V
RIVISTA ITALIANA
DI
NUMISMATICA
i
i
RIVISTA ITALIANA
DI
NUMISMATICA
PUBBLICATA PER CURA DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
E DIRETTA DA
FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHI
MILANO
L. F. CoGLiATi Tip.-Editore
Via Pantano, N. 26.
1897.
PROPRIETÀ LETTERARIA
v.lO
Tip. L. F. Cogliati - Sez. nel Fio Istituto pti Figli della Provvidenza.
CONSIGLIO DI REDAZIONE
PEL 1897
#
GNECCHI Cav. Uff. Francesco } ^. . •
> Direttori.
GNECCHI Cav. Uff Ercole )
AMBROSOLI Dott. Cav. Solonr, Conservatore del Medagliere Nazionale
di Brera e Libero docente di Numismatica presso la Regia Accademia
Scient.-Lett. in Milano.
GAVAZZI Cav. Giuseppe.
MOTTA Ing. Emilio, Bibliotecario della Trìvulziana.
PAPADOPOLI Conte Comm. Nicolò, Senatore del Regno, Presidente
della Società Numismatica Italiana.
RUGGERO Cav. Col. Giuseppe.
SAMBON Dott. Arturo Giulio.
VISCONTI March. Carlo Ermes, Conservatore del Museo Artistico
Municipale di Milano.
Luppi Cav. Prof. Costantino, Segretario.
FASCICOLO L
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ROMANA
XLI.
GLI ULTIMI DUPONDII
O LE PRIME MONETE DI BRONZO DEGLI IMPERATORI
DIOCLEZIANO E MASSIMIANO ERCULEO.
È nei primi anni del regno di Diocleziano (verso
il 300) che ha luogo la grande riforma monetaria
e un semplice sguardo a una collezione di monete
romane basta per rilevare la completa trasformazione
che avviene, principalmente nel bronzo, fra il regno
di Carino e quello di Diocleziano. Nulla di più
comune e noto di quelli volgarmente chiamati medii
bronzi dei Tetrarchi, i quali, larghi di diametro e
scarsi di spessore, sorgono in numero abbondantis-
simo e si direbbe quasi d'improvviso, con un tipo
di fabbricazione tutto nuovo e speciale, a sostituire
quelli rarissimi di Caro, Numeriano e Carino, i quali
conservano ancora T antico tipo di Aureliano e di
Probo. Parrebbe quasi che Diocleziano avesse in
ventato il nuovo tipo il primo giorno della sua assun
zione al trono; ma così non è nel fatto e la riforma
avvenne bensì nei principii del regno di Diocleziano;
ma non tanto immediata da non lasciar sussistere
qualche piccola traccia dell' antica monetazione. La
coniazione del bronzo era andata gradatamente sce-
12 FRANCESCO GNECCHI
mando dopo il regno di Gallieno, al cessare della
monetazione senatoria. Il sesterzio fu il primo a
scomparire e non ne troviamo più alcuno alla metà
del terzo secolo, mentre il dupondio sopravvive
ancora qualche tempo. Rarissimo e quasi eccezionale
sotto gli imperatori antecedenti, continua ad essere
tale nei primissimi anni di Diocleziano; pure ce ne
restano ancora parecchi sia di lui che di Massimiano
Erculeo primo suo associato all'impero. Mommsen
col suo abituale acume avvertì (Voi. IV, pag. 97) che
una parte delle monete (e avrebbe potuto dir tutte)
che portano la leggenda lOVI CONSERVATORI e lOVI
FVLGERÀTORI sono coniate suU' antico stampo; ma
sia di queste, che di alcune altre portanti altri tipi
e altre leggende (PAX e VIRTVS colla figura d'Ercole
o di Marte), non fu mai tenuta la debita distinzione
nei cataloghi, dove sono descritte confusamente con
quelle di nuovo stampo in modo che riesce affatto
impossibile distinguerle. Il Cohen descrive, fra le altre,
parecchie di queste monete, senza accennare meno-
mamente alla differenza di tipo. È perciò che ho
creduto opportuno di qui riunire tutti i bronzi di tipo
antico di Diocleziano e Massimiano Erculeo, i quali
si possono considerare come gli ultimi dupondii.
Sono tutte monete rarissime al pari di quelle
simiH dei precedenti imperatori Caro, Numeriano e
Carino, e del medesimo peso, di poco superiore ai
5 grammi, mentre quelli di nuovo stampo pesano
quasi il doppio (oscillanti fra i pei io grammi). Per
quante ricerche abbia fatto non mi riuscì di riunirne
che 5 tipi, ossia:
lOVI CONSERVAI AVG-G
lOVI FVLCtERATORI
PAX AVG ^ per Diocleziano.
VIRTVS AVG (Marte)
VIRTVS AVGG (Ercole)
GLI ULTIMI DUPONDII l3
e uno solo :
VIRTVS AVGG" (Ercole in due pose variate) per Massimiano
Erculeo,
Può darsi, anzi è assai probabile, che gli altri
rovesci di Diocleziano siano stati coniati anche per
Massimiano; ma, all' infuori di quello ora accennato
colla leggenda VIRTVS AVG, di cui posseggo le due
varianti nella mia collezione, è uno solo il bronzo che
ho creduto poter attribuire con sicurezza a Massimiano
Erculeo, quantunque semplicemente riportato da un
vecchio autore, quello col rovescio lOVI FVLG-ERATORI,
rappresentando uno dei tipi esclusivi pei bronzi di
vecchio stampo. I quali tipi si possono dunque ridurre
ai cinque sopra accennati, notando che i due riferentisi
a Giove appaiono per la prima volta sotto Diocleziano,
gli altri invece con Ercole, Marte o la Pace non sono
che riproduzioni di quelli degli imperatori precedenti.
Ecco la descrizione delle monete:
DIOCLEZIANO.
I _ ^ _ iivip DIOCLETIANVS AVG. Testa laureata a destra
col paludamento.
P — lOVI CONSERVAI AVG-G. Giove ignudo a sinistra,
col mantello spiegato dietro le spalle. Tiene un fulmine
e un lungo scettro.
Cohen N. 238. Museo di Danimarca e mia collezione. Peso gr. 5,800.
Altro esemplare simile, ma di conio diverso e di tipo piut-
tosto barbaro.
Mia collezione. Peso gr. 5,400.
14
FRANCESCO GNECCHI
2. — B' — IMP DIOCLETIANVS AVG. Busto laureato a destra
col paludamento.
5i/ — lOVI FVLGERATORI. Giove ignudo corrente a sinistra
in atto di lanciare il fulmine e col mantello sul braccio
sinistro. Ai suoi piedi un'aquila.
Cohen N. 255 (i). Museo di Danimarca.
3. — ^ — IMP DIOCLETIANVS AVG. Busto laureato e co-
razzato a destra.
P — PAX AV&. La pace corrente a sinistra con un ramo
e uno scettro.
Cohen N. 281. Museo di Danimarca e mia collezione. Peso gr. 5,500.
,....^
- ^' — IMP DIOCLETIANVS AVO. Busto laureato e co-
razzato a destra.
(i) Probabilmente è da unire a questa serie anche il MB. descritto
da Cohen al suo N. 225 riportandolo da Tanini, col rovescio: lovi conser
K)vii coNs. Giove ignudo a sinistra, col mantello spiegato dietro le spalle,
col fulmine e V asta. Ma, non avendone che la semplice descrizione e
fors' anche in parte errata, (Tanini dà la testa radiata, mentre è assai
più probabile che fosse laureata) non si può che accennare la cosa che
in modo dubitativo.
GLI ULTIMI DUPONDII I5
^ — VIRTVS AVG-. Marte armato e gradiente a destra
con lancia e scudo.
Mia collezione. Peso gr. 5,500.
f « -^
5. — ^' - IMP DIOCLETIANVS AV&. Busto laureato e co-
razzato a destra.
1^ — VIRTVS AVGG-. Ercole ignudo di fronte rivolto a
sinistra, appoggiato alla clava e con un trofeo e la pelle
del leone.
Cohen N. 350. Gabinetto di Francia.
MASSIMIANO ERCULEO.
6. - i& - IMP MAXIMIANVS P F AVG". Busto laureato a
destra col paludamento.
^K — lOVI FVLG-ERATORI. Giove ignudo corrente a sinistra
col mantello svolazzante, eh' egli trattiene colla mano
sinistra e in atto di lanciare il fulmine. Ai suoi piedi
un'afi[uila, che pare spaventata.
.Cohen N. 311 da Tanini.
La descrizione di questo rovescio corrisponde
esattamente a quella che si diede al N. 2 di Diocle-
ziano. Nessun dubbio quindi che la moneta, quan-
tunque per ora non se ne conosca alcun esemplare,
vada attribuita alla vecchia serie.
7. — ^' — IMP MAXIMIANVS AVG. Busto laureato e coraz-
zato a destra.
l6 FRANCESCO GNECCHI
1^ — VIRTVS AVGG. Ercole ignudo di fronte rivolto a
sinistra. Tiene colla destra la clava abbassata, colla si-
nistra la pelle del Leone e un trofeo.
Inedito — Mia collezione. Peso gr. 5,400.
Ho già descritto questo bronzo nella Gazzetta
Numismatica di Como (1886) e, avvertendo fin d'allora
la differenza fra i medii bronzi comuni dell'epoca e
questo, che era l'unico esemplare a mia conoscenza
e la stretta somiglianza coi medii bronzi di Carino,
l'aveva classificato per un piccolo medaglione.
8. — /B' — IMP C MAXIMIANVS P F ÀVG-. Busto laureato a
destra col paludamento.
^ — VIRTVS ÀVG-G-. Ercole ignudo di fronte volto a si-
nistra. S'appoggia colla destra alla clava e tiene colla
sinistra l'arco e la pelle del Leone.
Cohen N. 419 — Mia collezione. Peso gr. 5,200.
Ritengo che questo bronzo sia il medesimo che
il Cohen cita da Tanini al suo N. 419. Quantunque
non sia indicato se esso abbia il tipo comune dei
nuovi bronzi di Massimiano, oppure quello dei vecchi
dupondii, è supponibile ed anzi probabilissimo che
sia del tipo antico per la somiglianza della rappresen-
tazione coir ultimo che abbiamo descritto di Diocle-
ziano e col precedente dello stesso Massimiano.
E per la stessa ragione deve attribuirsi a questa
categoria anche l'altro bronzo che Cohen cita dallo
stesso Tanini al suo N. 418, il quale non è che una
piccola variante del precedente:
g. — ^- iMP MAXIMIANVS P F AVG-. Testa laureata a destra.
^ ~ VIRTVS AVG-G-. Ercole come al Numero precedente.
XLII.
BRONZO INEDITO
DI MASSIMIANO ERCULEO.
n^ I
Alla breve memoria sugli ultimi dupondii può
far seguito e complemento la descrizione di un cu-
rioso bronzo di Massimiano Erculeo, che mi venne
tempo fa procurato dal compianto Boutkowski e che
non ho mai descritto finora, non avendo mai saputo
decidere a quale categoria di bronzi attribuirlo.
^ - VIRTVS MAXIMIANI AVG". Busto radiato e corazzato
a destra. Tiene colla destra 1' asta, e colla sinistra lo
scudo e due dardi.
1^ — VOTA PVBLICA. Nettuno ignudo col tridente e il
piede sinistro appoggiato su di una prora di nave in atto
d'offrire un delfino a una donna (l'Africa?) che gli sta
di fronte tenendo il sistro (?) e la qui testa è ornata della
simbolica proboscide.
Inedito — Peso gr. 6,500. Mia collezione.
Il rovescio è affatto nuovo fra le monete di Mas-
simiano Erculeo e la rappresentazione sembra inspi-
rata da un medaglione anepigrafo d'Adriano (Coh.
N. 558), nel quale Nettuno, cogli stessi emblemi e
nell'identica posa del nostro, si trova di fronte a
Minerva. Ma ciò che forma l' interesse di questo
l8 FRANCESCO GNECCHI
bronzo è piuttosto il dritto e il peso. La testa di
Massimiano è radiata e ciò lo esclude dalla categoria
dei vecchi dupondii, nei quali la testa dell'imperatore
è sempre laureata; come ne lo esclude il peso di 6
grammi e mezzo, il quale, se è soverchio per un
vecchio dupondio, è troppo leggero pel nuovo bronzo
o follis creato dalla riforma di Diocleziano ; e anche
la leggenda VIRTVS MAXIMIANI e il busto a mezza figura
non si trovano mai nelle monete semplici di Massi-
miano Erculeo; ma solamente fra i suoi medaglioni.
A quale categoria dovremo dunque attribuire il nuovo
bronzo? Ecco un problema, la cui soluzione è pro-
posta agli studiosi.
È poi da sapersi che il medesimo bronzo esiste
anche di Costanzo Cloro. Non mi appartiene; ma,
avendolo avuto presso di me qualche tempo, ne presi
l'impronta e ne posso offrire la descrizione:
©" - IMP CONSTANTIVS P F AVG-. Busto radiato a destra
col manto e la corazza. L'imperatore tiene colla destra
l'asta appoggiandola alla spalla.
9* — VOTA PVBLICA. Nettuno e l'Africa come nel precedente.
Inedito — Peso gr. 7.
Si tratta quindi di un identico rovescio, e, a
quanto mi pare, prodotto dal medesimo conio, appli-
cato a due dritti con teste differenti ; perciò quanto
s' è detto sul bronzo di Massimiano può essere ripe-
tuto a proposito di quello di Costanzo.
XLIII.
UN RIPOSTIGLIO MISERABILE.
Un ripostiglio composto di 418 pezzi di bronzo
di pessima fabbricazione, quasi completamente illegi-
bili e del peso complessivo di gr. 306, con una media
cioè per ciascun pezzo inferiore ai •''|^ di grammo (0.73)
deve essere necessariamente l'espressione della mi-
nima potenzialità economica e rappresentare l'epoca
la più miserabile. Ciò non toglie però che il piccolo
ripostiglio possa avere un interesse storico-scientifico;
anzi il suo interesse viene appunto da ciò.
Fu ritrovato lo scorso anno presso Perugia,
conservato in un rustico vasetto di terra cotta ; e questa
volta mi pare si sia verificato il caso rarissimo d'avere
nelle mani il ripostiglio intatto quale fu ritrovato.
Difatti la tentazione non poteva essere che lievissima
pel ritrovatore.
Ho detto che il ripostiglio si compone di 418
pezzi, non oserei quasi dire monete, trattandosi in
piccola parte di vecchie monete consunte e quasi
tutte frammentate, e nel resto di pezzi apparentemente
di conio fresco; ma che pure, piuttosto che vere
monete, non sono che simulacri di monete o imita-
zioni barbare. Precisamente il ripostiglio si compone
di N. 17 monetine antiche, N. 65 frammenti di vecchie
monete, e di N. 336 imitazioni barbare. Fra le vecchie
monete, malgrado l'estrema sconservazione e la spez-
zatura, sono ancora visibili le traccie di alcuni nomi.
Il frammento più antico è quello di un piccolo bronzo
di Claudio Gotico dal rovescio CQNSECRATIO, e a
20 FRANCESCO GNECCHI
questo segue un altro piccolo frammento di un du-
pondio d'Aureliano, rovescio CONCORDIA. Troviamo
poi un antoniniano di Probo, il quale, è conservato
intero come diametro, forse perchè tanto consunto
al rovescio principalmente, da aver perduto la metà
del suo peso originario, e costituisce la moneta piìi
grandiosa del ripostiglio, dominando fra le propor-
zioni microscopiche dei pezzi che lo circondano.
Da Probo saltiamo ad epoca molto più recente
con monete e frammenti da cui appajono ancora i
nomi di Costante, Graziano, Valentiniano II, Onorio,
Teodosio II e Marciano. Tutte le altre vere monete
sono in uno stato così deplorevole di conservazione
da rendere impossibile qualunque classificazione.
Passando ora alla parte più grossa del ripostiglio,
essa ci presenta delle monetine che sembrano coniate
poco prima d'essere state nascoste; ma in modo tanto
barbaro da riuscire assolutamente enigmatiche e non
spiegabili altrimenti che colla supposizione che siano
contraffazioni barbare o per meglio dire il prodotto
di una coniazione clandestina. Rappresentano da un
lato una testina, dall' altro una figurina maschile
o femminile (imitazioni dell' imperatore o della Vit-
toria), un castello, una croce, una corona o un mono-
gramma indecifrabile e talvolta al dritto e al rovescio
l'imitazione barbara d'una leggenda; ciò che dimostra
chiaramente l'intenzione d'imitare i piccolissimi bronzi
degli ultimi imperatori d'Oriente, Arcadio, Teodosio II,
Marciano oppure quelle un po' più recenti dei Goti.
Se a ciò aggiungiamo la spezzatura di tutte le vecchie
monete superanti la misura minima degli accennati
bronzi imperiali o gotici, si deve convenire che il ri-
postiglio corrisponde appunto all'epoca della estrema
povertà del pubblico erario, al tempo cioè del famoso
editto (anno 395) che proibiva la coniazione delle
monete di bronzo di gran modulo (e il gran modulo
UN RIPOSTIGLIO MISERABILE 21
era già un modulo assai ridotto a quest' epoca) e
solo era conservata la moneta spicciola, nummus
centennionalis.
Che se le monete degli Ostrogoti e dei Vandali
furono sempre ritenute quali l'espressione del livello
più basso delle condizioni economiche di un paese,
il nostro ripostiglio va ancora più in là e segna il
punto culminante dell* estrema penuria dei tempi.
Non solo, in mancanza di monete autentiche e uffi-
ciali, se ne fabbricavano facilmente delle imitazioni,
punzonando alla peggio dei minuscoli frammenti di
metallo — la falsificazione non è pur troppo prero-
gativa dei tempi di miseria — ma si tolleravano nella
circolazione anche le antiche monete preesistenti,
dopo d' averle ridotte, mediante la spezzatura, al
valore della moneta corrente. È certamente il primo
e forse V unico ritorno al sistema del valore del
bronzo commisurato al peso, dopo i tempi dell' aes
rude.... E le ridotte proporzioni esprimono eloquen-
temente le mutate condizioni sociali!
In seguito a tali considerazioni non è difficile
assegnare molto approssimativamente V epoca del
sepellimento al nostro ripostiglio.
Come più sopra s' è visto, l'ultimo nome ricono-
scibile fra quelli delle vecchie monete è quello di
Marciano e quindi il ripostiglio non potrebbe in nessun
modo essere anteriore alla prima metà del V secolo.
Considerando però come queste vecchie monete siano
in uno stato che dimostrano chiaramente d' aver
avuto lunghissimo corso, e , più ancora osservando
le dimensioni e il tipo delle monete imitanti quelle
dei Goti, il nostro ripostiglio dovrebbe riferirsi alla
prima metà del VI secolo, epoca nella quale sono
estremamente rari i ripostigli di monete di bronzo.
E come poteva essere altrimenti, quando si vede
che una riunione di piccoli frammenti come quelli
22 FRANCESCO GNECCHI
descritti potevano costituire un tesoretto degno d'es-
sere; nascosto?
I ripostigli di bronzo di questi tempi sono tanto
rari che di uno solo posteriore all'epoca d'Anastasio
ci resta una accurata e precisa descrizione, quella
di Monteroduni nel Sannio.
Di qualche altro di poca importanza non ab-
biamo che notizie vaghe. Io ebbi anni sono una
parte (circa 200 monetine) di un ripostiglio che do-
veva essere interessantissimo, degli Ostrogoti e dei
Vandali, coi nomi e monogrammi di Odoacre, Teo-
derico, Atalarico, Teodato, Vitige, Baduela, Anastasio,
Ilderico, Gelimaro, oltre ad alcune incerte e bar-
bare che si assomigliano molto a quella del ripo-
stiglio di Perugia; ma non mi fu dato di sapere né
la provenienza, ne la composizione completa.
l\ ripostiglio di cui ora ho fatto cenno non
contiene un solo pezzo che presenti un valore benché
njÌBÌn]ip pel raccoglitore; tuttavia, sia per l'epoca così
scarsa di ripostigli, sia pel fenomeno abbastanza cu-
rioso della frammentazione dei pezzi, sia infine per
1^ specialità di essere quasi totalmente costituito di
monete false dell'epoca, non ho creduto senza inte-
resse il darne una breve notizia.
FRANCESCO GnECCHI.
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ITALIANA
XVI.
IL RIPOSTIGLIO DI CAVRIANA,
Nei Comune di Cavriana (Prov. di Mantova), un
operaio, nel demolire un vecchio muro, scopriva, due
anni or sono, un gruzzolo di circa loo monetine
italiane d'argento. Di queste monete, settanta furono
acquistate da un proprietario del luogo, il quale,
solo poco tempo fa, decise d' alienarle. Ho avuto
la fortuna di acquistarle tutte e di trovarne altre
ch'erano andate disperse; cosicché posso dire di
possedere il ripostiglio nella quasi sua totalità. Il
tesoretto è piccolo, ma molto variato e interessante,
contenendo alcune monete affatto nuove. Credo
quindi opportuno pei lettori della Rivista il dare una
illustrazione sommaria dei vari tipi di monete che vi
trovai, descrivendo quelle nuove e varianti, e rife-
rendomi, per quelle già pubblicate, alle opere dei
vari autori. Fra le monete nuove, di cui possedevo
due esemplari, ne ho di buon grado sacrificato uno,
per far eseguire l'assaggio del titolo, e poter così
stabilire con certezza la loro denominazione.
Sono . tutte monete delle Repubbliche Italiane dei
secoli XII e XIII, e appartengono alle seguenti città :
34
ERCOLE GNECCHl
Acqui, Asti, Bergamo, Brescia, Como, Cortemiglia ,
Cremona, Lodi, Mantova, Milano, Piacenza, Tortona
e Vercelli.
ACQUI.
I. Denaro grosso fgr. 1.250).
^' — + IMPERATOR. Nel campo, in un circolo periato, F R-
(Sull'abbreviazione una croce).
P — + AQVENSIS. Nel campo, e. s., croce.
Questo grosso, per tutto il resto identico a quello
pubblicato da D. Promis, {Monete del Piemonte inedite
rare, Torino, 1852, in-4, pag. 6, tav. I, i), presenta,
come si vede dal disegno, la varietà di una crocetta
posta sull'abbreviazione delle lettere F R del diritto.
Non mi accadde mai di vedere questo simbolo
sulle numerose abbreviazioni che s'incontrano nei
grossi di quest'epoca.
Questa croce, che certo non fu messa a caso,
è probabilmente un segno del dominio temporale dei
Vescovi sulla città di Acqui, dominio ch'essi avevano
ricevuto dagli Ottoni verso il 900, e che ritennero
fino al XIII secolo (i).
ASTI,
2. Grosso (gr. 1.370).
Promis D., Monete della zecca d'Asti, Torino, 1853, in-4, P- 20, tav. I, i.
(i) Vedi Promis D., Monete del Piemonte inedite o rare. Torino, 1852,
Hi-4, pag. 5»
APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 35
BERGAMO.
3. Grosso (gr. 1.300).
ViMERCATi-Sozzi P., Sulla moneta di Bergamo. Ivi, i88i, in-4, tav. I, 8.
4. Obolo (gr. 0.320 — Ti». 192 — scodellato).
^' — FREDERI CVS IMPRT * Busto laureato di Federico II
a destra.
P — Veduta della città. Ai lati PGA MVM. In alto, nel
campo, a destra una stella, a sinistra un punto.
5. Obolo (gr. 0.330 — Tit. 224).
Variante del precedente, senza il punto nel campo del
rovescio.
Queste due monetine, che imitano perfettamente
il tipo del grosso, sono, ch'io mi sappia, affatto
inedite e sconosciute.
BRESCIA.
6. Obolo (gr. 0.310 • 0.320 — scodellato).
Bellini V., De Monetis Italiae, etc. Altera Dissertatio, pag. 27, n. i.
COMO.
7. Grosso (gr. 1.320).
Ambrosoli S., Zecche italiane rappresentate nella sua Raccolta
numismatica. Como, 1881, in-4, pag. 9, tav. MI, n. 17.
8. Obolo (gr. 0.320 — scodellato).
Ambrosoli S., Op. cit., pag. 8, tav. MI, n. 12.
9. Obolo (gr. 0.320 — id.).
Ambrosoli S., Op. cit., pag. 8, tav. MI, n. 13.
10. Obolo (gr. 0.310-0.320 — id.).
Ambrosoli S., Op. cit., pag. 8, tav. MI, ii. 14.
ERCOLE GWECCHI
CORTEMIGLIA.
II. Grosso (gr. I.3CX3).
^ — + • M • D • CARETO • Nel campo, in circolo periato,
Croce. Dal circolo partono due cunei, che si dirigono
verso due angoli opposti della croce.
P — + • INPERATOR • Nel campo, e. s., in tre righe: hE RIC N.
Ho il piacere di aggiungere questo grosso, finora
affatto sconosciuto, alla scarsa serie delle monete
di Cortemiglia.
Il Promis (2) afferma che i Signori di Cortemiglia
batterono moneta sul principio del secolo XIV, e
nota come in queir epoca aprissero zecca " anche i
marchesi di Saluzzo, Incisa e Ponzone^ tutti ugual-
mente pretendenti discendere dal celebre Aleramo. „
La moneta ora descritta però è evidentemente
di epoca anteriore, ed essendo una perfetta imitazione,
fino nei più minuti particolari, del soldo battuto a
Milano 'da Enrico VI, mi sembra chiaro ch'essa debba
essere contemporanea a quello, o di poco posteriore.
L' epoca della sua battitura dovrebbe quindi asse-
gnarsi fra gli ultimi anni del secolo XII e i primi
del XIII. Sappiamo che Cortemiglia faceva parte
della pingue eredità lasciata dal marchese Bonifacio
a' suoi sette figli. Nella divisione da essi fatta nel
1142, Cortemigha veniva costituita capo di un mar-
chesato e assegnata ad uno dei figli, pure chiamato
Bonifacio. Morto questi senza prole, i fratelli super-
(2) Promis D., Monete inedile del Piemonte. Torino, 1866, in-4, p. 24-25.
APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA «7
stiti fecero una seconda divisione, ricomponendo i due
nuovi marchesati di Clavesana e di Cortcmiglia. A
quest* ultimo fu preposto Ottone, figlio primogenito
di Enrico il Guercio, marchese di Savona. Nella
porzione a lui toccata ed eretta in marchesato, si
trovava il luogo di Carretto (3). Da questa piccola
frazione del suo feudo Ottone prese il titolo di Mar-
chese del Carretto, nome che restò a tutta la serie
de' suoi successori (4). In un documento dell'anno 1209,
troviamo che il predetto Ottone, col consenso del
figlio, vendeva al Comune di Asti tutto quanto posse-
deva in Cortcmiglia e in molte altre terre circonvicine,
e contemporaneamente, con altro atto, essi venivano
dal podestà e a nome del Comune di Asti, investiti
di quelle terre in fendum rectum et gentile (5).
A questo Ottone, che primo prese il titolo di
Marchese del Carretto, apparterrebbe per avventura
il grosso ora descritto? Metto là quest'idea come
una semplice congettura, vedendo che il tipo della
moneta coincide appunto con quell'epoca; e lascio ai
numismatici più di me esperti e provetti di esaminare
la questione e pronunciare un giudizio. Quello che
posso asserire con tutta certezza si è che il tipo del
mio grosso non può in alcun modo essere assegnato
all'epoca nella quale pare accertato siano state battute
le altre monete anonime dei Marchesi di Cortcmiglia,
ossia al principio del secolo XIV. Lo stesso ripo-
stiglio, nel suo insieme, confermerebbe la mia opi-
nione. Tutte le monete che lo compongono, come lo
provano il tipo e le leggende, appartengono alla fine
(3) Carretto, piccolo comune di circa 200 abitanti in Prov. di Genova,
Gre. di Savona.
(4) Cazzerà C, Delle zecche e di alcune rare rrjonete degli antichi
marchesi di Ceva, Incisa e Cortcmiglia {Mem. dell' Accad. di Torino,
serie I, 1833, pag. 94-95)-
(5) Cazzerà, Op. cit., pag. 95.
28 ERCOLE GNECCHI
del secolo XII, e ai primi dieci o dodici lustri del XIII,
e nessuna oltrepassa quell'epoca.
Un mio amico numismatico, il quale si propone
di illustrare la Zecca di Cortemiglia, pubblicherà fra
breve un'altra monetina inedita dei Marchesi del Car-
retto e di epoca forse anteriore alla mia. In quella
circostanza egli ritornerà sulla questione, e saprà
certo risolverla megho ch'io non abbia potuto.
Un' ultima osservazione a proposito di questa
moneta. Essa, come si disse, è una imitazione servile
del soldo di Enrico VI per Milano. Il suo titolo però,
evidentemente, appare inferiore a quello della moneta
milanese. I Marchesi del Carretto inauguravano con
ciò un sistema che fu poi adottato dagli stessi loro
successori, e specialmente dai Signori di Saluzzo,
d' Incisa, di Ponzone, e da tutti gli altri così detti
aleramici. Essi copiavano il tipo delle migliori e piìi
accreditate monete contemporanee, perchè avessero
più facilmente corso, e ne alteravano poi spudora-
tamente la intrinseca bontà. Furono questi enormi
abusi che provocarono la famosa Grida di Enrico VII
del 1310, colla quale venivano messi al bando, insieme
a molte altre monete, imperiales fados in Clivassio,
in Yporeya, in Incixa et in Ponzano in Curtemilia, etc.
CREMONA.
12. Soldo (gr. 1.250).
Tonini P., Della Zecca di Cremona (Periodico di Nutnis. e Sfragi-
stica, i863, voi. I, pag. 60, tav. IV, n. 4.
13. Obolo (gr. 0.320 ~ Tit. 164 — scodellato).
^ — + FREDERICVS. Nel campo, in un circolo periato,
P ^ R
I (hnperator).
1
APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 29
Dal basso del circolo, partono due cunei che si dirigono
al centro.
51 — + • CREMONA • Nel campo, e. s., una stella a sei raggi.
— (Inedita).
14. Medaglia (gr. 0.320 - Tit. 124).
p i^c p
/B' — + FREDERICVS. Nel campo, in un circolo e. s., .
9^ — + CREMONA. Nel campo, e. s., croce. In alto, fra i
bracci della croce, due stelle. — (Inedita).
Di questa medaglia^ detta anche cremonese ^ e
nota dai documenti dell'epoca, fece un primo cenno
il prof. Alessandro Lisini in questa stessa Rivista (6).
In esso egli osserva giustamente come il Tonini, nella
sua Illustrazione della zecca di Cremona (7), pretese
di pubblicare la medaglia, ma s'ingannò, illustrando
invece e dando il disegno di un mezzanino, equiva-
lente alla metà del denaro imperiale, mentre la
medaglia ne valeva soltanto la quarta parte.
Nella celebre Convenzione conchiusa nel 1254 fra
le città di Bergamo, Cremona, Parma, Brescia, Pia-
cenza, Pavia e Tortona, allo scopo di coniar moneta
uniforme, oltre il grosso ed il mezzanino, si stabiliva
la battitura della medaglia, al taglio di 816 per
libbra, al titolo di once i %. La medagha doveva
dunque avere il peso di gr. 0.399, l'intrinseco di
gr. 0.50, e la lega di gr. 0.349.
Probabilmente questa monetina fu battuta in
(6) A. LisiNi, Medaglie di zecche italiane. {Rivista It. di Nutnis. 1896,
anno IX, fase. II, pag. 229).
(7) Nel Periodico di Numismatica e Sfragistica, anno I, pag. 60,
tav. IV, n. 5.
30
ERCOLE GNECCHl
seguito a quella Convenzione, e lo arguisco anche
dalle stellette che vi si scorgono nel diritto e nel ro-
vescio , contrassegno eh' era stato espressamente
convenuto in un articolo di quel concordato. In tal
caso la monetina dovrebbe essere stata battuta dal
1254 al 1256, che per soli due anni ebbe vigore quel
trattato. Il peso della mia moneta sarebbe un poco
inferiore a quello prescritto; ma il titolo di 124, che
mi risultò all'assaggio, vi corrisponde con precisione,
equivalendo a once i 'l^, ossia ad un ottavo di fino.
LODI.
15. Grosso (gr. 1.250).
Aldini P. V., Sopra un'antica moneta di Lodi. Pavia, 1836, fig.
MANTOVA.
16. Obolo (gr. 0.325 — scodellato).
PoRTioLi A., La zecca di Mantova, Parte I. Mantova, 1879, in-8,
tav. ann. n. 3.
17. Medaglia (gr. 0.310).
/B' — + MANTVE. Nel campo, in circolo periato, croce.
In due angoli opposti della croce, due punti.
9' - + VIRGILIVS. Nel campo e. s. ^ ' ^ (Episcopus),
È una variante di quella pubblicata dal Portioli
nell'opera citata, tav. ann. n. 4, la quale ha le lettere
e . e . .
nel diritto, e la croce nel rovescio.
MILANO.
18. Denaro (gr. 0.460 — scodellato).
Gnecchi F. e E., Monete di Milano inedite. Supplemento {Riv. Ital.
di Niint., 1893, fase. I, pag. 50, n. 3).
19. Denaro (gr. Oi470' — id.).
Gnecchi F. e E., Op. cit., pag. 50, n. 4.
APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 3I
PIACENZA.
20. Soldo (gr. 0.730).
Muratori L. A., Antiquitates Italicae medii aevi, etc. Voi. II, pag. 723-
724, n. I.
TORTONA.
21. Grosso (gr. 1.850).
Promis D., Monete del Piemonte inedite rare. Torino, 1852, in-4,
pag. 31, tav. II, 8.
22. Soldo (gr. i.ioo).
Promis, Op. cit., pag. 31, tav. II, 9.
23. Denaro piccolo (gr. 0.500 — scodellato).
Promis D., Monete inedite del Piemonte. Torino, i866, in-4, psg- 47»
tav. VI, 62.
VERCELLI.
24. Denaro grosso (gr. 1.250).
3' — + • FRED'RIC' • Nel campo, in circolo periato, le lettere:
'>
I P, sopra le quali un punto.
^ — + VERCELL€. Nel campo, e. s., croce. Dal circolo
partono due cunei, che si dirigono verso due angoli
opposti della croce.
Questa rarissima moneta, la sola che si conosca,
coniata in Vercelli al nome di Federico II, fu pubbli-
cata da D. Promis [Monete del Piemonte inedite o rare.
Torino, 1852, pag. 34-36, tav. II, 11).
II mio esemplare ha la variante dei due cunei nel
rovescio, che mancano nel grosso edito dal Promis.
Ercole Gnecchi.
4
MIRANDOLA
MONETE INEDITE O CORRETTE
Fra le officine monetarie che ebbero vita in
Italia nel secolo XVI, quella dei Pico, signori e poi
duchi della Mirandola, tiene un posto distinto fra le
altre, sia per il numero e la varietà dei suoi prodotti,
come per la bellezza e rarità di alcuni di essi.
L'Argelati ed il Bellini, e più ancora il Litta,
ed il Kunz, per non nominare che i principali fra
quelli che si occuparono di questa zecca, diedero
numerosi disegni di monete della Mirandola; non di
tutte però, che molte ancor sconosciute si conservano
in pubbliche e private raccolte, o trovansi menzio-
nate in vecchie tariffe. E farebbe certamente opera
utile per lo studio della numismatica moderna chi,
ricercando gli archivi ed i musei imprendesse ad
illustrare l'intera serie delle monete dei Pico.
In attesa che qualcuno s'accinga a trattare sì
interessante argomento porterò un piccolo contributo
alla conoscenza delle monete mirandolesi, pubbli-
cando alcuni pezzi passati finora inosservati, o ripro-
dotti con poca esattezza.
Qualcuno di questi mi fu cortesemente comuni-
cato dai signori Rivani di Ferrara, Rizzini di Brescia,
e Rizzoli di Padova, che mi favorirono le impronte
di alcune rare monete della Mirandola che si trovano
nei musei ai quali essi sono preposti, gentilmente
concedendomi di renderle di pubblica ragione.
34
GIORGIO CIANI
Giovanni Francesco Pico, signore della Miran-
dola, e conte di Concordia (1515-1533) aprì la zecca
nella capitale dei suoi non vasti possessi.
Le belle monete d'oro che vi fece coniare sono
in gran parte conosciute per opera degli autori che
ebbi a ricordare; non così alcune d'argento di modulo
maggiore, testoni, e mezze lire che s'incontrano
raramente.
Di queste riporterò le seguenti :
— i& — Piccola aquila bicipite e sotto in cinque linee
MI RANDV L>€ DOMINVS • • C • C
-^ — OM NIN O in tre linee sul primo foglio di un libro;
suir angolo inferiore del secondo foglio K e sotto BA.
Nel campo a sinistra C e sotto I, a destra A.
Argento. Peso Gram. 4,37.
Questo pezzo di buon argento che si conserva
nel museo di Brescia , è notevole per 1' assenza del
nome del principe, particolarità che si riscontra in
un quattrino dello stesso tipo pubblicato dal Kunz (0,
e da esso pure attribuito a G. Francesco. Il libro
coll'OMNINO si vede su tre altri pezzi che portano il
suo nome e dovea essere una sua impresa, che ben
(i) Periodico di Numismatica e Sfragistica, anno II, fase. IV,
tav. Vili, n. 6.
MIRANDOLA
35
conveniva a questo principe che godette a' suoi tempi
fama di valente letterato. " Huomo ai tempi suoi
litteratissimo in greco, latino ed hebraico „ è detto
in una cronaca anonima mirandolese C^), e della sua
operosità anche in questo campo lasciò testimonio in
alcune opere di vario argomento.
L' OMNINO potrebbe forse ricordare V Omnino
animus fortis et magnus diiabus rebus maxime cer-
nitura etc. del grande Arpinate (3), ma le sigle nel
campo possono prestarsi a diverse interpretazioni.
Certo si è che devoto all'impero, dal quale ri-
conosceva le concessioni ed i privilegi avuti, segnò
sempre coli' aquila bicipite tutte le monete che egli
fece coniare.
Ritengo che tanto questo pezzo come il quattrino
illustrato dal Kunz siano da assegnarsi ai primi anni
della sua signoria.
2. — 3^ — IO • FRANCISCVS • PICV8 • Testa con lunga
chioma, volta a sinistra.
9I — MO ' FR » PICVS " MIRANDVL/E '^ D » CO ' C e aquiletta
a due teste che divide la scritta. Nel mezzo un libro
con OM NIN O in tre linee; sull'angolo del secondo
foglio • B • e sotto KA; nel campo a sinistra C e sotto I,
a destra A.
Argento. Peso Gram. 3,95.
(2) Memorie storiche della città e dell'antico ducato delia Mirandola,
ivi 1874, pag. 80.
(3) M. TuLLn CicERONis, Officiorum, lib. I.
36
GIORGIO CIANI
Fu pubblicata nel III voi. delle opere dell' Ar-
gelati che ne diede il disegno , ma sì rozzo ed
incompleto che ho creduto opportuno di riprodurlo
valendomi di un' impronta di questa moneta che si
conserva nel museo di Ferrara. Se nella precedente
mancava il nome del principe, in questa v'è ripetuto
anche al rovescio, che è identico a quello di un altro
pezzo d'argento (che trovasi pure in oro ed è del
valore di tre zecchini) riportato al N. 9 delle tavole del
Litta il cui peso, che desumo da un'esemplare ben con-
servato del museo di Ferrara, raggiunge i gram. 5,95.
E da notarsi la differente disposizione delle
lettere B, K ed A, che vedonsi segnate neh' angolo
inferiore del libro.
Moriva G. Francesco nel 1533 vittima di una
congiura orditagli dal nipote Galeotto II che gli
succedette nel dominio (1533-1550).
Di lui si conoscono soltanto 5 monete; lo scudo
d' oro non per anco figurato, il mezzo paolo e due
quattrini delle tavole del Litta, ed una moneta pub-
blicata dal Bellini, detta grosso daF Kunz, che qui
riproduco più correttamente traendone il disegno da
un' impronta di questo pezzo, il quale si trova nel
museo Bottacin di Padova.
3. - ^^ — GALEOTVS • PICVS • Il * MIR • CONQ • DNS. Scudo
coir arme di Mirandola-Concordia e V armetta Pico nel
MIRANDOLA 37
centro, sormontato da un'elmo con lambrecchini e col
cimiero di un drago alato nascente.
P — Gallo rivolto a sinistra su d'un caduceo alato, il
tutto entro ghirlanda d'alloro.
Argento. Peso Gram. 2,60.
È di buon argento e lavorata finamente; come
m'avverte il chiar. conservatore del Museo Bottacin,
potrebbe essere forse un giulio.
11 gallo sul caduceo alato sembra fosse l'impresa
parlante di Galeotto 11 che si riscontra, oltreché su
due suoi quattrini, anche sulla seguente.
4. — /B' — + GALEOTVS •.• PICVS •.' II. Scudo inquartato, e
collo scudetto a scacchi nel mezzo.
^ — '.' MIRAN • CON • Q • DOMINVS. Gallo a sinistra su
caduceo alato.
Argento. Peso Gram. i,oo.
Questa monetina di basso argento che serbo
nella mia raccolta apparve alla vendita della colle-
zione Morbio, e fu descritta al N. 2086 di quel ca-
talogo. È verosimilmente un mezzo grosso.
*
* *
A Galeotto II successe nel principato il figlio
Lodovico (1550-1568) del quale si conoscono pa-
recchie monete. Di Galeotto III che col concorso
del fratello Federico, e sotto la tutela della madre
Fulvia da Correggio, possedette la Mirandola (1568-
38
GIORGIO CIANI
1590 t 1592) è noto finora soltanto lo scudo d'oro
pubblicato dal Kunz (4). Federico II che, morta la
madre, resse da solo il piccolo stato, sembra non
abbia fatto lavorare la zecca.
Non avendo nulla da aggiungere a quanto fu
pubblicato di questo periodo, passerò ad Alessandro I
(1602-1637) terzo figlio di Lodovico II. Ottenne egli
nel 1617 dall'imperatore Mattia il titolo di duca. Fece
coniare moltissime monete, la maggior parte imita-
zioni di quelle di altri stati, specialmente tedeschi.
5. — ^^ — * ALEXANDER * DVX ♦ MIRANDVL/E * I. Suo busto
a destra.
9/ — ® CONCORDI/E ® MARCHIO * III. Scudo coli' arme
solita di Mirandola-Concordia, collo scudetto a scacchi
nel centro.
Argento. Peso Gram. 7,67.
È un testone di basso argento della mia raccolta,
fatto a somiglianza dei pezzi da 6 batzen del conte
Giov. Reinardo di Hanau-Lichtenberg, e destinato
ad essere spacciato nella Germania. Fu figurato, ma
scorrettamente nel Hofmann (s) che indica per questo
pezzo il valore di 12 kreuzer, mentre a quello di Hanau
ne assegna 23 %. Si può argomentare da questo
esempio il lucro che questi principi traevano con tali
disoneste speculazioni.
(4) Archeografo triestino. Voi. Vili, fase. MI, 1881, n. 5 della tav.
(5) Hofmann, Murtzschliissel. Norimberga, 1683.
MIRANDOLA
39
6. - ^' - ALE • P • M • DVX • I • CON • M • III S MAR • I •
NSPD. Scudo colla solita arma di Mirandola-Concordia,
e lo scudetto dei Pico sormontato da corona,
9I — SVB . ElVS VMBRA • DESIDERAVI • T • SEDI. Aquila
bicipite coronata.
Argento. Peso Gram. 3,47.
Mezzo testone, esso pure contraffazione dei pezzi
da tre batzen di diversi stati e città della Germania.
Nel diritto l'iscrizione finisce col titolo di S. Martino
in Spino, feudo dei Pico, che vedesi su qualche altra
sua moneta, e che qui fu messo probabilmente per
rendere meno facile V interpretazione della scritta.
La leggenda del rovescio ricorda il SVB VMBRA
ALARVM TVARVM usata in altre zecche che gareggia-
vano fra loro nell'emettere simili prodotti. Questa e
la seguente si conservano nel museo di Trento.
7. - ^ — S • POSSIDO ® PROTE ® MIR. Busto di santo
vescovo con pastorale, volto a destra.
P — SVB • ElVS • VMBRA • DESIDERAVI • T • SEDI. Aquila
bicipite coronata.
Argento. Peso Gram. 2,45.
40
GIORGIO CIANI
È una moneta che imita nel diritto i dicken di
Uri, e nel rovescio i pezzi tedeschi da sei batzen.
Quantunque non porti il nome del principe, ha
però lo stesso, se non identico, rovescio della pre-
cedente e di altra simile pubbhcata dal Litta al N. 3
della tavola fra le incerte, ma che spetta verosimil-
mente essa pure ad Alessandro I, il quale se fu buon
principe, come è fama, d'altro canto non si peritò di
contraffare largamente le altrui monete.
8. - ^^ — ® ALEX • DVX • MIR • I • M • COQ • III. Busto con
armatura volto a destra.
^ — SVB • ElVS VMB • DESID • T • SEDI. Aquila bicipite
coronata fra le cui teste sorge una croce, e in petto ha
un circolo con entrovi la cifra 3-
Mistura. Peso Gram. 0,90.
Contraffazione anche questa di pezzi
kreuzer esistente nel museo di Ferrara.
da tre
' — ALEX • Il DVX • M Scudo coronato coll'arme
(11) Rivista It. di Num., 1895, fase. IV, pag. 469-470.
MIRANDOLA 45
inquartata di Mirandola-Concordia, ed un capo d'aquila
bicipite.
^ — • IN • TE • DOMINE • SPE • • • : 1704 : Croce accanto-
nata da quattro testine e circondata da ornati.
Rame. Peso Grani. 1,23.
Le iscrizioni e la leggenda si completano col-
l' aiuto della moneta precedentemente citata con :
ALEX • Il DVX . MIRANDV - • IN • TE • DOMINE • SPERAVI : 1704:
L'impronta del diritto è quella dei soliti quattrini
di Alessandro li, morto nel 1691; il rovescio è fatto
ad imitazione dei soldi di Savoja.
Evidentemente questa moneta ci fa certi che la
zecca della Mirandola era aperta nel 1704; resta però
sempre il grave anacronismo a cagione del nome
del principe, perchè non si può ammettere senza
difficoltà che il duca Francesco Maria non abbia
voluto usare del proprio diritto e segnare col suo
nome le monete che faceva battere.
Mancandomi ogni fondamento storico per dare
una ragione di tale sconcordanza delle date, non mi
rimane che attendere la spiegazione di questa ano-
malia da qualche studioso della storia della Mirandola.
Trento, Novembre i8g6.
Giorgio Ciani.
DUCATONE INEDITO
DI
ALBERICO I CIBO
Principe di Massa.
Dopo che il Viani (0 ebbe con singolare erudi-
zione narrato le imprese dei Cibo signori di Massa,
e descrittene, ed illustrate ampiamente le monete,
sembrava essere questa materia esaurita, e chiuso il
campo a nuove scoperte. Ma neppure qui va fallito
il motto, omai proverbiale, della inesauribilità dei
tesori numismatici, e tocca a me in sorte, segnalare
una moneta sconosciuta fin qui, almeno che io sappia,
prodotta dalla zecca di Massa Lunigiana.
Questa è venuta alla luce insieme a un ristretto,
ma prezioso ripostiglio, in una località di Francia, che
non si è potuto accertare, con pochi altri scudi e
ducati di Avignone, Genova, Milano, Mantova e
Savoja, della fine del secolo XVI e del principio del
seguente, tutti abbastanza rari. Ora fa parte dell'im-
portante collezione di monete italiane raccolte con
molta cura da S. A. R. il Principe di Napoli, della
quale più volte si ebbe ad occupare questa Rivista.
Come si vede dall'impronta, è questo un ducutone
o piastra, come allora veniva chiamata, del tempo in
48 O. VITALINI
cui signoreggiava Alberico di Lorenzo Cibo (n. 1532
t 1623). Nel diritto il busto a destra, con la epigrafe
♦ ALBERICVS * CYBO * MALASP ♦ PRIN o MA
Nel rovescio l'aquila bicipite a volo aperto, che ha nel
cuore lo scudetto dei Cibo, fra gh artigli una banda con
le parole LIBERTAS e Tanno i6-oi; attorno il lemma:
SVB * VMBRA * ALARVM * TVARVM (Peso grammi 32-200).
11 Viani riporta con dotte annotazioni (2) due
altri ducatoni differenti, che dice essere stati battuti dal
Cibo, ad imitazione e sul tipo della piastra fiorentina,
secondo il decreto del 28 marzo 1593, del peso di
denari 27 grani 14. Infatti uno ha incisa questa stessa
data col busto e 1' arme; e V altro un bel rovescio
con tre cervi natanti ed il motto — Trauseundum, aid
moriendiim. — Dei ducatoni di Massa si ha memoria
nella tariffa di Anversa del 1627, e in una lista di
monete saggiate in Parma nel 1623: ma questo che
presentasi ora è sconosciuto ed inedito.
L' aquila imperiale fu concessa al nostro Albe-
rico, con privilegio dell'Imperatore Rodolfo II, a dì
17 giugno 1590, aggiuntavi la cartella colla parola
Libertas ad esprimere la indipendenza del principe
nella stessa doverosa soggezione; ed a quell'epoca
in quasi tutte le monete di Massa si vede quest'em-
blema ed impresa. L'epigrafe — Sub timbra alariim
tuarum — allusiva all' aquila, e nello stesso tempo
alla protezione imperiale, non è nuova nelle monete
di Alberico Cibo (3); e si trova adoperata in moltis-
sime altre monete dei feudatari imperiali, come lo erano
i Fieschi, i Gonzaga, gli Spinola, i Tizzoni (4), in me-
moria delle investiture ricevute, dei privilegi accordati,
e della feudale dipendenza. O. Vitalini.
(i) Viani Giorgio, Memoria della famiglia Cybo e delle monete di
Massa di Lunigiana. Pisa, 1808.
(2) L. e. tav. Ili, n. I e 2. (3) Viani, op. cit., tav. V, 6.
(4) Bazzi e Santoni, Vade Mecum, ecc. pag. 107.
SULL'ERRONEA ATTRIBUZIONE AL FRANCIA
DELLE MONETE GETTATE AL POPOLO
NEL SOLENNE INGRESSO IN BOLOGNA DI GIULIO II
PER LA CACCIATA DI GIO. II BENTIVOGLIO
Giuliano Delia Rovere, riescito alla perfine, nel quarto
conclave, dopo diciannove anni di speranze e d'intrighi a farsi
eleggere pontefice, pigliando il nome di Giulio II, rivolse ogni
pensiero, appena sbarazzatosi de' nemici che 1' attorniavano
nella stessa Capitale, a ricuperare le città smembrate dal
dominio della Chiesa, e a discacciare dall' Italia gli stranieri,
o barbari, com' ei li appellava; salvo però di chiamarli egli
stesso all'occorrenza per giovarsene a ridurre in atto i suoi
disegni. Determinatosi di cominciar la campagna contro Pe-
rugia e Bologna, tenute in signoria da Giampaolo Baglione
e da Giovanni II Bentivoglio, partì da Roma il 26 agosto
del 1506, accompagnato da nove Cardinali, alla testa di soli
500 uomini d'arme. Ad Orvieto viene ad accordi col Baglione,
affine di valersi di lui e de' suoi soldati nell'impresa contro
il Bentivoglio. Rassicurato lungo il viaggio della cooperazione
di Luigi XII, al quale si era affrettato Giulio di conceder la
facoltà da lui richiesta di disporre dei benefizi del Ducato
di Milano, continua animoso la sua marcia verso la città nostra.
Avuta contezza il Bentivoglio della sommessione del Baglione
e della defezione del Re di Francia e degli altri antichi suoi
alleati, invia ambasciatori al Pontefice, i quali non riescono
a rimuoverlo menomamente dal proposito di ottenere la
sottomessione assoluta di Bologna all' autorità diretta della
Santa Sede, pronto ad aggiungere a tal uopo all'azione dei
soldati l'effetto, non meno temuto in allora, delle armi spi-
rituali. Il che pochi giorni appresso ei fece, lanciando da Forh
50
LUIGI FRATI
la famosa bolla, che fu chiamata una vera crociata (0. In tale
condizione di cose perduta il Bentivoglio ogni speranza di
aiuto e di ragionevole difesa, si procacciò dal Signore di
Francia un salvocondotto, e la sera del primo novembre, a
ore tre di notte, al segnale di colpi di bombarde dato dai
francesi mandatigli incontro dal Chaumont, viceré di Milano,
uscì coi figli e molti aderenti da Porta S. Mamolo, dove trovò
l'Allegre, Galeazzo Visconti e Antonmaria Pallavicino con
ottocento cavalieri, che li condussero al campo francese, e
d'indi a Busseto, castello del Pallavicino.
Partiti i Bentivogli, furono tosto spediti quattro oratori
ad Imola, acciò facessero dedizione della città al Pontefice,
e lo pregassero a levar l' interdetto, e dar ordine che le
truppe francesi si allontanassero da Bologna. Intanto la Città,
benché sprovvista di capo, rintuzzava con energia gli sforzi
dell'esercito assediante, quando, per consiglio di un popolano,
calata la saracinesca di ferro alla Grada, le acque rigurgitanti
del Reno allagarono le campagne circostanti a Val di Ravone
per modo, che le milizie francesi dovettero abbandonare
l'assedio, e ripararsi a Castel Franco; donde, riscattate le
artiglierie, si ritirarono oltre Scoltenna lasciando hbero il
territorio bolognese.
Erano in questo mezzo venuti a Bologna il Cardinale
Frangiotti, destinatovi a Legato, e il Cardinale di Rohans a
togliere l'interdetto, e ad annunziare l'ingresso del Pontefice
pel giorno di s. Martino. Il popolo, che avea già destituito
l'antico magistrato de' Sedici, e creatone un nuovo di Venti,
intese con gioia quest' annunzio, posò le armi e riprese i
consueti esercizi della vita, attendendo con impazienza l'ar-
rivo del nuovo Principe. A questo fine si stavano arredando
le vie, per le quali doveva passare, quantunque la piovosa
stagione non concedesse di mettere in decoroso assetto, a
seconda del desiderio.
Giunto il Pontefice la sera del io alla casa suburbana
dei Crociferi, ove lasciò buona parte del suo seguito, egli
(i) Vedila riportata nelle Memorie pubblicate per la vita di Gio-
vanni II Bentivoglio, del Conte Gio. Gozzadini. Bologna 1839, in-8.
Dee. LXXXIV.
sull'erronea attribuzione al FRANCIA, ECC. 5I
con pochi famigliari a tarda ora entrò privatamente per la
Porta Maggiore a prender stanza nella Commenda de' Cava-
lieri Gerosolimitani, detta la Magione, sprezzando i sinistri
pronostici degli astrologi, onde lo volevano dissuadere dal-
l' entrare in quel giorno. Saputosi 1' arrivo suo, un' ingente
moltitudine di popolo corse ad incontrarlo e ad applaudirlo,
mentre dal pubblico Palazzo e dalle torri della città il rim-
bombo delle artiglierie e il suono delle campane davano
segnali di esultanza e di festa.
Il giorno appresso, a quattro ore prima di sera, i Venti
nuovi eletti del popolo in sulla soglia della casa, ove il Papa
aveva pernottato, gli presentarono le chiavi della Città, alla
presenza del Vescovo di Bologna, che gli diede a baciare la
croce, come di rito; quindi salito sopra la sedia gestatoria,
preceduto e seguito da numerosissimo e splendido corteo,
del quale facevan parte ventidue cardinali, i duchi di Mantova
e di Urbino, il prefetto di Roma, gli oratori dell'Impero, di
Francia, di Spagna, di Venezia, di Firenze, di Genova, ed
altri molti illustri personaggi, fu portato lungo le vie che da
Porta Maggiore conducono alla Cattedrale, e da questa al
pubblico Palazzo, passando sotto tredici archi trionfali, alla
sommità de' quali si leggeva; — A Giulio II trionfatore de'
Tiranni. — Bologna liberata dalla Tirannide. — A ciascun
lato della strada sorgevano palchi a foggia di gallerie, ne'
quali vegliardi, matrone e fanciulle stavano ad ammirare la
pompa. Armi, divise, pitture, festoni e fiori pendevano dalle
finestre; tappeti coprivano le vie. Cento giovinetti patrizii
uniformemente vestiti di seta, aventi nella destra un baston-
cello dorato, alla cui sommità era una ghianda, emblema
dell'impresa gentilizia del Pontefice, stavano attorno al ma-
gnifico baldacchino di broccato d'oro, sotto il quale seduto
era il Pontefice ; sotto altro baldacchino di seta' bianca rica-
mato in oro era portato il Sacramento. Una selva di stendardi,
nuvoli d'incenso, ceri, inni e concerti tutto concorreva a
rendere splendidissima la solennità. A settantamila persone
a piedi, oltre a dodici mila a cavallo fa ascendere il numero
degli astanti Paride Grassi, che diresse il cerimoniale della
festa, e che ce ne ha lasciato nel suo Diario una particola-
reggiata relazione. Quasi a notte pervenne il corteo alla
52
LUIGI FRATI
chiesa di s. Pietro, dove il Pontefice, ricevuto colle cerimonie
di rito, impartì 1' apostolica benedizione al popolo festante.
Poscia, deposti gli abiti sacri, fu trasportato sulla sua sedia
al pubblico palazzo nella piazza maggiore della città; dove
al suo apparire, secondochè narra con enfatiche parole il
predetto Grassi, al suono delle trombe, delle tibie e delle
campane tutte della città e al rimbombo delle artiglierie
pareva scindersi il cielo. In mezzo però a tanto frastuono e
popolare tripudio, confuso tra la folla stava silenzioso un
uomo in abito ecclesiastico, di aspetto grave e ammalaticcio,
che più tardi doveva esser chiamato l'astro della Germania,
il quale paragonando questo trionfo del Vicario di Cristo colla
maestà degh Apostoli, che evangelizzarono il mondo, prefe-
riva la grandezza di quelli al trionfale spettacolo, al quale
egli assisteva, non senza mestizia (2).
Per rendere più fastosa e lungamente memorabile la
solennità del suo trionfo pensò Giulio a far coniare speciali
monete d'oro e d'argento con leggende allusive all'avveni-
mento. Nei tempi antichi v'era certamente una regola deter-
minata per la distinzione dell'uso dei due metalli in siffatte
largizioni principesche. È Giustiniano istesso, che ce lo attesta
nella centesima-quinta delle sue Novelle (3): " Al solo impe-
" ratore spetta il privilegio di sparger l'oro sul popolo, im-
" perocché a lui solo concede sprezzarlo l'apice della fortuna;
" ai consoli poi è dicevole poter far uso dell' argento, che
" è ciò vi è di più prezioso dopo 1' oro „. Anche a' tempi
de' Carolingi perdurava siffatta distinzione ; perocché, avendo
Clodoveo, a pompa della sua proclamazione, come patrizio
(2) Ex occasione loci, qui est in Ad. Cap. V, confero triumphos, quos
me spedante Julius II egit Bononiae primum, post Romae, cum majestate
Apostolorum, qui codesti dodrina converterent orbent, qui sic miraculis
florerent, ut umbra sola sanarentur aegroti, et hanc magnificientiam
Apostolicam praefero triumphis illis, in quos ipsos tamen nihil scribo
contumeliose, iametsi, ut ingenue dicam, tum spedabam, non sine tacito
gemitu. Erasmi Des. Op. omn. T, IX, col. 361.
(3) Soli enim aurum spargere damus imperio, cui soli etiam aurum
contemnere praestat fortunae fastigium ; argentum vero, quod mox post
aurum pretiosissimum fiet, et aliis consulibus largimur decens; et haec
sinimus eos spargere in his, quae vocantur missilia, etc.
sull'erronea attribuzione al FRANCIA, ECC. 53
e console, fatto gettare al popolo monete d'oro (4), un tale
atto fu riguardato come una vera usurpazione dei privilegi
imperiali. Quanto ai Papi, si ha memoria fino da Celestino li,
eletto pontefice nel 1143, di limosine fatte distribuire da lui,
quando dalla Basilica Vaticana si recava alla Lateranense a
pigliare possesso; nella qual circostanza si faceva getto di
monete in cinque luoghi determinati. Nelle descrizioni di pos-
sessi posteriori si legge che il Maresciallo della Curia, chia-
mato Saldano, cavalcava dietro il magistrato romano, avente
ai lati della sella due sacchi di monete, carlini, baiocchi e
quattrini, e ne faceva getto a Monte Giordano, presso s. Marco,
vicino a s. Adriano e altrove, e segnatamente per allontanare
la folla dalla persona del Pontefice. E, per accostarsi a tempi
pili vicini a quelli di Giulio, togliamo dalla descrizione dell' in-
coronazione di Innocenzo Vili, dataci dal Burchard i seguenti
tratti: Recedente Pontìfice de platea s. Petri, Soldanus fecit
tres iactus pecuniarum popido, ut Papa liberins procedere
posset .... e piìj oltre: Soldanus iternm iactus pecuniarum
faciebat. Idem fecit in Monte Jordano, apitd s. Marcum, ad
s. Adrianum, et alibi, ubi populi oppressionem videbat: strano
modo per verità di far larga la strada al Pontefice dalla folla;
parrebbe invece che la si avesse a serrarvisi attorno più
spesso, per provocare una gettata di monete. Pervenuto il
Pontefice all'aitar maggiore, prosegue il Burchard, ascendit
ad sedem eminentem marmoream in tribuna solita paratam. . . .
Quo sic sedente, Cardinales omnes eum honorifice elevarunt
dicentes: Suscitai de ptdvere egenum, et de stercore erigit
pauperem, ut sedeat cum principibus, et solium gloriae teneat.
Quo facto, Pontifex accepit de gremio d. Falconis thesaurarii
sui tres pugillatas quatrenorum et denariorum minutorum
successive, et Inter populum proiecit, dicens: argentum et aurum
non est mihi, quod aiitem habeo hoc libi do.
Tutt'altro carattere adunque avea la suntuosa largizione
di Giulio, la quale anzi faceva manifesto contrasto con quelle
prescritte dal cerimoniale dell'incoronazione e del possesso.
Egli intese più tosto con tale atto di munificenza e liberalità
ad ingraziarsi il popolo, come al medesimo fine non indugiò
(4) Greg. Turòn, Hist. Frane. II. 38.
54
LUIGI FRATI
nei giorni appresso a sospendere dazii e gabelle, a diminuire
i prezzi delle carni, del vino e d'altri generi.
Le monete gettate al popolo dal Datario di Giulio sono
le due riportate nella Tav. I ai n, 2 e 3 ; 1' una in oro del
valore di un ducato, del peso di grammi 3,40, l'altra in ar-
gento del valore di un bolognino e del peso di gr. 1.30; l'una
e l'altra avente nel diritto l'arme del Pontefice sormontata
dal triregno e dalle chiavi decussate, e la leggenda: IVLIVS •
Il • PONT • MAX., e nel rovescio BON • P • IVL . A • TIRANO •
LIBERAT' {Bononia per Julium a fy ranno liberata) colla figura
in piedi di s. Pietro, che tiene le chiavi nella d. e il libro
nella s. Il Cinagli (5), oltre le indicate due monete, riporta
eziandio il mezzo grosso, colle stesse leggende e cogli stessi
tipi, se non che la figura di s. Pietro è detta seduta, anziché
in piedi. Non so indurmi veramente a prestar fede all'esistenza
di questa moneta, stantechè il cerimoniere Paride Grassi, che
le fece coniare, siccome vedremo, non parla nel suo Diario
che di due sole, de utroque numismate ; tuttavolta per accer-
tarmi dell'indicata varietà di tipo e del peso, se veramente
rispondente a un mezzo grosso, non ho omesso di fare
reiterate ricerche per conoscere in quali mani era trapassata
detta monetuccia dalla raccolta Briganti-Bellini di Osimo, dove
si trovava a' tempi del Cinagli; ma finora non mi è riuscito
di scoprirne notizia; laonde sarei oltremodo grato al fortunato
possessore di essa, se mi fosse cortese dei desiderati ragguagli.
Quanti hanno parlato di queste monete, e biografi del
Francia, e scrittori d'arte e numismatici insigni, tutti ad una
voce ripetono che sono desse opera del Francia; e ciò sulla
fede del Vasari, che primo diffuse questa notizia nella vita
di lui. Ecco le sue parole: " Tenne continuamente mentre
" che e' visse la Zecca di Bologna : et fece le stampe di tutti
i conij per quella, nel tempo che i Bentivogli reggevano;
et poi che se n'andarono, ancora mentre che visse Papa
Julio, come ne rendono chiarezza le monete che il Papa
gittò nella entrata sua ; dove era da una banda la sua testa
naturale e dall'altra queste lettere: Bononia per Julium a
" tyranno liberata. Et fu talmente tenuto eccellente in questo
(5) Le Monete de' Papi. Fermo 1848, in-fol., pag. 74, n. 65.
sull'erronea attribuzione al FRANCIA, ECC. 55
" mestiere, che durò a far le stampe delle monete fino al
" tempo del Papa Leone „.
Questo passo è uno de' più errati dello storico aretino ;
posciachè inesatta, come vedremo, è l'asserzione che il
Francia tenesse continuamente mentre ch'ei visse la Zecca
di Bologna; non consentanea al vero, siccome dimostrerò,
r attribuzione al medesimo delle monete gittate al popolo
neir entrata in Bologna di Giulio II; ed è manifestamente
sbagliata la descrizione di esse. Quest'ultimo granchio preso
dal Vasari fu avvertito, né poteva non esserlo, dal Cavedoni (6),
dal Giordani (?), e ultimamente dal Friedlaender (8), senza
però che si dessero cura i medesimi d'indagare dond' era
provenuto l'avvertito errore; il quale innanzi a loro avea
indotto il Cicognara (9) a niegare perfino 1' esistenza delle
monete con la leggenda allusiva alla cacciata del Bentivoglio,
riferendo invece ad essa circostanza la medaglia di Giulio II
col motto: Cantra stimulum ne calcitres. Ma di questa avrò
a fare parola più avanti. Intanto torna in acconcio ricordare
che fino dall' anno 1857 in un articolo, che pubblicai sulla
nostra Zecca, avvertii per la prima volta l'erronea attribuzione
fatta dal Vasari al Francia delle monete in discorso, e mi
riserbai di addurne le prove, allorché avessi avuto a mia
disposizione il bolognino d' argento , già della collezione
Schiassi, ora pervenuto al nostro Museo Civico, per riportarne
il disegno a maggior dimostrazione del mio assunto. Più tardi
nel 1869, richiesto in proposito dal sig. cav. Morbio, gliene
significai sommariamente le principali in una lettera, ch'egli
rese di pubblica ragione nel suo libro : Opere storico-
numismatiche a pag. 84. Ciononostante anche nella nuova
edizione del Vasari gli si é menata buona questa erronea
attribuzione, cui ripetè puranco l'illustre Armand nell'opera
sua : Les Médailleurs italiens. Tom. I, pag. 104, n. 5 (io). Né
(6) Mem. di relig., di mor. etc, Tom. XII, pag. 73.
(7) Almanacco staiist. Bologtt., anno XII, pag. 271.
(8) Die Italienischen Schaumiinzen etc, pag. 174.
(9) Stor. della Seul. ediz. di Prato, Tom. V, pag. 426.
(io) Questi però, avuta contezza della mia Memoria sulle Monete
in discorso, rettificò nel tomo III, pag. 30, n. 5 dell'opera sopra indicata
la precedente aggiudicazione colle seguenti parole : Apres les monnaies
56 LUIGI FRATI
è a maravigliarsene: gli errori, quanto più autorevole è lo
scrittore che li divulga, e più lungo il tempo dacché han
messo radice, altrettanto è più malagevole lo sradicarli
interamente.
Che il Francia non fosse addetto all'officina della zecca
all'epoca dell'ingresso di Giulio, e meno poi che la tenesse
continuamente, come dice il Vasari, parmi si abbia ad arguirlo
dalla seguente deliberazione del Senato bolognese, che leggesi
nel Voi. XIII Partitonim, in data 19 novembre del 1508:
Item per decein et novem fabas albas et sex nigras obtenium
fiiit^ quod solvantur de pecuniis extraordinariis Camerae
magistro Francisco Franciae aurifici ducati quinquaginta
aiiri prò mercede sua duarum stamparum sculptarum cum
imagine sanctissimi D. N. et insignibus Communis Bononiae
prò cudendis monetis novis, et prò mercede quarumcumque
aliarum stamparum, qtiae conficiendae forent prò Cecha
t)redicta; ad quas omnes faciendas teneatur et obligatiis sit,
prout sic ipse facere promittit: quae pecuniae deinde exigantur
ac repetantur per ipsam Cameram a magistro Cecchae, qui
ad impensam confectionis stamparum ipsius Cecchae tenetur
et obbligatus est. Il tenore di questa deliberazione prova, a
mio avviso, che il Francia fu allora eletto a incisore della
nostra Zecca. E di vero, s'egli fosse stato coniatore in essa
anche per l' innanzi, qual ragione vi sarebbe stata di stabi-
de Bentivoglio, l'ordre chronologique amenerait, dans la liste des ouvrages
de Francia, les ntonnaies de lules IL Les premieres en date seraient le
ducat d'or et le bolognino d'argent jetés au peitple lors de l'entrée du Pape
à Bologne en ijoó. Au dire de Vasari, ces pieces étaient l'ouvrage de
Francia. M. le docteur Luigi Frati, le savant directeur du Museo civico
de Bologne, à qui nous devons de précieuses Communications, a démontré
d'une manière qui nous sentale irréfutable que ces monnaies ne pouvaient
appartenir à Francia. On ne pourrait, au reste, y reconnaitre la main
de ce grand artiste, ni sur le droit de ces pieces avec les armoiries de
lules II provenant de la monnaie romaine, ni sur le revers orné d'une
figure de saint Pierre empruntée à une monnaie d' Alexandre VI. La piece
décrite au n. j de l'oeuvre de Francia y a donc été pfacée à tort, et doit
étre rejetée parmi les ouvrages des médailleurs anonymes du premier
quart du seizi'eme siede.
Par cantre, il faut rendre au Francia les monnaies suivantes, ecc.
quelle cioè da me riportate ai nn. 465 della tavola.
sull'erronea attribuzione al FRANCIA, ECC. 57
lirgli uno stipendio sui fondi straordinarii della Camera, e sotto-
metterne a scrutinio nel 1508 l'elezione di lui a siffatto incarico?
Ciò posto, se il Francia non era coniatore nella Zecca
all'atto della venuta in Bologna di Giulio II, si rende vieppiù
improbabile ch'egli così devoto al Bentivoglio e da lui cotanto
riamato e protetto pigliasse incarico, non costretto per debito
di ufficio, di condur opera, che tornava a perpetuo disdoro
del suo mecenate, e quando le sorti di lui negli animi de'
suoi aderenti non dovevano essere per anco totalmente diffi-
date. E vieppiù improbabile ancora si rende l'ammettere in
lui una tale riprovevole condotta dietro le testimonianze, che
ci hanno tramandato della sua bontà scrittori contemporanei.
Burzio nella Bononia perlustrata (11) infra le doti dell'animo,
che gli appropria, gli dà pregio eziandio di costanza di
carattere ; e Bartolomeo Bianchini nella vita di Codro lo
chiama " amore e delizia nostra, artefice di specchiata virtù,
cui tutti amano e ammirano e come nume adorano „ fi2), E
qui è veramente a dolersi che sia ora smarrito o perduto il
registro, che teneva il Francia delle proprie memorie, nel
quale non potevano mancare tratti, donde tralucesse l'imma-
gine dell'animo suo. La sola annotazione, a mo' d'esempio,
della partenza dal suo studio del discepolo Timoteo Viti,
ricordata dal Malvasia: (13) — 1495 ^d' 4 aprile, partito il
mio caro Timoteo, che Dio le dia ogni bene e fortuna —
non ci rivela tutta la soavità del suo animo? Soavità che
traspare eziandio in ogni opera del suo pennello e in quelle
care imagini, di cui il Sanzio in una lettera a lui diretta gli
scriveva " non vederne da nessun altro più belle e più divote
e ben fatte „ (14). E di quanto affetto e di quanta estimazione
(11) Ex me etiani Fabri: Aitrifices: Sculptores : atque Pictores nomi-
nandissimi, inter quos nnus omnium est mihi clarissimiis Francisctis
Francia mmcnpatus.... Hic profecto ingeniosus: affabilis : decorus : et
gravitate morum exornatus.
(12) Huius vero effigiem oris, vulfusque et lineamenta corporis mire
expressit in aedibus Bentivolorum amor et delitiae nostrae Francia
spectatae virtutis artifex, cuius unicum ingenium fastigium pariter omnes
et amant et admirantur, et tamquam numen adorant.
(13) Fels. pittr., Bologna. 1678, I, pag. 55.
(14) Malvasia, Op. cit., Tom. I, pag. 45.
58 LUIGI FRATI
non lo ricambia l'Urbinate in detta lettera; della quale piacemi
riferire le ultime parole, porgendomi esse argomento ad
un'osservazione in conferma del mio assunto. " Fatevi animo,
" gli scrive Raffaello, valetevi della vostra solita prudenza,
" et assicuratevi che sento le vostre afflizioni come mie
" proprie. Seguite ad amarmi come io vi amo di tutto cuore „.
Dove non credo arrischiata la supposizione che il Sanzio lo
conforti a tollerare le dispiacenze derivategli dalla perdita
del suo mecenate e conseguentemente dal mutato ordine di
cose e per parte dei nuovi Signori; di che rende indubitata
testimonianza anche il ricordato squitinio per la sua elezione
a coniatore della Zecca; nella quale circostanza sei dei nuovi
reggitori, messa in non cale la molta valentia del Francia,
non seppero tenersi dal manifestargli nell'urna la loro avver-
sione per la passata divozione al Bentivoglio.
Appresso le addotte testimonianze contemporanee riesce
non poco spiacente che patrii scrittori, giurando ciecamente
sulla fede del biografo aretino, gli rinfaccino " di non aver
" avuto rossore di lavorare nella Zecca a contumelia del
" Bentivoglio, di colui che solo valse a farlo grande, che
" gli allogò lavori di cesello, e niello, di dipintura a gran
" numero, che gli fu protettor munifico, e del quale esistono
" pur anche i frutti della protezione principesca, onde volle
" favorirlo. Per certo Michelangelo non avrebbe operato
" così „ (15). Con parole meno dure ricorda questo fatto altro
scrittore i^^), il quale anzi, per attenuarne la sinistra impres-
(15) Muzzi, Ann. di Bologna, T. V., pag. 510.
(16) Giordani Gaet., neW Almanacco statisi, bolog. Anno XII, pag. 274.
" Queste monete erano opera di conio del famoso Francesco Francia,
" orefice, niellatore e pittore di Bologna; il quale sebbene fosse fami-
" gliare dello scacciato ed infelice Bentivoglio, e ben d'onde avesse per
" compiangere la disgraziata sorte di un Signore, che tanto lo avea
" amato e beneficato e tenuto in pregio per varie opere d'arti a com-
" missione di lui condotte, nondimeno il Francia, saggio qual egli era,
" seppe prudentemente nascondere suo cordoglio, e sofferse anco di
" formare i conii. per la nuova moneta (essendo egli mastro o capo
" della Zecca bolognese) „. Non sappiamo per verità donde il Giordani
abbia tratto quest' ultima notizia, che il Francia fosse a capo della
Zecca, la quale anzi è recisamente contraddetta dalle parole dall'alle-
gata deliberazione del Senato.
sull'erronea attribuzione al FRANCIA, ECC. 59
sione, finisce coU'ascriverglielo a virtij. Né di minore contrad-
dizione dà prova lo stesso Vasari, il quale, dopo aver esposto
il Francia a immeritati rimproveri, designandolo capace di
tanta ingratitudine verso il suo principale benefattore, poche
righe appresso dichiara che " egli ebbe grandissimo dolore
" de la partita di messer Giovanni Bentivogli, perchè haven-
" dogli fatti tanti benefizj gli dolse infinitamente. „
Ma proseguendo le nostre osservazioni, noterò ancora
essere inverosimile che il Francia potesse eseguire quattro
conii in meno di otto giorni, quanti ne trascorsero dalla par-
tenza del Bentivoglio all'entrata del Pontefice, non computato
il tempo occorrente alla battitura delle monete. Molto pii^i
consentaneo al vero si è che i conii già preparati portasse
seco qualche ufficiale della Corte, o se furono lavorati nella
nostra Zecca, siccome narra Alamanno Bianchetti nella sua
Cronaca di Bologna mss. a pag. 800, si valessero in parte
di punzoni già esistenti; asserzione non destituita di fonda-
mento, se si confrontano attentamente le figure di s. Pietro
delle monete di Giulio con quella del ducato del suo prede-
cessore, che ho riportato appositamente al n. i della tavola.
Altro argomento contro l'asserzione del Vasari vuoisi
trarre indirettamente dalle seguenti parole del cerimoniere
Paride Grassi, al quale il Pontefice avea dato incarico di far
coniare le monete in discorso : Inde me petiit quantum pecu-
niantm populo projiciendarum conflari iussissem: Respondi
ego ob vias longas a mansione ad cathedralem Ecclesiam,
ad quam primo eundum erat, et demum inde ad Palatium
maius prò sua Sanctitate paratmn, propterea meo quidem
iudicio non sufficere ducatos mille tani ex auro quam moneta^
itaque statuii ut de utroque numismate tria millia, quae con-
signavit illa die inter popidum dispergenda d. Joanni Cozza-
ditto bononiensi, qui tunc erat Clericus fiscalis, et Daiarius
apostolicus. Fra tanti particolari nulla ci dice il Grassi dell'in-
cisore di esse, cui non avrebbe omesso d'indicare, a mio
avviso, se questi fosse stato il rinomatissimo Francia. Per la
qual cosa, se il silenzio di lui su tale proposito, riesce agli
altri così eloquente, come si pare a me, chiunque ben vede
quanta maggior fede si meriti il Grassi, che scriveva di cosa,
di cui ei fu sì gran parte; di quello che il Vasari il quale
6o LUIGI FRATI
racconta un fatto, per tempo e per luogo, alquanto da lui
discosto, e di cui era assai male informato, siccome egli
stesso ne ha pòrto testimonianza manifesta nell'errata descri-
zione delle monete, asserendo che da una banda era la testa
naturale di Giulio, e dall'altra la leggenda: Bononia per
Julium a ty ranno liberata; di che mostra non averle mai
vedute, e di aver confuso in una due distinte specie di monete :
quelle cioè eseguite dal Francia tra il finire del 1508 e il 1509
(v. Tav. I, n. 4 e 5), le quali hanno appunto l'effigie di Giulio li,
appiccicando ad esse il rovescio delle altre gittate al popolo
nel 1506 (Tav. I, n. 2 e 3).
Resterebbe ora a determinare il numero di ciascuna
specie di dette monete, se l'espressione de utroque mimismate
non lasciasse incerto se il valore dei tre mila ducati fu ri-
partito fra le due specie in parti uguali, come parrebbe aversi
ad argomentare dall'inciso precedente ìnille ducatos tatù ex
auro qiiam moneta. Ciò ammesso, il numero delle monete in
oro sarebbe stato di 1500, e di oltre 42,000 quelle in argento.
Finalmente altro anche più convincente argomento contro
l'asserzione del Vasari si ritrae dal confronto del lavoro delle
due monete colla leggenda : Bononia per Jidiiim. etc. colle
altre riportate ai n. 4 e 5, che sono veramente opera del
Francia, rispondendo esse alla descrizione delle stampe com-
messegli nella deliberazione del Senato del 19 novembre 1508.
Basta avere l'occhio mezzanamente educato al sentimento
dell' arte per convincersi della notevole disparità di lavoro
che passa fra le une e le altre. Nelle prime la figura del
Santo, il partito delle pieghe, la forma delle lettere, ogni
parte è lavorata mediocremente; laddove nelle due ultime
per lo contrario tutto è con sommo magistero condotto: e la
faccia di Giulio piena di espressione, la figura del Santo
bellamente atteggiata, la testina finissimamente incisa, bello
e naturale il piegheggiare delle vesti, elegante la forma delle
lettere. Cotalchè reca veramente sorpresa che tanta disu-
guaglianza di lavoro non sia stata per innanzi avvertita; dove
non credo andar lungi dal vero, ritenendo che la somma
rarità delle monete in discorso, e segnatamente del bolognino,
avendo impedito la facilità del confronto, abbia contribuito
a prolungare l'erronea attribuzione, che ho preso a ribattere.
sull'erronea attribuzione al FRANCIA, ECC. 6l
Pertanto se il Morbio alla sommaria indicazione delle
sposte ragioni disse: " aver io provato a tutta evidenza che
" il famoso zecchino colla leggenda Bononia per Julimn, etc.
" non è lavoro di quel grande artista „ (^7), ora che alle
medesime, pili ampiamente dichiarate, ho aggiunto e pòrto
modo nell'unita tavola di poter quasi toccar con mano l'erro-
neità dell'asserzione del biografo aretino, giova sperare di
vederla in appresso generalmente rigettata; e di tal modo
adempiuto il voto del Breton, laddove, nel suo articolo bio-
grafico del Raibolini, parla delle medaglie eh' egli lavorò :
' La plus célèbre, egli dice, est celle qu' il grava par ordre
* de Jules II après l'expulsion des Bentivoglio, avec cette
' legende: Cantra stimulinìi ne calcitrcs. On regrette de voir
le Francia avoir consacré ainsi son talent à immortaliser
'' l'infortune de ses bienfaiteurs, et nous voudrions, pour son
' honneur, pouvoir regarder comme apocryphe une autre
' médaille [leggi monnaie) fort louée par Vasari, qui prétend
' que, faite à la méme occasion, elle portait la legende:
' Bononia per Julium a tyranno liberata „ (i8). La medaglia
superiormente accennata è la bellissima rappresentante la
caduta di Saulo, cui reputa il Breton coniata dal Francia per
l'espulsione del Bentivoglio, come prima di lui avea opinato
il Cicognara (19), forse entrambi tratti in inganno dal Ve-
nuti (20), il quale per convalidare siffatta opinione non si era
peritato di valersi di false asserzioni: quali sono che la me-
daglia in discorso (mancante affatto di millesimo) riporti
segnato l'anno MDVI, e l'allegare su ciò la testimonianza del
Bonanni (21), il quale per lo contrario segue il Luckius (22),
che la ritiene coniata nel 151 1 e allusiva alla guerra fra
Giulio II e Alfonso duca di Ferrara, al qual parere s'attenne
pure il Molinet (23). Che se l'illustre Friedlaender (24) nella
(17) Opere storico-numismatiche, pag. 340.
(18) Nouv. Biog. génér., toni. XLI, col. 483.
(19) Stor. della Scult., ediz., cit., tom. V, pag. 426.
(20) Numism. Rem. Pont., Romae, 1744, in-4, pag. 50.
(21) Numism. Pont. Rom., Romae, 1699, in-fol., pag. 146.
(22) Syll. Numism. elegant, Argentor, 1620, in-fol., pag. 21.
(23) Hist. Summ. Pont, per eorum numism., Lutet., 1679, in-fol., p. 32.
(24) Die Italienischen Schaumiinzen, Berlin, 1882, in-4, P^g- i74-
62 LUIGI FRATI
Stupenda opera sui Medaglioni italiani non ha osato proferir
giudizio circa l'artefice di questa medaglia, stante l'incertezza
del soggetto, ha però recisamente rigettato l'opinione messa
innanzi dal Cicognara e poscia dal Breton di attribuirla al
Raibolini per la cacciata del Bentivoglio, adducendo ad argo-
mento la stessa eccellenza del lavoro, la quale rende affatto
improbabile che la possa essere fattura di pochi giorni. E
con ciò parmi bastantemente comprovata l'insussistenza anche
di questo altro capo di accusa apposto al nostro Francia.
Altra erronea opinione sul conto del medesimo era stata
messa fuori anni sono da un dotto bibliografo (25), l'autorità
del cui nome avea procacciato alla medesima, comechè com-
battuta, una certa consistenza. Sosteneva questi che Fran-
cesco da Bologna, intaghatore de' caratteri di Aldo, non altri
fosse che Francesco Raibolini, volgarmente " il Francia „, il
quale stabilita una stamperia a Bologna pubbhcò in sul finire
dell'anno 1516 e nel gennaio del 1517 sei preziosi volumetti (26),
stampati ad imitazione di quelli di Alessandro Paganino. Non
ha guari però altro bibliografo, Adamo Rossi, pose fine alla
questione, dando ragione ai discrepanti dalla prevalsa cre-
denza, mercè la scoperta da lui fatta nell'Archivio di Perugia
di un documento, dal quale risulta essere Francesco da
Bologna della famiglia Griffi. Così venisse dato che valente
scrittore, pigliando a materia di accurato studio la vita, le
opere e la scuola di quest'illustre Maestro, ci desse un lavoro
storico degno di lui; il quale, se non fu il primo uomo di quel
secolo, come, a detta del Malvasia (27), era stato tenuto a'
suoi tempi, fu senza dubbio il più. grande artista di cesello,
di niello e di pittura, che abbia avuto la patria nostra „.
Luigi Frati.
(25) Panizzi Ant., Chi era Francesco da Bologna? Londra, 1858, in-8.
(26) Sono dessi i seguenti: Il Canzoniere del Petrarca (20 settembre
T516); — L'Arcadia del Sannazaro (3 ottobre); — gli Asolani del Bembo
(30 ottobre); — il Corbaccio del Boccaccio (9 dicembre); — le Lettere
famigliari di Cicerone (20 dicembre) ; — e Valerio Massimo (24 gen-
naio 1517).
(27) Fels. pittr., ed. cit. T. I, pag. 48.
UN NUOVO GROSSO INEDITO
DI
GIO. ANTONIO FALLETTl
CONTE DI BENE VELLO W
Mentre per ogni canto d'Italia corre un fremito di gioia,
all'annunzio desiderato delle prossime nozze di S. A, R. il
Principe di Napoli, io, altero di Suo benigno assentimento,
con animo ossequioso e riconoscente, mi permetto di dare
notizia di un nuovo e preziosissimo cimelio numismatico, che
recentemente è entrato a far parte della splendida raccolta
di monete italiane che S. A. coltiva ed accresce, con squisito
discernimento e con intelletto di amore. Sono pochi anni che
l'Augusto Principe di Sua iniziativa, e con quel diletto che
negli animi gentili destano le patrie memorie, va riunendo
una collezione di monete, la quale già è addivenuta assai
numerosa, e racchiude pezze di gran pregio in ogni metallo,
fra le quali non poche rarissime e talune eziandio uniche.
In queste ultime va compreso il grosso di cui imprendo
la illustrazione. Proviene dalla vendita Durazzo, tenuta a
Genova nello scorso maggio, nel cui catalogo era classificato
sotto Bologna, con questa avvertenza: " Inedita. Sono della
massima persuasione che questa moneta non è coniata a
Bologna; dovendo per altro catalogarla, l'ho inserita in questa
zecca, lasciando allo studioso acquirente la soddisfazione di
studiarla e pubblicarla precisamente „.
(i) Pubblicato nello scorso settembre 1896 in occasione delle Nozze
di S. A. R. il Principe di Napoli. (N. d. D.).
64
O. VITALINI
Godo pertanto di poter costatare che questo grosso è
senza dubbio della zecca di Benevello (2).
Prima che il comm. Vincenzo Promis, in una nota co-
municata all'Accademia delle Scienze di Torino, nel novembre
del "88, segnalasse due monete di Gio. Antonio Falletti (3),
conte di Benevello, questo piccolo feudo era del tutto sco-
nosciuto nella numismatica italiana. Le due monete, allora
prodotte ed illustrate, i^no uno scudo d'oro noto solamente
dalle antiche tariffe, al tipo dell'aquila bicipite e della croce;
e un grosso, nel medagliere di S. M. in Torino, coli' aquila
medesima e uno stemma alla banda scaccata di tre tiri. Nelle
leggende, che si completano a vicenda, il lemma di onore
Carolus Imp: ovvero Karolns Romanor. Imperai, con le note
nominah del signore o feudatario Jo: Anto: Fa: Comes:
Bene: 1537.
Riproduco dalla detta memoria il grosso di argento:
Il eh. autore nelF erudita monografia concludeva che
tali monete erano state battute forse in Germania, ad imita-
zione di simiglianti pezze tedesche, italiane e svizzere, dal
conte di Benevello Gio. Antonio Falletti, per privilegio o in
onore di Carlo V, nel cui esercito aveva comandato un
reggimento di fanti italiani. E questi fu il primo e 1' ultimo
conte di Benevello, tra il 1520 e il 1550, e durò finche
(2) Benevello, capoluogo di mandamento, circondario e diocesi di
Alba, provincia di Cuneo.
(3) La memoria del Promis fu stampata a parte (E. Loescher, To-
rino, in-8, di pag. 9) e nel frontispizio incorse l'errore di scrivere Gio.
Battista, invece di Gio. Antonio Falletti: quest'equivoco fu pur ripetuto
da altri.
UN NUOVO GROSSO INEDITO, ECC.
65
Carlo V non gli tolse la contea, insieme con la signoria di
Mombarcaro, per investirne un tale D. Alvaro di Sanchez
spagnolo, in pena dell'avere il Falletti abbandonato il servizio
imperiale per rivolgersi alla Francia.
La terza moneta, che ora viene alla luce, è pure del
Falletti, ma di tipo e leggenda totalmente vari dalle prece-
denti, sebbene sia senza dubbio ad esse contemporanea.
È parimenti un grosso di argento: ha nel diritto un
santo vescovo vestito di casula, reggente con la sinistra una
lunga croce astata e con la destra le chiavi, in alto l'armetta
de' Falletti (4), in giro
S • PETRVS • BE • C (comes)
nel rovescio un cavaliere con la spada in resta, nel giro
CAROL • IMPERAI
in alto l'aquiletta bicipite.
Il nome di Carlo V, 1' aquila imperiale, 1' armetta e le
iniziali BE • C non permettono dubbiezza alcuna intorno all'at-
tribuzione del grosso al Falletti per Benevello. Anzi possiamo
aggiungere due nuovi indizi tolti dalle figure rappresentanti
san Pietro in vincoli, già assunto a patrono del Comune; e
san Secondo martire, a cavallo, titolo della chiesa parrocchiale.
Ma la singolarità che accresce gran pregio alla moneta
si è quella di presentare una tecnica affatto itahana e 1' av-
vicinarsi al tipo àeW ag ontano, tanto da farne credere una
imitazione fedelissima.
È noto che Ancona, antica città marittima e commerciale,
(4) I conti Falletti di Villafalletta portano anche oggi d'azzurro,
alla banda scaccata di oro e di rosso di tre file : cimiero, un' aquila di
nero coronata dello stesso. (V. Calendario d'oro, 1896, pag. 216).
(^
O. VITALINI
coniava sua moneta già nel secolo XIV, e volendo emulare
il credito, che nelle contrattazioni riscuoteva il matapane di
Venezia, ne imitò il taglio, migliorandone il valore (5). Le
zecche marchigiane vicine, vista la buona prova, ne seguirono
r esempio, e 1' agontano o ancontano divenne moneta cono-
sciuta e ben ricevuta, come già quella di Ravenna, Lucca
e Pavia.
Nell'epoca in cui battè sua moneta il Falletti per il feudo
di Benevello, il grosso di Ancona presentavasi artisticamente
elegante, trovandosi, in quel tempo, a modellare nelle officine
romane i celebri incisori e zecchieri i Migliori fiorentini.
Il Bellini, nella diss. II, pag, 7 e 8, riporta due esemplari
di tal grosso: io do la incisione di altro presso di me, il
quale a prima vista manifesta tutta la rassomiglianza di cui
ho fatto cenno.
Il santo (san Pietro o san Ciriaco), in ambedue le pezze,
ha le medesime vesti, lo stesso atteggiamento, la identica
croce astata terminata a palline , la mitra , T aureola, tutto
perfettamente somigliante. Il cavaliere, andante di galoppo
a sinistra, impugna la spada con la destra in alto, pronto a
colpire: e qui pure l'andatura del cavallo, la posa e le vesti
del cavaliere hanno corrispondenza talmente perfetta, da far
supporre che l'impronta sia stata fatta con uno stesso punzone.
Una variante è stata necessariamente introdotta, sosti-
tuendo nel grosso di Benevello l'aquiletta bicipite alle chiavi
decussate dell'anconitano; ma anche questa modificazione è
talmente riuscita da potersene appena rilevare la differenza.
E bene scelse il Falletti la imitazione del grosso di
Ancona, anche per la ragione che il tipo del cavaliere,
(5) Tonini, Period. di Numis. e Sfrag., anno II, pag. 203.
UN NUOVO GROSSO INEDITO, ECC. 67
sebbene in movenze non del tutto a questa simili, si trovava
fin da que' tempi nelle monete di Milano, di Saluzzo, di
Lavagna e di Monferrato.
Due questioni tuttavia lasciò impregiudicate il Promis:
quale, cioè, fosse stata 1' officina produttrice, se italiana od
estera; e se la coniazione fosse legale ovvero abusiva e
contraffatta.
Con la osservazione della nuova moneta mi sembra
potersi rischiarare l'uno e l'altro dubbio, affermando essere
la zecca italiana e la moneta legale, quantunque di tipo
imitato, ma non falsificato.
In fatti la nazionalità della zecca apparisce dai tipi scol-
piti, il santo e il cavaliere. Il santo vescovo, effigiato come
nel grosso di Benevello, lo troviamo, oltre Ancona, a Rimini,
Bologna, Reggio, Camerino, Arezzo e Volterra. Del cavaliere
accennammo più sopra, come fosse tipo prediletto da molte
zecche dell'alta Italia. Si manifesta altresì per 1' arte, per il
disegno, per la semplicità dei contorni, senza centinature e
perline, e per la correttezza delle lettere.
Escludo finalmente nel Falletti lo scopo di contraff'are e
falsificare: chi vuole frodare lo Stato con coni adulterati non
vi spaccia sopra il suo nome e titolo e l'arma patente; ma
stampa leggende anomale, o equivoche, o mancanti, a fine
di non essere scoperto e sottoposto alle leggi severe dei
falsari. Di più, il Falletti si sarebbe fatto reo d'ingratitudine
verso il suo protettore Carlo V, e ciò ripugna per fermo al
carattere leale di un condottiero d'armi.
Riepilogando: la esistenza di una zecca a Benevello è
omai accertata, sebbene abbia lavorato per breve tempo; e
questo feudo col suo signore Falletti, che fin qui timidamente
erano comparsi nella Bibliografia dei sigg. fratelli Gnecchi (6)
e nel Mnnuale dell' Ambrosoli (?), hanno diritto al loro posto
definitivo nei nostri cataloghi e nelle serie di monete italiane.
Roma, Agosto 1896.
O. VlTALlNI.
(6) Milano, 1889. Suppl., Ili, pag. 457.
(7) Milano, Hoepli, 1891, pag. 117.
OPERE NUMISMATICHE
DI
CARLO KUNZ
(Continuazione: Vedi Fase. IV, 1896).
MISCELLANEA NUMISMATICA ^'^
I.
DELLA ZECCA DI CREMA.
Delle vicende di Crema, piccola ma generosa città che
giganteggia nei fasti d'Italia per sublimi esempii di fortezza
dettarono pagine accurate ed eloquenti Pietro Terni, Ale-
manio Fino, Carlo Sigonio, Giuseppe Racchetti, Francesco
Sforza-Benvenuti, ed altri.
Scopo del presente articolo non essendo che quello di
toccare brevemente l'argomento delle sue monete, sorpas-
serò quanto ad esso non si riferisce.
Sebbene Crema tardi fosse stata assunta al rango di
città, perchè fino all'anno 1450 s'appagò con quello piii mo-
desto di terra o castello, pure l'importanza sua nella storia
generale d'Italia fu tale, ch'è argomento di meraviglia come
nei varii rivolgimenti di fortuna a' quali andò soggetta ,
dalla sua fondazione fino al principio del secolo decimoquinto,
mai abbia avuto zecca propria.
E questo un fatto che può francamente affermarsi, perchè
né memorie, né monete stanno in appoggio del contrario, e
conviene discendere fino all' epoca accennata, al tempo cioè
in cui fu governata e dominata dai Benzoni, per rinvenire
i rarissimi cimeli per cui essa pure prende posto, ristretto
bensì ma onorevole, nella serie di ciò che si è convenuto
denominare le Zecche d'Italia.
(i) La Miscellanea numismatica, divisa in cinque capitoli, fu pub-
blicata nel 1867 in opuscolo separato a Venezia coi tipi della Tipografia
del Commercio.
72 CARLO KUNZ
Chiarissima famiglia era quella dei Benzeni, la quale,
secondo scrive l'accurato Terni, derivò dall'antichissima dei
Greppi, per un figlio di Giovanni Greppo denominato Ben-
zene: e Greppi e Benzoni valsero lungamente a dinotare lo
stesso casato. Fu desso il più celebre fra tutti quelH che
emersero in Crema, dove primeggiò lungamente per grado
e per fortuna stando sempre alla testa del partito guelfo
nel tempo in cui tutta l'Italia era scombuiata dalle civih con-
tese delle due famigerate fazioni. Verso la fine del secolo
decimosesto divenne quella famiglia cotanto numerosa che
quasi potea da sé sola, come già quella dei Fabii in Roma,
formare una schiera! Ebbe molti uomini distinti, particolar-
mente nelle armi, fra cui Venturino Benzone il vecchio, il
quale nell'anno 1303, allorché Napo della Torre trionfò di
Matteo Visconti, venne eletto capitano del popolo milanese;
carica insigne che a lui ben si addiceva, perché guerriero
di splendida fama e zelantissimo fautore di parte guelfa.
Di lui e degli altri illustri Benzoni v'hanno belle notizie
negli autori nominati, e l'albero di questa illustre famiglia
vedesi nel Campidoglio Veneto di Girolamo Alessandro Cap-
pellari, opera manoscritta in gran foglio che conservasi in
questa BibHoteca Marciana.
Dopo molti rivolgimenti di fortuna, caduta Crema nel-
l'anno 1335 in potere di Azzone Visconti, perdette per sempre
la propria sovranità e col cessare della forma repubblicana
ebbe pur fine l'epoca pili luminosa della sua storia. Spenta
la libertà politica, tacquero le fazioni sotto le spire del serpe
visconteo, ma divamparono nuovamente, dopoché Gian Ga-
leazzo coll'oro e coi raggiri, ottenne, nel 1395, dall'impera-
tore Venceslao il titolo di duca, trasferibile ai suoi discen-
denti. Guelfi e Ghibellini affilarono di nuovo le spade per
straziarsi a vicenda, ed a capo del partito guelfo stettero in
Crema, come per lo passato, i Benzoni.
Morto nell'anno 1402 Gian Galeazzo, incominciò a sfa-
sciarsi la potenza viscontea, edifizio aggregato colle con-
quiste, le compre e le usurpazioni e non cementato dall'opi-
nione dei popoli, ed i partiti, infuriando con nuovo vigore,
spianarono agli ambiziosi la via di farsi tiranni della patria loro.
Crema si ribellò a Gabriello Visconti, figHo naturale di
MISCELLANEA NUMISMATICA 73
Gian Galeazzo, che a lui donavala per testamento unitamente
a Pisa, e venuti alle mani Guelfi e Ghibellini, dopo atroci
vicendevoli rappresaglie, rimasero i primi vincitori, e per tal
modo fu aperto il varco al dominio dei Benzoni, non alta-
mente che avvenne a Brescia, a Como, a Cremona, a Lodi,
a Bergamo ed in Parma, dove, da mezzo allo scompiglio
delle lotte intestine, sorsero tirannelli di essa Pandolfo Ma-
latesta, Franchino Rusca, Ugo Cavalcabò, Giovanni da Vi-
gnate, Francesco Scardi ed i Rossi.
Nell'anno 1403 il popolo di Crema abdicò la millantata
sovranità, conferendola ai fratelli Paolo e Bartolomeo Benzoni.
Tale signoria fu da molti scrittori qualificata usurpazione, e
con ragione, che non era il generale suffragio dei cittadini
cremaschi, ma la fazione guelfa capitanata dallo stesso Paolo,
che diede ad essi il dominio; onde il Racchetti non esitò di
asserire che i fratelli Benzoni prima si arrogarono il dominio
di Crema, poi si fecero proclamare signori da una adunanza
di cittadini, nella quale sindaci e consiglieri erano già istrutti
di quanto dovevano fare (2). E lo Sforza-Benvenuti aderisce
a tale opinione: " perchè la storia di tutti i popoli insegna
" essere vecchia astuzia dei potentati adombrare colle forme
" della legalità le loro soperchierie „ (3). Noi, contemporanei
di qualche grandioso fatto analogo, non ci opporremo a così
vera sentenza.
Poco durò la signoria dei due fratelli Benzoni, perchè,
colpiti dalla pestilenza che nell' anno 1405 desolò il suolo
cremasco, morirono entrambi nel castello d'Ombriano dove
eransi ritirati.
Neil' istromento d' investitura dell' anno 1403, era stato
stabilito che a Paolo e Bartolomeo dovessero succedere i
figliuoli nel dominio di Crema; disposizione che venne confer-
mata col testamento di Paolo a favore dell'unico suo Rizzardo,
e con quello di Bartolomeo a prò dei proprii, Daniele, Greppo
e Trippino, ancora fanciulli. Come avvenne or dunque che
nello stesso anno in cui morirono Paolo e Bartolomeo,
(2) Racchetti, Annotazioni al libro III della Storia d'Alemanio Fino.
Tomo I, pag. 175.
(3) Sforza-Benvenuti, Storia di Crema. Tomo I, pag. 205.
74
CARLO KUNZ
Crema sia caduta in podestà di Giorgio Benzene cugino di
quegli infanti? Vi hanno tutte le ragioni per credere che
Giorgio abbia strappato col raggiro ai suoi parenti la si-
gnoria. Avvi bensì un istromento d' elezione riportato dal
Fino, reddato a nome del Consiglio generale del Comune, ma
desso non è che una ripetizione del modo già adoperato
da Paolo e Bartolomeo, e per quanto Giorgio Benzone abbia
saputo coonestare il fatto del suo dominio, apparisce chia-
ramente essere stato questo il frutto di doppia usurpazione.
Giorgio Benzone fu astuto, dispotico, rapace e gene-
roso: toglieva colla destra per donare colla sinistra. Te-
mendo di essere trabalzato dalla risorgente potenza dei
Visconti, adoperò tutti i mezzi per guarantirsi la signoria,
vendendo ed affittando i beni confiscati dai Ghibellini, forti-
ficando castelli, innalzando torri gigantesche, facendo larga
provvigione di armi, cambiando i castellani delle rocche,
stringendo alleanza con altri tirannelli di Lombardia, implo-
rando tregue dal Duca di Milano; ma tuttociò non valse
che a differire la sua caduta.
Spento neir anno 1412 il feroce duca Giovanni Maria
sotto i colpi dei suoi avversarii, successe nel ducato il di
lui fratello Filippo Maria, che non dirazzava dagli avi in
perfidia e tenebrosa politica. Ben presto s' avvide Giorgio
che non avrebbe potuto resistergli lungamente, e stabih
perciò di amicarselo mediante una transazione, rimettendo a
lui parte di quella sovranità eh' erasi arrogata. Dopo nove
anni di podestà assoluta, egli rinunziò nelle mani di Filippo
Maria alla signoria di Crema, per esserne da lui investito
colle prerogative di feudatario.
Addì 31 luglio 1414 fu stipulato nel castello di Pavia
un accordo, il quale dimostrava quanto magra fosse la parte
lasciata dal duca al nuovo suo vassallo, nel tempo stesso
che indoravagh l'offa, investendolo del titolo di conte di
Crema e di Pandino, trasferibile a tutta la sua discendenza
mascolina. In quel mezzo, nell' anno 1407, la Repubblica di
Venezia, smaniosa di estendere le sue conquiste in terra-
ferma, riconoscendo importante di amicarsi il signore di
Crema, avevalo insignito del raro e splendido privilegio
della nobiltà veneziana.
MISCELLANEA NUMISMATICA 75
Il Benzene fu zelantissimo nell'adempiere i patti che al
duca lo legavano, sussidiandolo di denari e di milizie, e
guerreggiando egli stesso col proprio figlio Venturino nel-
l'esercito di lui; ma tanto fervore per mantenersi in quella
grazia, non bastò a salvarlo, e gli stessi suoi figli diedero
occasione al duca Filippo Maria di soppiantarlo nel dominio
del territorio di Crema. Le insolenze e lascivie loro matu-
rarono le vendette di alcune famiglie già partigiane dei
Benzoni, le quali accusandolo di fellonia presso il duca, tra-
marono in pari tempo di privarlo di vita.
Giorgio, ch'era d'indole sospettosa, non tardò ad accor-
gersi del sinistro progetto, e, preso da subito timore^ fuggì
da Crema nella notte del 24 gennaio 1423, e seguito dai
quattro figli, incamminossi alla volta di Mantova, indi a
Venezia, dove fu accolto onorevolmente ed accettata la sua
spada in servizio della Republica. Così perdette per sempre
la signoria di Crema, che tenne per nove anni con podestà
assoluta, e per dieci quale feudatario del duca di Milano.
Giorgio Benzone, sono parole dello Sforza-Benvenuti,
figura storicamente nella schiera dei tirannelH lombardi i
quali dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti ghermirono
un lembo del suo manto ducale; usurpatori tutti, per la più
parte scelleratissimi, ma meno tristo degli altri, non mac-
chiossi d'atroci delitti, e fu più sitibondo di denaro che di
sangue, perchè d' oro necessitava onde sostenere la vacil-
lante signoria.
Fra gli attributi sovrani da lui esercitati v' ha quello
della moneta, che fece improntare col proprio nome. Inutile
sarebbe il cercare le concessioni di tale attributo, il quale
non fu che naturale conseguenza della sua usurpazione.
Potrebbero ben esservi contratti di zecca ed ordini di bat-
titura, ma poiché a tanti dotti investigatori della storia non
riuscì fino ad ora di rinvenirli, rimane solo di attenersi alle
scarse e rarissime monete che si hanno di lui, le quali non
possono essere state battute che nel tempo in cui il Benzone
fu assoluto signore, cioè dall'anno 1405 al 1414.
Scrive il Terni nella Scelta degli uomini di pregio:
Trovansi fino al dì d'oggi alcuni denari d'oro e d'argento
di quelli che faceva battere il Benzone, i quali hanno d'un
76 CARLO KUNZ
" lato l'arma Benzona, col motto: In te Domine^ e dall'altro
" l'immagine d'esso Benzone, con lettere che dicono: Georgius
" Benzonus dominiis Cremae „ , e ciò vien ripetuto senza
alcun commento dagli autori che a lui successero. L' asser-
zione del Fino, per ciò che riguarda le monete d' oro del
Benzone, non è finora comprovata e può ritenersi piaggeria
di quello storico, che monete d' oro colle effigie di principi
del grado di lui, nel principio del secolo decimo quinto, sono
quasi irreperibili. Ne esistono però alcune d' argento e di
lega, e tre ho potuto vederne, ricercando diligentemente
nelle principali raccolte, una sola delle quali trovasi pubbli-
cata dall'Argelati, nel tomo terzo della sua Raccolta, ma con
figura tanto imperfeìta che riprodurla con più esatto disegno
diventa indispensabile.
La prima (Tavola II, n. i), è un bolognino di buon
argento fatto a similitudine di quelli che prima improntò
Bologna intorno al 1236, e che furono poscia imitati per
lungo tempo in molte altre zecche d' Italia. Da principio
valutati un soldo, o la ventesima parte della lira, sminuirono
successivamente di peso, salendo al valore di due soldi. E
per due soldi stimo essere stato emesso questo del Benzone,
il quale, per analogia con altri di quel tempo, dovrebbe
avere il peso di circa grammi 1,100. Leggesi sul primo lato
di esso, nel giro : f georgivs — benz, e nel mezzo con lettere
disposte in forma di croce, intorno ad un cerchietto : onvs, sul
secondo lato del giro : d . e . gre . m . , coli' ultima lettera a,
di forma maiuscola, nel mezzo fra quattro simili cerchietti.
Superiormente nel giro evvi uno scudetto triangolare, diviso
orizzontalmente, col quale al certo si volle raffigurare l'arme
del Comune ch'era divisa, di vermiglio e d' argento. Erano
questi i colori del marchese Guglielmo di Monferrato, il quale
donò il suo stemma ai Cremaschi, nell'anno 1185. Qui non
vedesi che lo scudo, il quale nell'arme era inoltre, come in
quella di Monferrato, sormontato da un elmo col cimiero di
un braccio armato di spada, fra due corna di cervo, arme
che distingue ancora quella città. Conservo un'impronta di
questa bella moneta, e mi viene detto che un esemplare di
essa trovasi nella raccolta del chiarissimo Sig. Cav. Camillo
Brambilla di Pavia.
MISCELLANEA NUMISMATICA 77
La seconda moneta del signore di Crema, ch'è di lega,
a circa la metà di fino, trovai pesare grammi i,ooo in esem-
plare di buona conservazione. Giudico essere un soldino o
la metà del bolognino. L' iscrizione del primo lato : f geor-
Givs — t BENZONVS, si Completa con quella del rovescio,
ove leggesi : dominvs f creme. 3 e. Nel mezzo del diritto
vedesi l'arme dei Benzoni, uno scudo rotondato vaiato, col
capo carico di un cane passante, nell'area del rovescio cam-
peggiano le iniziali g. b, (Tav. II, n. 2).
È questa l'arme più antica dei Benzoni, e trovasi varia-
mente raffigurata e descritta negli autori. Perchè se i più
fanno lo scudo di vajo col capo d' azzurro caricato di un
cane d'argento, alcuni dicono lo scudo padiglionato, altri pon-
gono nel capo un leone, e così variano pure nei colori : ma
è certa la prima lezione quanto all'arme che alzava Giorgio
Benzone nel tempo in cui improntava codesta moneta. L'in-
quartatura vermiglia col leone d'oro ensifero, ch'egli aggiunse
posteriormente, fu di concessione del duca Filippo Maria in
occasione che insignivalo del titolo di Conte e 1' arme così
inquartata, non sempre degli stessi smalti, fu mantenuta nei
varii rami della sua discendenza.
Di questa moneta esiste una moderna contraffazione,
non difficile a riconoscere al taglio tozzo ed ineguale delle
lettere, alla regolarità del contorno, all' argento troppo fino
ed al peso troppo alto. Un esemplare ch'io conservo di cotal
sciagurata manifattura pesa non meno di grammi 2,000, il
doppio del peso riscontrato nella moneta genuina ! Ma giova
notare esservi anche qualche esemplare di minor peso, ar-
tificialmente ossidato, onde occultare la troppo finezza del
metallo impiegato (4).
La terza ed ultima moneta del Benzone è quella recata
(4) L'industria dei falsificatori di monete, di queste arpie che inzoz-
zano il banchetto di una scienza cotanto attraente, fiorisce ancora
sempre, e particolarmente sì numerose sono le contraffazioni di mo-
nete venete e di quelle dei Patriarchi d'Aquileja, ben note a tutti gli
onesti raccoglitori di esse, come ne è nota la provenienza. Per lungo
tempo ebbero desse corso sotto il patrocinio di qualche sedicente cul-
tore scienziato della numismatica e molte di esse fecero brutta mostra di
78 CARLO KUNZ
dall'Ar^elati, che n'ebbe comunicazione da Francesco Schia-
vini. Essa è di lega, come la precedente, e dal suo peso,
che trovai di grammi 0,500, giudico essere la metà di quella,
ossia un mezzo soldo. Offre consimiH leggende, cioè, nel
dritto. GEORGivs . BENzoNvs, e nel rovescio : dominvs . creme .
3'c, con uno scudetto d'ambo i lati, al principio di esse, il
quale, non bene espresso nell' esemplare da me osservato,
stimo essere l'arme del Comune, come nel bolognino. Lo
spazio centrale, chiuso da un cerchio di perline, è occupato
nel primo lato da una croce patente, e nel secondo da una
grande g di forma gotica (Tav. II, n. 3). Nel disegno dell'Ar-
gelati la croce è inoltre accantonata da quattro punti che non
rilevai nell'esemplare in discorso, di scadente conservazione.
Sono queste tutte le monete del Signore di Crema ve-
nute a mia conoscenza. Col tempo forse ne sorgerà qualche
sé in cospicui medaglieri. Alcune sono imitazioni di monete esistenti, altre
prette invenzioni. Resi avvertiti i raccoglitori per molti disinganni su-
biti, stanno ora più sulle difese, ma non per questo cessò la frodo-
lenta industria, che anzi assottigliò l'ingegno e destreggiò la mano a
nuove e più raffinate creazioni, ed avendo veduto che i coni adulterini
facilmente venivano smascherati, si rivolse di preferenza all'alterazione
delle leggende, mediante la quale monete comuni assumono le appa-
renze di rarissime. Delle falsificazioni venete ed aquilejesi farò appo-
sito ragionamento in altra occasione, per ora basti questo cenno quale
un primo avvertimento a chi spetta. Che se la frode non si rintanerà,
ma vorrà persistere a suscitare l' indegnazione dei galantuomini, non
mi periterò di essere più esplicito. Intanto, onde questo primo ricordo
non resti privo di qualche pratica utilità pei troppo fidenti raccoglitori,
segnalerò le seguenti contraffazioni di monete d'altre zecche d'Italia,
prodotti quasi tutti della stessa ditta.
1. Quattrino di Pier Luigi Farnese; quale marchese di Novara,
simile a quello riportato dall'Anonimo (Pedrusi ?), autore delle lettere
sopra le zecche di Castro e di Novara, nella Raccolta del Zanetti,
Tomo V, tav. XVII, n. 7.
2. Soldo di Loterio Rusca, signore di Como; simile a quello pub-
blicato da Friendlànder : Nuniismata medii aevi inedita. Tav. I, n. i.
3. Piccolo di Treviso; del conte di Gorizia Enrico II.
4. Grosso aquilino di Parma; quale vedesi nel Trattato delle
monete Parmigiane dell'Affò, nel Tomo V dello Zanetti, tav. I, n. 13.
L'esemplare ch'ebbero sott'occhio l'Affò ed il Zanetti, sciupato in parte
MISCELLANEA NUMISMATICA 79
altra, ma il numero di esse resterà sempre estremamente
limitato, ed il possesso anche di una sola formerà ognora
bel ornamento di qualunque più insigne raccolta. Le ragioni
di cotale rarità sono facili a comprendere: fatte per uso
esclusivo del piccolo territorio cremasco, il quantitativo di
esse sarà stato assai limitato, e le ragioni politiche ed eco-
nomiche dei governi succeduti a quello del Benzone, le
avranno ben presto fatte sparire dalla circolazione.
Da documenti e statuti del principio del secolo decimo-
quinto apparisce che la moneta allora in uso era la lira
imperiale, il cui rapporto non è agevole determinare, perchè
aveva un corso nominale vario; ma essendo stata Crema
per molti anni soggetta ai duchi di Milano, è verosimile che
le monete del Benzone siano state lavorate alla legge di
quella città.
non permise ad essi di dargli quella piìi precisa attribuzione ch'ebbe
dall'illustre signor Comm. Lopez, il quale, colla massima probabilità,
affermalo battuto nell'anno 1341, allorché Parma festeggiò la sua libe-
razione dalla tirannia di Mastino della Scala, per opera dei Signori
Correggeschi. Ed infatti, lo scudetto che vedesi al rovescio dopo i tre
punti, nei rarissimi esemplari di tale moneta, apparisce caricato di una
fascia, eh' è appunto 1' arme dei signori da Correggio. Nella contraffa-
zione in discorso vedesi invece, al luogo di quella armetta, una bella
scala a pinoli, supina !
5. Grosso di Cortona, analogo a quello recato dal Muratori, imi-
tante i grossi di Siena della prima epoca, che forse non esiste nemmeno
autentico, se, come parmi, ad esso si riferisce quanto scrive lo Zanetti
nel Tomo IV, pag. 521. Il falsatore, prendendo norma dal disegno del
Muratori, aggiunse al suo conio una crocetta fra due stellette, al prin-
cipio delle leggende, da ciascun lato.
6. Denaro piccolo di Massa di Maremma, consimile a quello fatto
conoscere dall'ili, sig. Comm. Promis nella Rivista di Numismatica.
7. Zecchino di Piombino del principe Gian Battista Ludovisi.
8. Bolognino d'Orvieto, col nome di Papa Martino V, che sembra
inventato di pianta.
9. Quattrino di Astorgio Manfredi signore di Faenza, fatto dietro
il disegno datoci dal Zanetti. Tomo II, tav. VII, n. i, facilmente cono-
scibile da ciò, che, invece di favent d', ha favenie.
10. Bolognino di Tagliacozzo, d'infelice esecuzione e di peso ec-
cedente.
8o CARLO KUNZ
La Repubblica di Venezia, che andava dilatando il suo
dominio nella terraferma, addì i6 settembre dell' anno 1449
s'impossessò di Crema, dopo ripetuto assedio diretto dal
suo condottiero Sigismondo Malatesta. Da quel giorno, tranne
qualche breve intervallo, non cessò più il dominio di Venezia
sopra quella città, perchè durò quanto la Repubblica stessa,
cioè fino all'anno 1797.
Superata la bufera suscitatale contro della lega di Cam-
bra!, Venezia rientrò nel 1512 in possesso di Crema, rapita
per breve tempo dai suoi avversari, e ne affidò il comando
a Renzo Ceri, gentiluomo romano di casa Orsini, riputatis-
simo condottiero, già operoso nel riacquisto di quella città.
Combattuti nell' anno 1513 i possedimenti della Repub-
blica da nuovi nemici, Crema ebbe a patire per ben quattor-
dici mesi tutte le amarezze ed i sacrifizi che fanno lugubre
corteggio alla guerra, e crebbe al sommo la desolazione della
forte città, dopoché, stretta d'assedio dalle armi sforzesche,
comandate da Prospero Colonna e da Silvio Savello, vide
rizzarsi fra le sue mura gli orridi spettri della fame e della
pestilenza. Ma "una ardimentosa sortita delle genti di Renzo,
operata nella notte del 25 agosto 15 14, pose fine a tanti mali,
e liberò la desolata città.
Non molti giorni prima, avendo quel capitano esaurito
ogni altro mezzo di far denaro fece battere moneta di ne-
cessità con argenti requisiti. Ecco in qual modo il Fino, se-
guace del Terni, riferisce il fatto.
" Venuto il mese di agosto, vedendo Renzo che in Crema
" ci era gran bisogno di denaro, pose mano negli argenti
" del Monte di Pietà e di Santa Maria della Croce, e co-
" minciò a battere certe monete di valuta di quindici soldi
" r una, le quali erano dette Petacchie. Non avevano im-
" pronto alcuno, fuorché una imaginetta di San Marco da un
" lato. E perchè l'altre monete che córrevano per il più erano
" false, queste per la loro bontà, avevano grandissimo corso
" per tutta la Lombardia „.
MISCELLANEA NUMISMATICA 8l
Piacemi anche riportare il passo relativo della cronaca
manoscritta del Terni, che offre qualche interessante dettaglio.
" Absentati i cittadini, Renzo ed il Contareno (5) misero
" mano negli argenti del Monte di Pietà e di S. Maria della
" Croce, in quelli della gesa dico che per voto erano donati
" et batterono alcune monete da 15 soldi di Milano l'una, et
" non con cuneo ma col martello facevano le piastre d'ar-
" gento, hor quadre, hor tonde, hor di sei, hor di otto can-
" toni, come per sorte venivano sotto il martello, et da un
" lato solo sculpevano l' imagine di S. Marco di forma ro-
" tonda tanto piccola che non prendeva il quinto della piastra,
" rimanendo il resto come dall' incudine era lassato, et per
" rude et poco solemnigiata forma Petacchie erano doman-
" date, et per la loro boutade per tutta la Lombardia eb-
" bono gran corso e questo fu di avosto dell'anno 1514 ed
" in tanto maggior pregio erano perchè da ogni lato monete
" false si facevano „.
Malgrado tali particolarità, registrate da uno scrittore che
visse contemporaneo al fatto, dubitai lungamente della esi-
stenza di cotale pezzo ossidionale, imperocché sembravami
che Venezia, cotanto gelosa dei propri diritti e sì provvida
nelle sue leggi monetarie, male avrebbe tollerato che un
Condottiero ed un Rettore di città non molto discosta della
metropoli emettessero monete per propria volontà ; parevami
che se codesta moneta ebbe veramente grande corso per la
sua bontà, in copia non indifferente dovesse essere stata
fabbricata, e però non difficile dovesse riuscire di scoprirne
qualche esemplare. Ma né il Fino, che visse pochi anni dopo
il Terni, ne vide alcuna, né gli autori a noi più vicini n'eb-
bero conoscenza, e per quante ricerche io abbia fatto in buon
numero di raccolte numismatiche italiane ed estere, mi fu
dato poter scoprire tale patacca.
Altra considerazione che rafforzava il mio dubbio era
questa, che l'illustre Lazari, così diligente investigatore delle
monete della Repubblica Veneta, non ne aveva conoscenza
allorché stampò il trattato delle monete de' suoi possedimenti,
(5) Bartolomeo Contarini, che fu Rettore dal 20 gennaio 1513 al
6 novembre 1515.
82 CARLO KUNZ
perchè nel caso contrario non avrebbe al certo tralasciato di
dircene alcuna cosa nel capitolo dedicato a quelle della Terra-
ferma Veneta. Ma non quietalo ancora per tanti contrari ar-
gomenti pensai, l'illustre scienziato ne avesse forse poste-
riormente raccolta qualche notizia ed affidatala alle pagine,
nelle quali registrava diligentemente i frutti dei suoi studi
sulle monete d'Italia. Il nobilissimo signor Conte Nicolò Pa-
padopoli, attuale possessore degli studi del Lazari, appena
udito il mio desiderio, con quella rara magnanimità che lo
distingue si degnò concedermi l'ispezione del foglio dedicato
alla zecca di Crema, sul quale, con grata sorpresa vidi un
abozzo di disegno della patacca di Crema, una forma ottan-
golare del diametro di 31 millimetri, con un leone in soldo
segnato verso uno dei lati, e dappresso la nota del peso:
den. 7, gr. io del marco di Milano^ pari a denari S,ioj8.
Quel disegno, essendo fatto sopra carta trasparente ed ap-
plicato al foglio, dimostra ch'egli l'abbia tolto da altro disegno,
come argomento che anche il peso notatovi l'abbia desunto
da notizia d'altri, ne abbia mai veduta effettiva la moneta in
discorso. Tale indicazione, sebbene vaga, Hmita di molto i
miei dubbi. Ammessa pertanto l'esistenza della patacca di
Crema, essa non sarebbe molto dissimile dai testoni ossidio-
nali battuti in Pavia nell'anno 1524, e da quelli fabbricati in
circostanze analoghe in Cremona nell'anno 1526.
Il chiarissimo signore, cavaliere Carlo Morbio, che ar-
ricchì la Rivista della numismatica antica e moderna con un
frammento di opera sua sulle monete franco-italiche ossidionali,
ebbe cura di registrare una serie di monografie numismatiche
che va dettando, fra le quali sarebbevene una dedicata a mo-
nete ossidionali di Crema e di Sabbioneta. In quanto a Crema
giudico che possa appunto trattarsi della patacca dell'anno
1514, e s'è così, permettomi di eccitare istantemente quell'il-
lustre di tenere al più presto la promessa, a soddisfazione
dei cultori della patria numismatica.
MISCELLANEA NUMISMATICA 83
II.
GLI ZECCHINI DI STAMPO VENETO
DELLA ZECCA DI TRÉVOUX.
L'Italia è in debito di riconoscenza coli' illustre signor
Arnoldo Morel-Fatio, il quale, preso d'amore pei monumenti
delle sue zecche, ne va mano mano molti illustrando in dotte
ed interessanti memorie. Non meno fortunato nello scoprire
cose peregrine che solerte a renderle di pubblica ragione,
egli addita vie nuove allo studioso delle antiche monete, e
rivela agli italiani quale vasto campo di fruttuose ricerche,
per la massima parte ancora negletto, abbiano essi nella
propria numismatica. Desideriamo che il suo esempio sia
nuovo eccitamento ai valenti cultori di questa scienza, e che
lo studio delle zecche e delle monete d' Italia, alquanto
negletto in confronto di quello eh' era nello scorso secolo,
possa riprendere nuovo slancio sotto piìi fehci costellazioni,
e la illustrazione di tutte le zecche itahane non resti troppo
più a lungo un pio desiderio. Molto è vero resta ancora a
fare, perchè di molte zecche non s' hanno che parziali ed
incomplete illustrazioni, di molte altre è noto ai più appena
il nome; ma la buona volontà ed il concorde operare non
possono mancare di produrre anche in ciò i migliori effetti.
Se i valenti cultori di questo importante ramo di scibile
trovassero modo di far concorrere ad un medesimo fine le
loro fatiche, uscendo dallo sterile isolamento, comunican-
dosi reciprocamente i risultati delle proprie osservazioni,
instituendo una associazione regolata, attiva e concorde pel
completamento di un corpo di scienza delle monete d'Italia
del Medio Evo e moderne, il bel paese non tarderebbe
di additare un nuovo monumento meritevole di tutta 1' am-
mirazione.
Ben debole è la nostra voce, ma talvolta un sassolino
dà impulso alla valanga: quello che non è possibile a noi,
84 CARLO KUNZ
sarebbe facilissimo a chi, già famoso per molti studiatissimi
dettati, avrebbe per sé la venerata autorità del nome, e
l'esempio di una eccezionale attività. La troppa nostra infe-
riorità ci vieta di declinarne il nome, che da chiunque sarà
facilmente indovinato.
Chiedendo venia per la divagazione, ritorniamo al chia-
rissimo signor Morel-Fatio, il quale, fornito della piiì squisita
gentilezza e dell* amore più disinteressato per la scienza,
vogliamo credere ci perdonerà se osiamo esporre qui una
nostra idea sovra un punto non ancora bene chiarito di
numismatica, che interessa non meno l'Italia che la Francia.
Fra i dotti lavori, ond' egli va da qualche tempo arric-
chendo la rivista francese della Numismatica, havvi una
dissertazione sopra un zecchino di stampo veneziano, fatto
battere da qualche principe di Dombes nella zecca di Trévoux,
il quale, nel posto dove sui veneti zecchini suole leggersi
il nome del doge, offre l'iscrizione franc — princ. (6). Con-
trariamente all'opinione dell'ili, signor Giulio Friedlànder,
che volle tale zecchino battuto dal principe Francesco II di
Borbone (1582- 1592,) ed a quella del chiariss. sign. P. Man-
tellier , seguito dal sig. Poey-d' Avant , che riferivalo al
tempo di Anna-Maria Luigia d'Orléans (1650-1693), il signor
Morel-Fatio da molte e diligenti osservazioni guidato, con-
chiuse^ che autore debba esserne stato il principe Gastone,
padre ed immediato predecessore di madamigella d'Orléans
(1627-1650). Non ripeteremo le ingegnose deduzioni colle
quali l'autore tentò dimostrare che tale zecchino sia imitato
nelle forme e nelle leggende da quello del doge Francesco
Erizzo, scelto, a suo vedere, di preferenza onde maggiormente
ingannare l'occhio, mediante la somiglianza del nome inscritto
sull'originale, col titolo Franciae Princeps posto sulla copia.
Osserveremo soltanto, così di passaggio, che se fossevi stata
veramente intenzione di ottenere mediante tale contraffazione
una completa illusione di somiglianza [trompe l'ceil) collo
zecchino veneto, non avrebbesi inscritto il nome del santo :
s. M. TREvoL, a rovescio, da sotto in su, ciò che costituisce
(6) Revue Numismatique. Nouvelle sèrie. Tome dixième, 1866, pa-
gina 199-204.
MISCELLANEA NUMISMATICA 85
una differenza ben notabile ed appariscente collo zecchino
di Venezia.
Ben disse il chiarissimo numismatico, che dall'attento
esame delle successive modificazioni dello stile e degli ac-
cessori dello zecchino veneto possono desumersi utili corollari
per l'attribuzione d'altre consimili monete, e la prova l'ab-
biamo chiara e precisa nel caso presente. Il problema è
facile a sciogliere come quello dell'uovo di Colombo, ed
eccone il modo.
Nel tempo del doge Domenico Contarini il disegno dello
zecchino subì una modificazione, ben nota a tutti quelli
ch'hanno scrutinato intorno alle monete venete. L'asta che
reggono il santo ed il doge, che fino allora, e nel primo
tempo del dogado di Domenico Contarini, era ornata di una
semplice banderuola, ottenne, oltre questa, una croce. Cotale
accoppiamento di croce e banderuola, che non osservasi che
in zecchini "di questo doge, chiede ben presto luogo ad una
nuova modificazione, perchè durante la stessa ducea del
Contarini fu tolta all'asta la banderuola, e la croce restò da
indi in poi costantemente sola, per tutti i tempi successivi,
fino alle ultime cusioni di questa celebre moneta.
Hannovi adunque tre varietà dello zecchino di Domenico
Contarini: la prima ha l'asta sormontata dalla sola banderuola,
la seconda la banderuola unita alla croce, e la terza la sola
croce. La seconda di questa varietà, quella cioè della croce
sovrapposta alla banderuola, non incontrasi di altri dogi.
Ora notisi, che lo zecchino di Trévoux, che diede argo-
mento a tante discussioni offre appunto l'asta ornata di croce
e di banderuola, dunque desso non può essere che la copia
del consimile zecchino del doge Domenico Contarini, e poiché
l'epoca del costui dogado (1659-1675), non corrisponde, pel
Principato di Dombes, che a quella di madamigella Anna
Maria d'Orléans (1650-1693), che ultima tenne il dominio di
quello stato, lo zecchino in questione deve necessariamente
ritenersi battuto da essa, a meno che non si volesse invertire
la dimostrazione, affermando che Venezia, nell'aggiungere la
croce all'asta del vessillo sui suoi zecchini, abbia preso norma
da una contraffazione fatta in suo danno, ciò che, speriamo,
nessuno vorrà tenere possibile.
86 CARLO KUNZ
A maggiore conferma di tale deduzione riportiamo sotto
il n. 4 della Tav. II il disegno di uno zecchino di Domenico
Contarini, e sotto il n. 6, quello dello zecchino di Trévoux,
ritratti entrambi dagli originali, con quanta esattezza ci fu
possibile. Sotto il n. 5, poi offriamo il disegno d'altro zecchino
di Trévoux, il quale stimiamo fosse fino ad ora ignorato. In
luogo della iscrizione: franc . princ . reca: s . m . trevol,
per cui il nome del Santo protettore di quella città vi figura
due volte, e mostra, come l'altro, l'asta sormontata dalla croce
posta in capo della banderuola, sebbene, per essere alquanto
sciupato, poco distinta apparisca la prima, onde deve ritenersi
battuto, al pari di quello, al tempo di Madamigella d'Orléans.
In appoggio della opinione che quel più noto zecchino
di Trévoux spetti al principe Gastone, il prelodato signor
Morel-Fatio porge notizia di un pezzo in rame, impresso da
un solo lato, con disegno consimile ai predetti zecchini ed
iscrizioni analoghe, infuori della riga destinata al nome, che
in esso suona : dvx . g . dom ; ma poiché nel disegno prodotto
avvi una apparenza di croce, oltre la banderuola, in capo
all'asta, esso pure deve spettare al tempo di Madamigella
d'Orléans, e sarà, probabilmente, come con diversa applica-
zione opinò il chiarissimo autore, la prova di un primo conio
non gradito della progettata, poscia effettuata contraffazione.
Conchiuderemo ora noi pure, dicendo, che tanto quel
saggio in rame, che gli zecchini effettivi di Trévoux, fino ad
ora emersi, spettano indubitatamente a Madamigella d'Orléans
e non ad altri, e ch'ebbe pienamente ragione l'Anonimo (Gian
Agostino Gradenigo), il quale, pubblicando prima quello più
noto (7), ad essa riferivalo.
(7) Memorie per servire alPistoria letteraria, (ùéi Valvasense). T. IX.
(1757)1 pag- 402.
MISCELLANEA NUMISMATICA 87
III.
DI UN PICCOLO RIPOSTIGLIO DI MONETE.
Rimasto abbandonato un pegno al Monte di Pietà di
Treviso, era venduto all'asta come di uso. Ebbi conoscenza
dell'acquisto tardi, ma ancora in tempo per trarne qualche
utile deduzione.
Dal modo ond' era composta quella partitella di monete,
m'accorsi subito ch'essa doveva provenire da un ripostiglio,
e giudicai che lo stesso scopritore, forse per tema di essere
chiamato a darne ragione, l'avesse depositata al Monte.
L'aspetto generale di quelle monete, era tale da far credere
che il nascondiglio dì esse possa essere stato il muro di
qualche vecchio edifizio. Non sono trascorsi molti anni
dacché, lavorandosi in quella città intorno a certe opere del
Sile, si rinvenne nel suo letto grande numero di soldini
veneti della seconda metà del secolo decimo quarto, ch'erano
tutti fortemente anneriti dalla ossidazione. Le attuaU monete
invece erano lampanti ed in parte ricoperte di un fino pol-
viscolo biancastro, e la generale ottima conservazione di esse
dimostrava che poco tempo avessero circolato.
Quanto al numero delle monete di quel tesoretto, non
posso indicarlo che per approssimazione , per le specie
ch'erano più numerose, laddove, per quelle che si rinven-
nero uniche od in pochi esemplari, posso dichiarare esatta
la nota che segue.
Ecco di quale monete era composto il tesoretto:
MONETE VENETE.
esetnplari
Grosso di Jacopo Tiepolo . i
Grosso di Andrea Contarini 2
Grosso di Antonio Venier, circa 40
Soldino dello stesso, circa 30
Grosso di Michele Steno, circa . . . . . .110
88
CARLO KUNZ
Soldino dello stesso, circa ....
Soldino dello stesso col Cristo risorgente, circa
Tornese (?) di Dalmazia
esemplari
• 25
. 60
MONETE DI PADOVA.
Carrarino di Francesco I con S. Prosdocimo
Carrarino dello stesso con S. Daniele .
Carrarino di Francesco II, circa
4
3
14
MONETE DI AQUILEJA.
Denaro del patriarca Marquardo
„ di Filippo d'Alen9on .
„ di Giovanni di Moravia
„ di Antonio Gaetani, circa
„ di Antonio Panciera, circa
Monetina esotica
2
I
3
15
60
I
Numero totale approssimativo 375
Pel tempo in cui furono improntate cotali
quella di Dalmazia e la esotica, delle quali
valga il seguente prospetto :
Jacopo Tiepolo
Andrea Contarini .
Antonio Venier
Michele Steno.
Francesco I da Carrara
Francesco II da Carrara
Marquardo
Filippo d'Alen9on .
Giovanni di Moravia
Antonio Gaetani .
Antonio Panciera .
monete,
dirò pili
1229-
1368
1382-
1400-
1355-
1388-
1365-
1381-
1388-
1395-
1402-
esclusa
avanti,
1249
1382
1400
1413
1388
1405
1381
1388
1394
1402
1418
L'epoca più vicina risulta adunque essere quella del
Patriarca Antonio Panciera, ma poiché il tesoretto non pa-
lesò alcuna moneta di Tommaso Mocenigo, che tenne la
somma podestà della Repubblica, dall' anno 1414 al 1423, e
fu quindi per molti anni contemporaneo al Panciera, devesi
argomentare che i molti denari di costui che facevano parte
di esso tesoretto siano stati battuti nei primi anni del suo
patriarcato, e che il nascondiglio del piccolo peculio abbia
MISCELLANEA NUMISMATICA 89
avuto luogo sotto il dogado di Michele Steno che a com-
porlo contribuì colle sue monete più di alcuno degli altri
principi nominati.
La monetina non peranco qualificata, della quale piacemi
riportare il disegno al n. 9 della stessa tavola, sorpassa gli
angusti limiti delle mie cognizioni, ma se volessi credere
alla autorità, non sempre sicura, del Welzl (8), spetterebbe a
Mirxe II, principe di Valacchia, che tenne il potere negli
anni 1419-1420. Se così fosse quel denaretto sarebbe in or-
dine di tempo posteriore a tutte le altre monete del tesoretto,
e dimostrerebbe che non al tempo dello Steno, ma a quello
bensì di Tommaso Mocenigo dovrebbe riferirsi ii suo occul-
tamento. Ma poiché ciò sembra inverosimile, per la già
esposta ragione della totale assenza di monete di quest' ul-
timo, e pel fatto della più lontana derivazione del danaretto in
questione, credo poter conchiudere, piuttosto che a Mirxe II,
spetiare egli debba a Giovanni Mirxe di lui padre, che resse
lo scettro dei Voivodi agli anni 1393-1419, e ciò che vedesi
delle sue iscrizioni rafforza tale ipotesi.
Ostende quel denaro sul lato principale la figura del
principe, che tiene colla destra un' asta e colla sinistra il
globo crucigero. Sul rovescio vedesi l'arme di lui, cioè uno
scudo inclinato, partito, colla prima partizione fasciata., e la
seconda caricata di una lettera simile ad una T di forma
gotica. Lo scudo è sormontato da un elmetto col cimiero di
un'aquila, e l'iscrizione suona d'ambo i lati ugualmente,
cioè: t l'^tii.dpdYL. Il suo peso è di grammi 0,240.
È probabile che tale moneta abbia circolato quale un
soldino, unitamente ai nominati soldini ducali, che in quel
tempo molta era la confusione e soltanto bandi e leggi severe
potevano infrenare il corso abusivo delle monete d'altri paesi.
Giovi notare che, fra circa quaranta grossi del doge
Antonio Venier, non uno eravi di quelli del primo stampo
da lui usato, col rovescio privo del motto : gloria . t . soli,
e ciò proverebbe che pochissimi ne siano stati battuti, e
spiegherebbe l'attuale loro estrema rarità. All'incontro il
(8) Calalogue de la grande collection Velzl, T. II. Deuxième Partie,
n. 12002- 12004.
gO . CARLO KUNZ
soldino di Michele Steno, col tipo di G. Cristo uscente dal
sepolcro, che fino ad ora avevasi in conto di raro, mercè
questo ritrovo, che ne offerì circa sessanta esemplari, divenne
comune.
Altra particolarità degna di rimarco è questa, che tutti
i carrarini di Padova avevano una piegatura in traverso,
fatta a mano, e ciò potrebbe avere rapporto colla notizia
riferita da Rambaldo degli Azzoni, nel suo Trattato 'della
zecca di Treviso (9), che neh' anno 1355 i carrarini fossero
in Treviso esclusi dal commercio, con bando del governo
di Venezia del 15 dicembre, e che nel 1379, tanto i vecchi
quanto i nuovi carrarini, venissero banditi da Venezia e da
tutte le altre città e terre a lei soggette. Questa guerra alle
monete dei signori di Padova fu un preludio dell' altra più
seria che la Repubblica mosse agli stessi Carraresi, che nel-
l'anno 1405 finì colla totale loro rovina.
Di questi carrarini, il solo che presentasse qualche dif-
ferenza da quelli riportati dal Verci, era uno di Francesco II,
colla sigla t del zecchiere Giovanni degli Arienti, posta alla
sinistra anziché alla destra del Santo.
Tralascio altre riflessioni che potrebbe inspirare la riu-
nione di quelle monete, l'occultamento delle quali sarà stato
motivato da mera avarizia, per dire qualche cosa della mo-
neta di Dalmazia, la quale fra tutte era indubitamente la più
interessante.
Quattro erano gli esemplari di essa, due integri e due
mancanti, ma tutti di conio sì fresco da far credere che poco
o nulla avessero circolato (Tav. II, n. 7 e 8).
Il compianto illustre autore del trattato delle Monete dei
Possedimenti Veneziani, in base di un decreto dell'anno 1410,
contenuto nel Capitolare delle brache, conchiuse (io) che in
quell'anno si battesse nella zecca di Venezia per uso della
Dalmazia questa moneta alla quale egli stimò poter assegnare
il nome ed il valore di un tornese, la quale specie di moneta
viene da lui più avanti (") determinata pari a quattro ba-
(9) Zanetti, Nuova Raccolta delle monete d' Italia, Tomo IV, p. 157.
(io) Lazari, Monete dei Possedimenti Veneziani, pag. 11.
(11) Idem, pag, 68.
MISCELLANEA NUMISMATICA 9I
gattini, ovvero alla terza parte del soldo. La comparsa di
quattro esemplari della moneta Dalmatiae nel nostro teso-
retto, nel quale primeggiavano per numero le monete del
doge Michele Steno (1410-1413), viene ottimamente in ap-
poggio dell'argomentazione del Lazari, che tale moneta sia
stata battuta nel tempo di quel doge. Non così posso con-
venire con lui sul valore per cui tale moneta sia stata emessa.
Ma se la sua deduzione riuscì, a mio vedere, su questo punto
meno esatta, devesi di ciò accagionare unicamente la meno
che mediocre conservazione dell' unico esemplare eh' egli
potè esaminare di questo cimelio della veneta numismatica.
Tutti quattro gli esemplari in discorso, anziché mostrare
la lega bassa dei tornesi battuti per il Levante, apparivano
fatti di un argento di poco inferiore a quello dei soldini di
Michele Steno, ed il peso riscontrato in essi era di grammi
0,650; 0,720; 0,780; 0,840; e però circa il doppio di quello
dei predetti soldini, che in molti ottimi esemplari trovai co-
stantemente di grammi 0,410. Da ciò credo poter dedurre
che tale moneta sia stata emessa per il valore di un mezza-
nino di grosso, ovvero per due soldi, ed il vedere come più
tardi la monetazione da due soldi o gazzetta fu spesse volte
realizzata nelle monete destinate ad aver corso nella Dal-
mazia, mi conferma maggiormente in questo pensamento.
In altro errore, meno facile a giustificare, incorse il
Lazari a proposito dello scudo raffigurato sulla moneta
Dalmatiae , il quale presentogli ardua ed insormontabile
difficoltà. Parendogli scorgere in esso l'arme dei Contarini,
e non sapendo a quale personaggio di questa famiglia potesse
attribuirsi, immaginò, ma senza averne molta persuasione
egli stesso, che tale moneta fossesi da prima battuta sotto
la ducea di Andrea Contarini (1368- 1382), e che rinnovan-
dosene la battitura nel 1410, si conservasse il vecchio tipo.
Come mai a quell'occhio cotanto sicuro potè apparire quello
scudo spartito in rombi verticalmente disposti, se già in quel
poco felice disegno del suo libro eseguito da un logoro
esemplare, scorgesi distintamente lo scudo caricato di una
banda scaccheggiata a tre ordini? Di più, come potè egli
affermare che l' arme dei Contarini fosse rombeggiata, se
nessuna fra le tante armi che portavano i vari rami di quel
92 CARLO KUNZ
casato, quali vedonsi nelle opere del Coronelli, del Frescot
e d'altri, è di tale foggia?
Ma anche tali abbagli diventano perdonabili per chi sa
quanto tempo e fatiche esigano i lavori positivi della scienza,
e per chi conosce la genesi di quel libro, fatto per una spe-
ciale circostanza, nel brevissimo tempo di poche settimane,
esclusa ogni possibilità di revisioni e di correzioni.
h' arme raffigurata sul mezzanino di Dalmazia, non è
adunque quella dei Contarini, ma piuttosto di una delle due
famiglie Surian, cioè d'oro, con una banda a tre ordini di
scacchi, d' argento e di negro. Ciò erasi di già avvertito
nell'opera che porta il titolo: Storta dei dogi di Venezia, e
viene in conferma dell'assioma, non esservi libro tanto cattivo
che non contenga alcuna buona cosa.
Restami ancora a rilevare la singolarità di uno dei quattro
esemplari rinvenuti di tale moneta, il quale offeriva lo sbaglio
dell'arme disegnata a rovescio, per cui la banda scaccheg-
giata in essa fu convertita in sbarra. Le figure 7 ed 8 della
tavola mostrano entrambe le varietà.
Sciolta una parte della non insormontabile difficoltà,
rimane l'altra, eh' è quella di sapere quale fosse il Surian
ch'ebbe autorità di tramandare la sua insegna sulla nostra
moneta, siccome investito di offici dal governo della Repub-
blica in cose della Dalmazia. Chiarire questo punto non
dovrebbe essere più arduo per quelU che hanno la pratica
di così fatti studi e possono con agevolezza consultare le
memorie che serbano gli archivi di Venezia.
MISCELLANEA NUMISMATICA 93
IV.
SESINO Di MESSERANO
contraffatto allo stampo veneziano.
Ovvia e notissima moneta veneziana è lo sesino, il quale,
come dinota il nome, ebbe valore pari a 6 bagattini o a due
quattrini. Introdotto per la prima volta nell'anno 1545, sotto
il dogado di Francesco Dona continuò a battersi dai susse-
guenti dogi, escluso Marcantonio Trevisan, fino all'anno 1603,
in cui sotto il doge Marino Grimani, ne cessò la fabbricazione
e si bandì dagli Stati della Repubblica, per le innumerevoli
contraffazioni ch'eransi introdotte dall'estero.
Codeste contraffazioni, che in passato collocavansi quali
varietà fra le monete venete, divennero al nostro tempo
oggetto di studio speciale, ed a ragione, poiché per esse
viene a spargersi molta luce in altri rami della numismatica.
Che se da una parte, colla piij giusta loro attribuzione, la
serie veneta perde cose che credeva proprie, se ne avvan-
taggiano altre minori ma interessanti zecche.
Il carattere pila saliente di cotali adulterazioni è la qualità
del metallo, poiché invece di essere formate di lega, come
i veri sesini veneziani, sono esse di schietto rame.
Le contraffazioni del sesino veneto, fino ad ora cono-
sciute, possono dividersi nelle seguenti categorie:
1. Imitazioni uscite da un gruppo di zecche minori
del Piemonte, fra le quali v' hanno numerose varietà di
Frinco, ed alcune poche di Passerano e di Messerano. Non
è inverosimile che col tempo se ne scoprano altre di qualche
zecca poco discosta da quelle.
2. Numerose varietà di coni, i quali, se nelle leggende
e nei simboli nulla offrono che li distingua a primo aspetto
dai ducali, si palesano per adulterazioni allo schietto rame
onde sono formati ed al peso quasi sempre di molto inferiore
al normale, che nei genuini di buona conservazione oltrepassa
i grammi 1,500. Sono il più spesso di una eleganza di lavoro
che palesa la mano di artefici italiani, né dispero che col
94
CARLO KUNZ
tempo, coir aiuto di quei confronti dei quali tanto si giova
lo studio dalle antiche monete, possa trovarsi la nicchia per
molti di essi in taluna delie minori zecche d'Italia. Che se
alla correzione delle leggende, ed al peso più vicino al legale,
accoppiano una rimarchevole rozzezza di lavoro, allora sono da
ritenersi quali prodotti di volgari falsari, operanti alla macchia.
3. Abbondevoli sono pure certe contraffazioni di fab-
brica barbara e con leggende scorrette, dalle quali a stento
si ricava il nome del doge, eh' è il più sovente quello di
Lorenzo Friuli. La provenienza levantina di esse, e 1' uso
frequente della delta ^ in luogo delle lettere latine a e v,
offrono argomento di crederle fabbricate da maldestri falsi-
ficatori sopra qualche scoglio dell'Arcipelago greco.
4. Pongo ultime due contraffazioni, le quali si distin-
guono essenzialmente da tutte le altre per le loro iscrizioni.
La prima offre dal lato della croce il nome: Domenico. tiberti,
e intorno al leone del rovescio quello di Francesco . tiberti;
r altra ripete quest' ultimo nome su ambo i lati. Chi erano
codesti due consanguinei, e dove furono lavorate queste
imitazioni? Ogni mio scrutinare in proposito riuscì fino ad
ora indarno, ed è perciò che raccomando caldamente questi
misteriosi incogniti alle menti acute ed agli amatori delle cose
ardue e bizzarre. Aggiungerò, che forse potrà giovare, il
lavoro rozzo e stentato di questi mendaci sesini offerire
qualche analogia con quelli accennati nella precedente cate-
goria, ed il peso essere superiore al normale nel primo
esemplare, di poco inferiore nel secondo (12).
Fra le varie vicende delle contraffazioni dello sesino
veneto merita essere ricordata la seguente. Girolamo Molin
che fu Rettore di Cattaro per la Repubblica Veneta dall'anno
1610 al 1612, e poi nuovamente fra il 1634 ed il 1636, si
servì di cotali falsi sesini per improntare i follari segnati
colla sua arme e colle sue iniziali. Ciò apparisce chiaramente
(12) Codesti sesini coi nomi dei Tiberti sono menzionati anche
dall'esimio sig. Comm. D. Promis nell' ultima lodatissima sua pubblica-
zione col titolo : Monete inedite del Piemonte. Torino, 1866, collo stesso
fine di eccitare i raccoglitori a studiarli. Onde giovare quanto è da me
a tale intento, coglierò la prima occasione che mi si presenti per divul-
gare le loro immagini.
MISCELLANEA NUMISMATICA 95
per molti esemplari di tale moneta, nei quali il conio nuovo
di Cattaro non bastò a cancellare le traccia precedenti del
sesino: e che qui si tratti di sesini falsi e non dei genuini è
prova lo schietto rame onde sono formati cotali pezzi. Non
potendosi ammettere che il Rettore di Cattaro abbia operato
in tale guisa senza il consenso del governo dal quale era
investito, è giocoforza supporre che la Repubblica, effettuando
il bando dei sesini nell'anno 1603, ordinasse una separazione
dei buoni dai cattivi, e cedesse questi al Molin acciò se ne
servisse per improntare le monete onde abbisoghava la pro-
vincia da lui governata. Ebbe luogo adunque una vera riabili-
tazione per questi poveri condannati, i quali, sotto la guaren-
tigia di due sacre immagini poterono nuovamente arrischiarsi
nel consorzio degli onesti. In questa vicenda, che dirò dramma-
tica, dei falsi sesini, avvi un insegnamento morale, imperocché
non sono essi dissimili da certi messeri i quali, per quanto
facciano, non arrivano a cancellare la loro colpevole origine
sotto gli orpelli coi quali tentano confondere l'altrui giudizio.
Fra le numerose contraffazioni di tal genere, avvene una
nella quale le solite rappresentazioni della croce pomata o
pisana e del leone in soldo, sono accompagnate dalla leg-
genda: NON NOBIS DOMINE SED — NOMINI TVO DA GLORIAM,
divisa sui due lati. Usai da lungo tempo di collocare codesta
imitazione fra le monete di Messerano, perchè il motto: Non
nobis domine^ non nobis^ sed nomini tuo da gloriam, era
particolare ai Ferrerò di Biella che redarono il principato di
Messerano dai Fieschi di Genova, accompagna la loro arme
e leggesi in molte monete di essi. Restai perplesso vedendo
che due illustri autori, in recenti pubblicazioni, abbiano asse-
gnato questo sesino alla zecca di Frinco (13). Cresce peso
a questa opinione la circostanza che nella varietà recata dal
sign. Morel-Fatio, il libro, ovvero scudo, che stringe fra le
branche il leone, vedesi caricato di tre mazze poste in palo.
Ben lontano da me il pensiero di voler porre in dubbio
l'esattezza di quel dettaglio, il quale, essendo tale, dà piena
(13) Promis, Monete dei Radicati e dei Mazzetti. — Morel-Fatio,
■Monnaies inédites de Frinco. — Revue Numismatique^ N. S. T. X. (1865),
pag. 269-284.
^6 CARLO KUNZ
ragione per l'attribuzione di quel sesino alla zecca dei Maz-
zetti, mi faccio lecito di produrre qui altro consimile, il quale
mostra lo scudetto attraversato obbliquamente da tre semplici
linee (Numero io della tavola). Ora, se si riflette che l'arme
de' Fieschi, la quale entrò a comporre quella dei Ferrerò
signori di Messerano, quasi simbolo di questa città o dell'in-
tiero Marchesato, era uno scudo d' argento caricato di tre
bande d'azzurro, il presente nostro sesino viene a qualificarsi
da se stesso e colla massima evidenza per un prodotto della
zecca di Messerano. Vero è bensì che l'aspetto dell'accennato
scudetto non corrisponde perfettamente all'arme dei Fieschi,
perchè invece di tre bande mostra tre sbarre,, ma sono d'avviso
che ciò debba riporsi unicamente a carico dell'incisore del
conio, e che qui si ripeta uno sbaglio consimile a quello già
osservato in un esemplare del mezzanino di Dalmazia.
Da questo fatto stimo ora poter avere conferma l'attri-
buzione a Messerano di tutti i sesini col motto: Non nobis
domine sed nomini tuo da gloriam, con riserva per la varietà
palesata dal chiarissimo signor Morel-Fatio, la quale reste-
rebbe alla serie numerosa dei sesini di Frinco.
Che in Messerano si contraffacessero monete veneziane
è provato da ordine trasmesso al residente veneto in Milano,
in seguito a decreto del Senato di data 3 marzo 167 1, affinchè
movesse lagni che li zecchieri di Casale passavano a Messe-
rano e nelle zecche delle Langhe (Tassarolo, Ronco e Mor-
zasco) per battervi zecchini ed altre monete adulterate. Ciò
risulta dalle Deliberazioni del Senato {secrete), di quell'anno,
conservate nel R. Archivio ai Frari, e sono debitore di tale
notizia al chiarissimo signor cav. Nicolò Barozzi, mentissimo
direttore della Civica Raccolta Correr. Qui si tratterebbe
bensì di epoca posteriore a quella dei sesini, ma è molto
probabile che quello non sia stato il primo caso di adultera-
zioni di monete venete eseguite nella zecca di Messerano.
Quanto all'epoca in cui furono battuti i sesini di Messerano,
credo non discostarmi troppo dal vero, fissandola al tempo
del principe Francesco Filiberto Ferrerò, il quale fu contempo-
raneo dei dogi Pasquale Cicogna e Marino Grimano, che ultimi
improntarono legalmente col proprio nome cotale moneta.
MISCELLANEA NUMISMATICA 97
V.
DI QUALCHE MONETA OSSIDIONALE.
Il brano già menzionato di opera inedita sulle monete
Franco-Italiche ossidionali, che il chiarissimo signor cav. C.
Morbio inseriva nella Rivista della Numismatica, contiene
preziose notizie sull'argomento e porge nuova testimonianza
della molta erudizione storica dell'autore non meno che del
tesoro di monete d' Italia adunato nei suoi medaglieri. Ma,
come avviene quasi sempre in lavori di tal fatta, non tutte
registrò egli, nelle serie esposte, le monete ossidionali del-
l'alta Italia e della Dalmazia, e però nutro fiducia che la sua
ben nota cortesia non sarà per mancarmi se oso accennare
qui alcuna sua omissione.
Fra le monete di Mantova, oltre lo scudo, o piuttosto
ducato, che tale lo comprova il suo peso, che offre l'imma-
gine del Santo Andrea, evvi anche il mezzo, simile in tutto
a quello, fuorché nella proporzione di peso e di modulo.
Un esemplare di esso conservasi nella raccolta municipale
di Mantova, formata per cura di quell'egregio signor conte
Francesco Beffa-Negrini. Prototipo di tale ducato di basso
argento deve essere stato il consimile di argento fino che
neir esergo del primo lato offre il solo nome della città :
MANTv^. E di questo pure esiste la metà, e l'unico esemplare
a me noto di così bella e rara moneta serbasi nella cospicua
raccolta numismatica che l'egregio signor cav. Nicolò Bottacin
munificentemente donava testé alla città di Padova.
Lo stesso posso anche affermare per lo scudo dal mira-
sole, del quale evvi parimente la metà, che là, dove l'intiero
porta iscritto il numero i6o, offre invece il numero 80, l'uno
e l'altro esprimenti la quantità dei soldi ond'erano composti
tali pezzi. Di questo mezzo scudo, che fu già segnalato dal
catalogo Reichel, esiste pure un esemplare nella menzionata
raccolta padovana, contraddistinto dal millesimo 1629. E
poiché tali pezzi sono plasmati di buon argento, e dello
13
98 CARLO KUNZ
scudo intiero esistono almeno tre varietà, cogli anni 1628,
1629 e 1630, dubito che possano ascriversi alle categorie
delle monete battute per necessità.
A completamento di quanto il benemerito autore espose
sulla moneta del blocco di Venezia dell' anno 1813, siami
lecito aggiungere quanto segue:
Nel Giornale di quanto è accaduto in Venezia durante
l'assedio 1813-1814, alla data del 20 gennaio 1814 leggesi:
" La Commissione tem{)oraria di finanza, attesa la scarsezza
" di numerario, ha creduto bene di determinare che venisse
" coniata e posta in corso una moneta di blocco, per l'am-
" montare di un solo milione,
" Questa misura reclamata dalie circostanze e dalla
" prudenza, fu approvata anche dal signor Comandante
" Superiore e ne furono ordinati alla zecca i punzoni. Cinque
" devono essere le monete ; da una parte avranno l' indica-
" zione del loro valore e dall' altra l' iscrizione : Blocco di
" Venezia: da L. 1,60; da Cent. 80; 40; 20 e io,
" Li punzoni già ultimati esistono presso la Commissione
" suddetta, e si crede che a momenti nella zecca si darà
" mano all'opera, a meno che il suddetto signor Comandante
" non cangi opinione. „
Nella stessa cronaca, al giorno 22 gennaio dello stesso
anno, trovasi poi quanto segue : " Nel Giornale Dipartimen-
" tale di questa città oggi pubblicato si legge, che il Comando
" Superiore, onde togliere i timori sulla fabbricazione di
" moneta di blocco e di carta monetata, che si erano prò-
" pagati fino in Ancona, previene il pubblico, essere asso-
" lutamente false siffatte voci, ed essere ferma sua volontà
" che non abbia luogo né carta monetata, né moneta di
" blocco, e che inoltre tutti quelli che importeranno viveri,
" troveranno protezione e buona accoglienza e ne riceve-
" ranno subito il pagamento in buone valute. „
Erano stati approntati i punzoni per le cinque monete,
ma di una sola, della maggiore, furono fatti i coni, e di essa
un solo esemplare in argento, come doveva avere effetto,
era a mia cognizione, quello che serbasi nel Regio Gabinetto
di Brera in Milano, donatovi dal barone Galvagna, allora
prefetto dell'Adriatico, Dai coni, che ora si conservano a
MISCELLANEA NUMISMATICA 99
Vienna, furono fatte in tempo posteriore alcune prove in
piombo o col metodo della galvanoplastica, che possono
vedersi nelle raccolte. Il signor cav. Morbio afferma di pos-
sedere cotale rarissimo pezzo in argento e della stessa pro-
venienza di quello del Gabinetto di Brera, e ce ne congra-
tuliamo sinceramente. Ai leggitori che non avessero sott'oc-
chio la Rivista della Numismatica, non sarà discaro di vedere
al numero ii della tavola una fedele immagine di codesto
interessante progetto.
Oltre le monete da cinque franchi e da un franco, fuse
in Cattare, durante l'assedio dell'anno 1813, esiste quella da
dieci franchi, più rara bensì di quelle, ma già prodotta nella
Storia metallica della Rivoluzione francese del Millin ed in altre
opere. Cotale doppio scudo non diversifica dallo scudo sem-
plice che nelle proporzioni di peso e di modulo e nelle note
del valore e del peso inscrittevi.
Pongo fine a questa digressione rivelando una moneta
la quale, se restò ignota al chiarissimo signor cav. Morbio,
sfuggì del pari alle ricerche dei molti egregi autori che usarono
la loro diligenza a raccogliere ed illustrare le monete del
tempo a noi piìi vicino. Povero n'è il concetto e rozzo il
lavoro, ma interessante riesce per le circostanze in cui emerse,
e merita se ne conservi memoria, di preferenza alla maggior
parte dei gretti e monotoni prodotti delle zecche moderne.
È questo un pezzo da 25 centesimi, di necessità, operato
nell'anno 1814 entro la fortezza assediata di Palma Nuova.
È consimile al notissimo pezzo da 50 centesimi emesso ivi
nella stessa occasione, e l'immagine che può vedersene al
numero 12 della tavola mi dispensa dal farne la descrizione.
11 solo esemplare venuto a mia cognizione è posseduto
dall'egregio sig. professore Gian Battista Dal Negro di Udine,
possessore di belle raccolte scientifiche e distinto per rara
erudizione non meno che per singolare affabilità e modestia. Di
bassa lega come il pezzo maggiore, pesa grammi 9,650. È pro-
babile che la emissione di tale moneta non abbia avuto luogo,
ma sia rimasta allo stadio di progetto, per esserne cessato
poco appresso il bisogno che ne faceva decretare lo stampo.
Venezia nelV aprile del 1866.
ILLUSTRAZIONE
DI UNA MONETA INEDITA DI FABRIANO (i)
Lettera a A. R. Caucich.
Poiché Ella si è dedicata con tanto fervore allo studio
delle antiche monete, devo ritenerla adorna di quella abne-
gazione e di quella gentilezza che non vanno mai disgiunte
dal sincero amore per la scienza, ed è perciò che fommi
lecito di esporle un mio pensiero sulla moneta di Fabriano
del Cardinale Giuliano de' Medici da Lei dichiarata nell'ultimo
numero del Bullettino di Numismatica Italiana, dietro disegno
inviatole dall' 111."'° sig. Cav. Gaetano De-Minicis.
Né mi accusi di andare in traccia del pelo nell' uovo ,
imperocché non evvi cosa priva d'importanza nell'ordine dei
fatti scientifici, che senza analisi non può esservi sintesi e
senza le più minuziose osservazioni lo scibile umano non
sarebbe al punto in cui si trova. Una linea di più o di meno od
in diversa giacitura nello spettro progettato del prisma rivela
nuovi o differenti elementi nella sostanza in combustione, e
forse quelle linee, dapprima tenute in nessun conto, servi-
ranno col tempo a palesare al paziente indagatore la natura
di corpi mondiali slanciati a distanze incommensurabili.
Ma, scendendo a cose più modeste, ecco di che si tratta.
Avendo io pure già posseduto in doppio esemplare la mo-
netina da Lei pubblicata, ne trassi un disegno che tuttora
conservo, e del quale le mando esatto fac-simile. Ora, con-
(i) Quest' articoletto fu pubblicato nel Bullettino di Numismatica
Italiana di Firenze. Anno II, 1868, N. 3, pag. 18-20. (Nota della Direzione).
I02 CARLO KUNZ
frontando tale disegno con quello da Lei riportato, vi scorgo
fra l'uno e l'altro notabile divario nella rappresentazione che
occupa il campo del secondo lato di essi, abbenchè a me
sembri che in ambo i casi trattisi di una stessa moneta. Chi
fece quel suo disegno vide nell'oggetto in questione l'incude
col sovrastante martello, arme della città di Fabriano, ma
temo che la non perfetta conservazione di quel pezzo e la
rimembranza d'altra moneta riportata dal Ramelli, sulla quale
compariscono quei simboli, abbiangli fatto prendere abbaglio.
Sovra gli esemplari da me osservati stava altra cosa,
cioè un edifizio. A prima vista sospettai potesse desso per
avventura raffigurare il forte castello di quella città, ma,
notando le varie parti ond' era costituito, abbandonai tosto
cotale idea. Ed infatti , quel tetto acuminato , quella linea
orizzontale intermedia e quegli archi sottoposti, dimostrano
trattarsi qui d'altra specie di costruzione, più umile e posta
in basso loco, a livello di un piano. Notato ciò, non era
difficile immaginare come quel complesso avesse per iscopo
di rappresentare o simboleggiare un molino o fabbrica di
carta, e parmi rispondano mirabilmente a tale concetto la
forma semplice dell'edifizio, gli archi sul quale s'erge, i quali
sarebbero le vòlte del canale per entro al quale scorre l'acqua,
alimento indispensabile di siffatti opifici, e perfino l'oggetto
ricurvo sporgente dal destro lato del casamento, nel quale
sono disposto a ravvisare la ruota che trasmette l'impulso
agli interni congegni della officina.
E noto il vanto che gode la città di Fabriano di essere,
se non la prima, come vorrebbero il Tiraboschi ed altri,
perchè la Spagna potrebbe forse contestarle tale primato,
al certo fra le primissime che abbia introdotto la preziosa
industria della fabbricazione della carta di stracci di lino,
avendosi documenti della fine del secolo XIII che lo compro-
vano. E notissimo altresì quanto codesta industria vi abbia
dappoi sempre prosperato, favorita mirabilmente dalle felici
disposizioni dei suoi abitanti, dall'aria saluberrima e dall'acqua
perenne del fiume Giano che l'attraversa, e come fino al dì
d' oggi le sue fabbriche di carta si mantengano floride, e
conservino l' antica tradizionale loro fama, in onta ai tanti
nuovi trovati dell'industria. Così essendo, a nessuno sembrerà
ILLUSTRAZIONE DI UNA MONETA INEDITA DI FABRIANO I03
per avventura strano od inverosimile che sovra una delle sue
monete abbiasi voluto serbare ricordo di sì bella prerogativa.
Se mi dilungassi più a lungo su tale proposito abuserei
gravemente della sua compiacenza e però faccio punto, ba-
standomi di avervi richiamata la sua attenzione, ed aggiun-
gerò soltanto che, dei due esemplari di cotale piccolo già da
me posseduti, uno, il meglio conservato, pesava come il suo,
milligrammi 550, e 1' altro, alquanto logoro, non arrivava a
m. 500. In entrambi poi lessi chiaramente: ivl. car. medicee.
anziché medices, per cui, piuttosto che errore, potrebbe rite-
nersi in quella finale b (2) adombrato il coniatore od il massaro
della zecca.
Ma poiché Ella fu sì cortese da leggere questa tiritera,
vuole concedermi eh' io aggiunga altra breve osservazione,
pur restando entro i limiti della zecca fabrianese? Sì? Ebbene,
eccola. Io sono d'avviso che il quattrino del Cardinale Giuliano
de' Medici, riportato dal Ramelli, sia identico a quello ch'Ella
inseriva s.otto il n. 4 della ristampa della sua memoria, quale
una varietà nuova di esso. L' esemplare veduto dal Ramelli
era in parte logoro, come prova la lacuna della scritta alla
destra del Santo, e quella corrosione impedivagli senza dubbio
di ravvisare ciò che vi fosse da quello stesso lato fra il Santo e
la leggenda. Un più integro esemplare palesò a Lei in quel sito
l'incudine, arme e simbolo parlante di Fabriano; con ciò Ella
pose in sodo per sempre quel quattrino e fece ottimamente.
Mi creda con particolare stima
Venezia, il dì 20 Marzo 1868.
Suo Devotissimo
Carlo Kunz.
(2) Questa lettera è l'iniziale del nome dello zecchiere Niccolò
Baldantonj di Gubbio. (Nota della Direzione del BuUettinó).
I04 CARLO KUNZ
Dietro osservazioni, che il sig. Caucich faceva, repli-
cando alla riportata Lettera, il sig. Ktmz rispon-
deva come appresso:
.... Nel tempo stesso eh' Ella non approvava tutte le
ragioni contenute nella mia lettera del 20, dello scorso marzo
sul piccolo di Fabriano dell'Illustre sig. Cav. De-Minicis, volle
fare pure atto di somma cortesia accordandole un posticino
nel prossimo numero del Bullettino, come scorgo dalla bozza
di stampa che si compiace mandarmi. Contemporaneamente
Ella mi manda della stessa moneta un impronto, dal quale
rilevo come il mio scetticismo fosse infondato, imperocché
gli è bene un ponte, un incudine ed un martello che costi-
tuiscono l'assieme del suo rovescio. Le rendo grazie di tutto,
e mi affretto di fare ammenda e di constatare formalmente
l'esistenza di quel tipo, godendo anche di ciò, perchè così
invece di una moneta nuova di Fabriano, possiamo annove-
rarne due: ciò che non è senza importanza, trattandosi di
una zecca della quale avanzano sì scarsi prodotti. Molta
parte di quella lettera non avrebbe ora più ragione di essere
pubblicamente conosciuta; ma dacché il farvi i necessari
mutamenti le recherebbe disturbo e perdita di tempo, mi
rassegno, come desidera, sia stampata come sta, salvo il
diritto da parte sua di farvi i commenti che crederà all'uopo....
ANCORA UNA MONETA DI FABRIANO (^)
Lettera a A. R. Caucich.
Eccole un'altra pietruzza pel grande edifizio della num-
mografia italiana intorno al quale con vera compiacenza ve-
diamo accorrere sempre nuovi e valenti operai.
Lo Scilla, descrivendo due quattrini di Fabriano, esten-
denti da un lato l' arme medicea colle sovrastanti insegne
del dominio pontificio, e dall' altro l' immagine dell'apostolo
San Pietro, fu d'avviso che si dovessero riferire a Leone X,
per la somiglianza dell' intaglio con altre monete del detto
ponteftcey e pari opinione espresse il Bellini, allorché, nella
seconda sua dissertazione' sulle monete d' Italia, produsse il
disegno d'uno di siffatti quattrini. Il Ramelli, pur aderendo
allo Scevolini che scrisse, Leone X, perdonando ai Fabria-
nesi la loro ostilità, avere ad essi concesso di battere quat-
trini e mezzi quattrini, sdegnò riconoscere negli anzidetti
quattrini fregiati dell' arme medicea la moneta di quel pon-
tefice, ma stimò poter piuttosto assegnarli a Clemente VII,
e, afììne di non lasciare affatto deserto Leone X, sentenziò,
la moneta battuta al tempo di questi fosse il quattrino che
al Santo Precursore collega il nome e l'arme del cardinale
Giulio de' Medici, dallo zio preposto al governo della città
di Fabriano dopo ch'essa ritornò all'ubbidienza della Chiesa.
L'opinione del Ramelli sembrò avvalorata dal fatto segnalato
dall' istrumento di zecca del 7 maggio 1529, col quale venne
imposto a Mastro Pierreale di battere quattrini che da un
lato abbiano l'arme di Clemente VII, e dall'altro /* immagine
(i) Fu pubblicato né[ Bullettino di Numismatica Italiana di Firenze.
Anno II, 1868, N. 6, pag. 49-50 (Nota della Direzione).
14
I06 CARLO KUNZ
di S. Pietro, sennonché la moneta della quale ora le mando
un fedele disegno, mostra che nel dare esecuzione ai capi-
toli stipulati in quel contratto, non fu per essa osservata a
puntino la citata prescrizione, giacché in cotesto indubitato
quattrino di Clemente VII, non è già S, Pietro, ma bensì il
Battista che vediamo raffigurato, come appunto nel quattrino
di pili vecchia riconoscenza ch'egli fece improntare nel tempo
in cui non era che cardinale e governatore di Fabriano. Né
voglio perciò negare che altri ancora ne possano essere stati
battuti al di lui nome, poscia che divenne Pontefice, colla
effigie del Principe degli Apostoli, ma intanto l'esistenza di
codesto mi richiama alla mente l'opinione surriferita dello
Scilla e del Bellini che giudicarono del tempo di Leone X, i
quattrini anonimi coll'arme medicea e l'immagine di S. Pietro
e mi porta alla conclusione che quegli egregi possano bene
avere còlto nel segno. S' é così, sarebbero essi di quei quat-
trini prescritti nel breve pontificio del 1520, battuti sub ea
liga qua in urbe romana cuditur, né soltanto la lega, ma il
tipo pure di quattrini romani di quel pontefice si sarebbe in
essi mantenuto. E parmi anche vera la somiglianza dell'in-
taglio con altre di lui monete, notata dallo Scilla, che con
qualche evidenza potrei dimostrare se non temessi di abu-
sare della Sua indulgenza.
Ammesso ciò, avremmo ora quattro categorie di monete
di Fabriano : il piccolo autonomo, il cui tempo dal solo disegno
del Ramelli non é concesso poter determinare; i quattrini
di Leone X; quelli di Giulio de' Medici cardinale, e finalmente
il quattrino dello stesso dopo che assunse colla tiara il nome
di Clemente VII.
Questo fa parte della insigne raccolta di monete di zecche
italiane posseduta dal nobile signor conte Nicolò Papadopoli,
il quale, modello del vero gentiluomo, adorno delle piiì
squisite doti dello spirito e del cuore, ed entusiasta per tutto
ANCORA UNA MONETA DI FABRIANO IO7
ciò che all'arte, alla scienza, aironore dell'Italia si riferisce,
acconsentì gentilmente ch'io ne facessi menzione quale una
bella ed opportunissima aggiunta alle monete della zecca
fabrianese.
Mi creda con tutta la stima
Venezia, 20 Settembre 1868.
Suo dev.""" servo
Carlo Kunz.
VARIETÀ
Vendita della Collezione Sambon, — Da molti anni
il Cav. Giulio Sambon attende con infinita cura a raccogliere
le monete medioevali dell'Italia meridionale principalmente
collo scopo di dare una illustrazione di quelle zecche poco
studiate finora e quindi poco conosciute. Il lavoro illustrativo
è ormai compiuto per opera del figlio Dott. Arturo Sambon
e vedrà presto la luce, pubblicato per cura della Società
Napoletana di Storia patria.
Raggiunto con questo V intento principale della Colle-
zione, questa sarà ora dispersa al pubblico incanto; e se ne
incomincerà la vendita il 5 prossimo aprile in Milano presso
r impresa di Vendita dello stesso Cav. Giulio Sambon.
Iniziata nel 1865, la Collezione Sambon potè arricchirsi
di quanto offrivano di interessante per la serie meridionale
le Collezioni Fusco, Tafuri, Spinelli, Rossi, Fasi, Boyne ed
altre vendute da quell'epoca in poi, ed ora può considerarsi
come un insieme veramente prezioso per quanto riguarda le
zecche napoletane, e come la piii completa fin qui apparsa
in vendita.
Fra le maggiori rarità, ci basterà citare il Tari d' Amalfi
dell' imperatrice Costanza e 1' altro di Enrico VI colla leg-
genda HENRicvs SEXTvs ROMANCI^ iMPERATOR : la moneta
d'argento battuta ad Amalfi nel 1251. Fra le monete di Aquila,
il mezzo carlino di Giovanna II, il carlino di Alfonso /, l'ar-
mellino di Ferdinando I, ecc. Fra quelle di Benevento, il
soldo e terzo di soldo, unici, di Luitprando colla madre
Scauniperga, ecc. Fra quelle di Brindisi: i rarissimi multipli
di Tari di Corrado, Manfredo e Carlo d'Anjou e i denari
di Carlo III e Giovanna IL Di Capua, i follari di Pandolfo IV,
di Riccardo, di Roberto II, ecc. Di Civitaducale, il bolognino
no VARIETÀ
autonomo. Fra i follari di Gaeta, quelli del Duca Ruggiero,
di Tancredi, colla testa di leone; di Enrico VI e Costanza
con IMP. lAE . MAiESTA. Della pili alta importanza è il denaro
battuto neirSSi a Oria da Gaideriso ex-principe di Benevento,
in nome e sotto la protezione di Basilio, Leone e Alessandro,
imperatori d' Oriente. Interessantissimo il carlino battuto a
Lecce dal principe di Taranto, a nome di Renato d'Anjoii.
Nella ricchissima serie napoletana, citeremo: i denari di
Basilio e Atanasio II: il follaro autonomo del 1137; il mezzo
saluto d'oro di Carlo I d'Anjou; il carlino di Giovanna I e
Luigi di Taranto e quello di Carlo III Durazzo; il mezzo
carlino di Ladislao e quello di Giovanna II; la doppia d'oro
di Ferdinando I d'Aragona col busto; il ducato d'oro d'Al-
fonso II col ritratto di suo padre; il ducato, il carlino di
Ferdinando II; il ducato d'oro di Lodovico XII di Francia;
quello di Ferdinando il Cattolico e Isabella coniato a Napoli
da Giacomo Tramontano nel 1503, unico; il mezzo scudo
ossidionale di Carlo V, battuto a Napoli nel 1528; il mezzo
scudo e le sue frazioni dello stesso coll'aquila a due teste; il
tari di Filippo III col ritratto di Margherita d'Austria; il
mezzo ducato dello stesso e il suo ducato e mezzo ducato
d'argento del 1617 col motto: qvod vis.; i diversi tipi del
ducato e mezzo ducato d' argento di Filippo IV; la prova
dello scudo d'argento del 1636 col motto potentes fvlminas
HOSTEs; il tari coi busti accollati di Carlo II e di Maria
Anna tutrice, unico. I tre rarissimi cavalli di Ferdinando /,
battuti ad Amatrice. Fra le monete Siciliane {Messina e
Palermo) noteremo il carlino di Alfonso I d' Aragona, di
tipo napoletano; il ducato d'oro di Giovanni II d'Aragona;
il doppio reale di Ferdinando il Cattolico col suo ritratto; il
mezzo ducato d'oro di Carlo V, pure col ritratto ; la doppia
oncia d'oro di Carlo VI col motto : avstriacis radiis clarior
e la veduta della Sicilia, unico; il mezzo scudo palermitano
^\ Filippo V col motto: fidelitas . felicitatis . omen e il 4
tari con: clavso iani templo. Nella ricca serie di Salerno:
il due tari d'oro di Gisulfo II colla doppia leggenda latina e
cufica; il follaro di Gisulfo II; quello di Gisulfo I, con amor
POPVLi : e quelli di Roberto Guiscardo, di Guglielmo duca col
tipo del cavaliere, e quello di Ruggero II. Citeremo finalmente
VARIETÀ III
il mezzo carlino di Ferdinando I d'Aragona, battuto a Reggio;
il cavallo di Ferdinando, di Sulmona; quello di Federico
d'Aragona, di Tagliacozzo; le rare monete di Ortona: quelle
feudali del Vasto, e specialmente lo zecchino e lo scudo di
Cesare d'Avalos, e lo zecchino di Belmonte, del principe
Antonio Pignatelli.
Il catalogo descrittivo di questa importantissima Colle-
zione, arricchita di tavole e di illustrazioni nel testo, sarà
messo a disposizione degli amatori, prima della vendita^ al
prezzo di io lire. Dopo la vendita il medesimo Catalogo, coi
prezzi ottenuti, sarà messo in vendita a L. 25. (Per commis-
sioni e schiarimenti rivolgersi all'Impresa di Vendita di Giulio
Sambon. Milano, Corso Vittorio Emannele, 37).
ATTI
DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Seduta del Consiglio ii Febbraio 1897.
(Estratto dai Verbali).
La seduta è aperta alle ore 13. Sono presenti i Sigg. :
Cav. Uff. Francesco Gnecchi, Cav. Uff. Ercole Gnecchi, Vice-
Presidenti ; Dott. Cav. Solone Ambrosoli, Cav. Giuseppe
Gavazzi, Ing. Emilio Motta e il Cav. Prof. C. Luppi, Segretario.
I. Viene proposto a Socio effettivo il Sig. Francesco
Traversa di Bra. È ammesso ad unanimità.
IL Si stabilisce la composizione del I fascicolo 1897
della Rivista.
III. Si dà comunicazione dei seguenti doni pervenuti
alla Società :
Ambrosoli Dott. Cav. Solone.
Le sue pubblicazioni: Di un singolare cavallotto al tipo bellinzonese.
Milano, 1897; ii^-S fìg- — Vocabolarìetto pei numismatici in
sette lingue. Milano, 1897; in-32.
Gapobianchi Cav. Vincenzo.
La sua pubblicazione: Appunti per servire all'ordinamento delle
Monete coniate dal Senato di Roma dal 1184 al 1439 e degli
stemmi primitivi del Comune di Roma. Estratto dagli Atti della
R, Società Romana di Storia patria. Roma, 1896.
Gnecchi Cav. Uff. Ercole.
Pigorini Luigi, Memorie storico-numismatiche di Borgotaro, Bardi
e Compiano. Parma, 1863; in-8, con 3 tav. — De Minicis
Avv. Gaetano, Le monete gravi e le ghiande missili di Fermo.
»5
114 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Fermo, 1868; in-8, con una tav. — Quattro cataloghi di ven-
dita di monete.
Gnocchi Cav. Uff. Francesco.
Das Kaiserlich — Konigliche Miinz-und Antiicen — Cabinet beschrieben
von Joseph Arneth. Vienna^ 1854.
Luppi Cav. Prof. Costantino.
Saraceno Vittorio, Trattato, ossia tariffa di tutte le monete d'oro
e d'argento secondo il loro valore comunemente corso dalli 15
maggio 1658 sino al presente. Torino, 1776; in-8, con unita altra
tariffa. Torino, 1779; pure in-8 fig. — Impronti, peso e valore
delle monete d'oro e d'argento correnti negli Stati di S. S. R. M.
il Re di Sardegna di qua dal mare. Torino, 1786; in-8 fig. —
Tariffe del corso e valore delle monete, reali decreti a ciò
relativi e ragguaglio della lira italiana colle altre legalmente
in corso nel Regno d'Italia. Milano, 1808; in-8 fig. — // corso
abusivo delle valute considerato come causa del deprezzamento
e conseguente fusione dei pezzi da 20 carantani. Milano, 1852;
in-8. — Vignati Cesare, Lodi e il suo territorio. Milano, 1860;
in-8 fig. — Latuada Serviliano, Descrizione di Milano ornata
con molti disegni in rame delle fabbriche più cospicue, ecc.
Milano, 1737; cinque tomi in-8.
Museo Britannico.
Catalogne of the Greek Coins of Caria, Cos, Rhodes etc. by Barclay
V. Head D. L. C, Ph. D, Keeper of the department of Coins
and Medals. Londra^ 1897.
IV. Le due Commissioni incaricate dell'esame dei lavori
presentati pei due Concorsi Gnecchi (N. 2) e Papadopoli^. 3) (i)
presentano le loro relazioni, che a questo verbale si uniscono
come allegati A e B. Informano poi, come, date le risultanze
dei Concorsi, in seguito alle quali non si fa luogo a premio
per quello Papadopoli, mentre viene proposta la divisione
del premio fra i due concorrenti per quello Gnecchi, pure
accordando eventualmente qualche vantaggio al lavoro con-
traddistinto col motto: Alma mater studiorum; e per di più,
considerata la mole ed il merito dei due lavori presentati,
esse abbiano creduto conveniente di fare ufficii presso l'Ili.
(i) Vedi Riv. It. di Numismatica, anno Vili, 1895, ^^sc. II, pag. 269-70.
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA II5
Sig. Conte Papadopoli perchè volesse generosamente per-
mettere che l'importo del premio da lui bandito venisse
aggregato al premio Gnecchi.
Ottenuta l'adesione cortese dell'egregio senatore, le
Commissioni propongono quindi che il premio (ora complessi-
vamente di L. iioo) da assegnarsi al Concorso Gnecchi /^r
la migliore Illustrazione di una zecca italiana, o anche solo
di un periodo di essa, vada diviso come segue: L. 600 al-
l'autore della memoria Alma mater studiorum (Illustrazione
della zecca di Bologna), L. 500 a quello della memoria Pru-
dentis socia (Illustrazione della zecca di Fano); fatta condi-
zione tuttavia al primo di adempiere ad alcune modalità
stabihte dalla Commissione.
Dopo di che, aperte le schede suggellate corrispondenti
ai motti segnati sulle rispettive memorie, risulta che autore
del manoscritto Alma mater studiorum è il Conte Dott. Fran-
cesco Malaguzzi- Valeri (Bologna) ; e del manoscritto Prudentis
socia è il Sig. Rag. Giuseppe Castellani (Santarcangelo di
Romagna).
Ai quali, per conseguenza, si dichiarano conferiti i due
premi suddetti, non senza un plauso all'Ili. Sig. Presidente
per l'agevolezza da lui gentilmente accordata.
La seduta è sciolta alle ore 15.
Allegato A.
CONCORSO PAPADOPOLI (N. 2).
(Per una Memoria che proponga il sistema migliore e piti
pratico per ordinare le Collezioni di monete italiane,
abbandonando l'ordine alfabetico e seguendo una ripar-
tizione conforme alla storia e alla geografia).
1° Concorrente. Motto: In nummis historia.
La Commissione ritiene che non si possa prendere in seria
considerazione questo lavoro, e per la brevità affatto schematica
di esso, e per la sua mancanza di qualsiasi originalità nell'insieme
e ne' particolari.
Ile ATTI DELLA SOCIETÀ .NUMISMATICA ITALIANA
2° Concorrente. Motto : Labor et fides.
Questo lavoro, più importante (senza paragone) e assai migliore
del precedente, non va immune tuttavia da gravissimi difetti.
Dal punto di vista scientifico, è farraginoso e anche talvolta
contraddittorio; e, — col dare un predominio esclusivo al concetto
politico, — ha l'inconveniente di smembrare, anzi di sbocconcellare
addirittura le singole serie.
Esso inoltre è ben lungi dall' esser pratico (checché ne creda
l'autore) ; basti l'accennare alla proposta di ordinare le zecche minori
di ciascuna regione secondo la loro distanza dalla zecca principale,
proposta che ognun vede quanto sia di applicazione incerta e diffi-
cile, allorché le zecche minori d'uno stato siano alquanto numerose.
Duole quindi alla Commissione di non poter dichiarare meri-
tevole di premio né l'uno né l'altro dei due concorrenti,
Milano, 1° febbraio iSqj.
La Commissione
Giuseppe Gavazzi — Emilio Motta — Giuseppe Ruggero.
Allegato B.
CONCORSO GNECCHI (N. 3).
(Per la migliore Illustrazione di una zecca italiana od anche
solo di un periodo di essa, purché tale illustrazione porti
nuova luce alla scienza.
I due lavori presentati offrono una singolare analogia fra loro.
Essi sono di mole pressoché eguale, e si dividono ciascuno in
tre parti precipue: storia della zecca; — descrizione delle monete;
— documenti.
L'analogia fra i due lavori è tale, che la parte storica di ciascuno
di essi é suddivisa nello stesso numero di capitoli, e che ciascun
lavoro contiene una Bibliografìa egualmente disposta in ordine
alfabetico.
a) Manoscritto col motto: Prudentis socia.
È lavoro degno di lode, anzitutto, dal punto di vista strettamente
numismatico, per la diligenza con la quale l'autore ha radunato il
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
117
materiale delle sue descrizioni di monete, e da musei pubblici e
da raccolte private, non essendo colpa sua se, com' egli deplora,
rimasero inaccessibili alle sue ricerche molte altre collezioni.
Per una zecca secondaria, qual è Fano, sembra infatti che l'aver
riunito più di dugento descrizioni di monete sia una bella testimo-
nianza della cura posta dall'autore nel suo lavoro.
Questo si estende specialmente nella parte economica, ed è fatto
in modo coscienzioso; è corredato infine di buona copia di documenti,
D' altra parte, la redazione è alquanto arida, e non mancano
inoltre disuguaglianze e stonature, che dovrebbero esser tolte, se si
desse alle stampe.
b) Manoscritto col motto : Alma mater studiorum.
Il lavoro è denso di notizie positive, reca molto materiale di
documenti, ed è assai importante anche per la storia dell'arte.
La sezione storica è poggiata sovra solide ricerche d'archivio,
ciò che le conferisce un carattere schiettamente originale.
Di contro a questi pregi, la Commissione deve osservare che
la forma si risente della fretta con cui senza dubbio è stato compi-
lato il lavoro, e che la sezione descrittiva è incompleta, come l'autore
stesso riconosce, essendo stata redatta soltanto sulle opere già edite
e su di un ristretto numero di collezioni.
Considerato adunque che i due lavori, presentando innegabili
pregi sostanziali, ma nello stesso tempo non essendo scevri di difetti
di forma, press' a poco si equilibrano per merito, la soluzione più
razionale sembra quella di dividere il premio fra i due concorrenti,
fors'anche accordando qualche preferenza all'autore della memoria
Alma mater studiorum. Al medesimo tuttavia dovrebb' esser fatto
obbligo di completare la sezione descrittiva del suo lavoro (e di
allegare gli indici promessi dei locatarii della zecca, degl'incisori
dei conii, dei saggiatori, degli artisti, ecc.) prima di ricevere la parte
di premio a lui destinata.
Milano, 20 gennaio 189J.
La Commissione
Solone Ambrosoli — Giuseppe Gavazzi — C. E. Visconti.
Finito di stampare il 20 marzo 1897.
Scotti Reno, Gerente responsabile.
TAVOLE.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno X, 1897.
Tav. I.
L. FRATI. — Sull'erronea attribuzione al Francia delle monete gettate al popolo nel
solenne ingrresso in Bologna di Giulio II per la cacciata di Gio. II BentlTOgllo.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno X, 1897. • Tav. II.
C. KUNZ. — Miscellanea Namismatica.
FASCICOLO II.
APPUNTI
DI
NUMISMATICA ROMANA
XLIV.
SULLE RESTITUZIONI.
Monete postume in genere — Periodo delle Restituzioni
Definizioni e caratteri — Origine e scopo
Classificazione e collocamento — Descrizione.
(Tavola III).
Fra le caratteristiche di concetto che distinguono
la monetazione imperiale romana da qualunque altra,
v'ha quella delle Restituzioni. Tutti conoscono tali
monete; ogni trattato di numismatica, per quanto
elementare, ne parla, più o meno diffusamente, e
tutte le collezioni ne posseggono. Di esse, come di
tutto ciò che ha attinenza alla numismatica romana,
si occuparono parecchi vecchi autori (0 , i quali,
anche in questo come in molti altri argomenti, vo-
lendo troppo supporre e troppo indovinare, aumen-
tarono le difficoltà reali, ne crearono anche di im-
maginarie, entrarono in disquisizioni lunghissime e
fecero delle ipotesi talvolta anche assurde o stram-
palate, tmiiis digna Har duini ingenio, come dice
Eckhel nella sua aurea Doctrina , nella quale (2)
(i) Bimard, Le Beau, ecc.
(2) Voi. V, Capo XVII, pag. 97 e segg.
124 FRANCESCO GNECCHI
rende conto di tutto e, riassumendo il meglio, ne fa
una chiara esposizione; ma, dopo di lui, le Resti-
tuzioni non formarono più, per quanto io mi sappia,
oggetto di uno studio speciale.
Può darsi quindi che, a un secolo di distanza,
uno sguardo generale e sintetico, che tutte le ab-
bracci, presenti ancora qualche interesse, e non
abbiano a riuscire affatto inutili alcune considerazioni
su quella serie di monete presa nel suo complesso.
Chi scrive non ha menomamente la pretesa di dir
cose molto profonde ne di esporre idee molto ardite.
Dirà invece cose molto semplici ed esporrà idee molto
piane; ma può darsi che la naturalezza valga meglio
delle ipotesi artificiose e che la semplicità spieghi
meglio d'un ragionamento troppo complicato.
MONETE POSTUME IN GENERE.
Le monete di restituzione, come lo dice il nome,
vanno collocate fra le postume, relativamente all'Au-
gusto che viene restituito; e formano anzi uno dei tre
gruppi nei quali le monete postume vanno divise. Ci
conviene osservare dapprima questi tre gruppi nel loro
insieme, onde vederne la concatenazione e la naturale
discendenza. Formano il primo gruppo le monete di
semplice memoria, il secondo quelle di consacrazione,
il terzo quelle di restituzione.
Le monete semplicemente postume, sono quelle
coniate da un principe in memoria e ad onore del
suo immediato antecessore, e portano da un lato l'ef-
figie del principe che si intende ricordare, dall'altro
il nome — raramente l' effigie — di quello che le
fece coniare, accompagnato spesso da una data.
Le monete di consacrazione, coniate come le
prime dall'imperatore o dal senato, portano al dritto
SULLE RESTITUZIONI 125
l'effigie dell'Augiisto, del Cesare o delFAugusta pas-
sata nel numero degli Dei, al rovescio un emblema
della consacrazione, il rogo, l'aquila, il carpento o
simili, e la costante leggenda CONSECRATIO, senza
alcuna indicazione del nome, né l'effigie di chi ne
ordinò la coniazione e senza alcuna data. Ciò che
del resto sarebbe superfluo, essendo evidente che
tali monete venivano emesse nell'occasione indicata
e quindi immediatamente dopo l'apoteosi del principe
commemorato, per ordine del suo successore.
Nelle monete di restituzione finalmente, al nome
del principe che fa coniare la moneta in onore d'un
antecessore più o meno lontano, viene aggiunta, a
spiegazione del fatto, la parola RESTITVIT.
In ordine cronologico apparvero per le prime
quelle di semplice commemorazione, le quali inco-
minciano al principio dell' impero. Seguirono le re-
stituzioni inaugurate da Tito e Domiziano, e vennero
per ultimo le consacrazioni incominciate al tempo
d'Adriano.
Il senato romano non si decise che tardi ad
imprimere sulle monete da lui emesse, l'effigie del-
l' imperatore regnante, e assai prima 1' avevano im-
pressa i triumviri, i dittatori, i prefetti della flotta e
i comandanti le truppe (imperatores) sulle monete da
essi direttamente coniate, ossia sull'oro e sull'argento.
Allorché il senato iniziò la sua coniazione in
Roma, il che fu sotto Tiberio, per un certo tempo
di Tiberio non vi pose che il nome da un lato, mentre
sull'altro vi collocava la testa d'Augusto. Tale fu
l'origine delle monete postume, e se ne ha la spie-
gazione assai naturale nella ritrosia che il senato,
geloso della propria autorità, aveva ad imprimervi
l'effigie dell'imperatore regnante, e nella preferenza
a vedervi piuttosto quella dell' imperatore defunto.
L' origine e 1' adozione delle monete di consa-
126 FRANCESCO GNECCHI
crazione pure si spiegano assai facilmente, essendo
monete commemorative dell'ultimo glorioso episodio
dell'Augusto divinizzato; mentre quelle che diedero
più a pensare ai nummografi furono le monete re-
stituite. Intorno ad esse si formò un complesso di
problemi, alla soluzione o alla eliminazione dei quali
potrà forse contribuire l'esposizione piana e precisa
dello stato di fatto, il che è ciò che tenterò di far(;,
prima di entrare ad indagarne l'origine e lo sccpo.
PERIODO DELLE RESTITUZIONI.
Le Restituzioni non sono molto numerose; pochi
sono i nomi che vi figurano come restituiti e pochis-
simi quelli dei restitutori; breve è quindi il periodo in
cui quest'uso durò presso i romani. Le più antiche
sono quelle di Tito e Domiziano, le più recenti quelle
di M. Aurelio e L. Vero, senza che neppure vi sia una
continuazione di nomi in questo breve lasso di tempo.
Tito e Domiziano inaugurarono questa serie con
monete di bronzo e non furono seguiti che da Nerva;
o, per esprimere la cosa più esattamente, fu il senato
che, durante il regno di questi tre imperatori, restituì
alcuni de' suoi bronzi, sesterzii, dupondii ed assi (tutti
portano le lettere S C) coi nomi di precedenti impe-
ratori, incominciando da Augusto.
Al nome di Tito il senato restituì monete di
Augusto, Livia, Agrippa, Tiberio, Druso, Nerone
Druso, Germanico, Agrippina Madre, Claudio e Galba.
Al nome di Domiziano, monete di Augusto,
Agrippa, Tiberio, Druso, Germanico, Claudio.
Al nome di Nerva finalmente, monete d'Augusto
e d' Agrippina Madre.
L' imperatore Tito, l' inauguratore delle restitu-
zioni, ne fu anche il più abbondante produttore. Domi-
SULLE RESTITUZIONI 12?
ziano si accontentò di riprodurre una parte di quelle
emesse da Tito; Nerva fu ancora più parco di re
stituzioni, quantunque le sue, per la maggior parte
non siano riproduzioni di quelle de' suoi antecessori
Con Nerva cessano le restituzioni senatoriali
e incominciano quelle coniate direttamente dagli im
peratori. Quattro soli sono gli imperatori che restituì
rono monete imperiali d' argento : Nerva, Trajano
Adriano e M. Aurelio associato con L. Vero; il solo
Trajano coniò le restituzioni in oro. Aggiungerò anzi
.che le restituzioni di Nerva, Adriano e M. Aurelio
possono considerarsi quasi come eccezioni, non essen-
docene pervenuto che un solo tipo o due per ciasche-
duno, mentre la sola vera serie è quella di Trajano.
Nerva restituì un denaro d' Augusto che a noi
pervenne in unico esemplare. Adriano un denaro di
Trajano e un medaglione asiatico d'Augusto Tuno
e Taltro conosciuti per uno o due esemplari; Marco
Aurelio e L. Vero pure restituirono un solo denaro,
quello della Legione VI di M. Antonio, del quale però
ci pervennero esemplari in numero grande, così da
renderli comuni in tutte le collezioni.
Trajano è il solo che ci fornisca una vera serie
di restituzioni in oro e in argento. Conosciamo finora
51 denari repubblicani d'argento restituiti e precisa
mente delle famiglie: Aemilia, Caecilia, Carisia, Cassia
Claudia, Cornelia, Cornuficia, Decia, Didia, Eppia
Horatia, Julia, Junia, Livineia, Lucretia, MamiHa
Marcia, Maria, Memmia, Minucia, Norbana, Numonia
Pompeia, Porcia, Quinctia, Rubria, Scribonia, Servilia
Sulpicia, Titia, Tullia, Valeria, Vipsania, pili alcuni
denari incerti.
Le sue restituzioni imperiali finora conosciute
sono 16 in oro, che ricordano i nomi di Giulio Ce-
sare, Augusto, Tiberio, Claudio, Galba, Vespasiano,
Tito e Nerva; una in argento in memoria d'Augusto.
1-28 FRANCESCO GNECCHI
Dopo Trajano V uso delle restituzioni è abban-
donato, e non è se non a un secolo e mezzo di di-
stanza, ossia all'epoca di Filippo o di Gallieno, che
troviamo una nuova serie di restituzioni imperiali
coniate coll'argento di bassa lega che allora correva;
ma queste si chiamano abusivamente restituzioni, o
per lo meno non lo sono nel senso in cui intendiamo
le restituzioni ordinarie. Sono denari coniati al nome
e ad onore di antichi imperatori e precisamente di
Augusto, Vespasiano, Tito, Nerva, Trajano, Adriano,
Antonino Pio, Marco Aurelio, Commodo e Settimio
Severo, col costante rovescio della consacrazione,
rappresentato o dall'ara accesa o dall'aquila; ma senza
la minima intenzione di arieggiare una riconiazione
d'antiche monete, meno forse un' unica eccezione,
quella che riproduce al rovescio di Trajano il tipo
della VIA TRAIANA.
L'epoca di tale coniazione non è bene precisata
ma deve certo oscillare fra il regno di Filippo e
quello di Gallieno; dal tipo però si attribuirebbero
più volentieri al primo che non al secondo e potrebbe
darsi che fossero state coniate in occasione della
celebrazione del millennario di Roma, fatta una ec-
cezione pel denaro sopra accennato col rovescio
della Via Trajana, il quale, dalla fabbricazione, si
direbbe coniato al tempo di Gordiano Pio.
DEFINIZIONE E CARATTERI DELLE RESTITUZIONI.
Contrariamente alle monete postume dei primi
due gruppi, che sono di conio affatto originale, le
restituzioni portano nel loro stesso nome il signifi-
cato d'una rievocazione. Difatti ecco come esse sono
definite nei trattati di numismatica:
" Monete restituite sono quelle che furono riconiate
SULLE RESTITUZIONI I29
" in epoca posteriore a quella della pruìia loro eniis-
" sione e che portano il nome del principe che le fece
" coniare seguito dalla parola RESTITVIT o piti comu-
" nemente REST. „
oppure:
" Restituite si chiamano quelle monete^ sia conso-
" lari che imperiali , le quali, oltre al tipo primitivo
" e alla primitiva iscrizione, />or/rt«o /"/ nome dell' im-
" peratore che le fece riconiare, aggiuntovi REST o
" RESTITVIT. „
Dalle quali definizioni, parrebbe che le monete
restituite dovessero essere perfette riconiazioni di
monete già coniate da altro principe, ossia esatte
riproduzioni di monete anteriori.
Questo è appunto il concetto che generalmente
e volgarmente ne è risultato, mentre il fatto non è
tale e le restituzioni non sono tutte né sempre ri-
produzioni di monete preesistenti.
Come si può vedere dalla descrizione che ac-
compagna questa memoria, le restituzioni dei denari
repubblicani eseguite da Trajano sono le più fedeli agli
archetipi. Vengono appresso quelle coniate dal senato,
le quali per lo piij, ma non sempre, riproducono nello
stesso modulo monete originariamente coniate dal
principe che si intende ricordare; e per ultimo, come
le meno fedeli agli antichi tipi, le restituzioni impe-
riali d'oro e d'argento. E il perchè di questo fatto non
è difficile indagarlo. I denari repubblicani hanno tipi
così speciali e individuali che non era possibile confon-
dere l'uno coll'altro, senza produrre un anacronismo o
una dissonanza; e, volendo ricordare una data fami-
glia, era necessario riprodurre fedelmente il dritto e il
rovescio di una data moneta coi suoi tipi e colle sue
leggende. È con queste norme che esse vennero
coniate, e le troviamo tutte fedelissime agli originali.
130
FRANCESCO GNECCHI
meno forse qualche lieve ed eventuale eccezione, pic-
colo particolare, di cui qui non è il caso di occuparci.
Nelle restituzioni imperiali invece varie differenze
di tipo, di leggenda e di modulo s' incontrano già in
quelle di bronzo, ove troviamo degli assi che portano
il tipo d'un antico sesterzio, e qualche tipo anche vi
appare che non figurò mai nelle monete originarie.
Tali differenze poi sono assai maggiormente accen-
tuate nelle restituzioni d'argento e d'oro.
Ebbi già occasione di rilevare questo fatto
nell'anno 1888 (3), quando diedi la descrizione di una
nuova restituzione di Trajano. Riassumendomi ora
brevemente, mi limiterò a richiamare come dalla unita
descrizione risulti che oltre la metà delle restituzioni
imperiali è costituita da monete di cui non esistono
gli archetipi, e precisamente su 17 restituzioni co-
nosciute non ne contiamo che 7, nelle quali i dritti
e i rovesci corrispondano a quelli delle monete ori-
ginarie e vi corrisponda pure il metallo.
. La definizione delle Restituzioni si può dunque
rettificare come segue:
" Monete restituite sono quelle che un principe
" coniò in memoria e coli* effigie di un suo predecessore,
" apponendovi anche il proprio nome seguito dalla
" parola REST o RESTITVIT „ e si può aggiungere:
" Tali monete sovente riproducono più o meno esatta-
" mente vere monete del principe commemorato, talvolta
" invece non vi hanno alcun riscontro. „
In termini più brevi:
" Le monete restituite sono vere supposte ripro-
" duzioni di monete anteriori, sulle quali viene aggiunto
" il nome del principe che ne fece la coniazione seguito
" — quasi sempre — dalla parola RESTITVIT. „
(3) Riv. It. di Num. Appunti di Num. Romana, N. i.
SULLE RESTITUZIONI I3I
ORIGINE E RAGIONE DELLE RESTITUZIONI.
Abbiamo visto nel principio di questa memoria
come avessero origine le monete postume e come
da queste siano derivate le restituite. Il nome d'Au-
gusto s'imponeva sempre ed esercitava sempre il suo
fascino sull'impero da lui fondato. È naturale quindi
che questo nome, glorificato subito dopo la sua morte
sulle monete di Tiberio coH'epiteto di PATER PATRIAE
e di DIVVS, venisse rievocato anche più tardi e la
rievocazione fu opera del senato, il quale inaugurò
così il sistema delle restituzioni.
E qui sorgono addirittura le cento dimande che
diedero luogo alle più o meno serie — e alcune
anche amene, — supposizioni dei numismatici antichi,
che qui non è più il caso di riportare, perchè ormai
definitivamente abbandonate; ma alle quali una ri-
sposta esauriente non venne finora data neppure dai
moderni ^4). Perchè tale iniziativa nella monetazione
romana venne presa dal senato e non dall'impera-
tore stesso? Perchè la coniazione di tali monete
senatorie ha un sì breve periodo ? Perchè, al cessare
di questa, incomincia, pure per un breve periodo, la
coniazione da parte degli imperatori?
E, venendo poi a discutere e vagliare i nomi
dei principi restituiti : con quale criterio se ne fece
una scelta? Non certo appoggiandosi ai meriti perso-
nali, giacché, se non abbiamo restituzioni di Caligola
e di Nerone, ne abbiamo però di Tiberio e di Claudio.
E perchè, per esempio, Nerva restituì solo monete
(4) Difatti anche l'Articolo consacrato alle Restituzioni nel recen-
tissimo: Diciionary of roman coins di Stevenson Smith e Madden (Londra
1888) si chiude con queste parole: " It must be confessed that the resto-
" ralions in question are stili left among the unsolved riddics of ancient
" numismatisni. „
132
FRANCESCO GNECCHI
d'Augusto e d'Agrippina madre e non del buon Tito
o del grande Vespasiano? E perchè M. Aurelio e
L. Vero, dopo alcuni anni che le restituzioni erano
cessate, pensarono a restituire l'unica Legione VI di
M. Antonio?
Ecco altrettanti problemi che sarebbe certo in-
teressante l'indagare; e, pensando ai quali, fui io pure
lungamente dubbioso, finché un bel giorno mi venne
la convinzione, che, se essi rimarranno probabilmente
per sempre insoluti presi ad uno ad uno nei loro
particolari, per la spiegazione dei quali ci mancano
ormai i necessari elementi, considerati invece in modo
generale, presentano una soluzione molto piana. Mi
pare anzi che i diversi problemi accennati, meglio
che sciogliere singolarmente, si debbano eliminare in
blocco. E, per bene esprimere il mio concetto, mi si
permetta di esporre come io, riportandomi a quei
tempi, immagino che realmente siano andate le cose.
Premettiamo che uno dei più prepotenti tiranni
che dominano le umane vicende, è l'uso; ed anzi,
per adoperare un' altra parola, la quale, sotto una
veste pili leggera e con un' apparenza assai poco
scientifica, esprime però piìi precisamente il mio
pensiero, la moda. Questa dea o semidea, che sembra
portare con se il profumo della freschezza e della
novità, è vecchia quanto il mondo e venti secoli or
sono esercitava il suo fascino precisamente come lo
esercita al giorno d'oggi e come verosimilmente lo
eserciterà sui mortali fin che questi passeggeranno
sotto la volta del cielo.
Orbene, senza ricercare cause recondite e pro-
fonde, io penso che a lei sola si debba attribuire l'appa-
rizione, la successiva trasformazione e il cessare delle
restituzioni. Una modificazione nella monetazione ro-
mana è un semplice episodio che riesce assai facil-
mente spiegabile con quella sola causa, alla quale
SULLK RESTITUZIONI I33
vanno attribuiti avvenimenti di ben maggiore impor-
tanza. Tito e Domiziano, volendo rievocare la me-
moria d'Augusto, fanno la trovata delle restituzioni, il
che avviene probabilmente nell'anno 80 o 81 dell'era
volgare, poiché buona parte delle restituzioni di Tito
portano appunto la data del suo ottavo consolato.
L'idea piace e, dietro alle prime, se ne fanno altre,
finché la volubile moda si volge ad altro e le resti-
tuzioni cessano con Trajano, per fare poi ancora una
eccezionale apparizione sotto Adriano e più tardi
sotto Marc'Aurelio e Lucio Vero (5).
La monetazione romana , per sé stessa emi-
nentemente commemorativa , come ordinariamente
registrava, raffigurandoli sui rovesci, tutti gli avve-
nimenti che si andavano giornalmente svolgendo, si
occupava egualmente degli avvenimenti passati, di
mano in mano che si andavano commemorando e
li celebrava, rievocando con una restituzione, il nome
di uno dei precedenti imperatori o d'un personaggio
insigne, il cui nome fosse collegato coU'avvenimento
commemorato.
(5) Un esempio che si acconcia benissimo al caso 1* abbiamo nella
coniazione delle monete multiple (piéforts) nella numismatica italiana ed
estera medioevale, coniazione che fiorì qua e là a brevi periodi, e un
altro l'abbiamo nella medaglistica italiana durante il principio di questo
secolo. La produzione delle medaglie, da qualche tempo limitatissima,
prende uno straordinario sviluppo all'epoca dell'epopea napoleonica.
Le medaglie si coniano a centinaia, ogni fatto grande o piccolo viene
commemorato con una apposita medaglia. E l'esuberanza raggiunge tali
limiti che, non bastando più gli eroi né gli uomini grandi nelle arti, nelle
lettere o nelle scienze, vengono coniate medaglie in onore di tutte le
celebri cantatrici, delle vezzose seguaci di Tersicore e persino dei co-
reografi! La febbre durò pochi anni e la produzione delle medaglie si
ridusse ben presto alle sue giuste proporzioni. Il raccoglitore di meda-
glie italiane che verrà fra molti anni non potrà spiegarsi quel periodo
che abbraccia il primo quarto del nostro secolo, fecondissimo e specia'-
mente fecondo di tnedaglie per gli eroi e le eroine da teatro, se non
dicendo: fu un capriccio della moda! e sarà nel vero. Io penso che la
stessa cosa sia avvenuta per le restituzicni romane.
134
FRANCESCO GNECCHI
Il culto degli anniversari non è certamente una
novità dei nostri tempi; era anzi vivissimo presso i
Romani (informino i voti, le feste e i giuochi), ed è
da essi che noi l'abbiamo ereditato.
Se tutte le restituzioni portassero una data — ed
è deplorevole che invece non ve ne sia che un certo
numero di quelle di Tito coli' unica data, di cui si
fece cenno più sopra — vi troveremmo probabilmente
molte coincidenze interessanti. Durante il regno di
Tito e Domiziano cade il centenario della morte
d'Agrippa, il cinquantennario della morte d'Agrippina,
di Tiberio e di Claudio, e difficile sarebbe il dire oggi
di quanti altri importanti avvenimenti relativi agli
altri personaggi restituiti cadessero gli anniversari in
quel periodo. Fatto sta che la monetazione se ne im-
padroniva, senza troppo sottilizzare se il nome, cui
l'avvenimento si riferiva, fosse veramente glorioso,
oppure semplicemente opportuno al momento. E ciò
significherebbe che la scelta dei personaggi non va
molto indagata, non essendo sempre libera e spon-
tanea; ma dipendendo bene spesso da circostanze o
da casualità passaggere. Di quanti fra i nostri anni-
versari i posteri cercheranno invano la ragione!
E da ciò si può anche dedurre che la restituzione
si riferiva al personaggio, non già alla moneta. Lo
spirito della restituzione non era certamente quello
di riconiare una precisa moneta di tempi anteriori,
bensì di ricordare un principe passato. Per far questo
si coniava una moneta che ne riproducesse il nome
e l'effige e si sceglieva generalmente un rovescio che
avesse appartenuto alle sue monete; ma, anche quando
si seguiva questa norma — il che non era costante —
non s' andava allo scrupolo nella riproduzione dei
particolari. Inutile quhidi il sottilizzare sulla maggiore
o minore fedeltà delle riproduzioni, superflue le inda-
gini per trovare ad ogni restituzione il suo archetipo
SULLE RESTITUZIONI I35
e vana la frase assai comune che di una data resti-
tuzione l'archetipo non si è ancora trovato. Non si
è trovato e non si troverà mai per la semplice ra-
gione che non ha mai esistito.
Tutto ciò vale per le restituzioni imperiali, intorno
alle quali i diversi problemi non avrebbero dunque
più ragione di esistere. Ma, al cessare di queste, ci
troviamo di fronte alle repubblicane di Trajano le
quali, per quanto ci si presentino sotto un aspetto piìi
chiaro e più facilmente spiegabile, non mancarono di
dar luogo esse pure a lunghe dispute fra i cercatori di
difficoltà. Osserviamo anche queste dalla loro origine.
Durante il primo secolo dell'impero continuarono
ad essere in corso gli antichi denari della Repubblica;
ma, siccome, per quanto consunti dalla lunga circo-
lazione, pure avevano sempre un intrinseco superiore
a quello dei denari imperiali, si presentava come
regola di saggia amministrazione economica quella
di una rifondita generale e Trajano decise di adottarla.
Eseguendo tale riforma, era anche naturale che gli
dispiacesse rinunciare completamente alle tradizioni
gloriose che questi denari repubblicani ricordavano,
e da ciò pare naturalissimo sia sorta l'idea di conser-
varne una memoria, riconiando un certo numero di
monete che riproducessero gli antichi tipi.
Ecco l'origine molto naturale e facilmente accet-
tabile delle restituzioni di Trajano. Essa venne infatti
generalmente accettata; ma le difficoltà nacquero in»
vece al punto di indagare o di indovinare quali furono
i criteri che presiedettero alla scelta delle monete da
restituire; perchè, mentre ci mancano fra le restitu-
zioni quelle di molte famiglie patrizie ed illustri, ne
abbiamo altre di famiglie plebee e quasi ignote. Dato
che si voglia entrare nel merito della questione,
bisogna osservare in primo luogo che molte famiglie
le quali ora per noi riescono oscure e certi nomi che
136 FRANCESCO GNECCHI
sono affatto ignoti al giorno d'oggi, assai probabil-
mente non erano tali allora; in secondo luogo che
noi non possiamo valutare le influenze che avranno
esercitato famiglie tuttora esistenti, che contavano
antichi magistrati monetarii fra i loro antenati e che
avevano i loro nomi iscritti sulle monete, le private
ambizioni, gli interessi personali e via dicendo.
Una considerazione però è superiore ad ogni altra
ed è che tutti questi ragionamenti sono fatti in base
ai soli monumenti che ci sono pervenuti, mentre non
sappiamo quanti ce ne restino ignoti.
La coniazione di queste restituzioni pare sia
stata molto ristretta, e certo limitatissima in confronto
alla sterminata monetazione di Trajano, dimodoché
è certo che noi non la conosciamo che assai in-
completamente, scarsissimo essendo il numero degli
esemplari che ci sono pervenuti.
I denari repubblicani furono restituiti non al peso
originario, ma al peso dei denari del tempo di Trajano,
ciò che era appunto nello spirito della riconiazione
generale e quindi entrarono nella circolazione, come
evidentemente appare dallo stato di conservazione
in generale mediocre o cattivo, caso comune a tutte
le monete rare, fra cui non v'ha scelta e ogni esem-
plare è scrupolosamente conservato. Dall' arte finis-
sima di queste restituzioni, anche relativamente al resto
della coniazione di Trajano, appare evidentemente
che i con! furono apprestati con cura speciale, pro-
babilmente dagli artisti addetti all'incisione di quelli
dell'oro; quindi è probabile che di ciascun tipo non
si fossero incisi che pochissimi coni. Non oserei certo
dire, come alcuno vorrebbe supporre, che fosse stato
fatto un solo conio di ogni tipo perchè, quantunque
le poche volte che mi occorse di vedere la stessa
moneta in due esemplari, (caso che è naturalmente
raro, vista l' estrema rarità di queste monete) mi
SULLE RESTITUZIONI I37
parve di poter quasi sempre verificare che i diversi
esemplari erano prodotti dallo stesso conio , mi
avvenne però anche il caso contrario, e cito l'esempio
del mio denaro della Cornelia (Bah. N. 17) già nella
Coli. Gosselin, poi Bclfort, il quale è prodotto da un
conio diverso da quello dell'esemplare di Vienna.
Ad ogni modo resta assodato che i denari e gli
aurei restituiti di Trajano, rari nel loro complesso,
sono tutti singolarmente rarissimi e possiamo dire con
sicurezza che fra le monete di Trajano le piij rare sono
le sue restituzioni. Difatti, un secolo fa non se ne co-
nosceva che la metà di quelle che ora si conoscono,
qualcheduna appare di tempo in tempo e ne va mano
mano aumentando la serie; molte poi non sono cono-
sciute che per un unico esemplare. Può darsi che
alcune altre esistano in piccole collezioni ignorate e,
assai più che nelle collezioni, altre parecchie possono
giacere ancora nascoste in quel gran serbatojo che
è la terra, da dove forse non usciranno mai. Di altre
infine, data l'esiguità della coniazione, è assai pro-
babile che non ne sia rimasto più alcun esemplare,
che fra l' esserne sopravissuti pochissimi, uno solo o
nessuno la differenza è assai piccola. E dunque lecito
supporre che il numero delle famiglie, cui venne reso
l'onore della restituzione, fosse assai più grande di
quello che a noi consta. Io penso che fosse estesis-
simo e andrei volontieri fino ad ammettere, come
ipotesi più naturale, che tutte le monete repubblicane
ancora in circolazione al tempo di Trajano fossero
restituite. Col che intendo dire che, se alcuni tipi
non lo furono, la ragione si deve ricercare in ciò,
che probabilmente quelli, di cui era stata più scarsa
in origine la coniazione, erano già scomparsi dal
mercato monetario, e certo non è a supporsi che
Trajano, si sia occupato a completare la serie delle
sue restituzioni con quella cura assidua e paziente
18
138 FRANCESCO GNECCHI
che impiegherebbe oggidì un raccoglitore; ma si sia
accontentato di restituire quei denari che natural-
mente gli cadevano sotto mano. Ammesso ciò, ri-
marrebbe levato di mezzo completamente anche per
queste il famoso problema della scelta.
E così, da quanto finora siamo andati dicendo,
risulterebbe che tutta la faccenda delle restituzioni,
sia repubblicane sia imperiali, invece di presentarsi
irta di difficoltà, di dubbii e di stranezze inespHcabili,
apparirebbe facile e piana, come del resto è natu-
rale che sia, perchè nell'ordine dei fatti non è strano
se non ciò che ignoriamo o che conosciamo male.
" Forse per più sottil persona si vedrebbe in
" ciò più sottile ragione; ma questa è quella ch'io
" ne veggio e che più mi piace (^). »
CLASSIFICAZIONE E COLLOCAMENTO
DELLE RESTITUZIONI.
Lasciando ora il campo della speculazione, ve-
niamo ad una questione positiva di fatto.
In tutti i cataloghi e in tutte le collezioni, le
restituzioni sono collocate sotto il nome del principe
restituito e, dirò anzi in via più generale, tutte le
monete postume sono collocate sotto il nome del
principe commemorato; così noi vediamo attribuite
ad Augusto i bronzi coniati in Roma al suo nome
sotto Tiberio, e le sue restituzioni coniate tanti anni
dopo da Tito, Domiziano, Nerva, Trajano o Adriano.
Ciò è evidentemente un anacronismo. Può passare
che le monete di consacrazione facciano quasi un
seguito alle monete dell'imperatore consacrato, come
impresse immediatamente dopo la sua morte, quasi
(6) Dante, La Vita Nuova. § XXX.
SULLE RESTITUZIONI I39
episodio finale e, come dice la stessa parola, consa-
crazione dell'estinto, e d'altronde queste monete non
portano mai il nome di chi le ha coniate; ma le
monete postume e di restituzione non v' ha dubbio
che devono essere collocate ed attribuite a chi le
ha fatte coniare, qualunque sia il nome che esse
vogliono ricordare e 1* effigie che portano, la quale
costituisce il rovescio e non il dritto della moneta.
L'aver considerato come dritto il lato della testa
fu il primo malinteso che portò l'errore di colloca-
mento delle monete restituite; mentre il dritto è
quello che porta il nome dell' Augusto che fece
coniare la moneta (7), e se, per una semplice acciden-
talità o, diremo più precisamente, per l'indole della
moneta stessa, il rovescio, invece di una rappresen-
tazione storica, allegorica, religiosa od altro, porta
un ritratto d' un principe trapassato , ciò non ne
modifica punto la natura e non ne muta la proprietà.
Si lasci dunque che Tito e Domiziano abbiano nella
serie delle proprie monete quelle da essi restituite al
nome d'Augusto, di Livia, d'Agrippa e via dicendo,
Nerva monete colla testa d'Augusto e d'Agrippina
madre, Trajano tutte le numerose sue restituzioni
repubblicane ed imperiali; sarà assai più ragionevole
che disseminarle in un periodo di quattro secoli. Le
teste di G. Cesare, d'Augusto, di Galba o qualunque
altra e tutti gli antichi tipi repubblicani non faranno
che aumentare le varietà de' rovesci dei diversi
restitutori, mentre le monete sono e resteranno
sempre vere e proprie monete di chi le ha fatte
coniare e non mai dei principi restituiti. Fare altrimenti
e seguire l'antico sistema di classificazione sarebbe
come attribuire ad Anco Marzio o a Numa Pompilio
alcune monete dei Calpurni e dei Marci perchè
(7) E così le ho disposte nella tavola.
140 FRANCESCO GNECCHI
portano le teste di quei re. Nelle monete della Re-
pubblica a nessuno è mai venuto il pensiero di fare
una simile classificazione perchè V anacronismo e
l'assurdo sarebbero troppo evidenti; si è adottato
invece generalmente per le imperiali perchè s'è co-
minciato da principio a scambiare il dritto pel rovescio
e perchè l'anacronismo non riusciva così patente;
esso però esiste egualmente ed è da augurarsi che
l'errato sistema cessi nelle classificazioni che aspirano
al nome di serie.
DESCRIZIONE DELLE RESTITUZIONI.
RESTITUZIONI DI TITO,
A Augusto.
1. Sesterzio. — Sconosciuto a Cohen. Coli. Gnecchi (8).
^B" — DIVVS AVGVSTVS PATER. Augusto radiato seduto
a sinistra con un ramo e un lungo scettro. — 1^ — IMP
T CAES DIVI VESP F AVG P M TR P P COS Vili. Nel
campo RESI S C. (Anno 80 o 81 d. C).
2. Sesterzio. — Coh. suppl. 68.
^ - DIVVS AVGVSTVS PATER. Augusto radiato seduto
a sinistra con una patera e uno scettro. — 1^ — T CAES
DIVI VESPI F AVG P M TR P Vili. Nel campo REST S C.
3. Sesterzio. — Coh. 481.
^ — DIVVS AVGVSTVS PATER. Augusto radiato seduto
a sinistra con un ramo e un lungo scettro. Davanti a
lui un'ara accesa. - 1^ - IMP T CAES DIVI VESP F
AVG P M TR P COS Vili REST. Nel campo S C.
(8) Vedi Gazze/fa Nuniisinatica di Como. Anno i886.
SULLE RESTITUZIONI I4I
4. Sesterzio. — Coh. 482.
La stessa moneta senza la parola RESI nel rovescio.
Di queste quattro varietà di un tipo simile, quelle coli' ara accesa
hanno il loro archetipo nel sesterzio d'Augusto coniato sotto Tiberio
(Coh. N. 27). Le prime sono due varietà in cui 1' ara venne soppressa.
5. Dnpondio. — Coh. 488.
^ — DIVVS AVG-VSTVS PATER. Testa radiata a destra. —
9 - IMP T VESP AVG RESI S C Vittoria che vola a
sinistra con uno scudo sul quale si legge S P Q R.
6. Dnpondio. — Coh. 487.
La stessa moneta con testa radiata a sinistra.
Questo tipo della Vittoria è pure conosciuto in un dupondio d'Au-
gusto coniato sotto Tiberio (Coh. N. 280).
7. Asse. — Coh. 483.
^' - DIVVS AVGVSTVS PATER. Testa radiata a destra.
- 9/ - IMP T VESP AVG- REST S C. Aquila su di un
globo, rivolta a destra.
8. Asse. — Coh. 484.
La stessa moneta con testa radiata a sinistra.
9. Asse. — Coh. 484 var.
Come il precedente con RESTITVIT.
10. Asse. — Coh. suppl. 70.
^ - DIVVS AVGVSTVS PATER. Testa radiata a destra.
- 91 - IMP T VESP AVG REST S C Aquila su di un
globo rivolta a sinistra.
11. Asse. — Coh. suppl. 69.
La stessa moneta con testa radiata a sinistra.
12. Asse. — Coh. Aggiunte N. 5, pag. 417.
Variante del N. 11. (Coh. suppl. 70) con RESTITVIT.
13. Asse. — Coh. 485.
^ — DIVVS AVGVSTVS PATER. Testa radiata a destra.
- 5< - IMP T VESP AVG REST. Aquila su di un fulmine
rivolta a sinistra.
14. Asse. — Coh. 486.
La stessa moneta con testa radiata a sinistra.
142 FRANCESCO GNECCHI
15. Asse. — Inedita. Coli. Brera.
B' — DIVVS AVG-VSTVS PATER. Testa radiata a sinistra.
- 9* - IMP T CAES AVG RESTITVIT. Aquila su di un
cippo volta a sinistra.
L'aquila sul globo è rappresentata in un asse d'Augusto coniato
sotto Tiberio (Coh. N. 282); sul fulmine e sul cippo non la troviamo
nei bronzi d'Augusto.
16. Asse. — Coh. 489.
& — DIVVS AV&VSTVS PATER. Testa radiata a sinistra.
— ^ IMP T AVG REST S C. Ara e all'esergo PROVIDENT.
17. Asse. — Coh. 489 var.
La stessa moneta con — 9* — IMP T VESP AVG REST.
i8. Asse. — Coh. Aggiunte 4.
ÌB' — Come il precedente. - ^ — IMP T CAES AVG
RESTITVIT. Ara e all'esergo PROVIDER".
Anche quest'ultimo tipo è conosciuto e anzi comunissimo in un asse
d'Augusto coniato sotto Tiberio (Coh. N. 272).
B Livia.
1. Diipondio. — Coh. 6.
^ — IVSTITIA. Busto diademato di Livia a destra. —
9( - IMP T CAES DIVI VESP F REST. Nel campo S C
2. Dupondio. — Coh. 7.
^' - Lo stesso. - P — IMP T CAES DIVI VESP F AVG
P M TR P P P COS Vili RESTITV in doppia leggenda.
Nel campo S C (Anno 80 o 81 d. C).
3. Dupondio. — Coh. 8.
^ — PIETAS. Busto velato di Livia a destra. — p — IMP
T CAES DIVI VESP F AVG RESTIT. Nel campo S C
4. Dupondio. — Var. del prec. Coli. Gnecchi.
Varietà del precedente con REST.
5. Dupondio. — Sconosciuto a Coh. Coli. Gnecchi (9).
^ - PIETAS. Busto velato di Livia a destra. — 9* — IMP
(9) Vedi Gazzetta Numismatica di Como 1886.
SULLE RESTITUZIONI I43
T CAES DIVI VESP F AVG P M TR P P P COS Vili
RESTITVIT in doppia leggenda. Nel campo S C. (Anno 80
o 8[ d. C).
I due tipi ivsTiTiA e pietas dei dupondii di Livia sono esattamente
riprodotti nelle Restituzioni. Potrebbe darsi che si ritrovasse anche la
restituzione del terzo che porta la leggenda salvs avgvsta, del quale
nell'archetipo esiste l'asse e il dupondio. Nei primi due tipi non vidi
mai che dupondii.
C Agrippa.
I. Asse. -- Coh. 5.
/B' — M AGRIPPA L F COS MI. Testa a sinistra colla corona
rostrale. - :^ - IMP T VESP AVG- REST S C. Nettuno
col tridente e un delfino.
Questa Restituzione riproduce fedelissimamente (comprese le leg-
gende originali, a cui viene aggiunta quella di Restituzione) il comune
medio bronzo d'Agrippa.
D Tiberio.
1. Sesterzio. — Coh. 57.
B' - CIVITATIBVS ASIAE RESTITVTIS. Tiberio laureato
seduto a sinistra con una patera e uno scettro. —
P - IMP T CAES DIVI VESP F AVG P NI TR P P P COS
VIII REST. Nel campo S C. (Anno 80 o 81 d. C).
Esatta riproduzione del bronzo di Tiberio (Coh. N. 51).
2. Asse. — Coh. 58.
/B* - TI CAESAR DIVI AVG F AVGVST IMP Vili. Testa
nuda a destra. - ^f - IMP T CAES DIVI VESP F AVG
RESTITVIT. Nel campo S C (Anno 75 d. C).
3. Asse. — Coh. 59.
& — Medesima leggenda. Testa nuda a sinistra. —
^ - IMP T CAES DIVI VESP F AVG REST. Nel campo S C.
4. Asse. — Coh. 60.
/©' — Come il precedente. - 9^ — IMP T CAES DIVI
VESP F AVGVST TR P P P COS Vili RESTITVIT (in
doppia leggenda). Nel campo S C
144 FRANCESCO GNECCHI
5. Asse. — Coh. 60 var.
^ — Come il precedente. - ^ - IMP T CAES DIVI
VESP F AVG- P M TR P P P COS Vili RESTITVIT (in
doppia leggenda). Nel campo S C
Questi quattro assi riproducono, colla semplice mutazione della
leggenda nel rovescio, quelli descritti ai Numeri 30 a 33 di Cohen.
6. Asse. — Coh. 61.
^ — Come i due precedenti. - 9/ - IMP T CAES DIVI
VESP F AVG RESI S C. Caduceo alato.
Simile all'asse descritto al N. 37 di Tiberio.
E Druso.
1. Asse. — Coh. 4.
'!& — DRVSVS CAESAR TI AVO F DIVI AVG N- Testa nuda
a sinistra. — P - IMP T CAES DIVI VESP F AVG REST.
Nel campo S C
2. Asse. — Coh. 5.
';& - Come il precedente. - ^1 — IMP T CAES DIVI
VESP F AVG P M TR P P P COS Vili RESTITV (in dop-
pia leggenda). Anno 80 o 81 d. C.
Riproduzione dei due assi di Druso. Coh. N. 2 e 3.
F Nerone Druso.
I. Sesterzio. — Coh, 7.
^ - NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP. Testa
nuda a sinistra. — :^ — IMP T CAES DIVI VESP F AVG-
P M TR P P P COS Vili REST. Nel campo S C (Anno
80 o 81 d. C).
Archetipo sconosciuto. Di Nerone Druso non abbiamo che un solo
sesterzio coniato sotto Claudio, sul cui rovescio, Druso è rappresentato
seduto in mezzo a delle armi. La descritta restituzione non è conosciuta
che per un esemplare appartenente già alla collezione Duprè.
G Germanico.
I. Asse. — Coh, 8,
^ - GERMANICVS CAESAR TI AVG F DIVI AVG N. Testa
nuda a destra. — \^ — IMP T CAES DIVI VESP P AVG
REST. Nel campo S C.
SULLE RESTITUZIONI I45
2. Asse. — Coh. 9.
;& — Come il precedente. - T^ - IMP T CAES DIVI VESP
F AVG P M TR P P P COS Vili RESTITV (in doppia leg-
genda). Nel campo S C (Anno 80 o 8i d. C).
3. Asse. — Coh. suppl. 4.
^ — Medesima leggenda. Testa nuda a sinistra. —
I^ - IMP T CAES DIVI VESP F AV& P M TR P P P
COS vili RESTITVIT in doppia leggenda. Nel campo S C
Le tre restituzioni riproducono i tre assi di Germanico (Coh. 2, 3 e 4)
coniati sotto Caligola e l'altro (Coh. 6) coniato sotto Claudio, i quali tutti
non hanno al rovescio che le lettere s e con leggenda commemorante
l'imperatore che le fece coniare.
H Agrippina Madre.
[. Sesterzio. — Coh. 3.
^ - AGRIPPINA M F GERMANICI CAESARIS. Busto a
destra. - 1> - IMP T CAES DIVI VESP F AVG P M TR
P P P COS Vili REST. Nel campo S C (Anno 80 o 81 d. C).
Riproduzione del sesterzio coniato da Claudio in onore d'Agrippina
(Coh. N. 2); solo che la leggenda originale riferentesi a Claudio venne
sostituita da quella di restituzione.
/ Claudio.
1. Sesterzio. — Coh. gì.
^^ - TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP P P.
Testa laureata a destra - P — IMP T VESP AVG REST
S C. La Speranza che cammina a sinistra con un fiore
e sollevandosi la veste.
2. Sesterzio. — Coh. 90.
La stessa, con testa laureata a sinistra.
Tipo esatto del sesterzio colla leggenda spes, descritto al N. 88 di
Cohen.
3. Dupondio. — Coh. 92.
/!>' — TI CLAVDIVS CAES AVG P M TR P IMP P P. Testa
nuda a destra. - ^ — IMP T CAES AVG REST S C.
Cerere velata seduta a sinistra con due spighe e una torcia.
Tipo identico del dupondio colla leggenda ceres avgvsta, descritto
al N. 72 di Cohen.
'9
146 FRANCESCO GNECCHI
4. Asse. — Coh. 93.
ly - TI CL CÀESAR AVG- P M TR P IMP P P. Testa nuda
a destra. - P - IMP TITVS VESP REST S C Pallade
galeata a sinistra con un'asta e portando la mano alla
bocca.
5. Asse. — Sconosciuto a Cohen. Coli. Gnecchi.
^ - T CLÀVDIVS CAESAR AVG- P M TR P IMP. Testa
nuda a destra. - ^l^ — IMP T VESP AVG REST. Pallade
come nel precedente.
Questi due ultimi assi hanno il tipo dell' asse colla leggenda con-
STANTiAE AVGvsTi, descntto al N. 37 di Cohen.
6. Asse. — Coh. 94,
^ - TI CLÀVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP P P. Te-
sta nuda a destra. — P — IMP T VESP AVG REST S C.
Pallade galeata a destra collo scudo e in atto di lanciare
un giavellotto.
7. Asse. — Coh. 95.
La stessa con testa nuda a sinistra.
Tipi dell'asse senza leggenda, ma colla rappresentazione di Pallade
battagliera, descritto al N. 87 di Cohen.
K Galea.
r. Sesterzio. — Coh. 247.
rB' - IMP SER SVLP GALBA CAES AVG TR P. Testa lau-
reata a destra. — :^ — IMP T CAES DIVI VESP F AVG
P M TR P P P COS Vili REST. Nel campo S C. (Anno
80 o 81 d. C).
2. Asse o Dupondio? — Coh. 248.
^ - SER GALBA IMP CAES AVG TR P. Testa laureata
a destra. - 1^ - IMP T CAES DIVI VESP F AVG REST.
Nel campo S C.
3. Dupondio. — Sconosciuto a Cohen. Coli. Gnecchi (^o).
^ - SER GALBA IMP CAES AVG TR P. Testa laureata a
destra. - 9^ - IMP T CAES DIVI VESP F AVG P M TR
(io) Pubblicato nella Gazzetta Numismatica di Como anno 1886.
SULLE RESTITUZIONI I47
P P P COS Vili RESTITVIT. In doppia leggenda. Nel
campo S C
Di Galba non si conoscono bronzi colle semplici lettere s e al rovescio.
4. Asse o Dupondio? — Coh. 249.
1& - SER GALBA IMP CAES AVG- TR P. Testa laureata a
destra. - ^1 — IMP T VESP AVO REST S C. La Libertà
con un berretto e uno scettro.
Molti sono i bronzi (assi e dupondii) di Galba col tipo della Libertà
e colle leggende libertas avgvsta o libertas pvblica. — Vedi Cohen
da N. 134 a 155.
5. Asse o Dupondio? — Coh. 250.
^ - Come i precedenti. - 1^ — IMP T VESP AVG REST
S C. La Pace laureata a sinistra colla cornucopia e con
una face abbassata, con cui dà fuoco ad un mucchio d'armi.
La Pace con questi emblemi è rappresentata in un dupondio di
Galba descritto al N. 173 di Cohen, colla leggenda paxs avgvsti.
RESTITUZIONI DI DOMIZIANO.
A Augusto.
1. Asse. ~ Coh. 490.
^ — DIVVS AVGVSTVS PATER. Testa radiata a sinistra.
Sopra una stella. - ^^ - IMP D CAES AVG RESTITVIT
S C. Aquila su di un globo rivolta a destra.
Vedansi i tipi simiU di Tito. (5, 6, 7, 8).
2. Asse. — Coh. 491.
^ — Come il precedente. — 1^ — IMP D AVG REST S C.
Ara. AU'esergo PROVIDEIT.
Vedasi il tipo simile di Tito (N. 13).
Il Cohen (Suppl. N. 71) pubblica, come altra restituzione di Domi-
ziano, la seguente:
D — DIVVS AVGVSTVS PATER. Tcsta radiata a sinistra. — R — imp
D VESP AVG REST s c Vittoria che cammina a sinistra con uno scudo
su cui si leggono le lettere s p q r.
E nella li Edizione aggiunge che questo bronzo è di fabbrica asiatica.
Quanto a me inclinerei a credere che sia un bronzo barbaro, nel quale
venne mutato per errore il t in un d, perchè il nome di Vespasiano
non si vede mai associato a quello di Domiziano e si tratterebbe quindi
del Dupondio restituito da Tito.
148 FRANCESCO GNECCHI
B Agrippa.
I. Asse. — Coh. 6.
B' — \A AG-RIPPA L F COS III. Testa a sinistra colla co-
rona rostrale. - ^ - IMP D AVG RESI S C Nettuno
di fronte col tridente e un delfino.
Tipo del bronzo comune d'Agrippa, come la restituzione di Tito.
C TlBEBIO.
I. Asse. — Coh. 62.
^' - TI CAESAR DIVI AVO F AVGVST IMF Vili. Testa
laureata a sinistra. — ^ - IMP D CAES DIVI VESP F
AVG REST. Nel campo S C
Tipo di alcuni bronzi di Tiberio, come le restituzioni di Tito (N. 2,
3. 4. e 5).
D Druso.
I. Asse. — Coh. 6.
^B' - DRVSVS CAESAR TI AVG F DIVI AVG N. Testa nuda
a sinistra. - 1^ - IMP D CAES DIVI VESP F AVG RESI.
Nel campo S C
Tipo identico alla restituzione di Tito (N. i).
E Germanico.
I. Asse. — Coh. IO,
^^ - GERMANICVS CAESAR TI AVG F DIVI AVG N. Testa
nuda a sinistra. - ^ - IMP D CAES DIVI VESP F AVG
REST. Nel campo S C.
Tipo identico alla restituzione di Tito (N. i).
F Claudio.
T. Sesterzio. — Coh. 96.
-B' - TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP P P.
Testa laureata a sinistra. — Ijj - |mP D CAES AVG
REST S C La Speranza che cammina a sinistra con un
fiore e sollevandosi la veste.
Tipo identico alla restituzione di Tito (N. i).
SULLE RESTITUZIONI I49
2. Asse. — Sconosciuto a Cohen, Coli. Romussi a Milano.
,& - TI CLAVDIVS CAESAR AVO P M TR P IMP P P.
Testa nuda a destra. - 1^ - IMP P AVG RESI S C
Pallade galeata e collo scudo a destra in atto di lanciare
un giavellotto,
3. Asse. — Coh. suppl. 14.
fB* — Leggenda come il precedente; ma testa nuda a
sinistra. — ^ — Come il precedente.
4. Asse. — Sconosciuto a Cohen, Coli. Gnecchi.
Come il precedente colla leggenda del rovescio IMP DOMIT
AVO REST S C
Vedi 1 tipi identici alle restituzioni di Tito. (N. 6 e 7).
RESTITUZIONI DI NERVA.
(Argento).
A Augusto.
r. Denaro (^i). — Coh. 492 d'Augusto.
ly — DIVVS AVGVSTVS. Testa nuda d'Augusto a destra.
- 9( — IMP NERVA CAES AVG REST. Capricorno a
destra con un globo e un timone ; sul suo dorso una
cornucopia.
Riproduzione del denaro N. 52 di Cohen.
2. Sesterzio. — Coh. 493.
,& — DIVVS AVGVSTVS. Testa laureata a destra. — 1^ -
IMP NERVA CAESAR AVGVSTVS REST. Nel campo S C.
3. Sesterzio. — Coh. 494.
i^ — DIVVS AVGVSTVS. Testa laureata a sinistra. —
^ — Come il precedente.
I sesterzi d'Augusto colle lettere s e occupanti il campo del rove-
scio e con leggenda relativa a Tiberio (mutato qui nella leggenda di
restituzione) non hanno mai al dritto la testa d'Augusto, bensì la sua
figura seduta colla leggenda divvs avgvstvs pater (quali furono resti-
tuiti da Tito), oppure il carro tirato dagli elefanti o finalmente lo scudo
coi capricorni. Dimodoché il vero archetipo si può dire che non esiste.
(11) L'esemplare riprodotto alla tavola appartiene al Museo Bri-
tannico e forse è unico.
I50
FRANCESCO GNECCHI
4. Sesterzio. — Coli. 499.
iSf - IMP NERVA CAESAR AVCrVSTVS RESI. Augusto se-
duto a sinistra, presso di un' ara accesa, con un ramo
d'alloro e lo scettro. — ^ — DIVVS AVGVSTVS. Nel
campo S C.
Il dritto è imitato dal sesterzio coniato da Tiberio (Coh. 27) colla
leggenda divvs avgvstvs pater, alla quale, eccezionalmente venne so-
stituita la leggenda di restituzione, che solitamente è posta al rovescio.
Al rovescio venne di conseguenza collocata la leggenda del dritto ab-
breviata in DIVVS AVGVSTVS.
5. Dupondio. — Coh. 495.
^ - DIVVS AVGVSTVS. Testa radiata a destra. — IJf —
IMP NERVA CAES AVG REST S C Timone su di un globo.
Il tipo del timone su di un globo non si conosce fra le monete
d'Augusto, ma solamente fra quelle di Tiberio (V. Coh. N. 26, 27, e 28),
e sono assi.
6. Asse. — Coh. 496.
1& — Stessa leggenda. Testa nuda a destra. — I^ — IMP
NERVA CAES AVG REST S C. Altare.
Tipo dell'asse N. 272, a cui venne soppressa la leggenda provident.
7. Asse. — Coh. 497.
^ - Come il precedente. - 9/ - IMP NERVA CAES AVG
REST S C Fulmine.
Tipo dell'asse N. 281.
8. Asse. — Coh. 498.
^ — Come il precedente. — ?! - IMP NERVA CAES AVG
REST S C Aquila su di un fulmine rivolta a destra.
9. Asse. — Sconosciuto a Cohen, Collez. Doimo Savo a Spalato.
^ - Come il precedente. — 9/ - IMP NERVA CAES AVG
REST S C Aquila su di un globo, rivolta a destra.
B Agrippina Madre.
I. Sesterzio. — Coh. suppl. 2.
,^ — AGRIPPINA M F GERMANICI CAESARIS. Busto a de-
stra. - ^ — IMP NERVA CAES AVG P M TR P COS
III P P. Nel campo REST S C
Riproduzione del sesterzio coniato da Claudio in onore d'Agrippina;
solo che alla leggenda originale del rovescio venne sostituita quella
di restituzione.
SULLE RESTITUZIONI 15I
RESTITUZIONI DI TRAJANO (12).
A Giulio Cesare.
1. Aureo (13). — Coh. 53.
©' - C. IVLIVS CAES IMP COS III. Testa nuda di Giulio
Cesare a destra. - 1^ - IMP CAES TRAIAN AVO GER
DAC P P RESI. Venere seminuda a destra appoggiata
a una colonna con un elmo e un'asta.
L'archetipo di questa restituzione non esiste. Il rovescio della Ve-
nere Vittoriosa, quale viene qui rappresentato, non appare che sotto
Augusto ed è poi riprodotto da Tito.
2. Aureo. — Coh. 54.
i^ — DIVVS IVLIVS. Testa nuda di G. Cesare a destra.
— IJ( — Leggenda di restituzione come la precedente.
Nemesi che cammina a destra con un caduceo. Ai suoi
piedi un serpente.
Anche di questa restituzione l'archetipo non esiste. La Nemesi non
è introdotta che nelle monete di Claudio.
B Augusto.
1. Denaro. — Coh. 500.
^ — CAESAR III VIR R P C. Testa nuda a destra. —
^ — Leggenda e. s. Sedia curule, su cui una corona.
Manca l'archetipo. Il tipo della sedia curule viene introdotto sola-
mente da Tito e Domiziano.
2. Aureo. — Coh. 501.
^ — DIVVS AVGVSTVS. Testa laureata a destra. — pi —
Leggenda e. s. Aquila romana fra due insegne.
Manca l'archetipo. Il rovescio dell' Aquila romana fra le due inse-
gne è proprio del solo Nerone.
3. Aureo. — Coh. 502.
^' — CAESAR AVG-VSTVS DIVI F PATER PATRIAE. Testa
(12) Si omette la serie delle restituzioni repubblicane le quali sono
troppo note e d'altronde qui non avrebbero interesse, essendo, come si
disse, la riproduzione esatta dei denari originali.
(13) Tutte le restituzioni di Trajano riprodotte nella tavola appar-
tengono alla mia collezione.
152
FRANCESCO GNECCHI
laureata a destra. — ^ — Leggenda di restituzione e. s.
Coccodrillo a destra.
La rappresentazione del coccodrillo è riprodotta dal denaro d'Au-
gusto che porta la leggenda aegypto capta. (Coh. 41). È variata anche
la leggenda del dritto, la quale nel denaro originale è caesar cos vi,
ed è levato il bastone augurale che pure figura nell'originale dietro la
testa d'Augusto. Di più la testa d'Augusto, nuda nel denaro, qui è laureata.
C Tiberio.
I. Aureo. — Coh. 63.
^ — -W CAESAR DIVI AVO F AYGVSTVS. Testa laureata
a destra. — p — Leggenda e. s. Livia seduta a destra
con uno scettro e un fiore.
Questa restituzione riproduce esattamente 1' aureo o il denaro di
Tiberio col rovescio di Livia meno la leggenda pontif maxim del rovescio.
D Claudio.
1. Aureo. — Coh. 97.
^ — DIVVS CLAVDIVS. Testa laureata a destra. — ^ —
Leggenda e. s. La Concordia seduta a sinistra con una
patera e una doppia cornucopia.
L'archetipo manca. Il tipo della Concordia, come qui rappresentato,
non appare che sotto Vitellio e viene poi adottato da Vespasiano e
da Tito.
2. Aureo. — Coh. Suppl. 15.
^ — 1\ CLAVD CAESAR AVO P M IR P VI IMP X. Testa
laureata a destra. — ^ — Leggenda e. s. La Speranza
che cammina a sinistra, con un fiore e sollevandosi la
veste.
E il tipo di un sesterzio comune di Claudio, il quale porta la leg-
genda SPES avgvsta; manca però sia nell'oro che nell'argento.
3. Aureo. — Sconosciuto a Cohen, Coli. Gnecchi (h).
^' — DIVVS CLAVDIVS. Testa laureata a destra. —
^ — Leggenda e. s. Vesta velata e diademata seduta
a sinistra con una patera e una face.
L'archetipo manca, e la rappresentazione di Vesta è contemporanea
a Tra Jane.
(14) Pubblicato nella Riv. It. di Num. 1888. Appunti di Num. Rem.
N. I. Vedi riproduzione nella unita tavola III.
SULLE RESTITUZIONI 15
E Galea.
I. Aureo. — Coh. N. 251.
^ — GALBA IMPERATOR. Testa laureata a destra. —
p — Leggenda e. s. La Libertà a sinistra col berretto
e un'asta.
Esiste un aureo di Galba con questa rappresentazione al rovescio
accompagnata dalla leggenda libertas pvblica. Al dritto porta imp
GALBA.
F Vespasiano,
1. Aureo. — Coh. 507.
^ - IMP CAESAR VESPASIANVS AVG COS Villi. Testa
laureata a destra. — ^ — Leggenda e. s. Prigioniero
inginocchiato appiedi d'un trofeo.
Questo rovescio non appare che sotto il regno di Tito.
2. Aureo. — Coh. 508.
^' - DIVVS VESPASIANVS. Testa laureata a destra. -
P — Leggenda e. s. Fulmine alato su di un trono.
Anche questo rovescio non appare che sotto il regno di Tito.
3. Aureo. — Coh. suppl. 94.
^' - DIVVS VESPASIANVS. Testa laureata a destra. -
^ — Leggenda e. s. Busti affrontati e paludati di un
giovane a testa nuda con un caduceo dietro le spalle
(Mercurio?) e d' un uomo barbuto (Ercole?) pure a capo
scoperto. Al disotto un astro.
L'archetipo di questa moneta non solo ci manca fra le monete di
Vespasiano, ma ci è affatto sconosciuto. Potrebbe darsi si trattasse
d'una moneta estremamente rara, di cui non giunse alcun esemplare
fìno a noi.
G Tito.
I. Aureo. — Coh. 317.
^' - IMP TITVS CAES VESPASIAN AVG P M. Testa lau-
reata a destra. — j^ — Leggenda e. s. Trofeo.
La moneta è conosciuta fra quelle di Tito, con leggenda indicante
una data al rovescio.
154
FRANCESCO GNECCHl
2. Aureo. — Coh. 318.
^ _ DIVVS TITVS. Testa laureata a sinistra. — 5* —
Leggenda e. s. Fulmine alato su di un trono.
Nel rovescio è qui riprodotta una vera moneta di Tito, senza la
leggenda, che nelle monete originarie porta varie date. Questo rovescio
è quello che appare anche nell'aureo che lo stesso Trajano restituì di
Vespasiano, e che fu descritto al N. 12. Anzi aggiungerò che i due
esemplari della mia collezione, uno col nome di Vespasiano l'altro con
quello di Tito, hanno il rovescio prodotto dall'identico conio.
H Nerva.
1. Aureo. — Coh. 124.
^ — DIVVS NERVA. Testa laureata a destra. - :^ -
Leggenda e. s. Nerva con uno scettro e un ramo, seduto
su di un carro tirato da due elefanti.
L'archetipo manca fra le monete di Nerva. Un rovescio simile, se
non identico, è conosciuto in un aureo di Nerone e Agrippina.
2. Aureo. — Coh. 125.
i^ - DIVVS NERVA. Testa laureata a destra. - ^ - Leg-
genda e. s. Due mani giunte.
Moneta comune fra gli aurei e i denari di Nerva, con leggenda
indicante una data.
RESTITUZIONI D'ADRIANO.
A Augusto.
I. Medaglione d'argento di conio asiatico. Coh. 503.
^ — IMP CAESAR AVG-VSTVS. Testa nuda a destra. -
^ — HADRIANVS AV& P P REN. Adriano velato a de-
stra. Tiene un mazzo di spighe (15) nella destra ed ha la
sinistra avvolta nella toga.
In questo medaglione troviamo eccezionalmente la parola ren
(ovavit) in luogo di rest (ituit), motivo pel quale la moneta non la si
(15) Cohen dice con ima patera; ma è evidentemente un errore,
perchè Cohen descrive l'esemplare di Londra, e l'esemplare di Londra
è quello che figura pel primo nell'unita tavola, ove si vedono chiara-
mente due spighe nella destra dell'imperatore. Il secondo esemplare della
stessa tavola III (che ho creduto pure di riprodurre, trattandosi forse dei
due soli esemplari esistenti da questa rarissima moneta) appartiene alla
SULLE RESTITUZIONI I55
vorrebbe ritenere una vera restituzione, argomentando che più probabil-
mente potesse riferirsi al rinnovamento di qualche tempio o di qualche
monumento; e anche Eckkel, dopo aver citate le diverse opinioni, con-
clude dicendo : Arbitretitr lector, cuj'us explicaiio videatur praeferenda.
Quanto a me, considerando che il verbo renovare ha molto prossima-
mente lo stesso significato del verbo restituire, che si tratta di una co-
niazione asiatica, il che può far ammettere una piccola differenza lin-
guistica, e che infine si tratta di una rievocazione come è nell'indole
di tutte le altre restituzioni, non esisterei a collocarla fra queste.
B Trajano.
I. Denaro. — Coh. 541.
B' - DIVVS TRAIANVS PATER AVG-VSTVS. Busto laureato
a destra. - ^ — m? HADRIAN DIVI NER TRAIAN OPT
FIL RES. Adriano sacrificante presso di un'ara.
Il tipo non esiste fra le monete di Traiano. Pare che Adriano si
sia piuttusto ispirato alle monete proprie, riproducendo il tipo di un
suo denaro che porta la leggenda vota pvblica, e accompagnando
colla propria figura sacrificante 1' omaggio figliale d' una rievocazione
dell' effigie paterna. A questa dunque unicamente si riferisce la resti-
tuzione.
RESTITUZIONE M. AURELIO E LUCIO VERO.
(Argento).
A M. Antonio.
I. Denaro. — Coh. 84.
B — ÀNTONIVS AVGVR III VIR R P C Galera pretoriana.
— ^ — LEG- VI. Aquila legionaria tra due insegne mi-
litari. All'intorno: ANTONINVS ET VERVS REST.
Questa restituzione riproduce esattamente il denaro della Leg. VI
di M. Antonio, meno la dififerenza di leggenda, la quale nel denaro
originario è semplicemente ant avg in luogo di antoninvs avgvr.
mia collezione. Come si vede è prodotto da altro conio e nella mano
dell'imperatore si vedono tre spighe. Riesce tanto più strana la descri-
zione di Cohen, perchè anche Eckhel, il quale riportava la moneta da
Vaillant (Voi. II, pag. 30), come esistente nel Museo Apostolo Zeno (e
forse è il medesimo esemplare del Museo Britannico) dice: Figura togata
stans d. duas spicas praefert, sinistra togae involuta (Voi. V, pag. 102).
Prospetto riassuntivo delle Restituzioni imperiali
Tipo
Moneta
Restitutori
Aquila legionaria Denaro
M. ANTONIO
M. Aurelio e L, Vero
GIULIO CESARE
Venere
Aureo
—
—
_
Trajano
_
Nemesi
Aureo
—
—
—
Trajano
—
AUGUSTO
S C nel campo
Sesterzio
Tito
_
Vittoria
Dupondio
Tito
—
Nerva
_
Timone e Globo
Dupondio
—
—
Nerva
.._
_
Aquila sul globo
Asse
Tito
Domiziano
Nerva
—
—
Aquila sul fulmine
Asse
Tito
—
Nerva
—
—
Aquila sul cippo
Asse
Tito
—
—
—
Ara
Asse
Tito
Domiziano
Nerva
—
—
Fulmine
Asse
—
—
Nerva
—
—
Capricorno
Denaro
—
—
Nerva
—
—
Sedia curule
Denaro
—
—
—
Trajano
—
Aquila legionaria
Aureo
—
—
—
Trajano
—
Coccodrillo
Aureo
—
—
—
Trajano
—
Adriano velato
Med. d'argento
—
—
—
—
Adriano
LIVIA
La Giustizia
Dupondio
Tito
—
—
La Pietà
Dupondio
Tito
—
—
—
—
AGRIPPA
Nettuno
Asse
Tito
Domiziano
-
-
-
TIBERIO
S C nel campo
Sesterzio
Tito
_
„
Asse
Tito
Domiziano
—
—
—
Caduceo
Asse
Tito
—
—
—
—
Livia
Aureo
—
—
—
Trajano
—
DRUSO
S C nel campo
Asse
Tito
Domiziano
—
_
_
SULLE RESTITUZIONI
157
Tipo
Moneta
Restitutori
S e nel campo Sesterzio
S C nel campo Asse
NERONE DRUSO
Tito —
GERMANICO
Tito Domiziano
S C nel campo
AGRIPPINA MADRE
Sesterzio Tito — Nerva —
La Speranza Sesterzio
Cerere Dupondio
Pallade pacifica Asse
(Tipo della Costanza)
Pallade guerriera Asse
La Concordia Aureo
La Speranza Aureo
Vesta Aureo
CLAUDIO
Tito Domiziano
Tito —
Tito —
Domiziano —
Tito
Trajano
Trajano
Trajano
S C nel campo Sesteriio
S C nel campo Dupondio
La Libertà Asse?
La Pace Asse?
La Libertà Aureo
GALEA
Tito
Tito
Tito
Tito
— Trajano
Trofeo Aureo
Fulmine sul trono Aureo
Due busti Aureo
VESPASIANO
Trajano
Trajano
Trajano
Trofeo Aureo
Fulmine sul trono Aureo
TITO
Trajano
Trajano
Carro d'elefanti Aureo
Due mani giunte Aureo
Adriano sacrificante Denaro
NERVA
TRAJANO
Trajano —
Trajano —
— Ad;-iaD0
Francesco Gnecchi.
LO ZECCHINO DI PORCIA
Fra le monete cosidette " di ostentazione „, e
tutte qual piia qual meno pregevoli e rare, le quali
furono coniate al di là delle Alpi nel secolo scorso
per conto di signori italiani, quasi soltanto a far
pompa dell'arme sormontata dal berretto principesco,
e del titolo di Principe del Sacro Romano Impero, la
meno nota e insieme la piij squisitamente preziosa è
forse lo zecchino fatto coniare, probabilmente a Vienna,
da Annibale Alfonso Emanuele di Porcia nel Friuli,
Tanno 1704.
La esigua schiera delle rimanenti monete di
ostentazione suddette, comprende quelle di Antonio
Tolomeo Gallio Trivulzio per il suo feudo di Retegno
in Lombardia, le monete di Belgioioso, pure in Lom-
bardia, del Vasto negli Abruzzi, di Belmonte e di
San Giorgio nelle Calabrie, e di Ventimiglia in Si-
cilia; come dall'elenco qui appresso.
l6o SOLONE AMBROSOLI
RETEGNO.
Antonio Tolomeo Gallio Trivulzio barone (1708-26):
zecchino del 1724 (1), zecchino del 1726 (2), tallero (3) e mezzo
tallero (4).
BELGIOIOSO.
Antonio da Barbiano principe (1769): zecchino {5) e tal-
lero (6).
VASTO.
Cesare d'Avalos marchese (1706): pezzi in oro battuti
coi conii del tallero (7), zecchino (8), mezzo zecchino (9), tal-
lero (io) e mezzo tallero (11).
(i) Monnoies en or, qui composent une des différentes parties du Ca-
binet de S. M. l'Empereur. Vienne, 1759. — (a pag. 263).
LiTTA, Famiglie celebri d'Italia. Gallio di Como. — (n. 4).
Gnecchi (F. ed E.), Le Monete dei Trivulzio. Milano, 1887. — (tav. Vili,
n. 4).
(2) Gnecchi, op. ^it. — (tav. Vili, n. 5).
(3) Monnoies en argent, qui composent une des parties du Cabinet,
etc. Vienne, 1759. — (^a pag. 473).
LlTTA, 1. c. — (n. 5).
Gnecchi, op. cit. — (tav. Vili, n. 6).
Catalogo della Collezione A. Cantoni. Milano, 1887. - (tav. Ili, n. 1201).
(4) Monnoies en argent, etc. — (a pag. 473).
Litta, 1. e. — (n. 3).
Gnecchi, op. cit. — (tav. Vili, n. 7).
(5) Benaven (J. M.), Le Caissier Italien. Tome II. — (tav. 8r, n. io).
Ambrosoli (S.), Zecche Italiane. Como, 1881. — (tav. I-II, n. 8).
(6) Ambrosoli, op. cit. — (tav. I-II, n. 9).
(7) Monnoies en or, etc. — (a pag. 258).
(8) Ivi.
Collezione Sambon: Monete dell'Italia meridionale. Milano, 1897. —
(tav. IX, n. 1534).
(9) Ambrosoli (S.), Il mezzo zecchino del Vasto. — In Rivista Ita-
liana di Numismatica. Anno IV. Milano, 1890. — (a pag. 543).
(io) Monnoies en argent, etc. — (a pag. 474).
Catal. d. Collez. Cantoni. — (tav. Ili, n. 1497).
(11) Monnoies en argent, etc. — (a pag. 474).
LO ZECCHINO DI PORCIA l6l
BELMONTE.
Antonio Pignatelli principe (1733): zecchino (12).
SAN GIORGIO.
Giovanni VI Domenico Milano marchese (1732): doppio
zecchino (13), zecchino (14), tallero [?] e mezzo tallero (15).
Mezzo tallero commemorativo, del 1740.
Giacomo IV Francesco Milano marchese (1753): tal-
lero (16).
VENTIMIGLIA.
Giovanni Requesens conte (1725): doppio zecchino (^7) e
mezzo tallero (iS).
A questo elenco sarebbe forse da aggiungere Io
zecchino di cui fece preparare i conii nel 1731 il
principe Nicolò Meli-Lupi di Soragna nell'Emilia (^9),
(12) KòHLER (J. D.), Htstorische Miins-Belustigung. Voi. XVIII.
Nurnberg. — (a pag. 257).
Monnoies en or, etc. — (a pag. 261).
Catalogo della Collesione del Cav. Giancarlo Rossi. Roma, 1880. —
(tav. I, n. 346).
Catalogo della Collezione Fusco. Roma, 1882. — (tav. I, n. 89).
Catal. d. Collez. Sambon. — (tav. IX, n. 1533).
(13) Monnoies en or, etc. — (a pag. 260).
(14) Ivi.
(15) KuNZ (Carlo), // Museo Bottacin annesso alla Civica Biblioteca e
Museo di Padova. — In Periodico di Numismatica e Sfragistica per la
storia d'Italia, diretto dal March. Carlo Strozzi. Volume terzo. Firenze,
1871. — (tav. XII, n. 7).
(16) Monnoies en arg., etc. — (a pag. 469).
Catal. d. Collez. Rossi. — (tav. VII, n. 4604).
(17) Monnoies en or, etc. — (a pag. 264).
(18) Monnoies en arg., etc. — (a pag. 474).
(19) PiGORiNi (Luigi), Moneta, medaglie e sigilli dei Marchesi e Prin-
cipi di Soragna. Parma, 1867. — (alla tav. annessa).
Catal. d. Collez. Rossi. — (tav. VII, n. 4846).
Ambrosoli (S.), Zecche Italiane. Como, 1881. — (tav. III-IV, n. 3).
l62 SOLONE AMBROSOLl
se la cussione di quella moneta avesse effettivamente
allora avuto luogo (^o).
Ad ogni modo (prescindendo se si vuole da So-
ragna, che costituisce un caso isolato; il quale d'al-
tronde non infirma ciò che sto per dire), uno sguardo
all'elenco basterà per dimostrare che nessuna delle
signorie ivi comprese ^^^\ eccetto Belmonte, ebbe una
monetazione così scarsa di specie come la ebbe Porcìa;
poiché questi due feudi soltanto sono rappresentati
rispettivamente da un'unica specie monetaria: lo zec-
chino.
Bisogna aggiungere poi, che se lo zecchino di
Belmonte è moneta rara, quello di Porcia lo è in-
comparabilmente di pili, oltre all'essere rarissimo in
via assoluta : ci troviamo quindi di fronte ad una
moneta che occupa un posto affatto privilegiato nella
serie italiana.
Ed eccone la descrizione:
Oro. Zecchino.
i& - HAN : ALP : EM : SA : ROM : IMP : PRIN : A : PORO ti {rosela).
Entro cerchio di perline: busto del Principe, di fronte,
con corazza e grande parrucca inanellata.
(20) PiGORiNi, op. cit. — (a pag. 13 : " .... certo si è che delle mo-
" nete del tempo non ve ij'ha alcuna, e che a noi rimangono appena
" quei conii a monumento della zecca di Soragna. I quali, lodevolmente
" conservati nell'archivio dei Meli-Lupi, servirono a battere a' giorni
" nostri, per cura dei possessori, poche prove di zecca in oro, rame e
" piombo, conservate oggi in alcuni pubblici e privati medaglieri „).
KuNZ, Il Museo Bottacin. — In Period. di Num. e S/rag. Voi. II. — (a
pag. 114-15 : " La maniera d'intaglio di quello zecchino non autorizze-
" rebbe per avventura la credenza che sia stato eseguito in qualche
" zecca lontana, forse in quella di Vienna? E il modo della concessione,
" con esclusione della effigie del feudatario e la prescrizione dell'aquila
" imperiale, alla quale fa riscontro la leggenda che accenna aWa. prote-
" zione cesarea, non sarebbe forse stato trovato poco lusinghiero e mo-
" tivo per cui non fu dato intiero sviluppo a quel progetto? „).
(21) Per ciò che concerne Retegno, s'intende che qui si parla sola-
mente di Antonio Tolomeo Gallio Trivulzio.
LO ZECCHINO DI PORCÌA 163
P - COMES • AB : ORTENBVRG- • [rosetta) • 17-04 •
Entro cerchio e. s. : arme di forma ellittica, inquartata e
caricata d'uno scudetto centrale, circondata di fregi e
sormontata da berretto principesco.
Se consultiamo le Tavole sinottiche del Promis [^^\
o la Bibliografia delle Zecche Ilaliane dei fratelli
Gnecchi ^^3), vediamo che il disegno di questo zecchino
ci è dato soltanto dal catalogo del Gabinetto Imper.
di Vienna N). Da un'impronta dell'esemplare di quel
Gabinetto, favoritami dall'amico mio Dott. Roberto
von Schneider, è tolta appunto la riproduzione che
correda il presente articolo. Per completare la de-
scrizione ho avuto la fortuna di potermi valere di un
altro esemplare, posseduto dalla ili. ma Sig.^ March.''
Teresa Visconti Sanseverino, discendente per Hnea
materna dalla famiglia Porcia.
La moneta, come si vede, invece di recare zC^
l'arme semplice, comune a tutta la famiglia (^^
Porcia: " D'azzurro a sei gigli d'oro, 3, 2, i; \t/
(22) Promis (Vincenzo), Tavole sinottiche delle monete battute in Italia
o da Italiani all'Estero, dal secolo VII a tutto l'anno 1868. Torino, 1869.
- (a pag. 171).
(23) Gnecchi (F. ed E.), Saggio di Bibliografia numismatica delle
Zecche Italiane medioevali e moderne. Milano, 1889. — (a pag. 299).
(24) Monnoies en or, etc. — (a pag. 211).
Ma anche le pubblicazioni che registrano soltanto o che citano in-
somma più o meno incidentalmente la moneta di Porcia si riducono a
ben poche; ecco quelle che sono a mia notizia:
Bazzi (G.) e Santoni (M.), Vade-mecutn del raccoglitore di tnonele italiane, ossia Reper-
torio numismatico, ecc. Camerino, 1866. — (a pag. 172).
Tonini (P.), Topografia generale delle Zecche Italiane. Firenze, 1869. — (a pag. 39).
Promis (V.), Tavole sinottiche. — (a pag. 171).
Gnecchi (F. ed E.), Le Monete dei Trivulzio. - (a pag. XXIX).
Gli stessi, Saggio di Bibliografia, ecc. — (a pag. ago).
Blanchet (J.-Adrie:i), Nouveau Manuel de Numismatique du moyen àge et moderne. Tome
second. Paris, 1890. — (a pag. 344).
Ambrosoli (S ), Numismatica (Manuali Hoepli). Milaho, 1891. — (a pag. ia8).
LaZzarini (Alfredo), Castelli friulani: Porcia. - In Giornale di Udine. Anno XXIX.
n. 77. Udine, 30 marzo 1895.
Ambrosoli (S.), Manuale di Numismatica (Manuali Hoepli). 2» ediz. Milano 1895. - (a
pag. 164).
Annuario della Nobiltà Italiana. Bari, 1897. - (a pag. 936).
164 SOLONE AMBROSOLI
" al capo del secondo „ (25), reca Tarme eh' è propria
del principe di Porcia: " Inquartato : nel 1° e 4°
>^^ " d'argento incappato di rosso, a tre semivoli
^^ " dell'uno nell'altro, i due del capo addossati
^W^ " {Ortemburg) ; nel 2° e 3° di rosso alla fascia
" d'argento, alla torre dello stesso, aperta di nero,
" movente dalla punta dello scudo, e merlata di
" rosso, attraversante sulla fascia {Mitterburg). Sul
" tutto di Porcia „ (26).
I Principi di Porcia, infatti, sono fra l'altro anche
Conti di Ortemburgo e di Mitterburgo ; anzi, la com-
posizione dello stemma, e il titolo comitale che lo
circonda sullo zecchino, potrebbero far nascere il
dubbio che si tratti di una moneta battuta bensì da
un Porcia, ma pei feudi testé nominati (27). Tanto più
che i Conti Vidman, dai quali i Porcia comperarono
Ortemburgo nel 1662 per 365,000 e più fiorini (28)^
avevano già avuto ed esercitato il diritto di zecca (29).
II Cardinale Cristoforo Vidman coniò, fra altre
monete, uno zecchino che con lo stemma inquartato,
nel 1° di Ortemburgo anch'esso, e con la epigrafe
(25) Annuario della Nobiltà Italiana [diretto da Goffredo di Crolla-
lanza]. Anno XIX. Bari, 1897. — (a pag. 937).
Il disegno dell'arme si trova nello stesso Annuario, 1896; e in: Tet-
TONi (L.) e Saladini (F.), Teatro araldico, voi. IV, Lodi, 1844.
" D'azur à six fleurs-de-lis d'or; au chef du méme „ (Rietstap^
Armorial general. Tome II. Goiidn, 1887).
(26) Annuario della N^ob. It., 1897, '• e.
Nel grande Numismatisches IVappen- Lexicon del pur diligentissimo
Rentzmann, tav. ii, n. 69, lo stemma inquartato suddescritto è erro-
neamente attribuito a Ortenburg (anzi, a Ortenburg di Baviera).
(27) Veggasi la nota precedente. Il Rentzmann ha confuso VOrtenburg
di Carinzia con quello di Baviera, ma in ogni modo ha creduto evi-
dentemente che si trattasse di una moneta coniata per un feudo di
tal nome.
(28) Beckh-Widmanstetter (Leopold von), Die kàrntnerischen Crafen
von Ortenburg. Wien, 1890. — (a pag. 12-13).
(29) Ivi. — (a pag. II).
LO ZECCHINO DI PORCÌA 165
COMES AB ORTENBVRG ^3°) arieggia talmente lo zec-
chino di Annibale Alfonso da rafforzare la supposi-
zione che anche quest'ultima moneta possa essere
di Ortemburgo.
Se così fosse, del resto, non sembri audacia la
mia, ma a rigor di logica si potrebbe (o piuttosto si
dovrebbe) collocare lo zecchino di Annibale Alfonso
fra le " monete battute da Italiani all'Estero „, ed
elevare Ortemburgo a " zecca italiana „.
Ma senza indugiarci a discutere i motivi pei quali
questo zecchino va assegnato a Porcia e non ad altre
" zecche „ (per servirci di un'espressione impropria
ma ormai tradizionale in Italia), lo stesso più volte
citato catalogo del Gabinetto Imp. di Vienna {Mon-
notes en or, 1759) ci presenta una soluzione elegante,
benché empirica, del dubbio intorno a cui discorriamo.
Il grande catalogo di Vienna infatti, che per la sua
indole stessa, o almeno per ragioni di luogo e di
tempo, ci può quasi fornire una " interpretazione
autentica „, nella medesima pagina 211 del volume
suddetto riproduce i disegni delle monete del Cardi-
nale Vidman intitolandole di Ortemburgo, e piiì sotto
ci dà il disegno della moneta di Annibale Alfonso
intitolandola di Porcia.
Continueremo quindi senza esitanza, col Promis
e con gli altri nostri nummografi, ad annoverare
Porcia fra le zecche italiane, quantunque la sua
moneta sia certamente battuta al di là delle Alpi.
Diamo ora uno sguardo alle circostanze nelle
quali fu coniata.
Intorno all' antichissima origine della famiglia
Porcia scrissero, per tacere del Sansovino (31), del
(30) Monnoies en or, etc. — (a pag. 211).
(31) Sansovino (Francesco), Della origine, et de' fatti delle Famiglie
illustri d'Italia. In Vinegia, 1582. — (a pag. 240 e segg.).
1
l66 SOLONE AMBROSOLI
Verci (32) e d'altri, più recentemente il eh. e compianto
Stefani (33) e il canonico Degani (34).
Essa è senza dubbio fra le case più illustri del
Friuli, produsse gran numero di personaggi distinti,
e s' imparentò con nobilissime famiglie (35).
Né, per potersi chiamar antica e per essere il-
lustre, aveva bisogno che il P. Antonio Tadeo, terziario
di S. Francesco e prefetto del Seminario di Gradisca,
nel dedicare la barocca sua Galleria panegirica al
conte Gio. Andrea di Porcia, con secentistica ampol-
losità ed esagerazione incominciasse come segue:
" Se insino le Stanze Troiane apprestarono le Culle ai
" Pargoletti Vostri Aui, Illustrissimo Signor Conte; de' quali
" i Figli con la fuga schermiti da quelle fiamme nemiche,
" sotto il Cielo dell' Orse à sé, & à suoi Parti, riportarono
" sicuro soggiorno. Se TAlemagna fecondata de' suoi figli
" trinciati dalle vostre sciable; produsse alle destre, vittoriose
" le palme, & inaffiata col sangue dalle vostre piche, partorì
" le rose, per incoronar le tempie Auite de vostri Scipioni.
" Se la Gallia per il sommo capitale delle prodezze de vostri
" Epaminondi, impegnata; si disimpegnò col esborso de' primi
" honori di sua Reggia, e col inesto de Regij Gigli donati
" alle vostre insegne. Se l'Augustissima Casa d'Austria,
(32) Verci (Giambatista), Storia della Marca Trivigiana e Veronese.
Venezia, 1786-91.
(33) Stefani (Federigo), Di Guecelletto da Praia e dell'origine de'
Principi e Conti di Porcia e Brugnera. Venezia, 1876.
(34) Decani (Ernesto), La Cronaca di Pre' Antonio Purliliese. — In
Archivio Veneto, T. XXX VI, 1888.
Lo STESSO, Gtiecello II di Prata. — In Atti dell' Accademia di Udine,
Serie li, Voi. IX, 1893.
(35) Per le numerose pubblicazioni che concernono la famiglia
Porcia, veggasi la Bibliografia del Friuli di Giuseppe Valentinelli
(Venezia, 1861): alla quale formano continuazione i due volumi della
Bibliografia storica friulana dal 1861 al iSSj di Giuseppe Occioni-
Bonaffons (Udine, 1883 e 1887).
Alcuni cenni biografici compendiosi dei Conti di Porcia si trovano
nell'opera di Giandomenico Ciconi: Udine e sua provincia (seconda edi-
zione, Udine, 1862; — a pag. 362-64).
V. anche un articolo del Conte Alfonso Porcia nel Corriere di Go-
rizia, anno X, n. 37 (26 marzo 1892).
LO ZECCHINO DI PORCÌA 167
" delle Spagne con i Tosoni, della Germania con le Contee,
" dell'Imperio con i Principati, della sua Corte con le prime
" Prefetture, & ai Sommi Pontefici con iterate, & applaudite
" Ambasciarle, riconobbe i vostri saputissimi Soloni. E final-
" mente se '1 Vicario di Christo con il decoro delle Mitre,
" con le Secretane del Vaticano, con le Plenipotenze delle
" Nonciature, e col Ostro delle Sacre Porpore rauuisò i
" vostri religiosissimi Aaroni.... „ (36).
Ciononostante, quantunque la nobiltà della fa-
miglia Porcia debba dirsi assai antica, la dignità di
Principe è in essa relativamente di fresca data, risa-
lendo soltanto alla metà circa del Sec. XVII.
Per maggior chiarezza, riproduco qui un brano
della genealogia dei Principi e Conti di Porcia,
compilata dal Dott. A. Joppi di Udine, e che devo
alla gentilezza del Sig. Antonio Toffoli.
Brano iella Geiealogia de' Principi b Conti ili Porcia (Friffl)
DEL Dottor Antonio Joppi di Udine
Conte Giovanni Sforza di Porcia, morto 1624.
I
(I Principe) Giovanni Ferdinando, nato 1606, morto 1665 ;
creato Principe del Sacro Romano Impero
dall' imp. Leopoldo I in Vienna, il 17 febbraio 1662.
I
(li Principe) Giovanni Carlo, morto 1667.
I
(III Principe) Gio. Francesco Antonio, morto 1698,
,*, Non ebbe figli, ed il Principato passò in un ramo collaterale de' Conti Porcia, cioè nel Conte
(IV Principe) Gerolamo Ascanio di Porcia,
del fu Conte Ferdinando Guido.
I
(V Principe) ANNIBALE ALFONSO EMANUELE,
nato 1679, morto 1742.
(36) Tadeo (P. Antonio), Galeria Panegirica dell'Illustrissima, &' Eccel-
lentissima Casa di Portia, dedicata all'Illustrissimo Signor, Sig/ Gioanni
Andrea di Portia, Conte del Sacr. Rom. Imperio, di Brugnara, &c. &c.
di Sua Maestà Cesarea Cameriere, Signore di Senesecchia, Prem,
Ortemburg, & Ospitol; Cavaliere Gierosolimitano, e Commendatore di
Stragau, &c. &c. — In Udine, appresso gii Schiratti, 1679.
l68 SÒLONE AMBROSOLI
Da questo brano, che ho potuto Jwinpleidic col
raffronto di altri alberi genealogici cortesemente co-
municatimi dal Sig. Conte D/ Alfonso Porcia, vediamo
che il primo personaggio della famiglia insignito del
principato fu Giovanni Ferdinando.
Il relativo diploma dell' Imp. Leopoldo I è in
data del 17 febbraio 1662 (v. Appendice, A), e in
esso si concede anche espressamente al Principe ed
a' suoi successori il diritto di zecca (v. Appendice, B).
Nella chiusa dello stesso diploma si accorda poi al
Principe la facoltà di trasferire o concedere ad altri
(in difetto di prole mascolina) i privilegi tutti che
solennemente sono registrati nel diploma medesimo,
e il primo dei quali è per l'appunto il diritto di zecca
(v. Appendice, C).
Questo caso si avverò per il Principe Gio. Fran-
cesco Antonio, morto improle, dal quale il principato
passò al Conte Gerolamo Ascanio, che alla sua volta,
col consenso imperiale, vi rinunciò a favore del
proprio figlio Annibale (37), Ed è precisamente questi
il Principe Annibale Alfonso Emanuele che, come
sappiamo, fece coniare lo zecchino di Porcia.
Uomo di preclaro ingegno, dopo una giovinezza
divisa fra gli studi e gli esercizi cavallereschi, e dopo
di essere stato per vari anni generale di Carlstadt
nei Confini croati, Annibale Alfonso fu nominato da
Carlo VI a suo consigliere intimo, a capitano su-
premo di Carinzia, ed ebbe altre cariche ed onori,
come si può leggere diffusamente nel volume a lui
dedicato da Adamo Matteo de Sukoviz sotto il titolo:
Marcus Porcius Caio redivivus (38).
(37) Annuario della Nob. It., 1897. — (a pag. 936 : " Giovan-Francesco-
" Antonio, f improle 8 apr. 1698. Il tit. di Princ. del S. R. I. venne
" allora rinnov., per concess. imp. 3 sett. 1698, in favore di Gerolamo,
" ciambellano del duca di Baviera, il quale ne fece rinunzia al proprio
" figlio Annibale, consigl. dell'imper. Carlo VI e capit. di Carinzia „),
(38) V. Appendice, D.
LO ZECCHINO DI PORCfA 169
Ma per noi la sua personalità ritrae un carat-
tere di particolare interesse dall'aver egli fatto uso
del diritto di coniar moneta; quantunque, come altri
Principi del suo tempo, per la cussione materiale
abbia ricorso senza dubbio all'opera di qualche zecca
maggiore, e, più presumibilmente, alla zecca di Vienna;
e quantunque si sia limitato di certo a far battere un
ristrettissimo numero di esemplari, come lo attesta
la straordinaria rarità del suo zecchino.
In virtù di questa coniazione, sia pure scarsis-
sima, sia pure effimera, Annibale Alfonso di Porcia
prende posto per un istante nella serie numismatica
italiana; spero quindi di non aver forse fatto cosa
discara ai lettori della Rivista col richiamare la loro
attenzione sulla quasi dimenticata di lui moneta.
Prima di chiudere, mi si permetta di ringraziare
i Sigg. March. Carlo Ermes Visconti, Conte D."" Al-
fonso Porcia, e Antonio Toffoli, che mi furono liberah
di notizie e di cortesi schiarimenti.
Milano, giugno iS^j.
Solone Ambrosoli.
APPENDICE
A.
So haben Wir diesem allem nach aus oben angezo-
genen, und mehr andern Ursachen, und zu gnàdigster
Erkanntniss solches furtreflich ruhmlichen Verhaltens, und
langwierig getreuen Verdienens mit wohl bedachtem Muthe,
gutem Rathe, aus selbst eigener Bewegnuss, und rechtem
Wissen, obbenannten Unsern Obristhofmeister Johann Fer-
dinand Grafen von Portia, und Brugnera in den Stand,
Ehre, und Wùrde, Unserer, und des heil. Reichs Fùrsten
gnàdiglich erhoben, gewurdiget, und gesetzt, auch ihn der
Schaare, Gesell- und Gemeinschaft anderer Unserer, und des
heil. Reichs Fiirsten zugefugt, zugesellt, und vergHchen,
dazu ihm den furstlichen Titul, und Namen zu fiihren gna-
digUch bewilliget, und gegeben, auch sich also zu nennen
zugelassen, und erlaubt, jedoch dergestalt, dass allezeit der
primogenitus den fursthchen Stand, und Namen fùhre : da
dieser aber keinen mannlichen Leibserben hinterhesse, als-
dann aus seinem Geschlechte, und zwar derjenige, welchen
er zum Erben aufnehmen, oder in Ermanglung der Institution,
sein rechtmàssiger Erb aus dem Grafen von Portia Ge-
schlechte seyn wird, und dessen àltester Sohn, und also fort,
und fort allein der primogenitus in dem Fiirstenstande suc-
cediren, die andern aber in dem Grafenstande verbleiben
sollen „.
Fùrst von Portiaischen Familie
Herrlichkeiten. — (s, 1. d. st. né a.)- —
(a pag. 11-12).
B.
Als nàmlich, und fiirs erste, so haben Wir zur Er-
zeigung Unserer grossen Mildigkeit, und gnadiger Neigung
gegen mehr gedachtem Fiirsten von Portia Ldl. auch dero
Erben, und Nachkommen mit Consens, und Einwilligung
Unserer, und des heiligen Reichs Kuhrfursten diese be-
sondere Gnade gethan, und Freyheit gegeben; thun, und
LO ZECCHINO DI PORCfA I7I
geben die ihnen auch von ròmischer kais. kònig. und
landsfiirstlicher Machtvollkommenheit wissentlich in Kraft
dieses Briefs also, dass scine Liebden, dero Erben, und
Nachkommen, wann ihnen solches iiber kurz, oder lang
gelegen, und gefallig, in ihren Landen, Herrschaften, und
Gebieten, so sie itzt haben, und in kunftiger Zeit noch ferner
ùberkommen, eine Miìnzstàtte bauen, und aufrichten lassen,
und darinn durch ihre ehrbare, redliche Munzmeister, die
sie zu einer jeden Zeit dazu verordnen, allerley golden-
und silberne Miìnzsorten klein, und gross, in allermassen
solches Unser, und des heihgen Reichs Munzedikt, und
Ordnung zulasset, und andern, so aus Unsern, oder Unserer
Vorfahrer kais. kònig. oder landsfiirstlichen Begnadungen zu
miinzen Macht haben, mit Umschriften, Bildnissen, Wappen,
Gepràgen auf beiden Seiten miinzen, und schlagen lassen,
damit treulich gebaaren, und handlen sollen, und mògen,
von allermanniglich unverhindert : doch sollen alle solche
golden- und silberne Miinzen, die sie, wie obstehét, schlagen,
und miinzen lassen, von Strichnadl, Korn, Schrot, Gran,
Gehalt, Werth, und Gewicht vorbertihrter Unserer, und
des heiligen Reichs, auch anderer Unserer Erbkònigreiche,
Furstenthiimer, und Lande (darinnen dergleichen Miinzen
geschlagen werden) der Miinzordnung gemàss, und nicht
geringer seyn; auch wo Wir, oder Unsere Nachkommen,
kiinftig iiber kurz, oder lang der Mtinz halber Aenderung,
und andere Ordnung fiirnehmen, geben, und machen werden,
solle scine Liebden der Fiirst von Portia, scine Erben, und
Nachkommen sich alsdann auch derselben gemass halten „.
Fiirst von Portiaischen Familie
Herrlichkeiten. — (a pag. 25-26).
Zu dem alien geben Wir Unserm lieben Oheim des
Furstens von Portia Ldl. dero Erben, und Nachkommen,
diesa besondere Freyheit, vollkommene Macht, und Gewalt,
dass er als primus aquirens in defectum prolis masculince die-
ses Unser kais. Beneficium einem jedweden seines Namens^
und Stammes, oder einem andern, wen er hiezu am besten
172 SOLONE AMBROSOLI
qualifìcirt befindet, nach seinem Belieben per ultimam volun-
tatem, seu Inter Vivos quocunque modo gànzlichen ubertna-
chen^ verleihen, iransportiren, uberlassen, und cediren mòge,
alles von mehr beruhrter kais. Machtvollkommenheit, und in
Kraft dieses Briefes, welchen nun des Fiirsten von Portia
Ldl. solches Unser Privilegium, oder eine, oder mehrere
Gnaden derselben, wie obstehet, cediren, und theilhaftig ma-
chen wird, der solle solches nichtweniger, als wenn ihm das
von Uns seJbst verliehen wàre, nach seinem Gefallen niitzen,
und niessen, ohne mànnigliche Verhinderung „.
Fiirst von Portiaischen Familie
Herrlichkeiten. — (a pag. 67).
D.
Primogenitus comitis Hieron3'mi Ascanij, Hannibal te-
nerae adhuc aetatis Porcià in Bavariam ad agnatum Maximi-
lianum deductus, ab eodem sollicitè educatus, & ad quaevis
tum privata, tum publica studia, & equestria exercitia serio
applicatus in omnibus, & singulis ad invidiam usque mire
proficiens, prout ejus aevi commilitones hodiedum attestantur,
ipsùmque quilibet cum eodem per aliquod agens tempus, in
omni scibili magistrum : in juridicis alterum Catonem ; in
historia vero, & politicis omnino defaecatissimum, ac consum-
matissimum , jure merito judicaverit. Rarae profectò hoc
saeculo in principe viro virtutes.
Non tantum haeres principis Francisci Antonij, sed &
priùs Maximiliani agnati, ejùsque conjugis natae L. B. à Spi-
rinig, ac sic proprietarius dominiorum superioris, & inferioris
Lauterbach, Hornegg, & Meillhoffen, nec non diversorum in
Bavaria palatiorum, & honorum : occasione cujus per aliquot
cum aula Bavarica tum ibi, tum in Belgio tempus morabatur:
variàque ibidem obivit munia.
Sed vocatus ad capessendam praefati principis Francisci
Antonij haereditatem se se Viennam contulit, ubi Leopoldo
Caesari vix rara hujus principis talenta innotuére, eundem in
suum ad aulam Moscoviensem resolvit magnum legatum.
Quo audito duo id Caesari ministri improbàre : esse nimirum
hunc principem ad delicatum hoc, & grave munus perquàm
LO ZECCHINO DI PORCfA I73
juvenem; Quibus Caesar haec in terminis reposuit percun-
ctando: An locuti sint in serijs principi à Porcia? negantes
jussit, illi loqui; multum in hoc principe reperturos, quod
illis deest, ut discant.
Quo autem fato legatio haec, ad quam eò magnificentiùs
prò Caesaris gloria gerendam, magnos ex proprio princeps
impendit sumptus, ad hoc usque momentum sensibiles, suum
non sit sortita efiectum, id passim ex aliis constat.
Interrupto ergo hoc legationis munere renuntiatur gene-
ralis Carolostadiensis Croaticorum, maritimorùmque confinio-
rum, cui per aliquot laudabiliter praefuit annos: ob aèris
autem intemperiem ad sui conservationem necesse habuit id
resignare.
Ad sedandum, in comitatu Goritiensi anno 1713 exortum
rusticorum tumultum, audiendas, & decidendas causas, nec
non puniendos authores, deputatur cum Christophoro comite
à Wildenstein, moderno dignissimo directore regiminis Aust:
Inter: & Joanne Josepho à Luidl, hodierno secretano, &
referendario IntrAust: Viennae mentissimo, principalis com-
missarius, quam commissionem per decem menses, in loco
Goritiae continuatam, cum susceptis in se sponte proprijs
impensis feliciter terminavit: ut optimo jure de ilio dici possit,
eundem non sibi, sed Caesari natum, facultatésque ipsius
magis bono publico, ac propriae utilitati deservire.
Dum vero invictissimus Caesar, & gloriosissimus trium-
phator Carolus VI. &c. &c. qui ob diurnam in vindicanda,
& asserenda sibi avita Hispaniarum monarchia à Germania
absentiam, subjectorum, ipsorùmque qualitatum notitiam,
redux non habuit ex asse, talenta hujus principis percepit,
eundem sibi à consilijs intimum efifectivum, suùmque archidu-
catùs Carinthiae supremum Capitaneum, & principalem Inte-
rioris Austriae commissarium, ampia cum authoritate renuntiat.
Sed haec duntaxat fore praeludia ad altiora quis non videt?
aC DeVs hoC faXIt aMen (39) „.
De Sukoviz (Adamus Matthaeus),
Marcus Porctus Caio redivivus et in
integrum restitutus in celsissimo Prin-
cipe, & Domino, Domino Hannibale
Alphonso Emanuele S. Rom. Imp.
Principe à Porcia, &c. — Augustae
Vindelicorum, 1716. — (a pag. 89-92).
(39) Cronogramma dell'anno 1716 (MDCCXVI), in cui fu pubblicato
il libro.
IL PRIVILEGIO DI ZECCA
ACCORDATO DALL'IMPERATORE MASSIMILIANO II
A FERRANTE GONZAGA
1° Marchese di Castiglione delle Stiviere
Mai fu noto se la zecca di Castiglione sia stata
aperta in virtù di un Privilegio speciale; e quanti
scrissero intorno alla medesima, si limitarono a ri-
portarne notizie e documenti, senza accennare alle
ragioni della sua origine, perchè da nessuno cono-
sciute. Ed anche lo scrivente che ebbe ad illustrare
in modo assai dettagliato la zecca stessa W, in quel
volume accennò alla mancanza di documenti in pro-
posito: anzi aggiunse essere probabile che non fosse
stato d'uopo un Privilegio apposito, perchè il diritto
di battere moneta era implicito fra i molti della
erezione del Marchesato.
Ma le di lui indagini non cessarono per questo,
e furono anzi coronate da pieno successo, perchè lo
condussero a scoprire il Privilegio speciale con cui
r Imperatore Massimiliano II concedeva a Ferrante
Gonzaga, i° Marchese di Castiglione, il diritto di
monetazione : prezioso documento che è lieto di
rendere noto ai cultori della Numismatica, qui ripro-
ducendolo.
A. Agostinl
(i) Ing. A. Agostini, Castiglione delle Stiviere dalle sue origini
geologiche fino ai nostri giorni. Parte III, La Zecca.
176
A. AGOSTINI
Maximilian II, 1564-70,
Privilegium Monetandi
Pro. IH. Marchiane Ferrante de Gonzaga.
Maximilianus II &. Ad futuram rei niemoriam : Recognoscimus,
et notum facimus tenore praesentium universis: Etsi ex innata
nostra benignitate inclinati sumus ad exercendam munificentiam
nostrani Caesaream in quoscumque nostros , et Sacri Romani
Imperij subditos, ac fideles, qui tum vitae morumque honestate,
probitate et integritate, tum fide, constantia, et benemerendi studio,
ahimique promptitudine erga nos, et sacrum Imperium, inclytamque
nostram Austriae domum, ea sese dignos reddiderint, more Divorum
praedecessorum Nostrorum Romanorum Imperatorum, ac Regum,
qui divino exemplo et instituto edocti, censuere Imperialem Tronum
nihii magis decere, quam beneficentiam et liberalitatem suam nuliis
tenere finibus circumscriptam: Tamen existimamus illorum etiam
in primis rationem esse habendam, qui a maioribus et parentibus
illustri loco natis, atque de Imperio Sacro optime mentis, genus et
originem trahunt, praesertim si ipsi quoque laudatis illorum vesti-
giis insistentes, domesticam ac gentilitiam gloriam, rebus fortiter
praeclare gestis, et virtute partam, ijsdem studiis, ac meritis, tueri
et integram conservare student. Quemadmodum enim alios Natalium
splendore antecellunt, sic etiam Reipublicae prae caeteris, non
solum eximio ornamento, sed summo quoque praesidio esse possunt.
Quamobrem cum 111. noster, et Sacri Imperij Princeps, fidelis
dilectus Ferrantes ex Marchionibus de Gonzaga Dominus Castioni
a Stiverijs natus sit ex 111. familia Marchionum de Gonzaga, quae
non modo vetustate, et nobilitate, sed fide quoque et constantia
erga Divos antecessores nostros, et Sacrum Imperium, admodum
est insignis atque conspicua, inclytaeque Domui nostrae Austriacae
a multis saeculis addictissima, unde plures praeclari atque rei
bellicae gloria praestantes viri et dignitatis atque auctoritatis Impe-
ratoriae acerrimi vindices prodierunt, ipseque Ferrantes, a proge-
nitorum suorum virtute mime deflectat, sed avitam generis sui
nobilitatem et eminentiam excellentibus animi sui dotibus ingiter
tueri ac retinere connitatur, atque nos et sacrum Imperium, summa
IL PRIVILEGIO DI ZECCA, ECC. I77
fide, integritate atque observantia, colat, siculi etiam universam
Domum nostrae Austriae orni offitiorum genere demereri nunquam
cessai, atque haud dubie in futurum quoque nullam unquam occa-
sionem praetermissurus esl, eiusmodi praeclaram voluntatem suam
reipsa magis magisque comprobandi. Nos sane existimamus, non
solum Caesarea noslra munificenlia dignum, verum etiam omni
rationi, et aequitali consentaneum esse, quod vicissim buie tam
eximiae animi illius promptitudini mutua nostra Caesarea gratia, et
benignitate respondeamus, eumque insigni aliquo ornamento cronde-
coremus, quo non tam ipse congruum virtuti suae praemìum con-
sequatur, sed ipsius etiam posteritas, et alii quoque hoc exemplo
ad eadem virtutis studia accendantur. Itaque motu proprio, et ex
certa nostra scientia, animoque bene deliberato, et sano accedente
Consilio, prò ea, quam oblinemus auctoritate Caesarea, deque eiusdem
polestatis plenitudine, antedicto 111. Ferranti Marchioni de Gonzaga,
eiusque filijs haeredibus , et descendentibus legittimis benigne
dedimus, concessimus, et elargiti sumus, libertatem et fàcultatem
in castro et oppido suo Castioni a Stiverijs, officinam Monetariam
fabricandi, et construendi, monetamque auream, argenteam et aeream
cuiusquam generis et valoris, Armorum suorum insignis, ac nominis
inscriptione signatam cudendi, dummodo cudatur bona sincera et
iusta, quae non sit deterior illa, quam caeteri Italiae Principes,
Divorum antecessorum nostrorum Romanorum Imperatorum ac
Regum concessione cudunt, ita ut nemo in hac parte iustam conque-
rendi causam habere queant, prout tenore praesentium damus,
concedimus et elargimur, volentes, et hoc Caesareo edicto nostro
firmiter statuentes, ut praefatus 111. Ferrantes, eiusque filij, haeredes,
posteri, atque in loco supranominato successores legitimi, absque
omni impedimento, et obstaculo, possint et valeant deinceps in
perpetuum Monetam auream, argenteam et aeream, bonam tamen
ac sinceram et iustam nec deteriorem illa, quae ut ante dictum est,
a caeteris Italiae Principibus, sacro Romano Imperio subiectis, iuxta
tenorem et praescriptum Privilegiorum ipsis desuper a Divis Ro-
manorum Imperatoribus, ac Regibus concessorum, cuditur, in eodem
loco suo Castioni cudere, seu cudi facere, ac omnibus et singulis
gratijs, libertatibus, privilegiis, immunitatibus, praerogativis , et
luribus, in hoc parte uti, frui, potiri, et gaudere, quibus caeteri
Principes et Ordines Sacri Romani Imperii, fàcultatem cudendi
monetam habentes, utuntur, fruuntur, potiuntur, et gaudent, con-
suetudine, vel de Iure, omni impedimento, vel contradictione postpo-
sita. Quocirca mandamus etiam et praecipimus firmissime universìs
ac singulis Electoribus, et Principibus, tam Ecclesiasticis, quam
Saecularibus, Archiepiscopis , Episcopis, Ducibus, Marchionibus,
I-yS A. AGOSTINI
Comitibus, Baronibus, Militibus, Nobilibus, Clientibus, Capitaneis,
Vicedominis, Locumtenentibus, Gubernatoribus, Vicegerentibus ,
Praesidentibus, Praefectis, Castellanis, Rectoribus, Magistratibus,
Antianis, Vexilliferis, Potestatibus, Civius Magistris, Consulibus, et
omnibus denique nostris, et sacri Imperii subditis, ac fidelibus
dilectis, tam in Italia, quam in Germania, et alibi existentibus,
cuiuscumque gradus, status, ordinis, conditionis, et dignitatis fueritit,
ut saepefato IH. Principi nostro Ferranti ex Marchionibus de Gon-
zaga, et antedictis eius filiis, haeredibus et successoribus legitimis
in memorata libertate, praerogativa, et facultate cudendi Monetam
in praenominato Castro et loco Castìoni, ipsis jam per nos concessa,
nihil prorsus negotii, molestiae vel impedimenti ullo quaesito colore
directe vel indirecte exhibeatur, sed illos ea libere uti, frui et potiri
sinant, et ab aliis quoque prò sua quisque parte omni id studio
fieri curent, et secus minime faciant, quatenus nostram, et sacri
Imperij indignationem gravissimam, et mulctam sexaginta Marcha-
rum auri puri fisco nostro Imperiali, et parti laesae, omni spe
veniae sublata, ex aequo pendendam incurrere noluerint, quam
poenam temerarijs violatoribus, et contemptoribus huius nostrae
concessionis ac gratiae irrogandam decernimus. In cuius rei fidem
et testimonium has literas manu nostra propria subscriptas sigilli
nostri Caesarei appensione communiri iussimus. Datum Viennae
trigesima Maij Anno Domini JMillesimo quingentesimo sexagesimo
septimo.
CONTRIBUTI
ALLA
Storia del ripostiglio consolare
DI
PALAZZO CANAVESE
Se la moneta antica ha un valore in sé, doppio ne
acquista quando, invece d'essere isolata, fa parte di un
ripostiglio che offra allo studioso un complesso di dati
cronologici e numismatici di maggior entità, e permetta di
assorgere ad induzioni precise sul periodo in cui tali monete
furono coniate e sul popolo che le usò in quel periodo.
Perciò rilevai l'importanza del ripostiglio di Romagnano
Sesia, che ebbi la fortuna di studiare quando era ancóra
integro (i), e, nell'impossibilità di farlo acquistare pel Museo
di Antichità in Torino, raccomandai al proprietario di ven-
derlo intero o di tenerlo, piuttosto che togliergli ogni valore
col dividerlo (2). In quell' occasione osservai inoltre quanto
siano rari i ripostigli consolari nell'Alta Italia e specialmente
nel Piemonte (3), per il che tanto maggiore è l'obbligo di
seguire la traccia di quelli di cui si ha qualche notizia. Fra
i ripostigli allora citati v'era quello di Palazzo Canavese,
presso Ivrea, il cui ritrovamento risale non al 1886, come
(i) Vedi Rivista italiana di Numismatica, voi. Vili (1895), P^g- 4955
voi. IX (1896), fase. II, pag. 233-246 e nota i. — Ne parlò anche il eh. cav.
prof. Ferrerò in Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino, voi. XXXI,
pag. 766-775.
(2) Vedi Rivista cit., voi. VIII (1895), pag. 494. Con molto piacere
venni a sapere che il ripostiglio di Romagnano Sesia fu acquistato
intiero dal eh. cultore di studi archeologici cav. Giuseppe Assandria
in Torino.
(3) Vedi Rivista cit., voi. IX (1896), pag. 244, nota 4.
l8o SERAFINO RICCI
era stato da me desunto dalle relazioni, ma alla primavera
del 1884. Quantunque pur troppo del ripostiglio di Palazzo
non si possa ricostruire la storia e fare l'illustrazione completa
come di quella di Romagnano Sesia, pure credo non scevro
d'interesse scientifico il raccogliere intorno a quello tutti i dati
possibili, in aspettazione d'altri ancora più particolareggiati.
Il compianto sen. Fabretti, già direttore del R. Museo
di Antichità in Torino, negli Atti della Società di Archeologia
e Belle Arti per la provincia di Torino, del gennaio 1887,
dava un breve cenno sul ripostiglio dei nummi consolari
d'argento di Palazzo Canavese, che allora s'era rinvenuto
contemporaneamente ad un altro abbastanza importante di
monete imperiali, dei dintorni di Settimo Torinese, di cui si
ebbe notizia troppo tardi, per impedirne la dispersione.
" Il ripostiglio di Palazzo — così scrive il Fabretti —
caduto nelle mani di un idiota, aveva il peso di circa dieci
chilogrammi, e la maggior parte delle monete che lo compo-
nevano, tra le quali erano molti e di ottima conservazione
i denari dei monetari di Augusto, fu venduto qua e là alla
spicciolata, spesso a vilissimo prezzo ; altre giacciono tuttora,
non viste da alcuno, chiuse in un sacchetto e sottratte allo
sguardo di chicchessia fino al giorno che saranno divise tra
coloro che ne reclamarono la proprietà „ (4).
Mi ricordava di questo cenno riassuntivo del Fabretti
quando, i primi giorni del dicembre scorso, venne al Museo
da Palazzo Canavese un tal Giuseppe Landorno, uomo rozzo,
ma non del tutto ignaro di ciò che aveva fra le mani, por-
tando un gruzzolo abbastanza rilevante di monete consolari
d'argento, oltre una di bronzo imperiale irreconoscibile, e ne
offriva alla Direzione la vendita. Io accertai innanzi tutto la
provenienza delle monete da Palazzo Canavese e la loro
pertinenza al ripostiglio medesimo, particolare sul quale
s'erano levati dei dubbi, dicendolo scoperto in vai d'Aosta (5),
ed, esaminati tutti i pezzi per riconoscere se vi fosse qualche
moneta non ancora rappresentata nel Gabinetto Numismatico,
trova,! che tredici dei pezzi del Landorno non erano ancóra
(4) Vedi Atti della Soc. di Archeologia e Belle Arti cit., voi. V, pag. 20.
(5) Vedi Op. cit., voi. V, pag. i28-i29u
CONTRIBUTI ALLA STORIA DEL RIPOSTIGLIO CONSOLARE, ECC. l8l
posseduti, e ne proposi la compera al sig. Direttore (6), avendo
poi cura di notare la rappresentanza e la citazione corrispon-
dente ad ognuna anche delle altre monete, tanto nel Catalogo
del Fabretti quanto in quello del Babelon (7).
Le monete esaminate salgono a 159. M' accorsi tosto
da un esame preliminare che il ripostiglio doveva essere
stato di speciale importanza, se ben 59 famiglie vi erano
rappresentate in sole 159 monete, ed eranvi alcune importanti
e tutte di buona conservazione. Ma questa importanza si rileva
ancor più, pensando quanto grande dovesse essere il numero
completo di tutto il ripostiglio, se pesava originariamente ben
IO chilogrammi.
Cercai di sapere dal proprietario Landorno come avvenne
il ritrovamento e la dispersione del tesoretto, e quali speranze
vi fossero di ricomporlo, almeno in gran parte. Le notizie
che potei raccogliere dalla viva voce del Landorno e dalla
convenzione scritta già fin dal settembre 1885 fra i membri
della famiglia e i parenti più prossimi dei Landorno, circa
la suddivisione di tal genere di sostanza, sono le seguenti:
La primavera del 1884 Giuseppe Landorno, mentre
attendeva a lavori di escavazione in un appezzamento di
comune proprietà coi fratelli, rinveniva un vaso ripieno di
antiche monete d'argento, della Repubblica, dei vari conso-
lati o legionarie, che furono in parte vendute in varie località
— e di queste non v' è più modo di rinvenire le traccie
sicure (8) — in parte disperse fra i parenti, in modo che la
parte maggiore rimanente del tesoretto intero risaliva a
Kg. 5.8, sequestrati dai carabinieri in Andorno nel 1885, e,
prima della detta convenzione, ancóra nelle loro mani.
Fatta poi la convenzione (9), e diviso in parti eguali ciò
(6) Vedi l'elenco dei denari d'argento comperati a pag. 193.
(7) Vedi pag. 186 e segg.
(8) So da gentile comunicazione del chiar. cav. Ercole Gnecchi che
un buon numero dei denari consolari d'argento di Palazzo Canavese
giunsero anche sul mercato numismatico di Milano, e che il fratello,
chiar. cav. Francesco, ne acquistò parecchi, che ora non potrebbe più
identificare, fra cui una Julia, che fu aggiunta nell'elenco a p. 194, n. 2934.
Tra i nummi in vendita si notava una Cornuficia, rarissima, il cui tipo
in argento rappresenterebbe un valore di catalogo dai 400 ai 500 franchi.
(9) Porta la data del 17 settembre 1885.
l82 SERAFINO RICCI
che del ripostiglio era stato raccolto, fissarono le condizioni
reciproche d'interesse tra i fratelli, e alla detta convenzione
s'aggiunse la clausola " che le monete tuttora sotto sequestro,
appena rilasciate, venissero inventariate e ritirate dal comune
zio delle parti, dott. Monti Antonio fu Pietro, con incarico di
curarne la vendita e di ripartirne il prezzo nelle proporzioni
fissate „, e simili.
Secondo le attestazioni del Landorno Giuseppe, il preci-
tato Sig. Monti avrebbe dovuto avere circa un quattrocento
monete del ripostiglio, cioè circa Kg. 0.8 di argento, che,
sommato con Kg. 0.6 circa, a cui sale il peso complessivo
delle monete da me esaminate, porterebbe a circa Kg. 1.5,
cioè a poco meno di un terzo del totale raccolto dai cara-
binieri, quella parte di monete del ripostiglio che parrebbe
doversi ancora ritrovare e studiare.
Ma, scritto in proposito al dott. Monti precitato, egli mi
rispose che, " per circostanze indipendenti affatto dalla sua
volontà, anzi, contro suo volere, erano state alienate le monete
in discorso, senza badare a pregio né reale né d'antichità;
e, mentre egli, sebbene non assoluto proprietario, le avrebbe
conservate ad opera scientifica, il vero possessore le aveva
ritirate e ne aveva fatto spreco. „
Per il che, da quella parte credo riesca oltremodo diffi-
cile l'identificazione delle monete vendute, e stimo già gran
ventura che il desiderio di vendere una piccola parte dispo-
nibile mi abbia fatto capitare fra le mani quelle 159 che
esaminerò fra poco. Se non che, avendomi il Landorno dati
altri nomi di acquirenti delle monete di Palazzo fin dai primi
periodi di dispersione, non ho ancóra perduta la speranza di
potere in sèguito aggiungere maggiori contributi alla storia
e all'illustrazione di uno dei ripostigli consolari più impor-
tanti del Piemonte.
Ecco l'elenco delle monete esaminate; prima per famiglie,
secondo il catalogo del Fabretti (1°), poi in ordine di tempo,
(io) Seguo la 2* ediz."* più recente del Catalogo del Fabretti, come la
più completa; è il voi. IV (1881, Monete consolari e imperiali) dell'opera
Regio Museo di Torino, e fa parte del Catalogo generale dei Musei, Gallerie
e Biblioteche del Regno. La i* ediz.'', del 1876, non comj)rende che la
prima serie delle monete consolari, senza gli ulteriori acquisti fino al i88r.
CONTRIBUTI ALLA STORIA DEL RIPOSTIGLIO CONSOLARE, ECC. 183
secondo la classificazione cronologica proposta dal Babelon.
Il primo elenco cita anche il numero delle monete di ogni
tipo, e quindi costituisce la somma di tutte quelle esaminate ;
il secondo elenco cita solo i tipi delle famiglie rappresentate
entro i nove periodi della classificazione cronologica della
Repubblica romana, indipendentemente dal numero di mo-
nete che esiste per ogni tipo.
FAMIGLIE CONSOLARI
RAPPRESENTATE NEL TESORETTO DI PALAZZO CANAVESE
IN ORDINE ALFABETICO
Aemilia . .
. N.
6
Fabr.
N. 756, 758 ^■% 759,
770.
Antestia . .
n '
2
n
>f 825 (due).
Antonia . .
"
22
n
" 919, 922, 923, 932
, 937, 945, 948,
951» 954, 962, 964, 966, 969, 974.
Appuleia. .
»
I
n
" 993-
Baebia . .
»
3
}}
w 1224, 1227 (due).
Caecilia . .
»
2
»
» 1250, 1263.
Calidia . .
»
2
n
» 1278 (due).
Calpurnia .
"
4
n
» 1382 (una) (11).
Carisia . .
n
I
n
» 1685.
Cipia . . .
»
3
))
» 1762 (tre).
Claudia . ,
»
12
n
n 1770 (una), 1771
(cinque) (12).
(cinque), 1837
Cloulia . .
»
2
n
» 1878, 1919.
Considìa . .
"
I
n
» 2036.
Cordia . .
"
2
»
» 2046 (due).
Cornelia . .
»
6
w
» 2151, 2201, 2219,
2232, 2239 (13).
Domitia . .
"
2
M
w 2424 (due).
(11) Gli altri tre denari della Calpurnia non erano rappresentati
nel Gabinetto numismatico del Museo di Torino, e mancano al catalogo
del Fabretti; furono acquistati dalla Direzione, vedi pag. 188-189, 193.
(12) Un denaro della Claudia fu acquistato con gli altri precitati,
vedi pag. 189, 193.
(13) Un denaro della Cornelia fu pure acquistato, vedi pag. 188, 193.
i84
SERAFINO RICCI
Fabia . . .
. N.
1
Fabr.
N
2491.
Fannia . .
w
I
Il
»>
2584.
Flaminia. .
»
2
11
»>
2613 (due).
Fonteia . .
n
2
l>
»
2686, 2692.
Fundania .
n
I
II
manca (14).
Furia . . .
>>
I
11
Il
2749.
Garciiia . .
n
3
II
11
2759» 2761 (due).
Herennia .
. »
2
11
II
2773 (due).
Julia . . .
n
13
II
11
2903 (due), 2934 (una), 3072 (tre),
3091 (una), 3093 (una), 3143
(una) (15).
Junia . . .
n
2
11
11
3153, 3262.
Licinia . .
»
2
11
II
3326 (due).
Livineia . .
n
2
11
11
3344» 3351-
Maenia . .
w
I
11
11
3407-
Mamilia . .
»
I
»
n
3420.
Marcia . , .
11
5
11
11
3462, 3480, 3540, 3544 (16).
Minucia . .
»
3
11
»
3757, 3759, 377i-
Petillia . .
11
I
II
II
4157-
Petronia . .
11
I
11
11
4166.
Pinaria . ,
11
2
11
II
4167 (due).
Plancia . .
II
2
11
11
4259 (due).
Plautia . .
11
2
11
11
4271, 4279.
Plutia. . .
11
I
11
II
4265.
Porcia . . .
II
I
II
II
4369-
Postumia .
II
I
II
II
4427.
Rubria . ,
11
I
11
11
4615.
Rutilia . .
11
2
II
11
4629 (due).
Saufeia . .
11
2
1)
11
4695 (due).
Scribonia .
11
I
11
11
4704.
Sentia . .
11
I
11
11
4731-
Sergia . .
11
I
II
11
4764.
Servilia . .
II
3
II
II
4796, 4798 (due).
Sicinia . .
11
I
11
11
4810.
Terentia . ,
11
I
II
11
4861.
Thoria . .
II
3
11
11
4872 (due), 4880.
Titia . . .
11
2
II
11
4896, 4899. .
(14) Fu acquistata come sopra, cfr. pag. 187, 193.
(15) Quattro denari della Julia furono acquistati, perchè mancanti
nella Collezione, vedi l'elenco a pag. 193; cfr. 188, 189, 190.
(16) Il quinto denaro della Marcia fu pure acquistato vedi p. 189, 193.
CONTRIBUTI ALLA STORIA DEL RIPOSTIGLIO CONSOLARE, ECC. 185
Tituria . . .
N.
8
Fabr.
N.
4919 (una), 4967 (due), 4969 (una),
4971 (una), 4973 (una) (17).
Trebania . .
n
I
»
»
4981.
Tullia. •. . .
»
I
n
»
4985-
Valeria . . .
»)
I
M
n
5010.
Vibia. . . .
»
2
>»
»
5087, 5171.
Pompeo Magno
n
I
Cohen I,
p. 5, n. 17.
Giulio Cesare .
t)
I
n
I,
p. 9, n. 12.
Augusto . . .
n
3
n
I,
p. 64, n. 1 1 ; p. 70, n. 47 ; p. 70, n. 50.
K
160 (18)
(17) Gli altri due denari della Tituria furono pure acquistati con gli
altri undici precedenti, perchè mancanti anch' essi, vedi pag. 189, 193.
(18) I denari d' argento consultati da me sono 159, ma è stato ag-
giunto nell'elenco alla famiglia Julia il denaro n. 2934, di cui si parla
a pag. 181, nella nota 8.
P. S. — Dimenticai di notare, alla famiglia Antonia, che le 22 monete
di questa famiglia sono così distribuite: 919, 922, 923, 932 (tre), 937 (due),
945 (due), 948 (due), 951 (due), 954, 962 (due), 964, 966, 969, 974 (due).
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CONTRIBUTI ALLA STORIA DEL RIPOSTIGLIO CONSOLARE, ECC. I93
ELENCO DELLE MONETE CONSOLARI
DI PALAZZO CANAVESE
ACQUISTATE DALLA DIREZIONE DEL R. MuSEO DI ANTICHITÀ IN ToRINO.
I Calpurnia, del tipo Fabretti, n. 1490, con caduceo e g da un
lato, V e G dall'altro; vedi Babelon I, p. 292, n. 12 (89 a. C).
I Calpurnia, del tipo Fabretti, n. 1421, 1447, con f da un lato,
testa d'asino dall'altro; vedi Babelon, ibidem, (89 a, C).
I Calpurnia, del tipo Fabretti, n. 1572 e segg., con la variante
della spica; vedi Babelon I, p. 301, n. 26 (64 a. C).
I Claudia, del tipo Fabretti, n. 1787, col n. lxviii; vedi Babelon I,
P- 349, n. 5 (84 a. C).
I Cornelia f del tipo Fabretti, n. 2079, con la variante s; vedi Ba-
belon I, p. 399-400, n. 24 (90 a. C).
I Fundania, del tipo Fabretti, n. 2700 e segg., con lettera a; vedi
Babelon I, p. 515, n. i, (loi a. C).
I Julia, del tipo Fabretti, n. 2903 e segg., con protome di cavallo
e tridente; vedi Babelon lì, p. 6-7, n. 5 (88 a. C).
I Julia, del tipo Fabretti, n. 2910 e segg., col n. ixxix; vedi Ba-
belon II, p. 6-7, n. 5 (88 a. C).
1 Julia, del tipo Fabretti, n. 2991 e segg., con tridente e luna
crescente da un lato, e na sotto la quadriga; vedi Babelon II,
pag. 6-7, n. 5 (88 a. C).
I Julia, del tipo Fabretti, n. 3074, con variante del fiore dietro
la testa di Venere, vedi Babelon II, p. 12, n. 12 (50 a C).
I Marcia, del tipo Fabretti, n. 3551, col n. xxxvi; vedi Babelon II,
p. 196, n. 27 (84 a. C).
I Tituria, del tipo Fabretti, n. 4913 e segg., con la variante del-
i'armatura; vedi Babelon II, p. 499, n. 6 (88 a. C).
I Tituria, del tipo Fabretti, n. 4913 e segg., come sopra, con la
variante dello strigile degli attrezzi atletici; vedi Babelon II,
p. 499, n. 6, come sopra (88 a. C).
"5
194 SERAFINO RICCI
Dall'esame precedente delle monete di Palazzo Canavese
risultano finora i seguenti dati, relativi a quel ripostiglio. Esso
è composto esclusivamente di nummi consolari d' argento,
non essendo calcolabile quell'unico bronzo imperiale irreco-
noscibile, di provenienza dubbia, e, secondo me, non prove-
niente dal medesimo scavo. Delle 159 monete esaminate, 156
appartengono alla repubblica romana, e si estendono dal 217
a. C, col denaro della Baebia, coniato da Cn. Baebius Tarn-
pilus, al 20 a. C, con quello della Petronia, coniato da P.
Petronius Turpilianus.
Tre nummi appartengono al periodo augusteo, e furono
coniati sotto Augusto, dopo il 28 a. C. ; non toccano però
nessuno l'Era Volgare. È verosimile che il ripostiglio intero
fosse ben piii riccamente rappresentato, e si estendesse in
un periodo di tempo molto maggiore, se in così piccolo
numero di monete già si può abbracciare lo spazio di tempo
di quasi due secoli. E tale doveva essere la copia e la varietà
dei tipi da far supporre si trattasse veramente di cassa mili-
tare per il pagamento delle truppe di presidio, probabilmente
alla vicina Eporedia (Ivrea), che, fondata nel 100 a. C. nel
paese dei Salassi, e più tardi retta come municipium con
magistrati indipendenti, era, come Augusta Praetoria (Aosta),
uno dei centri militari di maggior importanza per tener testa
alle invasioni e alle ribellioni dei popoli Alpini.
La maggior parte delle monete non eccede l'importanza
e il valore medio, però alcuni pezzi sono rari ; oltre la Cornu-
ficia già citata, ch'io non ebbi nelle mani, citerò la Garcilia
n. 2759, che ha il valore di catalogo di Fr. 50; X Augusius
n. 37, che ha quello di Fr. 30; là Baebia n. 1224 = Fr. 25,
la Petronia n. 4166 = Fr. 20; la Vihia n. 5171 = Fr. 15;
Pompeo Magno = Fr. 15; la Julia n. 3143 = Fr. io. Il
valore complessivo di catalogo delle monete da me vedute
ammonterebbe a Fr. 516, e si può immaginare il valore di
tutto il ripostiglio, anche non eccedendo la media del valore
di quelle esaminate, qualora si pensi che queste rappresen-
tano solo Vo di quelle sequestrate dai carabinieri dopo le prime
dispersioni. Questo rende ancor maggiore il dispiacere di
aver tanto perduto per incuria e per inscienza di chi rinvenne
e possedette nei primi anni il tesoretto di Palazzo, il quale
CONTRIBUTI ALLA STORIA DEL RIPOSTIGLIO CONSOLARE, ECC. I95
non ha, secondo me, importanza esclusivamente numismatica,
ma anche archeologica, in quanto che finora è l'unico ritro-
vamento d'antichità di un certo valore, avvenuto nella zona
di quel territorio (21).
Il Canavese è in generale poco rappresentato nell'anti-
chità classica, e per nulla affatto sinora nella sezione piemon-
tese del Museo; si ha però qualche notizia sporadica di
ritrovamenti (22). P. es. di S. Giusto Canavese si conoscono
alcune sepolture romane, di cui la suppellettile era composta
per ogni tomba di un' umetta di terra grossolana, coperta
da una coppa di terra rossa piii fina, capovolta, e tre vasi
con largo ventre, manico e collo stretto. La tomba era quindi
ad incinerazione, e vi appartenevano pure un piccolo balsa-
mario di vetro bianco ed un medio bronzo di Tiberio; altri
fittili ed undici monete imperiah di medio bronzo, da Tiberio
a Tito, furono scoperte in un luogo vicino a quello del ritro-
vamento precedente, anzi nello stesso fondo, ma nella parte
spettante al Comune di Foglizzo (23).
Un'iscrizione latina del monastero di S. Ponzo Canavese
presso Valperga cita una certa Matilda Paterna ex pago
Licirro, vico Navelis, che ci dà il titolo romano di quei din-
torni (24). Pure di Valperga citano epigrafi romane (25), ed
(21) Per gentile comunicazione del figlio Ludovico dell'on. Marchese
Carlo Compans di Brichanteau, che aveva anni fa alcuni possedimenti
a Palazzo Canavese, ho potuto sapere che furon trovate dal giardiniere
di casa alcune monete sparse nel terreno, e venute in luce in occasione
di lavori campestri, con qualche lucerna di terra cotta e non pochi lacri-
matoi; il che farebbe pensare a tombe romane. Le monete da me vedute
l' anno scorso erano anch' esse repubblicane, e d' argento, una della
Fannia, coniata da M. Fannius, che risale al 149 a. C. (Babelon I, p. 491,
n. i), un' altra della Thoria, coniata da L. Thorins Balbus del 79 a. C.
(Babelon II, p. 487), e una terza della Rubria, di L, Rubrius Dossenus
del 49 a. C. (Babelon II, pag. 406, n. i).
(22) Descrisse il Canavese e ne raccolse le memorie storiche A.
Bertolotti nei siioi lavori : Passeggiate nel Canavese, Ivrea, Curbis, 1867-
1872 (voi. 6); Fasti Canavesani, ibidem 1870; Gite nel Canavese, ibidem 1872.
(23) Vedi Notizie degli Scavi, 1894, P« 187.
(24) Q.(orpns) \(nscriptionnm) l^fatinarum) V, 2, 7923. Della medesima
provenienza sono le iscrizioni C. I. L. V, 2, 7882 e 6917, questa riveduta e
corretta dal eh. Pais {Notizie Scavi 1883, p. 149).
(25) Notizie degli Scovi, 1883, p. 149-150.
196 SERAFINO RICCI
una ne abbiamo nella Collezione lapidaria del Museo, da
Forno di Rivara (catalogo n. 3397). S. Martino Canavese ci
diede un vaso d' argilla giallognola, citato e illustrato dal
compianto avv. Vittorio Del Corno (26).
Tutta la zona d'Ivrea e delle sue torbiere, giù fin oltre
Piverone e il Lago di Viverone, è conosciuta fin dal tempo
preromano, e splendidamente rappresentata al Museo di
Antichità in Torino dalla Collezione Gastaldi (27), che prima
trovavasi al Museo Civico (28). Palazzo Canavese, che è fra
Piverone ed Ivrea, trovasi sulla via romana che da Lomello
(Laumellum) per Vercelli (Vercellae) conduceva ad Ivrea,
passando appunto per Dorzano e Piverone; è quindi verosi-
mile che, se finora esso non ha dato molto agli studi archeo-
logici, ne possa dare in sèguito, per scavi fortuiti o siste-
matici che siano condotti lungo la strada romana.
Torino, Maggio 1897.
(R. Museo d'Antichità).
Serafino Ricci.
(26) Vedi Atti della Società di Arch. e B. A. in Torino, II, p. 120,
tav. V, n. 9.
(27) Vedi Gastaldi B., Nuovi cenni sugli oggetti di alta antichità
trovati nelle torbiere e nelle marniere dell'Italia. Torino, Marzorati, 1862;
Iconografia di alcuni oggetti di remota antichità rinvenuti in Italia, in
Memorie dell'Accademia delle Scienze di Torino, serie II, tomo XXVI
(1871). Cfr. dott. De Agostini; Le torbiere dell'anfiteatro morenico d'Ivrea
in Rivista geografica italiana II (1895), ^^sc. V, pag. 287.
(28) Sul trasporto della Collezione Gastaldi dal Museo Civico al R.
Museo d'Antichità, vedi in questa Rivista di Numismatica, IX (1896),
pag. 245, n. 5.
OPERE NUMISMATICHE
DI
CARLO KUNZ
(Continuazione: Vedi Fase. I, 1897).
4
IL MUSEO BOTTACIN
ANNESSO ALLA CIVICA BIBLIOTECA E MUSEO DI PADOVA (i)
Fra tanto attuale fervore per gli studi patrii, è indubitato
che anche la scienza che ha per oggetto le antiche monete,
principale ausiliaria della cronologia e della storia, dovrà
riacquistare in Italia quell'intiero favore e quella diffusione
che a ragione si merita. Tacendo di alcune splendide ecce-
zioni, havvi bensì ancora qualche tiepidezza, prodotta più
che altro, da estrinseche cagioni, ma sorgono anche tuttodì
indizi consolanti del contrario, e sono : il numero ognor
crescente di raccolte numismatiche pubbliche e private, le
pubblicazioni di singole o periodiche opere nummografiche
che ad intervalli compariscono, e quelle di maggiore entità
che da alcuni valenti si stanno dettando.
Salutiamo con gioia questo ravvivato indirizzo delle
menti verso lo studio della patria numismatica, imperocché
siamo d' avviso eh' esso sia destinato a rendere importanti
servigi ed accrescere gloria al bel paese. Ed invero, non
sono le monete monumenti parlanti delle età passate; fonte
ricchissima per la cognizione della cronologia, della storia,
dell'archeologia; specchio sincero delle condizioni civili, delle
tendenze religiose, dello stato economico e di quello delle
arti nelle città e regioni in cui ebbero corso? Se così non
fosse, tutti i governi civili profonderebbero tante cure e tanti
tesori nella fondazione od ampliazione di ricchissimi gabinetti
numismatici, e nobili municipi, gareggiando con essi a tenore
dei propri mezzi, porrebbero sì amorevole studio nel com-
porre raccolte di monete, sia pure della sola provincia o
(i) Pubblicato nel Periodico di numismatica e sfragistica per la storia
d'Italia. Firenze 1868, Anno I (N. d. D.).
200 CARLO KUNZ
città propria? E magnanimi cittadini, inspirati da tale verità,
farebbero ad essi generosa cessione delle collezioni intorno
alle quali spesero cure infinite e tempo e ricchezze? È d'uopo
convenire che nelle antiche monete siavi ben più di quanto
la folla dei profani è disposta di ravvisare, se vediamo, per
citare pochi esempì, il dominatore della Russia decretare
l'acquisto di vistosissime raccolte già di privata ragione ; il
Museo Britannico non trascurare occasione, ne arrestarsi a
dispendi per l'incremento delle proprie collezioni, ed aggiun-
gere premuroso perfino serie tali la cui immediata utilità per
esso non apparisce a prima vista, come ad esempio la
cospicua raccolta di monete venete già formata da Enrico
Koch in Trieste, e fare altrettanto i governi di Prussia e di
Francia, e questo, con decreto speciale del Ministero della
Pubblica Istruzione, notisi bene, autorizzare la spesa di ben
trentamila franchi per l'acquisto di un solo aureo medaglione
di Eucratide, re della Battriana!
Per ciò che riguarda raccolte numismatiche formate da
privati e generosamente donate a città di loro predilezione,
basti citare il defunto benemerito cittadino Camillo Bruzzoni,
che legava alla sua Brescia la ricchissima serie di monete e
medaglie, precipuamente italiane, da lui adunata, raccolta
che attende ancora di essere convenientemente disposta e
cribrata; l'illustre commendatore canonico Spano, che cedeva
al Regio Museo di Cagliari la importante serie di monete
ed altre antichità dell'isola Sarda, con somma diligenza da
lui composta, e finalmente il chiarissimo signor cavaliere
Nicolò Bottacin, il quale in pari modo donava alla città di
Padova l'egregia collezione di monete e medaglie che con
grandissimo amore e lauto dispendio andò formando nella
cortese Trieste, che per molti anni ebbe la ventura di anno-
verarlo distinto ed onorato cittadino. E fece opera magnanima
e giusta, avvegnaché quella dotta ed illustre città, nella cui
provincia egli ebbe i natali, fosse ben degna di tale prefe-
renza, e meritasse di aggiungere a tanti altri titoli di gloria
ed al possesso del più antico giardino botanico, di ricchis-
sime raccolte paleontologiche, zoologiche, e mineralogiche,
di ampie biblioteche ed archivi, e di una pregevole pinacoteca,
un sì segnalato gabinetto numismatico, il quale compendia
IL MUSEO BOTTACIN 20l
in sè la storia d'Italia delle età di mezzo e dei tempi a noi
più vicini. E la città per tal modo prediletta corrispose de-
gnamente a tanta liberalità, perchè tosto la illustre sua
rappresentanza sanzionò riconoscente l'accettazione del co-
spicuo dono, ed annuì ai desideri espressi dall'egregio cava-
liere, statuendo quella raccolta fosse conservata in apposita
sala del Civico Museo, la quale avesse titolo di Museo
Bottacin, e decretando inoltre l'aggregazione dell'illustre
donatore alla cittadinanza padovana, come poco appresso la
insigne Accademia della stessa città acclamavalo suo socio
onorario. Né a ciò soltanto si arresteranno le premure della
illustre Rappresentanza padovana, ma siamo convinti che.
come ella provvederà nell'avvenire pel più conveniente col
locamento della sua Civica Biblioteca e Museo, farà quanto
è da lei acciò anche le serie numismatiche del Museo Bottacin
siano sempre custodite, nonché aumentate colle più amore-
voli cure, e ne sia colle dovute cautele facilitata l'ispezione
agli studiosi.
Se le raccolte sono la suppellettile indispensabile d'ogni
studio scientifico, gli arsenali, per così dire, nei quali la
scienza ritrova le più valide armi per la conquista del vero,
conviene tuttavia che 1' uso di esse ne sia facilitato in tutti
i modi possibili, coli' ordinamento più opportuno e razionale,
colla cortese prestazione per parte degli incaricati alla loro
custodia, e con cataloghi stampati che ne divulghino anche
ai lontani la conoscenza.
Sono i cataloghi per mio avviso tanto importanti, che
nessuna collezione di qualche entità dovrebbe esserne priva ;
sono essi altrettante guide che segnalano all'attenzione degli
studiosi ciò che a loro può maggiormente interessare, li
sollevano da molte noiose ricerche, e li aiutano in quelle che
per iscopo di studi speciali vanno facendo. Qualora si aves-
sero stampati con buon metodo e precisione i cataloghi delle
principali raccolte di monete di zecche italiane, sarebbe già
fatto un passo gigante verso quella completa illustrazione
di esse, la quale, mediante singole monografie, non potrà
essere ottenuta che in lungo lasso di tempo. Di ciò emmi
chiaro essere convinti anche il prelodato commendatore Spano,
che dettò il catalogo delle raccolte da lui donate al Regio
202 CARLO KUN2
Museo di Cagliari, l'illustre dottore Luigi Pigorini, che diede
principio alla pubblicazione di quello del Regio Museo par-
mense, alle dotte sue cure affidato, e l' egregio cavaliere
Bottacin, il quale si è proposto di effettuare quello delle
monete e medaglie che compongono il Museo da lui intitolato.
Ma poiché la compilazione di un catalogo generale di tutte
le serie ivi accolte richiederà tempo, ho stimato potesse
intanto tornare opportuna una succinta notizia che desse
ragione dell'importanza di quelle raccolte, e ne facesse ri-
saltare i pregi generali e le specialità più meritevoli di
rimarco. Gli è ben vero essersi di già ciò fatto per opera
dell'illustre signor professore Andrea Gloria nella Relazione
dei doni offerti al Civico Museo, impressa nell' anno 1867,
ma poiché suo scopo era soltanto quello di porgere una
generale idea del Museo Bottacin, così restami ancora campo
aperto per farne alquanto più lungo ragionamento, ed è ciò
che ora intraprendo.
Il Museo Bottacin, come disse di già il prelodato signor
professore, componesi di sei parti o serie distinte, disposte
con bell'ordine in altrettanti stipi di elegante e soHdo lavoro,
eseguiti a spese dello stesso donatore, unitamente ad ogni
altro arredo indispensabile a quella sala. Il primo contiene
la serie delle monete di zecche italiane, escluse quelle che
fanno parte delle seguenti: pontificia, veneta e napoleonica;
il secondo rinchiude la serie delle monete, bolle e medaglie
dei romani pontefici; il terzo quello delle monete venete; il
quarto una collezione di monete e medaglie della grande
rivoluzione europea, di Napoleone I sino al trasporto delle
sue ceneri a Parigi, e dei membri della sua famiglia; nel
quinto è disposta una incipiente raccolta di nummi dell'antica
Roma repubblicana ed imperiale, e nel sesto una collezione
di fac-simili di oltre tremila pregevoli cammei, che si conser-
vano in vari Musei d'Europa. Il centro della sala è adorno
di una vaga custodia a vetri, nella quale per ora stanno
esposti alcuni pregevoli medaglioni d' argento e di bronzo,
una raccolta di monete, medaglie e sigilli che ricordano i
fatti che iniziarono e portarono quasi a compimento la indi-
pendenza di tutta Italia, ed un prezioso aureo anello-sigillo
pel doge Paolo Renier. Ammiransi inoltre in quella sala un
IL MUSEO BOTTACIN 203
pilo di bronzo, opera squisita di Andrea Briosco, detto il
Riccio, rinomato plasticatore padovano; il busto in terracotta
del nominato doge, modellato dalla mano dell'immortale
Canova; quello in gesso del pontefice Pio VII, dallo stesso;
una copia, pure in gesso, della effigie del cantor dell'Inferno,
opera del secolo XV, che serbasi in bronzo nel Museo Na-
zionale di Napoli, ed una serica bandiera militare della Veneta
Repubblica.
Fra cotante preziosità riunite ne sarebbe mancata una
essenzialissima, quella dei libri, elemento e scorta indispen-
sabile d'ogni studio, ma anche a ciò seppe provvedere il
previdente donatore, mediante buon novero d'opere di storia,
d'archeologia e d'arte, pelle quali egli si è proposto di far
foggiare apposito mobile in armonia coi ricordati, quando
altra sala di maggiore capacità ne permetterà il collocamento.
Né con ciò è ancora segnato l'ultimo confine alla generosità
del benemerito cavaliere, avvegnaché egli continui senza posa
ad aggiungere cose nuove al santuario di sua creazione, il
quale non passa giorno, può dirsi, che non vada arricchendosi
maggiormente in monete, in medaglie, in libri od altre pre-
gevolissime cose. Egli vi ha consacrato ormai ogni suo
pensiero, da quando, abbandonate le cure del commercio,
fissò stabile dimora nella città antenorea. £ necessario che
ciò sappia l'Italia, la quale, se ognora onorò i figli egregi
che la illustrarono colle opere dell'ingegno e del valore, non
mancherà di acclamare altamente suo benemerito chi, muni-
ficentemente largendole i frutti della sua colta e diligente
operosità, mostrava una volta di piia come, anche all' infuori
del ministero della spada, o di quella della parola, si possa
diventare grandemente utili al proprio paese.
Ed ora passerò ad accennare per sommi capi quanto
custodiscono quei medaglieri, dall'ordine dei quali discostan-
domi in parte, seguirò per le monete italiane il geografico-
politico, siccome quello che meglio soddisfa alle ragioni
scientifiche, per rapporto alla storia del passato, alla quale
cosifatti monumenti si riferiscono.
Sorpassando le ragioni che consiglierebbero di collocare
prime nell' ordine delle monete italiane quelle che portano
impressi i nomi dei re e degli imperatori di stirpe ostrogota,
204 CARLO KUNZ
longobarda, franca, italiana e tedesca, senz' altra indicazione
delle zecche onde uscirono, per essere desse ancora in iscarso
numero in questo museo, e soltanto della serie dei re goti,
con pochi denari dal tempietto e colla leggenda xpistiana
RELiGio, furono aggiunte le prime alle monete della zecca
di Ravenna, ed inserite le altre fra quelle di Milano, nella
cui zecca alcune con qualche verosimiglianza , altre con
certezza si ritengono battute.
IL PIEMONTE E LA LIGURIA
Torino.
Al nome di questa principale zecca della reale dinastia
di Savoia, onde non ismembrare di troppo la loro serie,
si raccolsero tutte quelle monete che dal conio distinto, o
pei nomi locali inscrittivi piìi che con semplici iniziali, o per
circostanze particolari di loro battitura non fannosi a prima
vista riconoscere per fattura di altre zecche.
Ove si rifletta alla doviziosità di questa classe, quale ci
fu rivelata dall'opera insigne dell'illustre sig. commendatore
Promis, è giuocoforza confessare essere ben arduo raggiun-
gere in essa quel grado di perfettibilità ond'è suscettibile,
amenochè uno non voglia dedicarvisi con ispeciale predile-
zione; ma tuttavia non è spregevole il novero e la qualità
dei pezzi già raccolti, fra cui sembranmi degni di menzione
i seguenti :
Un denaro di tipo ginevrino, per opinione di quell'egregio
autore battuto nella zecca di Nyon dal conte Amedeo VII;
due esemplari, uno dei quali con leggende scorrette, del
ducato d'oro del duca Lodovico, fatto a similitudine di quelli
di Milano dei duchi viscontei; un denaro piccolo di Filiberto I,
un testone di Carlo I; un denaro inedito di Carlo II (Vedasi
tav. IV, n. i); due scudi d'oro ed un tallero col duca
IL MUSEO BOTTACIN 205
battagliero a cavallo, di Emmanuele Filiberto; il ducato d'oro
col simulacro della Madonna di Vico, due diicatoni ed un
mezzo ducatene dall'arme, uno scudo di Vercelli col Beato
Amedeo, e due mezzi scudi Spadini, uno dei quali contro-
marcato, ed una lira di Carlo Emmanuele I; un ducatene di
Vittorio Amedeo I; la doppia da due di Maria Cristina, tutrice
dell'infante Francesco Giacinto; un quarto di ducatene della
seconda reggenza di quella principessa, sfuggito alle diligenti
ricerche dell'esimio Commendatore (Tav. IV, n. 2); lo zecchino
dell'Annunziazione, nonché la sua metà, di Carlo Emma-
nuele III, ed altre belle cose in tutti i metalli, che oltrepas-
sano il numero di cento pezzi.
Di questa stessa zecca evvi poi un denaro piccolo tornese
di Filippo principe d'Acaia.
Asti.
Venendo alle minori zecche del Piemonte, e procedendo
per ordine approssimativo di anzianità, incontriamo Asti che
da Corrado II ebbe il privilegio della moneta, e tenne zecca
operosissima, in fuori di qualche breve interruzione, pel corso
di tre secoli e mezzo, come dimostrò con altro lodatissimo
dettato il predetto signor Commendatore. Ma, quantunque
codesta zecca vanti numerosi monumenti, sono dessi per la
massima parte rari, e pochi ne serba questo museo, per cui
limiterommi a citare la pregevole parpagliela dalla croce del
re Lodovico XII, ed il cavallotto del principe Emmanuele
Filiberto.
Alessandria.
Delle sole tre monete finora conosciute, lavorate entro
le mura di questo forte propugnacolo d'Italia, evvi la ossi-
dionale da dieci soldi, di schietto rame, fatta battere dal
governatore marchese di Caraglio, in distretta di numerario,
mentre eravi bloccato dal generale Maillebois, nell'anno 1746;
e per di più sia ricordata la non rara medaglia colla effigie
del re Carlo Emmanuele III, commemorativa di quell'assedio.
206 CARLO KUNZ
Novara.
Questa città, sì di sovente contrastata a furore d'armi,
i cui monumenti numismatici sono pochi e tutti notevoli per
rarità, è rappresentata da tre monete, cioè, dal prezioso
grosso col nome di un Enrico imperatore, che l' illustre
commentatore delle zecche del Piemonte determinò essere
il sesto; dal denaro piccolo imperiale che lo stesso giudicò
appartenere alla prima metà del secolo XIII, mentre il chia-
rissimo signor D/^ P. Caire vorrebbelo più antico, e forse
del vescovo Guglielmo Torniello, intorno al 1153, e finalmente
da un sesino o quattrino che sia, di Pier Luigi Farnese, il
quale, sebbene fosse contemporaneamente duca di Parma e
Piacenza, non potè, come tale, esercitare la facoltà di battere
moneta che in questo suo inferiore dominio dal rango di
marchesato.
SusA.
Più antica fra le zecche dei conti di Savoia, e pella quale
il Rabut tentò rivendicare un tremisse merovingio, non figura
che per un solo denaro, facile a rinvenire, di Amedeo III.
Tortona.
Le pochissime monete esistenti di questa città ricordano
tutte l'imperatore Federigo II che nell'anno 1248 accordavale
il privilegio della zecca, e poiché vi sono rarissime le suddi-
visioni del grosso, non possiamo affermare che il possesso
delle due varietà di esso, la prima delle quali con la croce
accompagnata da due anelletti , che mostra carattere di
maggiore antichità, è di qualche pregio.
Acqui.
Contemporanea a quella di Tortona, questa zecca, oltre
a monete simili a quelle, segnate dal nome del secondo
Federico, ne vanta alcune del vescovo Oddone Berlinghieri,
IL MUSEO BOTTACIN 207
dei primi anni del secolo XIV, tutte rarissime, sì le prime
che le seconde, ond'è che con piacere notiamo l'esistenza
del denaro mezzano col nome di quell'imperatore, divulgato
dalla Rivista Italiana della Numismatica.
Vercelli.
Al pari delle due precedenti ebbe questa antichissima
città da Federigo II il privilegio della moneta, ma di quel
primo periodo della sua zecca è noto un solo pregevolissimo
grosso, del quale forse col tempo si scuopriranno le parti
aliquote. Fu poi operosissima sotto il dominio dei duchi di
Savoia, pel corso di oltre un secolo, dal 1530 in poi, e le
monete battutevi essendo per lo più contraddistinte dalla
iniziale del suo nome, tacerò di esse per la già esposta ra-
gione, e limiterommi a segnalare due pezzi i quali ricordano
l'assedio sostenutovi dal governatore marchese Dogliani a
nome della duchessa Maria Cristina, reggente e tutrice del
figlio Francesco Giacinto, contro le armi di Spagna, nel-
l'anno 1638.
Il primo è un quarto di lira di bassa lega che differisce
da quelH riportati dall'illustre Commendatore Promis, ma è
invece uguale alla doppia, e mostra dunque che gli stessi coni
servirono per due effetti. Il secondo è un mezzo soldo di lega
ancor più povera, pochissimo dissimile da quello che figura
nella dissertazione delle monete ossidionali del Piemonte.
Chivasso e Casale.
Raccogliamo in solo gruppo queste due città, nelle quali
i marchesi del Monferrato fecero lavorare il maggior numero
delle loro monete, per esserci impossibile di trovare la linea
matematica che distingue i prodotti monetali dell' una da
quelli dell' altra. Alla prima, nella quale forse anche Man-
fredi IV, marchese di Saluzzo, pretendente al marchesato di
Monferrato, fece battere un suo denaro imperiale, spettano
verosimilmente quattro monete di questa raccolta : un grosso
ed un mezzo grosso di Giovanni I e due quarti di grosso
di Teodoro IL E giacché l'esimio illustratore di questa serie
2o8 CARLO KUNZ
lasciò indeterminato l'oggetto simulante una S coricata che
osservasi sovra uno di tali pezzi, siami lecito notare essere
quello un nastro o cartello colle estremità attortigliate in senso
opposto, che per tale si manifesta sul nostro perfetto esemplare.
Fra le monete della stirpe paleologa che con più cer-
tezza si possono assegnare alla zecca di Casale, vogliono
essere ricordati un bel esemplare del cornabò di Bonifacio II,
ed un cavallotto di Gian Giorgio, alle quali può aggiungersi
il rolabasso col cervo accosciato, improntato del nome del-
l'imperatore Carlo V, tutti pezzi di qualche pregio.
Delle monete uscite dalla stessa zecca, mentre il Mar-
chesato ubbidiva ai Gonzaghi signori di Mantova, sarà detto
più avanti.
Ivrea.
Codesta sede dei celebri marchesi che diedero all'Italia
tre re, non vanta finora che due sole monete inscritte del
suo nome e di quello d'un imperatore Federico, verosimil-
mente il secondo, in omaggio, sembra, di privilegio conces-
sole, ma battute nei primi anni del secolo XIV, in uno dei
brevi intervalli di sua indipendenza. In tanta penuria il gabi-
netto Bottacin è pago di possedere il grosso tirolino e fa
assegnamento sul tempo, ch'è galantuomo pel più raro pic-
colo imperiale.
CORTEMIGLIA.
Di questo già feudo dei marchesi del Carretto, i quali
piuttosto per arbitrio che per concessione vi batterono mo-
neta nel principio del secolo XIV, cessando ben presto in
forza di divieti dell'imperatore Enrico VII, evvi pure un grosso
tirolino, quello di Manfredo II, prezioso non meno di tutte
le altre monete improntate del nome di quei marchesi.
Aosta.
Che i Salassi che ne popolavano la vallata vi abbiano
avuta propria moneta è opinione che s'accostò alla certezza
IL MUSEO BOTTACIN 209
dacché gli illustri investigatori T. Mommsen ed A. di Long-
périer ne esposero i sodi argomenti, come non è forse in-
fondato il sentimento di coloro che a questa città attribui-
scono alcuni tremissi di stile merovingio. Checché ne sia di
ciò, basti pel caso nostro constatare che il conte Amedeo Vili
vi fece aprire una zecca, e che altri principi della stessa
stirpe vi fecero lavorare monete, inscrivendo talvolta in esse
il nome latino di Augusta Praetoria. Non sono molte quelle
di tal fatta e però non deve sorprendere se due sole ne
serba questo museo, cioè due quarti di soldo col nome di
Emmanuele Filiberto.
Carmagnola e Saluzzo.
Sebbene per un denaro fatto palese dal più volte enco-
miato commendatore Promis, apparisca che un figlio di Tom-
maso I, marchese di Saluzzo, esercitasse la prerogativa della
zecca in Dogliani in sul principio del secolo XIV, ed in quel
torno il marchese Manfredo IV, come fu già avvertito, fa-
cesse altrettanto in Chivasso od altrove, ed altri dello stesso
casato abbiano probabilmente nello stesso secolo fatto bat-
tere moneta (denari imperiali), pure, di una loro zecca sta-
bile e duratura non bassi indizio che verso la fine del se-
colo XV, allorché ne apersero una in Carmagnola, seguita
da altra in Saluzzo, e dal marchese Lodovico II (1475- [504),
non già da Lodovico I, come vorrebbero i Muletti, deve ri-
conoscersi il principio di queste zecche, i cui prodotti, nella
massima parte dei casi è per noi sì difficile, per non dire
impossibile, di sceverare, che, almeno fintanto che quel lu-
minare della numismatica italiana non ci abbia data la loro
storia, non possiamo fare a meno di riunirle in un solo ma-
nipolo.
Le poche monete finora poste assieme di questa serie
spettano ai marchesi Lodovico II', Michele Antonio, e Fran-
cesco, né sono rare, ad eccezione di un quattrino del primo
che offre inscritta la parola noc, motto a grido di guerra,
hellicus clamor^ usato da quella valorosa prosapia, che al
Sanquintino parve enigmatico, ma non é punto, mentre, come
già avvertiva il Denina, è quella una voce tedesca che suona,
37
2IO CARLO KUNZ
ancora. Che se la lezione sulla moneta in discorso è sba-
gliata, in più luoghi del castello di Saluzzo quella parola
leggesi invece correttamente, noch (2).
Dezana.
È sorprendente la ricchezza di questa zecca quale si
manifestò per le opere degli illustri Friedlaender, Cazzerà,
Promis e Morel-Fatio, e pronostico di quanto talune altre
serie numismatiche di città italiane diventeranno per opera
di quei valenti che con amore si accingeranno a tesserne
la storia.
Il gabinetto del quale vado brevemente informando con-
serva fra le monete di questa categoria le seguenti degne
di ricordanza: Due cavallotti ó\ Lodovico I Tizzone; il testone
dell' usurpatore Pietro Berard ; il testone dall' aquila e dal
santo di Gianbartolomeo Tizzone, ed un esemplare di buona
lega della murajuola col Santo Germano del conte Agostino.
Offre inoltre qualche interesse un quattrino del conte Del-
fino colla H coronata e la croce gigliata, il quale sul primo
lato, dopo il nome reca le iniziali A. F, ed al rovescio, dopo
i titoli e l'anno 1585, le lettere R. G. Poiché queste dino-
tano Rolando Gastaldo, quelle, non per anco osservate, al-
ludono verosimilmente ad un compagno di quel zecchiere.
Montanaro.
Rammembrando il numero esiguo e la singolare rarità
delle monete finora emerse, dagli abati di san Benigno di
Fruttuaria fatte battere nelle loro terre di Montanaro e di
Lombardore, non è piccolo vanto per questo museo posse-
(2) Non è insolito trovare nelle monete italiane motti tedeschi tolti
dalle imprese di quelli che le fecero battere, ed il più di sovente in
forma scorretta. Cosi, ad esempio, in moneta di Milano di Lodovico Sforza,
reggente lo stato in nome del nipote, leggesi: ich vergies nix, io non
dimentico; sovra un grosso della stessa città di Francesco 11 Sforza:
MIT ZAiT, col tempo; su molti pezzi di Alberico I Cybo, marchese di
Massa: von gueten in pesser, di bene in meglio; in un soldo di Fran-
cesco II marchese di Mantova: bider craft, possanza leale.
IL MUSEO BOTTACIN 211
derne tre. La prima, che per di più è anche inedita, è
un cavallotto anonimo, il quale, per l'analogia che presenta
con altri simili pubblicati da Tenivelli, Mader e Litta, credo
spettare al Cardinale Bonifacio Ferrerò che primo fra quelli
abati esercitò il diritto della moneta, per concessione di
papa Clemente VII (Tav. IV, n, 3). Le altre due, che por-
tano il nome dell'abate Ferdinando Ferrerò, sono quelle che
vedonsi raffigurate nelle tavole del Litta, grosso forse la
prima, quattrino la seconda.
Crevacuore e Messerano.
Da più autori fu riportato un privilegio dell'anno 1249,
col quale Guglielmo Imperatore concedeva ai Fieschi, con
altri diritti, quello pure della zecca, ed il Litta affermò, an-
cora prima di quell'anno avere essi battuto moneta in qua-
lità di Conti di Lavagna. Gli angusti limiti del presente
lavoro non concedono digressioni suU' attendibilità di tali
notizie, ne io sarei da tanto di farle concludenti, ma poiché
in breve sarà fatta pienissima luce anche in questo campo
per opera di chi già tanta ne versò sulla patria numisma-
tica, basterà per intanto ch'io mi attenga al fatto delle mo-
nete divulgate dei signori di Messerano, le quali non risal-
gono più in là del principio del secolo XVI, e spettano in
parte a due personaggi della famiglia Fieschi, ed in maggior
copia a sei del casato Ferrerò di Biella che da quelli ere-
ditarono feudi e privilegi.
Furono le loro monete battute in Crevacuore ed in Mes-
serano, e sebbene non manchi a questo gabinetto l'anonimo
grosso tir olino colla leggenda: moneta nova crepachorii,
evidente fattura del secolo XIV, emmi quel pezzo ancora
troppo oscuro perchè io possa azzardarne qualche attribu-
zione. Le altre monete più sicure e più osservabili dell'una
e dell'altra zecca sono le seguenti: Di Lodovico II con Pier
Luca Fieschi evvi il testone coll'aquila ed il San Teonesto
a cavallo; di Lodovico II solo, due testoni colla di lui effige
ed il santo assiso; di Pier Luca II, il testone dall'aquila col
santo ritto, e sono tutte belle monete.
I Ferreri contano otto pezzi, e sono rimarchevoli la imita-
212 CARLO KUNZ
zione del bianco di Bologna del marchese Besso; due talleri
del principe Filiberto Ferrerò; il quattrino anonimo sul quale
un poco avveduto nummografo, invece del nome di Creva-
cuore volle scoprire quello di Carmagnola; feudo dei Sa-
luzzesi, ed un quattrino foggiato ad imitazione di alcuni di
Milano di Filippo IV, il quale, per essere sciupato, mi lascia
dubbioso, ma che forse appartiene al principe Francesco Lo-
dovico Ferrerò.
Passerano.
In breve volgere di tempo il novero delle monete uscite
da questo scomparso castello dei Conti Radicati, tratte dal-
l'obblio quase tutte per opera di due dihgentissimi ricerca-
tori, s'accrebbe di tanto da detestare invidia a molte città
d'alta storica rinomanza. Sono per la massima parte prodotti
clandestini e contraffazioni d'altre zecche, emessi con iscopo
d'illecito guadagno nel corto intervallo di pochi anni, dal
1581 al 1598. Sette, tutte prive di nomi personali, ne con-
serva il Museo Bottacin, fra cui una che seppe occultarsi
alle ricerche di quei valenti, una parpagliuola cioè di schietto
rame, fatta con più intiera somiglianza di quelle di Milano
dalla Provvidenza, perchè ne ripete esattamente le leggende
e soltanto i due quarti dell'arme ostendenti ivi il biscione
visconteo, sono in questa occupati dal castagno sbarbicato
dei Radicati. (Tav. IV, n. 4).
Frinco.
Altra effimera zecca ch'ebbe vicende simili alla prece-
dente e l'onore degli stessi illustratori. Cinque sono le mo-
nete che trovammo di questa officina, ma nessuna ci offerse
qualche particolarità degna di rimarco.
Pria di abbandonare il Piemonte conviene ch'io accenni
a due monete che vi hanno relazione. La prima è il denaro
dal tempietto, di Lodovico I, signore di Vaud, terzogenito
IL MUSEO BOTTACIN 21 3
di Tommaso II, conte di Savoia, battuto nella zecca di
Thierrens presso Modone. La seconda è un denaro che al
nome di Aimone, tracciato negli angoli d'una croce, ed al
titolo di duca del Ciablese, unisce sul secondo suo lato il
tempietto, simbolo della religione cristiana, attorniato dalla
corrispondente inscrizione: xpi(sti)ANA religio. Tale pezzo
che al certo fu battuto al di là delle Alpi, volle il marchese
di Pina emesso da Aimone conte di Savoia (1329-1343) in
san Maurizio d'Agauno nell'alto Ciablese, ma potrebbe di
ciò dubitarsi, non vedendolo figurare fra le monete di questo
conte proposte dal commendatore Promis. E tale dubbio si
rafforza alla vista di quel tempietto di pretta forma carolingia,
che consiglia a tenerlo più antico. Gli è perciò che oserei
attribuirlo ad Aimone signore del Ciablese, terzogenito del
conte di Savoia Tommaso I, morto intorno al 1238, se a
ciò non si opponesse il titolo di duca che accompagna il
nome, titolo il quale, secondo Guichenon, soltanto in quel-
l'anno sarebbe stato accordato al conte Amedeo IV, dall'im-
peratore Federico IL
Genova.
Sebbene si abbiano alcune pregevoli dissertazioni sulla
moneta genovese, manca tuttora una storia completa di essa,
e la mancanza, sta, come per qualche altra primaria zecca
d'Italia, in ragione diretta della sua importanza e della ric-
chezza dei suoi prodotti, al che si aggiunge in questo caso
la difficoltà di concordare la serie metallica colla cronologica
per ciò che riguarda le monete piii antiche dei dogi perpetui.
Ma evvi fondamento a sperare che presto possa essere riem-
piuta tale lacuna, sapendosi come da alcuni egregi eruditi di
quella città si stanno diligentemente raccogliendo i materiali
per tale effetto.
Questa città è sufficientemente rappresentata nel museo
padovano, contando oltre ottanta monete fra le quali ferma-
rono la mia attenzione le seguenti. Della prima epoca, del-
l'anno 1139 fino al 1339, il quarto di genovino d'oro ed il
genovino coll'acclam azione Janua quam Deus protegat. Del
tempo dei dogi perpetui e dei dominatori stranieri, un grosso
214 CARLO KUNZ
ed un mezzo grosso di Filippo Maria Visconti ; un grosso ed un
più raro mezzo grosso di Pietro Fregoso il giovane; \\ genovino
d'oro ed un grosso di Galeazzo Maria Sforza; un magnifico
pezzo, forse testone maggiore da venti soldi di Gian Galeazzo
Maria Sforza; un grosso di Battista Fregoso; un bel testone di
Lodovico XII, ed un mezzo testone di Francesco I (Tav.IV, n,6).
Ho scavalcato un pezzo che sembrami rimarchevole, per
poter dirne con agio qualche cosa. È desso un mezzo grosso
anonimo e privo di numero d'ordine, colla leggenda: ianva.
Q. DEVS. PROTEGAT, la qualc, secondo il Gandolfi, non sa-
rebbe stata usata sulle monete che fra gli anni 1252-1339,
e secondo l'illustre conservatore del gabinetto Reale di To-
rino, avrebbe avuto tempo ancor più limitato {Monete di Sa-
vona, pag. 23). Ben alieno dall'oppormi a tanto sapere, ed
ammettendo anzi incontrastabile quel criterio in tesi gene-
rale, questa moneta, segnerebbe una eccezione, perchè allo
stile si palesa di molto posteriore, onde inclino a crederla
battuta in occasione di qualche vacanza o mutamento di go-
verno, per cui nell'entusiasmo del momento, si ritornò a quel-
l'antica invocazione. Dirò di più : quella moneta offre sì grande
analogia coi mezzi grossi col duca Filippo Maria Visconti,
che non sembrami troppo azzardato tenerla fabbricata nel-
l'anno 1436, nel quale i Genovesi, insorgendo, si liberarono
dall'aspro governo di quel principe. (Tav. IV, n. 5).
Abbondano le monete della terza epoca, in tutti i me-
talli, ma dacché esse porgono in generale poco interesse,
mi restringerò a ricordare due rari pezzi, che stimo quarti
di ducatoni, i quali arieggiano le forme delle monete vene-
ziane nelle loro rappresentazioni del Redentore che benedice
al doge genuflesso. Il primo è dell'anno 1554, ed il secondo,
notevolmente differente pel disegno, del 1563. (Tav. IV, n. 7).
Savona.
Una sola moneta, un ottenne da tre denari di Lodovico XI,
rappresentava questa città allorché ispezionai i medaglieri del
museo Bottacin, ma, intanto che ripassavo gli appunti fatti,
l'indefesso donatore vi aggiunse il prezioso fiorino d'oro, in-
cunabulo di questa zecca, battuto intorno all'anno 1350.
IL MUSEO BOTTACIN 2I5
Tassarolo.
Feudo principale della potente famiglia Spinola, eretto
in contea nell'anno 1560 in favore di Marcantonio dall'impe-
ratore Ferdinando I, le monete poco numerose battutevi dal
di lui figlio Agostino e dal nipote Filippo hanno tutte pregio
di rarità e godo perciò poter segnalare l'esistenza di quattro
fra esse.
Del Conte Agostino, oltre al quarto di scudo col mille-
simo 1607, e l'ottavo simile, ma privo della data, evvi un
pezzo non osservato dal diligente Olivieri, il cui disegno tor-
nerà gradito ai cultori della patria numismatica. È desso
una parpagliuola fatta con esatta imitazione di alcune uscite
dalla officina di Casale nel tempo in cui vi ebbero dominio
i duchi di Mantova. (Tav. IV, n, 8),
Del conte Filippo osservasi il ducatone col problematico
Santo a cavallo che vuole essere raccomandato agli eruditi
agiologisti.
Ronco.
Di codesto feudo d'altro ramo degli Spinola conviene
ricordare un ottavetto del marchese Napoleone, che offre la
data 1669. Al pari d'altri da me veduti è d'aspetto sì nuovo
e sì lampante da indurre sospetto che ne esistano tuttora i
coni e da essi, in tempo a noi vicino, ne siano stati battuti
alcuni esemplari a compiacimento dei raccoglitori smaniosi
di cose peregrine.
Lo ANO.
Dopoché l'imperatore Carlo V donava, nell'anno i547>
gran parte dei feudi di ragione dei Fieschi all'illustre Andrea
Doria, non trascorse gran tempo che i costui successori vol-
lero far uso del privilegio della moneta che ad essi da quei
possessi derivava, e pria che altrove in Loano, le cui poche
monete fino ad ora scoperte sono tutte di molta rarità, ond'è
che anche il possesso d'una sola accresce merito a qualunque
2l6 CARLO KUNZ
raccolta. Quella che serba codesto gabinetto è un luigino
della principessa Violante Lomellini Doria, già edito per il
Mantellier, il quale, sebbene non offra il nome di quella feuda-
taria, pure pei documenti riferiti dall'Olivieri chiaramente ap-
parisce essere stato lavorato per di lei ordine.
TORRIGLIA.
Anche in questo minore lor feudo vollero i Doria con-
cedere a privati imprenditori facoltà di lavorarvi monete della
specie degli ottavetti o luigini d'imitazione, pel commercio del
levante, ed è della stessa principessa Violante quello che si
osserva nel nostro gabinetto, ed al pari del precedente è
privo del suo nome, ma i documenti ed i punzoni scoperti
dall'Olivieri dimostrano con evidenza ancor maggiore che ad
essa si deve assegnare. L'esemplare ch'ebbe sott'occhio il
Mantellier portava impresso l'anno 1666; altro descritto dal
Reichel era contrassegnato dall'anno 1667, e se questo mostra
invece la data 1668, ciò serve a comprovare l'attività di una
officina della quale sono ora sì fenomenali i prodotti.
Cade opportuno accennare qui ad altri due luigini di
tipo trevolziano, i quali, avvegnacchè tuttora indeterminati,
potrebbero per avventura essere usciti da taluna delle tante
officine abusive della Liguria nelle quali si lavorò tale specie
di moneta, e che per tale titolo sono da raccomandare allo
studio dei nummofili italiani.
Il primo, che fra gli incerti fu riportato anche in disegno
dal Mantellier, ma coll'anno 1668, mentre il nostro reca la
data 1669, offre sui due lati la scritta : partes volvptati —
ORiENTALivM DiCAT^i:. Lo scudo, invece dei tre gigli araldici,
è occupato da tre fiori o ramoscelli a cinque foglie che il Man-
tellier disse impropriamente gigli naturali. Quegli emblemi
non rassomigliano nemmeno tanto ad alabarde da potersi
ammettere senz'altro essere questo una varietà degli otta-
vetti suggeriti alla principessa Violante dal P. Noceti, sui
quali i gigli furono cambiati in alabarde, perchè, oltreché
IL MUSEO BOTTACIN 21 7
differenti, come afferma l' Olivieri, ne erano le leggende,
indecoroso ed inverosimile deve tenersi il consiglio del
motto Partes voluptati^ diretto da un simile consigliere ad
una principessa scrupolosa la quale appellavasi ai teologi e
sopra altre consimili sue monete dichiarava la propria effìgie
pillerà virtiitis imago.
Il secondo di questi luigini, descritto da Mantellier e da
altri autori francesi, colla data 1667, ovvero 1668, porta la
seguente leggenda, divisa sui due lati, ma principalmente da
quello dell'arme: partes curiositate — et delectatione
DiGNE (sic). Lo scudo è caricato dei tre gigli col lambello e
sott' esso notasi la lettera A, nella quale si potrebbe forse
credere adombrata la zecca spinolina di Arquata, se dessa
non fosse troppo frequente sulle monete di tal specie, quale
nota o finzione della zecca di Parigi, Anche per questo
ottavetto presiedette adunque una idea satirica suggerita
dalle abitudini galanti di madamigella di Montpensier, e
perciò crediamo dovere escludere l'ipotesi che sia stato bat-
tuto per autorità di qualche principessa.
Monaco.
Evvi fondata lusinga che non tarderà molto ad essere
fatta di pubblica ragione la storia numismatica di questo
Principato, che un egregio cavaliere sta dettando, altro in-
dizio che ne fa pronosticar bene per l'avvenire di questo
studio in Italia.
Fra le poche monete di questa serie che serba la num-
moteca padovana, meritano ricordanza uno scudo ed un lui-
gino del principe Onorato II, ed un luigino di gentile lavoro
col nome e le sembianze di Lodovico I.
Cagliari.
Mercè il Bullettino archeologico ed il Catalogo dell'illustre
commendatore Spano, le nostre cognizioni sulle più antiche
monete dell'isola di Sardegna sonosi di molto accresciute,
ma non basta ; abbiamo diritto di attendere ben più dal suo
colto ingegno e dalla sua operosità, ed una storia completa
a8
2l8 CARLO KUNZ
delle zecche di quella regione porrebbe il colmo alla sua
benemerenza ed alla nostra gratitudine.
Le monete di quest' ordine finora collocate nel meda-
gliere Bottacin, ad eccezione di poche dell'ispano re Carlo II,
spettano ai regnanti di Savoia e furono battute per la mas-
sima parte in Torino, pei bisogni dell'isola. Primeggia una
doppietta di Carlo Emmanuele III; un reale di Carlo Emma-
nuele IV, ed un pezzo da tre cagliaresi di Vittorio Emma-
nuele I, notevoli questi due per certo originale arcaismo
particolare alla zecca di Cagliari, riattivata dopo quasi seco-
lare riposo per ordine del re Vittorio Amedeo III, come
insegna il più volte lodato commendatore Promis.
Murato e Corte.
Sebbene l'isola di Corsica segua ora altro destino po-
litico da quello dell'Italia, il tenore della sua storia passata,
dei suoi costumi, della sua lingua, non permettono di stac-
care gli scarsi suoi monumenti monetali da quelli delle altre
zecche della penisola.
Fanno tuttora deficienza le povere monete lavorate in
Sartena dall'effimero re Teodoro, ma non mancano parecchie
di quelle che il condottiero Paoli fece battere in Murato ed
in Corte, ed è di qualche rarità un pezzo d'argento da venti
soldi, che all'anno 1766 che porta impresso, mostra essere
uscito dal secondo di quei luoghi.
LA LOMBARDIA
Milano.
La splendida metropoli dell' Insubria, famosa per tanti
gloriosissimi fatti antichi e moderni, che fu patria di elet-
tissima falange d' uomini illlustri in ogni maniera di umane
discipline, che nelle proprie monete offre uno specchio quasi
IL MUSEO BOTTACIN 219
continuo della sua storia di ben sedici secoli, attende ancora,
non diremo chi ne sappia, ma chi ne voglia illustrare de-
gnamente i fasti monetali : imperocché di tanta dottrina ella
è sempre ostello, che ove un impulso fosse dato, o per
opera di un solo, o con mezzi riuniti, una si deplorevole
lacuna non tarderebbe a scomparire. Perchè, ciò che fu fatto
con ottimo successo nel Belgio ed altrove non potrebbe
tentarsi per questa ed altre città d'Italia, instituendo con-
corsi che avessero per oggetto la storia delle loro monete?
Non è forse argomento codesto meritevole dei riflessi delle
illustri accademie che onorano quasi tutte le città italiane?
E non sarebbe tale compito opportunissimo a quest'ora in
cui con nobilissima gara, alle sonnifere Arcadie d'un tempo
che fu, vanno subentrando associazioni più positive e com-
missioni ch'hanno per iscopo lo studio della storia patria?
Per Milano poi in ispecialità sono tutti i materiali già pub-
blicati e tanti ve ne saranno al certo d'inediti che di molto
ne sarebbe facilitato il lavoro per quei generosi che voles-
sero intraprenderlo.
Le monete dei bassi tempi e moderne della zecca di
Milano raccolte nel museo ch'è obbietto di questa rassegna
sono numerose, perchè oltrepassano le duecento, non com-
prese quelle delle Repubbliche Cisalpina ed Italiana, del
Regno Napoleonico e del Regno attuale.
La più antica è il denaro a monogramma che primo il
Le Blanc assegnò a Carlo Magno, ma che in tempo a noi
vicino, con altri simili d'altre zecche, diede argomento a vi-
vacissime controversie sostenute da sì valenti campioni che
arduo poteva sembrare il definitivo giudizio se spettasse a
Carlo Magno, a Carlo il Calvo od a Carlo il Grosso; sen-
nonché le ragioni addotte in fine a favore del primo dal
chiariss. sig. dottore Vincenzo Promis nei suoi studi sulla
origine della zecca veneta, sembrano sì convincenti da con-
sigliare il bando d'ogni altra opinione. Viene secondo il de-
naro di Lotario I; poi seguono un denaro largo di Lodo-
vico II e tre denari più larghi semibratteati di Carlo il
Grosso, di Guido di Spoleto e di Berengario I, i quali, quan-
tunque privi del nome di questa città vi appartengono senza
contrasto, perchè pari tecnica, peso, lega e* modulo osser-
220 CARLO KUNZ
vansi per uno il quale oltre i nomi dei re Arnolfo e Beren-
gario offre quello della città inscritto entro il tempietto. Non
mancano i denari di forma più ovvia col nome locale, dello
stesso Berengario I, di Ottone I, di Corrado II, e parecchi
denari e denari terzoli dei due primi Federici e di qualche
Enrico. Tanto per le monete dei re d'Italia fino al tempo in
cui Milano, considerandosi indipendente, tralasciò d'inscri-
vervi i loro nomi. Di questa epoca, repubblicana o Torriana
che dire si voglia, non mancano i facili grossi di vario di-
segno, seguiti da presso da alcuni grassoni e grossi e de-
nari di Enrico VI, Enrico VII e Lodovico V il Bavaro.
Eccoci alle monete che segnano il dominio della potente
famiglia Visconti pella quale la potestà fu sorgente di tali
sventure da bilanciare quasi il cumulo delle sue colpe. Le
più meritevoli di rimarco sono un grosso di Luchino e Gio-
vanni coll'arme di casato; il grosso di Giovanni, ultima mo-
neta di questa zecca imitante le forme di alcune degli im-
peratori d'Oriente dei secoli XI e XII; il pregevolissimo
fiorino d'oro segnato dei nomi dei tristi fratelli Barnabò e
Galeazzo II ; quello di pari impronto e rarità del solo Bar-
nabò, ed altro non meno rimarchevole col duca a cavallo in
arnese da torneo, la cui attribuzione a Galeazzo II richiama
alla mente i dubbii concepiti dal Giulini che spetti forse a
Gian Galeazzo. Di Filippo Maria non sono spregevoli il
grosso che lo rappresenta a cavallo ed il soldo col santo in
cattedra.
La seconda Repubblica, ch'ebbe si corta durata e finì
colla dedizione di Milano a Francesco Sforza, ci porge il
mezzo ambrosino d'oro, un soldo ed un denaro.
Con Francesco Sforza, il valoroso e prudente capitano,
ha principio una nuova serie di monete la quale mostra
quale grado di eccellenza avesse toccato la piccola arte non
meno delle arti monumentali nel tempo in cui Milano fu go-
vernata da lui e dai suoi discendenti, e come anche in questo
caso, secondo spesso si nota, un grande carattere storico
sia scintilla che desta dintorno a se ogni sorta di progressi
e di perfezionamenti. Figurano vantaggiosamente in questa
categoria due ducati d'oro dello stesso Francesco; un grosso
di Bianca Maria, tutrice di Galeazzo Maria; tre grossi colla
IL MUSEO BOTTACIN 321
eflìgie di questo malvagio principe, ed il pregevole testone
della di lui vedova la debole ed avvenente Bona di Savoia.
Se le monete del costoro figlio Gian Galeazzo Maria e del
di lui zio Lodovico non possono qualificarsi rare, vanno però
ricordate per la squisitezza dell'intaglio, in ispecialità il te-
stone che riunisce i ritratti di entrambi, una fra le più felici
opere del bulino. L'ultimo periodo del dominio degli Sfor-
zeschi, alternato con quello di due re stranieri, porge i se-
guenti pezzi di maggior momento: due differenti testoni ed
un soldo coll'arme d'ambo i lati di Lodovico XII; un pegione
e due quattrini di Massimiliano Sforza.
La decadenza d'ogni buona cosa, che seguì dappresso
le orme della dominazione spagnuola e s'impresse profon-
damente nelle belle arti, degradò anche quella del conio che
divenne rozza e manierata dopo aver date alcune ultime
prove di valentìa sotto Carlo V. Sono infatti opere egregie
tre testoni di questo imperatore i quali attestano quanto esi-
mio fosse l'artista che li eseguiva, sia desso il Caradosso
od altri. Dei regni seguenti, abbondevolmente rappresentati
in tutti i metalli, meritano osservazione un mezzo scudo da
55 soldi di Filippo II, non accorsoci ancora nelle opere con-
sultate (Tav. V, n. i); un soldo colla effigie dello stesso,
accollata ad una testa muliebre, verosimilmente quella della
di lui quarta moglie Anna d'Austria (Tav. V, n. 2); un quat-
trino di Filippo III, non raro, ma che non trovammo nei libri
(Tav, V, n. 3); una lira di Filippo IV, descritta dall'Appel
ma non raffigurata (Tav. V, n. 4); un ducato o filippo di
Filippo V d'Angiò ed un mezzo filippo di Carlo III (VI), che
del pari ci riuscì nuovo (Tav. V, n. 5).
La monetazione degli ultimi regnanti di casa d'Austria
non porge cose degne di rimarco. Le monete delle due ul-
time Repubbliche e quelle del Regno Napoleonico, lavorate
in gran parte con ottimo magistero, appartengono come fu
già avvertito, ad altra serie in questo museo.
Pavia.
Cotesta antica e gloriosa città che fu sede dei re Goti
dopo ch'ebbero perduta Ravenna, e residenza dei Longobardi
222 CARLO KUNZ
che vi innalzarono quel singolarissimo tempio dedicato al-
l'Arcangelo Michele, sotto le cui vòlte tanti re d'Italia as-
sunsero la corona, non tarderà molto, speriamo, a mostrare
una storia della famosa sua zecca, per opera dell'illustre ca-
valiere il quale con due recenti pubblicazioni nummografiche
seppe conquistare di botto seggio primario fra i cultori di
tale studio.
Non sono molte le monete di questa serie collocate fi-
nora nel museo padovano e possono annoverarsi le seguenti:
Un denaro di Lotario I; altro più raro e perfetto che intorno
al monogramma di Ugo di Provenza reca inscritto il di lui
nome seguito da quello di suo figlio Lotario II, ch'egli as-
sunse collega del regno nell'anno 931 ; un terzo di Ottone I
nel quale il nome della città è preceduto dal titolo onorifico
di inclita, e finalmente uno di Enrico II il Santo.
Nessuna rarità si riscontra negli altri pezzi degli impe-
ratori tedeschi ed in quelli dei duchi di Milano.
Cremona.
Le monete finora a noi pervenute di questa città non
contraddicono al notissimo diploma, riportato dal Muratori,
col quale l'imperatore Federico I le concesse il privilegio
della moneta nell'anno 1155. Ma può egli affermarsi recisa-
mente che non possa rinnovarsi per essa qualche fatto ana-
logo a quello che avvenne per Piacenza, un tremisse della
quale, improntato del nome di re Desiderio, rivelò la origine
ben più remota della sua zecca di quanto fino allora era
creduto? Ma, sia pure infondata tale lusinga, Cremona offre
vasto argomento di studio nelle sue monete, specialmente
nel tempo in cui, reggendosi a libertà, segnava sovr'esse il
nome dell' Enobarbo; graziosi nummoli i quali per entro ad
una certa apparente monotonìa di tipo offrono numerose va-
rietà pel peso, la lega e lo stile, ed attestano la grande
operosità della sua ofTicina.
Fra i pezzi di codesta zecca notammo nel Museo Bot-
tacin il grosso piuttosto raro dalla iniziale e dal titolo che
alludono al nominato imperatore; un denaro mezzano che
per la forma rotonda o gotica di più sue lettere mostra es-
IL MUSEO BOTTACIN 223
sere battuto nel secolo XIII innoltrato, ed è forse l'ultima
moneta di questa città che ricorda il Barbarossa ; un denaro
di Azone Visconti, ed un soldo coll'arme inquartata, di Fran-
cesco I Sforza, che amo credere lavorato, non meno d'altre
sue monete, in questa zecca anziché nella milanese, per certa
maniera particolare d'intaglio e per la forma di alcune let-
tere che non mi offre analogie nelle monete di Milano.
Brescia.
Non è grande il numero delle monete di questa gene-
rosa città che figurano nell'ottimo trattato del Doneda, com-
pletato dalle note, dai documenti e dai disegni del diligente
ed arguto Zanetti, ed il poco che potè aggiungervi dopo ot-
tanta anni il preclaro autore delle Storie Bresciane consta
di varietà o suddivisioni delle monete pria recate, battute in
omaggio del primo Federico od in nome del solo Comune,
ed in un singolare pezzo di Pandolfo Malatesta, eh' è forse
il boldino non rinvenuto dal numismatico bolognese, sul quale,
ostinato come sono, persisto a vedere una testa d'Ercole,
perchè tale n'è il carattere e così vedo rappresentato quel-
l'eroe sovra alcune medaglie greche, non esclusa quella ap-
parenza di veste intorno al collo.
Tranneché del Malatesta, di nessun altro dei signori che
vi ebbero dominio hannosi monete, e quanto a quelle che
vi avrebbe fatte battere lo spagnuolo leardo, assediato entro
la città dai Veneziani nell'anno 15 15, convien restarne molto
dubbiosi.
Ninna moneta bresciana essendo intieramente ovvia, pos-
sono annoverarsi tutte le possedute, che sono: un denaro
piccolo col nome dell'imperatore Federico; A grosso àsii due
santi che lo Zanetti ascrisse alla vacanza dell'impero dopo
la morte di Federico II; il mezzano del Comune colla testa
di Santo Apollonio, ed un quattrino malatestiano.
Como.
Molti eruditi scrittori trattarono della moneta di Como
ed almeno dodici constami ch'abbiano riportato anche dise-
224 CARLO KUNZ
gni di esse, ma tuttavia siamo ancora lontani dal possedere
una completa illustrazione dei prodotti della sua zecca, per
cui torna opportunissima la istanza dell'illustre cav. Camillo
Brambilla, il quale, dichiarando con soda dottrina tre sue
monete, scriveva: " Resta anche per questa serie il desiderio
" che qualche erudito comasco si faccia a riunire gli impronti
" e ad illustrarli, aggiungendovi quanto alle ricerche di altri
" fosse per avventura sfuggito. „
Pel documento riferito dal Rovelli resta comprovato Fe-
derico I avere battuto moneta a Como; ottime ragioni, alle
quali potrebbe aggiungere qualche altra, adduce il nominato
cavaliere per assegnare allo stesso oltreché gli oboli caucei
improntati dal nome imperiale anche tutti i grossi ad effigie ;
ma forsechè non tutti si adatteranno senza contrasto a tale
opinione, e sia pure, che l'attrito d'opposti e ragionati pareri
giova grandemente a dare risalto alle verità scientifiche (3).
(3) Anche resimio conservatore del gabinetto di Torino, dichiarando
testé un grosso di questa città, battuto dal Comune a nome di Lodo-
vico il Bavaro, sembra esprimere tale opinione.
Gli autori che ragionarono sui grossi comaschi ad effigie non sti-
marono opportuno di notare alcune essenziali differenze che in essi si
osservano. Sono que' grossi di due specie ben distinte. Alcuni, e sono
i più numerosi, hanno l'aquila rivolta verso la sinistra dell'osservatore
e la leggenda che vi corre intorno suona brevemente: cvmanvs; in altri,
più rari, l'aquila guarda a destra, ed è accompagnata dall'iscrizione:
civiTAS cvMANA. Potrebbero notarsi alcune altre differenze in poco ri-
lievo, ma lo stile fra l'una e l'altra specie, tranne qualche maggior
finezza d'intaglio nei secondi, è uguale come uguali ne sono il peso ed
il titolo e mostrano perciò che furono battuti ad una stessa legge. Ora,
ammessa l'opinione del chiarissimo cav. Brambilla, non potrebbe dedursi
a completamento quasi di essa, che questi secondi grossi, sui quali la
parola Civitas sarebbe equivalente a Comunitas, siano stati battuti dopo
la lunga lotta fra l'imperatore ed i Comuni lombardi, che colla pace
di Costanza (1183) finì per consolidare questi in repubbliche? Ben vor-
rebbe egli già nella sola parola Cumanus dei primi grossi sottintendere
Populus, ma il sottinteso, se vi è, non dà ancora a divedere quella si-
curezza della propria libertà e diritti annessi che esprime senza re-
ticenza la parola Civitas. E sarebbe forse puerilità ammettere che
anche l'aquila rivolta in altra direzione serva all'espressione di tale
concetto, quasi a dinotare le mutate sorti della città? Che se Como,
emancipata dalla immediata supremazia dell'impero volle pur mante-
nere l'impronta ed il nome imperiale, può averlo fatto, oltreché per
l'omaggio che continuava a prestare agli imperatori, per ragioni eco-
nomiche. Esempi analoghi non mancano, e l'assenza totale di monete
repubblicane di questo tempo rende forse più probabile tale supposizione.
IL MUSEO BOTTACIN 225
Le monete che rappresentano questa città nel nostro
gabinetto sono: un obolo cauceo del Barbarossa; due di quei
grossi ad effigie imperiale; il grosso di Franchino Rusca, il
quale quantunque s'intitolasse Capitano e signore del Comune
e del popolo di Como, improntando sovr'esso le sole iniziali
del proprio nome e lasciando il posto d'onore pel nome in-
tiero di Lodovico V che avealo creato suo vicario, palesava
quanto fosse sempre da esso dipendente, ed un denaro di
Azone Visconti.
Lodi.
Le sole monete che con certezza possono attribuirsi a
questa città sono un grosso ed un denaro piccolo, sul lato
principale dei quali, intorno al nome abbreviato del suo santo
protettore Bassiano, si legge: imperator. f. Questa lettera
deve tenersi allusiva all'imperatore Federico II da cui, se-
condo Tristano Calco, ebbe Lodi il diritto della moneta nel-
l'anno 1239.
Il grosso fu pubblicato dal Giovanelli, poi nuovamente
dall'Aldini, e questi, avvertita l'esistenza d'altra moneta di
consimile tipo, ma di bassa lega, reputavala il denaro del
soldo lodigiano. Alludeva egli certamente all'accennato pic-
colo, del quale porgo il disegno tratto dall'esemplare di questo
Museo (Tav. V, n. 6), che serba anche il grosso, preziosi
pezzi entrambi.
Bergamo.
Numerosa, sebbene monotona, è la serie delle monete
uscite dalla zecca di Bergamo, perchè tutte offrono il nome
e l'effigie dell'imperatore Federico II, e sul secondo lato
un'edifizio. Ma fra tanta conformità di tipo quanta varietà
nel peso, nel metallo, nella paleografia delle leggende, nei
segni di zecca e nelle forme architettoniche dell'edifizio, che
ora presenta l'aspetto di un tempio, or quello di un palazzo
civico irto di merlature e più raramente di un castello di
severa costruzione o di una semplice torre o porta turrita!
Tale multiformità ci fa dubitare della opinione di quelli che
29
226 CARLO KUNZ
vollero ravvisare sovra codeste monete la rappresentazione
fedele di un determinato edilìzio, e preferiamo invece tro-
varvi nulla più che un simbolo generico della città, abban-
donato al capriccio degli artisti intagliatori. Tanta varietà di
cose mostra inoltre quanto operosa fosse questa zecca, du-
rante il secolo XIII, ed in parte del XIV, e persuade del-
l'opportunità di una storia diligente e documentata di essa,
che tale invero non è una sedicente critica lucubrazione, nella
quale le singolari cabalistiche scoperte della lega d'antimonio
e della orientazione dei due lati delle monete vanno di pari
passo colla povertà delle notizie e colla deficienza di senso
pratico.
Airinfuori delle nìonete impresse in omaggio di quell'im-
peratore non apparisce che Bergamo ne abbia battute altre.
Il quattrino del tempo in cui ella ubbidiva alla repubblica di
Venezia fu notoriamente lavorato nella zecca di questa città.
Nessuna rarità rinvenni nei grossi e nei denari mezzani,
sì scodellati che piani, del museo padovano.
Monza.
Estore Visconti, bastardo del duca Barnabò, che tenne
Monza pel corso di cinque anni, tentò rendersi signore di
Milano alla morte del duca Giovanni Maria, ed associatosi
per tale effetto Gian Carlo, discendente legittimo di Barnabò,
potè riuscirvi, ma per brevissimo tempo, perchè dopo un
solo mese ne fu scacciato dal nuovo duca Filippo Maria, che
assediollo poi nel castello di Monza, dove rimase ucciso per
un colpo di spingarda. Erami necessario premettere breve-
mente questi notissimi fatti per venire alle seguenti domande.
E egli verosimile che tutte le monete che sopravanzano,
battute da Estore Visconti e da Gian Carlo, siano state la-
vorate nella zecca di Milano durante quel brevissimo periodo
di un mese, fra le angoscie di una contrastata occupazione,
e nessuna sia stata battuta in Monza, dove per ben cinque
anni Estore solo o congiuntamente al nipote potè esercitare
tranquillo il potere coi diritti da esso dipendenti? Non so capa-
citarmi di ciò, per quanto da molti si neghi recisamente che
Monza abbia avuto officina monetaria nel tempo di questi
IL MUSEO BOTTACIN 227
signori, e fino a ragioni bene chiarite, che quelle addotte dal
Frisi non convincono punto, continuerò ad intitolare tutte le
loro monete da questa città, dove la mummificata salma di
Estore mostra ancora allo stupito viandante la frattura del
proiettile che lo trasse a morte.
Tre sono le monete di questi visconteidi; un grosso di
Estore che pel Santo Ambrogio raffiguratovi sembrò (e nulla
più) al Litta coniato in Milano, ma che potrebbe invece di-
notare semplice artifizio di pretendente intento a prepararsi
la strada al dominio di quella città; un denaro dello stesso,
che, sebbene sciupato, mostra essere differente da quelli
delle tavole del Litta, perchè d'ambo i lati le sue iscrizioni
finiscono colla parola ....modoetie, doppia affermazione adun-
que di questa zecca (Tav. V, n. 7); ed un denaro coi nomi
di entrambi questi apocrifi sovrani, per adoperare l'espres-
sione del Verri, simile al n. 73 di quelle tavole.
Mesocco e Musso.
Fu nell'anno 1496 che il maresciallo Gian Giacomo Tri-
vulzio ottenne dall'imperatore Federico III la conferma del
possesso di Mesocco e della valle Mesolcina, che ora fa parte
del Cantone de' Grigioni con privilegio di battervi monete
d'oro e d'argento, come insegna Pietro Mazzucchelli nella
storia di quel prode capitano, dettata dal Rosmini. Avendo
egli nell'anno 1508 fatto acquisto del castello di Musso presso
la sponda occidentale del Lario, ottenne quattro anni dopo
estensione di quel privilegio anche per questo secondo pos-
sedimento, da Luigi XII, ond'è che in entrambi quei luoghi
devono essere state battute le numerose sue monete. E però
difficile e forse impossibile di fare la parte di ciascheduna
di queste zecche, per cui non avanza altro partito che rac-
coglierle al nome della prima e più importante.
Delle cinque monete che osservammo di Gian Giacomo
Trivulzio, per tacere di quelle del di lui nipote Gian Fran-
cesco, che sarebbero battute parte a Mesocco e parte a Ro-
veredo, e delle quali una sola, un bel cornabò figura in
questo gabinetto, merita essere segnalata una, la quale dif-
ferisce da quelle che produsse il Mazzucchelli. Vi corrispon-
228 CARLO KUNZ
dono per gl'impronti i numeri 21 e 17 di questo autore, ma
la prima, che più si accosta, sembra essere un testone, ed
alla seconda, ch'egli trasse dal Bellini, può farsi competere
il nome di grassone, laddove questa nostra, che già al
modulo mostra di rappresentare un minor valore, e pesa
grammi 2,450, sarà un grosso semplice (Tav. V, n. 8).
Furono indubitatamente lavorate nell'ora smantellato ca-
stello di Musso le monete di Gian Giacomo Medici, che se
ne rese padrone nell'anno 1523. Pochi anni appresso l'im-
peratore Carlo V investivalo dei titoli di marchese di Musso
e conte di Lecco, con facoltà di battere moneta. Sono tutte
pregevoli le di lui monete e di egregio lavoro il testone sul
quale è figurata una nave in burrasca col Medeghino che
ne ammaina la vela e ne regge il timone.
Oltre al quattrino di questo marchese colla personifica-
zione del fiume Adda, posso affermare il possesso ài^ grosso,
probabilmente una delle monete della zecca di Brianxona
poste al bando con grida del 1529 dal duca Carlo II di Sa-
voia, che volle far conoscere l'Argelati, ma senza riuscirvi
appieno, per cui un nuovo disegno di esso non sarà sgra-
dito (Tav. V, n. 9).
Retegno.
Nell'anno 1654 l'imperatore Ferdinando II eresse questa
terra del Lodigiano in baronia imperiale a favore del car-
dinale Gian Giacomo Teodoro Trivulzio, in compenso del
perduto possesso di Mesocco, con facoltà di battervi moneta,
e ciò è confermato da un di lui scudo recato dal Litta.
Estinto nell'anno 1678 il ramo di questi Trivulzi col
principe Antonio Teodoro, Retegno passò per eredità a
Gaetano Gallio di Como, il quale, assunto il nome di An-
tonio Gaetano Trivulzio, vi fece battere alcune belle monete
d'oro e d'argento che sono verosimilmente le ultime uscite
da questa zecca, perchè quelle di Antonio Tolomeo, che
nell'anno 1708 ottenne dall'imperatore Giuseppe I conferma
degli anteriori privilegi, hanno una foggia di fabbrica stra-
niera, come tante altre monete di principi italiani, i quali,
particolarmente nella prima metà del secolo XVIII, avendo
IL MUSEO BOTTACIN 229
Ottenuto facoltà di battere moneta, fecero lavorare in qualche
zecca non propria alcune specie d'oro e d'argento quasi per
mera ostentazione di tale diritto.
Di questi principi serba il nostro museo un triplice ed
un doppio ducato o filippo di Antonio Teodoro, un ducato
di Antonio Gaetano ed il mezzo tallero di Antonio Tolomeo.
Maccagno.
Come fu di già avvertito in breve monografia inserita
nella Rivista della Numismatica, possedeva il signor cava-
liere Bottacin, ancor prima ch'egli avesse fatto dono delle
sue collezioni, una imitazione dei batzen di Lucerna, eseguita
in Maccagno dal conte Jacopo III Mandelli. Avendo dappoi
potuto esaminare tale moneta, mi persuasi non essere già
segno di zecchiere lo scudetto che vedesi sul suo rovescio,
ma bensì un'arme partita, caricata nel primo punto dei tre
leopardi dei Mandelli e monocrona nel secondo (4).
Un quattrino aggiunto posteriormente mostra bene una
testa simile a quella del signore di Maccagno e l'arme in-
quartata di due aquile e due leoni, ma le leggende man-
canti non danno bastante certezza che gli appartenga.
Principato di Belgio joso.
Antonio I Barbiano, creato principe dall'imperatore Giu-
seppe II, fece battere nell'anno 1769 uno zecchino ed un
tallero che, come i pezzi del principe Antonio Tolomeo
Trivulzio, sembrano usciti da qualche zecca straniera, la
quale, potrebbe per avventura essere quella di Monaco di
Baviera. Quantunque tali monete siano state coniate piii che
altro per pompa di diritto, non posso convenire nell'opinione
che non abbiano circolato perchè sono fatte alla stessa legge
(4) Alle monete del Mandelli descritte in quell'articolo deve aggiun-
gersi altra imitazione di moneta maggiore, dicken, o testone, di Lucerna,
ch'erami ignota allora, perchè soltanto in quel torno veniva pubblicata
dall'illustre signor Morel-Fatio; ma a tale omissione suppliva poi il
chiarissimo Olivieri nella Rivista stessa.
230
CARLO KUNZ
d'altre consimili di Germania, ed il tallero incontrasi quasi
sempre sdruscito.
Questo gabinetto possiede il tallero,
Masegra (?)
Che dire di certi pezzettini di rame, che non vi mancano,
i quali da un lato portano la scritta: di Beccaria, e dall'altro:
I QUATRiNO, ovvero V2 QUATR? SuUa fede dell' Appell, che
disse possessore del Castello di Masegra e d'altri luoghi
presso Sondrio un Antonio Beccaria, il quale assalito dai
Veneziani nell'anno 1447, seppe sostenersi fintantoché ven-
negli aiuto dalle armi del duca di Milano, e pei bisogni del
momento fece battere queste sedicenti monete, un ricerca-
tore di cose peregrine accolse Masegra senz'altro esame nel
novero delle zecche italiane del secolo XV. Ma chi osserva
senza prevenzione quei pezzi facilmente si persuade che non
in quel secolo, ma tutt'al piìi verso la fine del decimottavo,
se non nei primi anni del presente, furono lavorati, e l'essere
dessi battuti fuori della legge delle monete del tempo, scor-
retti nella parola quattrino e nemmeno proporzionati fra loro,
perchè il secondo pesa piìi del primo, dissuade dal tenerli
effettive e pubbliche monete. Per quale uso siano stati fatti
noi so, ma certamente per uno molto privato, per contras-
segni di qualche fabbrica, o pedaggio, o tassa locale, se pure
la parola beccarla non sia da prendersi alla lettera come la
voce bovi della presunta moneta di Degagna dello stesso
scopritore. Lasciando ad altri la soluzione di sì poco inte-
ressante indovinello, credo si possano per intanto senza ri-
morso riporre quei pezzi in compagnia delle tessere, dei
bottoni e delle marche da giuoco di Norimberga.
Carlo Kunz.
NECROLOGIA
H. HOFFMANN.
Il 30 Aprile scorso moriva a Parigi il Sig. H, Hoffiuann,
notissimo nel mondo numismatico come negoziante di monete
e come scrittore.
Fu uno di quegli uomini che devono a sé stessi la
propria fortuna. Nato ad Amburgo il 16 Agosto 1823, fu poi
naturalizzato francese. Giovanissimo ancora si recò in Francia
col padre che negoziava in conchiglie e minerali; ma appas-
sionato delle monete, a 17 anni, senza aver avuto nessuna
speciale istruzione, ne intraprese il difficile commercio. Du-
rante parecchi anni, povero, fece il giro della Francia a piedi
con poche monete baronali nella valigia, fermandosi in ogni
città ove sapeva esistere qualche raccoglitore. Nel 1845 si
trovò in grado di recarsi a Londra per la vendita Thomas,
poi nel 1847 a Vienna per la vendita Welzl de Wellenheim,
e da allora si può dire incominciata la sua fortuna.
Dotato, come era, di tutte le facoltà necessarie pel com-
mercio delle monete, possedendo nel medesimo tempo il gusto
e l'occhio sicuro, si fece ben presto una grande posizione,
e la sua casa venne ad annoverarsi fra le primissime nel
commercio delle monete e, più tardi, delle antichità in genere.
Moltissime fra le vendite più importanti furono a lui confidate,
e citeremo le collezioni: Barone Behr, Dupré, Colson, Gréau,
de Moustier, Barre, His de la Salle, Bompois, Castellani (a
Roma) Gariel, de Belfort, Photiadès-Pachà.
I Cataloghi illustrati erano sconosciuti prima di lui. E
al Sig. Hofifmann che dobbiamo la trasformazione dei cata-
loghi in vere opere da biblioteca e da consultazione, mentre
prima non erano che semplici programmi di vendita, senza
232 NECROLOGIA
alcun valore scientifico, e che nessuno si curava di con-
servare.
Dal 1862 al 1864 pubblicò un bollettino periodico " Le
Numismate „. Ma l'opera a cui resterà unito il suo nome come
nummografo, è quella comparsa nel 1879 col titolo " Les
Monnaies royales de France „ che è il vade-mecum del rac-
coglitore di questa serie di monete, la quale ha anche varii
punti di collegamento colla nostra numismatica medioevale
per le numerose e interessanti monete franco italiane.
Quantunque negoziante, il Sig. Hoffmann amava il bello
anche per conto proprio, comperava per passione, vendeva
con dispiacere, e si può dire che fosse nell'indole piuttosto
raccoglitore che negoziante. Egli è vivamente compianto da
tutti i numismatici che hanno conosciuto e apprezzato il suo
sapere e la sua rispettabilità.
F. G.
BIBLIOGRAFIA
LIBRI NUOVI.
Le Riviste niimisaiaticiie francesi (Revue Numismatique,
Annuaire de Numismatique, Gazette Numismatique fran9aise).
Come tutti sanno, esistevano in Francia due periodici di
Numismatica, la Revue numismatique, che a ragione si vanta
d'essere la piìi antica d'Europa e che nello scorso 1896 pubbli-
cava il suo cinquantesimo volume e V Ammaire de mimismatique
nato col sorgere della Società numismatica francese per ini-
ziativa del Visconte de Ponton d'Amécourt nel 1865(1). Ma due
periodici del medesimo genere e diretti al medesimo intento,
quando si tratta di una scienza i cui adepti sono tanto limi-
tati, non possono a meno che avere i medesimi lettori e sono
quindi troppi in un paese, si tratti pure d'un paese eminen-
temente colto e straordinariamente ricco come la Francia,
Da tempo difatti i due periodici vi stavano a disagio e
la fusione, da molti lungamente desiderata, ormai s'imponeva.
Fu collo scorso anno che V Anmiàire, con lodevole abnega-
zione, decise di sopprimere le proprie pubblicazioni, e la sua
redazione si unì a quella della Revue, concentrandovi così
tutta l'attività numismatica francese.
Col cessare di^iV Annuaire, la Revue diventò anche l'or-
gano ufficiale della Società numismatica francese, la quale
d'ora innanzi farà centro ad essa. Il momento psicologico
della Revue viene segnato coll'inaugurazione di una nuova
serie nella sua pubblicazione, contraddistinta come la quarta
nel 1° fascicolo apparso nel corrente 1897.
(1) Oltre alle due riviste si pubblicava e si pubblica ancora il Bui-
leiin de Numismatique di R. Serrare, il quale però va messo in una
categoria a parte, essendo un foglio d' informazioni piuttosto che una
vera rivista.
30
234 BIBLIOGRAFIA
La prima serie era durata dal 1836 al 1855 sotto la dire-
zione dei fondatori Cartier e de la Saussaye, la seconda
(nonvelle sèrie) dal 1856 al 1877 sotto la direzione De Witte
e Longpérier, la terza dal 1883 al 1896 sotto la Direzione
Barthèlemy, Schlumberger e Babelon, a cui, per dirigere la
quarta, ora iniziata, si aggiungono i Sig. E. Caron e A. de
Belfort, l'antico presidente e decano della Società, e l'antico
direttore dell'Annuaire.
Se la fusione delle due Riviste fu trovata buona dal corpo
dei numismatici francesi, come fu approvata, crediamo, anche
da tutti gli altri, vi fu però chi la pensò diversamente e, nello
stesso punto in cui V Annuaire si eclissava, sorgeva la nuova
Gazette Numismatique fran^aise diretta da F. Mazerolle ed
edita da R. Serrure. La Gazette incominciò le sue pubblica-
zioni coiranno corrente e ne abbiamo sott'occhio l'elegantis-
simo primo fascicolo.
Il suo formato e il suo volume sono superiori ad ogni
altro, la sua veste è piìi splendida; ma il suo programma, per
quanto tenti di differenziarsi dagli altri consimili, è sempre
suppergiù il programma d'un periodico di numismatica con
tendenza a una certa quale modernità, con aspirazioni arti-
stiche, con intendimento di cimentarsi anche nel campo
economico, senza punto escludere la numismatica classica,
almeno la romana. Il programma infine è molto vasto, anzi,
se gli si volesse muovere un appunto, sarebbe precisamente
quello d' essere troppo vasto, ma non altrettanto deciso
e specializzato. Se il periodico intende essere soprattutto
artistico, occuparsi con predilezione delle opere d' incisione
e della medaglistica antica e moderna e figurare nei salotti
eleganti allato alle Riviste di pittura, di scoltura e d'arte in
generale, come lo indicherebbero anche la sua leggiadra veste
esteriore, 1' accuratezza e nitidezza tipografica e le splen-
dide fotoincisioni — il che sarebbe opportunissimo per distac-
carsi nettamente dalla Revue dedita completamente alla
scienza, — forse vi si contengono materie che poco possono
interessare a chi si occupa puramente d'arte. Per contro la
parte numismatica appare soverchiamente ridotta per chi lo
considerasse come periodico scientifico. E resta ancora la
parte economica, la quale richiede una categoria di studiosi.
BIBLIOGRAFIA
235
differente da quella che attende alla numismatica e differente
da quella che si occupa d'arte.
Chi, per esempio, si interessa alla bella monografia del
MazeroUe sulla vita e l'opera di F. C. Chaplain, come alla
cronaca artistica dello stesso, difficilmente si interesserà alle
monete carolingie, a quelle di Filippo VI e del principe di
Taranto, e neppure alla cronaca monetaria o alle monete di
nichelio in Francia e all'estero (O-
Secondo il nostro modo di vedere, il mezzo di tracciare
un programma preciso e che totalmente si staccasse da ogni
periodico numismatico non sarebbe mancato e sarebbe stato
quello di fare non una Gazette Numismatique, ma una Gazette
Médaillistiqiie . In tal caso la nuova gazzetta avrebbe avuto
a sua disposizione un campo, se non vergine, vastissimo e
completamente a sé. Giacche è d'uopo convenire una buona
volta che, se le Riviste Numismatiche si sono finora di quando
in quando occupate anche della medaglistica — e, chi è senza
peccato, lanci la prima pietra, — l'hanno fatto perchè non
esistono riviste speciali per la medaglistica e, ogni volta che
si sono occupate di medaglie, sono uscite dalla loro orbita
invadendo un campo che non era il proprio. La numismatica
è una scienza, la medaglistica un'altra, come un'altra ancora
è la sfragistica, le quali ultime, giova ripeterlo, nulla hanno a
che fare colla numismatica, quantunque ben sovente siano
state considerate come rami, vogliasi pure secondarli, di
questa. L'opportunità della divisione venne riconosciuta anche
dallo stesso Sig. Serrure nella prefazione alla Numismatique
da Moyen Age (nota a pag. XXX); ed ora che le scienze
tendono a specializzare, è troppo naturale ch'essa abbia ad
essere seguita nella pratica.
Ritornando dunque all'argomento, è in questo senso che
noi avremmo inteso una nuova Rivista, dedita alle medaglie
e, se si vuole, anche alle monete considerate sotto il rapporto
artistico; ma sbarazzata da tutto il resto, dalla partita numi-
smatica, cioè, e da quella economica. La Francia sarebbe
stata la prima ad offrire l'esempio di una divisione tanto
(i) E qui noteremo incidentalmente come fra i paesi che impiegano
il nichelio, l' Italia sia stata dimenticata.
236
BIBLIOGRAFIA
razionale, e non dubitiamo che avrebbe trovato il terreno
adatto per tale riforma. Del resto, ci siamo permesse tali
osservazioni perchè, facendo una recensione, crediamo do-
veroso esprimere tutto l'animo nostro ed esporre ogni consi-
derazione che ci si affaccia alla mente, sia che essa suoni
approvazione, sia invece che essa accenni ad un diverso
modo di vedere. Ma è giusto aggiungere che noi giudichiamo
da lontano e in un ambiente forse diverso da quello in
cui la nuova Gazzetta è nata. Chi s' è messo alla testa
dell'impresa, è certamente persona degna d'ispirare ogni
fiducia, avrà considerata la cosa più davvicino, avrà potuto
pesare in anticipazione tutte le obbiezioni e fondare un Pe-
riodico destinato a una lunga e fortunata carriera, ciò che
noi auguriamo ben cordialmente.
F. G.
Nachtràge und Berichtigungen zur Munzkunde der Rómischen
Republik im Anschluss an Babelon' s Verzeichniss der Consular-
Miinzen, von M. Bahrfeldt.
Il Sig. Bahrfeldt è uno specialista ben conosciuto per
le monete della Repubblica Romana; di più è uno specialista
tedesco. Queste due qualifiche danno un'idea dell' erudito,
paziente e minuzioso lavoro pubblicato recentemente, o,
diremo meglio, in corso di pubblicazione, perchè, quantunque
l'autore me n'abbia gentilmente favorita una copia completa,
non ne è finora pubblicata che la prima metà nel Volume
1896 della Numismatische Zeitschrift, uscito nello scorso
mese di marzo.
Il Bahrfeldt ha riassunto in questo suo lungo studio tutti
gli studii suoi e queUi d' altri, apparsi qua e là su diversi
periodici, che si occuparono di monete della Repubblica
Romana, dopo la pubblicazione dell'Opera di Babelon, ossia
nell'ultimo decennio.
Per la compilazione del suo lavoro l'A. ebbe a sua
disposizione, oltre la sua collezione, quella del D. Haeberling
di Francoforte, e quella del Cav. Giulio Bignami, recen-
temente passata al Comune di Roma, le cui molte inedite
BIBLIOGRAFIA 237
dovevano venir pubblicate per la prima volta nella nostra
Rivista e, se non lo furono, ne fu causa un malinteso, che
ora non occorre menzionare; ma che certamente con noi
deplorerà l'antico proprietario di quella collezione, a cui mancò
così un'illustrazione speciale che ne avrebbe accresciuto il
pregio e conservata la memoria.
L'opera del Bahrfeldt passa quasi i limiti di una pubbli-
cazione da periodico, raggiungendo oltre 350 pagine, con un
corredo di 14 tavole. Molte sono le monete nuove che il
suo lavoro porta in luce o almeno coordina, prendendole
da altre pubblicazioni, abbondanti sono i commenti e le
osservazioni che accompagnano la descrizione d'ogni moneta,
come erudite le illustrazioni intorno a parecchie famiglie o a
parecchi gruppi di monete, moltissime infine sono le rettifiche
che fa all'opera di Babelon. Basti dire che più o meno a lungo
discorre intorno ad oltre 600 monete riguardanti la più gran
parte delle famiglie romane, 151 cioè sulle 181 conosciute.
La pubblicazione è dunque troppo voluminosa, e, dirò
anche, troppo dotta, perchè in questo cenno bibliografico
si possa entrare a discutere singolarmente qualche giudizio,
o qualche apprezzamento, che forse non potrebbe essere
da tutti condiviso, e d'altronde non mi sentirei la forza di
mettermi ex abnipto a combattere un avversario tanto ben
agguerrito in materia. Mi accontenterò di fare qualche osser-
vazione in via generale e prima di tutto, allo scrittore tanto
minuzioso e tanto preciso mi sia permesso muovere una
piccola critica, che parrà strana al primo accennarla, sulla
mancanza cioè di minuziosità e di precisione in qualche passo
del suo lavoro.
Ho detto che l'A. ebbe a sua disposizione parecchie
collezioni pubbliche e private; ne avrebbe potuto aver altre,
per esempio, quella dello scrivente, purché l'avesse chiesta.
Dopo un'ispezione, sarebbe stato più regolare l'accettare o
il condannare una moneta, e parecchi punti assai facilmente
chiaribili sarebbero stati chiariti, cosicché non rimarrebbero nel
suo lavoro senza una risoluzione e con un punto interrogativo.
E valgano due esempi. Al n. 32 àéS^C Antonia, riportando dalla
nostra Rivista un bronzo di Atratino, l'A. si dimanda : Manca
proprio davvero e completamente l' interpunzione ? Al n, 34
238 BIBLIOGRAFIA
della stessa Antonia, riportando un aureo di M. Antonio
e Antillo da me pure pubblicato, rimane in dubbio se la
leggenda sia M. F. N., come si legge sulla nostra Rivista,
oppure M. F. M. N., come si legge sull'esemplare di Berlino,
Non sarebbe stata cosa assai semplice e più concludente
la dimanda di uno schiarimento o di un calco al possessore
delle monete, il quale vive ancora e sarebbe stato felicissimo
di compiacerlo?
Il lavoro del Sig. Bahrfeldt, condotto secondo l'ordine
alfabetico delle famiglie, segue l'opera di Babelon pagina
per pagina, moneta per moneta. L'A. prende ad esaminare
quest'opera al principio dei nomi di famiglia ossia alla pag. 93
del primo volume e lo accompagna passo passo fino all'ultima
pagina del secondo. E lo analizza, e lo sviscera, e lo inqui-
sisce e lo critica, non solo coH'acutezza del critico, colla
pazienza e la minuziosità del certosino ; ma direi quasi col-
r accanimento del persecutore.
Si direbbe che Aristarco goda di maneggiare il flagello;
tanto che qua e là lascia sfuggire alcune espressioni che si
' sarebbero potuto desiderare piti cavallerescamente gentili al-
l'indirizzo di una personalità che giustamente tiene uno dei
primissimi posti fra gli scrittori moderni di numismatica, e i
cui pregevoli volumi sono nelle mani di tutti i raccoglitori.
Certo io, come già dissi, non intendo entrare nel merito delle
divergenze, come non intendo menomamente limitare la libertà
delle opinioni. Alludo semplicemente alla questione di forma,
la quale ha essa pure la sua importanza, giacché un libro è
composto di due elementi, la sostanza e la forma, e su questi
va giudicato. Una forma misurata, corretta, ossequiosa verso
l'avversario è bene spesso piia efficace d'una troppo fote ed
impetuosa, e, come splendido esempio di tale verità si po-
trebbe additare il nostro Manzoni — il Dante senza fiele —
nelle sue controversie col Sismondi, le cui idee erano pure
tanto diverse dalle sue!
A parte queste osservazioni, il lavoro del Bahrfeldt
può essere considerato come un importantissimo contributo
al Corpus numorum definitivo, e l'autore della Description
historique et chronologique des monnaies de la répuhliqiie
romaine, sorpassando alle mende accennate, può nullameno
BIBLIOGRAFIA 339
essergli grato d'avergli preparato delle abbondanti aggiunte,
delle numerose rettifiche e un accuratissimo errata-corrige (0
per una eventuale e, ci auguriamo, prossima seconda Edizione.
F. G.
Misins (P. Aristot.), ^TO'-ysia ttì; 'Apyata; NofxtfTy.aTDcr; rxot Te-
vf/.à n;o>.syóp.£va t'^? Noa'.cy.aToXoy^a; toO 'Exxs/.iou. MeTà
1838, n in onore di Orazio Vernet, Direttore dell'Accad. di
Francia a Roma.
Il volume è adorno di un ritratto di Brandt, tolto da un
bel medaglione modellato dal suo amico il celebre scultore
David d'Angers.
Die Medaillen und Miìnzen des Gesammthauses Wittelsbach. Auf
Grund eines Manuscripts von J. P. Beierlein bearbeitet und
herausgegeben vom K. Conservatorium des Miinzkabinets. —
I. Band. — Miìnchen, 1897. — (Un voi. in 4, con 5 tav. in
eliogr. e molte incisioni nel testo).
E la prima parte di un'opera descrittiva, la quale si
distingue per quella minuziosa esattezza che caratterizza i
nostri colleghi tedeschi. Concerne anche la Numismatica ita-
liana: veggansi le monete milanesi, comasche e savonesi di
Lodovico il Bavaro. Fra le medaglie riprodotte nelle tavole
che corredano questo bel volume, notiamo la medaglia di
Violante Beatrice principessa di Toscana.
Forster (Alb.) und Schmid (Rich.), Die Miìnzen der freien
Reichsstadt Augsburg, von erlangtem Milnzrecht (1521) an bis
zum Verluste der Reichsfreiheit (1805), nach Originalen be-
schrieben. — Augsburg, 1897 (Verlag von Dr. E. Merzbacher,
MUnchen). — (Un opusc. di pag. VI-50, con 8 tav. in fototipia).
Da questa diligente monografia della zecca di Augusta
possiamo desumere un particolare che interessa la Numisma-
tica italiana; — cioè che i due piccoli ferri da cavallo, i quali
(insieme con l'emblema civico della pigna) figurano anche su
diverse monete di Cesare D'Avalos marchese del Vasto,
BIBLIOGRAFIA 243
battute in quella zecca bavarese (i), sono il contrassegno o
l'arme parlante della famiglia Holeisen, in cui era per cosi
dire divenuto ereditario l'ufficio di zecchiere.
S. A.
Artom Ern.f La moneta fiduciaria e le classi lavoratrici; studi.
Torino, Clausen, in-8, p. 31.
Carotina dott. Fi/., Il valore della moneta; studi. Palermo, Alberto
Reber edit. (stab. tip. Virzì), 1897, inA P- viij, 117, L. 3.
Ambrosoli dott. Sol., Vocabolarietto pei numismatici (in 7 lingue).
Milano, 1897, Ulrico Hoepli edit. (tip. Lombardi di M. Bellinzaghi), L. 1,50
Armoiries et décorations par Jules Martin, de Montalbo et Raymond
Richebé. Illustration de Joseph van Driesten, in-32 ili. Paris, libr. des
conteiiiporains, 1896. [Notizie che concernono 257 ordini e 39 medaglie].
Babelon E., Les origines de la monnaie, considérées au point de
vue économique et historique. Paris, Firmin Didot, 1897, in-18, p. xii-427.
Reinach Th., Les origines du bimétallisme: étude sur la valeur
proportionelle de l'or et de l'argent dans l'antiquité grecque. Paris,
Feuardent et RoUin, 1897, in-8, p. 55.
Crédano P., Du ròle de l'État en matière monétaire. Histoire de
la monnaie; le mono-métallisme -or; les crises monétaires. Paris,
Rousseau, in-8, p. 336.
Coutil L., Inventaire des monnaies gauloises du département de
l'Eure. Évreux, impr. Hérissey, 1897. [BuUetin de la Soc. libre d'agr.
du dép. de l'Eure].
Blancard Louis., Les deniers d'argent mérovingiens. Marseille,
Barthelet, 1896, in-8, p. 14 fig. (Extr. des " Mémoires de l'Académie
de Marseille „).
Blancard Louis, Sur l'agnel d^or imité du sarrazinas chrétien d'Acre.
Marseille, imp. Barthelet, 1896, in-8 fig., p. 3. (Extr. des " Mémoires de
l'Académie de Marseille „).
Lavoix Henri, Catalogne des monnaies musulmanes de la Bibliothè-
que nationale. Égypte et Syrie. Paris, impr. nationale, 1896, in-8, p. ix-
562 et IO pi.
Blanchet A., Les monnaies grecques. Paris, Leroux, in-8, p. 115 et pi.
Amardel G., L'atelier monétaire de Saint-Lizier. Narbonne, Caillard,
(i) Cfr. Ambrosoli, Il mezzo zecchino del Vasto. — (In Riv. It. di
Num., anno IV, 1890; — a pag. 545).
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Frankfurt, J. Baer, 1896, in-8 gr., p. ix-68i, 75 Tfln et 52 ili.
Die Medaillen und Milnzen des Gesammthauses Wittelsbach. Hrsg.
vom k. Conservatorium des Milnz-Cabinets. I Bd. I. Theil. Mit 5 Tafln
u. Zeichn. im Texte. Miinchen, Franz in Commission, 1897, i""4-
Truhelka d.^ C. , Verzeichniss der bosnischen , serbischen und
bulgarischen Munzen des Landes-Museums in Sarajevo. Wien, Gerold,
in.8, p. 21 e 34 fig.
Domanig K., Portràtmedaillen des Erzhauses Oesterreichs von
Kaiser Friedrich III bis Kaiser Franz II. Wien, Gilhofer u. Rauschburg,
1896, in-4 gr., p. 40 e 50 tav.
Beschorner H., Das Amt Freiberg und seine Verwaltung uni die Mitte
des 15. Jahrh's dargestellt an der Hand Freiberger Miinzmeisterpapiere
aus den Jahren 1445-1449. I. Theil. (Diss. inaug. Lipsia), in-8, p. 38.
Tobler-Meyer W., Die Mùnz- und Medaillen-Sammlung des Herrn
Hans Wunderly von Muralt in Zilrich. I, 2. Die Munzen und Medaillen
der 8 alten Orte ausser Zilrich. Ziirich, A. MuUer, 1896, in-8, p. xxiii-392.
Beschreibung von Munzen u. Medaillen des Fùrstenhauses Baden
in chronolog. Folge aus der Sammlung des Kommerzienrates O. Bally
in Sàkkingen. I. Theil: Munzen u. Medaillen des Zàhringen-Badischen
Fùrstenhauses. Mit 2 farbigen u. 12 schwarzen Tafeln, sowie einigen
Textabb. Aarau, H. R. Sauerlànder' und C, 1897, ^^ ^^^'^ P- xxxvii-i22.
D. Manuel Fernandes y Lopez, El Tesoro Visigòtico de la Capilla.
Sevilla, imprenta " El Pervenir „, 1895, p. 165 in-8 e fotogr. [Cfr. la
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n. 3, 1897, p. 498-502].
Beauvois, Médailles romaines d'or et d'argent d'avant le milieu du
VI° siede trouvées dans les pays scandinaves, par P. Hauberg, traduit.
Copcnhague, imp. de Thiele, in-8 gr., p. 25.
Bergsoe V., danske Medailler fra 1782-1892. XV Tavler i Lystryk
med dansk og fransk Text. Kopenhagen, Gyldendal, in-4 i"-
Bergsoee V., Trankebar Moenter. Copenhagen, 1895, in-4, p. 76 e 2
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nenti il commercio danese nelle Indie Orientali (1657-1777)].
Serrure, Les Monnaies des Voconces. Essai d'attribution et de classe -
ment chronologique. Bruxelles, chez l'auteur, in-8, p. 96.
Allard A., La crise agricole. Exposé didactique de ses origines
monétaires (Millcnaire du royaumc de Hongrie, 1896). Bruxelles, soc.
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Schoenhof L, A history of money and prices. New-York, Putnam's
Sons, in-8, p. xvii-352.
E. M.
PERIODICI.
Revue NuMiSMATiQUE, dirlgée par A. de Barthélemy, G. Schlum-
berger, E. Babelon (Secrétaire de la Rédaction: J.-A. Blanchet).
Paris, chez Rollin et P^euardent.
Troisième serie. — Tome quatorzième. — Quatrième trime-
stre 1896.
Rouvier [D'' Jules), Une métropole phénicienne oubliée: Lao-
dicée, métropole de Canaan [Continuazione e fine]. — Babelon (E.),
Médaillon d'or de Gallien et de Salonine. — Prou (M.), Monnaies
mérovingiennes acquises par la Bibliothèque nationale de 1893 à
1896. — La Tour {H. de), Médailles modernes récemment acquises
par le Cabinet de Franca [Continuazione]. — Chronique [Numisma-
tica etiopica]. — Necrologie [A. Boutkowski. — Umberto Rossi]. —
Collection Montagu: Prix d'adjudication des monnaies grecques. —
Bulletin bibliographique. — Périodiques. — Table méthodique des
matières pour 1896. — 2 tav.
Quatrième sèrie. — Tome premier. — Premier trimestre 1897.
Avertissement [Col primo trimestre 1897, l'antica ed autorevole
Revue, che ormai può vantare un complesso di ben 50 volumi,
inizia una nuova serie, la quarta, diventando organo della Société
fram^aise de Numismatique, il cui Annuai re ha. sospeso le proprie
pubblicazioni coli' ultimo fascicolo dello scorso anno]. — Blanchet
(J.-Adrien), Les monnaies coupées [L'A., dopo di aver esaminato
le opinioni di Morel-Fatio e d'altri intorno alle monete spezzate,
246 BIBLIOGRAFIA
passa in rassegna diversi ripostigli nei quali se ne trovavano in
maggiore o minor numero, e delle epoche più diverse, de' paesi
più svariati, richiama l'attenzione sull'uso che tuttora se ne fa presso
alcuni popoli, e conchiude che, come nei tempi più recenti e nell'evo
medio, anche nell'antichità le monete furono spezzate allo scopo di
ottenere delle suddivisioni atte a facilitare le transazioni commer-
ciali. A quest'articolo dell'egr. Sig. Blanchet può servire di comple-
mento la breve memoria: Un ripostiglio miserabile, pubblicata da
Frane. Gnecchi nel precedente fase, della nostra Rivista], — Bordeaux
{Paul), L'adjonction au domaine royal de la chàtellenie de Dun et
les deniers frappés à Dun par Philippe I^"" et Louis VI. — Gennep
{A. Raugé van), Jetons de Savoie [Accurato supplemento all'opera
di Vino. Promis : Tessere di principi di Casa Savoia relative ai
loro antichi Stati, Torino, 1879. Il Sig. van Gennep aggiunge, alla
lista dei personaggi di cui Promis ha pubblicato i gettoni, due
arcivescovi di Lione, una regina di Francia, una duchessa di Savoia,
alcuni zecchieri e membri della Corte dei Conti di Ciamberì. Ben
a ragione, l'A. osserva essere probabile che esistano ancora altri
pezzi interessanti, disseminati qua e là nelle collezioni, ed esprime
la speranza che forse questo primo supplemento possa far decidere
i possessori di quei pezzi a darne la descrizione ed il disegno]. —
Mowat {Robert), Combinaisons secrètes de lettres dans les marques
monétaires de l'Empire Romain [La prima parte di quest'ingegnosa
ricerca intorno ai contrassegni adoperati nelle zecche imperiali
romane. Il punto di partenza per il sig. Mowat è lo studio di A.
de Longpérier sulle officine della Tetrarchia di Diocleziano, conti-
nuato poi dal Kolb nella Num. Zeitschrift di Vienna. Ma ai risul-
tati già acquisiti da quegl' indagatori, come anche dal Dott. Missong
per le monete di Probo, l'A. aggiunge del proprio osservazioni
acutissime e sorprendenti, come quella che le lettere A, E, Q, V, 1,
T, I, sparse ed intercalate nei segni monetarii di Probo, potreb-
bero indicare riunite uno dei nomi di quell' imperatore, poiché questi
si chiamava appunto anche Equitius o Aequitius]. — La Tour [H.
de), Médailles modernes récemment acquises par le Cabinet de
France [Continuazione]. — Mélanges et documents. — Chronique
(Ripostigli. — Corso libero di Numismatica greca, professato da
Teodoro Reinach alla Sorbona. — Casette nuntismatique frangaise],
— Necrologie [La Sig."'* Matilde F"riedlander, di Gotemburgo nella
Svezia, m. a Parigi il 17 die. 1896. Dedicatasi alla Numismatica,
aveva acquistato una grande conoscenza pratica delle monete, par-
ticolarmente orientali. Di queste, lascia una pregevole raccolta di
circa 8000 pezzi. La Sig."^ Friedlander possedeva inoltre una bella
serie di monete svedesi]. — Bulletin bibliographique [Lavoix: Ca-
BIBLIOGRAFIA 247
talogue des ntonnaies musulmanes de la Bibliothèque Nat tonale. —
Ambrosoli: Vocabolarietto pei numismatici, in 7 lingue], — Procès-
verbaux des séances de la Société Frangaise de Numismatique. —
2 tav.
Gazette numismatique frangaise, dirigée par Fernand Maze-
roUe et éditée par Raymond Serrure. Rédactìon et Administration :
53, rue de Richelieu, Paris. ^
1897. — I""^ livraison.
A nos lecteurs [Programma. La Gazette si occuperà anche della
Numismatica italiana in quanto si riannoda alla Numismatica fran-
cese, e così delle monete dei Normanni, degli Angioini, di Carlo Vili,
di Lodovico XII, di Francesco I, e della monetazione napoleonica].
— F. Mazerolle, J.-C. Chaplain, membre de l'Institut. Biographie
et catalogne de son ceuvre [Con uno splendido ritratto e con bel-
lissime tav. di medaglie in fototipia]. — Pinette [Paul], Le trésor
de Bourgneuf. Monnaies Carolingiennes [Con figure nel testo e
tavola in fotot.] — Védie {Georges), La trouvaille d'Évreux. Mon-
naies de Philippe VI, de Jean le Bon et de Charles le Mauvais
[Con figure nel testo]. — Sambon {Arthur), Les monnaies d'argent
frappées en 1460 par ordre du due d'Anjou et du prince de Tarente
dans le Royaume de Naples et le monnayage frauduleux de Ferdi-
nand I^r d'Aragon [Con figure nel testo]. — Serrure [R.), Contri-
butions à la numismatique tournaisienne [Con fig. nel testo, e con
una tav. in fotot. che riproduce una curiosa medaglia inedita del
Gabinetto di Parigi]. — Denise (H.), Les monnaies de nickel en
France et à l'étranger. I. Le nickel à l'étranger [Con figure nel
testo, e con una tav. in fotot.]. — Engel (A.), Comptes rendus:
Die Munzen v. Frankfurt a. Main, par E. Fellner et P. Joseph.
— Mazerolle (F.), Chronique artistique. — Denise (//.), Chronique
monétaire. — Ambrosoli (S.), Correspondance italienne [La Rivista
Ital. di Numismatica. — La Società Numism. Ital. — Fremii Pa-
padopoli e Gnecchi. — Premio Grazioli presso l'Accademia di Belle
Arti in Milano, per l'incisione delle medaglie. — II R. Gabinetto
Numism. di Brera. — Ripostigli scoperti durante l' anno 1896.
— Necrologie : Giuseppe Fiorelli, Umberto Rossi]. — Nouvelle^
diverses.
[N. B. — Questa prima dispensa della Gazette sarà spedita alle
persone che ne faranno domanda, contro pagamento di 5 franchi. Le
dispense successive non saranno poste in vendita separatamente].
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Parigi. — Voi. Ili, disp. io, luglio 1896.
Comte de Castellane, Les premìers écus à la couronne fabriqués
à Poitiers, — Mazerolle (F.), Dispute entre les ouvriers de la
Monnaie de Paris et Jean Beaucousin, tailleur, au sujet de la
fourniture des coins nécessaires pour fabriquer les pièces de six
et de trois blancs, 13 juin 1583. — Livres nouveaux. — Revue des
Revues. — Lectures diverses. — Livres en préparation. — Acadé-
mies et Sociétés. — Les musées. — Les trouvailles. — Les nou-
velles émissions. — Les ventes [Collezione Montagu]. — Necrologie.
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Comte de Castellane, Fontenay-le-Corate, atelier de Charles VII,
régent, puis roi, entre 1420 et 1430. — Serrure (R.), La collection
Lefèvre van den Berghe. — Livres nouveaux — Revue des Revues.
— Lectures diverses [Vitalini: Un nuovo grosso inedito di Gio. An-
tonio Falletti, conte di Benevello]. — Livres en préparation. — Les
sociétés savantes. — Les musées. — Les expositions. — Les trou-
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et Sociétés. — Les trouvailles, — Les nouvelles émissions. — Les
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frappé à Limoges, — Raimbault {Maurice), Les faux louis de La
Rochelle. — Richebé (R.), Médailles à retrouver. — Un procès. —
La plus ancienne monnaie féodale d'Anvers. — Livres nouveaux.
— Revue des Revues. — Lectures diverses. — Publications
annoncées [La Gazette numismatique francaise]. — Académies et
Sociétés. — Les musées. — Les trouvailles. — Les ventes. —
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Gillard {Henri), Le trésor du Poiré de Velluire (Vendée). —
Serrure (/?.), Jetons rares ou inédits. — Livres nouveaux [Ambro-
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Lectures diverses. — Publications annoncées. — Académies et So-
ciétés. — Les musées. — Les trouvailles. — Les nouvelles émissions.
— Les ventes. — Necrologie. — 2 tav.
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Sambon {Arthur), Monnaies inédites de l'Italie meridionale:
[Denier inédit de Louis II, empereur, et Adelchis, prince de Béné-
vent (866). — Denier inédit de Guaimar I, prince de Salerne (880-
901). — Les tarins d'Amalfi. — La réforme du billon napolitain
par Charles II et les pontifes Martin IV et Honorius IV. — Ducat
napolitain de Ferdinand le Catholique et Isabelle de Castille, frappé
en 1503 par le comte Jean-Charles Tramontano]. — Zay (E.), Au
colonies: ce que coùte la copie d'un document historique. — Livres
nouveaux \Numismatique francaise : Catalogue-guide illustre de
l'amateur. Deuxiéme partie, Monnaies féodales et provinciales de
France et de VOrient latin\. — Revue des Revues. — Lectures
diverses. — Académies et Sociétés [Le riunioni della Société
francaise de Numisntatique\.
Disp. 4, aprile-maggio 1897,
R. S., La Monnaie de Luxembourg sous Philippe II, roi d'Espa-
gne. — Lo stesso, Le voi au jeton. — Zay (E.), Une facétie de
graveur. — Livres nouveaux. — Revue des Revues. — Lectures
diverses. — Académies et Sociétés [Premio AUier de Hauteroche,
conferito al nostro eh. collega Blanchet pei suoi lavori di Numisma-
tica antica, e in particolare pei suoi due volumi di volgarizzazione:
Les Monnaies grecques e Les Monnaies romaines. — Concorso
Gnecchi per la Numismatica classica. — Comitato internazionale
per offrire un ricordo al Sig. G. Cumontj. — Les expositions. —
Les musées [Credito di 420,000 franchi, chiesto alla commissione
del bilancio per acquistare pel Gabinetto Numismatico di Parigi la
Collez. Waddington, di monete greche]. — Nouvelles émissions, —
Les trouvailles. — Les ventes [Vendita della Collez. Sambon in
Milano, coi prezzi principali raggiunti]. — Necrologie,
Revue suisse de Numismatique (Dir. Paul-Ch. Stroehlin). — Tome
VI, seconde livraison. — Genève, 1897.
Imhoof- Blumer (F.), Zur Munzkunde Kleinasiens [Continuaz.j,
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JVitte {A.y, Une lettre inèdite de Charles-Norbert Roéttiers, gra-
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— Mélanges. — Société suìsse de Numismatique [Necrol. del Conte
Tarqu. Gentili di Rovellone]. — 4 tav.
La Circulaire numismatique universelle. Pubblicata da Paolo
Stroehlin a Ginevra.
N, 18, febbraio 1897.
[Con questo numero, — ed esponendone francamente i motivi
in una spiritosa comunicazione « ai clienti ed ai lettori », — la
interessante Circulaire sospende le proprie pubblicazioni, lasciando
vivo rimpianto di sé in quanti ne apprezzavano la non lieve utilità
pratica e l'esattezza].
Revue Belge de Numismatique. — Bruxelles, 1897, première livraison.
Blanchet {J.-Adrien), Monnaies en or des empereurs Trébonien
Galle et Volusien. — V'^ B. de Jonghe, Monnaies de Reckheim.
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Le nom de Jesus employé comme type sur les monuments numis-
matiques du XV siècle, principalement en France et dans les pays
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E. M.
VARIETÀ
CONCORSO DI NUMISMATICA CLASSICA(')
(N. 4).
1. I fratelli Francesco ed Ercole Gnecchi offrono un premio
di L. 1500 all'autore della Memoria o delle Memorie più
importanti di Numismatica classica (greca o romana)
che la Rivista Italiana di Numismatica avrà pubblicato
nel triennio 1897 -1898- 1899.
2. Il Concorso è aperto ai Numismatici d'ogni paese; ma le
memorie dovranno essere presentate in italiano, in
francese o in latino.
3. I lavori potranno essere mandati alla Segreteria della
Società Numismatica Italiana sia firmati che anonimi;
in questo secondo caso dovranno esser accompagnati da
busta suggellata, con un motto, come di pratica. A tempo
opportuno non sarà aperta che la scheda corrispondente
al lavoro eventualmente premiato.
4. Al Concorso sono ammessi tutti i lavori di Numismatica
classica, pubblicati durante il triennio 1897-98-99 nella
Rivista Italiana di Numismatica^ a meno di dichiarazione
contraria degli autori (2), fatta alla presentazione del
lavoro o anche in qualunque momento successivo fino
alla chiusura del Concorso.
5. I lavori presentati saranno pubblicati nella Rivista colle
norme solite per tutte le altre pubblicazioni e in ordine
di presentazione.
6. Il Giurì sarà composto di 5 membri, la cui nomina viene
disciplinata come segue. L'ufficio di giurì è offerto ai
Direttori dei Gabinetti Numismatici di Parigi, Londra,
(1) (V. Atti della S. N. I. Seduta 20 aprile 1897, e Assemblea generale
dei Soci 2 giugno 1897 in questo medesimo fascicolo pag. 265 e 269).
(2) È superfluo accennare che i primi a fare tale dichiarazione sono
i promotori del Concorso.
26o VARIETÀ
Berlino, Vienna e Milano. Quando alcuno fra questi, per
qualsiasi motivo, non intendesse accettare personalmente,
verrà sostituito da altro officiale del museo stesso o anche
da persona della medesima nazione, estranea al Museo,
che il Direttore è pregato di voler gentilmente indicare.
7. Il Giurì è tenuto ad inviare il proprio verdetto alla Se-
greteria della Società Numismatica Italiana entro il 1°
Trimestre dell'anno 1900.
8. Il premio potrà anche eventualmente essere diviso in due,
in modo però che al primo non spettino meno di L. 1000.
9. Compito del Giurì sarà quello di rispondere al quesito:
Quale fra i collaboratori della Rivista Italiana di Numi-
smatica durante il triennio 1897-98-99 abbia fornito con
una o più memorie il più importante contributo alla
Numismatica classica, principalmente sotto il punto di
vista d'aver apportato nuova luce alla scienza.
Eventualmente poi giudicherà se altri possa essere
meritevole di una porzione di premio e in quale misura,
come all'articolo o.
Milano, 20 Aprile iSpj.
Premio di Numismatica, — Il premio Duchalais pel
1896 è stato conferito dall'Accademia delle Iscrizioni e Belle
Lettere al Sig. H. de la Tour, per l'insieme de' suoi lavori
sui Medaglisti del Rinascimento, pubblicati nella Revue Nu-
mismatique.
Medaglia pontificia commemorativa, — Pel 20 feb-
braio 1897 è stata coniata dal Cav. Bianchi, incisore dei pa-
lazzi apostolici, la medaglia commemorativa del 19° anno del
pontificato di Leone XIII. Nel diritto ha 1' effige del Papa
coll'epigrafe : Leo XIII Pont. Max. Sacri Princ. A. XIX.
Nel rovescio la Vergine in trono col Bambino, che offre al
mondo il Rosario. Varie figure, quali in piedi quali in gi-
nocchio, rappresentano i varii popoli. Sulla destra Leone XIII
in piedi presenta questi fedeli alla Vergine. In giro l'epigrafe:
Praesidium divinae matris acceptissima Rosarii praece exo-
randum.
Queste medaglie commemorative degli anni del Pontifi-
cato si coniano ogni due anni.
vARrETÀ a6i
Dell'tiiilità scientifica delle collezioni di monete
antiche, — Su questo tema il chiar." Direttore del Gabinetto
di Parigi Ernesto Babelon pronunciava un eruditissimo di-
scorso nella seduta generale del Congresso delle Sociétés
savantes il 24 aprile scorso. Quel discorso ci parve tanto
interessante per tutti quelli che si occupano di numismatica
che credemmo far cosa grata a tutti i nostri lettori chiedendo
air illustre autore il permesso di riprodurlo nella nostra
Rivista. Il permesso venne gentilmente accordato, e, dolenti
di non poter dare tale riproduzione nell' attuale fascicolo
abbiamo almeno la compiacenza d'annunciarlo pel terzo.
Vendita Sanibon» — Sul principio dello scorso aprile
ebbe luogo in Milano la vendita (da noi annunciata nel preced.
fascicolo) dell'importante collezione di monete dell'Italia me-
ridionale radunata dal Cav. Giulio Sambon. La vendita fu
animatissima, e il ricavo toccò quasi le 40,000 lire.
Ecco alcuni dei prezzi più notevoli raggiunti:
N. IO. Tari di Enrico VI, imp., coniato ad Amalfi . . L. 400
» 90. Denaro d'Adelchi, duca di Benevento, col nome
dell' imp. Ludov. II » 360
n 98. Denaro anonimo ossidionale di Benevento (a. 891) »> 345
» 244. Da 9 tari di Corrado imp » 350
»> 276, Follaro di Riccardo II, princ. di Capua ....»> 400
>• 384. Denaro di Basilio imp.; coniato a Napoli ...» 455
n 387. Denaro anonimo di Napoli » 485
n 388. Denaro degl'imp. Basilio, Leone e Alessandro,
coniato a Oria » 330
" 428. Denaro di Gaimaro I, princ. di Salerno. ...» 330
» 451. Follaro di Gisolfo I e Pandolfo, princ. di Capua,
coniato a Salerno » 400
n 531. Follaro di Sergio III, coniato a Sorrento . . . »» 265
» 532. Da 8 tari di Carlo I d'Angiò, coniato a Tunisi . » 695
» 543. Reale o augustale dello stesso » 360
n 748. Doppio ducato d'oro di Ferdin. I d'Aragona . . » 500
» 897. Ducato d'oro di Lodov. XII di Fr., coniato a Napoli » 600
n 930. Mezzo scudo ossidionale di Napoli (a. 1528) . . » 495
» 1224. Tari d'arg. di Carlo II di Spagna, minorenne. . » 645
n 1310. Doppia oncia d'oro di Carlo 111 d'Austria ...» 695
» 1520. Doppio bolognino di Civitaducale " 560
» 1533. Zecchino di Belmonte " 610
» 1534. Zecchino del Vasto " l^o
ATTI
DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Seduta del Consiglio 20 Aprile 1897.
(Estratto dai Verbali).
La seduta è aperta alle ore 15. Il Consiglio è quasi al
completo.
I. Il Vice-Presidente Francesco Gnecchi prende la parola
per riferire come il 22 Marzo scorso si fosse recato in com-
pagnia del Presidente Conte Papadopoli a Firenze, onde of-
frire in nome della Società Numismatica Italiana a S. A. R.
il Principe di Napoli la Presidenza Onoraria. I due rappre-
sentanti furono accolti al Palazzo Pitti colla massima cortesia
e Tofiferta venne graziosamente accettata.
Il Consiglio applaude all'alto onore che vien fatto alla
Società e vota il seguente ordine del giorno da essere tra-
smesso al Principe stesso :
" Il Consiglio della Società Numismatica Italiana, nella
" sua adunanza 20 Aprile 1897, lieto e riconoscente a S. A. R.
" il Principe di Napoli per la graziosa accettazione della
" Presidenza onoraria, Gli presenta i suoi piia vivi e rispet-
" tosi ringraziamenti a nome della Società, augurandosi che
" questa abbia sempre a dimostrarsene degna. „
Su proposta della Presidenza, viene pure votata all'u-
nanimità una pergamena, che sarà presentata ai Soci nel
giorno dell'Assemblea generale e poi offerta al Principe come
ricordo del fausto avvenimento.
264 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Continuando la narrazione dell'udienza, il Vice-Presidente
racconta che i due mandatari furono trattenuti a lungo dal
Principe a discorrere della Società, della Rivista e di numi-
smatica in genere, cose tutte a cui S. A. R. si interessa
immensamente, e ad esaminare una parte della collezione del
Principe stesso, che va ogni giorno aumentando di numero
e di valore.
II. Viene data communicazione dell' accordo fatto col
Municipio di Milano per la nuova Sede Sociale nel Castello
Sforzesco. Il locale concesso alla Società Numismatica è
attiguo a quelli concessi alla Società Storica Lombarda, anzi
le due società avranno comune la sala delle udienze. Il locale
è accordato gratuitamente per 15 anni a partire dal prossimo
San Michele; la Società Numismatica però concorrerà per
L. 2000, una volta tanto, pel ristauro.
Il Marchese Carlo Ermes Visconti fa alcune osservazioni
sulla convenienza di uno scambio del locale offerto dal Mu-
nicipio con altri due locali fra quelli accordati alla Società
Storica e che forse meglio si presterebbero alla nostra. Si
rimette la decisione ad un sopraluogo della Presidenza della
nostra Società con quella della Società Storica.
III. Si passa alla discussione del bilancio consuntivo
del 1896 da presentarsi alla prossima assemblea dei soci.
È approvato.
IV. Viene proposto a Socio corrispondente il Sig. Antonio
Annoni, ed è ammesso all'unanimità.
V. Si determina la composizione del II fascicolo della
Rivista e si prendono anche gli accordi pel III, essendone
in gran parte già pronta la materia.
VI. Si stabilisce che l'Assemblea dei Soci abbia ad aver
luogo il giorno 2 Giugno e se ne forma l'ordine del giorno
come segue:
I." Nomina di S. A. R. il Principe di Napoli a Presidente Onorario
della Società.
2.° Presentazione del Bilancio consuntivo 1896.
3.° Relazione sull'andamento della società durante il 1896.
4.** Nomina delle cariche sociali del 1897-98.
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 365
VII. I Vice-presidenti Francesco ed Ercole Gnecchi an-
nunciano un Concorso di propria iniziativa con un premio di
lire 1500 per il più importante lavoro di Numismatica clas-
sica che sarà apparso nella Rivista, durante il triennio
1897-98-99, a cui potranno prender parte i numismatici d'ogni
paese che abbiano collaborato alla Rivista nel detto triennio
e che non abbiano dichiarato di rinunciarvi.
A norma del programma (0, il giurì rimane fin d' ora
composto come segue:
Signor Ernesto Bahelon, conservatore del Gabinetto
Numismatico di Parigi, signor Warwick Wroth F. S. A.
Segretario della Società Numismatica di Londra e conser-
vatore aggiunto al Museo Britannico, Dottor Enrico Dressel,
conservatore aggiunto del Museo di Berlino, Dottor F. IV.
Kubitschek di Graz, in rappresentanza del Direttore dell'I.
R. Gabinetto di Vienna e Cav. Dottor Solone Ambrosoli,
direttore del Regio Gabinetto Numismatico di Brera.
Vili. Il Segretario dà comunicazione dei seguenti doni
pervenuti alla Società :
Bordeaux Paul di Neuilly.
Le sue pubblicazioni : Les monnaìes frappées par Francois I.*^""
comme Conile de Provence. Paris, 1896. — Les gros et denii-
gros des gens d'arme de Charles VII à la croix cantonnée.
Paris, 1896. — Étude critique du Catalogne des monnaies
carolingiennes frangaises de la Bibliothèque Nationale de Paris
par M."" Prou. Bruxelles, 1897.
Gnecchi Cav. Uff. Francesco.
Monete orientali; 5 in argento e 29 in rame.
Monete varie medioevali e moderne; 30 in argento e 90 in rame.
Monete romane; 180 in bronzo.
Luppi Cav. Prof. Costantino.
Langlumé J. Tableau des monnaies d'or et d'argent des principaux
états du monde, avec leur valeur en francs, leur poids, leur
tìtre, etc. Paris, in- 16 con Tav.
(i) Inserito fra le notizie in questo medesimo fascicolo (Vedi pag.259).
34
266 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Osnago Enrico.
N. 71 monete di zécche italiane, delle quali 52 in ^gento e 19 in
rame. Vi si trovano monete rare, e fra le zecche rappresentate
citeremo: Como, Messerano, Rodi, Sebenico e Villa di Chiesa.
Seletti Avv. Cav. Emilio.
Iscrizioni Cristiane in Milano anteriori al IX Secolo, edite a cura di
V. Forcella e di E. Seletti. Codogno, 1897.
. Assemblea Generale dei Soci 2 Giugno 1896.
L' assemblea è convocata per le ore io. Oltre il Con-
siglio, sono presenti parecchi Soci di diverse parti d' Italia.
Per prima cosa il Presidente Conte Papadopoli annuncia
ai Soci l'accettazione della Presidenza Onoraria della Società
da parte di S. A. R. il Principe di Napoli, che viene accolta
colla massima soddisfazione da tutti i soci presenti non solo,
ma anche da alcuni assenti che con lettere e telegrammi, di
cui si dà lettura, uniscono i loro voti.
Si presenta e si firma quindi la pergamena che in ricordo
del fausto avvenimento verrà presentata al Principe stesso.
Il vice presidente, Francesco Gnecchi, legge, a nome
del Consiglio, la seguente relazione sull' andamento della
Società durante il 1896:
Egregi Colleghi,
Dopo qualche anno di vita modesta, ma pur feconda ed
attiva, la quale servì a far conoscere e, diremo, a insediare
la nostra Società fra le consorelle, il vostro Consiglio nell'oc-
casione dell'Adunanza generale di quest'anno, nel quale si
compie il quinquennio dalla fondazione della Società e il de-
cennio da quello della Rivista, prova un singolare compiaci-
mento, essendo in grado, di comunicare due avvenimenti,
l'uno compiuto, l'altro in via d'attuazione, i quali non po-
tranno che contribuire ad elevare il prestigio del nostro
Sodalizio. Alludiamo all'accettazione della Presidenza Ono-
raria della nostra Società da parte di S. A. R. il Principe
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 267
di Napoli, di cui avete avuto notizie dal verbale dell' ultima
seduta del Consiglio, e che oggi venne uificialmente procla-
mata, e al prossimo trasporto della nostra sede nel Castello
Sforzesco di Milano.
L'avere a nostro Presidente Onorario il primo dei nostri
Soci, S. A. R. il Principe di Napoli, mentre è per noi altis-
simo onore e segno della stima che la nostra Società ha
saputo acquistarsi nel breve periodo della sua vita, c'impone
anche l'obbligo di curarne con tanto maggior impegno il
progresso e lo sviluppo, e di tendere sempre più in alto colle
nostre aspirazioni nel campo scientifico.
Il cambiamento della nostra sede attuale con quella splen-
dida che il Municipio di Milano gentilmente ne consente nel
Castello Sforzesco, mentre ci mette nella felice condizione
di una vita di intimità colla Società Storica Lombarda che
ci sarà vicina e colla quale avremo anzi comune la sala delle
adunanze, ci offre anche uno sgravio finanziario, vantaggio
non trascurabile, viste le condizioni economiche della nostra
Società, che pur troppo non sono floride.
Possiamo dunque rallegrarci dei due avvenimenti ed ac-
coglierli come felici auguri a bene sperare per l'avvenire.
Soci.
Il numero dei Soci, alla fine del 1896, era di 93, di cui
40 effettivi e 53 corrispondenti. Gli associati alla Rivista erano
in numero di 108, con un leggero aumento su quello dell'anno
precedente.
Forse l'essere in certo modo avvicinati alla Società Sto-
rica Lombarda potrà suggerire qualche combinazione atta
a procurarci dei Soci ; ma per ora ogni supposizione sa-
rebbe prematura.
Biblioteca.
Alla fine del 1896, mercè le generose donazioni, di cui
si tenne nota nei resoconti delle sedute del Consiglio, la
nostra Biblioteca raggiungeva il numero di 460 volumi e
510 opuscoli.
A fronte dei vantaggi che ci offre il trasloco nel Castello
la nostra Biblioteca soffrirà invece un danno, che è bene
segnalare. In questa vecchia sede, la vicinanza della ricca
biblioteca numismatica del nostro Segretario Cav. Prof. Luppi
era di grande sussidio ai nostri studiosi, perchè lasciata li-
beralmente a disposizione di tutti. Il trasloco ci priverà di
208 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
tale vantaggio; quindi, mentre rendiamo pubbliche grazie al
prof. Luppi, pel tempo che la Società ne ha goduto, crediamo
opportuno rivolgerci con insistenza speciale ai Soci ed agli
amici nostri, onde, con libri o con denaro, vengano in sus-
sidio della Biblioteca Sociale.
Medagliere.
Il Medagliere della Società ebbe quest'anno un incre-
mento superiore a quello della biblioteca.
I pezzi pervenuti in dono al nostro furono, nell'anno
decorso, 216 e la Collezione oggi comprende:
Monete: 2 in oro, 361 in argento, 1771 in rame e bronzo,
363 in vetro.
Medaglie e tessere: 5 in argento e 260 in bronzo, rame
e piombo. — Totale: N. 2762 pezzi.
Rivista.
L'equilibrio fra i vari rami della numismatica, cui la nostra
Rivista è dedicata, ci pare sia stato convenientemente man-
tenuto durante l'annata 1896. La numismatica classica e la
medioevale italiana si divisero equamente il campo, e l'una
e l'altra non si limitarono ad osservazioni o studi retrospet-
tivi su materiali già noti , ma portarono in luce nuovi e inte-
ressanti documenti, dimostrando come, tanto nel campo della
numismatica classica come in quello dell'italiana, le ricerche
non siano finite e la fonte non sia inaridita; mentre chi ben
cerca, trova sempre qualche cosa di nuovo e qualche angolo
inesplorato.
Quest'anno abbiamo potuto finalmente iniziare anche la
richiesta ripubblicazione di alcune opere vecchie ormai intro-
vabili, e l'abbiamo inaugurata con quelle di Carlo Kunz, che
proseguiremo nell'anno corrente, ogni qual volta le memorie
moderne ci consentiranno un po' di spazio. Le opere del Kunz
si pubblicheranno nella loro originalità ed integrità; ma il
vostro Consiglio di Redazione ha incaricato una Commissione
la quale, alla fine della pubblicazione, aggiungerà un corredo
di note atte a dimostrare i progressi della scienza dopo l'e-
poca in cui le rispettive memorie furono scritte, e a fare, in
base a questi, le opportune rettifiche e aggiunte.
Visto che non abbiamo una Rivista speciale dedicata
alla Medaglistica e che questa è considerata quindi ancora
una dipendenza della numismatica, resta sempre fra i deside-
rati del Consiglio di Redazione che qualche amatore di
Medaglie moderne voglia assumersi la continuazione della
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 269
rubrica lasciata già interrotta dal Collega Comandini, pro-
seguendo la pubblicazione delle medaglie italiane contempo-
ranee. Chi vi si volesse sobbarcare, sarebbe benemerito della
nostra Rivista.
In ogni modo crediamo poter affermare senza ostenta-
zione che la Rivista si è mantenuta onorevolmente al livello
che a poco a poco ha saputo acquistarsi, mercè l'intelligenza
e la buona volontà dei nostri collaboratori, ai quali tributiamo
pubblicamente i nostri vivi ringraziamenti. Certo non starebbe
a noi il far qui le lodi della nostra pubblicazione; ma, colla
stessa sincerità colla quale saremmo i primi a dare l'allarme
se scorgessimo segni di decadenza, ci sia lecito dire che dal-
l' interno come dall'estero non abbiamo ricevuto che lodi ed
incoraggiamenti.
Concorsi.
Nell'anno 1896 furono chiusi i due concorsi Papadopoli
(n. 2) e Gnecchi (n. 3), dell'esito dei quali già avete avuto
contezza nei resoconti delle sedute consigliari, I due lavori
premiati del Conte Francesco Malaguzzi Valeri e del sig. Giu-
seppe Castellani ci offriranno materia per l'anno corrente e
per buona parte dell'anno venturo.
Nello scorso aprile venne bandito un nuovo concorso
(Gnecchi n. 4) per argomenti di numismatica classica, di cui
pure conoscete i termini dal resoconto dell'ultima seduta del
Consiglio. Possiamo già fin d'ora annunciare che anche questo
Concorso raggiungerà bene il suo scopo, perchè già abbiamo
diverse promesse di lavori classici tanto dall'Italia quanto
dall'estero. Anzi, al tèsto primitivo del programma, in seguito
ad una giusta osservazione d'un collega che fra le lingue vive
non avrebbe potuto scrivere che il tedesco o l'inglese,
abbiamo fatto una piccola variante, aggiungendo anche il
latino alle lingue ammesse pel concorso. Difatti pare che il
mondo scientifico, anziché semplificare, sia sulla via di com-
plicare e rendere sempre più difficile l' intelligenza della
scienza, adottando l'uso di pressoché tutte le lingue europee,
di modo che lo studioso, prima di diventare scienziato, si
vede obbligato a diventare poìiglotto e a consumare metà
della sua vita nello studio delle lingue. Non sarebbe un pro-
gresso, in questo caso, il tornare all'antico?
Bilancio.
Ecco ora il Bilancio Consuntivo della scorsa annata 1896.
270 atti della società numismatica italiana
Rimanenze attive al 31 dicembre 1895.
Libretto Cassa di Risparmio L. 601 98
Segretario (in Cassa) w 191 48
Quote da riscuotere » 1006 —
Tesoriere (in Cassa) » 203 50
L. 2002 96
Entrate del 1896.
Quote riscosse da soci ed abbonati . . . L. 2897 75
Altri introiti „ 3^0
Quote arretrate „ 400
Offerta del Conte Comm. N. Papadopoli . » 500 —
» dei Cav. Uff. F. ed E. Gnecchi. . » 500 —
Interessi sul Libretto di Cassa di Risparmio » 22 33
L. 4740 08
Residui passivi.
Anticipazioni quote soci ed abbonati pel 1897 . . . L. 670 —
Rimanenze passive al 31 dicembre 1895.
Anticipazioni quote di soci ed abbonati 698 —
Spese del 1896.
Stampa ed accessori della Rivista . . . L. 3289 —
Fotoincisioni ed eliotipie » 497 —
Acquisto di uno scaffale . n 105 —
Affitto locali n 375 —
Onorario al Segretario » 300 —
Spese per ufficio, posta, ecc » 104 32
L. 4670 32
Rimanenze attive.
Libretto Cassa di Risparmio L. 827 81
Tesoriere (in Cassa) » 395 —
Segretario (in Cassa) . . . ^ » 401 91
Quote da riscuotere » 420 —
L. 2044 72
L. 7413 04
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
271
Dimostrazione.
Attività in principio di esercizio . . . . L. 2002 96
Passività » » n .... » 608
L. 1304 96
Attività in fine di esercizio L. 2044 72
Passività »» w n „ 6^0 —
L- 1374 72
Aumento del patrimonio L. 69 76
Rendite dell'anno L. ^-j^q 08
bpese „ 4670 32
Avanzo al 31 dicembre 1896 L. 69 76
Da questa breve esposizione rileviamo con piacere che
anche nel 1896 il nostro Bilancio è in pareggio e si chiude
con un piccolo avanzo di L. 69.76, che va ad aumentare il
patrimonio sociale. Neil' anno corrente poi, come già si è
detto, ci è lecito sperare un nuovo miglioramento nelle con-
dizioni del nostro Bilancio, stante la diminuzione dell'affitto
che otterremo col trasporto della nostra sede nel Castello
Sforzesco.
Ora ciò che sta in cima alle nòstre aspirazioni sarebbe
di aumentare l'ancora scarso numero dei nostri Soci ; questo
ci consentirebbe di arricchire a poco a poco la nostra Biblio-
teca, la quale è ancora in molte parti deficiente, e renderla
pili utile a quegli studiosi che vi ricorrono per le loro
indagini.
A raggiungere tale intento, abbiamo bisogno dell'aiuto
e dell'appoggio di tutti i nostri Soci e facciamo grande as-
segnamento sul loro zelo e sulla loro propaganda.
Il Conto Consuntivo 1896 viene approvato ad unanimità.
Si passa alla nomina delle Cariche Sociali. Scadono
dall' ufficio per anzianità i Sigg. Cav. Giuseppe Gavazzi e
Ing. Emilio Motta. Ambedue sono rieletti. In seguito a che
il Consiglio direttivo, confermando le cariche del Presidente
e dei Vicepresidenti, rimane così composto:
272 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Presidente Onorario.
S. A. R. Il Principe di Napoli.
Presidente.
Conte Comm. Nicolò Papadopoli Senatore del Regno.
Vice-Presidenti.
Cav. Uff. Francesco Gnecchi.
Cav. Uff. Ercole Gnecchi.
Consiglieri :
Ambrosoli Cav. Dott. Solone.
Gavazzi Cav. Giuseppe.
Motta Ing. Emilio.
Ruggero Cav. Col. Giuseppe.
Sambon Dott. Arturo.
Visconti March. Carlo Ermes.
La seduta è levata alle ore 17.
Finito di stampare il 30 giugno 1897.
Scotti Reno, Gerente responsabile.
Anno X- 1897. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Pav. III.
c5SB5
>
%'
Tito
RESTITUZIONI DI BRONZO
L.'i;ini/irino
Trajano
M. Aurelio e L. Vero
Nerva
Adriano
RESTITUZIONI D'ARGENTO
\
y
Trajano
RESTITUZIONI D'ORO
Francesco (ìnkcchi
SULLE RESTITUZIONI
l'ascicolo \.ì.
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno X, 1897.
Tav. IV.
C. KUNZ. - Il Mnseo Bottacln
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno X, 1897.
Tav. V.
C. KUNZ — Il Museo Bottacin.
FASCICOLO III,
LA CRONOLOGIA
DELLE MONETE DI NERONE
STABILITA SOPRA NUOVE RICERCHE ICONOGRAFICHE (l)
I.
Il TIPO DI Nerone sulle monete romane.
Quantunque la serie monetale di Nerone non
abbia una grande varietà di tipi, come la serie dei
Flavii e degli Antonini, è tuttavia di quelle, la cui
cronologia più volte tentata, almeno in parte (2), non
è ancor sicura. Ciò deriva principalmente dalla man-
canza quasi assoluta dei dati cronologici, consistenti
nelle salutazioni imperiali e nei numeri della tribu-
nicia potestà s, ed anche dal succedersi di varii
tentativi fatti per creare un ordinamento stabile nella
serie dei così detti bronzi, i quali dall'anno 15 a. C.
non avevano avuto ciascuno una nota caratteristica.
La zecca dell'impero funzionava da circa settant'anni
e non ancora erasi trovato un segno costante e sicuro
che pel variar di tipo rendesse riconoscibile e distinto
(i) Memoria letta alla R. Accademia d'Arch. di Napoli nella tornata
del 16 febbraio 1897, la cui inserzione negli Atti fu approvata con unani-
mità di voti nella tornata del 9 marzo 1897. Nel Rendiconto delle tornate
e dei lavori di detta Accademia fu pubblicato un sunto della presente
memoria, non in tutto fedele al testo, che vede per la prima volta la
luce nella nostra Rivista.
(2) Geco, Intp. rom. num. Nero ; Eckhel, D. N. t. VI, Nero ; Cave-
doni, Osservaz. sopra alcune med. imperiali negli Annali dell' Istit. di
corrisp. arch. 1851, p. 241-246; Kenner, Die ScheidemUnze des Kais. Nero
nella Num. Zeitschr. 1878, p. 230-306.
276 fcTfORE CABRICI
il dupondio dall'asse, né di quest'ultimo erano state
coniate tutte le frazioni. Bontà di metallo, esattezza
nei pesi, abbondanza di emissioni, ma incertezza e
confusione ad un tempo.
I primi anni dell'impero di Nerone partecipano
di questi difetti; poi subito si manifesta lo sforzo
dello Stato per evitare una buona volta il crescente
disordine: e qui riforme sopra riforme, per quattro
o cinque volte di seguito. Se Augusto iniziò la mo-
netazione dell'Impero, con Nerone fu in guisa rior-
dinata, che nessun imperatore dopo di lui sentì il
bisogno d'introdurre modificazioni di sorta fino al
terzo secolo d. Cr.
Importa dunque grandemente allo studioso co-
noscere appieno questa serie monetale e seguirne
tutte le pili lievi modificazioni che gradatamente
condussero ad un ordine stabile. Poche monete d'oro
e d'argento, pochissime di bronzo forniscono dati
cronologici sicuri; le une e le altre costituiranno i
capisaldi della classificazione cronologica che noi ci
proponiamo di fare.
1 — 807 = 54 d. C.
rB' — NERO CAESAR IMP • AVO. Testa di Nerone a d. ^
^ — PONTIF MAX • TR • P • Corona di quercia, nel mezzo
EX S C. Coh. (3) n. 192. A^
2 — 809 = 56 d. C.
^' — NERO • CAESAR • AVG • IMP- Testa di N. a d. -
1^ - PONTIF • MAX • TR • P • Il • P • P Corona di quercia,
nel mezzo EX S C. Coh. n. 204-5. ^- ^•
3 — 809 = 56 d. C.
^ - Sim. al prec. - 9/ — PONTIF • MAX • TR • P • III • P • P •
Corona di quercia, nel mezzo EX S C
Coh. n. 206-7. N. JR.
(3) I numeri del Cohen, che cito, sono quelli della seconda edizione
del 1880.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 277
4 — 810 = 57 d. C.
^' — Sim. al n. 2. — 1^ - PONTIF • MAX • TR • P • ilTl •
P • P • Corona di quercia, nel mezzo EX S C.
Coh. n. 208^. (Tav. I n. i). N. M.
5 - 811 = 58 d. C.
ÌB' ^ Sim. al n. 2. — 9/ — PONTIF • MAX • TR • P • V • P • P •
Corona di quercia, nel mezzo EX S C
Coh. n. 210-11. (Tav. I n. 2). A^. M.
6 — 812 = 59 d. C.
^' - Sim. al n. 2. — '^ — PONTIF • MAX • TR • P • VI •
P • P. Corona di quercia, nel mezzo EX S C
Coh. n. 212. JR.
7 — 813 = 60 d. C.
;B' — Sình_ al n. 2. — 9; — PONTIF • MAX • TR • P • VI •
COS • llll • P • P • Corona di quercia, nel mezzo EX S C
Coh. n. 213-14. (Tav. I n. 3). A^ M.
8 - 813 = 6q d. C.
^^ - Sim. al n. 2. - 9/ — PONTIF • MAX • TR • P • VH •
COS • llll • P • P • Corona di quercia, nel mezzo EX S C.
Coh. n. 215-16. A^. M.
9 — 813 = 60 d. C.
^ — Sim. al n. 2. — 51 — PONTIF • MAX • TR • P • VM •
COS llll P • P • Cerere stante a s., poggiata alla face,
con spighe in mano; ai lati EX SC. Coh. n. 217-18. N. M.
10 — 813 = 60 d. C.
^ — Sim. al n. 2. — 91 — PONTIF • MAX • TR • P • VM-
COS • llll • P • P • Marte, stante a s., poggiato all'asta e
col parazonio nella destra, calcando varie armi; ai lati
EX S C. Coh. n. 219-20. (Tav. I n. 4, 6). N. JR.
11 — 813 = 60 d. C.
;& - Sim. al n. 2. - ^f - PONTIF • MAX • TR • P • VII •
COS • ilir • P • P • Roma stante a d., calcando varie armi
e tenendo sulla gamba uno scudo rotondo, su cui scrive;
ai lati EX S C Coh. n. 221-222. (Tav. I n. 5). N. M.
278 ETTORE CABRICI
12 — 814 = 61 d. C.
^ — Sim. al n. 2. — 9( - PONTIF • MAX • TR • P • VÌTl •
COS • IMI • P • P • Tipo di Cerere, ai lati EX S C.
Coh. n. 223-24. A^. iH.
13 — 814 = 61 d. C.
^' — Sim. al n. 2. — 9( - PONTIF • MAX • TR • P • VUl •
COS • IMI • P • P • Tipo di Marte, ai lati EX S C.
Coh. n. 225-26. N. , M..
14 — 814 = 61 d. C.
/B' - Sim. al n. 2. - J^ - PONTIF • MAX • TR • P • Vm •
COS • illl • P • P • Tipo di Roma, ai lati EX S C
Coh. n. 227. N..
15 ~ 815 = 62 d. C.
^ - Sim. al n. 2. - ]^ - PONTIF • MAX • TR • P • vUli •
COS • Illl • P • P • Tipo di Cerere, ai lati EX S C.
Coh. n. 228. A^
16 — 815 = 62 d. C.
^' - Sim. al n. 2. - 9( - PONTIF • MAX • TR • P • Vim •
COS • Illl • P • P • Tipo di Marte, ai lati EX S C.
Coh. n. 229. N.
17 — 815 = 62 d. C.
;& - Sim. al n. 2. — 9( - PONTIF • MAX • TR • P • VÌm •
COS • Illl • P • P • Tipo di Roma, ai lati EX S C
Coh. n. 230-31. A. JR.
18 - 816 = 63 d. C.
^'_3- Sim. al n. 2. - PONTIF • MAX • TR • P • X • COS •
Illl • P • P • Tipo di Marte, ai lati EX S C
Coh. n. 232-33. (Tav. I n. 7). A. Jiì.
19 — 816 = 63 d. C.
^ - Sim. al n. 2. — 5/ - PONTIF • MAX • TR • P • X •
COS • IMI • P • P • Tipo di Roma, ai lati EX S C.
Coh. n. 234-35. A'^. M,.
20 — 817 = 64 d. C.
^ - NERO CLAVD CAES AVG IMP TR POT XI P P. Busto
di Nerone laureato a d. con lorica e paludamento. —
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 879
— — — I
^ - PACE P R TERRA MARIO PARTA lANVM CLVSIT.
Il tempio di Giano, con la porta rivolta a d., adorna di
festone, ai lati S C.
Sesterzio. Fiorelli, Cai. n. 4353.
21 — 818 = 65 d. C,
^ - NERO CAESAR AVO IMP TR POT XII P P. Busto di
N. laureato a d. con lorica e paludamento. — 9^ —
Sim. al n. 20.
Sesterzio. Fiorelli, Cai. n. 4354. (Tav. II n. 17).
22 - 818 = 65 d. C. _
.B' — IMP NERO CLAVD CAESAR AVG GERIVI PM TR P XII
P P. Testa di N. laureata a d. — 9* — PACE P R
TERRA MARIO PARTA lANVM CLVSIT. Il tempio di Giano
con la porta rivolta a s., adorna di festone; ai lati S C.
Sesterzio. Fiorelli, Cat. n. 4355.
23 — 819 = 66 d. C.
ÌB' - IMP NERO CLAVD CAESAR AVG GERM P M TR P
XIII P P. Testa di N. laureata a. d. — 1^ — Sim. al. n. 22.
Sesterzio. Coh. Nero n. 139.
24 — 819 = 66 d. C.
^ — IMP NERO CLAVD CAESAR AVO GERM P M TR P
XIII P P. Testa di N. laureata a s. — 9^ — Sim. al n. 22.
Sesterzio. Coh. Nero, n. 140. Parigi (Tav. Ili n. 7).
25 — 819 = 66 d. C.
^ - IMP NERO CLAVD CAESAR AVO OERM P M TR P
XIII P P. Testa di N. a d. con corona radiata. — 9' —
PACE P R VBIQ PARTA lANVM CLVSIT. Il tempio di Giano
chiuso con la porta rivolta a s.; ai lati S C
Dupondio. Coh. Nero, n. 169.
26 - 819 = 66 d. C.
^ - IMP NERO CLAVD CAESAR AVO OERM P M TR P
XIII P P. Testa di N. a d. con corona radiata. — ^^ —
ROMA. Roma galeata seduta a s. sur una corazza e degli
scudi, tenendo una corona e un'asta; ai lati S C
Dupondio. Coh. Nero, n. 283.
28o ETTORE CABRICI
27 — 819 = 66 d. C.
;& - IMP NERO CLAVD CAESAR AVCr GERM P M TR P
XIII P P. Busto di N. laureato a d., con l'egida. - 9/ -
ROMA. Roma galeata seduta a s. su di una corazza, che
stringendo l'asta si appoggia ad uno scudo ; ai piedi
ha diverse armi; ai lati S C.
Sesterzio. Coh. Nero, n. 284. Parigi, [var. Fiorelli, Cat. n. 4356-57
(Tav. Ili n. 2)].
28 - 819 = 66 d. C.
^ - IMP NERO CLAVD CAESAR AVG &ERM P M TR P
XIII P P. Testa di N. radiata a d. - 9I - Sim. al 27.
Dupondio. Coh. Nero, n. 286. Parigi. (Tav. Ili n. 5).
29 — 819 = 66 d. C.
B' — IMP NERO CLAVD CAESAR AVG- GERM P M TR P
XIII P P. Testa di N. laureata a d. - p — ROMA. Roma
che, seduta a d. su di una lorica, tiene un'asta ed appoggia
il braccio s. su di uno scudo; ai lati S C.
Sesterzio. Coh. Nero, n. 287.
30 — 819 = 66 d. C.
3'_3 IMP NERO CLAVD CAESAR AVG GERM P M TR P
XIII P P. Testa di N. laureata a destra. — p — ROMA.
Roma galeata seduta a s. su varie armi, che stringendo
l'asta tiene nella d. una piccola Vittoria alata che le porge
un serto ; ai lati S C.
Sesterzio. Fiorelli, Cat. n. 4358. (Tav. Ili n. 4).
31 — 820 = 67 d. C.
^ - NERO CAESAR AVG TR POT XIIII P P. Busto di N.
laureato a d. con paludamento e lorica. — p — ROMA.
Roma seduta a s. su di una corazza, avente in mano
una Vittoria e un parazonio e poggiando il piede destro
su di un elmo; ai lati S C.
Sesterzio. Coh. Nero, n. 260.
Le monete descritte abbracciano tutto il tempo
deirimpero di Nerone, dal 54 ai primi mesi del 68,
e ci dovrebbero fornire per conseguenza tutte le tras-
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 281
formazioni alle quali' andò soggetto il suo volto,
dall'anno del suo elevamento al trono, quasi fino alla
morte, ossia dall'età di sedici anni a quella di trenta.
Se confrontiamo le prime monete d'oro e d'argento
con le ultime di bronzo, non possiamo non ammettere
un passaggio notevole da un volto puerile a quello
di uomo adulto, da un volto imberbe ad un volto
virile. Ma è pur vero che le monete con la data dal
54 al 63 sono esclusivamente di oro e d'argento e
non ci forniscono neanche una sicura base di classifi-
cazione, se vogliamo partire dai lineamenti del volto
dell'imperatore, perchè hanno poca varietà; ed invece
sul bronzo, dove il ritratto è più fedele, i dati cro-
nologici cominciano dall'anno 64, un po' tardi vera-
mente per la ricerca alla quale attendiamo. Se le due
zecche avessero seguito sempre parallelamente lo
sviluppo del tipo di Nerone, la serie dell'una potrebbe
rischiarare la via colà dove l'altra ci vien meno, per
modo che la serie d'oro e d'argento dal 54 al 63
potrebbe aiutarci a classificare i bronzi di questi anni,
sui quali non compare mai la data; ma questa corri-
spondenza non vi è, il tipo di Nerone dell'una serie
non trova un perfetto riscontro in quello dell'altra.
Tuttavia la parte iconografica, come mezzo di crono-
logia, non è da trascurarsi in una monetazione così
ricca di esemplari; e se da un lato diventa difficile la
ricerca, gioverà dall' altro a stabilire il metodo che
potrebbe essere adottato per le serie di altri impera-
tori, qualora la sola iconografia ci restasse per tentare
una classificazione, come nel caso presente.
Alle monete di Nerone ha rivolta la sua attività
un forte numismatico vivente, il D.' Friedrich
Kenner (4), il quale ha preso come principale scorta
nel difficile compito di classificazione la leggenda del
(4) Op. cit.
36
282 ETTORE CABRICI
diritto, senza trascurare però gli altri accessorii, come
il globetto, i segni del valore, la testa radiata o
laureata, che hanno anche la loro importanza. Lo
scritto del Kenner, assai pregevole per sottigliezza di
vedute, stabilisce le norme principali di una classifica-
zione delle monete di Nerone. La parte iconografica
è trattata in uno speciale capitolo, con uno sguardo
largo e comprensivo, senza scendere ai particolari.
Egli forma tre gruppi delle monete di bronzo, deri-
vanti dalle tre maniere ond'è ritratta l'immagine di
Nerone.
Una forma di ritratto, non molto scarsa, è facil-
mente riconoscibile dal capo esteso in larghezza e
per lo più imberbe, coi lineamenti del viso fortemente
impressi, che non appartengono in nessun modo
all'età giovanile, bensì alla prima virilità, dopo scom-
parsa la lanuggine. Il rilievo è piatto, quindi anche
un po' meno ricco di eff'etto; il profilo tuttavia assai
vivace. La testa cosi incisa va di regola accompagnata
con la piccola sfera posta all'estremità inferiore del
collo. Questo tipo è rappresentato nelle nostre tavole
dalle monete n. 16, 17, 18, 19 della tav. 1 e dalle
monete n. i, 2, 3, 4 della tav. II.
Un' altra specie di ritratto osservasi su di una
serie assai più numerosa. Il capo è foggiato sopra
una scala più piccola, è più alto il rilievo, il quale
conferisce una finezza maravigliosa alle forme del
volto. Il profilo è oltre ogni dire finissimo, l'accon-
ciatura dei capelli manierata e artefatta, non più così
naturale come nei primi ritratti. Con un' intenzione
palese è stato dato a questo capo un carattere gio-
vanile, potrebbe dirsi apollineo, che qua e là certa-
mente degenera nel manierato, nel molle; l'esecu-
zione è più accurata che negli antichi ritratti, la sfera
ha ceduto il posto all'egida sul petto. I sesterzii n. 6,
7, 8 della tav. II ci offrono questo ritratto.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 283
Il terzo tipo, degli ultimi anni, ha le forme fiere,
pronunziate, gli occhi incavati con espressione truce,
le labbra sporgenti, il mento anch'esso sporgente, la
barba tenuta con cura; i capelli minutamente delineati
che scendono sulla nuca, compiono la selvaggia fi-
gura. L'artista ha tentato di circondarla d'un' aureola
di giovinezza, ma invece ci ha offerto un' immagine
ricca di particolari che c'interessano. Vedi nella tav. Ili
principalmente i n. 2, e2, 13, 15.
Abbiamo creduto necessario compendiare questa
parte del lavoro del Kenner, perchè dovremo più
volte riferirci ad essa, essendo la nostra classificazione
fondata sullo studio della iconografia di Nerone.
11 Kenner non poteva più felicemente aggruppare
i tipi rispetto all'arte e rispetto alle apparenze dell'età;
la sua osservazione, colà dove dice che la figura di
Nerone sulle monete del secondo gruppo è alquanto
abbeUita fino ad avere studiatamente un non so che
di apollineo, giunge opportuna a dileguare il dubbio
che l'esame dei monumenti potrebbe ingenerare sul-
l'anteriorità dei ritratti col globetto.
Un particolare sfuggito agli occhi di tutt' i nu-
mismatici o, se osservato, non preso in quella con-
siderazione che merita, è l'acconciatura dei capelli
sulla fronte. 11 Bernoulli (s), pago delle conclusioni
del Kenner, non curò neanche lui di esaminare le
monete con quella scrupolosa osservazione che tanto
lo distingue nello studio dei monumenti.
La singolarità della chioma di Nerone fu notata
dal suo biografo Suetonio, il quale, parlando delle
sue abitudini e del governo del corpo, ricorda che
circa cultum habihimque adeo pudendus, ut comam
semper in gradus formatam, peregrinatione achaica
(5) Rómische Ikonographie, Nero, pag. 387-391.
284 ETTORE CABRICI
etiam pone verticem summiserit (6). Niente di più
possibile per un uomo come Nerone, fanatico di
apparire avvenente, anche sapendo di diventare goffo
e ridicolo.
Negli ultimi anni della repubblica e nei primi
dell'impero si usò di portare i capelli né lunghi né
corti, senza divisione e senz' alcun abbigliamento,
semplici e col loro naturale ripiego in avanti, leg-
germente abbandonati sulla fronte. Così è ritratto
Augusto in tutt' i busti e le statue che si conoscono,
così Tiberio e gli altri della famiglia Giulia, come pure
i loro contemporanei dei quali l'antichità ci ha tra-
mandato i ritratti, così i Flavii sino agli Antonini,
fatta eccezione di Nerone. Il giovane imperatore,
corrotto e scioperato, aveva tutt' i difetti dei suoi
coetanei compagni nelle capestrerie, dei quali parlano
Ovidio e Quintiliano (7). Varii busti di lui hanno i
capeUi ravviati con molta ricercatezza. L'arte mone-
tale come fu fedele nel ritrarre le figure degli altri
imperatori, andando di pari passo con l'arte plastica,
così fu anche con Nerone. Se osserviamo infatti le
teste e i busti che di lui si conservano, scorgeremo
i capelli disegnati or in un modo or in un altro. E
caratteristico quel sovrapporsi di riccioH dove più dove
meno rilevati, da cui deriva quella chioma in gradns
formatam, come la chiama Suetonio. Ma per quanto
prezioso sia questo passo dell' antico biografo e
richiami il nostro studio su questa parte della icono-
grafia di Nerone, pure il riscontro nei monumenti ci
fornisce qualche particolare che Suetonio in fin dei
conti non poteva rilevare; egU fa il ritratto di Nerone
come può farlo un biografo, e certe osservazioni che
(6) Nero, 51. Tacito {Hist. II, 9) dice in termini generali: Corpus
insigne oculis comaque et torvitate vultus.
(7) Cfr. OviD., Ars am. I, 507; III, 434. Quintil., Inst. orai. XII, io,
47; I, 6, 44.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 285
interessano oggi lo studioso d'iconografia non pote-
vano e non possono interessare uno storico. L'esame
di due sesterzii di Nerone varrà a chiarire quanto dico.
Nell'esemplare n. 8 della tav. I abbiamo innanzi
una bella testa di Nerone tra il giovanetto e l'adulto,
con i capelli abbastanza lunghi, ripiegati in forma di
riccioli sulla nuca (proprietà comune a tutt' i Claudii)
aggiustati con una certa grazia sull'occipite e cadenti
sulla fronte nella maniera naturale. La testa sugli
esemplari n. 8 e i8 della tav. II è in tutto simile
alla prima, se non che i capelli pettinati dal cocuzzolo
alla fronte, in guisa da formare una gradazione ondu-
latoria, sulla fronte sono rivolti in su e dapprima
rientranti, escono con l'estremità in fuori, circondan-
dola a guisa di corona.
La prima idea che ricorre alla mente è che
questi due ritratti non sieno del medesimo anno e
rappresentino due fasi, per così dire, della chioma
di Nerone. Le monete di bronzo con i numeri di
carica, tutte degli ultimi anni (v. tav. II n. 17 e tav. Ili
n. 2, 4, 5), potrebbero avvalorare la ipotesi, perchè
hanno costantemente i capelli in su; ma un raro
sesterzio di Parigi, unico a quanto pare, con la XIII
potestas tribunicia, hai capelli lavorati alla prima
foggia (v. tav. Ili n. 7). Dunque le due serie sono
contemporanee, e una delle due sarà falsa e non
rispondente al vero, perchè non possiamo ammettere,
che Nerone si ravviasse i capelli ora in un modo ora
nell'altro. Però la plastica, con la quale abbiamo detto
essere d'accordo l'arte monetale, ci avverte, come
dicevamo poc'anzi, che le due specie di capigliatura
esistettero: basti ricordare la famosa testa di bronzo
della Biblioteca Vaticana W o quella della collezione
(8) Bernoulli, Ikon., taf. XXIV.
286 ETTORE CABRICI
di Monaco (9). In tal caso possiamo piuttosto proporci
di studiare se le due serie siano incominciate verso
lo stesso tempo o se fra il principio dell'una e quello
dell'altra intercedette qualche tempo. Qui possiamo
ragionare per induzione. Una prova circa l'anterio-
rità della prima pettinatura l'abbiamo nelle monete di
oro e d'argento con gli anni della tribunicia po-
testas. Su queste monete il capo dell'imperatore è
tratteggiato sempre con i capelli in giù fino al 60
(v. tav. I n. I, 2, 3); da questo anno fino al 63 i
capelli sono disposti intorno alla fronte con un appa-
rente artifizio (v. tav. I n. 4, 5, 6, 7), finche non si
perviene alla serie coi capelli in su. Perciò suppo-
niamo che i bronzi con i capelli in giìi sieno stati i
primi e che in seguito sia comparso 1' altro tipo,
cominciato il quale, non fu sospesa la prima conia-
zione, ma continuata con l'altra.
Una sola cosa in questa monetazione non ci
sappiamo spiegare, per soluzioni che abbiamo tentate,
come mai la serie con i capelli cadenti sulla fronte
abbia sempre il capo dell'imperatore volto a sinistra,
ed invece la serie coi capelli volti in su lo abbia
sempre a destra. Singolarità tanto pili rilevante, in
quanto, tranne questo particolare, entrambe le serie
hanno molti lati comuni. La fisonomia dell'imperatore
però non ha mai la stessa espressione in entrambe
le serie. Evidentemente le mani che lavorarono i
punzoni di una serie son diverse da quelle che lavo-
raron gli altri.
Questo dualismo si può spiegare solo ammet-
tendo che nella zecca di Roma vi siano state due
scuole di artisti, seguenti ciascuna un unico tipo di
Nerone costantemente e fedelmente.
Nell'arte monetale, a preferenza di ogn'altra arte.
19) Id. taf. XXV.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 287
certi tipi hanno esercitato una grande influenza sulle
concezioni degli artisti successivi; tanto più nella
zecca di Roma, che dobbiamo immaginare così nu-
merosa d'artisti e quindi cosi produttiva di monete
destinate a circolare per tutt' il mondo. In una serie
di monete imperiali del medesimo imperatore, dello
stesso anno, è difficile trovarne due uscite dallo
stesso conio, o, se il diritto è uguale, non sarà così
il rovescio. Delle zecche di Roma, del loro organa-
mento interno , della distribuzione dei carichi noi
sappiamo assai poco, ma si deve ben credere che
quella grande fabbrica di oricalco e di rame abbia
avuto un numero considerevole d'artisti, non tutti
certo dello stesso valore, ma chi più chi meno bravo,
e che quelli i quali per età e per studii erano giudicati
migliori, regolassero gli artisti secondarii, creando i
tipi che poi fedelmente erano riprodotti da questi con
più o meno di competenza. Così è che alcune monete
non possono competere con altre del medesimo anno
per esattezza d'esecuzione e non rivelano una stessa
mano d'artista.
Nella serie monetale di Nerone distinguiamo
dunque tre tipi fondamentali : quello col globetto,
quello con l'egida sul petto e i capelli in su ed un
terzo tipo, spesso senz'egida né globetto, coi capelli
rivolti in giù e la testa a sinistra. La classificazione
generale potrebbe farsi coi seguenti criterii :
Lasciando stare le monete d'oro e d'argento dei
primi tre anni di regno le quali ci danno una testa
di giovanetto, il tipo giovanile di Nerone dai 20 ai
23 anni d'età ce lo forniscono le monete dello stesso
metallo, degh anni 57, 58, 59, 60 (tav. I n. i, 2, 3):
collo stretto, volto imberbe ed ovale, guancia ton-
deggiante, chioma trascurata o almeno semplice e
naturale come quella d'Augusto, di Tiberio, di Cali-
gola, di Claudio, che scende sulla fronte. Nel 60 già
288 ETTORE CABRICI
appare una leggiera modificazione alla chioma; oltre
ad avere quei caratteristici riccioli in gradus, i capelli
della fronte non scendono più nella maniera naturale,
ma sono disposti a ciocche rivolte in su ed espresse
dall'artista con una evidente difficoltà (tav. I n. 4,5)^'°).
Nel 60 appare dunque per la prima volta modificata
la chioma di Nerone in una serie non interrotta di
monete; il che è della più alta importanza, specie
quando si osserva che in questo e nei successivi anni
quella particolarità della chioma si cerca di riprodurla
più fedelmente. Sopra un aureo dell'anno 60, benché
un po' consumato, si distinguono i capelli rivolti in su
(tav. I, n. 6); ma un ritratto fedele, con quelle gra-
dazioni di riccioli, dividenti la chioma in tre parti,
l'abbiamo in un aureo del Museo di Napoli dell'anno
63 (tav. I n. 7). I capeUi lunghi ed in su formano
un rialzo che cinge la fronte d'ogn' intorno e danno
al volto un'apparenza muHebre.
Venendo ai bronzi, una serie monetale si di-
stingue dalle altre per diverse particolarità di stile e
per un accessorio notevole qual è un globetto collo-
cato alla estremità del collo. Il n. 16 della tavola I
è il prototipo di questi tipi. Carattere essenziale di
questa serie, oltre il globetto che basterebbe da solo
a distinguerla, è il poco rilievo. Quel che perde in
altezza lo guadagna in ampiezza; il collo è largo, il
contorno ben delineato, il volto sempre imberbe, i
capelli eseguiti accuratamente, lo sguardo accighato.
Non manca qualche immagine assai giovanile, dal
collo stretto, come quello del n. 18 tav. I.
In questa serie appare per la prima volta il
nuovo abbigliamento dei capelli di Nerone (tav. II
n. I, 2, 3, 4). I riccioli della testa sono assai pro-
(10) Un riscontro assai utile può farsi con la testa di Nerone che
conservasi nel Museo Britannico (Bernoulli, Nero p. 398, fig. 59).
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 289
nunziati, così pure quelli della nuca e della fronte.
Con l'apparire di questo tipo dai capelli in su non
bisogna credere che quello col globetto e i capelli
in giù sia stato abbandonato; per ritenere che sia
durato ancora, abbiamo forti ragioni tratte dai tipi
del rovescio ai quah si accompagna, come vedremo
nel Prospetto cronologico. Queste monete col glo-
betto sono poco numerose e dimostrano che la
coniazione loro fu scarsa e che durò pochi anni.
Ma la serie piìi artistica e la più numerosa si
manifesta con esemplari di una fattura squisita nei
n.' 6, 7, 8, 9, IO, II, 13, 18 della tav. II. Il n. io
rappresenta quanto di più perfetto è stata capace di
dare Tarte romana. L'incisore non poteva esser più
felice nello studio dei particolari. Esso è il prodotto
della creazione di un nuovo tipo che sarà copiato più
o meno fedelmente tanto nei conii dell'oro e dell'ar-
gento quanto in quelli del bronzo. A ragione il Kenner
vi vede un non so che di eroico, un non so che di
apollineo che traspare dall'insieme di esso. Invano
adunque noi cercheremmo di classificare cronologi-
camente le monete di Nerone, se non tenessimo conto
di questo abbellimento, di questa modificazione che
altera un poco le forme del suo volto e ci potrebbe
far collocare queste monete nei primi anni del suo
regno. Sui più antichi esemplari di questa nuova serie,
che giunge fino al termine dell'impero di Nerone, la
barba è appena accennata o talvolta non è accennata
punto, ma in seguito è segnata con forti rilievi, come
nei n.' 8 e i8. Come nella serie precedente il globetto,
così in questa è caratteristica l' egida sul petto.
La nuova disposizione dei capelli, già apparsa
nella serie col globetto, ora diventa tipica. La testa è
sempre rivolta a destra; lo sguardo fiero e gli occhi
incavati, in questo tipo scomparvero per cedere il
posto ad una serenità eroica. Una sobrietà di forme
37
290 ETTORE CABRICI
doveva appianare i difetti e le sproporzioni naturali
del volto del tiranno. Questo tipo lo chiameremo col
Kenner tipo della Riforma, perchè si rannoda ad una
serie di modificazioni intese ad un riordinamento
generale della monetazione imperiale. È l'unico che
troviamo nei sesterzii e dupondii con gli anni della
tribunicia potestas e perciò non può dubitarsi che
sia l'ultimo apparso. Soltanto sugli esemplari ultimi
r egida è quasi sempre scomparsa, il collo è assai
largo, lo sguardo truce è caratteristico (tav. II n. 18
e tav. Ili n. 1-8).
Il famoso sesterzio che ha la Xll trib. pot. di
Nerone e il busto col paludamento, se ha la stessa
fattura dei sopradescritti esemplari, ha però le fattezze
del volto di gran lunga più giovanili che non appaiano
sugli altri contemporanei (tav. II n. 17). Questo tipo è
singolare per molte ragioni; prima perchè è l'unico,
in tutta la serie, che abbia il busto così riccamente
ornato, poi perchè non è un ritratto di Nerone rispon-
dente a quelli delle altre monete contemporanee. Noi
sospettiamo che l' artista abbia voluto riprodurre
qualche statua di Nerone assai nota in Roma per
la sua bellezza artistica.
Per grande che sia stato lo sviluppo e l'influenza
di questo nuovo tipo della moneta neroniana, è certo
però che esso non fu il solo ad essere continuato.
Il tipo primitivo dai capelli cadenti sulla fronte,
sempre rivolto a sinistra, che abbiamo visto nella
serie col globetto, lo troviamo durante il periodo
della riforma. Esso è rappresentato dalla testa del
sesterzio n. 8 tav. I.
Conserva molto della fattura dei primi aurei: la
guancia è tonda, gli occhi non incavati e senz'alcun
aspetto truce, i capelli con riccioli cadenti sulla fronte
ed artisticamente disposti sulla nuca, sotto il nodo
del lemnisco, spiegati a guisa di ventaglio. Di questa
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 29I
fattura non possiamo citare nessun altro sesterzio, ma
possiamo bene citare un dupondio riportato nella tav. I
n. 9 e alcuni sesterzii, la cui dipendenza da questo è
indiscutibile. Tali sono i sesterzii n. io, 1 1, 13 della tav. 1,
ai quali va unito il dupondio n. 12 della stessa tavola.
Un asse coi capelli che ricordano assai da vicino
quelli dell' aureo n. 7 della tav. I appartiene alla
collezione Santangelo, ed è certamente dello stesso
tempo (tav. I n. 14). L'artista di fronte alla difficoltà
di esprimere il rialzo dei capelli, ingegnosamente
dispone le linee in modo da indicare che non sono
i soliti capelli scendenti sulla fronte.
I numerosi ritrovamenti di monete fatti a Pompei
ci offrono un considerevole numero di esemplari col
tipo della testa a sinistra dai capelli in giù, ma coi
lineamenti di Nerone degli ultimi anni. Se si considera
che il tipo col globetto è così raro nei trovamenti
di Pompei, da essere pressoché sconosciuto e che
il tipo della riforma abbonda notevolmente, potremo
fin da ora tenere per indubitato che queste monete
col capo a sin. abbiano avuto al loro apparire una
scarsa coniazione, la quale divenne abbondante negli
ultimi anni. Un esame superficiale di queste monete
rinvenute a Pompei dissipa ogni dubbio. Le forme
del capo sono assai sviluppate, il collo taurino arriva
a tale esagerazione, che quasi non si può dire dove
incominci, l'estremità del mento è sporgente, fino a
trovarsi sulla linea del naso, lo sguardo feroce e gli
occhi infossati (tav. Ili n. 11-15).
Da una statistica delle monete di Nerone appar-
tenenti alle pubbliche collezioni di Napoli, di Santan-
gelo e a quella privata di Francesco Gnecchi, nonché
ai depositi del Museo Nazionale formati di monete
di provenienza pompejana, risulta che queste monete
sono assai scarse rispetto a quelle della Riforma,
perchè abbiamo avuto i seguenti risultati:
292 ETTORE CABRICI
Depositi del Museo Nazionale
Sesterzii del i'^ tipo, cioè col globetto . . . . n. 5
„ del 2° „ cioè con la testa rivolta a s. „ 36
„ del 3° „ cioè della Riforma . . . „ 128
Dupondii del 1° tipo n. —
del 2« „ „ 8
del 3« „ „ 49
Assi del 1° tipo n. 3
« del 2° „ „ 16
del 3° „ ,,162
Totale: monete del 1° tipo 8; del 2° tipo 60; del 3° tipo 339.
Medagliere inventariato dal Fiorelli
Sesterzii del 1° tipo n.
5
del 2° „ „
26
del 3° „ „
80
Dupondii doi i" tipo n.
14
del 2° „ „
14
del 3« „ „
42
Assi del 1° tipo n.
16
„ del 2° „ „
16
del 3° „ „
33
Totale: monete del 1° tipo 35; del 2° tipo 56;
del 3° tipo 155
Medagliere Santangelo
Sesterzii del 1°
tipo n. 13
„ del 2°
» » 13
del 3°
n « 49
Dupondii del 1°
tipo n. IO
del 2°
n n 5
, del 3°
„ » 47
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 293
Assi del 1° tipo n. 8
„ del 2" „ „ i8
del a'' „ „ 123
Totale: monete del i° tipo 31; del 2° tipo 36; del 3° tipo 219.
Medagliere Gnecchi
Sesterzti del i" tipo n. io
del 2° „ „ 14
„ del 3° „ „ 28
Dupondu del 1° tipo n. —
„ del 2° „ „ 5
del 3° „ „ II
Assi del 1° tipo n. 13
del 2° „ „ 8
del 3° „ „ 18
Totale: monete del 1° tipo 23; del 2"* tipo 27; del 3° tipo 57.
La somma complessiva delle monete di Nerone
da noi studiate supera, come si vede, il numero di
1000, del quale le monete del 2° tipo rappresentano
assai meno della 5^ parte, laddove le monete di 3°
tipo rappresentano le tre quarte parti; il resto è
costituito dalle monete col globetto. Non dobbiamo
noi dunque conchiudere che il 2° tipo fu assai poco
coniato? Pili scarso ancora è il tipo col globetto;
eppure durò dal 56 al 63, ben sette od otto anni.
La ragione di tanta scarsezza crediamo dipenda dalle
condizioni economiche dell'Impero.
La floridezza dello Stato con Augusto, Tiberio
ed anche con Claudio aveva accresciuto il commercio,
e una copia stragrande di moneta circolava nell'Italia
e specialmente in Roma; tanto che coli' avvenimento
di Nerone al trono non si sentì il bisogno di emet-
tere altra moneta; quella che circolava era più che
294 ETTORE CABRICI
sufficiente. Perciò nei primi anni la zecca di Roma
fu inerte e quando dopo un certo numero di anni,
forse nel 56, si cominciò a coniare moneta di bronzo,
non fu mestieri emetterne molta. Per questa ragione
principalmente le monete del primo tipo sono scarse.
II.
Quando comincia il tipo della Riforma.
La materia stessa ci trae adesso a determinare
l'anno in cui cominciò il tipo della Riforma.
Il tipo di Nerone dai capelli rivolti in su già lo
abbiamo visto comparire nella serie col globetto e
secondo noi rappresenta l'ultima e più perfetta fase
di essa. Se non possiamo per ora indicare l'anno
di tale comparizione , abbiamo almeno un dato
cronologico importante nelle serie dell'oro e dell'ar-
gento. Una spia sicura per l' apparizione di questo
tipo nuovo è offerta dalle monete di città greche o
di colonie romane, coniate sotto la dominazione di
Nerone e aventi l' indicazione dell' anno della loro
emissione.
Queste zecche, cui nell'epoca imperiale era data
facoltà di coniare moneta di bronzo con l'immagine
dell'imperatore, si attenevano sempre al tipo delle
monete uscenti dalla zecca di Roma e ne copiavano
fedelmente alle volte il ritratto od il rovescio, e anche
quando non segnavano l'anno della emissione, pure
la dipendenza per questo rispetto era tale, da non
lasciar dubbio di sorta. Il tipo della Vittoria gradiente
con corona e lungo ramo di palma, tanto frequente
sui dupondii di Nerone, il tipo del Citaredo, anch'esso
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 295
frequente, li vediamo comparire fedelmente riprodotti
l'uno sulle monete di Tessalonica e di Apollonoshieron
(tav. V n. 2), l'altro su quelle di Perinto e di Patrasso,
e siccome vanno quasi sempre accompagnati dal tipo
di Nerone della Riforma, possiamo sicuramente con-
chiudere che tali monete di zecca greca non sono
anteriori alla prima emissione del tipo della Riforma.
Questa induzione si fa con le monete senza data di
sorta; e per quelle con la data? Allora sì che avremo
un dato cronologico indiscutibile.
Questa maniera di studiare la serie imperiale
greca può in molti casi fornirci una prova della più
alta importanza storica in quelle serie imperiali ro-
mane, dove manca l'indicazione delle cariche, e forse
l'unico dato cronologico, sicurissimo per altro, quando
saremmo per rinunziare alla classificazione.
Abbiamo descritto nell'elenco che offriamo agli
studiosi in fine di questo capitolo, una gran parte di
quelle monete greche dell'età di Nerone aventi l'anno
di loro emissione, indicando sempre la maniera ond' è
aggiustata la chioma di Nerone, cioè se con i capelli
scendenti sulla fronte ovvero rivolti in su. Abbiamo
compreso inoltre le monete senza dato cronologico,
sulle quali l'immagine di Nerone è accoppiata con
quella della madre Agrippina o di alcuna delle sue
mogli. Tali monete se non ci forniscono una data
certa, si possono bene circoscrivere in un determi-
nato giro di anni e giovarci all'uopo.
Notevole fra tutte è la ricca serie delle monete
alessandrine, che dal 54 scende senza interruzione
fino al 67 o 68. La testa di Nerone negli anni 54,
56; Sii 58, 59, 60, 61, 62, è sempre ritratta allo
stesso modo, coi capelli in giij ; nell'anno 63 si nota,
ma non sempre, una deviazione dei capelli dalla
ordinaria direzione con due o tre linee rivolte in su.
Continua intanto la prima forma. Nel 64 abbiamo
296 ETTORE CABRICI
esemplari della prima forma ed esemplari coi capelli
alquanto modificati come nel 63; e così negli anni
successivi, fino a quando nell'anno 67 abbiamo quasi
il tipo della Riforma.
Ma Alessandria si tenne forse un po' troppo
fedele all'antico ritratto di Nerone. Antiochia che fino
a tutto il 63 aveva anch' essa conservato la forma
stereotipata dei primi anni, nel 64 di botto passa al
tipo nuovo che troviamo continuato nel 66. L'identico
passaggio avviene nella sua serie senza data. Ma qui
basta solo ricordarlo.
Le colonie di Corinto e di Patras, comechè senza
data, pure giovano alla ricerca nostra, perchè le
loro monetine di bronzo con la leggenda ADVENT • AVG-
non sono anteriori alla seconda metà dell' anno 66.
Ebbene queste hanno quasi sempre il tipo della
Riforma.
Il tipo nuovo appare anche sulle belle monete
di Caesarea Cappadociae nel 63 (tav. IV n. 3), su
quelle di Gadara nel 65 (tav: V n. 7), di Caesarea
Samariae (tav. V n. 8), di Augusta (tav. V n. 6), di
Sebaste (tav. V n. 11), di Nicaea, (MiUingen, Sylloge
of ancient coins, ecc. PI. Ili n. 38) nell' anno 67 e
nei primi mesi del 68.
Ma sopra tutte ha una importanza sconfinata
la bellissima moneta d'argento di Laodicea di Siria,
per l'anno della sua emissione che è il 63.
Noi non presumiamo d'aver raccolto in questo
catalogo, che segue, tutte le monete greche degli anni
dell'impero di Nerone aventi un dato cronologico,
ma crediamo che bastino allo scopo di spiare in quale
anno più o meno appaia il nuovo tipo di Nerone.
Salvo il caso che nuove scoperte o monete a noi
ignote esistenti in collezioni pubbliche e private, non
ci smentiscano, si può ritenere che questo tipo faccia
capolino sulle monete di Alessandria e di Caesarea
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 297
Cappadociae neir anno 63, su quelle di Antiochia,
salvo modificazione, nel 64. Ma V anno più antico
della sua apparizione è il 63.
Lo studio delle monete greche, conferma dunque
il sospetto che il nuovo tipo della Riforma sia co-
minciato nel 63. E difatti, se si considera bene, varie
altre prove indirette concorrono alla medesima con-
chiusione e a far presumere che nell'anno 63 il go-
verno di Roma abbia cercato di regolare la mone-
tazione in conformità delle condizioni economiche
dello Stato. Le monete d' oro conservavano ancora
il peso medio di 7,60 che fu ridotto a 7,28; quelle
d'argento dal peso medio di gr. 3,40 scesero a quello
di gr. 3,18. In quest'anno crediamo che sia stata
disciplinata la lega dell' oricalco, scaduto dopo Au-
gusto, e fatta una revisione generale delle monete
di bronzo, imprimendo su quelle di giusto peso e
di buona lega la contromarca NCAPR. Fu cominciato
a coniare l' asse d' oricalco, mentre prima questo
nominale non si conosceva che di rame, e lo argo-
mentiamo dal tipo di Nerone che è sempre quello
della Riforma. Assi d'oricalco col primo o col secondo
tipo non se ne conoscono. Questa è una vera riforma
monetale e le nuove monete col nuovo tipo pigliano
nome da essa.
Anno 54.
Alexandria (Bigi.) — NEPH KAAV KAI2 lEB . . . Testa di
Nerone a d. con corona radiata (capelli in giù).
P — AYTOKPA. Aquila a s. con ramo di palma, pog-
giato all'ala; innanzi LA.
Fiorelli, Cat. n. 9576-77.
298 ETTORE CABRICI
Anno 56.
Alexandria (Bigi.) — NER KAAY KAI . . . TEP AYTO. Testa
di N. laur. a d. (capelli in giìi).
9 - APPinniNA lEBAITH. Busto di Agrippina a d.;
innanzi Lf.
Fiorelli, Cai. n. 9608 — Gotha.
- (Bigi.) - NEP KAAY KAIZ lEB TEP . . . Testa di
N. laur. a d. (capelli in giù).
P — NEO ArAe AAIM. Serpente mitrato a d. che si erge
sulla coda fra spighe e papaveri; innanzi Lf.
Vienna.
- (Bigi.) - NEP KAAY KAII 2EB TEP AYTO. Testa
di N. laur. a d. (capelli in giù).
^ — OKTAYIA lEBAITOY. Busto di Ottavia a d.; in-
nanzi Lf.
Gotha — Santang., Cat. n. 11809 (Tav. IV n. 7).
Sidon (Br.) — Testa di N. laur. a d. ; innanzi al petto un astro
(capelli in giù).
]^ — IIAANOI GEAI. Europa sul toro, a d.; sopra SIP.
Sanclem, t. II, tab. XV n. 52.
Anno 57.
Alexandria (Bigi.) — NEPXl ZEB TEP AY. Busto di N.
a s. con corona rad. ed egida sull'omero; innanzi LA
(capelli in giù).
9^ — AnOAAriN. Busto laur. di Apollo a d. con
la faretra sull'omero; innanzi una stella.
Vienna.
- (Bigi.) — . . . . KAAY KAII ZEBA TEP . . Testa
di N. laur. a d. (capelli in giù). _
^ — OKTAOYI .... Busto di Ottavia a d. ; innanzi LA.
Vienna.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 299
Alexandria (Bigi.) — NEPH KAAY KAIZ lEBA TEP AYTO.
Testa di N. laur. a d. (capelli in giù).
P — NEO A M. Serpente mitrato a d. che si erge
sulla coda fra spighe e papaveri; a d. LA.
Vienna — Santang. n. 11707.
— (Bigi.) - KAIZ ZEB TER Testa di
N. laur. a d. (capelli in giij).
91 — TER. Cerere in piedi a s., poggiata ad alta
face e con le spighe in mano; innanzi LA.
Fiorelli, Cut. n. 9578.
Anno 58.
Alexandria (Bigi.) — NEPfl KAAY KA Testa di N. laur.
a d. (capelH in giij).
5^ — AHMHTEP. Cerere in piedi a s., poggiata a lunga
asta e con le spighe nella d. ; innanzi LE.
Santang., Cat. n. J1708.
- (Bigi.) - NEPriN KAAY KAIZ ZEBA TEP AYTO.
Testa di N. laur. a d. (capelli in giìi).
P — IPHNH. La Pace in piedi a d. col caduceo in una
mano e nell'altra una galea; innanzi LE.
Fiorelli, Cat. n. 9579.
- (Bigi.) - NEPn KAAY KAI . . . AYTO. Testa di
N. laur. a d. (capelH in giù).
^ — NEO A AAIM. Serpente mitrato a d. che si
erge sulla coda fra spighe e papaveri; a d. LE.
Fiorelli, Cat. n. 9580.
- (Bigi.) - NEPAN KAA ZEBA TEP AYTO.
Testa di N. laur. a d. (capelli in giù).
^ — Donna seduta a s. con una patera nella d. ;
avanti LE.
Vienna.
300
ETTORE GABRICI
Anno 59.
Alexandria (Bigi.) - NEPHN KAÀY KAIZ 2EB .... Testa di
N. laur. a d. (capelli in giù).
^ — AHMHTEP. Tipo di Cerere; innanzi LS.
Santang., Cai. n. 11709.
Dal 54 AL 59.
Creta (Arg.) - NERO CLAVD DIVI CLAVD F CAESAR AVO
GERMANI. Testa di N. laur. a d. (capelli in giù).
Ar* —
^ — Testa d'Agrippina a d.; dietro ._, avanti KA; in
corona d'alloro.
Svoronos, Numism. de la Crete, pi. XXXII, n. 26 [variante n. 27].
Anno 60.
Antiochia ad Or. (Arg.) - NEPANOI KAIIAP Testa di
N. laur. a d. con egida sull'omero (capelli in giù).
5^ — Aquila sopra un fulmine a s., con ali aperte; in-
nanzi ramo di palma, a d. t^flHP.
Fiorelli, Cat. n. 8876.
Anno 61.
Alexandria (Br.) - NEP KAAY KAI ... Testa di N, laur. a
d. (capelli in giù).
9I — AYTOKPAT. Busto del Genio di Alessandria a d.,
con pelle di elefante sul capo; innanzi LH.
Fiorelli, Cat. n. 9581.
Antiochia (Arg.) - NEPHNOI KAI ... lEBAITOI. Testa di
N. laur. a d. con egida sull'omero (capelli in giù).
9' — Aquila sul fulmine a s., con ali spiegate, avanti
ramo di palma, dietro gp..
Vienna.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 3OI
Anno 62..
Antiochia (Arg.) - NEPHNOI KA Testa di N. a d.
laur. e con egida sull'omero (capelli in giù).
^ — Aquila sul fulmine a s. con ali spiegate; in-
nanzi un ramo di palma, dietro . ".
Vienna — Gotha.
Dal 53 AL 62.
Cnossus (Br.) — NERO CLAV CÀES AVG IMP VOLVMNIO
LVPIIHD II. Testa di N. a d. con uno scettro sulla
spalla sinistra (capelli in giù).
5/ - NERO CLAVD CAES AVO IMP ET OCTAVIA AVGVSTI.
Teste di Nerone e Ottavia di fronte, delle quali l'una
è sormontata dalla mezzaluna, l'altra da una stella.
Santang. [Tav. V n. i]. Svoronos, Nutnism. de la Crete, pi. Vili
n. 26 e 27. Questa moneta è stata falsamente attribuita a Corinto.
Teos (Br.) — NEPHN THIflN. Tempio distilo di fronte, entro'
cui la testa giovanile di Nerone a d. (capelli in giù).
9* — OKTAOYIAN. Busto di Ottavia a d. con diadema.
Imhoof-BIumer [Tav. IV n. 6] — Gotha.
Anno 63.
Alexandria (Bigi.) - NEPH KAAY KAII lEB TEP. Testa di
N. a d. con corona rad. (capelli in giù).
^ — . . . . KPA. Busto di Serapide a d. col modio sul
capo; innanzi LI.
Fiorelli, Cat. 9582 — Vienna.
— (Bigi.) - NEPn KAAY KAII lEB TEP AY. Testa
di N. a d. con corona rad. (capelli alquanto modificati).
9I — nonnAlA IEBAITH. Busto di Poppea a d. ; in-
nanzi LI.
Fiorelli, Cat. n. 9609-10 — Santang., Cat. n. 1181012 — Vienna
[Tav. IV n. 8].
302
ETTORE CABRICI
Antiochia ad Or. (Arg.) — NEPriN KAIZÀP lEBÀITOI. Testa
di N. laur. a d. con egida sull'omero (capelli in giù).
p — ETOYZ AlP • O. Aquila sopra un fulmine a d. con
ali aperte; innanzi un ramo di palma.
Fiorelli, Cat. 8877 [Tav. IV n. 1] — Vienna - Gotha.
Caesarea Cappadociae (Arg.) — NERO CLAVDIVS CLAVD F
CAESAR AVG GERM. Testa laur. di N. a d. (capelli in su).
9* — ET I. Il monte Argeo, sulla cima del quale sta
l'imperatore in piedi, tenendo un globo nella mano
destra, la sinistra sull'asta.
Parigi, Mionn. IV, p. 409, n. 17 [Tav. IV n. 3].
Laodicaea Syriae (Arg.) — NEPHNOC CEBACTOY KAICAPOC.
Testa laur. di N. a d., avanti le lettere Ol (capelli in su).
^ — lOYAlEflN TAN KAI AAGAIKEHN. Testa velata e
turrita di donna, a d.; dietro APIC, avanti AlP, nelFe-
sergo ICA.
Parigi, Mionn. V, pag. 248 n. 719, riprodotta nel Suppl. Vili, pi.
XVI n. 3. [Tav. IV n. 11].
Anno 64.
Alexandria (Bigi.) — NEPH KAAY KAIZ ZEB TEP. Testa di
N. a d. con corona rad. (capelli in giù).
P — AYTOKPA. Busto di Serapide a d., col modio sul
capo; innanzi L lA.
Fiorelli, Cat. n. 9583 — Santang., Cat. n. 1 1710-18 (Serapide ha il
diadema).
— (Bigi.) - NEPn KAAY KAIZ ZEB TEP. Busto di N.
a d. con corona rad. ed egida sull'omero (capelli in giù).
Ij^ — AYTOKPA. Aquila a s. con ramo di palma pog-
giato sull'ala; innanzi L lA.
Vienna [Tav. IV n. 9] — Fiorelli, Cat. n. 9584 e 9585; Santang.,
Cat. n. 11719-30 (varianti).
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 303
Alexandria (Bigi.) — NEPfi KAAY KAII lEB TEP AY. Testa di
N. a d. con corona rad. (capelli alquanto modificati).
^ — nonnAIA IEBAITH. Busto di Poppea a d., in-
nanzi LIA.
Vienna -Gotha [Tav. IV n. io] — Santang., Cat. n. 11813-15.
Antiochia ad Or. (Arg.) — NEPflN KAIZAP lEBAITOI. Testa
di N. laur. a d. con egida sull'omero (capelli in su).
^ — ETOYX BIP-I. Aquila sopra un fulmine a d., con
ali aperte; innanzi ramo di palma.
Fiorelli, Cat. n. 8879 [Tav. IV n. 2] — Vienna [Tav. IV n. 4].
Caesarea Cappadociae (Arg.) — NERO CLAVDIVS CLAVD F
CAESAR AVG- G-ERM. Testa laur. di N. a d. (capelli in su).
5^ — ET lA. Il monte Argeo .... (come sopra).
Parigi, Miomu IV, p. 409 n. 17 [Tav. IV n. 5].
Cabala (Br.) — Testa di N. laur. a d. (capelli in giù).
p — TABAAEllN. Donna seduta a s., tenendo un papa-
vero nella s., ai piedi una sfinge accoccolata; nel campo
SQ MA; nell'esergo SE.
Parigi, Mionn. V, p. 234 n. 629 [Tav. V n. 9].
Anno 65.
Alexandria (Bigi.) — NEPA KAAY KAII ZEB TEP. Testa di N.
a d. con corona rad. ed egida sull'omero (capelli in glia).
^ — AYTOKPA. Busto del Genio di Alessandria a d.
con pelle di elefante sul capo; innanzi L IB.
Fiorelli, Cat. n. 9586-88 — Vienna (2 esempi.) — Santang., Cat.
n. 11731-67.
Damascus (Br.) — . . . . Testa di N. laur. a. d., avanti lituo
(capelli in giù).
^ — AAMACKHNXIN ZOT. Donna turrita sedente sur una
roccia e rivolta a s., avendo il braccio d. disteso e
tenendo con la s. un cornucopia.
Parigi, Mionn. V, p. 286 n. 34; De Saulcy, Numism. de la Terre
Sainte, pi. II n. 5.
304 ETTORE CABRICI
Gadara (Br.) - NEPAN KAICAP. Testa di N. laur. a d. (ca-
pelli in su).
IJi — fÀAÀPA. Astarte in piedi a s. con corona in una
mano e nell'altra il cornucopia; a s. ramo di palma,
a d. astro, innanzi L AAP.
Fiorelli, Cat. n. 9153 — Parigi (senza l'astro; De Saulcy, Num.
de la T. S., pi. XV n. 2) [Tav. V n. 7].
— (Br.) — NEPAN. Testa di N. laur. a d. (capelli in su).
^ — FAAAPEflN LAAP. Due cornucopia disposti a
croce.
Parigi, Mionn, V, pag. 323 n. 24; De Saulcy, Num. de la T. S.,
pi. XV n. 3.
Sidon (Br.) — Testa di N. laur. a s., avanti lituo (capelli
in giù).
^ — IlAnNOZ L EOP. Europa sul toro, a d.
Parigi, Mionn. V p. 381 n. 308 — Lòbbecke (con la leggenda va-
riata) — Sanclement. (variante, coi capelli in su, T. II, tab. XV, n. 53).
Dal 62 AL 65.
Ephesus (Br.) — NEPflN — HOnnAIA. Teste di N. e Poppea
di fronte, l'una laureata, l'altra con diadema ; ai lati
E— <|> (capelli in giii).
P — AOYIOAA ANGYnATn AIXMOKAHC. Busto di Roma
turrita a d. ; ai lati Pfl— MH.
Imhoof-Blumer [Tav. IV n. 13] — Parigi.
Magnesia (Br.) — NEPANA HOnnAIAN C6BACT0YC. Teste
sovrapposte di Nerone e Poppea a d. (capelli in giù).
^ — 06AN PriMHN MAfNH CIH. Testa turrita di Roma
a d.; nel campo il monogramma IaI-
Parigi, Mionn. IV p. 73 n. 395 [Tav. V n. 12] — Imhoof-Blumer
(variante).
Thyatira Lydiae (Br.)— NGPflN KAAYAIO KAICAPG C€BACTOC.
Testa di N. laur. a d. (capelli in giù).
^ - nonnAIAN C€BACTHN GYATIPHNAN. Busto di
Poppea a d.
Imhoof-Blumer [Tav. V n. io].
lA CRONOLOGIA ULLLE M M 11
Anno 66,
Alexandria (Bigi.) - NERA K TER AY. Testa di N. a
s. con corona radiata ed egida sull'omero; innanzi LIT
(capelli in giù).
P — AKTIOZ AnOAAaN. Busto di Apollo laur. a d. con
faretra sulle spalle.
Santang., Cat. n. 11797-99.
- (Bigi.) - NEPn KAAY KAIZ 2EB . . . . Testa di
N. a d. con corona radiata (capelli in giù).
5* — AYTOKPA. Busto di Serapide a d. col modio sul
capo, innanzi L IP.
Fiorelli, Cat. n. 9589.
- (Bigi.) — NEPn KAAY KAIZ ZEB Testa di
N. a d. con corona radiata (capelli in giù),
IJ( — AY . . . . Busto del Genio di Alessandria a d., con
pelle di elefante, sul capo; innanzi LIT.
Fiorelli, Cai. n. 9590.
- (Br.) - . , . , KAIZ ZEB TEP. Testa di N. laur. a
d. (capelli in giù).
9 - AYTOKPA. Aquila a d., innanzi LIF.
Fiorelli, Cat. n. 9591.
- (Bigi.) - NEPn KAAY KAIZ ZEB TEP. Testa di N.
a d. con corona rad. ed egida sull'omero (capelli in giù).
P — AYTOKPA. Busto di Roma galeata a d.; innanzi Lir.
Santang., Cat. n. 11792-95.
- (Bigi.) - NEPn KAAY KAIZ ZEB TEP AY. Testa
di N. a s. con corona rad. ed egida sull'omero; in-
nanzi Lir (capelli in giù).
^ - AIOZ OAYMniOY. Testa di Giove laur. a d.
Fiorelli, Cat. n. 9593.
- (Bigi.) — Legg. simile al preced. Testa di N. a
s. con corona rad.; innanzi LIT (capelli in giù).
^ — HPA APPEIA. Busto di Giunone velato e diade-
mato a d.
Fiorelli, Cat. n, 9592.
39
3o6 ETTORE CABRICI
Alexandria (Bigi.) — Legg. simile al preced. Testa di N. a
s. con corona rad. ed egida sull'omero; innanzi LIT
(capelli in giij).
P — OEOI IEBAZT02. Testa di Augusto a d. con co-
rona radiata.
Fiorelli, Cai. n. 960 e — Vienna — Santang., Cat. n. 11768-82.
— (Bigi.) — Legg. e tipo simili al preced. (capelli
in giù).
^ — 2EBAIT04>OPOI. Nave a d. con vela spiegata e
vessillo; sotto, due delfini.
Fiorelli, Cat. n. 9594-95 — Santang., Cat. n. 11796 (variante).
— (Bigi.) — Legg. e tipo simili al preced. (capelli
in giù).
^ — TIBEPIOZ KAIIAP. Testa di Tiberio laur. a d.
Fiorelli, Cat. n. 9602-7 — Santang., Cat. n. 1x783-91.
Antiochia (Br.) — IM NERO AVG. Testa di N. lau-
reata a d. (capelli in su).
P — EniilKEZTlIJOY ANTlI|OXEnN[|ET AIR in corona
d'alloro.
Imhoof-BIumer — Fiorelli, Cat. n. 8878 (variante); il Fiorelli legge
ET Aip [Tav. IV n. 14].
Anno 67.
Alexandria (Bigi.) - NERA KAAY KAIZ . lEB TER AY. Testa
di N., a s. con corona rad. ed egida sull'omero; in-
nanzi L lA (capelli in giù).
^ - AKTIOI AnOAAflN. Busto di Apollo laur. a d.
con faretra sull'omero ; innanzi astro.
Fiorelli, Cat. n. 9599 — Santang., Cat. n. 11800-02.
— (Bigi.) - NERA KAAY KAIZ ZEB TER. Testa di
N. a d, con corona rad. ed egida sull'omero (capelli
notevolmente modificati).
9' "" AYTOKRA. Aquila a s,, sopra un fulmine, avendo
accanto un ramo di palma; innanzi L lA.
Santang., Cat. n. 11808 [Tav. IV n. 12].
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE L»I NERONE, ECC. 307
Alexandria (Bigi.) - AY KAII ZEB TEP AY. Testa di N.
a s. con corona rad. ed egida sull'omero; innanzi L lA.
(capelli in g-iùì.
^ — AIOI OAYMniOY. Testa di Giove laureata a d. ;
innanzi astro.
Fiorelli, Cat. n. 9596 — Santang., Cai. n. 11805-7.
- (Bigi.) - NEPn KAAY KAII ZEB TER AY. Testa
di N. a s. con corona rad. ed egida sull'omero; in-
nanzi LIA (capelli in giù).
9 - HPA APrEIA. Busto di Giunone velato con diade-
ma, a d.; innanzi astro.
Fiorelli, Cat. n. 9597 — Vienna (senza l'astro) — Santang., Cat.
n. 11803-4.
- (Bigi.) - NEPn K Testa di N. a s. con
corona rad. ed egida sull'omero; innanzi L lA.
^ — nOZEIAflN IZOMIOZ. Testa di Nettuno a d., con
diadema e tridente sull'omero.
Fiorelli, Cat. n. 9598.
- (Bigi.) - NEPn KAA Testa di N. a s.
con corona rad. ed egida sull'omero; innanzi L lA
(capelli in giù).
^ — nYOIOZ AnOAA . . Busto di Apollo laur. a d. con
faretra sull'omero.
Fiorelli, Cat. n. 9600.
Ascalon (Br.) - CEBACTOC. Testa di N. laur. a d., avanti un
tridente (capelli in giù).
^ — ACKAAH. Astarte in piedi sur una prora di nave,
con la destra sull'asta e tenendo nella s. l'acrostolium;
innanzi vi è un tridente, dietro una colomba, sotto la
quale AOP.
Parigi, (2 esempi.) MiotDu V p. 528 n. 69.
Angusta (Br.) - NEPriN. Testa di N. laur. a d. (capelli
in su).
P - AYrOYCTANAN 6T0YC HM. Busto di Bacco a d.
con un tirso sulla spalla s., dietro il praefericulum.
Parigi, Mioiiti. Ili p. 566 n. 145 [Tav. V n. 6J.
3o8 ETTORE CABRICI
Cacsarea Samariae (Br.) - NEPCON CEBACTOC KAICAP.
Testa laur. di N. a d. (capelli in su).
IjK - KAICA ACT Astante turrita in piedi
a s., vestita d'una tunica succinta sui reni, col pie
diritto su d'una prora di nave, una testa umana nella
mano d. e l'asta nella s., che in su ha la forma d'una
croce, nel campo a s. LIA.
Parigi, Mionn. V p. 486 n. i. [Tav. V n. 8], e n. 2 (variante) —
De Saulc}', Nitm. de la T. S. pag. 115 (variante) — Lòbbecke.
Sebaste (Br.) — . . . . ZA. Testa di N. laur. a d. (capelli in su).
P — I-IEBAITHNOO. Astarte turrita che ha nella d. una
testa umana, nella s. un'asta, nel campo a s. LIA.
De Saulcy, Num. de la T. S. pi. XIV n. 7.
Dal 66 al 67.
Con'ntìms (Br.) - NERO CAESAR NQ- IMP. Testa di N. a s.
con corona rad. (capelli in su).
P — L R RISONE .... Nave a s. con stendardo; sopra
ADVE A^G, sotto QVI CO . . .
Atene [Tav. V n, 5] Sanclem. Num. sei. II p. 115 tab. XV fig. 57
(con qualche variante) — Lòbbecke (3 esempi, con qualche
variante).
- (Br.) — NERO CAE AVG IMP. Testa laur. di N. a d.
(capelli in su).
1^ - P MEM OLEANDRO IIQ CO. Nerone stante su di
una bigoncia a s., levando la mano d. e sostenendo
la toga con la s.; ai lati ADL A'G-.
Atene [Tav. V n. 4] — Parigi, Coh. Nero, p. 304 n. 376.
l\itras (Br.) — NERO CAESAR AVG- G-ERM. Testa di N. a s.
con corona rad. (capelli in su).
^ - ADVENTVS AVGVSTI. Galera a s., sopra C, sotto P.
Gotha [Tav. V n. 3] — Lòbbecke, Imhoof-Blumer (varianti).
(Br.) - NERO CAESAR AVG GERMA. Testa di N. a s.
con corona rad. (capelli in su).
5* — COL-A-A-PATR. Due insegne con in mezzo un'a-
quila legionaria, appiè delle quali X e XIII.
Arigoni, Numisni. quaed. II. tab. IIII.
LA CRONOLOGIA DFLLE MONETK DI NERONE, ECC. 309
Anno 68.
Sebaste (Br.) — Testa di N. laur. a d. (capelli in su).
9 — I • IEBA2TH .... Astante o l'imperatore in piedi,
vestito di tunica, portando sulla d. una testa umana,
la s. poggiandola sull' asta e il pie diritto su di un
fiore o un frutto; avanti l|A.
Parigi, Miotin. Suppl. Vili p. 357 n. 105 [Tav. V n. 11].
Dal 65 AL 68.
Ni'caca Bithyniae (?) (Br.) — TIB NEPflNKAAYAlOI KAIIAP
lEBAlTOI. Testa di N. a d. con corona radiata (ca-
pelli in su).
5I - MEZZAAEINA TYNH lEBAlTOY. Messalina seduta
a destra.
Cav. Lavy di Torino (v. Millingen, Sylloge 0/ ancient coins of
Greek cities and Khigs PI. Ili n. 38).
III.
Vicende del dupondio, dell'asse e del semis.
Una rigorosa classificazione cronologica dei
bronzi di Nerone, fatta col metodo esposto, ci apre
la via ad una interessante ricerca intorno all' uso
della corona laureata o radiata sui dupondii, intorno
ai segni del valore espressi nell'esergo del rovescio
ed anche intorno all'emissione degli assi d'oricalco.
Con questa ricerca vedremo quanti sforzi, quanti
tentativi fece il Senato per giungere ad una esatta
e pronta distinzione dei nominali diversi.
Fino a Nerone vi erano stati quattro imperatori,
con ciascuno dei quali si erano coniati assi e dupondii;
3IO
ETTORE CABRICI
ma quale norma vi era per distinguerli immediata-
mente negli scambi commerciali? Ciascun cittadino
doveva affidarsi alla propria esperienza.
È merito del Kenner se oggi siamo in grado
di seguire tutte le vicende del dupondio e dell'asse
neroniano. Egli avverte che il bronzo non fu usato
da principio per Tasse, pel semis e pel quadrans, ma
quando già il rame era stato usato per questi no-
minali. Egli dice che in principio vi fu l'asse di rame
e il dupondio con la corona d'alloro, senza segno
di valore, di poi furono introdotti l'asse, il semis, il
quadrans di bronzo, i primi due anch'essi con la co-
rona laureata e senza segno del valore.
Questi quattro nominali erano così a primo
sguardo non altrimenti distinguibili che per la gran-
dezza del disco metallico. Ma esso nella lavorazione
veniva fuori con un margine irregolare, stante le con-
dizioni della tecnica d'allora, e perciò la distinguibi-
lità dei nominali medii ne scapitava di molto, spe-
cialmente quando mancava la comodità di poterli
paragonare con altri nominali e giudicare dalla dif-
ferenza di grandezza. Per modo che essendosi emessa
una parte delle monete di bronzo, per le rimanenti
emissioni si usò di mettere i segni del valore sui
dupondii, assi e semis.
Un sufficiente rimedio contro la confusione dei
nominali neppure si era escogitato coi segni del va-
lore, perchè spessissimo il conio e il disco metallico
non si corrispondevano esattamente, ma il primo sci-
volava fuori del campo di questo; così che da una
parte appariva un margine ampio, dalla parte opposta
della medesima faccia mancava una parte della leg-
genda o del conio e questa parte mancante poteva es-
sere il segmento col segno di valore. Si ricorse allora
ad un espediente molto pratico : la diversa maniera
com'era coronata la testa dell'imperatore servì quale
LA CRONOLOGIA DtLL^ MONETE DI NERONF, tCC.
3"
segno della difTerenza. 3i distinsero il dupondio e
l'asse dal sesterzio e dal semis, perchè i due primi
ebbero la corona radiata. Questo passaggio segna
una terza e quarta fase della emissione delle nuove
monete di bronzo, una delle quali porta ancora il
segno del valore: l'altra lo ha smesso. Le osserva-
zioni del Kenner si compendiano tutte nel seguente
specchietto :
Dupondii
Asgi
Semis
Quadranti
Prima
emissione
corona d'alloro.
rame.
rame.
rame.
i" fase
corona d'alloro.
bronzo con la
corona d' al-
loro.
bronzo con la
corona d' al-
loro.
bronzo.
2"^ fase
corona d'alloro
bronzo con la
bronzo con l;i
bronzo.
e segno di
corona d'allo-
corona d'allo-
valore li.
ro e segno di
valore f.
ro e segno di
valore S.
3* fase
corona radiata
bronzo con la
bronzo con la
bronzo.
e segno di
corona radia-
corona d'allo-
valore li.
ta e segno di
valore i.
ro e segno di
valore S.
4* fase
corona radiata
bronzo con la
bronzo con la
bronzo.
(senza segno
corona radia-
corona d'allo-
di valore).
ta (senza se-
gno di valore).
ro (senza se-
gno di valore).
5* fase
corona radiata
rame con la co-
bronzo con la
bronzo.
(senza segno
rona d'alloro.
corona d' al-
di valore).
loro.
Questa classificazione del Kenner non la pos-
siamo accettare in tutta la sua integrità, perchè egli
ammette contemporanee le due serie dei dupondii con
la testa laureata e il segno del valore e degli assi
con la stessa testa e il segno del valore. Ma gli assi
312 ETIORE CABRICI
di oricalco col segno di valore e la testa laureata
sono tutti indistintamente del tempo della Riforma,
cioè hanno tutti la testa di Nerone come quella dei
numeri io e 13 della tavola li, e secondo i principii
da noi stabiliti per la presente classificazione, relativi
alla iconografia di Nerone, non possono mettersi ac-
canto ai dupondii con la testa laureata e il segno
del valore che hanno tutti la testa di Nerone col
globetto, anteriore, come sappiamo, al tipo della ri-
forma (V. tav. I, n. 16, 17 e tav. II, n. i). Perciò
riteniamo che questi assi debbano scendere più giii
nella scala cronologica ed esser messi accanto ai du-
pondii con la testa radiata e agli assi d'oricalco anche
con la testa radiata. Non pare che sia possibile
determinare l'anteriorità delle due serie di assi d'o-
ricalco; ve n'ha con la testa laureata e segno di va-
lore o senza e con la testa radiata e segno di valore
o senza. Al più si può ritenere col Kenner anteriore
la serie col segno di valore e posteriore l'altra, es-
sendo naturale che il nuovo asse di oricalco al suo
apparire portasse un segno del suo valore e che dopo
un certo tempo, quando si fu diffuso nel commercio
e da tutti fu riconosciuto, non avesse più bisogno
di quel segno.
Esposte le ragioni di queste nostre divergenze
dalla classificazione che il Kenner stabilisce, rico-
struiamo la serie dei dupondii e degli assi neroniani
nel seguente modo.
Da principio la monetazione di Nerone non fu
che una continuazione di quella di Claudio con le
necessarie varianti del tipo e della leggenda. Nella
serie dei bronzi di Claudio, il quale dette opera a
riformare il peso delle monete, già apparisce un segno
sicuro per l'asse, la testa nuda dell'imperatore (^^).
(il) Vedi una mia preced. memoria " Contributo alla storia della vi.
rom. da Augusto a Domis., pag. 22. Cfr. Kenner, op. cit., p. 234-235 „.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 313
Continua tale distintivo con Nerone nella serie
col globetto (Tav. I, n. i6 e 17; Tav. II, n. i, 3),
mentre veniva impressa sul dupondio la testa lau-
reata e coniato per la prima volta nell' epoca impe-
riale il semis, anch'esso con la testa nuda (Tav. II,
n. 4). Per le ragioni addotte dal Kenner, rimaneva
difficile la immediata distinzione del dupondio dal-
l'asse negli scambii commerciali e si pensò allora di
segnare nell'esergo dei soli dupondii il segno del loro
valore, mediante due lineette verticali. Non ancora
abbiamo assi col segno di valore, come crede il
Kenner.
In una terza grande emissione fu modificato il
dupondio, ma questa volta in tal modo, che non si
sentì più il bisogno di altra aggiunta fino allo scom-
parire della moneta senatoria. Questa modificazione,
che si estese in parte all'asse, consisteva nell' impri-
mere la corona radiata sul capo dell' imperatore
(Tav. I, n. 12 e Tav. II, n. 11). Si badi però che
la corona radiata sulle monete non ha, da Nerone
in poi, un valore religioso come quella sulla testa di
Augusto nei dupondii coniati da Tiberio, da Claudio
e da altri suoi successori.
Risoluta così la quistione degli assi e dei du-
pondii, piacque di estendere l'oricalco anche alla co-
niazione dell' asse (Tav. II, n. io, 13). Ecco una
terza serie di monete la quale comprende il sesterzio,
il dupondio dalla testa radiata e segno di valore, il
semis di oricalco col segno di valore anch' esso
(Tav. II, n. 9), ed in ultimo il quadrans, anche col
segno di valore.
Pare al Kenner che con 1' emissione di questi
nuovi assi cessi d'un tratto la emissione degli' assi
di rame. In questo punto anche discordiamo dall'opi-
nione del chiaro numismatico, perchè fra gli assi di
rame ne troviamo alcuni col capo di Nerone simile a
3H
ETTORE CABRICI
quello di certi assi d' oricalco che van collocati in
capo alla serie della Riforma.
L* asse di oricalco non ebbe lunga durata; ben
presto cedette il posto a quello di rame, la cui co-
niazione fu ripigliata in maggiore abbondanza, (Tav.
Ili, n. I, 3, II), dopo che Tasse di oricalco fu emesso
per un certo tempo senza il segno di valore. Nel se-
guente specchietto abbiamo sott'occhio la nostra clas-
sificazione:
Dnpondii
Assi
Semis
Quadranti
I. — corona d'al-
loro.
rame, con la testa
nuda.
rame, con la testa
nuda.
rame.
2. — corona d'al-
loro e segno di
valore II.
rame, con la testa
nuda.
rame, con la testa
nuda.
rame.
3. — corona ra-
diata e segno
di valore li.
A) oricalco , con
la testa laur.
rad. e segno di
valore I.
B) rame, con la
testa laureata.
oricalco , con la
testa laureata e
segno di valo-
re S.
oricalco, col se-
gno di valore
• •
4. — corona ra-
diata (senza se-
gno di valore).
oricalco, con là te-
sta laur, rad.
(senza segno di
valore).
oricalco , con la
testa laureata
(senza segno di
valore).
oricalco , ( senza
segno di va-
lore).
5. — corona ra-
diata (senza se-
gno di valore).
rame, con la testa
laureata.
oricalco, con la
testa laureata.
oricalco.
Ognun vede quale sforzo fece Roma per si-
stemare la sua monetazione in questo periodo di
tempo. Attraverso tutte queste vicende siamo guidati
dallo sviluppo del tipo e da una serie di accessorii,
fra' quali occupa il primo posto la corona del capo.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 315
E aggiungiamo pure che questa nostra ricostruzione
cronologica non è scevra di qualche eccezione, perchè
ogni riforma prima di andare in vigore suol essere
preceduta da qualche tentativo, specialmente in fatto
di monete, la cui emissione fu così abbondante e
svariata nell'impero romano. Chi trovi dunque qualche
moneta, che non possa aver luogo nella serie pro-
posta, dovrà supporre che costituisca una eccezione.
Così l'asse di rame del n. 15 tav. I, col tipo della
Riforma, ha la testa nuda, come sugli assi col globetto.
Questo asse lo collochiamo alla fine di questa serie.
Il semis della tav. II, n. 3, che è di rame, quindi
anteriore al tipo della Riforma, ha la testa di Nerone
che somiglia molto a quella della Riforma. Queste
sono eccezioni le quali vogliamo noi stessi notare,
per prevenire tutt'i dubbii possibili.
IV.
Monete d'oro e d'argento.
Il punto più oscuro di tutta questa monetazione è
costituito dalle monete d'oro e d'argento aventi gli anni
della tribunicia potestà s. È fuori di dubbio che
siano anteriori quelle rispondenti al peso di gr. 7.60 per
l'oro, di gr. 3.70 per l'argento, perchè anteriori alla
riduzione dell'anno 63 i^^). Non sarà inutile richiamare
l'attenzione sul significato che si è creduto di dare
alla leggenda EX S • C che leggesi sul rovescio di
questi aurei. L'EX S-C.non si riferirebbe a decreto
del Senato ordinante la coniazione di tali monete
(12) Cfr. Kennek, op. e, pag. 230.
3l6 ETTORE CABRICI
d'oro e d'argento, ma alla deliberazione da esso presa
di erigere statue all'imperatore, nell'anno 59, e che
questi , per deferenza al Senato , abbia fatto impri-
mere sulle monete uscenti dalla sua zecca le imma-
gini di dette statue ed aggiungervi il ricordo della
deliberazione senatoriale. Questa spiegazione può an-
dare per gli aurei e denari degli anni 60, 61, 62, 63,
ma non per quelli dei primi anni dell' impero di Ne-
rone, aventi un unico rovescio , la corona d' alloro.
Può darsi però che qui siano monche le fonti letterarie
e che il Senato, nell'anno 54, tra gli altri onori resi
all' imperatore , gli abbia offerto anche una corona
d'alloro.
Non osiamo opporci alla comune interpretazione;
soggiungiamo però che essa non è esauriente. Perchè
mai tanta uniformità di tipi per un decennio intero?
Perchè la testa dell'imperatore non è mai coronata?
Perchè non una sola moneta è priva delle lettere
EX S-C? Anche altre volte nell'epoca imperiale fu-
rono emesse monete con questa scritta, ma si hmi-
tarono alla sola emissione di qualche anno.
Tanta irregolarità sparirebbe, sol che si ammet-
tesse che il Senato avesse, se non usurpato, almeno
esteso l'alta sua sorveglianza sulla zecca dell'Impe-
ratore e ciò per effetto di una tendenza ad estendere
le proprie attribuzioni.
Alla morte di Claudio vediamo apparire sulle
monete il carpentum decretato dal Senato, e contem-
poraneamente la corona d'alloro; il primo tipo non
fu ripetuto negli anni seguenti, ma fu ben ripetuto
il secondo per lo spazio di sei anni, mutandosi solo il
numero della tribunicia potestas e del consolato.
Tutto questo ad arte, per non dare nell' occhio e
non manifestare il fine a cui il Senato mirava con
quel primo passo, che era la usurpazione del diritto
di monetare.
LA CRONOLOGIA UtLLE MONElt DI NERONE, ECC. 317
11 Senato così non di diritto, ma di fatto aveva
raggiunto il suo scopo. Così ci spiegheremmo che i
tipi dell'oro e dell'argento non furono mutati in questo
periodo, perchè allora l'EX S • C, che richiamava la
deliberazione senatoriale del 54, non avrebbe più si-
gnificato e le intenzioni del Senato sarebbero state
evidenti.
La serie che fa seguito a questa ed è certo po-
steriore all'anno 63, presenta molte e sostanziali di-
vergenze, se la mettiamo a confronto con la prima.
Questa ha sempre la testa nuda dell' imperatore, la
leggenda del diritto che comincia dalla destra della
moneta, quella del rovescio costantemente con l'in-
dicazione delle cariche, le lettere EX S • C e i quattro
tipi della corona, di Marte, di Roma, del Valore;
quella ha invece la testa laureata, la leggenda co-
minciante da sinistra, i tipi del rovescio tutto di-
versi da queUi di prima, mancanza assoluta delle
cariche. La totale sparizione dei tipi della prima serie
e delle lettere EX S • C non è accidentale, ma voluta,
se no, qualcuno di quei tipi pur comparirebbe tal-
volta nelle monete posteriori. Questa osservazione
avvalora sempre più la nostra tesi dianzi esposta,
ma non insisto.
Piuttosto diremo che il Kenner si arresta a questa
distinzione delle monete d'oro e d'argento, e non
tenta una classificazione pur che sia di quelle che
non hanno data.
Partendo sempre dai tratti coi quali è rappre-
sentato il capo dell'imperatore, crediamo che si possa
stabilire una certa cronologia. Non tutte le monete
di questa serie hanno il ritratto di Nerone eseguito
allo stesso modo. Come per i bronzi abbiamo con-
statato esservi un tipo che chiamiamo della Riforma,
dalla cui perfezione vanno sempre più discostandosi
le monete posteriori, così nella serie dei metalli pre-
3i8
ETTORE CABRICI
ziosi vi è anche un tipo della Riforma che si modi-
fica a poco a poco, conservando però inalterati i
tratti essenziali del volto di Nerone. Questo allon-
tanamento consiste in un lento scemare del rilievo
della testa, nel quale è riposta gran parte della bel-
lezza dei conii della Riforma, proprio quello che
notasi per i bronzi, e nell' esagerare le dimensioni
del collo in larghezza.
L'aureo riprodotto nella tav. II, n. 14 va collo-
cato, secondo noi, in capo a questa serie, perchè le
sue somiglianze coi n.' 5 e 7, tav. I della prima
serie sono troppo evidenti e la fattura dei capelli è
indizio che esso è anteriore al tipo della Riforma.
Questo invece è rappresentato nella sua forma piii
bella sugli aurei che hanno al rovescio le leggende
AVGVSTVS AVGVSTÀ, AVGVSTVS GERMANICVS, e il tipo
del tempio di Giano di fronte ('s), (tav. II, n. 12, 15,
16); e si può affermare con sufficiente certezza che
questi tre tipi non si trovano accoppiati con la testa
dell'imperatore, lavorata secondo la tecnica degli
ultimi anni che è quella dei n.' 9 e io, tav. Ili, e per
conseguenza possiamo assegnar loro una durata assai
brieve, a cominciare dall'anno 63.
V.
Cronologia e spiegazione dei tipi del rovescio.
Prima di venire alla luce il lavoro del Kenner
credevasi generalmente che la zecca senatoria avesse
coniato le prime monete di Nerone nei primi anni
(13) Fiore! Il, Cai. n. 4457-58.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 319
del SUO avvenimento al trono , anzi non erasi mai
agitata una simile questione di cronologia, e qual-
cuno come r Eckhel , il Mediobarbus, il Cavedani, ne
aveva spiegato sporadicamente alcuni tipi, attribuendo
loro la data che più gli pareva sicura. 11 Kenner fu
il primo a sostenere la tesi un po' ardita, che prima
deir anno 64 non fossero uscite monete di Nerone
dalla zecca senatoria. Le prove che egli adduce sono
tutte negative. Le riassumo brevemente. " La totale
mancanza d' immagini sul bronzo, corrispondenti nel-
l'esecuzione a quelle degli aurei e dei denari con la
data, costituisce per lui un importante, indice crono-
logico in sostegno dell' ipotesi , che non fu battuta
moneta spicciola prima dell'anno 64. Non gli paiono
da trascurare due altre circostanze. L' una è la totale
mancanza dei numeri delle cariche sulle monete di
bronzo fino all'anno 66, i quali sono sempre espressi
sull'oro e sull'argento dal 54 al 63 : ora se il Senato
avesse battuto moneta in quest' epoca, avrebbe imi-
tato l'esempio dell' imperatore. L'altra circostanza è
la usurpazione del diritto di coniare in bronzo , cui
andò soggetto il Senato per opera di Nerone, desi-
deroso di partecipare, come dice il Mommsen , dei
vantaggi finanziarli derivanti dall'emissione delle mo-
nete divisionali. La quale usurpazione coincide per-
fettamente con la riduzione di peso nelle monete
d'oro e d'argento, comparsa solo dopo il 63. „
La tesi del Kenner, accolta pienamente dal Ber-
noulli, ci pare che dia luogo a serie obbiezioni.
Innanzi tutto la serie monetale di Nerone non è
tanto scarsa per varietà di tipi ne per abbondanza di
emissione e non oseremmo quindi ridurla nel breve
termine di quattro anni e mezzo, a prescindere dal
fatto veramente singolare che il Senato per dieci anni
consecutivi avrebbe tenuta chiusa la zecca e che poi
tutt' ad un tratto avrebbe emesso un cofisiderevol
320
ETTORE CABRICI
numero di monete. La ragione di tutto questo non
la sappiamo trovare né il Kenner si preoccupa di
trovarla. Forse avrebbe ragioni in suo favore, se il
regno di Nerone fosse trascorso come quello di tanti
imperatori, senza quelle enormi spese che noi sap-
piamo. Ma esso invece trascorse in continue largi-
zioni ad una plebe inoperosa e viziata come il suo
capo, e quindi non pare possibile che la produzione
delle monete si sia potuta interrompere durante un
periodo così lungo.
Ma il sostegno maggiore sul quale si regge l'i-
potesi del Kenner è la seguente osservazione: il tipo
di Nerone sulle monete d'oro e d'argento con la data
è assai giovanile, laddove i tipi più antichi del bronzo
non ci danno i tratti di una giovinezza così imma-
tura, e per conseguenza devono essere posteriori ai
primi. Fino a quando egli confronta i ritratti di Ne-
rone dei primi aurei con queUi dei piij antichi bronzi
si è d'accordo con lui, ma non così allorché intende
includere nel confronto anche quei ritratti degli aurei
coniati dal 57 in poi. L'aspetto più giovanile di Ne-
rone su questi ultimi risulta dalla mancanza della co-
rona d'alloro.
Le monete greche le quali ci han fatto da scorta
sicura quando trattavasi di stabilire l'anno della prima
apparizione del tipo nuovo di Nerone, anche qui pos-
siamo richiamarle a proposito. Come può il Kenner
affermare poi che il tipo della Riforma sia apparso
non prima del 65, quando esso lo troviamo già ri-
prodotto nell'anno 63 sulla bellissima moneta di Lao-
dicaea Syriae e su quella di Caesarea Cappadociae?
Conviene risalire di qualche anno e collocarlo almeno
nel 63, come abbiamo sopra dimostrato.
Tale considerazione rischiara di viva luce la
oscura questione che stiamo dibattendo e ci rende
arditi a sostenere con più forte ragione la nostra tesi.
LA CRONOLOGIA DIXLE MONETE DI NERONE, ECC. 321
che cioè la coniazione del bronzo sotto Nerone non
cominci nell'anno 64, ma varii anni prima. Dunque
tutte le monete col tipo che noi abbiamo detto essere
anteriore a quello della Riforma sono anteriori al-
l'anno 63.
Vediamo se è possibile stabilire fra queste una
più rigorosa classificazione. Anzi tutto convien dire
quando incominciano. Attesa la loro scarsità in tutte
le collezioni, non andremmo lungi dal vero asse-
gnando alle prime emissioni l'anno 56 o 57. Anche
noi riconosciamo che la moneta spicciola di Nerone
non potè cominciare nel 55. È probabile che sia
apparsa qualche anno dopo con la testa a sin. e col
globetto e che abbia avuto la sua maggior diffusione
dal 60 al 63 con la testa a destra e i capelli in su.
Il tipo della Riforma cominciato nel 63 con il busto
a destra, avente l'egida sul petto, si mantenne inal-
terato pel corso degli anni 64, 65, 66. Verso il 66
comincia a mancare l' egida, che scompare quasi
del tutto nel 67 e nei primi mesi del 68. In questi
ultimi due anni il tipo con la testa a sinistra e i
capelli cadenti sulla fronte, che era stato scarso fin
dalla sua apparizione, si mostra con un buon nu-
mero di esemplari, tanto da superare la emissione
dell'altro tipo.
Noi dunque discordiamo dal Kenner nell'asse-
gnare l'anno alle prime emissioni di bronzi neroniani,
anticipandole di sette od otto anni. Questo sposta-
mento rende necessaria una diversa spiegazione dei
tipi del rovescio. In ciò vediamo come vacilli l'i-
potesi del Kenner, quando trattasi di certi tipi che
egli non senza artificio riesce a classificare. Confinata
negli ultimi cinque anni la serie non poco numerosa,
è costretto a spiegarne i tipi con avvenimenti storici
di quel breve giro di anni e spesso avviene che un
rovescio di sesterzio, il quale troverebbe il suo na-
41
322
ETTORE CABRICI
turale riscontro in avvenimenti anteriori all'anno 64,
egli sia costretto a riferirlo ad altri posteriori.
Anticipando invece di sette od otto anni il prin-
cipio della coniazione neroniana, potremo benissimo
collocare nei primi cinque anni tutti i tipi dei sesterzii,
dupondii, assi, semis, che in seguito furono riprodotti
integralmente, salvo divergenze negli accessorii, e può
dirsi che dal 61 in poi non si sia fatto altro, se non
ripeterli senza introdurre alcuna novità. Anche in
questo trovasi un ordine rigoroso, nello sforzo cioè
di stabilire certi tipi monetali e non alterarli succes-
sivamente e nell'evitare ancora che i tipi di un no-
minale non invadessero il campo di quelli di un altro
nominale: cosa che non sempre si osservò nelle
monete imperiali. E troviamo pure la ragione della di-
versità grande di opinioni circa l'anno della emissione
di certe monete, come a dire di quelle relative alla
chiusura del tempio di Giano, accennata confusamente
da Suetonio. Ma la classificazione che noi proponiamo,
oltre a farci determinare con una certa sicurezza
l'anno delle prime emissioni, ci avverte che alcuni
rovesci cessarono negli ultimi anni di Nerone. Pei
sesterzii si può affermare che dall'anno 65 in poi fu-
rono usati soltanto i tipi di Roma e di Giano.
Ora è tempo di passare alla spiegazione dei tipi
monetali che hanno bisogno di essere illustrati uno
per uno; nel qual lavoro rimetteremo in luce le vec-
chie opinioni dell' Eckhel e del Cavedoni con qualche
lieve aggiunta.
I rovesci con ADLOCVTIO COH • e DECVRSIO dice
il Kenner che ebbero la loro prima apparizione for-
s' anche prima dell'anno 64, perchè relativi ad avve-
nimenti di epoca anteriore; ma non già come moneta
ufficiale, bensì come medaglioni privi delle sigle S • C
ed emessi dall' imperatore insieme con tante altre
monete, tutte prive del segno dell'autorità senatoria.
LA CRONOLOGIA UliLLE MONETE DI NERONK, tCC. 323
Secondo la classificazione che noi proponiamo , il
rovescio deir A dio e ut io appare ben presto col S-C
sui sesterzii col globetto, e non può non appartenere
ad una delle prime emissioni, perchè ci ricorda uno
dei primi atti del giovinetto imperatore, dopo la
uccisione di Claudio. Tacito e Dione (^4) infatti ci
narrano che il 13 ottobre dell' anno 54, Nerone si
te condurre dentro gli alloggiamenti dei soldati, e
fatta un'orazione, promise loro un donativo. Sul ro-
vescio di questi sesterzii egli è rappresentato nell'atto
che dal suggesto parla ai soldati.
Il tipo della Decursio è anch'esso di data molto
remota e insieme col precedente non può esser po-
steriore all'anno 56 o 57. Esso ci ricorda l'esercita-
zione per la quale Nerone aveva un grande trasporto
nei primi anni della sua giovinezza (^5).
Un poco posteriori ai precedenti sono i rovesci
che ricordano i congiarii. I monumenti suppliscono
alla mancanza di fonti letterarie. Tacito menziona un
solo congiario distribuito durante il secondo conso-
lato di Nerone, che cade nell'anno 57 (^6); quello ri-
cordato da Suetonio (^7), quantunque senza indicazione
di data, è certo lo stesso del precedente i^^).
Lo Schiller (^9) ammette anch' egli due congiarii
per la indiscutibile testimonianza delle monete, ma
colloca il primo nel 58, secondo i due passi di Ta-
cito e di Suetonio, l'altro nel 65. Vuoisi però notare
che la elargizione di quest'anno fu distribuita ai soli
pretoriani ed è quindi un donativum che non può
confondersi con un congiarium. L' Eckhel per altro
(14) Tac, Ann. XIT, 69; Dio, LXI, 3.
(15) Dio, LXI, 6; Suet., Nero, 7; Tac, Ann., XIII, 3.
(16) Tac, Ann. XIII, 31.
(17) Suet., Nero, io.
(18) Cfr. Marquardt, Róm. Siaa/sv., t. II, p. 134-135.
(19) Schiller, Nero, p. 109, n. 2.
324 ETTORE CABRICI
già aveva notato che, oltre a quella del 58 e del 60,
tutte le largizioni di Nerone furono fatte ai preto-
riani (20).
La moneta con la semplice indicazione del con-
giario, appartenente alla collezione Gonzales, non
l'abbiamo vista e la classifichiamo secondo la descri-
zione che ne fa il Cohen; ma supponiamo che il glo-
betto sotto al collo di Nerone gli sia sfuggito, È
certamente la più antica di tutte, e fu battuta prima
che fosse distribuito il secondo congiario, perchè,
facendo nostra un'arguta osservazione del Kenner, il
Senato, dopo la distribuzione del primo congiario,
non poteva sapere se l' imperatore avrebbe o no di-
stribuito altri congiarii dopo quello del 58 e non po-
teva segnare a questo il numero d'ordine. I rovesci
col GONG- 1 e GONG- • II, a giudicare dal tipo di Nerone,
cominciano dopo l'anno 60; difatti il sesterzio della
tav. I, n. II, avente la testa a sin., è di quelli che
collochiamo accanto al tipo della Riforma. Dopo il 60
furono usate indistintamente le due scritte. Ma ci
preme di assodare che il secondo congiario è ricor-
dato sulle monete col globetto, le quali non oltre-
passano il 63, ed anche per questa ragione non pos-
siamo prestar fede alla data che lo Schiller gli ascrive.
Dunque la nostra disposizione cronologica ci sug-
gerisce un secondo congiario verso il 60, che l'Eckhel
dà per indubitato sulla testimonianza di un passo di
Suetonio (^i)^ nella vita di Nerone, colà dove parlando
dei ludi maximi, celebrati prò aeternitate imperli, ag-
giunge " sparsa et populo missilia omnium rerum
per omnes dies: singula cotidie milia avium cuiusque
generis, multiplex penus, tesserae frumentariae, vestis,
aurum, argentum, gemmae, margaritae, tabulae pictae,
(20) EcKHEL, D. N., V, p. 271.
(21) Nero, II.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETK DI NERONE, ECC. 325
mancipia, iumenta atque etiam mansuetae ferae, no-
vissime naves, insulae, agri. „ Non è qui il caso di
parlare del significato della parola congiarium , ma
non sappiamo capire perchè non si voglia ritener que-
sto per un congiario, quand'esso consisteva proprio
nella distribuzione di generi alimentari o di tesserae, in
cambio delle quali il cittadino riceveva la somma o
i viveri o gli oggetti ai quali acquistava diritto. Quando
tutte queste cose erano gettate in mezzo alla folla,
prendevano nome di missilia, di cui si parla nel ci-
tato passo di Suetonio (^2)^
Un altro tipo allusivo alla liberalità dell* impe-
ratore è quello dell'Annona Augusti che congiun-
giamo col precedente e non facciamo salire oltre il 58.
Un altro rovescio di sesterzii, intorno al quale
inutilmente il Kenner adopera tutte le sue più sottili
argomentazioni per fissarne la emissione dopo Tanno
64, è quello raffigurante l'Arco di trionfo.
Nell'anno 58, dopo le vittorie di Corbulone
contro gli Armeni, veniva decretata dal Senato la
erezione di un arco trionfale e di statue in onore di
Nerone (23). Ma questo decreto non ebbe pronta ese-
cuzione, come dice lo stesso Tacito, e l' arco fu co-
struito non prima del 61 (24). Ma il Kenner non ascrive
a quest'anno le monete con l'Arco. Egli ragiona così:
la deliberazione senatoriale relativa a questo tipo
(22) Il non essere citato questo congiario fra gli altri nel Crono-
grafo del 354, il quale è imperfetto come nota il Marquardt, ha fatto
si che non venisse preso in considerazione questo passo di Suetonio,
dove la distribuzione al popolo non è chiamata col suo nome di con-
giarium, perciò il biografo dandone tutti i particolari credette superfluo
aggiungere il nome. Questa nostra opinione, che è quella dell' Eckhel,
trova favore anche per V occasione che avrebbe suggerito a Nerone
l'idea del congiario, il quale soleva distribuirsi nelle solenni occasioni
come quella delle Neronie.
(23) Tac. Ann, XIII, 41.
(24) Ann. XV, 18.
326
ETTORE GABUICI
non potè esser presa prima del febbraio 62. Nella
primavera fu sconfitto Peto e la costruzione dell'Arco
dovette essere sospesa; è quindi probabile che sia stata
fatta nel 64, quando ambasciatori dei barbari si reca-
rono a Roma per chieder pace, senza nulla ottenere.
Intanto Corbulone invade l'Armenia e ne con-
segue poi la pace e la venuta di Tiridate a Roma
nel 66. Così il Kenner trova modo di tirare quelle
monete entro la orbita dei quattro ultimi anni, nei
quali restringe tutta la serie monetale di Nerone. In
verità tutto questo ritardo nella esecuzione di un de-
creto del Senato ci par poco verisimile (25), tanto
pili che il passo di Tacito non lascia il menomo
dubbio che la erezione delle statue e dell'Arco sia
stata fatta sollecitamente nello stesso anno (a. 61)
" at Romae tropaea de Parthis arcusque medio Ca-
pitolini montis siSTEBANTUR decreta ab senatu integro
adhuc bello (^6) ^^ j e ciò indipendentemente dal fatto
che i sesterzii con l'Arco trionfale appaiono ben presto
nella nostra serie cronologica. Quindi attenendoci
all'opinione dell'Eckhel, riconosceremo in esso l'Arco
decretato a Nerone dal Senato nell'anno 58, per le
vittorie di Corbulone, e che doveva esser pronto nel
61 o al pili nel 62 , epoca dell' emissione di questi
sesterzii.
La relazione che il Kenner crede di scorgere tra
i tipi della Securitas e del Genio di Nerone da
una parte, la Vittoria e Nerone citaredo dall'altra,
non è da trascurarsi. Se non che mentr'egli riferisce
i primi due all'anno 65, quando fu sventata la con-
giura di Pisone, noi li riferiamo al 59, nel quale anno
(25) Il Bernoulli stesso, che accetta in tutto e per tutto le opinioni
del Kenner, non può starsene con lui anche in questo ed afferma che
queste monete non sono state ancora chiaramente classificate (Ber-
noulli, Nero, p. 390).
(26) Tac. Aniu XV, 18.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 327
fu sventata la congiura della madre. L'altra coppia,
che egli spiega come allusiva alla sua abilità d' i-
strione, la colloca nell'anno 64, quando cantò nel
teatro di Napoli o nel 65 quando cantò a Roma,
mentre celebravansi le seconde Neronie. Quei tipi per
noi risalgono all'anno delle prime Neronie, quando
l'imperatore, a giudizio di tutti, fu reputato merite-
vole della corona a preferenza d'ogni altro concor-
rente ''27) per il sonar della cetra.
La Vittoria volante con lo scudo sul quale leg-
gonsi le lettere S-P-Q-R* non v'è ragione di cre-
dere che ritragga i tratti di una statua. Essa con
Nerone già comincia ad essere un tipo comune nella
monetazione romana, uno di quei tipi cioè, pei quali
non bisogna trovare una spiegazione speciale; in-
fatti una identica figura di Vittoria già si trova sulle
monete di Tiberio (^S).
VI.
Quando Nerone chiuse il tempio di Giano.
Uno dei punti ancora oscuri nella cronologia di
Nerone è l'anno della chiusura del tempio di Giano,
della quale Tacito e Dione non fanno il menomo
accenno, e soltanto Suetonio la ricorda nella vita di
Nerone, dopo di aver parlato dell'arrivo di Tiridate
in Roma, " Ob quae imperator consalutatus, laurea
in Capitolium lata, Janum geminum clausit, tam nullo
quam residuo bello » (^9). Questo passo è stato pun-
(27) Dio. LXI, 21.
(28) Cohen, p. 96, n. 242.
(29) Nern^ 14 ediz. Roth 1886.
328 ETTORE CABRICI
teggiato in diversi modi dagli editori di Suetonio,
secondo l'opinione che seguono relativamente alla
chiusura del tempio di Giano. Il Roth e tutti gli
storici moderni son d'accordo nel collocare la chiu-
sura del tempio di Giano neir anno 66, e perciò
congiungono la frase Janum geminum clausit con la
precedente, formandone un sol periodo e riconnettendo
tutto il concetto alla venuta di Tiridate in Roma,
che cade proprio nel 66.
Cewitro questa punteggiatura ed interpretazione
si scagliò il Mancini interpretando il tam nullo qiiam
residuo bello nel senso che debba riferirsi a due mo-
menti diversi dell' impero di Nerone, e sostenendo
r opinione del Casaubono, che il tempio di Giano
sia stato chiuso da Nerone due volte, una prima
volta quando v' era solo qualche residuo di guerra
nell'impero' e una seconda volta quando esso era in
pace perfetta (30). Prima di determinare queste due
epoche, egli ha bisogno di rifare la serie delle sa-
lutazioni imperiali di Nerone ed infine conchiude che
la prima chiusura può cadere tra il 56 e il 57, la
seconda nel 64. Per questa interpretazione e per
alcuni argomenti d'indole affatto numismatica, il Man-
cini torna alla punteggiatura degli editori antichi di
Suetonio e propriamente alla lezione dell'antico testo
erasmiano di Basilea dell' anno 1533 il quale così
dispone le parole :
XIII . . . . Ob quae imperator consalutatus , lau-
rea in Capiiolium lata.
XIV Janum geminum clausit tam nullo quam
residuo bello.
(30) Mancini, Stor. diElvid. Pr., note ed emendazioni p. 128 " Laonde,
io molto volentieri sarei per tradurre cotal passo: Nerone tenne chiuso
il bifronte Giano, si nella pace che con residuo di guerra. „
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 329
Non sappiamo perchè i moderni editori di Sue-
tonio si ostinino a mantertere la loro punteggiatura in
questo punto, e come gli storici, quali lo Schiller (3i)
e il Duruy (32)^ sostengano la chiusura del tempio di
Giano essere avvenuta nel 66, quando essi sono
contraddetti dalle monete, sulle quali il rovescio col
tempio di Giano va congiunto con la leggenda del
diritto che segna la XII (aa) e anche la XI (a4) tribu-
nicia potestas di Nerone, il che ci obbliga a collo-
care tale chiusura, almeno nel 64, come fa osser-
vare il Mancini. Ma pur riconoscendo a lui il merito
di avere pel primo contraddetto alla comune falsa
opinione sulla chiusura del tempio di Giano, non
sapremmo sostenere egualmente la duplice chiusura.
Il Mancini vi è indotto prima dal passo di Suetonio,
poi dai sesterzii con la XI, XII e XIII trib. pot. di
Nerone e crede che i sesterzii col tempio di Giano
coniati dal 64 in poi abbiano l'indicazione della trib.
pot. di Nerone, affinchè potessero distinguersi dai
primi. La tesi del Mancini muove due obbiezioni. La
prima se la fa egli stesso, col domandarsi, perchè
mai nella leggenda attorno al tempio di Giano dei
secondi sesterzii non sia stato messo V avverbio
iterum (35). Un avvenimento di tanta importanza non
poteva esser ricordato inesattamente, specie quando
si osserva che nei Co'ngiarii non manca mai il numero
d'ordine. Se poi si voglia credere col Mancini che di
questa seconda apparizione siano segno i numeri della
trib. potestas, domandiamo allora, che significato
(31) Nero, pag. 204; e poi Gesch. der Róm. Kaisers., pag. 351.
(32) Hist. des Rom. t. IV, p. 83.
(33) FioRELLi, Cat. n. 4354, 4355- La correzione che Io Schiller pro-
pone al sesterzio del Cohen, n. 178 (v. Schiller, Nero, p. 204, n. i) è
contraddetta da questi due sesterzi del medagliere di Napoli.
(34) FioRELLi, Cat. n. 4353.
(35) Op. cit., pag. 126.
43
330 ETTORE CABRICI
avrebbe la XIII trib. pot. su quei sesterzi! e dupondii
dal tipo di Roma galeata sedente sugli scudi? (36)
E inoltre se fosse così, i sesterzii degli anni 64-67
col tempio di Giano dovrebbero aver tutti la trib.
potestas, la quale invece è rarissima, e accanto a
questi troviamo sesterzii senza data di sorta che per
il tipo di Nerone vanno collocati indubbiamente fra
le ultime emissioni (v. Prospetto).
Per queste due ragioni non pare abbastanza
giustificata una seconda chiusura, la quale potrebbe
ancora reggere, solo per il testo di Suetonio (37). Ma
anche sulla interpretazione di questo facciamo le no-
stre riserve. Se il clausit si traduce tenne chiuso, come
vuole il Mancini, non v'è bisogno di ammettere due
chiusure. E qui ci sia lecito di fare osservare al
Mancini che non bisognava tirar poi tanto il senso
di clusit quando egli sta per le due chiusure: sarebbe
stato meglio tradurre col semplice chiuse. Ma tradu-
cendo tenne chiuso, vien quasi ad essere esclusa Tidea
della ripetizione di azione, e si viene ad ammettere
implicitamente una sola chiusura. Se poi dopo la
prima chiusura il tempio di Giano sia stato aperto
un'altra volta per lo scoppio della guerra armena e
la spedizione di Corbulone, a noi non è dato ricer-
care. Non è improbabile che l'ambizione dell'impera-
tore abbia continuato a tenerlo chiuso, per ostentare
una calma apparente, a quel modo che il decreto
del senato ordinante la erezione di un arco e di
(36) CoH., Nero^ n. 283, 284, 286 (dupondio), 287; Fiorelli, Cat.
n 4356-58.
(37) La duplice leggenda che queste monete portano scritta sul
rovescio (pace p . r , terra mariq, parta xanvm clvsit e pace p.r.
VBiQ . PARTA . lANVM clvsit) potrebbe dar fondamento alla ipotesi della
duplice chiusura. Ma a prescindere, che non trovo differenza di signif.
tra le due leggende, è a notarsi che la seconda trovasi solo sugli assi
e sui dupondii, i quali offrivano uno spazio assai piìi piccolo di quello
dei sesterzii, ed essendo la prima leggenda troppo lunga, fu abbreviata.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 33 1
Statue per la vittoria di Corbulone non fu revocato,
ma rinviato, quando pervenne a Roma la novella
della disfatta di costui (38).
Resta ora a determinare 1' anno di tale avveni-
mento. In questa ricerca solo le monete ci possono
illuminare. Il tipo di Giano sui sesterzii appare molto
per tempo nella serie col globetto ed è quindi da
collocarsi prima del 60. E siccome in questi primi
sette anni non si godè vera pace, come osserva il
Mancini, se non dal 56 al 57, siamo lieti di poter
accettare quest' anno che il Mancini segna per la
prima chiusura.
VII.
Osservazioni Iconografiche.
Il Bernoulli ragionando del ritratto di Nerone
sulle monete, vi osserva delle variazioni stabili nel
tipo, le quali non sembrano tutte convenzionali, ma
alcune di esse corrispondono certamente alle variazioni
deir originale (39). Di tutte le serie monetali, raggruppate
secondo il rispetto dell'arte, le più fedeli sono quella
col capo a sin. e globetto e le ultime monete dal
tipo della Riforma. Le une e le altre ci danno le
forme piene, gonfie, lo sguardo accigliato, il collo
(38) Tac. Ann. XV, i8 " At Romae tropaea de Parthis arcusquc
medio Capitolini montis sistebantur, decreta ab senatu integro adhuc
bello, neque tum omissa, dum adspectui consulitur, spreta conscientia. „
(39) Bernoulli, Nero p. 388 " .... so zeigen sie in ihrer Aufein-
a iderfolge doch noch bestimmte typische Unterschiede, die nicht alle
conventioneller Natur zu sein scheinen, sondern von dcnen einige oifen-
bar, den Wandlungen des Urbildès entsprechen. „
332
ETTORE CABRICI
grosso e tutti quegli accessorii nei quali sono im-
presse le tracce delle sue dissolutezze. Il convenzio-
nalismo si trova specialmente nel primo tipo della
Riforma, tanto sulle monete col capo a sin. quanto
su quelle col capo a d. Quel ritratto ci dà un tipo
non più grossolano, anzi di forme giuste, tutto pro-
porzionato, se ne togli le proporzioni del collo, che
sono esagerate in lunghezza e in larghezza sulle
monete di tutti gl'imperatori romani ; quel ritratto ci
dà infine un Nerone abbellito. Avemmo agio di fare,
quest' osservazione sull' asse d' oricalco della tav. II
n. IO.
Ma noi non vogliam dire di quel convenziona-
lismo che consiste nell' accrescere o diminuire le
proporzioni, nell'abbellire l'originale; noi troviamo nel
tipo vero della Riforma qualche cosa che per l'artista
e per il romano dell' età di Nerone era il carattere
essenziale di tutte le teste di Nerone, un particolare
che da solo bastava a dare la somighanza del suo
volto. L'arte monetale in tutte le epoche ha dimo-
strato di sdrucciolare facilmente in questo conven-
zionalismo, specie nelle età di decadenza dell'arte.
Gli artisti incisori dei conii, costretti a ripetere sempre
lo stesso tipo per anni ed anni, facilmente davano
importanza a qualche accessorio, il quale diventava
col tempo la caratteristica più spiccata del volto
dell'imperatore. Delle due l'una: o Nerone portava
di consueto i capelli rivolti in su come appaiono su
tutte le monete che hanno il capo a destra, o li por-
tava rivolti in giù come sono disegnati sulle monete
col capo a s. Già questa stessa divisione, fondata
sulla direzione del capo, vale a provare il conven-
zionalismo, vale cioè a dimostrare che dati i due
tipi fondamentali, essi furon seguiti costantemente,
variando solo qualche accessorio. Tutto induce a far
credere che il tipo dai capelli in su sia il conven-
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 333
zionale. Fra le teste in marmo di Nerone adulto, solo
qualcuna potrebbe mettersi a confronto con la testa
di Nerone sulle monete, e sono la testa della Biblio-
teca Vaticana (4°) e quella del Museo di Monaco (40. Ma
l'arte plastica si mantenne estranea a questa esage-
razione. Infatti non si può dire lo stesso pel busto del
Louvre (42) o per la testa del British Museum, opera
greca (43) ; i quali monumenti ci danno la vera accon-
ciatura di capelli che provocò il tipo delle monete.
Ivi riscontriamo nella chioma in generale una
certa ondulazione, della quale parla Suetonio, e sulla
fronte i capelli sono disposti a ciocche formanti un
rialzo attorno alla fronte ed assottigliantisi man mano,
fino a toccare la fronte con la loro estremità. L'arte
monetale un po' per le proporzioni troppo piccole, un
po' perchè non si trovava nelle identiche condizioni
dell'arte plastica, essendo obbligata a riprodurre il
tipo di profilo, non potè copiare fedelmente 1' origi-
nale e creò il tipo che abbiamo visto e chiamato
della Riforma. Se si osservano per altro gli aurei che
vanno dal 62 al 63, come il n. 4, tav. I e quello
inserito dal Bernoulli nella tav. XXXV n. 16, si
trovano i capelH a questa foggia disegnati (44).
(40) Bernoulli, Nero taf. XXIII.
(41) Id. taf. XXIV.
(42) Id. taf. XXV.
(43) Id. p. 393 fig. 59-
(44) A questo proposito ci sia lecito uscire dal campo numismatico
ed esprimere il nostro parere sul busto di Nerone del Louvre, riprodotto
dal Bernoulli a p. 397 fig. 58. Il Bernoulli si domanda se è antico,
notando ragionevolmente una grande somiglianza con la testa di bronzo
del Vaticano. La capigliatura non mi sembra di Nerone; abbiamo busti
di Nerone con i capelli così pettinati, ma sono tutti giovanili. Quello è
un busto di Nerone adulto e quell'acconciatura del capo non si trova
mai sui monumenti che lo rappresentano adulto. Tutto induce a far
credere che sia opera moderna, fatta sull'originale del Vaticano.
PROSPETTO CRONOLOGICO
336
CLASSIFICAZIONE CRONOLOGICA DE
soo-e
a) Testa a s. eòi capell
DATA
SESTERZI!
DATA
DUPONDII
a) Testa laureata a s.
a) Testa laureata a s.
(pel tipo di N. V. tav. I n. 19)
(pel tipo di N. V. tav. I n. 16, 17)
56
ADLOCVTIO Coh. 6.
62(?)pr.e.
MAC . AVG . Coh. 129. Fior. 4449.
pr. eiissione
59 pi", e.
SECVRiTAS Coh. 325. Fior. 459899,
ANNONA Coh. 15, 20, 22. Fior. 4368-69.
„ Coh. 329
62 pr. e.
Arco Coh. 306, 309.
S.P.Q.R.OB.CIV.SER. Fior. 46:6.
60 pr. e.
GONG . I Coh. 68. Fior. 4394.
56 pr. e.
VICTORIA Coh. 344. Fior. 4628-32.
56 pr. e.
DEcvRSio Coh. 84, 88. Fior. 4409-10.
Coh. 346
56 pr. e.
Giano Coh. 159, 160.
PORT . AVG . Coh. 252, 253, 254.
ROMA Coh. 265, 268.
60 pr. e.
b) Testa laureata a d.
(pel tipo di N. V. tav. II n. 2)
ADLOCVTIO Coh. 2. Fior. 4359.
ANNONA Coh. 14, 19, 2/, 23.
Arco Coh. 310.
[gong]? DAT. POP Coh. 77.
CONG . II
Coh.
81.
DECVRSIO
Coh.
86, 87, 89.
Giano
Coh.
146, 158.
PORT . AVG .
Coh.
251.
ROMA
Coh.
261, 267, 269
Arco
Coh.
310.
P) Testa a d. coi capell
b) Testa laureata a d.
(pel tipo di N. V. tav. II n. 1)
Giano Coh. 147, 167.
„ s. glob. Santangelo.
MAC . AVG s. glob. Coh. 128.
SECVRiTAS Coh. 321, 324. Fior. 4601-4.
„ Coh. 328. Fior. 4614-15 i
„ s. glob. Coh. 330.
VICTORIA Coh. 340-343. Fior. 4626-2'/
„ Coh. 345. Fior. 4641. I
„ s. glob. Fior. 4625.
(45) La descrizione del n. 244 è la medesima di quella del n. 243.
(46) Questi quattro semis del Museo Naz. di Napoli sono d'oricalco ed hanno il tipo dells
la testa nuda. Uno di essi fu da noi pubblicato nel Contrib. a. st. d. mon. rom. p. 61, ediz. di
(47) Questo semis ha la specialità della testa laureata, perciò lo credo del 63, anche perche
337
ONZI DI NERONE COL GLOBETTO.
///> (SOO-Sr, — 810-03)
TA
ASSI (rame)
DATA
SEMIS (rame)
a) Testa nuda a s.
a) Tesia nuda a s.
8
ARA PAcis Coh. 31.
60 pr. e.
Mensa agonistica Coh. 56.
r. e.
„ s. glob. Coh. 28.
Citaredo Coh. 245, 246.
„ s. glob. Coh. 198, 249 (segno
di vai. ?) Fior. 4705
Coh. 354 (s. legg.).
Giano Coh. 149.
„ s. glob. Coh. 173.
GENIO AVGVSTI Coh. I02, 104.
„ s. glob. Fior. 4420.
„ s. glob. Coh. 50,
ROMA Coh. 194
51-
^95-
r. e.
Vittoria Coh. 291, 293, 295,303.
„ s. glob. Coh. 304, 305. Fior.
4683.
u (S12-59 (?) — 810-03)
b) Testa nuda a d.
(pel tipo di N. V. tav. II n. 3)
I
ARA PACIS Coh. 27, 30. Fior. 4371-74,
„ s. glob. Coh. 29.
Citaredo Coh. 243, (244) Us), 247.
„ s. glob. Coh. 197, 355 (s. legg.).
Giano Coh. 148, 156.
„ s. glob. Coh. 157.
GENIO AVGVSTI Coh. IO3.
„ s. glob. Coh. 100. Fior. 4419.
Vittoria Coh. 290, 292, 302.
„ s. glob. Coh. 296 , 300. Fior.
4667-72.
63
63
b) Testa nuda a d.
(pel tipo di N. V. tav. II n. 4)
Mensa agonistica, s. glob. Coh. 46, 52
55, 57. Fior. 4334.
Fior. 4335-38 (oric.) (16).
Fior. 4333 (t. laur.) U?'.
ROMA Coh. 190, 240. Fior. 4564.
„ s. glob. Fior. 4562,63. Coh. 131,
193) 237, 238, 239, 272, 331, 333
ma, quindi non possono essere anteriori al 63; ma neanche li credo posteriori, perchè hanno
IO, tav. V, n. 5.
lia al tipo della Riforma. Vedi tav. V, n. 5.
43
338
CLASSIFICAZIONE CRONOLOGICA DEI BRONZI DI NERO^
sio=c
DATA
SESTERZII
DATA
DUPONDII (49)
Testa laur. a s. (raram. con egida)
Testa rad. a s.
(pel tipo di N. V. tav. I n. 8, io, 11, 13
e tav. Ili n. 7, la, 14, 15)-
(pel tipo di N. V. tav. I n. 9, 12 e tav. Ili n
ADLOCVTIO Coh. 3, 5, II.
Giano Coh. 151, 174. Fior. 45
ANNONA Coh. 18, 25. Fior. 4366, 67.
Arco Fior. 4686-89.
AVG . PORT . osT . Coh. 34, 35, 40. Fior.
4502, 4508, 4509.
ROMA Fior. 4557-61.
.SEcvRiTAS Coh. 327. Fior. 4600.
4517, 18.
GONG . POP . R . (?) Coh. 71.
GONG . li Coh. 72, 76, 79, 80. Fior. 4401
(eg. sul petto).
DEGVRSio Coh. 90, 92, 93, 95, 85 (eg.
sul petto). Fior. 4408 (eg. sul-
VICTORIA Coh. 339.
Còh. 348.
Fior. 4640, 4649.
l'omero).
Giano (48)
65-68
66
„ Coh. 137, 162.
„ tr. p. XIII. Coh. 140.
ROMA
63-64
65.68
„ Fior. 4549 (egida sull'omero).
„ Coh. 271, 275.
(48) Nel fare la classif. cronolog. delle mon. di Nerone notammo che di tutti i tipi del n
il tipo di Roma e quello di Giano. Non posso quindi segnare accanto a questi due rovesc
Roma ho segnato solo il n. 4549 del Fiorelli, perchè questo ha il busto con 1' egida, il quj
di questi rovesci, come a dire quello del Medagliere di Parigi, unico, con la XIII trib. pot.
TR . p . p . p . che il Kenner vuole siano degli ultimi anni. Ed infatti non abbiamo trovato ness
(49) Non conosciamo nessun dupondio di Nerone con la testa dell'imperatore laureata a
originali il globetto vi è. Lo stesso argomentiamo pei numeri del Cohen 323, 337, 341. N
incominciata quando il dupondio era coniato con la testa radiata dell'imperatore, ossia non prii
oricalco (Fiorelli 4350-51).
339
\ ENTI IL CAPO DELL'IMPERATORE A SINISTRA
ll2l=08
ATA
ASSI (rame)
Testa laitr. a s.
(pel tipo di N. V. tav. Ili n. ii)
Citaredo Coh. 196.
Giano Coh. 172, 175. Fior.
4503-07-
PROVIDENT Coh. 255.
Vittoria Coh. 289. Fior. 4673-
82, 4684-85.
DATA
SEMIS (oricalco)
Testa laur. a s.
Mensa agonistica. Fior. 4350-51.
st., tranne rarissime eccezioni, come quella della tav. Ili n. 8, non rimasero dopo il 64 che
neri del Cohen, perchè essi possono essere tanto del 63 quanto del 67. Accanto al tipo di
piamo che non oltrepassa il 64. Piuttosto possiamo ascrivere agli ultimi anni (65-68) alcuni
i quelli nel cui diritto sta la leggenda imp nero clavd (clavdivs) caesar avg . germ . p . m .
terzio anteriore al 64 o 65 che abbia questa leggenda nel diritto.
za il globetto sotto al collo. Il Fiorelli ne descrive due senza glob. (n. 4598-99), ma sugli
endovi adunque in questa serie dupondii con la testa laureata, si deve inferire che essa sia
63. Alla stessa conclusione mena l'assenza di semt's di rame: due soli ne ho visti e sono di
340
CLASSIFICAZIONE CRONOLOGICA DEI BRON
8ie-«
Data
SESTERZI!
Data
DUPONDII
■»t^_^-
Busto l. a d. con egida
Testa l. a d.
Testa rad. a d.
(pel tipo di N. V. tav. II n. 6, 7,
(pel tipo di N. V. tav. Ili n. 2, t).
(pel tipo di N. V. tav. II n.
8, 17, 18, tav. Ili 11. 4).
e tav. III n. 5).
ADLOCVTIO Coh. I, 4, 9, IO, 12.
— Coh. 7, 8, 13.
MAC.AVG Coh. 127, 35}
„ Fior. 4361-63.
„ Fior. 4360.
„ Fior. 4450.
ANNONA Coh. 16; 26.
— Coh. 17.
„ Fior. 4364-65, 4370-
„ Coh. 130.
Fior. 4451-56
Arco Coh. 308.
— Coh. 307.
„ Fior. 4690-98.
„ Busto rad.
d. con eg. Coh. 12
AUGVST . PORT . Coh. 37-39,
- Coh. 33, 36, 41.
SECVRiTAS Coh. 322.
250.
„ Fior. 4510-16.
„ Coh. 326.
GONG . I Coh. 69.
— Coh. 70.
„ Fior. 4605-13
Fior. 4395.
VICTORIA Coh. 338, 35
cdNG.ii Coh. 73,74,75, 78.
Fior. 4624.
Fior. 4396-4400.
Coh. 347, 34C
DECVRSIO Coh. 83, 9T, 94.
—
Fior. 4633-3
„ Fior, 4402 - 04 ,
„ Fior. 4405-07, 4414-
4642-48.
4411-12, 4415-18.
Giano Coh. 134, 138,
— Coh. 136, 154, 155, 161.
139, 145) 152.
„ Fior. 4459 - 63 ,
„ Fior. 4464-68, 4474-78.
4472-73-
64
„ tr.p.xi Busto con palud.
e lor. Fior. 4353.
65
„ tr. p. XII Busto con palud.
e lor. Fior. 4354.
„ „ „ Imh.-Bl.
„ Parigi.
» tr. p. XII Fior. 4355.
Giano Coh. 135, 150,
166, 170, 177.
66
„ tr. p. XIII Coh. 139.
66
„ tr. p. xiii Coh. I
ROMA Coh. 264, 277.
— Coh. 266, 270, 274, 276,
278.
ROMA Coh. 263, 279, 28
„ Fior. 4437-40.
„ Fior. 4526-28, 4532-36,
4541-
„ Fior. 4550-56.
66
„ tr. p. XIII Coh. 284.
„ tr. p. XIII Coh. 285, 287.
„ „ Fior. 4356-58
66
„ tr.p. XIII Coh. 283,
67
„ tr. p. xiiii Busto con
palud. e lor. Coh. 260.
4529-31.
XERONE COL TIPO DELLA RIFORMA
i|ri-cj»
341
ta
ASSI
oricalco
Testa rad. a d.
(pel tipo di N. V. tav. II
n- 13)
Citaredo Coh. 191,
203, 248. T
Fior. 4699,
4704- T
„ Coh. 199,
200, 201,
241.
GENIO AVGVSTl Coh.
108. T
„ Fior. 4422-
26. T
„ Fior. 4421.
Testa l. a d.
(pel tipo di N. V. tav. II
n. io).
„ Coh. 202, 242.
— Coh. 107. t
Coh. loi.
rame
Testa l. a d.
(pel tipo di N. V. tav. Ili
n- I. 3)-
Giano Coh. 132, 141,
142, 163, 164,
171, 176, 177.
„ Fior. 4469-71,
4479-83, 4484-
94.
Vittoria Coh. 288,
297» 298, 301.
„ Fior. 4650-66.
Data
SEMIS
Testa l. a d.
(pel tipo di N. V. tav. II
n. 9).
Mensa agonistica
Coh. 47, 58,59,
61-64. s
Fior. 4339-44,
4346-51. s
Coh. 49,60, 6j.
Fior. 4345.
ROMA Coh. 178, 332. S
Fior. 4569-73,
4575-77- s
Coh. 189, 236.
Fior. 4565-68,
4574-
342
ETTORE CABRICI
APPENDICE A.
Nel Catalogo del Museo Nazion.ile di Napoli, compilato dal Fiorelli,
ricorrono alcune inesattezze tipografiche, da noi corrette nel compilare
il prospetto cronologico. Queste inesattezze sono parecchie e a noi preme
farle notare, affinchè chi vorrà fare confronti col catalogo del Fiorelli
non attribuisca ad errore nostro ciò che è una correzione fatta dopo
uno studio accurato sui monumenti.
ERRATA
CORRIGE
"• 4359 Testa di N. laur. a d.
n. 4371-74 Testa di N. laur. a d.,
sotto globetto.
n. 4408 Testa di N. laur. a s.
n. 4469-71 Testa di N. laur. a d.
n. 4529-31 IMP . NERO CLAVD . CAESAR
AVG . GER . P . M . TR . P .
P .P
n. 4549 Testa di N. laur. a s.,
con egida sul petto,
n. 4598-9 Testa di N. laur. a s.
n. 4614-15 Testa di N. laur. a d.
n. 4616 Testa di N. laur. a s.
n. 4683 Testa di N. laur. a s.
n. 4705 Testa nuda di N. a s.
bJ Nerone citaredo, nel-
l'esergo i.
Testa di N. laur. a d. sotto globetto.
Testa nuda di N. a d., sotto glo-
betto.
Busto di N. laur. a s. con egida
sull'omero.
Uno di questi tre esempi, ha la
testa nuda.
IMP . NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER .
p . M . TR .p . xni . P .P
Testa di N. laur. a s. con egida
sull'omero.
Testa di N. laur. a s., sotto globetto.
Una di queste monete ha la corona
radiata.
Testa di N. laur. a s. sotto globetto
(appena visibile).
Testa di N. nuda a s.
Testa nuda di N. a s., sotto globetto.
F^ Nerone citaredo, senza segno di
valore nell'esergo.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC.
343
APPENDICE B.
Peso di alcune monete d'oro e d'argento di Nerone.
a) Medagliere dì Napoli
Fiorelli
n. 4317-20
n. 4321-22
n- 4323
n- 4324-25
n. 4326-28
n. 4329
n. 4331-32
n. 4352
n. 4375-76
n. 4380-84
n. 4457-58
n. 4578
n. 4617
Oro
gr. 7.64; 7.62; 7,61.
gr. 7,62; 7,45.
gr. 7>59-
gr. 7,72: 7,71.
gr. 7,67; 7,64.
gr. 6,42.
gr.
gr.
gr.
gr.
gr.
gr.
gr.
7,67.
7,30.
7;73i
7,47-
7>32i
7,27; 7>i9-
7»33; 7,19.
7»3i-
7,22.
Fiorelli
"• 4330
n. 4385
n. 43^6
n. 4619
Argento
gr. 3,46.
gr. 3,08.
gr. 3,23.
gr. 3,35-
h) IVIedagliere Santangelo
Cohen
n. 96
n. 42
n. 66
n. 118
n. 3T3
Oro
gr. 7.60.
gr. 7,19.
gr. 7,25.
gr. 7,43; 7.33; 7>'5;
6,94.
gr. 6,86.
Cohen
n. 312
n. 97
n. 7
n. 352
n. 32
n. 314
n. 119
n. 258
n. 67
Argento
gr. 3,48.
gr. 3,63.
gr. 2,42.
gr. 1,59 (sest.).
gr. 1,57 (sest.).
3>43; 3,37;
3,29; 3,17.
3,47; 3.33;
2,87.
3,27; 3,17-
3,25.
gr
gr
3.32;
3.01
344 ETTORE CABRICI
DESCRIZIONE
DELLE MONETE CONTENUTE NELLE TAVOLE
Tavola I.
Num. Data
1. 810=57 — NERO . CAESAR . AVG . iMP . Testa Huda di Nerone a d.
lO — PONTiF . MAX . TR . p . iiii P.P. CoFona di quercia, nel
mezzo EX s . e . N S^- 7)62. Fiorelli, Cat. n. 4321.
2. 811=58 — NERO . CAESAR . AVG . iMP . Tcsta nuda di N. a d.
I^ — PONTIF . MAX . TR . p ."v p . p . CoFona di quercia, nel
mezzo EX s . e . N S^- 1>59- Fiorelli, Caf. n. 4323.
3. 813=60 — NERO . CAESAR . AVG . iMP , Testa nuda di N. a d.
I^ — PONTiF . MAX . TR . p . VI . cos . IMI .P.P. Corona di
quercia, nel mezzo ex s . e .
jy Napoli (Depositi del Mas. Naz.)-
4. 813=60 — NERO . CAESAR . AVG . IMP . Tcsta nuda di N. a d.
I^ — PONTIF . MAX . TR . p . VII . COS . UH .P.P. Marte in piedi
a s., poggiato all'asta e col parazonio in mano, calcando
varie armi; ai lati ex s . c .
jy gr. 7,64. Fiorelli, Cai. n. 4326.
5. 813=60 — nero . CAESAR . AVG . IMP . Testa nuda di N. a d.
r^ — PONTIF . MAX . TR . p . vir. cos . ììTi .p .p . Roma in piedi
a d., col piede calcando varie armi e tenendo sulla gamba
uno scudo rotondo su cui scrive; ai lati ex s . c .
^ gr. 6,42. Fiorelli, Cat. n. 4329.
6. 813=60 — NERO . CAESAR . AVG . IMP . Testa nuda di N. a d.
I^ — PONTIF . MAX . TR . p . VII . COS . iiii .P.P. Sim. al n. 4.
jy Fiorelli, Caf. n. 4326-28.
7. 816=63 ~ NERO . CAESAR . AVG . IMP . Testa nuda di N. a d.
IQ — PONTIF . MAX . TR . p ."x COS . lìTT p . p . Il Valore in piedi
a s. poggiato all'asta e con parazonio in mano, calcando
una galea; ai lati ex s . c .
N gr- 7>47- Fiorelli, Cat. n. 4352.
8. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laureata a s.
^ — PACE P . R . TERRA MARIQ . PARTA lANVM CLVSIT. Il tempio
di Giano a d. con la porta chiusa ed ornata di festone, ai
lati S.C. Sest. Fiorelli, Cat. n. 4497.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 345
Num. Data
9. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. a s. con corona radiata.
I^ — ROMA. Roma sedente a s. sopra una ìbrica e più scudi
calcando una galea, che con la sin. stringe il parazonio e
tiene nella d. una corona d'alloro; ai lati s.c.
Dup. Fiorelli, Cat. n. 4559.
10. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG . GERM . P . M . TR . P. IMP .P.P.
Testa di N. laur. a s. con egida sul petto.
r) — DECVRSio. Nerone corrente a d. su veloce destriero con
asta inclinata, seguito da un altro cavaliere che porta un
vessillo; ai Iati s.c.
5^5/. Napoli (Depositi del Mus. Naz.).
11. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG . GERM . P . M . TR . P . (iMP .P.P.)
Testa di N. laur. a s.
R) — coNG.Ti DAT. POP. Nerone sedente a d. su di un sug-
gesto, presso cui un magistrato in piedi e nel basso altre
due figure virili, delle quali una porge all'altra una tessera
che questa raccoglie nel seno della toga; nel fondo è un
peristilio ed il simulacro di Pallade, nell'esergo s.c.
Sest. Fiorelli, Cat. n. 4401.
12. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GERM . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. a s. con corona rad.
I^ — VICTORIA AVGvsTi . La Vittoria alata gradiente a s. con
ramo di palma in una mano e nell'altra la corona d'alloro;
ai lati s . e, nell'esergo Ti. Dup. Fiorelli, Cat. n. 4640.
13. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a s. con egida sull'omero.
^ — ROMA. Roma sedente a s. sopra una lorica e più scudi,
calcando una galea, che con la s. stringe il parazonio e
sostiene con la d. la Vittoria che le porge una corona; ai
lati s . e Sest. Fiorelli, Cat. n. 4549.
14. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a d.
R) — PACE p . R . vBiQ . PARTA lANVM CLVsiT. Il tempio di Giauo
a d. con la porta chiusa ed ornata di festone, ai lati s.c
Asse. Santangelo.
15. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa nuda di N. a d.
I^ — PACE P . R . TERRA MARIQ . PARTA lANVM CLVSIT. Il tempio
di Giano a d. con la porta chiusa e ornata di festone; ai
lati S.C. Asse (rame). Fiorelli, Cat. n. 4469.
16. — IMP . NERO CAESAR AVG . P . MAX . TR . P . P . P . TeSta di N.
laur. a s. poggiante su di un globetto.
4t
346 ETTORE CABRICI
Num. Data
V^ — VICTORIA AVGVSTi . La Vittoria alata gradiente a s. con
ramo di palma in una mano e nell'altra la corona d'alloro;
ai lati S.C. Dup. Fiorelli, Caf. n. 4628.
17. — iMP . NERO CAESAR AVO . p . MAX . TR . p . p . p . Testa laur. di
N. a s. poggiante su di un globetto.
I^ — VICTORIA AVGVSTi . La Vittoria alata, come nel n. 12,
ma senza segno di valore. Dup. Santangelo.
18. — im(p.ne)ro CAESAR AVG . p . MAX . TR . p . p . p , Testa nuda
di N. a s. poggiante su di un globetto ; avanti la contro-
marca VESPA .
I^ — {gen)io avgvsti. Genio in piedi a s. innanzi ad un'ara
accesa, avendo in mano la patera e il cornucopia; ai lati
S.C. Asse (rame). Collez. Gnecchi.
19. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a s. poggiante su di un globetto.
I^ — DECvRSio. Nerone a cavallo corrente a d., con asta
inclinata, preceduto da un soldato a piedi che porta un'in-
segna e seguito da un altro; ai lati s.c.
Sest. Fiorelli, Cai. n. 4409.
Tavola II,
1. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a d. poggiante sopra un globetto.
, i^ — SECVRITAS AVGVSTI. La Sicurtà sedente a d. che pog-
giato il cubito al dossale del seggio, sostiene il capo con
la mano ed ha nella s. un'asta; innanzi, ara accesa adorna
di festoni, cui è addossata una face; ai lati s.c.
Dup. Fiorelli, Caf. n. 4603-04.
2. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a d., poggiante su di un globetto.
I^ — PACE P . R . TERRA MARIQ . PARTA lANVM CLVSIT. Il tCUipio
di Giano a d., ecc.; ai lati s.c. Sesf. Imhoof-Blumer.
3. — IMP . NERO CAESAR AVG . p . MAX . TR . p . p . p. Testa nuda di
N. a d., poggiante su di un globetto.
f^ — ARA PAcis. Ara adorna di figure e palmette, ai lati s.c.
Asse (rame). Fiorelli, Caf. n. 4371-72.
4. — IMP . NERO CAESAR AVG . PONTiF. Testa nuda di N. a d.
I^ — PONTiF . MAX . TR . POT .P.P. Roma sedente a s. sopra
una lorica e piìi scudi, calcando una galea, che con la s.
stringe il parazonio e tiene nella d. una corona di alloro;
nell'esergo s.c. Asse (rame). Fiorelli, Caf. n. 4564.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 347
Num. Dat.i
5. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG . GERM . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a d.
^ — CERTAMEN QviNQ . ROM . CO . Mensa agonistica adorna di
due grifi, sopra cui vaso e corona; sotto un disco.
Semis (rame). Fiorelli, Cat. n. 4333.
6. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Busto di N. laur. a d., con egida sul ]>etto.
I^ — Arco di trionfo adorno di festone, sulla cui sommità è
l'imperatore in quadriga fra la Pace e la Vittoria, con altre
due figure sulla cornice di coronamento: di lato in una
nicchia è Marte in piedi con asta e scudo, essendo pure
l'attico ed il basamento ornati di figure; ai lati s.c.
Sest. Fiorelli, Cat. n. 4695.
7. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG. GERM . P . M . TR . P . IMP . P . P .
Busto di N. laur. a d. con egida sul petto.
.Rj — ANNONA AVGVSTi CERES. Cerere sedente a s. con face
e spighe tra mani, innanzi a cui è l'Abbondanza in piedi
con cornucopia nella sin. e la d. poggiata sul fianco, presso
di una base ornata di festone, su cui è il modio; nel fondo
una nave, nell'es. s.c. Collez. Gnecchi.
8. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Busto di N. laur. a d. con egida sul petto.
I^ — ROMA. Roma galeata seduta a s. su diverse armi, che,
tenendo il parazonio nella sinistra, sostiene colla destra
un globo sormontato da una piccola Vittoria, che le porge
una corona. Collez. Gnecchi.
9- — NERO cAES . AVG . IMP . Tcsta di N. laur. a d.
R) — TR . poT .p.p. Roma sedente a s. sopra una lorica e
più scudi calcando una galea, che con la s. stringe il pa-
razonio e tiene nella d. una corona d' alloro ; avanti s,
nell'es. s.c. Semis (oricalco). Fiorelli, Cat. n. 4571.
10. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a d.
R) — GENIO AVGVSTi. Gcnìo in piedi a s. innanzi ad un' ara
accesa, avendo in mant) una patera e un cornucopia; ai
lati s . e, nell'es. T. Asse (oricalco). Fiorelli, Cat. n. 4424-26.
11. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. a d. con corona radiata.
^ — SEcvRiTAS AVGVSTL La Sicuptà (v. tav. II, n. i); nell'e-
sergo ir.
12. — NERO CAESAR AVGVSTvs. Tcsta di N. laur. a d.
R) — PACE p . R . Terra mariq . parta ianvm clvsit. Porta
chiusa del tempio di Giano. jy^ Fiorelli, Cat. n. 4457-58.
348
ETTORE CABRICI
Num. Data
1-3. — NERO CLAVDivs cAKSAR AVG . GERMANic . Testa di N. a d.
con corona rad.
I^ — poNTiF . MAX . TR . POT . iMP .P.P. L'impcrat. in piedi a
d. laureato ed in abito muliebre, accompagnando il suo
canto alia lira; ai lati s . e, nell'esergo i.
Asse (oricalco). Fiorelli, Cat n. 4699-700.
14. — NERO CAESAR AVGVSTvs. Testa di N. laur. a d.
E^ — CONCORDIA AVGvsTA. La Concordia sedente a s. con
patera in una mano e neiraltra il corno d'abbondanza.
jy . Fiorelli, Cai. n. 4391.
15. — NERO CAESAR, Testa di N. laur. a d.
f^ — AVGVSTVS GERMANicvs. L'impcrat. in piedi con la testa
radiata, avendo nella d. un ramo d'alloro e nella s. la
Vittoria alata. A^ • Fiorelli, Caf. n. 4382-84.
16. — NERO CAESAR AVGVSTVS. Tcsta di N. laur. a d.
I^ — VESTA. Tempio esastilo, nel cui mezzo il simulacro di
Vesta sedente, poggiata all'asta e con patera in mano.
^ . Fiorelli, Cai. n. 4617-18.
17. 818=65 — NERO CAESAR AVG . IMP . TR . POT .XII P.P. BuStO di N. laur.
a d., con lorica e paludamento.
I^ — PACE P . R . TERRA MARIQ . PARTA lANVM CLVSIT. Il tempio
di Giano a d., con la porta adorna di festone; ai lati se.
Sesi. Imhoof-Blumer.
18. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Busto laur. di N. a d. con egida sul petto.
I^ — ANNONA AVGvsTi CERES. L'Annona e Cerere (v. tav. II,
n. 7). Sesi. Imhoof-Blumer.
Tavola III.
1. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a d.
RJ — PACE P . R . TERRA MARIQ . PARTA lANVM CLVSIT. Il tempio
di Giano a d.; ai lati s.c.
Asse (rame). Fiorelli, Cai. n. 4469-71.
2. 819=66 — IMP . NERO CLAVD . CAESAR AVG . GERM . P . M . TR . P . XIII P.P.
Testa di N. laur. a d.
I^ — ROMA. Roma galeata sedente a s., che stringendo
l'asta, preme col braccio sin. lo scudo poggiato su varie
armi ; ai lati s.c. Sesi. Fiorelli, Cai. n. 4356.
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE, ECC. 349
Niim. Data
3. — NERO cAESAR AVG . GERM . iMP . Tcsta di N. laur. a d.
I^ — PACE, ecc. ecc. Tempio di Giano a d.; sotto s.c.
Asse (rame). Fiorelli, Cat. n. 4492-93.
.]. 819=66 — Legg. e tipo come nel n. 2 di questa tavola.
i^ — ROMA. Roma galeata sedente a s. su varie armi, che
stringendo l'asta, tiene nella d. una piccola Vittoria alata
che le porge un serto; ai lati s.c.
Sesf. Fiorelli, Cat. n. 4358.
5. 8i9=66 — IMP . NERO CLAVD . CAESAR AVG . GERM . P . M . TR . P . XIII .P .P .
Testa di N. a d. con corona rad.
i^ — ROMA. Roma (v. il n. 2 di questa tavola); ai lati s.c.
Dup. Parigi (Coh. n. 286),
6. — IMP . NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER .P.M.TR.P.P.P.
Testa di N. laur. a d.
i^ — PACE, ecc. ecc. 11 Tempio di Giano a d., ai lati s.c.
Sesf. Fiorelli, Caf. n. 4474.
7. 819=66 — IMP . NERO CLAVD . CAESAR AVG . GERM . P . M . TR . P . XIII P.P.
Testa di N. laur. a s.
i^ — PACE, ecc. ecc. Il tempio di Giano a s.; ai lati s.c.
SesL Parigi (Coh. n. 140).
8. . — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa laur. di N. a s.
i^ — Arco di trionfo (v. tav. II, n. 6); ai lati s.c.
Collez. Gnecchi.
9. — NERO CAESAR AVGvsTvs. Testa di N. laur. a d.
i^ — SALvs. La Salute sedente a s., con patera in mano.
Arg. Fiorelli, Cai. n. 4583-84.
10. — NERO CAESAR AVGVSTVS. Tcsta di N. laur. a d.
i^ — Legg. e tipo e. nel n. preced.
^''^- gì". 3»37- Santangelo.
11. — NERO CAESAR AVG . GERM . IMP . Testa lauT. di N. a s.
i^ — Vittoria volante a s. che porta tra mani un clipeo, sul
quale s . p . q . r . ; ai lati s.c.
Asse (rame). Fiorelli, Cai. n. 4673
12. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP . P . P
Testa di N. laur. a s.
Bj) — ROMA. Roma sedente a s. sopra una lorica e più scud
calcando una galea, che con la sin. stringe il parazonio
e sostiene con la d. la Vittoria che le porge una corona:
ai lati S.C. SesL Fiorelli, Cai. n. 4542-43
13. — NERO CLAVD . CAESAR AVG . GER . P . M . TR . P . IMP . P . P
Testa di N. a s. con corona rad. (a sei raggi).
350 ETTORE CABRICI
Num. Data
i^ — PACE p , R . VBiQ .PARTA lANVM cLvsiT. Il tempio di Giano
a d. Dup. Santangelo.
14. — NERO CLAVD . CAESAR AVO . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
Testa di N. laur. a s.
bJ — ROMA. Roma (v. il n. 12 di questa tav.) ai lati s . e .
Sest. (Depositi del Mus. Naz.).
15. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVO . GER . P . M . TR . P . IMP .P.P.
pj • — ROMA. Roma (v. il n. 4 di questa tavola) ai lati s . e .
Sest. (Depositi del Mus. Naz.).
Tralascio di descrivere le monete delle tavole IV e V, perchè sa-
rebbe una inutile ripetizione, essendo state già descritte nel capitolo II.
Ettore Cabrici.
NUOVO CONTRIBUTO
ALLA.
NUMISMATICA PADOVANA
Le monete di Padova repubblica e di Padova
sotto la signoria dei Principi da Carrara furono ma-
gistralmente illustrate da Giambatista Verci (0. Nella
sua opera " Dissertazione sulle monete di Padova „ ^^\
ha saputo presentarci non solo i tipi abbastanza fe-
delmente riprodotti di dette monete; ma anche, com-
pletandone in modo perfetto V illustrazione, ci ha
recati taluni documenti che a queste si riferiscono.
Io, dinanzi ad un lavoro così bene condotto, non
ostante sia trascorso più di un secolo dalla pubbli-
cazione, abbandonata l'idea che avevo concepita di
rifare di sana pianta la storia delle monete della
nostra città, m'arrogai soltanto il meno faticoso ma
pur non inutile compito di riempiere quelle poche
lacune, che nel suddetto lavoro si trovavano, e di
rettificare qualche abbaglio preso dallo stesso Verci
nel giudicare una moneta spettante ad un' epoca
piuttosto che ad un'altra.
Ho creduto inoltre opportuno di riferire, riunen-
dole in un sol capitolo, su quelle monete che Venezia
battè per la terraferma, compresa quindi la città di
(i) II Verci rifece ed ampliò l'opera " De re nummarta Patavinorum „
del Brunacci.
(2) La detta dissertazione si trova inserita nel Voi. Ili della Raccolta
delle Zeixhe d'Italia dello Zanetti, dal quale venne sapientemente annotata,
352 LUIGI RIZZOLI
Padova, od esclusivamente per questa. A tal uopo
mi valsi delle erudite opere del Lazari, del Padovan
e deirOn. Senatore Papadopoli, dalle quali trassi e
riportai notizie e documenti.
Pur essendo di una mole relativamente piccola,
questo studio mi ha condotto, per ottenere il fine
desiderato, ad affrontare non lievi difficoltà, che
solo coU'aiuto di persona piii che mai esperta in tale
materia (3) ho potuto superare.
Pago adunque di avere in breve fatto compren-
dere il mio intento, senza perdere tempo e spazio
in una lunga ed inutile prefazione, entro subito in
argomento.
PARTE PRIMA.
Anzitutto il Verci ci presenta una monetuccia,
che egli crede sia uno di quei denari piccoli, dei
quali tanti documenti padovani fanno menzione. Am-
mette che essa sia di Padova repubblica e ne avva-
lora l'asserzione citando i giudizi del Muratori, del
Brunacci e di Monsig. Gradenigo.
Si dovrebbe adunque riportare al tempo che va
dal 1256, anno che segna la cacciata degli Eccelini
da Padova, al 1318, in cui Giacomo da Carrara è
scelto dal popolo a tenere il principato nella stessa
città (4).
Senonchè la grafia delle lettere (tav. n. i), che,
(3) Intendo alludere al benemerito conservatore del Museo Bottacin
sig. Luigi Rizzoli,
(4) A. Gloria, Quadro Storico-Cronologico di Padova. Padova, 1856.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 353
nella maggior parte degli esemplari da me veduti,
sono di un bel carattere gotico , la forma delle
rosette, che alternano le lettere della iscrizione cir-
colare del dritto : PADV, la mancanza di scodellatura,
che presentano invece le monete che vanno sotto i
numeri 2, 3, 4 e 5 nella tavola XX, inserita nella
cit. opera dello Zanetti ed inoltre la somighanza
in fatto d'arte che detta moneta ha con il sestino
nero o sesino di Francesco il Giovane da Carrara,
di cui più innanzi vorrò parlare, tutto insomma mi
fa credere che essa spetti ad un tempo di molto po-
steriore a quello ritenuto dal Verci e precisamente
al suddetto Francesco.
Sorregge ancora la mia opinione, il carattere di
vera somiglianza che, le rosette, le lettere e la stessa
fattura nel suo complesso di, questa moneta, presen-
tano con i denari piccoli, che io assegno a Francesco li,
e con la tessera dello stesso signore (5).
Devonsi quindi ritenere prime monete di Padova
quelle scodellate, che occupano successivamente il
secondo, il terzo, il quarto ed il quinto posto nella
detta tavola XX, e che rappresentano i veri denari
piccoli, ricordati nei documenti padovani.
*
* *
Sotto i numeri 6, 7, 8, 9 e io della stessa ta-
vola XX inserita nell'op. cit., si trovano 5 esem-
plari di monete, che, per avere nel dritto l'insegna
dell'aquila imperiale sveva, furono dette grossi aqui-
lini. Di queste monete ne furono battute in Merano,
che ce ne dà invero il prototipo (6), in Verona, in
(5) Zanetti, Op. cit,, Voi. Ili, pag. 435, n. 6.
(6) Periodico di Numismatica e Sfragistica diretto dal March. Strozzi.
Voi. II, pag. 85.
45
354
LUIGI RIZZOLI
Mantova, in Parma, in Vicenza, in Treviso ed in
Padova.
I suddetti Aquilini, nel rovescio, tutti, meno quello
di Merano, alla sinistra della crocetta, dalla quale
principia l'iscrizione, hanno uno scudetto, posto fra
trifogli, stellette, rosette, punti, etc, che molto pro-
babilmente possono essere i segni dello zecchiere.
Quelli di Padova poi, a differenza degli altri, hanno
nel dritto la scritta: PADVA: REGIA (?).
Importante è lo stabilire a chi appartenga l'arme,
che trovasi nello scudetto dei nostri Aquilini.
Lo Zanetti (^) ed il Gennari ammisero che fosse
dell'ufficiale, che sovraintendeva alla zecca. Ma questa
asserzione non deve essere, a mio avviso, accettata.
Infatti nell'esaminare gli aquilini consimili delle
città circonvicine e nel riscontrare in essi l'arme dei
vicari imperiali, quale ad esempio degli Scahgeri in
Verona, dei Trissino in Vicenza (9), dei Conti di Go-
rizia in Treviso, dei Gonzaga in Mantova, dei da Cor-
reggio in Parma (^°), sono stato indotto a credere che
anche Tarme posta nello scudetto degli aquilini pa-
dovani appartenga ai vicari imperiah per Federico III
e per Enrico di Boemia.
Per di più la mia opinione trova vahdo appoggio
nell'arme delTaquilino segnato coi numeri 6, 7, 8 e 9
nella piii volte cit. tav. XX, appartenendo ad Ulrico
di Valdsee, primo vicario in Padova per Federico III
dal 5 gennaio 1320 al 5 settembre 1321, che aveva
per l'appunto quale insegna gentilizia di sua famiglia
una fascia d' argento in campo nero, e così pure
nell'arme di un raro aquilino, di cui un esemplare fa
(7) Ab. Giuseppe Gennari, Sopra il titolo di Regia dato a Padova.
Padova, 1795.
(8) Zanetti, Op. cit., Voi. Ili, pag. 383, nota 3Ó3.
(9) Gaetano Girolamo Macca, Trattato della Zecca Vicentina,
pag. 116-130.
(io) Period. Num. e Sfrag. cit., Voi. II, anno 1869, pag. 63.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 355
parte della raccolta Bottacin e due altri di quella di
famiglia, arme che pare ci presenti una fascia incre-
spata, che corrisponderebbe perfettamente a quella
increspata d'argento in campo rosso di Engelmaro
di Villandres, vice-capitano in Padova di Corrado d'O-
venstein dalla seconda metà del 1323 al 3 settem-
bre 1328. Ma non è così per gli altri aquilini, di cui
uno si trova riprodotto nella medesima tavola al n. io,
due altri sono ricordati dal Verci (^^K
Il primo di questi porta uno scudo con cinque
giglietti, il secondo invece un'arme, che sarebbe stata
i^^nota anche al Brunacci, il terzo infine avrebbe avuto
due scudetti, dei quali uno il Brunacci stesso chiama
d'Austria, l'altro dei Savorgnani. Tutti questi, dico,
mi mettono addirittura in un gravissimo imbarazzo,
non corrispondendo le armi degli altri vicari e capi-
tani imperiali in Padova, quella ad es. di Corrado
d'Ovenstein, capitano di Enrico dal 5 novembre 1321
al 24 luglio 1324 e dal 14 ottobre 1325 al 3 set-
tembre 1328 e quella di Ulrico di Falimberg, capitano
di Enrico dal 24 luglio 1324 al 14 ottobre 1325, a
quelle testé menzionate.
Pure non volendo in alcun modo rinunziare alla
mia credenza, che è anche quella del conservatore
del Museo Bottacin, deciso di risolvere la questione
nel senso da me espresso, non dubito ad ammettere
che le armi che si scorgono nei detti scudetti, ec-
cetto quelle spettanti ad Ulrico di Valdsee e a En-
gelmaro di Villandres, siano state erroneamente in-
terpretate, tanto più che quei pochi esemplari che si
conoscono sono disgraziatamente così sciupati dal
tempo ed in ispecial modo in quella parte dove cade
lo scudetto, da non potersi con precisione stabilire
quale arme veramente sia in essi rappresentata.
(n) Zanetti, Op. cit., Voi. Ili, pag. 387.
356 LUIGI RIZZOLI
Ad Jacopino che tenne il governo di Padova
assieme al nipote Francesco I dal 1350 al 1355,
anno in cui venne da questo relegato nella rocca di
Monselice (^2)^ il Verci attribuisce il carr arino, che nel
rovescio ha la figura di S. Prosdocimo seduto, ed
all'intorno * S * PSDOCIMVS *; nel dritto una croce
ornata, tagliante tutta l'area, negli angoli superiori
della quale si leggono le lettere I A e negli inferiori
si vedono due piccoli carri, all'intorno: * CIVIT* PAD.
Naturalmente come le lettere I A possono signi-
ficare Jacopino, non meno verosimilmente indicano
Jacopo II, anzi a questo io l'attribuisco, accoghendo
le molte e buone ragioni, addotte dallo Zanetti in
sua nota alla dissertazione del Verci, ragioni che qui
intendo riassumere. Anzitutto perchè Jacopino da
solo non battè mai monete, e lo provano non solo
la mancanza di queste, ma anche il sigillo apposto
in fine di un documento spettante ad Jacopino e
Francesco I (^s)^ nel quale non si trovano i nomi dei
detti principi, ma il solo carro; in secondo luogo
perchè la paleografia delle lettere, la grandezza della
moneta, il complesso della fattura ed il peso sentono
più dell'arte degli aquilini, che non di quella più
moderna dei carrarini di Francesco 1.
1
Ciò che s'è detto per il carrarino devesi pure
ripetere per il denaro piccolo, che il Verci ritiene di
(12) Andrea Gloria, Monumenti della Università di Padova. Voi. II
1318-1405), pag. 21.
(13) Zanetti, Op. cit., Voi. Ili, pag. 391, nota 367.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 357
Jacopino e che noi, collo Zanetti, assegneremo ad
Jacopo li. Tale denaro ha nel dritto una stella grande
di 6 raggi con all'intorno + PADVÀ, nel rovescio I ed
all'intorno + CIVITAS.
*
* *
Il defunto Sig. Carlo Kunz in una nota ad una
sua memoria, intitolata: Monete inedite di Trieste e
Trento (h), fa cenno di una moneta che egli chiama
denaretto e dice simile a quelli di Ubertino, di Jacopo II
e di Francesco I (^s).
Tale moneta ha nel rovescio, in luogo della con-
sueta iniziale del nome del principe, un piccolo carro,
arme dei Carraresi (tav. n. 2). Ritiene che ne sia
stato autore lo stesso Ubertino, " che poi in un
simile conio, fatto più ardito, fece inserire la iniziale
V del suo nome. „
Senonchè in una seconda sua memoria pubbli-
cata due anni più tardi C^^), ritrattando tacitamente
ciò che avea detto nell'Archeografo, viene ad am-
mettere che questo denaretto possa essere un " primo
tentativo di moneta carrarese, e perciò spettante
verosimilmente a Marsilio, secondo signore di questa
città. „
Io invece, basandomi su quel sigillo, che più
sopra ho ricordato, appartenente ad Jacopino e Fran-
cesco I, nel quale anziché i nomi dei detti signori si
vede il solo carro e su due tessere pure di Jacopino
e Francesco I, delle quali una riprodotta nella dis-
(14) Archeografo Triestino. Voi. V, fase. I, anno 1867.
(15) Questa raro pezzo era posseduto dallo stesso Kunz, che lo
vendette poi al Sig. Sipilli di Trieste. Ora ci riesce oltremmodo difficile
ritrovarne la traccia.
(i6) Period. Num. e Sfrag. cit., Voi. II, anno 1869, pag. 73.
358 LUIGI RIZZOLI
sertazione del Verci (^7), un'altra posseduta dalla mia
famiglia e che hanno in ambo i lati il solo carro,
condividendo l'opinione del conservatore del M. Bot-
tacin, l'assegnerei a questi due principi, che insieme
tennero il dominio di Padova dal 1350 al 1355.
Accanto a questa moneta deve a ragione essere
collocato un denaro piccolo inedito, che si trova nella
raccolta di cose padovane della mia famiglia.
Probabilmente esso altro non è, che una prova
di zecca, male riuscita, della stessa moneta teste
illustrata (tav. n. 3).
L'arte infatti, perfettamente somigliante, dimostra
ad evidenza la contemporaneità della battitura delle
due monete in parola.
Comunque sia, questo denaro che direttamente
mi riporta al sigillo e alle tessere, spettanti al con-
dominio di Jacopino e di Francesco il Vecchio, non
dubito attribuirlo ai due principi suddetti.
Ai primi tempi della signoria di Francesco il
Vecchio, il Kunz t^^) assegnava una moneta, ignota
allo stesso Verci, avente da un lato: una testa
coi capelli ricciuti, rivolta a sinistra ed all'intorno
+ £C5|iV5liT?A^S3, dall'altro: nell'area la lettera H ed
all'intorno + ®P®A®D®V®A® (tav. n. 4).
Il dotto numismatico ritenne ciò per la somi-
glianza, che detta moneta presentava con quella che
occupa il primo posto nella presente dissertazione.
(17) Zanetti, Op. cit., Voi. Ili, pag. 435, n. 8.
(i8) Period. Num. e Sfragi?. cit., Voi. II, pag. 81.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 359
Il documento però dell'anno 1398, riportato dal
Verci (^9), ci riferisce sulla coniazione di 20000 libbre
" sextinorum nigrorum ad ligam oncie unius et
quartorum duorum argenti fini, et ad contum seu
numerum librarum sex prò qualibet marca paduana. „
Orbene, avendo la moneta in parola una testa, che
è precisamente quella di un negro e non essendosi
ancora trovate monete corrispondenti a quelle nomi-
nate nel documento, io sarei d'opinione di conside-
rarla uno dei detti sestini neri, i quali per l'appunto
avrebbero assunto questo nome non dalla qualità del
metallo usato per la loro coniazione (^o), ma invece
dalla testa del negro che ne occupa l'area del dritto.
Conforta inoltre la mia opinione la perfetta somi-
glianza che essi hanno coi denari piccoli e con la
tessera di Francesco II, per cui, allo stesso modo che
la prima moneta da me descritta, mi sento inclinato
ad attribuirla al secondo anziché al primo Francesco.
*
* *
Assai difficile riesce l'illustrazione di una mone-
tina, che ritengo possa essere un mezzo bagattino.
Lo Zanetti stesso si dichiara incapace di classificarla
e si rivolge agli eruditi padovani per ottenere una
esauriente spiegazione (2^).
Da allora nessuno mai ha creduto di esporre
un giudizio qualsiasi intorno a questa moneta, sia
per la mancanza di documenti ad essa riferentisi, sia
per l'impossibilità di confronti in fatto d'arte.
Io pure mi trovo sfornito di prove attendibili
per stabilire a chi appartenga o cosa voglia indicare
(19) Zanetti, Op. cit., Voi. Ili, pag. 418-422.
(20) Ivi, pag. 422, nota 490.
(21) Ivi, pag. 483.
360 LUIGI RIZZOLI
quello scudo con tre onde che si vede nel suo dritto (22)
(tav. n. 5).
Ma se per questa parte non ho trovato modo
di dare una giusta interpretazione alla moneta, non
mi è sfuggito un dato così importante, da decidermi
ad ammettere e con molta probabilità 1' epoca alla
quale essa deve spettare.
Nel rovescio ha una rosa con all'intorno + CIVITAS.
Ebbene questa rosa trova perfetto riscontro in quella
d'una preziosa medaglia ^d'argento (^3), comunemente
attribuita a Francesco il Vecchio, di cui un bellissimo
esemplare esiste nel Museo Bottacin, medaglia che
nel mezzo del rovescio ha il Padre Eterno ed all'in-
torno + REX REGVM • J • DN S • DOMINAMTIVM ®, nel dritto
poi una sfera armillare, che farebbe pensare a quella
esistente sopra il campanile dell'ateneo patavino, al
quale più volte i Principi da Carrara aveano accordati
privilegi (24) ed all'intorno + FRANCISCI • DE • CARÀRIA • J-e
(tav. n. 14).
Naturalmente per questa rosa, che non so pre-
cisare se sia un segno dello zecchiere od un semplice
riempitivo di spazio, veniamo accertati che detti pezzi
furono contemporaneamente battuti, allorquando cioè
era signore di Padova il vecchio Francesco.
A chi diligentemente prenda in esame i denari
piccoli fino ad ora attribuiti a Francesco I, non deve
(22) Un'antica famiglia padovana di nome Basili aveva per arme
tre onde; ma con ciò nulla possiamo spiegare.
(23) Appel Joseph, Miinzen und MedaiUen der iveltlichen Fiirsten und
Herren aus dem Miitelalter iind der neiiern Zeit. Voi. Ili, parte I, pag. 236,
n. 863, tav. pag. 640, Wien, 1824.
Period. Num. e Sfrag. cit., Voi. I, 1868. Memoria del Friedlaender.
(24) Giovanni Cittadella, Storia della Dominazione Carrarese in
Padova. Voi. II, pag. 535 e seg.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 361
sfuggire un'assai manifesta diversità, dipendente non
dalla sola grandezza, siccome fu notato dal Bru-
nacci (25), ma ben anco dal genere della lavorazione.
Alcuni di questi denari infatti, che si mostrano
battuti in più volte per i segni diversi dello zecchiere
e sono molto sottili e scodellati, sono tali da ricon-
durci per il loro complesso artistico a quelli piìi antichi
di Ubertino da Carrara, nei quali la valentìa e la
finezza dell'artista sono invero encomiabili (tav. n. 6).
Altri invece sono di uno spessore e peso mag-
giore, piani e mentre manifestano, posti a confronto coi
primi, un'arte più rozza, forse perchè battuti in fretta
ed in tempi fortunosi per la signoria carrarese, per
contro si rivelano più moderni in ispecie per le rosette
che stanno accanto alla crocetta del rovescio (tav. n. 7).
Questi ultimi adunque ho creduto, fin da principio,
di assegnarh a Francesco Novello, del quale non si
conoscevano i denari piccoli, ma soltanto i documenti
che ad essi si riferivano; quelli al primo Francesco.
«
* *
Fatte queste brevi note sulla numismatica pa-
dovana, m'interessa mettere alla conoscenza degli
studiosi una moneta di Francesco II da Carrara,
della quale, per quanto mi consta, non esiste che un
disegno, trovato fra le carte di famiglia.
Detto disegno, finemente eseguito dal defunto
mio zio Pietro Rizzoli (^^), ci dà l'impronta di un
Carrarino da due soldi, avente da un lato : la figura
(25) Zanetti, Op. cit., Voi. III.
(26) Mi è sommamente grato ricordare il detto mio zio, appassio-
natissimo cultore della scienza delle monete, che imprese a raccogliere
ed illustrare. Quale studente della facoltà di Matematica in questa R.
Università, nel 1848 si arruolò nel Corpo Franco Universitario e fece le
campagne di Vicenza, Treviso, Brondolo e Venezia. Morì di anni 22 il 14
dicembre 1851 per infezione malarica, presa durante l'assedio di Venezia.
46
362
LUIGI RIZZOLI
di S. Antonio in piedi, con un ramoscello di gigli in
una mano e il vangelo nell'altra, ed ai lati del santo
•V N-, all'intorno: "SANTVSo ANTONI o; dall'altro:
il carro fra le lettere F ed • l », ed all'intorno : • FRANGI SCI •
DÈ-CARARIA- (tav. n. 8).
Che tale moneta abbia esistito realmente e sia
quindi andata a far parte di una qualche collezione
numismatica, anzitutto lo prova il n. 1174 preceduto
dalle lettere P. R. M., che si trova nell'angolo inferiore
destro del cartoncino, sul quale è tracciato il disegno.
Sia il numero, che le lettere, attestano che quel
disegno venne tratto indubbiamente da un catalogo di
monete, nel quale la nostra aveva per l'appunto il n. 1 1 74.
Nell'impossibilità di accertare tale cosa, mi ri-
volgo fin d'ora alla cortesia ed erudizione dei nu-
mismatici per avere schiarimenti, atti a togliere ogni
dubbio sulla esistenza del detto carrarino.
Altre considerazioni poi, oltre le suaccennate,
mi inducono ad ammettere la coniazione di questa
moneta, malgrado sia, come già dissi, irreperibile.
Molte delle monete battute dai Principi da Car-
rara sono andate totalmente perdute, molte invece
sono ridotte ad un numero così esiguo, da occupare,
ben a ragione, un posto assai onorevole in quelle
fortunate collezioni, che di esse trovansi in possesso.
Per esempio del ducato d'oro di Francesco il Vecchio,
oggi tanto ricercato, credo che soltanto tre esemplari
si conoscano, dei quali uno presso il gabinetto nu-
mismatico di Vienna, un secondo in Padova presso
il Museo Bottacin, un terzo presso la nobile famiglia
padovana dei Papafava (27).
(27) A proposito della rarità di questa moneta, il Kunz riferisce che
era peregrina fino dal tempo in cai fu battuta o poco dopo. Aggiunge
ancora che, nella interessante tariffa del secolo XV, pubblicata dal dot-
tissimo F. Ganurrini, si legge: " Fiorini di Padova con l'arme del Si-
gnore da un lato e dall'altro un Santo, trovansene pochi. „
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 363
Del mezzo ducato d'oro dello stesso principe,
non si conosce poi alcun esemplare né alcun docu-
mento, nonostante molti cronisti padovani, e fra questi
10 storico Gattari, parlino di tale moneta, di cui è
fatta chiara ed esatta descrizione.
Per non citare altre monete delle quali si fa
menzione nei documenti e che gli eruditi non seppero
o non poterono ancora identificare, di un soldino di
Francesco il Vecchio, del quale il Verci ci dà anche
il disegno (^8), ora non si conosce alcun esemplare.
Niente di più facile adunque, che anche il Car-
rarino colla figura di S. Antonio, del quale non
esistono né documenti, ne esemplari, sia pur esso
andato perduto. L'epoca della coniazione dovrassi
riportare all' ultimo anno (1405) della dominazione
Carrarese in Padova. In questo tempo ardeva san-
guinosa la guerra tra Francesco Novello e la sere-
nissima Repubblica. Le risorse finanziarie del principe
da Carrara, causa l'infausta guerra, erano presso che
esauste. 1 soldati non pagati, difettavano anche di
viveri. Novello da Carrara, in sì grave contingenza,
pensò di ricorrere ad un mezzo non mai fino allora
tentato, quello di spogliare la basilica di S. Antonio,
ricca d'ornamenti d'oro e d'argento di gran valore,
ornamenti dei quali era stata donata dai vari principi
da Carrara, che si succedettero nel dominio di Padova.
11 valore complessivo di questa prima spogliazione
si fa risalire a ducati d'oro 1720 (^9).
Senonchè dolente di aver saccheggiato il famoso
tempio, quasi contemporaneamente alla detta spoglia-
zione volle il Novello ricompensarlo dei danni sofferti,
concedendogli la Castaldia d'Anguillara, affittata al-
(28) Zanetti, Op. cit., Voi. Ili, Tav. XXI, n. 22.
(29) Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova. Voi. I,
pag. 46-48.
364 LUIGI RIZZOLI
lora per annue lire iioo di denari piccoli e un animale
suino di 200 libbre (3°), a patto però che coi proventi
venissero rifatti i calici, i tabernacoli, i vasellami ed
altre opere d'orificeria, che per necessità di guerra
avea dovuto sottrarre.
Col continuare della guerra che, quanto più a
lungo si protraeva, altrettanto più disastrosa tornava
ai Carraresi, di nuovo facevasi sentire il bisogno di
denaro, i cittadini affamati domandavano pane e i
soldati non pagati si rifiutavano di combattere. Fran-
cesco Novello non esitò di mettere una seconda volta
la mano spogliatrice nella basilica di S. Antonio,
impadronendosi di 50 marche e mezzo d' argento
dorato. Ma 27 giorni innanzi che Padova cadesse
sotto il dominio della Veneta Repubblica, Francesco II
volle ricompensarla dei nuovi danni patiti e con atto
notarile del 30 ottobre 1405 pagò 404 ducati d'oro,
corrispondenti all'argento, di cui erasi antecedente-
mente insignorito (30.
Da ciò facilmente si comprende come Francesco
Novello, coll'argento o la prima o la seconda volta
sottratto dal tempio di S. Antonio, per il quale tanta
venerazione nutriva, abbia potuto ordinare la battitura
del carrarino coll'effigie del Santo, se si pensa ancora
che i principi da Carrara sulle loro monete aveano
soltanto l'impronta degli altri santi protettori della
città, cioè Prosdocimo, Daniele e Giustina, i quali
spettano all'era romana e non mai quella di S. An-
tonio, di ben poco anteriore ad essi.
Riguardo poi alla scomparsa di tale moneta si
trova attendibile spiegazione, se si tiene conto dello
scarso numero di monete di questo genere^ che deve
essere stato battuto, stante la ristrettezza del tempo.
(30) Ivi, Voi. I, Documento XXVIII.
(31) Ivi, Voi. I, Documento XXX.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 365
che va dalle spogliazioni alla fine della guerra con
la Repubblica Veneta. Anzi prova la fretta, con cui
devono essere state coniate, la mancanza delle sigle
Zo P, iniziali dei nomi degli incisori o zecchieri del
Novello, corrispondenti a Zuanne degli Adenti e a
Pietro dall' Oglio.
Naturalmente questi pochi esemplari coniati o si
resero irreperibili o furono, al tempo della conquista,
distrutti dalla stessa Repubblica Veneta, fors'anco
per togliere qualunque ricordo della passata ed odiata
dominazione Carrarese.
PARTE SECONDA.
Prima di entrare nella trattazione delle monete
venete per Padova, merita che dagli studiosi della
numismatica sia fatta speciale considerazione di un
importante documento, tratto dal Capitolare delle
brocche, il quale dimostra le relazioni monetarie
esistenti fra Venezia e Padova fin dall'anno 1378 (32).
In quest'anno e precisamente nel 18 gennaio, essendo
questa la data del documento, teneva la signoria di
Padova Francesco il Vecchio da Carrara ed era doge
di Venezia Andrea Contarini. Per nulla amichevoli
risultano dal documento dette relazioni fra le due
vicine città, ordinandosi esphcitamente dai Veneziani,
che fossero bandite dai loro stati talune monete dei
Carraresi, perchè non corrispondenti per il loro va-
lore intrinseco a quello nominale.
(32) Documento I.
366 LUIGI RIZZOLI
È ben naturale adunque che Venezia, dopo la
conquista della nostra città, ne abolisse le monete,
che vi erano in circolazione e vi introducesse le
proprie. Ma sia durante il principato di Michele Steno
(1400-1413), sia durante quello di Tomaso Mocenigo
(1414-1423) non ci è dato trovare documenti attestanti
la sostituzione delle monete Padovane con quelle
Veneziane, ne riferentisi alla coniazione di tipi speciali
di monete per la nuova provincia soggetta.
Dinanzi ad una mancanza di documenti sì dan-
nosa per il nostro studio, non possiamo fare a meno
di ritenere che Venezia, forse troppo intenta nel
riordinare l'amministrazione della nostra città, nella
quale, ed è bene il notarlo, scorgiamo fin d'ora
rispecchiate molte di quelle magistrature, caratteri-
stiche della città dominatrice, non abbia pensato a
regolarne con speciaH ducali anche la circolazione
monetaria.
Sotto il doge Francesco Foscari (1423-1457) con
un decreto del senato in data 24 maggio 1442 si dà
ordine ai massari dell'argento di mandare a Padova,
Treviso ed in altri luoghi della terraferma, nonché
nel Friuli delle monete dette bagattini, fatti colla
stessa lega determinata precedentemente e si stabi-
Hsce il minimo di tali piccole monete {parvuli), che
deve essere dato in pagamento per ogni ducato dal
rettore delle provincie (33). Questo documento è il
primo che, assieme a quello d'altre terre, ci presenta
il nome di Padova.
Il Lazari, nella sua opera sulle monete veneziane,
credette erroneamente che il bagattino testé ricordato,
fosse quello che da un lato porta la croce a braccia
eguali, accantonata dalle quattro lettere F F D V e
dall'altra il leone accosciato, che tiene il vangelo tra
{33) Documento II.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 367
le zampe anteriori (34), mentre invece, siccome giu-
stamente dimostrò TOn. Sen. Nicolò Papadopoli, è
quello che fu battuto per Brescia e per la Lombardia (35).
In Padova avrebbe avuto corso, per il decreto
ricordato, il bagattino che, nella tav. XV inserita
nella cit. op. del Papadopoli, va sotto il n. 7.
Nel dritto ha una croce in un cerchio ed all'in-
torno : + FRAC-FOOVX, nel rovescio pure una croce
in un cerchio ed all'intorno: + ^ MARCV> (tav. n. 9).
Esiste di questa moneta anche una variante, che ha
l'iscrizione così concepita: nel dritto: + FRA- FO • DVX,
nel rovescio: + w MARCVSw.
Senonchè la grande copia di bagattini, che erano
stati emessi e le numerose falsificazioni che se ne
erano fatte, aveano generato, in ispecie nella nostra
città, una perniciosa confusione. Il senato veneto
costretto per ciò a provvedere, con una terminazione
del 21 giugno 1446 (s^) ordina la coniazione di piccoli
o denari di nuovo tipo, in sostituzione dei precedenti
ed obbliga i possessori delle monete, dichiarate fuori
corso, a presentarle agli ufficiali della zecca.
Sebbene non sia espresso nel documento, è facile
intendere, come dice il Papadopoli (37), che si tratta
della sostituzione di quei piccoli scodellati, che si
coniavano per Venezia e che aveano corso nel dogato
e nei territori vicini di Padova e Treviso.
I nuovi piccoli hanno nel dritto: una croce pa-
tente in un cerchio; all'intorno • FRA • FO • DVX -, nel
rovescio: un leone nimbato, senza ali, rampante a
sinistra; nel campo: S-'M (tav. n. io).
(34) Vincenzo Lazari, Le monete dei Possedimenti Veneziani di Ol-
tremare e di Terraferma. Venezia, 1851, pag. 136-137.
(35) Nicolò Papadopoli, Le Monete di Venezia, (dalle Origini a Cri-
stoforo Moro). Venezia, 1893, pag. 260.
(36) Documento III.
(37) Nicolò Papadopoli, Op. cit., pag. 263.
368 LUIGI RIZZOLI
Nel 18 dicembre del 1453 si decreta dal Senato
la coniazione di quattrini da 4 piccoli l'uno, per un
valore corrispondente a 20000 ducati (38).
Tali quattrini, che dovevano servire a tutte le
terre del dogato e quindi anche a Padova, eccettuata
però Venezia, furono battuti più che tutto per for-
nire una moneta comune a tutte le provincie e nello
stesso tempo capace di suddividerne esattamente le
varie lire.
Il quattrino accennato è quello che nel dritto
ha una croce patente, colle braccia divise longitudi-
nalmente in tre comparti ed all'intorno : • + • FRA • FO-
SCARI • DVX; nel rovescio, un leone nimbato, rampante
a sinistra, avente nella zampa destra anteriore la
spada e all'intorno : + • S • MARCVS • VENETI • (tav. n. 11).
Di questa moneta il Papadopoli riporta anche
una variante, la quale ha nel dritto : la croce colle
estremità ornate di ricci (39).
Molto probabilmente questa variante può appar-
tenere ad una coniazione posteriore di qualche tempo
alla prima, determinata forse dalla pratica utilità, che
l'uso di detti quattrini doveva arrecare alle varie pro-
vincie. Infatti per un documento, in data 16 marzo
1456, riportato dal Papadopoli, e pertinente al Mag-
gior Consiglio, si viene a sapere che alla zecca erano
stati battuti quattrini et parvuli di diverso tipo in tempi
diversi (4°). Così viene comprovato quanto dissi or
ora, a proposito della variante.
Del tempo del dogato di Francesco Foscari non
mi consta abbiano ad esistere altri documenti che,
pure per incidenza, parlino delle monete di Padova.
Neppure del doge Pasquale Malipiero (1457-1462) ci
(38) Documento IV.
(39) Nicolò Papadopoli, Op. cit., pag. 272, n. 13 e tav. XV, n. io.
(40) Ivi, Doc. XXXI, pag. 371.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 369
ò dato rinvenire, se pur ve ne furono emanati, spe-
ciali decreti riguardanti il sistema monetario della
nostra città.
Sotto il doge Cristoforo Moro (1462-1471), per
decreto 3 settembre 1463, venne ordinata dal senato
la battitura di piccoli copoluti per la somma di 3000
marchi di quattrini di conio veneziano (4O.
Queste monete chiamate copolute perchè alquanto
scodellate (42)^ dovevano sostituire i precedenti bagat*
tini, che si spendevano in Venezia, in Padova, ir
Treviso ed in altri luoghi affine di abolire le nume>
rose falsificazioni, che di questi ultimi eransi fatte.
I nuovi piccoli sciffati, che contraddistinguono in
modo assai evidente le monete piccole di Cristoforo
Moro da quelle degli altri dogi, erano di rame me-
scolato con poco argento. Nel dritto aveano una
croce patente, accantonata da quattro bisanti, alle
estremità delle braccia altri quattro bisanti e fra le
braccia della stessa croce: le lettere CMDV; nel ro-
vescio: un leone accosciato, nimbato, col vangelo fra
le zampe anteriori ed all'intorno + • S • M • VENETI •
(tav. n. 12).
Anche di questa moneta si fecero in breve nu-
merose falsificazioni.
Per due volte allora si tentò di ottenerne l'abo-
lizione e la sostituzione con monete di puro rame,
allo scopo di rendere infruttuose le contraff'azioni,
ma per due volte le proposte vennero respinte.
Qualche raro esemplare di piccoli grandi ^^"i), di
puro rame, che ancor oggi ci è dato conservare, te-
stifica che assieme alle proposte, erano stati presen-
tati alla votazione del senato, anche i tipi delle nuove
(41) Documento V.
(42) N. Papadopoli, Op. cit., pag. 285.
(43) Erano chiamati piccoli grandi per distinguerli dai piccoli fino
allora in uso, che erano di un diametro minore.
47
370
LUIGI RIZZOLI
monete, che dovevano prendere il posto delle pre-
cedenti (44).
La storia delle monete veneziane per Padova,
dal doge Cristoforo Moro ad Agostino Barbarigo,
presenta una nuova deplorevole lacuna, alla quale
non mi è possibile riparare.
Essendo doge Agostino Barbarigo (1486-1501),
venne presa dal consiglio dei dieci una determina-
zione, nel 20 dicembre i486, colla quale, constatata
la scarsezza di oboli sia in Venezia, che in Padova,
se ne ordinava una nuova coniazione per la somma
di 400 ducati, dei quaH una metà dovea sopperire
ai bisogni di Venezia ed una metà a quelli di Pa-
dova (45). Dovevano però le dette città rimandare al-
l'ufficio della zecca un numero di monete d'argento,
corrispondente al valore delle monete piccole ricevute.
Nel citato documento non si fa parola del tipo
della moneta di cui volevasi la riconiazione. Esami-
nate, nell'opera del Padovan (46)^ le monete battute
da Agostino Barbarigo, ho trovato un bagattino colla
testa di S. Marco ed una croce, ed un mezzo bagat-
tino colle iniziali A-B-D-V, simile a quello del Moro.
Con molta probabilità il documento può alludere
ad uno di questi due tipi, dovendosi notare fin d'ora,
siccome anche sostiene il Papadopoli, che la moneta
chiamata dal Padovan mezzo bagattino, altro non è
che un vero e proprio bagattino, e che la differenza
di grandezza dipende esclusivamente dalla diversa
lega, con cui quelle monete furono battute.
Nella impossibilità di giudicare in questo caso
categoricamente, mi rivolgo al sereno giudizio degli
studiosi, onde ottenere una soluzione confacente e
sopra tutto conforme alla verità.
(44) Nicolò Papadopoli, Op. cit., pag. 284-286.
(45) Documento VI.
(46) Vincenzo Padovan, Le Monete dei Veneziani, Venezia, 1881.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 37I
Nel 31 agosto 1491 il consiglio dei dieci emanò
un nuovo decreto, col quale si stabiliva la coniazione
di bagattini di puro rame per Padova ed il suo di-
stretto, aventi da un lato l'imagine di S. Marco in
forma di leone e dall'altro una croce (47).
Vincenzo Lazari fu il primo ad identificare ed
illustrare tali monete, phe a vero dire sono pur ora
assai comuni. Nella interpretazione però delle sigle,
che stanno fra le zampe del leone nel rovescio della
moneta, incorse in errore, ammettendo che fossero
le iniziali dei nomi dei podestà di Padova, mentre
invece sono le iniziali dei massari o zecchieri soprain-
tendenti alla coniazione (48).
Infatti le iniziali ricordate dal Lazari: C. K, Z. -F.
M, A. F, M. B, corrispondono perfettamente a quelle
di Cristoforo Canal, Zan Francesco Miani, Alvise
Foscarini e Marcantonio Bollani, massari all'argento
sotto il doge Agostino Barbarigo.
Le sigle Z. R, M. L, ricordate pure dal Lazari,
alle quali non so trovare nomi di massari corrispon-
denti, devono essere state erroneamente lette, tanto
pili che nel Museo Correr, citato dal Lazari nelle sue
memorie, e nel Museo Bottacin esse non si trovano.
A meglio illustrare questo bagattino ne do la
descrizione: nel dritto: croce patente^ accantonata da
quattro bisanti; alle estremità della braccia altri quattro
bisanti, il tutto in un cerchio ; all' intorno : X AVG •
BARBADICO • DVX; nel rovescio : leone nimbato, alato,
stante a destra, tiene colle zampe anteriori il vessillo;
tra le zampe vi sono varie sigle ; all'intorno : SANCTVS •
MARCVS • VENETI • (tav. n. 13).
Bagattini di tipo eguale a questo ora descritto,
ne furono battuti ancora altre volte, secondo risulta
(47) Documento VII.
(48) V. Lazari, Op. cit., pag. 137-138.
372
LUIGI RIZZOLI
da decreti del consìglio dei dieci del 27 novembre
1494 e 19 dicembre 1498.
Sotto il nome di bagattino o quattrino od obolo
per Padova, Vincenzo Padovan, nella sua opera ci-
tata (49), descrive una moneta, che per il suo tipo è
assai somigliante al bagattino col S. Liberale, coniato
per Treviso in forza della determinazione del con-
siglio dei dieci in data 24 ottobre 1492, quando cioè
era doge Agostino Barbarigo.
Le notizie, che il Padovan riporta intorno al
detto bagattino, non sono per nulla tratte da docu-
menti. Egli venne informato dal Sig. G. M. Urbani
de Gheltof, che asseriva di aver veduto il bagattino,
da un distinto raccoglitore di monete Italiane, il
Sig. Walter Gow di Dublino (5<').
In verità, senza avere prove di fatto, è assai
facile dubitare della autenticità di tale moneta. Ciò
non di meno, considerando che Venezia battè monete
per Rovigo, Bergamo e Ravenna, città inferiori in
potenza a Padova, e così pure per il Levante, col-
l'impronta dei Santi protettori dei detti luoghi, non
è a far meraviglia che anche per Padova siano state
battute monete coll'efifigie di uno dei suoi santi patroni.
Ammettendo adunque l'esistenza di tale moneta,
non si incorrerà nel pericolo di errare, ritenendola
una prova di zecca, consimile per istile a quelle di
puro rame di Treviso, Traù, Cattaro, Sebenico, Le-
sina e Spalato.
Eccone la descrizione: nel dritto: il Patrono
della città, assiso di fronte, in manto ed insegne ve-
scoviH, all'intorno : + • S • PROSD • PADVE •; nel rovescio:
il leone in soldo dell'evangelista entro un semplice
cerchietto, all'intorno : + • SANCTVS • MARCVS • VENETI •
(49) V. Padovan, Op. cit., pag. 358.
(50) Biillettino di Arti, Industrie e curiosità Veneziane, Anno II
(1878-1879), pag. 142.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 373
Per deliberazione presa dal Consiglio dei dieci
nel 31 marzo 1503, sotto il doge Leonardo Loredan
(1501-1521), si ordina la coniazione di oboli ad solitam
stampam per la somma di 100 ducati, nell'intento di
favorire la città di Padova (50. H Lazari opina che
tali oboli siano dello stesso tipo di quelli coniati da
Agostino Barbarigo, colla croce da un lato e col
leone dall'altro (52)^ ed io, nulla trovando a dire in
proposito, m'associo pienamente a lui.
Adunque soltanto per l'iscrizione circolare del
dritto il bagattino di Leonardo Loredan varia da
quello già descritto di Agostino Barbarigo, avendo :
LEO • LAVREDAN • DVX • Fra le zampe anteriori e poste-
riori del leone vi sono le sigle A. M, che corrispon-
dono alle iniziali di Alvise Miani, massaro all'argento
nel 1503 e non a quelle di Alvise Molin, podestà di
Padova, siccome ritenne erroneamente il Lazari. Con
questa moneta, che sarebbe stata l' ultima battuta
espressamente per Padova, do termine a questa breve
trattazione sulle monete venete per la nostra città.
Dal doge Leonardo Loredan in poi, si deve
credere che le monete speciali per le varie città siano
state definitivamente abolite e sostituite dalle vere e
proprie monete Veneziane, sia per porre fine alla
confusione causata dall'uso nelle varie provincie delle
diverse lire, sia per porre un freno maggiore alle
numerose falsificazioni, che delle monete eransi fatte.
Dal documento infatti, in data 12 ottobre 1519(53),
riportante un decreto del consiglio dei dieci, si ar-
guisce che venne determinata la soppressione dei ba-
gattini di vario tipo, che circolavano nelle varie città
di terraferma, come Padova e Treviso, e in quelle
(51) Documento Vili.
(52) V. Lazari, Op. cit., pag. 137.
(53) Documento IX.
374 LUIGI RIZZOLI
del Levante, come Zara, Spalato, Sebenico, Lesina,
Antivari e Traù e la sostituizione di essi con un ba-
gattino di tipo unico, avente da un lato : il leone di
S. Marco entro un quadrangolo, al di fuori del quale,
nel mezzo dei lati, quattro rosette o stelline; dal-
l'altro : il busto della Vergine col bambino ed all'in-
torno • R • C • — • L • A • (Regina-coeli-laetare-alleluia) e
sotto il busto: il segno o le sigle del massaro.
In grandissima quantità si trovano anche ora
tali monetine, che, messe in corso per tutte le terre
soggette a Venezia, continuarono molto probabil-
mente ad essere battute per tutto il secolo XVII.
Padova, Giugno iS^y.
Luigi Rizzoli Junior.
NUOVO CONTRIBUTO ALI,A NUMISMATICA PADOVANA 375
DOCUMENTO I.
MCCCLXXVIII, DIE XVIII JaNUARII, IN RoGATIS,
Cum in Padua fiat de novo quaedam moneta nova ad
formam soldinorum nostrorum, quae moneta nova habet ab
uno latere charium, et ab alia parte crucem, quae moneta
nova est cum magna utilitate nostrorum inimicorum et damno
terrae nostrae;
Vadit pars, quod praedicta moneta nova in totum sit
bannita de Venetiis, et de omnibus terris, locis, et civitatibus
Communis Venetiarum, et insuper prò bono et commodo
nostrorum civium et fidelium qui ad praesens reperirent
apud se de dictis monetis, ut ex hoc non recipiant notabile
damnum, ordinetur, quod assignetur eis terminus per totum
mensem praesentem; videlicet cuilibet qui haberet de eis,
quod possit dictas monetas usque. ad dictum terminum por-
tare ad officium monetae, ubi habebunt de qualibet marcha
praedictarum solidos quatuordecim, existentibus ipsis mo-
netis bonis de argento; et si essent de falsis, illas debeant
incidere officiales nostri, et restituere illis quorum essent,
sine aliqua poena. Elapso vero dicto termino, omnes quibus
dictae monetae novae factae in Padua, vel carrarini novi vel
veteres reperti fuerint, tam falsi quam boni, debeant perdere
praedictas omnes, et tantumdem prò poena: de qua poena
non possit fieri gratia, donum. remissio, revocatio vel aliqua
declaratio, aliquo modo vel ingenio, sub poena librarum mille
prò quolibet ponente vel consentiente partem in contrarium.
Et praedicta stridentur publice in locis solitis, et committantur
omnibus officialibus nostris quibus commissa sunt negotia
argenti et monetarum, habentibus ipsis officialibus partem
suam solitam de poenis, ut habent de aliis sui officii.
376 LUIGI RIZZOLI
DOCUMENTO II.
MCCCCXLII, DIE XXIIII MAH.
Cum pridie captum fuerit in isto Consilio, quod in cecha
nostra argenti fiant de bagatinis prò Pergamo, Brixia, Verona
et Vincentia, et nihil expressum sit de Padua, Tarvisio, et
aliis terris nostris,
Vadit pars, quod massarii nostri monete argenti mittere
debeant Paduam, Tervisium, et ad alias terras nostras a
parte terre et in Patriam Foriiulii, de bagatinis qui expen-
duntur in dictis locis, factis ad ligam, sicut captum est in
isto Consilio. Et rectores nostri dari facere debeant soldos
quinque prò ducato de camera de parvulis predictis in
omnibus solutionibus et subventionibus quas facient et fieri
facient, sicut pridie captum fuit de aliis terris nostris. Rectores
vero Padue dari facere debeant in solutionibus que fient per
cameram illam de parvulis predictis illam partem que solita
est dari, dummodo sit maior soldorum quinque prò ducato.
Et non possint rectores sive camerarii omnium terrarum et
locorum nostrorum dare in solutionibus predictis alios baga-
tinos sive parvulos, quam illos quos habebunt a massariis
nostris monete argenti, sub pena contenta in parte furantium ;
teneanturque rectores predicti, sub pena ducatorum quingen-
torum, remittere de tempore in tempus in auro vel argento
valorem dictorum parvulorum quos recipient nostris mas-
sariis argenti. Et teneantur dicti massarii tenere computum
ordinatum in uno quaterno separate de expensis et utilitatibus
dictorum bagatinorum. Et sub pena ducatorum ducentorum
in bonis suis propriis teneantur dicti Massarii argenti portare
nostris Gubernatoribus introituum pecunias que extrahentur
de utilitate dictorum bagatinorum prò solutione Illustris Co-
mitis Francisci.
Senato, Terra, reg. i, carte 67 tergo.
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 377
DOCUMENTO III.
MCCCCXLVI, DIE XXI JUNII.
Cum per hoc consilium sub die VII mensis mail nuper
elapsi facta fuerit certa provisio super facto parvulorum
falsorum presentandorum et cetera, prout in ea latius conti-
netur, que utilis fuit acque bona. Sed cum in civitatibus et
terris nostris a parte terre propter magnam moltitudinem
parvulorum, et maxime in civitate nostra Padue, sit exorta
maxima confusio in facto ipsorum parvulorum, adeo quod
nedum utile, sed necessarium sit super ipsis parvulis facere
talem provisionem quod unusquisque se valeat intelligere ;
Vadit pars, quod in nomine Dei de novo fiat et fieri
debeat una nova stampa et forma ipsorum parvulorum, sicut
collegio melius videbitur, Sed quod ipsi parvuli de nov'
stampandi sint illius lige etbonitatis cuius sunt parvuli stampe
presentis et quod de cetero parvuli huius presentis stampe
non fiant neque stampentur. Sed ut provideatur inconve-
nientiis presentibus, ex nunc sit captum, quod omnes et
singuli qui habent parvulos in hac civitate nostra, teneantur
et debeant illos presentare officialibus nostre monete....
Senato, Terra, reg. i, carte 195.
DOCUMENTO IV.
MCCCCLIII, DIE XVIII DECEMBRIS.
Item quod ad offìcium Ceche nostre cuniari debeant, in
quatrinis a parvulis quatuor prò quatrino, ducati XX millia,
incipiendo die primo januarii proximi; qui quatrini dispen-
sentur in oninibus terris nostris, excepta hac civitate. Et ad
hoc deputentur apotece quatuor. Verum post factam dictam
summam, non possint amplius fieri quatrini sine licentia et
ordine huius consilii.
Senato, Terra, reg. 3, carte 92.
48
378
LUIGI RIZZOLI
DOCUMENTO V
MCCCCLXm, DIE III, SEPTEMBRIS.
Per la parte prexa i di preteriti in questo conseio, tra
le altre cosse fo provisto che tutti, si qui chome altrove dove
se spende bagatini, fosseno tegnudi portar tutti quelli i qual
havesseno ala zecha et ai luogi da esser deputadi, azò che
i boni bagatini fosseno cernidi dai falsi; et necessario sia
che essa parte sia reformada; per tanto, l'andera parte.
Che perchè ala cecha nostra se truova bona summa de
quatrini cuniadi del cunio nostro, ne i qual sono karati
d'argento per marcha, comò è la liga di nostri pizoli, da
mo sia presco che per i nostri massari de la cecha sia tolto
marche tre di quatrini sopradicti, e quelli sia fondudi in tavole
e de quelle sia fatto pizoli copoiudi; i qual pizoli, stampidi
che i serano, siano messi in casson e de quelli per algun
modo non se possa cambiar, per far ne oro, né arzento, ma
solo se debia dar a tuti quelli che porterà pizoli boni cuniadi
del nostro cunio, e sia dadi daner per daner. Né altramente
possa insir de la cecha nostra. Et per più execution de questa
nostra intention, da mo sia prexo che i nostri massari de la
cecha non possa cambiar né far cambiar pizoli a oro né ad
argento, soto pena de ducati V et privation del officio; e
per il simel i soprastanti fondadori o fanti de quel officio,
che savesse chel fosse sta cambiado pizoli a oro over argento
per i nostri massari, e quelli non accusasse al officio di nostri
avogadori de chomum, subito sia cassi del suo officio né
mai più possa esser in officio algun de quella cecha.
De le manifature del far di dicti pizoli, sia pagado di
pizoli, i qual pizoli che per i maistri de quella cecha i bavera
habudo per sua manifatura, quelli fuor de la cecha possi
cambiar per oro e per argento chon le condicion infrascripte.
E perchè el non se chunia più de marche III.™ quelli sia
fondudi in tavole, e quelle sia consignade per pexo, chome
se fa a i nostri massari de la cecha del argento, e quelle
sia dade fuora a lavorar ala maistranza e lavorade. E perchè
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 379
nel lavorar di diati pizoli ne va assai in cesare, quelle se possa
refonder tante volte, quanto se salda el conto de le diete
marche III.'" di pizoli fatti, né piii per algun modo se possa
fonder senza licentia de questo conscio, soto pena a quelli
fondadori de ducati cento per un, et d'esser privadi del officio.
Tutti siano tegnudi da questo dì in avanti, fino per tutto
dì XV del presente, portar i pizoli de zascaduna sorta i
haverano alla cecha qui in Veniexia. A Padiia veramente e
a Treviso, ai luogi che sarano ordenadi; a i qual tuti per i
boni pizoli che sarano cernidi dai falsi, serano dadi tanti
pizoli copoludi quanti boni pizoli del nostro cunio passado i
haverano presentado, i qual siano desfati, et de quei poi siano
facti pizoli copoludi in quella somma che parerà a questo
conscio. E i pizoli falsi similiter siano desfati, et la massa
loro sia restituida a quelli de chi la sera.
E passado el termine suprascripto, sì qui, chome in Padoa
et ne i altri luogi nostri predicti, non se possi spender per
algun muodo se non pizoli copoludi et del nostro cunio, soto
pena de perder quelli; et oltra questo, per zascadun pizolo
pizoli 6 per pena, segondo le lege nostre. E i prefati pizoli
copoludi che de cetero se spenderano, non se possino spender
se non a menudo, zoè da soldi 5 et da h in zoso, sotto pena
de perder quelli et el dopiò più per pena. Né in manifature
over altre mercedi da esser pagadi per zascadun modo, over
ad imprestedo o altramente, dicti pizoli copoludi dar a spender
se possino, so la predicta pena. E sia in libertà di chi torà
questi pizoli retegnirli per soi, habiando anchora la pena
ut supra.
I banchieri sì de questa cita, chome de Padoa e d'altri
luoghi nostri dove se spendeno pizoli, non possino tegnir ne
i suoi banchi over altrove questi pizoli, sì in scanuzi come
altramente, né comprar né vender quelli, né dar ad impre-
stedo, over de quelli far marchadantia per algun muodo, soto
la pena et stricture dechiaride de sopra. E questa parte, qui
et ne le altre terre et luogi predicti, debia esser publicada
azò che la sia nota a tutti.
De parte 84; — de non 6; — non sinceri ii.
Senato, Terra, reg. 5, carte 70.
380 LUIGI RIZZOLI
DOCUMENTO VI.
MCCCCLXXXVI, DIE XX DECEMBRIS.
Est magna indigentia obolorum tam in hac urbe quam
in civitate Padiie cum incomodo multo populi minuti deside-
rantis habere ex illis, Eapropter,
Vadit pars, quod auctoritate huius consilii mandetur
massariis nostris ceche argenti ut cudi faciant de presenti
ducatos quadringentos parvulorum sive obolorum predicto-
rum quorum ducati ducenti sint prò hac civitate et alii ducati
ducenti prout videbitur capitibus mittantur ad rectores nostros
Padue dispensandos illi populo cum ordine quod remittant
alterotantas argenteas monetas ad officium ceche prefatum.
(Cons. X., Misti, R. 23, e. 68).
DOCUMENTO VII.
MCCCCXCI, DIE ULTIMA AUGUSTI.
Quia oratores fidelissime communitatis nostre Padue; ad
presentiam capitum huius consilii comparentes post decla-
ratam necessitatem, et incomodum quam et quod patitur ille
fidelissimus populus ob defectum obolorum , supplicarunt
provideri de obolis, et de tali sorte obolorum qui non possint
ab falsificatoribus viciari cum consequenti multiplicatione, cum
damno postea dictorum fidelium, Eapropter
Vadit pars; quod auctoritate huius consilii, captum et
deliberatum sit, quod in cecha nostra cudi debeant modo et
in futurum bagatini sortis et qualitatis nunc huic Consilio
ostense, que est valute duodecim ad marchetum, quia sunt
ex ramine puro, expendendi in Padua et paduano territorio
ad nationem predictam duodecim ad marchetum, et fiant
cum imagine Sancti Marci in forma leonis ab uno latere et
cum una cruce ab altero, sicuti etiam concessum fuit Vero-
nensibus. Et prò nunc mandetur cudi et mitti ad cameram
nostram Padue ducatos ducentos cum ordine et mandato ad
illos rectores nostros, quod remittant ad capita et camerarium
huius consilii alterotantas monetas auri vel argenti.
(Cons. X, Misti, F. 5).
NUOVO CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA 381
DODUMENTO Vili.
M.D.III, DIE ULTIMA MARTII.
Quod fidelissime comunitati nostre Padue: ita supplicanti
prò opportunitatibus mentis pietatis Padue concedatur et ita
mandetur camerario huius consilii: quod cudi facere debeat
in cecha nostra ducatos centum obolorum ad solitam stampam,
dantibus ipsis oratoribus, sicut se offerunt, ducatos centum
ad incontrum.
(Con. X, Misti, F. 15).
DOCUMENTO IX.
M.D.XIX, DIE XII OCTOBRIS.
Battandosi sulla cecha nostra bagatini de rame Zalo, tuti
de uno medemo peso et precio, per Padoa:T\:^N'\?>Q\ Zara.:
Spalato: Sibinico: Liesna: Antivari et Trahu. Quali tuti sonno
de diverse stampe, et per la diversità de stampe quelle se
fano con grande spesa dispendio et fatica, si come bora està
dechiarito : et essendo al tuto necessario proveder. Si per
evitar la spesa: come etiam per la commodita de i populi. Pero
Landara parte: che per auctorita de questo Conseio, tute
octo diete diverse stampe de bagatini che sonno de una
medesima charata, peso: et precio, se debano batter et far
de una sola stampa la qual sia da una banda San Marco in
soldo e dalaltra la nostra Dona dela instessa grandeza, qualità
et sorte se battevano in dieta Cecha et bora està monstrada
a questo Conseio. Et azo la presente deliberation sortisca
votivo effecto, sia preso: Che per el cassier de dicto conseio
sia comprado rame Zalo per la summa de ducati cento. Qual
rame sia posto in Cecha, et desso batudo li dicti ducati cento
in tanti bagatini dela stampa soprascrita, et cussi habia ad
continuar battendo ogni mese ducati cento et non pini per
fina che altro sarà deliberato per questo Conseio. I qual
ducati 100 romagnir debano al continuo in deposito in essa
cecha nostra, azo che dicti bagatini possine sempre haverli
senza difficulta, ne obstaculo alcuno.
(Cons. X, Misti, R. 43, e. 77).
DE L'UTILITÉ SCIENTIFIQUE
DES COLLECTIONS
DE MONNAIES ANCIENNES (0
Notre grand moraliste La Bruyère, voulant railler la
Curiosité, qui '" n'est pas un goùt pour ce qui est bon ou
ce qui est beau, mais pour ce qui est rare, unique, pour ce
qu'on a et ce que les autres n'ont point „, met en scène le
curieux de médailles, Diognète: " Pensez-vous, dit-il, qu'il
cherche à s'instruire par les médailles, et qu'il les regarde
comme des preuves parlantes de certains faits et des monu-
ments fixes et indubitables de l'ancienne histoire? rien moins.
Vous croyez peut-étre que toute la peine qu'il se donne pour
recouvrer une téte vient du plaisir qu'il se fait de ne voir
pas une suite d'empereurs interrompue? c'est encore moins:
Diognète sait, d'une médaille, le frust, le feloux et la fleur
de coin; il a une tablette dont toutes les places sont garnies,
à l'exception d'une seule: ce vide lui blesse la vue, et c'est
précisément, et à la lettre, pour le remplir qu'il emploie son
bien et sa vie. „
Cette mordante satire emprunte encore un surcroìt
d'ironie à la place qu'elle occupe dans le chapitre de La
Mode, où le curieux de monnaies anciennes a son rang
marqué entre le fleuriste " qui a pris racine au milieu de
ses tulipes „, l'amateur de prunes et le collectionneur de
papillons et de serins.
La Bruyère, Messieurs, tout en fustigeant de la belle
fa^on les frivoles antiquaires de son temps qui possédaient
(i) Discorso pronunciato alla Seduta generale del Congresso della
Società d.egli Scienziati, tenuta a Parigi il 24 aprile 1897 (N. d. R.)
384
ERNESTO BABELON
des médailliers pour étre à la mode, a donne, en deux mots,
avec le bon sens qui caractérise le genie, la définition de ce
que doivent étre les monnaies anciennes pour tout esprit
sérieux et éclairé: " des preuves parlantes de certains faits,
des monuments fixes et indubitables de l'ancienne histoire. „
Ce n'est pas dans une assemblée d'elite comme la vótre,
Messieurs, dans cette réunion solennelle des savants de la
France entière, dans ce vaste amphithéàtre de la science,
que la démonstration de cette vérité devrait étre présentée,"
si je ne m'étais simplement propose pour but de me faire,
en peu de mots, l'interprete de votre réponse au public, qui,
d'ordinaire, visite pour se distraire nos musées de province
et qui voit, sans en bien comprendre l'utilité scientifique, les
lépidoptères et les serins empaillés, parfois méme des herbiers
où la tulipe est en honneur, còtoyer une vitrine plus humble,
où quelques médailles, les unes frustes, les autres à fleur de
coin, ont marqué leur silhouette au milieu d'un champ de
poussière protectrice. Il est tenté de considérer cette sèrie
numismatique comme un amas de petites curiosités, des spé-
cimens d'un genre d'objets qu'il est bon d'avoir parce qu'il faut
un peu de tout dans un musée bien compris; des échantillons
d'un rang à peine un peu plus relevé que les collections
voisines d'ex libris, de timbres-poste ou de boutons d'uniformes.
Ce qui, d'ailleurs, explique cette opinion d'une partie du
public, c'est qu'il se rencontre encore aujourd'hui — avouons-
le — parmi les amateurs de monnaies anciennes, pas mal
de Diognètes, les uns, spéculateurs intéressés, les autres,
ignorants autant que passionnés, à la merci des brocanteurs
et des faussaires, — qui sont, en face de leur propre mé-
daillier, comme Tamateur de livres qui ne lit jamais, ou comme
un voyageur qui ne prendrait pas de notes au cours de ses
pérégrinations. J'en connais qui, ne s'attachant qu'au petit
coté de la numismatique, sont au comble de la joie lorsqu'ils
ont rencontre une incorrection dans une legende monétaire,
ou bien une téte imperiale tournée à droite au lieu d'étre à
gauche, pareils en cela au bibliophile transporté d'aise quand
il a découvert, dans la bonne édition d'un vieux livre, les
trois coquilles typographiques qui ne se trouvent pas dans
la mauvaise.
DE l'utilité scientifique des collections, ecc. 385
Et puis, un esprit superficiel est naturellement porte à
assimiler les monnaies anciennes à celles qui circulent jour-
nellement dans nos mains, et il ne saisit guère de quelle
utilité seraient ces dernières pour écriie l'histoire contem-
poraine.
Nous verrons tout à l'heure, Messieurs, que cette assi-
milation n'est pas entièrement conforme à la réalité; mais,
si vous le voulez bien, acceptons-la provisoirement et plagons-
nous, par rapport à notre numéraire circulant, dans la situation
où nous nous trouvons, par exemple, vis-à-vis des monnaies
que nous ont laissées les Romains et les Grecs.
Transportons-nous par la pensée dans un avenir lointain;
franchissons les siècles et supposons que, dans deux mille
ans d'i ci, des savants cherchent à reconstituer l'histoire de
notre civilisation. alors que le tempus edax rerum aura
englouti nos monuments de tonte sorte, et qu'il ne resterà
plus, de nos oeuvres de l'art et de l'intelligence, que des
ruines, des débris et des tombeaux: voici tout à coup un
numismate de ce temps — il y en aura toujours — entre
les mains duquel tombe une pièce de / francs, au millèsime
de 1878. Que lui apprendra cette monnaie? Il est aisé de
démontrer qu'armé de la critique la plus rigoureuse, il en
tirerà des éléments propres à enrichir le domaine de toutes
les branches des sciences historiques et économiques.
La legende République frangaise lui apprendra quelle est
la forme actuelle de notre gouvernement, et s'il a déjà rangé
dans son médaillier un nombre raisonnable de monnaies de
notre XIX*" siècle, il constaterà que notre regime politique
a changé souvent; il pourra mème préciser la durée de chaque
regime, l'epoque de nos trop fréquentes révolutions.
L'inscription du revers, Libertè, égalité, fraternité, lui
indiquera quel est l'idéal social que nous poursuivons, et
peut-étre que les lambeaux de littérature que sa perspicacité
saura confionter avec cette devise lui donneront à presumer
que nous avions bien encore quelque progrès à faire pour
en atteindre la parfaite réalisation.
Le type de l'Hercule debout entre la Justice et l'Equité,
ressouvenir de la mythologie romaine, lui donnera quelque
idée des tendances philosophiques de notre siècle, en lui
49
386 ERNESTO BABELON
démontrant que nous préférons ces allégories paiennes aux
emblèmes de notre propre religion ou de notre histoire
nationale.
Peut-étre s'étonnera-t-il que l'inscription Dieu protège la
France ait été gravée sur la tranche, dans le voisinage de
THercule; il pourra toutefois, après un compliment mérité à
la logique de notre entendement, en déduire le principe
fondamental de nos conceptions religieuses et morales.
La marque de valeur / francs lui fera connaitre notre
système monétaire, s'il veut bien peser la pièce. En consultant
son médaillier, il s'apercevra que la frappe de la pièce de
/ francs est suspendue chez nous depuis 1878, ce qui lui
servirà d'argument pour disserter sur la question du mono-
métallisme et du bimétallisme, qui, sans doute, ne sera pas
encore épuisée.
La suite des monnaies du XIX*^ siècle lui permettra de
mieux comprendre la valeur réelle et relative des choses à
notre epoque, d'interpréter avec plus d'assurance les comptes
et les marchés dont le texte aura réussi à se conserver
jusqu'à lui. Pour l'histoire de notre droit public, il constaterà
que la République frangaise ne donne pas à ses Présidents
le droit d'effigie qu'ont eu nos souverains. Quel jugement
portera-t-il sur la finesse et l'acuite de notre esprit s'il
parvient à trouver la clef du rebus qui s'étale dans le champ
de nos pièces d'or, sous l'image du coq gaulois?
Je passe sous silence, Messieurs, bien d'autres considé-
rations, et je vous laisse le soin de compléter par vos propres
réflexions tonte la portée historique que nos monnaies
actuelles, ce banal instrument de nos échanges quotidiens,
si i)duvre comme invention et comme art, pourrait avoir
dans un lointain avenir et dans une situation scientifique
comparable à celle qui nous a été faite vis-à-vis de l'antiquité,
par le temps et les révolutions des siècles.
Avant que j'aie esquissé à voi d'oìseau cette rapide
comparaison, vous aviez déjà, Messieurs, reconnu par votre
propre expérience que les monnaies anciennes sont des
témoins oculaires et officiels, appelés sans relàche à déposer,
dans la vaste enquéte entreprise à des points de vue divers,
par l'ensemble des sciences historiques, sur le passe de
DE l'uTILITÉ SCIENTIFIQUE DES COLLECTIONS, ECC. 387
l'humanité. Voilà la raison de la présence de ces témoins,
de ces pièces à conviction dans nos musées; voilà pourquoi
nous recherchons aujourd'hui la modeste drachme qui cir-
culait de main en main sur l'agora, le moindre denier qu'on
échangeait sur le forum ou dans les camps, — comme un
document authentique, contemporain, le seul témoin, parfois.
qui nous serve à préserver un événement historique de la
profanation de Toubli.
Nos n'.onnaies modernes sont fìxées pour une longue
période d'années dans des types de convention qui ne
changent guère; les mémes emblèmes et les mémes légendes
se perpétuent aussi longtemps que dure un regime politique:
on modifie seulement la date et les différents monétaires.
Tout autres étaient les usages de l'antiquité qui, presque
partout, a fait de sa monnaie non seulement un instrument
pour les échanges, mais en méme temps une médaille com-
mémorative destinée à fixer dans la mémoire des peuples
le souvenir des événements heureux de leurs annales. De
là, dans les coins monétaires, des changements incessants,
une prodigieuse variété de types qui s'accroìt encore par la
multiplicité des ateliers et par l'imperfection matérielle de
l'outillage qui ne permettait pas de frapper un grand nombre
de pièces avec les mémes matrices.
Pour le monde grec seulement, nous connaissons pré-
sentement cinq à six cents rois ou dynastes, et près de 1,400
villes qui ont frappé monnaie dans ces conditions d'inépuisable
fécondité et de renouvellement continu, et les produits d'un
grand nombre de ces ateliers s'échelonnent chronologique-
ment depuis le VIP siècle avant notre ère jusqu'au IIP siècle
après Jésus-Christ.
A Rome, la diversité des types monétaires est non moins
grande et non moins instructive. Plus de dix mille symboles
différents ont été relevés sur les deniers que le triumvir
monétaire Lucius Calpurnius Piso fit frapper dans une séule
année, en 89 avant notre ère, et ses deux collègues dans
les mémes fonctions n'ont pas fait graver un moins grand
nombre de coins. Il fallait la coopération d'une véritable
armée d'ouvriers pour monnayer les espèces nécessaires à
la circulation generale; à tei point qu'un jour, sous le règne
388 ERNESTO BABELON
d'Aurélien, une rébellion ayant éclaté dans les ateliers de la
Monnaie de Rome, les monétaires s'y trouvaient si nombreux,
que la repression du désordre coùta la vie à sept mille soldats.
Une ville comme Ephèse, par exemple, frappe monnaie
durant l'espace de huit siècles et demi et produit plusieurs
centaines de types monétaires différents. Si vous les disposez
dans l'ordre des temps, vous pourrez suivre pas à pas l'histoire
de Tart dans la capitale de l'Ionie; vous assisterez à ses
débuts, à son épanouissement, à sa décadence; vous contem-
plerez, se déroulant sous vos yeux, l'imposante théorie des
dieux honorés dans cette ville, l'Artémis éphésienne et ses
symboles. Zeus Yetios, Apollon Hikésios, Apollon Embasios;
des divinités allégoriques comme le dieu du mont Pion, les
dieux fleuves Kaystros, Kenchrios et Marnas; différents
épisodes des légendes relatives à l'établissement des loniens
en Asie Mineure; Coresos, un des fondateurs mythiques du
tempie d'Artémis, et jusqu'à Héraclite, le philosophe de la
mélancolie.
Pour l'histoire politique, vous en suivrez toutes les
phases par les monnaies qui montrent Ephèse subissant tour
à tour la suprématie athénienne ou la domination des Perses,
s'alliant avec Rhodes, Cnide et Samos, ballottée entra la
tyrannie et la démocratie, frappant ensuite au nom d'A-
lexandre, de Lysimaque, des Séleucides, des Ptolémées;
prenant au gre de ses maìtres successifs les noms d'Arsinoé
et d'Eurydicée, retournant à son nom d'Ephèse, ouvrant son
atelier aux rois de Pergame, affirmant son alliance avec
Mithridate, enfin accueillant dans son port la galère qui
portait le proconsul romain. Un grand nombre de ces événe-
ments, dont le souvenir est consacré par les monnaies, ne
sont connus, précisés ou datés que par elles.
Dans l'ordre économique, nous voyons Ephèse adopter
tour à tour, pour la taille de ses espèces, suivant les avantages
de son commerce extérieur, le système phénicien, le système
rhodien, le système attique; nous constatons des associations
commerciales dont l'histoire, sans les monnaies, n'aurait nul
souvenir: alliance d'Éphèse avec Aradus de Phénicie, avec
Alexandrie d'Égypte, avec Cyzique, Smyrne, Mytilène, Per-
game et vingt autres villes; sous nos yeux se forment et se
DE l'uTILITÉ SCIENTIFIQUE DES COLLECTIONS, ECC. 389
dénouent, au gre des intéréts ou sous la pression des événe-
ments, ces ligues hanséatiques, dont le moyen àge n'eut pas
le secret, et dont l'histoire est encore à écrire.
Et quant aux annales municipales d'Ephèse, les bases
essentielles en sont constituées par la serie — qui s'accroìt
chaque jour — des prytanes éponymes dont les noms, au
nombre de près de quatre cents, ont été jusqu'ici relevés sur
les monnaies.
Éphèse, Messieurs, n'est pas une exception. Parcourez,
comme Anacharsis, toutes les contrées du monde hellénique:
partout, aussi bien qu'à Éphèse, — à Smyrne, Alexandrie,
Antioche, Athènes, Corinthe, S3Tacuse, — enfin à Carthage
et à Rome, vous trouverez dans les monnaies le reflet des
commotions politiques, de l'histoire de l'art, de la vie muni-
cipale, de l'activité commerciale, du rayonnement au dehors;
de cette diversité d'institutions, d'usages, de traditions locales;
de cette décentralisation, en un mot, qui est pour un peuple
— l'histoire de la Grece le démontre avec éloquence — la
meilleure condition du progrès social.
Si Éphèse nous donne le nom de ses prytanes éponymes,
dans d'autres villes, la monnaie est signée par le stratège,
le grammateus, le boularque, l'éphore, le tamias, l'archiéreus,
le stéphanophore ou surintendant des sacrifices, l'agonothète
ou président des jeux publics, le théologos ou interprete des
oracles, l'archiatre ou chef des médecins; il y a mème de^
villes où les monnaies nous apprennent que les femmes
pouvaient ètre investies des plus hautes fonctions publiques.
Partout les dieux et les héros de chaque contrée vivent
et s'agitent en des milliers d'épisodes. Jetez un regard sur
la numismatique de la Créte: cinquante villes au moins de
cette ile fameuse y sont représentées, et quelle variété de
types mythologiques! La naissance de Zeus dans la grotte
du mont Ida; Minos, le premier législateur; Thésée, le
labyrinthe, le Minotauro, le géant Talos, précurseur des
modernes Crétois, qui brandit une pierre et fait trois fois par
jour le tour de l'ile, pour empècher le vaisseau des Argo-
nautes confédérés d'y aborder.
Vous parlerai-je à présent des monnaies de la Thessalie,
de la Béotie, de l'Argolide? Ces dernières, avec Héra et ses
390 ERNESTO BABELON
symboles, Apollon Lykios, le combat de Danaos et de Gelanor
pour la domination du Péloponèse; la touchante histoire de
Cléobis et Biton traìnant eux-mémes le chariot sur lequel
leur pieuse mère est assise pour se rendre au tempie d'Héra.
En Arcadie, c'est Ulysse, arme d'un aviron, qui cherche
l'homme mystérieux que lui a désigné Tirésias; à Syracuse,
c'est la nymphe de la fontaine d'Ortygie qui a si divinement
inspiré à la fois les poètes et les artistes graveurs des coins
monétaires. A Neapolis, à Terina, à Tarente, ce sont les
sirènes Parthenopé, Ligea et le jeune Taras sauvé par un
dauphin. Vous citerai-je enfin, à une autre extrémité du monde
grec, le géant Ascos à Damas, les Tables ambrosiennes à
Tyr, les dieux syriens aux formes si étranges, au eulte si
monstrueux?
N'est-il pas intéressant de retrouver en images, sur les
monnaies d'une ville perdue de la Paphlagonie, Abonotheicos,
le eulte du serpent qu'un imposteur du IP siècle de notre
ère, Alexandre, avait réussi, à Faide de bons tours de ma-
gicien, à introniser dans cette contrée? Vous vous souvenez
des persécutions sanglantes que les rois de Syrie, surtout
Antiochus IV Epiphane, firent endurer aux Juifs réfractaires,
et les déportations qui s'ensuivirent. Des familles juives furent
ainsi transplantées jusqu'à Apamée en Phrygie; elles finirent
par s'accommoder de cet exil où elles prospérèrent tant et
si bien, que trois cents ans plus tard, au temps de Septime
Sevère, elles y avaient acclimaté les traditions bibliques
elles-mèmes: on racontait que l'arche de Noè s'était arrétée
au plus haut sommet des montagnes voisines, et, pour que
personne n'en pùt douter, des monnaies furent alors frappées,
sur lesquelles on voit Noè et sa femme dans l'arche, et
donnant à la colombe son libre essor.
A peu près tout ce que nous savons des tribus de la
Macédoine et de la Thrace avant Philippe — les Bisaltes,
les Edones, les Odomantes, les Odryses, les Paeoniens —
nous est révélé par leurs grandes et curieuses monnaies,
d'un art si rude, si vigoureux, si expressif. Ailleurs, c'est le
nom d'un fleuve, comme le Rheon, à Hipponium, ou celui
d'un port, comme le Lacydon à Marseille, qui nous sont
révélés, ou bien c'est le nom méme d'une ville et de son
DE l'uTILITÉ SCIENTIFIQUE DES COLLECTIONS, ECC. 39I
emplacement. Une quinzaine, au moins, des rois de la Bac-
triane ne nous sont connus qua par leurs espèces. La chro-
nologie des rois de Sidon, de Byblos et des villes de l'ile
de Chypre n'a pu étre constituée que par les monnaies.
L'histoire des dynastes de la Cilicie, de la Pamphylie, de la
Lycie, de la Carie, de la Cappadoce n'a pas de plus solide
fondement que les monnaies, qui complètent, éclairent le
récit des auteurs et permettent de vérifier leurs assertions
plus ou moins controversées.
Vous vous rappelez que Thémistocle, convaincu de
trahison, dut quitter la Grece et se réfugier sur le territoire
de l'empire perse. Artaxerxès, dit Plutarque, accueillit avec
empressement le general athénien, et, pour le récompenser
d'avoir deserte la cause hellénique, il lui donna trois villes
d'Asie Mineure, qui lui fournirent Fune son pain, l'autre son
vin, et la troisième sa viande. On pouvait attribuer à ce
récit traditionnel un certain caractère légendaire qu'un
historien austère eùt été tenté de répudier: quelle ne fut pas
la joie du numismate entre les mains duquel, il n'y a pas
quarante ans, tomba une monnaie d'argent portant le nom
de Thémistocle, et frappée à Magnèsie, Fune des villes
données par le grand Roi à l'illustre fugitif?
Cent vingt-trois ans avant notre ère, le roi de Syrie,
Alexandre Zebina, assiégé dans Antioche et réduit aux
expédients, prit le parti d'aliéner, pour payer les troupes
qui lui restaient, le trésor du tempie de Zeus, et il alla
jusqu'à enlever la Victoire en or massif que la statue colos-
sale du dieu tenait sur sa main tendue en avant. Il essaya
méme, raconte Justin, de justifier ce sacrilège par une
raillerie, en disant qu'il acceptait la Victoire que le dieu
daignait lui offrir. Y avait-il dans ce récit quelque amplifi-
cation anecdotique de la part de l'auteur latin? on pouvait
le soup9onner jusqu'à l'epoque, tonte recente, oij il m'est
parvenu un exemplaire de la monnaie d'or que Zebina fit
Trapper; elle a pour type la statue méme de Zeus tenant la
Victoire d'or sur sa main, et le caractère exceptionnel de
cette pièce est encore mis en évidence par l'absence de tout
monnayage d'or en Syrie, dans le siede qui précède ou celui
qui suit le règne de Zebina.
392 ERNESTO BABEI.ON
Quand Mithridate, voulant chasser les Romains de l'O-
rient, fit alliance avec Ephèse, avec Athènes, avec les Italiens
méme, les révoltés de la guerre Sociale, il envoya des
subsides en or à tous ses alliés pour les aider à faire leurs
préparatifs de guerre; eh bien, nous possédons de rares
pièces d'or d'Ephèse, d'Athènes et des insurgés italiotes, qui
sont, dans nos médailliers, les irréfragables témoins du projet
vaste et bardi qu'avait confu le genie du redoutable adver-
saire de Lucullus et de Pompée.
A qui la reine Philistis de Syracuse doit-elle sa célébrité,
sinon à ses monnaies, où elle nous apparatt gracieuse et
voilée comme une Madone de la Renaissance? Que saurions-
nous de la plupart des villes de la Sicile et de la Grande
Grece avant Pyrrhus et les guerres puniques? Fort peu de
chose, sans ces admirables séries monétaires qui racontent
leur fondation, leurs légendes, leurs annales, les jeux publics
qu'elles célébraient périodiquement comme nos Expositions
universelles ou régionales; leur art enfin, si fécond dans ses
conceptions, oìi toujours la gràce exquise s'allie à la noblesse
de l'expression, à la pureté des lignes, à l'équilibre parfait
de la composition.
Comment parler dignement devant vous, Messieurs, de
ces médailles que vous connaissez tous, que les Grecs ont
faites si belles, et qu'ils ont — mus par un sublime instinct
d'immortalité — jetées à poignées, comme un solennel défì
aux artistes de tous les àges futurs; de ces médailles dont
le charme intraduisible émeut toujours, soit qu'on se contente
des impressions fugitives et superficielles du dilettante, soit
qu'il s'agisse des études approfondies de l'érudit. Ne vous
semble-t-il pas, Messieurs, que la Grande Grece et la Sicile
étaient alors le théàtre merveilleux d'un miracle qui ne s'est
renouvelé qu'une fois dans les annales de l'humanité? C'est
à l'epoque de la Renaissance, alors que chaque ville, chaque
bourgade de l'Italie avait ses écoles d'artistes en tous genres
et ses Mécènes, assistait à cette émulation d'ateliers, source
du progrès, qui a fait éclore tant de chefs-d'oeuvre éternels!
CEuvres d'art par elles-mémes, les monnaies antiques
nous conservent l'image et le souvenir des autres oeuvres
d'art, dans le domaine de la sculpture ou de l'architecture.
DE l'utilité scientifique des collectiOxNs, ecc. 393
Les primitifs essais de la sculpture grecque, ces bornes plus
ou moins grossièrement équarries. images des dieux dont
on voyait encore, du temps de Pausanias, des échantillons
traditionnellement conservés dans les plus vieux sanctuaires
de la Grece, ces brutales et curieuses images, dis-je, nous
les voyons reproduites sur les monnaies. A Byzance, Apol-
lonie, Mégare, c'est un cippe allongé, la première image de
TApoUon des carrefours; à Pergé, à lasos, c'est Artémis
sous l'aspect d'une poupée enfantine affublée d'ornements.
Voici venir, à présent, des représentants des différentes
écoles. Le premier sculpteur de Fècole d'Egine, Smilis, avait
exécuté pour l'Héraion de Samos une statue que nous
montrent les monnaies de l'ile. Un tétradrachme athénien
nous donne quelque idée de ce qu'était la fameuse statue
d'Apollon, érigée à Délos par Tektaios et Angelion. L'Athena
Chalcioecos de Gitiadas, l'Apollon Didyméen, oeuvre de Ca-
nachos, le Zeus Ithomatas du chef de Fècole argienne,
Ageladas; le groupe des Tyranoctones, exécutè en bronzo
par Anténor, au lendemain de la chute des Pisistratides,
figurent sur des monnaies qui suppléent aux description des
auteurs et nous aident à restaurer et à identifier les débris
de sculpture èpars dans nos musèes. Vous y retrouverez
pareillement les plus renommèes des oeuvres de Myron, de
Polyclète, de Calamis, de Phidias, de Praxitèle, de Bryaxis.
On a invoqué avec profit des types monétaires à l'appui des
restitutions qui ont été tentèes de la Vènus de Milo; et,
quand sont venus au Musée du Louvre les dèbris de la
Victoire de Samothrace, ce sont les beaux tétradrachmes de
Dèmètrius Poliorcète qui ont donne une certitude scientifique
à Fassemblage de cet admirable morceau et en ont fixè
rigoureusement la date.
Que de monuments d'architecture seraient, sans les types
monétaires qui les reproduisent, à la merci des restitutions
fantaisistes de notre imagination! lei, nous voyons le tempie
d'Aphrodite à Paphos, avec son pylòne, son parvis, son vaste
pèribole entourè d'un portique, et, au fond du sanctuaire, le
bètyle, image de la dèesse, autour duquel voltigent les
colombes sacrèes; là, c'est le tempie non moins fameux du
mont Garizim, rivai de celui de Jérusalem, sur les cendres
50
394 ERNESTO BABELON
duquel les Samaritains de nos jours vont encore accomplir
leurs pieux pèlerinages.
Voici le tempie rond de Mélicerte, à Corinthe; celili de
Baal, à Eraèse; d'Astarté, à Byblos ; de Vénus, à Éryx, sur
une montagne à pie, dont la base est entourée d'une muraille,
comme une forteresse; voici une vue de l'Acropole d'Athènes,
avec l'Athena Promachos et la grotte de Pan; une vue des
ports de Side, de Corinthe, d'Ostie. Tous les monuments
de Rome défilent sous nos yeux : les temples de Jupiter Ca-
pitolin et de la Concorde, avec leur toit surmonté de statues;
les temples de Janus, de Vesta, de Vénus; les basiliques
Emilienne et Ulpienne. A Tarse, c'est le monument singulier
appelé " Tombeau de Sardanapale „; à Lyon, c'est l'autel
de Rome et d'Auguste; à Antioche, sur le Méandre, c'est
un pont monumentai dont les piles sont surmontées de sta-
tues; ailleurs ce sont des théàtres, des thermes, des viaducs,
des arcs de triomplie, des forteresses. De quelque coté que
nous tournions nos regards^ c'est comme un panorama gigan-
tesque où les graveurs des coins monétaires ont rassemblé,
pour nous en garder le souvenir, tous ces monuments où le
temps et la barbarie devaient porter la sape et le marteau.
Prenez en main la description de la Grece par Pausanias
et rapprochez-en, chemin faisant, les médailles de chaque
ville : vous jugerez combien la narration s'éclaire et prend,
dans cette illustration, une physionomie animée; combien le
langage des images, si petites qu'elles soient, parie mieux
à notre intelligence que la description littéraire la plus fìdèle
et la plus développée.
Voulez-vous savoir ce qu'étaient les vaisseaux des An-
ciens? c'est par centaines que les monnaies grecques et
romaines vous en montrent les variétés et le gréement; vous
y reconnaìtrez, parfois, jusqu'au céleuste assis à la poupe
et battant des mains pour donner aux rameurs le rythme de
leurs chants et la cadence de leurs mouvements. Un historien
militaire désire-t-il se rendre compte du changement de ta-
ctique préconisé par l'Athénien Chabrias? quii regarde la
monnaie du satrape Oronte à Clazomène, oia l'hoplite grec
est figure un genou en terre, la lance en arrét et se couvrant
de son bouclier. L'archer crétois, le frondeur baléare, le
DE l'utilité scientifique des collections, ecc. 395
cavalier numide, le légionnaire romain, les chiens de guerre
du roi des Arvernes, Bituit, les éléphants de Pyrrhus et
d'Annihal forment cent variétés de types monétaires.
Les modes vous intéressent-elles? Voulez-vous connai-
tre les transformation de la coiflure féminine en Grece ou
à Rome, et les suivre, pour ainsi dire à chaque printemps,
comme dans un journal de modes parisien ? voyez, par
exemple, les monnaies de Syracuse, ou celles des impéra-
trices romaines, et vous serez émerveillés de l'infinie variété,
de la science, de l'ingéniosité de ces édifices capiilaires,
toujours élégants, parfois artificiels, entremélés de perles et
de pierreries, soutenus par des sphendonés, des résilles, des
bandelettes, des diadèmes, et qui justifient si bien ce mot
d'Ovide, qu'il serait plus aisé de compter les feuilles d'un
chène ou les abeilles de l'Hybla, que les variétés de coiffures
imaginées par les raffinements de la coquetterie ; mais nous
nous refuserons à croire — parce que les monnaies n'en
disent rien — cet autre poète latin qui accuse des matrones
romaines de Trapper jusqu'au sang de malheureuses esclaves,
pour une seule boucle mal agencée dans l'échafaudage de
leur chignon.
Citerai-je à présent des traits de mcEurs et de caractère,
des jeux de mots, des scènes familières? Considérez, par
exemple, la suite nombreuse des monnaies de la République
romaine. Des magistrats s'exercent parfois au calembour ou
au rèbus: Antistius Gragulus fait graver un geai sur ses
coins monétaires; Malleolus y place un maillet; Furius Cras-
sipes, un pied difforme; Voconius Vitulus, un veau. C'était
de l'esprit facile. Mais que dites-vous de ces austères déma-
gogues, de ces amis des Gracques, de Marius ou de Brutus,
qui se forgent des titres de noblesse sur les deniers dont ils
ont à surveiller l'émission, se targuent de descendre de rois
ou méme de héros légendaires, Numa, Ancus Marcius, Phi-
lippe de Macédoine, Faustulus, uniquement parce que le nom
qu'ils portent semble favoriser ces prétentions aristocratiques?
Tous, ils voudraient avoir pour ami un Horace qui leur chante :
Maecenas, atavis edite regibus,
396 ERNESTO BABELON
et nous, nous penserons avec philosophie, en envisageant
notre histoire contemporaine, que si quelque chose a changé
dans le monde depuis deux mille ans, ce n'est pas, à coup
sur, le eulte des ancètres, méme de ceux qu'on n'a pas.
Après Sylla et pendant tout l'empire, quelle incompara-
ble galene de portraits nous offrent les monnaies! Sans ces
effigies, comment aurait-on pu donner des noms aux statues
de nos musées? Et quant aux revers, ils constituent, par
leur variété et leur précision chronologique, les archives of-
ficielles de l'histoire. Un régne comme celui d'Hadrien, par
exemple, ne compte pas moins de 2,500 revers monétaires
différents, qui se répartissent en 1,600 pièces latines et 900
pieces grecques. C'est donc une galene de 2,500 tableaux
en miniature qui déroulent à nos regards les événements du
règne, nous initient à la vie publique de l'empereur ; nous
le font suivre, étape par étape, dans ses expéditions et ses
nombreux voyages, complètent le récit des historiens, le
rectifient au besoin, ou nous aident à le mieux comprendre.
Tout aussi bien que Thistorie militaire, l'historie écono-
mique, administrative, juridique mème, trouve ici son compte
de renseignements. Si Nerva rend moins tyrannique la per-
ception de la taxe sur les Juifs, les monnaies nous l'appren-
nent par leur legende: Fisci Judaici calumnia sublata; s'il
lève l'impòt sur le transit des marchandises en Italie : Vehi-
culatione lialice remissa, nous disent les monnaies; s'il crée
un magasin de subsistances pour le peuple, des deniers sont
frappés avec la legende : Plebei iirbance frumento constituto.
Antonin le Pieux fonde-t-il, en l'honneur da sa femme Fau-
stine, une institution d'assistance publique : Puellos Fausti-
niance, portent des pièces qui représentent l'empereur et
l'impératrice accueillant des familles d'indigents.
Ce serait, Messieurs, passer en revue les fastes de l'hi-
stoire romaine, année par année, que d'énumérer tous les
revers monétaires; et combien d'entre eux sont encore
inexpliqués et attendent de votre perspicacité leur interpré-
tation scientifique !
Qui de vous, en sa qualité de membre d'une société
savante, n'a eu à dechiffrer quelque bronze toute encrassé
de rouille? Qui n'a eu à désillusionner quelque brave la-
DE l'utilité scientifique des collections, ecc. 397
boreur qui avait ramasse dans son sillon une vieille pièce
qu'il a prise pour le trésor dont parie La Fontaine? Ce ne
sont pas toujours, loin de là, des pièces banales qu'on vous
apporte ou que vous rencontrez chez le bijoutier, et il est bon
d'y regarder de près.
C'est ainsi, par exemple, que l'année dernière, un expert
de Paris mettait en vente, à l'hotel Drouot, un aureiis ro-
main, qu'on venalt de trouver en Égypte, et qui portait le
nom de l'un des tyrans du IIP siede, Saturninus. Que nous
apprenait cette pièce nouvelle? Les historiens nous disent
fort peu de chose su ce personnage, et l'on a méme suspecté
leur véracité. Saturnin, raconte Vopiscus, était né dans les
Gaules, au sein de cette nation agitée et toujours prète à
changer ceux qui détiennent le pouvoir [gens homimim in-
quietissima et avida semper vel faciendi principis vel imperii)
— nous avions dejà cette réputation au IIP siècle. — Auré-
lien l'envoya défendre l'Orient contre les Parthes, mais en
lui interdisant expressément l'accès de l'Egypte où avaient
eu lieu naguère des troubles dont un general ambitieux
aurait pu profiter. La pièce d'or nouvelle, frappée en Égypte,
nous est la preuve indiscutable que Saturnin enfreignit la
défense qui lui était faite et se fit proclamer empereur à
Alexandrie, — en dépit de l'assertion contraire de Vopiscus
qui avait un intérèt personnel à venger la mémoire de Sa-
turnin de l'accusation de rébellion. Voilà donc une médaille
qui vient contróler et rectifier un historien romain, préciser
un épisode des annales obscures du IIP siècle et, du méme
coup, faire tomber les objections de l'hypercritisme allemand
qui allait jusqu'à nier l'existence du tyran Saturninus.
La numismatique gauloise, Messieurs, est peut-étre plus
intéressante encore, puisqu'elle se rapporte aux origines de
notre pays. Dans tous les cantons de la France, on recueille
des spécimens du monnayage de nos ancétres. Si vos mu-
sées en possèdent une suite assez nombreuse, placez-les,
suivant les trouvailles, sur une carte géographique, et vous
serez étonnés vous-mèmes des enseignements que comporte
cette simple disposition matérielle. Vous constaterez, par
exemple, que les tribus de la région danubienne frappent
398 ERNESTO BABELON
des monnaies, qui ne sont que de grossières imitations des
tétradrachmes de la Macédoine ou des statères d'or de Phi-
lippe pére d'Alexandre; que ces imitations se propagent
graduellement à travers le pays des Helvètes, des Séquanes,
des Éduens, jusqu'aux Arvernes qui frappent les beaux sta-
tères au nom de Vercingetorix. Vous aurez trace ainsi avec
ces monnaies, sur la carte de la Gaule, comme une grande
et large voie que je ne puis mieux comparer qu'à la Voie
lactée au milieu de la carte du ciel : c'est le chemin suivi
par le commerce, c'est la route des Gaulois au tempie de
Delphes, c'est la ligne de communication de la Gaule avec
la Grece, c'est-à-dire avec l'un des deux grands foyers de
la civilisation antique. Et jugez de quelle utilité scientifique
peut ètre une pareille constatation pour éclairer des textes
plus ou moins obscurs, ou expliquer certaines découvertes
archéologiques! D'autres monnaies gauloises vous diront le
rayonnement du commerce des colonies grecques de Mas-
silia, de Rhoda, d'Emporiae; elles vous donneront la plus
riche nomenclature de noms gaulois qui existe; elles vous
montreront les Romains s'insinuant lentement dans notre
pays et s'y créant des alliés avant d'en faire la conquète.
Vous savez de méme, Messieurs, tout le parti que la
philologie et la géographie ont tire des 1,200 noms de lo-
calités et des 2,400 noms de personnes qu'on a jusqu''ici
relevés sur les monnaies mérovingiennes; plusieurs d'entre
vous, enfin, ont puisé les plus utiles renseignements sur les
origines de la féodalité dans la numismatique de l'epoque
carolingienne. Sans doute, la numismatique du moyen àge
ne saurait étre comparée à celle de l'antiquité, parce que les
types monétaires s'immobilisent et que les documents écrits
sont trop nombreux pour qu'on puisse espérer combler des
lacunes historiques par les monnaies. Aussi est-ce à un autre
point de vue qu'il faut se piacer pour en tirer un parti scien-
tifique. L'histoire monétaire a, par elle méme, son attrait et
son importance; et puis n'est-il pas nécessaire à l'historien
et à l'economiste, par exemple, de savoir exactement ce
qu'étaient les variétés d'espèces monétaires qu'ils trouvent
mentionnées dans les cextes: le parisis, le tournois, l'agnel,
^
» DE l'uTILITÉ SCIENTIFIQUE DES COLLECTIONS, ECC. 399
le florin, le frane, l'esterlin, le gros, la pougeoise, le ducat,
le sequin, la pistole, le marabotin, pour ne citer qu'un bien
petit nombre d'espèces, comparativement à toutes celles qui
furent en usage, Combien de gens s'imaginent que les mon-
naies d'or et d'argent de Philippe le Bel sont en metal altère,
parce qu'il est de mode de donner à ce prince l'épithète de
faux monnayeur!
Mais voici, Messieurs, que nous touclions au seuil des
temps modernes: le moment est venu de clore cette causerie
un peu austère. Lorsque M. le Ministre de l'Instruction pu-
blique, par une insigne et trop bienveillante faveur, me fit
l'honneur, il y a quelques semaines, de me designer pour
prendre la parole dans cette solennelle réunion, et voulut
bien m'inviter à occuper cette place où m'ont précède tant
d'hommes èminents ou illustres, je me suis demandè, non
sans inquiètude, de quel sujet je pourrais vous entretenir.
Au risque de paraìtre précher pour mon saint, j'ai pensè a
faire de la numismatique le terrain neutre sur lequel toutes
les Sociètès savantes ne refuseraient pas de se rencontrer
et de se donner la main. Figure de second pian, la numi-
smatique se plaìt à étre l'humble servante de toutes les
branches des sciences historiques qui ont en vous leurs re-
présentants les plus autorisès. En ce temps de recherches
précises et de sevère critique, où chacun est force de s'en-
foncer dans une spècialitè étroite, parce qu'il vaut mieux
ètre profond sur un point que superficiel en toutes choses,
une collection de monnaies anciennes est la source historique
où chaque spécialiste est assuré de trouver quelque èlèment
utile à ses recherches. Voilà pourquoi je souhaiterais de voir
les sèries numismatiques se développer dans nos musèes de
province: tout le monde y trouverait son profit: artistes et
historiens, èrudits et dilettantes, économistes, gèographes,
philologues, moralistes; car ce microcosme des mèdailles —
j'aurais voulu le dèmontrer plus amplement — est bien la
plus complète et la plus fidèle èvocation du passe que nous
procurent les sciences historiques.
N'avons-nous pas, Messieurs, tous tant que nous som.
mes, pris plaisir, dans notre jeune àge, à feuilleter maintes
400 ERNESTO BABELON
et maintes fois quelqu'une de ces Bibles d'images qui, en
nous ber9ant des plus délicieux récits, nous initiait à la cul-
ture intellectuelle et morale? Eh bien, Messieurs, je compa-
rerais volontiers un médaillier à une Bible d'images, et si
l'Histoire, come l'a définie Michelet d'un mot sublime, est
une résurrection, une suite de médailles anciennes est la
résurrection du passe par les images.
Ernesto Babelon.
NUMISMATICA e MEDAGLISTICA
DIALOGO.
(i." Direttore della Rivista — 2° Abbonato).
i.° Con questo tempaccio oggi non metteremo certa-
mente il naso fuori dell'albergo. E la vera giornata per una
delle nostre discussioni numismatiche.
2.° Ed io sono felicissimo d'avere un argomento d'attua-
lità, sul quale desideravo appunto di fare quattro chiacchere
con lei, quantunque, a dir vero, una certa esitazione me ne
trattenne finora.
i.° Non capisco l' esitazione, a meno che si tratti di
qualche granchio che io possa aver preso; ma via, parliamo
pure con tutta franchezza; mi troverà sempre remissivo,
quando mi avrà convinto d'aver avuto torto.
2.° Ebbi il 2" fascicolo della Rivista il giorno prima di
lasciare l' Italia, e mi servì da buon compagno di viaggio.
Lo lessi da cima a fondo in ferrovia col solito interesse...;
ma fra due punti dello stesso fascicolo, due punti nei quali
l'autore è sempre il medesimo, mi parve notare una certa
contraddizione, ed è di questa che mi premeva parlare onde
avere qualche schiarimento.
i.° E sarei io l'accusato?
2.° Ella fece la relazione sulF andamento morale della
Società nell'adunanza del giugno scorso, e la recensione della
nuova Gazette numismatique frangaise porta pure la sua firma.
i.° Ciò è verissimo; ma senza qualche spiegazione....
2.° Nella relazione della Società, ella deplorava come
non si sia ancora trovato chi continuasse l'illustrazione delle
medaglie italiane, iniziata dal Comandini. Nella citata recen-
sione invece, ella sembra rimproverare la nuova Gazzetta
51
402 FRANCESCO GNECCHI
perchè accoglie fraternamente sotto il medesimo tetto le
monete e le medaglie, aggiungendo che queste ultime non
debbono far parte della numismatica, e avrebbe desiderato
che, invece di una Gazzetta numismatica, fosse sorta una
Gazzetta medaglistica, la quale avrebbe avuto un campo a
se, completamente libero e differente da quello di tutte le
altre Riviste numismatiche. Ora mi pare che per lo meno ci
siano due pesi e due misure.
i.° La cosa espressa così crudamente come ella ha fatto
presenta certamente gli estremi della contraddizione ; ma mi
pare che in quanto dissi una volta e scrissi l'altra, vi fossero
dei correttivi, di cui bisogna tener conto. Parlando della
nuova Gazzetta francese, dicevo che la medaglistica era stata
finora accolta sotto le ali della numismatica pel solo motivo
di non avere un terreno a sé, e che sarebbe perciò stato
a desiderarsi che la nuova Gazzetta si fosse assunta di fornire
appunto alla medaglistica questo campo proprio ed esclusivo,
liberando così la Revue di un fardello eterogeneo. E questa
rimane sempre la mia opinione. Se poi nella relazione ai Soci
il nostro Consiglio (di cui io non ero che lo speaker) invitava
alla continuazione dell'opera di Comandini nella Rivista,
aggiungeva però anche il correttivo : " visto che non abbiamo
ancora una Rivista speciale dedicata alla Medaglistica. „ E
in ciò veramente non mi pare che ci sia contraddizione.
2.° E lasciamo pure la brutta parola. Scopo mio non
era certamente quello di volerla cogliere in fallo; ma unica-
mente di discutere sulla maggiore o minore giustizia ed
opportunità delFostracismo che ella vorrebbe, almeno teori-
camente, infliggere alle medaglie. Alcune ragioni sono som-
mariamente accennate nella recensione; ma la questione non
è approfondita.
i.° Approfondiamola pure.
2.° Sì, perchè fra la medaglistica e la numismatica io
vedo tali e tanti punti di contatto, e dirò anzi tale parentela,
che mi pare difficile il non tenerne conto, e difficilissimo il
farne una distinzione netta.
i.° Certamente che vi sono punti di contatto, ma come
ve n'ha fra la numismatica e la storia, fra la numismatica
e l'archeologia, senza però che queste scienze, pure sus-
NUMISMATICA E MEDAGLISTICA 403
sidiandosi vicendevolmente , abbiano a confondersi l' una
coir altra.
2.° La parentela nel nostro caso speciale mi pare assai
più stretta che non colla storia e coll'archeologia. Sorpas-
sando alla forma esterna, che assimila nel modo più perfetto
i monumenti che costituiscono l'oggetto della numismatica e
della medaglistica, noi vediamo come ben sovente siano le
stesse effigie, gli stessi stemmi, le stesse rappresentazioni, le
stesse leggende che figurano sulle monete e sulle medaglie.
Abbiamo di più che sovente, anzi il più delle volte, le me-
daglie sono coniate nelle zecche, e sono incise dai medesimi
artisti che apprestano i conii delle monete.
i,° Questi sono però sempre caratteri e motivi esteriori
che, similissimi infatti nelle due serie di monumenti, hanno
portato la confusione nelle idee; ma quando dai caratteri e
dai motivi esteriori passiamo agli interiori, quando cioè,
lasciando la forma, passiamo alla sostanza, non sarà difficile
scoprire l'abisso che separa le due serie. E, per mettere le
cose a posto, incominciamo, se non le dispiace, da una defi-
nizione. Cosa intendiamo noi per moneta? Un pezzo di metallo
d'oro, d'argento o di bronzo, fuso o coniato, in forma gene-
ralmente d'un disco, il quale porta un' impronta che gli con-
ferisce carattere legale per le contrattazioni pubbliche o
private. Questo è il punto interessante, questa è la sostanza,
tutto il resto non è che forma. Ora, ammettendo pure tutte
le somiglianze e le analogie possibili fra le monete e le
medaglie, a queste ultime manca precisamente quel punto
essenziale che costituisce la moneta, il carattere legale per
le contrattazioni. Questo è 1' abisso, che separa 1' una cosa
dall'altra. La Medaglia potrà essere considerata e studiata
sotto il rapporto artistico, storico, iconografico, politico, so-
ciale; ma non mai sotto l'aspetto economico, il quale per le
monete non solo si aggiunge a tutti quelli citati, ma diventa
l'unico indispensabile, e ne forma il to be or not to be.
2° Con queste poche parole ella ha nettamente tracciato
il limite fra l'una cosa e l'altra, non c'è che dire; ma riesce
appunto tanto più strano l'ammettere che esso non sia mai
stato avvertito prima d'ora dai direttori delle riviste numi-
smatiche, che accolsero sempre gli studii di medaglistica e,
404 FRANCESCO GNECCHI
dai conservatori di musei, i quali furono sempre ben felici di
accordare la più ampia ospitalità a questi poveri rejetti del
giorno d' oggi.
i.° Crederei di fare gran torto agli uni e agli altri
accettando tale supposizione.
2.° Eppure il fatto sussiste.
i.° Ne io lo vorrò negare, solo lo spiego. Furono i
caratteri esteriori, ossia le somiglianze della forma e, ag-
giungiamo anche qualche inesattezza linguistica, che fecero
ammettere in origine le medaglie nei gabinetti numismatici.
L'esservi state collocate ab antiquo, fece sì che per forza
d'inerzia si continuasse a conservarvele, ed anzi si tendesse
continuamente ad accrescerne il numero : ed è così che le
vediamo ammesse dappertutto, come vediamo ammessi in
tutte le riviste numismatiche studii di medaglistica, senza
che i due fatti nulla tolgano alla sostanza della cosa, senza
fare cioè che le medaglie non siano che intruse in quella
che noi definiamo la scienza delle monete.... a meno che vi
si volessero includere anche i bassorilievi, le statue e i mo-
numenti in genere.
2.° Questo poi sarebbe troppo.
i.° Lo so bene, ma non ne sarebbe che una necessaria
conseguenza. Infatti cos' è la medaglia?
2.° Un pezzo di metallo monetiforme, fuso o coniato e
destinato a ricordare un personaggio od un fatto.
i.° La definizione non è certo esattissima; quantunque
sia a un dipresso quella che troviamo nei trattati, nei ma-
nuali o nei vocabolarii. Ma ci sono dei ma e dei se. In primo
luogo, quantunque la parola Medaglia pare tragga la sua
origine da Metallo, non mi pare che 1' essere di metallo ne
sia una condizione necessaria, dal momento che non ha per
iscopo di servire per gli scambi. La moneta che ha tale
scopo deve essere d'oro, d'argento o di bronzo....
2." O di nichelio.
i.° Vada anche pel nichelio, e aggiungiamovi pure anche
il platino, se le fa piacere, intendendo tutti quei metalli che
sono ammessi per lo scambio sotto l'egida di una pubblica
impronta. Le medaglie, come si possono fare di questi me-
talli che chiameremo legali, si possono anche fare di piombo,
NUMISMATICA E MEDAGLISTICA 405
di Stagno, d'alluminio o di qualunque altra lega ; e chi mi
potrebbe proibire di farle con qualunque altra materia, per
esempio colla lava del Vesuvio, visto che la materia non ha
alcuna influenza sulla loro essenza, come nessuna ne hanno
il valore intrinseco, il peso o la dimensione? Ammesso ciò,
se mi venisse il capriccio di fare una medaglia di ferro fuso
del diametro di un metro e del peso di un quintale o di una
tonnellata, cesserebbe perciò d'essere una medaglia? No
certamente. E non diamo noi il nome di medaglione — la
quale parola infine non è che l'amplificativo di medaglia —
a un basso rilievo di marmo o di bronzo che orna un monu-
mento o alle terre cotte di Luca della Robbia, che ornano
l'ospedale degli Innocenti a Firenze?
2.° Adagio, adagio, che forse corriamo troppo. Quello
che noi chiamiamo medaglione e che può essere di bronzo,
di marmo o di terra cotta o di qualunque altra materia è
ben distinto dalla medaglia, prima di tutto per le dimensioni
molto maggiori e poi per avere una sola faccia.
i.° Le dimensioni d' una medaglia nessuno le ha mai
determinate; e, quanto alle faccie, è proprio una condizione
necessaria della medaglia quelle d' averne due? Io mi per-
metterei di porlo in dubbio.
2.*^ Quando la medaglia, che sta in certe proporzioni, ha
una sola faccia, prende il nome di placchetta.
i.° E sta bene che prenda questo nome speciale, e poco
italiano per giunta; ma cessa per questo d'essere una me-
daglia? Io crederei di no, tanto è vero che di diverse me-
daglie furono tirati esemplari col solo dritto e senza rovescio.
In questo caso si tratta, se vogliamo, d' un oggetto o d' un
esemplare incompleto; ma sempre però di una medaglia.
2,° Certo che le linee di demarcazione qui non si possono
tracciare colla precisione e colla nettezza con cui si è tracciata
quella fra la moneta e la medaglia. Ma, andando di questo
passo, un basso rilievo che orna ad esempio la base di un
monumento, qualunque ne sia la materia e la forma, cadrebbe
nella categoria delle medaglie o almeno sarebbe un quid
che dalla medaglia nettamente non si distinguerebbe.
i.° Ella segue logicamente il mio ragionamento, e della
giustezza di questo, le posso fornire una prova fresca fresca.
406 FRANCESCO GNECCHI
Nel secondo fascicolo della Gazette numismatique, giunto
appena jeri, l'articolo d'onore è dedicato al Sig. Roty. Ora
il Sig. Roty, essendo incisore, incise delle medaglie, delle
placchette e degli oggetti artistici, come ad esempio, un
braccialetto. Ella probabilmente si sarebbe accontentata di
ospitare le medaglie in un periodico numismatico.... Ebbene
alle tavole VII, Vili e X sono riprodotte le placchette, e alla
tavola X fa la sua apparizione anche il braccialetto.... E
difatti, perchè non lo si può considerare una placchetta come
le altre? E se, variate le dimensioni, lo stesso bassorilievo
fosse il fregio di un camino, quali minori diritti avrebbe alla
sua illustrazione?... In breve, eccoci arrivati senza saperlo e
più presto di quanto avrei immaginato, al busto, alla statua,
al monumento..., ed anzi, ora che il braccialetto me ne sug-
gerisce l'idea, dico anche: a qualunque oggetto di oreficeria
artistica.
2.° Decisamente la Gazzetta ci ha fornito un esempio
pratico di quanto mi pareva un volo della sua fantasia. A
me non era mai passato per la mente che alcuno potesse
intendere d'ammettere bassorilievi, statue e monumenti nei
gabinetti numismatici, e le relative illustrazioni nelle nostre
riviste.... ma ormai vedo che ci siamo; e tanto più è neces-
sario quindi di porre un argine a tale dilagamento. Bisogne-
rebbe trovare una definizione della medaglia, che ne circo-
scrivesse ragionevolmente i limiti entro i quali essa potesse
estendersi, senza degenerare.
i.° È un problema molto difficile; e temo che una defi-
nizione rigorosamente precisa non si possa dare, non poten-
dosi circoscrivere della medaglia che i confini dello scopo,
mentre rimarranno sempre vaghi quelli della forma, della
materia e delle dimensioni. — Ma, per arrivarci in qualche
modo, non sarà male farne prima un po' di storia, e vedere
cosa veramente la medaglia sia e quale ne sia stata l'origine.
La medaglia era ignota agli antichi, i quali difatti non avevano
neppure la parola corrispondente. Quando la moneta era per
sé stessa commemorativa, non si sentiva il bisogno di tale
surrogato per commemorare persone o avvenimenti. Fu un'in-
venzione medioevale e tutta italiana, come lo dinota il nome il
quale poi passò in tutte le lingue. La parola medaglia venne
NUMISMATICA E MEDAGLISTICA 407
inventata nel principio del quattrocento e nacque colla cosa
stessa, quando i nostri artisti pittori o scultori inaugurarono
il sistema di quei piccoli monumenti metallici che ci conser-
varono nelle più pure forme dell'arte le effìgie di tanti perso-
naggi eminenti, e salvarono dall'obblìo anche tanti nomi che
certo senza di esse non sarebbero arrivati fino a noi.
2.° Ars saeculorum victrix! E nessuna meraviglia se,
anche nella medaglistica, l'arte operò tali prodigi, come li
operò in tutte le altre sue manifestazioni.
i.° Nessuno oggi conoscerebbe il nome di Fedro Inghi-
rami senza il ritratto di Raffaello.
2.° Né quello dell'oscuro segretario Marsuppini, senza il
meraviglioso monumento di Desiderio da Settignano in Santa
Croce! Fortunato chi si imbatte in un sommo artista!
i.° Dato che sia una fortuna, il trascinare innanzi per
secoli un nome, davanti al quale tutti abbiano a chiedere :
Chi può mai esser stato costui? Per parte mia, francamente,
alla fortuna del ritrovare il sommo artista preferisco l'eterno
oblìo. Ma ritorniamo alle nostre medaglie. La forma più pra-
tica per tali piccoli monumenti fu trovata la circolare, la ma-
teria il metallo. Da qui la loro estrema somiglianza colle
monete. Nel cinquecento, quando 1' arte del rinascimento si
plasmava sulla romana e quasi la riproduceva ingentilendola,
gli artisti trovarono che nella monetazione romana v' erano
splendidi esempii da imitare, e in molte medaglie i busti dei
contemporanei si ornarono del paludamento romano; si fe-
cero anche medaglie rappresentanti imperatori romani ed
auguste, e molti rovesci furono pure più o meno fedelmente
imitati. Si arrivò poi a fare anche delle medaglie riprodu-
centi sesterzii e medaglioni romani, imitazioni a cui forse a
torto noi diamo il nome di falsificazioni, mentre probabil-
mente non erano fatte per mistificare i raccoghtori come si
fece più tardi e come si fa al giorno d' oggi, ma per sem-
pHce gusto d'arte. Ciò però portò un nuovo e grande punto
di contatto, di somiglianza.... e di confusione fra le monete e
le medaglie. Le antiche monete erano diventate le medaglie
moderne ; e fu probabilmente allora che per la prima volta
i bronzi romani, e, dietro a questi tutte le altre monete an-
tiche, incominciarono a chiamarsi medaglie, come vediamo
4o8 FRANCESCO GNECCHI
spesso in antiche opere che parlano appunto di monete ro-
mane o antiche in genere.
2.° GH italiani si sono poi corretti di questa inesattezza,
che invece è restata nella lingua francese, la quale, pure
possedendo la parola monnaie, usa assai piia volontieri l'altra
mcdaille, per esprimere la moneta antica.
i.° Il che prova come, quando si adotta una parola d'altra
lingua, generalmente la si adotta a sproposito. In progresso
di tempo l'uso delle medaglie venne generalizzandosi, di
mano in mano che le monete si facevano meno commemo-
rative ; e nulla di più naturale che siano così largamente
ammesse nell'uso oggidì che la commemorazione fu comple-
tamente abbandonata nelle nostre monete. E vero che anche
oggi non manca qualche esempio di monete-medaglie, come
gli scudi dei tiri federali svizzeri, e altri pezzi occasionali per
matrimonii principeschi, giubilei o simili avvenimenti; ma ciò
non toglie nulla a quanto s' è detto. La moneta può avere
talvolta carattere commemorativo, restando sempre nel più
rigoroso campo numismatico; mentre al contrario la medaglia
n'è sempre assolutamente estranea. Arrivando dunque final-
mente a formulare una definizione della medaglia, e attenen-
domi piuttosto alla logica e all'uso che alla stretta precisione —
perchè è troppo difficile precisare ciò che per sé stesso manca
di precisione — io direi che la medaglia è " un piccolo monu-
" mento per lo più metallico e generalmente monetiforme, fatto
" a scopo di commemorare una persona o un avvenimento. „
2.° E io accetto la definizione, tenendo però molto alla
materia metallica e alla forma di moneta, appunto come si
intende nell' uso, per escludervi quelle amplificazioni che ci
condussero fino alla statua e al monumento, e per attenerci
il più strettamente possibile a quello che può essere argo-
mento di studio nostro, perchè somigliante alle monete. E,
venendo appunto a questo che le divagazioni quasi ci face-
vano perdere di vista, se noi abbandoniamo queste povere
medaglie, escludendole dai nostri medaglieri,... o, per essere
più precisi, dai nostri monetieri, chi le raccoglierà? Se agli
studii ad esse relativi noi chiudiamo le porte delle riviste
numismatiche, dove potranno essi venire alla luce del sole,
dal momento che vi sono ancora quelli che vi si interessano?
NUMISMATICA E MEDAGLISTICA 409
1° Eccoci dunque all' opportunismo. Se ne fa tanto in
politica, nulla vieta che possiamo farne un poco anche nella
scienza; e per parte mia, come ebbi già l'onore di dichiarare,
sono dispostissimo ad accettarlo, almeno in via provvisoria,
ed entro limiti piìi stretti di quelli della Gazette, pel solo
motivo che per ora i medaglisti o sono troppo pochi o non
sono ancora fra loro organizzati, e anche perchè troppo
limitati sono ancora i cultori della numismatica e troppo pochi
i lettori delle nostre riviste.
2.° Pochi ma buoni, come i versi del Torti.
i.° Buoni finché si vuole, ma pochissimi. Così pochi come
ella forse non immagina.
2.° Non aspiro certo al milione di lettori del Secolo. Mi
accontento dei soci e degli abbonati.
i.° Che! Denari e santità metà della metà. Per parte
mia non credo di errare applicando il proverbio ai nostri
lettori; e, scherzi a parte, non è difficile provare che tale
asserzione non è punto esagerata. Il numero dei soci e degli
abbonati è per sé limitatissimo, sia per la nostra rivista che
per le riviste estere, oscillando fra il 200 e il 300.
2.° Solamente?
i.° Sono pochi infatti; ma del resto è quasi ancora il
caso di meravigliarci come, in mezzo al turbinoso trambusto
della vita febbrile che agita il secolo nostro, si trovi ancora
chi si lascia allettare dallo studio dell'antico; che, per quanto
le nostre sapienti e ingegnose elocubrazioni possano riuscire
a far sprizzare qualche scintilla di nuova luce da monumenti
coperti da una polvere venti o trenta volte secolare....
^.^^ .... non riesciranno mai a scoprire il bacillo della peste
bubbonica o il telegrafo senza fili !
i.° E ciò spiega il piccolo numero dei nostri abbonati,
i quali non sono però ancora i nostri lettori. Prima d'arrivare
ai lettori quante falcidie è necessario di fare, incominciando
da quelli, che non vanno più in là dei frontispizio!
2.^* Queste però non possono essere che eccezioni.
i." E sperabile; ma del resto non é cosa da scandalez-
zarsene. Io stesso ricevo regolarmente più di un periodico —
non numismatico certamente — il quale non mi rappresenta
che un inutile aumento di biblioteca, e di cui neppure mi
52
4IO FRANCESCO GNECCHI
curo di tagliare i fogli.... E scommetterei che ella pure non
avrà potuto evitare qualche imposta sociale di questo genere.
Ma, venendo ai lettori, sono ben pochi, fra questi, quelli che
leggono tutto in confronto di quelli che si limitano a leggerne
una piccola parte. La nostra scienza si divide in molti rami,
ognuno dei quali forma una specialità.
2.° E quello del resto che avviene di ogni scienza a un
certo punto del suo sviluppo. Fatta l'impostatura generale
dell'edificio, bisogna scendere al compimento dei particolari ;
e air architetto che ha ideato le linee generah succedono i
diversi artisti che ne compiono le diverse parti.
i.° E come un artista non bada che alla sua partita,
non occupandosi del rimanente, così avviene degli specialisti
della scienza.
2.° Non tutti però sono specialisti.
1° Lo sono quasi tutti o diciamo addirittura tutti, chi
per elezione e chi per forza. In Italia forse più che altrove;
ma anche in tutti gli altri paesi, il maggior contingente degli
scrittori di numismatica non è portato da persone che di
essa si occupino ex professo o che siano ufficialmente tito-
late, ma da quelU che della numismatica fanno una occu-
pazione aggradevole la quale viene in seconda linea, dopo
gli affari, dopo l'amministrazione dei proprii beni o dopo
l'adempimento di un'altra professione qualunque. A nessuna
altra scienza forse il dilettantismo — preso nel buon senso
della parola — porta un contributo così copioso. Gli studiosi
quindi non possono dedicarvi che una porzione più o meno
larga del proprio tempo e della propria intelligenza; e se
vogliono riuscire a dire qualche cosa che valga la pena
d'essere detta, non vi possono arrivare che dedicandosi ad
una specialità.
2.'' Restano però i direttori dei Musei, che non possiamo
mettere in questo numero.
i.** Le persone ufficialmente titolate e per cui la numi-
smatica è l'occupazione unica o principalissima, non sono
che pochissime in tutti i paesi : una sola o forse due in Italia,
dove il direttore d' un gabinetto numismatico è talvolta un
bibliotecario e bene spesso un archeologo, il quale deve
necessariamente occuparsi di lapidi e di scolture antiche, di
NUMISMATICA E MEDAGLISTICA 41I
vasi etruschi e di mummie egiziane, di bassorilievi assiri o
babilonesi e di oggetti di scavo in genere.
2.° Ma ben diversamente da quelli d'Italia sono orga-
nizzati i grandi musei dell'estero. Invece di molti gabinetti
dispersi, tutto è concentrato in uno solo e là v'è una dire-
zione composta di conservatori i quali non hanno altra cura
all' infuori di quella delle monete loro affidate.
i.° E là avviene per elezione quello che qui avviene per
forza; o, se preferisce, anche là è la forza delle cose che
conduce al medesimo risultato. Lo sviluppo della nostra
scienza è giunto a tal punto che ci vorrebbe il cervello d'un
genio per approfondirla nel suo complesso e in tutte le sue
ramificazioni, mentre basta quello d'un uomo d'ingegno per
approfondirne una partita. Ella vedrà come dappertutto in
quei grandi centri scientifici, se si raggiunge un risultato
collettivo assai elevato, ciò si deve unicamente alla specia-
lizzazione. Così sono organizzate le direzioni dei Gabinetti
di Londra, Vienna, Parigi ed è a questo principio che si
devono le splendide pubblicazioni di alcuni fra questi, come
ad esempio quelle del Museo Britannico. Frammezzo a tutti
questi specialisti — vede, lo sono veramente tutti — ammetto
che vi siano alcuni pochi dei più intelligenti e dei più ap-
passionati, i quali, come contorno, come studio d' ambiente
generale e per le naturali relazioni che i diversi rami hanno
fra loro, ricevendo supponiamo, un fascicolo di una rivista, lo
leggeranno da capo a fondo, come scorreranno tutte le pubbH-
cazioni numismatiche che vengono alla luce, soffermandosi
solo con maggior agio agli studii di propria predilezione ; ma
il numero di gran lunga maggiore, la quasi totalità è di coloro,
i quali, data un'occhiata al sommario.... corrono direttamente
all'articolo che si occupa della loro partita, leggono questo
con più o meno interesse, e non si occupano d'altro, come
di roba che esce dal loro campo.
2.*^ A questo modo certamente il numero dei lettori si
va sempre più assottigliando.
i.° In modo spaventoso. E difatti, facendo un computo
approssimativo, io non conosco personalmente più di dieci
individui che leggano integralmente la nostra Rivista, e non
più di quindici che abbiano la bontà di leggere i miei articoli....
412
FRANCESCO GNECCHI
dico i miei per dire quelli attinenti ad una data specialità.
Fanno 25; per esser largo ne voglio aggiungere altri 25,
che non ho il bene di conoscere, e sono cinquanta in tutto,
coi quali arriviamo scarsamente a quella famosa metà della
metà.... la quale credo che sia ancora superiore al vero,
perchè mi ricordo d'aver letto in una novella di Coppée : On
n'écrit qiie pour vingtcinque personnes, et encorelY. appunto,
nel numero esiguo dei lettori e nell'intento d'aumentarlo,
ammettendovi qualche altro ramo, che si deve ricercare la
ragione principale per cui le riviste numismatiche ne hanno
accolto sotto le proprie ali alcuni affatto estranei come la
medaglistica e talvolta anche la sfragistica o sigillografia, per
la quale, oltre ai motivi addotti parlando delle medaglie, altri
ve ne sarebbero di carattere particolare. Ma tutto è questione
di tempo. Anche la numismatica visse lungamente sotto
r egida dell' archeologia, quasi sua umile ancella, finché,
cresciuto il numero de' suoi cultori, trovò mezzo d' emanci-
parsi e di stabihrsi come scienza autonoma, con grande
soddisfazione del nostro Ambrosoli. Quando i tempi saranno
maturi, anche alla medaglistica verrà fatto di trovarsi una
propria sede; le medaglie emigreranno allora dai gabinetti
numismatici, i medaglieri saranno una cosa distinta dai
monetieri e un periodico medaglistico — quello che io avrei
desiderato che fosse la nuova gazzetta francese — sorgerà
accanto a quelli di numismatica.
2." E i nostri posteri rideranno di noi!
i.° Non rideranno se sapranno portarsi nell'ambiente in
cui viviamo noi, se investigheranno le ragioni che ci hanno
condotti a così fare, e sopratutto se sapranno che noi siamo
i primi a riconoscere che la nostra condotta non è che d'op-
portunità; Video meliora proboque, deteriora sequor. Certa-
mente essi potranno dire: Noi siamo più avanti ! Ma noi
diciamo loro in anticipazione : Guai a chi viene dopo, se non
è più avanti di chi l'ha preceduto!
S. Maurizio d'Engadina, Luglio i8gy.
Francesco Gnecchi.
BIBLIOGRAFIA
LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI.
R. lloivat, Combinaisons secrètes de lettres dans les marques
monétaires de Vempire romain — Revue Numismatique 1897.
Il sig. Mowat di Parigi, uno dei pili attivi e più arguti
ricercatori nella numismatica romana, ha pubblicato nell'ul-
timo fascicolo della Revue un articolo interessantissimo sulla
combinazione segreta delle lettere nelle marche monetarie.
Quelle lettere e quei simboli che per lunghi secoli rimasero,
quali enigmi, chiusi affatto all'interpretazione e a cui per dir
vero nessuna importanza diedero fino a poco tempo fa gli
eruditi, come piccolezze, che non valeva la pena di rilevare,
richiamarono da qualche tempo l'attenzione degli studiosi e
i risultati ne sono sorprendenti. Del lavoro di Mowat, che è
il riassunto di quanto venne finora scoperto su questo argo-
mento coir aggiunta di quanto scoperse egli stesso, io non
intendo fare una recensione nel senso della parola; ma piut-
tosto dare un sunto che certo potrà interessare chi non ha
letto l'articolo, e l'invoglierà non solo a leggerlo, ma proba-
bilmente anche a continuare le ricerche per proprio conto,
il campo essendo ancora aperto e tutt'altro che esaurito. È
questo uno dei casi che dimostra quanto anche le piccole,
le minuscole ricerche possano essere feconde di nozioni
storiche, quanto certe minuzie, a primo aspetto inconcludenti,
possano acquistare interesse, giudiziosamente riunite e saga-
cemente interpretate, quanto infine la scrupolosa esattezza
sia necessaria in chi descrive una nuova moneta. Quante
cose si saprebbero di più e meglio se i vecchi e talora anche
i moderni scrittori fossero stati più esatti e più completi nelle
loro descrizioni!
Fu A. di Longpérier che nel 1886 diede pel primo e
414 BIBLIOGRAFIA
indirettamente la sveglia a tali ricerche, continuate poi da
Missong, da Kolb e da Mowat.
La questione che Longpérier si propose di risolvere era
di sapere se le diverse officine d' una zecca fabbricassero
indistintamente o no monete pei due Augusti e pei due Ce-
sari della tetrarchia diocleziana; e, dall'ispezione di un medio
bronzo (o foUis) comunissimo della zecca di Cartagine e di
un altro pure comunissimo della zecca di Roma, trovò che
in ambedue la i^ officina coniava pel primo Augusto, la 2*
pel secondo Augusto, la 3"^ pel primo Cesare, la 4^ pel secondo
Cesare. Il bronzo scelto della zecca di Cartagine è quello
che porta il rovescio dell'Africa colla leggenda: SALVIS AVGG
ET CÀESS FEL KART. Le quattro officine di Cartagine sono
contraddistinte dalle lettere greche A B f A. Ora i bronzi
di Diocleziano (1° Augusto) portano air esergo A (prima
officina), quelli di Massimiano Erculeo (2° Augusto) B (seconda
officina), quelH di Costanzo Cloro (i° Cesare) r (terza officina)
e finalmente quelli di Galeno Massimiano (2° Cesare) A
(quarta officina).
Lo stesso avviene per le officine della zecca di Roma,
le quali sono contraddistinte dalle lettere romane P (prima)
S (seconda) T (tertia) Q (quarta), talvolta precedute dalla
lettera R indicante Roma. Il bronzo scelto è quello dal ro-
vescio: SACRA MON VRB AVGG ET CAESS NN, il quale ha
i seguenti eserghi pei quattro regnanti:
Diocleziano RP oppure P fulmine oppure R mezzaluna P
Massimiano RS „ S clava „ R „ S
Cloro RT „ T clava ,, R „ T
Galerio RQ „ Q fulmine ,, R „ Q(0
I
(i) A proposito di questo specchietto mi permetterò di correggere
una trasposizione che è occorsa nell'Articolo originale (V. Revue Fran-
faise, pag. 71) dove è stampato : P foudre
S massue
T foudre
Q massue
e invece va rettificato, in base alle risultanze di quanto è detto prece-
dentemente: P foudre
S massue
T massue
Q foudre
come è qui sopra esposto.
BIBLIOGRAFIA 415
Anche qui le officine sono distribuite come a Cartagine,
e il fulmine e la clava sono i simboli di Giove e di Ercole.
Ora è noto che Diocleziano s'intitolava Giovio (lOVIVS), come
il suo Cesare, Galeno e Massimiano Erculeo (HERCVLIVS)
come il suo Cesare Costanzo Cloro.
Con ciò Longpérier, senz' avvedersene, apriva la que-
stione delle lettere segrete, che veniva studiata da altri
eruditi. Kolb, passando dalle lettere che si trovano all'esergo
a quelle che occupano il campo della moneta, trovò che sui
medesimi bronzi studiati da Longpérier, a sinistra del campo
nel rovescio, si trovano talvolta le lettere H o I. Nessuno
vi aveva fatto attenzione fino allora; ma egli osservò che
la lettera H si trova sui bronzi di Massimiano e di Costanzo,
la lettera I su quelle di Diocleziano e di Galeno. Evidente-
mente dunque le due lettere dovevano significare HERCVLIVS
e lOVIVS, rimpiazzando i simboH della clava e del fulmine.
Lo stesso Kolb, studiando dei piccoli bronzi (o antoni-
niani) degli stessi tetrarchi e precisamente quelli colla leg-
genda CONSERVÀTOR ÀVGG, di Diocleziano e Massimiano,
coniati probabilmente a Serdica o a Siscia, trovò che le tre
officine di quella zecca contrassegnano le loro monete nella
seguente curiosa maniera: pei bronzi di Diocleziano
la prima officina (A) ha la lettera |
la seconda „ (B) „ „ O
la terza „ (P) ha le lettere Bl
che riunite danno lOBI. Per quelle di Massimiano:
la prima officina (A) ha le lettere HP
la seconda „ (B) „ „ KOY
la terza „ (D „ „ Al
che riunite danno HPKOYAI ossia i due appellativi di lOVI
e HERCVLI, scritti alla foggia greca. Questa era indubbiamente
una combinazione segreta di zecca e la parola di passo non
poteva completarsi che riunendo le tre varietà d'una mede-
sima moneta.
Il Dott. Missong, il grande specialista delle monete di
Probo, classificando le monete delle sei officine di Tarragona
e delle sette di Roma, trova la chiave di alcune lettere
isolate che si trovano nel campo e ne forma la parola EQVITI
o AEQVITI, scoprendo che le lettere sono collocate nell'ordine
4l6 BIBLIOGRAFIA
delle officine, ossia p. es. in quelle di Roma le monete della
prima officina hanno nel campo la lettera A, quelle della
seconda E, della terza Q e così via. Assai probabilmente
Equitius o Aequitius era uno dei nomi dell'imperatore Probo,
finora sconosciuto.
Ed ora veniamo a quanto aggiunge il Mowat in questo
campo di scoperte. Dopo d'aver confermata quella che diremo
la legge di Longpérier con altre monete dei Tetrarchi, si
ferma alle lettere HER e SEF che si incontrano sui medii
bronzi di Massimiano, Massenzio e Costantino portanti la
leggenda CONSERVATOR AFRICAE SVAE. Queste non sono
a serie come le precedenti, ma si trovano l'una o l'altra su
diversi esemplari della medesima moneta; alcune monete cioè
portano la prima, altre simili la seconda. L'interpretazione
della prfma è facile, HER, significa evidentemente HERCVLIVS,
r altra offre maggiore difficoltà. Potrebbero leggersi per
SE(nioris) F(ortissimi); ma, tale interpretazione non potrebbe
adattarsi che a Massimiano; ricordando invece la frase Ini-
peratores semper Herculii del panegirista anonimo di Massi-
miano e di Costantino, le due sigle accoppiate si possono
assai verosimilmente interpretare per HER(culii) SE(mper)
F(elicissimi). I bronzi che portano queste lettere nel campo
sono estremamente rari.
L'autore volge poi il suo studio ai medii bronzi di Co-
stanzo II e di Costanzo Gallo che offrono la leggenda FEL
TEMP REPARATIO seguita dalla cifra LXXII, cifra che si trova
pure su alcuni solidi di Costantino Magno, Costanzo II e
Costante, L'interpretazione della cifra LXXII (che sui denari
d'oro ha assai probabilmente e, diremo quasi con certezza,
il significato di valore, ossia la 72-^ parte d'una libbra romana),
riesce assai difficile pel bronzo, tanto piij che ivi è scritta
non in linea orizzontale come sull'oro, ma sotto la leggenda
circolarmente e concentrica a questa.
Il Sig. Mowat offre una nuova interpretazione, che ora
vedremo, la quale viene in qualche modo a collegarsi con
tre segni segreti che occupano il centro di questi bronzi.
Alcuni di questi, e precisamente quelli della zecca d'Aquileja,
hanno nella parte centrale un piccolo monogramma di Cristo,
altri hanno un S, altri infine una corona. Disponendo questi
BIBLIOGRAFIA 4I7
tre segni, nell'ordine: monogramma, S, corona, e leggendo:
Chr(isti) S(igno) Corona, l'autore vi vede il famoso motto di
Costantino HOC SIG-NO VINCES. E la interpretazione è vali-
damente appoggiata dai fatti. Giova ricordare, chi volesse
obbiettare che la visione di Costantino era anteriore di
quarant'anni, che la tradizione racconta (Chronicon paschale)
che l'anno 351 il giorno di Pentecoste una croce splendente
apparve nel cielo a Gerusalemme, la quale fu vista anche in
Pannonia da Costanzo II combattente contro Magnenzio sotto
le mura di Mursa. Difatti la zecca di Siscia in Pannonia, sulle
monete di Costanzo II, pose per la prima volta la leggenda
HOC SIGNO VICTOR ERIS, mentre quella d'Aquileja s'accon-
tentò d' accennare simbolicamente allo stesso fatto coi tre
segni descritti. Bisogna confessare che la trovata è elegante
ed ingegnosa.
Quanto alla cifra LXXII, scartando l' idea di Sabatier
ch'essa potesse indicare il peso come sull'oro, l'autore,
calcolando che dalla morte di Probo, (a. 282) a quella di
Magnenzio (a. 354) corrono appunto 72 anni, nei quali l'impero
aveva sempre sofferto per le divisioni fra diversi augusti
associati o rivali, e che la leggenda FEL TEMP REPARATIO
accenna appunto a un ritorno del benessere pubblico rista-
bilito col ristabilimento della monarchia, non sarebbe alieno
dall' interpretarla appunto come una data o per dir meglio
il numero dei 70 anni, ed è perciò che considera questo
numero LXXII come faciente seguito alla leggenda.
Se non possiamo accettare la cosa come un fatto provato,
accettiamolo almeno come un ipotesi probabile.
L'esposizione sommaria che ho fatta delle diverse inge-
gnose interpretazioni, dovrebbe certamente incoraggiare i
giovani studiosi a proseguire tali ricerche, tanto più che
nell'epoca cui ci riferiamo il materiale è abbondantissimo, e,
salvo eccezioni, facile a procurarsi.
Promontogno, luglio 189J.
Francesco Gnecchi.
53
4l8 BIBLIOGRAFIA
Les Origines de la Monnaie consideréés au point de vue economique
et historique p. M. Ernest Babelon Paris. Firmin Didot 1897.
La scienza Numismatica ha sempre o quasi sempre avuto
il torto di chiudersi in una specie d'esclusivismo, staccandosi
dalla economia, colla quale invece è così intimamente colle-
gata da riuscire senza di essa sterile e da perdere buona
parte del suo interesse. E forse anzi questa una delle ragioni
per cui da molti la numismatica viene considerata legger-
mente quale semplice curiosità, o disconosciuta come scienza
o per lo meno valutata quale scienza secondaria, che non viene
se non in seguito alla storia, all'archeologia e all'economia.
I nostri vecchi autori, e parlo specialmente dei nostri
italiani, ebbero sempre di mira la parte economica, anzi
presso di loro questa ha generalmente il sopravvento. Col
progresso del tempo invece, la parte economica, studiata a
parte, da quelH che appunto si intitolano economisti, e che
non esistevano in passato, venne sempre più trascurata dagli
studiosi di numismatica. Conseguenza di ciò fu che molte fra
le opere numismatiche recenti risultarono monche e quindi
inefficaci, e da qui il discredito venuto alla nostra scienza.
È allo scopo di mettere in evidenza gli stretti legami che
corrono fra la numismatica e l' economia pubblica che il
Sig. Babelon scrisse il suo recente volume " Les origines
de la Monnaie „ onde persuadere i numismatici ad approfon-
dirsi nell'economia e gli economisti a fare altrettanto colla
numismatica. E dunque ad ambedue queste categorie di
studiosi che il libro è dedicato. Tutti ne possono trarre
profitto e a tutti si può raccomandarlo come una lettura utile
e nello stesso tempo facile e piacevole. Prendendo le mosse
dal principio delle umane società ossia dai primi scambi, che
ne sono uno dei necessarii elementi, 1' autore passa in ras-
segna i primi rappresentativi del valore, venendo gradata-
mente alle forme meno imperfette del cambio coli' interme-
diario dei metalli, per giungere infine alla vera moneta, e
questo fa oltre che per molti dei popoli antichi, gli Egizii,
gli Assiri, i Greci, gli Italioti e così via, per alcuni dei popoli
moderni che ancora si trovano neh' infanzia della civiltà. I
BIBLIOGRAFIA 4I9
medesimi fenomeni si ripetono sempre, dimostrando che essi
sono insiti nella natura delle cose e che, come dice il nostro
proverbio, tutto il mondo è paese, e il vecchio proverbio
romano: nil sub sole novi.
L'autore dice poi molte cose interessantissime circa
l'abbondanza e i rapporti dei metalli nei diversi paesi e nelle
diverse epoche, circa le miniere nell'antichità, circa il mono-
metallismo e il bimetallismo e circa molte altre questioni
che qui è inutile enumerare; ma per le quali chi si interessa
all' argomento troverà un alimento sano e ben preparato
neir eccellente libro del Sig. Babelon, il quale ebbe anche
la felice idea di non voler dare alla scienza la veste pomposa
e incomodissima di un formato in 4° come fanno la più parte
— e come pur troppo fece anche chi sta lanciando la pietra....
— ma di ammanirla modestamente nel formato più comodo
di tutti i libri di lettura.
F. G.
1
VARIETÀ
Furto al Gabinetto Numismatico di Losanna. —
Togliamo dalla Gazzeita di Losanna le seguenti notizie
relative al gravissimo furto perpetrato il i° Agosto alla
insigne collezione di Losanna, formata con tanta cura e tanta
scienza dal compianto Morel-Fatio.
" I ladri dovevano avere perfetta conoscenza dei luoghi,
ch'essi avevano certamente studiati a loro agio. Il modo con
cui essi procedettero dimostra un piano accuratamente stu-
diato in anticipazione. Essi hanno dovuto penetrare pei locali
superiori dell'edificio del Museo. Nulla era più facile. Alcuni
operai vi lavorano da parecchi giorni a stabilirvi un deposito
di duplicati per la biblioteca cantonale. Le porte erano quindi
aperte e l'andirivieni di persone in abito d'operaio non doveva
destare alcun sospetto. I solai sono vastissimi e pieni di risvolti
e di nascondigh. I ladri vi si sono nascosti durante la giornata
e quando giudicarono che non c'era più nulla a temere, si
posero all'opera. Penetrando per la canna di un camino —
un camino largo e grande come si usavano una volta —
discesero, sfondando una tela, nello studio del Sig. de Molin
conservatore del Gabinetto. Il medagliere è nella stanza
attigua. Essi fecero man bassa su quanto loro parve più
prezioso, senza dimenticare un piccolo cassetto portante la
scritta " pezzi rari „ e poi se ne andarono per la medesima
strada. Dai solai arrivarono alla torretta della biblioteca da
dove discesero a mezzo di una corda e presero il largo.
L'inchiesta immediatamente aperta dal giudice istruttore non
ha dato finora alcun risultato soddisfacente; ma molte persone
furono già interrogate, e furono fatti parecchi arresti. Pro-
babilmente si ha a che fare con operai che in epoca non
lontana ebbero parte ai lavori nell'edificio del Museo,
432
VARIETÀ
Furto al Gabinetto numismatico di Nìmes. — Da
un giornale di Marsiglia togliamo i seguenti particolari sul
furto al Gabinetto numismatico di Nimes, furto che fortunata-
mente non ebbe le disastrose conseguenze di quello di Losanna.
" 1 ladri penetrarono nella sala del Gabinetto dall'alto
di una finestra, e una volta entrati, apersero tutte le vetrine
e collocarono quanto poterono in due sacchi, lasciando però
ancora molte monete e fra queste alcune rarissime — ciò
che dimostra la loro poca intelligenza in materia — sparse
sul pavimento. Verso le 5 del mattino alcuni passanti videro
due persone scendere per una scala di corda, portando due
sacchi; ma li presero per operai e non ne fecero caso. Fu
invece assai sorpreso il custode del museo, quando poco
dopo, recandosi al suo ufficio vide la scala di corda appesa
alla finestra del museo. Chiese ai vicini e seppe che due
individui con due pesanti sacchi s'erano visti andare in dire-
zione della Fontana. — La polizia tosto avvisata si mise in
moto in quella direzione e, seguendo le diverse indicazioni,
giunse a un terreno che sembrava appena smosso, e difatti,
dopo d'aver levato alcuni ciottoli trovarono i due sacchi ivi
nascosti e contenenti tutte le monete rubate. „
Il Museo di Nìmes dunque può essere felice questa volta
d'essersela cavata con un semplice spavento e col disturbo
pel suo direttore di una nuova classificazione delle sue serie
numismatiche, ed è sperabile che l'incidente abbia a consi-
gliare una più accurata sorveglianza per l'avvenire.
La Direzione.
Finito di stampare il 6 ottobre 1897.
Scotti Reno, Gerente responsabile.
RIVISTA ITAITANA DI NUMISMATICA
Tav. 1.
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17
E. Gabrici
LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Tav. 11.
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RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
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LA CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE
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RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
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E. GAnKici
L\ CRONOLOGIA DELLE MONETE DI NERONE
RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
Anno 1897.
Tav. VI.
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.11. M. KASSAXl - MILANO.
A/yO/O CONTRIBUTO ALLA NUMISMATICA PADOVANA
Luigi Rizzoli, Junior.
FASCICOLO IV
LA ZECCA DI BOLOGNA
AVVERTENZA.
La zecca di Bologna, che conta sei secoli e mezzo di
vita e una produzione di oltre 1170 tipi di monete, non trovò
fin qui chi si addossasse il pesante incarico di illustrarne,
con un lavoro completo, la storia ed i prodotti. Solo vi si
era accinto, sullo scorcio del secolo passato, Guidantonio
Zanetti, l'illustratore delle monete italiane, con un' opera
rimasta incompleta fin dal principio, ma che, se continuata
collo stesso metodo (e gli studi del tempo se ne accontenta-
vano) non avrebbe corrisposto alle giuste esigenze dell'oggi.
L' illustrazione che presentiamo ai numismatici è fatta
sulla guida dei moltissimi documenti che offrivano gli Archivi
bolognesi e sull'esame dei medaglieri: dei primi, tutta la serie
dei contratti di locazione dell'officina, dei patti cogli incisori
dei conii, delle gride, dei decreti, delle lettere dell'ambascia-
tore bolognese in Roma agli Assunti di Zecca. Gli studiosi
d'arte vi troveranno abbondanti notizie sugli incisori delle
impronte, tra i quali il PVancia, il Magnani, il Menganti, i
Provagli e su parecchie medaglie bolognesi, di cui non si
conoscevan gh autori. Abbiamo cercato, vista la vastità
dell'argomento, di essere chiari e concisi, anche nella forma,
per non stancare il lettore. Perciò citeremo nel contesto del
nostro scritto i soli documenti pili importanti limitandoci a
riportare per intero nella parte seconda quelli più notevoli
e che non potrebbero esser trascritti nella prima parte. Nella
terza saranno descritti tutti i tipi e le varianti che ci fu dato
conoscere delle monete bolognesi, ordinate secondo consi-
428 FRANCESCO MALAGUZZI
gliavano i documenti. Questa parte del nostro lavoro ci è
stata grandemente facilitata per la cortese cooperazione del
sig. cav. prof. Costantino Luppi che mise a nostra disposi-
zione le descrizioni delle monete edite nelle diverse opere
a stampa e che ringraziamo pubblicamente. Aiuto e comu-
nicazioni di monete inedite e di varianti ebbimo da direttori
di medaglieri pubblici e da raccoglitori privati, quali i si-
gnori Francesco ed Ercole Gnecchi, prof. Edoardo Brizio,
dott. Luigi Frati, prof. Solone Ambrosoli, dott. Arsenio
Crespellani, prof. Carlo Malagola, ai quali ci professiamo
gratissimi.
Ci lusinghiamo di aver reso, colla presente monografia,
un servigio alla scienza numismatica, colmando la lacuna
forse pili grande che si lamentasse nella serie delle illustra-
zioni delle zecche italiane, che tanta parte sono della nostra
storia politica e artistica, e, in considerazione della difficoltà
e vastità dell'argomento, chiediamo venia per le mende nelle
quah fossimo involontariamente incorsi.
Bologna, Marzo 189J.
F. Malaguzzi.
BIBLIOGRAFIA
DELLA ZECCA E DELLA STORIA BOLOGNESE.
Argelati Filippo. Additiones ad nummos variarum Italiae urbium
(De Monetis Italiae, etc. Tav. IX, i, 2, 6, 7 e 8).
Beeldenaer of te figuer hook dienende op te nieuve ordonnantie
vander munte, etc. Graven Saghe, 1608; in-4, pag. 21, 22, 25, io, 9 e 12.
Bellini Vincenzo. De Monetis Italiae medii aevi. Ferrara, 1775;
in-4. Dissertatio I, pag. 8-15, n. 1-14; Diss. II, pag. 18, 26, n. 1-30; Diss.
Ili, pag. 14-18, tav. Ili, I-IO e tav. IV n. 11-14; Diss. IV, pag. 16-19,
tav. II, 9-12, e tav. Ili, n. i.
Dell'antica lira ferrarese. Ferrara, 1750; in-4, pag. 16, n. i e 2;
pag. 115.
Della moneta di Ferrara. Ferrara, 1761; in-4, P^g- fo; pag- 16,
n. 2 e pag. 115.
Benaven Jean Michel. Le caissier italien. Lyon, 1787^ in-fol.;
Voi. II, tav. XXXII-XLI.
Berg. New milntz bueck. Miinchen, 1597; in-fol. Fol. LVIII.
Billon d'aur et d'argent et de plusieurs royaumes, ducés. contés,
seigneuries, pays et ville. Gand, 1552; in-12, pag. 34, 176, 39, 28, 41.
Biondelli Bernardino. Dichiarazione di sessantatre monete pon-
tificie inedite del R. Gabinetto numismatico di Milano. Milano, 1884;
in-8, pag. IO-I2, n. 42-49.
Boneville B. F. Traité des monnaies d'or et d'argent. Paris, 1806;
in-fol., pag. 108, tav. I-III.
Borghesi Bartolomeo. Primo Catalogo del Museo Bartolomeo
Borghesi. Monete italiane. Roma, 1879; in-8 (autonoma d'oro: tav. I,
203, dal CinagU erroneamente attribuito a Martino V).
Bo8Ì O. Notizie documentali intorno la venuta e permanenza in
Bologna dei Sommi Pontefici dall'anno 311 a' dì nostri raccolte e desunte
da autorevoli cronache e documenti. Bologna, 1857; in-8.
Archivio patrio di antiche e moderne rimembranze Felsinee
da autentici ed originali documenti. Bologna, 1885; in-4 fol.
Archivio patrio di antiche e moderne rimembranze Felsinee.
Bologna, 1859; Tomi IV, in-8.
Bruti Alessandro. Monete inedite dei Romani Pontefici. {Bull,
di num. it., An. IV, n. 6, pag. 43.48; n. 34, 41, 42, 46, 51, 56).
Caire Pietro. Di una moneta di Pisa ed altra di Bologna trovata
presso Novara in giugno 1873. Novara, in-8 fig.
43© FRANCESCO MALAGUZZI
Capitoli Stabiliti col zecchiere Carlo degli Angeli per battere monete
d' oro et d' argento et quattrini di rame schietto. X die. 1613. (Nella
Misceli. Ms. bologn., tom. VI, ce. 120 — Bibl. Cora, di Bologna).
La medesima opera. Bologna, 1840; in-4.
Capo Tommaso. Catalogo delle monete greche, romane, primi-
tive, ecc., italiane, medioevali e moderne possedute dal Dott. Tommaso
Capo. Roma, 1891; in-4, P^g- 1^> ^' 808; tav. V, 22.
Carli-Rubbi. Delle monete e dell'istituzione delle zecche in Italia.
Mantova, 1754; Tomo i, tav. Ili, i, 2.
Dell'origine e del commercio della moneta. All'-ffo/a, 1751; in-4,
pag. 193-195» tav. II, 6.
Dell'origine e del commercio della moneta e dell'istituzione
delle zecche d' Italia dalla decadenza dell' Impero sino al secolo deci-
mosettimo. All' Haja, 1751; in-4, pag- i93-
Carte ou liste contenant le prix de chacun marq, once, esterlin et
as etc. selon l'ordonnance de mars 1627, etc. Anvers, 1627; in-4, P^g- 25,
28, 63, 206, 31, 63, 62.
Catalogo di varie monete d'Italia (già possedute da Guido Zanetti,
poste in vendita). Bologna^ i793; in-8, pag. 15.
Cavedoni Celestino. Ragguaglio storico del ritrovamento di un
ripostino di monete d' argento dei bassi tempi fatto a Rosola nella
montagna modenese l'anno MDCCXLI. Modena, 1860; in-4, pag. 7-10 (De-
scrizione di 1042 monete, con grande varietà di piccoli segni accessorii).
Cinagli Angelo. Le monete de' Papi descritte in tavole sinottiche.
Fermo, 1848; in-fol. con 4 tav.
Collezione di tavole monetarie di tutte le monete nobili, che servono
attualmente al commercio, coniate nelle principali zecche dell' Europa,
dell'Asia, della Barbarla, etc. Venezia, 1796; in-fol. (Vedi: Bologna).
Coopliede handboucxkin. Gand, 1546; in-12, pag. 7, 158, 28, 25, 972,
17, 95-
Damoreau. Traité des négociacions de banque et des monnaies
étrangères. Paris, 1727; in-fol., tav. I, pag. 162, n. a.
Darier Hugues. Tableau du titre, poids et valeur des differéntes
monnaies d' or et d' argent, qui circulent dans le commerce, avec em-
preintes. Genève, 1807; in-4, tav. XLIX, i e 5; XVII, 4.
Déclaration du roy et nouveau reglement sur le faict des monoyes
tant de Franca qu'étrangères. Paris, 1637 ; in-8, pag. 41, 44.
Depoletti. Catalogo della Collezione Depoletti. Monete italiane
medioevali e moderne. Roma, 3882; in-8 (Mezzo scudo d'oro di Pio V,
inedito, tav. ann. 120).
Due fac-simili di monete coniate in Russia da Aristotile Fioravanti
meccanico ed ingegnere bolognese del secolo XV (Atti e mem. della
R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie dell' EmiUa. Nuova
serie. Voi. I, 1877).
Durai et l'roelich. Monnaies en or du Cabinet de Vienne. Vienne,
1759; pag- i-5> 286, Suppl. I, 2 e 82.
LA ZECCA DI BOLOGNA 43 1
Duval et Frùelìch. Monnaies en argent du Cabinet de Vienne.
Vienne, 1769; in-fol., pag. 286, n. 2.
Edict du roi sur le faict et reglement general de ses monnaies.
Paris, 1602; in-8, pag. 58.
Edict et reglement faict par le roi sur le cours et prix des monnaies
tant de France qu'éstrangères. Paris, 1636; in-8, pag. 34.
Frati Luigi. Della zecca di Bologna. Brevissimi cenni inseriti
nell'albo presentato al Sommo Pontefice Pio IX dalla Città e provincia
di Bologna. Bologna, 1858; in-8.
Delle monete gettate al popolo nel solenne ingresso in Bologna
di Giulio II (Atti e Mem. della R. Dep. di Storia Patria per la Romagna,
III serie, voi. I, pag. 474 e seg.).
Sull'erronea attribuzione al Francia delle monete gittate al
popolo nel solenne ingresso in Bologna di Giulio II. Bologna, Garagnani,
1896 ; con I tav.
Di un ducato d' oro inedito di Leone X coniato a Bologna e
di altro consimile di Modena. Bologna, Zanichelli, 1896; con i tav.
Friedlaender Giulio, Numismata medii-evi inedita. Berolini, 1835;
in-4, pag. 38 e 39.
Die Miinzen des Kirchenstaates von J794 bis 1814 (Koehne-
Zeitschrift, etc. 1841, tomo I, tav. VI, n. 4 e 5; tav. VII, n. i.
Die italienischen Schaumiinzen des fiinfzehnten lahrhunderts
(1430-1530). Berlin, 1882; in-fol., tav. XXXIV.
Oaetani. Museum Mazzucchellianum. Venetiis, 1761-63; 2 voi. in-fol.,
tav. CXCVII, IO, II.
Gagarine. Unedirte pàbstliche Munzen (Koehne-Zeitschrift fiir
Mtìnzkunde, tomo VI, pag. 27).
Gentili di Rovellone Tarquinia. Due scudi d' oro inediti spet-
tanti a Papa Pio IV {Bull, di num. e sfrag., voi. I, pag. 223).
Giordani. Della moneta dei poveri. Bologna, 1840 {^Almanacco
statistico bolognese. Anno IX, in-i6).
Moneta bolognese di Giulio II. Bologna, 1841 [Alm. stai. boi.
Anno XII, in- 16).
Della venuta e dimora in Bologna del Sommo Pontefice Cle-
mente VII per la coronazione di Carlo V imperatore, celebrata l'anno
1530. Bologna, 1842; in-8 con tav.
Le rare monete del Pontefice Giulio II gettate al popolo nel suo
ingresso in Bologna l' anno 1506. Bologna, 1855 (Archivio patrio di
antiche e moderne rimembranze felsinee. Tomo II, in-8).
Vita del conte e senatore Andrea Bentivoglio scritta da Gio-
vanni Sabadino degli Arienti e pubblicato con note da Gaetano Gior-
dani. Bologna, 1840; in-8 con tav.
Goszadini Giovanni. Memorie per la vita di Giovanni II Benti-
voglio. Bologna, 1839; in-8 con tav.
Grùevius. Thesaurus antiquitatum et historiae Siciliae. Lugduni
Batavorum, 1723; voi. III, in-fol., tav. CCXX, 36.
43^
FRANCESCO MALAGUZZI
Heiss AI0188. Descripcion general de las monedas hispano-cristianas
desde la invasion de los Arabes. Paris, 1865-69; in-4, voi. II (Testoni
di Carlo V da Heiss attribuiti a Napoli).
Les médailleurs de la Renaissance. Paris, 1885; ^^^ '^v.
Hoffmann. Alter und neuer Mùnz-schlùssel. Nikrnberg, 1692; in-4,
tav. XV, VI bis, XIII, XIII bis, XV, XVII, VI, L bis.
lluron E. Notice sur quelques monnaies tirées d'une petite col-
lection {Rev.franf., 1856; pag. 190). (Una moneta di Giovanni Bentivoglio).
Koehler I, D. Historische Mfinz-belustigung. Nùrnberg, 1729-65 ;
in-4, tomo V, pag. 225-239.
Illustrazione storica della Medaglia di Galeazzo Marescotti Calvi
(dell' avv. Carlo Pancaldi) ixéWAlm. statisi, bologn. per l' anno 1831.
Bologna, Salvardi, in-8, tav. i.
Lelevel. Numismatique de moyen àge. Atlas. Paris, 1835; ^^'^ ol^''»
tav. XV, II.
Liébe. Prodromi reformationis pia memoria recolendae, sive nummi
Ludovici XII regis Gallorum epigraphe : perdam babylonis nomen, vel
PERDAM BABYLONEM. Lipsiac, 1717 ; in-8, pag. 22.
Litta Pompeo. Famiglie celebri italiane; 1819-1868, in-fol.
Barbo di Venezia, n. i.
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MacchiavelU Alessandro. De veteri bononeno argenti Bononiae.
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Maggiora- Vergano. Un esperimento della zecca di Bologna {Riv.
di num. it., tomo II).
MazzuchelU L. Il monetario del commercio. Milano, 1846; in-8.
(Vedi: Romagna).
Melloni. Atti e memorie degli uomini illustri in santità nati o morti
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Muratori. De moneta sive jure cudendi nummos (Antiquit. medii
aevi, tomo II, Mediolani, 1739; in-fol., tav. XLIII, 1-6, io; X, 43; LV,
14; XLIII, 7, 8; XLIV, 9, 11).
Nipote (II) del Vesta Verde. Strenna popolare pel 1858 (Anno X
e XI). Milano, in-i6, pag. 141.
Nota delle Medaglie in argento derubate (nella ricca Collezione
appartenente al sig. cav. avv. Luigi Salina). Bologna, 1834; in-fol. voi.
Ordonnance sur les monnaies. Lyon, 1577 ; in-8, pag. 56, 70, 99.
Ordonnances, statut et permission des espèces d'aur et d'argent
ayant cours au pays par de9a. Gand, 1552; in-8, pag. 18, 20, 19, 31, 29, 56.
Ordonnance sur les monnaies. Lyon, 1602; in-8, pag. 58.
Ordonnance pour les changeurs. Anvers, 1633; in-fol., pag. 18, 21,
56, 23, 55, 173.
LA ZECCA DI BOLOGNA 433
Petavius. Antiquariae suppellectilis portiuncula (Sallengre : novus
thesaurus antiquit, roman.Tom.II). Hagae Comi/um, i^ 18; in-fol., tav. Vili.
Placcarci du rei nostre sire contenant deffence du cours de florins
d'or d'Allemaigne et de quelques aultres espèces. Aiwers, 1627 ; in-4,
pag. 35. 39. 36, 42, 41-
Placcard du roy sur le reglement de ses monnoyes. Anvers, 1644;
in-4, pag- 34) 3^, 28.
Placcard et ordonnances sur le faict des monnaies. Anvers, 1706;
in-4, Foglio X, verso, XIII, XII verso.
JPromis Domenico. Monete e medaglie italiane. Torino, 1873; in-4,
tav. 1, n. 4 e 5.
Mossi. Catalogo della Collezione Rossi di Roma. Monete di zecche
italiane medioevali e moderne. Roma, 1880 ; in-8, tav. I, 377 ; II, 374,
398, 411, 423, 471 e 603 inedite.
Collezione di monete italiane, medioevali e moderne. Roma,
1895; in-4, con 3 tav. (2° catalogo).
Brevi cenni sul!' inedito Scudo romano del sacco di Roma
coniato dal re d'Aragona e di Sicilia, ecc. Roma, 1886; in-8, tav. ann. n. 3.
Muspoli. Catalogo delle monete papali componenti la collezione
di Alessandro dei Principi Ruspoli. Roma, 1885; in-8, tav. I, 103 inedita;
II, 521.
Schiassi Filippo. De moneta Bononiensi dissertatio. Bononia,
1839; in-4.
Schweitzer Federico. Doppia d' oro per Bologna di Papa Inno-
cenzo X {Notizie peregrine di num. e d'archeolog.) Decade IV.
Doppia d' oro per Bologna di papa Gregorio XIV [Notizie
pereg. di nmnism. e d'archeologia) Decade V.
Sepilli F. Quattro monete pontificie ed una di Casa Savoia. Trieste,
1859; in-4, tav. ann. n. i.
Tariffa di Venezia, 1554; in-fol. nn. 3, 12, 26, 27 e 283, pag. 127.
Tariffa di Venezia, 1564; in-fol. nn. 13 e 17.
Sugana Domenico. Taddeo Pepoli eletto signore di Bologna. —
Monete battute sotto il suo governo (Nozze Isolani-Tattini) 1864.
Terzi Basilio. Osservazioni sopra alcune monete inedite d'Italia.
Padova, 1808; in-4, pag- 12; tav, I, n. 2.
Tonini. La crazia ed il quattrino di Ferdinando De Medici Principe
di Castiglione del Lago {Period. di num. e sfragist. dello Strozzi. Anno I,
pag. 130, 445).
Tresooroft schat van alle de specien figuren en sorten van gouden
ende silveren munten. Antwerpen, 1580; in-8, pag. 16, 37, 81, 91, 93, 97,
131, 443, 445, 127, 130.
Trésor de numismatique et de glyptique. Paris, 1846; in-fol., tav.
XXV, 15; XXVI, 2, 3 e 7; XXVII, 2.
Vitalini Ortensio. Di alcune monete inedite e non ancora segna-
late {Bulletlino di num. e sfragist., voi. I, pag. 97 e 262).
55
434 FRANCESCO MALAGUZZI
Vitalini Ortensio. Le monete dei papi giusta V ordine seguito
nelle tavole sinottiche del Dott. Angelo Cinagli con razionali criteri ap-
prezzate. Camerino, 1882, in-8.
Le monete battute nel pontificato di Pio IX e nell'interregno
della Repubblica Romana. Supplemento alle monete dei papi del Dot-
tore Angelo Cinagli. Camerino, 1892; in-fol., con una tav.
Voerzeichniz und gepràge der groben und kleinen Munzsorten.
Leipzig, 1574; in-4, pag. 86.
Vettori. Il Fiorino d'oro antico illustrato. Firenze, 1738; in-4, P3g-^97>
tav. a pag. 15, n. 14; pag. 149 e 176.
Manoscritti e stampati dello Zanetti presso la Biblio-
teca Municipale di Bologna:
Delle Monete di Bologna. Trattato di Guidantonio Zanetti — Ms.
cart., autogr., in-fol., di ce. 167, con altre non poche volanti intramezzatevi.
(Sembra la prima compilazione di questo lavoro).
Delle Monete di Bologna. Trattato di Guidantonio Zanetti — Ms.
cart., autogr., di ce. 81, più xi altre volanti. Da questa compilazione
sembra essere stata tratta, con non lievi modificazioni e aggiunte, la
seguente in miglior forma; per cui la parte in quella copiata vedesi
in questa cassata con un tratto di penna lungo ogni facciata.
Delle Monete di Bologna — Ms. cart., autogr., di pag. 137 edito
fino alla pag. 117, colle firme dei Revisori in fine, avendo esso servito
per la stampa, che aveva intrapreso di quest' opera il tipografo Lelio
dalla Volpe, e che rimase interrotta per la morte dell'Autore.
Altro esemplare ms. autografo della suddetta porzione di questo
Trattato, mancante però degli ultimi 14 documenti — Ms. cart., in-fol.,
pp. 92, n.
Delle Monete di Bologna. Trattato di Guidantonio Zanetti, voi.,
in-fol., parte a stampa e parte ms. di ce. 285, comprese le bianche.
Comincia con sei fogli stampati, più un foglio di bozze (pag. 1-72), poi
segue manoscritto, parte di mano dell'Autore, parte d' altra mano. La
compilazione fino a Martino V è abbastanza ultimata; indi è poco più
che abbozzata, riportando la semplice descrizione delle monete coi
rispettivi disegni; ed è stata tratta dal voi. autografo descritto al n. 8381.
Selva cronologica delle Notizie su la Zecca e Monete di Bologna
— Ms. cart., in-fol., nel quale sono notate qua e là Memorie disposte
cronologicamente sulle Monete di Bologna.
LA ZECCA DI BOLOGNA 435
Miscellanea di stampe e ms. risguardanti le Monete di Bologna e
contiene i seguenti articoli:
1. Ragguaglio della Moneta antica con la moderna, 1695 — Ms. in-fol.,
ce. IO.
2. Gli uguali Assaggi e Misure delle varie monete — Bologna, 1703,
in-4, ce. 8.
3. Notizie sopra il valore di Monete antiche — Ms. in-fol., ce. 8.
4. Note delle Monete proprie di Bologna nell'a. 1715 — Ms. in-fol., voi.
5. Instrumenti quattro di Zecca, i." del 1450, 2.° 1474, 3.° e 4." 1472.
6. Bandi di Monete dall'a. 1555 al 26 maggio 1714 — In ff. vv. stampati.
Sommario delli Bandi risguardanti le Monete di Bologna dall'anno
1555 all'a. 1694 — Ms. cart., in-fol., ce. 20.
Altra Copia del sudd. Sommario — Ms. cart., in-fol., ce. 20.
Bandi sopra le Monete di Bologna dall'anno 1539 all'a. 1704 — Ms.
cart., in-fol., ce. 150; parecchi d'essi Bandi sono stampati.
Riformazioni, Bandi ed altre scritture risguardanti le Monete di Bo-
logna dall'anno 1289 all'a. 1808 — Fogli miscellanei, parte ms., parte
stampati.
Memorie diverse in materia di Monete — Ms. cart., del sec. XVIII,
ce. 176, comprese le bianche, in-fol.
Informatione, etc. sopra il valore delle Monete Lire e delli Scudi
d'oro; e varii Instrumenti (i) — Ms. cart., in-fol., ce. 282, con qualche
foglio stampato.
Bononien. Locorum Montium super valore Monetarum Epitome,
cum Summario, anno 1746 — Ms. cart., in-fol. , ce. 93, comprese le bianche.
Descrizione di Monete di Bologna disposte cronologicamente dal-
l'anno 1191 al 1769 — Ms. cart., in-4, ce 60, con sei tavole volanti di
monete bolognesi preparate per l'opera dello Zanetti.
Volumi quattro miscellanei ms. risguardanti le Monete segnata-
mente di Bologna, già spettanti a Guido Zanetti.
I. Notizie risguardanti le Monete di Bologna quali si sono ricavate
da diversi Manoscritti esistenti nella Senatoria Cancelleria e suo Ar-
chivio — Voi. in-fol., pp. 480.
II. Notizie come sopra ricavate da diverse Cronache — Voi. di
pp. 218. Vi sono unite; Diverse Notizie spettanti alle Monete battute
nella Zecca di Bologna raccolte e scritte da Guido Zanetti (pp. 53); a
cui fa seguito altro fascicolo di pp. 36, in cui sono riportati disegni a
penna di Monete di Bologna colla rispettiva dichiarazione.
III. Bandi, Notificazioni, Editti pubblicati in Bologna, sopra le Monete
— Voi. di pp. 244, n. 20 n. n.
IV. Pesi, e bontà di monete, Ragguagli, Tariffe, e altre Scritture
varie risguardante le monete — Voi. di pp. 331.
Disegni a penna delle Monete coniate in Bologna dall'anno 1191
al 1757 — Ms. cart., in-4, ce. 107.
(i) Titolo nel dorso del volume ; appartenne un tempo all'Archivio del Monte Giulio,
del quale porta segnato nel cartone il n. 67.
436 FRANCESCO MALAGUZZI
Per la storia bolognese, tanto collegata a quella della
zecca, si vedano le seguenti opere presso la Bi-
blioteca Comunale di Bologna:
Breve ristretto dalli successi di Bologna cavato dagli Annali di
Giovati Francesco Negri, (dall'origine della città fino alla prima crociata)
— Ms. cari., in-fol.^ del sec. XVIII, ce. 64, n. n.
Cronica delle cose di Bologna — Ms. cari., in-fol., del sec. XVII,
ce. 148, n. n.
Caroli Sigonii, historiarum bononiensium libri sex ab initio civitatis
ad annum MCCLVII nell'Opera omnia Caroli Sigonii edita a Philippe
Argelato — Mediolani, i7J2-jyjj, tom. Ili, pag. i-jjo.
Annali bolognesi; firni. Ludovico Vittorio Savioli — Bassano {s. t.),
iy84-9S, voi. VI, in-4.
Deca prima delle historie di Bologna di F. Leandro degli Alberti
— Bologna, per Bartholomeo Bonardo, et Marcantonio- Grossi, 1J43, in-4.
Deca seconda (di soli Libri V) delle historie di Bologna, del sudd.
Autore — Vicenza, presso Giorgio Greco, JJ92, in-4.
Petri Cantinelli bononiensis Chronicon faventinum (ab a. 1229 ad
a. 1306); ne' Rerum Favent. Script.
Io. Bened. Mittarelli — Venetiis, apud Modestum Faentium, 1771, in-
foi., pag. 219-314.
Sumario delle cose di Bologna seguite da s. Petronio nostro pro-
tettore l'anno 423 persino all'anno M e CCC, xxiiij: cavate dall'antico
per me Giovan Vincendo Gandolfi bolognese l'anno M. D. L. xxxiiij —
Ms. cari., in-4 P-, ce. 108.
Descrittione di Bologna, nella quale si contiene tutto quello, che è
successo nella città dall'anno 423 fino all'anno 1325 di nostra salute —
Ms. cari., in-fol.., p., del sec XVI, ce. 44.
La Bologna perlustrata di Antonio di Paolo Masini ampliata e
ricorretta da L, A. S. {Luca Antonio Sgargi) — Bologna, per i tipi
Gamberini e Parmeggiani, 1823-26 P. Il, voi. V, in-8.
Cronica di Bologna d'incerto Autore (dall'anno noi sino all'anno
1345) Ms. cari., in-fol., di mano del conte Carrati, pp. 133.
Somma, over Cronica raccolta da diversi memoriali di diversi citta-
dini notabili. Comincia dall'anno 600 e va fino al 1350 — Ms. cari, infoi..,
del sec. XVIII, di ce, 12.
Cronica anonima di Bologna dall'anno 1116 all'anno 1350 — Ms.
cart., in-fol., del sec. XVIII, pp. iii.
Cronica di Bologna, anonima (dall'origine della città ai 22 genn. /sSp)
— Ms. cart., infoi., del sec. XVI, ce. 128 n.
Alcune cose notabili di Bologna, (dall'anno 1131 al 1399) cavate da
una cronica manoscritta, che si conserva presso M.Sebastiano Buonhomo
per me Valerio Rinieri 1613 del mese di aprile — Ms., cari., in-fol, del
sec. XVIII, pp. p.
LA ZECCA DI BOLOGNA 437
Cronica di Bologna che comincia dall'anno 1116 e va fino al 26
giugno 1402 — Ms. cari., in-/ol, p., del sec. XVIII, pp. 84.
Frammento della Cronaca bolognese di Prete Giovanni (dal i die.
1407 al 27 maggio 1409) pubblicato da Corrado Ricci negli Atti e Mem.
della Deputaz. stor. di Romagna, ser. Ili, voi. Ili, pag. gj-ioS.
Cronica di Bologna d'ignoto autore, dall'anno 1378 sino al 16 giugno
del 1410 — Ms. cari., in-fol., p., del sec. XV III pp. 7/, ti. n.
Cronica di l3ologna, dall'anno 892 al 1420 — Ms. cari., in-fol., del
sec. XV, ce. 48.
Croniche di Bologna (dall'origine all'anno 1423) — Fascicoletto ms.,
in-fol. picc, del sec. XVI, ce. 8.
Fragmenti di Bologna cavati dall'Archivio dell' Ill.mo sig. Camillo
da Correggio (dall' anno 700 all' anno 1423) — Ms. cari., in-fol., del
sec. XVIll^ pp. 17.
Cronica, o sia Memoriale delle cose di Bologna dall' anno 1371 al
1424 scritte da Pietro di Mattiolo Fabro bolognese rettore di S. Michele del
mercato di mezzo — Ms. cari., in-fol. di pp. iji, di mano del conte Carrati.
La stessa pubblicata da Corrado Ricci — Bologna, presso Gaetano
Romagnoli, i88s, in-8, pp. XLI-406.
Bologna secondo la cronica di Pietro di Mattiolo. Appunti,7?r. Cesare
Albicini, negli Atti e Mem. della Deputaz. stor. di Romagna — Bologna,
1884, ser. Ili, voi. II, pag. 4^1-306 : Continuazione, op. cit., ser. Ili, voi. HI,
pag- 355-3là.
Cronica, o sia Memoriale delle cose di Bologna dall' anno 1359 al
1399.... scritta da Pietro Fabro bolognese — Ms. cari., in-fol., di mano
del Calcati, ce. io.
Cronica di Bologna de' Signori Bolognetti dalla Mercanzia, dall'anno
1219 ai 12 die. 1443 — Ms. cart., in-fol. p., di pp. 182, di mano del conte
Carrati, che la trascrisse da altra copia nel ijój .
Il Governo Visconteo in Bologna (1438-1443), fir. Cesare Albicini;
negli Atti e Mem. della Deputaz. stor. di Romagna — Bologna, 1884,
ser. Ili, voi. II, pag. 311-362.
Ristretto della seconda parte della Cronica manoscritta circa li
successi di Bologna dall'anno 1403 sino all'anno 1450 — Ms. cart, in-fol.,
p., del sec. XV 11, di ce. jo. Seguono: Brevissimi cenni storici della città
dall'origine di essa all'anno 1530, di ce. 15.
Memoriale historicum rerum bononiensium ab anno domini 782 ad
annum 1472, auctore Mattheo de Griffonibus — Ms. cart., in-fol., foggiato
a vacchetta, del sec. XV, di ce. igj n. n.
Libro di Nicolo di Tadio di Mamelini, in lo quale sono scritti alcuni
suoi facti (dal 1436 al 1483) — Ms. cart., in-4, del sec. XV, ce. 18.
Chronica gestorum et factorum memorabilium civitatis Bonpniae
edita a F. Hieronimo de Bursellis bononiensi ordinis praedicatorum —
Ms. cart., in-fol., di mano del co. Carrati, pp. 8j.
Annales bononienses F. Hieronimo de Bursellis bononiensis ordinis
praedicatorum ab anno MCDXVIII usque ad MCDLXXXXVII; nei Rer.
Ital., Script, edit. a Lud. Ant. Muratorio, tom. XXIII, col. 863-916.
438 FRANCESCO MALAGUZZI
Fatti Storici accaduti nella città di Bologna, dall'anno 1393 all'anno
1501. [Titolo di scrittura recente) — Voi. due cari, ms., in-fol., del sec.
XVIII: il primo di ce. j^2, l'altro di ce. 2jo.
Memorabilia occurrentia et utilia prò Ecclesia S. Mariae Magdalenae,
stratae S. Donati, auctore Gaspare de Capite bobus (Codebò) rectore
praedictae Ecclesiae, ab. a. 1471 ad anno 1504 — Ms. cari., in-fol. p.,
di mano del co. Carrati, pp. 64.
Diario di Gaspare di Filippo Nadi.... (principia dall'anno 1418, e
termina all'anno 1504) pubblicato a cura di Corrado Ricci e di Alberto
Bacchi della Lega — Bologna, presso Romagnoli DaW Acqua, 1886, in-8,
pp. XXII, 394-
Della historia di Bologna.... del R. P. M. Cherubino Ghirardacci,
bolognese. Parte prima — Bologna per Giovanni Rossi, ijcfó, in-fol.
Parte seconda.... data in luce dal P. M. Aurelio Agostino Solimani —
Bologna, per Giacomo Monti, lójj, infoi.
Della parte terza esistono copie ms. in due volumi.
Giovanni Gozzadini. Di alcuni avvenimenti in Bologna e nell'Emilia
dal 1506 al 151 1 e dei Cardinali Legati A. Ferrerio e F. Alidosi, negli
Atti e Mem. della Deputaz. stor. per le prov. di Romagna — Bologna,
1886, ser. III, tom. IV, pag. ój-ijó.
Annali di Muzzi Salvatore della città di Bologna — Bologna, 1840,
voi. 9.
Id. Compendio della storia di Bologna — Bologna, i86j, i voi.
Antonii Bianchina, che si crede o dell' autore, o del padrone del
libro; l'originale del quale.... fu da me Ubaldo Zanetti fatto copiare negli
anni 174 1 e 1742 — Ms. cari., infoi., di ce. 443.
Diario delle cose notabili successe in Bologna, cominciando dall'a.
1401 insieme al 1513, scritto dal R. D. Antonio Dalle Anelle bolognese
— Ms. cari., infoi., del sec. XVIII, pp. 14"].
Diario delle cose di Bologna, ove sono varie istorie di Lombardia
di Girolamo Bolognini dal 1494 fino al 1513 — Ms. cari., in-fol., del
sec. XVI, pp. 290, XXVII d' indice.
Altra copia del suddetto Diario, avente il seguente titolo: Successi
«giornalmente occorsi sì nella città di Bologna quanto per l'Italia e fuori
ancora, dall'a. 1494 del mese di agosto sino ai 27 marzo 1513, descritti
e raccolti fedelmente da Hieronimo di Bolognini — Ms. cari., in-fol.,
di mano del Carrati, pp. 213.
Cronaca di Bologna (di Friano Ubaldini), dall'a. 1260 all'a. 1521 —
Voi. due cari, ms., in-fol. di diversi caratteri del sec. XVI, il primo ha
pag. 88j, il secondo pp. 864.
Historia di Bologna (di Fileno dalle Tuate) dall'anno CCCV sino
all'anno MDXXI, con appendice dopo l'indice — Voi. due ms., in-fol., del
Sec. XVII, il primo di pp. jj% l'altro di pag. 2// non compresi gli indici.
Altra copia — Voi. due ms., infoi, il 1° di ce. 34^, il 2" di ce. 2pj;
e molte altre cronache, compendi, ecc.
• CAPITOLO I.
Il diploma di Enrico VI, ii febbraio 1191, che concede ai bolognesi di
batter moneta — Il denaro bolognese — Prime locazioni della zecca
alle società dei mercanti e dei cambiatori — Patti tra Bologna ed
altre città pel corso delle monete — Varii sistemi della moneta
bolognese prima dei Pepoli — Taddeo Pepoli e la moneta pepolese
— Giovanni e Giacomo Pepoli — Bologna sotto il governo visconteo
e della Chiesa — Prima battitura del bolognino d'oro nel 1379 —
Il luogo della zecca.
È noto che, parlando dell'origine della zecca di
Bologna, alcuni storici la fanno risalire molto più
addietro della data certa e ormai riconosciuta come
la sola attendibile, e ricordano monete bolognesi,
etrusche, romane, longobarde e carolingie e alcuni
arrivano a stabilirne senz'altro le impronte. La critica
moderna ha demolito, sull'esempio del Muratori, ad
una ad una quelle facili asserzioni ed ha dimostrato
che l'origine della zecca di Bologna, una delle piiì
antiche d'Italia e delle più gloriose, rimonta al ii9i(^).
Enrico VI imperatore, acquetate le lotte intestine di
Germania, venne in- Italia per esservi incoronato dal
pontefice. A Bologna, accolto magnificamente et hono-
ratamente dal popolo e dai magistrati, donava al
vescovo il titolo di principe e alla città il ben noto
privilegio, con diploma ii febbraio 1191, di batter
moneta (2). L' imperatore vi aveva però apposta una
(i) Muratori, Antichità italiane II. 260 ediz. milanese MDCCCXXXVI.
Egli (e sul suo esempio gli storici bolognesi) confutò il preteso diploma
di Desiderio su cui si appoggiavano le asserzioni antiche sull'esistenza
di moneta bolognese longobarda.
(2) V. doc. I in appendice. Fu già pubblicato dal Muratori, dall'AR-
GELATi e da altri. Lo riportiamo dal Savioli, Annali bolognesi II. 167,
doc. CCXCVIII, dopo averlo collazionato sulla lezione della copia del
sec. XIII, nel Registro Nuovo, e. 14. v. presso il R. Archivio di Stato
di Bologna — Sezione Comunale.
440 FRANCESCO MALAGUZZI
clausola: che la nuova moneta bolognese non fosse
uguale air imperiale ne per la quantità, ne per la
forma, ne pel valore (« hoc excepto quod moneta
ipsorum nostris Imperialibus nec quantitate nec forma
nec valentia debet adequar! „).
Che il privilegio imperiale tornasse gradito ai
bolognesi perchè rappresentante il rimedio a una
necessità, lo prova il fatto che si pensò subito ad
approfittarne, esempio raro allora e anche più tardi.
La cronaca GhiselH ci assicura che s'incominciò col
deputare Ugone, Uguccione degli Oseletti, Bualello
Bualelli e Marco (o Mario) Carbonesi a disporre,
come consoli, perchè la prima coniazione avvenisse
tosto e regolarmente. E la prima coniazione infatti
ebbe luogo nello stesso anno come ci assicurano i
documenti e il memoriale reggiano che ricorda espli-
citamente: " eo anno fuit facta moneta Bononie (s) ».
Il " denarium bononiense „ compare la prima
volta nelle carte il 28 lugho 1191, in una cessione
enfiteutica, fatta dal monastero di Santa Maria di
Reno e di S. Salvatore ad un Attone di Verardo ed
a Manno di terreno, a rogito di Tetacapra di Fede-
rico notaio (4). L'importante documento (5) ci mostra
anche che correvano allora in Bologna nelle contrat-
tazioni i denari veronesi, oltre le lire imperiali. Siam
certi, da altre fonti, che oltre quelle servivano le
monete di Lucca, e, se crediamo al cronista Tolomeo
(3) Nel Rerum it. scriptores, Voi. Vili. MCXCI.
(4) Arch. cit. Demaniale. Busta -^ n. 21. S. Salvatore. — Avver-
2473
tiamo fin d' ora che tutti i documenti che richiameremo s' intendono
tratti dall'Archivio di Stato di Bologna, quando non vi sia diversa
indicazione. Fino al 1512 appartengono alla Sezione Comunale: dopo
quell'anno alla Pontificia.
(5) Pubblicato dal prof. G. B. Salvioni, La moneta bolognese e la
traduzione italiana del Savigny (Atti e Meni, della R. Deputaz. di Storia
Patria per la Romagna, III Serie, Voi. XII) da cui scegliamo le notizie
relative ai valori delle prime monete bolognesi.
LA ZECCA DI BOLOGNA 441
di quella città, fin dal 1180 venivan stretti patti
giurati fra il Comune di Lucca ed i Bolognesi : questi
si sarebbero obbligati a spendere nei loro commerci
la moneta lucchese, tanto nella città di Bologna che
nel suo territorio (^^.
La prima moneta coniata a Bologna fu dunque
detta denaro bolognese: la prima denominazione fu
scelta in omaggio al privilegio imperiale. È noto che
appunto le monete imperiali chiamavansi denari. Solo
in seguito, come vedremo, quella moneta bolognese
prese il nome di bolognino e l'esempio fu seguito
dalle altre città, dopo che fu tolta l'uniformità dei
denari, che era stata introdotta da Carlo Magno.
Il denaro bolognese^ di cui rimangono numerosi
esemplari, è una piccola moneta di lega, secondo
l'uso di quei tempi (7), portante da un lato il nome
dell'imperatore concedente il privilegio HENRICVS e
nel campo le lettere I • P • R • T • {imperator) in croce:
dall'altro lato il motto BO • NO • NI • e nel mezzo A.
Questo tipo, con leggere varianti di punti e crocette,
rimase sulle monete di Bologna fino al tempo dei
Pepoli: non è facile distinguere le più antiche dalle
susseguenti, anche per mancanza di documenti che
ci indichino il loro peso legale e la lega stabilita.
Però, per induzioni molto attendibili essendoci noto
il titolo e il peso della moneta bolognese del 1205
par cosa molto verosimile che quel titolo e quel peso,
(come dimostrò il prof. Salvioni nel suo scritto ve-
ramente magistrale già citato) fossero gh stessi della
moneta del 1191. È infatti inverosimile (e ciò è con-
fermato da un documento) che si mutasse a così
(6) Muratori, Annales Ptolomaei Lucensis nei Rerum it. script.,
t. XI, col. 1272.
(7) V. descrizione di queste come delie monete che verremo ricor-
dando, in Appendice.
56
442 FRANCESCO MALAGUZZI
breve distanza di tempo un sistema monetario da
poco introdotto di pianta.
Lo Zanetti (^) argomenta come verosimile che
il denaro bolognese di quel tempo equivalesse a -
dell'imperiale perchè non dovendo esso, secondo il
diploma, essere uguale al denaro imperiale, non po-
teva nemmeno rappresentarne la metà per non asso-
migliarsi ai mezzani^ né il quarto per non confondersi
colle medaglie (vere monete di cui non si hanno
notizie e i mezzani i denari nuovi di Milano) (9). Ne
sarebbe venuto di conseguenza che equivalessero a
un terzo degli imperiali.
Del I200, 14 maggio, abbiamo un atto importante
per la tecnologia numismatica, con cui i consoli dei
mercanti e dei cambiatori ricevono dai loro anteces-
sori in ufficio gli utensili della zecca (1°). Riportiamo
più avanti il documento con note illustrative ed
osserviamo intanto che vi si rileva che i primi ad
assumere Tofficina monetaria bolognese furono, (come
più tardi presso la repubblica fiorentina) le arti dei
mercanti e dei cambiatori, le più consighate infatti
per dirigere un ramo così geloso della pubblica
amministrazione. Il locale della zecca era in quel
tempo in una casa privata dei figU di certo Scanna-
becco e la stima degli oggetti della zecca, fin d'allora
molto ben provvista, fu fatta a denari imperiah, sopra
un'estimazione anteriore.
Sei anni dopo, con patto datato del 1° febbraio,
fra Bologna e Ferrara, i deputati ferraresi giuravano
a nome della loro città di far osservare per un de-
cennio i capitoli allora fissati: cioè che la moneta
(8) Biblioteca Comunale di Bologna. Ms. 8384, v. bibliografia.
(9) Sulle monete di Milano v. l'opera dei sigg. Gnecchi Francesco
ed Ercole, Le monete di Milano da Carlo Magno a Vittorio Etnanuele.
Milano, Dumolard, 1884.
(io) V. doc. II.
LA ZECCA DI BOLOGNA 443
bolognese, sull* esempio di quella di Bologna, fosse
tale che per ogni libbra di peso non vi fosse meno
d'once 2 e -^ d'ars^ento e once 9 - di rame e se ne
ricavassero soldi 46 ^ o denari piccoli 558, che il
peso da adoperare come criterio delle successive mo-
netazioni fosse quello di Bologna e che finalmente
non si potessero introdurre variazioni nelle monete
delle due città senza l'unanime loro consenso M.
Frattanto il mercato bolognese era invaso da
moneta parmigiana, per la legge della moneta peg-
giore, avendo la città di Parma addottato a base
del proprio sistema la stessa lega dei denari di Bo-
logna, ma in numero maggiore per ogni libbra (^2)
Perciò i bolognesi sentirono il bisogno di allargare
la loro lega monetaria e con patti del 19 settembre
1209, vi abbracciavano anche Parma (^3). A questa
lega tra Bologna, Ferrara e Parma aderì in seguito
probabilmente anche Reggio, come sembra dal con-
tenuto della rubrica XXVI del libro VII degli Statuti
di Bologna (h).
Verso il 1216, la città incominciava a risentirsi
della mancanza di moneta propria, causa l' esporta-
(11) Si avverta la debolezza della lega che risponde al 229 J", ma,
nota il prof. Salvioni (op. cit.), quanto più tornava necessario coniare
monete di poco valore, altrettanto era impossibile attenersi al sistema
antico del metallo puro, perchè tali monete sarebbero sfuggite all'occhio
ed alla mano. Né si poteva pensare al conio di moneta di rame: perchè
il concetto della moneta non poteva allora esser chiaro, come fu poi;
perchè non si sarebbe saputo come mantenere il ragguaglio fra la
moneta maggiore più antica e le nuove spicciole; perchè finalmente
quanto più si torna addietro nel tempo, tanto più la mente, non so dire
se più rozza o meno scaltrita, esige di avere nella moneta un pegno
del valore che rappresenta.
(12) P. Ireneo Affò, Della zecca e moneta parmigiana illustrata,
libri III (nel Voi. V, dello Zanetti, Nuova raccolta delle monete e zecche
d'Italia. Bologna, Lelio della Volpe, 1775-1789).
(13) Registro nuovo, e, 132 " De licentia bononie data a Ferrarla
quod cum parmensibus monetam faciant. „
(14) Ediz. Frati, II, p. 35 e Salvioni, Op. cit.
444
FRANCESCO MALAGUZZI
zione che ne veniva fatta, con qualche vantaggio. A
provvedere a una nuova coniazione il Comune, col
mezzo di Viscontino Visconti podestà, dava in appalto
la zecca, con atto 5 aprile 1216, alle stesse arti dei
mercanti e dei cambiatori, che la tenevano (^s). H
termine della locazione fu fissato a due anni e si
stabih di conservare gli stessi pesi, bontà e lega
precedenti. Il corrispettivo fu fissato in 85 lire di
bolognini (it. L. 633.07) in due rate da pagarsi anche
se non si battesse moneta. Come osserva il Salvioni
qui apparisce per la prima volta che si ricavava
qualche vantaggio dal coniar moneta, ma quale non
sappiamo; certamente non piccolo a giudicare dal
compenso rilevante dell'appalto anche tenuto conto
che v'era compreso il fitto degli utensili dell'officina.
Le cose erano bene incamminate e allo scadere
del termine della locazione, il contratto fu rinnovato
colle due arti che però questa volta ne addossarono
il carico ad un Aldobrandino de' Burigagni da Lucca
del quale il Savioli pubblicò l'importante giuramento
pel buon governo della zecca. Il zecchiere prometteva
di conservare tutte le suppellettih dell' officina e di
non introdurre robe sue o d'altri " in summa moneta
Bononie, nisi illam mobiUam que mihi designata erit
a consulibus mercatorum et campsorum. Et monetam
bon. bonam et legalem faciam et facere faciam et
alligabo et alligare faciam et tres untias minus uno
quarterio arzenti mittam seu mitti faciam et viiij
uncias et unum q.uarterium de ramo mittam vel seu
mittere faciam et xlviiij sol. et vj den. de denaris
modenatis (sic) per libr. bon. ponderatam faciam
secundum consuetudinem monete facte tempore do-
mini Vicecomitis ohm potestatis Bononie „ (^^). Il
(15) V. doc. IV.
(16) Savioli, Op. cit., Voi. II, P. II, p. 399, doc. CCCLXII dal Registro
grosso, lib. I, p. 347.
LA ZECCA DI BOLOGNA 445
Burignani giurava inoltre di sottostare agli ordini dei
soprastanti alla zecca. Questi pubblici uffiziali, come
nelle altre città, sorvegliavano a nome del Comune,
sul buon andamento della zecca, stendendo i contratti
di locazione, nominando gli assistenti e gli assaggia-
tori (de' quali però troviam notizie più tardi) e sce-
gliendo il locale della zecca.
Di essi il Salvioni pubblicò il giuramento (^7).
Questo documento è una interessante pittura dell'am-
ministrazione, del regime interno, delle operazioni
tecniche, del personale di una zecca medioevale. Vi
troviamo l'acquisto del cambium o metallo da mone-
tare, assistiamo alla alligazione dei metalli, vediamo
formarsene i catii e trarsene i denari, in tondelli,
nigri cioè ossidati dall'azione del fuoco: se ne vede
sperimentare la perfetta uguaglianza, prima di imbian-
chirli colla liscivia o con acidi per essere affiorati e
coniati. L'operazione finiva con un altro riscontro,
collo scarto dei denari reprobi, colla registrazione
dei denari compiuti e legittimi che uscivano di zecca.
Quest'ultima cautela era raccomandata in modo spe-
ciale ai maestri di zecca in tutti i contratti, come
vedremo. La parte metallurgica spettava a varie
classi di operai fra i quali erano funditores, sazatores,
incisores: il conio ai monetarii.
Dopo aver accennato alle convenzioni 15 no-
vembre 1230 tra il Comune di Bologna e Bonsignore
battitore di monete. Martino Grasso, Bonaventura
Gonzaga da Verona, Buono da Vimercate ed altri,
senza dati nuovi ^^^) e ad un primo accenno a mo-
nete falsificate nel 1233 (^9), veniamo alla battitura
del 1236.
(17) Op. cit. Lo riportiamo (V. doc. Ili) perchè di molto interesse
per la nostra illustrazione.
(18) Registro grosso, 1. 1, e. 500, r.° in Archivio di Stato di Bologna,
(19) Registro grosso, e. 517, v.
446 FRANCESCO MALAGUZZI
In quest'anno, come narra la cronaca Bolognetti:
" messer Ubaldo Sordo fu podestà di Bologna et in
quale anno li Bolognixi comenzano a batere la mo-
neda grossa d'argento „ non bastando piii ai com-
merci la moneta minuta battuta fino allora. La notizia
è confermata dal Ghirardacci e da tutti gli storici
bolognesi, che però non riuscirono, (come non vi
riuscimmo noi) a trovar notizie precise sul titolo e
sul peso di questa moneta grossa. Se però crediamo
al Zanetti e alle esperienze da lui fatte, i bolognini
grossi di quel tempo avrebbero pesato circa 32 grani:
siccome 240 erano i denari in una libbra, abbiamo
7680 grani ossia troviamo rinnovata in Bologna
quella perfetta rispondenza fra la unità ponderale ed
il peso monetario che Carlomagno aveva, ai suoi
tempi, sapientemente instaurata e che s'era smarrita
nelle età successive. Quanto al titolo, Zanetti riferisce
da un codice Magliabecchiano la notizia che nel pe-
riodo 1250- 1254 " la libbra di bolognini tiene oncie
d'argento X M. „
Dal che il prof. Salvioni citato deduce che, se
tutte queste induzioni sono esatte, si può ancora
affermare che il terzo sistema monetario, che secondo
le fonti del Savigny, data dal 1269, dovrebbe ripor-
tarsi al 1236. Infatti se i bolognini grossi d'argento
si coniavano con dieci oncie di fino e ne andavano
240 per Hbbra, avremo oncie io = 6400 grani, da
cui ~ = 26 ^ grani d'argento puro per ogni bolo-
gnino grosso, che rappresenta appunto il peso, come
vedremo, prefisso ad esso bolognino nel 1269.
Anche su questo terzo sistema, ci convien seguire
la dotta guida del Salvioni che ha trattato abbon-
(20) Salvioni, Op. cit.
LA ZECCA DI BOLOGNA 447
dantemente la parte di queste prime monetazioni,
per quanto sotto un aspetto diverso dal nostro.
Avverte egli che a proposito di questo terzo
sistema, definito espressamente nel 1269, vi si nota
una novità, che il titolo delle nostre monete viene
ragguagliato alla lega dei grossi veneziani, e prima
di descriverlo egli rammenta un episodio che spiega
questa innovazione, riferito e documentato dal Savioli,
narrato anche dallo Zanetti, e che noi riassumeremo.
Bisogna risalire al 1262, in cui venne per la
prima volta podestà a Bologna Andrea Zeno vene-
ziano. Già da qualche anno negli Statuti bolognesi
esisteva una rubrica " De moneta facienda « ma nel
1262 la rubrica fu mutata : « Quod potestas teneatur
dare operam quod moneta grossa batetur » e vi si
aggiunse questo periodo, sfuggito al Savioli e allo
Zanetti: « Addimus huic statuto quod medalie menute
ques sint medalie valimenti medietatis unius denarii
parvi battantur, et etiam bononini grossi aurei, qui
sint quilibet bononinus aureus valimenti XX soldorum
bononinorum et hec omnia sint precisa et precise
debeant observari per Potestatem et angianos et
consules, et si aliquis angianus sive consul poneret
ad conscilium populi quod hoc fieri non deberet, vel
concionaretur in conscilio comunis Bononie quod
predicta non fierent vel quod dififeretur, condempnetur
per potestatem quilibet angianus sive consul in XXV
libris bononinorum et bave condempnationem Po-
testas precise facere teneatur jnfra XV dies postquam
contra hoc factum fuerit vel dictum. „ Ma per allora
non se ne fece nulla, cosicché, tornato due anni dopo
Andrea Zeno podestà a Bologna, riprese Tidea di
quella coniazione. Chiamò da Venezia un Guido Me-
gano (non " Megatio „ come lesse il Savioli) coi
fratelli Damiano e Pietro e creatolo zecchiere, con
contratto 24 aprile 1264, gli impose una complicata
448 FRANCESCO MALAGUZZI
monetazione di medagliole, denari piccoli e grossi,
e bolognini d'oro. Ma il progetto abortì e questo
episodio non ha per noi altra importanza che storica.
Il locatario della battitura progettata nel 1269
fu cercato a Firenze nella persona di Betto Torna-
quinci che, con contratto del febbraio 1269, che il
lettore troverà in appendice (^i), si obbligava a batter
monete d' argento in modo che da ogni oncia si
dovessero ricavare d. 52 - di piccoli (colla tolleranza
da piccoli, 49 - a 55 -J-): i grossi rispondevano al soldo
dei piccoli dunque a grani 26 | , per modo che il
soldo di grossi conteneva grani 320 o mezz'oncia,
la libbra grossa grani 6400 o dieci once di fino.
Anche questa volta la battitura non ebbe luogo
a giudicare dal fatto che l'anno successivo la zecca
fu affidata per un quinquennio a un Nicolò di Gu-
glielmo bolognese. Nel 1284 nuova locazione ad
Opizzino dei Lamandini e a Matteo Culforato, ma
non ne rimangono particolari: le notizie sono date
così dai Memoriali dei notai Geremia Angelelli (1270)
e Giovanni Barbarossa (1284) (22).
Ed ora passiamo al quarto sistema della moneta
bolognese, del 1289, ricordata anche dal Ghirar-
dacci (23). Riassumiamo dalle lunghe provvigioni la
parte che ci interessa. Sembra che i bolognesi sten-
tassero a trovare un zecchiere, causa lo scarso pro-
fitto offerto, mentre cresceva il bisogno di moneta
minuta il cui pregio era causa della sua esportazione
al di fuori. È noto infatti che fin d'allora i bolognini
avevano tal fama nei mercati che erano scelti e
sparsi dovunque. Si bandì un invito che cadde a
(21) V. doc. V.
(22) Arch. cit. Cpm.
(23) Historia dì Bologna. Bologna, Rossi, MDCV, i, 290.
LA ZECCA DI BOLOGNA 449
vuoto;, cosichè il Comune nel novembre del 1289
dovette affidare la zecca ai banchieri e ai mercanti.
Quello che è notevole è che una commissione appo-
sitamente scelta, suggerì una leggera riforma del
sistema monetario, che fu accolta dal Consiglio quasi
all' unanimità. I denari grossi si sarebbero coniati,
come pel passato, in ragione di 13 e 4 d. per libbra,
ma dei piccoli ne sarebbero ricavati 53 per oncia,
ossia 53 X 12 = 636 in luogo di 627 per libbra (24).
A coniare bolognini grossi e piccoh fu chiamato
nel 1291 un tal Giacomino di Carlino maestro in
quell'arte (Provvigioni F, e. 152, 153): egli, come
risulta da una memoria vista dallo Zanetti, fu della
famiglia Truffi ed in origine era stato bandito perchè
seguace dei Lambertazzi.
Nel 1295, 21 novembre nuova locazione della
officina alla società dei cambiatori per sei anni per
coniare bolognini grossi e piccoli (25) e l'anno dopo
(24) Provvigioni, lett. H, e. 262, r. 272, r. e v.
(25) 1295, 21 novembre, e. 64, v. Nella locazione della zecca al sin-
daco della società dei cambiatori è prescritto di coniare " ad sufìcentiam
ita quod habundancia sit in civitate Bononie et districtu de bononinis
parvis et medaglolis scilicet quod due medagle valeant unum bononinum
parvum bine ad sex annos proximos venturos monetam novam silicei
de bononinis grossis et bononinis parvis erri boni argenti ponderis et
lighe prout atenus in civitate Bononie fieri consuevit videlicet quod
bononini grossi qui fieri debebunt sint et esse debeant ad decem ungias
et terciam argenti veneti grossi vel erri boni et duas ungias minus
terciam rammi et duodecim unzias bononinorum grossorum tali modo
quod forciores minus sint ponderis tredecim soldorum et duorum bono-
nenorum in marcha at flebiores non possint intrare plus quam tredecim
soldos et sex denarios bononinorum in marcha ita quod comunales
asendant tredecim soldos et quatuor denarios in marcha bon. scampita
albos et rotundos. Ita quod bononini parvi qui fieri debebunt debeant
fieri et esse ponderis duodecim unciarum bononinorum parvorum et
due uncie et dimidij quarterij argenti veneti grossi vel erri boni et
novem ungiarum et trium quarteriorum et dimidij rami et quod debeant
asendere in uncia quinquaginta trium bononini parvi quod tali modo
quod forciores non possint esse minus quinquaginta sex in unzia, ecc. „
Memoriale di Bonifacio qd. Bonazunta da Savignano II semestre,
1295, e. 64.
57
450 FRANCESCO MAL AGUZZI
cessione della zecca dai cambiatori ad un Andrea di
Bonino (Mem. di Gioannino di fra Deulay de Sala,
I sem. 1296, 16 marzo). Dopo questo sembra non
avvenissero mutamenti nella nostra moneta prima del
governo dei Pepoli e il Ghirardacci e le scarse ri-
formagioni di quel perìodo ci ricordano solamente
che neir anno 1300, visti gli Statuti della città, si
coniò altra moneta dal solito tipo e qualità (^6) ; che
nel 1301 si bandì da Bologna la moneta imperiale
perchè deficente di valore (^7); che nel 1305 fu ritirata
dalla circolazione la moneta rasa e con essa se ne
fabbricò altra (^S). finalmente che nel 1313 si battè
ancora moneta (^9).
La nomina di Taddeo Pepoli a signore della
città, il 28 agosto 1337, fu salutata dal popolo come
il principio di un'era di pace per la città. Egh ricusò
il titolo di " signore „, nome che suonava male in
un comune che aveva tanto lottato per la libertà,
preferì quello di capitano generale e datosi alle ri-
forme che i nuovi tempi reclamavano, seppe presto
conquistare buon nome presso il popolo (3°).
Tra queste riforme ci interessa la nuova battitura
di monete, di cui è fatto cenno in una provvigione
del 20 febbraio 1338. La nuova moneta pepolese fu
battuta a somiglianza degli agontani (corruzione di
" anconitani „) che equivalevano a due grossi l'uno
o 23 denari ad Ancona e 24 a Bologna (31). Ne ri-
(26) Provvigioni, lett. D, e. 14.
(27) Ghirardacci, Op. cit. I, pag. 428 (dalle Riform. cit.).
(28) id. Op, cit. I, pag. 563. V. i doc. e illustrazione nel
recente scritto di G. B. Salvioni, Sul valore della lira bolognese, in
Terza serie, Voi. XIV, fase. IV- VI degli Atti e M. d. R. Deput. di Storia
patria per la Romagna.
(29) Ghirardacci, Op. cit., I, pag. 563.
(30) id. Op. cit.
(31) Provvigioni di Taddeo Pepoli, 1338.
LA ZECCA DI BOLOGNA 45 1
mangono prodotti: portano da un lato la leggenda
TÀDEVS DE PEPVLIS all' ingiro e una croce greca nel
mezzo (allusiva probabilmente all'impresa guelfa del
Comune) e dall'altro lato la figura intera di S. Pietro
nimbato colle parole all' ingiro S. P. (Petrus) DE
BONONIA, allora venerato protettore della città. Di tal
coniazione ci parla anche la cronaca Villola di quel
secolo (32) e una grida dello stesso anno della batti-
tura, che prescrisse che la nuova moneta non potesse
spendersi che in città, comminando pene agli aspor-
tatori come ai contraffatori (33); ma non sappiamo
con precisione quale ne fosse il titolo ed il peso. Lo
Zanetti assicura che le pepolesi da lui possedute
pesavano 57 grani e quindi, da nuove, 58.
Un documento visconteo del 1350 che prescrive
che gli zecchieri milanesi dovessero battere bolognini
grossi alla lega dei pepoleschi, coniati al tempo di
Taddeo, ammette come grado di bontà oncie 9 e
denari 22, ma lo Zanetti nei suoi saggi trovò invece
IO, 14. Sopra alcune diversità di notizie relative al
valore e alle leggende di questa moneta coniata da
Taddeo non crediamo necessario intrattenerci, essendo
già stato notata da altri la loro poca attendibilità,
comprovata dalla mancanza di altre monete pepolesi
di quel periodo nelle collezioni italiane (34).
Anche i figli di Taddeo Pepoh, Giovanni e Gia-
como, subentrati al padre nel governo della città,
coniarono nel 1349 nuovi bolognini col loro nome,
che descriveremo a suo luogo, ed il Gherardacci ri-
corda inoltre che furono messi in circolazione sulla
(32) Biblioteca Universitaria di Bologna.
(33) Provvigioni cit.
(34) Taddeo Pepoli eletto signore di Bologna. Moneta battuta sotto
il suo governo. Domenico SuGA.NAper nozze Isolani. — Tattini. Bologna,
R. Tip. 1864.
452
FRANCESCO MALAGUZZI
fine di queiranno e che con quelli furono distribuite
le mancie del Natale.
L'anno susseguente i due figli di Taddeo, dege-
neri dal padre che aveva avuto a cuore la grandezza
della città, vendevano Bologna all' arcivescovo di
Milano Giovanni Visconti, dando uno di quegli
esempi di cui non è penuria nella storia del medioevo.
Sotto il nuovo dominio si coniarono bolognini grossi
e piccoli.
Da Milano l'arcivescovo mandava a Bologna i
frateUi Maffiolo e Lorenzino de' Frotti per coniarvi
monete, ordinando loro di provvedere l'argento e, nel
caso, esonerandoli dal dazio. Radunatisi il 21 novem-
bre gli Anziani, i Consoli e otto sapienti per quar-
tiere chiamati dal Vicario, concordemente stabilirono
che le nuove monete dovessero portar scritto, se-
condo l'ordine dell'Arcivescovo nel diritto la parola
lOHES VICEC-OMES colle ultime quattro lettere nel-
l'area disposte in croce e nel rovescio il nome della
città BO • NO • NI • e l'A finale nel campo , per seguire
l'uso fino allora invalso nella zecca bolognese. La
lega sarebbe stata la medesima dei pepolesi " zoè che
la livra de l'ariento peso contegna unze diexe meno
de dui d'argento fine almeno de liga de peso sieno
vintidui bolognini grosi per onze e non plue, si che
ne vadano ne la livra peso de romano bolognini
doxento sexanta quattro e non plue, cum questa
zunta che se gl'avignise che al deliberare la moneda
se trovasero dinari uno e mezo de hga, meglo o peso
ch'el pato sovrascripto, la Hvra a peso che la sia
intera bona e fina „ (35).
(35) V. Lodovico Frati, Documenti per la storia del governo vi-
sconteo in Bologna nel sec. XIV. (Arch. Storico Lombardo, Anno XVI,
fase. Ili, 30 settembre 1889).
LA ZECCA DI BOLOGNA 45
A far cessare del tutto l'ultimo ricordo della
signoria dei Pepoli, un bando del 12 febbraio 1353,
mentre era governatore pei Visconti, l'Oleggio, sta-
bilì che entro otto giorni si spendessero o si por-
tassero al banco di Ligo cambiatore (che ne avrebbe
dato un fiorino d'oro di soldi 35, sebbene il ducato
si spendesse per soli soldi 30) i bolognini grossi
coniati da Taddeo che correvano per la città.
Conseguenza di tal bando fu che nel susseguente
anno 1351 si coniarono nuovi bolognini grossi, dello
stesso tipo di quelli dell'anno precedente come ci
assicura una provvisione del 23 settembre: furono
coniati dallo stesso zecchiere Maffiolo de' Frotti, della
stessa lega dei precedenti, ma di soli ducento ses-
santatre alla libbra " cum dimidio. „ V'è ricordato
che la officina era allora in capella di Santa Maria
di Porta Ravennate (36).
Il cronista Bartolomeo della Pugliola aveva at-
tribuito all'Oleggio anche la coniazione di bolognini
piccoli di cui v'era penuria in città perchè anche
durante la signoria dei Pepoli non se n'eran battuti
e aggiungeva che s'erano sparsi sul mercato nell'ot-
tobre del 1351. Non si conosce alcun esemplare di
questo piccolo che dev'essere rarissimo. Il Zanetti
ne possedette uno, ora perduto e ne dà la descri-
zione. Aveva le stesse leggende del bolognino grosso
visconteo sopra descritto con alcune stellette in luogo
dei punti fra le lettere: non pesava che grammi io
e forse doveva pesarne 11 appena uscito di zecca:
sembrava contenere poco più di un'oncia e mezzo
di fino per libbra e per conseguenza il suo valore,
secondo il Zanetti, era di un denaro o sia bolognino
piccolo, dodici dei quali formavano il grosso.
Non abbiamo notizie importanti della zecca bo-
(36) Frati, ibid.
454 FRANCESCO MALAGUZZI
lognese sotto i successivi governi di Innocenzo VI
(1352-1362), di Urbano V (1362-1372) del quale ci
rimane un bolognino d' argento col suo nome e ri-
tratto e di Gregorio XI (1372-1378) anche per man-
canza di carte di quel tempo negli archivi pubblici.
Importantissima invece è la innovazione creata
nel 1379, ed attuata dopo il 1° gennaio dell'anno sus-
seguente, sotto la signoria della Chiesa, cioè l'intro-
duzione per la prima volta del fiorino d'oro. La nuova
moneta fu chiamata bolognino d' oro, cosicché da al-
lora il bolognino fu completamente introdotto nelle
tre materie ormai adottate negli scambi : oro, ar-
gento e rame. Ne assunsero la coniazione Bernardo
di Domenico Nardo e Zenobio di Paolo de Jaceto,
fiorentini, e il nuovo bolognino fu battuto ad imita-
zione del ducato veneziano (mantenutosi più fedele
al tipo originario del fiorino di Firenze) e quindi
d'oro purissimo in ragione di 102 fiorini per Hbbra
d'oro, ossia del peso di grani 75 gf per cadauno (^)
che sono grammi metrici 3,5471. Il fiorino venne
valutato a 34 grossi d'argento, cioè a 2 s. io d. di
grossi, corrispondenti, secondo 1' ultimo ragguaglio
del 1289, a 906 grani di puro argento : e si ricave-
rebbe per il 1379: 75 : 90 = I : 12. 8, come ragguaglio
fra i due metalli (37). Bologna che, come vedemmo,
non aveva accolto molto tempo prima le proposte
del podestà Andrea Zeno, ebbe così soltanto allora
il fiorino quando questo era già stato accolto in molte
parti d'Europa.
Porta nel diritto il motto BONOMIA DOCET (che fu
introdotto per la prima volta a ricordare al mondo
civile la gloria dello Studio) e il leone rampante collo
(37) Salvioni, Op. cit.
LA ZECCA DI BOLOGNA 455
stendardo dalla croce comunale (38) e nel rovescio il
S. Pietro in piedi colle parole all'ingiro S. PETRVS
APOSTOLVS. Ai bolognini d'argento fu lasciato il motto
MATER STVDIORVM, come si vedrà nelle descrizioni
delle monete che riporteremo a suo luogo.
In questo tempo però andavano diminuendo di
qualità i piccioli, dei quali se ne ricavavano 768 per
libbra e l'argento essendo ridotto a grani 1226 j,
ogni denaro non conteneva più di grani i ^ di fino :
di qui il deprezzamento dei danni piccoli e la ne-
cessità di una moneta spicciola più grossa nei quat-
trini coniati, come vedremo, nel 1404 e che equiva-
levano a due soli dei nostri denari (39).
Del 1385 ci rimane l'indicazione precisa del luogo
in cui era la zecca in un atto dell' 8 novembre, da
cui risulta che presenti all'estrazione delle monete
erano i rappresentanti del Comune, i cambiatori e
una rappresentanza della società degli orefici come
interessata a conoscere il saggio delle monete co-
niate: vi è detto che teneva l'officina Tommaso di
ser Gerardo de la Lana, cessionario di Rodolfo dei
Sabatini e che l'officina era posta in capella sanda
Teck de Portauova ossia circa nella località dell'attuale
palazzo degli Anziani. Nel XIII secolo invece era
stata presso (forse dentro) il palazzo del Podestà.
Trovammo che, nel 1433 non era più nel luogo
sopradetto. Vedremo che più tardi fu situata al pian
terreno di una delle case Bentivoglio e che solamente
verso la fine del XVI secolo fu costrutto espressa-
mente il palazzo della zecca che rimane tuttora.
Nel 1398 22 aprile, nuova provvigione per coniar
(38) Si noti che la croce rossa in campo bianco è lo stemma del
Comune e il motto libertas quello del Popolo. Nel sec. XIV incomincia-
rono ad essere uniti insieme.
(39) Salvioni, Op. cit.
456 FRANCESCO MALAGUZZI
moneta d'ogni metallo in Bologna, ma senza nuovi
particolari (4°).
Così si chiude la serie delle notizie di questo
periodo, di non poco interesse per il monetografo,
che se non trova in quei primi prodotti la bellezza
di quelH che seguirono, in compenso può studiarne
meglio la varietà ed assistere ai progressivi risultati
a cui fin d'allora seppe arrivare quel ramo importante
della pubblica amministrazione.
(40) Provv. in capreto G 1394-1400, e. 18, 2* numerata.
CAPITOLO IL
La zecca nei periodi di Giovanni I Bentivoglio, dei Visconti, dei papi,
di Sante Bentivoglio — Giovanni II Bentivoglio — Locazioni della
zecca — L'incisore dei conii Antonio Magnani — La battitura
del 1476 — Il corso delle monete a Bologna nel sec. XV — Il pri-
vilegio dell'imperatore Massimiliano a Gio. II di coniar moneta —
Le zecche bentivolesche di Covo e Antignate — Falsificatori e
tosatori di monete nel sec. XV.
Il secolo XV è il più interessante per la nostra
illustrazione, sia per L abbondanza delle notizie do-
cumentate, che per il fatto di essere il secolo aureo
per la numismatica, come per gli altri rami dell'arte
italiana.
Nel 1401, ai 27 di febbraio, Giovanni I Benti-
voglio, appoggiato dai suoi, dopo un combattimento
in piazza, aveva occupato il palazzo della Signoria
di Bologna e si era fatto nominare magnifico e potente
signore. Il periodo che seguì fu tra i più tristi della
storia cittadina: Bologna, divisa in Scacchesi e Mal-
traversi, non tollerò il nuovo giogo da cui la liberò,
dopo un solo anno di signoria, l'esercito di Gianga-
leazzo Visconti: questi ricuperò così la città tolta
già alla sua casa dal cardinale Albornoz. Giovanni
perdette, col potere, la vita, nella battaglia di Ca-
salecchio.
Del breve periodo del primo Bentivogho, si
conosce un rarissimo bolognino d'oro e un denaro,
mentre l'officina era affittata a un Antonio da Montone.
Da un registro per le estrazioni delle monete,
del 1401 e seguenti, rileviamo che di quei bolognini
d'oro ne andavano 102 per ogni libbra di peso, se-
condo la lega bolognese, e di queUi d'argento ne
andavano da prima lire 14 e soldi 9 per ogni libbra
58
458 FRANCESCO MALAGUZZI
di peso e tenevano once 9, denari 22 di argento fino
per libbra, mentre nel 1402 ne andavano lire 14 e
soldi IO e tenevano (a detta degli assaggiatori) once
IO di argento fino (0. Questa differenza di peso nella
stessa moneta a distanza di un anno solo ci prova
una volta di piiì quanto fosse imperfetta la tecnica
della fabbricazione delle monete nel medioevo, con
gran fortuna de' tosatori e falsificatori. All'estrazione
delle monete eran presenti i difensori dell'avere e
dei diritti della Camera o uno da essi delegato, il
difensore della società del cambio della città, tre
cambiatori, il rettore della società degli orefici con
uno o pili membri della società, e uno de' soprastanti
alla zecca. L'officina, in quel tempo, era ancora in una
casa della parrocchia di Santa Tecla di Portanuova.
Alla morte di Giangaleazzo Visconti la duchessa
Caterina, vedendo sfasciarsi il suo stato, venne ad
accordi e cedette la città alla chiesa (1403). A Inno-
cenzo successo papa Gregorio XII, di casa Correr
di Venezia (1406-1409), si coniarono nuove monete
di rame. Ai io dicembre 1406 il Legato ordinava
che, causa la riduzione successiva dei piccoli che
reclamava una moneta spicciola più grossa, si co-
niassero nuove monete da due denari, dette qviattrini
(perchè a imitazione di queUi di Milano che ne va-
levano quattro), portanti l' imagine di S. Petronio
da l'un lato e le chiavi decussate dall'altro.
La scarsezza di documenti per questi primi
decenni del secolo ci vieta di entrare in particolari
sulle battiture precedenti al periodo di Eugenio IV."
È noto che la storia cittadina bolognese di quel
(i) Tutte le citazioni di documenti sottintendono per 1* avvenire
l'indicazione: Archivio di Stato di Bologna. Negli altri Archivi della re-
gione, nei quali non mancammo di far ricerche, non trovammo quasi nulla.
LA ZECCA DI BOLOGNA 459
tempo è piena di lotte intestine e vicende tristi.
Sollevazione della plebe a mo' dei Ciompi (ii maggio
141 1), deposizione dei magistrati e distruzione della
fortezza di Galliera, rivincita e ritorno dei nobili,
ricaduta la città sotto i pontefici (14 agosto 141 2).
Nuove rivolte poco dopo ed elezione della città a
repubblica, con a capo Antongaleazzo di Giovanni
Bentivoglio (1420): rinacquero le vecchie fazioni sotto
i nomi di bentivolesca e cannesca. Finalmente la
città ricadde sotto la chiesa, governata allora da
Martino V (Colonna 1417-1431). Del 2 ottobre 1412
ci rimangono i capitoli relativi agli ufficiali deputati
al cumulo delle monete dal Comune, approvati dal
luogotenente del Legato (2). Al breve periodo di li-
bertà appartengono probabimente alcuni bolognini
d'argento, senza alcun segno di signoria, che descri-
veremo a suo luogo. Ai primi anni del governo di
Martino V vanno ascritte invece le monete d'argento
col motto BONONIA MATER STVDIORVM e le chiavi de-
cussate poste fra una colonna coronata e un leoncino,
pubblicate dal BelHni.
Eugenio IV (Condulmiero, 1431-1447) nel pe-
riodo in cui tenne Bologna battè monete d'oro, d'ar-
gento e di mistura: le prime fatte a mò di zecchini
di Roma, le seconde, i grossoni, con S. Pietro e
S. Paolo ben note. Di queste coniazioni rimangono
esemplari e memoria in un bando (s) e i nomi dei
(2) Comunale, Libro Fantaccini, e. 66 e 67.
(3) " Per parte del Reverendissimo in Cristo padre e signore Mon-
signore misser Daniel per la Dio gratia Vescovo di Concordia, Gover-
nadore de la cita contado e distretto di Bologna per la Santa Romana
ghiesia e per lo Santissimo in Cristo padre e signor nostro Misser
Eugenio per la divina providentia papa IV. Se fa noto e manifesto a
tutte e zaschune persone che novamente se batte per ly condusedurj
de la Cecha de Bologna Monede de Ariento a la liga de Bologna ly
quali se chiamaran grosoni de papa ly quali hano da una parte la yma-
460 FRANCESCO MALAGUZZI
coniatori Vicizosco (?) e Tommaso Lodovici per una
coniazione di L. 5000 in un mandato della Tesoreria
(Giornali 1437 1° sem. 27 febb.).
Nel maggio del 1438 altre sorprese nella di-
sgraziata città. Favorito da molti cittadini che pre-
ferivano la signoria del Visconti a quella troppo
severa del legato, Francesco Piccinino entra in città
colle truppe milanesi, saccheggia il palazzo pubblico
mal difeso dalle scarse truppe del papa, s'impadro-
nisce del Castello di Galliera e proclama la signoria
del Visconti sopra il bolognese U).
A questo tempo appartengono probabilmente
alcune monete bolognesi d' argento e di mistura
coir impresa viscontea da un lato.
Le angherie e le violenze raddoppiarono sotto
il nuovo governo e a desolare la città si aggiunsero
le lotte, fino allora assopite ma non spente, delle
fazioni. La parte bentivolesca, numerosissima, pose
le sue speranze su Annibale, figlio naturale di An-
tongaleazzo e che militava allora sotto TAttendolo:
questi venne e s'impadronì della città (1443). Ma i
Canetoli, partigiani dei Visconti, insorti a ribellione,
pugnalarono Annibale e misero a sacco la città. La
vittoria rimase ai bentivoleschi che si elessero a capo
Sante Bentivoglio, il quale prese il primato della città
a 22 anni (1446). Questi fu uno dei mighori signori
di Bologna : acquetò le fazioni e definì la lunga con-
troversia col papato mediante i capitoli approvati da
Nicolò V e che fissarono il Hmite fra il potere pon-
gine di misser Sam Petronio e de laltra parte le chiave cum larma del
prefato santissimo nostro signore misser lo papa tra esse, e valeno e
vole el ditto R.™o padre misser lo governadore che se spendano e
debiani spendere per zaschuno in la ditta cita, contado e distretto de
Bologna per dinari trenta de pizoli overo quindese quatrini de Bologna
de moneda de ditti pizoli overo quatrini. Al nome de Dio e de Bo-
logna. „ (Comunale, Uff." di zecca. Busta i.* Decreti).
(4) S. Muzzi, Annali della città di Bologna. Bologna, 1842, Voi. IV.
LA ZECCA DI BOLOGNA 461
tificio e le franchigie municipali (22 agosto 1447).
La signoria di Sante, che durò 16 anni, nominal-
mente dipendeva dalla chiesa. Le monete di questo
periodo fino al suo successore Giovanni II portarono
quindi l'arma del pontefice e le sue insegne.
A garantire il buon andamento dell'officina mo-
netaria il legato pontificio si riservò per l'avvenire
la nomina di un suo rappresentante che si trovasse
presente all'estrazione delle monete d'oro, d'argento
e di rame (s).
Di un progetto di coniazione nel 1449 ci lasciò
ricordo il Zanetti (ms. 6 — VI I strumenti di Zecca)
che trascrisse un atto del 24 ottobre di quell'anno
che qui riassumiamo:
I. 16 Riformatori, considerando il gran pregiudizio per
l'ommissione fatta in passato di batter moneta, massime per
l'abuso grande d'essersi introdotte monete forestiere di lega
inferiore ed a prezzi incongrui al loro intrinseco, deputarono
soprastanti alla Zecca Nicolò Sanuti e Bartolomeo di Mino
Rossi per anni cinque dal i gennaio 1450 coi patti e capitoli
seguenti :
Che nessuno fuori dei due detti potesse batter o far
batter monete.
Che la Camera fosse obbligata a pagare la pigione d'una
casa atta alla Zecca.
Che si deputasse un Guardiano e il soprastante da sa-
lariarsi dalla Camera di Bologna che gli somministrasse anche
il sale necessario a 20 soldi la corba.
Che si dovessero battere bolognini alla lega usata cioè
a oncie 9 o denari 22 e avere denari due di peso per libbra
di tolleranza ; e i quattrini a once una e denari 22 e avere
denari due per libbra di tolleranza. E che dei bolognini ne
andassero alla libbra di peso L. 17.4 che sono all'oncia a
ragione di soldi 28 ^ e avere soldi due di bolognini per libbra
di peso di tolleranza. E che tutti i bolognini e quattrini do-
vessero essere di peso bene ordinati. E che di quattrini ne
(5) Comunale, Partiti. Voi. I, e. 46, r.
462 FRANCESCO MALAGUZZI
dovesse andare alla libbra di peso L. 3.18 e avere soldi 2
per libbra di peso di tolleranza.
Che non si potesse estrarre dalla città o contado di
Bologna oro o argento in verga e monete forestiere, ecc.,
che pel transito di argento in verga o monete forestiere oc-
corresse il permesso dei due detti sovrastanti; che chi volesse
mettere argento in Zecca pagasse per libbra lordo di peso
soldi 12 di fattura e soldi 6 di affinatura, ecc.
Che si battessero piccoli alla stampa usata e alla lega
dei quattrini che ne andassero L. 3.ig, alla libbra di peso
con denari 2 di tolleranza e soldi 2 di tolleranza per libbra.
Che dopo due mesi da tal battitura si bandisse la moneta
forestiera che non fosse della bontà della bolognese. Che si
pagasse il salario di L. 7 il mese a un garzone per stare
continuamente sopra i maestri di Zecca. Che dei bolognini
ne andassero all'oncia soldi 2g. I bolognini d'oro che si bat-
teranno essendo di bontà, lega e peso dei due Veneziani
come tali si spendessero (Appr. 21 genn. 1450).
E qui incominciamo ad avere notizie degli inci-
sori delle monete. Tra le denunzie dei forestieri che
venivano a domiciliare a Bologna, sotto le date 4 marzo
e 6 aprile 1451, troviamo i nomi di Pietro di Ber-
tolino Maestri da Reggio, incisore di monete e di
Nicolò di Francesco Ferini da Firenze maestro di
Zecca e pratico anche della tecnica perchè è detto
nel documento ch'egli venne a Bologna per lavorare
in Zecca (6). Se però costoro furono realmente appli-
cati subito all'officina, l'opera loro dev'essersi limitata
a raccomodare vecchi ponzoni o tutt'al pili a rifare
queUi per qualche moneta piccola, perchè del 1° pe-
riodo di Sante Bentivoglio non conosciamo moneta
d'oro o d'argento e quelle attribuitegli da qualcuno
sono invece del tempo di Giovanni II, come ci assicu-
rano i capitoh, che riporteremo a suo luogo. Nel 1455
erano bensì maestri di Zecca un Benedetto di An-
tonio del Montone e Bartolomeo Mino Rossi tra i
(6) Arch. cit.
LA ZECCA DI BOLOGNA 463
quali era insorta certa questione relativa a monete
coniate (7), ma non è chiaro se si trattasse di conia-
zioni recenti e dell' officina bolognese. Frattanto a
Bologna avevano corso monete forestiere di ogni
sorta e un bando del i" luglio 1459 prescriveva che
non si potessero spendere i nuovi pecchioni dalla
palma di Milano per più di otto quattrini 1' uno e i
bolognini marchesani per piìi di cinque nel campo del ^ (Peso gr. 1.20) „ i
LODI.
14. Soldo? (Peso gr. 1,32) n. I
B. GiovANELLi, Intorno all'antica zecca trentina, Op. cit., pag. 85, fig.
496 GIORGIO CIANI
TORTONA.
15. Grosso (Peso gr. 1.69) n. 8
D. Promis, Monete del Piemonte inedite, rare. Torino, 1852, pag. 31,
tav. II, n. 8.
16. Soldo (Peso gr. 1.05, consunta).
^ — + INPE • RA'TOR • Nel campo f"r Circolo di punti
interno ed esterno.
P — + TER"DONA • Croce con anelletto nei due angoli
superiori ; . . „ i
Simile al n. 9 della tav. II. Promis, Op. cit.
ACQUI.
17. Soldo? (Peso gr. 1.315) . . . . . . n. 2
E. Gnecchi, in Riv. It. di Num. Anno X, fase. I, 1897, pag. 24, fig.
ASTI.
18. Soldo? (Peso gr. 1.32.) n. 2
D. Promis, Monete della zecca d'Asti. Torino, 1853, tav. I, n. 5,
pag. 21.
Trento, Agosto iSgj.
Giorgio Ciani.
ANNOTAZIONI
NUMISMATICHE ITALIANE
III.
DEZANA.
i^ — + PERDI- D: G- RO VNGBOE- DAL •CROAZC''REX
Busto corazzato a sin. con corona imperiale, scettro
nella sin., e colla destra sulla impugnatura della spada.
:pf - + NVMVS ® AR(t ® IMP ® COMITIS ® DECIANE ® ®
Aquila spiegata, collo scudo dei Tizzoni in petto.
Argento, peso gr. 27,96. — Cons. buona. Raccolta Principe di Napoli.
Dal Promis abbiamo notizia di una deposizione
deirassaggiatore Prevostino fatta nel 1585, relativa
alle monete coniate prima di quell'anno in questa
officina (i), nella quale son citati alcuni talleri di
denari 8 di fine {666), e del peso di den. 22,14 cor-
rispondente a poco meno di gr. 29. A pag. 37,
(i) Monete della Zecca di Dezana. Torino, 1863, a pag. 33.
63
498 GIUSEPPE RUGGERO
ritornando su quel documento, troviamo che questi
talleri avevano l'effigie di re ed imperatori, ma che
il teste non ricordava bene quali fossero. L'illustre
A. dichiara di non conoscere altre monete che pos-
sano corrispondere a quella descrizione, all'infuori di
quelle che portano il busto di un guerriero armato
ed a capo scoperto, come si trova sui talleri di Ca-
sale di Messerano e Tassarolo, coU'aquila al rovescio.
Ma la deposizione del teste precisava l'effigie in modo,
da lasciar qualche dubbio sulla ipotesi del Promis.
Il magnifico tallero, che ho disegnato dal calco
che me ne ha favorito S. A. R. il Principe di Napoli,
fortunato possessore di questo pezzo insigne, viene
a colmare una lacuna, palesandosi anche nel peso,
per una di quelle monete citate nel documento. D'al-
tronde non è probabile che questa venisse coniata
dopo di quell'anno, anzi nemmeno dopo del 1583,
sia perchè ci allontaneremmo di troppo dall' epoca
di Ferdinando I: sia perchè allora si coniavano già
altri talleri coll'effigie del successore Massimiliano II,
che rimangono ancora a noi sconosciuti (V. pag. 38,
Op. cit.).
Il dritto della moneta non ha nulla che riveli
la zecca di origine, essendo, salvo qualche partico-
lare insignificante, eguale a quello dei talleri unghe-
resi dell'Imperatore, colla stessa leggenda di quelli.
E questo era più che sufficiente per la circolazione
della moneta fino a che non venisse scoperta la frode.
Il rovescio invece, Imperiale per l'aquila, si mostra
di Dezana allo stemma ed alla leggenda : particolari
questi, sui quali non si fermava certamente l'atten-
zione del pubblico, digiuno in gran parte di lettere
e maggiormente di araldica.
Non si è assaggiato il titolo, ma al semplice
aspetto si dimostra non inferiore di certo, a quello
indicato sul documento più volte citato.
ANNOTAZIONI NUMISMATICflE ITALIANE 499
MODENA OD URBINO?
^^ — A L • D X • Bomba accesa , sopra una base
fatta a guisa di un monticello.
9? — DI II MIDI II VM II Traccie di una ghirlanda attorno.
Lega bassissima, peso gr. 0,57. — Cons. mediocre. Presso lo scrivente.
La bomba di questa monetina, ci richiama alla
mente per analogia due serie monetarie, quella di
Modena e quella di Urbino. Infatti, nella prima si
coniarono quelle monete del Duca Cesare col titolo
di Principe della Garfagnana, le quali portano una
bomba eguale alla presente meno che nella base (2)-
dalla seconda, uscirono certe monetine di Guidubal-
do II portanti le granate a mano, oggetti guerreschi,
che già prima dei Dalla Rovere si trovavano scol-
piti negh ornati di quel palazzo Ducale (3).
Prima di tutto devo avvertire il lettore, che la
terza lettera al dritto è un po' difettosa, e si presta
egualmente bene tanto per una D come per una P.
Converrà tener conto di questo fatto per la interpre-
tazione della leggenda nelle due ipotesi sopra ac-
cennate.
Nella prima, cioè per Modena, la moneta sarebbe
coniata dal Duca Alfonso I, e si dovrebbe leggere,
ALfonsus . DuX . Questa lezione troverebbe una
giustificazione nel numero e nella posizione dei due
(2) Vedi Promis, Monete di zecche Italiane inedite, Memoria I. To-
rino, 1867, al n. 26 — Crespellani, La Zecca di Modena. Modena, 1884,
Tav. IX, n. 75.
(3) Vedi Giuseppe Castellani, Quattrino inedito, etc, in Riv. N. 11.
Anno VII, pag. 91-97.
500 GIUSEPPE RUGGERO
punti: ma è strano quel DVX segnato colle sole
lettere estreme, forse per non rompere la simmetria
delle quattro lettere, e credendosi piij decisiva la
X che non TV, per l'interpretazione della parola.
Il valore della moneta non sconcorderebbe colle
altre della serie Modenese, perchè data la differenza
del titolo e del peso, tornerebbe per l'appunto alla
metà del valore del quattrino. Sarebbe tuttavia que-
sto, l'unico esempio in quella zecca, dell'uso di questo
infimo spezzato.
Passiamo ora alla seconda ipotesi, quella della
pertinenza alla serie Urbinate. In questo caso leg-
geremo la terza lettera per una P, ed assegneremo
la moneta all'epoca della spogliazione del Della Ro-
vere, fatta da. Papa Leone X in favore del nipote,
cioè al 15 16. Nel quale anno, Urbino prima e Pesaro
poco dopo, aprirono le porte al condottiero delle
schiere papaline Renzo di Cere, non avendo Fran-
cesco Maria neppur tentato di opporre difesa alcuna,
anzi avendole abbandonate in tempo utile per la pro-
pria salvezza. La moneta sarebbe stata coniata in
quell'intervallo di tempo, trascorso tra l'occupazione
del Ducato e la bolla papale contro firmata da tutti
i Cardinali meno uno, che ne investiva Lorenzo de'
Medici. Onde la leggenda dovrebbe interpretarsi,
Auspice Leone . Papa X .
In questa ipotesi, noi avremmo l'appoggio di
due indizi favorevoh. La disposizione della leggenda
di più linee in mezzo ad una ghirlanda, foggia
usitatissima in quelle zecche, è il primo. U altro ci
vien dato dalla indicazione del valore di mezzo quat-
trino, che si trova pure, ma in italiano perchè di
epoca posteriore, sopra una monetina di Francesco
Maria li (4); dunque è evidente, che quel valore era
(4) Vedi Zanetti, Nuova raccolta, etc. Voi. I, pag. 136, n. 53.
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 501
usato nella monetazione Urbinate. Confrontando il
pezzo con i quattrini di quell'epoca, e specialmente
con quelli di Lorenzo de' Medici coniati subito dopo,
troviamo dal calcolo approssimativo del peso e della
lega delle due monete, che l.'una è doppia dell'altra,
e che il nostro mezzo quattrino corrisponde al picciolo.
Nella speranza di qualche nuovo esemplare che
tolga il dubbio circa la terza lettera, purché il difetto
non esista nel conio, ne aspetteremo la soluzione defi-
nitiva della questione tra le due ipotesi che ci tengono
incerti. Meglio ancora, se prima d'allora altri più
competenti in materia, ne troverà una migliore.
CORREGGIO?
^ — SANT • ANTONIVS Busto mitrato e nimbato; ai lati S A
9» — Aquila bicipite, con corona chiusa.
(Juasi rame, peso gr. 0,93, — Cons. buona. Presso lo scrivente.
Questa monetina non è inedita a rigor di ter-
mini, avendone il Kunz fino dal 1869 constatata l'e-
sistenza nella nota a pag. iii del volume II del
Periodico dello Strozzi. Al n. 8 tav. V dello stesso
volume, egli pubblicava il disegno di una consimile,
che in luogo dell'intero nome del Santo ha l'abbre-
viazione di SANCTVS • ANT, la quale si presta a doppia
interpretazione. Ed è per questo che nella nota ci-
tata, egli rilevava come venisse spesso attribuito a
Piacenza quel quattrino, fatto ad imitazione di ta-
luni dell'Imperatore Carlo V per Milano, perchè nel
Santo si voleva raffigurare S. Antonino sebbene
sotto parvenze che non gli corrispondono. E, notata
502 GIUSEPPE RUGGERO
l'esistenza di altro esemplare con SAN • ANTONI VS che
infirmava l'ipotesi dell'attribuzione a Piacenza, finiva
coir invocare un ammaestramento su tale proposito.
Comincierò dall'accentuar meglio la conclusione
del Kunz, dicendo : che l'ipotesi accennata, già infir-
mata dalle parvenze del busto, vien distrutta total-
mente da questo esemplare con SAN • ANTONIVS. La
zecca Piacentina non ha mai improntato questo Santo
sulle sue monete, ne ha mai contraffatto moneta altrui.
Non intendo risolvere la questione mancandoci
gli elementi di prova. Ma non rinunzio a formulare
una ipotesi che lascio alla discrezione del lettore fino
a prova in contrario. Ma questi problemi numisma-
tici non avranno mai una soluzione, se manchino i
Kunz che li propongano, e gli altri che comincino a
studiarli.
Le due iniziali furono il punto di partenza per
il ragionamento, semplice di molto, ma non saprei
se egualmente convincente. Volendo considerarle
come iniziali del nome del Santo, si avrebbe una
ripetizione. Se si trattasse di moneta la cui origine
fosse designata da una leggenda o da altri caratteri,
questa ripetizione costituirebbe solamente un pleo-
nasmo. Ma in questa nostra dove mancano assoluta-
mente leggenda e caratteri relativi alla zecca, questa
ripetizione mi pare veramente fuor di luogo e perciò
inammessibile. hi massima, gli autori di contraffazioni
hanno sempre lasciato sulla moneta, qualche traccia
più o meno larvata relativa alla zecca. Ecco dunque
i motivi per cui le due iniziali dovevano, secondo
me, tener la chiave dell'enigma, e mi fermai alla
zecca dei Correggeschi leggendovi Sirus Austriacus;
pronto, beninteso, a fare onorevole ammenda in caso
di prova contraria.
GH altri caratteri della moneta, non presente-
rebbero incompatibilità. L'aquila bicipite è quasi Tu-
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 503
nica usata sopra le diverse specie di monete di
Correggio, non trovandosi improntata quella ad una
testa che eccezionalmente sui sesini e su qualche altra
piccola moneta. Circa al Santo, non è questa la sola
volta che S. Quirino avrebbe ceduto il posto ad
altri (5). E non è poi così strano che il protettore della
città, abituato a cangiare costume ed attributi quasi
per ogni specie di moneta, ceda anche una volta il
suo posto ad un nuovo Santo, messo \\ , perchè i
Milanesi vi raffigurassero il loro Ambrogio. Si ca-
pisce poi, che col nome di S. Quirino si correva
rischio di fallir Tintento, facilitato invece da un nome
che cominciasse per AM o almeno per AN. Notisi
ancora, che S. Antonio aveva un culto speciale in
Correggio, per un altare molto venerato nel Duomo.
Dunque non si avrebbe nulla sin qui, in con-
trario a quésta attribuzione, anzi parrebbe che ogni
indizio concorresse a confermarla. Né voglio trascu-
rare quello del peso, il quale sebbene non costituisca
mai da solo un argomento valido, pur tuttavia può
concorrere alla prova in unione agli altri.
Questa monetina pesa gr. 0,93 ed è quasi di
puro rame; avrebbe dunque presentato le condizioni
di un buon guadagno correndo frammista alle trilline
di Carlo V (6), le quali al titolo di 60, pesavano
gr. 1,160. Ora, si veda il documento portato dal
Bigi (7) che prescrive per i sesini di Correggio il
peso di grani 20 di libbra Bolognese, ed il titolo di
circa 120. La libbra Bolognese essendo eguale a
gr. 361,851, divisibile in 12 oncie di 160 carati di 4
grani, ne risulta che i sesini vengono a pesare gr. 0,94,
(5) Vedi Q. Bigi, Di Camillo e Siro da Correggio e lor zecca.
Modena, 1870; tav. Ili, n. 23 e tav. IX, n. 74 e 75 — Kunz, in Archeo-
grafo triestino, Voi. Vili, n. 16 delle tavole.
(6) Vedi Gnecchi, Le Monete di Milano, ivi 1884, tav. XXV, p. 14.
(7) Op. cit, pag. 53.
504 GIUSEPPE RUGGERO
che è il peso della nostra monetina pila un centi-
grammo. Ecco dunque come il contraffattore avrebbe
creato in parte le prove a dimostrare che quella
moneta gli apparteneva, sia per le iniziali che per
il peso, ed era un vero sesino di Correggio; se poi
qualcuno si fosse ingannato scambiandolo per una
trillina di Carlo' V, quod erat in votis, tanto peggio
per lui. Ed avrebbe potuto aggiungere che volendo
contraffare trilline, avrebbe prese a modello quelle
contemporanee dei Filippi, e non quelle più antiche,
sebbene a quei tempi queste circolassero ancora.
Avendo dovuto toccare la questione dei Santi
menzionati sulle monete, non sarà male di consultare
i principah elenchi che ne trattano, e che si trovano
abitualmente tra le mani dei numismatici. Per non
cercarne altri, basterà vedere il Tonini, il Muoni e
TAmbrosoli. Nel primo (s), ricopiato poi nel vade-
mecum del Bazzi e Santoni (9), non abbiamo che un
solo S. Antonio, quello abbate, ma in compenso vien
prodigato a sei zecche, cioè Mirandola, Padova,
Parma, Piacenza, Pesaro ed ai Laudi. Dunque questo
elenco non si raccomanda per esattezza. Il Muoni (^o),
non fa un elenco a parte, ma nota i Santi protettori
per ogni zecca: egli non nomina che un solo S. An-
tonio per Padova, ma nel supplemento a pag. 68,
assegna S. Antonio abbate a Massa Lombarda. L'A.
cita ingenuamente il Catalogo Rossi (") a proposito
di una monetina portata in Massa Lombarda al
n, 2193, senza avvedersi dell' errore: infatti nello
stesso catalogo, la detta moneta è ripetuta al n. 3459
in Pesaro, zecca alla quale vien data dal Zanetti,
(8) Topografia delle Zecche Italiane. Firenze, 1869.
(9) Vade-mecum del raccoglitore di monete ital., etc. Camerino, i886.
(io) Elenco delle zecche d'Italia^ seconda edizione in Gazzetta Nu-
mismatica dell'ÀMBROSOLi, anno V, 1885.
(11) Catalogo del Sambon per la Collezione Rossi. Roma, 1880.
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE ITALIANE 505
Voi. Ili, Tav. XXIV, n. 34. Finalmente V elenco
deirAmbrosoli (^2) che è il più esatto di tutti, distingue
i diversi Santi che hanno il nome di Antonio. Non
mette in Piacenza che il solo S. Antonino • che le
spetta; ma assegna dubitativamente un S. Antonio
a Dezana.
In conclusione, questi elenchi sono una buonis-
sima cosa massime per i principianti, quando son
fatti e tenuti a corrente colla scorta delle monete o
dei documenti; ma chi volesse poi tenerli per guida
nella classificazione di monete nuove, correrebbe
rischio di allontanarsi dal vero.
Firenze, Ottobre 189J.
Giuseppe Ruggero.
(12) Manuale di Numismatica, Serie Hoepli, seconda edizione. Mi-
lano, 1895.
64
IL RIPOSTIGLIO
DI
SAN MARTINO DEL PIZZOLANO
Nello scorso anno, in un fondo di proprietà del Nob.
Sig. Gio. Frigerio di Milano, a San Martino del Pizzolano
(comune di Somaglia, circondario di Lodi), un contadino nel
lavorare una risaia spezzava coli' aratro un vaso di terra,
che conteneva oltre un migliaio di monete di bronzo romane.
Di queste, ho potuto esaminarne circa una metà; erano
tutte, con una sola eccezione, gran bronzi imperiali o sesterzi,
in generale ben conservati, appartenenti a 31 tra imperatori
e auguste, e (prescindendo da due irriconoscibili) si distri-
buivano come risulta dal succinto elenco che segue.
Tito. — Gr. br. con rov. consunto. Esempi, i.
Domiziano. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 2.
Nerva. — Gr. br., restit. d'Augusto. Es. i consunto.
Traiano. — Gr. br. Armenia et mesopotamia in potestatem p r
REDACTAE Es. I consunto. — SENATVS POPVLVSQVE ROMANVS La Pace o
la Felicità stante a sin. Es. i consunto. — s p q r optimo principi Dace
seduto a sin.; dinanzi, un trofeo. Es. i consunto. — s p q r optimo
principi La Vittoria stante a dr. appende uno scudo su cui vie dac Es. i.
— Arco di trionfo (?). Es. i consunto. — Gr. br. con rov. consunt. Es. 7.
Adriano. — Gr. br. aeqvitas avg Es. 2. — cos ni II Valore stante
a sin. Es. i consunto. — felicitati avg Nave a sin. Es. 2. — hilaritas
p R Es. I. — PONT MAX ecc. La Pace o la Felicità stante a sin. con
caduceo e cornucopia. Es. i. — salvs avg La Salute seduta a sin. Es. i.
— Giove seduto a sin. Es. i consunto. — Nettuno stante a dr. Es. i
consunto. — Adriano stante a sin. porge la mano a una figura ingi-
nocchiata. Es. I. — Adriano stante a dr. ; dinanzi a lui, una figura
muliebre. Es. 2 consunti. — La Speranza gradiente a sin. Es. 3 consunti.
— La Salute stante a sin. Es. i consunto. — Gr. br. con rov. consunto.
Es. 37.
508 SOLONE AMBROSOLI
Sabina. — Gr. br. concordia Es. 2. — veneri genetrici (var. del
N. 74, Coh. II ediz., perchè Sabina ha la capigliatura rialzata). Es. i. —
Gr. br. con rov. indistinto n Es. i. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 3.
Antonino Pio. — Gr. br. annona avg L'Abbondanza stante a dr.
Es. I. — ANNONA AVG ecc. L'Abbondanza seduta a sin. Es. i. — apollini
avgvsto Es. I consunto. — consecratio Rogo. Es. i. — cos mi L'Equità
stante a sin. Es. 2. — felicitas avg Es. i. — indvlgentia avg cos mi
Es. I consunto. — libertas cos mi La Libertà stante a sin. tiene un
berretto e uno scettro. Es. i. — libertas cos mi La Libertà stante a
dr. tiene un berretto nella dr. e protende la sin. Es. 4. — Medio br.
Stesso, tipo. Es. I. — Gr. br. pietati avg Es. i. — pietati avg cos mi
Es. 2. — SALVS avg La Salute stante a sin. Es. 2. — tr fot cos ii
Figura muliebre stante a dr., con due spighe e un canestro di frutta.
Es. I. — TR POT XV ecc. Antonino seduto a sin., tiene un globo ed è
coronato da una Vittoria volante. Es. 3. — tr pot xv cos mi La Fortuna
stante a dr. coti timone e cornucopia. Es. i. — tr pot xix ecc. La
Provvidenza stante a sin. Es. i. — tr pot xix ecc. La Pace stante a
sin. Es. I. — tr pot xxi cos mi L'Abbondanza stante a dr. con timone
e modio, poggia il piede su di una prora. Es. i. — tr pot xxii ecc. La
Concordia, stante di prospetto, guarda a sin. e tiene due insegne mi-
litari. Es. I. — VOTA svscepta DEC III Es. I. — Antonino stante a sin.
in abito militare, tiene un ramoscello nella dr. e un'asta nella sin. Es. i.
— La Libertà stante a sin. tiene un berretto e uno scettro. Es. i con-
sunto. — L'Abbondanza stante a sin. fra il modio e una nave. Es. i
consunto. — La Salute stante a sin. Es. i consunto. — Figura muliebre
seduta a sin. Es. 3 consunti. — La Lupa a dr., coi gemelli. Es. i. —
La Lupa a sin., coi gemelli. Es. i. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 15.
Faustina sen. — Gr. br. aeternitas L'Eternità (o Faustina ?) seduta
a sin. Es. i. — aeternitas L'Eternità (o la Fortuna?) stante a sin. Es. i.
— ceres Cerere stante a sin. Es. i. — consecratio Vesta stante a sin.
Es. 2. — ivNO Es. 3. — pietas La Pietà stante a sin. depone un grano
d'incenso su di un candelabro. Es. i. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 11.
Marc' Aurelio. — Gr. br. consecratio Marc'Aurelio trasportato da
un' aquila. Es. i. — consecratio Aquila sul globo. Es. 3. — felicitas
AVG ecc. Es. I. — FIDES EXERCiTVVM Es. I. — iMP VI COS IH La Vittoria
appende uno scudo su cui vie ger Es. 5. — imp vii cos iii La Fede
militare stante a sin. Es. i. — imp viii Cumulo d'armi. Es. i. — primi
decennales cos III Es. I. — s e Minerva stante a dr. imbracciando lo
scudo e scagliando un giavellotto. Es. 2. — vota sol decenn cos ih
Es. I. — Giove seduto a sin. Es. 3. — Minerva stante a dr., appoggiata
allo scudo. Es. 2. — Minerva stante a sin., appoggiata allo scudo. Es. i.
— Marc'Aurelio stante a sin. fra quattro insegne militari. Es. i. —
Marc'Aurelio stante a sin. porge la mano a una figura inginocchiata.
Es. I consunto. — La Fortuna seduta a sin. Es. i. — Il Valore stante
a dr. Es. 2. — Il Valore seduto a dr. Es. i. — La Vittoria gradiente
a sin. Es. 4. — L'Equità seduta a sin. Es. i. — La Salute stante a
sin. Es. 4. — La Provvidenza stante a sin. Es. 2. — L'Abbondanza
IL RIPOSTIGLIO DI SAN MARTINO DEL PIZZOLANO 509
Stante a sin. Es. 2. — L'Allegrezza stante a sin. Es. i. — Roma stante
a sin. Es. i. — Roma seduta a sin. Es. 2. — La Pietà stante a sin.,
tiene due fanciulli sulle braccia e ne ha dallato due altri. Es. i. — La
Pietà stante a sin., depone un grano d'incenso su di un'ara. Es. i. —
Gr. br. con rov. consunto. Es. 14.
Faustina jun. — Gr. br. aeternitas L' Eternità (o Cerere ?) stante
di prospetto, guarda a sin. e tiene una fiaccola. Es. i. — consecratio
Faustina trasportata da un'aquila. Es. i. — fecvnd .wgvstae Es. i. —
FECVNDITAS Es. 8. — HILARITAS Es. I. — IVNONI LVCINAE Es. I. — IVNOHl
REGINAE Es, 6. — MATRI MAGNAE Es. I. — VENERI GENETRICI Es. I. —
VENVS Venere stante a sin. Es. i. — venvs felix Es. i. — Gr. br. con
rov. consunto. Es. 6.
Lucio Vero. — Gr. br. consecratio Es. i. — tr p ecc. Marte gradiente
a dr. Es. 2. — La Vittoria che colloca su di un tronco uno scudo in cui
Vie PAR Es. 4.
Lucilla. — Gr. br. ceres Es. i. — fecvnditas La Fecondità (o Lu-
cilla?) seduta a sin. Es. i. — ivno Es. i. — ivnoni lvcinae Es. i. — pietas
Es. 7. — VENVS Venere stante a sin., tiene un pomo e uno scettro. Es. 5.
Commodo. — Gr. br. ann avg ecc. Es. i. — fel pvblica ecc. Es. i.
— FOR RED Es. 3. — FORT FELI Es. 4. GEN AVG FELIC eCC. Es. I. —
HILARITAS ecc. (COS v) Es. I. — lOVI CONSERVATORI Es. I. — lOVI EXSVPER
Es. I. — lovi ivvENi ecc. Es. 2. — lovi victori ecc. Es. 3. — -Italia
(all'esergo), p m tr p ecc. Es. i. — libertas avg ecc. Es. 2. — matri
DEVM CONSERV AVG Es. I. — NOBILITAS AVG eCC. Es. I. — PATER SENATVS
Es. I. — p M tr p ecc. L' Equità stante a sin. Es. i. — p m tr p ecc.
Commodo seduto a sin., tiene un globo nella dr. ed è coronato da una
Vittoria volante. Es. i. — p m tr p ecc. Commodo seduto a sin. con
ramoscello e scettro. Es. i. — p m tr p ecc. Commodo in quadriga a
dr. Es. I. — p M TR p ecc. Roma seduta a sin. Es. i. — princ ivvent
Es. I. — princ ivvent (var.). Es. i. — prov deor ecc. Es. i. — secvrit
ORB Es. 2. — vicr brit Es. 2. — vota svscep ecc. Es. 2. — Giove stante
a sin. tiene un globo sormontato da una Vittoria. Es. i. — Apollo
Palatino. Es. i. — Minerva stante a sin., depone un grano d'incenso
su di un'ara. Es. 4. — Minerva gradiente a dr. Es. 2. — La Provvidenza
stante a sin. Es. i. — La Vittoria gradiente a dr. Es. i. — Roma stante
a sin. Es. i. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 23.
Crispina. — Gr. br. concordia Es. i. — laetitia Es. 2. — pvdicitia
Es. 2. — SALVS Es. 7. — VENVS FELIX Es. I.
Didio Giuliano. — Gr. br. p m tr p ecc. La Fortuna stante a sin.
Es. 2 consunti.
Settimio Severo. — Gr. br. dis avspicib tr p ii cos n pp Es. i. —
divi m pii f p m tr p III cos lì pp Settimio Severo, incoronato da Roma.
Es. 2. — DIVI M PII f ecc. Roma seduta a sin. Es. 4. — p m tr p ecc.
Marte gradiente a dr. Es. 2. — vict avg ecc. Es. i. — La Liberalità.
Es. I. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 7.
Giulia Domna. — Gr. br. mat avgg mat sen m patr Es. i. — venvs
FELIX Es. I.
5IO SOLONE AMBROSOLI
Caracalla. — Gr. br. p m tr p ecc. La Libertà. Es. i. — principi
ivvENTVTis Es. I. — Gr. br. con busto giovanile e rov. consunto. Es. i.
Giulia Mesa. — Gr. br. saecvli felicitas Es. i.
Severo Alessandro. — Gr. br. aeqvitas avgvsti Es. i. — fides militvm
Es. I. — lovi PROPVGNATORi Es. 2. — lovi VLTORi Giove scduto a sin.
Es. 3. — IVSTITIA AVGVSTI Es. 2. — LIBERTAS AVGVSTI Es. I. — MARS
VLTOR Es. 8. — PAX AVGVSTI Es. 2. — p M TR p ecc. Marte gradiente
a dr. Es. 7. — p m tr p ecc. Marte stante a sin. Es. 3. — p m tr p ecc.
La Pace gradiente a sin. con un ramoscello. Es. i. — p m tr p ecc.
Romolo gradiente a dr. Es. i. — p m tr p ecc. La Provvidenza stante
a sin. con àncora e spighe. Es. i. — p m tr p ecc. Il Sole stante con
un globo. Es. 2. — p M TR p ecc. Il Sole stante con un flagello. Es. 2.
— p M TR p ecc. Il Sole gradiente a sin. Es. 7. — p m tr p ecc. La
Vittoria gradiente a sin. Es. i. — p m tr p ecc. L'imperatore in quadriga
a dr. Es. i. — p m tr p ecc. L'imperatore sacrificante. Es. i. — pontif
MAX TR p ecc. L' imperatore stante a sin. Es. 3. — providentia avg
Es. 13. — ROMAE AETERNAE Es. 5. — SPES PVBLICA Es. II. — VICTORIA
AVGVSTI Es. 5. — viRTvs AVGVSTI Romolo gradiente a dr. Es. i. —
viRTVS AVGVSTI L'imperatore stante a sin. tiene un globo e un'asta.
Es. I. — Gr. br. con rov. consunto. Es. 2.
Giulia Mammea. — Gr. br. felicitas pvblica La Felicità stante,
appoggiata a una colonna. Es. io. — felicitas pvblica La Felicità se-
duta a sin. Es. 6. — veneri felici Es. 5. — venvs felix Es. 2. — venvs
vicTRix Es. 2. — vesta Es. 2.
Massimino. — Gr. br. fides militvm Es. io. — liberalitas avg
Es. I. — marti pacifero Es. i. — pax avgvsti Es. 7. — p m tr p ecc.
L'imperatore stante. Es. 3. — providentia avgEs. 2. — salvs avgvsti
es. 6. — victoria avg es. 4. — victoria germanica es. 5. — votis
decennalibvs Es. i.
Massimo. — Gr. br. pietas avg Es. i. — principi ivventvtis Es. 5.
Balbino. — Gr. br. p m tr p ecc. Es. i. — providentia deorvm Es. i.
Gordiano Pio. — Gr. br. aeqvitas avg Es. 2. — aeternitati avg
Es. 7. — concordia avg Es. 2. — concordia milit Es. i. — felicitas
avg Es, I. — FELiciT tempor Es. i. — fides militvm La Fede militare
stante. Es. 3. — fortvna redvx Es. 2. — lovi statori Es. 8. — laetitia
AVG N Es. 8. — liberalitas avg II Es. 3. — libertas avg Es. 3. —
MARS propvgnat Es. 3. — PAX AETERNA Es. I. — p M TR p ecc. L'impe-
ratore sacrificante. Es. 2. — p m tr p ecc. L'imperatore gradiente. Es. 5.
— p M TR p ecc. L' imperatore seduto. Es. i. — p m tr p ecc. Figura
seduta con ramoscello. Es. 7. — salvs avg Es. 2. — secvritas avg
Es. 3. — secvritas perpetva Es. 2. — secvrit perpet Es. i. — Victoria
aeterna La Vittoria stante. Es. i. — Victoria aeterna La Vittoria
gradiente. Es. i. — Victoria after Es. 3. — Victoria avg La Vittoria
gradiente a dr. Es. 2. — Victoria avg La Vittoria gradiente a sin. Es. i.
Filippo padre. — Gr. br. adventvs avgg Es. 3. — aeqvipas avgg
Es. 3 — annona avgg Es. 2. — laet fvndata Es. i. — felicitas temp
Es. I. — FIDES exercitvs Es. 2. — fides militvm Es. 2. — pax aeterna
IL RIPOSTIGLIO DI SAN MARTINO DEL PIZZOLANO 51I
Es. 1. — p M TR p ecc. La Pace o la Felicità stante. Es. 2, - salvs
AVG Es. I.
OtaciUa. — Gr. br. concordia avgg Es. r. — pietas avgvstae Es. i.
Filippo figlio. — Cr. br. liberautas avgg ih Es. 2. — pax aeterma
Es. I. — SAECVLARES AVGG Es. I.
Traiano Decio. — Gr. br. pannoniae Es. i. — Victoria avg Es. i.
Treboniano Gallo. — Gr. br. apoll salvtari Es. i. — ivnoni martiali
Es. I. — pietas avgg Es. i.
Volusiano. — Gr. br. ivnoni martiali Es. 1. — Gr. br. Dir,: [imp]
CAE e viB voLvsiANo AVG Busto laureato e paludato dell' imp., a dr.
Rov. : AETERNiTAS AVGG s c L'Eternità stante a sin., reggendo nella dr.
un globo sormontato da una fenice, e rialzando con la sin. il lembo
della veste. Es. i.
Quest' ultima moneta è inedita, anche alla 2.-' ed. del
Cohen; l'identico rovescio s'incontra sui sesterzi di Trebo-
niano Gallo, anzi non è fra' più rari di quell'imperatore, ma
sui bronzi di Volusiano non si era finora presentato.
Sebbene quindi tra il mezzo migliaio di sesterzi da me
esaminati del ripostiglio ve ne fossero alcuni che hanno vanto
di maggiore o minore rarità (come quelli di Didio Giuliano,
di Massimo, di Balbino, qualcuno di Giulia Domna, ecc.),
questo di Volusiano col rovescio dell'Eternità è di gran lunga
la moneta piii pregevole fra essi sotto il riguardo della
scienza, perchè reca un nuovo per quanto modesto contri-
buto alla Numismatica romana.
Solone Ambrosoli.
I
BIBLIOGRAFIA
LIBRI NUOVI E PUBBLICAZIONI.
Meili (Julius). Das Brasilianische Geldwesen. i Theil. Die MUnzen
der Colonie Brasilien 1645 bis 1822. Ziirich, 1897.
In una splendidissima edizione pubblicata dall'Istituto
poligrafico di Zurigo, il Signor Giulio Meili ci dà la prima
parte dell'illustrazione delle monete brasiliane, comprendente
le due epoche del Brasile colonia olandese dal 1624 al 1654
e del Brasile colonia portoghese dal 1654 al 1822. L* opera
sarà completata da un secondo volume col quale si arriverà
fino all'epoca moderna, e allora il Brasile potrà vantare una
stupenda e perfetta illustrazione della propria produzione
monetaria.
Questo primo volume compilato dall'Autore col sussidio
della sua ricca collezione e di molti musei pubblici e privati
dell'America e dell'Europa, è una monografia veramente
completa ed esauriente in tutte le sue parti, e tale da accon-
tentare non solo l'amatore che raccoglie per diletto senza
voler approfondire la materia, ma ben anche lo studioso il
quale desidera conoscere il lato storico, economico, legisla-
tivo, artistico, ecc. di questa serie di monete. I vari capitoli
dell'opera sono divisi, come segue :
Serie dei Sovrani portoghesi. — Dissertazione sulla
monetazione portoghese al Brasile (1500-1688). — Le monete
ossidionali degli Olandesi a Fernambuco, 1645-46 e 1654. —
La fondazione della Zecca al Brasile, 1688-1694. — Contro-
marche portoghesi sugH scudi spagnuoli. — Introduzione
della moneta coloniale nel Brasile, 1694. — Le monete di
Pietro II (1694-1706), — Le monete di Giovanni V (1706-50).
— Le monete di Giuseppe I (1750-77). — Le monete di Donna
Maria I (1777-1805). — Le monete di Giovanni VI, come
65
514 BIBLIOGRAFIA
reggente (1805-18), e come re (1818-22). — Valore delle
monete più rare. — Collezioni straniere citate.
A complemento dell'opera, TAutore vi ha aggiunto 59
magnifiche tavole in eliotipia, oltre a vari disegni intercalati
nel testo. Questo primo Volume fa vivamente desiderare il
secondo, e noi, congratulandocene vivamente col Sig. Meili,
facciamo voto che tutti i paesi abbiano presto a possedere
la loro storia monetaria così pregiata e completa come questa
del Brasile.
E. G.
Catalogo del medagliere genovese nella galleria Brignole Sale De
Ferrari: vetrina C. Genova, stab. tip. fratelli Pagano, 1897, i^A P- 42.
Galeno dott. Ang., Della ricerca delle pepiti d'oro e d'argento nelle
sabbie del fiume Adda: nota preventiva. Lodi, tip. lit. Operaia, 1897,
in-8, p. 31.
Luzzatti prof. Giac, Credito capitalistico e moneta nazionale: note
di studio. Milano, Ulrico Hoepli edit. (stab. tip. ditta F. Manini), 1897,
in-8, p. X-205.
Lorini Eteocle, La riforma monetaria in Russia : monografia fatta
per incarico del ministero del tesoro. Torino, Ermanno Lòscher edit.
{Roma, tip. dell'Unione cooperativa editrice), 1897, ifi"8. P- xv-2i2, con
due prospetti.
Catalogo delle monete rinvenute nel contado dell'Aquila e donate
al museo civico dal dott. Giambattista Mancini nell' anno 1897. Aquila,
tip. Sociale di A. Eliseo, 1897, in-8, p. 12.
Ghersi ing. I., Leghe metalliche ed amalgame: alluminio, nichelio,
metalli preziosi e imitazioni, bronzo, ottone, monete e medaglie, salda-
ture. Milano, Ulrico Hoepli edit. (tip. Lombardi di M. Bellinzaghi), 1898,
in-r6 fig., p. xij-431.
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Kubitschek W., Rundschau iiber ein Quinquennium der antiken
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Schaflfhausen, des Kts. Appenzell und der geistlichen MOnzherren auf
5l6 BIBLIOGRAFIA
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E. M.
PERIODICI. .
Revue Numismatique, dirigée par A. de'Barthélemy, G. Schluni-
berger, E. Babelon (Secrétaire de la Rédaction: J.-A. Blanchet).
Paris, chez Rollin et Feuardent ; 4, rue de Louvois.
Quatrième serie. — Tome premier. — Deuxième trimestre 1897.
Reinach (Théod.), Apollon Derrònaios. — Mowat (/?.), Com-
binaisons secrètes de lettres dans les marques monétaires de l'Em-
pire romain (suite et fin). — Prou (M.), Recherches sur les origines
de la monnaie tournois et de la monnaie parisis. — De La Tour
(//.), Médailles modernes récemment acquises par le Cabinet de
France (suite). — Blanchet (J.-A.), Bail de la Monnaie d'Henri-
chemont, en 1635. — Germain (Z,.), Médaille de René de Maria,
abbé de Saint-Mihiel. — De La Tour (//.), Payements faits à
Jean Warin, graveur de jetons. — Chronique [Discorso del Sig.
Babelon. — Cronologia dei re Indo-Sciti. — Premio di numismatica,
conferito dall'Accad. delle Iscriz. e Belle Lettere al Sig. Blanchet.
— Concorso Gnecchi per la Nusmismatica classica. — S. A. R. il
Principe di Napoli, presidente onorano della Società Numism. Ital.
— Statua dell' « Incisione in medaglie ». — Nuove monete russe]. —
Necrologie [Iloffmann]. — Bulletin bibliographique. — Périodiques.
— Procès-verbaux de la Société Fran9aise de Numismatique, —
3 tav.
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Troisième trimestre 1897.
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(E.), La collection Waddington au Cabinet des Médailles : Inven-
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Béryte. — Van Getmep (A. Rauge), Le ducat vénitien en Égypte.
— Mély {F. de), Le « numisma Laetiense » de 1213. — Chronique.
— Necrologie. — Bulletin bibliographique. — Procés-verbaux des
séances de la Société Fran^aise de Numismatique (Interessante
comunicazione del Sig. Blanchet a proposito di un vecchio disegno
tedesco rappresentante un'officina con gli operai che stanno coniando
monete]. — 3 tav.
Gazette numismatique fran<;aise, dìrigée par Fernand Mazerolle
et éditée par Raymond Serrure. Rédaction et Administration :
53, rue de Richelieu, Paris.
1897. — 2« livraison.
Mazerolle (F.), O. Roty, membre de l'Institut. Biographie et
catalogue de son oeuvre (Portrait et huit planches en phototipie).
— De la Tour [H.), Trouvaille du Champ de Lamoy. Monnaies
gauloises (Gravure dans le texte). — Serrure (/?.), Une imitation
inedite de la maille bianche de Philippe le Bel (Gravure dans le
texte). — Sambon {Arthur), Le gillat du couronnement de Jeanne
d'Anjou et de Louis de 'Parente et les émissions posthumes des
gillats de Robert d'Anjou, roi de Naples et comte de Provence (Gra-
vure dans le texte). — Cumont {G), Un officier monétaire au XIV«
siècle. Nicolas Chavre (mort en 1397), maitre de la Monnaie de
Louvain (Gravures dans le texte). — Denise [H.], Les monnaies
de nickel, en France et à l'étranger. L Le nickel à l'étranger
(Gravures dans le texte). — Denise (//.), Compte rendu de l'ouvrage
de M. Babelon, « Les origines de la monnaie considérées au point
de vue économique. » — Serrure (R.), Chronique numismatique
[Ringraziamenti ai giornali ed alle riviste per l'accoglienza fatta al
primo fase, della Gazette. — La « Société fran^aise de Numisma-
tique » e le sue adunanze. — Il discorso del Sig. Babelon. — I
cataloghi del Gabinetto Numism. di Parigi. — La vendita Pichon.
— Necrologia di Gio. Enr. Hoffmann]. — Denise (//.), Chronique
monétaire [Rapporti ufficiali della Zecca di Parigi. — Le nuove
monete d'argento francesi. — La riforma monetaria della Russia].
— Les périodiques. — Nouvelles diverses [Il dono offerto al
Sig. Giorgio Cumont. — 1 medaglisti al « Salon ». — L'acquisto
della Coli. Waddington. — La statua dell' « Incisione in medaglie «,
teste collocata nel gran vestibolo della corte d'onore della Bibl. Naz.
5l8 BIBLIOGRAFIA
— Il premio Allier de Hauteroche conferito al Sig. Blanchet. — Il
premio Gnecchi per la Numismatica classica].
1897. — 3"^ livraison.
Mazerolle [F.), Jean Baptiste Maire (1787- 1859). Biographie et
catalogne de ses oeuvres (Portrait, quatre planches en phototipie et
vignette dans le texte). — Chevs d'Achon, Les mansois frappés en
Normandie par Henri V, roi d'Angleterre (Figure dans le texte).
— O^ de Castellane, Les grands et petits blancs au K, à la croix
cantonnée de Charles VII, frappés à Beauvais (Bianche en photo-
tipie). — R. V. dii Cheylard, L'atelier delphinal de Fiégon (Dròme)
(Carte dans le texte). — Serrure (R.), Ogier le Danois, paladin de
Charlemagne, sur un jeton du XIV^ siècle (Figure dans le texte).
— Mazerolle (F.), Le journal historique de la Monnaie des Mé-
dailles (1667-1726). — Mazerolle, Conipte rendu de l'ouvrage de
M. RoNDOT, « Les graveurs de monnaies à Lyon du XIII^ au XVIIP
siècle ». — Denise, Compte rendu du « Rapport au Ministre des
finances (2*= année, 1897) » par M. de Foville, Directeur des Mon-
naies et Médailles. — Mazerolle, Compte rendu du « Catalogne des
jetons de la Bibl. Nat. « — Mazerolle, Chronique artistique [Medaglie
fuse e coniate, dei primi mesi dell'anno corrente. Lavori di Cha-
plain, Dupuis, Patey, Borrel, Alfeo Dubois, Enr. Dubois, Ippol.
Lefebvre (che riportò il premio di Roma), Mouchon, Vernon, e
Courdray (incisore in medaglie, allievo dell' « Ecole de Rome »). —
Medaglie francesi all' Esposiz. Univ. di Bruxelles. — I medaglisti
francesi contemporanei]. — Forrcr {L.), Correspondance anglaise
[La morte del Sig. Montagu. — 11 catalogo delle monete greche
del Museo Britannico. — Il libro del Sig. Hazlitt « The Coinage of
the European Continent >». — La « Numismatic Circular » dei
Sigg. Spink. — Altri periodici di Numismatica. - La Società Nu-
mismatica di Londra. — Ripostigli (anche di monete romane). —
Vendite. — La famosa moneta detta « medaglia Juxon » (una prova
di zecca d'un pezzo da 5 ghinee, offerta al vescovo Juxon da Carlo I,
pochi momenti prima di morire; questa moneta unica raggiunse
alla vendita Montagu il prezzo di 700 sterline, cioè piìi di 19,000
franchi; fu acquistata dal Museo Britannico). — Il giubileo di dia-
mante di S. M. la Regina Vittoria e le medaglie commemorative
di quest'avvenimento. — Necrologie: Cochran-Patrick, l'autore dei
« Records of the Coinage of Scotland » e del « Catalogne of the
Medals of Scotland »»]. — Les périodiques. — Nouvelles diverses
[Il catalogo dei mss. della Bibl. di Besanzone, d'interesse anche
numismatico. — L'assemblea generale annua della Soc. Svizzera
di Num. — Pubblicazioni diverse. — Medaglia di Chaplain per la
BIBLIOGRAFIA 519
visita dell'Imperatore e della Imperatrice di Russia. — II Museo
della Zecca, di Parigi (apertura di nuove sale accessibili al pub-
blico, con esposizione di medaglie da Luigi XVIII a Napoleone III,
e di esemplari di medaglie contemporanee donate dagli artisti). —
Falsificazioni di monete merovingie. — L'inaugurazione della nuova
sede della Società Numismatica Italiana nel Castello Sforzesco di
Milano. — Incisori di medaglie e monete, officiali di Zecca, ecc.,
compresi nell'elenco dei membri del comitato di ammissione per
l'Esposizione Universale del 1900 (*). — Annuncio d' un progetto
di legge per sostituire, in Francia, alle monete di bronzo da 5 e 10
centesimi, monete di nichelio da cent. 20, io e 5].
BuLLETiN DE NuMisM.ATiQUE. Pubblicato da Raimondo Serrure in
Parigi. — Voi. IV, disp. 5, giugno-luglio 1897.
Serrure (R.), Jetons rares ou inédits. — Richard (Alfred),
Notes sur une trouvaille de pièces de billon des XV^ et XVI«
siècles. — Livres nouveiux. — Revue des Revues. — Lectures
diverses [Proposta d' iniziativa parlamentare per la creazione di
una nuova moneta da '/g soldo ossia da 2 Va centesimi, come quella
che esiste già nel granducato del Lussemburgo (e, aggiungeremo,
come esisteva negli Stati Pontifici)]. — Livres en préparation [Il
catalogo generale che il nostro collaboratore Sig. Dattari sta compi-
lando per le monete coniate ad Alessandria d'Egitto dagli impera-
tori romani]. — Académies et Sociétés. — Les Musées [I furti di
Nìmes e di Losanna]. — Les nouvelles émissions. — Les ventes.
Disp. 6, agosto-settembre 1897.
Serrure (/?.), De l'authenticité des statères d'or de Panticapée.
— Damare [D''), La nouvelle loi monétaire du Japon. — Serrure,
Monnaies mérovingiennes fausses. — Livres nouveaux. — Revue
des Revues. — Lectures diverses. — Académies et Sociétés. — Les
Musées [L'acquisto della celebre collez. Waddington. — Il lascito
della biblioteca di Enr. Hoffmann alla bibliot. civica di Compiègne
« en souvenir de l'accueil sympathique qu' il avait, au début de sa
u carrière commerciale, regu des amateurs de cette ville »]. —
Bonnet {Étnile), Les trouvailles. — i tav.
Disp. 7, ottobre-novembre 1897.
Engel {Arthur) et Serrure (/?.), Résumé de l'histoire monétaire
moderne des Pays-Bas septentrionaux [È un capitolo della nuova
(*) V. Notizie varie.
520 BIBLIOGRAFIA
pubblicazione dei Sigg. Engel e Serrure : Traitc de Ntimismatique
moderne, destinato a far séguito al loro Traile de Numismatique
da moyen dge, di cui il primo voi. è comparso nel 1891, il secondo
nel 1894, ed il terzo è pressoché ultimato], — Revue des Revues.
— Lectures diverses [Un ripostiglio di monete medioevali ad Atene].
— Académies et Sociétés [La solenne inaugurazione della nuova
sede della Soc. Num. Ital. nel Castello di Milano. — La manife-
stazione di simpatia al Sig. Cumont in Bruxelles]. — Le mouvement
économique. — Les nouvelles émissions. — Les ventes,
Revue Suisse de Numism.\tique, publiée par le Comité de la So-
ciété Suisse de Numismatique, sous la direction de Paul-Ch.
Stroehlin. — Tome VII, première livraison. — Genève, 1897.
Inthoof-Blumer {F.), Zur Miinzkunde Kleinasiens (Schluss). —
Gnecchi (F.), Monetazione romana (prima parte) [Articolo di vol-
garizzazione]. — Vallentin du Cheylard (R.), Du florin du poids
de Piémont. — Haas {F.), Beitrage zu einer luzernischen Miinzge-
schichte (erster Theil). — Raugé van Gennep (A.), Bibliographie
numismatique des princes de la maison de Savoie. — Liebenau
{Th. von), Ein Gutachten iiber die Reform des Miinzwesens von
1758. — Strcehlin (P.-Ch.), Médailles suisses nouvelles [anche italo-
svizzere]. — Strahlin, Médailles étrangères nouvelles [anche ita-
liane]. — Mélanges [Copiosissima cronaca internazionale]. — Trou-
vailles. — Société Suisse de Numismatique: Extraits des procès-
verbaux du Comité et de l'Assemblée generale. — Necrologie. —
19 tav. [La XIX: Un atelier monétaire suisse à la fin du XV^ siéclej.
Revue Belge de Numismatique, publiée sous les auspices de la
Société Royale de Numismatique. Directeurs : MM. le V'^ B.
de Jonghe, le C'^ Th. de Limburg-Stirum et A. de Witte. —
Bruxelles,
1897, troisième livraison.
V^^ B. de Jonghe, Un denier frappé à Mayence par l'empereur
Lothaire I, avant le traile de Verdun. — De PVitte {A.), Les jetons
et les médailles d' inauguration frappés par ordre du gouvernement
general aux Pays-Bas autrichiens (1717-1792) (Suite). — Lemaire (F.),
Une conclusion. — Mubarek GItalib Bey, Quelques mots sur deux
monnaies ilkhaniennes. — Tradisci (C.-F.), Deux testons inédits
de Sébastien de Monfaucon, évèque de Lausanne et prince du
Saint-Empire. — Ter Gow [J.-E.), Des fausses monnaies (Suite).
— Van Hende (E.), Pierre Lorthior, graveur des médailles du
Roi. — Rouyier (/.), Le nom de Jesus employé comme type sur
BIBLIOGRAFIA
521
les monuments numismatiques du XV^ siede (Suite et fin). — Ne-
crologie [Phillips. Hoffmann.] — Mélanges [Ambrosoli, Vocabolarietto
pei numismatici, cenno del Signor A. De Witte. — Concorso
Gnecchi per il miglior lavoro di Numismatica classica che sarà
stato pubblicato nella Rivista Ital. di Num. nel triennio 1897, 1898,
1899]. — Société Royale de Numismatique : Extrait des procès-
-verbaux. — 3 tav.
1897, quatrième livraison.
V'^ B. de Jonghe, Un cinquième d'écu de Philippe II frappé
à Arras en 1582. - Daniels (P.), Le « civitat » de Jeanne de
Merwede. — Trachsel (C.-F.), Les ducats d'or d'Aymon de Mont-
faucon (1490-1517). — De Witte {A.), Les jetons et les médailles
d'inauguration frappés par ordre du gouvernement general aux
Pays-Bas autrichiens (1717-1792) [continuaz.]. — Rouyer {].),
Médaille gravée de Marie de la Chàtre, dame de Chàteauneuf-sur-
Cher, femme de Guillaume de l'Aubespine, maitre des requètes de
l'hotel du Roi (1586). — Bamps (C), Note sur les sceaux des
corporations de métiers de la ville de Hasselt, au XVI«= siècle. —
Mélanges. — Société Royale de Numismatique : Extraits des procès-
-verbaux. — 3 tav.
La Gazette numismatique (Directeur-Rédacteur : Charles Dupriez).
— Bruxelles, place de Brouckère, 26.
N. 4, I<^f Janvier 1897.
Dupriez (Ch.), Choix de monnaies grecques, — Lo stesso, Les
faussaires [Cigoi, di Udine; elenco delle sue principali falsificazionij.
— Bibliographie. — Nouvelles diverses. — Ventes. — Catalogue
de monnaies impériales romaines, en vente aux prix marqués. —
I tav.
N. 5, I«'" Février 1897.
De Munter ( V.), Quelques jetons des Pays-Bas. — Dupriez
{Ch.), La prononciation du nom de Bruxelles et la monnaie. —
Dupriez, Médailles modernes [Medaglia di Menelik. — Med. del-
deir assedio di Parigi]. — Bibliographie [Gnecchi, Monete romane
(Manuali Hoepli)]. — Nouvelles diverses [Il Gabinetto Num. di
Bruxelles. — Il venticinquesimo anniversario della fondazione della
Numismat. Zeitschrift di Vienna. — Tentativi per introdurre la
moneta d'alluminio, agli Stati Uniti]. — Catalogue de monn. imp.
rom., en vente. — i tav.
66
522
BIBLIOGRAFIA
N. 6, ler Mars 1897.
Beger {Paul), Les types des Monnaies brabangonnes au moyen
àge, — O^ Le Bailly d' Inghiiem, Un Kerveguen. — De Witte
(Alphonse), Le dernier jeton des gouverneurs du Namurois. —
Dupriez {Charles), Le médailleur Roty. — Bibliographie [Capo-
bianchi: Appunti per servire all'ordinam. delle mon. coniate dal
Senato Rem. dal 1184 al 14J9]. — Nouvelles diverses [Scritti di
Kunz, ripubblicati nella Rivista It. di Num.]. — Trouvailles. —
Vente Stiénon du Pré; février 1897. — Catalogue [Medaglie moderne,
in vendita].
N. 7, I^-" Avril 1897.
Dupriez (Ch.), Grand bronze d'Antonin le Pieux frappé à
Alexandrie d'Égypte. — Beger (P.), Les ateliers monétaires bra-
bangons. — A^. //.^ Peter Flòtner. — Moraleda y Esteban {Juan),
Contributions à la numismatique du quatrième centenaire de la
découverte du Nouveau-monde. — Bibliographie. — Nouvelles
diverses [Società Nuni. Italiana: Concorsi Papadopoli e GnecchiJ.
— Trouvailles. — Ventes. — Necrologie. — Catalogue [Medaglie
moderne, in vendita].
N. 8, ^r Mai 1897.
Lebrun, Numismatique antique : Samé de Céphalonie. — Corre-
spondance: Lettre de M. le Marquis d^Anselme de Puisaye à M.
Ch. Dupriez. — Dupriez {Ch.), La médaille de Fernand Cortes. —
A'^. H., Médailleurs allemands du XVI^ siècle: Hans Krug, Louis
Krug, Hans Schwartz. — Dupriez {Ch.), Jeton bruxellois au type
de la grue. — Bibliographie. — Nouvelles diverses. — Trouvailles.
— Ventes. — Catalogue de Médailles modernes, en vente aux prix
marqués.
2^ Année, N. i, I^r Octobre 1897.
D. (C), Au lecteur [La Gazette si pubblicherà, d'ora in avanti,
non più 8 volte ma bensì io all'anno, in fascicoli mensili, da ottobre
a luglio compreso. Il prezzo rimane fissato in fr. 2,50 all'anno, per
tutta l'Unione Postale]. — Z).*" Lebrun, Numismatique antique:
Abdère. — Dupriez, Un nouveau sou d'or mérovingien. — Dupriez,
Jeton inédit d'un seigneur de Herstal. — Van den Broeck {Ed.),
Un jeton satirique. — Bibliographie. — Nouvelles diverses [La
Soc. Reale di Numism. del Belgio e la sua assemblea generale
annua. Il Big. De Witte, nominato per acclamazione Segretario
della Società, conservando provvisoriamente anche l'ufficio di Bi-
BIBLIOGRAFIA 523
bliotecario. Medaglia-diploma in oro offerta al Tesoriere Van den
Broeck, che per la trentesimaterza ed ultima volta presentava alla
Società il suo resoconto annuo sulle finanze sociali, — Medaglioni
di Pasteur e di Edmondo de Goncourt. — Il « Club » Numismatico
di Newport (Stati Uniti d'America)]. — Trouvailles. — Ventes. —
Catal. de livres de numismatique, en vente aux prix marqués.
N. 2, I*^"" Novembre 1897.
De Witle {A), Notes sur les monnaies des États-Belgiques-
Unis. — Diipriez (Ch.). Notre planche I: Médailles et décorations.
— Bibliographie. — Nouvelles diverses. — Trouvailles. — Ventes.
— Necrologie. — Catalogue de livres de numismatique, en vente
aux prix marqués. — i tav.
N. 3, I^*" Décembre 1897.
F'^ B. de Jongìie, Un Demi-rixdaler de Christophe de Man-
derscheid, prince-abbé de Stavelot et de Malmédy (1546-1576). —
C* Le Bailly d' Inghuem, Monnaies et Médailles à l'Exposition de
Bruxelles 1897 [Curiose notizie intorno alle monete indigene del
Congo]. — Correspondance. — Bibliographie. — Novelles diverses.
— Ventes. — Catal. de livres de numismatique, en vente aux prix
marqués. — i tav.
TlJDSCHRIFT VAN HET NeDERLANDSCH GeNOOTSCHAP VOOR MuNT- EN
Penningkunde. — Amsterdam.
5 anno (1897), fase. III.
De Witte {A.), Le jeton dans les comptes des maìtres des
Monnaies du duché de Brabant aux XVII^ et XVIII^ siècles [Con-
tinuazione]. — Snoeck {M. A), Bijdragen tot de Penningkunde van
Noord-Brabant, - Mej. M. de Man, lets over en gildepenning van
de scheepstimmerlieden te Zierikzee. — Zivierzina ( IV. K. F.),
Beschrijving der Médailles sederi 23 November 1890 tot i Januari
1897 geslagen aan de Kon. Fabriek van Zilverwerken, firma C. J.
Begeer te Utrecht [Continuaz]. — Nijland M. C), Twee Sneeker
magistraatspenningen. — Mededeeling aan de Leden omtrent 't
verhandelde in de laarlijksche Vergadering van 16 Juni te Utrecht.
— Inhoudsopgave der Tijdschriften die het Genootschap in ruiling
ontvangt. — Gemengde berichten (Troisch- of goudgewicht. —
Varieteiten van Nederlandsche munten. — Een muntvervalscher
gestraft. — Boekaankondiging [Ambrosoli, « Vocabolarietto pei
numismatici »]. — Prijsvraag voor en gedenkplaat ter gedachtenis
aan H. M. Inhuldiging binnen Amsterdam in 1898. — i tav.
524 BIBLIOGRAFIA
Fase. IV, 1897.
De Witte, Le jeton etc. [Continuaz.] — Snoeck {M. A.), Bìj-
dragen tot de Penningkunde van Noord-Brabant [Contin.]. — V'^
B. de Jonghe, Les monnaies frappées à Bois-le-Duc, par les archi-
ducs Albert et Isabelle. — Zwierzina, Beschrijving der Medailles
etc. [Contin.]. — Brumvis [C. IV.}, De Alkmaarsche Loterijpenning
(1703). — Inhoudsopgave der Tijdschriften. — Gemengde berichten
(Gildebrief van Tiel 1475. — AanvuUing Dirks « Ned, Pennirigen »).
— Vergaderingen van het Genootschap (Notulen). — Jaarverslag
1896 van den Secretaris. — J. van den Penningmeester. — J. van
den Conservator. — J. v. de Commissie voor Redactie van 't Tijd
schrift. — Ledenlijst, — Inhoudsopgave. — i tav.
The Numismatic Chronicle and Journal of the Numismatic Society.
— London.
1897. — Part IL
Wroth [W.], Greek Coins acquired by the British Museum in
1896. — Boyd {C. IV.), A Find of Roman Denarii near Cambridge.
— Whymper (E.), A Discovery of Roman Coins on the Summit
of the Théodule Pass (Matterjoch). — Lord Grantley, On the
North-Humbrian Coinage of A. D. 758-808. — Grueber {H. A), A
Find of Coins at East Worlington. — Grueber, A Find of Coins
at Crediton, N. Devon. — 5 tav.
1897. — Part III.
Seltman [E. J.), The Type known as « The Demos " on Coins
of Rhegium. — Six {J. P.), Monnaies grecques, inédites et incer-
taines. — Lawrence {L. A.), On some Coins of William I and IL
— Lawrence, On a Hoard of Short- cross Pennies. — Notices of
Recent Numismatic Publications. — Miscellanea. — 3 tav.
MONATSBLATT DER NUMISMATISCHEN GeSELLSCHAFT IN WlEN.
N. 168. Juli 1897.
Kenner [Fr.), Zur Geschichte der Medaille [Continuazione] —
MUnzenfunde. — Vermehrung der Milnzensammlung. — Bespre-
chungen. — Numismatische Literatur. — Verschiedenes [Esposizione
di medaglie e placchette di artisti austriaci, tenuta a Nuova York,
nei locali del Grolier-Club, per iniziativa del Prof Oettinger e dei
Sigg. Parish e D"" Storer].
N. 169. August 1897.
Kenner, Zur Geschichte der Medaille [Continuaz. e fine di
BIBLIOGRAFIA
535
questa importante lettura, tenuta dal eh. Dott. Kenner nell'assemblea
annuale della Società, il 27 genn. 1897]. — Mackl (M.), Huldigungs-
Medaillen dar Stende des Erzherzogthums Oesterreich ob der
Enns. — Renner, Zur Frage der unterrichtlichen Verwendung der
Miìnzkunde an den òsterreichischen Mittelschulen [Promemoria al
Ministro della P. I. per introdurre la Numismatica nelle scuole
austriache come sussidio della Storia, della Filologia ed eventual-
mente anche di altre discipline] — Munzenfunde. — Besprechungen,
— Numism. Literatur. — Verschiedenes [Necro'. dell'eminente sto-
rico austriaco Cons. Cav. Alfredo von Arneth, figlio del celebre
numismatico Giuseppe Arneth. — Necrol. di Henry Phillips jr. e
di Hoffmann. — Fondazione di una nuova zecca, a Perth nell'Australia
Occidentale, in séguito alla scoperta di ricche miniere d'oro. Le
zecche inglesi attualmente in attualità diventano per ciò 6, cioè
Londra, Bombay, Calcutta, Sidney, Melbourne, e Perth. — Meda-
glia d'oro offerta al munifico mecenate americano, Sig. S. P. Avery,
da vari anni presidente del Grolier-Club di N. York (società che
ha per iscopo di promuovere le arti e le scienze), benemerito del
Museo Metropolitano e della gran Biblioteca riunita Astor-Lenox-
Tilden e d'altre istituzioni deW Imperiai City].
N. 170. September 1897.
Voetter {Otto), VI e IV auf romischen Miinzen des 3. Jahr-
hunderts. — Ernst, Der Todestag des Medailleurs Theodor van
Berkel. Munzenfunde. — Besprechungen. — Num. Literatur. —
Verschiedenes [Medaglie di S. Uberto, pei cacciatori].
N. 171. October 1897.
Markl {Moriz), Bóhmische Munzpragungen und deren Beizei-
chen unter der Regierung Ferdinand I. —Besprechungen. — Num.
Literatur. — Verschiedenes [Nomina del Dott. Kenner a Membro ono-
rario della Soc. Num. Bavarese. — Cenno necrol. del Sig. Davide
Egger, il noto negoziante di monete a Budapest. — L'esposizione
di medaglie fuse e placchette, tenuta a Vienna nel Museo austr.
d'Arte e d'Industria. Il Sig. Renner conclude ironicamente osser-
vando che la stampa quotidiana, « beninteso », lasciò passare quasi
inosservata questa bellissima esposizione. — Tre nuove medaglie
officiali inglesi : la Royal Victor tan medal per coloro che si resero
benemeriti verso la regina; la medaglia del DrummondCastle, co-
niata per esprimere la gratitudine di S. M. verso i pescatori ed
altri abitanti dell'isola di Ushant che soccorsero il piroscafo nau-
fragato D.-Castle; una medaglia militare di nuovo tipo per l'India.
526 BIBLIOGRAFIA
Quest' ultima med. vien coniata a Calcutta, con conii preparati a
Londra. — Medaglia-placchetta in onore del distinto compositore
Antonio Bruckner].
N. 172. November 1897.
Voetter (O.), Aus Siscia [Interessante comunicazione su certe
cifre o lettere, di tipo orientale, che s'incontrano su monete del
Basso Impero]. — Milnzenfunde. — Ordentliche Versammlung der
numismatischen Gesellschaft am 27. October 1897. — Vermehrung
der Miinzensammlung. — Besprechungen. — Num. Literatur. —
Verschiedenes [Il dono al Sig. Giorgio Cumont. — L'inaugurazione
della nuova sede della Società Numismatica Italiana nel Castello
Sforzesco di JVIilano. — Elenco dei corsi di Numismatica che si ter-
ranno nell'inverno 1897-98 presso le Università tedesche (*). — La
Coli. Waddington acquistata per il Gabinetto Numism. di Parigi.
A questo proposito, il Sig. Renner ricorda altri grandiosi acquisti
fatti dal Governo francese, per più centinaia di migliaia di franchi,
come la CoUez. Saulcy (per 200,000 fr.), quella d'Amécourt (per
180,000 fr.), ecc.].
N. 173. December 1897.
Scholz (J.), Ueber Contorniaten [Lettura tenuta nell'adunanza
del 26 maggio 1897]. — Thalmayr {F.), Uebersicht der an den
òsterreichischen Mittelschulen bestehenden Miinzensammlungen
[Rassegna delle coUez. numismatiche esistenti presso le scuole
secondarie austriache]. — Miinzenfunde [Perini {Q.), Ripostiglio di
monete medioevali scoperto a Vigo-Cavedine nel Trentino. Consi-
steva in circa 350 monete d'argento, delle zecche di Trento, Verona,
Venezia, Mantova, Brescia, Cremona, Bergamo, Como, Lodi, Tortona,
Acqui, Asti, con grande predominio numerico delle monete veronesi
e trentine]. — Ordentliche Versammlung der numism. Gesellschaft
am 24. Nov. 1897. — Vermehrung der Miinzensammlung. — Bespre-
chungen. — Num. Literatur. — « Prof. Dr. Alfred von Sallet
[Necrologia]. — Theodor Mommsen's achtzigster Geburtstag. —
Verschiedenes [« Berthold Willner », cenno necrol.].
S. A.
Bollettino di archeologia e storia dalmata, XX, 1" gennaio 1897 :
Btilic' F., Tessera lusoria di Lissa.
Bollettino della Commissione Archeologica comunale di Roma,
(') V. Notizie varie.
BIBLIOGRAFIA 527
anno XXV, fase. I: Serafini, L'arte nei ritratti della moneta romana
repubblicana.
Giornale di erudizione, n. 21-22 e 23-24, voi. VI, Firenze 1897:
Medaglia Arretinus, (Perchè l'Aretino fece coniare una medaglia in cui
il suo nome venne scritto Arretinus?).
Rivista Abruzzese, XI, 12, dicembre 1896: De Petra G., Tortoreto.
Ripostiglio di monete fuse e battute.
Giornale storico della letteratura italiana, XXX, i-a: Toynbee
P., The coins denominatad Santelene by Dante (Conv. IV, II).
Atti dell'Accademia di Udine, serie III, voi. MI: Joppi Vincenzo,
Medaglie friulane.
Rassegna nazionale, i° giugno 1897: Rossi Aless., Le fasi attuali
dell'argento.
Archivio Trentino, anno XIII, fase. II, 1897 '- ^^ Monumento a Dante
in Trento [Con tav. delle medaglie commemorative]. — Un ripostiglio
di monete del secolo XIII a Vigo di Cavedine.
Réforme économique, 18 luglio 1897: Circulation monétaire des
principaux pays du monde. Les monnaies divisionnaires de l'union latine.
M Jaurés et le bimétailisme. La question du bimétallisme en Angleterre.
Revue du Bas-Poitou, 2 livr. 1897 • Farcinet C, Notes sur un tiers
de sou d'or (triens mérovingien) trouvé en Vendée.
Spectateur militaire, 1° mai, i et 15 juin 1897 • Boissonnet C, Les
décorations, croix et médailles.
Bulletin de la Société de l'histoire de Paris, livr. I, 1897 : Prou M.,
Les monnaies de Bouchard, comte de Paris.
Bulletin historique et scientifique de l'Auvergne, 1896, n. 9-10:
Doitrif dJ, Notes numismatiques [pièce d'or frappée au nom de Théo-
debert I" ou II, roi d'Austrasie].
Bulletin de la Société des sciences historiques et naturelles de
l'Yonne, voi. LVI, 1896: Ed. de Luze, La collection Gariel: les monnaies
des ducs de Bourgogne.
Mélanges d'archeologie et d'histoire, fase. 2-3, 1897 : Fabre P., La
pereeption du cens apostolique en France en 1291-1293 [con riferimenti
curiosi sul valore delle monete].
Sociologie catholique, mai 1897: Hérail G., L'adoption de l'étalon
d'or au Japon.
Science sociale, mai 1897: Babelon, De l'utilité scientifique des
collections de monnaies anciennes.
Mémoires de la Société des antiquaires du Centre, (Bourges), t. XXI:
Kersers M. de, Bulletin numismatique, n. 19.
Mémoires de la Société Académique d'agriculture, des sciences, arts
et belles lettres du département de l'Aube (Troyes, 1896), voi. XXXIII,
sèrie III: Lorin Le Cleri, Musée de Troyes. Numismatique. Monnaies
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d'Arlon.
E. M.
67
VARIETÀ
Inaugurazione della nuova Sede
DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
NEL Castello di Milano.
L'inaugurazione della nuova sede sociale, che doveva
già riuscire solenne per l'intervento di S. A. R. il Principe
di Napoli, nostro Presidente Onorario, lo fu doppiamente
pel fatto che i Principi facevano il 19 ottobre scorso il primo
loro ingresso ufficiale in Milano e vi erano accompagnati
anche dai Sovrani. Una visita agli iniziati restauri del Ca-
stello e l'inaugurazione dei locali adibiti alla Società Storica
Lombarda e alla Società Numismatica Italiana furono gli
argomenti che motivarono l'invito del Sindaco di Milano ai
Principi. Perciò la narrazione della cerimonia che riguarda
la nostra Società, sarà necessariamente collegata anche con
qualche particolare non essenzialmente numismatico e noi
chiediamo venia se la cronaca non sarà questa volta conte-
nuta in quegli strettissimi limiti che per regola generale ci
prefiggiamo nella nostra Rivista.
La giornata era splendida, quale si addiceva alla circo-
stanza, tutta la città animata e imbandierata, e i cortili del Ca-
stello, addobbati a festa, rigurgitavano di gente. Alle ore 15 V2,
come annunciato, arrivavano quasi contemporaneamente i
Principi dal palazzo reale, e i Sovrani dalla villa di Monza, e
scendevano alla porta del Castello. Accolti al suono della
marcia reale e dell' inno montenegrino, accompagnati dalle
autorità cittadine e dalle presidenze delle due Società, e
acclamati calorosamente dalla folla plaudente , entrarono
addirittura nella sala riservata alla nostra Società e da questa
532 VARIETÀ
passarono nel salone comune delle adunanze, dove si doveva
compiere la cerimonia inaugurale.
Al banco presidenziale sedette il Sindaco e accanto a lui,
da un lato il nob. Felice Calvi e Don Cesare Vignati rappresen-
tanti la Società Storico-Lombarda, dall'altro i fratelli Gnecchi
e il Dott. Ambrosoli rappresentanti la Società Numismatica.
I Reali e i Principi sedevano di fronte, e dietro a loro un
centinaio di signore e quelli fra gli invitati che poterono
penetrare nella sala; mentre una folla enorme si accalcava
nel cortile della Rocchetta.
I discorsi ebbero il merito d'essere brevi. Primo a parlare
fu il Sindaco, che diede il benvenuto agli augusti ospiti colle
seguenti parole:
Nel nome di Milano, che ho l'onore dì rappresentare, ringrazio
S. M. il Re e l'amata nostra Regina per il favore fattoci colI'Au-
gusta ed ambita loro presenza.
Alle Vostre Altezze Reali il benvenuto nella nostra città e la
conferma dell'intenso affetto che circonda l'Augusta Famiglia, nella
quale la Giovane Sposa è entrata nuovo e desiderato raggio di sole.
Qui dove ogni pietra parla della storia nostra; in queste pareti
che hanno sfidato i secoli ed ora si ritornano allo splendore della
architettura antica, l'anno scorso, alla Vostra Augusta presenza, si
inaugurò il Museo del Risorgimento Nazionale; oggi si insediano,
affratellate, le Società Storica Lombarda e Numismatica Italiana,
della quale Vostra Altezza è degno presidente onorario, e si visi-
teranno le sale destinate ai civici Musei, ed a quella Scuola d'arte
applicata all'industria che è la prima manifestazione del concetto
nostro che le raccolte qua dentro non devono essere mute e sterili
esposizioni di oggetti, ma costituire un ambiente di ricordi sacri e
di studi fecondi.
Così il Museo artistico coll'annessa Scuola servono a far rivi-
vere la classe di quegli artefici dai quali ebbero tanto decoro l'arte
e l'industria italiana e tanto lustro la patria nostra, e nelle reliquie
del Museo del Risorgimento, mentre ì Veterani trovano conforto
ai loro vecchi giorni, i giovani si ritemprano ai più santi ideali,
all'amore di patria, a quei sentimenti dì riconoscenza e di devozione
che a chiunque pensa al passato e confida nell'avvenire strappano
dal cuore il grido di Vtva Savoja.
Indi parlò il presidente della Società Storica, nob. Felice
Calvi, il quale in un elegante discorso, rievocò la meravi-
gliosa corte di Lodovico il Moro, e intrattenne l'eletto uditorio
intorno a Lodovico XII e a Carlo V, accennando poi effica-
VARIETÀ
533
cernente alla buia notte della signoria spagnolesca. Riassunse
infine a grandi tratti l'opera della benemerita Società da lui
presieduta, e concluse eloquentemente:
Milano si ingolfa sempre più nelle industrie, nei commerci, nei
grandi affari; ma non dovrebbe trascurare ciò che eleva lo spirito
umano e rende veramente duraturo e fecondo il progresso.
Venuta la volta della Società Numismatica, uno dei Vice-
presidenti, il Cav. Francesco Gnecchi, prese così la parola :
Maestà, Altezza Reale ,
Quando il giorno ii aprile 1892 quella Società Numismatica,
che da lungo tempo era nel desiderio degli studiosi italiani, venne
finalmente costituita, in testa ai nomi dei promotori già figurava
l'augusto nome di V, A. R.
La Società, per quanto ristretta di numero, come sono per
natura tutte le Società scientifiche dedicate all'investigazione del
passato, percorse però la sua via con coraggio e con dignità e
s'acquistò onorevolmente il suo posto fra le consorelle dell'estero,
talché, dopo cinque anni d'esistenza si fece ardita di offrire a V.
A. R. la Presidenza onoraria, e fu assai fiera di vederla graziosa»
mente accettata.
Era vivissimo desiderio dei soci di accogliere una volta almeno
nella propria sede il loro Presidente onorario, ed oggi essi ascri-
vono a vera fortuna l'occasione che tanto opportunamente si pre-
senta. — Sede più propria e più degna non si poteva immaginare
per la nostra Società in Milano, che questa nell' antico Castello
Sforzesco dalle cui mura spirano tante memorie in parte gloriose,
in parte pur troppo dolorose, ma che pure tutte si collegano alla
storia della città nostra e dell'Italia intera; memorie che noi vene-
riamo e studiamo compendiate ed eternate nella splendida serie
delle monete coniate nella zecca milanese, una delle più varie e
delle più ricche dell'Italia nostra.
Di questi locali che il Municipio di Milano liberalmente ci
offerse, non è peranco compiuto il restauro, nessuna adunanza vi
ebbe luogo finora; pochi fra i nostri soci appena li hanno veduti,
parecchi vi entrano oggi per la prima volta.
Nessun miglior augurio era lecito desiderare per la nostra
Società, che l' inaugurazione fattane oggi da V. A. R., nella quale
si compenetrano due personalità, quali nessuna delle società con-
sorelle nel suo presidente onorario può vantare, quella del Principe
Ereditario e quella dell'appassionato raccoglitore e del competen-
tissimo cultore della numismatica.
E io sono felice — nell' assenza del nostro Presidente Conte
Papadopoli — di ringraziare a nome di tutti i soci V. A. R. d'avere
inaugurata la nostra nuova sede, l'Augusta Principessa d'averla
534 VARIETÀ
rallegrata col suo sorriso, e le LL. MM. d'aver reso maggiormente
solenne questo giorno col loro grazioso intervento.
E chiudo le mie brevi parole invitando tutti ad acclamare in
una sola volta alla scienza, alla patria, al Principe, alla Regina
ed al Re.
Chiuse il Dott. Solone Ambrosoli, Direttore del Gabi-
netto Numismatico di Brera, col discorso seguente:
Maestà, Altezze Reali, Egregi signori,
Il periodo storico al quale il Castello Sforzesco deve la sua
ricostruzione e la sua caratteristica, — la seconda metà cioè del
secolo XV, — coincide col periodo più splendido per la numismatica
milanese.
Con Francesco Sforza, infatti, incomincia a comparire il ritratto
del principe sulle nostre monete.
Con Galeazzo Maria, possiamo seguire la transizione dal Medio
Evo al Rinascimento, quella « evoluzione dell' arte » che Luca
Beltrami ha magistralmente dimostrata per le sculture del Castello,
e che nella numismatica qui si estrinseca mediante l' impiego dei
rinnovellati caratteri classici per le inscrizioni, talché le monete di
Galeazzo si potrebbero riordinare cronologicamente in due serie, la
prima a caratteri gotici, la seconda a caratteri romani. Ma già nella
prima serie, per quanto ancora avvinta al passato nelle forme gra-
fiche, la rappresentazione figurata si svincola dalle pastoie medio-
evali: due monete di Galeazzo presentano un rovescio immaginoso
e vivacemente tradotto dal bulino: Sant'Ambrogio che flagella un
gruppo di guerrieri fuggenti; anzi, in una di queste monete, il
, santo li insegue impetuosamente su di un focoso destriero.
Con Bona di Savoia, e soprattutto con Giangaleazzo Maria Sforza
e Lodovico il Moro, tocchiamo infine al colmo della perfezione;
la moneta con la testa soavissima del duca giovinetto e con l'acci-
gliata effigie del tutore essendo ad esempio un vero gioiello d'arte,
paragonabile alle monete greche, e, per dirla con una frase manzo-
niana, di diversa, ma non d'inferiore bellezza.
A questa coincidenza di periodi, corrisponde una singolare
coincidenza tra la decorazione del Castello e la numismatica; per
cui gli stessi motivi artistici che incontriamo ad ogni istante sulle
monete, si ripetono sugli affreschi delle sale, e principalmente nei
bassorilievi delle targhe numerosissime che ornano le colonne, i
leggiadri capitelli pensili e le serraglie delle vòlte del vasto edificio,
del porticato medesimo ond'è ricinto il cortile di questa Rocchetta
dove la Società Numismatica Italiana, di cui S. A. R. il Principe
si è degnato di accettare la presidenza onoraria, ha oggi, — per
cortese concessione del Municipio, — la fortuna d'inaugurare con
la Vostra presenza la propria nuova sede.
Mi sia quindi permessa una rapida rassegna dei bassorilievi.
VARIETÀ
535
perchè si vegga sino a qual punto si estenda la coincidenza di cui
ho parlato; e come la nostra Società, anche per questo riguardo,
sia pure secondario, possa compiacersi d' una sede così singolar-
mente adatta all' indole sua.
Fra le targhe (d'interesse numismatico) del Castello, alcune
recano stemmi od imprese che furono adottati dagli Sforza ma che
risalgono ai Visconti: — la biscia, o sola, o inquartata con l'aquila;
i tizzoni con le secchie, impresa già di Galeazzo II Visconti; la
fascia annodata, impresa di Filippo Maria, il quale usò pure sulle
sue monete, poggiata sullo scudo, quella corona col ramo di palma
e col ramo d'alloro, che campeggia poi sola su qualche targa del
Castello, come campeggia poi sola sulle monete sforzesche. Anche
lo scudo partito con la biscia e le tre aquile, eh' è lo stemma della
contea di Pavia, figura già sulle monete di Filippo Maria Visconti.
Altre imprese invece sono schiettamente sforzesche, come la
elegante scopetta, il bizzarro leone col cimiero e le secchie, la
graziosissima colomba nel fiammante, emblemi tutti che s'incontrano
e qui e sulle monete degli Sforza,
La targa col cane appiè d' un albero, quantunque non trovi
riscontri nelle monete sforzesche, richiama tosto al numismatico una
notissima medaglia di Francesco Sforza, opera del valente meda-
glista Gianfrancesco Enzola di Parma, nonché una rara moneta
milanese di Filippo li di Spagna.
E fra queste targhe dell'epoca sforzesca, infine, le LL. MM. e
le LL. AA. RR. potranno osservarne diverse che recano un' insegna
ben nota e familiare : lo scudo con la croce, sul quale poggia un
elmo che ha per cimiero un teschio di leone alato. È la medesima
insegna che occorre con tanta frequenza sulle monete di Savoia;
ed essa ci ricorda quel motto misterioso che la attornia su di un
antico suggello del Conte Verde, quel motto magico e profondo
che Carlo Alberto adottava poi per il suo carteggio, e che egli,
nel 1844, intendendo lo sguardo pensoso all' aurora del nostro ri-
sorgimento, faceva incidere per una medaglia rimasta celebre, coi
busti di Dante, Raffaello, Galileo e Cristoforo Colombo : — J'attends
mon astre.
E ora, ad Umberto I, al Re leale, — alla coltissima Regina
d'Italia, — a S. A. R. il Principe di Napoli, valoroso fautore della
numismatica e Presidente onorario della Società, — e al fiore gentile
ch'egli ha trapiantato fra noi dall'opposta riva dell'Adriatico, i nostri
omaggi e la nostra reverente riconoscenza.
Vive acclamazioni ai Principi e ai Sovrani accolgono le
ultime parole dell'Ambrosoli, come avevano accolto prima i
discorsi precedenti. Lasciando allora le sale sociali il Sindaco
invitò i Principi e i Sovrani a visitare le parti restaurate del
Castello, la corte ducale, la loggetta di Galeazzo Maria
536 VARIETÀ
Sforza e i locali destinati ad accogliere il Museo Artistico
Municipale, in uno dei quali era preparato un generoso
asciolvere offerto dalla Città. Mentre il lungo corteo proce-
deva, percorrendo le vastissime sale, il Principe si intrattenne
continuamente e famigliarmente col Dott. Ambrosoli e coi
fratelli Gnecchi, discorrendo di diversi argomenti sul tema
dei comuni studii e accolse con favore e soddisfazione la
dimanda da essi fatta, che S. A. R. la Principessa Elena,
quale sua collaboratrice nei lavori numismatici, fosse iscritta
nel novero dei soci (i).
Alle ore 17 i Sovrani e i Principi partivano per Monza
acclamati come all'arrivo, e la giornata resta così a segnarsi
albo lapillo fra gli annali della nostra Società.
Il " Corpus Numoruni italiooruni „ fu l'argomento
principale di ripetuti e lunghi colloqui che S. A. R. il Principe
di Napoli ebbe nello scorso ottobre a Milano e a Monza coi
Direttori della Rivista e col Conservatore del R. Gabinetto
Numismatico, e siamo felici di poter comunicare ai lettori
della Rivista i progetti che occupano la mente del nostro
Augusto Presidente onorario. Deplorando, quale raccoglitore
di monete italiane, la mancanza di un catalogo ben redatto
e abbastanza esteso, che possa servire di guida generale.
S. A. R. aveva formata l'idea di pubblicare il catalogo della
propria collezione, quando questa avesse raggiunti i 20000
pezzi, dai quali ora è poco lontana, contandone 18000. In
progresso di tempo però, visitando altre collezioni, e vedendo
come nella propria alcune serie fossero più o meno defi-
cienti, venne nella persuasione che meglio sarebbe valso fare
addirittura un Catalogo generale delle zecche italiane, pren-
dendo la propria collezione come punto di partenza, ma ag-
giungendovi anche tutto quello che vi mancasse e che si
potesse trovare nelle altre. L'opera andava naturalmente
ingrossando e prendendo delle proporzioni grandiose; ma
non si arretrò per questo il proposito del Principe, il quale
è deciso a mettersi al lungo e importante lavoro, malgrado
tutte le difficoltà che si presentano, alcune delle quali di
(i) Vedi Atti della Società, Seduta 9 Novembre 1897.
VARIETÀ
537
somma importanza. Il lavoro sarà incominciato colla compi-
lazione delle schede della privata collezione del Principe, le
quali saranno poligrafate e comunicate ai principali gabinetti
pubblici e privati. Non dubitiamo punto che tutti faranno a
gara nel contribuire del loro meglio all'opera gigantesca che
il nostro Augusto Presidente onorario sta per intraprendere
e che non ha riscontro in nessun altro paese.
Ma il Corpus Numorum italicorum non sarà solo una
gloria per l'iniziatore e pel nostro paese; sarà anche un
beneficio per la nostra Società e servirà ad assicurare la vita
finanziaria della nostra Rivista, la quale, come ognun sa, ora
vive per appoggi privati che un giorno o l'altro potrebbero
mancare. Tutto il ricavo dell'opera è generosamente off'erto
dal Principe alla nostra Società, a nome della quale noi
esprimiamo già fin d'ora i sensi della massima riconoscenza.
La Direzione.
Il Principe di Napoli a Brera, — Togliamo dalla
Perseveranza del 27 ottobre u. s. : — " Ieri mattina, in forma
privata, il Principe di Napoli si è recato a Brera per visitarvi
il Gabinetto Numismatico. Ricevuto dal Conservatore dott.
Solone Ambrosoli, s' intrattenne per due ore ad esaminare
con vivissimo interesse e con rara competenza la sezione
delle monete medioevali e moderne di zecche italiane, campo
prediletto de' suoi studii, manifestando la propria compiacenza
nel veder riuniti nel nostro Medagliere tanti preziosi monu-
menti della storia e dell'arte monetale. „
Dono al Gàb. JViim. di Milano. — Il noto incisore
milanese Cav. Francesco Grazioli ha donato al R. Gabinetto
Numismatico di Brera la raccolta dei conii e punzoni per
medaglie, da lui incisi durante il lungo periodo della sua
attività artistica, dal 1859 al 1896. I detti conii e punzoni
sono collocati in due ben adatte vetrine, dono anch'esse
del Cav. Grazioli.
Concorso Grai^ioli, — Ricordiamo ai Sigg. Incisori di
medaglie, che nel p. v. anno 1898 si ripeterà il Concorso
Grazioli presso la R. Accademia di Belle Arti in Milano,
dalla cui Segreteria potranno avere le relative informazioni.
68
538 VARIETÀ
Per V Esposizione Universale del 1900. — Nella
Gazette numismatique francai se troviamo l'elenco degl'incisori
di medaglie e monete, officiali di Zecca, ecc., designati a
formar parte del comitato di ammissione per 1' Esposizione
Universale. Crediamo utile di riportarlo.
Classe 4. (Insegnamento speciale artistico). — J.-C. Cha-
plain, membro dell'Istituto, incisore in medaglie.
Classe ij. (Strumenti di precisione, monete e medaglie).
— A. de Foville, direttore della Zecca; J. Boussingault,
P. Charpentier, E. Collière e F. Hucher, capi di servizio
della Zecca; Daniele Dupuis e P. Tasset, incisori in medaglie.
Classe g3. (Oreficeria). — O. Roty, presidente dell' Ac-
cademia delle Belle Arti, incisore in medaglie; E. Mazerolle,
archivista della Zecca; H. de la Tour, bibliotecario al Ga-
binetto Numismatico di Parigi.
Classe g4. (Gioielleria). — L. Bottée, incisore in medaglie.
Viaggio scientifico, — Gli scienziati tedeschi Dott. T.
J. Haeberlin di Erancoforte e il Maggiore M. Bahrfeldt di
Breslavia percorsero T Italia dal 15 ottobre scorso al 15
novembre visitando quante collezioni numismatiche fu loro
possibile, pubbliche e private, e ciascuno nella propria spe-
cialità, il primo nell'Aes grave italico, il secondo nelle mo-
nete della repubblica romana, raccolsero buona messe di
materiale per nuovi studii, che in buona parte vedranno la
luce per mezzo della nostra Rivista.
Corsi di Nìimìsmntica, — In un periodico viennese
troviamo un elenco dei corsi di Numismatica che si terranno
nell'inverno 1897-98 presso alcune Università tedesche. Cre-
diamo interessante di qui riportarlo.
Jena, Prof, straord. Dott. B. Pick: Elementi di Mitologia del-
l'arte, desunti in particolare dalle monete.
Monaco, Prof, onorario Dott. H. Riggauer: Numismatica greca.
Graz, Prof, straord. Dott; F. Pichler: La monetazione ateniese.
Gli stemmi degli Stati europei. Gli ordini austriaci.
Vienna, Prof, straord. Dott. Gugl. Kitbitschek : Corso elemen-
tare di Numismatica greca. Esercitazioni relative. — Lib. docente
Dott. 5. Steinherz: Introduzione alla storia monetaria del Medio Evo.
VARIETÀ
539
Una dimostiraxlone a Gtorf/lo Cumont, — Per inizia-
tiva di alcuni fra i membri della Società Reale Belga di
Numismatica da alcuni mesi era stata aperta una sottoscri-
zione internazionale per offrire un ricordo al Sig. Giorgio
Cumont, avvocato, antico presidente della Società Archeolo-
gica e antico Segretario della Società Numismatica , in
benemerenza dei servigi da lui prestati alla scienza. —
La manifestazione ebbe luogo martedì 27 ottobre- scorso a
Bruxelles nella sala del Museo della Società Archeologica.
11 Sig. de Bavay accolse l' avv. Cumont, con un discorso
d'attualità, e terminando gli offerse il bronzo d'arte, frutto
della sottoscrizione e consistente in un San Giorgio. Un vino
d'onore coronò la cerimonia.
Il ripostiglio di Chignolo I*o. — Alla fine del set-
tembre scorso, a Chignolo Po (Prov. di Pavia), in un fondo
di proprietà del Sig. March. Luigi Cusani Gonfalonieri, durante
i lavori agricoli fu scoperto un ripostiglio di monete medio-
evali, che fortunatamente potè essere raccolto nella sua quasi
totalità per cura del Nob. Ing. Antonio Castiglione.
11 tesoretto, poco numeroso di pezzi, ma, per compenso,
di elettissima composizione, constava quasi esclusivamente
di monete d'oro, alcune fra le quali assai rare, come si vedrà
dal seguente elenco.
Milano
Pavia
Venezia
Galeazzo II Visconti
Bernabò Visconti
Giangaleazzo Visconti
Dominazione viscontea
• Galeazzo II Visconti
Bartolomeo Gradenigo
Giovanni Dolfin
- Andrea Contarini
- Michele Morosini
-Antonio Venier
- Doge primo
■ Doge quarto
- Doge quinto
- Doge ottavo
Doge decimo
Repubblica
- Dominazione pontificia
Roma - Senatori anonimi
AYipone- Clemente VI
Boeiia - Carlo IV imp. (I CODie IB dì B
Unglieria - Sigismondo
Firenze
(1354-78)-
fiorino d'oro (GneccM, tay. VII, n. 2) - Eseiplarl i
(1354-85)
. ...» I
(1385- 1402)
(ffn.,Gal.rr,taY.yil,D.l)- „ 5
pegione .
» 27
(1359-78)
n
2
(1339-42)
dncato
» I
(1356-61)
» •
» I
(1368-82)
w •
5
(1382)
M
, I
(1382 1400)
»
» II
(133944)
■ genoTino .
Il I
(1356-63)
w
Il 2
(1363-70)
»
3
(1378-83)
»
5
(1383-84)
florino'd'oro .
■ ducato anonime
» I
3
7
3
I
(1348-5^)
fiorino' d'oro .
ia) (1346-78)
„
I
(1387-1437)
ducato
I
Il nascondimento di questo bel ripostiglio si può eviden-
temente fissare intorno alla fine del Sec. XIV. s. a.
540 VARIETÀ
" Ambrosiana. „ — Sotto questo titolo, la Commissione
degli studii per le feste del XV centenario dalla morte di
S. Ambrogio pubblicherà nel corr. mese di dicembre, coi
tipi della nostra Casa editrice L. F. Cogliati, una raccolta
di scritti varii, che formeranno un grosso volume in-4°, di
circa 600 pag., edizione di lusso copiosamente illustrata, al
prezzo di it. L. 20, Fra gli scritti in esso contenuti, non pochi
sono d'indole storica, archeologica od artistica; il Dott. Am-
brosoli ha poi contribuito al volume con una memoria di
nummografia milanese: L'ambrosmo d'oro {Ricerche storico-
•numismatiche).
Da Berlino ci giunge la dolorosa notizia della morte del
Dott. Prof. ALFREDO von SALLET
Direttore di quel R. Gabinetto Numismatico.
Parleremo di lui nel prossimo fascicolo della Rivista.
ATTI
DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
Seduta del Consiglio 9 Novembre 1897.
(Estratto dai Verbali).
La seduta è tenuta per la prima volta nella nuova sede
del Castello ed è aperta alle ore 9V2.
I. Il Vice-Presidente Francesco Gnecchi prende la parola
in questi termini:
Dopo la cerimonia inaugurale di questa sede, che riuscì
" oltremodo solenne e che qui non ripeterò a voi che tutti
" ne foste testimonii e parte (0, ma per la quale ci resta un
" debito di gratitudine verso il nostro Augusto Presidente
" Onorario, ho 1' onore e il piacere di aprire la serie delle
" nostre sedute nel nuovo locale coli' annuncio di due fatti
" che renderanno memorabile per noi questa prima riunione.
" — Per prima cosa vi annuncio che S. A. R. la Principessa
" di Napoli ha graziosamente accettato di far parte della
" nostra Società, e il suo Augusto nome figurerà d' ora
" innanzi a capolista nell'elenco dei nostri Soci, occupando
" il posto che già era devoluto al Principe prima che fosse
" nostro Presidente Onorario. E tengo a dichiarare come
" tale nomina, tanto onorifica per la nostra società, non sia
" stata motivata dalla eccelsa posizione sociale della nuova
" iscritta, ma bensì dalle sue benemerenze numismatiche.
" Mentre si passeggiava per le sale del Castello, il giorno
" dell'inaugurazione, il Principe mi narrava come la Princi-
" pessa sia la fida e intelligente compagna de' suoi studii
(i) Vedi in questo stesso fascicolo Varietà pag. 531.
542 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
" sulle monete italiane e come stia anche formando una
" propria collezione di monete degli Slavi. Io osai allora
" chiedere a S. A. R. il permesso di iscriverla fra i nostri
" Soci, e la dimanda venne accolta colla massima cordialità. „
Un vivo applauso dei convenuti accoglie queste parole
e viene incaricata la Presidenza di un voto di ringraziamento
e di devozione a S. A. R. la Principessa di Napoli.
Continuando il discorso relativamente ai colloqui avuti
col Principe, il Vice-Presidente viene al secondo fatto, del
quale oggi si mette per così dire simbolicamente la prima
pietra, annunciando cioè la decisione del Principe di accin-
gersi all'opera colossale di un Corpus Numorum italicoriim (O.
Né occorre accennare con quale ammirazione e favore venne
accolta da tutti i convenuti la lieta novella, e con quanta
riconoscenza l'offerta del principe di devolverne l'introito a
favore della Società.
IL Si propone e si approva ad unanimità il passaggio
del Cav. V. Padoa di Firenze dalla categoria di Socio corri-
spondente a quella di Socio effettivo. Viene nominato Socio
corrispondente il Sig. Francesco Nuvolari di Castel d'Ario.
III. Si passa alla composizione del IV fascicolo, già in
corso di stampa.
IV. Vengono prese alcune disposizioni d'ordine interno e
si stabilisce una tessera d'ingresso pei Soci nella nuova sede.
Prima di levare la seduta, rammentandosi che dopo
domani ricorre il genetliaco di S. A. R., il Consiglio incarica
la Presidenza di mandare i più cordiali e rispettosi auguri
all'Augusto Presidente Onorario.
La seduta è levata alle ore n 74.
Seduta del Consiglio 25 Novembre 1897.
{Estratto dai Verbali).
La seduta è aperta alle ore 9 nel locale del Castello.
I. Il Vice-Presidente, Cav. Francesco Gnecchi, apre la
seduta consegnando i ritratti di S. A. R. il Principe di Napoli
(i) Vedi in questo stesso fascicolo Varietà pag. 536.
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 543
e di S. A. R. la Principessa di Napoli, graziosamente offerti
alla Società dai Principi stessi, colle loro firme.
I Consiglieri votano un ringraziamento incaricandone la
Presidenza, e i ritratti vengono collocati nel posto d'onore.
II. Il Cav. Prof. Luppi, in seguito ad accordi presi fra la
Presidenza della Società e il Presidente Onorario, dovendo
recarsi a Napoli onde coadiuvare S. A. R. nella compilazione
delle schede pel Corpus numorum, rassegna le proprie dimis-
sioni da Segretario della Società.
II Consiglio, riconoscendo nel Prof. Luppi tutte le ne-
cessarie attitudini pel lavoro che andrà ad assumere, allo
scopo di favorire V importantissima opera del Principe, si
priva (per quanto con rammarico) del suo Segretario e ne
accetta le dimissioni, ringraziandolo dei servigi resi alla So-
cietà dalla sua fondazione fino ad oggi.
III. Vengono nominati a voti unanimi e onorariamente il
Cav. Giuseppe Gavazzi a Segretario e il Cav. Dott. Solone
Ambrosoli a Bibliotecario della Società. — A Segretario
effettivo viene nominato il Signor A. M. Cornelio.
IV. Si dà comunicazione dei seguenti doni pervenuti
alla Società:
Bordeaux Paul di Neuilly.
La sua pubblicazione: L'Adjonction au domaine royal de la Cha-
tellerie de Dun. Parigi, 1897.
Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo.
La sua pubblicazione: Appunti per servire all'ordinamento delle
monete coniate dal Senato di Roma. Roma, 1896.
La Mantia Comm. Vito di Palermo.
La sua pubblicazione: I Privilegi di Messina (1129-1816). Note
storiche con documenti inediti. Palermo, 1897.
Lambros Paolo di Atene.
On a Coin of Hierapytna in Crete, hitherto wrongly attributed.
Londra, 1897.
Luppi Cav. Prof. Costantino.
Revue de la numismatique belge. 4^ Serie completa. Dall'anno 1863
all'anno 1868, e il primo volume della 5=» Serie, cioè dell'anno
1869. (Sette annate). — Cohen Henri, Description des médailles
544 -^TTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
romaines composant la Collection de M. I. Gréau. Paris, i86q;
voi. in-8 con 7 tav. — S. Quintino Giulio, Notizia ed osser-
vazioni sopra alcune monete battute in Pavia da Ardoino mar-
chese d'Ivrea e re d'Italia e dall'avo di lui il re Berengario li.
Con aggiunto: Della parte dovuta agli italiani nello studio
delle monete battute nel corso dei secoli XIII e XIV, ecc.
Torino, 1842; in-4 con una tav. — 5. Quintino Giulio, Descri-
zione delle medaglie imperiali alessandrine inedite del R. Museo
egiziano di Torino. In-4 con una tavola. — Sanclemente, De
Trallensi-Tulliano tetradrachmo Musei Theupoli. Milano, 1806;
in-4 fig- — Gazzoletti Ant., Della zecca di Trento. Trento, 1858;
in-8 con 2 tav. — Biondelli Bern., Bellinzona e le sue monete
edite ed inedite. Milano, 1879; in-8 fig. — Stancovich Can. Pietro,
Deposito di monete ungheresi, carraresi, e veneziane scoperto
nell'Istria. Barbana, 1831 ; in-8 con una tav. — Bianconi Ge-
rolamo, Catalogus numorum veterum urbium, populorum, et
regum qui apud. CI. V. Max. Angelellium patriclum bononiensem
adservantur, adjectis nonnuUis illustrationibus. Bologna, 1827;
in-8 con 2 tav. — Mussagli Dom., Monnaies de Lucques
pendant la domination des Francs aux Vili et IX siècles. Paris,
1861; in-8 con tav. — Massagli Dom., Monnaies frappées a
Lucques sous les empereurs de Germanie et les rois d' Italie
dans les X, XI, et XII siècles. Paris, 1863; in-8 con una tav.
— Massagli Dom., Monnaies de Lucques, de la réforme mone-
taire de Frédéric II, et des types adoptés à Lucques pendant
le XIII siede. Paris, 1864; in-8. — Santarelli Ant., Notizia di
un ripostiglio di denari consolari trovato a Pieve-Quinta nel
Forlivese. Forlì, 1879; in-8. — Riccio Gennaro, Le monete
attribuite alla zecca dell'antica città di Lucerla. Napoli, 1846;
in-4 con 3 tav. — Riccio Gennaro, Secondo supplemento al
catalogo delle antiche monete consolari e di famiglie romane.
— Porro Giulio, Moneta battuta in Viterbo da Cesare Vico.
Asti, T840; in-8 con i tav. — Sestini Dom., Lettere e disser-
tazioni numismatiche. In-4 fig. — Salinas Antonino, Il Museo
nazionale di Palermo e il suo avvenire. Palermo, 1873; in-8.
— Maggiora- Vergano, Una moneta inedita di Acqui. Asti,
1877; in-8 con una tav. — Tini Tommaso, Storia della moneta.
Foligno, 1^5; con 5 tav. — Carli-Rubbi Gianrinaldo, Delle
monete e dell'istituzione delle zecche d'Italia. Mantova, 1754;
voi. 4 in-8 con 9 tav. — Fraccia Gio., Antiche monete siciliane
pubblicate pel primo dal Cav. Gio. Fraccia. Roma, 1889; in-8
con T tav. — Fraccia Gio., Antiche monete siciliane inedite o
per qualsiasi particolarità nuove del Real Museo di Palermo.
ATTI DIÌLLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 545
Palermo, 1865; in-4. - Bertolotti Gius., Illustrazione di un
denaro d'argento inedito di Rodolfo di Borgogna re d'Italia
coniato in Milano circa il 922-925. Milafio, in-8 con i tav. —
Adriani G. B., Delle monete maomettane del Dottore Krehl.
Torino, 1857; in-8. — Gozzadini, Solenne inaugurazione del
Museo civico di Bologna. Bologna, 1881 ; in-8. — Repossi Luigi,
Milano e la sua zecca. Torirto, 1877; in-8. - Schiarimenti sopr^i
alcune monete venete. Venezia, 1848; in-8. — Morbio Carlo,
Monografia storica delle zecche italiane. Asti, 1868; in-8. —
Morbio Carlo, Delle monete battute da Carlo Magno in Italia.
Asti, 1866; in-8 con i tav. — Castiglioni Ottavio, Mémoire
géographique et numismatique sur la partie orientale de la
Barbarie appelée Afrikia par les arabes. Milano, 1826; in-8. —
Millin L., Lettre sur les monnoies qu'on attribue à la Reine
Brunehaut et sur quelques pièces de Théodebert. In-8 fig. —
Gratino Gio., Delle genealogie del Duca d'Amalfi Marino figlio
di Luciano, nipote di Purcaro e de' Duchi Sergio e Mansone.
Pisa, 1860; in-4 ^g- — Morrona Alessandro, Pisa illustrata
nelle arti del disegno. Livorno, 1812; voi. 3 in-8 picc. con molte
tav. di monumenti ed anche di monete. — Patin Carlo, Intro-
ducilo ad historiam numismatum. Amsterdam, 1683; in-i6 fig.
— Spanhemio, luliani imp. Caesares. Gota, 1736; in-i6 con 4
tav. di monete. — Orlandini G., Catalogo di una serie di mo-
nete dei dogi veneti, con illustrazioni storico-monetografiche,
ecc. Portogruaro, 1855: in-i6. — Monaldini Ant., Istituzione
antiquaria numismatica. Roma, 1772; in-8 con 3 tav. — Rome
De Ulsle, Metrologie ou table pour servir à l'intelligence des
poids et mesures des anciens et principalement à déterminer
la valeur des monnaies grecques et romaines. Paris, 1789; in-4.
Engelmann, Miinz-Cabinet. Saxe. Mulhouse, 1835; con io tav.
— Tavole stampate a Stutgard nel Wiirtemberg rappresentanti
le svanziche che col 15 novembre 1858 vennero messe fuori
di corso nella Germania. Con 16 tav. — Nissardi Filippo,
Intorno ai ripostigli di bronzi di Abini e di Ferraxi Nioi in
Sardegna, ecc. Cagliari, 1884; opuscoli in-8. — Baart De la
Faille, Cabinet numismatique. Groningue, 1869; in 8 fig. —
Della Cella Paolo, Viaggio di Tripoli di Barberia alle frontiere
dell'Egitto, fatto nel 1817. Genova, 1819; in-8 con tav. e una
di monete. — Caronni, Ragguaglio di alcuni monumenti di
antichità e d'arti raccolti negli ultimi viaggi da un dilettante,
ecc. Milano, 1806; in-8 con molte tav. la più parte di monete.
— Leonardi Michel' Angelo, Lettere scritte al nobile ed ingenuo
cavaliere il Sig. Giuseppe Avogadro. Novara; in-8 con i tav.
69
546 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
sulla moneta piacentina. — Ayrmanno Crisi. Fed., Dissertati©
de nummis Ateulae regi Attilae male attributis. Gissa, 1738;
in-8. — Aliés F., Traile comparatif des monnaies, poids et
mesures, ecc. Marseille, 1832; in-8, — Tableau de valeur des
monnaies des principaux états du monde. Paris, 1817; in-8 con
16 tav. — Patente sovrana del i novembre 1823 portante il
nuovo sistema di monetazione nel regno Lombardo-Veneto.
Milano; in-8 con tav. — Bergmann Joseph, Medaiilen auf
beriihmte und ansgezeichnete Mànner des Kaiserthums Oester-
reich vom XVI bis zum XIX lahrhunderte. Wien, 1840 ; in-4
voi. 2 (mancante di 2 dispense) con moltissime tav. di medaglie.
— Rossi Guglielmo, L' adorazione del sole desunta da una
moneta di Costantino il Grande. Milano, 1880; in-8. — Ecluse
[Charles de L'), Monnaies de tous les pays de monde. Paris,
1887; in-8 fig. — Pizzi Francesco, Numismata collecta. In
occasione delle nozze di Fortunato Turina con Donna Carolina
Cavalcabò dei marchesi di Viadana. Cremona, 1877; in-4. —
Paciaudi Paolo Maria, Medaglie rappresentanti i più gloriosi
avvenimenti del magistero di S. A. E. Fra D. Emmanuele Pinto.
(Molto raro) con 22 tav. incise. — Muoni Damiano, Famiglia
Labus. Milano, 1875; in-fol. con ritratto. — Collezione di tavole
monetarie di tutte le monete nobili coniate nelle principali zecche
dell'Europa, dell'Asia e della Barbarla, con il loro titolo, peso
e valore, ecc. Venezia, 1796; un centinaio di tav. incise. —
Bizot, Histoire métallique de la Republique de Hollande. Paris,
1687; in-fol. con moltissime tav. — Neumann loseph, Beschreibung
der bekannsteten Kupfermiinzen. Prag, 1856; in-8. Gli 8 fasci-
coli componenti il primo volume, colla descrizione di tutte le
monete degli stati europei, con molte tav. incise. — Mantovani G.,
Museo Opitergino. Bergamo, 1874 ; in-8 fig. — Cartier E., Tables
generales et raisonnées par ordre de matières des XX volumes
de la I''^ Serie de la Revue numismatique. Paris, 1856; un voi.
in-8. — Scotti Ang., Illustrazione di un vaso italo-greco del
museo di Monsignor Arcivescovo di Taranto. Napoli, 181 1 ;
in-4 CO" ^^^- anche di monete. — Del Monte Saverio, Le monete
della Repubblica romana. Genova, 1869; in-8. — Betti Salvatore,
Intorno la moneta gallica di Tatino. Dissertazione. Roma, in-4.
Padoa Cav. Vittorio di Firenze.
Monete e Medaglie relative al risorgimento Italiano. N. 12 in argento,
20 in bronzo, 4 in piombo o stagno.
Puschi Cav. Prof. Alberto di Trieste.
Atti del Museo Civico di Antichità in Trieste. N. 2. Trieste, 1897.
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 547
"Witte (De) Alphonse di Bruxelles.
La sua pubblicazione : Notes sur les monnaies des Ètats-Belgiques*
unis. Bruxelles, 1897.
VI. Il Consiglio, considerando l'importanza dei doni del
Cav. Vittorio Padoa, in monete e medaglie e del Professore
Cav. Luppi in libri (v. lista d'oggi e liste precedenti) proclama
il Sig. Cav. Vittorio Padoa e il Prof. Cav. Costantino Luppi
Benemeriti della Società.
VII. Vengono presentate le Tessere di riconoscimento
da distribuirsi ai Soci per l'accesso alla sede sociale, le quali
furono gratuitamente eseguite e gentilmente offerte dalla
Ditta M. Bassani e C.
Vili. Dopo varie discussioni d'ordine interno, relative
all'arredamento e all'ammobigliamento della sala, la seduta
è levata all-e ore 11.
COLLABORATORI DELLA RIVISTA
NELL'ANNO 1897
Memorie e Dissertazioni.
Agostini Agostino
Ambrosoli Solone
Babelon Ernesto
Ciani Giorgio
Frati Luigi
Cabrici Ettore
Gnecchi Ercole
Gnecchi Francesco
t Kunz Carlo
Malaguzzi Valeri Francesco
Papadopoli Nicolò
Ricci Serafino
Rizzoli Luigi junior
Ruggero Ciuseppe
Vitalini Ortensio
Cronaca.
Ambrosoli Solone
Gnecchi Francesco
Motta Emilio
ELENCO DEI MEMBRI
DELLA
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA
E DEGLI
ASSOCIATI ALLA RIVISTA
PER l'anno 1897
SOCI EFFETTIVI (*).
1. *S. A. R. Il Principe di Napoli.
2. S. A. R. La Principessa di Napoli.
3. *Ambrosoli Dott. Cav. Solone — Milano.
4. *Arcari Dott. Cav. Francesco — Cremona.
5. Averara Avv, Manifesto — Lodi.
6.*fBalIarati Magg. Cav. Amedeo — Sacconago.
7. Bellicorti (De) Ing. I. — S. Stefano d'Egitto.
8. *Bertoldi Cav. Antonio — Venezia.
9. 'Castellani Rag. Giuseppe — Santarcangelo {Romagna).
10. *Ciani Dott. Giorgio — Trento.
11. Dattari Giovanni — Cairo (Egitto).
12. Dessi Vincenzo — Sassari.
13. *Fasella Comm. Carlo — Milano.
14. 'Fiorasi Cap. Gaetano — Piacenza.
15. 'Gavazzi Cav. Giuseppe — Milano.
16. *Gnecchi Cav. uff. Ercole — Milano.
17. *Gnecchi Cav. uff. Francesco — Milano.
18. Kirsch Dott. Jacopo — Monaco.
19. *Johnson Cav. Federico — Milano.
20. Lazara (De) Conte Antonio — Padova.
21. *Marazzani Visconti Terzi Conte Lodovico — Piacenza.
22. Marietti Dott. Antonio — Milano.
(•) I nomi segnati con asterisco sono quelli dei Soci Fondatori.
552 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC.
23. 'Marietti Dott. Comm. Giovanni — Parma.
24. Mattoi Edoardo — Milano.
25. *Miari Conte Fulcio Luigi — Venezia.
26. *Milani Prof. Cav. Luigi Adriano — Firenze.
27. *Motta Ing. Emilio — Milano.
28. Nervegna Giuseppe — Brindisi.
29. Padoa Cav. Vittorio — Firenze.
30. *Papadopoli Conte Comm. Nicolò — Venezia.
31. Ponti Cesare — Milano.
32. Puschi Prof. Cav. Alberto — Trieste.
33. *Ratti Dott. Luigi — Milano.
34. Rizzoli Luigi — Padova.
35. 'Ruggero Cav. Col. Giuseppe - Firenze.
36. *Salinas Comm. Prof. Antonino — Palermo.
37. Savini Paolo — Milano.
38. Seletti Avv. Cav. Emilio — Milano.
39. *Sessa Rodolfo — Milano.
40. *Sormani Andreani Conte Lorenzo — Milano.
41. *Tatti Ing. Paolo — Milano.
42. Traversa Francesco — Bra.
43. 'Visconti Ermes March. Carlo — Milano.
SOCI CORRISPONDENTI.
1. Adriani Prof. Comm. G. B. — Cherasco.
2. Annoni Antonio — Milano.
3. Baj occhi F. — Massaua.
4. Balli Emilio — Locamo.
5. Bartolo (Di) Prof. Francesco — Catania.
6. Cahn E. Adolfo — Francoforte sul Meno.
7. Canessa Cesare — Napoli.
, 8. Caucich Guido — Firenze.
9. Cavalli Gustavo — Skófde (Svezia).
10. Clerici Ing. Carlo — Milano.
11. Crespellani Cav. Avv. Arsenio — Modena.
12. Cumont Georges — Bruxelles.
13. De' Ciccio Mario — Palermo.
14. Dell'Acqua Dott. Girolamo — Pavia.
15. Di Palma Prof. Francesco — Sant'Elia a Pianisi.
ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 553
16. Foa Alessandro — Torino.
17. Cardini Prof. Caldino — Ferrara.
18. Ceigy Dott. Alfredo — Basilea.
19. Hess Adolfo — Francoforte s. M.
20. Lamberti Policarpo — Savona.
21. Lambros C. Paolo — Atene.
22. Lanzoni Ciuseppe — Mantova.
23. Leone Cav. Camillo — Vercelli.
24. *|-Mantegazza Avv. Cav. Carlo — Voghera.
25. Mantovani Dott. Ciuseppe — Pavia.
26. Mariani Prof. Cav. Mariano — Pavia.
27. Morchio Cav. Ciuseppe — Venezia.
28. *Morsolin abate Prof. Bernardo — Vicenza.
29. Nuvolari Francesco — Castel d'Ario.
30. Oettinger Prof. S. — Nuova York.
31. Osio Magg. Cen. Comm. Egidio — Udine.
32. Paulucci Panciatichi Marchesa M.°' — Firenze.
33. Perini Quintilio — Rovereto.
34. Pischedda Avv. Elìsio — Oristano.
35. Righi Ing. Cirillo — Bologna.
36. Rocca Ciacomo — Taranto.
37. *Romussi Dott. Carlo — Milano.
38. *Santoni Can. Prof. Milziade — Camerino.
39. Savo Doimo — Spalato.
40. Schott Ettore — Trieste.
41. Serrure Raymond — Parigi.
42. Società Svizzera di Numismatica — Ginevra.
43. Spigardi Arturo — Firenze.
44. Spink Samuele — Londra.
45.*fStefani Comm. Federico — Venezia.
46. Stroehlin Paolo — Ginevra.
47. Valton Prospero — Parigi.
48. Varelli Giovanni — Napoli.
49. Vigano Gaetano — Desio.
50. Vitalini Cav. Ortensio — Roma.
51. Witte (De) Cav. Alfonso — Bruxelles.
52. Zitelli Pietro — Scio.
70
554 ELÈNCO t)EI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC.
BENEMERITI DELLA SOCIETÀ.
S. A. R. Il Principe di Napoli.
Ambrosoli Dott. Cav, Solone.
Cuttica de Cassine Marchesa Maura.
Dattari Giovanni.
Gnecchi Cav. uff. Ercole.
Gnecchi Cav. uff. Francesco.
-|- Gnecchi Comm. Ing, Giuseppe.
Johnson Cav. Federico.
Luppi Prof. Cav. Costantino.
Osnago Enrico.
Padoa Cav. Vittorio.
Papadopoli Conte Comm. Nicolò.
ASSOCIATI ALLA RIVISTA.
American Journal of Archeology — Nuova York.
American Journal of Numismatics. — Boston.
Annales de la Société d'Archeologie. — Bruxelles.
Annuaire de Numismatique. — Parigi.
Archivio della Società romana di storia patria. — Roma.
Archivio storico italiano. — Firenze.
Archivio storico Lombardo. — Milano.
Archivio storico Napoletano. — Napoli.
Archivio Veneto. — Venezia.
Bagatti Valsecchi nob. cav. Fausto. — Milano.
Bahrfeldt Max. — Breslavia.
Bari. — Maseo Provinciale.
Bartoli Avveduti avv, Giulio. — Roma.
Bartolini cav. Luigi — Trevi.
Beltrami architetto comm. Luca. — Milano.
Bignarai cav. Giulio. — Roma.
Bocca Fratelli. — Torino (copie 2).
Bollettino di Archeologia e Storia. — Spalato.
ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 555
Bologna. — Biblioteca Municipale.
Bosso Dott, Giuseppe. — Crescentino.
Briganti cav. Bellino. — Ostino.
Brockhaus F. A. — Lipsia (copie 2).
Cagliari. — Regio Museo di Antichità.
Camozzi Verteva conte comm. G. B. — Bergamo.
Camuccini barone G. A. — Roma.
Capobianchi cav. prof. Vincenzo. — Roma.
Carpinoni Michele. — Brescia.
Casanova Francesco. — Torino.
Ceppaglia cap. cav. Federico. — Perugia.
Cerrato Giacinto. — Torino.
Cini avv. Tito. — Montevarchi.
Clausen Carlo. — Torino (copie 8).
Como. — Biblioteca Comunale.
n — Museo Civico.
Da Celleno P. Gius. Giacinto. — Damanhur (Egitto).
Dutilh G. D. J. — Cairo.
Engel Dott. Arturo. — Parigi.
Firenze. — Biblioteca Marucelliana.
Fermenti Giuseppe. — Milano.
Furchheim Federico. — Napoli.
Gaggino S. e C. — Singapore.
Garovaglio cav. dott. Alfonso. — Milano.
Genova. — Biblioteca Civica.
Hamburger L. e L. — Francoforte sul Meno.
Hierseman Cari. — Lipsia (copie 3).
Hoepli comm. Ulrico. — Milano.
Knight Carlo. — Napoli.
Loescher Ermanno. — Roma.
Lussemburgo. — Istituto Gran Ducale.
Mantova. — Biblioteca Comunale.
Marignoli marchese comm. Filippo. — Roma.
Marsiglia. — Biblioteca Civica.
Milano. — Municipio.
» — R. Gabinetto Numismatico di Brera.
w — Biblioteca Ambrosiana.
n — Circolo Alessandro Manzoni.
Modena. R. Biblioteca Estense,
Napoli. — R. Musei di Antichità.
Numismatic Chronicle. — Londra.
Numismatische Zeitschrift. — Vienna.
Nutt Davide. — Londra (copie 2).
556 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC.
Osnago Enrico. — Milano.
Parazzoli Antonio. — Cairo.
Parma. — R. Museo di Anticiiità.
Pavia. — Biblioteca Civica Bonetta.
Peelman Giulio e C. — Parigi.
Pesaro. — Biblioteca Oliveriana.
Piacenza. — Biblioteca Passerini-Landi.
Reggio Calabria — Museo Civico.
Revue francaise de Numismatique. — Parigi.
Rivani Giuseppe. — Ferrara.
Rizzini dott, cav. Prospero. — Brescia.
Roma. — R. Accademia dei Lincei.
" — Direzione della R. Zecca.
n — Biblioteca della Camera dei Deputati.
Sangiorgi G. — Roma.
Scarpa dott. Ettore. — Treviso.
Schoor (van) Carlo. — Bruxelles.
Sertnian E. J, — Londra.
Smithsonian Institution. — Washington.
Società Neerlandese di Numismatica. — AmsterJain.
Société R. de Numismatique. — Bruxelles.
Stettiner cav. Pietro. — Roma.
Tolstoy conte Giovanni. — Pietroburgo.
Torino. — R. Biblioteca Nazionale.
» — R. Museo di Antichità.
Torrequadra conte Rogadeo. — Bitonto.
Trento. — Biblioteca Comunale.
TrUbner K. J. — Strasburgo.
Varese. — Museo Patrio.
Van Trigt G. A. — Bruxelles.
Varisco sac. Achille. — Monza.
Venezia. — Ateneo Veneto.
» — R. Biblioteca Marciana.
" — Museo Civico.
" — Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti.
Verona. — Biblioteca Comunale.
Vienna. — Gabinetto Num. di Antichità della Casa Imperiale.
Virzì Ignazio. — Palermo.
Volterra. — Museo e Biblioteca Guarnacci.
Zeitschrift fiir Numismatik. — Berlino.
INDICE METODICO
DELL'ANNO 1897
NUMISMATICA ANTICA.
(Memorie e Dissertazioni).
Appunti di Numismatica romana. Francesco Gnecchi:
XLI. Gli ultimi dupondii e le prime monete di bronzo
degli Imper. Diocleziano e Massimiano Erculeo (fig.) Pag. n
XLII. Bronzo inedito di Massimiano Erculeo (fig.). . » 17
XLIII. Un ripostiglio miserabile. . . . . . » 19
XLIV. Sulle Restituzioni (con tav.) . . . . . »> 123
Contributi alla storia del ripostiglio consolare di Palazzo
Canavese. Serafino Ricci »» 179
La cronologia delle monete di Nerone (con 5 tav.). Ettore
Cabrici . . » 275
De l'utilité scientifique des collections de monnaies an-
ciennes. Ernest Babelon . . . . . . » 383
(Varietà).
Concorso Gnecchi di Numismatica classica . . . Pag. 259
Il Corpus numorum italicorum » 536
Il ripostiglio di San Martino del Pizzolano. Solone Am-
brosoli » 507
NUMISMATICA MEDIOEVALE E MODERNA.
(Memorie e Dissertazioni).
Appunti di Numismatica italiana. Ercole Gnecchi:
XVI. Il ripostiglio di Cavriana (fig.) P(ig. 23
Mirandola. Monete inedite o corrette (fig.). Giorgio Ciani » 33
558 INDICE METODICO DELL'aNNO 1897
Ducatene inedito di Alberico I Cibo, Principe di Massa
(fìg.). O. Vitalini Pag- 47
Sull'erronea attribuzione al Francia delle monete gettate
al popolo nel solenne ingresso in Bologna di Giulio II
per la cacciata di Gio. II Benti voglio (con tav.). Luigi
Frati .......... w 49
Un nuovo grosso inedito di Gio. Antonio Falletti, Conte
di Benevello (fig.). O. Vitalini "63
Miscellanea Numismatica (con tav.). Carlo Kunz . . » 71
Illustrazione di una moneta di Fabriano (fig.). Carlo Kunz. » loi
Ancora di una moneta di Fabriano (fig.). Carlo Kunz . •» 105
Lo zecchino di Porcia (fig.). Solone Ambrosoli . . n 159
Il privilegio di zecca accordato dall' imperatore Massimi-
liano II a Ferrante Gonzaga, I Marchese di Castiglione
delle Stiviere. A. Agostini » 175
Il Museo Bottacin annesso alla civica biblioteca e museo
di Padova (con tav.). Carlo Kunz .... » 199
Nuovo contributo alla Numismatica Padovana (con tav.).
Luigi Rizzoli "351
La Zecca di Bologna. Francesco Malaguzzi ...» 427
Un ripostiglio di monete del secolo XIII a Vigo di Cave-
dine. Giorgio Ciani >» 487
Annotazioni numismatiche italiane. Giuseppe Ruggero:
III. Dezana — Modena od Urbino — Correggio . . »> 497
Il ripostiglio di Chignolo Po " 539
(Varietà).
Vendita della Collezione Sambon Pc^g- 109
Vendita Sambon » 261
BIBLIOGRAFIA.
Le riviste numismatiche francesi (F. G.) .... Pag. 233
Bahrfeldt M., Nachtrage und Berichtigungen zur Miinz-
kunde der Ròmischen Republik im Anschluss an
Babelon's Verzeichmiss der Consular-Munzen (F. G.) » 236
Misios P. A., 2T0tj(^eia tvì? 'A^j^xixq No{;.icry.aTt)c?i; xtoi
Fevixà npo>,ìY(5{xeva 'rii; NofXKjjxaxoXoY^ai; toO 'ExxeXiou.
MeràfppafTì? (S. A.) » 239
INDICE METODICO DELl'aNNO 1897 559
Vasconcellos (J. Lette de), Elencho das Li^óes de Numisma-
tica dadas na Bibliotheca Nacional de Lisboa (S. A.) Pag. 239
Brandt F. H., Erster Medailleur an der kóniglichen
Miinze und Professor der Gewerbe-Academie zu
Berlin (S. A.) . . ... . . . » 241
Forster A. imd Schmid R., Die Munzen der freien
Reichsstadt Augsburg {S-. A.) . , . . . » 242
Mowat R., Combinaisons sècretes des lettres dans les
marques monétaires de l'empire romain (F. G.) . " 413
Babelon Ernest, Les Origines de la Monnaie considerées
au point de vue économique et historique (F. G.) . n 418
Meili J., Das Brasilianische Geldwesen. Ziirich, 1897 . » 513
Pubblicazioni diverse Pag. 243, 514
(Periodici di Numismatica).
Revue Num. fran9aise, pag. 245, 516.
Gazette Num. fran^aise, pag. 247, 517.
BuUetin de Numismatique, pag. 248, 519.
Revue suisse de Num., pag. 249, 520.
Revue belge de Num., pag. 250, 520.
Circulaire Num. universelle, pag. 250.
Tijdschrift van het Nederlandsch Genootschap, pag. 251, 523.
Zeitschrift fiir Numismatik, pag. 251.
Numismatische Zeitschrift, pag. 252.
Monatsblatt der Num. Gesellschaft in Wien, pag. 252, 524.
Numismatic Chronicle, pag. 253, 524.
Monthly Numismatic Circular, pag. 254.
American Journal of Numismatics, pag. 255.
Gazette Numismatique (Bruxelles), pag. 521.
Articoli di Numismatica in Periodici diversi, pag. 255, 526.
NECROLOGIE
Hoffmann H. (F. G.) Pag. 231
MISCELLÀNEA
Premio di Numismatica . . . ... . Pag. 260
Medaglia pontificia commemorativa . . . . . » 260
Dell'utilità scientifica delle collezioni di monete antiche . » 261
Numismatica e Medaglistica {Francesco Gnecchi) . . » 401
560
INDICE METODICO DELl'aNNO 1897
Furto al Gabinetto numismatico di Losanna
Furto al Gabinetto numismatico di Nìmes
Inaugurazione della nuova Sede della Società Numisma
tica Italiana nel Castello di Milano
Il Principe di Napoli a Brera .
Dono al Gabinetto Numismatico di Milano
Concorso Grazioli ....
Per l'Esposizione Universale del 1900
Viaggio scientifico ....
Corsi di Numismatica
Una dimostrazione a Giorgio Cumont
Ambrosiana .....
Collaboratori della Rivista nell'anno 1897
Elenco dei Membri della Società Numismatica Italiana
e degli Associati alla Rivista pel 1897
Pag
. 421
n
422
n
531
w
537
n
537
n
537
n
538
n
538
n
538
»
539
»
540
»
549
» 551
Atti e Memorie della Società Numismatica Italiana.
Seduta dei Consiglio 11 febbraio 1897
» » » 20 aprile 1897 .
Assemblea generale dei Soci, 2 giugno 1897
Seduta del Consiglio 9 novembre 1897
» w » 25 w 1897
Pag.
113
n
263
n
266
n
541
n
542
Finito di stampare il 15 dicembre 1897.
Scotti Reno, Gerente responsabile.
TAVOLE
CJ
9
R6
v.lO
Rivista italiana di numisma-
tica e scienze affini
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