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 364. 3' — IMP CAES VESPASIAN AVG. Corvo su di un tripode. ^ — PON M TR P P P COS III S C. Mano che tiene le bilancie. Coli. Gnecchi. Tanto il dritto che il rovescio sono nuovi fra i Piccoli Bronzi di Vespasiano. TITO. 9. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 176. ^ — T CAESAR VESPASIAN IMP III PON TR POT II COS III. Testa radiata a destra. 370 FRANCESCO GNECCHI R) - FELICITAS PVBLICA SC La Felicità a sinistra con un caduceo e un cornucopia. Coli. Gnecchi. DOMIZIANO. IO. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 325. B' — IMP CAES DOMIT AVG GERM COS XI GENS POT P P. Busto laureato a destra coli' egida. Ri — FIDEI PVBLICAE S C La Fede pubblica a sinistra con un paniere di frutta e due spighe. Coli. Gnecchi. ADRIANO. rf. Denaro. — Dopo Coh. 475. B' - IMP CAES TRAIAN HADRIANVS AVG-. Testa laureata a desila. \.^ - SAL AVG- (all' esergo) P M TR P COS III (in giro). La Salute seduta a sinistra in atto di nutrire un serpente, che si svolge da un'ara. Coli. S. a Ginevra. 12. Aureo. — Dopo Coh. 513. B' — HADRIANVS COS III P P. Testa laureata a destra. I^ — VICTORIA AVG-. Vittoria seminuda diretta a destra, ma colla testa rivolta a sinistra, portante una corona e una palma. Coli. Gnecchi. 13. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 896. B — HADRIANVS AVG-VSTVS P P. Busto laureato a sinistra col paludamento. Iji — FORT RED (all'esergo) COS III {in giro). La Fortuna seduta a sinistra col timone e il cornucopia. Coli. Gnecchi. 14. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 949. ^B' - HADRIANVS AVGVSTVS P P. Busto a sinistra col paludamento. Testa nuda. R) - IVSTITIA AVG- COS III P P S C La Giustizia seduta a sinistra con uno scettro e una patera. Coli. Gnecchi. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMuRU.M 15. Grafi Bromo. — Dopo Coh. 972. B' — HADRIANVS AVG COS Iti P P. Busto laureato a sinistra col paludamento. I^ - MAVRETANIA S C La Mauritania in abito succinto a destra, tiene per la briglia il cavallo e nella destra ha due giavellotti. Coli, già Brambilla, ora Museo Bonetta di Pavia. 16. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 1051. B — HADRIANVS AVO- COS III P P. Testa laureata a destra. 9 — RESTITVTORI ACHAIAE. Adriano togato a sinistra in atto di rialzare l'Acaja inginocchiata. Coli. Gnecchi. 17. Gran Bromo. — Dopo Coh. 1086. ^ - HADRIANVS AVG COS III P P. Busto a destra col paludamento. Testa nuda. ^ - RESTITVTORI PRHYGIAE (sic) S C- Adriano a destra in atto di sollevare la Frigia inginocchiata che tiene una falce. Coli. Gnecchi. ANTONINO PIO e M. AURELIO. 18. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 33. B' - ANTONINVS AVG- PIVS COS IIK P P. Busto laureato d'Antonino a destra col paludamento e la corazza. 9' - AVRELIVS CAES AVG- PII F COS S C Busto di M. Aurelio a sinistra col paludamento. Testa nuda. Coli. Gnecchi. MARC' AURELIO. 19. Medaglione di Bronzo. — Dopo Coh. 361. B' - M ANTONINVS AVG TR P XXVII. Busto laureato a sinistra a mezza figura, visto per di dietro armato di lancia e coli' egida. ^ — ADVENTVS AVG (all'esergo) IMP VI COS III. M. Aurelio in abito militare con uno scettro e un trofeo, diretto a destra verso un arco di trionfo sormontato da una quadriga d'elefanti. Lo precede un milite con un'insegna 372 FRANCESCO GNECCHI militare. Lo segue la Vittoria che lo incorona. Dietro questa il tempio di Giove Capitolino. Nello sfondo un edilìzio (anno 173 d. C). Peso gr. 49 V2' diam. mill. 39. Coli. Gnecchi. 20. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 767. ly - M AVREL ANTONINVS AVG- PARTH MAX. Testa laureata a destra. ^^ - TR P XX IMP III COS III S C Vittoria seminuda a destra con una palma, in atto di appendere a un palmizio uno scudo su cui si legge VIC PAR. Coli. A. Lurani. FAUSTINA FIGLIA. 21. Gran Bronzo. — Dopo Coh. loi. ^ - FAVSTINA AVG ANTONINI PII FIL. Busto a destra. I^ ^ — se Tre sacerdoti e tre vestali sacrificanti su di un'ara davanti a un tempio esastilo. Gr. 3|. Coli. Gnecchi. NB. Cohen nella sua prima edizione descrive un bronzo (n. loi) molto simile a questo, colla leggenda del dritto che finisce con una semplice f in luogo di fil e lo dice: vrai médaillou nialgré les lettrcs SC, ciò che andava colle idee che allora si avevano intorno ai medaglioni e che è spiegato dal fatto di avere questo bronzo un rilievo superiore agli altri sesterzi e ancfie dal tipo stesso più proprio dei medaglioni che non dei bronzi. Il peso però non sorpassa il massimo dei sesterzi di quest' epoca. Nella seconda edizione questo bronzo è scomparso. 22. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 230. ÌB' - FAVSTINA AVG PII AVG FIL. Busto a destra. ^ — VENVS S • C. Venere diademata a sinistra con un pomo e un lungo scettro. Coli, Gnecchi. COMMODO. 23. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 657. B' - tA COMMODVS ANTONINVS AVG PIVS. Testa lau- reata a destra. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM 373 9 — P M TR P Villi IMP VI COS illl P P S C La Felicità seduta a sinistra con un ramo d'ulivo e un cornucopia. Coli. Gnecchi. SETTIMIO SEVERO. 24. Denaro. — Dopo Coh. 209. ^ — L S6PT S€VER PEREI (sic) IMP I. Testa laureata a destra. P — MARI VICTORI. Marte ignudo e galeato che cam- mina a destra con una lancia e un trofeo. Coli. S. a Ginevra. 25. Denaro. — Dopo Coh. 295. B' — SEVERVS PIVS AVG. Testa laureata a destra. ^ — P M TR P XIII COS III P P. La Salute seduta a sinistra in atto di nutrire un serpente che si svolge da un'ara. Coli. S. a Ginevra. 26. Denaro. — Dopo Coh. 333. B- - SEVERVS PIVS AVG-. 9 — P M TR P XVIII COS III P P. La Felicità (?) a sinistra con un ramo e uno scettro. Coli. Gnecchi. 27. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 657. ^ — L. SEPT SEV PERT AVG IMP III. Testa laureata a destra. 1^ — VIRT AVG TR P II COS II P P S C Roma in abito militare a sinistra con una Vittoria e un'asta rovesciata. Coli. A. Lurani. CARACALLA. 28. Gran Bronzo. — Completamento Coh. 386. B' — M. AVREL ANTONINVS PIVS AVG BRIT. Testa lau- reata a destra. ^ - AEQVITATI PVBLICAE S C Le tre Monete ciascuna colle bilancie e il cornucopia. Ai piedi di ciascuna un mucchio di metallo. Coli. Gnecchi. NB. Al n. 386 di Cohen è dato il solo rovescio di questo bronzo, citandolo da Vaillant. 374 FRANCESCO GNECCHI MACRINO. 29. Gran Bronzo. — Dopo Coh. iii. ^ — IMP CAES M OPEL SEV MACRINVS PIVS FELIX AVG-. Busto laureato e corazzato a destra. ^ — PONTIF MAX TR P II (in giro) COS II P P (all'esergo) S • C. Macrino in quadriga lenta a sinistra con un ramo e uno scettro sormontato da un'aquila, coronato da una Vittoria. Coli. Gnecchi. NB. Non trovo in nessuna altra moneta di Macrino i titoli di pivsfelix. ALESSANDRO SEVERO. 30. Gran Bronzo. Dopo Coh. 308. B' — IMP CAES M AVR SEV ALEXANDER AVG. Busto laureato a destra con paludamento e corazza. ^ — P M TR P COS P P S C La Libertà a sinistra col berretto e il cornucopia. Coli. Gnecchi. 31. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 342. iy — IMP CAES M AVR SEV ALEXANDER AVG. Busto laureato a destra col paludamento. P — P M TR P VI COS II P P S C. Vittoria corrente a sinistra con un ramo e uno scettro (a. 227 d, C). Coli. Gnecchi. ERENNIO ETRUSCO. 32. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 28. B' — a. HER ETR MES DECIVS NOB C Busto nudo a destra col paludamento. I^ — PIETAS AVG S C Mercurio a sinistra colla borsa e il caduceo. Coli. Gnecchi. TETRICO PADRE. 33. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 108. B' - IMP TETRICVS P F AVG- Busto radiato e corazzato a destra. CoNrRIBL'ZIONI AL CORPUS NUMORUM 375 ^ — SALVS AVG-G-. La Salute a sinistra con un ancora in atto di versare una patera su di un'ara accesa. Coli. Gnecchi. LELIANO. 34. Argento. — Coh. 4. B' — IMP C LAELIANVS P F AVO-. Busto radiato a destra col paludamento. R) — VICTORIA AVG. Vittoria corrente a destra con una corona e una palma. Coli. Gnecchi. NB. Cohen accenna dubitativamente alia moneta di Leliano in argento, anzi la cita solo sull'autorità di d'Ennery e Beauvaìs. Essa esiste realmente quale V ho descritta qui sopra e la sola differenza fra essa e molti esemplari di bronzo che ho potuto esaminare è che questi hanno costantemente, quantunque i conii siano sempre variati, il busto corazzato, mentre in quella d'argento vidi per la prima volta il busto ornato del paludamento. La moneta appare di argento un pò basso e pesa gr. 5. PROBO. 35. Quinario d'oro. — Dopo Coh. 16. ^ — PROBVS AVG Busto corazzato e laureato a destra. ^ - FIDES MILITVM. La Fede militare di fronte rivolta a sinistra con due insegne. Trovato a Roma nel 1890. Rovescio nuovo fra gli aurei di Probo. DIOCLEZIANO 36. Quinario d'Argento. — Dopo Coh. no. B' — DIOCLETIANVS P AVG- Testa laureata a destra. I^ - VOT XX SIC XXX in una corona d'alloro. Coli. Lukger a Colonia. MASSIMIANO ERCULEO. 37. Piccolo Bronzo. — Dopo. Coh. 461. ^' - IMP C MAXIMIANVS P F AVG. Busto radiato e palu- dato a destra. ^ — VOT XX FK in una corona d'alloro. Coli. Gnecchi. 376 FRANXESCO GNECCHI CARAUSIO. 38. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. idi. ^ - IMP CARAVSIVS P F AVG. Busto radiato a destra con paludamento e corazza. I^ — GERMANICVS MAXIMVS. Trofeo, ai piedi del quale due prigionieri. Coli. Gnecchi. Rovescio affatto nuovo fra le monete di Carausio. 39. Piccolo Brofizo, — Dopo Coh. 117. ^ — Come il precedente. I^ — LAETITIA V. L'Allegrezza a sinistra con una ghir- landa e un'ancora. AH' esergo C. Coli. Gnecchi. 40. Piccolo Bronzo. — Dopo Var. 155. ^^ — IMP C CARAVSIVS P F AVG-. Busto radiato e palu- dato a destra. 9 — MONETA AV&. La Moneta a sinistra colle bilancie e il cornucopia. Nel campo S C- Coli. Gnecchi. 41. Piccolo Bronzo. — Var. Coh. 166. ^ — IMP CARAVSIVS P F AVG. Busto radiato a destra con paludamento e corazza. Pi) — PAX AVG-. La Pace a sinistra con un ramo d'ulivo e uno scettro diritto. Nel campo B E. All'esergo M L. Coli. Gnecchi. 42. Piccolo Bronzo. — Var. 166 a. /©^ — Come il precedente. I^ — Come il precedente, ma nel campo F O e all'e- sergo M L. , • Coli. Gnecchi. 43. Piccolo Bronzo. — Var. 166 b. & — Come i precedenti. F^ — Come il precedente, ma nel campo B E e all'esergo MLXXI. Coli. Gnecchi. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM 377 44. Piccolo Bronzo. — Var. Coh. i66c. & — Come i precedenti. I^ — Come il precedente con L nel campo. 45. Piccolo Bronzo. — Var. Coh. 167. B' — IMP C CARAVSIVS P F AVG'. Busto radiato a destra con paludamento e corazza. R} — Come il precedente, ma nel campo S C- Coli. Gnecchi. 46. Piccolo Bronzo. — Var. Coh. 167 a. Come il precedente, ma nel campo del rovescio S P. Coli. Gnecchi. 47. Piccolo Bronzo. — Var. 167 b. Come il precedente con di più MLXXI all'esergo. Coli. Gnecchi. 48. Piccolo Bronzo. — Var. 167 e. & — Come i precedenti. ^ — Come i precedenti con B E nel campo e MLXXI air esergo. Coli. Gnecchi. 49. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 171. B' — IMP C CARAVSIVS F AVG-. Busto radiato a destra con paludamento e corazza. I^ — PAX AVG" La Pace come nei precedenti. Nel campo S P. All'esergo C rovesciato. Coli. Gnecchi. 50. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 188. B' — IMP C CARAVSIVS AVG-. Busto radiato a destra col paludamento. Itì — PAX AVG&G. La Pace a sinistra con uno scettro e un ramo d'ulivo. Nel campo S P. All'esergo G. Coli. Gnecchi. 51. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 194. ^ — IMP C CARAVSIVS P AVG. Busto radiato e paludato a destra. 378 FRANCESCO GNt.CCHI IJi' — PROVI AVGGG. La Provvidenza a sinistra con un timone (?) e un cornucopia. Nel campo P. All' esergo C. Coli. Gnecchi. 52. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 203, .yy — IMP CARAVSIVS AVG. Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. P — PROVIDE (sic) AVG. La Provvidenza a sinistra con un globo e un cornucopia. Nel campo S P. All'esergo C. Coli. Gnecchi. 53. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 207. ^ - IMP C CARAVSIVS P F AVG. Busto radiato a destra con paludamento e corazza. I^ — PROVIDENT AVG. La Provvidenza a sinistra con una palma e uno scettro trasversale. Coli. Gnecchi. 54. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 211. <& — IMP CARAVSIVS P F AVG. Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. ^ — RESTITV OBI (sic). Carausio a sinistra con un globo e una lancia, coronato da una Vittoria che tiene una palma. Coli. Gnecchi. NB. Questo rovescio nuovo nelle monete di Carausio è evidente- mente una imitazione di quelli di Aureliano, Caro, ecc. con restitvt ORBIS^ 55. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 227. B' - IMP C CARAVSIVS P F AVG- Busto radiato e palu- dato a destra. "^ — SALVS AVG. Figura femminile con un cornucopia nella sinistra, in atto di versare una patera su di un'ara. Coli. Gnecchi. NB. La Salute è qui rappresentata cogli attribuii della Pietà. 56. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 262. B' - IMP CARAVSIVS AVG. Busto radiato e paludato a destra. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM 379 9 — VIRTVS AVG-. Milite a destra coH'asta e appoggiato allo scudo. Coli Gnecchi. ALLETTO. 57. Piccolo Bronzo. — Var. Coh. 27. ^ - IMP C ALLECTVS P F AVG. Busto radiato e corazzato a destra. % — MONETA AVG. La Moneta colle bilancie e il cornu- copia. Nel campo S P. All'esergo C. Coli. Gnecchi. 58. Piccolo Bronzo. — Var. Coh. 29. !>' - IMP C ALLECTVS P F AVG Busto radiato a destra con paludamento e corazza. ^ — PAX AVG. La Pace a sinistra con un ramo e un lungo scettro. Nel campo S P. All'esergo C. Coli. Gnecchi. 59. Piccolo Bronzo. La stessa moneta con M L all'esergo. Coli. Gnecchi. 60. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 41. /B' — IMP C ALLECTVS P F AVG. Busto radiato e coraz- zato a destra. ^ — PROVID DEOR. La Provvidenza a sinistra colla destra prostesa e con un cornucopia. Nel campo S P. All'esergo M L. ColL Gnecchi. NB. Rovescio nuovo nelle monete di Alletto. 61. Piccolo Bronzo. — Var. Coh. 45. ^ — IMP C ALLECTVS P F AVG. Busto radiato e corazzato a destra. P - PROVIDENTIA AVG. La Provvidenza con una bac- chetta con cui indica un globo e un cornucopia. Nel campo S A. All'esergo MSI. Coli. Gnecchi. 380 FRANCESCO GNECCHI LICINIO PADRE. 62. Piccolo bronzo. B' — IMP LICINIVS P F AVG-. Testa laureata a destra. ^ - SOLI INVICTO GOMITI. Il Sole togato di fronte con un globo nella sinistra e la destra alzata. Esergo P T. Coli. A. Lurani. COSTANTINO MAGNO. 63. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 256. ^ - CONSTANTINVS AVG-. Testa laureata a destra. I^ — DOMINOR NOSTROR (manca CAESS) intorno ad una corona, in mezzo alla quale si legge VOT XX. Coli. Lùckger a Colonia. Il Piccolo bronzo comunissimo di Costantino colla leggenda dominor NosTROR CAESS porta sempre vox x. 64. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 514. ^ - liyiP CONSTANTINVS. Busto a destra col casco e la corazza. ^ - VICTORIAE LAETAE PRINC PE. Due Vittorie posanti su di un'ara uno scudo colla leggenda VOT P R. All'e- sergo due prigionieri seduti a ridosso l'uno dell'altro. Coli. Lilckger a Colonia. CRISPO. 65. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 33. ^ — CRISPVS NOB CAES- Busto laureato e corazzato a destra, armato di lancia e scudo. ^ — BEATA TRANQVILLITAS. Globo su di un'ara che porta la leggenda VOT XX. Al disopra tre stelle. Nel campo C R. All'esergo P L C. Coli. Liickger a Colonia. 66. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 43. ^ — IVL CRISPVS NOB CAES. Busto laureato a mezza figura a destra colla clamide, armato di lancia e scudo. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM 381 Iv - BEATA TRANQVILLITAS. Globo su di un'ara portante la leggenda VOTIS XX. Ai disopra tre stelle. Esergo PTR. Coli. Luckger a Colonia. 67. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 46. ^ — IVL CRISPVS NOB CAES. Busto a mezza figura laureato a sinistra armato di lancia e di uno scudo sul quale si vede la testa di Medusa. ^ — BEATA TRANQVILLITAS. Come il precedente ;- ma all'esergo P T R e mezzaluna. Coli. LOckger a Colonia. 68. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 46^/5. Medesimo tipo, solo che sullo scudo di Crispo invece della Medusa si vede un arciere che sta tirando l'arco. Coli. Lflckger a Colonia. 69. Piccolo Bronzo Quinario. — Dopo Coh. 148. /B' — FL IVL CRISPVS NOB C Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. ^ - VOT V MVLT X in una corona d'alloro. Coli. LQckger a Colonia. COSTANTINO 11. 70. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 91. 1& — CONSTANTINVS IVN N C Busto laureato e corazzato a destra. 9 — CAENSARVM (sicj NOSTROR intorno a una corona, in mezzo alla quale si legge VOT X. Coli. LQckger a Colonia. 71. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 75. ^ — CONSTANTINVS IVN N C- Busto col casco e la co- razza a sinistra armato di lancia. ^ — BEAT TRANQVILLITAS. Globo su di un'ara portante la leggenda VOTIS XX. Al disopra tre stelle. Esergo PLON. Coli. Luckger a Colonia. ■*9 382 FRANCESCO GNECCHI 72. Piccolo, Bronzo. — Dopo Coh. 123. ^ - OONSTANTINVS (col primo C rovesciato) IVN NOB C Busto a mezza figura a destra laureato e col manto imperiale. Colla destra tiene uno scettro sormontato dall'aquila. 9i' - D N CONSTANTINI MAX AVG- intorno ad una corona, nel mezzo della quale si leggti VOT XX. Esergo A Q P. Coli. Liickger a Colonia. LIX. UN DENARO REPUBBLICANO IGNOTO. Ordinariamente una moneta è ignota fino al giorno in cui un esemplare, uscendo alla luce, viene a cognizione del mondo numismatico. Da quel mo- mento la moneta, descritta, classificata e catalogata entra a far parte del patrimonio della scienza. Tale è la regola generale; la quale però subisce qualche eccezione. Può darsi il caso che una moneta rimanga ignota anche dopo scoperta, può darsi cioè che una moneta, per quanto i tipi e le leggende siano chia- ramente visibih, non si sappia a qual principe o a quale famiglia attribuire, e così appunto avviene del denaro dentellato che il nostro Socio Giulio Conconi portò ultimamente dalla Sicilia e che, per quanti l'hanno potuto vedere, si ostina a rimanere inesplicabile. Eccone la descrizione ; ^ — Testa di Ercole a destra in una corona. Dietro S C ^ — Giove (?) con un ramo e un trofeo in quadriga lenta a sinistra. AH' esergo /ERENS. Il tutto circondato da un torque. 384 FRANCESCO GNECCHI La moneta è indubbiamente genuina, come facil- mente si può giudicare anche dalla riproduzione; lo stile è buono, la testa del dritto rammenta quella di alcuni denari della Cornelia, l'arte e la fabbricazione farebbero attribuire la moneta all'epoca che corre fra il ICQ e il 50 avanti l'era volgare; ma la strana leggenda /ERENS, finora non ebbe alcuna interpreta- zione, neppure una di quelle eteroclite e strane che non servono ad altro che a provare la viva immagi- nazione dello scopritore; ma di cui non mancano esempii. E dunque offerto il campo vergine agli studiosi. Il problema può essere interessante. Il denaro si trova ora al Museo di Berlino. F. Gnecchi. UN ESSAI DE DENIER ROMAIN AVANT LA LETTRE L'étude des monnaies de répétition, c'est-à-dire des pièces sur les deux còtés desquelles est reproduit un mème type de droit ou de revers, m'a conduit à supposer que la gravure des légendes, des exergues, des lettres isolées dans le champ et des monogrammes était confiée, dans les ateliers de Rome, à des artistes spéciaux qui n'avaient point à s'occuper des tètes ni des types et que la gravure des parties figurées était livree à des spécialistes d'elite <". Un curieux specimen, qui m'a été récemment signalé par M. le professeur Matteo Piccione, et qu'il m'a spontanément ofTert en cadeau avec la meilleure gràce, semble apporter un argument decisi! en faveur de cette proposition. Il consiste en une petite tablette d'argent de forme elliptique, ou autrement dit, en un flaon de (i) Revue nianismatiqtte, 4* sér., VI, 1902, p. 182, art. Les essnis monéiaires de répélition et la division du trctvail. 386 ROBERT MOWAT denier étiré dans le sens de la largeur, qui aurait conserve sa dimension primitive en hauteur, 19 mil- limètres, et qui aurait été allongé jusqu'à 29 milli- mètres. Sur chaque face 011 voit un buste de femme profilé à droite, drapé, et coiffé d'un casque à crinière flottante orné d'un plumet sur le coté. Cette figure est reproduite exactement de part et d'autre ; elle occupe, non pas la partie centrale du flaon, mais le milieu de la demi-ellipse de gauche. 11 en résulte que les deux tétes ne sont pas situées l'une à l'opposite direct de l'autre, et que la portion du revers corres- pondant à chacune est piane et unie. Devant l'une d'elles on remarque une légère dépression circulaire produite par le choc de la frappe et marquant le contour du coin; l'autre tète est partiellement aplatie et eftacée par le contrecoup sur l'enclume. Le bord a éclaté au dessus et au dessous de chaque tète, laissant voir dans la partie supérieure deux échan- crures angulaires, et dans la partie inférieure deux autres échancrures. Provient des fouilles du Forum ; poids, II grammes 98. La particularité qui augmente l'intérét de cette trouvaille c'est que le type des tètes est identique, dans les moindres détails, à celui de la Virttis sur les deniers qui portent, les uns, la legende circulaire L-AQVILLIVS-FLORVSIll -VIR, les autres la legende en deux lignes verticales, à droite et à gauche, VIRTVS | III • VIR e); en outre, le flaon elliptique difière esscn- tiellement de ces deniers par l'absence de toute (i) H. Cohen, Description generale des monnaies de la Répubiique romaine, in-4, pi. VI, Aquillia, 2, 3, 4, 5; l'atlas, admirablement grave par l'inimitable Dardel, a l'avantage d'offrir le inoiinayage de la Ré- pubiique dans un ensemble coniniode pour les coniparaisons. E. Babelon, Description historique et chronologique des monnaies de la Répubiique romaine, in-8, I, p. 213, f. 2; p. 216, f. 6, 7, 8; ces figures, intcrcalées dans le texte, ont été clichées sur les planches de Dardel. UN ESSAI DE DENIER ROMAIN AVANT LA LETI RE 387 legende ; en d'autres termes, c'est le droit répété d'un denier de L. Aqiiillius Florus qui serait anépigraphe. On peut du reste, en faine la comparaison avec quatre exemplaires du Cabinet de France figurés ci-dessous. Ce flaon est dono, suivant tonte apparence, un doublé essai exécuté par le graveur portraitiste; des mains de celui-ci l'essai était destine à passer entre celles du graveur épigraphiste qui y mettait la legende pour compléter le coin et qui à son tour, devait exécuter l'essai définitif; pour employer le langage de nos typographes modernes, c'est une épreuve avanf la lettre. Si un flaon d'argent a été préféré à une plaque de plomb pour cette opération, c'est vraisemblable- ment parce que le graveur a tenu à se rendre mieux compte de l'efifet réel de son travail destine à la frappe d'une monnaie de méme metal. Pour aller au devant d'une objection possible, j'ajoute que mon premier soin a été de soumettre ce rare échantillon de la technique monétaire à l'examen d'un connaisseur aussi sagace qu'expert; je ne dissimulerai pas qu'il s^est montré sceptique sur son authenticité, sans pouvoir toutefois justifier son sentiment par une incrimination motivée. Il est toujours facile de trancher la question par la sentence sommaire a l'objet est faux, ou suspect »; encore faut- il dire pourquoi et en quoi. Or, il m'a semblé qu'en 388 ROBERT MOWAT cette circonstance la suspicion était inspirée par la forme insolite et déconcertante de la pièce plutót que par des signes matériels de falsification. Bref, nullement convaincu par une appréciation hàtive et dénuée de raisons démonstratives, je me décide à livrer tei quel à la publicité un petit monument qui peut éventuellement avoir quelque importance scien- tifìque. Ceci dit, j'ai à présenter une dernière réflexion. Il ne faut pas songer à le mettre en rapport avec une autre tablette d'argent dans laquelle M. Adrien Blanchet (1) a cru reconnaitre une certaine affluite avec le sesterce d'argent d'un autre magistrat mone- taire de la République, P. Sépullius Macer (^\ On y voit en efTet une tète de Mercure pétasé, à droite, accompagnée d'un caducée ; devant la figure, une inscription rectiligne, SEPVLLIVS; derrière l'épaule, la lettre Q, qui, dans le monnayage de la République, est la sigle tantót du mot quinarius, tantòt de qiiaestor; le tout à l'intérieur d'un cadre rectangulaire cordonné. Hauteur, 19 millimètres; largeur, 11 millimètres. Poids, I gramme 38. Les deux angles supérieurs sont écornés; en tenant compte de cette détérioration, produite peut- etre par l'action d'un incendie, on peut estimer que dans son intégrité l'objet pesait environ i gramme 98. Provenance, Rome. M. Blanchet pense que c'était un modèle ou un projet de monnaie qui aurait été abandonné; en eff'et, le poids de la tablette supposée intacte correspondrait à peu-près au poids moyen des quinaires, 1 gr. 95; mais le quinaire de SepuUius (i) Bulletin de la Sociélè des Antiqitaires de France, 1897, p. 290, figure à la page 445. Revne numi smat igne, 4" sér., II, 1898, p. 121, figure. (2) Cohen, Descr. gén. des monn. de la Rép. rom., pi. XXXVII, Sepullia, 3. Babelon, Descr. /tisi, et chron, des monn. de la Rép. rom., Il, p. 441, no» II et 12. UN ESSAI DE DENIER ROMAIN AVA NT LA LETTRE 389 Macer au type de Mercure n'existe pas; la seule monnaie divisionnaire qu'on connaisse à son nom est 4e sesterce précité. La disposition quadrangulaire de ce soi-disant modèle de projet de monnaie s'oppose invinciblement à l'explication de M. Blanchet, parce qu'elle ne satisfait pas à la condition obligatoire de la forme circulaire. Pour cette raison, M. Babelon croit que la tablette est l'cpiderme supérieur d'un poids-étalon analogue aux exagia de l'epoque impe- riale, soit le poids d'un denier, la lettre Q signifiant Onaestor ; mais le denier de SepuUius Macer au type de Mercure n'existe pas davantage. J'arrive à une troisième explication proposée par M. le D/ H Dressel ^". La mème inscription rectiligne SEPVLLIVS devant une téte de Mercure profilée à gauche se lit sur le couvercle en argent d'une petite boite quadrangulaire en bronze décou- verte à Ampurias (Espagne) et appartenant à la catégorie des thecae sigillan'ae dont la destination a été indiquée par feu M"™*" Mertens-Schaaffhausen (2\ La tablette de la collection Blanchet semble donc avoir été détachée du couvercle d'une boite de ce genre sur lequel elle aurait été appliquée par pla- cage; il va de soi que le sceau que l'on peut supposer y avoir été serre comme dans un étui ou un écrin devait ètre orné de la mème tète de Mercure et de la mème inscription au nom de son possesseur. Sur une autre boite également en bronze découverte à Pérouse, l' inscription SEPVLLIVS est accompagnée d'une téte barbue profilée à gauche; c'est encore une theca sigìUaria. (i) Corpus inscriptionum laitnarum, XV, part. II, p. 904, n. 7223, avec renvois à li, suppl. n. 6249-5. (2) BulUtin de l'institut de correspondance archéologique de Rome, 1862, p. 7; 1879, p. 169. 50 390 ROBERT MOWAT Je ne m'attarderai pas à rechercher par quelle fortune singulière Tassortiment des écrins sigillaires de ce Sépullius révélé, seulement par son nom genti- lice.sans cognomen, a survécu à sa dispersion en tant de lieux éloignés les uns des autres. Je n'en retien- drai qu'un fait, c'est que la tablette de M. Blanchet peut avoir été à l'usage personnel d'un Sépullius quelconque, peut-étre mème du P, Sépullius Macer qui a fait frapper le sesterce signé de ce nom, mais que par elle-méme elle n'a rien de monétaire. Bien que l'analogie qu'on aurait cru apercevoir en raison des types de Mercure et de Roma casquée propres au monnayage républicain, ne soit qu'appa- rente et artificielle, il était cependant utile d'en faire une démonstration en quelque sorte preventive. Robert Mowat VARIETÀ Falsifìcazione italiana. — In un'appendice al mio Articoletto Falsificazioni di monete italiane, pubblicata nel III fascicolo 1902 di questa Rivista, ho fatto cenno di due testoni falsi di Leone XI, da qualche tempo apparsi sul nostro mercato e provenienti dalla solita officina di Roma. Poco tempo fa, mi fu offerto un altro testone di questo pontefice, ma questo terzo esemplare non è una moneta di recente fabbricazione, sibbene una moneta corretta. Si tratta di un testone di Pio IV cambiato in Leone XI, col quale ha comune Io stemma. Eccone il disegno e la descrizione: & — LEONI • XI • PONT • MAX • Stemma Medici sormontato dal triregno e dalle chiavi. :^ — S • PETRVS • APOSTOLVS S. Pietro seduto colla d. alzata e le chiavi nella sin. AH' esergo RO {cifre dello zecchiere) MAX. Questa moneta non è altro che il testone di Pio IV pubblicato nell'opera del Cinagli al N. 5. La correzione delle lettere PIVS •. ilil in LEONI • XI non può trarre in inganno che 392 VARIETÀ i raccoglitori novizii, i quali si accontentano di trovare su di una moneta un nome raro, che manca alla loro collezione, se ne innamorano e non badano ad altro. Anzitutto il tipo della moneta, appartenendo all'epoca di Pio IV, non può essere il tipo di quelle di Leone XI, che regnò mezzo secolo dopo. Poi il nome LEONI • XI • in dativo è talmente nuovo e strano nelle leggende delle monete pontificie, che basterebbe da solo a rivelare l'inganno. L'espediente fu certo adottato dal falsario per allungare la dicitura LEO • XI, troppo corta per lo spazio che doveva occupare. Del resto, anche senza queste considerazioni, chi ha appena un poco di pratica, esaminando attentamente la moneta, vede subito che le lettere LEONI • XI sono moderne e stentate, mentre tutto il resto della moneta è antico e genuino. Ercole Gnecchi. Rassegna Numismatica. — Una Circolare a firma Furio Lenzi da Orbetello annuncia l'idea di un nuovo perio- dico Numismatico Italiano, che prenderebbe il nome di Rassegna Numismatica. Dopo la Rivista e il Bollettino era proprio sentito il bisogno di un nuovo periodico? Per quanto noi siamo parte troppo interessata, a costo di fare la figura di Cicero prò domo sua, non possiamo astenerci dal dichiarare che due periodici numismatici in Italia ci sembrano per lo meno sufficienti. Ciò non toglie però che noi facciamo buon viso al nuovo venuto, lo annunciamo con piacere e gli auguriamo vita lunga e gloriosa, ciò a cui riescirà senza difficoltà se saprà mantenere tutte le promesse del pro- gramma. Eccolo, come è espresso nella circolare: " Questa Rassegna uscirà bimestralmente in fascicoli di almeno venti pagme, con illustrazioni. Nella nostra Ras- segna pubblicheremo lavori inediti dei più illustri numisma- tici italiani e stranieri; cataloghi e notizie sulle collezioni private e pubbliche; notizie sui numismatici contemporanei; un elenco completo delle pubblicazioni numismatiche; i som- mari delle riviste numismatiche; recensioni; riassunti dei più importanti articoli di numismatica comparsi nelle riviste e nei giornali stranieri; un completo notiziario dei trovamenti; la descrizione delle nuove monete e delle nuove medaglie; VARIETÀ 393 una cronaca particolareggiata sulle vendite di monete; un ampio notiziario intorno al movimento numismatico del mondo. Oltre a ciò si pubblicheranno anche, in ogni numero, liste di monete vendibili presso l'Amministrazione che s'in- carica di far queste vendite; gli abbonati hanno diritto all'in- serzione delle monete di cui desiderano disfarsi. „ Battaglie d'Archeologia {De Historia antiquitatum certamina) " E mentre spunta l'un, l'altro matura , Ecco un altro periodico, di cui abbiamo sott' occhio il primo numero or ora pubblicato, il quale nell'Archeologia comprende anche la Numismatica e quindi merita se ne dia qui l'annuncio e se ne dicano due parole. Il periodico è pubblicato in Roma.... e più non possiamo dire perchè nessun' altra indicazione vi troviamo, neppure quella del di- rettore o della Direzione, e nessun articolo è firmato se non da pseudonimi o da iniziali,... che, per quanto trasparenti, noi non vorremo completare. Da una circolare antecedente però, essa pure anonima, sappiamo che il periodico è trimestrale e che l'abbonamento è di annue L. 3, indicazioni che ci pare non sarebbe stato male ripetere nel periodico stesso, come non sarebbe stato male mettervi un indirizzo, oltre quello della tipografia, e non sarebbe neppure stato un fuor d'opera un breve sommario degli articoli contenuti. Lo scopo del periodico lo rileviamo dalla citata circolare: Battaglie d'Archeologia tendono a portare del positi- vismo in una scienza che troppo giura nel verbo dei maestri e sbarazzare parecchio materiale ingombrante messo là da troppo tempo. Battaglie d'Archeologia tendono anche a portare un po' di luce nella quasi clandestina amministrazione italiana delle antichità e musei ed appassionare un po' le masse alla scienza archeologica, monopolio sin' oggi di pochi. Tali infatti sono gli obbiettivi che si prefiggono gli arti- coli pubblicati nel primo fascicolo, e per quanto riguarda la numismatica, gli ideali dei collaboratori sembrano tendere affatto specialmente allo studio della tecnica per riconoscere le monete spurie dalle genuine e alla guerra accanita alle 394 VARIETÀ falsificazioni; ideali che teoricamente sono certo da approvarsi e da lodarsi; quantunque da essi breve sia il passo a consi- derare le questioni sotto un solo punto di vista e ad eccedere nei giudizii. Venendo poi al campo pratico, non possiamo nascondere come il modo di esposizione nei diversi articoli, apparsi nel primo fascicolo, non si contenga sempre a nostro avviso nella serena sfera della pura discussione scientifica, e come l'intonazione generale sembri giustificare un po' troppo il titolo di Battaglie. La Direzione. LtR medaglia commemorativa della visita dei Sovrani d'Italia alla zecca di Parigi coniata alla presenza loro rap- presenta sul rovescio la facciata d^W Hotel de la Monnaie prospiciente il fiume, sul quale vedonsi alcune barche, con la leggenda circolare: Aedis aedificatae 1770 e all' esergo: Auro argento aere flando feriundo. È la medesima rappre- sentanza che vi era sul rovescio di quella commemorante la visita di Luigi XV; al diritto della medaglia invece dell'effige questa volta fu incisa una leggenda che commemora la visita dei nostri Sovrani alla Monnaie di Parigi. t,a medaglia commemorativa della visita dei Sovrani d'Italia alla città di Parigi, eseguita dal celebre medaglista Chaplain, nostro Consigliere onorario e coniata in tre esem- plari, in oro, in argento e in bronzo, offerta ai Sovrani d'Italia entro un astuccio artistico, è di grande modulo, come al solito, 73 mm., rappresenta sul diritto i due profili sovrap- posti dei nostri Sovrani; il Re in uniforme da generale col capo scoperto; la Regina col diadema e un bellissimo vezzo di diamanti, a mezzo petto scoperto incorniciato da un boa di piume sulle spalle. Sul rovescio in una ghirlanda di fiori e di rami d'alloro la semplice leggenda: Alle LL. MM. il Re e la Regina d' Italia la Repubblica Francese. Il dono numismatico offerto dal Ministro degli Hsteri ai nostri Reali durante la loro visita al Museo della Zecca consiste in due scrigni legati in marocchino rosso, con dorature stile Luigi XVI nel cui centro è incisa l'arme della VARIETÀ 395 Repubblica e agli angoli il monogramma r . f entro rami di quercia e di alloro. Gli scrigni contengono le migliori me- daglie coniate dalla Monnate e importanti anche per la storia d'Italia, come quelle di Luigi XII, quale duca di Milano, del cardinale di Richelieu, dell'istituzione dell'ordine militare di St. Louis, di Luigi XIV, di Washington, della presa di Boston, di Lavoisier, del passaggio del S. Bernardo, della restituzione del Veneto all'Italia, di Parigi-Roma, della principessa Paolina Borghese, della morte del duca di Berr}-, quelle medaglie coniate nelle varie Esposizioni universali, la serie dei Presi- denti della Repubblica, eseguita da Chaplain, le medaglie commemorative del matrimonio e dei funerali di Carnot e altre. Il dono numismatico offerto dal Ministro delle Finanze ai nostri Reali nella medesima occasione della visita al Museo della Zecca, consiste in due scrigni, l'uno per il Re, contenente dodici gettoni d'argento della Casa Reale di Francia di Luigi XIV e Luigi XV, l'altro per la Regina, contenente dodici gettoni pure d'argento di Regine, quattro con l'effige di Maria Teresa, quattro con quella di Maria Leczinska e quattro con l'effige di Maria Antonietta, Dal Bollettino di Numismatica. Monete dei Nómi. — Il Sig. G. Dattari del Cairo ha l'intenzione di pubblicare un Corpus delle Monete dei Nómi. Si rivolge perciò alla cortesia dei Raccoglitori di monete dell'Egitto perchè vogliano comunicargli le descrizioni o le impronte delle monete riferentisi a quella serie. Manuale di Numismatica. — Fra breve, l'Editore Ulrico Hoepli metterà in vendita la III edizione del Manuale di Numismatica del Dott. Ambrosoli. Il volumetto conserva la stessa mole della precedente edizione, ma l'autore vi ha introdotto alcuni mutamenti, accrescendo in particolare il cor- redo delle illustrazioni. Il prezzo di L. 1.50 rimane inalterato. Finito di stampare il 28 Ottobre 1903. »»♦ ' » ♦« «♦♦♦«♦«♦«♦««♦^♦KM Achille Martelli, Gerente responsabile. FASCICOLO IV. T K ODORO M O M M S E N TEODORO MOMMSEN A Teodoro Mommsen si addice bene la frase, romanamente sobria, con la quale Cicerone ritraeva la straordinaria dottrina di Varrone, chiamandolo « diligentissiìmis mvestigator antiqiiitatis ». E noi, ri- petendo la medesima lode al grande filologo, morto il I" novembre dell'anno passato, non intendiamo dar giudizio, men che riverente, del suo ingegno pronto, vivace, dotato di una grande potenza assimilatrice e creatrice. I suoi scritti sono di argomento così vario, senza uscire dal campo del mondo romano, che si direbbe aver egli racchiuso nell'ampia scatola cra- nica più cerveUi, forniti ciascuno di speciale attività, dotati ciascuno di particolare attitudine, integrantisi poi in una mirabile sintesi. Il mondo romano lo studiò in ogni sua parte, da tutt' i lati, in tutte le sue manifestazioni. I testi classici, fino alle ovvie controversie grammaticali, la lapide, il cippo, la ghianda missile, la moneta, tutte le fonti filologiche e monumentali, aventi impresse le traccie scritte del pensiero romano, egli utilizzò ai suoi fini scientifici ; e fu ad un tempo filologo, storico, epigrafista, numismatico, romanista. Ma la sua mente, organica per eccellenza, seppe dirigere le ricerche svariate tutte verso un'altissima mèta. Nella molteplicità degli argomenti, da lui trat- tati, esiste l'unità ; attraverso la loro varietà scorgi un filo conduttore che li tiene stretti e li dirige ad 4ÒO E. CABRICI un fine unico. Questo fine è rivelato dalle sue grandi opere, da quelle nelle quali più si levò in alto con le ali potenti del suo ingegno: la « Storia di Roma » e il « Diritto pubblico ». A parte le passioni politi- che, alla cui influenza non si potè sottrarre come storico, egli seppe intuire che l'essenza del genio di Roma poteva coglierla nelle manifestazioni della vita politica e nella concezione del diritto ; a chiarire questi concetti rivolse tutte le sue indagini. Essendo di tal natura l'opera scientifica del Momm- sen, non si può parlare di lui come numismatico, senza invadere il campo dello storico, dell'epigrafista, del romanista. Poiché la moneta romana, alla quale rivolse le sue ricerche, non la studiò come fine, ma come mezzo per acquistare una visione più larga del mondo romano. L' attività scientifica del Mommsen si esplica nella seconda metà del secolo passato. Per più di cinquant' anni egh produsse un numero stragrande di scritti, fu ispiratore e collaboratore insieme di opere colossali. Nato nel 1817 a Garding, piccola città dello Schleswig, frequentò l'Università di Kiel dal 1838 al 1843, nel quale anno ottenne il titolo di dottore in diritto. Ma la mèta delle sue aspirazioni era l'Italia, e già al principio del 1845 lo vediamo intervenire a Roma alle adunanze dell' « Istituto di corrispondenza archeologica », facendo comunicazioni interessanti. Nell'anno successivo iniziò le ricerche numismatiche, trattenendosi a parlare, nelle adunanze di queir Istituto, suWunico denaro aureo sannitico, sul- Valfabeto dei Messapii e sopra alcune loro medaglie. Restò in Itaha fino a tutto il 1847. Questa lunga sosta di tre anni nella nostra penisola, segna un periodo notevolissimo nella vita del grande erudito, perchè in Italia trovò il mezzo e lo stimolo per con- cepire e compiere i migliori lavori. L' Italia non TEODORO MOMMSEN 40I aveva in quel tempo un Istituto organizzato come quello tedesco di corrispondenza archeologica, e la archeologia, limitata quasi esclusivamente alla epi- grafia e alla numismatica, progrediva per l'opera in- dividuale di pochi valentuomini che, per disposizione e, direi quasi, per vocazione, si erano dati allo studio delle antichità e della storia del nostro , paese. Essi vivevano solitari in più parti della nostra penisola, in rapporti intellettuali fra loro, e con l'esempio in- fiammavano della stessa loro passione qualche gio- vane ingegno. Neiritaha superiore e centrale Barto- lomeo Borghesi, Celestino Cavedoni, G. Battista De Rossi, per citare i maggiori, davano opera, con en- tusiasmo ed amore, a ricavare dal linguaggio delle lapidi e delle monete antiche quanto potevano, per ricostruire la storia del nostro passato. Neil' Italia meridionale solo Napoli aveva una associazione di dotti, appartenenti all' « Accademia ercolanese », che lavoravano alla diffusione della cultura classica e delle notizie archeologiche. Ricorderò solo i nomi di F. M. Avellino, di Bernardo Quaranta, del principe di S. Giorgio Spinelli, del Fiorelli e del Minervini, questi ultimi due ancora giovani, ma già noti nel mondo archeologico. Tutti costoro furono conosciuti dal Mommsen durante i suoi viaggi in Italia, e non è troppa pre- tesa r affermare che le dotte conversazioni, specie col Borghesi, determinarono meglio V indirizzo dei suoi studi. Difatti in Italia, per consiglio di questo ultimo, pose mano alla compilazione delle Inscrip- tiones regni Neapolitani latinae, che pubblicò nel 1852, e lo studio della epigrafia italica lo menò alla com- pilazione di lavori speciali, seguiti poi nel 1850 dagli Unteritalische Dialekte. Negli anni che seguirono al suo soggiorno in Italia, prese viva parte ai movimenti politici dello 4Ó2 E. GABRlCI Schleswig. Nell'autunno del 1848 andò a Lipsia come professore straordinario, ove ebbe a colleghi Otto Jahn e Moritz Haupt. Ma espulso, insieme con i suoi due amici, dal Governo sassone, passò alla Univer- sità di Zurigo con la qualità di professore di diritto romano, rimanendovi dal 1852 al 1P54; di là a Bre- slavia nel 1854 e finalmente si fermò a Berlino nel 1858 ad insegnare storia romana, dove rimase, con una breve interruzione, fino al termine della sua vita. A misura che il Mommsen s'ingolfava negli studi storico-antiquari, comprese la grande importanza della moneta, studiata dal punto di vista storico ed economico, e nel 1850 mise fuori diversi lavori spe- ciali, come quelli: iiber das ròmische Miinzwesen {1850), ftber den Ver/ali des ròmischen Mfmzzvesens in der Kaiser zeit (1851), uber die griechisch-asiatischen Miinz- wàhrungen und ihr Verhàltniss zum ròmischen Gelde (1859), ^ quali dovevano servire di preparazione al lavoro poderoso della Geschichte des ròmischen Miinz- wesenSj apparso nel 1860. Con quest'opera voluminosa, alla cui compila- zione e miglioramento dedicò tutta la sua vita, il Mommsen colmò una grande lacuna esistente nel campo degli studi storici. Alla moneta romana, spe- cie della Repubblica, eransi applicati diversi studiosi. Esistevano cataloghi, lavori generali e speciali, con lo intento di interpretare i tipi e le leggende, di co- noscere la data di emissione delle monete, il loro peso e il sistema sul quale furono battute. Ma il Mommsen non si proponeva di scrivere un trattato di numismatica romana, bensì una storia della mo- neta romana. Egli volle fare un grande lavoro d'in- sieme, d' integrazione di tutti gli studi precedenti, e gli fu quindi possibile fare ricerche e confronti non mai fatti prima di lui. Studiò la moneta come agente commerciale e studiò quindi le condizioni che deter- TEODORO MOMMSEN 403 minarono la prima emissione, la durata, la sparizione di ogni specie monetale; esaminò le questioni di di- ritto pubblico inerenti alla monetazione, come a dire il privilegio che ha lo Stato di emettere moneta e le relazioni di questo con l'autonomia delle città e con la divisione dei poteri. Se non che, almeno nei riguardi della classificazione cronologica, così sca- brosa per la serie repubblicana, il lavoro del Momm- sen fu agevolato moltissimo dalle ricerche coscien- ziose e originali di due dotti italiani, il Borghesi e il Cavedoni ; ai quali egli j^er altro riconobbe il me- rito di aver cooperato grandemente ad una classifi- cazione storica della moneta repubblicana, studiando i ripostigli con un metodo che li menava alla cono- scenza di un gran numero di fatti isolati. Ma questo modo largo di trattare la moneta- zione romana lo conduceva necessariamente ad al- largare il campo di studio. Roma, con estendere il suo territorio, stabili relazioni commerciali dapprima coi popoli dell'Italia, dipoi con quelli di tutto il mondo, allora conosciuto; e queste relazioni esercitarono la loro necessaria influenza sull'origine, sullo sviluppo e sulle vicende del sistema monetale romano. Di qui il bisogno di premettere al lavoro una trattazione sul sistema monetale greco-asiatico, sotto la cui in- fluenza si sviluppò la monetazione italica. E così egli proponendosi di scrivere la storia della moneta ro- mana, venne a compilare anche un trattato di metro- logia, completando e mettendo al corrente delle nuove scoperte scientifiche i trattati precedenti e partico- larmente le Metrologische Untersitchungen del Boeck. Questo studio così complesso e completo, fatto con rigore di critico tedesco, lo mise in grado di perve- nire, come altri mai, a certi risultati e ad assodare certi punti di capitale importanza per la storia delle istituzioni di Roma, col sussidio e controllo delle 404 E. CABRICI fonti letterarie, epigrafiche e delle fonti giuridiche. Fra le migliori pagine di quest'opera, checche se ne pensi, restano sempre quelle riguardanti i rapporti della moneta del sistema hbrale con la moneta d'ar- gento, quelle sulla riduzione di peso dell'asse Hbrale e quelle sui magistrati monetali e le leggi relative alla moneta durante la Repubblica. Devesi per altro notare che, avendo egli studiato la moneta romana dal punto di vista storico, tralasciò di esaminare di- rettamente il materiale numismatico; e se nell'opera sua esistono dei punti che meriterebbero uno svi- luppo più ampio, sono appunto quelli dove l'esame prettamente numismatico non è ancora completo. I capitoli sulla monetazione dell'Impero, ad esempio, meriterebbero uno svolgimento maggiore nella parte metrologica. Ma la cronologia della moneta repubblicana dovè presto subire notevoli modificazioni, per la scoperta di vari ripostigh, venuti a luce qualche anno dopo la pubblicazione di questa opera. E il Mommsen ve le apportò in più articoli sul ripostiglio di Carrara (1861), sui ripostigli spagnuoli di Rosas, Liria, Ca- stulone (1862), ai quali seguì uno studio sopra alcuni ripostigli di denari romani scoperti nella Spagna (1863), dove rifa la cronologia quasi per intero. Il primo lavoro era divenuto così in pochi anni antiquato, per la parte che si riferisce alla cronologia ; e perciò nel 1863 il duca di Blacas, uno dei collaboratori della Revue Numismatique, si assunse il compito, col con- senso dell'autore, di tradurlo in francese, ritoccan- done quei capitoli che, per le ulteriori ricerche del Mommsen stesso, non rispondevano più ai bisogni degli studiosi. Il primo volume di questa traduzione comparve nel 1865; ma, morto il Blacas nel 1866, fu continuata e condotta a termine dal De Witte. L'ultimo dei quattro volumi fu edito nel 1875. TEODORO MOMMSEN 405 Le scoperte di ripostigli, intanto, specie sul suolo deiritalia, si seguivano con frequenza, e nuovi ritoc- chi si rendevano necessari alla stessa traduzione del Blacas-De Witte. A questo lavoro di ritoccamento della cronologia apportò, fra gli altri, un contributo notevolissimo G. De Petra, fino a qualche anno fa Di- rettore del Museo Nazionale di Napoli. Ed è dolo- roso il constatare che, non per forza di cose, ma per funesta imposizione di uomini, G. De Petra è stato l'ultimo Direttore di quel Museo il quale abbia mantenuto inalterata la tradizione numismatica della scuola napoletana. A partire dal 1875 vanno ricordati gli studi del Mommsen stesso sui ripostigli di La Riccia, S. Mi- niato, Palestrina, Vigatto, Compito (1875), Maserà, Ta- ranto, Pisa, Garlasco fi 883 j, Peccioli, Metz 1883), Osso/aro (1884). Risulta così evidente ciò che dicevo dianzi, avere egli consacrato all'opera numismatica principale gran parte della sua vita, prima scriven- dola, poi modificandola, correggendola, ritoccandola. E da questa sua dottrina numismatica egli ricavò i maggiori profitti in tutte le sue opere principali : nella storia romana, nel diritto pubbhco, nel com- mento 3.\\'Inc/ex di Augusto ed in altri scritti minori. Con la pubblicazione della storia della moneta romana il nome del Mommsen pigliava uno dei primi posti fra i numismatici viventi ; ed anche quando, dopo le vicende e le persecuzioni politiche del 1848, occupò stabilmente la cattedra di storia romana a Berlino e si fu dedicato al proseguimento della sua storia romana, ai grandi lavori delle antichità romane e del Corpus, non mancò mai, fino agli ultimi tempi, di scrivere note originalissime, pigliando argomento dall' esame di monete romane. Ebbe rapporti coi più valenti numismatici del suo tempo; contribuì ai « Beitrage » del Pinder e Friedlander; mandò articoH 4o6 E. GABRICI alla Niimtsmatische Zeitschrift, e quando il von Sallet fondò nel 1874 la Zeitschrift fur Numtsmatik, fu uno degli assidui collaboratori. Il lavoro del Miiller sulla Numismatica dell'Africa (i 860-1 862), che egli loda nella lettera al duca di Blacas [Hist. de la m. rom. I, p. XLIII), e quello del Brandis sulle Monete del- l'Asia Minore (1866), gli diedero occasione di pub- blicare vari articoli su monete delle provinole del- l'Asia e dell'Africa, aventi le immagini dei proconsoli (1868-1875)- In quest'ultimo decennio l'Accademia di Berlino, sotto gli auspici di Teodoro Mommsen, accingevasi ad un'ardua impresa : alla compilazione del Corpus nummorum, della cui recensione ebbe incarico una Commissione. Ma poiché l'opera colossale richiedeva una preparazione degna di chi l'aveva concepita e i relativi fondi di cui quell'Accademia non poteva disporre, la prima idea fu ridotta alle modeste pro- porzioni di lavori speciali intorno alle monete di sin- gole regioni, senza impegno per l'Accademia di com- pilare un Corpus. E in una delle prime tornate del J896, il Mommsen annunziava all'Accademia di Ber- lino il suo ritiro da quella Commissione di cui sopra ho detto. La compilazione della I parte del 1 volume, uscita nel 1898, comprendente la descrizione delle monete della Dacia e della Mesia fu affidata al Pick, sotto la direzione scientifica dell' Inihoof-Blumer; altre parti sono in lavoro con la cooperazione anche del Gaebler. Nell'anno 1898 e nei successivi, il Momm- sen, riferendo all'Accademia sul modo come pro- cedevano i lavori di compilazione e di stampa di questo volume, non usava {)iU il titolo di Corpus num- morum, ma quello di Griechisches Munzwerk. E nella tornata del 7 luglio 1899, in un discorso elevatissimo, letto all' « Accademia delle iscrizioni » di Parigi, esponeva la necessità di dare al mondo scientifico TEODORO MOMMSEN 4Ó7 il Corpus mimmorum, invocando in pari tempo la colla- borazione e il concorso pecuniario di quell'Accademia. La produzione scientifica di Teodoro Mommsen nel campo numismatico ascende a una cinquantina di scritti, tra opere maggiori e minori, nei quali trattò i più svariati argomenti, dalle origini della mo- neta romana, fino al basso impero, incluse le monete imperiali greche. Tale contributo gli dà diritto ad uno dei primi posti fra' numismatici contemporanei. Eppure egli, chiamato a dare giudizio in una que- stione numismatica, dopo aver espresso il suo parere, scusavasi ripetutamente col dire, che egli non era un Numismatico "'. Fu modestia la sua o espressione di un convincimento vero e proprio? Egli in sostanza fu uno storico e un romanista, e i monumenti epi- grafici e numismatici li studiò in quanto potevano essere utilizzati come fonti storiche. Giammai studiò la moneta per la moneta, ma la studiò solo in quanto essa può fornirci dati epigrafici, mitologici, metrolo- gici, storici, economici. Egli non è quindi un numi- smatico nel vero senso della parola, come furono i suoi contemporanei V. Sallet e Friedlander; giam- mai non fu preposto a un gabinetto numismatico, e non possedeva quindi quella familiarità con le mo- nete e quella pratica, che formano il vero numisma- tico. Il Mommsen ha scritto molto intorno alle mo- nete romane, ricavando il materiale, quasi sempre di seconda mano, da cataloghi e lavori speciali. E se facciamo una statistica dei suoi scritti numismatici, ne troveremo molti, che vanno annoverati in questa categoria, solo perchè la base della dimostrazione è formata da monumenti numismatici. A parte il suo maggior lavoro sulla moneta romana, e gli studi spe- (i) Leggasi l'articolo di Achille Coen su Teodoro Mommsen nel " Marzocco „ di Firenze, dell* 8 novembre 1903, n. 45. 4o8 E. CABRICI ciali sui ripostigli, quasi tutti i suoi scritti sulle mo- nete o hanno scopo epigrafico o chiariscono que- stioni di antichità pubbliche. Alla prima categoria ascriveremo le varie sue memorie sulle monete di Tito, sul denaro di Clodius Vestalis, sulle monete di Mitridate Philopator, di Filippo, di Balbino; alla se- conda lo studio sul denaro di P. Nerva, sul pontifi- cato massimo degl' imperatori, sulle monete dalle Pro- vincie dell' Asia e dell' Africa con l'immagine dei proconsoli. La morte di quest'uomo veramente insigne per dottrina, fierezza di carattere, amor di patria, lascia, fra' cultori di studi storico-antiquari, un gran vuoto, che per ora non sarà appianato; perchè egh fu di quei pochi sapienti, che versano i rivoli del loro por- tentoso ingegno in più campi dello scibile umano. Lavoratore instancabile, è morto sulla breccia, nella solitudine del suo studio, assalito da apoplessia. An- cor nella tarda età egli attendeva con ardore alle sue gradite ricerche, affaticato da una forza operosa^ che spingeva le ali del suo ingegno verso una meta inarrivabile. Condizione cotesta di tutti gli spiriti sommi, avidi di avvicinarsi sempre più alla luce della verità. Quest' uomo straordinario, che aveva tanto meditato sui suoi scritti, a misura che s'inoltrava nei misteri del mondo antico e che vi spingeva più addentro il lume della sua intelhgenza, sentiva il bi- sogno di correggere se stesso. E quando teste fu fatta in Itaha una ristampa della traduzione della sua storia romana, rimase sorpreso che gì' Italiani sen- tissero il bisogno di leggere, così com' era, l'opera sua, senza nuovi ritocchi e aggiunte dell'autore! Firenze, Epifania del 1904. E. Cabrici. TEODORO MOMMSEN 4O9 Elenco delle pubblicazioni numismatiche di Teodoro Mommsen. 1846. — Zolfo dell'unico denaro aureo sannitico (Bull. delPInst., 1846, p. 99). » — Sul!' alfabeto dei Messapii e sopra alcune loro medaglie (Bull, del- Plnst., 1846, p. IJ4-I39). Cfr. Pott in Jllg. LiUratur-Zeitung (Halle u. Leipzig, 4"), 1847, ^^ "• ^4^» ">'• i^- 1850 — Ueber das róraische Mùnzwesen {Abhandhmgen der Sàcbs. Gts. d. Wiss. II, p. 221-427). 185 1. — Ueber den Verfall des rómischen Mùnzwesens in der Kaiserzeit {Be- richte der Sàchs. Ges. ph.-h. CI., p. 180-312). » — Die Follarmùnzen (Beiiràge ^. àlteren Mùn:^k. herausg., v. Pinder u. Friedlànder, p. 123). 1853. — Die nordetruskischen Alphabete auf Inschriften u. Mùnzen {Mitth. der Zùr. Ges. VII, p. 197-260, tav. I-III. » — Der Fund von Vicarello {Allg. Monatss. fùr Wiss. u.Lit., 185 3, p. 540-543). 1859 — Ueber die griechisch-asiatischen Mùnzwàhrungen und ihr Verbàltniss zum rómischen Gelde {Monatsber. der Beri. Akad., 1859, P- ?S8)- » — Ueber cine ròm. Familienmùnze de^ P. Ncrva mit Darstellung des Wahlactes {Arch. Zig., XVII, col. 37'). 1860. — Geschichte des Rómischen Mùnzwesens, Berlin 1860, di p. XXXII-900 e una tav. Opera tradotta in francese dal Duca di Blacas, e, morto costui, dal De Witte; voi. FV in 8°, con 40 tav. Paris 1865-1875. ■ — Ueber die funf von M. Volteius M. f. geschlagenen Mùnzen (Arcb. Zig., XVIII, col. 36'). 1861. — Alcune osservazioni sul ripostiglio di Carrara, da lettera a G. Henzen (Bull, dell' Inst., 1861, p. 78-80). 1862. - Sui principali ripostigli scoperti finora nella Spagna (Bull, dell' Imi., 1862, p. 36). » — Notiz ùber einen spanìschen Mùnzfund mit Denaren des Sex- Pompeius (Arch. Ztg, XX, col. 292*). » — Vorlage seiner fùr die « Annali » des róm. Instituts bestimmten Arbeit ùber spanische Mùnzfunde (Arch. Zig., XX, col. 350* sg. 1863. — Sopra alcuni ripostigli di denari romani scoperti nella Spagna {Annali delVInst., XXXV, p. 5-80). » — [Nota sul sistema metrico degli Assiri] die Gren^boUn. Leipzig, 5 marzo 1863. Cfr. Mommsen-Blacas Hist. de la monn. rom., I, p. 401. 1868. — Ueber die Bildnisse der rómischen Proconsuln auf den Provinzialmùn- zen der augustischen Epoche. (Hermes III, p. 268-273). » — Ueber ròmische Mùnzen mit den Bildnissen von Proconsuln der Pro- vinzen Asien und Afrika. (Arch. Ztg., XXVI, p. 59, 6o\ 1872. — Zu den Mùnzen Agrippas I und U (Numism. Ztschr., III, p. 83 sg.) (Numism. Ztschr., IH, 449-457). » — Imperatortitel des Titus (Numism. Ztschr., III, p. 458-478). 1874.. — Der kaiserliche Oberpontificat (Ztschr. f. Numism., I, p. 238-244). 4ÌO È. CABRICI 1874. — Mùnze des Titus; zu S 242 der Wiener numism. Ztschr III. [Ztschr. fùr Numism., I, p. 571-372). 1875. — Ròmische Denarschàtze. I von la Riccia, II von S. Miniato, III von Palestrina, IV von Vigatto (Ztschr. f. Numism., II, p. 32-68). » — Zu den Mùnzen niit den Bildnissen der Proconsuln von Asia und Africa. {Ztschr. f. Numism., II, p. 69-73). » — Denarschatz von Compito (Ztschr. f. Numism, II, p. 352-356). t) — Korinthische Kupfermùnzen niit PRF ITER. (Ztschr. f. Numism., II, p. 369-371)- 1878. — Zenobia und Vaballathus. (Ztschr. f. Numis., V, p. 229-231; tradiiz. frane, in Mélanges de numismatique, III, 1882, p. 350). 1879. — Die tribunicischen Jahre des jùngeren Philippus (Ztschr. f. Numism., VI, p. 412-415; traduz. frane, in Mélanges de num., Ili, 1882, p. 354). 1881. — Die Namen des Kaisers Balbinus (Ztschr. f. Numism., Vili, p. 26-18). 1883 — Nuniismatische Notizen : i. Goldstater des Kòniges Ptoleniaeus von Mauretanien. 2 Der ròni Silbersehatz von Maserà. 3 Die Vietoriaten- funde von Tarent und Pisa. 4 Der Denarfund von Compito. 5 Der de- narfund von Garlasco. (Sitah. d. Beri. Ah., 1883, II, p. 1145-1162. » — Der Denar des Q. Salvidienus und die Schàtze von Peecioli und Metz. Ztschr. f. Numism., XI, 1884, p. 71-84). 1884. — Der Denarschatz von Ossolaro. (Ztschr. f. Numism., XI, p. 152-157). » — Die bithynischen Aeren. [Ztschr. f. Numism., XI, p. 158-160). » — Ruscino oder Varus. (Ztschr. f, Numism , XI, p. 187-188). 1886. — Zu den MCinzen des Titus. {Ztschr. f. Numism., XIV, p. 31-35). » — Ròmische Mùnzpàehterinschriften. (Ztschr. f. Numism., XIV, p. 36-39). » — Provinzialcourant der ròmischen Provinz Asia im Verhàltniss zur Reichsmùnze. {Ztschr. f. Numism., XIV, p. 40-42). 1887. — Lettre à M. Alph. de Schodt Sur la date de l'apparition de la comète de Jules Cesar. (Revue belge de Numismatique, année 43, p. 402-405). » — Die Mùnzen des C. Clodius Vestalis. (Ztschr. f. Num., XV, p. 202-206). » Mithradates Philopator Philadelphos. {Ztschr. f. Numism., XY,i) 207-219). » — Die 15 Mùnzstàtte der diocletianischen Diòcesen. (Z'.schr. f. Num, XV, 4, p 239-250). » — Equitius (auf Mùnzen des Kaisers Probus). (Ztschr. f. Numism., XV, 4, p. 251-252). 1896. — Bericht ùber das Corpus nunnnorum. (Silih. d. Beri. Ah., 1896, n. 4, p 62) 1898. — Bericht ùber d. « Griechisches Mùnzwerk ». {Sit\h. d. Preuss. Akad. der Wissensch., 1898, V, p. 97). 1899. - Ue'ter das von Chatelain veròftentlichte Juristenfragment und die Vor- arbeiten zum Corpus nummorum. iAcadim. d. Inscript., 7, VII, p. 99). 1900. — Bericht ùber die Fortschritte des Werkes « Griechische Mùnzwerke » (Sitih. d. Preuss. Akad. d. Wissensch , 1900, p. 37). » — Le Corpus nummorum. (Comptes rendus de l'Acad. des Inscr. et Belles Lettres, 1899, Juillet-Aoùt p. 431-433). 1901. — Bericht ùber die Herausgabe der « Griechische Mùnzwerke ». (Sitib. d. Preuss. Akad. d. Wiss., 1901, IV, p. 70 71. IL RIPOSTIGLIO DI MONTE CUORE Com'è noto, le scoperte di ripostigli di monete romane (specialmente in bronzo) dell'Alto Impero sono assai rare nell'Italia Settentrionale, mentre sono invece frequentissime quelle di ripostigli, anche co- piosi e talora ingenti, composti di antoniniani del III Sec. e di medii e piccoli bronzi del IV (^). Tanto più dovranno pertanto esser grati i cultori della Numismatica all'ilLmo Sig. March. Carlo Ermes Visconti, perchè, con lo zelo ond'è animato per tutto ciò che interessa l'arte e la scienza, ebbe premura di assicurare nella integrità originaria, e di conservare riunito, un pregevole ripostiglio di monete dei primi imperatori, del quale ci accingiamo a dare una som- maria relazione. II ripostiglio venne scoperto il giorno 7 febbraio del corr. anno 1903, in un fondo di proprietà del Sig. Marchese medesimo, e piti precisamente sulla sommità del Monte Cuore, in territorio di Crenna (prov. di Milano, circondario di Gallarate). Procedendosi ivi ad alcuni lavori agricoli, si rinvenne un vaso di terra grezza, dal quale sfuggirono le monete che per la oculatezza del fattore sopraintendente ai lavori Sig. Giuseppe Caletti furono tutte raccolte e conse- gnate al March. Visconti. (1) Blanchet (Adrieii). Les trésors eie tnonnaies romaiues. ~ Cfr. la recensione che ne abbiamo data nella Rivista Italiana di Nuìiiismatica, anno XIT, 1899 (a pag. 582-84). 412 SOLONE AMBROSOLI Il numero complessivo di esse è di 272, per la massima parte gran bronzi o sesterzii, con una ven- tina di medii bronzi e una diecina di denarii. Fra questi ultimi, nessuno di notevole; fra i sesterzii invece, alcuni assai preziosi, che abbiamo intercalati in figura nel testo. Gl'imperatori rappresentati nel ripostiglio sono otto, incominciando da Claudio per finire con Adriano; e gli esemplari si distribuiscono come dall'elenco qui appresso CLAUDIUS. M. br. Pallas stans d. Esempi, i. GALEA. Gr. br. CONCORD AVG- Concordia sedens s. Es. i. — LIBERTAS PVBLICA Libertas stans s. (Var. del Cohen, II ed., 108, nella leggenda del dr.). Es. i. — ROMA Roma stans s. Es. I. — Victoria gradiens s. Es. i. VESPASIANUS. Arg. Denario. COS ITER TR POT Neptunus stans s. Es. I. — IVDÀEA ludaea sedens d. ad palmam arboretn. Es. I. — Gr. br. ANNONA AVG-VST Annona sedens s. Es. i. - FORTVNAE REDVCI Fortuna stans s. Es. 2. — IVDAEA CAPTA Captivus et capliva (C. 232). Es. i. — IVDAEA CAPTA Imperator et ludaea (C. 239). Es. 2. — [MARS VICTOR?] Mars s. Es. i. — PAX AVGVST Pax stans s. Es. 1. — M. br. PON MAX TR P P COS V CENS (C. 376) Cornuacopiae duo. Es. I . — (C. 377. Var. per la legg. del dr.). Es. i . — Gr. br. ROM A Roma stans s. Es. 2. — Mars gradiens d. (C. 440). Es. 3. — Simile (C. 441). Es, i. — Spes gradiens s. Es. 3. — Imperator IL RIPOSTIGLIO DI MONTE CUORE 413 qiiadrigis ^. Es. i — S P Q R OB CIVES SERVATOS Es. 3. — VICTORIA AVG Victoria d., in clypeo scribetis. Es. i. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 2. — M. br. con rov. consunto. Es. i. TITUS. Arg. Denario. TR P IX IMP XV COS Vili P P Delphinus super tripode. Es. i. — Gr. br. Annona stans s. Es. 3. — FELICI! PVBLICA Felicitas stans s, Es. 2. — Simile. FELICIT AVGVST (leggenda nuova per Tito). Es. i. — M.br. FELICITAS PVBLICA Es. 2. — Gr. br. PAX AV&VST Pax stans d. (Testa di Tito a dr.). Es. 6. — Simile, con testa a sin. Es. 2. — Mars gradiens d. Es. 3. — Spes gradiens s. (Testa di Tito a dr.). Es. i. — Simile ma con testa a sin. Es. 2. — VICTORIA AVG-VST Victoria stans s., colnniellae innixa, d. cornucopiae, s. palmam tenens. Es. i. — VICTORIA AVGVSTI Victoria stans d., in clypeo scribens. Es. i. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 3. Gr. br. restit. d'Augusto (C. 548 di Augusto). Es. i. M. br. rest. di Livia (C. 9 di Livia). Es. i. Gr. br. rest. di Domitilla (C. i di Domitilla iun.). Es. i. — Altro con IMP CAES VES AVO (C. 3). Es. i. (Fig, i). Fig. I DOMITIANUS. Arg. Denario. IMP XI COS XII CENS P P P Minerva stans s. Es. I. — Gr. br. COS [XIIII LVD SAEC] FECIT Imperator stans d. ante aram ignitam, hinc victimarius siicm addiicens; adstant tibicen et alia figura; jiixta mulier himii prostrata, 53 414 SOLONE AMBROSOLI d. cornucopiae (Cfr. C. 84, dove la personificazione giacente è descritta come il Tevere). Es. i. (Fiè' ^)' — M. br. FIDEI Fig. 3 PVBLICAE Fides stans d. Es. i. — Gr. br. GERMANIA CAPTA Tropaeum, hinc Germanus, inde Germana. Es. i. -- lOVI VICTORI luppiter sedens s. Es. 29. — M. br. MONETA AVOVSTI Moneta stans sin. (Var, del C. 223). Es. i. — Gr. br. PACI AVGVST Pax stans s., armorum acervmn comburit. Es. i. — PAX AVG-VSTI Pax stans s., ramum et cornucopiae tenens (Var. del C. 343). Es. i. — Mars gradiens d. Es. i. — M. br. Spes gradiens s. Es. i. — Gr. br. Imperai or eques d., Iiastam in Germaniim vibrat. Es. i. — Impcrator velatus stans d. ante iemplum, in quo Minervae statua, ad aram sacrificat. Es. 2. — Imperator stans s.; iuxta Rhenus. Es. i. — Imperator stans s., coronatur ab adstante Victoria. Es. 6. — TR P COS VII DES Vili P P Minerva stans s., hastam tenens. Es. 5. — (Stessa leggenda) Minerva gradiens d. Es. 5. — M. br. simile. Es. I. — Gr. br. (Stessa leggenda) Imperator togatus stans s., d. Palladium gerens. Es. i. — VIRTVTI AVG-VSTI Virtvis stans d. Es. 2. Gr. br. restit. di Giulia figlia di Tito (C. io di Giulia di Tito). Es. 3. NERVA. Gr. br. CONCORDIA EXERCITVVM Duae dexterae iunctae, iuxta signum militare. Es. i. — FORTVNA AVGVST Fortumi stans s. Es. 6. — M. br. simile. Es. i. ~ Gr. br. FORTVNA IL RIPOSTIGLIO DI MONTE CUORE 415 IPR] Fortuna sedens ci. Es. 2. — LIBERTAS PVBLICA Libertas stans s. Es. 7. — PAX AVG- Pax sedens s. Es. 2. — PLEBEI VR[BANAE FRVMENTO CONS]TITVTO Modt'us spicìs referUis. Es. I. (Fig. 3)' F«^- 3 Gr. br. restii, di Augusto (C. 570 di Augusto). Es. 2. TRAIANUS. Arg. Denario. COS V P P S P Q R OPTIMO PRINC Roma sedens s. Es. i. — (Stessa leggenda) Victoria gradiens s. Es. I. — (Stessa leggenda) Equitas stans s. Es. 2. — COS VI [P P] S P Q R Genius stans s. Es. i. — P M TR P COS Ili [P P] Hercules adversus, d. clavam, s. exuvias leonis. Es. i. — P M TR P COS VI P P S P O R Statua Traiani super columna spirali. Es. i. — PONT MAX TR POT COS II Fortuna vel Annona sedens s. Es. 2. — PROVI D (nel campo), P M TR P COS VI P P S P Q R Providcntia stans s. Es. i. — Gr. br. ALIM ITAL (all'esergo), S P Q R OPTIMO PRINCIPI Annona stans s. Es. 4. — AQVA TRAIANA (air esergo), S PO R ctc. Fliivius in antro recumbens s. (Var. del C. 20). Es. i. — ARAB ADQV (all'esergo), S P Q R etc. Arabia stans s. Es. 2. — Simile, con ARAB ADQVIS. Es. 3. ~ FELICITAS AVGVST Felicitas stans s. Es. 2. — FORTVNAE REDVCI Fortuna sedens s. Es. 3. — IMP III COS IN DES V P P Iustitia{?) sedens s. Es. I. — (Stessa leggenda) Concordia sedens s. Es. 2. — POR[TVM TR]AIANI Portus Centmncellarum (C. 306). Es. i. 41 6 SOLONK AMBROSOLI (Fig. 4). — PROVI DENTI A AVGVSTI S P Q R Providentia stans s. Es. I. — SENATVS POPVLVSQVE ROMANVS Pax vel Felicitas stans 5. Es. 3. — S P Q R OPTIMO PRINCIPI Roma Fi; stans s. Es. 2. — Simile. Dactts genufledens. Es. 3. — (Stessa leggenda) Roma armis insidens s. Es. i. — (St. leggenda) Pax stans s., pede Daaini calcat. Es. 8. — (St. legg.) Pax sedens s.; prò pedibus Dacus genuflectens. Es. 3. — (St. legg.) Spes gradiens s. Es. 7. — M. br. simile. Es. i. — Gr. br. (St. legg.) Aequitas stans s. Es. i. — (St. legg.) Annona stans s. Es. 4. — (St. legg.) Fortuna stans s. Es. 2. — (St. legg.) Sa/iis sedens s. Es. 3. — (St. legg.) Imperator eques d., hastam in subiectum Dacum vibrat. Es. 2. — (St. legg.) Imperator eques d., procumbentem Dacum calcat. Es. 3. — (St. legg.) Imperator stans s., pede Dacum calcat, Es. i. — (St. legg.) Imperator stans s., coronatur ab adstante Victoria, Es. 2. — (St. legg.) Imperator stans in suggestu, cum alia figura togata; infra quatuor cives; retro tres ob elisci ; iuxta, midier humi sedens (Via Traiana) (0. Es. i. (Fig. 5). — (St. legg.) Dacus l'if,'- s (i) Cfr. EcKHF.L, Caialogus Musei Cae sarei Vindobonensis, pars II (Viiidob., 1779), pag. 166, n. 192. IL RIPOSTIGLIO DI MONTE CUORE 4I7 sedens s. ittxta iropaeum. Es. i. — Simile (var.). Es. i. — Altra varietà. Es. i. — M. br. simile, Es. i. — Gr. br. (St. legg.) Pons Danubii. Es. 2 var. — (St. legg.) Templum odo columnarum. Es. i. (Fig. 6). — TR P COS II P P lustitia Fig 6 sedetis s., ramimi et sceptnim tenens. Es. i. — [TR P VII IM]P UH COS V P P Roma sedens d.. ab adstante Imperatore Vieto- riolam accipit. Es. i. (l^ig. 7). — (St. legg.) lustitia vel Pax Pig. 7 sedens s. Es. i. — TR POT COS II P P lustitia sedens s., ramum. et sceptrum tenens. Es. 5. — TR POT COS III P P Concordia sedens s. Es. 3. — M. br. (St. legg.) Fortuna vel Annona sedens s. Es. i. — Gr. br. (St. legg.) Mars gradiens d. Es. i. — TR POT COS IMI P P lustttia vel Pax sedens s. Es. 13. — M. br. (St. legg.) Fortuna vel Annona sedens s. Es. i. — (St. legg.) Victoria gradiens s. Es. i. — Gr. br. VIA TRAIANA (all'esergo), S P Q R OPTIMO PRINCIPI Mulier humi sedens, d. rotam. Es. 3 var. 4l8 SOLONE AMBROSOLI HADRIANUS. Gr. br. ANNONA AVG (all'esergo), PONT JVIAX TR POT COS DES HI Annona stans s. Es. i. — CONCORDIA (all'esergo), PONT MAX TR POT COS Concordia sedens s. Es. i. — FORT RED (all'esergo), PONT MAX TR POT COS II Fortuna sedens s. Es. I. — PONT MAX TR POT COS IN Roma armis insidens s., d. Vidoriolam, s. sceptrimi tenens. Es. i. — M. br. Esem- plare con doppio rovescio, rilevato e incuso: FORT RED (all'esergo), PONT MAX TR POT COS li (C. 757). Tale, succintamente, è il contenuto del ripostiglio di Monte Cuore; che — (se non nel numero dei pezzi e nell'estensione del periodo cronologico rappresen- tato) -- nella sua composizione generale richiama alla memoria quello di San Martino del Pizzolano in circondario di Lodi, da noi descritto in parte alcuni anni or sono (0, e, pur non arrecando alla serie imperiale romana il contributo di monete nuove, è notevole, appunto come quello di San Martino, per essere stato rinvenuto in Lombardia. Chiudiamo col dichiararci obbligati all'ili. mo Sig. March. Visconti, che con l'usata benevolenza riservò a noi il piacere di darne notizia ai cortesi lettori. Solone Ambrosoli. (1) Riv. II. di Nuni., anno X, 1897 (^ P^^g- 507-ii)« — 1'" scoperto in un fondo di proprietà del Nob. Sig. Gio. Frigerio di Milano, e origi- nariamente constava di oltre un migliaio di monete imperiali in bronzo, delle quali abbiamo potuto esaminare circa una metà; queste erano tutte, con una sola eccezione, gran bronzi o sesterzii, da Tito a Volusiano. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE VI. DI UNA SINGOLARE BAIOCCHELLA DI FANO. ^ - SIXTVS • V • PON • MAX • A • llll • Semibusto del Papa con piviale, rivolto a sinistra: sotto, -A-l' e più a destra, • F • F — Una contromarca circolare con una croce ricrociata ed accantonata da 4 globetti. I^ - (Stelletta) POMPTIN ' SICCARI • CONCES — Rappresenta- zione un po' confusa, e guasta in parte dalla contromarca del /B'; è un tracciato planimetrico di canali sopra una superficie di acqua. Mistura, peso gr. 1.02. Conserv. buona. La creazione di questa nuova specie di moneta, il cui valore nominale superava di un quarto quello dello intrinseco, è dovuta a Sisto V, il quale si proponeva con questo mezzo di aumentare conside- revolmente le entrate dello Stato. Ma il poco onesto provvedimento non raggiunse lo scopo, anzi diede luogo a conseguenze disastrose, quali furono la perturbazione economica, ed il relativo pubblico 420 GIUSEPPE RUGGERO malcontento. E questi mali ebbero motivo in seguito di maggiormente aggravarsi, per le numerose con- traffazioni della nuova moneta operate dalle zecche di Gazzoldo e di Castiglione Stiviere, che inondarono lo Stato pontificio. I Conti Ippoliti di Gazzoldo furono più moderati, e pare che smettessero ben presto la disonesta spe- culazione. Rodolfo Gonzaga per contro, ne emise una quantità enorme, di rame quasi puro, imitando tutti i tipi che uscivano dalle diverse zecche Pa- paU (I). Al principio del 1592, il Governo ritirò tutte le baiocchelle, rimettendo in corso quelle buone dopo di averle contrassegnate colla marca circolare della croce; ma avendo il Gonzaga continuato a coniarne imitando perfino la contromarca, prima che l'anno avesse termine, questa specie di moneta fu definiti- vamente abolita. II primo possessore della presente baiocchella, trovandone forse poco facile l'interpretazione del i\\ la credette una contraffazione, e guidato dalle prime lettere della leggenda, l'attribuì senz'altro a Pompo- nesco. Ma, prescindendo dal fatto che G. Cesare Gonzaga non osò mai di imitare le Papali, prendendo invece di mira le Savoiarde, è certo che qlii non si tratta di contraffazione, ma bensì di una moneta evidentemente genuina, hifatti, la lega è biancastra e non sembra inferiore per nulla a quella delle con- simili monete coniate nelle zecche Papali; la leggenda del ^ non è alterata, anzi con esempio unico in questa specie, vi è indicato l'anno di Pontificato, che sarebbe quello della prima emissione delle baioc- chelle, stando all'asserzione di Zanetti; quantunque, (i) V. l'elenco di queste contraffazioni in Cinagli, Monete dei Papi; ma specialmente in Pigorini, Periodico Strozzi, Anno V. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 42 1 per non aver egli citata la fonte, questa notizia sia stata messa in dubbio dal Castellani (0. Infine, anche la stessa contromarca, in questo caso in cui tutti gli altri indizi son favorevoli, diventa controprova del- Tautenticità del pezzo. Le iniziali A • I son quelle stesse che alcuni interpretavano come indicazione dell'anno di regno, e che il Castellani, in causa della posizione che occupano nel campo del B, riteneva che fossero sigle di un zecchiere di Fano. La presente moneta viene a confermare l'opinione dell'A. della Illustra- zione di quella zecca, a motivo della indicazione esplicita dell'anno nel corpo della leggenda: e nello stesso tempo si fa conoscere come prodotto di Fano, non solo per queste iniziali, ma anche per i due F, che non permettono diversa lezione da quella di : FANVM FORTVN/E. S. M. il Re, attuale possessore della moneta, fatto accorto della genuinità di essa, potè meglio del primitivo proprietario leggere con tutta facilità: POMPTINAS • SICCARI • CONCESSIT • E strano che questo I^ commemorativo di una fra le più importanti opere di questo Pontefice, si trovi in un prodotto della zecca Fanense, la quale improntava per solito su queste baiocchelle i Santi Pa- terniano, Pietro, la Concezione e la Vergine Laure- tana; ma il fatto esiste, e stimo che sia vano di perdersi in congetture a questo riguardo. Non sarà invece fuor di luogo un breve cenno sulle Pontine, e sulla concessione Papale che diede argomento a questo ricordo numismatico. 11 territorio Pontino, cioè quello che dai Monti (i) La zecca di Fano. In Riv. Nuntism., Anni XII- XIV, 1899-1901. 5* 422 GIUSEPPE RUGGERO Lepini tra Cori e Piperno scende al mare tra Torre Astura e Monte Circello, era fertilissimo sotto i Volsci; ed i Romani guerreggiarono circa 200 anni per conquistarlo. Ma quando essi, domata l'Italia, rivolsero l'armi loro sulle altre Nazioni, e ricchezze immense affluirono nell'Urbe, le campagne Pontine perdettero ogni pregio siccome quelle che sebbene fertilissime, richiedevano tuttavia di venir coltivate. Trascurate ed incolte, furono in breve tempo invase dalle acque stagnanti, e quella palude, prima picco- lissima, che era presso Terracina, si estese a tutto il territorio. Secondo Plinio, verso il 440 di Roma l'invasione era compiuta. Più volte si tentò il prosciugamento: prima, da un Console Cetego, ma non si può precisare quale fosse dei due di questo nome che spettano agli anni 569 e 594. Un secondo tentativo fu fatto sotto Augusto, e pare con miglior resultato. Sotto Adriano si riprese il lavoro e venne recuperato alquanto terreno. Si hanno notizie di altri tentativi fatti più tardi a' tempi di Teodorico; poi dai Papi Bonifacio Vili, Eugenio IV, Cahsto III, Pio II e Niccolò V. Leone X iniziò un lavoro generale che i successori continua- rono malgrado ostacoh suscitati dai Sermoneta, per danni più o meno ipotetici ai loro possessi. Ed eccoci a Sisto V. Questi, subito dopo l'elezione avvenuta al 24 aprile del 1585, sì accinse all'opera. Con chirografo in data 28 marzo 1586, concesse tutti i terreni pa- ludosi fra Terracina, Piperno e Sessa ad Ascanio Fenizi architetto da Urbino, il quale si obbligava a prosciugarli a proprie spese, suddividendo i lavori fra diversi impresari. Per incoraggiare a proseguire dopo i primi resultati veramente felici, Sisto volle recarsi sul sito nell'ottobre del 1589 (V di regno), trattenendo visi 15 giorni. Ogni giorno percorreva ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 423 un tratto del territorio dove si eseguivano i lavori, ma preferiva quelle parti dove si scavava il nuovo canale che esiste ancora oggidì, ed è conosciuto col nome di fiume Sisto; ed una volta tra l'altre vi passò una notte in una baracca. La morte di Sisto, avvenuta nell'agosto dell'anno seguente, impedì che la grande opera fosse condotta a termine. Gli impresari si perdettero d'animo, lavo- rarono a rilento e male, ed i Pontefici seguenti non se ne curarono affatto. Le acque stagnanti ripresero a poco a poco il loro, dominio fino ai tempi di Pio VI, quando si ripresero i lavori. Ho creduto bene di omettere le citazioni degli autori, ma per chi desiderasse maggiori ragguagli dirò, che l'opera più indicata a questo fine è quella del Nicolai, Dei bnoKÌficamenti delle paludi Pontine: Roma, Barbielloni, 1759, ristampata nel 1800 a Roma dal Pagliarini. Ho consultato anche il Bolognini, Memorie delF antico e presente stato delle paludi Pontine: Roma, Barbielloni, 1759, ma questa è piuttosto un progetto tecnico di lavori. Il primo è dunque prefe- ribile, malgrado sia soverchiamente gravido di erudi- zione, ed è quello da cui ho tratto questi cenni. Lo trovai specialmente commendevole per l'esattezza e per la buona critica con cui vaglia e discute le discordi notizie degli antichi scrittori. Accennerò per ultimo ai diversi modi usati a designare queste paludi. Gli autori Latini scrivevano Pomptinae o Pontinae: infatti, T. Livio, Pomptinum agrttm: Plinio, lib. Ili, cap. V, Palus Pontina: e lib. VI, cap. VI, siccentur Pontinae paludes: Silio Italico, Pomptini campi: Floro, Epitome, Pomptinae paludes. I Greci scri- vevano invece Pometinae o Pomentinae, quasi ad affer- mare la derivazione da Pometia: così Strabone, Pometius campus: Dionigi d'Ai., lib. IV, in campis Pomentinis: Plutarco in vita Caesaris, Paludes in 424 GIUSEPPE RUGGERO Pomentinis. Ai tempi di Sisto pare si dicesse sempre, Pomptinae pahides ('). VII. UN TORNESE DI SAN SEVERO. ^^ — + SANTVS • SEVER.... — Castello tornese. 1^ — + DECAPITANATA — Croce in un cerchio liscio. • Mistura, peso gr. 0.99. Conserv. buona. La collezione di S. M. venne da poco tempo in possesso di questa preziosa monetina, che aggiunge una nuova zecca all'elenco delle Meridionali. Faceva parte di un sacchetto di monete di nessun conto, provenienti da quelle parti e messe insieme di mano in mano che si rinvenivano, da persona che era certamente digiuna di nozioni numismatiche. È un tornese al tipo di quelli che si coniavano in Levante, a cominciare dalla metà del XIII e per i primi due terzi del secolo seguente, dai Principi di Acaia, dai Duchi di Atene e da altri Signori nei loro possessi. Si coniarono anche nell'Italia Meridionale, da Carlo III di Durazzo in Sulmona, da Ladislao in Sulmona ed in Luco, dal Conte di S. Angelo in Avella; e dopo questi, ma molto più tardi, dal Conte (i) Mancano per alcuni di questi Autori le indicazioni del luogo delle citazioni, avendo smarrito alcuni appunti: ma non credo che valga la pena di rifare le ricerche, data la mediocre importanza della cosa. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 425 Monforte in Campobasso (^). Ora io credo, che S. Se- vero sia stato indotto dall'esempio di quest'ultimo a coniare questo tornese; dovendosi ritenere che i tornesi del Monforte vi avessero corso, come lo provano gli esemplari che si rinvengono in que' dintorni, sia sparsi che riuniti in tesoretti; e di questi ebbi notizia da un egregio cultore di studi storici, il Barone Alberto Magliano da Larino (2). Perciò converrà di fermarci alquanto sulla monetazione del Monforte. Si era sempre creduto, che il Conte Nicola segnato sui tornesi di Campobasso, fosse il secondo di questo nome, 1450-1462; ma il Di Palma (3), so- stiene con buone ragioni che si tratti del primo, e che perciò quelle monete spettino ad una data di poco anteriore alla metà del XV secolo. Anche te- nendo conto di questo spostamento, non sì può negare che 'la coniazione di questi tornesi sia sempre molto recente, perchè da circa 80 anni non se ne coniavano più in Oriente, e da circa 50 in Italia. E per questo, il De Saulcy (4) non è persuaso, e suppone che ne sia stato autore un Nicola ancora sconosciuto, che li avrebbe coniati in Oriente nel XIV secolo. Ma poiché ora è accertato, che dei Nicola Conti di Campobasso non ne esistettero che due soli, così è forza convenire nell'epoca accennata ed accettata da tutti gli scrittori posteriori, salvo la lieve ditì'erenza dal primo al secondo. (i) Vedi per tutti questi tornesi, lo Schlumberger, Numismalique de l'Orient Latin, Paris, 1878, ed il De Petra, Catalogo del tesoretto di tornesi trovato in Napoli, in Archivio Storico per le Prov. Napoletane, Anno XI, pag. 482-504. (2) Ha pubblicato nel 1895, Considerazioni storiche sulla città di Larino, giovandosi degli studi lasciati dall'avo suo. (3) Una moneta inedita di Campobasso, in Riv. It. di Num., Anno Vili, 1891, pag. 209215. (4) Mttmismatique des Croisades, Paris, 1847, pag- 169. 426 GIUSEPPE RUGGERO 11 Di Palma (1. cit.), vuol persuaderci che il Conte Monforte non abbia fatto che continuare una tradizione di famiglia, imitando un tornese anonimo che sarebbe stato coniato da un suo antenato del tempo di Ladislao; e questo modello egH lo ravvisa in un esemplare, che porta ripetuta sulle due faccie la leggenda del ^. dei soliti tornesi, cioè CAMPIBASSI. Ma questa ripetizione del nome del luogo, e per di più al genitivo, non può essere intenzionale, mentre si presta invece benissimo ad altre spiegazioni. Infatti, essa può essere effetto di un errore materiale, come anche il prodotto di una falsificazione. In ogni modo, questa ripetizione non è un fatto isolato, ma trova un riscontro in altro tornese che ripete la leggenda del B', e che qui riporto : ^ — + (giglietto?) NICOLA COM — Castello. P — (stelletta a 5 punte) NICOLA (stelletta a 6) COM (stelletta a 5) Croce, con anellino nel 2° cantone, in un cerchio. Questo tornese è riportato dal Barthlémy (0, citato dallo Schlumberger e dallo stesso Di Palma. Io ritengo che tutti e. due questi tornesi siano opera di falsari. Sappiamo infatti che numerose falsificazioni di quasi tutte le specie di tornesi si fabbricavano nel Levante. Molti di questi hanno tipi e leggende scorrette, non di rado ripetute; e si trovano talvolta riunite sulla stessa moneta, due leggende spettanti a zecche di- verse. Questa spiegazione sarebbe avvalorata dalla qualità della lega, che l'A. qualifica per inferiore di molto a quella dei tornesi del Monforte. E qui con- viene osservare, che questa differenza in peggio contrasta coli' ipotesi delTA. stesso circa la maggiore antichità del pezzo. (i) Barthlémy, Moiinaies du moyen àge inédiles, in Rév. Nian., 1862, pag. 372 e tav. XIV, n. 4. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 427 Una prova concludente, che i tornasi di Campo- basso siano stati coniati molto tardi, l'abbiamo dal Tesoretto illustrato dal De Petra (1. cit.); nel quale, tra circa 1700 esemplari di tornesi Levantini ed Italiani, che vanno dalla metà del XIII Sec. alla fine del XIV o principio del XV (ultimi quelli di Ladislao, 1386-1414), i tornesi del Monforte non sono rappre- sentati. Onde, lo stesso De Petra conclude, che debbano riportarsi alla metà del XV. Ma se questa serie fu tarda a comparire, in compenso ha dovuto esser molto abbondante, come lo provano i molti esemplari che si rinvengono nel Levante ed anche da noi. Pare che il tipo fosse unico, perchè di alcune varietà citate da qualche autore non è bene accertata l'autenticità; ma le varianti di segni nelle leggende e nel campo, cioè punti, rosette, stelline, anellini e mezzelune, sono numerose. La Coli, di S. M. ne possiede 13, senza contare gli esemplari distinti da semplici varianti di conio. Circa alle differenze che si trovano in autori diversi per la fine della leggenda al .B', gioverà mettere sull'avviso i lettori, perchè dipendono dalla forma della M finale. Questa è sempre formata con tre verticali riunite da due obhque, pre- cisamente come si trova sulle monete Ascolane a cominciare dai primi anni del XV (0; onde si comprende benissimo, che nel caso frequente di qualche linea guasta o scomparsa, il COM si presta a diverse lezioni. Ritornando a quanto dissi circa alla imitazione dei tornesi di Campobasso a S. Severo, confesso che mi mancano prove dirette a sostegno della mia opi- nione; ma questa si basa sopra due indizi esistenti nelle monete stesse, che non mi sembrano privi di qualche valore. Primo, la qualità della lega, che non (i) Vedi G. De Minicis, Numismatica Ascolana, Roma, 1857. 428 GIUSEPPE RUGGERO è migliore delle monete di Campobasso, e che per conseguenza non può raggiungere il titolo dei tornesi antichi. Secondo, la mancanza assoluta della traversa superiore degli A: e questo mi indica, come l'inta- gliatore neir imitare un tipo preesistente nel quale non mancava questa traversa più o meno bene ac- centuata, non sapesse evitare l'influenza della forma usata al tempo suo. Perchè questa mia opinione fondata sui caratteri della moneta acquistasse maggior peso, dovrebbe ricevere conferma dai dati storici, ma purtroppo non è così. Si dovrebbe trovare nella storia della città, un periodo di autonomia comunale al quale potersi riferire la coniazione ' di questo tornese, che non presenta segno alcuno di Signoria. Le notizie ripor- tate da diversi scrittori, come il D'Ambrosio, l'Amati, il Gervasio ed altri, notizie insufficienti e non sempre concordanti, non mi mettono in grado di ottenere lo scopo. Tentai di procurarmene altre per mezzo di studiosi di quella regione, ma inutilmente. Intanto, riporterò qui un succinto estratto degli avvenimenti principah di quel Comune, per un periodo tale che possa comprendere il momento della coniazione di questa moneta, come l' ho tratto dal Gervasio, che parmi il più degno di fede (^). Anno 1230 — Federico II, dopo di aver distrutta S. Severo in pena di una ribellione, la concede in feudo ai Templari. „ 1307 — Soppressi i Templari, la città ritorna ad essere demaniale. Roberto d'Angiò ne fa dono alla moglie Sancia, e questa la cede al Conte di Vico. La città rifiuta di sottomettersi e resiste (1) Vincenzo Gervasio, Appunti da servire per una storia di San Se- vero, P'irenze, Barbera, 1871. " ANNOTAZIONI NUMISMATiCHJ: ITALIANA 429 per un anno all'assedio del Conte. Si appella al Re, il quale decide dover essa pagare al Conte il prezzo d'acquisto. Anno 1340 — Il Re concede il privilegio, per cui S. Severo dovrà sempre rimanere Regia senza potersi infeudare. „ 1344 — La Regina Giovanna I, conferma il detto pri- vilegio. » 1355 ~ Luigi di Durazzo vuol togliere il regno alla cugina Giovanna, e per questo viene a patti colla Compagnia del Tedesco Conte Landò. Questi scende per Ancona a S. Severo, devasta la campagna, si alloga nella città munita e forte e quivi si congiunge al Durazzo. Gli Aragonesi succedono agli Angioini, e i privi- legi più non valgono. „ 1455 — Alfonso I dona la città al Conte Paolo di Sangro, in compenso dell'aiuto, che questi gli avea pre- stato con 500 cavalli, a sconfiggere Renato d'Angiò. „ 1461 — La città, istigata da Carlo di Sangro figlio di Paolo, si ribella agli Aragonesi. Alla venuta di Ferdinando con l'esercito, si sottomette ed è perdonata; ma poco dopo prende le parti di Giovanni figlio di Renato. Sconfitto questi sotto Troia, Ferdinando ritorna, assedia la città, la quale si arrende e paga al Re grosse taglie. Il Conte è privato del feudo. Malgrado le lunghe lacune di questo periodo, specialmente per gli anni che a noi più interessano, risulta tuttavia indubitato che S. Severo non ebbe mai autonomia di diritto. Ma poiché in que' tempi era facile di attribuirsela di fatto per qualche tratto più o meno breve, possiamo supporre, fino a prova contraria: che verso la metà del XV e prima della 55 430 GIUSEPPE RUGGERO costituzione in feudo al Di Sangro, la città, profittando delle difficoltà che travagliavano il potere Regio per i tentativi degli ultimi Angioini, abbia coniato in proprio nome questo tornese. In ogni modo, vogliasi o no convenire nell'opi- nione dello scrivente, parmi che i Numismatici non vorranno accusarlo di aver fatto inutile cosa, pubbli- cando questa moneta. Roma, novembre 190J. Giuseppe Ruggero. MONETE INEDITE RARE MONFERRATO Dopo che l'illustre Domenico Promis ebbe pub- blicato, nel 1858, r importante Memoria sulle Monete dei Paleologi (^) e più tardi l'altra su quelle dei Gonzaga, quali Signori del Monferrato (2), molti nummografi, italiani e stranieri, si occuparono dello stesso argomento; e quasi si può affermare che non passò anno, senzachè venissero scoperte nuove mo- nete, ad arricchire la serie già numerosa della mo- netazione monferratese. Con tutto ciò il campo è tutt' altro che esaurito ; e benché la messe non possa più oramai essere così abbondante, tuttavia molto rimane ancora a spigolare. Ecco intanto il piccolo contributo che io arreco, con alcune monete, che credo inedite, o almeno pochissimo conosciute, tratte dalla modesta mia collezione. La prima appartiene al Marchese Gian Giorgio, che fu l'ultimo dei Paleologi, ed ebbe un governo di breve durata, cioè dal 1530 al 1533. (i) D. Promis, Monete dei Paleologi, Marchesi di Monferrato, To- rino, 1858. (2) Promis, Monete di zecche italiane inedile o corrette; memoria terza. Torino, 1871. 432 FLAVIO VALERANI ;& — Testina del Vescovo S. Evasio • IO • GEORGIVS • M • MONTIS • FERATI • Busto del Marchese, con berretto, a sinistra. ^ - Testina del Vescovo • VICARIVS • IMPERATO • Cervo accovacciato in uno steccato di vimini, avente appeso al collo lo scudetto aleramico, a sinistra. Mezzo testone. Argento, peso gr. 4,45. Conservazione ottima. Come si vede questa moneta presenta, tanto nei /B" quanto nel 9, lo stesso conio del noto testone di Gian Giorgio i^\ Le leggende e le figure sono iden- tiche: il diametro appena di due millimetri inferiore. La differenza sta tutta nello spessore e nel peso, che è di soli gr. 4,45 cioè la metà di quello del testone. La grande rarità di questo mezzo testone induce a credere che, appena coniato e riconosciuta la faci- lità con cui poteva essere scambiato col testone di cui aveva tutto l'aspetto, siasi pensato tosto a ritirarlo dalla circolazione; e sostituirlo coli' altro notissimo mezzo testone (^\ il quale non poteva per fermo in- durre a confusione, perchè di diametro minore e perchè nel rovescio, invece del cervo, reca lo stemma paleologo caricato dello scudetto aleramico. (i) Promis, Mon. d. Paleol. Tav. VII, fig. 4. (2) Promis, Op. cit. Tav. VII, fig. 5. MONETE INEDITE O RARE DEL MONFERRATO 433 ^' - G-VLDG-DVXMANIII"E-MFI- Delfino coronato, rivolto a sinistra, e ricurvo a modo di un G al rovescio. ^ — + IN • DEO • SPES • MEO (sic) 15.... Croce gigliata. Quarto di grosso. Mistura, peso gr. 1,05. Conservazione buona. («g. 2) Fra i quarti c/i grosso coniati da Guglielmo Gon- zaga, sia quand'era ancora Marchese, sia più tardi quando venne creato duca dall'imperatore, havvene uno (che trovasi rappresentato dalla figura 17, tav. II, nella memoria di Promis), il quale offre nel campo del J^ un delfino coronato, rivolto a destra, e piegato in modo da formare un G-, iniziale di Guglielmo. 11 quarto che ora presento, ricorda bensì quello già edito, ma in pari tempo offre difierenze essenziali; anzitutto nel delfino, che è rivolto a sinistra, mentre nel primo è a destra: inoltre nella leggenda, tanto nel diritto, come nel rovescio. Nel diritto del quarto già edito non havvi il nome del Duca, bastando la lettera G- dell'area a indicarlo; mentre nella monetina presente leggesi distintamente GVL. Nel rovescio poi notasi uno degli errori degli incisori (MEO); errori tutt* altro che rari sulle monete di quei tempi. La data non è intieramente leggibile; è supponibile però che non varii molto da quella che leggesi sul quarto già noto, che è 1581. Questa moneta, che ricorda evidentemente i liarcii del Delfinato, venne poi con- traffatta dal Conte Delfino Tizzone, nella zecca di Dezana (i), come tante altre monete del Monferrato. (i) Promis, Monete della zecca di Dezana, Torino, 1863, tav. IV, io; e Morel-Fatio, Monnaies itiédites de Dezana, Paris 1865, pi. II, 21. 434 FLAVIO VALERANI ^ — G-VLIELMVS Cervetta accovacciata sopra vimini, rivolta a sinistra, e collo scudetto aleramico appeso al collo. 9^ — + DVX • MANI • MAR • MONI • F • Croce gigliata. Quattrino. Rame, peso gr. 0,90. Conservazione buona. («g. 3) Dello stesso Duca presento un quattrino, sul tipo di quello di Margherita Paleologa e Guglielmo, già pubblicato dal Promis (tav. I, fig. 9, mem. citata); esso ricorda in pari tempo quello di Guglielmo II Paleologo (Promis, tav. I, fìg. 5) che ha dato luogo a qualche discussione fra i numismatici sul nome della zecca a cui si dovesse riferire. Come si vede, questo quattrino, coniato da Gu- glielmo Gonzaga, non ancora Duca, non differisce che nella leggenda, tanto del diritto che del rovescio, da quello fatto coniare dalla madre sua Margherita Paleologa, durante la sua reggenza. fì' — CAR • Il • D • G • DVX • MAN T • M • FER • "E • C • Aquila coronata, a sinistra. 19 — SANCT • EVASIVS • PRO • Busto del Santo Vescovo, di prospetto, col pastorale, in atto di benedire. A d. la città, All'esergo 1661. Parpagliola. Rame, peso gr. 2,30. Conservazione buona. (fi^. 4) MONETE INEDITE O RARE DEL MONFERRATO 435 Carlo II, del ramo di Gonzaga-Nevers, che governò dal 1637 al 1665, ed ebbe vita così disor- dinata, diede ben poco lavoro alla zecca di Casale. Mentre sono comunissime le parpagliole, col busto di Sant'Evasio, coniate da Carlo I, e da Ferdinando Carlo (^), mancava tuttora quella del Duca intermedio a questi due. Era però da supporre che questa monetuccia così necessaria negli usi della vita e nel piccolo commercio, dovesse essere stata battuta anche dal Duca Carlo II: ora la supposizione diviene certezza, essendosi potuto riempiere questa lacuna. La parpagliola che presento, ha lo stesso tipo di quelle coniate dal predecessore, e dal successore; non havvi di mutato che la data, che è del 1661. Un'ultima monetina d'argento, che ritengo del pari inedita, mi avvenne di riscontrare in questi ultimi mesi. Duolmi di non poterne presentare la figura, non appartenendo essa alla mia raccolta. È questa una frazione della moneta da ss. 7, del Duca Ferdinando (Promis, opera cit., tav. IV, fig. 39); ne oftVe la stessa leggenda; ed ha nel diritto lo stemma di Monferrato, e nel rovescio il sole raggiante col solito motto: NON MVTVATA LVCE. Dal diametro e dal peso si può ritenere sia la metà di quella già edita; e tale ne sia anche il valore. Casale Monferrato, Ottobre igoj. Flavio Valerani. (i) Promis, Mon. di zecche it. ined. o corrette. Memoria terza. Torino 1871, tav. IV, 41 e 47. LE MONETE DEI CONTI UI VENTIMIGLIA Da tempo avevo in animo di stendere una breve memòria intorno alle rarissime monete dei Conti di Ventimiglia di Sicilia. La spinta a compilarla mi era venuta ripensando ad un accenno della Topografia numismatica del Tonini. Ivi si legge che i Requesens (famiglia cui tutti i nummografi attribuiscono quelle monete), oltre ai titoli di Conti di Ventimiglia e Marchesi di Ceraci, portavano quello di Principi di Pantelleria (0, E vero che la notizia non era nuova, essendo già stata data dal Muoni nella prima edizione del suo Elenco (2); ma poiché Fautore medesimo, nella seconda edizione riveduta, ch'egli pubblicò nella cessata mia Gazzetta '^'ì^, aveva soppresso l'indicazione di quel titolo, e questo d'altronde non è inscritto sulle monete, avevo creduto a lungo che si trattasse di un equivoco. Tanto più che Vincenzo Promis, nelle sue clas- (i) ToNiM (P.). Topografia generale delle Zecche italiane. Firenze, 1869. — (a pag. 84, testualmente: " Famiglia Requienz de' Principi di " Pantelaria. Conti di Ventimiglia. Marchesi di Gerace [in vai di " Demona] „). (2) Muoni (Damiano). Elenco delle Zecche d'Italia dal Medio Evo insino a noi. Milano, 1858. — (a pag. 12: « Ventimiglia, terra del reame di " Napoli, provincia di Palermo, detta anche Calamigna. L'ebbe in feudo * la famiglia Requienz de' principi di Pantelaria „). (3) Gazzetta numismatica. Anno V. N. 9. Como, 1885. — (a pag. 69). 56 438 SOLONE AMBROSOLI siche Tavole sinottiche ^^\ mentre nel corpo del lavoro- attribuisce a Giovanni Requesens il solo titolo di Conte (2)^ nell'elenco delle zecche preposto all'opera registra : « Ventimiglia, terra nella prov. di Palermo, « con titolo di Principato (3) w. E siccome nel primo dei luoghi citati l'autore annota che il Requesens, « avendo ottenuto il privilegio della zecca, battè « queste monete ad ostentazione del concessogli « diritto », ne arguivo che il privilegio gli fosse stato accordato in occasione che da Conte fosse stato elevato alla dignità di Principe di Ventimiglia. D'altra parte, vedendo che le monete recano soltanto l'indicazione di Conte di Ventimiglia e quella generica di Principe del Sacro Romano Impero, mentre in varie opere, specialmente di consultazione, trovavo confermato che i Requesens avevano avuto il titolo di Principi di Pantelleria (4), non potevo a (i) Promis (V.). Tavole sinottiche delle monete battute in Italia e da Italiani all'estero dal secolo VII a tutto l'anno MDCCCLXVIII, illustrate con note. Torino, 1869. (2) Op. cit. — (a pag. 247). (3) Op. cìt. - (a pag. XIII). (4) Baudrand (Michatl Antonius). Geographia. Tomus secundus. Parisiis, 1681. — (a pag. 77: " .... Principatus titulo insignitur [Pantei- " leria] gentis Requesens ab anno 1620. cum sit in dominio utili illius " fainiliae „). MoNGiTOR (Antoninus). Bibliotheca Siculo. Tomus secundus. Panormi, 1714. — (a pag. 390: " Josephus Maria Requesens Panormitanus So- " cietatis Jesu: ex Nobiiissimis Cosyrse, vulgo Pantellaria Principibus " ortus.... „). MoKÉRi (Louis). Le grand Dictionnaire historique. Nouvelle édition. Tome huitième. A Paris, 1759. — (a pag. 50: " Elle [Pant.] est ornée " du titre de principaulé de la maison de Requesens, qui en jouit " depuis l'an 1620.... „). Brydone. Voyage en Sicile et à Malthe, traduit de l'Anglois par M. Demeunier. Tome second. A Amsterdam, 1775. — (a pag. 398: " Le " Prince de la Pantelerie, de la maison de Requezeno, la possedè " Gomme un fief de la Sicile „). Amico (Vito). Dizionario topografico della Sicilia, tradotto dal latino LE MONETE DEI CONTI DI VENTIMIGLIA 439 meno di rimaner perplesso. E la confusione era accresciuta poi perchè vedevo indicato l'anno 1620 come quello dell'elevazione dei Requesens a Principi di Pantelleria (0, mentre le monete di Ventimiglia sono posteriori di un secolo, essendo dell'anno 1725. A togliere la mia perplessità, mi sarebbe occorso di poter prendere cognizione dell' Intperial diploma di Carlo VI, che eleva a dignità di Principe del S. R. Im- pero col titolo di Altezza principale Gio. Ventimiglia normanno, svevo ed aragonese (Vienna e Palermo, 1725, in-4), che trovavo citato dal Narbone (^\ ma per quante ricerche ne facessi non mi riuscì di procu- rarmelo. Dall'insieme delle circostanze, mi sembrava tuttavia di poter concludere che la cussione delle monete dei Conti di Ventimiglia, fatta ad ostentazione delle insegne principesche, ripetesse la sua origine dal titolo appunto di Principi di Pantelleria, benché il nome dell'isola sia taciuto sulle monete. In tal caso, giusta la norma che si segue nella denominazione convenzionale delle Zecche italiane, mi pareva che si avessero elementi a sufficienza per ed annotato da Gioacchino Dimarzo. Volume secondo. Palermo, 1856. — (a pag. 317: " Antonio [di Requesens] nominato primo principe di " Pantellaria nell'anno 1620 per privilegio di Filippo III „). Encyclopadia Britannica. Ninth edition. Volume XVIII. Edinburgh, 1885. — (a pag. 214: " In modem times the island [Pantelleria] has " fornied a principality in the hands of the Requesens family ,). Brockìiaus' Conversations-Lexikon. Dreizehnte Auflage. Zwòlfter Band. Leipzig, 1885. — (a pag. 659: " Die Insei gehòrt als ein Furstentum der " Familie Requesens „). Amati (Amato). Dizionario corografico dell'Italia. Volume ottavo. Parte I. — (a pag. 1126: " .... famigUa Requisenz dei principi di Pantel- * leria „). (i) Baudrand, Moréri, Amico, 1. e. (2) Narbone (Alessio). Biblioteca Sicola sistematica. Volume primo. Palermo, 1850. — (a pag. 256). 440 SOLONE AMBROSOLI intitolare dal nome di Pantelleria le monete assegnate sinora alla terra di Ventimiglia C^). E mi sorrideva l'idea di poter contrapporre alla scarsa ma così caratteristica Numismatica dell'antica Cossura (^2) una moderna ma pur interessante e pre- ziosa monetazione di Pantelleria. Con questo intendimento avevo anzi pregato il mio chiariss. collega e amico Dott. Prof. Roberto von Schneider, del Museo Imperiale di Vienna, di favorirmi le impronte delle monete di Ventimiglia conservate in quell'insigne Gabinetto Numismatico, per formarne la tavola che correda questo scritto. Quando, ad un tratto, per una di quelle strane coincidenze che ci sorprendono talvolta quasiché non fossero dovute al caso ma a qualche occulta attra- zione delle cose, mentre io mi accingevo a stendere uno scrittarello sulle monete dei Requesens « Principi (i) Beninteso, qui non si tratta punto della esecuzione materiale dei conii o della battitura effettiva dei pezzi, poiché per l'una e per l'altra di codeste operazioni si sarà ricorso, come fecero vari principi italiani del sec. XVIII, a qualche officina monetaria straniera, e, nel caso nostro, pivi probabilmente a quella di Vienna. Giulio Corderò, di San Quintino {Discorsi sopra argomenti spettanti a monete coniate in Italia ecc., nelle Mem. della R. Accad. di Scienze di Torino, 1849) esprime l'avviso che le monete dei Conti di Ventimiglia siano state battute " in qualche feudo della Sicilia „, ma il Kunz {Museo Botlacin, nel Periodico di Numismatica e Sfragistica, Firenze, 1871) confuta giustamente quest'opinione. (2) Veggansi, per accennare alle sole pubblicazioni più recenti: Head (Barclay V.). Hisloria numorum. A Manual 0/ Greek Nu' niismatics. Oxford, 1887. — (a pag. 743). Mayr (Alb.). Die antiken Milnzen der Inseln Malta, Gozo und Pantelleria. Miinchen, 1894. — (Con tavola). HoLM (Ad.). Geschichte des sicilischen Mi'mzivesens. — (Nel voi. Ili della sua Geschichte Siciliens im Alterthum, Leipzig, 1898). — (a pag. 724-26). Colomba (G. M.). La numismatica delle isole del Mar Libico. — (Nella Rivista Jtal. di Num., anno X, Milano, 1898). Hill (G. K.). Coins of ancitnt Sicily. Westminster, 1903. — (a pag. 230, e alla tav. XV, nn. 17 e 18). LE MONETE DEI CONTI DI VENTIMIGLIA 44I di Pantelleria », il Bollettino di Numismatica csciva con un articolo dell'egr. Cav. Antonino Grassi-Grassi, di Acireale, in cui si dimostrava in modo irrefutabile che quelle monete non appartengono alla famiglia Requesens ma bensì alla famiglia Ventimiglia (i). E poiché, come si è visto, il titolo di Principe di Pantelleria è proprio soltanto dei Requesens, tutto l'edificio delle mie deduzioni crollava come un ca- stello di carte. In un secondo articolo poi (2)^ lo stesso Cav. Grassi- Grassi, ritornando sull'argomento, riportava dal gior- nale L'Ora di Palermo un cenno intorno al dono fatto da S. M. il Re Vittorio Emanuele III a quel Museo Nazionale di un esemplare della moneta d'argento di Giovanni Ventimiglia; e aggiungeva il testo del diploma imperiale da me più sopra ricordato, diploma di cui nel frattempo avevo finalmente potuto pro- curarmi copia anch'io, rivolgendomi alla squisita compitezza dei eh. Sigg. Winter e Barone Starrabba, (t) Grassi-Grassi (A.). DtUe monete di Ventimiglia erroneamente ailribitiie a Giovanni Requesens. — (Nel Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia, diretto dal Prof. Dott. Serafino Ricci, anno I, nn. 5-6, Milano, 1903"). Gli argomenti addotti dal Cav. Grassi-Grassi sono prevalentemente araldici: Tarme raffigurata sulle monete non è quella dei Requesens ma bensì dei Ventimiglia. A questo proposito, come curiosila, mi sia lecito di notare che gli smalti ne furono erroneamente indicati su codeste monete. L'arme propria dei Ventimiglia, infatti, è di rosso col capo d'oro, mentre sulle monete è segnata come fosse d'oro col capo di rosso. Lo sbaglio si spiega benissimo con la circostanza che lo stemma è semplicemente e si nmetricamente inquartato, mentre le sue pezze sono di carattere geometrico, e non presentano figure le quali, capovolte, potessero mettere sull'avviso l'incisore. Per il blasone di quei Conti, vedi la tav. Ili dell'opera: Rossi (Gi- rolamo), Storia della città di Ventimiglia (Oneglia, 1888), in Liguria, regione donde trassero origine. (2) Ancora delle monete di Ventimiglia. — (Nel Boll, di Num. e, nn. 9-10). 442 SOLONE AMBROSOLI rispettivamente Direttori dell'Archivio Imperiale di Vienna e del R. Archivio di Stato di Palermo (^). Dal punto di vista della Storia, non resta altro adunque se non associarci alle parole con cui Tegr. Cav. Grassi-Grassi chiudeva quel secondo suo arti- colo: « Spero che i lettori resteranno pienamente « convinti che nulla ha che vedere la famiglia Re- « quesens con le monete di Ventimiglia ». Dal punto di vista meramente numismatico, invece, potrà forse rimanere ancora . di qualche interesse la tavola qui annessa, coinechè vi si trovino riunite entrambe le monete dei Ventimigha; la prima delle quali, cioè il doppio zecchino, non si trova raffigurata, ch'io mi sappia, fuorché nel grande ca- talogo del Gabinetto Imperiale di Vienna (2). Valga, se non altro, tale circostanza a scusare, se non a giustificare, questa ormai tardiva mia pub- blicazione, Milano, neW autunno del 190J. Solone Ambrosoli. (i) V. Appendice. (2) Monnoies en or, qui composent une des différentes parties du Cabinet de S. M. l'Empereur. Vienne, 1759. — (a pag. 264). Il mezzo tallero (o la mezza piastra che dir si voglia) invece, oltre che nella fotoincisione del Bollettino, è dato in disegno fra le monete d'argento del medesimo catalogo di Vienna (a pag. 474), e in eliotipia dai seguenti due cataloghi: Egger (Briider). Auctions-Catalog. Munzen und Medaillen. Wien, 1890. — (alla tav. I). Collezione Gnecchì. Italienische Miinzen. III. Abtheihmg. Frankfurt a. M., 1902. — (alla tav, XLII, n. 5785). LE MONETE DEI CONTI DI VENTIMIGLIA 443 APPENDICE * .... Quo etiam celsissimus noster et sacri Romani imperii princeps Ioannes de Ventimillia omnesque eius na- turales et legitimi descendentes masculi primogeniti, nati et omni posthac tempore nascituri, propensionem nostram caesaream cumulatius experiantur, eàdem scientià, Consilio proque eà qua fungimur authoritate caesarea ac de eius potestatis plenitudine ipsi ac iisdem benigne dedimus, con- cessimus et elargiti sumus libertatem et facultatem in aliquo ipsi eisve commodo et opportuno iurisdictionis suae loco officinam monetariam fabricandi et extruendi aut, si id ipsis commodum non fuerit, in alia sacri Romani imperii eiusmodi officina monetam auream et argenteam maioris tamen ge- neris, ex una parte aquila nostra imperiali et ex altera armorum Suae Dilectionis eiusve naturalium et legitimorum descendentium masculorum primogenitorum, ut supra, insi- gnibus, nominis item et cognominis proprii inscriptione si- gnatam, bonam tamen, probam, sinceram et iustam, quae non sit adulterata aut deterior illà, quam coeteri vel Italiae vel Germaniae principes ex divorum antecessorum nostrorum Romanorum imperatorum et regum gratiosa concessione cudunt ita, ut nemo de eius cussione iustam conquerendi causam habere queat, faciendi atque cudendi eamque prò rei necessitate aut voluntate erogandi atque spargendi. Volentes et edicto hoc nostro caesareo firmiter decer- nentes, quod supradictus Ioannes celsissimus noster et sacri Romani imperii princeps de Ventimillia eiusque legitimi descendentes masculi primogeniti nati et posthac nascituri monetam auream et argenteam, ut supra, bonam, iustam, probam et sinceram nec villiorem illà, quae, ut antedictum est, à coeteris vel Italiae vel Germaniae principibus sacro Romano imperio subiectis, iuxta praescriptum tenorem privi- legiorum ipsis à divis Romanorum imperatoribus ac regibus 444 SOLONE AMBROSOLI concessorum, cuditur, in certo aliquo iurisdictionis suae loco aut alia sacri Romani imperii officina monetaria cudere eamque ubivis terrarum et gentium erogare, spargere ero- gandamque et spargendam seu distrahendam curare necnon omnibus et singulis gratiis, libertatibus, privilegiis, immuni- tatibus, praerogativis et iuribus citra cuiuslibet impedimentum uti, fruì, potiri et gaudere possint et valeant, quibus coeteri sacri Romani imperii principes et ordines monetam cudendi facultatem habentes utuntur, fruuntur, potiuntur et gaudent, quomodolibet ex consuetudine vel de iure, non obstantibus in contrarium facientibus quibuscunque.... „. K. u. k. Haus-, Hof- und Staatsarchiv in Wien: Reichsregisterband 21 Kaiser Karls VI, pp. 421-423. In un volume di miscellanea della Biblioteca Comunale di Palermo, alla segnatura CXXXVI G 84 n. 12, trovasi lo stesso privilegio, stampato a Vienna nel 1725, e l'ill.mo Sig. Bar. Starrabba me ne, inviò gentilmente la trascrizione. Essa concorda col testo qui sopra, ove se ne tolga qualche leggera variante nella grafia. UNA MEDAGLIA INEDITA DI GIUDITTA PASTA Nel visitare la scorsa primavera a scopo di studio lo splendido e tanto ben disposto medagliere del Civico Museo di Brescia, ove fanno sì bella e in- vidiata mostra di se ben 140 pezzi dei secoli XV e XVI, inediti all'Armand, grande fu la mia mera- viglia nel rinvenire, fra i seimila e più pezzi di cui esso si compone, una minuscola medaglia moderna (Giuditta Pasta) dovuta a quel distinto incisore bre- sciano che fu Gaetano Zapparelli, nato a Pozzolengo nel 1790, morto a Brescia nel 1862. In nessun altro medagliere sia pubblico che pri- vato che ebbi occasione e agio di visitare, ne nei numerosi cataloghi, specialmente esteri, che mi fu dato consultare, vidi segnata questa medaglina; ri- tengo pertanto di non errare nel definirla pezzo unico. Rottosi il conio, dopo questa prima coniazione, fu dallo Zapparelli abbandonata (l'esemplare non ha subito tinta alcuna, conserva il primitivo color di rame). Avvalora maggiormente la mia supposizione il fatto della presenza in altre bacheche di detto Museo, di una parte dei punzoni e conii dello Zap- pareUi, ma non di quello della Pasta. 57 446 EDOARDO MATTOI Un' aggiunta quindi alle 8 già pubblicate in questo medesimo periodico, nel bell'articolo dell'e- gregio Dott. Poggi (0. Eccone la descrizione. Rame. Mm. 11. /B' — PASTA GIUDITTA Busto a dr.; sotto: g. z. f. Ri — CIGNO D'EUROPA Nel campo, una cetra; sotto: 1830. Devo poi qui vivamente ringraziare il eh. Cav. Dott. Prospero Rizzini, direttore del detto Museo, che oltre essermi stato guida piacevole ed istruttiva, mi favorì di un calco per la mia collezione. Milano, ottobre i^oj. Edoardo Mattoi. (i) Poggi (Cencio). Le medaglie di Giuditta Pasta. In Rivista Ital. di Numismatica, anno II, 1889, a pag. 517-35 (con fotoincisioni). OPERE NUMISMATICHE DI CARLO KUNZ (Condnaazione: Vedi Fase. IH, 1903) ADELCHI PRINCIPE DI BENEVENTO ^'^ (853-878). È questo l'esatto fac-simile di un disegno inserito in una memoria, nella quale il chiaro professore P. Norberto De- chant descrisse una bella serie di monete, battute da prin- cipi cristiani in Oriente, che si conserva nel Collegio dei Benedettini Scozzesi in Vienna (2). Avendo egli creduto poter leggere sulla moneta raffi- gurata da tale disegno: + ADELCYPRN, che interpretò Amal- riciis DBLusignan CYPW Rex Hicosiae, attribuivala ad Amal- rico, signore (1194), poscia re di Cipro (1196), e da ultimo re di Gerusalemme (1198! 1205). Del monogramma centrale non seppe che fare, e per la scritta del secondo lato azzardò qualche dichiarazione che, quantunque ingegnosa, non è meno arrischiata, o, come direbbesi con vocabolo tecnico, arduinesca. Conviene tuttavia ch'io mi affretti di soggiungere che, modesto e prudente quanto dotto, l'egregio professore non espose quella opinione senza molte perplessità, dimodoché, presentendo d'aver battuto una via incerta, eccitava altri a depurare il suo errore, se tale fosse, ed a dare di quel pezzo una più secura spiegazione. Valendomi adunque del per- (i) Pubblicato nel Periodico di numismatica e sfragist. per la storia d'Italia. Firenze, anno II, 1869, pag. 1-4. {N. d. D.). (2) Kretizfahrer-Miìnztn welche in der MùnzSammlung des Stifìes Schotten in Wien aufbewahri sind. Wien, 1868. 450 CARLO KUNZ messo, e parendomi affare di qualche interesse pei cultori della numismatica italiana, ecco quale sembrami essere la non difficile soluzione del quesito. Lo stile e la forma di quella moneta mostrano a prima vista non poter essa appartenere alla fine del secolo XII, ma dover essere d'avvantaggio più antica, né potersi rife- rire al nominato Amalrico, al quale non potrebbe affarsi il titolo di Princeps, ma sibbene invece la semplice particella de, pel tempo anteriore all'anno 1196, od il titolo Rex, per l'epoca in cui cinse la corona (j). Rigettata quella prevenzione e fissato l'occhio sulla leg- genda circolare, facilmente se ne rileva il tenore, che è : + ADELGI' PRN, cioè Adelgisus Princeps. La moneta appar- tiene adunque ad un principe di nome Adelgiso, che non può essere altri che quello di Benevento, denominato anche Adelchi, del quale l'illustre "comm. Promis fece, non ha molto, conoscere un primo denaro d'impronto mezzo carolingio e mezzo bizantino. Le forme paleografiche delle lettere e la iscrizione del rovescio, che compendia il nome Sancta Maria, protettrice della città di Benevento, levano qualsiasi ultimo dubbio. Meno facile riesce la interpretazione del monogramma che occupa il centro della moneta. Badando tuttavia agli elementi che lo compongono, e scartata la ipotesi di Aione, che fu figlio bensì di Adelchi, ma, sembra, secondogenito, e non tenne il principato che dopo il cugino Gaideri ed il fratello Radelchi II, piacemi scorgervi il nome di Joannes, ed in esso un omaggio a papa Giovanni Vili, il quale, preso in protezione Adelchi, riconciliavalo coli' imperatore Lodo- vico II, nel punto in cui questi, messa in non cale la pro- messa di perdono per la prigionia fattagli subire dai Beneven- (i) Non si conoscono fino ad ora monete di Amalrico di Lusignano battute in Cipro, e trovandosene, sarebbero forse simili ai denari di bassa lega del suo predecessore Guido, d'uno dei quali diedi il disegno in un vecchio mio Catalogo. Le poche sue monete, denari ed oboli, di un solo tipo, che portano il titolo di re di Gerusalemme, furono battute in Acri, avvegnaché di Gerusalemme, occupata fino dall'anno 1187 dai Musulmani, egli non fosse che re titolare. ADELCHI PRINCIPE DI BENEVENTO 451 tani, stava per impossessarsi della città, nella quale, entrato altra volta quale liberatore, stette per tre anni assoluto pa- drone : ritornello delle storie di tutti i tempi. Posta così in sodo l'appartenenza di quel denaro, ag- giungo un nuovo disegno di esso, tratto da impronto che il chiarissimo signor prof. Dechant gentilmente mi comunicava in seguito ad istanza che gliene feci. Quel primo disegno, come si vede, era abbastanza fe- dele, ed una sola inesattezza vi corse, alla finale I del nome che, pel tratto d'abbreviatura troppo sentito che l'accosta, assumeva l'apparenza d'una Y, e fu senz'altro causa impel- lente di quella fallace dichiarazione (0. Può darsi che tutto ciò sia stato già avvertito da altri ; io l' ignoro, ma fosse pure, il pezzo beneventano della raccolta viennese è di molto interesse e meritava di essere maggiormente divulgato. Or siami lecito di porgere un mio tributo alla preziosa serie delle monete di Benevento con altro inedito denaro di Adelchi, pel quale si aggiunge un nuovo tipo alle molte va- rietà già conosciute di questa zecca. Non ha d' uopo di commenti, perchè le sue iscrizioni sono della massima evidenza; ma non passerà inavvertita (i) Conviene però notare che quel segno ha sì debole- rilievo, che potrebbe anche essere mero accidente del conio. 452 CARLO KUNZ la singolarità dei nomi riuniti della Vergine Maria, invocata dai Beneventani, e dell'Arcangelo Michele, protettore della nazione longobarda. Potrebbe per avventura sorgere il dub- bio che sia identico a quello ricordato dal Zanetti in una nota al trattato della zecca di Treviso dell'Azzoni Avogaro, ch'egli dapprima congetturò battuto in Pavia dal figlio del- l'ultimo re longobardo, V ardito come un leon presso la tana, Adelchi, ma che poi, megho consigliato, restituì al principe omonimo di Benevento. Parmi nondimeno non poter reggere il sospetto, imperocché se il rovescio del denaro Zanettiano recava, come questo, il nome dell'Arcangelo Michele intorno alla croce, il diritto ne era differente, perchè offeriva il solo nome di Adelchi, col suo titolo, in due righe, e l'assieme del suo aspetto dava quindi somiglianza con alcuni denari d'altre città italiane dell'imperatore Lodovico I, e con quello più anticamente pubblicato, che Lodovico II fece battere nella stessa città di Benevento. Il peso di questo denaro è di grammi 1.150; quello del viennese di soh grammi 0.815. Venezia, 20 Giugno i86g. DENARI E SIGILLO DI VOLCHERO <•> Lettera al Sig. Dr. Carlo Buttazzoni. Carissimo Nipote, Nella occasione che ti mando la tavola numismatico- sfragistica del Patriarca Volchero, che mi occupò gradevol- mente un pajo di giorni, permettimi ch'io l'accompagni con una breve nota. I primordi della zecca aquileiese, come sai, sono ancora ottenebrati da incertezze, le quali non potranno di leggieri essere fugate se non emergono nuovi documenti scritti. Dimostrato falso il preteso diploma di Corrado II a favore di Popone, ed in mancanza di monete con nomi dei patriarchi anteriori a Volchero, i pili si attengono a questi, che affer- mano essere stato il primo che esercitò il diritto della zecca. Ma a chi debbonsi assegnare le due varietà dei denari col solo nome della città? Allo stesso Volchero, o ad altro patriarca, forse all'immediato suo predecessore Pellegrino, come azzardai esprìmerei {Periodico di Nuntismatica e Sfra- gistica, Anno II, pag. 91). Quantunque i denari ch'hanno la leggenda retrograda FRiSACENSis, intorno ad una mezza, figura di vescovo, mostrino al rovescio un coronamento di tempio simile in ogni dettaglio a quelli che intorno alla uguale figura mitrata recano l'iscri- zione: AQviLEGiA . p, la mia fede che i primi siano stati battuti per un patriarca ed i secondi uscissero dalla zecca di Frisaco, non è più tanto soda come per lo passato. Riesaminati atten- tamente, vi scorgo una maniera, o, come direbbesi, una fabbrica differente, particolarmente nella forma delle lettere, più larghe e più depresse nei secondi, anche in confronto d'altri denari (i) Pubblicato neWArcheogra/o Triestino, voi. II, 1870-71. (N.d.D.). 58 454 CARLO KUNZ lavorati nella zecca di Frisaco pei vescovi di Salisburgo ed i duchi di Carinzia. Hassi poi altro denaro colla scritta: t AQviLEGiA . p, intorno alla figura intera del pastore, che al rovescio ha un tempio evidentemente completo, perchè nella parte inferiore è sostenuto da colonne e da archi. E questo pure è notabilmente differente da entrambi quelli, pel lavoro che accenna ad arte piia progredita, e crederei ad altra officina. Osservando sì notevoh differenze, mi ricorre alla mente una supposizione di H. Grote (Miinzstudien), il quale, dottissimo e versatissimo nella conoscenza delle monete del medio evo, merita tutta la deferenza. Egli opina che i pa- triarchi facessero lavorare le loro monete non soltanto nella zecca d'Aquileia, ma ancora in taluna delle loro possessioni più settentrionali del Friuli o della Carniola, L'ipotesi di una zecca patriarcale carniolica non sarebbe bensì pel caso nostro delle monete anonime, che ammettendo la loro pertinenza a Volchero, siccome quello che ottenne il Marchesato della Carniola dall'imperatore Ottone IV, ma il Grote espresse tale opinione a proposito del denaro che si attribuisce al patriarca Bertoldo, il quale, nel secondo suo lato, privo di leggenda, offre un frontone di chiesa accompa- gnato da due torri, e sotto il quale evvi una testa di Santo. Quel pezzo ha infatti una maniera sì strana, e tanto si accosta ai tipi ed al lavoro dei frisacensi, che autorizza pienamente la fede, che, se appartiene veramente a Bertoldo patriarca, sia provenuto da una zecca lontana da Aquileia. Riassumendo, potrebbe dirsi che i denari anonimi Frisacenses spettino a qualche vescovo di Salisburgo; che quelli con Aquilegia, colla effigie dimezzata od intera, siano stati lavorati, ad imitazione di quelli, in qualche luogo discosto da Aquileia, quantunque non ne portino il nome, fatto che sarebbe analogo a quello che offre la serie dei Conti di Gorizia, da Volchero o da un suo predecessore, e finalmente, che anche il men- zionato denaro col nome di Bertoldo sia di fabbrica non aquileiese. Ma basta, che mi sono anche di troppo innoltrato nel deserto sabbioso delle ipotesi. Il lirismo può bene accor- darsi colla numismatica, perchè i fatti che ricordano le monete sono talfiata altamente poetici, ma il romanzo deve esservi bandito. DENARI E SIGILLO DI VOLCHERO 455 Evvi altro problema, tuttora insoluto, che dovrebbe eccitare in sommo grado il fervore degli Edipi della patria numismatica. D'onde uscirono e per chi furono lavorati gli informi denari colla eflìgie di un vescovo, che per tale si appalesa al pastorale che regge, i quali piìi che altrove, e forse esclusivamente, si dissotterrano nelle regioni più basse del Friuli, come io stesso ebbi a constatare, comperandone in Aquileia da contadini che li avevano raccolti fra i solchi dell'aratro? Molti autori vi accennarono, attribuendoli varia- mente ad Aquileia in tempo dei Longobardi, ai vescovi di Treviso, alla zecca di Frisaco, ma senza addurne prove, né convincere. Né é meno ipotetica la inedita opinione di chi vorrebbeli dei patriarchi di Grado. Sono essi di tre specie bene caratterizzate. Nella prima, la rozza testa del prelato, oltreché dal bastone, é accostata da una stella e da globuli, ed al rovescio vi ha una croce potenziata accantonata da quattro globuli. Nella seconda, che mostra appartenere alla stessa famiglia, perché la testa vi é accompagnata dalli stessi accessori, il rovescio offre tre torri, a guisa di colonne, sormontate da croci formate da globuli e poggianti sopra un arco ornato parimente di globuli; coronamento per avven- tura di sacro edifizio. Nella terza la effigie é accostata dal bacolo vescovile e da una A fra un cerchietto e tre globuli, che fecero all'Azzoni immaginare un monogramma espri- mente Tarvisium, mentre il secondo lato ostende una sommità di edifizio coronato di frontone triangolare e di tre torri ornate di croci. Codeste mute sfingi, torno a dire, sono sommamente interessanti e meritevoli di studio. Come per altre cose indeterminate, potrebbe giovare alla soluzione del mistero che nascondono la conoscenza delle località nelle quali più di sovente si raccolgono. Badino adunque gli eruditi di questa regione di conservarne diligente memoria. Volchero resta nondimeno il primo patriarca che improntò monete col proprio nome. Di due tipi sono i di lui denari. Nei primi, e certamente i più vecchi, il campo del rovescio è occupato da sontuoso tempio ornato di cupola sorretta da archi e fiancheggiata da due torri, simbolo della religione cri- stiana e della Chiesa. Cotale impronto é imitazione, senz'altro, di quelli che vedonsi su molti denari d'imperatori e di prelati 456 CARLO KUNZ di Germania, specialmente d'Aquisgrana e di Colonia; né deve sorprendere tale importazione, imperciocché Volchero fu tedesco e vescovo di quest'ultima città innanzi che salisse al seggio patriarcale. Nei secondi denari egli pose in luogo del tempio una aquila, la quale si assevera generalmente rappresentare l'arme della città, eh' è di rosso con un'aquila d'argento, quantunque sia nimbata e non abbia le forme sanzionate dall'araldica. Alluderebbe per avventura al santo evangelista di Patmos? Il gentile magistero di codesti coni persuade che siano lavorati da artefici italiani. Quantunque spesse fiate pubbli- cati, ho voluto trarne nuovi disegni dietro impronti degli esemplari del R. Gabinetto di Torino, concessimi a tale uopo dall'illustr. sig. commendatore D. Promis, al quale mi dichiaro sommamente grato. Di entrambi questi denari hannosi falsificazioni antiche e moderne; quelle, operate da falsi monetari coevi, hanno pregio e meritano se ne tenga conto; queste, immaginate da falsari mjDderni, devono essere stimmatizzate, perchè fatte collo scopo di estorcere quattrini agli studiosi raccoglitori. Ma di queste e d'altre moderne falsificazioni fra poco, quando le nespole raccolte saranno mature; la litania ne sarà lunga, e farà strasecolare il colto pubblico. Colto, ci sta a cappello, perchè sono appunto gli eruditi che inciampano di preferenza in cotali inganni, per eff'etto di quella onestà e buona fede eh' è innata agli uomini dediti allo studio. Il nome del patriarca, scritto volfker//5, nel sigillo VOLFKHERV5, che gli italiani mutarono in Volfero e Volchero onde renderne il suono meno aspro, dovrebbe dare la sua vera lezione. Tolsi il disegno del sigillo da una miscellanea di mano- scritti del Fontanini che si conserva in questa Biblioteca Marciana (Classe XIV, codice XLVI). È un foglietto col di- segno fatto a penna, con inchiostro comune arrossato dal tempo. Sott'esso si legge: Sigillo di Volfero Patriarca d'Aqui- leia in un diploma serbato in Siena, e sul foglio d'indice del volume: Sigillo di Volfero Patriarca cTAquileia fatto dise- gnare in Siena dal Sig. Alberto Benvoglienti, dall'originale appeso a un diploma. DENARI E SIGILLO DI VOLCHERO 457 Come vedi, è un bel ricordo, che caratterizza ottima- mente l'energico ed ambizioso prelato, e palesa la mano di valente intagliatore italiano. Ricordo aver veduto il disegno di qualche simile sigillo d'altro patriarca, nel tomo secondo, inedito, delle Antichità d'Aquileia del Bertoli. Poco dissimile, quantunque più ornato, è uno di Obizzo Sanvitale, arcivescovo di Ravenna (1295 f 1303K illustrato dal Dr. Luigi Pigorini, preclaro conservatore del R. Museo di Parma, nel Periodico di Numismatica e Sfragistica. Con sincero affetto, tutto tuo Venezia, 14 Decembre i8jo. Carlo Kunz. Interpellato l'illustre sig. conte Prospero Antonini, sena- tore del Regno, sull'esistenza del sigillo di Volchero all'Ar- chivio di Siena, ci trasmette cortesemente un rescritto del sig. cav. Banchi, direttore di quell'archivio, diretto al sig. cav. Gaetano Milanesi, segretario presso il r. Archivio centrale dello Stato, da cui rileviamo che il sigillo originale di Volchero andò pur troppo forse irremissibilmente perduto. Facendo uso della licenza, ci permettiamo di pubblicare alcuni passi del rescritto: Un documento dei 4 luglio 1209, appartenente a Volchero Patriarca d'Aquileia, esiste nell'Archivio senese, ma senza sigillo e senza traccia alcuna che vi sia stato in antico. Non è un diploma, né un privilegio, ma una risposta data ai Senesi che chiedevano di avere in consegna i possessi imperiali che si trovavano nella loro giurisdizione. Considerata la natura di questo documento, dato da Siena nella Chiesa di S. Pietro, oserei affermare che il sigillo del Patriarca non vi fosse mai apposto. Ho cercato ancora se questo sigillo si trovasse in qualche altro documento del predetto Patriarca, ma la mia ricerca è stata infruttuosa. Perchè ho trovato un diploma di lui de' 23 maggio 1208, ma senza sigillo ancor questo, senza indizi che v'abbia esistito. Dubito bensì che il margine inferiore di questo diploma sia stato tagliato, e così sottratto il sigillo; 458 CARLO KUNZ e questo dubbio è convalidato da qualche indizio di smargi- natura che si vede a tergo del diploma medesimo. E non ho voluto nemmeno dimenticare i sigilli e le impronte che esi- stono nella nostra Biblioteca; ma tutto è stato inutile, sicché sono costretto a rimandarle questa incisione senza poter dare nessuna risposta alle domande del sig. Buttazzoni. Mi auguro un altro buon successo un'altra volta. In questo momento, venutomi il pensiero di dare un'oc- chiata allo Spoglio di Contratti sciolti esistenti nell'Archivio di S. Maria della Scala di Sietta, compilato dal Pecci, sotto la data de' 23 maggio 1208^ trovo registrato il diploma di cui sopra le ho parlato; e queste parole del Pecci vengono a dare piena ragione al mio dubbio, ora fatto certezza. Il Pecci dunque chiude lo spoglio di quel diploma con le seguenti parole: " Vi è appeso il sigillo di cera, nel quale è scolpito il detto Patriarca, vestito pontificalmente, il quale sta sedendo, e sostiene con la sinistra il pastorale „ (Tomo I, e. 51). Questa dichiarazione risponde a una delle domande del sig. Buttazzoni, a quella cioè concernente alla materia del sigillo; é prova che il sigillo apparteneva (come io ho sospet- tato subito) al diploma de' 23 maggio 1208, al quale è stato sottratto con una striscia di pergamena. Il sigillo era dunque di cera, non esiste più, e stava appeso al diploma de' 23 maggio 1208. DELLE MONETE OSSIDIONALI DI BRESCIA ('> In una certa rassegna inserita nel Periodico di Numisma- tica e Sfragistica di Firenze, anno I, pag. 229, ebbi a dire, doversi assai dubitare delle monete che lo spagnuolo leardo avrebbe fatto battere dentro Brescia, stretta d'assedio, nel- l'anno 1515. In queir istante non avevo un chiaro concetto di siffatta negazione, non avevo formulato ragionamento alcuno per sostenerla; era nulla più che l'espressione d'una istintiva suspicione contro l'asserzione di un fatto che non mi aveva convinto. Richiamatovi più tardi da altri e messomi ad analizzare quel dubbio, il feci press' a poco nel seguente modo: L'Odorici {Storie bresciane) dichiarò non conoscere le monete che, secondo il Nassino {Memorie autografe inedite presso la Quiriniana), ed il Rossi {Annali di Brescia), fece battere leardo, in guerra coi Veneziani, nell'anno 1515, le quali erano due, Tuna del valore di cinque soldi planet, l'altra di due, argentee monete, che da un lato recavano due aquile, e dall'altro la lettera Y, iniziale di leardo, ma avere udito che il Gelmini ricordava di averne veduta alcuna. Ignoro quando il Nassino abbia dettato le sue memorie, ma il Rossi, il quale probabilmente copiò dal Nassino, pubblicò gli Annali nell'anno 1616 (altra edizione è del 1693), dunque cento anni dopo queir assedio, e forse il Nassino non fu di molto più vicino a quei fatti, né testimonio oculare di essi. Sarebbe pur bene, ragionavo fra me stesso, di avere qualche testimonianza contemporanea e locale, ma invece altri storici (i) Pubblicato nelV Archeogra/o Triestino, voi. IV, 1876. (N. d. D.). 460 CARLO KUNZ bresciani, anteriori al Rossi, ad esempio il Capriolo, non fanno menzione di quelle pretese monete. Perchè il Doneda, che trattò delle monete bresciane e mostrò di avere studiato per bene l'argomento colla scorta dei documenti, non disse verbo di esse? E perchè il Zanetti che ristampò ed annotò il Doneda, ed era sì buon intenditore della numismatica medioevale italiana, neppure vi accenna? Conobbi il Gelmini, ottimo galantuomo e raccoglitore appassionato, ma di poca cultura. Il suo incerto ricordo non può avere molto peso nella que- stione; il desiderio di possedere alcuno di cotali singolari monumenti della sua città lo avrà illuso. Il defunto Camillo Bruzzoni, splendido e colto, che legò a Brescia le cose rac- colte con molto dispendio, nessuna possedeva delle credute monete d' leardo, né alcuna, per quanto emmi noto, esiste in quella città. Le mie argomentazioni non erano andate più oltre, fino alla comparsa nello stesso Periodico (1873) della memoria del eh. sig. Attilio Portioli: La zecca ossidionale di Brescia nel ijiji. Leggendola ho creduto potervi fare le seguenti osservazioni. Le truppe delle quali poteva disporre' leardo pella difesa della città erano in piccolissimo numero, scrive l'erudito mantovano; l'assedio durò circa otto mesi, ma tre 5^/?' nel l' anno 1515, gli altri cadono nell'anno seguente, e l'impianto della zecca ossidionale, come sarebbe anche dimostrato dalla data inscritta sulle monete, avvenne nei primordi dell'assedio. In una sortita operata, gli assediati impadronironsi di artiglieria nemica, non meno di quindici pezzi, secondo narra il Giovio. Fino dai primi giorni leardo si trovò privo di danaro pel soldo delle truppe, ma fra queste, già scarse, soltanto i tedeschi chiedevano le paghe. Impose una taglia ai cittadini facoltosi e tentò l'impianto della zecca, poi, mancandogli ancora l'argento da unire al bronzo tolto al nemico, perchè voleva fare monete di valore (?), se ne procacciò dalle chiese; poi spogliò Francesco Perrone di grossa quantità di danaro^ ed il conte Pietro Navarro di sedici carri di cose di valore fra cui una ricca credenza d'argento. Con tali elementi (dopo avere tentato), incominciò e proseguì le operazioni della zecca, componendo col bronzo dei cannoni e con gli argenti una lega abbondante di argento. DELLE MONETE OSSIDIONALI DI BRESCL^ 46 1 Tutto ciò fece egli in tempo sì breve che al Portioli stesso sarebbe sembrato incredibile^ se non fossero i documenti da lui scoperti che lo attestano, cioè, secondo il suo calcolo, nel tempo di sole tre settimane. È cosa in fatti poco attendibile. Come mai leardo, fino dai primi giorni dell'assedio, mancava talmente di danaro da non poter pagare pochi soldati tedeschi? Non bastava il denaro requisito ai privati? E volendo fare monete di valore^ perchè non fecele d'argento, metallo che pure aveva in abbondanza? Perchè impiegovvi tanto bronzo, componendo una lega sì poco verosimile? E come mai Brescia, la quale da quasi cento anni, dopo Pandolfo Malatesta, non aveva più avuto officina monetale, poteva offerirgli in sì breve lasso di tempo gli elementi necessari alla coniazione, quali sono, la fusione, il lavoro dei coni, la battitura, ecc.? I documenti i quali, secondo lui, dimostrano all'evidenza che pure ciò avvenne, sono quattro lettere da lui rinvenute nell'archivio di Mantova. La prima è di Jacopo d'Atri conte di Pianella, al servizio del signore di Mantova il quale, dietro informazione di spie, stando a Canneto, al confine dello stato del Gonzaga, scri- vevagli, avere il governatore di Brescia, col bronzo dei cannoni levati ai Veneziani e gran somma d'argento, fatto fare una nuova moneta che da un lato aveva un' aquila e dall' altro il suo nome. La seconda, scritta nelle identiche circostanze dallo stesso, non parla più di bronzo, ma di mo- nete fatte lavorare da leardo con gli argenti delle chiese. La terza è del marchese Francesco al proprio figlio in Vi- gevano, e non fa che ripetere quanto il conte di Pianella avevagli scritto, ed altra simile ripetizione contiene la quarta lettera di Maria della Torre, segretario marchionale, allo stesso figlio del Marchese. Il tutto si riduce adunque ad uno o due documenti, ai quali non si nega già fede, ma puossi bensì limitare la loro importanza, la quale, secondo il signor Portioli, è grande e definitiva. Il Pianella era lontano dalla città assediata, e scriveva le dicerie che correvano. Quanto sia difficile sapere le cose con precisione in epoche di fatti guerreschi, è noto; ne abbiamo delle prove anche al pre- sente, ed evvi un proverbio veneziano che suona: " In tempo 59 462 CARLO KUNZ di guerra, più bugie che terra. „ Il Nassino ed il Rossi ac- cennano a monete d'argento con due aquile; il Pianella una volta a monete di lega di bronzo, poi a monete di solo ar- gento con un' aquila ; il Portioli è convinto che fossero di bronzo con lega abbondante di argento; peso, intrinseco e valore abusivo dice ignorati, laddove il Nassino afferma fos- sero pezzi da cinque e da due soldi planai. Gli antichi pia- neti erano piccole monete di bassa lega, verosimilmente cor- rispondenti a due soldi di Venezia; ma si può dubitare che tale denominazione abbia durato fino al secolo XVI, dopo molte riforme introdotte nella monetazione. Sorpassai alcune altre inverosomiglianze e contraddizioni che emergono dalle cose esposte, e conchiusi doversi aspet- tare prove maggiori e principalmente le monete stesse, le quali, se furono realmente lavorate in tanto numero quale deve ammettersi pella quantità delle materie impiegate, non possono essersi perdute onninamente, doverne pure presto o tardi sorgere alcuna. Allora potremo adagiarci nella cer- tezza di un fatto reale e rallegrarci senza scrupolo di un sì importante arricchimento della numismatica italiana. Aspet- tiamo adunque. Passato qualche tempo, ecco apparire nei Periodico (1874) un articolo sullo stesso argomento dell'ili, sig. barone Ber- nardo de Koehne. Eureka! Una delle monete d'Icardo è finalmente trovata: ha da un lato l'aquila dell'Impero, dall'altro il millesimo 1515, una grande Y, con due lettere più piccole ai lati, M-A. È angolosa, ottagonale, d'argento, grande all' incirca come un pezzo da due franchi, di peso non indicato. L'aquila, il mil- lesimo, le lettere colpiscono a primo aspetto gradevolmente e fanno plaudire alla felice scoperta ; ma presa la cosa in seria disamina, l'entusiasmo calma e si arriva alla conclu- sione che gli accennati elementi non sono probabilmente altro che l'effetto di una singolare coincidenza, come tante se ne incontrano nella numismatica. Ciò che risalta ìnaggiormente in quel pezzo, è l'artifizio non comune col quale è lavorato. Oltre l'aquila, di ottimo disegno, sonvi le cifre e le lettere, le perline, le rosette e le foglioline, e tutto inciso evidente- mente sopra punzoni, poi battuto nei conii. L'ottagono del DELLE MONETE OSSIDIONAI.I DI BRESCIA 463 disco è regolare e quasi perfetto, il collocamento dei due tipi normale, in rapporto ai lati dell'ottagono. Tutto ciò di- strugge l'idea di una moneta fatta nelle strettezze di un as- sedio da artefici, ai quali mancava il tempo per far bene, come doveva mancare ad essi ogni pratica di simili lavori. L'aspetto generale di una moneta fatta in tali congiunture in quella città, non dovrebbe essere di molto differente da quanto osservasi nelle ossidionali di Pavia del 1824, ed in quella di Cremona del 1826: forma irregolare e varia fra un pezzo e l'altro, tipo limitato al mero necessario di lettere e di numeri, ed impronta da un solo lato, come nei bratteati. Il pezzo recato in disegno dal sig. barone de Koehne è poi di uno stile che può dirsi non italiano, ma si accosta invece a quello di certi gettoni, e sia pure, anche di monete ossidionali, ma della Germania. La moneta è di buon ar- gento, e sarebbe la mezzana di tre simili. Ciò non corrisponde pel metallo alle notizie riportate dal Portioli, e pel numero dei pezzi, come anche evidentemente pel valore, d'a.ssai su- periore, a quanto lasciarono scritto i ricordati storici bre- sciani. La più grande delle tre fu pubblicata nell'anno 1620 dal Luckio, né diversifica da quella or prodotta che pella grandezza; ma forse egli ingrandì il disegno arbitrariamente come spesso allora facevano gli scrittori di numismatica. Egli afferma essere un gettone fatto nell'occasione in cui la prin- cipessa Anna d' Ungheria fu impromessa sposa ad un arci- duca d'Austria, nipote dell'Imperatore. Certamente, come osservò già il sig. barone di Koehne, le lettere inscritte sul pezzo non si aggiustano bene alla interpretazione del Luckio; ma, per le esposte ragioni ed inoltre per l'assenza di ogni indicazione di valore, e soprattutto del nome, comunque fosse, intiero od abbreviato della città, che pure ìion avrebbe dovuto mancare, l'oggetto in discorso non si addice a Brescia. E, forse, ciò che sembra una Y non è nemmeno tale, ma piut- tosto monogramma. Importante sarebbe il sapere dove tali pezzi compari- scono più frequentemente, in Italia, in Germania od altrove. A Brescia, intanto, dove più facilmente dovrebbero emergere, per quanto emmi noto, non ve ne sono; a Mantova sembra nemmeno, perchè al chiarissimo sig. Portioli non sarebbero 464 CARLO KUNZ sfuggiti. Converrebbe sapere se ve ne sono nelle collezioni di Milano, Pavia, Bergamo, della Lombardia in generale. Il sig. barone de Koehne avverte avere avuto il suo esemplare dal defunto comm. Promis; ma d'altra parte l'esimio signor dott. Giulio Friedlander, il quale si è degnato di scrivermi su tale proposito, fecemi sapere il R. Gabinetto, di Berlino possederne uno proveniente dall'illustre padre suo. L'im- pronto ch'egli ebbe la gentilezza di mandarmi, corrisponde esattamente al disegno prodotto dal sig. barone de Koehne. Fu il venerato maestro, direttore del R. Gabinetto nu- mismatico di Berlino che mi consigliò a scrivere il presente articolo, senza di che io non avrei osato farlo. Il suo desi- derio fu per me un comando, al quale mi sono data premura di obbedire. — Cosa ne sarebbe della scienza, scriveva egli, se consimili, non abbastanza comprovate attribuzioni, esposte in modo assoluto, restassero nei libri quali verità indiscusse senza che alcuno osasse confutarle ? — Tale argomento mi decise, ma non perciò mi ostinerò nella negazione quando altre più sicure prove in favore delle monete ossidionali di Brescia saranno da altri recate. Avrò anzi il massimo pia- cere se dall'attrito delle idee, come dalla percossa silice, sca- turirà la scintilla che rischiarerà la delicata questione. Trieste, Gennaio iSjó. TRIESTE E TRENTO '" (MOxNETE inedite). Nessuno si allarmi per questo titolo; trattasi di numi- smatica, dottrina essenzialmente pacifica e conservativa, che sottrae i monumenti monetali alla distruzione e ne fa tesoro, depositandoli con reverenza nei medaglieri, per trarne utili argomentazioni per la storia, la cronologia, la economia, l'arte, ed altre discipline; trattasi di due monete inedite, e probabilmente uniche, di Trieste e di Trento, battute in epoca uguale, ed in condizioni poco dissimili, da due Vescovi di queste città, possedute felicemente dal Museo Civico di an- tichità di Trieste. Non tornerà quindi sgradita una breve notizia di esse a quanti sentono ancora venerazione pei mo- numenti del passato. La zecca di Trieste ha comune la origine con quella d'Aquileja; quindi è necessario dire anzitutto alcunché di questa. Della zecca d'Aquileja, durante il dominio dei Romani, basti toccare per incidenza, noto essendo quanto ella sia stata attiva specialmente negli ultimi periodi del governo romano su quella città, come è dimostrato per una lunga serie di monete le quali, con qualche raro esempio anteriore, procedono senza interruzione da Diocleziano fino a Teo- dosio II. Sono per la massima parte di bronzo, ovvero di rame, avvegnaché scarsa fosse la coniazione dell'argento in tutto quel periodo, e la battitura dell'oro più specialmente riserbata ad alcune poche città di alto rango. A tale onore sembra che Aquileja partecipasse pochissimo, facendo sin- golare eccezione un bel soldo d'oro di Teodosio II, nel quale, (i) Pubblicato ne\i* Are heogr a/o Triestino, voi. V, fase. 1, 1878. (N.d.D.). 466 CARLO KUNZ a somiglianza d'altri aurei di Milano, di Ravenna e di Roma, le sigle del suo nome, A-Q, sono inscritte nel campo del secondo lato (i). Nel tempo dei re Goti non apparisce che in Aquileja si fossero coniate delle monete. Ciò avrebbe potuto far sospet- tare un pezzo colla iscrizione FELIX AQVILEiÀ, che fa ri- scontro alle consimili FELIX RAVENNA e FELIX TICINVS, in monete di quei re, descritto da Ramus (2) e dietro lui, senza alcun commento, da Mionnet (3) e da Cavedoni (4), Senonchè l'illustre direttore del R. Gabinetto numismatico di Berlino, dott. F. Friedlander (s), con quella sodezza di critica per cui va ammirato, dimostrò come quel pezzo sia piuttosto una tessera, e probabilmente del tempo di Diocleziano. L'iscri- zione del rovescio: HORREA AQVILEIENSIA alluderebbe ai magazzini di granaglie, esistenti in quella città, rinomata pel suo commercio (6). La seconda epoca della zecca aquilejese è quella dei Patriarchi. Quantunque quel luminare di critica storica che fu 11 Muratori, fosse d'avviso che i Patriarchi, non prima di Federico II, avessero ottenuto il privilegio della moneta, pure il P. Bernardino de Rubeis non si peritò di riportare un di- ploma dell'imperatore Corrado II, dell'anno 1027, dal quale traspira la concessione della moneta fatta al Patriarca Po- pone, Ma quel diploma, come dimostrò il Carli, non merita fede. Quantunque Carlo Magno ed i suoi successori faces- sero larghe concessioni ai Patriarchi; quantunque gli Ottoni e Corrado stesso e Federico I confermassero ed ampliassero le concessioni alla chiesa aquilejese, per cui ella raggiunse di poi il culmine della sua potenza, in nessun luogo appa- (i) Sabatier, Description generale des monnaies byzntines frappées sous les empereurs laiins d'Orient. (2) Calalogus numorum velerum musei regis Daniae. (3) De la rareté et du prix des médatlles romaines. (4) Spicilegio numismatico. (5) In : Berliner Blàtter fùr Mùnzkunde, toni. III. (6) Essendo quel pezzo molto raro ed ignoto alla maggioranza dei nummofili, ed oltre a ciò per noi di speciale interesse, ne dò il disegno al N. I della Tav. VI, dietro l'impronto favoritomi dallo istesso dott. F. Friedlander. TRIESTE E TRENTO 467 risce che le sia stato concesso il diritto della moneta, né di moneta aquilejese si trova fatta menziotìe prima del 1200 ; né i Patriarchi, che riconoscevano l'alto dominio degli Im- peratori, avrebbero osato, senza una speciale concessione, esercitare sì importante prerogativa. Anche il dotto prof. A. Luschin, che ultimo scrisse delle monete dei Patriarchi, seb- bene faccia qualche riserva alle obbiezioni del Carli sul pre- teso diploma di Corrado li, conviene nella di lui sentenza (i). Deve pertanto ammettersi che prima del secolo XIII i Pa- triarchi non hanno fatto coniare moneta propria. Un fatto d'alta importanza storica viene in appoggio a tale conclusione: la pace di Costanza (i 183), la quale segna il tempo del rivolgimento del gius pubblico municipale ita- liano e del risveglio dello spirito pubblico e privato in ogni genere d'interessi ; quella pace mercè la quale, come scrive il Muratori, le città che vi ebbero parte, restarono in pos- sesso delle contrastate libertà e delle regalie e consuetudini, ossia dei diritti che da gran tempo godevano, riservato agli Imperatori l'alto dominio. Aquileja non era bensì del novero delle città italiane collegate contro il Barbarossa, che conclusero quel celebre trattato; ma Aquileja, quantunque nella serie dei suoi Pa- triarchi, da Popone in poi, prevalessero quelli di stirpe tedesca, apparteneva, del pari che tutto il Ducato del Friuli, del quale era capitale, e del pari che l'Istria e Trieste, al Regno ita- lico. Il Patriarca, prima e dopo Carlo Magno, era annove- rato inter proceres regni italici ; il Principato ecclesiastico dei Patriarchi, sebbene istituito dagli Imperatori tedeschi, fu di origine e di sua natura Principato italiano; i diplomi im- periali, che a questo Principato si riferiscono, portano sempre le date del regno italico e comunemente anche la firma del- l'arcivescovo di Colonia, arcicancelliere del regno d'Italia (2). Per tutto ciò è ovvio poter dedurre che, ad esempio delle città italiane, le quali, divenute padrone di sé dopo la (i) Die Agleier, Numismatische Zeitschrift, tom. III. (2) Antonini, // Friuli orientale. 468 CARLO KUNZ pace di Costanza, ripresero il già posseduto diritto di zecca, ovvero incominciarono per la prima volta ad esercitarlo senza speciale concessione, anche i Patriarchi, forti dei loro diritti baronali e della loro potenza, incominciassero nello stesso tempo ad affermare la propria grandezza anche coH'esercizio del supremo sovrano diritto della moneta. Non ebbero essi tale diritto per concessione speciale, ma per dispositiva ge- nerale, per legge di stato, e per conseguenza di massima generalmente adottata, desunta da quella pace. La zecca di Aquileja nacque, per così dire, per generazione spontanea, sotto la irradiazione delle ampliate libertà. Ma, come avviene di sovente, quando alla volontà con- trasta il timore e la prudenza, i Patriarchi non fecero subito uso apertamente di tale prerogativa, ma bensì alla chetichella e quasi in via di esperimento, incominciando dalla imitazione di conii altrui, poi aggiungendo sulle monete il solo nome della città che era centro e capitale del loro dominio, e final- mente imprimendo sovr' esse il proprio nome ed apponen- dovi il proprio armeggio (i). Non è mio compito di occuparmi qui delle prime delle accennate qualità di monete, di quelle di semplice imitazione, prive del nome d' Aquileja, con o senza quello di Frisaco, ossia delle così dette anonime di vario tipo, le quali, perchè ostendenti una effigie mitrata, sono, più o meno da molti, assegnate ai Patriarchi, e ciò tanto meno che sulla origine ed attribuzione di esse non ho saputo farmi un concetto dif- ferente o più sicuro di quello espresso altra volta in questa stessa Rivista (2). Lascierò adunque da parte i denari discu- (i) Quale nuovo esempio di tale frequente procedimento ed a mag- giore riempitura della tavola, piacemi riportare il disegno di una mo- neta di Padova non mai pubblicata, già in mio possesso (N. 2 della tav.). È un denaretto simile a quelli di Ubertino, di Iacopo II e di Francesco I, con la differenza che, mentre in quelli sovr' uno dei lati sta impressa la iniziale del loro nome, in questo è raffigurato, quasi di straforo, il carro, insegna gentilizia dei Carraresi. Evidentemente fu questo un primo tentativo di monetazione di quei signori che a poco a poco as- sorbirono tutti i poteri della loro città. Autore di tale prima moneta carrarese fu probabilmente lo stesso Ubertino, che poi in un simile co- nio, fatto più ardito, fece inscrivere la iniziale V del suo nome. (2) Archeografo triestino. Nuova serie, voi. I, pag. 221. \ TRIESTE E TRENTO 469 libili e mi fermerò soltanto brevemente sopra quelli che re- cano in fronte il nome d'Aquileja, ma senza quello del Pa- triarca. Sono due; nel primo la leggenda suona: ÀQVILEG-IÀ- P e nel mezzo vedesi la mezza figura del Patriarca con pasto- rale e libro; nell'altro leggesi: + AQVILEGIA • P • intorno alla figura intiera od assisa del Patriarca. Il rovescio di entrambi tali denari presenta il coronamento di un tempio con fron- tone triangolare fiancheggiato da due torri ed al sommo una piccola croce isolata, con assenza d'ogni iscrizione. I dettagli dell' edifizio sono alquanto differenti nei due pezzi, come ne è diff'erente l'arte e la tecnica. Nel primo scorgesi un intaglio incerto, stentato e rozzo, una coniazione negletta, ed il tondino è piano ed irregolare; nel secondo sono finamente scolpiti la figura ed il tempio, le lettere ele- ganti e corrette, la forma del pezzo è rotonda e col margine rialzato o, come suol dirsi, scodellata. Il primo mostra un lavoro simile a quelli di taluni di zecche carintiane, sebbene, almeno nella forma delle lettere, con qualche maggiore cor- rezione. Il prelodato prof. A. Luschin è d'avviso spetti al patriarca Goff'redo (1182-1189), né io discuterò secolui su tale attribuzione , quantunque mi sembri arrischiata (0. Potrei tutt'al più ammettere quale suo autore il patriarca Pellegrino (i 199- 1204); ma nemmeno ciò mi acqueta intieramente, per le considerazioni che addurrò più sotto. Comunque sia, tale denaro sembra uscito non da zecca propria aquilejese, ma piuttosto lavorato in taluna delle possessioni dei Patriarch più settentrionali del Friuli, ovverosia nella Carintia. Il se condo denaro, di lavoro più artistico e di quella forma sco (iellata che in molte zecche d'Italia era stata adottata a somi glianza di certe monete degli Imperatori greci, è certamente lavorato da zecchiere italiano in Aquileja. È noto come i Patriarchi usassero dare ad impresa la fabbricazione delle (i) Farmi degno di essere riferito il seguente apprezzamento che riesce assai commendevole per l'erudito professore. — Gli italiani, scrive egli, hanno perfettamente diritto di comprendere le monete aquilejesi nella cerchia dei loro studi, mentre d'altra parte gii investigatori tede- schi hanno dovere di farne oggetto d'indagine, a meno che non vogliano correre il pericolo di fraintendere la storia monetale di paesi pretta- mente tedeschi quali sono la Stiria e la Carintia. 60 470 CARLO KUNZ loro monete a monetari fiorentini. Da documenti riportati dal Liruti e dal Carli, apprendiamo i nomi di Francesco Bo- nacquisti e di Angelo Vernaccia; da carte del Fabricio, co- municate dal prof. A. Wolf di Udine al prof. Luschin, quello di un Dino, del pari fiorentino (0. Quel secondo denaro certo aquilejese, il prof. Luschin, lo assegna al patriarca Pellegrino, né vi sono ragioni asso- lute per rifiutare tale attribuzione ; però, fatto riflesso alla più lunga durata del patriarcato di Volchero (1204-1218), alle doti d' ingegno ed alla energia di carattere che lo resero tanto eminente, alla opposizione da lui sostenuta in molte occasioni contro la volontà degli Imperatori, ed a quell'alto grado di potenza cui seppe portare il Patriarcato, propendo a tenere lui autore di quella moneta. In questo conio, se- guendo l'esempio iniziato, l'edifizio, simbolo della religione e della chiesa, serba ancora le forme prescelte pel prece- dente anonimo d'altra zecca, derivato da tipo frisacense. Ma ben presto vediamo comparire altra più nobile forma di chiesa sul primo denaro che porta inscritto in tutte lettere il nome di Volchero: + V0LFK8R • P-, una chiesa cioè sor- montata del pari da due torri, ma decorata nel mezzo da sontuosa cupola sorretta da colonne. Ripeterò quanto dissi altrove, essere tale tipo imitazione di numerosi denari impe- riali e vescovili di alcune zecche tedesche e particolarmente di Colonia e d'Aquisgrana, imitazione ovvia e naturale per Volchero che, nato in Colonia, prima di occupare il seggio patriarcale tenne il bastone vescovile in Germania. Eccomi arrivato al punto che avevo di mira, al nuovo inedito denaro di Trieste, raffigurato al N, 3 della tavola. Avevansi denari di Trieste simili a quelli d'Aquileja del tipo che diremo a cupola, con o senza il nome del vescovo Gio- bardo, ma quello pure privo del suo nome (2), senza dubbio a lui pertinente, e che a ragione ponevasi primo nella serie delle monete nostre. Ora però questo nuovo tipo, fratello carnale del simile d'Aquileja, di buono stile e privo di leg- genda al rovescio, viene a prendere il primo posto e diventa (i) Der Munzfund von Lanische. (2) Fontana, Monete dei Vescovi di Trieste, n. i. TRIESTE E TRENTO 47 1 l'incunabulo della zecca triestina. L'unica leggenda sul suo primo lato suona: PlcncOP + TRI E t') E, per Episcoptis Trieste, con omissione del nome del Vescovo. L'artifizio è tanto so- migliante in entrambi, da giustificare la supposizione che entrambi sieno stati lavorati dallo stesso zecchiere. Rimane a stabilire quale sia stato il vescovo di Trieste che fece bat- tere questo denaro. Quantunque alcuno potrebbe por mente ad Enrico Rapido (1200-1203), predecessore di Givardo, io, per ragioni non dissimili da quelle esposte pel patriarca Vol- chero, ne reputo autore Givardo stesso, il quale tenne più lungo tempo il seggio vescovile, comparisce in molti atti, sentenze e diplomi, fu amico e contemporaneo di Volchero e presente al suo rifiuto di prestazione d'omaggio che l'im- peratore Filippo di Svevia esigeva da lui (i). Il carattere energico di Volchero avrà certamente esercitato qualche in- fluenza sopra Givardo, e l'esempio suo, che arditamente ed apertamente avocò a se il diritto sovrano della moneta, avrallo indotto a fare altrettanto. Il lavoro ed il tipo somi- gliantissimo degli accennati denari persuade poi che il Pa- triarca fosse consapevole di quanto faceva Givardo e noi disapprovasse, né un accrescimento di prerogative in un Vescovo a lui inferiore poteva tornargli sgradito perchè ac- cresceva il prestigio del potere ecclesiastico. Sarebbe qui opportuno di esaminare se la opinione espressa in più luoghi dal Kandler, ma spesso come un sem- plice sospetto, che i vescovi di Trieste abbiano esercitato il diritto della moneta in unione al Comune sia fondata ; ma lo farò brevemente. L'argomento da lui recato in appoggio a tale opinione, che le monete triestine sono costanti nella forma, nella pasta e nelle dimensioni, mentre le monete dei Baroni, come anche quelle d'Aquileja alterarono, non regge, stante la più breve durata di quelle. Qualora i Vescovi aves- sero continuato a battere moneta, avrebbero essi pure intro- dotto modificazioni come fecero gli altri. L'altro suo razio- cinio, che indizio di partecipazione del Comune è il nome della città su tutte le monete dei Vescovi e la effigie della (i) BuTTAZzoNi, Volchero Patriarca. — Archeografo triestino, N. S., voi. IL 472 CARLO KUNZ città sovra alcune, è debole del pari perchè il nome della città non poteva ragionevolmente mancare, e l'edifizio, qua- lunque sia, sopra uno o due dei conii vescovili, non è altro probabilmente che mero capriccio del Vescovo o del zec- chiere, altrimenti dovrebbe dirsi lo stesso anche di Aquileja, della quale bassi un denaro del patriarca Bertoldo colla rap- presentazione di un edifizio turrito. Che i Vescovi esercitas- sero soli la regalia della moneta potrebbe dedursi anche da ciò che, quantunque per istrettezze finanziarie avessero do- vuto spesso venire a patti col Comune, pure mostraronsi sempre gelosi fino all'ultimo momento di quel diritto. Così fece Volrico, il quale, nell'atto di alienazione dell'anno 1253, riserbò per sé la zecca, le dogane ed i feudi ; così fece Brissa di Toppo in una nuova convenzione col Comune, colla quale serbava per sé la zecca, le dogane ed i feudi. È il Kandler stesso che dice tutto ciò; il Kandler, il quale in una lettera in mie mani, scriveva: " Non pensiamo che l'immagine della città quale vedesi nel suggello di Trieste, posta sulle mo- nete,» manifestasse partecipazione del Comune al gius della moneta, ma fosse piuttosto segno del corpo politico entro e pel quale il Vescovo coniava. „ Mi sarà dunque lecito di adottare fra le varie opinioni dello stesso Kandler quella che mi sembra più verosimile, cioè che le monete di Trieste, salvo una eccezione pel denaro anonimo col Santo protet- tore, sieno state battute dai soli Vescovi, quali alti Baroni della città. Dal non avere trovato traccie di officina monetaria in Trieste e dalla mancanza di documenti e contratti di zecca, il Kandler fu indotto ad affermare che non in Trieste, ma in Aquileja, nella zecca dei Patriarchi, siano state lavorate le monete dei Vescovi. Sarà pili giusta la sentenza con la quale il Bonomo incominciò il suo trattato: che zecca vi fosse in Trieste senza dubbio (i). La mancanza di documenti di zecca, deplorata anche dal Bonomo, non deve sorprendere fra tanto, a molti non isgradito, depauperamento di antiche memorie della nostra città. Quanto alla officina della zecca è ben raro che città (i) Orniteo Lusanio, Sopra le monete dei Vescovi di Trieste. TRIESTE K TRENTO 473 assai più importanti di Trieste e che la esercitarono per ben più lungo tempo, ne possano additare le traccie od anche soltanto la ubicazione. Pel caso nostro ciò sarebbe piuttosto impossibile che difficile. Di zecca, nel vero attuale senso della parola, non potrebbe esservi questione. Per lavorare una limitata quantità di piccole monete di un solo metallo e di un solo conio, non era d'uopo di una complicata officina; bastava una camera con un fornello, alquante suppellettili e pochi utensili, press' a poco l'apparato di un moderno falso monetario. Il lavoro non occorreva fosse continuo ne lungo. Fatta l'opera nella quantità prescritta, il zecchiere poteva andarsene, ritornare d'onde era venuto. Così facevasi posi- tivamente per molti piccoli signori e città d'Italia. Il mastro di zecca, che spesso era in uno incisore dei conii, saggia- tore e coniatore, chiamato a prestare l'opera sua, recavasi ad eseguirla con armi e bagaglio, accompagnato tutt'al più da qualche operaio manuale. Così può credersi sia avvenuto a Trieste. Gli stessi zec- chieri fiorentini che lavoravano in appalto, non con uffizio stabile, pei Patriarchi in Aquileja, chiamati dai Vescovi, sa- ranno qui venuti pel tempo occorrente alla esecuzione di una data quantità di lavoro e l'officina sarà stata una camera del palazzo vescovile, che allora sorgeva presso la catte- drale. Ciò mi porta a dire qualche cosa del vescovo Rodolfo Pedrazzani. Che siavi un nesso fra la moneta per lui coniata e la catastrofe di Marco Ranfo, sembra non potersi più porre in dubbio. A Rodolfo, di spiriti alteri, non facilmente pieghe- vole, né timoroso (i), cuoceva che il potere vescovile fosse di tanto decaduto ; aspirando a riafferrarlo, a sovrapporsi ai diritti del Comune, cospirò col Ranfo suo vassallo; ma la congiura ebbe quel fine miserando che tutti sanno. 11 Pe- drazzano deve aver sperato bene per l'esito del criminoso tentativo; lo dimostra la moneta da lui fatta battere, la quale deve essere stata approntata in precedenza, per divenire, (i) Kandler, La congiura dei Ranfi nella Storia cronografica dello Scussa. 474 CARLO KUNZ nell'ora opportuna, solenne attestazione del carpito potere. Ma come per lui non sarebbe stato prudente di far lavorare quella moneta nel proprio palazzo, egli la fece fare nella officina del patriarca Ottobono, consapevole al certo di quanto tramava l'amico, collega e quasi concittadino suo. Se alcuno mi domandasse d'onde deduco ciò, rispon- derei: oltreché dalla suesposta ragione di necessaria cautela, dalla perfetta uniformità di lavoro che mostrano i denari del patriarca Ottobono con quello del Pedrazzano, la quale è tanta che il primo lato, quello che porta la figura del Ve- scovo, si direbbe fatto con lo stesso conio. Un semplice raf- fronto dei pezzi deve di ciò convincere chiunque. Conchiudo adunque, fra le monete di Trieste, quella del Pedrazzano essere, contrariamente a quanto pensai altra volta, la sola che, per mio avviso, sia stata lavorata nella zecca d'Aqui- leja. Forse ai dotti friulani, che hanno opportunità di con- sultare le carte dei loro archivi, riescirà col tempo di tro- vare le prove di quanto stimai di poter asserire. ' Il nuovo denaro di Trieste, che died« occasione al pre- sente articolo, fu gentilmente ceduto al Museo da S. E. il principe di Windisch-Gratz, al quale ripeto qui le più sen- tite grazie. Pesa grani veneti 22, ossia grammi i.ioo Tale peso corrisponde a quello dei denari di Verona di Ottone I e di Berengario II del nostro Museo, di quelli di Frisaco, dei più antichi d'Aquileja e degli altri di Trieste, ondechè deve ritenersi che, per ragione ignorata, la zecca di Frisaco, che servì di norma a quelle di Aquileja e di Trieste, abbia battuto alla legge della zecca di Verona. " Colonia etrusca o romana, aggregata al regno de' Goti ed a quello dei Longobardi, Trento nacque e crebbe città italiana e seguì costantemente le sorti della madre patria. „ Così scriveva qu^l nobile ingegno di Antonio Gazzoletti, quando, ferito dallo strale dell'esilio e mosso da carità del natio loco, dettava la sua memoria sulla zecca di Trento, nella quale, ampliando il concetto del conte Benedetto Giova- nelli, esponeva le vicende della moneta della sua diletta città. TRIESTE E TRENTO 475 Non reggendo più le pietose fole della esistenza di una zecca trentina nei tempi degli Etruschi, dei Romani o dei Longobardi, e dovendo essere scusate coli' ^rrar^ humanum est alcune fallaci attribuzioni, tentate da uomini pur grandi per dottrina (0, conviene tenersi alle cose di fatto, alle mo- nete stesse che ci restano di Trento, le quali non vanno più in là della fine del secolo XII, e dimostrano essere state fatte per sola autorità de' suoi Vescovi, ai quali da Federico I, nel 1182, erano state confermate le rendite e regalie dello Stato. Nel titolo imperiale aggiunto alla maggior parte di esse, basti vedere un omaggio reso da quei prelati a chi li aveva protetti e beneficati, con danno delle libertà e fran- chigie comunali. Non volendo, nemmeno con una parola di dubbio, con- traria alle affermazioni del Gazzoletti, mostrarmi meno pie- toso della sua cara memoria, produco senz'altro la promessa moneta inedita, la quale è vescovile al pari delle altre che si hanno di quella città. Sono noti ai nummofili i grossi ed i piccoli di Trento sovra un lato dei quali predomina isolata la lettera T, co- munemente attribuiti al vescovo Salomone (1177-1183), non esclusa la possibilità che alcun esemplare spetti ad Adel- perto III (i 184- 1 188) od a Corrado II (i 188-1205). Più noti ancora, perchè più numerosi, sono i grossi, i quali da un lato offrono una protome vescovile e dall'altro una grande F, accompagnata da varii segni, i quali costituiscono almeno dodici varietà di conio, che i nummografi attribuiscono con- cordemente al vescovo Federico Wanga (1207-1218). Sotto- scrivo alla opinione del Gazzoletti che in quella F debba vedersi la iniziale dell'imperatore Federico I, concessionario del diritto di zecca a quei Vescovi, ed approvo anche senza esitanza la sua induzione che tante varietà di conii non deb- bansi ascrivere al solo Wanga, come vorrebbe il Giovanelli, ma essere più verosimile che alcuni sieno stati battuti dai (i) Attribuirono falsamente a Trento : De Longpérier, un denaro di Carlo Magno; Gradenigo, un denaro di Ottone I, duca di Baviera, per Isenburgo; Lelewel, un denaro di Halberstadt, che stimò del vescovo Ar- noldo (1149-1154). 476 CARLO KUNZ successori di lui, Adelperto IV (1219-1223), Gerardo I (1223- 1232) o Aldrighetto (12321247), e da Egnone (12481273) puranco. Di questo secondo tipo di grosso trentino colla effigie vescovile e la F mancava il piccolo corrispondente, che bassi del primo, ond'è che reputo buona ventura di averlo rinve- nuto e sono lieto di pubblicarlo (i). Per mostrare la esatta sua corrispondenza col grosso, trascrivo le leggende di en- trambi, omesse le differenti interpunzioni delle molte varietà del grosso : Diritto del grosso: + ÌpS • TRIDENTI „ del piccolo: EPS -TRIDENTI Rovescio del grosso: IMPERATOR del piccolo: INpATOR Nel campo del rovescio di entrambi domina la lettera F, ma nel piccolo, invece della effigie vescovile, comparisce una croce patente, e ciò si spiega di leggieri, come per molti altri casi analoghi, colla ristrettezza maggiore del campo che non permetteva o rendeva più difficile l'applicazione di una immagine. Alla stessa necessità deve ascriversi l'abbre- viatura INpATOR invece di IMPERATOR. Fra le varietà del grosso di questo tipo havvene una che sul rovescio, dopo il titolo imperiale, ha un piccolo trifoglio, che perciò credo contemporaneo del nostro piccolo. Per ragioni poi facili ad intendersi, opino appartenere questo monumentino del pas- sato al vescovo Wanga, piuttosto che a taluno dei sunno- minati suoi successori. Il suo peso è di decigrammi 3, la sua lega buona appa- rentemente con metà di fino. La proporzione fra esso ed il grosso sarà verosimilmente come i a 15, conforme alle con- clusioni del Gazzoletti per gli altri piccoli. Trieste, Gennaio i8jy. {Continua), Carlo Kunz. ([) Vedasi il N. 4 della tavola. NECROLOGIA FILIPPO SPERANZA. Nella notte dal 6 al 7 dicembre 1903, improvvisa conge- stione cerebrale uccideva in Roma Filippo Speranza, capo incisore dell'unica zecca che oggi vanti il regno d' Italia. Era nato a San Martino al Cimino, borgata del Viter- bese, nel 1848. Andò giovinetto a Roma ; si diede all' inci- sione, e Paolo Mercuri, incisore famoso, gli fu maestro. Riuscì ad entrare, ancora sotto il governo pontificio, nello studio d' incisione della zecca pontificia, dove l'arte della medaglia fu sempre in onore. Incidevano allora attorno allo Speranza il Zaccagnini, il Bianchi, coniavano nella zecca il bavarese Voigt, il romano Moscetti, altri egregi. Sùbito tro- viamo il nome di Speranza sotto alla medaglia conferita nel 1867 da Pio IX ai benemeriti durante l'epidemia colerica del 1866, e sotto il pezzo d'argento da 2 lire e mezza de- cimali, coniato nel 1867 all'effigie di Pio IX. Erano i primi segni nella carriera, che doveva portarlo, per la sua coscien- ziosa assiduità, all'ufficio di incisore-capo, tenuto fino al dì della morte. È sua, e conta fra le migliori, una medaglia, non frequente, incisa nel 1869, quando la navicella di San Pietro correva un mare politicamente crudele, e vi si vede appunto nel verso il Salvatore dormiente in mezzo agli apostoli tre- pidanti e supplicanti sul leggero schifo tra i flutti, e in giro il biblico motto : Exsurge Domine, et indica caiisam tuam. La tempesta di quel tempo volle dire il conseguimento per r Italia della sua capitale. La zecca divenne regia, assor- bendo in breve tutto il lavoro delle altre zecche italiane, e Filippo Speranza rimase l'unico incisore a dare il nome alle monete nuove dei Re Umberto I e Vittorio Emanuele III. Un progetto di scudo all'effigie di Vittorio Emanuele II era pronto, per abbandonare il tipo inciso dal Ferraris a 61 478 NECROLOGIA Torino, ma proprio nel 1878, quando dovevasene iniziare la coniazione, il Gran Re morì nel Quirinale. Quel conio, dello Speranza, dove la fisonomia del fondatore dell'Unità Nazio- nale è interpretata con sufficiente verismo, compatibilmente con r indirizzo, dirò così, accademico che lo Speranza aveva avuto, servì in quell'anno stesso a coniare una medaglia commemorativa della morte del primo Re d'Italia. Speranza fu un continuatore diligente e coscienzioso di un indirizzo artistico che oramai era confinato nei limiti delle espressioni ufficiali ; l'arte non osava penetrare ancora nelle officine governative ; il giovine regno faceva medaglie con una testa convenzionale del sovrano nel diritto, e poche pa- role secondo i casi e le circostanze, nel rovescio; i conii ar- tistici costano e il bilancio dello Stato non permetteva lar- ghezze, che, diciamolo pure, lo stesso indirizzo della pubblica opinione, fino a pochi anni addietro, non avrebbe, non che comprese, consentite. Così le inclinazioni artistiche dello Speranza non poterono estrinsecarsi; uscirono dalla zecca sotto i regni di Umberto I e di Vittorio Emanuele III le di- scusse monete che tutti conosciamo; mentre le medaglie an- nuali pontificie, rimaste allo studio d'incisione del Bianchi in Vaticano, continuavano ad eccellere col loro puro classicismo. Nell'evoluzione del gusto pubblico anche Speranza si sarebbe certamente esplicato con nuove manifestazioni del suo bulino, ma la morte lo ha colpito improvvisamente; a soli 55 anni. Era un lavoratore infaticabile; franco, semplice, buono; riceveva nel proprio studio avendo in testa, spesso, un ber- retto di carta, da vero operaio; ma la sera non mancava mai al Caffè di Roma, al tavolino rotondo, in mezzo alla prima sala, ad una partita di chiacchiere con vecchi amici, cominciata, io credo, ai bei tempi di Pio IX. L'opera sua fu, più che altro, l'espressione dei gusti uffi- ciali del suo tempo — epoca di transizione fra il tramonto del regime pontificio e la instaurazione in Roma del Governo Nazionale, pel quale Speranza ebbe sempre, fin da gio- vane, sincerissime aspirazioni. A. COMANDINI. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI. Hill (6. F.). Coins of ancient Sicily, in-8, di pag. xvi-256, con 16 tav. in eliotip., 80 incis. nel testo e una carta geografica. — Westminster 1903. Questo libro dell'Hill è fatto per ogni genere di cultori della Numismatica siciliana antica: è fatto per il semplice raccoglitore colto, che si voglia render conto dell'importanza storica, artistica, religiosa delle sue monete; è fatto per gli studiosi veri, che con questo lavoro hanno, per così dire, un codice sicuro da consultare. In esso si ravvisa il felice com- pilatore deW Handbook of greek and roman coins, lavoro sobrio, preciso, che nella sua brevità racchiude la sostanza di tutta la dottrina numismatica e che ha pure dei capitoli nuovi, mancanti negli altri trattati del genere. Nel libro che annunziamo, l'Hill segue un metodo che non è nuovo. Distri- buita la materia in cinque capitoli, i cui limiti sono fissati da avvenimenti storici e che complessivamente vanno dal primo apparire della moneta nell'isola, fino all'impero di Tiberio, tratta in ciascuno di tutto ciò che può contribuire ad illustrare i tipi delle monete siciliane, a fissarne la crono- logia, a studiarne i pregi artistici, a rilevare i rapporti fra le diverse città dell'isola, ecc. Questo insieme di osservazioni rende il lavoro assai completo, ed anziché essere un'arida esposizione della numismatica siciliana, diventa uno studio storico - mitologico - religioso - artistico - metrologico -epigrafico. Nel far ciò l'A. non s'ingolfa in questioni ardue, non espone con pazienza e abbondanza di ricercatore, ma dai migliori recenti scritti ricava quello che gH pare più sicuro, sorvolando sui problemi controversi, per illustrare convenientemente una monetazione così importante. In ciò si differenzia questo 480 BIBLIOGRAFIA lavoro dell'Hill dall'altro analogo dell'Holm: entrambi eccel- lenti, ma scritti con fini diversi. Nella introduzione (di 35 pagine) sono trattate questioni d'indole generale sulla tecnica, sui simboli, sulla forma delle lettere, sul valore storico dei tipi monetali e sulle vicende politiche dell'isola, dalla fondazione delle colonie greche, fino ad Augusto. La esposizione storica delle monete è fatta in cinque capitoli, così intitolati: 1. La coniazione più antica — IL Da Imera all'Assinaro — III. Il periodo dell'arte fina — IV. Il declinare dell'arte monetale — V. Da Cerone a Tiberio. Segue un'appendice riguardante il gruppo di Malta e Pantellaria. È inutile fermarci a lodare la parte tipografica ed arti- stica dell'opera, per ogni riguardo eccellente. Catalogne 0/ Greek coins in the British Museum, Parthia by Warwick Wroth; in-8, di pagg. Lxxxviii-289, con una carta geografica e 37 tavole in eliot. — London 1903. Segnaliamo ai cultori di Numismatica antica quest'altro volume, contenente la Numismatica dei re Parti. Le tre opere fondamentali, che finora si consultavano per questa serie di monete, lasciando da parte le più antiche, sono quelle del Longpérier, del Prokesch-Osten e specialmente del Gardner (1877). Dal Gardner fino a noi, le ricerche del Rapson e del russo Markoff per le monete, quelle del Rawlinson e del Gutschmid nel campo della storia dei Parti, nonché le colle- zioni di Cunningham, India Office, Petrowicz, che accrebbero il materiale da studio, rendevano necessario un lavoro d'in- sieme. A questo bisogno degli studiosi risponde oggi il Catalogo del Wroth. Se poi molti punti oscuri restano ancora insoluti, ciò dipende dal fatto che le monete partiche mancano del nome del re che le emetteva e dipende altresì dalla diffi- coltà di precisare i limiti di tempo, entro i quali è compresa la durata del regno di ciascuno dei re Parti. Il Numismatico muove dal presupposto che, avanti Fraate, i sovrani della Partia siano seguiti regolarmente l'uno all'altro; nulla però esclude la possibilità di regni contemporanei. Il dubbio ri- mane, perchè le monete di quel periodo anteriore a Fraate sono senza data. Certo è che nel periodo post-fraatico le BIBLIOGRAnA 48 1 monete con data ci rivelano l'esistenza di regni contempo- ranei, benché non ricordati o solo vagamente accennati dagli storici. Così nella cronologia dei varii gruppi di monete, come nell'assegnazione di questi ai varii sovrani partici, il Wroth introduce modificazioni e spostamenti radicali. Le monete, ad esempio, che dal Gardner e da altri sono attribuite a Mitri- date I, vengono assegnate dal Wroth a Mitridate II, per una ragione molto plausibile. Si è osservato, egli dice, che tutta la serie delle monete dei re Parti va distinta in due classi : la prima ha sul rovescio il re seduto sull'omphalos, la seconda lo ha seduto sul trono. Sulle più antiche monete il re siede sull'omphalos. Ora, avendo le monete dei re anteriori a Mitridate I il re seduto sull'omphalos e quelle posteriori avendolo sul trono, ne consegue, che la serie finora attribuita a Mitridate I, la quale ha le due rappresentanze, debba esser posta al termine della categoria di monete con l'omphalos e al principio di quella col trono. Con tale criterio il Wroth arriva a stabilire che la serie monetale finora attribuita a Mitridate I deve subire uno spostamento ed essere collocata dopo quelle di Fraate II e Artabano I, cioè devesi attribuire a Mitridate II. E notevole inoltre lo spostamento introdotto dal Wroth nelle serie monetali dei primi re Parti. Difatti con le scoperte di nuove monete non potevano più reggere le vecchie attri- buzioni del Gardner, e se questi conobbe solo tre varianti di leggenda sulle citate monete, che ripartì fi-a Arsace, fondatore del regno e Tiridate I suo successore, oggi si conoscono ben sei leggende diverse, che il Wroth ripartisce nel modo seguente. Le monete con la leggenda APIAKOY, che è presumibilmente la più antica, le assegna ad Arsace, fondatore del regno; quelle con BAIIAEflI METAACY a Fria- pazio e a Fraate I; quelle con APZAKOY e BAIIAEflI APIAKOY a Tiridate I e Arsace figlio di questo; quelle con GEOY al periodo tra Friapazio e Mitridate I. Inoltre la leggenda GEOTTATOPOZ, che si riscontra sulle monete di Alessandro I Baia (150-145 a. C), contemporaneo della 2* metà del regno di Mitridate I, comincia con le dramme di Fraate lì, figlio di Mitridate; ed infine la leggenda AYTOKPATOPOZ ricorre 482 BIBLIOGRAFIA probabilmente su monete di Sinatruces (77-70 a. C.) e più tardi su quelle attribuite a Tiridate II. Ricorderemo inoltre che fra i regni di Milidate II e Si- natruces il Gutschmid pose quello di Artabano II, la cui esistenza egli ricava da una ingegnosa emendazione di un passo di Giustino (Prol. 41). Il Wroth attribuisce a questo Artabano alcune monete (PI. Vili e IX) che il Gardner rife- risce a Fraate II; e questa diversa assegnazione è giustificata dal fatto che su tali monete il ritratto somiglia a quello di Sinatruces, che probabilmente fu figlio di Artabano II. Mi astengo dal rilevare le molte osservazioni nuove dell'A., le aggiunte e correzioni che egli fa ai lavori prece- denti. Rivendica ad Orode I alcuni tetradrammi che il Gardner, contro il parere del Longpérier, assegnò a Tiri- date II; sostiene l'opinione del Gardner, che di Vonones II non conosciamo alcuna moneta, quando invece il Gutschmid vorrebbe assegnare a questo re quelle monete, che il Gardner e il Wroth attribuiscono a Volagases I ; ed esclude la pos- sibilità della esistenza di un re di Partia, nominato Vola- gases II, che nessun testo ci autorizza ad ammettere. Da qualsivoglia punto di vista si consideri la Numisma- tica partica, essa rivela costantemente l'influenza della Nu- mismatica greca, così nelle denominazioni e nel peso delle monete (tetradr., dramme, trioboli, dioboli, oboli), come nelle date e nell'era (che è quella dei Seleucidi), nei tipi, nella epigrafia. Allo studio di questi diversi punti l'A. consacra gli ultimi capitoli della Introduzione, contenenti preziose osservazioni per la storia e la civiltà di questo popolo dell'e- stremo Oriente antico. E. Gàbrici. Rostoivzeiv (M.). Tesserarum Urbis Romae et Suburbi plum- bearum Sylloge. — Petropoli, MCMIII. — (Un volume in-4", di pag. XI-440, con 221 dis. nel testo; e con un atlante separato di 12 tav. in fototipia, di formato in-folio). Il Prof. Rostowzew, dell' Università di Pietroburgo, si è già reso benemerito della scienza per varie pubblicazioni speciali intorno a quella categoria ancora così poco studiata BIBLIOGRAFIA 483 di monumenti numismatici ch'è costituita dai " piombi „. Ci- tiamo di lui: Éhide sur les plotnbs antiques; Catalogne (in collaborazione col sig. Prou) des plotnbs ant., du moyen àge et de l'epoque moderne de la Bibliothèque naiionale di Pa- rigi; la descrizione dei piombi trovati nel Tevere e conser- vati nel Museo delle Terme Diocleziane (fatta in collabora- zione col Prof. Vaglieri ed inserita nelle Notizie degli Scavi); Tessere di piombo inedite e notevoli della collez. Francesco Gnecchi (pubblicate in questa medesima Rivista). Scritti anteriori su codesto argomento sono quelli di Fi- coroni, Garrucci, De Ruggiero, Scholz, ecc.; ma essi per lo più illustrano collezioni particolari, mentre il Prof. Ro- stowzew nella presente Sylloge si è proposto di dare, se non un Corpus completo, almeno un'opera che possa servir di base per la descrizione generale delle tessere romane di piombo. La vasta suppellettile contemplata nel suo lavoro, com- prendente circa 3600 numeri, è divisa dall'a. in varie cate- gorie, a seconda dello scopo e dei tipi: tessere pubbliche (ripartite in t. coll'effìgie e il nome degl'imperatori, con tipi militari, relative agli spettacoli, ecc.), tessere private (di collegi, d'artefici, di mercatanti, coi nomi o cognomi di privati, ecc.), tessere incerte (con immagini di deità, con corone o palme, con semplici leggende, ecc.). Di ciascuna tessera si descrive accuratamente il dritto e il rovescio, con l'indicazione del diametro in millimetri, con quella del museo o collezione principale che la possiede, e delle opere in cui è pubblicata. Segue in Appendice la descrizione di un certo numero di forme da colare le tessere ; l'opera è poi corredata di vari Indici utilissimi: indice epigrafico (ripartito per materie), in- dice dei tipi (deità, imperatori, uomini, animali, oggetti di- versi), indice per la concordanza del numero progressivo della Sylloge con quelli di altre pubblicazioni, ecc. Il libro è accompagnato da un atlante di dodici tavole in fototipia, nelle quali sono riprodotte circa settecento tes- sere e sei forme (i). Di altri dugento piombi meno ben con- (i) Confessiamo di non comprendere per qual motivo si sia scelto per l'atlante un formato diverso e che ne rende incomodo il maneggio. 484 BIBLIOGRAFIA servati sì dà nel testo il disegno, ricavato con ogni diligenza da calchi e fotografie. Quanto cammino ci separa dalle rozze tavole del Ficoroni ! In pari tempo della Sylloge latina, il Prof. Rostowzew ha pubbhcato un altro grosso volume, sempre sulle tessere romane di piombo, corredato di tavole, ma scritto in russo, e sgraziatamente inaccessibile quindi a chi stende questo cenno. Si presenta come un vero trattato sull'argomento, con introduzione antiquaria, filologica e storico-bibliografica, nonché con una rassegna particolareggiata delle collezioni pubbliche e private, paese per paese, con riferimenti ai re- lativi cataloghi, ecc. Per l'Italia sono ricordate: Roma (Museo Vaticano e Gregoriano, Museo Naz. delle Terme, Museo di Propaganda Fide, collezione Martinetti), Firenze (Museo Ar- cheologico), Milano (Gab. Num. di Brera e collez. Gnecchi), Perugia (Museo Municipale e collez. Bellucci), Catanzaro (Museo Provinciale), Torino (R. Museo di Antichità). Questa pubblicazione sussidiaria, così importante, — in russt), — ci sembra una nuova conferma indiretta delle idee che abbiamo creduto di poter manifestare intorno all'uso delle lingue nazionali negli scritti di Numismatica (i). Beninteso, ciò nulla toglie al merito dell'opera con tanta erudizione e tanto amore curata dal eh. Prof. Rostowzew. Solone Ambrosoli. Fritze (H. von). Zum griechischen Opferritual. AtpeoOai imd Koxa- axpéffisiv. _ Berlin (Georg Reimer), 1903. — (Un opusc in-4°, di pag. IO, con disegni nel testo). La trattazione di questo argomento fu suggerita ài eh. a. da una rappresentanza che s'incontra sulle monete di Ilio (intorno alle quali, com'è noto, il Dott. von Fritze ha steso una pregevolissima monografia). Su talune monete di quella serie, infatti, si vede rappresentata una rara forma di sagri- ficio, in cui si sospendeva una giovenca e se ne trafiggeva in tale posizione la gola. (i) Vocabolarietto pei numismatici, in 7 lingue (prefazione); e tema apposito presentato al Congresso Internazionale di Scienze storiche in Roma. BIBLIOGRAFIA 485 liiseliiue (C. N.). Collection Lischine, Monnaies grecques. Thrace: — Macom (Protat frères, imprimeurs), 1902. — (Un voi. in-8°, di pag. 166, con 24 tav. in fototipia). Nella breve prefazione, datata da Bayruth, l'a., che ha trascorso più di venticinque anni in Turchia, avverte che le monete componenti la sua collezione furono acquistate per la maggior parte nelle località stesse alle quali appartengono; ciò che accresce il pregio di questo catalogo, d'altronde assai diligente e munito di richiami alle opere di Mionnet, Miiller, ecc. Foville (Jean de). Médaillons romains acquis par le Cabinet des inédailles. — (Estr. dalla Revue Numismatiqtie di Parigi, 1903). Illustra due medaglioncini d'argento, l'uno di Domiziano, raro ma non inedito; l'altro di Adriano, inedito, che il Sig. de Foville, per considerazioni stilistiche e tipologiche, attri- buisce alla zecca d'Apamea di Frigia. Olcott (George N.) Notes on Roman coins. — (Un opuscolo di pag. 8 in 8.'' gr., con tavola in fotoincisione). — (Estr. dal- l'^ w^n'caw Journal of Numismatics di Boston, voi. XXX VII). Il Prof. Olcott, dell'Università di Columbia a Nuova York (" Departement of Latin „), è un fervido promotore della cultura classica nel suo paese, e anche in ispecie della Nu mismatica romana. Nella nostra lingua, ch'egli sa maestre volmente adoperare, egli così ci scriveva : * Mi interesso d " Numismatica Romana e sono lieto ogni volta che mi ca " pita uno scritto sull'argomento. Qui lontano dalle grand " collezioni e dalle fonti che le forniscono, manchiamo dei " vantaggi che si hanno in Europa : pure per quanto m " permettono i mezzi di cui posso disporre, cerco di richia " mare l'attenzione degli studiosi su questa materia. „ Il presente articolo, come altri da lui già inseriti nel- VAmer.Journ. of Numismatics, tende appunto a questo scopo. Esso si divide in due parti. Nella prima, l'a., dopo di aver rivolto ai raccoglitori americani di monete romane un caloroso invito perchè vogliano pubblicare le varianti da loro possedute alle opere di Babelon e Cohen, o almeno si pon- gano in relazione con lui per agevolare la identificazione delle dette varianti, passa a descrivere un tesoretto monetale, che 63 486 BIBLIOGRAFIA non presenta particolare interesse per la sua composizione, ma per la curiosa circostanza di essere stato trasportato in America da un contadino della Basilicata, il quale gli attri- buiva chi sa qual valore fantastico. Il proprietario non in- tendeva di venderlo, desiderando di conservarlo come una specie di " assicurazione sulla vita „ a favore di sua moglie; dopo diversi anni si decise tuttavia a lasciarlo esaminare dal Prof. Olcott. Si tratta di 58 monete d'argento; cioè di un didramma probabilmente di Turio, d'un paio di vittoriati, e pel rimanente di denarii e quinarii repubbl. rom., tutti più o meno comuni; che l'a., enumera con riferimento al Babelon. Nella seconda parte del suo articolo, il numismatico ame- ricano ci fa conoscere alcune varianti da Babelon, Bahrfeldt e Cohen (le quali formano parte della di lui raccolta e sono riportate in fotoincisione nella tavola annessa all'opuscolo), dimostrandosi benissimo informato anche delle più recenti pubblicazioni, come ad es. del Tratte des Monnaies grecques et romaines, e citando ripetutamente la nostra Rivista per gli scritti di Francesco Gnecchi e del Prof. Correrà. Pranzo (Augusto). Appunti di Numismatica Toscana dei se- coli XIII e XIV. — Firenze (Tipografia Bonducciana), 1903. — (Un opusc, di pag. 11 in-8°, per nozze Finzi-Servadio). Con accurate indagini nelle fonti letterarie, e con inge- gnose considerazioni storiche, il giovane numismatico toscano aggiunge all'elenco delle zecche della sua regione i quattro nuovi nomi seguenti : Sant'Iacopo in Val di Serchio, Riglione e Spedaluzzo, Rifredi, Romena. Correzione numismatica ad un paragrafa del Vocabolario della Crusca. — Firenze (Tip. Galletti e Cassuto), T903. — (Un opusc. di pag. 7 in-B", per nozze Aruch-Mondolfi). Intorno alla voce cotale usata dal Varchi, e registrata dalla Crusca come nome di un'antica moneta fiorentina. Castellani (G.). Lo scudo d'oro dt Paolo III, conio di Benvenuto Cellini. — Londra (Spink & son), 1903. — (Un opuscolo di pag 4 in-8**). — (Estr. dalla Numismatic Circular). Stabilisce con precisione quale sia veramente la moneta suddetta, dissipando un equivoco in cui caddero sinora quasi BIBLIOGRAFIA 487 tutti gli scrittori che si occuparono delle monete e medaglie celliniane, come il Friedlaender, l'ab. Ciabatti, l'Armand, il Plon e lo Heiss, cioè dal punto di vista artistico. " Se avessero fatto ricorso ai libri di numismatica propriamente detta „, — osserva a ragione il prof. Castellani, — "si sa- rebbero risparmiata V inesattezza che ho rilevata „. Bellacci (Ada). La Zecca di Terni. — Perugia (Unione Tip, Coop ). — (Un opusc. in-S", di pag. i6, con tavola). Breve monografìa documentata intorno ai pochi prodotti di questa effimera zecca papale del 1797. ditalini (Ortensio) Spigolature ìiumismaiiche : — I. Sestante di Carseoli. II. Gigliato di Roberto d'Angiò. III. Tesoretto di zec- chini del sec. XV. — Camerino (Tip. Savini), 1903 — (Un opusc. di pag. 15 in-S", con tavola). Il primo pezzo, con bipenne nel dr. e CAR nel rov., ap- partiene alla collezione del Generale Ricciotti Garibaldi. Il se- condo, proveniente dalla collez. Gnecchi (n. 3515 e tav. XXVII), ha una leggenda enigmatica, la quale sembra al Cav. Vita- lini rientrare " nel novero di quelle intenzionalmente con- fuse, all'unico scopo di eguagliare la grafia delle monete genuine „. Il tesoretto sommariamente descritto nella terza parte dell'opuscolo è costituito da monete papali, veneziane ed ungheresi. Perini (Quintino). // Congresso Internazionale di Scienze storiche in Roma. — Rovereto (Tip. U. Grandi e C), 1903. — (Un opusc. iu-8*>, di pag. 8). Relazione all'Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Agiati, in Rovereto. Rizzoli (Luigi) Jun. Il Museo Bottacin di Padova. Cenni storici e illustrativi presentati al Congresso Storico Internazionale di Roma, aprile mcmiii. Padova (R. Stab. P. Prosperini), 1903. — (Un eleg. opusc. di pag. 31 in-folio picc , con tavole, due delle quali riproducono in fotoincisione sigilli, monete e me- daglie). Il nome del munifico negoziante vicentino Comm. Ni- colò Bottacin è noto a tutti i cultori della Numismatica ita- 488 BIBLIOGRAFIA liana medioevale e moderna perla illustrazione che della parte relativa del Museo da lui donato al Municipio di Padova ci diede il valentissimo Kunz ut\ Periodico ée\ Marchese Strozzi. Nell'opuscolo che ci sta dinanzi, il giovane e solerte Conservatore attuale del Museo, Dott. L. Rizzoli jun., rias- sume le benemerenze dell'indimenticabile donatore e passa in rassegna le raccolte dell'importante istituto, soffermandosi con particolar compiacenza sulle due collezioni numismatica e sfragistica. Questi cenni storico-statistici, come nota l'a., formano parte di un'assai piii copiosa illustrazione di tutte le raccolte del Museo Padovano, presentata al Congresso dal Direttore Prof. Andrea Moschetti mercè l'aiuto del Comune e di molti volonterosi cittadini. Per la storia della zecca carrarese in Padova. — Padova. (Tip. G. B. Randi), 1903. — (Un opusc. in-8°, di pag. 14). Sette documenti tratti dalle minute originali conservate in guell'Archivio notarile. I sigilli nel Museo Bottacin. IX. - Padova (Soc. Cooper. Tipografica), 1903. — Un opusc. in-S", di pag. 25, con 3 tav. in fotoincisione). Continuazione dello studio accurato che l'a. va pubbli- cando da tempo nel Bollettino del Museo Civico di Padova: Notevole anche una grande impronta di sigillo de' Car- raresi, riprodotta essa pure in fotoincisione nel testo. L'a., pro- penderebbe a ravvisarvi quella di un sigillo che il Prof. Gloria deplorava di non aver potuto trovare, ma che cita nel suo lavoro intorno ai diplomi dei Principi da Carrara. Coppa d'argento ornata di monete romane antiche. — Padova. (Soc. Coop. Tip.), 1903. - (Un opusc. in-8", di pag. 8, con fotoincisione). Appartiene anch'essa al Museo Bottacin, dal cui Bollet- tino è tolta egualmente questa succinta illustrazione. La coppa, d'argento dorato, è lavoro tedesco del Se- colo XVL Vi sono incastonati 45 denarii romani, repubblicani ed imperiali, che il Dott. Rizzoli descrive partitamente in ap- pendice al suo cenno. S. A. BIBLIOGRAFIA 489 Joseph (P.) und Fellner (E.). Die Munzen voti Frankfurt am Matti nebst eitier miitizgeschichtlicheti Einleitutig und mehreren Avhdngen, bearbeitet das Mittelalter von Paul Joseph, die Neuzeit von Eduard Fellner, mit 75 Tafeln Lichtdruck und 52 Zeichnungen im Texte, 681 Seiten. — Frankfurt a. Main, A.Oster- rieth, 1896. Supplemeutbaud mit 11 Tafeln Lichtdruck und 5 Abbildungen im Texte. Seite 682-874. ~ Frankfurt am Main, A. Osterrieth, 1903. Sono lieto di annunziare la pubblicazione di un'opera grandiosa che illustra le monete coniate nella zecca di Franco- forte sul Meno dalle sue origini fino ai nostri giorni. E uno splendido volume, che col supplemento conta 874 pagine di stampa nitida ed elegante, ornata di 86 tavole in fototipia di una esecuzione perfetta. Gli illustri autori sono antiche nostre conoscenze nel campo numismatico; il primo è inoltre direttore della Frank- furter Munzzeitimg. Essi si suddivisero il lavoro in modo che Joseph si assunse la trattazione del medioevo, Fellner s'occupò dell'età moderna e delle medaglie. Gli egregi autori seppero svolgere il loro tema con grandissima maestria in modo da non trascurare alcuna parte della vastissima materia; essi composero un lavoro scrupoloso fino alle cose più minute, che è una dote speciale dei letterati tedeschi. Dopo una breve prefazione nella quale ci dicono, che dopo la comparsa della Chronica del Lersner, cioè da 150 anni in qua, le monete di Francoforte non furono più illustrate nella loro integrità, danno mano a questo poderoso lavoro entrando subito nel campo scientifico. Il primo capitolo è dedicato a brevi cenni storici e al diritto della monetazione. Francoforte era città imperiale già dai tempi di Carlo Magno fino al 1806, quando Napoleone I la consegnò ai principe vescovo di Magonza. Nel 1815 ebbe di nuovo la sua indipen- denza, e dal 1866 in poi essa fa parte del regno di Prussia. Le monete uscite da questa zecca, fino dai primi tempi al 1806, sono di stampo imperiale, dal 1806 al 1813 appar- tengono al principe vescovo di Magonza, e dal 1815 al 1866 portano il titolo di città libera. La prima menzione di una monetazione in Francoforte è registrata nel documento del- 490 BIBLIOGRAFIA l'imperatore Enrico VI del 1194, documento che è riportato per intiero dagli egregi autori, mentre i seguenti che vanno dal 1235 al 1857 sono semplicemente riassunti e commentati. Il seguente capitolo tratta della monetazione, dei conteggi e del valore delia moneta. La prima moneta coniata è il denaro, fatto secondo la marca di Colonia, la quale era composta di tredici soldi e quattro denari ; noto per incidenza che occor- revano tre denari di Colonia per fare un grosso tornese. La marca di Colonia pesava grammi 233.855, cosicché ogni denaro, che era la '/leo parte, doveva essere del peso di grammi 1.460. I denari di Colonia si coniarono soltanto per breve tempo nel secolo XII, sebbene abbiano avuto corso per molti secoli, e furono sostituiti da denari levts moneta, dodici dei quali formavano il soldo e 240 la lira, identica base come da noi la lira carolinga, e si trovano menzionati nei documenti della fine del 1200, libra denariorum levium monete frankenvordensis, tres solidos et sex denarios leves monete frankenvordensis. Un' altra moneta venuta alla luce verso il 1300 era lo Heller, (moneta Hallensis) dalla città di Hall, dodici dei quali facevano il soldo; nel secolo XIV gli Heller perdettero di valore, cosicché soltanto nove ne occorrevano per fare il soldo e 180 per una lira. Gli Heller ebbero corso in tutta la Germania e nella Svizzera fino al secolo XIX, quando appunto furono soppressi. L'unica moneta d'oro era il fiorino, imitazione del fiorino d'oro di Firenze. Questo .fiorino d'oro, che vide la luce per la prima volta in Firenze nel 1252, dopo che i Fiorentini ebbero riportato la vittoria nella guerra contro i Senesi, per il gran credito che godeva, ebbe numerose imitazioni special- mente in Germania, cattivo esempio, che fu poi imitato su vasta scala, a scopo di lucro, da vari signorotti italiani, spe- cialmente del Piemonte e del Mantovano. L'autore Joseph si ferma a lungo con la pazienza e passione propria dei veri dotti a discutere per poter conchiudere a chi si debba attri- buire la coniazione del fiorino, che venne in corso col nome del re Carlo e del re Lodovico, senza nome di zecca. I fiorini coi nomi di questi due re sono stati attribuiti da alcuni ai re d'Ungheria Carlo Roberto (1308-1342) e Lodovico (1342 BIBLIOGRAFIA 49I 1382), mentre altri sono dell'opinione, che essi appartengano a Lodovico il Bavaro (1328-1347) e Carlo IV (1347-1378). La questione in parola non è stata ancor difinitivamente risolta. Probabilmente parte di questi fiorini si riferiscono ai re allemani e sono usciti forse dalla zecca di Francoforte. Il primo fiorino coniato con certezza nella zecca di Francoforte è del re Ruperto (1400-1410); d'allora in poi i suoi successori continuarono l'emissione fino all'epoca di Carlo ¥(1519-1556). Un'altra moneta uscita dalla medesima zecca è il tornese, moneta che fu coniata per la prima volta nel 1266 col nome di Lodovico il santo (1226-1270) nella zecca di Tours, donde l'origine del suo nome. Era una moneta di buon argento, 58 delle quali formavano la marca di Troia, del peso di grammi 245, per cui ogni esemplare doveva avere il peso di grammi 4.224. Questa moneta ha trovato imitatori in quasi tutta l'Europa, dall'Italia alle provincie del nord. Fu imitata anche nella zecca di Francoforte ed ebbe corso insieme col grosso di Praga, moneta emessa verso il 1300. Settanta grossi di Praga formavano la marca di Praga del peso di grammi 253.222 al titolo di 893 millesimi di fino, ond'è che ogni grosso doveva pesare grammi 3.617. Anche Vesterlino, moneta inglese, pas- sata poi nel Belgio e modificata colla figura del leone fu imitata a Francoforte; e non solo monete, ma anche tessere furono coniate nel medioevo in quella città. Nell'età moderna un ordine monetario emesso nel 1551 dall'imperatore Carlo V prescriveva, che le monete uscite dalle zecche imperiali dovessero portare da una parte l'aquila imperiale. Francoforte si uniformò a questo ordine e coniò il tallero e il fiorino d'oro coll'aquila, il primo fino alla metà del secolo XVII, il secondo fino alla sua cessazione nel 1622. Durante la rivoluzione monetaria del 1620- 1623 (Kipperzeit) incominciò una nuova epoca nella quale si emisero molte monete imperiali di varie specie. Fra le monete imperiali del 1633 al 1856, si coniò pure il ducato d'oro, che, sebbene non fosse moneta ufficiale, ebbe gran valore dopo la guerra dei trenta anni. Al capitolo sulla monetazione segue la descrizione delle numerose monete. Le quali incominciano col nome di Fede- rico I imperatore (i 152- 1 190). Mancavano finora le monete dei 492 BIBLIOGRAFIA due re germanici Enrico VI (1190-1197) e Filippo (1198-1208). Fu perciò una vera fortuna che il chiarissimo autore potesse studiare le monete bracteate del ripostiglio di Wetterau, perchè con uno studio paziente e minuzioso arrivò a riven- dicare alla zecca di Francoforte molte di quelle monete, che appartenevano ai due suddetti re. La serie delle monete imperiali continua senza interruzione durante il medioevo. Dell' età moderna si occupò E. Fellner. Tutte le monete e medaglie sono classificate una per una in ordine cronologico con rara diligenza ed esattezza, incominciando dalla fine del medioevo fino al 1895. Monete e medaglie sono pubblicate insieme. A me sembra che sarebbe stato molto meglio divi- dere la voluminosa opera in due volumi, pubblicando nella prima parte le monete, nella seconda le medaglie e tessere. Fra le monete moderne troviamo descritti due talleri sconosciuti, coniati nella zecca franco-italiana di Carlopoli, che apparteneva al ramo dei Gonzaga di Rethel, e fatti ad imita- zione di quelli di Francoforte. Le monete, medaglie e tessere descritte in questo volume arrivano alla bella cifra di 2016; gli egregi autori non si contentarono per questo di dormire sugli allori ottenuti dalla loro pubblicazione, apprezzata nel suo giusto valore anche dal governo germanico, il quale conferì ai chiarissimi autori una ben meritata onorificenza; essi continuarono le loro inda- gini, le quali portarono alla pubblicazione d'un supplemento di circa 200 pagine accompagnato da 11 tavole e da molte figure intercalate nel testo. Con questa nuova pubblicazione le monete e medaglie uscite dalla zecca di Francoforte arri- vano al numero di 2550. Rovereto, nel dicembre i^oj. Q. PERINI. yivi'AeruWe (F.). Les wédailleurs fran(^ais du XV^ siede ari milieu du XVII.'^ - Tome premier: Introdttction et documents. — Tome second : Catalogne des médailles ctdesjetons. — Paris, Imprlm. nationale, 1902. — (In-4", rispettiv. di pag. clxxviii 630 e 267). — 'Nella Colleclion de docunients ine'dits sur l'histoire de Francc piibliés par les soins du Ministàr de V lustriictioii publique). Un grande lavoro sulla storia degl'incisori di monete e dei medaglisti francesi era stato intrapreso dall'incisore gè- BIBLIOGRAFIA 493 nerale della Zecca, A. Barre, il quale morì tuttavia nel 1878 senza poter colorire il suo disegno, che aveva tratteggiato in una notizia edita due anni prima neWAnnuaire de la So- ctété frauQaise de numismatique. Ad una piccola parte di questa storia, — dice modesta- mente il Sig. Mazerolle, — sono dedicati i due volumi ch'egli pubblica per incarico del Ministero dell'Istruzione e delle Belle Arti. Il primo volume contiene una ingente quantità di mate- riale d'archivio, ripartita in ordine cronologico per nome d'ar- tista; con due appendici, l'una di documenti che riguardano gl'incisori parigini di gettoni, l'altra consistente in un elenco di punzoni, matrici, ecc. Questo volume è preceduto da una vasta introduzione storica, con una copiosa bibliografia spe- ciale. Nel secondo volume si descrivono minutamente le me- daglie e i gettoni, pure in ordine cronologico, artista per artista, con un elenco dei motti o leggende e con un indice particolareggiato. Un'opera coscienziosa, insomma, che fa molto onore al solerte archivista della Zecca di Parigi. I^enzi (Furio) Bibliografia medaglistica inglese. — Orbetello, 1903 Breve elenco di pubblicazioni concernenti la Medaglistica inglese moderna, estratto dal Bollettino di Numismatica di Milano. Balli (Emilio). Catalogo del medagliere esposto a Bellinzona nelle feste centenarie dell' Indipendenza Ticinese. — Locamo (Tipo- grafia Alb. Pedrazzini), 1903. — (Un opusc. in-8" picc, di pag. 60). Nell'occasione delle Feste Bellinzonesi delle scorso set- tembre, il nostro socio Sig. Balli, di Locamo, presentava al pubblico un " medagliere ticinese „, raccolto affrettatamente se si vuole, ma con intelligente amore da parte di lui e con patriottico slancio da parte delle molte persone che gli affidarono preziosi documenti numismatici di loro spettanza. Il catalogo ch'egli ne ha compilato e dato alle stampe col sottotitolo: Contributo di Numismatica Ticinese, non varrà soltanto a richiamare con maggior precisione i ricordi di chi, 63 494 BIBLIOGRAFIA come noi, ebbe la fortuna di poter esaminare a Bellinzona (sia pur fuggevolmente) il medagliere esposto, ma anche e meglio a servire, — come appunto ne esprime il desiderio il compilatore, — di " primo passo ad uno studio più com- pleto ed esatto del materiale ancora rintracciabile „. Nel catalogo si descrivono le poche monete del Canton Ticino, nelle loro principali varietà, e due centinaia di me- daglie, fra le quali primeggiano per numero quelle dei Tiri a segno. Catalogo sommario della collezione E. Mattoi. — Milano (Stab. Ti- pografico Kettlitz), 1902. — (Un opusc. in-8'^, di pag. 27}. Il Sig. Ed. Mattoi è un appassionato raccoglitore, che ha saputo riunire una ricca e pregevole collezione di me- daglie moderne relative ad uomini e donne illustri. Il presente catalogo, benché affatto sommario com'è di- chiarato nel titolo, riesce assai interessante per chi si oc- cupa di tali serie, a motivo non solo della opportuna divi- sione in varie categorie di persone ma anche dell'aggiunta per ciascuna medaglia del nome dell' incisore. Comandini (Alfredo). V Italia nei Cento Anni del Secolo XIX, giorno per giorno illustrata. — Milano, Antonio Vallardi editore. La Numismatica prosegue ad avere una larga parte in questa vivace ed interessante pubblicazione. Nelle dispense 35'*-4o*, che abbracciano il periodo dall'anno 1836 al 1842, notiamo infatti le seguenti riproduzioni : Medaglia commemorativa per la posa della prima pietra in Torino del monumento alla Consolata per la liberazione dal cholèra (Collezioni Johnson e Mattoi in Milano); med. conferita da Gregorio XVI ai vigili (pompieri) di Roma per le esercitazioni in Vaticano (Collezioni suddette); med. annuale (VI) di Gregorio XVI allusiva all'ampliamento del porto di Civitavecchia (Collez. Johnson); francescane (scudo) di Leopoldo II di Toscana; med. votiva di Brescia pel cholèra del 1836 (Coli. Johnson e Mattoi); medaglione votivo di Modena per la stessa occasione (Coli. Johnson); med. decretata a Maria Luigia dagli Anziani di Parma; me- daglie decretate da M. Luigia per i benemeriti della sanità pubblica e del principe e dello stato (Collezioni Ratti e Clerici); placca (lu rame dorato) di Guardiano di Sanità Marittima nello Stato Pontificio (Coli. Ratti); croce di S. Lodovico per il Merito Civile, istituita dal duca Carlo Lodovico di Lucca; med. coniata nella zecca di Napoli per la consacra- zione del tempio di S. Francesco di Paola (Coli. Johnson); med. ai Dragoni di Parma pei venti anni di servizio (Coli. Ratti e Clerici); scudo di Gregorio XVI; med. per le seconde nozze del re Ferdinando II di Borbone con Maria Teresa arciduchessa d'Austria (Coli. Johnson); med. commemorativa per la costruzione dei ponti in ferro sospesi sull'Arno, •BIBLIOGRAFIA 495 a Firenze (Coli. Johnson e Mattoi); tallero di Ferdinando I, coniato in Milano; med. della Regia Società del Tiro a Segno, Torino, 1837 (Coli. Johnson); med. speciale coniata nella zecca di Roma per l'inaugurazione del Museo Etrusco Gregoriano, e med. annuale (VII) di Gregorio XVI allusiva all'apertura dei detto Museo (Coli. Johnson e Mattoi); mon. d'arg. da L. 2 di Lucca; med. di M. Luigia pel rifacimento del ponte sull'Arda; med. fatta coniare dal principe Massimo nel 1837 per la morte della madre, Cristina di Sassonia, e della moglie. Maria Gabriella di Savoia (Coli. Clerici); med. pel tempio votivo decretato dalla città di Chiavari alla Vergine per la cessazione del cholèra (Coli. Johnson e Mattoi); med. commemorativa per la fondazione del Monte Sete in Milano, fatta incidere e coniare in Francia dal fondatore Gius. Welz (Coli. Johnson e Mattoi); med. di Gregorio XVI per a fondazione della privilegiata Società Pontificia di Assicurazioni (Coli. Mattoi); monete frazionali d'arg. di Gregorio XVI; med. di M. Luigia per il ponte nuovo sul Nure; med. papale annuale (anno VIII di Greg. XVI) allusiva alla costruzione in Roma dell'edificio per la Posta (Coli. Johnson); med. commemorativa per l' inauguraz. del monum. ad Alessandro Volta in Como; med. ufficiale per l'incoronaz. di Ferdin. I in Milano; med. allusiva all'amnistia data da Ferd. I il 6 sett. 1838 (Coli. Clerici, Ratti e Mattoi); lira e mezza lira austriache dette " del Giuramento „, coniate e messe in circolazione in Milano e nel Regno per l'mcoronaz. di Ferdinando; med. per il collocamento della prima pietra della diga di Malamocco; med. di Carlo Alberto per rinauguraz.(i838) del mon. ad Eman. Filiberto in Torino; med. coniata in Milano per la fondaz. del tempio di S. Carlo (29 die. 1838); placca da postiglione, sotto Ferdin. I (Coli. Ratti); med. coniata a Rio Janeiro pel viaggio del principe Eugenio di Carignano al Brasile; med. d'arg. per premio all'industria, in Milano (esemplare conferito a Luigi Belloni, per molle da cocchio); med. annuale (IX) di Greg. XVI allusiva alle canonizzazioni compiute il 26 maggio 1839 (Coli. Clerici); med. pel compimento del f)onte C. Alberto a La Calile (1839) (Coli, suddetta); medaglie mauriziane per i dieci lustri di carriera militare; med. fatta coniare dal Municipio di Pisa e distribuita in ricordo ai membri del I Congresso dei Naturalisti Italiani (Coli. Johnson); " impronti delle valute d'oro e d'arg. al corso legale „ da un almanacco per l'anno 1840; fiorino di Toscana, dello stess'anno; med. coU'effigie di Luigi Manfredini, incisore (Gabinetto Numismatico di Brera); med. papale (.K) allusiva all'erezione del nuovo edificio per le finanze in Roma, a Ripetta (Coli. Clerici); med. fatta coniare da Carlo Alberto in commemoraz. dei Ì3eati di Casa Savoia; med. fusa in Modena per la morte della duchessa Maria Beatrice (1840) (Coli. Mattoi); med. fatta coniare da Carlo Alberto per il II Congresso degli Scienziati Italiani, tenutosi in Torino nel 1840; monete d'arg. di Ferdin. II, re delle Due Sicilie (1840); med. di Gre- gorio XVI per la Guardia Civica in Roma (1840) (Coli. Johnson); med. in onore di Pietro Metastasio, Ennio Quirino Visconti e Bartolomeo Pinelli; med. per il collocamento della prima pietra del ponte ferroviario sulla Laguna a Venezia (Coli, Clerici); med, annuale (XI) di Greg. XVI, allusiva al restauro dell'arco di Porta Maggiore a Roma (Coli. Mattoi); med. fatta coniare dalla municipalità di Perugia per ricordare la visita di Greg. XVI alla città (Coli. Johnson); med. fatta coniare dal granduca Leopoldo II per il III Congresso degH Scienziati Italiani, in Firenze, inaugurandosi la Tribuna di Galileo (Coli. Mattoi); decorazione dell'Or- dine dello Sperone d'oro, ripristinato da Greg. XVI; med. commemo- rativa dei restauri alla tomba di Carlo FeUce in Altacomba, fatti per ordine della sua vedova Maria Cristina; med. (fusa in piombo) comme- morativa della prima rappresentazione dello Stabat Mater di Rossini, in Bologna, 1842 (Coli. Mattoi); med, (di Torino) per le nozze di Vitt. Eman. duca di Savoia con M. Adelaide arcid. d'Austria; id. (med. di Milano). 496 BIBLIOGRAFIA Bertarellf (Achille). Iconografia napoleonica, ijqó 1799. Ritratti di Bonaparte incisi in Italia ed all'estero, da originali italiani. Milano, Tip. Umberto Allegretti, 1903. — In-4, di pag. 70, con cinque tavole in rame. — (200 esemplari fuori commercio, pubblicati per la VI Riunione della Società Bibliografica Italiana, Firenze, ottobre 1903). Anche in questa splendida monografia, — (nella prefa- zione della quale, sia detto incidentalmente, si accenna con meritate parole d'elogio al pregio iconografico della pubbli- cazione del Doti. Comandini), — la Numismatica non è dimen- ticata. Veggansi i NN. : 15 (med. con testa di Bonaparte a dr., e: viva la nazione), 38 (med. la ligvria riconoscente), 39 (med. per la costituzione della Rep. Cisalpina), 40 (med. all'italico). S. A. Ambrosoli (Solone). Manuale di Numismatica, III edizione. — Milano, U. Hoepli, 1904. Se è vero — come mi pare debba essere — che il diffondersi dei libri elementari segna un progresso negli studii, è indubitabile in Italia un rifiorimento degli studii numismatici. In nessun' epoca come in questi ultimi anni e, aggiungerei anche in nessun paese, si vide tanta abbondanza di manuali elementari, nel campo dei nostri studii, né si vide un così rapido esaurirsi e succedersi di edizioni. E molto che in un campo relativamente così ristretto come la Numisma- tica si esauriscano in quattro o cinque anni 2000 copie di un manualetto elementare. E moltissimo che, dopo un altro pe- riodo di pochissimi anni, dalla seconda Edizione si passi alla terza, e questa è la sorte toccata al manualetto dell'Ambrosoli, sorte che ne forma per sé stessa il miglior elogio. Se quindi, mi sono rallegrato cordialmente coll'amico e collega per la seconda, ripeto ora più solennemente i miei rallegramenti per la terza, augurandomi che questo seme di scienza abbia a fruttificare a suo tempo, dando vita a novelli studiosi i BIBLIOGRAFIA 497 quali saranno maturi allorché l'attuale generazione sarà de- crepita o tramontata! La nuova Edizione del Manuale Ambrosoli non offre molti cambiamenti dalla seconda, come avvenne fra questa e la prima.... segno che siamo tanto più vicini alla perfezione. Le illustrazioni furono di molto aumentate, il che è assai giovevole per un libro elementare. Vi venne introdotto un indice bibliografico, che può in certo modo servire di biblio- grafia numismatica contenendo quanto basta per chi è prin- cipiante, e vi venne pure aggiunto anche un prontuario latino in ossequio ad un voto espresso nell'ultimo Congresso storico di Roma, che cioè nelle opere di numismatica classica, qua- lunque ne sia la Hngua, la descrizione delle monete venga fatta in latino ; voto che è sperabile sia osservato per poter capire di certe pubblicazioni almeno qualche piccola cosa. Ora, che sventuratamente la lingua latina, come lingua scien- tifica, venne abbandonata, un povero infelice che vuol tenersi in giornata di quanto produce la scienza mondiale, non può più accontentarsi di conoscere le quattro lingue principali ; ma dovrebbe conoscere lo spagnuolo, il portoghese, l'olan- dese, il russo, il greco moderno e non so quante altre lingue, perchè un falso patriottismo fa sì che ognuno vuole adoperare la propria. Se si vorrà usare la latina almeno per le descrizioni, come ha fatto recentemente l' amico Rostowzew per la sua opera sui piombi romani, sarà per noi tanto di guadagnato. Rinunceremo al testo e ai commenti dell'autore; ma almeno potremo prender cognizione della parte descrittiva, per la quale il piccolo vocabolarietto del Manuale AmbrosoH può essere di sufficiente aiuto anche per chi non conosce o conosce troppo poco il latino. F. G. 498 BIBLIOGRAFIA Beker (F.) & Leoni (G.), Banchi, commercio, industrie, ricchezze e sistema monetario degli Stati Uniti del Venezuela. Torino, Tip. P. Ce- lanza, in-4. Correrà (Luigi), Le più antiche monete di Napoli. Napoli, Tip. A. Tessitore, 1902, in-8, pp. 16. Catalogo della Collezione Priamo Levi di Bologna di monete italiane, medioevali e recenti in vendita all'asta amichevole per cura di Rodolfo Ratto da farsi in Milano a cominciare dal io novembre 1902. Genova, Stab. tip. fratelli Pagano, 1902, in-8, pp. 130, con 7 tav. 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Tello, 1903, folio 141 pag. con fototipias. Trapeznikov (A. E.), Katalog monet tchekannenykh v Rossii s 1699 pò 1902 g. (Catalogne des monnaies frappées en Russie de 1699 à 1902). Saint- Peter sbourg, imp. Krovitskii, 1902, in-8, pp. 104 et pi. Del Mar CAlex.), History of money in the Netherlands. Cambridge, Encyclopaedia C." 1902, in-8, pp. 36. Del Mar (Alex.), History of money in England and other states. Cambridge, Encyclopaedia, 1902, in-8, p. 400. Laughlin (I. Laurence), The principles of money. New York, Scribner, 1903, in-8, pp. XIV-550. Scott (W. Amasa), Money and banking: an introdiiction to the study of modem currencies. New York, Holt et C", 1903, in 8, pp. x-381. Gnecchi (F.), Roman Coins elementary Manual. II edition revised, corrected and amplificed, trauslated by the Rev. Alfred Wotson Hands. London, Spiuk, 1903. IVarren (H.), Story of the Bank of England: History of English Banking, and a Sketch of Money Market. London, Jordan, 1903, in-8, pp.258. Avebury (lord.), Short History of Coins and Currency. London, Murray, 1902, in- 12, pp. 148 e 125 ili. E. M. BIBLIOGRAFIA SOI PERIODICI. Bollettino dì Numismatica e di Arte della Medaglia, con un' Appendice archeologica e artistica. Periodico mensile del Circolo Numismatico Milanese. Direttore: Prof. Dott. Serafino Ricci. Milano, via Statuto, 25. Anno I. N. i. — Gennaio 1903. Ricci (S.). Due parole di programma. — La Direzione. // Circolo Numismatico Milanfse. — Statuto del Circolo. — Monti (P.) e Laffranchi (L.). / due Alassimiani Erculeo e Calerlo nella monetazione del bronzo. Note di numismatica romana imperiale [Con fotoincisioni nel testo]. — Grillo (G.). Varianti inedite alle Monete di Milano dei Fratelli Gnecchi. — Spigardi (A.). Pier" Antonio Micheli (lój^iyjj). Esposizione Intemaz. di Orticoltura in Firenze, i8j4 [Con fotoincisione]. — Elenco dei Soci. — La cattedra di Numismatica e Glittica al Collège de France. N. 2. — Febbraio 1903. Monti e Laffranchi. Contributi al Corpus Numorum; Monete impe- riali inedite della Collez. Pompeo Monti in Milano [Con fotoincisione]. — Ciani (G.). // nome di Corrado II sulle piìi antiche monete genovesi [Con disegno]. — Spigardi. Bibliografia medaglistica italiana moderna. — Ripostigli di monete consolari. — // Medagliere Trivelli, di Reggio Emilia. N. 3-4. — Marzo-Aprile 1903. Gnecchi (Franc). Del restauro delle monete antiche [Con fotoinc.]. — Monti e Laffranchi. Tarraco o Ticinum ■' [Con fotoincisione]. — Gnecchi (Erc). Cronaca delle falsificazioni. — Piccione (M.). Appunti numismatici: La coniazione delle monete suberate o foderate. Lo studio tecnico delle monete. — Grillo. Monete di Uri, Schwitz ed Unterwalden [Con fotoincisioni]. — Ricci. Una medaglia inedita in onore di Giambattista Camozsi-Vertova presso il R. Gabinetto Numismatico di Brera [Con fotoincisione]. — Spigardi. La medaglia al musicista Alfredo Catalani [Con fotoincisione]. — Congresso Intemaz. di Scienze storiche in Roma (Elenco dei temi e delle comunicaz. present. alia Sez. Numismatica del Congresso). — Guida Numism. universale, dei Fratelli Gnecchi (IV ediz.). N. 5-6. — Maggio-Giugno 1903. Ricci. // Circolo Numismatico Milanese al Congresso Internaz. di Se. stor. in Roma. — Monti e Laffranchi. Contributi al Corpus Numorum [Continuazione. — Con fotoincisioni]. — Grassi Grassi (A.). Delte mo- nete di Ventiniiglia erroneaìnente attribuite a Giovanni Rcquesens. — Grillo. Varianti ined, all'opera Mon. di Milano dei F.lli Gnecchi [Con- 64 502 BIBLIOGRAFIA tinuaz.]. — Spigardi. Bibliogr. medagl. ital. mod. [Contin. e fine]. — Arcari (P\). Sfragistica Cremonese. — Delle movete in corso. — Ripo- stiglio di circa 800 nton. rom. rinvenuto ne II' isola di Macronisi (Attica). — Ritrovamenti di J700 man. rom. a Croydon (Inghilterra). — Un ripo- stiglio di 400 man. rom. presso Orbetello [Comunicazione del Sig. Furio Lenzi]. — Monete d'oro puniche rinvenute in Sicilia (Selinunte). N. 7. — Luglio 1903. Ricci. // Circ. Num. Mil. al Congr. Internas. di Se. stor. in Roma [Continuazione] : // tema Dell' ordinamento delie collezioni di monete italiane medioevali e moderne. — Perini (Q.). Note di terminologia e cronologia monetaria. — Ceresole (G.). Per la conservazione delle bolle di piombo. Consigli pratici ai Soci. — Delle monete in corso. — Ricci. Notizie scientifiche e bibliografiche di Numismatica e Medaglistica : Il Me- dagliere Municipale al Castello Sforzesco. La Società Numism. Ital. e l'esportaz. delle monete. N. 8. — Agosto 1903. Ricci. Il Circ. Num. Mil. al Congr. di Roma. Il tema Dell'ordinam. delie coli, di mon. it. medioev. e mod. [Contin. e fine]. — Monti e Laf- FRANCHi. Le sigle monetarie della Zecca di " Ticinum „ dal 2']4 al J2S. — Ricci. / simboli, religiosi sulle monete e medaglie non papali. I. La Croce con gli strumenti della Passione su una moneta di Filippo II [Con fotoincisione]. — Gnecchi (K.). Uno scudo di Gian Battista Spinola, Principe di Vergagni [Con fotoincisione]. — Alti del Circolo: Estratti dai verbali. — Elezioni sociali pel 190J. N. 9-10. — Settembre-Ottobre 1903. Monti e Laffranchi. Le sigle monetarie della Zecca di " Ticinum „ [Contin. — Con fotoincisione e disegno]. — Grassi Grassi. Ancora delle monete di Ventimiglia [Con fotoincisione]. — Piccione. La tecnica delle falsificazioni : I coni. — Ricci. Le medaglie dello Stabilimento Johnson a Milano. I. I^ medaglia Gioberti [Con fotoincisioni]. — Bahrfeldt (M.). Ai Numismatici. Avviso. — Varietà (La collezione di S. M. il Re e gli studi pel Corpus Numorum Itaiiae. — Ritrovamenti di monete. — Il ripo- stiglio di Vigevano [circa 2500 picc. br. rom. di Costantino e de' suoi figli]). N. II. — Novembre 1903. SiMONETTi (A.). Appunti di numismatica turiense. — Gnecchi (E.). // " Cremonese „ di Cabrino l'ondulo. Marchese di Castelleone. — PERiNr. Anacronismo. — Piccione. Le patine [Con disegni]. — Ricci. Le ultime medaglie papali [Con fotoincisioni]. — Spiuakdi. Serie iconografica di illustri italiani (1H46). — Ricci. Bibliografia numismatica. — La collezione sfragistica Corvisieri. — L'album di riproduzioni di medaglie offerto ai nostri Sovrani in occasione della loro visi/a alhi Zecca di Parigi. — Lenzi BIBLIOGRAFIA 503 (F.). Bibliografia medaglistica inglese. — Le medaglie conunemorative della visita dei Sovrani alla Città e alla Zecca di Parigi. — I doni nu- mismatici offerii dal Ministro degli Esteri e dal Min. delle Fin., di Francia, ai nostri Reali. — Necrologio (Teodoro Mommsen). N. 12. — Dicembre 1903. Sambon (A.). Brevi osservazioni su alcune monete di Cuma [Con disegni nel testo]. — Monti e 1. affranchi. Monete rom. imper. inedite della collez. Monti in Milano [Continuazione. — Con disegno e fotoinci- sione]. — GioRCELLi {G.). L'ultima man, coniata nella Zecca di Casale Monferrato [Con disegno]. — Ricci. La medaglia in onore di Vittorio Bertarelli [Con fotoincisione]. — Gnecchi (Francesco). Sul modo di ma- neggiare le monete. — Questionario per lo studio dell' ordinamento delle Collezioni di monete italiane medioevali e moderne. — Varietà. — Nuova sede del Circolo [Il Circolo ha trasferito la propria sede in Via Filodram- matici, 4, al quale indirizzo dovrà essere d'ora innanzi inviato tutto ciò che riguarda l'Amministrazione del Circ. medesimo e la Redazione del Bollettino]. Revue Numismatique, dirigée par A. de Barthélemy, G. Schlum- BERGER, E. Babelon [Secrétaire de la Rédaction : A. Dieudonné). Paris, chez Rollin et Feuardent; 4, rue de Louvois. Quatrième sèrie. — Tome sixième. — Quatrième trimestre 1902. R0UVIER (J.). Les rois phéniciens de Sidon d'apr'es leurs monnaies, sous la dynastie des Achéménides [Continuazione e fine]. — Foville (J. de). Monnaies trouvées en Crete [Mon. donate al Gab. Num. di Parigi dal Sig. Gastone Arnaud-Jeanti. Appartengono ad Axos, Cnosso, Eleuterna e Lyttos di Creta, Histiaea d'Eubea, e alla Cirenaica romana. — Con illustrazioni]. — Mélanges et documents (Mowat: Supplément au Calai. descriptif des monn. et essais de répétition, — Lo stesso: Note supplémen- taire sur les monn. abrasées). — Chronique [Il furto al Gab. Num. di Marsiglia. Elenco delle mon. involate; con dis. del mezzo augustale di Carlo I d'Angiò e della quadrupla di Urbano Vili. — Indicazione di alcune opere recenti sulla storia economica dell'antichità, con accenno al lavoro del Cav. Forcella. — Mon. romane trovate neh' Indostan. — Le mon. zodiacali. — La medaglia per la riunione di Strasburgo alla Francia (carteggio del 1781). — Piombi. — Tessere. — Il Biographical dictionary of medallists del Sig. Forrer. — Società. — Congressi. — Istituz. della cattedra di Numismatica al " Collège de France „. Nomina del Sig. Babelon a titolare di essa. — Il " Circolo Numismatico Milanese „ fondato dal Prof. Serafino Ricci. — Le nuove mon. inglesi. Progetto di modificaz. delle mon, della Germania. — Le mon. di nichelio]. — Necro- logie. — Bulletin bibliographique [Babelon, Traile des monn. grecqites et romaines, 1" partie : Théorie et doctrine. — Joubin, La sculpture grecque 504 BIBLIOGRAFIA entre les guerres médiques et l'epoque de Péricles (Cenno abbastanza esteso, dovuto alla penna del eh. Prof. Babelon, intorno alla tesi di laurea d'un giovane allievo della Scuola frane. d'Atene, che già si è distinto per altri eruditi lavori e per il suo catalogo delle antichità del Museo Imp. di Costantinopoli. Un capitolo della pubblicazione di cui diamo il titolo è dedicato allo studio dei tipi monetali. " M. Joubin „, dice Babelon, " a cette supériorité, parmi notre jeune école d'archéologues, " d'avoir compris que la numismatique est véritablement la grammaire " des Sciences archéologiques et que les savants qui la négligent sont " des archéologues incomplets se privant volontairement, dans leurs " recherches, du guide le plus sur et le mieux informe.... M. Joubin est " entré dans la bonne voie en cherchant à faire largement profiter " l'archeologie monumentale des enseignements de la numismatique; " espérons qu'il aura des imitateurs) „. — Correrà, Le più antiche monete di Napoli (Cenno del Dott. Arturo Sambon). — Perini, Le monete di Verona (Id.). — Von,Loehr, Wiener Medailleure {Opera di lusso, in due voi. riccamente illustrati, intorno ai medaglisti contemporanei viennesi). — Elenco di nuove pubblicaz. numismat.]. — Périodiqnes. — Proces- verbatix de la Société fran^aise de numismatique. Tome septième. — Premier trimestre 1903. * MowAT (R.). Les médaillons greca du Trésor de Torse et les monnaies de bronze de la Communauté macédonienne [Con 3 tav., e con incisioni nel testo]. — Tacchella (D.-E.). Cinq rois des Getes [Nuovi acquisti del Museo Naz. di Sofia. — Con illustrazioni]. — Lo stesso. Monnaies d'argent autonomes d' Apollonia de Thrace [Con tavola]. — Foville (J. de). Deux médaillons d'argent romains récemment acquis par le Cabinet des médailles [Di Domiziano e d'Adriano. — Con disegni]. — Sambon (A.). Monnaies inédites de l'Italie antique (Dramma eginetica di Cuma al tipo della spoglia di leone fra due teste di cignale. — Dramma euboica di Cuma al tipo della testa muliebre. — Didramma di Neapolis con leggenda a sillabe trasposte. — Didramma primitivo di Taranto. — Tetrobolo arcaico di Terina. — Con disegni nel testo). — Mélanges et documents (MowAT, Ordonnance du 2 juillet 1816 sur le poinfonnage des écus fran^ais de six livres à tranche feuillagée [Con figure]). — Chronique [Vendite di monete. Fra le altre, notevole la vend. dei duplicati della serie greca del Gab. Num. di Berlino, come conseguenza dell'acquisto della celebre collez. ImhoofBlumer. Un decadr. di Siracusa, firmato da Eveneto, raggiunse all'asta il prezzo di 1675 marchi; un tetradr. di Reggio, 1540 m.; un tetradr. di Erice con Venere assisa e Amore fanciullo, 1350 m.; un magnifico didramma di Segesta col cacciatore e il cane accanto, 1275 m., ecc. Il Sig. Dieudonné, che scrive questo cenno sulle vendite, ricorda anche quella della collez. già appartenente al Sig. Bizot, conser- vatore del Museo di Vienna (Isère). Essa si componeva di un mezzo migliaio di mon. romane, quasi tutte in bronzo, e, se non rare, almeno benissimo conservate. " Il est fàcheux „, osserva giustamente il BIBLIOGRAFIA 505 Sig. Dieudonné, " que cette coUection de modèles ne soit pas restée " dans un musée de province, à la portée des jeunes gens dont elles " pouvait former I'ceìI et éveiller la vocation d'artiste ou d'érudit „. — Il tesoro d'Anadol in Bessarabia (ora nella quasi totalità al Museo dell'Eremitaggio a Pietroburgo). Si componeva d'un migliaio di stateri d'oro, di Filippo II, Alessandro Magno (290 varianti), Filippo III, Lisimaco (133 var.), ecc. Esso arreca un notevole aumento ai segni di zecca e monogr. registrati nella nota opera del Moller. — Nuovi acquisti del Mus. Britannico. — Svastica e triscele. — Tessere della chiesa di Lione. — Tessera di Pietro il Grande, per il riscatto del taglio della barba (con disegno nel testo). — La collez. del magg. Andrea Markl, acquistata dal Gab. Imper. di Vienna. Essa si compone di 5,808 mon. di Claudio li Gotico e Quintino, e la sua formazione costò trent'anni di ricerche (i). Questa collez., unita alle collez. Rhode (regno d'Aureliano), Kolb (regni di Tacito e Floriano), e Missong (di Probo), costituisce l'insieme più completo che sia mai stato riunito delle monete emesse fra il a68 e il 282 dell'Era volgare. — Il " Circolo Numism. Milanese „ e il primo numero del suo Bollettino. — La prolusione del corso di Babelon al " Collège de France „. — Nuove medaglie. — La placchetta di Vernon per le feste commemorative dell'Accademia di Francia a Villa Medici (" Au revers, un jeune pensionnaire qui, accoudé au balcon d'une • terrasse, regarde se dérouler devant lui l'admirable panorama de " Rome „). — Le nuove mon. di nichelio in Francia]. — Necrologie (Ponscarme, il decano degl'incisori frane, di medaglie. — Il prof. Hettner, dirett. del Museo prov. di Treviri. Gli si deve uno studio sui ripost, di mon. rom. scoperti nella regione renana]. — Bulletin bibliographique [H. voN Fritze, Die Mùmen von Ilion (2) (Recensione di Dieudonné intorno a quest'importante monografia, dal punto di vista soprattutto dei tipi mitologici). — Levasseur, Mémoire sur les tnonn. dti regne de Francois ler (Monografia completa e minuziosa delle monete battute sotto quel regno, dal 1515 al 1547. Essa è compilata con intendimenti prevalentemente economici, e con particolare riguardo alle mutazioni delle specie monetarie e alle fluttuazioni del loro valore. A questo proposito, giova qui riportare le parole con cui l'illustre A. deBarthélemy chiude il suo cenno: " Après avoir lu et relu ce travail dans lequel on " apprend beaucoup, et qui résumé tout ce qui a été écrit sur cette " période, on reste convaincu de la diflBculté, presque de l'impossibilité " qui se révèle lorsqu'il s'agit de répondre positivement à cette question " si souvent posée : quelle valeur un teston de Francois I^r, de méme (i) Il magg. Markl collaborò anche alla nostra Rivista. Veggasi l'art. : Peso e titolo degli atttoniniani di Claudio Gotico, e l' altro studio più esteso: Serdica o Antiochia? (trad. di S. A.), nell'annata lì (1889). (2) Cfr. Riv. 1902. a pag. 500-1. 5o6 BIBLIOGRAFIA " qu'un gros tournois de Saint Louis, aurait-il en la présente année? „). — Arnauné (dirett. dell'Amministr. delle Mon. e Medaglie), Rapport au Ministre des Finances, Septième année, 1902. — Elenco di nuove pubblic. num.]. — Périodiques. — Proc.verb. de la Soc. fr. de Num. Deuxième trimestre 1903. PoNCET (E.). Oboles de Marseille et mannaie à legende nord-étrusque, à propos d'une trouvaille faite pres de Valence (Dróme) [Con tavola]. — Blanchet. L'influence de l'art grec dans le nord de la Caule Belgique [Con disegni nel testo]. — Mowat. Contributions à la théorie des cantre- marques ramaines. — Babelon. L'iconographie nianétaire de Julien l'Apastat [Con 5 tav.]. — Mélanges et documents (H. de Gerin-Ricard et Arnaud d'Agnel, Découverte d'un trésar à Tourves en ij66). — Chronique [Vendita della collez. Ercole Gnecchi. Rassegna particolareg- giata del catal., con varie fotoincis. e con un elenco dei prezzi più notevoli raggiunti all'asta. — Soc. degli Antiquari di Francia. Studi del Sig. Maurice. — Il premio Allier de Hauteroche, conferito dall'Accad. delle Iscriz. e Belle Lett. al Sig. Maurice medesimo, pei suoi lavori sulla Numismatica del periodo costantiniano. — La collez. di mon. e med. papali legata dal Sig. van Schoor al Cab. Num. di Brusselles. — Nomina del Sig. Feder. Alvin a conservatore di quel Gab., in sostituzione del Sig. C. Picqué, che ha chiesto di esser collocato a riposo. — La quarta ediz. della Guida numismatica universale dei Fratelli Gnecchi (nella collana dei Manuali Hoepli). \J Internationales Adressbuch dei raccogli- tori e negozianti di antichità, quadri, oggetti d'arte e monete, pubblicato a Berlino dal Sig. Selig. — L'opera del Dott. de Dompierre de Chaufepié: Les médailles et plaqueites modernes]. — Necrologie [Luigi Blancard]. — Bulletin bibliagraphique [Imhoof-Blumer, Kleinasiattsche Miinzen (Recens. di Babelon). — Reinach (Th.), L'histaire par les monnaies. Essais de numismatique ancienne. — Besnier (Maurice), L'Ile tiberine dans fanti- quité. — BoRELLi de Serres, Les variations monétaires sous Philippe le Bel et les sources de leur histoire. — Fabriczy (Cornelius von), Medaillen der italienischen Renaissance (Estesa recens. di H. de la Tour, con un disegno della med. di Savonarola appartenente alla collez. Bode)]. — Périodiques. — Proc.-verb. de la Soc. fr. de Num. [Con disegni nel testo]. Troisième trimestre 1903. Tacchella. Monnaies de la Mésie inférieure. W suppl. au Corpus (i) [Con 3 tav.]. — DiEUDONNÉ. Monnaies grecques récemment acquises par le Cabinet des médailles. [Continuazione. — Frigia; Cilicia. — Con tavola, e con disegni nel testo]. — Rouvier. L'ere d' Alexandre le Grand en (i) Pick (B.). Die antiken Miinzen von Dacien und Moesien. Berlin, 1898. — Cfr. il cenno nella Riv., 1898, a pag. 617-18. BIBLIOGRAFIA Phénicie (note complémentaire) . — Parazzoli (A.). Nuntisntafique alexan- dritte. I. Le tnonnayage d' Auguste. II. Les monnaies des nomes. — Foville (J. de). Monnaies trouvées à Karnak [Aurei di Plautilla, Geta, Macrino; donati al Gab. di Parigi dalla Bar." Rothschild. — Con disegni]. — PrIìNet (Max). De quelques portraits sigillaires [Intorno al poco o niun valore iconografico di molti suggelli medioevali]. — Mélanges et docu- tnents (Foville, Sceau d" Athanase, patriarche de Constantinople [Con disegno]). — Chronique [Ripostigli. — Vendita della collez. Maddalena, di Napoli, all'hotel Drouot (Sigg. Sambon e Canessa). Un raro didramma della Campania fu aggiudicato per 780 franchi; un didr. di Metaponto, con una testa di belliss. stile, raggiunse 1.650 fr.; un tetradr. d'Agrigento, al tipo delle due aquile, 2.300 fr. — Vendita della coli. Charvet (Sigg. Rollin e Feuardent); notevole soprattutto per le sue imperiali d'oro di bella conservazione. Un aureo di Faustina madre, col rov. del pavone, toccò il prezzo elevato di 1020 fr. — Moneta ined. di Vendòme (con disegno). — Congresso Internazionale di Scienze storiche a Roma. Elenco dei temi e delle comunicazioni present, alla sezione numism. del Congresso. — Medaglie di Leone XIII (Con fotoincisioni). — Il Corpus delle mon. dei Nómi d'Egitto, intrapreso dai nostro egr. collaboratore Sig. Dattari, del Cairo. — La visita attesa di S. M. il Re d'Italia alla zecca di Parigi. — Monete (o, più esattamente, gettoni a mero valore rappresentativo, in sostituzione dei boni di cassa in carta) per la colonia francese della Guadalupa. Sono di nichelio, e recano una testa di Caraibo, incisa dal valente artista Patey. — I nuovi pezzi frane, in nichelio, da 25 cent., del medesimo incisore]. — Necrologie [Il medaglista Antonio SchariF, capo della nuova scuola viennese. — Il disegnatore Saint-Elme Gautier, che fornì per lunghi anni le illustraz. alla Revue"]. — Bulletin bibliogra- phiqtie [Hill, Coins of ancient Sicily (Diffusa recens. del Sig. Dieudonné). — Amardel, Les marques monéiaires de l'atelier de Narbonne au VI' siede. — Nuove pubblicaz. di num.]. — Périodiques. — Proc.-verb. de la Soc. fr. de Num. [Con disegni nel testo]. Gazette numismatique frangaise, dirigéepar F. Mazerolle et éditée par M. E. Bertrand, Chalon-s-Saóne, et par M^e J/ve R. Serrure, 19, rue des Petits-Champs, Paris. Année 1902. — 3"^ livraison. Mazerolle. Georges Dupré. Biographie et Catalogue de son oeuvre [Con ritratto e con tavola in fototipia]. — Jonghe (V* B. de). Un frane à cheval d'or énigmatique [Con fotoincisione nei testo]. — Lacronique (R.). Étude historique sur les médailles et jetons de VAcadémie royale de Chirurgie (ijji-ijgj) [Con 2 tav. in fotot.]. — Fayolle (A. E. de), Médailles et jetons municipaux de Bordeaux [Continuaz. — Con tavola in fotot.]. — Denise (H.). La discussion de la loi de Germinai an XI [Contin.]. — Comptes rendus [Recensione del Sig. Denise sull'opera di E. Levasseur 5o8 BIBLIOGRAFIA intorno alle monete di Francesco I.]. — Les périodiques. — Nouvelles diverses [La morte di L. Blancard. Complemento della sua bibliografia, dal 1899 in poi. — Inauguraz. del museo Daniel-Dupuis, a Blois, compren- dente tutte le opere di quel distinto medaglista. — La cattedra di Num. e Glittica al " Collège de France „, e la nomina del Prof. Babelon. — Congresso delle " Sociétés savantes „, a Bordeaux; con vari temi che interessano la nostra disciplina. — Il furto al Gab. Num. di Marsiglia; elenco delle mon. involate. — Notizie di recenti pubblicaz. num,]. 4* livraison. Mazerolle. V.-M. Borre/ (1804-1882). Biographie et Catalogne de san oeuvre [Con ritr. e 2 tav. in fotot.]. — Prou (M.). Notice de fexentplaire du regislre de Lautier, conserve à la Bibliothèque du Valicati. — Fayolle (De). Médailles et jetons municip. de Bordeaux [Contin.]. — Lacronique. Appendice à l'étude histor. sur les jetons de l'Acad. royale de Chirurgie [Con fotoincisione nel testo]. — Denise. Le concours de l'an XI [Contin. e fine. — Con 2 tav. in fotot. — Notizie interessantiss. di Num. napo- leonica]. — Lo stesso. La discussion de la hi de Germinai an X/ [Contin.]. — Comptes rendus [Relaz. del Sig. Creile, commissario per le monete nell'Amministraz. belga. Anno 1902]. — Les périodiques. — Nouvelles diverses [La morte di Ponscarme, decano dei medaglisti frane, contem- poranei. Era l'ultimo rappresentante dell'antica scuola degl'incisori di medaglie; tuttavia sin dal 1867, con una med.-ritratto di Naudet, seppe rompere in qualche modo le tradizioni, assurgendo quasi a precursore dell'arte moderna. — L'illustre Chaplain, membro dell'Istituto, nominato prof.-capo d'incisione in medaglie e pietre fine, all' " Ecole des Beaux- Arts „, in sostituzione del defunto Ponscarme. — Elenco dei prezzi più ragguardevoli raggiunti alla vendita della collez.Meyer(monete medioev. e mod.). — La Soc. Num. Ungherese. — Pubblicaz. recenti di Numismatica], Année 1903. — i'" livraison, RicHEBÉ (R). Jules-Marie- Augustin Chautard, 182^-1901. Biographie et bibliographie [Con ritr.]. — Raimbault (M,). Les médailles et les jetons des États de Provence, d'apres des documents inédits des Archives des Bouches-du-Rhóne [Con tavola in fotot.], — Fayolle (De). Médailles et jetons municip. de Bordeaux [Contin.]. — Denise. La discuss. de la loi de Germ. an XI [Cont.].- Koville (J. de). La gravure en méd. aux Salons de rpoj. [A chi giudicasse l'arte francese — dice il signor de Foville — dagli invii ai salons annuali, parrebbe evidente che la scultura e l' incisione in medaglie, dopo un brillante periodo, si trovino in Francia sul fatale pendìo della decadenza : i nostri grandi scultori sono morti o invec- chiano ; nessuno ha preso il posto di Chapu o Falguière, e i loro al- lievi, meravigliosi nell'esecuzione, non hanno ereditato l'ardore dei maestri per la ricerca originale e la sincerità espressiva. Quanto ai medaglisti, così affini oggidì agli scultori pei concetti e pel modo di BIBLIOGRAFIA 506 tradurli in atto, disdegnano senza dubbio i salons. Quest'anno, Chaplain, Roty, Vernon, Patey, Charpentier, Bottée non hanno esposto nulla. Altri, come Dubois, Pillet, Dupré non presentarono che opere secondarie. Se non si guardasse che agi' invii al salon, bisognerebbe concluderne che la nostra bella scuola di medaglisti rinunci a perseverare. Quelli che espongono, d'altronde, non brillano pel talento, e ancor meno per l'originalità ; nulla che riveli un gruppo d'artisti di vivace ambizione È con l'ardire del pensiero e con la sincera fiducia nel loro ideale, che Chaplain e Roty infusero nell'arte del medaglista quella nuova giovi- nezza che colpì rapidamente il gran pubblico. Essi seppero vedere la realtà e amare la bellezza : queste due qualità bastano per animare un vero artista ; ma quanti di coloro che si dicono loro allievi le pos- seggono ? Essi trovano certo più facile di non guardare la natura se non attraverso alle opere dei loro predecessori e di non riprodurre il bello se non secondo gli atteggiamenti d'una moda tosto volgarizzata. Gli è cosi eh' è ben raro di riscontrare nelle loro opere il senso del " vero „ e più ancora quella virtù così sempHce che è il " buon gusto „. Basta per convincersene una rapida visita al salon. Le me- daglie o placchette che consistono in ritratti, offrono spesso ancora un cerio merito, perchè l'autore è stato costretto ad aprire gli occhi, a considerare lungamente il suo modello. Nelle altre opere esposte, al contrario, l'allegoria più trita e sciupata si mescola in modo fastidioso ai soggetti moderni più comuni, più privi d' interesse. Auguriamoci, per la riputazione dell'arte francese, che i migliori tra i nostri meda- glisti non proseguano ad astenersi dall'esporre al salon, togliendo così quasi ogni attrattiva alla sezione delle medaglie. — L'esposizione più interessante è quella del signor Peter, il quale, oltre a due buoni ri- tratti, espone molte placchette fuse in bronzo, che rappresentano degli animali. Il signor Giorgio Dupré espone dei ritratti : quelli dell' incisore Mayeur e del musicista Mouquet, suoi compagni di Villa Medici ; e i profili accollati de* suoi genitori. Codeste opere, piene di coscienza e di giustezza d'osservazione, fanno presentire un medaglista di valore nel giovane autore del " Saluto al sole „ e della " Redenzione „ , che si era rivelato soprattutto come un'anima di poeta. E nel ritratto dei suoi genitori ch'egli ci parla con un accento più espressivo; s'indovina l'attenzione commossa che ha dovuto animare l'artista e sostenerlo nel suo lavoro. — Il signor Ovidio Yencesse ha esposto poco ; si deve menzionare tuttavia un " Seminatore „ assai vero ; e un ritratto di Ponscarme, il maestro ora defunto. — Il signor Gilbault è un ricerca- tore che ha del talento e si preoccupa di raggiungere un certo grado di novità ; gli manca tuttavia la visione caratteristica del vero, e il profilo di Coppée, ad esempio avrebbe potuto ispirargli un'opera più robusta. Ben ideata, e abilmente eseguita è per compenso la sua " Fi- latrice „. — 11 signor Enrico Dubois è fecondo. Ben riuscito il suo ri- tratto di Krilger ; e piacevoli quasi tutte le placchette che espone, benché manchi in esse un' originalità vigorosa. — Il giovane signor 65 5IO BIBLIOGRAFIA Coudray non ha ancora corrisposto alle speranze che il suo " Orfeo „, esposto al Grand-Palais nel 1900, aveva fatte nascere. — Il signor Jampolsky presenta delle placchette e un bassorilievo con una schiera di fanciulle danzanti, drappeggiate all'antica; sono lavori assai promet- tenti. — Notevoli inoltre le placchette rappresentanti una " Contadina „ e le " Vergini al Calvario „, esposte dal signor Dropsy; e i ritratti esposti dal giovane signor Exbrayat. — Da citare, infine, i medaglioni dello scultore Allourd, il buon ritratto del dott. Halle, eseguito da Pillet; quelli dei due incisori Deblois, eseguiti da Legastelois ; la " Danza dei fauni „ di Roiné, e la graziosa " Nonina Stroza „ diLechevrel; nonché i nomi dei signori Barluet (ritrattista), Berthet, Bricteux, Carlier, Crépet, Davin, Devenet, Fourcade, Hingre, Ugo Klingeisen, Lafleur, Lasserre, Lenoir, Lindauer, Giuliano Monier, Moreau, Morlon e Prud'homme, e della signorina Genoveffa Granger (i). — Alla Società Naz. di Belle Arti (continua il signor de Foville), pochissimi medaglisti. Il signor Vernier presenta un ritratto di Ferdinando Mazerolle, che conferma una volta di più il suo talento originale. Il signor Ringel d' Illzach (co- nosciuto specialmente per alcuni busti di cera dipinta) espone quest'anno de' medaglioni che ricordano quelli di David d'Angers. Per la maggior parte sono ritratti di artisti, e vi predominano i musicisti. Nemico del- l'arte tropppo minuziosa, l'autore ha ricercato soprattutto l'espressione; in ciascuna fisonomia egli accentua ciò che ha di veramente caratteri- stico, e poi tratta l' insieme con un fare assai largo ; questo metodo difficile è il vero. Se il signor Ringel d' Illzach era conosciuto come statuario, d'ora in avanti si dovrà ricordarsi di lui come medaglista]. — Mélanges [Momméja (J.). Les tableaux-médailles. — Ferdinand-Dreyfus. La médaille du 4 aoùt et le marche de la gravure passe par Liancourt\ — Les périodiques. — Nouvelles diverses [La morte di C. Jolivot. — Il ritiro del Sig. Picqué e la promoz. del Sig. Alvin a conservatore del Gab. Num. di Brusselles. — Il " Circolo Num. Milanese „, fondato dal Prof, Serafino Ricci, e il primo num. del Bollett. di Num. e di Arte della Medaglia. — La prolusione del Prof. Babelon al " Collège de France „. — La 4* ediz. della Guida Gnecchi, pubblicata dall'editore Hoepli]. Mazerolle. Les débuts de la Mannaie du Moulin. Aubin et Alexandre Olivier, conducteurs de la Monti, du Moulin [Con ritr. e con 2 tav. in fotot.]. — TouRNHUX (M.). La médaille du mariage de Louis- Auguste, dauphin, et de Marie- Antoinetle [Con tavola in fotot.]. — Fayolle (De). Méd. et jetons tnunic. de Bordeaux [Contin.]. — Denise. La discuss. d. l. loi de Germin. an XI [Contin.]. — Fayolle (De). Lettres relatives à des (i) Di questa valente medaglista contemporanea, allieva di Dubois, la Numismattc Circular del dicembre 1902 diede un cenno biografico, accompagnato da una placchetta auto-ritratto dell'artista. BIBLIOGRAFIA 51I méd. bordelatses. — Comptes rendus [Cenno sull'opera del Sig. J. T. de Raadt, intorno alla Sfragistica dei Paesi Bassi]. — Les périqdiques [Con particolareggiato sommario del nuovo periodico ungherese Numizmatikai Kòzlóny]. — Nouvelles diverses [Il premio dell'Accad. d. Iscriz. e B. Lett. al Sig. Maurice. — Relaz. dell' Amministraz. della Zecca di Utrecht (P. Bassi). — Celtica, nuova rivista, che si occuperà anche di Num. — Iconografia di Cristo. — Il Répertoire gén. de Médaillist. del Sig. Strcehlin. — Medaglia in onore del Sig. Vanden Broeck, benemerito della Num. brussellese. — Gettone commemor. dell'assemblea gen. della Soc. Svizz. di Num., tenuta a San Gallo]. Bulletin international de Numisinati:iue, publié sous les anspìces de la Société Frattfaise de Numismatiqite et dirige par Adrien Blanchet. — Paris, Ernest Leroux, Editeur, 28, rue Bonaparte (VI*). Tome premier (1902). — N. 4. Notices (Mowat: Les tnonnaies contrefnarquées de la collection H. Meyer [Monete medioevali francesi. — Con disegni nel testo]). — Trouvailles. — Sociétés (Ricci: Società Num. Italiana). — Musées. — Nouvelles diverses [La cattedra di Num. e Glittica al " Collège de France ,. — Il Corpus Ntimmorum Italiae. — Il " Circolo „ del Prof. Se- rafino Ricci. — La medaglia commemor. del Concorso internaz. di Tiro a segno in Roma (eseguita dalla Sig.' Lancelot-Croce)]. — Necrologie. — Bibliographie. Tome deuxième (1903). — N. i. A^o/i'c^ (Tacchella : Un tétradrachnte du roi Cavarus [Con fotoinci- sione]. — Gohl: Bibltographie nutnismatique en Hongrie, pour igo2. — Blanchet : Mannaie cfalliance de Naucratis et d' Alexandrie d'Égypte). — Trouvailles. — Sociétés [Il " Circ. Num. Mil. „ e il primo num. del suo Bollettino. — Una nuova soc. num.: il " Verein Deutscher Mùnzensammler zu Berlin (presid. Sig. Marsch, segret. Sig. Hauer)]. — Musées [Il cen- tenario del Museo Naz. Ungherese. In tale ricorrenza, furono coniate delle placchette col ritr. del generoso fondatore dell'istituto, il conte Stef. Széchényi]. — Nouvelles diverses [Le mon. di nichelio. — La medaglia del Palazzo del Parlamento di Berna]. — Bibliographie. N. 2. Notices (MowAT : Le V couronné en confremarque sur un sou belge [Con disegno]. — Tacchella: Monnaie de Pautalia avec exemples d'iota- cisme. — Blanchet: Le triskeles (triquetra) sur les monnaies de la Sicile). — Trouvailles [A Korong, in Ungheria, scoperta d'un ripe st. di varie migliaia di denarii e antoniniani, da Commodo a Valeriano. Molte var. inedite alla 2* ed. del Cohen. Alcuni esempi, con leggende errate, e molti 512 BIBLIOGRAFIA di fabbr. " siriaca „]. — Sociétés. — Musées. — Nouvelles diverses [Il Congr. Iiiternaz. di Se. stor. di Roma. — La morte dell' incisore Ponscarme e del Prof. Luigi Frati]. — Bibliographie. N. 3. iVo^/c^5 (Tacchella: Une nouvelle montiate de Cabylé [Con disegno]. — Blanchet: Provenances des bronzea gaulois de Pixtilos). — Trouvailles. — Sociétés. — Musées. — Nouvelles diverses [Il Congresso di Roma; elenco delle comunicazioni presentate alla sez. num. — Monete coniate alla Zecca di Parigi per il Hey di Tunisi, con la sua cifra, e da lui destinate in dono. Come curiosità, noteremo che l'ordine di coniazione è di 43 pezzi in oro da 20 franchi e 83 da io, 303 pezzi in arg. da 2 fr., 703 da I fr. e 1,003 da 50 cent, (il numero finale di 3 essendo con- siderato di buon augurio)]. — Questions. — Réponses. — Bibliographie. N. 4. GoHL (E.). Les colleclions publiques de monnaies et de médailies en Hongrie [Notizia assai interessante, compilata per il Bulletin international dal conservatore del Museo Naz. Ungherese. Piià di 180 sono le coUez. numismatiche pubbliche delle quali il Sig. Gohl ci dà l'elenco. La più importante è quella del Mus. Naz. di Budapest (piìi di 200,000 pezzi); vengono poi, il Museo Bruckenthal a Nagy Szeben (50,000 p.), quello dell'Università di Budapest (30,000), e altri gabinetti con una ventina di mila pezzi ciascuno. Vi è in Ungheria l'usanza assai commendevole di consegnare i ripostigli monetali ai musei ed alle scuole, donde un rapido e incessante aumento alle collezioni, e uno slancio sempre maggiore negli studi numismatici]. — Trouvailles. — Sociétés. — Nouvelles diverses [La Zecca di Parigi; dati statistici. — La visita delle LL. MM. il Re e la Regina d'Italia a Parigi, la medaglia d'oro coniata il 16 ottobre, i doni di medaglie; l'indirizzo con auguri di prosperità trasmesso dalla Società Francese di Num., della quale S. M. il Re è membro onorario. — La " British Numismatic Society „, nuova società, che si propone di dedicarsi allo studio speciale delle mon. della Gran Bretagna e dei paesi formanti l'Impero Britannico. Pubblicherà un periodico, intitolato: The British Numismatic Journal. — La Rassegna numismatica che sarà pubblicata ad Orbetello dal Sig. Furio Lenzi. — La morte di Mommsen]. — Bibliographie [Ambrosoli, Manuale di Numismatica, 3» ediz. riveduta. — Il ripostiglio di denarii rep. rom. scoperto a Rovescala e descritto da A. Taranielli nelle Notizie degli Scavi, ecc.]. Bulletin de numismatique. Rédaction et Expédition: Vve Raymond Serrure, 19, Rue des Petits-Champs, Paris. 9° volume. — 7* et 8' livraisons. — Octobre-novembre-décembre 1902. LuNEAU (V.). Quelques pieces inédites [Mon. mcdioev. — Con disegni]. — Florance. Tableaux synoptiques des ethniques des Villes et Peuples BIBLIOGRAFIA 513 grecs [Contin. e fine]. — Revue des Revues. — Médailles nouvelles [Me- daglia unica, in oro, fatta coniare dal Presid. della Rep. del Brasile, per offrirla a Santos-Dumont. — Medaglia della Soc. Americ. di Num. e d'Archeol., in occasione della visita del Principe Enrico di Prussia agli Stati Uniti]. — Sociétés. — Lectures. - Trouvailles. 10^ volume. — I" et 2* livraisons. — Janvier-février-mars 1903. Reveil (E.). Sur un jeton satirique ? [Con disegno]. — Maxe-Werly (L.). Du cours de la monnaie dans la région dti Barrois [Contin.]. — Revue des Revues, etc. 3' et 4* livraisons. — Avril-mai 1903. Maxe-Werly. Du cours de la monn. dans la région du Barrois [Contin. e fine]. — Ponscarme, graveur en me'dailles [Breve cenno biograf., seguito da interessanti particolari sulla medaglia di Edgardo Quinet. — Disegno di questa med.-ritr.]. — Une erreur de graveur [lud.xv, invece di LUD.xvi, sur un pezzo da io sols del 1786]. — Revue des Revues, etc. 5* et 6' livraisons. — Juin-juillet-aoùt 1903. Mazerolle. Deux médailleurs fran^ais du XVI' siede [Guillaume Martin, Antoine Brucher]. — Revue des Revues. — Bibliographie. — Mé- dailles nouvelles [Medaglia dei consiglieri municipali di Parigi. — La me- daglia annuale pontificia pel 1903 e le med. della Sede Papale. — Plac- chetta di Enr. Heine, modellata dal medaglista Kautsch. Placch. del princ. Rolando Bonaparte, del medes. artista. — Medaglia distribuita dall'impe- ratore Guglielmo per la consacrazione della nuova porta monumentale del duomo di Metz]. — Lectures [La medaglia d'oro offerta al Presi- dente Loubet dal presid. dell'Esposiz. di Saint Louis. Se ne coniarono due soli esempi., uno dei quali fu consegnato solennem.al Pres. Roosevelt. — La coUez. num. di S. M. Vitt. Emanuele 111 e il Corpus nummor. ital.]. — Recueil d'emblemes, devises etc. [Contin.]. — Sociétés. — Trouvailles. — Les ventes [Prezzi di vendita della collez. DelamainJ. 7' livraison. — Septembre-octobre 1903. Martin (Emm.). Les monnaies obsidionales ctAnvers (1814). — Revue des Revues. — Médailles nouvelles [Placchetta di Combes. — Medaglia commemor. del centenario di Berlioz. — Le monete per l'isola di Creta]. — Lectures [I doni per la visita dei Reali d'Italia a Parigi. — I falsi- monetari di Strasburgo (1803). — Il bambù-moneta di Tahiti. — Le mon. di nichelio in Francia e all'estero]. 514 BIBLIOGRAFIA Revue suisse de numismatique, publiée par le Comité de la Sociéte suisse de numismatique, sous la direction de Paul-CH. Strcehlin. Tome XI. — Seconde et dernière livraison. — 1903. Dannenberg (H.). Die Munsen der detitschen Schweis zur Zeit der sàchsischen tind frankischen Kaiser [Studio assai esteso, con numerose fig. nel testo, ripetute poi in 13 tav. alla fine del fascicolo], — Le Roy (L.). Recti fication à un denier de Henri III, roi d' Allemagne [Con disegno — Trattasi di una nion. appartenente ad un ripostiglio trovato a Roma nel 1843 e descritto dal San Quintino]. — Strcehlin. Médailles suisses nouvelles [Spigoliamo nel campo italo-elvetico: — Medaglia per il Tiro liberale della Società del Doglia, Lugano, 1888. — Med. dei Tiratori di S.ta Maria, con l' indicaz. incisa : Iseo, 18-19 Marzo 1894. — M. pel 25.° anniv. della fondaz. della Soc. Gener. di Mutuo socc. fra gli Operai in Lugano. — Med. per 1' 11.* festa canton. di ginnast. in Locamo, 1896. — M. pei Liberi tiratori del Ceresio (Soc. dei tir. di Maroggia). — M. del Tiro bleniese in Ponto Valentino, in occas. del IV." centen. dell'entrata della Valle di Elenio nella Confed. svizz., 1900. — Tiro liberale di Ponte BroUa (Soc. Carabinieri del Verbano), 1900. — Soc. Tirat. San Salvatore (Iijauguraz. dello " Stand „ di Noranco, Cant. Ticino), 1902. — " Kermesse „ della Soc. degli Operai lib. ticin., 1902. — Tiro distrettuale di Chiasso, 1902]. — Mélanges (Un vierer inédit de Rottweil [con fig.]. — Société numismatique hongroise. — Une uouvelle Société de numismatique [Il Circ. Num. Milanese]. — Décés [La morte di L. Blancard e dell' incis. Ponscarme]. — Voi au musée de Marseille. — La num. au Collège de France. — La mannaie de nickel en France. — Cabinet des inéd. de l'Etat belge [II ritiro del Sig. Picqué]. — Musée Daniel Dupuis, a Blois. — La photographie des médailles [Consigli pratici, tolti da un art. di E. Demole nella Revue suisse de photogrJ]. — Nettoyage de méd. et monn. de bronze oxydées, — Moyen de rétablir les mentions disparues sur les anciennes monn. d'arg. — Le monnayage en Suisse [Estr. dalla relaz. al Cons. feder. pel 1902]). — Comptes rendus et notes bibltographiques (Correrà, Le più, antiche mon. di Napoli. — Papadopoli, Mon. italiane ined. nella race. Papad., Ill-V. — Ambrosoli, Contraff. bellinz. di una mon. fr.-ital. — Gnecchi Fr. ed E., Guida num. univ., 4" ed. [Man. Hoepli]. — Gnecchi Francese , Monete romane [2." ed.]. — Morin-Pons, Monn. d'or de Guill. I PaUologue, marquis de Montferrat. — Perini, La famiglia Lindegg e le signorie di Lizzana, Mollenburg, ecc. [Monogr. genealogica, che è corre- data anche di illustraz. di medaglie. I Lindegg, oriundi della Stiria, si stabilirono nel 15x5 a Rovereto nel Trentino]. — Lo stesso, Un ripost, di mon. meranesi e venete. — Lo stesso, Sull' orig. della zecca di Merano e della imitaz. del tirolino in Italia. — Collection Ercole Gnecchi de Mtlan. — Dépouillement des périodiques). — Trouvailles. — Société suisse de numismatique : Vingtiroisième Assemblée generale, tenue à la Chaux-de- Fonds le ij sept. Ip02 [Con veduta esterna del noto Stabil. dei f.lli Huguenin BIBLIOGRAFIA 515 e con varie tav. rappresent. l'interno delle diverse officine per il disegno, la modellatura, l'incisione, la coniaz. ecc.]. Rapports et nécrologies. Bi- bliothèque. Ouvrages refus. Liste des membres. Revue belge de numismatique, publiée sous les auspices de la So- ciéié Royale de numismatique. Directeurs : V'e B. de Jonghe, C'è Th. DE Limburg-Stirum et A. de Witte. — Bruxelles, J. Goemaere, Imp. du Roi, Édit. 1903. — Cinquante-neuvième année. — Première livraison. DuTiLH (E.-D.-J.). Notes sur les médailles des Nomes de l'Egypte romaine. — Jonghe (De). Trois monnaies luxembourgeoises inédites [Con disegni]. — Man (M"* M. de). La numismatique du siège de Middelbourg de IST2 à IJ74 [Contin. — Con 2 tav.l. — Vanden Broeck. Numismatique bruxellois'e. — Cinq jetons de magistrats brux. pour des fonctions restant à déterminer [Con tav.]. — Gilleman (Ch.). Jetons relati/s à la construction de la Coupure de Bruges (ijjj) et de l'écluse de Slykens (ijjj) [Con disegno]. — Donnet (F.). Les méreaux des brasseurs d'Anvers [Contin.l. — BiGwooD (G.). Fabrications clandestines de monnaies d'or fran^aises sous Vempereur Charles VI dans les PaysBas autrichiens. — Nicrologie [P.-C. Jolivot. — L. Blancard]. — Mélanges [Il Circ. Num. Milanese. — Sommarii dei periodici]. — Société royale de Numismatique : Extraits des procès-verbaux [Elenco delle pubblicaz. ricev. dalla Soc. nel 4.° trim. 1902]. Deuxième livraison. DuTiLH. Notes sur les méd. des Nomes \Con\.m. e fine]. — Man (De). La numismatique du siège de Middelbourg [Contin, e fine. — Con 2 tav. e con disegni]. — Hamal Mouton. Un essai monétaire de la principauté de LÀégé [Con fotoincisione]. — Vanden Broeck. Un jeton inédit de deux receveurs de Bruxelles du XIV' siede [Con disegno]. — Witte (A. de). Les jetons de la Verge de Menin [Con disegno]. — Donnet. Les méreaux des brasseurs d'Anvers [Contin. e fine. — Con 4 tav.]. — Bigwood. Fa- brications clandestines [Contin.]. — Correspondance. Lettre de M. E. Sire Jacob à M. Ed. Laloire, bibliothécaire de la Société royale de Numisma- tique. — Necrologie [Il Sig. Carlo Van Schoor, distinto raccoglitore di mon. e med. papali. Egli lasciò la sua cospicua coilez. al Gab. Num. di Brusselles]. — Mélanges [L'attività della zecca di Bruss. nel 1902. — Le nuove mon. ita), di nichelio, da 25 cent. — Dono della coilez. Vanden- peereboom al Museo di Conrtrai. — Placchetta del cav. Leop. van Eersel, colonn. di stato magg. dell'esercito belga e membro della Soc. Num. di Bruss. La placch. è opera dello scult, e medaglista ungherese Tony Szirmai. — La coli. Hermans, ad Anversa (con disegno di una moneta ined. di Bonn). — Perini, Le monete di Verona (cenno del Sig. De Witte). — Blanchet, Sigillographie fran^aise (id.). — 11 Boll, di Num. e di Arte d. Med. — La cattedra di Num. a Parigi. — Il furto al Gab. Num. di Marsiglia. — Sommarii dei periodici]. — Soc. r. de Num.: Extr. d. procès- verb. [Elenco d. pubblic. ricev. nel i.° trini. 1903]. 5l6 BIBLIOGRAFIA Troisième livraison. FoRRER (L.). Les signatures de graveurs sur les monnaies grecques [Con tavola in autotipia: Choix de monnaies grecques artistiques (British Museum), e con illustrazioni nel testo]. — Bernays (Ed.). Esterlins inédits de Damvilliers [Con disegni]. — Jonghe (De). Trois monnaies de Reckheim [Con disegni]. — Vanden Broeck. Numismatique bruxelloise — Recherches sur les jetons des receveurs de Bruxelles de la famille Was, du XV^ siede [Con disegno]. — Gilleman et Van Werveke. A propos des inaugurations en Fiandre sous le regime autrichien (iyi'j-ij92). — Bigwood. Fabrications clandestines & [Continuaz. e fine]. — Mélanges [Relazione del Comm. Fran- cesco Gnecchi sul Congresso Internaz. di Se. stor. tenuto a Roma. — La nuova soc. num. berlinese: " Verein Deutscher Miinzensammler zu Berlin „. — Concorso della Soc. batavo-belga degli Amici della Medaglia. — Gl'Indici (1869-1880) della Revue belge. Si possono avere inviando un vaglia di 8 franchi al tesoriere della Società (M. A. de Roissart, 12, avenue de la Couronne, à Ixelles, Bruxelles). — La relazione annuale sulla Zecca di Brusselles. — Cenno del Visconte de Jonghe sul Catalogue of the coins of Parthia, di W. Wroth. — Cenno del Sig. de Witte sulla prolusione di Babelon al suo corso di Num. e Glittica presso il " Collège de France „. — Id. sulla Guida Gnecchi, IV ed. (Manuali Hoepli). — Id. (del V* de Jonghe) sul volume di Hill: Coins of ancient Sicily (i). — La relaz. del Dott. de Dompierre de Chaufepié intorno al Gab. Num. dell' Aja, da lui diretto. — Cenno del Sig. Alvin, nuovo conservatore del Gab. Num. di Brusselles. intorno alla coUez. legata a quell'istituto dal com- pianto Sig. Carlo Van Schoor. Essa è composta esclusivamente di monete e medaglie papali, in numero complessivo di 2,750, così ripartite: 1,550 nion. (delle quali, 248, in oro, 1,060 in arg., 242 in bronzo); 1,200 med. (delle quali, 26 in oro, 630 in arg., 544 in br.). Il Sig. Alvin ne enumera le principali rarità. — Cenno del Sig. de Witte sul voi. del D."" Rizzoli: // Museo Botiacin. — Sommarli dei periodici]. — Soc. royale de Num. : Extr. des procès-verbaux [Assemblea gen. tenuta a Malines. — Elenco delle pubblic. ricev. durante il 2.° trim. del 1903, ecc.]. Quatrième livraison. Forrer. Les signatures de graveurs sur les médailles grecques [Con- tinuaz. — Con fotoincisioni e disegni nel testo]. — Vanden Broeck. Num. bruxelloise — Rech.- s. les jetons des recev. de Brux. de la famille Mennen frappés au XIV^ et XV« siècles [Con disegno]. — - Visart de Bocarmé. Les jetons de la Prévóié de St-Donatien à Bruges [Con tavola]. — Mélanges [Breve cenno del Sig. de Witte sul voi. di Fabriczy: Medaillen der ital. (i) V. in questo stesso fascicolo della Rivista la recensione del Prof. Cabrici. BIBLIOGRAFIA 517 Renaissance. — Id. sul voi. del D.' Rizzoli : I sigilli nel Museo Bottacin. — Ripostigli, ecc. — Sommarii dei period.] — Soc. r. de Nunt. : Extr. d. procès-verb. [Assemblea gen. del 5 luglio 1903, in Brusselles, con distribuz. di un gettone di presenza (placchetta) coll'effigie di Renier Chalon (foto- incisione nel testo), — Elenco delle pubbl. rie. dur. il 3.*trim. del 1903, ecc.]. La Gazette numìsmatique. Directeur-fondateur: Ch. Dupriez. Bruxel- les, 32, boulevard de la Senne. 7* Année. — 1902-1903. Cerrato (G.). Médaille des Salpétriers instituée par VictorAntédée li, roi de Sardaigne [Interessante art. su di una medaglia speciale destinata ai funzionari che dovevano vigilare sulla raccolta del salnitro e sull'uso che ne facessero i droghieri, farmacisti, orefici, ecc. La med., di cui il Sig. Cerrato dà il dis., reca nel dr. lo stemma di Savoia e nel rov. un cannone senz'affusto, posato a terra su due traversine]. — Alvin (F.). Médaille du couvent de Sainte- Elisabeth à Bruxelles [Con disegno], — De Witte (A.). Jetons de Jean van der Eyken et de Simon Longin, conseillers-mailres de la Chambre des comptes en Brabant [Con disegni]. — H. (N.). Monnaies, médailles et jetons modernes, contrefaits ou compie- tement iuventés [Continuaz. — Con numer. fig. nel testo]. — De Witte. Jetons banaux du Xl^' siede, de fabrication franfaise ou tournaisienne, signés du notn de leur graveur [Con tavola in litogr.]. — Lo stesso. Un thaler de Louis-Pierre-Englebert, due d'Arenberg, grave par Théodore Van Berkel, en ij8j [Con disegno]. — Vanden Broeck (Ed.). Numìsma- tique bruxelloise : Recherches sur les jetons des seconds Receveurs de Brux. des années 1 4J 6- j 8 [Con disegni]. — Lo stesso. Rec/terches sur les jetons de Jean de Froyère, recev. de Brux. au XV' siede [Con disegni]. — B.\BELON. Le denier, son origine, ses transformations. — Vanden Broeck. Trois jetons inédits de receveurs de Brux. des XI Ve et XVe siècles [Con disegni]. — De Witte. Tony-Antoine Szirmaì, médailleur hongrois [Con fotoincisione di tre placchette, una delle quali eseguita per l'incoronaz. di Alfonso XIII di Spagna, e un'altra per il giubileo militare di Re Cristiano IX di Danimarca]. — Alvin. Numismatique luxembourgeoise : Philippe II, roi d'Espagne (iJ92-g8) [Con disegno]. — Essai d'un répert. idéologique de la Num. belge. — Bibliographie [Babelon, Traile des monnaies grecques et roniaines]. — Périodiques. — Necrologie [Van Schoor, Ponscarnie, Scharff]. — Trouvailles. — Ventes. — Nouvelles diverses. 8* Année. — N. i. — Octobre 1933. MoR ALEDA Y EsTEBAN (J.). Monnaies non métalliques. — H. (N.). Monnaies, méd. et jet. modernes, etc. [Contin. — Con figure nel testo]. — Essai d'un répert. idéol. d. la Num. belge [Contin.]. — Périodiques. — Nouvelles diverses [La med. commemor. di Berlioz. Reca nel dr. il busto del maestro, su di una fascia di bassorilievo, con la leggenda: insano 66 5l8 BIBLIOGRAFIA CASSANDRAE iNCENSvs AMORE. Nel rov., Una composiz. allegorica, con l'epigrafe: Grenoble et la cote saint-andré a hect< r berlioz 1903]. — Trouvailles. — Necrologie [Ugo Bovy, incisore di medaglie, scultore e prof, di plastica alla Scuola di B. A. di Ginevra; figlio di Marco Luigi Bovy, coniatore]. — Ventes. Tìjdschrift vanhet Koninklijken Nederlandsch Genootschap voor Munt- en Pennìngkunde. — Amsterdam, G. Theod. Boni e figlio. ZwiERZiNA (W. K. F.). Index op Jaargangen I-X (189J-1902), van het Tijdschrift van het Kon. Nederl. Genootschap. Amsterdam, 1903 [Que- st'Indice delle prime dieci annate del Periodico Neerlandese è pubblicato per festeggiare il decimo anniversario della fondazione della Società, e stampato a spese del Sig. Du Crocq, conservatore delle collezioni della Soc. stessa]. 1903. — II' Jaargang. — [Dispense i*-4*]. ZwiERZiNA (W. K. F.). Nederlandsche penningen 1864-98. Deel 11: i8j9-po. — De Man (M.). Note sur un tiers de sou frappé dans une localtté du nom de Ressons (Aisne oii Oise). — B. (C. W.). De Alkmaarsche Vroedschapspenning. — Zwierzina. En drietal fraaie proeven van Nederl. Medailleerkunst. — Wigersma (S.). lets over Dockumer historiepenningen. — DoMPiERRE DE Chaufepié. Médailles inédites oti peu connues du Cabinet des Me'd. de la Haye. — Bouwstoffen voor eene geschiedenis van het Nederl. Geld. en Muniwezen [Articoli di Calano e Hollestelle]. — Ter Gouw. De munt in de volkstaal. — De Man. Kinderprenten met afbeeldingen van munien. — In tnemoriam (F. A. J. van Landschot [raccoglitore di med. del Brabante Settentr.]). — Gentengde berichten [Ripostigli. — Le nuove monete neerlandesi. — Medaglia di Kriiger (con fotoincisione). — Recen- sione della Sig."* De Man intorno ad una recente pubblicaz. illustrata sugli antichi ornamenti neerlandesi in oro e argento (con fotoincisioni di bratteate nordiche e loro imitazioni). — Conferenza del Dott. Dompierre de Chaufepié sulle mon. e medaglie. — Perini, Le man. di Verona. — Elenco di nuove med. neerl. — Mon. e med. in metalli rari o straordinari (medaglia di palladio^ dedicata dalla Soc. Geolog. di Londra al natura- lista Wollaston; med. di tellurio, coniata in Ungheria; med. di selenio, offerta al celebre chimico svedese Berzelius, che lo scoperse nel 1817)]. — Sommarii dei periodici. — Atti della Soc. Neerl., doni pervenuti alla biblioteca sociale, elenco dei Soci, ecc. — 7 tavole [notevoli: la medaglia di Steijn, presidente dell' Grange, col suo busto di prospetto, e al rov. un leone campato fieramente sulle roccie, con la leggenda: verwond maar niet verwonnen (" ferito ma non vinto „); una med. senza rov., col ritratto della Regina Guglielmina e leggenda malese-araba, pei possedimenti neerl. delle Indie Orientali; e le 2 tav. di med. del Rinascim., a corredo dell'art, del Dott. Dompierre de Chaufepié]. BIBUOGRAFIA 5I9 Zeitschrìft fur NumismatilL, herausgegeben von H. Dannenberg, H. Dressel, J. Menadier. Berlin, Weidmannsche Buchhandlung, 1903. XXIV. Band. — Heft i und 2. Friedlaender (J.). J. B. Benoni Friedlaender [Articolo postumo del celebre numisinaiico berlinese; è la biografia di suo padre, distinto raccoglitore alla sua volta, con interessanti notizie particolareggiate intorno alle di lui collezioni. — Con fotoincisione delia medaglia-ritratto di Benoni Friedlaender]. — Dressel (H.). Erwerbungen des Kònigl. Mùmcobineis in den Jahren 18^-1900: anlike Alfmsen [Con 4 tav. in fototipia, e con numerosi dis. nel testo]. — Fritze (H. von). Birytis und die Kabiren auf Mùmen [Con tavola in fotot.]. - Regling (K.). Zur griechischen Miimkunde. III. - Fiala (E.). Die Mùmmeister der Herzogl. Braunschweig Luneburgischen Comntunion- Mtlmstàtie zu Zellerfeld, — ScHRòTTER (Frhr. v.). Die hannòverschen Goldgulden Ij48-i7s6 [Art. storico-economico]. — Menadier. Ein Pfennig des Crafen Sigfrid von Nordheim [Con disegno]. — Literalur [Macdonald, Catal. 0/ Greek Coins in the Hiinierian Colleciion, Glasgow: Voi. II. — Schròtter, Das Preussi- sche Miimwesen im 18. Jahrhunderi\ — Sitzungsberichte der Numisma- tischen Gesellschafi in Berlin igo2. Mittheilungen der Bayerischen Numismatischen Gesellschaft, Herausgegeben von deren Redactions-Comité (J. V. Kull, H. Riederer, Prof Dr. H. Riggauer). Munchen, Selbstverlag der B. N. G. (In Commission bei J. V. Kull, Maximiliansplatz, 4). XII. und XXIII. Jahrgang. — 1903 und 1904. H. (G.). Jahresbericht [Con un cenno necrologico sul Dott. Eugenio Merzbacher, uno dei fondatori della Soc. Num. Bavarese. N. a Monaco nel 1845, figlio di uno stimato numismatico e negoziante di monete, si sentì tratto ai nostri studi sin dalla fanciullezza. Oltre alla Num. classica e moderna in generale, coltivò con predilezione quella ebraica. NelI'Uni- vers. di Monaco si dedicò alla Filol. e all'Archeol., in quella di Berlino fu allievo di Mommsen e di Curtius. Ma soprattutto frequentò il Gab. Num., legandosi in amicizia con Giulio Friediànder e con Alfredo von Sallet. L'erudito rabbino di Breslavia Dr. Levy, autore di una monografia sulle antiche mon. ebraiche, incoraggi il giovane studente a pubblicare il suo primo lavoro: De Siclis, niimmis antiquissimis Judaeorum (Ber., 1873). Ritornato a Monaco dopo conseguita la laurea, alla morte del padre assunse la continuazione del suo commercio di monete e medaglie, che assorbì da allora in poi il suo tempo e non gli lasciò quasi più il modo di proseguire nell'attività letteraria. Tanto più preziosi riuscirono invece i cataloghi di vendita, alla compilazione dei quali a tese perso- nalmente, dimostrandosi non solo profondo conoscitore della Numisin. classica ma anche della Medaglistica. In questo campo, e più particolarm. 520 BIBLIOGRAFIA in quello della Medaglist. ted. del Rinasc, egli pubblicò da ultimo due lavori notevolissimi. Com'è noto, il Dott. Merzbacher apparteneva al Comitato di Redazione delle Mittheilungen, alle quali collaborò con relazioni, necrologie e cenni bibliografici]. — Bììrkel (L. von). Die Bilder der stiddeutschen breiten Pfenninge (Halbbrakieaten) ; ihre Erkldrung durch Beziehnng auf andere Kunstgattimgen [Con numerosiss. illustraz. nel testo]. Kull(J. V.). Repertorium zur Miinzkunde Bayerns. Zweite Fortsetzung [Con paginaz. distinta. Da pag. 609 a pag. 770]. Numismatische ZeitSChrift, heraiisgege.ben von der Nwnismatischert Gesellschaft in Wien, durch deren Redactions-Comité. XXXIV. Band. — Erstes und zweites Semester 1902. KuBiTSCHEK (W.), Ninica Claudiopotis [Mon. di Traiano, M. Aurelio» Commodo, Settimio Severo, Giulia Domna, Severo Alessandro, Giulia Mammea, Massimino, e Massimo. — Con 3 tav. in fototipia]. — Lo stesso. Eine Miinze Dryantillae [Riconiata sur un denario di Severo Alessandro. — Con fototipia]. — Willers (H.). Ròmische Goldmiìnzen nebst Gold - und Silberbarren aus Italica bei Sevilla [Con disegni nel testo]. — Kenner (F.). Neue Ertcerbungen der Sammlung Weìferi in Pancsova [Aurei di Caracalia, Otacilia, Macriano, Probo, Costanzo Cloro, Galerio Massimiano e Costantino Magno. — Con tavola in fotot.; e con un po- scritto del Colonn. Voetter sui segni di zecca delle dette monete]. — Willers. Ein bisher unbekannter Semis der Colonia Copia Felix Munatia Lugdununt [Con disegno]. — Lo stesso. Die Mi'mzen der rómischen Kolonien Lugudunum, Vienna, Cabellio und Netnausus [Con 3 tav. in fotot., e con fotoincisioni e disegni nel testo]. — Vulic' (N.). Prdgungen der Dacia und von Vimtnacium [Varianti della collez. Weifert, a com- plemento della descrizione del Prof. Pick. — Con fotoincisione]. — Markl (A.). Gemichi und Silbergehalt der Antoniniane von Quintillus. — Fjala (E.). Der Podmokler Golfund [Indagini intorno all'entità di un gran tesoro monetale scoperto 130 anni or sono in Boemia]. — Kovàts (F.). Uber die Nachmiinzung der Wiener Denare {Pfennige) in Pressburg um die Mitte des ij. Jahrhunderts [Con tabelle, diagrammi e documenti]. — Kenner. Urkundliche Beitràge zur G eschic hte der Miinzen und Me- daillen unter Kaiser Ferdinand I {1J20 bis IJ64). [Con interessanti no- tizie di Medaglistica, e intorno a Ferdinando considerato come racco- glitore. Egli s'interessava vivamente per le scoperte di ripostigli (il contenuto dei quali gli competeva anche in parte per legge); faceva acquisti da negozianti, e ne faceva fare da' suoi ambasciatori all'estero, o da persone di fiducia, a Venezia, Roma, Costantinopoli ed altrove; in- caricava il castellano Leopoldo Heuberger, che si può riguardare in certo modo come il primo conservatore della collezione numismatica imperiale, di ordinarla ed esporla, ed anche di redigerne un catalogo. Questo enumera 1499 pezzi, e subì strane peripezie. Lo storiografo BIBLIOGRAFIA 52 1 moravo P. Beda Dudik lo trovò nella Biblioteca Vaticana. Originaria- mente in possesso del figlio di Ferdinando, l' imper. Ferdinando II, passò al figlio di lui, Rodolfo II, che viveva a Praga. Dopoché la città fu saccheggiata dagli Svedesi nel 1640, il catalogo pervenne insieme col bottino a Stoccolma, nella biblioteca della regina Cristina, che, dopo abdicato al trono, si trasferi a Roma nel 1652 coi suoi tesori letterari!. Alla di lei morte (1659), il nipote del suo erede universale Card. Az- zolini vendette la biblioteca a papa Alessandro VIII, che l'incorporò alla Vaticana. Il catalogo di cui c'intrattiene il eh. Dr. Kenner, fu poi copiato dal Dr. Starzer in Roma, e pubblicato nel voi. XV del Jahrbuch delle Collez. Imperiali. Nella prima parte contiene un elenco delle mon. repubbl. romane, col nome dei monetarii e la data dalla fondaz. di Roma, nonché l'indicazione della tavoletta del medagliere e del numero sotto cui sono collocate. Nella seconda parte dà l'elenco delle mon. im- periali, compresevi anche le bizantine, con la durata del regno di ciascun imperatore, l'età da lui raggiunta e il genere di morte al quale ebbe a soccombere; trattandosi di morte naturale, é indicata spesso anche la malattia; non è data invece la descrizione delle monete. Ferdinando faceva fare anche disegni dei pezzi da lui raccolti, e probabilmente coir intenzione di pubblicarli. Si hanno infatti le ricevute di Hans Lau- tensack, pittore a Norimberga, per somme sborsategli nella sua qualità di " R. disegnatore di antichità „, per aver inciso in rame " vecchi denari pagani „]. — Nuntisntatische Literatur [BolUtlino di Numismatica e di Arie della Medaglia. — Mowat. Le mounayage de Clodius Macer. — Piccione, Osservazioni sulla tecnica e saggi monetali antichi, Roma, 1902. — Blanchet, Une émission de monnaies en Caule sous Gallien. — Numi- smatica orientale. — Luschin von Ebengreuth, Wiens Mùnzwesen, Handel und Verkehr im spàteren Mittelalter. — Cumont, Étude sur le cours des monnaies en Brabant depuis jj8j jusqu'à 1406. — Fischer, Beitrag sur Mùnzkunde des Fiirstenthums Moldau, Czernowitz, 1901. — Ada Bo- russica. Denkmàler der preussischen Siaatsverwaltung. Mùnzwesen, Ber- lin, 1902. — Katalog der Miinzen- und Medaillen-Stempelsammlung des k. k. Hauptmùnzamtes in Wien. II. Band. — Forrer, Biographical Die- tionary of Medallists\ — Jahresbertcht der Num. Gesell. iiber d. J. igo2. Mitglieder- Verzeichniss, etc. Monatsblatt der numismatischen Gesellschaf t in "Wien (Verant- wortlicher Schriftleiter : Prof. Adolf Friedrich). Universitàtsplatz, 2. Nr. 234-245. — Jànner-Dezember 1903. Ernst. Nach zwanzig Jahren [Sguardo retrospettivo ai vent'anni di esistenza del Monastblatt, fondato nell'agosto del 1883 per iniziativa di Gio. Newald (m. a Graz nel 1886) che ne fu il primo redattore, e che ne aveva promosso la fondazione da parte della Soc. Num. Viennese allo scopo di creare un organo di più vivace e rapida comunicazione 52à BIBLIOGRAFIA della Società coi propri soci. Al Newald succedette come redattore responsabile Francesco Trau, ma, in realtà, il giornale fu continuato, con molto zelo, da Edmondo Schmidel. Avendo questi poi lasciato Vienna, fu sostituito dal professore Vitt. von Renner, che diede un grande slancio al periodico, sostenendo l'introduzione della Numisma- tica in qualità di scienza ausiliare della Storia nelle scuole secondarie. A lui seguì, ma per un anno solo, Rodolfo von Hòfken, indi il prof. Adolfo Friedrich, attuale redattore. Il cenno del sig. Ernst termina con parole d'elogio pei valentuomini che tennero alta la bandiera del Mo- natsblatt in questo ventennio]. — Ippen (T.). Magislratsnamen auf den Miinzen von Scodra [L'odierna Scutari in Albania. — Piccoli bronzi con testa di Giove nel dr. e nave nel rov., accompagnata questa da nomi di magistrati. Un esemplare, appartenente al Collegio de' Gesuiti di Scu- tari e riprodotto dal sig. Ippen, reca le lettere TATO, con altre indi- stinte, che accennerebbero ad un nome nuovo sinora per la serie]. — HoHLFELD (V.). Berichtigung des Kalenders : Zur Pariser Weltausstellung igoo. — Kenner (F.). Ueber Medailleii ntid Raitpfennige aus der Zeil Kaisers Ferdinands I. - Kubitschek (W.). Rtickgang des Lateinisc/ien int Osten des rómischen Reiches. — Voetter (O.). Die Legenden der Reichsmiinzsiaite Antiochia. — Friedrich. Medaille auf Papst Leo XIII [Gr. med. di Rod. Marschall. Dr. Busto del Pontefice. Rov. Veduta di Rpma, con la cupola di S. Pietro. — Con fotoincisione]. — Richter (G.). Die jiidtschen Miinzen bis zum ersten Aufstande unter Kaiser Nero (66 n. Chr.) [Con tavola]. — Budinsky (G.). Mùnzenfund in Szalafó bei Si. Goithard [Ripostiglio di duemila mon. del sec. XVII, rinvenuto in Ungheria]. — Ernst. Ein Erzeugniss der Walzenprdgung [Art. di tecnica monetaria. — Con dis. di una barra conservata nel Gab. Ducale di Gotha; da comunicazione del prof. Pick]. — Krupp-Plaquette [Modellata da Marschall. Il rov. rappresenta : " La Calunnia che conduce alla Di- sperazione „. Questa è simboleggiata da una figura che si copre il volto con le mani e ch'è attorniata da serpi ; la Calunnia da un mostro, mezzo uomo e mezzo animale, con ributtanti fattezze diaboliche ed ali da Satana. — Della placchetta furono eseguiti pochi esempi., in arg. e bronzo]. — Forchheimer (E.). Utber einige auffallende Miinznominale [Con accenno anche alle monete austriache per Gorizia, coniate dal 1733 al 1802]. — Der internationale Miinzkongress in Ront j bis 9 Aprii igoj [Programma della Sez. Num. del Congr. Internaz. di Scienze sto- riche]. — Ambrosoli. Ueber den Gebrauch der nationalen Sprachen in numismatischen Schriften [Traduzione integrale (del Consigl. Ernst) della relazione pubblicata dalla Rivista sul tema presentato al Congresso di Roma : " Intorno all'uso delle lingue nazionali negli scritti di Numisma- tica „]. — Ernst. Die Goldpràgung der Miinzstatte Giinzburg, — Voetter. Tarraco oder Ticinum ? [Replica agli articoli di Monti e Laflfranchi nel Bollettino di Numismatica], — Adunanze della Soc. Num. Viennese. — Necrologie : Giuseppe Nentwich, fondatore del periodico Numismatische Bldtter e del " Club der Mtinz- und Medaillenfreunde » di Vienna, delie cui Mitteilungen fu redattore sino alla sua morte. — Antonio ScharfT, il BIBLIOGRAFIA 523 celebre medaglista viennese. — Teodoro Mommsen. — Recensioni e no- tizie bibliografiche. — Ripostigli. — Verschiedenes [Placchetta di Capo- danno del sig. Bachofen von Echt. — Medaglia (di Rod. Marschall) per il Tiro a segno della Bassa Austria, col ritratto dell'arciduchessa Maria Ranieri (con fotoincisione). — Gettone della Soc.per la protezione dei bambini, in Vienna (con fotoinc). — Med. di Chopin (modellata da Rothberger). — Una nuova med. trentina (Comunicazione del nostro socio sig. Perini, di Rovereto. — La med. fu coniata pel giubileo della Soc. Mutuo Soccorso Artieri, di Trento, ed esce dallo Stabil. Johnson di Milano). — Med. pel giubileo della città di Hall in Tirolo (in memoriam vRBis HALL AB oTHONE DVCE ANNO Mcccii conditae). — Fondaz. della Soc. Austr. promotrice dell'Arte del medaglista. — Il Circolo Num. Mi- lanese e il Bollettino del prof. Ricci. — l.a Soc. Num. Ungherese. — La cattedra di Num. e glittica al " Collège de France „. — Onoranze ad una numismatica (nomina della Sig."» Maria de Man a socia ono- raria della Soc. Reale Belga). — Le ricerche. pratiche del sig. Piccione intorno al modo di fabbricazione delle mon. suberate. — Le mon. del piccolo Principato tedesco di Waldeck (la zecca di Berlino ricevette la commissione di coniare per esso 2000 pezzi in oro da 20 marchi, e al- trettanti in arg. da 5 m.). — La grande attività della zecca imperiale giapponese di Osaka. — La falsificazione delle mon. coreane^ eserci- tata su larghissima scala nel Giappone. Quivi esistono non meno di dugento officine che si dedicano a questa altrettanto lucrosa quanto poco lodevole industria. Nello scorso anno 1902 furono confiscati più di 3 milioni e mezzo di mon. false coreane]. The Numismatic Chronicle and " Journal 0/ the Numismatic So- ciety „, edited by J. Evans, B. V. Head, H. A. Grueber, and E. J. Rapson. London, Bernard Quaritch; 15, Piccadilly. Fourth Series. — 1903. — Part I. Howorth (H. H.) The History and Coinage of Artaxerses 111, hia Satraps and dependants. — Nelson (P.). The Coinage of William Wood, IJ22-2J [Assuntore della coniazione delle monete in rame per l'Irlanda e le Colonie Americane. — Con 2 tav , una della serie irlandese, l'altra della serie delle mon. con : rosa americana]. — Johnston (J. M. C). Coinage of the East India Company [Con tavola] — Miscellanea [Ri- postigli di monete romane scoperti a Londra], Part II. Macdonald (G.). The numerical Letters on Imperiai Coins of Syria. — Grueber. A Find oj Silver Coins ai Colchester [Comprendeva più di 10.000 mon. med'oev. ingl., irland. e scozzesi. — Con tavola], — Co- VERNTON (J. G,). The Coins relating to the Buwayhid and 'Okaylid Dy- 524 BIBLIOGRAFIA nasties of Mesopotamia and Persia. — Notices of recent numismatic Publications [Cenno del Sig. Hill sulle Medaillen der ital. Renaissance di C. von Fabriczy]. — Miscellanea [Antiche mon. inglesi di Verulamium e di Cunobelinus, trovate recentemente nel Bedfordshire, ecc.]. — Pro- ceedings of the Numismatic Society, Session igo2-igoj [Conferimento della medaglia della Soc. a Gustavo Schlumberger, membro dell'Istituto di Francia]. Part III. Langton (Nevi Ile). Notes on some Phocian Obols [Con tavola]. — Maurice (J.). Classification chronologique des émissions monétaires de l'atelier de Nicomédie pendant la période Constantinienne [Con 2 tav.]. — Walters (F. a.). The Gold Coinage of the Reign of Henry VI [Con 2 tav.]. — PiNCHES (J. H.). George William de Saulles [Necrologia. — Il Sig. de Saulles (n. 1862), era capo-incisore della Zecca reale. Si devono a lui anche le monete di Re Edoardo VII]. — Miscellanea [Monete orientali]. Numismatic Circular (Spink &> son's monthly). London, 17 & 18 Piccadilly (West); i & 2, Gracechurch Street (City). « Voi. XI. — NN. 122 132. — January-November 1903. Trascegliamo, dal ricco e svariatissimo contenuto di codesto inte- ressante periodico mternazionale, 1 seguenti articoli che concernono la Numismatica italiana : — Robert (A.). La République Romaine de 1849 [Con disegni e fotoincisioni nel testo]. — Whitev^'ay (P.). The Coins of Italy. — Spigardi (A.). Pier Antonio Micheli [Con fotoincisione]. — Gnecchi (Frane). Inedited Coins. A rectification. — Congresso internaz. di Scienze storiche in Roma. — Perini (Q.). Di alcune monete inedite della Zecca di Merano [Con disegni]. — Castellani (G.). Lo scudo d'oro di Paolo UIj conio di Benvenuto Cellini. — Monti (P.) e Laffranchi (L.). Ticinum Tarraco? — Paulucci di Calboli (R.). Les monnaies des Papes. — Inoltre, una messe abbondante di dati e particolari intorno alla nostra Medaglistica nella continuazione delle Biographical Notices of Medallists del sig. Forrer. Voi. XII. — N. 133. - December 1903. S. (S. M.). Inedited Coins. A pattern Crown of Edward VII [Con fotoincisione. — Curiosità numismatica, consistente in un' imitazione del ben noto tipo monetale di Carlo I, adattandolo a Re Edoardo. La data del dr. è 1902, e nella leggenda del rov. furono introdotti i mutamenti indispensabili, come l'aggiunta del titolo ind: imp: Fu coniata, s'intende, in ristrettissimo numero d'esemplari]. — Robert. La Seigneurie de Fran- quemont. — Forrer. Biographical Notices of Medallists, Coin, Gem, and Seal- Engravers, ancient and modem, with references to their Works. BIBLIOGRAFIA 525 B. C. joo — A. D. igoo [Continuaz. Da Historos (incisore di Turio nella Lucania) a Holbein. — Con fotoincisioni, disegni e ritr.]. — Varia [Le nuove mon. (ingl.) per il Transvaal. — La questione monetaria a Hong- Kong, al Siam, ecc.]. — Numismatic Societies, Museums, eie. — Nunt. Books, Magazines, Caialogues, etc. — Catalogne of Coins and Medals for sale, etc. AuOvYjc 'E«-r|figpi$ fr]c NofitofjLatix-fi!; \Ka faiaXo-^iaci — Joumal Illtsma- tional d* Archeologìe numismatique, dirige par J. N. Svoronos. Athènes, W. Barth, Éditeur. Tome cinquième. — Troisième et quatrième trimestre 1902. Svoronos. Tà * Elpa^ixiXtia „ àvdrfXotpa tcùv Moooràv. *Apx«ìov (looaixòv ^Yjfjia [Con ili estrazioni nel testo]. — Konstantopulos (K. M.)- BoCavrcoxà jioXopXó^ooXXa [Bolle del Museo Num. d'Atene. — Continuaz.]. — Rouvier (J.). Numismatique des vtlles de la Phinicie: Sidon [Contin. e fine. — Con 3 tav.]. — Svoronos. Tà " Dpa^^'ciXtia „ àvàfXo(pa, etc. [Contin. e fine. — Con 4 tav. e illustrazioni nel testo]. — Lo stesso. OYjoaopò? vo|ita[iaTu>v ì% 'ì2psoò xr^q, Eò^ota^ [Ripostiglio di 646 mon. d'arg., di Li- simaco re di Tracia, Alessandro Magno, Filippo V e Perseo di Mace- donia, con molte dramme di Rodi, ecc. — Con tavola]. — Dragumis (S. N.) Stéjifiaxa — K>.'rjt88(; — '0{i(paXóc. Tome sixième. — Premier et deuxième trimestre 1903. Earle Fox (H. B.). Colonia Laus Julia Corinthus [Con tavola]. — Rouvier. Numismatique des villes de la Phénicie : Tripolis [Con a tav.]. — Macdonald (G.). a new Syrian era. — Konstantopulos. BoCavttaxà (loXo^SóPooXXa [Contin.]. — Dattari. Notes inidites de V. Langlois à fonvrage de J. F. Tóchon d'Anttecy, " Recherches historiques et géogra- phiques sur les midailles des nomes ou prifectures de l'Égypte. „ — Xanthudidis (S. .'\ ). XpioTiovtxal itpif^aióx^'csz iv KpT,x7)? [Bolle di piombo, sigilli, pesi, ecc. — Con tre tav. e con illustrazioni nel testo]. — Wace (A. J. B.). An unpublished Pergamene tetradrachm [Con tavola]. — Svoronos. '0 àp^atoXofixòs flijoaopòi: tcùv 'Avxtxo^Yjpouv [Con 3 tav. e illu- strazioni nel testo]. — Regling (C). Lebedos-Plolemaìs. Troisième et quatrième trimestre. Svoronos. Nojiiofiaxix-}) aoXXoY"i] A-rjitYjtpioo D. MaopojjnxdtXf] [Con 7 tav. in fototipia]. — Rouvier. Numismatique des villes de la Phénicie [Continuaz.]: Zyr [Con 2 tav.]. — Konstantopulos. BoCavttaxà ;: 0X0^80- ^ooXXa [Contin.]. — Svoronos. 'EXeootviaxà. 67 526 BIBLIOGRAFIA American Journal of Numismatics and " Bulktin of American Numismatic and Archceological Societies „, W. T. R. Marvin and L. H. Low, Editors. Boston (73, Federai Street). N. N. 177-183. — [1902-1903]. Benson (F. Sherman). .(4«ciV«/ Greek Coins [Con belliss. tavole eliotip. di mon. siciliane]. — Storer (H.) The Medals, Jetons and Tokens illu- strative of the Seience of Medicine [Continuaz.] — Nichols (C. P.) Medals of the Grand Army [Contìn.] — Marvin, Masonic Medals [Contin.]. — Nichols. The Springfield, Mass., Jubilee Medal. — Black (G. F.) Copper Massas of Ceylon. — Silvestre. Siamese Money [Con riproduzioni delle contromarche adoperate per distinguere le differenti emissioni dei curiosi tical o monete globulari (i)]. — Weber (F. Parkes). Medals of Centenarians [Con disegno di una medaglia amburghese in onore di Sir Moses Montefiore]. — Hall. A New Rosa Americana Two-pence [Con 2 fotoincis.]. — Nichols. Medals of the Spantsh- American War. — Trow- BRiDGE (C. O.) and Wood (Howland). Sutler's Checks. — Coronation Medals struck in America. — Medal for Prince Henry. — England's Worn'out Money. — Italian Collections [La Collez. Marignoli acquistata da S. M. Vitt. Eman. Ili, la Collez. Randi acquistata da Leone XIII pel Vaticano, e l'incipiente Gab. Num. Comunale nel Palazzo dei Conservatori in Campidoglio]. — Greek and Roman Coins in the Art Museum, Boston [Scelta di 466 pezzi, esposti nel Museo Artistico dell'Atene americana]. — A Reporter's Story of an 1804 Bollar. — A New Contorniate [Del Museo di Treviri; auriga con: timendvs]. — The Caterine Page Perkins Colle- ction of Ancient Coins. — United States Trade Dollars. — Our Rarest Coin. — Roman Coins found in Cornwall [Dalla Num. Chronicle di Londra]. — The " Crystal Palace „ Medal. — Note on the Springfield Jubilee Medal, — Coins for the Philippines [Progetti per la nuova mo- netazione divisionale, dovuti ad un artista filippino, Figueroa, che ha studiato a Parigi. Le nuove monete recherebbero da una parte una figura muliebre, con un vulcano nello sfondo, coll'indicaz. del valore e la leggenda: filipinas; e dall'altra lo stemma degli Stati Uniti], — The Hamburg Work on Masonic Medals. — The New United States Mini and its Predecessors. — The Trial of the Pix. — Mexican Mini Marks. — A Sacred Chinese Coin. — King Edward's Title on His Coins. — A Half-F arthing Fine, and How to Pay It. — Some Curious Counter- stamps. — Encouragement to Medallic Art. — Undescribed Mexican To- kens. — Medals for Confederates. — Maria Theresa Thalers. — The " Florida BiCentenuial Medal. „ — New French Coins. — Book Notice. — Notes and Queries. — Obituary [Necrologie del Sig. Harlan Page Smith, (i) Cfr. Cerini, Catalogo dimostrativn della collez. di monete sia- mesi, ecc., nella presente Rivista, anno XI, 1898. BIBLIOGRAFIA 527 ben noto negoziante di mon. a N. York, e del Sig. Edm. J. Cleveland, da lunghi anni collabor. deli' Amer. Journal]. — Editorial [La med. di Re Umberto, eseguita in Roma dalla Sig. Marcella Lancelot-Croce (i). — Il Bulletin Internai, de Num. di Adr. Blanchet, ecc.]. Numismatìsches Literatur-Blatt. Herausgeber: M, Bahrfeldt in Halle a S., Kronprinzenstr.. Nr. 6. Richiamiamo di nuovo l'attenzione òu questo piccolo periodico di bibliografia, esclusivamente speciale per la nostra scienza, e compilato da un numismatico di grido qual è il Colonn. Bahrfeldt. Il Num. Literatur-Blatt^ benché modesto d'intendimenti, di formato e di prezzo (i marco e 50 pf. all'anno), è un organo utilissimo, che col N. 137, del corrente dicembre, compie il suo XII volume; lo raccoman- diamo vivamente anche ai nostri cortesi lettori. Solone Ambrosoli, bibliotecario. Rivista di storia antica, a. VII, fase II-III: Breccia (£.), Storia delle banche e dei banchieri nell'età di Sparta. Rendiconti R. Accade.mia Lincei, s. V, voi. XI, fase. IX-XII: Cipolla {Carlo), Sopra una formula della numismatica veronese. Atti del II Congrf.sso internazionale di archeologia cristiana (Roma, 1902) : Crostarosa {Pietro), I sigilli dollari nelle basiliche cristiane: nuove osservazioni. Archivio storico lombardo, fase. II, 1903: Ambrosoli (S.), Una medaglia poco nota di papa Pio IV, nel R. Gabinetto Numismatico di Brera in Milano (Con tavola). Bollettino del Museo Civico di Padova, V, 1902: Acquisti del Museo Bottacin: monete, medaglie e sigilli, oggetti varii. Miscellanea di storia italiana, voi. XXXIX, 1903: Amat di San Fi- lippo {Luigi), Indagini e studi sulla storia economica della Sardegna [a p. 480 seg. " Nota sulle monete „]. Arte Italiana decorativa, a. XII, n. i, 1903: Ricci {S.\ L'arte della medaglia e delia placchetta in Italia, con tav. e fig. Bollettino R. Deputazione di storia patria per l'Umbria, a. IX, n. 2: Bellucci- Ragnotti, La zecca di Terni. Strenna Dantesca (Firenze, Lumachi, 1903): Supino (/. 5.), Le medaglie di Dante nel Museo del Bargello. (i) Cfr. Spigardi, Medaglia commemorativa del regno di Umberto I (Concorso Alinari), Rivista, anno XIV, 1901. 528 BIBLIOGRAFIA Bollettino della Società pavese di storia patria, fase. I, a. Ili, 1903: Mariani (M.), Il medagliere del Museo civico di storia patria di Pavia. Miscellanea di studi e documenti offerta al Congresso Storico Internazionale dalla Società Storica Lombarda (Milano, Castello Sfor- zesco, 1903): Ambrosoli (S.), Una medaglia poco nota di papa Pio IV, nel R. Gabinetto Numismatico di Brera in Milano. Con i tav. Notizie degli scavi, fase. X, 1902: Taramela (A.), Broni. Ripostiglio di monete consolari romane rinvenute presso la frazione Rovescala. Rassegna d'arte, settembre 1903: Balletti (D.), Medagliere Veneto (con incisioni). Atti R. Accademia delle scienze di Torino, voi. XXXVIII, disp. 15% 1903: Giri (d.r Ugo), Valeriane juniore e Salonino Valeriane [a proposito dello studio pubblicato nella Rivista di Numismatica 1902, p. 19 segg.]. L'art décoratif, janvier et mars 1903: Plaquettes et médailles (io ili.). — La dernière oeuvre de Roty (ili.). COMPTE RenDU de l'AcaDÉMIE DES SCIENCES MORALES ET POLITIQUES, luglio 1903 : Leroy- Beau He u, Levasseur, Observations à la suite du mémoire sur le bimétallisme frangais et le bimétallisme indien. DlCTIONNAIRE DES ANTIQUITÉS GRECQUES ET ROMAINES, 34' fascicule (Paris, Hachette): Lenormant, Moneta et Monetarii. ÉcHos d'Orient, settembre 1903: Pétridès {S.), Médailles religieuses byzantines. Le Petit Temps, 21 nov. 1902: Les Monnaies et Médailles en 1901. Journal des économistes, 15 aprile 1903: Molinari {de G.), Etalon d'or et étalon d'argent. — Les pourparles monétaires entre les Etats Unis, le Mexique et la Chine. Revue indo-chinoise, 15 dicembre 1902: Krug (A.), Réforme mo- nétaire, la piastre et le frane. Revue indo-chinoise, 13 luglio 1903: Roy {G.), La question du metal argent et le regime monétaire en Indo-Chine. Revue des 2 Mokdes, 15 marzo 1903: Levi {Rapii. Georges), La dispa- rition de l'argent comme metal monétaire. Une revolution économique. Revue Internationale de l'enseignement, 15 febbraio 1903: Babelon {E.), La Numismatique et la Glyptique au collège de France. Revue archéologique, s. IV, voi. I (1903): Dechelette (/.), La sépul- ture de Chassenard et les coins monétaires de Paray-le-Monial. Revue universelle, i luglio 1903: Caye (G.), La fabrication des pièces de monnaie. SoaÉTÉ Nationale des Antiquaires de France io giugno 1903: Moreau, de Néris segnala un ripostiglio di monete del XVII secolo presso Néris. feiBLIOGRAFIA 529 MÉMOIRES de la SoCIÉTÉ ACADÉMIQUE d'archeologie, SCIENCES ET ARTS Du DÉPARTEMENT DE l'Oise (Beauvais, ìmp. Avonde et Bachelier): Leblond (dx V.), Notes sur quelques monnaies gauloises trouvées au pays des Bellovaques. MÉMOIRES DE LA SociÉTÉ ÉDUENNE, t. XXX, 1902: Déchehtte {Joseph), La sépulture de Chassenard et les coins monétaires de Paraj'-le-Monial. BULLETIN DE LA SOCIÉTÉ ARCHÉOLOGIOUE, HISTORIQUE ET ARTISTIOUE " Le vieux papier „, i marzo 1903: Rouillè (A.), Papier-monnaie et monnaie de papier. BuLLETIN DE LA SoCIÉTÉ ARCHÉLOGIQUE DU VknDÒMOIS, t. XLI (Ven- dòme, iinp. Empeytaz): Leiessier (M.), Une monnaie Vendòmoise inèdite. BuLLETiN DU CoMiTÉ DE l'Asie fran(;aise, luglio 1903 : /. F., Les propositions de la commission monétaire américaine. BuLLETiN HisPANiQUE, t. IV, lì. 4, nov.dicembre 1902: Berlanga {Al. R. de), Études de numismatique: une monnaie moline de l'Espagne romaine. BuLLETiN MENSUEL DU CoMiTÉ DE l'Asie fran^aise, fcbbraio-aprile 1903: 1. {F.), La question monétaire en Extréme-Orient et les Etats-Unis. — La situation monétaire: Siam, Philippines, Indo-Chine. Annales Fléchoises, luglio 1903: Ca lendini {L.\ Notes de numisma- tique: Jetons allemands trouvés à Sainte-Colombe. RdMiscHE QuARTALSCHRiFT, a. XVI, 1902, p.417: GólUr, Zur Gcschichte des papstlichen Schatzes im 14 Jahrhundeit. Vierteljahrschrift fOr Social- und Wirthschaftsgeschichte, t. I, fase. II: Seebohm, On the early currencies of the German tribes. Archiv fQr Papyrusforschung und verwandte Gebiete, Bd. II, Heft 4: Milne {1. G.), Miinzfunde in Aegypten. FiNANZ- Archiv, XIX, 2: Kogler {dx Ferd.), Uebersicht uber das Mùnzwesen Tirols bis zum Ausgang des Mittelalters. Festschrift des Vereins fOr Geschichte der DEtrrscHEN in Bòhmen (Prag, Calve) 1902: Siegl, Geschichte der Egerer Munze. Mittheilungen der Gesellschaft fGr Salzburger Landeskunde, XLI, 1901 : Becker (Z..), Die jetons von Salzburg. Iahreshefte des oesterreichischen archaeologischen Instituts in WiEN, Bd. V. Heft 2, 1902: Kubitschek [W.), Die Mùnzen der Ara pacis. Atti I. R. Accademia degli Agiati, s. Ili, voi. IX, fase. I, 1903: Perini {Q.), La famiglia Lindegg e le Signorìe di Lizzana, MoUenburg, Weissenberg, Marbach e Arndarf. Cenni storici, stemmi, medaglie. Atti I. R. Accademia degli Agiati di Rovereto, s. Ili, voi. VIII, fase. III-IV, 1902: Perini (Q.), Contributo al Corpus Nummorum italicorum. II. Le monete ossidionali di Casale del 1630. Roveredo (Mesolcina).Sulmona. 53© BIBLIOGRAFIA Annales de la SociÉTÉ d'archeologie de Bruxelles, 1902, n. 1-2: Cumont ((?.)> Étude sur le cours des monnaies en Brabant pendant le règne de la duchesse Jeanne, depuis 1383 jusqu'en 1406. Revue des Bibliothèques et Archives de Belgique, gennaio-febbraio 1903: Alvin {F.), Le cabinet des médailles de l'Etat à la Bibliothèque royale de Belgique. Revue des Bibliothèques et Archives de Belgique, mai-aoùt 1903: Alvin (F.), Le cabinet des médailles de l'Etat à la Bibliothèque royale. — La collection van Schoor au cabinet des médailles de Bruxelles. Anzeiger FilR schweizerische Altertumskunde, N. Folge, Bd. IV, n. 3-4; Bd. V, n. i (Zurigo, 1902-1903): Liebenau [d.r Th. von), Ueber einige schweizerische Mùnzwàhrungen - Zur Milnzgeschichte von Uri. — Zeller WerdmUller {H.\ Der Churer Denar des Càsars Otto. - Angebot falscher Munzen durch Lausanner Mtìnzhàndler. — Widmer (E.), Eine verschollene Mtinze. MusÉE National Suisse à Zurich, XI"^ Rapport Annuel, 1902 (Zurich 1903): Cabinet de Numismatique (a p. 104-106). Bollettino storico della Svizzera Italiana, n. 1-3, 1903: [Motta {E.)], Là zecca di Bellinzona nel 1529. AssociATiON PRO AvENTico, Bullctln, n. Vili (Lausanne, 1903): Martin (Louis), Catalogue du médailler (suite). MusÉE Neuchatelois, 1903, mai-juin: Michaud {A.), Les médailles de Jean Jacques Perret-Gentil (avec planches). Revista de Aragón, gennaio 1903: Vives {Antonio), La moneda Aragonesa. EsPAÌÌA Moderna, i maggio 1903: Ca/z/o (/.), Curiosidades numismà- ticas. La Lectura, julio 1903: Serrano y Sanz, El libro del mes. Discursos de medallas y antigùedades que compuso D. Martin de Gurrea y Aragón, Duque de Villahermosa. BoLETiN DE LA Real Academia DE LA HisTORiA, giuguo 1903: Hcrrera {Adolfo), Discursos de medallas y antigùedades que compuso Don Martin de Garrea y Aragón, Duque de Villahermosa. BoLETIN DE LA R. AcADEMIA DE BUENAS LeTRAS DE BARCELONA, n. I-7, 1902: Carreras y Candi {F.), Numismatica sarda del XIV secolo. O Archeologo portuguès, febrero y marzo 1903: de Campos {Manoel Joaquim), Estudos de numismatica colonial portuguesa. BIBLIOGRAFIA 53 1 Akadémiai ErtesitO, aprile 1903: Hegedas (^.), Le développement de l'étalon d'or. MoNTHLY Review, febbraio 1903: B. A. voti Schneider, Athene on Greek Coins. The Connoisseur, aprile 1903: Webb {Percy H.), Roman republican denarii. The Journal of the Royal Asiatic Society, aprile 1903: Cerini (colonelj, A Malay coin. American Journal of Archaeology, n. 4, 1902: Oleati (George N.), Numismatics Notes: I. A Hoard of Romain Coins from Tarquinii. American Journal of Archaeology, voi VII, n. 3, 1903: American School at Athens: The Coins (Agnes Baldwin). The English Historical Review, aprii 1903: Round (/. H.\ The Colchester Mint in Norman Times. E. M. VARIETÀ S. M. Vittorio Emanuele HI in Inghilterra. — Durante il viaggio di S. M. Vittorio Emanuele III a Londra, avvenuto lo scorso ottobre, la Società Numismatica di Londra ebbe il gentile pensiero di recargli i proprii omaggi. Una deputazione della Società, composta dal Presidente Sir John Evans, Sir Henry Howorth, Sig. W. C. Boyd e Sig. Herbert A. Grueber, si recò a Windsor, ove alloggiava S. M,, a cui presentò una medaglia d'oro appositamente coniata, accom- pagnandola con un indirizzo in cui si riconoscevano i grandi meriti dell'Augusto cultore della scienza, specialmente in relazione alla numismatica medioevale italiana. La Società fu lietissima di registrare il nome del nostro Presidente Onorario fra quelli dei membri d'onore della Società Numi- smatica di Londra. S. M. si intrattenne qualche tempo coi membri della deputazione, discorrendo della sua privata collezione, giunta ormai a 50,000 pezzi, del suo catalogo che sta compilando e dell'opera del Corpus numorum a cui il suo catalogo ser- virà di base. La conversazione ebbe luogo in inglese. Società Numismatica Britannica. (British numis- matic Society). — Promossa dai Signori W. J. Andrew, P. Carlyon Britton e L. A. Laurence, venne fondata questa nuova Società, accanto all'antica Società Numismatica di Londra. Alcuni membri di questa trovarono che la numisma- tica inglese non era abbastanza coltivata nella Numismatic Chronicle, in confronto alla numismatica classica e da ciò ebbe origine la nuova Società, la quale si occuperà esclusi- vamente di numismatica inglese, pubblicando un periodico proprio, il British Numismatic Journal, che uscirà una volta all'anno già rilegato in volume. 68 534 VARIETÀ Una lunga polemica fra i tre promotori della nuova Società e Sir John Evans Presidente della Società Num. di Londra ebbe luogo l'ottobre scorso noìV Aihenaettm, soste- nendo i primi la loro tesi, il secondo dimostrando che la Numismatic Chronicle aveva sempre offerta larga ospitalità a tutti gli studii sulla numismatica inglese. Noi non seguiremo quella polemica, né pronuncieremo un giudizio, sia perchè la cosa non ci riguarda, sia perchè troppo difficile è giudicare in casa d'altri. La Direzione. Medaglie della Sede Vacante. — Secondo l'uso, per ordine del Cardinale Camerlengo, venne coniata la consueta medaglia della Sede Vacante, accurato lavoro del cav. Bianchi, incisore dei Sacri Palazzi Apostolici. Nel diritto vi è rappresentato lo stemma del Cardinale Oreglia, consistente in una targa che contiene un leone ram- pante in campo azzurro. In giro ha l'epigrafe: ALOISIVS CARD • OREGLIA A S STEPHANO S R E CAMERARIVS Nel rovescio è rappresentato il solito padiglione, sotto il quale sono le chiavi, ed in giro le parole: SEDE VACANTE • Nell'esergo: MDCCCCIII • Un' altra medaglia simile fu fatta coniare col proprio stemma ed analoga iscrizione dal principe D. Mario Chigi, maresciallo perpetuo di Santa Chiesa e custode del Conclave. Medaglia di Papa Pio X. — Il ben noto Stabilimento Johnson di Milano ha coniato una grande medaglia per l'as- sunzione di Papa Pio X al soglio pontificio e per il Giubileo dell'Immacolata. Nel dr. reca il ritratto rassomigliantissimo di S. S., mo- dellato in Vaticano alla sua presenza dagli artisti Cav. An- gelo Cappuccio e Egidio Boninsegna ; con la leggenda : PIVS X PONT MAX Al La composizione allegorica del rov. venne eseguita sul tema: " Il t*apa raccoglie i popoli a celebrare il Giubileo dell'Immacolata „. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Seduta del Consiglio, 24 Novembre 1903. (Estratto dai Verbali). La seduta è aperta alle ore 14 nella Sala del Castello. I. Vengono ammessi come Soci Corrispondenti i Si- gnori Pinto Avv. Gerardo di Venosa, Pagnoni Ernesto di Vaprio d'Adda, Vittorio Salvaro di Ala, presentati dai Si- gnori Francesco ed Ercole Gnecchi. II. I Direttori della Rivista danno spiegazioni ai colleghi relativamente al cambiamento avvenuto nella materia del III fascicolo e al conseguente ritardo della pubblicazione. La Direzione del Congresso di Roma aveva dapprima dichiarato che negli Atti non si sarebbero pubblicati che i sunti delle Memorie presentate, e in seguito a ciò la Rivista aveva promesso ai Congressisti di pubblicare al più presto quei lavori nella loro integrità e aveva prese le opportune misure per eseguire la sua promessa incominciando la pubblicazione col fascicolo II. Ma a queir epoca sopravveniva un cambiamento di idee nella Direzione del Congresso di Roma, la quale prendeva la decisione di pubblicare ne' suoi Atti tutte le Memorie per extenso e pregava quindi la Rivista di cessare temporanea- mente la pubblicazione incominciata. Per quanto ciò portasse incaglio alla Redazione della Rivista, molti articoli essendo già composti e corretti, aspettando solo d'andare in macchina, pure si è creduto doveroso usare ogni cortesia alla Direzione del Congresso. E per lasciarle la priorità della pubblicazione si trovò modo di sostituire la materia del III fascicolo; e da qui il ritardo, non eccessivo del resto, ossia di circa un mese nella sua pubblicazione. 536 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Siccome il Volume degli Atti del Congresso di Roma contenente gli scritti numismatici non uscirà che al principio del 1904, la Rivista ha pensato pure a sostituire completa- mente la materia anche pel IV fascicolo, cosicché sarà solo col I del 1904 che la Rivista continuerà la pubblicazione delle Memorie presentate al Congresso. III. Il Presidente Conte Nicolò Papadopoli comunica d'avere il giorno prima inaugurato con due laboriose sedute nella sala sociale i lavori della Commissione nominata nella seduta 26 Giugno scorso, per lo studio del riordinamento delle monete e delle zecche italiane; e d'avere stabilito di mandare un questionario ai membri assenti sui principali problemi riflettenti la difficile questione. L,a Commissione sarà nuovamente radunata fra tre mesi. IV. Il Segretario A. M. Cornelio dà lettura dei se- guenti doni pervenuti alla Società: Babeion Ernest. JCa sua pubblicazione : Le^on d'ouverture au cours de Numismatique et de Glyptique au Collège de France. Parigi, 1903. Gnecchi cav. ufi'. Ercole. N. 3 Medaglie commemorative in bronzo. Qnecchi comm. Francesco. O. Archeologo Portugués. Annata 1903. Bulletin mensuel de Numismatique et d Archeologie publié par M. M. C. A. et R. Serrure. Bruxelles, 1881 à 1887. Bulletin de Numismatique — R. Serrure. Parigi, 1891-1901. La Gazette Numismatique — Ch. Dupriez. Bruxelles, 1896-1903. Bulletin de la Société Suisse de Numismatique — 1889-1891. Museo Britannico. Catalogue of Greek coins in the British Museum. Parthia by War- wich Wroth. — Londra 1903 Rizzoli dott. Luigi, junior. Le sue pubblicazioni : Per la storia della zecca dei Carraresi in Padova. Nuovi documenti. Padova, 1903. — I sigilli del Museo Bottacin. IX. Padova, 1903. M. Rostowzew. La sua pubblicazione : Sulle antiche tessere romane di piombo. — Pietroburgo, 1903. COLLABORATORI DELLA RIVISTA NELL'ANNO 1903 Memorie e Dissertazioni. Ambrosoli Solone Babelok Ernesto Ceresole Giulio Correrà Luigi Dattari Giannino Cabrici Ettore Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco Haeberlin e. J. t KuNz Carlo Lanza M. Caruso Mowat Robert Mattoi Edoardo Novati Francesco Ricci Serafino Seltman e. J. Valerani Flavio Witte (de) Alphonse Cronaca. Ambrosoli Solone Cabrici Ettore Cnecchi Ercole Gnecchi Francesco Motta Emilio Ricci Serafino ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DEGLI ASSOCIATI ALLA RIVISTA PER l'anno 1903 SOCI EFFETTIVI ('). I 'S. M. IL Re Vittorio Emanuele III. 2. S. M. LA Regina Elena. 3. *Ambrosoli Dott. Cav. Solone — Milano. 4. 'Arcari Dott. Cav. Francesco — Cremona. 5. Averara Avv. Cav. Manifesto — Milano. 6. Caruso Lanza Avv. Michele — Girgenti. 7. 'Castellani Rag. Giuseppe — Venezia. 8. Celati Avv. Luigi Agenore — Livorno. 9. *Ciani Dott. Cav. Giorgio — Trento. 10. Circolo Numismatico milanese — Milano. 11. Cornaggia Gian Luigi (dei Marchesi) — Milano. 12. Dattari Giovanni — Cairo (Egitto). 13. Dessi Vincenzo — Sassari. 14. 'Fascila Comm. Carlo — Milano. 15. Ferrari Cav. Adolfo — Sinalunga. 16. 'Fiorasi Tenente Colonnello Cav. Gaetano — Verona. 17. 'Gavazzi Cav. Giuseppe — Milano. 18. Gavazzi Dott. Carlo di Pio — Milano. 19. 'Gnecchi Cav. uflf. Ercole — Milano. 20. 'Gnecchi Comm. Francesco — Milano. 21. Grillo Guglielmo — Milano. 22. Hirsch Dott. Jacopo — Monaco. (*) I nomi segnati con asterisco sono quelli dei Soci Fondatori. 540 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 23. Jesurum Aldo — Venezia. 24. *Johnson Comm. Federico — Milano. 25. Lazara (De) Conte Antonio — Padova. 26. *Marazzani Visconti Terzi Conte Lodovico — Piacenza. 27. *Mariotti Sen. Dott. Comm. Giovanni — Parma. 28. Mattoi Edoardo — Milano. 29. Menchetti Nob. Andrea — Ostra. 30. *Milani Prof. Cav. Luigi Adriano — Firenze. 31. *Motta Ing. Emilio — Milano. 32. Nervegna Cav. Giuseppe — Brindisi. 33. Novati Prof. Cav. Francesco — Milano. 34. Padoa Cav. Vittorio — Firenze. 35. *Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò — Venezia. 36. Pisa Ing. Giulio — Milano. 37. Pisani Dossi Nob. Comm. Alberto — Milano. 38. Puschi Prof. Cav. Alberto — Trieste. 39. *Ratti Dott. Luigi — Milano. 40. Ricci Prof. Serafino — Milano. 41. Rizzoli Luigi — Padova. 42. Rocca Conte Mario Leone — Venezia. 43.' 'Ruggero Comm. Colonnello Giuseppe — Roma. 44. *Salinas Comm. Prof. Antonino — Palermo. 45. San Rome Mario — Milano. 46. Santoro Michele — Bari. 47. Savini Paolo — Milano. 48. Seletti Avv. Cav. Emilio — Milano. 49. *Sessa Rodolfo — Milano. 50. *Sormani Andreani Conte Lorenzo — Milano. 51. Strada Marco — Milano. 52. *Tatti Ing. Paolo — Milano. 53. Traversa Francesco — Bra. 54. * Visconti Ermes March. Cav. Carlo — Milano. ' SOCI CORRISPONDENTL Adriani Prof. Comm. G. B. — Cherasco. Annoni Antonio — Milano. Balli Emilio — Locamo. Bartolo (Di) Prof. Francesco — Catania. Bordeaux Paolo — Neuilly. ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 54 1 6. Boris Ivanoff — Sofia. 7. Bosco Ing. Emilio — Bussoleno di Suso. 8. Cahn E. Adolfo — Francoforte sul Meno. 9. Camozzi Dott. Guido — Lodi. 10. Canessa Cesare — Napoli. 11. Castellani Cav. Ten. Colonnello Raflfaele — Gaeta. 12. Cavalli Gustavo — Sk'ófde (Svezia). 13. Cerrato Giacinto — Torino. 14. Clerici Ing. Carlo — Milano, 15. Conconi Cap. Giulio — Busto Arsizio. 16. De' Ciccio Mario — Palermo. 17. Dell'Acqua Dott. Cav. Girolamo — Pavia, 18. Fantaguzzi Ing. Cav. Giuseppe — Asti. 19. Eoa Alessandro — Torino, 20. Forrer L. — Chislehurst. 21. Franciolini Leopoldo — Firenze, 22. Galeotti Dott. Arrigo — Livorno. 23. Garzia Avv. Raflfaello — Maglie. 24. Gazzoletti Dott. Cav. Antonio — Nago, 25. Geigy Dott. Alfredo — Basilea. 26. Hess Adolf Nachfolger — Francoforte s. M. 27. Lambros Giovanni Paolo — Atene. 28. Lanzoni Giuseppe — Mantova. 29. Lenzi Furio — Orbeiello, 30. Leone Dott. Comm. Camillo — Vercelli. 31. Mariani Prof. Cav. Mariano — Pavia. 32. Morchio e Mayer — Venezia. 33. Nahmann M. — Cairo (Egitto). 34. Nuvolari Francesco — Castel d'Ario. 35. Oettinger Prof. S. — Nuova York. 36. Pagnoni Ernesto — Vaprio d'Adda. 37. Paulucci Panciatichi Marchesa M.* — Firenze. 38. Perini Quintilio — Rovereto. 39. Piccolomini Clementini Pietro — Siena. 40. Pinoli Avv. Galileo — Ivrea. 41. Pinto Avv. Gerardo — Venosa. 42. Podetti Francesco — Trento. 43. 'Romussi Dott. Carlo — Milano. 44. Sai varo Vittorio — Ala. 45. Savo Doimo — Spalato. 46. Schiavuzzi Dott. Bernardo — Polo, 47. Simonetti Alberto — S. Chirico Raparo. 69 542 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 48. Società Svizzera di Numismatica — Ginevra. 49. Spigardi Arturo — Firenze, 50. Spink Samuele — Londra. 51. Stettiner Comm. Pietro — Roma. 52. Stroehlin Paolo — Ginevra. 53. Valerani Dott. Cav. Flavio — Casale Monferrato. 54. Valton Prospero — - Parigi. 55. Vigano Gaetano — Desio. 56. Vitalini Cav. Ortensio — Roma. 57. Witte (De) Cav. Alfonso — Bruxelles. 58. Zane Cav. Riccardo — Milano. 59. Zitelli Pietro ~ Scio. BENEMERITI DELLA SOCIETÀ. S. M. IL Re Vittorio Emanuele III. Ambrosoli Dott. Cav. Solone. Cuttica de Cassine Marchesa Maura. Cuzzi Ing. Arturo. Dattari Giovanni. Gnecchi Cav. uff. Ercole. Gnecchi Comm. Francesco. f Gnecchi Comm. Ing. Giuseppe. Johnson Comm. Federico. -}- Luppi Prof. Cav. Costantino. Osnago Enrico. Padoa Cav. Vittorio. Papadopoli Conte Sen. Comm. Nicolò. ASSOCIATI ALLA RIVISTA. American Journal of Archaeology — Nuova York. American Journal of Numismatics — Boston. Annales de la Société d'Archeologie — Bruxelles. Archivio della Società Romana di Storia patria — Roma. Archivio Storico Italiano — Firenze. ELENCO DEI JtEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 543 Archivio Storico Lombardo — Milano. Archivio Storico Napoletano — Napoli. Bagatti Valsecchi Nob. Cav. Fausto — Milano. Baglio Vassallo Cataldo — San Cataldo. Bahrfeldt Maggiore Max — Breslavia. Baldwin C. A. — Colorado. Bari — Museo Provinciale. Bartoli Avveduti Aw. Giulio — Roma. Behrentz Ermanno — Bonn. Beltrami Architetto Comm. Luca — Milano. Benson Sherman Frank — Brooklyn (S. U.). Berarducci Emiliano — Pesaro. Beserianni Costantino — Napoli. Bignami Comm. Giulio — Roma. Bocca Fratelli — Torino (copie a). Boghandel Tillges — Copenaghen. Bollettino di Archeologia e Storia — Spalato. Bologna — Biblioteca Municipale. Bret Edoardo — Nimes. Brockhaus F. A. — Lipsia (copie 2). Bui lettino dell' Itnp. Istituto Archeologico Germanico — Roma. Cagliari — Regio Museo di Antichità. Camozzi Vertova Conte Sen. Comm. G. B. — Bergamo. Camuccini Barone G. B. — Roma. Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo — Roma. Carpinoni Michele — Brescia. Ceppaglia Maggiore Cav. Federico — Mantova. Cini Avv. Tito — Montevarchi. Clausen Carlo — Torino (copie 11). Como — Biblioteca Comunale. «• — Museo Civico. Guzzi Ing. Arturo — Trieste. Da Celleno P. Gius. Giacinto — Aleppo (Siria). Del Hierro Dott. José — Madrid. Dressel Dott. Enrico — Berlino. Dupriez Carlo — Bruxelles. Dutilh G. D. J. — Alessandria d'Egitto. Engel Dott. Arturo — Parigi. Ferraironi Sac. Giolindo — San Ginesio (Marche). Ferrari A. — Livorno. Firenze — Biblioteca Manicelliana. Fioristella (Barone di) — Acireale. 544 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. Fermenti Giuseppe — Milano. Gandino Giovanni — Genova. Garovaglio Cav. Dott. Alfonso — Milano. Genova — Biblioteca Civica. Grassi Conte Antonino — Acireale. Guiducci Dott. Antonio — Arezzo. Hamburger L. e L. — Francoforte sul Meno. Hiersemann Carlo — Lipsia (copie 3). Hoepli Dott. Comm. Ulrico — Milano. Journal international d'Archeologie numismatique — Atene. Lussemburgo — Istituto Granducale. Mantova — Biblioteca Comunale. Marsiglia — Biblioteca Civica. Martinori Cav. Edoardo — Roma. Marucci Nicola — Castelpizzuto. Milano — R. Gabinetto Numismatico di Brera. n — Biblioteca Braidense. » — Biblioteca Ambrosiana. Modena — R. Galleria Estense. Napoli — R. IVIuseo di Antichità. Numismatic Chronicle — Londra. Numismatische Zeitschrift — Vienna. Nuovo Archivio Veneto — Venezia. Nutt Davide — Londra (copie 2). Osnago Enrico — Milano. Pancera di Zoppola Conte Nicolò — Brescia. Parazzoli Antonio — Cairo. Parma — R. Museo di Antichità. Pavia — Museo Civico di Storia patria. Peelman Giulio e C. — Parigi. Pesaro — Biblioteca Olivieriana. Piacenza — Biblioteca PasseriniLandi. Pietroburgo — Gabinetto Num. dell'Eremitaggio Imperiale. Polybiblion — Parigi. Portogruaro — Museo Nazionale Concordiese. Ratto Rodolfo — Genova. Revue fran^aise de Numismatique — Parigi. Riggauer Dott. Prof. Hans — Monaco di Baviera. Ri vani Giuseppe — Ferrara. Rivista di Storia Antica — Padova. Rizzini Dott. Cav. Prospero — Brescia. Roma — R. Accademia dei Lincei. ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 545 Roma — Direzione della R. Zecca. » — Biblioteca della Camera dei Deputati. " — Gabinetto Numismatico Vaticano. San Marco (Conte di) — Palermo. Scarpa Dott. Ettore — Treviso. Schoor (van) Carlo — Bruxelles. Schultz Albert — Paris. Seltman E. J. — Berkhamsted. Smithsonian Institution — Washington. Società Neerlandese di Numismatica — Amsterdam. Société d'Archeologie — Bruxelles. Société R. de Numismatique — Bruxelles. Strada Marco — Milano. Strolin Teopisto — Schio. Tinti Cesare — Bologna. Tolstoy Conte Giovanni — Pietroburgo. Torino — R. Biblioteca Nazionale. » — R. Museo di Antichità. Torrequadra Rogadeo Conte Giovanni — Bitonto. Trento — Biblioteca Comunale. Vaccari Emanuele — Ferrara. Varese — Museo Archeologico. \'arisco Sac. Achille — Monza. Venezia — Ateneo Veneto. " — R. Biblioteca Marciana. » — Museo Civico. » — Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti. Verona — Biblioteca Comunale. Vicenza — Museo Civico. Vienna — Gabinetto Num. di Antichità della Casa Imperiale. \'irzì Ignazio — Palermo. Volterra — Museo e Biblioteca Guarnacci. Zeitschrift fur Numismatik — Berlino. Zurigo — Biblioteca Civica. INDICE METODICO DELL'ANNO 1903 NUMISMATICA ANTICA. (Memorie e Dissertazioni). Appunti di Numismatica alessandrina. G. Dattari : XVI. Saggio storico sulla monetazione dell' Egitto dalla ca- duta dei Lagidi all' introduzione delle monete con leg- genda latina (Continuazione) (fig.) P^'g' n Idem. Continuazione (fig.) „ 263 Spiegazione storica delle monete di Agrigento (Continuaz. Cap. II- VI), (i tav.) M. Caruso Lama . . . . „ 37 Idem (continuazione Cap. VII-VIII) (i tav.) . . „ iii Idem (continuazione Cap. IX-XIIl) ,, 333 The spurions gold coins of King Amyntas of Galatia. E. J. Seltman » 97 Las monnaies de Septime Sevère, de Caracalla et de Géta relatives à l'Afrique (i tav.). E. Babelon . . . . „ 157 Corpus numorum aeris gravis. Allocuzione al Congresso In- ternaz.'" di scienze storiche in Roma. E. J. Haeberlin . „ 175 Osservazioni intorno ad una moneta di Neapolis (fig.). Luigi Correrà „ 191 A proposito delle cosidette " restituzioni „ di Gallieno o di Filippo (fig.). S. Ambrosoli „ 195 Appunti di Numismatica romana. F. Gnecchi: LVIII. Contribuzioni al Corpus numorum . . . . „ 367 LIX. Un denaro repubblicano ignoto (fig.) . . . . „ 383 Un essai de denier roniain avant la lettre (fig.). B. Mowat „ 385 Il Ripostiglio di Monte Cuore (fig.). S. Ambrosoli . . „ 411 (Varietà). Monete dei Nómi Pag. 395 Manuale di Numismatica „ 395 NUMISMATICA MEDIOEVALE E MODERNA. (Memorie e Dissertazioni). La leggenda del tornese d'Oddone III del Carretto (fig.). F. Novati Pag- 77 548 INDICE METODICO DELL ANNO I903 La zecca franco-italiana di Charleville o Carlopoli (fig.)- S. Ambrosoli Appunti di Numismatica italiana. E. Gnecchi : XVIII. Uno scudo di G. B. Spinola Principe di Vergagni (fig.). Les relations monétaires entre l'Italie et ies provinces belges au moyen àge et à l'epoque moderne (fig.). A. de Witte Annotazioni Numismatiche italiane. G. Ruggero : VI. Di una singolare baiocchella di Fano (fig.) VII. Un tornese di San Severo (fig.) .... Le monete dei Conti di Ventimiglia (i tav.). S. Ambrosoli Monete inedite o rare del Monferrato (fig.). F. Valerani Adelchi Principe di Benevento (fig.). C. Kum Denari e sigillo di Volchero (i tav.). C. Kurtz Delle monete ossidionali di Brescia. C. Kunz . Trieste e Trento (i tav.). C. Kunz Pag. 87 187 )( 419 » 424 » 437 » 431 » 449 n 453 » 459 1) 465 (Varietà). Falsificazione italiana. E. Gnecchi Pag. 391 MEDAGLIE. Una medaglia inedita di Giuditta Pasta. E. Mattoi Pag. 445 (Varietà). La medaglia per il XXVI di pontificato di Leone XIII. La Di- rezione ■ Pag. 106 La medaglia commemorativa della visita dei Sovrani d'Italia alla zecca di Parigi . „ 394 La medaglia commemorativa della visita dei Sovrani d' Italia alla città di Parigi „ 394 Il dono numismatico off'erto dal Ministro degli Esteri ai no- stri Reali a Parigi „ 394 Il dono numismatico offerto dal Ministro delle Finanze ai nostri Reali a Parigi „ ?95 Medaglie della Sede Vacante „ 534 Medaglia di Papa Pio X , 534 NECROLOGIE. Mommsen. E. Cabrici Filippo Speranza . Pag. 399 „ 477 INDICE 5IETODICO DELL ANNO 1933 549 BIBLIOG-RÀFIA. Hill G. F. Coins of ancient Sicily (E. Gabriel) . Pog- 479 Wroth W. Parthia. (E. Cabrici) „ 480 Rostowzew M. Tesserarum Urbis Romae et Suburbi plumbea- rum Sylloge (S. Ambrosoli) , 482 Fritze H. von. Zum griechischen Opferritual (S. A.) „ 484 Uschine C. N. CoUection Lischine. Monnaies grecques. Thrace (S. yf.) „ 485 Faville Jean de. Médaillons romains acquìs par le Cabinet des médailles. (S. A^ , 485 Olcott George N. Notes on Roman coins (S. A^ . . . „ 485 Franco Augusto. Appunti di Numismatica Toscana dei secoli XIII e XIV (S. A.) „ 486 Correzione numismatica ad un paragrafo del Vocabo- lario delia Crusca (S. A.) , 486 Castellani G. Lo scudo d'oro di Paolo III, conio di Benve- nuto Cellini (S. A.) . . „ 486 Bellucci Ada. La Zecca di Teirni (^. A.^ „ 487 Vitalini Ortensio. Spigolature numismatiche (S. A.) . „ 487 Perini Quintilio. Il Congresso Internazionale di scienze sto- riche in Roma (S. A-) „ 487 Rizzoli Luigi, Jun. Il Museo Bottacin di Padova (S. A) . „ 487 — i — Per la storia della zecca carrarese in Padova (S. A.J . „ 488 I Sigilli nel Museo Bottacin (S. A.) , 488 Coppa d'argento ornata di monete romane antiche (S. A.) „ 488 Joseph P. e Fellner E. Die MOnzen von Frankfurt am Màin nebst einer mQnzgeschichtlichen Einleitung und mehreren Anhàngen (Q. Perini) 489 Mazerolle F. Les médailleurs fran9ais du XV* siècle au milieu du XVÌI«. (S. A) „ 492 Lenzi Furio. Bibliografia medaglistica inglese (S. A.) . . „ 493 Balli Emilio. Catalogo del medagliere esposto a Bellinzona nelle feste centenarie dell'Indipendenza Ticinese (S. A.) , 493 Comandini Alfredo. L' Italia nei cento anni del secolo XIX, giorno per giorno illustrata (S. A.) , 495 Bertarelli Achille. Iconografia napoleonica {S. A.) . „ 496 Ambrosoli Solone. Manuale di numismatica. III edizione {F. G.) , 496 Pubblicazioni diverse „ 498 (Periodici di Numismatica). Bollettino di Numismatica e di Arte della Medaglia Pag- 501 Revue Numismatique , 503 Gazette numismatique fran9aise , 507 BuUetin International de Numismatique „ 511 70 550 INDICE METODICO DELL ANNO I903 Bulletin de numismatique Revue suisse de numismatique Revue belge de numismatique La Gazette numismatique Tijdschrift van het Koninklijken Nederl. Genootschap Munt- en Penningkunde Zeitschrift fiir Numismatik Mittheilungen der Bayerischen Numism. Gesellschaft Numismatische Zeitschift Monatsblatt der numismatischen Gesellschaft in Wien The Numismatic Chronicle . . . . Numismatic Circular Journal International d'Archeologie numismatique . American Journal of Numismatics .... Numismatisches Literatur-Blatt Articoli di Numismatica in Periodici diversi . Pag. 512 il 514 II 515 n 517 n 518 „ 519 n 519 n 520 » 521 » 523 V 524 » 525 n 526 n 527 w 527 MISCELLÀNEA. Il miglior modo per conservare le bolle di piombo. G. Ceresole Relazioni intorno ai lavori della Sezione Numismatica al Congresso Internaz. di Scienze Storiche in Roma. S. Ricci Congresso Internaz. di Scienze Storiche in Roma. S. Ricci Guida Numismatica Universale . Rassegna Numismatica .... Battaglie d'Archeologia. La Direzione S. M. Vittorio Emanuele in Inghilterra . Società Numismatica Britannica Collaboratori della Rivista nell'anno 1903. Elenco dei Membri della Società Numismatica italiana e degli Associati alla Rivista per l'anno 1902 .... Pag. 91 „ 217 « 103 » 105 « 392 » 393 » 533 „ 533 ., 537 .. 539 Atti e Memorie della Società Numismatica Italiana. Seduta del Consiglio, 26 Giugno 1903 Assemblea Generale dei Soci, 26 Giugno 1903 Seduta del Consiglio, 24 Novembre 1903 . Pag. 247 » 251 « 535 Finito di stampare il 20 Gennaio 1904. Achille Martelli, Gerente responsabile. TAVOLE RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1903 Tav. I. 20 M. CARUSO LANZA - Spiegazione storica delle monete d'Aarriarento. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1903. Tav. il \ mm ### >^^r: 16 Ì7 — 18 M. CARUSO LANZA — Spiegazione storica delle monete d'Asrriarento. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA. Anno 1903. Tav. III. Ar Ar E. BABELON — Les Monnaics de Septlme Sérère, de Caracalla et de Geta relatires à PAfriqne. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno XVI, 1903. Tav. IV. R ViÌ:'''^^^^éL^- \'