RIVISTA ITALIANA NUMISMATICA RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA PUPBLICATA PER CURA DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DIRETTA DA FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHI MILANO L. K. CouLiATi Tip. -Editore Via P;n.tnno, N. 36. 1895. PROPRIETÀ LETTERARIA CJ Tip. I.. F. Cogliati ■ Sez. nel Pio Istituto pei Figli della Provvidenza. CONSIGLIO DI REDAZIONE PEL 1895 >^r> GNECCHI Cav. Francesco ) GNECCHI Cav. Ercole ( AMBROSOLI Dott. Solone, Conservatore del Regio Gabinetto Nu- mismatico di Brera. GAVAZZI Cav. Giuseppe. MOTTA Ing. E^nLIO, Bibliotecario della Trivulziana. PAPADOPOLI Conte Comm. Nicolò, Senatore del Regno, Presi- dente della Società Numismàtica Italiana. ROSSI Dr. Umberto, Conservatore del Museo Nazionale di Firenze. SAMBON Dott. Arturo Giulio. VISCONTI March. Carlo Ermes, Conservatore del Museo Artistico Municipale di Milano. Luppi Cav. Prof. Costantino, Segretario. TOPOGRAFIA E NUMISMATICA DELLVVNTICA IMERA E DI TERME (Coiìliiiiia:. e fine, vedi Fase. Il', [S')4l- THERMAE. QUARTO PERIODO. ((07-2521. Volgeva l'anno 409, quando Cartagine affidava ad Annibale il comando di una ilotta numerosa e di un esercito formidabile, affinciic si recasse in Sicilia per difendere, come dicevasi, gii l-^gestani continua- mente molestati da quei di Selinunte. Ma l'ammiraglio cartaginese era animato in questa spedizione da un acerbo sentimento di vendetta che dovca compiere sulla infelice Imera. Egli era nipote di quell'Amilcare ucciso presso le mura di questa città nel 480 a. C, e bramava cancellare l'onta subita da Cartagine e dalla sua famiglia in quell'avvenimento luttuoso. Presa che ebbe Selinunte, dopo dicci giorni di assedio, la saccheggiava, ne abbatteva i templi e i pubblici edi- fici, e subito, attraversata la Sicilia, recavasi con l'e- sercito sulla costa settentrionale dell'isola, presso Imera. Gran panico assalse gli Imeresi, ma furono rinfrancati dall'arrivo nel loro porto di una ilotta di 12 f.ttorf: cabrici venticinque triremi siracusane, e dalla notizia che un forte esercito siracusano era in cammino alla volta loro. Non valse però il coraggio di quei cittadini che respinsero il nemico, nonostante una parte delle mura fosse stata demolita per uno stratagemma di Annibale; non valse l'aiuto dei Siracusani e di altri alleati che in numero di 4000 eran dentro la città, sotto il comando di Diocle; non valse la posizione, quasi inespugnabile, a salvarla dallo sterminio. Un'a- stuzia del nemico bastò a farla cadere. Annibale sparse la voce che la sua flotta, rimasta a Motye, avea girato il capo Lilibeo e stava per assalire Si- racusa che era allora senza validi rinforzi. I Siracu- sani dinanzi al pericolo della loro città natale, di- menticarono ogni sentimento di pietà verso le altre, e subito, abbandonando Imera agli assalti di quella terribile oste, si affrettarono a far ritorno in patria. Per così repentino mutamento di fortuna gì' Imeresi dovettero per forza appigliarsi al consiglio di Diocle, cioè abbandonare la città, non bastando essi soli a difendersi. Molti cittadini furon trasportati a Messana per mare, e molti altri seguirono Diocle. Il giorno dopo i Cartaginesi entravano in città. Dei prigionieri, le donne e i fanciulli furono mandati in Africa come schiavi, e gli uomini, circa 3000, furono immolati ai mani di Amilcare. La distruzione d' Imera fu invero pili completa di qualsiasi altra città sicula che in questo periodo cadde nelle mani dei Cartaginesi: Annibale volle che fossero demoliti i templi e la città rasa al suolo (409 a. C). E quando non molto dopo Ermocrate ritrovò il sito d' Imera, essa era tale un mucchio di rovine, che fu costretto ad accamparsi fuori le mura ('54^ (154) n>oD, XIII, 7s TOPOGRAFIA E NUMISMATICA DELL ANTICA IMERA I3 Ma nonostante questa forte città fosse stata di- strutta, può considerarsi che sia continuata la sua esistenza, perchè i Cartaginesi stessi nel 407, quando si apparecchiavano per un'altra spedizione in Sicilia, raccolsero in Cartagine e nelle altre città soggette un certo numero di volontari e fondarono sul luogo delle sorgenti calde una nuova città che chiamarono f>=p;-t«-. Ai coloni africani si aggiunsero i profughi Imercsi ("55) , i quali non dovettero esser pochi , giacche sulle monete la città ha il nome di '■■•i-yj-y-'- 'ly-epafai^ e gli scrittori antichi la chiamano talvolta col nome antico, '^'M?^ ('36). Nella nuova città fu istituita una nuoA'a zecca , nella quale furono coniate monete greche sia per l'arte, degne , nei primi esemplari, dei migliori ar- tisti del V secolo, sia per il peso, che per un certo tempo appartenne al sistema attico. 121. — Arg., min. 23. ÌB' — OEPMITAN. Testa di Giunone Lacinia, a destra, or- nata di diadema con tre grifi ; ha i capelli sciolti e alle orecchie, pendenti. Dietro, dellìno ; circolo di puntini. 1^ — Ercole giovane, nudo, sedente a sinistra, sopra un poggio, coperto della pelle del leone. Nella destra tiene una clava, e colla sinistra si appoggia al sedile; dietro ha l'arco e la faretra ; circolo di puntini. Grammi 8,38, M. Br. (Cat. n. i) ; gr. 8,35, Napoli (FiorcUi 4451); gr. 8,14, Iinh. Bi.; gr. 8,10, Lòbbecke; Parigi. Tav. I, 11. i. 122. — Arg., min. II. ^ — OEPMITAN. Come il precedente , ma il diadema è ornato di palmette, e dietro la testa vi è il monogramma A* invece del delfino. ^ — Come il precedente. Termini (2 esempi.); Parigi; gr. 0,85, Imli. Bi., Palermo. Tav. I, n. 2, 3. (155) Cic, l'err. I, 35. '156) DioD. XIII, 79. — -ScYLACis, Pcriphis, 13. t4 KTTORE CABRICI Sulle monete di Terme Ercole è il tipo princi- pale, stante la leggenda antichissima che ora piìi che mai ebbe una grande diffusione. Senonchè la testa femminile del diritto e la singolare posizione di Er- cole, ci richiamano alla mente le identiche monete di Crotone, sul diritto delle quali la testa della di- vinità femminile sta di fronte. Ed essendo questi esemplari di Crotone degli ultimi anni del V secolo a. C, o al pili del principio del IV, le monete d'I- mera debbono ritenersi un'imitazione di queste, prin- cipalmente perchè la testa del diritto non trova alcun riscontro nella numismatica imcrese , e non si po- trebbe spiegare altrimenti ; laddove ricorrendo a Crotone, riconosceremo in essa la testa di Giunone Lacinia, che ha la stessa forma della Giunone Argiva, e che veneravasi sulle sponde del fiume Sele -'>; che tiene con la sinistra; cir- colo di puntini. M. Br.; gr. 11,36, Palermo; gr. 11,70, Iinli. Bl. ; gr. 10,45, Vienna (consumato); gr. 9,50, Napoli (Fiorelli, 4453). Tav. I, nn. 12-13. (167) Pllt., Poinp., IO. - Cic, Verr., loc. cit. TOPOGRAFIA E N'UMISMATICA DELL ANTICA IMERA 21 132. — Br., iniU. 14. ^ — Testa muliebre velata, a destra ; circolo di puntini. ^f — 96P-MITAN. Capretta riposante a s. ; circ. di puntini. Grammi 2,30, Imli. Bi.; M. Br. (la leggenda è 0EPM-TAN). Tav. I, n. II. I tipi di queste monete sarebbero addirittura inesplicabili , se non fosse rimasta una validissima testimonianza di Cicerone che ce li chiarisce mira- bilmente. In una delle sue Verrine , pigliando argo- mento per rivolgere una lode a Scipione Africano minore e contrapporre la nobiltà dell'animo di questo alla ferocia di Verre, dice : " Scipio, qui hoc dignum " populo romano arbitrarctur, bello confecto, socios " sua per nostrani victoriam recuperare , Siculis " omnibus Carthagine capta, quac potuit, restituenda " curavit, Himcra dcleta, quos cives belli calamitas " reliquos feccrat , ii scse Thermis collocarant in " eiusdem agri finibus , ncque longe ab oppido " antiquo. Hi se patrum fortunam ac dignitatcm re- " cuperare arbitrabantur, quum illa maiorum orna- " menta in eorum oppido collocabantur. Erant signa " ex aere complura : in bis mira pulchritudine ipsa " Hiinera in muliebrem figuram habitumquc for- " mata , ex oppidi nomine et fluminis. Erat etiam " Stesicliori poetae statua senilis, incurva cum libro, " summo, ut putant, artificio facta ab co , qui fuit " Himerae ; sed et est et fuit tota Graecia summo " propter ingenium honore et nomine Etiam , " quod pene praeterii, capella quaedam est, ea quidcm " mire ut etiam, nos, qui rudes harum rerum sumus, " intelligere possimus, scitc facta et venuste „ ''^s) Ed ora diventa facile interpretare questi tipi , giacché nella donna turrita, stante in piedi, dei nn. 129 fi63l Clc, \'err.,-\\, 35. 22 ETTORE CABRICI e 130 ravviseremo la statua d' Imera , di cui parla Cicerone, il quale anzi tralasciò di ricordare il cor- nucopia , che trovasi dietro la testa muliebre del n. 13T, la quale, secondo ogni probabilità, riproduce la testa di quella statua; non accetteremo quindi l'opi- nione del Torremuzza che voleva ravvisare la statua di cui parla Cicerone, non già in questa moneta, ma nei tetradrammi d'Imera. L' uomo che sta poggiato al bastone e che tiene colla sinistra un r'ii^-o,- su cui scrive, è la copia della statua rappresentante Stesi- coro, poeta lirico d'Imera. E della capella che sta sul rovescio del n. 132, tanto ammirata da Cicerone, perchè scite et venuste facta, pare che ci dia un concetto abbastanza chiaro 1' esemplare dell' Imhoof-Blumer , che ho sopra descritto. E dopo ciò, s'intende quel che dicevo innanzi , essere queste monete del li secolo av. C. , e pro- priamente della seconda metà , perchè trovando in esse riprodotte quelle statue restituite da Scipione Emiliano ai Termitani dopo la distruzione di Car- tagine (146 av. C), non possono essere anteriori a quell'epoca. Un altro indizio per la loro cronologia ci è dato trarlo dalla forma delle lettere neh' esem- plare del n. 131, le quali essendo punteggiate alla estremità delle aste e negh angoli , perfettamente come quelle delle monete dei Seleucidi ('^9)^ rispon- dono anch'esse all'arte del II secolo av. C. Un ultimo gruppo di monete di bronzo e per la tecnica che ci richiama alla mente l'arte romana, e (169) Hkad., //. .V., p. 637-649. TOPOGRAFIA E NUMISMATICA DELL'aNTICA IMERA 23 per la leggenda , credo che si possano assegnare alla fine della Repubblica ; di esse conosco le tre seguenti varietà : 133- — Br., mill. 26. ,& — Testa di Ercole coverta della pelle di leone; dietro, clava ; circolo di puntini. ^ — 0€PMITAN. Tre ninfe di fronte, con chitone e peplo ; quella di sinistra tiene in mano un grappolo ; quella di mezzo è turrita e velata; tutte e tre si tengono solle- vato il lembo del peplo, con la mano sinistra. M. Br., gr. 15,30, Palermo; gr. 12,33, Imh. I^'- (in questi due esem- plari il è scritto H). Tav. I, n. 14. 134. — Br., mill. 20. Simile al precedente. Grammi 6,71, Napoli; gr. 9,20, Imh. Bl. ; gr. 8,60, Id.; gr. 7,35, Col- lezione mia. Tav. I, n. 15. 135. — Br., mill. 18. ^ — Testa muliebre velata, come nel n. 132; circolo di globetti. 9 — 9CPMITAN. Pallade in piedi, armata di lancia e scudo, come nel n. 117; circolo di globetti. Grammi 350, Imh. Bl. (Fraccia, nel Buonarroti, anni 1889-90, n. 219. — V. Catal. de la gr. coUect. des monn. del Mr. Léopold Welzl von Wel- lenheim, n. 950). Tav. I, n. 16. Le tre Ninfe non possono avere alcun signifi- cato, se non si mettono in relazione con le acque termali e con la leggenda clic narrava l' intervento di esse per opera di Minerva. Che cosa vogliano indicare in quell'atto in cui sono rappresentate, non è dato rintracciare ; ma io penso che queste tre Ninfe, le quali sono riprodotte costantemente alla medesima foggia , siano la riproduzione di qualche gruppo artistico restituito da Scipione ai Termitani. E del pari io dico dell' ultima moneta. La Mi- nerva è anch'essa riproduzione di qualche statua. 24 ETTORE CABRICI Anzi per questa abbiamo ragione di sospettare così, perchè sopra una litra d'Imcra, non anteriore al 410 abbiamo notato una figura di Pallade nell' identico atteggiamento (^^V"). I cittadini di Terme si chiamarono, specialmente nell'epoca romana, e^py-i-st lyEoy.ìo-,^ nome che non do- vettero avere fino a quando furono soggetti ai Car- taginesi, cui il secondo appellativo era odioso. Vero è che gli scrittori antichi , e specialmente Diodoro, chiamano talvolta Imeresi i Termitani e Imera la città di Terme ('7^); ma questo invalse dal conside- rare Terme come una città nella quale si era rac- colto gran numero d'Imeresi. Da questa dimenti- canza degli storici e da altre prove, il Traccia trasse argomento per dimostrare, non senza cadere in con- traddizione, che vi fosse stata un' altra Imera sulla costa meridionale della Sicilia i^i^\ Istituito il governo imperiale in Roma, Augusto mandò a Terme una colonia. In questo tempo do- vettero aver corso le monete ultime da noi or ora descritte; del resto nulla sappiamo : sappiamo però che da Tiberio in poi le città di Sicilia non ebbero pili diritto di coniar neppure monete di bronzo, e quindi la zecca di Terme dovè esser soppressa, se pure ciò non era stato già fatto da qualche tempo. Circa il sistema monetale non voglio tentare di dir parola, perchè secondo il parere dell' Head , in questo periodo un vero e proprio sistema non vi fu. (170) V. pag. 73, n. 117. (171) DioD., XIII, 20; XIV, 9; XIV, IO, XIV, 47, ecc. — Scylacis, Pcriplits, 13. (172) Fraccia, Preventiva sposizionc di iahi.ii monumenti egestani. TOrOGRAFIA E NUMISMATICA DELL ANTICA IMLRA 25 APPENDICE MONETE EALSE O SOSPETTE y) II I M E K A. La bellissima scric dei tetradrammi fu, più che iiT-ii, falsificata; ma chi abbia fatto l'occhio alle fi- nezze dell'arte greca, non si lascia trarre in inganno dalla frode di falsificatori moderni che, o per difetto d'arte o per ostentazione di male interpretato ar- caismo, vennero meno alle regole di proporzione e di disegno, con tanta maestria osservate dagl 'incisori siciliani. Le monete dei primi due periodi non furono, a quel che pare, tanto imitate nei tempi moderni, quanto i tetradrammi, dei quali ho potuto scovrire, se non mi sbaglio, sei contraffazioni. i'). — Arg., min. 26. ^ — IMEPAION. Ninfa sacrificante, come nei nn. 64-68. ^ — IMEPAI... Uomo in biga a s., ecc. Grainini 1675, .Napoli «Kiorclli, n. 4).27). Osservazione. — Le lettere della leggenda del rovescio sono quasi indeci'rabili; la mano sinistra della Ninfa è informe, come pure la testa del leone e della Nike. 26 ETTORE CABRICI 2*). — Arg., mill. 28. ÌB" — Ninfa in piedi, sacrificante, come nei nn. 69, 72, 75; nel campo a s. vi è un granello d'orzo, a dr. una ruota. 9^ — IMEPAION (retrogr). Uomo in quadriga. Grammi 16,77, Monaco; gr. 15,45, Napoli (Fiorelli, n. 4426). Osservazione. — Questa contraffazione è delle più inesatte e grossolane. Basti vedere lo zampillo che sgorga dalla testa del leone e la forma delle lettere che costituiscono la leggenda. 11 doppio sim- bolo è strano. 3*). — Arg. mill. 26. ^ — Ninfa sacrificante, come nel n. 113. 9 — IMEPAI... Uomo in quadriga, ecc. Parigi ; Palermo. Osservazione. — Questo tetradramma è una imi- tazione del n. 113, fatta abbastanza bene. La Ninfa è disegnata con esattezza; ma i difetti appaiono nella mano sinistra di essa, nella gamba sinistra del Sileno, appena accennata, nella testa dell'auriga, nello scu- discio che passa per mezzo alla corona della Nike ed infine nella leggenda. Si aggiunga che i due esem- plari citati sono del medesimo conio. 4'). - Ai-g., mill. 25. ^ — Ninfa sacrificante, ecc. rj' — IMEPAION. \'ittoria in biga, coronata dalla Vittoria. Pellerin, Recueil de Mcdailks, pi. CIX, n. 31. Torrem., tab. XXXV, num. 3. Osservazione. — L'Eckhel notò, come cosa sin- golare nelle monete d'Imera " Victoriam aurigantem ab alia Victoria coronari. „ Il Cavedoni (Spicil. nn- misììi., p. 27, Himera), sospettò che una delle due figure alate fosse il Genio Intero T'y-vo;) che si vede d'ordinario alato, con benda e corona, e che potrebbe TOPOGRAFIA E NUMISMATICA DELL ANTICA IMERA 27 qui alludere al Genio d' Imera. Questa moneta non esiste in nessuna collezione, che io mi sappia, e la credo una falsificazione moderna fatta sui tetradr. di Siracusa con la Nike (v. Head, Coiimge of Syracuse). Nel dubbio, l'ascrivo alle sospette. o ; Arg., min. 25. ^ — Ninfa sacrificante; ha l'altare a dr. e il Sileno a s. IJ' — IMEPAION... (retrogT.I. Uomo in quadriga, ecc. Torrem., tab. XXX V, n. 3. 6'). — Arg., mill. io. i& — Testa barbata di Ercole a dr., coverti della pelle di leone. 91 — Gallo a dr. in quadrato incuso. Pellerin, voi. Ili, tab. CXV, n. 12; Torrem., tab. X.X.XVI, n. 8. ,W 1 II V. R M .\ i:. 7'). — Arg., min. 27. ^ — 9EPMITAN. Testa di Proserpina a dr., ornata di monile e pendenti ; attorno tre delfini. 9» — Uomo in quadriga a s., coronato dalla Nike; nell'e- sergo, piccola ara. Grammi 17,30, Parigi (Head, Ilist. Xiiiii., Tlicnnae. Torr., tab. XC, n. I, 2 senza l'altare ncH'escrgo). Osservazione. — Questo tetradr. mostra a chiare note l'arte moderna dal volto di Proserpina, nel quale le labbra sono modellate assai male, come pure l'occhio. La leggenda basta da sola ad attcstare la falsità. Colui che lavorò questa moneta non ebbe ETTORL". CABRICI forse un originale identico, ma pare abbia tratto il rovescio dal seguente tetradr. punico, di incerta at- tribuzione, posseduto dairimh. Blumer. 8*). — Arg., min. 20. /D" — 9EPMITAN. Testa di Giunone Lacinia a dr., dietro, un delfino. I^ — Ercole assiso su di una roccia, ecc. ; come nel n. 122. Gramini 7,71, Napoli (Fiorelli, 4452). Osservazione. — Il conio della presente moneta è fatto abbastanza bene, ma il metallo non è argento. 9*). - Arg., min. 23. Come il prec, ma di modulo più grande. Forcella, Nuniiainata aliqnot siciila, tab. II, fig. 4. Ettore Cabrici. N ce J < o s H w oc o Cu a w ce u -1 1— ' hi a Q z w < e ce Cu UJ -r' S h 2 o tu v: .— ^ - 'n ~ ' s - re L. UT) > ^ >■ > w > rz 1 ■o. 1 ^. 1 f^ c« l 1-1 f— X 1 1-^ o ri X .■ ti '-1 ti u 7" e; u ^ ■S 2 -= a. a. L. =^-0 « 5 S — ^ -* r: ~ -^ " - 3 .- _ 5 - U ■ J5 Z. « 3 'S ^ "ò" "^ -t: ^ .•Ì.-Z ~ ~ -5 -S o = ti £5 ò- D - u^ rt = « - > ti " £ it :H > 3 = o*~ i > ti If. 1 i! j; c r - C ^ « 3 r .- z« = a: ^ Iriga al pa a virile e Nike voli di puntili ■■3 z! oc: 1. E z ! < E OC i- i - - ^ = -i tu = UJ ; _t LU -i ^ rf - ? ^ -- S^ S-i ~ 1^ ^^ ^~ 1 " " u " "C X Ì3 ^ _ £ ~ 3 2 "-" -a u '- s ■= i. a. *u ~ ■- o X »> y rt i 2 il " ^ /. " ^ /- = > a. .4^ r ti k. ■z 2 " — — — _ r: u = « = '^?. s V — 3 - — u -1 _ 1^2!-== §■2 : "^ J^ il " ^' "C '- w — = ^ - j~ " = ^ L 9 ■— ~ 41 — ■ -_ e r i i -3 ■— ■ "c - "^ — S n "— ~ -n " n ■- aj — iT ti ,2 ^ ^ V a5 s i 2 '- = i ^ 2 — " ;: '^ " "Z _C K :r ■j — u r^ .~ i « '^ '^ ~ 2 = 1 11 e z 2 D 2 E. ? - -5 Z : > z-3 3 Z iT 1; " "5 ^ - Oi 2ii E < -■ = = <^ < = £• _ < oc » i: i E ? fl u a: ^ E K r ° u s Q£ tu - - - a = !f s lU^ -3 UJ-_ -i m 5 ; a ^ j .^ r -j- -2 — 2-2 5 e - S — • ^" "^ „ .^ ^ < ' - " ' " i^ - (1 r^ -r ir; ' - ■a ic ■ E" X > -1 t» S - E. < O N O W f? — O ?' 0,75 3 O O n " •D D- S a. S^ "' =:y e i'^ % » ^i^ < M tjì ■s.^ 3 n n !='';« > O" ^;r ^ H-. 3 "D r-r.:^? -." E' o -1 P n T3 P ^ a' e f? p !^ n p- m ri o ra •u V ' f. p 3 ■c o Q. 1 e n a 2- C o^ :r crt; P P re D r- - r! o c- p "■ c^ jq u ~ > a X » e < > ■S. = ^ 21 »£■;.=£ OC — O 3 c- 3 fi rt Bj. p » I s' = 3 '^ ^ r; p fp p p ri n D. q - p Ij •o » n "U W n o < n r; — < s L m ^> O 2 O ■ ^ -a - m S" > ^ O r -e s . z o - n o o z m H m > D m r TI O 03 H O r C/3 m r H > z z APPUNTI DI NUMlSxMATICA ROxMANA XXXIIl. COS'ERANO I CONTORNIATI. Cos'è un Contorniate ognuno lo sa. Cos'era, nessuno finora l'ha saputo dire, e i molti scien- ziati, che da lungo tempo se ne sono occupati, non sono ancora arrivati a stabilire, non dirò con cer- tezza, ma neppure con una probabilità che persuada, a quale scopo il medaglione Contorniato fosse tatto, a che servisse, in una parola, cosa fosse. E così siamo ancora nella quasi completa ignoranza circa il punto più importante. E quindi lecito, malgrado il molto che fu già escogitato, discusso e scritto in argomento, prendere ancora la parola, a patto, ben inteso, d'avere qualche cosa di nuovo da dire. Non è raro il caso che chi viene dopo, anche 32 FRANCESCO GNIXCHI con meno studio e meno ingegno di quelli che lo precedettero, ma approfittando di quanto tutti gli altri hanno detto, arrivi a fare un passo più in là, ed a proporre qualche cosa di più concludente. E dietro tale ragionamento che mi arrischio ad esporre una nuova idea, la quale, non occorre dirlo, a me sembra la migliore; e se mai non fosse migliore delle altre, vale almeno la pena di farla conoscere, perchè altri la combatta e si trovi finalmente la buona. Cosa abbiamo di accertato circa i Con'torntati. Io non ridirò qui certamente, neppure in rias- sunto, quanto venne scritto e ripetuto fino a sazietà sui Contorniati da numerosi e valenti scrittori an- tichi e moderni (0; pure, per venire a fare un'ipotesi sul loro uso e sulla loro essenza, e necessario ac- |i) Chi volesse conoscere quanto di più importante fu scritto sul- l'argomento potrà consultare : Havercainp, De nuniis Contorniatis. Leida, 1722. Eckhel, Doctrina Numorum veterum. Vienna, 1792-98. T. Vili, p. 277-314. Rasche, Lexicon. Lipsia, 1785, Tomo I, P. Il, p. 886 e segg. — Lipsia, 1804. — Idem, Suppl. Tomo II, p. 74 e segg. Sahaiier, Description generale des Médaillons Contorniates. Parigi, 1860. Cavedani, Osservazioni critiche sopra gli antichi Medaglioni Contor- niati {Bull. Arch. Hai., 1862, p. 33-38 e 49-56). De Rossi, in Bollettino d'Arclicologia Cristiana, 1869, p. 61. Lenonnant, La monnaie dans l'Antiq. Parigi, 1878. voi. I, p. 49 e segj. Charles Robert , Mélanges Numismatiques. — Médaillons Contorniates inédits [Revue Numismatique, i863 , p. 248 e segg). — Médaillons Contorniates (Annnaire de Numismatique, 1879-81, p. 235 e 534). — Les phases du mythe de Cilèle et Atys rappelées par les Médaillons Contorniates (Revue Numismatique, 1885, p. 34). — Médaillons Con- torniates {Revue Belge de Nuiiiisnt., 1892, p. 97 e 364). Blanchet J. A., Remarques relatives aux signes gravés sur les Contor- niates {Revue Numismatique, 1890, p. 480 e segg.). Froehner, A quoi ont servi les Contorniates (Annuairc de Numisma- tique, 1894, P- 83 e segg.). COS ERANO 1 CONTOKMATI 33 cennare e fissar bene i punti che ormai si possono dire acquisiti, e vagliare poi le diverse ipotesi an- tiche e recenti sulla destinazione di queste medaglie enigmatiche. I punti generalmente ammessi si riducono a ben poca cosa e si possono cosi formulare : I. I medaglioni Contorniati non furono mai moneta corrente. Essi furono apprestati non ufficial- mente, ma privatamente e in modo che non potes- sero venir confusi colle vere monete. II. L'epoca della loro fabbricazione non fu certamente quella di buona parte degli imperatori in essi rappresentati ; ma, incominciati verso il tempo di Costantino o poco dopo, si estendono fin \crso la fine del IV secolo, come è chiaramente attestato dai soggetti in essi rappresentati e meglio ancora dall' arte, che certamente non può esser quella dei primi tempi dell'impero, mentre si accorda perfetta- mente colla decadenza dell'epoca accennata. III. I tipi del rovescio (tenuto per dritto come di consuetudine, il lato che porta la testa o il busto, più comunemente d'un imperatore romano e più ra- ramente d' un personaggio storico o mitologico) ci offrono rappresentazioni, che, direttamente o indi- rettamente, si riferiscono ai giuochi. I due primi punti sono troi)po chiai'i ed evi- denti per meritare una dilucidazione. j\Ii fermerò in- vece a fare qualche osservazione sul terzo, o per dir meglio, rinnoverò un'osservazione di Charles Ro- bert, che mi pare molto ragionata e ch'egli assai bene espose nel suo studio sui Contorniati pubbli- cati nella Reviie Ajaiiisììia/ù/ite Belge del 1882. Egli osserva come i numismatici suoi predecessori, fra 34 FRANCESCO GNECCHI cui Sabatier e Cavedoni, dividessero le rappresenta- zioni che figurano sui Contorniati in due categorie, mettendo nella prima quelle che si riferiscono a soggetti mitologici , eroici o storici, nella seconda quelle che hanno attinenza diretta coi giuochi del circo o del teatro in genere. Charles Robert invece e dell' avviso — e io lo seguo volentieri — che tale divisione non abbia ragione d' essere, e che tutte le rappresentazioni debbano collocarsi in una categoria sola e precisamente nella seconda. Se i Contorniati rappresentano degli Dei e degli lù"oi, egli scriveva, non conviene conchiudere che siano stati iatti in commemorazione di una ceri- monia religiosa o in onore di personaggi favolosi. Non sono gli Dei o gli Eroi stessi che i Contor- niati ci presentano, bensì gli attori, che ne rappre- sentavano le parti in scene parlate o mimiche, tratte dagli intrighi dell' Olimpo o dalla tradizione romana. E la stessa osservazione può esser ripetuta per ciò che riguarda i fatti storici. A rinforzo della sua tesi ricorda come in ogni tempo, in Grecia e a Roma ci furono sempre allato alle pompe religiose, delle rappresentazioni teatrali, in cui Dei e Semidei erano posti sulla scena. E aggiunge come al tempo dei Contorniati, ossia dal ili al IV secolo, gli abitanti dell'Olimpo avessero definitivamente perduto il loro posto nei templi e appartenessero all'arte e alla letteratura piuttosto che alla religione. Per di più i diversi em- blemi e il monogramma PE, senza alcun dubbio riferibili ai giuochi, si trovano indifi"erentemente sui Contorniati a soggetto circense o teatrale come su quelli a soggetto mitologico, eroico o storico. E quindi si può ritenere che tutte le rappresentazioni dei Con- torniati si riferiscono direttamente o indirettamente ai giuochi. COS' ERANO I CONTORNIATI 35 Vecchie ipotesi sulla destinazione dei contorniate In massima si può ben dire che l' idea di Charles Robert fosse stata ammessa implicitamente anche dai numismatici, che si compiacevano alle due categorie , quando giungevano al difficile problema della destinazione dei Contorniati, poiché quasi tutti convennero nell' ammettere che essi servissero a qualche scopo relativo ai giuochi, del circo. Quale questo scopo fosse, nessuno fu mai in grado di pre- cisare. V ha chi si accontentò d' una destinazione vaga e indeterminata; e fra quelli che vollero scen- dere ai particolari, v'ha chi li suppose tessere d'in- gresso, al circo o al teatro, chi ne fece, come il Sabaticr, un premio gettato dal pubblico ai vincitori, chi li volle destinati al sorteggio fra i corridori e chi infine, come il Lenormant, accettando le idee di parecchi suoi predecessori "^^i e pure ammettendo in parte le sopradette destinazioni, riconobbe special- mente nei Contorniati, un carattere talismanico ed ammise che fossero venduti all' ingresso del circo agli spettatori e agli attori dei giuochi, come amuleti contro la jettatura, come apportatori di buona fortuna. Francamente tutte queste ipotesi non sono tali da soddisfare. — Come tessere d'ingresso agli spet- tacoli il Contorniato rappresentava certamente un intrinseco assai supcriore al prezzo che realmente il popolo doveva pagare quando non ci andava gratuitamente, mentre è cosa elementare che il rap- (2) La Monnaie dansj' anttquiU-. Tomo I, pag. 56 e segg. 36 FRANCESCO GNECCHI prcscntativo di un valore deve valer meno di ciò che rappresenta. D'altronde quale significato avreb- bero avuto in questo caso le rappresentazioni che ve- diamo sui Contorniati? Come mai nelle tessere d' in- gresso si sarebbero ricordati e glorificati i nomi dei vincitori, prima che incominciasse lo spettacolo? Né tutti gli altri soggetti sarebbero piii agevolmente spiegabili. Chi li suppose premii ai vincitori, doveva igno- rare completamente i costumi e gli usi dei tempi. Gente avvezza, come gli aurighi o gli istrioni, a ri- cevere doni principeschi, coppe e statue d'argento o d'oro oppure sesterzii a migliaia, non poteva certo at- tribuire alcun pregio a una rozza medaglia di bronzo. Ed anche in questo caso come si potrebbe ragione- volmente spiegare la più parte delle rappresentazioni? Prendendo nuovamente ad esempio quelle che inneg- giano a uii nome vincitore, bisognerebbe supporre o che le medaglie fossero preparate in anticipazione oppure che fossero fabbricate estemporaneamente , due ipotesi egualmente assurde. E i tipi storici, eroici o mitologici quale significato avrebbero avuto ? Nel 1890 J. A. Blanchet {Rcviic Numismatique, pag. 480 e scgg.) propose una variante alle ipotesi relative ai giuochi del circo. Riferendosi ai segni e simboli, che frequentemente si trovano incisi o age- minati nei Contorniati e principalmente al mono- gramma PE, e trovando qualche esempio di antiche sculture o mosaici , rappresentanti soggetti ippici, dove il famoso monogramma o qualche altro segno o simbolo è riprodotto sulla coscia dei cavalli, venne a dedurre che i Contorniati potessero servire per l'operazione del sorteggio fra i diversi corridori. Ogni corridore avendo i proprii cavaUi marcati col mono- gramma o con un segno o simbolo, aveva il suo posto nella corsa sorteggiato dall' estrazione del Con- COS ERANO I CONTORNIATI 37 torniato che vi corrispondeva. E qui il Sig. Blanchet ricorda come tale sorteggio fosse in uso ed anzi rap- presentato su di un Contorniato, ove si vedono due staffieri che fanno girar l'urna, mentre un terzo mostra il numero estratto. Sta bene 1' uso, e noto è il Contorniato, che anzi è fra i comuni ; ma può essere seriamente ammissi- bile l'ipotesi che si vorrebbe far conseguire? In primo luogo non tutti i Contorniati portano il monogramma o i simboli, e che significato avrebbero avuto quelli che ne sono privi? E poi perchè mai l'unica importanza dei Contorniati si dovrebbe far consistere in un segno quasi invisibile, che spesso avrebbe- richiesto l'uso di una lente pel verificatore? A che avrebbe servito una testa da un lato e una rappresentazione dal- l'altro? Invece di tutta questa roba inutile non sa- rebbe stato più semplice e più pratico stamparvi sem- plicemente un numero? E sarebbe stata quella di una medaglia la forma più adatta allo scopo? D'altronde un segno applicato alla coscia di un cavallo evidentemente non poteva essere se non la marca della razza; come si usa ancora oggidì in alcuni paesi. Ma non era certamente possibile che, (dato pure che tutti i cavalli ne fossero contraddi- stinti), i due cavalli d'una biga o i quattro d'una quadriga fossero sempre provenienti da una mede- sima razza, e tutti quindi segnati colla medesima marca. Mi pare dunque che anche questa ipotesi sia da abbandonare. Veniamo alla spiegazione cabalistica. Come ta- lismani ed amuleti, sarebbe difficile immaginare una forma meno propria di quella di una medaglia ro- tonda priva di ogni ordigno atto ad appenderla. Non troviamo mai un Contorniato bucato — io al- meno non ne ho mai trovati — mentre invece tro- viamo bucate molte monete, le quali per le loro di- 38 FRANCESCO GNECCIII mensioni più appropriate, furono evidentemente por- tate al collo, sia per superstizione, sia per qualunque altro motivo. Il Lenormant, uno dei grandi propu- gnatori di questa idea, vi si ferma lungamente con decisa compiacenza e trova modo di vedere in tutte le rappresentazioni dei Contorniati un significato re- condito e talismanico. Aggrappandosi a questa che gli sembra la sola soluzione plausibile, — forse perchè ancora meno plausibili gli sembrano le precedenti — si sforza con tutte le risorse dell'erudizione storica e mitologica, di provare il suo assunto. Secondo lui, furono scelte le teste degli imperatori che più o meno avevano avuto reputazione di maghi; ma se in tal numero può passare Alessandro Magno e for- s'anche Nerone, non saprei veramente come compren- dervi Galba, Vespasiano e Antonino Pio. Egli consi- dera pure come maghi Omero, Virgilio e Pitagora, e un significato cabalistico tenta di scoprire in tutte le rappresentazioni storiche, eroiche e mitologiche; le quali, diciamolo pure, si prestano molto bene, come tutto ciò che ha del leggendario, a questa come a qualunque altra interpretazione, questione di metterci un po' di buon volere. Ma la cosa non può essere presa sul serio, sia teoricamente, perchè altro è sofisticare altro ragionare, sia praticamente per la ragione tecnica più su accen- nata, che un amuleto va portato, e un Contorniato non si saprebbe proprio come potesse essere por- tato.... altrimenti che in tasca. Un' ipotesi recente. Fu l'anno scorso, che, visto il poco fondamento di tutte le vecchie ipotesi, venne chi ne propose una nuova. Il Sig. Froehner prese la parola sul vecchio C03 ERANO I CONTOR.NIATI 39 e trito argomento neWAnmiaire de lYnmisìna/ique ed espose una teoria , la quale per lo meno aveva il merito della novità. Egli suppone che i Contorniati fossero pedine pel giuoco della dama. La nuova idea, per quanto nuova, non credo abbia trovato molta fortuna fra gli scienziati. Fu invece generalmente accettata con un'alzatina di spalle; ed anzi qualcheduno la consi- derò semplicemente una facezia. Quanto a me, con- fesso di non poterla assolutamente accettare per le ra- gioni, che ora dirò; ma à queù/iie cliosc malhciir est boli, e l'ipotesi, per quanto poco felice, del Sig. Froch- ner, mi ha messo sulla strada di un' altra, vicina a questa e lontana nel tempo stesso, ma che, potrebbe darsi fosse la vera. Vediamo prima come il Sig. Froehncr abbia tro- vato e creduto di sostenere la sua ipotesi. Si conosce e si conserva nei musei un certo nu- mero di antiche pedine di dama (o di un giuoco molto simile alla nostra dama) in osso o in avorio; e il Froehncr da una lontana somiglianza di queste coi Contorniati (somiglianza che mi pare si riduca alla rotondità della forma) venne indotto a crederli fatti pel medesimo scopo. Ma sono troppe le obbie- zioni che si presentano. Prima di tutto vi si oppone la materia che sembra la meno adatta, poi il rilievo delle teste, il quale, sorpassando semi^re il contorno, non permette la sovrapposizione dei pezzi, cosa che pare fosse in uso anche nell'antico giuoco della dama, se badiamo alla conformazione delle pedine d'osso o d'avorio, che ci sono rimaste. Infine, anche pel giuoco della dama non si saprebbe quale significato attribuire, sia alle diverse teste, sia alle molteplici rappresentazioni dei rovesci. Non vale poi la i)ena d' essere confutato e nep- pure discusso l'ultimo argomento addotto dal Froeh- 40 FRANCESCO GNECCHI ner a sostegno della sua tesi, che cioè tali pedine metalliche pel giuoco della dama fossero apprestate ad uso di chi si serviva degli scacchieri tracciati sulle pietre delle pubbliche vie, in luogo delle pedine d'osso, le quali colla pioggia si sarebbero sciupate!... Questa volta credo veramente che il Sig. Froehner abbia voluto celiare, perchè credo che egli sarà per- suaso al pari di chicchessia, che chi giuocava sul la- stricato delle strade a quei tempi, non avrà potuto permettersi un simile lusso, e si sarà invece modesta- mente accontentato, come i monelli dei nostri tempi, di giuocare con delle noci, dei cocci o dei sassolini. La nuova ipotesi. Demolite cosi tutte le vecchie e le recenti ipotesi, non ci rimane che esporre la nuova. E la si espone in due parole ; anzi l'ho già graficamente esposta col Contorniato, che ho riprodotto in testa a quest'ar- ticolo e che la riassume e la sintetizza. 11 Sabatier (tav. XIX, n. 7) vede in quel Contorniato un banco da cambiovalute, intorno al quale tre personaggi stanno facendo contrattazioni di denaro, lo invece ci vedo una tavola da giuoco, (esattamente come le tavole da giuoco, che vediamo riprodotte sulle monete), in- torno alla quale tre romani stanno giuocando preci- samente coi Contorniati... Secondo il mio modo di vedere adunque i Contorniati altro non sarebbero che Medaglie (3) da Giuoco. L'ipotesi, come si vede, è (3) E dico Medaglie piuttosto che Tessere, perchè quest' ultima pa- rola ha il significato di rappresentativo di valore; mentre il vero signi- ficato, che, come ora spiegherò, io intendo attribuire ai Contorniati è quello di {strumenti da giuoco, cic) che corrisponderebbe al termine mo- derno di pezzi o carie da giuoco e che, trattandosi di oggetti metallici, non saprei come meglio rendere che con quello di Medaglie. COS ERANO 1 CONTORNIATI 41 vicina e lontana da quella del Sig. Froenher, vicina ge- nericamente, ma specificamente lontana. Chi ora mi dimandasse quale fosse il giuoco pel quale dovevano servire, io non saprei veramente ri- spondere e solo mi limiterei ad escludere quello della dama. Molti giuochi antichi caddero in dissuetudine e quindi in dimenticanza; noi ora non li conosciamo ed è probabile che non li conosceremo mai. Abbiamo già perduta la nozione di parecchi giuochi del secolo scorso, dei quali pure ci rimangono tutti gli attrezzi, che ora per noi sono lettera morta; come pro- babilmente fra un secolo rimarranno una specie di indovinello pei nostri posteri le carte o le marche di molti giuochi che ora si fanno in società. Quale me- raviglia dunque che si sia perduta ogni memoria di giuochi, che erano in uso or fanno quindici secoli ? E però molto logico supporre che in quell'epoca in cui il giuoco era tanto in favore, fra i molti giuochi popolari ve ne fossero taluni, che avevano una certa analogia con giuochi moderni e che allora si faces- sero con tessere metalliche giuochi non molto dis- simili da quelli, che ora noi facciamo abitualmente colle carte. Secondo il mio modo di vedere, i Con- torniati avrebbero appunto fatto 1' ufficio delle nostre carte da giuoco ; ed anzi è probabile che le nostre carte debbano in certo modo riconoscere e ripetere la loro origine dai Contorniati, di cui sono una tra- sformazione e per oggi l'ultima discendenza. Prove razig.nali. Ammessa questa ipotesi assai semplice, cadono d'un tratto tutte le diihcoltà relative alle varie teste e alle varie rappresentazioni, qualunque esse siano. La testa d'Alessandro Magno e quella degli 42 FRANCESCO GNECCHI imperatori più famosi pei giuochi, quali Nerone e Trajano, quelle d'Augusto, di Galba o di Vespasiano, quelle delle più disparate deità , di poeti, di filosofi, di eroi, tutte hanno la medesima ragione d'essere. E parimenti dicasi delle rappresentazioni. Siano esse relative ai giuochi del circo o del teatro, siano mi- tologiche, eroiche o storiche, portate o no sul campo del teatro, non hanno più bisogno d' alcuna spiega- zione né d'alcun raziocinio per essere ammesse. Le rappresentazioni dell'anfiteatro e gli dei dell'Olimpo, gli eroi della favola, gli episodi! dell' ///a^'f e dell' O- dissea, l'auriga o il cavallo vincitore, tutto può avere la sua opportunitcà, secondo il significato che in un dato giuoco vi si attribuiva. Tutto è accettabile, tutto va bene e nulla stuona. Mi si permetta un paragone. Se mai dovesse avvenire fra un migliaio d'anni, o anche meno, che uno scoprisse in qualche vecchio ripostiglio, alcune carte del nostro classico tarocco — dato che allora qualche altra invenzione avesse sostituito le carte da giuoco e di queste si fosse perduta la memoria — come mai potrebbe egli raccappezzarsi e trovare una relazione fra il Papa, il Matto, la Morte, la Torre, l'Ap- peso, la Fortuna, il Giudizio Universale e altre simili allegorie strampalate e pazze? Potrà trovare assai bene in queste, come noi nei Contorniati, da sbizzar- rire in congetture le più disparate, potrà riconoscervi i significati più arcani e più cabalistici; ma è certo che non verrà mai a capo di nulla di concreto , volendo spiegare cosa, di cui gli manca la chiave. Ora a noi è precisamente la chiave che manca per spiegare il significato, che dovevano avere le di- verse teste e i diversi rovesci dei Contorniati, e per indovinare in quale relazione potessero essere questi e quelle fra di loro ; tanto più che tali relazioni, trattan- dosi di giochi, sono assai più dipendenti dalla bizzarria COS ERANO 1 CO.NTORMATI 43 e dal capriccio di chi le ha inventate che non da una qualunque ragione. Del resto poi non avrebbero per noi che un interesse assai relativo. Meglio è dunque rinunciare addirittura a tale ricerca, accon- tentandoci che tutto resti imi)licitamente, non dirò spiegato, ma almeno capito. 11 ripetersi dei soggetti al rovescio di diverse teste non oftVe più alcuna dithcoltà ad essere am- messo, quando noi assomigliamo i Contorniati a un mazzo di carte, nel quale sotto al medesimo pallio abbiamo il re, la regina, il cavallo e così via. Può darsi benissimo che Alessandro Magno, Nerone, Tra- jano od Omero avessero - un valore eguale o dif- ferente, secondo che al loro rovescio si trovasse la medesima rappresentazione, oppure una diversa; che la quadriga ad esempi(j valesse più del semplice ca- vallo, che Ercole t'osse più potente d'Apollo, e nulla osta a che si ammetta che qualunque testa coronata, non avesse alcun valore, quando il rovescio fosse nullo, ossia senza alcuna ra[ì])resentazione. Col che riuscirebbe spiegato anche il rt)vescio liscio, che fin qui imbarazzò non poco gli studiosi , i quali non seppero darne che spiegazioni insufficienti. Chi ha creduto di spiegar meglio, considerò un Contorniato a rovescio liscio come un pezzo non finito ; ma non si accorgeva che con ciò, oltre a non dare alcuna spiegazione, posava vm nuovo problema: come e quando l' avrebbero finito ? Supporre che un lato fosse lasciato libero per farvi un'incisione o un graffito, che pure qualche \olta vi si trova, perchè qualchcduno s'è preso il dixertimento di tracciar- velo, spiega poco di più. Dal momento che, come ognuno sa, le due (accie d'una medaglia , sia essa fusa o coniata , si stampano contemporaneamente , quando una di queste era senza rappresentazione, gli è che la si voleva precisamente così. E la 44 KRANXESCO GNECCHl spiegazione ne è evidente, quando per analogia am- mettiamo che fra i pezzi componenti il giuoco qualcuno ve ne dovesse essere d' equivalente in qualche modo a un non valore, pari cioè a uno zero, se si fosse trattato di numeri. — Si può immaginare benissimo che su di una tavola si mettessero al prin- cipio del giuoco i Contorniati in modo che le sole teste fossero visibili — come si mettono i pezzi del domino volti all' ingiù — e che poi il giuocatore, pe- scandone uno a sorte, fosse più o meno favorito a secondo del rovescio, che vi trovava. Ma non insisterò più oltre in tali minuti parti- colari, vano essendo fare delle supposizioni più o meno probabili su cose, che ci sono e ci rimarranno probabilmente per sempre ignote. Se però ho fatto qualche esempio, non è ai particolari in se stessi che intendevo richiamare l'attenzione, bensì alla facilità con cui tutto il meccanismo dei Contorniati si spiega colla nuova ipotesi. Prove tecniche. Né di minor forza sono le prove, che ci vengono fornite dalla tecnica stessa della fabbricazione. Quel famoso Contorno, o solco circolare inciso al torno a poca distanza della periferia (pure tornita e perfetta- mente circolare) e dal quale i primi numismatici che studiarono queste medaglie trassero italianamente il nome di Contorniati, nome che poi rimase loro per sempre, servilmente tradotto e storpiato in tutte le lin- gue, era il marchio della loro destinazione extra-uffi- ciale. E probabilmente era imposto dall' autorità onde evitare ogni confusione colle monete correnti, quan- tunque, a dir vero, le sole dimensioni avrebbero bastato. Ma anche la conformazione stessa di quest' orlo COS ERANO I CONTORMATI 45 dice qualche cosa. — L'orlo rilevato del Contorniate è sempre più risentito dalla parte del rovescio e offre a questo una piccola quantunque sempre sufficiente protezione, mentre non ne fa alcuna alla testa, il cui rilievo è sempre molto superiore all' orlo stesso. Malgrado ciò, i Contorniati presentano sempre piij sciupato e appiattito nelle parti più salienti (quando non sufficientemente protetto dall'orlo) il rovescio, che non il dritto. Ciò non sarebbe se i Contorniati fossero destinati agli usi supposti dalle vecchie ipotesi. Le parti più sporgenti, siano esse nel dritto oppur nel rovescio, si presenterebbero costantemente come le più sciu- pate. — La ragione dellrt conformazione dei Contor- niati coir orlo rivolto a proteggere il rovescio e il fatto della maggior consunzione di questi sono invece facili a spiegare, supponendo che nel giuoco, qua- lunque esso fosse, la parte che era continuamente a contatto della tavola e vi si faceva scorrer sopra, era quella del rovescio. I Contorniati presentano diversi tipi di fabbri- cazione e dimensioni differenti. Quanto al tipo di fabbricazione, sono nella più gran parte fusi e fra questi alcuni sono ritoccati al bulino, altri no, alcuni sono il prodotto di una bel- lissima fusione, altri d' una fusione mediocre o cattiva. Assai più scarso è il numero dei coniati. Quanto alle dimensioni, venne già osservato — e non era difficile - che esse sono varianti; ma nessuno, mi pare, è andato più in là di questa sem- plice osservazione, per farne un'altra più sottile e più importante, che è la seguente. Le differenze, che notiamo nei diametri dei Contorniati, non sono ca- pricciose e irregolari come quelle delle monete ro- mane o antiche in genere, ma invece sono discipli- nate e soggette a una certa regola. Avendo a di- sposizione un certo numero di pezzi, supponiamo un 46 FRANCESCO GNECCIII centinaio e, confrontandoli l'uno coli' altro, essi si ridurranno facilmente a gruppi più o meno nume- rosi, ciascuno formato di pezzi aventi il preciso dia- metro, e combacianti perfettamente tra loro, quando se ne mettano due l'uno vicino all'altro dalla parte del rovescio, onde evitare le sporgenze delle teste. Fatta la prima divisione a gruppi, sarà facile fare anche un' altra osservazione, che, mentre ogni gruppo (ossia ogni diametro) avrà un tipo piìi o meno diverso degli altri, fra gli individui del medesimo gruppo non sarà raro il caso di trovarne parecchi che presentano il medesimo spessore — anche questo è variante — e l' identico tipo di fabbricazione, siano essi fusi o coniati. Fra i cinquanta circa della mia collezione per esempio, ne trovo quattro coniati appartenenti a Nerone, Vespasiano, Trajano ed Ales- sandro Magno, tutti coli' identico e preciso diametro di 38 millimetri, che si possono assicurare usciti dalla medesima officina. E così fra i fusi ne trovo altri che a tre, a quattro, si accordano così perfet- tamente per diametro, spessore, fabbrica e stile, che bisogna necessariamente ritenerli appartenenti ad una medesima emissione. Aggiungerò di piij che un gruppo si presenta con tutti i pezzi ornati da sim- boli incisi, altri invece ne sono costantemente privi, evidentemente secondo le emissioni. Se si potessero riunire tutti i Contorniati cono- sciuti, il che, se non materialmente, non sarebbe impossibile con impronte dal vero, facendo su tutta la massa 1' accennata operazione di selezione, si po- trebbero formare molte serie (e per serie intendo tutte le differenti combinazioni di dritto e di rovescio) e assai probabilmente si vedrebbero le varie teste e le varie rappresentazioni ricomparire in ciascuna serie più o meno completa a seconda della rarità. Le serie più complete si avranno nella grandezza media, COS ERANO I CONTORNIATI 47 che è la più comune ; riescirebbe invece assai più difficile completare le serie di dimensioni minori o maggiori della comune, delle quali sembra sia stato fatto un numero minore di pezzi, giudicando dai pochi che ci sono rimasti. Ciascuna serie, più o meno completa non im- porta, a secondo delle dimensioni, del tipo di fabbri- cazione o del grado d'arte, rappresenterebbe un'emis- sione, e queste furono dunque parecchie , avvenute può darsi in parte contemporaneamente, ma in parte certamente ad epoche diverse e talora anche con apprezzabile intervallo fra l'una e l'altra. E questa è la conclusione a cui intendevo arrivare. Colle vecchie ipotesi suU' uso dei Contorniati come si spiegherebbe il ripetersi di diversi tipi in successive emissioni, se su ciascuna di queste si tro- vano ripetuti nomi proprii di attualità come quelli di personaggi da circo, atleti, aurighi, cantori, istrioni, o cavalli? Piuttosto che serie regolarmente ripetute in varie dimensioni e vario stile ma con tipi costanti, si sareb- bero trovati identici tutti i pezzi con una data rappre- sentazione, perchè apprestati in una data occasione. Avremmo avuto un dato pezzo coniato e d'una data dimensione, un'altro fuso e d'altra dimensione, un tipo di buon' arte, un tipo invece improntato alla de- cadenza, a seconda delle epoche e delle circostanze. Cosi avviene delle monete. Una data moneta presenta sempre le medesime qualità caratteristiche e non si ripete con varietà di forma e di stile, e ciò perchè ogni moneta ha una sola emissione. Ammessa invece l'ipotesi mia, nulla di più na- turale che le diverse e successive emissioni ripetenti sempre i medesimi tipi. Delle carte da giuoco — con- tinuo il paragone perche mi pare che corra perfet- tamente — noi abbiamo diverse fabbriche e diverse 48 FRANCESCO GNECCHI emissioni, più o meno belle ed artistiche, più o meno eleganti, corrispondenti alle diverse epoche, ai gusti e ai mezzi dei diversi clienti. Dalle carte di Tarocco disegnate dal Mantegna e da quelle miniate, dai migliori pittori del quat- trocento pel Duca Filippo Maria Visconti scendiamo giù giù fino alle più dozzinali del nostro tempo. La scala dei Contorniati non è così estesa in rapporto all'arte, ma pure, chi voleva un giuoco aristocratico aveva quelli coniati e ornati d'emblemi ageminati in argento, e talvolta 1' ageminatura non si limitava agli emblemi ma si estendeva anche al diadema, alla corona, al manto o alle corazze imperiali; chi aveva minori pretese si accontentava di quelli fusi, e talora semplicemente graffiti, perchè non è vero che l'age- minatura fosse dappertutto dove noi troviamo la traccia d'un graffito. In molti Contorniati appare chia- ramente che gli emblemi furono solamente incisi fino dall' origine. E in fine v' erano i più ordinarli, semplicemente e malamente fusi e senza nessuna incisione. Con ciò parmi avere dimostrato all'evidenza come le successive emissioni debbansi ammettere e come esse, inesplicabili colle vecchie ipotesi, abbiano nella nuova la loro completa spiegazione. I Simboli e i Monogrammi. Restano finalmente a dire due parole intorno ai simboli e ai monogrammi, che si trovano frequen- temente incisi o ageminati sul diritto dei Contorniati, e che finora non abbiamo nominato che incidental- mente. Questi simboli e principalmente i monogrammi hanno fornito molta materia di studio e d'induzioni ai numismatici, che se ne sono occupati; ma finora con pochissimo risultato, non essendosi ancora tro- COS ERANO I COXTORNIATI 49 vata di essi una spiegazione soddisfacente. Non dico — ed è bene che lo accenni io stesso prima che altri me lo osservi — che essi abbiano nella mia ipotesi la loro completa spiegazione. Sarebbe troppo asse- rire; ma tuttavia essi non sono punto un ostacolo al- l'ipotesi stessa, anzi trovano in essa una spiegazione migliore che nelle altre. Si possono considerare sotto tre punti di vista. O erano un semplice abbellimento, o una marca, che serviva a distinguere una serie da un'altra, press'a poco come il diverso colore o il di- verso disegno del rovescio distingue un nostro mazzo di carte da un altro, oppure erano un'appendice di giuoco per qualche particohirechenoi non conosciamo. Di latti tutti si riferiscono più o meno diretta- mente ai giochi. I simboli sono : Una palma, una foglia d'edera, una spada, una stella, un arco, una freccia, un fallo, una statuetta di Pallade, un leone, una pantera, una lepre, un grappolo d'uva o simili. 1 monogrammi poi... o dirò meglio il monogramma in singolare, perchè, quantunque appaia sotto diverse forme, si riduce sempre all'unico nesso delle due lettere PE U), si può interpretare come si vuole per Palma emerita, Praemia emerita o semplice- mente Perpetue; ma è sempre una specie di saluto, d'augurio, d'evvi\-a al vincitore. Tutte queste cose stanno bene, sono perfettamente al loro posto su delle medaglie destinate al giuoco. (4) Siccome il monogramma e costituito dalla lettera P coll'appen- dice di uno, due o tre tratti orizzontali alla sua gamba e sporgenti a destra, alcuno ha voluto trovarvi diversi significati , e vi fu perfino il Cannegieter che, conservando al solo P la forza di lettera (Praemia o Palma) vide nelle traverse orizzontali 1' espressione del numero dei premii riportati o delle diecine di migliaia di sesterzi guadagnati. Questo è certo un andare troppo in là colle supposizioni , anche am- mettendo che i Contorniati fossero fatti pei giuochi del Circo. Frattanto quello che mi preme osservare è che, comunque la sigla fosse fatta con una, due o tre traverse , essa è sempre il monogramma di PE, come 50 FRANCESCO GNECCHI Un' obbiezione. Si potrebbe da alcuno obbiettare che la serie di queste medaglie da giuoco sarebbe stata soverchia- mente numerosa. A ciò rispondo che, prima di tutto noi non conosciamo il giuoco a cui erano destinate, e non sappiamo se questo ne esigesse 78 come le carte del nostro tarocco oppure 52 come quelle del tresette, 32 come i pezzi degli scacchi o 90 come i numeri della tombola, o di pili o di meno. E neppure pos- siamo dire se tutti i Contorniati che noi conosciamo appartenessero a un solo giuoco piuttosto che a parecchi. Giova pur notare ancora come il numero delle differenze sia forse minore di quello che a noi ap- pare, perchè diversi rovesci si possono raggruppare e parecchi, che a noi sembrano differenti, possono essere varietà inconcludenti d'un solo e medesimo tipo. Troviamo per esempio un rovescio rappresen- tante una donna sdrajata sul lettisterio e colla leg- genda OLIMPIA REGINA. Troviamo lo stesso colla sem- plice leggenda REGINA ; e lo troviamo ancora senza leggenda alcuna. E possibile ed anzi molto probabile che i tre Contorniati in apparenza differenti non aves- sero che un solo significato : La Regina Olimpia; rilevo con tutta evidenza da un Contorniate di Nerone, in cui il mono- gramma è ageminato in argento e fatto con cura tutta speciale. Alla gamba del P è unito un perfetto E non solo colle due traversali su- periore e inferiore più lunghe di quella di mezzo, ma per di più, questa di mezzo più breve è terminata da un' astina perpendicolare precisa- mente come nelP E. — Come si possono dunque spiegare le sigle in cui il P ha una sola traversa o due? Molto semplicemente. Visto che si tratta di un monogramma, alle volte la lettera E intera è unita al P ossia I, alle volte invece a formare l'È si fa servire la traversa inferiore del P facendo p, oppure, si adoperano le due del P e se ne aggiunge una sola E; ma più o meno sviluppato, si ha sempre il mo- nogramma delle due lettere P ed E. COS ERANO I CONTORNI ATI 51 l'avere o il non avere la leggenda dipendendo unica- mente dal capriccio dell'artista. Troviamo condottieri di quadrighe, atleti, istrioni o cavalli con o senza nome. È tacile e piano supporre che il nome fosse talora soppresso o mutato da una emissione all'altra, a seconda delle circostanze d'attualità, ma che in so- stanza le medaglie dovessero solo indicare : Quadriga, Atleta, Istrione, Cavallo vincitore. In questo modo i tipi restano ridotti alle giuste proporzioni di un giuoco, o forse di più giuochi. % Conclusione. Riassumendo dunque, o io m' illudo, come tutti coloro che assorti in un'idea , trovano in quella tutto ciò che concorre a provarla, oppure la nuova teoria ha del buono; ma io dichiaro francamente che, per ora non vedo interpretazione che più mi soddisfi intorno all' uso dei Contorniati di quella esposta, che cioè altro non fossero che Medaglie da Giuoco. Il loro compito riesce con ciò assai più mo- desto di quanto altri ha finora supposto e con questo perdono quasi anche l'appellativo di Pseudo-Monetct loro accordato da Eckhel , rimanendo addirittura espulsi dal campo numismatico; ma di tale decadenza io non posso tenermi responsabile. — Del resto però, anche fuori della numismatica, essi riescono sempre in- teressanti per lo studio dell'arte, dei costumi e delle usanze di quei tempi. Persuade anche agli altri la mia spiegazione? E quello che sentirò con molto interesse. Afilano, Dicettthre ifii)4. Fr.\n'Ci:sco Gnkcc 111. APPUNTI NUMISMATICA ITALIANA X. UN CORNABÒ DI MONTANARO CON S. A G A P I T O. In un piccolo ripostiglio di monete di Montanaro, da poco tempo scoperto nella Provincia di Torino, ne ho trovato una inedita che merita d'esser segnalata all'attenzione dei numismatici. Essa è un Cornabò di Bonifacio Ferrera abate di San Benigno di Frut- tuaria {1525-43). Eccone la descrizione : Peso gr. 5.000. ^' - BON : FER : CAR : IPPO : S : BEN : AB. Scudo liscio inclinato, .sormontato da elmo chiuso con lambrecchini ; al disopra, una corona dalla quale nasce un'aquila pure coronata e volta a sinistra. 54 ERCOLE GNECCHI 9 - : SANCTVS : A&APITVS : Un Santo guerriero a ca- vallo, a destra, col vessillo della croce. Sotto il cavallo, un anello. La leggenda del diritto varia da quella di altri cornabò di Bonifacio Ferrerò pubblicati da D. Promis nella sua interessante monografia sulle monete di questi abati (i). La rappresentazione però è identica a quella di molti cornabò, non solo di Montanaro, ma anche di Messerano, di Carmagnola e di Desana. Ciò che forma la specialità di questa moneta si è il Sant'Agapito, che vediamo per la prima volta effi- giato sul rovescio di una moneta di Montanaro. Ho fatto qualche ricerca per vedere se quel Santo potesse aver relazione colla famiglia Ferrerò o coi feudi da essa posseduti e quello che trovai, lo giustifica pienamente. Alla terra di San Benigno di Fruttuaria, che apparteneva in origine a questa celebre abbazia, ne furono in seguito aggiunte tre altre, Montanaro, Feletto e Lombardore (2). Quest'ul- timo comune, al pari della sua chiesa parrocchiale, è posto sotto il patrocinio di Sant'Agapito martire, di cui vi si venerano alcune reliquie. Nella piccola Cronaca manoscritta della badia di San Benigno sta scritto che il capo di detto Santo vi sarebbe stato recato da Preneste nel 1215 dal Conte Bonifacio di San Martino e che fu collocato nel monastero di Lombardore. Altri asseriscono che vi fosse recato da Ottone Gugliemo fondatore della badia ; altri infine pretendono che ve l'avesse portato lo stesso Re Ar- (i) Promis D., Monete degli Abati di S. Benigno di Fruttuaria. To- rino, 1870, in-4. Tav. I, n. io; II, nn. ii e 12. (2) Lombardore (Castrum Langobardoruni) è un comune di circa T400 abitanti , posto a cavallo del torrente Mallone e confinante con quello di San Benigno di Fruttuaria. APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 55 duino. Anche al giorno d'oggi, in Lombardore si ce- lebra il 18 agosto una festa in onore di Sant'Aga- pito (3). Nulla quindi di più naturale che quegli abati, oltre i Santi Benigno e Tiburzio, avessero scelto a loro patrono anche Sant'Agapito, e lo rappresentas- sero sulle loro monete W. Come i numismatici ben sanno, il nome di S. Aga- pito figura su due altre monete italiane anonime, e la loro attribuzione è tuttora incerta e discussa. Ne do qui la descrizione, riassumendo quanto ne fu scritto in proposito. Una di queste è la seguente : Peso gr. 4,400. /iy - LVCEM : TVAM : DA : NOBIS : DO(mmc). Scudo liscio inclinato, identico a quello testé descritto. (3) Casalis, Disioiiario geografico, sierico degli Siali di S. M. il Re di Sardegna. Torino, 1841, in-8, Art. Loiitbardure, pag. 876-79. — Bertolotti, Passeggiale nel Caiiavcse, Voi. I. (4) Alcuni affermano che gli abati di San Benigno avessero ap- punto un'officina monetaria in Lombardore, e ciò appoggiandosi ad una certa Grida nella quale sono reprobale ogni iiioiiele, ecc facle en le ceche di ... . Monlatiaro, Lombardore, ecc. Il Promis però nell'opera citata (pag. io), attesta non esistere alcun documento che provi suffi- centemente tale asserzione, e che l'unica zecca di quegli abati si tro- vava in Montanaro. Tuttavia la comparsa del Sant'Agapito su di una loro moneta può far pensare nuovamente a questa possibilità. r6 ERCOLE GNECCHI 1^ — • SANCTVS : AG-APITVS • Santo guerriero a cavallo, a destra , col vessillo della croce. Sotto il cavallo, un anello. Delle due monete ora descritte e che facevano parte del ripostiglio suaccennato, ho voluto dare l'im- pronta dal vero per mostrare quanto il loro disegno e il loro tipo siano identici. La sola differenza che vi riscontriamo sta nella leggenda del diritto. Al nome di Bonifacio Ferrerò, che leggiamo nella prima, fu sostituito, nella seconda, il motto : LVCEM • TVAM • DA • NOBIS • DOmine. Questa moneta è descritta nel Catalogo della Collezione Welzl <5) , e attribuita, non so per qua) motivo , a Saluzzo (ossia Carmagnola) e precisa- mente a Michele Antonio (1504-28). Lo Schweitzer, il quale nelle sue decadi numis- matiche (6) ci fornisce pel primo un elenco dei Santi che figurano sulle monete italiane, al nome di Aga- pitus assegna la zecca di Saluzzo, molto proba- bilmente desumendo questa attribuzione dal citato Catalogo. Questa opinione fu seguita da varii , fra cui il Rentzmann nel suo Legenden- Lexicon (7), il Biondelli nella sua monografia sulla zecca di Mi- lano (^), il Tonini nella sua Topografia delle zecche (5) VerzeicÌDìiss der Mi'inz-uìid Medaillen-Sarmnhtng des K. K. Hof- rathes Leopold Welzl voti IVellenheim. Wien, 1844, voi. II, p. 157. (6) Schweitzer F., Notiate peregrine di numismatica e di archeo- logia. Trieste, 1857, '""^i decade III, p. 99. (7) Rentzmann Wilhelm, Niimismatisckes Legenden-Lexicon. Erster- Theil-Alfabetisch-cronologische Tabellen der Munzherren und Verzeichniss der auf Mi'inzen vorkommenden Heiligen. Berlin, 1865, in-8. Si noti però che lo stesso Rentzmann, nel Supplemento alla detta opera, pubblicato nel 1881, assegna ad Agapitus la zecca di Lavagna. (8) Biondelli B., La zecca e le monete di Milano. Dissertazione. Mi- lano, 1869, in-8, p. 81. APPUNTI DI N'UMISMATICA ITALIANA 57 italiane <9), e i Sigg. Bazzi e Santoni nel loro Vade- mecum del raccoglitore (i°X Tutti questi autori però verosimilmente si co- piarono l'un l'altro, e, in ogni modo, non danno al- cuna ragione di questa loro attribuzione. Il Brambilla, in una delle sue eccellenti Anno- tazioni Numismatiche ("> , pubblicava nuovamente questo cornabò anonimo, dandone anche il disegno. L'autore conclude il suo lavoro asserendo eh' egli inclina a ritenere autore di questa moneta Gio. Bar- tolomeo Tizzoni, Conte di Desana (1529-33) , e ciò per la somiglianza di questa moneta con altre dello stesso, per la moltiplicità dei Santi che si trovano sulle monete di quella zecca, per le molte contrafta- zioni che vi si operarono e finalmente pel fatt(; che questo cornabò ha la targa affatto liscia , e spoglia d'ogni impronta gentilizia, ciò che si riscontra per ben quattro volte sulle monete del Tizzone. L'au- tore però confessa, che malgrado tante ricerche fatte, non potè trovare nella diocesi di Vercelli alcuna memoria di chiesa dedicata a S. Agapito, o di altrcj che in qualche modo potesse riferirsi a quel Santo. Quanto a me (se anch'io devo esprimere la mia opinione), dirò che dopo un attento esame delle due monete suddescritte, la prima idea che mi si affacciò naturale alla mente fu quella di attribuire questo cornabò anonimo a Montanaro, vista la sua] grande somiglianza con quello di Bonifacio Ferrerò da (9) Tonini F. P., Topografia generale delle secche ilalianc. Firenze , 1869, in-8, p. 89. (10) Bazzi e Santoni, Vacic-iiieciim del raccoglitore di iiiniiele\ilalianr, ossia repertorio iiiiìiiisntatico die uè contiene i molli e gii emblemi, i signori, i feudatarii e le loro zecche, ecc. Camerino, 1886, in-8, p. 195. (11) Brambilla Camillo, Altre annotazioni numismatiche. Pavia, 1870, in-8, p. 90-98, tav. II,tn. 11. ERCOLE GXECCHI me pubblicato, e che porta al rovescio il mede- simo Santo. — Queste due monete sono certa- mente opera di un solo artefice, e, (se a qualche cosa vale questo argomento) furono trovate insieme a un certo numero di cornabò , di rolabassi e di ca- vallotti, tutti di Montanaro. La targa affatto liscia non presenta alcuna dif- ficoltà alla mia attribuzione , giacche la troviamo non solo sul citato cornabò di Bonifacio Ferrerò, ma anche su altre monete dello stesso. 11 tipo di questa moneta, come abbiamo già veduto, fu adope- rato indifferentemente per varie zecche, come Mes- serano. Carmagnola, Desana, ecc. e sui cavallotti di queste zecche troviamo spesso la targa liscia. Ciò vuol dire che, o gli artisti che li lavoravano non si curassero di incidervi i rispettivi stemmi , o che i loro committenti preferissero lasciar le targhe lisce affinchè i loro stemmi non dessero troppo nell'occhio e le loro monete meglio si confondessero le une colle altre. Come argomento più valido poi mi appoggio al Sant'Agapito, ivi rappresentato, Santo pel quale finora non si trovò alcun nesso colle zecche alle quali si volle attribuire questa moneta anonima, mentre, come vedemmo , appare molto appropriata alle zecche degli abati di San Benigno. La seconda moneta italiana anonima, col S. A- gapito , fu pubblicata da R. Chalon nella Revnc Belge (i2)_ Dalla stessa ne togliamo il disegno. (la) Chalon R., Ciiriositrs nuniismaliques (Revtic Belge de Xiiiit., 1865, p. 231-34, tav. XI, n. 12. APPUNTI DI N'UMISMATICA ITALIANA 59 ,^ - + IN • MANIBVS • LIN&VE • MORS • ET • Vl(/«). Tre brincie in uno stemma a testa di cavallo. 1} - SANCTVS • A&HÀPIT. Il Santo in piedi, volto a sin., in abito guerriero, collo scudo nella sinistra , in atto di trafig-gere il drago giacente a terra. La moneta è un' imitazione dei grossi da sci soldi di Gian Giacomo e Gian Francesco Trivulzio; variano solo la leggenda e le insegne dello stemma, che da />a/i furono mutati in bande. Lo Chalon attribuisce questa moneta a Lavagna (ossia Mcsserano), dicendola coniata da uno dei primi principi Ficschi , e basa la sua ipotesi sulle bande dello stemma , le quali del resto possc^no benis- simo appartenere a quello di qualche altra famiglia. Infatti le bande di questo stemma furono per lo smalto esattamente copiate dai pali dello stemma Trivulzio e , secondo le regole blasoniche , non corrispondono che in parte allo smalto dello stemma dei Fieschi. Questo stemma si componeva di tre bande d'azzurro in campo d'argento; e lo stemma rappre- sentato in questa moneta risulterebbe bandato di nero e d'argento '3). D. Promis nella sua bella mo- (13) In araldica Vargeiito non ha alcun segno, e il nero è indicato da linee perpendicolari ed orizzontali che vanno ad incrocicchiarsi. Le bande d'azzurro avrebbero dovuto essere indicate con sole linee ori^- sonlaìi. Del resto, come già notammo nelle Monete dei Trivuhio, queste anomalie ed inesattezze blasoniche si incontrano spesso sulle monete 6o l.RCOLE GNECCHI nografia sulle monete dei Fieschi e dei Ferrerò (14), parlando di questa attribuzione dello Chalon, osserva che, ad eccezione delle bande dello stemma, nessun segno si riscontra in questa moneta per poterla attribuire ai Fieschi , non vedendosi mai da al- cuno di essi usato né il motto IN • NIANIBVS • LIN&VE. MORS • ET-VI/rt, ne il Sant'Agapito. Quindi conclude sospettando che la moneta " sia stata battuta da Sinibaldo Fieschi in Borgotaro, o da qualcheduno de'suoi fratelli nei feudi imperiali che in quelle parti possedevano, o forse in qualche altra officina nella quale , volendosi contraffare il grosso trivulziano senza lasciar indizio del luogo dove si lavorò o della persona che lo coniò, siansi messe sul mede- simo le bande in luogo de' pali „ (^ò). A tutte queste ipotesi mi permetto ora di ag- giungere anche la mia. Dirò anzitutto che, dopo quanto esposi a proposito della prima moneta ano- nima descritta, sarebbe stato mio desiderio di poter attribuire anche questa seconda alle zecche degli abati di S. Benigno , assegnando una sola origine alle monete che portano il Sant'Agapito. Ma esami- nando attentamente il tipo di questo grosso, lo trovo troppo dissimile da quello di tutte le monete di Montanaro, e parmi quindi arrischiata 1' attribuzione di quest' epoca. Lo stemma Trivulzio, che si compone di tre pali verdi in campo d'oro, sulle monete di Gian Giacomo e Gian Francesco Tri- vulzio, risulterebbe composto di pali iteri in campo d'argento. (14) Projiis D., Monde delle secche di Messerano e Crevactiore. To- rino, 1869, in-4, p. 18-ig. (15) Il dottor Solone Ambrosoli nel suo eccellente Manuale di Nii- ìntsmatica (Milano, 1891) porta un copiosissimo elenco dei Santi rappre- sentati sulle monete italiane. Al nome Agapitus egli contrappone con punto interrogativo le zecche di Borgotaro e Carmagnola. Avendogli ora io comunicato queste mie ipotesi, egli le ha accolte e ne ha tenuto conto nella seconda Edizione del suo Mannaie. APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 6l a quella zecca. — Piuttosto inclinerei a credere questa moneta battuta a Desana dal Conte Gio- vanni Bartolomeo Tizzoni. Non potrei convalidare la mia attribuzione, né col suddetto motto biblico, né col Sant' Agapito C^^"" , pel quale non ho po- tuto trovare alcun indizio che lo provi ; ma 1' ap- poggerei a questo solo fatto , che G. B. Tizzoni è l'unico che abbia ripetutamente contraffatto, non solo il grosso da soldi sei, ma anche il soldino dei Tri- vulzio, variandovi sempre il nome del santo. Uno di questi grossi col San Giorgio , e un soldino col S. Maurizio furono pubblicati da D. Promis, nella sua opera sulle monete di Dezana ('/); un altro grosso col S. Teodoro fu da me fatto conoscere con brevi cenni nella Gazzetta Nitmisiìi. di Como del j88i (^^), e riprodotto poi da Vincenzo Promis nella sua Memoria quarta ('9). Queste tre monete imitano perfettamente il tipo di quelle dei Trivulzio, anche nel loro stemma palato, mentre nel diritto vi si legge chiaramente il nome del Tizzone e quello della zecca. Nella moneta ora descritta invece, al nome ed alla zecca fu sostituito un motto , e invece dei pali (i6) Varii sono i Santi Agapiti citati nel Catalogo generale di tutti i nomi dei .Santi pubblicati da Gregorio XIII. — Esiste inoltre memoria di un Sant'Agapito, monaco del IV secolo, arruolato dall'imperatore Licinio, in grazia della sua forza straordinaria, e che divenne poi prete e vescovo del Monte Sinai. Una leggenda racconta ch'egli fece morire, in seguito alle sue preghiere, un enorme drago, che faceva gran danno agli uomini e agli animali. Molto probabilmente è questo il Sant'Aga- pito che si volle cflìgiare in questa moneta, rappresentandolo sotto le spoglie di San Giorgio (Vedi Chalon, Art. cit, p. 233). (17) Pro.mis D., Monde delia zecca di Dezana. Torino , 1863, in-4 , p. 25, tav. Ili, nn. 13 e 14. (18) Gnecchi e.. Di nn cavai/otlo inedito di Gio. Bartolomeo Tiz- zone, Conte di Desana {Gazzetta Kiintisin., 1881, anno l, n. 11, p. 54). (19) Promis V., Monete di zecche italiane inedite o corrette. Memoria quarta. Torino, 1882, in-8, pag. 24, tav. Ili, n. 26. 62 ERCOLE CNECCHI nello stemma figurano delle bande. Essendo queste ultime comuni allo stemma di tante famiglie feuda- tarie, era ben difficile discernere da quale zecca fosse uscita la moneta, e 1' autore otteneva il desiderato intento di produrre un tipo di moneta conosciuta ed apprezzata, senza il pericolo d'incontrar delle noje in causa della sua criminosa industria. Accenneremo da ultimo che non deve recare al- cuna meraviglia il vedere su di una moneta dei Tiz- zoni un Santo che non ha alcuna relazione né colla loro famiglia ne colla loro zecca. Lo stesso può dirsi dei tre santi ora accennati, il S. Giorgio, il S. Mau- rizio e il S. Teodoro, i quali, al pari di altri che vediamo sulle monete di questa zecca, non hanno alcuna ragione che le giustifichi. A questo proposito il Brambilla, a pag. 95 del suo citato articolo, osserva che " nessuna zecca di questa parte d'Italia regge " al confronto di quella dei Tizzoni di Desana per " la moltiplicità dei santi, che figurano cccezional- " mente sulle sue monete, e che essendo ben dicia- " nove, potrebbero senza difficoltà accogliere nella " loro schiera anche il vcntesiiiio in Sant'Agapito „. Quest' argomento allegato dal Brambilla per giu- stificare la sua attribuzione a Desana della prima fra le due monete anonime in discorso, io l'invoco per la seconda, aggiungendovi le ragioni teste esposte del tipo già ripetutamente imitato che m'inducono a restituire la moneta a Gio. Bart. Tizzoni. Del resto sarò ben lieto se altri, più di me versato nella ma- teria, o fortunato scopritore di nuovi documenti, tosse in grado, o di convalidare la mia attribuzione, o di farne accettare in modo inappellabile un' altra. APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 63 XI. UN MEZZO TALLERO AXONLMO DI DESANA. Fra le officine monetarie italiane, che acquista- rono una triste celebrità ncU' imitazione e contraffa- zione delle monete estere, si può a buon diritto anno- verare come una delle prime quella di Desana. Basta dare un' occhiata alle monete di questa zecca , spe- cialmente a quelle uscite dalla metà del secolo XVI fino alla chiusura, verso la fine del XVII, per per- suadersi che pressoché tutte sono sfacciate imitazioni di altre monete italiane dell' Alta Italia, e preferibil- mente di monete dei vari Stati di Germania , della Francia, dell'Austria, della Svizzera, ecc., ecc. Di queste contraffazioni , oltre quelle già pub- blicate nelle due eccellenti monografie del Cazzerà (') e di Doni. Promis ^^), altre, specie estere, furono in seguito fatte conoscere in varie opere del Morel-Fatio, del Kunz, del Brambilla, di V. Promis, di Umberto Rossi, ecc. ecc. Tuttavia ehi studia con amore le monete di questa serie e le raccoglie, trova sempre qualche cosa da spigolare in questo campo, qualche nuovo tipo da presentare all'attenzione degli studiosi. Gli è cosi che io posso oftVirc oggi una nuova moneta (1) Gazzeka Costanzo, Memorie storiche dei Tisaotii , conti di De- sana, e notizie delle loro monete. Torino, 1842, in-4, con 6 tav. (2) Promts Dom., Monete delia secca di Desana. Torino , 1863, in-4, con 9 tav. 64 ERCOLE GxNECCUI prodotta nell' officina di Desana ; moneta rimasta finora inedita (3) e sconosciuta. Peso gr. 12,200. D" - DEC... IMPERA • DECIANA • CONO.... Mezzo busto corazzato e laureato a destra. Sotto il busto M. ^ - (conchiglia) sW) NOMEN • DOMINI • BENEDICTVM • C:. Nel campo croce fiorita, i cui quattro bracci terminano in gigli. Nel centro della croce H. Come i lettori avranno subito veduto dal disegno, la moneta ora descritta e una perfetta imitazione di moneta francese, e precisamente del /ranco di En- rico III (1574-89) (4). (3) Dicendo inedita, intendo non pubblicata in alcun' opera vera- mente numismatica, ed escludo da questo numero la grande colluvie di edilli, ordonnances, placcarts, ecc., in alcuno dei quali potrebbe per av- ventura trovarsi il disegno di questa moneta, quantunque io non l'abbia veduta in quelle che esaminai. Queste tariffe sono nel medesimo tempo numerosissime e oltremodo rare , e nessuna biblioteca può vantarsi di possederle al completo; talché una moneta disegnata in queste tariffe si può dire scientificamente inedita, tanto più che queste tariffe non danno che il puro disegno della moneta, spesso assai rozzo, con fre- quenti sbagli di leggenda, e senz' alcun' altra indicazione. Non intendo con ciò di negare alle tariffe la loro importanza, anche dal lato scien- tifico: esse ci conservano la memoria di molte monete, che oggi non esistono più e che forse, senza di esse, non si sarebbero mai conosciute. (4) Cfr. HoFFM.VNN, Les monnaies royales de France. Paris , 1878 , in-4., pag. 135, tav. LXXVI, n. 25. APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 65 Ad eccezione della leggenda del diritto, tutto fu imitato esattamente dalla moneta francese; persino la lettera M sotto il busto, sigla della zecca di To- losa; la lettera H, nel rovescio, iniziale di HENRICVS, e l'emblema della conchiglia, marca dello zecchiere. — La leggenda del diritto, che a primo aspetto sembra un poco strana, deve completarsi così : DECIVS ■ IM- PERATOR • DECIAN/€ • CONDITOR. Questa leggenda non è nuova fra le monete di questa zecca ; già il Kunz aveva pubblicato nel Pe- riodico di Numismatica e Sfragistica (5) un scsi/io ano- nimo di Desana, portante nel diritto una testa lau- reata d'imperatore, colla leggenda: DECIVS • IM • DECI ■ CONiditor). Anche il Morel-Fatio, in una sua pubblicazione su monete inedite di questa zecca '^6) pubblica una mo- netina da lui attribuita a Delfino Tizzoni, perfetta imitazione del doppio toniese di Enrico HI di Francia, colla identica leggenda. Domenico Fromis poi, nel- l'opera citata sulle monete di Desana (p. 39), parlando delle monete di Delfino Tizzoni, cita da documenti " mezzi grossi fatti ad imitazione di quelli del Mon- " ferrato, con Santa Beatrice da una parte e dal- " l'altra con una testa d'imperatore e DECIVS • IMPE- " RATOR-FVNDATOR- DECIANAE., leggenda allusiva alla " moda di quest'ei)Oca, nella quale romanzescamente " cercavasi l'origine delle città e delle famiglie, onde " Desana si volle avesse origine da Decio Trajano „. Questa leggenda del diritto m'induce poi, per analogia, ad attribuire la mia anonima moneta a (5) Kunz C, // Musco Bnllacin aniifsso alla Civica Biblioteca e Museo di Padova (Period. di Xunt. e Sfrai^istica. Voi. Ili, 1871, pag. 275, tav. XI, 9). (6) Morel-Fatm, Monnaies incditcs de Desaiia, Friiico et Passeraio {Revue Num. fr., 1865, pag., 98 tav. V, 25). 66 ERCOLE GNECCHI Delfino Tizzoni (1583-98). Questi infatti, a preferenza del suo antecessore Agostino, e del suo successore Antonio Maria, che imitarono monete d'altri Stati, pare avesse preso a modello delle sue monete quelle di Enrico III di Francia, di cui imitò spudoratamente, mettendovi anche il suo nome, il gros de Nesle, il douzain, il doppio tornese , il Hard au Saint-Esprit, il Hard au daupinn, ecc. ecc. In tutta la scric delle monete di Desana non ne trovo alcuna che corrisponda al peso della mia. Nelle convenzioni stipulate tra il Conte Delfino Tiz- zoni e il suo zecchiere, si parla spesso di talleri a 10 per marco e da once 4 a once 5,12 per libbra. — Su questa base la mia moneta dovrebbe essere un mezzo tallero. Il peso di gr. 12,200 vi corrisponde. 11 titolo però appare visibilmente assai inferiore, non- ché a quella del franco francese, col quale si voleva confonderla, ma anche a quello che era stato conve- nuto pei talleri. " Questa immensa "quantità e grande varietà di monete false — dice il Promis — come dai docu- menti risulta, sempre si lavoravano per conto di mercanti che in contrabbando le portavano in diversi Stati, le monete dei quali facevano contraff'are (?) „. Così uno di questi agenti portava a Vienna i talleri fatti ad imitazione di quelli imperiali ; altri portavano a Piacenza, a Parma, a Modena, le parpagliole ed i sesini imitati da monete di quelle zecche. Così pure ci consta che " certi mercanti francesi prendevano per smerciare in quel regno, assicurati dal maestro sino al Finale sul mare ligustico, le varie specie basse che si contraff'acevano a quelle di Enrico III (S'. (7) Op. cit., pag. 41. (8) Promis, Op. cit., pag. 41. APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 67 Per tal modo il Tizzoni nascondeva meglio la sua vergognosa speculazione, mandando a spendere lontano le sue monete falsificate, e sottraendolc al- l'occhio vigile e rigoroso del Duca di Savoja, Carlo Emanuele I, il cjuale già in varie occasioni aveva pubblicato dei bandi per proibire tutte le falsificazioni che si producevano nel Monferrato, a Messerano, Desana, Coconato, Frinco, e in altre piccole zecche de' suoi Stati. Accennerò, per finire, che un altro principe ita- liano, contemporaneo a Delfino Tizzoni, forse dietro suo esempio, imitò il franco di Enrico III. — Giulio Cesare Gonzaga, conte di Pomponcsco (1583-93) co- niava in questa sua zecca l' identica moneta , met- tendovi però il suo nome. Questa moneta fu pub- blicata pel primo dal Dott. E. Dcmole , Conserva- tore del Gabinetto Num. di Ginevra, che ne tolse il disegno da un libro dove sono notati i saggi ese- guiti nella zecca di Zurigo (9). La moneta fu poi ri- pubblicata dal Conte Papadopoli nella Rivista Italiana di Num. ('°), che la riportò da un esemplare eftcttivo della sua Collezione. (9) Demole E., Monitaies inrdites d'Italie figiir-ces dans le livre d'essai de la Mannaie de Ziirich {Revue belge, i883, pag. 417, tav. XI, n. 8). (io) Papadopoli N., Monete italiane inedite della raccolta Papadopoli (Riv. 11. di Xum., 1893, pag- 319-321, fig)- 68 ERCOLE GNECCHI XII. IL " BEZZO „ INEDITO DI MARCO ANTONIO MEMMO. Il valentissimo numismatico Conte Nicolò Papa- dopoli, nella erudita sua opera Le monete inedite della Zecca veneziana (i), dopo aver pubblicato il bezzo (2) del doge Leonardo Donato, aggiunge : " Io non credo che questo e gli altri bezzi già pubblicati di questo doge sieno prove di zecca, come afferma il Padovan, poiché bisogna considerare che da poco tempo si era ritirata una massa di sesini e quattrini di biglione, per le molte imitazioni di puro rame, fatte dalle piccole zecche italiane, e che mentre le popolazioni mancavano di moneta minuta, il Go- verno non osava mettere in circolazione altra moneta di mistura, temendo per nuove falsificazioni i danni e le perturbazioni prodottesi nei tempi passati. Re- puto invece più probabile che dinanzi alle domande ripetute che venivano dalle provincia, il Senato abbia concesso la coniazione delle monete di cui ora par- liamo, ma variandone il conio di volta in volta, ed in quantità limitata , il che spiega la loro attuale rarità. Non mi riesci di trovare alcun documento che rischiarasse i mici dubbi, ma mi confermano nell'opi- (i) Venezia, Antonelli, 1881. (2) Dalla voce illirica B'ecs, piccola moneta. APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 69 nione esposta, la cura nella incisione, assai maggiore di quella che si era soliti ad usare in moneta di poco valore , e la iscrizione siibditis ovvero subditorum comoditati che indica sufficientemente lo scopo di tale moneta „. Il chiar.""" Autore pubblica poi il bezzo del doge Giovanni Bembo e vi fa seguire questa osservazione : " Il Sig. Padovan crede anche questa moneta una prova di zecca, ma io invece trovo , nel ripe- tersi della stessa moneta sotto più dogi , un nuovo argomento a faVore della mia opinione „. Ora godo di poter anch'io alla mia volta ag- giungere due prove in sostegno dell' opinione del- l'egregio amico Conte Papadopoli. Mi compiaccio innanzi tutto di poter colmare una lacuna , facendo conoscere il bezzo di Marco Antonio Memmo, recen- temente venutomi alle mani, e affatto inedito e sco- nosciuto. 11 tipo di questa moneta , la lega, il peso e il diametro sono identici a quelli dei due bezzi più sopra citati. — Eccone la descrizione : ^ - « MARC • ANTONIVS ■ MEMMO • DVX • Croce gigliata. 9^ — S • MARCVS • VEN • Sotto il leone, diviso da una linea : SVBDITORV - COMODI! - ATI, in tre righe. Oltre la comparsa di questa nuova moneta, ri- porto qui sotto, a conferma dell' opinione del citato Autore, la parte presa in Prcgadi sotto la ducea di 70 ERCOLE GNECCHI Leonardo Donato il i6 dicembre 1606, di certo sfug- gitagli, circa la coniazione di detti bezzi. Resta quindi a mio credere pienamente confer- mato quanto scrisse su questi bezzi V Autore delle Monete inedite della Zecca veneziana. Ercole Gnecchi. DOCUMENTO. 1606 a 16 Dicembre. In Pìcgadi. Che sia data faccultà alli Provveditori nostri in Cecca di poter per commodo della città, la quale si ritrova in strettezza grande di moneta iniìuita far stampare ducati vintimille in tanti becci et soldini, che tengan caratti trecentosessanta per marca d' argento, sì che venghino a rispondere in ragion di lire vintiuna la marca. 79 — 63 4—12 76-78 Coli, die 12 Dicembris 1606. (Senato. — Cecca. — 1606-1607, filza 9). APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 71 XIII. ZECCHINO DI CARLO GONZAGA SIGNORE DI SOLFERINO. Alle poche monete finora conosciute, coniate da Carlo Gonzaga pel suo feudo di Solferino , ho il piacere di portare oggi il mio contributo , offrendo la descrizione di un nuovo zecchino, testé entrato nel mio medagliere. Peso gr. 3,47. ^' - * CAROLVS ♦ GON ♦D + G+S + R*!* PRIN ♦ II prin- cipe in armatura, in piedi, volto a destra. Tiene la mano sinistra sull'impugnatura della spada, e la destra appog- giata al fianco. Testa nuda. 9^ - "E • MARCHIO • SVLFARINI • DO • C Nel campo, stemma Gonzaga colle quattro aquile e nel centro lo scudetto dei leoni e delle sbarre inquartate. Una sola moneta d' oro di questa zecca, pub- blicata dal Portioli ^^\ era nota fino ad oggi ai nu- mismatici. Questa moneta porta nel diritto il busto di (i) Portioli Attilio, Moneta d'oro di Carlo Gonzaga, Signore di Solferino (Period. di Niim. e Sfrag., voi. V, pag. 35-42, tav. I, 7). 72 ERCOLE GNECCHI Carlo, e nel rovescio lo stemma Gonzaga. L'autore dice di non conoscerne il peso e la crede uno di quei doppii fiorini di cui parla il Lotti (^l Nessun documento è rimasto di questa piccola zecca. Non si sa anzitutto in virtù di qual privi- legio Carlo Gonzaga abbia coniato moneta. S'ignora poi se in Solferino vi fosse realmente una zecca, o se, come pare più probabile, Carlo facesse battere queste sue monete in Mantova, o in Venezia , o al- trove a nome di questo suo feudo, per mera osten- tazione, o, come suppone il Portioli (3) , per recar noja al cugino Ferdinando, allora principe di Casti- glione, col quale era in aperta discordia. Bibliografia numismatica della Zecca di Solferino. Affò I, Le monete dei Gonzaga, principi di Castiglione delle Sti- viere e signori di Solferino, in Zanetti, « Nuova raccolta delle monete e zecche d'Italia ». T. Ili, pag. 209-211, tav. XV, 1-8. Depoletti L. , Catalogo di monete italiane medioevali e moderne. Roma, 1882, in-8, pag. 88, tav. ann., n. 1315 (Scudo in arg, unico di Carlo Cionzaga). Kicns Carlo, Il Museo Bottacin annesso alla Civica Biblioteca e Museo di Padova {Period. di Nuiii. e S/rag., voi. I, pag. 259, tav. XIII, nn. 8-9). Papadopoli Nicolò , Monete inedite delle zecche minori dei Gon- zaga [Period. di Ninii. e S/rag., voi. V, pag. 306-307, tav. XI, num. 9-10). Idem, Monete italiane inedite della Raccolta Papadopoli [Riv. Ital. di Num., anno VI, 1893, fase. III, pag. 314, fig). Portioli Attilio, Moneta d' oro di Carlo Gonzaga per Solferino [Period. di Num. e S/rag., voi. V, pag. 35-42, tav. I, n. 7). Zanetti Gìiid' Antonio, Nuova raccolta delle monete e zecche d'Italia. Appendice. Tomo III, pag. 482, tav. XX\'I, 70. (2) Raccolta delle monete battute e spese nella città di Modena, pag. 20 : " Doppii fiorini che tengono da una parte improntata la testa del prin- cipe di Solferino, dall'altra l'arme „. {3) Op. cit., pag. 40. APPUNTI DI NX'MIS.MATICA ITALIANA 73 XIV. UNA NUOVA MONETA DI GIULIO II CON PAX ROMANA. Peso gr. 3,503. ;& - ' + PAX • ROMANA • + • Stemma Della Rovere. In alto le chiavi decussate, sormontate dal triregno. 9 — • ALMA • • ROMA. Nel campo, a d., S. Pietro in piedi colle chiavi nella d., volto a San Paolo , pure in piedi , che tiene la spada nella destra e un libro nella sinistra ; dietro San Paolo, il tridente, cifra delle zecchiere. Per una strana singolarità questo giulio , tut- tora inedito, non porta il nome del pontefice, ma solo il suo stemma. Il Cinagli (') cita due monete da due giulii di questo Papa colla suddetta leggenda, riportandole dal- l'opera dello Scilla '■^), il quale pel primo le ha pub- blicate. Una di queste, e precisamente il pezzo da (i) Le inonelc dei Papi. Fermo, 1848, in-fol., p. 70, n. 16 e 17. (2) Scilla Savkkio, lirevc notizie delle Monete pontificie antiche e moderne sino alle tillinie dell'anno XV del regnante Pontefice Clemente XI. Roma, 1715, in-4, pp. 177 e 216. 74 ercoli; gneccih due giulii, generalmente conosciuto (3,)^ fu poi ripubbli- cata dal Fioravanti (4), e dal Vettori (5), i quali ne danno anche il disegno. Queste monete, colla leggenda PAX ROMANA, fu- rono coniate da Giulio II per ricordai-e la pace so- lenne conclusa, sotto i suoi auspici, fra le famiglie dei Colonna e degli Orsini e sottoscritta in Campi- doglio il 18 agosto del 151 1. Il Fioravanti, nell'opera citata (^) , parla a lungo di questo fatto e pubblica per disteso il relativo Concordato firmato dai capi delle due famiglie. (3) V. il Catalogo della Collezione Rossi {Roma, 1880), p. 300, n. 3883. (4) Fioravanti B., Antiqui romanoruin pontificitm deiiarii a Bene- dicto XI ad Paiiluin III. Romae, 1738, in-4, p. 161 ; p. 158, n. 3. (5) Vettor:, Il fiorino d'oro antico illustrato. Firenze, 1738, in-4, pag- 253. (6) Pag. 161-182. APPUNTI DI NUMISMATICA ITALIANA 75 XV. QUADRUPLA DI ALESSANDRO VII PER A V I G N O N E. Peso gr. 13.100. ^' - ALEXANDER ••■••VII PON • MAX • 1657. Bu.sto del Pontefice, a destra. Testa nuda. Entro il Busto lo Stemma del Vicelegato Gio. Nicolò Conti , circondato dagli attributi di guerra. 9 - PONTIFICATVS •SVI- ANNO • Il •1657. Nel campo Io Stemma Chigi sormontato dalle chiavi e dal triregno. Questo pezzo da 4 scudi d' oro, che non trovo pubblicato in alcuna opera di numismatica, è certa- mente della zecca di Avignone, quantunque non ne porti il nome. Ne fanno fede il suo tipo, piuttosto rozzo, assai simile a quello di pressoché tutte le monete di questa zecca e, pili di tutto, lo stemma del Vicelegato, che vediamo nel diritto. — Questi, come si è detto, è Giovanni Nicolò Conti (0, del quale (i) Le Armi della famiglia Conti di Roma sono di rosso con nn'a'ìiiila spiegata, scaccata d'oro e di nero. 76 E. GN'ECCIII - APrUNTl DI NX'MISM ATICA ITALIANA la carica di Plcelcgato durò dal 23 dicembre 1655 al 28 gcnnajo 1659. Gli attributi di guerra, che circon- dano il suo stemma, indicano il suo titolo di Com- missario delle armi di Sua Santità. È curiosa in questa moneta la leggenda del rovescio : PONTIFICATVS • SVI • ANNO • Il • 1657 , mentre nel rovescio di tutte le monete d'oro di Avignone, tanto di Alessandro VII, quanto de'suoi predecessori, Innocenzo X e Urbano Vili, riportate del Cinagli e da altri, le leggende portano sempre il nome del Car- dinale Legato, e quello della città. Ercole Gnecchi. DI ALCUNE MONETE DELLA ZECCA DI VERONA Nel volume IV della A^iiova racco/Za delle mo- nete e zecche d' Italia Guid' Antonio Zanetti pubbli- cava le dissertazioni del Dionisi sulla zecca di Ve- rona, coll'aggiunta di frequenti note a schiarimento, o rettifica di qualche giudizio espresso dall'erudito veronese. D'allora in poi poche furono le monete di questa zecca, che sfuggite alle pazienti ricerche di quell'e- spertissimo numografo, vennero in luce e rese di pubblica ragione. Ricorderò, fra quelle di cui si hanno i disegni, il denaro di Berengario li, ed il quattrino di Antonio della Scala *'), il grosso tirolino dell'e- poca degli Scaligeri f^) ed il grosso per Verona del conte di Virtù (3). A queste ne aggiungerò qui qualche altra, che non mi occorse di vedere per anco pubblicata. Una fra le più interessanti sembrami quella, di cui dò il disegno al n. i della tavola , proveniente dalla collezione numismatica di Mons. Zanella, passata nel 1881 in proprietà del comune di Trento. li) KuNZ, in Periodico di XiDiiisiiiatiia r f^/rtigislica. Anno li, fase. H. Firenze, 1869. (2) LuscHi.N, in XiiiiiisDi. Zeilsc/in/L Tav. Vili, n. io. Vienna, 1869. (3) G,\v.\zzi, ili Rivisla di Xuniisìii. Italiana. Anno V., fase. 1, 1892. ■^8 GIORGIO CIANI ANONIMA. (Fine del Sec. IX, o principio del X). 1. — Arg., Peso millgr. 910. iD" — + HIXPINOMIN • 6 {In Christi nomine). HI in luogo di IN. Punto fra N ed E. In cerchio: Croce. ]^ — VERO, scritto verticalmente dall'alto in basso, a si nistra N a destra A , e quattro punti disposti simme tricamente nel campo; il tutto in un cerchio. (Concava) Museo di Trento. Tav. II, n. i Essendo corrosa dall'ossido, tanto che in alcun punti è trapassata da piccoli fori, si può ritenere che originariamente il suo peso dovesse essere maggiore e raggiungesse forse i millgr. 1200. È dunque un denaro anonimo battuto a Verona che nel diritto ricorda a primo aspetto quelli di Lo- dovico il Pio (814-840) e di Lotario I (840-855), usciti dalle zecche di Treviso, Venezia, Pavia, Milano e Lucca. Le lettere HI al principio della leggenda vi sembrerebbero messe forse non a caso, ma proba- bilmente per simulare l'HL del HLOTARIVS e HLO- DOVICVS che Icggesi sugli accennati denari. Nel ro- vescio poi è uguale ad altro denaro di Verona (4) , che lo Zanetti attribuì, e parmi giustamente, a Lo- tario li (947-950)- Giudicando però dall'aspetto generale della mo- neta crederei di non errare di molto ritenendo che sia stata battuta in sullo scorcio del IX, o in sul principiare del X secolo, essendo che la forma delle lettere, meno dettagliate di quelle che riscontransi sui menzionati denari di Lotario e Lodovico, accen- (4) Zani; ITI, Op. cit. Tomo IV, tav. IV, n. 15. DI ALCUNE MONETE DELLA ZECCA DI VERONA 79 nerebbe ad un'epoca più tarda, e ci avvicinerebbe invece a quella dei denari coniati da Berengario I (888-924) nelle zecche di Milano e di Pavia. La leggenda : /// Christi nomine che ci richiama alla memoria l'invocazione Nel nome di Dio che por- tano le monete dei Califfi fin dall' Vili e IX secolo, e che qui parrebbe esser stata posta ad antitesi di quella, potrebbe altresì far pensare a un tentativo da parte dei cittadini di Verona per sottrarsi dalla di- pendenza dell'impero ad imitazione di quanto sembra aver fatto, benctiè in condizioni diverse, Venezia, che battè quel suo denaro col Cliriste salva Venecias, che dal Papadopoli è ritenuto della seconda metà del secolo IX (855-880) '5). Non avrei argomenti sufficenti per indicare l'av- venimento che può aver dato occasione alla città di Verona per emettere questa moneta, che le notizie a noi giunte di que' tempi parlano troppo frequente- mente di sommosse di popolo, di discordie de' grandi, e di lotte lunghe e spesso sanguinose fra i preten- denti alla corona d'Italia, delle quali fu campo la città stessa di Verona, dove Berengario I cadde mi- seramente sotto il pugnale dei congiurati. Comunque sia, scopo principale di queste note si è quello di segnalare l'esistenza di una moneta fin' ora, a quanto credo, sconosciuta, onde possa for- mare oggetto di studio per chi si accingerà a scri- vere la storia della zecca di quella illustre città. Oltre il denaro di Lotario II, si conoscono i denari dalle due croci di Berengario II (^), e di Ot- tone I <7) per Verona, dei quali ultimi si hanno nume- rose varietà di conio. (5) Papadopoli, Le ìiioiicte di Veitezia, pag. 22. Venezia, 1893. (6) KuNz, Loc. cit. (7)'Zanetti, Op. cit. T. IV, tav. IV, n. 16. 8o GIORGIO CIANI Seguono quindi quelli che il Kunz, ben a ra- gione, chiama i malagevoli denari dell' epoca degli Enrici, dei quali qui in seguito riporto una breve scric. Alcuni di questi provengono da un ripostiglio venuto in luce nel 1885 a Vadena, nella valle del- l'Adige non lungi da Bolzano, il quale componcvasi quasi esclusivamente di tali monete, che dicesi fos- sero in numero di quattro mila, e che a quanto credo, andò in parte disperso '^'. CORRADO II. (io;6-ioj9). 2. — Arg. Peso niill. 450. tìy — 9RA IMPERATOR - 9R in nesso. — In cerchio : Croce. 9 — -1- VEAORN scritto da destra a sinistra. — In cerchio : Croce. Museo di Trento. Tav. II, n. 2. Questo denaro, mancante di un pezzetto presso all'orlo e alquanto consunto, dovea pesare in origine da 500 a 600 milligr. I segni che precedono l'INPERATOR, potrebbero lasciare qualche dubbio sulla loro sicura interpreta- zione. Devo osservare però che la forma della R, quale si scorge in nesso coU'appendice dcll'O, si in- contra sovente sui denari veronesi di quell'epoca, come si vede chiaramente sui denari figurati ai nn. 8 (8) " A Vadena nell'autunno del 1885 un lavoratore scavando rin- venne presso un gran sasso un tesoretto composto di circa quattromila denari veronesi, e di due monete spettanti ad un vescovo anonimo della Baviera. Un secondo ripostiglio di 200 simili denari di Verona fu sco- perto nel 1887 a Salorno „. Cosi cortesemente mi scrive da Rovereto il Sig. Quintino Perini. DI ALCUNE MONETE DELLA ZECCA DI VERONA Ot e II della tavola. Del resto il rovescio è simile a quello del denaro che il Zanetti attribuì ad Enrico II (1) (1002-1024) (9) ^ ed è piano come quello, mentre i de- nari della zecca di Verona che appartengono vero- similmente ad Enrico III, IV e V sono caucei come le monete dei loro successori fino alla metà circa del XIII secolo, e diversi da questi, di Enrico II e di Corrado II, per la differente disposizione delle lettere del rovescio. L'assegnerei perciò a Corrado II (1026-1039), del quale, per quanto m' è noto, non si conosceva moneta battuta a Verona. ENRICO III (1039-1056), ENRICO IV (1056-1106), ENRICO V (11061125). 3. — Arg., Peso inilL 550. '^ — ENR INPERATO — NR e NP in nesso. In cerchio : Croce. 9 — + VERONA — In cerchio : Croce. Museo di Trento. Tav. II, n. 3. 4. — Arg., Peso mill. 450. ^ — HENRICVSRE — Scritto da destra a sinistra - HE in nesso. In cerchio : Croce. 9 — + VERONA — In cerchio: Croce. (Ripostiglio di Vadena). Museo di Trento. Tav. II, n. 4. 5. — Arg., Peso mill. 580. ^ — HENRICVS — In cerchio : Croce. 9 - + VERONA - e. s. Museo di Trento. Tav. II, n. 5. (9) Zanetti, Op. cit. T. IV, n. 17. 82 GIORGIO CIANI 6. — Arg., Peso mill. 630. ÌB' — HENRICVS — Sopra il V un punto. In cerchio: Croce. 9 - + VERONA - e. s. Museo di Trento. Tav. II, n. 6. •7. — Arg., Peso mlil. 500. ^ — HENRCVS — Dopo 1' R segno arcuato. In cerchio : Croce. I^ — + VERONA — e. s. due segni sopra il V (Ripostiglio di Vadena). Museo di Trento. Tav. II, n. 7. 8. — Arg., Peso mill. 450. ^ — HENRICVS — Scritto da destra a sinistra — HE in nesso. In cerchio : Croce. P - + VERONAI — Scritto da destra a sinistra — e. s. Museo di Trento. Tav. II, n. 8. 9. — Arg., Peso mill. 400. ^ — HCNRICVS — Sopra il V un punto. In cerchio : Croce. 9 — + VERONA - e. s. (Ripostiglio di Vadena). Museo di Trento. Tav. II, n. 9. 10. — Arg., Peso mill. 460. ^ — HENRICVS — HE in nesso. In cerchio : Croce. 9 — + VERONA — Scritto da destra a sinistra. Museo di Trento. Tav. II, n. io. Tutti questi denari dal n. 3 a io, sono concavi al rovescio , e rispettivamente convessi nel diritto. Il peso di un denaro di Enrico II (I) del Museo Co- munale di Trento è di mill. 630 , mentre cento de- nari simili a quelli riprodotti alla tav. II ai nn. 8, 9 e IO pesarono in media mill. 456,70. AH' assaggio questi ultimi diedero 263 millesimi di fino. Escluso dunque il II Enrico, sembra che questi informi denari devano appartenere al III , IV, o V imperatore di egual nome. Verosimilmente i due primi (nn. 3 e 4), dei quali rinvenni un unico esemplare , sono più antichi di DI ALCUNK MONETE DELLA ZECCA DI VEROXA 83 quelli segnati soltanto con HENRICVS, che trovai fre- quenti, ma troppo spesso sì barbaramente coniati da poterli a stento riconoscere. Non avendo alcun dato per assegnarli piuttosto ad uno che ad altro di quei regnanti, non saprei dare a queste monete una più precisa attribuzione. FEDERICO I. (1152 1191). II. — Arg., Peso min. 410. ,iy — FRIDRICVS — Scritto da destra a sinistra. — Il D formato da un I e D. In cerchio : Croce. 9' — + VERONA - Sotto la crocetta un punto. In cerchio: Croce. Museo di Trento. Tav. Ili, n. 11. E il solo, fra molti denari che ebbi ad esami- nare, che rinvenni al nome di un Federico. Essendo esso simile ai denari veronesi degli Enrici e diverso affatto da quelli notoriamente battuti nel secolo XUl, lo assegno senz'altro a Federico Barbarossa. I-: N RICO VI (?) (1191-1197). 12. — Arg., Peso mill. 28. ^ — HENRICVS Iji — + VERONA (.■' Museo di Trento. A complemento della tavola ho voluto dare il disegno di questa monetina, della quale si conserva nel Musco Comunale di Trento un secondo esemplare, di mediocre conservazione e del peso di mill. 330, al- ?) - - In cerchio : Croce. y) - - e. s. Tav. II, n. 12 Q± GIORGIO CIANI quanto diverso per qualche segno, o lettera premessa a qualche altra. Nel diritto sembra che porti il nome di un' En- rico; nell'insieme è simile ai denari di Venezia dei dogi Sebastiano Ziani (1172-1178), Orio Malipiero (1178-1192), ed Enrico Dandolo (1192-1205). Sembra che appartenga a Verona per una certa somiglianza coi denari precedenti degli Enrici, ma io trovo assai oscura, per non dire indecifrabile, la scritta del rovescio. Potrebbe darsi che chi la coniò non si prendesse molta cura per far apparire distin- tamente il nome della città dove questa monetina veniva battuta. Quei segni del resto potrebbero es- sere parti di lettera, per errore, o ad arte, trasposte, il che non parmi del tutto inverosimile. Esaminando difatti i denari veronesi degli En- rici si avverte tosto la singolare varietà di forma della lettera R, qualche volta degenerata in un O con due appendici triangolari, tal' altra in un I con un tratto orizzontale all' estremità superiore ripiegato ad angolo, oppure indicata semplicemente con due linee orizzontali. Nei denari coU'HENRlCVS la R è frequen- temente rappresentata da tre segni ben distinti, il primo un' asta verticale, il secondo un C rovescio, o meglio una mezzaluna, il terzo un segno di forma triangolare. Questa pratica di rappresentare le lettere di- vise in più parti sembrami sia stata impiegata al- tresì nel denaro che precedentemente ho attribuito con molta riserva ad Enrico VI, e pare siasi conti- nuata anche per i piccoli e grossi della prima metà del XIII secolo. Queste monete notissime ai racco- glitori portano una scritta che il Dionisi, lo Sperges, il Vcrci, il Giovanelli ed altri ritenevano doversi leg- DI ALCUNE MONETE DELLA ZECCA DI VERONA gere: CI-VI CI-VE o CI VI CIEV, e che tentarono di spie- gare con molti eruditi ragionamenti (i°). Se si esamina però attentamente quelle monete, si vede che esse portano distintamente un F e non già un E, e che il segno di torma triangolare non è certamente un V, e per accertarsene basta fare il confronto col V e coli' E del VERONA della moneta stessa; il C rovescio poi mancante dell'appendice superiore, dopo quanto ho notato a proposito della R sui denari precedenti, parmi che sia la parte curva della R. Que' segni, o parti di lettera, furono disposti va- riamente dallo zecchiere in modo però da ottenere sempre nei quattro spazii fra le braccia della croce una disposizione simmetrica ; riuniti e riordinati for- mano un FR IR, che interpreterei per FREDERICVS IM- PERATOR, il nome infine di un imperatore Federico che non può essere che il li. Che Verona dal 1212-1250 segnasse sulla sua moneta il nome dell'imperatore regnante, come avea praticato in passato, sembrami afiatto conforme al- l'uso ed al diritto di quei tempi. Si potrebbe domandare per qual motivo il nome dell' imperatore non sia stato espresso chiaramente su queste monete nel modo stesso usato per il VE- RONA del rovescio. Alla quale domanda non potrei rispondere se non entrando nel campo troppo incerto delle supposizioni. Osserverò tuttavia che l' uso di que' segni, cer- tamente poco noti ai più, era invalso nella zecca di (io) Il Dionisi spiegava quei segni con: Chnlas Eiiganea Civilas luris, e Civilas Versa Civilas l'icla; il barone Sperges con Civilas Verona, il Verci con Cives Veroneiises Civili Vicloria (Zanetù, Op. cit.); il Conte Giovanelli con Civilalis Veronae Cives l'icaiii, oppure Civilas Veronae Civilas Vicenliae ([ntorno all'antica zecca trentina, pag. 28). 86 GIORGIO CIANI Verona fino dal secolo precedente per segnare sulle monete il nome dell'imperatore, e ne sono prova le difficili e barbare iscrizioni che si riscontrano sui de- nari degli Enrici, dei quali diedi qualche esempio. Sono pur noti i grossi che dalla scala messa in fine alla scritta nìostrano essere stati battuti allorché Verona era soggetta alla signoria degli Scaligeri. Su questi vedesi distintamente, in luogo della F^ un E a dinotare l'imperatore Enrico VII (1310-1314), il quale nel 131 1 avca conferito a Can Grande (1304-1329) il titolo e r autorità di Vicario imperiale, e con tale atto avea accresciuta la potenza degli Scaligeri in Verona. Esistono pure i così detti mediatini, e certi altri piccoli di Verona i quali portano effettivamente Cl- VE GIVI o GIVI CI-VI ; ma sia perchè il G è chiuso (a), come per altri indizi, si avverte tosto esser stati bat- tuti alla fine del XIII, o nel XIV secolo ad imita- zione dell' antica moneta veronese, che era ben ac- cetta, ed assai diffusa anche oltre i confini del ter- ritorio di Verona, e spettano forse allo stesso Can Grande, che nel 1312 era stato altresì insignito della autorità di Vicario imperiale di Vicenza. MASSIMILIANO imperatore. (1509-1516). 13. — Mistura, Peso mill. 720. ^' — MAXIMILIANVS CAESAR — Busto corazzato e co- ronato dell'imperatore, volto a sinistra. DI ALCUNE MONETE DELLA ZECCA DI VERONA 87 9 — • S • ZENO • PROTEO • VERONAE — Il santo mitrato, seduto a destra, benedicente, col pastorale e la canna da pescatore col pesce all'amo. Museo di Trento. Non ricordo di aver veduta pubblicata fin' ora questa monetina, che è forse un sesino, di cui non fa cenno il Zanetti. Sembra che il conio di questo grazioso nummolo sia lavoro di quel valente artista del quale abbiamo alcune belle monete col busto dello stesso imperatore, battute a Verona nel 15 15 e 1516, oggi divenute assai rare. Nel chiudere questi appunti mi sia lecito rinno- vare il voto , altre volte espresso dal Kunz , che qualche erudito rifaccia la storia dell' antica zecca veronese, le cui origini, fin' ora incerte, si vuole ri- salgano all'epoca dei Longobardi. Trento, Novembre iS()4. Giorgio Ciani. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI XXIV. DI UNA GROSSA MONETA PER IL LEX'ANTE. Fra le monete italiane del Museo Imperiale di Pietroburgo è conservato questo cimelio, che per l'ordinamento imperfetto della serie j^oco studiata colà, pareva destinato a rimanere per molto tempo ancora sconosciuto a noi. 11 merito della scoperta spetta interamente a S. A. R. il Principe di Napoli, il quale non ha mai trascurato ne' suoi viaggi al- l' estero di visitare attentamente le collezioni, spinto dall' amore vivissimo allo studio della numismatica Italiana, e guidato da una vera competenza in ma- teria, teoricamente e praticamente acquistata con una costante applicazione. Fu nel suo ultimo viaggio in Russia nel di- 90 GIUSEPPE RUGGERO cembrc dell' anno scorso, che S. A. R. vide la mo- neta, e si tu con tutta la soddisfazione del vero Num- mofilo che rivolse allo scrivente le parole: " Ecco " il calco di una moneta che manca davvero alle " sue tavole „. E ben legittimo era il compiacimento di S. A., perchè non vi ha cenno fra i documenti nò fra gli scrittori di cose Genovesi, di altra moneta destinata al Levante all' infuori dei soliti luigini , e tanto meno poi per un' epoca già distante della fine dei luigini stessi. Infatti , l' ultimo anno segnato su questi è il 1669 , che fin dai suoi primi mesi vide chiusi i mercati d' Oriente a queste monetine, delle quali oramai tutti conoscono le vicende. La specu- lazione della monetazione a titolo ridotto per il Le- vante, ha cominciato ben presto in Italia e prima che finisse il secolo XVI; basterà citare alcuni degli esempi più conosciuti. Ferdinando de' Medici fece co- niare dei giull : Modena, pare che destinasse a quel- r uso un giulio col nome della Duchessa Virginia de' Medici; Pesaro, coniò appositamente de'giuli con due Santi: Parma, una moneta da soldi 9 (1*. Poi da alcune di queste e da altre zecche vennero fuori talleri speciali per tipo e per titolo, ma fu poco prima del 1660 che acquistò favore in Levante lo spaccio dei luigini Francesi buoni, al titolo di 920 mill. circa, ossia di oncie 11. A questi tennero dietro le contraffazioni e successive riduzioni di titolo, per profittare della sti"aordinaria ricerca che ne facevano gli Orientali; ed anche da noi in molte piccole zecche (i) Per Firenze, Vedi Orsini, Monete dei Gramiucìii, pag. 59, mi. 26, e 27, e Zanetti, Voi. V, pag. 222, nota 185. — Per Modena, V. Affò in Zanetti, Voi. V, pag. 221, nota 175; e disegno in Crespellani, Z«cca di Modena, Tav. Vili, n. 63. — Per Pesaro, V. Zanetti, Voi. I, pag. 120, nn. 25, 32, 33, Voi. V, pag. 221, nota 173. — Per Parma, V. Affò in Za- netti, Voi. V, pag. 214 e Tav. IX, n. 120. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI QI se ne coniarono quantità enormi. Intanto il titolo di- minuiva ognor di più tanto che nel 1668 e 1669, i migliori erano ad oncie 5 ed oncie 4 ; ed i poveri Turchi dopo di aver pagato ben caro il loro capriccio per quelle monetine, ebbero tutte le ragioni per non volerne piìi sapere. Ho ritenuto fino ad oggi, che da quel momento non si fosse più pensato, almeno in Genova, a coniar moneta pel Levante; ma questo pezzo del Museo di Pietroburgo viene a far palese o l'intenzione oppur il fatto di nuovi tentativi, e richiama alla mente un certo passo dell'Accinelli i^\ all'anno 1675 : " . . . . quando " passato il nuovo Residente Spinola con un vascello " da guerra ed altro mercantile in Costantinopoli, " fecero i Francesi correr la voce, che in questo vi " fossero monete d'oro e d'argento di bassa lega „. La moneta essendo a vero fior di conio, il calco è riuscito perfettamente in ogni minimo particolare, come si può vedere dal disegno che su quello ho potuto eseguire. ^ — DVX • ET . GVBER • REIP • GENV ■ 1677 * I « L * M (Io. Lucas Maiolus, sovrastante dal 1673 al 1679I Stemma Genovese in uno scudo ornato con cartocci e coronato, tra due rami di palma. P — Grifone rivolto a sinistra con scettro nella destra alzata, appoggiando la sinistra sopra uno scudo accartoc- ciato contenente un'iscrizione turca su quattro righe. L'aspetto della moneta indicherebbe un basso titolo, ma il Chiar. De Markoff conservatore del Museo per la parte orientale, al quale mi sono ri- volto per i dati occorrenti, mi assicurò che è formata del più puro argento. Il peso è di gr. 27,12. (2) Coiitpeiìiiio (ielle Storie di Genova, ctc. Lipsin, 1750. Vedi voi. I. 92 GIUSEPPE RUGGERO 11 lavoro d'incisione è bellissimo ; ma l'iscrizione del rovescio tradisce l'ignoranza di chi l'ha composta. Le lettere sono slegate, e non si è tenuto conto delle diverse loro forme iniziali, medie e finali, secondo il posto relativo nelle parole, lasciando anche qualche dubbio per alcune lettere, causa di incertezza nella interpretazione. Infatti, il De Markoff legge : " tre — argento — buono — nove „ : il Comm. Lasinio del- l'Istituto di Studi superiori in Firenze, si trova d'ac- cordo per le tre ultime linee, ma non per la prima che, secondo lui, non può significare altro che aspro, moneta orientale: e sostiene la propria interpreta- zione anche dopo aver avuto conoscenza di quella del De Markoff". La lezione del Prof. Lasinio si pre- senta come più accettabile, evitando i due numeri nelle righe estreme, che non son fatti per facilitare il senso della inscrizione. Potrebbe anche spiegarsi la diff"erenza fra le due lezioni qualora, come pare, la parola aspro sia usata dai Turchi anche per un terzo. Contuttociò non possiamo rallegrarci di so- verchio, perchè il significato stesso rimane ancora abbastanza incerto, e tutt'al più si potrebbe credere che si tratti di una moneta che dovesse avere 9 di fino, sottointendendo onde, secondo 1' uso di segnare cosi il titolo dell'argento. In questa incertezza, è prudenza di non perderci in molte ipotesi, non avendosi altri dati sicuri allo infuori del peso. Questo, coincide col peso dei rea- loni da 8 coniati nel 1666 pel commercio colla Spagna, nello stesso modo che coincidono anche i diametri. Il titolo dei realoni era di 913 milk, e tale potrebbe anche essere quello della presente moneta, nel caso che il De Markoff" non avesse fondato la propria asser- zione sopra un vero saggio del metallo. Ma se, come debbo credere, quel saggio alla pietra è stato fatto, e l'argento è veramente del più puro, allora questo ANNOTAZIONI NLMISMATICIIE GENOVESI 93 pezzo si appalesa come una semplice prova del pro- getto di una moneta, che con tutta probabilità non ha avuto attuazione. Confermerebbe in parte questa conclusione, il fatto di trovarsi questo pezzo come unico rappresentante della specie , mentre i Uligini Genovesi, molto rari da noi, sono per contro facili a rinvenirsi in Levante. Si comprenderà meglio adesso perchè non ho creduto di insistere nello studio del valore. Mi e grato di potere pubblicamente segnalare la cortese sollecitudine del Prof. De IMarkofif nel favo- rirmi i dati richiesti, e del Comm. Lasinio nell' ar- rendersi alla preghiera di studiare l' inscrizione. A Sua A. R. il principe di Napoli, oltre la mia più sen- tita gratitudine personale, è dovuta pur quella di tutti i cultori della numismatica nazionale, per questo importante contributo alla medesima. Firenze. GiusKi'i'E Ruggero, A TRAVERS LES COLLECTIONS NUxMISxMATIQUES DU e A IRE MoNNAiEs Inédités ou Rares, des Nomes, ou an-ciennes Préfectures de l' Egvpte. NOME DIOPOLITES. (T R A J A N). I. — /ly — Legende illisible, Buste laure de Trajan à droite. 1> — AIOTTO date disparue , Divinité? debout à gauche, se retournant à droite, la main droite pendant le long du corps, de l'autre étendue elle tient un animai? probablement un bélier. yE io ('). Coli. Solini Kahil (2). La similitude de t_vpe, de cette rare pièce, à quelques légères modifications près, avec les numéros 40 Voi. \'[ de Mionnet, i P. 71 de Tochon, 12 P. 7 de V. Langlois, i P. i r de M.r J. de Rougé, fait qu'à mon avis ce grand bronze ne peut ètre attribuc qu'à Diopolis la grande. (i) La conscrvation dcs monnaies que jc vais décrirc n'ótant pas des meilleures, je crois inutile de Ics donner en pianelle. Je garantis ce- pendant la fìdele exactitudc de nies descriptions. (2) M.r Sclini Kahil est un collcctionneur qui a su, par lui nicnic, à force de travail et de pcrscvcrance, se taire u;ie niagn;fH|uc Collcction de monnaies Ptolénaiques et Alexandrines. 96 E. D. J. UUTILH NOME LYCOPOLITES? OU CYNOPOLITES? (T R A J A N). 2. — ^ — Legende illisible, Buste laure de Trajan à droite. 51 — Legende disparue, L — IB. Divinile? debout , à gauche se retournant à droite, de la main droite éten- due elle tient un animai invisible? à ses pieds debout, et bien caractérisé se tient un loup? ou un chien? AL io. Coli. G. Dattari (3). C'est cet animai qui me fait attribuer cette monnaie à Fune ou à l'autre de ces localités, je ne le fais toutefois, que sous tonte réserve, et en attendant qu'un exemplaire mieux conserve me permette de confirmer ou de retracter la présente attribution. NOME IIERMOPOLITES. (T R A J A N). 3. - ^' TPAIAN . C€B . rePM . AAKIK. Buste laure de Trajan à droite. R' - . . . . nOA€IT . . . . L— lE, Thoth? ou Mer- cure? debout à gauche, coiffé du diadème Atef, il tient un C3'nocéphale ayant le disque sur la tète de la main droite, et un caducé dans la gauche, à ses pieds un Ibis. a: io. Coli. Selim Kahil. (3) M.r G. Dattari pcrsonnifie l' antiquaire passionnc, et le tra- vailleur infatigablc ; il a su rcunir en très peu de temps, une très intéressante serie de monuments égyptiens ; ses Collections Numisma- tiqucs seront bientòt les plus riches du Pays. Gentleman parfait, il est très accessible et s'estiine heureux lorsqu'on lui fournit l'occasion de faire les honneurs de ce qu'il appelle son sanctuaire. A TRAVERS LE3 COLLECTIONS NU.\!I5^f. DU CAIRE 97 Cette monnaie ne parait inedite que par la date (15.""^ année). Gomme type de revers, elle serait une variété de celle décrite par Tochon, P. 115, n. i, et par M.r J. de Rougé, Monnaies des Nomes , note après le n. i, P. 25 et extrait de r Annuaire de la Soc. Fraìi^aisc de Nian. et d'Ardi. pour 1882, P. 6, n. I. NOME HERMOPOLITES. (ANTONI N). 4. — ^' — Légend? presque illisible, Tòte lauree d'Antonin. ^ — no — H. Thoth? ou INbrcure? de- bout à gauche, tenant de la droite étendue un Ibis, et un caducé dans la gauche; à ses pieds, dressé à droite, un Uréus. ìE IO. Coli. G. Dattari. Cet Uréus dressé au.x pieds de Thoth affirmerait il son pouvoir divin? ou ne se trouverait-il là que comme une pro- phétie allégorique que la Science devicndrait le mobile de rUnivers et finirait par dominer le monde ? Cette monnaie de première rareté serait un second CKcmplaire de celle décrite par Sestini dans la Descripti') Nitmonim Vcleruiii, P. 559. Elle a suscité les regrets de Tochon d'Annec}-, P. rry, de ce que cet auteur ne l'avait pas fait graver ; toutefois il en donne la description de son confrère. NOME I lERACLEOPOLlTES. (T R A j A Nj. 5. - ir - AYT • K . TPAIAN • TEPM • AAKIK . L IB. Buste laure de Trajan à droite. 9/ - nOAGITHC • NOMOC • L IB. I lercule debout à gauche, tenant de la droite étendue un grifion, sa massue dans la gauche. Al io. Coli. G. Dattari. 98 E. D. J. DUTILH V. Langlois, P. 29, n. 50, décrit une monnaie qui ne serait qu'une variété de la présente, puisqu' elle porte à l'avers la téte au lieu du buste de Trajan. M.r J. de Rougé, Monnaies des Nomes, P. 29 n. 3, en décrit aussi une, mais d'après la référence qu'il donne, cette pièce serait la méme que celle décrite par V. Langlois, et celle portant le n. 3527 dans le Catalogue G."' di Demetrio. NOME ARSINOITES. (H A D R I E N). 6. — ^ — Legende illisible, Buste laure d'Hadrien à droite. 5* — • • • • ITHC . L— Z . (an 7). Jeune divinité? de- bout à gauche, tenant sur la main droite un buste d'Ar- sinoé et la harpée dans la gauche. /E 9. Coli. G. Dattari. Tout en souhaitant la bienvenue à cette nouvelle monnaie, de grand module, d'Hadrien pour ce nome, je crois devoir ajouter, que le revers est identique à celui dé- crit par Tochon, P. 127, n. 2 , et M.r F. Feuardent, Coli.""' G."' Demetrio n. 3533, sauf pour la date et le sceptre, la di- vinité de mon exemplaire porte la harpée au lieu du sceptre et la médaille est datée de l'an 7. NOME ATHRIBITES. (T R A J A N). 7. - ^^ - AYT . TPAIAN . C€B • r€M . (sic) AAKIK. Téte lauree de Trajan à droite. 9 — A9PIBI .... L— IB. llathor drapée , debout à gauche, portant un épervier et dans la gauche un sceptre. it IO. Coli. G. Dattari. Cette monnaie ne parait inèdite que par l' erreur du graveur, qui a omis dans la legende de l'avers la lettre P A TRAVERS LES COLLECTIONS NUMISM. DU CAIRE 99 dans le titre r€PM et par la date de l'an 12; sans cela elle serait la méme que celle décrite par Tochon, P. 177, n. 2, par Langlois, n. 92, et par Feuardent, n. 3556. NOME ATHRIBITES. (T R A J A N). 8. — Meme pièce de l'an 13; la seule particularité qu'elle présente sur celle décrite par les auteurs précités, c'est que le sceptre que tient la déesse sur mon exemplaire, est très long et qu'elle l'appuie à terre. AL io. Coli. G. Dattari. NOME PROSOPITES. (MARC' AURKLE). 9. —ÌB" — Legende illisible, Tute nue de Marc'Aurèle à droite. 9 -- • • • TTITHC . L — H. Ouoique trcs rare, une monnaie analogue a été décrite par Tochon, P. 183, et par M.r J. de Rougé, Mann, des Noiites, P. 51, n. 2, comme faisant partie du Cabinet Numismatique de \'ienne. AL. 9. Coli. G. Dattari. N O M !•: X O I T E S. (TRAJAN). 10. - 3' - TPAIAN . C6B . TEP Buste laure de Trajan à droite. I^ — NOMOCiOITHC- Déesse? debout de face, la téte tournée à gauche ; de la main droite étendue elle tient un bélier; on dirait que la gauche, qui est également tendue, a le poing ferme; à ses picds, à droite entre les replies de sa robe, un autre bélier debout. /E io. Coli. G. Dattari. Cette pièce parait ètra une variété de celle décrite par M.r J. de Rougé dans ses Moniiaics dcs Nantes, P. 53, n. 3. lOO E. D. J. DUTILII NOME XOITES. (ANTOMN). 11. — ^ — Legende illisible. 9 — sO€ITHC . L— H. Divinile barbue, debout à gauche, tenant un animai (peut ètre un bélier?) dans la main droite, la gauche appuyée sur un long sceptre. JE 9. Coli. Selim Kahil. Il est regrettable que la conservation de cette monnaie laisse beaucoup à désirer , puisqu'elle parait tout à fait nouvelle. NOME SAITES. (M A R C A U R È L E). 12. - ;& - AYP . HAIOC KA . . . Tète nue de Marc' Aurèle à droite. 9"' - CAEITHC NOMOC . L— H. Minerve debout à gauche, une chouette dans la droite, la gauche sur son bouclier appuyé à terre. AL 9. Coli. G. Dattari. Une nouvelle pièce ancore. Jusqu'ici il n'a pas été men- tionné, que je sache, aucun grand bronze du jeune Cesar pour ce nome. Elle varie encore des Monnaies d' Antonin connues jusqu'ici, pour cette localité, par le déterminatif NOMOC. Gomme les monnaies d'Antonin battues pour les an- ciennes préfectures de rEg3-pte, présentent absolument le mème type que celles de son fils adoptif, il est plus que probable, d'après Tochon, P. 183, que la science sera ap- pelée , un jour , à enregistrer un grand bronze d'Antonin, ayant le méme revers que celui que je viens de décrire. A TRAVF.RS LES COLLECTIONS NUMISM. DU CAIRE lOI NOME LETOPOLITES. (T R A J A N). 13. — ,iy — . . . . TPAIAN .... Tète lauree de Trajan à droite. 9* Legende et date disparues, jeunes divinité debout à droite, tenant dans la droite étendue un ichneumon? la gauche appu3-ée sur un long sceptre. JE io. Col!. G. Dattari. Ce n'est que l'animai que tient la divinité, qui fait que j'attribue cette rare pièce à ce nome;je ne le fais du reste que sous toute réserve, et dans l'attente d'un second exem- plaire de meilleure conservation. NOME MARÉOTES. (ANTONIN). 14. - ^^ - AYT . K . T . AIA . AAP . ANT00N6INOC . C€B . EYC Téte lauree d'Antonin à droite. 9 - MAPECOTHC . . . . l" Eìivinité ? Coiffée du di- sque, debout à gauche, portant un bélier dans la droite; de la gauche relevée elle s'appuie sur la baste. /E io. Coli. Seliin Kahil. Si je ne me trompe, cet e.xemplaire serait le 3.""' connu pour cette localité. Le premier, qui appartient au cabinet de France, a été dOcrit par Tochon, P. 240, qui le reproduit, P. 238, par V. Langlois, n. 142, et par M.r J. de Rougé, P. 70, n. i. Le second fait partie des CoUections monétaires du Musée Britanniquc, et a été publié par Mr. Reginald Stuart Poole, sous le n. 18 dans Ics catalogues de cette institution. Chose digne de remarque, sur l'inscription de la date de ces trois e.xemplaires, la lettre L, déterminant l'année, est gravée sous la lettre numerai H (8). N'y aurait-il cu qu'un coin? ou une seule émission de cette monnaie? de là, son extrème rareté. Le taire, Jiiillet i8()4. E. D. J. DUTILH. DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI PER LA STORIA DELLA ZECCA DI MILANO PARTE SECONDA. PERIODO SFORZESCO {Co)tli>inaiio)ie). 344. — 1479, luglio 30, Milano. — Grida sulle monete e limitazione di quelle d'argento, e conferma di altre gride [Reg. Panig., Y\. 26. - Bcllati, Mss.]. u Li grossi da soldi .kx che debano essere dcn. vij pexi grani xxij luno soldi xx. « Li grossi da soldi x che deblxjiio esser dcn. iiij gr. vj lune soldi X. u Li grossi da sol. viij che debbeno essere den. iij gran, iiij luno soldi viij. « Li grossi da sol. cinque che debbeno essere den. ij e mezzo luno sol. v. (1 Li grossi da sol. iiij luno soldi iiij « Li grossi da sol. iij luno sol. iij. u Li trentini sol. ij den. vj. « Li grossi chavevano corso den. xxvij sol. ij den. o. « Quidecivi, soldini, srxiiii, quintini et trclinc ]5er il precio suo dal quale son denominate ". Delle forestiere: " Li troni viv.etiani sol. xiij. « Li niarceli vriictiani cioè mezi gi'ossi sol. vj. den. vj. « Li marciteti novi s. o den. viij. 104 EMILIO MOTTA « Li noviìii et dcsdotini de geiwa per il corso suo date ex nomine. « Li grossi maiitoani dal tabeniacnlo sol. vij den. x. Il Li grossi montoaiii novi dala testa sol. xiij. . j i\ % De moneta fa/sa et tonsa. DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCIII, ECC. I09 zecca di Milano, " scarsitias et largitias dictae Ceche „ do- nategli dal duca di Milano, per L. 8000 imperiali, piij altre L. 400 da versare alla fabbrica del duomo di Milano \Tri- vnlziana. Cod. 1817, fol. 263, IV. — Cod. 1822 ibi. 165). 360. — 1481, ottobre 30, Milano. — Decreto sul valore delle monete d'oro e perché non si spendano, né si tengano i trecihi, i gatteschi ed altre monete forastiere [A'';^,''. Panig., II. 121 - Sellati, Mss.]. 361. — 1482, febbraio 8, Milano. ~ Decreto relativo al valore delle monete d'oro e dei grossi da soldi 20 e delle &' monete nostrane e forastiere tosate, bandite |A'^'^''. Paìii. II. 145 — Bcllati, Mss.]. i •' « El ducato tcslùiìo et vnictiano de bono et justo pe.xo se spendano da calende aprili inanzi libr. iiij sol. v. " El ducalo largito de bono et justo pe.xo se spenda libr. iiij sol. iiij. u Li scuti de fraiiza de grani tre libr. iij sol. xvij. « Fiorini de Reno de grani tre libr. iij sol. iiij. " Grossi da soldi .xx debono essere denarj vij |)eso giani xxij luno se spendano dal diete calende inanzc sol. xx et deii. vj libr. j s. o d. vj ". 362. — 1482, aprile r, Milano. — Decreto di proroga alla grida delle monete fino alle Calende di maggio [Reg. Ring., II. 147 t. - Bellati, Mss.|. 363. — 1483, ottobre 4, Milano. — Il duca di Milano " ad complacentia del Ambasiatore „ degli Svizzeri, per- mette a maestro Guglielmo di ^llleinagiia di battere oro e argento nella casa da Andrea Candiani, da lui affittata in Milano [Ardi, civico. Lett. ducali 1478-88 fol. 166 t. — Bull, stor. della Svi::. Italiana, 1883 p. 173] (69'. (69) Qui veramente trattasi di un /xt/Ziloro, e non di un monetario, ragione per la quale omettiamo molti altri, numerosi, conosciuti docu- menti, che giovar potranno ad uno studio forse di la da venire sull'ore- ficeria milanese. no KMll.lO MOTTA 364. — 1484, maggio io, Milano. — Grida relativa al deprezzamento di soldi uno per ogni ducato [Reg. Panig., II. 20 r. - B diati, Mss.]. 11 Limitatione e questa: (I El ducato testano de bono et justo pexo libr. iiij sol. x. il Ducato 'i'eiictiauo de bono justo pexo libr. iiij sol. x. u Ducato uiigaro de bono et justo pexo libr. iiij sol. x. « Ducato scnoviiio de bono et justo pexo libr. iiij sol. x. « Declarando che se alchuno deli suprascripti ducati testoni venetiani, ungari et zenovini se trovarano calare uno grano, tunc et eo casu calino de valuta uno pegiono per pezo et ca- lando de uno grano in suso non si possine spendere per niente et non habiano corso in lo dominio ducale. u Ducato largo de qualuncha stampo de bono et justo pexo libr. iiij sol. viiij. u Et calando dicto ducato largo uno grano cali ancora de valuta uno pegione per pezo, et da uno grano in suso non se posseno spendere. u Ducato rovcriiìo non calando più de duy grani libr. iiij sol. vij et calando più de duy grani non se possino spendere ne ricevere. u Coroìw de Franca de grani tri per cadauno libr. iiij sol. ij. 11 Fiorini de Reno de grani tri per caduno libr. iij sol. vij ». Treclii et gatescìii banditi come dalle precedenti gride. 365. — 1484, ottobre 5, Milano. — Grida sulle monete d'oro e d'argento [Rcg. Panig., H. 212. — Bollati, Mss.]. Banditi nuovamente i treccili ed i gattesclii. Divieto di accettare o spendere le monete forestiere « de quale condictione se sia 11 bandite come " bolzonaya ". Gli " sentii del sole non siano spexi per più precio come quelli de Franza ma siano ad equale modo spesi ". 366. — 1485, giugno 9, Milano. — Nuovo bando sulle monete [Reg. Panig. II. 228t. — Gridario. — Bcllati,ìslss.]. Divieto della spendizione delle monete forastiere " excepte monete venetiane de qualunche stampo siano ". Nuovo bando dei treccili e dei gatteschi. Termine io giorni ad esitare dette monete o a portarle « ala zecha dove serano pagati quello che valerano ". DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCIII, ECC. II [ 367. — 1486, giugno 2, Milano. — Decreto con cui è vietata la spendizione delle monete forestiere [l^eo-. Panig., I. 18 - Bcllati, Mss.]. " Mabiando lo nostro IH."'" et E.\.""' Sig. ntl anno de Mccccl.\.\.\v. prox-. pass, per sue pubbliche cride facto bannire tute le monete forestere, e.xcepto le venetiane, per li respecti se conteneno in quelle al quale tempo fideva portato e speso de grande quantitade de f^arpaglioli', molto basse di liga de quello dovevano essere secondo la boutade del oro et moneta ducale quale se spendevano et smaltiveno in questo ducale dominio ala sfrenata senza retegno alcuno, et perché de novo.... ne sono conducte et di continuo suono conducte et portate cosi in questa inclita citade corno dominio de grande quanti- tade de parpagliole de pezore sorte et minora liga assay che de prima » bando di dette parpai^liolc, sotto le penalità consuete, nelle quali incorreranno altresì coloro che spende- ranno " li quarti che hano corso per octo imperiali », tempo 3 giorni ad esportarli fuori del ducato od a consegnarli in zecca per bnhouay. Conferma dei precedenti bandi dei treccili e dei gatteschi. 368. — 1486, giugno 28, Vigevano. — Grida sopra le monete [Triviilziana. Cod. n. 173I. Spendendosi giornalmente i fiorini di rena u li quali se- cando li asazi ne sonno facti non sono a la bontà che sole- vano essere, se ritrovano de doy caracteri et mezo manco de la bontà soa, secundo la diversità di sui stampi, et anchora es- sere di minore de peso ((uello doverebbeno essere " si fa grida di non ricevere detti fiorini di reno, u sia de clic stanijio si voglia de peso de grani tri manco del ducato, si non alla va- luta de libre tre et soldi se.xe d'imperiali per ciascaduno fio- rino. 'I Bando deili.' altre monete fjresticre u e.xcepto le ve- netiane, le quali se deciara doverse recevere et spendere li troni per soldi .\iiij et li iiiarccl/i o sia mezi troni per soldi setti, et non più, non toxati, né alcuni /rechi, ne ga/eschi ». 369. — 1486, luglio 3, e settembre 4, Milano. — De- creti coi quali sono ridotti i fiorini del Reno a L. 3 soldi 6 e bandite le monete forastierc, eccetto le veneziane, da spen- 112 EMILIO MOTTA dersi a ragione di soldi 14 i troni e di soldi 7 i marcelli. \Rcg. Panig., I. 19. 20. — Bellati, Mss.]. eccetto le veneziane, da spendersi a ragione di soldi 14 i troui e soldi 7 i iitanelli. 370. — 1486, agosto 22, Milano. — Istruzioni e ricordi di Lodovico il Moro, duca di Bari, sopra l'officio delle mo- nete [Trivitlziaiia. Cod. n. 173]. Erano stati deputati all' officio sopra le monete della zecca di Milano : Antonio da Landriaiio, tesoriere generale, Aloisio Cagnaia amministratore generale del traffico del sale , Gio- vanni da Beolco e Giov. Morigia mercadanti milanesi. I ricordi i seguenti : fare rivedere tutti i processi u facti da anni tri in qua alla impresa delle monete » riferendo al duca " de quello se trovarà ". Vedere quante " inventione sonno facte fin qui et si sonno facte alcune liberatione senza littere del Signore, et si sonno alcuni processi pendenti ". Non fare grazie senza licenza ducale. Provvedere « chel judice che attendarà a fare li processi a questa impresa staga residente attento chel ha salario de xvi fiorini el mese ". Si provveda u che li deputati almeno tre volte la septimana vengano al officio, per intendere et provedere corno sera bisogno ". All'impresa poi stimavasi deputare mss. Franccschino di Mazi orefice « come era al tempo del IH."™ Sig. duca Galeaz, perchè è homo di gran bontà et e.xperientia. Al tempo de! prefato 111.'"" Sig. Duca Galeaz erano deputati ultral dicto m. Franccschino m. Zoanne Melzo, ni. Zoanne Botto, m. Scipione Barbavara et m. Francischino da Castel Sanpetro, quali sonno tutti homini di grande inte- grità, bontà et e.xperientia et facevano molto bene servare li ordini ". 371. — 1486, ottobre ir, Milano. — Decreto che sta- bilisce il valore degli scudi del sole e di Francia [Reg. Panig., I. 22. — Bollati, Mss.]. Allo scopo di u eradicare in tuto lo spendere et ricevere del oro, che non sia bono, et de justo pexo », ciò che non avviene ; udito spendersi gli scudi del solr per libre 4 e soldi 6 imp. e gli snii/i di Francia per L. 4 soldi 3, peso non giusto, determinasi la tariffa di L. 4 e soldi 2 imp. per scudo. DOCUMENTI VISCONTF.O-SFORZESCHI, ECC. II3 372. — 1487, luglio 12, Pavia. - Decreto per la ridu- zione del corso dell'oro e delle monete, con divieto di tenere e spendere quelle forestiere [Rr^: Pa)iig., I. 33 t. - D diati, Mss.]. u Li ducati testoni (lucali de justo et bono pexo L. 4 s. 10. Il Li ducati vcnctiaui L. 4 s. io. u Li ducati uiigari L. 4. s. io. u Li ducali zcìtjviiii de ogni stampo o sigillo L. 4 s. 9. u Li fiorini larghi boni de jiexo se.'ondo lo campiojio L. 4. 11 Li fiorini papalini de grani day L. 4. s. 7. u Li scuti de Pranza de grani tri L. 4. s. 2. u Li scuti dal sole boni de pexo del ducato L. 4. s. 4. « Li fiorini de Reno boni de oro de grani tri L. 3. s. 6. 373. — 1487, agosto 9, Milano. — Conferma dell'oflìcio delle monete fatta in Princivallo da Laiiipiti^itaii:) \l\eg. du- cale Q Q fol. 247). 374. — 1487, novembre 7, Milano. — Si inviano in di- verse parti del ducato milanese Felice J 'iscoiiti, notaio della camera ducale, e certi bali;strieri " per mettere le mane in capo ad alcuni fabricatori et expenditori de monete false „. [C/asse: Zecca]. Altro ordine ducale , senza data , (ma del 149....) riguarda l'invio di Ziiiolo de' Ro')erti e di Ik-ltraiiKj Scai-abelli, provvi- sionati ducali in diverse paiti del ducato milanese per la cat- tura di « certi fabricatori et expenditori de monete false et maxime uno Jeanne da Montefico, ^Lanfredo Tartaro et el Guarco de Grondona " [Ibidem). 375. — 1487, novembre 18, Norimberga. — L'impera- tore Federico III conferma a G. G. Trivul/io la compera fatta dal conte Gian Pietro Sacco del feudo di Mesocco , aggiungendo agli altri privilegi quello di battere moneta {Gnecchi, Monete dei Trivulzio, p. XXII. — Tagliabile, E dav- vero esistita la zecca di Mesocco? in AVr. Hai. di ìutmisiii., 1890 fase. III. p. 408]. 114 EMILIO MOTTA 376. — 1488, gennaio 8, Milano. — Decreto per il quale r oro e le monete si devono spendere al solito corso e re- voca di certi ufficiali [Reg. Pnnig., I. 43 t. - Bcllati, Mss]. 377. — 1488, 28 gennaio, Milano. — Nomina dell'ore- fice maestro Antonio Ambrogio da Solavo ad officiale so- prastante la zecca di Milano {Reg. ducale , n. 30, fol. 148. Molla, Zecchieri di Milano nel 1479, p. 7 nota 2, deW'eslrallo]. 378. — 1488, marzo 11, Milano. — Nuovi ordini circa le monete nel ducato [Triviilziana, Cod. n. 173.]. Dietro i triplici lamenti di M. Giovanni Morosini, « maestro de la cecha de Milano », che cioè « per tutto el dominio se spendano monete forestere quale sonno de cusì poca valuta, che sonno differente de soldi .\iiij per ducato »; che si spendono Il oro et monete false de diverse stampe », e che si « tosano l'oro et monete per Io dominio ", il consiglio ducale presieduto da Lodovico il Moro stabilisce 15 nuovi ordini in salvaguardia della legislazione monetaria: I. Confermati gli ordini sopra le mo- nete false fatti nel passato anno e replicati nel presente; li. Siano dirette lettere a tutti i commissari, referendarj, ecc. nel ducato per la punizione dei contravventori; III. Data al Morosini piena facoltà 11 per potere transcurrere el ducal dominio per prohi- bire ahi mancamenti » con facoltà di eleggere idonei officiali Il in quelli loci dove sera bisogno, che e.xercischano loffìcio de inquisire delinquenti « con attribuzione di un trombetto ducale Il el qual vada cum il dicto M. Zoanne a transcurrere el dominio adciò se resista a questi mancamenti v. I\'. Ms. Battista Negri, Giacomo da Corte e Alessio Albonese diano balestrieri e prov- visionati ad ogni richiesta e così si commette al Capitano di giustizia ed al Podestà di Milano u che fazano il medesmo ". V. Per le precedenti gride essendo stati revocati " tutti li of- ficiali deputati da qui in dretto per inquirere oro et monete false, per le grande cxtorsionc et robaric facciHìiio « siano eletti nuovi officiali in loro rimpiazzo ; VI. Ammonizione a tutti li " spen- ditori de caxa {ducale) che da mò inance non presumano spen- dere, ricevere ne lenire oro aut moneta centra li ordini «; VII. Che i banchieri di Milano rispettino gli ordini, non impedendo agli officiali " di cercare in li soi banchi loro et monete false et bannite » vietando " quando se ritrovano monete tose, false aut damnate " di essere tagliate « dicendo che ad loro è licito DOCUMENTI VISCONTEO-SFOKZESCHI, ECC. II5 tegnire dogni doro et monete in capsa, cusì bannite » ; Vili. Tutte le monete " tosate da 15 dinari in suso siano tagliate et tamen siano lassate a quelle persone alle quale scranno trovate et tagliate <> ; IX. Ciie siano ammoniti da Lodovico il Moro « el thesorero de la IH."'" madona Duchesa, Zovane maria Mezabarba, Matheo dal Castellatio, Paulo da Rippa, Jacobino da Cresentino et Thomaso da Cropello et li altri spenditori de la Corte » ad osservare gli ordini predetti, pena la privazione dei loro offici ; X. Che i Deputati sopra le monete, oltre alle gride fatte, ab- biano da loro due dei banchieri di Milano e due " de caduna arte » ammonendoli al osservare essi pure gli ordini « altra- mente siano puniti senza rispcc:o et remissione alcuna » ; XI. Che siano u suspesi tutti li condemnati da qui indreto attento che la observantia deli ordini è stata in qualche turbatione per la inlirmità de lo 111.'"" Sig.™ M. Lodovico, la qual suspensione se intenda però in tempore liberationis ma a ciò che siano più obcdienti se tengano cusì su la corda ", XII. Scrivere ai diversi fcudatarj nel ducato perchè prestino favore agli officiali sopra le monete, sotto pena di 1000 ducati e più all'arbitrio del duca; XIII. Che il Duca d'or innanzi non conceda più licenza « a niuna persona di potere cavare argento fora del dominio per condurlo altrove, nisi servata forma Ceche Mcdio- lani, aciò che se facia più monete che se pò ». XIV. Che si faccia una volta al mese l'assaggio delle monete veneziane e genovesi Il adciò se possa vedere se saranno in quella bontà et fineza de argento che sonno de presente ". XV. Sospesa « in queste cose de monete >» ogni grazia o remissione di qualunque ma- niera; revocata qualunque già scritta o mandata per relazione dai cancellieri e segretari ducali. 379. — 1488, luglio 28, Milano. — Decreto sulle mo- nete d'oro e d'argento [Reg. Pa>iig., \. 51. — Gridario. — Bellati, Mss.]. Non si spendano i grassoni ducali da soldi 21 per più di soldi 21 e mezzo. Bando delle monete erose e forestiere, e termine di 4 giorni « a qualunciia persona se ritrovasse ba- vere monete forestiere tnaxinie inarcelli ad poterli liberamente portare fora del dominio ducale ». 380. — 1489, marzo 23. — Enrichetto de'Bigurli, jacobo Isimbardi, e Cristoforo de' Guidoboni, cittadini di Tortona , IlD KMILIO MOTTA monetari, condannati al fuoco \Cod. Trivitlztano, n. 1819, fol. 423 t.J. 381. — 1489, maggio 17, Milano. — Decreto sulle mo- nete forestiere [Reg. Panig., I. 119 t.— Bcllati, Mss.]. Nuovo bando completo^ anche per avere certezza " essere per la malore parte falsificate ». Termine 8 giorni a sbaraz- zarsene. I fiorini di Reno poi non si spendano per più di soldi 66 di imperiali " essendo de bono peso cioè de tri grani mancho del ducato testone ». 382. — 1489, giugno 25, Milano. — Grida che stabi- lisce il corso delle monete d'oro e d'argento [Reg. Panig., I. 80 t. — Bcllati, Mss]. Col 1° gennaio 1490 stabilita la seguente limitazione : " Ducati testoni ducali e Ducati veuctiaiii de justo et bono pexo per libr. 4 soldi 2 imperiali. « Fiorini larghi de bono et justo pe.xo di qualunque stampo libr. 4 sol. I. " Fiorini de Cantera de bono et justo pexo libr. 4. 11 Et tuto laltro oro al precio sera per altre cride et ordina- tione limitato alla valuta deli soprascripti ducati. " Grassoni ducali da s. 20 de pexo de dinari 7 et grani 22 libr. I s. o d. o. « Grossi ducali da s. 5 de pexo de dinari 2 et grani 12 per libr. o s. 5 d. o. « Grossi ducali da soldi io de pexo de denari 4 et grani 6 libr. o s. IO. « Grossi ducali da s. 3 de pexo de dinari ij grani vj s. 3. « Soldini ducali de pexo de denari j grani j per libr. o sol. i. « Trelini, dovine et dinari picoli facti nela ducale cecha al corso suo. u Apresso se segnifica ad caduna persona utsupra che dal dicto calende de Zenaro prox. fut. inanze el prefato sig. nostro non vole che se spenda altre monete ducali cha le soprascripte che sono state fabricate nel tempo del prefato Signore quondam duca Galeazo et da Ihora in qua, sotto la penna che sera or- dinata per altre cride, » e quelle si fabbricheranno nell'avvenire nella zecca ducale « quale serano bone alla valuta del ducato da soldi 82 per ducato ". DOCUMENTI VISCONTEOSFORZESCHI, ECC. II7 383. — 1489, dicembre 23, Milano. — Decreto che pro- roga la precedente Grida sulle monete d'oro e d'argento fin alle calende di gennaio del 1491 [Reg. Paiiig., I. iii. — Bellati, Mss.]. 384. — 1491, febbraio 21, Milano. — Si concede ai fratelli Pietro Giorgio e Gerolamo da Lampiignano, custodi della zecca di Milano, " cum ipsi fratres aliis perpediti nego- tiis exercitio eiusdem offitii presentialiter interesse nequeant „ di mettere in loro surrogazione una idonea persona \Reg. du- cale., n. 126 fol. 15 t.]. 385. — 1491, marzo 3, Milano. — Vien scelto a sopra- stante della zecca di Milano il giojelliere maestro Giacoìiio Crivelli [Reg. dite., n. 126 fol. 20. — Motta, Zecchieri di Milano, p. 7, nota 2]. Ai 26 ottobre 1493, con decreto ducale datato da Pavia , gli si concede d'impetrare dall'imperatore di Germania il ri- conoscimento a monetario della zecca milanese [Reg. due., n. 61, fol. 85) (70). 386. — 1491, giugno I, Milano. — Decreto sul giusto corso delle monete, e sulle monete bandite [Reg. Paiiig. I. 139 t. — Ardi, civico Lett. ducali 1489-96, fol. 94 t. — Mss. Bellati.]. u Ducali tesioui ducali, imgari et vcnetiani per libre 4 s. io. « Ducati seiioviìii, et fiorini larghi per libr. 4 soldi g. M Ducali l>apaliui sive rogorini o da la nave per libr. 4 s. 7. « Sciiti di Fraiisa per libr. 4. s. 2. Il Scuti dal sole de pe.xo del ducato per libr. 4 s. 4. Il Fiorini de Reno de grani tri per libr. 3 s. 6. (70) Nella famiglia dei Crivelli, come in quella dei Seregni, dei \'a- rese, ecc. fu ereditaria per molti anni l'arte dell'orafo. Giacomo inta- gliatore di cammei celebre, e ricordato dal Morigia (Xobillà di Milano, cap. XII, lib. V) e meglio dal Calli nella sua memoria Arie aulica lom- barda (Oreficeria) in Ardi, storico lombardo, iSSo, p. 597. I l8 EMILIO MOTTA Con bando ai treccili e ga/tcsclii et monete forestiere cattive e falsificate " per la malore parte » eccetto le seguenti u es- sendo bone de argento et non tonsate ') : Li troni per libr. o. s. 14 d. 8. 11 Marcelli per libr. o s. 7 d. 3. li Carlini papali et zenovini per libr. o. s. 7 d. 6. li Grossi niantoani et ferraresi da s. 8 libr. o s. 8 d. o. (I Et così le altre monete zenovese, essendo bone ". 387. — 1491, agosto 20 Pavia. — Negasi grazia a colui " prò quo est petita gratia ut ex Triremi eripiatur in qua iam biennium est „ a causa di monete false, mandatovi dal duca di Milano [Classe: Zecca]. 388. — 1491, settembre 7, Milano. — Lettera del dr. Bernardino d'Arezzo al duca di Milano: " i boni ordini circa le monete forastere „ osservarsi con gradimento dai sudditi. " Nunc vero da octo dì in qua pareli oiìiciali sonno depu- tati circa ciò per M. Francesco (Fontana) si trovano alchune monete de quelle sonno permesse de spendere che non sono al iusto peso ghe le toglieno con le altre bene si ne hanno, dilchè li subditi vostri se doglieno con dire che poche mo- nete si trovano che sieno bone al peso, maxime de le vechie, et de le nove ancora ne sonno facte poche „ [Classe: Finanze Monete, Cartella 846]. 389. — 1491, settembre 27, Milano. — Grida sulle mo- nete \l\cg. Panig., I. 150 t. — Ardi, civico, Lett. ducali 1489- 96, fol. 103 t. - Mss. Bcllati.]. Nessuno ardisca ricevere né spendere « monete veneziane, cioè troni, nwzinigi (Mocenigo), viarcelli excepto li marcheti, c(uale si intendono in tuto esser baniti nò carlini papali né grossi (le la liissa ducali quali non siano de debito peso qua infrascritto notato ". Cioè: u Grossi da s. 5 da la bissa d. 2. « Carlini papali d. 2 gr. 23. 11 Marcelli d. 2 gr. 16. K Troni d. 5 gr. 8. u Mo:aniclii d. 5 gr. 8 ". DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCIH, ECC. 1 19 390. — 1492, febbraio 14, Milano. — Gli officiali sopra le monete al duca di Milano, a risposta delle lagnanze dei Genovesi, gravantisi " del grossono milanese, quale gli è scripto se debia spendere al corso del suo, dicendo non es- sere di tanto peso, quanto è il suo et per questo valere qualche cosa manco „. Fatto d'ambedue gli assaggi da Giov. Morosini, " officiale sopra la cecha „ si trovò " lo Genoese essere de peso grani ili più del milanese, ma de minor bon- tate, et calcolato luno et laltro in liga trova chel nostro avanza el suo di qualche cosa, pure valere tanto quanto el suo „ [C/(ìssc: Zecca] 391. — 1492, febbraio 18, Milano. — I maestri sopra le monete al duca di Milano, in risposta alle lettere ir corr. dei Deputati sopra le monete di Genova, per le quali scrivono " che non voriano che li Marcelli et Troni se sper- desseno in Genoa, „ : esaminato, d'ordine ducale, " se per haverli loro banditi la camera vene ad reccvere damno „ trovasi che " questo sarà pur in qualche dammo de la Ca- mera, ultra che ne darla grande diffìcultate a trovare per- sona che acceptasse el partito de Genoa quando li pagamenti non si potesseno fare a quelle monete che correno in Mi- lano (7O, e seria ancora al parere nostro poco honorevole al stato , quando Genoesi refutassino quelle monete che se spendano et recevano in tutte le altre parte del dominio, essendo bone et iuste di peso „ {C/assc : Zccca\. 392. — 1492, febbraio 27, Milano. — Antonio Fuggcr (7-\ (71) Nella lettera dei Genovesi è detto addirittura: " Xobis pro- fecto Ili. princeps utile vidctur omiiem argentea m inouetam in exiliuni mittere preter eas quc sul) nomine vestrc ex. et liic signata sit. Quod si quid inconiniodi hoc afTcrre crcdatur erario Ducali, parati sunius seinper cunque a V. Ccls. huc initti stipendia suis contingat „. (72) Per i mercanti tedeschi, Fugger e compagni, in Milano cfr. Heyd (\V.), Die grosse Ravensburgcr Gescllschaft. Non è il luogo questo di dare la bibliografìa dei celebri fornitori e prestatori di Carlo V e di Kilippo II. Tra le recentissime pubblicazioni sui Fugger notiamo quelle del Meyer e dello Ilcihler in Gfniutiiin, 189^, n. 2, e scg. e nella Znlschrifi del prò,''. Quidde, 1894, fase. II. I20 EMILIO MOTTA tedesco, fil. del qd. Andrea, abitante in Milano nell'albergo del Pozzo, a P. Ticinese, a nome proprio e di Gio. Felino e soci, alemanni, resta creditore di Gio. Antonio da Castiglione e di Giovanni Morosini, esercenti la zecca ducale in Milano di L. 2222. 8. 2 imp. " occasione resti marchorum 394 s. 5. d. II granorum sex et 314 unius grani argenti fini, dati et venditi per dictum Antonium suo et dicto nomine ipsis sociis " [Rog. del notaio Gio. Giacomo Scaravaggio, cit. nel Cod. Trivulziano n. 1818 fol. 377 t.]. 393. — 1492, maggio 11, Genova. — Invio a Milano di due assaggiatori della zecca genovese, d'ordine del duca Sforza, " per fare il paragone de la bontà del argento del grossone „ di Genova con quello milanese \Riv. ital. di HumisiH. 1888 fase. IV. p. 487]. 394. — 1492, maggio 31, Pavia. — Ordine del duca di Milano al vicario del podestà di Pavia perchè rilasci " messer Nicolao da Ponte scolaro piamontese detenuto per i.Tiputatione de monete false, commandandoli chel uscisca del Dominio dal quale volemo che Ihabii el bando „ [Riv. ita!, di niimisin. 1888 fase. IV. p. 485]. 395. — 1492, agosto 23, Milano. — Il duca di Milano concede ai presidenti della Comunità di Parma, dietro loro supplica, il libero corso delle monete quando non siano di- fettose che di un solo grano [Zanetti, Monete d'Italia, voi. V, p. 109]. 396. — 1492, novembre 3, Milano. — Grida sulle mo- nete Genovesi [Rcg. Panig., I. 163. — Beiiati. Mss.]. " Essendo facto intendere che in la cecha de Genoa sono fabricate et fabricano monete de varii pretii, le quale non sono de quella bontate che sono le ducale novamente fabricate ha- vendo respecto a! pretio che Genoesi gii hano limitato: è parso al prefato Sig. de bene chiarirse dela bontà de diete monete genoesi, et così factone fare opportuni assagii per li maestri dela Cecha in Milano, si è trovato essere per la verità corno gli è stato significato ». Per il che stabilitasi per dette monete la riduzione seguente: DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCIII ECC. 121 w Li grossi da soldi 45 de peso de denari 16 gr. 4 per soldi 43 milanesi luno. « Li grossi da soldi 30 de peso de den. 10 gr. 19 per soldi 29. " Li grossi da soldi 22 d. 6 de peso de den. 8 gr. 4 per s. 22, " Li grossi da soldi 15 de peso de den. 5 gr. io per s. 14. « Li grossi da soldi 2 den. 3 de peso de den. 5 gr. io per s. 14, " Li grossi da soldi 7 den. 6 de peso den. 2 gì'. 17 per s. 7. den. 3. Intendendo così de li veccliii come de K novi che al pre- sente sono fabricati, ma che li grossi vechii da s. 7 d. 6 siano de peso de den. 2 gr. 21 luno sotto pena de perdere dicti grossi et de pagare per uno quatro ». 397. — 1493, IO (73) — Lettera di Francesco Fon- tana ai duca di Milano in merito al detenuto ])er monete false Ambrogio da Caresain. Aver il prigione confessato il delitto suo: " ad epso Amoroso fò trovato li'orc .\vi de grossi ducali novi da 3 falsi, li quali voleva expendere in Milano. „ Fattolo esaminare " ha confessato haverli avuti da uno maestro Luca da Sanzorzo quali li fabbricava in Mon- ferrato, et che gli li dede ad e.xpendere ad la mitate ilei guadagno „. Ma non averne " speso se non uno in Milano, ne may sé impazato da monete false che bora. „ Lo si era condannato, secondo gli statuti " in la pena del focho „ con confisca dei beni. Ma per esser l'imputato giovane di appena 25 anni, poverissimo e carico di figliolanza, il Fontana tro- vava di doverlo raccomandare per la commutazione della " pena del focho in altra più moderata comò seria de farlo scovare, tagliarli una orcccliia et darli il bando „ dal ducato. La lettera continua riferendo l'arresto d'un altro tosatore di monete false, un tal Alvisio de Uglono, che ebbe due mogli, con figli relativi. " Ila confessato bavere tonsato ducati, te- stoni ducali et uno ducato ducale da duoi ducati et altri du- cati de vari stampi che in tutto possono essere da xvi ad xviii „ [Gazz. Nitiitisiiiatica, a. \'I, 1886, p. 64]. (73) Nel documento originale, lacero, non si cava la data del mese. 16 122 EMILIO MOTTA 398. — 1493, agosto 17, Milano. — Grida sulle monete, cioè sui Carlini papali [Reg. Panig., I. 171. — Bellati, Mss.] II Ha inteso el nostro 111. S. che de presente se fabricano car- lini papali, quali non sono del peso et bontà che li altri car- lini vechii fabricati al tempo de li sumi pontifici passati, deli quali sono portate notabile summe nel dominio ducale. ... et havendo facto fare per li suoi maestri de la cecha in Milano assagio deli dicti carlini novi ha trovato essere non altramente chel haveva inteso, perchè sono legieri de sei et septe grani al peso deli vechii, et manchi in bontà tri grani ». Si ridu- cono (I dicti carlini papali novi al pretio de soldi sei et den.iri tri imperiali, li quali carlini se intendano essere quelli che de presente sono fabricati in Cecha de Roma, et che da uno lato tengano le imagine de san petro et san paolo sculpite et da laltro lato la insigna col bove del presente summo pontifice, et con le littere intorno quale dicono Alexander vj pont. max ». 399. — 1494, gennaio 12, Milano. — Permesso del duca di Milano per impetrare della Maestà Imperiale il grado di monetario nella zecca di Milano rilasciato ai fratelli Dionigi e Donato da Seregno, cittadini milanesi \Reg. ducale., n. 61 fol. 178 t. — Motta, Zecchieri di Milano, p. 5 nota 4. — Caffi, Arte antica lombarda in Arch. stor. lomb., i83o, p. 600.]. Altre consimili concessioni, in data Vigevano 24 febbraio e Pavia 8 luglio 1494, a favore di Martino da Garbagnate e dei fratelli Gio. Pietro, Giov. Antonio e Donato da Varese {Reg. ducale, n 61, fol 170 t. — Missive n. 18 fol. 42 t. — Motta, loc. cit.). 400. — 1494, 21 febbraio Vigevano. — Invio nelle parti di Bellinzona di Felice notaio della camera ducale " con alcuni balestreri e fanti per detenire certi fabrica- tori et expenditori di monete false „ [Boll. stor. della Svizz. italiana, 1880, p. 146]. 401. — 1494, agosto 8. — Il duca di Milano concede al pittore Ambrogio Preda e suoi compagni Francesco de' Galli ed Accino da Lecco (74), di recarsi, dietro richiesta fat- (74) Accino da Lecco figura nel 1497 in Roveredo nella zecca del Trivulzio {Tagliabue, E davvero esistitala zecca di Mesocco ?... a p. 21 dell' estratto. EOCLMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI, ECC. I23 tane da Massimiliano I, alla zecca imperiale per intagliarvi i conii delle nuove monete che intendeva far battere. \Rtv. ital. di numismatica fase. IV, 1888 p. 485 — Motta E. Am- brogio Preda e Leonardo da Vinci, Ardi. stor. lombardo fase. IV, 1893 p. 979]. IV. - LODOVICO MARIA SFORZA. 402. — 1494-1499. — Serie delle monete di Lodovico Sforza e di Beatrice d'Kste [Gnecchi, Monete di Milano, p. 91 e Riv. tiumismatica, I 1894, p. 52]. (75). 403. 1495, febbraio 16, Milano. — Ordini circa gli of- ficiali sopra le monete, essendone prefetto il cons. ducale Francesco Fontana [lieg. Panig., I. 211 t. — Sellati , Mss. — Antiqua Diicum Mediolani Decreta. Mediolani, 1654, p. 420J. 404. — 1495, febbraio 17. — Tommaso da Marliano ottiene licenza ducale di poter impetrare dal Re dei Romani il privilegio di monetario nello stato milanese \Missivc, n. 198, fol. i6o]. 405. — 1495, marzo 2., Amboise. — Decreto in favore di Gian Giacomo Trivulzio per poter coniare monete nella di lui zecca di Mesocco \Reg. Panig., N. 168 t. — Tagliabile, loc. cit., p. 46J. 406. — 1495, marzo 4, Milano. — Revoca del prece- dente decreto relativo agli ufficiali delle monete \!ieg. Panig., I. 216. - Bellati, Mss.]. (75) Per le monete sforzesche negli anni 1480-1481 cfr. anche Gin- lini, St. di Milano, Aggiunte (Milano, Colombo, 1857, voi. VI, p. 645, con tavola). 124 EMILIO MOTTA 407. — 1495, aprile 7, Milano. — Grida di bando dal dominio ducale contro Giorgio dalla Schiarella reo di com- pera e spendizione di false monete [t^eg. Paiiig., E. E. 210]. 408. — 1495, aprile 30, Milano. — Grida contro Gia- comino da Olgiatc e Giovaìuii Frisiano, tosatori di monete \Reg. Panig., E. E. 213 t.]. 409. — 1495, ottobre 30, Pavia. — Si stampa il " Trac- tatus Monetarum „ di Francesco da Corte [Panzer, voi. II, P- 333- — Comi, Memorie bibliografiche per la storia della Tipografia Pavese, 82 e 96.]. 410. — 1496, marzo 2, Amboise. — Lodovico, duca di Orleans, concede a G. G. Trivulzio di battere moneta alla bontà di quelle d'Asti e di Francia [Gnecc/ii, Monete dei Tri- vulzio, p. XXII. — Tagliabuc, E davvero esistita la zecca di Mesocco ? in Riv. Hai. di numism. p. 412]. 411. — 1496, giugno 3, Milano. — Grida sul prezzo delle monete d'oro e d'argento [Reg. Panig., I. 241. — Bei- lati, Mss.] L'oro limitato come segue : u Ducati testoni ducali nngari et venitiaiti per L. 4 s. io. « Ducati zeu'tviiii et fiorini largiti L. 4 s. 9. " Ducati papalini sive rogorini o de la nave L. 4 s. 7 — u Scuti de Pranza L. 4 s. 2 — li Scuti del sole del pe.\o del ducato L. 4 s. 4 — u Fiorini de Reno de grani tri in quatro L. 3 s. 6 — «. Nuovo bando dei fiorini trcchi e gateschi ed altre monete forastiere, eccezione per le seguenti e al corso come indicato: Il Li troni per s. 14, dcn. 6. Il Marcelli per s. 7 den. 3. Il Carlini vegli papali et zenovini s. 7 d. 6. Il Carlini papali dalla vacha del moderno papa s. 6 d. 6. Il Grossi mantovani et feraresi s. 8 d. — Et così le altre monete zenovese essendo bone et al pexo justo ». 412. — 1496. — Istruzioni dal duca di Milano date a Giacomo Alfieri nominato custode del tesoro della rocchetta DOCUMENTI VlSCONTF.O-SFORZESCHl, F.CC. I25 di P. Giovia [Beltranii, Castello di Milano, II ediz. , p. 500. — Cunetta, Il Castello di Milano, in Ardi. stor. lomb., X , 1883, p. 377. — Motta , Il tesoro di Pavia in Gazzetta Nii- niismatica, voi. VI, 1886, p. 79.]. Negli " Ordini di Lodovico il Moro intorno al governo dello stato di Milano dopo la sua morte nel caso di minorità del figlio n editi dal Moliiii (Documenti, I, 297) e ripubblicati dal De Matilde (p. 25 e 32) e dal Pasolini (Caterina Sforza, Ili, 432) è ricor- dato il tesoro ducale che vuole « resti in rocha ». Brano rife- rito anche dal Beltrami (loc. cit., p. 498) (76). 413. — 1497, giugno I. — Decreto ducale che assolve fra Michele Rana, Cavaliere Gerosolimitano, accusato di mo- netazione falsa [Gazz. Nuniisni., a. VI, 1886, p. 64]. 414. — 1497, novembre 3, Milano. — Grida sulle mo- nete e bando dato a certi fiorini e ducati del Reno [Reg. Fanig., I. 265 t. — Bellati, Mss.J. « Li ducati, schiiti et fiorini de Reni balliti sono li infra- scripti zoc: u Prima fiorini de reni novi, che hano da uno canto sancto Andrea, o vero sancto filippo et da laitro scudazoli quatro. « Item fiorini de reni novi, che hano da uno canto la balla, et da laitro uno re, con una stella tra luno et laitro pede. « Item Jlorini de reni novi, che hano da uno canto la balla et da laitro uno sancto in cathedra con uno scudazolo con una aquila de sotto. u Item fiorini de reni uovi, che hano da uno canto le balle, da laitro sancto Michele, et anchora de altre sorte novi, quale etiam sono bassi de oro. Item sdutti del sole furono facti a Napoli quali calano grani viij per cadano et sono bassi de oro. « Item ducati del Duca de Borbono quali hano da uno canto una testa discapilata con uno fri.xo et da laitro uno a cavalo armato. u Item ditcati de Spagna quali chano da uno canto doe teste (76) Per le esagerazioni sul tesoro sforzesco, cfr. anche Rosmini, Vita del Trivulzio, I, 323, nota ; Beltrami, loc. cit. p. 484 e Reniei-Liizio in Ardi. stor. lombardo, XVII, 189C, p. 357. 120 EMILIO MOTTA zoè luna del Re et laltra de la regina, et de laltro canto la sua insegnia sig. loh. ant. ». 415. — 1498. Nello spesato del ducato di Milano per il 1498 si trova la posta di L. 400 " prò oblatione Sancii Joseph ex denariis scarsisiarum Ceche Mediolani deputatis ad fabricam altaris Sancti Joseph „ [Triviilziana, Cod. n. 174]. 416. — 1498, febbraio 9, Milano. — Lettera di Barto- lomeo Calco a Costantino Cominato , in nome del duca di Milano, sul modo di ricuperare un tesoro riposto nel palazzo di Caterina Sforza-Riario " al tempo de le novità d'Imola „, e tolto da un muratore [Pasolini, Caterina Sforza, III, 284]. 417. — 1498, dicembre 12, Milano. — Ragioni per il maestro della zecca di Milano circa il peso che si usa in Milano e la moderazione pretesa dai mercanti alemanni [Rcg. due. Z. Z. fol. 226]. fi Havendo el Mag/" M. Bartholomeo de Madijs Bernese richiesto al nostro signore 111.'"" duca de Milano per parte de alchuni atamani mercanti, che si vogli moderare el pesso de la Cecha: et redurlo al proprio signo de quello del Comune de Milano che si domanda el pexo sive marche de S.'" Ambrosio, se gli risponde el pexo de la Cecha presente essere al solito ne è memoria in contrario che may fosse altramente : et tal cecha per lo prefato Signore essere dato al magistro con quelli pexi proprii: et che de questo non possino dolersi alchuni debita- mente. Non di mancho sua Ex.''» è per fare etiam in questo corno fa in tute laltre, non havendo risguardo al interesse proprio per compiacere alla richiesta del dicto M. Bartholameo et mercanti, sarà contenta per gratia et gratificatione far fare tale effecto, et pagar ley al magistro de la Cecha el damno che per questa cossa patirà, ma perchè tali mercadanti mal rico- gnoscenti di tale apiacere hano hauto a dire che obtenuta tal cossa voleno poy domandare el damno che ne possino haver patito per lo passato, sua Ex''° primo et ante omnia vole sua ciareza (cliiarezza) autentica de tuti dicti mercanti chi voleno usare di tal pesso che recognosceno questo a piacere de sua Ex.''-': et che may domandarono cossa alchuna per lo passato renutiando etc. ». DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI, ECC. I27 418. — 1499, febbraio, 27, Asti. — G. G. Trivulzio con- cede a maestro Giacomo dei Corradi di Reggio , zecchiere in Asti, di stampare monete coli' impronta , armi e nome di Lodovico XII di Francia [Tagliabitc, È davvero esistita la zecca di Mesocco? in Riv. ital. di ìuuiiìsiìi., 1890, p. 413]. 419. — 1499, giugno I, Milano. — Grida relativa alle monete d'oro e d'argento [Heg. Panig., L. 36. — Bcllati, Mss.J. Replicata la limitazione delle monete d' oro nei seguenti termini : « Ducati ducali uiigari et vcnitiani L. 4, io. « Ducati zenovini et fiorini larghi L. 4, 9. « Ducati regorini et de la nave L. 4, 7. « Scuti del sole al pe.xo del ducato L. 4, 4. « Scuti di Franza L. 4, 2. « Fiorini de Reno de grani tri in quatro L. 3, 6. « Ducati bolognexi dopii L. 8, 16. « Et perchè più volte per altre cride è stato prohibito lu.xo de le monete forestere et fiorini trechi et gateschi et li altri fiorini de mancho liga de li quali sono stati expressi li con- trasegni, et cossi li scindi del sole de octo grani facti a Na- poli, et altri scindi bassi et falsi et ducati del Duca de Hor- bono et queli de Spagna del contrasegno dato et cossi qua- luncha altro oro mancho de liga, et pur multiplicano nel do- minio et ultra la confu.xione qual se genera, ne segue grande detrimento si ali subditi quanto ale intrate del prefato Sig."'*' ultra che dano causa potissima al e.xcessivo crescimento del pretio del oro, per essere de mancho liga et falsificati per la magiore parte, in nome de sua sublimità se da de novo a dicto oro et monete forestere, salvo ut infra, total bando del suo dominio ". Concesso di spendere liberamente u le infrascripte monete con le ducale al pretio infrascritto essendo bone dar- gento et al justo pexo videlicet : u Li Troni per s. 14 den. 6 limo. " Mocaniglii s. 14 den. 6 luno. u Marcelli s. 7 den. 3 luno. a Carlini papali vegij s. 7 den. 6 luno. « Carlini papali del bove s. 6 den. 6 luno. « Grossi ferraresi de sol. 8 per s. 8 den. o lune. u Grossi nnntuani de sol. 8 per s. 8 den. o luno. « Grossi genovesi de sol. 45 per L. 43 den. o luno. 128 E. MOTTA - DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI, ECC. « Grossi genovesi de sol. 30 per L. 29 den. o luno. Il Grossi genovesi de sol. 22 den. 6 per L. 22 den. o luno. u G>ossi genovesi de sol. 11 den. 3 L. 11 den. o luno. u Grossi genovesi de sol. 7 den. 6 vegij per s. 7 den. 3. (( Grossi genovesi de sol. 7 den. 6 novi per s. 7 den. 3. Il Et quando ad alcuna persona se ritrovassero dele prediate monete concesse ad spendere, mancho del debito pexo, li se- rano tagliate per li offitiali di monete et toltoli la mittà ". Confermato nuovamente il bando di « tute le altre monete forestere, maxime grassoni de soldi 22 per essere de minore liga et consequentementc de mancho valuta «. u Item che li dinari minuti de Zenua se possano spendere de là de Pò ". Termine 15 giorni a tutti di liberarsi delle monete bandite forestiere: Il El qtial oro si è questo : Il Fiorini de Reno che hanno da uno canto la balla; da laltro canto sancto lohanne baptista con uno e tra luno et laltro pede, et valeno sol. 54 den. 9 per qualuncha. Il Fiorini de Reno che hano da uno canto la balla, da laltro canto uno sancto in uno razo con una bacheta regale in mane sinistra et de la drita segna con uno dito, con una aquila de sopra dal dito, et valeno sol. 57 den. 3 per caduno. « Fiorini de Reno che hano da uno canto schuti tre con una h in mezo li scuti, da laltro canto sancto paolo in cattedra con uno schuto sotto li pedi et una spata da mane drita, et de la sinistra uno libro, et valeno L. 3 d. 7 per qualuncha. Il Fiorini de Reno che hanno da uno canto uno Imperatore con uno mondo in mane sinistra et dela drita una bacheta re- gale et valeno L. 3. sol. 2. den. 11 per caduno. Et per le soprascripte proxime quatro qualitate de fiorini de reno serano puniti li contrafacienti in soldi duy imperiali per qualuncha pezo che spectarano ali offitiali predicti, et li serano tagliati >». (Continua). Emilio Motta. NECROLOGIE REGINALD STI AB T POOLE. Il Sig. Reginald Stuart Poole L. L. D. ultimo direttore del Gabinetto Numismatico al Museo Britannico e professore d'Archeologia al Collegio dell'Università, moriva nella sua casa in Londra venerdì mattina (22 febbraio) in seguito a una malattia, che solo da poco aveva assunto una forma grave. Non aveva ancora compiuto il sessantesimo terzo anno, essendo nato il 27 febbraio 1832. 11 Sig. l'oole era nipote di Lane l'autore di " Modem Egyptians „ e passò la sua prima età, dal 1842 al 1849, colla madre e collo zio al Cairo, dove naturalmente prese un grande interesse alla let- teratura e alle antichità orientali e specialmente egiziane. 11 suo primo libro Ilorae .■ìegyptincnc, pieno di precoci co- gnizioni, ed evidentemente il frutto di multe abili ricerche, fu scritto quando egli era appena diciassettenne, e questa promessa fu pienamente mantenuta in tutta la sua carriera. Nel 1852 entrava al Museo Hritannico C(jme assistente ne! riparto delle antichità. Quando quel rijjartt) \-cnnc scisso in varie sottodivisioni, egli fu assegnato al luiovo riparto della Numismatica , del quale divenne capo nel 1870. — Per quarant'anni prima delle sua nomina nessun catalogo numis- matico era stato pubblicato , ma durante il suo regno di ventidue anni, vennero pubblicati trentacinque volumi di completi e scientifici cataloghi di monete Greche, Romane, Orientali e Anglosassoni ; cosicché, .sotto il rapporto dei cataloghi , il riparto numismatico del Museo Britannico e senza rivali in Europa. I Sig. Poole scrisse lui stesso cjuattro di questi volumi, il primo pubblicato nel 1873, sulle Monete delle Colonie greche in Italia, altri due nel suo campo favorito dell' Egitto, trat- tando delle Monete Tolemaiche e delle locali d' ^ìlessandria 130 NECROLOGIE (1892); il quarto sulla Monetazione Persiana, a cui si dedicò da ultimo, ma che forse preferì, descrivendo le monete di diverse dinastie. — Oltre a ciò egli sorvegliò e verificò scrupolosa- mente la compilazione e la pubblicazione di tutti gli altri cataloghi affidati ai suoi assistenti, e diresse la pubblicazione di guide alle esposizioni di scelti esemplari, che organizzò per l'interesse e per l'istruzione del pubblico. Ne'suoi giovani anni egli collaborò moltissimo in perio- dici scientifici di varie società e al Dizionario della Bibbia; ma negli ultimi scrisse poco, salvo alcuni esaurienti articoli neir Enciclopedia Britannica , e alcuni saggi occasionali in periodici, alcuni dei quali furono ristampati nel 1882 col ti- tolo Cities of Egypt. Invece di scrivere, tenne delle pub- bliche letture, e fu in questo che raggiunse la più grande perfezione. Incominciò a Brighton a ventun'anno e già nel 1864 si faceva udire nell'Istituto Reale, non lasciando alcuna occasione di raccomandare gli studi archeologici, principal- mente sull'Egitto. Era un lettore eloquente e anche affasci- nante e le sue lezioni contribuirono assai a diffondere l'amore all'istruzione. Nel 1885 successe al suo primo collega Sir Charles Newton nel posto di professore d'archeologia al Collegio dell'università, dove organizzò un eccellente sistema di letture suddivise; tenendo per sé stesso il ramo orientale, e chiamando altri specialisti per gli altri rami. Era segretario onorario della società d' esplorazione dell'Egitto, che molto aveva contribuito a fondare e a man- tenere, e che fece tanto proficuo lavoro in un largo campo di ricerche. Nel 1876 fu nominato corrispondente dell'Istituto di Francia ; e un pò più tardi gli venne conferito il grado onorario di L. L. D. a Cambrige. Ritirandosi dal Museo nel 1892, dopo un servizio d'oltre quarant'anni, s'accorse che la sua salute non gli permetteva più d' attendere ai suoi doveri di professore, e rassegnò la carica lo scorso anno. Le speranze di una vecchiaia di dotto riposo andarono fallite, e soccombette, non a una vera malattia, ma alla fatica e all'esaurimento. Aveva incominciato troppo presto, e aveva lavorato troppo intensamente. (S.' James Gazette). NECROLOGI!': 131 H. MONTAGV. Da Londra ci giunge la notizia della morte del nostro socio il sig. H. Montagu, avvenuta il i8 febbraio scorso. Avendo avuto l'onore e il piacere di conoscerlo personal- mente e di apprezzarne, oltre l'ingegno, le squisite qualità dell'animo, ci sentiamo maggiormente in dovere di tribu- targli pubblicamente un segno di stima e d'affetto in questa Rivista. Educato alla City of London Scool, il Sig. Montagu attese agli studii legali e percorse una brillante e fortunata carriera d'avvocato procuratore; mentre nello stesso tempo era uno dei più noti e appassionati cultori della numisma- tica in Inghilterra. Vice presidente della Società Numisma- tica di Londra, possedeva una delle più vaste e insigni collezioni di monete anglo sassoni e inglesi, greche e romane. S'era occupato specialmente della numismatica inglese e nel 1885, aveva pubblicato : The Copper, Tin cmd Bronze Coinage and patterns for Coiiis of England, front tlic rcign of Elizabeth to timi of her prestili Majesty. Inoltre aveva pubblicato molti articoli nella Niimismatic Cìironiche sulle monete inglesi e sulle greche, ed ora stava preparando 1' illustrazione di tutti gli aurei romani inediti della sua collezione (una superba serie di 1200 pezzi forse la più importante fra le private in Europa e certo su- periore per numero e rarità di pezzi alla famosa collezione d' Amécourt), quando una forte polmonia lo colse e in nove giorni lo condusse al sepolcro. Crediamo interpretare il sentimento di tutti i nostri soci esprimendo alla sua desolata famiglia i sentimenti del mas- simo dolore per l'uomo eminente che aveva sempre dimo- strato tanto affetto per l'Italia e per la nostra Società. La sua collezione subirà la sorte di tutte le collezioni private e andrà dispersa. Milano, Marzo iHoS- F. G. 132 NECROLOGIE EJiSIAIfNO GRÒ TE. Il 3 marzo testé decorso, mori non lungi da Annover, sua città nativa, il Dott. Ermanno Grote, il Nestore dei nu- mismatici tedeschi, nell'invidiabile età di 93 anni. In giovinezza aveva diretto un giornale giuridico, poi fondò un periodico di Numismatica, i Blatter fnr Mi'inzkunde; promosse l'istituzione di una società storica ad Annover, e quivi fu nominato conservatore dal R. Gab. Numismatico. Dopo la morte del re Ernesto Augusto (1851), diede le dimissioni e si ritirò a vita privata, per dedicarsi libera- mente, nella calma solititudine della campagna, ai suoi studi prediletti. Pubblico in seguito molte opere di Numismatica e d'A- raldica, " di quelle due scienze ausiliari della Storia „ — (dice la Illnstirte Zeitnng, dalla quale togliamo questi cenni e che riporta anche il ritratto dell'infaticabile vegliardo — " di quelle due scienze ausiliari della Storia, che oggidì si " tornano ad apprezzare come veramente lo meritano; „ ancora nel 1868-69 dirigeva il Nnmismat. Anzeiger, e poi dal 1875 al 1881 i Blatter fi'ir Mitnzfreunde. La città di Annover intitolerà una delle sue vie dal chiaro nome di Grote. s. A. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI. Historie monctaire des coiiilex de Louvain, (fiics de Brahniit et marquis dtt Saint Em[)ire Romaiii, par Alkonse de Witte , membre titulaire de l'Académie d'Archeologie de Belgique, as- socié correspondant étranger des Antiquaires de France. — Tome premier. Anvers, impr. De Hacker , 1894 , in-4 de 21 pages, avec 25 planches de monnaies et figures dans le te.xte — Prix : 20 francs. L'ouvrage de M. de Witte , attendi! avec impatience par le monde savaut et dont le premier volume est en vente, vient heureusement combler une véritable lacune de l'hi.s- toire monétaire des provinces belges. L'histoire métallique du Brabant a, il est vrai, été traitée, dès 1851, par le savant Vander Chijs, mais le livre de l'crudit hollandais, hàtivement compose en vue d'un concours à date tì.\e et, de plus, écrit en néerlandais, langue peu répandue, s'arrète à l'année 1576, laissant de coté tonte la partie moderne, pourtant si intéres- sante , de la numismatique braban^onne. Est-il besoin , en outre, de dire que bien des découvertes sont venues, depuis bientòt 45 ans , augmenter le bagage monétaire de l'antique Brabant et que l'étude attenti ve 'des archives a permis , si- non de rectifier bien des attributions , du moins d' enrichir considérablement l'importante partie documentaire de 1' his- toire monétaire braban^onne? Abordons, sans plus tarder , l'e.xamen du bel ouvrage de M. de Witte. L'auteur étudie, dans son premier chapitre la partie si obscure et si ardue du monnayage des comtes de Louvain. Les souvenirs numismatiques de cette epoque re- 134 BIBLIOGRAFIA culée ne sont malheureusement pas bien nombreux. Il faut citer, en première ligne, Ics deniers de Bruocsella et de Ni- viella. Ces pièces sont restituées par M. de Witte aux comtes de Louvain, avoués de l'abbaye de Nivelies et cette attribution est si bien exposée et si habilement appuyée que le doute ne semble mème pas permis. Les comtes de Louvain ne pa- raissent pas avoir frappé monnaie à leur nom avant l'élé- vation de Godefroid I au duché de Lothier. Le chapitre II traite des trois Godefroid, dont les mon- naies, à l'exception de celles portant les noms de Godefroid (III) et de son fils Henri (I) , sont si difficiles à reconnaitre les unes des autres. M. de Witte , sans trop se lancer dans le domaine de 1' hypothèse , vient jeter de la clarté sur cette partie encore peu connue de la numismatique brabanyonne. Les trois Henri font l'objet du chapitre III de l'ouvrage que nous examinons. lei encore, trois princes, portant le méme nom, se succèdent au tròne brabanfon et cette circonstance n'est pas faite pour faciliter le classement de leurs monnaies. M. de Witte se tire avec honneur de ce pas difficile et la division qu'il fait du monnayage de cette epoque en monna- yage ducal et en monnayage locai, est certainement un des cótés les plus nouveaux et le plus instructifs de son livre. Trois princes du nom de Jean se suivent ensuite au gouvernement du duché de Brabant et lei encore la difii- culté d' un classement rationnel de leurs espèces semble vraiment insurmontable. L'auteur, avec une prudence qu'on ne saurait assez louer, ne veut rien innover sur ce terrain brùlant, à moins d'y ètre amene par des arguments irréfu- tables. Le chapitre IV contient les monnaies que l'on peut attribuer avec vraisemblance à Jean I. Les ducs Jean II et Jean III ont chacun leur division rédigée avec méthode et clarté. Le chapitre VI, qui donne les monnaies de Jean III, offre une étude nourrie des monnaies dites de convention , qui portent le nom de ce prince. Nous arrivons maintenant au chapitre VII , qui aborde l'étude des monnaies de Jeanne et Wenceslas. Cette partie est traitée de main de maitre. L'étude approfondie des ar- chives de cette epoque troublée a permis à l'auteur de rec- tifier nombre d'assertions erronées et d'établir sur des données BIBLIOGRAFIA 135 positives toutes les péripéties du monnayage braban^on de cette période. Des faits nouveaux, déduits avec une logique serrée de l'examen de documents autlientiques contem- porains, naguère ancore inconnus, ont judicieusement amene M. de Witte à changer la répartition , suivie jusqu'ici, dcs espèces à Jeanne et Wenceslas et à Jeanne seule. Le chapitre Vili traite des monnaies de Jeanne veuve. L'auteur nous fait connaitre le traile, dont il a retrouvé l'ori- ginai, par lequel la duchesse cède aux villes brabanyonnes, moyennant finances, ses droits régaliens. Une monnaie, la seule connue, frappée par Antoine de Bourgogne, comme ruwaart cu régent, termine cette subdi- vision de la monographie de M. de Witte. Les trois derniers chapitres, qui nous présentent respec- tivement le numéraire du due Antoine de Bourgogne et celui de chacun de ses deux fils, le célèbre Jean IV et Philippe de Saint Paul , viennent terminer avec éclat la première partie du beau et long travail entrepris par M. de Witte. Les planches , qui accompagnent la monographie que nous venons d'analyser succinctement , sont parfaites et font le plus grand honneur à l'habile burin de M. Lavalette Nous espérons que la suite de l'oeuvre élevée par M. de Witte à la numismatique belge, ne se fera pas trop longtemps attendre et nous osons lui predire dès maintenant, l'accueil flatteur et mérité que la première partie de cet im- portant ouvrage a si justement rencontré auprès du monde savant. V."" Bai'douin de Jongiie. Manuale di NitniiAiitatica del Dott. Solone Amiìrosoli, Cons. del Medagliere Nazionale di Brera, Libero docente di Numismatica, con 120 fotoincisioni e 4 tavole. — Seconda edizione corretta ed accresciuta. — Ulrico Hoepli, Milano, 1895. L'apparizione di una seconda edizione del Manuale Am- brosoli deve essere accolta da tutti gli amanti degli studi numismatici con un sincero plauso all'Autore, che davvero 136 BIBLIOGRAFIA se lo merita; e con un rallegramento al pubblico, il quale, col pronto esaurimento dei 2000 esemplari della prima edizione, diede a divedere come esso abbia saputo apprez- zare la bontà e il merito di quella utilissima pubblicazione, come in questi anni sia aumentato il numero di coloro, che si interessano a questa scienza, e come tali studii tendano seriamente a rilevarsi dall' abbandono, in cui giacevano da qualche tempo. Di ciò non ultima a rallegrarsi sarà la Società Numismatica Italiana, vedendo così verificarsi il primo de' suoi ideali. La seconda edizione di questo Manuale non è una sem- plice ristampa della prima, ma una vera seconda edizione, corretta in qualche parte, e molto aumentata nel complesso, talché ha quasi una cinquantina di pagine di più , pure essendo stampata in carattere assai più fitto. Le parte greca è quella che presenta il maggiore au- mento coll'aggiunta di un copioso prontuario per la classi- ficazione delle monete, che sostituisce nella sua piccola mole i due grossi volumi del De Dominicis, e certo sarà di grande aiuto ai principianti, cui il libro è dedicato. La parte romana ha subito minori variazioni; vi fu- rono però aumentate le illustrazioni. Nella parte medioevale italiana venne considerevolmente arricchita la bibliografia, e vi fu aggiunto e.x novo un abbon- dantissimo indice dei Motti, e delle Leggende, che trovansi sulle monete, coll'indicazione della zecca cui ciascun motto o leg- genda appartiene, ciò che serve a facilitare di molto la classificazione. Alla rubrica dei Periodici di Niiìiiisniatica, l'Autore aggiunse poi molto opportunamente quella delle principali Società numismatiche. Accennerò da ultimo a ciò che resta assolutamente inva- riato, ed è il prezzo, il tenuissimo prezzo di L. 1,50; di questo conviene tributare la debita lode al solerte e intelligen- tissimo editore, il quale, popolarizzando così i primi rudi- menti della scienza, apre la via agli altri manuali di Numis- matica speciale , che fra poco faranno seguito a questo e serviranno a condurre passo passo i giovani iniziati alle opere scientifiche e al vero studio della Numismatica. F. G. BIBLIOGRAFIA 137 Mayr (Albert), Die atttikcn Miiiizen dcr Inselli Malta, Goso uiid Pantelleria. — Programm des K. Wilhelms-Gj-mnasiunis in Miinchen fiir das Schuijahr 1893-94. — Munchen, 1894. — (Con una tav.). In quest'opuscolo, 1' A. si è proposto di raccogliere e vagliare i materiali scientifici che gli devono servire per preparare una monografia intorno alla Numismatica antica dell'interessante gruppo maltese e della non meno interes- sante isoletta di Pantelleria, la Cossiira d'un tempo. Il suo assunto è tale da meritare l'attenzione, e per l'ar- gomento in se, e per la molta cura con cui l'A. si è accinto a trattarlo. Dopo di aver accennato alle numerose collezioni pub- bliche su cui si fonda il suo studio, e dopo un breve proemio sulla monetazione delle tre isole in genere, il Sig. Ma3-r discende all'esame diligente e minuto delle singole monete, dividendo il suo lavoro in quattro capitoli : il I su Melila o Malta, il II su Gaulos o Gozzo, il 111 su Cossura, il IV sulle piccole monete in bronzo, al tipo del granchio o del guer- riero, e con leggenda fenicia, oppure anepigrafi, che si pos- sono assegnare con verosimiglianza alle tre isole stesse. Due altre monete anepigrafi, ma che per la loro im- pronta si avvicinano a quelle di Melila, Gaulos e Cossura, formano oggetto di un'appendice, ch'è seguita a sua volta da un succoso riepilogo generale, con cui si chiude questo pregevole saggio. s. A. PERIODICI. Annuaire de Numismatioue. — NovenibreDiccnibrc 1894. Hermerel J., Numismatique Lorraine (Continuazione e fine). — Bordeaux Paul., Les atcliers monctaires de Dijon, de Scmur en Au.xois et de SaintJean-de-Losne pendant la Ligue. — Vallentin Roger, L'atelier temporaire de Brian(;on (1406-1417). — Cronaca, Bibliografia, Miscellanea, ecc. 16 138 BIBLIOGRAFIA Revue Numismatique pRANgAisE, — Fascicolo III, 1894. Babclon E, Chronologie des monnaies de Samos. — Beurlier E, Le Koinon de Syrie et les Syriarques Artabanès et Hérode. — Blanchct J. Adrien, Monnaie inèdite de Nicée avec l'IIiriOS Jìl'iyroilOTj;. — Casanova P., Numismatique des Danichmendites. — Castellane (C. de), Le différent de 1' atelier de Fouras sur les mon naies de Charles VII. — La Tour {//. de), Jean de Candida. — Cronaca, Necrologia, Bibliografia, ecc. Fascicolo IV, 1894. Moivat R., Eclaircissements sur les monnaies des mines. — Reinach Th., Un nouveau roi de Paphlagonie. — Lccomte Maurice, Identification de deux ateliers monétaires mérovingiens : Vadin- naco et Vatunaco, Vaddonnaco. — Blanchct Adrian , Sceau de la monnaie d'Orvieto. — Casanova P., Numismatique des Danich- mendites (Continuazione). — La Tour [H. de), Jean de Candida Necrologia, Bibliografia, ecc. Revue belge de Numismatique, 1895. Fascicolo I. De Chcstret J. {B. de Ilancffe) , Obbicht Getrevenbicht. — Monnaies frappées dans ces deu.x seigncuries. — Maxc-lVerly L., Histoire numismatique du Barrois (Quarto articolo). — V. B. de Jonghe, Deux monnaies de Godefroid de Dalambroeck , seigneur de I leinsberg, comte de Looz. — • Ter Gouw J . E. , Des fausses monnaies au XVII siècle (Secondo articolo). — De Witte Alphonsc, Quelques ajusteurs jurés des poids et balences en fonctions aux Pays-Bas autrichiens durant la seconde moitié du XVIII siècle. — Ronyer M. J., L'oeuvre du mcJailleur Nicolas Briot, en ce qui concerne les jetons (seguito). — Cuinont George, Médaille au buste de Charles-Quint par le poéte Jean Second. — Necrologia, Biblio- grafia, Miscellanea, ecc. VARIETÀ Variante inedita del Grosso di Ercole I coniato a Reggio-Emilia. Geni.""' Sig, Cav. Gnecchi. Dopo la pubblicazione dell'interessante e accuratissimo studio del Cav. Francesco Malaguzzi-Valeri per la zecca di Reggio-Emilia ben poco, per non dir nulla, resta a scrivere su di questa. E invero le ricerche fatte dall'egregio Autore negli Archivi di Stato, e la fortuna toccatagli che le colle- zioni dove si conservano le più importanti monete della zecca di Reggio non siano di quelle che, per mancanza di ordi- namento o per difetto di direzione, rimangono quasi inac- cessibili agli studiosi, hanno fatto sì che la sua monografia sia riuscita completa in ogni sua parte e più di tutto nella parte descrittiva che, se non è la più importante per gli studiosi, lo è certamente per i raccoglitori. Ciò non ostante mi è capitato di recente un esemplare del Grosso di Ercole I variante da quello descritto dal Ma- laguzzi al n. 4 e riprodotto nella Tavola X, n. 5, come esi- stente nel Museo di Ferrara. Eccone la descrizione: ^ — HRCVLES : DUVX (sic) Sfoglia trilobata). — Nel campo la macinella da grano. ^ _ S • PROSPER (scudetto con lo stemma di Reggio) . gps • RE&II C^ogl'a). — Busto del Santo di faccia con mitra e nimbo. Argento, peso gr. 0,778. La leggenda sbagliata del dritto fa supporre un errore dell' incisore del conio , errore che sarà stato corretto in 140 VARIETÀ emissioni successive : il rovescio appare identico a quello del- l' esemplare riprodotto dal Malaguzzi. L'importanza di questa varietà non è tale da intratte- nervisi molto, però, siccome può interessare i collettori, così ho creduto dargliene comunicazione lasciando al suo fine discernimento il giudicare se sia o no il caso di darle pub- blicità sulla nostra Rivista. Quello che senza dubbio risulterà anche più evidente di questa pubblicazione , ov' Ella creda di farla, è la impor- tanza grandissima della illustrazione delle singole zecche fatta con l'accuratezza e coscienza con cui il Malaguzzi condusse quella della zecca di Reggio, perchè permetterà ai varii raccoglitori e ai Musei di fornire con poca fatica gli elementi per completare le serie delle monete uscite da una data officina. Sarebbe quindi desiderabile anzi necessario che simile lavoro potesse farsi per tutte le zecche d'Italia. La nostra Società, che prese lodevolmente e con esito felice l'iniziativa bandendo il suo primo Concorso, dovrebbe ora studiare ogni mezzo per facilitare il compito a chi si accinge a consimili studi, adoperandosi perchè i Musei pub- blici e privati siano meno avari di notizie e perchè vengano rimossi tanti ostacoli che difficilmente possono immaginarsi da chi non li ha incontrati per via. Perdoni il disturbo e mi abbia con ogni ossequio Santangelo di Romagna, li 8 Marzo iSpj. Dev. G. Castellani. Il ìÙ2ìOStiffllo di Dainhel. — Il 27 nov. 1894 certo Giuliani, scavando per ragioni di coltura un suo campicello situato presso a Saorì, frazione del comune di Dambel, vil- laggio dell'alta valle di Non, scoperse alla profondità di circa 80 centim. dal suolo, una tomba formata dei soliti tegoloni di cotto, che racchiudeva uno scheletro; presso al cranio rin- venne un vaso di rame tutto guasto per l'ossido, che con- teneva molte monete ed un cucchiaio d'argento, un bacile di sottilissima lamina di rame, e frammenti di una coppa di cotto. vARii;r.\ 141 Le monete che ho potato esaminare erano 285; di queste, 284 cintoniniani di varia conservazione , qualcuno con traccie della bianchitura, ed wxìnìirco. Congetturo che le monete dovessero essere circa 350, essendone andate di- sperse parecchie fra persone del luogo. Ecco la distinta per imperatori: Claudio II (268-270) I Aureliano (270-275) . 63 Severina 3 Tacito (275-276) 15 Floriano (276) i Probo (276282). 105 Caro (282-283) 7 Numeriano (282-284) 5 Carino (282-285) 15 Diocleziano (285-305; 29 Massimiano (286-305) 12 Antottimani frusti indecifrabili 28 Fra queste monete non ho rilevato rarità alcuna, se si eccettua forse un antoniniano di Aureliano con PIETAS AVG- (Cohen, II ed., n. 171) il quale si distingue altresì dagli altri per maggior spessore e rilievo delle due figure del rovescio. L'aureo spetta a Diocleziano e merita un cenno per es- sere una varietà del n. 280 del Cohen (II ed.). ^ — IMP CCVAL DIOCLETIANVS PF AV&. Busto laureato e corazzato a destra. ^ — lOVI FVL&ERATORI. Giove nudo, a destra, con ful- mine, trattiene colla sinistra il manto svolazzante che porta sulle spalle, in atto di colpire un gigante (?) che ha le gambe in forma di serpenti (?), che gli sta genu- flesso davanti e del quale col piede sinistro calca la coscia destra. Esergo PR (Peso gr. 5,34). Giorgio Ci.^ni. N^oinine. — I! Cav. Dott. Prospero Kizzini direttore del Civico Museo di Brescia, fu testé nominato Socio ono- rario deW Imperia/e Istituto Archeologico Germanico, il quale ha .sede in Berlino, Roma e Atene. — Il Cav. Dott. Giorgio Ciani, dirctt. del Museo Civico di Trento, venne eletto Socio 142 VARIETÀ corrispondente àtW Ateneo di Brescia, e il Sig. Qnintilio Pe- rini di Rovereto, Socio corrispondente della American Nu- wismaiic Archeological Society di Nuova York. Presso la Società Numismatica Italiana trovansi in deposito e sono vendibili molte monete provenienti dalla Mesopotamia: greche, siriache, dei re di Cappadocia, dei re Arsacidi e Sassanidi, ecc. Per informazioni, rivolgersi al Segretario della Società, Prof. Cav. Costantino Luppi, Mi- lano, Piazza del Duomo, 20. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Estratto dei Verbali Seduta del Consiglio 26 Gennaio 1895. La seduta è aperta alle ore 13 30. I. Su proposta del Dottore Solone Ambrosoli e del Cav. Francesco Gnecchi, vengono eletti Soci effettivi i Si- gnori : Visconte Arturo F. Daitgìwii e Cav. Edoardo Mattai di Milano; socio corrispondente, il Sig. Pietro Zitelli di Scio. II. Viene approvata la composizione del i" fascicolo 1895 della Rivista. III. Fra i membri del consiglio si nomina una Commis- sione composta dei Signori Gavazzi , \'isconti ed Ercole Gnecchi per l'esame dei lavori presentati al 31 dicembre scorso pel Concorso Papadopoli. IV. Ad altra commissione, composta dei Sigg. Ing. Motta e Prof. Luppi, viene affidato l'incarico di studiare un rego- lamento per la Biblioteca sociale. V. Il Cav. Fr. Gnecchi presenta all'ammirazione dei convenuti lo straordinario medaglione d'oro, di Teoderico Re dei Goti, recentemente venuto in luce nelle Romagne, promettendone l'illustrazione nel prossimo fascicolo della Rivista. 144 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA VI. Il segretario Luppi dà lettura dei seguenti doni pervenuti alla Società : Ambrosoli Dott. Solone. Le sue pubblicazioni : Museo Provinciale di Catanzaro. Catalogo delle monete romane e bizantine. Catanzaro , 1894, in-8. — Id. id., Catalogo delle monete medioevali e moderne, meda- glie, ecc. Ivi, 1894, in-8. Bordeaux Paul di Neuilly. Le sue pubblicazioni : Le.s ateliers monétaires de Bordeau.x et de S.-Lizier pendant la ligue. Pai-is, 1894, in-8 fig. — Monnaies inédites frappées à Gènes pendant l'occupation fran9aise. Paris, 1894, in-8, fig. — Monnaies d'or frappées par Charles I d'Anjou à Tunis. Paris, 1894, in-8 fig. — • Les ateliers monétaires de Diion, de Semur-en-Aiixois et de Saint-Jean-de-Losne pendant la-Ligue. Paris, 1894, in-8. Crespellani Cav. Avv. Arsenio di Modena. Le sue pubblicazioni : Di un ripostiglio di coltelli-ascia , od ascie, scoperto a Savignaiio sul Panaro, l^igiiola, 1884, in-8 con tav. — Di alcune tombe preromane scoperte presso Correggio. Mo- dena, 1891, in-4 con 2 tav. De Simoni Cav. Avv. Cornelio. La sua pubblicazione : Le Monete del Monferrato all'anno 1600 ed il loro valore. Alessandria, 1894. Dutilh C. D. J. Direttore del Museo di Ghizeh (Egitto). La sua pubblicazione : Arrivée exacte de 1' empereur Hadrien en Egypte. Le Caire, 1894, in-8. Gabrici Prof. Dott. Ettore di Napoli. La sua pubblicazione : Topografia e Numismatica dell'antica Imera e di Terme. Napoli, 1894, in-4 con tavole. Gnecchi Cav. Ercole. Cinagli Angelo, Le monete dei papi, descritte in tavole sinot- tiche. Fermo, 1848, in-fol. con 4 tav. — Ciabatti Ab. Guido, Sigillo di Giovanni di Lorenzo di Cresci. Firenze, in-8 fig. Estr. — Idem., Dei Cavalieri di popolo , in-8 fig. Estr. — Zanoni Andrea, Inscriptionum specimen. — Enimanuele Mola , Spie- gazione di un piccolo bassorilievo rinvenuto nel lido della greca Salpi. — Omaggio alla Reale Società Nionismatica belga, ATTI iJtT.LA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA I45 Milano, i8gi, con 4 tavole. — F. ed E. Giiccclii , Le Monete dei Trivulzio. Milano, 1887, in-4 con 6 tav. Gnecchi Cav. Francesco. The American Journal of Archeology, 1890. — Cataloghi diversi. Gnecchi Cav. F. ed E. La loro piibblicazioìie : Monete di Milano inedite. Suppl. all'opera : Le monete di Milano da Carlo RLigno a \'ittorio Emanuele IL Luppi Cav. Prof. Costantino. Vincenzo Bclìiiii, Delle monete di Ferrara. Ferrara, 1761, in-4, ^g- Malaguzzi Valeri Cav. Dott. Francesco di Hologna. Le sue pubblicazioni : La collezione delle miniature dell'Archivio di Stato di Bologna. Roma, 1894, in-4 fig. — La chiesa ed il portico di S. (iiacomo in Bologna. Roma, 1894, in-4 ^0- Mayr Alberto di Monaco. La sua pubblicazione: De Antikcn Miinzen der Inseln IVLalta , Gozo und Pantelleria. Moìiaco, 1894. in 8, con una tav. Miari Conte Fulcio Luigi di Venezia. Un medaglione in Ijronzo di Galba, imitazione del Padovanino. Rizzini Cav. Dott. Prospero, Cons. del Civico Museo di Brescia. Le sue pubblicazioni : Illustrazione del Civico Musco di Brescia: Medaglie. Brescia, 1892, in-8 con 4 tav. — Idem. Brescia, 1893, in-8. — Gli oggetti barbarici raccolti nei Civici Musei di Brescia. Ivi, 1894, in-8 con 7 tav. Vallentin Roger di S. Póray (.\rd( che). Le sue pubblicazioni : Lcs manuscrits de l' avignonais Gaucher Blégier. Gcncve, 1893. — Le nionnaies de Louis I d' Anjou frappées à Avignon. Piiris, 1893, in-8 llg. — De la Ciiculation des Monnaies suisses en Dauphim- au W'I siede. Paris, 1894. — L'Atelier tcmporaire de 15rian<;on. Paris, 1894. "' ^-'^^ difTé- rents de la Monnaie de Grenoble de 1489 à 1553. Parlici, 1894. La .seduta e levata alle ore 15. Finito di stampare il 30 Marzo 1895. Scorri Ri: .NO, (ir nule responsabile. TAVOLE HIX'ISTA ITA LIANA DI X T .MIS MATl C A Anno Vili. UìM.;. 4." Periodo. W A^ *y 12 / r.r/^7 5.° Periodo. e- :t S^J Tav. 1. w 10 13 15 #• ETTORE CABRICI Monete d'Imera RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno Vili. Tav. II. / ì-j ^y '-d^. '-j"! ^w^ ■^a X'^. ^^W ^vis 10 12 /&Ìl^x ^^^^ '■^&m^ jiij GIORGIO CIANI. - Di alcune monete della zecca di Verona. FASCICOLO IL APPUNTI NUMISMATICA ROMANA XXX IV. MEDAGLIONE D'ORO DI TEODERICO RE. (Tavola III. Accade una volta.... quando accade, nella vit;; d' un raccoglitore, la fortuna di trovare e di poter descrivere un pezzo importante come il Medaglione d'oro di Teoderico, che oggi ho la soddisfazione di presentare al mondo numismatico. Né certo è la qua- lità di medaglione d'oro, per quanto apprezzabile in se stessa, che gli conferisce così grande importanza, bensì la sua epoca e il personaggio che vi figura. La splendida serie dei medaglioni d'oro romani, dopo aver raggiunto il suo apogeo verso la metà del quarto secolo, va a poco a poco declinando e si spegne completamente in Italia alla metà del quinto col nome dell'imperatore Valcntiniano III, cui appartiene l'ultimo medaglione conosciuto, e dopo il quale non rimane memoria che del famoso medaglione di Giu- stiniano, già appartenente al Gabinetto di Parigi e 150 FRANCESCO GNECCHI fuso dopo l'esecrabile furto del 1831, medaglione che certamente fu coniato a Costantinopoli '^'K Ora ecco che alla fine del quinto secolo o al- l'aprirsi del sesto, ne compare uno nuovo, splen- dido e inaspettato, che, solitario in mezzo alla gene- rale decadenza, ci offre un superbo saggio dell'arte bizantina, tale che nessuna moneta tra le innumere- voli di quella serie abbondantissima può reggere al confronto, perche nessuna di esse sorpassa la misura comune e l'arte volgare. Unico come medaglione italiano, di quest'epoca, ed ultimo, che ne chiude per ora, e, salvo nuove e poco probabili scoperte, definitivamente la serie, esso è anche la sola moneta e il solo monumento, che ci presenti il nome e il ritratto del grande Teoderico, anzi è l'unico esempio d'una moneta d'oro coniata in Italia coU'efiìgie d'un re goto. E non sarebbe fuori d'ogni probabilità che essa avesse servito d'esempio e di stimolo a Teodeberto Re dei Franchi, il quale circa mezzo secolo piìi tardi, (dopo il 536), osava scuotere definitivamente il giogo imperiale e, abban- donando la vecchia tradizione, incominciava a co- niare la moneta d'oro colla propria effigie. Per quanto poi la serie delle monete, che pren- dono il nome di Zecche Italiane, si soglia incomin- ciare assai piìi tardi, è però da quest'epoca che essa deve riconoscere la sua origine, giacche fu lo sfascia- mento del romano impero, che diede la vita ai nuovi (I! Eccone la descrizione che ne dà il Mionnet : Dr. — D . N . IVSTINIANVS PP AVG. Busto di fronte coU'elmo e il nimbo, armato di lancia e scudo. Rov. — SALVS ET GLORIA ROMANORVM. L'imperatore a cavallo, a destra, coU'elmo e il nimbo, in armatura, preceduto dalla Vittoria che porta un trofeo. Nel campo una stella. All'esergo CONOB. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA I5I Stati, dalla riunione dei quali doveva poi risorgere l'Italia moderna. Teoderico fu il primo che osò portare il nome di Re d' Italia, e il suo medaglione d'oro, il primo che presenti i titoli di Re IREX) e di Principe (PRINCIS) potrebbe quindi considerarsi come il punto di partenza, come la moneta prima e fondamentale di quella gloriosa serie, che, divisa e suddivisa per secoli in mille ramificazioni, era poi destinata a uni- ficarsi nella maturanza dei tempi col nome del Padre della Patria, e a consacrare 1' avvenimento dell'Italia risorta colle monete portanti il nome e l'effigie del Re Vittorio Emanuele. Di capitale importanza per la storia, per la mo- netazione e per l'arte, il medaglione merita che ci fer- miamo a dare alcuni cenni sulle condizioni contempora- nee del mondo romano, e a fare qualche considerazione sulla monetazione dei Goti in Italia, onde poterlo giudicare nell'ambiente in cui venne prodotto. Faccio precedere la descrizione del medaglione e la breve cronaca del ritrovamento. ^ - REX THEODERICVS PIVS PRINCIS e una piccola palma. Busto loricato e clamidato di fronte, a capo sco- perto e capigliatura lunga e ricciuta (2). I^a lorica è a squame di pesce e la clamide è assicurata sull' omero destro con un fermaglio rotondo. La mano destra si (2) A primo aspetto io avevo giudicato che il busto di Teoderico fosse rappresentato in semplice capigliatura ; ma poi qualche amico, che lo vide, mi fece l'osservazione che invece lo si era inteso rappre- sentare in parrucca. Da allora entrai in un periodo di dubbio; pensai di interpellare le migliori autorità in fatto d'arte bizantina, per sapere se a quei tempi fosse ammissibile una parrucca, e diramai in varie parti d'Europa le impronte del medaglione. Ma com£ spesso o sempre av- viene, tot capita, lo/ senlenliae, e mi giunsero le affermazioni più dispa- rate. Chi mi assicurava essere giustissima la mia interpretazione, e altro non essere possibile che la semplice capigliatura ; chi invece sosteneva assolutamente esser quella una vera parrucca, e mi citava l'esempio delle parrucche assire, persiane, babilonesi, egiziane, di epoca 152 FRANCESCO GNECCHI vede davanti al petto come in atto di benedire, mentre la sinistra sostiene un globo, su cui sta una Vittoriola con una corona e una palma. 9 - REX THEODERICVS VICTOR GENTIVM e una piccola palma. — Vittoria con una corona e una palma, che cammina a destra, appoggiando il piede sul globo. Al- l'esergo COMOB. CTav. III). Il diametro è di millimetri 33, il peso di grammi 15,320, corrispondente cioè ad un ternio o al peso di tre solidi bizantini. La piccola eccedenza è do- vuta a due appendici d'oro saldate sul rovescio nel campo ai lati della Vittoria , in modo da non sciupar nulla ne della figura né della leggenda. L'appendice a sinistra, in forma di piccolo anello, mostra d'aver servito all'attacco d'un ardiglione ; ip quella di destra a guisa di fermo e di custodia, doveva entrare la punta dell'ardiglione stesso, nella riduzione della moneta ad uso di fermaglio fatta ab antiquo. Il poco che ho potuto sapere circa il ritrova- mento dell'insigne medaglione, giacché per la gelosia o la diffidenza dello scopritore, é sempre difficile co- noscere tutti i particolari, che sarebbero estrema- mente interessanti, si riduce a questo. Fu trovato nel dicembre 1894, in prossimità di Sinigallia, su di un colle, in aperta campagna, casualmente, in occa- sione che si lavorava il terreno. Sembra che ivi esi- stesse un sepolcro o anche meglio un sepolcreto, perché vi si trovarono molte ossa umane, pietre, mat- ben anteriore a quella di Teoderico. Io mi trovai allora nell'imbarazzo di quell'ammalato che, dopo aver consultato tutte le più grandi cele- brità mediche, in mezzo ai giudizii più contradditorii, deve finire per eri- gersi a giudice lui stesso. E, giudicando perciò secondo che a me parve fin da principio e pare ancora, mi attengo alla primitiva interpretazione ; il che del resto non toglie la più ampia libertà — e senza il pregiu- dizio, che potrebbe portare un'opinione medica — a chi volesse essere di diverso parere. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 153 toni ed altri oggetti manufatti, ma consunti dal tempo. Non si trovò alcun recipiente o vaso in cui la mo- neta fosse contenuta. Nulla di più mi fu dato pre- cisare. A 1' 1' u X T I STORICI. Teoderico è certamente la più grande figura storica fra i principi goti , che dominarono l'Italia, e il suo lungo regno getta un ultimo sprazzo di luce in mezzo alla caligine, che andava addensandosi sul romano impero, già in preda alla completa dis- soluzione. Barbaro d'origine, ma allevato fino dai suoi primi anni alla corte di Bisanzio, crudele e ge- neroso nel tempo stesso, accoppiando ai vizii della sua razza delle eccellenti qualità di carattere , fu un misto fra il barbaro e il sublime, e alternò l'im- peto selvaggio cogli slanci d'entusiasmo per la civiltà romana. Nato al principio del 455 dall'illustre famiglia degli Amali, era figlio di Teodemiro capo degli Ostro- goti. In seguito alla pace ccmclusa nel 462 venne condotto ostaggio in Costantintjpuli, all'imperatore Leone, il quale, apprezzandone l'alta intelligenza, lo allevò come un propri(j figlio nella reggia stessa, istruendolo specialmente nell'arte militare. A 17 anni solamente ritornò ne' suoi paesi, e la sua natura ebbe campo di esercitarsi in imprese guerresche, finché nel 474, morto Teodemiro, gli succedette come capo supremo dei Goti. Nel 475 stringe alleanza coll'imperatore Zenone, il quale, chiamatohj a Costantinopoli, lo colma di onori. Gli conferisce il titolo di Patrizio, lo nomina Prae/ectus militiac, lo adotta come figlio, lo designa 154 FRANCESCO GNECCHl console per l'anno seguente e gli fa innalzare una statua equestre davanti al palazzo imperiale. Ma ben presto un'ambizione più vasta invade la sua mente, e il sogno di cingere la corona di re d'Italia vmce facilmente ogni scrupolo di riconoscenza verso l'imperatore Zenone. Col suo esercito si avanza minaccioso verso Costantinopoli e sotto le mura della città chiede imperiosamente a Zenone l'autorizzazione di scendere in Italia a combattervi Odoacre. L'im- peratore, impotente a negarla e, felice nel tempo stesso di liberarsi in tal modo da un ospite così tur- bolento, acconsente e fa redigere dal Senato un atto pubblico, col quale l'Italia viene assegnata ai Goti e al loro re. Teoderico raduna allora un'armata di 200 mila combattenti, e, traendosi dietro tutta una popolazione, muove verso l'Italia. Dalle Alpi Giulie scende nel 489 all'Isonzo, ove Odoacre stava pronto ad attenderlo. Il 28 agosto passa vittoriosamente il fiume e un mese dopo, il 29 settembre, sconfigge Odoacre nella famosa battaglia di Verona. Nell'anno seguente (11 agosto 490) lo vince una terza volta all'Adda, rendendosi padrone di tutta l'Italia settentrionale, e continua l'inseguimento fino a Ravenna. Dopo un assedio di tre anni, viene a patti con Odoacre, e i due rivali convengono (27 febbr. 493) di governare insieme l'Italia. Ma tale ac- cordo non poteva durare a lungo, e difatti pochi giorni dopo (5 marzo dello stesso anno 493), Teo- derico assale proditoriamente e uccide di propria mano Odoacre, che aveva convitato a banchetto nei giardini del palazzo. Senza più altro aspettare la sanzione imperiale, si fa proclamare Re dei Goti e dei Romani, e la sua autorità è ben presto riconosciuta in tutta Italia. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA I55 Inaugurando il più gran regno barbaro sorto sulle rovine del romano impero, Teoderico pone come principio nel regime interno, la divisione ira i Romani e i Goti, ciò che forse fu il suo più grande errore. — Accorda ai Goti due terzi delle terre, ri- servando l'altro terzo ai Romani, e affidando ai suoi Goti le armi, lascia ai Romani tutti gli altri privilegi di cui avevano fino allora goduto, le scienze, le let- tere e le arti. Si occupò a migliorare la pubblica amministra- zione, promosse il bene pubblico in tutti i modi, e, quantunque ariano, fu tollerantissimo colla Chiesa ortodossa. Nel 498 finalmente ottenne dall' imperatore Ana- stasio le insegne reali, e come re d'Italia andò nel 500 a Roma , ove il suo arrivo fu celebrato con grandi giuochi pubblici e con liberalità al popolo. Vi rimase un anno e, quale Re d'Italia, presiedette il Se- nato, designò uno dei Consoli, mentre l'altro veniva designato dall'imperatore d'Oriente, e s'occupò delle riparazioni alle tbrtificazioni ed ai monumenti di Roma, che si trovavano in istato di grande abban- dono. Nel 501 tornò a Ravenna. Dopo IO anni di guerre sostenute contro i bar- bari in diverse regioni, seguirono 12 anni di pace che segnarono l'apogeo del suo regno. Teoderico, sciolto da ogni dipendenza dall'Im- peratore d'Oriente, senza punto rinnegare la propria origine e la propria natura, si mostrò romano in faccia ai barbari. Approfittando della superiorità, che gli veniva dall'ingegno e dalla fortuna, si atteggiò quale successore dei Cesari, trattando non da pari, ma da superiore con tutti i principi, facendosi spesso arbitro fra loro, accordando favori, imponendo la sua volontà. Profondo conoscitore degli uomini, aveva saputo 156 FRANCESCO GNECCHI circondarsi dei migliori, e la sua amministrazione civile condotta da Boezio, Cassiodoro e Simmaco aveva portato e mantenuto dappertutto la tranquil- lità e la giustizia. 11 commercio era in fiore per terra e per mare, e molti grandiosi edifizii pubblici sorsero nelle città del regno, segnatamente a Verona, la sua città favorita e a Ravenna, che divenne la prima città del regno, e che di quell'epoca fiorente mostra ancora qualche glorioso avanzo. Anche le arti e le scienze ebbero, in lui bar- baro, un potente mecenate e segnarono un ulti- mo momento di risveglio , per quanto era possibile in un periodo di già inoltrata decadenza. Finalmente aggiunse gloria al suo regno la pa- cificazione da lui favorita e aiutata fra la Chiesa Greca e la Romana, avvenuta quando Giustino I assumeva la porpora imperiale. Ma tale prosperità non doveva essere che effimera , e gli ultimi anni del suo regno offuscarono la gloria -dei primi. La tolleranza religiosa di Teoderico non valse contro l'intolleranza degli avversarli. Una recrude- scenza nel fervore della fede ortodossa riaccese in quegli anni le persecuzioni più o meno aperte contro gli eretici; e i popoli dell'Occidente incominciarono a diffidare dell' ariano Teoderico e a volgere i loro sguardi verso l'imperatore d'Oriente. Al principio del 525 Teoderico mandò a Co- stantinopoli una ambasciata con a capo il Pontefice stesso Giovanni I, per chiedere la revoca degli editti contro gli Ariani; ma nulla potè ottenere. Irritato dal sospetto che papa e imperatore s' accordassero a suo danno ed esasperato dalle persecuzioni, cui si vedeva fatto segno da ogni parte , senti ridestarsi tutti i suoi barbari istinti; ed in un momento di sel- vaggio acciecamento, ordinò la morte di Simmaco e di Boezio, proibì a tutti i romani il porto di qua- APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA I57 lunque arma; e, appena tornato dall'Oriente il papa, (maggio 526), lo fece gettare in un carcere, ove ben presto dovette soccombere. Tre mesi piìi tardi anche Teoderico, colto di febbre maligna, soccombeva, e spegnevasi con lui ogni speranza di una risurrezione dell'Italia. , Fu sepolto a Ravenna in un superbo mausoleo che egli stesso s'era preparato, e che ora è diven- tato la chiesa di Santa Maria della Rotonda. Di questo principe fantastico, del terribile Die- trich von Bern (Verona), del cui nome si impadronì la leggenda e che è ancora vivo in quelle dei Niebcn- limgen, del Rosengartcn e della Rabcnsclilaclit, termi- nerò questi cenni colle parole di Frocopio : " Si potrà chiamarlo usurpatore e tiranno ; in " realtà fu un re, e non fu inferiore a nessuno di " quelli, che si resero distinti su di un trono. „ Le Monete dei Goti in Italia. Non sono molti gli scrittori, che si occuparono specialmente della monetazione dei Goti in Italia, e credo citarli tutti coi nomi di Lelevvel. Friedlànder, Lenormant, Scnkler, Marchand, Biondelli. Quanto è generalmente noto e ammesso, specie riguardo alla moneta d'oro, come quella che inte- ressa il nostro caso, è presto detto, solo riassumendo l'eccellente risposta del nostro Biondelli '3,' alla let- (3) Sulle ninuelc auree dei Coli in Italia. Osservazioni di Bernar- dino Biondelli, Milano 1861. 158 FRANCESCO GNF.CCHI t5 tera di Charles Robert Sur les imitations^^ ostrogothes des sous et des tiers de soiis d'or romains. I re goti in Italia non coniarono moneta d'oro propria, ma non fecero che copiare servilmente l'oro imperiale bizantino. Ciò è provato ad evidenza sia dalla testimonianza di Procopio , il quale dice nel suo libro De Bello Gothico (lib. Ili, cap. 33) : " Sa- " rebbe impossibile ad alcun re barbaro , di porre " la propria effigie sui soldi d'oro, quand'anche pos- " sedesse una massa d' oro , perchè non potrebbe " farli accettare nel commercio, neppure fra i bar- " bari „, come pure dal fatto, che in Italia si trovano in grandissima quantità soldi d'oro e tremissi d'A- nastasio, di Giustino I e di Giustiniano, i quali nei 60 anni, che durò la dominazione dei Goti, non re- gnarono che in Oriente, mentre non si conosce al- cun'altra moneta d'oro propria dei Goti. La somiglianza delle monete auree coniate dai Goti con quelle coniate direttamente dagli imperatori di Costantinopoli è tale, che riesce immensamente difficile, per non dire impossibile, il distinguere le une dalle altre. Tanto queste come quelle portano l'effigie e il nome in tutte lettere dell' imperatore, e servil- mente sono pure copiati i rovesci. II solo indizio, che abbia qualche importanza perchè si possa attribuire ai Goti una parte degli aurei col nome e l'effigie dei detti imperatori sono le lettere RM, RV, MD, ecc. nel campo , le quali si interpretano per Roma, Ravenna, Mediolanum, ecc., e che quindi non potevano essere coniate in Oriente. Certo che per attribuire tale significato alle lettere nel campo delle monete d'oro, bisogna ammettere ciò che, se è estremamente probabile, non è però ancora strettamente provato, che da una cert'epoca e precisamente dal tempo di Valentiniano I (e non solamente da quello del tiranno Eugenio, come dice APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 159 il Senkler), si fosse introdotto l'uso di collocare nel campo l'indicazione della zecca, la quale fino allora aveva sempre avuto la sua sede naturale all'esergo. Il perdurare dell'antica sigla della zecca di Costan- tinopoli CONOB all'esergo, si spiega col!' essere essa divenuta dopo tanto tempo quasi il marchio dell'oro, ed era quindi riprodotta su tutte indistintamente le monete d'oro, qualunque fosse la zecca in cui erano state coniate. E qui conviene accennare come il CONOB, che appare per la prima volta sotto Valen- tiniano I, si trasforma in C0M08 ogni volta che si trovano nel campo lettere iniziali di zecca (aK Ammessa però l' ipotesi, come si disse cstrcma- (4) Si è molto discusso sul significato della sigla CONOB senza che si sia ancora giunti ad una spiegazione definitiva. Lasciantlo da parte le interpretazioni fantastiche, che abbondarono qui come in altri problemi numismatici specialmente nel secolo scorso, non citerò che le due più serie e più probabili. La prima, messa innanzi da Pinder e da Friedlander e caldamente appoggiata dal Lenormant, è che la sigia CONOB debba scomporsi in CON e OB, e prendendo queste due ultime lettere come cifre numeriche, debba leggersi : Coiislnntiiiopnli- tanae (librae) sepliiagesiiiia seciiiuin (pars), intendendosi che tal immero indicasse quello dei soldi costituenti la libbra, ossia la 72* parte, se- condo la legge di V'alentiniano I. All'obbiezione poi che tale ipotesi, se può reggere pei soldi, cafirebbe, considerando che la sigla CONOB è ripetuta sui tremissi, i quali non erano che la 216" parte della libbra, il Missong risponde che tale sigla si trova tanto nelle frazioni come nei multipli del solido, riferendosi sempre all'unità dell'oro che e appunto il solido. — La seconda ipotesi, pure divitlcndo la sigla in due sillabe distinte CON e OB, le interpreta per CONstantinopoli OBsignata (riferendosi alla moneta) oppure CONstantinopoli OBruzium o OBrvsion (oro di Costantinopoli), e anche con questo sarebbe spiegato il perdu- rare di questa sigla per ben quattro secoli, e il trovarsi sulla massima parte delle monete d'oro, qualunque sia il loro modulo. E qui non è il caso di entrare in discussione sulla maggior probabilità dì una piut- tosto che dell'altra ipotesi. Perchè poi in Occidente (ossia nelle monete, che portano le indicazioni dì zecche Occidentali nel campo) il CONOB primitivo si sia trasformato in COMOB rimane tuttora inesplìcato ; ma è un fatto costante, a cui non si possono opporre che rarissime eccezioni. l6o FRANCESCO GNECCHI mente probabile, che le lettere nel campo stiano ve- ramente a indicare la zecca, sorge naturale una osservazione : Se queste lettere furono assai usitate da Valentiniano fino ad Anastasio, durante il quale periodo, attenendoci al principio esposto, riesce fa- cile una divisione netta fra le monete coniate in Oriente e precisamente a Costantinopoli (colla sigla CONOB e nulla o una semplice stella nel campo) e quelle coniate in Occidente (colla sigla COMOB e le lettere nel campo) ; perchè durante la dominazione dei Goti scompaiono quasi completamente, e non figurano che molto eccezionalmente su pochi soldi e pochi tremissi, in proporzioni infinitamente minori al numero delle monete che si trovano in Italia e a quelle che presumibilmente furono dai Goti coniate? Rimane il famoso aureo d'Anastasio col preteso monogramma di Teoderico alla fine della leggenda del rovescio (s) e dico preteso, perchè, oltre che in- completo, esso è anche affatto differente nella di- sposizione delle lettere dai monogrammi che vediamo sulle monete d'argento dello stesso Re, i quali almeno off'rono tutte le lettere componenti il nome di THEO- DERICVS. Ma, ammesso pure il monogramma, l'obbiezione fatta alla indicazione delle zecche colle iniziali nel campo, si può qui rinnovare. Se veramente Teoderico avesse inteso di im- primere il proprio monogramma sulle monete d'oro, perchè ve lo pose su un così piccolo numero, che gli scarsi esemplari che ci rimangono, formano una (5) Non occorre parlare dell' altro aureo colla lettera 6 alla fine della leggenda del rovescio, in cui il Lenormant volle vedere l'iniziale greca del nome di Teoderico, troppo essendo evidente che non si tratta d'altro che di una cifra numerale, come tutte le altre cifre greche comunissime sui solidi di quest'epoca. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA l6l vera rarità, in mezzo al numero ingombrante dei comuni soldi d' oro d' Anastasio, di Giustino I e di Giustiniano, che si sono trovati e che si vanno continuamente trovando nelle diverse regioni d'I- talia ? Ma, ad ogni modo, lasciando come punto assai di- scutibile se i re goti abbiano impresso o no un segno pili o meno percettibile sulle monete d'oro da essi coniate a somiglianza delle romane, e lasciando nel dubbio se si arriverà mai a distinguere nettamente gli aurei goti dai bizantini, rimane sempre il fatto che sulle monete d'oro nessuno dei re goti osò mettere il proprio nome e tanto meno poi la propria effigie (^). Dopo di che riesce strano e sorprendente il caso di un medaglione d'oro coll'effigic del grande Teoderico e col nome scritto completo sia al dritto che al rovescio, e bisogna attribuire a tal pezzo un'origine e una occasione veramente eccezionale, come eccezionale fu il personaggio ed eccezionale il periodo storico del suo regno. (6) Sull'argento i Goti conservarono l'uso di imprimer la testa im- periale e la relativa leggenda nei dritto, accontentandosi di mettere il monogramma del loro nome al rovescio (e questi sono i mono- grammi veramente decifrabili). Fu solo sul bronzo che alcuni osarono porre il loro nome (Odoacrc, Atalarico, Tcodato, Vitige, Teja) e talora anche il loro ritratto (Teodato, Baducla). E non vale la pena, se non a titolo di cronaca bibliografica, d'accennare a un bronzo colla testa di Teoderico descritto nel catalogo della collezione della Contessa de Bentink (Amsterdam, 1787, suppl. pag. 53). Quantunque questo bronzo sia riportato da Mionnet {De la rarefi- et dti prix des vicdailles roiitaiues. 2 Ediz., tomo II, pag. 410) come appartenente alla coli. Pembrock, e da Engel e Serrure [Traiti- de Xiimisniatiijiie dii inoyeit age, tomo I, p. 26), basta osservare il disegno dato nel citato catalogo Bentink, per rima- nere persuasi non trattarsi d' altro che di una volgare falsificazione, come del resto è il caso per molti altri pezzi di quella infelice col- lezione. 102 FRANCESCO GNECCHI Il Medaglione. LA DATA — l'arte — LA LEGGENDA. 11 carattere di Teoderico, quale si rivela da tutte le sue gesta, e l'ambiente nel quale si svolse, unita- mente alle circostanze della monetazione dei Goti in Italia, danno, mi pare abbastanza chiaramente, la ragione e la spiegazione del Medaglione. Mentre le necessità sociali e le mveterate abituduii costrin- sero lui barbaro e intruso nel romano impero, a battere la moneta corrente col nome e coll'effigie dell'imperatore regnante in Costantinopoli, l'orgoglio di atteggiarsi a Cesare romano, lo spmse a coniare almeno una moneta di lusso col proprio nome e colla propria effigie, a somiglianza di quelle che ave- vano coniato gli imperatori romani. Volendo cosi continuare il fasto dei medaglioni d'oro, ed anzi rievocarne l'uso da mezzo secolo ab- bandonato, era troppo naturale che ne affidasse l'inca- rico al più abile fra gli artisti contemporanei, sfog- giandovi tutta l'arte, di cui l'epoca poteva essere ca- pace. E difatti sotto il rapporto artistico, il medaglione si può considerare il capolavoro dell'arte bizantina, in fatto d'incisione. Se la Vittoria del rovescio, mal- grado la grazia delle pieghe e dei particolari, offre qualche troppo sensibile sproporzione di forme, come il soverchio volume della testa, il dritto è certamente un'opera insigne e degna di tempi migliori. Coll'effigie di fronte così splendidamente modellata, con quella capigliatura altrettanto originale di disegno come fine di esecuzione, che ricorda così da vicino quelle che ammiriamo nelle pitture e nelle sculture italiane del se- colo decimoquinto, allorché il risorgimento ritornò in vita, migliorandola e perfezionandola, l'arte bizantina ; Al'PUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 163 infine cogli accessorii tanto nettamente e accurata- mente disegnati, il medaglione, mentre si stacca ad- dirittura dall' arte supina e stereotipa delle monete comuni contemporanee, costituisce un cjualche cosa a sé, elevandosi a un'altezza, che non si crederebbe possibile in epoca di tanta decadenza. Che il medaglione sia stato coniato in Italia non pare possa mettersi in dubbio; in primo luogo perche tutto porta a credere che Teodcrico l'abbia latto eseguire in una delle zecche del suo regno anziché a Costantinopoli, principalmente nell'epoca in cui, come ora vedremo, pare debba esser stato coniato, nella quale erano piuttosto tesi i rapporti tra il re d'Italia e l'imperatore d'Oriente. E poi anche per la sigla COMOB che indica, come s'è visto, una zecca occidentale e quindi nel nostro caso italiana. Se poi sia stata Roma o Ravenna, che ebbero l'onore di coniarlo, non abbiamo dati sufficienti a poterlo determinare, mancando ogni indicazione di zecca. Quanto alla data della coniazione, se ci è im- possibile precisarla, è però facile determinarla con molta approssimazione. Il rovescio porta la rappresentazione generica di una Vittoria, la quale, non richiama un avveni- mento speciale e non può quindi fornire alcuna indi- cazione: mentre un indizio molto significante lo troviamo nel titolo di REX ripetuto sui due lati del medaglione. Quantunque, subito dopo l'eccidio degli Eruli nel 493, Teoderico si fosse dichiarato re dei Goti e dei Romani, non fu che nel 498 che da Anastasio ottenne regolarmente l'investitura e le insegne di re d'Italia. Parrebbe logico supporre che il titolo di REX si riferisca appunto al titolo di Re d'Italia regolar- mente ottenuto; e, siccome nel 500 ha luogo il suo 164 FRANCESCO GMXCHI viaggio a Roma, dove volle ostentare la vita del Cesare Romano, pare ovvio ritenere che in questa occasione avesse pure fatto coniare il medaglione, per darlo in dono ai grandi della corte e del senato e probabilmente anche ai principi barbari, cui sap- piamo usava mandare i prodotti artistici dell' Italia. Teoderico doveva avere allora 45 anni, e ditatti l'ef- figie sua sul medaglione ce lo presenta in tutta la vigoria dell'età. Un'ultima osservazione infine mi rimane a fare sulle leggende, le quali ci ofi"rono replicatamente la grafia THEODERICVS. Questa è veramente quella che troviamo nelle piii antiche iscrizioni (^) ed è quella (7) Una certamente delle più antiche iscrizioni è quella portata da Gius. Scaligero (V. Eug. Bormann, Corpus inscriplionum lalinarum. Voi. XI, Parte prima, pag. 8, n. io Ravenna ed è del seguente tenore: REX THEODERICVS FAVE.NTE DO ... . ET BELLO GLORIOSVS ET OTIO FABRICIS SVIS AMOE.NA CON'IVNGENS STERILI PALVDE SICCATA HOS HORIOS SVAVI POMORVM FECVNDITATE DITAVIT. E numerose sono pure le iscrizioni trovate sui laterizi! di quest'epoca, fra le quali citerò dal medesimo Corpus inscriptiointm latinarum (Henr. Dressel, Voi. XV pars prior) pag. 414, 415, 416, Lateres. 1664 REG D N THEODE RICO BONO ROME DE OFFICINA IVSTI 1665 REG D N THEODE RICO BONO ROME 1666 REG D N THEODERICO BONO ROMAE P IND ... 1667 REGN D N THEODE RICO FELIX ROMA EX OFFICIN.-V IVSTI l663 REG D N THEODE RICO FELI.X ROMA 1669 REGNANTE D N THE ODFRICO FELIX ROMA APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA l6s che le più competenti autorità ritengono la più cor- retta (^>, il che non tolse che in seguito venisse più comunemente e dirò anzi universalmente adottata la grafia THEODORICVS. Farmi che ora debbasi senz'altro tornare all'antico e adottare definitivamente la prima, ossia il THEODERICVS, non solo come la più cor- retta, ma come la sola vera e giusta, oggi compro- vata in modo irrefutabile dall'unico monumento uf- ficiale contemporaneo che possediamo. E qui chiudo le mie poche impressioni ed os- servazioni. Altre ne trarrà certamente chi è di me più erudito nella storia e nell'arte italo-bizantina da questo medaglione, la cui apparizione può essere con- siderata come un avvenimento nella numismatica romana. Francesco Gnecchi. (8) Nello stesso Voi. XV Pars prior del Corpus è citata al N. 1663 anche l' iscrizione D N KKGE THEOD RICO accompagnata dal seguente commento : V. 2. Traditur Theodorico ; kgendum tanion esse theoderico post Fabrettium (pag. 521 ad n. 837I iterum monet Marinius in Comnient. ad N. 149 " die così sta seinfyrt' in tutti i iiioiiiiiiifiiti sinceri e trascritti esat- tamente „ qiiod tegulac cuiilirmant. ANNOTAZIONI NUxHISMATICHE GENOVESI XXV DI UNA MONETA INEDITA DEL 1663 E DEL CAMBIAMENTO DI T I 1' O NEL 1 6 3 7 . Nella collezione ligure del Cav. Gabella, Console Generale del Belgio in Cienova, si conserva una mo- neta unica e pregevole, della quale il cortese pro- prietario già da qualche tempo mi aveva inviato un calco in carta, destinato al secondo fascicolo delle Tavole descrittive Genovesi. Ma poiché questa pub- blicazione dovrà subire un ritardo considerevole , sebbene non imputabile ne a me né alla Società Li- gure ('), cos'i sollecitai ed ottenni dal Cav. Cabella (i| La necessità di far seguire una seconda parte alle Tavnlt-, si manifestava e per le nuove monete e varianti che si sarebbero scoperti- in seguito, e perche non si poteva dichiarar chiuso il Volume, prima di aver avuto tempo ed opportunità di esaminare alcune altre raccolte. Tra queste, spiccava quella ricchissima formata a prezzo di grandi fa- i6B GiusKPi'K ito, alla presenza della quale ebbe luogo la nota funzione della ces- sione dello Stato, questa invocazione scritta in una (13) Pctacchina s/ivoiicsc di Ftlippiì M. l'incanti, in Rivista Ilaliana di Xiiiiiisiiialira , 1890, p. 95. — I-'A. critica il Proinis per non aver tenuto conto della corrispondenza tra le due leggende nelle monete savonesi, avendo premesso i:ivirAit.M sao.ne al vu'.uo maria i'koiegk. l8o GIUSEPPE RUGGERO cartella stava tra le mani del divin pargolo : dunque, prima che la si improntasse sulle monete. Né man- cano ancor oggi altri esempi in Genova di quella statua colla stessa cartella: vedasi tra l'altre quella di Prò sulla piazza dello Statuto; dove manca asso- lutamente traccia di altra leggenda allusiva al Governo. Per me non v'ha dubbio alcuno che il vero dritto, all'inizio del nuovo tipo, sia quello che porta effigiata la Vergine. Ma questo dubbio può sorgere invece per il seguito della monetazione, essendo che il gran colpo di Stato compiuto coll'atto solenne del 25 Marzo 1637 è uno di quelli che lasciano poca traccia di sé, e perciò soggetti a sparire ben presto dalla memoria. È probabile perciò che la Vergine del Voto, siasi ridotta presto o tardi a rappresentare la parte assegnata agli altri santi protettori. Non è facile indicare l'epoca di questa trasformazione, la quale si sana certamente prodotta a poco a poco; ma la prima volta che sulle monete, sarà stata con- siderata per rovescio la parte della Vergine, non sarcà stato probabilmente che in quei casi, nei quali abbiamo l'arme della Repubblica sulla parte opposta invece della croce patente. Da quanto ho esposto, si riconosce la conve- nienza di risolvere la questione generale in senso relativo e non in quello assoluto. Invece di ricercare quale delle due faccie della moneta sia da conside- rarsi come la principale, dobbiamo limitarci a desi- gnare per dritto quella parte, che gli autori della moneta stessa hanno inteso volta per volta di desi- gnar come tale. Ridotta la questione in questi confini, ci si pre- senta un criterio materiale ma infallibile, almeno per tutto quel tempo che durò la coniazione a mar- tello. È un fatto conosciuto da quanti hanno pratica di monete antiche, e facile a verificarsi da chi non ANNOTAZIONI NL'MISMATICIIE GENOVESI IDI l'abbia avvertito, che i pezzi battuti con quell'antico metodo, non hanno mai le due faccie esattamente piane e parallele, come in quelle coniate a torchio ; ma la faccia superiore, che è sempre il dritto, non è mai piana e tende invece alla convessità : quella inferiore all'incontro, quando non è piana, tende più alla concavità che alla convessità. Comincieremo dunque dal ricercare quando siasi introdotto in Genova il nuovo sistema, e quando sia stato abbandonato detìnitivamcnte il primitivo. Secondo il Serra, quel cambiamento sarebbe avve- nuto nel 1689. Secondo il Lobero, il nuovo sistema avrebbe cominciato a funzionare nel 167 1 cogli scudi di S. Giovanni, e nel 1674 si avrebbe dovuto coniare la terza parte delle lire e spezzati al molino (m). Ma rimettendocene alle monete delle collezioni, mezzo più sicuro per conoscere la verità, noi possiamo appren- dere: I." Che le prime monete coniate a molino sono effettivamente gli scudi col S. Giovanni del 1671. 2." Che negli scudi e spezzati colla Madonna, il nuovo metodo comincia appena a mostrarsi nell' ultimo quarto del XVII secolo, ma non si generalizza che al principio del XVIII. 3." Che abbiamo ancora dei pezzi coniati col vecchio metodo verso il 171 7. Osservando poi attentamente le monete coniate a martello, ci è facile di constatare : che tutte le monete anteriori al 1637 hanno, senza alcuna ecce- zione, il castello al dritto e la croce al rovescio : che gli scudi e spezzati posteriori a quell'epoca, hanno la Vergine al dritto e la croce al rovescio per tutta la loro durata , e si capisce che, data una consue- tudine, si continui sempre egualmente in quella tale specie, massime trattandosi di moneta nobile ed im- (14) V. La Prefazione del Desimonì, Tavole Genovesi, pag. xxvii. l82 GIUSEPPE RUGGERO portante : che le prime lire e spezzati hanno anch'esse la Madonna al dritto, malgrado che sul rovescio figu- rino le armi della Repubblica nello scudo ornato e coronato; e finalmente, che solo verso la fine del XVII secolo, comincia a mostrarsi una certa inde- cisione nelle piccole monete da due soldi e da otto denari. Onde si può ritenere che anche nelle mone- tazioni in oro da cento lire e spezzati dopo la metà del secolo, e poi in quelle da novantasci sulla fine dello stesso, quantunque coniate a torchio, sia da considerarsi la Madonna come rovescio. Con questo, spero di evitare altri appunti alle Tavole e di spiegare alcune apparenti contraddizioni nelle stesse: ben inteso che non pretendo con ciò di aspirare alla infallibilità, potendo essere incorso in qualche menda indipendentemente dal metodo seguito. Mi si potrebbe osservare che avrei dovuto dar ra- gione di questi criteri nelle stesse Tavole : ma rispon- derei, aver creduto conveniente di evitare tutto ciò che avesse potuto parere meno importante, o far credere ad ostentazione dell' opera mia personale, mentre il lavoro stesso doveva rivestire il carattere collettivo sociale. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 183 XXVII. SULL'ANTICHITÀ DEL GENOVINO D'ORO. Il Chiar. Dcsimoni, nella sua dotta prefazione alle nostre Tavole Genovesi, dimostrò come la co- niazione dell'oro debba farsi risalire alla fine del XII, o per lo meno al principio del XIII secolo. In se- guito a quella pubblicazione, era da sperarsi che i Numismatici ne avrebbero accettate le conclusioni; tuttavia non mi pare che questo risultato sia stato ottenuto. Nel seno stesso della nostra Società Nu- mismatica, ho avuto occasione di constatare più volte, l'esistenza di convinzioni contrarie alle nostre su questo argomento. Allora pensai, se non fosse con- veniente di riprendere a trattare la questione in uno dei soliti articoli; non perchè mi reputassi più valente degli egregi che mi avevano preceduto, e massime del Desimoni che amo e venero come maestro e duce; ma perchè non ritenevo l'opera mia del tutto inutile, nel senso del pulsate et aperietiir. In altri termini, era questione materiale di numero, perchè essendo in più si picchierebbe meglio ; e cambiando l'ordine nelle cose da ripetersi, insistendo sull'una più che sull'altra, aggiungendo qualche considerazione e spe- cialmente una nuova prova tratta da documenti noti ma poco studiati, non mi pareva che fosse vana presunzione la mia speranza di raggiungere l'intento. Studiando le cause, che possono aver maggior- mente inceppato il cammino a quella opinione, che in noi Liguri è convinzione profonda, ho dovuto persuadermi che sono più estrinseche che intrinseche. 184 GIUSEPPE RUGGERO Rimovendo queste cause, rimarrà la questione in sé stessa, risolvibile con buone ragioni. Prima d'ogni altra per ordine cronologico, quan- tunque non possa vantare una origine molto antica come vedremo in ultimo, è quel pregiudizio, secondo cui il fiorino d'oro Toscano deve ritenersi come la prima moneta d'oro dopo i Longobardi, e tutte le altre come imitazioni di questa. E un pregiudizio, e come tale, procede allo stesso modo della calunnia. Sotto parvenze oneste, strisciando inoltra; sfuggendo all'analisi, avanza sempre : è dapprima tollerato, quindi s'impone alla generalità, e finisce ad inquinare per- fino l'ambiente intorno allo scienziato. Dunque, non ci vorremo fermare troppo a lungo su questo primo fatto, per non far torto al lettore imparziale. Forse, che i Normanni e gli Svevi non coniavano l'oro nella Italia meridionale, prima che i Fiorentini emet- tessero il loro fiorino ? Perchè dunque avrebbe do- vuto indugiare la Repubblica Genovese, che aveva maggiori contatti commerciali col sud d' Italia, che non con Firenze ? Infatti, la facoltà di coniare in oro nell'appalto di zecca del 1140, ed il noto documento del II 49 circa la vendita di varie entrate, e fra l'altre iisumfructum et redditum de moneta anri^^s\ ci appren- dono l'intenzione dei Genovesi di valersi senza ritardo, del diritto di battere l'oro. E questa intenzione così chiaramente espressa, stabilisce già virtualmente una vera precedenza, per cui rimane sfatato il famoso pregiudizio. Le imitazioni del fiorino non potevano sorgere per incanto, prima che questo non si fosse circondato di quella considerazione che tutti son d'accordo a concedergli. Ma per questo^ ci vollero (15) Mon. Hist. Pai. Liber lurium,\, 141, all'anno 1140. — Gandolfi, Della moneta di Genova. 1841, I, pag. 235. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 185 alcuni anni per lo meno, e la prima imitazione nel fino e nel peso non compare che nel 1284 col du- cato Veneto, al quale tennero dietro altre che rico- piarono anche il tipo Fiorentino in Italia e fuori, ma non prima degli ultimi anni del secolo stesso (^^l I nostri contradditori, vorrebbero annoverare nella serie di queste imitazioni anche il genovino, senza pensare che volendogli negare una maggiore antichità, non si potrebbe a meno che fermarci al 1252. Questa data non è discutibile, per la menzione di mwiìniis aiireiis del continuatore del Caffaro all'anno su indi- cato, secondo la lezione del codice della nazionale di Parigi ''7). In queste condizioni, sarebbe già un arduo compito per loro il voler sostenere, che di due monete coniate nello stesso anno, l'una sia imi- tazione dell'altra; ma vi ha di meglio. Essendo noto che l'anno Fiorentino cominciava all' Incarnazione cioè al 25 Marzo, ne viene di conseguenza che il Gennaio del 1252, data di coniazione del fiorino se- condo il Villani '18)^ corrisponda al Gennaio del 1253 nell'uso Genovese. Dunque il fiorino sarebbe coniato nell'anno seguente a quello in cui apparisce la prima prova scritta sul genovino. Il Gandolfi ed il Desi- moni ''9) avvertirono il fatto della precedenza assoluta provata cogli annalisti, ed a me pare che ormai debba cadere questa erronea credenza della precedenza del fiorino sul genovino, a meno di non voler sostenere bianco per nero. (16) Vettori, Il fmrino d'oro illustrato. Firenze, 1738. — Orsini, Mo- nete della Rep. Fiorentina. Firenze, 1759, ed altri. (17) Cafaki, Annales lanuense.'^, Ediz. l'crtz in Mon. /lisi. Germ., al 1252, pag. 231. (18) Giov. Villani, Croniche. Libro VI, Cap. LIV. (19) Gandolki, cit. II, pag. 129. — Desi.moni, Prefazione alle Tavole descrittive Genovesi, p. .\x.\vi. l86 GIUSEPPE RUGGERO La seconda delle cause da prendersi in esame, e quella che ha la sua origine nelle esagerazioni di alcuni autori. Il Carli (^o)^ vuole che esistesse una zecca Genovese fin dal 796. Il Serra '^i) non vorrebbe rinunziare a questa credenza. Il Gandolfi si dimostra più discreto, e senza pretendere di far risalire la zecca patria ai Romani oppure all'ottavo secolo, la ritiene provata per un'epoca di poco anteriore alla fine dell' XI secolo. Queste esagerazioni provocarono una reazione, che al solito trasmodò. Certamente, il Gandolfi coll'aver voluto una zecca patria anteriore al diploma Corradino del 11 39, ha favorito il giuoco degli avversari. Egli era in buona fede, per cui dob- biamo assolverlo di questo suo peccato, in compenso di quanto ha fatto per la nostra numismatica Geno- vese, specie per quella dei Dogi; né ho trascurato di rendergli nei precedenti miei scritti, la giustizia che gli spetta. Ma quell'errore fu tale, che gli attirò i colpi avversari anche là dove egli aveva ragione da vendere, compresa la questione della moneta aurea. La terza, e secondo me, la più importante delle cause accennate, è l'opinione del Promis, la quale ha potuto imporsi alla generalità dei Numismatici, più per il prestigio di tanto nome, che non per forza di argomentazioni. Questi, non pago di confutare il Gandolfi circa la maggiore antichità della zecca, tenta di provare l'assoluta precedenza del fiorino; e con certi suoi argomenti, innalza un'edificio che a primo aspetto pare indistruttibile, ma che io confido di demolire facilmente, senza mancare perciò al ri- spetto anzi alla venerazione dovuta a si gran maestro. (20) Carli, Istituzione delle zecche d'Italia. Tomo II, pag. 294. (21) Sekra, Discorso sulla moiicln di Genova, in Atti dell' Accademia di Genova. Voi. Ili, e Storia della Rep. di Genova, libro III, Capo IV. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI Amicus Plato sed ìJiagis aìnica veritas; d'altronde la sua gloria è tale e tanta, che non basta ad oft'uscaiia la confutazione di qualche sua asserzione di impor- tanza secondaria. Il nostro A. dimostra errata l'opinione del Gan- dolfi circa una zecca in Genova anteriore al 1139 '^^\ ed alterato nella data il documento riportato da quello, colla scorta della indizione e dei Consoli corrispon- denti al 1179, invece del 1-109. E ^l^i. per dare a Cesare ciò che gli spetta, converrà osservare che i Genovesi erano pienamente edotti dell'alterazione del documento in parola. 11 Desimoni ci avverte (^3), che l'Ab. Raggio e poi l'Olivieri l'avevano rilevata prima del Promis; e non solo per mezzo dell'indizione e dei Consoli, ma anche per la dignità arcivescovile, che non venne concessa al Vescovo Genovese prima del ri33. L' A, ammette che subito dopo il diploma di Corrado, siansi coniati denai'i, medaglie e poi grossi, ma dichiara di ignorarne la legge di battitura, ed il rapporto fra denari e grossi. Indica il peso del denaro antico al terzo di fino, in gr. i ,280, e quello dei grossi di argento in gr. 1.380; ma noi sappiamo, che il peso teorico secondo l'ordine di battitura dei |)rimi denari, risulta di gr. 1,099, (|uantunque siaiu) rari quelli delle collezioni che raggiungano il grammo, e pochi quelli di 0,900, ne si conoscano medaglie superiori a 0,48. Circa il peso dei primi grossi, sappiamcj che supera di certo 1 ,42 che e il peso ef- fettivo di quelli più conservati, ed il Desimoni ha dottamente dimcjstrato che il hjro peso teorico do- veva eguagliare quello dello -terlino in gr. 1,46 -iJ. (22) Promis, Dell'orii;!!!!- liella if( i ii ili Ciciwvn, cri. rorinn, da png. 5 a pag. n. (231 Prelazione ril., pag. .\.\.\ni. 124) Le prime imim/r (rari;riil(>, ixt ., in . //// (/c/Za Sor. La;, di .S, P. Voi. XIX. 26 l88 GIUSEPPE RUGGERO Onde, tenuto conto del titolo, abbiamo il rapporto del denaro antico al primo grosso in i : 4. Continuando l'esame della Memoria, troviamo che l'A. a pag. 13, nega che i Genovesi coniassero l'oro prima dei Fiorentini, adducendo a sostegno della sua tesi le tre prove che partitamcnte analizzeremo. 1 . Non si trova menzione di moneta d'oro Geno- vese, in nessun documento patrio prima della metà del secolo XIII, ma solo di monete estere. Non dobbiamo stupirci, che in questi documenti patrii ma non Genovesi, si ritardi a parlare di mo- neta d'oro Genovese, se nei nostri stessi documenti se ne tace ancora per tutto quel secolo. Il Desimoni, a cui non si può negare di certo la miglior compe- tenza per la più ampia conoscenza dei nostri Ar- chivi, ci assicura '^st, che tolto un solo caso per il XIII, la nostra moneta d'oro non apparisce nelle carte che dal 1303 in poi. Eppure, né il Promis ne altri tra i nostri contradditori, vogliono ritardata di tanto la coniazione del Genovino; perchè non si dissimulano la difficoltà, di restringere nei soli 36 anni che ci rimangono per giungere ai Dogi, 3 tipi di Genovini che coi loro caratteri stanno a provare ben altro periodo di tempo trascorsi tra l'uno e l'altro. Dunque, il silenzio delle carte a proposito del geno- vino, se può confermare la tenacità delle consuetudini Liguri, non può esser invocato in favore dell'opinione contraria all'antichità del genovino. 2. Fra i tanti nummi aurei colla lANVA c/ie egli vide, nessuno gli offrì caratteri tali da ritenerlo anteriore alla seconda metà del secolo XIII. Non son ben persuaso che il nostro A. abbia latta la dovuta distinzione tra i diversi genovini che (25) Pref. cit., p. xxxvu. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 189 gli capitarono tra le mani. Ricordo benissimo che egli amava di ripetermi sovente, non essere conve- niente di tener conto soverchio delle varianti di un solo tipo, per non ingombrare inutilmente le colle- zioni. Tuttavia, egli lece molte eccezioni a questa sua massima in varii suoi scritti; e ritengo che l'a- vrebbe fatta anche per il primo tipo Genovese, almeno per riguardo alla sua durata, se tra gli esemplari veduti avesse incontrato varianti ben distinte. Nei di- segni illustrativi delle Tavole Genovesi, ho compreso due genovini ai nn. io e ii della Tavola 1, che per i loro caratteri segnano i limiti di non breve intervallo di tempo. Senza perderci in una minuta analisi che ci porterebbe troppo per le lunghe, ri- mando semplicemente il lettore a quei disegni, perchè si possa convincere, che se l'asserzione del Promis può convenire al secondo, non può dirsi lo stesso per il primo. Questo ha tali caratteri di maggiore semplicità che non sconvengono affatto alla prima metà del Xlll secolo. Ma è necessario aver presente, che nello studio dei caratteri delle monete, e special- mente di quelli delle lettere in relazione alle epoche, si devono instituire i confronti con i monumenti re- gionali corrispondenti, e non tra monete di regioni diverse. A chi volesse poi muovermi qualche dubbio anche per il primo dei disegni citati, supponendo che il Promis possa averlo conosciuto, studiato e su quello aver sentenziato ; e che il parere di un Promis debba prevalere: risponderei, che egli ha parlato di geno- vini e non di frazioni. La quartarola riportata da lui alla pag. 15 e n. 1 Tav. 1, lo ha evidentemente col- pito per alcuni caratteri, che egli confessa eguali a quelli degli antichi denari; non ne differisce infatti, né per la mancanza della crocetta nella leggenda del rovescio, né per la desinenza del nome del Re al genitivo. Quella disegnata nelle Tavole G. al n. 7 190 GIUSEPPE RUGGERO ed esistente nella mia collezione, ha caratteri ancor più semplici di quella edita dal Promis. Avrebbe potuto il nostro A. ripetere coscienziosamente, per queste frazioni, la sentenza emessa per gli interi ? Non posso ammettere una simile ipotesi ; ond'è, che se alcuno volesse pure tener buono questo secondo argomento circa gli interi, non potrebbe imparzial- mente concederlo per gli spezzati, ciò che t(jrna lo stesso. 3. // fiorino Toscano sta in un rapporto in- tero colle monete d'argento e col peso locale, mentre il genovino, eguale di peso e fino al fiorino, non ha rap- porto alcimo colle altre monete d'argento Genovesi. Questa, secondo l'A. è la prova piìi concludente; noi invece diremo, che sotto un'apparenza speciosa che può ingannare i profani, dissimula la sua debo- lezza, anzi si presta benissimo a venir ritorta contro al suo autore. Che il fiorino emesso per una lira Fiorentina si trovasse in relazione esatta al grosso che valeva un soldo, nulla di più naturale e conveniente. Ma quanto avrà potuto durare questo rapporto ? E cosa troppo nota, l'aumento graduale e continuo dei valori, per cui le monete non possono mantenere a lungo inva- riata la loro valutazione ; ed è parimente noto, che queste varianti non sono mai proporzionali nei due metalli. Dato dunque un rapporto esatto in una data epoca, è inevitabile 1' alterazione nello stesso dopo un certo tempo. Il fiorino coniato per una lira nel 1253, era salito ad una lira e mezza nel 1275 e 1277, a 2 nel 1290 (2^) e via di seguito. Il variare del rap- porto tra i due metalli nobili, faceva sì che l'aumento (26) Orsini, cit. p. 24. — Gandolfi, cit. II, p. 195, dove riporta la serie delle valutazioni del fiorino dal Targioni Tozzetti. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE (.KNOVESI igi di valutazione nelle monete d'argento, non fosse pro- porzionale a quella del fiorino. Infatti questo rap- porto tra i due metalli, era di i : 8 1(2 circa nel 1253, mentre alla fine del secolo era salito ad i : 13 (^7). Ecco che la relazione semplice ed esatta tra fiorino e grosso nel 1253, in breve tempo si trova variata e frazionaria : cosa che si può verificare collo studio delle monete d'argento Fiorentine, che surrogarono il primo grosso o fiorino d'argento, come il fiorino argenteo del 1296, il popolino del 1305 ed altre ^^). Premesse queste considerazioni, chiaramente appa- rirà che il ragionamento del nostro A. si risolve in un vero sofisma. Se egli ha considerato il rap- porto tra grosso e fiorino all'atto dell'emissione, avrebbe pur dovuto usare la stessa regola per il genovino, cioè studiarne il rapporto al grosso al- l'epoca della prima coniazione e non al 1253. In quest'anno il genovino era salito oltre i io soldi (^9)^ mentre il grosso era quello di 6 denari, ma dimi- nuito dal peso di 1.70 che aveva al 1220 circa (30). Il fatto stesso di trovare un rapporto intero a Firenze, ed uno frazionario a Genova, avrebbe dovuto farlo ac- corto, come si trovasse già di molto lontano dal- l'epoca della prima coniazione del genovino. Quanto al rapporttj coi pesi locali, essendo il fiorino l'ottavo d'oncia, è un puro caso indipen- dente dall' intenzione. In qualunque epoca, eccettuate (27) Ho desunto questi dati dal Desimom, Delle prnporzinni tra i va- lori fra t'oro e r argento dal secolo XII a tutto il XIF. Importantissimo studio per ora inedito, ma che sarà pubblicato tra poco nelle Memorie della Acc. dei Lincei. (28) Orsini, cit. (29) Desimoni, Tavole dei valori, in appendice al Belgrano. Della vita privata dei Genovesi. (30) Desimoni, Le prime monete d'arg., cit. 192 GIUSEPPE RUGGERO le monete di necessità, tutte le altre non hanno potuto rappresentare valori a capriccio, ma bensì in corrispondenza coi prezzi commerciali del metallo. Se i Fiorentini avessero anticipato o posticipato di alcuni anni l'emissione del loro fiorino, questo avrebbe dovuto necessariamente preserrtare ben diverse rela- zioni col grosso o col peso locale, e 1' eguaglianza tra il fiorino ed il genovino non avrebbe avuto luogo. A proposito di questa coincidenza di peso tra le due monete, non voglio mancare di accennare all'arguta osservazione del Dcsimoni, il quale vi contrappone l'eguaglianza di peso, tra la quartarola Genovese ed il tareno Napoletano (31). Ecco sgombrata la via, e ricondotta la questione alle condizioni anteriori alla pubblicazione, della quale ci siamo intrattenuti. Nello addurre gli argomenti in favore del nostro assunto, non si potrà evitare la ri- petizione di alcuni, già implicitamente contenuti nella confutazione di quelli del Promis. Il tipo ed i caratteri della quartarola della prima maniera non possono convenire che al XII secolo, od ai primi anni del Xlil. Queste monete non diffe- riscono dagli antichi denari, che nelle sole C ed E chiuse. Il Promis non si è avveduto di questa pic- cola differenza, e nota che i denari del 11 39 hanno queste lettere lunate e chiuse (32); invece le hanno lunate, ma aperte. Non credo che si voglia invocare questo fatto a prova contro l'antichità delle monete stesse; ma per ogni caso, ripetendo che i confronti vanno fatti coi monumenti regionali corrispondenti, accennerò alle iscrizioni lapidarie Genovesi del 1165, II 74, 1179, 1188, ecc., che hanno queste lettere lu- (31) Pref. cit. p. .x.Kxviii, in principio. (32) Memoria cit. pag. 12, nelle prime linee. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE (lENOVESI I93 nate e chiuse (33). Per ultimo, rimanderò il lettore a quanto ho detto nel mio studio paleografico sulle monete Genovesi (34»; cioè, che la differenza di al- cuni caratteri in monete contemporanee tra loro, son tutt'altro che rare nella nostra zecca, e sembrano usate con tutta probabilità a distinguere la specie nei vari metalli. Guidati dal principio cos'i opportunamente sug- gerito dal Promis, che le prime monete d'oro, quando non sono imitazioni, non devono stare in rapporto intero con quelle d'argento, vediamo se questo rap- porto esisterebbe alla fine del XII secolo. Mancando per quest'epoca i documenti circa i valori delle monete locali, il Desimoni ha dovuto ricorrere a quelli che si riferiscono ai valori dell' oro; e si è precisamente negli ultimi anni di quel secolo e nei primi del successivo, che numerose testimonianze negli archivi, concordano a fissare l'oncia di tareni al valore di soldi 40 Genovesi (35). Ma il genovino, equivalendo nel fino al quinto dell' oncia di tareni, torna alla valutazione di otto soldi ; e perciò sta al grosso di quell'epoca, : : 24 : i. Una controprova dell'assegnazione del genovino a questi anni, unica epoca nella quale sia possibile la valutazione di soldi otto, l'abbiamo nella esistenza di una sua frazione, 1' ottavino '36). Una monetina d'oro del peso di 40 cent, circa, non ha ragione di essere per gli inconvenienti inevitabili derivanti dalla (33) Remondini, Iscrizioni medioevali Liguri, in Atti della Soc. Lig., di S. P., Voi XII. (34) Tavole descrittive cit., pag. 295, in fine. (35) De.simoni, Sui piii antichi scudi, ecc. in Gionutle Ligustico. Anno IV, 1877, nota alia nona pagina, — Lo stesso. Prefazione cit. p. X.\.\VIII. (36) Tavole cit., nn. 99, 100, loi e n. 9 dei disegni. 194 GIUSEPPE RUGGERO sua piccolezza. Perche i Genovesi, soli in quei tempi si ansi indotti a coniarla, bisogna che avessero un tale motivo da compensare in parte quegli inconve- nienti ; e quale sarà mai stato questo motivo, se non quello di una valuta intera, semplice ed acconcia per le contrattazioni? Ma questa valuta intera, semplice ed acconcia, non può essere che quella del soldo pri- mitivo, e perciò il valore del soldo all'ottavo, con- ferma quello di due alla quartarola e di otto al genovino. Questa minuscola frazione, non avrebbe dunque avuto ragione di esistere a Firenze, dove avrebbe dovuto correre per soldi due e mezzo. D'altronde, il fiorino Toscano non aveva che la quar- tarola, la quale non menzionata dall' Orsini, venne tuttavia scoperta più tardi ed illustrata dal Promis e dal Caucich (37). Nato il genovino o intero o nelle sue frazioni sul finire del XII o sul principio del XIII, e perciò almeno 50 anni prima del fiorino, non poteva ancora venir designato col nome della moneta fiorentina. I documenti che ne parlano, usano infatti le espres- sioni di tanuinus aureus oppure ianuenses de auro (38!^ ; e non è che molto piìi tardi cioè alla fine del secolo che si trova il nome di Florenus. Ora, se la nostra moneta fosse stata coniata solamente nel 1253 ad imitazione del fiorino, ne avrebbe assunto anche il nome : ma poiché questa moneta esisteva da tempo con proprio nome, si capisce che la denominazione antica dovesse continuare, sino a che 1' uso generale (37) Promis, Monete italiane inedite o corrette, Mem. Ili, n. 51 delle Tavole. — Caucich, in Bullettino di Xum. It. Anno III, p. 19. — Il KuNZ, volle mettere in dubbio quella del Caucich (Periodico Strozzi, Anno III, nota a pag. 28), ma questi si difese nel Bullettino. Anno IV, pag. 49. (38) Pref. cit., p. XX.XVI1. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI I95 non consigliasse ad usare promiscuamente 1' uno e l'altro. Ho già fatto osservare, che il noto pregiudizio sulla precedenza del fiorino non doveva risalire molto addietro nel passato. Che nel XYI secolo si conservasse ancora memoria, o per tradizione o per documenti, dell'antichità del genovino, ce ne offrono una bellissima prova le locazioni della zecca ponti- ficia, per cui si ha la più grande conferma alla nostra dimostrazione. Il Vettori, nel suo anonimo fiorino d'oro illustrato, riporta l'intero testo di tre contratti di locazione della detta zecca per gli anni 1540 e 1549, e l'intestazione di altri due del 1551 e 1554, che egli dichiara eguali nel testo ai precedenti (39). Chi richiamò l'attenzione dello scrivente su questi importanti documenti, fu il chiar. Cav. Umberto Rossi, al quale mi professo singolarmente obbligato. Gli im- pegni relativi alla coniazione dell'oro, sono ivi enun- ciati nei termini seguenti : " itcm promisit.... quod " zcccherij praefati cudent, seu cudi facicnt Florenos " de auro de Camera ju.xta ligam auri Ducatorum " Papalium, vidclicet XXIY caractorum, secundum " virgam conflandam e.\ auro Ducatorum auri Por- " tiigallen. et laniicn. oiiinimn untiijiiinniiìi, ecc. „ E da osservarsi che in altre locazioni della stessa zecca, nelle quali si prescrive di formar la verga con Du- cati Veneti ed altri, manca assolutamente la quali- fica di oiiifiiitiii aìitiqiiioruiii, che e riservata unica- mente a quelli di Portogallo e di Genova, e non manca mai quando si tratti di questi. 11 Vettori alla nota 10 a pag. 485, a proposito di questa asserzione, ingenuamente rileva : " errore molto notabile è questo, " e si dovrà correggere colla scorta di ciu che si e (39) Ivi, pag. 341, 3.17, 3t9, 351 e 3^-!. 196 GIUSEPPE RUGGERO " detto nella Parte prima del discorso sul Fiorino, " essendoché i ducati più antichi furono battuti in " Roma e non altrimenti in Portogallo ed in Ge- " nova. „ Ho detto ingenuamente, perchè dopo aver riportato quei documenti dei quali per ciò non può negar l'esattezza, s'avvede tuttavia che non uno solo ma tutti e cinque, quantunque di date diverse, sono errati in quelle due parole ; e la prova dell'errore ? Nientemeno che il suo ragionamento, dal quale deve risultare una verità che vale più d'ogni documento. Se il Vettori rivivesse tra di noi, conoscerebbe un po' meglio la storia numismatica del Portogallo, e sarebbe obbligato a confessare che quei documenti non sono altrimenti errati, per ciò che riguarda la moneta d'oro Portoghese. I primi marabottini di quel regno, portano il nome di Alfonso I (1123-1185), sono al massimo fino che era possibile allora di ot- tenere, ed al peso di grani 74 ; ed a questi seguono quelli del successore Sancio I (4°). Sono dunque più antichi di molto, dei Veneti, dei Romani e dei Fio- rentini, hi queste condizioni, vedendosi confermata l'esattezza dei documenti in parola circa il Portngal- lensium, non saprei se alcuno volesse sostenere l'er- rore solamente per X lamiensium. Che dopo il XVI secolo, a poco a poco si perdesse la memoria dell'antichità del genovino, non è da stupire come non ci deve stupire se fra gli scrittori dello scorso secolo, nessuno abbia pensato alla nostra prima moneta d'oro. Il genovino antico (40) Teixkira de Aragao, Descripfao geral e historica das Moedas (le Portngal. Lisboa, 1874-80, I, p. 142 e tav. II. — (ìpera che inutilmente ho cercato nelle nostre biblioteche Italiane, per cui ho dovuto importu- nare l'egregio collega della Società R. del Belgio Alfonso De Witte; e questi, colla consueta cortese premura, mi ha comunicato le notizie domandate. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI I97 di tipo lANVA, non venne conosciuto ed illustrato che nel presente secolo, e le sue frazioni furono le ultime a comparire. E questa considerazione può far sperare nella scoperta di qualche nuovo esemplare che ripro- duca nella loro integrità, il tipo ed i caratteri della quartarola della prima maniera; quantunque questa scoperta non sia indispensabile al nostro assunto. Noi Liguri, abbiamo sempre avuta la convinzione della antichità del genovino; non perchè ci consigliasse un malinteso amor proprio regionale, ma perche senti- vamo profondamente l'importanza degli indizi storici e numismatici, per assegnare l'origine di tale moneta, almeno all'inizio del XIU secolo. Mi sia concesso di protestare, che non son mai giunto a comprendere quel falso sentimento, che induce alcuni scrittori a sostenere a spada tratta la precedenza cronologica di una instituzione qualunque di casa propria. Com- prendo invece benissimo, un'ambizione regionale ben più nobile e degna; quella cioè, di poter annoverare tra i propri scrittori, il maggior numero di coloro che abbiano amato e ricercato la verità in ogni cosa, qualunque si fosse, favorevole o contraria al proprio campanile. Firenze, 27 maggio ifi<)S- GlL'SKl'I'E RlcìGI'.RO. NUOVE OSSERVAZIONI su LA ZKCCA DI CASTIGLIONE DEL LAGO Carlo Kunz, se fu abile incisore di monete, al- trettanto fu valente numismatico. Quando prese a il- lustrare il Museo Bottacin di Padova, di cui tenne la direzione, pubblicando alcune monete della zecca di Castiglione delle Stiviere, in una nota espone il dubbio che le pretese monete di Ferdinando 1 Gran- duca di Toscana, battute nel feudo di Castiglione del Lago presso il Trasimeno, altro non fossero se non contraffazioni di moneta toscana uscite dalla zecca di Castiglione delle Stiviere *'>. Qui riferirò le sue pre- cise parole : " La presenza in questo gabinetto del " quattrino che da molti si vuol battuto in Casti- " glione del Lago dal Granduca di Toscana Ferdi- " nando I porgemi occasione di esporre un mio pen- " samento. L'Orsini fu il primo, credo, che ne fa- " cesse menzione ; ma, avendo egli omesso di ripor- " tarlo nelle tavole, sembra denotare non fosse intie- " ramente convinto che appartenesse a quel principe " ed a quel luogo. Còlta la palla al balzo l' instan- " cabile letterato 13. M. Manni accolse nei suoi Discorsi (i) Periodico ili tiumistnalirn e sfragistica, Firenze, Ricci 1868, Voi. 1, pag. 257. 200 A. LISINI " quale fatto irrefragabile quella opinione, e tanto " bastò perche dai più fosse poi ammessa senz'altra " discussione ; ond'è che in nuovissime pubblicazioni " nummografìche italiane trovasi ripetuta 1' afferma- " zionc di quella pretesa zecca, contro la quale il " mio istinto si è sempre ribellato e ne dirò il perchè, " non senza invocare perdono da tutti quelli che " opinano in altro modo. „ Le ragioni che egli ad- " duce, in succinto sono queste. Che Ferdinando non avrebbe omesso in quelle monete il suo titolo prin- cipale di Granduca, o almeno vi avrebbe fatto im- primere il titolo che gli veniva conferito col feudo, cioè di marchese o di duca. Che i quattrini fatti bat- tere da Ferdinando eran tutti con lega d' argento, mentre questi non sono che di puro rame, che la corona che sovrasta lo stemma non è quella Gran- ducale, ma bensì una corona di principe qualunque. Per chi bene vi rifletta, queste ragioni sono sì valide di per sé, che bastano per poter condannare ixW ostracismo, come egli dice, questa ipotetica zecca. Ma se tuttora vi fossero degli ostinati che non an- dassero persuasi alle ragioni da lui addotte, il do- cumento che qui sotto pubblico viene a rincalzare r opinione di quell'accorto Numismatico. 11 documento è una informazione che fa il Ca- pitano di Giustizia al Governatore di Siena sopra una supplica presentata da un cotal Francesco, a cui era stata trovata addosso una quantità di questi quat- trinelli. Manca nell'Archivio senese l'istanza del me- desimo Francesco, perciò non posso pubblicare che la sola informazione. Nonostante da questa si può arguire con bastante certezza che quelle monetucce di puro rame, per la somiglianza con i quattrini del Granducato, coniati con lega d'argento, dal Bargello di Dogana erano state sequestrate come monete false. Ma il supplicante asseriva che non potevano essere NUOVE OSSERVAZIONI SU LA ZECCA, ECC. 201 considerate come una falsificazione perchè esse erano piccoli bigattini che il principe Ferdinando Gonzaga faceva battere a Castiglione delle Stiviere, dando loro corso per tre al quattrino (2). E il supplicante aggiun- geva essersi indotto a farne acquisto per commer- ciarli con un bancherotto di Lucca, dove, per la so- miglianza che essi avevano con i quattrini del Gran- ducato, aveva veduto spenderli per un quattrino l'uno. Nota poi che portati quei bigattini a Lucca trovò che la Signoria di quella Repubblica, accortasi della frode, aveali fatti sbandire. Allora tentò di spenderli a Roma ed a Genova, nelle quali città, i)er una convenzione con il Granduca Ferdinando I, avevan corso le mo- nete Medicee. È evidente che questo Francesco, cercava di diffondere queste monete fuori di Toscana, non tanto perchè il popolo minuto, non pratico di siffatta mo- neta, di cui il corso era soltanto tollerato, l'accettava più facilmente, quanto anche per il caso che si fosse scoperta la frode. Egli dovette supporre che a Roma e a Genova, trattandosi della contraffazione di mo- neta non propria, la giustizia sarebbe stata meno rigorosa e la pena quindi più mite. Rimane ora a chiarire come il principe Ferdi- nando di Castiglione potesse usare impunemente nelle proprie monete lo stemma della famiglia de' Me- dici. Ma lo schiarimento ce lo fornisce un esemplare di questa moneta, conservata nella collezione della R. Accademia dei F"isiocritici di Siena. In quel- l'esemplare, di perfetta conservazione, si vede che le (2) Ciò proverebbe che il principe Ferdinando I Gonzaga fino dal 1585 batteva moneta in Castiglione delle Stiviere. Forse a lui solo si debbon tutte e contrattazioni di cui sono accusati lo zio le Francesco suo padre. 202 A. LISINI sei palle Medicee sono state incuse nel rovescio posteriormente alla battitura. Con questo mezzo quell'astuto e poco onesto Principe poteva discol- pare la sua persona dalla taccia di volgare falsifi- catore, e far cadere l'accusa di tale inganno su i bancherotti e gli speculatori che venivan per la Toscana a spacciare questa cattiva moneta. Ecco intanto il documento qui sopra citato : « A di 9 di Giugno 1586. Il Per informatione dell'inclusa supplica si dice a V. S. III. ma et Ecc. ma come Ser Mario LoUi Bargello dell'estrazione (3), del mese d'Aprile prossimo passato fece cattura in Grosseto di Fran- cesco supplicante per informatione havuta che havessi fatto e battuto buon numero di quattrini falsi et havergli trovati a dosso dentro a uno zaino libre quindici e mezzo di quei quattrini falsi, e nella borsa circa due testoni di simili quattrinacci, et sendo detto supplicante esaminato sopra questi quattrini, allega esser bigattini che ne vanno tre al quattrino et li medesimi havere havuti dalla zecca del Sig. Ferdinando Gonzaga in Streveri fin di giugno del- l'anno passato et avergli compri con animo d'andare a portagli a Lucca, dove sendo stato prima haveva visto spenderceli per un quattrino l'uno, e perciò n'haveva parlato con un bancherotto qual gl'haveva detto che glien' harebbe cambiati 25 o 30 scudi si glieli havesse portati; et sendo andato verso Lucca per portarvi questi quattrini quando fu a Pontremoli intese questi quattrinacci essere banditi a Lucca, et sendo andato a Roma gli sotterrò in una vigna fuor di Roma, e questa quaresima passata sendo tornato a Roma, prese detti quattrini et se ne venne a Orbatello con animo d'im- barcare et andare a Genova e per essere il mare grosso non imbarcò altrimenti, ma se ne venne a Grosseto dove fu preso come sopra. Le quali cose se ben le allega non le giustifica e perciò da me sotto il 30 di maggio prossimo passato fu multato di fatto e condannato detto supplicante in scudi dieci d'oro e nella perdita di (3) Bargello dell'estrazione era cosi chiamato quali' ufficiale che sorvegliava il commercio dei grani della Maremma con l'estero. NLUVK OSSKKN'AZIOM SU LA ZKCc:A, FAC. 203 quattrini o bigattini in virtù del bando pubblicato in questa Città li di 2 di Giugno 1584. Ora supplicando S. A. S. domanda dono e gratia di detta Condannatione e che commetta che li siano resti- tuiti detti bigattini et anco li altri denari spendibili toltili, per po- tere soccorrere alla sua povertà et alla lameglia di quattro figli che dice trovarsi senza sustantie, o vere di commettare la revisione di questa causa o delegarla ne Sig.ri Giudici di Ruota di questa Città o in chi più le piace con autorità di cognoscere e terminare questa causa per giustitia che è quanto m'occorre dirle ])er infor- matione e con questo fine. Basciandoli le mani le prego da N. S. Idio ogni contento. " Di Palazzo ". (R. Archivio di Stato in Siena. — Carte del Capitano di Giu- stizia. Informazioni filza iv, dal 1578 al 1598 e 85). A. LlSIM. DI UNA NUOVA ZECCA DEI CONTI ALDOBRANDESCHI C Che la potente famiglia dei Conti Aldobrandeschi di Santa Fiora avesse battuto moneta, primo a darne sentore fu Giovan Battista Vermiglioli, nelle sue memorie Della Zecca e delle monete perugine (0. Egli citò un documento perugino del 1267 dove sono ricordate alcune monete S. Flore, Viter- biensis et de Saxola. Ma la prima moneta degli Aldobran- deschi, posseduta dai sig. Mazzetti di Chiusi, fu fatta cono- scere ai numismatici dal comm. Gaetano Milanesi, che la pubblicò con un'ampia illustrazione nel primo volume del Periodico di Numismatica e Sfragistica diretto dal compianto marchese Carlo Strozzi (2). Il dotto illustratore molto sj diffuse sulla ricerca del privilegio imperiale che accordò a questa illustre famiglia il diritto di batter moneta nel proprio feudo. E trovato che il io agosto 1164 l'imperatore Fede- rico I, con privilegio munito di bolla d'oro, avevale concesso ampie regalie, egli crede che in virtù di quelle gli Aldo- brandeschi avessero aperto la zecca. Non contraddirò il valente illustratore, ma forse gli Aldobrandeschi per batter moneta non ebbero bisogno dell' assenso imperiale, come ne fecero a meno alcune città, e altri feudatari che pur coniarono moneta nel tempo medesimo. (*) Dalla Miscellanea Storica Senese, Anno III, nn. 1-2. (i) Perugia, Tip. Baduel, 1816, p. 24. (2) Anno I. Firenze, Ricci, 1868, p. no. 2o6 A. LISlNi La moneta illustrata dal Comm. Milanesi è di lega, o come allora dicevasi di bolzone (3) e oggi dicesi biglione, che è un composto di rame e d'argento. Nel diritto leggesi : + COMES • PAL • e nel centro vedesi la croce. Nel rovescio: + SCA • FLORA • e nel mezzo sta il protome della Santa con nimbo in capo e con la mano destra alzata, in atto di benedire, mentre con l'altra tiene un giglio. L'esemplare che servì al Comm. Milanesi non era ben conservato ed egli intravide nel diritto della moneta, tra le lettere PAL • un punto dopo il P, e ciò gli fece leggere Comes Palatiiius Aldobrandiis o Aldobrandinns; e nel rovescio gli sembrò di scorgervi la Santa con piccolo vessillo crociato nella mano sinistra e un fiore nella mano destra (4). Nei tre o quattro esemplari che potei raccogliere per il Museo Numismatico della R. Accademia dei Fisiocritici, evidentemente leggesi COMES • PAL • cioè Comes Palatiiius, senza il nome proprio del conte. Questa moneta appartiene a quella categoria di denari detti provisini o provenigini, dei quali occorrevano duecentoquaranta per formare una lira. Essi furono battuti in buon numero nelle zecche di Roma, Siena, Arezzo, Perugia, Cortona, Viterbo, Orvieto e Acquapendente (5) quando questa regione dell'antica Tuscia aprì largo commercio di siffatta moneta nelle fiere di Francia, di Germania e d'Inghilterra (6t. Noi troviamo che a questa speculazione, non solo si dettero le città, ma anche tutti i conti e signori che ebbero feudo in quel territorio. Vincenzo Bellini fino dal 1779 pubblicò un denaro con (3) I Senesi da bolzone formarono la parola bidgano e bolgano, con la quale indicarono la zecca ovvero il luogo dove battevan monete. (4) Questa moneta fu di nuovo pubblicata dal cav. Narciso Men- gozzi nel primo volume delle Note sloriche sul Monte de' Paschi di Siena. Siena, Lazzeri, 1891. (5) Assegno al paese di Acquapendente quella monetuccia di lega (che è egualmente un provisino) in cui leggesi da una parte p.vtri- MONivM con la croce nell' area, e dall' altra be.\ti petri e due chiavi nel centro. Questa moneta che è attribuita a Viterbo e a Orvieto , devesi riportare ad Acquapendente, perchè era il luogo dove costante- mente risiedettero i Rettori del Patrimonio. (61 Cfr. l'opera già citata // Monte de' Paschi di Siena, etc. Parte I. DI UNA NUOVA ZKCCA DICI CONTI AI.D(JBKANDESCHI aC; + S • LAVRENTIVS • e il busto del Sar.to da una parte, e + COMES ■ ANG-VIL • e croce, dall' altra (/). Egli non si in- gannò nell'attribuirla a quel Pandolfo conte dell' Anguillara, famoso guelfo che ebbe per conto della Chiesa grandi contese col suo vicino Pietro da Vico (8\ ma cadde in errore a crederla battuta nel 1275 in Viterbo, quando il Conte reggeva la potesterìa di quella città. E ornai noto che nessuna repub- blica permise ai podestà di mettere il loro nome nelle monete, e quindi questa dovette essere stata battuta nel suo feudo dell'Anguillara (9). E monete simili furono battute dallo stesso suo parente e rivale Pietro da Vico dei Prefetti di Roma nel castello di Vico \'° . La moneta degli Aldobrandeschi, pubblicata dal Comm. Milanesi, appartiene a questo medesimo tempo, cioè alla metà del secolo XIII; e fu fatta coniare, non dal conte Aldobrandino VII da Pitigliano, bensì da Aldobrandino suo nipote detto S. Fiora, nato da Bonifazio suo figliuolo. 11 tipo della moneta e le cose che sto per ricordare, danno la conferma. Tra Aldobrandino maggiore e i fratelli Guglielmo, Bo- nifazio e Aldobrandino minore, tìgli del conte Aldobrandmo da Pitigliano, poco dopo la morte del padre, naccjuero grosse contese fino a farsi guerra tra di loro. Per ristabilire in qualche modo la concordia, nel 1216 fu dato incarico a Giovanni Giudice, console romano e podestà d' Orvieto, di dividere in quattro parti la contea ^'i\ Una delle quali fu (71 V. Belli.ni, De Moiielis Italiac medii evi, ImcUniis non evnlgcìli^. Novissiina dissertano. Ferrara, Rinaldi, 1779, p. 96. (8) CtV. McKATORi, Si-riptores renini italicaniiii. Tomo 111, Vita metrica. (9) Nella collezione della R. Accademia dei F'isiocritici conservansi due esemplari di questa rara moneta. (io) La moneta ha nel diritto: ^ i'kier d' vico Petrus de Vico, croce nel mezzo. Nel rovescio: • i'ree-ki' vrh' Prefetus Url>ii, busto del Prefetto con berretto in testa a pendagli e una rosa nella mano destra. Un esemplare di questa rarissima monetina, spedito a Roma perche ne fosse tratto il disegno per illustrarla negli Alti della Società di Storia Patria Romana, malauguratamente venne smarrito. Vedesi pubblicata nel I Voi. delle Xote storiche sul Monte dei Paschi, qui avanti citate. (11) Fumi L., Codice diplomatico della città d' Orineto. Firenze. Vieusseux, 1884, p. 74. 208 A. LISINI ■ DI UNA NUOVA ZECCA, ECC. consegnata a Aldobrandino maggiore: ma morti i due Aldo- brandini senza figli, tutta la contea tornò ai fratelli Bonifazio e Guglielmo. Bonifazio premori al fratello e lasciò un figlio chiamato Aldobrandino che risiedette in S. Fiora; Guglielmo invece ebbe due figli maschi. Uno fu quel conte Umberto, ricordato da Dante (12), ucciso dai Senesi per la sua grande arroganza, nel castello di Campagnatico. L' altro si chiamò esso pure Aldobrandino e per distinguerlo dal cugino di S. Fiora fu soprannominato il conte Rosso. Esso risiedette sempre m Sovana fino al 1284, anno in cui mori, mentre il padre abitò in Grosseto. Ambedue tennero per parte guelfa e furono avversi ai senesi fino a che il partito ghi- bellino ebbe il predominio sulla Repubblica, e avversi si mostrarono allo stesso conte Aldobrandino di S. Fiora che parteggiò sempre per i ghibellini. La moneta che pubblico è di lega e fu fatta coniare dal conte Aldobrandino detto il conte Rosso come rilevasi dalla leggenda. Nel diritto della moneta leggesi + COMES • RVBEV • (Comes Rubens) e nel mezzo vedesi la croce come è in tutti gli altri denari provisini. Nel rovescio : + SANT • PETRV • (Santus Petrus) in mezzo il protome del Santo con aureola in capo e una grande chiave nella mano destra. Questa moneta fu battuta in Sovana, residenza del Conte, perchè il Santo ivi efiigiato è il patrono di quell'antica città. Non può quindi nascere dubbio che l'altra moneta Aldo- brandesca, col nome e l'elTigie di S. Fiora, sia stata coniata nel feudo di S. Fiora dal Conte Aldobrandino di Bonifazio, poiché questi due denari appariscono del medesimo tempo. A. LisiNi. (12) Divina Commedia : Purgatorio, Canto XI, v. 58-87. UNA MONETA INEDITA DI CAMPOBASSO Alla moneta della città di Campobasso, conosciuta e descritta dal Galanti, dal Giustiniani, dal Muratori, dal Ver- gara, oggi bisogna aggiungerne una, diversa dalla prima, ed affatto inedita (0. Venne essa, da un anno appena, raccolta tra le mura del diruto castello feudale in S. Croce di Magliano, insieme ad altre già note di Campobasso e di Acaja. Al pari di queste è di biglione, o, piij italianamente, di argento con forte lega di rame. Buona è la sua conservazione, quantunque non sia fior di conio. Il tipo è quello dei tornesi, cosi chia- mati dai tountois, denari della chiesa di Tours, che si co- minciarono a coniare nella seconda metà del secolo sesto. Essa ha il tondello del diametro di diciannove millimetri, la costa di circa cinque decimillimetri, ed il peso di grammi due e mezzo. Nel diritto è in rilievo una croce slargata nelle sue punte, detta croce patente, in un circolo di perline, girata dalla leggenda CAMPIBASSI, che comincia con una cometa e termina con una stella di sei raggi ai lati d'una crocetta; tale leggenda vien circoscritta in un'altra corona di perline, dalla quale avanza poco campo. Nel rovescio poi è il castello o il fastigio d'un tempio '^i, Inel quale altri (1) Ceduta al Museo Nazionale dì Napoli. (2) DucANGE, Glossar, mediat et infmtae latiuitalis. 2IO FRA^XESCO DI PALMA videro erroneamente le manette e i ceppi, che usarono per emblema i re di Francia, dopo la prigionia di Lodovico IX), e nella restante area, proprio ai lati inferiori di tale impronta, sorgono due gigli, cari ai re francesi, mentre intorno è se- gnata pure l'epigrafe CAMPIBASSI chiusa da puntini, invece della nota leggenda Nicola Come. L' epigrafe comincia e termina con una stella di sei raggi ai fianchi d'una crocetta posta in cima al castello, e più grossa di quelle impresse nelle altre monete di Campobasso. Il biglione è di qua- lità molto più scadente di quella delle altre comuni di detta città. Quali le differenze tra l'attuale e la già cognita moneta campobassana? Prima fra tutte la qualità del metallo, per la lega più bassa, inoltre i gigli non comparsi mai in altri esemplari, ed infine la dizione Campibassi in luogo della solita Nicola Come. Date queste notevolissime varianti, non è possibile, a mio credere, assegnare alla nuova moneta il secolo XV inol- trato, come all' altra di Campobasso <3), (che si vuole da taluno (4) allogare in epoca molto più remota) ; ma bisogna rimontare all'occaso del XIV od all'alba del XV, non poten- dosi attribuirla a Nicola Monforte. Ed infatti, se avesse avuta comune l'origine con 1' altro tornese, che porta il nome del Conte Cola Monforte, per qual ragione questi, uomo ambiziosissimo '5', avrebbe tra- sandato di porre il proprio nome sulla nostra moneta, nel tempo in cui egli, temuto e rispettato, cercava ogni mezzo per ostentare i diritti della sovranità, fra cui vi è quello di battere moneta? D'altra parte quell'omissione, che non giovava punto al piccolo despota, sarebbe riuscita a tutto benefizio della città di Campobasso; poiché avrebbe potuto far intendere, che questa godeva di una certa libertà comunale, ed aveva otte- nuto il privilegio di battere moneta, in quanto che solo ai (3) De Pktka G., Tesoretlo di iiioiiele /ornesi. (4) De Sallcy Fr.\ncesco, Xiiniismntiipie ries Croisaries. (5) Albi.ni P., Lo steiHHiii di Campobasso. ~ Perkklla A., L'aii/ico Saiìiiio, ecc. UNA MONETA INEDITA DI CAMPOBASSO 211 comuni liberi si permetteva nei tempi trascorsi la coniazione delle monete con stemma e leggenda propria (6), che non ricordava alcun principe. Ma la via più certa, per assegnare il tempo della nuova moneta, sta nella serie cronologica dei Conti di Campobasso. Per indicare la quale, io mi avvalgo tanto della Disscrtasioìic storico-critica della casa Manforte dei conti di Campobasso, quanto A&W Elenco delle concessioni del fendo di Campobasso, fatte da diversi sovrani , secondo i diplomi esistenti nel Grande Archivio di Napoli. Dal 1250 al 1326 Campobasso fu dato, con investitura feudale, a Tommaso Artuso conte di Celano, a Guglielmo conte di Laureto, e poi di mano in mano a Roberto, a Gu- glielmo e a Tommasella di Molise. Alla morte di Tommasella, che fu maritata ad un conte Riccardo di Gambatesa, dice la Dissertazione, fu, per eredità, investita del feudo di Campobasso la figliuola Sibilla, mari- tata a Giovanni Monforte venuto di Francia nel 1312. Da Giovanni e Sibilla nacquero Riccardo e Manfredi. Il primo ebbe nel 1326, da Roberto d'Angiò, la concessione di Campobasso, e il secondo quella di S. Croce di Magliaiio e di Casalvatica. Questo Riccardo, poi, in memoria del suo avo materno, aggiunse al cognome Monforte quello di Gam- batesa, e perciò da molti scrittori F uno va confuso con l'altro Riccardo. Della moglie di Riccardo il nome non è giunto sino a noi. Guglielmo, figlio di Riccardo, e terzo del nome fra i signori di Campobasso, fu sì caro a re Ladislao, che fatto prima consigliere di Stato, venne poi innalzato a viceré nella campagna di Roma e Maremma. Guglielmo, sposatosi ad una signora di casa Montagnana, generò con lei tre figli: Angelo, Carlo e Riccardo. Nel dominio di Campobasso Angelo fu il quarto conte di casa Monforte, e con Giovanna di Celano, sua consorte, procreò Nicola e Carlo. Questi due giovani, formati alla scuola dell'insigne capitano Giacomo Caldora, divennero (6) Garrucci K., Saggio della storia d' Iseriiia. 212 FRANCESCO DI PALMA entrambi valorosi guerrieri, che in parecchie memorie del tempo vengono con lode ricordati; ed in particolare Antonio Panormita, nel registrare i nomi di coloro, che furono com- presi nel generale parlamento tenutosi in Napoli da Alfonso I d'Aragona il 28 febbraio del 1443, fra gli altri signori inter- venuti, menziona un Cola di Campobasso pel conte di Cam- pobasso suo padre, ed un Carlo di Campobasso (7). Nicola, come primogenito, successe al padre Angelo. Egli edificò nel [458 su gli avanzi dell'antico castro, i quali ricordano le costruzioni dell'epoca osca (8), il superbo castello, le cui mura sfidano tuttavia gl'insulti del tempo, munendolo di tutte le opere di difesa utili o necessarie a quell'epoca (9). Per aver preso le parti degli Angioini, venne da Ferdinando I d'Aragona spodestato; ond'è che lasciato il regno, seguì in Francia il Duca di Angiò nel 1462. Colà passò a militare sotto Carlo il Temerario: dal quale essendo stato percosso con una guanciata, si vendicò dell'offensore, abbandonandolo a tradimento : e poiché la sua diserzione aveva contribuito alla disfatta e alla morte del Duca di Borgogna innanzi alle mura di Nancy, scrisse nella sua bandiera il motto: Ingentia MARMORA FINDIT CAPRIFICUS. Angelo II, figlio di Nicola, fu richiamato in Napoli dal re Ferdinando, riebbe il dominio di tutti gli stati posseduti dal genitore, e così divenne il sesto Monforte conte di Cam- pobasso. Prese per moglie Giovannella Caracciolo. Nicola II figlio di Angelo II, ultimo Monforte conte di Campobasso, sollevò alla discesa di Carlo Vili la bandiera di Francia, e quindi fu costretto a lasciare tutti i suoi possessi nelle mani del re Ferrante II di Aragona. L' Elenco, ricavato dal Grande Archivio di Napoli, ci dice, che la prima concessione del feudo di Campobasso venne nel 1326 fatta da Roberto d' Angiò a Riccardo Monforte ; che questi abbia avuto per successore Carlo; e Nicola I appare figlio di Carlo, piuttosto che di Angelo. Poi dal 1395 (7) CiARL.XNTi G. V., Memorie slnricìic dei Sanino. (8) Mommsen, Friedlaender, Albini, Perrella. (9) Muratori, Galanti, Perrella, Albini. UNA MONETA INEDITA DI CAMPOBASSO 213 al 1464 si dice ritornato alla corona il feudo di Campobasso. Nel 1465 di nuovo tu conceduto ad Angelo figlio di Nicola I. e da Angelo lasciato in eredità a Nicola II, il quale n'ebbe r investitura nel i495- Ma poiché V Elenco salta da Riccardo a Carlo, che, quale cadetto, non ebbe mai il dominio di Campobasso; e poiché fa tornare questo dominio alla corona dal 1395 al 1464, mentre in quel tempo vi ebbero 1' alta e la bassa giurisdi- zione Guglielmo, Angelo e Nicola, io preferisco di attenermi alla Dissertazione, che (salvo la inconseguenza di attribuire i medesimi fatti così a Nicola I , come a Nicola II), ci dà la vera serie dei Conti di Monforte. Premesse queste notizie, a me par certo che il denaro di Campobasso con la leggenda Nicola Come debba riferirsi a Nicola I, e giammai a Nicola II. Coloro i quali V hanno attribuito a quest'ultimo si son presa la cura di aggiungere, che egli fu il conte di Campobasso, che tradì Carlo il Teme- rario, oppure che visse fra gli anni 1450 e 1462; e con tali determinazioni venivano a correggere la inesattezza della parola numerale. Ed invero il breve, oscuro dominio dell'ul- timo conte di Campobasso male risponde alla manifestazione di vigorosa signoria feudale, implicita nella coniazione delle monete: mentre un tal tatto si addice benissimo a tutti gli atti di Nicola I. Nondimeno F. de Saulcy ('o), cui ripugnava pure que- st'ultima attribuzione, recisamente affermava, che i tornesi di Campobasso fossero del secolo XIV, non già del XV. Ma quando egli emetteva quest'opinione, i dati scientifici si pre- sentavano in modo, da dargli un'apparenza di ragione. In quanto che se la zecca di Clarenza cessò di battere moneta con Roberto figlio di Filippo di Taranto, cioè nel 1364, pa- reva poco probabile, che i tornesi dei principi di Acaja si prendessero ad imitare, ad un secolo di distanza, da un conte di Campobasso. Ma oggi la questione ha mutato aspetto. Già la serie dei conti di Campobasso, che io ho voluto premettere, di- (10) Op. cit., alla nota 3, pas;. 169. 2r4 FRANCESCO DI PALMA mostra, che il primo conte di nome Nicola essendo colui, che si ribellò a Ferdinando I con la venuta di Giovanni d'Angiò, il tornese con la leggenda Nicola Come non può risalire oltre la metà del secolo XV. E poi, il secolo di di- stanza, fra le ultime monete di Acaja ed il primo tornese co- niato nel Reame, non è più un'obbiezione dopo la scoverta del tesoretto di Napoli avvenuta nel 1886. Poiché questo, con i tornesi napoletani battuti sotto Carlo di Durazzo e Ladislao, cioè dal 1384 al 1414, ha dimostrato ("), che quando in Grecia decadevano i dominii latini, e la loro moneta scar- samente coniata non bastava agli scambi commerciali, che il Reame di Napoli aveva col principato di Acaja ed il du- cato di Atene, allora appunto cominciarono le zecche del regno a produrre i tornesi richiesti dal commercio. E nulla vieta, o meglio tutto induce ad ammettere, che a quella rin- novellata coniazione di tornesi abbia partecipato Campobasso con la moneta, che io ho la fortuna di pubblicare. La quale perciò si può riferire o al conte Guglielmo, o ad Angelo I, che vissero al tempo di Ladislao. I piccoH gigli, che fiancheggiano il castello, possono ri- tenersi come il segno parlante, che ricorda il Monforte, au- tore della moneta. Il quale, più modesto del proprio figlio, o nipote Nicola, non osò di far imprimere il proprio nome, e fu contento del segno, che indicava la parentela della sua fa- miglia con la Casa reale di Francia. Più tardi il conte Nicola , volendo battere moneta tro- vava un modello quasi domestico a cui attenersi: e così entra ultimo nella serie dei tornesi napoletani quello di Nicola di Monforte conte di Campobasso. Al quale io ho, in questa mia povera illustrazione, attribuito sempre una sola moneta. Ma prima di por termine, non voglio mancar di avvertire, che sulla fede dell'anonimo autore della Dissertazione, Nicola di Campobasso coniò altre due monete , che esistevano presso il canonico Alessandro Maria Kalefati. Entrambe con i tipi della croce patente e del castello, hanno per leggenda. (11) De Petra G., Op, cit., alla nota 2. UNA MONETA INEDITA DI CAMPOBASSO 21 = r una Nicola de Mone )( Comes Campobassi (12) , l' altra Nicola Com )( de Monfort (13). Ma fino a quando la loro autenticità non venga meglio documentata, credo sia più pru- dente attenersi all'unico tornese, che trovasi nelle pubbliche e nelle private raccolte. \^i è parimenti da notare, che il tornese del conte Nicola fu, da imitatori o contraffattori, com- binato con elementi delle monete di Acaja, o in maniera nuova riprodotto. Lo Schlumberger (14) addita tre tornesi di tal fatta: in uno il nome Nicola è ripetuto sui diritto e sul ro- vescio, in altro è unito a Clarentia, in un terzo Nicola Comi è unito a Florcns P. Adi. S. Elia a Pianisi, Aprile /Sgj. Francesco di Palma. (12) Disseriazione, frontispizio. (13) Disserlazioìie, pag. XI. (14) .Xuinisinaliqiie de l'Urient latin, Paris, 1878, pag. 357, nota 4. UNA MEDACxLIA SATIRICA DEL SECOLO XVI Ho sott'occhio una medaglia, che vuoisi credere del secolo XVI, custodita nel Museo Civico di \'icenza. Il suo diametro è di millimetri quaranta sette. Reca nel diritto il busto, volto a sinistra, d' un individuo in barba corta e crespa con in capo il triregno e allacciata agli omeri la clamide. Gli sta di fronte il globo, sormontato dalla croce. Vi corre all'ingiro la leggenda: — CE : BE • LA • M • — Sta scolpita nel rovescio l'aquila con due rostri ad ali spiegate, sormontata essa pure dal triregno. Ho detto eh' essa vuoisi riputare del secolo XVI non tanto forse , per la natura del lavoro, quanto per l'analogia con altre di quel tempo. E noto che quando ardevano accanite pii^i che mai le controversie religiose tra i Novatori di Germania e i Catto- lici, si ricorse talvolta alla caricatura e alla satira. E non fu solo dell'arte della parola, di cui s'ebbe a far uso, ma si trasse partito non di rado anche dalle arti figurative e se- gnatamente dall'arte del punzone e del conio. Molte sono le medaglie satiriche, sfuggite per quasi due secoli all' osser- vazione de' cultori della Numismatica, se pure non furono neglette di proposito. Fra i primi, se non forse il primo a farne parola fu il jobert nella sua Science des Médaillcs, edita la prima volta nel 1672, ampliata poi e tradotta in diverse lingue e ristampata di tratto in tratto sino al 1739. Ma i cenni, che vi si danno, si riferiscono a un numero assai .scarso di esemplari. Nell'edizione del 1739, eh' è forse l'ul- tima e fu corredata di dotte osservazioni dal Biniard de la Bastie, dopo l'illustrazione delle medaglie, coniate in onore de' Papi, si avverte che non si volevano confondere con esse " certe medaglie che i nemici della Santa Sede hanno co- 2l8 BERNARDO MORSOLIN niato „ per insulto o per odio „. E di alcune di sì fatte medaglie il Jobert riporta le leggende de" diritti e dei rovesci (i). Più di proposito che non il Jobert si fece a trattare l'argomento Adolfo Klotz di Germania. Ma il suo compito si circoscrive alle medaglie satiriche, uscite ne' primordi della Riforma. Stando a lui, si dovrebbe credere che l'ispirazione ne fosse derivata da Nicolò d'Ansdorf (2) , un gentiluomo della Misnia, partigiano focoso di Lutero, morto, ottuagenario, dopo alcuni anni di episcopato protestante in Naumburg (3). Il periodo della coniazione si restringerebbe al decennio, corso tra il 1537 e il 1547. Anche il Klotz riproduce le leg- gende di parecchie medaglie, richiamandosi ad alcune opere già famose; a un libro cioè di Junckerus, al Gretserus de Cruce, al Jobert, al Seckendorffius, al Van Mieris. Di medaglie satiriche si fa parola isolatamente anche nella grande raccolta del Koehler (4) , nel catalogo del Renesse-Breidbach (5) e neìV /iifrodmione del Leber a un libro del Rigollot d'Amiens (6). Ma nessuno di costoro ha trat- tato così in largo e così di proposito l'argomento come Stefano Cartier (7). Il Chabouillet giudica il lavoro di lui come il trat- tato migliore sulle medaglie satiriche. Ciò non vuol dire però che l'accordo tra i due sia perfetto. Posta dal Cartier (i) Jobert, La Science lies Médailks. Paris, 1739, voi. I, pag. 9-199. (2) CiiRisT. Adolpiu Klotii, Opitscula Niiiiimaria. Halae Magdebur- gicse, MDccLii. A pag. 115, si legge: " In primis vero ab anno 1537 usque " ad annum 1547, Nicolao, ut dicunt, Ambsdorfo auctore, plures nummi " prodierunt, qui habent caput aut Pontificis, aut Cardinalis, aut Episcopi: " si vero nummum vertis ita ut qu£e pars antea superior fuerat, nunc " inferior sit, habes caput Morionis aut Diaboli „. (3) Chabouillet, Médailles satyriques du XV siede, nel Bulìelin Archcol. du Comitc des Travaux historiques et scieiilifiques. 1890, n. 2. (4) J. D. Koehler, llistorische Mims-Belustigiiitg, Niimberg, 129-7 1750, t. XX, p. 61-62. (5) Renesse-Beidbach, Mes Loisìrs. Amuseiiieiiìs numismatiques, tom. III. p. 575-577- Paris, 1835-1836. (6) Rigollot, Monnaies des cv'eques, des innocenis, des fous, eie. (7) Cartier, Recherches sur queìques Médailles historiques du XVI siede. Nella Revue Nuinisinalique del 1851. UNA MEDAGLIA SATIRICA DEL SECOLO XVI 219 la massima che di medaglie satiriche siensi fatti ispiratori e autori tanto i cattolici, quanto i protestanti, il Chabouillet crede che si dia sempre nel segno, quando si fa risalire l'origine d'alcune di esse agli uni piuttosto che agii altri. Comunque, al Cartier, cattolico fervente e conoscitore pro- fondo della storia ecclesiastica, vuoisi saper grado d'una certa novità di vedute e del largo numero di medaglie sati- riche , disegnate e incise da lui stesso con una fedeltà , quanto rara, altrettanto intelligente W. Ho detto che negli scritti del Jobert, del Klotz, del Cartier e degli altri si recano le leggende e talvolta le inci- sioni di parecchie, per non dir anche di molte medaglie sa- tiriche. Di queste il Museo Civico di Vicenza possiede ben cinque esemplari. L'uno, del quale mi venne dato di parlare altrove (9\ è in argento. Ha il diametro di 37 millimetri, e raffigura nel diritto, i profili del papa e del diavolo con la leggenda: - ECCLESIA • PERVERSA • TENET • FACIEM • DIA- BOLI • — Nel rovescio sono sovrapposti, invece, e riuniti i profili d'un cardinale e della Follia con all'ingiro la scritta biblica, che vorrebbesi dire quasi una variante del v. 8 del salmo xeni: - STVLTI • ALIQVANDO • SAPIENTES ■ - (i"). Con un diritto ed un rovescio, oserei dire, identici, si ha il piombo di una medaglia della dimensione di 43 milli- metri, ma con diversa leggenda. Intorno alle due teste del diavolo sta scritto : - MALII ■ CORVI • MALVM • OVVM • ~ e a quelle d'un cardinale e della Follia leggesi invece il motto dello stesso salm) xeni , non variato : - ET • STVLTI • ALI- QVANDO • SAPITE • - '■'). Altra medaglia di bronzo del diametro di 35 millimetri, posseduta anche dal gabinetto delle medaglie di Parigi, reca nel diritto i profili d' un cardinale e della Follia. La leg- genda è in tedesco : - DES • PAPST • GEBOT . IST • VVIDER • &0T • M • DXLIII • — ('2'. Xel rovescio sono rappresentati (8) Chauoi'illft, Op. cit. (9) Giornale di Erudizione, voi. IV, pag. i.|6. Firenze 1892. (io) Johert, La scieiice des nu'dailles. Med. 123. Paris, 1739. Cartier, Op. cit. p. 49. (11) Cartier, Op. cit., pag. 38 e pag. 52. (12) // comando del Papa e contro Dio MDXLIII. 220 BERNARDO MORSOLIN in profilo un vescovo, che sostiene con le mani un calice e siede sopra una donna rovesciata, che stringe con la sinistra una spada e con la destra un libro. la scritta pure in tedesco dice : — FALSCHE • LERE • GILT • NIGHT • MEHR • MDXLIII • - ^13*. In altro esemplare di bronzo triplicato (diam. di mill. 28), il Civico Museo di Vicenza possiede la medaglia, illustrata, come le precedenti, dal Cartier, la quale reca nel diritto le due teste sovrapposte e riunite del Papa e dell'Imperatore con la leggenda biblica : - IN • VIRTVTE ■ TVÀ • LETABITVR • IVSTVS ■ — ; e nel rovescio le teste ugualmente riunite d'un Cardinale e d' un Vescovo, e la leggenda pur biblica : — CONSTITVESEOS -PRINCIPESSVPER OMNEM-TERRAM- ^'4>. L'unica delle medaglie satiriche, di cui non mi venne fatto d'incontrar cenno in alcuna delle opere citate, è quella che reca nel diritto la testa col triregno e nel rovescio l'a- quila a due rostri, sormontati egualmente dal triregno, onde si è fatta parola sin da principio. Non per questo oserei asserire eh' essa sia inedita. Che corra , come ho detto , una certa analogia colle medaglie , illustrate dal Jobert , dal Klotz e segnatamente dal Cartier e in modo particolare con la medaglia, che reca le due teste riunite del Papa e dell'Imperatore, non è cosa mi pare, su cui si possa gettare alcun sospetto. Ma più che alle controversie religiose sem- brerebbe riferirsi a un fatto particolare, il quale precede di alcimi anni lo scoppio delle guerre per la Riforma. E nota la velleità , o dirò meglio il sogno di Massimiliano primo, di riunire sul suo capo la tiara pontifìcia e la corona impe- riale. Che la medaglia possa riferirsi all' aspirazione, di cui quel Monarca non faceva, verso il 1511, mistero alcuno? Comunque, io non lascio di porla sotto gli occhi de' dotti, avventurato oltre ogni dire se alcuno varrà a rilevarne la leggenda e a illustrarne il concetto. Bernardo Morsolin. (13) V. Cartier, Op. cit., pag. 52. (14) Cartier, Op. cit., pag. 38. — Ciiabol'illet, Op. cit. DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI PER LA STORIA DELLA ZECCA DI MILANO PARTE SECONDA PERIODO SFORZESCO (Contiiiiiazii)nc). V. — LODOVICO XII DI FRANCIA. ti- 420. — 1499-1512. — Serie delle monete di Lod vico XII, re di Francia e duca di Milano. [Gnccclii. Monete di Milano, p. 95 e in Riv. ita!, di nnuiismatira, 1894, fase. 1, P- 53]- 421. — 1499, dicembre 9. — " 'Fractatus de cambi is fratris Thomae Caietani ordinis Predicatorum et sacrae theu- logiae professoris ad Venerabilem praedicatorem et priorem Brixiae fratrem Andream Bri.Kienseni eju.sdem ordinis „. [Opu- scolo a stampa in-8 s. tip. e anno, nella T)-ivnhiana\. In calce a questo rarissimo opuscolo che ha molta attinenza colla storia dei ragj^uagli delia moneta milancs'j si legge : « Ft haec de cambiis dieta sunt Mediolani in coiiventu S. Alari; e Gratiarum Anno salutis 1499 Die viiij Decembris. " 422. — 1500, gennaio 19. — Grida, che proscrivendo molte monete, assegna a quelle che hanno corso legale, il valore, e ne indica il conio. [.4 stampa, esemplare unico 222 EMILIO MOTTA nella Biblioteca Trivulzio. — Edita dal Ceruti, Cronaca mi- lanese di Ambrogio da Paullo dall' anno 1476 al 1515, in Miscellanea di storia italiana, voi. XIII, 1872, p. 355. Cit. dal Porro. Catalogo dei mss. della Trivulziana, p. 424, dal Ghiron. Una grida milanese a stampa del XV se- colo, in Arch. stor. Lombardo, fase. II, 1880, p. 300, e dai Gnecchi. Monete dei Trivulzio, p. XXIV]. ( Vedine il facsimile nell'annessa Tavola eliotipica). 423. — 1501, maggio 17, Milano. — Nuova grida che in tutto conferma la precedente del 19 gennaio 1500. [Arch. Civico. Lettere ducali 1497-1502 fol. 207J. In questa grida è ripetuta alla lettera quella al n. 422. Ma è strano che tra le due medesime gride, ovvero tra l'esemplare a stampa e quello d'archivio, pure coevo, corrano alcune dif- ferenze di tariffa, ed anche di qualità di monete. Non pos- siamo ometterle. La prima tariffa dell'oro « che se ha ad spendere » suona qui : « Lo oro che se ha ad spendere con il suo pretio è questo, videlicet. « Ducati de Milano, Ongari, Venetiani, da Napoli, Papali, Savoyni, Fiorentini, Zenovesi, Luchesi, Ferraresi, Mantuani, Bolognesi, Senexi, Salutiesi, Pexorini et Portogalesi et qua- luncha altri ducati boni de pexo et de oro per L. 4 s. io. li Ducati Bolognesi dopij che calano grani ij qualunche L. 8 s. 18. « Ducati Rogorini et da la nave L. 4 s. 8. u Scuti dal sole per L. 4 s. 7. « Scuti de Pranza L. 4 s. 4. « Fiorini da Reno de grani iij in quatro L. 3 s. 6. " Laddove il testo della stampa dice : « Tute le monete du- cale secondo il solito » è da avvertire che nel documento d'ar- chivio non figurano i grossoni genovesi da s. 30. Per contro vi leggiamo : 11 Grossoni ferraresi da s. 8 per s 8. u Grossi Mantuani da s. 8 per s. 8. » A vece poi del testo stampato : " Tute le monete de lo il- lustrissimo signore Johanne Jacobo n troviamo semplicemente i< Grossoni da s. 22 del Sig.r Jo. Jacobo trivultio per s. 22. « La tariffa delle parpagliole varia per quelle segnate soldi 2 e denari 3, che diventano soldi 2 e denari 4. DOCUMENTI VISCO.NTEOSKORZESCHI, ECC. 223 424. — 1502, febbraio 19, Milano. — Concessione del Commissariato all'Ufficio delle monete in favore del giurespe- rito Ciò. Agostino Porci [Reg. Panig., O. 157 t.]. Il Porci era pavese e la sua impresa araldica è tra quelle edite nel « Hagionainento di Mons. Paolo Giovio sopra i motti e disegni d'armi, ecc. « (Venezia, Ziletti, 1556, p. 12). 425. — 1502, agosto 7, Milano. — Dimanda dei Mila- nesi a re Luigi XII colla quale, lamentando la mancanza di buona moneta indigena, e quindi l' introduzione e diffusione nello Stato, di monete erose d' altri paesi che inceppavano il plateale commercio, la città chiede la coniazione di nuova mo- neta legale, previa la riforma di alcuni decreti anteriori intorno alla medesima, dannosi e disonesti. [Bioìidclli. Nuovo docu- mento storico ecc. in Arch. star, lombardo. V. 1878, p. 188 e 202]. u Ne Civitas pecunia aere contaminata repleatur, petitur pro- videri, quod monetae forenses non e.\pendantur nisi secundum ordines antiquos ; et quia hoc fieri non poterit, nisi monetae novae cudantur in presenti Civitate, petitur quod ad cecham laboretur ; itemque deputentur aliqui qui moderentur decreta super ipsis monetis condita, inter quae sunt qunedam aspera et inhonesta ». La risposta reale era : " providebitur in firma facienda novissime condiictoribus datiorum ». 426. — 1504, ottobre i." -- Lodovico XII fa grazia a Paolo della Torre e Paolo Meraviglia, inputati d'aver tosate monete d' oro e d' argento e spesele. [ Triviclziana. Codice n. 1817, fol. 263 t.J. 427. — 1505, gennaio 7, Milano. — Capitoli della zecca di Milano abbacata da Giovanni de' Torretini di Lucca e compagni. [Archivio notarile di Milano, a rogito Mainardo de' Grassi, nelle filze del notajo Zunico — Arch. di Stato. Finanze - Monete, cartella 846J (77). (77) L'Argelati ebbe già a pubblicare i capitoli dell'a. 1474 (cfr. n.302). I patti che qui sopra riportiamo, lìii qui inediti, differenziano in diversi punti. Li riproduciamo per intiero anciie perchè coi nome del Torretini comincia la serie dei maestri della zecca di Milano offerta dalI'Argelati (Ili. App. p. 63) e riportata in Gnecchi. Monete di Milano, p. Ix.Kxiij. 224 EMILIO MOTTA " Capitula zeche huius inclite civitatis Mediolani, cum quibus Ill.mus d. d. Magnus Magister Francie et generalis citra montes regius locumtcnens ipsam zecham Johanni Torretino et sotijs concessiti ac data est zecha predicta de comissione ejusdem dominationis prò abbocata modis et formis infrascriptis ut ex relatione Mag.ci domini Antonij Turpini generalis Texaurarij facta existente penes Maynardum de Grassis constat. u Primo, quod Magister et sotij fabrice seu zeche predicte habeant et teneant ipsam zecham ad laborandum et laborari fatiendum de infrascriptis monetis per annos quinque proxime futuros, more unius datij, incipiendo a die deliberationis in antea Millesimi quingentesimi quinti et fìnituros die ultima decembris anni venturi Millesimi quingentesimi noni, et cum obligatione solvendi honorantias debitas et solitas Magistratui Cancellarle et alijs offitialibus. Il Itcìit quod habeant dicti magister et sotij domum totam ipsius zeche liberam et expeditam, et eam possideant absque solutione alicuius fleti, durante tempore locationis sue. Il Itein quod dicti Magister et sotij habeant et consignantur eis omnia utensilia ipsius zeche, que sint extimata ut moris est, et facta extimatione teneantur ea solvere secundum ipsam exti- mationem fatiendam. Il Iteiii quod dicti Magister et sotij utsupra teneantur et debeant solvere omnem quantitatem argenti que portabitur in zecham ad computum librarum viginti septem, soldorum sex prò qua- libet marcha argenti fini infra octo dies a die consignationis dicti argenti. Il Itein quod dicti Magister et sotij utsupra teneantur fabricari facere omnem quantitatem argenti, que portabitur in zecham sub pena soldorum viginti prò qualibet marcha argenti fini, appli- canda regie Camere, salvo quod prò argento aureato quod portabitur in zecham prò partiendo servetur solitum. Il Iton quod dicti Magister et sotij utsupra teneantur fabri- cari facere omni mense dictorum quinque annorum tantam quantitatem monetarum infrascriptarum sub modis et formis et bonitatibus infrascriptis ad ratam in primis novem mensibus cujuslibet anni quantam capit et capere potest summam valoris scutorum sex mille auri a solle, videlicet grossontm de soldis deceiiiocto, qui sint in numero viginti novem cum dimidio grani decemucto et tertium unius grani prò qualibet marcha, et in liga a denari is undecim granis tredecim cum dimidio, hoc est tenentes onzias sei^tem, denarios decemseptem argenti fini prò DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHl, ECC. 225 qualibet marcha, et habeant de remedio in pendere denarium unum prò marcha, et in liga granum unum prò quarto ontie ; grossoruìii a soldis iiovcui, qui sint in numero quinquaginta novem grani deceni octo et tertium unius grani prò qualibet ii:archa et in liga a denarijs undecim gianis tredecim cum dimidio, hoc est tenentes ontias septem denarios deceniseptem argenti fini prò qualibet marcha, et habeant de remedio in pondere denarium unum prò quarto ontie; grossoniin de soldis sex, qui sint in numero octuaginta deo tertij duo prò qualibet marcha, et in liga a denarijs decem granis decem octo, hoc est tenentes ontias septem denarios quatuor argenti fini prò qualibet marcha, et habeant de reniedio in pondere denarium unum ciim dimedio prò marcha, et in liga granum unum prò quarto ontie. Qui omnes grossi sint justi et ponderati de uno ad unum retondi, dealbati et eque monetati, juxta solitum. Et in ultimis tribus mensibus cujuslibet anni tantam quantitatem grossoniin de soldis vigiliti dnobiis et deiiarijs tribus quantam similiter capit summam valoris scutorum sex mille auri a sole omni mense dictorum trium ultimorum mensium cujuslibet anni, qui sint in numero viginti quatuor, et in liga a denarijs un- decim granis tredecim cum dimidio, hoc est tenentes onzias septem denar. decem septem argenti fini prò qualibet marcha. Et habeant de remedio in pondere denarium unum prò marcha, et in liga granum unum prò quarto ontie, et sint justi, bene ponderati de uno ad unum rotundi, dealbati et eque monetali. « Item quod liceat dictis Magistro et sotijs utsupra f'abri- cari facere quantam(|ue aliam quantitatem suprascriptarum monetarum a -soldis dccemocto, a soldis novem, a siig., N. 107. — Bcllali, Mss. — Pclissicr., loc. cit. p. 165]. Non si ricevano che « scuti d'oro " di quelli » fabricati in le zeche de la Maestà sua, sotto pena de perdere tali scuti et de pagare per uno quatro depso oro prohibito. " Teimine 15 giorni a smaltirli. 435. — 1508, giugno 14, Milano. — Decreto sulle mo- nete d'oro e d'argento e loro corso [Pcg. Piì>iig., N. 115. — Bellati, Mss. — Pclissicr, loc. cit., p. 174, n. 62J. " Benché da qui in dreto, per obviare a li grandi desordini e confusione che sono state e sono de presente, circa ci corso de le monete, nel nostro paese e ducato de Milano, fusscno state facte certe constitutione, decreti et ordinatione, in le quale era e.xpresso, contenuto e declarato el pretio e valore de caduna specie d'oro e de argento, che intendevamo bavere corso e missa nel nostro dicto paese r ducato de Milano, dasendo bando a tute le altre monete for.istcì e h.ivci-e corso d'alora avante né altramente, se non secundo c;\t cuitenuto in le diete ordma- tione, le quale furn(j publicate come apertcncva ; nondimanco, noi havemo intenduto che per causa de questo, in le signorie et potentati di Venetia, Fiorenza et altri lochi circumvicini li ducati d'oro et altre peze se prendano per più alto pretio che non è contenuto e designato in le diete ordinatione, et anchora, che alcuni mercadanti, bancheri, cambiatore et altri, che non cercano se non de inrichirsi sopra li nostri subditi per il traffigo quale fano per le diete monete, hanno dato de loro auctorità corzo a le diete monete prohibite, et a le altre che 234 EMILIO MOTTA erano permisse per più gran precio che non valevano ; tal- mente che le nostre diete ordinatione non hano possuto essere intertenute et observate in esso nostre paese e ducato, e che lo desordine e confusione li è de presente cusi grande e più che non era davante la publicatione d'esse ordinatione, in tropo grande prejuditio e danno de noi e de nostri subditi e de la republica de dicto paese, e più seria se promptamente e vertuosamente non li fosse proveduto. » E per n obviare a dicti desordini e confusione le monete d' oro e d' argento, qui apresso specificate e declarate e non altre, haveranno da qui inante corso e missa nel dicto nostro ducato, per il pretio designato, in questa presente ordinatione. E quanto a le altre monete forastere, non haveranno alcuno corso da qui inante, ma saranno bandite et defendute, che non haverano corso ; ma li daremo termine di poterle smaltire e spendere e portare fora del dicto nostro ducato uno mese pro.ximo a venire, incomen- zando al di de la publicatione de la presente ordinatione; et oltra di questo, siamo stati consigliati di far lavorare in la dieta nostra cecha de Milano monete d'oro et d'argento, in le specie et valore che scranno qui apresso specificate et decla- rate » — 11 le peze e monete d'oro e de argento, qui apresso specificate e declarate solamente haverano corso e missa per li pretii qui de sotto limitati, videlicet : 11 Li ducati boni et de juxto pexo, a libre quatro et soldi tre- dici imperiali, li quali habiano a essere in bontà a caractere vintiquatro cum el rimedio de meza quarta per onza, et in peso dinari doi et grani vinti uno per ducato. Il Ducati de Milano, de Venezia, de Ungaria, de Napoli, Papali, de Savoya, de Fiorenza, de Zenoa, de Luca, de Ferrara, de Mantoa Bolognexi, Senexi, de Monferrato, Perusini, Astesani, Portugalexi, tutti boni et de justo pexo corno de sopra è speci- ficato, ad simile pretio de libre quatro et soldi tredici imperiali. « Ducati rogurini quali siano de bontà comò li altri ducati et in pexo a dinari doi et grani desnove, L. 4 s. io. 11 Ducati dopi] de Bologìia, che calano doi grani de pexo, a L. 9 s. 4. Il Li sciiti soìeti L. 4 s. 9. 11 Li sciiti a la corona L. 4 s. 6. • Il Li fiorini de Reno L. 3 s. 8. Il Et tute le altre peze d'oro che non sono qua de sopra spe- cificate non haverano corso alcuno in lo dicto stato et dominio nostro de Milano. DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCIII, ECC. 235 Il E qua ntoa le monete le quale haverano corso, havemo or- dinato che se possino spendere et recevere le peze qua de sotto declarate videlicet : Il Grossoni appellati testoni de Milano, che siano boni et de justo pexo, de soldi vintidoi et dinari nove imperiali, a libra una, soldi due, denari nove, e li mezzi testoni al etiuipolente. Il Le altre peze de monete ducale antique, salvo da soldo uno in zoso, non se possino spendere ne recevere, ma siano por- tate a la prefata nostra cecha de Milano, dove li serano pagate, secundo la soa debita valuta. Il Li grossoni nostri regali da soldi xviij a dicto pretio de soldi xviij. Il Grossoni regali da soldi nove a s. viiij. Il Grossi regali col porco spino da soldi 6 s. 6. Il Grossi regali da soldi doij s. 2. Il Grossi regali novi da soldi sey che hano l'arma nostra regale da uno canto et sancto Ambrosio a sedere da laltro, a soldi 6. « Grossi regali da soldi tri, che hano lamia regale da uno canto et lo fazolo da laltro, a soldi tre. Il Soldini nove quali hano la croce da uno canto et el scuto nostro de Pranza cum tri gigli da laltro, s. i. « Le altre monete inferiore facte in la dieta nostra cccha de Milano, novi et vegi, se possino spendere al corso suo solito- li Le parpaiole nostre de Franza che hano da uno canto la croce cum gli giglij, et la corona, et uno scuto cum tri gigli se spenderano a L. 2 s. 5. 11 Parpaiole del Delphinato ciie hano da uno canto la croce cum li giglij et delfino, et da laltro el scuto cum li tri giglij et delphini, L. 2 s. 5. Il Le parpaiole dal Karolus de Franza, a L. 2 s. — Il Li quarti de Pranza L. 2 s. 7. u Et similmente haverano corso le monete forastere infra- scripte al pretio et valore qua de sotto declarate : 11 Troni et berlinghe, sire monzaniclii, a soldi .\iiij et dinari sey s. 14 den. 6. 11 Marcelli da Venetia a soldi sette et dinari tri s. 7 d. 3. u Carlini papali vegij, a soldi sette et dinari sey s. 7 d. 6. Il Carlini papali da la vaca, a soldi sey e dinari sey s. 6 d. 6. Il Grossi da Ferrara da soldi octo s. 8. Il Grossi da Mantoa da soldi octo a simile pretio s. 8. u Grossi de Genoa d'uno terzo de ducato L. i s. 9 d. 4. Il Et li mezi al equipolente. 236 EMILIO MOTTA « Grassoni testoni zenoesi a libra una soldi doi et dinari sey L. 1 s. 2 d. 6. '< E li mezi al equipolente. « Grossi de Gciion da soldi sette et dinari tri s. 7 d. 3. Aggiungevasi, per la miglior esecuzione della grida : « Et ancora, per provedere ad molti inconvenienti e desordini » volemo e per la presente similiter coniandamo che non sia persona alcuna ut supra, la quale ardisca ne presuma cer- nere ne far cernere moneta forte da la manco forte, ne tra- bucare ne fare trabucare, ne fondere ne fare fondere alcune monete fabricate in la dieta nostra cecha de Milano, sotto la pena del bavere e de la persona, comò per li ordini e decreti passati se contene. « Volimo ancora che non sia persona alcuna che possa te- nire ne far tenire bancheti in la cita nostra de Milano, nec per le altre citade, terre, e lochi del dicto nostro dominio de Milano, per comprare monete e bolzonalia, se non quelli che serano deputati per lo dicto magistro de cecha e compagni, quali siano obligati dare idonea securtà al offitio de le monete de fidelmente comprare corno li sarà comisso. n E perchè niuno possa restare inganato o vero damnificato per Io presente ordine e novo decreto, se declara e concede, e per queste nostre declaramo et concedemo termine uno mese, dopoi la publicatione de queste nostre, a poter smaltire e spen- dere le peze d'oro e d'argento, le quale non sono comprese in la presente ordinatione.... » 436. — 1508, giugno 17. — Ordinazioni fatte per la coniazione delle monete nelle città di Milano e di Asti, al peso del marco di Milano, valendo il ducato soldi 93 milanesi. {Argclati. De Monetis II, 281]. " Grassoni, sive Testoni Solidorum 22, et Denariorum 9, prò singulo Grossono, fiunt numero Petiarum 24, prò singulo Marcho: et sunt in liga Denariorum 11., et Granorum 13 cum dimidio: et tenent de fino, seu pretiosiore argento, uncias septem, et Denarios 17, prò singulo Marcho. Et habent de remedio in pondere Denarium unum : et in liga granum unum prò quarta parte cuiuslibet unciae. « Grossoiìi Solidorum 6 fiunt numero Petiarum 60, prò singulo Marcho: et sunt in liga Denariorum 7, et Granorum 8, cum dimidio: et tenent de fino uncias quinque, et Denarium unum DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI, ECC. 237 prò singulo Marcho: et habent de remedio in pondere Denarios duos prò Marcho: et in liga granum unum prò quarta parte unciae. 11 Grossi Solidorum trium fiunt numero Petiarum 95, et ter- tiorum 2, prò singulo Marcho: et sunt Denariorum sex in liga et tenent de fino uncias quatuor prò Marcho; et habent de remedio in pondere Denarios duos prò Marcho: et in liga granum unum prò quarta parte unciae. « Soldini fiunt numero Petiarum 206 prò singulo Marcho : et sunt Denariorum quatuor, et Grani sex in liga: et tenent de fino uncias duas, et Denarios 20: et habent de remedio in pondere Denarios tres prò Marcho: et in liga granum unum prò quarta parte unciae. « Terlinae, quarum quatuor valent Solidum, fiunt Petiarum 220 prò Marcho: et sunt Denarii unius: et tenent de fino De- narios sexdecim prò Marcho: et habent de remedio in pondere Denarios sex prò Marcho: et in liga granum unum prò quarta parte unciae. " Per la zecca di Asti l'Argelati aggiunge l'ordinazione : « Quod Conductor fabricae Monetae teneatur solvere in emptione auri fini, seu pretiosioris prò quolibet Marcho de Trojs Ducatos sexaginta noveni. « Item quod teneatur tacere Ducatos in liga de caractis 24, et prò Marcho numero 70: Etsi reperientur in liga de caractis 23, et quartis tribus cum dimidio alterius caracti, et in pondere numero 72, cum dimidio, quod habeantur prò bonis; ita quod Conductor habeat de remedio in liga octavam partem unius caracti, et in numero medium Ducatum; qui Marchus de Trojs est unciarum novem, et tertia pars alterius unciae ex nostris • hoc est unciae novem, et denariorum octo; qui t'aciunt tertiam partem unius ex nostris unciis. X'igintiquatuor Denarii faciunt unciam: et vigintiquatuor Grana unum Denarium: et isti De. narii considerantur dupliciter: uno modo prout supra: altero modo quoad distinguendum gradus pretiositatis argenti; cum pretiosius argentum sit duodecim Denariorum, ut dictum fuit supra ». 437. — 1508, giugno 20, Milano. — Decreto per il quale si devono spendere ed accettare le monete d'oro e d'argento secondo il " corso solito darante il mese prefixo et limitato al spendere dele monete „ [Reg. Panig., N. 121 t. — Bel ali, Mss. — PcUssier., loc. cit. p. 182, N. 63J. 238 EMILIO MOTTA 438. — 1508, giugno 20. — Leggesi nella Cronaca mila- nese dall'anno 14J6 al ijij di Maestro Ambrogio da Paullo, edita dall'abate Ceruti [" Miscellanea di Storia italiana „ voi. XIII, 1872, p. 215]. u Adì soprascritto fu poi fatto la crida a Milano de li caval- lotti abbatudi, et cossi de ogni altra moneda fumo abbattudi per refarne delli altri novi, ma io credo non fusse per bontà alcuna, ma solum per il guadagno, et desfare le monete bone et farne de cattive, et cossi se comenzò a lavorar alla zecca de Milano, fazendo ambrosini da ss. 6 et colombine da ss. 3 menuti, triini et sesini et grossoni novi con la testa del roy, et li ducati forno tutti abbattuti a 1. 4 ss. 13 , perchè valeano 1. 5 ss. 3. et cossi li scudi a 1. 4 ss. 9, che correano 1. 4 ss. 19, et cossi il fiorino d'oro; tinalniente ogni moneta fu abbattuda, eccetto la nova fatta in zecca, che si comenzò a spendere per le cride fatte, che non se spendesse altre monete de qual sorte se volesse, se non le nove , et secondo se contenea le cride fatte, et misono sopra officiale a torli li altri dinari a chi li spendeva, et a talare ; era fora li banchetti per cambiare et talare le monede vegie, che credo fusse gran guadagno alla zecca, et cossi si ottenne de non spendere altre che le monede nove, et li ducati, scudi, fiorini, grossoni, et secondo le cride fatte; et questo principio fu adi 22 del soprascritto, che si dettero fora le monede ». Aggiunge il Ceruti che lo Smagliati nella sua Cronaca cita una grida 23 giugno 1508 per cui furono bandite tutte le mo- nete da un soldo in su, tutti i cavallotti e le monete ducali dal quarto in fuora ; banditi li quindicini, colombini , ambrosini , che al dir del cronista erano pur buone monete ; che al primo di luglio u venero fora alcune monete nove fatte a Milan, quale fattone paragon, a pena valevano duoi terzi de quel che si spendevano ; " e al 6 agosto « fu posto un banco de dinari sotto l'arenghiera in la bottega di Carisio, al quale si coglieva le monete bandite, e pagavasi li cavallotti a soldi 4 denari 6, l'uno, e alquanto più, secondo il peso, ed eran questi per far pegiore monete, anzi falze, et indi fecero che si spendean per soldi 6, denari 6 l'uno, poi gli tornaron a bandire ». 439. — 1509, luglio 26, Milano. — Decreto per il quale devono aver corso nel ducato le monete coniate nella zecca di Bellinzona. [A'^^. Panig., N. 155. — Bellati. Mss. — Pé- DOCUMENTI VISCONTEOSFORZESCHI, ECC. 239 lissier. Documents cit. p. 207, n. 73. — Motta. Le origini della zecca di Bellinzona , in " Gazzetta numismatica „ di Como, V, 1885, p. 84]. 440. — 1509, agosto IO, Milano. — Grida sulle monete, e conferma delle gride precedenti. [Reg. Panig., N. 158. t.] In ispecie conferma della grida 14 giugno 1508, avendo inteso Il chel corso del oro et de le monete anchora hanno principiato a fare mutatione et augumento de pretio, il che procede per la mol- titudine deli fiorini de reno che sonno bassi d'oro et legieri de pexo, et anchora per la varietà dele monete triste che sonno comparse et spese in queste passate occurentie de guerra, ale quali per li nostri officiali non sé possuto resistere et prove- dere comò se aperteneva " Divieto pertanto di ricevere i fiorini di reno « siano de che stampo se voglia, salvo se non serano boni doro, et de pe.xo a grani tri manco del ducato doro et non più, et le parpajole quale erano poste a dinari vinti nove sive soldi dei et dinari cinque non se possino spendere ne ri- cevere se non per dinari vinti octo sive soldi doy et dinari quatro. " Si spendano inoltre i ducati d'oro a L. 4 soldi 13 ; gli scuti soletti a L. 4 s. 9 ; gli senti ala corona L. 4 s. 6 ; i grossoni a soldi 22 e denari 9 ; u Et per ([uesto non se intenda de derogare ala concessione facta ali S.ri de le lighe per la Cecha de Belinzona. » 441. — 1509, novembre 27, Milano. — Grida sulle mo- nete Genovesi. [Reg. Paii/g., N. 183 t. — Bellati, Mss.J. « Intendendo il danno derivante dallo spendere delle monete deboli genovesi ovvero « dei grossoni gcnovini per soldi trenta, per soldi xv et per soldi vij e mezo l'uno novi stampiti sotto il nome dela regia Maestà sua daia conquesta dessa cita de Genoa in qua, licet non siano a tanta bontà et penso che si possino spendere per tale pretio, corno se trovato secundo li assaggi facti dessi " si ordina di non ricevere detti grossoni u per più di soldi x.xviij luno et cosi li altri sopranominati ala rata. » 442. — 1510, febbraio 23, Milano. — Decreto sulle mo- nete forastiere e perchè non si abbia ad esportare ne oro, né argento fuori del dominio di Milano. [Rcg. Panig., N. 189. — Bellati, Mss.]. 240 EMILIO MOTTA 443. — 1510, maggio 2, Milano. — Si definisce la vertenza tra Bernardino Morosini, commissario regio delle monete, e Alessandro da Gambarana e Bartolomeo Ferrari, fermieri ge- nerali e maestri delle entrate, nonché Battista Crivelli regio maestro della zecca di Milano. Galeazzo Porro e Antonio Rozzasco, deputati dai fermieri alle " expeditiones quae in dies fieri occurrent „ all'officio delle monete, con voce, consiglio e firma coadiuveranno e contrasegneranno gli atti del Mo- rosini, desistendo egli dalla sua opposizione. \_Trivnlziana Cod. n. 173]. 444. - 1510, giugno 29, Milano. — Decreto che per- mette la spendizione delle monete teutoniche, vale a dire quelle state coniate nella zecca di Bellinzona. \Reg. Panig., N. 208. — Bellati, Mss. - Motta, Origini, p. 84]. 445. — 1510, agosto 27, Milano. — Grida sulle monete. [Keg. Panig., N. 212 t. — Bellati, Mss.]. « Per essere di novo comparso alcuna sorte de soldini stam- piti in la Cecha de Casale et di Saluzo li quali hano da uno canto, cioè quelli da Casale, la Croce corno hano li nostri sol- dini, et da laltro canto uno sanato che è a similitudine de sanato Ambrosio ma non ha la scuriata in mane, quelli de Saluzo la croce da uno canto et da laltro laquila con due teste, li quali soldini per li assagij facti non valeno se non circha a octo di- nari " si fa pubblico divieto di loro spendizione ed importa- zione nel ducato. 446. — 1511, febbraio 17, Milano. — Decreto sulle mo- nete forastiere. \_Rcg. Panig., N. 247 t. — Bellati, Mss.]. Nuovo bando delle monete " quale novamente se fabricano nela Cecha de Casal de Monteferrato, zoè soldini, danari da sey soldi, grossoni et ducati e scudi » monete risultanti per gli assaggi fatti « pegiore de qualuncha monete sia da molti anni in qua comparsa in questo dominio. » Divieto pure delle Il tcrliìie false del stampo con simile a quelle sono fabricate nela Cecha de Milano, che non solamente hano causate inter- ruptione de dicti ordini, ma ancora iiano dato materia de fare DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI, ECC. 24I refutare, come pare, che per molti se refutano quelle sono fa. bricate nela dieta Cecha de Milano, quantoncha siano de tale bontà che non se li possa opponere, che saria uno gran caricho et deshonore del Magistro dela Cecha de sua Maestà. " Si concede licenza " che li grossoni de Aste, ferraresi, man- tuani, et tedeschi se possano spendere et ricevere al pretio de soldi 22 per acaduna et non per più. " Banditi invece, in tutto, i grassoni del Monferrato, Bolognesi e Savoini. 447. — 1511, dicembre 12, Milano. — Gregorio Stubmer fil. del q.''"' d. Paolo, procuratore di Giacomo Fugger e ni- poti, alemanni, si presenta alla casa della Zecca di Milano, in S. Mattia alla moneta, ed ivi, presenti e ascoltanti don Galeazzo Barzizza ed altri degli amministratori di detta zecca, l'invita a volergli pagare immantinenti marchi 539. s. 2. d. 20 di grani 7 1I2 argento a computo di ducati 6 da soldi 93 imp. per ducato, per ogni marco d'argento, altrimenti protesterà spese e danni. [Rogito notajo Cosma Brenna citato nel Cod. Trivitlziatio n. 2818 fol. 317, 111|. 448. — " Per la Cecha de Milano et Moneta doro et argento,, — Ricordi. [Tn'vu/ziaiia, Cod. 173] (80). « Prima se trova uno Magistro de la Cecha clic sia homo da bene et non cupido de tropo guadagnare et le manifature li siano date comò se fazeva al tempo del Duca Francesco, Duca Galeaz et Duca Ludovico et che li scarsisi sicno de la Camera et la camera li donava al Domo tute o parte, altra- mente sempre se lavorarebe scarso; poy se faza diligentia de bavere argento fino per fare le monete fine azò ci Ducato se possa stabilire perchè non se potrebc stabilire con moneta de bassa liga et cossi non sarebc fora de proposito a pratichare con qualcho todescho o per compagno o non compagno che non manchissa de argento et cossi de concordare tuta la mo- neta doro adredo al Ducato secando el pe.xo et la bontà cossi al scudo comò li Rciies et altro ori) et cossi de fare comandare (80) Il documento non ha data, ma può stare con molta probabilità al posto qui assegnatogli. 242 EMILIO MOTTA a quelli che peschano loro (l'oro) chel portano a Milano a vendere et anchora pregare li Signori de Vigeveno [Trivulzio) che non t'a- zano pagare datio de oro né zoye perchè non fu may solito per li Signori passati, et de fare el Decreto o crida contro de quelli che vano fora del dominio a fabricare ceche o vero por- tare argento a diete ceche o mandare sotto la pena de la vita et confiscatione de beni. Item de non fare tropo qualità de moneta e se faza solamente grassoni et mezzi grassoni, ambra- sini de argento ambrosino et non de bassa liga, saldini et tri- lini et se voy fati marchi cento de grossoni fati marchi xx o de mezzi grossoni et xij de ambrosini et vj de trilini et al na- dale qualchi denari pizinini et cossi al Ducato se stabilirà. Item non se faza executione contra artexani né poveri salvo tagliare le monete et renderli et se alchuno falla in falsa mo- neta né toxare ne fare cecha fora del dominio et cossi de man- dare argento fora del dominio non gli perdonati. Item de dare auctorità, ala schola de li fabrici (81) de fare sazo (as- saggia) de tutte le monete et refferire. » 449. — 1511, marzo i, Milano. — Grida sulle monete, e perchè non si facciano stampi senza licenza, e gli operai, o monetari che si trovano presso le zecche forestiere abbiano a ritornare. [Reg. Paiiig., N. 258 t. — Bellati. Mss. — Pé- lissier, loc. cit. p. 247, n. 84, colla data errata del 3 marzo]. Il Quantuncha a li giorni proximi passati sia stabilito et publicato in nome de la Regia Maestà che niuno havesse ar- dire de refutare le terline fabricate ne la cecha de Milano de sua Maestà, e siano deputati a la cecha et a piaza del Domo et del Broleto persone per potere decernere le bone da le cative, comò in dicto ordine fu publicato se contene, nondi- meno pare che poche ne siano portate, forse con speranza di spendere le cative insema con le bone, contra la forma de dicti ordini, e volendo a li predicti inconvenienti sua Maestà provedere, inherendo a le predicte cride et ordini, ha ordinato e così, per le presente, in nome de la prefata regia Maestà, se fa publica crida e comandamento ad qualuncha persona, la quale se trovasse bavere de presente de le terline stampate (81) Una interessante matricola degli orefici milanesi ha pubbli- cato il d'Adda nella sua Libreria Visconteo-sforsesca di Pavia. DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCIII, ECC. 243 con lo Stampo de tri zilii, sia tanta quantità quanto se voglia, in termino de giorni octo proximi, debia consignarle a la cecha o vero a le piaze del Domo e Broleto, dove sarà deputato persone experte quale li cernirano le bone da le cative , senza pagamento alcuno, e poy le cative li serano solamente tagliate et restituite insema con le bone, e in questo nessuno ardisca de manchare, perchè sei se ritrovarà poy, passato dicto termino de giorni octo, qualche persona che ne havesse haute de presente e non le havesse consignate da uno ducato in suxo, se li farà per pena de perdere tuta quella quantità de terline haverano hauto e più sotto quella mazore pena pa- rirà a li deputati sopraciò, e quando diete terline non portarano siano da uno ducato in zoxo, perderano le diete terline e pa- garano per una quatro bone; e questo se fa solamente per disperdere e consumare più che sia possibile le diete terline cative. E perchè ancora è devenuto a notitia che le stampe quale se adopereno ne le ceche circonstante sono facte per persone subdite de la regia Maestà e nel dominio de la prefata Regia Maestà, e se fano de esse stampe quasi a la similitudine de quelle se adopereno ne la cecha de Milano, per questo se fa publica crida et comandamento, e corno è dicto de sopra, che niuno olsa ne presuma far stampe ne spontoni per far stampe, per uso de alcuna cecha sia quale se voglia, se prima non bavera portato el disegno de esse stampe al offitio de monete, e poi hauta in scripto la licentia de potere esse stampe fabri- care, sotto pena de ducati cento da essere applicati a la regia camera, per qualuncha ferro se troverà bavere facto da bora inante. Et ancora in nome de Sua Maestà se comanda ad qualuncha operarlo et monetario quale se ritrovarà laborare ne le ceche forestere, voglia e debia, sotto pena de privatione de non po- tere più operare et laborare ne la cecha regia de Milano, e debiano cessare de operare in dieta cecha e retornare nel termino de giorni octo, e sotto la medema pena non ardischano da bora inante laborare ne operare in diete ceche fora- stcre ne qualuncha desse senza licentia de li deputati sopra questo ». 450. — 1511, aprile 14, Milano. — Grida sulle monete. [Reg. Panig., N. 264. — Sellati., Mss.]. 244 EMILIO MOTTA u Quantunche li giorni passati siano facte publice cride per le quale sia facto ad intendere ad ogni persona che la M.tà Regia vole se spendano le terline dali zilij fabricate in la cecha de Milano le quale sono bone, e perchè pare che qual- cheduno dicha che non siano bone, quelli dala cecha se offereno ad stare al palangone che sono facte ala bontà de L. 4 s. 13 per ducato corno sono le altre monete fabricate in dieta cecha de Milano, nondimeno pare che per non esserli posto pena ali contrafacienti non se observa, che cede in grandissimo caricho dela Regia Maestà et di sua Cecha, et non poche dampno deli subditi. E perchè ancora sé inteso essere molti li quali voleno fare pagamento integrale de esse terline, il che non è da tolerare, perochè esse terline et altre monete minute sono facte per commodità di cambiare, e per suplire a pagamenti chi altramente non se pxDtesseno compire, però volcndose pro- vedere a tali inconvenienti in nome et per parte de sua M.tà se fa bando et comandamento a qualuncha persona... che non ardisca ne presuma refutare diete terline fabricate in la cecha de Milano, sotto pena de pagare per una quatro de quella quantità refutarà... Intendando però che quando li pagamenti se vorano fare sarano de mazor summa che L. 20 imp. niuno possa essere astrecto a torle et acceptare, ma quando siano de L. 20 et da lì in zoso, in tal caso sia tenuto ogni persona prendere il quarto de tale pagamento in tante de esse terline et non possi essere astreto al più de dicto quarto a pren- derle ". 451. — 1511, agosto 18, Milano. — Grida sulle monete d'oro e d'argento. \Reg. Panig., N. 274 t. — Bellati., Mss. — Pélissier., loc. cit. p. 260, N. 89]. Conferma delle precedenti gride monetarie, in ispecie di quella del giugno 1510. Lamenti sulla loro inosservanza. Prov- vedimenti ai diversi inconvenienti causati da coloro che vanno a lavorare nelle zecche estere, dagli esportatori dell'oro e del- l'argento, dagli officiali che accettano donativi, ecc. Si aggiun- geva : « Ancora per provedere a molti errori, se fa sapere ad ogniu- no in nome de la prefata Maestà che, quantuncha li mercati et conventione se soleno fare fra li subditi et parimente lettere de cambio ne le quali se sol dire « /; pagamenti se habiauo da fare in bona moneta de Milano corrente «, et per questo DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZKSCHI, ECC. 245 molti se persuadeno potere pagare de qualuncha moneta ancora prohibita purché per alcuno modo habia il corso, che la pre- fata regia Maestà intende et vole, et per la presente se dispone che li pagamenti quali da bora avante se haverano ad tare, se debiano fare secundo li ordini predicti et ninno possa essere astreto prendere pagamento per altro modo se non tanto quanto in essi ordini se disponeno et non altramente, etiam che altramente fusse el corso commune. u Ancora in nome de la prefata Regia Maestà se fa ad sapere comò per provedere a le fraude de alcuni, liquali se sono sforzati de fabricare monete in alcune ceche forestere, zoè dinari da soldi sey, da tri et soldini et altre monete con il stampo molto similiante al stampo de la cecha de Milano de Sua Maestà, acciochè li subditi potesseno facilmente credere diete loro monete forestere essere de quelle se fabrichano in dieta cecha de Milano et con questo modo poterla distribuire et smaltire nel dominio di Sua Maestà, quantuncha siano de inferior bontà et senza comparatione, però Sua Maestà ha ordinato et conceduto se posseno fabricare ne la cecha de Milano et cosi se fabricarano da bora in inante dtiiari da sei soldi, da tri et soldini nel stampo novo qua de sotto impresso et qual non si poterà per alcuni contrafare o vero asimigliare. u Et anchora perché Sua Maestà ha inteso per la coruptela de le tedine false stampite fora de la cecha de Milano al stampo de tri zilii, le qual per essere diversamente fabricate et alcune di qualche bontà, quantuncha non tale quale sono quelle fabri- cate in dieta sua cecha, in modo che per essere stato la similitudine del stampo de sorte che non si poteva ben com- prehendere ne decernere quale fusscno le bo le, zoè quelle erano fabricate ne la sua cecha de Milano et quale fusseno le diete cative; del che è suceduto che sono refutate non solamente le cative ma ancora le bone, zoe ([uelle son fabri- cate ne la cecha de Milano a le quali non se li poteva fare oppositione alcuna, ne in questo non bavere potuto portare provixione, proclamatione ne comandamenti sopra ciò facti; per el rispecto predicto però, Sua Maestà, per provedere che ancora a li subditi non gli habia ad manchare moneta inferiore per comodità dil spendere, però ha ordinato et stabilito non fabri- cano più terline, ma se possano fare et fabricare in dieta sua cecha de Milano sexitii quali barano ad essere de bontà de le altre monete sono permisse fabricare secundo li ordini et capi- tuli d'essa cecha de Milano ". 246 E. MOTTA -DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI, ECC. La tariffa monetaria si può dire identica a quella data al n. 435 (grida del 14 giugno 1508). V è aggiunta la specifica delle monete « inferiori, facte » o da farsi nella zecca milanese, e cioè : Il Grossi da s. 6 novamente fabricandi che hano da uno canto la corona con le palme, da laltro el scuto ducale con li ziglij et bissa per L. — s. 6. " Grossi da s. 3 con lo fazolo da uno canto et da laltro la bissa con duy gillij per L. — s. 3. « Soldini che hano da uno canto el ducale, da uno canto a quarto da laltro la bissa con tri gillij L. — s. i. li Sexini che hano da uno canto una L. incoronata, da laltro la bissa per L. — • s. — d. 6 ». 452. — 1512, febbraio 12, Milano. — Grida perchè chiunque avesse trovato un sacchetto con 3 sacchetti insieme contenente certo quantitativo di ducati d'oro, fiorini del Reno e grossoni, stati perduti da Luigi da Porta Romana li debba notificare entro 8 giorni al Rev.do frate Lodovico Primi, predicatore del Duomo e dei frati della Pace che gli saranno donati io ducati d'oro. [Reg. Panig., G. G. 815 t.]. 453. — 1512, maggio i, Blois. — Lodovico XII, re di Francia, accorda a G. G. Trivulzio di batter moneta nel castello di Musso come faceva a Mesocco. [Gnecchi. Monete dei Tri- vulzio, p. x.xii. — Tagliabile. E davvero esistita la zecca di Mesocco ? p. 50]. (Continua). Emilio Motta. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI. E. lìWinkelmiinn, Ueher die goldpràgitngcii kaiser Friedriclis II fiir das Kónigreich Sicilicn uiid besoudcr i'tbcr scine augtistalen. Mittheil. des Instit. fucr Oesterr. Geschichtsfor- schung XV, 3, 1894. L'A. prende in esame i documenti contemporanei o angioini in cui è menzione degli augnatali e dei tari svevi. Riporta le inte- ressanti e ben note indicazioni di Riccardo di San Germano sugli augustali (ordine di coniarli a Brindisi e Messina nel die. 1231: una delle prime emissioni nel giugno 1232 ecc.); e alcuni brani dell'importante specchietto delia monetazione sveva, redatto nella seconda metà del XIII secolo, di cui esistono due trascrizioni, una rinvenuta negli archiv. del Vaticano, dal Garampi (Schede mano- scritte Biblioteca del Vaticano), e l'altra dal Blancard, nell'archivio di Marsiglia, e da lui pubblicata nella Revue Numismati(|ue ( T. IX p. 212 anno 1864). Il Winkelmann quindi discute con molta accuratezza il sistema monetario degli Svevi, e viene a conclusioni diverse da quelle dello Huillard-Bréholles, del Faraglia, del Blancard, ecc. Il peso di 36 augustali, da lui esaminati, oscilla tra i gr. 5,796 e 5,188. Si ha perciò la media di gr. 5,297, a cui aggiungendo, a com- penso del consuno prodotto dall'uso, gr. 0,053, si ha gr. 5,350. Ora nei documenti angioini e detto, che il tareno deve pesare '/ii dell'augustale, come ai tempi dell'Imp. Federico II, e quindi: 5-360 tareno =; :=; gr. 0,891 6 oncia = gra. 0,89 X 30 :== gr. 26,730 Libra = gr. 26,730 X 12 = gr. 320,760 248 BIBLIOGRAFIA Ciò era già dimostrato dai doc. angioini, dove è indicato il peso dell'oncia d'oro pari a quella di 8 carlini di Carlo I. Il carlino pesava gr. 3,34 (tari 3 gr. 15), e quindi l'oncia d'oro era di gr. 26,730, ed il tareno di gr. 0,891 (V. Sambon. Monnayage de Charles I d' Anjou, p. 47, in Aniinairr de la Sociétc de Nuiiiismatique 1891). Il Blancard, non conoscendo il documento relativo, fissò invece il peso del carlino di Carlo I a gr. 3,23 per cui calcolò l'oncia gr. 25,85. Prendendo però per base di calcolo la libra romana di gr. 325,44, il Winkelmann ha per l'oncia gr. 27,12, e pel tareno gr. 0,904. Egli assegna perciò, al tareno il peso di gr. 0,90 ed all'augustale quello di gr. 5,35. Nel precitato documento sulla monetazione sveva (Blancard. Rev. Num. 1864 p. 112 e Winkelmann Acta Imperli I, 766) leg- gesi : Augustales auri, qui laborantur in prcdicts sic/is (Brindisi o Messina) fiunl de caratis vigiliti et medio, ita quod quelibet libra auri in pondcrc tenct de puro et fino auro uncias X ta- renos VII ^/.2, reliqna vero uncia et tareni vigiliti duo et inedius sunt in quarta parte de ere et in tribus partibus de argento fino, sicitt in tarenis. Quindi su 12 once, erano di oro puro once io a tari 7 1/21 "^ di lega oncia i e tari 22 '/a! ^ '^o^' l'augustale 5,350 = 4- 20 V2 = gr- 4.57 d'oro puro, gr. 0,585 di argento e 24 gr. 0,195 di rame, e un'oncia di augustali teneva di oro puro, gr. 18,28 (il Blancard calcolava l'oncia di augustali a gr. 21,08 di cui 18 d'oro puro, 2,31 d'argento, e 0,77 di rame). Si rileva da quel doc. il guadagno che aveva sulla moneta di oro la Curia : Consucvit Curia recipere prò qualibct uncia tam ta- 7-enoruin qiiani aiigiistaliuni que laboratur in predictis siclis grana 1$ V2 (il Winkelman corregge: tarenuni unum et grana // '/a) Verumtamen mercator qui facit laborari aurum suum in siclis ipsis preter (tarenum unum et) grana /j '/., debet solvere alia grana 4 V2 /""" liialibet uncia, qiiain laborari facit in siclis prò expensis que fiunt in labore micie cuiuslibet ed. La correzione " tarenum unnm et grana // 1/2 " è suggerita da altro doc. (Wink. Acta imperii I, 763) in cui è detto che un'oncia d'oro di tari, valeva 28 tari e 2/^ di grano, e l'oncia di augustali aveva il valore intrinseco di 27 tari e 18 grana; quindi il guadagno e la fattura venivano ad un tari e 19 i/.j grana ovvero 2 tar. e 2 gr. Rilevasi ancora dal precitato doc. (Acta imp. I, 766) che l'oro dei tari era di carati 16 l/;j, e quindi il tareno di circa gr. 0,90 teneva gr. 0,6125 d'oro puro ( ' - X 16 i/.^j grana 0,22 di argento BIBLIOGRAFIA 249 e gr. 0,07 di rame, e l'oncia di tari gr. 18,37 di oro puro (Il Blancard calcolava l'oncia di tari di gr. 25,85 con grana 17,60 d'oro puro). L'A. riassume le sue osservazioni sul sistema monetario degli Svevi, nei seguenti specchietti. Monete d'oro. Tari Angus/ale Peso medio gr. 0,90 gr. 5,35 Peso dell'oro puro " 0,6 r » 4,57 Prezzo del metallo non coniato " 1,72 marchi " 13.22 marchi Prezzo del metallo coniato » 1,84 " '3,84 Monete di conto Uncia aurt puri Tarcuortiui AngiL^ffìliniii Peso 30 tari = 27,12 gr. 30 t. -^ 27,12 g. 24 tari =:::: 21,69 g- Peso dell'oro puro 18,37 S- 18,28 g. Valore metallico 75,19 mare, marchi 51,60 marchi 52,88 Valore dell'oro coniato marchi 55,37 marchi 55,36 L'A. pubblica cinque tipi diversi deiraugustale, (14 varianti), 2 tipi del mezzo augustale, e 5 del tareno o multipli ( i tareno i '/■< tareno e 4 tari|. Rileva la difficoltà di trovare monete d'oro sveve che corrispondano csatlainciilc ad un multiplo del tareno, poiché, dandosi i tari a peso, importava pcco clic le frazioni dell'oncia corrispondessero esattamente ai diversi multipli tiel tareno. IN. IO e II hanno nell'area le lettere T. O. (il Wink. legge S? — O) e O. V. Quelle lettere devono essere le iniziali dei zecchieri; ma le monete non sono, come crede il Winkelmann, di Federico II, poiché, su multipli maggiori che hanno quelle lettere, ed in cui é visibile il contorno, si legge sempre il nome di Manfredi, su ([uelli colle lettere T. O. ; e di Corrado, su quelli con (). \'. L'A. si ferma a lungo sulla (juistione, tante volte discussa dal Bohmer, dell' I luillard-Brcholles, ecc., se, cioè, nell'augustale si deb- bano o no ravvisare le fattezze di Fetierico 11, ovvero vi si debba scorgere nient'altro che un ritratto ideale. Dapprima ])arve al Win- kelmann che la descrizione di Riccardo di S. Germano " Figura augiistalis crat habciis ab mio latcrv c.m'it iiomi.nis coni media faeie et ah alio aquilani " escludesse la possibilitcà di ogni somiglianza, poiché se il cronista avesse ravvisato i tratti dell'Imperatore, avrebbe fatto allusione a quell'effige con parole più ossequiose; ma in se- guito il Winkelmann nmtò pensiero. 250 BIBLIOGRAFIA 10 non credo abbia alcuna importanza la generica indicazione del cronista, e credo invece che, per decidere la questione, valga più di tutto l'esame delle condizioni artistiche del tempo. Neil' Italia meridionale durante il governo di Federico II, mercè lo studio del- l'antico, l'arte scultoria ebbe un grandissimo impulso, ed il ritratto, che nel buio artistico del medio evo era divenuto un'impossibilità artistica, riducendosi a pochi e goffi tentativi (per le monete si copiava sempre l'immagine di un'altra moneta cambiando solamente il nome) fu ritentato al soffio di un'arte novella. E probabilmente la statua posta tra le decorazioni della porta di Capua e distrutta dai soldati di Murat, ritraeva con sufficiente verità le sembianze di Federico II. Ma il progresso artistico non era così rapidamente diffuso da far sì che l'incisore, in un piccolo tondino di 2 centi- metri, potesse con sicurezza riprodurre quell'immagine, e ne abbiamo la prova dall'esame degli augustali riprodotti nella tavola del Win- kelmann. 11 conio di maggior pregio artistico è indubbiamente il N. 5, (augustale col busto di Federico, con corona radiata). Questa moneta, di cui il Vergara dà un rozzo disegno, è per quanto io sappia, unica, conoscendosi solo l'esemplare di Vienna. Gli altri augustali sembrano tutte copie successive e gradatamente peggiorate di questo conio. L'effige del conio N. 5 offre le seguenti note carat- teristiche. Fronte piccola, naso grande, mento piccolo ma sporgente, occhio grande, e arcate sopraciliari assai sporgenti, zigomi mar- cati, collo lungo e sottile, capelli ondati e abbondanti. 11 N. 3 invece: naso piccolo e camuso, occhio piccolissimo, sopracilia dritte e poco pronunziate, guance scarne, mento grande e assai sporgente. UN. 2 : occhio piccolo e a fior di testa, arcate sopraciliari molto ricurve, naso aquilino, guance molto grasse, doppio mento, spalle ricurve. Il N. 6 : occhio grande, naso aquilino, guance scarne, mento piccolissimo tirato in dentro. Mutano quindi di continuo, i tratti essenziali e caratteristici della fisonomia e, se manca assolutamente la possibilità di riprodurre sempre la stessa effigie, non possiamo neppure ammettere che l'in- cisore sia stato capace di ritrarre al vero le sembianze dell' Im- peratore. E da osservare però che il conio N. 5 è di valore artistico superiore molto a quello dei conii N. i, 2, 3 e 4, ed io credo che questa difterenza sia dovuta principalmente al fatto che il N. 5 è copiato direttamente da una moneta d'oro dell' Imp. Augusto (poiché BIBLIOGRAFIA 25I nell'augustale N. 5, ravviso perfettamente le fattezze di Ottavio Augusto) e che i conii 4, 3, i e 2, sieno successivamente copie di copia, in cui perdendosi di vista quel primo originale sempre più si diparte l'immagine dallo stile romano (primo secolo dell' Impero) per assumere carattere più spiccatamente medioevale. È pure da tener conto, che, rompendosi spesso i conii di ferro, per una stessa emissione occorrevano moltissimi conii, e che gli artisti di minor conto, impiegati alla zecca, copiavano il conio ese- guito dai maestro incisore. Ma anche ammettendo che perciò riu- scirono meno perfetti i tratti in alcuni conii, non posso credere che si approvassero lavori così diversi, se gli artefici erano in grado di raggiungere ed apprezzare la fedeltà del ritratto. Ritengo quindi che non possiamo dare alcun valore come ritratto airiiiiiiiagine degli augustali. A. Sambon. (DalV Arc/iivio storico per le prov. napol. Anno 1895, fase. 1). Animaire tmmismatiqiie siiisse, public par Paii.-Ch. Stroehi in. — I année 1894-95. — Genève. — (l^ag. 635, in-8. picc. con illustr.). Quest'annuario, eh' è uscito in due dispense ed ha subito non lievi modificazioni nel suo piano originario , si può dividere ideal- mente in tre parti. La prima, esclusivamente pratica, è composta d'indirizzi numismatici della Svizzera, elenchi di coniazioni, tavole di ragguaglio, annunci, ecc., e persino di calendarii con lo spazio libero per le note giornaliere ; - la seconda si compone di alcune liste cronologiche di vescovi, abati, ecc., nonché di vari elenchi di zecchieri; — la terza, che è senza nessun confronto la più impor- tante e per la mole e per il contenuto, consiste in un « Inventario particolareggiato delle monete e medaglie , dei gettoni, delle in- segne, ecc., che costituiscono la Numismatica dei Tiri svizzeri. " È questa terza parte, una vera monografia, che abbraccia circa 400 pagine e più di 2000 numeri ; divisa per online alfabetico dei cantoni, suddivisa secondo le diverse località di ciascun cantone, non trascura nessun particolare, per quanto minimo in apparenza ; la copia del materiale raccolto dal sig. Stroehlin è davvero sorpren- dente, e fa testimonianza, una volta di più, della straordinaria popolarità di cui gode fra gli Svizzeri <|uel maschio esercizio. 252 BIBLIOGRAFIA Come spesso accade, poi, e quantunque l'autore dichiari espres- samente che « l'Annuaire doit ètre une oeuvre suisse et rien que suisse », questo lavoro svizzero interessa anche, per quanto in modo indiretto, la Numismatica italiana, trovandovisi comprese (com'è naturale) talune medaglie italo-elvetiche del Canton Ticino e de' Grigioni, altre coniate in Italia, ecc. Il sig. Stroehlin si ripromette di pubblicare il secondo volume del suo Annuario verso la metà del 1896, e possibilmente anzi nella primavera; egli fa appello intanto in particolar modo ai lettori perchè si compiacciano di fornirgli le notizie atte a colmare le eventuali lacune della sua monografia sulla Numismatica dei Tiri svizzeri, alla quale, occorrendo, farà seguire un apposito Sup- plemento. S. A. Ambrosoli Dott. Solone, Catalogo della Collezione numismatica del Museo Provinciale di Catanzaro : Monete medioevali e moderne, me- daglie, ecc. Catanzaro, Giuseppe Caliò, 1894, in-8, pp. 217. Bignami Arturo, Collezione di monete italiane medioevali e mo- derne del cav. Giancarlo Rossi. Roma, tip. dell' Unione Cooperativa Editrice, 1895, in-8, p. viij-153. L. 5. Catalogo della Collezione Preyer. Monete [Vendita Genolini, 17 di- cembre 1894 e segg.]. Milano, Pirola, 1894, in-8, pp. 99. Monete romane, consolari e imperiali, aes grave, monete bizantine, del medio evo e moderno; medaglie. Collezione di Mons. Vitaliano Sossi di Asti. Roma, tip. dell' Unione Cooperativa Editrice, 1894. Miìntz E., L'età aurea dell'arte italiana. Dono agli abbonati del " Corriere della Sera „. Milano, 1895. [cfr. p. 594-597: Medaglie, monete, gemme]. Paraszi Arciprete A., Appendici alle Origini e Vicende di Viadana e suo distretto. Voi. Ili, Viadana, Remagni edit. (Mantova, tip. Mondovi), 1895 [cfr. r Appendice Vili. Zecche di Sabbioneta e di Pomponesco]. Quaranta Raff., La guida di Salerno, con poche notizie storiche raccolte. Salerno, stab. tip. del Commercio di Antonio Volpe e C, 1894. in-8. [Cfr. il § 6. Delle monete]. Rizzo (Prof. Dott.), Nanos Siceliota. Storia, topografia, avanzi, mo- nete. Con tav. Catania, Monaco e Mollica, 1894, •'i'^- Properzi F., Studio di un nuovo sistema monetario a valore decre- scente. Rocca S. Casciano, stab. tip. Licinio Cappelli, 1894, in-8, pp. 19. Le Gallerie Nazionali italiane. Notizie e documenti. Voi. I. Per cura del Ministero della pubblica istruzione. Roma, Danesi, 1894, fol. ili. [Cfr. III. R. Galleria e Medagliere estense in Modena, con 2 tavole di medaglie inedite del Rinascimento]. BIBLIOGRAFIA 253 Amardel G-, Les monnaies de Nimes. Narbonne, Gaìilard, 1894, in-8, pp. 16. Aniauné Aug., La monnaie, le credit et le change. Paris, Alcan, i8p5, 8. pp. 404. Blancard L. , Sur les deniers d' or à la reine et au niantelet. Marseille, impr. Barlatier et Barthelet, in-8, pp. 11 (Extr. des Mémoires de l'Académie des scieiices, ìettres et arts de Marseille). Dayot A,, Napoléon raconté par l'image, d' après les sculpteurs, les graveures et les peintres. Paris, Hachette, 1894, in-4, pp. iv-503. Dewamin. E., Cent ans de numismatique fran(;aise, de 1789 à 1889, ou A. B. C. de la numismatique moderne à l'usage des historiens , archéologues, numismatistes, etc. I"'' volume : Assignats et Papiers-Mon- naie des armées vendéennes. Paris, impr. Dumoulin et C, 1894, pp. xx- 212 in-fol. Engel A. et Serrure R. , Traité de numismatique du moyen àge. T. 2. Paris, Leroux, 1894, in-8, ili. Farcinet Charles., Mélanges de numismatique et d'histoire. Une cu- rieuse médaille de Geoffroy la Grand' Dent et 1' ancienne famille de Lusignan. Vannes, Lafolye, 1894, in-8, pp. 14, et grav. (Extr. de la Reviie du Bas-Poitou. Lejetoie A., Monnaies, poids et mesures des principaux pays du monde. Traité pratique des diftérents systèmes nionétaires et des poids et mesures. Nancy et Paris, Berger Levrault, in-8, pp. 552. Poinsard J., La question monctaire considérce dans ses rapports avec la condition sociale des divers pays et avec les crises écono- miques. Paris, Giard et Briòre, 1894, pp. vii-293, in-i8. Satmier C, Augustin Dupré, orfèvre, mcdailleur et graveur general des monnaies. Paris, Société de propagation des livres d'art, 1895, in-4> pp. XIV-122 et pi. Wals/i (M.gr), Bimétallisme et monomctallisnie. Trad. par A. Chabry. Paris, Maison de la Bonne Presse, in-8, pp. xxxiv-So. Ellslaetter Karl, Indiens Silberwahrung. Eine wirthschaftsgeschicht- liche Studie. Stuttgart, Cotta, 1894, in-8, pp. xii-128. Mayr Alb., Die antiken Munzen der Inseln Malta, Gozo und Pan- telleria {Programma del Ginn. Guglielmo di Monaco, 189 j, pp. 40, in-8). Kirmis M., Chemische Winke fùr Numismatiker. Anleitung zur Be- handlung der MQnzen. II Auflage. Berlin, Weyl, in-8 gr. Favre Edouard, Les études orientales à la Société d'histoire et d'archeologie de Genève, 1838-1894 [a pp. 33 e segg. Bibliographie des travaux numismatiques de Frédéric Soret\. 254 BIBLIOGRAFIA Ghahb Edhem L, Catalogue des monnaies des Khalifes, types Sas- sanides et Byzantins, Khalifes Omeyyades et Abbassides. Constanti- nople, 1894 (Musée imperiai otloman. Section des monnaies musulmanes) pp. 534, in-8 gr. con 5 tav. — — Lettre à M. Troutowski sur une monnaie Menguodjie. Constati- tinnple., pp. 4, 1894, in-8 gr. PERIODICI. Annuaire de la Société fran^aise de numismatique. — Gennaio- Febbraio 1895. Blancard Louis, Besants d'or et d'argent de Tunis au XIII siècle. — Arnaud F., Sceau d'un Seigneur de Beuil. — P'allentin Roger, Douzains aux croissants de Henri II. — Cronaca, Biblio- grafia, ecc. Marzo-Aprile 1895. Dutilh. E. D. J., Notes sur les tétradrachmes d' Alexandre III le Grand, que l'on trouve en Egypte. — Alphonsc de IVitte, Jeton d'argent inédit frappé en commémoration de l'inauguration du roi Philippe V en qualité de Conite de Namur (1702). — Bordeaux Paul, Le sceau de la corporation des monnayeurs de Figeac ; le sceau du Collège des monnayeurs d'Angers; un cachet de monnayeurs de Paris. — R. de Ponton d' Amécourt, Description generale des monnaies du type chinonais. — Cronaca, Bibliogr., Necrologia, ecc. Revu'e Numismatique frax^aise. — Fascicolo I, 1895. Babelon E., Études sur les monnaies primi. ives d'Asie Mineure; l'étalon phocaique. — Drouin E., Monnaies sassanides inédites. — Blanchet Adrien J., Monnaies de Cesaree de Cappadoce. — Aureus inédit d' Uranius Antoninus. — A. de Barthclemy, Note sur la classification des monnaies carolingiennes. — Schlumberger G., Une monnaie inèdite de l'imperatrice Theodora. — Méraux, tessères et jetons byzantins. — Cronaca, Necrologia, Bibliografia, ecc. Revue Belge de .numismatique. — Fascicolo II, 1895. Blanchet Adrien M. I., Observations relatives au type des monnaies d'Érétrie, de Dicoea et de Mende. — V. Baudoin de Jonghe, Trois monnaies frappées à Elincourt. — Cuntoiit G., Billon noir inédit f,-appé à \nivorde par Jean 111, due de Brabant (1312-1355). BIBLIOGRAFIA 255 — Maxe IVcrly L., Histoire numismatique du Barrois. — Snocck M. A., Médaillon rond, uniface et coulé du docteur Jean Ingen- housz, médecin en chef et conseiller de la cour imperiale autri- chienne (1779). — Caron E., Une singnlière trouvaille à Jerusalem. Notes de voyage. — Danneisbcrg H., Les appellations monétaires sur le monnaies de moyen àge. — Cav. voii Ernest. j Les dernières quinze années de Théodore Van Berckel. — Necrologia, Miscel- lanea, ecc. Zeitschrift fur Numismatik. — Fascicolo IV, 1895. IVeil R., Zur Geschichte des Studiums dar Numismatik. — Scheumr R., Zwei Bùcher aus der Gorlitzer Miinze. — Cahn J ., Ein neuer Denar Volquins III, Crafen von Schwalenberg. — Selt- marni E. I., Interessante Beizeichen auf Munzen von Tarent und Aenus. — Miscellanea, ecc. Revue SuissE DE Numismatique. — Sett.Dic. Fase. IV e V. Ladé A; Le trésor de Pas-de-l'Échelle. — Vallentin Roger., Des causes de la fabrication des premiers testons en France (1514). — Cliautard I., De la préparation et de la conservation des em- preintes de monnaies et jetons. — Essai de classification à suivre dans l'étude des jetons fran9ais. — Marchand F., La nouvelle percée de Bourgen Bresse. A propos de quelques médailles. — Mayor /., Médailles suisses frappées en 1894. — Miscellanea, Biblio- grafia, ecc. Archivio Storico df.ll'Arte, serie II, fase. MI, 1895 : Vesme Aìess., Giovan Francesco Caroto alla corte di Monferrato (medaglista e pittore. A p. 40 un documento del 1516 per la Zecca di Casale). Atti della Deputazione provinciale di Storia patria di Ferrara , voi. VI, 1894: SeccoSuanio Avv. Gerolamo , Lo studio di Ferrara a tutto il secolo XV [Cfr. il cap. I : " Corrispondenza tra la moneta che ebbe corso a tutto il secolo XV in Ferrara e quella vigente „]. Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia patria per le Pro- vincie modenesi, serie IV, voi. VI, 1895: Ognihene Giov., I capitoli della Zecca di Ferrara nel 1381 : note e documenti. Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia patria per le Pro- vincie di Romagna, III serie, voi. XII, fase. IV-VI. 1894: Sahioiii G. B., La moneta bolognese e la traduzione italiana del Savigny (cont. e fine). Atti e Memorie della R. Accademia Virgiliana di Mantova. Biennio 1893-94. Mantova, 1895: Zani B., La questione monetaria in relazione colla questione sociale. Emporium, di Bergamo, fase. II, 1895: Antiche monete greche, con 25 illustrazioni. 256 BIBLIOGRAFIA La Riforma Sociale, fase. XXII, novembre 1894 : Luzzatii G., Al- terazioni monetarie di una volta e di oggi. — Fase. VII, 1895 : Niiti F. S., La misura delle variazioni del valore della moneta " Gli Index Numbers. „ La Riforma sociale, io maggio 1895 : Nitii F. S-, Sui modi di rego- lare le variazioni monetarie. Rivista Abruzzese, di Teramo, IX, 5-6 e 12, 1894 : Sorricchio L., Rassegna numismatica (Tesoro seoperto in Atri). — Spezi P., Una vi- sita alla zecca di Roma. Rivista di Storia, arte, archeologia della Provincia di Alessandria. Anno 111, fase. Vili, ott.-dic. 1894 : De Simoni Cornelio, Le Monete del Monferrato all'anno 1600 ed il loro valore. L'Araldo timbrologieo e numismatico, a. I, n. 5, maggio 1895 :/4«- noni Antonio, Di alcune medaglie garibaldine. — Pertinax, Conversa- zioni numismatiche. VI. La collezione Romana. BoLLETTi.NO STORICO della Svizzera italiana, n. 3-4, 1895: Il maestro della Zecca e la guarnigione del Medeghino a Musso. BuLLETiN archéologique de Tarn et Garonne , III trimestre , 1894 , De Mèla de Cabarieu, Le Bureau des trésoriers de Franee de Montauban. BuLLETiN de l'Académie delphinale, IV sèrie, tome VII, 1893 (Gre- noble, 1894) : Roman J., Jétons du Dauphiné (dernier article). CoMPTES Rendus des séances de l'Académie des inscription et belles- lettres, genn.-febb. 1895 : Grandmaison Ch. (de). La charte de Louis X, du 12 mai 1316, concernant le droit de frapper monnaie du chapitre de Saint-Martin de Tours. Note. Correspondan'ce iiistorique et ARCHÉOLOGIQUE, Anno 1895, n. 14: A. de Witte, Notes sur les Roèttiers, graveurs généraux des monnaies aux Pays-Bas méridionaux. Gazette de beaux-arts, ottobre 189^: Gruyer C, Vittore Pisano (IV article). [A pp. 299 e segg. : Médailles diverses]. Journal deb économistes, 1895 : Bimetallisme par M. Henri Dunning Mac-Leod. Étude par M. A. Raffolovich. Mémoires de la Société académique de Saint-Quentin , IV serie, tom. XI, 1894 : Eck, Trouvaille à Fontaine-Uterte. — Derome, La numi- smatique du Vermandois. Mémoires de la Société d'archeologie lorraine et du Musée lorrain. (Nancy), voi. XLIII : Hermerel, Recherches sur les monnaies des comtes de Vaudémont. Revue d'éco.nomie politique, mars 1895: Bourguin, De la mesure de la valeur. Revue des études grecques, tome VI, i8j3-94 : Babelon et Reinach, La monnaie thibronienne. Revue de Guascogne, dicembre 1894 e gennaio 1895: Caleat, L'atelier monétaire d'Auch du moyen àge. — Colonieii, Notice sur les jetons. Revue poitevine et saintongeaise, die. 94: Very A., Numismatique. BIBLIOGRAFIA 257 Revue Savoisienne , oct-déc. 1894 : M. Le Roux, La trouvaille monétaire d'EcoIe. — Marteanx C, Note sur un petit trésor des Fins. Revue de Saintonge et d' Au.vis, marzo 1895: Un jeton maijonnique. Travail National, 20 gennaio, 1895 : L'or du Transwaal et la que- stion monétaire. Preussische JahrbOcher, maggio 1895: Ouar/us, Zar Wahrungs- frage. Allgemeine Kunstkronik, 1894, n. 25 : Medaille auf die Vollendung des Reichstagsgebaudes. Beitrage zur Geschichte des Niederrheins , voi. Vili , 1894 ■ ^^*- dic/t O. /?., Die Schàtze der herzogliclien Silberkammer in Dusseldorf am 17 Jahrhundert. Deutsches Wochenblatt, n. 25 e n. 50, 1894: Arendt Olio., Ein Jahrestag. Die Schliessung der indischen Milnzstàtten und ihre Folgen. — Idem, StrafzòUe gegen Goldwahrungslilnder. Die Verhandlungen der 42. Versammlung deutscher Philologen und Schulmànner in Wien, mai 1893 (Leipzig, Teubner, 1894) : Rentier V. (von), Ueber den Wert der Munzkunde fur den Unterricht an unsern Mittelschulen (p. 221-227). — Kenner F., Uber Romische Kaiserme- daillons (pp. 315-322). — Nagl A., Die Numismatik und ihre akade- mische Lehre (pp. 536-42). Jahrblxh der kunsthistorischen Sammlungen, di Vienna, voi. XV, 1894 : Slarser dott. Albert, Ein Munzkatalog Kònigs Ferdinand I in der Vaticanischen Bibliothek zu Rom (1553-1558). Neues Lausitzisches Magazi.\, voi. LXX, fase. II, 1894: Scheimer R., Drei bis jetzt unbekannte Miinzen der Lausitz. S0CIALPOLITISC1IES Centr.xldlatt, n. n, 1894: Arendt Otto, Die so- ciale Seite der Wiihrungsfrage und die Stellung der deutschen Social- demokraten zum Wàhrungstreit. Zeitschrift fiir Social und Wirthschaftsgcschichte, IH, 1894J: Inama- Sternegg K. Th., Die Goldwahrung im deutschen Reiche wahrend des Mittelalters. WociiENscuRiFT fùr classische Philologie, n. 47, 1894 : Marlin /.., Catalogue du mcdaillier d'Avenches. Jaiirbl'cii des historischen Vercins des Kantons Glarus , fase. Ili (Glarona, 1895) : Schindler dott. F., Zweiter Nachtrag zum Verzeichniss der MQnzsammlung. Nationaloekonomisk Tidskrikt , n. 9-10, 1894 : Friederiksen N. C, L'argento. Pamatky archaeologické a nistopisné. Organo della Commissione archeologica del Museo boemo in Praga, fase. I-V, 1893 : Fiala E., Nàlez 258 BiBI.IOGRAFIA praehistorickych minci (Ritrovo di monete preistoriche a Nechanich) — Fiala E., Devise nasich mincovnich ùrednik ù (Devises di officiali monetar] , XVI-XVII secolo). BuLLETiN de l'Académie d'archeologie de Belgique, XVII, 1894: Un triens inédit du monctaire Theudegisilus. BoLETiN de la Real Academia de la Historia, gennaio-febbraio 1895: De la Vega ile Armijo (Marqués), Mémoires numismatiques de l'Ordre souverain de S.t Jean de Jérusalem, por el Baròn E. H. Furse. El Economista di Madrid, aprile 27, 1895. Los mercados del dinero. Producion des metales presiosos en 1894. El papel-moneda en el Brasi!. The Nineteenth Century, febbraio 1895: Tuck A., Is Bimetalism a delusion ? VARIETÀ Necroloffie. — La mattina del giorno 13 scorso maggio moriva in Milano il Cavaliere Ur. Oio. Uall. I»e (.'a|Mtani ■•' \rm»go, bibliotecario emerito della Braidense. Nato nel 1816, il De Capitani tu ammesso come alunno gratuito giurato negli IL e RR. Archivi di Milano, nel set- tembre 1844; entrò nella stessa qualità nell'I. R. Gabinetto numismatico nel 1850, e due anni dopo fu nominato ag- giunto presso il medesimo Gabinetto. Da questo passò poi nella Biblioteca di Brera nel 1865 in qualità di secondo assistente; fu promosso nel 1873 ad assistente di prima classe e nel 1877 nominato secondo bibliotecario e trasferito alla Nazionale Centrale di Firenze, dove però non si recò o si trattenne brevissimo tempo, essendo stato pochi mesi dopo richiamato a Brera. Nel 1880 vi divenne primo biblio- tecario e nel 1888, quando prese il suo riposo, si ebbe il titolo di bibliotecario emerito. Tanto nel Gabinetto numismatico quanto nella Biblioteca il De Capitani lasciò luminose tracce del suo passaggio, ed e specialmente notevole il catalogo, ch'egli scrisse in elegante latino, di oltre 4000 medaglie greche del medagliere di Brera, volume, che donò poi al Gabinetto insieme a più di 100 lettere autografe dell'illustre archeologo Domenico Bestini e ad altri manoscritti e libri interessanti. S'occupò molto di questioni filologiche e letterarie e lascia pregevoli pubblicazioni. Mite e buono, quanto erudito, G. B. De Capitani fu molto amato da superiori, da uguali e da inferiori nella Braidense, e li ricambiò con pari affetto; in prova del quale volle legare alla Biblioteca la sua libreria privata, che gli era carissima. 26o VARIKTÀ Pure nello scorso maggio moriva in Udine <■!«. Ualli.vta Auiai'li. Nato nel 1818 a Pordenone, e stabilitosi a Udine nel 1836, fino da quell'anno vi aveva iniziato una collezione di Monete romane e italiaìie e medaglie, che, con esempio piuttosto raro, continuò ininterrottamente fino all'epoca di sua morte. Quella collezione, che sorpassa i 10,000 pezzi, andrà probabilmente dispersa. A Firenze, moriva, lo scorso marzo, il sig. William Koyiie. Nato nel 1815 a Leeds in Inghilterra, da molti anni s'era stabilito a Firenze. Conosciutissimo nel mondo numis- matico, appassionato raccoglitore , e frequentatore assiduo di tutte le pubbliche vendite, aveva messo insieme una bella collezione di monete greche, romane, inglesi ed italiane medioevali, di oltre 30,000 pezzi, con una splendida serie di monete dei Goti, dei Longobardi, dei Carolingi e dei re d'Italia. Alla sua morte la collezione fu spedita in Inghilterra. Il sig. Boyne era autore di alcuni lavori pubblicati in inglese sopra Tessere e sigilli della Gran Brettagna e dell'Irlanda. Il Museo di Cntftnzai'o. — Siamo lieti di poter annun- ciare che a dirigere il Museo Provinciale di Catanzaro, in so- stituzione del compianto Prof Marincola-Pistoia, fu nominato dalla Commissione di Antichità e Belle Arti di quella provincia, d'accordo col Ministero della P. I., il Prof. Dott. Oreste Dito, valentissimo giovane che si è fatto già un bel nome con la Rivista Storica Calabrese da lui fondata. Il nuovo direttore ha teste pubblicato a Catanzaro, pei tipi eleganti di Gius. Caliò, una pregevole " Relazione „ sul Museo, che affidato ormai alla sua energica ed intelli- gente direzione, non potrà a meno di fiorire e prosperare a lustro della regione calabrese, cosi poco conosciuta eppur così altamente interessante e degna di studio. Ripostif/lio di Pompei. — In uno scavo fatto recen- temente nelle vicinanze di Pompei venne trovato un tesoretto composto di poco più di 100 aurei romani. Incominciano VARIETÀ 261 da Augusto e vanno fino a Tito, né potrebbero andare più in là di quest'epoca, il loro seppellimento ripetendo la sua origine dalla catastrofe di Pompei. Il tesoretto sembra essere stato il denaro di tasca di un Pompeiano che, tentando fug- gire dalla città nativa, fu colto e sepolto dai lapilli per via. — Gli aurei sono per la più parte comuni, ma ve ne sono parecchi di qualche rarità, di Galba, Ottone, ViteUio, e qualche varietà inedita. Una buona parte sono di conserva- zione eccezionale, ed è perciò che il piccolo ripostiglio trovò subito applicante a prezzo profumato sul mercato di Roma. La uiedaylia del /'Esposi zio ne ftlatcìien. — A ricordo della ben riuscita mostra internazionale postale- filatelica, tenutasi lo scorso anno a Milano in occasione delle Esposi- zioni riunite, fu coniata non ha guari la interessante medaglia di cui diamo il disegno del dritto. Questo, come si vede, riunisce, in tre corone annodate fra loro, i ritratti di re Vit- torio Emanuele I, dell'inglese Rowland Hill e del tedesco Stephan. con l'epigrafe: Al GRANDI INNOVATORI DELLE COMUNICAZIONI POSTALI. 11 concetto e del sig. Antonio Annoni, l'esecuzione è accurato lavoro del noto incisore milanese Cav. Grazioli. Il rovescio reca la leggenda circolare: PRIMA ESPOSI ZIONE POSTALE FILATELICA IN ITALIA, MILANO 1S94, e nel campo i nomi dei componenti il Comitato. Di questa medaglia esiste una varietà, fatta coniare in tre soli esemplari dal Club filatelico internazionale di 202 VARIETÀ Milano; il dritto è il medesimo, ma il rovescio ha un'epi- grafe dedicatoria al Cav. Francesco Gnecchi, presidente della Sezione Postale filatelica nelle Esposizioni riunite. Uno dei tre esemplari fu donato dal Cav. Gnecchi al Me- dagliere Nazionale di Brera, l'altro al Museo Artistico Muni- cipale di Milano. S. A. Desiderata. — Abbiamo incarico di acquistare l'opera: Neumann Jos., Beschreibung der bekanntesten Kupfermiìnzcn. Prag, 1856 , e le due monete : Ossidionale di Nizza , 1543. — Il pezzo ossidionale da io franchi di Catturo. Si prega di voler dirigere le offerte al Segretario della Società Num. Ital. Cav. Costantino Luppi, Milano. Piazza del Duomo, 20. ATTI SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Estratlu (lei l'erba li Seduta dei. Consiglio 31 Maggio 1895. La Seduta è aperta alle ore 14, e sono presenti i signori Cav. Francesco e Cav. Ercole Gnecchi Vice-Presidenti , March. C. E. Visconti, Cav. G. Gavazzi, I).' Solone Ambro- soli, Prof. Cav. C. Luppi segretario. I. Si presentano e si discuton(j i bilanci sociali, consun- tivo 1894 e preventivo 1895, di cui si unisce relazione al Verbale dell' Assemblea dei .Soci e sono approvati all' una- nimità. II. Vengono nominati Soci corrispondenti i Signori: Giu- seppe Varclli di Napoli, Ing. Carlo Clerici di Milano, ^Ucs- Sandro Fon di Torino e Mario de Ciccio di Palermo. III. I signori Cav. Giuseppe Gavazzi, Marchese Carlo Ermes Visconti e Cav. Ercole Gnecchi, già delegati dal Consiglio per 1' esame dei lavori aspiranti al Concorso Papadopoli, riferiscono come nessuno dei lavori presentati riunisca i requisiti necessarii per ottenere il premio. Il Con- siglio, in seguito alla loro relazione, incarica i detti signori di tenere a disposizione dei rispettivi concorrenti i loro lavori per lo spazio di tre mesi, scorsi i quali, nel caso che non venissero ritirati, le schede suggellate saranno distrutte nella prima adunanza del Consiglio, e i manoscritti conservati negli archivi della Società. 264 ATTI DEIXA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA IV. Il Segretario dà lettura dei seguenti doni pervenuti alla Società. Dattari Giovanni del Cairo. N. 175 monete, di cui 87 Alessandrine imperiali, 65 romane im- periali, 21 Greche, i moneta di vetro, i Dollaro d'argento del Califfo di Amdurman. Dessi Vincenzo di Sassari. // sito opuscolo : Descrizione d'una statuetta militare votiva rinve- nuta ad Usellus. Sassari, 1895; in-8 con una tav. — Tamponi Pietro: Silloge epigrafica Olbiense con prefazione di Teodoro Mommsen e appendice di Ettore Pais. Sassari, 1895; in-i6. Dutilh E. D. J. Direttore del Museo di Ghizeh (Egitto). La sua pubblicazione : Notes sur les tétradrachmes d'Alexandre III, le Grand, que l'on trouve en Égj^pte. Paris, 1895, in-8 f. Gnecchi Cav. Ercole. La sua pubblicazione: Appunti di numismatica italiana, X-XV. Un cornabò di Montanaro con S. Agapito. — Un mezzo tallero anonimo di Desana, ecc. Afilano, 1895; '"'^ fig- — Estratto. — Agostini Agostino : Storia di Castiglione dalle Stiviere. Voi. I, ivi, 1892; in-8, fig. con una tav. — Budeo Guglielmo : De asse et partibus ejus, libri quinque ecc., Coloniae, 1528; in-i6. — Stroehlin Cli. Paul : Annuaire numismatique suisse. 1/" Année 1894-95. Genève. — N. 20 Cataloghi di vendite di monete e di libri numismatici, ecc. Gnecchi Cav. Francesco. Annuaire de la Socicté fran(aise de num. Annate 1884-85-86. — Medaglia Commemorativa dell' Esposizione Postale filatelica internazionale di Milano 1894. Luppi Prof. Cav. Costantino. Liguoro Ottavio : Ritratto istorico dell'origine degli abitanti della Campagna di Roma, de' suoi Re, Consoli, Dittatori, delle Me- daglie, Gemme, Intagli, ecc., con la rarità e prezzo delle me- desime, Roma, 1742: in-i6. Motta Ing. Emilio. La sua pubblicazione : Il maestro della zecca e la guarnigione del Medeghino a Musso. Bellinzoua, 1895. Estratto. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 265 Ognibene Dott. Giovanni. // suo opuscolo: I capitoli delia zecca di Ferrara nel 1381. — Note e documenti. Modena, 1895; in-8. Orsi Dott. Cav. Paolo di Rovereto. // suo opuscolo: Le monete romane di provenienza trentina posse- dute dal Museo civico di Rovereto, con un'appendice. Rove- reto, 1893; in-8. Poggi Cencio di Como. La sua pubblicazione : Il giardino dei Borsieri. Conto, 1895; opu- scolo in-i6. Vallentin Roger. Le sue pubblicazioni: Du tau.K de rintOrCt à Valence sous Char- les \'III et sous Louis XII. Valence, 1895. — Médaillon uni- face de Maurice de Nassau, prince d'Orange. Antsterdani, 1895. — Des causes de la fabrication des premiers testons en France (1514). Genève, 1895. — De l'équivalence du sol tournois et du gros dans le compie par florin de la monnaie courante. Valence, 1895. — Documents inédits rclatifs au monnayage des archevéques d'Enibrun. Paris, 1895. — Douzains aux crois- sants inédits au nom de Henri II. Paris, 1895. Approvata in fine la composizione del II fascicolo della Rivista 1895, la seduta è levata alle ore 15. Assemblea Generale dei Sex i 31 Mac.gio 1895. L'Assemblea è convocata per le ore 15. Sono presenti, oltre ai membri del Consiglio, meno il presidente trattenuto da altro impegno, parecchi .soci di Milano e d'altre città d'Italia. Il Vice Presidente Cav. Francesco Gnecchi legge, a nome del Consiglio, la Relazione sull'andamento della Società durante l'anno 1894, che qui riassumiamo. RELAZIONE. La nostra Società, sorta con modesti principi l'ii Aprile 1892, è già entrata nel suo quarto anno di vita. Se durante questo tempo essa non ha fatto quei rapidi 206 ATTI DELLA SOCIKTÀ NUMISMATICA ITALIANA progressi, che taluni forse avrebbero vagheggiato, gh è perchè essa si dovette mano mano preparare il terreno adatto ad esercitare la sua influenza. Gli studi numismatici, una volta così in fiore in Italia, erano caduti molto in basso, e a ben pochi sommavano presso di noi i cultori di questa scienza. Ora è innegabile che dal 1888, epoca in cui apparve la nostra Rivista, e specialmente da quando si formò il primo nucleo di persone desiderose di unirsi in Società, fu notato un lento ma progressivo risveglio in questi studi. Alcune collezioni, che da tempo giacevano dimenticate, furono riordinate; sorsero nuovi amatori, e, quello che più importa, nuovi studiosi, che arricchirono dei loro scritti il patrimonio della scienza. Possiamo affermare che molti fra i collaboratori attuali nella nostra Rivista furono creati dalla Rivista stessa e dalla Società, del che non possiamo che rallegrarci. Tutto fa quindi sperare che questa nuova giovanile attività, suscitata ed incoraggiata dalla nostra Istituzione, continui felicemente per l'intrapreso cammino, e riesca in breve tempo a rimettere in onore lo studio di una scienza, che si può dire nata in Italia, e che vi ebbe sempre le più gloriose tradizioni. Ciò premesso, facciamoci ad esaminare brevemente l'andamento della nostra Società durante lo scorso anno 1894. Soci. Il numero dei Soci, alla fine dell'anno teste decorso, sommava a 95, di cui 47 effettivi e 48 corrispondenti, con un leggero aumento su c|uelli del 1893; a 120 poi era salito il numero dei semplici abbonati alla Rivista, buona parte dei quali sarebbe desiderabile che passasse alla Società, la quale non impone loro alcun maggiore aggravio, mentre offre loro parecchi vantaggi con una Biblioteca e un Meda- gliere che sono in continuo aumento. Biblioteca. La nostra piccola Biblioteca conteneva lo scorso anno 206 volumi e 419 opuscoli. Quest'anno, sempre mercè doni di generosi, essa conta n 400 volumi e 450 opuscoli, e, per merito del nostro segretario cav. Luppi, possiede un catalogo in perfetto ordine. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 267 Di mano in mano che l'importanza della Biblioteca aumenta, noi vediamo con piacere aumentarne l'utilità, e vari tra i nostri Soci, usando del loro diritto, vengono alla Società a consultare i materiali radunati e a farne tesoro. Senonchè, scorrendo il catalogo di questa biblioteca, si vede che essa è più ricca ed abbondante in opere di numismatica estera che in quella italiana o classica, e ciò in grazia della generosità di molti nostri amici e colleghi delle varie parti d' Europa. Ora il Consiglio sente il bisogno di rivc^lgere un caldo appello a' suoi soci italiani, perchè tutti, nella misura delle loro forze, vogliano concorrere, coi loro duplicati di opere di numismatica italiana , greca o romana , a colmare le molte lacune, che tuttora si deplorano, onde completare questa parte della biblioteca, che è per noi la più importante. Frattanto, facendosi sempre piìi numerose le ricerche di libri anche da altre città, il Consiglio ha incaricato due de' suoi membri di compilare un Regolamento speciale allo intento di meglio disciplinare la distribuzione delle o|)eie. Medagliere. Anche al Medagliere non mancò mai 1' aiuto dei bene- meriti ; a tutti segnaliamo la nostra riconoscenza, e in prima linea al socio G. Dattari del Cairo che anche questo anno fu il più generoso donatore. Oggi stesso venne pre- .sentato alla seduta del Consiglio il suo ultimo dono che contiene molte monete di esimia conservazione e fra queste un P. B. di Ainiiballidito di eccezionale bellezza. La Collezione sociale conij^rende oggi: Monete: n. 2 in oro; 281 in argento; 1682 in bronzo e rame; 294 in vetro. Medaglie e tessere: n. 5 in argento; 238 in bronzo, rame e piombo. Totale n. 2502 pezzi. — Come della Biblioteca, anche del Medagliere esiste un preciso e minuto catalogo. Rivista. La nostra Rivista continuo anche nel 1894, settimo della sua vita, il suo onorevole cammino. Il pubblico avrà giudicato per se stesso quanto giusta- mente sia stato conferito il premio del nostro primo Concorso al solido lavoro del nostro Socio, il dott. Francesco Malaguzzi 36 208 ATTI DKLLA SOCIETÀ N'UMI-SMATICA TfALIANA Valeri, e abbiamo inteso più d'una volta deplorare che non si fosse bandito un concorso anche per la numismatica classica, perchè certamente sarebbe stato degno del premio il lavoro del dott. Ettore Cabrici sulle Monete d'I mera, al quale sono piovuti elogi, encomi ed incoraggiamenti da tutte le parti d'Europa, da quelli che possono considerarsi i maestri contemporanei nella numismatica greca. Noi possiamo atte- starlo, malgrado la modestia del giovane ed erudito autore, al quale godiamo di poter inviare, a nome della Società, un voto sincero di plauso e di ringraziamento. Anche negli articoli di numismatica medioevale in genere, descrizioni di monete nuove, pubblicazioni di documenti inediti, ecc., la nostra coorte di scrittori, che va sempre aumentando, mostra di essere forte e vigorosa e d'aver ancora a sua disposizione materia da trattare e ingegno per studiarla ed esporla profondamente. In ossequio ad un principio che la nostra Società ha già approvato, frammezzo agli articoli contemporanei s'inco- mincerà presto la pubblicazione di alcuni lavori postumi di molto interesse, che giaciono tuttora inediti nelle nostre biblioteche o presso i privati. Citeremo fra questi un erudi- tissimo lavoro sulla Moìietazioììc milanese del compianto numismatico Conte Giovanni Mulazzani, gentilmente affidatoci a tale scopo dal figlio, l'egregio Conte Lodovico. Si ripub- blicheranno inoltre le operette numismatiche di taluni fra i nostri migliori autori italiani od esteri, che trattarono cose italiane: operette che essendo state pubblicate su periodici di ogni natura, o in piccolissimo numero di esemplari, sono diven- tate pressoché irreperibili. Cominceremo dagli importanti lavori del Kunz, che sono cosi interessanti, e che occorre bene spesso di consultare. Gli abbonati alla Rivista avranno cosi il vantaggio di possederne la esatta ed intera riproduzione, colle loro tavole e coi loro disegni originali, mentre nessuno studioso forse può vantarsi di possedere al completo i lavori del compianto numismatico triestino. Se la ripubblicazione di questi lavori, come speriamo, .sarà aggradita dal pubblico, si potrà in seguito pensare ai lavori d'altri autori, quali il Cazzerà, il Vernazza, il San Quintino, Io Chalon, il Morel-Fatio, etc, i quali, per la stessa ragione accennata per le opere del Kunz , riesce assai difficile avere al completo. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 269 Concorsi. Avendo mostrato, e con compiacenza, il lato bello della medaglia, è giusto esporne, colla medesima franchezza, anche il lato oscuro. Pareva che l'esito brillante del primo concorso, esito che venne citato a titolo di lode e d'invidia anche da un periodico straniero, dovesse incoraggiare gli studiosi a presentare lavori pensati e torti anche pel secondo, per quello bandito dal nostro egregio Presidente, i cui ter- mini scadevano colla fine del 1894. Vorremmo avere notizie brillanti da dare ai nostri Soci oggi convenuti; ma sventu- ratamente non possiamo che comunicar loro come i pochi lavori presentati siano stati trovati dalla Commissione, insuf- ficienti tanto pel premio che per la pubblicazione. L'esito infelice di questo concorso non iscoraggio però il Conte Papadopoli, il quale, fiducioso nell'avvenire, ripete il concorso per l'anno 1895-96, nei termini qui in seguito espressi; ed anzi, al concorso del Presidente se ne aggiunge quest'anno un'altro per cura dei Vice-presidenti. A continuazione del primo concorso bandito dalla Società e sempre nello scopo di favorire lo studio delle monete italiane, i Vice-Presidenti fratelli Gnecchi aprono contemporaneamente un altro Con- corso, che prenderà il N. 3, sulla llliistrazwìie di una zecca, o di parte di una zecca italiana, nei termini pure in seguito indicati. Gli studiosi cosi avranno da scegliere, se non si sentono in lena di concorrere doppiamente. Ecco pertanto i termini dei due concorsi : Concorso Papadgi'oli. (Cotte orso N. 2). a) Il conte Nicolo Papadopoli, Presidente della Società Nu- mismatica Italiana, bandisce un Concorso per una Memoria die proponga il sistema migliore e piti pratico per ordimire le Colle- zioni di monete italiane, abbandonando l'ordine alfabetico e seguendo una ripartizione conforme alla storia ed alla geografia. b) Il concorso è aperto ai numismatici d'ogni paese, ma i lavori devono essere scritti in italiano o in francese. e) I concorrenti presenteranno i loro lavori anonimi, entro il Settembre 1896, alla Presidenza della Società Numismadca Ita- liana, muniti di un motto e delia relativa scheda suggellata col 270 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA nome dell'autore. La sola scheda del premiato verrà aperta. Le altre saranno rese suggellate, oppure distrutte, dopo trascorso un anno. d) I lavori verranno giudicati da una Commissione di tre membri, eletta dal Consiglio direttivo della Società. e) L'autore del lavoro che dalla Commissione esaminatrice verrà giudicato il migliore, riceverà un premio di L. 500, più cento esemplari del lavoro medesimo, stampato coi caratteri della Ri- insta Italiana di Numismatica, nella quale sarà pubblicato. /) Il premio potrà anche essere diviso fra due concorrenti, o non aggiudicato affatto, a giudizio della Commissione. Concorso Gnecchi. {Concorso N. j). a) I signori fratelli Francesco ed Ercole Gnecchi, Vice-Pre- sidenti della Società Numismatica Italiana, aprono un Concorso per la migliore Illustrazione di una zecca italiana, anche solo di un periodo di essa, purché tale illustrazione porti nuova luce alla scienza. b) Il Concorso è aperto ai numismatici di tutto il mondo. e) I concorrenti presenteranno i loro lavori anonimi, entro il Settembre 1896, alla Presidenza della Società Numismatica Ita- liana, muniti di un motto e della relativa scheda suggellata col nome dell'autore. La sola scheda del vincitore verrà aperta. Le altre saranno rese suggellate, oppure distrutte dopo trascorso un anno. d) I lavori verranno giudicati da una Commissione di tre membri eletti dal Consiglio direttivo della Società. e) L'autore del lavoro che dalla Commissione esaminatrice verrà giudicato il migliore, riceverà un premio di L. 600, più cento esemplari del lavoro medesimo, stampato coi caratteri della Ri- vista Italiana di Numismatica, nella quale sarà pubblicato. /) Il premio potrà anche essere diviso fra due concorrenti, o non aggiudicato affatto, a giudizio della Commissione. Si lascia completa libertà ai concorrenti circa il modo di com- pilare le monografie. L'Assemblea, dietro proposta di varii Soci, approva un voto di ringraziamento al Presidente Conte Nicolò Papado- poli, ed ai due Vice-Presidenti, Cav. Francesco e Cav. Er- cole Gnecchi, pei nuovi concorsi da loro aperti, ed incarica il Consiglio di nominare uno o due Commissioni per l'aggiu- dicazione dei premi. ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 27 1 Bilanci. E veniamo ora a dire qualche parola della parte finan- ziaria. Il Bilancio Consuntivo della nostra Società al 31 Di- cembre 1894 presenta le seguenti risultanze: • '^^ Ri.MA.NE.NZE .attive ai, 31 niCEMBRE 1895, Tesoriere L. 613 50 Segretario " 242 51 Libretto Cassa di Risparmio » 495 67 Quote arretrate soci e abbonati .... " 446 — Ditta Cogliati " 503 90 L. 2301 58 E.NTRATE dell' ANNO. Quote riscosse da soci e abbonati. . , L. 2796 93 Quote da riscuotere da soci ed abbonati " 982 — Offerta del Conte comm. N. Papadopoli . " 500 — Offerta dei Cav. F. ed E. Gnecchi . <• 500 — Ricavo inserzioni nella Riiista .... » 46 — Ricavo estratti " 35 — Interessi libretto Cassa di Risparmio . . " 21 87 L. 4881 80 Residui passivi. Anticipazioni soci ed abbonati per il 1895 L. 1019 — L. 8202 38 Rimanenze passive al 31 dicembre 1893. Quote sociali e d'abbonam. anticipate pel 1894 L. 1070 — Spese dell' anno. Stampa ed accessori delia Rivinta . . . L. 3402 85 Fotoincisioni <> 210 — Eliotipie e disegni » 390 — Rilegature " 28 — Affìtto locali " 375 — Onorario al Segretario » 300 — Spese diverse d'Ufficio " 93 — Scaffale per schedario » 70 — Da riportarsi : L. 4868 85 272 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Riporto L. 4868,85 Rimanenze attive. Libretto Cassa di Risparmio L. 447 54 Segretario " 450 49 Quote da riscuotere » 982 — Tesorerie « 383 50 " 2263 53 L. 8202 38 Dimostrazione. Attività in principio di esercizio . . . L. 2301 58 Passività in principio di esercizio ... " 1070 — L. 1231 58 L. 1231 58 Attività in fine di esercizio L. 2263 53 Passività in fine di esercizio » 1019 — L. 1244 53 L. 1244 53 Aumento del patrimonio L. 12 95 Rendite dell'anno L. 4881 80 Spese dell'anno " 4868 85 Avanzo L. 12 95 Come vediamo da questo Consuntivo, le Rendite del- l'annata 1894 sommarono a L. 4881,80, mentre le Spese per la Rivista ed accessorii furono di L. 4868,85 presentando un piccolo residuo attivo di L. 12,95. Il modesto Patrimonio Sociale ascende, quindi, al 31 Dicembre 1894, a L. 1244,53. Eccoci ora al Bilancio Preventivo 1895 : ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 273 Bilancio preventivo per l'anno 1895 : Entrate dell' anno. Quote dei Soci e degli abbonati L. 3150 Eventuali elargizioni . , « 1000 Incassi presunti per vendite di libri e monete ..." 50 Interessi Libretto Cassa di Risparmio " 15 Totale delle entrate previste L. 4215 Disavanzo previsto per l'esercizio 1895 " 610 L. 4825_ Spese dell' anno. Stampa ed accessori della Rivista Italiana di Numi- siiiatica (4 fascicoli I L. 3300 Eliotipie, disegni, ecc., per la medesima » 650 Affìtto locali della Società » 375 Onorario al Segretario » 300 Spese d'ufficio, riscaldamento, stampati e cancelleria " 200 L. 4825 Questo Bilancio si presenta meno favorevolmente del Consuntivo teste letto: il disavanzo previsto in L. 610 è dovuto per la massima parte ad una sensibile diminuzione di Soci, avvenuta, per cessazione o per morte, sulla fine dello scorso anno e sul principio di (juesto. Alcuni di questi deplorevoli vuoti furono da poco rimpiazzati, altri speriamo rimpiazzarne presto: ma ad ogni modo abbiamo dovuto per prudenza amministrativa lasciar sussistere in previsione questa perdita, ben lieti se un nuovo drappello di Soci verrà durante l'annata a riempiere questa lacuna, e a smentire in gran parte le nostre previsioni. — Il bisogno finanziario può e deve e.ssere una spinta ai nostri Soci per attirare nuovi elementi alla nostra Società, la quale avrebbe la vita largamente e stabilmente assicurata, quando il numero degli aderenti, soci e abbonati raggiungesse la cifra di 300. Allora solamente essa potrà estrinsecare l'opera sua e raggiungere a poco a poco quegli ideali che si è prefissi fino dal suo nascere. 274 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA Il consuntivo 1894 e il preventivo 1895 vengono rego- larmente approvati. Si passa alla nomina delle cariche sociali. Avendo com- piuto il triennio, scade la Presidenza la quale viene rieletta ad unanimità nelle persone dei signori: Conte Cav. Nicolò Papadopoli Senatore del Regno, Presidente. Cav. Francesco e Ercole Gnecchi Vice Presidenti. Vengono pure rieletti i due consiglieri scadenti per anzianità , March. Carlo Ermes Visconti, Dott. Arturo Sambon. Dopo varie comunicazioni della Presidenza e interroga- zioni dei Soci, la seduta è levata alle ore 17. Finito di stampare il 25 Giugno 1895. Scotti R k n o, Gerente responsabile. RIVISTA ITALIANA 1)1 NUMISMATICA Anno \'I1I. Tav. Ili Al vero ingraiitiinicnt' IRAXCI.SCU (..M.CC11I Medaglione di Teoderico Re. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno Vili. Tav. IV KMIl.IO MOTTA DO CU MENTI VISCONTEO-SFORZESCH PLR LA STORIA DELLA ZECCA 1)1 MILANO PARTE SECONDA ER I ODO S KOR ZE SCO DOCUMENTO N. 4S3 e^^ t£ 3 S525J2S "- o o ^ w « M a « o -S-,^1 Sfalli n ffjii-^ 2 j t- « *-i3 •"«« .•g.. uv.rsCl/»-© !2*S*3 g-o MIA 50i .g n £ u ^ 14 ». O o ■'^ e * j «■§■5^* ^£ I § a g SE§-g.-cEgx3g e o* ji a a -J ^~ t. e « li g *8 5^ «9 8-- RjsiE-eèg-.-..^ •- e ti.,i:~ - w n g N a s r- r " -•■5 5. ir: o 2 ^ E .ii ». iS a. k e - c U '5-sSi^ 2 V - := a «^2 •§£.■« P V fc " 2 « |S "Z E •2;=. e nt •B « C J= C "o 2 .2 "^ ^ e u ^ '^^J rt t; o 3 jc-S— "T? " « il a'3 j* " e - — " w o -"^ r ■« fc •« "" . ;s.2,2 55.oÌ^i^S^|So^^-2SÌ.2E- crtiOj X o 2; J= c;.».c e 2.2 2-0 p-^e-js s-5 0-.C G a 3 • J ■« ~ C 2 = '5^5 3 CL— Cu'-' e ,„ V 5 X — *< ^,2 5o S S-g-S S.S 2,2 «^"S 2.1:^ ^ »s^ o-: » Ì^-=c2 aJ 2'2ùu s 1 E "f S I g^- J5o-e gxisS«^oi:".ZS°E5" .e »S ^- r? •« S *— a *> t O n (j; - E ^ — '- 0-0 n C^T- 2.3 n'S O Ofc .5 li E S-O C - . — . A «• _ ^^ ! C t 5v2«_o.t — — •ys.c^s- é«TÌ j; 60! 2 o-v. ^Z w O (V ~ o _ u» .o e e 3 -, V *— 2* " ^ a e E 2 ^"O •« M 2 r* 3 IO ks s se- ce- ■=.5— °-^ o "• P S S g £?^ Osi - = « 9 " O " Sv2 o.S^ Ch e ♦; •- o" S? i' ." o s^" 5 8 5 •~ e 2 ». j-2 e «* e o 3 ««:,i SS2-s2.c££5 ^- o S " ii S-'^ — j, o a>^vii^c 5 ^ e ^^ ^ *» "O Q i« — i-£ O n e 3 .WJ 2 bOn^ S"^ « 1** ii " ^* ^ TS — ^ — S ^ 2 J: t^ V e C.K ^ a y •- •23 Ci 2 " e = _ 03: T=-=g ;a3 ii >-. 2 3 X et; ~ a •• S — X. r- ^ w a^ S o-£ n S 3 " e <« E CT3 IO _ — u c L= ra e o 3^2 ja^ ^-o »> „ 3 Ji ;; , 2«3rtco"-0 t C N E E E •=" 5 ■! 2 3 3 FASCICOLO III, APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA XXXV. ANCORA INTORNO AI CONTORNIATI CONTORNIATI INCUSI — MONETE AD ORLO RIBATTUTO GENESI PROBABILE DEI CONTORNIATI — DESCRIZIONI Tutte le questioni, grandi o piccine che siano, rimangono inconcludenti allo spettatore che le guardi da lontano ; ma, una volta che si prendano ad osser- vare un po' da vicino, incominciano a interessare, ci si presentano sotto aspetti nuovi e diversi, si colle- gano con altre, si ingrandiscono, si impongono ; e non c'è piìi mezzo di liberarci dalla loro ossessione, finché non si siano sviscerate e finché non si sia co- municato a quelli che vi possono avere interesse, tutte le idee, le induzioni, le supposizioni che la nostra mente vi h i fabbricato intorno, almeno per aver la soddisfazione di vederle accettate, discusse o com- battute. Fino a pochi mesi sono io non avrei mai cre- duto di dovermi interessare e meno ancora di trovare alcunché da dire intorno all'argomento dei Contorniati, 2^8 I KANCESCU l.NKCCUI del quale non m'ero mai occupato e che anzi mi era sempre parso dei più aridi ed ingrati. Ne ero tanto lontano, che fino a poco tempo fa i Contorniati della mia collezione giacevano negletti e quasi di- menticati in un cassetto del medagliere, in attesa perfino della più elementare classificazione. Non avevo mai trovato il momento di occuparmene, e probabilmente non l'avrei ancora trovato al giorno d'oggi senza un gentile richiamo da parte del mio buon amico e maestro Sig. R. Mowat di Parigi. " Pourquoi n'allez-vous pas vous occuper main- " tenant de taire connaitre vos Contorniates? „ mi " scriveva nell'Aprile 1894. " Ce serait intéressant, " car dcpuis des années cette serie sommcille; il faut " la réveiller „. Queste poche parole d'invito bastarono perchè io non frapponessi più alcun indugio, e immediata- mente mi occupassi della classificazione de'miei Con- torniati, sempre però colla semplice e modesta inten- zione di far conoscere i pochi che vi potessero essere di inediti o varianti. L'arida classificazione mi iniziò in un campo sconosciuto e per un passaggio naturale e dirci in- volontario mi fece nascere il desiderio di studiar un poco più da vicino queste curiose medaglie. Da ciò la necessità di conoscere quanto era stato scritto sull'argomento; e poi, rifiettendovi pacatamente, di- scorrendone, trovando obbiezioni alle vecchie ipotesi e infine ripensando la cosa da capo, mi venne fatto di formarmi qualche concetto personale e d'esporre anche il mio modo di vedere circa la originaria loro destinazione, ciò che formò l'argomento di un primo studio pubblicato in questa Rivista nel I fascicolo dell'anno corrente. La descrizione degli inediti o varianti rimase cosi in arretrato , ed ora , riprendendola in ossequio al APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 279 desiderio dell'amico Mowat, il quale può essere sod- disfatto che l'argomento sia risorto, me la trovo non più così semplice come dapprima me l'ero immagi- nata, ma concatenata con altre questioni e mutata essa stessa per le ragioni che in seguito dirò. Esaminando i Contorniati della mia collezione e di parecchie altre, mi vennero sott'occhio alcuni pezzi, i quali, pure non essendo veri Contorniati, hanno con questi una più o meno stretta analogia, e mi parve che meritassero una certa attenzione. Così av- venne che, buttando sulla carta le idee che mano mano mi si affacciavano alla mente, mi accorgo di dovermi presentare non già con una semplice e breve descrizione di pochi pezzi, bensì con una descrizione discretamente lunga e per di più con una sequela di chiacchiere, che non oserei veramente chiamare scien- tifiche. Me le perdonino i cortesi lettori, pensando che probabilmente saranno le ultime. Contorniati i n c u s i. Esiste una categoria speciale di Contorniati , molto rari in confronto dei Contorniati comuni ed è quella degli incusi, ai quali nessuno ha mai rivolto una speciale attenzione. Hanno generalmente uno spessore e un peso molto superiore agli altri e, in- vece della scanalatura circolare, hanno un orlo for- temente rialzato , che protegge completamente le superfici piane delle due l'accie. Su ciascuna di que-tc e incisa una rappresentazione e talvolta una leggenda. La rappresentazione poi non è semplicemente graf- fita come avviene talvolta di trovare sui rovesci lisci dei Contorniati comuni; ma incisa coi varii piani, precisamente come nel conio d'una medaglia, dimo- doché potrebbero servire da conio per una materia FKA.NCLSCO GNtCCIlI meno dura del bronzo. — A dimostrare però che non erano in nessun modo destinati a servire da conio, per produrre altre medaglie, basta l'osservazione che le leggende sono diritte e non rovescie come dovreb- bero essere in un conio per riuscire poi dritte sulla medaglia. E dove anche non ci sono leggende, le regole di destra e sinistra sono sempre osservate come in una incisione positiva e non negativa. L'au- riga per esempio porta il frustino colla destra, la palma nella sinistra e così via, ciò che sarebbe al contrario, se si trattasse d'un conio. Tanto il Sabatier quanto il Cohen descrivono i pochi esemplari conosciuti di questa categoria insieme agli altri, limitandosi ad accennare che sono incusi invece che essere in rilievo; ma a me pare che me- ritino d' essere considerati a parte, formando una serie affatto distinta, sia pel genere di fabbricazione, sia per la particolarità delle rappresentazioni, che ci appajono più strane o per lo meno differenti da quelle ordinarie degli altri Contorniati, sia infine perchè ogni singolo esemplare è una medaglia unica, come il la- voro individuale di un artista, che la fece a mano; mentre i Contorniati comuni, coniati o fusi, sono sempre il prodotto di un conio o d'una forma, e sono perciò più o meno numerosi per ogni tipo. E del resto i conosciuti sono ben pochi. Sabatier ne dà cinque in tutto. Il primo a Tav. IV, n. 13, è appartenente al Gabinetto di Francia: /B' — ASTVRI NIKA. Quadriga vincitrice, di fronte. AH' e- sergo CVPIDO. 1^ — ASTVRI NIKA. Quadriga vincitrice, a sin., con un pala- freniere davanti ai cavalli. AH' esergo BOTROCALES (''• (i) Charles Robert nel suo articolo sui Contorniati pubblicato sulla lievne Belge de Numismatique del i832 ne pubblica (pag. 382 e tav. Vili, 11. i) uno pare incuso e molto simile a q'i;3to, appartenente già alla APPUNTI DI NUMISMATICA RUMANA 281 Il secondo a tav. V, n. ii, appartiene al Museo Britannico : ,©* — SELEVCVS. Aunga col frustino e la palma fra due vasi contenenti tre palme ciascuno. 9 — Auriga in biga veloce a sinistra. Il terzo a tav. VII, n. 7 è del Gabinetto di Vienna: -jy — COSMVS. Auriga col frustino e la palma. 9* — SERACVSVS. Cavallo vincitore ornato d'una palma. Il quarto a tav. XII, n. 5, è del Gabinetto di Francia ; ^B" — Busto a destra di Mercurio. ^ — Caduceo alato (2). Il quinto a tav. XIII, n. 9 è pure del Gabinetto di Francia : ©' — Testa di Nerone. ÌJi — Le tre Furie raggruppate in un solo corpo. Nel campo due .serpenti e sette stelle. A questi ne posso aggiungere altri due , coi quali si chiude la piccola serie dei Contorniati incusi che sono a mia conoscenza. 11 primo di questi ap- partiene al Gabinetto di Brera : Coli. Galy di Perigue.x , il quale però oft're la curiosa eccezione delle iscrizioni a rovescio: Dr. — ASTVRi NiKA. Auriga col frustino e una palma fra due resti n vasi, da ciascuno dei quali escono tre palme. Rov. — Quadriga vincitrice di fronte e all'escrgo BOTKocALrs. Oltre le leggende a rovescio, anche gli aurighi portann il frustine colla sinistra, il che dimostra che si volle precisamente fare un nega- tivo. — Una spiegazione riesce estremamente difficile. (2) Sabatier dà anche un Contorniato di M. Aurelio (Tav. XIV, i), sul rovescio del quale figura un albero e una iscrizione inciisa ; ma questo però non è da considerarsi come vero Contorniato incuso, sib- bene come un Contorniato a rovescio liscio, su cui venne eseguita una incisione ed esce quindi da questa categoria speciale. 283 FRANCESCO GNECCHl tir. 33.50, miU. 39. ^ — BVRNIVS. Cacciatore in corsa a sinistra con un laccio. Iji — Un orso o cinghiale corrente a destra. Il medaglione è molto consunto al rovescio, il quale si può appena intravvedere. Il secondo appartiene alla mia Collezione ed è di eccellente conservazione : ,& — Auriga vincitore che cammina a sinistra col frustino e una palma. Davanti a lui due canestri con delle palme. 9 — Vincitore in biga di fronte. Non è facile formarsi un concetto sull'essenza di queste strane medaglie, e neppure giudicare del- l'epoca loro ; ma forse, onde argomentare cosa fos- APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 283 sero almeno per induzione, non sarà inutile prendere in considerazione un altro genere di medaglie, o per meglio dire una storpiatura d'antiche monete, a cui parmi nessuno abbia finora badato. Monete ridotte ad lso di Coxtorniati. Io credo che ad ogni raccoglitore di monete romane sia occorso una o piia volte il caso di trovare qualche gran bronzo o qualche medaglione imperiale che, martellato regolarmente tutt'all'ingiro, venne ri- dotto a un diametro minore del primitivo, mentre l'eccedente metallo ha tonnato un orlo rilevato al- l'intorno. Sono pezzi che si dicono di curiosità e che nessuno sa spiegare. Mi sono chiesto molte volte il motivo di tale barbara operazione, e l'ho chiesta a molti ; ma nessuno mi diede mai una spiegazione persuasiva. Uno scherzo senza scopo non mi pare possibile ; passerebbe per qualche esempio isolato; ma invece, per quanto non comuni, questi bronzi esistono in numero sufficiente perchè non si possa ammettere che siano stati fatti senza uno scopo. Per incastonarli in mobili o in un cerchio piii piccolo della moneta... mcgli(j sarebbe valso prendere addirittura una moneta più piccola. In conclusione nessuna spiegazione phiusibile. L'osservazione del modo con cui sono latti i meda- glioni incusi e l'estrema somiglianza dell'orlcj rilevato di questi coll'orlo ottenuto nei gran bronzi mediante la ribattitura del contorno mi fecero nascere l'idea che le monete venissero ridotte a (juella forma per con- vertirle ad un uso identico o simile a quello dei Contorniati, vale a dire a medaglie da giuoco. Mi confermò poi in quest'idea il vedere certi Contorniati 284 IKANCESCO G.NECCHl di Nerone, che lasciano il dubbio se siano veramente Contorniati o solo Gran Bronzi di quest'imperatore, coU'orlo ribattuto e che formano quasi direi il punto di transizione fra l'una e l'altra categoria. E più di tutto mi confermarono nella persuasione dell'identità dello scopo, due Gran Bronzi, i quali, oltre 1' orlo ribattuto, portano gli emblemi caratteristici dei Con- torniati, ageminati o incisi. Il primo è di Nerone, appartenente al medagliere di Brera, ed è fregiato del monogramma PE agemi- nato in argento ; l'altro appartiene alla mia col- lezione ed è di Caracalla, col rovescio d' Esculapio, nel quale venne graffila una palma , precisamente come la vediamo frequentemente sui Contorniati. Questi emblemi aggiunti indicano in modo indiscu- tibile che quei due bronzi erano stati cosi trasformati per servire all'uso dei Contorniati. Genesi probabile dei Contorniati. Sono anteriori i veri Contorniati, oppure i Bronzi ad orlo ribattuto? Crederei questi ultimi e crederei anzi che da essi debbano i Contorniati riconoscere la loro naturale derivazione. Immagino che a un dato tempo si fosse intro- dotto nell'uso popolare un giuoco che si giuocava colle grosse monete di bronzo. Pare che allo scopo le monete potessero meglio servire con un orlo ri- levato, e si trovò che il mezzo più semplice per ottenerlo era quello di battere col martello le mo- nete tutt'all'ingiro. Si scelsero all' uopo fra le mo- nete in corso quelle più grandi e più rotonde e quindi, fra le antiche, i gran bronzi di Nerone a preferenza d'ogni altro, poi quelle di Caracalla, romane o colo- niali e, fra le contemporanee, i medaglioni dei Costan- APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 285 tini o degli immediati suecessori. Ilo messo insieme una trentina di simili esemplari; ma non credo di alcuna utilità darne la descrizione. Dirò che in via gene- rale pare si avesse cura di scegliere le monete più pesanti, ed è così che fra queste monete ad orlo ribattuto sono relativamente frequenti i doppi sesterzi sia imperatori! che senatorii. In questo modo vennero sciupati molti pezzi, che al loro stato naturale farebbero bellissima figura nelle nostre collezioni. Posseggo fra gli altri un bel- lissimo medaglione di Faustina giovane. È inedito, ma ormai inclassificabile, tutta la leggenda essendo scomparsa sotto l'orlo artificialmente ottenuto. Ma il giuoco, originariamente popolare, dal trivio sal'i più tardi nei palazzi, e allora si senti il bisogno di medaglie apposite. 11 volgo s'accontentava di gio- care coi sassolini, coi cocci o colle monete ad orlo ribattuto, il patrizio voleva pedine d'avorio o medaglie di bronzo appositamente fabbricate. Si incominciò ad apprestarne in piccol numero, e furono forse i Contor- niati incusi, di cui abbiamo più sopra discorso. La ragione d'essere questi primi attrezzi da giuoco incusi e non a rilievo può probabilmente trovarsi in ciò, che tale genere di lavoro era trovato più facile e più consen- taneo alle abitudini dagli incisori di conii, cui pre- sumibilmente era affidato. — Qualcheduno se ne fece, amano, anche in rilievo, ma sono casi rarissimi ; io anzi non ne conosco che un unico esempio in un Contorniato appartenente al Medagliere di Brera (3). (3) Un Contorniato descritto da Ch. Robert (Rcvkc Belge ile Nii- iiiismatiqiie , 1882, p. 38=; e tav. Vili, n. 5) potrebbe forse riunirsi a questa categoria, essendo semplicemente inciso. Dr. — Un uomo che cammina, a sin. con una corona e una palma , e la leggenda astvr n.... Rov. — Cavallo, a destra, colla leggenda fi'fpv. .. 286 FRANCKSCO GNF.CCHI Porta da un lato una testa che, per quanto vaga e poco determinata, parrebbe potersi classificare per quella di Trajano, e al rovescio una figura di donna semplicemente graffita. Ma a lungo andare tale sistema non poteva con- venire nella pratica; e allorché, aumentato il favore del giuoco, l'impiego di tale medaglie si fece più esteso, si addivenne per necessità alla fabbricazione del veri Contorniati, mediante la coniazione o la fu- sione. Ciò avveniva intorno all'epoca di Costantino. Allora si fissarono meglio i tipi, si scelsero le teste preferite, e le diverse emissioni si succedettero, pro- babilmente modificandosi col tempo, fino al regno di Giustiniano, o giù di lì. Ecco come, lavorando un po' d'immaginazione, si può ricostituire la probabile genesi dei Contorniati, la quale è anche appoggiata dalla costante concor- danza che troviamo tra i nomi delle monete ribattute e quelli dei Contorniati. Le monete di Nerone per la loro bellezza e re- golarità di forma vennero per le prime adibite all'uso di giuoco, ed è certamente di Nerone che ci rimase il maggior numero di monete ad orlo ribattuto. Ora ognuno sa come i Contorniati abbiano la più decisa preferenza per la testa di Nerone, tanto che la metà APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA aS"" dei Contorniati conosciuti appartiene a questo impe- ratore, ed oltre a ciò vennero riprodotti sovente nei Contorniati tali e quali i rovesci di parecchie delle sue monete {Annona Augusti Ceres, Deciirsio, Roma, ecc.) senza neppure togliervi le lettere S. C. Le belle monete di Trajano diedero pure un forte contingente alla serie delle ribattute, e il nome di Trajano figura pel secondo fra i Contorniati. Sal- tando i nomi che non tro\iamo che accidentalmente, un numero considerevole di monete ribattute non lo abbiamo che fra i bronzi di Caracalla; dopo il quale non figura più alcun nome dei successivi imperatori, i cui bronzi erano troppo leggeri o irregolari , fino ai Costantini, i cui medaglioni hanno a un dipresso la forma rotonda e le dimensioni dei gran bronzi dell' alto impero. Questa proporzione è ancora esat- tamente seguita dai Contorniati. In seguito a quelli di Nerone e di Trajano, che sono di gran lunga i più numerosi, vengono a grande distanza quelli di Ca- racalla, mentre le altre teste anteriori (Augusto, Galba, Vespasiano, Antonino, M. Aurelio), non com- pajono che eccezionalmente, e da Caracalla si scende senza trovare altro nome, fino ai Costantini. — Mi pare che tale concordanza sia molto significativa, e che per lo meno non sia temeraria l'induzione della discendenza dei Contorniati dai bronzi ribattuti. E del resto è molto difficile l'andare ])iù in là d'una semplice induzione, che m'e venuta per con- catenazione d'idee e che sottopongo qual' è e per quello che può valere, ai cortesi lettori della Rivista. Descrizioni di alcuni Contorni.\ti. Ed è tempo ormai che veniannj a ciò che do- veva formare la materia dell'unico articolo, che m'ero 288 KKANCESCO GNECCilI proposto di scrivere intorno ai Contorniati, la parte descrittiva, la quale riesce pure amplificata assai di quanto me l'ero da principio proposta. Modificate le idee, ne seguì necessariamente la modificazione del modo e della misura di questa descrizione. In relazione a quanto esposi nel primo articolo, p:\rmi che l'interesse in tale argomento debba piut- tosto trovarsi nella conoscenza dei Contorniati sotto l'aspetto delle serie, non accordando che un'impor tanza secondaria a qualche novità o varietà non peranco descritta. Per ricostituire le varie serie ossia i varii giuochi, sarebbe necessario di conoscere tutti i Contorniati che stanno nelle diverse collezioni pubbliche e pri- vate e conoscerli in tutti i loro elementi, dimensioni, tipi di fabbricazione, con una esattezza che fin qui non fu mai usata, aggiungendo cioè alla descrizione di ciascun pezzo il diametro — importantissimo per de- terminare le diverse emissioni — e anche il peso, elemento meno importante in questa serie che in quelle delle monete, ma pure non trascurabile, distin- guendo per di più i pezzi fusi dai coniati. Certo io non vorrò qui esagerare l'importanza della cosa. L'interesse sarà sempre assai relativo, trattandosi di monumenti che non appartengono alia storia, se non indirettamente , ma piuttosto alla cu- riosità. Tuttavia, nulla è trascurabile di ciò che può in qualunque modo gettare un po' pili di luce sulla vita intima della società romana. 11 carattere poi nu- mismatico che rivestono almeno superficialmente questi piccoli monumenti, l'antichità che conferisce loro una certa dignità, di cui sicuramente non godevano al loro tempo, possono essere motivi sufficienti per farmi perdonare se, abbandonando la prima idea di dare la semplice lista dei pochi pezzi inediti o varianti, io ho creduto pili opportuno di dare la completa API-UNTI DI NUMISMATICA ROMANA 289 descrizione di quelli che stanno nella mia collezione e in qualche altra finora non descritta. — Mio scopo principale non è quello di far conoscere qualche tipo nuovo o variante, bensì di dare la descrizione com- pleta di un certo numero di esemplari, augurandomi che altri, seguendo il mio esempio, faccia altrettanto, aumentando cosi il numero degli esemplari noti e facilitando il mezzo di stabilire le serie. Oltre all'indicazione del diametro e del peso ho anche segnati quelli che sono certamente coniati. Quelli che non sono indicati come tali, si debbono ritener fusi, quantunque la distinzione fra la fusione e la coniazione non sia sempre facile. Le ossidazioni, le patine, le cattive conservazioni, le ritoccature a bulino sono altrettante difficoltà che si oppongono a un giudizio sicuro. Il Signor Charles Robert volle introdurre una innovazione nel descrivere i Contorniati e diede il nome di dritto a quello che comunemente chiamasi rovescio e viceversa. Vide insomma il lato ])rinci- pale nella rappresentazione e il secondario nella testa. Forse non ha torto ; ma siccome, arzigogolando, questa ragione potrebbe essere egualmente valida per molte monete, nelle quali noi siamo assai i)iù interessati ai tipi dei rovesci che non alla testa — questione del punto di vista sotto il quale si considerano — per conto mio credo pii^i opportuno e più regolare seguire l'antico sistema, il quale del resto è seguito da Sabatier, da Cohen e, possiamo dire, da tutti. Aggiungerò poi che pei Contorniati trovo più opportuna la divisione per teste, non pcrchò a queste si debba attribuire maggiore importanza che non ai rovesci, ma |)el motivo che l'esperienza dei molti ormai esaminati mi ha convinto che le serie si for- mano per ogni testa, ed anzi per ogni tipo di ciascuna di esse. Credo cioè che a ciascun tipo di testa (perchè zgo FRANCESCO GNECCHl di alcune come per esempio di Nerone, Trajano, Ales- sandro Magno ci sono parecchi tipi con leggende diverse) corrispondono tutti o pressocchè tutti i ro- vesci. E venni in questa convinzione per aver trovato che le diverse grandezze e i diversi tipi di fabbrica concordano e si raggruppano assai meglio per le teste che non pei rovesci, anzi precisamente per quelle e non per questi. In altre parole, i pezzi di una medesima emissione e di un medesimo giuoco sono indicati dall'identità delle teste e non da quella dei rovesci. Il che risulterà certo più chiaramente quando al centinaio di Contor- niati da me descritti altri ne venissero aggiunti coi medesimi elementi di descrizione e specialmente col- l'indicazione del diametro (4). Incomincio la mia descrizione dai nomi imperiali, tacendo poi seguire quelli che pel minore loro nu- mero pare avessero anche importanza minore, o per lo meno fossero emessi in assai minore quantità. AUGUSTO. 1. — Mia Collezione, gr. 22.50, inill. 38. D. — Divvs AVGvsTVS p.-vrER. Testa laureata a destra. R. — Caccia in luogo cinto da un muro turrito (Sa- batier, IX, 3) (5). AGRIPPINA. 2. — Coli. E. Gnecchi, gr. 24, miU. 36 (coniato). D. — AGRIPPINA MAT c cAESARis AVGvsTi. Busto a destra. Davanti monogramma pe inciso. R. — s p Q R MEMORiAE AGRipPiNAE. Carpento tirato da due mule a sinistra (Sab. XVIII, 3). (4) Come per esempio sono descritti i Contorniati nel Catalogo del Museo Nazionale di Napoli. (5) Il richiamo alle tavole di Sabatier. - Descriptioii generale des Médaillons Coiitoniiaìes. Parigi, 1860 — si riferisce sempre esclu- sivamente al rovescio. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 29I NERONE. 3. — Coli. E. Gnecchi, gr. 20, mill. 36. D. — NERO CLAVDivs CAESAR AVG. Tcsta laureata a destra. R. — Atleta ignudo colla fascia e un lungo stocco (Sab. Vili, i). Questo rovescio presenta una combinazione nuova colla testa di Nerone. Sabatier non lo dà che con quella d'Omero. 4. — Mia Coli. gr. 20, mill. 38. D. — NERO CAESAR AVG GERM iMP. Tcsta laureata, a destra. Davanti monogramma pe inciso. R. — STEFANAS. Vincitore in quadriga lenta a destra. (Sab. V, io). 5. — Coli. Brera, gr. 21.50, mill. 37. D. e R. — Come il precedente collo stesso monogramma. 6. — Coli. E. Gnecchi, gr. 24, mill. 38. D. - Medesima testa e leggenda senza monogramma. R. — Cibele e Ati in quadriga di leoni a d. (Sab. XI, 61. 7. — Coli. Brera, gr. 21, mill. 37. D. — IMP NERO CAESAR AVG I» .M. Tcsta laureata a destra. Davanti un globetto inciso. R. — Un organo fra due personaggi (Sab. X, 7I. 8. — Coli. E. Gnecchi, gr. 18, mill. 35. D. — i.\ip NERO CAESAR AVG V MA.\. Tcsta laureata a destra. R. — EVTVMlvs. Auriga vincitore in quadriga di fronte (Sab. IV, 9). 9. — Mia Coli., gr. 22, mill. 38. D. — Testa e leggenda come il prec. n. 8. Davanti un ramo inciso. R. — GERONTivs. Auriga vincitore in quadriga veloce a destra (Sab. IV, 11). Sabatier dà questo rovescio colla testa di Trajano e di Caracalla , ma non con quella di Nerone. 292 FRANCESCO GNKCCHl 10. — Mia Coli., gr. 22, min. 38. D. — Testa e leggenda del n. 8. Davanti alla testa una foglia incisa, che anticamente doveva essere ageminata. R. — Auriga vincitore in quadriga di fronte. All' esergo una leggenda indistinta (Sab. Ili, 13). Questo rovescio è simile a quello disegnato al n. 13 della Tav. Ili di Sabatier e descritto colla testa di Caracalla al dritto; ma non iden. tico. Le lettere all'esergo non sono decifrabili essendo per metà ta- gliate dall'orlo, ma sono certamente diverse di quelle date dal Sabatier. Ji. — Coli. Brera, gr. 16 (molto consunto), mill. 38. D. — Testa e leggenda del n. 8. Davanti pe inciso. R. — Vincitore in quadriga a destra. Sotto i cavalli due gladiatori combattenti (Sab. IV, 12). 12. — Mia Coli., gr. 18, mill. 37. D. — Testa e leggenda del n. 8. Davanti alla testa palma incisa. R. — L'imperatore a cavallo , a destra in atto di colpire un nemico che giace a terra e alza la destra (Sa- batier, XVI, 13). Nel mio esemplare di perfetta conservazione non si vede alcuna traccia del secondo nemico che Cohen accenna , e che è pure accen- nato da Sabatier, quantunque non esista nel suo disegno. 13. — Mia Coli., gr. 24, mill. 37. Lo Stesso descritto al num. preced., senza la palma. 14. — Mia Coli., gr. 24, mill. 38. D. — Testa e leggenda del n. 8, davanti palma incisa. R. — L' estrazione del numero. Due aunghi fanno girar l'urna , mentre un terzo personaggio mostra il numero estratto. Sabatier dà questo rovescio colla testa di Traiano; ma, possedendo un esemplare poco chiaro, ne fa una descrizione inesattissima. Sto vo- lontieri con quella datane da Charles Robert, che possedeva un esem- plare come il mio, al cui dritto stava la testa di Nerone. 15. — Mia Coli., gr. 23, mill. 37. Esemplare simile al precedente, ma d'altro conio, anzi pro- babilmente coniato, mentre il n. 14 è certamente fuso. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 293 16. — Mia Coli., gr. 22, niill. 38 (coniato). D. — Testa e leggenda de) n. 8. R. — Tavola da giuoco, intorno alla quale tre romani to- gati stanno giuocando coi Contorniati. Il tutto sotto a un portico (Sab. XIX, 3). Vedi Appunto XXXIII. 17. — Coli. E. Gnecchi, gr. 24, mill. 40 (coniato). Come il precedente, conio diverso. 18. — Mia Coli., gr. 27, mill. 40. D. — Testa e leggenda del n. 8. Davanti alla testa mo- nogramma PE inciso. R. — Il mostro Scilla (Sab. XIII, 13). 19. — Mia Coli., gr. 27. mill. 40. D. — Testa e leggenda del n. 8. R. — Supplizio di Marsia (?) (Sab. XIX, 9). Lascio a questo rovescio, che, per quanto sia uno dei comuni, ri- mane pur nondimeno inesplicato, il titolo dubitativo di supplizio di Marsia, non trovandone uno migliore. Rappresenta una donna seduta in atto di tristezza, e davanti ad essa un uomo nudo in piedi. Dietro a questi un altro uomo legato sta accovacciato e rivolge il capo a guardarlo. 20. — Coli. E. Gnecchi, gr. 28, mill. 39. Come il precedente. 21. — Coli. Montagu a Londra, gr. 26.700, mill. 40. Come i due precedenti, ma col monogramma pe inciso da- vanti alla testa di Nerone. 22. — Mia Coli., gr. 26, mill. 38 (coniato). D. — Testa e leggenda del n. 8. R. — Apollo, a sinistra con un ramo, appoggiato a un tripode su cui .sta la lira (Sab. XI, 11). 23. — Coli, di Brera, gr. 26,50, mill. 39 coniato. Come il precedente , ma davanti alla testa una pantera corrente ageminata in argento. 24. — Mia Coli., gr. 21.50, mill. 36. D. — Testa e leggenda del n. 8. 294 FRANCESCO GNECCHI R. — OLVMPiAS (all'ing-'.ro) regina ^all'esergo). Olimpia gia- cente nel lettisternio, a sinistra, il gomito sinistro appog- giato a un delfino, in atto di nutrire un serpente (Va- riante Sab. XIV, 13). Sabatier dà al n. 13 della tav. XIV un simile rovescio di diametro assai più piccolo che l'ordinario, appartenente a un Contorniato colla testa d'Alessandro. 25. — Mia Coli., gr, 24, mill. 37 (coniato). D. — Testa e leggenda del n. 8. R. — Olimpia giacente sul lettisternio, a sinistra in atto di nutrire un serpente (Sab. XIV, 15). 26. — Coli. Brera, gr. 27.50, mill. 38. Simile al precedente. 37. — Coli. Brera, gr. 27, mill. 38. Simile ai precedenti. 28. — Mia Coli., gr. 24.50, mill. 39. D. — Testa e leggenda del n. 8. Davanti fallo inciso. R. — Il circo coi giuochi (Simile a Sab. Ili, 4). 29. — Mia Coli., gr. 24, mill. 39 (coniato). D. — Testa e leggenda del n. 8. R. — Bacco fra una pantera , una baccante e due fan- ciulli (Sab. XI, 7). 30. — Coli E. Gnecchi, gr. 23, mill. 37. D. — Testa e leggenda del n. 8. Davanti alla testa mo- nogramma PE inciso. R. -- FiLiNvs. Atleta fra due personaggi togati (Sab. X, 3). 31. — Mia Coli., gr. 21, mill. 39. D. — Testa e leggenda del n. 8. Davanti alla testa un grappolo d'uva inciso. R. — Liscio. 32. — Coli. Montagu a Londra, gr. 20,50, mill. 39. Come il precedente senza incisione. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 295 33. — Mia Coli., gr. 21, mill. 35 (coniato). D. — NERO CLAVD AVG GER p M TR p iMP p p. Tcsta lau- reata, a destra. R. — Ati e Cibele in quadriga di leoni (Sab. XI, 6j. 34. — Mia Coli., gr. 21, mill. 36 (coniato). D. — Come il precedente. Davanti il monogramma pe inciso. R. — STEFANAS. \'incitore in quadriga lenta , a destra (Sab. V, IO). 35. - Mia Coli., gr. 24, mill. 37. D. — Come il precedente collo stesso monogramma. R. — OLY.MPi NiKA. Auriga in quadriga veloce a destra (Sab. V, 2). 36. — Mia Coli., gr. 18, mill. 37 iconiato). Come il precedente senza il monogramma. 37. — Mia Coli., gr. 24.50, mill. 37. D. — Testa e leggenda del n. 33. Davanti palma incisa. R. — Supplizio di Marsia (Sab. XIX, 9). 38. — Mia Coli., gr. 24, mill. 37. Come il precedente, pure colla palma incisa. 39. — Coli. E. Gnecchi, gr. 22, mill. 36. D. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG GER P .M TR P IMP P P. Testa laureata a destra. R. - Il mostro Scilla iSab. XIII, 13). 40. — Mia Coli., gr. 23, mill. 36. D. — Come il precedente. Davanti palma incisa. R. — Il serpente d'Esculapio (Sab. XIII, 15). 41. — Coli. Montagli a Londra, gr. 22, mill. 33. Identico al precedente, pure colla palma incisa. 42. — Mia Coli., gr. 22.50, mill. 38. D. — Testa e leggenda del n. 39. Dietro alla testa una foglia (oppure una fiamma ?) ageminata in argento. 296 FRANCESCO GNECCHI R. — Vittoria che vola a sinistra con uno scudo, su cui le lettere s p o R (Sab. XVII, 3). 43. — Coli. E. Gnecchi, gr. 26, mill. 37. D. — Testa e leggenda del n. 39. Dietro monogramma PE inciso. R. — Quattro bestie di mare (Sab. XIX, 4). 4t. — Mia Coli., gr. 25, mill. 37. D. — Testa e leggenda del n. 39. R. — Donna turrita fra quattro sfingi, un armeno e una donna che la incorona (Sab. XIX, 6). Nel mio esemplare, quantunque di discreta conservazione, non vedo traccia delle due are ai lati, e neppure dei due fiumi sdraiati all'esergo, quali risulterebbero dalla descrizione e dal disegno di Sabatier. 45. — Mia Coli., gr 25, mill. 37. D. — Testa e leggenda del n. 39. R. — Liscio. VESPASIANO. 46. — Mia Coli., gr. 24.50, mill. 37 (coniato). D. — IMP CAES VESPASiAN AVG cos III. Testa laureata a destra. R. — Cacciatore in atto di colpire un cinghiale (Sab. IX 9). 47. — Coli. Brera, gr. 28.50, mill. 38 (coniato). Come il precedente. TRAIANO. 43. — Coli. E. Gnecchi, gr. 22. mill. 38. D. — TRAiANvs AVG COS III! p p. Testa laureata, a destra. R. — Bacco fra un suonatore di flauto , una baccante e due ragazzi (Sab. XI, 7). 49. — Coli. E. Gnecchi, gr. 22, mill. 39 (coniato). D. — Come il precedente. R. — Cacciatore a cavallo in atto di ferire un leone (Sa- batier, XI, 13). APFLINTI DI .NUMISMATICA ROMANA 297 50. — Mia Coli., gr. 21, inill. 36. D. — Testa e leggenda del n. 48. Davanti palma incisa. R. — Ati e Cibele in una quadriga veloce di leoni (Sa- batier, XI, 6). 51. — Coli. Brera, gr. 23.50, mill. 36. D. — Testa e leggenda del n. 48. Davanti palma age- minata in argento. R. — Roma seduta a sinistra. All'esergo roma. Nel campo s e (Sab. XVII, IO). È nuova la combinazione di questo rovescio colla testa di Traiano. Sabatier la dà con Nerone e Vespasiano. 52. — Mia Coli., gr. 26, mill. 38 (coniato). D. — Testa e leggenda del n. 48. Davanti monogramma inciso. R. — Grande edificio quadrato, nel quale si stanno ese- guendo i giuochi (Sab. Ili, 6). Un secondo esemplare della mia Collezione pesa gr. 24.50, uno del Museo di Trento gr. 24.80. Tutti hanno Io stesso diametro e sembrano provenienti dallo stesso conio. 53. - Mia Coli., gr. 25, mill. 37. Simile al precedente, ma fuso e con palma incisa in luogo del monogramma. 54. — Mia Coli., gì. 24.50, min. 37. D. — Testa e leggenda del n. 48. Davanti palma incisa. R. — L'Addio d'Andromaca. Andromaca a destra stringe 298 FRANCESCO GNECCHI la mano ad Ettore e gli posa la mano sinistra sulla spalla (Inedito). Questo rovescio non mi pare descritto da alcuno. Che 1' interpre- tazione da me data sia la giusta o l'unica possibile non potrei assicu- rare ; ma non trovo di meglio e me ne accontento quindi almeno prov- visoriamente, in attesa che altri ne dia una più soddisfacente. 55. — Coli. Mowat a Parigi, gr. 17.40, mill. 33. D. — Testa e leggenda del n. 48. Davanti monogramma PE ageminato in argento. R. — Liscio. 56. - Coli. Mowat a Parigi, gr. 23,50, mill. 35,50. ^ — Tutto come il precedente , ma invece del mono- gramma, palma incisa. 9 — Liscio. 57. - Coli. Brera, gr. 25.50, mill. 37. D. — TRAiANVs AVG cos Hii p p. Busto laureato, a destra, col paludamento e la corazza. R. — Campo diviso in due scomparti. Sopra l'imperatore fra Giove e Cerere. Sotto, l'Oceano ed il Tevere (Sa- batier, XII, 6). 58. — Mia Coli., gr. 19, mill. 37. D. — Come il precedente. Davanti palma incisa. R. — Il supplizio di Marsia ? (Sabatier, XIX, 9). 59. — Coli. E. Gnecchi, gr. 23, mill. 36. D. — TRAIANVS p p AVG. Tcsta laureata a destra. R. — EVTYMVs. Auriga vincitore in quadriga di fronte (Sab. IV, 9). Un esemplare simile nel medagliere di Brera pesa soli 20 grammi ma è molto consunto. 60. — Coli. E. Gnecchi, gr. 22, mill. 36. D. ^ Come il precedente , ma davanti tre fori rotondi disposti a triangolo. 9*. — OMN . N . (la prima parte della leggenda è inde- cifrabile). Auriga vincitore in quadriga di fronte (Ined.). APPUNTI DI NUMISMATICA ROIMA.NA 299 61. — Coli. E. Gnecchi, gr. 30.50, mill. 39. D. — DIVO TRAIANO. Busto laureato, a destra, col paluda- mento e la corazza. R. — Anfione e Zeto col toro (Sab. XIV, 9). 62. — Coli. E. Gnecchi, gr. 20.50, niill. 38. D. — DIVO TRAIANO. Testa laureata , a destra. Davanti , palma incisa. R. — Corse nel circo (Sab. Ili, 4). 63. — Coli. Brera, gr. 21, mill. 38. D. — DIVO TRAIANO AVGvsTO. Busto laureato, a destra, col paludamento e la corazza. R. — poRT OST (in basso) avgvsti (in alto). 11 porto di Ostia (Sab. XVIII, 11). Tipo barbaro e di bassissima arte. 64. — Coli. Brera, gr. 22.50, mill. 40. D. — DIVO TRAIANO AVcA'STO. Busto a destra col paluda- mento e la corazza. Davanti lepre corrente incisa. R. — Apollo , a sinistra , con un ramo , appoggiato a un tripode su cui sta la lira (Sab. XXI, 11). Questo Contorniate conserva le tracce d'una doratura. 65. — Mia Coli., gr. 21.50, mill. 38 (coniato|. D. — DIVO TRAIANO Avi.vsTO. Busto laureato, a destra, col paludamento. R. — Poi.isTF.FANVs. Vincitore in quadriga veloce, a destra. (Sab. V, 4). 66. — Col!. Brera, gr. 22.50, mill. 40. D. — Come il precedente. R. — KVTIME NIKA TVRUK ATOR AS (PVrVS). X'incitorC cH fronte con due cavalli che tiene al freno (Sab. V, 15), 67. — Mia Coli., gr. 23, mill. 38 (coniato). D. — DIVO NERVAE TRAIANO. Tcsta laureata, a destra, con un lembo di paludamento. Davanti monogramma pe age- minato in argento. R. — Il circo coi giuochi (Sab. Ili, 51. Tipo descritto da Sabatier con Nerone ed Alessandro. 300 FRANCESCO GNECCIll 63. — Mia Coli., gr. 27, mill. 37. D. — Testa e leggenda come il preced., senza monogr. R. — Il mostro Scilla (Sab. XIII,' 11). 69. — Coli. Brera, gr. 26.50, mill. 40. D. — Testa e leggenda come il n. 67. R. — EVTYME NiKA TVRiFicATOR as(tvtvs). Vincitore di fronte con due cavalli che tiene al freno (Sab. V, 15). 70. — Mia Coli., gr. 21.50, mill. 38. D. — Testa e leggenda come il n. 67. Davanti mono- gramma PE. Il monogramma , la corona d' alloro e il lembo del paludamento sono ageminati in argento. R. — Liscio. 71. — Coli. Brera, gr. 29,50, mill. 40. D. — Busto laureato, a destra, col paludamento e la co- razza. R. — Diana seduta , a destra , davanti a Endimione ad- dormentato. Al disopra Cupido (Sab. XI, 14). 72. — Coli. Brera, gr. 21, mill. 37. D. — I.\IP CAES NERVAE TRAIANO AVG GER DAC P M TR P cos IH. Busto laureato, a destra, col paludamento e la corazza. R. — Achille in atto di rialzare il corpo di Pentesilea. Dietro, il cavallo dell'amazzone (Sab. XIV, 6). 73. — Mia Coli., gr. 26, mill. 36. D. — Medesima leggenda. Busto laureato, a sinistra, col paludamento e la corazza. R. — MATRi DEVM SALVTARi. Cibcle scduta all'ingrcsso di un tempio (Sab. XI, 4-5). Sabatier dà questo rovescio con Agrippina e con Faustina. La combinazione con Traiano e nuova. 7j. — Mia Coli., gr. 26, mill. 36. D. — Testa e leggenda come il precedente. Davanti dieci punti incisi formanti un triangolo. R. — ANNONA AVGVSTi CERES e all'csergo s e. Cerere se- duta e davanti a lei l'Abbondanza (Sab. XII, 9). APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 3OI 75. — Coli. E. Gnecchi, gr. 26.50, mill. 40 (coniato). D. — IMP CAE.S TRAIANVS AVG P .M V P PROCONS. BuStO laureato, a destra, col paludamento e la corazza. R. — FiLiNvs. Atleta tra due personaggi togati (Sab. X, 3). 76. — Coli. Brera, gr. 23.50, mill. 38. D. — Come il precedente. Davanti monogramma pe inciso. j^_ — ITilllAlI. Issipile che cammina con un bambino in collo, guardando ad un altro che abbandonò a terra (non pubblicato da Sabatier, ma da Charles Riibert). 77. — Mia Coli., gr. 26.50, mill. 39. D. — Testa e leggenda come il n. 75. R. — Liscio. ADRIANO. 78. — Coli. Brera, gr. 25.50, mill. D. — HADRiANVs AVG cos III p p. Testa nuda a destra. Davanti stella incisa. Dietro il monogramma pe. R. — VRBS Ro.MA AE TERNA s c. Vestali sacrificanti da- vanti a un tempio (Sab. X\'III, 3). Di questo Contorniato è impossibile dare il diametro, l'esemplare di Brera essendo ribattuto tutt'all'intorno. ANTONINO PIO. 79. — Coli. Brera, gr. 18,50, mill. 38 (consunto). D. — ANTO.NiNvs AVG pivs p p TR p COS III. Tcsta lau- reata, a destra. R. — L'Oceano .sdraiato, a sinistra (Sab. XII, 7). Combinazione nuova. Sabatier dà questo rovescio con Traiano, CARACALLA 80. — Mia Coli., gr. 25, mill. 38 (coniato). D. — ANTONiNvs l'ivs AVG. Busto laureato e corazzato , a destra, visto per di dietro. R. — Vincitore in quadriga di fronte. All' esergo rvf (in monogramma) pak (?) (Sab. Ili, 13). 302 IKA.NCESCO GNECCm 8i. - Mia Coli. gr. 26, miU. 38. D. — Come il precedente. R. — REGINA. La Regina Olimpia .sdraiata .sul lettisternio (Sab. XIV, 15). 82. — Coli. Brera, gr. 22.50, mill. 38. D. — Come i precedenti. Davanti palma incisa. R. — Bacco intorno al quale un suonatore di flauto, una baccante e due ragazzi (Sab. XI, 7). ONORIO. 83. — Coli. Brera, gr. 29.50, mill. 40. D. — iioNORio AVGVSTO. Busto diademato , a destra , col paludamento e la corazza. R. — EVTiMi viNCAS. Quadriga di fronte (Sab. Ili, 15). TEODOSIO. 84. — Mia Coli., gr. 44.50, mill. 44. D. — D N THEODOsivs p F AVO. Busto diademato, a destra, col paludamento e la corazza. Davanti palma incisa. R. — loiiANES NiCAS. Atleta di fronte e alla sua destra un ragazzo corrente con un disco (Sab. Vili, 5». Questo rovescio nuovo colla testa di Teodosio è dato da Sabatier con quella di Valentiniano III. 85. — Coli. Brera, gr. 37, mill. 44. D. — Come il precedente. R. — BONiFATivs. Quadriga di fronte , e all' esergo un lungo e complicato monogramma che Sabatier interpreta per ASTOR vsTOR CARVs CASTOR , Ì uomi dei quattro cavalli. Combinazione nuova. Sabatier dà questo rovescio con Valenti- niano 111. VALENTINIANO III. 86. — Mia Coli., gr. 38.50, mill. 24. D. — D N PLA VALENTiNiANVs p F AVO. FJusto diademato, a destra, col paludamento e la corazza. Davanti palma ageminata in argento. R. — Liscio. Cohen dà un Contorniato di Valentiniano III a rovescio liscio ma APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 303 ALESSANDRO MAGNO. 87. ^ Mia Coli., gr. 22.50, mill. 38 (coniato). D. — ALEXANDER. Busto, a destra, ornato della pelle de! leone. R. — Il Circo coi giuochi (Sab. Ili, 5). 88. — Coli. Montagli a Londra, gr. 28.50, mill. 38 (coniato). D. — Come il precedente. Davanti palma incisa. R. — Il Circo coi giuochi (Sab. Ili, 3). 89. — • Coli. E. Gnecchi. gr. 27.50, mill. 38 (coniato). Identico al precedente. 90. — Coli. Brera, gr. 28, mill. 40 (coniato). D. — Testa e leggenda del n. 87. R. — Bellerofonte sul Pegaso combattente la Chimiera, (Sab. IX, 15). Combinazione nuova. Sabatier dà questo rovescio colla testa di Traiano. 91. — Mia Coli., gr. 24, mill. 39. D. — ALEXANDER .MAG. Busto, a dcstra, colla testa ornata della pelle del leone. R. — NVSMACCON MONiNvs. Personaggio seduto, colla testa rivolta all'indietro (Sab. XVI, 2I. 92. — Mia Coli., gr. 27, mill. 36.50. D. — ALEXANDER MAGNvs MACEDON. Busto, a destra, colla testa ornata della pelle del leone. R. — REGINA. La regina Olimpia sul letti.sternio (Sa- batier, XIV, 15). 93. — Coli. Brera, gr. 38.50, mill. 38. D. — Come il precedente. R. — SOLI iNvicTO. Il Sole in quadriga, di fronte (Sa- batier, XI, 12). 94. — Coli. K. Gnocchi, gr. 25, mill. 36.50. Lo Stesso Contorniato. 95. — Mia Coli., gr. 27, mill. 36.50. Lo stesso, con palma ageminata in argento dietro la testa. 304 FRANCESCO GNECCHI 96. — Coli. Brera, gr. 21, mill. 25. D. — Anepigrafo. Testa diademata di Alessandro Magno, a destra. R. — DOMiNvs. Vincitore in quadriga, di fronte. All'esergo IN VENETO (Sab. HI, io). OMERO. 97. — Mia Coli., gr. 18.50, niiU. 37. D. — ii.Mlll'dC. Busto paludato, a destra. Testa nuda. R. — L'addio di Andromaca come è descritto e riprodotto al n. 54 di Traiano (Inedito). 98. — Coli. Urera, gr. 25, mill. 37. D. — Come il precedente. Davanti monogr. pe in rilievo. R. — Ati e Cibcle in quadriga di leoni (Sab. XI, 6). 99. — Mia Coli., gr. 25.50, mill. 37. D. — Come i precedenti. Dietro palma incisa. R. — Campo diviso in due comparti. Al disopra 1' impe- ratore fra Giove e Cerere. Sotto, l'Oceano e il Tevere (Sab. XII, 6). SALLUSTIO. 100. — Mia Coli., gr. 22.50, mill. 40. D. — SALLVSTivs AVTOR. Busto paludato, a destra. Te.sta nuda. Davanti palma incisa. R. — PETRONi PLACEAS. Tre personaggi in toga (Sab. X, 41. 101. — Coli. E. Gnecchi, gr. 25, mill. 39. Lo Stesso Contorniato; ma dietro alla testa il monogramma PE inciso. 102. — Mia Coli., gr. 25, mill. 38. D. — Come i precedenti. Dietro, foglia a forma di cuore, incisa. R. — NVSMACCON MONiNvs. Personaggio seduto colla testa rivolta all'indietro (Sab. XVI, 2). 103. — Mia Coli., gr. 26. mill. 39. D. — Come il precedente, ma davanti alla testa foglia formata da piccoli punti. Questo Contorniato conserva le traccie di un'antica doratura. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 305 ORAZIO. 104. — Mia Coli., gr. 24, mill. 36 (coniato). D. — HORATivs. Busto a sini.stra col paludamento ornato di una corona sul petto. Davanti palma ageminata in argento. R. — Accivs. Il poeta Accio seduto (Sab. XV, 6). Questo Contorniato e di bellissimo stile, di buona esecuzione e di spessore superiore al comune. 105. — Mia Coli., gr. 21, mill. 37. I). — Come il precedente. Dietro palma incisa. R. — BALSAM. Vincitore che conduce il cavallo, a destra (Sab. VI, 5). 106. — Coli. Brera, gr. 24, mill. 37. Lo stesso Contorniato, pure colla palma incisa dietro la testa. AURIGA. 107. — Mia Coli., gr. 25, mill. 38. D. — Busto a mezza figura d'un auriga che tiene pel freno il cavallo (Sab. V, 6). R. — NVSMACCON MONiMvs. Personaggio seduto , a destra, rivolto all'indietro (Sab. X\'l, 2). io3. — Coli. E. Gnecchi, gr. 25.50, mill. 40. Lo stesso Contorniato con palma incisa dietro la testa. log. — Col!. i5rera, gr. 21, mill. 40. D. — EVTiMi viNCAs. Auriga a mezza figura col cavallo pel freno (Sab. IX, 11). R. — Liscio. (Inedito). MINERVA. 110. — Mia Coli., gr. 28, mill. 36. D. — Busto galeato e corazzato di Minerva , a sinistra, armata d'asta e di scudo. Dietro, palma incisa. R. — Ercole e Roma seduti sull'Aventino. A terra, in mezzo a loro, un piccolo porco, ai lati due buoi acce- 3o6 r. GNECCHl ■ APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA vacciati. Nel secondo piano, a destra, una rupe su cui si vedono l'arco e la faretra (Tav. Vili, 5). Alla descrizione e al disegno di Sahatier va aggiunta la rupe col- l'arco e la faretra. Probabilmente questa non fu una dimenticanza del Sabatier, il quale descrive un esemplare a fior di conio, e si tratta quindi di una variante. LIVIA? III. — Coli. Brera, gr. 22.50, niill. 37. D. — Busto di donna, diademato e velato, a sinistra. Tiene nella destra uno scettro che si divide in due punte. 11 diadema è ageminato in argento. R. — Bestiario, a destra, con una lancia traversale (Sa- batier, V, 6). Il dritto non è pubblicato da Sabatier, ma lo è da Ch. Robert nel suo articolo più volte citato (Revue Belge de Numismatique , p. 375, tav. VI, n. 4) con altro rovescio. — Io ho classificato dubitamente Livia il busto di donna velata che figura al dritto ; ma ci ho messo quel nome per metterne uno, senza alcuna presunzione che l'interpretazione possa essere la giusta, tanto più che non riesco a capire se l'oggetto, che tiene in mano sia veramente uno scettro, anzi non mi pare. Vedo che il Sig. Ch. Robert, dall'aspetto severo di quella testa sarebbe incli- nato ad attribuirla a Demetria. — Chi dei due ha ragione? Probabil- mente né l'uno ne l'altro. Francesco Gnecchi. CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA DA AUGUSTO A DOMIZIANO e CAPO PRIMO. Augusto nel 739 cede al Senato la coniazione del bronzo, continuando ad avere ingerenza in essa. — Pregio dell'oricalco e del rame. — Differenza fra gli assi e i dupondii di Augusto. — L' alterazione dell'oricalco comincia con Tiberio e continua con Caligola e Claudio. — Quest'ultimo riordina il sistenia ponderale e per conseguenza anche il peso delle monete; ma il suo riordinamento dura poro. — Bronzi di Nerone. — Differenza di tipo fra il dupondio e 1' asse. — Critica alle opinioni del Borghesi e del Mommsen riguardanti gli assi di Nerone col segno di valore. — Asse di oricalco e asse di rame. — Frazioni dell'asse di Nerone e loro classificazione. — Dif- ferenza di tipo fra il semis e il quadrans. — Valore dell'oricalco quasi doppio di quello del rame. — Critica all'opinione del Bor- ghesi e del Cavedoni sulle frazioni dell'asse di Augusto, Caligola e Claudio. — Sguardo alla monetazione di bronzo da Galba a Domiziano. Augusto nell'anno 739 (15 a. C.) avocò a se il diritto di coniar l'oro e l'argento e dette al Se- nato la facoltà di emettere le monete di bionzo. Per effetto di tale ripartizione i trcsviri iiioìictalcs di cjuel- l'anno poterono segnare i loro nomi soltanto sul bronzo, e così continuarono, fino a quando perdet- tero anche questo privilegio nell'anno 745 (9 a. C), (i) Memoria letta dall'Autore alla R. Accademia di Archeologia . Lettere e Belle arti di .Napoli nelle tornate dei giorni 9 a[)rile, 14 e 21 maggio 1895. oo8 F.ITORl" (MAURICI il quale segna il principio della vera monetazione imperiale. Quest'atto di Augusto che rappresenta un momento così importante per la storia della moneta romana e che non è certo il meno notevole fra quelli che segnano il passaggio in Roma dal regime repub- blicano al regime imperiale, lo rileviamo per via indiretta dallo studio dei monumenti numismatici, non già dalle fonti letterarie. Discordi perciò sono le opinioni dei dotti, che potrei citare, se non deviassi dal cammino propostomi. Il mio scopo è quello di toccare alcune questioni molto controverse nel campo della numismatica imperiale, e dovendo entrare in argomento, ho citato l'opinione del Mommsen (2) che mi pare la più accettata. Non è a credere però che l'imperatore, cedendo al Senato il diritto di coniare il bronzo, non esercitasse tuttavia la sua sorveglianza su quella coniazione. Una valida conferma ci è data non solo dalle iscrizioni, nelle quali il capo della zecca imperiale è detto c.xactor miri argenti aeris '3)^ ma più ancora dalla Numismatica stessa, a mio cre- dere. Le numerose monete di bronzo riconiate dagli Augusti in memoria dei loro predecessori, dette ìuonete di restituzione, portano sempre impresso sul rovescio il nome di colui il quale restituit, e simil- mente le contromarche ci ricordano il nome del- l'imperatore che le fece segnare; il che dimostra che questi disponeva della coniazione del bronzo e che il Senato era ad essa preposto solo in quanto ne era stato da lui incaricato. Nell'anno 739 (15 a. C.) fu ripresa in Roma la coniazione del bronzo che al tempo di Siila era stata soppressa. Furono coniati l'asse, il dupondio, il ses- terzio, equivalente a quattro assi e del peso di (2) Mommsen, Hisloire de la ntoiutaie roiiiaiiie, t. Ili, p. 9. (3) Gkut., p. 74, I ; p. 1066, 5; p, 1070, I. CONTRIBUTO ALLA STORL\ DELLA MONETA ROMANA 3O9 un'oncia (gr. 27, 29). A questo riordinamento della moneta di bronzo va connessa una riforma di somma importanza, la quale vige in tutta l'epoca imperiale, fino a quando, per la crisi economica del III secolo, il bronzo acquista valore nominale. La riforma di cui parlo, accennata di sbieco soltanto da Plinio, benché nota a quanti hanno studiato le monete dell'Impero, non è stata presa nella debita considerazione, e perciò alcuni punti di quella monetazione sono ri- masti finora oscuri. Le parole di Plinio sono queste : {/ics cordubctise) a Liviano ccuiiiwaiìi iiìaxiinc sorbct et orichalci bonitateni iiìiitatiir in scstcrtiis dupondia- riisqm, Cvprio suo assibiis contcntis u). Donde emerge che nell'Impero il sesterzio e il dupondio erano di oricalco, l'asse di rame puro. L'oricalco al tempo di Augusto non è che il rame in lega con lo zinco (in seguito fu aggiunt(j anche un po' di stagno) ha un colore giallognolo, quasi come l'oro, ed è lucen- tissimo. Per questa sua ultima qualità era molto ap- prezzato dagli antichi. Procopio dice che esso non era inferiore all'oro pel colore né all'argento pel va- lore 15). Nell'editto di Diocleziano (^' si legge che l'operaio guadagnava sulla libbra di oricalco un quarto di paga più che sulla libbra di rame (7). Stante (4) Plin., x.x.xiv, 2. (5) De Aedif., I, 2. (6j VII, 24 e 25. (7) Dalle analisi di bronzi imperiali, fatte dal Phillips e dal Gobel e riferite dal Moinnisen {Monii. Row., t. Ili, p. 381 rileviamo clic Au- gusto volle proprio migliorare la qualità di quel metallo , micado in lega solo rame e zinco. Fino allora il bronzo repubblicnr.o era una mi- scela di raaie, stagno e piombo ; dall'epoca dell'acs signatum, fino alla morte di Cesare, il bronzo romano ha questa lega : da 5 a 8 "/(, di stagno e da 16 a 29 " „ di piombo [Monii. Roiii., t. I, p. 204). Qui cade acconcio notare che la parola bronzo, con la quale si sogliono indicare i sesterzii, dupondii ed assi dell'impero e inesatta, perché da Augusto EITOKE GAliRlCl adunque il pregio che questo metallo av^eva nell'an- tichità, è lecito ammettere che alterare l'oricalco dei sesterzii e dei dupondii valesse come alterare un metallo prezioso; così si spiega come questo metallo, non altrimenti che l'oro e l'argento, segua le vicende economiche dell' Impero e la sua alterazione sia in- dizio di strettezze finanziarie. La testimonianza di Plinio è vera , verissima , come dimostreremo in seguito ; però nello studio delle monete sorge una grave difficoltà. 11 sesterzio, come nominale massimo della moneta di bronzo , è riconoscibile ad occhio nudo , così pel modulo come pel peso , ma è ben diverso quando si è al dupondio ed all'asse. Entrambe queste monete sono del medesimo modulo ; 1' unica differenza è quella del colore, essendo l'una di color giallognolo, proprio dell' oricalco, l'altra di colore rossastro, proprio del rame puro. Se non che neppure questa differenza è costante per due ragioni notissime : l'una, che col volger degli anni il pezzo metallico si è rivestito di una patina , per lo più verde , la quale e' impedisce di distinguere il colore del metallo; l'altra, che non sempre i dupondii sono di oricalco, assai spesso sono di pessima lega che si confonde col rame puro. Co- munque sia la cosa , il certo è che finora non si è riconosciuto quali siano i dupondii, quali gli assi co- niati da ciascun imperatore, e i numismatici si sono contentati della inetta divisione, per dirla col Bor- ghesi, in bronzo grande, medio e piccolo. La questione però non è tanto ardua quanto in poi i metalli usati per !a coniazione delle monete furono l'oro, l'ar- gento, l'oricalco e il rame puro. Ciò non pertanto io mi varrò della parola bronzo come termine generico , per indicare tanto l' oricalco quanto il rame puro , e con essa non intendo riferirmi al metallo che risulta dalla lega del rame con lo stagno. CONTRIBLTO ALLA STORL\ DELLA MONETA RO.\LVNA 3I I potrebbe parere a primo aspetto. I dupondii di certi imperatori si riconoscono alla testa radiata, gli assi alla testa laureata, il che è costante nella monetazione di Nerone e dei Flavii , quantunque per questi ab- biasi a notare qualche eccezione. Ma come fare per i primi quattro imperatori, per Galba, per Vitellio? Se l'oricalco non fosse stato alterato notevolmente, come dicevo poc'anzi, la distinzione dei dupondii dagli assi potremmo farla con maggiore facilità, affidandoci al colore. Ciò non pertanto, senza dissimularmi le difficoltà di una tale ricerca, sono entrato da qualche tempo in questo arringo, con l'idea di scoprire quanto vi fosse di vero nelle parole di Plinio, e potendo disporre liberamente, per cortesia del Prof. Giulio De Petra, di un materiale scientifico assai conside- revole, qual è quello della collezione Santangclo, di cui già da un anno attendo alla compilazione del catalogo, nonché della ricchissima collezione del Medagliere di Napoli, sono arrivato a risultati che mi paiono soddisfacenti. Cominciando dai bronzi d' Augusto, ho diviso i sesterzii da quelli che generalmente si chiamano medii bronzi, dei quali ho fatto una seconda classificazione, dividendoli alla meglio in medii bronzi di metallo rossastro ossia rame puro e medii bronzi di metallo giallognolo ossia oricalco. Ebbene, dopo questo la- voro paziente sono arrivato a scoprire che i pezzi di rame puro hanno la testa di Augusto al diritto e due lettere S • C nel mezzo del rovescio, con in- torno il nome dei suoi monetieri ovvero la leggenda PONTIF • MAXIM . TRIBVN • POT • XXXIII; i pezzi di metallo giallognolo hanno tutti nel diritto la corona di quercia colla scritta AVGVSTVS • TRIBVNIC ■ POTEST (in tre linee) e al rovescio le due lettere S . C nel mezzo, anche coi nomi dei monetieri. 11 risultato di questa mia ricerca è tanto più convincente, in quanto le due 312 E1TOK1-: GAHKICI specie monetali hanno tipi diversi, ed io penso che la diversità di tipo poteva solo essa lasciar distin- guere prontamente ad occhio il dupondio dall'asse, quando l'asse e il dupondio aventi lo stesso modulo si potevano facilmente confondere negli scambii quo- tidiani. Io intendo parlare di quella diversità esteriore che si mostra agli occhi di tutti e che sola fa distin- guere talvolta una moneta dall'altra. Che se poi vo- gliamo trovare le vere differenze sostanziali fra il dupondio e l'asse dell'impero, basterà studiarne il peso e la qualità del metallo. L'Eisenschmidt (^) limita il peso medio del du- pondio a i6 gr. e quello dell'asse ad un peso oscil- lante fra i 12 e i 14 gr. Gli assi e i dupondii da me pesati nella Collezione Santangelo ammontano a pa- recchie centinaia ed ho constatato che l'asse supera poche volte, almeno in questo periodo del quale mi occupo, il pes(j di gr. 12,50 e il dupondio scende poche volte a questo peso mantenendosi sempre fra i 13 e i 15 gr. L'oricalco di Augusto è di ottima lega che lo fa essere lucentissimo; un sesterzio col nome di C. Cassius Celer contiene, secondo l'analisi del Phillips, 82,26 di rame, 17,31 di zinco. 0,35 di ferro (9). Con Tiberio comincia l'alterazione di questo me- tallo. Quella lucentezza che tanto pregio. gli accresce nei bronzi di Augusto si desidera in un gran numero di bronzi di questo imperatore. O fosse per istret- tezze finanziarie o per frode del governo, il che sarà chiarito in seguito, tanto i sesterzii quanto i dupondii di Tiberio sono in minima parte di oricalco puro ; un numero grande di essi è di rame misto ad una piccolissima porzione di stagno e zinco o è quasi (8) De pjiiti. et mens., p. 29. (9) MOMMSE.N, Molili. Rolli., t. Ili, p. 38. CONIRIBUrO ALLA STOIU.V DELLA MONKIA ROMANA 3I3 addirittura di rame. Qui crescono le difficoltà della nostra ricerca, tanto più che spesso, per effetto del- l' uso o per l' azione del tempo , lo strato supe- riore di oricalco scomparve, rimanendo scoperto il rame puro. E a deplorarsi che analisi quantitative dei bronzi imperiali non se ne siano fatte in abbondanza e che quelle del Phillips e del Gobel, riferite dal Mommsen, siano assai insignificanti (^°K Tanto l'uno quanto l'altro analizzarono quei bronzi che spiccavano fra gli altri per la loro lucentezza; ma per formarsi un giudizio esatto occorrerebbe analizzare non meno di sei pezzi per ciascun imperatore, con la scorta di un esperto numismatico. Quel che ho detto per i bronzi di Tiberio lo ripeto per quelli di Caligola, specialmente degli ul- timi anni del suo impero, perchè nei primi anni è notevole un miglioramento nella lega, nel peso e un po' anche nella tecnica. Ad esempio, fra i sesterzii che hanno sul rovescio le tre immagini di Agrippina, Drusilla e Giulia vi sono alcuni esemplari di un'arte veramente bella. Le monete degli ultimi anni mo- strano invece poca arte e metallo di lega scadente. I cattivi effetti di ([uesta frode dello Stato scatto Tiberio e Caligola incominciarono a manifestarsi con Claudio, il quale tentò di pcjrvi un argine. Studiando la serie dei suoi bronzi ho notato che i sesterzii e i dupondii coniati nei primi anni del suo impero sono di peso giusto e di lega non dispregevole. Senza l'aiuto di nessun monumento, questo dovrebl)e inten- dersi avvenuto non per legge, ma per quella con- suetudine che i nionetieri avevano di emettere sempre (io) Per Caligola e per Claudio non credo di poter accettare a rigor di termini il risultato delle analisi del Phillips e del Giibel , perchè scarse e fatte evidenteÈuentc su bronzi di buona lega , che non man- cano durante l'impero di questi due. 314 i-TTOKE GABKICI buone monete col novello imperatore. Per Claudio invece abbiamo i monumenti numismatici stessi i quali attestano che egli con una legge elevò il peso delle monete e forse tentò una riforma monetale che non ebbe nessun buon successo. I monumenti sono certi piccoli bronzi, che più in là vedremo essere dei qnadrantes, non già dei semis, come si è creduto finora, dei quali ecco la descrizione : ly - TI • CLAVDIVS • CAESAR • AVG ■ Bilancia che è te- nuta in equilibrio da una mano , sotto la quale si leg- gono le tre lettere P • N • R • 9i — PON M • TR • P • INIP • COS • DES • IT • (leggenda circolare). Nel mezzo S • C '"K Noi accettiamo la interpretazione delle sigle P • N • R • data dall' Eckhel, che concorda col simbolo della bilancia, e leggiamo con lui pondiis nummi resti- tutum. Ecco come il quadrans descritto ci ricorda che negli ultimi mesi del 794 (41 d. C.) Claudio ri- formò il peso della moneta di bronzo, scaduto dopo la morte di Augusto. Quest' atto di Claudio è poi connesso ad un riordinamento generale dei pesi del- l'impero, da lui tentato, come dimostra il Mancini a proposito di una lapide ('^l 11 tentativo di Claudio andò fallito ; per qualche anno ancora la moneta- zione del bronzo procedette regolarmente, ma poi decadde, come non era mai fino allora avvenuto. In mezzo a questa decadenza non è meraviglia che molte monete siano di fabbrica rozza, quasi barbara. Non credo di andare errato se dico che, profittando delia inettitudine di quell'imperatore e della debolezza e del disordine del governo, si sia tentato di coniar monete imperiali con le lettere S ■ C fuori di Roma. (11) Cohen ■^ n. 71, 73. (12) Illustr. di epigrafi e bassorilievi romani, negli Atti delF Acca- deiìiia Pontaniana, voi. XI, p. 1-17. CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 315 Una riforma radicale pareva necessaria e questa non poteva tentarla un imperatore debole come Caligola o Claudio : la riordinazione della moneta di bronzo fu eseguita sotto Nerone. Si vuol rimpro- verare a questo imperatore la riduzione del peso del denaro e dell' aureo, ma non mi consta che si sia mai parlato della sistemazione delle monete di bronzo a cui accenno. Due furono , a mio credere, le ragioni che lo indussero a tentarla: l'av- vilimento nel quale era caduto l'oricalco; la neces- sità di dare al dupondio un segno che lo facesse distinguere a prima vista dall' asse. Con Augusto queste due monete si distinguevano facilmente, come ho detto di sopra; ma ben presto non fu così sotto Tiberio, Caligola e Claudio: dupondii ed assi erano quasi la stessa cosa e per conseguenza si confon- devano. La serie dei bronzi di Nerone è una delle più ordinate ed esatte che si conoscano. Fu abolito il pessimo uso invalso di coprir d'oricalco il rame nei dupondii e nei sestcrzii, usando per cjuesti una lega nella quale entravano rame, zinco e stagno a un dipresso nelle seguenti proporzioni: rame 81,07; zinco 17,81; stagno 1,05. Ad evitare scambii fra i medii bronzi fu impressa sui dupondii la testa radiata, sugli assi la testa laureata dell'imperatore. \Jn altro pregio dei bronzi di Nerone è la bella tecnica. Egli che era ammiratore dell'arte greca, chiamò buoni artisti a lavorare i conii, cercandoli fors'anche nella Grecia, perchè alcuni sestcrzii haimo la testa lavorata con molta maestria, il qual pregio quasi sempre si desidera sulle monete degl'imperatori. Ma veniamo a studiare piij da vicino la serie di Nerone. Di lui conosconsi sestcrzii, dupondii, assi e frazioni dell'asse. Il sesterzio conserva il peso di gr. 27,29 che aveva sotto Augusto, il dupondio quello variante dai 13 ai 15 gr., con la testa radiata, l'asse 3t6 ETTORE CABRICI quello variante dai 9 ai 12 gr. 50, con la testa lau- reata. Alcuni medii bronzi hanno ncll'esergo del rovescio due lineette verticali, segno del dupondio (Tav. V, n. i) (^3); alcuni altri, di un modulo che sta Ira i medii e i piccoli bronzi, ne hanno una sola, segno dell'asse (Tav. V, n. 2 e 3 ('4). Sarebbe lecito domandare perchè non si trovi il segno di valore anche sui sesterzii. La risposta viene da se, consi- derando che il segno di valore sulle monete di Nerone ha lo scopo di evitare che avvenissero scambii fra l'asse e il dupondio: il sesterzio non si poteva confondere con nessun'altra moneta, perciò non ne ha. 1 bronzi con una sola lineetta nel!' esergo sono stati oggetto di lunghe ricerche per i più grandi nu- mismatici. Giova premettere che essi sono di oricalco ed hanno sul diritto la testa or laureata or radiata di Nerone e nel rovescio o la leggenda GENIO AV- GVSTI col tipo del Genio di Nerone sacrificante presso un'ara, ovvero la leggenda POMIF • MAX • TR • P • IMP • P ■ P col tipo di Nerone laureato che canta al suono della cetra. Nella categoria di queste monete vanno alcuni bronzi di Vespasiano (Tav. V, n. 11) e di Traiano dello stesso modulo e peso, ed, aggiungo io, dello stesso metallo, che hanno nel diritto la testa dell'impera- tore, nel rovescio una corona di quercia con in mezzo le sigle S • C (15). Tanto le prime quanto le seconde hanno il peso medio di gr. 7,00, peso di molto in- feriore a quello degli assi ordinarli di 12 grammi ; eppure il segno di valore è troppo eloquente, per negare che sono degli assi. Il Borghesi non tenne conto della qualità del metallo, e non potendo sup- (13) Cohen 2 n. 130, 326-329, 345-350. (14) Cohen 2 n. 105108, 203. (15) FioRELLi, Calai., n. 6204. — Cohen 2, Trojan, n. 122-124. CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 317 porre che fossero semis sia pel segno di valore che avevano, sia perchè il semis di Nerone ha un peso di gran lunga inferiore, argomentò che queste monete fossero i veri e soli assi dell'impero e che tutti i medii bronzi fossero indistintamente dupondii C'^). Così veniva ad asserire che soltanto Nerone e Tra- iano coniarono assi nell'epoca imperiale e che la testimonianza di Plinio era falsa. 11 Mommsen critica quest'opinione del Borghesi senza però sostituirne un'altra. È probabile, dice, che Nerone e Traiano i quali alterarono la moneta, anzi il primo si arrogò il diritto di coniare il bronzo, abbiano fatto egualmente diminuire il peso e il modulo delle monete di bronzo ('7). In tal modo il grande numismatico non solo non dissipa il dubbio, ma afterma cosa contraria al vero, per la ragione che i bronzi di Nerone sono di assai giusto peso. La fìtta nebbia che avvolge queste poche mo- nete non potrà dissiparsi, se non si tien conto della qualità del metallo , alla quale né il Borghesi ne ii Mommsen né alcun altro ha mai pensato. Notavo poc'anzi che esse sono di oricalco ''8), di quello stesso metallo dei dupondii e sesterzii, che valeva assai più (i6i Trascrivo le parole del Borghesi (ap. Cavedoni, Niiiiiisninlicn bihiica, p. 132). " Conviene per altro concedere che l'Asse , dopo la caduta della libertà, fu poco in uso nella zecca di Roma, ed io non v< lo trovo stampato innanzi Nerone (Eckhel, t. VI, p. 282, a cui però si ha da aggiungere l'altro tipo con Roma sedente e l'epigrafe i-ontu' . MA.\ . . . etc), il quale imperatore, perchè forse dopo tanto teni])o imi- tava parere una novità , vi fé segnare il valore monetale 1, aggiun- gendo contemporaneamente , per distinguerlo , la nota 1 1 al dupondio. Non lo incontro dipoi se non sotto Traiano col rovescio di un s. e entro una corona di lauro e la leggenda attorno dac . pai^tfiu o . p . m . tr . I" . .\x . cos . VI . I' . v. Quello che io conservo è del modulo 6 secondo il Mionnet, e quantunque bello, stenta a toccai'c i sette grammi „. (17) Monti. Rolli., t. Ili, p. 40 e 41, n. 2. (18) V. nota 34. 3l8 ETTORE CABRICI del rame. Plinio dice che l'asse dell'impero era di rame puro {Cyprio suo assibus contentis) e tutti gli assi sono di quel metallo. Ma con Nerone un picciol numero di assi fu coniato in oricalco, e propriamente quelli col Genio augusto e con la figura di lui nel- r atto che dava prova della sua abilità d'istrione, nella quale tanto bramava d'avere il primato. Le monetine in questione sono dunque assi, non però i soli assi ne dell'impero ne di Nerone. Accanto ad essi vi erano gli assi di rame puro, i quali non oc- corre studiare partitamente, essendo riconoscibili alla testa laureata. Nella serie di questi collocheremo al- cuni bronzi dello stesso tipo delle monetine di cui ci occupiamo e quindi maggiori di modulo e di peso ('9); i quali bronzi, molto rari, hanno anch'essi talvolta il segno di valore che il Cohen credette di dover attribuire ad errore del monetiere (2°). Dunque al tempo di Nerone furono coniati gli assi di oricalco accanto agli assi di rame puro, e quelli dovettero avere, come metallo più raro, un peso minore di questi; gli uni pesavano in media 7 grammi, gli altri 12 grammi. Giacché siamo a parlare di Nerone, qui, più che altrove, trova il suo posto una questione ben più grave, la questione dei così detti piccoli bronzi o frazioni dell'asse. Quali frazioni dell'asse furono bat- tute nell'impero? Il Borghesi risponde che il semis trovasi da Augusto ad Antonino Pio e che il quadrans, almeno col nome degl'imperatori, non fu più coniato dopo Traiano (^O. H Cavedoni non si diparte da quel che afferma il Borghesi M \\ Mommsen enumerando (19) CoHE.N 2 n. 191. (20) Cohen 2, Introduzione, p. XV. (21) Borghesi, ap. Cavedoni, Numism. bibi, p. 134-136. (22) Cavedoni, Numism. bibl., loc. cit. CONTRIBUTO ALLA STOKL\ DELLA MONETA ROMANA 319 le specie monetali coniate nell'impero, dopo aver citato il semis, dice che probabilmente fu coniato anche il quadrans v^a)^ e in una nota riferendo due passi, uno di Plutarco, l'altro di Gaio, i ciuali atte- stano l'esistenza dei quadrans, dice che non sono decisivi e se ne sbriga (24). Uifatti leggendoli accu- ratamente mi sono convinto che questi due passi sono COSI indeterminati, da non potersi punto riferire all'epoca imperiale più che all'epoca repubblicana; anzi quello di Gaio riguarda certamente questa. Io qui mi domando : trattandosi di una questione la quale riguarda monumenti che abbondano nei nostri Musei, perchè arzigogolare sulle testimonianze classiche? Facciamoci sul terreno dell'esperienza, in- terroghiamo e confrontiamo tra loro le monete, le quali, come ci hanno risposto pei dupondii e per (23) Moìin. Rotti. , t. Ili, p. 35. (24) II passo di Plutarco fu addotto dal Borglicsi (ap. Cavi-dom , Niiitt. bibl., p. 135), come prova dell'esistenza del quadrans nell'impero. Il Mommsen negando giustamente ogni importanza a questo passo , perchè troppo vago, dice che se ne potrebbe addurre un altro di Gajo. In verità, io non vi leggo niente che si possa riferire all' epoca impe- riale. Trascrivo l'uno e 1' altro per maggiore chiarezza. — Plutarco, Or., XX iX ; KaTsjiapT'Jpo'jv os zo't K/,oiò:o'> r.aKt.Cii Ttìjv x'*X(ùv xaYot'j(ù»\ àv5p(ùv i-:oft.''.iiz, fia3:oypY'-'^?i 2/).ouv òsxajjio''»-, i'jopà; ■^ti'ia'.-/.mv. As Jv.O')).).o- Sto^ ote ABUxou).À(t) Govitixs*. ÌIoXXt] òV^v Só^a xal ta:-; a/./.a:' ò'j03':v ào^/.'^aì" ::AGuaiaC>tv tòv KXuj3tov, oiv Tspiiav [i;/ .Mapv.io; i'i|C, K/.iuò av Ss MsxsXX'j; ó KéXcp E'.Xsv, Y^v Ko'jaòp'xvtapiav ixci/.oov, Òt: xiùv zofx'-ùrj z'.; 'J-'i'f, ■/a/.v.O'">^ È|i^oXii)V C'.(; flaXavtir>v cu; àf,-^'jp:o/ zlzir.m'lf tò i't Xs-.zóz'i'.'ìj zvi /'xk/.o'i voiiiGfiaxo; xouaSpóvTY^v 6xà>.0'j/. — Gaid, liis!., I, 122 : Ideo auteiii aes et libra adhibetur, quia olim aereis tantum nummis utebantur , et erant asses dupondii, semisses, quadrantes , nec uUus aureus vel argenteus nummus in usa erat, sicut ex lege XII tabularum intellegere possumus; eorumque nummorum vis et potestas non in numero erat sed in pen- dere asses librales erant et dupondii ; unde etiani du- pundius dictus et quasi duo pondo, quod nomen adhuc in usu retinetur, semisses quoque et quadrantes prò rata scilicet portione ad pondus examnatii erant. 320 ETTORE GAHRICI gli assi, COSI potranno risponderci egualmente per le frazioni dell'asse. Il punto di partenza sia la serie monetale di Nerone, come quella che è la più per- fetta nel primo secolo dell'impero. In essa trovo una lunga serie di frazioni dell'asse che io cos'i dispongo in ordine di peso, di metallo e di modulo : I piccoli bronzi di oricalco, pesanti gr. 4,47; 4,15; 3.93; 3.91 ; 3.55;-- 3.17. ecc. II „ „ „ pesanti gr. 2,58, 2,12, ecc. IH „ „ di rame puro pesanti gr. 6,13; 6,08; 5,47 ; 4,86, ecc. IV „ „ „ pesanti gr. 3,22; 3,06; 3,00 ; 2,70, ecc. Queste quattro categorie di frazioni si possono suddividere in due : la prima e seconda compren- dono monetine di oricalco, la terza e quarta mone- tine di rame puro. La differenza di metallo è una qualità da non trascurarsi, specialmente quando essa ci ha menato sulla via di riconoscere gli assi di oricalco. Io dico che non può essere casuale la concordanza costante del tipo e del metallo in certe monete. Le prime due serie di frazioni, che sono in ori- calco, le metto in rapporto con I' asse di oricalco, pesante gr. 7,00, col dupondio , e col sesterzio ; le due ultime le metto in rapporto con la moneta di rame puro, cioè con l'asse pesante gr. 12. Per con- seguenza le monetine di gr. 4,47 ; 4,15; 3,93; 3,91... del numero I (Tav. V, n. 4 e 5) e quelle di gr. 2,58 ; 2,11, ecc., del numero II (Tav. V, n. 8 e 9) rap- presentano altrettante metà e quarte parti dell'asse di gr. 7,00, talvolta un poco eccedenti, tal'altra un po' scarse, e chiameremo scuiis le prime, qua- dranti le seconde. I segni del valore impressi su talune di esse, vengono a confermare mirabilmente CONTK13UTO ALLA STORL^ DELLA MONETA ROMANA 32 1 il risultato di questa ricerca. La S che sta sul rovescio delle monetine dal tipo della tavola dei giuochi e l'iniziale della parola semis, nella quale interpreta- zione tutti convengono ; ma io son lieto di avere scoperto che le monetine appartenenti alla serie dei pesi più piccoli hanno nel rovescio tre globetti •*•, segno evidente del quadrans, e di poter aft'ermarc sicuramente che esse sono dei quadranti i^s). Veniamo alle monetine dei numeri IH e 1\'. Sono tutte di metallo rosso e dovremo metterle in relazione con gli assi di metallo rosso , pesanti gr. 12,00. Allora sarà facile scorgere che quelle del numero III (Tav. V, n. 607) sono dei sciiiis perchè pesano in media grammi 6, proprio la metà del peso degli assi di rame puro; quelle del numero IV (Tav. V, n. 10) sono dei (jiiadranti, perchè pe- sano proprio la quarta parte della stessa moneta. La presente ricerca ci permette poi di lare le due considerazioni seguenti : a) che durante l'impero di Nerone l'asse, il semis, il quadrans furono battuti in oricalco e rame; b) che non ostante i semis e i quadranti aves- sero un piccolo divario di peso e di modulo , pure si potevano distinguere facilmente ad occhio nudo, avendo gli uni sempre la testa dell' imperatore im- pressa, gli altri no '>^). (25) Vedi in fine della Memoria, dov'è l'elenco dei diipondii, assi e frazioni dell'asse. (26) Profittando di questa differenza apparente fra il semis e il qua- drans, io credo che negli ultimi anni dell'impero di Nerone non si sia badato nella zecca a mantenere la differenza del metallo fra i (|ua- dranti di oricalco e quelli di rame, e credo che siano stati coniati quasi tutti in rame. A favorire questo abuso si aggiungeva la poca quantità di metallo richiesto per questi nominali piccoli , la quale faceva si che la differenza di valore fra il quadrans di oricalco e quello di rame fosse minima. Ond'è che alcuni quadranti di Nerone, in rame, pesano gr. 1,90 e anche meno, mentre dovrebbero pesare, in verità, un poco di più. 322 ETTORE GAI3RICI Compendiando ciò che si è detto sulle monete di Nerone , possiamo dividere i bronzi dell' impercj, da Nerone in ])oi, nelle due seguenti categorie , in base alla differenza di metallo : Monete di oricalco. Mcjxete ui rame. sesterzio pesante gr. 27,29 dupondio „ „ 13,645 asse „ „ 7,00 asse ])esante gr. 12,00 seiiu's „ „ 3,41 ' seiiiis „ „ 6,00 qnadrans „ „ 1,70 j qiiadraiis „ „ 3,00 Onde risulta che l'oricalco aveva un valore quasi doppio del rame puro, come per altro ha già osser- vato il Mommsen '^7). Risaliamo ora ai primi quattro imperatori e stu- diamo le loro frazioni dell'asse. Per Augusto noteremo che vi ha una sola serie di frazioni, tutte di metallo rosso e oscillanti tra i grammi 3,50 e 2,50 , le quali hanno i nomi degli ultimi monetieri di Augusto e tipi diversi '^^'. Tiberio non coniò frazioni dell'asse (^9). Con Caligola ricompaiono, tutte di un unico tipo e di metallo rosso (3°), pesanti come quelle dei mo- netieri d'Augusto. (27) Monti. Rn/ii., t. Ili, p. 47. (28) Cohen -, Oc/. Atig., n. 338, 339, 340, 352. (29) Il Cohen descrive tre piccoli bronzi di Tiberio dal tipo e dalla tecnica dei semis di Nerone sul rovescio, uno dei quali ha la leggenda CKR . QUiNO . KOM . CON . Egli è del parere che siano stati coniati al tempo di Nerone, usando pel diritto vecchi conii delle monete di Tiberio. Clie quei bronzi siano dell'età di Nerone, non lo metto in dubbio, e se tutto mancasse, il rovescio del n. r non li può far ritenere dell'epoca di Ti- berio, non avendo mai Tiberio tatto celebrare giuochi quinquennali ; ma che la testa di Tiberio sia stata impressa con conii di Tiberio, questo non Io credo a nessun costo, perchè piccoli bronzi di Tiberio della zecca di Roma non se ne conoscono (Cohen 2, Tib., n. i, 7, 11). (30) Cohen 2, Calig., n. 5-8. CONTRIBUTO ALLA STORLA DELLA MONETA ROMANA 323 Lo Stesso è a ripetersi per quelle di Claudio innanzi descritte ^^i). Dietro l'autorità del Borghesi e del Cavedoni '32) si è da tutti ritenuto che le frazioni dell'asse di Augusto, Caligola e Claudio fossero dei semis, e siccome frazioni di peso più piccolo che si riferiscano all'età di quei tre imperatori non ve n'ha, si deve inferire che il quadrans non fu coniato prima di Ne- rone. Come arrivasse il Borghesi a formarsi questa opinione, non so. Il CJavedoni accettando l'opinione del primo, cerca di confermarla col confronto delle monete giudaiche; ma chi ben consideri quel che egli dice, potrà coglierlo in contraddizione. 11 semis è poco ricordato dagli scrittori '331 ; non è così pel quadrans, il quale anzi è mentovato due volte negli Evangeli (34) e parecchie volte dagli scrittori profani. Il Cavedoni prendendo a base del ragionamento i due passi biblici che sono riferibili all'età di Augusto e di Tiberio, sostiene che certe monetine giudairho, allora in corso, equivalessero al semis, altix- al quadrans imperiale. Ma come può egli stabilire con- fronto di sorta, se altrove ha detto che il quadrans non fu battuto sotto Augusto? Come mai S. Marco poteva paragonare il Xs-tóv ebraico con una moneta che non era in corso nell'impero? E più ragionevole, stante che le parole del Vangelo sono troppo espli- cite e che il semis non è quasi mai citato dagli scrit- tori dell'epoca imperiale, è più ragionevole ravvisare nelle monetine di Augusto, e quindi di Caligola e (31) Cohen -, Clami., n. 7075;. (32) Borghesi, htit. di corrisp. arili., lUilktt. 1845, p. 153. — Caveu., Numisin. bibl., p. 72. (33I Borghesi, ap. Caved., Xiiiiiisin. bihl., p. 134. (34) S. Marco XII, 42 dice che la vedova pose nel gazofìlacio Xsnxà 'ih'j. ò I-t: xo?5!Ì,/Tr,; (duo minuta, quod est quadrans). — S, Matt.. V, 26: fa/taov xoSp'ivTTjV. 324 EITORE CABRICI Claudio, dei quadranti, non già dei semis. Conten- tiamoci per ora di questa ipotesi, che subito verrà dimostrata in varii modi. Secondo il Borghesi e il Cavedoni le frazioni dell'asse dei monetieri d'Augusto sono l'ottava parte del nuovo sesterzio di rame, vale a dire che otto di esse, formanti il peso di gr. 25 o poco più, equivarrebbero ai gr. 27,29 del sesterzio di oricalco; il che non si può ammettere dopo aver constatato che l'oricalco aveva un valore doppio del rame. Un'altra prova la trarremo infine dal con- fronto con le monete di Nerone. A quale delle quattro serie dei piccoli bronzi di Nerone ascriveremo le frazioni dell'asse che stiamo studiando? Io non esito a metterle a canto a quelli del numero IV e ritenerle dei quadranti, come aventi lo stesso peso e la stessa qualità di metallo. Il riordinamento apportato in generale alle mo- nete di bronzo nell'età di Nerone (35) segna il prin- cipio di una monetazione regolare che dura fin oltre (35) Tale riordinamento ha un ben largo significato, perchè ab- braccia da una parte la introduzione di un nuovo nominale, qual è il semis, nella serie del bronzo, dall' altia il miglioramento della lega dell'oricalco. L'asse d'oricalco poi, come specie monetale non era nuovo nella monetazione romana; ma nuovo certamente in quanto l'asse, che era stato sempre di rame, con Nerone fu coniato anche in oricalco. L'Accademia Reale accolse la mia preghiera di far analizzare uno di questi assi d'oricalco e proprio quello che ha il tipo di Nerone citaredo, del quale do la descrizione : Dir. — NERO CLAVD CAESAR AVG GERMANI. Testa di Nerouc radiata a destra. Rov. — PONTIF MAXIM TR p iMP p p. Nerone in piedi a destra laureato e in abito muliebre, accompagnando il suo canto alla lira; ai lati s e, nell'esergo i. L'analisi quantitativa fatta dal prof. Agostino Oglialoro ha dato i risultati seguenti che confermano le mie argomentazioni. Riferisco le parole del dotto professore : " La moneta pesava gr. 7.5. Dall'analisi quali- tativa risultò costituita da rame e zinco in massima parte, con piccole quantità di ferro. Il rame fu dosato precipitandolo allo stato di solfuro CONTRIBUTO ALLA tìlOKLA DELLA MONETA ROM-ViA 323 i Flavii. In questa non comprendo evidentemente le monete di Galba e Vitellio, non ostante siano esatte quanto al peso ; la brevità del governo di questi due imperatori, che durarono pochi mesi a capo dello Stato, non permise loro una regolare emissione di monete. 1 dupondii non hanno mai la loro testa ra- diata, ma sempre laureata, come sulle altre monete. Fra i successori di Nerone quelli che meglio si attennero all'ordinamento di lui furono i Flavii. 1 dupondii di Vespasiano hanno sempre la testa ra- diata dell'imperatore, compresi quelli coniati dai suoi figli, lui vivente, con la loro immagine (s^j. 1 piccoli bronzi dei Flavii sono molto rari, ma rispondono, per peso e metallo, a quelli di Nerone. Se non che Domiziano pare che abbia introdotto una lieve mo- dificazione al tipo del semis, il quale non ha sempre nel diritto l'immagine dell'Imperatore, ma spesso anche quella di qualche divinità. CAPO II. Sesterzi! di Caligola mancanti delle sigle s - e. — Alla morte di Claudio il Senato usurpa, per parecchi anni, il diritto di coniar l'oro e l'argento. — Dupondii di Vespasiano privi delle sigle s • e. — Signi- ficato della formula e.x . s . e. Nel principio del capitolo precedente abbiann osservato che il bronzo dell'impero v. Questa emissione di bronzi più che per un abuso io ritengo che sia stata fatta col beneplacito del Senato, e le ragioni sono varie. (38) CoHE.N'i, Clami., n. 31. (39) Id., l'espas., n. 143-148. (40) Id., Agrippine et \i:roii n. 3, 4, 6, 7. (41) Id., Xéron, n. 204-234. (42) Id., Niron, n. 7-12; 24-26; 72; 75, ecc. (43) Id., Vespas., n. 376-378; Tite, 11. 155, 325-327. 328 KTTORi: GABRICI Essi hanno la testa laureata e sono di oricalco. In una monetazione così ordinata come quella di Ve- spasiano, nella quale i medii bronzi di oricalco hanno quasi tutti la testa radiata, questi bronzi formereb- bero una singolare eccezione. Ma appunto il coin- cidere di queste due circostanze, cioè della testa laureata e della mancanza del S • C ci deve lare ac- corti che qui trattasi di una speciale emissione, con la quale Vespasiano volle affermare la sua nomina di " censor „ insieme col figlio Tito, e perciò quei bronzi li stimo dei dupondii, non ostante abbiano la testa laureata (44). Nel passare in rassegna i denari e gli aurei emessi con l'autorità del Senato, ha tratto la mia attenzione la formula costante EX • S • C (+5). Questa diversità la potremo spiegare solo ammettendo che le sigle S • C del bronzo imperiale non accennino ad una speciale deliberazione del Senato ogni qualvolta la zecca coniava nuove monete di bronzo con tipi nuovi, ma esse non facevano che richiamare il Se- natus-consulto dell'età d' Augusto in virtij del quale il Senato poteva emettere le monete di bronzo (+^'. Occorreva però una deliberazione speciale per ogni emissione straordinaria, la quale non fosse prevista dal Senatus-consulto dell'epoca augustea, e come segno di questa speciale deliberazione usavasi d'im- (44) Il loro peso poi conferma la mia opinione, perchè corrisponde al peso dei dupondii. A questi medii bronzi bisogna aggiungerne alcuni dell'anno 826 73 d. C. — che hanno la testa laureata di Domiziano Cesare e lo stesso rovescio di questi. Sono anch'essi dupondii, di ori- calco. (Cohen, Domi/., n. 96, 97). (45) Costituiscono una eccezione im denaro e un aureo coniati dopo la morte di Vespasiano: essi hanno soltanto s-c (Cohk.n., Fespiis., n. 496, 497). Il Fiorelli erroneamente vi legge e.\ - s -e (Cu/, n. 6882-831. (46) Ct'r., Manxini, La legge Vipsania dell'anno dcc.xxxui, nel Ci ir- naie degli Scavi di Pompei, N. S. voi. II, p. 177 e seg. CO.NTRIBL'TO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 329 primere la formula EX • S • C <47». Egual significato essa ha su tutti quei sestcrzii imperiali con al ro- vescio la corona di cjuercia e la leggenda EX • S • C • OB • CIVES • SERVATOS nel mezzo. CAPO Le prospere condizioni finanziarie dell'impero permisero ad Augusto di emettere buone monete di bronzo. — Disaccordo tra le finanze dello stato e il decadimento dell' oricalco sotto Tiberio. — Cause della cattiva lega metallica sotto Caligola e Claudio — Nerone sper- pera i tesori dello Stato e fonde un gran numero di sesterzii e dupondii coniati dai suoi predecessori. — Strettezze dell'erario pub- blico sotto Galba e Vespasiano, i quali tuttavia emisero buone monete. — Condizioni economiche sotto Tito e Domiziano. A meglio chiarire quanto si è detto finora sulle vicende della moneta imperiale di bronzo lino a Domiziano, gioverà dare un fuggevole sguardo alle condizioni economiche sotto ciascun imperatore, dalle quali non si può fare astrazione, trattandosi di mo- neta, la rappresentante dei valori in un'epoca, nella quale dipendeva dalla volontà dell'imperatore o del Senato alterare la lega metallica, sempre che le finanze dello Stato si trovassero in basso. E cosa notevole nella numismatica imperiale una riduzione continua del peso dei tre metalli e un'alterazione della lega. Si è studiata la lega dell'cM-o e dell'argento, resta a studiare quella dell'oricalco. Le ricerche del Phillips e del Gobel sono ben poca cosa. E il Mommsen non pensava certo al brusco avvilimento dell'oricalco nella serie monetale di Tiberio, Caligola (471 Cfr. H.iRr.iiv>r, Oeiivr., t. I, p. 240. 33° ETTORE G.\BR1. Coteste straordinarie imposizioni gli pro- curarono la taccia di avaro , dalla quale cerca di scagionarlo Suctonio, dicendo : Siiiit cantra qui api- nentur, ad manitbias et rapimis necessitate compnlsiun summa aerarti fisciqiie inopia; de qua testi/ìcatns sit initio statini principatns, prvjessiis quadringenties inillies (63) Tac , Hist., I, 20, (64^ SuET., Galba, 15; Tac, /Usi., I, 20 (dice che furono trenta). (65} Plut., Galba, 2. (66j SuFT., Vespas , 16. 336 ETTORE GAHRICI Opus esse, ut res p. stare posset. Ouod et veri similins videtnr, quando et male partis optime iisus estimi). Co- munque sia, egli batte la stessa via di Nerone per riguardo alla monetazione di bronzo , nella quale nulla esce dalle regole da quello stabilite. Se i figli avessero continuato l'opera del padre, la monetazione loro sarebbe andata bene ; ma pur troppo avvenne quel che abbiamo notato dopo Au- gusto. Vespasiano aveva lasciato ai tìgli un tesoro ben nutrito, Tito lo cominciò a dissipare con le pro- digalità, Domiziano gli die fondo con le spese enormi delle costruzioni e spettacoli , sopratutto per 1' au- mento del soldo ai soldati , che accrebbe le spese annuali di un 50 milioni (63) Lq studio delle monete di Domiziano avvalora quello che si è detto. CAPO IV. Opinione del Mahudel, del De Saulcy e del Borghesi sulle contromarche. — Opinione del Mancini. — Elenco delle contromarche. — Contro- marche impresse da Augusto e da Tiberio sulle monete di Lione. — Contromarche impresse da Claudio e loro significato. Interpre- tazione delle contromarche di Nerone. — Contromarche di Galba, Oitone, Vespasiano. Non intendo parlare di quei segni che vediamo impressi in incavo sopra un gran numero di denari della Repubblica e dei primi imperatori. Il Borghesi e recentemente il A'iilani hanno dimostrato che quei segni trovano la loro ragion di essere nelle succes- sive riduzioni che ebbe a subire piij volte la moneta d'argento ; per le quali le monete già in corso, pur (67) SuET., ì'espas., 16. (68) SuET., Doiiiit., 7. Cfr. Duruv, t. IV, p. 209. CONTRIBUTO ALLA STOkLV DELLA MONETA ROMANA 337 essendo consumate dall'uso, raggiungevano tuttavia il peso dei nuovi denari messi in circolazione. Esclu- derò parimenti da questa ricerca i denari con la sigla IMP • VESP, studiati dal Borghesi e dal Bahrfeldt y^9) e la limiterò allo studio di quelle sigle impresse, per ordine dell' Imperatore, su ìiuilte monete di zecca ro- mana o provinciale che già da qualche tempo circola- vano all' epoca di tale impressione. Queste sigle, co- munemente dette contromarche, consistono per lo più nelle iniziali del nome di quegl'imperatori che le fecero segnare per ragioni diverse. L'importanza loro non isfuggì alle indagini dei grandi numismatici, quali r Eckhel e il Borghesi, i quali però trascura- rono di prenderle seriamente in esame. Eppure io credo che esse siano degne di particolare conside- razione, perchè tutte ci attestano l'intervento dell'im- peratore nella monetazione di bronzo e alcune sono manifesto segno di riforme monetali richieste, in certi tempi, dalle condizioni economiche dell' Impero. 11 Mahudel'/°) suppone che la presenza delle con- tromarche sui bronzi im[jeriali derivi da tre diverse cagioni, cioè : a) o dalla necessità di accrescerne il xalore in circostanze difficili; /;) o dalla nomina di un nucjvo imperatore; e) o dall'idea di rinfrescare la memoria di un morto imperatore, nel c|ual caso se ne segnava il nome siile monete da lui coniate. Il De Saulcv '7') che più d'ogni altro studiò questo argomento, ne riduce le cause a due : (69) Zeitschr. f. Xuiii. a. 1876, p. 354; 1877, p. 279. V, (70) AcaJ. (its Inacr. el Oelles Lelires, llist. et iiiciiit. XI. ip. 23. 338 ETTURE GAP.KICI a) avveniva, egli dice, che l'esercito romano, trovandosi fuori di Roma, avesse penuria di danaro e in tal caso X imperator poteva, con una contromarca, accrescere il valore del pezzo metallico ; b) che le legioni fuori di Roma acclamassero un nuovo imperatore, il cui nome si segnava sulle monete in corso. Queste due ipotesi non bastano a spiegare l'ori- gine di tutte le contromarche e la prima è insussi- stente. Il Borghesi . Qjesta e le altre di sopra le ritengo segnate da Claudio nei primi anni del suo impero, a tempo della riforma dei pesi. CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA MONETA RO^L•^NA 34 1 biamo ricordare che egli, appena salito al trono, nell'anno 41 d. C, restituii pondiis niiuitnomm, com& provano i piccoli bronzi suoi, più volte finora citati; e ci dobbiamo ricordare ancora che questo suo ten- tativo andò in gran parte fallito, per la debolezza del suo carattere, non ostante avesse fermezza di propositi. I suoi sesterzii e dupondii dell'anno 4 r e del 42 d. C. sono abbastanza buoni per la lega e pel peso, ma poi decaddero sì per l'una come per l'altro, fino a diventare stranamente rozzi e di peso scadente. Or bene questa decadenza della moneta- zione ci spiega la contromarca di Claudio. Negli ul- timi anni del suo impero egli ordinò che si facesse una revisione dei bronzi e si segnassero con una contromarca i sesterzii (giacché di dupondii e molto meno di assi con contromarca io non ne conosco) coniati al suo tempo, che forse il popolo romano si rifiutava di accettare negli scambi quotidiani. La contromarca di Claudio non ha lo stesso significato di quelle d' Augusto e di Tiberio ; ma essa non è la sola che gli appartenga; un'altra, forse più frequente ancora, è quella che si legge PRO o PROB. Il Borghesi la interpretò felicemente per " probavit „, ma ebbe il torto di confonderla con le contromarche di Augusto e Tiberio. II Mancini l'attribuisce a Ne- rone, per analogia dell'altra contromarca NCAPR. Il nostro Medagliere ci offre, a vero dire, un mate- riale abbondante per istudiare le contromarche di Claudio; per la qual cosa, esaminando con attenzione la sigla PRO o PROB, ho notato : a) che essa per tecnica e grandezza somiglia moltissimo all'altra TI ■ AV., b) che trovasi solamente sulle monete di Claudio. e ne traggo la conseguenza che non può appartenere 342 ETTOKE CABRICI ad altri imperatori, se non a Claudio. A chi si osti- nasse a crederla di Nerone, domanderei che mi spiegasse, perchè mai questa ricorra soltanto sui sesterzii di Claudio, laddove la contromarca di Ne- rone NCAPR leggesi non solo sui sesterzii, ma anche sui dupondii di tutti i primi' imperatori. Nerone adoperò una sola contromarca, NCAPR che il Borghesi lesse Nero Caesar Angìishts probavit ''/ói. Ricorre di frequente sui bronzi di Tiberio, Druso, Caligola, Antonia, Claudio, Agrippina, ecc., sempre della stessa grandezza e tecnica. Se Claudio riformò solo la propria monetazione, Nerone dovette appor- tare una innovazione vera e propria, ed infatti ab- biamo altrove osservato che la moneta di bronzo di Nerone è la più perfetta. Non si può sconvenire che da Augusto a Nerone la coniazione del bronzo fu sempre un pò' trascurata; il dupondio non si sapeva distinguerlo dall'asse, se non pel colore, ed essendo stato alterato l'oricalco sotto Tiberio, Caligola e Claudio, l'uno e l'altro si confondevano. A Nerone spetta il merito di aver creato una distinzione fra (|ueste due monete, di aver coniato per la prima volta il semis, di aver emesso monete di giusto peso. Non è merito suo però l'aver adoperato per i du- pondii e per i sesterzii una buona qualità di oricalco; questo metallo lo trasse fondendo un numero stra- gande di sesterzii e dupondii d' Augusto che, a dif- ferenza degli assi, sono relativamente molto scarsi in tutte le pubbliche e private collezioni. A quest'o- pera di distruzione andaron soggette anche quelle monete di Tiberio, Caligola, Claudio, che eran di buona lega. E quelle di cattiva lega? È chiaro che non le fuse; ma siccome erano in grande numero e (75) Borghesi, Oeiivr., Dee. Ili, osserv. Vili. CONTRIHUTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 343 venivano rifiutate, con tutta probabilità, negli scambi, ricorse alla contromarca che tutti conoscono. Qual ne sarà dunque il significato? Facciamoci ad inter- pretare il senso della parola probavit usata nelle con- tromarche da Claudio e da Nerone. Il verbo probare ha il .significato fondamentale di sperimentare, provare rispetto alla bontà materiale, riconoscere come buono; in un significato più largo esprime garantire, assicurare. Se si prendesse nel primo significato, l'impciatore avrebbe allora espresso, con questa contromarca, che egli aveva provato se la moneta fosse di giusto peso e di buona lega. Quanto al peso, tale spiegazione potrebb'esscre ac- cettata, perchè, quantunque il Milani osservi trovarsi le contromarche su monete molto consumate, pure la consumazione potrebb'esscre avvenuta in seguito alla garanzia ottenuta dallo Stato, nell'atto che ve- niva contrassegnata. Ma quanto alla lega il verbo probo , se significasse sperimentare , non avrebbe nessun significato, perchè quasi tutte le monete con contromarca sono di lega non buona ; quindi bisogna prendere questo verbo nel senso di garantire. Claudio e Nerone adunque garantirono quelle monete, non ostante avessero un valore minore di quello che rappresentavano. E che il probavit si riferisca non soltanto al peso, ma anche alla lega metallica, lo prova il fatto che la contromarca NCAPR non si trova mai sugli assi, }na sempre o sui dnpondii o sui se- sterzii; e sì che di assi più o meno scarsi ve n'ha a dovizia sotto i primi imperatori fino a Nerone. Compendiando ora diremo, che le contromarche di Augusto e di Tiberio hanno soltanto lo scopo di dar corso in tutto l'impero alle monete della zecca di Lione ; quelle di Claudio si riferiscono solo alle monete di lui che negli ultimi anni del suo impero erano state alterate di molto ; quelle di Nerone si 344 ETTORE CABRICI estendono a tutte le monete fino allora coniate, allo scopo di garantirle, affinchè avessero corso, non ostante la lega e il peso non fossero esatti. Resterebbe a far parola delle ultime tre contro- marche IMP • GAL; IMP • OTHO; IMP • VES, le quali si leggono solamente su monete di Nerone e richiedono una spiegazione differente da quelle finora accennate. Esse formarono argomento di un prezioso scritto del De Saulcy i'/^', nel quale questi dimostra che furono impresse dalle legioni della Siria, nell'anno dopo la morte di Nerone, perchè andasse perduta la memoria dell'imperatore parricida e si divulgassero i nomi dei tre imperatori da esse successivamente acclamati, Galba, Ottone e Vespasiano. CAPO V. Quante qualità di rame i Greci distinguessero. — Passo di Strabene. — Significato dell'espress. aes album presso Plinio. — Felici indagini del Rossignol, intese a dimostrare come i Greci ed i Romani si servissero del minerale detto calamina. — I Romani dell'impero adoperavano forse la calamina, senza conoscere lo zinco che da essa si estrac. — Piegio che questo metallo aveva nell'antichità. — Aes Cypriiiiìi dell' Impero. Nel rifarmi da capo a rileggere questo mio scritto, ponderando una per una tutte la mie argo- mentazioni, ho potuto meglio notare che esse si fon- dano sul principio che " l'oricalco avesse nell'anti- chità una prevalenza sul rame puro. „ Sopra questo punto non ho creduto d'insistere prima, contentan- domi di citare i passi di Plinio e di Polluce e l'e- ditto di Diocleziano, i quali ci mettono al sicuro (76) Rev. Ardi., N. S. t. XIX, p. 415-427. CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 345 da ogni sospetto. Ma ora m'accorgo che non e del tutto inutile spendere qualche parola per istudiare di questo metallo, l'oricalco, donde gli antichi lo estraessero, se lo conoscessero allo stato puro o fosse un prodotto dell'industria, quale ne fosse il pregio. E qui vedo aprirmisi il campo ad una ben intricata ricerca, nella quale si sono provati non pochi cul- tori di scienze ed archeologi ad un tempo, quali il Savot, il Soumaise, il Bochart , il Kircher , il Launay, il Beckmann, il Rossignol, il Lenz ed altri. Il compito che io mi propongo è molto più limitato di quello dei mentovati autori, le cui inda- gini risalgono fino ai tempi omerici e si perdono in un'antichità remotissima. Limiterò la mia breve ri- cerca all'epoca dell'impero romano, proponendomi di rispondere ai tre seguenti quesiti : a) se la differenza che io stabilisco tra l'ori- calco ed il rame esista in fatto o se quello che i ro- mani chiamavano oricalco non sia in sostanza che una qualità speciale di rame, di color più o meno chiaro; b) questo metallo chiaro era estratto dalle miniere ovvero un prodottcj artificiale? e) dato che l'oricalco fc^sse un [)rodotto del- l'industria, possiamo affermare con sicurezza che nell'impero romano avesse maggior pregio del rame puro ? Alla prima domanda si risponde subito, pen- sando alle due espressioni dei greci /.x>./-ò; cp-j'Jpó,- e ■/xIm; ).e/,có;, con le quali solevano accennare a due differenti qualità di rame ''^i. La spiegazione poi la (77) DioscoR., lisci 'j/.Tj- 'iTvx',;, V, e. 189; TiiKopiiR., De ()'/or.,t. I, p. 757 (ed., Schneid.). 346 E I TORE GABKICI troviamo nelle seguenti parole di un grammatico greco: òpei.-(a/.-,co?, tò aew.òv /yj-AWjy. (78) 5^ dunque il •/aV/.ó; \fs/Jj; è l'oricalco, perchè di colore giallognolo, il /xl/M ìyj'i'Jj; sarà senza dubbio il rame puro che è rossastro. K che tale differenza la facessero anche i Romani, Plinio lo attesta, parlando più volte del- l'ago- album che è la traduzione letterale del /y'^y.ò-, \vr/Ai e che ora sappiamo essere l'oricalco '79). Ma a quale metallo intendevano alludere i greci e i romani con questo rame bianco od oricalco? Un passo di Strabone ci mette sulle tracce di rico- noscerlo. Nei pressi di Andini, egli dice, si trova tin minerale che sottoposto a una temperatura diventa ferro, calcinato nel forno con una certa terra distilla del falso argento, combinato col rame diventa ciò che si chiama lega di ratiie, che alcuni chiamano ori- calco (80). 11 Rossignol, studiando il passo di Strabone alla stregua delle sue conoscenze scientifiche, dimostra che questo minerale è proprio quello conosciuto in Mineralogia col nome di calamina o cadmia fossile, dalla quale si ricava lo zinco e che unita col rame dà, mediante il processo della cementazione, quel metallo tanto comune che chiamiamo ottone. Tra- scrivo qui appresso le parole, con le quali egli commenta il passo del geografo : Quelle est cette pierre merveilleuse, qui produisait de si surprenants effets, qui engendrait le fcr, le zinc et transformait le (78) Pediaì5., ad Scili. HeiciiL, 122. (79) Plin., Nat. Hist., XVI, 22; XXXIV, 26 et passim. (80) Strak., XUI, p. 610. "Hot; òs Xl'lo; rzsy. -à 'Avvs'.pa, 'J;xi'.óuEvot oiÒTjpoi; Y'-vstat. elxa (isxà -^rfi Ttvo-; xc/|).iv6'j'js;; à;tT03a^5t 'ieuSàpfupov, Yj itpooXa'oùja yoXxòv, ti v.aXoójisvov •(•'■^STa'.upàjj.ot, ò tive? òp£:)(o),xov xaXoOa'.. Per l'interpretazione esatta di questo passo , che è quella data di sopra, cfr. Rossignol , Du metal qiie les anciens appelaienl oricìmhjue , P- 244- 251. CONTRIUUTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 347 cuivre en laiton ? C'est la pierre calaminaire ou la mine de zinc. Uisons d'abord quo la matière appelée par les Grecs 'iì'jSipyjpo,- est, selon toute vraisemblance, notre zinc. Tel qu'on l'obtient par la fusion, le zinc est une substance dure, sans ètre cassante, d'un blanc assez brillant, et que l'antiquité a pu designer convenablement sous le nom de faiix argcut. Ce metal est grand ami du ter, et il se trouve très- souvent avec lui. Dans la plupart des mines de fer, il s'en rencontrc en plus ou moins grande quantité; cependant alors sa presence ne se rélève qu'à la suie des fourneaux. Gomme il est cxtremement vo- lati!, il se sublime aisément sous l'action du feu vif qu'on emploie pour réduire le minerai du fer, et il s'attache sous une forme concrète aux parois des cheminées des fonderies. C'est cet enduit qu'on ap- paile la cadmie des fourneaux , et qui pulvérisée et fondue avec le cuivre rouge, le transforme en cuivre jaune ou laiton. Le procede se nomnie ccincntation. Mais le zinc a aussi sa mine ou plutot scs mines propres dont on l'extrait en fusion; ce sont la ca- lamine, qu'on appelle encorc cadmio fossile, et la blende; or, ces dcux mines contiennent toujours du fer avec le zinc, et la blende, en plus grande quan- tité que l'autre. Voilà donc une pierre qui réunit déjà deux conditions de celle d' Andira, puisqu'elle contient du fer et du zinc ou du faux argent ; pour- suivons. Nous venons de dire que le laiton ou cuivre jaune s'obtient par la cémentation de la cadìiiie des fourneaux, ou concrétion du zinc sublime; on le produit encore en alliant le zinc fondu avec le cuivre rouge. Mais le plus beau et le meilleur tout à la fois, c'est celui que donne la cémentation de la mine mcme du zinc, cémentation qui consiste à réduire en poudre la pierre calaminaire, à la méler avec une égale quantité de poudre de charbon un peu 3f8 KTTORE GABRICI humectce, et à recouvrir de ce mélange les lames de cuivre rouge, qu'on met easuite au fourneau. Voilà donc la troisième condition remplie, puisque la mème pierre, s'adjoignant le cuivre, le transforme en laiton „ (^'). Se la dimostrazione del Rossignol lascia ancora un dubbio sul nome e la qualità del minerale, di cui Strabene accenna solo gli effetti, questo dubbio si dilegua col seguente passo di Festo che così defi- nisce la cadmia fossile o calamina; cadmea, terra (juae in aes conicitiir ut fiat orichalcum (^^i. Dunque gli antichi, almeno nell'età imperiale, sapevano pro- durre artificialmente l'oricalco e si servivano del minerale detto calamina, senza conoscere, a quanto sembra, lo zinco. Questa considerazione, nella quale concordano i chimici e mineralogisti moderni, ci porge occasione di rispondere al terzo quesito che dianzi proponevo. L'oricalco doveva esser tenuto in pregio più che non sia oggi l'ottone, perchè lo zinco era poco o nulla diffuso e passava per un prodotto minerale molto raro, tanto che lo chiamavano falso argento. Su questo punto poi non è necessario fermarci, avendo noi innanzi addotto le testimonianze relative di Plinio e Polluce, i quali parlano della prevalenza dell'ori- calco sul rame puro, quasi nella proporzione di i a 2. Lascio ad altri il compito di ricercare se siano degni di fede i passi degli antichi scrittori relativi a ana qualità di oricalco che si estraeva dalle miniere, come a dire X acs cordnbcnse, di cui parla Plinio; a me basta aver dimostrato che i Romani dell'impero conoscevano la lega del rame e della calamina per (81) Rossignol., o. c, p. 251-253. (82) Fest., s. V. Cadmea. CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA .MONETA ROMANA 3^9 fare l'oricalco od ottone. Ed anche quando si arri- vasse a dimostrare che l'oricalco sia un metallo che trovasi allo stato naturale, nessuno oserebbe certo affermare che l'oricalco dei scsterzii e dei du- pondii sia quale veniva estratto dalle miniere, giacché, per quanto abbondanti potessero essere stati i pro- dotti di queste, non avrebbero mai fornito sufficienie metallo per coniare tanti milioni di sesterzii, circo- lanti nell'orbe romano. Chi ha pratica della mone- tazione imperiale, non può ammettere ciò per un'altra ragione. 11 colore dell'oricalco varia, non dico da imperatore a imperatore ma, quel che è più, da se- sterzio a sesterzio, da dupondio a dupondio dello stesso imperatore. Monete sicuramente coniate nel medesimo anno presentano le più svariate gradazioni nel colore dell'oricalco; or questo potrebbe verifi- carsi, se l'oricalco tosse stato un prodotto naturale? Le gradazioni nel colore dipendono dalla maggiore o minore quantità della calamina che entrava in lega col bronzo. La scarsità di sesterzii e dupondii color d'oro, ossia di buona lega, dimostra come lo zinco, se i)ur lo conoscevano allo stato puro, fosse un metallo non comune e quindi costoso; così è anche chiaro che le variazioni dell'oricalco nell'impero romano anda- vano connesse alle condizioni economiche. 11 rame puro, che abbiamo visto essere il metallo degli assi, avea poco valore nell'età di Augusto, perchè ab- bondante. Nel 57 a. C. avendo i Romani occupato Cipro, spiegarono tale attività nel lavorare in quelle mine, che di là mandavano rame in tutto l'impero, fornendo così una delle maggiori entrate allo Stato. Possiamo formarcene un'idea da ciò che dice lo storico Josephus. Egli ricorda che Erode offrì ad Augusto la somma di trecento talenti, dei quali l'imperatore si servì per far celebrare dei giuochi 350 ETTORE CABRICI e offrire delle largizioni al popolo, e che Augusto gli cedette in cambio la metà dei prodotti ricavati dalle miniere di rame dell'isola di Cipro, dandogli facoltà di far lavorare in esse per conto suo fino a che non si fosse estinto il debito (^3). D'allora in poi il bronzo di Cipro ebbe il predominio sugli altri e fu quasi generalmente usato, e se prima era chia- mato aes Cyprinm, col volgere degli anni fu chia- mato soltanto Cyprium *^4^ Questa qualità di bronzo usavasi per gli assi, come attesta Plinio, ELENCO DEI DUPONDII, ASSI E FRAZIONI DELL' ASSE DA AUGUSTO FINO A DOMIZIANO Comprendo bene che, per dare un elenco com- pleto dei dupondii ed assi, sarebbe occorso un esame dei monumenti numismatici più largo e maturo di quello che io abbia fatto. I due medaglieri di Na- poli e di Santangelo hanno offerto materia alle niie indagini, non punto scarsa veramente, ma neppure completa. Perciò non sempre ho avuto sott'occhi la moneta che nel Cohen trovasi descritta sotto la deno- minazione vaga di medio bronzo, e, nel dubbio, mi sono talvolta astenuto dal descriverla. In questo lavoro di distinzione mi hanno guidato certe leggi che sono andato scoprendo e confermando (83) Antiq. lud., XVI, 4, 5. (84) Plinio ciie parla spesso del rame, specie nel libro XXXIV, usa a volte Cyprium ed aes Cyprinm, ma più spesso Cyprium. CONTRIBUTO ALLA STORLA DELLA MONETA ROMANA 35I ì a poco a poco : Ho già detto che Augusto ha un unico tipo per i dupondii, un unico tipo per gli assi; così la sua classificazione è bell'e fatta. Aggiungerò che i dupondii di Tiberio si distinguono dagli assi (e questa doveva essere l'unica differenza che ne re- golava il corso nell'impero), in quanto gli uni hanno i7 busto di qualche diviìiità, gli altri la testa di Tiberio. La stessa differenza, a un dipresso, dura con Cali- gola e Claudio; se non troviamo il busto di qualche divinità sui dupondii, vi troviamo certamente rappre- sentazioni diverse, non mai la testa dell'imperatore (^5) che ricorre costantemente sugli assi. Ma queste diff'erenze accidentali se potettero ba- stare con uno, con due, con tre imperatori, non po- tettero perdurare a lungo, perchè doveva crescere la difficoltà di tale distinzione col crescere delle specie monetali in corso. Ond'è che Nerone intro- dusse una dififerenza costante che durò per tutto l'impero, salvo alcune eccezioni che fanno capolino con tutti gli imperatori. Il dupondio, d'allora in poi, ebbe la testa radiata dell'imperatore, l'asse, la testa liinreata. In generale ciò si riscontra sempre. Ma in ogni serie monetale non mancano parecchi medii bronzi con la testa lau- reata, che dobbiamo necessariamente ascrivere fra i dupondii, prima perchè sono di oricalco, poi perchè il loro peso è supcriore a quello degli assi di rame. Molte di queste eccezioni le ho numerate per ciascun imperatore nell' elenco che segue , a cominciare da Nerone. Circa la loro spiegazione, non posso ancora lanciare nessuna ipotesi, perchè meritano uno studio che ho iniziato , ma non ho ancora menato a ter- (85J Fa eccezione un dupondio di Claudio. Vedi il n. 34 dell'elenco che segue. 352 ETTORE CABRICI mine. È sorprendente che i due imperatori dell'anno 822 (69 d. C.), cioè Galba e Vitellio , non abbiano adottato questa riforma di Nerone. La distinzione dei loro dupondii ed assi non si può fondare che sulla differenza del metallo e per questo crescono le difficoltà a dismisura. È mestieri adunque pigliare le mosse dalla loro monetazione, se si voglia ten- tare su questo punto , una ricerca a cui accennavo più sopra. Nel citare ho dato sempre la preferenza al Cohen , come il repertorio più completo e diffuso ; e quando l'indicazione di esso non bastava , son ri- corso al catalogo del Fiorelli, di cui mi son sempre servito per la descrizione dei tipi. Per amor di bre- vità, ho raccolto sotto il titolo di varianti tutti gli esemplari che o per l'epoca o per i particolari della leggenda e del tipo differivano dall'esemplare da me descritto. Perciò questo elenco, giova ripeterlo, è ben lungi dall'esser completo, e, più che altro, è un ten- tativo di una classificazione veramente scientifica delle monete imperiali, secondo la quale ho in animo di fare il Catalogo della Collezione Santangelo. AUGUSTUS. (739-767 — 15 a- C. ■ 14 d- C.). a) Dupondii (oricalco). I. — D. — AVGvsTvs TRiBVNic POTEST In cofona di quercia. R. — Ili viR A A A F F Nel mezzo s . e (86\ Cohen, Oct. Aiig. n. 342. (86) Questi tipi dei dupondii di Angusto sono costanti, ma il nome del monetiere varia. I nomi che vi si leggono sono: Q. Aelius Lamia CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA .MONETA ROMANA 353 b) Assi (rame). 2. — D. — CAESAR AVGvsTvs TRiBVNic POTEST. Tcsta nuda di Angusto a sin. o a destra. R. — Ili viR A A A F F Nel mezzo s e (87). Cohen, id. n. 369. 3. - 764 — II d. C. D. — iMP CAESAR DIVI F AVGVSTVS iMP XX. Tcsta nuda di Augusto a sinistra. R. — PONTiF MAXIM TRiBvx poT xxxiiii. Nel mezzo se (33). Cohen, id. n. 226. (Coh. Oct. Aug. n. 342), C. Asiniiis Gallus (Coh. id. n. 368), Cn. Piso Cn. F. (Coh. id. n. 378), C. Cassius Celar (Coh. id. n. 408), C. GalHus Lupercus (Coh. id. n. 435), P. Stolo (Coh. id. n. 44o\ P. Licinius Stole (Coh. id. n. 442), P. Lurius Agrp. (sic) (Babelon, t. II, p. 155), Censo- rinus (Coh. id. n. 452), L. Surdinus (Coh. id. n. 472), C. Plotiiis Rufus (Coh. id. n. 502), T. Crispiniis (Coh. id. n. 505\ T. Crispinus Sulpician. o Sulpicianus (Coh. id. n. 507», T. Qiiinctius Crisp. o Crispinus (Coh. id. n. 509), M. Sanquinius (Coh. id. n. 52i\ Ti. Senipronius Gracciis (Coh. id. n. 525). (87) Anche per gli assi varia il nome del inonetiere, pur rimanendo costanti i tipi del diritto e del rovescio. Tralascio le lievi differenze nella leggenda del diritto. I nomi dei monetieri che vi si leggono sono: C. Asinius Gallus (Coh. Oct. Aug. n. 369), Cn. Piso Cn. F. (Babelon, t. I, p. 308), C. Cassius Celar (Coh. id. n. 409), C. Gallina Lupercus (Coh. id. n. 436J, A. Lincin. Nerva Silan. (Coh. id. n. 437), P. Lurius Agrippa (Coh. id. n. 445, 416;, M. Maecilius Tullus (Coh. id. n. 448 449), Maianius Gallus (Coh. id. n. 451). L. Naevius Surdinus ovv. L. Surdinus (Coh. id. n. 470, 473). Sex. Nonius Quinctilian 'Coh. id. n. 474, 475, C. Plotius Rufus (Coh. id. n. 504), T. Crispinus (Babelon, p. 397, n. 14), M. Salvius Otho fCoh. id. n. 5 [5, 516). M. .Sanquinius (Babelon, p. 479. n. 6), Volusus Valer. Messal. (Coh. id. n. 53B). (88) Devo dichiarare di non aver potuto finora stabilire, per man- canza di esemplari, se i niedii bronzi di Augusto con i nomi dei mo- netieri, aventi nel diritto la testa nuda di .Augusto con dietro la Vit- toria alata che gli cinge il capo con serto di alloro, siano di oricalco o di rame, e perciò sono in dubbio se siano tutti dupondii od assi. 10 argomento che debbano essere dupondii. Nel medagliere di Napoli ve ne sono soltanto tre, due dei quali sono di oricalco, e uno di rame. 11 Cav. Francesco Gnecchi ne ha due nella sua collezione, anch'essi 354 EIIOKK OAUKICI 4. — Agrippa l?-742 — ?-i2 a. C). D. — M AGRIPPA L F cos IH. Tcsta di Agrippa a sin. con corona rostrale. K. — Nettuno in piedi a sin., poggiato al tridente e con delfino sulla mano, ai lati s e (^). Cohen, Agr., n. 3. 5. — Tiberius Caesar (763 — io d. C). D. — TI CAES.^R AVGVST IMI'ERAT [oVV. IMPERATORI V. Testa nuda di Tiberio, a destra. R. — PONTIFEX TRIBVN POTESTATE XII. Nel mCZZO S C. Cohen, Tib., n. 27. r) Quadranti (rame). 6. — D. — Due mani giunte che stringono un caduceo. R — III viR a A A E F. Nel mezzo s e (9°). Cohen, Od. Aiig., n. 338. 7. — D. — Simpulo e liuto. R. — IH viR A A A F F. Nel mczzo s e (91). Cohen, id. n. 339. 8. — D. — Corno d'abbondanza, ai lati s e. R. — IH viR A A A F F. Incudine (92). Cohen, id. n. 340. di rame, coni' egli mi assicura, ma di un modulo tra i grandi e i medii bronzi, pesanti l'uno gr. 15,200, l'altro gr. 20,290. Ad ogni modo queste monete meritano uno studio, che io mi riprometto di fare, se altri non mi precederà. (89) Queste monete sono tutte indistintamente di rame. Nella col- lezione di Napoli ve n'è una di oricalco, del peso di gr. 10,98 (Fiorelli, Cat. n. 3946J; ma essendo un caso unico, attribuisco ciò ad errore. (90) Sulla faccia diritta ricorrono i nomi di Lamia, Silius, Annius (Coh. id. n. 338); Pulcher, Taurus, Regulus (Coh. id. n. 413). (91) Leggonsi i nomi di Lamia, Silius, Annius (Coh. id. n. 339); Pulcher, Taurus, Regulus (Coh. id. n. 414). (92) Per questi quadranti abbiamo i seguenti nomi: Lamia, Silius, Annius (Coh. id. n. 34.0); Pulcher, Taurus, Regulus (Coh. id. n. 415). CONTRIBUTO ALLA STORLA DELLA MONETA ROMANA 355 g. — D. — IH viR. Incudine. R. — A A A F F. Nel mezzo s . e (93\ Cohen, id. n. 352. IO. — D. — Nel mezzo s . e. R. — III viR A A A F F. Incudine (94). Cohen, id. n. 376. TIBERIUS NERO. (767-790 - 14-37 d- C.) ^S ETTORE CABRICI 25. — Divits Aiigiisfiis Pater. I). — Divvs AVGVSTVS PATER. Tcsta di Augiisto con corona radiata, a sin. R. — PROViDKNT. Ara ed ai lati s e. Cohen, (hi. Ai(g. 11. 228. 26. — D. — Simile al preced. R. — Fulmine alato fra .s e e. Cohen, id. n. 249. 27. — D. — Simile al preced. R. — Aquila, di fronte, sopra un globo, con ali aperte e guardando a destra. Ai lati s e. Cohen, id. n. 247. 28. — D. — DIVVS AVGVSTVS PATER. Tcsta di Augusto con corona radiata , a sin. Innanzi vi è un fulmine, sopra vi è un astro. R. - Livia velata, sedente a destra , stringe un lungo scettro ed ha una patera in mano. Ai lati s e. Cohen, id. n. 244 CALIGULA. (790794 - 37-41 d. C.) a) DcpoNDii. 29. — Gerinanicits pater. — Oricalco ovv. Rame coti patina d'oricalco. D. — GERMANTCvs CAESAR. Germanico in piedi su di una quadriga, ornata di una vittoria , a destra , avente in mano lo scettro sormontato da un'aquila. R. — siGNis RixEPT DEVicTis GERM. Germanico in piedi, a sin., che, sollevando il braccio destro, stringe colla sinistra lo scettro sormontato da un'aquila. Ai lati s e. Cohen. Germiin. n. 7. — Gr. 15,75; 14.65, Collez. Santang. CONTRIBUTO ALLA STORLX DELLA MONETA ROMANA 359 30. — Nero et Dntsiis fratrcs. — 790 — 37 d. C. — Oricalco per lo pili rame con patina d'oricalco. D. — NERO ET DRvsvs cAESAREs. Nerone e Druse che ve- stiti di tunica e con clamide svolazzante, cavalcano, a d. R. — e CAESAR AVG GERMANICVS FOX M TR POT. Nel mezzo s e. Cohen, Nerone e Drusa, n. i [var. n. 2, 3]. — Gr. 16,40 ; 14,91, Fiorelli, Cat. n. 4168, 4171. b) Assi (rame). 31. — 790 — 37 d. C. D. — e CAESAR AVG GERMANICVS FON M TR POT. TcSta nuda di Caligola, a sin. R. — VESTA. Vesta velata , sedente a sin. con asta e patera in mano. Ai lati s e. Cohen, Calig, n. 27 fvar. 11. 28, 29]. 32. -- GeniianicHs pater. — 790 — 37 d. C. D. — GERMANICVS CAESAR TI AVGVST E DIVI AVG N. Testa nuda di Germanico, a sin. R. — e CAESAR AVG GER.MANICVS FON M TR FOT. Nel mezzo s e. Cohen, German. n. i fvar. n. 2. 5]. r) OrADRANTi (ramel. 33. - 792 - 39 d. C. D. — e CAESAR DIVI AVG FRON AVG Pileo. Ai lati S C. R. — FON .M TR F III P P COS DES III. Nel mCZZO R.CC. Cohen, Calig. n. 5 (var. n. 6-8|. TI. CLAL'DirS. (794807 - 41-54 d. C.) a) DrFONDii. 34. — 794 — 41 d. C. — Oricalco, spesse volte ili cattiva leiia. D. — TI CI.AVDIVS CAESAR AV(; F M TR P IMF F F. Tcsta nuda di Claudio, a sin. 360 ETTORE CABRICI R. — CERES AVGVSTA. Cerere velata, sedente a sin., che ha nelle mani due spighe e la face. Nell'esergo s e. Cohen, Claudio ì, n. i [var. n. 2]. — Gr. 16,49, Fiorelli, Cai. n. 4216 35. — Oricalco ovv. rame con patina di oricalco. D. — Divvs AVGvsTvs. Testa di Augusto con corona radiata, a sin. Ai lati s e. R. — DIVA AVGVSTA. Livia, sedente a sin., poggiata ad alta face uso scettro, con spiga e papaveri in mano. Cohen, Aiig. n. 93. — Gr. 16,84, Fiorelli, Cai. n. 4100. 36. — Antonia mater. — 794 — 41 d. C. — Oricalco. D. — ANTONIA AVGVSTA. Busto di Antonia, a destra. R. — TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP. Claudio in piedi, a sin., con testa velata ed il simpulo in mano. Ai lati s e. Cohen, Antonia, n. 6. — Gr. 15.59, Fiorelli, Cai. n. 4292. b) Assi (rame). 37- - 794 - 41 d. C. D. — TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P I.MP. TcSta nuda di Claudio, a sin. R. — coNSTANTiAE AVGVSTi. La Costanza in piedi , di fronte, con galea cristata e poggiata all'asta; guarda a sin. ed appressa la mano destra alle labbra. Ai lati se. Cohen, Claudio I, n. 14 (con p - p). 38. - 794 - 41 d. C. D. — TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP PP. TcSta nuda di Claudio, a sin. R. — LiBERTAS AVGVSTA. La Libertà in piedi, di fronte, guardante a destra , con pileo in mano, slargando la clamide. Ai lati s e. Cohen, id. n. 47. 39. - 794 - 41 d. C. D. — TI CLAVDIVS CAESAR AVG P M TR P IMP. TcSta nuda di Claudio, a sin. R. — Pallade in piedi, a d., armata di galea e scudo, con egida sul petto, in atto di scagliare un'asta. Ai lati s e. Cohen, id. n. 84 [var. n. 83]. CONTRIBUTO Al LA STORIA DELLA MONETA ROMANA 361 40. — Gcrinanicits fratcr. — 794 — 41 d. C. D. — GERMANICVS CAESAR TI AVG F DIVI AVG N. TcSta nuda di Germanico, a destra. R. — TI CLAVDIVS CAESAR AVG GERM P M TR P IMP P P. Nel mezzo s e. Cohen, Germanico, n. 9. c) Quadranti (rame). 41. - 794 - 41 d. C. D. — TI CLAVDIVS CAESAR AVG. Mano , a sin., che tiene sospesa una bilancia, sotto cui p n r. R. — PON M TR p IMP cos DEs IT. Nel caoipo s e. Cohen, Claudio I, n. 71 [var. n. 73]. 42. — 794 — 41 d. C. D. — TI CLAVDIVS CAESAR AVG. Modio. R. — Simile al preced. Cohen, id. n. 70 [var. n. 72, 74, 75]. L. D O M [ T. NERO. (807-821 - 54-68 d. C.) d) DUPONDII DI ORICALCO CON LA TESTA LAUREATA. 43. — D. — NERO CLAVD CAESAR AVG GER P .M TR P IMP P P. Testa di Nerone laureata a sin., poggiante sopra un globetto. R. — MAC AVG. 11 Macello, nel cui interno è la statua di Nettuno in piedi. Fiorelli, Cat. n. 4449. 44. — D. — NERO CLAVD CAESAR AVG GER P M TR P IMP P P. Testa di Nerone, a destra, con corona d'alloro. R. — PACE P R TERRA MARIO PARTA lANV.M CLVSIT. Tempio di Giano , la cui porta chiusa ornata di l'estone è a destra. Ai lati s e. Collez. Santaiigclo. 362 ETTORE GABKICI 45. — D. — IMP NERO CAESAR AVG P MAX TR P P P. TcSta di Nerone laureata, a sin. R. — SECVRrrAS avgvsti. La Sicurtà sedente a destra, ciie, poggiato il cubito al dossale del seggio, sostiene il capo con la mano, ed ha nella sinistra un' asta. In- nanzi ara accesa adorna di festoni , cui è addossata una face. Ai lati s e. Fiorelli, Cat. n. 4598 [var. n. 4601, 4603, 4604, 4614, 4615). 46. — D. — IMP NERO CAESAR AVG p .M TR p . . . Tcsta di Ne- rone laureata, a sin. R. — SPQR OB civ SER in corona di quercia. Fiorelli, Cat. n. 4616. 47. — D. — NERO CLAVDIVS CAESAR AVG GERM P M TR P IMP p p. Testa di Nerone, a destra, con corona di alloro. R. — VICTORIA AVGVSTI. Vittoria alata gradiente, a sin., con ramo di palma in una mano e nell'altra la corona di alloro. Fiorelli, Cai. n. 4625 [var. n. 4626,-27,-28,-32-41]. b) Assi di oricalco. 48. — D. — NERO CLAVD CAESAR AVG GERMANI. Testa di Ne- rone, a destra, con corona radiata. R. — GENIO AVGVSTI. Gcnio in piedi , a sin., innanzi ad un'ara accesa, avendo in mano la patera ed il corno dell'abbondanza. Ai lati s e. Cohen, Nerone, n. 108 [var. n. 105-107]. — Gr. 8,70; 7,22, Fiorelli, Cat. n. 4421-22. — Gr. 7,65 Id. n. 4424-26. - Gr. 10,09 (peso eccedente); 8,96 ; 8,34 ; 6,59, Collez. Santang. 49. — Mill. 22,24. D. — Simile al preced. R. — l'ONTiF MAX TR p IMI' p p. L'imperatore in piedi, a destra, laureato ed in abito muliebre, accompagnando il suo canto alla lira. Ai lati s e, nell'esergo ì. Cohen, id. n. 203 [var. n. 191, 248]. — Gr. 6,82, Collez. Santang. — Gr. 10,31 (peso eccedente) Fiorelli. Cat. n. 4633-700. CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 363 c') Semis di oricalco con o senza segno di valore. 50. — 813 — 60 d. C. — Mill. 17-19. D. — NERO CAES AVG iMP. Tcsta di Nerone laureata, a d. R. — CER QviNQ ROM CO. Mensa agonistica adorna di due grifi, sopra cui s (che spesso manca), vaso e corona. Sotto vi è un disco, nell'esergo s e. Cohen, id. n. 47 |var. n. 48-65], - Gr. 4,15; 4,12 ; 3.93; 3,64; 3,43000. Collez. Santang. — Gr. 4,53; 4,28; 4,26. Fiorelli, Cat. n. 433538. 51. — Mill. 17-19. D. — IMP NERO CAES AVG. Tcsta di Nerone laureata, a d. R. — p M TR p p p. Roma , sedente a sin., sopra una lorica e più scudi, calcando una galea, che con la si- nistra stringe il parazonio e tiene nella destra una co- rona d'alloro. Nell'esergo s e ; nel campo s (che spesso manca). Cohen, n. 178 [var. n. 189, 190, 193-195, 236240, 272, 33i-334l- - IMI' P P. Testa di Nerone, a destra, con corona d'alloro. R. — CERTAMEN oviNu ROM CO. Mensa agonistica adorna di due grifi , sopra cui vaso e corona. Sotto vi è un disco. Gr. 6,13, Fiorelli, Cai. n. 4333 [var. n. 4334; gr. 6,08). 53. — Mill. 22. D. — IMP NERO cAESAR AVG PONTI!'. Tcsta uuda di Ne- rone, a destra. R. — MAX TRiB POT p p. RoiTia , Sedente a sin., sopra una lorica e più scudi, calcando una galea, che con la sinistra stringe il parazonio, e tiene nella destra una corona d'alloro. Ai lati s e. Gr. 5,47; 4,86, Fiorelli, Cat. n. 4562,63. 364 ETTORE GAimiCI d'] Quadranti di oricalco. 54. — Mill. 14 o 15. D. — XERO CLAV CAE AVG GER. Galea cristata , asta e scudo poggiati ad una base. R. — PM TR p iMP p p. Ramo di ulivo , sotto . " . Ai lati s e. Gr. 1,58, Fiorelli, CaL n. 4708-11. — Gr. 2,58, Collcz. Santangelo. 55. — D. — Simile al preced. R. — Simile al preced., ma senza segno di valore. Gr. 2,12, Collez. Santang. 56. — Mill. 14. D. — NERO CLAV CAE AVG. Ara Ornata di festoni, su cui poggia una civetta con ali aperte. R. — GER p M TR p IMI' p p. Ramo di ulivo. Sotto . ■ . Ai lati s e. Gr. 1,75, Fiorelli, Cat. n. 4719. L\NA 37 l 94. — 829 — 76 d. C. D. — T CAEs iMP PONT. Testa di Tito laureata, a destra. R. — roN MAX TR FOT p p cos V cKNs. Caduceo alato fra due corni d'abbondanza ricolmi di uva e di spighe. Cohen, Tito, n. 155. 95- — 830-31 — 77-78 d. C. D. — T CAES l.MP AVG F TR P COS VI CENSOR. TcSta di Tito laureata, a destra. R. — SECVRiTAS AUGvsTi. La Sicurtà seduta, a destra, innanzi ad un'ara, che con una mano sostiene il capo, e con l'altra stringe un'asta. Ai lati s e. Fiorelli, Cat. n. 6492. 96. — Domitianus Caesar. — 826 — 73 d. C. D. — CAESAR AVGvsTi V. Tcsta di Domiziano laureata a s. R. — DO.MiTiANvs COS H. Caducco alato, cui sono con- giunti due corni d'abbondanza ricolmi di uva e spighe. Cohen, Dnnth., n. 97 [var. n. 99], — Fiorelli, Cai. n. 6688-91. 97. - 826 - 73 d. C. D. — CAESAR AVG F oo.MiTiAN COS u. Husto di Domi- ziano laureato, a destra. R. — FELiciTAS PVBi.icA. La Felicità in piedi, a sin., dm caduceo in una mano e nell'altra il corno d'abbon- danza. Ai lati s e. Fiorelli, Cat. n. 6633. 98. — 826 — 73 d. C. D. — Simile al preced. R. — PRiN'cip ivvFNT. Domiziano a cavallo correndo, a sin., che stringe lo scettro ed ha un braccio levato in alto. Sotto s . e. Fiorelli, Cai. n. 6650-54. 99. - 827 - 74 d. C. D. — CAESAR AVG F DOMFriA.N COS IH. Husto di Domi- ziano laureato, a destra. R. — FEi-icrfAS PVBi.iCA. La Felicità in piedi, a sin., con caduceo in una mano e nell'altra il corno di abbon- danza. Ai lati s e. Fiorelli, Cai. n. 6704-8. 372 ETTORE GABRICI loo. — 829 — 76 d. C. D. — CAESAR AVG F DOMiTiAN cos V. Busto di Domi- ziano laureato, a destra. R. — CERES AVGvsT. Cerere in piedi, a sin., poggiata ad alta face, tenente in mano le spighe. Ai lati s e. Fiorelli, Cat. n. 6754 (dorato). b) Assi di oricalco. IDI. — Mill. 20. D. — IMF CAESAR vESP AVG. Testa di Vespasiano lau- reata, a sin. R. — Corona d'alloro nel cui mezzo s e. Gr. 6,65, Fiorelli, n. 6204. 102. — Titiis Caesar. — 832 - 79 d. C. — Mill. 21. D. — T CAESAR iMP PON TR POT. Testa di Tito lau- reata a destra. R. — Corona d'alloro, nel cui mezzo s e. Gr. 6,81 ; 5,45 (consumato) Fiorelli, n. 6595-96. f) Semis (oricalco). 103. — 829 — 76 d. C. D. — iMP CAESAR VESPASIAN AvtivsT. Tcsta di Vespasiano laureata, a destra. R. — poNTiF MAX (?) TR p COS VII cENS. La Vittoria stante , a sin. , tenente nelle mani una corona e un . ramo di palma. Cohen, yesl>as. n. 383. 104. — D. — iMP VESP AVG. Testa di Vesp. laureata, a s. R. — p M TR POT p 1'. Caduceo alato. Ai lati s e. Cohen, id. n. 349. 105. ^ Tìtiis fdiiis. D. — T CAES iMP. Testa di Tito laureata, a destra. R. — PON TR POT. Caduceo alato (senza s e). Cohen, Tito, n. 156 [var. n. 339]. CONTRIBUTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 373 106. - DomitiaìiHs filiiis. — 826 — 73 d. C. D. — CAES AVO F. Testa laureata di Domiziano a sin. R. — DOMiT cos II. Caduceo alato (senza s e). Cohen, Domiz., n. 96. 107. — 826 — 73 d. C. D. — CAESAR DOMIT COS II. Testa laureata di Doni., a s. R. — s . e in corona d'alloro. Gr. 4,08 (consum.) Fiorelli, Cat. n. 6693. d) Quadranti (rame od oricalco) k9^). 108. — 824 — 71 d. C. D. — iMP CAES VES AVG. Albero di palma. R. — p M TR p p p cos III. Insegna militare. Ai Iati s e. Cohen, l'espas. n. 341 [var. n. 342, 343, 351, 352], — Gr. 1,82 (O/Zr.) Collez. Santang. 109. — 824 — 71 d. C. D. — iMP vespasian AVG. Trofeo. R. — Simile al preced. Cohen, id. n. 344 [var. n. 353]. — Gr. 1,70 iOi-ic.) Collez. Santang. HO. — 824 — 71 d. e. I). — Simile al preced. R. — p M TR p p p cos III. Due aste fra due scudi. Cohen, id. n. 345 fvar. n. 357]. 111. — 824 — 71 d. C. D. — iMP VESPASIAN AVG. Albero di palma. R. — PON .M TR p p p cos III. Aspergillo, patera e ba- stone d'augure. Cohen, id. n. 355 [var. n. 356]. 112. — 825 o 826 — 72 o 73 d. C. D. — Simile al preced. R. — p M T p p p cos iiii. Stendardo. Ai lati s e. Cohen, id. n. 340 [var. n. 354]. (96) Questa serie di quadranti fu coniata in oricalco e in rame, e fu quasi sempre osservata la relativa differenza di peso. 374 LTI'ORE GABRICI T13. — 825 o 826 — 72 o 73 d. C. D. — iMP VESPASIAN AVG. Trofeo. R. — p M TRiB p cos mi. Stendardo. Ai lati s e. Colien, id. n. 350. 114. — 825 O 826 — 72 O 73 d. C. D. — iMP CAFs VESPASIAN COS iiii. Caducco alato fra due corni d'abbondanza. R. — S.C in corona d'alloro. Ccihcn, id. 11. 503 [var. n 504]. — Gr. 2,06 {f)ric.) Collez. Santang. 115. — 827 — 74 d. C. D. — iMP VESPASIAN AVG. Timone su di un globo. R. — p M TR p p p cos V. Caduceo alato fra due corni d'abbondanza. Ai lati s e. Cohen, id, n. 346 [var. n. 347-348]. — Gr. 2,47 (rame) : gr. 2,91 (rame) Collez. .Santang. T. V E S P A S I A N U S. (832-834 - 79-81 d. e.) a) Dl'PONdii di oricalco con la testa laureata. 116. — 833 - 80 d. C. D. — iMP r CAES VESP AVG p .M TR p COS Vili. Testa di Tito laureata, a sin. R. — CEREs AVGvsTi. Cerere in piedi , a sin. poggiata ad alta face e con le spighe in mano. Ai lati s e. Collez. Santangelo. 117. — Domitiaiiiis frater. — 833 — 80 d. C. D. — CAES DIVI VESP F DOMITIANVS {oVV . DOMITIAN) COS VII. Testa di Domiziano laureata, a sin. R. — CONCORDIA AVG. La Concordia, seduta a sin., con patera in una mano e nell'altra il corno d'abbondanza. Neil' esergo s . e. Fiorelli, Cnt. n. 6920. 118. - 833 - 80 d. C. n. — CAES DIVI VESP F DOMITIAN COS VII. Testa di Do- inizian(_) laureata, a sin. COXTKintJTO ALLA STORIA DELLA MONETA ROMANA 375 R. — VESTA. Vesta sedente a sin., con Palladio in una mano e nell'altra l'asta. Ai lati s e. Fiorelli, Cat. n. 6922 [var. n. 6923]. 119. — 833 — 80 d. C. D. — CAES DIVI VESP DOMiTiAN cos VII. Testa di Domi- ziano laureata, a sin. R. — La Speranza in piedi, a sin., sollevando la veste e con fiore in mano. Ai lati s e. Fiorelli, Cat. n. 6936. b) Semis (oricalco). 120. — D. — IMP T CAESAR DIVI VESPAS F AVG. TeSta di Tito laureata, a destra. R. — ivD CAP. La Giudea mesta , sedente a sin., sotto un albero di palma, presso cui varie armi. Ai lati s e. Cohen, Tito, n. 112 [var. n. 225]. 121. — D. — IMP T CAES T VESP AVG GERM. TcSta di TÌtO laureata, a destra. R. — Cinghiale gradiente, a destra. Sotto s e. Cohen, id. n. 241. c) Quadranti (rame od oricalco). 122. — 833 — 80 d. C. D. — IMP T VESP AVG cos Vili. Testa galeata, a destra. R. - s . e in corona di alloro. Cohen, id. n. 251 |var. n. 255). 123. - 833 — 80 d. C. D. — I.MP T VESP AVG Ct).S Vili. Modio. R. — Simile al preced. Cohen, id. n. 252. — P'iorclli, Cat. n. 6874. 124. — D. — IMP TiTVS. Caduceo alato tra due corni d' ab. R. — Simile al precoci. Cohen, id. n. 253. 125. — D. — IMP TiTvs. Albero di palina. R. — Simile al preced. Cohen, id. n. 254. 376 ETTORE CABRICI D O M I T I A N U S. (834849 - 81-96 d. C.) a) DcPONDil DI ORICALCO CON LA TESTA LAUREATA. 126. — 834 — 81 d. C. I). — IMI' CAES DIVI VESP F DOMITIAN AVG P M. TeSta di Domiziano, a destra, con corona d'alloro. R. — TR p cos VII DES vili p p. Palladc in piedi, a sin., galeata e con egida sul petto , che poggiata all' asta ha in terra lo scudo e in mano il fulmine. Ai lati s e. Collez. Santang. 127. — 835 — 82 d. e. 1). ^ Simile al preced. R. — TR p cos vili DES vini p p. Simile a! preced. Collez. Santang. n) Semis (oricalco), a) con l'iinììiagine di Domiziano. 128. - 838 - 85 d. C. D. — iMP DOMiT AVG GERM cos XI. Busto laurcato di Domiziano, a destra, con paludamento , sotto le sem- bianze di Apollo. R. — Tripode, attorno al quale è avviticchiata una serpe. Cohen, Dnniis. n. 546. — Gr. 3,54; 3,10. Collez. Santang. 129. — D. — iMP DOMiTiANVs AVG. Tcsta di Dom. laur., a d. R. — Corno d'abb. ripieno di frutti e spighe. Ai lati s e. Cohen, id. n. 543 [var. n. 542]. — Gr. 3,60. Collez. Santang. 130. — D. — iMP CAES DOMITIAN AVG GERMAN. Tcsta di Do- miziano laureata, a destra. R. — Nave con vela spiegata, carica di spighe. Cohen, id. n. 547. ^) senza l' imniagine di Domiziano. 131. - 838 - 85 d. C. D. — iMP DOMiT AVG GERM cos XI. Busto d' Apollo lau- reato, a destra, coi capelli lunghi. C0MR1BL"1'0 ALLA Sl'OKIA DELLA MONETA ROMANA 37/ R. — Corvo, a destra, poggiato sopra un ramo d'alloro. Sotto s . e. Cohen, id. n. 525 [var. n. 526-529]. — Gr. 2,65 (consum.) Fiorelli, Cttl. n. 7095. — Gr. 3,27 ; 2,71 (consum.) Collez. Santang. 132. - 838 - 85 d. c. D. — i.MP DOMrr AVG GERM cos XI. Busto d' Apollo lau- reato, a destra, coi capelli lunghi. R. — Lira. Ai lati s e. Cohen, id. n. 541. '33- — 839 — 86 d. C. D. — I.MP DOMiT AV(; GERM COS XII. Busto di Palladc ga- leato, a sin. o a destra. R. — Civetta, a sin. o a destra. Ai lati s e. Cohen, id. n. 523 [var. n. 521, 522, 524]. — Gr. 5,58 (eccedente) Frorelli, Cat. n. 71 16. — Gr. 3,54. Collez. Santang. r) Quadranti (rame). 134. - 839 - 86 d. C. D. — I.MP DOMIT AVG GERM COS XII. Busto dell'Annona coronato di spighe, a destra. R. — Fascio di spighe e papaveri. Ai lati s e. Cohen, Danti:., n. 18. — Gr. 3,91. Collez. Santang. 135. — D. — IMP DOMIT AVG GKRM. Xcl lUeZZO S C. R. — Rinoceronte, a de.stra o a sin. Cohen, Domi:, n. 673, 674. — Gr. 3,27 ; 2,82; 2,62; 2,36. Collezione Santang. — F"iorelli, Cai. n. 722930. 136. — D. — IMP DOMIT AVG GERM. Busto galeato di Pallade, a destra. R. — Ramo d'ulivo. Ai lati s e. Cohen, id. n. 544. — Gr. 3,47. Collez. Santang. — Fiorelli, Cai. n. 7227-28. 137. — D. — IMI' cAEs DOM Avc;. Busto galeato di Pallade , a destra. R. — Corona d'alloro, nel cui mezzo s . e. Fiorelli, Cai. n. 7226. |jy8 li. (jAUKlCl - CUM UlbL'lO ALLA blUKlA, LCC. 138. — D. — IMI' DOMiT AVG GERM. Simile al preced. R. — Simile al preced. Gr. 2,67. CoUez. Santang. 139. — D. — iMP DOM AVG io-i'v. iMP DOMIT AVG). Sim. al pr. R. — Simile al preced. Gr. 3,32. Collez. Santang. 140. — D. — IMP DOMIT AVG GERM. Busto dell'Annona coro- nato di spighe, a sin. R. — Calato ricolmo di spighe. Ai lati s e. Cohen, Domiz., n. 15 [var. n. 13 (Gr. 2,54 ; 2,2t. Collez. Santang. — Fiorelli, Ca/. n. 7096) e 14. 141. — D. — Simile al preced. R. — Nave con vela spiegata, carica di spighe. Sotto s e. Cohen, id. n. 16. — Fiorelli, C(7t. n. 7231. 142. — D. — IMP UOMIT AVG GERM. TrofcO. R. — Ramo d'ulivo. Ai lati s e. Cohen, Doiniz. n. 545. Ettore Cabrici. MoNETLMA Aurea COL NOME E COL RITRATTO DI SESTO POMPEO ..il, W^ La moneta d'oro di Sesto Pompeo divulgata dal Riccio Moni!. Fcììiiig!., tav. LXllI, 5 ('), dal Co'kh Dcscrìpt. gén., tav. XXXIV. 2 e dal Babelon, Moìi. de la l'ép., II, pag. 355, 31 (2), non è da coiifon- dorè con quella del Medagliere Fiorentino, edita dal- l' Eckhel in Xitm. ì'ct., tav. XVII, 2, cfr. p. 312 e quivi da lui esattamente descritta : S • POMP ■ Caput modeste barbatum et nuclum. -- Sinc epigraphe. Navis expanso velo, supra quam tri(|uclra Av • III. E.x Museo M. D. (3). (i) V. nostro disegno fig. i. (3) II nostro disegno (fig. 3) è tratto dalla pubblicazione Eckhel, I.1 fig. 4 dall'originale. Si confronti l'ingrandimento fotografico a i|uatlro diametri, che diamo più innanzi. 38o LUIGI A. MILANI Meno esatta è la descrizione dello stesso Eckhel, in Doctrina Num. Vet., p. 30, dove tale moneta è stata dichiarata a torto un quinario. Le iniziali S ■ C iSenatiis consulto) aggiunte nel rovescio del quinario edito dal Riccio (v. fig. i) con barba, e dal Cohcn-Babelon (v. fig. 2) senza barba, il tridente aggiunto dietro la testa del diritto, l'iscri- zione diversa (S • PO MP invece di • S • POW • sic) e il diverso modulo , avrebbero dovuto bastare a far riconoscere erronea l' identificazione con il pezzo fiorentino; ma pur troppo gli errori numismatici di questa specie sono frequenti e inevitabili , quante volte faccia difetto la critica o si trascuri l' autopsia dell'originale. Il nostro pezzo ha un diam. di mill. 9 e pesa soli gr. 1,1 1. Perciò non è un quinario , come fu giudicato , ma una frazione corrispondente ai noti pezzi romano-campani da xx sesterzi (Babelon, I , p. 26, n. 31), emessi per la prima volta al tempo della seconda guerra punica (anno 217 av. Cr.) (4). L'insigne aureo col presunto ritratto di Sesto Pompeo (v. Ba- belon, II, p. 353, n. 24 ; cfr. BcrnouUi, Ròin. Ikon. I, Miinztaf. II, 51-52, p. 225), nell'esemplare fiorentino, perfettamente conservato, pesa gr. 7,79, che diamo qui riprodotto (fig. 5). La nostra frazione corrisponde quindi ad un settimo quasi preciso di tale aureo. Altri esempi di (4) V. Lenormant, La Monti, dans l'ant., II, 289. MONETINA AUREA COr, NOME DI SESTO rOMPEO 381 spezzati d'oro di questo peso e modulo io non co- nosco in tutta la numismatica romana di questo tempo. Il ritratto del secondo figlio del Grande Pompeo, offerto da questa importante moneta del Medagliere Fiorentino, poco rassomiglia a quello del citato aureo. Sono però comuni nelle due teste le caratteristiche dei capelli ruvidi e della barba insolita, ed è iden- tica la forma del naso. I capelli, resi, nella frazione d'aureo, addirittura ispidi, e la barba più lunga, ma più rada e quindi più giovanile, certo contribuiscono molto a cambiare il tipo della testa. Per la forma della barba [barbula) può giovare il confronto col ritratto di Druso Maggiore, da me riconosciuto e pubblicato in Bull. Ist., 1891, tav. IX (v. p. 307, e segg. e p. 313 e segg). Tolto l'equivoco in cui sono incorsi Riccio, Cohen e Babelon, resta da indagare d'onde sia stato tratto il quinario dai detti autori edito e descritto. A giudicare dai disegni che ne furono dati (v. le relative riproduzioni tigg. i, 2), a me pare che questo quinario non sia esistito altro che falso o im- maginario. Falso fu già sospettato dal Mommsen {Monn. roni., II, p. 538 segg.) per il nome Sextns indi- cato da una semplice S ■ E vero che il nostro pezzo da xx sesterzi di autenticità , per quanto mi pare , non dubbia, offre la medesima particolarità epigrafica (cfr. i disegni figg- 3» 4 e ingrandimento fig. 6) ; però è da osser- vare, che, se codesta insolita abbreviatura qui si giustifica davanti alla estrema piccolezza del pezzo e per il dato e fatto che mancava lo spazio per una iscrizione più lunga, nel modulo del quinario può dar ombra, come la dava al Mommsen. Prescindendo da tale particolarità, nel quinario mi sembrano più che sospette : la separazione im- 382 LUIGI A. MILANI propria dell' epigrafe (S ■ PO — MP) , la mancanza del nesso IVP e le sopra notate aggiunte, manifestamente fatte al tipo del diritto e del rovescio del nostro pezzo. L'aggiunta delle iniziali S C farei dipendere dal denaro di Sesto Pompeo (Babelon, I, p. 353, n. 23), se non dalle ovvie monete romane senatoriali, la testa con lineamenti incerti (V. disegno Riccio (n. i) in confronto con disegno Cohen-Babelon) (n. 2), riferita a Nettuno a cagione del tridente, dirci desunta da un cattivo calco del pezzo mediceo e dalla interpre- tazione del falsario, che l' avrebbe creduta di Net- tuno e identificata con quella del denaro di Sesto Pompeo, Babelon, II, p. 351, n. 21. Nei riguardi artistici 1' esecuzione del pezzo di Firenze che esibiamo ingrandito a quattro diametri nella fig. 6, si può dire perfetta, e opera greca meglio che romana. L'origine greco-sicula del conio è d'al- tronde dimostrata dalla triquetra del rovescio. La testa è trattata con una finezza mirabile e con una cosi spiccata individualità da superare il bel ritratto dello stesso personaggio, esibito dal più. volte ricor- dato aureo. Perciò gli iconografisti di Sesto Pompeo dovranno d'ora innanzi tener conto e far tesoro anche di questa moneta e non piìi fondarsi unica- mente suir aureo, come hanno fatto fin qui (v. Ber- nouUi, Rolli. Ikon., I, p. 225). Davanti al nostro ritratto, più individuale di MONETINA AUREA COL NOME DI SESTO POMPEO 383 quello dell'aureo e certo referibile a Sesto Pompeo a cagione dell'iscrizione, parrebbe anzi lecita una spie- gazione dell' aureo fig. 6 diversa da quella data fin qui e numismaticamente più naturale. Si potrebbe cioè credere che la testa del diritto dell'aureo dia l'effigie barbata del Grande Pompeo e che le due piccole teste parallele e contrapposte del rovescio dieno r effigie dei due suoi figli Gneo e Sesto. Contro tale interpretazione stanno però la rassomiglianza spiccata che una delle testine del rovescio dell'aureo, quella a sin., nell' esemplare fiorentino nitidissima , (v. nostra fig. 5), presenta con i tipi di comune ac- cordo attribuiti al grande Pompeo (5», ed il lituo che accompagna quella medesima testa , il quale è sim- bolo della dignità pontificale di Pompeo Magno (Cfr. le monete, Bab., II, p. 353, nn. 25, 26). Nei riguardi tipologici, appena è bisogno di rile- vare che la nave a vele spiegate del rovescio del nostro nummo allude alla qualità di Sesto Pompeo, nel 43 av. Cr. nominato dal Senato Romano comandante in capo della fiotta della repubblica, col titolo di Prae- fediis classis et arac ìnaritiniae (v. 1' aureo e le altre sue monete di questo tempo; cfr. Mommsen, Mannaie romaine, II, p. 538). La triquetra sopra la nave ci trasporta in Sicilia, dove egli aveva il suo quarticr generale. Nei riguardi epigrafici, oltre l'abbreviatura ecce- zionale del prenome Scxtns, ridotta, come avver- timmo, per l'assoluta mancanza di spazio, alla sem- plice iniziale '6), va notata l'interpunzione. Il punto che da un lato della testa precede il (5) Bernouii.li, Rolli. Ikon., I, p. 107 e segg., Mùnztafd, II, n. 36-42; IIelbig, in iiiill. hi. Genii., 1886, p. 37-4I, tav. II. (6) Per la stessa ragione anche sul denaro di S. Pompeo, Habelon, II, 353, n. 23 la forniola f..\ s . c . vedcsi abbreviata nelle semplici iniziali s . e. 384 L. A. MILANI - MONETINA AUREA, ECC. prenome e quello che dall'altro lato precede il nome • S • I • POW • non possono spiegarsi se non con la grande finitezza del conio, la quale ha portato l'arte- fice a sentire il bisogno di dare simmetria artistica perfino all'iscrizione. — Punti superflui , o che ser- vono al semplice distacco delle parole, si trovano del resto anche in altre epigrafi monetarie dello stesso Sesto Pompeo (v. Babelon, II, nn. 16, 26 PIV S- IMP, nn. 21, 22, 24 EX • S • C). Per ciò che tocca infine la metrologia, abbiamo già messo in relazione questo nummo con i pezzi da XX sesterzi romano-campani , coniati per eccezione nel 217 av. Cr. e con l'aureo di peso sette volte maggiore. Qui posso aggiungere che, data la grande rarità dell' oro in questo tempo e data la estrema piccolezza del nostro pezzo, e da aspettarsi che come è rimasto finora unicuin, tale rimarrà per lunga serie d' anni , a maggior lustro del Medagliere che lo possiede. Firenze, jo Marzo iSgs- Luigi A. Milani. IL FIORINO D'ORO DI URBANO V Nella collezione numismatica del Museo Nazio- nale di Firenze v'è un fiorino, coniato da un papa, che credo ancora inedito, e ne dò la descrizione: Oro, grammi 3.50. 3' — S • JOHANNES • B. Il santo nimbato, con mantello di pelli, in atto di benedire e con la croce nella sinistra. In alto una mitra. 91 — (chiavette incrociate) SANI • PETRVS. Giglio fiorentino. Questo fiorino dev'essere quello che è men- zionato in un documento pubblicato dall' Orsini ('^, con cui la Repubblica di Firenze concedeva ad Ur- bano V licenza di battere moneta d'oro al suo tipo: " Anno 1368. A petizione di Urbano V pontefice et a sua " richiesta, contro gli ordini degli Statuti del Comune di " Firenze, si dà licenza : Nobili viro Amarlo de Gianfigliazzis, (i) Orsini., Storia delle monete delta Repubblica fiorentina. Firenze, 1760, pag. 38. 386 UMBERTO ROSSI " civi fiorentino, magistro monetarum D. Pape, quousque " Urbanus fuerit in iiumanis, cudere et fabricare quoscumque " fiorenos et quamcumque monetam auream dicti Pape, seu " sue Camere, seu de Camera, seu prò Camera, etiam sub " vel cum imagine S. Johannis Baptiste, vel lilii vel aliquo " signo, vel conio Communis Florentie, dum tum in ipsis flo- " renis et quolibet ipsorum sit impressio evidentium litte- " rarum, seu signum mitrie papalis, per quod appareat non " esse fiorenos de Florentia, et quod in ipsis fiorenis non " sint scripte seu sculpte he lictere de Florentia „. 11 fiorino corrisponde perfettamente alla descri- zione che se ne fa nel documento ; infatti il segno è la mitra papale e la leggenda SANI • PETRVS è af- fatto nuova. Ed ora credo conveniente di fare alcune osser- vazioni sugli altri fiorini papali conosciuti. Giovanni Villani, lo storico fiorentino, scrive che Giovanni XXII fu il primo a far coniare in Avi- gnone il fiorino d'oro nel 1322: " Nel detto tempo ed anno Papa Giovanni fece fare in " Avignone una moneta d'oro fatta del peso e lega e conio " del fiorino d'oro di Firenze, senza altra intrasegna, se non " che dal lato del giglio diceano le lettere il nome di Papa " Giovanni; la qual cosa gli tue messa a grande ripren- " sione a fare dissimulare siffatta moneta come il fiorino " d'oro di Firenze „. Il fiorino d'oro di Giovanni XXII fu pubblicato dal Rossi (2) ed è conservato nella collezione Mari- gnoli : ne dò la descrizione : t£^ — S ■ lOHANNES • B. Il santo nimbato con mantello di pelli, in atto di benedire e con la croce nella sinistra. In alto due chiavette incrociate. 9( — COMES • VENSI. Giglio fiorentino. (2) Rossi G. C, L'aurea moneta di Giovanni XXII. Roma, 1881. II. KIORINO d'oro di VRHA.NO V 387 Questo fiorino fu coniato in Carpentrasso ed è rarissimo. L'altro fiorino di cui esistono due varietà, una con la tiara e l'altra con la mitra , e con la leg- genda SANI • PETRH, fu coniato in Avignone da Cle- mente VI (3I. Egli trasferì la sede pontificia in Avi- gnone nel 1348, dopo aver acquistata la città da Giovanna d' Angiò, regina di Napoli, per 80000 fio- rini d'oro; e cambiò totalmente il tipo della moneta sostituendo al titolo di Comes Fenesiui i nomi degli apostoli, SANTVS • PETRVS e SANTVS • PAVLVS. Questa innovazione fu continuata da'suoi successori. Nella collezione del Museo Nazionale v'è un esemplare del fiorino di Clemente VI col segno della mitra : Oro, grammi 3.48. ,©' — S • lOHANNES ■ B. Il santo nimbato con mantello di pelli, in atto di benedire e con la croce nella sinistra. In alto una mitra. 5»' — (chiavette incrociali). SANT • PETRH- Giglio fiorentino. L'ultimo della serie e il fiorino di Urbani) \' coniato a Roma col consenso della Rcpubljlica fio- rentina contro i^li ordini cìci^li statuti de! Connine di Firenze. Quantcj cambiamento dal tempo di Giovanni Villani! U.MBERTO Rossi. (3) Questa nuova attribuzione fu dimostrata dal sig. V. Capobianchi nel suo lavoro : Le inoiie(e di Roiitii e dei Pdpi da circa il uSo al JJ'jf, in Bull, di Xuni. e Sfrag. Anno li, Camerino, 1884. DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI PER LA STORIA DELLA ZECCA DI MILANO PARTE SECONDA. PERIODO SFORZESCO (Continuazione). VI. — MASSlMILL\NO SFfìRZA. 454. — 1512-1515 — Serie delle monete di Massimi- liano Sforza [Giiecchi , Monete di Milano, p. 103 e in Riv. ital. di Niiin., 1894, fase. I, p. 55]. 455. — 1513, aprile 9, Pavia. — Decreto che autorizza la spendizione delle monete che verranno coniate nella zecca di Bellinzona [Reg. Panig. E. 171 e 207. — Bcllati. Mss. cit. — Motta, Origini della zecca di Bellinzona, 1. e, p. 13I, 456. — 1513, aprile 9, Pavia. — Decreto con cui sono banditi " i Grossoni et monete che se fabricano in la cccha di Monferrato „ che sono " di assai minore bontà et valuta de quelle doveriano essere „ \Rig. Panig. E. 170 t. - lirl- lati, Mss.]. 457. — 1513, ottobre 27, Pavia. — Massimiliano Sforza avendo " cognosciuto la esperientia , sufficentia et pratica che ha Jo. Francesco da Lanate dicto Binasco „ gioielliere ducale " in cose de dissegno et nel arte del artificio : et anche sapendo la fede, integrità et bona servitù sua " verso 39'J EMILIO MOTTA la corte, " in recompensa de parte de li benemeriti soi „ lo costituisce " revisore de la cecha generale de Milano „. [Ardi. stor. lombardo, 1893, p. 1065]. II Binasco è anche noto come valente miniatore. 458. — 1514, febbraio 4, Milano. — Grida sulle mo- nete e sul corso delle medesime \Reg. Panig. L. 200 t. — lì diati, Mss.]. Banditi totalmente « li Ducati, scuti, grossoni, et tute le altre monete de Monferrato et de Saluzo et così li Scuti et monete de Savoya u. Bandite eziando " le parpaliole de Bar- bono da soldo uno dinari nove et le monete Luchese et Bolo- gnese II. E la tariffa come segue per le altre : " Ducati papali, de lo imperatore, de Milano, de Vcnetia, de Uiigaria, de Napoli, Portugalesi, Ragonesi, de Fiorenza, de Genoa, de Luca, de Ferrara, de Mantoa, de Sena, de Perusia, de Saspolcro, Astesani boni et de justo peso a L. 4 s. 13 per ducato. " Ducali bolognini a L. 4 s. 12. » rogorini a L. 4 s. io, " Scuti Soleti a L. 4 s. 9. " de Corona a L. 4 s. 6. li Fiorino de Rhcno a debita bontà et peso del Marcello a L. 3 s. 8. " Tute le altre peze doro che non sono specificate in la pre- sente arida, che non sono bone et di Justo peso, non barano corso alcuno nel stato et dominio de Milano. « Le monete cioè li Grossoni appelati testoni de Milano boni et de justo peso se haverano spendere et recevere soldi vinti dui et dinari nove luno. (( Li mczi Grossoni seu testoni allo equipolente. " Le monete fabricate in Cecha de Milano da qui indreto et che si fabricarano alla debita bontade se spendano et re- cevano al consueto alla rata del ducato videlicet L. 4 s. 13, sopra la qual valuta sono fabricate et se fabricarano epse monete. " Le Parpaiole de Pranza, solite spendersi s. 2 den. 6 se spendano et recevano se non s. 2 d. 4 luna. « Le Parpaliole de Caroliis s. 2 d. — « Li quarti de Pranza s. — d. 7. " Troni et nioziniglii s. 15 d. — DOCUMENTI VISCON'TEO-SFORZESCHI, ECC. 39I 11 Marcelli de Veiietia s. 7 d. 6. « Li Marciteti s. — d. 9. « Carlini papali vechii s. 7 d. 6. " " g. Paiiig., L. 283 t. - Bellati, Mss. - G'/-//// ^., Scipionis Vegii Historia, in Bibl. Histor. Italica, Voi. I. Milano, 1876, p. 20, nota]. I Scuti Soldi de Sua Maiestà se spendano per la presente cita, et tato el dominio de Milano, a libre quatro et soldi se- dece per ciascuno, e li grassoni da Milano a soldi vintiquatro luno, et le parpayolc quale se solevano spendere soldi dui, dinari sei, che se spendano soldi dui et dinari cinque ". 396 EMILIO MOTTA 468. — 1515, dicembre 6, Milano. — Grida sul corso e valore delle monete \Reg. Panig., L. 294 t. — Bellati, Mss. — Ceruti, loc. cit., p. 22, nota]. « El Ducato doro largo, de bone et justo peso L. 53. — imperiali. « El Ducato rogorino de bono oro et justo peso L. 4 s. 17. u Et Scuto dal sole, de bono oro et justo peso L. 4 s. 16. u Scudi del Re de bono oro, et justo peso L. 4 s. 13. « Mezi Scuti e ;w^0e Corone di bono oro et justo peso alo equipolente, digna relatione habita. « Fiorini de Rheno, de bono oro et justo peso, et non ga- teschi ne trechi L. 3 s. 12. u Grossoni d'argento de Milano, de Genoa, Ferrara et Mantua et Todeschi integri et de justa liga L. i s. 4. 11 Li mezi Grossoni de li predicti stampi alo equipolente ut- supra. « Le Barlinghe Venetianc L. — s. 16. « Le Parpayole del Re, videlicet soldi de Re L. — s. 2 d. 5. « Le altre monete milanese, Papale, Venetiane, Genovese, Fio- rentine, Ferrarese et Mantuane, secundo li pretij limitati per le ultime cride facte sopra el recevere et spendere de oro et moneta, a modo usato, et le altre se intendano excluse et ban- nite. » Confermando il divieto di « andare fora del dominio de Milano a fare Ceche né stampare oro né monete, né por- tare, né far portare argento né moneta ». 469. — 1516, febbraio 6, Milano. — Decreto sulle mo- nete [Reg. Fanig., O, 5 t. — Bellati, Mss.]. u Volendo dare ordine al facto de nostre monete siamo stati advertiti et informati che molti in actu de monete, campsori, bancheri, thesaurerij, receptori, commissarij de guerre, merca- danti et altri nostri sugieti transportano fora del nostro ducato de Milano grande quantità di oro et argento, scuti, ducati e testoni, et altre nostre monete, per farle fabricare et convertire in moneta forestera : et che [che e] più de sua auctoritate pri- vata, se sforzano per subtil niezo dare corso et valuta a diete monete forestere, de molto più che le non vagliano ad equi- paratione de nostre monete quale faciamo balere nel dicto nostro reame et ducato de Milano, corno ne consta a questo ultimo, per li assazi, reporti et informatione facte sopra ciò, per li nostri amati et hdeli consiglieri Magistri de nostra Camera de le DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI, hCC. 397 intrate ordinarie de Milano etc. : le quale monete extranee, se sono trovate grandemente frivole et malvagie secando il pretto et corso di quelle. Et maximamente li senti, testoni et cavatoti facti sul Marchisato de Monteferrato (82), et a Crevacore, et a Saluzo, le quale se trovano essere de grandissima perdita più de le altre monete forastere ". Parimenti avvertiti degli sforzi usati nei u dare corso et va- luta ali dozoiii o sia soìdi cioè parpaiole de Franza facte in lo dicto nostro reame per dinari trenta imperiali quali sono quatro soldi imperiali per scudo più che non dovriano bavere corso, il che è una confusione ». Per il che desiderandosi provvedere in beneficio del ducato di Milano si bandiscono gli scudi, te- stoni e cavallotti « facti neli dicti Marchesati de Monteferrato Saluzo et Crevacore ". Per rispetto invece « de nostri scut solati, ducati, testoni et de altre monete extranee et forastere considerando la gran perdita che saria bisogno al povero pò polo patire et supportare sei convenesse bandirle et redurle conio li ordini altre volte facti disponeno : per alchune ragione quale ad ciò ne movano, havemo anchora tollerato et sufferto che le diete monete habiano corso et valuta, corno le hano de presente, infino a tanto che per noi sia ordinato el contrario, zoè el ducato a libre cinque imperiali, el scitto a libre quatro, soldi sedece, et li fiorini de Rheno a libre tre, soldi dodece, at li Grassoni a soldi vintiquatro imper. e non per più ». Le parpaiole '• quale se spendano per dinari trenta non se possano spendere né recevere.... se non per dinari vintinove " Conferma dei divieti di partecipare a zecche forastiere e del- l'esportazione dell'oro fuori del ducato. Termine di 15 giorni a smaltire le monete condannate. 470. — 1517, novembre 18, Milano. — Grida di bando contro taluni accusati di falsificazione di monete e di omi cidii. [Ree. Paitig., H H, 141]. I loro nomi : « Hermes Costante Visconti. (82) Un documento sulla zecca di Casale dei 5 dicembre 1516 prova che vi lavoravano in gran parte dei milanesi, con il loro priore maestro Demando de' Gabatlori di Milano (cfr. Vesnte A., Giovan Francesco Caroto alla corte di Monferrato, in Arch. storico dell'arte, fase. MI, 1895, p. 40 e Minoglio G., Di un documento sulla zecca di Casale, in Atti della Società di arrlifiologia e belle arti di Torino, Voi. V, fase. \'[, iBg,, 398 EMILIO MOTTA « Zan ilo trunibetto. li Bolognino. Il Secundino da Omegna. » Carlatio. Il Malagiso et Pantaleone, famelij, de) diete Hermes. Il Baptista de Abià. Il Greco suo famelio. Il M.ro Bernardo Parpaliono. Il Galeaz suo nepote. Il Baptistano et Francesco fratelli de Co\tì fioli de m. Jo. Antonio. Il Donato magistro da muro. Il Domina Antonia da Cusano. II julio suo famelio. Il Jacomo Cribello da Serono. Il Jo Augustine da Terzago de Gorla menore. Il Francesco dicto el vescontino di vesconti zoppo. Il Togno da Valenzasca. Il Jo. Petro da Busto grande. Il Appellato el Cisano de porta Ticinesa. Il Jo. Simone da Milano suo compagno. Il Francesco dicto rosine di Ferrarij fiele de m. Stephano. Il Appellate Cazodocha compagno de diete Cisano. Il Marco Antonio diete Mazasegne. « Lorenzo da Valcesia. « Baptista Griffo >> (83). 471. — 1517, dicembre 9, Milano. Decreto per il quale Maffeo da Givate (84) può recarsi anche ne' luoghi fuori di (83) In precedente grida, dei 14 nov. {Reg. cit., fol. 140), l'Ermes Visconti è detto " habitatore in Milano et in Olegio, Paruzaro „; l'Ab- biate abitava " in Milano et al loco de Caselle „, i Corio stavano " fora de porta ticinese „. Donato m.ro da muro " apresso a Como „. Antonia da Cusano " era solita habitare in la Canonica de S.to Nazario „. Il Vescontino " solito habitare in Milano „. (84) Ci teniamo a segnalare l'esistenza di due Maffeo da Givate, diversi l'un dall' altro, ma ambedue medaglisti e orefici di valore , di- stinzione precisa a noi sfuggita, anni sono (Gasz. mtm., VI, 1886 n. 12). Maffeo I, che lavorò, assieme al figlio Ambrogio, nel 1470, per medaglie e monete sforzesche {Gazz. num.,W, 1884, p. 2 ; Armand. Médailleurs t. III^ p. 10. Paris 1837, 2 ediz). era vivente ancora ai 20 ottobre 1473 DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESClll, ECC. 399 Milano a battere moneta [I^e^. Paiu'g., L. 308 t. — Bella ti, Mss. — Ceniti, Scipionis Vegli Ilistoria, loc. cit., p. 23, nota]. u Franciscus Dei Gratia Francorum Re.\ et Mediolani Dlix etc. universis et singulis presentes inspectaris saluteni. Exposuit nobis Maphctts tic Clivalc civis noster Mediolanensis non posse comode cum familia sua vivere nisi e.x industria et exercitio suo, quod versatur in cudenda pecunia, aliquod sibi lucruni parct, superfluuni enim fuisset et inane hujusmodi artem didi- cisse nisi ea uti posset: petens idcirco a nobis potestatcm posteaquam in hac nostra civitate in presentia non cuduntur pecunie, ut ad alia loca ubi cuduntur impune se conferre et in ipsis cudendis se exercere possit. Cujusquidem petitioni tanquam honeste libenter annuentes, eidem Mapheo liberam concedimus licentiam, ut aliquibus ordinibus in contrarium vel prohibitionibus non attentis, possit tute et impune se conferre ad cudendum pecunias in alijs offìcinis in quibus cuduntur. Ita tamen quod teneatur illinc discedere et IVIediolanum redire quotienscumque ibidem contingat cucii pecunias: et in ipsius officina civitatis seu ceca suam prestare operam : sic enim omni convenit equitati et honestati, et sic se omnino facturum ob- tulit, et policitus est. Mandantes omnibus et singulis offitialibus et subditis nostris ad quos spcctet ut has nostras licentie litteras observent, et faciant ab omnibus inviolabiliter observari. Dat. Mediolani die nono decembris MDXVIJ et regni nostri anno tertio ". mentre figura defunto pochi giorni dopo, cioè ai 29 novembre quando si richiede un suo figlio (forse il medesimo Ambrogio) per l'esecuzione della statua equestre di Francesco Sforza (Ardi. s/or. toiiib., 1880, p. 590; 1878, p. 141 e Beltranii, Castello di Milano, p 315). Altro figlio di Maffeo I fu Giovanni o Zanctto, pure orafo {Ardi., 1878, p. 649 e 662; 18B0, p, '593), e forse è suo figlio o figlio di suo fratello Ambrogio il Maffeo II che vedremo figurare ancora nel 1525 alla zecca di Desana. Maffeo II aveva due fratelli , Gio. Luca e Francesco. È in data 3 ottobre 151 1 la concessione a loro favore di potere acquistare nel ter- ritorio novarese beni prediali per il valore di 10000 scudi circa [Ardi, civico di Milano. Lettere ducali i503-i5[2, fol. 192 t.|. Ambrogio da Givate, menzionato da! Charnpcaux nel suo Diclioii. naire des fniuieiirs, p. 300, figura ancora nel 1499 per l'esecuzione di certi fiaschi d'argento commi.ssionati dal duca di Ferrara (Ardi. star. tomi). 1885, p. 250). 400 EMILIO MOTTA 472. — 1518, gennaio 26, Milano. — Citazione di com- parsa fatta a Carlo Glissi in causa di spendizione di monete false, ossia di soldini [Reg. Panig., H. H. 179]. 473. — 1518, marzo 6, Milano. — Grida per la quale sono citati a comparire taluni in conseguenza di spendizione di monete false [Reg. Panig., H. }L 193 t]. Erano : « Nicholaus de Galla de loco Scipioni agri piacentini. u Dominicus de loco S.te Zuliete ultra Padum. « Jo. Maria de ferrarijs merzagorus alias in Mediolano. Il Johli Scarpatia de loco Grafignane ". 474- — 1518, maggio 17, Milano. — Grida contro Stefano da Busto detto Bustino, milanese, inquisito come spenditore di monete false [Reg. Panig., H. H. 217]. 475- — 1518, dicembre 2. — Concessione del Commis- sariato all' ufficio delle Monete in favore del capitano Gra- ziano da Lucino [Reg. Panig., O. 159 t. — Bellati, Mss.]. 476- — 1519, aprile 4, Milano. — Grida contro Gio- vanni detto Bravascho., bergamasco, inquisito per falsifica- zione e spendizione di monete [Reg. Panig., H. H. 345 t.]. Ai 14 aprile 1519 venne bandito dal Milanese [Ibid., fol. 352]. 477. — 1519, agosto 18, Milano. — Decreto relativo al corso delle monete d'oro e d'argento [Reg. Panig., O. 305 t. — Bellati, Mss. — Gnecchi, Monete dei Trivulzio , p. xxiv]. « Inteso el gran abuso del spendere et recevere de le mo- nete sì de oro corno de argento, et lo e.xcessivo pretio dove è misso el corso sì del ducato corno del scuto: et anchora del resto de le monete » con pregiudizio grave delle entrate regie e ducali, « havuto el parere » dai Collegi dei Mercanti e da altre persone esperte, è ordinata la " crida presente quale se liabia ad observare sino a tanto sera per la Maestà christia- nissima donata provisione che la Cecha de Milano possa fa- brirar monete il che sarà in breve ". DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZKSCHI, ECC. 40I Per « insino a dui mesi proximi avenire » tale la tariffa monetaria : « Grossi da soldi dece, e dinari sei de Salutio novi de li quali ne va n. 41 per marco, e sono a dinari sei e grani sete se debeno spendere soldi octo, e dinari nove. Il Grossi de Monferrato da soldi dece de li quali ne va n. 41 per marco, e sono a dinari sette e grani dui e mezo, se de- beno spendere soldi dece. u Grossi de Salutio vechij da soldi dece, et dinari sei de li quali ne va n. 42 per marco, et sono a dinari sete grano uno, se spendano soldi nove et dinari nove. u Grossi da Musso vechi da soldi dece de li quali ne va n. 41 per marco, e sono a dinari sei e grani 22, se spendano soldi novi e dinari nove. u Grossi da Musso novi da soldi dece de li quali ne va n. 41 per marco, e sono a dinari sei, e grani tredeci del Marchese Francisco Trivultio, se spendano soldi nove et dinari tre. u Grossoni de Monferrato da soldi vintiquatro de li quali ne va n. 24 '/^j per marco, sono a dinari nove e grani 22, se spen- dano libra una soldi tri. u Grossoni da Musso da soldi decenove, deli quali ne va n. 24 7-2, e sono a dinari sete e grani nove se spendano soldi 17 e den. 3. u Grossi da Messcrano da soldi decenove, deli quali ne va n. 24 Va per marco, sono a dinari sette grani quatro, se spen- dano soldi decesette. M Grossi da Messcrano da soldi octo, de li quali ne va n. 40 per marco, sono a dinari cinque grani cinque, se spen- dano soldi sette, dinari sei. u Grossoni da Messerano da soldi cinque, de li quali ne va n. 64 per marco, sono a dinari quatro e grani decesepte e mezo, se spendano soldi quatro e dinari tri. u Grossi vecchi da Musso da soldi sei, de li quali ne va n. 62 1'.^ per marco, sono a dinari sei, grani octo e mezo, se spendano soldi cinque e dinari nove. u Grossi novi da Afusso da soldi sci del Marchese Francesco Triultio de li quali ne va n. 63 I/3 per marco, sono a dinari sei grani sei, se spendano soldi cinque e dinari nove. u Grossi da Salutio vegij da soldi quatro, de li quali ne va n. 78 al marco, sono a dinari cinque e grani 12, se spendano soldi quatro. « Grossi nove de Saluce da soldi quatro, di li quali ne va 402 EMILIO MOTTA n. 8i per marco, sono a dinari cinque e grani 5, se spendano per soldi tri e dinari nove. Il Senti da Musso de li quali ne va n. 68 et dovi terzi per marco, sono a carati vinti', se spendano libre quatro soldi sette. u Sciiti de Salitee de li quali ne va n. 68 ^/.j per marco, sono a carati vinti e uno quarto, se spendano per libre quatro soldi sette. " Sciiti da Casale de li quale ne va utsupra sono a carati 19 e quarti tri e mezo, se spendano libre quatro soldi sette. Il Scuti da Mcsscrano che hano una mitria in capo a laquila, ne va per marco utsupra, sono a carata vinte e quarto uno, se spendano per libre quatro soldi sette. " Ducati larghi quale siano boni, et de justo peso se spen- dano libre cinque e soldi cinque. Il Sciiti soleti boni utsupra libre cinque soldi dui. « Corone del Re per libre quatro soldi decenove. (I Rogoriiii per libre cinque, soldi tri. « Fiorini de Reno per lib. tre soldi sedece. « Mocciiighi per soldi decesepte. « Grassoni ducali de Milano, Mantiiani, Ferraresi, Todeschi et Genovesi boni et de justo peso se spendano per libra una, soldi cinque e dinari nove. « Et passato che sarano dicti dui mesi e.\ nunc sua Ex.tia [// governatore Lautrecli] vole et comanda se spendano et fa- cevano le monete sì doro corno dargento al pretio infrascripto, e non per più, sotto le pene soprascripte, essendo però bone al peso, bontà et liga comò di sopra. Et primo : u Li Ducati largìii libr. 5 s. 3. (I Soleti L. 5. « Corone del Re L. 4 s. 17. " Rogorini L. 5 s. 1 . « Rheni L. 3 s. 14. Il Mociniglii L. — s. 16 d. 8. Il Grassoni ducali et altri corno de sopra L. i s. 5 d. 3. u Grossi de Saliitio da s. 8 e d. 9 se spendarano s. 8 d. 6. Il Grassi de Monferrato da s. io per s. 9. Il Grossi suprascripti de Salntio da soldi nove e dinari 9 s. 9 d. 6. Il Grossi suprascripti da Musso de soldi nove, e den. 9 s. 9 denari 6. Il Grassi da Musso novi da soldi nove e dinari tri s. 9. DOCUMENTI VISCONTEO-SFORZESCHI, ECC. 4O3 « Grossi suprascripti de Monferrato da soldi vintitri e di- nari 3 per L. I soldi 3. u Grossi da Musso suprascripti da soldi decesepte, e den. 3 per soldi 17. « Grossi suprascripti de Messerano da soldi decesepte per s. 16 d. 9. « Grossi suprascripti de Messerano da soldi sette, e dinari 6 per s. 7 d. 6. " Grossi da Messerano da soldi quatro e den. 3 per soldi 4 denari 3. u Grossi suprascripti da Musso da soldi cinque e denari 9 per s. 5 d. 8. u Grossi suprascripti de Salntio vechij da soldi quatro per soldi 4. u Grossi suprascripti novi de Sa/ittio da soldi tri e denari 9 per s. 3 d. 8. « Sculi de Musso, de Salntio, de Casale, de Messerano ala bontà suprascripta per L. 4 soldi 5 luno ». 478. — 1519, agosto 23, Milano. Grida contro certi im- putati di spendizione di monete false [AV^*-. Panig., H. IL 390J. I loro nomi: « Franciscus de ticinesio habitator TicinesiJ Montisferrati. II D. Augustinus Marescotus bononiensis qui alias morabnlui' in domo Mag.ci D. Galeaz de Trottis in civitate Alexandric. « D. Joannes de Valmacha ex dominis dicti loci, et noniinatu> el Tedesco ejus fanuilus habitator dicti loci valmache niontis ferrati. w Nicolaus macellarius habitator Feliciani. « D. Mattheus de Scalenchis ex dominis dicti loci. « Perotus macelarius habitator Scaldiche, Pedcmontis. « D. Michael qui moratur in loco appellato Cavaler niagior et quidam appellatus Gian qui moratur in suprascripto loco. « Jo. Antonius hospes in loco S.ti Stephani montisferrati. 479. — 1519, agosto 31, Milano. — Grida di citazione come sopra \Reg. Panig., H. H. 395 t.]. Contro : « Augustinus de Trino aromatarius, habitator Trini montis- ferrati. .5ì 404 EMILIO MOTTA Il Polinus de Hocimiano gener q. Jo. Jacobi Graverij de Ale- xandria. i( D. Joannes de Campedutis habitator S.ti Stephani montis- ferrati. Il D. niagister Antonius Cyroychus habitator Salutiarum « (85). 480. " 1519, ottobre 17, Milano. — Grida sul valore delle monete [Re^^. Pnnig., O. 315. — Bellati , Mss. — Gìiecchi, Monete dei Trivulzio, p. xxiv]. Alla innosservanza delle precedenti gride occorrere la pu- blicazione di una nuova grida, con divieto di batter o far battere in zecche straniere, o di recarvisi in qualità di zecchieri. Inten- dendo poi " che le parpaiolc quale se spendano per dinari deceocto imper. et cussi li quarti appellati sclialeti cedono ih grandissimo danno cusì publico corno privato, et essere alcuni che studiosamente ne hano portato, sive facto portare in quan- tità " nel ducato milanese, u se li dà publico bando dal Regio et Ducal dominio, » con conferma del divieto di nuova impor- tazione delle II monete forastere fabricate in le ceche quale fabricano senza ordine, che [che è) poi causa de mettere ogni cossa in desordine ». Inteso ancora « che alcuni fondano et desfano et fano fondere et disfare le bone valute contra li or- dini altre volte facti « si vieta tale fusione " sotto la pena de la vita et de la confiscatione de beni ». E perchè si u vole mettere ordine che la Cecha Regia de Milano qual de presente fabrica terline daga principio de pre- sente ad altre fabricatione de monete grosse de argento et oro per beneficio publico et privato : il che fare non se pò senza oro et argento : et per esserne in la Cita et dominio de Milano grande quantità " si conferma il divieto di esportarne dal dominio ducale senza la debita licenza. Per le « peze doro et argento >< da spendersi liberamente e ricevere, prescritta la tariffa seguente : Il Ducati larghi L. 5 s. 3. » Rogoriiii L. 5 s. I. Il Scuti dal sole L. 5. Il Scuti corone L. 43. 17. (85) La citazione venne ripetuta contro tutti i nominati nei docu- menti 478 e 479 con grida dei 7 settembre [Reg- Panig., H. H. 398]. DOCUMENTO VISCONTEO-SFORZESCHI, ECC. 4O5 u Senti uovi da Musso, Salace , Caxalc et da Messeratw L. 4 s. 5. « Fiorini da Reno L. 3 s. 14. " Testoni de Milano, Mantiiani, Ferraresi, Thodeschi et Ge- novesi boni et de justo pexo L. i s. 5 d. 9. « Moceniglii boni et de justo pexo L. 17. il Marcelli boni et de justo pexo L. 8 s. 6. Cremagnola. u Testoni che hano da una banda Sancto Constantio ar- mato, et da l'altra banda una aquila grande L. — s. 17 d. 3. n Grossi vechij et novi, che solevano spendere soldi dece, dinari sey luno L. ^ s. 8 d. 6. " Grossi vechij et novi da soldi quatro L. — s. 3 d. 6. Monferrato. u Testoni da soldi vintitri, dinari tri L. i s. 2 d. 3. 11 Grossi da soldi due L. — s. 9. ;, Musso. u Testoni da soldi deccsette, dinari tri L. — s. 16 d. 6. w Grossi veghij et novi che se solevano spendere soldi dec( L. — s. 9. u Grossi da soldi cinque et dinari nove veghij et nov: L. - s. 5 d. 6. Mcsserano. u Testoni da soldi decesctte L. — s. 16 d. 3. u Grossi da soldi sette, dinarj sey L. — s. 7 d. 3. u Grossi da soldi quatro, dinari tri L. — s. 4. De.xana. u Testoni da soldi decesete L. — s. 16 d. 6. u Grossi da soldi dece L. — s. 9 ". Certificando (il governatore di Milano) che u darà tal ordine che se fabricarà de presente in la Regia Cecha de Milano, conio è dicto de sopra, de sorte , che fra pocho tempo si farà altra detractione al precio de loro et diete valute forastere , quale per adesso se permettono ad spendere utsupra ; poi non se ad- 4o6 EMILIO MOTTA metterano , né se poterano spendere in lo regio et ducal dominio " (86). 481. — 1519, novembre 23, Milano. — Grida sul corso di certe monete [Reg. Panig., O. 323. — Bellati, Mss.]. A porre freno all'abuso « chera grandissimo del corso dele monete forestere, et alo excessivo augmento del pretio have- vano li ducati, scuti et altre monete doro » fu ordinata ne' pas- sati mesi la coniazione nella zecca di Milano di " monete basse apellate terline " e che si " facessano poy altre valute de argento fino ». Nelle ultime gride essersi poi " dato il pretio ali grossoni ducali et altri in diete cride expressi , et similmente ali Moci- nichi et Marcelli qualche cosa più di quello era il justo pretio secundo il solito, et dapoi essendo ricordato .... essere molto al proposito per beneficio de la R. Camera .... se fabricas- seno grossoni et mezi grossoni in la Cecha de Milano, a la bontà solita, et che il pretio de diete valute se moderasse corno de sotto sarà expresso » concorrendo a ciò il parere degli esperti in materia, " è stato de presente dato tal principio « per la coniazione dei grossoni e mezzi grossoni « et in notabil somma et per il manclio in scudi quaranta millia et si perse- verarà continuamente in fabricare de diete monete .... sino a tanto sarà per la Chr.ma Regia Maestà.... data provixione to- tale al corso de oro et monete , et ala fabricatione in dieta Cecha de tutte le sorte de monete serano conveniente ". E pertanto ordine di limitazione come segue : u Grossoni de Milano per soldi 25 den. 3. « Mezi Grossoni alo equipolente. « Grossoni Astexani, Genovexi, Ferraresi, Mantiiani, To- deschi et Bolognesi per s. 25. « Mozanichi per s. 16 d. 8. u Marcelli per s. 8 d. 4 «. (Continua). Emilio Motta. (86) Anche questa grida uscì a stampa. Il Bellati (Mss. citati) nota che portava la soscrizione : " Impressum fuit presens decretum cum gratia et privilegio per Joannem de Castelliono nec per alium impri- matur sub pena scutorum quinquaginta „. VARIETÀ Premio di Ntimisìnrttiea. — L' Accademia di Iscri- zioni e Belle Lettere di Parigi ha decretato il Premio Allier de Hauteroche, pel 1895, al Cav. J. P. Six di Amsterdam, per l'insieme dei suoi lavori sulla numismatica greca. Lo stesso è autore di una importante memoria sulle monete di Cipro, e di numerosi articoli , pubblicati in francese, nella Nuuiismatic Ckroniclc. (Rev. fr.J. Fondi per jjtthblicazioni uìiìnisoiatiche. — Il Con- siglio Provinciale di Creta ha testé votato i fondi neces- sarii per la pubblicazione del secondo volume della numi- smatica dell' Isola di Creta, per opera del Sig. Giovanni N. Svoronos, direttore del museo numismatico nazionale di Atene. II Sig. Svoronos fece un lungo soggiorno a Parigi e visitò le principali collezioni dei varii stati europei allo scopo di rintracciare e controllare i materiali del suo lavoro. L'Ac- cademia delle Iscrizioni e Belle Lettere gli assegnava una somma di fr. 2000 a titolo di incoraggiamento. Di quest'opera fu già pubblicato il I Volume, arricchito di molte tavole. (Ann. de Nuììi.). Ripostigli di monete .JJ "4..,--^ FASCICOLO IV. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA XXXVI. SULL'AUTENTICITÀ DEGLI AUREI DI URANIO ANTONINO DIALOGO. i.° Scusi Signore, Ella è il Dottor *** 2.° Precisamente, e certo io ho il piacere di parlare al Cav. Gnccchi di Milano. i.° Per servirla. 2.° Avevo letto il suo nome sulla lista dei fo- rastieri.... i.° Ed io il suo. 2.° Ed ero sulle sue traccie. Dopo una corri- spondenza epistolare di parecchi anni, avevo un vivo desiderio di fare la sua personale conoscenza. i.° Questo desiderio era condiviso da parte mia e sono felicissimo che il caso ci abbia fatti incon- trare a S. Maurizio. 2.° Qui le occupazioni non sono molte nò molto assorbenti, e avremo tutto il tempo di fare qualche- 414 Francesco gnEcchi duna di quelle lunghe chiacchierate numismatiche, che non si possono tenere per corrispondenza. i.° Io sono tutto a sua disposizione e col mas- simo piacere. 2.° Qualche giorno prima della mia partenza ebbi il fascicolo della Rivista Italiana coli' illustra- zione del famoso medaglione di Teoderico, che del resto Ella aveva già avuto la bontà di comuni- carmi, e pel quale le rinnovo le mie più vive con- gratulazioni. i.° Non può immaginare da quante parti mi ven- nero per quel pezzo, lettere ammirative, ricerche, offerte splendide.... 2.° Ma credo che quel pezzo non uscirà dalla sua collezione. i.° Oh! no certamente. Finché esisterà la colle- zione, il medaglione di Teoderico ne resterà la gemma più preziosa e non sarà che quando la mia collezione, seguendo la sorte inevitabile di tutte le collezioni particolari, andrà dispersa... ma non par- liamo di malinconie.... 2.° Mi racconti piuttosto che cosa ha trovato di nuovo. Ella è tanto fortunata, che credo avrà già pronta qualche altra novità. i.° Non certamente di quell' importanza. Però nell'ultimo mio giro in Italia, la scorsa primavera, qualche cosa a Roma ho trovato, fra cui alcuni pezzi inediti, che a loro tempo vedranno la luce nella Rivista. Ma mi avvenne a Roma un fatto certa- mente non comune, quello d'acquistare per false al- cune monete decisamente autentiche.... 2.° È certo più comune il caso contrario. i.° Pur troppo; ma il fatto eccezionale non è meno vero. E non è a credere che tali acquisti siano stati fatti presso persone estranee alla nu- mismatica, presso contadini o simili. Tutt'altro. Sono APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 415 i più intelligenti, che ora sono invasi dalla manìa di trovar tutto falso, e alcuni pezzi, fra cui due denari rarissimi della Repubblica , mi sono stati dati per forza come falsi, mentre io mi ostinavo a dichia- rarli genuini. E il mio giudizio venne poi suffra- gato da quanti in seguito li videro , ed ho tutta la convinzione che Ella pure sarà del mio parere, quando mi onorerà di una sua visita a Milano e io avrò il piacere di mostrarle la mia collezione. 2.° Ella deve dunque riconoscenza ai suoi amici di Roma; ma sarebbe interessante conoscere il mo- tivo di questa discrepanza fra il giudizio di Roma e quello degli altri paesi. i.° Questione d'ambiente. A Roma si sono fatte in questi ultimi anni tante falsificazioni, che ora il sospetto è la regola generale e quei signori non vedono più che attraverso una lente che fa loro pa- rere tutto falso. 2.° Conosco le falsificazioni romane fatte con monete autentiche riconiate. La loro apparizione e la loro invasione è paragonabile a quella delle fa- mose ghiande missili d' Ascoli in piombo antico e pattinato, sulle quali un abile falsificatore aveva im- presso delle iscrizioni sedicenti antiche. Ricordo che apparvero pochi anni sono e infestarono tutti i musei, ingannando moltissimi fra i più intelligenti ar- cheologi. Al pari di queste, le falsificazioni romane dei bronzi rari e rarissimi sono fatte con tanta maestria da trarre in inganno chiunque non abbia una pratica affatto speciale. i.° Le conosco anch' io e ormai la pratica posso dire d' avercela fatta ciò che non potevo dire quando apparvero le prime.... 2." Ella pure s'è lasciata cogliere? 1° Io pure ho pagato il mio tributo e la mia scuola, fortunatamente però con un pezzo di non 4l6 FRANCESCO GNECCHl eccessiva rarità. E pazienza fosse stato solo que- stione di quattrini. Io ho fatto di peggio. Quel bronzo falso 1' ho anche pubblicato come una va- riante, e solo quando le Tranquilline, le Plautille, i Britannici mi appresero in seguito di che razza di mistificazione si trattava , ne ebbi forte rimorso e vorrei che mi si presentasse l'occasione di conles- sare pubblicamente e di rettificare l'errore. 2." E di qual moneta si tratta, se è lecito? i.° Del medio bronzo di Quieto che ho pubbli- cato in non so quale fascicolo della nostra Rivista (i). Era uno dei primi bronzi falsificati col sistema della riconiazione d'una moneta genuina e nessuno può pretendere all'infallibilità, io meno che chiunque altro ! Lo potrà osservare sulla tavola, poiché vi è ripro- dotto, o vedrà l'originale che conservo. L'orlo è eccel- lente, l'ossidazione pure; ma il campo è troppo hscio e certe mancanze del metallo nelle parti piij spor- genti del rilievo lasciano intravvedere troppo bene la riconiazione. Insomma, non e' è rimedio, quel bronzo è falso. 2.° Il mercato di Roma deve essere infestato da questi bronzi riconiati. i.° Ed è per questo che, come le dicevo, l'am- biente di Roma è tanto saturo di falsificazioni , che ormai tutto si giudica falso, basta che sia un pezzo raro... Ma del resto non giova inferocire troppo contro le falsificazioni di Roma. Io credo che se a Roma abbiamo dei bronzi , sul mercato europeo abbiamo degli aurei.... 2.° So di quali aurei intende parlare. Ne ab- biamo discorso già un poco per corrispondenza, e fu l'unico punto di discrepanza numismatica fra di noi. (i) Rivista Italiana di Numismatica. Anno li , 1889 : " Appunti di Numismatica Romana „, n. 147 e tav. Vili, n. 21. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 417 A tutt'oggi però il mio parere non è modificato e io persisto a credere alla perfetta autenticità del mio Uranio Antonino.... e de' suoi confratelli. i.° È sempre una cattiva azione l'istillare un dubbio a chi ha la fortuna di possedere la fede, perciò è forse meglio che evitiamo questo argomento. Noi non lo abbiamo toccato per lettera che incidental- mente alcuni anni sono. Se ora ne discorressimo dif- fusamente, e se io francamente le esponessi il modo di vedere, che me ne sono formato dopo molte e mature riflessioni, temo assai che la sua fede ne ri- marrebbe alquanto scossa. 2.° No , anzi , amo parlarne e discuterne colla massima libertà. La verità innanzi tutto. Se c'è un errore, meglio è riconoscerlo , come Ella me ne ha dato l'esempio, che non vivere eternamente nell'illu- sione. Certo che io non rinimcierò alla mia opinione se non quando il raziocinio mi abbia persuaso a ri- nunciarvi. i.° E così dev' essere fra gente che non vuole illudersi. Orbene, colla stessa franchezza con cui le ho confessato il mio errore sul Quieto , io le andrò esponendo le ragioni per cui, a proposito di questi aurei, mi sono nati dei dubbii, dei quali non ho mai potuto liberarmi , e che anzi vanno di giorno in giorno aumentando. E prendiamo la cosa da prin- cipio. Onde giudicare dell' autenticità d' un monu- mento noi abbiamo due fonti cui attingere, la critica storica e il monumento stesso. 2." Questi sono precisamente i due punti di vista sotto i quali le monete vanno considerate ; il primo oggettivo e positivo, il secondo più vago, soggettivo e diremo anzi dipendente dall'impressione individuale. I." Ella tiene a premunirsi contro 1' esame cri- tico delle monete e contro il mio modo individuale di vedere, ed è giusto; ma l'esame lo faremo insieme 4l8 FRANCESCO GNECCHI e non dispero che alla fine possiamo trovarci d'ac- cordo. Quanto poi alla conoscenza materiale delle monete in questione, tengo a dichiararle, che, per quanto ciò che forma la ragione del mio discorso, mi abbia privato finora e probabilmente mi priverà per sempre, della soddisfazione di possedere nella mia collezione un aureo di Uranio Antonino, ho però avuto fra le mani la maggior parte degli esem- plari conosciuti, quelli provenienti dalle vendite d'A- mécourt, Belfort, Quelen e qualche altro inviatomi da negozianti. Quasi tutti gli altri poi, e specialmente quelli dei grandi musei, li conosco per le impronte che gentilmente mi furono comunicate, impronte che anzi tengo qui e che osserveremo di mano in mano che ce ne verrà l'occasione. 2.° Ella si è armato di tutto punto per com- battere su questo argomento. 1° Venendo a San Maurizio non potevo certo immaginare di trovare un avversario da combattere, né d'avere il piacere di questo colloquio con lei; ma ho portato meco tutto quanto riguarda la curiosa numismatica di Uranio Antonino, coll'intenzione di de- dicare qualche giornata di pioggia al coordinamento delle varie annotazioni , che da molto tempo vado prendendo su quest' argomento , che mi perseguita. Tengo qui le impronte dei pezzi che si conservano nei pubblici musei e i cataloghi, in cui vi sono ripro- duzioni dal vero. Schierando qui il tutto davanti a noi, sarà precisamente come se avessimo qui tutti gli aurei e possiamo osservarli e confrontarli a nostro agio. Quanto a me le assicuro che ogni volta che mi cadono sotto gli occhi , mi si ripete tale e quale l'impressione che ne ebbi la prima volta. 2." E qual'è questa prima impressione ? i.° È complessa e non buona. E mi spiego. Vedo in primo luogo una serie d' aurei , che dovrebbero APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 4I9 essere rarissimi, tutti, meno uno, nello stato della pili perfetta conservazione, e questo non mi piace. Vedo in secondo luogo, apparenti a prima vista , molte ri- petizioni di conii, e questo pure non mi piace. Vedo poi anche un certo tipo nelle rappresentazioni e nei caratteri, che si scosta da quelli di tutte le monete che sono abituato a vedere, e questo mi piace ancora meno, perchè non c'è alcuna ragione che le monete rare debbano avere un aspetto differente da quelle comuni. 2° Credo d'avere una risposta a tutte e tre le osservazioni. i.° E sarò felice di sentirle, felicissimo poi se le sue ragioni saranno più forti delle mie in modo da obbligarmi a mutar parere , perchè non vorrei essere frainteso , non vorrei cioè che ella credesse a un partito preso da parte mia. Tutt'altro. Io non ci ho alcun interesse né alcun piacere ad esprimere una opinione diversa dalla sua e da quella di molti altri; mia sola intenzione è quella di comunicarle sincera- mente, giacché ella lo desidera, i pensieri che pas- sarono per la mia mente riflettendo su questi aurei, i quali del resto non è solo a me che abbiano dato a pensare. Procediamo dunque con ordine. Meno il vecchio pezzo (conserv.\tor avg) del Gabinetto di Parigi (Tav. VI, n. i), il quale dimostra d' essere stato lungamente in circolazione e, pel suo foro, d'essere stato anche portato al collo quale amuleto o appeso quale ornamento sui capelli di qualche bella armena, tutti gli altri sono ruspi, sembrano usciti or ora dalla zecca, e non ebbero mai circola- zione. Questo fu il primo fatto che mi insinuò qualche dubbio e parmi ce ne sia anche la ragione. 2° Eppure monete fior di conio assolutamente genuine ve ne sono e molte. i.° E non sarò io certo che lo negherò; ma 420 FRANCESCO GNECCHI conviene fare qualche considerazione. Le monete a fior di conio non rappresentano che un tenuissimo per cento nel complesso delle monete che 1' anti- chità ci ha tramandato, il che è naturalissimo e ben facile a comprendersi. Ora essendo, proporzionata- mente al numero totale, così scarso quello dei fior di conio, è anche naturale che questi debbano essere estremamente difficili a trovarsi fra le monete rare; ossia, se su cento aurei d' Adriano o d' Antonino Pio se ne trovano dieci a fior di conio, fra gli otto o dieci conosciuti d'un piccolo tiranno sarà assai se se ne potrà trovar una. E c'è poi un altro ragiona- mento che prova come la proporzione dei fior di conio debba essere assai minore nelle monete dei tiranni che non in quelle dei grandi imperatori. Sotto questi, la zecca di Roma riversava fiumi di monete in tutte le parti dell'impero pel soldo delle truppe, che stavano di presidio nelle provincie o in guerra ai confini. Queste spedizioni di danaro venivano fatte dal pubblico erario e talvolta anche direttamente dalle officine monetarie e quindi con monete nuove di zecca. Alcune di tali spedizioni, messe in salvo sotterra in un momento di panico , costituirono quei tesori, che di quando in quando, venendo in luce, ci forniscono le monete a fior di conio. Ma sotto il regno dei piccoli tiranni, che coniavano le monete in limitatissime proporzioni, non è supponi- bile che avvenissero simili spedizioni ufficiali, e le loro monete, che vengono trovate isolatamente qua e là, sono per la maggior parte di mediocre o pessima conservazione; esempio i denari di Pescennio, Paca- ziano, Driantilla, ecc., i bronzi di Nepoziano e d'Ales- sandro tiranno e così via. Si tratta di monete che ebbero un corso più o meno lungo, che furono singolarmente perdute o dimenticate o rimaste nel terreno dopo la morte del proprietario, caduto forse APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 42I SU di un campo di battaglia, e in tali circostanze un fior di conio non può essere che una rara eccezione. Ne viene dunque che il caso degli aurei di Uranio Antonino, trovati singolarmente, a parecchi anni di distanza, sempre nel più perfetto stato di conserva- zione, è un caso unico, che tiene del misterioso. E questo non è tutto. Al caso unico e strano della conservazione va unito un altro fatto egual- mente strano e pure unico, la ripetizione dei conii. Si dice comunemente che non si trovano due monete romane del medesimo conio. Quest' asserto è certa- mente una esagerazione; ma prendiamolo pure come un modo di dire per esprimere l' immensa quantità di conii diversi che si riscontrano per la stessa mo- neta e la difficoltà estrema di trovare il medesimo conio ripetuto. Per citarle qualche esempio, nessun conio ripetuto si trova fra i 560 aurei del Gabinetto di Brera, nessuno fra i loio della mia collezione, neppure fra i 30 di Domiziano tutti a fior di conio e tutti provenienti da un unico ripostiglio, quello di Szeghedino. Quantunque dodici fra questi portino la medesima testa e la medesima leggenda : DOMITIANVS AV&VSTVS, pure tutti sono prodotti da conii difierenti. Diro di più. Tre anni sono, acquistai in Sicilia un grosso ripostiglio di denari della repubblica. Ebbene, su 148 denari di Pompeo che vi si contenevano, non mi fu dato di trovarne due prodotti dal medesimo conio. Ad onta di ciò è da ammettere che ragionevol mente un conio anche all'epoca romana dovesse ser vire per un certo numero di monete, e non è impos sibile e neppure improbabile trovare dei conii ripetuti Difatti, prendendo ad esame il Catalogo d'Amécourt trovo fra mille aurei tre conii ripetuti e precisamente la testa di M. Aurelio nei due aurei 317 e 318, quella di Commodo nei nn. 354 e 355 e quella di Settimio Severo nei nn. 381 e 382. Ma da questo al caso di 422 FRANCKSCO GNECCHI Uranio ci corre. Neil' esiguo numero di 15 o 16 esemplari conosciuti, o per essere più precisi, sugli undici soli esemplari di cui io posso giudicare — gli otto dei musei pubblici e tre di collezioni private, — senza accennare alle semplici ripetizioni, abbiamo un rovescio che si ripete ben quattro volte e un dritto che si ripete sei volte! Sul totale dei pezzi le ripe- tizioni saranno dunque certamente più numerose ; ma anche le sole accennate presentano una ecce- zione così palese, che ha dello strano, per non dire dello stupefacente. Negli aurei d' Uranio Antonino non v'ha quasi conio che non sia ripetuto; non v'ha alcun tipo di rovescio prodotto da due conii diversi, e io sfido chicchessia a citarmi un altro esempio simile. Noi ci troviamo quindi davanti a due casi unici i quali, per la loro concomitanza, si aggravano a vicenda. 2.° Prima di lasciarla proseguire nella sua re- quisitoria, vorrei rispondere a questi due punti, i quali, se hanno una certa apparenza di gravità, pos- sono cadere davanti ad un'ipotesi differente da quella, che Ella ha fatto; e l'ipotesi è questa. Gli aurei d'Uranio Antonino non furono trovati singolarmente ad uno ad uno nel periodo di diversi anni, ma sono il prodotto di un unico ripostiglio. i.° E come avvenne allora che il primo — in- tendo il primo a fior di conio — apparve nel 1843, e gli altri successivamente e interpolatamente fino ad oggi? 2.° La spiegazione è semplicissima. Il ripostiglio cadde nelle mani di astuti speculatori orientali, i quali, onde sostenerne il prezzo, ne posero in com- mercio uno o due per volta, di mano in mano che si presentava un cliente; e, ammesso questo strata- gemma, è ammissibile non solo che parecchi ne siano man mano apparsi; ma altresì che altri possano in APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 423 seguito apparire. Con questa ipotesi, affatto naturale, di un unico ritrovamento restano appianate tutte le dif- ficoltà, sia riguardo alla loro ottima conservazione, sia riguardo alla ripetizione dei conii, difficoltà, che altrimenti sarebbero davvero poco spiegabili. I." Questa è la spiegazione, che mi venne data due anni sono anche dal compianto Sig. Montagu di Londra, che pure ebbi il piacere di conoscere qui in Engadina. Ebbi anche con lui un lungo colloquio su quest'argomento un giorno che fui a trovarlo a Pontresina, ove si trovava colla sua famiglia. Non oc- corre dire come egli fosse strenuo difensore degli aurei d'Uranio Antonino, di cui possedeva parecchi esem- plari, ed io sono il primo a riconoscere la sua grande competenza. Ebbene, alle mie obbiezioni ribattè ap- punto colla supposizione di un unico ripostiglio. Ma, come risposi allora, rispondo ora a lei : È seria- mente ammissibile questa fenomenale pazienza di ritrovatori, che dura per oltre mezzo secolo, e forse non è ancora esaurita? Sarebbe il terzo caso unico e strano da aggiungere ai due pnmi. 2.° Unico e strano forse si ; ma da aggiungere ai primi due no, perchè, ammesso questo, mi pare che gli altri due resterebbero eliminati. i.° Fino a un certo punto, perchè, accettando anche come Ella vuole, il ripostiglio e l'astuto e paziente ritrovatore, una spiegazione sarebbe pur sempre necessaria per gli altri due fenomeni, tanto piia che si tratta d'un tiranno minuscolo, il quale forse non regnò che pochi giorni e del quale non rimase quasi traccia nella storia, al punto da lasciare in parecchi perfino il dubbio se mai sia veramente esi- stito. Il caso di un ripostiglio in simili condizioni è un caso unico, e i casi unici danno a pensare. 2.° Altro è dare a pensare, altro è essere una prova assoluta per negare ciò che altri ammette. 424 FRANCESCO GNECCHI i.° Ed io sono ben lontano dal considerarlo tale. Non bisogna dimenticare che noi siamo sempre in quei primi argomenti, che abbiamo classificati per soggettivi, i quali, presi singolarmente ad uno ad uno, non hanno certamente gran forza; ma tutti insieme ne acquistano assai quando vengono riuniti. E questi argomenti non li abbiamo ancora esauriti. Ci rimane il tipo. Osservando una tavola di questi cataloghi, in cui fra le altre monete, è riprodotto un aureo d' Uranio, mi colpisce sempre a prima vista la differenza di tipo che questo presenta in confronto agli altri aurei contemporanei, e prendiamo pure lar- gamente i contemporanei, da Elagabalo a Filippo, abbracciando tutta l'epoca, in cui, a seconda delle diverse opinioni, può essere caduto il regno effimero d' Uranio. 2.° Ma è il tipo siriaco. i.° Questo è ciò che si afferma. II tipo lo s classifica per siriaco. Ma quale fondamento ha que st'affermazione ? A me invece, per quanto l'osserv: — qui, lo sappiamo, siamo ancora nel campo sogget tivo — si presenta come un tipo affatto speciale, di cu non trovo riscontro in nessun'altra moneta. Lasciamo da parte il vecchio aureo del Gabinetto di Parigi CONSERVATOR AVG, il quale potrebbe essere confuso con un Caracalla oppure con un Elagabalo barbaro o siriaco, come le piace, — e fors'anche lo sarà, come lo stesso Eckhel ha dubitato; — ma di grazia, dove troviamo noi altre monete siriache, le quali presen- tino il tipo di quelle d' Uranio ? Io davvero non ne ho mai vedute. Nei caratteri delle monete d'Uranio io vedo bensì uno sforzo d'imitazione; ma, per quanta buona volontà ci metta, non riesco a vederci il così detto tipo siriaco, tanto più che il tipo non è unico ma vario, come ora vedremo. E quello che dico dei caratteri, lo potrei ripetere delle rappresentazioni. Per APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 425 conto mio, attraverso allo sforzo dell'imitazione del- l'antico, veggo trasparire in modo troppo evidente il moderno! Il ritratto stesso di Uranio ha qualche cosa che non armonizza colle teste romane, sia pure dei tiranni, e mi ricordo che un mio amico, assoluta- mente profano alla numismatica, scorrendo un giorno le tavole del Catalogo Quelen, e additandomi appunto il n. 1517, mi disse: " ma questa sembra una testa in- glese e non romana „ ! Osservi, Signor Dottore, questa Fortuna, questa quadriga, le pajono di model- latura antica ? A me no certamente.... Ma noi qui ci innoltriamo più che mai negli apprezzamenti individuali, i quali possono aver peso fino a un certo punto. Tronchiamo dunque la que- stione del tipo, che del resto ci ritornerà naturalmente, e veniamo alla questione storica. Negli aurei d'Uranio noi troviamo due imitazioni evidentissime — qui non è più questione d'apprez- zamento personale, ma di fatto. — Imitazione delle monete d'Elagabalo (di cui qualche rovescio, come quello del leone e la leggenda: P Ni TR P XVIII COS III P P, è ripetuto così servilmente, da dover conchiudere che chi lo copiava non ne comprendeva il signifi- cato) e imitazione pure scrvilissima d'una moneta di Filippo, col cippo e la leggenda: SAECVLARES AVGG. Ora l'importante è determinare quale sia l'epoca da assegnarsi al regno di Uranio Antonino. 2." Uranio visse certamente dalla fine del regno d' Elagabalo al principio di quello di Severo Ales- sandro, come lo provano i pochi documenti storici che ci sono rimasti e più di tutti il rescritto di quest'ultimo imperatore. Anche il Cohen ammette quest'epoca, adduccndo che il tipo delle sue monete è quello delle monete siriache d'Elagabalo, tipo, che durò ancora un paio d'anni dopo la sua morte. 11 Fcuardent pure, coH'autorità che bene gli compete, 426 FRANCESCO GNECCHI nella seconda edizione del Cohen, conferma piena- mente quanto il suo predecessore aveva asserito. i.° Ed io sono completamente del suo parere, come penso lo siano i più; ma badi bene che questa affermazione è molto grave da parte sua per le inevitabili conseguenze che trae seco, tutte sfavore- voli alla sua tesi. 2.° Mi pare di indovinare a che cosa Ella vuole alludere ; ma credo aver anche pronta la difesa. i.° Il Lenormant nel 1843, occupandosi nella Revue Franfaise dell'aureo, allora apparso, col rove- scio della pietra conica, ora al Museo Britannico, (Tav. VI , n. 7) sostenne appunto che l' epoca di Uranio A^ntonino fosse al principio dei regno d'Ales- sandro, vale a dire verso il 222 dell'era nostra, e tale fu l'opinione comunemente accettata, finché nel 1886 il Froehner, all'apparire dell'aureo con SAECVLARES AVGG, (Tav. VI, n. 6) provò che 1' epoca di Uranio va invece portata al regno di Filippo; ciò che, data la moneta, non era molto difficile, anzi veniva di necessaria conseguenza. 2° Ed ecco l'errore! 1° Come l'errore? Chi non volesse ammettere che r aureo in questione è una imitazione delle mo- nete di Filippo e precisamente di un suo denaro, (giova notare anche questa circostanza), non potrebbe che fare la supposizione contraria, ossia che fosse stato Filippo l'imitatore; ciò che sarebbe a mio cre- dere assurdo per più di un motivo. Che un tiranno imiti le monete di un potente imperatore è cosa naturale e ovvia; ma il caso inverso, chi vorrebbe assumersi di spiegarlo ? E poi, se la moneta è per- fettamente logica, coniata da Filippo o meglio dai Filippi padre e figlio imperatori associati, nell' oc- casione delle feste millennarie di Roma, non avrebbe alcun significato nella supposizione che l' inventore APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 427 fosse stato il tiranno Uranio. Rimarrebbe un non- senso e sarebbe affatto inesplicabile. 2.° E se invece ci fosse un modo assai naturale da spiegare questo non-senso inesplicabile?.... i.° Sono curiosissimo di sentire questa spiega- zione, che davvero non so neppure intravvedere. 2.° Gli aurei d'Uranio sono certamente contem- poranei a quelli d' Alessandro, come oramai tutti ammettono. Difatti furono trovati frammisti ad aurei d'Elagabalo e d'Alessandro stesso. 11 Froehner s' è ingannato riportandolo al regno di Filippo, pel ro- vescio del cippo, il quale invece, nell'aureo d'Uranio, è destinato a consacrare un' èra de' suoi augusti antenati, perchè è noto che Uranio pretendeva discen- dere dalla grande e celebre famiglia degli Antonini, di cui aveva assunto il nome. i.° Ecco una spiegazione, che, confesso, mi riesce affatto nuova e inaspettata.... ma, mi scusi. Dottore, non altrettanto persuasiva. O noi ammettiamo l'autenticità della moneta e sto col Froehner, e glie ne dirò ora i motivi ; o la riteniamo apocrifa.... 2.° Ah ! no. Io la ritengo perfettamente auten- tica, ma sentirò volentieri per quali ragioni non trova la mia spiegazione ammissibile. i.° Prima di tutto l'ipotesi di feste secolari a proposito di una più o meno ipotetica discendenza, e celebrate da un piccolo tiranno, che avrà avuto ben altro da pensare per mantenere il suo effimero po- tere, è un po' forte; ma non voglio fare inutili diffi- coltà. La cosa, per quanto poco probabile, non è assolutamente impossibile e, siccome sono certamente avvenuti tanti fatti che noi ignoriamo, nulla osta a che se ne possa ammettere uno di più. Ma è la moneta stessa che ci offre i dati più sicuri e più indiscutibili per affermare che essa — autentica o no — non può essere che l'imitazione 56 428 FRANCESCO GNECCHI di una di Filippo e precisamente di un suo denaro. Osservi l'impronta (Tav. VI, n. 6). Se a caso vergine, e non sapendo di che si tratta, le capitasse sott'occhio questo rovescio, osservandolo superficialmente, senza far attenzione al cambiamento del COS III in COS I, potrebbe ella ritenerla d'altri che di Filippo? No certamente, né lei, né nessuno che abbia appena un pochino di pratica di monete romane, perchè questo è precisamente il cippo così noto e così caratte- ristico delle monete di Filippo, questo è lo stile, questo 2.° Ma c'è la differenza nell'iscrizione del cippo, che pure vuol dire qualche cosa. i.° Sì, il COS III di F'ilippo venne mutato in COS I, ciò che per me forma una nuova aggravante. L'incisore delle monete d' Uranio, che non si è pe- ritato a riprodurre tale e quale la leggenda TR P XVIII dell'aureo d' Elagabalo, avrebbe forse fatto meglio, a conservare anche il COS III di Filippo, piuttosto che correggerlo con una forma cosi inusitata, che dà a pensare per sé stessa. La forma COS I non poteva certo venirgli ispirata naturalmente ; ma dimostra all'evidenza che è una correzione male ideata del COS III. Lascio la questione se Uranio si fosse fatto nominare console o meno. Io propenderei pel no, altri potrebbe credere di sì; ma, prescindendo dal fatto, su quale altra moneta vediamo noi scritto COS I in luogo del semplice COS ? 2.° È vero che questa forma è affatto inusitata; ma giova tener presente che la moneta è barbara o almeno semi-barbara, e non possiamo attenerci stret- tamente alle regole generali. Ma, se mi permette un'osservazione, signor cavaliere, mi pare che ella continui a considerare l'aureo come posteriore a Fi- lippo, mentre ciò non è ancora dimostrato... i.° Per me la cosa è tanto evidente che non APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 429 potevo prescinderne. Ma ella ha ragione. Prendiamolo qual'è per se stesso, lasciamo la questione del COS I e osserviamo la leggenda circolare. È nello spirito e nella lettera di questa che sta la prova principale contro l'aureo incriminato. Come si spiega che, ab- bandonando i famosi tipi siriaci — i quali però si conservano al dritto — nel rovescio di quest' aureo si adottino i caratteri così tipici dei denari di Fi- lippo? E si noti dei denari, perchè questi caratteri non si trovano mai sugli aurei. È solo per l' ar- gento e pel bronzo, che questi caratteri vengono introdotti sotto il suo regno, mentre erano affatto sconosciuti prima, o solo accennati, se vogliamo, sotto Gordiano 111. — Osservi ancora bene una volta il complesso di questo famoso rovescio, il tipo della rappresentazione e quello della leggenda, lo stile, i caratteri e mi dica sinceramente se si può ritenere che non sia una imitazione di Filippo. Ne- garlo sarebbe negare la luce del sole. E, dato questo, a quale conclusione si arriverebbe? Si arriverebbe a dover ammettere non solo ciò che abbiamo trovato assurdo, cioè che l'imperatore Filippo avesse imi- tato servilmente la moneta d'un tiranno, adottandone il tipo per le numerosissime monete ricordanti una delle circostanze più solenni del suo regno, il millen- nario di Roma; ma, peggio ancora, bisognerebbe accettare anche l'altro assurdo, che il tiranno avesse inventati lui, divinandoli 25 anni prima, i caratteri che dovevano poi essere addottati da Filippo. E poi, perchè mai il tiranno avrebbe scritto SAECVLARES AVGG al plurale come scriveva Filippo, regnando associato col figlio? 2.° Quest' ultima osservazione la ritengo affatto secondaria, il plurale AVGG potendo riferirsi a SAE- CVLARES ossia : LVDI SAECVLARES AVGVSTI, come forse deve leggersi anche sulle monete dei 1-ilippi ; ma una 43° FRANCESCO GNECCÌ4I digressione filologica ci allontanerebbe forse troppo dal nostro argomento. Mi permetta quindi di sorvo- larvi, preoccupato, come sono, dalla prima osserva- zione da lei fatta, la quale è certamente della piij alta gravità, anzi forma il punto capitale della que- stione. E qui bisogna confessare che non è que- stione di giudizio subbiettivo e d' opinione perso- nale. Non si può a meno di riconoscere i caratteri di Filippo sul rovescio di questo aureo, e veramente non vedo come uscire dal dilemma da lei posto, tanto che sarei quasi tentato di concedere che l'aureo fu vera- mente imitato da Filippo. i.° Accetto volonticri la concessione, quantunque non esplicita, e che per me è inevitabile; ma con- cessione chiama concessione. Ammesso che l'aureo sia stato coniato non prima dell'anno 248, non sarà pili possibile mantenere l'epoca d' Uranio al tempo d'Alessandro; ma sarà necessario, contro ogni te- stimonianza storica e contro ogni raziocinio, seguire il Froehner, e trasportarla a quella di Filippo. E al- lora come spiegheremo le riproduzioni di monete di predecessori morti da un quarto di secolo? e come spiegheremo il persistere sugli altri aurei di Uranio e sul dritto di questo stesso del famoso tipo siriaco fino a quest'epoca, simultaneamente col tipo di Filippo al rovescio, mentre, come ella ricordò, il Cohen e il Feuardent accordano a quel tipo la durata di soli due anni oltre il regno d'Elagabalo? La mi creda, caro Dottore, andiamo in uno di quei gine- prai, da cui non si esce più. 2.° A meno d'ammettere.... i.° Che questi famosi aurei.... 2." Siano una mistificazione! i.° Ecco la parola. Tale è a un dipresso la mia idea, quando si faccia un'eccezione pel pezzo più infe- lice di conservazione, quello del Gabinetto di Parigi, APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 431 e forse una seconda per quello scomparso nel 183 1 e che ora non possiamo più giudicare, non esisten- done alcuna impronta. 2.° Eppure non siamo ancora a questo punto. Dopo le ragioni addotte, e, non potendo persuadermi a mutare per comodo d' una moneta l' epoca ragio- nevolmente assegnata ad Uranio Antonino, io mi sentirei forse disposto a un sacrificio parziale, ma non al totale. Non vedendo più modo di difenderlo, sacrificherei l'aureo SAECVLARES AVG&. i.° Badi che il sacrificio parziale equivale al totale. Rifletta bene prima di darmi l'arma in mano. 2.° Il rovescio SAECVLARES AV&G è assodato, pei motivi da lei indicati, che non può essere se non una imitazione di Filippo, e quindi è impossibile che sia stato coniato al tempo d' Uranio. La sconcordanza paleografica tra il dritto e il rovescio è troppo pa- lese, non ha riscontro in nessun'altra moneta e non ha modo d'essere giustificata. Facendo anzi io stesso qui una osservazione che a lei forse è sfuggita, gli A di questo rovescio non solo sono imitati da quelli di Filippo, ma ne sono l'esagerazione e direi quasi la caricatura, mentre nessunissimo accenno a questo tipo troviamo negli A del dritto; e per colmo di stranezza il tipo siriaco è conservato nella R dello stesso rovescio. Se a ciò aggiungiamo anche la forma irregolare dell'iscrizione del cippo, ne abbiamo d' avanzo perchè l' aureo sia condannato. E per parte mia lo condanno e lo dichiaro francamente. i.° Ed ecco ora le tristi conseguenze di tale condanna. Il dritto di quest'aureo, che si ripete nei due esemplari conosciuti, ossia in quello di Berlino (Tav. VI, n. 6) e in quello della collezione già Belfort, è prodotto dall'identico conio dell'altro col ro- vescio FECVNDITAS (Tav. VI, n. 2) del Museo di Parigi, dell'altro col leone (Tav. VI, n. 4) pure del Museo 432 FRANCESCO GNECCHI di Parigi e ancora dell'altro colla quadriga (Tav. VI, n. 5) del Museo di Berlino. Se tale associazione non basta, osservi come il rovescio FECVNDITAS che nel n. 2 ha questo dritto, è lo stesso che nel n. 8, ossia nell'esemplare del Museo Britannico, corrisponde ad un dritto dififerente, mentre in altro esemplare che una volta mi venne trasmesso in esame da un negoziante, e che ora non so più dove sia andato a finire — forse nella collezione del Signor Dot- tore?.., — vi corrisponde il dritto dei numeri 367. Così tutti i pezzi dei pubblici musei e delle private collezioni, ossia tutti gli aurei conosciuti, restano fra loro così collegati e concatenati che, se uno cade, cadono tutti. 2.° Ma dunque è un'ecatombe! i.° Me ne spiace, ma così è. Tolta una pietra, tutto l'edificio crolla. E da qui vede l'importanza della ripetizione dei conii, di questo fatto nuovo nella numismatica romana. 2.° Pur troppo mi persuado che ragioni a dubi- tare ve ne sono e molto forti.... i.° Giacché ora abbiamo, come si dice, sbaraz- zato il terreno, mi permetta di fare per un dippiù anche qualche osservazione generale sul modo e sulla progressione dell'apparire di questi aurei sul mercato. Eckhel nel 1797 non conosce che l'unico esemplare del Gabinetto di Francia, il quale è ancora r unico descritto nel 1827 da Mionnet, quello col rovescio FECVNDITAS, che fu distrutto nel 1831; ma che, malgrado ciò, doveva diventare fecondo in se- guito. Lenormant nel 1843 descrive il secondo (primo di quelli a fior di conio) CONSERVATOR AV& colla pietra conica, della collezione Dupré. Cohen nel 1860 non descrive che i due precedenti, avvertendo che non si conoscono che questi due esemplari. Il secondo è quello di Dupré passato alla coli. Wigan di Londra. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 433 Del primo era venuto in luce un altro esemplare (primo dei diversi a f. d. e. col rovescio FECVNDITAS) acquistato dal Museo Britannico {Tav. VI, n. 8). Feuardent nella seconda edizione del Cohen ne dà quattro , aggiungendovi quello della pietra conica (Tav. VI n. 7) e quello della Minerva (Tav. VI n. 3). Froehner nel 1886 ne dà cinque con quello famoso del cippo ; nel 1893 il Gabinetto di Parigi acquista il sesto col leone (Tav. VI, n. 4) pubblicato da Blanchet nella Revue Fraufaise e finalmente nel corrente 1895 lo stesso Blanchet ancora nella Revue fraufaise ne de- scrive un ultimo col rovescio FORT REDVIX. Sono dunque sette i tipi attualmente conosciuti e gli esem- plari, da un conto che faccio approssimativamente, dovrebbero essere una quindicina o poco più, di cui la metà sta nei pubblici Musei di Londra, Parigi e Berlino, l'altra metà presso privati. Ora, fino al principio del nostro secolo, le col- lezioni pubbliche e i raccoglitori privati, si acconten- tavano delle conservazioni comuni o anche delle cat- tive per le grandi rarità.... nulla di più naturale e di più ragionevole. Fu solo dopo il primo quarto del secolo che sorsero i grandi raccoglitori, amanti delle grandi rarità, ma più ancora, anzi sopratutto, delle splendide conservazioni. Alle conservazioni eccezio- nali si sacrificò tutto il resto; un pezzo anche raris- simo non era ammesso per poco che la conservazione lasciasse a desiderare. Trascurandosi il lato storico e scientifico d'una collezione, non si voleva che il bello per la vista e si ebbero così delle collezioni limitate ai pezzi d'oro. Fu allora che nel periodo di pochi anni, vennero in luce gli aurei fiammanti di Uranio Antonino, insieme ad altri nomi della più grande rarità, e ne vennero in numero sufficiente da accontentare i desiderii di tutti quelli che erano in grado di saziare le brame dei venditori. Volete un 434 FRANCESCO GNECCHI Uranio Antonino? Nulla di più facile; questione di prezzo. Ora tutto ciò potrebbe essere un caso, una fortuita combinazione; ma bisogna pure convenire che quando molti casi eccezionali si accumulano è anche naturale e giustificato un certo dubbio; e per parte mia, prontissimo sempre a ricredermi, quando mi venissero opposte ragioni piii forti delle mie, confesso che ho un gran timore che noi ci troviamo di fronte a un nuovo Becker più abile dell'antico, o abile quanto 1' antico in ragione dei tempi , il quale esercita la sua turpe industria, infestando le mi- gliori collezioni del mondo , come già le aveva in- festate il suo predecessore ; e noi siamo vittima di una colossale mistificazione, forse non limitata agli aurei d'Uranio Antonino.... Può darsi che il mio pessimismo sia eccessivo, può darsi ch'io m'inganni e me l'auguro sinceramente; ma per ora non posso liberarmi dall'incubo che verrà un giorno in cui la luce si farà e molti saranno allora i disillusi.... 2.° Ma pure il giudizio di tanti collezionisti e di tanti numismatici non ha un gran peso? Io stavo quasi per aderire completamente alle sue idee; ma quando penso che tanti illustri raccoglitori hanno idee diametralmente opposte e riposano in piena buona fede sugli aurei pagati tanto profumatamente.... i.° Certo questo è uno dei principali argomenti per cui ho sempre tenuto per me solo, od ho comu- nicato confidenzialmente a qualche amico i miei dubbi. Il mio scetticismo sembra a me stesso pec- care d'un poco di presunzione, perchè decisamente ci sono numismatici di primissimo ordine, di nome e d'autorità ben superiore alla mia, che giudicano gli aurei indubbiamente autentici. Ma con tutto ciò non credo di trovarmi in così completa opposizione con tutti come ella sembra supporre. Fra i numismatici APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 435 che conosco, ve ne sono parecchi che da tempo sono fortemente preoccupati e dubbiosi , che si trovano impensieriti dal successivo apparire di questi aurei in proporzioni e in circostanze inquietanti , come dalle molteplici difficoltà che offre la numismatica di questo famoso Uranio; ma che, interpellati, esitano, si na- scondono nel mistero , temono di compromettersi pronunciando un giudizio , ed anzi raccomandano prudenza e riserva come su di un argomento scot- tante, che è meglio non toccare. Ne conosco invece altri più espliciti e franchi, i quali, se non hanno mai parlato in argomento, gli è che l'occasione è loro mancata, e le potrei citare il nome autorevo- lissimo di un ben noto collettore e numismatico con cui sono da lungo tempo in corrispondenza su quest'argomento, il quale, come mi scriveva ancora questi ultimi giorni, condivide completamente le mie idee. Quanto ai grandi raccoglitori, aggiungerò che, se fra questi vi hanno delle capacità superiori e delle autorità indiscutibili, ve n'ha certamente anche qual- cuno, che, pari alla manìa di possedere pezzi di esimia rarità e ai mezzi di procurarseli, non ha l'in- telligenza o la pratica per giudicare dell' autenticità. Avevo tale convinzione fino da 8 o io anni fa e una volta volli cavarmi il capriccio di farne la prova, scegliendo appunto le monete d' Uranio, che fino d' allora non m' ispiravano fiducia. Da un inci- sore di Milano feci allestire due conii. Su di uno feci incidere una testa di Uranio Antonino, toglien- dola da un'impronta che tenevo; ma volgendola a destra invece che a sinistra e, pel rovescio, onde il pezzo fosse affatto inedito, feci copiare un denaro di Filippo con FIDES MILITVM. Con un grano d'oro del peso voluto feci coniare da un fabbro la moneta mediante un colpo di martello ed ebbi cosi un aureo 57 436 FRANCESCO GNECCHI della più indubbia falsità, e, aggiungerò anche, di una falsità abbastanza facilmente riconoscibile, come primo lavoro di un incisore abituato a far conii di medaglie moderne, e digiuno d' ogni cognizione numismatica. Difatti quanti lo videro lo giudicarono falso a prima vista, come non dubito lo giudicherà ella pure solo a osservarne l' impronta. 2." Mi pare difatti che anche dalla semplice im- pronta lo si possa giudicare.... e condannare. Ciò poi che salta all'occhio addirittura è la differenza dei caratteri tra il diritto e il rovescio. I." Tale e quale come l'abbiamo testé riconosciuta e deplorata nell'aureo del cippo.... quantunque là ella abbia avuto un po' piìi di difficoltà a persuadersene Ma per carità non rientriamo nel merito della questione 2." Sentiamo piuttosto la fine del suo racconto i.° La fine è presto detta. L'aureo, qual' era e quale ella lo vede, io lo mandai ad uno di quei grand raccoglitori, la cui collezione, se allora non era illu trata dal nome del famoso tiranno, conteneva però altre rarità di primo ordine, richiedendolo del suo parere. Mi rispose con queste testuali parole , che traduco in italiano, perchè dicendo il peccato, intendo tacere il peccatore, e non vorrei che la lingua origi- nale fosse un lontano indizio : " // suo Uranio è im- portantissimo e, quanto a me, non ho il ìiiinimo dubbio sulla sua autenticità. „ 2." Davvero ella ebbe questa risposta ? 1." Par(jla d'onore. E dopo questo fatto io do- I APPUNTI DI N'UMISMATICA ROMANA 437 vetti persuadermi di due cose. In primo luogo, che non seinpre il giudizio dei grandi raccoglitori è attendibile; col che non intendo menomamente sta- bilire una legge generale; ma solo diminuire il nu- mero dei supposti oppositori, mettendone qualche- duno fuori di combattimento. In secondo luogo, che un artista di valore, il quale si dedicasse alla spe- cialitcà dell'imitazione dell'antico, non è impossibile che possa raggiungere tale perfezione, da trarre in inganno anche persone molto competenti. Non abbiamo visto replicatamente inganni in fatto d'ogni genere d'antichità, comprese le monete ? Ed ora è tempo che veniamo alla conclusione della nostra lunga chiacchierata; ma mi permetta un'ultima rapida e definitiva occhiata a questi curio- sissimi aurei, prima d' abbandonarli e due ultime osservazioni. Guardando i dritti, io vi trovo tre tipi di fisionomia, ciascuno dei quah ha ben poco a che fare cogli altri, talché io credo che, senza l'aiuto della leggenda, nessuno oserebbe afiermare trattarsi del medesimo personaggio; e ciò è aflatto contrario alle tradizioni della monetazione romana, di cui una caratteristica è la fedele e costante conservazione dei tipi, anche nei tempi non migliori per l'arte. Guardando poi i rovesci, io trovo — ed Ella mi correggerà, se m'inganno: — i." Due aurei ser- vilmente imitati (rov. del leone e della quadriga), imi- tati cioè in modo che, nel primo di essi almeno, come già osservai, è forza ammettere che l'incisore non sapeva quello che si facesse, 2." un aureo imitato, ma corretto (rov. del cippo) nel quale si vede una pili o meno perspicace intelligenza nell'incisore per la correzione introdotta, 3." un aureo male imitato (rov. della Eortuna colla leggenda FECVNDITAS ) ; 4" final- mente un aureo affatto originale (rov. della pietra conica). — Ora, io dimando, come si spiega questo 438 FRANCESCO GNECCHI guazzabuglio? O il tiranno trovava necessario di imitare gli aurei imperiali per dar corso ai ^proprii, e come ne potè coniare di originali? O credeva di poterne fare di originali, e allora perchè imitare gli altri? E perchè imitarli talora troppo ingenuamente e talora con un' astuzia peggiore dell' ingenuità ? Né si potrà invocare una diversità d'epoca. Quand'anche non vi ostasse il brevissimo regno d' Uranio Antonino, vi osterebbe sempre quella malaugurata ripetizione di dritti, la quale e là per dimostrare che tutti furono coniati contemporaneamente. E qui, facendo punto, lascio alla sua sagacità di venire alla conclusione. 2° Esito a dichiararlo, e lo dico a malincore; ma la mia fede è molto scossa. Rifletterò e, presen- tandomisi qualche ragione da opporre , gliela co- municherò. i.° E mi farà grandissimo piacere. Io l'ascolterò sempre ben volentieri, augurandomi una conver- sione. 2° Ma frattanto perchè non esprime pubblica- mente queste sue idee? Non sarebbe bene che se ne discutesse nei periodici numismatici? Dalla discus- sione viene la luce. I." Che vuole? Di discussione pur troppo sene fa assai poca nei nostri periodici, e poi vi sono certe questioni delicate , che nessuno osa affrontare, ed una è precisamente quella che riguarda l'autenticità delle monete. 2.° E per quale ragione ? i.° È il timore di irritare e di inimicarsi chi le possiede ? E il timore di commettere una indiscre- zione, oppure un errore di giudizio, e di pregiudi- care con una calunnia involontaria il valore d' un oggetto, che forma l'onore di una collezione? O infine il timore d' essere tacciati di presunzione, an- APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 439 dando contro il parere d' altri , che hanno maggior autorità di voi ? Sono tutti questi motivi insieme , che riducono al silenzio chi avrebbe in animo di esporre un' opinione in contraddizione con quella universalmente o da molti accettata. 2.° Questi timori mi sembrano poco giustificati e poco ragionevoli. E del resto crederei assai più onorevole l'affrontarli parlando che non il sottostarvi tacendo. i.° Un vecchio adagio francese insegna che " pas tonte vérité est bornie à dire. „ 2° Ed è precisamente all'ombra di questo adagio male interpretato, che i timidi si attengono al si- lenzio. Io non penso però che siano queste le verità cui l'adagio intende alludere, e credo invece che ogni riguardo personale debba cedere davanti alla franchezza d'un'opinionc, qualunque essa sia. Infine non si tratta che di esprimere leahnente un modo di vedere, che altri può combattere. Non è questione di fede, ma di ragionamento, e ogni ragionamento può sempre esser vinto da un altro più forte. E sempre bene che la verità si faccia avanti, e, fra chi si sforza di far la luce e chi la teme, non esito a schierarmi fra i primi. i.° Nessuno più nemico di me dei sottintesi e dei malintesi, e lo posso assicurare in tutta sincerità che la franchezza, che finora non ho avuto il co- raggio di usare cogli altri, l' ho sempre desiderata per me stesso. M'è occorso pochi anni sono di pro- vare un vero dispiacere perchè altri, per un falso timore di ipotetica suscettibilità da parte mia, si è fatto un dovere di non esprimere un suo parere a mio riguardo, o d'esprimerlo solo a mezza bocca e in modo molto indiretto. Mio fratello ed io avevamo pubblicato alcune curiosissime monete mediovali pro- venienti da un ripostiglio. Ci fu un dotto numisma- 440 FRAN'CESCO GNFXCHI tico, assai competente, che dubitò dell'autenticità di quelle monete. Comunicò confidenzialmente il suo dubbio a qualche amico, ma gli mancò il coraggio di dirlo apertamente a noi, e noi non lo si seppe che moito tempo dopo. Francamente avremmo pre- ferito assai una discussione aperta, che ci avrebbe dato modo di difendere colle prove più evidenti quanto avevamo asserito... 2." E dopo tali dichiarazioni come non trova giusto di seguire il precetto evangelico, facendo agli altri quello che vorrebbe fatto a lei stessa? 1." Ma crede Ella che tutti gli altri la penseranno come la penso io ? Non tutti hanno il medesimo modo di vedere le cose, e io non vorrei offendere la su- scettibilità d'alcuno. 2.° Le sue osservazioni sono riuscite quasi.... dico quasi, perchè mi voglio riservare di rifletterci ancora, a persuadere me, che ho sempre avuto un'opinione diametralmente contraria. Bisogna che abbiano qualche fondamento, e in ogni modo parmi che meritino di essere ponderate da chi s'interessa alla materia, per essere accettate o combattute, hifine io credo che dalla discussione non può venire che un bene. Io la incoraggio moltissimo a rendere pubbliche le sue osservazioni, anzi vorrei che me lo promettesse. I." Ebbene, se è per farle piacere, io glielo prometto. S. Maìtrizio, Engadina, 2/ Luglio iSgj. Francesco Gnecchi. LA ZECCA DI CAMPOBASSO I. Mai altra zecca, come quella di Campobasso, venne più lentamente, ed ultima tra molte, a dare il suo contributo, modesto, ma interessante, alla nu- mismatica; di maniera che oggi, a diradare le tenebre in cui è involta, pel tempo e per la quasi assoluta mancanza di documenti, o dispersi, o da intempe- stiva gelosia tenuti nascosti, si corre pericolo d'a- verne le mani spellate. Pure la carità di patria e l'affetto al capoluogo della provincia natia m'inducono ad assumere il grave compito d'illustrare la zecca campobassana; e voglia Dio che la materia si renda facile e si presti malleabile al mio povero ingegno. Ben quindici sarebbero i diversi tornesi, al tipo di Chiarenza, fin oggi conosciuti, secondo gli. scrit- tori e le varietà esistenti; ma io aggiungerò a quelli un altro, non assolutamente inedito, da collocare primo fra tutti. Esso porta : ,©'-+* CAMPIBASSI * Croce patente. 9 — + * CAMPIBASSI * Tempio fiancheggiato da due bisanti. Come da figura posta nella presente monografia. 442 FRANCESCO DI PALMA Fu questo nuovo monumento acquistato (e favo- ritomi poi) dal Signor Quintilio Perini, gentile pro- prietario della farmacia Zanella di Rovereto, nel Trentino, tra la primavera del 1891, da un venditore di anticaglie in Genova. Desso ha il tondello di millimetri venti ed il peso di sette decigrammi. Colloco il detto tornese innanzi ad ogni altro perchè al Monforte, primo coniatore di moneta in Campobasso, non doveva, per una certa reverenza verso il re che gli dava facoltà di batterla, tornare gradito l'uso d'emblemi troppo vivi e fastosi, e perciò si vedono ai lati del tempio due bisanti e sul dritto e sul rovescio la sola epigrafe che ricorda Campobasso. — Se si tien calcolo poi di quel naturale ordine delle azioni pel quale prima ci diamo ad imitare, poscia a creare, ed un certo senso di politica e di naturale ritrosia, che in ogni passo iniziale e' induce a nascondere il nome ed i segni che lo adombrano, per vedere quale accoglienza ha l'opera nostra, avremo, con proba- bilità di certezza, un punto d'appoggio per affermare questo il primo tornese della zecca campobassana che quivi cominciò la serie di tale monetazione. Viene secondo il tornese edito da me nell'aprile di due anni fa su cui è impresso : ^^ - + • CAMPIBASSI * Croce. 9 — "^ CAMPIBASSI * Tempio avente ai lati due gigli, emblema dei re francesi, dai quali Monforte vantavano la discendenza ('). Questo tornese è di deciannove millimetri di diametro e, correggendo un errore ficcato nelle varie (1) Di Palma F., Moneta inedita di Campobasso. LA ZECCA DI CAMPOBASSO 443 ristampe della mia memoria, di sette decigrammi e mezzo di peso. Veduta, forse, la richiesta, il corso e la man- canza che d'ambedue i tornesi campobassani eravi ne' diversi mercati nostri e di Levante, come avve- niva, del resto, per quelli dei principi latini e greci della Morea e dell'Epiro, e per desiderio di ranno- darli più strettamente a quelli di Clarenza e d'Atene si dovette coniare il seguente : ^ - + -k CAMPIBASSVI • Croce. 9/ - • CLARENTIA • Tempio (a). Ma la grande emissione di moneta campobas- sana, se va tratta una legittima conseguenza dal non scarso numero di campioni giunti a noi, comincia con quella portante nel ^' - + * NICOLA ■ COM * Tempio. 9 - + * CAMPIBASSI * Croce. Ed infatti mentre i primi sono rappresentati da due esemplari di sola mistura, e quindi non possiamo affermare se vennero o no impressi in altro metallo, quest'ultimo invece giunse a noi battuto in rame ed in bigHone '3). Lo descrive di mistura Vincenzo Lazzari, ed anzi soggiunge che in una varietà, con Nicola Come, l'epigrafe è preceduta e seguita da un fiordaliso (4). Carlo Kunz ne registra uno d'egual metallo, scorgen- (2) Sambon a., Archivio storico per le Provincie napoletane. Anno XIX, Fascicolo I, pag. 198. (3) Dei tornesi portanti Nicola com o come quelli in biglione hanno da 19 a 20 millimetri di diametro e da 7 a 9 decigrammi di peso e quello in bronzo 19 millimetri di diametro e 9 decigrammi di peso. Però io credo che i non corrosi debbano generalmente avere 20 milli- metri ed I gr. (4) Lazzari Vincenzo, Rivista della Numismatica. Anno 1864. Voi. 1, Fascicolo I. 444 FRANCESCO DI PALMA dovi pure Nicola Come ^^. Con identica leggenda ne possiede un campione il conte Nicolò Papadopoli di Venezia e due il Museo provinciale di Campobasso. Il R. Museo archeologico di Firenze ne ha con tre STELLINE, due ai lati ed una sotto il tempio, mentre la leggenda Nicola Cam è fra due fiordalisi (Fig. IV). Tre sono proprietà del cavalier Luigi Alberto Trotta di Toro e due ne conservo nella mia raccolta, uno di mistura nel quale Nicola Com e chiuso ed inter- rotto da TRE STELLINE o 15ISANTI ed uuo rarissimo di rame. Similmente di biglione e con la dicitura Nicola Com ne riportano la Dissertazione storico-critica della famiglia Monforte <^', il Kohler (7) ed il catalogo del R. Museo di Napoli (8). Di questo, come del primo tornesc, però, le va- rietà sono costituite da semplici segni araldici, poiché r E quadrata di Come, negli esemplari d' imperfetta conservazione che abbiamo, può essere presa pel terzo piede dell' M. allora in uso, e il terzo piede dell'emme per E; se pure non si voglia ritenere questa variante quale amplificazione di numismatici. Nulla potrei dire su l'ordine cronologico con cui vennero emesse le varietà di questo danaro. Alla monetina del nuovo signore di Campobasso, che, meno timido de' suoi antenati, la ornava del proprio nome e titolo, credo, non mancarono i falsifica- tori, e ad essi, forse, dobbiamo quella che dice nel P — NICOLA CONN (9), ^ - FLORENS • P ■ ACH (5) KuNZ Carlo, Secondo catalogo d'oggetti di numismatica. Ve- nezia 1855, pag. 55. (6) Dissertasione storico-critica della /amiglia Monforte. Napoli 1778. (7) Kohler, Historische Munz-belustigung : pag. 409. Tomo XXI. (8) FioRELLi, Catalogo del Museo Nazionale di Napoli. Monete del .Medio evo. (9) ScHLUMBERGER G. Numismatique de l' Orient latin, pag. 357, nota 4. LA ZECCA DI CAMPOBASSO 445 una seconda, combinata pure con elementi delle monete d' Acaia, nella quale si legge nel ^ - NICOLA COM 9' — CLARENTIA ''o\ una terza, che può anche non essere opera di ial- sarii, ove si ripete al ^ - NICOLA COM 9 - NICOLA COM (II), ed, infine, una quarta descritta da Giuseppe Galanti e da lui, non so con quale fondamento, attribuita alla zecca di Campobasso, segnata ^' — TC • PRINCEPS (12) 9 - CLARENTI/E 13). Ai falsari vanno aggiunti gli autori che scris- sero di Campobasso, i quali vollero, con le corre- zioni e le amplificazioni, non mai documentate da veri nummi , arricchire la fecondità monetaria di questa zecca, ma riuscirono invece ad intrigare la matassa ed a confondere l'animo, con introvabili ed immaginarli torncsi, aventi :& — NICOLA COMES 9/ - CAMPIBASSI (14), (io) a. Sambon e Sculumhfrger G., Opere citate. (n) ScnLUMBKRGER G., Opera citata. (i2j Questo tornese, punto falso, fu dal Galanti erroneamente detto di Nicola Monforte, e quindi interpetrato Comes Princeps )( Clarenti^, mentre 1' 111."'° Prof. De Petra, nel catalogo del tesoretto di tornesi trovati in Napoli (pag. a, n. i), correggendo, per oculare esame di monumenti, il C. Princeps in G. Princeps, lo atrribuisce con storica certezza a Guglielmo di Villehardouin, dando così la vera spiegazione dell'epigrafe nella dicitura Gulielmus Princeps )( Clarenti^. (13) Giuseppe Galanti, Descrizione delio stato antico ed attuale del contado di Molise 1781. (14) Ludovico Antonio Muratori. Dissertnzionc XXVI!. pag. 410. 446 FRANCESCO DI PALMA oppure ^ - NICOLAVS COMES 9/ — CAMPIBASSI . 2. — Mistura (6). ^ — Testa come al rovescio del n. i + niCOL. . . . DVX 9/ — Croce come al diritto del n. i + AG-IOP OL. . . IXI (5) L'esemplare della mia raccolta deve essere lo stesso che fu trovato nel 1856 e pubblicato da P. Lambros nella Zeitschrift filr Ni:- mistnatik,, 1874, tav. 6, n. io. (6) e (i) Mancano i pesi di queste due monete che ho riportato dalla monografìa di P. Lambros : Reviie de Numismatiqiu del 1887 , pag. 278 e 280. 464 N. PAPADOPOLI - LA ZECCA DI NASSO Giovanni I Sanudo duca dell'Arcipelago e di Nasso 1341-1362. I. — Mistura, peso grammi 0,42. ^ — Testa come sopra + IOAn DVX ♦ in un cerchietto. 9 — Croce + A&IOPEL niXtt in un cerchietto. 2. — Mistura (7). ^ — Testa con pettinatura alquanto differente dagli altri numeri + lOAD DVX in un cerchietto. 9* — Croce come sopra + A&IOPELIU XS in un cerchietto. 3. — Mistura, peso grammi 0,44. jy — Testa come al n. i + lOAlìd • SAnVD ... in doppio cerchio di perline. 9 — Croce come sopra + A&IOPHL niXIH in doppio cerchio di perline. Nicolò Papadopoli. DESANA-MIRANDOLA I. L'illustre Domenico Promis, nella memoria sulle Monete della zecca di Dezana (0, chiudeva la serie dei signori che in essa avevano battuto, col conte Carlo Giuseppe Tizzone, dichiarando che per cagione del processo a questi intentato dal fisco imperiale e ripreso contro la vedova, le figlie e i pretendenti alla succes- sione del feudo, l'officina rimase chiusa; e che, aggiu- dicata Desana ai cugini Curzio Francesco Tizzone, marchese di Crescentino, e Giorgis Enrico Emanuele Tizzone conte di Rive, e rimasta, per convenzione seguita fra costoro, al Curzio, " non appare nemmeno che questi vi facesse lavorare „ (2). Pochi anni dopo il Promis rinveniva e pubbli- cava nella memoria II, Monete dì zecche italiane inedite (3), un testone che egli attribuì al Curzio Francesco. Lo dice nuovo di conio, però colla data alquanto guasta, ma che deve leggersi 16SS. (i) Torino, stamperia reale, 1863. (2) Pag. 68 della citata memoria, V. anche Dionisotti, // colmine di Desana e la famiglia patrizia dei Tizsoìii, Torino, Vincenzo Bonn, 1895. pag- 27- (3) Torino, stamperia reale, 1868. 466 M. MARIANI Il Promis era tratto a fissare questa data dalla considerazione che il conte Carlo Giuseppe, ultimo del ramo cui spettava il feudo, era morto nell' ii aprile 1676, e soltanto in forza della sentenza 12 febbraio 1683 del consiglio aulico (4), erano stati dichiarati successori legittimi nel feudo i cugini su ricordati, e che il feudo, solo qualche tempo dopo, era passato per convenzione tra essi fattasi al Curzio Francesco. La convenzione è del i ottobre 1683 '5). Nell'anno andato ebbi anch'io la fortuna di acquistare in Pavia un testone, che di pochissimo differisce da quello pubblicato dal Promis. Quest'ul- timo, conservato nella R. Raccolta di Torino, reca nel ^ FRAN • TIT • M • ROD • C • D • G • S • R • I • VI -, poi la data guasta. Busto volto a destra; IJ( QV/E • SOLA • VIRGO • PARTVRIT • La Madonna della Giara di Reggio. Quello da me posseduto reca nel 1& %V FRAN • TlT • M • RO • C . DE • C • S • R • I • VI * 1667. Il 5* è identico a quello del testone del Promis. Noterò che certo per errore dello zecchiere fu nel mio esemplare posto un punto fra il DE e il C, che dovevano essere uniti (DECianae). Come si vede, mentre il testone del Promis ha la data guasta e non decifrabile, il mio, la cui con- servazione è in generale non troppo buona, reca chiarissimo l'anno 1667. E siccome i due esemplari possono quasi dirsi identici e debbono quindi rite- nersi battuti da uno stesso signore, è naturale il supporre che la data del 1667 sia da leggersi anche su quello del Promis, e il conchiudere che molto (4) (5) V. DiONisoTTi, op. e pag. cit. DESANA - MIRANDOLA 467 discutibile sia l'opinione del Promis che il testone sia stato battuto dal Curzio Francesco. L'unica ragione che potrebbe farsi valere per ammetterla, si è che il Curzio Francesco avesse, durante la vita del lontano parente conte Carlo Giuseppe Tizzone, avanzato pretese sul feudo, e, appunto coniando monete al proprio nome, operato da pretendente. Ma per quante ricerche io abbia istituito, non mi fu dato di trovare un solo indizio di tali pretese (5i. Anzi, per non lasciare nulla di d'intatto e attingere a fonte sicurissima, mi rivolsi all'illustre Barone Antonio Manno, cui esposi la questione; e il dotto e cortese uomo mi fornì il dato per risolverla, ed è giusto gliene renda pubblicamente le più vive grazie. Il Barone Manno mi avvertiva che l'ultimo della linea Tizzoni aveva i nomi di Carlo Giuseppe Fran- cesco Delfino Maria ('*). 11 testone adunque recherebbe il terzo nome del Conte, anziché i primi due, ed essendo stato battuto nel 1667, nove anni prima della sua morte, è logico ammettere che ad esso appartenga. (5) Anche nel recentissimo lavoro del Dionisotti, già citato, non è tatto il più piccolo cenno di pretendenti al feudo durante la vita del conte Carlo Giuseppe. (6) Ed è quanto appare anche dal lavoro del Dionisotti. V. la tavola genealogica N. VII. Però i nomi del Conte furono in detta tavola così riportati : CARLO GIUSEPPE I KRANCF.SCO DKLKINO sicché potrebbero far supporre due persone. Ma l'errore di stampa è evidente perchè nel testo (pag. 27), è detto che la Eleonora maritata a Filippo Della Chiesa, Marchese di Cinzano, era la primogenita delle tre figlie del conte Carlo Giuseppe, le quali nella tavola genealogicn sono poste in ordine di nascita sotto il Fkancesco Deluno. 468 M. MARIANI Se non che è facile mi si muova una obiezione. Si dirà: come può essere che il Conte in tutte le sue altre monete ponesse il nome di Carolus, o di Car. Jos., e nel testone in questione ponesse quello di Francesco? L'obiezione può essere vittoriosamente combat- tuta con poche osservazioni. E noto che i signori di Desana si erano dati, forse come pochi altri, alla contraffazione delle monete dei vicini paesi d'Italia e di Francia. Ora anche il testone in questione costituiva una contraffazione di un testone di F"rancesco li d'Este duca di Modena, che tenne lo Stato dal 1662 al 1694, e lo ha dimo- strato il Promis nella citata memoria seconda, perchè " su di esso e raffigurata, come su quello di Modena, la Madonna della Giara di Reggio „. Ora è evidente che a rendere tanto più perfetta e ingan- natrice la contraffazione, tornava utilissimo il nome di Francesco, e il Tizzone, il quale nella contraffa- zione mirava, come pure dimostra il Promis, al grosso guadagno, trovò conveniente di far battere il testone al nome di Francesco, anziché a quello di Car. Jos., che usò specialmente, perchè più oppor- tuno, nelle contraffazioni dei scsini di Milano battuti al nome di Carlo II, Re di Spagna (7). Un altro argomento poi vi ha che esclude asso- lutamente possa il testone attribuirsi al Curzio Fran- cesco. È il titolo di Marchese di Roddi (M • ROD- ) che nel testone si legge, il quale apparteneva al Carlo Giuseppe Tizzone, perchè la madre sua Costanza Maria Sangiorgio Picco Biandrate costituì, con atto 29 novembre 1649, del feudo di Roddi una primo- (7) MoRKL Fatio, nella Reìuie Xiiiiiisiiialique Belge, A. 1865, pa^. iii e Tav. VI, n. 40. DESANA - MIRANDOLA 469 genitura a favore di esso (8), che passò coi beni a Filippo Della Chiesa, Marchese di Cinzano, genero del conte Carlo Giuseppe <9)^ sicché né titolo né beni ebbe mai il Curzio Francesco. Bisogna adunque convenire col Barone Manno che " la data del 1688 non fu letta dal Promis sull'esemplare corroso, ma indovinata col preconcetto del Curzio, e male indovinata „ ; e conchiudere che fino a prova contraria il Curzio Francesco non ha battuto moneta nella zecca di Uesana. II La serie delle monete battute nella zecca di Mirandola si chiude dagli scrittori con quelle del duca Alessandro II Pico, al quale nel 1691 succe- deva il nipote Francesco Maria, spogliato nel 1708 dello Stato dall'Imperatore. Pensando all'importanza che tutti i principi hanno dato al diritto di battere moneta, siccome la più chiara manifestazione della loro signoria, m'è sempre parso strano che questo ultimo duca abbia tenuto lo Stato dal 169 1 al 1708 senza mai farne uso. Nell'anno andato acquistai un soldo di rame, che sebbene mal battuto e di cattiva conservazione riconobbi subito di Mirandola; e quale non fu la mia meraviglia, leggendo nel rovescio chiara la data del 1704! Per me non ci fu più dubbio: anche il duca (8) DiON-isoTTi, op. cit., pag. 26. Il Mnrel Fatio, op. e pag. cit., dà erroneamente a questo atto la data del 1667. (g) Promis, Memoiia seconda, già citata. 47° M. MARIANI. • DF.SANA - MIRANDOLA Francesco Maria Pico ha battuto moneta. Peccato che il soldo, come dissi, mal battuto e mal conser- vato, non permetta la lettura piena delle epigrafi (i°'. Ne do la descrizione. <^- — . . . . M MIRANDV ■ Scudo dei Pico su cui la corona ducale. ly- ~ : IN T VI : 1704. Croce ornata, fra i raggi delia quale quattro testine. Pavia, ottobre iScjS- M. Mariani. (io) L'egregio D.r Solone Ambrosoli m' informa che un altro esem- plare della moneta mirandolese qui descritta è posseduto dallo studioso giovane sig. Mario San-Roniè, di Como. LES VIENNOIS NOIRS D'AMÉDEÉ Vili DUC DE SAVOIE DE 1416 à 1439 Pendant le règne d' Amcdée Vili due , les or- donnances relatives à la frappe dcs monnaies sont assez nombreuses : nous n'en retiendrons ici que ce qui a trait aux viennois. La première en date de ces ordonnances, celle du 22 nov. 1418, j^rescrit l'émission à Chambéry et Nyon , de monnaies scmblables à celles qui avaient été frappées en 1405 , mais en baissant un peu le poids et la bonté. Ainsi , les viennois durent ètre de 298 au mare de Troyes et au titre de i denier 3 grains au lieu que en 1405 la taille était de 248 au mare et le titre de i denier 6 grains. Le poids théorique d'un viennois était donc, de par la nouvelle ordonnance, de 834 mmgr. La mème année 1418, en décembre. ordre de trapper à Ivrée des viennois de 288 au mare (ce qui donnait 836 mmgr. par pièce) mais scmblables pour le type à ceux de Nyon et de Chambéry. Or les viennois de 1405 portaient, à l'avers, dans le champ, le mot FERT en minusculcs gothiques et au revers une croix plaine alaisée (cfr. Promis, tav. V, n. 6). Je ne sachc pas que pour la periodo ducale on ait signalé des monnaies qui répondent à cotte description; je puis en donner ici deux variétés : 472 ARNOLD RAUGE VAN GENNEP i. — ^ — AMEDEVS • DVX (un croissant, pour marque). 9/ - + SABAVDIE. Assez bicn conserve mais rogne. — Poids 67 centigr. -■ Ma coUection. 2. - ly — + AMEDEVS • DVX (marque: fleur à 5 pétales). 9I - SABAVDIE. Assez bien conservi". — Foids 69 centigr. — Ma coUection. Le num. i a pour diffcrent un croissant, marque de Jacques Fichot, monnayeur à Nyon. Le num. 2 porte une fleur à cinq pétales avec point centrai qu' on rencontre frcquemment sur les monnaies , tant comtales quo ducales, d'Amédée Vili et de ses successeurs Louis et Amédée IX. Ce qui fait que jc ne puis me ranger tout à fait à l'avis de M. Ladé lorsque dans sa répartition des marques d'Amé- dée Vili {Rev. Suisse de Nian., 1891, liv. I) il donne la fleur à cinq pétales à l'atelier d'Aix-les-Bains, atelier mentionné seulcmcnt dans des textes de 1408 et de 141 1. C'est justement à propos de ce différcnt que IVI. Ladé parie d'un viennois (ibid. n. 56) portant une fleur à cinq pétales, mais dont il a negligé de nous donner la description détaillée ; il en est de mèiiie de son num. 55, viennois ayant une fleur à six pétales : ce qui fait que je ne sais dans quelle sèrie les classer. Le 22 févr. 1420 une nouvelle ordonnance enjoint de frapper à Chambéry , Turin , Nyon et Ivrée des viennois de 360 au mare (soit 69 centigr.). Ils ont à l'avers le FERI gothique et au- revers, au lieu de la croix alaisée, une croix pattce ; la gravure en est plus soignée. Voici les variantes déjà décrites : 3. — tì' - + AMEDEVS ^ DVX (couronne). 9 — + SABAVDIE: Promis, Tav. VII, n. 20. 4. - B' — + AMEDEVS • DVX (fleur à cinq pétales). ^ — + SABAVDIE o Rabut 5™- notice, p. 9, n. 4. LK6 VIF.N'NOIS NOIS D .AMEDF.E Vili 473 l'ai acheté rexemplairc mcmc dont parie Rabat, sans en donner le poids : il pese 65 centigramines. En vertu des ordonnances d'avril et de sep- tembre 1421 les vlennois durent étre de 352 au mare (soit 706 mmgr.). Voici des pièces qui s'y rapportent. Troisiènie type. ly — A gothique lleuronné. Iji — Ecu de Savoie. 5. — ^jy - + MEDEVS ♦ DVX (étoile à six rais). Iji - + SABAVDIE. 16 grains, Perrin. Chamb. n. 102. 13 grains, Rabut ^"■'^ not. n. 3. + MEDEVS ^ DVX (marguerite ou bouquet). + SABAVDIE id. kI. Ann. n. 58. 3[ grains, Perrin. Chauib. n. 103. + MEDEVS -i- DVX (rose). + SABAVDIE- 16 grains, Perrin. Ann. N. 57. Or il faut fairc ici une petite remarc[ue relative aux poids que les différents auteurs assignent à ccs trois variantes. En effet, la premiè're, decrite par Rabut dans sa quatrième notice, est donnée comnie faisant partie de la coUecticjn Vissol. Or eette eoUection est entrée tout entière dans les vitrines du Musée de Chambéry , et M. Ferrin , faisant le catalogne des monnaies de Savoie de ce musée, décrit à nouveau cette mcme pièce et lui trouve un poids tout autre que celui qu'avait indiqué Rabut: celui-ci dit 13 grains (69 centigr.) ; M. Perrin dit 16 grains (85 et non pas 84 cg. commc il y a dans le catalogne de Chambéry). Pour le n. 2 il y a aussi une petite errcur : 15 grains font en effet 798 mmgr. et non pas 82 centigr.. ainsi que le calcule M. Perrin. Ce sont là de 6. 7- - ir 474 ARNOLD RAUGE VAN GENNEP petites fautes qui se pcuvcnt expliquer par ce fait que l'auteur aura admis , sans toujours les vérifier, les donnces d' un collaborateur peu exact. Nous avons dono trouvé sous Amédée Vili trois types différcnts de viennois : pour avoir ici des données réellement certaines il faudrait des pesées et des essais portant sur un nombre suffisant d'exem- plaires. Malheureusement ces petites pièces sont rares et, de plus, tbrt souvent dans un mediocre état de conservation. BIBLIOGRAFI UE. Protnis, Monete dei 1-^eali di Savoia, 1840. Perrin, Catalogue du Médaiilcr de Savoie du Miisée de Chani- béry, 1883. Idem, idem du Musce d'Annecy, 1885. Rabat, Quatrième notice, 1861 (mém. Acad. Sav. T. V.) Arnold Raugé van Gennep. jVIED AG Lil A IN ONORE 1)1 MARSIGLIO DA CARRARA IL SENIORE L'Armane! annovera, siccome opere d'artisti italiani del- l'età del Rinascimento, parecchie medaglie in onore de' Car- raresi di Padova. D'una soltanto addita però l'autore, della coniata in onore di Albertino Carrarese Pappafava , morto li 1487. Nelle iniziali del rovescio F. A. B. egli legge Frate Antonio Bresciano, o da Brescia, ch'esercitava l'arte sua negli ultimi anni del secolo decimo quinto e ne' primi del successivo (i). D'altri Carraresi, vissuti anteriormente ad Al- (i) Armano, Les Méiiailleiii\-i itaìiens des ijiiinzicDie et seisiciiie siecles. Tom. I, pag. ]03, n. 5. Paris, 1883. 476 BERNARDO MORSOI.IN bertino, descrive ben undici medaglie, coniate, secondo lui , nel primo quarto del secolo decimo sesto (2) : le sette cioè in onore di Jacopo il Grande, di Nicolò, d' Ubertino, di Marsi- glietto, di Jacopo secondo, di Jacopino e di Francesco il Seniore, che hanno il diametro di settanta millimetri (3) ; le due in onore di Francesco Novello, e di Francesco il giuniore di millimetri settanta due (4) ; e le altre, in onore di Francesco il Giuniore, della dimensione la prima di trentaquattro e l'altra di trentadue millimetri (5). È chiaro che in queste medaglie, ad eccezione delia prima, in onore di Albertino Pappafava , si rappresenta la serie degli otto Carraresi, che tennero la signoria di Padova. Ma devesi avvertire che gli storici non annoverano tra gli otto Nicolò, in onore del quale fu pure coniata una medaglia con l'attributo di secondo signore (6). Ch'egli aspirasse con tutte le forze alla signoria, non è cosa, che si possa mettere in dubbio; ma le speranze si risolsero in fumo, dacché gli ebbe a fallire il colpo contro Cangrande della Scala. Si sa, del resto, che il successore di Jacopo il Grande fu il nipote Marsiglio, figlio di Pietro. Vero è che, morto nel 1324 lo zio, gli fu contestata la signoria da' due congiunti Nicolò e Ubertino; ma chi può dire che il primo de' due fosse mai proclamato signore di Padova? Né la medaglia, che lo ri- corda, dice, a rigor di termini, ch'egli fosse signore della città: lo dichiara, invece, signore del territorio di Padova, titolo derivatogli, secondo gli storici, dalle lotte e diciamo anche da' trionfi, conseguiti nel contado, a danno degli emuli (7). i (2) Id. Tom. II, pag. 15, e segg. dal n. 23 al 32. Tom. Ili, pag. 155. n. K. L. (3) Id. Tom. II, pag. 15, dal n. 23 al 30. (4) Id. Tom. Ili, pag. 155, n. K. L. (5) Id. Tom. II, pag. 17, n. 31 e 32. (6) Cittadella, Storia del dominio de' Carraresi iti Padova. Pa- dova, 1842. (7) V'erci, Storia della Marca Trivigiana, Tom. x. Venezia, 1783. MEDAGLIA IN ONORE DI MARSIGLIO DA CARRARA 477 E questo titolo gli è riconosciuto dall'autore della medaglia Nel diritto si legge, cioè, all'ingiro dell'effigie : — " NICOLAVS DE CARRARIA- Il • TERRITORRII • PAT • D • AN • MDCCC XX llll „ — Nel rovescio sta scolpita invece la leggenda :"OBIIT • ANNO DO • MCCCXXVI „ — ; per la quale si fa evidente che l'autore della medaglia fissa l'anno della morte al 1326. Il che è tutt'altro che vero. Si sa, cioè, che necessitato ad esulare dopo la scoperta d'una congiura contro Marsiglio o dirò meglio contro Cangrande della Scala, Nicolò riparò da prima a 'Venezia e quindi a Chioggia, d'onde, morto inoltrato molto negli anni nel 1344, fu trasportato e sepolto nella Chiesa di Sant' Agostino di Padova. Bisogna dire pertanto che l'autore della medaglia non conoscesse l'anno della morte, o lo con- fondesse piuttosto con l'anno dell'esilio dalla città (8). Il secondo signore di Padova fu, del resto, Marsiglio il Seniore, il quale, quantunque in diritto della signoria per volontà dello zio Jacopo il Grande fino dal 1324, non ne fu proclamato signore, in forza specialmente delle rivalità di Nicolò e di Ubertino. La proclamazione non si attuò che nel 1328: ma fu una proclamazione fittizia, stantechè costretto a cedere la signoria a Cangrande, visse parecchi anni alla corte di Verona. Allora soltanto che per le guerre de' Ve- neziani, alleati co' Fiorentini, cominciò a declinare la stella degli Scaligeri, il Carrarese fu proclamato con l'aiuto della signoria di san Marco principe di Padova; ma quel prin- cipato durò breve tempo, dall'agosto cioè del 1337 al 21 marzo del 1338, anno in cui venne a morte (91. I'^ in onore di Marsiglio da Carrara, secondo signore di Padova, fu pure coniata una medaglia, non descritta dall' Armand tra le un- dici , delle quali s' è fatta parola, né dal Litta , né dagli altri, che pure ricordano alcune medagli edei Carraresi. Di essa possiede un esemplare in piombo il Museo Civico di Vicenza. (8) Verci, op. e loc. cit. (9) Verci, op. e loc. cit. 47^ BERNARDO MORSJLIN Ha il diametro di settanta millimetri e rappresenta nel di- ritto il busto di Marsiglio, volto a destra, vestito di toga, senza barba e con la testa coperta di un drappo, che gli scende sopra le spalle. Vi si legge all'ingiro: — " MARSILIVS • MAIOR • DE • CAR • Il • PAT • D • ANN • MCCCXXIIII „. - È scol- pito nel rovescio lo scudo dei Carrara, il Carro rovescio cioè, sormontato da un casco, con nel cimiero un gatto- pardo, in mezzo a una corona di foglie, cosparse di rosoni. Lo circonda la leggenda: - " OBIIT • ANN • MCCCXXXVIII • DIE • XXI • MARTI! „. — È superfluo, mi pare, avvertire, che r autore della medaglia non tiene conto degl'interregni, ma estende la signoria dalla morte di Jacopo il Grande alla morte di Marsiglio. Ho detto che il diametro della medaglia in onore di Marsiglio è di settanta millimetri. E di settanta millimetri è pure il diametro delle medaglie in onore di Jacopo il grande, di Nicolò, d'Ubertino, di Marsiglietto, di Jacopo secondo, di Ja- copino, di Francesco il Seniore e di Francesco il Giuniore. È vero che l'Armand, nella cui collezione s' annoveravano le medaglie in onore d' Ubertino, di Marsiglietto, di Fran- cesco il Seniore e diciamo anco di Nicolò, del diametro di settanta millimetri (io), dichiara che di settantadue è invece il diametro delle due in onore di Francesco Novello, il Giu- niore ("); ma io credo che la misura di quest'ultime sia sbagliata, o risulti, per lo meno, da esemplari eccedenti alquanto nel contorno. Lo deduco dalla seconda delle due in onore di Francesco il Giuniore, della quale si custodisce un esemplare, in piombo, nello stesso Museo Civico di Vicenza, che non differisce nel diametro dalle prime. Il che porta naturalmente, mi pare, alla congettura che tanto l'una, quanto le altre, uscissero da uno stesso punzone e per volere forse d'un solo, che ne dava la commissione, e costituissero insieme una specie di collezione. I (io) Armand, op. cit. Tom. II, pag. 15 e segg. (11) Arm.^nd, op. cit. Toni. Ili, pag. 155. K. L. MEDAGLIA IN ONORE DI MARSIGLIO DA CARRARA 479 Delle medaglie, illustrate dall' Annand, il Museo Civico di Vicenza possiede, oltre la coniata in onore di Marsiglio, gli esemplari, in piombo , delle rappresentanti Jacopo il Grande e Francesco il Giuniore e la medaglia, in bronzo, rappresentante Francesco il Seniore. Che quest'ultima sia la genuina, non oserei dire; inchinerei a crederla piuttosto una riproduzione. Comunque, non vuoisi disconoscere una certa uti- lità, che se ne può trarre dalla conoscenza. L'esemplare della collezione dell'Armand in onore di Francesco il Seniore dev'es- ser non perfetto, ina logoro. Lo argomento dalia leggenda del rovescio, eh' è riferita in questo modo: — " Q... VM • CIVI . BENI • REXIT • AN • XXX • M • Villi- D'V. „ -('2); mentre nell'esemplare del Museo di Vicenza si legge: — QVI • SVM. „ — con quel che segue. Del pari non è esatta, o dirò meglio non è completa la descrizione dell'arma de' Carraresi, intorno alla quale corre la leggenda. Dovevasi aggiungere cioè che il casco ha per cimiero una testa cornuta, volta a sinistra, in mezzo a due ali, con isdraiato al basso un bue bardato, di sopra al quale sta non una banderuola, ma una striscia di pergamena con la scritta: — " MEMO „ — ; dovevasi aggiungere che l'arma ha da' quattro lati un' A in carattere gotico. E l'arma, che, toltene le quattro A, sta scolpita nel rovescio della medaglia in onore di Francesco Novello, il Giunore, con la diffe- renza che in luogo della leggenda — " MEMO „— è scolpita sopra una striscia, egualmente di pergamena la scritta non -" LEVANZA, „- come dice 1' Annand, ma -" LEVXANZA „ — e che al bue, inginocchiato, va sostituito un globo. Di nessuna delle medaglie, costituenti la serie de' Car- raresi, signori di Padova, del diametro di settanta millimetri, è cenno, ch'io sappia, negli storici della famiglia e segnata- (12) Arman», op. cit. Tom. II, pag. 16, n. 29. ^.8o B. MORSOLIN- UNA MEDAGLIA IN ONORE, ECC. mente nel Verci (^3) e nel Cittadella (hK II Litta stesso, che pur riproduce quella in onore d' Albertino, lavoro di Frate Antonio da Brescia e le due in memoria di Francesco il Giuniore, l'una di millimetri trentaquattro e l'altra di tren- tadue ('5), illustrate anche dal Friedlander i^^), sembra non averne conosciuto alcuna. Nel Trcsor de Nwnismaliqiie non s' incontrano che le tre, rappresentanti Jacopo il Grande, Iacopo il Minore e Jacopino ('?). Il Museo Civico di Bologna possiede la coniata in onore di Francesco Novello, che di- fetta del rovescio. Delle altre in onore di Nicolò, d' Ubertino, di Marsiglietto e de'due Franceschi si custodiscono gli esem- plari nella raccolta dell' Armand ('Sj. Il Museo Civico di Vicenza, oltre la medaglia, in bronzo, in onore di Francesco il Giuniore di millimetri trentadue e gli esemplari di millimetri settanta, de' quali s'è fatta parola, possiede, come s'è detto, l'esemplare, in piombo, rappresen- tante Marsiglio il Seniore, per il quale è dato conoscere, io reputo, la collezione completa delle medaglie de' Carraresi, signori di Padova, non ricordata neppure nell'opera ma- gistrale dell' Armand. Bernardo Morsoi.in. (13) Verci, op. cit. Tom. x. (14) Cittadella, op. cit. (15) Litta, Famiglia dei Carraresi. (16) Die italienischen Schamniìnzen des Ji'tnfzenhten Jahrhunderts. Berlin, 1880-1882. (17) Mcdailles conlées et ciselées en Italie. Paris, 1834 et 1836. I, xxxi, 2, II, XXXVIII, 3, II, XXXVIII, 2. (18) Armano, Op. cit. Tom. in, pag. 155, K. IVLEDAGLtlA IN ONORI-: DI NICOLÒ QUINTO Non COSI copiose, come quelle d'altri pontefici de' due secoli decimo quinto e decimo sesto , sono le medaglie in onore di Nicolò V (Tommaso Parentucelli di Sarzana), che l'Armand ha illustrato nella sua classica opera dei Médailleurs Itnliciis. Delle due, eh' egli annovera e de- scrive, la prima di settantasette millimetri è di Andrea Guazzalotti, conosciuto più comunemente sotto il nome di Andrea da Prato. Fu con'ata, come appare dal rovescio, quando non viveva più il pontefice. La leggenda ne ricorda cioè r anno, il mese e perfino il giorno della morte. La medaglia rappresenta, nel diritto, il busto del papa in i)iviale con la testa calva e scoperta e, nel rovescio, una nave in mare con a prora il pontefice, che seduto, regge con le mani uno stendardo, sul quale sono figurate le due chiavi, e ha davanti un ciborio con coperchio a cono d. L'altra di millimetri qua- rantaquattro e opera del Paladino, un artista vissuto verso la fine del secolo decimo sesto e salito in fama per la ripro- duzione, sopra tutto, delle medaglie de' papi del secolo de- cimo quinto. Raffigura, nel diritto, il papa, volto a sinistra, in triregno e piviale; nel rovescio, la Porta Santa, in memoria del Giubileo del 1450. Devo aggiungere che il diritto di questa (i) Armand, Mrdaillcurs Ilaliens des quiii::ic>iic et scisi'eme si'ccle^, Voi. I, pag. 49, n. 6. Paris, 1883. 482 B. MORSOLIN - UNA MEDAGLIA IN ONORE DI NICOLÒ QUINTO medaglia, identico per dimensione e per forma, reca inoltre un altro rovescio, rappresentante l'arma del papa, sormon- tata dalle chiavi e dal triregno e circondata da apposita leggenda (2). All'occhio dell'Armand è sfuggita però una terza meda- glia, della quale si custodisce un esemplare nel Museo Civico di Vicenza. Rafiigura nel diritto il busto del papa Nicolò V, volto a sinistra, in piviale e triregno. La leg- genda, che vi corre all'ingiro, è: — "NICOLAVS • PAPA • V „.— Reca nel rovescio lo scudo , sormontato dal triregno, con nel mezzo le due chiavi, senza leggenda alcuna. Io non o- serei dire da quale punzone uscisse questa medaglia. Devo però avvertire che la dimensione è identica a quella della me- daglia del Paladino; dove differisce però la leggenda. Vi è scol- pito cioè: - " NICOLAVS-V PONT- MAX- „. - Quanto al ro- vescio sta bene egualmente notare che non identica è la dispo- sizione degli emblemi. La medaglia, illustrata dall' Armand, porta, come s'è detto, lo scudo, sormontato dalle Chiavi e dalla Tiara; l'esemplare del Museo di Vicenza ha invece le Chiavi nel mezzo dello scudo col triregno al di sopra. Ma chi vorrebbe dire che l'identità della dimensione e della foggia del busto non accusasse, in onta all'accennata differenza, la mano del Paladino? Bernardo Morsolin. (2) Armano, Voi. II, pag. 296, n. io, e III, pag. 142, B. C. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI. Desimoni (Cornelio). La Moneta ed il rapporto dell' oro al- l'argento. — Roma, 1895, in-8. Studiare i fenomeni economici dei tempi andati giova ai bisogni presenti. L'egregio autore di questo lavoro fece dunque opera buona ed utile proponendosi il non facile compito di trovare i rapporti vigenti fra l'oro e l'argento nei secoli XII, XIII e XIV. Prende le mosse dalla monetazione di S. Luigi re di Francia. I documenti contemporanei facendogli difetto, si vale abilmente di altri, francesi di poco posteriori, li analizza con critica fine e paziente e prova che l'oro stava allora all'ar- gento come uno a dieci. Il rendiconto dell'agente di Alfonso conte di Tolosa del 1267-68 d'acquisti d'oro e d'argento speditigli in Terra Santa gli vale a confermare il suo assunto. Passa quindi in rassegna i diversi sistemi monetari di tutti i paesi circostanti al bacino mediterraneo risalendo al secolo XII. Non ci è concesso, in un cenno sommario se- guire passo passo l' egregio A. nei calcoli, nelle analisi, e talvolta, in mancanza di dati positivi, nelle congetture, temperate però e probabili. Anche qui il rapporto gli risulta dell'uno a dieci, tal- volta dall'uno all'otto e mezzo per le fluttuazioni prodotte da cause accidentali che perturbano temporaneamente e localmente i corsi: cause che non manca di avvertire come non manca di additare i graduali ritorni al livello naturale. 63 484 BIBLIOGRAFIA Ritornato alla seconda metà del duecento rimarca un progressivo rincaro dell'oro fino a superare il tredici e mezzo di argento nel primo quarto del secolo XIV. Su questo punto non possiamo essere del medesimo avviso. Ci consterebbe da altre fonti che il rapporto dell'oro all' argento sarebbe stato anche nel trecento press'a poco dell'uno al dieci. Non è un appunto che ci permettiamo, è un dubbio sottomesso a Chi ci è maestro in materia. Egli ha rilevato con molta evidenza il malvezzo generale dell'alterazione del titolo del- l'argento seguito senza modo e misura dalla fine del due- cento alla metà del trecento, e ce ne diede un esempio co- spicuo in Firenze per opera dalla borghesia intesa a dimi- nuire così le paghe degli operai. Per l'anarchia monetaria di quel periodo la matassa s'in- garbuglia a tal segno da non potersene quasi trovare il ban- dolo. Difficoltà dalla quale i più provetti non ponno andare immuni, essendo facilissimo lo sbaglio di scambiare l'ar- gento inquinato da lega per fino. Avremmo da ultimo desi- derato che i calcoli di cui va ricco questo dotto lavoro fossero stati presentati in forma sinottica. Questo non era neces- sario al chiaro Autore per la padronanza del suo soggetto che si spiega alla sua mente con tutta chiarezza. Lo sarebbe stato pel lettore e specialmente per lo scrivente a formarsi più prontamente la sintesi di quel pregevole scritto. Ci siamo fatto lecito queste poche osservazioni non tanto pel dovere che ne incombe di dare con un sunto il nostro modesto parere; ma [)iù ancora per provare all'egr. Autore ''amore e la serietà applicati all'esame di un lavoro degno di meditazione e fecondo di corollarii. Non ci resta che augurarci altri prodotti dell'ingegno del Signor Desimoni e che altri ne seguano l'esempio. G. G. BIRLIOGRAFIA 485 Giiccclil (Cav. Franxesco). Monete rotiiaiie. — Manuale elemen- tare con 15 tav. eliotipiche e 62 fotoincisioni nel testo, L. 1,50. — Milano, Hoepli 1896. Questo manuale è come un membro complementare del bel Alaiìiiale di NtDiiisiìintica dell' Ambrosoli, pubblicato nella stessa raccolta Moepliana. È dedicato a coloro special- mente, che, attratti verso le monete romane, vogliono avere le prime nozioni indispensabili per cominciare a racco- glierle e a studiarle. Non è un lavoro di semplice compila- zione, ma un libro nato di getto nella mente di una persona che conosce la numismatica romana per esperienza propria e per lungo studio diretto ed approfondito degli originali. Vi si trova una quantità di buone nozioni pratiche che dif- ficilmente si trovano in larghi manuali scientifici. La materia occupa l'autore assai più della teoria appunto per non allon- tanare il novizio da uno studio che deve presentarsi dilet- tevole prima di diventare utile agli altri e profittevole per le discipline storiche ed archeologiche. Per il merito intrinseco di ciucsto manuale, i cultori della numismatica romana certo aumenteranno molto in Italia e si estenderà l'amore ad uno studio che solleva l'intelletto e fa rivivere in noi la vita e la gloria dei nostri i:ìadri. Fircnse, 2.f novetnbre iXg;. L. A. Milani. Ucrtana (I.ng. K.), Del vaiare delle mone/e aiilicaineiite correnti nel Monferrato. — Casale, tipografia Casalese. Ad impedire che preziose notizie, raccolte in un vecchio ma- noscritto, con la data 1774, rinvenuto tra le carte d'ufficio del padre, andassero smarrite, l'ingi-gnere Enrico Bertana, compiendo opera commendevole, le ha fatte stampare in una edizione di 100 esem- plari. Altri dati l' ing. l')ertana vi ha aggiunto in interessanti appendici. Ond' è clie il fascicolo, di 64 pagine in-8 grande, contiene una Raccolta (li notizie delle anticlie Monete tendente a riscliiarire, se 486 BIBLIOGRAFIA sia possibile, l'antico corso e valore di esse coli' addattarlo alla Regola delle Lire, Soldi e Danari oggidì tenuta (iyy4) e singo- larmente delle antiche Monete del Monferrato. I dati incominciano colle monete d'oro, cioè il Fiorino d'oro dal 1359 al 1424 ; seguono quelle relative allo Scudo d'oro del Sole dal 1425 al 1648 ; allo Scudo d'oro d' Italia dal 1546 al 1687 ; all' Ongaro ossia Ducato dal 1562 al 1671 ; agli Scudi di Spagna d'oro dal 1582 al 1672; agli Scudi d'oro di Francia dal 1611 al 1687; allo Scudo d'oro di Genova dal 1611 al 1673; alla Doppia di Spagna dal 1586 al 1687 ; alla Doppia d' Italia dal 1605 al 1687 ; alla Doppia di Genova dal 1611 al 1687; alla Doppia di Fiorenza dal 1629 al 1687 ; alla Doppia di Savoia dal 1631 al 1687 ; alla Doppia di Venezia dal 1636 al 1687 ; alle Doppie di Roma e Na- poli, 1636 ; alla Doppia di Francia dal 1640 al 1687, ed allo Zec- chino di Venezia. Vengono in seguito i dati concernenti le monete d'argento, cioè : Lire Ducali di Savoia, 1561-1688 ; Ducatone, 1586-1687 ; ero- sone Spagna, 1587-1687 ; Crosone nuovo al Torchietto, 1634 ; Cro- sazzo Genova, 1605-1687; Filippo d'argento, 1610-1687; Giustina di Venezia, 1610-1629; San Carlo, 1618-1630; Scudo di Zecca, 1620; Scudo di Casale, 1621-1634; Scudo di Mantova, 1621-1629; B. Amedeo, 1621-1627; Testoni di Savoia, 1589-1617; Testoni di Francia, 1587-1634; Scudo di Savoia, 1629 ; Ducatone della Spada, 1630; Ducatone Savoia 1632-1639; Tallari, 1615 ; Scudo bianco francese d'argento, 1653-1687; Realone di Spagna, 1621-1629 ; Fio- rino di Savoia doppio , 1629 ; Cavalotti di Savoia , Denari con r impronto di Sant'Evasio, Denari con la effigie di S. A. Duca di Mantova e Parpaiole di Milano, 1629- 1634. Seguono notizie ricavate intorno alla valuta, peso e bontà delle sovradescritte ed altre antiche monete dall'anno 1581 al 1688 ; altre relative al peso portato dall'ordine dei 17 dicembre 1577 d' Ema nuele Filiberto di Savoia, del doppio Filiberto e del Filiberto d'Oro ; del Doppio Ducato e del Ducato vecchio di Spagna; dei Ducati diversi, Scudi, Lire, Testoni, Ducatoni, Tallari, Mezzi Scudi, Cian- froni, Filippi, Reali e Cerlinghe ; valore e nomi delle monete vecchie usate nel Piemonte, secondo la Tassa fatta e cavata dai libri an- tichi del senatore Surdo dell'anno 1576 ed ora (1688) cavata dal Nevizano ; regole per le liquidazioni e per le riduzioni ; annotazioni che si leggono nel libretto della tariffa stampata nel 1619 in Ca- sale ed eziandio nel liquidarlo 1688, stampato in Torino; Tariffa pel cambio 15 febbraio 1755; peso e valore delle monete d'oro e d'argento secondo le tariffe degli anni 1733 e 1755. BIBLIOGRAFIA 487 Curiosa ed interessante è una raccolta — che viene in ap- presso — di diverse ordinanze e sentenze del Senato di Casale (sono 192) uscite di tempo in tempo intorno all'aumento delle mo- nete dal 1635 al 1684, cui fanno seguito : tariffa dello scudo da Cross. 108; monete nominate nel libro dei decreti civili e criminali degli antichi Sovrani Marchesi di Monferrato (1505) ed uno Stato delle qualità e valore delle monete anticamente correnti nel Mon- ferrato dal 1295 al 1629. Alla stampa del manoscritto del 1774, l' ingegnere Enrico Ber- tana ha aggiunto quella di una relazione in data 20 maggio 1634 del u Raggionato Ducale Teodoro Mauri al Senato sulla bontà intrinseca delle monete basse fabbricate nella Zecca di Casale dal- l'anno 1604 al 1630 'I ; una seconda appendice sulle monete bat- tute in Casale durante l'assedio dell'anno 1628 ad una lega sulle monete ossidionali battute nel successivo assedio del 1630, delle quali pure al fascicolo va unita la riproduzione in litografia. (Dalla Perscvermiza, 11 dicembre 1895). Ambrosoli Solone, Giangiacomo de' Medici , castellano di Mubso (1523-1532); saggio bibliografico. Milano, tip. fratelli Treves, 1895, in-i6, p. 79. Per le nozze di Antonio Rossetti con Anna Fossati. Caucich Guido , Notizie storiche intorno alla instituzione delle officine monetarie italiane dalla caduta dell'impero romano d'occidente fino ai nostri giorni. Firenze-Roma, tip. Fratelli Bencini, 1895. 8, p. xviij, 43. — (i. Casa di Savoia. 2. S. Giovanni di Moriana. 3. Acqui, Alessandria. 4. Asti, Cuneo. 5. Ivrea, Novara. 6. Tortona, Vercelli). Gnecchi Francesco, Monete romane. Manuale elementare, con 15 tavole e 62 figure nel testo. Milano, U. Iloepli, 1895 16, pp. xv — 182. Manuali Hoepli, Serie scientifica 207. Rossi Aless., senatore. La questione monetaria ne' suoi rapporti con l'agricoltura italiana. Milano, Piacenza, Bologna, Italia agricola edit. 1895, in-i6. p. 40. (Biblioteca popolare illustrata dell'Italia agricola, n. 54-55. giugno-luglio 1895). Collezione di monete appartenenti al signor R. Lippi di Biccari. Aes grave, monete greche e romane, consolari e imperiali, bizantine, del medio evo e moderne. Roma, tip. dell'Unione cooperativa editrice, 1895, '"•S> P- 56- (Galleria Sangiorgi, anno V, n. 61). Dioniso/li Carlo, Il comune di Desana e la famiglia patrizia dei Tizzoni. Torino, Bona, 1895, in-4. Parte I, cap. ix. La secca di Desana. 488 BIBLIOGRAFIA Roc/iarii comie, Le libre-échange monctaire. Paris, Guillaumin, 1895, in-8, pp. 207. Poinscrrd Leon, La question monétaire. Paris, Giard et Brière, 1895, in- 18, pp. VU-292. Lejeune A., Monnaies poids et mesures des principaux paj-s du monde. Paris, Bergcr-Levrault in-8. Aliotte de la Fiiye, Le trcsor de Tourdan (Isère). Grenoble, Allier, 1895, in-8, pp. 60. A. de Bel f art, Description generale des monnaies mérovingiennes par ordre alphabétique des ateliers, publiée d' après les notes manu- scrites de M. le vicomtc de Ponton d' Amécourt. Tome V. Paris, So- cicté francaise de nuinismatique, in-8, pp. 294. Boiitan E., Résumé de la question monétaire et nouveau projet de monnaie internationale. Paris, Guillaumin, in-8, pp. 80. Stoitrm /?., Bibliographie historique des finances de la France au xviii siècle. Paris, Guillaumin, 1895, '""8, pp- 111-346. Florange Jules, Médailles et jetons des conites et princes de Salm. Paris, Florange, 1895, '"'^i PP- ^^■ Cerindk Kliiiient, Mincc kràlovstvi Ceskéko za paonvàmirodu Habs- burského od roku 1526. IV. Mince Fridricha Falckého (1619-20) a Fer- dinanda II (1619-1637). Se 157 obrazy a 24 znainenimi mincmistru. (Monete del regno di Boemia nel tempo del governo di Habsburg dal 1526. V. 1619-37). Pardnbitz, Ilcjblik, in-8, pp. 171 a 234 e io tav. Alphonse de ìVdte. llistoire monétaire des comtes de Louvain, ducs de Brabant et marquis du Saint-Empire Romain. I. Anvers, de Backer, n-4. pp. 214 e 25 pi. Domanig Cari, Anton Scharff, k. und k. Kammer-Medailleur (1885- 1895). Soìn Bildungsgang und sein Schaffen. Wien, Manz, in-8, pp. 54. e 12 tav. Reichcnbach Aug,\y\c Reichenbachsche Mtinz- und MedaiUen-samm- lung, nach des verstorbenen Besitzers Aufzeichnungen zusammen- gestellt. Die Neuzeit. VII. Dresden, Baensch, 1895, '""8, PP- III-28. Prix Franz, Katalog der theresianischen Miinzensammlung. (Pro- gramma del Ginnasio Teresiano in Vienna 1894). Scfniepp !.. Beitrage zur schwei/erischen Munz-geschichte 1850-94. Frauenffìd, 1895, in-4, pp. 154. HIBLIOGRAIIA 489 PERIODICI. Revue Numismatiquk Francaisk. — Fascicolo II, 1895. Mo-a'ot Robert. Les iionis de l'empereur Carausius. — Les ateliers monétaires inipi^riaux en Caule, principalement de Postume à Tétricus. — Lecoiiitc Maurice, Ateliers monétaires mérovingiens, identifications et observations. — Bon/raux Paul, Monnaies rovales frangaises inédites 011 peu connues. — Blaiichet J. Adricn, Mon- naies grecques. — La Tour H. de, Jean de Candida. — Cronaca, Necrologia, Bibliografìa, ecc. Fascicolo III, 1895. Baheloii E., Etudes sur les monnaies primitives d'Asie Mineure; l'étalon milésien. — Droum E., Onomnstiquc arsacide ; essai d'ex- plication des noms des rnis Parthes. — Casanova [\, Xuiuismatiquc des Danichmendites. -- Roiidnt .\alali<. Le ilianiétre des médailles coulees. ^ La Tour IL de, Jean de Candida. — Cronaca, Biblio- grafia, Miscellanea, ecc. A.N'NUAIRE DK LA SuCll'li; Fr.NNC.MSI: DE Nu.MISMATInl K. — Maggio- Giugno 1895. Bordeaux Paul, Le sceau tle la Corporation des monnayeurs de Figeac; le sceau du College des nionn.ueurs d"i\ngers; un cachet des monnayeurs de Paiis. — Revillout E., Seconde lettre k M. Lenormant sur les nituuiaies l'gyptieiines. — A', de Poiiloii d' Aniecoiirl, Descripti'in gi'iKJrale des monnaies au t\'pe cliinonais. — Florali i^e /., Jc-tcjn de Cli. De Stain\i]le, seigneui' de Pouilly. — Vallenlin Roger., La munnaie d'ICinbniii I1406-1417). Luglio-Agosto 1895. Bordeaux Paul, l!tat des connaissanees nuinisni.itiques con- cernant les ateliers monétaires de Conqiiègne et de Malun pendant la Ligue. — De Marcheville, Les francs à pied tVappés à Limoges et à la Kochelle. — 'Tradisci Charles, l'ne curieuse petite médaille satirique inedite, avec legende latine en caracteres runiques. — Valleiiliii Roger, De la déterniination des monnaies du Dauphin Louis I.er (1410-J415). — R. de Politoli d' yliiiccourt, Description generale des monnaies au type chinonais. — Cronaca, Misccl., ecc. 49° BIBLIOGRAFIA Settembre-Ottobre 1895. Bordeaux Paul, Les ateliers monétaires de ClermontFerrand et de Rioni pendant la Ligue; le sceau de 1' Hotel des monnaies de Riom. — R. de Ponton d' Amécourt, Description generale des monnaies au type chinonais. — Dutilh E. D. J ., Monnaies alexan- drines, terre-cuite du Fayoum et les seize Génies de la statue du Nil. — Blancard Louis, Rectifìcations numismatiques concernant le quaternal et le patac de Provence et d'Avignon frappés en 1414. — Cronaca, Bibliografia, Miscellanea, ecc. Revue Belge de Numismatique. — Fascicolo III, 1895. Ghalib Edhem J., Une monnaie d'Alaeddin Qeikobad III, as- socié au nom du grand Ilkhan. — Anatole de Barthélemy, Denier de Hugues, comte de Rouergue (1008-1054). — Maxe-ÌVerly L. Histoire numismatique du Barrois. — De Jonghe Baudouin V., Plaque de Charles IV, comte de Luxembourg, frappée à Marche, et deux autres monnaies de ce prince. — Rottyer J., L'oeuvre du médailleur Nicolas Briot en ce qui concerne les jetons. — Cumont G., Pièces rares ou inédites et trouvaille de Niel-sur-Rupel. — Si- monis D. ]., Ajusteurs jurés de l' ancienne principauté de Liége. — Von Ernst Chev., Les dernières quinze années de Théodore Van Berckel. — Necrologia, Miscellanea, ecc. Fascicolo IV, 1895. Gnecchi F., Un médaillon inédit de Philippe pére trouvé à Rome. — Maxe-lVerly, Histoire numismatique du Barrois. — De Jonghe V}" B., Deux monnaies frappées à Luxembourg par les archiducs Albert et Isabelle. — De Man M."' Maria, Médaille, uniface de Levinus Bloccenus à Burgh. — Roiiyer /., L' oeuvre du médailleur Nicolas Briot en ce qui concerne les jetons. — Bethune B., Méraux de familles brugeoises. Jean de Vleeschouwer, chevalier, et Barbe de Witte. — De Witte A., Médaille religieuse et méreau de Notre-Dame de Miséricorde, à Verviers. — Necrologia, Mi- scellanea, ecc. Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, serie V, voi. IV fase. 4: Bernabei, Di una rarissima tessera hospitalis. Archivio storico italiano, fase. 2, 1895: Paoli C, Mercato, scritta p denaro di Dio. BIBLIOGRAFIA 491 Atti e Memorie della R. Deputazione di storia patria per la Pro- vincia modenese. Serie IV, voi. VII pubblicato a celebrare il primo cen- tenario dalla nascita di mons. Celestino Cavedoni. Modena, Vincenzi, 1895, in-8, fig., pp. lviii-315, con ritratto e 3 tavole. — Ognibene dott. Giov., I capitoli della Zecca di Ferrara nel 1381 : note e documenti. Modena, tip. di G. T. Vincenzi e nipoti, 1895, in-8, p. 77. (Dagli Atti e meni. della r. dep. di storia patria per le prov. modenesi, serie IV, voi. VI). Atti dell'I. R. Accademia degli Agiati di Rovereto, serie III, voi. I, fase. 2, 1895 : Perini Qnintilio, La zecca di Frinco. Giornale di erudizionk, voi. VI, n. 3-4, 1895 '• K., Roma intangibile (medaglia del 20 Settembre). Gaìletìi P., Sul fiorino d'oro della Repub- blica Fiorentina. L' Ellade ITALICA, di Reggio Calabria, a. i, n. i. 1895: Alcune rare monete dell'antica Rhegion. Archivio storico siciliano, a. xx, 1895, fase. MI; Lagutiiina B., Una pregevole moneta di Federico re e Costanza imperatrice. Rivista di storia antica e scienze affini. A. I, fase. 2, Messina, 1895: Orsi P., Intorno ad alcune recenti pubblicazioni di numismatica greco-sicula. Archivio storico napoletano, fase. I, 1895, p. 117-121 : Saniboii A., Recensione di E. Winkelinaìin, Ueber die Goldpraguiigen Kaiser Frie- drichs II. Archivio Salentino di scienze, lettere ed arti. a. I, fase. I : De Giorgi C, Moneta veneta trovata in Lecce (1659 a 1675). Rivista abruzzese, A. IX, fase. V-VI, e VlIl-IX : Sorriccliio L., Un tesoretto monetario; — Bernabei /\, Rassegna Abruzzese Numismatica Archivio stor. cami'ano, voi. II, p. 2, fase. Ili e seg : G. di Co- stanzo, Della numismatica capuana di d. F. Daniele. -- Broccoli A., Lettere famigliari inedite di F. Daniele sulla numismatica capuana. Gazette des Beaux Arts, I agosto 1895. Ilcron de Ville/osse, Le trésor d'argenterie de Bosco Reale. Séances et travaux de l'Académic des sciences morales et poliques 1895, n. 78 : Raffalovich, L'enquéte monétaire allemande de 1894. AcADÉMiE des inscriptions et belles-lettrcs, Comptes-rendus des séances, 1895, 28 giugno : Hiron de Villefosse, Le trésor de Boscoreale. Monde des plantes, i luglio 1895 : Mercier L., Médaille scientifique internationale. Journal Asiatique, inai-juin 1895 : Drottin E., Le noni de Mazda sur une monnaie indoscythe. Intermkdiaire des cherclipurs, 30 luglio : Curiosité de la numisma- tique — Exìste-t-il des monnaies à l'effigie de Joachim Murat ? Revce du droit International, ctc, n. 3, 1895 : Ferguson I. IL, Le bimétallisme et la recente ordonnance monétaire de l'Inde britannique. Annales agronomiques, giugno 1895 : Zolla D., La question mo- nétaire. 492 BIBLIOGRAFIA Revue sciENTiFiQUE, 8 juin 1895 : La fabrication des médailles à la Monnaie de Paris. Annales de la Société historique du Gatinais^ Il trimestre 1894: M. Legrand, Jeton de Jean Delpech seigneur de Méréville. AcADÉMiE des inscriptions et belles-lettres. Comptes-rendus 1895. Séance 30 aoùt : Barthékmy A., La monnaie tournois. Revue historique du dép. du Tarn, n. 3 1895 : Portai Ch., Le pa- pier-monnaie révolutionnaire dans le département du Tarn. (av. pi.) — Cabié Ed. Dccouverte d' un trésor de monnaies féodales à Garrignes. The quarterly Journal of Economics voi. IX, n. 4, 1895: Walker Fr. A., The quantity-theory of Money. Aarboeger for nordisk Oldkyndighed, 1894 : Hauberg F., Monete romane, trovate nei paesi scandinavi. BuLLETiN de l'Acad. d'arch. de Belg., XXI, e XXII 1895 : De Jongltc B., Renier Chalon, sa carrière scientifique. — De IVitte A., Les places déci- males du corps des monnayeurs brabangons à la fin du XVllI siècle. MiTTHEiLUNGEX des Instituts ftir oesterreichische Geschichte, XVI, 4, 1895 : Schaiihe A. Der Werth des Augustalis Kaiser Friedrichs II. Jahrbucher fur Nationalokonomie, III, Folge, Ed. X, Heft 4, 1895: Schaube A. -Studien zur Geschichte des àltesten Cambium. ZErrscuRiFT fur Lùbeckische Geschichte und Alterthumskunde, Ed VII, Heft I, 1894 : Curtius C, Munzfund in Lubeck, 1B92-95. Baltische Studien, Jahr. XLIV, 1894: Bahrfeldt, Munzfund in Gross-Cordshagen. Zeitsciirift der deutschen Morgenlaend. Gesellschaft, XLIV, fase. I, 1895 : Stickel, Sigilli orientali in piombo (correzioni ed aggiunte alla memoria di Casanova sui sigilli arabi in piombo nella Rev. Num. 1894). Jahrbuch dei musei prussiani, XVI, 2, e 3-4, 1895 Venturi A., Gen- tile da Fabriano e Vittore Pisano. — Bade IV., Bertoldo de Giovanni und seine Eronzebildwerke (con disegno di sue medaglie). Journal de l'Exposition nationale suisse à Genève, n. 5, nov. 1895 : Mayor, La gravure en médailles à Genève. Anzeiger fur Schweizerische Alterthumskunde, n. 2, 1895 : Welti d.r Emil, Munzwerthung im Jahre 1495. Anzeiger fur schweizer Alterthumskunde, n. 3, 1895: Caviezel H., Munzfund in Chur. Musée Neuchàtelois, n. 7 et 8, 1895 : IVawre IV., La médaille du centenaire de la Chaux-de-Fonds. (ili.) — Deux médailles de Domitien à Chaumont. VARIETÀ Un aureo di Saturnino II. — Xdlo scorso Settembre venne scoperto in Egitto un piccolo ripostiglio di aurei ro- mani dall'epoca d'Antonino Pio fino a Marciano. Alcuni esem- plari andarono dispersi, 53 furono portati a Parigi e messi in vendita all'incanto dal signor R. Serrure il 29 ottobre scorso. La conservazione degli aurei era in generale eccellente, e vi si contenevano nomi abbastanza rari, due di Commodo, uno di Pertinace, quattro di Settimio Severo, uno di Macrino, uno di Tacito, sette di Probo ; ma la grande rarità era l'aureo unico finora conosciuto di Saturnino H, tiranno che ebbe un regno effimero in Alessandria nell'anno 280. L'aureo fu naturalmente molto combattuto alla vendita e rimase ai Si- gnori Rollinet Feuardent di Parigi a franchi 6200, prezzo che, per una moneta unica e a fior di conio, non si può dire enorme, tanto più quando si rifletta che in altre vendite alcuni aurei, di cui sono conosciuti 15 o 20 esemplari, raggiunsero a un dipresso la medesima somma. Tutti i pezzi del pic- colo ripostiglio ottennero bei prezzi, in relazione alla buona conservazione. Diamo qui la nota di quelli superanti le 100 lire: Faustina madre frc. 165 e 276, Marc'Aurelio : 100, 120, Com- modo : 171, 350, Pertinace: 330, Settimio Severo: 136, 150, 150, 385, Macrino : 860, Tacito : 285, Probo : 220, 225, 227, 250, 260, 280, 285, Caro : 355, Carino : 272, Diocleziano : no, III, 155, 165, 220, 235, 305, Massimiano Erculeo: 152, 170, 260, 300, Costanzo Cloro : 270, Licinio padre : 210, 260, 300, 340, Costantino il Grande : 261, Marciano : 125. La vendita complessiva fruttò in cifra rotonda 16500 franchi. — L'aureo di Saturnino venne rivenduto a fr. 8000. 494 VARIETÀ Il Ripostiglio consolare di Roìnagiiano Sesia. — A 2 chilometri circa da Romagnano Sesia, sulle rive del fiume, nella Regio Sessitis e più precisamente neW Agamiìiiis Pagus dei Romani, il 15 ottobre scorso fu ritrovato da un conta- dino, in occasione di lavori campestri, un piccolo ripostiglio di monete consolari d'argento. Sono trecento denari di buona conservazione , più un grande bronzo irreconoscibile , rinvenuti alla profondità di circa I metro e racchiusi in un rozzo vaso di terra che si ruppe in tre pezzi (alt. o,o5, diam. 0,125). Vi sono rappresentate sessantatre famiglie consolari , dal 214 air83 av. C. Il ripostiglio potrebbe però risalire in parte coi denari bigati e dei dioscuri al 250 circa av. C. Naturalmente i denari dal 90 air83 av. C. sono meno usati degli altri , ma la data del nascondimento potrebbe toccar anche i primi anni dell'impero, e perchè i denari più recenti non sono a fior di conio, ma usati quasi come i prece- denti, e perchè l'unico grande bronzo che vi è unito, quan- tunque indecifrabile, non presenta alcuno dei caratteri degli assi repubblicani. La scelta delle monete e i tipi vari che talora per ogni singola famiglia vi sono rappresentati farebbero supporre già un certo intuito di raccoglitore numismatico nel proprie- tario del ripostiglio. — Del ritrovamento sarà presto data ampia relazione nelle Notizie degli Scavi, essendosi già pre- sentata al Ministero la Nota relativa , e fu raccomandato al proprietario di tenere o di vendere unito il ripostiglio, per non togliergli il suo valore storico, abbastanza importante e per la natura delle monete e per il luogo del ritrovamento. Torino, Dicembre i8^j. Serafino Ricci. Il liijìostif/lio di liosco Reale. — Nel II fase, della Riv., sotto il nome di Ripostiglio di Pompei, abbiamo dato notizia di un ritrovamento di circa 100 aurei romani. Queste prime notizie però andarono man mano allargandosi, il ripostiglio venne a poco a poco conosciuto ne' suoi particolari e as- sunse il nome di Ripostiglio di Bosco Reale, dalla località in. VARIETÀ 495. cui venne trovato nelle vicinanze di Pompei. Il tesoro con- sisteva in parecchi vasi e oggetti pregevolissimi in argento, più alcuni braccialetti e una catena d'oro che furono ac- quistati dal Barone Edmondo de Rothschild e regalati al Museo del Louvre, e negli aurei romani, in numero d'oltre un migliaio, estendentisi da Augusto fino a Domiziano. I più antichi, ossia quelli fino al regno di Nerone erano in gene- rale molto consunti, al punto che in buona parte vennero consegnati al crogiuolo. Dal regno di Nerone innanzi in- vece, le conservazioni sono buonissime e molti pezzi sono anzi veri fiori di conio. Vi si trovano anche diverse varietà inedite. TJtia niedaylia al Cardinale Ledochoìvski. — Gli ufficiali ed addetti alla Congregazione di ^Propaganda il 14 luglio 1895 offrirono al loro Prefetto pel suo Giubileo Sa- cerdotale (/o" aimo di Messa) una medaglia coniata apposta col ritratto del Cardinale, che sul rovescio ha questa iscri- zione: HONORI — MIECESLAI LEDOCHOSWKI — S. R. E. CARD. — ADJUTORES EU ADMINISTRI UNIVERSI — S. C. CATll. NO.M. PRO- PAGANDA — PRAEFKCTO SUO. — QUINyUAGE.NALIA SOLE.MNIA — SACERDOTII, AGENTI — FAUSTE FELICITER — MDCCCXCV. Un'altra medaglia, pure appositamente coniata, gli fu offerta dal P. Generale dei Conventuali, dei quali il Cardi- nale Ledocliowski è Patrono. Il Siff. G. Adriano Bfaachet, ben noto ai lettori della Rivista per le varie e pregevoli sue pubblicazioni, delle quali abbiamo fatto cenno più volte, ha dato le dimissioni dall'uf- ficio di Sotto-bibliotecario che occupava presso il Gabinetto Numismatico di Parigi. Lo sostituisce il Sig. G. Riat, ar- chivista-paleografo. Il Sig. Blanchot è stato nominato Bibliotecario onorario del Gabinetto, e continuerà ad essere Segretario della Rcvuc.- Numismatiqnc. ATTI SOCIETÀ NUJIISM ATICA ITALIANA Seduta del Consiglio 19 Dicembre 1895. (Estrado dal l 'crbale) Sono presenti i Sigg. Cav. Francesco Gnecchi, Cav. Er- cole Gnecchi, Dott. Solone Ambrosoli , Cav. Giuseppe Ga- vazzi, March. Carlo Ermes \'isconti, e il Segretario Profes- sore Cav. C. Luppi. Il Cav. Francesco Gnecchi funge da Presidente. I. Mene proposto a Socio effettivo il Sig. Dott. Antonio Marietti. E ammesso ad unanimità. II. Per la Direzione e pel Comitato di Redazione della Rivista pel 1896 vengono confermati i membri già in uftìcio per il 1895, cioè : Direttori: Cav. Francesco ed Ercole Gnecchi. — Comi- tato di Redazione: Dott. Solone Ambrosoli, Cav. Giuseppe Gavazzi, Conte Comm. Nicolò Papadopoli , Dott. Umberto Rossi, Dott. Arturo Giulio Sambon, Marchese Carlo Ermes Visconti. III. Approvata la composizione del IV fascicolo della Rivista 1895, il Segretario, Cav. Prof. Costantino Luppi, dà lettura dei seguenti doni pervenuti alla Società : Ambrosoli Dott. Solone. Le sue piibblicnzioiii : l'atacchiiia Savonese inedita di Filippo Maria Visconti. Savona, 1890; in-8 fig. — Giangiaconio de' Medici castellano di Musso (1523-1532). Saggio bibliogralìco. Milano, 1895; in-i6. 498 ATTI DELLA SOCIETÀ .NUMISMATICA ITALIANA Caucich Guido di Firenze. La sita pitbblicazionc : Notizie storiche intorno alla istituzione delle officine monetane italiane dalla caduta dell'Impero Romano d'occidente fino ai nostri giorni. Firenze-Roma, 1895; in-8. Fase. I. Daugnon de Foucault Visconte Arturo F. N. 18 Monete italiane in rame. Dessi Vincenzo di Sassari. Silloge epigrafica olbiense, con prefazione di Teodoro Mommsen e appendice di Ettore Pais. Sassari, 1895; in-i6. Dionisotti Carlo di Torino. La sita pubblicazione: Il comune di Desana e la famiglia patrizia dei Tizzoni. Torino, 1895 ', '""4 con tav. genealogiche. Dutilh E. D. J. del Cairo. Le sue pubblicazioni : Notes sur les tétradracmes d'Alexandre III le Grand que l'on trouve en Égypte. Paris, 1895; in-8 fig. (Estratto). — Signification des couronnes et des palmes sur le monnaies alexandrines. Le Caire, 1894 ; in-8 (Estratto). Gnecchi Cav. Ercole. Num. 80 Opuscoli di Numismatica. Gnecchi Cav. Francesco. La sita pubblicazione : Monete Romane — manuale elementare — Hoepli. — Milano, 1896. Ladè Dott. Augusto di Ginevra. La sua pubblicazione: Le tré sor du Pas-de-l'échelle. Contribution à l'histoire monetarie de l' Evèché de Genève. Genève, 1895; in-4 con tav. Luppi Prof. Cav. Costantino. Petrizzopitlo Demetrio. Seguito delle medaglie leucadie illustrate. Padova, 1815 ; in-8 con tav. — Morbio Carlo. Storia di No- vara dalla prigionia di Lodovico Sforza sino alla dominazione dei Farnesi. Vigevano, 1834 ; in-8. Orsi Cav. Dott. Paolo di Rovereto. La sua pubblicazione : Intorno ad alcune recenti pubblicazioni di numismatica greco-sicula. Messina, 1895; ia-8 (Estratto). ATTI DELLA SOCIF.I'A ^■L•MIS^L\TICA ITALIANA 499 Ruggero Cav. Col. Giuseppe. Le sue pubblicazioiìi: Annotazioni numismatiche genovesi: — XXV. Di una moneta inedita del 1663 e del cambiamento di tipo nel 1637. — XXYI. Diritto e rovescio nel tipo della \'ergine. — Milano, 1895; in-8 fig. (Estratti). De Simoni Comm. Avv. Cornelio di Genova. La sua pubblicazione : La moneta e il rapporto dell'oro all'argento. Memoria. Roma, 1895; in-4. ■Vallentin Roger di Saint-Péray. Le sue pubblicazioni : Des causes de la fabrication des premiers testons en France (1514). Gcnìic , 1895; in-8 (Estratto). — De l'equivalence du sol tournois et du gres dans le compte parflorin de la monnaie courante. Valciue, 1895; in-8, (Estratto). — Dociunents inédits relatifs au monnayage des archevcques d' Embrun. Paris, 1895 • '""S (Estratto). — Médaillon uniface de Maurice de Nassau prince d' Orange (1613). Amsterdam, 1895; in-8 fig. (Estratto). — Du taux de l'intcrOt à Valence sous Charles Vili et sous Louis XII (1483-1515). Vaicncc, 1895; in-8 (Estratto). — Douzains au.\ croissants inédits au noni de Henri II. Paris, in-8 fig. De "Witte Alphonse di Bruxelles. La sua pubblicazione : Les places décimales du corps des mon- nayeurs brabant^ons à la fin du X\'II1 siècle, Anvcrs, 1895, in-8. La seduta è levata alle ore 15. 65 COLLABORATORI DELLA RIVISTA NELL'ANNO 1895 Memorie e Dissertazioni. Castellani Giuseppe Ciani Giorgio Di Palma Francesco DuTiLii E. D. J. Cabrici Ettore Gennep (van) Arnold Raugé. Gnecciii Erocle Gnecciii Francesco LisiNi Alessandro Mariani Mariano Miari Fulcio Luigi Milani Luigi Adriano MoRSOLiN Bernardo Motta Emilio Papadopoli Nicolò Rossi Umberto Ruggero Giuseppe Cronaca. Baudouin de Jonghe Castellani Giuseppe Ciani Giorgio Milani Luigi Adriano Ricci Serafino Sameon Arturo Giulio. ELENCO DEI MEMBRI SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA E DEGLI ASSOCIATI ALLA RIVISTA PER l' A N N O 1895 SOCI EFFETTIVI (*). 1. *S. A. R. Il Prlvcipe di Napoli. 2. *Ambrosoli Dott. Solone — Milano. 3. *Arcari Cav. Dott. Francesco — Cremona. 4. Averara Avv. Manifesto — Lodi. 5. 'Ballarati Magg. Amedeo — Saccouago. 6. Bellicorti (De) Ing. I. — S. Stefano d' Egitto. 7. ■'Bertoldi Cav. Antonio — l'inezia. 8. 'Castellani Rag. Giuseppe — .Saiitarcaiigclo (Romagna). 9. 'Ciani Dott. Giorgio — Trento. 10. Conconi Giulio — Milano. 11. Dattari Giovanni — Cairo. 12. Daugnon (De) Visconte Arturo F. — Alilaiio. 13. Dessi \'incenzo — Sas.^ari. 14. 'Fascila Comni. Carlo — Milano. 15. 'Fiorasi Cap. Gaetano — Torino. 16. 'Gavazzi Cav. Giuseppe — Milano. 17. 'Gnecchi Cav. Ercole — Milano. 18. 'Gnecchi Cav. uff. Francesco — Milano. 19. 'Johnson Cav. Federico — Milano. 20. Lazara (De) Conte Antonio — Padova. 21. 'Marazzani \'isconti Terzi Conte Lodovico — Piacenza. (') I nomi segnati con asterisco sono quelli dei Soci Fondatori. 502 ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 22. *Mariotti Cav. Giovanni — Panna. 23. Mattoi Edoardo — Milano. 24. *Miari Conte Fulcio Luigi — Venezia. 25. 'Milani Prof. Cav. Luigi Adriano — Firenze. 26. 'Motta Ing. Emilio — Milano. 27. *MuIazzani Conte Lodovico — Trcviglio. 28. Nervegna Giuseppe — Brindisi. 29. 'Papadopoli Conte Comm. Nicolò — Venezia. 30. Ponti Cesare — Milano. 31. Puschi Prof. Alberto — Trieste. 32. 'Ratti Dott. Luigi — Milano. 33. Rizzoli Luigi — Padova. 34. 'Rossi Dott. Umberto — Firenze. 35. 'Ruggero Cav. Col. Giuseppe — Firenze. 36. 'Salinas Comm. Prof Antonino — Palermo. 37. Savini Paolo — Milano. 38. Seletti Avv. Emilio — Milano. 39. 'Sessa Rodolfo — Milano. 40. 'Sormani Andreani Conte Lorenzo — Milano. 41. 'Tatti Ing. Paolo — Milano. 42. 'Visconti Ermes March. Carlo - Milano. SOCI CORRISPONDENTL 1. Adriani Prof Comm. G. B. — Cherasco. 2. Anselmi Savino — Piacenza. 3. Bajocchi F. — Massaita. 4. Balli Emilio — Locamo. 5. Bartolo (Di) Prof. Francesco — Catania. 6. Cahn E. Adolfo — Francoforte sul Meno. 7. Canessa Cesare — Napoli. 8. Caucich Guido — Firenze. 9. Cavalli Gustavo — Skò/de (Svezia). 10. Clerici Ing. Carlo — Alilano. 11. 'Comandini Dott. Alfredo — Milano. 12. Crespellani Cav. Avv. Arsenio — Modena. 13. De' Ciccio Mario — Palermo. 14. Dell'Acqua Dott. Gerolamo — Pavia. ELENCO DEI MEMBRI DELLA SOCIETÀ, ECC. 503 15. Del Prete Belmonte Cav. Alessandro — Napoli. 16. Di Palma Prof. Francesco — Sniit' Elia a Pianisi. 17. Doimo Savo — Spalato. 18. Garcia Perez D. Antonio — J'alaiza. 19. Geigy Dott. Alfredo — Basilea. 20. Hess Adolfo — Fraiicofoìtc s. M. ■21. Lamberti Policarpo — Savona. 22. Lanibros G. Paolo — Atene. 23. Leone Cav. Camillo — l'ercelli. 24. Mantegazza Avv. Cav. Carlo — J'ogliera. 25. Mantovani Dott. Giuseppe — Pavia. 26. Mariani Prof. Cav. Mariano — Pavia. 27. Morchie Cav. Giuseppe — ì'enezia. 28. *Morsolin abate Prof. Bernardo — l'icenza. 29. Oettinger Prof. S. — AVa' York. 30. Oslo Magg. Gen. Conim. Egidio — Udine. 31. Padoa Cav. Vittorio — Firenze. 32. *Padovan Cav. \'incenzo — l^enezia. 33. Perini Quintilio — R1 ritratto di Sesto Pompeo (tìg.). L. .1. Milani ....... n 379 A travers les Collectiuus nuinismaticiues du Caire. E. D. J. Dattili "95 (\'.\KiErA). Il ripostiglio di Dambel ....... Pag. 140 Il ripostiglio di Pom]3ei ......." 260 Ripostiglio di monete greciie ......" 407 Manuale di Numismatica romana ....." 409 Un aureo di Saturnino II . . . . . . . » 493 11 ripostiglio consolare di Romagnano Sesia. 5'. Ricci. « 494 Il ripostiglio di Bosco Reale . ....." 494 510 INDICF. METODICO DEr.L'ANN'O 1895 NUMISMATICA MEDIOEVALE E MODERNA. (Memorie e Dissertazioni). Appunti di Numismatica italiana. Ercole Gnecchi : X. Un Cornabò di Montanaro con S. Agapito (fig.'. ^-Pag 53 XI. Un mezzo tallero anonimo di Desana (fig.). . » 63 XII. 11 bezzo inedito di Marco Antonio Memmo (fig.l. » 68 XIII. Zecchino di C. Gonzaga, Signore di Solferino (fig.) » 71 XIV Una nuova moneta di Giulio II con pax romana » 73 XV. Quadrupla di^'Vlessandro VII per Avignone (fig.) » 75 Di alcune monete della zecca di Verona (con una tav.) Giorgio Ciani . . ..... v 77 Annotazioni numismatiche genovesi. Giuseppe Ruggero : XXIV. Di una grossa moneta per il Levante (fig.) . " 89 XXV. Di una moneta inedita del 1663 e del cambia- mento di tipo nel 1637 (fig.| ...... 167 XXVI. Dritto e rovescio nel tipo della Vergine. . » 178 XXVII. Sull'antichità del genovino d'oro ...» 183 Documenti Visconteo-Sforzeschi, ecc. Emilio Molla . » 103 Il " " " . . . . " 221 1} " » Il ... . Il 3^ Nuove osservazioni "sulla zecca di Castiglione del Lago. A. Lisiiìi " 199 Di una nuova zecca dei Conti Aldobrandeschi. A. Lisini " 205 Una moneta inedita di Campobasso (fig.). F. Di Palma » 209 Il fiorino d'oro di Urbano V (fig.). Umberto Rossi . ■> 385 La Zecca di Campobasso (fig.). F. Di Palma . . » 441 La zecca di Nasso (fig.). Nicolò Papadopoli . . . '< 457 Desana-Mirandola. M. Mariani " 465 Les viennois noirs d'Amédée VIII due de Savoie de 1416 à 1439. A. R. van Gcnnep . . . . . " 471 (Varietà). Variante inedita del Grosso di Ercole I coniato a Reggio Emilia. G. Caslcllani Pag. 139 11 Museo di Catanzaro " 260 INDICE METODICO DELL AXNO I£ MEDAGLIE. Una medaglia satirica del secolo XVI. B. Morsoliii . Pag. 217 Medaglia in onore di Marsiglio da CarriUii il Seniore (fig.|. B. Morsoli II . . . . . . . " 475 Medaglia in onore di Nicolò Quinto. B. Morsoliii . . » 481 (\'ariet.\). La medaglia dell'Esposizione filatelica .... Pag. 261 Per l'inaugurazione del Canale del Nord ..." 408 Una medaglia al Cardinale Ledochowski. ...» 495 BIBLIOG-RAFIA. (Opere Nemism.\ticiie). De IVittc Alplionsc, Ilistoire monOtaire des cointes de Louvain, ducs de Brabant et marquis du Saint Empire Romain (\'. Baudouin de Jongiie) .... Pag. 133 Ainbrosoli Solane, Manuale di Nuiuismatica, li ed. (E. G.| » 135 Mayr /liberi, Die antiken Miinzcn der Inseln Malta, Gozo und Pantelleria . . . . . . . -"137 IVinkeliìiaiin E., Ueber die Goldpriigungcn Kaiser Erie- driclrs 11 tur das Konigreich Sicilien und besonders iiber scine iVugustaIen (A. Sambon). ...» 247 Strochlin P. C/i., Annuaire de numismatique suisse (S. A.) " 251 Desiiiioiii Cornelio, Le monete ed il rapporto dell'oro al- l'argento (G. G.|. . . . . " 483 Gnecchi Francesco, Monete romane (L. A. Milani). . » 485 Bertana E, Del valore delle monete anticamente correnti nel Monferrato " 485 Pubblicazioni diverse ...... Pag. 252, 487 (Periodici di Nu.mism.atic.v). Annuaire de la Société francaise de Num., pag. 137, 254, 489. Revue Num. francaise, pag. 138 254, 489, 490. Revue belge de Numismatique, pag. 138, 254, 490. Zeitschrift fiir Numismatik, pag. 255. Revue suisse de Numismaticiue, pag. 255. Articoli di Numismatica in Periodici diversi, pag. 155, 490. INDICE METODICO DELl'aNNO 1895 NECROLOGIE. Stuart Poole Reginald (S. James Gazette) Montagli II. (F. G.) Grote Ermanno (S. A.) .... Necrologie diverse ..... Pag. 129 131 132 259 MISCELLANEA. Nomine ...... Presso la Società iiumismatica. Desiderata ...... Premio di Numismatica Fondi per pubblicazioni numismaticlie La Collezione Cunningham \'endita di decorazioni Manuale di Numismatica romana Il Sig. Adriano Blanchet . Collaboratori della Rivista nell'anno 1895 Elenco dei Membri della Società Numismatica e degli Associati alla Rivista pel 1895 ■ Pag- 141 " 142 " 262 " 407 " 407 " 408 ìì 409 » 409 " 495 " SOI Itali Atti e Memorie della Società Numismatica Italiana. Seduta del Consiglio 26 Gennaio 1895 .... Pa^ " " " 31 Maggio 1895 .... » Assemblea generale dei Soci 31 Maggio 1895 . . n Seduta del Consiglio 19 Dicembre 1895 .... » 503 143 263 265 497 Finito di stampare il 2 Gennaio 1896. Scotti Reno, Gerente responsabile TAVOLE RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno Vili, 1895. Tav. VI. .-■ y.^ '/"•l J f ,.,:^ ^ Gabinetto di Parigi. m'-^n Gabinetto di Berlino. Museo Britannico. AUREI DI URANIO ANTONINO nei i'uiìblici mi;sei. CJ Rivista italiana di numisma- ^ , tica e scienze affini R6 V.8 PLEASE DO NOT REMOVE CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY •>.Ai