m wm. wmu ìifA ikmi j't/' IIM Ài E T- li s RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA DIRETTA DA FRANCESCO ed ERCOLE GNECCHI E DA UN CONSIGLIO DI REDAZIONE Anno Terzo — 1890 MILANO Lodovico Felice Cogliati, Tipografo-Editore Via Tantano, N. 26 1890^ PROPRIETÀ LETTERARIA V.3 Tip. L. F. Cogliali. - Scz. nel Pio Istituto pei Figli della Provvidenza. CONSIGLIO DI REDAZIONE pel 1890 — ^^*- ~ GNECCHI Cav. Francesco } r.. .. . GNECCHI Cav. Ercole ) ^*^^^^^^*- AMBROSOLI Dott. Solone, Conservatore del Eegio Gabinetto Nu- mismatico di Brera. BRAMBILLA Nob. Comm. Camillo. GAVAZZI Cav. Giuseppe. MARIOTTI Cav. Dott. Giovanni, Direttore del R. Museo di Anti- chità di Parma. MILANI Cav. Prof. Luigi Adriano, Direttore del R. Museo Archeo- logico di Firenze. MOTTA Ing. Emilio, Bibliotecario della Trivulziana. PAPADOPOLI Conte Nicolò. ROSSI Dott. Umberto, Conservatore del Museo Nazionale di Firenze. SALINAS Comm. Prof. Antonino, Direttore del Museo Nazionale di Palermo. SANTONI Can.» Prof. Milziade, Direttore della Valentiniana di Camerino. VISCONTI March. Carlo Ermes, Conservatore del Museo Artistico Municipale di Milano. Luppi Cav. Prof. Costantino, Segretario. #• ^ AI LETTORI Non fu certo per nostra elezione che abbiamo assunto la Direzione della Rivista; 7na seìnplicemente perchè , avendo deciso di ritirarsi da tale ufficio il nostro buon aìnico e collega Dottor Solone Ambrosoli, ne seguiva coìne naturale conse- guenza che qualcuno lo dovesse sostituire, #Vuoi la sorte, vuoi la necessità delle cose, fatto sta che tal peso venne a cadere sidle nostre spalle; e, date le circostanze, non ab- biamo creduto conveniente da parte nostra il rifiutarlo. Fata sequimur. Tale sostituzione del resto, ci afffrettiamo a dichiararlo, non porterà alcun cambiamento nella Ri- vista , se non fosse quello che, restando fnaggior tempo -^ AI LETTORI disponibile all' ex-direttore , questi ne diventerà un più attivo collaboratore, del che certo non avranno a lagnarsi % nostri Associati, Nulla viene cambiato nella forìna esterna, nulla nell'organizzazione interna della Ei vista , la quale, pure essendo materialmente in mani private , è però già, quanto al sistema di redazione, organizzata in modo da poter passare tale e quale sotto la direzione di una So- cietà Numismatica, appena questa sia fondata e posta in grado di assumerla; ciò che non solo abbiamo in animo e desideriamo da lungo tempo, ma facciamo ogni sforzo perchè sia al piti presto realizzato. La posizione attuale va dunque considerata come un periodo di transizione, come un seìnplice interim. La Rivista ci viene consegnata in ottime condizioni, dopo due anni di onorata esistenza ; il che, se evidentemente è un bene^ è però anche nello stesso tempo un aggravio di responsabilità per chi deve incaricarsi della continuazione, Noblesse oblige. Ba parte nostra siamo disposti a mettervi tutto il buon volere ; ma il buon voler nostro non potrebbe essere che ben poca cosa per la felice riuscita di un lavoro di sua natura collettivo e complesso, senza la cooperazione tanto dei vecchi coìne dei nuovi collaboratori. Nutriamo per- tanto fiducia e anzi abbiamo fondamento di ritenere che i vecchi non ci abbandoneranno e che nuovi nomi verranno ad aumentare e completare la schiera degli scienziati^ stu- diosi ed amatori italiani, portando alla Rivista nuovo e prezioso contributo di investigazioni e di studii. Senza menomamente escludere quanto ci potesse venire da altri paesi, e accogliendolo anzi di buon grado, come si AI LETTORI 1[ fece finora, noi facciamo un caldo e speciale appello a tutti i nostri confratelli sparsi sull'Italico suolo dalVAlpi alla Trinacria, dichiarando che tutti senza distinzione saranno i ben venuti in questa Rivista, il cui ideale è sopratutto di divenire veramente Italiana. Per meglio raggiungere questo vagheggiato ideale ci proponiamo di riprodurre in essa anche i migliori opuscoli apparsi qua e là in questi ultimi due anni, o staccati o per cosi dire dispersi in periodici di indole non numisma- tica, e che quindi sarebbero destinati ad andare perduti o a divenire irreperibili, come avvenne già di tanti altri an- teriormente pubblicati. Della riproduzione di una buona parte abbiamo già ottenuto V autorizzazione dai rispettivi autori (1) e non dubitiamo d' averla anche per i rimanenti. Riassumendo il prodotto degli studii numismatici fatti nelle diverse regioni d'Italia, la nostra Rivista diverrà un nuovo legarne fra gli studiosi di questa scienza, la quale, se non ha l'importanza e la pratica utilità di altre piic vive e pili palpitanti, deve però tenere il suo posto onorifico in un paese civile ed essere nuovo centro d'irradiazione a sus- sidio delle storiche discipline. Solamente quando questo ideale sarà raggiunto, quando (1) Incominciamo anzi la serio di tali pubblicazioni in questo stesso primo fascicolo coi duo ultimi opuscoli del compianto comm. Vincenzo Promis : I.*' Moneta inedita di Pietro I di Savoia e pochi cenni sulla zecca primitiva dei Principi Sabaudi y e II.*' Monete di Giov. Battista Falletti conte di Benevello, e con due memorie del Can. Ab. Bernardo Morsolin: Lodovico Chiericati e Girolamo Gualdo. 12 *- AI LETTORI tutte saranno vinte le piccole difficoltà, le piccole diffi- denze, che pur troppo poco o molto esistono ancora fra di noi, triste retaggio dei tempi passati e lontano ricordo delle antiche divisioni ; quando tutte le pubblicazioni d'in- dole numismatica affluiranno direttaìnente alla Rivista come alla loro sede naturale, solamente allora si potranno dire gettate le basi di una vera Società Numismatica Italiana, di cui la Rivista sarà l* organo e V espressione. Francesco ed Ercole Ónecchi. -*^ FASCICOLO I, APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA vili. ANTONINIANO DI ZENOBIA. ^ — S, Z6N0BIA ÀVG- • Busto diademato a destra contornato da una mezzaluna. ^ — IVNO REGINA • Giunone di fronte, rivolta a sinistra con una patera e un lungo scettro. Ai suoi piedi il pavone. Nel campo a sinistra una stella. È questo l' Antoniniano di Zenobia, di cui il sig. A. Markl annunciava la prossima pubblicazione nel suo ultimo articolo Serdica o Antiochia? 0-). Già da qualche tempo esso era entrato a formar parte della mia collezione; ma aspettava appunto l'apparizione di quell'articolo per comparire alla luce del giorno. (1) Rivista Italiana di Numismatica. Anno II, Fase. lY, Nota 2 a pag. 558, 16 FRANCESCO GNECCHI Essendo V unico Antoniniano oggi esistente di Zenobia (l), il cui nome non figura nella sevie mone- taria romana che pei bronzi battuti in Egitto, e, trattandosi perciò di moneta molto importante anche a chiarire qualche punto storico ancora oscuro e controverso relativamente ai Principi di Palmira , desideravo fissarmi bene sulla sua origine , ossia sulla zecca a cui attribuirla.... e mi avvidi che la questione non era tanto semplice né facile a risol- versi. — Interpellai quelli fra i colleghi che so spe- cialisti in tal genere di studii e fra questi citerò principalmente i signori Teodoro Rhode e Andrea Markl. Ambedue mi risposero ritenere che l'Antoni- niano di Zenobia doveva essere stato coniato nella zecca ove si coniavano le monete di Vaballato, e questo sembrava molto naturale anche a me, piut- tosto però per probabilità storica che non per vera analogia di fabbrica ; giacché non potrei asserire di (1) Cohen pubblica, riportandolo da Tanìni come esistente nel fu Moseo Gradenigo, ma prestandovi poca fede, il seguente Antoniniano: D. — ZENOBIA AYG . Testa a destra circondata dalla mezzaluna. K. — PIETAS AVGG . La Pietà seduta a sinistra stendente la mano a un fanciullo o ap- poggiata a un'asta. Anche altri autori posteriori al Cohen, citarono questa moneta come sospetta. — Quanto a me, quantunque sia ignoto ove attualmente si trovi, se ancora esista, e malgrado qualche probabile errore di grafia (la leg- genda del dritto doveva probabilmente essere : s. zenoiìia avg., e quella del rovescio forse : pietas avo.) non vedo alcun motivo per non ammetterla. L'esistenza poi del mio esemplare mi conferma sempre più nella per- suasione che anche quello del Museo Gradenigo abbia realmente esistito, fosse genuino. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 17 trovare fra rAntoniniano di Zenobia e gli Antoni- niani di Vaballato quella identità di tipo che fa dire senz'altro: ambedue devono necessariamente essere il prodotto della medesima zecca. Tale giudizio poi nel nostro caso è reso assai difficile dall'essere unico uno dei termini di confronto e scarsissimi gli esemplari dell'altro. Ma ammettiamo pure che le monete, tanto di Zenobia che di Vaballato, siano state coniate nella medesima zecca; le discrepanze incominciano quando si tratta di definire il luogo ove quella zecca esisteva. Il sig. Rhode l'attribuisce a Tripoli nella Fenicia (l), il sig. Markl invece ad Antiochia di Siria ; né occorre accennare che altri vorrebbe attribuirla a Serdica ^2). Ecco dunque perchè, prima di pronunciarmi in mezzo a tanta indecisione, volli aspettare l'apparizione del- l' articolo Serdica o Antiochia ?^ che 1' autore stesso mi aveva annunciato come specialmente dedicato alla soluzione di tale problema. E questo completamente risolto ? Potremo noi attribuire l' Antoniniano di Zenobia alla zecca d'Antiochia con tutta sicurezza e con nessuna restrizione? Senza ripetere qui i ragionamenti e le prove acutamente addotte nel citato articolo dal signor Markl in appoggio di questa attribuzione, e senza invadere il campo emi- nentemente tedesco di tali sottili investigazioni , mi limiterò a dire che, quanto a me, parmi che le maggiori probabilità pendano dalla parte del Markl, e che quindi possiamo accettare la sua attribu- (1) Theodor Rhode. Die Miinzen des Kaiser Aurelianus, seiner Frau Severina und der Fursien von Palmyra. Pag. 400-401. (2) E. Lépaulle. La Mannaie romaine à la fin du haut empire. — Revm Numismatiquey 1888-89. 18 FRANCESCO GNECCHI zione , come quella che oggi resta provata meglio di ogni altra, e meglio si concilia anche colle no- tizie storiche che ci sono pervenute per altre vie che per la numismatica. — Se non accetto la cosa col- Tentusiasmo del credente e con fede incrollabile , gli è che qualche riserva mi pare conveniente farla sui risultati dello stretto ragionamento critico, quando questo, appoggiandosi a monumenti per sé stessi molto imperfetti , è applicato ad avvenimenti così lontani che vanno a perdersi nella caligine dei tempi e in mezzo a circostanze pochissimo conosciute e talora anche completamente ignote. E del resto, sia pure Antiochia , che per ora ammetteremo , o Tripoli o Serdica o forse Palmira od altra ancora la patria delF Antoniniano in di- scorso, resta acquisito il fatto della sua esistenza , che prima non si conosceva se non molto dubita- tivamente , e questo è quanto formava l' oggetto precipuo della presente memoria. Quantunque molto sia già stato scritto a pro- posito della famiglia d' Odenato e dei Principi di Palmira , non sarà fuori del caso ripetere qualche cenno storico relativamente alla regina Zenobia, onde poter stabilire la data dell' Antoniniano descritto. Settimia Zenobia fu la seconda moglie d'Ode- nato, re di Palmira, a cui GaUieno nel 264 d. C. aveva accordato il titolo d' Auffusfo in ricompensa delle sue gesta vittoriose contro i Persiani. Il suo nome non figura nella serie numismatica Romana W, (1) Autori degni di poca fodo, quali Occo e Mezzabarba diedero come d'altri tiranni assolutamente ignoti, anche alcuni bronzi alessandrini di Ode- nato. Se si dove giudicare dagli esemplari apparsi in qualche pubblica ven- APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 19 Morto Odenato nel 266, Zenobia , ritenendo sempre per sé il titolo à' Augusta, legittimamente o arbitrariamente ereditato dal marito , si divise il regno, secondo alcuni, coi figli Timolao e Erenniano, secondo altri con Vaballato, il quale è ancora molto discusso se fosse figlio di Zenobia oppure della prima moglie d' Odenato, ne noi entreremo nell'intricatis- sima e forse inestricabile questione, la quale del resto poco importa al caso nostro. Fatto sta però che di Vaballato ci rimasero monete, mentre nessuna se ne conosce degli altri due. Zenobia per parecchi anni governò l'Oriente dalla sua capitale Palmira, lasciata in pace da Claudio Gotico già abbastanza occupato in Occidente, finché Aureliano , impegnato nella guerra contro i Goti, inseguendoli per scacciarli dal- l'Asia Minore, si spinse colle sue armi fino ad An- tiochia. L' intrepida regina gli mosse incontro da Palmira , sostenne una guerra lunga e gloriosa ; in cui più volte ebbe il sopravvento ; ma poi dovette soccombere, vedere Palmira distrutta e seguire pri- gioniera a Roma il carro del trionfatore. dita in commercio, bisogna dira si tratti di monete di Claudio Gotico a cui fn rifatta la leggenda. — Un mio amico competentissimo e autorevolissimo, da me interpellato sull'argomento, mi scriveva alcuni anni sono : « Je puis « vous assurer qu'il est de tonte impossibilitò que co souvorain ait jamais pu « frapper en Egypte sous Gallien. On pourrait admettre dos pìèces d'An- « tioche, méme de Palmyra, mais en Egypto Gallien ne l'aurait jamais « admis. » Credo anch'io alla maggioro probabilità per le zecche d'Oriente ; ma non mi sembra però che a priori si debba escludere la possibilità di monete battute anche in Egitto. Gallieno, avendo accordato a Odenato il titolo d'Augusto, non gli avrebbe forse potuto accordare anche il diritto di batter moneta? E non si potrebbe anche supporre che Odenato avesse creduto di poter far senza di tale permesso? Il caso non sarebbe nuovo. 20 FRANCESCO GNECCHI Questo avveniva nel 273. — L' Antoniniano di Zenobia dunque deve essere stato battuto tra il 266 e il 272 d. C, e mi parrebbe difficile stabilirne la data più precisamente. Quanto alla provenienza, esso era compreso in un ricco ripostiglio di monete romane dei bassi tempi trovato due anni sono vicino a Tautha in Egitto. Il ripostiglio (una piccola parte del quale fu già da me descritta) W constava di circa 5000 monete tutte di buona conservazione e appartenenti agli imperatori Gallieno, Claudio Gotico, Aureliano, Aureliano e Atenodoro, Aureliano e Vaballato, Ta- cito, Floriano, Probo, Caro, Carino, Magna Urbica, Numeriano, Diocleziano , Massimiano Erculeo , Co- stanzo Cloro e Calerlo Massimiano. Ora Galerio Mas- simiano avendo regnato dal 305 al 311, il tesoro non potè essere nascosto prima di quest'epoca, ossia circa 40 dopo che V Antoniniano di Zenobia era stato coniato. Fra le 5000 monete del ripostiglio V esemplare di Zenobia era unico. (1) Ora solamente vengo informato dal Sig. A. Parazzoli del Cairo, da cui ebbi a mezzo del Sig. Gaetano Vigano di Desio l'Antoniniano di Ze- nobia, che a questo medesimo ripostiglio appartenevano le monete da me descritte al N. II di questi stessi Appunti^ sotto il titolo di: Ripostiglio di Monete Romane in Egitto, Vedi Rivista Italiana . di Num. Anno I, fase. II, pag. 151. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 21 IX. I CONTRASSEGNI SULLE MONETE DELLA REPUBBLICA E DEL PRINCIPIO DELL'IMPERO Le impronte applicate per mezzo di un punzone alle monete antiche in epoca posteriore alla loro coniazione sono designate col nome generico di Con- tromarche. Ma queste si possono dividere in due cate- gorie ben distinte ; quelle formate da lettere, il più delle volte legate fra loro in nesso e indicanti in abbreviazione un dato nome o una data parola, op- pure da numeri indicanti un valore — e sono le vere contromarche; — e quelle formate da semplici segni convenzionali, senza un significato precisato e deter- minabile. Ora, siccome, al dire di Manzoni, le parole sono il manico delle idee, ad esprimere due cose di- verse, a distinguere cioè le due accennate categorie e ad evitare confusione, sarà bene adoperare due diverse parole, lasciando il nome di Contromarche alle prime, e chiamando Contrassegni i secondi, parole che val- gono anche a rendere più precisamente le idee che si vogliono esprimere. Le Contromarche, come più evidenti e più facil- mente spiegabili o interpretabili, perchè contenenti in sé stesse la chiave dell'interpretazione, e del resto poco numerose, attirarono già da tempo l'attenzione del numismatico, furono da molti studiate e in gran 22 FRANCESCO GNECCHI parte più o meno felicemente spiegate ; rimanendo cosi oramai chiarito che in generale servirono a in- dicare la riammissione ufficiale ^(1 corso legale di mo- nete (per lo più di bronzo), le quali per quanto logore non avevano perduto il voluto peso. I Contrassegni invece, immensamente più nume- rosi nelle loro varietà, ma assai meno visibili per la loro piccolezza, si trovano quasi unicamente sulle monete d'oro e d'argento ; e, non avendo un signi- ficato diremo implicito , come sfuggono alla descri- zione, — talché non e' è altro mezzo di esprimerle che la riproduzione col disegno, — sfuggirono pari- menti per lungo tempo allo studio non solo, ma anche air osservazione dei numismatici. Dirò anzi che al- lorché incominciai a osservarli e prenderne nota, io credeva che l'argomento fosse completamente ver- gine; ma, frugando poi nelle riviste e negli opuscoli recenti, trovai che qualche cosa fu già scritto in pro- posito, il che mi corre obbligo d'accennare. Prima di tutti il sig. M. Bahrfeldt pubblicò un articoletto (i), dando un elenco delle Lettere e di alcuni Segni impressi su denari repubblicani. Arturo Engel poi in un suo articolo (2) diede la descrizione e il disegno di 16 di tali Segni stampati su denari della Repubblica e d'Augusto, senza però en- trare neppure superficialmente nella materia; e un seguito a questo lo diede E. Taillebois (3). (1) Vé)er Einsteìnpeìungen auf Silhenniimm der roinischen Repuhìik — ZeU9chrift far Numisntatiky 1881. (2) Note sur quelqués contretitarques antiques et sur certaines sittgu- lùn'tes numitmatiques. — Reme Numisinatiqtie. 1887. (3) Contromarq*te8 antiques, pour faire suite à Vétude de M. A. Engel. ^ Reme yurnisinatique, 1888. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 23 Ma lo scritto più importante è quello del pro- fessor L. A. Milani : Di alcuni ripostigli di Monete Romane, pubblicato nel Museo d'Antichità classica del Comparetti, Voi. II, Punt. I, anno 1886, in cui l'Autore, descrivendo il Ripostiglio di Roma, dà l'accurata de- scrizione di tutti i Contrassegni che vi si trovavano, corredandoli di acute osservazioni. Queste però sono naturalmente limitate alle sole monete di quel ripo- stiglio, le quali, forse per ragioni speciali a noi ignote, sono lontane dal- dare un'idea della generalità. Babelon nella sua Descrizione delle monete della Repubblica romana, accenna alla nota contromarca di Vespasiano che si trova su alcuni denari, ma non si occupa punto dei Contrassegni; i quali invece parmi possano meritare qualche attenzione, sia per quelle deduzioni generali che per ora dobbiamo limitarci a fare, sia perchè potrebbe anche darsi che una volta studiati, quei segni avessero ad uscire dal misterioso mutismo che li avvolge e parlare un linguaggio, in- segnando qualche cosa a profitto della numismatica. Ma qualsiasi argomento per essere studiato ha bisogno prima di tutto d'essere conosciuto e cono- sciuto nella più larga scala possibile; ed è appunto con tale intendimento che nelle due annesse tavole ho disegnato il più accuratamente che mi fu possi- bile e in proporzioni un poco maggiori del vero circa 600 Contrassegni o gruppi di Contrassegni esistenti su altrettante faccio di monete della repubblica ro- mana o del principio dell'impero. Le monete esami- nate sono per la più parte contenute nella mia col- lezione e in quella massa di duplicati che formano il necessario contorno di una collezione viva , (fra i quali anzi, come i meno conservati, trovai la messe 24 FRANCESCO GNECCHI più copiosa di Contrassegni), e nella serie consolare del R. Gabinetto di Brera (l). Come necessario cor- redo al disegno dò nel prospetto che segue l'indica- zione di quegli elementi che vi possono servire di schiarimento, ossia: la identificazione della moneta su cui il Contrassegno si trova, mediante riferimento ai numeri di Babelon per quelle della Repubblica e di Cohen per le imperiali, V indicazione della famiglia a cui la moneta appartiene, nonché il nome del mo- netario che la fece coniare e la relativa data, e final- mente se il Contrassegno si trova sul dritto o sul ro- vescio della moneta. Due altri elementi, il peso e la conservazione, che forse a taluno potrebbero sembrare interessanti, io ho ommesso, ed eccone le ragioni. È indubitato o almeno più che probabile, che il peso dov(ìtte avere la sua influenza al momento che il Contrassegno venne stampato sulla moneta, anzi con tutta probabilità ne fu la causa determi- nante , come lo fu di tutte le contromarche in genere. Ma, se ci è facile avere il peso attuale della moneta, non ci è assolutamente possibile aver quello che essa aveva al momento in cui il Contrassegno vi venne impresso, il quale peso sarebbe il solo interessante. Dacché noi ignoriamo quale circolazione e quindi quale diminuzione di peso abbia subito la moneta dopo d'esser stata contrassegnata, il peso attuale delle monete viene ad essere per noi un elemento affatto inconcludente ; e il medesimo ragionamento valga anche per la conservazione. Perciò ho omesso Tuna cosa e l'altra, e mi limiterò a fare qualche accenno (1) Appartengono alla mia Colleziono le monete portanti i 481 Contrassegni disegnati da A-1 a M-26, e a qaolla di Brera gli altri 117 da 0-14 alla fino. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 25 generale intorno a questi due coefficienti del peso e della conservazione. Pesato un centinaio di de- nari, contrassegnati, ottenni una media di gr. 3,5150, ciò che vuol dire che l'uno per l'altro conservano ancora un peso superiore a quello neroniano di gr. 3,41. Il peso minimo, ossia di circa tre grammi, e quindi inferiore a quello legale, lo trovai fra alcuni denari sconservatissimi delle Legioni di M. Antonio ; e qui appunto è probabile si sia verificato il caso accennato d'una diminuzione di peso per peggiorata conservazione , posteriore al Contrassegno. Questo prova di quanto poco interesse sarebbero il peso e il grado di conservazione attuale delle monete nel caso nostro, ben diverso di quello d'un ritro- vamento , ove questi elementi possono essere sotto altri rapporti importantissimi. Noterò ancora come i denari trovati calanti portino i Contrassegni più svariati e tanto dissimili fra loro quanto lo sono da tutti gli altri. Il che escluderebbe l' ipotesi che dei Contrassegni alcuni fossero destinati a indicare un peso abbondante, altri un peso deficiente. E del resto non crederei che in nessun caso un Contrassegno potesse esser fatto per indicare una moneta calante. era lo Stato che ve lo imprimeva, — ciò che non credo, come vedremo in seguito, — e allora le monete calanti sarebbero state ritirate e riconiate; o ve lo imprimevano i particolari, come mi pare sia veramente avvenuto, e in tal caso, se me lo spiego assai bene per le monete crescenti, non me lo spiego in alcun modo per le calanti. Non posso ammettere che i banchieri di Roma antica fossero molto diversi da quelli pdierni, i quali si guar- derebbero bene dal contrassegnare un valore calante... FRANCESCO GNECCHI H Prof. Milani — e qui mi spiace di non tro- varmi d'accordo con chi naturalmente considero quale maestro, — è invece dell'opinione che il Con- trassegno comcchè privato e segreto abbia potuto adoperarsi nei due casi , ossia tanto per le monete crescenti come per le calanti, e anzi trae la prova di tale principio dall'arguta osservazione dei Con- trassegni sulle monete del ripostiglio di Roma. Ecco le sue parole « Considerando nel nostro « elenco i marchi simbolici più comuni in rapporto u coi rispettivi pesi , par quasi di sorprendere il u significato intrinseco dei medesimi ; imperocché u si osserva che al segno unico del cimeo corrisponde u regolarmente con due leggere eccezioni , un peso a inferiore al piede normale neroniano (gr. 3,41) ; u mentre alle lunule non accompagnate dal cuneo , a corrisponde regolarmente , senza eccezione , un a peso superiore a quello legale. La lunula crescente u è una delle contromarche più antiche, e si mostra tt tanto appropriata a indicare di sua natura un tt peso crescente^ quanto il cuneo a indicare un peso a decrescente^ ossia calante. Le tre monete contro- a marcate con i due cunei, del peso di gr. 3,55-3,38- tt 3,50 non farebbero eccezione, potendosi spiegare la a duplicazione del cuneo come un segno di corre - a zione in una ulteriore verifica «. (Op. cit., pag. 63). In una lettera recentissima poi, in cui gentil- mente mi comunicava alcune sue osservazioni, di cui feci tesoro, sull'argomento, lo stesso prof Milani, confermandomi l'opinione sua sul duplice scopo del Contrassegno, mi scriveva : u Nella fluttuazione mo- li netaria dell' argento, quante volte i banchieri, che tt avevano già riscontrato e pesato un pezzo calante APPUNTI DI NUMISMATICA. ROMANA 27 u si sarebbero trovati a ripesarlo, ove con un segno u convenzionale non l' avessero precedentemente e u forse individualmente classificato ? ?? Dal canto mio non posso a meno di opporre a tale ragionamento due osservazioni. Prima di tutto mi parrebbe che la moltiplicità dei Contras- segni adibiti a due scopi opposti avrebbe dovuto in- generare tanta confusione, da sconsigliarne addirit- tura l'uso. In secondo luogo poi, se davvero il cuneo voleva significare peso calante e la hmida peso cre- scente, dove se ne andava il segreto che solo poteva giustificare l'applicazione del Contrassegno alle mo- nete calanti ?... È ben vero che a queste osserva- zioni altre se ne possono contrapporre, e il Prof. Mi- lani risponde alla prima che i Contrassegni non eran fatti pel comune della gente, a cui, anzi sfuggivano, come sfuggirono fin qui ai numismatici, e come anche al pubblico d'oggi sfuggono certe piccole sigle poste sulle nostre monete, come p. es. bn sulle lire emesse dalla Banca nazionale. — Alla seconda poi rispose implicitamente (op. cit. pag. 63), osservando come per togliere appunto l'inevitabile confusione, lo Stato si trovasse costretto a intervenire, e come la contro- marca IMP • VESP • corrisponda precisamente a questo intervento. — Ma, come dissi più sopra, noi qui non possiamo che aggirarci nel campo molto vago e indeterminato delle supposizioni, mancandoci i dati per discorrere della cosa con fondamento. Non sarà però stato male l'aver espresso i varii pareri, fra cui il lettore potrà fare la sua scelta. Ed ora ecco le Tavole dei Contrassegni e il re- lativo elenco : 12 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 A B G D E F G H I J K L M N O P Q R s T U V L r J V X > < -X ■\ o 1 r A B G D E F G H I J K L M N P Q R S T U V z ^ X f > *A<^ V 2- e / V» f *ì B • r; V /-^ CP -* ». . >^ *t r- T P i" p 5 ^ p ^ / tì ;o * + OP 7 A- 1 •ri / V Y ,v r 7^ ì 7^ r A / A «* - V j r v; ^/ V' f Q o L / ^'i c :) ")"? o o )' S :i y S 3C ;5. :> V • * J» Vr> \» V ^ 1 r /v» »> C r -* ( w T T / ./> X ..-^ 'n ^ r -« ♦^ Ck T y \ V'-^ ^ -> ^> ^ t ^ 1. T / Y 4 •> v-f^ •) ) jf: t 1 r i • \ •J V r T *r -r' H X - 0^ X / -j >< !^:: //* - D ^ vA ^c ^ "^ J V" C y • ▲ r- € s ^/ T 5 T- ^>^ K K $' 5^ 1') ^/ ^ ^ r •a. 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".f 1*- > f- y e' A 0^ V ■*-, /-^ <^/ r > •«^v ^ ^ /} ^<^ * / V X? r ^ ^ "T n t J U o o il A s ^ \ A f^^ y' r ■> /v CL rj 1 > ^ / CL CL CL A o > / -^ a e - X A rv r 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 80 FRANCESCO GNECCHI ELENCO DELLE MONETE CONTRASSEGNATE MONETE DORO. Augusto. (44 a. C. 14 d. C). Cuh. . . . D. C-4 2. Augusto e Tiberio. (14 d. C). Coh. 3 . . D. Z-24 MONETE D'ARGENTO. Accoleia. P. AOCOI.EIVS LARISCOLVS. (43 a. C). 8. Bab. 1. . .1), L-25 R. L-26 Acilia. MAN. ACILIVS GLABRIO. (54 a. C). 4. B. 8 . . D. S-17 Aemilia. L. AEMILIVS BVCA. (44 a. C). 5. B. 13 . . D. V-17 6. » 13 . . , » D-7 7. » 15 . . . * A-24 8. » 17 . , » A-9 9. » 18 . . » A-9 M. AEMILIVS LEPIDVS. (60 a. C). 10. B. 20 . . . D. A-23 11. » 23 . . » F-1 12. » 23 . . > S-18 (42 a. C). 18. B. 27 . . D. P-8 14. » 34 . . » Z-5 (Incasa) B. Z-6 Afrania. SPVRIV8 AFRANIYS. (200 a. C). 15. B. 1 . . . D. P.2 Alliena. AVLVS ALLIENVS. (47 a. C). 16. B. 1 . . . D. C-5 Annia. ANNIVS LVSCVS. (87-82 a. C). 17. B. 3 . . . D. A-11 Antestia. L. ANTESTIVS GRAGVLVS. (124 a. 0.). 18. B. 9 . . . D. M9 19. » 9 . . . » M-16 e. ANTISTIVS REGINVS. (18 a. C). 20. B. 18 . . . D. D-5 e. ANTISTIVS VETVS. (16 a. C). 21. B. 24 . . . D. A-25 Antonia. Q. ANTONIVS BALBVS. 82 a. C). 22. B. 1 . . . D. B-15 » E-8 23. » 1 24. » 1 25. 26. » 1 » 1 » V-16 * N-12 R. N-13 » J-20 APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA SI 71. B. 114. . . R. A-11 M. ANTONIVS. 72. » 114. . D. F-2 (43-31 a i. C). 73. 74. » 115. > 116. N-7 S-23 27. B. 3 . . . D. N-16 R. S-24 28. » 3 . » A-26 75. * 116. . D. F-22 29. » 3 . > V-18 R. F-23 30. :^ 14 . » B-14 76. » 117. . . D. N-8 31. :^ 28 . » 0-19 77. » 117. . . R. Z-2 E. O-20 78. » 118. . D. B-18 32. » 32 . . D. P-16 79. » 118. » A-7 33. » 32 . » P-17 80. » 118. » F-24 34. » 41 . » M-21 81. » 118. . » N-21 35. » 41 . » S-19 82. » 119. » S-25 36. * 42 . . » E-9 §3. )> 119. » M-3 37. » 42 . * J-17 84. =. 120. . » N-9 E. J-18 R. N-10 38. :. 42 . . D. R-13 85. » 120. . D. M-4 39. » 52 . » Q-15 R. M-5 40. » 75 . » T-8 86. :^ 121. . D. N-17 41. » 78 . . R. S-9 87. » 121. » 1-20 42. » 94 . . D. T-9 R. 1-23 43. » 95 . . R. E-12 88. :^ 121. . D. K-12 44. » 95 . . D. Z-3 89. » 121. » P-3 R. Z-4 90. » 122. » 1-16 45. » 95 . . . D. Q-16 91. y> 123. » S-26 46. !> 95 . » Q-17 92. » 123. . R. A-9 . R. Q-18 93. » 123. . D. MI 47. » 96 . . . D. E-11 R. M-2 48. :^ 96 . » 0-11 94. ^125. . D. T-14 R. 0-12 95. :^ 125. » M-11 49. » 102. . D. F-6 R. M-12 50. » 103. » A-1 96. » 125. . D. M-6 51. !► 105. » E-13 97. » 125. » M-7 52. » 105. . . R. L-7 R. M-8 53. > 105. . D. L-8 98. » 125. . D. M-10 R. L-9 99. ^ 126. > 1-22 54. » 105. . D. M-9 100. :. 126. » F-25 55. » 105. » R-17 R. F-26 56. » 106. » 1-24 101. » 126. . . D. T-15 57. :^ 106. » A-2 102. » 127. . R. B-16 R. A-3 103. > 127. . D. A-9 58. » 106. . D. L-12 R. A-10 59. » 106. » S-20 104. :. 127. . » A-11 60. :^ 108. » L-10 105. » 128. . D. T-16 R. L-11 106. :^ 128. » 0-4 61. » 108. » » B-17 107. » 130. » A-12 62. :^ 109. . D. S-21 108. =^130. » P-5 63. » 110. » F-21 109. » 132. » D-14 64. » 110 . » A-4 110. » 132. » N-16 65. » 110. » S-22 111. » 132. » N-12 m. » 110. » L-24 112. > 133. » M-13 67. » 111. . » A-5 113. » 133. » T-17 R. A-8 114. :. 133. . » F-3 68. » 111. . . » L-13 R. F-4 69. » 113. . R. N-6 115. > 134. . D. N-4 70. * 114, , , > A-^ R, N-$ 82 FRANCESCO GNECCHI 116. D. 135. . . D. R. 117. » 135. . D. 118. » 135. > 119. » 135. . > 120. » 135. » 121. > 135. R. 122. » 135. . . D. 123. » 136. > 124. » 136. » 125. » 136. R. 126. » 136. . D. 127. » 137. R. 128. » 137. . D. R. 129. » 137. . . D. R. 130. » 138. . D. 131. » 138. » 1-25 1-26 T-18 N-19 G-16 Z-1 N-1 N-2 N-3 F-5 B-19 B-20 B-21 J-16 P-6 R-17 B-22 B-23 G-14 G-15 B-4 G-17 e. ANTONIVS. (44-43 a. C). 132. B. 148. . . D. 0-11 Appuleia. L. APPVLLEIVS SATVRNINVS. (104-94 a. C). 133. B. 1 . . . D. S-14 134. » 1 . . . » J.23 135. > 1 . . » p.20 Aquillia. L. AQVILLIVS FLORVS. (20 a. C). 136. B. 9 . . D. F-7 137. > 9 . . » M-22 138. » 15 . . > P-18 Atia. Q. ATIVS LABIENVS PARTHICVS. (40 a. G.K 189. B. 2 . . D. F-8 Atilìa. ATILIVS SARANVS. (191 a. C). 140. B. 1 . . . D. 0-1 Aurelia. L. AVRELIVS COTTA. (90 a. C). UL B. 21 . . . D. 0-16 Barbatia. M. BARBATIVS PHILIPPVS. (41 a. C). 142. B. 2 . . . D. P-9 143. * 2 . » MS 144. > 2 . > L-23 145. * 2 . , . » F-9 R. F-10 Caecilia. Q. CAECILIVS METELLVS ] PIVS SCIPIO. (48-46 a. C.) 146. B. 48 . D. B-24 147. » 48 . > T-19 148. » 51 . j> F-ll R. F-12 Gaesia. L. CAESIVS. (104 a. C). 149. B. 1 . Calpurnia. D. N-11 L. CALPVRNIVS PISO FRVGI. (89. a. C). 150. B. 8 . . . D. T-10 151. ^ 11 . , > G-1 152. » 11 . . > B-25 153. :. 12 . • . » F-13 154. ^ 12 . . » M-18 e. CALPVRNIVS PISO FRVGI. (64 a. C). 155. B. 26 . Caninia. D. A-13 L. CANINIVS GALLVS. (20 a. C). 156. B. 3 . . . D. T-10 157. 2^ 3 . Garisia. » C-14 T. CARISIVS • (48 a. C). 158. B. 4 . D. M-14 159. » 8 . » G-2 160. » 10 . » 0-18 P. CARISIVS , (25 a. C). 161. B. 17 . . . D. C-15 162. ^ 19 . T-21 163. > 19 . Z-7 164. » 20 . C-18 165. » 20 . G-18 166. » 20 . G-19 167. > 21 . T-11 168. y 22 . C-16 169. » 24 . , C-17 APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 33 Cassia. L. CASSIVS Q. F. (79 a. C). 170. B. 6 . . . D. R-8 Q. CASSIVS LONGINYS. (60 a. C). 171. B. 7 . . . D. A-11 172. x> 8 . . . » 0-5 173. > 10 . . . ^ N-21 e. CASSIVS LONGINVS. 174. B. 14 . . .E. L-5 175. » 14 . . . D. P-15 176. 2> 19 . » N-23 Claudia. 177. e. CLAVDIVS PVLCHER. (106 a. C). B. 1 . . . . D. T-22 195 196 178. CLAVDIVS VNIMANVS. (89 a. C). B. 4 . . . D. TI. CLAUDIVS NERO. Z-22 197 198. 199 179. (84 a. C). B. 5 . . . D. 1-15 P. CORN. P. F. LENTVLVS MARCELLINVS (45 a. C). 180. B. 11 . . . D. R-14 181. :^ 11 . ... > J-19 e. CLODIVS C. F. PVLCHER. (43 a. C). 182. B. 12 . . . D. S-11 183. » 13 . . . » B-1 P. CLODIVS TVRRINVS. (43 a. C). 184. B. 14 . . . D. 0-8 185. » 15 . . . » J-15 186. » 17 . . . ^ R-15 187. » 18 . . . y> R-16 Cloulia. T. CLOVLIVS. ' (101. a. C). 188. B. 2 . . . D. K-22 Cocceia. L. ANT ONIVS (41 a. C). 189. B. 2 . . . D. 1-17 190. * 2 . . . » S-26 B. R-17 191. B. 2 • ' D. E. T-7 G-3 192. » 2 • • E. T-23 T-24 Coelia. e. COILIVS CALDVS. (94 a. C). 193. B. 2 , . , D. R-17 e. COELIVS CALDVS. (54 a. C). 194. B. 7 . . . E. R-11 Considia. e. CONSIDIVS NONIÀNVS. (60 a. C). B. 1 . . . D. G-4 » 1 . .■ » P-1 e. CONSIDIVS PAETVS. (49 a. C). B. 2 . . . D. G-5 » 2 . . . ^ G-6 » 7 . . y> K-15 Cordia. MANIVS CORDIVS RVFVS. (49 a. C). 200. B. 4 . . . D. C-22 Cornelia. L. CORN. SCIPIO ASIAGENVS. (90 a. C). 201. B. 24 . . . D. R-11 E. R-18 P. CORN. LENTVLVS MARCELLINVS. (89 a C). 202. B. 25 . . . D. B-25 E. R-18 L. CORNELIVS SYLLA FELIX. (87 a. C). 203. B. 28 . . . D. G-7 A. M-ANLIVS. (81 a. C). 204. B. 48 • E. TU-25, 26 VZ-25, 26 CN. CORN. LENTVLVS P F. MARCELL. (8i a. C). 205. B. 51 . D. B-2 206. » 51 (74 a. C.}. E. B-3 B-4 207. B. 54 • • D. B-5 5 34 FRANCESCO GNECCHI r. CORN. LENTVLVS SPINTHER. (74 a. C). 208. B. 58 . . . D. C-21 FAVSTVS CORNELIVS SYLLA. (64 a. C). 209. B. 59 . . . D. C-19 210. » 63 . ^ B-6 • E. A-13 L. CORNELIVS LENTVLVS CRVS. (49 a. C). 211. B. 65 . . . D. D-5 212. y> m . . . ^ B-21 E. A-13 L. CORNELIVS BALBVS. (41 a. C). 213. B. 77 . . . D. G-8 214. :^ 77 . . . » C-20 Cossutia. e. COSSVTIVS MARIDIANVS. (44 a. C). 215. B. 2 . . . D. B-8 Cì'epusia. P. CREPVSIVS. (84 a. C). 216. B. 1 . . D. G-9 217. » 1 . . . » L-6 218. » 1 . » D-4 219. » 1 . » B-8 Domitia. CN. DOMITIVS AHENOBARBVS. (42-36 a. C). 220. B. 21 . . D. G-10 Durmia. M. DVRMIVS. (20 a. C). 221. B. 3 . . . D. R-18 222. > 5 . x> R-1 Egnatuleia. e. EGNATVLRIVS. (101 a. C). 223. B. 1 224. > 1 225. » 1 226. » 1 227. B. 1 228. > 1 229. » 1 Eppia. M. EPPIVS. E. 0-7 D. 0-13 » C-23 » G-20 D. G-11 > R-20 » G-21 230. B. 1 . . . D. L-14 231. » 1 . B-9 E. B-10 232. > 1 . . .1). B-11 E. B-12 Fabia. FABIVS LABEO. (144 a. C). 233. B. 1 . . . D. J-14 L. FABIVS HISPANIENSIS. (81 a. C). 234. B. 17 . . . D. Farsuleia. L. FARSVLEIVS MENSOR (82 a. C). R-21 235. B. 1 . . . D. R-22 236. » 2 . 0-24 237. ^ 2 . 0-17 Flaminia. L. FLAMINIVS CHILO. (44 a. C). 238. B. 1 . . . J). 0-9 E. O-IO 239. » 1 . . . D. C-25 240. » 3 . . . » 0-6 Flavia. e. FLAVIVS HEMICILLVS. (44-42 a. C). 241. B. 1 . . . D. G-12 Fonteia. MAN. FONTEIVS. (104 a. C). 212. B. 7 . .E. R-23 243. » 7 . . » R-24 MAN. FONTEIVS. C. F. (88 a. C). 244. B. 10 . . . D. C-I E. B-13 245. ^^ 10 . . . D. J-21 E. J-22 246. » 12 . . . D. G-2 E. C-3 P. FONTEIVS P. F. CAPITO. (54 a. C). 247. B. 17 . . D. C-26 248. » 18 . ^ D-14 Fufia. Q. FVFIVS CALENVS (82 a. C). 249. B. 1 . . . D. G-13 APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 35 Fundania. 275. B. 140 . ■ . . D. C-7 e. FVNDANIVS. E. C-5 (101 a. C). 276. ^ 141. . . D. T-12 250. B. 2 . . . D. D-15 E. T-13 Furia. 277. » 145. . . D. E. K-14 K-15 M. FOVRIVS M. F. PHILVS. 278. » 145. . . D. D-16 (104 a. C). 279. » 145. . . » K-16 251. B. 18 . . . D. 0-2 280. » 145. . . » S-6 L. FVRIVS CN. F. BROCCHVS. 281. » 153. . . » H-11 (53 a. C). B. 18 . . D. R. E. H-12 252. 0-2 0-4 282. 283. » 154. . . D. » 159. . . » H-5 H-6 Gelila. lunia. L. GELLIVS PVBLICOLA . e. IVNIVS C. F. (41 a. C). (204 a. C). 253. B. 7 . : . D. P-10 284. B. 1 . . . D. H-7 Herennia. D. IVNIVS SILANVS L. F. M. HERENNIVS. (89 a. C). (99 a. C). 285. B. 15 . . . D. N-24 254. B. 1 . . . D. R-10 286. » 15 . U-11 Hostilia. 287. » 17 . . . » N-25 L. HOSTILIVS SASERNA Q. CAEPIO BRVTVS. (49-46 a. C). (43-42 a. C). 255. B. 4 . . . D. C-20 288. B. 29 . . . D. H-15 lulia. E. H-16 256. 257. L. IVLIVS BVRSIO. (88 a. C). B. 5 . , . D. » 5 . . . » H-1 Q-3 289. 290. 291. » 31 . . . D. » 34 . E. » 34 . . . D. R-2 J-24 J-25 N-26 258. » 5 . . . » e. IVLIVS CAESAR. (58-44 a. C). K-20 Licinia. P. LICINIVS NERVA. (110 a. C). 259. B. 9 . . . D. C-4 292. B. 7 . . . D. K-5 260. 261. 262. 263. * 9 . . .E. » 9 . . . D. ^ 9 . . . » » 9 . . . » P-13 Q-1 M-19 M-20 293. e. LICINIVS L. F. MACER. (82 a. C). B. 16 . . . D. S-1 264. » 11 . . . » Q-26 294. » 16 . . . » J-26 265. * 12 . T-1 A. LICINIVS NERVA. 266. » 12 . . . » M-26 (49-45 a. C). B. 23 . . . D. 267. 268. » 28 . . . » :^ 59 . . . ^ K-12 R-17 295. H-8 269. » 112. . .E. H-2 P. LICINIVS STOLO. 270. ^^ 115. . . D. H-3 (17 a. C). E. H-4 296. B. 28 . . .E. P-20 271. 272. » 116. . . D. » 135. . . » P-12 Z.8 297. » 29 . . . » T-13 ( 3. IVL. CAESAR OCTAVIANVS. Livineia. (44-29 a. C). L. LIVINEIVS REGVLVS . 273. B. 139 . . . D. 0-23 (43-42 a. C). 274. :> 140. C-5 298. B. 1 . . . D. R-25 E. C-6 299. » 8 . . . 2> C-8 86 FRANCESCO GNECCHI 300. B. 8 . . . D. H-9 Mettia. 301. :^ 11 . E. C-9 C-IO M. METTIVS. (44 a. C). 302. :^ 13 . D. Q-2 324. B. 1 . D. P-14 Lollia. 825. » 4 » 1-4 LOLLIVS PALIKANVS. 326. » 4 » Q-7 (45 a. C). E. Q-8 303: B. 2 . 304. :^ 2 . D. L-17 0-24 327. » 4 ... D. E. C-11 A-9 Lucretia. Minatia. L. LVCRETIVS TRIO. M. MINATIVS SABINVS (74 a. C). (46-45 a. C.j. #- 305. B. 3 . . . D. H-13 328. B. 3 . D. D-22 306. x> 3 . » I-l Munatia. Marcia. L. ] VIUNATIVS PLANCVS . L. MARCIVS CENSORINVS. (46-45 a. C). (84 a. C). 329. B. 4 . D. D-23 307. B. 24 . . . E. Q-4 Q-5 E. Mussidia. C-20 308. > 25 . D. 1-2 309. » 25 . » M-17 L. MVSSIDIVS LONGVS. (43-42 a. C). Maria. 380. B. 5 . D. 1-5 e. MARIVS C. F. CAPITO. 831. » 5 » D-21 (84 a. C). 382. ^ 8 » T-3 310. B. 9 . D. D-17 333. > 8 * DIO 311. » 9 . » G-6 834. ^ 8 » Q-9 . e. MARIVS C. F. TROMENTINA. Naevia. (17 a. C). e. NAEVIVS BALBVS. 312. B. 10 . D. U-1 (218 a. C). 313. :^ 15 . 314. » 16 . P-24 P-22 335. B. 1 P-10 E. P-23 Nasidia. 315. » 17 . . . E. D-18 D-19 c ,. N A S I D I V S. (38-36 a. C). Memmia. 336. B. 1 . . . D. S-13 L. MEMMIVS L. F. Papia. (58 a. C). L. PAPIVS. 316. B. 8 . . . D. D-20 (79 a. C). 387. B. 1 . D. 1-6 e. MEMMIVS C. F. 338. » 1 » D-24 (60 a. C). 339. » 1 » 0-15 317. B. 9 . . D. L-17 318. » 10 . » Q-6 M. Papiria. PAPI RI VS GARBO. Mescinia. (139 a. C). L. MESCINIVS RVFVS. 340. B. 7 > K-26 (15 16 a. C 319. B. 1 . U-2 Petillia. 820. » i . » 1-3 PETILLIVS CAPJTOLINVS 321. » 1 . . . E. G-22 (43 a. C). 322. » 4 . . I). B-26 341. B. 1 . D. 1-7 323. » 6 . » D-17 342. > 2 . . . E. G-23 APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 37 Petronia. Pompeia. P. PETRONIVS TVRPILIANVS. Q. POMPEIVS RVFVS. (20 a. C). (58 a. C). 343. B. 4 . . . D. R-26 367. B. 4 . . . D. D-8 344. » 9 . . . :^ L-19 E. D-9 345. » 10 . Q-11 368. » 5 . . .E. S-8 346. > 10 . . . . » S-5 369. » 5 . . . D. R-6 347. » 10 . R-1 E. R-7 348. » 19 . U-14 349. » 20 . U-15 CN. POMPEI VS MAGNVS FILlVS. 350. » 20 . . . » C-20 (46-45 a. C). K. D-12 370. B. 8 . . . D. U-21 Pinaria. 371. » 9 . . , » C-12 L. PINARIVS SCARPVS. E. C-13 (31-27 a. C). SEX. POMPEIVS MAGNVS. 351. B. 9 . . .E. U-16 (43 a. C). 352. » 9 . . .1). Q-14 372. B. 20 . . . D. Q-10 Plaetoria. 373. » 20 . . . » K-21 L. PLAETORIVS L. F. CESTI ANVS. (74 a. C). 374. 375. » 21 . . .E. :^ 25 . . . D. D-13 S-12 353. B. 2 . . .E. 1-8 Pomponia. M. PLAETORIVS CESTIANVS. L. POMPONIVS MOLO. (69 a. C). (94 a. C). 354. B. 4 . . . D. A-9 376. B. 6 . . . D. C-2, 355. » 4 . . .E. U-17 377. » 6 . . . » Q-12 356. » 5 . . . D. 1-9 378 » 6 . . . » Q-13 357. » 5 . . . » I-IO 358. » 6 . , . » MI Q. POMPONIVS MVSA. 359. » 9 . . . » U-18 (64 a. C). 360. » 10 . U-19 379. B. 8 . . . D. E-2 L. PLAETORIVS CESTIANVS. 380. » 8 . . . » R-5 361. (44-42 a. C). B. 11 . . . D. F-7 381. 382. 383. » 9 . . . » » 15 . . . » » 17 . E-1 U-22 1-13 Plancia. 384. » 17 . J- - CN. PLANCIVS. 385. » 19 . . . » E-14 (54 a. C). 386. » 21 . . . ^ G-26 362. B. 1 . . . D. Plautia. A. PLAVTIVS. J-9 Porcia. M. PORCIVS CATO. (101 a. C). (54 a. C.j. 387. B. 5 . . . D. J-3 363. B. 13 . . . D. G-24 388. » 6 . . .E. U-23 E. G-25 389. » 6 . . . D. U-24 L. PLAVTIVS PLANCVS 390. » 7 . . . * J-2 (45 a. C). B. 14 . . . D. 391. » 7 . . . » S-7 864. M2 392. » 7 . E. K-23 K-24 Poblicia. M. P B L I C I V S. Postumia. (46-45 a. C). POSTVMIVS ALBINVS SP. F. 365. B. 10 . . . D. D-25 (89 a. C). 366. » 10 . . . ^ U-20 393. B. 5 . . . D. E.15 38 FRANCESCO GNECCHI D . POSTVMIVS ALBINVS BRVTI F. Scribonia. (43-44 a. C). L. SCRIBONIVS LIBO. 394. B. 10 . D. P-10 (54 a. C). 395. > 13 » C-20 422. B. 8 . . . D. K-17 396. » 13 » D-26 423. » 8 . . . » H-8 397. » 14 Quinctia. H-14 Sempronia. TI. SEMPRONIVS GRACCVS. #TI. QUINCTIVS TROGVS . (38-36 a. C). (104 a. C). 424. B. 10 . . . D. K-2 398. B. 6 D J-5 425. :^ 11 . . . » K-3 399. » 6 » J-6 426. » 11 . N-14 Rosela. 427. » 13 . . . » E- 20 L. ROSCIVS FABATVS. (64 a. C). Sentia. L. SENTIVS 0. F. 400. B. 1 . D. 0-22 (89 a. C). B. 1 . . . D. 401. 402. » 1 » 1 » J-7 J-8 428. Q-20 403. » 1 » J-9 E. Q-21 404. » 1 » J-10 SepuUia. 405. » 1 » J-11 P. SEPVLLIVS MACER. 406. » 1 » J-12 (44 a. C). 407. » 1 » J-13 429. B. 1 . . . D. S-2 408. » 1 » V-14 430. » 3 . . . » T-2 Rustia. 431. » 5 . K-19 Q. R V S T I V S. (19 a. C). Servilia. M. SERVILIVS C. F. 409. 410. B. 3 ^ 3 L. ] Rutilia. RTTILIVS FLACCVS. (79 a. C). K-1 B-21 432. (94 a. C). B. 13 . . . D, e. SERVILIVS C. F. (64 a. C). Q-19 411. B. 1 . . . D. Salvia. L-22 433. 434. 435. B. 15 . . . D. » 15 . . . » » 15 . . . » D-6 D-7 1-7 Q. SALVIDIENVS SALVIVS RVFVS. 436. » 15 . . .E. K-12 (41 a. u.;. 437. » 16 . . . » C-20 412. B. 1 . D. E-16 E. E-19 413. » 1 » V-15 414. » 1 » L-20 Q . SERVILIVS CAEPIO BRVTVS. 415. » 1 » L-21 (43-42 a. C). 416. > 1 > P-21 438. B. 22 . . . D. K-4 Sanquinia. SERVILIVS CASCA LONGVS. M. SANQVINIVS. (43-42 a. C). (17 a. C). 439. B. 35 . . .E. T-6 417. B. 1 . . . R. T-2 418. > 1 . . . D. E-18 Sestia. p. E. Satriena. SATRIENVS. (74 a. C). E-17 440. L. S E S T I V S. (44-42 a. C). B. 1 . . . D. Sicinia. E-21 419. B. 1 . . . D. A-11 Q. S I C I N I V S. 420. > 1 » M-23 (49 a. C). 421. > 1 » P.7 441. B. 1 . . . D. L-24 E. Q-9 E. D-17 APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 89 Spurilia. AVLVS SPVRILIV3. (214 a. C). 442. B. 1 . . . D. D-1 Statia. L. STATIVS MVRCVS. (43 a. C). 443. B. 1 . . . D. E-7 Sulpicia. e. SVLPICIVS C. F. (94 a. C). 444. B. 1 . . . D. K-6 P. SVLPICIVS GALEA. (64 a. C). 445. B. 6 . . . D. H-10 L. SERVIVS SVLPICIVS RVFVS. (44-43 a. C). 446. B. 10 . . . B. K-7 447. » 10 . . . ^ K-8 R. K-9 448. » 10 . . . D. E-22 E. E-23 Thoria. L. THORIVS BALBVS. (94 a. C). 449. B. 1 . . D. Q-22 Titia. Q. T I T I V S. (90 a. C). 450. B. 2 . . . B. A-11 451. » 3 . . . » K-10 Tituria. L. TITVRIVS L. F. SABINVS (88 a. C). 452. B. 1 . . . D. S-3 Valeria. e. VALERIVS FLACCVS. (81 a. C). 453. B. 12 . . . D. 0-14 VALERIVS ACISCVLVS. (46-45 a. C). 454. B. 18 . . . D. K-11 455. » 18 . . . » E-24 E. E-25 Vettia. T. VETTIVS SABINVS. (69 a. C). 456. B. 2 . . . D. H-17 457. » 2 . . . » L-18 458. * 2 . . . » M-24 459. » 2 . , . » T-13 Vibia. e. VIBIVS PANSA. (43 a. C). 460. B. 16 * D. K-12 461. » 16 » R-4 462. » 16 • E. H-18 H-19 463. » 18 . D. A-8 464. » 18 . » A-11 465. » 22 • E. E-3 E-4 466. » 22 . » K-18 467. i> 22 • E. E-5 E-6 468. > 23 . . D. Q-23 Vinicia. L. V I N I e I V S. (58 a. C). 469. B. 1 . . D. K-13 L. VINICIVS L. F. (16 a. C). 470. B. 2 D. R-3 471. » 3 E. L-2 472. > 3 . D. Q-24 473. » 4 . » LI 574. » 4 . » U-3 Vipsania. w . A G R I P P A. (38 a. C). 475. B. 1 . D. T-B 476. » 2 . . E. Q-25 477. » 3 . . D. L-15 e. SVLPICIVS PLATORINVS. (18 a. C). 478. B . 7 . D. S-10 Voconia. Q. VOCONIVS VITVLVS (41-40 a. C.) . 479. B. 1 . . D. L-3 480. » 1 • • E. T-4 H-20 481. » 2 , . D. D-2 482. » 3 . » M^25 Volteia. M. VOLTEIVS M . F. (88 a. C). 483. B. 2 . . D. L-4 484. » 4 . , > S-4 Denaro anonimo. (104 a. C). 485. B. 176. , . P. H-21 40 FRANCESCO GNECCHI (89-54 a. C). 486. B. 226. D. Sesterzio. 487. B. ? J . . . R. Semivittoriato. 48a B. 10 . D. Augusto. 489. Coh 4 . D. 490. > 8. » 491. » 17 » 492. » suppl. 5 . » 493. » 18 » 444. » 33 . » 495. » 50 » 496. » 50 » 497. » 50 » 498. » 52 E. 499. » 60 » 500. » 60 D. 501. » 70 R. 502. > 70 D. 503. » 76 » 504. » 76 » 505. » 80 » 506. :» 80 » 507. » 83 » 508. x> 85 » 509. s> 87 » R. 510. > 87 D. 511. » 87 » 512. » 87 . R. 513. » 87 D. 514. » 91 » 515. » 91 j> 516. » 94 j> 617. » 94 » 518. » 99 » 519. 105 R. M-28 S-16 S-15 D-11 H-22 P-26 V-19 B-21 U-12 V-20 A-18 F-20 H-23 U-13 V-21 V-1 H-24 V-2 V-22 V-3 V-23 V-4 V-5 U-4 U-5 U-6 U-7 U-8 H25 H-26 Z-20 V-6 V-24 V-7 V-8 0-25 520. Coh. 107 . R. E-26 521. » 109 . D. E-14 522. » 110 » V-9 523. » 110 . » FI 5 524. » 110 . > Z-21 525. » 110 i 'incusa) » A-21 526. » 111 . » V-lO 527. » 112 » ZI 5 528. » 112 'incusa) •» A22 529. » 117 , » 121 530. » 117 R. V-22 531. » 117 . D. Z-16 532. » 119 » V-1 2 533. » 124 . » P-25 534. » 126 » V-1 3 535. » 128 , » Z-9 536. » 128 . » F-16 537. •» 138 . » FI 7 538. » 156 . R. ZIO 539. » 177 D. ZI 7 540. » 186 . » ZI 8 541. » 196 . R. ZÌI 542. » 198 . 1). N-23 543. » 204 . » K-25 544. » 204 . » M4 545. » 218 . . » ZI 2 546. » 221 . » ZI 3 547. » 223 . » A-14 548. » 226 \ » U-10 549. » 226 • » R. F-18 F-19 550. > 232 . D. Al 5 551. » 247 . R. A-16 552. » 248 . D. Z-19 553. » 251 . » A-17 554. » 253 » R. U-9 U-10 555. » 253 . D. A-20 556. » 320 . » A-19 Tiberio. (14 -37 d. C.) 557. Coh. 2 D. Z-23 T u V z 35-:i6 APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 41 La serie avrebbe potuto prolungarsi indefinita- mente esplorando altri musei, ma mi pare che il materiale raccolto sia più che sufficiente per addi- venire ai seguenti dati generali, i quali ben poco e solo in parte potrebbero forse variare, anche quando la serie venisse duplicata : I. Le monete d' argento (l) contrassegnate sono tutte di buon argento, fatte pochissime eccezioni, (4 o 5 in tutta la serie descritta) le quali però si verificano su monete suberate così ben fatte e com- plete, o che almeno si può argomentare tali essere state all'epoca in cui furono contrassegnate, da au- torizzare a credere che chi vi ha posto il contras- segno sia stato tratto in errore, e le abbia credute di puro argento. II. I Contrassegni esistono, oltre che sugli aurei, su tutte le monete d'argento, denari, vittoriati,. se- mivittoriati, quinarii e sesterzii, e non sono escluse neppure le monete incuse. Il Sig. Bahrfeldt nel citato articoletto osserva che non gli sono mai capitati vittoriati né sesterzi contrassegnati ; ma aggiunge ciò doversi probabil- mente alla minore quantità di questi in confronto dei denari e dei quinarii. La quale osservazione mi pare giustissima, giacché io, esaminando un numero molto maggiore di monete, ho trovato un sesterzio (N. 487) e un semivittoriato (N. 488), dal che è più che lecito argomentare come egualmente v'abbiano ad essere anche dei vittoriati muniti di Contrassegno. (1) Parlo delle monete d'argento perchè, come abbiamo veduto, gli aurei contrassegnati sono rarissimi e quasi si possono considerare come eccezioni. 42 FRANCESCO GNECCHI I Contrassegni si trovano indifferentemente sia sui denari conosciuti solamente in puro argento, che su quelli del cui tipo v'hanno anche esemplari suberati. IV. I Contrassegni si trovano di preferenza sulle monete sciupate , e solo per eccezione taluno si trova su monete a fior di conio, forse uno in cento. — È un fatto noto e facilmente spiegabile che delle monete antiche ne sono rimaste assai più di sciupate che di nuove, e quindi è naturale che delle monete contrassegnate ve ne siano più delle prime che delle seconde. Quando poi si consideri che dei denari della Repubblica, stante i numerosi ripostigli di monete nascoste appena uscite dalla zecca, non è cosi dif- ficile come in altre serie trovare dei pezzi a fior di conio, o almeno di eccellente conservazione, risulterà tanto maggiore la proporzione delle monete scon- servate relativamente a quelle di buona conserva- zione sotto questo rapporto dei Contrassegni. V. I Contrassegni sono impressi di preferenza sul diritto delle monete senza alcun riguardo che essi cadano nella figura o nel campo. Talvolta ve ne hanno sia sul diritto che sul rovescio, più rara- mente nel solo rovescio. Delle 556 monete figuranti nel prospetto, 439 hanno i Contrassegni nel dritto, 78 nelle due faccio, e sole 39 semplicemente al ro- vescio. VI. Il più delle volte il Contrassegno è unico ; ma non è raro il caso che se ne trovino due, tre, quattro, cinque, sei e anche più su di una stessa moneta. Talvolta su di un piccolo quinario pare quasi che i punzoni si siano inferociti fino al punto di renderne irriconoscibile la figura rappresentata. Vedasi ad APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 43 esempio il gruppo di Contrassegni Z-7 esistente su di un Quinario della Julia. — È raro però il caso della ripetizione dello stesso Contrassegno su di una moneta, e come unico citerò il caso di un Contras- segno (o di una vera contromarca CL) ripetuta tre volte nel dritto e tre nel rovescio di un denaro della Cornelia (N. 204) (l), il quale denaro ha poi anche nel dritto un altro Contrassegno somigliante a un V pure tre volte ripetuto. VII. Quanto alla maggiore o minore rarità delle monete contrassegnate parmi non si possa dire che vi sia preferenza ne per le rare ne per le comuni, trovandosene indifferentemente tanto sulle une quanto sulle altre a un dipresso nella proporzione in cui le monete rare stanno alle comuni* Ciò si potrà rilevare dalla serie esposta, in cui fra le moltissime monete co- muni figurano anche nomi rari e rarissimi, come quelli dell'Atia, della Maria, della Minatia e della Statia. Vili. I Contrassegni sui denari romani sono impressi con un punzone nella loro grandissima maggioranza e solo qualche volta per eccezione graf- fiti col bulino o collo stilo. Quelli da me esaminati sono tutti indistintamente impressi con punzone; ma il Prof. Milani ne trovò anche alcuni graffiti (2). IX. Come dei conii antichi, di cui è ben difiì- cile trovarne due eguali, così avviene dei Contras- segni. Due perfettamente identici e che si possano dire con sicurezza prodotti dal medesimo punzone è quasi impossibile trovarli, salvo il caso di ripetizione sulla stessa moneta. (1) Vedi fìg. a pag. 40. (2) Vedi articolo citato, pag. 62. 44 FRANCESCO GNECCHI Se qualche rara volta ho fatto servire il medesimo disegno per due Contrassegni su due diverse monete, gli è perchè le differenze erano tanto piccole, che certo sarebbero sfuggite nella riproduzione, mentre erano però sufficienti a riconoscerli come prodotti da due punzoni differenti. Conviene però anche osservare che alcuni segni talvolta sembrano diversi da altri mentre forse sono uguali o molto simili , per l' ine- guaglianza della superficie su cui furono impressi. Un cerchietto per esempio riuscirà completo nel campo piano di una moneta, ma se battuto sulla parte con- vessa di una testa può rimanere impresso solamente in parte e formare uno o due segmenti di cerchio. X. Pochissimi fra i Contrassegni dei denari re- pubblicani rappresentano un oggetto o qualche cosa di esprimibile a parole ; ossia, quando escludiamo i punti, i cerchietti o frazioni di cerchio, le mezza- lune, i cunei, i rettangoli, e le lettere, le quali pure sono per lo più segni somiglianti a lettere che vere lettere, tutti gli altri sono segni che quasi chiamerei cabalistici, e che non hanno assolutamente un appel- lativo con cui poterli distinguere a parole. Mi sorprende anzi a questo proposito come il Bahrfeldt nel citato articolo non abbia quasi trovato che lettere sui denari da lui esaminati, mentre a me risulta che le lettere sono in estrema minoranza contro quelli che non posso chiamare con altro nome che segni. Ma potrebbe benissimo darsi che le monete da lui esaminate provenienti in gran parte da un solo ripostiglio portassero, per speciali condizioni a noi ignote, quali comuni Contrassegni, quelli che nella massa generale non si trovano che per eccezione. E lo stesso dicasi del ripostiglio già più volte citato APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 45 di Roma, sulle cui monete il Prof. Milani trovò propor- zionatamente assai più lettere di quelle che a me av- venne di trovare sulla massa delle monete esaminate. XI. Quanto all'epoca, le monete contrassegnate si estendono da circa un secolo avanti l'era volgare, fino a tutto il regno d'Augusto, abbracciando cosi il pe- riodo di circa un secolo e mezzo. Poche sono anteriori a quest'epoca, e si spingono fino a circa 200 anni a. C; crescono evidentemente quelle che datano da solo mezzo secolo a. C, e il punto culminante lo segnano quelle di Marc' Antonio e d'Augusto. Di posteriori a quest'epoca non ho trovato che un aureo di Tiberio colla testa d'Augusto al rovescio e un denaro pure di Tiberio suherato, ambedue appartenenti al Gabinetto di Brera. XII. Dal numero delle monete esaminate risul- terebbe che le contrassegnate si trovano in propor- zione minima fra quelle d'oro (una o due in cento) e invece in ragione di circa il 10 per cento fra quelle d' argento. Fra poco più di un centinaio di aurei, due soli ne trovai contrassegnati, uno d' Augusto (Cohen N. 150) appartenente alle mia collezione (Vedi N. 1) e uno d'Augusto e Tiberio (Cohen N. 3) appartenente al Museo di Brera (Vedi N. 2). Fra le monete d' argento invece ne trovai poco meno di 600 mentre la cifra delle monete esaminate ascende a un dipresso a 6000. — Il Contrassegno è dunque veramente la specialità della moneta d'argento. Ed ora, venendo alle conclusioni generali che si possono cavare dai fatti accennati, mi pare si pos- sano ridurre alle seguenti : La infinita varietà dei Contrassegni esclude che questo fosse un marchio governativo. Se lo Stato 46 FRANCESCO GNECCHI avesse voluto apporre un marchio ufficiale alle mo- nete che ancora conservavano un peso legale, si sarebbe servito di una vera contromarca o almeno di un marchio stabilito e uniforme, e difatti vediamo che quando lo volle fare, impresse anche sui denari, come sui bronzi, una contromarca uniforme e intel- ligibile. Cosi fece Vespasiano , il quale sui denari repubblicani, riammessi alla circolazione impresse la contromarca imp vesp (l). Per darci una ragione sufficiente a spiegare l'enorme quantità e varietà dei Contrassegni è ne- cessario ammettere l'opera dei privati, e forse anche quella dei comandanti militari, a cui Roma spediva volentieri pel soldo delle truppe lontane la vecchia moneta meglio conosciuta e meglio accetta dai po- poli, fra cui si trovavano gli eserciti. Ecco come mi pare ciò possa essere avvenuto e a quarepoca. E noto come il denaro romano subisse una prima riduzione di peso, quando, in seguito ai disastri della seconda guerra punica, in forza della legge flaminia, venne tagliato a 1^84 di libbra in luogo di 1^72, al al peso cioè di gr. 3,90, in luogo di 4,55 ; ed è quindi probabile che i primi contrassegni siano stati impressi molto anteriormente all'impero (2) nei due ultimi se- coli della repubblica. (1) Vedi M. Bahrfoldt: Contremarken Vespasians auf romischen Fami- liendenaren nella Zeitschrift fur Numismatik di Berlino, 1876. (2) Tale idea fa espressa già dal Prof. Milani nell'opuscolo citato pag. 60. € Il ripostiglio di Aleria (altro descritto prima di quello di Koma) < ci offre la prova che V uso di contromarcare con segni incusi (lunule , < punti, quadratini, ecc.) i denari detriti è anteriore all' imporo , e ci ap- < prende che probabilmente l' uso risale al tempo della prima riduzione < del denaro a 1 [84 di libbra. > APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 47 Ma le monete che a noi pervennero contrasse- gnate sono, meno rare eccezioni, quelle coniate ap- punto nei due ultimi secoli della repubblica. Bisogna dunque che noi cerchiamo più tardi il nostro mo- mento storico , e lo troviamo precisamente sotto il regno di Nerone, quando il denaro romano subisce la sua seconda riduzione e viene tagliato non più a 84 ma a 96 la libbra, ossia a grammi 3,41. In seguito a ciò è naturale che i vecchi danari tuttora in cir- colazione aumentassero di pregio rispetto ai nuovi , comechè di maggior valore intrinseco; e come tali avrebbero continuato il loro corso regolarmente , se il lungo uso non li avesse in gran parte consunti fino al punto da renderne dubbio il peso , giacché una quantità di quei danari repubblicani erano in circolazione da circa un secolo , altri da un secolo e mezzo o anche più. Se a questo si aggiunge come in causa della sterminata varietà dei tipi, una gran parte di essi fosse diventata quasi sconosciuta al pubblico , si capisce come assai probabilmente di quando in quando si verificasse il caso che alcuni denari non venissero accettati per un valore superiore o anche pel semplice valore dei denari contemporanei, se non dietro una garanzia di chi li spendeva. Ora questa garanzia si esplicava con un Contrassegno di prove- nienza, confrontabile in qualche modo ad una firma, che talvolta al giorno d'oggi viene apposta a un biglietto di banca, su cui sia nato qualche sospetto, allo scopo di renderlo alFoccasione a chi l'ha speso. E tale fu l'origine dei Contrassegni. Il primo Contrassegno bastava talora da solo per molte successive transazioni e, per quanto non 48 FRANCESCO GNECCHI precisamente da tutti conosciuto, imprimeva al de- naro un marchio di garanzia; talvolta invece se ne esigeva un secondo, un terzo e così via, il che spie- gherebbe la moltiplicità dei Contrassegni su di una stessa moneta. Si potrà qui dimandare perchè, ammesso che ciò abbia avuto luogo al tempo di Nerone, i Con- trassegni finiscano colle monete d'Augusto e non se ne trovino più su quelle di Tiberio, Caligola e Claudio; e la risposta parmi abbastanza ovvia, dacché questi denari, sia per essere poco numerosi e di tipi poco variati, sia per essere molto recenti erano univer- salmente conosciuti e circolavano apprezzati al loro giusto valore senza bisogno di ulteriore garanzia. — Il Contrassegno trovato in via eccezionale sul denaro suberato di Tiberio mi pare serva di prova a tale ipotesi. Era un denaro suberato ma così bene ese- guito da poter trarre in inganno. E quindi spiega- bilissimo che su di esso sia nato un dubbio, a dis- sipare il quale, in buona o in mala fede questo non ci riguarda, vi venne apposto un Contrassegno. La piccola rottura per la quale oggi è visibile il rame interno sarebbe, come negli altri simili casi, posteriore al Contrassegno. Ammessa dunque la causa e l'epoca dei Con- trassegni come da me esposte, emergerebbe quale conseguenza il fatto che al tempo di Nerone o giù di li la circolazione monetaria nell'impero romano era costituita ancora in gran parte dalla vecchia moneta repubblicana. Vi circolavano in massa le monete coniate da circa un secolo ; v'era ancora in corso buon numero di denari repubblicani datanti da un secolo e mezzo , e una certa quantità, APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 49 anche di anteriori. In altre parole i Contrassegni servono colla loro maggiore o minore frequenza a dare un'idea abbastanza esatta della qualità delle monete in circolazione all'epoca di Nerone. E con questo finisco, lasciando che altri, ap- profittando del materiale da me raccolto, faccia qualche ipotesi più ingegnosa e più probabile se la mia non gli soddisfa. Nulla è meno assoluto e più soggetto a variazioni che il risultato dell'induzione. Francesco Gnecchi. LE MONETE DEI PONTEFICI EOIANI LEONE Vffl (ritenuto antipapa) E GIOVANNI XIII ANNI dell'Era cristiana 963-972 Tutti coloro, che, dal Vignoli (1709) al Promis (1858), hanno pubblicato illustrazioni, od anche sem- plici descrizioni, delle monete pontificie, che lo stesso Vignoli chiamò antiquiori (1), attribuiscono a papa Leone Vili le tre che vengono riprodotte nella tav. I, fìg. 1, 2 e 3. Non tutti concordano egualmente sulla spettanza di quelle che pur si riproducono nella stessa tavola fig. 4 e 5. Frattanto però le une e le altre, specialmente nel dritto, presentano molte singolarità, capaci a distinguerle assolutamente da tutte le altre della serie. Quali le ragioni di quei tipi così straordinari ? (1) a più chiara intelligenza si avverta che per divisione fattane da Vignoli, Fioravanti e Scilla, le monete pontifìcie si distinguono in tre serie : antiquiori , antiche e nuove. Le prime comprendono tutte le anteriori al secolo XIV : le seconde quelle spettanti ai papi da Benedetto XI (1B03) a Clemente VII (1534): le ultime da Paolo HI (1534) fino ai nostri giorni, che però lo Scilla suddivide ancora in vecchie da Paolo III ad Urbano Vili, ed in nuove da Innocenzo X in appresso. 52 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE Inutilmente si ricercano negli scritti degli illustra- tori, anche più accurati ed eruditi, fra i quali pri- meggia indubbiamente il Promis. Eppure le diffe- renze sono tante, e cosi salienti, da non potersi am- mettere che siano dipendenti dal caso o dal fatto dello zecchiero in un'epoca, nella quale la sorpren- dente uniformità dei tipi monetari , anche nella rozzezza, dimostra la mancanza di ogni iniziativa nello artefice, e la intera partecipazione di lui alla generale ignoranza di quei secoli. E le ragioni possono solo ricercarsi nelle con- dizioni dei tempi, nei fatti che si compievano allora che le monete venivano battute. Ricerca ardua ve- ramente, perchè poche sono le notizie fino a noi pervenute, e, peggio ancora, varie di esse presentano dubbiezze non lievi , altre appariscono erronee. Ma perciò appunto lo studio che se ne faccia riesce maggiormente utile, perchè il documento irrefraga- bile della moneta, messo a confronto de' fatti sto- rici conosciuti, giova a nuova conferma dei già ac- certati, a dilucidazione dei dubbi, a rettificazione degli errati, a diradare insomma le fitte tenebre di un'epoca, pure importantissima per noi, in quanto ha preceduto immediatamente la nostra, ed indica le cause e lo svolgersi di quella evoluzione, che ci ha poi condotto al risorgimento. Le tre prime monete portano tutte il nome di un Papa Leone, ma apparterranno veramente alVot- favo, cui finora sono state attribuite, senza però di- mostrazione veruna ? prima necessarissima indagine, sola capace ad evitare fantastiche deduzioni, è quella di confrontare il documento monetario colle me- morie storiche pervenuteci. Due di quelle monete LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 53 (fìg. 1 e 2), oltre il nome del papa , portano pure quello di Ottone. La cronologia accertata dei Papi ne assicura, che, sotto lo impero degli Ottoni, nes- suno ebbe il nome di Leone , all' infuori di quello assunto al Pontificato dal Concilio convocato da Ot- tone I, il grande, nel novembre dell'anno 968, che depose l'ancor vivente papa Giovanni XII. Questo appunto è 1' Vili di tal nome nella serie de' papi ; nessun dubbio adunque sulla retta attribuzione a lui ed all'epoca sua delle due monete col nome di Ottone. Manca questo nome nella terza, la quale, inoltre, differisce nella leggenda del dritto, e nella maggiore ruvidezza dell'intero conio : occorre dunque una speciale dimostrazione, della quale potrà trat- tarsi più innanzi, se ed in quanto le ricerche da farsi per le altre potranno condurre a determinar l'epoca anche di questa. Se Leone Vili fu spinto alla sede pontificia, vi- vente tuttora papa Giovanni XII, che la occupava da oltre sette anni , è evidente che le vicende di quello si collegano essenzialmente e quasi s'innestano ai fasti di questo ; ne riesce possibile apprezzare de- bitamente le une, senza un richiamo, almeno som- mario, degli altri più salienti e meglio accertati. 54 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE CENNI STORICI. Per unanime attestazione di tutti gli storici, Giovanni XII è figlio di quel marchese Alberico, il quale, profittando della lunga vacanza dell'impero cosi detto dei Romani (riproduzione delFimpero di occidente fatta dai Papi) avvenuta fino dall'anno 924 con la morte del primo Berengario, si fece ti- ranno di Roma, usurpandone la Signoria, e giunse sino al punto da ottenere nelle monete pontificie , col titolo di principe, il posto che prima vi avevano gli imperatori : lo accertano indubbiamente le mo- nete dei papi Marino II e Agapito II riportate dal Promis. Morì Alberico nel 954, ed il figlio di lui Ottaviano, o per volontà manifestata dal padre, o per suo proprio impulso, s'impossessò della Signoria di Roma, tuttoché anco]* minorenne e già chierico. Mancò pur di vita l'anno appresso (955) papa Aga- pito II, e il chierico minorenne Ottaviano seppe cosi bene profittare della potenza a lui attribuita dalle tiranniche tradizioni paterne, e dalla assunta Signoria, che in dodici giorni (secondo afferma il Promis) si fece eleggere Papa ; e volle come Pon- tefice essere chiamato Giovanni. Fu il primo tra i papi a cambiar nome nello assumere il pontificato : quale la ragione ? se ne LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 55 adducono varie. Non parve a lui che il nome di Ottaviano rispondesse alla maestà della religione, secondo il Fioravanti 0-) : perchè potesse dirsi di lui : fm't homo missiis a Deo^ cui nomen erat Joannes^ come pensa il Palazzi (2) : egh, che era già signore di Eoma prima di salire al pontificato, volle servirsi di due nomi, cioè di Ottaviano nelle cose temporali, e di Giovanni nelle spirituali, così afferma il Mura- tori (^). La espressione aggiunta dal Palazzi W : sed fcedior factus in omnem Joannes erupit libidinem, ac- certa quasi, che nessun alto ideale di religione, o di maestà della Chiesa e del sommo pontificato, con- corse nella determinazione del cambiamento di nome. Resta invece ammissibile l'affermazione del Mura- tori, anche perchè sostenuta da varie circostanze di fatto. Il neo-papa conosceva bene, che i mezzi usati per salire allo alto posto, e l'età sua minorenne, rendevano illegittima e nulla la elezione (^). Egli quindi prudentemente prevedendo la possibile eve- nienza nella quale lo imposto favore, che oggi lo aveva innalzato, potesse domani scemare o cam- biarsi in opposizione, volle bene conservar distinte le due potestà, per diverse vie conseguite^ onde non perderle entrambe, se dall'ultima dovesse pur de- cadere. (1) Fioravanti, Parte I, pag. 74. (2) Palatii, Gesta Pontificum, Voi. Il, col. 120. (3) Muratori, Annali, anno 956, pag. 209. (4) Palatii, 1. e. (5) E nulla era veramente, benché poi tollerata come legittima, eo voto, quo scBculum exigehat nefartum, tyrannos etiam prceterire, ne unita^ 9ctnderetur ecclesim, Palatii, 1. e. 56 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE La quale interpretazione è sorretta dal fatto che Giovanni XII, solo fra tutti i papi, volle ag- giunto nelle sue monete il titolo di Domnus (l). Per gli altri è bastato segnar nelle monete Papa onde indicare la unione, che ritengono indissolubile, della potestà civile con la religiosa. A Giovanni XII non basta Papa; vuole aggiunto Domnus^ al preciso scopo di tener disgiunte le due potestà. Scopo ben giusti- ficato per un Ottaviano figlio e successore di quel- TAlberico, che, fattosi tiranno di Roma, potè poi affermarne la Signoria o il principato nelle monete dei due papi Marino II ed Agapito II, come già si è accennato. Somma fallacia della umana previdenza ! La prima a pericolare per papa Giovanni fu proprio la potestà civile, in parte oppressa , in parte minac- ciata dai re d'Italia Berengario II e suo figlio Adal- berto. Ed ecco che, non Ottaviano, Signore di Roma, ma Giovanni, papa, manda ambasciatori ad Ottone re di Germania, con promessa della corona impe- riale, se, previo giuramento, fosse sceso in Italia a liberare la Chiesa dalla tirannide che la opprimeva, e a restituirle la pristina libertà (2). Ed Ottone venne. Intraprese la guerra per la conquista del Regno d'Italia, e cinse con grande solennità la corona im- periale. E allora con formale stipulazione, affidata (1) Domnus (non Doininus, vedasi la nota 1 a pag. 74; titolo or di onore or di potestà, nello stesso doppio significato, benché meno esteso, dell'odierno Signore, Il Cinagli, seguendo l'Argelati ed il Fioravanti, attribuisce a ciascuno de' papi Giovanni XI e Giovanni XIII una moneta col Domnus; il Promis giustamente le rivendica a Giovanni XIL (2) Palatii, 1. e. col 121. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 57 ad imp. diploma (1) 13 febbraio 962, promette e giura di difendere e conservare a favore della S. Chiesa e della Sede pontifìcia (non già di Ottaviano signore di Roma) tutto ciò die fino ad ora avea posseduto o ritenuto sotto la sua potestà e giurisdizione, a cominciare dalla Città di Roma, suo ducato, terri- torio^ ecc. ecc. La fermezza di Ottone nel giuramento prestato, nelle promesse fatte intorno alla tutela dei beni, dei diritti e delle giurisdizioni della Chiesa, riuscì fatale al volubile papa Giovanni. Anch'egli alla sua volta giurò, i]isieme al popolo romano, di non mai acco- gliere, avere aderenze, prestare aiuto ai deposti re Berengario ed Adalberto (2). Dopo pochi mesi, e mentre Ottone combatteva ancora per riacquistare le terre dalla Chiesa perdute, Giovanni XII entrò in trattative con Adalberto, congiurando per la cac- ciata dello straniero Ottone, e riconoscendo nuova- mente Berengario, già marchese d'Ivrea, quale Re italiano. Per questa via il Sigonio (^) vuole atte- nuare la brutta defezione, non pensando esser diffi- cile persuadere che nell'animo del figlio di Alberico potessero nutrirsi alti sentimenti di patria e di na- zionalità ! Frattanto i romani stessi divennero stanchi della dissoluta e scandalosa vita del giovane papa, e mentre avvertivano l'Imperatore della congiura con Adalberto^ gli facevano pur considerare come a lui toccasse, per le fatte promesse, provvedere seria- (1) Lo stesso Palazzi lo riporta por intero alla col. 122. (2) Palatii, 1. e. col. 122. — Muratori alFanno 962, pag. 231 ed altri. (3) Palatii, 1. e. col 125. 58 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLOKE mente al decoro della Chiesa romana (i). Pericolava ormai per Giovanni XII la male acquistata potestà religiosa, trascinando seco la riunitavi potestà civile, non ostante, e per fatto anzi della potenza straniera chiamata a sostener Funa e l'altra ! Il mite Ottone volle da principio molto conce- dere all'età giovanile. Puer est, egli disse, facile ho- norum iramutahitur exemplo virorum, e spedì suoi messi al papa per ammonirlo (2). E i messi dovettero anche meglio accertare la gravità dei fatti, la mise- randa condizione delle cose di Roma. Anche il Papa mandò ad Ottone i suoi nunzi con larghe promesse di correzione. Non andò però molto, e Giovanni XII invitava, e riceveva in Roma con gran pompa il già re Adalberto, e ciò decise Ottone a recarvisi con parte delle sue truppe, cedendo finalmente alle ri- petute istanze di ogni ordine di cittadini. Al giungere dello Imperatore il Papa fuggi con Adalberto. Ottone, benché istigato da insistenti pre- ghiere dei romani, nessun provvedimento volle pren- dere, ma consenti alla riunione di un concilio, nel quale invitato il Papa, si giudicasse sulla condotta di questo, sul modo di riparare. E il Concilio ebbe luogo nel novembre dell'anno 963 ; numerose e gra- vissime furon le accuse contro il Papa, che ricusò di presentarsi, e condannò la riunione : egli nondi- meno fu deposto e nei primi giorni di dicembre fu eletto nuovo Papa ad una voce, Leonem S. R. ec- clesice prothoscriniarhtm (^). (1) Muratori, 1. e. pag. 239. (2) Muratori, ivi. Palazzi 1. e. (3 Palatii, 1. e. col. 127 e segg., ove è riportato lo intero atto. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 59 Il nuovo eletto fu subito consacrato, e senza seguire l'esempio dato per primo da Giovanni XII, conservò il proprio nome di Leone ^ ottavo fra i Pon- tefici di tal nome (1). Il Papa deposto tenne ferma la sua opposizione al Concilio e allo Imperatore che lo aveva riunito. Lontano da Roma egli preparava la rivendicazione a favor suo , la più feroce vendetta contro Leone ed Ottone. Quest'ultimo volle passare il Natale in Roma, ma frattanto rimandò buona parte delle sue schiere a raggiunger le altre ancora occupate ad espugnar le fortezze tenute da Berengario e da Adalberto. Seco trattenne a propria guardia poca truppa, ma scelta. Al vigile Giovanni parve il momento opportuno per liberarsi con un colpo solo dello imperatore e del novello Papa. Fu ordita e assai ben preparata, entro le stesse mura di Roma, una ribellione armata. In tal modo, Giovanni XII attentò perfino alla vita di colui, che appena due anni innanzi aveva chiamato dalla Germania e incoronato Imperatore per ispon- tanea sua volontà. Sostennero la congiura, colla ri- bellione armata, tutti gli ordini di quel popolo, che (1) Nessuno degli otto papi ed antipapi, immediatamente succeduti a Giovanni XII, cambiò nome nell'assumere il Pontificato, e ciò prova che l'esempio non poteva, o non doveva imitarci in ragione dello scopo che lo aveva determinato. Nel 984 fu eletto papa Pietro vescovo di Pavia, che volle chiamarsi Giovanni e fu il XIV di tal nome. In questo caso si com- prende facilmente la ragione del cambiamento, che certo fu il rispetto do- vuto al primo papa S. Pietro. Questa volta l'esempio fu seguito volonta- riamente da tutti fino a Sergio 17, (anno 1009) nel qual tempo una co- stituzione prescrisse il cambiamento di nome, basandosi su quelli ideali religiosi che sicuramente non erano nella mente di Giovanni XII. La costituzione è rammentata dal Palazzi 1. e. col. 205. 6Ò TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE due anni prima acclamò il novello imperatore ; che un sol mese innanzi avea implorato l'aiuto di questo per liberarsi dal papa che accusava come tiranno e come indegno dell'alto suo posto a causa di depra- vata condotta ; che aveva quasi imposto la sostitu- zione di Leone Vili, ed applaudito ad essa. Tre- mendo insegnamento storico, certo non unico, anzi non raro ; ma pur singolare nel caso, e maggiormente istruttivo, per la doppia, rapidissima evoluzione dal favore all'odio, cosi del popolo, come del tiranno che l'opprimeva, e tanto nei rapporti fra loro, quanto con i terzi interposti. Ottone I il grande affrontò la ribellione : i non molti, ma fedeli ed agguerriti militi della sua guardia la combatterono cosi da mettere in fuga i ribelli, da far di essi orribile strage, cessata solo ad interposi- zione del mite Leone Vili. L'Imperatore volle aver fiducia ancora una volta nelle promesse dei Romani : perdonò loro , restituendo anche i presi ostaggi , e raccomandato alla lor fede il suo papa Leone, lasciò Roma, per condursi a finirla una volta, come presto fece, colle ultime resistenze dei già re Berengario ed Adalberto (i). E Giovanni XII prosegue a congiurare per di- sfarsi di Leone Vili ; e il figlio di Alberico, tiranno di Roma, sa bene scegliere il mezzo e cogliere il mo- mento per rendere, all'uopo, il popolo romano nuo- vamente fedifrago verso di Ottone. Dopo oltre nove secoli riesce forse impossibile rintracciare i mezzi (1) Muratori, 1. e. pag. 244. — Palatii, 1. e. col. 134 , e tutti gli storici e cronisti concordano sui fatti or narrati. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 61 usati ; è facile però riconoscere che il momento op- portuno era quello, nel quale, Roma restava libera dalle milizie imperiali, perchè tutte impegnate, col loro duce supremo, in due fazioni decisive nel du- cato di Spoleto e Camerino^ e nel Montefeltro sotto la rocca di S. Leo. Trascorsi difatto non molti giorni dalla partenza di Ottone, i Romani stessi introdus- sero Giovanni XII nella città e subito potè egli esercitare barbare vendette su Cardinali, Vescovi e cittadini a lui contrari (1). In gravissimo pericolo si trovò Leone , che però ebbe la fortuna di poter fuggire in tempo da Roma, benché spogliato di tutto e ricoverarsi al Campo dello Iraperatore ^2). Rientrato Giovanni XII nel suo pieno potere, li 26 febbraio 964, radunò un Concilio nel quale si dichiarò Leone occupatore illegittimo della Sede pontificia e si annullarono tutti gli atti di lui (^) Tali nuovi fatti dispiacquero assai ad Ottone, il quale pensò subito a formare l'esercito per la spe- dizione contro Roma. Qui però non doveva più tro- (1) In tutto come alla nota precendente. (2) Muratori, 1. e. pag. 245. Palatii, 1. e. col. 134. (3) Quale de' duo Papi era veramente legittimo ? Certo, che Giovanni non può ritenersi eletto legittimamente, ma soltanto legittimato. (V. la nota 5 a pag. 55). Ed a leggittimarlo contribuì il Concilio del novembre 963, quando dichiarò Giovanni deposto dal papato, non già illegalmente eletto. D'altronde era nello interesse dello Imperatore non mettere neppure in dubbio la legittimità del Pontefice che gli aveva dato la corona, e con essa il potere di difensore della Chiesa. Questo potere dava la forza al Concilio per liberar la Chiesa da un papa indegno, ma lo metteva in una aperta contradizione. Conseguenza di che fu che il Concilio del novembre 963 si ritenesse non ingiustamente un conciliabolo, e Leone Vili intruso, od Antipapa. 62 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE vare Giovanni XII, che nel suo ottavo anno di Pontificato, e tutto al più nel 26° di sua età, mi- seramente mori nei primi del mese di maggio 964. Quale la causa della morte di lui ? forse misteriosa e perciò stesso molto contradetta ! Non improbabile però la accennata da qualche antico scrittore ger- manico^ la vita, cioè, troppo giovanilmente sfrenata. La morte di papa Giovanni non ricondusse i Ro- mani alla fede ripetutamente promessa a Leone Vili ed allo Imperatore : tutt'altro ! Essi non ebbero che un sol pensiero ; quello di scegliere un altro papa, che fu consacrato sul finire dello stesso mese di maggio, e che ottenne da tutto il popolo giura- mento di fedeltà, e solenne promessa di aiuto e di- fesa contro il potente Imperatore. Lo innalzato al Pontificato si chiamò Benedetto V, perchè la ele- zione cadde su quel Benedetto cardinale arcidiacono che nel Concilio del novembre 963 figurò tra i prin- cipali accusatori di Giovanni XII, e prese parte al voto unanime che volle la deposizione di questo e la sostituzione di Leone. Apparisce ciò chiaramente dagli atti di quel Concilio riportati per intero dal Palazzi nella sua opera tante volte richiamata. Da così strana confusione di idee ; da tale continua mu- tabilità e contraddizione di propositi^ può ben de- dursi a quale livello di degradazione avesse abbas- sato la vita sociale la quasi incredibile ignoranza di quei secoli ! Crebbero naturalmente le ire di Ottone, offeso dai Romani con tre atti di ribellione in sei mesi e non indugiò egli a condurre nuovamente il suo eser- cito sotto le mura di Roma. Non potè subito pene- trarvi per altro, perchè questa volta il popolo tenne LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC» 63 fede alle promesse fatte a Benedetto V : eran forse troppo recenti ! Fa necessario un formale assedio con uso di petriere ed altre macchine da guerra e collo impedire la entrata di ogni sorta di viveri. In breve tempo i romani furono costretti ad arren- dersij ed il 23 giugno .964 Ottone I entrò in Roma e la occupò coir esercito vincitore. Il primo atto fu naturalmente, di rimettere al suo posto il papa Leone Vili. E poiché occorreva provvedere al nuovo papa Benedetto, che, seguendo la sorte toccata al popolo, aspettava gli eventi, fu convocato un nuovo Concilio, anche allo scopo di discutere i mezzi adatti ad assicurar l'ordine per lo avvenire e la stabilità della Sede pontifìcia. Intervenne al Concilio anche papa Benedetto, il quale, redarguito perchè avesse usurpato il papato a danno di Leone, alla cui elezione aveva concorso col voto e colla opera sua , ed al quale avea pur giurato fedeltà, null'altro ebbe a ripetere che questo : se ho errato, abbiate misericordia di me. E bastò. Ebbe luogo per lui una vera pubblica degradazione, perchè fu spogliato degli abiti pontificali, coi quali era in- tervenuto al ConciUo, e dovè consegnare il pasto- rale a Leone, che fattolo spezzare, ne mostrò al popolo i rottami (^). Ed ecco il terzo Papa che ve- niva deposto nel breve tempo trascorso dal novembre 963 al giugno 964 ! Strani tempi davvero, e più che strani, incomprensibili ! Si accordò a Benedetto di restare nell'ordine dei diaconi, ma collo esilio in Germania. (1) Palatii, 1. e, col, 139. — Muratori, ]. e. pa^. 247, 64 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE In quanto ai provvedimenti, per finirla una volta colle continue ribellioni dei romani, nulla di certo ci hanno trasmesso le cronache. Soltanto alcuni au- tori germanici riportano atti, che denoterebbero una vera abdicazione di potestà civile e religiosa a danno del papato e a favore dello impero (i). Tali atti non hanno alcuna autenticità ; anzi sono rite- nuti apocrifi, come ben lo dimostra il Palazzi. Né, indipendentemente da quelli, è ammissibile il fatto del quale non si fa mai più menzione in appresso, e non mai lo stesso Ottone I ha richiamato o fatto uso di poteri rinunziati dal Pontefice, neppure nella elezione del Papa, dopo la morte di Leone Vili. Però fra una formale abdicazione del Papato a favor dell'Impero, ed una straordinaria, ed anche amplissima, delegazione di poteri, specialmente civili, di Leone Vili a favore di Ottone I corre un gran tratto. Incredibile e forse impossibile la prima; la se- conda, all' opposto, apparisce reclamata necessaria- mente per sostenere la impotenza del Papa da un lato, il compromesso decoro dello Imperatore dall'altro di fronte al contegno riottoso del popolo romano, quanto persistente nella ribellione , altrettanto in- certo, indeterminato, contradittorio nell'esplicarsi. E che Ottone I assumesse veramente, e facesse largo uso di straordinari, anzi di assoluti poteri so- vrani ih Roma, vari fatti lo dimostrano. Tutti gli storici affermano che Ottone non fu solo severo, ma quasi feroce coi romani. E si noti che entrato in Roma il 23 giugno, ne partiva poi subito dopo (1) Palatii, 1. e. col. 131 132, LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 65 S. Pietro. Egli dunque dovette lasciar là un governo die a suo nome esercitasse con severità e fermezza la civile potestà. E lo prova il fatto, che i romani subirono tranquilli il Papa imposto loro con la forza, anche dopo partito Ottone da Roma : non ar- dirono muoversi, quando Tesercito imperiale fu colto in marcia da terribile pestilenza che lo decimò : vi- dero impassibili il ritorno di Ottone in Germania collo esiliato Benedetto V, commesso, quasi prigio- niero, alla custodia del Vescovo di Amburgo (i). Così potè Leone passare in perfetta quiete l'ul- timo periodo del suo Pontificato , della breve du- rata però di soli nove mesi, che lo colse la morte nei primi di aprile dell'anno 965 (2). E in tale in- contro si sperimentarono anche meglio i buoni ef- fetti del forte governo imperiale. Non solo nulla osarono i romani per provvedere alla Sede Pontifìcia, ma docili e sommessi spedirono due ambasciatori allo Augusto per conoscere la volontà di lui, azzardando appena una preghiera pel ritorno dello esiliato Benedetto. Par che in questo senso s'intavolassero trattative, che però approdarono a nulla, perchè nel frattempo anche Benedetto V moriva in Amburgo. L'imperatore rimandò gli ambasciatori romani ai quali associò, nella qualità di suoi messi, i vescovi Otgiero di Spira e Liuzo o Lnitprando (lo storico) di Cremona. Giunti a Roma questi personaggi, non si pensò che alla elezione del nuovo Papa, e nel settembre 965, di piena concordia fra Clero e popolo, fu innalzato al (1) Muratori, 1. e. pag. 249. (2) Fioravanti, parte I, pa^. 77. TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE sommo Pontificato il vescovo di Narni Giovanni^ che fu il XTTT di tal nome. Senz'alcuna ingerenza dello Im- peratore, il nuovo eletto fu pur consacrato. La piena concordia nella elezione a nulla giovò : poco appresso, e di certo prima che giungesse al suo termine l'anno 965, si ribellarono nuovamente i romani, si imposses- sarono di papa Giovanni e lo mandarono esiliato nella Campania. I fatti storici fin qui riassunti dimostrano abba- stanza con quanta facilità i romani del secolo decimo si volgessero ad abbatter coloro che ieri aveano in- nalzato, concordi e con plauso, al più alto grado della potestà religiosa e civile. Ciò però non basta a spiegare il passaggio, per verità troppo rapido, dalla docile e quasi umile e timorosa sommissione alla autorità im- periale nel maggio, e quindi a quella papale nel set- tembre, allo sciogliersi per via di fatti violenti nel novembre dello stesso anno, da ogni soggezione pa- pale ed imperiale. Non par diffìcile trovare una ra- gione di tale anomalìa, se si esaminino le speciali con- dizioni dell'epoca, per quanto assai poco chiarite dalle scarse notizie fino a noi pervenute. Accennano gli storici che papa Giovanni XIII si mostrò fin dalle prime severo rivendicatore di tutte le giurisdizioni pontificie , forse anche a danno delle usurpate prerogative dei potenti baroni ^i). Questo fatto, congiunto all'altro della libera scelta del Papa lasciata da Ottone ai romani, valse senz' altro a di- mostrare, che la pretesa abdicazione di ogni potestà pontificia fatta da Leone a favor dell'impero era stata (1) Muratori, 1. e. pa^. 25X. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 67 divulgata perchè sì credesse, ma non esisteva real- mente (1) : che gli estesi poteri esercitati da Ottone in Roma provenivano da personale delegazione di Leone venuta meno con la morte di lui. Non fu tanto quindi l'odio destato dai rigori di Giovanni XIII, che scosse i romani, come crede il Muratori, quanto il cessato ti- more d'incontrar l'ira del potentissimo Imperatore, che se ne restava lontano, e parca indifferente, nel suo regno di Germania, dopo morto Leone Vili, il Papa ch'egli stesso avea fatto eleggere, e che perciò aveva dovuto sempre e ad ogni costo difendere. Né bisogna negare, che la sperata indipendenza dalla autorità imperiale potesse ridestar più forte nei romani la ten- denza che ovunque e potente cominciava a manife- starsi, verso l'autonomia e le libertà comunali. Errarono grandemente i romani nel supporre la indifferenza dello Imperatore nelle cose di Roma. Ot- tone il grande non dimenticava, e molto meno man- cava ai giuramenti fatti nello assumere la corona imperiale. Egli fu irritatissimo della nuova ribellione e dopo la metà di Agosto dell'anno 966, mosse per l'Italia al doppio scopo di riparare ai disordini di Roma, e di combattere in Lombardia le sedizioni di Adalberto figlio di Berengario. Il timore scosso da errata supposizione ritornò vigoroso nell' animo dei romani di fronte alla realtà dei fatti. Aveva appena Ottone I messo il piede in Italia, ch'essi richiama- rono spontaneamente il Papa, che circa dieci mesi innanzi avevano, prima liberamente eletto, poscia (1) È ben possibile, che i cronisti germanici si facessero promulgatori di ciò che si volle far credere ai romani por viemmeglio tenerli in sog- gezione. 68 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE imprigionato , ed infine esiliato. E Giovanni tornò alla sua Sede, e i romani, implorando perdono, lo accolsero con molte onoranze (i). Tutto ciò non bastò ad abbonire lo Imperatore, che giunto in Roma e solennizzato il S. Natale del 966, sui primi del 967 fece severa giustizia contro i rebelli. Più che severa pare anzi che la giustizia imperiale fosse crudele, secondo che affermano i cronisti, e secondo il rim- provero che l'imperatore Niceforo Foca ne fece ai male accolti ambasciatori, mandati da Ottone a Co- stantinopoli per chiedere in isposa del figlio la prin- cipessa Teofania, figlia del già imperatore Romano II, e figliastra di esso Niceforo. Ottone in seguito si dimostrò sempre per papa Giovanni fautore e sostenitore non meno fermo e solerte di quel ch'era stato per Leone Vili. E papa Giovanni lo ricambiava di affetto e di intera comu- nanza di vedute, tanto che egli stesso propose ed ottenne di chiamare in Roma il giovane figlio dell'im- peratore per dare anche a lui la corona imperiale. La incoronazione ebbe luogo, pomposamente solenne , nella basilica Vaticana il di di Natale 967, con piena soddisfazione, cosi degl'imperiali, come dei romani (2). Ottone I si trattenne continuamente in Italia fino all'anno 972, occupato dal 968 in appresso, anche a vendicar nelle Puglie i rifiuti ed i tradi- menti dello Imperator d'Oriente. E riusci vincitore, e raggiunse il suo scopo. Niceforo, per istigazione della moglie sua Teofanona, fu assassinato da Zimisce, che si (1) Muratori, 1. e. pag. 256. — Palatii, 1. e, col. 146. (2) Muratori, 1. e. pag. 264. — Fioravanti, parto I, pag. 18. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECO. 69 impadronì dell'impero. Il nuovo Augusto offri la pace ad Ottone, accettandone per condizione il matrimonio di Teofania con Ottone IL La continua presenza in Italia dell'Imperatore contribuì senza meno a tenere in freno i romani, tanto che in perfetta pace e tranquillità potè passare Giovanni XIII i rimanenti anni del suo pontificato. Nulla anzi di notevole avvenne in Roma in questo tempo, se se no tolga il solenne e festeggiatissimo matrimonio, ivi celebrato nel 14 aprile 972, del gio- vane imperatore Ottone II colla bellissima principessa Teofania. Pochi mesi dopo il fausto avvenimento Ot- tone I volle lasciare l'Italia per accompagnare in Ger- mania il figlio e la nuora. Partito Ottone, poco ancora sopravvisse papa Giovanni, che morì il 6 sett. dello stesso anno 972; e soli otto mesi dopo (7 maggio 973) cessò pur di vivere il vecchio Imperatore. Sono questi i fatti storici più salienti e meglio accertati, che avvennero intorno alla epoca nella quale furono battute le monete da esaminarsi. Resta a vedere se e come queste illustrino la storia da noi conosciuta, e reciprocamente vengano illustrate da essa. Esame importante , anche perchè le monete , delle quali si tratta , presentano forme e caratteri , affatto singolari e senza confronti in tutte le altre pontificie antiquiori. Agli accennati eventi di certo non ordinari , corrisponde la straordinarietà delle monete: primo argomento per ritenere che queste appartengano ai Papi ai quali si attribuiscono , ed all'epoca trascorsa dal 963 al 972. 70 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE IL Le monete di Leone Vili. Le due prime (Tav. I, fig. 1 e 2) hanno eguale la leggenda nel dritto LEONI PÀP. OTTO segnata nel campo in tre righe divise da due sbarre orizzontali : nel rovescio hanno ugualmente la mezza figura di S. Pietro, ma con diversa corona nella testa, e la prima ha le sole lettere P. S. {Petrus Sanctus) che accostano la mezza figura, l'altra ha P • SCS. Prima singolarità da notarsi è la mancanza della crocetta, specialmente nel dritto. Era costume allora di premetter il segno di croce ad ogni scrittura e al proprio nome scritto W. Dopo Costantino Magno poi tutti i principi cristiani del medio evo lo scolpi- rono nelle monete. Non mai manca nelle pontificie antiquiori^ (2) almeno in una delle due leggende, e proseguì pure il costume presso che in tutta la co- niazione delle antiche. Non è possibile rintracciare (1) Fioravanti, pag. 5. — Lo conservano tuttora i Vescovi nelle loro soscrìzionL (2) Solo in una moneta di Gregorio IV (anni 828-844) riportata dal Promis nella tav. II, n. 10, manca affatto la crocetta, sostituita tanto nel dritto che nel rovescio da una stella di otto raggi. Ma ha la sua speciale ragione che potrà apparire nella illustrazione ^che forse si farà di quella moneta. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 71 una ragione che l'abbia fatta pensatamente soppri- mere : forse la cosa avvenne casualmente , e di ciò si tornerà a parlare nella illustrazione della terza moneta di Leone. Il fatto della mancanza, comunque avvenuto, può bene dar sospetto che le due monete non siano state coniate per ordine del Papa. Se tutti i principi cristiani ammettevano nelle loro monete quel segno : se questo non era mai mancato nella monetazione pontificia antecedente, non è certo pre- sumibile, che ne consentisse la soppressione, in due coni diversi, Leone Vili, riconosciuto come buono e pio da quelli stessi che lo annoverano fra gli antipapi. Le due monete presentano tutto intero il dritto occupato dalla leggenda in tre righe orizzontali, esempio unico nelle antiqidori dopo la regolare mone- tazione incominciata da papa Adriano I (a. 772-795) a seguito della donazione rinnovata , o confermata da Carlo Magno nell'anno 774. E questa nuova, ec- cezionalissima variante, innalza a grave indizio lo accennato sospetto, che la coniazione non sia stata fatta per ordine del Papa. Non si saprebbe davvero trovare ragione per la quale questi volesse cambiare così radicalmente la forma adottata da tutti i suoi antecessori. E il grave indizio trova nuova conferma in altra omissione, certo non comune in quei tempi. Nelle due monete non si trova segnato il nome di Roma, Ep- pure Leone Vili, cacciato di là, quasi appena eletto, e dichiarato anzi intruso nel pontificato, aveva tutto l'interesse di affermar solennemente al ritorno la sua potestà sovrana colla coniazione della moneta, e per via di questa, la sua presenza in Roma, il suo inse- diamento nella Cattedra di S. Pietro, 72 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE Unico assolutamente in tutta la serie delle an- tiquiori è il tenore della leggenda nel dritto. Il nome del Papa è espresso in dativo: LEONI PAP. Vi è l'esempio del genitivo, specialmente usato da Gre- gorio IV, e si comprende. Quando eravi impresso il nome dell'Imperatore al nominativo, quello del Papa al genitivo significava ed affermava che la moneta spettava od era battuta non già dal primo, ma dal secondo: — moneta di Gregorio papa; — ma af- fatto incomprensibile è il dativo , se voglia rite- nersi la coniazione eseguita a nome e per ordine del Papa. E molto più perchè al nome del Papa segue, al primo caso, quello dello Imperatore LEONI PAP. — OTTO — E inammissibile qualunque altra interpretazione allo infuori di questa : le monete sono state battute non per ordine del Papa , ma dello Imperatore. Ed ecco il caso nel quale la moneta viene in aiuto della storia e la chiarisce. Alcuni cronisti affermano Tabdicazione di Leone a favore di Ottone, che lo ricondusse in Roma e lo rimise nella sua sede di Pontefice: altri assoluta- mente la negano, come è stato accennato. Non vi è dubbio nondimeno che esercitasse Ottone grandis- sima parte della potestà sovrana, sia pure semplice- mente delegata, ed ecco le monete a provarci che si estendeva fino alla loro coniazione. Su di quelle però è anche impresso, e nel posto di onore, il nome di Leone, unito alla qualifica di Papa : e la quali- fica e il nome sono cosi posti da far comprendere, che chi esercita quel potere non lo esercita per sé, ma quasi a nome e per conto dell'altro, cui offre o dedica la moneta coniata. Né basta, che il nome e la mezza figura di LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 73 S. Pietro nel rovescio dimostrano, anche più chia- ramente, che le monete spettano alla Chiesa romana, al successor di S. Pietro. La prova è piena, e per tali documenti il fatto storico resta interamente chiarito. È affatto esclusa la supposta abdicazione di Leone a favore di Ottone, ma non può dubitarsi della più estesa e forse totale delegazione per lo esercizio della sovrana potestà civile. Pesta sempre incerta la ragione per la quale l'Imperatore, sostituendosi al Papa nella coniazione delle monete, abbia voluto cambiare così radical- mente il dritto di queste, da allontanarsi del tutto dal tipo oltre secolare della monetazione pontifìcia. Forse fu a caso, forse avvenne per fatto dello zec- chiere ; ma prima di pronunciarsi sarà bene com- pletare l'esame delle monete di Leone. La terza moneta (Tav. I , ^g. 3) ha nel dritto la leggenda : D — N — LEONI PAPE — in tre righe oriz- zontali divise da sbarre : nel rovescio poi ha una mezza figura accostata dalle lettere SCS — PETRS {Sanctus Petrus), Il tipo e la forma di questa è per- fettamente simile alle altre due, mentre quella forma e quel tipo non si trova imitato nelle antiquiori, né prima né dopo l'epoca della quale si tratta. Primo non lieve argomento per attribuire anche questo denaro a Leone Vili, benché non porti il nome di Ottone. Anche qui manca la crocetta ed il nome di Roma. Però a queste particolarità, comuni alle pre- cedenti, se ne aggiungono altre affatto proprie. Nella prima riga del dritto sono impresse le lettere d"n. Il Promis legge Domino nostro^ il Fiora- vanti semplicemente Bomno. La mancanza del punto intermedio, e la lineetta sovrapposta, che indica, non 74 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE disgiunzione, ma unione delle due lettere, secondo Tuso dell'epoca, danno certo ragione al Fioravanti. Anche perchè solo a Dio era allora riservato il titolo di Dommics e Imperatori e Papi non eran che Domni, come dimostrano gli atti autentici pervenutici senza errore di copisti (l). Giovanni XII è stato l'unico Papa che abbia segnato il domnus nelle monete, lo stesso titolo nella moneta in esame , fa attribuir questa a quel Leone che immediatamente, anzi contempo- raneamente gli successe nel pontificato. Anche più singolare in questa moneta è la roz- zezza del conio, e il disegno quasi barbaro della mezza figura del rovescio. Ciò non solo la distingue dalle due precedenti, ma ben anco dalle altre che in quel tempo uscivano dalla zecca pontificia, ed autorizza a ritenerla non battuta in Roma. Se cosi è, ne pare possa dubitarsene, deve pur ritenersi fat- tane la coniazione quando il Papa stette assente da Roma, costretto a fuggire per togliersi alla vendetta di Giovanni XII. Ma, fuori di Roma, la moneta non fu certo coniata per fatto e per ordine di Leone: ce ne assicura la leggenda del dritto al terzo caso lo attribuitogli titolo di Domnus, usato dal solo suo predecessore, e per ragione affatto speciale, alla quale Leone, semplice primo archivista innanzi di esser Papa, era ben lontano dal poter partecipare. Sospetta il Promis che la moneta provenga da qualche città del patrimonio della Chiesa, indipen- dente dallo Imperatore, nella quale il Papa si fosse (1) La regola ora così espressa : « Coolestem — DonUnum — terrestrem dicito — Doinnum. > LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 75 rifugiato fuggendo da Roma. Non pare ammissibile; principalmente perchè si ricercherebbe invano la ragione per la quale il nome del Papa , piuttosto che al nominativo vi apparisca impresso al dativo. Resta poi accertato, che Leone corse dritto a rifu- giarsi nel campo di Ottone. E vi giunse, come è stato già notato, privo e spoglio di tutto, di modo ch'egli dovette naturalmente implorare ogni sorta di assistenza e di aiuto dalla benevolenza imperiale. E a seguito di questi fatti par davvero lecito il sospet- tare che la moneta si battesse per ordine di Ottone e dov'egli esercitava pieno e proprio dominio. In questo caso può ben spiegarsi il tipo nuovo della moneta, notando poi, fin da ora, che questa , coniata nell'assenza di Leone, da Roma, avrebbe pre- ceduto le due antecedentemente illustrate del Papa stesso. Volle Ottone solennemente affermare, e far noto a tutti, che Leone era ancora il Papa ricono- sciuto, il successor di S. Pietro, benché il già de- posto Giovanni si fosse nuovamente assiso sulla sedia pontificale : non poter Leone batter moneta, perchè fuori de' suoi stati ; ma non esser così tapino, come lo si era da quelli scacciato, perchè altri la batteva per lui, ed a lui la offeriva. Così pare possa bene spiegarsi la novità del tipo ; la leggenda del dritto al terzo caso ; il domnus aggiuntovi, perchè adot- tato da Giovanni XII, e quindi imitato da chi non ne conosceva il valore originariamente attribuitogli. Non vi appose Ottone il suo nome , perchè avrebbe con ciò menomata l'autorità del Papa, in opposizione allo scopo propostosi ; perchè non battea la moneta per proprio conto e pel suo regno, ma per altro so- vrano e per altro regno. D'onde anche il tipo affatto 76 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE diverso da quello che Ottone aveva prescritto pei suoi stati. È facile comprendere la mancanza nella moneta della parola Roma una volta che la coniazione av- veniva fuori di quella città, e del suo ducato, come allora si diceva. Era il rovescio, d'altronde^ che spie- gava senza ombra di dubbio, trattarsi del papa di Roma. E può pure spiegarsi il difetto della crocetta se, come è possibile, non debba attribuirsi a dimen- ticanza dello zecchiere. Si osservi che la moneta riproduce, può dirsi, la firma del sovrano che la fa battere, e il costume era appunto, che alla firma precedesse sempre la crocetta : non è più il caso, quando il nome è scritto da altri , e per di più in dativo. A confermare che la moneta sia stata battuta per ordine di Ottone, sta pur questo, che pare possa accertarsi essere uscita dalla zecca di Pavia. Ferma sempre la diversità del tipo dalle pavesi del tempo di Ottone I, esistono non di meno varii segni e ca- ratteri di ravvicinamento e di confronto. Vi è prima di tutto la rozzezza del conio, e il suo forte rilievo, tutto adattato però alle monete più antiche di Lo- tario I. Corrisponde a queste il diametro e forse anche il peso, l'uno e l'altro analogo alla legge mo- netaria detta di Carlomagno, già adottata, benché in fatto non sempre osservata, nella zecca dei papi. Ottone però aveva cambiato pei suoi stati la legge monetaria di Carlomagno (l), e per ciò, forse, il nuovo tipo da battersi col nome di Leone, affatto difforme (1) Brambilla, Monete di Pavia, pag. 179 o nota. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. dalla moneta corrente di Pavia, si modellò in qualche modo su quella di Lotario. Fatto è che oltre il dia- metro ed il peso corrisponde la forma delle lettere, strette ed allungate, benché colle aste meno grosse, e proprio simili sono specialmente FA, la R, la S (l). A seguito delle premesse considerazioni sembra possa abbastanza ragionevolmente ritenersi, che la moneta, segnata dal Promis come terza^ sia invece la 'prima coniata col nome di Leone Vili. Questo fatto dà la ragione della somiglianza del tipo colle altre battute in Roma, senza attribuirla ad arbitraria imitazione dello zecchiero. Una strana condizione di cose indusse Ottone ad ordinar ne' suoi stati una moneta pel Papa, che necessariamente riusci di tipo affatto straordinario. Eventi poscia non meno strani lo portarono in Roma a batter moneta colla potestà sovrana delegata dal Papa, e per conto di questo : le due posizioni non si copiavano, ma si rassomi- gliavano perfettamente, e benissimo venivano rap- presentate dallo stesso tipo di monete, colla sola va- riante di sostituire al d"n non mai usato dai papi, come tali, il nome di OTTO autorità imperante de- legata. E tal qualifica viene ben designata dal nome dello Imperatore messo al secondo posto e quasi nello esergo. Ma vi è impresso in nominativo, e (1) Da pochi mesi ha preso posto nella mia collezione delle pontificie la rara moneta di Leone VITT, che poi ha dato occasione a questo studio. Possedevo già un esemplare della moneta di Lotario I, e precisamente quella riportata dal Brambilla nella Tav. II, n. 12, e quindi ho potuto fare i confronti che ho notati. Kesta soltanto il dubbio nel peso. Il mio Leone è un vero fior di conio, ma è mancante di due non piccoli pezzi nel con- torno. Cosi, com'è, pesa oltre un grammo : parrebbe che intero potesse rag- giungere il grammo 1 e li2, come il mio Lotario. 78 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE ciò ha portato che non s'indicasse Roma^ perchè non si estendeva a questa città e ducato il regno di Ot- tone. Finahnente la ragione stessa che fece mancar la crocetta nella moneta battuta in Pavia, la escluse pure in quelle di Roma, benché sia verosimile che il modello preso ad imitare l'abbia fatta dimenticare allo incisore. Fatto è che le monete riportate al loro posto cronologico completano perfettamente la rispettiva illustrazione. Per l'epoca della coniazione può affermarsi , che la moneta di Pavia rimonta al marzo o aprile 964 e le due di Roma sono posteriori al giugno dello stesso anno, seppure l'una delle due non sia stata battuta nei primi mesi del 965 (i). (1) Le due monete, molto simili fra loro , provengono certo da due conii distinti. Io ritengo che non sempre la diversità dei conii indichi una monetazione di epoca diversa. Quando sì era ben lontani dai facili e pro- duttivi meccanismi delle nostre zecche, una monetazione numerosa richie- deva lungo tempo, ad abbreviare il quale forse si moltiplicavano i conii, non sempre riprodotti esattamente dagli incisori nelle parti secondarie del disegno. È una idea che espongo , ma che non affermo , mancandomi ba- stanti prove. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 79 III. Le monete di Giovanni XIII. Quattro monete vengono attribuite dal Promis al pontificato di Giovanni XIII. Una di esse , non molta conservata (Tav. I n. 5), porta nel campo del dritto una croce alla estremità delle cui braccia sono le quattro lettere OTTO, disposte però in modo affatto diverso da quello che si rinviene in tutte le altre monete col nome degli Ottoni. Indubbiamente è quella stessa che il Cinagli, seguendo il Selvaggi (1), assegna allo antipapa Giovanni Filigato (an. 997) , unico occupatore della Sede pontificia col nome di Giovanni , durante il breve impero di Ottone III (996-1002). Sorge quindi la difiìcoltà a quale dei papi od antipapi di nome Giovanni possa veramente ap- partenere tale moneta. Lo impero dei tre Ottoni ebbe luogo dall'anno 962 al 1002. Vi fu però un periodo d'impero vacante, dalla morte di Ottone II (983) alla incoronazione di Ottone III (996). Una moneta adunque che porti il nome di Ottone non può certo spettare ai papi Giovanni XIV (2), XV (1) Cinagli, Le monete dei Papi, ecc., pag. 12. (2) È incerta la data della elezione di Giovanni XIV. Alcuni la riten- gono anteriore alla morte di Ottone II, benché di poco. Ho creduto atte- nermi alla maggioranza degli storici, molto più perchè non ho trovato ra- gione da attribuire a questo Papa alcuna delle monete delle quali mi oc- cupo. Vedasi appresso nota 1, pag. 83, TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE e XVr, vissuti nel periodo trascorso dal 984 al 995. La difficoltà quindi si restringe perchè restan solo i papi Giovanni XII e XIII, e l'antipapa Giovanni Filigato. Potrà la moneta spettare a quest' ultimo , come vorrebbero il Selvaggi ed il Cinagli? Par- rebbe che no. Giovanni Filigato , vescovo di Piacenza . era certo in ottime relazioni con Ottone III, avendo ap- partenuto alla cancelleria imperiale, ed essendo stato mandato dallo stesso Ottone ambasciatore a Costan- tinopoli per trattare il matrimonio di lui con una principessa di quella corte. Fatto è però che Gio- vanni usurpò il pontificato per accordi presi col fa- moso patrizio Crescenzio , che avea già obbligato papa Gregorio V a fuggir da Roma per salvare la vita. E Gregorio V avea, proprio Tanno innanzi, coronato imperatore Ottone III ! Non par quindi possibile che in tali condizioni 1' antipapa pensasse a batter moneta col nome di Ottone. Ed anche meno è possibile che ciò tollerasse Crescenzio , il quale a scuotere la soggezione dallo Imperatore germa- nico , affidavasi alla protezione degli imperatori greci (1). Ebbe d'altronde la breve durata di pochi mesi il pontificato di Giovanni, che al primo sentore dello avvicinarsi a Roma di Ottone con papa Gregorio V fuggi e si nascose. Di lui fecer giustizia i romani. Lo rintracciarono e gli fecero subire barbare muti- lazioni, e quindi morte ignominiosa: Ottone espugnò il Castel S. Angelo , ultimo rifugio di Crescenzio, (1) Muratori^ Annali^ pa^. 380, LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 81 e questo, e 12 fra i principali fautori suoi mandò allo estremo supplizio. Vi è poi una circostanza anche più decisiva , per quanto tocca la moneta in questione. Il Filigato ed il Crescenzio venner fra loro a patti preventivi sulla divisione dei poteri : a Crescenzio il poter tem- porale, al pontefice il solo potere spirituale. Non potea dunque, non dovea in alcun conto quest'ultimo batter moneta col proprio nome soltanto , e molto meno accompagnato a quello di Ottone. Par quindi dimostrato alla evidenza lo error di coloro che hanno creduto attribuire la moneta allo antipapa Giovanni Filigato. Non si può neppur supr porre d' altronde , che fosse battuta dal papa Gio- vanni XII. Questi soltanto nel febbraio 962 incoronò imperatore Ottone I: nel susseguente anno 963 trattò con Adalberto, ribellandosi ad Ottone, il quale sul finir dell'anno stesso lo fece deporre. Si conoscono quattro differenti monete, col nome di Ottone, battute da Giovanni in si breve periodo di tempo: e sono tutte indubbiamente di Giovanni XII, perchè tutte portano la qualifica affatto speciale del Domnus. Mancherebbe pertanto ogni ragionevole fondamento per attribuire a lui un quinto tipo totalmente diverso dagli altri, anche per forma e disegno , e mancante del carat- teristico BoìTthus. Non resta dunque che assegnar la moneta , come vuole il Promis , a Giovanni XIII , per la quale assegnazione non sorgono difiìcoltà , come nieglio potrà dedursi dopo l'esame delle altre tre dello stesso Pontefice. Le quali presentano, a fronte di tutte le ponti- ficie antiquiori, delle singolarità molto affini alle già notate nelle monete di Leone VIII. Ne è a moravi- 82 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE gliarne : le condizioni storiche non si ripetono, ma si rassomigliano, perchè determinate da fatti nuovi che essenzialmente dipendono o almeno si collegano ai precedenti. E così spesso si rassomigliano fra loro i documenti destinati a rappresentare quei fatti. E per ciò appunto, l'affinità che si riscontra fra le mo- nete di Leone Vili e quelle in esame fornisce va- lido, anzi potente argomento per ritener che queste ultime spettino a Giovanni XIII , immediato suc- cessor di Leone. La prima moneta ha nel diritto : lOHS PAPÀ e sotto OTTO, il tutto in tre righe in campo pieno, con una sbarra fra il nome del papa e quello dello impe- ratore ; nel rovescio ha : SCS PETRVS nel giro, e ROA nel campo (Tav. I, n. 4) ; par proprio la copia, benché non esatta e fedele, delle due prime di Leone Vili. Perchè ripetere tale tipo singolare, specialmente nel diritto? La ragione si rintraccia facilmente sol che si richiamino le condizioni storiche speciali ai due pontefici. Papa Giovanni fu cacciato da Roma, quasi ap- pena eletto, ma fu richiamato alla sua sede subito che si conobbe la venuta di Ottone diretta a rintuzzare la ribellione romana. Giovanni accettò il richiamo prima ancora dell'arrivo dello imperatore, ma a lui im- portava far conoscere ed affermare con ogni mezzo, che nulla era cambiato nelle relazioni fra il papato e l'impero, ed adottò subito nella moneta quella forma e quella leggenda nel dritto, che pure eran concorse a tenere in soggezione i romani nel pontificato del suo antecessore. Però , severo rivendicatore , quale egli era, dei diritti e delle giurisdizioni della sede apostolica, segnò il proprio nome al primo, non già LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. al terzo caso, senza che ciò menomasse lo effetto che volea conseguirsi, legato più alla forma della mo- neta che alla declinazione di un nome^ facile questa a sfuggire in quei tempi di generale ignoranza. Maggior singolarità presenta il tipo delle altre due monete di questo Papa, (Tav. I, n. 6). Si riter- rebbero uguali, se il Promis, che certo le ha avute sott'occhio, non vi avesse scorto una lievissima diffe- renza di conio nella croce impressa nel rovescio, e quindi l'esame di una vale per ambedue W. Nel diritto abbiamo: SCS PETRVS RO nel giro, e (1) Era scritta questa memoria allora che , per somma cortesia del Cav. Ortensio Yitalini notissimo nummofilo, ho avuto copia della lettera a stampa che il signor Giancarlo Eossi dirigeva , nel 1878 , al compianto Enrico Hirsch, su di una moneta simile a quella della quale qui si tratta. Il Rossi intende dimostrare, che a torto il Promis ha quella attribuita a Giovanni XIII, togliendola a Giovanni XIV, cui il Selvaggi ed il Cinagli l'aveano assegnata. Noto prima di ogni altro, che la moneta posseduta e descritta dal Rossi è simile, ma non uguale alle due riprodotte dal Promis, e all'altra che è nella mia colleziono. In queste si legge imper e non im- PERAT e RO {Roma) e non ap (Apostolus). Stando tali varianti, e special- monte la seconda , non si possono confondere i due tipi , e dovrebbe stu- diarsi se possano spettare a due diversi Papi. Del resto la critica del sig. Rossi basa tutta sul fatto : se Benedetto VII morisse, ed il successore di lui Giovanni XIV fosse eletto prima o dopo la morte dello Imperatore Ottone II (7 dicembre 983). Egli stesso ammette la incertezza di tali date (pag. 4) , ed io aggiungo che se il Muratori ed il Pizzamiglio indicano per la morte di Benedetto l'ottobre 983, e per la ele- zione di Giovanni il dicembre dello stesso anno, il Platina, il Panvinio, il Baronio, il Pagi, il Palazzi, il Fioravanti, il Cinagli, rimandano la prima al 10 loglio 984 e la seconda alla fine del mese stesso. Né par davvero che il Promis abbia implicitamente affermato la elezione di Giovanni avvenuta sotto Ottone II, come vuole il Rossi (pagina 5-6). Il Promis invece dice chiaro (pag. 96) che Beitedetto VII morì nel gennaio 984 , un mese dopo r Imperatore, e che Bonifacio tornò in Roma nel 984. Tenuto conto del lungo tempo che allora occorreva por la trasmissione delle notizie , e pel viaggio delle persone, può bene ammettersi, che fra la morte di Ottono o l'arrivo in Roma di Bonifacio da Costantinopoli, no trascorresse tanto, 84 TARQOINIO GENTILI DI ROVELLONE lOH. P. P. nel campo. Come si vede, nel solo dritto è segnato tutto quanto occorre per una moneta papale : SÀNCTVS PETRVS ROMA — lOHÀNNES PAPÀ ; e questo solo è affatto nuovo nelle antiqw'ori. Nel rovescio la leg- genda del giro è : OTTONI IMPER, e nel campo è im- pressa una croce patente^, senz' altra indicazione. Cosi anche questa moneta presenta quasi una derivazione da quelle di Leone. Soltanto, in queste ultime era lo imperatore che offriva , o dedicava alla potestà delegante la moneta da lui battuta col poter dele- gato , e tutto ciò giustamente si esprimeva nel di- ritto. Giovanni all'opposto afferma nel dritto tutta e sola la potestà sua sovrana e dedica il rovescio ad un imperatore Ottone. Curiosa differenza che deve aver pure una speciale ragione di essere. E l'ha veramente, e assai importante, perchè conferma un fatto storico d'altronde accertato. Papa Giovanni cercava con ogni mezzo di in- graziarsi Ottone I , unico sostegno del suo pontifi- cato verso i ribelli romani. È stato già accennato che, allo scopo, volle concedere la corona imperiale al giovanetto Ottone II , tuttoché vivente il padre , quanto bastava, e allora potea essoro di pochi giorni, a compiere gli avve- nimenti della morto di un Papa e della elezione dì un altro. Infine poi, se fosse anche indubitata la elezione di Giovanni prima della morto di Ottone II, nulla gioverebbe allo scopo del sig. Rossi. Quando più papi dello stesso nome hanno vissuto nel tempo di uno o più impera- tori, pur di ugual nome , quest' ultimo non è più bastante ad indicare a quale di quei papi spetti la moneta. Bisogna allora ricorrere ad altri in- dizii, ad altri argomenti, in difetto dei quali viene di necessità abbando- nare la moneta stessa fra le incerte. E cosi pare, che per ora almeno, debba farsi di quella del sig. Rossi, se veramente presenti un tipo diffe- rente dai simili riprodotti dal Promis. Per questi mi pare di avere rac- colto circostanze bastanti a farli ragionevolmente attribuire a Giovanni XIII. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 85 che vi prestò il suo consenso. La incoronazione ebbe luogo in Roma solennemente nel di di Natale 967, e la memoria della solennità volle il Papa perpe- tuare nella moneta. Ottone II era allora dodicenne appena, e il titolo e la dignità imperiale a lui con- ferita non poteva, ne doveva menomare in nessuna guisa le prerogative già acquisite allo imperatore padre di lui ; che così fosse e così apparisse, era pure nello interèsse dello stesso Pontefice. A maggior conferma di tutto ciò sta il fatto della mancanza di ROMA nel campo, dove certo sa- rebbe stata segnata, secondo il costume, qualora il nome impresso nel giro fosse stato quello dello im- peratore in attuale esercizio deir autorità , giurisdi- zione, o che altro s' intendesse — né qui importa indagare, — sulla stessa Roma. Ma perchè al posto di Roma si è sostituita la croce patente? È ardito, e può talora condurre a grossi errori , lo indagare nelle monete le ragioni anche degli accessori : possono dipendere dal genio , o dal capriccio dello incisore ! Qui però trattasi di un em- blema impresso nel campo, cioè in una delle parti più importanti , o in uno dei posti di onore : non può quindi supporsi che manchi di un significato , voluto, od almeno approvato, da chi facea batter la moneta. Si volea dimostrare che il rovescio di questa era sol destinato ad onorare Ottone II, commemo- rando il semplice titolo imperiale a lui conferito : a ciò dovea concorrere lo emblema aggiunto , e par veramente che così possa questo interpretarsi, se si pon mente a tutte le circostanze risultanti dalla storia. Ottone I, divenuto imperatore, volle che il figlio suo, a lui associato nel regno di Germania, venisse 8G TARQUINIO GENTILI DI RO\TELLONE pur riconosciuto quale re d' Italia , quasi perchè negli affari della Italia stessa restasser distinte le attribuzioni: al padre lo impero, quale che fosse, dei Romani, al figlio il regno , che era già stato dei Longobardi W. Bisogna anco rammentare, che nella massima parte delle monete battute in Italia dai re franchi, si trova la croce patente, e precisamente nel campo di quella parte, nella quale la leggenda del giro porta impresso il nome del Re ; si direbbe quasi che avessero assunto la Croce quale loro emblema od insegna (2). Lo conferma il fatto, che la croce fu subito sostituita dal monogramma di Cristo nelle monete di quel Berengario , che primo raccolse la corona d'Italia, lasciata cadere dall'ultimo dei Caro- lingi, lo imbelle Carlo il Grosso. È poi noto, e ciò molto importa, che Ottone re di Germania si ritenne e volle essere rivendicatore e continuatore in Italia del dominio dei Franchi, in- terrotto dallo infelice tentativo di Berengario duca del Friuli, e di Guido duca di Spoleto e Camerino, diretto a stabilire in Italia un regno non infeudato ad imperanti stranieri. Tentativo infelice sol per questo, che mosso da due ambizioni meramente personali, e (1) H concetto è abbastanza chiaramente espresso in fino della for- mula del giuramento prestato a Giovanni XTI , da Ottone I , per ottenere la corona imperiale : Cuicumqt*e aute.n, vi si aggiunge , regnum italicum committet turare faciet illum ut adiutor sit Donino PapcB et successorihus ejuSf ad defendendam terram S. Petri, eie. Vedasi la formula riportata dal Garampi nel suo libro: De nummo argenteo Benedicti III. Pont. Max, pag. 168. (2) E l'usavano anche nel loro regno fuori d'Italia. — Carlo il Calvo, che volle portare una riforma nella moneta del suo regno, assegnò al mo- nogramma del Re il campo del diritto, e volle che in altera vero parte noinen civitatiSf et in medio Crux haheatur, Garampi, 1. e. pag. 137. LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 87 di origine non italiana, e cominciato ad attuare con guerre fratricide, riuscì solo a destar nuove gare , egualmente ambiziose, fra i più prepotenti feudatarii nostrani e stranieri. Ambizioni e gare, che, in luogo di un regno autonomo ed indipendente, procurarono alla Italia uno dei più tristi periodi, quale sol potea venirle da dieci tiranni, che nel breve corso di 74 anni (888-962) si disputarono la corona, ferocemente combattendo per conseguirla , o per riacquistarla perduta (^). La mancanza del nome Roma, e la sostituzione della croce patente, concorrono a determinare con sicurezza il significato dello straordinario rovescio fatto imprimere dal Papa in questa moneta. Esso dice chiaro, che si riferisce a colui che di recente aveva assunto la corona d'Italia, e che sarebbe stato il continuatore delle tradizioni dei Franchi, non già dei Re intermedi, egualmente nefasti alla Italia ed ai Papi. Era pure la espressione della speranza su di un migliore avvenire ! Sembra in fine possa ragionevolmente conclu- dersi, che al solo Ottone II debba riferirsi il rovescio (1) l^on sarà inutile ricordare i nomi di coloro che a raggiungere le proprie mire ambiziose non rifuggirono dal profittare del vario parteggiar de' potenti Baroni e dallo invocare alleanze ed aiuti stranieri, riducendo per tal via alla estrema rovina ((uel Regno, che pur diceano di volere au- tonomo ed italiano , e trascinandolo ancora una volta , e sventuratamente non fu l'ultima, sotto la dominazione di regnanti di oltre Alpi. Essi sono • Berengario duca del Friuli, re ed anche imperatore (888-924). — Guido duca di Spoleto e Camerino, re ed imperatore (888-894). — Lamberto , figlio di Guido, re ed imperatore (894-898). — Arnolfo di Germania, re ed imperatore (884-899;. — Lodovico di Provenza , re od imperatore (900-905). — Ro- dolfo di Borgogna, re (922-925). — Ugo di Provenza, re (926-945). — Lo- tario figlio di Ugo, re (945-950). — Boregario II, marchese 4' Ivrea, ed il figlio Adalberto, associati (950-962). 88 TARQUINIO GENTILI DI ROVELLONE di questa moneta, e che il nome di lui vi sia stato posto senz' altra indicazione, ed in dativo, per dimo- strar chiaramente che nessuna potestà egli esercitava allora su Roma (l). L'esame fatto delle due monete (fìg. 4 e 6) porta a riferirle a due fatti speciali, e quindi a due epoche determinate, e non molto distanti fra loro. L'una ricorda il ritorno in Roma di Giovanni XIII, richia- mato dallo esilio, e fu di certo coniata circa il mese di ottobre dell'anno 966: l'altra data con sicurezza dal Natale 967. Papa Giovanni peraltro resse in piena tranquil- lità la Sede apostolica fino al 6 settembre del 972. E ragionevole presumere che durante il periodo non breve dal 967 al 972, abbia fatto battere altre mo- nete , o almeno quella della quale per prima si è ragionato (fig. 5). E poiché questa non riferiva, ne richiamava alcun fatto speciale, il suo conio ritornò alla forma ordinaria, segnando nel dritto i due nomi del Papa e dello Imperatore. Non riesce possibile assegnarle una data precisa : indubbiamente però la maggiore rozzezza del conio e la somma irregolarità del disegno, (2) come assicurano non essere uscita (1) Resta nn dubbio. So questa moneta fu destinata a commemorare un fatto storico che non si poteva ripetere, come e perchè viene rappresen- tata con due conii differenti ? Par che non possa osservi se non una ri- sposta: le minime differenze di conio non bastano a dimostrare la diffe- renza di tempo nella coniazione^ secondo la idea accennata nella prece- dente nota 1, pag. 78. (2) Ho nella mia collezione un esemplare di questa moneta ed uno del- l'altra col OTTONI iMPER, ho quindi potuto far con esattezza il confronto per rilevare la differenza del conio e del disegno. Il mio esemplare della fig. 5, tav. I, ò incompleto nello leggendo dei duo giri come quello riportato dal Promis, È però meglio conservato uelle leggende dei due centri. In LE MONETE DEI PONTEFICI ROMANI, ECC. 89 dalla Zecca nel tempo trascorso fra le due del 966 e del 967 , così autorizzano a credere che sia stata battuta negli ultimi anni di papa Giovanni e da un nuovo zecchiero. Ecco gli appunti storici, e le analoghe osserva- zioni e deduzioni, che un semplice amatore di nu- mismatica è riuscito ad accozzare e ad esporre alla meglio. Quale il valore di questa memoria? Cosi com'è non può averne nessuno. Potrà solo ottenerlo, se varrà a richiamare 1' attenzione dei dotti, ed indurli a cor- reggerla ed a completarla. A questo unico scopo essa viene pubblicata. Sanseverino-Marche. — Giugno 1889. Tarquinio Gentili di Rovellone. quella del diritto appariscon chiarissime, una specialmente, le lettere T in cima alle aste della croce, onde svanisce il dubbio manifestato dal Cinagli, pag. 12 e nota 2. Nel rovescio poi roma, non è affatto scritta colle lettore inverse, come afferma lo stesso Cinagli. Trattasi senza meno di un equi- voco ; questo Autore attribuisce al roma, del rovescio, ciò che si verifica nel- ToTTG del diritto. L'esemplare che io possiedo e quello riprodotto dal Promis nella sua Tav. IX, n. 3, sono fra loro eguali , anche nelle parti , o meno impresse, o meno conservate. Or bone, in ambedue non è già nel campo del rovescio, ma in quello del diritto, che si trovano invertite, o corto mal disposte le lettere , che formano il nome dello Imperatore. Le due T sono sulla sinistra, le due sulla destra. Leggendo quindi con le norme ordi- narie de vosi dire toto in luogo di otto. Il Cinagli non ha avuto certo sott'occhio la moneta: lo dimostra chiaramente la figura incompleta ed informe che riporta nella sua Tav. I, n. 8 che dice riprodotta dal mano- scritto Selvaggi. PATACCHINA SAVONESE INEDITA DI Filippo Maria Visconti Per ben quattro volte, nel decorso di un secolo e mezzo , Savona fu sottoposta alla dominazione milanese: dapprima, nel 1354, a Giovanni Visconti, e, per tre anni, a' successori di lui , Bernabò e Ga- leazzo ; — poi, dal 1421 al 1435, a Filippo Maria; — poi ancora, circa trent' anni dopo , a Francesco Sforza, e, morto questi, a suo figlio Galeazzo Maria, da cui in séguito fu ceduta a Genova ; — infine, dal 1487, per oltre un decennio, di nuovo alla signoria degli Sforza. Il primo periodo non ci lasciò monumenti numi- smatici speciali (1) ; — del terzo e" del quarto, ossia (1) Promis Domenico, Monete della zecca di Savona^ Torino , 1864 , pag. 27. — Ecco le sue parole: « Nessun indizio » havvi « per credere « che durante la breve signoria di Giovanni e Galeazzo con Bernabò Vi- « sconti, cioè dal 1354 al 1357 , abbia essa (Savona) variato V impronto 92 SOLONE AMBROSOLI degli Sforza, non si conosce che una sola moneta, il grosso del duca Francesco (i); — del secondo pe- riodo, vale a dire della dominazione di Filippo Maria Visconti, erano note sinora due monete (2), alle quali sono lieto di poter aggiunger qui una terza, ch'io ri- tengo inedita, e che si conserva nel Medagliere di Brera : Patacchina. Mistura. Peso, grammi 1,402. ,B' — + COMVNIS : {scudetto) : SAONÀ Arme inquartata 1 e 4 dell'aquila e 2 e 3 del biscione, entro cerchio di perline. 9I — Hh MONETA (rosetta) SÀONA {scudetto)'. Croce, entro cerchio. Non ho esitato ad attribuire questo pezzo al Vi- sconti , anziché agli Sforza ; infatti (anche prescin- dendo dalla circostanza che l'unica moneta savonese- sforzesca a noi nota, quella di Francesco, ne reca il nome) la monetina di Brera si può assegnare con sicurezza a Filippo Maria Visconti per la rispon- denza delle sue leggende a quelle delle due monete di Filippo Maria , pubblicate dal Promis (3). Questa < delle sue monete, ecc. ». — Infatti, nel diploma del 1355 (Promis, op. cit., pag. 40), in cui Bernabò e Galeazzo confermano alla città di Savona il diritto di zecca già concessole da Lodovico il Bavaro, si dico soltanto che ai Savonesi è accordata licenza « faciendi j seu fieri faciendi zecham € fiorenorum et monete argentee modo quo actenus ipsam facere consue- € veruni. » (1) Promis, op. cit., pag. 33. (2) Idem, pag. 30-31. — H Catalogo della Collezione Amilcare Ancona (Milano, 1885) registra due esemplari d'una variante (pag. 321, n. 3580-81). (3) Ibidem, Tav. Ili, nn. 22 e 23. PATACCHINA SAVONESE INEDITA DI FILIPPO MARIA VISCONTI 93 rispondenza è esatta , materialmente , anche nella grafia : comvnis e moneta saona invece di : comvnis e MONETA SAONE ; ma ciò che più importa , per esclu- dere r attribuzione alla signoria sforzesca , si è di por mente al non trovarvisi V espressione : Civitas Saone, che, introdotta per la prima volta da Lodo- vico XI, si mantiene poi costantemente su tutte le monete uscite dalla zecca di Savona; — bisogne- rebbe, in caso diverso, ammettere per la nostra mo- netina un LL ritorno all' antico " , che costituirebbe un'eccezione troppo singolare. Ho chiamato patacchina questa moneta, poiché essa, per le sue dimensioni, corrisponde esattamente a tutte le altre patacchine savonesi d' epoca ante- riore e (si noti) anche d'epoca posteriore alla domi- nazione di Filippo Maria ; e perchè quest'argomento delle dimensioni è rafforzato in modo eloquentissimo dall'argomento del peso. La monetina pesa infatti, come ho detto, grammi 1,402; ora, un'altra patac- china savonese, eh' è pure nel Gabinetto di Brera , ed è un po' meno sciupata, pesa grammi 1,405, il che equivale a dire che tali due monete hanno l'identico peso. È bensì vero che l'illustre Domenico Promis , non conoscendo la patacchina di Filippo Maria (la quale, a parer mio, è questa) , e pur volendo spie- gare i termini della convenzione del 16 luglio 1425 con gli zecchieri Infcerminelli e Bugia (l), credette di ravvisare tale patacchina nella maggiore delle due monete da lui pubblicate , presupponendo per (1) Ibidem, pag. 30. 94 SOLONE AMBROSOLI ciò una riduzione di titolo nella nuova coniazione ed un aumento nel corso delle monete preesistenti ; — ma, tanto più ora che possediamo una moneta la quale per ogni riguardo appare essere la vera patacchina di Filippo Maria, mi sembra naturale di considerare semplicemente la moneta del Promis per quello che dovrebb' essere , cioè una mezza patac- chma (1) , avendo essa le dimensioni precise delle altre mezze patacchine savonesi. E si osservi quale elegante gradazione ne ri- sulta nella monetazione di Filippo Maria: La patacchina ha due aquile e due biscioni , inquartati ; La mezza patacchina ha un' aquila ed un bi- scione, nel campo partito; Il denaro piccolo ha da una faccia la sola aquila, mentre la biscia è ridotta ad accantonare la croce (analogamente al giglio in una monetina di Lodovico XI). Prima di chiudere , mi si permetta una di- gressione. Nel descrivere la patacchina inedita del Gabi- netto di Brera , ho considerato come diritto della moneta il lato coli' arme e la leggenda : Comunis Saone; nel far ciò mi sono conformato all'uso invalso, e, d'altra parte, in questo caso speciale della patac- china, poco importava il considerare come diritto o rovescio Tun lato oppure l'altro. (1) Infatti, per es., nel Catalogo della Collezione Franchini (Roma, 1879; a pag. 127, n. 2224) ò indicata come una mezza patacchina, non- ostante raccurato riferimento alla Tavola ed al numero del Promis. PATACCHINA SAVONESE INEDITA DI FILIPPO MARIA VISCONTI 95 Ma prendendo in esame, nel loro complesso, le monete di Savona , quali ci si presentano raccolte nella più volte citata Memoria di Domenico Promis, mi vado sempre più persuadendo che, per quanto ciò possa ripugnare alle consuetudini, bisognerebbe invertire le descrizioni ed i disegni di tutte queste monete (o almeno di gran parte di esse) e conside- rare come diritto ciò che per il Promis è rovescio e viceversa. Il Promis , seguendo le regole generalmente adottate dai numismatici, considera come diritto quel lato sul quale si afferma, con indicazione figurata , scritta o araldica, l'autorità da cui venne fatta bat- tere la moneta. Non ho la pretesa di sconvolgere questo principio , combattendolo in tesi generale ; ma, pur rimanendo nel campo della numismatica savonese, osserverò che addirittura ci si affacciano alcune eccezioni, le quali facilmente mi verranno concesse. Sono costituite da quelle monete sulle quali, secondo il Promis, si dovrebbe leggere nel di- ritto : Civitatem Savonoe, e nel rovescio : Virgo Maria protege, e ciò perchè nel primo lato hanno l'aquila, che è l'arme della città. Ma è ben più ovvio il leg- gere invece: Virgo Maria protege civitatem Savonce; e infatti, per es., il eh. Magg. Vittorio Poggi, in un recente suo articolo W, descrivendo il testone savo- nese già di proprietà del March. Angelo Remedi , considera come diritto il lato della moneta colla B. V. e : Virgo Maria protege. Ed uno scrittore del secolo scorso, il PoUeri, nel suo libriccino: Il triplice Vas- (1) Una moneta inedita di Savona (negli Atti e Memorie della Società Storico, Savonese,, YqI. I, Savona, 1888, pag. 521). SOLONE AMBROSOLI sallaggio di Savona verso Maria Santissima i^), scrive che la B. V. aveva condisceso alle continue istanze fattele da' Savonesi per averla come protettrice , « esprimendo anche i lor prieghi nelle monete d'oro, u e d'argento, che pria battevano col motto : Virgo u Maria Protege Civitatem Savonce. ti Si osservi che sulle monete di Pisa leggesi l'invocazione: * PROTEGE VIRGO PISÀS; ora, non mi sembra ardito, anzi mi sembra naturale il supporre che i Savonesi , adot- tando il: -^ VIRGO MARIA PROTEGE CIVITATEM SAVONAE, non abbiano fatto altro che imitare l' invocazione che leggevasi sulle monete di Pisa , come già ave- vano adottato per arme un' aquila tanto simile a quella pisana (2), che il Bellore , nella sua Memoria ms. sulla zecca di Savona, descrive un grosso pisano scambiandolo per savonese (^). Un testone di Sa- vona, ed uno di Pisa (entrambi conservati nel Ga- binetto di Brera), evidentemente sincroni, colla B. V. e le invocazioni suddette, si rassomigliano in modo mirabile: l'una moneta sembra imitata dall'altra. Sono noti i legami di gratitudine che avvince- vano Savona a Pisa, per l'aiuto prestato un tempo da questa ai Savonesi contro Genova (4). (1) Il triplice Vassallaggio che vanta la Città di Savoììa alVImm KAROLVS ^ ROMÀMOR IMPERA ^ La data 1537 che vi è inscritta ha lina grande importanza perchè stabilisce pure l'età del du- cato summenzionato sinora sconosciuto in originale e solo noto pei disegni delle Tariffe ed opere che più sopra ho indicate. Fissata l'epoca cui appartener dovevano i due pezzi in questione, occorreva ancora scoprire a quale per- sonaggio potessero esattamente adattarsi le prime lettere del nome e cognome IO • ÀNT • FA • ; quale fosse il feudo che in Italia (poiché italiane si volevano le nostre due mo- nete) cominciasse con BENE, e portasse titolo comitale ; a chi appartenessero i due stemmi che ho descritti ; dove i medesimi pezzi possano essere stati coniati ; e finalmente in quale occasione ed in forza di quale diritto. Quasi impossibile cosa era il rispondere alla prima questione quando non si conosceva che il ducato d'oro senza data, il quale in ogni caso però chiaramente appa- riva imitazione di monete note e contemporanee. Mai ho potuto trovare una spiegazione plausibile dello stemma dei due leoni che vi si scorge, come non la trovavo pel nome del Casato e pel feudo, che sempre ritenni essere tutt'altra cosa che la nostra Bene Vagienna, secondo la supposizione del Kòhler. Fui però ognora convinto trattarsi di monete lavorate non in Italia ma in Germania. Quella in argento or ora acquistata venne a confermare pienamente la mia opinione col genere d'intaglio che ci presenta, e mi fissò sulla data, lasciandomi ancora dubbioso sulle altre questioni. Sempre col pensiero che, secondo l'idea generalmente ac- colta, il pezzo con BENE fosse italiano e forse anche pie- montese, in seguito a nuove indagini mi accorsi che lo stemma della banda scaccata poteva corrispondere alle ini- ziali FA del nome, qualora si potesse stabilire che i Falletti, nobili d'Alba, in qualche circostanza avessero avuto il di- ritto di zecca. Continuando le ricerche più in manoscritti che in libri a stampa, riescii a formare un piccolo albero genealogico di questa illustre famiglia, nota nei documenti sin dal secolo XII, e che, a datare dal fine del decimoterzo fu investita successivamente nei varii suoi rami dei feudi MONETE DI GIO. BATTISTA FALLETTI CONTE DI BENEVEF.LO 133 di Pocapaglia, Kuffia, Racconigi, La Volta, La Morra, Ba- rolo, Villa, Votignasco, Villanova, ecc. Il primo di questo casato che risulta in modo certo come stipite dei diversi rami, ridotti attualmente al solo dei conti di Villafalletto, discendenti da Simondino o Simonino signore di Villa e Votignasco nel 1337, è Giacomo, che nel 1300 aveva la si- gnoria di Pocapaglia, e che ebbe tra altri figli Pietrino, da cui i marchesi di Barolo, Leone signore di Euffia, Simon- dino suddetto ed Emanuele Signore di Villanova. Trovai poscia che nel secolo XV alcuni discendenti di Leone di Ruffia acquistarono dai loro parenti del ramo di Pietrino di Barolo e La Morra alcuni punti della giurisdizione di Bene- vello, pure nel contado d'Alba, la quale posteriormente si riunì in gran parte nel 1451 nella persona di Bernardo, padre di Filippo, il cui figlio Giov. Antonio assunse il ti- tolo di conte di Benevello. Ritengo perciò le enigmatiche leggende si possano spiegare : \Ovines kWonius ^tJettus COMES BJE.^Evelli e MONETA NOVA \Omnis kmonii PhJetli CO^nids BEnevelli. Passo ora agli altri dubbi. Gio. Antonio Falletti, consi- gnore di Pocapaglia, conte di Benevello e signore di Mom- barchero, nato verso la fine del secolo XV, compare col ti- tolo comitale in documenti del 1520, 1528, 1530 e già era passato ad altra vita nel 1554, nel quale anno trovasi, Gio. Battista figlio del fu Gio. Antonio ed esso pure conte di Benevello. Monsignor Francesco Agostino Della Chiesa nella sua inedita Descrizione del Piemonte (1) ci porge lume per sciogliere la questione. Parlando egli di vari feudi dei Falletti, dice di due di essi : u Borgomale e Benevello a furono prima, quello d'alcuni che de Borgomale si dice- u vano, e questi della casa di Revello, onde che trovasi u qualmente Manfredo detto Piola e Ottone fratelli de Re- u vello vendeteno nel 1270 la loro portione di Benevello a ad Alberto consignore di Borgomale, ma essendo poi tanto u l'uno che l'altro in potere de' marchesi Del Garretto si- (1) Autografo nella Biblioteca di S. M. Tomo I, fo^'lio 215 recto. 134 VINCENZO PROMIS u gnore di Cortemiglia, passare ne facevano costoro la fe- u deità al comune d'Asti, onde furono indi fra quelle terre u compresi, le quali il marchese Oddone in 'compagnia di a Manfredino suo figliuolo dal Conte Amedeo di Savoia u come signore d'Asti, in virtù del privilegio fattogli da a Henrico settimo imperatore, riconobbe ; ma passarono poi u a' sudetti Faletti figliuoli di Petrino signore della Morra, a de' quali Antonio (1), che Benevello con titolo di Contado a possedeva, avendo seguito l'armi francesi con cui trovossi u in molte segnalate fattioni contro gl'Imperiali, fu di quel a suo Castello dagli Spagnuoli privato, donandolo l'impera- u tore Carlo quinto con Mombarchero, ch'era parimente u dell'istesso conte Antonio, a D. Alvaro di Sanchies spa- u gnuolo. Ma essendo indi venuto in potere di certo Zuc- u cone, l'ha così ceduto agli Asinari signori di Casasco, tt che hoggidi lo possedono (cioè sulla metà del secolo XVII) tt prettentendovi però ragioni il conte di Pocapaglia come u prossimiore agnato nella successione del conte Antonio a che ne fu spogliata, n Meglio chiarisce il fatto il Casalis nel suo Dizionario corografico degli Stati Sardi (2), dicendo che Carlo V tolse Benevello e Mombarchero ad Antonio Falletti perchè abbandonato il servizio dell'imperatore, nel cui esercito comandava un reggimento di fanti italiani, passò a quello di Francia. Ciò deve essere avvenuto poco dopo il 1550. Riassumendo quanto sopra , credo che 1' unica spiega- zione possibile di questo fatto curiosissimo nella storia numismatica piemontese sia la seguente. Giovanni Antonio Falletti, recatosi, come tanti altri della nobiltà piemontese (1) A questo punto il Della Chiesa sì sbaglia, poiché il nostro Gio. An- tonio non discende da Pietrino della Morra e di Barolo, ma da Leone suo fratello e signore di Kuffia, come egli stesso dimostra nel voi. II a foglio 819 recto. Appare però che i rami suddetti di questi illustri casati ave- vano giurisdizione in comune su alcuni dei loro antichi feudi , sebbene il solo Gio. Antonio e suo figlio abbiano preso il titolo di conti di Benevello. (2) Voi. II. Benevello. MONETE DI GIO. BATTISTA FALLETTI CONTE DI BENEVELLO 135 all'estero per ivi prendere servizio militare , quando nei calamitosi tempi del duca Carlo II la nostra infelice patria era da un capo all'altro scorazzata e malmenata da amici e da nemici, si pose agli stipendi dell'imperatore Carlo V, per cui comandò un corpo di Italiani. Probabilmente egli si distinse tanto da entrare in modo affatto speciale nelle grazie dell'imperatore, sino al punto di ottenere dal mede- simo qualche diploma onorifico cosi ampio da permettergli l'uso di moneta segnata al proprio nome. Ciò sarebbe stato verso il 1537 , data che si legge sulla moneta d' argento. Dove questa e l'altra in oro siano state battute non risulta in modo chiaro; ritengo però che i loro conii siano opera di quegli artefici girovaghi , i quali si mettevano al ser- vizio di chiunque intendesse di far lavorare principal- mente pezzi contraffatti alla moneta che in un dato luogo ave^a miglior corso, cercando solo che e tipo e leggende fossero combinate in modo da lasciar travedere il meno possibile l'inganno, cosa che, se ora è difficile ad ottenere, era assai facile nell'epoca di cui trattiamo. Più che un vero diploma di concessione della zecca, sino a prova contraria, credo però si tratti d'un puro abuso d' un diritto sovrano, spediente questo di cui forse il nostro Falletti si valse per poter più facilmente mantenere i soldati che aveva a' suoi ordini , sapendosi in modo preciso che in Francia ed in Spagna a que' tempi le paghe correvano tutt' altro che re- golarmente, e le truppe per lo più vivevano a spese delle popolazioni vinte , quando non trattavano con eguale im- parzialità amici e nemici. Ma che più probabilmente siano i pezzi in discorso usciti da officine di Germania ed ivi abbiano avuto corso, mettendovi talora lo stemma vero del casato e talora uno immaginario come sull'oro (se pure non è un quarto dello stemma dei Caresana di Carisio, di Ver- celli, coi quali forse potè il nostro Falletti aver vincolo di parentela), ne ho una prova nel fatto che lo scudo che solo sinora si conosceva non trovasi inserto se non in Tariffe dei dominii di Carlo V, quali Gand, Anversa e Amsterdam, e la moneta d'argento ora per la prima volta ci viene da quella regione, e nulla ha che fare con quella di puro tipo 136 V. PROMIS - MONETE DI GIO. BATTISTA FALLETTI, ECC. italiano, mentre si accosta alle numerose contraffazioni te- desclie e svizzere. Ciò proverebbe pure la loro rarità come accade per altre di consimile provenienza ; rarità cbe sa- rebbe confermata dall'aver il Falletti verso il 1550 abban- donato il servizio imperiale per passare a quello di Francia, cadendo cosi in totale disgrazia presso Carlo V, che tosto lo privò dei due principali suoi feudi di Benevello e Mom- barcbero , dei quali fu gratificato il capitano spagnuolo Alvaro de Sancbez. Vincenzo Promis. MONETE DI GIO. BATTISTA FALLETTI CONTE DI BENEVELLO 137 GIACOMO FALLETTI Signore di Pocapaglia, 1300 PlETRINO Sig". di Eacconigì, La Volta, La Morra, Barolo 1340 I Leone Sig. di Ruffia 1325-1345 Consignoro di Pocapaglia I SlMONDINO Siff. di Villa e votignasco 1337-1340 Emanuele Sig". di Vili anova 1325-1345 Giovannino Consignore di Ruffia, ecc. 1366-1389 I Corrado Sig. di Villanova 1360-1378, già t 1407 Antonio 1390-1402, già t 1423 Giorgio 1409-1438, già t 1442 Corrado Leone I Bernardo 1442-1483 investito di parte di Benevello per compera da suoi cugini Giovanni 1437-1467 Filippo 1473, già t 1528 Giovanni 1473 ). Fi 010. ANTONIO Gio. J^ìlippo 1520-1530, già t 1554. cedo nel 1528 al fratello Nel 1530 acquista in Asti i suoi diritti da Andrea suo cugino la sua parte di Pocapaglia. Nel 1529 compare come Conte di Benevello Gio. Battista 1554 Conte di Benevello NB. Questa genealogia , tutta tratta da documenti e da manoscritti , contiene solamente le persone che provano la discendenza od i possessi di Giacomo Falletti sino al figlio di Gio. Antonio , in cui pare la linea sua siasi estinta. J8 LODOVICO CHIERICATI « Alfredo Armand nel terzo volume dell'opera : Les Médail- leurs Italiens des quinzième et seizième siècles , dà notizia d'una medaglia della sua Collezione, raffigurante Lodovico Chiericati, Arcivescovo d' Antivari e Primate della Serbia , nato nel 1482 e morto del 1573, in età d'oltre novant'anni. Il rovescio difetta di leggenda : nel dritto sta scolpito : LVDO- VICI • CLERICÀTI • ARCHIEPISCOPI • ANTI • (2). Io non so se il dotto francese ignori che il Chiericati era vicentino ; ben è a credere non sia giunta fino a lui la notizia della rara perizia, onde il Prelato, insigne per pietà e per dottrina, sapeva trattare il disegno, la stecca e il punzone. Non è detto da chi apprendesse l'arte se pure non gli era maestro il celebre Valerio Belli, nato in Vicenza nel 1468. E certo però che i due valent'uomini erano stretti d'intima dime- stichezza ; e che del Belli ammiravasi, fino a mezzo il se- colo decimo settimo, un busto in gesso, modellato dall' Ar- civescovo. Era il busto, custodito in quel prezioso Museo de' Gualdo (3), che fu disperso, non si sa come, da circa duecent'anni. Del raro valore del Chiericati nell' arte del modellare rimane ancora, posseduto dagli eredi del Conte Andrea Piovene , morto nel gennaio del 1889 , un tondo in gesso dorato, sottratto per miracolo alla vandalica di- spersione. In quel tondo è rappresentata tutta la Passione di Gesù Cristo in cento e venticinque figurine, campeg- (1) Dal Periodico Arte e Storia del 6 dicembre 1889. (2) A.RMAND. Les Médailleurs Italiens, Tom. III. pag. 234 A. Paris, 1887. (3) N. Basilio. Il Museo Gualdo. Vicenza, 1854. 140 BERNARDO MORSOLIN gianti in vari riparti e arieggiatiti per atteggiamenti e per pose alle stupende storie del Ciborio, in cristallo di monte, del Belli, custodito nella Galleria degli Uffizi. Nulla si conosce, invece clie attesti la valentia del Chiericati nell'arte de' coni. Ma ch'egli vi si esercitasse, si rileva , mi pare , da un luogo del Testamento rogato il 5 aprile del 1557 dal Notaio Matteo Dal Buso. In esso il buon Prelato dichiara di lasciare al fratello Cesare, ai ne- poti Chiereghino e Princivale e al consanguineo Valerio Chiericati u tutte le medaglie d'oro e d'argento in una agli altri coni t) di sua proprietà (1). E più esplicite ancora sono le testimonianze, che si possono desumere da certi elenchi e da certe descrizioni, parte edite e parte inedite del Giardino e del Museo de' Gualdo in Vicenza : descri- zioni ed elenchi, compilati da chi, vivo ne' primi decenni del secolo decimo settimo, poteva aver conosciuto di per- sona il Chiericati, o ricevutane notizia , per lo meno, da coetanei di lui. In una descrizione di Girolamo Gualdo è detto che u non ostante ch'egli (il Chiericati) fosse Arci- vescovo di Antivari e Primate di tutta la Servia, con le obbligazioni di una rigorosa vita, che sempre usò, come vero Osservante di san Francesco, egli sempre disegnò, scolpi, intagliò et improntete pulitamente n, E più avanti si soggiunge che nel Museo Gualdo si conservavan del Chiericati a un impronto del Salvatore dorato, molte me- daglie di Casa d'Este et altre cose belle n (2). Io non dirò per questo che la posseduta e illustrata dall' Armand, dove (1) « Item legavit Mag.^o et Rev.do D.no fratri Caesari ipsium R.tiii D.ni Tostatoris fratri ; necnon d.nis Choreghino ot Princivali fratribus ne- potibus suis et filiis Mag.<^' d.ni Gregorii de Cloricatis ipsius E.mi D.ni Testatoris fratri, et generoso Equiti d.no Valerio, filio q. alterius d.ni Va- lerli de Clericatis nobilis Vicentini omnes modaloas auri et argenti cum, aliis stampls ipsius E.mi D.ni dividendas et dividendis in tres partes >. Msc. neirArch. Not. di Vicenza. (2) Girolamo Gualdo. Giardino de Cha Gualdo^ Msc. nel Cod. CXXVII. Classe rV della Marciana. LODOVICO CHIERICATI 141 il Prelato è rappresentato per un a buste a gauche, téte nue, longue barbe, vétu du camail n sia lavoro del Chieri- cati : ma perchè non si potrebbe congetturare , eh' essa uscisse dal punzone di lui, per non dire del Belli, che gli era stretto di cosi viva e cordiale amicizia? L'Armand, od altri , eh' io sappia , non ha neppur so- spettato che il buon Arcivescovo di Antivari, morto, come attesta un suo contemporaneo (1), in odor di santità, po- tesse esercitarsi nell' arte de' coni. E perciò va da se che nessuno s'argomentasse d'indagare con quali sigle segnasse egli l'opere sue. Nò io, porgendo questa qualsivoglia notizia dell'artefice ignorato, mi proverò a indovinare ciò che nes- suno s'è neppure sognato. Mi permetto soltanto una con- gettura. L'Armand illustra una medaglia del gabinetto di Francia in onore di Pompeo Conestabile con le sigle L. C. (2) a Peut-étre, dit M. G. Milanesi, est-ce Lorenzo Cor- bolini orfèvre romain, lequel eut la charge de graveur de la monnaie romaine pendant les primières années du règne d'Alexandre VI n (3). Perchè nelle sigle L. C. non si po- trebbero riconoscere le iniziali di Lodovico Chiericad, che fioriva, se non contemporaneamente, certo a poca distanza del Oorbolini ? E la congettura parrebbe tanto più ragio- nevole, da che l'Armand non dà notizia alcuna del tempo, in cui ebbe a fiorire il Conestabile, il quale potrebbe anche esser vissuto alcuni anni più tardi della fine del secolo de- cimo quinto, quando fioriva appunto il Chiericati. Comunque m'è grato d'additare agli studiosi della storia della numi- smatica in Italia un artefice, il cui nome è avvolto, forse con tanti altri, nelle tenebre della dimenticanza. Bernardo Morsolin. (1) Gr. Marzari. Htstoria di Vicenza, Libro II, pag. 197. Vicenza, 1590. (2) Tom. I, paff. 107. (3) Tom. Ili, pag. 34. GIROLAMO GUALDO <-'^ Fra le medaglie illustrate dall'Armand (2) ve ne ha una in onore di Girolamo Gualdo, nato in Vicenza nel 1492 e mortovi nel 1566. La medaglia, già illustrata dal Mazzuc- chelli, reca nel diritto il busto del Gualdo colla testa scoperta, la fronte calva, la barba al mento e all'ingiro la leggenda : HIEROMINVS • GVÀLDVS • PROTONOTÀRIVS • ÀPOST • Sono scolpiti nel rovescio una tartaruga e un delfino, attaccati l'una e l'altro per la coda e indirizzantisi in senso opposto per la superficie del mare con la leggenda : INTER • VTRVNQVE • Il Gualdo, vissuto buona parte degli anni in Roma ai servizi del Card. Pompeo Colonna, si ritrasse, già nel pieno della virilità, in patria ; dove, Canonico della Cattedrale, attese a' begli studi, dilettandosi a un tempo d'opere d'arte. Il suo nome, non dimenticato del tutto per alcune orazioni e meno ancora per una serie di rime, parte edite e parte inedite, si collega sopra tutto a quella pre- ziosa collezione di pitture, di sculture, di disegni, di me- daglie e d'altri cimeli, che costituivano il Museo Gualdo, disperso avanti i primordi del secolo decimottavo. In Vi- cenza fu intimo a' più insigni dei suoi concittadini, il Bell\ e il Trissino. Il Belli, morto nel 1546, nominavalo tra i suoi esecutori testamentari ; ed è a credere che alcuni dei cimeli d'arte, onde adornavasi la collezione dell'insigne incisore, chiamata a uno stupore w dal Vasari, passassero nel Museo Gualdo. Tanta amicizia potrebbe far sospettare, di (1) Dal Periodico Arte e Storta del 31 dicembre 1889. (2) Les Médailleurs italiens. Tom. II, pag. 177, Paris, 1883. GIROLAMO GUALDO 143 primo tratto, die la medaglia in onore di Girolamo, illu- strata prima dal Mazzucchelli e poi dall' Armand, uscisse dal punzone del celebre Vicentino : e il sospetto potrebbe anche pigliar forma di ragionevole congettura, quando non sorgesse di mezzo un'altro fatto. In Vicenza nasceva nel 1567, un anno dopo la morte del Gualdo, Camillo Mariani. Di lui lasciava memoria Gi- rolamo Gualdo, un pronipote del Protonotario, vissuto in sui primordi del secolo decimo settimo. Il Mariani, scriveva u fece molte opere nella città n di Vicenza u et in Venetia ; n ma « perfettissimo divenne in Roma nella pittura, scoltura et architettura , come ne dimostra chiaro l'adornamento della Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, dove anco fu sepolto e da Monsignor Gualdo juniore gli fu scritto quell'epitaffio, in nome d'un suo discepolo, che dice : — Ca- millo Mariano Vicentino architecto , pictori, sciilptorique insigni, qui dum veteruyn gloriam aemulatur, satis eos acquasse constai, Inventionibus acer, manu excellens, prin- cipibus cha7^us, hominibus eiusdem artis acceptior, complu- res Italiae iirbes 7nonumentìs ipsius clariores reddidit, felix quod Summorum Pontificum Clementis Vili et Pauli V in exornandis almaj Urbis Basilicis primariis voto vel imple- verit, vel superaverit. Paschalis discipulus in admirationcìn verae laudis magistro et civi suo e. p, (l). — E il Museo Gualdo (1) Girolamo Gualdo, Giardino di Cha Gualdo (1650) Msc. Cod. XXVII. ci. lY. nella Marciana. Oltre il detto, recansi nel Giardino altri epitaffi e due sonetti in lode di Camillo, i quali erano stati affissi al sepolcro. Mi sia lecito riprodurre l'epitaffio: Camillo Mariano Vicentino sculptori eximio, picturae et archttecturae peritissimo. Quantum fuerit fufurusque fuisset, si 44 annorum non decessisset, ejiis opera Me et alibi demostrant. Moritur PauUnam in Exquiliis excolens structuram a. 1611. Vale, optime Praeceptor. Hospes, ades parumque venerare sepulchrum: Est etenim magni funeris urna capax. Hic iacet insignis non una laude Camillus, Mille modis vivum qui simulatur opus, 144 B. MORSOLIN - GIROLAMO GUALDO possedeva di Camillo pareccliie medaglie, u Le sue opere presso di me, scriveva nel 1650 lo stesso Girolamo, sono in medaglie pulitissime : — Aulo Cecina Capitano generale di Vitellio — Gallo Poeta Vicentino — Palemone oratore (sic) — Alferisio Conte di Vicenza — Alberto Marano Vi- cario Imperiale — Giovanni da Schio Oratore — Girolamo Gualdo Cavaliere Protonotario Apostolico (1) n. Non lascio d'avvertire che l'impresa inter iitrumque era la scelta secondo il vezzo del secolo decimo sesto, dal Protonotario medesimo, la quale vedevasi scolpita anche nella casa, dove raccoglievasi il prezioso Museo. Bernardo Morsolin. Doctus erat li qui di s animare coloribus ora ; Sculpere sic raarmor, marmor ut esse nogos. Aspice quae erexit miranda palatia, dices Arte Syracusium iam superasse senem. Dum Lachesis numerat laudes, non respicit annos ; Sic necat hunc iuvenem, quem putat esse senem. Questi epitaffi sono portati, con gravi scorrezioni anche dal Barbarano nella sua Historia Ecclesia$tica di Vicenza^ Lib. IV pag. 413 o 414, edita in Vicenza, nel 1760. (1) // Giardino di Cha Gtmldo, loc. cit. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI V. P. IRENEO AFFO' In un antico feudo de' Pallavicini, regnante Filippo fratello di Carlo Borbone, in Busseto a 29 chilometri da Parma, il giorno 10 dicembre 1741, nacque Davide Affò. Figlio a Pietro ed a Francesca Dalle Donne, fino dalla fanciullezza rivelò una inclinazione molto spiccata al di- segno ed alla poesia. I genitori, oscuri, ma onesti cittadini, onde secondare, il suo genio cercarono d'avviarlo all'arte e fecero opera di collocarlo nella scuola di Pietro Balestra rinomato pittore di quel tempo. Ma questo artista non volle saperne di aderire alle loro richieste, avendo risoluto da tempo di chiudere la sua scuola, perchè disgustato de' suoi allievi. Allora il padre, deciso a non lasciar soffocare nell'ignoranza le belle doti del figlio, destinollo allo studio delle lettere, inviandolo a Soragna presso una zia materna , perchè vi fosse iniziato in quelle scuole alla coltura del latino e dei classici antichi. Varcati i tredici anni, richiamato in patria Davide continuò nei pubblici istituti di Busseto i suoi studi, passando di grado in grado ai più elevati della let- teratura e della filosofia. Suo maestro fu Bonafede Vitali medico e coltissimo bussetano, col quale l'allievo si strinse di riconoscente affetto, che non cessò in lui che colla vita. A diciassette anni il discepolo lesse il suo primo lavoro 19 146 e. Luppi poetico, un carme a Maria Assunta^ con plauso generale, talché fu aggregato dlV Accademia de' Pastori Emonii col pseudonimo di Enargo Assioteo. La fama conquistata dal giovane poeta, suscitò la gelosia di un emulo, clie lo morse con un sonetto. L'Affò di natura sdegnoso, non seppe tol- lerare le punture dell'avversario, e gli rispose con un ca- pitolo non meno mordace. E cosi dichiarata aperta guerra al suo nemico, fatto ritorno all'antico genio, che in lui durò sempre vivo per l'arti imitative, ritrasse sopra una tela un satiro, che con una forbice di legno s'argomentava di tagliare un ferro, con sotto l'anagramma del nome arca- dico dell'emulo, ed alcuni versi allusivi. Poi, vestitosi alla foggia de' pittori, percorse le vie di Busseto, mostrando a tutti il Satiro e l'epigramma, sollevando con ciò le risa de' suoi concittadini. Troppo aspra fu questa vendetta ; se n'accorse presto anche l'Affò, e calmatosi in lui lo sdegno, si propose per l'avvenire di stare in guardia sopra sé stesso per non più cadere in simili eccessi. Un anno dopo, rivoltosi con passione al culto della religione e della morale compose un poemetto che intitolò la Fuga dal inondo^ preludio del cam- biamento profondo che effettuavasi in lui e abbandonatosi a quel sentimento di ascetismo che diventava in lui sempre più vivace, malgrado la ripugnanza del padre, solitario e pedestre si trasferi a Bologna, e bussando alla porta del convento dei padri Minori Osservanti, cercò presso di loro la pace dell'anima sua. L'accettarono que' frati e l'inviarono a Busseto, sua patria, a fare il noviziato. Mantenutosi fermo nella sua risoluzione, tocchi appena i vent'anni, pronunciò i voti solenni, assumendo il nome di Padre Ireneo. Quivi però, nel convento, in luogo di trovare la pace e la tran- quillità che aveva tanto bramato , incontrò invece altri emuli, non meno fieri del primo, invidiosi del suo ingegno e della fama che s'era acquistata. Non per questo l'Affò si penti della scelta del suo nuovo stato, e non badando alle piccole traversie, si diede con maggior ardore a coltivare il suo ingegno, perfezionandosi nella filosofia nell'Istituto di Parma, e nella teologia in quello di Bologna. A vent'un anni fu promosso sacerdote. Da questo momento avendo P. IRENEO AFFO. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 149 maggior agio a frugare nelle biblioteclie di cui andavano doviziosi i conventi dell'Ordine, intraprese la scoperta di preziosi codici che ivi erano giaciuti fino allora inesplorati, ne corresse e ne diede in luce parecclii. Nel 1766 allar- gando le sue indagini alle cronache e ai documenti d'ogni genere, ne faceva oggetto delle sue meditazioni, infon- dendo nuova vita agli studi letterari, con erudite pubblica- zioni che riscuotevano il plauso universale dei letterati e dei dotti. E-ecatosi per diporto in patria ordinò la libreria del suo convento di Busseto, e ne compilò il Catalogo. Si- mili cure estese alle biblioteche dell' Ordine, in Bologna e Ferrara. Maturo di studi e ricco di svariate cognizioni, con- corse alla cattedra di filosofia nel convento di Parma. Al- lora appunto nel 1768, per la caduta de' Gesuiti, era rimasta vacante quella di Guastalla ; a questa, per le raccomanda- zioni del celebre Padre Paolo Maria Paciaudi, fu eletto professore 1' Affò. In quell' anno stesso 1' Affò diede in luce il suo Dizionario della poesia volgare ; poco di poi, avendo scoperto fra i codici di Santo Spirito in Reggio, un antico manoscritto di Angelo Poliziano, l'Affò ridotta la fa- mosa tragedia dell'Orfeo alla sua genuina integrità e per- fezione ne curò la stampa dottamente illustrata. Dimorando in Guastalla richiamò a nuova vita l'Accademia degli Ine- sperti, ivi fondata più d'un secolo prima, e per l'amore del luogo, datosi alle ricerche erudite intorno a quella città, scrisse àoìV origine e della storia di Guastalla^ àelV antichità della sua Chiesa^ e della zecca ivi aperta dai Gonzaga. Nel 1773 il Paciaudi, ammiratore dell'ingegno e della dot- trina deirAffò, propose al Duca Filippo di Borbone la no- mina del padre Ireneo a bibliotecario della Parmense, ma alla caduta del ministro Dutillot, il Paciaudi abbandonata Parma, si ridusse a Torino, non cessando di mantenere coll'Affò, una corrispondenza continua ed affettuosa. Non trascorsi però cinque anni, richiamato il Paciaudi dal Duca insistendo egli nella sua proposta, l'Affò ottenne l'ambito posto di Vicebibliotecario. Nel frattempo l'Affò non aveva intrala- sciato le sue pubblicazioni, che si succedevano l'una al- l'altra, e fra queste, come più notevoli o interessanti, la vita 150 e. Ltjppi di Pier Luigi Farnese^ quelle di Luigi Gonzaga detto Ro- doìnonte^ di Vespasiano duca di Sabbioneta e d'Ippolita pure ambedue dell'illustre famiglia Gonzaga, del Cardinale Sforza Pallavicino, ed altre molte. Riconoscente verso il Duca per l'onorifico incarico ottenuto di Yicebibliotecario della Parmense, rifiutò la prefettura della Biblioteca di Brera di Milano offertagli dal celebre Conte Carlo di Fir- mian, in quel tempo governatore della Lombardia. Eletto De finitore generale dell'Ordine, raddoppiò la sua prodigiosa attività per non mancare agli obblighi contratti verso i suoi fratelli, e continuare in pari tempo le svariate e innumere- voli scritture, cbe uscivano dalla sua penna sempre feconda e inesauribile. Tra queste molteplici pubblicazioni , ci occuperemo solo di quelle concernenti i nostri studi. Tali sono ; I. Il Trattato della zecca di Guastalla ; 16 marzo 1779 ; II. Le Lettere intorno al diritto conceduto alla Casa Gonzaga di battere moneta in tutte le terre da essa possedute nella Diocesi di Cremona e nella Contea di Rodigo colla spiega- zione delle monete che uscirono specialmente dalle zecche di Sabbioneta, Pomponesco e Bozzolo ; 3 aprile 1781 ; III. Le monete de* Gonzaghi priìicipi di Castiglione delle Stiviere, e Signori di Solferino, illustrate colle memorie genealogiche della stessa famiglia ; 15 maggio dello stesso anno 1781. IV. Lettera al Signor Guid^ Antonio Zanetti intorno la zecca e le monete di Novellara ; 11 settembre dello stesso 1781. Queste erudite Dissertazioni furono dal sunnominato Zanetti inserte nel volume terzo della sua celebre Opera : Nuova raccolta delle monete e zecche d^ Italia uscito in luce a Bologna dalla stamperia di Lelio della Volpe l'anno 1789. Poi cbe l'Affò ebbe dato l'ultima mano ai succitati lavori, gli venne desiderio, per completare i suoi studi, di visitare gli archivi e le biblioteche d'altre città importanti della penisola, e nel settembre dello stesso anno 1781, intra- prese il viaggio alla volta di Eoma, senza renderne av- vertito il Paciaudi , suo superiore. In Roma l' Affò ebbe un'udienza particolare dal papa Pio VI, e festeggiato dai dotti, e letterati di quella metropoli gli furono aperte le porte di tutti gli istituti letterari e scientifici ; fu VITE di; illustri numismatici italiani 151 accolto con onori nelle famose Accademie degli Arcadi e degli Occulti^ ne fu annoverato tra i soci. Nel feb- braio dell'anno seguente , 1782 , continuò il suo viaggio alla volta di Napoli, dove però non potè, come bramava, esaminare con agio la Biblioteca di Capo di Monte, perchè imminente allora il trasloco di quella celebre libreria. Ri- trattosi in patria, quivi non fu accolto coli' usata cordialità dal Paciaudi, il quale serbava verso di lui un certo ran- core, non ancor sopito, per quella sua improvvisa e non de- nunciata partenza da Parma. Gli eruditi suoi lavori che andava continuamente pubblicando, gli valsero la nomina a socio corrispondente dell'Accademia Clementina di Bologna. Ma, stanco per la succeduta freddezza del Paciaudi, e forse più per le diuturne occupazioni della mente e del corpo, vennegli in pensiero di ritirarsi in qualche angolo remoto d'Italia per godersi gli ultimi giorni della vita in pace, col modesto emolumento guadagnato in tanti anni di fatiche, quando gli giunse l'annunzio della repentina morte del Paciaudi. Ne senti dolore sincero e profondo, e ne difese la fama contro i postumi detrattori. Succedutogli nel posto elevato di E,, bibliotecario il 17 marzo 1785, attese tosto con ardore ad accrescere sempre più il decoro e la prezio- sità di quella insigne biblioteca. In pari tempo pose mano alla pubblicazione del primo volume della Storia di Gua- stalla cui tennero dietro nei seguenti due anni gli altri tre volumi ; nel 1787 diede principio alla compilazione delle Me- morie degli Scrittori e Letterati parmigiani^ il primo tomo delle quali apparve nel 1789 coi tipi nella R. Stamperia. Dopo altri meno importanti lavori, in quello stesso anno fa pubblicare dallo Zanetti in Bologna la Zecca e moneta "parmigiana illustrata^ inserta nel V volume della Nuova Raccolta delle monete e zecche d'Italia. Altro lavoro di questo infaticabile scrittore, e che interessa al pari degli ultimi citati qui sopra i nostri studi e non da passare sotto silenzio, è V Illustrazione di un antico pio7nbo del Museo For- giano di Velletri appartenente alla memoria ed al culto di San Genesio vescovo di Bruxelles con appendice di documenti, stampata a Parma il 1790 coi tipi del Carmignani, dove a 152 e. Luppi pag. 40 discorre della zecca di Brescello e nella seguente dà r impronta di tre monete di quell' officina fino allora quasi sconosciute. Nominato Ex De finitore generale ^-^oi De finitore generale, 1791, diede in luce il suo celebrato Saggio sulla tipo- grafia parmense e il primo volume della Storia della città di Parma^ che fu poi seguito dagli altri tre, che giungono fino all'anno 1346. Nell'aprile del 1797 si recò in patria nel suo convento per godervi un po' di riposo ; ma questo non fu per lui, come dice il suo biografo Pezzana, che il preludio del riposo eterno. Nell'esercizio de' suoi doveri sacerdotali, cioè mentre prestava gli ultimi uffici ad una ammalata, Bar- bara Ponticelli, affetta da violenta febbre petecchiale, l'in- ferma inconsciamente gli trasfuse il morbo letale, che svi- luppatosi con rapida intensità, ad onta della cura sapiente ed affettuosa del medico Bonafede Vitali, che quarant'anni prima aveva creata la vita letteraria dell'Affò, ancora nel fiore della vita dovette soccombere alla forza del male e il buon medico non potè altro che ricevere gli estremi aneliti dell'uomo, ch'egli aveva si bene incamminato sulla via del- l'onore e della celebrità. Dopo sette giorni di febbre, il Padre Ireneo Affò mori rassegnato in mezzo al compianto de' confratelli, che circondavano il suo letto, e pregavano la pace eterna a lui, che la fatica in vita non aveva mai potuto domare. Tutta Busseto ne senti dolore ; il mesto an- nunzio tosto si diffuse anche a Parma, e troncò in un attimo le piccole e sorde gare che avevano troppo spesso turbato la vita dell'infaticabile scrittore. Le sue esequie furono ce- lebrate con mestissima pubblica solennità. Qualche anno prima il valente incisore Weber aveva coniato una bella medaglia in onore dell'Affò. Questi cenni sulla vita del Padre Ireneo furono tratti dalle Memorie degli Scrittori e letterati parmigiani raccolte dal padre Ireneo Affò e continuate da Angelo Fezzana. In 4*, Parma tipo- grafia ducale. La prima parte 1823 del tomo sesto di quest'opera contiene la vita dell'Affò scritta dal Pezzana. — Biografia degli VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 1.53 Itiliani Illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e dei contemporanei^ compilata da letterati italiani di ogni provincia e pidMicata per cura del professore Emilio de Tipaldo. Volume nono. Venezia 1844 ; in 8." — JBiographie unioerselle ancienne et moderne. Ouvraye redige par une société de gens de lettres et de Savants Tome premier. Paris, 1343, in 8"; pag. 209. — Zanetti Guid'An- TONio : Nuova raccolta delle monete e zecche d'Italia. Bologna 1783, e 1789 ; voi. Ili e V. Angelo Fava : Dizionario storico-mitologico- geografico. Torino 1856, parte T, pag. 25. — Giuseppe Maffei : Storia della letteratura Italiana. Firenze, 1853, voi II, pag. 192. — Le Stanze f l'Orfeo e le Rime di Messer Angelo Amhrogini Poliziano riiedute su i codici e su le antiche stampe e illustrate con annota- zioni di varii e nuove da Giosuè Carducci. Firenze, 18G3 ; pag. 163. — La città di Busseto capitale un tempo dello Stato Pallavicino. Me- morie storiche raccolte da Emilio Seletti. Milano, 1883. Voi. II, pa- gine 191-205. C Luppi. T NECROLOGIE VINCENZO PROMiS. Un erudito, altrettanto modesto quanto valente, erede di un nome celebre, di cui aveva saputo mantenere la fama coi propri scritti e colla esemplare integrità della vita, — il Comm. Vincenzo Promis, Bibliotecario di S. M. il Re in Torino, — si spegneva il 19 dicembre u. s. dopo breve ma- lattia, a soli cinquant' anni, quando appunto la scienza at- tendeva da lui una sempre più copiosa messe di contributi. Vincenzo Promis era nato a Torino il giorno 8 luglio 1839, dall'illustre Comm. Domenico e dalla Nobil Donna Marianna Borbonese. Compiuti gli studi nella patria Uni- versità, ne usci addottorato in leggi, e per qualche tempo fu addetto al Ministero degli Esteri. Ma sopravvenuto poi il trasferimento della capitale a Firenze, ed increscendogli di abbandonare i genitori a lui sommamente diletti, ri- nunciò alla carriera intrapresa, ed ottenne di essere ag- gregato alla Direzione della Biblioteca e del Medagliere Reale. I buoni studi di cui era fornito, i consigli ed i preziosi ammaestramenti del padre, gli agevolarono la tran- sizione dell'ufficio, e già nel 1867 troviamo di lui, nella JRcvue Numismatique di Parigi, una Rcciification a un ar- ticle sur des ìiionnaies obsidionales franco-iialiennes. L'anno dopo, egli pubblicava una memoria SuìV origine della Zecca Veneta, e, nel 1869, la sna opera più nota e più assidua- mente consultata da studiosi di numismatica e raccoglitori, le Tavole sÌ7iottiche delle monete hattide in Italia e da Ita- liani ali* esiero, che gli procacciarono fama ed autorità, e 156 NECROLOGIE ch'egli più tardi voleva rifondere in una nuova edizione ampliata, divisamento andato a vuoto purtroppo per la sua morte immatura. Alle Tavole sinottiche fecero séguito interpolatamente vari altri scritti numismatici e sfragistici, dei quali il let- tore troverà l' elenco qui appresso, scritti che attestano come nel Promis rimanesse sempre vivo l'amore a queste discipline, anche frammezzo alla multiforme sua attività scientifica e letteraria ed alle cure delle numerose cariche di cui venne meritamente onorato. Successo infatti al padre nella Direzione della Biblioteca e dell' unito Gabinetto Numismatico, egli fu pure Membro operosissimo della E. Deputazione di Storia Patria, della Consulta Araldica, della Commissione pei monumenti e scavi, della R. Accademia delle Scienze di Torino, e di altri istituti e sodalizi, ed attese inoltre con amore a svariate pubblicazioni d' argo- mento storico, letterario ed artistico, dando prova di sin- golare alacrità e di soda erudizione. Nell'adempimento del suo ufficio di Bibliotecario, egli dimostrò poi una si intelli- gente premura ed una si cortese e liberale affabilità pei visitatori, da rendere veramente incancellabile e caro il suo ricordo. Ed è caratteristico per la modestia di un uomo , cosi largamente insignito di onori e di distinzioni, che la fa- miglia desolata ed amorosissima di Vincenzo Promis non abbia potuto rintracciarne un ritratto qualsiasi, come ave- vamo chiesto per rendere meno inadeguato questo fugge- vole cenno. S. A. NECROLOGIE 157 PUBBLICAZIONI NUMISMATICHE E SFRAGISTICHE DI VINCENZO PROMIS. Sull'origine della Zecca Veneta. Torino, 1868. Tavole sinottiche delle monete battute in Italia e da Italiani ali/ estero, dal secolo vita tutto l'anno mdccclxviii, illustrate con note. Torino, 1869. Sigilli italiani editi ed illustrati. Torino, 1874. Su UNA MEDAGLIA INEDITA DI CaRLO EMANUELE I. TorinO 1875. NOTICE SUR LES JETONS DE MARGUERITE DE BOURGOGNE, DU- CHESSE DE SAVOIE. Chambéry, 1875. Su DUE MONETE DI Kamniskire Re DEI Parti. Toiìno, 1870. Bolla in piombo del secolo YIH. Torino, 1876. Monete imperiali romane scoperte a Casalvolone presso Novara. Torino, 1878. Tessere di Principi di Casa Savoia o relative ai loro antichi Stati, illustrate. Torino, 1879. Filippo d'Este marchese di S. Martino e Lanzo, ed una sua medaglia inedita, Torino, 1879. Medaglia di Teresa di Liechtenstein moglie di Emanuele di Savoia Carignano conte di Soissons. Torino, 1880. Su UNA TESSERA ROMANA. ToiìnO, 1880. Su tre sigilli inediti del Piemonte. Torino, 1880. Sulle monete di Castiglione de' Gatti. Torino, 1881. Monete di Zecche italiane, inedite o corrette. Memoria quarta. Torino, 1883. Medaglia commemorativa della spedizione sarda contro Tripoli nel 1825. Torino, 1835. Moneta inedita di Pietro I di Savoia e pochi cenni sulla zecca primitiva dei principi sabaudi. Torino, 1888. Monete di Gio. Battista Falletti, conte di Benevello. Torino, 1888. 158 NECROLOGIE IL MARCHESE DE M0LIN3. Sullo scorcio del 1889, la Spagna lia perduto uno dei suoi cittadini più eminenti, l' illustre diplomatico Marchese de Molins. Alle qualità dell'uomo di Stato, egli congiungeva una vasta erudizione e 1' amore più appassionato per la storia e 1' archeologia. Coltivò pure la numismatica, e lasciò una cospicua raccolta di monete spagnuole d' ogni epoca, nonché di medaglie italiane del Rinascimento. G. F. G. MEYER. Nello scorso ottobre è morto il direttore del Gabinetto Reale dell'Aja in Olanda, G. F. G. Meyer, benemerito di quella importante collezione, da lui notevolmente accresciuta du- rante il lungo periodo in cui tenne quell' ufficio. G. W. WILSON. A Gotemburgo, la seconda città della Svezia, è morto un ricco ed intelligente mecenate delle arti e delle scienze, Giovanni West Wilson, che aveva fatto a quel Museo molti doni munificentissimi, anche di monete. BIBLIOGRAFIA IJBRI NUOVI. Catalogne of Grceh Ooins. Fontus, Papldagonia^ Bitìiynia and the Kingdom of Bosporus bj Warwick Wroth. Edited by Reginaìd Stuart Poole, L. L. D. — London , printed by order of the trustees, 1889 (1). Il Museo Britannico è certamente quello che meglio intende le collezioni nel loro vero scopo , e che coi suoi numerosi e accuratissimi cataloghi rende accessibili i suoi tesori anche a chi non può avere la ventura di material- mente visitarli. Il Volume, cui qui si accenna , pubblicato alla fine dello scorso anno, è il XXI di una serie di cata- loghi illustranti diversi rami della sterminata collezione numismatica del Museo Britannico. Stampato colla solita accuratezza che distingue le an- tecedenti pubblicazioni, è corredato di 39 bellissime tavole in eliotipia. Se ci fosse lecito esprimere un semplice desi- derio diremmo che forse a complemento dell'accuratissimo lavoro, avrebbe servito ottimamente una carta geografica della plaga comprendente le città di cui si descrivono le monete. F. G. (11 Mandato in dono alla lilcìsta (prosontod by tho trustoos of Bri- tish Musoum) 21 Gon. 1890. 160 IJIBLIOG RAFIA Su due Contromarche in monete romane. — Breve disanima del Cav. Giovanni Fraccia. — Bologna, Società Tipografica già Compositori, 1889. Le due Contromarche di cui si tratta non sono nuove. La prima .FE,ON non è comune, e non ò conosciuta che per pochissimi esemplari ; la seconda NCAPR è forse la più comune fra le contromarche romane ; ma l'opuscolo del cav. Fraccia è tutto rivolto ad una nuovissima interpreta- zione che vorrebbe dare a questa seconda. Quanto è detto molto diffusamente nell'opuscolo, possiamo riassumerlo in poche parole, sfrondandolo di tutto ciò che col soggetto non ha diretta attinenza, e che anzi, essendo molto sogget- tivo e personale, avremmo voluto omesso anche dall'opu- scolo stesso. La prima delle due Contromarche .PRON fu già dal Saulcy e da altri attribuita ad Apronio monetario sotto Au- gusto. Dall'essere tale Contromarca stampata su di un se- sterzio di bronzo della famiglia Quinctia, contemporaneo ad Augusto, l'autore ne trae come conseguenza, attribuen- dovi, secondo noi e secondo il prof. Pais, una soverchia importanza, quella di stabilire che Apronio fu monetario sotto Angusto e non sotto Giulio Cesare. Sta bene che questa ne sia una prova ; ma a stabilire il medesimo fatto ne abbiamo già un'altra, secondo noi più forte e più sicura, nel tipo delle monete. Può sempre rimaner dubbio che la contromarca ^FRON sia precisamente stata applicata da Apronio triumviro monetario e che abbia -veramente questo significato invece di qualunque altro, mentre invece il tipo delle monete d' Apronio è cosi identico a quelle degli altri triumviri monetarii Gaio, Messala e Sisenna suoi confra- telli sotto Augusto, che sarebbe assolutamente impossibile collocarle ad altr'epoca e assurdo addirittura sotto G. Cesare. Altra conseguenza poi che l'A. vorrebbe trarre dall'in- terpretazione della prima è una nuova interpretaiiione della seconda contromarca. Dopo aver citato e scartato alcune inter- pretazioni molto arbitrarie e che non vale neppure la pena BIBLIOGRAFIA 161 di confutare, ma senza citare quella ragionevolissima e ormai comunemente ammessa come la vera, ne propone una nuova affatto e che sarebbe la seguente : Nummus (o Numerus) Cohortis (o Cohortes o Cohortium) APRoni (o APRoniae o APRonianae o APRonia- narum) e, trovando cosi un nesso fra l*una e l'altra contromarca, fa servire l'una ad appoggio dell'altra. Sta però a vedere so seriamente tale spiegazione possa essere accettata e se abbia un fondamento razionale. Lasciamo da parte diverse piccole ragioni che vi sa- rebbero da opporre e fermiamoci a quelle due sole che ci sembrano le più gravi. Nessun documento storico ci ap^ prende l'esistenza di una Coorte Aproniana ; non è un var- care i limiti possibili dell'induzione il voler creare una Coorte al solo scopo di dare la spiegazione di una contro- marca, tanto più quando ne abbiamo già una che pare assai più naturale ? E poi come spiegare il ripetersi di questa stessa contromarca sui bronzi di Claudio portanti la data dell'anno 4:1 d. C. mentre la prima contromarca d'Apronio sarebbe del 12 a. C. anteriore cioè di 53 anni ? E vero che FA. con uno sfoggio grande d'erudizione ha raccolti tutti. i dati storici relativi a quest'Apronio, ed è riuscito a pro- vare che materiahnente la cosa non era impossibile, perchè nell'anno 41 appunto Apronio finiva la sua carriera come Governatore della Germania. Data però anche questa possi- bilità materiale, ben diversa dalla probabilità, e dato, come ognuno sa, che i bronzi contromarcati di Claudio come tutti in generale quelli portanti contromarca sono di pessima conservazione, come si può spiegare che i detti bronzi di Claudio fossero già frusti e avessero perciò bisogno di una contromarca nell'anno stesso in cui venivano battuti ? Non è assai più ovvia l'antica spiegazione della con- tromarca in questione Nero Caesar Aug. PRobavit ? L'À. citando, come s'è detto più sopra, parecchie delle interpre- tazioni della contromarca NGAPR, e scartandole facilmente ad una ad una, ha taciuto a bella posta, (in una persona tanto 162 BIBLIOGRAFIA. erudita non possiamo ammettere l' ignoranza di una cosa tanto ovvia), l'interpretazione ora accennata per rendere la sua più facilmente accettabile ; ma quanto a noi confes- siamo francamente clie vi ci atteniamo fino a che prove più convincenti di quelle portate dall' A. non ci persuadano ad accettarne un'altra. Antiche monete Siciliane pubblicate pel primo dal Cav. Giovanni Fraccia. — Estratto dal Giornale II Buonarroti. Serie III, Voi. Ili Quaderno IX 1889 e Quaderni 1890. — L'Autore riunisce in questo Opuscolo tutte le monete Greche inedite da lui già pubblicate in quattro precedenti Opuscoli e ve ne aggiunge alcune altre portandole cosi al complessivo numero di 332. Non intendiamo qui entrare ad esaminare partitamente e singolarmente le monete descritte ; ma facendo il dovuto plauso al ricco contributo che l'autore porta al Corpus numorum^ e pel quale la scienza gli dovrà essere ricono- scente, ci limiteremo a farvi due appunti suggeritici dal- l'importanza della pubblicazione. E per prima cosa lamente- remo la mancanza di tavole illustrative. Le pubblicazioni di monete inedite, specie quando non si tratti solo di piccole varianti, non dovrebbero mai mancare di questo corredo importantissimo. Colle tavole dal vero si offre al lettore il mezzo di controllare coi proprii occhi, sia l'interpretazione delle leggende, che l'autenticità stessa dei pezzi descritti. Per quanto grande sia la fiducia che il lettore ripone nello scrittore, preferisce sempre poter fare lui stesso l'una veri- fica e l'altra. In secondo luogo poi non ci sembra molto opportuna la scelta del Periodico in cui venne fatta la pubblicazione. Il Buonarroti è un giornale storico-letterario e nella sua qualità di storico potrebbe in qualche modo comprendere anche la numismatica ; ma ora che nella scienza si tende a tutto specializzare non crediamo che un giornale di lette- ratura e storia possa avere lettori che si interessano alla BIBLIOGRAFIA 163 Numismatica; ne allorquando, fra un tempo che vorremmo non troppo lontano nascerà chi vorrà rendersi veramente benemerito allestendo il Catalogo generale della Numismatica Greca, noi non crediamo che penserà mai a cercare gli ele- menti per la sua opera nel Buonarroti... a meno che queste poche righe non glie lo suggeriscano. L'autore stesso mentre nel cenno preliminare a pag. 6 riconosce come gli scritti numismatici pubblicati isolata- mente in giornali d' altr' indole vadano assai facilmenti dispersi , nell' avvertenza alla pag. 1 dichiara d' avere di- messo il pensiero di pubblicare il suo Opuscolo nella Rivista Italiana di Nuìnismatica , per u ragioni facili u a comprendere dalla lettura di esso, n E noi dal canto nostro non possiamo che trovar giusta tale determinazione. Alcune controversie e per meglio dire il modo con cui sono trattate non avrebbero certo potuto trovar luogo nella Ri- vista^ la quale mentre accorda ai suoi collaboratori la mas- sima libertà d'opinione nel campo scientifico , vuole che tale libertà vada unita al maggior riserbo per le persone. La disputa scientifica per quanto libera deve sempre te- nersi nel campo sereno dell'oggettività, e la critica deve se- guire lo splendido esempio del Manzoni, rifuggendo da quello cosi deplorevole dei nostri letterati del secolo decimottavo. Conclusione : non è da incolpare la Rivista se i due Opuscoli del Cav. Fraccia non vi poterono essere pubbli- cati, bensì il modo con cui essi sono scritti. F. G. KizziNi P. Illustrazione dei Civici Musei di Brescia. Parte I. Flacchette e hassirilievi. Il solerte Direttore dei Musei bresciani, Dott. Prospero Rizzini, ha intrapreso nei Commentari dell'Ateneo di Brescia uno studio diligente intorno alle insigni Collezioni artistiche di cui gli venne affidata la custodia da quel Municipio. Egli ha incominciato dalla illustrazione di una sèrie interessantissima di monumenti, che ha grande attinenza colla numismatica, quantunque strettamente parlando non vi appartenga: la serie delle placche tte, la quale è rappre- 164 BIBLIOGRAFIA sentata in modo splendido nei Musei di Brescia, dove se ne conservano ben 370, provenienti in gran parte da un munificente legato del conte Leopardo Martinengo. Il Dott. E/izzini ne dà partitamente la descrizione, raffrontandole colla nota opera del Molinier, alla quale può servire oggi di utilissimo complemento la bella pub- blicazione di Bode e Tscbudi (1). Neil' annunci are ai lettori della Rivista l'inizio di questa accurata descrizione de' Musei bresciani, ci permettiamo di esprimere un voto, che cioè per l'avvenire si largheggi maggiormente nel corredo illustrativo, tanto più che la sola tavola fototipica annessa a questa prima puntata fa onore allo Stabilimento Mattironi di Brescia che l'ha ese- guita, e dà adito a bene sperare per la continuazione del lavoro. S. A. La pratica degli affari. Voi. VITI. Misure e monete in 16/ pp. 110. Milano, Giov. Massa, 1890. FuRSE (Edouard Henri) , Mémoires numismatiques de V ordre souverain de Saint Jean de Jérusalem, illustrées avec les médailles et monnaies frappées par les grands maitres de Vordre. Deuxième édi- tion. Rome, typ. Forzani, 1889, in 4% fig, pp. 430 con 4 tav. Catalogo della collezione del sig. Alessandro Fasi di Ferrara ; monete romane, consolari e imperiali, monete italiane del medio evo e moderne in vendita all'amichevole con i prezzi fissati a ciascun numero. Firenze, tip. Bonducciana A. Meozzi, 1889, in 8", pp. 233. — Impresa di vendite Sarabon, Anno XII, n." 8. Catalogo delle monete delle zecche italiane meridionali, con ricca serie delle monete di Venezia; monete romane consolari, imperiali, monete greche, componenti la collezione del conte Fulclo Miari di Venezia, di cui la vendita al pubblico incanto avrà luogo in Milano. Milano, tip. Pirola, 1889, in 8". pp. 108 (Impresa Vendite Sambon ; anno XII, n." I). Perosa Dott. Marco. Bulgaro (Borgovercelli) e Usuo circondario. Monografia con illustrazioni. In 4.° Vercelli, tip. G. B. Dell'Erra. — (1) Bode nnd Tschudi, Beschreihung der Bildtverke der christltchen Epoche {Konigl. Museen zu Berlin). Boriino, Spemann, 1888. BIBLIOGRAFIA 165 A pp. 394-397: Monete cimlriclie e romane trovate a BorgoverceìU, con 1 tav. Catalogne d'une belle collection^ formée imr un diligent colle- dionneur de Florence : Première partie (Aes grave, ou monnaies pri- mitives moulòes, monnaies romaines consulaires, impériales et bizan- tines en or, argent et bronze). Florence, impr. Bonducciana A. Meozzi, 1889, in S,"* pp. 130. — Vendite Sambon, anno XII, n." 5. SouTzo, Introduction à Vétude des monnaies de Vltalie antique^ 2' partie, 64 pp. avec fig. et tableaux. In 8," Macon, impr. Protat frères. Barthélemy (A. de), Manuels Boret. Nouveau manuel de numi- smatique ancienne. Paris, Roret , in 1 8," pag. VIII-483 , avec atlas de 12 pi. Malarce (A. de), Monnaies metalliques et fiduciaires. — Poids et mesurcs des divers Etats da Monde et leur rapport exact avec les monnaies, poids et mesures de France. Paris, Guillaumin et C, 1889. Muntz Edgène, Les Ar hives des Arts. Paris, librairie de TArt, 1890 in 8." Le medailleur Cristoforo — Quaire lettres du medailleur Melioli. Engel et Serrure, Bepertoire des sonrces imprimées de la nu- mismatique frangaise. Supplement et tàble. Paris , Leroux , in 8*, pp. VIII-257. Drouin, Essai de déchiffrement des monnaies à légendes des araméennes de la Gharacène. Paris, Leroux, 1889, in 8\ Ris-Paquot, Dictionnaire des poinrons , simboles , signes figu- rati fs^ marques et monogrammes des orfèvres frangais et étr anger s, fermiers généraux^ maitres de monnaies, controleurs^ vérificateurs^ etc. In 8° p."* pp. yiII-384, avec armoiries. Evreux, impr. H^rissey. Paris, librairie Laurens, 1890. La loi monétaire de 1890. Tableau de toutes les pièces à ac- cepter et à refuser, avec la nomenclature des monnaies étrangères et leur valeur en France. Paris, librairie I. Strauss, 1890. Leduc H., Histoire des décorations en France: Origine histo- rique et description des Ordres^ Croix, Médailles et Insignes ante- rieures- et posterie ars à la R'volution. In 12," pp. Ili, av. pi. Le Mans (Sarthe) librairie ancienne et moderne R. Pellechat, 1890. Monnaies royales et féodales. (Collection X... ) In 8," pp. 30, avec figures. Macon, impr. Protat frères. Paris, MM. I. Hermerel et R. Serrure, experts, 53, rue de Richelieu, 1890. 166 BIBLIOGRAFIA # Letellier, Description historlque des monnaies frangaises, gau- loises, roìjaìes et seigneuriales, donnant un apergu des prix à chaque numero. Tome III. Paris, impr. Julien, 1889, in 18," pp. 292 et 35 planches. Pellet Marcellin. Variétés révólutionaires. Troisième et der- nière sèrie. Paris, Alean, 1890. (Un peu de numismatiqiie). Brambach W., Das hadische Wappen auf MUnzen und Me- daillen. Karlsriihe, Gros. 1890, in 12.° pp. 43. Kacziany F, Zur Begeìung des Geld = Milns y Bank, und Zahlungsivesen. Eine staatshurgerrechtliche und national = dicono- mische Frage. Wien, 1889, Steckler, 40 pp., in 8." Frère-Orban, M. Beernaert et nos affaires monetaires. Examen des doctrines et des actes de M. le ministre des finances au sujet de la monnaie, et ripense aux critiques de la convention monétaire de 1865 contenues dans le discours qii'il a prononcé devant le Sénat le 13 avril 1889. Liège, A. Desoer, 1889, in 8.» pp. 49. Carter (Thomas), British War Medals, Military and Naval; and Hoiv they were Won. Forming a Compiete History of these Di- stinctions from the Earliest Times to the Fresent Date. lUustr. with fac-simile Coloured Plates and Wood Engravings. Part. I (Sa- ronno 8 parti) London , Groombridge, 1890, in 8." Tates Modern Cambist, A. Manuàl of Foreign Exchanges and Bullion, with the Moneys and other Mediums of Exchange of ali Trading Nations, eie. etc. Twenty first Edition. By Hermann Schmidt. London, Effingham Wilson and C, Royal Exchange, 1889, in 8." PEEIODICL Mevue Numismaiique, IV Trimestre 1889. Kink (K. F.), Observations sur les noms attribués à des graveurs de monnaies grèques. L'Autore combatto Tidoa goneralmonte invalsa che tali nomi siano da attriuirsi agli incisori delle moneto e propugna invoce V attribuzione di essi ai vincitori dei giuochi o a chi offriva doni alle divinità concludendo BIBLIOGRAFIA 167 che forse gli uni e gli altri potevano indicare il medesimo personaggio ossia il vincitore che riconoscente alla divinità per la vittoria oifriva un dono. La nuova teoria ci pare provata con sufficienti ragioni. Bahelon (E.), Quelques remarques sur des monnaios d'Afrique et d'Espagne. Continuazione e fine di uno studio intrapreso nei precedenti fascicoli. Poncet (D. Ernest), Le trésor de Planche. Interessante ragguaglio di un piccolo ma ricco ripostiglio di oggetti e di nove rarissime monete d' oro , appartenenti a Leliano, Vittorino, Tettico padre e figlio, Aureliano, Diocleziano e Massimiano Erculeo, fa cui tre inedite. Peccato che l'autore non ci faccia sapere in qual museo o in quali mani il prezioso ripostiglio ora si trovi. Prou (M.), Deux tiers de sou du Eoi Gontran. Caron (E.), Monnaies du commencement du XI siècle, frappées dans la comté de Bourgogne. Marchécille (M. de), Le denier d'or à la Eeine. Cronaca, Necrologie, Bibliografia. Quattro tavole. Annuaire de la Société franca Ise de Niiìnismatlqiie. Novembre-Dicembre 1889. Hucher (E.), Le trésor de Plourhan. Robert (P. Ch.) , Monnaies et médailles des Evèques de Metz. Marchèville (M. de) , Une pièce d' or inedite de Ray- mond IV Prince d' Grange. Amécourl (Ponton d'), Les monnaies Eoyales de la pre- mière race des Rois de France (seguito). Froener (W.), Grands bronzes de Neron transformés en miroir. Processi verbali della Società. Bulletln de la Société Suisse de Nmnisìnatique. Ge- nève 1890, n. I. Demole (E.), A nos collègues. Th. von LiebenaUy Die Miinzmeister von Luzern. Vallier (G.), Un jeton inédit des Chanoines comtes de Lyon, Guignes Bourgeois, XV siècle. Demole (E.), Histoire monétaire de Genève, de 1792 à 1848 (fragment). 168 BIBLIOGRAFIA Mayor (J.), Médaille de Tunioii romande pour la pro- tection des animaux. Trackscl (C. F.) , Zwei Waffeleisen vom Anfangedes XVII Jahrkunderts mit medaillenartingen Darstellungen. Necrologia, Bibliografia, ecc. Tavola. Zeitsclirift fiìv l^umismatik, XVII Band (1889), Heft T. (Berlin , Weidmannsche Buchhandlung 1890). Lòhbeke (A.), Griechische Mùnzen aus meiner Samm- lung. IV. Interessante pubblicazione di monete greche entrate da poco tempo nella celebre collezione dell'Autoro. Alcune di questo monete erano affatto sconosciute. L'articolo è corredato Ja duo tavole. Buschmann (H.) , Bracfcheatenabdruck an Kirchenglo- cken zu Verden. Seech (0.), Die Mùnzpolitik Diocletians und seiner Nachfolger. Aleooi.j Die Auszahlung des E-anfschillings fùr das Her- zothum Ehstland in den Jahren 1346 u. 1347. Barde (F.), Der Fund von Reichen. Piccole comunicazioni, Bibliografia. Tre tavole. Archivio della R. Società Ramana di storia patria, voi. XII, fase. I-IV (1890): Monaci E., Sul « Liber i/ storiar um Bomanorum. » Prime ricerche. — A pp. 156-167 : Notizie per la moneta senatoria che fu coniata in lioma durante il governo di messer Brancaleone degli Andato, cioè negli anni che corsero fra il 1252 e il 1257. Con disegno. Monumenti antichi N. 1. Koma G. F. Gamurrini, Della libbra etrusca. Arte e Storia, n. 31 e 33-34, 1889: Morsolin B., Lodovico Chiericati (medaglia in suo onore). — Girolamo Gualdo (idem). Les Causeries bi-mensuelles, 15 dicembre 1889: Léfèbvre JuLES, Origine des monnaies en France. Revne archéologique, tome XI, nov.-dicembro 1889. A pag. 422- 23: JDécouvertes de médailles à Apt (Vancluse). BIBLIOGRAFIA 169 La Nouvelle Revae, 15 dicembre 1889: Strauss Louis, L'union latine: La situation monétaire en Belgique. Magasin pitturesque, n." del 31 agosto 1889: G-uignet Ch. Er., Les nouvelles monnaies della Francia. Con ili. Bulletin de l'Académie delphinale, 4' serie, tome II, 1887-88 (uscito nel 1889): Ciiaper, Monnaies frappecs en Dauphiné par fes Ligueurs avec la date de 1593 et au nom du CJirist-Eoi. L' intermódiaire des chercheurs et curieux, 25 nov. 1889 : La numismatique de Victor Hugo. Journal des Économistes, dicembre, 1839: FKANgois Gr., La re fonte des monnaies d'or en Angleterre. Bulletin de la Société de la Diana, n.° 2-3, 1889: E. The- VENET, Bécoverte d'xn trésor antique à Chalain d'Isoure. Société de l'histoire de Paris. Bulletin 1889: 4' livr. : Proq , Avis du corps municipal de Paris sur la ré forme monétaire en 1313 ou 1314. L'Economiste francais, 8 febbraio 1890 : Leroy-Beaulieu P., Uor et Vargent : la production et le monnayage des métaux pré- cieux dans les trois dernières années. Revue d'economie politique, nov.-dic. 1889: Crump A., Be- clierclies sur la grande haisse des prix qui a coincide avec la démo- nétisation de Vargent en Aìlemagne. Annales du Conservatoire des arts et métiers,série 2, tome I, fase. 1-3, (Paris, 1889): Peligot. Sur la eomposifion des alliages monétaires. Zeitschrift des Vereins fiir lubeckische Geschichte und Al- terthumsknnde, XI, 1 : Curtius , Der Miìnzfund in Travemiinde und die lilheckìschen Ilohlmilnzen. Zeitschrift fiir Schul-Geographie, Jabrg. XI, Heft 3: Geld in AfriJca. Annalen des Vereins fiir nassauische Alterthumskunde und Geschichtsforschung, voi. XXI, 1889 : Isenbeck Julius, Das nas- sauische Milnsivesen, 3. Periodo, 1800-1866. Die Gegenwart, voi. XXXVII, fase. 5" (1890) : Gurlitt Cor- NELius , Geldiuerth und ArheitsìoJin in frilheren Jahrìiunderten. Studien und Mittheilungen aus dem Benedictiner Orden\ anno X, fase. 4" : Sciiratz W., Mllnzen auf den heiligen Wolfgang. Westdeutsche Zeitschrift fiir Geschichte und Kunst, fase. 4"* (1889-90) : Yan AYerveke, Fund rómischer Milmen su EttelhrilcTc. Die Nation, 1889, n. 13 : Bamberger L., Bie Milnzpolitih der CuUurstaaten am Ende des Jalires (1889). 170 BIBLIOGRAFIA Kunstchronik, (Lipsia), n. 12, 16 gennaio 1890, p. 188: Bis- marTc-Medaille. Mittheilnngen der bayerischen numismatìsclien Gesells- chaft, VII (1888). Munchen, Franz, in 8° X-113 pag. et 10 tav. Sitzungsherichte dell'I. K. Accademia di Berlino, 1890, fase. 4-6: MoMMSEN, Bericlìt iìher das Corpus nummorum. Jahrbuch far Miinchener Geschichte , 3 Jahrg. : Riggauer Hans, Bine Medaille auf Herz'yg Clemens Franz de Paula von Baijern àls Bicìiter. Alemannia, 18 Jahrg Heft I (1890) : Birlinger A., Ein Spruch snn den Falsch- und Leichetmiinzìrn. La Philosophie de l'avenir (Belgio), n." 151, 1889: Colins, Mannaie (manuscrit inédit). La Pódération artistique (Belgio) n." 41, 1889: Paul Stephen, Les médailles. Précis historiqae, novembre 1889 (Bruxelles) : Huyge Ch., Les métaux précieux chez les Israélites au dèsert. BuUetia de l' Institut national Genevois , tome 29. (Ge- nove, 1889) : Yerchère, Sur les pièces de cinq francs. The Indian Antiquary, agosto 1889 : Fleet , The Coins and Ristori/ of Toramana. — Smith, The Bodleian Cóllection of Coins. Journal of the Asiatic Society of Bengal, Part I, lviii, i : Oliver, Coins of the Muhammadan Kings of Gujaràt. NOTIZIE VARIE Ripostiglio di Sartirana (Lomellina). — Lo scorso No- vembre nel comune di Sartirana (Lomellina) un muratore, nel praticare uno sterro in un cortile di una veccliia casa di proprietà parrocchiale, rinvenne a poca profondità la parte inferiore di un vaso di terra, ove nell'acqua giace- vano circa Kil. 4 di monete in argento avvolte in pezze di tela e dall'ossido agglomerate in un sol corpo, che venne rotto a colpi di martello, sciupandone cosi una buona quan- tità. Una metà di quelle monete fini inesorabilmente nel crogiuolo (1) ; il rimanente venne suddiviso in varii lotti, la maggior parte dei quali fu venduta a Milano. Siamo dunque in grado di darne una sommaria descrizione, e lo facciamo ben volentieri, desiderando rettificare le notizie esagerate (1) A questo proposito non sapremmo abbastanza raccomandare agli orefici di non aver troppa fretta nel mettere alla fondita le monete prove- nienti da ripostigli. Dalle monete di Sartirana avrebbero ricavato per lo meno il triplo deirintrinseco. È poi anche da raccomandarsi ai pro- prietari, nel caso di ritrovamenti^ di non dare in natura la metà d'uso ap- partenente all'operaio scopritore del ripostiglio, il che di solito equivale a buttarle nel crogiolo ; ma di occuparsi essi stessi della vendita presso gl'intelligenti in materia. Sul prezzo che ricaverebbero dall'orefice non perde- ranno mai e sovente anzi ne avranno grande vantaggio ; e se qualche cosa potesse valere anche quest'altro argomento, diremo loro che si renderanno sempre benemeriti verso la scienza. Siccome poi queste nostre righe, pel tramite solo della Rivista^ non perverranno probabilmente fino a chi sono indirizzati, saremo gratissimi a quei giornali quotidiani che volessero pub- blicarle nelle loro colonne, contribuendo così alla diminuzione del vanda- lismo che pur troppo non è morto nel secolo che s'intitola dei lumi, van- dalismo che riesce sempre a danno anche di chi n'è autore. 172 NOTIZIE VARIE diffuse da alcuni giornali cittadini, sulla quantità e sulla qua- lità delle monete di questo ripostiglio. La parte dunque salvata al crogiuolo si compone specialmente di monete di Gian Galeazzo Visconti e di Gio. Maria Visconti] e dalle poche conservate monete di Filippo Maria Visconti^ che vi si trovano, si può arguire che il ripostiglio fu nascosto sotto il ducato di quest'ultimo. Eccone ora la distinta approssimativa : Avignone. — Urbano Y (1362-70) Grosso, variante del Cinagli N. 6. Un esemplare. Bologna. — Giov. e Giacomo Popoli (1317-50) Bolognino. Un esemplare. Casale. — Teodoro II Paleologo (1381-1418) Mezzo grosso (Promis 4). Due esemplari. — Quarto di grosso (Promis 7). Tre esemplari. Como. — Franchino li Eusca (1408-12) Trillina. Uà esemplare. Genova. — Barnaba Guano (1415) Grossetto. Quattro esemplari. » — Tomaso Fregoso (1415-1421) Grossetto. Circa 150 esemplari. Milano. — Barnabò Visconti (1351-85) Seslno (Gnocchi 15). Un esemplare. » — Giangaleazzo Visconti (1385-1402) Pegione (Guecchi G). Circa 100 esemplari con varianti. — Soldo (Gnecchi 8). Tre esemplari. — Sesino (Gnecchi 19). Circa 100 esemplari con varianti. — Denaro (Gnecchi 22). Circa 50 esemplari. » — Gio. Maria Visconti (1402-12) Grosso (Gnecchi 2). Parecchie centinaia. — Soldo (Gnecchi 3). Cinque esemplari. — Soldo. (Gnecchi 6). Tre esemplari. » — Estere Visconti (1412) Grosso. Undici esemplari, con va- rianti da quelli pubblicati. — Sesino^ inedito. > — Giancarlo Visconti (1412) Grosso (Gnocchi 1). Due esemplari. » — Giancarlo ed Estere Visconti (1412) Grosso. Cinque esem- plari, con varianti. » — Filippo Maria Visconti (1412-47) Grosso (Gnecchi 13). Due esemplari. — Grosso (Gnecchi 27). Due esemplari. Pavia. — Filippo Maria Visconti (1412-47) Grosso (Brambilla, Ta- vola IX, 5). Quattro esemplari. Piacenza. — Giovanni da Vignate (1410-13) Grosso. Cinque esemplari. Savoia. — Amedeo VI (1343-83) Bianco (Promis 3). Un esemplare. Verona. — Gian Galeazzo Visconti (1387-1402) Grosso. Tre esem- plari. — Sesino. Cinque esemplari. NOTIZIE VARIE 173 Fra le monete milanesi del ripostiglio si trovarono di- verse varietà inedite. Ne omettiamo qui la descrizione, perchè essa verrà compenetrata nell'Appendice alle Monete di Milano^ che presto ci proponiamo di pubblicare in questa Rivista. E. G. Ripostiglio di Solignano (Modena). — Sulle colline modenesi , nel territorio di Solignano , frazione del Co- mune di Castelvetro , in un podere prossimo alla vec- chia Chiesa parrocchiale , alcuni agricoltori nel dissodare il terreno per collocarvi un nuovo filare di olmi, sco- privano alla profondità di 75 centimetri un grosso muro costrutto in ciottoli cementati , parte forse delle fonda- menta di qualche palazzotto ivi esistente nel periodo medioevale. Nel demolirlo vi trovarono rinchiuso un pic- colo vaso contenente : 79 monete, di cui 78 in argento e una in oro, in massima parte di zecche italiane ; un anello a cerchietto d'oro arabescato con corniola incastonata, sulla quale sono incisi i busti di Iside e di Serapide rimiran- tisi di prospetto ; un altro anello a cerchietto d' argento dorato con doppietta simulante uno smeraldo , e venti- cinque dischetti pure d' argento dorato, con foro tondo nel mezzo , adorni di cinque giglietti simulanti corona marchesana. Tralasciando di parlare delle poche monete francesi e tedesche^ che componevano il ripostiglio e che sono co- munissime, daremo una nota sommaria delle monete ita- liane^ le quali però sono tutte pubblicate e conosciute. Bologna. — Anonime papali. Quattro Grossi variati. — Nove car- lini variati. » — Giulio li (1503-13). Un giulio col ritratto a destra. Carmagnola. — Michele Antonio Marchese (1504-1528). Due Te- stoni variati e un Cavallotto. Desana. — Gio. Bart. Tizzoni (1529-33). Un Testone. Ferrara. — Alfonso I d'Este (1505-34). Testone (Bellini, pag. 169 191, N. I). Moneta da soldi 5 (Bellini, pag. 191-192, N. XI). Firenze. — Kepubblica (1510-26). Cinque Grossi con stemmi variati. Lucca. — Repubblica. Tredici Grossi variati. 174 NOTIZIE VARIE Mantova. — Lodovico III Gonzaga (1444-78). Grosso. Messerano. — Pietro Luca Fieschi (1528-32). Due Cavallotti variati. Pesaro. — Giovanni Sforza (1489-1500). Tre Grossi variati. Piacenza. — Sede vacante (1523). Grosso. Roma. — Alessandro VI (14921503). Due Giulii. » — Giulio II (1503-13). Me^jso Grosso. Savoia. — Carlo I Duca (1482-90). Quattro Parpajoìe variate. Siena. — Repubblica (1500?). Un Mesijso Sanese. Venezia. — Andrea Vendramin (1476-78). Marcella. » — Andrea Mocenigo (1478-85). Marcella. » •— Antonio Grimani (1521-23). Ba Sedici. Due esemplari variati. > — Andrea Gritti (1523-38). Da Sedici. Prendendo ora in esame le monete sopracitate, e con- siderato che le più recenti per data di loro coniazione non oltrepassano il 1530, si può con buon fondamento stabilire ch'esse furono sotterrate dal 1523 al 1529, o per la guerra civile che in quel pei-iodo di sconvolgimenti politici funestò il modenese occupato dalle armi pontifìcie , o pel timore incusso alle popolazioni italiane dalle orde selvagge con- dotte dal Borbone nel 1527 al sacco di Roma. A. Crespellani. Ripostiglio di S. Damiano d'Asti. — Avuto notizia del ritrovamento di monete romane nei dintorni di Asti, ne ab- biamo chiesto informazioni al M. R. Don Vitaliano Sossi , Preposto di quella Cattedrale e appassionato raccoglitore di monete romane , e ne ebbimo la seguente interessante lettera: Egregi Signori^ Mi faccio premura di dar loro quelle informazioni che deside- rano sul ripostiglio di monete romane scoperto non è guaii sul con- fine dei territori di S. Damiano e Cisterna d'Asti. Nel dissodare il terreno per piantarvi una vigna, un contadino battè col piccone in un'anfora, e vide con sua grande sorpresa sgor- gare dallo squarcio un torrente di piccole monete verdognole. Estratta l'anfora che andò a pezzi , si calcolò che contenesse dai quattro ai NOTIZIE VARIE 175 cinque miriagrammi e forse più di piccole monete di rame, molte delle quali andarono in quel primo trambusto disperse o furono trafugate. Me ne furono portate da diverse persone più di trecento e fui assicurato che tutte le monete contenute nell'anfora sono dello stesso modulo e dello stesso metallo; cioè piccoli bronzi argentati [antoni- niani) dello scorcio del III e del principio del IV secolo. I più an- tichi sono di Gallieno e i più recenti di Massimiano Ercole. Abbon- dano specialmente quelli d'Aureliano, di Probo e Diocleziano; poi vengono in decrescente proporzione quelli di Claudio Gotico, di Ta- cito, di Floriano, di Caro, di Numeriano, di Carino e di Massimiano Ercole. Ne trovai pure alcuni di Severina ed uno di Magnia Urbica. Niuno ne incontrai dei due Tetrici, di Postumo e degli altri Au- gusti regnanti in quel tempo nelle Gallio ed è facile intenderne la ragione. Sono generalmente di conservazione discreta, e, mentre alcuni pezzi sono profondamente intaccati dalla ruggine, altri presentano una bel- lissima patina verde scura. Nei trecento da me acquistati ed esaminati ho trovato due soli tipi nuovi, cioè non notati nel Cohen 2" ediz. Il primo è di Claudio Gotico e presenta nel diritto il busto radiato e corazzato di Claudio colla scrìtta: imp. c. clavdivs. avg.; nel rovescio il tipo della Cle- menza di fronte, rivolta a sinistra , che sta colle gambe incrociate , appoggiata colla sinistra ad una colonna, e tiene nella destra uno scettro. La leggenda intorno è clementia temp. — L' altro è di Tacito ed ha nel diritto il busto radiato e paludato di Tacito colla scritta : imp. c. m. cl. tacitvs ayg. e nel rovescio la leggenda virtvs AVG . con un soldato a destra, che tiene colla mano destra un' asta obliqua e nella sinistra un globo. Nell'esergo xxir. Ho però trovato una grande quantità di varianti inedite sia nella leggenda del diritto, sia nei simboli, nelle lettere e nei numeri dei ro- vesci, e siccome di queste varietà io sono curioso ricercatore, ho avuto la soddisfazione di farne amplissima raccolta. Altri più competenti di me potranno pronunciare sulla natura e suirorigine del ripostiglio. Se mi è lecito proporre una mia conget- tura, penso essere dalla qualità delle monete esclusa affatto qua- lunque probabilità che siasi voluto riporre un tesoro, A mio giudizio l'anfora faceva parte di ciò che ora diremmo una cassa militare per gli stipendii di qualche legione o meglio coorte. Nelle vicende delle fazioni guerresche e delle marcie può essere mancato il mezzo di trasporto, o può il nemico aver incalzato così che Yufficiale pagatore (quaestor militaris) fosse costretto ad abbandonare l'anfora contenente gli spiccioli necessari alla paga dei soldati, non senza però averla 176 NOTIZIE VARIE prima riposta ia uno scavo praticato su per l'erta di una di quelle ripidissime colline. Se mi giungeranno altre informazioni, che possano essere di qualche interesse per loro e pei lettori della Blvista , mi farò una grata premura di darne loro contezza. Colla massima considerazione mi protesto Asti, 4 febbraio 1890. Devot. A. V. Sossi. Scavi di Roma durante il 1889. — I ritrovamenti di oggetti antichi, e specialmente di monete , sono divenuti cosi rari, a causa della crisi edilizia e della conseguente sospensione dei lavori murari nella Capitale, che gli anti- quari ne sono desolati e dichiarano che, andando avanti di questo passo, dovranno cambiar mestiere. E strano che, mentre la maggioranza dei negozianti di altri generi, si lagna dell'abbondanza di mercanzie e della mancanza di compratori, gli antiquari si lamentano invece del difetto di merce, per la quale troverebbero sempre gli amatori pronti a farne acquisto. Gli unici lavori che proseguono sono quelli fatti dal Governo o per conto di esso, come la sistemazione del Te- vere, i nuovi ponti, il Policlinico ed il Palazzo di Giustizia ; ma pochi sono gli oggetti che, rinvenuti su questi lavori, possano sfuggire alla sorveglianza che vi è esercitata dal Governo o dal Municipio. Inoltre gli oggetti rinvenuti nel Tevere non hanno gran pregio agli occhi di molti amatori, specialmente stranieri, perchè mancanti generalmente di patina o perchè corrosi e danneggiati dalle acque. Fra le monete, il pezzo più importante che sia uscito di recente dal fiume, è un bronzo di mezzana grandezza che ha nel diritto le teste affrontate di Treboniano Gallo e di Yolusiano. E una moneta addirittura nuova e non priva di interesse. Nei quartieri alti, non ho potuto sapere con certezza se al Policlinico od a villa Ludovisi, l'unica moneta impor- tante trovata in questi giorni, è un gran bronzo di Manlia Scantina^ di mediocre conservazione, che è stata venduta NOTIZIE VARIE 177 ad un collettore per un prezzo quasi doppio di quello se- gnato dal Cohen. Un altro gran bronzo, trovato non so dove, appartiene a Traiano ed ha nel rovescio la colonna dedi- cata in Roma a quell'imperatore ; è bellissimo per arte, per conservazione e per patina. In questi ultimi mesi sono poi pervenuti in mano di negozianti parecchi medaglioni, i quali però non sono di recente ritrovamento, ma provengono da un privato racco- glitore di antichità che li ha acquistati in gran parte a Tivoli. Di medaglioni ne vennero fuori anche in Roma quattro cinque verso la fine dell'estate scorsa, e fra questi ve ne è uno inedito di Faustina madre, il quale ha nel rovescio lo stesso rogo che si vede su alcune monete di quella im- peratrice. Un altro è contorniato ed appartiene a Marco Aurelio; è bellissimo per conservazione e per patina. Da Siena fu portato al Cav. Vitalini un esemplare dell'asse libbrale della rarissima serie etrusca che ha per tipi nel diritto la testa di Flamine col pileo acuminato e nel rovescio una scure ed un coltello, strumenti sacerdotali, nonché un globetto , una mezza luna ed il solito segno dell'asse. Il Garrucci nella sua opera : Le monete primi- tive deW Italia antica (pag. 28, tav. LIV) , dopo avere esa- minato i vari ritrovamenti delle monete appartenenti a tali serie, ed avere dibattuto le opinioni di altri numisma- tici intorno alla città cui essa spetterebbe, conclude col dire che ìion si debba attribuire ad una speciale città, ma sia piuttosto stata emessa a nome comune della nazione. Se ciò fosse , questa serie dovrebbe essere assai più comune, mentre nel fatto è la più rara fra quelle etrusche. L' attuale ritrovamento confermerebbe piuttosto l' ipotesi espressa dai P. Marchi e Tessieri {U aes grave del Museo Kircheriano, pag. 92) che tale serie appartenga a Siena. L'unico esemplare dell'asse di questa serie finora cono- sciuto trovasi nel Museo Kircheriano di Roma, ed in origine apparteneva alla collezione Coltellini di Cortona. Il Bilancio delle monete di ogni serie rinvenute dal Municipio negli scavi di Roma, durante l'intero anno 1889, 23 178 NOTIZIE VARIE è piuttosto magro ; sono in tutte 773 monete , di cui 110 d'argento, 197 di mistura e 466 di bronzo. Bontà, 20 Fébhrajo 1890. P. Stettiner. Falsificazioni moderne. — Quantunque la nuova fal- sificazione comparsa in Milano sia grossolana e tale da in- gannare solamente gli inesperti, pure crediamo utile segna- larla, perchè anche questi ultimi non cadano nell'agguato di disonesti speculatori, tanto più che si tratta di moneta rara. Essa è un Testone di Carlo V per Milano e precisa- mente la varietà pubblicata nell'Opera dei Fratelli Gnecchi al N. 14. Eccone la descrizione : ÌB' — (Testina di S. Ambrogio) CÀROLVS • RO • IMPERÀTOR Stemma di Carlo V coli' Aquila bicipite coronata. 5I — (Croce) SÀNCTVS ÀMBROSIVS. Il Santo a cavallo galoppante a destra, collo staffile alzato. Sotto il cavallo M gotica coronata. Il disegno di questa moneta è riportato alla Tav. CLYI, n. 4 dell'Heiss. La moneta è fusa in buon argento, ma fortunatamente la fusione è mal riuscita, e il contorno porta recenti traccio della lima. Il fondo è rinettato col bulino, ma anche questa operazione è fatta grossolanamente. In conclusione la fal- sificazione è destinata a' novizi della scienza numismatica. Dono al R. Gabinetto di Brera. — Il sig. Enrico Osnago, avendo acquistato i due esemplari del grosso di Giancarlo Visconti per Milano , provenienti dal ripostiglio di Sarti- rana , sopra accennato , ne donò uno al E». Gabinetto di Brera. Segnaliamo con piacere il generoso dono , nella fiducia ch'esso invogli altri ad imitarne l'esempio. Di questa moneta non si conoscevano che tre esemplari ; ora sono dunque cinque, e tutti si trovano in collezioni di Milano. Vendita Miari. _ Nei giorni 24, 26, 26, 27 e 28 dello scorso febbraio ebbe luogo a Milano la vendita al pubblico incanto della Collezione numismatica del Conte Fulda NOTIZIE VARIE 179 Miari di Venezia. — Questo si componeva per la maggior parte di Monete Venete , fra non poclie rarità. — A titolo di curiosità diamo qui la distinta dei pezzi principali coi prezzi a' quali furono aggiudicati : N. 1. Lodovico Pio. Denaro con venecias moneta » 2. Corrado II. Denaro. > 33. Marino Zorzi. Zecchino . » 66. Michele Morosini. Zecchino » 105. Nicolò Marcello. Zecchino » 108. Pietro Mocenigo. Zecchino » 127. Leonardo Loredan. Mezso zecchino . » 165. Francesco Dona. Scudo d'oro . » 225. Nicolò da Ponte. Giustino maggiore » 236. Pasquali Cicogaa. Quarto di zecchino » 276. Giovanni Bembo. Zecchino » 286. Antono Priuli. Scudo d'oro » 296. Francesco Contariui. Doppia . » 301. Giovanni I Cornerò. Doppia . » 307. Nicolò Contarini. Quarto di ^secchino > 313. Francesco Erizzo. Quarto di zecchino » 314. » Doppio » 329. Francesco Molin. Quarto di zecchino » 351. Giovanni Pesaro. Quarto di zecchino » 357. Domenico Contarini. Mezzo zecchino » 382. Alvise Contarini. Mezzo zecchino . » 438. Giovanni II Carner. Scudo d'oro . Il totale della vendita comprese le monete romane e greche raggiunse L. 15.54S. Zecca di Milano. — Nello scorso febbraio il Ministro dei Tesoro pubblicava il seguente avviso : a Si rende noto cbe col giorno 3 del prossimo venturo mese di marzo verrà aperto presso la Direzione della Zecca di Milano apposito Ufficio di cambio per V acquisto delle materie preziose foro e dorati). u Presso r Ufficio medesimo si possono avere le notizie relative ai prezzi ed alle altre modalità delle operazioni di cambio, n ETÀ L. 105 » 63 » 340 » 105 » 185 » 145 » 150 » 88 » 130 » 87 » 65 » 210 » 81 » 90 » 90 » 53 » 260 » 48 » 85 » 60 » 150 » 100 180 NOTIZIE VARIE Società Numismatica Svizzera. — Nell'Assemblea gene- rale della Società numismatica svizzera , tenutasi ai 22 settembre 1889 in Berna venne eletto a Presidente della medesima il dott. Eugenio Demole ^ il noto numismatico ginevrino, al quale venne pure deferita la redazione del Bidletin de la Société Suisse de Nwnismatique che fino ad oggi si stampava in Basilea. Finito di stampare il 15 Marzo 1890. Lodovico Felice Cogliati, Gerente responsabile. FASCICOLO IL APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA X. ALCUNE OSSERVAZIONI SULLE MONETE DI SANT' ELENA E DI FAUSTA. Il ripostiglio di monete romane scoperto in Egitto nel 1888, e che già diede materia a due di questi Appunti (N. II e Vili), ne offre ancora oggi a un terzo con alcuni piccoli bronzi d' Elena e di Fausta che vi si trovavano, e che ora solamente ho potuto avere. Molto s' è già discusso intorno all' at- tribuzione delle monete di queste due Auguste ne io rifarò qui la storia delle tre Elene (l) e delie due (1) Elena I (Sant'EIena), prima moglie di Costanzo Cloro, e madre di Costantino Magno. Elena II, moglie di Crispo. Elena m, moglie di Giu- liano II. 1Ò4 FRANCESCO GNECCHI Fauste (i) , che per molto tempo se ne disputarono la proprietà. La questione, lasciata incerta o non bene risolta da Eckliel, venne definita in modo assai plausibile dal barone Marchant ^^), confermata da Lenormant (^), e accettata definitivamente da Cohen, e credo da tutti gli altri numismatici, i quali si accordano nella attribuzione di tutte le monete col nome di Elena, a Sant' Elena, prima moglie di Costanzo Cloro e madre di Costantino, e di quelle portanti il nome di Fausta alla seconda moglie di Costantino Magno. Alcuni fra i piccoli bronzi venuti in luce pos- sono dar luogo a dire ancora qualche parola, non già in contraddizione bensì in piena conferma di tale attribuzione, in aggiunta a quanto i due illustri numismatici ne hanno dettò, come pure a rettificare alcune delle descrizioni di Cohen, e finalmente a fare qualche considerazione generale sulle monete delle due Auguste e a stabilirne i veri tipi purgati dai prodotti dell'ibridismo. Incomincio dalla descrizione di queste nuove monete provenienti dal citato ripostiglio d'Egitto, a cai ne aggiungo anche qualche altra pervenuta da altra parte alla mia collezione W, perchè pure va- riante, e interessante l'argomento. (1) Fausta T, figlia dì Massimiano Ercole o seconda moglie di Costan- tino Magno. Fausta II, supposta mos^lio di Costanzo IL (2) Mélange^ de Numismatiqiie et d'Hlstoire. Lettera XVIL (3) Retile Numisniatiqiie , 1843 : Médailles de Sainte HeUne mh'e de Constantin le Grand et de Fausta femme de cet empsreur. (4) Non appartengono al ripostiglio d'Egitto i N. 7, 8, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 e 19. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 185 ELENA. (prima moglie di Costanzo Cloro e madre di Costantino Magno). 1. Piccolo Bronzo. — I>opo Cohen 6. /B' — FL HELENÀ AVCrVSTÀ Busto a destra coi capelli ondati. 5/ — SÀLVS REIPVBLICAE Fausta (1) di fronte rivolta a sinistra con due bambini (Costantino II e Costanzo II) in braccio. All'esergo SMÀLA (Tav. IV, N. 1). 2. Piccolo Bronzo. — Variante Cohen 7. ^ — PL HELENÀ kWOyST^ Busto diademato a destra. 9I — SECVRITÀS REIPVBLICE (2) (1) Vedremo in seguito il perchè di tale interpretazione. (2) Una curiosa anomalia ortografica si verifica nelle monete d'Elena, in cui il genitivo femminile ora è scritto col dittongo, ora senza. Da qualche numismatico, e fra questi anche da Eckhel, fu annessa a mio parere soverchia importanza a tale anomalia, tanto da farne anzi un argomento per attri- buire le moneto piuttosto a Elena di Giuliano che a Elena madre di Co- stantino. Anche senza considerare però che di simili genitivi abbiamo altri esempi in monete d' epoca intermedia fra Costantino e Giuliano II , per esempio in alcune di Costanzo II di Magnenzio e anche in monumenti epigrafici — numismatici non so — fino dal tempo di Probo, ormai 1' at- tribuzione delle monete d'Elena è così sicuramente per altro ragioni stabi- lita, che non può esser mossa in dubbio da tale piccola variante ortografica, la quale si devo necessariamente ritenere per possibile all'epoca di Costan- tino, come è ammesso che lo fosse pochi anni dopo e forse anche alcuni anni prima. Se poi si considera che l'anomalia si ripete colla massima rego- larità a seconda delle leggende, e che cioè abbiamo costantemente e senza alcuna eccezione : salvs PwEIpvblicae e spes reipvblicae , invece : se- cvRiTAs REIPVBLICE, io Crederei di non appormi male ritenendo che una semplice legge di economia epigrafica abbia deciso dell' adozione dell' uno dell'altro genitivo. Dal momento che l' uno e 1' altro erano nell'aso, il dittongo si omise unicamente col secvritas, quando cioè la parola antece- dente era più lunga , onde meglio distribuire la leggenda. Comunque sia , è necessario ammettere che il genitivo senza dittongo era adoperato al tempo di Costantino per lo meno dall' anno 325 in cui viene collocata l'emissione delle monete d'Elena. 186 FRANCESCO GNECCHI Elena a sinistra. Tiene un ramo d'alloro (o di ulivo) (1) abbassato colla destra , mentre colla sinistra si so- stiene la veste. AU'esergo PSIS e Lunula. 3. Simile. AU'esergo €SIS e Lunula, 4. Simile. AU'esergo NS e Lunula. 5. Simile. AU'esergo Q Palma T 6. Simile. AU'esergo SMHA 7. Simile. AU'esergo T Lunula S 8. Simile. Nel campo A. AU'esergo CONS (Tay. IV, N. 4). 9. Simile. Nel campo Coroìia e A. AU'esergo SMAL (Tav. IV, N. 5). 10. Simile. Nel campo Corona e B. AU'esergo SMAL (Tav. IV, N. 6). 11. Simile. Nel campo Corona e ||. AU'esergo SMAL 12. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohon 7. ^^ — FL HELENA AVGVSTA Busto a destra coi capelli ondati. 9/ — SPES REIPVBLICAE Fausta di fronte rivolta a sinistra coi due bambini in collo, come al N. 1. AU'esergo SMALA (Tav. IV, N. 2). 13. Piccolo Bronzo. — I>opo Cuhcn 7. /B' — FL HELENA AVG-VSTA Busto diademato a destra. 9/ — SPES REIPVBLICAE Elena a sinistra. Tiene un ramo d'ulivo (0 d'alloro?) abbassato colla destra , mentre colla sinistra si so- stiene la veste. AU'esergo SMKA (Tav. IV, N. 3). (1) H ramo che tiene Elona, chi lo vorrebbe d'ulivo e chi d'alloro, e tutti e due questi emblemi potrebbero avere il loro giusto significato nella mano d'una Augusta, in cui onoro fu battuta la moneta. Ma il determi- nare quale dei tre precisamente sia è assai difficile colla semplice ispe- zione delle monete, in tempi nei quali 1' arte è così bassa e le monete di bronzo sono fabbricate con si poca cura, che non è già molto facile rac- certarsi delle fisionomie. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 187 FAUSTA. (moglie di Costantino Magno). 14. Piccolo Broìizo, — Variante di Cohen 7. B" — FLAV MAX FÀVSTÀ AVG Busto a destra coi capelli ondati. 9I — SÀLVS REIPVBLICÀE Fausta velata, di fronte rivolta a sinistra coi due figli Costantino II e Costanzo II in braccio. All'esergo Q Astro AR (Tav. IV, N. 9). 15. Simile. All'esergo STR Lunula con un punto, 16. Simile. All'esergo CONS. Nel campo A (Tav. IV, N. 11). 17. Piccolo Bronzo. — Variante di Cohen 12. ^ — FLAV MAX FAVSTA AVG- Busto a destra coi capelli ondati. ?1 — SPES REIPVBLICÀE Fausta coi figli come nei precedenti. All'esergo SMANTA 18. Piccolo Bro7izo, — Dopo Cohen 13. ÌB' — FLAV MAX FAVSTA AVG Busto diademato a destra (acconciatura di Elena) or- nato d'una ricca collana. 9I — SPES REIPVBLICÀE Fausta coi figli come nei numeri prec. All'esergo SMTSA (Tav. IV, N. 12). 19. Piccolo Bronzo. — Variante di Cohen 15. ^ — FLAV MAX FAVSTA AVG- Busto a destra coi capelli ondati. '^ — SPES REIPVBLICÀE Fausta come nei numeri precedenti , ma rivolta di fronte (1). All'esergo Q A Lunula RL (Tav. IV, N. 10). (1) Un simile piccolo Bronzo con Fausta al rovescio rivolta di fronte è descritto nella prima Edizione di Cohen, (]S[. 15) ma, non so perchè, venne omesso nella seconda. 188 FRANCESCO GNECCHI 20. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 16. ^ — FAVSTÀ N F Busto a destra coi capelli ondati. 9* — Anepigrafe. Astro in mezzo a una corona. All'esergo TSÀ ♦ (Tav. ly, N. 8). Dei piccoli bronzi descritti, quelli d'Elena col rovescio SECVRITÀS REIPVBLICE e quelli di Fausta coi due rovesci SÀLVS e SPES REIPVBLICAE non sono che varianti di quelli dati da Cohen. Mentre però le nuove varietà di esergo e di lettere nel campo W aumentano il numero già sorprendente di città e di officine monetarie che batterono moneta al nome di queste due Auguste , la corona che appare nel campo di due monete d' Elena riesce una nuova conferma dell' epoca in cui le monete furono bat- tute, rappresentando appunto l'epoca di Costantino, non quella di Giuliano. Il piccolo bronzo di Fausta Wohilissima femina^ col- l'indicazione dell'officina all'esergo, l'ho riprodotto per fare riscontro a quello simile d'Elena (Cohen, tav. XV, num. 8). Il Marchant, che appoggia il suo ragiona- mento per provare la contemporaneità delle monete di Elena e di Fausta specialmente sull'identità delle due monete battute al nome delle due nobilissime donne (1) Lo duo Ietterò A o B uol campo dello monete d'Elena (N. 4, 5 e 6, e che sono, mi pare, le indicazioni delle officine 1* di Costantinopoli e 1* e 2* dì Alessandria portato nel campo invece elio airesorgo) non sono che in au- mento a quelle già conosciute. Per le monete di Fausta (N. 11) invece è l'unico esempio di tale trasporto finora conosciuto, indicante pure la prim^ officina di Costantinopoli. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 189 non ancora elevate al grado d'Auguste (i), conosce già questo bronzo nelle due varietà con o senza esergo , sia per Elena come per Fausta , e lo co- nosce p'ure il Lenormant ; ma il Cohen, di Fausta non pubblica che l'esemplare senza esergo e del simile bronzo d'Elena segna come variante uno con TSA, ciò che indicherebbe la quarta officina di Tes- salonica. — Credo all'esattezza di Marchant, il quale dà l'esergo TSA, e riproduce anche la moneta nell'ac- curatissima tavola, che accompagna la sua memoria, e vi credo tanto più che la moneta coU'esergo TSA ha il suo perfetto riscontro nella identica moneta di Fausta; ma mi permetto di dubitare dell'esergo che Cohen riporta da Taninl, e che mi pare meriti d'es- sere verificato. Le monete più interessanti , che richiama- rono la mia attenzione sull' argomento, e che per conseguenza fornirono occasione anche alla pubbli- cazione delle altre a complemento , sono le tre di Elena colle leggende SALVS e SPES REIPVBLICAE (N. 1, 2 e 3). Mentre costituiscono tre tipi nuovi per Elena, una delle rappresentazioni e le due leg- gende sono conosciutissime per Fausta , e per di più, due di queste monete (N. 1 e 2) hanno comune con Fausta l'acconciatura dei capelli. Furono preci- samente questi punti di contatto , questa estrema somiglianza o dirò addirittura questa identità di par- ticolari che mi fecero pensare ad una comunanza e forse ad una confusione probabilmente avvenuta (1) Questi bronzi col tipo della Stella e anteriori aU'olevaz'ono di Elena Fausta al grado d'Auguste furono assai probabilmente battute noli' anno 307, in occasione dello feste pel matrimonio di Fausta. ?5 190 FRANCESCO GNECCHI durante la coniazione di queste monete e mi porta- rono ai confronti e alle osservazioni che andrò espo- nendo, dopo d'avere sgombrato il terreno di alcune inesattezze sfuggite al Cohen nelle sue descrizioni, e d'alcuni errori d' interpretazione delle figure rap- presentate sul rovescio di due piccoli bronzi da lui descritti. Seguendo il Eamus 0) e senza assicurarsi de visti, il Cohen descrisse al suo N. 5 come piccolo bronzo, la seguente moneta: ^^ — FL • IVL • HELENÀE AVO • Busto diademato a destra. ^ — PIETAS ROMANA La Pietà di fronte rivolta a destra con due bambini in braccio. La descrizione non mi parve poter essere esatta e, appartenendo la moneta al Museo di Danimarca, ne chiesi un' impronta al Ch. prof L. Muller diret- tore del Museo di Copenaghen, il quale gentilmente me la trasmise e la riproduco al N. 16 della Tavola. Da essa appare in primo luogo che non si tratta di un piccolo bronzo, bensì di un quinario battuto sul tipo degli altri quinari d' Elena col rovescio PAX PVBLICA (2) , di tipo perfettamente identico nel ro- (1) Catalogus nutnorum veterum musei regis Danitre, Hafiiiao 1816. Pars II, Voi. I, pag. 210, N. 7. (2) E tutti questi Quinari io li ritengo postumi, corno li ritiene il Marchant. In primo luogo per la leggenda al dativo, quale la troviamo usata in tutto lo moneto di Consacrazione o di semplice Memoria', in se- condo luogo perchè Testroma somiglianza di tipo fra i quinari di Elena e di Teodora, e la replica del rovescio piktas romana, (sia poi avvenuta re- APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 191 vescio a quelli di Teodora con PIETAS ROMÀNA (i) , e forse anche ad uno di Fausta colla medesima leg- genda PAX PVBLICA molto incompletamente descritto nella 2* edizione del Cohen (Fausta N. 2). Ne ho ri- prodotto alla tavola alcuni d'Elena (N. 13, 14, 15) e di Teodora (N. 18 e 19) come termini di confronto. — In secondo luogo poi, per quanto la moneta si trovi in uno stato deplorevolissimo di conservazione, si può vedere abbastanza chiaramente che la figura femminile al rovescio tiene , come nei quinari di Teodora , un solo bambino in luogo di due e può quindi intendersi (se pure la moneta non è ibrida) per Elena stessa col figlio Costantino, mentre coi due bambini non avrebbe significato. Tale rappre- sentazione resta controllata e confermata dall' altro esemplare assai migliore riprodotto al N. 17 della Tavola. È un esemplare appartenente alla Colle- zione del Signor Alfonso de Scholdt di Bruxelles , golarmente o irregolarmento, al nostro caso fa Io stesso) sopra alcuni qui- nari d'Elena, mi fanno ritenere assai probabile che tutti, sia dell'una che del- l'altra Angusta, siano il prodotto di una medesima emissione. Ora, siccome Teodora mori vent'anni prima che ad Elena fosso conferito il titolo d' Au- gusta, data l'accennata contemporaneità, le dette monete, essendo necessa- riamente postume per Teodora, doTevano esser tali anche per E lena, non essendo ammissibile che si coniassero eguali monete per un' Augusta vi- vente e una morta. L'epoca probabile della coniazione di tali quinari mi pare possa accettarsi quale l'accenna il Marchant, ovvero nel 335. (Lett. cit, pag. 22). (1) Giacché mi si presenta l'occasione, conviene qui accennare un'altra inesattezza che trovo nel Cohen a proposito del Quinario comune di Teo- dora. Quante ne appajono di inesattezze, allorché le cose si guardano un po' da vicino ! — La moneta è descritta, quale è infatti, col rovescio pietas ROMANA. Ebbene l'incisione dà pietas reipvblicae, né saprei dove l'inci- sore ha proso questa strana leggenda. Non occorre poi dire che l'errore fu religiosamente mantenuto nella seconda edizione, dove salta all'occhio an- cora più evidentemente, per essere il disegno intercalato nel testo. 192 FRANCESCO GNECCHl il quale , sapendo che mi stavo occupando delle monete d' Elena e di Fausta , me ne favori gen- tilmente un'impronta. — L'esemplare è molto meglio conservato di quello del Museo danese, e vi si legge chiaramente anche l'esergo TRP. La moneta descritta al N. 5 di Cohen va dunque cosi rettificata: Quinario di Bronzo. (Museo di Danimarca), ^^ — FL IVL HELENÀE AVG Busto diademato a destra. 9/ — PIETAS ROMÀNA Elena di fronte rivolta a destra col figlio Costantino in collo. Il Cohen, accettando V inesatta descrizione del Ramus , interpretò la figura del rovescio per la personificazione della Pietà; ma, se a primo aspetto una donna che stringe al petto due bambini parrebbe con molta verosimiglianza prestarsi a tale interpre- tazione , conviene osservare come la Pietà sulle monete romane sia sempre in ben altri modi rappre- sentata , e come i tipi siano generalmente man- tenuti. Il tipo accennato assomiglierebbe piuttosto a quello raffigurante la Fecondità. Ma , ammet- tendolo pure per la Pietà , giacche accompagnato dalla leggenda PIETAS , come giustificheremo questo medesimo tipo ripetuto nei due nuovi bronzi colle leggende SALVS e SPES? Non potremo certo am- mettere che la medesima figura sia stata adoperata a personificare successivamente la Pietà, la Salute e la Speranza, queste ultime due poi con assai meno verosimiglianza che la prima; e dovremo conchiu- dere che la figura non è la personificazione par- ticolare d'una deità astratta. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 193 Il medesimo ragionamento dovremmo ripetere per r altro bronzo colla leggenda SECVRITÀS, la cui figura Cohen interpreta dubitativamente per Elena o per la Sicurezza, mentre questa seconda interpreta- zione non è per nulla giustificata dal tipo. Il piccolo bronzo d' Elena ci offre una figura femminile che tiene un ramo ; ma ognuno sa come la Sicurezza sia sempre ben altrimenti rappresentata. L' appari- zione del nuovo bronzo colla medesima figura e la leggenda SPES rinforza 1' argomentazione e ci per- suade ancora una volta che il tipo non è la perso- nificazione della deità annunciata nella leggenda. Date dunque le leggende SECVRITÀS, SÀLVS e SPES REIPVBLICAE non rispondenti oggettivamente ai tipi rispettivi, cosi nelle monete d'Elena come in quelle di Fausta, parrebbe ovvia e naturale la seguente inter- pretazione. La SECVRITÀS della Repubblica, ossia del- l'Impero, era nelle mani e nella persona d' Elena madre dell'imperatore Costantino rappresentata col- Tattributo di pace (il ramo d'ulivo) ; la SÀLVS e la SPES dell'impero erano particolarmente nelle mani e nella persona di Fausta moglie di Costantino e madre dei figli, che dovevano continuarne l'impero. Un esame comparativo poi delle monete di Elena con quelle di Fausta ci persuaderà che il tipo della donna col ramo è Elena, mentre il tipo della donna coi due bambini è Fausta coi figli Costantino II e Costanzo II , anche quando si trova sulle monete d'Elena. Difatti, se dai piccoli bronzi di Elena Augusta comunemente conosciuti e descritti da Cohen, to- gliamo quello colla leggenda PIETAS ROMÀNA, il quale, come abbiamo veduto , è un quinario postumo , e 194 FRANCESCO GNECCHI quello colla leggenda PROVIDENTIÀE AVGG- e la porta di campo, (il quale non può altrimenti giudicarsi che ibrido, il rovescio non potendo esser stato fatto per una moneta di donna, e dovendo evidentemente ap- partenere a Costantino oppure a Licinio), non ci resta che quello col rovescio SECVRITÀS REIPVBLICE, quale sua moneta, dirò, ordinaria e con un rovescio pure ad essa consono, raffigurante cioè Elena stessa o, se si vuole, la riproduzione del monumento a lei innalzato da Costantino nelle vicinanze d'Antiochia (l). L' acconciatura del capo d' Polena è sempre la stessa, ossia capigliatura inalzata sul capo con dia- dema di foggia pur diversa. Si osservino tutte le monete di Elena e specialmente la serie di teste che ho riprodotto nella tavola dal N. 20 al 31 rappre- sentanti altrettante varietà d'acconciatura. Di Fausta conosciamo, come sue monete ordi- narie, quelle portanti le leggende: SÀLVS REIPVBLICÀE e SPES REIPVBLICÀE , sempre colla medesima rappre- sentazione di Fausta coi figli. — Il busto di Fausta, meno rarissime eccezioni , è sempre rappresentato senza diadema e con capelli ondati e annodati dietro la nuca. (2). (1) Fu il Lenormant (art. cit. pag*. 98, 99) elio propose di interpretaro la figura femminile piuttosto che per Elena stessa , pel monumento a lei fatto erigere da Costantino a Dafne sobborgo d'Antiochia, anzi dal nomo 8àcf.vY] (lauro) argomenta che il ramo sia di lauro ; quanto a me, stante la somiglianza e direi quasi la simmetria delle monete d' Elena con quello di Fausta, vedendo su queste ultime Fausta stessa coi figli, inclino a ve- dere Elona in persona sulle suo monete. (2) Fra una quarantina di piccoli bronzi di Fausta provenienti da diverse parti io non no ho trovato che uno col capo diademato , (Vedi Tav. 4 N. 12) e credo quindi abbia torto il Cohen di non avvertire la rarità di questo tipo assolutamente eccezionale. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 195 Ora delle nuove monete d' Elena descritte , i numeri 1 e 2 ci offrono due rovesci di Fausta riprodotti esattamente , sia nella rappresentazione come nella leggenda, e per di più ci danno il busto d' Elena coi capelli acconciati come nelle monete di Fausta; il N. 3 ci offre al rovescio di una testa di Elena una rappresentazione pure di Elena con una leggenda propria delle monete di Fausta. Se a queste anomalie si aggiunge, che, per quanto si può tener conto della iconografìa (i) in questi bassi tempi , la testa coi capelli ondati e annodati ha sempre dal più al meno le fattezze di Fausta, anche quando porta la leggenda relativa ad Elena (N. 1 e 2), e viceversa la testa diademata offre piuttosto le sem- bianze d'Elena, anche col nome di Fausta (N. 12) ; (1) Veramente non si può tenerne gran conto in quest' epoca , fatta forse un'eccezione per le monete d' oro. In quello di bronzo le fisionomie, principalmente femminili, non sono riconoscibili che fino a un certo punto, e non reca quindi sorpresa come non abbiano mai potuto accordarsi i nu- mismatici allorché vollero dare un giudizio suir età d'Elena dalle sue fat- tezze sulle monete di bronzo. A seconda dogli esemplari , chi vedeva una giovino, chi una donna di mozza età, chi una vecchia addirittura, e io puro confesso francamente che davvero non saprei quale età attribuire all'Au- gusta rappresentata su quei bronzi. Ho fatto un'eccezione per le monete d'oro ; ma anche questa va in tosa in modo assai relativo e ristretto. Si osservino i tre aurei d' Elena, che mi furono gentilmente comunicati dal Museo Britannico, e che ho riprodotto in fino di quest'articolo. Esiste bensì fra quei tre ritratti una vaga somiglianza; ma esiterei ad affermare che, senza l'aiuto della leggenda, i semplici lineamenti basterebbero ad identifi- carli con sicurezza. Non parliamo poi delle monete postume, le quali per esser state bat- tute qualche anno dopo, portano più evidenti le traccio della decadenza dell' arte. Si osservino i tre Quinari (N. 13 , 14 e 15). Dovrebbero tutti rappresentare Elena; ma invece presentano tre teste affatto differenti r una dall' altra , o ce n' è per tutti i gusti.... eccettuato forse il buono. E lo stesso dicasi dei Quinari di Teodora (N. 18 e 19). — Si vollero scu- sare (]^uoste monete, o per meglio dire ^li incisori che ne apprestarono i 196 FRANCESCO GNECCHI e se finalmente si considera come i tre tipi comuni accennati siano la fedele riproduzione dei tre soli tipi delle monete d'oro (i) conosciute delle due Au- guste, e vi corrispondano perfettamente sia nei diritti come nei rovesci (2), mi pare sia lecito argomentare che nella coniazione di queste monete vi sia stata della confusione, e che non solamente si siano talora scambiati i rovesci (e principalmente adoperati quelli di Fausta per Elena) , ma benanco durante la lavo- razione dei coni, vuoi per la fretta, vuoi per qua- lunque altro motivo, ad alcune teste già incise sia stata applicata talvolta una leggenda che non vi era appropriata, e lo stesso sia avvenuto di qualche rovescio. Se da un lato tale confusione sarebbe una nuova conferma della contemporaneità di queste monete e quindi della giustezza di attribuzione proposta da Marchant, dall'altro mi pare si possa, come conclusione coni coir asserirò che , trattandosi di persone morto, era lecito agli artisti rappresentarlo in quell'età che meglio loro talentava. Ma qui si tratta ben altro che di sola età. Sono addirittura fattezze diiferentissime, e che, per quanti anni fossero trascorsi, non potevano in niun modo aver successiva- mente appartenuto a una sola persona. (1) Si vedano i tre aurei riprodotti in testa a quost' Articolo. L' aureo di Fausta col rovescio salvs appartiene alla mia collezione, gli altri due al Museo Britannico. (2) L'esatta riproduzione del tipo delForo nel bronzo lo troviamo anche nelle moneto di Galeria Valeria moglie di Galerio Massimiamo, una delle pochissimo imperatrici, anzi la sola, oltre Elena e Fausta, che, nell'opoca in cui ci troviamo, abbia avuto monete coniate al suo nomo, mentre era in vita. Ognuno sa d' altronde come la coniazione delle monete d' oro fosse in ogni epoca affidata ai migliori artisti, ed eseguita perciò con molto mag- gior cura che quella del bronzo, rappresenti , assai meglio di quest'ultimo, i veri tipi monetari uflBcialraonto stabiliti, scevri da ibridismi. APPUNTI DI NUMISMATICA. ROMANA 197 definitiva di quanto s' è esposto , asserire che i soli tipi dirò ufficiali delle monete di bronzo di Sant'Elena e di Fausta Auguste sono i tre dell'oro, mentre tutte le altre monete, che presentano un'ap- parenza anormale , sono il prodotto dell' ibridismo e della confusione. 36 XL CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM B. COLLEZIONE MUNICIPALE DI MILANO Nel Num. VII di questi appunti, dando la descri- zione di monete inedite o varianti della mia colle- zione, promettevo che ne avrei esplorato anche altre pubbliche e private. Incominciai difatti tali indagini nella Collezione del Museo Artistico Municipale di Mi- lano, il quale però, se vanta la più splendida collezione che si conosca di monete e fors' anche di medaglie milanesi, airinfuori di questa non possiede in fatto di numismatica se non collezioni incipienti. La serie romana è appena rappresenta^ta ; e piuttosto che una collezione si può dire un semplice abbozzo ; un paio di migliaia di pezzi, roba comunissima nella massima parte e in generale di conservazione al disotto del mediocre. Eppure non v'ha collezione, per piccola che sia, la quale non contenga qualche pezzo che manca 200 FRANCESCO GNECCHI allo più grandi , e anche 1' umile serie romana del nostro Museo Municipale racchiude qualche cosa di inedito che conviene registrare. Si tratta per lo più di piccole varianti di poco interesse ; ma a sostenere l'onore dei pezzi che si presentano basta il bellissimo Medaglione d'argento di Gallieno po&to in testa a questi cenni, proveniente dal lascito Bo- lognini, dal quale pure provengono tutte le poche belle monete della collezione. Tutte le serie numismatiche del Museo Arti- stico Municipale di Milano sono state cosi bene ording,te dal diligentissimo Conservatore il marchese Carlo Ermes Visconti da fare invidia ai migliori Gabinetti , e ben facile sarebbe il compito mio, so tutte le collezioni si presentassero come questa. TITO. 1. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 301. ^^ — IMP T CAES VESP AVG P M TR P COS Vili Testa laureata a sinistra. ^ — VICTORIA AVGVST S C Vittoria a destra con una corona e una palma. (Anno 80 d. C). DOMIZIANO. 2. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 358. ^ — IMP CAES DOMIT AVG GERM COS XII CENS PER P P Testa laureata a destra. ^ - lOVI CONSERV S C Giove a sinistra col fulmine e lo scettro e col manto a mezza vita. (Anno 86 d. C). APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 201 VALERIANO. 3. Antonmiano. — ^opo Cohen 106. ^ — IMP VALERIÀNVS P AVG Busto radiato a destra, 9/ — PROVID AVOG- La Provvidenza a sinistra con una verghe tta, colla quale indica un globo a terra, e una cornucopia. 4. Anioniniano. — l^opo Cohen 157. ^^ — IMP C P LIC VALERIANO AVO Busto radiato a destra. ^ — VIRTVS AVO Il Valore galeato a sinistra con una piccola Vittoria e appoggiato al proprio scudo. L' asta riposa sul suo braccio sinistro. GALLIENO. 5. Medaglione d'Argento. — Prima del numero 1 di Cohen. ^ — GALLIENVS PIVS AVO Busto a destra col paludamento e la corazza. Il capo è coronato da semplice tenia. ^ — ADLOCVTIO AVGG Valeriano e Gallieno stanno su di un palco eretto a destra, ambedue con un' asta nella sinistra. Dietro a loro sta il prefetto del pretorio. L' imperatore che è davanti alza la mano destra arringando tre soldati, ciascuno dei quali tiene un'insegna e lo scudo. (Vedi Figura in principio). Come ho accennato più sopra, questo bellissimo Meda- glione è la perla della Collezione Eomana nel Museo Artistico Municipale di Milano. Essendo già il pezzo più importante quale Medaglione d'argento, e uno dei migliori anche come conservazione; ha per di più la fortuna d'essere inedito e d'avere anzi una specialità per cui merita d'essere descritto. Il tipo dell' Allocuzione somiglia piuttosto a quello dei FRANCESCO GNECCHI Medaglioni di bronzo (Cohen 712 e 713) che non all'unico conosciuto in argento (Cohen 1) ; ma la particolarità che distingue questo Medaglione da tutti gli altri e anche da tutte le monete di Gallieno è la nuova e strana orna- mentazione del capo. Poche teste imperiali furono cosi variamente rappresentate come quella di Gallieno, le cui monete ce la presentano ora nuda, ora fregiata di corona di lauro o d'altra corona che ancora non è ben definita, e chi la vuole d'erba, chi di canne, chi di giunchi; ora finalmente coll'elmo di varie foggie o colla corona radiata o di lauro sovrapposta all' elmo. Nel nuovo Medaglione, il capo di Gallieno è circondato da semplice tenia. Questo noto ornamento delle teste dei Dia- dochi e simbolo di autorità regale appare qui per la prima e crederei anzi per l'unica volta in tutta la serie delle monete imperiali dei primi tre secoli, per riapparire poi ornato di gemme e convertito in vero diadema sulle monete bizantine. 6. Antoniniano, — I^opo Cohen 404. ^ — GALLI ENVS AVG Testa radiata a sinistra. ?/ — PAX AVGVSTI La Pace corrente a sinistra con un ramo e uno scettro trasversale. CLAUDIO GOTICO. 7. Antoniniano, — Dopo Cohen 67. ^' — IMP e CLAVDIVS AVG Testa radiata a destra. 9! — FELICITAS AVG La Felicità a sinistra con un caduceo e una cornucopia. 8. Antoniniano. Dopo Cohen 103. ^^ — IMP C CLAVDIVS AVG Busto radiato e corazzato a destra. 9! — lovi viCTORi ' ^ r;/^ Giove ignudo a sinistra col liianto sul braccio sinistro, col fulmine nella destra e lo scettro nella sinistra. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA TACITO. 9. Antoniniano, — I>opo Cohen 48. ^^ — IMP C M CL TACITVS AVO Busto radiato e corazzato a destra. ^ — FELICITAS AVO La Felicità a sinistra con un lungo caduceo e una cor- nucopia. PROBO. 10. Antoniniano. — Dopo Cohen 120. ^^ — IMP C PROBVS AVG Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato dall'aquila. 9? — ADVENTVS AVG- Probo cavalcante a sin. collo scettro e la destra alzata. 11. — Antoniniano. Dopo Cohen 164. ÌB' — IMP PROBVS P F AVO- Busto radiato e corazzato a sinistra. 9! — CLEMENTIA TEMP Giove ignudo a destra presenta un globo con una Vittoriola a Probo in abito militare. Ambedue hanno lo scettro. 12. Antoniniano. — Dopo Cohen 179. ^' — IMP C M AVR PROBVS AVG Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. 1^ — CONCORD AVG La Concordia con due insegne militari a destra, di fronte al Sole ignudo che alza la mano destra e tiene un globo. 13. Antoniniano. — Dopo Cohen 260. ^^ — IMP C M AVR PROBVS P F AVG Busto radiato a destra col paludamento. 9^ - FELICITAS TEMP La Felicità a sinistra con un caduceo e uno scettro. 204 FRANCESCO GNECCHI 14. Antoniniano. — Dopo Cohen 440. ^ — VIRTVS PROBI ÀVG Busto radiato e corazzato a sinistra con lancia e scudo. 9I — ROMAE ÀETERN Tempio a sei colonne in mezzo al quale Eoma di fronte con una vittoria e uno scettro. % 15. Antoniniano. — I>opo Cuhon 494. ^ — IMP C M AVR PROBVS AVO- Busto radiato e corazzato a destra. 9I — SECVRIT PERP La Sicurezza a sinistra appoggiata a una colonna colla destra alzata sopra la testa. 16. Antoniniano. — Dopo Cohen 628. ^ — IMP C M AVR PROBVS P F AVO Busto radiato a destra. ^ — VIRTVS AVOVSTI Probo a sinistra in atto di coronare un trofeo, ai piedi del quale sta un prigioniero. 17. Antoniniano. — Dopo Cohen QQQ. ^^ — IMP C M AVR PROBVS P F AVG Busto radiato e corazzato a sinistra armato di lancia e scudo. 9I — VIRTVS PROBI AVO Probo galoppante a destra in atto di colpire coli' asta un nemico inginocchiato e che ha perduto lo scudo. DIOCLEZIANO. 18. Antoniniano. — Dopo Cohen 150. ^^ — IMP C DIOCLETIANVS AVO Busto radiato e destra col paludamento. 9' — FELICITAS AVO La ^Felicità a sinistra con un caduceo e una cornucopia. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 205 MASSIMIANO ERCULEO. 19. Antoniniano. — I^opo Cohen 413. ^^ — IMP C VAL MÀXIMIÀNVS AVO- Basto radiato a destra col paludamento. ^ — VIRTVS AVGO Ercole ignudo a destra colla destra sul fianco, e ap- poggiato alla clava, intorno a cui è avvolta la pelle del leone. GALERIO MASSIMIANO. 20. Medio Bronzo. — I>opo Cohen 75. ^ — GAL VAL MAXIMIANVS NOB CAES Testa laureata a destra. Ijl — GENIO CAESARIS Genio seminudo di fronte con una patera e una cor- nucopia. NB. Questa leggenda è nuova fra le monete di Galerio Massimiano. MASSENZIO. 21. Medio BroJizo. — Dopo Cohen 63. ^ — IMP MAXENTIVS P F AVG Testa laureata a destra. '^ — CONSERV VRBIS SVAE Tempio a quattro colonne. Nel mezzo Roma (?) seduta con un globo e uno scettro , e a' suoi lati due Vit- torie che le offrono corone. NB. Questo rovescio è affatto nuovo. La moneta proviene da quel copiosissimo ripostiglio di Belinzago, scoperto nel 1877, e che già diede un buon contingente di nuove monete. 27 203 V. GNECCIH - APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA LICINIO PADRE. 22. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 134. ^ — IMP LICINIVS P F AVO Busto laureato e corazzato a destra. ?( — SOLI INVICTO GOMITI Il Sole seminudo di fronte, rivolto a sinistra. Tiene nella sinistra un globo e un flagello e ha la destra alzata. CRISPO. 23. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 119. ^ — CRISPVS NOB CÀES Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. ^ — VICTORIA LAETAE PRINC PER? Due Vittorie posano su di un cippo uno scudo colla leggenda VOT P R COSTANTINO II. 24. Piccolo^ Bronzo. — Dopo Cohen 136. ^ — CONSTANTINVS VIC AVG Busto diademato a destra col paludamento. ?! — GLORIA EXERCITVS Due soldati di fronte armati di lancia e appoggiati allo scudo. Tra loro due insegne militari. COSTANZO II. 25. Piccolo Bronzo. ~ Dopo Cohen 246. ^ - CONSTANTIVS NOB C Busto laureato e corazzato a destra. 9» — Come il precedente. Francesco Gnecchi. CONGETTURE SULL' ATTRIBUZIONE DI ALCUNI TREMISSI LONGOBARDI Questi tremissi, dallo stampo ristretto relativa- mente al diametro loro, donde risulta in contorno un largo margine liscio, caratteristica dei longobardi, se ne distinguono per la singolarità delle impronte. Quantunque non perfettamente uguali, si pre- stano per la grandissima rassomiglianza fra di loro, indizio di una origine sola per tutti, ad uno studio di confronto. I due primi sono tolti all'opera gran- diosa di E. Gariel sulle monete dei Carolingi (l), il terzo mi appartiene. In tutti non havvi che un monogramma in di- (1) E. Gariel, Les monnaies'royales de France sous la race Carlorùi' gienne. Parte II, Tav. IV, N. 84 e 85. 208 GIUSEPPE GAVAZZI ritto, ed uno in rovescio, dissimili fuorché nel nesso REX, o RX comune all' uno e all'altro lato. Essi de- vono dunque appartenere ad una società reale. Sep- pure non v' abbia un solo regnante il cui nome contenga tutte le lettere costituenti i due mono- grammi. Gariel legge nel primo dei suoi tremi ssi: in diritto CARLEMÀN RX; in rovescio CARLE RX o CÀRLF RX; nel secondo: in diritto CARLEMÀN REX; in rovescio CARLE RX. Con mio rammarico lascia desiderare il titolo ed il peso dell'ano e^delJ'altro. Il N. 3, ossia il mio, pesa 110 centigrammi; ed in seguito ad un assaggio alla pietra sembra composto di sette parti d'oro e di tre d argento. Ha in diritto il monogramma In rovescio corpo del mono -^^ che scompongo in CAROSMTREX. D e cioè CEROSMREX nel gramma ed'M^D fuori , le quali due ultime lettere crederei perciò' essere piut- tosto marchi di zecca, come Gariel giudicò le sigle sparse intorno ai monogrammi dei suoi tremissi. Si può, col monogramma del diritto del mio, co- strurre il nome di Grimoaldo, e, non senza sforzo, farne altrettanto nei diritti dei tremissi di Gariel. Si ponno eziandio nel rovescio (del mio solo però) leggere i nomi di Gondeberto e di Caniberto. Ma il nome del prim.o, che non ebbe soci di regno, non torna nel rovescio di nessuno dei tre tremissi, come non torna nel diritto del mio quello di Pertanto associato col secondo e col terzo. CONGETTURE SULT/aTTRIBUZIONE, ECC. 209 Ma vi ha una ragione assai più calzante per negare a quei tre principi l' attribuzione del mio tremisse, e conseguentemente anche dei due di Gariel, supposto che questi nel titolo e nel peso siano con- formi, come pare, al mio, visto che lo sono nello stile, nel diametro e nelle impronte. Autorevoli scrittori osservarono che il peso dei tremissi longobardi si mantiene da Rotari a Liut- prando incluso fra grammi 1.38 e 1.26 W; scade con Astolfo e più ancora con Desiderio. Fatto constatato anche da me colla pesatura di alcuni tremissi lon- gobardi dei quali dispongo, e coi dati gentilmente favoritimi dagli ottimi amici miei Prof. S. Ambro- soli Conservatore del Gabinetto di Brera e Cav. Èr- cole Gnecchi per quelli dei rispettivi medaglieri. Trovammo costante buon peso nei tremissi di Cu- niberto, Liutberto, Ariberto e Liutprando: per Astolfo grammi 1.10 e per Desiderio perfino 1.02, cioè ancor meno dei pesi indicati dal Cav. Brambilla nelle monete di Pavia, di 1.180 rispettivamente al primo, e 1.065 al secondo dei due regni. Il mio tremisse non offre traccie di tosatura ed è nelle stesse buone condizioni, di conservazione di quelli pesati da quei signori e da me. Il suo peso è quindi un buon argomento per ritenerlo non an- teriore alla metà dell'ottavo secolo. E per analogia dirò altrettanto di quelli di Gariel. Il Conte di San Quintino ed il Cav. Brambilla (2) osservano altresì che nei primi tempi della domina- (1) G. dei conti di San Quintino, Sulla Moneta dei Longobardi in Italia. — C. Brambilla, Tremisse di Rotari, — Monete di Pavia. (2) Di San Quintino e Brambilla. Opere citate. 210 GIUSEPPE GAVAZZI zione longobarda, quei re, non osando battere mo- neta in nome proprio, copiarono la bizantina come quella che godeva del massimo credito. E in pari tempo volendo dare una certa origi- nalità alla loro propria ne alterarono scientemente le scritte in modo da renderle soventi illegibili. Con questa astuzia poterono far correre fra il volgo ignorante di allora tremissi di peso e lega inferiori agli imperiali. Il più antico tremisse conosciuto, che porti nome di re longobardo, è quello di Eotari del Museo Bre- sciano. Rotari conserva il tipo bizantino : in dritto busto diademato di profilo ; Vittoria alata in rovescio. Cuniberto sostituì alla Vittoria l'Arcangelo San Mi- chele, tipo costantemente seguito poi da Liutberto, Ariberto II W e Liutprando. Astolfo mise in diritto un monogramma in luogo del busto, conservando in rovescio T Arcangelo: poi adottò il tipo di Lucca , stella in diritto , croce in rovescio, che tenne anche Desiderio. Ora le impronte del mio e dei tremissi di Gariel non hanno nulla di comune con quelli da Rotari a Liutprando. Dato pure che un regnante fra quei due avesse creduto di attenuare il peso normale del tre- (1) Veramente abbiamo un tremisse di taglio romano col nome e l'effigie di Ariberto II descritto da D. Promis nelle Monete di zecche italiane ine- dite e corrette^ 1867, che dall'iscrizione iffo glorivso dvx appare coniata da un principe feudale. Quell'autore rimarca aver esso nulla di comune coi tremissi di Pavia e molto ragionevolmente crede che l'ignoto duca Iffo avesse residenza in qualche città confinante colle provinole soggette all'im- pero greco in grande relazione con esse. Così i duchi e principi di Be- nevento seguirono costantemente il tipo romano a differenza dei re longo- bardi che ebbero il loro speciale. CONGETTURE SULL'aTTRIBUZIONE, ECC. 211 misse longobardo, questi l'avrebbe fatto, o in modo palese coll'intendimento di stabilire la monetazione su basi diverse, o segretamente a scopo di lucro. La prima ipotesi è contraddetta dal buon peso costante e dallo stampo invariato dei tremissi longobardi fino a Liutprando. La seconda poi non regge affatto se appena si consideri che 1' autore della frode , lungi dallo scioccamente palesarla con un tipo nuovo di pianta , avrebbe fatto di tutto per nasconderla sotto le forme consuete. Ignoro le ragioni che indussero Astolfo a mo- dificare il peso e variare lo stampo dei suoi tremissi. Fatto è però che dopo di lui non si ritornò più al tipo ed al peso di prima. Mi chiesi se l'ardita lettura di Gariel non po- tesse avere probabilità di vero, e non a me soltanto, ma lo chiesi anche ad altri assai di me più valenti. E questi cortesemente mi risposero non vederne di migliori, neppure nel mio tremisse, e con generosa modestia aggiunsero che non mi avessi a preoccu- pare dei loro giudizi e farmene uno da me. Per quanto infatti strana a prima vista, la let- tura di Gariel sembrami tecnicamente la più naturale. Nel mio tremisse i nomi di Carlo in diritto, di Car- lomanno in rovescio si presentano con un' evidenza sorprendente. Ma come ammetterli- in moneta longobarda? Dove quei tremissi poterono aver veduto la luce ? Non in Francia, ove recentemente Pipino il Breve aveva abolito la coniazione dell' oro e riconosciuto sola moneta legale l'argento. Dato anche che Pipino o i suoi figli avessei'o eccezionalmente battuto oro, gli avrebbero dat?t \^ forrqa massiccia merovingia 212 GIUSEPPE GAVAZZI modellata sulla romana. Tali sono infatti i rarissimi soldi d'oro battuti in Francia da Carlomagno e da Lodovico Pio. Resta a vedere se e come quei tremissi possano essere di fabbrica longobarda. ^ Le paci, le quali chiusero le spedizioni franche del 754 e del 756 in Italia, presentano differenze notevoli, e ne: contraenti e nella forma, che non isfuggirono al nostro grande Muratori. Dalla vita di Stefano II in Anastasio bibliote- cario, evidentemente scritta da testimonio contem- poraneo e bene informato, e dal Codice carolino, veniamo a conoscere: Che i Franchi vennero richiesti dai romani in virtù dell'obbligo fatto loro dal jpatto letico di mili- tare in difesa dell'impero e di Eoma. I Franchi erano considerati militi romani ed i re loro cittadini romani per la dignità patriziale conferita a Pipino ed ai suoi figli Carlo e Carlomanno con lui regnanti. Che la pace seguita alla spedizione del 754 fu contratta da romani, franchi e longobardi^ questi obbli- gandosi a restituire ai primi le città e terre usurpate. Che avendo Astolfo mancato ai patti , Pipino sceso nuovamente nel 756 conchiudeva con esso un secondo trattato, e questa volta senza intervento dei romani, nel quale i longobardi cedevano, non più ai romani, ma ai franchi i territori di giurisdizione romana. Pipino poi si obbligava verso la Chiesa Romana a rimetterli ad essa , come fece. Ciò risulta dai se- guenti passi della vita succitata: Gregorio legato del greco Augusto, raggiunto Pipino sotto Pavia, rammentandogli senza dubbio CONGETTURE SULL'aTTRIBUZIONE, ECC. 213 il imito letico^ gli richiese Raveniia e le altre città e terre imperiali contro pagamento delle spese. Cui Pipino rispose che per nulla al mondo avrebbe ri- tolto a S. Pietro ciò che gli aveva dato [Ohtidit dice il succitato biografo), né si dà che ciò che si possiede. Nel trattato di pace con Pipino, Astolfo conferma i patti di prima, ma la restituzione non ha luogo direttamente da longobardi a romani, bensì ad re- cipiendas ipsas civitates il re dei franchi delega l'a- bate Fulrado suo consigliere, il quale accompagna- tosi con messi di Astolfo, entrando di città in città ne riceve ostaggi e le chiavi delle porte, finche giunto a Roma depone le chiavi una cum donatione a suo rege emissa nella confessione di S. Pietro. Fuvvi dunque un tempo breve o lungo, non monta, nel quale i re franchi patrizi dei romani ebbero Teffettivo possesso di Ravenna e delle altre città dell' Italia centrale loro cedute dai longobardi col trattato del 756. Mi par quindi niente affatto improbabile che durante questa, sia pure effimera signoria, eglino vi avessero ad esercitare atti di vera sovranità e fra altri quello di coniar moneta. Tanto più che 1' attestare con documenti pubblici e solenni il possesso reale, benché temporaneo di quei territori, dimostrando il proposito di difenderli, sarebbe stato argomento op- portuno a contenere i longobardi e rassicurare pie- namente i romani W. (1) Clio i romani fossero stati fino allora mediocromento persuasi, non della fedeltà, ma della premura dei re franchi per loro, traspare dalle let- tere di papa Stefano II a Pipino ed ai figli, di giugno e luglio 755 e feb- braio 756 tolte dal Codice Carolino e riprodotte da C. Troya nei Documenti diplomatici longobardi ai N. 692, 694 e 696. 38 214 GIUSEPPE GAVAZZI Lo stile di quei tremissi non lascia dubbio che artefici longobardi vi abbiano lavorato. La coniazione può essere avvenuta nel tempo del breve soggiorno di Pipino in Lombardia fra la conclusione della pace ed il suo ritorno in Francia. In questo caso essa ebbe luogo assai probabilmente nel campo franco non lungi da Pavia. Oppure potrebbe più tardi avervi provveduto Fulrado stesso per conto dei suoi re. Parmi più credibile la prima ipotesi, perchè Fulrado nell'esarcato, ove si recò tosto avrebbe probabilmente coniato sul taglio romano, come prima di lui vi coniò lo stesso re Astolfo W. Veniamo ora all'analisi dei monogrammi del mio tremisse. Il nesso REX, come vedemmo, è comune ai due lati. Il diritto si può facilmente scomporre nei seguenti nessi : (p^ CAROLVS fv FkTRicms p/ì ROMANORVM Quanto alla lettera T nel nesso da me letto Patricius^ non saprei vederne altra in quell'incrocio della barra orizzontale di A prolungata oltre 1' asta minore di R. Tanto più che ho un esempio analogo in una iscrizione dell' ottavo secolo riportata da L. Alpli. Chassant nel Dictionnaire des abréoiations latìnes et francaises dit moyen àge, ove la lettera T è formata da un incrocio analogo colla C qua- (1) D. Promis, Monete di zecche italiane inedite o corrette ^ 1867, — C. BRAMBILLA, Annotazioni numismatiche, 1867, CONGETTURE SULL'aTTRIBUZIONE, ECC. 2l5 drata della terza parola abbreviativa di SÀNCTO (i). Nel rovescio: f n/ CÀRLEMÀNNVS N^ Pktricius k^j ROMÀNORVM Non posso ammettere la mancanza del nome di Pipino, re principale e padre. Lo vedrei nelle P contenute nelle due R che figurano tanto nel mio che nei tremissi di Gariel. Nel mio poi è facilissimo coatrurre in ambo i lati l'intero nome. PIPINVS col nesso n Così nel mio tremisse i titoli di REX e di PÀTRICIVS ROMÀNORVM verranno a riferirsi al singolare ai nomi di Pipino, di Carlo e di Carlomanno. E andrebbero d' accordo, salvo varianti insignificanti, coi seguenti indirizzi delle lettere a quei re inserte nel codice ca- rolino : Dominis Excellentissimis Pippino, Carolo et Ca- roloman7io trihus regibus et nostris romanorum patriciis. Quanto poi alle sigle M • D • un amatore di monete milanesi potrebbe desiderare di leggervi fAeDiolanum, ma quelle due lettere possono significare troppe cose perchè io mi attenti di darne la spiegazione. Anche nei tremissi di Gariel crederei vedere, (1) Credo far cosa grata al lettore riportando quella bella iscrizione: [vAPPEIDTilSyiS^. cioè hic pausante sancto Germano die trasìationis dedit et rex Pìpinus fiscum pulatioli cum appenditiis suis omnibus. 216 G GAVAZZI - CONGETTURE SULL'aTTRIBCZIONE, ECC. almeno nei diritti, le lettere rudimentali di PÀTRICIVS ROMÀNORVM. Ecco in qual modo io spiegherei queste curiose monete che ritengo possono far parte della serie longobarda, e per lo stile indubbiamente longobardo e perchè tali a mio avviso si possono considerare anche dal punto di vista politico e storico. Poiché si riferirebbero ad una parte d'Italia che cessa di ès- sere longobarda, né è ancora romana, e segnano un momento importantissimo della storia dei longobardi. Attribuendole poi a Pipino, Carlo e Carlomanno quali patrizi dei romani, ed a zecca incerta le porrei sotto l'anno 756 per le ragioni già dette. Con ciò io non pretendo di aver còlto nel segno ma vorrei sperarlo. Perciò intitolai questo mio lavoro Congetture, né più che tali le credo. Altri più valenti di me troveranno forse spiegazione migliore e di- versa. Che se alcuno vorrà combattere queste mie conclusioni, io non me ne dorrò certo, anzi 1' avrò ad onore e se sarò convinto di errore, mi arrenderò lietamente alla verità. In queste controversie, vinci- tori e vinti ne sortono sempre con guadagno. Non mi resta se non attestare la mia ricono- scenza al Nob. Cav. C. Brambilla e alla onoraiida memoria del desideratissimo Comm. Vincenzo Promis, i quali con bontà pari alla loro dottrina, mi furono larghi dei loro lumi, mi posero sulla via, e mi fecero cortese violenza a proseguirla. Ebbi cosi modo di procurarmi soddisfazioni gran- dissime nello studio di un periodo tanto interessante della storia del nostro bello e caro paese. Giuseppe Gavazzi. NUOVE OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE MONETE BATTUTE DAI PAPI NEL CONTADO VENESINO E D^ AVIGNONE u Piacemi di notare che aveva ragione il Cartier u quando attribuiva a Bonifacio IX, papa dal 1389 u al 1404 [Revue numismatique francaise, Blois, 1836, u pag. 12), un pezzo di bassa lega con un busto di u papa tenente una chiave colla destra e con attorno u BO • PAPE • DOMIN • da una parte, e dall'altra una u croce accantonata da una B ed in giro COITAT • u VENÀSSIN • (1), mentre invece due anni dopo {Revue u nwm's., Blois, 1838, pag. 214) si lasciò indurre in « errore dal sig. di Saulcy, dandolo a Bonifazio Vili, « quando il Venesino non fu eretto in contado u che dal suo successore. ?? Così il chiarissimo nu- mismatico italiano Domenico Promis scriveva nel- Tanno 1867 in nota ad una sua memoria intitolata Carpentrasso (2). Il signor avvocato Vincenzo Promis, figlio del- l'illustre numografo, seguendo la medesima opinione (1) Vedasi la Tav. V, N. 1. (2) Domenico Promis, Monete di zecche italiane inedite o corrette. Torino, 1867, pag. 28-30. 218 VINCENZO CAPOBl ANGUI nelle sue Tavole Sinottiche delle Monete battute in Italia e da Italiani all'estero (1), pag. 20, contro l'opinione che prevalsa era, toglieva a Bonifacio Vili la suin- dicata moneta per assegnarla al IX, notandovi pa- rimente come « tale moneta dapprima era stata dal « Cartier giustamente attribuita a Bonifazio IX, indi « indotto in errore, ed in ciò seguito da quasi tutti u i nicmismaticiy la diede a Bonifazio Vili, dal cui a successore soltanto fu il Venesino eretto in con- u tado. 5? In vero dire i signori Domenico e Vincenzo Promis, a' quali la numismatica italiana deve tante interessanti illustrazioni e discoperte, mancarono in questa asserzione della loro abituale prudenza, cir- cospezione e diligenza, poiché essi non dovevano ignorare l'interessante opera numismatica del Car- dinale Giuseppe Garampi, col titolo Saggi di Osser- vazioni sul valore delle antiche Monete pontifìcie (2), ove nella ricca raccolta di Documenti tratti dagli Archivi vaticani, che questa ha per corredo, essi avrebbero ritrovato invece, che sotto Bonifacio Vili il Venesino era già eretto a Contado (^) ; che la nuova (1) Torino, 1869. (2) Quest'opera è citata da Vermigligli Gio. Battista {Leila Zecca e delle Monete perugine. Perugia, 1816. App. pag. 73, nota 20), e da Angelo CiNAGLi {Le Monete de^ Papi. Fermo, 1818. Pag. 42, nota 7; pag. 43, nota 2 ; pag. 71, nota 3 o 4, e pag. 79, nota 2). (3) Garampi, Op. cit. App. di Docum. pag. 7. Ordinazione del Rettore del Contado Venesino sul corso delia Moneta paparina (*). « In Dei nomine amen. Anno Domini Incarnationis MCCCII. In- « dictione X V die Veneris, vigesimo primo septemhris, pontificatus domini « Bonifacii Pape Vili anno octavo. O Pag. 61 del Protocollo degli Atti della curia del Contado Venesino, rogati da Barone Alleotti noUgo della medesima negli anni 1302 e 1303, in Arch. Vaticano. NUOVE OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE MONETE, ECC. 219 moneta papale (denominata colà denaro coronato , perchè su di esso vedovasi T imagine del Papa col « ^08 Guido de Monte Alcino (*) Senescaìlus comitatvs venaisini < prò magnifico et potenti milite domino Rogerio de Spinis (**) de Fio- < rentia Bectore Comitatus ejusdem prò domino Papa et Sancta Romana € Ecclesia, auctoritate et balia nobis commissis, et omni ìnodo et jure quibus « melius possumus, intendenles utilitati gentium Comitatus ac reipublice, ut € qneque deceptiones, cavili ationes, et questiones, que consueverunt in eodem € Comitatu in pecuniarum solutionibus sepe sepius exhoriri, cessent, et ad € omnem errorem hujusmodi evitandum, statuimus, sancimus, ac volumus € et mandamus, et prò decreto et statuto liaberi volumus, et in eodem Comi- < tatù inviolahiliter observari, quod in comitatu vknaisino currat et cursum « habeat solummodo et tantum moneta bonorum paparinorum (***), in « ea valentia et bonitate monete, que fuit ordinata, composita et statuta € per dominum mathiam de theate (****) oLiM rectorem comitatus « eiusdem; mandanfes tenore presentium, quod solutiones fiant et fieri « debeant in dicto Comitatu ad dictam monetam,, et dieta moneta cursum « habeat et non alia-, de quibus petiit et mandavit fieri publica Instrwnenta. « Ada sunt hcec Paternis in fortilitio Paternarunt, presentibus testibus « Ben astro Milgli, et Bono Artinisii, et Feo Coppie tei ad hec rogatis. « Ego Barone de Singna Florentin. diocesis filius Aliotti, judex ordi- € tiarius, et notarius puhlicus dicti domini Senescalli, et Curie Venaisin. « notarius etc. » DE MONTE ALCINO. Ruggieri de' Spini deputò discretum et prudentem virum dn. Guidonem quondam Bandirti de Monte Alcino uiriusque juris peritum in Senescallum et Vicarium in officio Bectorie Comitatus, con SUO Mandato di Procura rogato in Firenze a di 30 aprile 1302 (ioc. cit. p. 3). (••) DE SPINIS. Questi fu deputato Rettore del Venesino da Bonifacio Vili a di 18 marzo 1302 a suo beneplacito, come si era usato di costituire gli altri Rettori precedenti. La bolla è diretta dil. fil. nobili viro Rogerio de Spinis de Florentia Militi (loC. cit. pag. 2). Il possesso poi del Rettorato fu preso ai 29 di maggio, e ciascuno dei feudatari e luoghi, mediatamente o immediatamente soggetti al Contado, prestò in seguito il solito omaggio e giuramento di fedeltà alla Santa Sede. ("*) PAPARINORVM. Cosa sieno cotesti Paparini, niuno è che lo sappia, scrive il CO. Carli (T. 1 p. 391), il quale inclinerebbe a trarne la denominazione dall'antica famiglia de' Paperoni. Noi però, riserbando di trattare in altro luogo e tempo del giusto valore e ragguaglio delia moneta Paparina, ci contenteremo di qui accennare, essersi primieramente cosi denominata la moneta, che poco dopo la metà del XIII se- colo i Romani Pontefici fecero battere in Viterbo e nel Patrimonio di S. Pietro, e che fu diversa affatto in valore dalla Provisina o Romana; e cosi essersi anche chiamata Paparina quella , che fecero battere per uso dei loro proprii sudditi nel Contado Venesino. Sicché la voce Paparina viene ad essere sinonima di Papalina, o Papolena, come altrove si enuncia. Il Fiorino d'oro valse a moneta Paparina nel Patrimonio circa l'anno 1270 soldi 25 ; nel 1291 e 1297 soldi 30 in circa ; nel 1308 soldi 40. e nel 1317 soldi 47. Quanto poi ai Paparini del Venesino, nelle rimesse del danaro che di là facevansi alla Camera Apo- stolica, osservo che nell'anno 1301 fu computato il Fiorino d'oro a soldi 23 li2 Paparinorum novorum qui NUNC cuduntur in comitatu Venaissino , licet cum mercatoribus Clarentinis , qui in illis partibus dictam pecuniam reoeperunt, adhuc de dicto cambio simus in lite, eis petentibus Florenum prò XXVI solidis com- putari (lib. Division. Sac. Colleg. pag. ,30) ; ma nell'anno seguente fu ragguagliato il medesimo Fiorino a soldi 25 ll2, CORONATORUM seu Paparinorum novorum , sicut de dicto valore dominua Mathias Rector scripsit Ooc. cit., pag. 32). (•"•) DE THEATE. Egli fu deputato Rettore del Venesino da Bonifazio VHI a di 5 giugno del l'anno 1300 (Reg. Bònif. Vm, an. VI ep. 183). Il medesimo nel nostro protocollo viene poi detto Magistev Mathia de Theate Clericua Camere domini Pape, ed era anche Canonico Morinense, 220 VINCENZO CAPOBIANCHI capo coronato della tiara), principiò ad esservi bat- tuta da Mattia da Theate eletto rettore di quel con- tado da Bonifazio Vili a di 5 giugno dell'anno 1300, e che la zecca trovossi « in Castro papali Ponti s u Sorgie ^i 0) capoluogo allora del Contado Venesino e non in Carpentrasso come essi immaginarono. Ciò premesso, più facile riesce di dare giudizio sul merito della Memoria, testé menzionata, portante il titolo Carpentrasso, colla quale Domenico Promis pubblica ed illustra una piccola moneta di bassa lega, che conservasi in Torino nella preziosa serie dì monete papali di S. M. Su di essa da un lato vedonsi due chiavi in palo ma opposte, con attorno (1) Di questa località, capoluogo allora del Contado Vonesino , il Ga- rampi, (Op. cit., App. di Docum., pag. 11, nota 9), dice: « Già nella zecca « Pontificia del Ponte della Sorga batte vasi almeno fin dall' anno 1301, € (come sopra si è osservato pag. 8), la moneta d'argento, e le altre infe- « riori; e questa continuossi a battere anche sotto il Papa Benedetto XI, « Clemente V e Giovanni XXII. » Inoltre vedansi i Documenti della sud- detta Appendice, pag. 9, n. IV; pag. 12, n. V; pag. 16, n. VI; pag. 20, n. VII; pag. 22, n. Vili ; pag. 23, n. IX ed a pag. 10, nota n. 4 « pontis « SORGIE. In questo luogo, ch'era come il capo di tutto il Contado Vene- « sino fecero ordinariamente la loro residenza i sommi Pontefici, e vi fab- « bricarono un gran palazzo , innanzi che divenissero nell'anno 1348 pa- « droni di Avignone. Allorché nell'anno 1274 Filippo l'Ardito re di Francia, « che indebitamente occupava il Contado, ammonitone dal P. Gregorio X, « ne rimise in pieno e assoluto possesso la S. Sede, Rinaldo da Roveredo, € siniscalco regio di Boaucaire e di Nimos, a di 27 gennaio a nome del « Re fece la solenne consogna del Contado ai Nunzi! o Commissarii del « Papa nel castello suddetto: Terram Veneissini predictarn j et ipsum € castrum pontis sorge, et per castrum idem terram prefatam Vetieis- € sini totam restituii, oc dimisit liheram et quietam cum castris, etc. oc € possessionem ipsorum omnium tradidtt et assignavit , etc. , relaxans < omnia juramenta fidelitafis , et absoìvens singidos ipsius terre ah e Jiomagiis, siqua dicto Regi aut aliis quìhuìcumque ipsius Regis nomine « prestitissent, come più ampiamente apparisce dal protocollo originale dei < possessi presisi allora del detto Contado, e dei giuramenti di fedeltà, che « prostaronsi alla S. Sede, che conservasi in Archivio segreto Vaticano ». NUOVE OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE MONETE, ECC. 221 ^ NICOLAVS • PP • CARTVS • (papa dal 1288 al 1291), e dall' altro una croce , quasi patente accantonata neir angolo inferiore di sinistra da due piccole chiavi decussate con + SANCTVS • PETRVS • (i). Domenico Promis ha creduto di riconoscere in questa moneta la produzione primitiva della zecca del Venesino, anteriormente che questo fosse stato eretto a Contado; e perciò egli dice, che Nicolò IV volle vi fosse solamente col suo il nome di San Pietro, omettendo quello d' ana provincia che non aveva alcun titolo; mentre sulle monete coniate in Italia da Benedetto XI , Giovanni XXII e Bene- detto XII , che ressero il pontificato nella prima metà del secolo decimoquarto , epperciò posterior- mente a Nicolò IV, se vedonsi le due chiavi, hanno tutte Sancii Petri patrimonium, per indicare che fu- rono lavorate nella provincia che porta tal nome ed in Viterbo capoluogo di essa, a Oltreché » egli prosegue « questa moneta nel tipo, peso e bontà u è UGUALE ad alcune monete emesse in questo 44 contado dagli antipapi Benedetto XIII (2) e Gio- « vanni XXIII (^) e dal le^gittimo pontefice Eu- genio IV ". La conclusione dell'illustre scienziato, che questa moneta possa essere la prima che i Papi coniassero nel Venesino, cade per le medesime sue osservazioni. Come mai credere possiamo , senza ammettere uno di quegli errori de' quali si hanno esempì, che questa moneta , che coniata esser dovrebbe nel Venesino (1) Vedasi Tav. V, N. 6. (2) Vedasi Tav. V, N. 4. (3) Vedasi Tav. V, N. 5. 29 222 VINCENZO CAPOBIANCHI verso Tanno 1290 , e perciò di tipo , peso e bontà come quelle che in seguito vi si usarono coniare, sia UGUALE invece ad alcune monete emesse in Avignone nella prima metà del quindicesimo secolo? È evi- dente che lo zecchiero avignonese errò incidendo CARTVS (1) in luogo di QVINTVS. Eugenio IV, del quale si ha moneta uguale , come il Promis asserisce, a quella su cui ora ragionasi , cessava di vivere a di 23 febbraio del 1446: ai 6 marzo dell'anno seguente venivagli eletto a successore Tommaso Parentucelli da Sarzana , col nome di Nicolò V , a cui la men- zionata moneta indubitatamente appartiene (2). Nes- sun' altra dimostrazione potrà meglio convincere di quanto ora venne indicato che l'esame sui tipi e sulle epigrafi delle monete di quell'epoca. Per ciò che si riferisce alle leggende ed agli emblemi che usaronsi primieramente stampare dai Papi sulle monete del Contado Venesino si è potuto osservare che, da Bonifacio Vili a Clemente VI, per lo spazio cioè di mezzo secolo, tutte le monete d'ar- gento e billione immancabilmente portano i titoli COMITÀTVS VENASINI e COMES VENÀSINI ; cioè COMITÀTVS VENASINI, quelle di Bonifacio Vili e Clemente V ; COMES VENASINI le altre di Giovanni XXII e Cle- mente VI (^): le mancanti appartenendo invece a pro- (1) Un altro esempio della parola cartvs , così scritta , si riscontra sopra un Grosso di Eugenio IV battuto in Avignone, che conservavasi già nella Collezione Remedi di Sarzana, indicandoci questa identità di voce la stossa zecca e forse lo stosso zecchiero; vedasi Catalogo della CoUeziotie Remedi di Sarzana pubblicato dalllmpresa di Vendite di Giulio Sambon. Milano, 1884, pag. 248, n. 2259. (2) Vedasi la Tav. V, N. 6. (3) CiNAGLi, Le Monete de^ Papi: Bonifacio Vili, pag. 27, n. 1, coitat VENASiN. — Clemente V, pag. 28, n. 1, comit, venasini ; n. 2, com, veNAX- KUOVE OSSERVAZIONI SOMlA ALCtNE MOKETE, ECC. 223 vincie italiane soggette alla Santa Sede. Si è osser- vato parimenti come questi titoli cessino sotto Cle- mente VI per essere sostituiti , in nuovi tipi di monete, dal nome di san Pietro, ovvero de' santi Pietro e Paolo; essendo probabile che tale cambia-, mento avesse origine dall'acquisto del territorio e città d'Avignone fatto c^a papa Clemente VI, nel- l'anno 1348 (1), che formarono allora col Venesino una sola e più vasta provincia. Trovansi adunque di quest' ultimo Papa , due tipi di monete ed in maggior copia de' suoi predecessori. I soli fiorini d' oro papali del tipo fiorentino , senza nome di Papa, ma portanti quello di SÀNT • PETRH (Sanctus Petrus), e con i contrassegni della mitra ornata di due cerchi e della mitra semplice (2), i quali a Giovanni XXII credevansi spettare , ne siNi (medesima moneta della Colleziono Raspoli. Catalogo della vendita. Roma, Tip. Befani, 1886. Tav. 1, n. 43, coit. venasini). — Giovanni XXII, pag. 29, n. 4, comes venasini. — Clemente VI, pag. 30, n. 1 o 2, comes VENESI, n. 6, COMES VENASINI. (1) Domenico Promis errò nel riportare che « nel 1340 Avignone fu € comprata da Benedetto XIII (sic) » citando Topera del Fantoni-Castrucci, Istoria delia città di Avignone e del Contado Venesino, pag. 220 (Memoria sopra cit. , pag. 30). Come parimenti errò Vincenzo Promis dicendo che « Avignone fa data nel 1340 a Benedetto XII. » {Tavole Sinottiche sopra citato, pag. 19). Il Castrucci a pag. 206 narra invece che « Giovanna, re- « gina di Napoli e contossa di Provenza , ritrovandosi in Avignone , con € l'assenso di Lodovico di Taranto suo marito ivi presente , vendè questa « città a Clemente (VI) ed alla S. Sede per prezzo di ottantamila fiorini € d' oro realmente sborsati. Seguì la vendita a nove Giugno del 1848, e la < conferma della medesima a 21 delPistesso mese ». Notiamo parimenti come Domenico Promis (Memoria cit. pag. 30) narri che il « Venesino venne da Filippo il Bello re di Francia ceduto nel 1274 « a papa Gregorio X », dicasi invece « Filippo (III) l'Ardito », nato il P maggio 1245, Re nel 1270, morto il 5 ottobre 1285. Genealogie Historique de la Maison royale de Fmnce. Paris, 1738. Tom. Ili, T. XXXIV, p. 178. (2) CiNAGLi, Op., cit., pag. 29, n. 1 e 2. Ó24 VINCENZO CAPOBIANCHI avrebbero formato Vunica eccezione^ se, nell'anno 1868, presso il signor Hoffmann, noto negoziante di Pa- rigi , per avventura non avessi discoperto un nuovo inedito tipo, che, da me acquistato, passò dipoi nella celebre collezione del sig. Marchese Senatore Filippo Marignoli (^). Sopra un lato di questo vedesi l'ima- gine, in piedi, di S. Giovanni Battista, con attorno la leggenda S • lOHANNES B -, e per segno, a destra del Santo, ma in alto, due chiavette incrocicchiate e le- gate: sull'altro lato, il giglio di Firenze, la leggenda COMES VENSI (Comes Venaysmi) e due paia di chia- vette solamente incrocicchiate. Nelle indagini da me fatte, onde assegnare un posto a questa nuova mo- neta, mi è sembrato logico che le monete d'oro do- vessero seguire la stessa norma di quelle d'argento e billione, ossia che, da Giovanni XXII (che secondo i documenti del Garampi fu il primo, nel 1322, che ne ordinò la battitura) a Clemente VI , dovessero portare il titolo COMES VENÀSINI , cambiato da que- (1) Vedasi la riproduzione alla Tav. V, N. 3. — Questo fiorino venne già da me descritto in una Tavola Sinottica delle monete papali del deci- moquarto secolo {Bullettino di ^Numismatica e Sfragistica per la Storia d'Italia, Voi. II, n. 1 e 2 riuniti. Camerino, 1834, pag. 9 e 22). Altri esem- plari di questo rarissimo fiorino d'oro vennero in seguito discoperti. Uno eguale fu venduto qui in Roma airEminentissimo Card. Bandi, ed un altro esemplare , ma di differente conio , perchè su di esso leggesi venesi in luogo di VENSI, fu acquistato dal Sig. Demole, Conservatore del Gabinetto Numismatico di Ginevra, e pubblicato dal Sig. Laugier, neWAnntcaire de la Société franqaise de Numismatique et d'Archeologie. Mai-Juin 1888 , pag. 237-38-39. Il Sig. Laugier, nella sua illustrazione, senza tener conto dell'epoca in cui venne introdotto , sulle moneto venesine, il nome di San Pietro, assegna il fiorino d'oro col nomo sant. petrh e con la mitra sem- plice, a Giovanni XXII ; 1' altro col medesimo nome e la tiara ornata di tre corone (del quale non mi riuscì finora di vedere l'esemplare effettivo), a Benedetto XII ed infine, quello colla leggenda comes venesi, a Cle- mente VI. NUOVE OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE MONETE, ECC. 225 st'ultimo Papa nel nome di SÀNCTVS PETRVS. Dunque, se l'uso di segnare il nome di san Pietro aveva prin- cipiato sotto Clemente VI , il fiorino, con questo nome, non pò tea appartenere a Giovanni XXII che, tanto nel Contado Venesino come in Italia nessuna moneta segnava col nome di questo Santo, ma bensì l'altro nuovo fiorino portante il titolo COMES VENSI, che alla sua moneta d' argento corrispondeva. I documenti, che il Garampi pubblicò, sulla battitura dei fiorini papali nel Contado Venesino e d' Avi- gnone, degli anni 1322, 1323, 1331, 1344 e 1364 (l), mentre ci danno preciso conto sul loro peso e bontà che uguali esser dovevano ai fiorini di Fi- renze, nulla ci dicono poi delle loro leggende ed insegne; però qualche notizia ricavasi dalla Provvi- sione colla quale, nell'anno 1368, la Repubblica Fio- rentina, (2) a petizione di Urbano V papa, contro gli ordini degli Statuti del Comune di Firenze , dava licenza u Nobili Viro Amar io de Gianfiliazzis Civi u Fiorentino Magistro monetarum D. Pape » di bat- tere fiorini, i quali esser doveano stampati a sub vel u cum imagine S. Johannis Baptiste, vel Lilio^ vel alio u signo, vel Conio Communis Florentie , dum tura in u ipsis Florenis^ et quolibet ipsorum sit impressio evi- u dentium litterarum, seu sigmim Mitrie PapaliSy per u quod appareat non esse Florenos de Florentia , et u quod in ipsi Florenis non sint scripte, seu sculpte he u lictcre de Florentia ", dimostrandosi con questo la giustezza delle osservazioni fatte che ci portarono (1) Garampj, Op. cit., App. di Docum., pag. 9, 12, 16, 20 e 39. (2) Orsini, Storia Mie monete della Repubblica Fiorentina. Pa- gina XXXVIII. 226 VINCENZO CAPOBIANCHI a ritenere come i fiorini papali d' oro , col contras- segno della mitra^ e perciò col nome SÀNT PETRH, fos- sero di più recente battitura che quelli col titolo COMES VENSI (1). Le chiavi incrocicchiate ad x sono l'insegna del Sommo Pontefice e della S. Sede : disposte in questa guisa, appariscono per la prima volta sopra le monete di Clemente V (1305-1314), battute nel Contado Vene- sino, allorché la Sede Pontificia venne colà trasferita ;. ne è improbabile che vi fossero rappresentate cosi, onde distinguere le nuove monete che battevansi in quel Contado, da quelle del Patrimonio di S. Pietro (1) GriovANNi Villani nello suo Istorie Fiorentine. Lib. IX, cap. CLXIX così scrive: < Noi dotto tempo e anno (1322) papa Giovanni foce faro in « Avignone una nuova moneta d'oro fatta del peso e lega e conio del fio- < rino d'oro di Firenze senza altra intrasegna, se non che dal lato del « giglio diceano lo lettere il nome di papa Giovanni ». Al Cap. CCLXXVIIl del medesimo libro, ripetendo la medesima cosa, dice invece : « Nel detto « anno (1324) e mese di dicembre papa Giovanni foco fare il fiorino a « lega e conio di quelli di Firenze, o non vi avea altra differenza, so non. « che dal lato dell'impronta di Santo Giovanni diceano le lettore papa Gio- « VANNI e per intrasegna di costa a Santo Giovanni una mitra papale o « dal lato del giglio diceano le lotterò Sanctvs Petrvs Sanctvs Pavlvs. » Il Vettori, {Il Fiorino d'oro antico illustrato, pag. 25) osserva , cho descrivendo il Villani queste monete, e dicendo , che il Papa foco incidere il suo nome intorno al giglio, egli è facile, come ognuno può persuadersi, cho abbia preso qualche equivoco, tanto più che nel secondo luogo scrivo tutto all'opposto, dicendo cho il Papa fece incidere il suo nome intorno alPima- gine del S. Giovanni, e dalla parto del giglio i nomi dei santi Pietro e Paolo. Che equivoco esista nella notizia del Villani è evidente perchè in tutto lo riproduzioni dei fiorini d'oro, dal lato ove è V imagino di S. Gio- vanni, la leggenda è sempre s. Johannes, b.; ad onta di questo non è improbabile cho nelle due descrizioni il Villani voglia intenderò di duo diversi fiorini battuti in due differenti e più distanti epoche , come i do- cumenti di zecca co ne danno indiscutibile prova , ed allora su quel fio- rino « cho dal lato del giglio diceano lo lettore il nomo di papa Giovanni » avrebbero detto invece il titolo di papa Giovanni, comes venasini , e per l'altro, abbonchè inesattamente da lui descritto, purnondimeno tanto vi ha da potervi riconoscerò il tipo o le leggende di quelli fino ad ora noti. NUOVE OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE MONETE, ECC. 227 in Tuscia, che le avevano disposte invece vertical- mente e parallele. Fa cosi a cuore ai Sommi Pon- tefici questa nuova Insegna, che ne vollero fregiare, eccetto qualche raro esempio, tutte le monete del Contado Venesino e d'Avignone, delle quaU furono l'emblema ed il contrassegno speciale. Le chiavi in croce, unite alla tiara, ornarono sempre in seguito lo stemma dei Pontefici. Sulla moneta papale, volgarmente dettsipaparma, che battevasi nel Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, è da notarsi che, sebbene innumerevoli siano gli esempì che ne appariscono sui registri della Curia di questa provincia, purnondimeno il Card. Garampi (l) fu il primo a darne esatto conto, ignorandosi dagli scienziati perfino che specie essa fosse! Egli ci fé conoscere a essersi primieramente denominata u paparina la moneta che, poco dopo la metà del u XIII secolo, i romani Pontefici fecero battere nel « Patrimonio di S. Pietro «; ce ne indicò il valore nelle diverse epoche, e come verso l' anno 1270 vi fosse corrente. Appartengono a Benedetto XI (1303-1304) le prime monete segnate col nome di Papa ; ed è verosimile che in ciò si seguisse l'esempio del predecessore Bonifacio VIII che, per primo, aveva fatto porre il proprio nome su i nuovi paparini da lui fatti battere nel Contado Venesino. Non sono note Ordinazioni di questa zecca, anteriori al 1300; se ne hanno in seguito di Gio- vanni XXII, degli anni 1321 (2) e 1334 (3); di Bene- (1) Garampi, Op. cit., App. di Docura., p. 8, nota 4. (2) Theiner, Cod. diplom, Vat. Tom. I, pag. 504, dclxix, (3) Idem, Tom. I, pa^. 606, dcclxxvii. 228 VINCENZO CAPOBIANCHI detto XII, del 1337 (i), spedite da Avignone, e di Ur- bano VI, del 1389 (2), da Roma. Le chiavi verticali, parallele ed in senso opposto, che veggonsi su questa moneta, sono 1' emblema, il vessillo del Patrimonio di S. Pietro; le chiavi cosi disposte furono scolpite sopra tutte le monete papali ivi battute nel XIII e in parte del XIV secolo; né mai sulla moneta portante quest^emblema trovasi l'altro delle Chiavi incrocicchiate. Le monete, con le Chiavi del Patrimonio, haijno l'epigrafe BEATI, SANCII ovvero DIVI RETRI PATRIMONIVM, che, sulle monete di Bene- detto XI e Benedetto XII, leggesi attorno alle chiavi ; sopra quelle di Giovanni XXII , sul lato opposto, ove è rappresentata la croce, e sopra quelle mancanti del nome del Papa è divisa metà per lato, principiando ove trovansi rappresentate le chiavi. Per ultimo, le chiavi disposte nella medesima guisa, come sulle monete del Patrimonio di S. Pietro, furono egualmente impresse sopra alcune piccole monete, che batteronsi in Avignone nella prima metà del XV secolo ; della qual cosa ignorasi la ragione. Le chiavi sopra queste monete stanno sul lato, ove è scritto il nome del Papa, e sull'opposto nell'area è scolpita una croce accantonata o da un simbolo araldico , come sulla moneta dell' antipapa Bene- detto XIII, o più comunemente da due chiavette incrocicchiate, come ben vedesi su quella di Gio- vanni XXIII e sopra l'altra, della quale ora ragio- nasi, portante il nome di Nicolò IV: intorno alla croce poi tutte portano le parole '- + • SANCTVS PETRVS, (1) Idem, Tom. I, pag. 20, xxxix. (2) Idem, Tom. II, pag. 617, dcl. NUOVE OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE MONETE, ECC. 229 e la crocetta in alto trovasi fra quattro punti, ov- vero cerchietti. Da questo esame sulF epigrafi e sugli emblemi delle monete Venesine, Avignonesi e del Patrimonio di S. Pietro, più palese appare l'errore esistente sulla moneta, creduta da Domenico Promis spettare a Ni- colò IV, papa dal 1288 al 1291. 1.° Per appartenere a questo Papa ed alla zecca Venesina, questa moneta avrebbe dovuto por- tare il nome della provincia COMITÀTVS VENASINVS. 2." Essa non dovrebbe avere SÀNCTVS PETRVS, che non fu usato, sulle monete Venesine d'argento e billione, prima di Clemente VI, eletto papa nel 1342. 8.° Non dovrebbe egualmente avere le chiavi incrocicchiate, non trovandosi così rappresentate in quell'epoca ; anzi, a questo riguardo, per un identico errore di numero che appare sopra una moneta di Martino V, pubblicata dall' Argelati e da esso pre- sentata come moneta di Martino IV (papa dal 1281 al 1285), perchè vi si leggeva QVÀRTVS in luogo di QVINTVS, il Cinagli escludendola, giustamente dice 0) u che più d' ogni altro riflesso è osservabile avere « questa moneta le chiavi decussate^ le quali non tro- u vansi mai usate prima di Clemente V (1305) v. 4.° Infine, perchè questa moneta porta le chiavi verticali e parallele, che mai ebbero le Venesine ; ma solamente alcune monete Avignonesi , non prima dell'antipapa Benedetto XIII (1394). Ed ora ci sia permesso il paragone fra la mo- neta dai Promis assegnata a Nicolò IV e l' altra ricusata a Bonifacio Vili, sulla quale ultima diremo (1) Cinagli, Op. cit., pag. 27, nota n. 1. 3o 230 VINCENZO CAPORIANCHI che, se anche in nessun conto si volessero tenere e i documenti pubbhcati dal Garampi e la perfetta somiglianza di tipo, coll'Obolo di denaro battuto da Clemente V W, la sua singolare epigrafe era per se medesima bastevole a provare l'errore nel quale essi incorrevano. Ed infatti, a quale altro Papa, se non a Bonifacio Vili residente in Roma e rappre- sentato nel Contado Venesino dal Rettore da esso eletto, poteva quell'epigrafe spettare? Moneta DOMINA BOnifacii PAPE — CQmMt^Jus VENAISSINf. Ciò nono- stante, essi sostennero che questa moneta non gli apparteneva per la ragione che u il Venesino non fu « eretto in contado che dal suo successore (Cle- a mente V) con Breve del 1309 » C^) citando l'opera del Castrucci, ove questo troverebbesi riprodotto. Orbene , il Breve dai Promis citato nulla con- tiene che affermi la loro asserzione, ma ne risulta soltanto la nomina di Raimondo di Guilliermo signore di Rudos a Rettore (3). In quanto poi all'epoca in cui il Venesino abbia principiato a godere il titolo di Contado , il citato Castrucci cosi si esprime W: u Alcuni sentono, che « il paese del Venesino, fino al tempo di Clemente V, « non godesse del titolo di Contea , come non con a leggieri fondamenti si è riferito nel primo libro. « Questo Pontefice si crede , lo illustrasse con la (1) Vedasi la Tav. V, N. 2. (2) Domenico Promis, Meraor., cit., pag. 30. Leggasi il tosto e la nota. (3) Fantoni-Castrvcci , Op. cit. , pag. 161, § 22. Il Breve è diretto : « Dilecto filio Nobili viro Rayìnundo Guillermi Doìnino de Rudos in tem- « poralibm Comitatus Venayssini Rectori sahitem, et Apostolicam bene- « dictionem, etc. v, (4) Idem, pag. 161, § 21, NUOVE OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNE MONETE, ECC. 231 « prerogativa del titolo, ed onor Contale; bastevol- u mente indicandolo le monete d'argento, che egli a fè battere, ed oggi ancor si conservano, nelle quali a si fè scolpire col titolo di Conte del Venesino, u Comes Venesini « . E quanto ci riferisce il Castrucci, abbenchè non interamente conforme al vero, perchè non è sulle monete di Clemente V che appare scritto il titolo COMES , ma bensì su quelle del suo successore Giovanni XXII , altro non è che sem- plice congettura. Il Card. Garampi, che più estese e certe notizie potè attingere da' Protocolli originali dei possessi presi del Contado Venesino, che conservansi nel- l'Archivio segreto Vaticano, non solamente ci dice che, sotto Bonifacio Vili quella terra aveva già il titolo di Contea, ma avevalo eziandio nel 1274, quando, a richiesta di Gregorio X, Filippo l'Ardito re di Francia ne rimise in assoluto e pieno pos- sesso la S. Sede e lo narra con le seguenti parole (^): a Rinaldo da Roveredo Siniscalco Regio di Beau- tt caire e di Nìmes a dì 27 gennaio a nome del u, Re fece la solenne consegna del contado a' Nunzi a e Commissari del Papa nel Castello del Ponte della u Sorga, » Vincenzo Capobianchi. (1) Garampi, Op. cit., App. di Docam. pag. 10, nota n. 4. SOLDINO ASTIGIANO INEDITO DI CARLO QUINTO Le monete'coniate in Asti a nome di Carlo V, durante il breve lasso di tempo in cui egli tenne la si- gnoria di quella città, cioè dal 1529 al 1531, sono scarsissime : l'illustre Domenico Promis non potè pub- blicarne che quattro soleW, una quinta ci venne fatta conoscere dal chiaro e compianto di lui figlio Vin- cenzo (2), due altre infine sarebbero state aggiunte alla serie da Carlo Kunz (3), se, cosa singolare in quel dili- gentissimo indagatore, non gli fosse sfuggito che una di esse, quella da lui data come inedita al n. 10, era già stata pubblicata da D. Promis W. (1) Monete della zecca d'Asti. Torino 1853 (Tav. VI, nn. 11 e 12, o Tav. Vn, n. 1). — Monete e medaglie italiane, Torino, 1873 (Tav. I, n. 3). (2) Monete di zecche italiane^ inedite o corrette. Memoria quarta. To- rino, 1882 (Tav. II. n. 17). (3) Monete inedite o rare di zecche italiane. Asti. Noli' Archeografo Triestino, 1884, Voi X, nn. 9 e 10 della Tavola). (4) Nella seconda dello ricordate Memorie, compresa nel Tomo XIII della Miscellanea di Storia Italiana edita per cura della E. Deputazione torinese di Storia Patria. SOLONE AMBROSOLI Rimarrebbero quindi, in tutto, sei monete, al- meno per quanto è a mia cognizione; una settima sarebbe la seguente, che ho acquistata non ha guari per il Gabinetto di Brera: Soldino. Mistura. Peso, grammi 1,70. ^ _ (^Piccola torre) . KROLVS • QVIN? IMPERATO Arme senza corona, entro cercliio di perline. 9I — {Piccola torre) . SANTA • INTERCEDE • PRO • NO • Croce filettata e fogliata, entro cerchio e. s. Un altro esemplare, di cui mi fu concesso il confronto per la molta cortesia del suo possessore Cav. Giuseppe Fantaguzzi, R. Ispettore degli Scavi e Monumenti in Asti, differisce leggermente nelle leggende, avendo QVINTVS in tutte lettere, e PRO • NOBI • invece di PRO • NO • Il peso non ne è che di grammi 1,20, ma si tratta di un esemplare alquanto negligentemente coniato e mancante inoltre di un frammento delForlo. A dir vero, la suddescritta monetina non reca indicazione alcuna per poterla assegnare alla zecca d'Asti, e si trova per questo riguardo in condizioni assai peggiori del testone, del mezzo testone e del ca- vallotto editi da D. Promis nella prima sua Memoria, a proposito dei quali egli già notava : u In tutte « queste monete, le sole che si conoscano di Carlo V, « esso assume solamente il titolo d' Imperatore, e a mai quello di signore d' Asti, e dal solo rovescio u si conoscono appartenere a quella città. " W. Qui (1) Mi si permetta un'osservazione incidentale. II mezzo testone pubbli- cato dal Promis è battuto evidentemente col rovescio della moneta franco- -astigiana anonima da lui attribuita a Lodovico XII. Questa circostanza, SOLDINO ASTIGIANO INEDITO DI CARLO QUINTO 235 invece^ non solo manca il titolo di signore d' Asti, ma anche il rovescio non presenta che una croce con una semplice invocazione religiosa. Questa, tuttavia, basterà nel nostro caso a determinare l'attribuzione. Infatti, se l'aspetto generale della monetina, le par- ticolarità del lavoro, e sopratutto la forma caratteri- stica della croce, indicano chiaramente che questo pezzo è di fattura italiana, che anzi dev'esser uscito da qualcuna delle nostre zecche dell' Italia Setten- trionale, questa zecca ci vien rivelata dalla circostanza che la stessa invocazione alla croce si legge nel sol- dino astigiano di Francesco I. Ammessa come ragio- nevole ipotesi la pertinenza alla zecca d'Asti, sarà fa- cile convincersi che tutti i caratteri della monetina concorrono a ribadire quest'attribuzione; e si potrà poi concludere più precisamente che si tratta per l'appunto di un soldino astigiano, battuto a nome di Carlo V, moneta tuttora inedita, per quanto mi sappia. L'attribuzione ad Asti è ritenuta ammissibile anche dal eh. Cav. Fantaguzzi, il quale gentilmente m'in- forma inoltre che il Comm. E. Maggiora Vergano divideva pure tale opinione. Mi rimane soltanto da combattere preventiva- mente un' obbiezione , che forse qualcuno potrebbe elevare basandosi su di un'apparente minuzia, la quale, esaminata dappresso, sembra assumere ad un tratto le proporzioni di un ostacolo non trascurabile. ma più ancora il motto: Soli Deo trino et uni gloria, che si ì^^gQ su quella moneta anonima, e che non si trova sulle monete di quel re ma bensì su quelle del suo successore, mi inducono a ritenere che essa non debba attribuirsi a Lodovico XII ma a Francesco I, l'immediato antecessore di Carlo V nella signoria d'Asti, 236 SOLONE AMBROSOLI Voglio alludere alla piccola torre che, su ciascun lato elei nostro soldino, si trova al principio della leggenda. Questa piccola torre si vede anche su alcune monete di Giovanna e Carlo, e di Carlo solo, attri- buite, ora alla Spagna, ora alle Due Sicilie (i), e co- stituisce una difficoltà anche per 1' Heiss, il quale osserva che potrebbe essere un segno di zecca {un castillo qice podria ser la sehal del taller de acimacwn), aggiungendo:.... confesamos no haherlo hallado (trovato) en ningun documento castellano. La "inarca de la casa de moneda de Tournai (nei Paesi Bassi) es un castillo ; pero este establecimiento no labro (lavorò) moneda desde 1501 hasta 1577 ; es decir , durante lodo el reinado de Carlos V. Tampoco (neppure) se conoce el castillo corno marca de un lugar (luogo) de acunacion en la sèrie siciliana; e conchiude: por todo lo que antecede no titubeamos en clasiflcarlas (le dette monete) comò de la sèrie castellana, aunque no nos sea posible por ahora a firmar a cual de los taller es (zecche) de Espaha pertenecen (2). A questo, veramente, si può opporre che il Ge- nerale Cocheteux, in un importante articolo comparso nella Revue de la Numismatique Belge (3), pubblicò una corona d'oro di Carlo V, col segno di zecca della torre, e dimostrò con brillante e stringente argomentazione che tale moneta doveva essere uscita dalla zecca di Tournai ; ipotesi confermata poi splendidamente dalla (1) Heiss (Aloiss), Descripcion general de las monedas hispano-cri- stianas desde la invasion de los Arabes. Madrid, 1865. Tomo I, tav. 27, nn. 1-3; Tomo II, tav. 125, nn. 1, 7, 8, e tav. 127, nn. 30 e 34. (2) Heiss, Tomo I, pag. 149. (3) De la lìwnnaie de Tournai de 1498 à 1578, à propos d'une cou- ronne d'or de Charles-Quint (E. de la N. B., 2* Serie, Tomo V, 1856). SOLDINO ASTIGIANO INEDITO DI CARLO QUINTO 237 scoperta di un' altra corona simile, die , oltre alla torre, ha Tabbreviatura del titolo della signoria: D • T • (J)ominiis Tornaci) 0). È dunque assodato che durante il regno di Carlo V la zecca di Tournai coniò moneta, quantunque, come giustamente con- clude il Conte de Nédonchel in un suo studio rias- suntivo sull'attività di quell'officina (2), ciò non sia accaduto che tout à faìt exceptionnellement. Dal punto di vista meramente storico, non sarebbe quindi as- surdo il supporre che tanto quelle otto monete pubblicate dall'Heiss quanto il nostro soldino siano stati coniati a Tournai. Ma il tipo e la fattura del soldino sono cosi evidentemente italiani da escludere per esso a priori la possibilità di un'attribuzione a qualche zecca straniera. Credo perciò che in queste monete la piccola torre non abbia il valore d' un segno di zecca, ma sia stata posta come ornamento o simbolo, sempli- cemente perchè la torre {el castillo) è lo stemma di Castiglia. Essa non avrebbe insomma un significato diverso da quello della piccola biscia che si vede al principio della leggenda in alcune monete dei Visconti e degli Sforza, oppure del giglio che si osserva in altre di Lodovico XTI e di Francesco I per Milano e specialmente per la stessa Asti. Solone Ambrosoli. (1) NÉDONCHEL (C.t«de), Couronne d^ or de Charles- Quint, seigneur de Tournai (E. de la N. B., 4* Serie, Tomo II, 1864). (2) Smnmaire historique de la Numismatique tournaisienne (Reme Belge de Num., 1882.) 3i GIACOMO BANNISSIO (Tav. VI, N. 1). Nei Médailleurs Italiens dell' Armand, che vo- glionsi riputare 1' opera più dotta non solo , ma la più completa intorno alle medaglie, coniate dagli artefici italiani ne' secoli XV e XVI, io ho cercato indarno notizie e ragguagli d' un cimelio de' primi anni del cinquecento ; ho cercato indarno l'illustra- zione d'una medaglia, la quale fa parte della colle- zione numismatica del Museo Civico di Vicenza. Il suo diametro è di sessantotto millimetri e il conio di cosi squisita fattura da gareggiar, se non erro, con le opere degli artefici più insigni del secolo XVI. Nel diritto raffigurasi il busto d'un uomo nel pieno della virilità , senza barba , vestito di pelliccia, coi capelli lisci e la testa coperta di berretto. Vi si legge all'ingiro: lACOBVS • BÀNNISSIVS • DÀLMATA • CAES • MAX • A • SECRETIS • Rappresentasi nel rovescio l'imperatore Massimiliano in trono, coperto da baldacchino e fre- giato in un fianco dall' aquila a due teste. Ha la corona in capo, lo scettro nella destra, il globo, sor- montato dalla croce, nella sinistra, e i piedi poggiati, quasi in atto di conculcazione, sovra un leone sco- raggiato e dimesso. Stagli, prostrato davanti, un indi- viduo in toga che ha tra le mani un diploma spiegato. Il campo è circondato dalla leggenda: DIVVS • MAX • DIVI • FRI • F • ITAL • GERMA • GALL • PANNONI • MAXI • 240 BERNARDO MORSOLlN Giacomo Bannissio , come appare anche dalla leggenda, scolpita nel diritto della medaglia , era dalmata. Il Le Griay dichiara , per di più , eh' egli nasceva nell'isola di Curzola nel 1466 (i). Dove fosse educato e per quali vie entrasse nelle grazie dell'im peratore Massimiliano I, non è dato conoscere. Di lui come di valente diplomatico, si hanno però le testimo nianze nella trattazione d'alcuni difficili negoziati occorsi durante il periodo delle guerre, suscitate dai Confederati a Cambrai. È notevole, sopratutto, l'opera prestata dal Bannissio presso la corte di Londra, in qualità d' orator dell' Impero verso il 1515 : opera della quale è frequente parola nei Diari di Marino Sanuto. La medaglia ricorda che l'egregio uomo fu inoltre cancelliere, o segretario di Massimiliano: ciò, che risulta anche dalla pubblicazione del Le Glay (2), dalla grand' opera del Sanuto (^) e da una infor- mazione , affidata a Giangiorgio Trissino , quando da Augusta , ov' erasi intrattenuto nunzio del pon- tefice Leone X, ritornavasi a Roma orator dell' Ln- pero W. Dire poi in che anno fosse assunto all'ono- revole uffizio , non è certo cosa facile a definirsi. L'età troppo immatura, di ventidue anni, mi dis- suade dal credere ch'egli potesse succedere a Nicolò Ruter, morto nel 1509, il quale fu cancelliere di (1) Le Glay, Négociations, etc. Tomo II, pag. 40. Paris 1845. (2) Le Glay, Op., cit. Tomo I, pag, 303 o Tomo II, pag. 40. (3) Sanuto, Diari Tomo XXIV, pag. 670 o Tomo XXVI, pag. 434. Venezia, 1889. (4) MoRSOLiN, Giangiorgio Trissino. Doc. XXIX, pag. 468. Vicenza, 1878. GIACOMO BANNISSIO 241 Massimiliano dal 1480 al 1488 e Vescovo d'Arras nel 1501 (i). È certo soltanto che rufficio di cancel- liere tene vasi già da lui sin dal 1509 (2), né smette vasi in onta ad altri carichi diplomatici, sino alla morte di Massimiliano, avvenuta nel 1519 O"^). E nel 1519 en- trava egli nell'anno cinquantesimo terzo dell'età sua. * * * Che la medaglia si coniasse in onore del Ban- nissio, non vi ha, mi pare, alcun dubbio. Lo attesta apertamente il diritto, che ne reca l'effìgie, del pari che la leggenda, incisavi all'ingiro. Non con altret- tanta sicurezza si può fissare 1' occasione e diciamo anche il motivo, per il quale si ebbe essa a coniare. Dalla menzione di segretario , che si fa nella leg- genda del diritto, potrebbesi forse congetturare che vi si volesse ricordare la promozione del Bannissio a queir ufficio. E la congettura si avvalorerebbe anche da un particolare del rovescio. Badisi che r individuo , in toga , prostrato davanti a Massimi- liano , assomigliasi di molto al Bannissio , che si raffigura nel diritto. Non diversi vi si presentano il profilo del volto, la foggia dei capelli e le rovescie della toga, identiche a quelle d' una pelliccia. Ag- giungasi che r individuo prostrato sostiene con le mani un quaderno co' sigilli pendenti, somigliantis- simo a un diploma. Ma questa non è , ripeto , che una semplice congettura. E la congettura stessa non (1) Armano, Les Médailleurs Italiens. Tomo II, pag. 81. Paris 1883. (2) Le Glay, Op., cit. Tom. I, pag. 303. (3) Sanuto, Diari. Voi. XXVT, pag. cit. 242 BERNARDO MORSOLIN va suffragata per intero dall' insieme del rovescio. Parrebbe farle contro un particolare di non vano momento. * • Ho già detto che dai piedi di Massimiliano si conculca un leone, scoraggiato e dimesso. Il vezzo di simboleggiare nel leone la forza è non solo an- tichissimo, ma vige tuttora. Lasciamo stare le im- prese di Massimiliano, per le quali, o mal riuscite o tronche a mezzo per difetto specialmente di denari, non si può dir certamente che fosse repressa la forza. È noto però che la dignità d'imperatore , conside- rata sin dall'età del Petrarca non più che un nome Vano, senza soggetto, giudicavasi ben altra cosa da lui, che aspirava al- l'impero universale e per poco anche al pontificato romano e riputavasi l'arbitro delle cose del mondo. Con sì fatto concetto era naturale che Massimiliano, superbo e vanitoso com'era, potesse credersi superiore non solo di nome, ma anche di fatto, ad ogni altro sulla terra : era naturale ch'egli potesse anche pensare nell'animo suo d' aver rintuzzato nelle molte lotte, alle quali erasi avventurato, gli sforzi de' nemici, rivolti a suo danno. E questo concetto , rinforzato da' consigli e fors'anco dall'adulazione del Bannissio, perchè non potrebbesi ravvisare nell'insieme del ro- vescio, dove parrebbe avvalorarsi persino dalla leg- genda, che di Massimiliano fa il massimo dell'Italia, della Germania, delle Gallio e dell'Ungheria, o altri- menti il più grande de' monarchi e de' principi, che reggevano quegli stati? GIACOMO BANNISSIO 243 * * Ma il leone, conculcato, può anche porgere ar- gomento a congetture di fatti più particolari e più definiti. Le non molte notizie, che mi fa dato rac- cogliere del Bannissio, non escono da quel periodo in cui si son combattute le battaglie, suscitate dai Collegati a Cambrai. È il periodo fortunoso, in cui lo zelante Dalmatino fungeva da segretario di Mas- similiano. Dalle lettere e dalle informazioni, che rimangon di lui, appare ch'egli accompagnasse tal- volta in Italia l'Imperatore medesimo, o vi prendesse, per lo meno, il più vivo interesse a' singoli avveni- menti. Potrebbe cogliere pertanto nel segno chi nel rovescio della medaglia intravvedesse un' allusione all' insieme delle vicende fortunose di quel memo- rando periodo ; o meglio ancora un'allusione alle lotte, per le quali Massimiliano, in onta anche a' disastri toccati, riputavasi d'aver ridotto agli estremi la Ee- pubblica di San Marco, raffigurata nel leone con- culcato e svigorito. E più forse che al complesso de' fatti, l'allusione s'attaglierebbe, mi sembra, a un avvenimento particolare: s' attaglierebbe cioè alla giornata, combattuta alla Motta, una piccola terra a quattro miglia da Vicenza, il 7 ottobre del 1513. È la memoranda giornata, in cui l'armi venete toccarono quella tremenda sconfitta, che gli storici tutti impu- tano non sai più se all'imprudenza o all'imperizia dell'Alviano, a cui la Signoria aveva commesso il supremo comando dell'esercito veneto. Oso dir questo, non essendomi ignoto che l'accordo degli storici era prevenuto dal giudizio del Bannissio, che in quella rotta aveva veduto e pronosticato nient' altro che 241 BERNARDO MORSOLIN r estrema rovina della Repubblica. « Ciò , che fino ad ora non han potuto fare in eccidio de' Veneti ne la Maestà Cesarea, né gli altri confederati, fu com- piuto, scriveva egli a Carlo nipote di Massimiliano, dal loro generale , il quale li trasse per la seconda e ultima volta a vera distruzione. Onde è che all' Al Viano, ossia eh' egli viva, ossia eh' egli muoia, devesi erigere dai Veneti una statua con la scritta: al distruttor della patria. » (l). Non è già che quel disastro incutesse negli animi così profondo lo sco- raggiamento da far disperare della salute della Repubblica ; ma doveva, com' è facile immaginare , mettere tanto viva la compiacenza nel cuor di Massimiliano, per le cui armi riconosce vasi, in parte, l'esito della giornata campale, da fargli giganteggiare nella mente il concetto, adombrato nel rovescio della medaglia per consiglio forse e per opera del Bannissio stesso, che lo aveva già espresso a parole. * * * Tutte queste, ch'io son venuto di mano in mano esponendo, non sono del resto che congetture più o meno ragionevoli, più o meno prossime al vero. Di incontestabile affatto rimane che la medaglia fu co- niata in onor del Bannissio. Quello, che ignorasi del tutto, è invece il nome dell' artefice. Si sa di certo che il Cancelliere, durante il periodo delle guerre, combattute contro la Repubblica di San Marco, ebbe occasione d'accompagnare più volte in Italia il suo signore. Delle città di terra ferma , sottratte alla (l) Le Glay, Négociations, etc. Tomo I, p. 552. Parigi, 1845, GIACOMO BANNISSIO 245 Signoria di Venezia, 1' unica , ch'ebbe a soggiacere airimpero per il corso non interrotto di quasi otto anni, dal 1609 cioè al 1517, fu Verona. Era la città, alla quale per la non dubbia sicurezza e per le di- rette comunicazioni con la Germania facevano capo i rappresentanti dell'Impero e talvolta l'Imperatore medesimo. Che al Bannissio si porgesse occasione di visitarla e d'intrattenervisi, fors'anco, non è cosa mi pare che si possa mettere in dubbio. Ciò posto , perchè non si potrebbe pensare che la medaglia si coniasse in Verona, od uscisse per lo meno dal pun- zone di qualcuno degli artefici veronesi ? È questa una congettura , che non mi sembra fuori di pro- posito, quando si voglia por mente non tanto alle prove di raro valore nel lavoro de' conii, quanto alle speciali condizioni della città, che, non soggetta allo fortunose alternative delle altre terre della Venezia, concedeva un asilo abbastanza pacifico alle arti. Il grido di Vittore Pisanello e di Matteo Pasti, già fioriti nel secolo XV, proseguivasi allora per una pleiade di artefici veramente meravigliosi nell'arte dell'incisione. Delle medaglie lavorate da Francesco Caroto , da Giammaria Pomedello , da Giulio Dalla Torre , da Matteo del Nassero e da Giangìacomo Garaglio parlano i biografi del tempo e se ne conservano non pochi esemplari ne' Musei d'Italia, di Germania, d'In- ghilterra e di Francia. Lavoro perfetto e non in- degno del punzone d'alcuno di que' maestri famosi potrebbesi giudicare, senza tema d'errore, la medaglia in onor del Bannissio. Ma la finitezza del conio non basta a fare indovinare , anche per larghe conget- ture, chi ne fosse V autore. Potrebbe forse cogliere nel segno chi conoscesse da qual mano uscisse la 33 246 B. MOliSOLIN - GIACOMO BANNISSIO medaglia votiva , fatta coniare nel 1518 da Fran- cesco di Sickingen, ottenuto ch'egli ebbe il perdono di Massimiliano dopo Faccanita resistenza nella lunga controversia co' cittadini di Worms. È la medaglia, riprodotta e illustrata dal Luckius nella sua Sìlloge Xumismatum Elegantiorum (pag. 39). Tanta è la somi- glianza de' caratteri nelle leggende e l'analogia, che dal rovescio di questa, rappresentante Massimiliano in trono, si offre col rovescio della medaglia in onor del Bannissio. Aggiungasi che come nell' una sta prostrato davanti al trono il Cancelliere, cosi nel- r altra si vede inginocchiato il Sickingen, dalla cui destra esce e si spiega una striscia di pergamena, che ne avvolge , come in un cerchio, tutto il campo re- cando la scritta : Armis Mercurium si non praeponas, maxime Caesar, Semper eris Victor faustaque regna tenens. La medaglia in onor del Bannissio non è, come ho pure avvertito, conosciuta: ne so quanto le congetture, eh' io son venuto esponendo per dichia- rare r allusione e indovinarne a un dipresso l'ar- tefice, parranno attendibili. Comunque, sarà sempre per me una vera compiacenza , l'aver potuto addi- tare a' cultori della numismatica un cimelio degno, non v'ha dubbio, di particolare attenzione e per la storia e per l'arte. B. MORSOLIN. ISABELLA SESSO (1) (Tav. VI, N. 2). Poco nota dentro e fuori d' Italia, ma famosa, per breve tratto, ne' fasti della città di Vicenza, fu Isabella Michiel di Venezia. Figlia di Benedetto Michiel, che testava nel 1481, e di Maria Pagello di Vicenza, che, morta, aveva sepoltura nel Santuario della Madonna del Perico, entrava con la sorella Bianca, dalla quale dividevasi poi nel 1496, a far parte della famiglia de' Sesso, un antico casato, tra- mutatosi da Reggio d'Emilia in Verona e da Verona a' tempi della Signoria degli Scaligeri in Vicenza. Era il casato stesso , onde usciva Y avola Paola , madre a Benedetto. Bianca v' entrava sposa a Pal- miero e Isabella al cugino di lui Giambattista, morto, per quanto è dato congetturare, in età non punto matura. Ma 1' origine veneziana e la parentela col Doge Leonardo Mocenigo, marito a una sorella di Benedetto , non la dissuasero dallo sconfessare le parti della sua città natale per favorire, durante la guerra, suscitata da' Collegati a Cambrai, le sorti del- (1) Articolo, pubblicato in embrione mìVArte e Storia (5 febbraio 1890) e rifuso poi dall'Autore con la scorta di nuovi dati per la Rivista italiana di Numismatica, 248 liERNARBO MORSOLIN r Impero (i). Narra uno scrittore di cose vicentine, d'accordo, quanto alla sostanza, con lo storico Luigi da Porto (^J, die Giovanni Gonzaga, costretto a la- sciare Vicenza, dove rappresentava il governo dei Confederati, per riparare i primi dell'agosto 1511 a Soave e congiungersi quindi all' esercito, inteso al- l' assedio di Treviso, commettesse a Isabella l' ufficio di reggere, in sua vece, la città (^): ufficio, ch'ella teneva fino all'entrar del novembre, quando, necessi- tatavi dalla preponderanza dell'armi veneziane, capi- tanate da Meleagro da Forlì, dovè rifugiarsi, quasi a precipizio, in Verona. Allorché compivasi questo fatto, la Michiel non era però più la moglie del Sesso. Il Sanuto, pure accordandosi, in ciò che si riferisce alla sostanza dell'avvenimento, con lo scrit- tore vicentino, avverte eh' ella, bella donna e già vedova, s' era, o dicevasi per lo meno, rimaritata a Gasparo Vincer, un tedesco, governatore, per qualche tratto, della città di Vicenza, preso dagli Stradioti e tradotto prigione a Venezia. A questi aggiunge poi alcuni particolari relativi alla fuga d' Isabella da Vicenza: racconta cioè che, invitata a cedere la città, pose la condizione che Meleagro da Forlì facesse tirare alcuni colpi d' artiglieria, con l' intendimento che que' colpi le valessero di giustificazione all'arresa. Dopo di che furono abbassati i ponti e spalancate le porte W (1) Gio. Da Schio, Memoràbili. — Famiglia Sesso. Msc. nella Biblio- teca Comunale di Vicenza. (2) Luigi Da Porto, Lettere Storiche. Lott. 60, pa?. 285. Firenze 1857. (3) Castellini, Storia di Vicenza. Tomo XIV, lib. 17. Vicenza 1822. (4) M. SanutO; Diari. Tom. XIEI, piig. 196. Venezia, 1886. ISABELLA SESSO 249 * * * La defezione dalla causa della Signoria di Ve- nezia porgeva motivo, com'era naturale, alla confisca de' beni d'Isabella e di quelli a un tempo de' figliuoli, che la madre aveva tratto seco nel malanno. Il Conte Giovanni Da Schio, al quale fu dato d' esplorare r archivio della famiglia de' Sesso, ha potuto ricono- scere che Massimiliano, meravigliato di tanta fedeltà, si studiò di compensarne i danni e le perdite con l'investitura de' feudi di Lovere , di Pisogne e del Lago d'Iseo. Il decreto fu dato il 25 marzo 1516 dal Castello di Pioltella. A que' feudi, de' quali andavano investiti, a un tempo, i figliuoli d'Isabella, s'accompa- gnavano altre provvigioni, precedute sin dal 1513 da una pensione, assegnata sulla Camera Imperiale di Verona. Pare però che tanta munificenza fosse più di parole che di fatto. « Io credo, scrive il Da Schio, che le beneficenze consistessero in sole carte ?? e non recassero u nessun profitto, o perchè incep- pate dai Veneti, o perchè Massimiliano era cattivo pagatore ». È « certo , conchiudeva , che i Sesso , eredi ?? d' Isabella u altro non percepirono , se non i diplomi ri (1). Allusive, per quanto vuoisi credere, al fatto del breve governo di Vicenza son le tre medaglie, co- (1) Da Schio, Memorabili. — Famiglia Sesso. Msc. nella Biblioteca Comunale di Vicenza. — Vedi anche il nostro scritto: Un Episodio della Vita di Carlo F, Archivio Veneto. Tomo XXVII, parto II (Venezia, Visentini, 1885). 250 BERNARDO MORSOLIN niate in onor della Sesso e illustrate dall' Armand nella sua lodata opera Le Médailleurs Italiens des qidnzième et sezième siècles (^). Il dotto uomo non du- bita neppure che le due prime, le quali si conser- vano nel Gabinetto Nazionale di Francia e recano nel rovescio un motto greco, sieno lavoro di Giam- maria Pomedello, pittore, orefice e incisor veronese. Gliene dà prova, com'egli dichiara, il monogramma dell'artefice una mela o, dirò meglio, una cotogna, attraversata da una z schiacciata, nella quale si rac- colgono le quattro maiuscole z, v, a, n, Zìian^ pre- nome del Pomedello. Il monogramma è inciso nel- l'esergo dell'una e dell'altra. Dalla descrizione dell' Armand risulterebbe che il concetto fosse uno e identico in entrambe le me- daglie. Il diritto infatti , cosi dell' una , come del- l' altra, reca, al dir di lui, il busto d'Isabella con la fronte a sinistra, la testa coperta d'un drappo rav- volto, e al basso un tronco, seguito dalla leggenda : ISABELLA • SESSA • MICHAEL • VENETA • E identici sa- rebbero, del pari, i rovesci, dove tiene il campo la Fortuna, una donna seminuda, seduta, con la fronte volta a sinistra , un freno nella manca , tre chiodi nella destra, il pie dritto su d'un cranio e un casco dopo il sinistro. Le uniche differenze , che vi s' in- contrano, secondo quella descrizione , si manifeste- rebbero non nella sostanza, ma in alcuni accessori: nell'ortografia cioè della leggenda, ch'è greca, nelle dimensioni e ne' tronchi, che l'Armand ravvisa nei (1) Armand, Les Médailleurs Italiens, etc. Tomo I, pag. 127-128. Paris 1883. ISABELLA SESSO 251 due diritti. Il motto : EK nAAÀlMOI • MHNIZOMENH • delia prima, cli'è di millimetri quarantaquattro , si converte in: EK nOAEMOY • MHNIZOMENH • della seconda di millimetri cinquantadue: e il tronco diritto di quella, guernito di due foglie, curvasi in questa e reca un' unica foglia. Che 1' Armand abbia veduti i due esemplari , conservati nel Gabinetto Nazionale di Francia, io non ho motivo di dubitare: dubito, invece, che non sieno esatte del tutto le due descrizioni. E il mio dubbio deriva dal raffronto, che mi è dato di fare , con un esemplare della prima delle due me- daglie, custodito nel Civico Museo dì Vicenza. In esso io cerco invano il tronco, che FArmand ravvisa, con poca ragionevolezza , nel diritto e propriamente in precedenza alla leggenda : lo incontro , invece , nel rovescio alle spalle della Fortuna, che sembra assi- dervisi sulle radici. Aggiungasi che nella descrizione del rovescio non s'avverte dall' Armand un partico- lare di qualche importanza ; non s'avverte cioè la foggia singolare dell' acconciatura de' capelli della Fortuna , i quali son legati sul davanti della testa e si protendono quindi in un ciuffo , eh' espandesi all' aria. Che queste inesattezze sieno comuni alla medaglia di dimensione maggiore , non so ; nò so quale essa si descriva dal Koehler (l), che pur la riproduceva sin dalla prima metà del secolo de- cimo ottavo. (1) Koehler, Historische Munz-Belustigun^ , XVIII , 121, Htìrn- berg 1729-1750, 252 BERNARDO MORSOLIN Ho detto che il Museo Civico di Vicenza pos- siede un esemplare della prima delle due medaglie illustrate dall'Armand. Dovevo dire, invece, che gì esemplari son due , simili ne' diritti e ne' rovesci uguali nelle dimensioni e col monogramma entrambi del Pomedello. Si direbbe di primo tratto eh' essi fossero fattura d'uno stesso artefice e impronta di un identico conio. E in questa credenza potrebbe facilmente fermarsi chi non sapesse che ne' primordi del secolo XVII , quando non erasi smesso ancora il vezzo delle contraffazioni , le quali avevano reso famosi i nomi prima di Valerio Vicentino e poi del Cavino di Padova, coniavasi pure una medaglia in onore della Sesso. N'erano autori due artefici Vicentini, allievi di Camillo Mariani pur Vicentino, il quale architettava in Roma la Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore e vi moriva nel 1611 in età di 44 anni. Di quella medaglia si custodiva un esemplare nel Museo Gualdo di Vicenza , disperso , non si sa ne come ne perchè, avanti la fine del secolo XVII Attingo la notizia della descrizione del Museo stesso fatta da Girolamo Gualdo, che n'era il possessore verso il 1650. u. De' due condiscepoli , Felice e Pa squale, conservo, scrive il valent' uomo , alcune me daghe coniate in metallo, fra le quali una, che im pronta Isabella Michiel , moglie del Conte Bernar dino (leggi Giambattista) Sesso, il rovescio della quale è assai vago (i) " . Io non so che cosa si fìgu- (1) G. Gualdo, Giardino di Cha Gualdo. Msc. nella Marciana di Ve- nezia, Cod. CXXVII, classo IV, ISABELLA SESSO "^53 rasse in sì fatto rovescio. M'è noto, invece, che Vin- cenzo Gonzati , un erudito e antiquario vicentino , morto a mezzo il secolo XTX , riputava lavoro di Felice e Pasquale una medaglia, veduta da lui, presso il Maggiore Tonelli , Comandante la Piazza di Vi- cenza, u Essa, scriveva l'egregio uomo in una nota a un esemplare del Giardino di Cha Gualdo da lui trascritto, porta la testa d' Isabella con le parole : ISABELLA • SESSA • MICHAEL • VENETA • Il rovescio ha una figura di donna pettinata con lungo ciuffo le- gato davanti; nella mano destra ha tre chiodi, nella sinistra due delfini : è seduta a pie d' un tronco secco: ha di dietro un elmo e davanti sotto un piede una testa da morto con la leggenda greca : EK TTA- AAIMOI • MHNIZOMENH. » (0. I Ora è a sapere che l'esemplare della medaglia, veduta dal Gonzati, è l'uno de' due, posseduti dal Museo di Vicenza. Lo prova una nota autografa del Gonzati medesimo, annessa alla medaglia, « coniata, v' è detto, non so se da Felice, o da Pasquale Vi- centini, discepoli di Camillo Mariani -n (2). Ma la descrizione , onde si correda la copia , da lui tra- scritta, del Giardino di Cha Gualdo^ non è esatta del tutto. Il bravo erudito scambia in essa il freno in due delfini, e non rileva il monogramma del Po- medello, che si presenta evidentissimo nell' esergo. Appare specialmente da quest'ultima omissione che la molta erudizione delle cose vicentine non era (1) G. Gualdo , Giardino di Cha Gualdo , trascritto dal Gonzati. Msc. nella Biblioteca Cumunalo di Vicenza. (2) La nota è preceduta delle parole : « Iscibella Michieli Sesso, » o sogniti dalla data « 1650 » e dalla citazione: « V. Gualdo, Giardino, anno 1650 >. 33 254 BERNARDO MORSOLIN bastata a fargli conoscere l'opera, che in onore della Sesso aveva condotto l' artefice veronese ; non era bastata a mettergli, per conseguenza, nell' animo il sospetto che la medaglia de' due Vicentini alla quale accenna il Gualdo, potesse essere una contraffazione. In lui più che l'esame attento e minuzioso del lavoro valse l'asserzione del Gualdo ; tanto che fini con l'attri- buire a Felice e a Pasquale ciò, ch'era lavoro incon- testabile del Pomedello. Ma non credasi, per questo, che la notizia, attinta dalla descrizione del Giardino di Cha Gualdo, difetti di fondamento. Dell'opera de' due allievi del Mariani s' ha la prova nell' altro de' due esemplari, custoditi nel Civico Museo di Vicenza. Vero è che i diritti, i rovesci, le dimensioni e perfino i monogrammi sono gli stessi; ma gl'indizi della contraffazione si manifestano a vista d'occhio anche a' meno periti: si manifestano cioè nella precisione del taglio, nel rilievo delle pieghe, nello sj)icco dei profili , nella proporzione delle lettere e delle loro distanze, perfetti, se così m'è lecito dire, nell'esem- plare veduto dal Gonzati, incerti e talvolta ineguali nell'altro, sfuggito, forse, alla dispersione del Museo Gualdo. E dove ciò non bastasse, una prova incon- testabile della contraffazione si avrebbe nell' alte- razione della leggenda del diritto , comune a' due esemplari. È ralterazione, che si rivela nell'epiteto, premesso al nome della Sesso. Vi si legge cioè: DIVA • ISABELLA • SESSA • MICHAEL • VENETA. * * Ho già avvertito che l'Armand, nella descrizione delle due medaglie in onor della Sesso, non è esatto ISAliELLA SESSO 255 del tutto. Ed esatto non è ugualmente nella descri- zione della medaglia, che fa parte della Collezione reale di Berlino e fu già illustrata dal Friedlaender (1). Lo deduco da un esemplare in zolfo , posseduto , come gli altri due, dal Museo Civico di Vicenza ; esemplare, che ho motivo di credere tolto dal cu- stodito in Berlino. L'Armand ritrae, non v'ha dubbio, con esattezza il diritto , dove , recata la leggenda , uguale per intero alle leggende delle altre due me- daglie, dice che il busto d'Isabella, volto a sinistra, ha la testa scoperta co' capelli distesi, non più in giù però della linea del mento. Ed esatta ugualmente , ancorché non avvertasi il ciuffo come nelle altre due, è la descrizione del rovescio, dove si dice che la Fortuna è rappresentata da una donna nuda, in piedi , con nella manca un freno , nella destra tre chiodi, il pie dritto su d'un cranio, un elmo presso il sinistro, e la leggenda: ÀETERNA • FORTVNÀ • Ma l'Armand manca d'esattezza, quando soggiunge che il campo del rovescio reca a sinistra un tronco con foglie. Se cosi fosse , né si avesse il monogramma , del quale la descrizione non fa cenno, non si capi- rebbe con che fondamento il dotto francese annove- rasse la medaglia tra le incise dall'artefice veronese. Ma buon per lui che quello, che si ravvisa nel campo, non é un tronco. E, invece, il monogramma, bello ed evidente, del Pomedello. (1) Friedlaender , Die Italienischen Schaumiinzen des funfzehnUn Jahrhmderts. XIX. Berlin, 1880-1882. 256 IIRUNARDO MORSOMN * * * Ora rimarrebbe a definirsi il tempo, in cui s'eb- bero a coniar le tre medaglie. L'Armand ha notato che i millesimi, i quali s'incontrano in alcune delle medaglie, da lui illustrate , del Pomedello , sono il 1519 e il 1527. Reca cioè il 1519 la medaglia in onore di Stefano Magno, patrizio veneziano; recano il 1527 le medaglie in onore di Giovanni Emo e di Tommaso Moro, Tuno podestà e l'altro capitano di Verona. Ma chi vorrebbe dire , come sembrerebbe pensare l'Armand, che il Pomedello s'esercitasse nel- l'arte dei conii entro quel solo periodo? Badisi che il Moro e l'Emo furono rettori di Verona ; e che non vi può esser dubbio, mi pare, che il 1527 segni un anno diverso da quello, in cui i due magistrati dura- rono nella magistratura. Quanto poi al Magno, che aveva esercitato l'ufficio di podestà nel 1527 in Tre- viso, è a credere ugualmente che il 1519 fermasse l'anno o d'una promozione, o di qualche nobile uf- ficio, commessogli dalla Signoria. Va pertanto da se che i due millesimi non possano determinare i con- fini, entro i quali lavorava l'artefice veronese. Ch'egli del resto vivesse ancora dopo il 1527 , lo atte- stano, non fosse altro, le incisioni, segnate dal mo- nogramma , comune a parecchie delle medaglie , e dell'anno 1534. E se nel 1519 era già provetto nel- l'arte de' coni, come si può argomentare dalla me- daglia in onore del Magno, perchè non vorrassi con- cedere che ne battesse prima la via , per la quale doveva salire a tanta perfezione ? L'Armand stesso neir illustrare la medaglia in onore di Carlo V av- verte ch'essa doveva coniarsi tra il 1516 e il 1519, ISABELLA SESSO 251 eh' è quanto dire dopo la morte di Ferdinando di Aragona, onde venivagli il titolo di Cattolico, che sta scritto nella leggenda, e avanti la fine di Massimi- liano T, spento il quale, conseguiva la suprema di- gnità A.' Imperatore, che vi si desidera. * * Ora io non so in quale anno uscisse di vita la Sesso; ne so, del pari, quanto tempo s'intrattenesse, profuga di Vicenza, in Verona. Ch'ella col favorire le sorti dell' Impero si mettesse in non buona con- dizione di fronte alla Signoria di San Marco , non vuol certo esser cosa, di cui s'abbia a dubitare. La notizia delle nozze col Vincer, un nemico acerrimo della Repubblica, non credo si meriti maggior fede d'una baia. La diffusero forse per i loro fini, che ora non giova indagare, gli avversi all'Impero. Il Sanuto stesso, che la riferisce, non sembra accoglierla altri- menti che una diceria. Ciò non toglie però che la diceria non avesse a conseguire l'intento di gettare il maggior discredito sull'audacissima donna. Né la Signoria ebbe a considerarla altrimenti che una fuo- ruscita, colpevole d'aver attentato alla integrità della Repubblica. Il Da Schio, che ha potuto consultare, come si è detto, le carte della famiglia Sesso, ebbe a riconoscere che i beni d'Isabella furono presi, dopo la sua fuga di Vicenza, dal fìsco. Queste ed altre con- siderazioni traggono naturalmente a pensare che nes- sun' altra terra le dovesse porgere tanta sicurezza , quanto la città di Verona , presidiata, com' era, di continuo dalle soldatesche imperiali : traggono a pen- sare che in Verona, ov'entrava, secondo che s'è detto 258 BERNARDO MORSOLIN nel novembre del 1511, s'intrattenesse fino all'anno 1517, in cui la città resti tuivasi per trattato alla Repubblica di Venezia. Lo fa congetturare, non fosse altro, la poca o nessuna sicurezza, comune al resto della Venezia, corsa e ricorsa ora dalle armi della Repubblica e ora dalle orde de' Confederati. In questo periodo, tra il 1511 e il 1517, è a credere si co- niassero le medaglie, delle quali si è fatta parola. E al conio dovevano contribuire, mi pare, l'atteggia- mento e la fama d'Amazzone, ond'Isabella entrava in Verona. Vero è che dopo il 1517 ella viveva an- cora per parecchi anni; viveva almeno fino al 1528, in cui dettava , come attesta il Da Schio , il suo testamento ; ma non per questo vuoisi pensare che le condizioni le si volgessero così propizie, come avanti la restituzion di Verona. Ricuperata la città, andava mi pare, da se che Isabella dovesse considerarsi e trattarsi anche da' Veneti non altrimenti che i molti fuorusciti vicentini, i quali , fatta la tregua , torna- vano in patria. E, sia che vivesse in Vicenza, o che fermasse altrove la sua dimora, non è nemmen pre- sumibile ch'ella volesse nuocere al tornaconto proprio, e a quello de' figli rinnovando con la coniazione delle medaglie la memoria d'un fatto, che avrebbe potuto arrestare o rendere almeno difficili le buone relazioni con la Signoria. Bernardo Morsolin. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 Eccoci anche quest' anno alla nostra rivista degli avvenimenti del 1889 fatta con la scorta delle medaglie italiane che a tali avvenimenti furono consacrate. La prima medaglia del 1889 che troviamo è quella del Comizio radicale italo-francese tenutosi a Milano il 13 gen- naio dell'anno scorso. Fu una dimostrazione promossa dalla parte radicale intransigente, fu indetta in nome della pace e della libertà, ma di queste poco si predicò nel Comizio, e più di guerra ad istituzioni vigenti ed a classi sociali dirigenti. La manifestazione, come la medaglia ci dice, fu posta sotto gli auspici di Garibaldi , che , essendo morto nel 1882, non potè certamente nulla obbiettare in contrario. La medaglia, in pochi esemplari in argento, ed in molti in metallo bianco , fu coniata in Milano , distribuita fra gì' invitati al meeting e venduta pubblicamente per 50 centesimi. La descriviamo : 1. — Diam. mm. 21 {appiccagnolo e anellino per appenderla a nastro)* ^ — Busto a destra, con mantello, testa nuda, del ge- nerale Giuseppe Garibaldi. ^ — Nel campo, in sette linee : COMIZIO — PER — LA FRATELLANZA - DEI POPOLI — MILANO ~ 13 (jENNAIO - 1899. 260 ALFREDO COMANDINI * * * Da una festa della politica passando ad una della scienza incontriamo un avvenimento di alta importanza scientifica celebrato in Milano il 24 marzo 1889, il 2b anniversario dalla fondazione del celebre Politecnico Milanese, di fama universale, fondato e presieduto sin qui dall'insigne scien- ziato prof, senatore Francesco Brioschi. Fra le varie feste commemorative, fuvvi anche quella della presentazione al prof. Brioschi di una bella medaglia in oro, eseguita e co- niata dall'incisore Luigi Broggi, e che a questi fruttò poi il primo premio nel concorso di istituzione Girotti (per una medaglia in metallo eseguita nel decennio) tenuto presso l'Accademia di Brera. Della medaglia ne fu presentato un esemplare in oro al prof. Brioschi, e pochissimi ne furono tirati in argento ed in bronzo. La medaglia è questa: (V. Tav. VI, N. 4). 2. — Diam. mm. 64. ^ — Cerchio periato. Busto a destra, in abito civile, testa nuda, del prof. Francesco Brioschi. Sotto al busto : L. Secchi modellò L. Broggi incise. ipl ~ Cerchio periato. Nel campo in nove righe: A — FRANCESCO — BRIOSCHI — NEL XXV ANNIVER- SARIO — DELLA FONDAZIONE — DEL POLITECNICO - MILANESE - GLI EX-ALLIEVI MDCCCLXXXVIII • L'anniversario 25° dalla fondazione del Politecnico Mila- nese cadeva appunto verso la fine del 1888, ma la solenne cerimonia commemorativa fu rinviata al 24 marzo 1889; ed è per questo che registriamo fra quelle del 1889 cotesta bella medaglia , per fare incidere e coniare la quale fu indetta sottoscrizione e largamente coperta fra gli ex- allievi del Politecnico del prof. Brioschi costantemente memori. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 261 È naturale che in un paese pur giovane come il nostro, ma compostosi ad unità dopo una rivoluzione fortunata e ricca di particolari avvenimenti, si cominci, dopo trent'anni di vita unitaria, a vivere di ricordi e di commemorazioni ; — e, però, noi troviamo ora molte medaglie dedicate ad avvenimenti del periodo ultimo e fortunato del risorgimento dopo venticinque o trent'anni festosamente commemorati. Di tali medaglie una, e bella — e che, per essercene giunto troppo tardi l'esemplare, non possiamo comprendere, come avremmo voluto, nella annessa tavola — è quella che il Municipio fiorentino volle dedicata a commemorare il fortu- nato rivolgimento del 27 aprile 1859, nel quale la Toscana fu unita alle altre parti d'Italia nel regime liberale e costi- tuzionale di Vittorio Emanuele II. Degli uomini che nel Governo Provvisorio di Toscana, presero parte diretta e principale a quel rivolgimento, non vive che l'onorevole Comm. Ubaldino Peruzzi, ed a lui, con speciale indirizzo, ne fu presentato un esemplare in oro ; un esemplare in argento fu dato ai Senatori Poggi, Busacca, Cadorna, Tabar- rini. Corsi Puccioni, Fossombroni, Ridolfi, Giorgini, Ruschi, i cui nomi sono collegati con la storia della rivoluzione toscana; ed un esemplare in bronzo a ciascuno degli 80 membri del Consiglio Comunale di Firenze. La cerimonia commemorativa ebbe appunto luogo in Firenze il 27 aprile 1889; e la medaglia fu incisa, a spese del comune fiorentino, dal valentissimo incisore lucchese dimorante in Firenze , cav. Luigi Giorgi, ed è questa : 3. — Diam. mm. 45. ^ — In giro, cerchio a smerlatura gigliata. Nel campo, ghirlanda fasciata, di alloro e di quercia, e dentro la ghirlanda, scudo a testa di cavallo, ornato di lacci svolazzanti , e portante il giglio bottonato e fiorito di Firenze. Sotto, in basso, fuori della ghirlanda: L. Giorgi f. 262 . ALFREDO COMANDI NI ^ — Nel campo, in alto, stella d'Italia raggiante. Nel mezzo, su quattro righe : XXVII APRILE MDCCCLXXXIX — DI LIBERTÀ RIVENDICATA A FIRENZE — D'AUSPICATA UNITÀ ALL'ITALIA — TRIOESIMO ANNIVERSARIO • Complessivamente , di questa medaglia ne furono co- niati 117 esemplari — 1 in oro , 36 in argento , ed 80 in bronzo. * * * Nella nostra rivista delle medaglie del 1888 vedemmo quanta parte ebbero in quell' anno, nella serie nostra, le medaglie relative alla visita ufficiale fatta in Roma dall'im- peratore Guglielmo II di Germania al re d'Italia. Nel maggio del 1889 la visita fu dal re Umberto ri- cambiata, all'imperatore, in Berlino ; e dieci sono le medaglie, che noi conosciamo , relative ad un avvenimento di tanta politica importanza. Dal 21 al 25 maggio 1889 solenni, straordinarie furono le feste di Berlino in onore di re Umberto; e fra i festeg- giamenti vi furono, a Charlottenburg , nel pomeriggio del 25, delle corse. La prima delle medaglie che qui descriviamo fu appunto presentata a re Umberto, in esemplare d' oro, alle corse di Charlottenburg. Eccole tutte, in ordine di grandezza : 4. — aj Diam. mm. 60. (Tav. VI N. 2). ^ — Cerchio rilevato, sulla parte superiore del quale, ad arco, fra due stelle a cinque punti: ZUR ERINNERUNG AN DEN BESUCH IN BERLIN; e nella parte inferiore: IN MEMORIA DELLA VISITA A BERLINO. Nel campo, busto di tre quarti a destra, in uniforme militare con collare dell' Annunziata, decorazioni e sulle spalle mantello ; testa nuda a destra. Ai lati, in giro : UMBERTO I — RE D'ITALIA. Nel campo, a destra, in due righe, al di- sopra della spalla sinistra : MAI — 1889. 9» — Cerchio rilevato, sul quale, da sotto, in giro, la leggenda : WILHELM II DEUTSCHER KAISER KONIO VON MEDAGLIE ITALIANE DEL 188^ ^63 PREUSSEN. Stelletta a cinque punte. Sotto la stelletta: Lauer Nurnberg. Nel campo, busto di tre quarti a si- nistra in uniforme militare, spalline, decorazioni, collare dell' Aquila Nera, mantello ; testa nuda a sinistra del- l'imperatore Guglielmo II. 5. — bj Diam. mm. 38. ^ — Nel campo, in cerchio di perline, busto di tre quarti a destra, in uniforme militare, collare dell'Annunziata, decorazioni, testa nuda a destra di re Umberto. In cerchio rilevato, in alto, stella d'Italia ; in giro, ai lati : UMBERTO I — RE D' ITALIA. Sotto al busto, affiancati, i due stemmi di Savoia a sinistra , e di Germania a destra, sovrapposti a due rami di alloro e di quercia intrecciati. 1^ ~ Nel campo, in cerchio di perline, busto di tre quarti a sinistra, in uniforme militare, con collare dell'Aquila Nera, decorazioni, mantello ; testa nuda a sinistra del- l'imperatore Guglielmo II. In cerchio rilevato, sulla metà superiore, ad arco: WILHELM II DEUTSCHER KAISER KONIG V • PREUSSEN ; e sulla parte inferiore, ad arco, su targa : SEMPRE AVANTI SAVOIA 1889. 6. — cj Diam. mm. 30 {con appiccagnolo e anello per por- tarla appesa a nastro), ^ — Cerchio di perle. Testa nuda a destra. In giro, ad ad arco, superiormente fra due rosette: HUMBERT I KÒNIG VON ITALIEN. In giro ad arco, inferiormente: BESUCH IN BERLIN 21-25 MAI 1889. Sotto al taglio del collo : Oertel. Berlin. 9» — Testa nuda a sinistra. Sotto al taglio del collo : Oertel. Berlin. Tutt' in giro : WILHELM II DEUTSCHER KAISER KÒNIG VON PREUSSEN • 1. — d) Diam. mm. 30 {con appiccagnolo e anello per por- tarla appesa a nastro), ^ — Come la precedente. 264 ALfREDO COMANDINI 9 — Nel campo, entro cerchio periato, testa nuda a destra. Tutt'in giro, da sotto, entro cerchio periato più grosso: WILHELM II DEUTSCHER KAISER KONIG- VON PREUSSEN • Stelletta a cinque punte. 8. — e) Diam. mm. 28 {con appiccagnolo e anello per por- tarla appesa a nastro), i& — In giro, cerchio periato. Nel campo due medaglioni portanti, entro ghirlanda d' alloro ciascuno, quello di sinistra, la testa nuda, a destra, di re Umberto, e quello di destra, la testa nuda, a sinistra, di Guglielmo II. Al di sopra di ciascun medaglione, targa portante, rispet- tivamente : UMBERTO I e G-UG-LIELMO II. In alto , in disco raggiante, stella a cinque punte. Sotto ai meda- glioni, nel campo, ramoscello d' olivo. Sotto, ad arco : SEMPRE UNITI. ^ — In serto di due rami di quercia e di alloro, anno- dati in basso , aperti in alto, stemmi affiancati e coro- nati, di Germania a sinistra e d'Italia a destra. In alto, in disco raggiante, stella a cinque punte; in basso, sotto il nastro annodante il serto : 1889. 9. — P Diam. mm. 28 {(aglio scannellato). ^ — Cerchio periato. Nel campo, testa nuda a destra. In giro, ad arco, nella metà superiore, fra due rosette : HUMBERT I KOENIG VON ITÀLIEN. E in giro, ad arco nella metà inferiore: BESUCH IN BERLIN 21-25 .MAI 1889. 91 — Cerchio periato. Nel campo, testa nuda a destra. In giro : WILHELM II DEUTSCHER KAISER KONIG V • PREUSSEN. Sotto al taglio del collo stella a cinque punte. 10. — gj Diam. mm. 28 {appiccagnolo, e anello per appen- derla a nastro), ^ — Cerchio periato. Nel campo, testa nuda a destra. In giro, ai lati: UMBERTO I — RE D'ITALIA- MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 2G5 9* — Cerchio periato. Nel campo, testa nuda a destra. In giro : WILHELM II DEUTSCHER KAISER KONIG V • PREUSSEN. Sotto al taglio del collo, a destra : W : M • 11. — hj Diam. mm. 28. ^ — Nel campo, entro cerchio periato, le tre teste nude ac- collate a sinistra, di Guglielmo IT, Francesco Giuseppe I ed Umberto I. In giro, entro cerchio periato, fra due stellette : WILHELM II • FRANZ JOSEPH I • UMBERTO I • Sotto , ad arco : FRIEDENSBUND. Nel campo , sotto la testa di Francesco Giuseppe, in monogramma : T N B • 9» — Nel campo, in cerchio periato, stemmi d' Italia e d'Austria, questo a destra, quello a sinistra, affiancati, sormontati da leone gradiente a sinistra, e sovrapposti alle ali dell'aquila tedesca, coronata, spiegata, portante lo stemma di Germania, e con la coda e con gli artigli fuori del cerchio periato. In giro, su targhe, accartocciate alle estremità, con fogliuzze di quercia, e disposte ad arco, in alto : VIRIBUS • UNITIS • 12. — ij Diam. mm.. 27 {appiccagnolo, e anello per appen- derla a nastro). i& — Cerchio periato. Teste nude, accollate a destra di Umberto I e di Guglielmo II. 5» — Cerchio periato. Nel campo , in otto righe : UMBERTO I — KÒNIG- V. ITALIEN — BESUCHT — WIL- HELM Il — KAISER V. DEUTSCHLD. — KONIG- V. PREUS- SEN — 21-25 MAI - 1889. 13. — kj Diam. mm. 24. {con appiccagnolo e anello per appenderla a nastro). /D' — In cerchio periato, nel campo, teste nude accollate a destra, di Umberto I e Guglielmo II. Entro cerchio periato, più grosso, in giro: KAISER WILHELM II — KÒNIG- UMBERTO I. Sotto, stelletta a sei punte. 9/ — Cerchio periato. Nel campo, in otto righe: UMBERTO I — KÒNIG V ITALIEN - BESUCHT ~ WIL- HELM Il — KAISER V. DEUTSCHL. — 21-25 MAI 1889. 266 ALFREDO COMAKDINI Dieci furono le medaglie con le quali fu celebrato il viaggio di Guglielmo II a Roma ed a Napoli; e dieci sono state le medaglie con le quali i tedeschi hanno festeggiato il viaggio di Umberto I a Berlino. La penultima di queste medaglie (2) richiede che noi aggiungiamo che essa, oltre che il viaggio di re Umberto a Berlino, ricorda anche quello di Francesco Giuseppe I, imperatore d'Austria, che si recò a Berlino più tardi , nel- l'agosto ; ed essa sta anche a ricordare la triplice alleanza, fra l'Italia, la Germania e l'Austria-Ungheria, stipulata pel mantenimento della pace {Friedensbund). Da queste feste dell' alta politica e della diplomazia , passando alle feste suggerite alla gratitudine popolare e alla venerazione verso i fattori grandi della Patria, troviamo, il 2 giugno 89 , anniversario settimo dalla morte di Giu- seppe Garibaldi , due medaglie che ricordano la memoria dell'Eroe, onorata di nuovi monumenti. Piacenza e Como, il 2 giugno 1889, eressero pubblico monumento a Garibaldi. La festa di Piacenza è ricordata da questa medaglia : 14. — Diamm. mm. 40. ^ — Il monumento visto di prospetto. (Rappresenta Garibaldi , stante , con le braccia conserte, sulla vetta di una roccia , ai piedi della quale , in atteggiamento guerresco , un garibaldino). Superiormente ad arco , ai lati, su due giri, fra stellette : INAUGURAZIONE — DEL MONUMENTO - A GIUSEPPE — GARIBALDI. Esergo : G. Maserati f. 9» — Corona di due rami, di alloro e di quercia, anno- dati in basso, aperti in alto. In alto , stella d' Italia raggiante. Nel campo, in tre righe : PIACENZA — 2 GIUGNO — 1889. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 2G7 La festa di Como ci è ricordata da due medaglie, quella del monumento, propriamente detta, e quella che il muni- cipio di Como conferi ai superstiti delle 5 giornate comensi del marzo 1848. Qui le descriviamo : 15. — a) Diam. mm. 43. ^ — Statua di Garibaldi, di prospetto, scolpita dal Vela (in atto di avanzarsi, con la spada nuda, abbassata, nella destra). Ai lati, in giro, a sinistra: A G. GARIBALDI ; e, a destra, su due righe, in giro: NEL XXX ANNIV. DEL 27 MAGGIO 1859 — COMO RICONOSCENTE. 9< — Nel campo, bassorilievo (che sta nel piedestallo del monumento a Garibaldi in Como) raffigurante la cessione di Como alla cittadinanza vittoriosa fatta dagli austriaci il marzo 1848. In alto, in tre righe : ALLA — RISCOSSA — POPOLARE. — Nel campo, sotto al bassorilievo : dal bronzo di Yela — A. C. me. — Stabilimento Johnson. Milano. E sotto, in due righe, nel campo: DEL MARZO — 1848. 16. — bj Diam. mm. 38 {maglietta, dentro la quale è passato nastro di seta a tre righe verticali, quella di mezzo bianca, le laterali rosse ; colori ìnunicipali di Como), ^ — Nel campo, stemma coronato di Como. In cerchio rilevato, nella metà superiore, ad arco, fra due rosette ; 268 ALFREDO COMANDINl IL COMUNE DECRETAVA ; — e nella metà inferiore, ad arco : 4 FEBBRAIO 1889. Nel campo, sotto lo stemma, su due righe a sinistra : S. Johnson — Milano. 5* — Nel campo, veduta delle mura turrite di Como e del colle e torre del Baradello. NelPesergo del campo : 5 GIORNATE — MARZO 1848. In cerchio rilevato , in • giro : COMO LIBERATA DAL POPOLO INSORTO. Eamo- scello di quercia. Di queste due medaglie aggiungiamo che esse furono coniate in Milano nello Stabilimento S. Johnson, e che la ammirevole esecuzione, specialmente della prima, è dovuta air eccellente bulino dell' incisore Antonio Cappuccio, che sta a capo del gabinetto d'incisione in detto stabilimento. La prima (a) porta la data del 27 maggio 1889, e — in fatto — l'inaugurazione del monumento a Garibaldi in Como doveva avere luogo il 27 maggio, ma per preparativi da ultimare, e per assicurare maggiore il concorso, la ce- rimonia fu fatta il 2 giugno, e in questo giorno la medaglia fu distribuita. E in questo medesimo giorno fu anche distribuita ai valorosi superstiti delle cinque giornate comensi del 1848 la decorazione commemorativa (b) la quale porta la data (4 febbraio 1889) della deliberazione del consiglio comunale di Como decretante tale ricompensa patriottica. Cosi, con la festa del 2 giugno, e con le due belle medaglie che la ricordano, Como onorò la memoria di Ga- ribaldi ed i superstiti del 1848, ricordando i 5 giorni glo- riosi di tale anno, e ricordando anche la definitiva libera- zione, avvenuta, per la vittoria garibaldina di San Fermo, il 27 maggio 1859. * * Compiuto appena le commemorazioni di Garibaldi, ebbe luogo in Roma, il 9 giugno, una grande festa dei liberi pensatori, con la erezione del monumento a Giordano Bruno — monumento ideato nel 1876 dagli studenti dell'università MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 269 romana, e dopo lunghe difficoltà inaugurato in Roma, in Campo de' Fiori il 9 giugno 1889. La storia di cotesto monumento — la cui inaugurazione è ricordata da quattro medaglie — è riassunta nell' inscri- zione che si legge sul rovescio della prima di esse che qui descriviamo ; 17. — Diam. mm. 60. ^ — Cerchio periato. Nel campo , in altorilievo , di fronte, la statua di Giordano Bruno, e in giro : A — GIORDANO BRUNO — IL SECOLO — DA LUI DIVINATO — IN ROMA — DOVE IL ROG-0 ARSE. Sotto la statua, su due righe : dal bronzo di Ettore Ferrari. — Luigi Broggi incise. 9» — Cerchio di fregi in stile del rinascimento. Nel campo , in dieciotto righe, : A' XIX MARZO MDCCC- LXXVI, COSTITUITOSI FRA STUDENTI DELL'UNIVERSITÀ ROMANA UN COMITATO PER ERIGERE A GIORDANO BRUNO UN MONUMENTO IN ROMA NEL CAMPO DEI FIORI , FU INDETTA UNIVERSALE SOTTOSCRIZIONE , DEPOSITANDO A CUMULARE LE SOMME IN TRE ANNI RACCOLTE. NEL NOVEMBRE MDCCCLXXXIV, ALTRO COMITATO UNIVERSITARIO RINNOVO IL PROPOSITO, RACCOLSE IN CINQUE ANNI NUOVE SOMME, AFFIDO 35 270 ALFREDO COMANDINI AD ETTORE FERRARI L'ESECUZIONE DEL MONUMENTO. Al IX GIUGNO MDCCCLXXXIX, IN ROMA CAPITALE IN- TANGIBILE I DUE COMITATI RIUNITI SCIOLSERO IN CAMPO DE' FIORI IL COMUN VOTO. GLI INIZIATORI DEL MDCCCLXXVI CURARONO CHE DELL' ALTO CON- CETTO CIVILE ATTUATO RIMANESSE IN QUESTA ME- * DAGLIA MEMORIALE DOCUMENTO PERENNE. E, appunto perchè documento, chi scrive dettò cotesta dicitura per questa medaglia che non fu posta in commercio, e della quale furono coniati 205 esemplari dall'egregio in- cisore Luigi Broggi di Milano che con molta valentia la incise ; e cioè, 1 in oro per lo scultore Ettore Ferrari, 4 in argento, pel Comune di Roma, per l'Università Romana, e per gli oratori prof. Bovio e prof. Trezza, e 200 in bronzo per i membri del Comitato d'onore, per i membri dei due Comitati universitari, per invitati, per professori, musei, raccolte, ecc. I conii, annullati, furono dal sottoscritto do- nati al comm. Cesare Fascila, egregio direttore della Zecca di Milano , per la pregievole raccolta di conii che egli, nella Zecca milanese, ha saputo ordinare. Le altre tre medaglie ricordanti l' inaugurazione del monumento bruniano sono le seguenti : 18. — Diam. mm. 64. ^ — Veduta della Piazza di Campo de' Fiori in Roma ; ed in mezzo alla piazza il monumento a Bruno. Sotto la linea dell'esergo, a sinistra: E. Ferrari inv., a destra: Giov, Giani inc. ^ — Corona di due rami di palma, annodati in basso, aperti in alto. Nel campo, in sei righe: IX GIUGNO — MDCCCLXXXIX — A BRUNO — IL SECOLO DA LUI DIVINATO — QUI DOVE IL ROGO — ARSE. In giro fuori della corona di palma : AUSPICE LA GIOVENTÙ DELL'ATENEO DI ROMA CONCORRENTI LE NAZIOISI CIVILI. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 271 Questa medaglia fu fatta eseguire, per scopo commerciale, dal comitato esecutivo universitario di Roma, e fu venduta dall' incisore Giani, tirata in grande numero di esemplari. Le due seguenti erano vendute per le piazze e per le vie di Roma il 9 giugno : 19. — Diam. mm. 29 {con appiccagnolo). ^ — Busto di prospetto, testa incappucciata di Giordano Bruno. In giro : GIORDANO BRUNO SANTIFICO IL PEN- SIERO COL MARTIRIO. Sotto : ROMA 9 GIUGNO 1889. ^ — Veduta della piazza di Campo de' Fiori, in Roma, nel giorno del supplizio di Bruno. Esergo : CAMPO DE' FIORI — 1600. Sulla linea dell' esergo a sinistra : SlRLETTI. Fu eseguita dall'incisore romano Augusto Sirletti, gio- vane operoso, e fu coniata nella regia zecca di Roma. Questa ultima fu fatta dall'incisore Giani, sunnominato : 20. — Diam. mm. 26 {con appiccagnolo). ^ — Su piedestallo con corona d'alloro e palma, statua, di prospetto, di Giordano Bruno. In giro, ai lati : GIORDANO — BRUNO. 9/ — In due linee, nel campo : 17 FEBBRAIO 1600 — 9 GIUGNO 1889. In giro : DORMITANTIUM ANIMORUM EXCUBITOR. « « « Si suol dire, ammirando u Roma città universale n dove vivono e si svolgono diverse forme di autorità, e di pen- siero ; ma universale, quanto Roma e più di Roma, questa nostra numismatica, clie ci fa porre, senza conflitto, 1' une vicine all'altre, per ragione cronologica, le medaglie più disparate. E dopo le preaccennate viene appunto, in ordine cro- nologico , la medaglia storica pontifìcia , cosi detta della ricorrenza annuale. 272 AT-PREDO noMANl)INl Il 24 giugno 1889, monsignor Enrico Folchi, segretario dell'amministrazione dei beni della Santa Sede e il cava- liere Francesco Bianchi, incisore dei sacri palazzi aposto- lici, erano ricevuti in particolare udienza dal Pontefice, al quale presentavano i primi esemplari — trenta in oro, e trenta in argento, racchiusi in astucci con lo stemma pon- tificio — della medaglia storica annuale, che viene coniata per la festiva ricorrenza degli apostoli Pietro e Paolo. Tale medaglia, pel 1889, è la seguente. 21. — Diam. mm. 43. (Vedi Tav. VI, N. 1). ^ — Busto a sinistra con callotta, mezzetta e stola. In giro, ai lati : LEO • XIII • PONT • — MAX • AN • XII. Sotto al busto : F. Bianchi. 9» — Veduta dell'antico portico del Chiostro Lateranese (che si sta restaurando a spese del Pontefice) col giar- dino, antico pozzo, etc. Nell'esergo, in quattro righe : PORTICVM • CLAVSTRI • LATER • — EX • VET • FORMA — RESTITVIT • ORNAVI! — A • MDCCCLXXXIX • Sotto : F. Bianchi. Queste medaglie pontifìcie sono coniate per conto del Pontefice nella regia zecca di Roma , diretta dal distintis- simo cav. Ettore Conti. L'epigrafe latina di questa del 1889 fu dettata dal gesuita padre Tongiorgi. * * « I sentimenti patriottici ed il culto delle memorie rac- coglievano il 25 giugno 1889 in Saluzzo eletta schiera di uomini studiosi e colti, ad onorare il nome di Silvio Pellico, del quale ivi celebravasi il primo centenario dalla nascita; e questa festa ci è ricordata dalla seguente medaglia, — l'unica — se non erriamo — che ricordi il nome di Pellico nella serie di medaglie illustranti uomini e fatti del risor- gimento italiano : MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 273 22. — Diam. mm. 34 {con appiccagnolo e anello per appcìi- derla a nastro). ^ — Fra due rami di alloro, incrociati, statua di Silvio Pellico (quale si vede sul monumento erettogli in Sa- luzzo). In basso, a destra : Tacconet. 9I — Nel campo, in tre righe : NASCITA — SILVIO PEL- LICO — SALUZZO. Rosetta. In alto, ad arco: RICORDO 1° CENTENARIO. In basso ad arco, fra due stelle a cinque punte : 25 (jlUG-NO 1889. * Al nome del mite poeta e filosofo di Saluzzo, nessun altro potrebbe meglio tener dietro, che quello del buono, generoso, fidente abate Antonio Rosmini Serbati. Il fonda- tore insigne della scuola rosminiana fu onorato, nell'estate del 1889, non di una medaglia, propriamente detta, ma di un bel medaglione, misurante 20 centimetri di diametro, ed il cui modello in legno fu eseguito dal sig. Giovanni Gassina, che nella scoltura in legno, ha fama meritata di artista valente. Il medaglione è questo : 23. — Diam. mm. 195. /B' — Busto a sinistra, in abito religioso, testa nuda. In giro, ai lati: A. ROSMINI — SERBATI. Senza rovescio. L'effigie del Rosmini, riprodotta in questo medaglione, fu tolta — con qualche modificazione in riguardo al rilievo — da una cera modellata dal vero, assicurasi, dallo scultore Nesti, ed ora posseduta dal cav. Cesare Saldini. Compiutosi dal Cassina il modello in legno, la fusione in bronzo fu fatta dal- l'artista Pietro Trocchi, ed i medaglioni fusi furono, la prima volta, 60. L' idea di gettare questo medaglione venne al Cassina, dall'iniziarsi di una sottoscrizione, tutt'ora aperta, per raccogliere i fondi necessari per 1' erezione in Milano di un monumento in onore del Rosmini. I 60 medaglioni 274 ALFREDO COMAKDINI furono messi in vendita a L. 8 ciascuno, destinando una parte del ricavo a favore del fondo per il monumento pre- detto; e furono presto esauriti. Su richieste particolari il Cassina ne ha fatto riprodurre alcuni altri, ma in numero limitatissimo. ^ ♦ ♦ Le medaglie italiane delle quali ci occupiamo si rife- riscono non pure ad uomini italiani e ad avvenimenti com- piutisi in Italia, ma ben anche ad uomini e ad avvenimenti stranieri, coi quali il sentimento e gl'interessi italiani abbiano rapporto diretto. Cosi noi dobbiamo registrare una medaglia che da italiani si volle dedicata a Dardo Eocha, il senatore argentino, benemerito della colonia italiana nella Eepublica Argentina, e fondatore della città La Piata e del suo porto, Ensenada. A La Piata, — nuova capitale della provincia di Buenos- Ayres — la prima pietra fu collocata il 19 novembre 1882, ed il 3 giugno 1889 contava già 61 mila abitanti, in grande numero italiani; e le colossali e meravigliose costruzioni di questa nuova città sono opera specialmente di italiani che applicarono largamente la genialità del proprio intelletto e la varietà artistica delle proprie attitudini e industrie. Cosi, dopo fondata e sviluppata la città, il 9 luglio 1889 fu inaugurato il grandioso porto della Ensenada, ed anche in questo porto ebbero ed hanno vasto campo di operosità i lavoratori italiani, dei quali il senatore Dardo Rocha fu, ed è tuttavia, amico generoso e valido protettore. A ricordare cosi rilevanti fatti, una grande ed influente parte della colonia italiana della Repubblica Argentina, coadiuvata da italiani residenti all' estero , altrove , e nel regno, fece coniare la seguente medaglia : 24. — Diam. mm. 36 {con appiccagnolo e anello per infi- larvi nastro). ^ — Busto di prospetto, abito civile e testa nuda, leg- germente a sinistra, del senatore Dardo Rocha. In giro : MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 275 GLI ITALIANI AMMIRATORI AL FONDATORE DI LA PLATA. Sotto il busto: Oh. Massonet & C. ^ — Nel campo, in ornato, fra due rami di alloro, an- nodati in basso, gli stemmi, d'Italia, a sinistra, coronato alla reale, e dell' Argentina, a destra, sormontato dal Sole raggiante, e in alto fra i due stemmi, stella a cinque punte, raggiante. In alto, ad arco: 19 NOVEMBRE 1889 — LA PLATA. In basso ad arco: 9 LUGLIO 1889 — ENSENADA. Un esemplare in oro di questa medaglia — stata ese- guita in Parigi nella officina del Massonet — fu presentata, appunto in Parigi, — al senatore Rocha il 6 luglio 1889, dal senatore italiano marcbese Alfieri di Sostegno, accom- pagnando la medaglia con una pergamena artistica il cui testo fu dettato dall'on. Bonghi. » * * E dalla festa argentina del 9 luglio, ritornando a feste e commemorazioni italiane, troviamo, alla data 25 agosto, l'inaugurazione del monumento di Giuseppe Garibaldi in Livorno. Questa patriottica cerimonia ci è ricordata dalle tre seguenti medaglie: 25. — aj Diam. mm. 56 (Y. tav. VI N. 3). ÌB" — Busto nudo, testa nuda a sinistra, di Giuseppe Ga- ribaldi. Sotto al busto: Speranza. 5* — Nel campo, stemma civico di Livorno, sormontato da corona nobiliare. In cerchio rilevato, in giro : INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO A GARIBALDI, e sotto, in giro, sullo stesso cerchio, fra due stellette : LIVORNO 25 AGOSTO 1889. Questa medaglia, la cui incisione fu affidata al distinto cav. Speranza, incisore nella regia zecca di Roma, fu co- Tiiata nell^, stessa zecca^ in numero limit8|,to di esemplari 2TG ALFREDO COMANDINI — meno di cento — per conto del Municipio di Livorno, che ne ritirò i conii; e fu dal municipio livornese distri- buita a personaggi invitati alla festa inaugurale del mo- numento. 26. — bj Diam. mm. 24 {con appiccagnolo e anellino per VI filarvi nastro). ^ — Busf;0 con mantello, testa nuda a sinistra. In giro, ai lati: GIUSEPPE GARIBALDI. 91 — Nel campo, in alto, stella d'Italia raggiante; sotto la quale, in cinque righe, nel campo: INAUGURAZIONE — DEL MONUMENTO — IN LIVORNO — 25 AGOSTO — 1889. Questa medaglia eseguita dall' incisore L. Giorgi, era venduta per le vie di Livorno, nel di della festa, ed egual- mente, per le vie di Livorno vendevasi la seguente, incisa dall'artista bresciano L. Ciocchetti, residente in Siena: 27. — cj Diam. mm. 23 {con appiccagnolo e anellino per infilarvi nastro). fy — Busto con mantello, testa nuda, a destra, di Giu- seppe Garibaldi. In giro: RICORDO DI LIVORNO. 5* — Corona di alloro aperta in alto; e nel campo, in tre righe: 25 — AGOSTO — 1889. Con questa medaglia noi chiudiamo la prima parte di questa nostra rivista ; professandoci grati, fin d' ora, agli amatori e colleghi, che, sulle medaglie descritte, e su altre, del 1889, che loro fossero note, vorranno favorirci schiari- menti e notizie che migliorino e completino il nostro arido e modesto lavoro. 27 Maggio 1890. Alfredo Comandini. (Contitìita). THEMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO RE DEI LONGOBARDICI) Smi Colombano borgo che prese il nome dal celebre monaco fondatore del cenobio Bobbiese, ed ora si distingue coir aggiunta al Lambro , appartiene presentemente alla provincia di Milano sul confine orientale di quella di Pavia, ed è territorio segnalato per la squisita bontà del suo vino. San Colombano è però ben più notevole pel singolare ri- lievo di terreno sul quale sorge e si estende, e la cui na- tura e disposizione hanno dato materia ed occasione a studi importanti e persistenti dei più dotti geologi. L'elevatezza del colle di S. Colombano sul circostante piano, e la sua prossimità al fiume Lambro, al Po che di questo riceve le acque, ed all'antica strada, che svolgendosi appunto sulla sinistra del Po conduceva e conduce per Cremona dalla vetusta Pavia a Mantova e nel Veneto, erano circostanze naturali, che per sé lo designavano adatto tanto alla difesa quanto a preparare le offese, epperò non vi man- (ì) Questo studio fu per la prima volta pubblicato in fascicolo separato nel 1889 a Pavia. 36 278 CAMiLi-o i{:tAMi{;i.T,.\ careno anche in tempi remoti i munimenti guerreschi nella foggia e nella estensione, che essi suggerivano, e rendevano possibili. Al Castello con baluardi e fosse, che San Colom- bano ricorda quale tiitissimum Federici Cash^um nel se- colo XII, e vanta anche oggidì annoverato fra i monumenti nazionali, facevano corona robuste costruzioni a MomhìHone, alla Mostiola, a Montemalo, ed altre non poche in situazione più depressa, che non quella dominante e principale ove sorgeva il Castello tanto più importante sotto l'aspetto stra- tegico e per la sua estensione. Tornerà forse arduo ad un recentissimo e benemerito studioso di quanto riguarda questa singola parte del terri- torio lombardo (1), il far dividere 1' opinione anche da lui caldeggiata, che appunto sulle falde sud-ovest dei Colli di San Colombano accampossi per qualche tempo Annibale avanti la battaglia del Ticino, ma ad ogni modo San Co- lombano al Lambro di remota e forse non umile origine, può avere al pari d'altri anche più importanti comuni una storia propria, varia nelle sue vicende, e frequentemente le- gata coi fatti più memorandi della grande patria italiana. Luogo forte e salubre per la sua posizione il Colle di San Colombano, come certamente ebbe ben presto numerosi abitanti, e fra questi anche padroni, e con essi e per essi aver parte nei vari avvenimenti, che vennero mutando le sorti del paese, doveva anche conservarne le traccio e i ricordi, siccome appunto, e specialmente accade per simili particolari rilievi del terreno dai quali il circostante e sot- toposto piano viene naturalmente, e per ogni rapporto do- minato (2). Ne San Colombano contraddice col fatto a quelle premesse, poiché nel terreno suo ed in quello delle vici- nanze nei passati anni erano frequenti le scoperte di avanzi (1) Alessandro Riccardi, L-j località e territorj di San Colombano al Lambro. Pavia, 1888. Pag. 198. (2) Ricordo per abbondanza di simili memorie in avanzi di costruzioni murario, sepolcri, monete ed arnesi personali e domestici, i luoghi elevati sul circostante piano di Casteggio noU'Oltrepò, e della Madonna delle Boz- zolo in Lomellina, provincia di Pavia. TREMIS3E INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. 2t9 murali in larghi tavelloni e laterizi quali soglionsi dire romani^ in amplissimi frammenti di pavimento in calce- struzzo, in urne cinerarie, fìbule, bronzi, stoviglie e monete tanto imperiali romane quanto giù discendendo e di epoca più recente. Il Riccardi nei suoi studi sul territorio di San Colombano (1) accenna opportunamente e con dettaglio a quelle scoperte, e rileva come di esse e di quelle che si facessero nei contorni si occupasse, facendone premuroso studio e ragguardevole raccolta, il sacerdote Luigi Gallotta, che stette proposto-parroco e vicario foraneo nel borgo di San Colombano per ben cinquant' anni, dal 1828, cioè, al 1877 in cui mori di ottant'anni al 31 dicembre. Di quanto poteva raccogliere l'ottimo proposto Gallotta teneva dili- gente nota, e deve insieme augurarsi, che quei cimeli non vadano dispersi, e che non ne rimangano disgiunte le me- morie colle quali lo studioso raccoglitore amava constatare il tempo di ogni scoperta, il luogo e le eventuali circostanze in cui fosse avvenuta (2). Fra le monete da lui raccolte, il nostro proposto con- siderava, e giustamente, più preziosa un aurea, agevolmente conosciuta per longobarda al nome del re Desiderio , ma di cui non gli riesciva di completamente interpretare il rovescio, dove dopo la parola FLAVIA vedevansi alcune (1) Opera citata. Pagine 125, 131, 132, 135, 204, 205. (2) Quando don Luigi Gallotta nel 1828 era eletto a proposto-parroco di San Colombano per voto unanime di quel comune, egli proveniva da Lodi ove era professore in quel Seminario diocesano. Dotto e studiosissimo seppe congiungero Teificacia della parola ai benefìci dell'operare, quale gli era sug- gerito da un cuore schietto e tenerissimo. Fu ispiratore benemerito del filan- tropo fondatore di uno Spedale, di cui S. Colombano mancava. Come buon sacerdote seppe anche essere buon italiano in tempi difiìcili, e vivente ebbe giusta fama di uomo saggiamente caritatevole, e lode singolare ed incon- testata por virtù vera, costante e scevra da ogni ostentazione. Lasciò molti scritti, ma non fece alcuna pubblicazione, trattenutone al certo da modestia sincera, che non fu vinta neppure dall'intima relazione tenuta per comu- nanza di studi e di opinioni col non mai abbastanza lodato vescovo di Pavia Luigi Tosi, che però a dir vero di quella stessa modestia dava a lui il più luminoso esempio. 2S0 CAMILLO BRAMBILLA lettere a prima giunta, e non difficilmente leggibili, ma che nella loro riunione non sembravano prestarsi ad appli- cazione pratica, a città qualsiasi, non che fra quelle già note per monete al nome di Desiderio, ad altra che pur si fosse già soggetta a quell' ultimo dei re longobardi. Quella importante moneta era stata trovata nel luogo detto oggi Camatta ed anticamente Campomah, a brevis- sima distanza da San Colombano presso le pendici sud dei suoi colli, in adiacenza alla strada, che da Pavia conduce a Cremona passando per Corteolona, ove sin dai tempi di re Liutprando esisteva un regio Palazzo. Camalla o Casa- matta è attiguo al sito ove sorgeva il Castello di Monte- malo^ che ora si nasconde nel modesto cascinale detto Ca- stellazzo nel comune di Chignolo di questa provincia di Pavia (1). Era viva nel proposto Gallotta la brama di avere completa l'interpretazione del cimelio longobardico di cui gli era riuscito d'impedire l'emigrazione, ed essendogli ba- lenato alla mente il pensiero, che appartenendo esso ad altro dei re longobardi, potesse essere sortito dalla zecca non lontana della loro capitale, Pavia, ne comunicò le im- pronte al chiarissimo professore Turroni della nostra Uni- (1) Devo alla compiacenza dell' egregio Cav. Fiorani, medico primario dello Spedale maggiore di Milano, la notizia del luogo ove il tremisse di Desiderio venne scoperto e raccolto. Egli per me la ricercò e trascrisse dalla memoria originale del proposto Gallotta di cui era congiunto. Montemnlo col suo castello era località di molta importanza in relazione ai munimenti del vicino e dominante San Colombano e la vicinanza sua all'antica grande strada pavese, ed alla Corte regia, che prese il nome dall'attiguo fiume Olona, dà modo anche di spiegarsi come appunto nella stessa località po- tesse andar smarrita e quindi scoprirsi la preziosa nostra moneta. Tengo poi anche sicura informazione essersi ivi rilevata l'esistenza di antiche se- polture in parte già violate e scomposte, e ritenute da chi le ebbe ad esa- minare di epoca assai remota. Il nomo di Campoinalo ricorda dolorosamente una vittoria dell'arcivescovo Ariberto a capo dei militi maggiori o capitani milanesi, contro i concittadini del partito dei militi minori o valvassori, o fuorusciti alleati ai lodigiani nell'anno 1036. TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. 281 versità (1) e quindi anclie a chi scrive (2). Poco per vero poteva il richiesto avviso essere agevolato da quelle im- pronte fatte su cera lacca di vario colore e quasi a modo di suggello, e quindi ogni cenno dovette limitarsi a con- fermare il molto pregio del cimelio, in quanto era indub- biamente un genuino tremisse battuto per re Desiderio, lasciando affatto impregiudicata la tesi della località di- stinta al rovescio del pezzo coli' onorevole predicato di FLAVIA, e solo negativamente semplificandola coll'escludere il TICINO ed il MEDIOLANO a cui le lettere scolpite dopo quella parola non si prestavano in nessun modo. Il professore Turroni ebbe poi anche opportunità di vedere, e forse ripetutamente, presso il proposto Galletta a San Co- lombano il nostro tremisse^ ma non mi consta, che formu- lasse determinata opinione sulla leggenda del rovescio, il che anche a me non riusci, allorché la compiacenza del possessore me ne offriva possibilità in una visita, che ap- positamente io gli volli fare. Allora però io feci precisa annotazione dei caratteri di quella leggenda, e lo studio che le dedicai nella quiete domestica, ripassando libri e storie, che mi trasportassero colla mente all'epoca dell'ultimo re dei longobardi, e quasi mi ponessero in mezzo alle sue vicende, ed ai luoghi, che esso ebbe, riebbe e perdette, mi apri uno spiraglio di luce, che tentai fissare ed ampliare, siccome l'ansia numismatica voleva e suggeriva. Senonchè a compiere quello studio e renderne sicuri e più evidenti le conclusioni, vedevo 1' as- soluta necessità di avere nelle mani il prezioso tremisse, non fugacemente, e per qualche istante concesso da gentile compiacenza, ma con ogni agio come solo avviene di cosa propria. L'ottimo proposto Gallotta peraltro che se lo avea (1) Gerolamo Turroni ora erudito e coltissimo professore dì storia, e teneva presso il nostro Ateneo le veci del mancante professore di archeo- logia, conservandone il gabinetto ed il medagliere. Morì nell'anno 1864. (2) Ebbi le impronte a mezzo del benemerito proposto della Basilica reale di San Michele don Federico Cattaneo, defunto nel 1864, e che era amicissimo del Gallotta. 282 CAMILLO BRAMBILLA giustamente carissimo, se spontaneamente mi assicurava di non privarsene per altri se non per me, mi soggiungeva con franca sincerità di non sapervisi in nessun modo ri- solvere. Trascorsero cosi molti anni, e venuto a morte il pro- posto Gallotta, anche gli eredi suol, possessori dei cimeli da lui raccolti rispondevano con parole assai gentili, ma in fatto conformi a quelle del loro buon zio, alle richieste, che io mi permettevo di loro rinnovare, e frattanto il trc- missc rimaneva materialmente nell' elegante astuccietto , che lo custodiva, e scientificamente non era restituito alla città che doveva onorarsene. Azzardata però con recente opportunità una nuova domanda per la cessione del tremisse trovò essa un cordiale ben augurato assentimento per la gradita cooperazione di un egregio amico, ed ora dopo lunga seria di anni mi è possibile di portare il tremisse di San Colombano a quella pubblicità che esso ben merita. È appunto per l'importanza attribuitagli e credo con molta ragione che io sono venuto esponendo per cosi dire la storia del cimelio che forma argomento al presente qual- siasi lavoro. Sono in certo qual modo i documenti del suo processo, e se da essi si ha motivo di dar merito al Gal- lotta, che dal solo fatto del nome di re Desiderio conobbe la preziosità del pezzo e ne assicurò la conservazione, essi pur concorrono a stabilire colla sua constatata provenienza, e se pur ve ne fosse bisogno, la genuinità del cimelio, per quanto esso possa apparire singolare e peregrino. Il tremisse di cui mi propongo tentare l' illustrazione è lavorato in oro come suol dirsi pallido, perchè mescolato con discreta proporzione all' argento, ed anche per questo riguardo si conforma a simili monete di epoca longobarda già edite e ben conosciute. Ha il diametro di circa dieci- sette millimetri, ed il suo peso è di grammi 1,050 (1). E (1) I tremissi di re Desiderio col Flavia Ticino da mo pubblicati fra le Monete di Pavia, Tslv. I, 5 e 6, pesano rispettivamente gr. 1,065 e 1,010. Discorrendo delle monete di Pavia, ho potuto porre in evidenza come dei treinissi lavorati per i re longobardi abbiansene a distinguere special- TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECO. 283 contrassegnato da quel consueto e largo orlo liscio, che verso la parte centrale coniata passa a formare un anello rilevato che circonda il nome del principe segnato nella moneta, lasciando al rovescio le traccie dello stesso anello apparenti in incavo con qualche danno della leggenda ivi scolpita. Al centro del diritto vi ha una croce potenziata a braccia eguali, ed in capo alla leggenda altra simile pic- cola croce. In seguito da destra: D^NDESIDERIVE, (Dominus ì^oster DESIDERIVI UeX). La lettera N è in nesso colla successiva D, in alto dopo la prima D vi ha un bisante, e le due lettere E sono indicate con due punti o bisanti acco- stati ad un'asta od I. Il rovescio la cui parte coniata è più ampia, presenta due circoli al cui centro sta una stella a sei raggi accan- tonata da fogliuccie; in giro dopo una piccola croce eguale a quella segnata nel diritto corre la leggenda FLAVIA SIDEIO in qualche modo resa meno semplice, ed anzi effettivamente complicata dalla presenza di alcuni bisanti o punti rilevati, e dei quali se ne contano ben sei, cioè due dopo la L, uno fra le braccia della V, uno dopo l'I di FLAVIA ed uno ri- spettivamente dopo ri e dopo l'O di SIDRIO. E consueta la presenza di alcuno di quei punti rilevati o bisanti nei tremissi longobardi al tipo del presente, ap- partengano essi al re Astolfo (749-756) ovvero a Desiderio (756-774), ed appaiono poi più numerosi e variamente aggruppati in simili pezzi ed anche nei denari d' argento col nome del re Carlo di Francia detto il Magno, quali si mento quattro tipi, dei quali i primi sono puro o semplici imitazioni dei tre- missi bizantini, di quelli in ispecie al nomo di Maurizio Tiberio. Conoscersene quindi altri che portano al diritto il busto od il nome del re longobardo, ripetuto lo stosso nomo anche al rovescio intorno alla figura alata di tipo pur bizantino; poi aversi in terza linea treinisst col busto ed il nome del re al diritto, e la figura di San Michele colla sua leggenda al rovescio; chiudersi infine la serie coi treinissi stellati fatti a somiglianza di quelli di Lucca, e dove non più compare il busto ma solo il nomo del re intorno ad una croce, e noi rovescio vi ha la stella a sei raggi col nome della città onorata colla qualifica di Flavia, 284 CAMILLO BRAMBILLA. hanno singolarmente di Lucca (l). Quei bisanti o punti ri- levati, se scarsi ed isolati, erano ragionevolmente ritenuti quali semplici segni di zecca ; ma fu ben osservato dal Massagli raccoglitore diligentissimo, ed illustratore delle monete di Lucca (2), che se moltiplicati, e più se variati di forma, come venne verificandosi per Carlo Magno, passavano a costruire un modo di ornamento che accenna a progresso di tempo, e ad epoca diversa, e più inoltrata. Eitengo op- portuno il prendere nota di questa osservazione per asso- dare che il treynisse di cui mi occupo, e riguardo al quale ho fatto rilevare la presenza di non pochi di quei bisanti, debba ritenersi lavorato non nei primi anni del regno di Desiderio ma piuttosto verso 1' epoca per lui infelicissima in cui dovette soggiacere alle estreme umiliazioni inflittegli dal re dei Franchi (3). Non credo possa esservi dubbio nello esporre la leg- genda del rovescio^ ritenendola costituita dalle due distinte parole FLAVIA e SIDRIO, essendomi sempre sembrato, che qualche eccezione potesse farsi all'assunto dell' Azzoni-Avo- garo, di aprirsi la strada a leggere il nome della città di Treviso in tremisse di Desiderio col riunire al FLAVIA una S che gli fa seguito (4). SIDRIO adunque ecco il nome della città colla inflessione simile al TICINO, che per re Desiderio si volle segnato nel nostro tremisse. È noto che di re Desiderio si hanno tremissi stellati non solo al nome di questa sua capitale Pavia, ma anche di altre per lui occupate, quali Lucca (5), Milano (6), Pia- (1) Massagli, Memorie e documenti per servire alla Storia di Lticca, Lucca, 1870. Tav. Ili o IV. (2) Opera citata, pag. 12. (3) I duo tremissi stellati di Desiderio da mo pubblicati ai N. 5 e 6, Tav. I delle Monete di Pavia, al loro rovescio non hanno che un solo bi- sante dopo la l di Flavia, o tre no portano seguati al diritto. (4) Zanetti, Delle monete che ebbero corso in Trevigi. Nuova raccolta. Tomo IV. (5) Corderò di SA^QUIKTIKO, Della zecca e delle monete di Lucca, Lucca, 1860. Pag. 15. (6) DoM. Promis, Monete di zecche italiane. Torino, 1867. Pag. 16. TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. 285 cenza (1), ed anche Treviso secondo 1' Azzoni-Avogaro (2). E-arissimi tutti quei cimeli, si hanno singolari in alcune raccolte privilegiate, e siccome appunto la somma loro ra- rità doveva essere forte stimolo alla triste genia dei falsi- ficatori, cosi ne questi mancarono, ne vi fa scarsità di ama- tori illusi ed ingannati. Ma difficile era che la falsificazione raggiungesse il minuto ed affatto speciale lavoro dei tremissi originali, e la rarità stessa di questi, diveniva al tristo fal- sificatore massimo ostacolo a fare che l' indegna sua opera potesse essere condotta a tale risultato da trarre in inganno chi avesse sufficiente esperienza nello studio pratico delle an- tiche monete. Dobbiamo alla diligenza di Guid' Antonio Za- netti la narrazione ben dettagliata di una serie di falsifica- zioni di monete longobarde ai nomi di Cuniperto, di Liut- perto, ed anche appunto di Desiderio tutte con applicazione alla città di Milano (Fhkvia MEDIOLANO) (^), e per vero lo Zanetti collo aver constatato ben chiaramente il processo di quella grande falsificazione, che doveva però presto sco- prirsi, essendosi esplicata anche con impossibili tì^emìssi la- vorati in argento, ha reso ottimo servigio ai numismatici divenuti assai più guardinghi e severi nell'accettare simili cimeli. Ci occorre infatti di incontrare anche in alcuna delle raccolte numismatiche più distinte avvertita la falsità di qualche tremisse longobardo, conservato probabilmente quale saggio od imitazione per la mancanza della moneta genuina originale. Ciò trovai verificarsi per la grande collezione imperiale di Vienna (4); per quella si rinomata del Welzl de Wellenheim venuta in vendita nell' anno 1844 (5) ; ed in qualche catalogo recente di monete poste all' incanto ci (1) Feuardent, Revue numismattque, 1862. Pag. 55. (2) Op. cit. Pag. 56. (3) Zanetti, Nuova raccolta, ecc. Tom. IV. Pag. 519. Lettere inedite pubblicate da B. Biondelli. Milano, 1861. Pag. 46. (4) Arneth, Si/mpsis tiumorum veterum qui in Museo Cesareo Vin- dobonensi adsenantur. 1812. Pag. 211, 212. (5) Caialogue de la grande collectìon de tnonnaies, ecc. Vienne, 184^. Voi. IL Pag. 159 N. 2733. 37 286 CAMILLO BRAMBILLA. accadde pur di trovare annunciato alcuno di quei tremissi, se non colla franca dichiarazione di conio moderno^ con quella abbastanza significante di dubbio (1). Poiché ho segnalati i tremissi stellati di re Desiderio fra le monete più rare che ci siano pervenute per 1' epoca in cui signoreggiava fra noi la nazione dei longobardi, accennerò esser mio avviso, che quella somma rarità sia da ascriversi agli avvenimenti gravissimi, che debbono aver preceduta ed accompagnata la catastrofe con cui i franchi posero termine alla signoria dei longobardi percorrendo e saccheggiando ogni luogo del loro dominio, e tenendo as- sediata Pavia per ben otto mesi, dalla quale città, con De- siderio fatto prigione, venne tolto e predato il regio tesoro distribuendolo fra le truppe vincitrici. Già scarso il denaro fra la popolazione per le condizioni dei tempi , e sempre peregrine le monete auree battute nella zecca regia, giacche agli ordinari bisogni del paese in tempi appena tranquilli provvedeva la moneta bizantina della quale, particolarmente per quella di rame, è ovvio il trovare non meschini ripo- stigli, i pochi tremissi locali in qualsiasi modo venuti in mano ai soldati del re franco , saranno stati avidamente presi e via trasportati a trofeo e ricordo della spedizione felicemente compiuta, perdendosene fra noi quasi ogni traccia. Per tutte le fatte considerazioni io trovai sempre più interessante e prezioso il tremisse di cui ragiono, e mi sen- tivo animosamente confermato nel proposito di pur giun- gere a formulare riguardo alla città, che vi si volle commemo- rata, un concetto che avesse base ragionevole, e consistenza di attendibilità. Dopo varie ipotesi più presto svanite che non proposte, tornatami vana ogni possibile applicazione del SIDRiO a luogo qualsiasi fra quelli soggetti notoriamente al dominio dei longobardi, io pensai portare la mia speciale e minuta attenzione alle città, che i longobardi, e massime (1) Veggasi il catalogo della colleziono Taggiasco. Roma, 1887 a| N. 974 e 975. TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDEEIO, ECC. 2g7 rultimo loro re Desiderio ebbero più o meno lungamente ad invadere. Alternati e frequenti erano stati sempre per parte dei re longobardi, e più sotto Astolfo e Desiderio, i tentativi per estendere la loro dominazione, e resistere reagendo alle pretese dei pontefici sempre pronti dal canto loro a promovere, ed implorare l'intervento delle armi dei franchi, dopoché la lontananza e la debolezza degli impe- ratori di Costantinopoli e degli esarchi, che in queste re- gioni li rappresentavano, avevano aperto 1' adito fra altre ambizioni a quella appunto dei pontefici, per un dominio loro proprio ed affatto indipendente. Scorrendo fra altri libri che reputai utili al mio studio l'Istoria di Viterbo di Feliciano Bussi (1), m'incontrai, lad- dove quell'autore intende stabilire l'autenticità giustamente contrastata del marmo in cui Viterbo conserva scolpito un decreto per essa molto onorevole di Desiderio re dei lon- gobardi, in un brano della Cosmografia dell' Anonimo Ra- vennate edita a Parigi nel 1688 dal P. Placido Porcheron in cui nominandosi molte città vicine a Roma è scritto : Item juxta Roìnam est Civitas^ quce dicitur Civitate Novas, Item Sabbatis, Foro Globi. Item juxta territorium Civitatis, quam superius diximus Battanis; ad partem Tuscice est Cìvitas, que dicitur Sudrio Magnensis, item foro Casi, Beterbon , Balneon Regis , Orbevetus , Bulsinis , Pallia , Clusion, etc. Fu quello lo spiraglio di luce che fermò la mia attenzione, aprendo alle successive ricerche un campo più ristretto e determinato in cui conoscere, e stabilire se i rap- porti di Desiderio colla città di Sutri potessero effettivamente essere stati tali, che il suo nome comparisse in moneta di quel re dei longobardi, come vi troviamo quello di Milano, di Lucca, di Piacenza. Poiché nessun dubbio poteva pre- sentarsi nel ritenere, che Sudrio stesse nell' Anonimo Ra- vennate per Sutri, ciò essendo evidente per il testo medesimo di quello scrittore, che nomina le città poste juxta Romam ed anche pel Magnensis che segue il Siidriòj e che accenna (1) Roma, 1742. Pag. 25. 288 CAMILLO BRAMBILLA. alla Selva magna, la quale si sa essere nel territorio appunto di Sidri. M'importa però di qui accennare che, se il concetto di attribuire a Sutri il nostro tremisse si trovava abbozzato nella mia mente appena essa fermossi sul brano dell'Anonimo Ravennate riferita dal Bussi, e con ciò era resa in me più acuta la brama di possederlo, il forte dubbio, che ciò pur potesse effettivamente verificarsi, e la non esclusa possibilità che avuto modo di una prolungata o tranquilla considera- zione del singolarissimo pezzo, questa aprisse il varco a diverse conclusioni, mi distoglievano dall' insistere attiva- mente in uno studio, che rimaneva ne' miei propositi, ma in certo modo sospeso, in quanto la direzione poteva esserne per avventura errata. Ma come già ho esposto mi riusci dopo tanti anni di avere quel tremisse, e di conformarne con scrupoloso esame ed in via assoluta, l'interpretazione. Compiutone pertanto, secondo poteva riuscire, lo studio, mi è data la soddisfazione di comunicarne la conclusione ai colleghi amatori della numismatica. Mia prima cura, dopo essermi assicurato della giusta ed inappuntabile interpretazione delle leggende, ed aver quindi ripresa l'indagine colla guida già fissatami, fu di accertarmi, che esatta fosse la citazione di Feliciano Bussi riguardo all' Anonimo Ravennate di cui mancavami ogni edizione. Qui mi soccorse la compiacenza del Dott. Paolo Orsi della Biblioteca Nazionale di Firenze, che oltre avermi fatto certo per riguardo al Sudrio della relativa concordanza colla edizione primitiva fatta dal Percheron nel 1688 sul codice della Biblioteca Nazionale di Parigi, mi diede no- tizia della edizione più recente, che dell'Anonimo Ravennate erasi fatta dai sigg. Pinder Parthey (1). Su questa ho potuto io stesso -constatare a pagina 285 sussistere letteralmente il Sudrio ad indicare la città di Sutri. Ne può esservi dubbio (1) Ravennatis Anonimi Cosmographia et Guidonis Geographica. Be- rolini, 1860. TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. 289 di errore di copista o di amanuense. I sigg. Pinder e Parthey essendosi proposto di procurare una edizione veramente completa ed accurata dell'importante lavoro dell'Anonimo di Ravenna, non ebbero ricorso soltanto al codice parigino come il Percheron, venuto perciò in qualche sospetto al nostro eruditissimo Muratori (1), ma ne fecero riscontro coi codici della Vaticana , e di Basilea , senza trascurare le riproduzioni fattene da Giacomo Gronovio nel 1696, e da altri successivamente. Fra le molte varianti minutamente rilevate dai signori Pinder e Parthey nessuna ebbero essi ad accennarne di relativa al nostro proposito. Confermano i nuovi diligentissimi editori dell'Anonimo Ravennate, coadiuvati nel loro importante lavoro da non pochi altri eruditi, doversi ritenere che lo stesso Anonimo dettasse la sua Cosmografia nel settimo secolo dell' era volgare, e non potersi esso confondere, siccome vi inclinava il Muratori, in una sola persona con Guido prete pur di Ravenna, appartenente ad epoca posteriore, e forse al se- colo IX. Notevolissima è l'autorità che devesi attribuire all'A- nonimo Ravennate, sia pel tempo in cui ritiensi aver scritto, sia per appartenere a quella città di Ravenna, che dopo l'epoca di Teodosio II era importante centro per le cose geografiche (2). Sutri^ come si denomina questa fra le antichissime città italiane, e di origine etrusca, ora appartenente alla provincia di Roma, circondario di Viterbo; trovasi indicata nelle storie, e negli antichi codici ed itinerari col nome 2ojTpr>v, di Sutrium , di Sutrio , e finalmente di Sudrio dall' Anonimo Ravennate. Si disse Respublica Sutrinorum, e secondo i tempi anche Colonia lulia Sutrina quando ebbe una nuova colonia, imperando Augusto ; Sutrinus fu chiamato il vescovo che essa città ebbe dalla Chiesa. Non è punto a ritenersi troppo strano il trovare nel- (1) Rerum Italicartim Scriptores. Tom. 10. De tabula Chorographica Meda Aevi, Pag. XV. (2) Lelewel, Géographie du Moyen-àge, 290 CAMILLO BRAMBILLA. rAnonimo Ravennate indicata Sidri, col Sudrio anziché col Sutrium, invece usato dall' altro Ravennate il prete Guido (1). Il nostro Anonimo cosi scrivendo attenevasi molto probabilmente al parlar volgare de' suoi tempi in cui assai comunemente accadeva di sostituire alla T nelle denomi- nazioni la più dolce lettera D che mancava agli antichi toscani ed etruschi ; dal che ne vennero mutati HATRIA in HADRIA (Adria), TVTER in TVDER (Todi), BVTRIYM in BVDRIVM (Budrio). E quanto fosse in fatto frequente il mu- tare la T in D ed anche viceversa ci è constatato da antiche iscrizioni ove abbiamo, a cagion d'esempio SID, invece di SIT Ubi terra levis, non che da moltissimi documenti, e questi anche precisamente del secolo Vili, dei quali io mi limiterò ad accennare quelli riportati, e di tale epoca nel Codice diplomatico Sant'Ambrosiano (2). Tutto ciò per altro vale pel Sudrio invece di Siitrio, ma non avrebbe conveniente rapporto col cambiamento della XJ in I come si verifica sul tremisse di San Colombano ove leggiamo non SVDRIO ma SIDRIO. Mi occorre quindi rile- vare, che se era nella bassa latinità ovvia la mutazione della T in D e viceversa, ciò avveniva anche fra loro riguardo alle lettere I V (od TI) ed Y. Scorrendo il Glossario Italico di cui siamo debitori all'erudizione di Ariodante Fabretti (3), e cosi le ricordate opere dell'Anonimo Ravennate, e del prete Guido, noi ci incontriamo in un frequente scambio — quelle lettere nei nomi propri di persona, come Surus di Syrus — Sirus; Siilia e Sitia; Tutina e Titius ; così nella denominazione di non poche città, e già in uso in tempi remoti, come Dirachium, Dyrachium, Durachiwn; Siracusa Siracusa, e Suracusa; Sirentu?n e Surrentum, e con ana- (1) Guidonis Geographica, a seguito deirAnonimo Ravennate di Pinder Parthey. Pag. 488. (2) Fumagalli, Codice diplomatico San f Ambrosiano. Milano, 1805. Pag. 33, 39, 41 ed altrove. Vedasi anche Du Gange, Glossarium, ecc. Ba- sileae. Tom. I, Pars socunda. Pag. 702. Dmwatur in T non semel ut SET prò SED aut vicissim. (3) Torino, 1859 e seguenti. TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. 291 logo esempio ci vien fatto di leggere Trasimenus — Tra- symenus, e Trasumenus^ ed anche Tharsomenus pur variato con particolare ortografia a norma dell'uso e dei tempi. Ciò io credo appunto avvenisse per l'uso della Y che sostituita alla V (U), ed avendo suono analogo alla lettera I conduceva poi ad un notevole mutamento di ortografia e di pronuncia, quale appunto occorre per noi in quel Sldrio invece del Sudrio, dove forse lo zecchiere, ch(i avea a scolpire al seguito del FLAVIA, e dopo la S una V alla quale riesciva scarso materialmente lo spazio, come pur lo era per una Y, si at- tenne al comodo lavoro di una I, che nella fuliggine del tempo, e nelle ristrette sue cognizioni compiva convenien- temente il senso e la parola. Credo dopo le cose fin qui dedotte, mancando assolu- tamente gli elementi di una diversa conclusione, che per se, ed anche fatta astrazione da ogni argomento, che d'al- tronde potesse concorrere a tale affermazione, in quel SIDE,IO abbastanza nettamente scolpito nel nostro tremisse coll'ono- revole titolo di FLAVIA, applicato per le più cospicue città dei re longobardi, che per le loro persone avevano adottato quello stesso titolo abbia a ravvisarsi senz' altro indicata la città di Sidri. Non potevo però ignorare che oltre la città di Sutri nel dominio romano esista in Italia pur una borgata, che egualmente si denomina Sutrio^ e questa non lungi da Tolmezzo in provincia di Udine a cui estendevasi notoria- mente il regno dei longobardi. Ma sebbene tale comune avesse già un castello, non vi manchino scoperte di anti- chità, e possa ritenersi non vana l'opinione C^), che ne fosse fondatrice una colonia venuta dal Sutri romano , non era il caso di dar seguito a relativo dubbio , poiché, mode- stissimo luogo mai sempre, popolato da poco più di mille abitanti, non è posto in evidenza da fatto qualsiasi che potesse aprir l'adito a credere, che anche momentaneamente regnando la nazione dei longobardi avesse assunto impor- (2^ Nispi-Landi^ Storia di Sutri. Pag. 7^, 292 * CAMILLO BRAMBILLA tanza, e tanto meno poi tale e siffatta da essere equiparata alle città di quel dominio. Ristretta pertanto ogni considerazione al SiUri appar- tenente alla Toscana romana, e poi al ducato di Roma, era ovvio doversi esaminare se gli avvenimenti storici svoltisi qui in Italia nel secolo VITI permettessero di darci giusti- ficata ragione del fatto di cui la comparsa del nome di Sittri in tremisse di re longobardo, sarebbe stato effetto, e costituirebbe positiva affermazione. La città di Sutri^ ridotta oggidì a più modeste pro- porzioni per estensione e importanza, e pel numero de' suoi abitanti, è luogo fortissimo per la posizione su di una eminenza di tufo, che a guisa di scoglio è tagliato perpen- dicolarmente da ogni parte. Divenuta dopo la distruzione di Veio, da etrusca romana, Sutri ebbe considerazione di claustrum Etruriae^ ossia di valido baluardo per Roma verso quella parte della Toscana cui la stessa città già prima aveva appartenuto. Le storie dettate da Tito Livio accennano ripetutamente ad avvenimenti in cui va congiunto il nome di Sutri, con quelli gloriosissimi di Furio Camillo, di Emilio Barbula, di Quinto Fabio Massimo. Augusto apprezzando l'importanza strategica di Suln\ vi inviava una nuova colonia da cui denominossi Colonia lulia Siitrina, Più volte i Goti devastarono la misera città, cbe posta sulla via Cassia, che presso Roma staccandosi dalla Flaminia conduceva a Firenze, e per V Einilia a Bologna, si trovava per la stessa sua forte postura esposta alle più gravi vicende di guerra, essendone il possesso desiderato, e robustamente contrastato tanto dalle orde invaditrici, quanto dai difensori, e dagli stessi cittadini. Nell'anno 569 i Longobardi, che alla lor volta chiamati da Narsete scesero ad invadere l' Italia, estendendosi dal- l' Umbria^ anche in quella parte àoiV Etriiria o Toscana, che più prossima a Roma, dicevasi romana, occuparono con altre città di quella regione anche Sutri, che solo parecchi anni più tardi al cadere del secolo VI fu loro ritolta dal- l'Esarca Romano Patrizio, e ritornata all'impero. TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. 293 Successivamente Sutri rimase vincolata alle sorti di Roma e del suo ducato di cui si trovò far parte, e nell'anno 727, quando Liutprando re dei longobardi, approfittando dell'acuto contrasto sorto fra l'ardente iconoclasta imperatore Leone Isaurico, ed il pontefice Gregorio II si fece contro di questi minacciosamente aggressivo, Sidri pensò di tute- lare la propria sicurezza facendo omaggio allo stesso pon- tefice di obbedienza devota e di fedeltà. Nell'anno 728 però Liutprando entrava in Sutri, e, se dopo qualche mese in- dottovi dai doni e dalle preghiere del pontefice acconsentiva a partirsene, non lo faceva a titolo di restituzione siccome avrebbe voluto Gregorio II ma per vantato ed espresso atto di liberalità, e per ossequio verso San Pietro ed a titolo di dono alla Chiesa, nel che si accordano gli sto- rici , per quanto le parole adoperate possano essere di- verse (1). Se io non erro nel fatto che Liutprando ben credette aderire alle preghiere del pontefice, accompagnate da cospicui donativi, ma colla forma di libéralissimo dono si diversa da quella di una restituzione, sta già un richiamo del pos- sesso, che di Sutri avevano preso i re longobardi a comin- ciare da re Alboino nei primordi della loro invasione, e quasi una riserva di nuova occupazione non difficile a prevedersi nello stato delle relazioni fra i pontefici ed i Longobardi, assai aggrovigliate pei ripetuti tentativi della parte imperiale per riprendere autorità in domini sostan- zialmente perduti. Nell'anno 740 la ribellione di Trasemondo duca di Spoleto, che si volle fosse promossa od almeno fomentata dal pontefice Gregorio ITI, che lo accolse in Roma, condusse nuovamente Liutprando nel ducato romano di cui gran parte venne da esso occupata, togliendosene solo dopo due anni per accordi col nuovo pontefice Zaccaria , che il re longobardo ricevette molto rispettosamente in Terni. Fra (1) Anastasio Bibliotecario, Rerum Ital. Script. Tom. III. Pag. 157. SiGONio, De regno Italico. Bologna 1580. Pag. HO. Muratori, Annali. Anno 728. 38 294 ♦ CAMILLO BRAMBILLA le altre concessioni fatte allora da Liutprando noto pel mio assunto quello della valle quce vocatur magna appartenente a Sutri (1), ma ancora e ripetutamente a titolo di liberalità e di volontaria donazione, siccome di territorio proprio, comunque occupato per ragione di guerra. Ciò avveniva nell'anno 742, e nel successivo 743 Liut- prando aveva nuovo convegno, ma in Pavia sua capitale, col pontefice Zaccaria fattosi questa volta intermediario di Eutichio esarca di Ravenna. Eletto a reggere la nazione dei Longobardi Astolfo (anni 749-75(5), questi che si trovava allora padrone di Ra- venna, e ne aveva anzi fatta la sua residenza, spingevasi vigorosamente nel ducato romano et suce jurisdictioni civi- tatem romanam vel subjacentia ei castra indignanter asse- rehat (2). Fu allora Sutri non solo nuovamente occupata ma anche miseramente devastata, quando nel!' anno 745 il re Astolfo, fermo nel proposito di rendersi padrone di Roma e del suo ducato, anche dopo gli inutili uffici dell'imperatore Costantino V Copronimo, ed un primo assedio posto dai Franchi di Pipino a Pavia e tolto a condizioni per lui gra- vissime, volle rinnovare i suoi tentativi, dando cosi occasione ed una seconda discesa dei Franchi, ad un nuovo assedio di Pavia, ed a conclusioni assolutamente disastrose per se e per la nazione sua. L'importanza grandissima, che si diede alle disposizioni di Pipino, e dei Franchi da lui condotti nei rapporti col pontefice riguardo al dominio temporale di questo e della sedo romana, fanno emergere gli avvenimenti momentanea- mente chiusi colla seconda capitolazione di Astolfo a seguito dell'assedio di Pavia, fra i più segnalati dalla storia nel più ampio suo significato. Poco tempo sopravisse Astolfo alla sua sconfitta, ed a lui con breve intervallo succedeva Desiderio (756-774), che per salire al trono, escludendone 1' avversario suo Rachis, seppe chiedere ed avere l'appoggio del pontefice Stefano II. (1) Anastasio Bibliotecario, Op. cit. Pag. 162. (2) Idem, idem, pag. 166. TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. 295 Ed anche col pontefice Paolo I come con Pipino e cogli immediati suoi successori, Desiderio conservò per una serie d'anni non breve relazioni almeno in apparenza amichevoli, sebbene la dignità di Patrizio romano attribuita ai re dei Franchi, rendesse meno facili i comuni rapporti. Ma fra gli anni 769 e 772 rimasto da prima solo sul trono presso i Franchi Carlo detto il Magno, salito poi alla sedia pontificia Adriano uomo vigoroso ed intraprendente, e promosse da questo od utilizzate largamente le ribellioni fra i perso- naggi più distinti di nazione longobarda, il re Desiderio, che dal canto suo non sapeva ne poteva rinunciare alle antiche aspirazioni de' suoi predecessori, si trovò circondato dalle maggiori e più stringenti difficoltà. Indarno cercò Desiderio di scongiurarle con una possibile ma rifiutata riconciliazione col pontefice, e col creare difficoltà nella famiglia stessa del re dei Franchi, non più suo genero pel ripudio della di lui figlia Desiderata (a. 771) ; col promovere alleanze ed aiuti alla corte imperiale di Costantinopoli. Avuto in fine ricorso risoluto alle armi. Desiderio invase una volta ancora il ducato romano, Eoma stessa minacciando di formale assedio. Fu precisamente nell'anno 772 che l'esercito longobardo s' impadroni delle maggiori città del ducato romano, non risparmiando devastazioni e rovine, fra le quali si ebbe a maggiormente deplorare quella di cui fu vittima Blera, dove colta la miglior parte della popolazione al momento di raccogliere tranquilla le messi, venne quella crudamente passata, per quanto si narra, a fil di spada. Già si avanza- vano (773) per le note vie Cassia da SuM da tempo occu- pata, e Flaminia da Otricoli i Longobardi condotti perso- nalmente dal re Desiderio col figlio e socio Adelchi verso Roma, quando, forse per le minaccio del focoso Adriano, ma ben più probabilmente per 1' annunciato approssimarsi ai confini del regno dell'esercito franco sollecitato, non solo dal pontefice, ma anche da parecchi influenti ribelli, Desi- derio si ritrasse coll'esercito suo riducendosi rapidamente in Lombardia per avvisare alle difese, qui dove più gravi incalzavano i pericoli. E ben noto come Carlomagno, che 296 « CAMILLO BRAMBILLA. nell'anno 773 passate le difficili chiuse mercè non ben de- terminati ma facilmente designati ausiliari, era giunto a Verona, poi a Roma per ossequiarvi il pontefice confermando le famose donazioni fatte dal padre Pipino, nell' anno 774 dopo un assedio di oltre otto mesi prendesse Pavia, facendo prigione Desiderio, che seco condusse in Francia colla moglie Ansa, e che per tal modo ebbe trisbe fine il regno dei Lon- gobardi durato poco più di due secoli. Non è in nessun modo per me il caso di aggiungere parola su quell'ultimo e memorando periodo del dominio dei longobardi fra noi. Le molte questioni, cui la storia di quella nazione nel suo complesso, e per la catastrofe, che ne fu la conclusione ha dato luogo, furono ampiamente trattate da insigni scrittori. Sia lecito osservare che per quanto nei loro egregi lavori quei valentuomini sapessero elevarsi con proposito di schietta imparzialità, indipendente dai partiti e dalle idee preconcette, non poterono ancora raggiungere sufifragio di comune e generale acquiescenza. Oggi poi quelle questioni sono fors' anche più difficili ad essere toccate, altri ostacoli aggiungendosi agli antichi derivanti dalle fonti stesse cui attingere, e che appaiono e sono eccessivamente partigiane. Per l'assunto che io doveva propormi bastami aver posto in sufficiente evidenza il fatto che la città di Sutri, come fu una delle prime ad essere occupata dai longo- bardi nel ducato romano, fu anche una di quelle più fre- quentemente ripresa, ed una poi delle ultime ad essere sgombrata. Se si pon mente alle condizioni in cui trovavasi re Desiderio negli anni 772 e 773, quando avvertito del mi- nacciato ed effettivo intervento di Carlo Magno coi Franchi, esso stava per prendere le estreme sue risoluzioni, sia per procedere dalla forte posizione di Sutri verso Roma onde tentare di rendersi rapidamente padrone, ovvero per racco- cogliere ogni sua forza e ritrarsi a difendere la sua capi- tale, si può ben comprendere come in lui sorgesse il pen- siero di constatare il suo possesso su quella città, baluardo e difesa del ducato romano, facendone scolpire il nome in TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. 297 altra delle monete nelle quali già figuravano quelli di di- verse importanti città, come fu già accennato. Ne è fuor di luogo il qui prender nota che Sutri a differenza di altre città, ed anche della vicina Kepi non ebbe mai un proprio duca, e come a volta a volta, e poi definitivamente si ritenne soggetta al pontefice insieme al ducato romano, ma si trovasse in possesso diretto del re lon- gobardo, quando questi ebbe a portarvi il suo campo, di- morasse poi anche secondo le esigenze del momento in Viterbo od in Terni (U. Quanto all'officina monetaria nella quale il nostro tre- misse possa essere stato lavorato, ammetto senza difficoltà le eccezioni che si affacciano per ritenere che una simile officina fosse attivata precisamente nella città di cui quella moneta porta il nome. Può piuttosto credersi, che fosse lavoro di quell'officina, che per le loro monete i re longo- bardi tennero sempre e sicuramente aperta in Pavia. Non vorrei però escludere, che Desiderio, quando nell'anno 773 lasciava Pavia col figlio Adelchi, e coli' intiera sua corte, per mandare a compimento la divisata impresa contro Roma ed il pontefice, avesse per avventura al suo seguito anche gli officiali preposti alla moneta, dai quali nella regia corte e cum jussione regis,, quello ed altri simili tì^emissi potessero essere preparati. La rapidità con cui corsero e si mutarono gli avveni- menti memorabili dell'estremo periodo della storia di Desi- derio e dei longobardi, si aggiunge alle cose già esposte circa la rarità dei tremissi al nome di quel re, per spiegarla abbondantemente riguardo al cimelio che mi è dato di pubblicare colle sin qui svolte note illustrative. Se le mie congetture e le mie conclusioni si trovano accolte ed accettate, la città di Sutri già tanto illustre per le sue remotissime origini ; pel suo anfiteatro scavato nella (1) Paolo Bondi, Memorie storiche della città Sabazia, e saggio storico suW antichissima città di Sutri. Firenze, 1886. Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione — Voce Sutri. 298 e. BRAMBILLA - TREMISSE INEDITO AL NOME DI DESIDERIO, ECC. massa del tufo su cui essa sorge ; per le sue mura etrusche; pei concini ripetutamente inaugurativi, pei valentuomini finalmente cui ha dato la nascita, avrà nuova ragione di gloriarsi, avendo il suo nome raccomandato al tremisse da me segnalato all'attenzione dei numismatici. Tale moneta pel momento in cui è a ritenersi ordinata ed emessa è un monumento di grande ed assoluta impor- tanza storica, ed altra ne acquista per essere esemplare delle ultime monete che si sarebbero lavorate per la nazione dei Longobardi, e che di essa serbino memoria. Camillo Brambilla. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI YI. GIAN RINALDO CARLI A Capodistria, piccola città al sud di Trieste, e capi- tale dell' Istria veneta, sotto il governo della Serenissima, nacque Gian Rinaldo Carli, il 9 aprile 1720. Discendente da nobile famiglia di quella città, fu dai genitori posto a studiare i primi rudimenti letterari in quelle civiche scuole fino ai dodici anni, indi inviato a Flambro nel Friuli presso il dotto abate Giuseppe Bini, sotto la scorta del quale attese allo studio delle scienze esatte e della 800 e. LUPPi fisica. Fornito di straordinario e versatile ingegno, in mezzo a quegli studi severi, trovò modo il Carli di applicarsi anche a quelli non meno ardui della storia e delle antichità. I monumenti del medio-evo, e del risorgimento artistico ita- liano furono per lui oggetto di speciali indagini. Trasferi- tosi poi a Padova, in quella celebre Università attese a perfezionarsi nelle matematiche, cui aggiunse lo studio della giurisprudenza, e delle lingue greca, latina ed ebraica. Chi lo avvicinava in quel suo fervore di studi, avrebbe facil- mente potuto preconizzare in lui il futuro economista, l'uomo di stato, l'archeologo ed erudito insigne, emdlo dei più ce- lebrati d' Italia. Fornito com' era di solida dottrina, e di estesissima coltura, in ancora giovine età, gli furono aperte le porte dell'Accademia de' E/icovrati. La fama sempre cre- scente del suo vasto sapere mosse il governo della Repub- blica a chiamarlo a Venezia per insegnarvi 1' astronomia e la nautica, e soprastare ai lavori di quel celebre Arsenale. — Tocchi appena i ventisette anni il Carli indirizzò al dottissimo MafFei la Dissertazione sulVuso dell* argento^ che si può considerare quale importante preludio a quegli studi, che più tardi dovevano formare V occupazione principale delle sue indagini, e in cui trovasi il germe, d'onde uscir doveva la sua opera immortale sulle zecche e monete d' I- talia. La stima altissima guadagnatasi fra i dotti, gli valse la nomina di Presidente di quella stessa Accademia de' Ri- covrati, ch'ei cotanto co'suoi scritti onorava. — Ammoglia- tosi nel 1747, dopo soli due anni rimase vedovo con un figlio da allevare e una grande sostanza da amministrare. Fu in questo tempo eh* egli aggiunse al proprio il nome di famiglia della defunta moglie, e chiamossi d'allora in poi Gian Einaldo Carli-Rubbi. Le cure dell' amministrazione domestica lo tolsero alla scuola di nautica, e alla direzione dell'Arsenale, obbligandolo a restituirsi in Istria, dove recossi in compagnia dell'illustre naturalista Vitaliano Donati. In mezzo ai sopraccapi della vasta ed intricata azienda, cui dedicò la massima parte della sua energica attività, trovò ancora forza e mente da proseguire i suoi studi prediletti. Datosi alla ricerca delle antichità di quella remota regione VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 301 italiana, scrutò i monumenti della sua patria, e tra questi fece dell'Anfiteatro di Pola V oggetto principale delle sue dotte illustrazioni. Ma lo studio delle monete, al quale aveva preludiato colla sua bella dissertazione sull'uso dell'argento, da allora e finche visse, prese il sopravvento nell'animo di lui e ne diede uno splendido saggio in due pregiate dissertazioni, la prima delle quali tratta: Della origine e del commercio della moneta e dei disordini che accadono nelle alterazioni di essa; la seconda comprende le: Ricerche storiche intorno ali* istituzione delle zecche d'Italia dalla decadenza dell'Im- pero sino al secolo XVII. Ambedue queste dissertazioni unite furono pubblicate colla data dell' Aja (Venezia), nel 1751. — Dopo questa pubblicazione, volendo sempre più approfondire, ed esaurire per quanto gli era possibile quell' argomento, fece nuove indagini, estese le sue corrispondenze, intra- prese viaggi a Torino, a Milano, nella Toscana. Dopo tre anni d'indefesse ricerche, cioè nel 1754, apparve in Mantova il primo tomo dell'opera che doveva collocarlo fra i primi e più celebrati nummologi del suo tempo, col titolo: Delle monete e dell' istituzione delle zecche d' Italia, dell'antico e presente siste^na d' esse e del loro intrinseco valore e rap- porto con la presente moneta dalla decadenza dell' Impero fino al secolo XVII per utile delle pubbliche e private ragioni, . A questo, dopo il breve intervallo di tre anni, tenne dietro il secondo tomo stampato in Pisa nel 1757; indi la prima e la seconda parte del terzo coU'aggiunta di un' ap- pendice, edite in Lucca nel 1760. Grandissimo fu il grido che si levò in Italia e fuori per quest' opera veramente monumentale; l'applauso dei dotti, dei giureconsulti, degli economisti, degli uomini di Stato e de' Corpi politici ne attestarono l'alta eccellenza, e in breve volgere di tempo ne provocarono parecchie edizioni. Di poco posteriore al Muratori e all'Argelati; coetaneo al Bellini, all'Affò e allo Zanetti, il Carli colla serietà ed importanza de' suoi scritti seppe conquistarsi un posto distinto in mezzo a quegli uomini insigni, e diventare un nuovo vanto per l'Italia. Le 39 302 0. LUPPi Corti più importanti della penisola ne accettarono presto i postulati, ne adottarono i principi ne' saggi delle monete, e per stabilire i rapporti di queste. La Corte imperiale di Vienna prese i suoi risultati come base pel riscatto dei diritti di regalia^ e i governi, in cui era divisa allora l'Italia nostra, se ne servirono di regola nei giudizi su tale materia. — Un lavoro di tanta mole, non impedi al Carli di atten- dere contemporaneamente ad altri studi analoghi e di eru- dizione, poiché nel 1757 dedicò all'illustre Prof. Stellini il non meno celebrato Saggio politico ed economico della To- scana. Dopo aver parlato dell'opera immortale che concerne tanto intimamente i nostri studi, non è intenzione nostra di tessere il catalogo di tutte le altre produzioni che sca- turirono dal fervido attivissimo ingegno del Carli. — Ri- chiamato in patria dopo la morte del padre, e trovandosi padrone di vasti possessi, accoppiando alle speculazioni scientifiche un lavoro indefesso, rivolse la sua attività a ridare nuova vita allo stabilimento di manifatture di lana, pervenutogli dall' eredità della moglie. Ma le cure penose di quel commercio e l'occupazione troppo intensa e con- tinua , gli alterarono la salute , e diedero a temere della sua vita. A sottrarlo a quelle cure soverchianti giunse opportuno l'invito della Corte imperiale di Vienna. Giuseppe II intento a migliorare l'indirizzo degli studi, e le finanze del suo vasto impero, pensò valersi del sapere del Carli e lo nominò Pre- sidente del Consiglio di commercio e di finanze, nonché del Consiglio della Pubblica Istruzione ; ed in questo non meno che in quelli il Carli esplicò la sua energia in utili inno- vazioni, ed in Vienna, dove era stato chiamato dal celebre ministro Venceslao-Antonio di Kaunitz, che nel 1765 reggeva le sorti dell'impero, suscitò l'ammirazione dei dotti della Germania. — Tornato a Milano onorò 1' eccelsa sua carica in conferenze sulla pubblica economia, presenziate nel 1769 dallo stesso imperatore, che gli accrebbe lo stipendio e l'in- signi del titolo di Consigliere privato di Stato. Tante fatiche logorarono la sua salute e fin d'allora si sviluppò in lui il germe di quell'infermità che doveva condurlo alla tomba. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 303 Sentendosi mancare le forze vitali, decise abbandonare ogni incarico per vivere tranquillamente e godersi , sciolto da quelle cure pressanti, l'agiatezza conseguita in tanti anni d' indefesso lavoro. Fu in questo tempo di relativo riposo che diede mano al compimento e alla produzione d'un gran numero di altre opere minori sopra argomenti svariatissimi che qui non giova accennare ; tra le quali però non crediamo di passare sotto silenzio la raccolta che comprendeva le ricerche fatte in tempi diversi sulle antichità italiane, rac- colta che rese di pubblica ragione nel 1788-91, in 5 volumi in 4°, e che riscosse le lodi dei dotti e le onoranze dell'im- peratore Leopoldo II successo nel 1790 al fratello Giuseppe II. Il Carli mori il 22 febbraio 1795, e fu sepolto u nella chiesa a della Madonna di Cusano presso Milano. Alla sua memoria a furono poste due iscrizioni, una nell'interno, l'altra ester- u namente della menzionata chiesa della Madonna, riportate a neìV Elogio del Carli, scritto da Luigi Bossi. Una sola di u quelle iscrizioni conservasi ancora, avanti l'altare. Essa u viene qui riprodotta quale fu dettata da Francesco Fontana u professore di rettorica nel Collegio dei nobili: OSSA IOAN. RINALDI CARLI IVSTINOPOLITANI ANNO MDCCXCV EX TEST. H. S. S. QVO PIE CONSTANTER DEC. IX KAL. MARTL ANN. AGENS LXXV STVDIO ERVDITIOME SCRIPTIS ET PRIVATIS ET IN MAGISTRATI6VS OPT. DE. R. P. MERITVS (I). Il Carli, che da più d'un trentennio aveva vissuto nella metropoli lombarda, fu dai milanesi considerato quale loro concittadino, e ora Milano , passato quasi un secolo dalla sua morte, in memoria dell' insigne filosofo, del grande (1) Belgiojoso Conte Emilio, Guidu del Famedio nel Cimitero monu- mentale di Milano, pag. 74. 304 e. HIPPI - VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI statista e dell'integerrimo magistrato, ne scrisse il nome nel suo famedio tra quelli de' più benemeriti ed illustri suoi figli. L'intero corpo delle Opere di Gian Rinaldo Carli fu stampato in Milano, 1784-94 in 19 volumi in 8" grande. Questi cenni sulla vita e gli scritti principali di Gian Rinaldo Carli furono tratti dai seguenti libri: Bossi L. : Elogio di Gian Rinaldo Carli; Tipaldo Emilio: Biografia degli Italiani illustri nelle scienze^ lettere ed arti nel sscolo XVIII. Volume Y; Bio- graphie universelle ancienne et moderne. Tome sixième. Paris 1843, pag. 633-6SG; Corniani : I secoli della letteratura italiana; Dizio- nario universale storico-mitologico-geografico compilato da una so- cietà di uomini di lettere per cura del Dottor Angelo Fava. To- rino 1856, pag. 389; Belgiojoso C. Emilio: Guida del Famedio nel Cimitero monumentale di Milano. Ivi 1888, pag. 74. C. Luppi. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI. Irnhoof-Blamer und Otto Keller. — Tier- und FflanzenWder auf Miìnseti und Gemmen des Massischen AUertums (Figure d' animali e di piante su monete e pietre incise dell' antichità classica). Lipsia, Teubner, 1880. — Un voi. in 4° di pag. X-168, con 26 tav. in fototipia. Già da vari anni il distinto filologo ed archeologo te- desco Ottone Keller aveva fatto oggetto delle sue indagini i nomi ed i tipi sotto cui ci furono tramandati gli animali dall' antichità classica, nonché le loro attinenze colla storia delia civiltà greca e romana. Egli era andato sempre più convincendosi che la numismatica e la glittica potevano fornire un sussidio prezioso a tale ordine di studi, e che in ispecie i tipi monetali relativi dovevano essere anno- verati fra i monumenti più importanti, e più valevoli a gettar luce su quest'argomento. Nel frattempo 1' amico suo Dr. Imhoof-Blumer, il valente numismatico svizzero di cui sono ben noti i lavori sulle monete greche, nel formare una vasta collezione d' impronte allo scopo di pubblicare un atlante di tipi, ne aveva raccolto anche una cospicua serie con figure d' animali e di piante. Caso volle che il Prof. Keller, allora insegnante all'Università di Praga, si recasse a Winterthur per visitare l'amico; egli fu colpito dall'idea del vantaggio che si poteva trarre pe' suoi fini scientifici speciali da quella serie, e propose ad Imhoof- Blumer di pubblicarla, offrendosi alla propria volta di com- pletarla con impronte di pietre incise. Questa è 1' origine del libro che ci sta dinanzi, e che, a malgrado delle gran- 306 BIBLIOGRAFIA dissime difficoltà materiali insorte poi per la compilazione della seconda parte, si presenta come un tutto armonico, simmetrico anzi, poiché 13 tavole di monumenti e 80 pagine circa di testo illustrativo sono dedicate alle monete, ed al- trettante sono dedicate alle pietre incise. Questa rispondenza, per cosi dire esterna, trova il suo raffronto anche nella disposizione metodica del materiale illustrato, inquantochè l'ordine seguito nella parte riservata alla numismatica si ripeta poi in quella riservata alla glit- tica. La distribuzione generale è la seguente: Mammiferi — Uccelli — Anfibi e Rettili — Pesci — Insetti e Aracnidi — Crostacei e Molluschi — Cefalopodi — Echinodermi e Meduse — Piante — Animali favolosi ed Esseri ibridi. Disorbiterebbe affatto dal nostro compito se qui ci estendessimo a discorrere della parte del libro destinata alle pietre incise, nella quale il Prof. Keller (ora chiamato ad insegnare nella nuova Università Clark a Worcester nel Massachusetts), ha dato prova di somma diligenza e di molto acume, tanto più. trattandosi di monumenti che spesso riescono enigmatici e d'assai ardua illustrazione. Per atte- nerci invece alla parte numismatica, diremo anzitutto che non fu intenzione degli autori di fornire un catalogo descrittivo di tutte le varianti di ciascun tipo d' ani- male o di pianta che si riscontri sulle monete classiche, ma soltanto (e lo notano espressamente) di aggruppare questi tipi e di presentarli e spiegarli nelle loro raffigurazioni più interessanti. Tuttavia il Dr. Imhoof-Blamer, per dare un'idea complessiva del vastissimo materiale di studi, ha aggiunto volta per volta, alla descrizione di ciascun tipo, un breve accenno delle varietà più importanti. Cosi p. es., dopo di aver illustrato varie monete greche e romane che recano il tipo dell' elefante, ecco in qual modo egli ne termina l'elenco : BÀZIAEaZ APOAAOAOTOY iriTHPOZ. Elefante indiano. Dramma di ApoUodoto re nell'India. Collezione Imhoof. BIBLIOGRAFIA 307 Altri tipi di elefanti africani e indiani : in atto di camminare oppure stanti : africani, — Aes grave, Atella, Capua, Pesto, Alessandria, Re mauritani. Repubblica romana e Imperatori (Cesare, Vespasiano, Tito, Filippo), ecc.; — indiani, — Seleucidi, Arsa- cidi , Battro-Indi , Pirro , A.pamea in Siria , Nicea , Tarso, ecc. con fiaccola nella prqboscide: Antioco V. quadriga e biga: Tolomeo Sotere, Alessandria, Repub- blica romana, ecc. quadriga con elefanti cornuti: Seleuco I e Antioco I. protome: Re battro-indiani. testa : Seleucidi , Re battro-indiani, Gortina, Cnosso, Repubblica romana. pelle d^elefante come copertura di capo di Alessandro, dell'Africa, della Libia, ecc.: Tolomei, Seleucidi, Re battro-indiani, Agatocle di Siracusa, Alessandria, Re- pubblica romana. Abbiamo scelto un esempio cbe ci è sembrato sufficiente, senza invadere troppo spazio della Rivista.^ ma non rinun- ciamo a dire cbe per molti tipi, pur abbondantemente rap- presentati nelle tavole figurative, le aggiunte di varietà, spigolate da tutti i campi della numismatica classica, sono in copia mirabile e fanno testimonianza della larga e co- scienziosa preparazione che precedette il licenziamento de- finitivo di questo bel libro. A tale proposito basterà accen- nare che gli autori, per ottenere una identificazione rigo- rosamente scientifica degli animali e delle piante raffigurati sulle monete e sulle pietre incise, ricorsero nei casi dubbi al giudicio di eminenti zoologi e botanici, giungendo cosi a risultati altrettanto notevoli dal punto di vista dell' ar- cheologia e della storia dell' arte quanto da quello delle scienze naturali. S. A. 308 BIBLIOGRAFIA Nouveau Manuel de Numismatique ancienne, par A. de Barthélemy, Membre de l'Institut. — (Con un atlante di 12 tavole). — Parigi, Libreria Koret, 1890. Dopo una lunga serie d'anni, durante i quali ebbe però una copiosa ristampa per soddisfare alla continua richiesta del pubblico, l'eccellente Manuale Barthélemy per la Nu- mismatica antica si presenta ora in una seconda edizione ritoccata ed accresciuta dall'illustre autore. Notiamo, fra l'altre innovazioni: una tavola sinottica dell'alfabeto celtiberico nelle diverse sue forme; un diffu- sissimo elenco dei nomi inscritti sulle monete della Gallia, della Britannia e della Germania; uno sviluppo notevole della trattazione numismatica della Battriana; un completo rimaneggiamento della serie repubblicana romana, reso ne- cessario dalla recente opera di Babelon; infine una lista dei Consolati degl'imperatori, per facilitare la classificazione cronologica delle rispettive monete. Nouveau Manuel de Numismatique du moyen àge et moderne^ par J. Adrien Blanchet. — (Con un atlante di 14 tavole). — Parigi, Libreria Eoret, 1890 (1). Questo libro è destinato a sostituire, coli' assenso del Sig. de Barthélemy, il di lui Manuale dallo stesso titolo, che ormai, dopo 38 anni, aveva bisogno di una completa revisione. Ma il Sig. Blanchet, pur conservando molte parti dell'opera originaria, vi ha introdotto tali e tanti mutamenti da potersi dire che il Manuale ne è uscito rifatto di sana pianta. Ad esempio, la sezione dedicata alle monete reali francesi è stata ampliata per modo che la descrizione delle monete da Ugo Capeto ai nostri giorni, la quale nel trattato del Sig. de Barthélemy non comprendeva che otto pagine, ora (1) Mandato iu dono alla Rivinta, BIBLIOGRAFIA 309 ne abbraccia 22, con altre 22 pagine di appendice sulla carta-moneta, sugli assegnati, ecc. La sezione dedicata alle monete feudali francesi è più che raddoppiata di estensione, anzi quasi triplicata addirittura. Ne deriva che la sola Nu- mismatica francese ha richiesto per sé un primo tomo, e cioè un fitto volume di oltre 500 pagine. Il secondo tomo è uscito per le stampe in due volumi separati: l'uno comprende la numismatica dei rimanenti paesi ; nell'altro si discorre partitamente delle monete ossi- dionali e di necessità, delle medaglie, dei gettoni e affini, dei pesi monetali, si dà un elenco dei Santi effigiati sulle monete, e una bibliografia generale e speciale. Quest'ultimo volume contiene pure un succoso compendio dell'opera ma- gistrale di Schlumberger sulla Numismatica dell' Oriente latino, e a tale compendio risponde un corredo illustrativo nelle due tavole supplementari aggiunte all'atlante (che ori- ginariamente ne comprendeva soltanto dodici). Il sig. Blanchet, nella chiusa della sua Prefazione, si augura una benigna accoglienza anche presso i numisma- tici stranieri. Per ciò che concerne l'Italia, crediamo che quest'accoglienza sarà cordiale e calorosa, quale ben si me- rita uno straniero che con tanto amore si è occupato delle CDse nostre. Infatti la sezione italiana, in una forma densa e stringata , concentra una quantità straordinaria di notizie e dati preziosi, cui non possono toglier merito le numerose inesattezze ed omissioni, inevitabili da parte di uno straniero. E chiaro che il Sig. Blanchet ha consultato con ogni diligenza la nostra letteratura numismatica, non escluse le pubblicazioni più recenti ; — questa cura delle fonti bibliografiche è, del resto, una delle più spiccate ca- ratteristiche di questo libro eminentemente moderno, come un'altra caratteristica è l'evoluzione, ancora adombrata, ma pur discernibile, verso il compenetramento della tendenza teorica colla tendenza pratica. Veggasi in proposito, verso la fine del tomo secondo, VApergu sur la valeur marchande des monnaies, médailles, etc; è un capitolo breve, e scritto solo pei francesi, ma esprime pur sempre la tendenza, che appare anche in molti altri punti del libro, di giovare non 40 310 BIBLIOGRAFIA solo agli studiosi ma anche ai raccoglitori. Ne ci sembra che questo, in un Manuale destinato sopratutto ai princi- pianti, sia un difetto : ci sembra piuttosto un merito, e noi, per parte nostra, non esitiamo a darne piena lode al- l'autore. S. A. m Nineteenth annual Beport of the Deputi/ Master of the Mini, 1888. Londra, 1889. Beport of the Director of the Mint upon production of the prccious metals in the United States during the calendar year 1888. Washington, 1889. Per la cortesia dell'egr. sig. Cav. Carlo Fascila, Direttore della E. Zecca di Milano, abbiamo potuto esaminare queste due accurato pubblicazioni, che ci forniscono un gran numero di dati ufficiali con- cernenti la statistica monetaria e metallica, non solo dell'Inghilterra e degli Stati Uniti, ma di tutto il mondo. Dal punto di vista numismatico riescono specialmente interessanti nella prima di queste Relazioni, le notizie sulla quantità e qualità delle monete coniate recentissimamente nei diversi paesi, non esclusi quelli dell'estremo Oriente ; nella seconda Eelazione, fittissima di ta- belle e di cifre, il riassunto storico di tutta la monetazione degli Stati Uniti, dalla prima organizzazione delle differenti zecche sino alla loro soppressione, o rispettivamente sino al 31 dicembre 1888 per le zecche tuttora in esercizio. llenochio Raffaele, Memorie storiche della città di Carmagnola. — Torino, 1890, in-8.* A pag. 233 l'Autore pubblica un documento inedito in data 10 febbraio 1472, col quale Federico III imperatore conferma al mona- stero di Casanova i privilegi accordati dai suoi predecessori e concede all' Abate Agostino di Lignana quello di battere monete d' oro e d'argento. Elenco di oggetti etruschi e di monete romane^ imperiali^ con- solari e famigliar ij di proprietà dei fratelli Mandati in San Ca- sciano dei Bagni. Poggibonsi, Stab. tip. M. Cappelli, 1890, pp. Il in-8'. BIBLIOGRAFIA 311 Neri A., Be minimis. Genova, tip. Sordo-muti, 1890, in-8°. (La statua e una medaglia di Andrea Doria). Gnecchi Francesco, In: De Guhernatis. Dizionario degli artisti italiani viventi. Fase. ITT, p. 234. Firenze, 1890, Le Monnier. Bedetti Aless., Di aìcimi incisori monogrammisti italiani e stranieri dei secoli XV e XV L Saggio. Bologna, Zanichelli , 1890, in-16°, pp. 100 con tavola. De Simoni Cornelio, Introduzione alle tavole descrittive delle monete della zecca di Genova dal MDXXXIX al MDGCOXIV. Genova, tip. Sordo-Muti, 1890, in-8° pp. Ixxij (Estr. dagli Atti della Società ligure di storia patria^ voi. XXII). Deloume Ant., Les manieurs d^ argent à Home ; les grandes compagnies par action ; le marche' ,* puissance des puhlicains et des banquiers jusqu^ à V Empire. Étude historique. Paris , E. Thorin , 1890, in-8.** Gongrès monétaire international tenu à Paris les 11, 12^ 13 et là septembre 1889, à V Exposition universelle internationale de 1889. (Compte rendu in extenso et documents). Paris, librairie des Annahs économiques, 4, rue Antoine Dubois, 1890, in-8° gr. pp. 477. Collection de feu M. Renier Chalon. Première partie : Monnaies et médailles , dont la vente aura lieu les 14-16 novembre 1889 (1640 n.°"). Deuxième partie : Bibliothèque numismatique, dont la vente aura lieu les 18-25 novembre 1889 (1251 n°^). Bruxelles, imprimerle V. Larcier, in-8°, pp. 50-103. Prèau (Charles), Méreau inédit du chapitre de la collegiale de Saint-Etienne de Dreux. Paris , Thorin. in 8° pp. 12. (Extr. de la Rcvue de la Soc. des études historiques 1S89). Caballero-Infante (F.), Estudio sobre las monedas àrabas de Denia. Denia, Fedro Botella, in-4°, pp. 17. Die Jcaiserlichen russischen Orden und Medaillen. Autoriesierte deutsche Ausgabe mit erlàut. Texte von Aug. 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NOTIZIE VARIE Scavi di Roma. — Il giorno 26 febbraio decorso si sparse la voce che la sera precedente fosse stato rinvenuto un importante ripostiglio di monete d' oro imperiali. Assunte informazioni, seppi che effettivamente nel fare alcuni lavori per la sistemazione del proseguimento della nuova via Giovanni Lanza, sul pendio dell'Esquilino verso la Suburra, fu trovato un vaso di rame contenente una gran quantità di monete, le quali però erano tutte di bronzo. Furono portate al Museo del Campidoglio e fu riconosciuto che erano in numero di 5654, di piccolissimo modulo coi tipi comuni del IV secolo ed appartenenti agli imperatori da Massenzio ad Onorio. Ma ho motivo di credere che oltre queste, il ripostiglio ne contenesse altre, perchè presso un negoziante ne ho vedute 400 cogli stessi tipi e dello stesso modulo. Da Porto d' Anzio, ove si stanno facendo degli scavi sono venuti in luce due assi libbrali colla testa di Apollo ripetuta sui due lati, appartenenti alla serie assegnata dal P. Garrucci ai Sabini, (tavola XXXIV). Insieme agli assi vi erano anche tre spezzati della stessa serie, e tanto gli uni che gli altri sono andati a far parte di collezioni private. A Civita Castellana nello scavare una tomba alla pro- fondità di venti metri fu rinvenuto insieme a due statuette di bronzo, un beli' esemplare del triente della rarissima serie di aesgrave di Tarquinia (Garrucci, tav. XLVI, N. 3). Un importante ripostiglio di monete d'argento tedesche è stato rinvenuto in Roma alla fine di Aprile. Sono circa mille monete bracteate nel XIII secolo, ma che non offrono in tutte che 18 varietà. Era, probabilmente un'offerta pro- veniente dalla Germania per l'obolo di S. Pietro. 4' 318 NOTIZIE VARIE Di monete consolari è stata trovata una restituzione di Traiano (N. 26 del Babelon), ma non l'ho veduta. Di monete imperiali degne di menzione vi è un quinario d^oro inedito di Probo a fior di conio, un medaglione di Costan- tino, uno di Alessandro Severo, un gran bronzo di Emiliano di buona conservazione ed uno di Antinoo. Il medaglione di Alessandro (Cohen N. 232, ediz. 1") , bellissimo per con- servazione e per patina, è stato consegnato ad un orefice per farne un gioiello da signora, con gran dispiacere dei raccoglitori. Di altre monete venute in luce, citerò il raro ducatene di Camillo principe di Correggio, che differisce da quello riportato da Quirino Bigi, il quale probabilmente lo de- scrisse senza averlo presente ; {Di Camillo e Siro da Cor- reggio e della loro zecca. Modena 1870, tavola VI, N. 52), e finalmente una monetina d'argento di Segni non comune, (Garrucci, tav. LXXXII, N. 20). La messe è stata davvero importante, tutte le serie e tutte le epoche hanno avuta la loro parte; è da deplorarsi sol- tanto che i due ripostigli offrano poco interesse, sia per la storia, sia per la numismatica, alle quali non portano alcun contributo veramente nuovo. P. Stettiner. Una lettera del Cav. G. Fraccia. — Eiceviamo, con pre- ghiera di pubblicazione, la seguente, a cui diamo posto volentieri, sia per debito d' imparzialità, sia per lasciare, come abbiamo altre volte espresso essere nostro desiderio, che tutte le opinioni possano essere liberamente esposte nella Rivista. Mentre però diamo la lettera integralmente nella sua parte scientifica , abbiamo creduto opportuno soppri- mervi qualche periodo, che da questo campo si allontanava, invadendone altri, di cui non giova intrattenere i nostri lettori. È innegabile che nelle nuove ragioni apportate dal Cav. Fraccia vi sia dell'acume e della giustezza di vedute ; e, quantunque intravvediamo qualche altra obbiezione, 'che vi si potrebbe fare, non crediamo il caso di prolungare la polemica, lasciando che il lettore si formi da sé il proprio NOTIZIE VARIE 310 concetto, ora che le due parti hanno esposto il loro modo di vedere. Non sarebbe stato d'altronde gentile da parte nostra il riservarci noi Tultima parola. Ecco la lettera: € Al ChiarissUno Gav, Francesco Gnecchi Redattore della Rivista Italiana di Numismatica — Milano. « Nel tascicolo I, anno III, 1890, del pregevole periodico, ora da Lei e dalFegregio di Lei fratello diretto, leggo a pag. 160-162 due articoli, co' quali è a Lei piaciuto onorare di sua autorevole recensione i due ultimi miei opuscoli: Su due contromarche in monete romane, ed Antiche monete siciliane, ecc. € Nel rendere alla Signoria Vostra Chiarissima le più sentite grazie per tanto onore e per tutti i benevoli apprezzamenti e gentili espres- sioni usate a mio riguardo, io La prego accordare ospitalità nelle colonne dello stesso plaudito periodico alla presente, mercè la quale vorrà, spero, permettermi le seguenti brevi e rispettose osservazioni, responsive a' cortesi appunti da Lei fattimi, e de' quali io mi tengo non meno onorato. € Tenendo al merito di ciascun di essi, ed incominciando da quello eh' Ella esamina V ultimo, cioè « Antiche monete siciliane, » ecc. , due cose Elia vi lamenta : l'' la mancanza delle Tavole ; 2° la scelta del Buonarroti nel pubblicarlo. Ed io le dirò francamente che trovo, in generale, la prima giustissima; ne, in generale, ho per essa che le attenuanti; e della difficoltà de' mezzi (più che pecuniaria, di ma- teriale esecuzione in Palermo, facendo capo al Museo) ; e dell'esempio, certamente non nuovo di tanti altri cataloghi, repertori, ecc, ed anche grandi opere; e finalmente dell'essermi io perciò a tutt' uomo studiato di supplirvi, oltrecchè col richiamo a quegli altri miei lavori che n'eran forniti, con tali minute e precise descrizioni, di cui i provetti cultori di numismatica, pe' quali io veramente scrivo, potevano restar contenti, come difatti è avvenuto. € In particolare però, e per quel che riguarda 1' altra parte di questo primo lamento, quella, cioè, relativa a verifica, controllo, fiducia, ecc., a me basta farle semplicemente notare (ciò che per altro risulta dal cenno preliminare, e va per ogni singola moneta indicato dalle corrispondenti iniziali poste in margine per additarne la provenienza), ohe trattandosi di monete tutte già appartenute da . insigni e reputatissime collezioni , e tutte poi scelte , acquistate , accettate, classificate, collocate, registrate, in uno dei primi Musei d'Italia, qual è quel di Palermo, concepir su di esse, foss'anche una S20 NOTIZIE VARIE sola, il menomo sospetto, sarebbe lo stesso che concepirlo e mancar di fede a quelle collezioni, a quel Museo, ed asfli illustri uomini che l'han diretto e il dirigono. « Quanto al secondo di Lei. lamento poi circa la scelta del Buo- narroti per la pubblicazione di quest'opuscolo. Le fo primieramente riflettere che gli esemplari destinati agli Istituti, ai periodici ed ai personaggi nostrani e stranieri in numismatica più competenti furono le tirature a parte {estratti) fattine appositamente eseguire; ma che del resto, per quanto grandi ed invadenti fossero le odierne tendenze a specializzare, com'Ella ben dice, e la superiorità in ciò della Rivista non sarà mai certamente (è almeno a sperarlo) che si arrivi a tal punto di esclusione, da interdire la concorrenza ad ogni altro perio- dico letterario e storico, che non sia affatto da sozzo, qual certamente non è il Buonarroti. « Passiamo ora air altro mio opuscolo : Su due contromarche in monete romane, ecc. « Crede dunque anch'Elia che soverchia sia l' importanza da me attribuita alla contromarca ^PRON sul G. B. della Quinctia da me prodotto, e crede così perchè a stabilire che Apronio fosse monetario di Augusto e non di Giulio Cesare, meglio che questa mia, che pur Le piace ammettere che sia una prova, « ne abbiamo già uyC altra più sicura nelle monéte di Gaio, Messalla e Sisenna compagni mone- tari di Apronio sotto di Augusto, che sono dell'identico tipo. — Ma stando sempre alla distinzione ch'io fo nel mio opuscolo fra prove di fatto, ricavabili da'' monumenti, e teoriche induzioni, non era appunto questo ch'io a pag. 5 e 6 dimostrava non provar nulla? — Che cosa difatti, io diceva, potevan provare questi quattro piccoli bronzi di tipo affatto alieno a qualsiasi cronologica applicazione, quando di tutti questi quattro monetari « non vi si trova che il solo nome, senza « alcun prenome o soprannome che potesse con maggior probabilità « fissarne l' epoca; quando son essi storicamente sconosciuti , come « Sisenna e Gaio, o di nome comune all'epoca di Cesare e di Augusto « come Messalla ed appunto il nostro Apronio? » — Si degni Ella adunque. Chiarissimo Signore, rileggere quelle due pagine del mio povero opuscolo, e nella pienissima sua buona fede si convincerà che l'importanza da me, in quel senso, attribuita alla monete in parola non era per niente soverchia. € Ed ora all'altra contromarca, NCAPR. € Ella crede ch'io abbia non citata, anzi a bella posta taciuta per rendere la mia più accettabile quella spiegazione che stima invece NOTIZIE VARIE 321 ragionevolissima^ e oramai comunemente ammessa come la vera ed alla quale dichiara attenersi come assai pia ovvia : Vantica spiega- isione Nero Caesar Aug PBohavit. « Ma su questa interpretazione, ch'Ella suppone non poter essere da me ignorata, io comunque si fosse, non poteva, non che come Lei adagiarmi, più che tanto fermarmi : prima, perchè non comunemente ammessa, com'Ella dice, ma anzi da nissuno dei più insigni scrittori di contromarche da me consultati e citati nemmen ricordata ; secondo perchè né così ragionevole e molto meno poi vera, com'Ella asserisce, ma invece assolutamente da escludersi in quanto che (lasciando anche stare, se così Le piace, il nesso A* e la. finale ON dell' altra, che secondo me, e com'io ho dimostrato, deve darci la chiave e la spie- gazione ragionevole e vera di questa), mentre questa contromarca non appare più intera, in alcuna delle monete intermedie fra quelle del 1° anno di Claudio e quelle di Nerone, le lettere NO si trovano poi in monete a Nerone posteriori. E difatti non più un solo intero NCAPR si trova in alcuna delle altre monete dello stesso Claudio; né di Mes- salina, né di Britannico , né di Agrippina giovine, ecc. ; né è suppo- ponibile che giusto in quel periodo di 13 anni quanti ne corrono sino a Nerone, in nessuna di esse si. fosse più applicata, massime se per causa politica, o per bisogao di aumentarne il valore ; ciò che, come infra rammenterò, non necessitava ch'esse fossero fruste. — Tediamo invece le lettere NC che formerebbero il cavallo di battaglia di quella spiegazione (il famoso supposto Nero Caesar) su monete a Nerone posteriori, su quelle segnatamente di Vespasiano, che ne portan bensì il nome in contro marca , e difatti il de Saulcy, in questo genere a tutti maestro, cercava interpretare Nummi Centum. Or, tutto questo mi pare ch'io già l'avea nel mio opuscolo largamente dimostrato, perchè non mi fosse stato mestieri di ricorrere a tacere a bella posta una spiegazione ovvia e comoda sì a chicchessia, ma ragionevole o vera non mai. € Ed ora veniamo alla mia: « A Lei pare, o almeno Ella dubita, che la spiegazione da me pro- posta non possa essere seriamente accettafa, inquantoche non abbia un fondamento ragionevole. E ciò per due principali motivi : V non tro- varsi in nessun documento storico resistenza di una Coorte Aproniana; e questo Le fa pensare che io al solo scopo di dare la spiegazione di una contromarca voglia creare (sic) una coorte; 2"* il ripetersi di questa stessa contromarca su bronzi di Claudio portanti la data del 41 d. 6% mentre la prima contromarca di Apronio sarebbe del 12 a. C, anteriore cioè di 53 anni: e sebben riconosca eh' io sia riuscito a provare che materialmente la cosa non era impossibile, trova pure 322 NOTIZIE VARIE questa possibilità materiale hen diversa dalla probabilità ; né sa spiegarsi come i bronzi di Claudio fossero già frusti (dacché, come ognun sa, Ella aggiunge, i bronzi contromarcati di Claudio come tutti in generale quelli portanti contromarca sono di pessima con- servazione) e avessero perciò bisogno di una contromarca neW anno stesso in cui venivano battuti. « Ma io La prego a voler riflettere (ciò che bensì risulta da tutto il mio povero e mal compreso lavoro): « r Che qui non si tratta di una Coorte storica, rammentata in un monumento stabile ; sibbene di una semplice contromarca castrense di occasione, in cui momentaneamente veniva applicato il nome di colui che ordinava o permetteva un nuovo corso fiduciario; « 2" Che, difatti, qui non si tratta più del Monetario di Augusto del 12 a. Cristo ; ma bensì del Proconsole, Generale di Armata, Go- vernatore di piazze forti, che appunto in que' 53 anni e sino all'ultimo di essi vediam figurare in Africa e in Germania nella stessa persona di Lucio Apronio.... Ed ora non Le dispiaccia ch'io aggiunga (ciò che non trovasi nel mio opuscolo, ma Ella non doveva ignorare) un prezioso riscontro di fatto, un monumento, cioè, che nel modo più solenne ed indiscutibile costringe a non potersi più mettere in dubbio nel nostro personaggio quella continuata superiore ingerenza negli affari monetali delle provincie da lui occupate, ch'io, per solo teorico e storico intuito, aveva già indovinata; convertendo così quella ch'Ella chiama possibilità materiale ben diversa dalla probabilità, in una quasi certezza. — Parlo di quei grandi, mezzani e piccoli bronzi (intere monete di tutto conio e non contromarche) battuti in Africa sotto Tiberio ed appunto durante la guerra contro Tacfarina (pag. Il del mio opuscolo), nell'anno 20 di C : « PERMISSV L • APRONI • PROCOS III • » come nella loro leggenda si legge. (V. Mùller, Nu- mismatique de Vancicnne Afrique. Voi. Il, pag. 155 e seg. — E. Cohen 2' ed. I pag, 208, n° 216; pag. 210, n** 251. « Non fo commenti. — Torno alla contromarca in esame. « Nel farmi infine l'ultimo appunto, a Lei certamente anche sfug- giva quant'io altresì avea dimostrato: di tali contromarche Castrensi non esser solo a cercar ragione nel deperimento metallico delle mo- nete su cui vennero applicate ; ma bensì , e meglio , nel bisogno di crescerne il valore con un temporaneo o più alto assegno fittizio. E di fatti ed a maggior prova del mio assunto, in preveggenza dell'ob- biezione da lei fatta, a pag. 13, nota 3', io segnalava alcuni esemplari battuti « indubbiamente in quest' anno 41 di C. (uno specialmente « della Collezione Nissardi) che lungi dall'esser frusti sono fior di « conio e la nitida contromarca vi appare evidentemente coeva al conio NOTIZIE VARIE 323 « stesso, come appunto doveva avvenire essendovi stata applicata nel- « Tanno medesimo. » € Ma predicava io dunque al deserto ?! « Spero che no; e qui fo punto, sicuro anzi che per tutte le suesposte ragioni anch'Elia non tarderà a farmi quella giustizia che molti mi han fatta; nel senso almeno, onde teste me Tha resa uno dei più competenti nummologi contemporanei con queste parole: « La conclusion de vòtre travail est amenèe par un raisonnement « aussi logique que serre, et pour ma part je la crois benne. A moins « de nouvelles découvertes, je ne vois pas sur quels arguments on « pourrait s'appuyer pour la combattre. « E la riverisco « Aprile 1890. « Ohbl.mo « Giovanni Fraccia ». « P. S. « Non era nemmeno nel mio opuscolo, ne sopra va rammentato (ma Ella avrebbe bensì dovuto saperlo) quant'ora, a maggior conferma di tutto, e salvo a meglio svilupparlo e trattarlo in appresso, sono ben lieto di poter anche aggiungere relativamente alla contromarca NCAPR. « Trovo io ora adunque che non solo in Africa nella guerra contro Tacfarina, monete di ogni modulo furon battute: PERMISSY L. APRONI; ma che vi ha di più: « Abbiamo un altro M. B., bensì per intero e sempre col dritto di Tiberio , portante nel rovescio la testa di Druse , ed intorno : L. APRONIVS HIPPONE LIBERA (Mùller II, pag. 167, N. 378 - E. Cohen, 2.» ed., I, pag. 220, N. 2). « Ne è tutto: « Abbiamo in altre monete dello stesso genere nientemeno che il nome di Apronio, o tutto intero con FA e la P legate (.FRON) in un piccolo bronzo di tutto conio (Muller II, pag. 165, N. 303 — E. Cohen 2.* ed., pag. 210, N. 251) , ovvero in contromarca portante non solo le stesse due prime lettere ugualmente legate (^P), ma bensì e meglio, tutte e tre del mio opuscolo, in unica sigla {M) (Mùller U, pag. 4, N, 5, e pag. 7, N. 25). « E né basta : Tanto nell'anzidetto piccolo bronzo, quanto in queste contromarche, abbiamo il nome di Apronio preceduta da una C stac- cata; cioè: 0. .PRON; C .P, e M, < Ne von*ebbe di più? « non Le pare ora nemmeno che dal 12 a. C. in giù il nome di Apronio possa riapparire sulle monete ad indicare il personaggio 324 NOTIZIE VARIE medesimo? ancor non Le pare che T^, e molto più poi VM deb- bano assolutamente escludere (come a me era già bastato desumere dalla moneta Yallero) qualsiasi Prohavit o Fróbata, e simili; e del- l'egual maniera la C che sola precede quel nome qualsiasi Caesar o altro che non fosse la da me creata Coorte? — E così essendo, non Le pare un vero peccato che a completare la contromarca NCAPR ora non manchi che la sola N; e che la crudele assenza di questa lettera venga a dare il colpo di grazia al tanto comodo e vagheggiato Nero ?/.... « G. Fraccia. » Museo Provinciale di Bari. — Il giorno 18 maggio u. s. venne aperto al pubblico il nascente Museo Provinciale di Bari, impiantato per ora nell'Aula centrale dell'Ateneo. Vendite di Monete. — Durante il trimestre cbe ora 'fi- nisce ebbero luogo a Parigi le vendite di tre collezioni, Pho- tiades Pacha (monete greche), Ponton d'Amécourt (mero- vingie) e Lépaulle (romane). — Ne daremo i particolari nel prossimo fascicolo. Finito di stampare il 25 Giugno 1890. Lodovico Felice Cogliati, Gerente responsabile. Anno HI, 1890. LEONE Vm 963-965). GIOVANNI Xni (965-972). 4 T. GENTILI - Le monete dei pontefici romani Leone YIII (ritenuto antipapa) e Giovanni Xlll. (Anno III - Fasc. I) RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno 111,1890 Tav. 11 N M #f# R.von SCHNEIDER-Un Medaglista Mantovano. ( Anno III-FascI ) eliotipia Blechinger.''Aenna.. Impr.L, Pisani. 3, y. PROMIS. - Moneta inedita di Pietro I di Savoia. V. PROMIS - Monete di Gio. Battista Panetti Conte di Benevello. ( Anno III - Fasc. I ) y^ 1890. TAY. IV. / V / <..> B — 13 B — 14 B — 15 B-s-16 B7=^ 17 B » 18 B — 19 B — 20 B — 21 B — 22 B — 23 B — 24 B — 25 SUotipia DANESI - Roma. PRANCESCOGHECCHI. — Appunti di Numismatica Romana. -X. (Anno III - Fasc. II) RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Anno ni, 1890 Tay. Y. MONETE PRIMITIVE BATTUTE DAI PAPI NEL CASTELLO DEL PONTE DELLA SORGA CAPOLUOGO DEL CONTADO VENE SINO DENARO CORONATO Bo-nifacioVin- 129^-1303 MEZZO DENARO CORONATO Clemente V- 1305-1314 FIORINO PAPALE D'ORO CONIATO PERLA PRIMA VOLTA da GiovanniXXH rLell'aimol322 MONETA (NIGRA) BATTUTA IN AVIGNONE DALLA FINE DEL XTV ALLA META DEL XV? SECOLO Beile detto Xnt aiitipapa 1394--Ì417 Giovaixni XXIII 1410 - 1415 MONETA DI NICCOLO V. 1447- 145Ò sulla quale per eiTorre dello zeccltierre fa scritto CARTVSmvece di QVINTVS V.CAPOBIMCHI • Uuove osservazioni sopra alcune monete IsMg dai Papi nel Contado Yenesino ed Avignone (Anno III. FascII) KlVIiSTA lTAlilAJ)IA JJi J^UMliSMATlUA TAV. VI. B Eliotipia DANESI - Roma. BERNARDO MORSOLIN. — Giacomo Bannissio - Isabella ( Anno III - Fasc. Il ) A. COMAHDINI. — Medaglie italiaie del 1889. - 1. 4- FASCICOLO III. ORIGINE DELLA MONETA IN ITALIA (1) I numismatici che hanno studiato il problema delle origini della moneta in Italia si possono classificare in due scuole: quelli che vogliono dare all'Italia l'onore di avere inventato la moneta , riportandone l'introduzione ad un' alta antichità , e quelli che pretendono abbia essa copiato tutto dalla Grecia. A me pare che ci sia dell'esagerazione da una parte e dall' altra ; ma che , in fondo , abbiano tutti un po' di ragione. Infatti è vero che la moneta coniata propria- mente detta, ebbe origine indubitatamente nella Lidia e fu quindi adottata in tutta la Grecia, ma è altresì vero che l'idea di adoperare il metallo per facilitare gli scambi sorse spontanea anche fra alcuni popoli italici , i quali, quando appresero l'invenzione del conio, possedevano già le loro monete primitive fuse che differivano sostanzial- mente dalle greche e dalle orientali. Non deve sembrare strano che l' idea della moneta sia sorta indipendentemente in differenti paesi. Nella storia si notano altri fatti consimili, di invenzioni o scoperte avvenute in paesi posti a grande distanza e che non ave- vano fra loro alcuna comunicazione. Basti ricordare la somiglianza , affatto casuale , fra i geroglifici egiziani e (1) Dal Manuale di Numismatica italiana di prossima pubblicazione. 328 P. STETTI NER quelli messicani, e Tarte della stampa inventata in Europa quando in China era già conosciuta da parecchi secoli. Per dimostrare meglio il mio asserto , riassumerò brevemente la storia della moneta. In origine la base delle contrattazioni commerciali fu il bestiame, non solo in Italia, ma anche presso altri popoli antichi. Infatti Omero ed Esiodo , posteriori alla guerra di Troia, non parlano mai di moneta ed indicano sempre il valore delle cose a bestiame, oppure fanno men- zione di scambi con oggetti di genere diverso. Un campo coltivato poteva valere due o tre buoi , un bue poteva cambiarsi con dieci o dodici pecore , una bella schiava era valutata quattro buoi. Lo stesso Omero ci dice che il tripode dato in premio della lotta al funerale di Pa- troclo valeva dodici buoi e che gli Achei si procuravano il vino di Lenno, dando in cambio metalli , pelli bovine o qualche robusto schiavo. Ma quest'uso doveva riuscire assai incomodo e non poteva sempre corrispondere ai bisogni sociali. La sco- perta del metallo mostrò il grande vantaggio che se ne poteva trarre, valendosene come mezzo di scambio, poiché, oltre ad avere un valore intrinseco, non è soggetto a de- perire, si può facilmente trasportare, e dividere con esat- tezza nelle più minute proporzioni. Inoltre il bronzo, che fu il primo metallo usato in Italia per gli scambi, poteva essere trasformato, ogni qualvolta si volesse, in armi od utensili domestici. In Asia, invece, fu l'oro ed in Grecia r argento , il primo metallo adoperato pel commercio. I Latini chiamarono aes rude (bronzo o rame in- forme) il metallo di cui si servirono in principio per gli scambi commerciali. In seguito il metallo fu fuso in pezzi regolari di forma rettangolare di cinque o dieci libbre e s'incominciò ORIGINE DELLA MONETA IN ITALIA 329 a dargli un'impronta che fu generalmente un animale, forse in memoria dell'antico uso degli scambi col bestiame in na- tura, e questo fu chiamato aes signatum (bronzo segnato). Da questo si passò all' aes grave , prima di forma ovale e poi di forma rotonda che fu la definitiva. Allora, per facilitare sempre piii gli scambi , fu creata l' intera serie della moneta colle sue frazioni, cioè l'asse del peso di una libbra corrispondente alla quantità di metallo che un uomo poteva sostenere {librare) sul braccio teso, il semisse di mezza libbra , il triente di quattro oncie , il quadrante di tre oncie ed il sestante di due oncie. Cosicché il sistema si basava su una libbra di bronzo ed ognuno dei sei pezzi portava il segno del suo valore. Di queste monete primitive molte sono pervenute fino a noi, ed il ripostiglio di Vicarello compendia , si può dire, la storia stessa della moneta. Vicarello è una località presso il lago di Bracciano, ove esistono delle acque termali chiamate Acque apolli- nari^ conosciute e adoperate anche in oggi per curare certe malattie. Nel 1852, nel fare alcuni lavori presso l'antica fonte, fu rinvenuto un numero ingente di monete , che erano il tributo offerto , per lo spazio di parecchi secoli , dai visitatori, alla Divinità che, secondo essi, rendeva bene- fiche quelle acque. Era un uso comune di quei tem )i. Vi si rinvenne Vaes rude in quantità di oltre 12^0 libbre, Yaes signatum^ V aes grave dei vari popoli del- l'Italia centrale, poi le monete coniate della Repubblica romana e quelle degli imperatori , fino al principio del quarto secolo dell'era nostra (2J. (2) P. Marchi, La stipe tributata alle divinità delle acque apoUinari di Vicarello. Roma, 1852. 330 r. STETTINER A Vulci tu rinvenuto un vaso di terra contenente insieme, Vaes rude in pezzi informi di bronzo del peso da un'oncia ad una libbra, Vaes signatum in pezzi ret- tangolari interi od in frammenti e V aes grave nella forma ovale. Spessissimo poi si ritrova Vaes rude in tombe antiche specialmente etrusche, e lo si può vedere in quelle tra- sportate intatte nel museo di Bologna. Il pezzo di bronzo è vicino alla testa del cadavere. Farmi dunque che, anche non volendo prestar fedi agli antichi scrittori che pure parlano dell'uso del bronzo in natura, non si possa mettere in dubbio che esso abbia servito in Italia come moneta primitiva che si scambiava, pesandolo, con altri oggetti; ed a Vicarello ed a Vulci lo abbiam visto fare l'officio di moneta, misto a monete propriamente dette. Vi è chi afferma che Vaes rude non abbia mai avuto corso come moneta , ma che sia stato adoperato sola- mente per gli usi sacri, perchè si rinviene anche in tombe appartenenti ad epoche in cui la moneta coniata era su- bentrata alla fusa e perchè fu adoperato per offerte alle divinità in tempi ugualmente posteriori alla sua origine ; e si citano in prova le offerte di aes rude fatte dai sol- dati di Annibale al tempio della dea Feronia C^i (544 di Roma, 210 av. C). Ma ciò dimostra soltanto che per gli usi sacri si continuò ad adoperare per lungo tempo la moneta primitiva; che, del resto, a Vicarello si è trovata ogni sorta di monete offerte alla divinità del luogo, e probabilmente i soldati di Annibale offrirono aes rude alla dea Feronia, perchè non avevano altra moneta e con (3) Livio, lib. XXVI, cap. XI. ORIGINE DELLA MONETA IN ITALIA 831 quella erano pagati i loro stipendi , non essendo suppo- nibile che Annibale in una guerra così agitata, combat- tuta su territorio straniero e coll'esercito continuamente in moto, potesse sempre coniarne. Dagli storici antichi non e facile arguire con preci- sione in quali epoche ebbero corso siffatte monete, poiché essi sono discordi, ed i passi che si riferiscono alla mo- neta, sono stati più volte citati in appoggio di tesi di- sparate. Vi è però un documento al quale possiamo prestar fede, ed è la legge delle 12 tavole, pubblicata dai Decemviri che entrarono in carica nell'anno di Roma 304 (450 av. C), colla quale fu stabilito che le contribuzioni e le multe fossero pagate in moneta metallica , anziché in natura, calcolando dieci assi una pecora e cento un bue. La tradizione romana faceva Numa autore dell' aes rude, poiché alle due corporazioni di artefici che lavora- vano l'oro e l'argento , egli ne aggiunse una terza dei fabbri del rame, e riteneva Servio Tullio autore dell'ae^ signatam. Abbiam visto che Y aes grave fu introdotto dai Decemviri , e non vi sono finora argomenti che combattano seriamente queste tre epoche {^\ Se però possiamo prendere come base di partenza Fanno 450 av. C. per l' introduzione in Roma dell' aes grave, bisogna necessariamente riportarne l'introduzione in Etruria ad un'epoca alquanto anteriore, poiché non si può a meno di riconoscere che V aes grave di Tarquinia e quello ovale rinvenuto a Vulci, siano più antichi di quello romano. Non sembrerà dunque esagerazione l'affermare che gli Etruschi incominciarono ad usarlo al principio del (4) Garrucci, Le monete dell' Italia antica, pag". 2 e 14. Eoma, 188(>, 832 P. STETTINER quinto secolo e che la sua origine è appunto da ricer-' carsi nel cuore dell'Etruria da dove si sarebbe poi dif- fuso fra i popoli vicini. In Sicilia, prima della fondazione delle colonie greche, fu pure usato il bronzo in natura per gli scambi com- merciali, ma i siculi passarono senza transizioni dall' a^5 rude alla moneta coniata introdotta dai Greci (5), per cui Vaes rude non vi può esser rimasto in uso dopo il se- colo settimo av. C. Nell'alta Italia si è rinvenuto Vaes rude e Vaes si- gnatum a Marzabotto (Bologna), a Quingento (Parma), a Ser virola (Reggio), a Levizzano (Modena) ed a Man- tova; Vaes grave solo a Bologna. Gli Etruschi che avevano introdotto in quelle regioni Vaes rude e Vaes signaium, dovettero ritirarsi dinnanzi ai Galli invadenti e non ebbero campo di estendervi anche 1' uso dell' aes grave. L^aes rude delle tombe etrusche di Villanova e di Marzabotto si può riportare al VII secolo, Vaes signatum al VI e r aes grave della Certosa di Bologna al V secolo av. C. Bologna cadde in potere dei Galli nel 396 av. C. e potè conoscere Vaes grave, il quale non si trova più oltre per la ragione già detta dell' invasione gallica. In Sardegna Vaes rude, che si ritrova anche oggi in abbondanza, fu sostituito dalla moneta coniata intro- dottavi dopo la conquista cartaginese dell'isola, avvenuta verso il 260 di Roma (494 av. C). Un fatto notevole è quello che le monete dell' ae* grave dei vari popoli dell'Italia centrale, sono assai più rare di quelle romane, ed è naturale: dopo che Roma (5) MowMSEN, Ilisioìrc de la mouìmc romainc. Voi. I, pag. Ili, ORIGINE DELLA MONETA IN ITALIA 333 ebbe esteso il suo dominio sulle altre città, non permise certo che continuassero ad emettere moneta in nome proprio. Ciò dimostra che Vaes grave era in uso in Italia assai prima dell* egemonia di Roma, poiché non si può ammettere che le città conquistate abbiano cominciato ad emettere moneta propria, appunto quando avevano perduta la loro autonomia. Ne è una prova il ripostiglio di assi rinvenuto a Cer- veteri, consistente in 1578 pezzi tutti romani. Cere rico- nobbe la supremazia di Roma nell'anno 403 (351 av. C.) e dovette adottarne la moneta. Inoltre Tasse romano fu successivamente ridotto, in seguito a contingenze politiche e ad urgenti bisogni del- l'Erario, da una libra a mezza libra, poi a quattro oncie a tre, a due, a una e finalmente a mezz'oncia, conser- vandogli sempre lo stesso valore nominale. Ora, la maggior parte delle serie di aes grave ap- partenenti al Lazio, all'Etruria, alla Sabina, all'Umbria, al Piceno, ecc. non subirono alcuna riduzione perchè le zecche che le emettevano furono chiuse prima che aves- sero tempo o si verificasse il bisogno di effettuarle. Una prima riduzione l'ebbero soltanto le monete di Todi , di Venosa e di Lucerla, ma la prima tenne aperta più a lungo la propria zecca forse per una speciale conces- sione di Roma , e le seconde furono occupate dai Ro- mani più tardi , quando la riduzione dell' asse era già avvenuta. Dai fatti e dalle date citate si rileva che le vicende della moneta seguono quelle della storia, e colla storia si spiega la presenza o la mancanza della moneta, o di alcune specie della moneta, nelle varie regioni , e se ne determinano le cause. La tradizione romana sulla moneta è confortata al- 43 334 P. STETTINER l'evidenza dai fatti storici, ed una volta ammesso che i popoli italici abbiano cominciato ad adoperare il metallo per gli scambi prima del VII secolo av. C, bisogna ri- conoscere che questo fatto non ha alcuna relazione colla invenzione della moneta coniata nella Lidia, la quale non avvenne certamente prima del VII secolo. Ma il documento più sicuro , più autentico dell* ori- gine indigena della moneta italiana , è rimasto nella lingua. I vocaboli più antichi , come pecunia , da pecus (bestiame), applicato al metallo perchè questo sostituì il bestiame nelle contrattazioni , e quello di aes (bronzo , rame) dato alla prima moneta, sono indubbiamente latini ; da aes , genitivo aeris, derivarono i seguenti : aerarium (erario) , luogo dove si conservava il metallo pubblico , aestiìnatio, aes timo ^ cioè valutazione delle cose a misura di rame. La parola deìiarìus ebbe origine dalla prima moneta di argento romana , alla quale fu dato il valore di dieci assi {denos aeris, dieci bronzi). Il vocabolo moneta fu dato al denaro, perchè la zecca romana era posta nel tempio di Giunone Moneta sul Cam- pidoglio , ed il soprannome di Moneta (avvertitrice) fu dato a Giunone, perchè il suo tempio fu costruito sul- l'area della casa di Manlio , il quale , sentendo i Galli salire all'assalto del Campidoglio, ne aveva avvertito le guardie. Altri vocaboli presero un significato proprio dal- l'uso primitivo di pesare il metallo grezzo, per scambiarlo con altri oggetti, ed anche questi vocaboli sono di origine italica : expensa , stipendium , dispendium , dispensa- tores, ecc. Vi è controversia sulla parola nummo, che alcuni vo- gliono derivata dal greco vop; che significa legge ; altri accettano invece la versione di Svetonio, il quale, secondo ORIGINE DELLA MONETA IN ITALIA 335 quanto riporta Suida, raccontava che il re Numa avrebbe introdotte le monete in Roma e che dal suo nome le avrebbe chiamate nummi, È vero che Dario chiamò darica la moneta da lui emessa, e Filippo chìa,mò Jllippi le proprie, e che in tempi moderni abbiamo avuto i carlini, i luigi, i francesconi, i napoleoni, ma abbiamo visto altresì che i Latini chiama- rono pecunia ed aes la loro prima moneta e non nummo. Pare che i Tarantini siano stati i primi a chiamare nummo la loro moneta. In Grecia le più antiche monete furono chiamate sta- teri, dramme, oboli, e nessuno di questi vocaboli entrò nell'uso della lingua latina. E neppure nella Grecia, pro- priamente detta, fu mai rinvenuta alcuna moneta che so- migliasse d\V aes rude, 2IV aes signatum o all'a^^ grave; le più antiche monete della Grecia e della Lidia sono d'oro o d'argento e impresse col conio. E dunque senza fondamento l' asserzione del Le- normant che gli Etruschi abbiano copiato Vaes grave dai Greci di Sicilia (6). Lasciamo pure alla Lidia, o alla Grecia, se si vuole, l'onore di avere inventato il conio e di averlo introdotto in Italia, ma non è possibile negare che la moneta italica primitiva sia sorta in modo spontaneo, quasi naturale. P. Stettjner. (6) P. Lenormant, La mannaie dans Vantiquité. Voi. I, pag. 139. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA XII. CINQUE BRONZI INEDITI PROVENIENTI DAGLI SCAVI DI ROMA DURANTE IL 1889 A) Medaglione d'Adriano. — B) Medaglione di Faustina. — C) Medaglione di M. Aurelio. — D) Medaglione di Gor- diano ni. — E) Medio Bronzo di Gallieno e Valeriano. Nella lettera che portava il titolo « Scavi di Roma durante il 1889 » pubblicata nel primo fascicolo 1890 di questa Rivista^ pag. 176, il sig. Stettiner segnalava i pezzi numismatici più notevoli venuti in luce du- rante quell'anno. u Fra le monete, il pezzo più importante che u sia uscito di recente dal fiume, è un bronzo di ti mezzana grandezza, che ha nel diritto le teste a affrontate di Treboniano Gallo e di Volusiano. ti È una moneta addirittura nuova e non priva d'in- it teresse. w E più avanti: « Di medaglioni ne ven- ti nero fuori anche in Roma quattro o cinque verso tt la fine dell'estate scorso, e fra questi ve n'è uno tt inedito di Faustina madre, il quale ha nel ro- ti vescio lo stesso rogo , che si vede su alcune 338 FRANCESCO GNECCHI u monete di quell'imperatrice. Un altro è contor- u niato e appartiene a Marco Aurelio. È bellissimo u per conservazione e per patina. ?? Una fortunata combinazione e una mia gita a Roma durante lo scorso aprile fecero si che, insieme a parecchi pezzi, i quali, per essere già conosciuti, non potrebbero qui avere interesse e perciò non ricor- derò in questa rassegna, riuscii ad acquistare i tre bronzi inediti sopra citati, più un medaglione di Adriano ed altro di Gordiano pure inediti. Mi pare valga la pena di presentare queste novità degli ultimi scavi romani ai lettori della Rivista, ai quali anzi, prima ancora che alla mia collezione, li avevo dedicati acquistandoli. Se non costituiscono tutto quanto di nuovo abbia prodotto in fatto di numi- smatica il fecondo grembo di Roma durante il 1889, pare però che poco di più si sia trovato, ne è a mia conoscenza che pezzi importanti ed inediti siano andati altrove. Il medio Bronzo, che, come vedremo in seguito, appartiene non a Treboniano Gallo e Volusiano, come fu creduto da principio, bensì a Gallieno e Valeriane proviene dal Tevere, i medaglioni dagli scavi; con- seguentemente il primo è spattinato, mentre gli altri sono coperti di bella patina verde o nera. MEDAGLIONE DI BKONZO DI ADRIANO. (Dopo Coh. 539). ^ — HADRIANVS AVO COS III P P Testa nuda a destra. '^ — COS III (air esergo). Apollo ignudo di fronte rivolto a sinistra, con un ramo nella destra e il mantello sul braccio sinistro. Alla sua APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 339 destra una tavola su cui un vaso. Alla sua sinistra un tripode su di una base appiedi di un vecchio tronco d* alloro, (Tav. Vin, N. 1). Diam. mm. 38. Peso gr. 40,60. Questo medaglione di superbo stile e della mi- glior epoca dell'arte romana, intatto dalla parte della testa, fu uq po' guasto nel rovescio da chi lo ripulì dall'ossido. La rappresentazione del rovescio è molto simile, se non identica, a quella del medaglione anepigrafo descritto al Num. 561 di Cohen e a pagina 30 del FroehnerW; la spiegazione non ne è molto chiara. Apollo, come osserva il Froenher, non ha qui il suo attributo usuale, la lira, e appare invece nella sua qualità di Dio sanitario. Il ramo non sarebbe l'alloro simbolo della gloria, bensì l'aspersorio atto a scac- ciare i mali e guarire le malattie, e il vaso posto sulla tavola sacra conterrebbe 1' acqua lustrale. Non è cosa facile, continua il Froehner, il ricostruire i fatti che hanno dato origine ai medaglioni e spie- gare con sicurezza il significato delle rappreisenta- zioni che figurano sui rovesci; ma è probabile che il medaglione sia stato coniato durante gli ultimi quattro anni del regno d' Adriano , quando era già tormentato dalla malattia a cui doveva soccombere. La data posta all' esergo del mio esemplare non contraddirebbe per nulla a tale supposizione , e il medaglione si può considerare, come l'altro simile, un voto pel ricupero della pericolante salute. (1) Lea Médaillom de VEmpire romain, Paris, J. Eothschild, 1878, 340 FRANCESCO GNECCHI MEDAGLIONE DI BRONZO DI FAUSTINA MADRE. (Dopo Coh. 123). 1& — DIVA ÀVGVSTÀ FAVSTINA Busto velato a destra. 9! — CONSECRATIO Rogo formato da quattro piani. Il primo é costituito da un hasameyito quadrato ornato da ghirlande, il secondo 'da un colonnato colla porta nel centro, il terzo pure da colonne fra le quali dei festoni, il quarto sembra pure ornato da ghirlande. In alto Faustina in biga veloce a destra. (Tav. Vili, N. 2). Diam. mm. 38. Peso gr. 46,50. Chi considerasse questo medaglione come una semplice riproduzione di un gran bronzo raro in Faustina, ma comunissimo in Antonino Pio, Marco Aurelio ed altri imperatori , potrebbe giudicarlo assai poco importante. Ma, studiandolo invece sotto l'aspetto che andrò esponendo, di Medaglione di Consacrazione, io V ho trovato di interesse assai maggiore di quanto V avevo sulle prime giudicato. La Consacrazione romana , iniziata coi divini onori resi da Augusto a Giulio Cesare, dura per tutto il tempo deir impero pagano, e nei tre secoli che corrono da Augusto a Costantino si contano circa cinquanta fra Augusti, Auguste e Cesari, i quali, per testimonio delle monete, appaiono aver avuto l'onore della Consacrazione. Né sono certo tutti i nomi più celebri e più degni, quelli che furono con tale suprema onorificenza passati fra i Divi. Inven- tata in origine per celebrare i meriti eccezionali, la Consacrazion9 come tutte le umane istituzioni APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 341 bea presto degenerò ; il calcolo, il tornaconto, la paura, i bassi interessi subentrarono al solo prin- cipio morale che doveva informarla, e vediamo ben presto apparire fra i Divi non solo alcuni nomi me- diocri, e di tale supremo onore affatto immeritevoli ; ma anche alcuni Imperatori, che la storia classificò quali mostri e vituperio dell' umanità, e alcune Auguste, cui assai meglio che il velo della Diva sa- rebbero stati appropriati gli attributi della Venere Salacia. E quasi per ironia pare che queste siano le più celebrate, come ne abbiamo un esempio appunto in Faustina d' Antonino Pio. Il buon Antonino pare che cogli onori resi alla consorte estinta abbia voluto farne dimenticare la scandalosa vita, e fece coniare tante monete in onore e gloria della defunta, quanto non ne furono mai apprestate per nessun altro Imperatore e per nessuna Augusta. La ricchissima serie delle monete di Consacrazione di Faustina, contiene tutti, si può dire, i tipi di questo culto, il Pavone, l'Aquila o la Vittoria, che volano trasportando l'Augusta in cielo, il Rogo, il Carpento, la Biga trionfale. Oltre a ciò buona parte anche delle monete, su cui non leggesi l' indicazione CONSECRMIO, sono però postume e ad esse equivalgono, portando simboli divini, come Faustina tirata in un carro trionfale da leoni o da elefanti, colla scritta AETERNITÀS, e simili. Eppure fra questa immensa serie di monete, la Consacrazione di Faustina non è ricordata che da un solo medaglione finora conosciuto. Questo dà l'idea della straordinaria rarità dei medaglioni di Consacrazione, rarità però che credo Qon venne finora à^. alcuno avvertita. Certamente 44 / 342 FRANCESCO GNECCHI non r avvertì il Cohen, il quale non fece alcuna di- stinzione di valutazione fra i pochissimi medaglioni di Consacrazione da lui descritti e che passeremo in breve rivista e i medaglioni più comuni. Anche il Kenner nel suo poderoso articolo sul Medaglione Romano (2), parlando delle rappresenta- zioni che si vedono sui medaglioni, accenna alla Consacrazione, come una delle raffigurazioni più frequenti (^); ma mi pare che, non essendo questo che un argomento incidentale pel suo assunto, si sia lasciato trascinare a dir cosa che non aveva specialmente verificata; e giova d' altra parte notare che egli faceva i suoi studii sulla collezione che ne possiede il maggior numero, come vedremo. Io, esaminando la cosa specialmente, ho dovuto con- vincermi che la Consacrazione Romana, ricordata, diffusa, popolarizzata da un numero grandissimo e in qualche caso sorprendente di monete in ogni metallo, non è rappresentata che in via assoluta- mente eccezionale nei medaglioni. A prova di che servirà il seguente prospetto, il quale, partendo dal- l'epoca d'Adriano, in cui comincia a comparire nelle monete la parola CONSECRÀTIO, e in cui comincia (2) Pabblicato nella Numisrnatische Zeitschrift noi 1888, venne poi tra- dotto dal dott. Solone Ambrosoli per la nostra Rivista, nel 1889. (3) Ecco le sue parole: « L'insediamento del principe come Pontifex € e Princeps tuvetttutis, il suo matrimonio, la nascita de' suoi figli, poi la « salita dell'Augusto al Campidoglio pel capo d'anno, i sacrifici votivi « per r assunzione di un nuovo consolato o poi giubilei del regno, più « tardi il primo ingresso in città, poi la partenza pel campo, le foste per « le vittorie, il trionfo, di quando in quando l'inaugurazione d'un tempio, € finalmente la Consecratio, queste sono lo raffigurazioni che troviamo più « frequentemente sui medaglioni di tutti i regni... » (Vedi Rivista Jta-> ìiana di Numismatica, Anno II, pag. 273), Àt'PUNTI Ì)I NUMISMATICA ROMAtfA 343 pure la coniazione dei medaglioni di bronzo, e scen- dendo fino a Costantino , rappresenta per ciascuno degli Augusti, delle Auguste e dei Cesari, che ebbero r onore della Consacrazione, in quali monete tale fatto viene ricordato , e per quali nomi è ricordato anche nei medaglioni. Ueda- Monete glioni A B B Marciana . . . . * * * . Matidia . . . * * — Adriano . . . * * — — Sabina . . . * * * Antonino Pio . * * » * Faustina Madre * * % * Marco Aurelio * * * Faustina Figlia — * * — Lucio Vero . * * — Commodo . . — * — — Pertinace . . * * * — Settimio Severo * « « — Giulia Domna. * * * Caracalla . . * * — Giulia Mesa . * — Paolina .... __. * * — Mariniana . . * * — Saloni no. . . , * — * Vittorino . . . * — — Tetrico padre. . * — — Tetrico figlio . * — — Claudio Gotico . * — . — Caro * — — Numeriano . . . __ * , Nigriniano . . . * — -^ Massimiano Erculeo * — Costanzo Cloro . * _ * * Galerio Massimiano. __ _ * Romolo figlio di Massenzio . « * * - Costantino Magno . . • . — * - J 344 FRANCESCO GNECCHl Da questo prospetto risulta che Medaglioni in oro e in argento di Consacrazione non esistono, o per lo meno non si conoscono, e che in bronzo cinque soli sono conosciuti. Noto poi che, mentre nelle monete di ciascun metallo la Consacrazione è rap- presentata ben raramente da un solo tipo e sovente da moltissimi, nei cinque medaglioni non possediamo che un tipo per ciascheduno, e sono i seguenti: Il primo in ordine cronologico è quello di Fau- stina Madre appartenente al Gabinetto di Vienna e descritto al N. 123 di Cohen, il cui rovescio colla leggenda CONSECRATIO rappresenta Faustina colla Vittoria in biga al galoppo. Faustina tiene il frustino, la Vittoria le redini. Il secondo è di Antonino Pio e appartiene al Gabinetto di Francia. Colla medesima leggenda CONSECRATIO rappresenta Antonino trasportato da un' aquila in cielo, mentre un uomo (il popolo ro- mano?) sdrajato a terra lo sta guardando. Descritto al N. 380 di Cohen, questo medaglione è riprodotto anche dal Froehner W, il quale suppone che l'uomo sdraiato a terra personifichi il campo di Marte ove la Consacrazione aveva luogo. Il terzo medaglione non ci appare che mezzo secolo dopo ; è di Giulia Domna e appartiene, come il primo , al Gabinetto imperiale di Vienna. Colla leggenda CONSECRATIO è rappresentata la moglie di Settimio Severo portata in cielo da un pavone. De- scritto da Arneth nella sua Synopsis Numorum Ro- manorum, qui in Museo Caesareo Vindobonensi adser- (4) Op. cit. pag. 74. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 345 vanttir, questo medaglione venne da Cohen dimen- ticato, sia nella prima che nella seconda edizione. È de- scritto anche da Vaillant, il quale lo dà come appar- tenente al Museo Tiepolo. Nel catalogo di questo Museo però non trovo descritto che il Gran Bronzo. Dopo circa un altro mezzo secolo, incontriauio il quarto medaglione con Salonino. Ha il tipo del rogo (^) e, già appartenente all' antica Collezione Correr di Venezia passato poi a quella Pisani, più tardi in quella Gréau a Troyes (^), si trova attual- mente nella mia. Ne posso quindi offrire la ripro- duzicme dal vero, quantunque V incisione sia già stata data nel catalogo del citato Museo Pisani 0) e in quello della Collezione Gréau (^). (5) Il rogo in questo Medaglione di Salonino è rappresentato molto differentemente che nel Medaglione descritto di Faustina ; consta di cinque gradini a piramide « Suggestus tahernaculis compactus, quorum « superiora inferiorihus minora ed in summo biga » come lo descrive il Padre Cassinese D. Alberto Mazzoleni nel Catalogo Pisani ; mentre noi Medaglione di Faustina il rogo assume l'aspetto di edificio architettonico, e lo si può confondere con un vero mausoleo, talché alcuni numismatici fecero appunto distinzione tra l'uno e l'altro tipo e chiamarono rogo l'uno e r altro mausoleo. — Io ritengo però che si tratti sempre del vero rogo pira che dir si voglia, destinato alla cremazione dei restì del defunto, il cui spirito raffigurato nel carro sovrastante s' intendeva che dopo quella purificazione del fuoco dovesse volare al cielo, od era anzi simboleggiato da un'aquila, che racchiusa nella parte superiore del rogo, veniva lasciata libera e prendeva il volo al momento stesso che il rogo ora dato in preda alle fiamme, e Max e superiore minimoque tabernaculo tamquam e fastigio « quodam aquila deinittebatur, quae in aerem subtnisso igne elata, in coelum « Principis animam e terra deferre credebatur. ^ (6) Alla cui vendita avvenuta a Parigi nel 1869 ottenne il prezzo di L. 510. (7) E inciso e descritto nella splendida pubblicazione : « Numismata « aerea selectiora inaximi moduli e Museo Pisano alius Corrario. In « Monasteri© Benedictino-Cassinate Sancti Jacobi, Pontidae Agri Bergo- € matis, apud Johanem Santinum. anno mdccxl, xli, xliv ». Ta- vola LXIX, N. 2. (8) Tav. VI, N. 3690. à46 iFRAt^CESCO GNECCHi Dopo Salonino , il solo medaglione che si può mettere nella categoria della Consacrazione, quan- tunque non vi figuri la parola CONSECRATIO, è uno di Costanzo Cloro che porta la leggenda MEMORIA DIVI CONSTANTI e la rappresentazione del tempio rotondo coli' aquila sovrapposta, tipo comune nei medii bronzi postumi di quest'epoca. Appartiene al Museo di Vienna ed è descritto al N. 72 di Cohen. A questi cinque attualmente conosciuti ora se ne aggiunge un sesto con quello di Faustina sopra descritto, né a mia cognizione ne esistono altri al- l'infuori di questi, i quali ho anche motivo di credere rappresentati ciascuno da un unico esemplare. Il Museo Britannico, che possiede la più ricca collezione di monete romane e forse la più splendida serie di medaglioni, non ne possiede uno solo di Consacra- zione. Nessuno ne figura nel Catalogo dei medaglioni del Museo Britannico pubblicato nel 1874 (^), e sono informato che nessuno venne acquistato dopo la compilazione di quel catalogo. Perchè una cosi straordinaria parsimonia di (9) Boman Medallions in the British Masenm. APPUNTI 1»I NUMISMATICA ROMANA 347 medaglioni contro una tanta esuberante abbondanza di monete per ricordare uno dei fatti più importanti e più salienti dei costumi romani, il fatto anzi che era il suggello definitivo della vita e che parrebbe il più degno d' essere ricordato e tramandato alla posterità ? L'Augusto, che assunto al trono imperiale, com- memorava il divo antecessore o la diva Augusta o un divo Cesare con tanta profusione di monete d'oro e d'argento e di bronzo, e lo faceva evidentemente per diffondere la notizia del fatto fra tutti gli strati sociali, perchè non lo commemorava egualmente coi medaglioni, nei quali pare anzi che l' idea della com- memorazione dovesse essere specialmente incarnata? Perchè non un solo medaglione di metallo nobile fu coniato a tale scopo e quelli di bronzo che ci rima- sero sono così straordinariamente rari ? È ben vero che di alcune Augaste e di Fau- stina in ispecie si può dire che, se mancano i veri medaglioni di Consacrazione, ossia quelli col motto CONSECRÀTIO , ve ne sono però molti quasi' equi- valenti; ma questo non si può dire della grandis- sima maggioranza degli Augusti, delle. Auguste e dei Cesari passati nel numero dei Divi. Potrebbe forse essere stata l' adozione stessa del tipo delta Consacrazione nelle monete ufficiali che sconsigliò la commemorazione di tal fatto nei medaglioni ? Questo ragionamento però non reggerebbe per tutti gli altri avvenimenti, che troviamo raffigurati tanto nelle mo- nete che nei medaglioni. Resta quindi il problema, il quale mi sembra interessante, ma non per questo facile ad essere risolto. Da parte mia mi acconten- terò d'avere avvertito il fatto, confessando che uns^ 348 * FRANCESCO GNECCHI spiegazione soddisfacente non la vedo e il fatto sembra strano. Ma siccome nulla vi deve essere di strano, sarei felicissimo che qualcheduno approfondisse la cosa e ne trovasse la spiegazione, tanto più che V appa- rente anomalia può e anzi deve collegarsi coli' in- tima natura del Medaglione , e potrà fornire nuovi lumi su tale materia non ancora abbastanza stu- diata, né abbastanza nettamente definita. MEDAGLIONE DI BRONZO CERCHIATO DI M. AURELIO. (Dopo Coh. 390). ^ — ANTONINVS AVO ARM PARTH MAX Busto laureato e corazzato a destra, 9/ — TR P XXII IMP IMI COS MI Bue Vittorie di fronte Vuna all'altra sostengono insieme uno scudo circondato da una corona d' alloro colla leggenda S P Q R VIC PARTHICAE. Nel mezzo un parto seduto a terra e piangente. (Anno 168 d. C). Diam. del medaglione senza cerchio mm. 38. n n n col cerchio mm. 60. Peso gr. 175. (Tav. Vili, N. 3). Considerato semplicemente come Medaglione, questo da me descritto non sarebbe che una variante di uno simile esistente al museo di Parigi e descritto al N. 390 di Cohen, il quale ha lo stesso rovescio, col busto di M. Aurelio a sinistra colla corazza e Tegida. Ma ciò che forma la specialità del mio esem- plare è il cerchio che lo circonda, e che ne aumenta d'assai il pregio, essendo rarissimi in confronto dei medaglioni comuni quelli fregiati di tale ornamento. A questi medaglioni ornati di cerchio non venne finora assegnata una denominazione ben fissa APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 349 e comunemente accettata. L'appellativo di Contor- niati vi sarebbe assai bene appropriato, e sarebbe anzi il più proprio a specificarli, se questo vocabolo non fosse già stato accaparrato da quelle tessere o pseudo-monete battute al tempo di Costantino (?) colle effigie di parecchi antichi imperatori o d'uo- mini illustri nelle scienze e nelle lettere , desti- nati , come pare generalmente ammesso , a premio dei giuochi circensi, e ormai universalmente desi- gnati sotto il nome appunto di Medaglioni Contorniati, Perciò , ad evitare confusione fra due cose essen- zialmente diverse, credo bene adottare la denomi- nazione di Cerchiati per quei medaglioni, i quali, come quello di M. Aurelio, che abbiamo più sopra descritto, sono veri medaglioni di conio romano, col medesimo diametro e spessore dei medaglioni co- muni, come questi coniati all'epoca degli impe- ratori che rappresentano, e da questi in null'altro differenti se non nel cerchio ornamentale, che ne accresce colla mole e coli' artistica bellezza l' im- portanza . Si sarebbe forse anche potuto adottare la deno- minazione di Falerati, ossia quasi ridotti a foggia di falera ; ma, essendo ormai provato che questi meda- glioni non servivano a tale scopo (V. Borghesi , Kenner , ecc., ecc.) , la parola potrebbe ingenerare confusione e lasciar credere che si voglia ritornare ad una interpretazione che, accettata un tempo, venne poi assai ragionevolmente abbandonata. Mi attengo dunque alla denominazione di Cerchiati, come quella che mi pare la più propria e la più chiara. Ammesso che questi medaglioni fossero monu- menti commemorativi, e ciò pare da tutti consentito, 4^ 350 FRANCESCO GNECCHI anche prescindendo dalla questione se i medaglioni fossero o meno monete, della quale teoria il cerchio potrebbe essere una prova in contrario, (questiono che per ora non giova toccare, perchè pi condurrebbe troppo lontano), parrebbe che questi medaglioni cer- chiati dovessero essere dall'imperatore, che li emet- teva, riservati ai personaggi più insigni, e di qui la loro assai maggiore rarità relativamente agli altri medaglioni. H cerchio nei medaglioni romani talora ò rimesso ossia aggiunto con alti'o pezzo di metallo , talora invece forma un tutto col medaglione stesso ; tale è il caso del nostro medaglione di Marco Aurelio. MEDAGLIONE DI GORDIANO III. (Dopo Coh. 191). B' — IMP GORDIÀNVS PIVS FELIX AVO Busto laureato a destra colla corazza e V egida. 9I — PONTIFEX MAX TR P MI COS PP Roma galeotta seduta a sinistra, su di uno scudo e col- Vasta, in atto di presentare un globo ali* imperatore che le sta davanti togato a capo scoperto. Dietro questi un milite con un'insegna. Alla destra di Royna un'insegna. Nello sfondo un personaggio a capo sco- perto. (Anno 240 d. C). Diam. mm. 37. (Tav. YIII, N. 4). Questo medaglione è una semplice varietà del N. 190 di Cohen, e non merita speciale commento. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 351 MEDIO BKONZO DI GALLIENO E VALERIANO. (Dopo Coh. 10). ^' — CONCORDIA AVGVSTORVM Basti laureati e affrontati di Gallieno corazzato , e di Valeriano col paludamento. 9/ — P M TR P V COS IMI P P S C Imperatore seduto a sinistra con un globo e lo scettro. (Tav. YIII, N. 5). Questo bronzo, quando venne rinvenuto a Roma, fu erroneamente attribuito a Treboniano Gallo e a Volusiano , e anch' io lo acquistai , credendolo ap- punto appartenere a questi due imperatori ; ma, esa- minandolo poi attentamente, mi si presentarono due obbiezioni molto serie, l' una iconografica e V altra storica. Conviene anzitutto notare die una cura spe- ciale si metteva nella coniazione di questi medii bronzi a due teste, i quali per essere commemora- tivi di qualche avvenimento importante, hanno una certa analogia col medaglione, tanto che alcune volte si chiamano anche piccoli medaglioni o meda- glioncini. Ora i due ritratti del nostro medio bronzo, quantunque alquanto corrosi dalle acque del Te- vere , si presentavano però tali da poter essere abbastanza bene giudicati; ma né Tuno^nè l'altro mi pareva potersi attribuire a Treboniano Gallo o a Volusiano. Se ciò non fosse bastato , v'era un'altra diffi- coltà nella data del rovescio. La V podestà tribunizia non poteva riferirsi né 352 FRANCESCO GNECCHl alFuno né all'altro di quegli imperatori , ciascuno di essi non essendo arrivato oltre la quarta. Mi avvidi quindi che Fattribuzione a Treboniano Gallo e Valeriano era erronea , come parimenti erronea era Tal tra ai due Filippi padre e figlio, che alcuno voleva sostenere. Se vi si accordava la TRIB POT V relativa a Filippo Padre , e che segna T anno 248, in cui cadeva la celebrazione dei giuochi secolari, nella quale occasione si coniarono abbondantemente monete e medaglioni colle teste della imperante famiglia in più modi combinate , sorgeva la difiì- coltà del COS IMI, sapendosi che Filippo padre non andò oltre il III Consolato ; e poi e' era sempre la questione dei ritratti. Non rimane dunque quale giusta attribuzione che quella a Gallieno e Valeriano, a cui mi sono definitivamente attenuto, e contro la quale non urta più ne la storia, ne la iconografia. Difficile riuscirebbe determinare quale dei due imperatori sia rappresentato al rovescio , poiché la leggenda si adatta tanto all'uno che all'altro e segna la data del 257 d. C, nel quale anno sia Valeriano che Gallieno erano alla V podestà tribunizia e al IV Consolato. Potrebbe darsi che si fosse inteso rappresentare l' imperatore in astratto ; e del resto il rovescio ha dei riscontri in altre monete tanto di Valeriano che di Gallieno. Certo, a caso vergine, non ci sarebbe stato tanto da studiare per trovare la giusta attribuzione di questo bronzo, ma la prevenzione, che si era formata in seguito a un primo giudizio falso, mi aveva tenuto per qualche tempo fuori di strada. Tanto è vero che r errore è sempre peggiore dell' ignoranza. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 355 XIII. AI RESTAURATORI DEI BRONZI ANTICHI A Roma, dove la terra rende continuamente e generosamente le monete, in ispecie di bronzo, che pel corso di molti secoli andarono a seppellirsi ed ammucchiarsi nel suo grembo , è invalsa la mania di ritornare questi risorti a una seconda vita, al- l'aspetto e alla freschezza che avevano nella prima. È giusta tale tendenza ? Io credo di no. I bronzi escono, come è naturale, dagli scavi coperti d'ossido e di terra. Va bene ripulirli di questa e in parte, con molta cura e delicatezza anche di quello, quando l'immagine ne rimanga troppo offuscata ; ma qui dovrebbe arrestarsi la mano del ripulitore, e nulla vi dovrebbe togliere non solo di quanto v' era in origine , ma neppure di quanto vi hanno natural- mente aggiunto i secoli di sepoltura. Così fa gene- ralmente l'archeologo pei bronzi di scavo che non siano monete, e li conserva gelosamente nello stato in cui vennero trovati , compreso V ossido che li ricopre. Le cose invece procedono ben diversamente per le monete, e* la pulitura si trasforma spesso in un ritocco, anche col bulino, con qual danno del pezzo originale e con quale deturpamento dell' arte pri- mitiva ognuno può facilmente immaginare. Perchè tale differenza di trattamento tra i 354 FRANCESCO GNECCHI bronzi di scavo in genere e le monete ? Perchè le monete si vogliono avere sgombre dall'ossido, ripu- lite e lucenti quasi come quelle che hanno corso al giorno d' oggi ? È forse che si vogliono equipa- rare quelle di scavo recente a quelle che già ebbero un secondo corso fittizio nelle mani dei raccogli- tori ? Non saprei se il motivo sia questo piuttosto che qualunque altro, ma il fatto è tale, e per questo fatto molti pezzi vengono barbaramente deteriorati. Per colmo di sventura poi è fra i pezzi di maggior valore che tale industria maggiormente si esercita e fa il più gran numero delle suo vittime. Dei cinque pezzi che ho descritti nella prece- dente memoria (App. N. XII) , due soli si trovano veramente allo stato vergine del ritrovamento , il medaglione di Faustina e il medio bronzo. Gli altri furono tutti dal più al meno ritoccati ; nel meda- glione d'Adriano fu ritoccato il rovescio , in quello magnifico e di perfetta conservazione di M. Aurelio fu lasciato intatto il rovescio, ma ritoccato, o almeno soverchiamente ripulito il dritto , e quello di Gor- diano fu pure troppo ripulito dalle due parti. Avrei di gran lunga preferito che si fosse risparmiata la fatica di tali restauri; ma erano fatti e non c'era rimedio. Dovetti accontentarmi di prendere i bronzi quali erano stati ridotti, ossia dal più al meno de- teriorati, ma non posso trattenermi dal dirigere ai moderni restauratori due parole quali il caso pra- tico me le suggerisce, onde fare almeno quanto sta in me per salvare nella loro integrità le monete che d'ora innanzi usciranno dagli scavi, e nutro lusinga che qualche voce più autorevole della mia mi venga in appoggio. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 355 Il restauro dei monumenti antichi, a qualunque genere essi appartengano , costituisce un' arte delle più delicate. Una volta dato mano al lavoro, è dif- ficilissimo il contenersi e facilissimo per contro ed estremamente pericoloso Teccedere ; talché crederei che nella grande maggioranza dei casi il partito migliore sia quello di non restaurare affatto e di lasciare i monumenti nello stato in cui si trovano, limitandosi alle semplici opere di conservazione e di sicurezza, quando siano richieste da minaccia dì rovina o di deterioramento. Il vecchio adagio fran- cese : il est plus facile de s'ahstenir que de se contenir, non fu certo inventato a proposito di restauri, ma vi si adatta mirabilmente e sarebbe una fortuna se vi venisse applicato. Un amico mi osserva che i partiti estremi sono le risorse degli animi deboli, mentre la vera forza sta neir arrestarsi a tempo. Il che io sono prontis- simo ad ammettere ; ma, dovendo pure ammettere nello stesso tempo che la grande maggioranza è composta dei deboli, rimane sempre consigliabile in via generale il partito delFastensione, il quale, se non è il migliore , è certo il più facile e il meno pericoloso. Seguendo la naturale inclinazione ad eccedere, il restauro viene molte volte a riuscire un rinno- vamento ; e allora , se del monumento primitivo ri- mane la forma — non sempre però fedelmente identica all'originaria — , e la materia — se non in tutto almeno in parte — , vi è però tolto quello che ne costituisce direi lo spirito, che forma il vero interesse artistico e scientifico in un monumento antico , che ne riassume quasi la storia e ispira Ist 356 -^ FRANCESCO GNECCHI venerazione. Per citare un esempio assai noto e che fece tanto rumore in tutto il mondo archeologico, accennerò ai restami troppo radicali inconsultamente incominciati alcuni anni sono ad uno dei lati esterni del San Marco di Venezia , e poi fortunatamente sospesi , in seguito alle energiche rimostranze dei veri amatori dei monumenti nella loro integrità, nel loro genuino carattere, comprese le impronte anche deleterie dei secoli trascorsi. Quei restauri, che dissi troppo radicali, per quanto riguarda la materiale ese- cuzione, erano egregiamente eseguiti da abili artisti ; ma la pulitura e lucentezza primitiva ridonata ai marmi, la sostituzione di pezzi nuovi — tanto peggio se pezzi di scultura — a quelli un po' corrosi e guasti dal tempo, se avevano naturalmente per risultato di dare al monumento V aspetto che si supponeva do- vesse avere air epoca della sua costruzione , ne toglievano però, oltre che la genuinità, la venerabile maestà conferita dal tempo, al quale non v'ha alcun surrogato. Il fianco della Basilica che guarda la Piazzetta è là per provare se quanto asserisco è vero. Orbene questo è il genere di restauro-rinnovamento cui accennavo più sopra e che viene inflitto, ol trecche a molti monumenti statuarii o architettonici, anche a buon numero di monete provenienti dagli scavi di Roma. Certo quei bronzi, passati per le mani di abili artefici, si presentano poi assai favorevolmente agli occhi del semplice amatore di bronzi artistici , o del raccoglitore amante unicamente delle belle conservazioni o infine dell' orefice che ne forma un gioiello da signora..., ora che questa nuova maniera |;entile ma non perciò meno efficace di distruzione APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 357 pare abbia invaso anche il campo del bronzo, finora riservato ai numismatici ! Ma r archeologo serio e intelligente sarà poco rallegrato da siffatti restauri, e avvertirà facilmente come le fisionomie restino dal più al meno falsate dal ritocco, e come i caratteri dello leggende, insen- sibilmente alterati — salvo il peggio di qualche er- rore d'interpretazione — perdano sempre qualche cosa del loro tipo primitivo. Del che non è a mera- vigliarsi, essendo impossibile che un artista si spogli totalmente della sua personalità, ed esca completa- mente dall' ambiente che lo circonda , per entrare nello spirito d' altro artista , che respirava in un ambiente tanto remoto e tanto differente. Si dice che lo stile è l'uomo; ora questo siile, nel quale com- prenderei tutte le diverse manifestazioni dell'arte, si può considerare come la risultante dell'individualità dell' artista combinata coli' ambiente in cui vive. Le due cose sono quello che sono e a nessuno è dato mutarle. Nessuno può uscire dal proprio am- biente per portarsi in un altro e a nessuno è dato spogliarsi completamente della propria individualità. Queste considerazioni artistico-psicologiche pos- sono parere alquanto discoste dalla numismatica ; ma ci hanno invece un nesso molto stretto, e sarei ben felice d' averle fatte se potessero penetrare nella mente dei moderni restauratori di monete , i quali credono ingenuamente che sia facile ristabilire l'an- tico. No, non è facile ; è impossibile , e per di più la loro opera è irrimediabile. Si possono togliere i cattivi restauri dai quadri, ma non si potrà mai ag- giungere quello che essi tolgono a un bronzo, e che, se è poco, è però sufficiente a falsarne il carattere. 46 35S F. GNECCHl - APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA Si persuadano dunque i ritrovatori e i nego- zianti di monete che l'opera della cosi detta ripuli- tura è troppo spesso deleteria, consiglino i restau- ratori a rivolgere a più nobile scopo la loro abilità e credano che moltissime belle monete sono dalle loro intenzioni di miglioramento miseramente sciu- pato e avrebbero presso i veri raccoghtori pregio assai maggiore se venissero loro presentate nello stato vergine del ritrovamento. Francesco Gxecchi. A PROPOSITO DI UNA MONETA DI RUBI NUOVE CONSIDERAZIONI. Bronzo, Peso, grammi 6,15. ^ — Testa di Pallade galeata a destra. Sopra PAATTP. 9I — Civetta su di un ramo. Sopra jiGAACt ^.OC. Sotto PT. Allorquando pubblicai per la prima volta questa moneta nel Bollettino dell* Istituto Archeologico di Roma a. 1878, asserii che di un tipo siffatto non era stato mai fatto menzione per lo innanzi. Questo non e interamente esatto , perchè, riscontrando , non è molto, la Revue Numismatique del 1843 (pag. 250, tav. X, n. 5) trovai pubblicato dal de Longpérier un esemplare della nuova moneta, nel quale non fu visto però il monosillabo pt e sul dritto fu letto paatei e sul rovescio aatio. Con strana e falsa attribuzione fu la moneta assegnata a l'isola di Piatia, menzionata, secondo l'autore, da Stefano Bizantino e da Erodoto. I miei due esemplari li ho avuti a Ruvo, nel- ristessa località dell'antica Rubi. Uno è sconserva- tissimo, ma l'altro, se non fosse per la leggenda del rovescio in uno o due punti alquanto corrosa, sa- rebbe di una conservazione quasi perfetta. 360 GIULIO JATTA Come credo aver dimostrato quando pubblicai per la prima volta questo monumento, è chiaro che tanto il nome che si legge sul dritto della moneta, quanto quello che anche per esteso si vede sul rove- scio, sono da considerarsi come nomi di magistrati. Per quello del rovescio, come dissi allora, oltreché non trova analogia di sorta con nessun nome di città di questa o altra contrada, basta, tenuto conto del- l'epoca e del metallo della moneta, la terminazione OC e la corrispondenza del nome del dritto, perchè si possa senza tema di errare asserire ch'esso è un nome di persona. Che tale sia anche quello del dritto è reso manifesto da un curioso confronto che trova questo nome sopra un altro monumento greco della stessa epoca e dello stesso luogo. Poco tempo prima che mi fosse riuscito di avere le monete in discorso, diroccandosi una vecchia pa- rete di campagna poco lungi dalla città, furono rin- venuti parecchi di quei mattoni della forma di un tetraedro, che tanto comunemente si rinvengono nel terreno presso di noi. Sopra uno di questi mattoni è scritto a rilievo paattp, e taatt si legge sopra un altro rotto quasi per metà come il primo. È inutile dire come questo luminoso confronto giovi assai bene a determinare la natura di quel nome. Il monosillabo pt che in caratteri, non a caso più grandi, è visibile sotto la civetta, deve sicuramente esser l'abbreviazione della leggenda ptbasteinqn, che trovasi sopra la notissima moneta di Rubi con l'iden- tico tipo ma di stile diverso. La moneta quindi la fo decisamente appartenere a la monetazione di Rubi, città greca dell' Apulia nota a' cultori dell'arte antica. E per sostegno della A PROPOSITO DI UNA MONETA DI RUBI SOI mia opinione valgano le seguenti considerazioni in- torno al tipo, alle epigrafi e al luogo di trovamento della moneta. Il tipo di Pallade e la civetta, tipo di origine Ateniese, diventa nell'epoca meno antica assai co- mune in tutte le città dell' Italia Meridionale e quindi anche dell'Apulia, tanto nelle monete di sistema ro- mano, come quelle di Venusia e di Tiati, quanto nelle monete di sistema greco, come quelle di Azetium, di Salapia, di Rubi e di altre. È a considerare ancora che il tipo della nuova moneta è perfettamente simile a quello delle monete con la leggenda ptbasteinon, variando soltanto per una maggior secchezza e du- rezza di linee che si rivela nei contorni della testa di Pallade. Ma di questa differenza non si deve poi fare gran caso, quando si consideri che può benissimo spiegarsi con la diversità dell'epoca dei due monu- menti. Questa particolarità dello stile della nuova moneta, che potrebbe indurre qualcuno a classificarla tra le più antiche di bronzo di Rubi, pare a me che possa invece giudicarsi un effetto della decadenza dell'arte e il monumento allora riportarsi ad un'età posteriore, se non a tutte, forse a la maggior parte delle altre monete dello stesso metallo. In quanto a le epigrafi è da considerare che, se i due nomi scritti per intero sono certo nomi di ma- gistrati, allora la sillaba pt non si può diversamente considerare, se non come la indicazione del nome della città. Né, se così non fosse, si potrebbe spie- gare una particolarità, che deve giudicarsi non del tutto fortuita. Questa particolarità consiste nella forma assai più grande delle altre in cui sono scritte le let- tere della sillaba pt; con che si voleva, a me pare, 862 GIULIO JATTA indicare che questa sillaba aveva un significato ed una importanza maggiore delle altre parole messe su la moneta, perchè se queste indicavano dei nomi particolari di magistrati, quella invece era la espres- sione della città tutta, era il nome di tutto il popolo che coniava la moneta. Che il nome urbico si trovi assai comunemente nell'esergo della moneta è un fatto abbastanza noto; come è anche noto che, se vi sono parecchi esempii in cui il monogramma del magistrato è posto nel- l'esergo, questo però non avviene tanto di frequente quanto per il nome del popolo. Che infine sia di un valore quasi decisivo in favore della mia attribuzione il curioso confronto, di cui si è fatto innanzi parola, tra il nome della moneta e quello del mattone trovato in Ruvo stesso, sembrami chiaro abbastanza. Per il luogo di trovamento è da notare che uno dei due esemplari trovavasi da molto tempo nel mo- destissimo medagliere della mia famiglia, e poiché quella piccola raccolta è stata a poco a poco formata con le monete che si aveva occasione di comperare sul luogo stesso da' contadini che le scoprivano, né essendo possibile supporre che si cercasse o compe- rasse di fuori una moneta tanto guasta dal tempo che si fu costretti a relegarla tra le incerte non solo, ma a gittarla nello scarto, fu certamente trovata a Ruvo e qui non dirò comperata, che non poteva va- lerne la pena, ma avuta per una occasione qualunque. Dell'altro esemplare poi, di cui offro qui un esatto disegno, posso su la fede del mio amico can. Fatelli, che me ne faceva gentilmente dono, con certezza assicurare essere di origine ruvestina, perchè fu, pochi A PROPOSITO DI UNA MONETA DI RUBI 363 giorni prima che io l'avessi, rinvenuta da un conta- dino che zappava la terra. Non perchè due esemplari ne furono rinvenuti a Ruvo intendo assolutamente dedurne che questa moneta sì debba necessariamente attribuire a la mo- netazione di quest'antica città; ma stimo d'altronde inutile ripeter quello che già ai numismatici è no- tissimo, che il luogo di trovamento, quando è accop- piato ad altri criterii, sia uno degli argomenti più valevoli nell'attribuzione delle antiche monete. Il Friedlaender nella Zeitschrift filr Numismatik (B. VII, s. 183), annunziando la mia piccola scoperta immismatica, non trovò nulla da ridire su l'attribu- zione, che mi sembra davvero indiscutibile, della mo- neta. Accettò la lezione della leggenda del dritto, su la quale non cade dubbio alcuno, ma cercò mo- dificare quella del rovescio; gli elementi visibili che io lessi e leggo: |:P*AÀa|:OC credette gratuitamente supplire con ^ aamoc e suppose che la lacuna tra t ed A fosse una lacuna naturale e che alla leggenda nulla mancasse. Per convincerlo fui costretto a man- dargli originalmente il monumento. Dopo di che, nel seguente fascicolo della Zeitschrift f. Ntcmismatik , s. 357, egli scrisse che una ripetuta accurata osserva- zione aveva dimostrato che la iscrizione del rovescio sia {-'"AAiìioc in lettere non interamente regolari. Accettava quindi la mia lezione con la semplice dif- ferenza che nella prima lettera vedeva una sola li- neetta invece di due e nell'antipenultima, nessuna. Ma che nella prima lettera le lineette sono due lo confessa lo stesso Friedlaender quando dice: la se- conda lineetta potrebbe essere un casuale solleva- mento. Osservando attentamente il monumento sj 36A GIULIO JATTA vede che la seconda lineetta esiste veramente, e non può supporsi casuale. Nell'altra lettera in questione non compariscono così chiaramente come nella prima le due lineette, ma se ne vedono soltanto le traccio. Poiché a quel posto non si può supporre un segno di aspirazione quale sarebbe h, e poiché questa let- tera in tutto il resto è somigliante alla prima, ho creduto allora e credo anche adesso che questa let- tera sia la stessa della prima e che le due lineette, delle quali si vede chiaro un piccolo accenno, siano quasi state distrutte da l'attrito. Farmi ad ogni modo che sia assai più facile e naturale supporre che una piccola parte della lettera sia stata danneggiata da l'uso, anziché, come ha fatto il Priedlaènder, imaginare che vi sia stata aggiunta dal caso. Or questo fatto casuale si ripeterebbe due volte nella medesima leggenda, perché anche nella antipenultima lettera dovrebbe ritenersi per casuale la comparsa della lineetta, essendo il Friedlaender di opinione che quell'elemento fosse un jota riuscito troppo lungo. Ma che esso possa invece essere la stessa lettera del principio sembra farlo comprendere lo stesso numismatico tedesco quando, anteponendo ad ogni idea preconcetta la verità scientifica, ag- giunge: questo I ha alto rilievo, mentre le linee laterali, le quali qui sono visibili e rappresentereb- bero K, non hanno nessun rilievo, ma sono soltanto delle macchie o irregolarità del fondo. Ma come mai quelle irregolarità del fondo sono proprio avvenute in quei due punti e nella stessa maniera? Certamente è strano; ed é chiaro nello stesso tempo che le ultime osservazioni del Fried- laender, se elevano dei possibili e lontani dubbii A PROPOSITO DI UNA MONETA DI RUBI 365 SU la mia lezione della leggenda del rovescio, non la compromettono affatto, anzi, se non m'inganno, mi sembra che la confermino per la più possibile finora. Insisto quindi, fino a che più giù feto e più decisive osservazioni in contrario non mi sieno fatte, a leg- gerla così: ji^AAiìfiOC, da completarsi kaiaaokos o K0AAriK02 o sia pure diversamente, essendo naturale che soltanto dei confronti epigrafici possono scien- tificamente condurre ad una, se non sicura, almeno probabile compie tazione. Rimane a dire qualche cosa della natura delle epigrafi e quindi del carattere della moneta. È da questo lato che l'illustre Friedlaender contradisse decisamente la mia modesta opinione, nella quale non pertanto, credo di dover rimaner fermo e mi appello al giudizio dei dotti. Che la parola paattp del dritto possa riferirsi a la testa di Pallade, come non era alieno dal sup- porre il Friedlaender {vielleicht den Namen der dar- gestellten Gòttin)^ è una opinione insostenibile. Il con- fronto da me riportato dei mattoni, ne' quali esso è accoppiato ad un altro nome di persona, la esclude senz'altro. Tanto esso quanto quello del rovescio mi pare dunque che non si possano meglio considerare che come nomi di magistrati. La quistione cade su la natura di queste leggende : Diese Aiifschriften (scriveva il Fr. 1. e. p. 183) sind nicht griechisch, sondern messapisch, A me parve e pare tuttora che quelle epigrafe sieno e debbano essere greche. Che sieno greche sembra confermarlo il confronto stesso dei mattoni, per la ragione che su questi non compa- riscono che nomi, almeno per forma epigrafica, pu- ramente greci, e per l'altra ragione ancora che del 47 30G GIULIO JATTA pari genuinamente greco è il nome che comparisce su l'altro lato del mattone che porta paattp. Il confronto dei nomi faatopas e nAATORBiHi trovati dal Mommsen in iscrizioni messapiche, panni che formino piuttosto una prova in contrario ; perchè su la moneta, se fosse messapica, si sarebbe dovuto trovare adoperata la forma e la desinenza messapica come in quelle. Nulla invece di messapico trovo nella parola nT^axup; la quinta lettera anzi, è puramente greca. Infatti, nell'alfabeto messapico certa è la man- canza della lettera u, dice il Mommsen (Iscriz. mes- sap. p. 13). Tutte le lettere parimenti che compongono il nome del rovescio sono, è vero, di forma alquanto irregolare, ma essenzialmente greche; decisamente tali sono in particolar modo le lettere [:, c ed n, la quale ultima, a dire del Mommsen (1. e), non com- parisce mai nelle iscrizioni messapiche. Né sappiamo comprendere per qual ragione la terminazione o; il Friedlaender chiami Messapica {die Endimg o;, sie scheint hier sicher, ist eine messapische, — 1. e. p. 184), mentre essa è una delle desinenze più comuni dei nomi greci. In quanto finalmente al confronto che il chia- rissimo nummologo tedesco riportava in questa occa- sione dell'altra moneta di Rubi con la leggenda rPoEE.E, perchè potesse avere un qualche valore bi- sognerebbe prima esser sicuro che quella sia vera- mente una iscrizione messapica, come opinò il Momm- sen (1. e. p. 57). Per me, tanto ppo quanto EE non so diversamente considerarli se non come abbre- viazioni di due diversi nomi di magistrati mone- tali greci. Non è inutile notare che in uno dei due A PROPOSITO DI UNA MONETA DI RUBI 367 esemplari di questa moneta che si conservano nel Museo Jatta (Catal. st. v. p. 1015, n. 1787-88) il glo- betto dopo VP e più grande e potrebbe esser consi- derato come un piccolo o, mentre il secondo è chia- ramente un punto di distinzione; nell'altro invece il primo globetto non differisce affatto dal secondo, come nella moneta del British Museum (cat. n. 11) ingiustamente corretta dal Friedlaender. Deve anche tenersi presente che l'ultima lettera non ha nulla che fare colle antecedenti ; talora è E, talora K (Mus. Jatta, Catal. p, 1015 n. 1788). Ammettendo la congettura del Friedlaender, che le epigrafi di questa moneta sieno da considerarsi per messapiche, due ipotesi si possono fare: o sup- porre che la moneta sia stata emessa dai Greci con leggende messapiche, o che sia stata coniata addi- rittura da Messapii. La prima ipotesi non sembra in nessun modo sostenibile, perchè oltre a non essere affatto ragionevole e naturale, non trova nello stesso tempo confronto alcuno nella monetazione della stessa contrada. Per me pare molto evidente che, ammettendo la messapicità delle epigrafi, bisogna necessariamente ritenere che la moneta sia di emissione messapica. Greci, come quelli che abitavano le colonie dell'Apulia e che la monetazione stessa dimostra essere stati molto intimamente legati per rapporti di origine, di natura e di condizioni politiche a quelli di Taranto, non potevano consentire che i magistrati monetali scrivessero i loro nomi su le monete in una forma che non fosse pienamente greca. I fatti confermano questo: i monumenti numismatici chiaramente di- mostrano che furono i popoli del luogo che adatta- SG8 g. jatta - A pRorosiTo di una moneta di rubi rono la loro monetazione non solo al sistema, ma ancora a la tecnica ed a la epigrafìa greca. Bisognerebbe dunque ammettere la seconda ipo- tesi e imaginare nelle colonie Appule un periodo di monetazione Messapica per necessità molto antico ed anteriore certamente a la dominazione greca. Posteriore non potrebb'essere, perchè vediamo nelle altre città dell' Apulia, ove a la greca monetazione segui la romana, anche le ultime emissioni imme- diatamente antecedenti a questa esser sempre e pu- ramente greche. Ma anche questa ipotesi mi pare che sia deci- samente da rifiutarsi, almeno per ora, per la vali- dissima ragione che un fatto di si grande importanza per la storia della monetazione dell' Apulia non si può stabilire senza avere prove o argomenti storici di sorta o almeno monumenti sicuri che lo confermino. Finalmente, senza andare più per le lunghe, credo non sia da dubitare che questa nuova mo- neta di Rubi, e per questa considerazione e perchè da quanto innanzi si è detto risulta che le sue epi- grafi non pure non hanno nulla di decisamente mes- sapico, ma presentano anzi alcuni caratteri che li determinano addirittura per greche, sia da giudicare un monumento puramente greco, un genuino pro- dotto dell'ultimo periodo della greca zecca dell'an- tica Rubi. Napoli, maggio 1890. Giulio Jatta. È davvero esistita la zecca di Mesocco ?... È opinione degli storici e dei numismatici, che sul cominciare del secolo XVI Gian Giacomo Tri- vulzio abbia aperta una zecca in Mesocco e che ivi pure lavorasse T abbiatico suo Gian Francesco sin verso il 1526, anno nel quale , distrutta quella rocca dai Grigioni, la zecca Mesolcinese venne tra- sportata in altro borgo della valle. Noi però, basandoci su notizie e documenti ine- diti, crediamo poter dimostrare che quella zecca non è esistita; ma che altrove e prima dell'epoca sin ora creduta, aveva Gian Giacomo impiantata la sua officina monetaria. Vediamo come si formò la leggenda di questa zecca. Il Muratori W, primo investigatore scientifico di numismatica italiana, attribuì a Vigevano le poche (1) L. A. Muratori, Antiquitates Medii Aevi, Tomo II, col. 747 e seg. Mediolani, 1737-42. Prima di lui però , il cronista Egidio Sacchetti , uel De Viglevano Encomium. Mediolani, 1596 ap. haer. I. B. Colonii, aveva asserito: « Jacobus Trivnltius Viglevani nummos aereos argenteosque per- < cuti jussit cnius generis etìamnum sunt apnd Cives ». 370 EMILIO TAGLIABUE monete di Gian Giacomo ch'egli illustrò e sulla sua fede lo hanno ripetuto l' Argelati (2), il Carli (3), lo Zanetti W, il Gradenigo (5), il Bellini (6) e il Biffignandi Baccella W. Lo Zanetti in seguito , non trovando nelle gride monetarie Milanesi il nome di Vigevano, pel primo dubitò che la zecca Trivulziana lavorasse nel feudo di Mesocco (S). Il Mazzuchelli (9), fonte alla quale attinsero tutti gli autori del nostro secolo, con validi argomenti eliminò la zecca di Vigevano, attribuendo alle zecche di Mesocco e di Musso, le monete battute dal Magno Trivulzio. Secondo il Mazzuchelli , provano V esistenza (2) Ph. Argelati, De Monetis Italiae. Mediolani, 1750-59. P. Ili, Ap- pendice, pag. 77 ed ivi Coron., 13, 27, 28. (3) G. E. Carli, Delle monete e delV istituzione delle zecche d^ Italia. Milano, MDCCLxxxv. Tomo II, Dissertazione II, P. Il, pag. 167. (4) Guid' Antonio Zanetti , Nuova raccolta delle monete e zecche d:' Italia. Bologna, 1779, in4,° Tomo II, pag. 44, nota 60. (5) Monsignore Gradenigo, Indice delle monete d^ Italia, nella rac- colta di Guid^ Antonio Zanetti, Tomo II, pag. 161. (6) Bellini Vincenzo, De Monetis Italiae Medii aevi non evulgatis. Ferrariae, mdcclv. Dissertatio, pag. 112. Ferrariae , mdcolxvii. — Altera dissertatio, pag. 138. Ferrariae, mdcclxxiv. — Postrema dissertatio, pag. 99. (7) Prof. Avv. Pietro Giorgio Biffignandi B uccella. Memorie isto- Hche della Città di Vigevano. Vigevano, 1810, pag. 150. — Prudentemente attribuì a Vigevano le solo monete col titolo di marchese di Vige- vano. A pag. 257 di questa memoria è ristampata la cronica del Sacchetti. (8) Zanetti, Op. cit. Tomo V, pag. 122 , 123 , nota 78. — In ([uesta nota lo Zanetti parla anche della zecca di Musso esercitata dal Tri- vulzio, basandosi sopra una grida del conte di Foix pubblicata in Parma al 4 Agosto 1519, ove si indicano lo monete di Musso come trivulziane. Erroneamente però, attribuisce a Mesocco nel Tomo II, pag. 159, op. cit. le monete battute a Retegno nel 1676 da Antonio Teodoro Trivulzio. (9) Pietro Mazzuchelli , Informazioni sopra le zecche e le monete di G. G. Trivulzio. Milano, 1815, in appendice al Rosmini. Voi. II, pa- gina 845-385 con Tavole. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 371 della zecca di Mesocco, i diplomi rilasciati a Gian Giacomo e la testimonianza dei cronisti. Quattro sono i diplomi, due i cronisti. L'imperatore Federico III di Germania, in No- rimberga, 18 Novembre 1487, concede al nobile ca- valiere aurato Gian Giacomo Trimdzio l'investitura del feudo di Mesocco, confermandogli la compera fatta sette anni prima dai Conti de' Sax o di Sacco ed aggiungendo ai titoli e privilegi, che godevano i suoi predecessori, il diritto di batter moneta d'oro o d'argento in detto castello o nel suo territorio (l^). Lodovico duca d'Orléans, quale duca di Milano (in allora solo di nome) e di Valois, conte di Blois, di Pavia, Belmonte, Asti, ecc. ecc., ai 2 Marzo 1496 in Amboise rilascia patenti a Gian Giacomo per batter monete a Mesocco, allo stampo e bontà di quelle d'Asti e di Francia (i^). Nel 1501 Massimiliano I conferma il diploma di Federico III, unendovi il diritto di disporre ed alienare liberamente detto feudo di Mesocco, come fosse bene allodiale, rimanendo però soggetto alla giurisdizione imperiale (^2). (10) Vedi doc. 1 in appendice. Citato dal Mazzuchelli, pag. 848. (11) » 2 » » » » 349. (12) T> h ^ » > :^ 351 sotto la data 1505. — F. ed E. Gnecchi, Le monete dei Trivulzio. Milano, 1887. Prefaz. pag. xxii, non ne fissano la data, ma la ritengono posteriore al 1499, avendo avuto in quell'anno Gr. G. Trivulzio i titoli di Maresciallo di Francia e marchese di Vigevano ripetuti nel diploma. — Il D. Th. di Liebenau, Zur Munzgeschichte voti Misocco, etc. a pag. 96, prova che questo diploma devo essere del 1501 ; data accettata anche dal Motta, Le zecche di Mesocco e di RoveredOj etc, pag. 170. Nell'Archivio Trivulzio , Araldica cart. 11, esiste una procura (perga- mena originale) del 5 luglio 1494, stesa dal notajo Giacomo de Panicijg 372 EMILIO TAGLI ABUE Infine Lodovico XII re di Francia e duca di Milano al primo Maggio 1512 in Blois permette a Gian Giacomo d'aprire zecca a Musso e battervi moneta alla bontà di Milano come già faceva a Mesocco W. La zecca di Mesocco è accennata da Cesare Nubilonio prete cantore della chiesa maggiore di Vigevano, il quale nella sua cronica, scritta dal 1582 al 1584: Deir Orìgine e del Principio di Vigevano et Guerre successe a suoi giorni nel 1582, dice : « Gio. u Giacobo Trivultio godendo il Marchisato di Vige- a vano, ecc. ecc.... teneva in Vigevano residentia a « ricevere li suoi redditi et altri negotii pertinenti « al suo dominio; faceva stampare monete a Mu- u socco nelle quali era scritto : Jo. Jacobus Trtvultius w Marchio Viglevani et Francie Marescalcus (i^). Lazzaro Agostino Cotta d'Ameno nelle aggiunte al suo Museo Novarese mette a Fu da questo Gio. « Jacopo Trivulzio introdotta la fabbrica degli arazzi u e tapezzerie di Fiandra. In Misocco di suo do- u minio fece batter moneta legitima di liga della in Solmona, colla quale il Trivulzio incarica il proto Giovanni Paolo pro- posito di S. Vittore e il notaio Alberto da Salvagno Gronese, di chiedere in suo nome all'imperatore Massimiliano la conferma del feudo di Mesocco, autorizzandoli a prestare analogo giuramento di fedeltà. Ritrovandosi però essa ancora nell'Archivio Trivulzio, si può supporre non sia stata adoperata. Nello stesso Archivio ; Araldica cari 11. Copia senza data di un diploma di Massimiliano I, il quale ad istanza di G. G. Trivulzio, conferma la legitti- mazione del figlio naturale Camillo, fatta da un conte Palatino, accor- dandogli di poter succedere nel feudo di Mesocco qualora mancasse la linea mascolina del conte Nicolò figlio legittimo. Questo documento è certo posteriore a quello di conferma, forse anteriore al 1501, anno nel quale Nicolò sposò Paola Gonzaga. (13) Vedi doc. 7 in appendice. Citato dal Mazzuchelli, pag. 351. (14) Manoscritto nella Trivulziana, Codice 2255, Mazzuchelli, pag. 351. k DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 373 u grandezza e valore del soldo Milanese e si chia- u mava soldo Trivulzino , nel circolo d' una parte « del quale si legge: Jo. Jac. Trivult. March. Viglev. u e nel centro le insegne di sua famiglia, cioè le u tre baste, nel circolo dell'altra: Marcs. Franc. e u nel centro la croce in quattro parti eguali (i^). " Le affermazioni dei cronisti sono dal Mazzu- chelli rinforzate con un documento dell' archivio di Stato Milanese. Ai 12 Febbraio 1499 da Angera Leonardo Botta scriveva al Moro: « Heri sera allogiò « qui in Angleria uno Mulatero de M. Zo. Jacomo u de Triulcio cum muli dui et ebasse quatro mer- u cantile piene de croxoli da fondere arzente et « parlando cum luy me disse cbe M. Zo. Jacomo « era in Asti et mandava dicti croxoli a Mesocbo u per adoperarli a la Cecba et masima cbe l'baveva u trovato in quelli paesi una vena de arzente « (^^). Ecco quanto si sa sulla zecca di Mesocco. Pur riconoscendo l'importanza e il valore di queste prove, noi non le crediamo contrarie alla nostra tesi, ma colla scorta d'altri documenti e notizie sulle condizioni e vicende de! feudo, le interpretiamo (15) Opera stampata in Milano « Per gli Heredi Ghisolfi MDCCI ». Airesemplare della Trivulziana (Cod. 1444) è unito un voluminoso mss. auto- grafo del Cotta nel quale a pag. 474 , n. xxxiii leggesi la citazione del Mazzuchelli, Op. cit., pag. 352. Nel testo, Mesocco è scritto sopra una can- cellatura illegibile. (16) Mazzuchelli , Op. cit. , pag. 350. — Il Trivulzìo si trovava in- fatti nel febbraio 1499 in Asti, quale luogotenente generale del re di Francia. — Lodovico XII appena assunto al trono ebbe cura di riordinar le monete e in Asti, antica sua Signoria, riaprì la zecca. Ai 27 febb. 1499 il Trivulzio la diede in appalto al maestro Giacomo dei Conradi e forse questo zecchiere gli donò i crogioli veduti dal Botta in Angera. (Vedi do- cumento 4 in appendice). 48 374 EMILIO TAGLIABUE nel senso ch'esse si riferiscono, non alla zecca di Mesocco, ma alla zecca Mesolcinese. Innanzi tutto osserviamo. Il feudo di Gian Gia- como, accennato dai diplomi, dagli storici e dai cro- nisti col nome di Contea di Mesocco o semplice- mente Mesocco, non restringevasi alla rocca di Me- socco, ma comprendeva la valle Mesolcina dal Colmo dell' Uccello (17) al Rial de lumino e tutta la Val Calanca. Sin dal 1452 era il feudo diviso in due vicariati, o giurisdizioni (18), cosi risulta dagli statuti stabiliti in queir anno al 3 Dicembre in giorno di domenica fra il magnifico conte Enrico de Sacco e gli uomini della Valle Mesolcina. Al « Capitulum sectum — Ponendi Vicarios " si legge che il conte Enrico u deve ogni anno nel (17) VAvis dei Romani ; nel Medio evo si disse Culmen Ocelli, Colmo delV Uccello, Culininum de Olcello, montem qui vulgariter dicitur Vogel. Verso la metà del secolo XV il conte Enrico di Sacco e le vicinanze com- ponenti la terra di Mesocco, eressero un'ora prima del passo una chiesa dedicandola ai SS. Bernardino e Sebastiano. Con istrumento pubblicato sulla piazza di Cremeo dal notaio Zanetto da Haijra di Cama, il 26 Marzo 1467 (copia cart. del 1716 fatta sull'originale p. n.) dotarono la chiesa di beni, unendovi un ospizio. Nel secolo XVI il passo mutando nome si chiamò del S. Bernardino. La chiesa esiste ancora e intorno lo sorse il paese di S. Bernardino, stazione alpina assai frequentata durante la stagione estiva por le suo acque minerali. Il nome di Sebastiano caduto in dimenticanza, ninno il rammenta; quello di Uccello restò ad una pnnta il Vogelspiz (m. 2716) che domina quel passaggio alpino. (18) Erroneamente G. A. À Marca, Compendio Storico della Valle Me- solcina. Lugano, 1838, pag. 124, forma del feudo di Mesocco una sola giu- risdizione. La divisione in 3 Vicariati data in seguite dall'À Marca stesso e dallo Sprecher, Pallas Rhaetica, ecc. Basilea, mdcxvii, pag. 212, come deiranno 1651, è in-vece anteriore, e venne fatta forse durante il dominio di Gian Francesco Trivulzio. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 375 u mese di dicembre porre un Vicario nel Vicariato « di Roveredo e uno in quello di Mesocco i quali « però non sieno del casato dei Sacco (^^). " Il Vicariato alto o di Mesocco, aspro e montuoso scendeva dal passo al ponte di Sorte e lo compo- nevan le vicinanze di Crime, (Cremeo), Leso, Anzone, Ciabbia, {Cehhid) Anderslia, (Andergia) d'Arva, [Barba) Loggiano e Doira, le quali riunite prendevano il nome di terra di Mesocco o Mesocco sopra il Castello, e Scazza e fors' anco Cabbiolo e Lostalto, dette anche Mesocco sotto il castello (2^). Nel mezzo, in luogo fortissimo e isolato, la rocca di Mesocco, la quale dominando la via che dalla pia- nura Lombarda conduceva alla Rezia ed ai paesi d'Allemagna, dava nome ed importanza alla Valle. Il secondo Vicariato basso o di Roveredo ab- bracciava la bassa Mesolcina e tutta la Val Calanca. Se poca importanza aveva la Calanca, povera vallata chiusa e stretta fra altissimi monti, era in- vece la bassa Mesolcina o Val Piana la parte più ricca del feudo. Ivi la Moèsa divallando, stese piani d'ubertosa campagna, sulla quale bruscamente levansi le Alpi coi piedi coperti da floridi vigneti (^1), e i fianchi da (19) Archivio Trivulzio; Araldica Cart. 10. -- Preziosa raccolta di leggi ordinazioni Mesolcinesi. Cud. su pergamena del secolo XV, come risulta dalla intestazione , doveva appartenere allo stesso Gian Giacomo Tri- vulzio. Su queste leggi e sulle anteriori del 1436, stiamo compilando un lavoro in collaborazione coll'egregio amico ingegnere Emilio Motta. (20) Così neU'istrumento accennato nella nota 17. (21) MoHR, Codex Diplomatìcus. Chur. Voi. 1. Cod. 193, pag. 283 ; ri- produce un inventario (credesi del 1200) dei beni della sede vescovile di Coirà, nel quale troviamo segnato, che a S. Vittore possedeva de vino Car- raias ti. 376 EMILIO TAGLIABUÈ fitte selve d'abeti. Alla Val Piana appartenevano borghi popolosi; San Vittore sede della Canonica Vallerana (22), Grono allo sbocco della Val Calanca e Roveredo la terra più grossa ed importante della Contea. Roveredo posto nella parte meridionale della Valle sulle due sponde del fiume Moèsa, aveva co- mode e facili comunicazioni col paese dei Confede- rati e col ducato. A Roveredo risiedevano i Com- missari del Trivulzio, i quali in suo nome vi radu- navano il supremo tribunale Criminale composto di 28 giudici eletti dalla valle e presieduti dai Vicari di Roveredo e Mesocco (2^) ; affittavano alpi e fondi ; riscuotevano le taglie e decime comunali ; sorveglia- vano l'esazione dei dazi. Nel castello di Mesocco posto in luogo inespu- gnabile e selvaggio al fondo della valle nessun com- missario, ma uno o due castellani, chiusi nella rocca superbamente ritta fra la solitudine delle Alpi. Cronisti e storici parlano dell'importanza di Nella Trivulziana si conservano parecchi contratti stipulati dai Commis- sari di G. Giacomo per la compera di tini, botti, cantine, ecc. Nell'Archivio parrocchiale di S. Vittore {Mesolcina\ livello (pergamena originale) in data 17 Aprile 1531 per vino che la chiesa di S. Vittore deve fornire a G. Francesco Trivulzio. (22) SS. Giovanni e Vittore, eretta a Collegiata al 21 Aprile 1219 da Enrico de Sacco; vi risiedevano 4 canonici. Carta Fondationis Ecclesiae Collegiate et Plebis SS. Joannis et Victori. Documento di recente pubblicato dal LiEBENAU, I Sax Signori e Conti di Mesocco, in « Bollettino Storico della Svizzera Italiana » Bellinzona, 1890. Fascicolo Marzo-Aprile, pag. 60. (23) Emilio Tagliabue, Un bando contro le monete Trivulziane, in « Rivista Italiana di Numismatica >, Anno II, Fase. II, pag. 13, nota 2. Milano, 1889. Cosi risulta anche in molti processi di quel tempo da noi veduti nella Mesolcina e nell'Archivio Trivulzio. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 377 Roveredo e del palazzo che vi aveva il Trivulzio; ma copiandosi Tun l'altro, fan capo tatti allo Spre- cher(2i), il primo che ne faccia cenno con qualche dettaglio. Per non ripeterli , cercheremo nei docu- menti deir epoca nuove informazioni. Al 17 Dicembre 1478 i Commissari ducali in Bellinzona avvisavano il duca di Milano che il conte Enrico de Sacco teneva u in Roueredo un palatio « di molte munitioni et artiglierie (2^) » e che in- tendevano spedirvi quella notte il maestro bombar- diere Francesco da Mantova per impadronirsene (26). Una lettera senza data né firma, ma certo an- teriore alla compera di Mesocco, ci dà preziose no- tizie sui possessi del conte Enrico de Sacco. Di Roveredo così parla V ignoto scrittore : w la terra u de Roueré grande ben acasata in piano ma non mu- « rata con uno bello palazzo dentro che è suo (del u conte Enrico di Sacco) de le quatro parti le tre u e 1' altra parte de un suo nepote. E la se inco- (24) Sprecher, Op. cit, pag. 212. « Rogoretum hic palatio Comitum « erat a Joanno Jacobo Trivultio sumptuose exornatura itera turris de Bof- « fano et Turris del Aua feu de Bogiano dieta. » Jean de Muller, Histoire de la Conféderation Suisse. Paris-Lau- sanne, 1840. Tom. 8, liv. V, Gap. Ili, pag. 313. « Trivulce prenait plaìsir « au chàteau-fort qui dominait Criraeo; toutefois , il choisit a Eogoródo « une belle habitation qu'il voulait orner avec magnificence. » Carlo de Eosmini, DelVistorìa intorno alle militari imprese ed alla vita di Gian Jacopo Trivulzio. Milano, 1815. Voi. 1. Fasi, Staats und Erd Beschreibung der Schiveiz, Voi. 4, pag. 124. Zùrich, 1768. « Il conte G. G. Trivulzio aveva costrutto a Eoveredo un « superbo palazzo abbruciato dai confederati nel 1503 •». Leu. Voi. XV, pag. 356, edito nel 1759, accenna al palazzo di Roveredo distrutto dai confederati nel 1503. (25) Motta Duilio, Regesti Svizzeri del 1478. Bellinzona, 1882, pag. 160. (26) Impresa fallita, causa la grande quantità di neve caduta. 378 EMILIO TAGLIABUE tt menza la Val de Mixoch che dura dieci miglia u persino al Castello e ghe paregie ville dentro (27). Colla compera del feudo passò a Gian Giacomo la proprietà del castello o Palazzo di Roveredc » che ristaurato si destinò a sua abitazione per quando veniva in Valle. Infatti al 3 Febbraio 1481, « in stupa magna scita in roueredo in domo sue a dominatione " egli confermava e prometteva ri- spettare e mantenere gli ordini statuti e capitoli della terra di Lostallo (28). In Roveredo nel Giugno 1485, accoglieva i capi della lega Grigia (29) venuti a definire questioni pendenti da tempo col duca di Milano ; delegati che arrivarono al 27 di quel mese come egli ne informò il duca: u e rivato il Reverendo u Vescovo di Coyra (^), Monsignore Tabbate de De- u sertina (^1) et el Vicario de la liga accompagnati da u parechij homini da bene ; et tra li altri el prefato a D. Episcopo e venuto molto bene in puncto cum u una brigata de Caualli cum persone tute vestite ad u una livrea et certo ha una cera de homo da bene u et me pare persona molto grave. Misser Conradino u da Rotzùnie che ancora luj e uno de questi signori a de la liga Grixa (^2). Ma le trattative non furono ne facili ne spiccie e al trenta di Giugno, partita quella brigata, il Trivulzio (27) Archivio Trivulzio. Cartella autografi, 6. Giacomo Trivulzio. Cod. Cartaceo del secolo XV. Deve essere una informazione mandata a Gian Giacomo quando stava trattando l'acquisto della Mesolcina. (28) Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 11. (29) Rosmini, Op. cit. Voi 1, pag. 140. (30) Ortlieb von Brandis, 1458-1491. (31) L'Abbate di Dissentis. Giovanni VT di SchOneck, m. 1497. (32) Archivio Trivulzio. Corrispondenza di G. Giacomo estratta dall'Ar- chivio di Stato Milanese, libro 14, p. 29. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 379 riprende la penna e scrive al Secretarlo Ducale Bar- tolomeo Calco « Roueredi.... a casa mia li ho tractati « talmente che non se ne andarono quanto ad questa u parte salvo bene contenti, cum grata recolentia Li ben veduti per quanto s' è potuto.... (^^) " protesta però in termini un po'.... vivi per essere ripetuti in un articolo di numismatica, di non volerne più sapere di simili impicci. Il Palazzo di Roveredo era fortificato, e come a que' tempi le dimore de' feudatari, cinto da fossati, guardato da torri, munito d' artiglierie ; anzi nella confederazione fatta colla lega Grigia il Trivulzio si obbligò « das schlos tmd vesti masox und den palachs u wol vcrsogt haben sollent mit guoten huchsen und u giiofem geschiltz und allem (^^) ". Palazzo circon- dato da un vasto giardino; ivi riuniti gli uomini del Vicariato di Roveredo al 27 Agosto 1503, gli presta- rono giuramento di fedeltà (^^). Date queste condizioni, non si comprende perchè Gian Giacomo non impiantasse la sua zecca a Ro- veredo, ove oltre i vantaggi della posizione, aveva quello grandissimo di poterla attivamente sorvegliare a mezzo de' suoi Commissari. Sta il fatto che nessun diploma, né grida mo- netaria parla di Roveredo ; ma basandosi su questo, bisognerebbe ritenere che la zecca Mesolcinese re- (33) Idem. loc. cit. pag. 33. Riportata dal Kos mini op. cit. Doc. 134 al libro IH. Voi. Il, pag. 129. (34) Art. 3 della Lega stretta fra G. Giacomo Trivulzio e la Lega Grigia, al 4 Agosto 1496. Vedi XII Jahresbericht des hist-anttq. Gesell- schaft. von Graubiinden. Chur, 1883. (35) Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 11. Pergamena originale. Istru- mento rogito dal notajo Martino figlio di Gianella d'Arabino, 380 EMILIO TAGLIABUE stasse sempre a Mesocco. Invece esistono libri di conti e contratti posteriori al 1527 i quali parlano di una zecca di Roveredo ed il Mazzuchelli ed altri autori che li citano, per spiegarli ammettono che distrutta la rocca di Mesocco (1526), la zecca venne trasportata nel borgo di Roveredo. Eppure nella grida pubblicata al 30 Geimaio 1530 in Milano dal duca Francesco II Sforza troviamo an- cora Mesocco neir elenco delle zecche le cui monete sono bandite dal ducato (^^) ; segno evidente che Me- socco serviva ad indicare non una zecca esistente nella rocca di Mesocco, ma la zecca Mesolcinese. Ma nemmeno la distruzione della rocca di Me- socco è ben comprovata ; lo Sprecher (^'^) essendo la prima e non sicura fonte, delle varianti date dagli storici su questo fatto. L'à-Marca la fa atterrare nel 1525 e di varie leggende facendo un solo miscuglio, ci ricama sopra uno dei soliti episodi che le tradizioni popolari fan precedere a queste mine (?^). Il Trachsel dice che « Gian Francesco préféra fa- u voriser le parti de leur ennemi Jean Jacques Medici ; tt les habitans de la vallèe de Misolcino aidés par « les Grisons demolirent le chateau de Misocco en (36) Raccolta cronologica di editti ed ordini emanati nello Staio di Milano, nella materia delle monete, per Francesco Bellati. Voi. 3 manos. nella Bibliot. di Brera in Milano segnati G. N. n. Ili -^^ — Voi. IL pa- gina 125. (37) Sprecher, Op. cit., pag. 128. (38) G. A. À Marca, Op. cit., pag. 114. Su questo episodio noi pure abbiamo pubblicato un Racconto L'ul- timo Conte della Mesolcina in « Emp. Pittor. > Milano , 1881, il quale, dobbiamo confessarlo, aveva di storico il solo nome, basandosi, solo suUft tradizione. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 381 u 1526 (39). " Perchè Gian Francesco favoriva il Mede- ghino che due anni prima gli aveva tolto Musso e le tre Pievi e ferocemente battuta la parte francese, il Trachsel non lo dice. Gian Francesco Trivulzio, che da Francia teneva titoli ed onori, dopo la gran rotta de' Francesi sotto Pavia ebbe confiscati dal- l' impero beni e feudi eà annullati tutti i privilegi sin allora goduti dalla sua famiglia. Nel 1526 parve avvicinarsi allo Sforza, ma è as- surdo potesse favorire il Medici che gli aveva usurpato gran parte dei beni ereditati facendosi un dominio colle sue spoglie. Annientata nel 3 526 in Italia la parte Francese e crescendovi a dismisura la potenza imperiale, temettero i Grigioni, come già era acca- duto di Chiavenna, fosser lor tolte all'improvviso tutte le castella al di là delle Alpi per cui « persuasi che u le fortezze senza un giusto numero di difensori non u potevan esser loro che dannose, fecero smantellare u nonché Chiavenna, Mesocco, Morbegno, Piattamala, u Masegra, Ponte Tirano, Dosso, Grosio (^^). Seguendo in questo i precetti del Macchiavelli il quale appunto aveva scritto « i buoni eserciti senza le fortezze sono « sufficienti a difendersi ; le fortezze senza buoni eser- « citi non si possono difendere. » (39) e. F. Trachsel, Les atéliers monétaires de la famille des Trivulzio, Bruxelles, 1870. Pag. 16. In un'altra inesattezza cade il Trachsel, op. cit. pag. 5, mettendo che Gian Giacomo ebbe il feudo di Mesocco nel 1482 per lOOOO scudi (data e somma presa dal Mùller, op. cit. Voi. Vili, lib. V, cap. lE, pag. 212). Il Kosmini; che gli fu guida nel compilare la sua memoria, cita invece Tatto di vendita steso dal notajo Pietro Brenna, fatto il 20 Novembre 1480 per 16000 scudi. (40) Francesco Saverio Quadrio, Dissertazione Critico-Storica intorno alla Rezia. Milano, 1755. Voi I, pag. 128. 49 382 EMILIO TAGLIABUE Certo i Confederati non avrebbero favorito e pro- tetto Gian Franc(ìsco, s'egli avesse fatto contro agli al- leati Grigioni ; invece alla Dieta di Lucerna del giorno 11 Agosto 1525 (^1) il Sig. di Diessbach chiede si impe- disca ai Grigioni di distruggere il castello di Mesocco, come hanno minacciato e nella stessa dieta del 29 Agosto (^2) i Confederati, nel timore che i Gri- gioni saccheggino il Castello di Mesocco, al che pel loro trattato di borghesia Lucerna e Uri avrebbero dovuto opporsi, incaricano Glarona d'impedirlo pre- gando i Grigioni a non far atto d' inimicizia. Forse nel 1526 la rocca venne smantellata da non potervi più piazzare artiglierie. Di ciò pos- siamo dare una testimonianza più attendibile dello Sprecher, perchè contemporanea. Giovanni Cotura di Avignone « fonditore e maestro di tuta la arti- ci glieria del Serenissimo Imperatore in Milano ?? (4^), al 20 Giugno 1537 si reca a Mesocco per sti- marvi r artiglieria che vi teneva il Trivulzio. Nella sua perizia dice « le quali cose tute sono ne la u terra de Musoco salvo li doi Canonie*^) restatj a (41) EiDGENóssiscHE Abscheide, Vol. 4 - 1. a. pag. 751. (42) Idem. Loc. cit., pag. 761 - pag. 866. Dieta di Lucerna 20 Marzo 1526. I Confederati chiedono si trasportino a Locamo « molte pietre d'artiglieria « che si trovano nel castello di Mesocco. » (43) Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 12. — Originale di detta perizia. Curiosa è la firma del Cottura: un falcono incarrato che fa fuoco, colla parola lOVANI OOUTURA intrecciata. Documento citato anche dal Quarenghi, Tecno- Cronografia delle anni da fuoco Italiane. Napoli, 1880. Pag. 176. (44) Che ne fu dei cannoni lo dice lo stesso Cotura < li quali essi « signori Grisoni hano promisso a li agentij de lo Ul.mo Sig. Marchese Conte « di Musoco Sig. Francesco Trivultio de renderlj et pagar. Come appar per € breve et sigillo di essi sigr. li quali Canoni sono de la grandezza et qua- < lità et mesura et de peso comò li altrj canonj de sopra nominati. Como « li personalmente hanno dito et protestato Jacomo Toscano M. Balsa- « remo Bosso li quali lor hanno aiutato condurlj a la dita guerra et ado- c perarlj, et anche altrj hommj da bene de Musoco >. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 883 u li sigg. grixonj a la dita guerra de medeghino (di u Gr. G. Medici) quali artiglierie ballote fornimentj a sono del prefato sig. marchese et conte ut supra u exportati fora del castelo de Musoco et reposti in u dita terra de Musoco per la Rujna del Castello. " Grande non doveva essere questa ruina, se un secolo dopo Gian Giacomo Teodoro Trivulzio, scrivendo al- l'Albornez , descriveva Mesocco « fortezza adesso u rovinata non è però smantellata che in brevissimo a tempo e con pochissima spesa risarcendosi non si u rendesse di nuovo inespugnabile " (^^). Ma veniamo a prove più positive e concludenti. Nella Mesolcina la tradizione non rammenta una zecca di Mesocco. L' à-Marca nel suo compendio a pag. 99 scrive: u II sopracitato Giacomo Trivulzio, il u quale aveva ottenuto il privilegio di far coniare u moneta d' oro e d' argento , fece a tal fine già u. nel primo anno in cui si stabilì nella Mesolcina u costruire una piccola zecca a Roveredo (^^). Invero (45) Archivio Trivulzio. Araldica 13. Relaziono presentata al Cardinale Albornez nel 1635 sulle condizioni della Mesolcina e pretese che su quelle valli aveva Casa Trivulzio. Notizie assai incomplete e in molti punti ine- satte, copiate d'altre fornite nel 1622 da Vital Cattaneo a Gian Giacomo Teodoro Trivulzio; la relazione del Cattaneo è l'unico documento da noi veduto che accenni ad una zecca di Mesocco « ove è un castello altre volte « fortissimo et signoreggia tuta la Valle e in la casa de la zecca vi sono « accora duoi canoni di bronzo da batteria con l'arma Trivultia. » Evi- dentemente il Cattaneo confonde la zecca di Roveredo con Mesocco, i can- noni poi non eran nel castello ma nella terra , come dice il Cotura, ove restarono nella casa del comune sino al principio di questo secolo. (46) Erroneamente l'à-Marca attribuì a Gian Giacomo Trivulzio la costruzione del palazzo di Roveredo nell'aggiunta alla pag. 99, linea 18, posta a fine del suo Compendio. < Nell'istesso tempo (dell'erezione della « zecca) detto Trivulzio fece fabbricare principalmente per dimora del suo « Luogotenente un bel palazzo pure in Roveredo che diroccato ora si vede « dirimpetto alla zecca ma sull'altra sponda della Móesa ». Come abbiamo veduto, il palazzo esisteva già ai tempi dei Conti di Sacco. B84 EMILIO TAGLIABÙE egli più che storico è ingenuo cronista, lo citiamo perchè fedele narratore delle tradizioni vallerane. In un inventario del Castello di Mesocco da noi pubblicato C'*'^), i Castellani Andrea Brocco e Bat- tista da Musso ci danno V elenco delle armi e munizioni esistenti nella rocca loro affidata. E per farlo i Castellani visitano minutamente ogni parte, ogni locale del castello dicendone Tuso e chi vi abi- tava e chi vi aveva abitato ; montano sulle torri, scen- dono nei sotterranei, frugan nei cassoni, entrano nella chiesa ove sono « li fornimenti da vestir lo preito », pesano i « piumaxi et coxini ?? e i sacchi di zolfo, con- tano i barili di polvere e « le cadene del fogo " , misu- rano il vino nelle botti, annasan la u carna de bò che ti noi vai niente » , notano le otto grosse bombarde e u el fero de far el solazo de li canali, w la corazzina di velluto celeste del Signore e il « camixal da homo trista. " Eppure, non la più lontana allusione ad attrezzi di zecca, a locali ove si battessero monete o alloggiassero zecchieri. Dunque nel 1503 la zecca non era nel castello, ne certo poteva essere nelle vicinanze che compo- ne van la terra di Mesocco, poveri ed indifesi casolari, sparsi sulle due sponde del fiume Moèsa (^^) mezz'ora (47) Emilio Tagliabue, // Castello di Mesocco secondo un inventario del 1503. In e BoUottino Storico della Sv. It. ». Bellinzona, 1889, Fasci- colo 11-12, pag. 233-252, con 1 Tavola. (48) LiEBENAU, / Sax Signori e Conti di Mesocco. In < Boll. Stor. » . Anno 1889, pag. 182, parla della povertà di Mesocco. I Cronisti del XVI secolo descrivono Mesocco come un paese povero i cui abitanti si guadagnavano il pane intessondo panieri ; Zeinenmacher , dicono Giovanni Stumpf ed Egidio Tschudi e tali ancora nel XVIII secolo 8i chiamavano a Lucerna i Calanchini. Nella Relazione di Vital Cattaneo (Vedi nota 45) si danno a Mesocco nel 1622 140 fuochi, a Roveredo 360. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? a monte della rocca. In questo inventario troviamo nella seconda camera delle munizioni un « picone da cavar arzento " C'^^). Ha esso relazione colla lettera del Botta?... Nella Mesolcina non si conoscono miniere argen- tifere, ma verso la fine del secolo XV qualche lavoro di miniera si fece nel vicino Rheinthal signoria di G. Giacomo W. Filoni argentiferi si avevano nel Landschaft di Schams e di Rhazùns (^i) che G. Giacomo cercò com- perare da quel conte Giorgio di Werdemberg e Sargans, chiamato nelle lettere ducali Conte Giorgio di Sana- casa. Di questo dà notizia al duca di Milano Gio- vanni Porro Commissario ducale in Bellinzona, scri- vendo al 14 Gennaio 1496 (^2) ^^ intendo che domino a Jo. Jacobo de Trivultio è per comperare la signoria u de Rezanio (^^) vicino alla Valle de Reno aprezo a « Cojra a quatro o sey milia, et chel sia il vero, el va « adesso zoe el di de ogi uno de Valle de Reno qual « passa per qui et va da Domino Jo. Jacomo per as- u settare questa facenda, ecc. et questo intendo sarà u in detrimento della Exellentia Vostra " . A quei tempi ogni piccolo conte e barone ambiva possedere o scoprire miniere ne' suoi domimi ; quantunque sovente, anziché ricchezze, procurassero la rovina agli ignoranti signori che s'ostinavano a sfruttar miniere d'oro o d'argento (49) E. Tagliabue, Il Castello di Mesocco, ecc., pag". 247. (50) Placidus Plattner, Geschichte des Bergbau^ s der Ostlichen Schweiz. Chur, 1878, pag. 29. (51) Idem. Loc. cit, pag. 55. (52) EosMiNi, Op. cit. Yol. ], pag. 290 — doc XI al libro VII. (53) Rhdzuns trovasi 14 Kilom. al Sud di Coirà sullo stradale che conduce allo Spluga e al S. Bernardino. 386 EMILIO TAGLIABUE affatto improduttive. Probabilmente i crogioli accen- nati dal Botta servirono a fondere metalli o per as- saggi su minerali argentiferi o creduti tali ; in termini generici scrisse che andavano a Mesocco, pur non sapendo in qual paese della valle si sarebbe fer- mato il mulattiere. Due altri inventari del Castello di Mesocco si conservano nell'archivio Trivulzio. Uno del 1511 (P^), il secondo del 1517 coirintesta- zione : u Consegna fatta a di 30 Augo. 1517 da toso da u Candia olim Cast."" in mano de m. Paolo Gentili de u Seravalle scripto per mano de Battista di Pellizaro u da Musso " (^5). In quello del 1511 nessun cenno ad attrezzi di zecca, nell'altro del 1517 troviamo regi- gistrato « Ne la camera bianca casa (cassa) una in- u ciodada (o ingiavada) piena de feracta de la cecha. » La fortuna di G. Giacomo strettamente unita a quella di Francia subì dal 1511 al 17 brusche né ancor ben conosciute vicende (^^), e i suoi rapporti coi Confederati e le tre Leghe, più che a suoi particolari interessi, dovettero uniformarsi a quelli del re di Francia. Parecchie volte questi rapporti furono pes- simi e la Mesolcina ne subì le conseguenze, corsa e ricorsa da Confederati e Grigioni, messa a fuoco e a ruba e fors'anco per qualche tempo stabilmente occu- pata. Certo in tanti disordini e trambusti tacque la zecca Mesolcinese , se pur non fu data preda alle (64) Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 12. Cod. cartaceo del secolo XVI. (55) Idem. Araldica Cart. 12. Cod. cartaceo del secolo XVI. Mss. di Battista di Pelizzari da Musso. (56) Questo, ben intoso, solo por quanto riguarda la parte Mesolcinese. Storia che manca totalmente pel periodo Trivulziano. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 387 fiamme nel 1511 CT. Noi supponiamo che stanco delle continue incursioni e malsicuro del feudo finché il re di Francia durasse in nimicizia coi Confederati, dopo gli incendi deiril Gian Giacomo, chiusa la zecca Mesolcinese, nel castello di Mesocco ne traspor- tasse gli attrezzi, come luogo più sicuro della Contea. A non perdere i proventi della zecca si fece il Trivulzio nel 1512 rilasciare da Lodovico XII un nuovo diploma , che gli permetteva d' aprir zecca a Musso e battervi moneta, « come aveva prima co- « stume di fare a Mesocco " (^^). E a Musso, lavorò forse anche Gian Francesco finché quella rocca e le tre Pievi e il Contado di Chiavenna caddero nelle mani del Medeghino. Cosi si spiega come nel 1517 poteva esserci nel castello di Mesocco una cassa chiusa e piena di ferri di zecca e perché nelle gride mone- tarie del 1518 e 19 le monete Trivulziane son chia- mate sempre « monete di Musso. » Ma ben più importante sono due documenti che abbiamo avuto la fortuna di rinvenire nelF archivio Trivulzio. Essi a parer nostro sciolgono completa- mente la questione, attestando che Gian Giacomo sin dal 1497 teneva in Roveredo una casa destinata all'uso di zecca, e sotto tal nome appunto cono- sciuta. Colla data 23 giugno 1497, Azino da Lecco procuratore del Trivulzio ed abitante nella zecca di Roveredo, contratta del legname da consegnarsi a Lostallo e Cabbiolo vicino al fiume Moèsa. Nella (57) Giovio B., Historia patria. 11 ediz. Como, 1887, pag. 114 « insignes « Trivultii aedes apud Roverium cremaverunt, 1511 ». (58) Vedi doc. 7 in Appendice, 888 EMILIO TAGLIABUE chiusa il notaio Giovanni del Piceno attesta che ristrumento è « actum in pasquedo roueredi in domo ZECHE w (^^). Il 2° documento porta la data 17 marzo 1509, è rogato dal notaio Giovanni Amadiristo « in roue- u redi in pasquedo in cecha ^ e fra i testi figura un maestro di zecca detto Zanetto (^). Come abbiamo cercato dimostrare, le condizioni del feudo, Taver Gian Giacomo palazzo e commissari in Roveredo, l'esser quello il borgo più importante, capitale diremo così, della contea, lo indicavan sen- z'altro a sede della zecca ; ne i diplomi si oppongono a questa versione, se li interpretiamo nel senso logico, che parlino del feudo di Mesocco, pur non essendo Mesocco nome che si dava indifferentemente a tutto il feudo, alla rocca e alle vicinanze sopra e sotto il castello. La tradizione poi e i documenti dell'epoca da noi prodotti, tutti concordano nel fissare a Ro- veredo la sede della zecca Mesolcinese. Crediamo quindi poter affermare che G. Gia- como Trivulzio e non Gian Francesco impiantò la zecca di Roveredo e che la zecca di Mesocco, non essendo esistita, va cancellata dal novero delle zecche medioevali. (59) Vedi doc. 3 in Appendice. (60) Vedi doc. 6 in Appendice. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 389 II. . Quando incominciò il Trivulzio ad esercitare il suo diritto di zecca? Il Mazzuchelli ed i Gnocchi non lo stabilirono. H Liebenau vorrebbe dopo la conquista del ducato milanese da parte di Lodovico XII, cioè dopo l'ottobre del 1499 (^1) ; supposizione che non regge coi docu- menti da noi prodotti. Se nel 1497 Gian Giacomo aveva in Roveredo una casa la quale veniva nei pub- blici istrumenti chiamata zecca, già da tempo doveva essere a tal uso destinata; abbiamo inoltre il diploma rilasciato a Gian Giacomo nel 1495 dal duca di Orléans, il quale, interpretato letteralmente, dice che fin d'allora esisteva una zecca Mesolcinese. Se poi consideriamo, che smisurata ambizione era la nota dominante del carattere di Gian Gia- como e che molte sue monete d'oro e d'argento portano il solo titolo di conte di Mesocco, dobbiamo supporre le abbia battute prima della conquista del ducato , quando non aveva i titoli di marchese di Vigevano e Maresciallo di Francia (^^). Secondo noi, il Trivulzio, ottenuto il diploma da Federico III, o poco dopo, apri la zecca di Eoveredo, e al periodo compreso fra quell'epoca e il 1499 appar- (61) Zur Miinzgeschtchte von Misocco, in e BuUetin de la Société Suisse de Numismatiqne »..VI Année, pag. 96. (62) Gian Giacomo venne nominato Marchese di Vigevano e Maresciallo di Francia nel Novembre 1499. JO 390 EMILIO TAGLIABUE tengono tutte le sue monete che portano il solo titolo di conte di Mesocco. Il diploma imperiale gli aprì i mercati della Rezia e finché non ruppe fede al Moro, potè certo introdurre I3 sue monete anche nel ducato, e noi non vediamo la ragione perchè dovesse tardare a va- lersi di un privilegio da lui chiesto e fonte di lauti gua- dagni. L'acquisto fatto dal conte Giorgio di Wer- demberg e Sargans delle Signorie del Rheinthal e del Safìenthal (^^) e la lega stretta coi Grigioni nel 1496, certo favorirono l'attività della zecca di Roveredo, finché le strepitose vittorie di Lombardia gli permi- sero d'allagare colle sue monete il ducato milanese e i Cantoni confederati (^^). Sulla lavorazione di Gian Giacomo poco dicono le gride monetarie del tempo. Nella valutazione monetaria fatta alla dieta di Lucerna nel gen- naio 1487 (^^) si parla di alcune zecche italiane, ma non di Mesocco ; la prima convenzione monetaria svizzera conchiusa in Lucerna al 31 marzo 1487 C^^) fra i sette Cantoni confederati di Lucerna, Zurigo, Uri, Svitto, Untervaldo, Zug e Glarona, ci dà bensì l'elenco di molte monete italiane e imperiali, ma (63) Sprecher, Op. cit., pag. 194. Archivio Trivulzio. Cari 26 - 1 1/2 - Istruinento originale del notajo Giov. del Piceno di Rovorodo rogito agli 11 gennaio 1493; Atto di vendita delle dae Signorie per 4500 fiorini di Reno. Nella stessa Cartella, pergamena tedesca con sigilli del 4 Maggio 1493; il vescovo di Coirà concede a G. G. Trivulzio l'investitura feudale di dette Signorie, (61) Motta, Le zecche di Mesocco, ecc., pag. 170. Già, nel settem- bre 1500, furon mossi lamenti contro la bontà dei cavallotti di Gian Gia- como in dose straordinaria importati nei Cantoni confederati. (65) EidgenOssische Aijscheide. Zurigo, 1858, Voi. Ili, pag. 257. (66) Idem. Loc cit., pag. 721. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 391 nulla che riguardi monete trivulziane. Silenzio pur conservato nella convenzione monetaria del 24 set- tembre 1504 i^'^) fatta fra Lucerna, Svitto, Unter- valdo, Uri e Zug. Potrebbe darsi però che le monete trivulziane sotto altre denominazioni siano sfuggite alla nostra osservazione. Nella dieta del 27 giugno 1494 W si parla di monete milanesi di cattiva lega, date in pagamento ai Confederati ingaggiati pel reame di Napoli, e nella successiva del 7 gennaio 1495 (^9) i delegati di Svitto si lamentano pel bando dato ai 4 soldi milanesi, « il u che cagiona loro grave danno " . Quattro soldi che col nome di Ambrosini sono compresi nella piccola valutazione monetaria fatta dalla dieta di Lucerna al 26 maggio 1495 C^O) che ne fissò il corso a 3 Plappert, Monete trivulziane sono per la prima volta nominate nella grida milanese sulle monete pubbli- catasi in nome di Lodovico XII re di Francia , ai 19 gennaio 1500 W. Avranno , dice essa , corso regolare nel ducato u tute le monete de lo Illu- « strissimo Signor Johanne Jacobo. " In un' altra (67) Idem. Lncerna, 1869. Voi. HI, B. (68) Idem. Zurigo, 1858. Voi. IH, pag. 461. (69) Idem. Loc. cit., pag. 471. (70) Idem. Loc. cit., pag. 479. (71) Grida pubblicata < sup. platea arenghi p. Ambrosiù de septimo « tubetam die dominico xviiii Januarii Mccccc. t> Citata dal Mazzuchelli, pag. 350; dai Gnecchi, Pref. XXIV. Trovasi per intero nei manoscritti del Sellati. Forma parte della cronaca di Ambrogio da Panilo pubblicata da An- tonio Ceruti in « Miscellanea di Storia Italiana », Voi. XIII, pag. 355, Torino, 1873. Nella Trivulziana si conserva di questa grida un originale a stampa corredato da disegni. È la più antica grida monetaria stampata che si conosca. 392 EMILIO TAGLIABUE del 17 maggio 1501 si parla di grossoni da soldi 22 u del Signor Jo. Jacobo Trivultio da spendere a u soldi 22 5^ C^s). Nella dieta d'Altdorf, 1 febbraio 1506 « riman- u dasi ad referendum che cosa intende trattare coi u 3 Cantoni a cagione della zecca Giov. Antonio u (Giocaro o Giojero) commissario in Roveredo « C^^); r Abscheid non dice ove era la zecca. Offuscatosi colla morte di G. Giacomo lo splendore del casato Trivulzio ben diversa divenne la monetazione dell'ab- biatico Gian Francesco. La zecca di Roveredo distin- tasi sotto G. Giacomo per ricchezza ed abbondanza di tipi , precipita al livello delle altre possedute da piccoli Signori o comuni , i quali , giustamente dice il Promis , « tenevano zecca aperta affine di u poter emettere impunemente in gran quantità u monete basse , minute, contraffatte a quelle dei u finitimi grandi stati allo scopo di ricavarne un a grosso guadagno " C^^). Le gride succedono alle gride contro queste fabbriche di monete erose, contraffatte, falsificate, e sono piene di lamentele contro la malizia degli zec- chieri i quali u disfano tutti li boni scuti per fare u d' essi scuti de stampa forense, e se ne trovano u infiniti fatti fuori de le ditte seche ?? C'^). (72) Archivio Civico di Milano : Lettere ducali, 1497-1502, folio 207-210. (73) EidgenOssische Abscheide. Ili, 2 , 331. — Emilio Motta , Le origini della zecca di Bellinzona (1503). Estratto dalla « Gazzetta Numi- smatica > diretta dal Doti Solone Ambrosoli. Como, 1886, pag. 9. (74) Domenico Promis, Sulle monete del Piemonte. Supplemento. To- rino, 1866. (75) Archivio Civico di Milano : Lettere ducali, 1527-1537, folio 174. Grida Monetaria del 12 luglio 1534. È DAV\^ERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 393 Già al 18 Agosto 1519 Monsignore conte di Foix et di Comingue , signore di Lautrech , Maresciallo di Francia, pubblicava in Parma una grida, colla quale, riducendosi il corso di tutte le monete, si ri- bassa pur quello delle monete di Musso o trivul- ziane. In questa grida per la prima volta sono no- minati dei Grossi da soldi 6 di Gian Francesco C'^). Al 22 ottobre 1519 segue una seconda grida dello stesso Lautrech C^"^) eduna terza al 29 dicembre 1519, perchè si vuole « con tutte le forze dell' ingegnio « sapere de sua Excellentissima Signoria fare re- ti dure lo corso dell'oro et Monete al suo justo peso « et debito ordine " C^^). Né i Confederati tardarono ad imitarlo; a Glarona il 9 gennaio 1520 C^^) stabi- liscono che i vecchi cavallotti trivulziani da soldi 7 abbiano il corso per soldi 6 1[2 e i nuovi da soldi 7 per 6 soldi. Assaggi di monete trivulziane vennero fatti nel 1524, e al 14 agosto 1527 alla dieta di Lu- cerna si riferisce che Uri, Switt, Unterwald, Zug hanno trovato u die alten Ròssler die der Trivulz tt geschlagen die mak hàlt seines Silber Vili Loth « Weniger 1 quintlein " W. Sotto la data 4 agosto 1529, Giov. Giorgio de (76) Gnecchi, Op. cit. Pref. XXIV. - , . (77) Idem. Op. cit. Pref. XXIY. (78) Raccolta cronologica di Editti, ecc., per Francesco Bellati. Voi. 2, Grida del 29 dicembre 1519. (79) EidgenOssische Abscheide. Lucerna, 1869. Voi. 3, B. pag. 1218. — Liebenau, Zur MUnzgeschichfe, ecc., pag. 97. (80) EidgenOssische Abscheide. Brugg., 1873. Voi. 1 a pag. 1147. — Liebenau, Zur Miimgeschichfe, ecc., pag. 96-98, altre prove di m.onete fatte a Lucerna nel 1517-1518-1619. 394 EMILIO TAGLI ABUE Albriono (^^), Commissario in Roveredo del Marchese Gian Francesco Trivulzio , dava in appalto quella zecca ad un Dionigi Besson di Lione per la durata di anni sei. Non ci dilungheremo sui patti e le convenzioni portate da questo istrumento rimetten- doci ai Gnocchi che per esteso l'hanno riprodotto (^2). Prenderemo invece in esame un libro di conti della zecca di Roveredo che si riferisce alla lavorazione del Besson (83). (81) Dei Quattro opuscoli inediti del secolo XVI pubblicati dal Rosmini in occasione delle nozze di donna Cristina dei marchesi Trivnlzio, Milano, 1819, tre (il I, II e III) sono di questo Giov. Giorgio d'Albriono, nominato anche dal Rebucco come segretario di Gian Giacomo. Nella Biblioteca Triv.ulzio, Cod. n. 2113, cartaceo in folio piccolo del secolo X7I, si conservano gli originali di questi tre opuscoli unitamente ad un altro. Soii lettere che trattano argomenti storici. Ne riportiamo i titoli. « — La incoronatione de la regina Biancha sorella del re de Inghil- « terra et molier del re Aloysio de Franza a di 4 Novembre 1514. » « — La intrata qual fece la prefata regina Biancha dentro de Paris: « fu alli 7 de Novembre de l'anno 1514. » « — Lo ordine de le exequie del re Aloysio de Franza facto in Paris e a di 10 de Zenaro Tanno 1515. > « — La intrata del re Francisco de Franza dentro Paris a di 15 do « Februaro Tanno 1515 ». Il Rosmini, nella Prefaz. a questi opuscoli a pag. ix, scrive che sono < di stile rozzissimo e proprio da uomo idiota onde io credo fosse semplice < cameriere. > 11 Rosmini erra nel suo giudizio. L'Albriono, come segre- tario di Gian Giacomo, figura in una lista del personale addetto a casa Trivulzio (Archivio Trivulzio, Cart. 2255) e qui vediamo che il nipote Gian Francesco lo aveva nominato Commissario in Mesolcina. Il suo stile è rozzo ma non da idiota, né idiota lo mostra il libro d'amministrazione del quale ci occuperemo più avanti, libro tenuto con cura e precisione ammirabile. (82) F. E. Gnecchi, Op. cit., pag. 47. Notiamo però che a questi patti si fecero alcune modificazioni; così il diritto di zecca, invece di 20 soldi di Milano, si stabilì in otto soldi imperiali per marco d'argento. (83) Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 12. Conti posti al principio di un grosso libro d'amministrazione, manoscritto del commissario Giovanni Giorgio d'Albriono. Dopo questi conti il libro contiene la trascrizione dì molti documenti , e gran numero di registrazioni e notizie riguardanti il feudo di Mesocco. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 395 Al Besson era compagno e socio un Gabriele Tatti ; incaricato di sorvegliare la zecca nell' inte- resse del Trivulzio lo stesso Albriono, il quale per questa sua mansione aveva dal Besson « areson de (( dinarij sei Imperiali per chaduno marco di opera « di argento » C^^), rimanendogli però sospeso lo sti- pendio di commissario di lire imperiali 356. Sorve- glianza forse non troppo scrupolosa, perchè fra tante qualità e quantità di monete tre soli pezzi vennero spediti a Gian Francesco per l'assaggio. Lavorarono durante questo periodo come stampatori : — I tre- Compagni di Bellinzona — Angustino d' Ascona — Tatteo Bonalin (forse di Roveredo) — Benedetto Ghiringhello — Enrico Guazoro — Stefanino Ma- gona — Salvino Nicola — Cristoforo Varrone. Per riordinare la zecca spese l'Albriono u lire a imperiali 628, soldi 13, den. 9 per far riparare la u zecca ed altre piccole spese alla camera e canova u e stalla del Palazzo ^ (S^). Riportiamo in Appendice, doc. 8, le registrazioni del mese di settembre e nel prospetto seguente i principali dati della monetazione del Besson , che va dal 24 agosto 1529 al 15 maggio 1530. (84) Così nel registro di zecca. Dopo il 15 maggio 1530 a tutto il 1534 è registrato nuovamente il pagamento di 356 lire imperiali, stipendio del Commissario « perchè il Sig. Marchese non volle lasciar lavorare la zecca ». (85) Come sopra, registrazione dell'Albriono. S96 EMILIO TAGLIABUE PROSPETTO dell'argento lavorato nella zecca di roveredo dal 23 Agosto 1529 al 15 Maggio 1530. \ ARGENTO DATO IN LAVORAZIONE CESALIA ARGENTO DIRITTO DI ZECCA A (87) MONETATO SOLDI 8 PER MARCO 1529 AGOSTO e 2^ 8 1 1 1 1 PI 1 <-> o 1 << 1 SETTEMBRE . 1221 — — 34 — — 1187 — 474 16 — ottobre . . . 2166 7 12 30 — — 2130 7 12 854 16 — NOVEMBRE . . 116 3^2 — — 3l|2 — IIG — — 46 8 — DICEMBRE . . 336 ^l2 — 1 M2 — 335 — — 134 — — 1530 GENNAIO . . . 836 6 6 10 2 12 820 3 18 330 11 9 Argento per doble 3 4 4 — — — 3 4 4 9 9 — FEBBRAIO. . . 950 1 6 2 1 — 948 — 6 379 4 3 Arg. per ^2 doble 1 2 1 — — 1 2 1 3 10 — MARZO 363 3 1 3 2 — 360 .1 1 144 1 Arg. per % doble 1 5 - — — — 1 5 — 4 11 — APRILE 272 1 12 3 — — 269 1 12 107 13 6 Arg. per ^2 ^^^^^ 2 — — — — — 2 — — 5 12 — MAGGIO Totale .... 58 6329 5 7 18 85 7 — 57 6 7 6- 23 2 — 12 6244 2617 15 — (86) Domenico Promis, Monete della zecca d' Asti. Torino, 1853, pa- gina 33. Il marco di Piemonte equivaleva a grammi 245,896 1/3. H marco, misura pei metalli preziosi, si divideva in 8 once; l'oncia in 8 grossi o in 24 denari, il grosso in 72 grani, e il denaro in 24 grani. Dne marchi formavano la libbra. (87) Calo, scarto, avanzo della monetazione. (88) La lira imperiale valeva 20 soldi, il soldo 12 denari. Al tempo deirAlbriono uno scudo si calcolava 112 soldi imperiali. H carbone per la zecca al sacco costava lire 1 e soldi 4, k DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO? 597 Sono adunque marchi d' argento 6329, once 7, denari 18 di lega alla bontà della zecca di Saluzzo, che servirono a battere le seguenti qualità e quan- tità di monete. Ci atteniamo strettamente al registro dell' Albriono per la loro denominazione. Qualità e quantità della moneta battuta da Dio- nigi Besson e Gabriele Tatti nella zecca di roveredo, dal 23 agosto 1529 al 15 maggio 1530. qualità 1. — Denari da un soldo 2. — Denari da un soldo e dae denari . . 3. — Soldini (89) 4. — Trine, trilline, traine o terline (90) . . 5. — Denari da tre soldi 6. — Mezzi cavallotti da 113 pezzi per marco 7. — Denari da bazi uno, cioè da soldi 4 e denari 6, da pezzi 73 al marco 8. — Cavallotti da soldi 5 e mezzo a pezzi 67 per marco 9. — Mezze doppie da 1 scudo l'uno a pezzi 67 per marco di Milano 10. — Denari da 7 soldi a pezzi 45 per marco 11. — Cornoni da pezze 45 per marco (91) . 12. — Denari da 3 bazzi , a pezzi 27 per marco (92) 13. — Testoni della Madonna colla leggenda QUEM . GENVIT . ADORA VIT . a pezzi 25 per marco (93) . ., . . o «^ S CU 904 10001 28028 561 26297 33848 75600 378 Peso lordo 10 1 139 1436 12 8 137 418 8 684 752 2800 15 12 12 19 18 (89) Soldino, forse corrispondeva al sezzino dì Piemonte o raezzo soldo di grani 20 o grammi 1,067, o grani 22 uguali a grammi 1,174. Vedi Promis, Sulle monete del Piemonte. Supplemento. Torino, 1866, pag. 83. Forse è adoperato come diminutivo di soldo. (90) La terlina o treina valeva denari 3 ossia 1/4 di soldo. Nella zecca di Milano se ne stampavano 245 per marco. Vedi Luigi Eepossi, Milano e la sua zecca. Torino, 1876, pag. 169. ( Vedi il seguito delle note alla pagina seguente). 5i 308 ■- EMILIO TAGLIABUE Lo spoglio del libro dei Conti della zecca di Roveredo dimostra , che sotto Gian Francesco Tri- vulzio la zecca era una fabbrica di monete erose. I Gnecchi ci danno la descrizione di 20 tipi e varianti di questa monetazione ; fra essi non ne troviamo alcuno di quelli registrati nei libri dell' Albriono. Bisogna ritenere eh' essi andarono perduti o confusi coi vecchi conii di Gian Giacomo o d'altre zecche (9^), e non sono dai numismatici attribuiti a G. Francesco Trivulzio. Così non si conoscono i testoni della Madonna, i denari da un soldo e due denari, da soldi quattro e denari sei, ecc., che pur figurano nel registro del- l' Albriono. Certo Roveredo era una delle zecche che si fa- ceva lecito a disfare li boni scuti per fare d'essi scuti (91) Imitazione dei Cornabò del Monferrato i quali pesavano appunto d. 4, s. 6. Vedi Promis, Monete dei Paleologi. Torino, 1858, pag. 31. Corri- spondono alle monete segnate dai Gnecchi come cavallotti dal 6 al 10. Op. cit., pag. 21. (92) Questi denari da 3 bazzi sono le monete chiamate nelle gride bianchi o bianchont ed or conosciuti col nome di testoni. I Gnecchi ne descri- vono 3 tipi. Due hanno la testa con la leggenda FRANCISC. TRIVL. MAR. VIGLE. E. C. e San Biagio nel rovescio. Il terzo, invece del Santo, ha lo stemma dei tre pali in uno scudo a testa di cavallo e intorno la leggenda MAR. VIGLE. ET. CASTRI. NOVI. C. M. Dalla parte della testa si legge FRANCISCVS. TRIWLTIVS ; questo tipo corrisponde alla descri- zione dei bianchi trivulziani data dal Leyva in una grida monetaria. (Vedi avanti n. 95). (93) Su questo disegno G. Giacomo battè il doppio testone del quale se ne conosce un tipo. (Vedi Gnecchi, Op. cit., pag. 4, n. 7) il testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 8, 9, 10) il mezzo testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 11) e il quarto di testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 12) e Tav. 1, n. 7, 8, 9. Monete di Gian Francesco di questo tipo sono sconosciute. (91) Eidgenossische Abscheide, dell'anno 1550, n. 379. — Liebenau, Die von Uri y Schwyz und Unterwalden gemeinschaftlich gepnìgten Miinzen. In « Bulletin de la Société suisse de Numismatique » Band VII. Basel, 1888, pag. 106. Nel 1550 si temeva che i vecchi stampi della zecca di Bellinzona fossero stati dalla casa di Alessio Tutsch trafugati a Roveredo, È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 3^ tt de stampa forense. » Di nove conii, avanzi del mate- riale deir antica zecca (^5), che noi abbiamo potuto aver fra mano, neppur uno è trivulziano. Omettendo tre doppi, diamo il disegno degli altri sette, interes- santi, perchè accertate falsificazioni di questa zecca. B D (95) A mezzo deiregrogìo amico avv. Nicola. 400 EMILIO TAGLÌABUE Eccone la descrizione : A) VENEZIA — Andrea Gritti (1523-38). Scudo d'oro. ^ — ^ ANDREAS • GRITI • DVX • VENETIAR • Croce gigliata. 1^ — * SANCTVS • MARCVS • VENETVS • Leone in soldo entro uno scudo {Padovan, pag. 30). B) FKANCIA — Francesco 1 (1514-46). Scudo d*oro del sole, /©' — FRANCISCVS : D : G : FRANCOR : REX : Scudo coronato coi tre gigli. Al disopra il sole. 9/ — * XPS : VINCIT : XPS : REGNAI : XPS : IMPER : Croce gigliata accantonata in due lati opposti da un F coronata. C) PIACENZA - Paolo III (1534-45). Scudo d'oro. ^' - PAV • III • P • M • PLAC • D • Stemma Farnese sormontato dalle chiavi e dal triregno. 9I — * NON • ALIVNDE • SALVS • Croce gigliata accantonata dalle lettere p • L • A • C • D) GENOVA — Dogi biennali ? ^ — Manca. 9/ — + CONRADVS • REX • ROM • CC • Croce accantonata da un punto. Nei primi mesi di lavoro, stampò il Besson circa 75600 pezzi da bazzi tre : conosciuta la loro pessima lega, cambiò tipo, attaccandosi di preferenza alle mo- nete che pel tenue loro valore più facilmente si po- tevan spacciare. Ma inutilmente ; esuberanti pel con- sumo locale, bisognava esportale e divenendo la cosa È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 401 Ogni giorno più difficile, la produzione diminuì ra- pidamente finché al 16 maggio u M. Dionisio se ne « fugito et la Cecha non ha poi più lavorato «. Questa notizia senza altro commento ci è data dall'Albriono; al suo laconismo cercheremo supplire col gridario milanese. Ai 15 ottobre 1529(^6) Antonio Leyva governa- tore del ducato, pubblicava una grida a regolare il corso delle monete e bandire quelle in straordinaria quantità importate dalle zecche piemontesi. Sei giorni dopo aggiungeva : « E perchè novamente sono com- « parsi certi bianchi (^7) quali hano da una parte « una testa e da l'altra Tarma triulcescha quali c( sono di manca bontà etiam de manco peso de li « altri, perciò se li dà bando, che non se possano (( spendere ricevere ne tenire sotto pena de perdere « ditti bianchi et de pagare per uno quattro ap- « plicando ut supra ». Al 30 genn. 1530, Francesco II Sforza bandisce tutte le monete delle zecche di « Casale S/° Evaxio, c( Dexana , Salutio , Crevacuore , Valtaro , Belin- (96) Francesco Bellati, Raccolta cronologica, ecc. Voi. 2, pag. 123. (97) Giovanni Mulazzani, Studi economici sulle monete di Milano. In « Rivista italiana di Numismatica ». Milano, 1888. Fase, m, pag. 301. Denominazione a noi derivata dalla Francia, usata pel basso biglione accuratamente imbiancato. Il Mulazzani cita la grida di Francesco II Sforza del 1530 come la prima che parli di bianchi. La nostra, come si vede, è anteriore; delle monete importate dal Piemonte dice « Alchuni bianchoni maximamente « per lo augmento loro intollerabile de soldi XVII a XVI. » Ma monete bianche d^arzento son già nominate nella grida del 22 settembre 1501. (Vedi Archivio Civico di Milano. Lettere ducali dal 1497-1502 folio 251). Anche negli Eidgen. Absch, si citano dei blanken come monete italiane. Zurich, 1876. Voi. 4, 1, b. Losanna, 29 marzo 1530. 402 EMILIO TAGLIABUE « zona, Mixocho » e fissa che i bianchi non banditi si debban ricevere per soldi 14 e i vecchi cavallotti « del Sig. Jo. Jacobo permissi per soldi 6 che si c( spenderanno invece a soldi 5 e denari 6 (^8) » ; si permise però che le monete bandite avessero ancora corso per un mese , purché portati entro 15 giorni dai Commissari sulle monete a segnare con appo- sito bollo. I maligni zecchieri ne approfittano , e al 30 marzo di queir anno una nuova grida si la- menta « habino fabricato uno novo Ingano cioè in « hauere facto uno falso bollo col quale segnano i « bianchi di pegiore sorte et boutade de li vegi » W. Infine colla grida del 5 maggio 1530 si stabilisce il corso dei cornoni a soldi sei e dei bianchi da soldi tredici a soldi dodici e quelli da soldi quattordici a tredici, ordinando che i bianchi e cornoni già ban- diti non si possano più spendere per prezzo alcuno. Ecco come restò arenata V onesta industria del Besson. Le registrazioni dell'Albriono, nel libro che ab- biamo preso in esame, vanno sino al 1543 ; cessano per la zecca, al 15 maggio 1530. Tacque essa durante questo periodo?... Nel 1531 si regolò nella Mesolcina il corso delle monete. Convenuti in Lostallo , al 13 febbraio di quell'anno, gli uomini della valle approvarono con altri statuti il seguente capitolo (^^). (98) Francesco Bellati, Raccolta cronologica, ecc. Voi. Il, pag. 125. (99) Idem, idem, voi. IL Grida del 30 marzo 1530. (100) Archivio Trivulzio. Araldica Cart, 10. Cod. in pergamena del secolo XVI scritto dal notajo Giov. Pietro fu Q. Gottardo Bolzoni da Grono. Sono nominati come presenti all'adunanza tre Vicari, i due soliti di Me- socco e Roveredo e un terzo di Calanca. k DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 403 De Vallttudine Monetarum. Item statutum est quod omnis valuta denariorium videlicet tam auri quam monete anno in antea MVXXXl haheat cursum in toto eo modo et forma prout habet in liga Grixa; salico si contingeret aliquem forensem esse creditorum alicuius persone diete vallis quod dicto creditori fiat sohctio ad valorem auri vel argenti prout expenduntur in jurisdictione dicti forentis. Il Mazzuchelli (l^l) cita alcuni capitoli e contratti di zecca intervenuti al 15 settembre 1537 tra il mar- chese Gian Francesco Trivulzio e il maestro di zecca Gian Battista d'Appiano (^^2); capitoli riprodotti in extenso dai Gnecchi, unitamente a cinque tavole di disegni, eseguiti dal Trivulzio per la zecca (i^^) ; non possiamo assicurare se veramente Gian Battista d'Ap- piano lavorò a Roveredo, né per quanto tempo. Nella Mesolcina, le leggi vietavano sotto commi- natoria di severissime pene il commercio dei metalli preziosi in verghe, grani, fili, bolzonaglie, a chi non fosse orefice o zecchiere. Un codice della Trivul- zianaC^^*^) ci mostra, al 19 ottobre 1537, il vicario di (101) Mazzucchelli, Op. cit., pag. 353. (102) Questo maestro di zecca lavorò anche nella zecca di Milano. In un istrumento del 29 gennaio 1505 del notajo Zunico si contengono i patti per Tassunzìone della zecca di Milano per parte di Gio. Torrettini da Lucca. Tra i soci figura un Battista d'Appiano, fil. quond.»" Spect. domini Johannis abit. in S. Protaso ad monacos. Notizia cortesemente fornitaci dall'amico E. Motta che presto pubbli- cherà questo importante ed inedito documento. (103) Gnecchi, Op. cit., pag. 49. Tav. N. 1, 2, 2 a, 2 ò, 2c. (104) Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 11. Coi Cartaceo, ideilo stesso Archivio, copia al Cpd. 2^53, 404 EMILIO TAGLIABUE Roveredo, Giovanni Pietro Bottanello, che ad istanza del Commissario Giovanni Giorgio d'Albriono, apre un processo contro alcuni uomini di Mesocco, i quali sulla piazza di Roveredo furon veduti a vendere oro filato. La cosa non ebbe seguito. Dopo ciò poco o nulla possiamo dire sulla zecca di Roveredo. L' alito potente di libertà che la riforma dif- fondeva nella Rezia penetrava nelle vallate poste al Sud delle Alpi. L' autorità di Gian Francesco ne è scossa; insorgono litigi fra i suoi commissari e i comuni delle valli, spalleggiati dai Grigioni, i quali sono i veri padroni del feudo, come egli si lamenta C^^^) avanti il Consìglio di Lucerna nel 1543 e nel 1546. Nel marzo 1546 la zecca non lavorava. Un inventario di quel mese ci fa conoscere che V abi- tava solo il commissario di Gian Francesco Tri- vulzioaoe). 11 superbo palazzo di Roveredo, il quale nei tempi di maggior splendore aveva ospitato il vescovo di Coirà, r abate di Dissentis e i più potenti signori della lega Grigia, cadeva in rovina. Un inventario contemporaneo a quello della zecca, lo descrive ripo- stiglio di legnami e di pietre, sguarnito d'artiglierie, e abitato da un servo di stalla del commissario C^^'^). Infine a al nome di Dio a li 2 octobre in Men- ti drisio neiranno 1549 » (^^^) il marchese Gian Fran- cesco Trivulzio risolve di rinunciare a tutti i diritti, beni e crediti che possedeva nel feudo di Mesocco, (105) Motta, Le zecche di Mesocco^ ecc., pag. 170. (106) Vedi doc. 9 in Appendice. (107) Archivio TriTulzio, Araldic?t Cart, 12, Cod, cartaceo originale. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 405 a favore degli uomini di quelle valli, dietro lo sborso di 24500 scudi d' oro d'Italia. Non è qui luogo di- lungarci suir istrumento steso per la vendita : fra molti patti e convenzioni rileveremo solo che a il « Signore se riservato in questo tuti mobili che sono a in la cassa (casa) de la zecha et le fontane de a marmollo che sono in palazo et che fatto lo istru- « mento de la vendita, da li 15 giorni per spazare ». Ma avuti 17400 scudi, Gian Francesco si penti della vendita fatta ; nacquero contestazioni e questioni che per più di un secolo si trascinarono avanti i tribunali delle Tre Leghe e dell' Impero (^^^). Ma nulla ottenne Gian Francesco, e come il suo rappresentante piatì alla dieta di Ilanz « lo spoglia- « rono del tuto del suo possesso. Et missero mano c< ancora nei mobili del Sig. Marc, reservati come sopra » (^^^). Gli attrezzi dell' officina monetaria restarono a Roveredo inoperosi. Nei sotterranei della zecca se ne vedevano ancora al principio del secolo; sfortu- natamente nel decennio dal 1820 al 30, ristaurandosi quei locali, andarono dispersi (m). Nella casa passata in proprietà della valle, ebber (108) Pergamena originale inedita del notajo Lazzaro BovoUino Q. Martino nell'Archivio Patriziale di Mesocco. Da una copia in lingua vol- gare del secolo XVI favoritaci dall'avv. Aurelio Schenardi di Grono abbiamo tolta la nostra citazione. (109) Per questa intricata questione vedi Liebenau, Zur Munzgeschi- chte, ecc.y e il nostro articolo « Un bando contro le fnonete Trivulziane. > (HO) Archivio Trivnlzio. Araldica Cari 13. Copia del XVI secolo del memoriale presentato alla dieta di Ilanz. (Ili) Motta, Le zecche di Mesocco^ ecc., pag. 140. Cita 8 punzoni, sei dei quali coU'impronta di monete venete, 1 di Francesco I di Francia e 1 di Paolo III Farnese duca di Piacenza. 406 * EMILIO TAGLI ABUE sede il Tribunale Criminale, i locali della tortura e tutti gli ufìS.ci del vicariato di Roveredo (^^2) ^ { sot- terranei servirono da prigione C^^^), ma malgrado la mutata destinazione, la casa continuò a chiamarsi la zecca. E zecca si chiama ancora oggigiorno, come al tempo in cui u Domino Azino da Lecco « com- perava legname per conto del « prestantissimo Conte « Jo. Jacobo Trivultio ». Entrando in Roveredo sulla sponda diritta della Moèsa, per chi ascende la valle, al di là del ponte che attraversa il fiume, spicca fra tozze costruzioni l'antica zecca Mesolcinese , attualmente sede del Tribunale del Distretto Moèsa e degli uffici del Cir- colo di Roveredo. Le finestre di varie forme e gran- dezze, disposte irregolarmente e difese da grosse inferriate a maglia intrecciata; la porta bassa ad arco intero, foderata d'arruginita lamiera (i^^) • i^ torre delForologio ; le travature rozzamente scolpite, carat- terizzano l'edificio che Gian Giacomo Trivulzio fab- bricò e destinò ad uso della zecca. A tramontana, sull'altra sponda del fiume, un'an- tica costruzione specchia le nere muraglie nelle lim- pide acque della Moésa. (112) In varie cellette si vedono ancora infissi nei muri i grossi anelli di ferro ai quali si attaccavano i prigioni. (113) In molti processi della prima metà del secolo XVII contro indi- ziati di stregheria da noi veduti in Valle, si parla sempre della casa della zecca « in domo zoche in loco solito » come luogo ove si radunava il tribunale Criminale , si inquisivano gli imputati , si tenevano i prigioni. Alcuni di quegli infelici, vittima dell'ignoranza dei tempi, vennero giusti- ziati nelle carceri, altri vi perirono di spavento e per gli strazii della tor- tura « et eius cadaver sepultum fuit sub. Zecha ». (114) Questi particolari corrispondono all'inventario del 1546. L'interno df^lla casa ancor meglio conserva il carattere antico ; lo prigioni sono pic- colo e oscure celle, duo piani sotto il suolo. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO? 407 Una larga fossa cinge quei fabbricati, occupati da stalle e fienili , guardati da una torre diroccata che dalle vuote feritoie melanconicamente spia la strada, ed il superbo panorama delle Lepontie. Le capre pascolano nei fossati, i rovi nascon- dono i crepacci delle mura e il libero montanaro quasi ha dimenticato che quelle povere stalle erano temuta abitazione dei Signori della valle, che vi al- bergarono conti e marchesi, vescovi ed abati, ch'erano insomma « el bel palatio munito di molta artiglieria » residenza dei Conti di Sacco e dei Trivulzio. Emilio Tagltabue. ,/ y 408 EMILIO TAGLIABILE DOCUMENTI INEDITI W 1. KiMPERATORE FEDERICO III CONFERMA A G. G. TrIVULZIO LA COM- PERA FATTA DAL CONTE GlAN PlETRO DE SaCCO DEL FEUDO DI MeSOCCO, aggiungendo agli altri privilegi quello DI BAT- TERE MONETA. Norimberga, 18 Noyembre 1487 (b) Fridericns divina favente clementia Eomanorum Iraperator semper Angustus, Ungarie, Dalmatie, Croatie etc. Eex ac Austrie, Stirie, Karintie et Corniole Dux, Domìnus Marchie Sclavonice ac Portus Naonìs, Comes in Habspurg, Tirolis Zerretis et in Kiburg, Marchio Burgorie et Landegravius Alsatie, ad perpetuam rei memoriam notum facimus presentium tenore nniversis quamquam inter ardua reipublice nostre negotia nobis prò debito Imperatorie Maiestatis ad quam divina providentia evecti sumus obeunda vorsantes eisdem assidua solicitudine animum nostrum devoverimus nihilo- minus tantum munificentie et liberalitatis nostre studium his« qui se nobis ac Sacro Imperio fide et obsequio priomptiores exhibent libenter impartimur ut nostris cumulati benefìtiis ac onoribus adaucti tanto devotius sacras venerentur infulas ; quanto magis se earum autoritate noverint esse subii- matos, sane prò parte nobilis jo. jacobi trivultii equitis aurati ac CoMiTis MosACHi nostri ac Sacri Imperli fidelis dilecti nobis humiliter extitit supplicatum. Cum alias idem Jo. Jacobus pros se suisque heredìbus ac successoribns quibucunque Castrum Mosachi situm in coerentiis cura valle Misolcina eidem Castro adherenti cum omnibus honorantiis pertinen- tiis, juribus, actionibus, dignitatibus, prerogativis, privilegìis, gratiis et donationibus universis una cum titulo comitatus in eum traslato uti alodialia et libera bona a quodam Jo. Petro de Sacho Comito Henrici Comitis filio (a) I documenti inediti che pubblichiamo, togliendoli dall'Archivio Trivulzio, li dobbiamo alla gentilezza ed all'amore agli studi del Prìncipe Gian Giacomo Trivulzio il quale, non solo ci permise lunghe e pa- zienti ricerche nell'Archivio stesso, ma ci diede ogni comodità per la loro trascrizione. (fr) Copia in pergamena nell'Archivio Trivulzio Araldica Cat-t. il, eseguita dai notai Gabriele de Sovico, Andrea de Carbonari e Galeazzo Visconti le cui firme sono autenticate, sotto la data 27 Maggio 1606, dagli Abbati del Collegio dei Notai di Milano. Copia di questa pergamena, trovasi anche nel manoscritto del Mazzuchelli , Copia d'Atti e PriviUgi relativi aOe Ztcch* d*" Tritulti, che 8i conserva Della Biblioteca di Brera in Milano. Segnato G. N. - N. IV. 1113. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 409 legitimo emptionis titulo acquisivisset prout in litteris et instrumentis de- super editis latius ac plenius contineatur qaod nos huiusmodi venditionis contractum seu Instrumentum omniaque et singola in eo contenta que hic prò expressis haberi volumus ipsumque Comitatus titulum ac iura, indulta, libertates, immunitates, gratias, honores, horaagia, donationes, concessiones universaque et singula eius privilegia alias concessa uti et possidere solita et non solita cum omnibus pertinentiis, datiis, gabellis, pe- dagiis, exactionibus et tributis ac aliis oneribus etiam apponi non solitis, ordinariis et extraordinariis, realibus et personalibus atque mixtis et aliis quibuscumque prò ipso Jo. Jacobo supplicante et prò suis successoribus non attento dicto venditionis modo sub certis modo et forma inferius dic- tandis et in dicto venditionis Instrumento minime expressis de benigni- tatis nostre clementia approbare, innovare, ratificare, confirmare et de novo concedere et gratiose largiri et amplioribus libertatibus, privilegiis, exemp- tionibus et immunitatibus et presertim facultate cudendi monetam AUREAM ET ARGENTEAM DOTARE. Quodque sucessiouem ipsam hereditariam dicti Castri et Comitatus Mosachi ad primogenitos suos natos vel nascituros restringere ipsisque omnem alienandi facultatem de plenitudine potestatis nostre Imperatorie adimere dignaremur Nos itaque etsi prò debito offitii nostri tum prò innata nobis clementia subiectorum saluti comodis et incre- mento intenti sumus et eorum precibus aures benivolas volentes preboamus, tamen attendentes fidem et integritatem prefati Jo. Jacobi Trivulti quibus apud nos probatorum virorum testimonio sedulo commendatur tum et ob- sequia que majores sui sacro Imperio exibuerunt et ipse in futurum ex- hibere potest et debebit tanto sibi ad gratiam faciendam sumus liberaliores et ipsius precibus benignìus inclinamur quanto illius ac majorum suorum benemerita in nos ac Sacrum Imperium noscuntur esse malora: bis itaque pensatis non per crrorem aut per importunitatem petentis sed animo deli- berato sacro principum, baronum, procerum, nobilium et fidelium nostrorum accedente Consilio auctoritate Romana Imperiali, de certa nostra scientia dictum venditionis contractum de prefato castro Mosachi initum et factum cum omnibus suis punctis, clausulis, articulis et tenoribus de verbo ad vor- bum prout in dicto venditionis Instrumento comprehenduntur quos hic prò oxpresse insertis habere volumus ipsumque Comitatus titulum ac iura, in- dulta, libertates, immunitates, gratias, honores, homagia, donationes, conces- siones universaque et singula eius privilegia alias concessa uti et pos- sideri solita et non solita, cum omnibus pertinentiis suis, datiis, gabellis, pedagiis, exactionibus ac tributis ac aliis oneribus etiam apponi non solitis ordinariis et extraordinariis, realibus et personalibus atque mistis et aliis quibuscumque prò ipso supplicante non attento venditionis modo supradicto auctoritate et scientia predictis approbavimus, ìnnovavimus, ra- tificavimus, confirmavimus et concessimus ac presentium tenore appro- bamus, innovamus, ratificamus, confirmamus et de novo concedimus ita quod ipse et ejus heredos primogeniti dumtaxat et deìnde eiusdem sui primogeniti primogenitus , ita deinceps gradatim de primogenito in suum existentem vel futurum primogenitum usque in finem linee recte primo- 410 EMILIO TAGLIABUE genitorum descendendo. Qua deficiente qui secundo post illum primoge- nitnm ex dicto Jo. Jacobo genitus fuerit, et sic successive ordine pri- mogeniti sui nati vel nascituri et primogeniti eorum primogenitorum usque in infinitum, quibus prorsus deficientibus primogeniti post illum secundum tertio et successive primogeniti quarto tertio cum sua genelogia deficiente et sic gradatim de singulo in singulum usque dum linea recta dicti Jo: Jacobi Trivuìtii prorsus extincta fuerit: qua per casum quem- cunque deleta, ita quod ex linea eius masculina nemo sit superstes fratris sui maioris primogenitus et cius doscendentes primogenitis quibus similiter deflScientibus reliquorum fratrum suorum cuiuscunque videlicet in ordine sue nativitatis primogeniti et eorum nati primogeniti. Quibus omnibus sublatis reliqui de domo et stipite nobilium de Trivultio proximiores gradu prefato Joanni Jacobo Trivultio et eorum primogeniti qui proximiores gradu si pares fuerint antiquiores et eorum primogeniti ordine prescripto per- petuis futuris temporibus se se in pubblicis sivo privatis scripturis, actionibus, conventionibus, negociationibus ac aliis tractatibus quibuscunque Comites Mosachi appellare, nominare ac scribere possint ac valeant talesque ab aliis appellari, nomìnari, scribi, teneri ac reputari debeant prefatumque castrum Mosachi et Vallera Misolchinam cum ti tuli s, dignitatibus, honoribus, libertatibus, gratiis cum hominibus illi subiectis, terris cultis et incultis, pratis gerbis, nemoribus, furnis, molendinis, venationibus, piscationibus, aquaticis piscaticis et cum mero et mixto Imperio ac omnimoda jurisdictìone ho- magiis et fidelitatibus ac universis iuribus, datiis, gabellis, pedagiis ac aliis redditibus, obventionibus, omolumentis, suis confinibus et pertinentis qui- buscunque in antedicto venditionis instrumento contentis, ipsumque comi- tatus titulum ac iura, indulta, libertatos, immunitates, gratias, homagia et honores prout supra fit mentio nostro Sacri Imperli aut alterius cuiuscumquo iure si quod in dictis Castro et Comitatu Mosachi comperierit salvo libere possidere, uti frui et gaudere possint et debeant: hac tamen adiecta conditiono ex mente et voluntate sepe dicti Jo. Jacobi Trivulti et auctoritate nostra Imperiali roborante et de novo constituente hinc in antea perpetuis tempo- ribus valitura ut antedicti primogeniti prò tempore ad prelibatum comitatum Mosachi ordino successionis supradicto pervenìentes eundem neque in totum partem neque aliquid de eius pertinentiis neque directe neque indirecto oxpresse seu tacite nec alio quovis colore vel ingenio humanitus possibili neque vendere neque obligare neque permutare neque Inter vivos vel causa mortis neque ad pias causas nec in dotem dare, donare, legare, testar i nec quovis alio titulo alienationis in aliquem alium transferre possint sed quod idem Comitatus cum suis iuribus et bonis absque aliqua diminutione ubi et cuiuslibet falcidie et trebellianice detractionis in dictis bonis auctoritato nostra predicta harum serie expresse derogamus neque ullo unquam tem- pore aut casu locum habere volumus transeat et perveniat de uno in alium primogenitum modo et ordine supradictis irritum et inane ac nullius foro momenti decernentes. Si quovis ingenio por quemcumque ex primogenitis prefactis etiam cum dispensatione contra nostram huiusmodi ordinationem ot constitutionem obtenta quam similiter harum serio nullas habero viros È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA 1)1 MESOCCO ? 41 1 sed prorsus invalidam esse decernimus attentatura aut contraventnm fuerit. Volentes insuper prenominato Jo. Jacobo uberiorem facere gratiam quo quanto abundius lìberalitate et munificentia nostra se se donatum agnoscit tanto in nostra ac sacri Imperii obsequia promptiorem ac fideliorem exibeat eidem Jo. Jacobo et primogenitis et heredibus suis ei ordine profato suc- cedentibus ut quamcunque Monetam auream vel argenteam cudere SEU CUDI facere ET ETIAM QUAMCUNQUE MoNETAM SIMILITER AUREAM VEL ARGENTEAM FABRICARE ET SIMILITER FABRICATAM AD STAMPUM FORUM REDUCERE ET REDUCI FACERE QUOCUNQUE TEMPORE DIE ET HORA PRO FORUM BENEPLACITO IN DICTO CaSTRO MoSACHI AUT EIUS TERRITORIO ABSQUE CUIUSVIS ALTERIUS SUPERIORITATIS RECOGNITIONE AUT REQUISITIONE POSSIT ET VALEAT, auctoritate et scientia quibus supra gratiose annuimus et im- partimur iuribus consuotudinibus aut aliis non obstantibus quibuscumquo quibus espresse per presentes similiter volumus esse derogatum et super omnia predicta dictum comitatura Jo. Jacobum Trivultium Comitem Mo- sachi eiusque heredes memoratum comitatum superiori ordine obtinentes una cum bonis et rebus eorum omnibus insuper et personis dicto Comitatui spectantibus ab omni inferiorum principum quorumcunque officialiumque suorum potestate jurusdictione tam in civilibus et criminalibus quam mixtis et imperandi facultate et auctoritate harum serie exhimimus et separamus assumendo eosdem unacum eorum et subditorum suorum bonis et rebus omnibus mobilibus et immobilibus, prosentibus et futuris in nostram ac Sacri Imperii salviguardiam, protectionem et defensionem volentes ut bine in antea omnibus gratiis libertatibus ac bonis et consuetudinibus quibus ceteri in nostram ac Sacri Imperii protectionem assumpti gaudent uti fruì et gaudere possint suplentes preterea omnem defectum jurisque solemnitatem ac omnem maculam tollentes auctoritate prefata si vel in dicto venditionis contractu vel alias quoquomodo intervenissent aut intervenire potuissent: Nulli ergo omnino hominum universitatum vel comitatum liceat hanc nostre roborationis, concessionis, confirmationis, derogationis ac decreti paginam infringere aut ei quovismodo ausu temerario contraire. Si quis vero secus temptare presumpserit nostram et Imperli Sacri indignationem et penam quinquaginta marcarum auri purissimi totiens quotiens contrafactum fuerit irremissibiliter se noverit incursurum quarum medietatem Imperialis nostri fisci si ve erarii, reliquam vero partem antedicto Jo. Jacobo aut eius here- dibus usibus decernimus applicandam presontium sub nostre Imperialis sigilli Majestatis appensione testimonio litterarum. Dat. in oppido nostro Imperiali Norimberge die decimaoctava mensis novembris anno domini millesimo quadringentessimo octuagessimo septimo regnorum nostrorum Ro- mani quadragesimooctavo, Imperli trigesimo sexto, Ungarie vero vigosimo nono. Signata ad mandatum domini Imperatoris, pretereamcum sigillo magno pendenti in cera alba cum siriceo violaceo. A tergo signata : Matias Murimm. 412 . EMILIO TAGLIABUE 2. Lodovico Duca d'Orléans concede a G. G. Trivulzio di batter MONETA ALLA BONTÀ DI QUELLE d' ASTI E DI FRANCIA. Amboise, 2 Marzo 1496 (a) Lnduvicus Dux Anrelianensis Mediolani et Valesie Comes Blesensis Papié ac Bellimontis, Astensis Comitique Dominiis Universis presentes litteras inspectnris salatem. Capientes nos Egregio ac Nobili viro Consanguìneo nostro D.no Johann! Jacob Trivulcio Corniti Belcastri etc rem pergratam sibi effigere ob virtutes fidem et integritatem suam obque incredibilem benivolenciam nostram erga ipSUm ACCIPIENTES QUOD CUDERE MONETARUM ARGENTEARUM ET AUREARUM AD STAMPUM NOSTRUM IN Ceccha SUA MisoccHi jucundum esset, idque nobis jucnmdissimum itcirco concedimus et libere donamus eidem pref. D.no Jo. Jacobo Trivulcio Corniti suique auctoritatem et amplam potestatem cudendi seu cadere faciendi quascumque monetas aureas vel argenteas prout sibi placuerit die noctuque bone legis taraen et ponderis prout fuerit in Regno Francie et sicut ad starapum nostrum in Ceccha nostra Astensì fabricatur. Mandantes et precipientes omnibus et singulis Justiciariis ac officiariis iiostris quatenoB soprascript. D.no Jo. Jacobo Trivulcio presenti conces- sione donacione seu gracia nostra uti et gaudere faciant et permittant. In cuius rei testimonium presentes fieri jussimus ac nostra propria manus subscripcione solitoque sigillo munitas. Dat. in Villa Ambasie secunda die {Martis) anno Domini millesimo ceco nonagesimo quinto more Gallicano computando (è). Sìgnat. Loijs Per dominum ducem Vobies et alis presentibus Coiereau subscripsi. Reg. ad officium statutorum Comunis Mediolani in libro sìgnato N in foglio 169 (e). Da una lista di pergamena pende un frammento di sigillo in cera rossa. (a) Pergamena originale nell'Archivio Trivulzio, Araldica Cari. 11. (b) In Francia durò la consuetudine sino al 1564 di principiar l'anno nel giorno di pasqua, perciò all'uso odierno la data di questo diploma deve ritenersi, 2 Marzo 1496. (e) Ora registro Fanigarola N. - Archivio di Stato, Milano. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 413 3. ISTRUMENTO ROGATO NELLA ZECCA DI ROVEREDO, COL QUALE AziNO DA Lecco procuratore di G. Q. Trivulzio contratta del LEGNAME DA CONSEGNARSI A LoSTALLO VICINO AL FIUME MOESA. Roveredo, 23 Giugno 1497 (a) In nomine d.ni amen, anno nativitatis millesimo quadragintessimo NONAGEsiMo SEPTIMO. Inditione quintadecima die veneris vigesimo tertio mensis Junij. Dominus Azinus de leucho habitator in zecha roueredi nomine et vice ex.t's et prestantissimi corniti domini Jo: Jacobus Trivultis... signore generale della Valle Mesolcina, conviene con Antonio fu Jacopo Conforti e Giacomo figlio dAntonio del Brenta ambi di Lostallo, di comperare pel maggio 1498, 400 bore e travi larice e pecchia a... grossos septem et da- narios tres tertiolorum prò qualibis burra pijcee et grossos octo et danarìos tres prò qualibet burra do mensura laricis et de pijcea, et quod trabes sint longi brachia octo et novem et quod soprascriptum totum lignamen sint obligati soprascripti de lostallo consignare ad aquam moesie... Actum in pasquedo roueredi in domo zeche... Ego Joannes del Pijceno filius ser Antonij de roueredi vallis Mexolcino publicus Imperiali auctoritate notarius superscripta omnia rogatus traditi scripsi et me subscripsi: laus deo amen. 4. G. G. Trivulzio concede a Maestro Giacomo dei Conradi di Reggio , Zecchiere in Asti di stampare monete coll' im- pronta, armi e nome di Lodovico XII re di Francia. Asti, 27 Febbraio 1499 (b) Johannes Jacobus Trivulcius Comes Dezenasii Baro Castrìlorii sacri ordinis regij miles et regie maiestatis Conci liarius cambellanus et citra- montes lacumtenens generalis Egregio dilecto nostro Magistro Jacobo de Conradis de rezio habitatori Ast fabricatori stamparum monetarum asten- sium earumque taglatorj salutem. De vestri industria et fide ad plenum informati vos favoribus nostris dignis comoditatibus ; honoribus et prehe- («) Pergamena originale nell'Archivio Trivulzio, Araldica Cart. 11. (h) Pergamena originale nell'Archivio Trivulzio, Cartella 49, n. 29. 53 414 EMILIO TAGLIABUE minoncijs ac franchisijs et alijs ad officium fabricaverum monetam hac in Civitate concessis ornari et sequj volentes haram serie vobis licenciam irapartimur inpune stampandi et seu stampas et formas monetarum et ferros taglandi prò monetis fabricandis hac in civitate Astensi sub nomine, signis et armis Serenissimi ac christianissimi Principis nostri dominj dominj Lu- duvici dei gracia franchorum regìs Mediolanique ducis et astensis dominj prout per raagistrum monetarum ad fabricam diete monete deputatum et designatum fuerit ac ordinatum ad ipsum officium expresse vos constituentes et deputantes et aliorum officialium diete monete numero aggregantes cum immunitatibus exemptionibus et franchisijs, honoribus, oneribus, prehemi- noncijs, prerogativis, dignitatibus et alijs ad dictum officium pertinentibus et spectantibus et quibus ceterj officiales dictarum monetarum hac in Ci- vitate et illius dominio ussi (usi) et gavissi vestri officio et illius hac in civitate exercicio durantibus. Mandantes omnibus et singulis officialibus et dacitarijs regie maiestatis prefacte presentibus et futuris deputatis vel depu- tandis quatenus vos prò talj habeant, tractent et reputent nichil in con- trarium attemptando, quominus privillegio aliorum officialium ad fabricam diete moneto deputatorura uti valeatis et gaudere sub pena indìgnacionis Regio et nostre et prò quanto illam evitare caripendunt. In quorum testimo- nium presentes fierj jussimus et nostro sigillo muniri. Datum Ast vigessimo septimo mensis februarij Millessimo quatercentessimo nonagessimo nono. Per prefatum 111. dominum Comitero Regium locuratenentem generalem Ferrerij. (Con sigillo pendolo). Massimiliano I conferma a Gr. G. Trivulzio il diploma di Federico III colla facoltà di disporre ed alienare il Contado di Mesocco. 1501 ? (a). (Diploma di data incerta del quale non si conosce né originale, né copia autentica. Copie senza data si conservano nell'Archivio Trivulzio; la più antica, del 1620 circa, ci servì per questa trascrizione). Confermatone dell'investitura del Contado di Misocco et Valle Misol- cina fatta dalla Maestà di Massimigliano Re dei Romani a Gio. Jae. il Magno Trivnltio con facoltà di disporre et alienare d. Contado come gli pare. (o) Archivio Trivulzio, Armldina Cari. 11. È DAVVERO ESISTITA LA ^ECCA DI MESOCCO ? 415 Dopo il lungo elenco dei titoli di Massimiliano e le solite formolo, nelle quali G. Giacomo è chiamato « Marchioni Yiglevani magno Fran- ciAE Marescallo ET CoMiTi MisocHi > SÌ ripete il diploma di Federico, la conferma che seguo non è che una parafrasi di detto diploma con aggiunto il diritto di vendere e disporre del Contado. Nel testo si leggo: < .... quam habet ipso D. Jo. Jacobus Triultius cudendi et fabricandì seu cu di et fabricari faciendi quamcumque monetam auream, argenteam iuxta dieta Concissionis formam et tenorem, confirmamus verum etiam ex abundantiori gratia oidom D. Jo. Jacobo Trivultio et heredibus et succos- soribus suis tam masculis quam foeminis, et quibus dederint ut supra quod quamcumque monetam similiter auream et argenteam cudire et fabricaro et cudi et fabricare facere, et similiter fabricatam ad stampum eorum reducere et reduci facere et expendere ubique locorum quocumque tempore die et hora prò eorum boniplacito in dicto Castro Musochi aut eius TERRITORIO... » 6. Paolo Gentili procuratore di G. G Trivulzio, da in affitto PER ANNI NOVE LA DECIMA DI YeRDABBIO AI CONSOLI DI QUELLA TERRA. ISTRUMENTO ROGATO NELLA ZECCA DI EOVEREDO. Eoveredo, 17 Marzo 1509 (a). In nomine domini amen anno nativitatis oiusdem millesimo quingen- TEsiMo nono. Indicione duodecima die martis decime septimo mensis Julij. Spoeta bilis vir dominus paulus gentili s filius qln domini iacobi de Sarauale dijocesis Tortononsis. De praesenti habitator roueredi vallis mexolzine dyo- cesys curiensis negociorum gestor illustris et oxcolsy domini domini Joannis Jacobi triultij domini generalis vallis mexolzine ecc. affitta a Francesco Ki- gassi console di Yerdabbio, Antonio Grigeto e Antonio Eomoleto di Ver- dabbio i quali contrattano a nome della Comunità di Yerdabbio, la taglia per anni 9 spettante al Trivulzio e si obbligano a... solvere et consignaro tempore Sancti martini in palacio roueredi prelibati ili."»» domino ac here- dibus suis, starla quadraginta segalis, starla decem milij, starla decem panicij bene vansorum sichatorum et bene ordinatorum, ecc., ecc. Actum in roueredi in pasquedo in cecha presentibus ibi magistro Zaneto, filio ser Joannoli de beffano ser georgino de peperalis de Clauena habìtatoribus roueredi et dominicho tartaglino fiiio qm togni del sonatore habitante roueredi testibus notijs et cognotis nec non vocatis et rogatis. Ego Joannes amadiristus publicus imperiali auctoritate notarius filius domini henrici de verdabio vallis mexolcine, diocosijs Curiensis soprascriptum locationis instrumentum rogatus traditi scripsi et me propria manu sub- scripsi signi Dominique meijs solitis appositis. («) Copia cavata dall'originale nell'Archivio Trivulzio, Cod. 2253. Misceli. III. 416 EMILIO TAGIJABUE Lodovico XII re di Francia accorda a G. G. Trivulzio di batter moneta nel castello di musso come faceva a Mesocco. Blois, 1 Maggio 1512 (a). Nel testo del diploma si legge: «... donnons et octroyons par ces presentes congó perraission et liconce de pouvoir doresenavant faire batre et forger au lieu de mus toute monnoye dor et dargent anssi que bon leur semblera et tout ainsì et par la forme et maniere quil faisoit et a acoustume faire par cy devant au lieu DE Musoc et de tei bonte loy et poix qne lou fait en notre ville et cite do millan. » Bloys ou moys de may lan de grace mil cinqcons et doaze et de notre Regno le quinzieme. par le Boy Due do Millan Móbertet 8. Libro dei conti della zecca di Koveredo dal 23 Agosto 1529 al 15 Maggio 1530, Settembre 1529 (b). M. Dionisio de Besono Citadino de lione m.'» de la Ceca de Rovereto de dare a lo III. SJ marchese conte de mesoco a di 23 Agosto p. marchi 21 de dinarij de la testa ed arma di esso sig.""® de valore de bazi tri per uno a rasone de peze 27 p. marco. In mane 141 Vo a 4 peze per mano a la liga e bontà (e) de li denarij de la Ceca de Saluzo che sono a dinarij 11 grani mar. 21 onz - E più de dare a di 7 setembre per marchi quaranta de li soprad.*' de- nari de bazi tre dati a stampare A M. Stephano grenghelo e A nicol a de Salvino cioè marchi venti per Caduno mar. 40 onz - Cesaglia per indietro peze 65 E più a di 11 setembre per marchi vinti uno de denari di bazi tro dati a stampare a M. grìnghello e nicola Salvino mar. 21 onz - Cesaglia da r.re detratta peze 9 (a) Pergamena originale nell'Archivio Trivulzio, Vicende personali Cart. 7, n. 2. MàZZUCHELU, Copia di atti e privUegi, ecc. Biblioteca di Brera in Milano. Copia manoscritta. (b) Dall'originale manoscritto del XVI secolo nell'Archivio Trivulzio, Araldica Cart. li. (e) Possiamo garantire l'esatta trascrizione di questo periodo, non sappiamo però interpretarne il senso. È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 417 E più a di dito 11 setembre per marchi tentauno onze tri de denarij de bazi tri dati a stampare a li sopraditi gringhello e nicola mar. 31 onz 3 Cesaglia peze desdoto, peze 18 E più a di 13 Setembre p marchi trenta cinq. onze quatro de dicti dinari de bazi tri Tuno dati a stampare a li soprad. gringhelo e nicola mar. 35 onz 4 Cesaglia peze decesette, peze 17 M. Dionisio bessono de dare a di 14 p marchi ventinovo et meze de denari da bazi tri l'uno dati a stampare al Salvino mar. 29 onz i Cosalia peze desdoto, peze 18 E più a di dito de dare p la fatnra de marchi vinti nove onze tre de diti dinari de bazi tre l'uno a rasone de soldi otto per marco si corno si 6 Convenuto dati a stampar al salvino. Et nota che tute le partite sopra.tto sono per honoranza del sig. et solamente Ms dionisio e debitore de dita honoranza el no del argento et cosi io testifico mar. 29 onz 8 Cesalia peze tredoze, peze 13 E più a di 15 mercore a stampare peze de bazi 3 n.° 400 fano marchi quatordeze onze cinq. mar. 14 onz 5 Cesalia peze sey, peze 6 Zobia 16 dito ecc. ecc. peze da bazi 3 ecc. n. cinquecentovinti mar. 19 Cesalia peze quatro, peze 4 Zobia 16 dito ecc. ecc. da bazi 3 ecc. n. ottocento mar. 29 onz 4 Cesalia peze quatro, peze 4 Zobia 16 dito ecc. ecc. da bazi 3 ecc. n. quatrocento mar. 14 onz 6 Cesalia numero sete, n. 7 Venere 17 ecc. ecc. da bazi 3 ecc. n. 1000 mar. 37 onz - Cesalia peze 22 Venere 17 dito dati a stampare ecc. ecc. da bazi tre n. 625 mar. 22 onz 6 Cesalia peze 64 Sabbato 18 p. ecc. ecc. da bazi tre ecc. n. 1200 mar. 44 onz 3 Cesalia peze 20 Sabbato 18 ecc. ecc. da bazi 3 ecc. n. 1140 mar. 42 onz 2 Cesalia peze 21 Sabbato 18 dito dati a stampare marchi doi de Cavaloti a peze n. 67 per marco mar. 2 onz. - Cesalia pezo 00 D.mca 19 festa 000 Lune 20 dati a stampare pezi da 3 bazi n. 800 dano marchi venti nove onze cinq. mar. 29 onz 5 Cesalia peze 13 Lune 20 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 503 ecc. mar. 18 onz 5 Cesalia peze 12 Lune 20 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 500 ecc. mar. 18 onz 4 Cesalia peze 6 Lune 20 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 292 ecc. mar. 10 onz 6 Cesalia peze 13 418 EMILIO TAGLIABUE Lune 20 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 292 ecc. mar. 10 ouz 6 Cesalia peze 13 Lune 20 dito ecc. ecc. cavaloti da cinque soldi e mezo ecc. mar. 13 onz 2 Cesalia peze 22 Martedì festa San Mateo 21 ODO Mercordi 22 dito a. stampare d. da bazi 3 peze n. 600 mar. 22 onz 2 Cesalia peze 12 Mercordi 22 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 1200 mar. 44 onz 4 Cesalia peze 25 Mercordi 22 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 600 ecc. mar. 22 onz 2 Cesalia peze 12 Mercordi 22 dito ecc. ecc. dinari da tri bazi n. 800 ecc. mar. 29 onz 4 Cesalia peze 12 Mercordi 22 dito ecc. ecc. dinari da tri bazi n. 400 ecc. mar. 14 onz 6 Cesalia peze — Mercordi 22 dito ecc. ecc. dinari da bazi tri n. 400 ecc. mar. 14 onz 6 Cesalia peze 12 Mercordi 22 dito ecc. ecc. dinari da bazi tri n. 600 ecc. mar. 24 onz 2 Cesalia peze 21 Zobia 23 dito ecc. a stampare al Salvino pezi da bazi tri n. 600 ecc. mar. 22 onz 2 Cesalia pezi 5 Zobia 28 dito a stampare alli tri compagni de bellinzona denari da bazi tri n. 900 ecc. mar. 44 onz 4 Cesalia peze 37 Zobia 23 dito a stampare a li tri compagni de bellinzona d. da bazi tri n. 537 ecc. mar. 19 onz 7 Cesalia peze 14 Tenere 24 dito a stampare a li tri compagni de Bellinzona d. da bazi tri mar. 51 onz - Cesalia peze 33 Venere 24 dito a stampare al Salvino d. da bazi 3 mar. 18 onz 2 Cesalia peze 5 Venere 24 dito ecc. ecc. d. da bazi 3 mar. 20 onz - Cesalia pezd 5 Venere 24 dito ecc. a li tri compagni ecc. di da bazi tri mar. 51 onz 1 Cesalia peze 28 Sabbato 25 dito ecc. ecc. ecc. d. da bazi tri mar. 44 onz 4 Cesalia peze 32 Sabbato 25 dito ecc. al Salvino d. da bazi tri mar. 20 onz 4 Cesalia peze 8 Sabbato 25 dito ecc. ecc. da bazi tri mar. 20 onz - Cesalia peze 9 D.mco 26 dito festa 000 Lune 27 dito ecc. al Saluino d. da tri bazi mar. 20 onz - Cesalia peze 5 È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 419 Lune 27 dito ecc. a Cristoforo Varono d. da bazi tri tolto una peze de le contrascripto e datole il contraccambio per assaggio signata A mar. 20 onz. - Cesalia peze 13 Lune 27 dito ecc. in più giorni a henrico guazoro Cavaloti da s. 5 d. 6 mar. 24 onz 7 Cesalia peze 79 Lune 27 Settembre a stampare al Saluino d. da bazi 3 mar. 20 onz. - Cesalia peze 8 Lunedi 27 dito ecc. al Yarono d. da bazi 3 mar. 20 onz 7 Cesalia peze 11 Lunedi 27 dito dati a stampare al Stefanino denari da soldi uno ecc. mar. 2 onz 7 Cesalia peze — Martedì 28 dito a stampare d. da bazi 3 al Stophano e al varrono ecc. mar. 45 onz - Cesalia peze 18 Martedì 28 dito a ecc. d. da bazi 3 al Salvino mar. 24 onz - Cesalia 11 Martedì 28 dito ecc. al stephanno e al varrone d. da bazi 3 mar. 15 onz - Cesalia peze 7 Martedì 28 dito ecc. a stampare al Salvino d. da bazi 3 mar. 7 onz - Cesalia peze 3 Martedì 28 dito ecc. a Stephanino e A varrone d. da soldi 5 denari 6, Ca- valoti mar. 4 onz - Cesalia peze — Mercordi 29 Settembre festa Santo michaelo 000 Zobia ultimo dito festa San hytronno 000 Nota: € Como Jo. Joannegeorgio di Albriono ho fato e saldato il conto a nome de lo 111.™° Sig. Marchese con Ms Gabriele Tatto compagno di Ms dionisio besono mj° de Cecha per into el mese di Sottombre e sono in tuto marchi mille duecento vinti uno di argento stampito do li quali ne vano dectrati marchi trentaquatro de cesalia ne resta al sìgj^ di noto millecento ottantasette a rasone de soldi otto per marco p. honoranza di sua signoria montano a lire quatrocento settantaquatro soldi sedici Imp. lire 474. soldi 16 ». Cosi continua regolarmente l'Albriono, giorno per giorno, le sue regi- strazioni, liquidando ogni fine mese col Besson e col Tatto le onoranze dovute a Gian Francesco Trivulzio. Al giorno 15 Maggio 1530 l'Albrione termina le sue note scrivendo: 15 Maggio. < Del dito tempo no si è- fato conto alcuno pcho M. Dionisio se ne fudto et la Ceca non ha poi più lavorato ma sono marchi cinquantasette onzo sei di noto montano per le honoranze del dito Sig.''^ lire ventitrij soldi dui. p 420 EMILIO TAGLIABUE 9. Inventario dei mobili consegnati al Commissario Antonio Maria Gentili, esistenti nella zecca di Koveredo nei lo- cali destinati a sua abitazione. RoToredo, 10 Marzo 1546 (a) ♦ MDXLVl die X ìnartij. Inventario de la Cecha cioè de lo Kobbe consignate al Comissario il Capitano Ant.*^ maria gentile quale sono del 111.™° s."" marchese di vige- vane S. di questa valle II s. Fran.^o Triuul.o in Eovoretio nelli luochi in frascritti. In Stuffa (b). Archebuxi Cinque forniti con le fia- sche forme et polverini et taschetti. Item una Picha de Frassino. Itom duoi spontoni. Item quatro zegalie. Item due Allebarde. Item una meggia testa. Item uno Tavogliero con serradura e chiave. Item uno Armario attachatto come se dentro de la Stuffa. Item una lettera e una comolla. Item letto duo e duo piumazzo pe- xano lire 87 grosse. Item un altro letto con piumazzo pexa lipre 29. Item sotto le due fenestre duoi cre- denzini con serradure e chiave. Item due coperte bixe da letto. Item una coracina. Item uno scranno (e) con serradura et chiave. Item le banche attorno alla Stuffa. Item uno homo da legno. Item una cadrega di camera. Item fenestre tre con le sue telline de fella. Ne la coxina. Al uschio sua seri-adura et chiave. Item una tavoUa con duoi trespedi. Item una credenza di legno de peltro. Item bancho uno de seder con una chiavadura l'altro non. Item sopra el Camino di qua et di la dui ponti d'assi e una scalla. Item uno armario con chiave et ser- radura. Item uno armario scavezzo in tri con due chiave e serrature. Item uno zepo de tagliar sopra la carne. Item una fenestra et la stamegua {d) de tella. Item due assetto di pasta una grande e una piccola. Item uno rampino de carne. Item una sechia de sallar carne con uno cerchio de ferro. Item una cadregha et una scabella. (a) Dalforìginale Ck>d. cartaceo del XVI secolo, nell'Archivio Trivulzio, Araldica li. (h) Camera foderata di legno, con una grande stufa in pietra per riscaldarla. {e) Voce ancora in uso nel dialetto Mesolcinese, cassone, cassapanca. (<7) Teliùo coperto di tela che faceva l'ufficio di vetri, È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 421 Supra la p." scalla. Dne fenestre con le stamegue di Telia. Item una cardenza in cantone con serradura et Chiave. Ne lap.« camera sopra le dice scalle. Sopra laschio due serradnrre con chiave et uno cadenazzolo. Item una tavolla con duoi trespedi. Item una lettera con una comolla. Item duoi sechioni con dui coperti de salar onero de far altro. Item una casetta chiavata do batistino. Item uno coperto de pelle tutto rotto. Item uno credenzino con robbe de batistino dentro. Item una fenestra con suo tellaro. Ne la 2" Camera. Uno uschio con due serradnrre et chiave. Item una lettera con una comolla. Item una trivella grossa de le bu- seno de fontanna. Item boge due di ferro una grande et una picoUa. Item uno pesi de monette. Item una cadregha de camera. Item uno homo de legno. Item una leverà de ferro. Item una raaza de ferro. Item dui badili et due zappe de malta. Item uno staro de misurare biade. Item chignolli dui de ferro per rom- per sassi. Item una caldera grande de bugatta. Item un'altra caldera mezana. Item un'altro CaldiroUo. Item una conca de laton (a). Item bacillo de ramo in soma con questi cinqui pezzi pexano lipre 80. Item una tavolla con duoi treppedi. Item una cassa do tamburro. Item dui telloni di stamegua di tella. Item in l'anditto desopra de le due scalle due fenestre e due stamegue di tella. Sopra le tre scalle. Una fenestra con una stamegua di tela. Item uno uschio de andar sopra del ralogio (b) con la sua seradura et chiave. Item dove e il ralogio una bancha ch'era in Stuffa. Item lo Rologio con la campana. Ifem ne la Canepa (e). La serratura et chiave. Itera uno seggiono di bugatta. Item duoi trespedi con dui assi sopra. Item una marna de dar da mangiar a uno cavallo. Item uno aquirollo de legno. Ne la ;?.« Canepa. L'uschio con serradura et chiavo. Item duoi vaxelli de cinqui brente l'uno. Item uno altro vassello de otto brente. Item un'altro vaseletto de due brente. Item barilli quatro de una brenta l'uno. Item una pidria. Item una moscherra. Item una formagiera. Al Pozzo. L'uschio con cadenazzo serradura col suo torno. Item 6 ap.* porta ferrata di ferro con la sua chiave et serradurra. (rt) Conca d'ottone. {b) Esiste ancora la torricella per l'orologio, ma l'orologio manca. (e) Cantina. 54 422 EMILIO TAGLIABUE Jtein dae stanghe. Item uno cadenazo de dentro. La saìetta. Uschio con serradurra et chiave. Item una cardenza con serradurra et chiave. Item con le cornixe attorno a detta saletta una tavolla inchiodatta in- sieme. Item una cadregha armatta. Item scabelli n. seij. Item la fenestra con la stamegua di Telia. Item de dotro la cecha de fora. Una armadura de muro per fare il ca- mino a la maijstrisia con caute (a) sey e codighe sey et assi diece con altro legnamo per fare armature et caute tre de foo. Item nella coxina due cadenne di focco. Item due parrà do brandenalli. Item duoi spodi de rosto. Item una padella. Itera una lecharda. Item una gradexella di ferro tutto pesan 45 grosse. Mi Ant.« Maria gientille afermo es- sermi stato Consegnato le pp.^ robe scrite in fogli tri conputato el pnte de le quali io no ho una copia simillo a questa et in fede mi sono sotto scritto. Sulla copertina è scritto: Inven- tario dele robbo do la cecha consi- gnato al com."*'» cap. m.'» 1546. 10. Sulle monete battute da Antonio Teodoro Trivulzio. 1676-78 (b). Airill"'o Ed'Eccell.*"" Sig. Prencipe Antonio Teodoro Triviiìtio Marchese, Conte, barone libero Signore, ecc. per le Monete, che nouamente fa battere. Dalle vene del Sol sudati argenti Mida profondo ad eternar Teodoro; E di Giove emulando i gran portenti Un'Augusto distilla in nembi d'oro (a) Cantari, travi leggere per far armature. (ò) Da uno stampato in folio sciolto senza data nell'Àrch. Triv., Cari. 79, N. 83. Antonio Teodoro Tri- vulzio esercì !a zecca di Retegno dal J676 al 78 ; a tal periodo deve quindi appartenere questo sonetto. Veramente esso non potrebbe figurare come documento inedito, ma essendo la copia della Trivul ziana rarissima, se non unica, abbiamo creduto ripubblicarlo esaurendo cosi quanto ci fu dato rinvenire negli archivi Milanesi su questo argomento. * Del resto non lo citiamo a modello di stile. Esso è quanto di più goffo e barocco possa aver pro- dotto l'Arcadia, L'adulazione smaccata è sviluppata con tali idee contorte e nebulose che ci fan dubitare ci fo.s.se nel buon Domenico Antonio Ceresola stoffa per un compositore di sciarade anziché di sonettj, È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? 423 Fidia suiscerì invan marmi innocenti Porge incisi Alessandri oggi un tesoro Qui fan serto ad Alcide ori lucenti, Tu se gl'inalzi al crin Delfico Alloro. Non convien più pescar dov'ha'l sol cuna Conca Eritrea, cui la ruggiada ingombra Lega Antonio nell'oro, or la fortuna Fasti d'Enea già Teodoro adombra. Che s'ei con ramo d'or sue glorie aduna Questi d'Oblio sa trionfar con l'ombra. Domenico Antonio Ceresola. In Milano, per gVHeredi Ghisolfi. (Con lic. de' Superiori). SAGGIO DI BIBLIOGRAFIA DELLA ZECCA MESOLCINESE Am EROSO LI Solone , Di una moneta trivulsiana con S. Carpo foro ^ in € Rivista Italiana di Numismatica ». Milano, 188 ^ fase. II. Gnecchi Francesco ed Ercole, Ze monete dei TrivuUio descritte ed illustrate. Milano, 1887, in-4'' (con 8 tavole). Saggio di Bibliografia numisìnatica delle zecche italiane me- dioevali e moderne. Milano, 1889. Mesocco, pag. 192 ; Boveredo, pag. 329 (*). KuNZ Carlo, Il Museo Bottacin annesso alla Civica Biblioteca e Museo di Padova, in « Periodico di numismatica e sfragistica». Yol. I, pag. 233, tav. X, 8 e 9. LiEBENAU (Tu. di), Zur Milnzgeschichte von Misocco, in « Bullettin de la Società Suisse de Numismatique, 1887, n. 7-8. (*) Di questa importante opera ci siamo naturalmente serviti per la compilazione della presente bibliografia , omettendo però le pubblicazioni che, pur parlando di moneto trivulziane, non accennano alla zecca Mesol- cineso. , 424 E. TAGLIABUE - È DAVVERO ESISTITA LA ZECCA DI MESOCCO ? LiTTA Pompeo, Famiglie celebri italiane : I Trivulzio. Marca G. Antonio (à), Compendio storico della Valle Mesolcina. Lugano, 1838, pag. 99 e 232. Mazzdchelli Pietro, Informazioni sopra le zecche e le monete di Gian Giacoma Trivulzio marchese di Vigevano e Maresciallo di Francia^ in appendice al Rosmini , BeW istoria intorno alle militari imprese ed alla vita di Gian Jacopo Trivulzio. Mi- lano, 1815, in-4°, tomo II, pag. 345-380 (con 4 tavole). Motta Emilio, Le zecche di Mesocco e Boveredo, in « Ballettino storico della Svizzera Italiana ». Bellinzona, 1887, fase. 8, 11 e 12. pROMis Vincenzo, Tavole sinottiche delle monete battute in Italia e da Italiani alVestero dal sec. VII a tutto il MDCOGLXVIIL Torino, MDCCCLXIX, pag. 137 138 179. Rosmini Carlo (de), DeWistoria intorno alle militari imprese e alla vita di Gian Jacopo Trivulzio. Milano, 1815, Volumi due in -4°. Taqliabue Emilio, Un bando contro le monete trivulziane, in « Ri- vista Italiana di Numismatica ». Milano, 1889, fase. IL Trachsel Carlo Fr., Die angebliechen Milnzen von Misocco im Wellenheimischen Gataloge, in « Berlin Blàtter, etc. » Tomo IV. Les atéliers monétaires de la famille des Trivulzio comtes de Misocco, seigneurs de Reinwald et de Savien^ marquis de Vi- gevano , princes de la vallèe Misolcina et de Retegno impe- riale, etc. Lettre à Monsieur R. Ghalon, in « Revue Numisma- tique belge ». Tomo II, serie V. Zanetti Guid' Antonio , Nuova raccolta delle monete e zecche d'Italia. Bologna, 1779, in-4^ m PICCIOLO DI ASTORGIO III MANFREDI PER FAENZA Non è un pezzo inedito che offro agli studiosi di Numismatica italiana, ma semplicemente un esem- plare meglio conservato degli altri finora conosciuti di questo picciolo e che permette quindi di asse- gnarlo con sicurezza all'ultimo dei principi Manfredi di Faenza. La monetina, di cui, grazie alla cortesia dei Direttori della Rivista^ posso dare ai lettori l'esat- tissima riproduzione , porta al diritto un Falco o Astorre di prospetto con la leggenda in giro da destra: ASTORG-IVS T • M • FA • {Astorgiics Tertius Man- fredits Favenliniis)] al rovescio il busto di S. Pietro con le chiavi nella sinistra e in giro: S • PETRVS. E di rame con poca quantità di argento, pesa circa milligrammi 70 e ha un diametro di 17 millimetri. Il primo a pubblicarla fu il conte Ernesto Tam- broni Armaroli (^), il quale ne indovinò la giusta as^- (1) Bullettino di Numìstnatica Italiana f diretto e redatto da A. R. Cancich. Serio IT, anno 1867-68, pag. 2, tav. I, n. 1. Firenze, a867-6S. 42G GIUSEPPE CASTELLANI segnazione attribuendola ad Astorgio III per un mero caso o meglio per erronee deduzioni. Quando egli imprese ad illustrare questo picciolo capitatogli sotto mano nel riordinare la collezione della Biblio- teca di Macerata , non conosceva altra moneta di Faenza all' infuori di quella con la lancetta e il San Pietro edita dal Litta (2) da un esemplare di cattiva conservazione e quindi di attribuzione allora incerta, mentre nuovi esemplari meglio conservati venuti poi alla luce hanno dimostrato che esso pure appartiene indubbiamente ad Astorgio III. Il Tambroni Arma- roli credette trovare nella monetina da lui scoperta, che relativamente all' esemplare prodotto dal Litta era un po' meglio conservata, un miglioramento di stile, e la ritenne quindi posteriore all' altra che credette di Astorgio II, assegnando quindi la propria ad Astorgio III. Ognuno sa quanto sia fallace criterio quello dello stile per aggiudicare una moneta ad uno piut- tosto che ad altro principe, specialmente se di epoche vicine ; nel caso speciale poi questo criterio fu adottato arbitrariamente, perchè il semplice esame anche dei disegni delle due monete basta a convin- cere il più inesperto che figura e lettere del rovescio sono, non solo dello stesso stile e maniera, ma for- s' anco dello stesso conio. Il distinto numismatico sig. Cav. Giulio Sambon nel compilare il catalogo della celebre collezione Rossi (^), non avendo agio di fare nella fretta con- (2) Famiglie celebri italiane, — I Manfredi di Faenza. (3) CataUtgo della Collezione Rossi di Rnna, Roma, 1880, num. 1071 pag. 82. UN nCCIOLO DI ASTORGIO III MANFREDI TER FAENZA 427 fronti e trovandosi di fronte a un tipo nuovo , lo attribuì ad Astorgio I , come quello al quale non erano state attribuite altre monete, pur rilevandone la singolarità e massima importanza. . Da ultimo il sig. Prof. Federico Argnani , che raccolse con amore e diligenza tutto quanto si ri- ferisce alla zecca Faentina (^), attribuisce il nostro picciolo ad Astorgio II. E notevole che tra gli ar- gomenti addotti a sostegno di questa sua attribu- zione evvi quello dello stile e dei caratteri , che il C. Tambroni Armaroli portava in appoggio della sua. Il Prof Argnani, distinto cultore tanto di nu- mismatica che di arte, conosceva esemplari ben con- servati della monetina di Astorgio III con la lancetta, mentre dell'esemplare di Macerata con lAstorre non vide che il disegno del Bullettino di Firenze ripro- dotto da un esemplare poco conservato e parvegli scorgervi « lo stile dell' arte troppo scorretto n el- ee r insieme dell'Astorre, che si presenta tutt' altro « che elegante, e la forma larga e grossa del carat- « tere che sente ancora del gotico.... » (^) e la at- tribuisce ad Astorgio II. Io non seguirò il Prof. Argnani negli ingegnósi ragionamenti che fa per sostenere la sua ipotesi. Il fatto che questo mio esemplare porta dopo il nome del Principe il T ossia la numerazione genealogica identica a quella portata dal picciolo colla lancetta, (4) Cenni storici sulla zecca, sulle monete e medaglie de' Manfredi Si- gnori di Faenza e sul Sigillo del Comune e del Popolo della stessa Città compilati dal Prof. Federico Argnani conservatore della Pinacoteca Comu- nale. Faenza, Ditta Tipografica Pietro Conti, 1886. (5) Pag. 26. 428 GIUSEPPE CASTELLANI e che egli diceva essere inutile cercarvi (^), ne ro- vescia addirittura la base. Accennerò di volo che lo stile della monetina e la forma dei caratteri rispondono perfettamente air epoca di Astorgio III, che è quella del risorgi- mento dell' arte italiana ; infatti 1' astorre è effigiato con vera delicatezza ed è elegantissimo. Un fatto che potrebbe servire a determinare r epoca precisa della coniazione di questo picciolo, e che venne accennato anche dal conte Ernesto Tam- broni Armaroli ffl, è il cambiamento di nome da Fran- cesco in Astorgio che sarebbe avvenuto nell' assun- zione al principato dell' ultimo dei Manfredi. Io non ho libri o documenti per accertarlo, ciò che potranno fare agevolmente gli studiosi di cose Faentine; ma, qualora fosse vero , esso segnerebbe 1' anno preciso in cui fu coniata questa piccola moneta che sarebbe la prima apparsa sotto il nuovo principe, del cui nome rinovellato portava l'emblema parlante. Con r attribuzione di questo picciolo ad Astor- gio III la serie dei principi di Faenza , che conia- rono moneta, viene limitata a due soli, e cioè a quello che fece coniare le monete col Beato Nevolone, che fu Astorgio I, stando all'Argnani, ed il secondo, stando allo Zanetti, e ad Astorgio III, che oltre alle monete descritte dall' Argnani, fece coniare anche questa col- r impronta dell'Astorre. Giuseppe Castellani. (6) Ivi. (7) Ballettino citato, pag. 3. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 {Continuazione e finej redi Fase. prec.). II. Nell'estate del 1889 re Umberto recavasi a visitare le Paglie, e fermavasi specialmente a Lecce, dove il 23 agosto veniva inaugurato il monumento eretto per voto dei Lec- cesi a Ee Vittorio Emanuele. Il viaggio reale a Lecce era stato prestabilito per il luglio, e, in fatto, noi troviamo preparata, per il luglio, la medaglia seguente : 28, — Diam. mm. 36. ^ — Testa nuda a sin. In giro, ai lati: UMBERTO I — RE D'ITALIA. ^ — Nel campo, in sette linee: LECCE — INAUGURANDO MONUMENTO — A — VITTORIO EMANUELE II — OSPI- TAVA ESULTANTE — RE UMBERTO I — LUGLIO 1889. Questa medaglia, eseguita in Milano dall'ine. A. Don- zelli , dovette — per la prorogata visita reale — essere riconiata con un nuovo rovescio, portante invece dell'indi- cazione del mese di Luglio , quella del mese di Agosto, (Tav. IX, N. 2). Di questa medaglia furono distribuiti in Lecce numerosi esemplari in bronzo e in argento, con appiccagnolo ed anello entro al quale era passato un nastro di seta dai colori nazionali, 55 430 ALFREDO COMAKDINI Alla Maestà del Re poi , fu offerta dal Comitato pel monumento a Vittorio Emanuele la seguente medaglia, di diametro speciale, coniata in unico esemplare d' oro. 29. Diam. mm. 52. ^ — Testa nuda a sin. In giro, ai lati : UMBERTO I — RE D' ITALIA. 9<' — Corona di due rami d'alloro, aperti in alto, intrecciati • e annodati da nastro in basso. Nel campo, in sette linee: LECCE — INAUGURANDO MONUMENTO — A — VITTORIO EMANUELE II — OSPITAVA ESULTANTE - RE UMBERTO I — AG-OSTO 1889. Tutt'ingiro alla medaglia, cerchio di perline. Anche questa medaglia fu eseguita dalP incisore A. Don- zelli di Milano. * * * Seguendo cronologicamente, alla stregua delle medaglie i fatti del 1889, troviamo una medaglia ohe ricorda il IV congresso internazionale delle società per tramvie a vapore, a cavallo, ecc., riunitosi in Milano nei giorni dal 28 al 31 agosto. La medaglia incisa e coniata nello stabilimento S. Johnson di Milano, fu offerta , in argento ed in bronzo ai congres- sisti, dalla Deputazione Provinciale di Milano, ed è la seguente : 30. — Diam. mm. 32 fcon appiccagnolo ed anellino per nastro) , ^ — Stemma della provincia di Milano, sormontato da corona turrita , e circondato , in fregi , dagli stemmi dei quattro capi-luoghi di circondario ; a sinistra, quello di Lodi, in alto, e quello di Monza, in basso; a destra, quello di Abbiategrasso, in alto e quello di Gallarate, in basso. 9» — Corona di due rami d'alloro, aperti in alto, intrec- ciati e annodati da nastro in basso. Nel campo in sette righe : OMAGGIO — DELLA PROVINCIA — AL IV CON- MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 431 G-RESSO — INTERNAZIONALE — DEI TRAMWAYS MILANO — AGOSTO 1889. Sotto, a destra, dentro la corona in piccolo : S. J. {Stefano Johnson). L'8 di Agosto, nella villa reale di Capodimonte, sopra Napoli, compianto grandemente da tutta la nazione, cessava di vivere quella splendida, gloriosa incarnazione del più puro e disinteressato patriottismo che fu Benedetto Cairoli. Medaglie coniate con la data di questo lutto sincero del Re e della Patria, non ne conosciamo. Ma, dopo trenta giorni dalla morte di Gairoli, in Roma, l'S settembre, ini- ziatrice la società dei Reduci dalle Patrie Battaglie pre- sieduta da Menotti Garibaldi, fu fatta di Benedetto Oairoli una commemorazione-apoteosi, trasportandosene un busto marmoreo in Campidoglio. La stessa società dei Reduci, per ricordare questa commemorazione, fece incidere dall'incisore Sirletti, e coniare nella regia zecca di Roma la seguente medaglia, che fu distribuita, in bronzo, alle rappresentanze cbe alla cerimonia parteciparono: 31. — Diam. mm. 34 fcon appiccagnolo e anellino per nastroj, i& — Busto a sin., testa nuda, abito civile. In giro ai lati: A BENEDETTO — CAIROLI. Sotto: ROMA. Nel taglio del busto: A. Sirletti. 9( — Campo liscio. In giro: Vili SETTEMBRE MDCCCLXXXIX. In basso, stella a cinque punte. Nello stesso giorno 8 settembre aveva luogo in Brescia la inaugurazione del monumento equestre eretto alla memoria di Giuseppe Garibaldi. In Brescia, in quel giorno, premia- vansi anche i tiratori al bersaglio distintisi nella gara pro- vinciale; e chiudevasi una Esposizione Industriale operaia apertasi alla metà d' agosto. 482 ALFREDO COMANDINI Queste feste bresciane ci sono ricordate dalle seguenti medaglie : 32. — Diam. mm. 4A. ^ — Gruppo equestre, volto a destra, rappresentante Garibaldi a cavallo con berretto in capo, poncho sulle spalle, sciabola inguainata, e le braccia incrociate sul petto , in atteggiamento d'uomo pensoso. Sotto la * linea dell' esergo a sinistra: Johnson; a destra: Milano. 9» — In mezzo al campo, piccola corona di due rami, di quercia a sinistra, d'alloro a destra, aperti in alto, intrec- ciati e annodati da nastro, in basso. Dentro la corona, in tre linee: ÀI — TIRATORI — PREMIATI. In giro este- riormente alla corona: GARA PROVINCIALE DI TIRO A SEGNO. Sotto alla corona, a mo' d'esergo, in due linee: BRESCIA — SETTEMBRE 1889. Questa medaglia, riproducente egregiamente nel diritto il monumento scolpito da Eugenio Maccagnani, fu incisa dal bravo A. Cappuccio nello stabilimento S. Johnson di Milano, dove fi), coniata in numero di esemplari limitatamente ai premi da conferirsi per la gara di tiro. A ricordo particolare dell'inaugurazione del monumento a Garibaldi, veniva poi venduta al prezzo di una lira, per le vie di Brescia, la medaglia seguente , della quale non conosciamo l'autore, né il luago dove fu coniata: 33. — Diam. mm. 25 {appiccagnolo con anello per passarvi nastro). ^ — Busto a destra, testa con berretto, di Giuseppe Ga- ribaldi. In alto, ad arco : RICORDO DI BRESCIA. 5I — Corona di due rami di alloro e di quercia , aperti in alto, intrecciati e annodati in basso. Nel campo, in due linee : SETTEMBRE — 1889. Una terza medaglia, per le feste bresciane, incisa e co- niata anche questa nello stabilimento Johnson di Milano, è la seguente: MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 433 34. — Diam. mm. 38. ^ — Statua , volta a destra , della Vittoria Bresciana. In giro : ESPOSIZIONE INDUSTRIALE OPERÀIA PROVIN- CIALE. Sotto, in esergo: BRESCIA 1889. Accanto alla linea dell'esergo, a sinistra, nel campo : Johnson. ]p| — Corona di due rami ricchi, di alloro a sinistra, di quercia a destra, aperti in alto, intrecciati ed annodati da nastro in basso. Campo e giro lisci. Contemporaneamente alle feste bresciane , aprivasi in Verona, l'S settembre 1889, il Concorso Agrario Eegionale Veneto con Esposizione Industriale. Di questa festa del- l'industria abbiamo la seguente medaglia-ricordo, incisa dal Cappuccio e coniata nello stabilimento Johnson di Milano. 35. — Diam. mm. 44. ^ — Appoggiata a pilastro fregiato dello stemma coro- nato di Verona, e fra emblemi ed attrezzi delle arti, delle industrie e dell'agricoltura, figura di donna alata stante , di prospetto con 1' ali spiegate , con corona di alloro nella sinistra appoggiata al pilastro, ed in atto di porgere corona d' alloro con la destra. In basso , a sinistra, il palazzo della Camera di Commercio di Ve- rona. In giro: ESPOSIZIONE INDUSTRIALE DI VERONA. Al disopra del capo della donna alata, nel campo, stella a cinque punte. Esergo : S. Johnson. 5» — Veduta della piazza Bra, in Verona, con l'Arena a sinistra, il palazzo del Municipio nel centro, il palazzo della Gran Guardia a destra , e in basso a sinistra , il monumento equestre a Vittorio Emanuele. In alto nel campo, stella a cinque punte in raggi. Esergo : RICORDO 1889. Sotto, ad arco: Stabilimento Johnson Milano. * E un'altra festa dell'industria e dell'agricoltura — una fiera enologica — aveva luogo in Palermo, e ci è ricordata 434 ALFREDO COMANDINI dalla seguente medaglia , incisa dal Cappuccio e coniata nello stabilimento Jolinson di Milano: 36. — Diamm. mm. 46. ^ — Nel campo, Mercurio, nudo, seduto a destra su di una sfera, con in capo il petaso alato, volto a sinistra, con la destra appoggiata a un caduceo capovolto, e con una cornucopia versante monete nella sinistra. Attorno ai piedi di Mercurio, emblemi industriali ed agricoli ; dietro di lui , nello sfondo, a sinistra , la veduta del golfo di Palermo , e a destra ponte attraversato, da treno ferroviario. Ad arco , nella metà superiore di cerchio rilevato, fra due stellette a sei punte : CÀMERA DI COMMERCIO DI PALERMO. Ad arco, nella metà in- feriore dello stesso cerchio : FIERA ENOLOG-ICA 1889. Nel campo , sotto alla linea dell' esergo a sinistra : Johnson. '^ — Corona di due ricchi rami di alloro, aperti in alto, intrecciati e annodati in basso. Campo e giro, lisci. * * * Sul finire del Settembre, a' 22, inauguravasi in Lucca un monumento alla memoria di Garibaldi, e coniavansi per la circostanza, le due seguenti medaglie: 37. — Diam. mm. 51. ^ — Busto a sin., testa nuda. In giro, ai lati: GIUSEPPE GARIBALDI. Sotto al busto nel campo, a destra: Adolfo Farnesi J. 9» — In alto, nel campo, stella d'Italia in raggi. Nel campo in sei linee: XXII SETTEMBRE MDCCCLXXXIX. — COMME- MORANDO IL XX ANNIVERSARIO — DI ROMA REDENTA — IL POPOLO LUCCHESE — INNALZO' IL MONUMENTO — AL VINTO D' ASPROMONTE E DI MENTANA. Sotto , rami di alloro e di quercia, intrecciati e annodati. Questa medaglia, incisa dal giovane e distinto incisore lucchese Adolfo Farnesi, figlio del valente incisore Nicola, MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 435 fu distribuita dal Comitato pel monumento, e messa in commercio al prezzo di L. 5. Quest'altra invece, eseguita in Firenze dal noto ed eccellente prof. Luigi Giorgi, fu fatta da questi per conto proprio, non venne messa in commercio, e fu coniata in molto limitato numero di esemplari : 38. — Diam. mm. 60. ^ — Busto, testa nuda. In giro, ai lati: GIUSEPPE GARIBALDI. Sotto al busto: L. Giorgi in Firenze. 9I -^ Nel campo, in sei linee: PER L'INAUGURAZIONE — IN LUCCA — DEL MONUMENTO — AL' EROE DEI DUE MONDI — XXII SETTEMBRE — MDCCCLXXXIX. Dopo queste medaglie, troviamo cronologicamente, quella cbe ci ricorda il giubileo artistico del maestro Giuseppe Verdi. I cinquant'anni di gloriosa carriera artistica furono compiuti dall' illustre compositore il 17 novembre , e la giunta comunale di Genova — dove il maestro ordinariamente risiede — aveva decretato fino dal 19 settembre 1889 di far coniare, pel 17 novembre, una medaglia d'oro da confe- rirsi a Verdi, che di Genova è cittadino onorario. La medaglia fu in breve tempo incisa dall'egregio cav. Speranza Filippo, primo incisore della regia zecca di Eoma; e in questa ne furono coniati un esemplare in oro, pochissimi in argento, un centinaio in rame. La presenta- zione della medaglia fu fatta al maestro quindici giorni dopo la data del giubileo, avendo egli tardato a restituirsi a Genova dalla sua villa di Sant'Agata. La medaglia è la seguente: (Tav. IX, N. 4). 39. — Diam. mm. 69. ^ — Busto a sin., abito civile, testa nuda: nel taglio del busto: Speranza. In giro: PER IL GIUBILEO ARTISTICO DEL SUO GRANDE CITTADINO ONORARIO. Sotto al ■ busto fra due stellette a cinque punte , in due linee : GENOVA — XVII NOVEMBRE MDCCCLXXXIX, 4of) ALFREDO COMANDINI 5I — Nel campo, in nove linee : A — GIUSEPPE VERDI — GLORIA D' ITALIA — NELL' ARTE DIVINA DELLA MUSICA COI CANTI ISPIRATI — ALL'AMOR DELLA PATRIA — FAUTORE POTENTE - DEL — RISORGIMENTO NAZIO- NALE. * * Quattro giorni dopo il giubileo verdiano, compiva i settanta anni di età ed i cinquanta di gloriosa carriera industriale un uomo grandemente benemerito della industria e del lavoro nazionale, il senatore Alessandro Rossi di Schio. Ad onore e memoria di questo tenace propugnatore della protezione del lavoro italiano , troviamo , coniate pel 21 novembre 1889, due medaglie. La prima fu fatta eseguire dallo stesso senatore Rossi, che ne affidò 1' incisione e la coniazione all' incisore mila- nese signor Antonio Donzelli ; e qui la descriviamo : 40. — Diam. mm. 70. ^ — Mare agitato solcato da navi ; a destra sole na- scente ; a sin. nubi. Sulla riva, vecchio pescatore se- duto a sin. in atto di raccogliere le reti, circondato da sei figure di giovanette e fanciulli. Nell'esergo : ME- MOR FUI DIERUM ANTIQUORVM. ~ S. CXLII. 5^ — Nel campo, in cinque linee : ALESSANDRO ROSSI — 1819 • 21 NOVEMBRE • 1889 — Al SUOI COETANEI DI SCHIO — IN ATTESA — DELLA SECONDA VITA. Il senatore Rossi, il giorno 21 novembre, volendo nella propria onorare la canizie dei suoi coetanei, e condividere con essi tutti la consolazione dei suoi cari, fino dal 1 no- vembre, aveva invitato i concittadini di Schio, nati dal 1819 in su, a festa comune. E l'invito al geniale convegno era cosi concepito : « Caro coetaneo e concittadino, € Compiendo io 70 anni col 21 di questo mese, mi è venuto il « pensiero di passare quel giorno tra i nati di Schio dal 1819 in là f che ancora sorvivono a tanti cittadini ed amici e parenti perduti. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 437 « Vi prego di non mancare al mio invito, e ve ne sarò grato. « Siamo in ottanta ; teniamoci in guardia che nessuno di noi sia « malato in quel dì. « Vi noto quale sarà l'orario ; e vi saluto cordialmente. « Vostro concittadino € A. Eossi. » Non è a dire se gl'invitati gradirono la cortese pro- posta. E la mattina del giorno 21 , alle ore 10 , si trova- rono tutti ottanta nel tempio magnifico eretto dal Rossi nella nuova Schio, dove con una messa cantata da mons. Gae- tano Rossi, fratello del festeggiato , ed accompagnata dal- l'orchestra degli operai del Lanifìcio , indi con un solenne Te Deiim resero grazie a Dio del lieto avvenimento. Dalla chiesa di S. Antonio l'onorando corteo , percor- rendo la via maggiore della nuova Schio , passò nel gran- dioso edificio delle scuole Rossi. Là il munifico invitante ogni cosa aveva disposto per rendere più solenne il giorno della comune allegrezza. Un fotografo ritrasse da prima i convenuti, tutti in gruppo ; poi passarono questi nel tea- trino annesso alle scuole, dove i giovanetti, figli di operai, che frequentano le istituzioni Rossi, diedero una piacevole e bene adattata rappresentazione. Finita questa , dodici degli stessi giovanetti , entrarono coi convitati nella sala da pranzo, festosamente parata a drappi bianchi e rossi con corone di verde alloro , e , cantata la benedizione della mensa , musica del maestro Fogliardi su versi eccellenti dello stesso senatore Rossi, il pranzo ^ degno della straor- dinaria festa — fu signorilmente servito , da dodici pre- stanti ragazze, già alunne delle scuole Rossi, ed ora lavo- ratrici nell'opificio. Al levare delle mense brindarono, d'occasione, un mon- signore di Schio ed il senatore Rossi , con caratteristica vivacità. Poi entrarono nella sala cento alunni delle scuole, a cantare un bell'inno in onore del festeggiato ; e alla fine dell' inno , il senatore Rossi distribuì a ciascuno dei coe- tanei un esemplare in argento , del peso di 200 grammi , della medaglia incisa dal Donzelli, e sopra descritta. Non è compito nostro l'esporre qui il dettaglio di tutte 56 438 ALFREDO COMANDINl le manifestazioni di festa e di gioia che circondarono, il 21 nov. 1889, il senatore Rossi ; e notiamo che sono appunto descritte in un fascicaletto , estratto dal periodico Silvio Pellico {TI giubileo operaio del senatore Alessandro Rossi a Schio — Ricordo della memoranda festa del 21 nov. 1889, — Torino, 1889, Giulio Speirani e figli, tipografi-editori). Ma è di nostra competenza il registrare qui la seconda delle medaglie relative a tale festa, e da noi già accennata. Essa è la seguente (Tav. IX, N. 3). 41. Diam. mm. 64. ^ — In alto rilievo, donna laureata, seduta a sin., volta a destra col busto ed a sin. col capo, avente nella si- nistra una corona d' alloro e nella destra un ramo di quercia ; sotto del quale un medaglione portante la testa nuda a destra di Alessandro Rossi. A destra della donna , ruota dentata, e nello sfondo, paesaggio con opificio. Sul basamento, a sinistra: A. Pogliaghi inv. — A. C. INC. Neir esergo , in lambello : Stabilimento Johnson. Milano. 5/ — Nel campo, in tredici linee: AL — SENATORE — ALESSANDRO ROSSI — NEL SETTANTESIMO SVO NA- TALIZIO — QVESTA MEMORIA — I CONSIGLIERI I SIN- DACI — DEL LANIFICIO — CON AFFETTO CON FERVIDI VOTI — CONSACRANO — MILANO -SCHIO — 21 NO- VEMBRE — 1889. Questa medaglia fu offerta al senatore Alessandro Rossi in esemplare d' oro, dai Consiglieri e Sindaci del Lanificio che dal benemerito senatore Rossi prende nome, e la cui sede amministrativa è in Milano. La medaglia fu modellata dal pittore A. Pogliaghi, e incisa squisitamente dall' A. Cap- puccio ; fu coniata nello Stabilimento S. Johnson di Mi- lano, rimanendone i coni di proprietà dei committenti consiglieri e sindaci del Lanificio i quali , oltre all' esem- plare in oro, pochissimi altri in bronzo ne fecero coniare. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 439 * * Alla fine del dicembre 1889 la città di Firenze festeggiò solennemente il quarto centenario dalla nascita di quel- r eroico e leggendario capitano popolare che fu Francesco Ferruccio. Fuvvi un solenne corteo imponente di sodalizi, non che di Firenze e di Toscana, di tutta Italia, che portò co- rone, in via S. Spirito, alla lapide ricordante la località dove Ferruccio nacque. Poi fu inaugarata una lapide com- memorativa nel primo cortile dello storico Palazzo Vecchio; quindi nel salone dei Cinquecento il professore e deputato Giovanni Bovio tenne una conferenza storica e filosofica; poi festosi banchetti, concerti, ecc. Il Comitato curò, che la commemorazione del 29 di- cembre rimanesse ricordata da una medaglia, la cui inci- sione fu affidata al prof. cav. Luigi Giorgi, di chiara e meritata fama, da questo nuovo lavoro confermata. La medaglia (Tav. IX, n. 1) è la seguente: 42. — Diam. mm. 52. ^ — Busto coricato a sinistra, testa nuda. In giro ai lati : FRANCESCO — FERRVCCIO. Sotto al busto: L. Giorgi f. Il tutto in cerchio di perline. 5/ — Cerchio di perline. Nel campo in otto righe: A — FRANCESCO FERRVCCIO — DELLA REPVBBLICA FIOREN- TINA — VNICO BALVARDO - VLTIMO SOSPIRO - NEL IV CENTENARIO IL COMITATO - XIV AGOSTO — MDCCCLXXXIX. La festa commemorativa, realmente, ricorreva il giorno 14 agosto ; ma per meglio attuarne la celebrazione fu rin- viata al 29 dicembre. L' epigrafe surriferita fu dettata dal prof. Francesco Curzio, presidente del Comitato per le ono- ranze a Ferruccio. 140 ALFREDO COMANDIN] * * * * Qui cessa il novero delle medaglie relative a fatti ed a fasti compiutisi o celebratisi nel 1889. Ma ci rimangono da descrivere poche medaglie, che, coniate nel 1889, sotto questa data si possono tuttavia classificare. Due di queste medaglie portano 1' effigie del generale Garibaldi ; e sono le seguenti : 43. — Diam. mm. 60. ^ ~ Busto di prospetto, testa nuda a sinistra. In giro, ai lati : GIUSEPPE — GARIBALDI. Sotto al busto , ad arco : Gio. Batt. Noto Millefiori. 51 — Corona di due rami di alloro e di palma , aperti in alto , intrecciati e annodati in basso. Nel campo , sovrapposta a disco, e stante suU'annodatura della co- rona. Fama seminuda, ad ali spiegate di prospetto, suo- nante tromba a destra, ed additante con la destra a si- nistra. In alto, nell'apertura dei due rami della corona, stella a cinque punte. 44. — Diam. mm. 30. ^ — Uguale a quello della medaglia precedente ; ma , sotto al busto non si legge il nome delVincisore, 51 — Uguale a quello della medaglia precedente ; 77ia la Fama è gradiente a destra. Questa medaglia, nei suoi due diversi moduli, fu ese- guita in E,oma dal signor Giovanni Battista Noto Millefiori, non incisore, ma soltanto modellatore distinto, addetto allo studio dell'illustre scultore Monteverde. Nell'aprile del 1887 essendo venuto a morire il chiarissimo comm. Demetrio Canzani , primo incisore nella regia zecca di Milano , il ministero per le finanze indisse in E-oma un concorso per la nomina di un successore al Canzani. Al concorso presen- taronsi vari distinti incisori italiani, i quali, come d'obbligo presentarono, modellati in cera, in grande dimensione, una MEDAGLIE ITALIANE DEL 1830 44:1 testa nuda, a sinistra, di sua Maestà il Re, ed una Vittoria alata; più una medaglia in rame già eseguita nelF anno 1888. Concorse anche il signor G. B. Noto Millefiori, modellatore; ed i suoi eccellenti modelli gli valsero la scelta a primo fra i concorrenti; ma non essendo egli incisore e, però non avendo una medaglia eseguita da presentare, si assunse di eseguirne una — e la esegui appunto nel 1889, e fu quella in onore di Garibaldi, sopra descritta e del diam. di mm. 60. Non completamente soddisfatto il ministero per le finanze di questo esperimento, richiese al Noto Millefiori che facesse la riduzione di detta medaglia a metà diametro, valendosi del pantografo esistente nella regia zecca di Roma, ed eseguendo tale riduzione nei locali di detta zecca e sotto la sorveglianza quotidiana di un delegato del ministero delle finanze. Cosi , nel 1889 , il signor Noto Millefiori esegui anche la riduzione — accennata al N. 44, con le leggiere varianti indicate; ma, evidentemente, il lavoro non corrispose alle esigenze del ministero per le finanze, giac- che l'esito del concorso fu dichiarato nullo; ed un nuovo concorso pel posto di primo incisore alla regia zecca di Milano pare debba essere nuovamente indetto prossimamente. * * Un' altra medaglia stata incisa , coniata e messa in commercio nel 1889 è la seguente: 45. — Diam. mm. 70. /B' — Testa nuda a sinistra. In giro, ai lati: UMBERTO I — RE D' ITALIA. In basso , ad arco : Gaetano Calvi DIS. MOD. ED INC. 5( — Nel campo figura simbolica nuda di vecchio lau- reato, seduto su roccia a sinistra e raffigurante il Tevere, appoggiato con la sinistra, tenente il remo, ad otre dal quale scaturisce acqua. Sotto la figura del Tevere, spie- gata , di fronte , con rostro a destra , aquila coronata alla reale, portante sul petto lo scudo sabaudo. A destra, nel campo, le cupole del tempio di San Pietro in Roma; 442 ALFREDO COMANDINI e a sinistra le colonne del Foro e la Grecostasis. In alto, in giro, ad arco: a INTÀIMG-IBILE CONQUISTA. « Neil' esergo, in tre linee, le prime due orizzontali, e la terza ad arco: TELEGRAMMA DI S. M. UMBERTO I — AL SINDACO DI ROMA — IL XX SET. MDCCCLXXXVI. Sulla linea dell' esergo à sinistra: Gaetano Calvi dis. mod. ed inc. Questa medaglia ricorda il telegramma cLe, il 20 set- tembre 1886, nella ricorrenza del sedicesimo anniversario, dall' entrata delle truppe italiane in Roma , fu mandato dal Re Umberto I al sindaco di Roma, e che, per le parole Roma conquista intangibile , fu accolto con grande favore dalla pubblica opinione, e, come propose il deputato Luciani, fu consacrato in varie medaglie, ultima venuta delle quali quella che qui abbiamo descritta. Di questa medaglia furono finora eseguiti dal cav. Calvi pochissimi esemplari in bronzo. Un esemplare in argento fu inviato dal cav. Calvi a Sua Maestà, e fu collocato nel gabinetto numismatico di Corte, facendo Sua Maestà signi- ficare i propri ringraziamenti all'autore con lettera del ministro Visone in data 3 dicembre 1889. * * * Altra medaglia — che si può dire dedicata ad Ales- sandro Volta — coniata nel 1889 è la seguente: 46. — Diam. mm. 50. ^ — Busto , testa nuda a destra. In giro , ad arco : ALEXANDRO VOLTAE NOVOCOMENSI V. C Sotto al busto, nel campo: F. Putinati. 5> — Campo liscio: corona di due rami d'alloro e di quercia. In giro, ad arco: SOCIETÀ' ITALIANA DI ELETTRICITÀ'. Sotto, ad arco, su due linee: PER IL PROGRESSO DEGLI STUDII — E DELLE APPLICAZIONI. Per questa medaglia — la cui leggenda ne dice lo scopo — fu adoperato, pel diritto, il conio inciso dal Puti- MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 443 nati nel 1838 per la medaglia commemorativa della inau- gurazione del monumento ad Alessandro Volta in Como. Tale conio, posseduto dal municipio comense, fu adoperato già, un'altra volta, per la coniazione della medaglia com- memorativa della inaugurazione del monumento a Volta in Pavia il maggio 1878. Nella terza coniazione, del 1889, pare che il vecchio conio abbia alcun poco sofferto; cosicché della medaglia sopra descritta non furono potuti coniare che pochi esemplari. Il rovescio fu eseguito nello stabilimento S. Johnson in Milano. Altre medagliette minori, relative al 1889, si potrebbero qui descrivere ; ma non hanno, a modesto parer nostro, im- portanza speciale, generale o locale, né per la storia, nò per l'arte. Se i nostri egregi colleghi altre ne conoscono, meritevoli di particolare attenzione — favoriscano segna- larcele. Noi chiudiamo qui il nostro arido e semplice lavoro ; aggiungendo, a complemento della notizia — data nella prima parte del nostro scritto — sopra il medaglione in onore del Rosmini , che l' esimio scultore Gr. Cassina non ne fece eseguire 80, ma solamente 38, di detti medaglioni ; e del modello in legno fece dono al gabinetto numismatico di Brera. Milano, 2 settembre 1890. Alfredo Comandini. LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO (i) Manca sin* ora una notizia compiuta delle monete ap- partenenti al Ducato napoletano. Nel secolo trascorso ne parlarono il Tutini (2), il de Pietri (3), il Capaccio W, e pa- recchi altri, tra i quali più ampiamente il Muratori (5). Ma la scienza numismatica faceva allora le sue prime prove nella parte medioevale, e gli esemplari sui quali si volge- vano gli studi erano ancora scarsi di numero, spesso logori troppo, e a volta falsi ; cosiccliè facilmente si cadde in er- rore, o si trascese a supposizioni immaginarie, come quando in cambio di NEÀTTOAIC, si lesse nel rovescio d'una moneta NEATTOAITnN,e quando si ritenne genuino lo strano bronzo che battezzava per Apostolo s. Gennaro (6). Tuttavia quei primi tentativi non rimasero infruttuosi. D' allora sino ai nostri giorni , altri attesero con indagine (1) Quest'articolo fu pubblicato per la prima volta iìqìV Archivio Storico per le Provìnce Napoletane. Anno XIV, 1889, fascicolo III. (N. d. R.). (2) Memorie della vita, miracoli e culto di S. Gennaro martire. Na- poli, 1633, pag. 86 e seg. (3) Historia Napoletana. Napoli, 1634, L. I. (4) Hist. Neapolit. L. I. (b) Antiq. Ital. Med. Aevi. T. II, Diss. XXVII. In generale gli altri tol- sero occasione di parlarne a proposito deirimmagine di S. Gennaro messa sulle monete, restringendosi a pochi cenni, come fecero il Caracciolo , De Sacr. Eccl. Neap. Monum. C. 25 ; il Falcone , Vif. S. Genn. ; Girol. M.* di S. Anna, Istor. della vita, ecc. di S. Genn. Pag. 455-456 ; il Mazzocchi, De Episc. Neap. e I'Ignarra, Opuscula Rece^isio Actorum S. Januarii. (6) A giudicare quanta poca cura ponessero nell'esame, basta porre a confronto i diversi disegni, per lo più immaginarii, che si riprodussero delle stesse monete. Cf. Tutini, Op. e. Muratori, Op. e, ecc. 416 ARTURO G. SAMRON più paziente allo studio delle monete medioevali dell'Italia meridionale, e si giovarono della scoperta d' esemplari più perfetti e sicuri, e li tolsero ad esame con acume maggiore di critica. E , oltre al libro del Vergara sulle Monete del regno di Napoli, vanno ricordate con pregio più o meno di lode, le Illustrazioni del Diodati sulle Monete che si nomi- 7io.no nelle Costituzioni^ le Tavole di monete del Reame di Napoli e Sicilia del Fusco, la monografia erudita dello Spi- nelli sulle Monete Cufiche, e quelle più speciali e recenti sulle Monete di Giustiniano II del Corderò di Sanquintino, del Lazari sulle Monete d^ Abruzzo, e dell'Engel intorno alla Numismatica e alla Sigillografia dell'epoca Normanna (7). Ma ancorché queste ed altre simili opere abbiano svelata una messe abbastanza copiosa di monete sconosciute , ed abbiano descritte con maggiore verità quelle già note, assai rimane a fare. Parecchie monete furono trasandate, o ven- nero a luce dopo , di altre non fu ben definita l' apparte- nenza; e in generale si sente il bisogno di un' opera com- plessiva che, ordinando ed illustrando la monetazione dei varii Stati e dei dinasti, che durante la media età sursero e dominarono nella regione meridionale d' Italia , ne dia un'idea compiuta. Come contributo ed apparecchio a quest'opera di mag- gior lena, io mi propongo ora di raccogliere i tipi e di dar notizia delle monete del Ducato napoletano, che, tra quegli Stati, ebbe anch'esso un glorioso periodo di vita; ben lieto di poter aggiungere alla cognizione dei più comuni esem- plari, quella di altri meno imperfetti , o ignorati in tutto. (7) A queste, e alle minori opere dei tre Fasco, del Promis , Tavole sinott. delle monete battute in Italia dal sec. Vili in poi-, del Tonini, Appunti di Numismatica, ecc. e di altri, vanno aggiunti i Cataloghi delle Collezioni del Museo di Napoli del Fiorelli. I,E MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 447 La prima serie delle monete Ducali, che comprende i bronzi improntati in Napoli al tempo in cui la città tro- va vasi in una diretta dipendenza dall'impero Bizantino, s' inizia poc' oltre la metà del settimo secolo. Ormai può ritenersi con certezza quello che il Corderò di Sanquintino avea intravveduto (8), cioè, che 1' antichissima zecca Napo- letana si riapre quando l'imperatore Costante II, venuto ad assalire i Longobardi di Benevento , fece breve dimora in Napoli. Per modo che la rinnovata monetazione si riscontra ed a ragione in un fatto memorabile, quale fu l'istituzione d'un primo Duca, Basilio, posto al governo della città tra il 661 e il 662 (9). Le monete di questa serie, almeno quelle che avanzano, cominciando da una data anteriore al 668 (10)^ vanno fin quasi alla metà dell' ottavo secolo. E il Sabatier ne anno- vera due di piccolo modulo , tra le Bizantine (H) ; 1' una con l'immagine di Costante II, l'altra con quella di Giusti- niano II, le quali recando al rovescio la sigla N€, lasciano intendere che furono battute in Napoli. Però va notato, che nell'opera del Sabatier i tipi delle due monetine Na- poletane non furono riprodotti con esattezza scrupolosa. (8) Delle monete di Giustiniano II, (Meni. delV Accad. delle Scienze, Torino, Serie II, 1845), (9) Gap ASSO, Monum. ad Neap. ducat. Hist. pertin. T. I, pag. 30. (10) In quell'anno morì Costante II. (11) J. Sabatier, Description generale des rnonnaies Byzantines depuis Arcadius jusqu'à la prise de Constant inopie par Mahomet II. Paris 1863. Fra le carte del Fusco, che sono raccolte nella Biblioteca di San Mar- tino a Napoli, A'i sono alcune note sulle monete del Ducato Napoletano ; e in una è detto, che nel suo medagliere domestico si conservava una moneta di Giastiniano I assai consunta della specie dei follari, segnata al rovescio con le siglo NEAP. Ma il dotto uomo dove essersi ingannato a causa delle lettere dolete, e la leggenda sarà stata forse THE^P che spesso si legge sui follari di quoirimperatore. 448 ARTURO G. SAMBON Anzi , raffrontando V originale moneta di Giustiniano II al disegno a stampa, si vede che il disegno fa abbellito se- condo un tipo d'immaginaria perfezione che n'alterò il ca- rattere. Ed io sospetto che nemmeno l'interpretazione delle leggende sia stata fatta sempre con diligenza, perchè non m'accadde mai nei molti esemplari leggere intere le parole DN ivsTiNiAN chc il Sabaticr lesse in una delle dette mone- tine, e perchè nella sua opera non mancano altri esempì d'arbitraria interpretazione. Oltre le due riferite dal Sabatier, ne rimangono altre di tempo posteriore annotate dal Corderò di Sanquintino in una inedita Tavola di monete napolitane , posseduta dal professor Luppi di Milano, ed altre della mia particolare collezione. Cosicché, per questo periodo, le monete Ducali di Napoli, conosciute sino adesso, sono in tutto dieci ch'io classifico a questo modo: COSTANTE n. (641-668). 1. V2 Follis {20 nummia) (12). Rame, Peso gr. 2,36. (Colle- zione Sambon). ^ — Effigie dell' Imperatore con lunga barba, di pro- spetto: nella sinistra ha un globo crocigero: uno scet- tro nella destra. 9/ — L' area è divisa da una sbarra orizzontale ; al di sopra, il numerario XX; disotto, la sigla N€. (Tav. X, N. 1). 2. Rame. - ^ — CONST .... Busto dell'Imperatore, di prospetto. (12) Il folh'Sj moneta dì rame deirimporo Bizantino, prendeva nome dai sacchetti di pelle folles , nei quali si riponeva. L'unità di questa moneta era il numrnus, e quindi si avea il follis multiplo massimo di 40 nummi, il cui valore (da Anastasio sino a Michele m) era indicato con le cifre M, o XXX, XL. Il Va di folliSf nummi 30, col A xxx. Il V2 > nummi 20 col K, XX. H DecanummOf col 1 x. Il Pentanummo, col € V. Il numrnus coli 'A, LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 449 9/. — Simile al precedente; se non che, al di sopra del numerario, v'è una crocetta (13). 3. Rame, ^^ - b SOD Busto di prospetto: globo crocigero nella destra. ^ — Simile al num. 1. La cifra numerica è però rap- presentata in modo che gli estremi del secondo x si riattaccano a quelli dell'altro (14). (Tav. X, N. 2). 4. Rame. Peso gr. 1,13. (Coli. Sambon). ^ — L' istessa moneta anepigrafe. Varia soltanto la foggia del vestiario. (Tav. X, N. 3). 6. Rame, Peso gr. 1,75. (Coli. Sambon). ^ — Busto imberbe, di prospetto: globo crocigero nella destra. 5I — Numerario xx: sotto una sbarra, le sigle N€ (Tav. X, N. 4). 6. Rame, ^' — €N TOY .... Figura ritta delPImperatore. Sostiene colla destra una lunga asta con una croce : nella sinistra ha un globo crocigero. 5» — Indizio del valore K con tre crocette, una disopra, e due ai lati: sotto alla sbarra orizz. la sigla N6 (1^). (Tav. X, N. 5). 7. Rame. /B' — . . . . Doe Busto di prospetto dell'Imperatore. 9^ — Numerario xx: sotto alla sbarra orizz. À9N (1^). (Tav. X, N. 6). (13) Sabatier, 0. e, (14) Sanquintino, Tav. cit, (15) Idem, idem. (16) Fusco, Disegni. 450 ARTURO G. SAMBON GIUSTINIANO II. (685-695 705-711). 8. V2 Follis, Rame. ^ — DN IMSTINIA Busto di prospetto dell'Imperatore. 9» — XX : sotto una sbarra orizzontale la sigla N€ (1'^). 9. Rame. Peso gr. 1,52. (Coli. Sambon). /B' - IUTI Busto di prospetto: globo crocigero nella destra. 1^ — Simile al precedente. (Tav. X, N. 7). LEONE III. (716-741). 10. V2 FoUis. Rame. ^^ — ND L€0 Busto imberbe e di prospetto dell'Imperatore: globo crocigero nella destra. 91 — Numerario xx: sbarra orizzontale e sigla N€ (^S). (Tav. X, N. 8). Come scorgesi a prima vista, queste monete sono nel maggior numero anepigrafi, o portano a leggenda un ODO, un I^TI, ed altri tali segni indecifrabili. Or la mancanza, o l'enigmatica alterazione delle sigle, io non credo che sia da attribuire ad imperizia dello zecchiere. Non lo credo perchè, mentre viene omesso o confuso il nome dell'impe- ratore, si pone grande diligenza a segnare le iniziali della zecca; e perchè, mentre da un lato si toglie importanza al dritto della moneta, si dà maggior rilievo al rovescio, dov'è scritta NEATTOAIC. E per di più si aggiunga, che assai spesso lo stile di queste monete è abbastanza corretto, e spesso (17) Sabatier, Op. e. (18) Sanquintino, Op. e. LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 451 migliore quasi di quelle battute a Costantinopoli. Una con- simile disfigurazione della leggenda imperiale, si riscontra anche nelle prime monete dei Principi Beneventani, i quali imitando e contraffacendo il soldo bizantino con successive e graduate alterazioni, s'arrogarono il dritto di zecca, sot- traendosi con quelle mendaci apparenze alle rappresaglie elle una più manifesta usurpazione avrebbe potuto provo- care. Come segno quindi dell' ambita indipendenza, essi guastavano e confondevano le lettere del nome imperiale, affinchè al confronto meglio apparissero le iniziali del nome loro ; e non è improbabile che lo stesso sia avvenuto a Napoli, non potendo altrimenti spiegarsi questa anomalia che fa contrasto alla serie numerosa delle monete prodotta dalle zecche di Roma e di Ravenna, sulle quali, ancorché a volta ne sia barbaro e sconvolto il tipo, si legge sempre chiaramente il nome dell' imperatore (19). Solamente , attra- verso le fìtte tenebre che oscurano la storia dei quindici Duchi che si successero a Napoli, non è possibile indagare quali tra essi, sforzandosi a rendere meno visibili i segni di dipendenza verso la corte Bizantina, diedero ardire agli altri di procedere a più audaci tentativi, e di apporre il loro nome sulle monete. II. La seconda serie della monetazione napoletana ha il carattere d'assoluta autonomia, e s'inizia con un singolare mutamento, perchè all'immagine imperiale, vien sostituita quella di s. Gennaro. Io so bene, che queste monete, anche perchè coniate a sbalzi di tempo, al giudizio di alcuni, parvero piuttosto (19) Di Roma si conosce solamente una monetina quadrata anepigrafe, sulla quale manca il nome imperiale, ma lo stile n'è cosi rozzo, che non può darsi alcun valore a quella omissione, 452 ARTURO G. SAMBON medaglie commemorative e religiose (20). Ma assai altre mo- nete medioevali, al modo stesso s'improntano dalla protome dei santi patroni delle città; e d'altra parte, ammesso pure, quantunque sia poco credibile, che gli esemplari posseduti sin' ora, rappresentino tutta intera la serie delle monete autonome ducali, ninna prova negativa può dedursi dall' in- terrotta coniazione. E noto pur troppo clie i rapporti di dipendenza tra le città di Campania scampate alla conquista longobarda, e l' impero Bizantino, furono sempre mal defi- niti e mutabili. E che assalite da ogni parte, e costrette a schermirsi con deboli forze tra nemici potenti, fu per esse necessità d'acconciarsi ai casi variabili di fortuna. Onde Duchi e Consoli, secondo gl'interessi del momento, e se- condo che declinava o rialzavasi il dominio greco in Italia, or s'atteggiarono a dinasti indipendenti, ed ora accettarono e richiesero titoli d'imperiali ministri. Non è dunque me- raviglia se, in mezzo a questa alterna vicenda, a volte apparve e a volte spari dalle monete il nome dei Duchi Napoletani, cosi come v'apparve e ne spari l'immagine di s. Gennaro. Quanto a questo simbolo narrano, che in tempo assai remoto, i cittadini atterriti da un incendio spaventoso del Vesuvio, invocassero la protezione del martire Vescovo, e che smorzate per miracolo le fiamme, ut Deo gratias agerent et monimentum beneficii posteris commeìidarent per Theo- critum ducem numismata cum imagine sancii Benefactoris ciiderunt (21). Però gli agiografi non s'accordano intorno r anno dell' incendio , e il singolare nwìiisma, impresso (20) In sanctorum honorem potius cusos, quam ut per manus ad mer- ciinonios traderentur. Capacii, Op. e, pag. 271, e lo stesso dicono tutti i biografi del Santo. (21) Narratiuncula site Homilia de Vesuviano incendio, in calce all'apo- grafo greco della vita di S. Grennaro, intorno al quale v. Capassó, Op. e, pag. 36 e seg. La moneta sarebbe stata coniata nel 685, ma allora era duca Stefano e non Teocrito. Altri pongono Tincendio del Vesuvio e il miracolo in tempo anteriore. LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 453 come dicono a rammentarlo, e riprodotto in più libri, si scopre una postuma impostura (22). Ben altro significato ebbe la protome di s. Gennaro sulle monete, e in tempi meno lontani vi comparve. Quando il furore iconoclasta di Leone Isaurico com- mosse l'Italia e vi destò il primo sentimento di nazione, Napoli fu l'ultima ad insorgere; anzi dalla città partirono armati ad offesa del Papa, e non si volle ammettere dentro le mura l'eletto vescovo Paolo, quia fune Parthenopensis populus polestaii Graecorum favebat (23). Ma infine i pri- mati, uno Consilio, unoque consen'su, si scoprirono anch'essi avversi alla detestabile altercazione delle iimnagini, e il Duca Stefano secondò quel moto d'indipendenza, e fece ren- dere al Pontefice i patrimoni della Chiesa Romana confi- scati presso Napoli; e, allorché Paolo venne a morte, fu egli stesso consacrato Vescovo nel 767. Tra quegli anni dunque, quando la prima volta sollevaronsi i primatcs Nea- politani, e quando tornò in onore il culto delle sante imma- gini, quasi a protesta del divieto che le avea proscritte (24)^ deve credersi battuta la moneta, che reca la figura di S. Gen- naro, della quale rimangono i tre seguenti esemplari (25): (22) La Narraiiuncula dico che sulla moneta fu impressa da una parto la prolomo del Santo e la scritta '^Yto? è lavo- Acio?, Santus lanuarius^ dall'altra AoTpiut)]? r^i; itóXeo)? ano toj re pò;, Liherator Civiiatìs ah igne. Poro noiresompJaro della moneta odit.i dal Tutini, Op. e. al dritto si leggo Apostohis lanuarius, ondo il Muratori, riproducondola, confossa cho la spiegazione di quel titolo divinari nondum potui. E giudicando dal carat- tere corsivo della scritta greca improntata nel rovescio, e dagli accenti elio la sognano, suppone, come suppose anche Stilting, Act S. lanuar. et soc, cho fosso opera di tempi posteriori; e si può aggiungere cho fu opera di falsarli. Il Fusco, nello carte citato, dubita anch'egli della voracità della moneta; ma non osa bandirla. (23) loHAN, Di(w. Gesta Epis. Neap. ed. Waitz Mon. Genn. Hist. n. 41. (24) A conforma di questo fatto s'aggiungo un'altra testimonianza, cioè quella dei suggelli del Vescovo Paolo, e del Vescovo Duca Stefano conser- vati nel Museo Nazionale di Napoli. In entrambi si vedo l'immagine di s. Gennaro con la scritta pauli episc — scs ianovari — stephani episc — scs lANUARIUS. (25) Sono tutti di ramo, e sì conservano nella Colleziono Sambon. La P pesa ^r. 1,92, la 2* gr. 1,85 e la 3* ^r. ],75. 53 451 ARTURO G. SAMBOX 1. 7, Foìiis. ^^ — se lANO Busto del santo col libro degli Evangeli. ?( — + NEA - nOA - IC (Tav. X, N. 9). 2. (D" — Altro di tipo diverso — $ |AN IJ/ — Simile. (Tav. X, N. 10). 3. /ly — Altro di modulo più piccolo e di tipo anche di- verso — SCS lA yl — Simile, ma senza croce. (Tav. X, N. 11). D'allora, simbolo insieme della religiosa e della poli- tica riscossa, l'immagine del Martire venerato riapparve sulle monete ogni volta che i Duchi riuscirono ad affer- mare i diritti della loro autonoma sovranità ; ed a renderne più apparenti i segni, posteriormente essi v'aggiunsero le iniziali del loro nome. Le monete più antiche del secondo periodo di questa serie, sono quelle che portano impresse le lettere S T, le quali, messa da banda l'ipotesi di chi, credendole mistiche sigle, vi lesse Sanata Trini/ as o Saliti is Tropheiun (26)^ ad- ditano certamente il nome di Stefano. Però i moltissimi esemplari che ne rimangono sono diversi per tipo. E da una parte il numero, dall'altra la varietà, danno motivo a due quistioni, cioè se ad un solo o ad entrambi gli omo- nimi Duchi, debbono attribuirsi; e come mai, posto che al tempo d'un solo vennero battute, fu possibile quella diver- (26) La prima intorpretaziono è del Totini , la seconda del Muratori , che certamente la ricopiò dal Caracciolo, Op. e. E forse si persuasero a dare alle lettere un sacro significato, vedendole tramezzato da una croco; ma anche sullo monete Beneventane di Grimoaldo, Sicone, Sicardo, Eadelchi, e su quelle Salernitane di Siconolfo, si vedono le lettere iniziali del nome di quei principi divise da una croce. Assai strano fa Terrore del Sabatier che mutò la scritta siano st in scoxstct (Cartagine). Op. e. LE MONETE DEL DUCATO NAPOI ETANO 455 sita cosi grande di stile, per cui dagli esemplari coniati con arte discreta, via via si discende a rozze e goffe imi- tazioni. Quanto alla prima quistione, il dubbio da risolvere è tra il duca Stefano, che resse dal 758 al 789, e il nipote di lui ch'ebbe il medesimo nome, e governò dall' 821 all' 832. E i molti anni del dominio del primo darebbero buon fon- damento ad asserire, che al suo tempo furono diffuse pa- recchie emissioni di monete con mutabile tipo. Però questa ipotesi è sino ad un certo punto probabile. Disdetta l'obbedienza ai decreti iconoclastici, il governo del Ducato di Napoli assunse più libere forme. Ma pure allentandosi i vincoli esterni di sudditanza, non s'infran- sero ; o almeno non s' infransero a lungo. E anche quando Stefano I ebbe riunita alla ducale potestà quella vescovile, destreggiandosi accortamente tra Roma e Bisanzio, man- tenne il culto delle immagini, e insieme anche certe appa- renze d'ossequio verso l'Imperatore (27). Or questa accorta ed ambigua condotta toglie il sospetto che, oltre alle mo- nete coniate nei primordi della riscossa con l'impronta di S. Gennaro e la scritta NGAnOAIC, finché visse quel Duca, siano state battute tutte le monete autonome che portano il nome di Stefano. Sembrerebbe perciò più verosimile attribuirle a Stefano juniore, ove si tenga conto delle condizioni storiche. Dopo che i primates della città s'arrogarono il dritto d'elezione, i Duchi furono prescelti, quasi ereditariamente, nella fami- glia del vecchio Stefano sino all'anno 818. Però, morto An- timo, cominciarono anche altri a pretendere a quella dignità; e allora, crescendo le discordie e le contese, il governo fu (27) I legami rimasti tra Stefano I e la corte imperiale d'Oriente si deducono dalle lettere di papa Adriano I e specialmente dalla 65^ Coà. Caroliti.^ scritta tra gli anni 777, 778. Il Pontefice si duole perchè i nefan- dissìmos NeapoUfanos et Deo odihiles graecos ad istigazione di Arechi duca Beneventano, avevano invasa Terracina. E altrove {Epis. 88, 92) parla di due Spatarii, che venuti da Costantinopoli, e accolti dai Napoletani cum signis et imaginihus... cum Stephano episcopo... tractaverunt. 4&t3 AllTURO G. saMboN s accessi vamente ridato in mano degl'imperiali ministri, Teotisco e Teodoro, venuti dalla Sicilia con titolo di Mae- stri dei Militi. Ma quella mutazione subito increbbe; i fautori del dritto ereditario soUevaronsi, sbandirono Teo- doro, acclamarono l'anno 821 il nipote del seniore Vescovo- Duca. E questo secondo Stefano, apertamente ribelle ai Greci (28)j si può intendere che a ragione imprimesse il nome suo sulle monete. Non pertanto questa deduzione, che ha molta apparenza di vero, non basta a sciogliere l'enigma maggiore. Il Fusco raccolse sino a quaranta esemplari delle monete di Stefano con tipo più o meno dissimile (29), e anch'io ne posseggo buon numero di conio diverso, e a volte assai strano. Il tipo originale e più corretto è il seguente: Rame, gr. 1,61 (Collez. Sambon) (30). (B' — Effigie di S. Gennaro tonsurato, in abito episco- pale, con la scritta SCS lÀN. 9* — S T divise da una croce su due gradini. (Tav. X, N. 12). Le altre sono di stile meno corretto, e in parecchie fra queste i contorni della figura del Santo, allargandosi, con- torcendosi, confondendosi, alterarono il disegno, per modo che il cocuzzolo raso del Vescovo martire prese foggia, o di un nimbo, o di un berretto a punta o spianato ; e il pi- viale si cangiò in un intrigo indefinibile di linee. E peggio ancora, in alcune le letfcere dell'epigrafe, furono in parte trasandate, o capovolte e impresse a rovescio, e perfino mu- taronsi nello sgorbio indicifrabile, che apparisce al nu- (28) Un argomento a provare che la sovranità greca fu allora, almeno di fatto, sconosciuta a Napoli, può trarsi dal vedere che nell'ostinata guerra combattuta durante il ducato di Stefano II, tra Napoletani e Longobardi, non si accenna mai all'intervento dei Bizantini. (29) I disegni di questi varii esemplari, raccolti dal Fusco in due Ta- vole rimaste inedite, si conservano presso il prof. Luppi in Milano. (30) Le altre al n. 13, 14 e 15, della stessa Collezione, hanno presso a poco ristesso peso. LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 457 mero 16 della Tavola X (31). Come dunque spiegare questa moltiplicità e varietà di tipo? Come persuadersi d'una cosi evidente differenza di stile, durante un periodo d'appena dieci anni assegnati al governo di Stefano II? Il primo sospetto ohe viene in mente è quello di una contraffazione. E confesso, che rammentando come i Mu- sulmani usarono a volta, per ragione di traffico, foggiare le altrui monete ; e che di fatto foggiarono i foUari anonimi bizantini attribuiti a Tzimisce, i quali col loro simbolo di pace, per essere estranei agli odii religiosi, avevano facile corso negli Stati dell'Italia meridionale (32)^ quasi mi per- suasi, che le più goffe imitazioni delle monete di Stefano fossero uscite dalle zecche Saraceniche. Ma pur troppo il sospetto si dilegua, quando si consi- dera che a dargli ombra di possibilità, bisognerebbe im- maginare che i Musulmani di Sicilia cominciassero a mo- strarsi sul continente in un tempo anteriore a quello indi- cato nelle storiche tradizioni, o che dopo la morte di Ste- fano II, durante una serie d'anni assai lunga le sue monete rimanessero in uso nei commerci. E anche consentito questo, resterebbe a provare, perchè valesse la pena di contraffarle, che quelle monete di rame avessero importanza tale da es- sere accettate nei traffici degli altri Stati. Or dei tre fatti immaginabili, l'uno è smentito dai ricordi unanimi dei cro- nisti, e agli altri due manca il sostegno di qualsiasi indizio anche lontano, anzi vi si oppongono tutte le notizie che abbiamo sulla circolazione delle monete che furono in uso allora. La più probabile soluzione del quesito non pertanto è quella di attribuirle al secondo Stefano; perchè, a parte le mal note ragioni che hanno potuto contribuire a trasfor- marne il tipo più corretto in un tipo più rozzo e contraf- fatto, non deve destar meraviglia 1' imperizia degli artefici • (31) Peso gr. 2,76. (Collezione Sambon). (32) Qaesti follavi circolano anche fra gli Arabi, e alcuni se ne veggono improntati da una contromarca con la scrittura buono in caratteri cufici. 458 ARTURO G. SAMBON e la decadenza dell'arte, quando si rammenti in mezzo a quali vicende burrascose visse quel Duca, e come la sca- dente coltura apparisca anche nelle scritture del suo tempo, e perfino nel barbarico epitaffio che si legge sul suo se- polcro (33). Bellissimi invece al paragone sono i due tipi della moneta di Sergio : 1. Follis. Rame, Peso gr. 7,74 (Coli. Sambon). ^^ — Ai lati: SERGIV DVX Effigie del Duca con abiti gemmati e berretto ducale : nella destra lunga asta con croce: nella sinistra globo crocigero. :^ — Ai lati : SCS lANV Busto tonsurato di S. Gennaro che poggia la destra sul libro degli Evangeli. (Tav. X, N. 17). 2. Rame, Peso gr. 7,14 (Coli. Sambon). Altro consimile ma di stile diverso con una stella al disotto della mano che sostiene il globo (34). (Tav. X, N. 18). Non è facile indovinare a chi tra i sette Duchi ch'eb- bero il nome stesso s'appartenga quel follaro. Lo Spinelli e il Corderò di Sanquintino s' accordano ad assegnarlo a Sergio II; ma il Lazari non sa proprio decidersi ne per quel Duca, nò per alcun altro. E prima vorrebbe attribuirlo a Sergio IV, pur dubitando a che ad uno dei tre successivi (33) V. De Meo, Ad an., che però lo crede dubbio. (34) Il Muratori, Op. e, ricorda un altro esemplare diverso e inesso Tef- figie di S. Gennaro non ha nimbo ed invece ha la barba. Ne fa cenno anche riGNARRA, Oj). e. il MAZZOCCHI, Op. c. osserva, che a Sergii ducatu coepit lanuariiis exprimi annosior et cum modica barba, siciiti in Micsivo S. Mariae de Principio videtur. Ma evidentemente la moneta è apocrifa. Quanto poi alla sigla, sis che si scorgo in petto alla protomo del Santo, pare cho abbia a leggersi s. ianuarius; ed io suppongo che la sigla dovea essere nel busto d'una statua del Santo, che fu tolta a modello nell'impronta della moneta. LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 459 omonimi non convenga n ; e poi inchina a concederlo all'ul- timo dei Sergi. Cioè al settimo, ch'egli a torto diffama, giu- dicandolo un u vile che nel 1137, atterrito dai trionfi del re Ruggiero^ se gli dichiarò vassallo, e si fece ammazzare per lui, acciocché aggiungesse Napoli agli altri suoi Stati (S5). Eppure un raffronto, non fatfco da altri, basta a togliere ogni incertezza. Chi guarda l'atteggiamento dell'effigie, le vesti, i simboli dell'asta e del globo, e la stessa disposi- zione dell'epigrafe nella moneta di Sergio, la riconosce con- forme in tutto al Follis del bizantino Teofilo 0^6). Deve cre- dersi dunque che l'imitazione venne fatta da un Duca vis- suto al tempo di quell'imperatore, o poco dopo. E questa contemporaneità, o quasi contemporaneità, non si riscontra in altri fuorché nel primo Sergio, acclamato al seggio du- cale circa due anni innanzi alla morte di Teofilo (B"?). E indizii altrettanto sicuri si traggono dalla storia. Dopo l'uccisione di Stefano II, grandi sciagure avevano funestata Napoli; ove, con breve dominio, succeduti tre Duchi, l'ult mo, Andrea (3-3), assalito senza tregua dai Lon- gobardi, e costretto ad allearsi ai Saraceni, era perito per tradimento del franco Contardo (39). Ma tra mezzo a quei pericoli, l'anno 810, eletto Sergio, già conte di Cuma, d'un tratto, quetarono i tumulti nella città, e fuori si respinsero i nemici. Il nuovo Duca, de prosapia procerum ortus, sed longe nobilior mente (4^0)^ rimasto a reggere lo Stato quasi per un quarto di secolo, fondò una dinastia durata fin quando (35) Da Mss. presso il conto Papadopoli. Il De Petris, Op. e. ed altri attribuiscono lo monete a Sergio I, e invece Falcone, Op, e. a Sergio HI. (86) Fu riprodotto dal Sabatier, Op. e. (37) L'elezione di Sergio I è posta nel marzo 810, e la morte di Teofilo noi gennaio 842. Gap asso, Mon. ad Neap. ducat, ecc. pag. 83. (38j Lo Spinelli dà il tipo di un nummo d' oro sul quale, preceduto e seguito da caratteri cufici, lesse il nome di Andrea, Op. e. XXVI. Ma fu lotto erroneamente quel nome, e in ogni modo non potrebbe riferirsi ad Andrea Duca di Napoli, come qualcuno vorrebbe. (39) Chronicon ec. ap. Capasso, Op. e, pag. 83. (40) Vit. S. Alhanas. n. 2. L'agiografo soggiunge clie Sergio era litteris tam graecis quam latinis favorablliter eruditus, ap. Capasso, Op. e, pag. 84, 460 ARTURO G SAMBON durò r indipendenza della sua patria. E mentre egli trami- schiandosi alle gare dei dinasti Longobardi, lottando con essi e contro essi, apprendeva ai successori l'arte di scher- mirsene e d'infievolirne le forze, suo figlio Cesario, oppo- nendo alle offese le offese, spazzava il golfo dai pirati Sa- raceni, scacciavali dal porto di Gaeta, e rivincevali più glo- riosamente in battaglia navale ad Ostia (41). Rare volte nel Ducato Napoletano, apparve come allora una maggiore ope- rosità politica, una maggiore virtù militare. E si può bene immaginare che Sergio, orgoglioso dei trionfi, sicuro della sua potenza, sorretta dall'ossequio dei cittadini, e dall'al- leanza del Papa e degl'imperatori Carolingi (42)^ ardisse, primo fra tutti, segnare intero il suo nome sulle monete, ed im- prontarvi la sua effigie ornata dei simboli fastosi dei Cesari bizantini. Questo lungo e glorioso dominio esclude per me anche la possibilità, che negli anni del suo Ducato siasi coniata moneta col nome imperiale a Napoli, e meno ancora quella che reca le immagini di Michele III il Beone e di Basilio I, ed ha in giro la leggenda MIHÀEL IMPERATOR e BÀSILIVS REX (^^). Il Diruti, che prima pubblicoUa, notando la singo- larità del titolo latino, la giudicò venuta fuori da una zecca dell'Italia meridionale, e probabilmente da quella di Na- poli; e interpretò il duplice titolo d'imperatore e di re come un segno d'opposizione ai titoli che s'arrogavano gl'impe- ratori d'occidente (4i). Onde il sospetto parve certezza al Kunz; il quale, plaudendo al Diruti, e confermando che quel Follis fosse napoletano, soggiunse che bastava porlo (41) Cf. JoAN. DiAC, M. 60. Anast. Bibliot., In Leon IV. Ignot. Casin., Ad an.f ecc. (42) Penes Gregorium, Ro>nanne sedìs Pontificem, ergoque serenissimos viros Lodoicum piissimum... eiusque Sobolem Lothan'wn, invicHssùms Cesarea, fatniliarissimus esset, ìnaximmnque ohtineret honoris locum^ ecc. Vii. S. Athanas., 1. e. (43) Rame. Peso gr. 6,967 (Colloziono Sambon). V. Tav. XI, N. 2, (^14) LiRUTi, Lettera al conte Savorgnano, LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 4GL a confronto coi follavi dei Duchi, e più particolarmente con quelli di Sergio, per restarne convinti (4'^>). Ma pure ammessa la prima ipotesi del luogo della zecca, quantunque assai incerta, si sbaglierebbe assegnandone la coniazione al tempo di Sergio I, perchè in quel tempo sparisce ogni orma di greco dominio nel Ducato; e perchè Basilio fu associato all' impero da Michele nel maggio 868, vale a dire, oltre due anni dopo la morte di quel glorioso Duca (46). Perciò, se mai nel breve periodo in cui i nomi dei due imperatori si trovarono congiunti, il Follis fu bat- tuto a Napoli, lo fu durante il governo del figliuolo di Sergio I, Gregorio (4=7). E pro})abile che allora, quando il franco Ludovico II, richiamato a combattere i Saraceni, più apertamente scopriva il disegno d'estendere la sua sovranità sul mezzodì d'Italia, i Napoletani, sdegnando obbedirgli, s'inducessero ad invocare il nome degl'imperatori Bizantini, per farsene schermo contro di lui (48). E questo fatto ser- virebbe meglio a spiegare il titolo inusato di REX che si legge su quella moneta, e che proprio richiama alla mente (45) Strozzi, Dissertaz. sul Museo Bottacin. {Periodico di Numistna- tica e Sfragistica, V. Ili, pag. 242). (46) Basilio venne associato da Michele airimpero il 26 maggio 868, quando già Sergio I era morto nel giugno o nel luglio 865. Capasso, Op. e, pag. 90. (47) Governarono insieme Michele e Basilio al più un anno e quattro mesi sino al 24 settembre 869. (48) Ludovici adventui omnium circurnquaque urhium patuit introytiis. Solummodo neapolitam non est ingressus civitatem. Joh. Diac, n. 64 e Vit. S. Athan. che attribuiscono l'astensione a grazia concessa al pio ve- scovo Atanasio I. Ma offeso dalla contumacia dei cittadini, Ludovico scri- veva più tardi a Basilio di aver mandato contro Napoli populum nostrum ad incidendas arbores, et messes igne creittandas, et hanc ditioni nostrae subdendam, cum Ucet ah olim nostra fuerit et parentibus nostris piis im- peratoribus tributa persolveret, volendo anche che la città si sciogliesse dall'iniqua alleanza dei Saraceni. Chron. Anon. Salem. M. G. H. T. Ili, Scr. 526, L'Amari, (Stor. dei Musul. T. I, pag. 381) ritiene che la lettera sia parafrasi di altra autentica, 59 4G2 ARTURO G. SAMBON le singolari pretese intorno all'uso di quel titolo accampate poco dopo nella corte d'oriente (49). Un viluppo intricato d'eventi s'annodava allora a scon- volgere le signorie dell'Italia meridionale. Contrastavano tra essi i Longobardi, s'astiavano le autonome città della Campania, rinnovavansi gli assalti terribili dei Saraceni. E alle discordie, alle guerre, agli eccidii, tramischiavansi le ambizioni di Ludovico II, le mire di temporale gran- dezza dei Papi, le insidie e gli sforzi dei Greci per ripren- dere le province perdute. Quel contagio di violenze, di perfidie, di cupide brame travolse anche Napoli. Il vescovo Attanasio II, imprigionato, accecato, suo fratello Sergio III fecesi Duca, e come gli altri adoperò le armi e gl'inganni, secondo i mutabili interessi e la prevalenza dei nemici, ora alleato al Papa, ora stretto ai Musulmani, ora affidato in tutto alle sue forze, ed ora disposto, fosse anche per sola apparenza, a riconoscere la greca supremazia (50). E questa vicenda di casi, e di politici maneggi, spiega il conio diverso delle monete, che uscirono dalla zecca di Napoli durante il suo governo. 1. Follis. Rame, Peso gr. 3,823. (Coli. Sambon). ^ — Busto del Duca: ai lati ATHÀ EPS !l^ — Protome di s. Gennaro come nella moneta di Sergio, aggiuntovi il nimbo intorno al capo (51). (Tav. XI, N. 2). (49) Niceta Orifa venuto d'Oriente ad aiutar Ludovico nella guerra contro i Saraceni, al ritorno suscitò cavilli intorno al titolo d'imperatore dei Romani assunto dai Franchi, e al titolo di Basilea, riserbato, dicea, solamente ai G-reci. Chron. Anon. Saler., 1. e. Quantunque il pettegolezzo nascesse dopo, deve credersi che la pretensione fosse già prima surta nella corte Bizantina, e che ora Basilio per faro dispetto ai Franchi s'intitolasse anche re. (50) Attanasio, ch'erasi mostrato avverso alla lega strotta tra il fratello e i Saraceni, sfidando poi le ire del Papa prò turpis lucri comoio tornò ad allearsi ad essi, e s'unì anche ai Greci per combattere i Capuani. (Johan PP, Vili, ep. 227, 265, 270). Erchemp, Chr., e. 43, 41), 60, 71, 72; Chr. Anon. Salern., e. 130, 140. (51) Stranamente il Capaccio, (Hist. Nap. 1. I), crede che il nummo sia stato coniato in onore di s. Gennaro e di Attanasio I, quos sanciissimos hahuit Xeapolis episcopos. LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 463 2. Denaro d'argento, ^ — ^ BÀSIL IMRE Al centro, in forma di monogramma, NEÀPOLI ^ — + SCI lANVARI Al centro croce potenziata su d'un gradino, tra due stelle (52). (Tav. XI, N. 3). 3. Argento, Peso gr. 0,431. (Coli. Sambon). ^ — ^ BÀSIL IMRE Al centro NEÀ ^ — ^ SCI lANVAR Croce tra due stellette. (Tav. XI, N. 4). Dei due denari, inedito è il secondo ; né, credo, clie si sbaglierebbe, ponendone la coniazione tra gli anni 881 e 884, quando i ministri di Basilio rialzavano in Italia il prestigio dell'impero Bizantino, e scacciavano e vincevano i Musulmani. Onde in segno d'alleanza ovvero di pretesa dipendenza, s'improntavano uniti sulla medesima moneta i nomi di Basilio e del Santo Napoletano , e battevasi , forse nella stessa zecca , e certo a memoria delle imprese contro i Saraceni, anche il seguente denaro rinvenuto presso Telese: 4. Argento, Peso gr. 0,935. (Coli. Sambon). ^ — BASILI IMRE nell' area. ^ — SANCTA R-XA (in nesso) j Da leggersi XRISTIANA RELIGIO (53). (Tav. XI, N. 5). (62) Pfister, Monnaie inèdite de Vempereur Basile J.*»* . frappée à Naples en 884 — « Eevue Nnmis. », 1849 e Regio Museo di Torino. (53) Forse a questo tempo sono da riferirsi due sconosciute monete di argento da me possedute. L'una ha al dritto i nomi di basil leo alexan : al centro imps e al rovescio, intorno ad un ramo che sembra spiga, mihael ARHAGEL (Tav. II, N. Q), 6 l'altra al dritto arhan mih : (ivi, N. 7). 464 ARTURO G. SAMBON Fu quasi comune opinione, che d'allora sino all'anno 1278, in cui Carlo I riaprivala, rimanesse chiusa la zecca napoletana. Cosicché ultima nella serie delle monete auto- nome sarebbe stata quella del truce vescovo Attanasio II. Ma è per lo meno inconcepibile il fatto, che non uno degli undici Duchi, i quali dopo lui si successero, ne imitasse l'esempio ; e il non essersi fìn'ora rinvenuta alcuna moneta col nome loro, non è ragione sufficiente per affermarlo (54). Il Fusco asserì d'aver vista una moneta sulla quale era un santo in abito vescovile colle braccia levate in alto, e al rovescio un cavallo frenato. E da quest'immagine del cavallo, che rammentavagli una popolare tradizione, argo- mentò che la moneta fosse stata battuta in oltraggio ai Napoletani, allorché Pandolfo IV, Principe di Capua, riusci a signoreggiare per breve tempo la loro città, scacciandone al centro una croce contornata da quattro punti, e al rovescio la stessa leggenda, intorno al monogramma s imp. La seconda, benché anonima, per la simiglianza che ha con la precedente, deve assegnarsi agli stessi imperatori. Ed entrambe per la forma dello lettore, e il nome deirArcan- gelo Michele, fanno supporre che siano state battute in una zecca Longo- barda dell'Italia meridionale. Ma il nome di Basilio unito a quelli di Leone e di Alessandro, esclude la possibilità di attribuirle alla zecca di Bene- vento, perchè, quando neir891 1 Greci s'insignorirono di quella città, Ba- silio era morto. Una possibile congettura potrebbe essere la seguente. Neil' 881 Gaiderisio Principe di Benevento, scacciato, fuggì presso i Greci, e Basilio rimandoUo in Puglia assegnandogli la città di Oria. Può darsi ch'egli abbia prestato omaggio al greco imperatore, il quale intento a restaurare il suo dominio in Italia, segnando il nome del santo patrono dei Longo- bardi sulle monete, volle affermare la pretesa sovranità sulle loro terre. (54) Non posso tener conto della testimonianza riferita da Engel, {Ee- cherches sur la Numismattque et la Sigillographie des Normands, ecc.) nella quale in una donazione testamentaria dell'anno 923: si logge: post meum transitum ibidem habeat predicta nostra ecclesia prò luminariis, absque iniuria, auri Iremissem unum Neapolitanum. La tremissa, ricordata ivi e in parecchio altre carte, non era una moneta d'oro battuta a Napoli come sembra sospettare il Fusco, ma quel nome s'adoprò con significato generale a determinare le monete d'oro che nella città avevano corso. La formola di eseguire i pagamenti in moneta que tunc andaverit in ista civitate, si trova spesso adoperata in altre carte napoletane del tempo. V. Camera, Importante scoperta del fam. tareno Amalfit. pag. 29 e UO. Lt MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 465 il Duca Sergio IV (55). Però non è possibile consentire all'attribuzione che il Fusco dà a questa moneta, destinata, com'egli crede, col simbolo dell' imposto freno a commemo- rare quell'onta, che una leggenda posteriore d'oltre due secoli attribuì variamente a Corrado IV di Svevia, o a Carlo I d'Angiò (56). Una prova più sicura della non in- terrotta coniazione, sarebbe quella data dall' Engel (57)^ che pubblicò il tipo d'una monetina, la quale al dritto ha la solita effìgie del santo patrono di Napoli in mezzo alle lettere S lA, e al rovescio il monogramma XPS VI XPS RE: 0, come meglio si legge nell'esemplare assai perfetto da me posseduto: XRS VINCE (in nesso) XRS REG XRS I, posto intorno ad una croce chiusa in un cerchio con quattro stelle agli angoli (Tav. XI, N. 8) (58). La minima proporzione, la forma delle lettere, lo stile della figura di questa monetina, accennano all'epoca Nor- (55) Traggo la notizia dalle accennate carte del Fasco esistenti nella Biblioteca di s. Martino, dove è detto che il santo Vescovo potrebbe essere s. Pietro patrono di Capua. Pandolfo s'insignorì nel 1027 di Napoli à Vaide de ceux d£ la cité. Amato, /, 46>, e ne rimase padrone per annos ferme tresj Leo Ostien, //, 58, o come altri scrive, solamente quindici mesi Cron. Cass. ad an. Non si trova nemmeno ch'egli intitolasse i pubblici atti col suo nome. (56) Il CoLLENUccio, 1. IV fu il primo a raccontare, che Corrado IV di Svevia, per vendicarsi della resistenza oppostagli dai Napoletani, volle che si ponesse il freno al cavallo di bronzo ch'era innanzi la loro chiesa cattedrale, e che vi si scrivessero i seguenti versi: Hactenus effrenis, domini nunc paret habenis Rex domai hunc aequus Parthenopensìs equum. Ma la Cronaca di Partenope, compilata intorno la metà del secolo XIV, che raccolse la favolosa leggenda di quel cavallo costruito per opera ma- gica da Virgilio, narra che quei versi furono fatti incidere da Carlo I An- gioino, e. 10, e s'accorda con Eustazio da Matera vissuto nel secolo XIII, che in un poema de pianeta Italie, ora perduto, avrebbe detto lo stesso. V. Capasso, Hist. dipi, Regn. Sic, pag. 51 e 354. (57) Op, cit. (58) Eame gr. 0,555. In questo esemplare della mia Collezione, si vede chiaro non il P greco, ma TK latina formata dal prolungamento dì una delle linee delPX. 466 ARTURO G. SAMBON manna, e l'Engel non esitò ad assegnarla al tempo di Ruggiero II, supponendo che quel re, tra gli altri privilegi, avesse mantenuto a Napoli il diritto di una particolare mo- netazione. Ma è noto che Ruggiero restrinse in limiti an- gusti l'autonomia della città, e tra quei limiti non può immaginarsi che assentisse perfino a vedere escluso il nome suo dal conio delle monete; ne, pur consentendo all'inve- rosimile ipotesi, si giungerebbe ad intendere il significato delle cifre monogrammatiche che a quel nome furono so- stituite (59). Da che Ruggiero aveva ambito unificare nel suo do- minio le divise signorie dell' Italia meridionale, una lotta pertinace s'era combattuta tra i singoli dinasti e il prepo- tente re. E Napoli anch'essa, partecipe a quella lotta, avea opposta resistenza ostinata, avea con eroico valore difese le sue mura, e sovvenuti gli altri ribelli. Finche il suo Duca, Sergio VII, rimasto quasi solo a fronte al comune nemico, e costretto a fargli omaggio, era perito nel 1137 combattendo per lui a Rignano. Ma sparsa la fama della sconfitta di Ruggiero in quella battaglia, Napoli tornava a ribellarsi, e senza eleggere altro Duca, i suoi primates la reggevano per oltre un anno. Ond' io mi convinco, che essi, in quell'estremo respiro di libertà, invocando Cristo vindice e signore, facessero coniare la monetina scoperta dall' Engel che porta in monogramma le mistiche parole XRISTVS VINCIT: XRISTVS REGNAI: XRISTVS IMPERAI (60). (59) Non pare probabile che Knggiero , il quale con terribile edictum proscrisse le Romesine d'argento, che aveano corso nel Regno, sosti tnendovi il suo ducato j e fece battere per proprio conto i tre follari di bronzo, (Falc. Benev., Ad. an. 1140) potesse mostrarsi largo nel concedere il dritto d'una particolare coniazione a parecchie città soggette. (60) Sono noti gli esempì di altre simili invocazioni segnate sulle mo nete, e basterà rammentare la leggenda dello zecchino Veneziano : Sit tibi Christe datus qtiem tu regia iste ditcatus, e quella più famosa della moneta ossidionale di Firenze del 1529 : Jesus, Rex. Noster. Et. Deus. Noster. LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 467 III. Quella dunque sarebbe T ultima moneta autonoma del- l'età Ducale. Però la tradizione della zecca cittadina so- pravvisse ancora a Napoli attraverso le politiche vicende d'un secolo. E se mancano le prove per attestarne la con- tinuità durante il regno di Ruggiero II (61), non manca la certezza, ch'essa a volta a volta, dopo, ridivenne attiva. Ma scarsa troppo è questa postuma serie,, quantunque non sia priva d'importanza. Comincia dal tipo d'uno spez- zato di f oliar Oy che mostra al dritto il capo d'un cavallo, e al rovescio nell' area le sigle R G, con traccia d'altre lettere appresso l' R (62). E queste lettere delete , meglio visibili in altro esemplare (63), foggiandosi dal prolunga- mento della linea finale dell' R, e prendendo forma d'un monogramma che può leggersi REX , danno indizio a clas- sificarla (Tav. XI, N. 9). Chiaramente vi si scorge lo stile del periodo Normanno, e quanto al luogo di coniazione, si può bene assegnarla a Napoli, perchè il simbolo del cavallo non si trova se non in altra moneta posteriore di questa città. Dirò ora come quel simbolo fu congiunto al nome d' un REX G-VILLEL- (61) H Fusco nelle carte citate, argomenta che Raggiere confermasse il privilegio delia zecca a Napoli, da una monetina sulla quale, dice, era impressa da una parte la leggenda roge rex, e dall' altra la protome di un Vescovo, e le parole s atha. Ma niuno vide mai questa moneta, ed è impossibile che all'immagine di s. Gennaro patrono della città se ne sia sostituita altra. Anche Engel, Op. e, n. 49, pag. 40, reca il tipo d'una pic- cola moneta Normanna assai corrosa, e vuole attribuirla a Napoli, imma- ginando che le due lettore visibili siano iniziali di s. ianuarius. Però in parecchi esemplari della stessa moneta esistenti nella mia Collezione, si legge chiaramente s. stephanus, quindi essa deve riporsi tra le altre monete di Ruggiero II che hanno l'effigie del Santo Capuano. Ed io volen- tieri cancello dalla Serie Napoletana questa monetina così brutta, nella quale fu possibile scambiare la testa del re con una pentola. (62) Collezione Colonna. (63) Rame, gr. 0,561. (Collozione Sambon). 468 ARTURO G. SAMBON MVS (^^), che i fatti ci assicurano non poter essere che Guglielmo I. Questi fatti vennero messi in luce dal eh. Capasse con la scorta d' inediti documenti dell'Archivio Vaticano (65), e svelano una pagina ignorata dalla storia napoletana. Quando nel 11B6 signori e città congiurarono e sollevaronsi contro Guglielmo I, Napoli si divise, i magnati parteggiarono per lui, e i cosi detti Mediani o borghesi aderirono ai suoi nemici, sperando in quel subuglio pareggiarsi agli emuli loro, e sopraffarli. Ma poiché il re vinse e punì crudel- mente i ribelli, i magnati, a premio della fedeltà, ottennero conferma dei loro dritti di supremazia {^^), E, ancorché il documento noi dica, è lecito congetturare, che Guglielmo riconcedesse anche alla città il privilegio della zecca, donde a memoria dell'ossequio, venne fuori la moneta che improntò insieme il nome del re e l'insegna che i Seggi nobiliari aveano assunta (67). Io non so dire perché, e quando l'assumessero. Però, lasciando da parte la favolosa origine Virgiliana che la popolare fantasia diede al simbolo del cavallo, assai signi- ficative sono le parole dell'anonimo compilatore della Cro- nica di Partenone, Egli dice che, l'arma della piacza di Capuana era uno cavallo in coloro d*oro senza freno, e che anche la piacza de Nido havia per arma un cavallo nigro pure senza freno (68). Con ragione dunque se ne deduce, (64) Il titolo di REX, precedente al nome di Guglielmo, si rincontra nel Fusco, Tav. di Mon. del Reame, ecc. Tav. IX, n. 6, 7 e 12, e nel- r Engel Op. e, Tav. Vili, n. 5, 6, 19. (65) Il Factum giurato da Sergio, (Arch. Stor. per le Prov. Napol., Tom. IX, pag. 714). (66) Precepit edam ut carta quas mediani rumpere fecerunt... res tauraretur ut a teiere tempore fuerunt. {Ivi, pag. 715). (67) La distinzione dei Seggi, ai quali i nobili erano ascritti, detti anche Sedili, Tocchi^ Piazze, secondo i documenti noti sin' ora e sicuri, non apparisce in epoca anteriore al regno di Buggero IL V. Capasso, Op. e, pag. 721. (68) Cron. di Porteti. Il Collencccio, L. IV, scrive che quel cavallo fu fatto togliere dai vescovi religiosi con li napolitani nell'anno 1322, trasformandone il metallo in campane. E più tardi il Tarcagnota, {Del LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 469 che il cavallo fu tolto ad insegna da quei magnati, che abitando le regioni più antiche di Napoli, s'aveano arrogata dal tempo dei Duchi un'assoluta ingerenza nel governo, e che, come soli rappresentanti della città, contrastavano e contrastarono dopo lungamente, per escluderne le altre classi (69). Cosi per via d'una trasformazione conforme alla diversa qualità dei tempi, il simbolo cittadino si sostituì al sim- bolo religioso, l'effigie del cavallo all'effigie di S. Gennaro; e, con più evidente significato, il nuovo tipo venne impresso sulle monete, allorché per l'ultima volta si tentò di ricosti- tuire la municipale autonomia. Prima che questo avvenisse , un maggior lustro aveva acquistato la zecca napoletana. L' anno 1190 , tra i molti privilegi concessi alla città, il re Tancredi le permise di facere monetam argenti per se (70). Ed io ho per certo che quel privilegio mirò ad ampliare l'esistente prerogativa di battere moneta di rame, e non a farla rivivere, perchè in- terrotta. Ma, a giovarsene, mancò il tempo. L'odio di Ar- rigo VI, e la gelosa cura con la quale Federico II attese a rivendicare a sé i dritti di Regalia , privarono Napoli di quella e di ogni altra franchigia. Perciò la città mostrossi sempre avversa alla Casa di Svevia. E quando Federico soggiacque nella tragica lotta contro il Papato , istigata , lusingata da Innocenzo IV, essa fu tra le prime a ribellarsi ; e nobili e popolo s'accordarono, ordinandosi a Comune. sito e lodi della città di Nap., pag. 64), asserì che la testa di bronzo esi- stente nel palazzo del Duca di Maddaloni, potesse essere reliquia di quel cavallo. Questa testa conservasi nel Museo di Napoli, ed è ora provato che essa fu opera del Donatello. Y. Filangieri, La testa del cavallo di bronzo, ecc. {Arch. Stor. pei' le prov. Napoli Tom. VII, pag. 407). (69) Nel laudo che nel 1338 fu pronunciato da Eoberto d'Angiò per porre pace tra i Seggi di Capuana e Nido, qui gloriantur se esse rneliores, e gli altri Seggi, il re stabilì che una terza parte degli oneri e degli onori dovessero attribuirsi ai primi. Ma le contese si ravvivarono ancora al tempo di Giovanna I. (Summonte, Tom. III). (70) Privilegium concessum civihus Neapolitanis per gloriosissimum dorninum nostrum Tancredum, ecc. Capasso, Op. e, pag. 783. 6o 470 ARTURO G. SAMBON Prezioso monumento della rivendicata libertà, rimane la moneta che ha per tipo : Biglione (Oollez. Boyne, Firenze). ^ — ^ CIVITAS Neil' area chiusa in un cerchio la testa d' un cavallo volta a destra. • 9I — >f< NEÀPOLIS In mezzo una croce, le cui braccia tagliano in quattro parti un cerchio di globetti , e ai cui angoli sono quattro piccolissimi cerchi. (Tav. XI, N. 10). Ch'essa spetti al tempo dell' animosa riscossa , 1' addi- mostra lo stile (71), e lo comprova la parola CIVITAS , in cui s'accenna il tentato mutamento dell' antica repubblica patrizia nel popolare Comune del secolo XIII (72). Né l'esempio di Napoli restò isolato. Sono già parecchi anni dacché il eh. Matteo Camera mise a stampa il tipo d'una moneta che reca, da una banda e dall'altra, la croce chiusa in un cerchio di globetti, ed ha scritto da un lato AMALFIA, dall' altra CIVITAS (Tav. XI, N. 12) (73). L'eru- (71) Si determina l'epoca Sveva paragonandola al denaro di Federico II e Costanza, dal quale fu copiato il rovescio. (72) Napoli, ribellatasi nel gennaio 1251, insieme ad altre città della Campania di Puglia, si sostenne infino al 10 ottobre 1253. Al nuovo go- verno comunale che assunse, accenna il Papa nella lettera del 22 giugno 1251 diretta Potestati Consilio et Comuni Neapolitano, e più apertamente in quella del 13 dicembre, nella quale, accogliendo la città sotto la protezione della Chiesa, conforma le rationabiles constietudines, concede facoltà lilier- tatem assumendis potestatibus et statutis edendi , ed approva le ordina- tiones, che dopo la morto di Federico erano stato fatte inter niilites et pò- polares.... prò bono et pacifico statu ipsius civitatis. Raynal , Ad an. , n. 38, 39, 42. (73) Scoperta del famoso Tareno Amalfitano^ e Mernor. stor. diplom. delVantica città e ducato d'Amalfi. T. I, pag. 174. L'opinione del Camera fu contradetta da L. Volpicella {Arch. Stor. per le Prov. Nap. T. I) e dal Faraglia, Storia dei prezzi in Napoli j pag. 23, n. 3. E anche l'Engel, Op. e, pag. 19, assegna quella moneta al principio del secolo XIII. LE MONETE DEL DUCATO NAPOLETANO 47l dito archeologo giudicò che fosse un esemplare del famoso Tareno Amalfitano, ma essa ha tutto il carattere dalle mo- nete sveve; e il riscontro di simigli anza con la descritta moneta di Napoli definisce il tempo e l'occasione in cui fu battuta (74). Napoli ed Amalfi, che nei tempi più bui del medioevo avevano avuto conforme governo, e gloria e destini comuni, sospinte dalla stessa aspirazione , anche ora in una volta ambirono rifarsi autonome. Se non che, falliti i loro sforzi, venute meno le fallaci promesse del Papa (75) ^ caddero entrambe , ma con sorte diversa. E ad Amalfi rimase il vanto solo del passato; a Napoli invece, divenuta capitale del regno, s'aggiunse nuova grandezza ; e avventurosa anche in questo, ciascuna delle monete che avanzarono della sua zecca cittadina, servi ad attestare un fatto memorabile della sua storia remota. Arturo Giulio Sambon. (74) Oltre quella edita dal Camera, io posseggo una varietà di questa moneta Amalfitana, che si distingue dalla prima, perchè la croce nel centro è accantonata da quattro globetti, e taglia colle braccia il cerchio in cui è rinchiusa (Tav. XI, N. 11). Innocenzo IV nel dicembre 1254, pochi giorni prima di morire, aveva riconosciuta Amalfi come demanio perpetuo della Chiesa , e confermate le sue consuetudines et lihertates. Ma questo non impedì al suo successore d'infeudarla nel seguente mese ai marchesi di Hohenburg. Camera, Meni., cif., pag. 426, 427. (75) Nullum civitati predictae sede apostolica destinato sxibsidium. Saba Malaspina, I, 3. VITE DI LLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI VII. DOMENICO BESTINI Dopo la comparsa dell'immortale Boctrina numorun veterum del sapiente gesuita viennese Giuseppe Eckhel (1792-98 e 1826), anche in Italia, inspirata da quella, sorse una plejade di scrittori, che illustrarono la numismatica classica, e di cui gli astri maggiori furono Domenico Bestini (1750-1832), Ennio Quirino Visconti (1751-1816) , Bartolomeo Borghesi (1781-1860, e Celestino Cavedoni (1795-1865). Domenico Sestini nacque in Firenze il 10 agosto 1750. Fatti i primi studi nelle scuole di S. Marco di quella città, entrò nella carriera ecclesiastica vestendo l'abito dei Chierici Eegolari delle Scuole Pie. Tocchi appena i 24 anni d' età, il 24 settembre 1774, lasciò la casa paterna per darsi alla vita fortunosa de' viaggi, cui lo spingeva con fascino irre- sistibile la sua indole irrequieta e smaniosa di vedere coi propri occhi ciò che doveva formare l'oggetto delle ricerche e degli studi di tutta la sua vita. Dapprima visitò Roma, Napoli e la Sicilia. A Catania il principe Ignazio di Biscari, possessore di una preziosa collezione di oggetti antichi e rari, lo trattenne presso di sé circa tre anni, nominandolo suo archeologo e bibliotecario, e con questo incarico il Sestini diede in luce la Descrizione di quel celebre museo. 474 * e. LUPPi Durante la sua dimora in Sicilia, per naturale inclinazione del suo vario e versatile ingegno, fece pure oggetto delle sue considerazioni, l* agricoltura^ le produzioni e il comìnercio di quell'isola. Indi passò a Malta, poi a Smirne, e nel 1768 giunse a Costantinopoli, dove fu testimonio di una peste fieris- sima, della quale pubblicò in Firenze un'importante descri- zione, di cui giovossi il Gran Duca Pietro Leopoldo per riformare le leggi sanitarie del suo stato. Da Costantinopoli intraprese altro breve viaggio a Cizico, passando per Brussa e Nicea coi figli del Conte Landoff inviato straordinario del re di Napoli alla Porta Ottomana, stampandone poi la relazione a Livorno (Yverdun , 1785) col titolo: Lettere Odeporiche per la penisola di Cizico, Brussa e Nicea , nella quale opera incluse anche una descrizione della Flora del Monte Olimpo, Di ritorno a Costantinopoli il Landoff con- dusse il Sestini nella sua deliziosa villa di Therapia^ affidandogli l'educazione dei suoi due figli. In questa tran- quilla dimora, in mezzo alla campagna, il Sestini scrisse un opuscolo sulla: Coltura della vite lunghesso il mare di Mar- mar a; poi, dopo il ritorno da una gita a Bucarest coi figli dell'ambasciatore, della quale pure stampò una relazione, vi inckiuse una lettera all'avvocato Coltellini di Cortona sulla: Capra d'Angora e le fabbriche di scialli. — Dopo il ritorno da Bucarest (1780), lasciata la casa dell'ambasciatore, il Sestini visse alcun tempo presso il principe Ypsilanti il vecchio, Ospodaro di Valacchia; indi, visitate la Transilvania e l'Ungheria , si trasferi a Vienna , e fatta quivi breve di- mora, pel Danubio e il mar Nero, ritornò a Costantinopoli. Quivi, incontratosi con Sir Roberto Ainslie , ambasciatore d'Inghilterra presso la Porta, cui era pervenuta la fama della dottrina e dell'erudizione del Sestini in tutti i rami dell' archeologia , nonché della sua perizia e competenza nella numismatica, Ainslie diedegli l'incarico di formare per suo conto una vasta collezione di medaglie antiche greche e romane. Sotto gli auspicii, e coi mezzi potenti fornitigli da questo suo nuovo ricchissimo Mecenate, il Sestini, fatte diverse escursioni nei paesi dove più abbondano simili mo- numenti, potè mettere insieme più di diecimila medaglie, DOMENICO SESTINI. VITE PI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 477 la più parte rarissime e allora sconosciute, delle quali non mancò di descrivere e fare incidere in seguito i tipi più rari e preziosi nelle diverse opere, di cui si occupò poste- riormente. Da questo momento, la scienza delle monete antiche greche e romane occupò quasi esclusivamente 1' ingegno e le ricerche del Sestini. In quel turno di tempo, essendo stato nominato Giovanni Sullivan, Presidente della Compa- gnia delle Indie inglesi presso il nahab di Golconda, il Se- stini parti con lui e lo accompagnò fino a Bassora, donde poi pel Tigri, l'Eufrate e il deserto fece ritorno a Costan- tinopoli. Ma tosto neir agosto del 1782 ne riparti e per dieci anni, cioè fino all'aprile del 1792 il Sestini, frammessi brevi intervalli, continuò e ripetè" i suoi viaggi in Oriente. Arduo, per non dire impossibile, in questa nostra compen- diosa biografìa, e di poco interesse al nostro scopo, il ser- bare lo stretto ordine cronologico e geografico di quei viaggi e ritorni , da lui fatti secondo lo spingeva il suo genio, o l'occasione del momento. Basti il sapere che scopo dei medesimi, furono i suoi studii prediletti, fra i quali era principalissimo quello della numismatica; e di fatto, da quei viaggi non mai fece ritorno, senza portare nuove dovizie da aggiungere alle splendide collezioni di Sir Eoberto Ainslie, suo costante e generoso protettore. Nelle sue più o meno lunghe escursioni visitò Aleppo nella Siria, Bagdad nell'Asia occidentale, Cipro, due volte Alessandria d'Egitto, Rodi e Cos presso la costa dell' Asia Minore , la Galazia , Tessalonica , Smirne più volte, la Macedonia, il Monte Santo (Athos) e Fella, la Tessaglia, Lemno, Micone ed altre isole dell'Arcipelago , Eagusa nella Dalmazia. Finalmente nell'agosto del 1791 da Smirne cerca un imbarco per Li- vorno ; sale un vecchio bastimento provenzale , che dopo aver fatto sosta a Tchesmé ed a Scio, naufraga a Navarino nella Morea, onde trovossi costretto retrocedere a Tessalo- nica (Salonicco). Quivi ebbe affettuosa accoglienza dal Sig. Cousinery che gli agevolò il ritorno in patria; atteso pertanto un nuovo trasporto per Livorno, finalmente arrivò in Toscana nell' aprile dal 1792. Il Sestini di tutti i suoi 6i 478 (^. Lurri viaggi scrisse relazioni assai curiose ed importanti , la maggior parte delle quali in epoche e in luoghi diversi furono stampate, e parecchie di esse ebbero l'onore di tra- duzioni in francese ed in tedesco. Nel lungo periodo di quei dieci anni, è facile immaginare , quanto fosse estesa e viva la corrispondenza del Sestini cogli uomini più dotti ed illustri delle più colte nazioni , cominciando da quella col sommo Eckhel e con Ennio Quirino Visconti, corrispon- denza , che si accrebbe ancor più negli anni seguenti. Fi- nite nel 1792 le escursioni del Sestini in Oriente , comin- ciarono quelle per la colta Europa. Percorse di nuovo l'Italia, indi passò nella Germania e in Prussia, dove fece lunga sosta a Berlino e a Carlottemburgo. Il re di Prussia Federico Guglielmo III, ad onorare lo scienziato, e a pre- miare l'insigne erudizione e dottrina dell' infaticabile ar- cheologo, gli concedette una lauta pensione, di cui il Sestini fruì fino a che la celebre vittoria di Napoleone a Jena, 14 ottobre 1806, mise quel re nell'impossibilità di continuare la sua generosa larghezza a chi aveva cotanto illustrato la scienza e le archeologiche discipline. Nel 1810 il Sestini fu a Parigi , e vi descrisse il ricco medagliere del Signor Tovhon ; nel suo ritorno a Firenze , la principessa Elisa Bonaparte, sorella maggiore di Napoleone, creata poco prima dall' Imperatore, Granduchessa di Toscana , lo elesse a suo bibliotecario ed archeologo. Quattro anni dopo , cadute le sorti dei Napoleonidi in Italia, Ferdinando III di Lorena, risalendo il trono granducale della Toscana , trattenne e confermò nella sua carica il Sestini, e per di più lo insigni del titolo di Regio antiquario e di Professore onorario del- l'Università di Pisa. Il Sestini si stabili pertanto a Firenze, che lasciò soltanto l'ultima volta, per recarsi in Ungheria a Hedervar presso Vienna, dove attese a classare e descri- vere il magnifico gabinetto di medaglie del conte Michele AViczay. — Ritornato a Firenze, non si allontanò più da questa sua città nativa. Ora, perchè più agevolmente si possa rilevare l'attività non mai interrotta di questo grande ar- cheologo, anche a riguardo dello studio delle monete , che forma l' oggetto principale delle nostre pubblicazioni , e VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 479 dimostra come, non senza ragione, i suoi contemporanei considerarono il Bestini uomo straordinario e principe dei numismatici della penisola , aggiungiamo la nota cro- nologica de' suoi scritti relativi allo studio delle antiche monete. Il primo suo lavoro intorno a questo ramo di erudi- zione fu la: Dissertazione sopra alcune monete arinene dei principi di Rupen della Collezione Ainslie (Livorno 1790) ; alla quale tennero dietro le Lettere e dissertazioni numis- matiche (Livorno 1789), che furono continuate poi negli anni successivi (in Roma e Berlino in 9 volumi dal 1789 al 1806) ; Osservazioni sopra una medaglia di Europus III re di Ma- cedonia^ e sopra una serie di medaglie di Tolomeo figlio di Juha , ecc.; Descriptio numoruìn veteruìn ex Musaeis Ainsliae, Bellini, Bondacca, Borgia, Casali, Gradenigo, San Clemente, ecc. (Lipsia 1796); le : Classes generales geographiae numismaticae populorum et regiwi (Lipsia 1797, delle quali rinnovò V edizione nel 1821). In questo grande quadro , se non eguaglia la profonda erudizione e la sagacità del sommo Eckhel , è certamente più completo di quello per nuove scoperte di monete. A questa classica opera tennero dietro: le Medaglie del Museo Knohelsdorfflano (Berlino , 1804) ; il Catalogus nwnorum veterum Musaci Arrigoniani, castigatus (Berlino 1805) ; Spiegazione d' una medaglia antica di piombo appartenente a Velletri (Roma) ; Descrizione d'alcune medaglie di gran bronzo del gabinetto delV Abate de Camps, (1803); Descrizione delle medaglie greche e romane della Collezione del fu Benkowitz, (1809) ; Dissertazione sopra le medaglie antiche relative alla Con- federazione degli Acheij (Milano, 1817) ; Monete ispaniche e celtiberiche del gabinetto Heden, (1818); Lettera sul Gabi- netto del Granduca di Toscana (Firenze, 1820); Descrizione di alcune medaglie greche del Museo del sig. Carlo Fontana a Trieste, (Firenze 1822) ; il Museo Hederwariano riordinato e purgato dagli errori del P. Barnabita Felice Caronni , (1822-29, in tre volumi in-4°); Descrizione di alcune me- daglie greche del Museo Choudoir, (1831) ; senza tener conto d'- altre molte pubblicazioni archeologiche aventi qualche 480 e. LUPPI - VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI attinenza coll'antica numismatica. Oltre le riferite opere stampate, ne esistono altre di lui che giacciono ancora ine- dite nelle pubbliche e private librerie ; principalissima fra queste il Sistema geografico-numismatico redatto in quat- tordici volumi in foglio, che alla morte del Bestini fu com- perato dal Granduca Leopoldo II insieme ad altri mano- scritti e alla libreria numismatica di questo insigne scrittore, che aveva illustrato con si splendidi risultati tutta la sua vita. Il Sestini mori in Firenze l'S giugno 1832, in età di 82 anni (*). I presenti cenni sulla vita e sugli scritti di questo illustre numis matico furono desunti dalle opere seguenti: Prof. Domenico Vale RiANi, Necrologia di Domenico Sestini neir« Iconografia contempo ranea »; Biographie universelle ancienne (Michaud), tome XXXIX, Paris ; Fruttuoso Becchi nella Biografia degli Italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e di contemporanei (?' ogni provincia , pubblicata per cura del prof. Emilio do Tipaldo Venezia, voi. IV, pag. 239-244; Maffei Giuseppe, Storia della let teratura italiana. Firenze, 1853, voi. II, pag. 332-384; Dizionario universale storìco-mitologico-geografico compilato da una società d uomini di lettere per cura del dottor Angelo Fava C. Luppi. (*) Questo celebre numismatico fa membro dell' Istituto di Francia , Corrispondente dell'Accademia delle Iscrizioni e Belle lettere, 30 nov. 1810, Socio straniero della medesima Accademia , 80 dicembre 1820 ; membro onorario dell'lmp. e R. Accademia delle Scienze di Pietroburgo e di molte altre. NECROLOGIA Mons. GAETANO BAZZI. Il giorno 15 settembre scorso moriva in Cremona Mon- signor Gaetano Baf^zi. Nato a Cassano d'Adda, il 27 marzo 1847, entrò a 14 anni in Seminario e fu ordinato Sacerdote nel 1870 a Tortona. Nel dicembre dell'anno seguente S. E. il Vescovo di Cremona, Mons. Bonomelli, lo nominava suo Segretario, e nel 1886 gli conferiva la nomina di Canonico della Cattedrale. Era appassionato raccoglitore e distinto Numismatico. Valente quanto modesto, si compiaceva nel poter giovare a tutti coloro che, in materie archeologiche lo richiedevano di consiglio e di lumi. Anima candida ed eletta, non ebbe mai un nemico e quanti ebbero la fortuna di avvicinarlo, si dichiararono felici d'averlo conosciuto. Nel 1886, in collaborazione col Can. Milziade Santoni di Camerino, pubblicò il Vademecum del raccoglitore di ononete italiane, ossia re'pertorio numismatico che ne con- tiene i motti e gli emblemi, i Signori Feudatarii e le loro zecche, la bibliografia ed altre molte indicazioni. E un ma- nuale molto pratico e utilissimo specialmente per raccogli- tori novizi. Mons. Bazzi, modestissimo , non dissimulava a chicchessia i difetti e le lacune, ch'egli aveva già notato nel suo lavoro, il quale del resto è di un genere di assai difficile compilazione e si proponeva di migliorare quel manuale e di farne una seconda edizione; quando lo colse 482 NECROLOGIA il male che doveva in breve tempo trarlo cosi immatura- mente alla tomba. Il 26 ottobre 1887 ebbe un primo insulto apoplettico , che gli tolse quasi affatto la facoltà di occu- parsi di lavori mentali. Il 15 settembre dell'anno corrente un nuovo e più forte attacco lo toglieva improvvisamente all'affetto della famiglia, e alla stima di quanti lo cono- |cevano. E. G. BIBLIOGRAFIA PERIODICI. Reviie N^atnismatique. 2^ Trimestre 1890. Prou (Maurice) , Inventaire sommaire des monnaies mérovingiennes de la Collection d' Amécourt, acquises par la Bibliofchèque nationale. Vallentin (Roger), Un denier coronafc inédit de Char- les Vili, frappé à Marseille. Reinach (Théodore) , Sur 1' epoque et le nombre des néocorats de Cizique. Cronaca. — Vendite. — Bibliografia. Meviie Belge de Nmnismatlqiie. 1890. Troisième livraison. Rouyer (M. J.) Jetons historiques et autres , interes- sant les diverses Provinces des Pays-Bas , dont les coins sont conservés à l'hotel des monnaies à Paris. Jonghe (B. de) , Deux monnaies frappóes en Fiandre, en 1581. Necrologie. — Miscellanea. Niimismatlsche Zeitschrift, Brexler (Dr. W.), Der Isis- und Serapis-Cultus in Klein- asien. Markl (Andreas) , Gewicht und Silbergehalt der Anto- niniane von Claudius II Gothicus. Fiala (Eduard), Ober-Potschapler Denarenfund. Busson (D. Arnold), Kleine Beitràge zur mittelalterlichen Miinzkunde Tirols, 484 BIBLIOGRAFIA Noss (Alfred), Heidelberger Mùnzen des Kònigs Frie- dric von Bòhmen. Von Belhdzy (Johann), Ueber die Ermittlung des Werthes alter Mùnzen. Mùller (Otto F.), Die Miinzen der Familie Bachoven von Echt. Necrologia. — Miscellanea. — Bibliografia. American Journal of Numisniaiics, Ottobre, 1889. Walter (David L.) , Medallic Memorials of the great Comets. — Tetradrachm of Sardanapalus. — Washington medals. Storer (Horatio E.), The medals, jetons and tokens illu- strative of the science of medicine. Marwin (W. T. E..), Masonic medals. Miscellanea. Gennaio 1890. Walter (David. L.) , Medallic Memorials of the great Comets. Storer (Horatio E.), The medals, jetons and tokens il- lustrative of the science of medicine. — "Washington medals. Marwin (W. T. E.) Masonic medals. Miscellanea. Aprile 1890. Carrington Bolton (Henry), Contributions of Alchemy to Numismatics. Walter (David L.) , Medallic memorials of the great Comets. Storer (Horatio E.), The medals, jetons and tokens il- lustrative of the science of medicine. Marwin (W. T. E.), Masonic medals Miscellanea. NOTIZIE VARIE Un'urna di monete viscontee a Treviglio. — Il 12 di agosto p. p., mentre procedevasi allo scavo di una cantina nella casa Belletti a Treviglio, i muratori addetti al lavoro trovarono, alla profondità di poco più di un metro dal suolo , e immediatamente al disotto del fondamento d' un vecchio muro, un'urna di terra cotta. Come suole avvenire in simili casi, gli operai spezzarono senz'altro con un colpo di piccone l' urna , e con grande meraviglia scopersero un considerevole ammasso di monete d'argento tutte attaccate assieme e coperte da uno strato verde. Per quanto non ne potessero calcolare immediatamente il valore, pure a buon conto se ne intascarono gran quantità. Accorso il proprie- tario, raccolse quelle che potè, un migliaio circa ; le altre asportate, furono poi spacciate perfino a un soldo 1' una a poco scrupolosi incettatori. Dallo spoglio diligente di tutte le varie monete, risul- tarono i seguenti tipi: Milano — Galeazzo II e Barnabó Visconti. (1354-78) Grosso. — D. Biscia fra le iniziali B . G. — K. Sant' Ambrogio seduto. (Gnecchi, N. 2), Fegiorie. — D. Come il precedente, ma ooU' aquila imperiale sopra la Biscia. (Gnecchi, N. 4). Galeazzo li Visconti. (1354-78) Fegione, — D. Biscia fra le lettere G . Z. — R. Sant'Ambrogio seduto. (Gnecchi, N. 4). Idem. (Gnecchi, N. 5). Idem. (Gnecchi, N. 6). Idem. — D. Cimiero visconteo, coi tizzoni. — R. Sant'Ambrogio se- duto. (Gnecchi, N. 3). 6a 486 NOTIZIE VARIE Barnabò Visconti. (1354-85) Pegione. — D. Cimiero sormontato dal drago alato. — R. Biscia, (Gnocchi, N. 9 e 10). Pavia — Galeazzo II Visconti. (1354-78) Pegione. — D. Biscia sormontata dal drago; ai due lati i tizzoni. — R. San Siro seduto (Brambilla Tav. IX, 1). Grosso. — D. Cimiero fra le lettere G. Z. — R. San Siro seduto (brambilla, Tav. IX, 2). Queste sono le varietà trovate dal proprietario , né pare che fra le sottratte, le quali raggiungono qualche mi» gliaio, ve ne fossero d'altri conii. Le monete sono ben conservate, e i conii bellissimi e tali da giustificare le parole del Conte Giovanni Mulazzani : a Ma ciò che sarà per recar più stupore è se io dico che alcuni u conii dei Visconti della metà del trecento sorpassano tt egualmente ogni altro ch'io abbia veduto in quel tempo, u Alcune linee serpentine dei vestimenti di S. Ambrogio e u molto più di S. Siro, che si scorgono nelle monete dei due a fratelli Barnabò e Galeazzo, fabbricate in Milano e Pavia ; u una ricchezza inusitata di drapperie, come pure certa tal u quale forza impressa alle mani che stringono il pastorale u e lo staffile dei santi, mostrano lo studio che davvero si u cominciava a fare presso di noi della natura del disegno, u onde può dirsi che l'incisione superava nel 1354 nell'In- a subria, e la pittura e la scoltura... n (*). L'appartenere tali monete al breve periodo di trent'anni, potrebbe agevolare la ricerca altresì della causa e delle cir- costanze, in cui (dato che il tesoretto sia stato nascosto in tempo di bellici cimenti) , il sotterramento sia stato com- piuto. Troviamo , per esempio , nel Lodi , come nel 1382 (♦) G. Mulazzani, Sulla Zecca di Milano dal secolo XII fino ai nostri giorni, nella « Eivista Europea », 1844. Quest'opuscolo, divenuto quasi irreperibile, fu recentemente ristampato insieme a due altri dello stesso au- tore, S(»tto il titolo: Tre Opuscoli di Numismatica milanese del Conte Giovanni Mulazzani, ristampati per cura di F. ed E. Gnecchi. Milano, Co<,'liati, 1889. NOTIZIE VARIE 487 nacquero liti e controversie fra Treviglio e Caravaggio, in occasione di porrle i termini ai loro confini, e procedettero tanto innanzi che gli assalti reciproci e le scorribande erano numerose. Poi è a notarsi come in queste terre si contendessero il predominio i Visconti, che s'avviavano al fiore della loro potenza, e i loro avversari ; come qui si ridestassero le discordie fra guelfi e ghibellini, le quali ori- ginarono uno stato di guerra in permanenza , di cui sono episodii gli assalti e gli incendi di Borgo S. Caterina di Bergamo, quello del castello di Ghisalba e del Castello di Fara Olivana dato dai ghibellini trevigliesi. — Ma guaj a lasciarsi trascinare dalle congetture ! Si sa dove si entra , non dove se ne può uscire. Ayv. Cesare Bellotti. Ripostiglio di Monete romane in Egitto. — Dall'Egitto riceviamo un piccolo ripostiglio di monete romane trovate nella provincia di Fayoum. Si tratta di 230 piccoli bronzi della fine del IV secolo appartenenti agli imperatori Co- stante, Costanzo II, Giuliano II, Valentiniano I, Valente e Graziano. Le monete si vede che hanno avuto lunghissimo corso, essendo tutte di pessima conservazione ; sono tutte comunissime , cosicché non vale la pena di darne una par- ticolareggiata descrizione. Il ripostiglio non ha dunque che l'interesse storico del luogo del ritrovamento e dell'epoca della sepoltura. Le mo- nete dell'ultimo imperatore rappresentato, ossia di Graziano, sono un poco meglio conservate delle altre e si può quindi ritenere che il piccolo tesoro venne nascosto poco dopo la morte di questo imperatore, avvenuta nell'anno 383, d. C. Lo scudo di San Marino. — A proposito dell' articolo pubblicato nel Fase. III , Annata 1 , 1888 , della presente Rivista , il eh. sig. Comm. Carlo Malagola , Direttore del- l'Archivio di Stato in Bologna, e studiosissimo di cose sam- marinesi, c'informa gentilmente che i due esemplari della prova dello scudo da 5 lire di San Marino, conservati nell'Ar- chivio di quella Repubblica, non sono in argento, ma bensì 488 NOTIZIE VARIE in metallo inargentato, e che probabilmente è tale anche l'esemplare già appartenuto al compianto Comm. Nicomede Bianchi, mentre il prefato Comm. Malagola ne possiede un esemplare di schietto argento , che sino a prova contraria si dovrebbe quindi ritenere unico. S. A. Scavi di Roma. — Fra le monete recentemente venute in luce a Roma va notato un bel medaglione di Commodo e M, Aurelio (Coh. N. 2) di buona conservazione , uno stupendo medaglione inedito di M. Aurelio, e un bel meda- glioncino pure inedito dello stesso Marc' Aurelio , di cui si darà descrizione a suo tempo nella Rivista. Vendita d'Amécourt. — Monete merovingie. — Nella famosa collezione di Monete merovingie appartenenti al fu Visconte Ponton d'Amécourt , la Biblioteca nazionale di Parigi autorizzata da una legge speciale 24 luglio 1889, fece un'ampia scelta ad aumento di quell'insigne gabinetto. ■ — Un catalogo di queste monete, passate al Gabinetto di Francia, si sta attualmente pubblicando da Maurizio Prou nella Revue Numismatique , invadendone anzi forse sover- chiamente lo spazio. --Le rimanenti monete furono ven- dute al pubblico incanto nelle sale dell'Hotel Drouot nello scorso giugno ; ma la vendita venne fatta in cattive condi- zioni, il concorso degli amatori fu estremamente scarso, e i prezzi furono cosi meschini da segnare sulle monete me- rovingie un ribasso del 40 al 50 %. Diamo qui i prezzi dei pezzi principali, tutti acquistati da negozianti. N. 8 Teodeberto I Terzo di soldo Fr. 185 » 14 » (Lione) . > 93 Childeberto re (Tours) . » 94 Dagoberto I re (Tours). » 131 Cariberto re d'Aquitania (Nantes). > 162 Clodoveo e Sant'Eligio (Parigi) . » 210 » (Verdun) . » 224 Teodeberto I re (Reims) > 247 » (Boulogne sur Mer) » 254 » (Colonia) . » » 210 » y> 27 » » 200 » * 200 > V 228 » ^ 225 » V 530 * » 560 V » 860 NOTIZIE VARIE 489 N. 296 Teodeberto I re (Namur) . 297 » ». 321 Maurizio Tiberio (Vienna) . 332 Sìgeberto re (Marsiglia) 343 Childerico II y> 344 » ». 345 » ». 367 Cbildeberto re (Clermont Ferrand) 369 » ». 421 Cariberto re (Bannassac) 487 Dagoberto I re (Uzès) . Terzo di soldo Fr. 170 » » 170 » » 335 » » 810 » » 485 » » 261 » » 900 » » 210 » » 165 » » 196 » » 406 Gran Brettagna. » 705 Offa Denaro Spagna. 709 Leovigilde Oro 726 Ervigio ......... 728 Yittiza » 151 158 135 180 Vendita Photiades Pacha. ~ Monete greche. — Nella seconda metà dello scorso maggio ebbe luogo a Parigi la vendita della splendida Collezione di monete greche di S. E. Photiades Pacha , già ambasciatore turco a Roma. L'alta posizione del proprietario, le sue aderenze e la sua lunga residenza in Creta e ad Atene, gli avevano offerto il destro di mettere insieme nel lungo lasso di tempo di circa trent'anni, una collezione ragguardevole per la rarità e la bella conservazione degli esemplari. — Quella Raccolta comprendeva le monete della Grecia propriamente detta, e fra una serie di 1530 numeri, vantava buon numero di mo- nete uniche , inedite , o di grande importanza. Diamo qui la nota dei pezzi più importanti , col prezzo di aggiudi- cazione. N. 51 Tessalia (Cierium) Varietà inedita . . arg. Fr. 1450 » 59 » (Gomphi-Philippo polis) Inedito . » » 2600 » 60 » » ....»» 600 » 68 » (Lamia) » » 700 » 74 » (Larisa) » » 600 » 95 » ». » » 510 490 NOTIZIE VARIE » » » » > » > > 125 128 162 165 170 228 239 242 243 331 337 351 362 375 430 433 446 452 465 465 478 484 528 529 530 559 716 1020 1031 1035 1079 1090 1091 1154 1170 1177 1178 1231 1239 1245 1265 1290 Tessalia (Melitela) Inedito. , » (Oeteens) » » (Pherae) » » Inedito » (Alessandro, tiranno di Epiro (Cassope) . Ke dell'Epiro (Alessandro) » (Pirro). » ». Etolia (Lega d'Etolia) . Locride (Opuntii) » (Hypoknemidi) Focide (Delfo) . Beozia (Lega di Beozia) » (Tebe) . » » . . » (Thespi). Isola d'Eubea (Lega d'Eubea) » (Chalcis) Eubea (Eretria) . » » . . » (Histiea) Unico Attica (Atene) . » » Unico » Elide Messenia (Messene) Laconia » ... Arcadia (Lega Arcadica) > (Manti) . > (Penco) . Creta (Cnosso) . » (Cydonia) . » (Gortyna) . » (Hierapytna) Pher ae) Ined arg. Fr. 960 » » 1115 » » 830 » » 2700 » » 1700 » » 610 » » 600 oro » 690 arg. » 725 » » 530 » » 600 » » 655 » » 1900 » » 600 » » 1315 » » 560 » » 1000 » » 2655 » » 2900 » » 720 » » 720 » » 1505 » » 525 oro » 450 » » 600 arg. » 600 oro » 2500 arg. » 2000 » » 5900 » » 500 » » 1050 » » 880 » » 840 » » 1800 > » 500 » » 2060 » » 639 » » 550 » » 020 » » 600 » » 630 » » 1300 NOTIZIE VARIE 491 N 1293 Creta (Itanus) arg. Fr. Ilio » 1295 » » . , » » 655 » 1313 » (Lyttus) . » » 805 » 1323 » (Phaestus). . » y> 730 » 1330 » (Polyrhenium) . » » 960 » 1394 Naxos Inedito . » » 1510 » 1395 > ^ » » 580 » 1397 » » . . » » 1700 » 1403 Paros .... » », 1600 » 1405 »... » » 520 » 1411 Sìphnos Inedito . oro » 1200 » 1419 Tenos .... arg. » 1010 » 1516 Calchadon . » » 1075 Il prodotto totale della ven dita fu d i franchi 124.358. Il proprietario di questa Collezione possedeva inoltre una importantissima Serie di 77ionete bizantine. Questa Rac- colta doveva, al pari dell'altra, vendersi all'asta pubblica e n'era già stato compilato il Catalogo , comprendente 682 numeri, e redatto unitamente all'altro delle monete greche dall'illustre Froehner. Quella vendita però non ebbe luogo, essendo stata la Collezione acquistata in blocco dal Museo dell' Eremitaggio di Pietroburgo per la somma di 70.000 franchi. Finito di stampare il 30 Settembre 1890. Lodovico Felice Cogluti, Gerente responsàbile. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA 1890. TAY. V F. GNECCHI. — Appunti di Numismatica Romaaa. - N. Xll. (Anno HI - Fasc. Ili) A. CCKANBINI. - Medaglie Italiane del 1889. -IL / A ~„^ UT C„„- TfT 1890. Tav. X. ASiTn'bon.Ais. V.$teftQj« A.SAMBON. _ Le Monefe del Ducato Napoletano, (Anno III. Fasc.III) 1890. Tav. XI. A.SAMBON, ._ Le Monete del Ducato Napoletano. (AnnoÌII. Fasc.III) FASCICOLO IV. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA XIV. MEDAGLIONE? Osservazioni a proposito di un Bronzo COLLE effigie DI MaRc' AURELIO E LUCIO VeRO appartenente al R. Gabinetto di Brera. B^ — IMP M ANTONINVS ÀVG COS Ili IMP L VERVS AVG COS MI. Busti affrontali di Marc' Aurelio e Lucio Vero amhedue a testa nuda e col paludamento. Marc' Aurelio è fregiato dell* egida da cui escono due serpenti. Tra i due busti al basso la marca del Museo estense* 496 FRANCESCO GNECCHI 9I — VICT GERM falVesergoJ IMP VI COS III fin giroj. Vittoria alata che guida una quadriga lenta a sinistra, volgendosi indietro. Il davanti del carro termina in una testa d'aquila. (Vedi Tav. XH). Il tutto è racchiuso in un cerchio di bronzo concavo al dritto, convesso al rovescio e lavorato esteriormente. Diam. mm. 88 col cerchio, mm. 59 senza cerchio. — Peso gr. 191,200. Questo bellissimo bronzo, il cui dritto, in pro- porzione ridotta, quale si vede in testa a queste osservazioni, fu adottato come ornamento al fron- tispizio della nostra Rivista fino dalla sua origine, e le cui due faccio sono riprodotte al vero nell'an- nessa tavola N. XIT, venne finora considerato quale medaglione; ma, per le ragioni che andrò esponendo, io sono venuto nella convinzione che non si tratti affatto d'un medaglione, bensì di un bronzo desti- nato a tu tt' altro uso e che del medaglione non ha se non la superficiale apparenza. Avvenne di esso come di molte altre cose, cui un primo falso batte- simo conferisce un carattere, che viene dai seguenti accettato senza sufficiente esame, cosicché la fama usurpata va di mano in mano acquistando consi- stenza, finché poi passa nel numero dei fatti giudicati. E, caso tutt' altro che strano, anzi comune, questo supposto medaglione ebbe l'onore di tante illustra- zioni, citazioni e riproduzioni, quante probabilmente non ebbe mai alcuno dei veri ! Appartenente già al famoso medagliere Estense, di cui porta la marca, entrò con molti altri splen- didi pezzi di quel medagliere nel Gabinetto di Brera. Quella provenienza e quella marca attestano un primo APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 497 battesimo di medaglione, o per dire più precisamente, di pezzo numismatico. Quale vero medaglione lo giudicò Bartolomeo Borghesi, che pel primo lo pub- blicò (1), dandone una eccellente incisione, e tale è chiaro che venne ritenuto dai diversi direttori del Gabinetto Braidense fino al compianto Biondelli , il quale nei suoi « Cenni storici snlVoìngine^ sviluppo u e sfato attuale del R. Gabinetto Numismatico di u Milano » (2) ne orna di un accuratissimo disegno litografico il fascicolo , evidentemente per indicare uno dei pezzi più importanti, anzi il più impor- tante di tutti. E difatti, enumerando i diversi titoli per cui va celebre il detto Gabinetto, scrive: « Per u una collezione di alcune centinaia di Medaglioni u greci e romani, alcuni dei quali rarissimi e taluno « anche unico, siccome appare da quello di M. Au- « relio e L. Vero, che abbiamo apposto in fronte a u questi rapidi cenni. ?? Omesso da Cohen nella sua descrizione delle monete imperiali, venne poi dallo stesso aggiunto nel volume di supplemento con un semplice accenno alla sconcordanza delle date (^) ; e nella seconda edi- zióne del Cohen è inserito fra i medaglioni di M. Au- relio e Lucio Vero, colla ripetizione della medesima nota. Ciò significa dunque che il pezzo venne finora (1) Annali delVInstituto di Corrispondenza Archeologica. Voi. X. Roma, 1838. Sopra due Medaglioni rappresentanti Marc' Aurelio e Lucio Vero dol- ri. R. Gabinetto di Milano e Settimio Severo della Numoteca Borghesi. (2) Milano, Tip. Bornardoni 1872. (3) « Le Médaillon est hyhride. Les dates de la tète et du revers ne coincident pas. i> Voi. VII, pag. 181. 498 * FRANCESCO GNECCHI considerato come vero medaglione e certo io mi trovo alquanto imbarazzato e quasi a disagio, dovendo esporre un'idea contraria non solo alla mia che ho avuto sino a poco tempo fa, — il che poco importe- rebbe, — ma a quella di tante altre autorità, fra cui metto in prima linea il Borghesi, al quale va l' opi- nione invalsa specialmente attribuita, egli essendo stato il primo che ne parlò diffusamente ed ex pro- fesso. Ma potrebbe darsi, anzi io ritengo positiva- mente, che, se Borghesi avesse trattato oggi l'argo- mento invece che mezzo secolo fa, avrebbe scritto ben diversamente. In questo mezzo secolo qualche cosa ha progredito la scienza, e molto la pratica materiale delle monete; e, appoggiandomi a questo fatto, credo poter esprimere la mia opinione , senza menomamente mancare di rispetto all'autorità d'un tanto Numismatico. « Il primo dei medaglioni che pubblichiamo ?? dice il Borghesi al principio della sua citata disser- tazione u inedito, per quanto è a nostra notizia, forma « uno splendido monumento in Milano dell'I. R. Ga- u binetto numismatico di Brera. Ma quanto è insigne u per la sua conservazione, per la sua bontà del la- u voro e per lo straordinario suo modulo, altrettanto u fastidio egli reca ai cronologi. " E quindi entra a descrivere e illustrare il me- daglione, rilevandone con grandissima erudizione storica l'errore di data. Mi asterrò dal ripetere qui tutte le sue dotte disquisizioni; ma, venendo diret- tamente alle conclusioni, accennerò come dalle date iscritte risulti che il diritto non può essere posteriore all'anno 919 di Roma (166 d. C), mentre il rovescio non può essere anteriore al 924 (171 d. C.) ; emer- APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 499 gendo così una differenza di almeno cinque anni fra l'una e l'altra data. Ora, fermandoci a questo primo punto, è egli possibile ammettere un così grossolano errore in un medaglione di tanta importanza? Gli errori di data sono assai rari in quest' epoca ; e se alcuno se ne trova nelle monete di bronzo, e anche per rarissima eccezione in quelle d'argento (a meno che si tratti di falsificazioni) , non ricordo d' averne mai trovato in quelle d'oro; il che dà a divedere come la cura che si poneva nella coniazione delle monete fosse sempre maggiore, a grado che aumentava la loro importanza. Ora qual pezzo più importante di un medaglione di così straordinarie dimensioni? L' errore accennato poi è assai più grave e più complesso di quanto può parere a prima vista, e da esso nasce un altro inconveniente di assai difiìcile spiegazione. Lascio la parola a Borghesi: « Se questo « nummo fu improntato (come riuscirebbe chiaro « dalla data del rovescio) due anni dopo l'apoteosi « di Lucio Vero, come sta che non ce n'offre alcun « indizio ed anzi ce lo rappresenta siccome vivo « tuttora? Per troncare questo nodo gordiano non u vi ha che una via e lo stesso medaglione ce la u addita. Si badi che il COS III è ripetuto in ambe- u due i lati. Ora tali inutili ripetizioni sono affatto u contrarie alle leggi di ogni antico monumento di u un' età non decaduta, e segnatamente a quelli « della numismatica, se ciò non è per un errore. u Questo solo basterebbe a mostrarci che le due u faccie della presente medaglia non furono incise u per essere congiunte insieme. " Il Borghesi , dopo d' avere egli pure ricono- 500 FRANCESCO GNECCHI sciuto che gli errori di data a quest' epoca , se si tolgono le monete false, sono rarissimi su quelle di bronzo , mentre nessuno se ne trova sui medaglioni, volendo pur dare una spiegazione del fatto, aggiunge: « È più supponibile che (il medaglione) fosse « stato diputato a qualche donativo, come suol farsi Doppia d'oro del 1668, e due Testoni {^) dello stesso tipo, uno dell'anno 1668, Taltro del 1672. Lo stesso Olivieri poi, in un suo articolo su mo- nete e medaglie di famiglie genovesi, inserita nella sua Rivista della Numismatica antica e moderna W , pubblicava nel 1864 due altre monete di Campi, in aggiunta a quelle da lui descritte nell'altra sua opera citata. La prima è uno zecchino del principe Gio. Bat- tista Centurioni dell'anno 1668 W. La seconda è un luigino dall'Olivieri attribuito a Giulia Serra moglie del principe G. B. Centurioni. L'autore riporta quel (4) Olivieri A., Monete e medaglie delle famiglie genovesi dei Centu- rioni^ dei Boria e degli Spinola^ di recente scoperte. — e Rivista numis- matica antica e moderna ». Voi. I, pag. 58-65; tav. II, N. 3 e 4. (5) Questo zecchino, forse unico , già posseduto dal Big. Franchini di Genova, si trova descritto nel Catalogo della sua collezione (Pag. 14, tav. I, n. 167), ed è ora posseduto dal conte Nicolò Papadopoli di Venezia. TRE LUIGINI INEDITI DI CAMPI 535 luigino dall'opera del Poey d'Avant sulle monete feu- dali di Francia (6) , accennando però che il numis- matico francese dubita che quella moneta appartenga a principe tedesco C^). Tutto ciò infatti che potrebbe far attribuire quel luigino alla prefata principessa, sarebbero le prime lettere della leggenda del dritto IVL • M -, che l' Oli- vieri interpreta lulia Mariane la data del rovescio 1669. Quanto al nome lulia Maria^ è bene notare che esso era comune a molte principesse dell'epoca , si italiane che straniere. La data poi 1669 si trova su moltissimi altri luigini anonimi , coniati in officine italiane ad imitazione di quelli di Dombes. Si po- trebbe da ultimo aggiungere (se questo argomento può avere qualche valore ) che la leggenda del ro- vescio MELLIBAT • EX • LILIIS non è una delle tre state proposte dai teologi , dietro loro richiesta , ai prin- cipi Centurioni , pei loro luigini di Campi. Esse erano le seguenti : DICO HVIC VADE — SVM SVB POTESTÀTE — CENTVPLVM (tERMINABIT ©. Quest' ultimo motto lo vedremo appunto nel rovescio dei primi due luigini che sto per descri- (6) F. Poey d' A vant , Monnaies féodales de France. Paris , 1858-62 , in-4« (Voi. in, tav. CXIX, n. 10, e pag. 117, n. 5267). (7) Olivieri, Op, cit., pag. 59. Ecco la doscrizione di questo luigino: D. — IVL • M • S • R • I . PRINC • SOW • DOM • Tosta di donna volta a destra. E. — MELLIBAT • EX • LILIIS. Stemma coi tre gigli di Francia. Al disopra corona. Ai lati dello stemma la data 16 69. (8) Olivieri, Monete e sigilli dei principi Centurioni- Scotti, Pag. 29. 536 ERCOLE GNECCHI vere , e, con qualche variante , anche in quello del secondo. In ogni modo, il luigino pubblicato dal Poey d'Avant e riprodotto dall' Olivieri , resta tuttora di incerta attribuzione, e non porta nome di zecca. Nel settembre dell' anno 1889 , in un gran ripostiglio di luigini scoperti presso l'isola di Andros (Mar Egeo) e appartenenti , per la maggior parte , a zecche italiane , furono trovati tre luigini , co- niati a nome di Giulia Serra , moglie del principe G. B. Centurioni. Essi portano il nome della zecca e sono perciò i primi tre luigini di Campi di sicura attribuzione. — Due d'essi si trovano ora nella mia collezione ; il terzo passò in quella del conte Nicolò Papadopoli di Venezia, che gentilmente mi volle mandare la moneta in esame, autorizzandomi a pubblicarla, per il che io gliene rendo qui i più sentiti ringraziamenti. Ecco pertanto la descrizione dei tre luigini : Peso gr. 1.100. /B' — IVLIA • M • PRINCIP CAMP • Mezzo busto di donna a d. Sotto il busto un punto. 9! — CENTVPLV GERMINÀB • Stemma coronato coi tre gigli di Francia, sopra i quali il lambello a tre pendenti. A.i due lati dello stemma , la data 16 68. (Coli. Gnecchi). TRE LUIGINI INEDITI DI CAMPI 537 Peso gr. 2.300. ^ — IVLIÀ • M • PRINCIP • CAMPI • Mezzo busto di donna a destra. ^— CENTVPLVM • GERMINABV • Stemma coronato coi tre gigli e il lambello come nel precedente. Ai lati dello stemma 16 68. Due rosette sopra lo stemma e una sotto. (Coli. Papadopoli). Peso gr. 1.800. ^ — IVLIA • M • PRINCIP • CAMPI • Mezzo busto di donna a d. Sotto il busto una rosetta. 5Ì — P • • RA GERMINAI BON • Stemma coronato coi tre gigli di Francia, e il lam- bello e. s. Ai lati dello stemma 16 69. All'esergo 4. (Coli. Gnecchi). Il rovescio di questo luigino sfortunatamente è molto sconservato e ne riesce un po' difficile la let- tura e l'interpretazione. Quanto al motto , il quale , come quello degli altri due luigini, si riferisce evidentemente ai gigli, io lo completerei in : plvra germinat bona , motto 538 ^ ERCOLE GNECCHI che avrebbe un senso molto analogo a quello dei precedenti. Il numero 4, posto all'esergo, è il segno della bontà della moneta, ossia di onde quattro per una libbra d* argento , come troviamo nei numerosi contratti di zecca per la battitura dei luigini stipulati dal principe G. B. Centurioni con vari zecchieri negli anni 1668 e 1669, contratti riportati per intero nella citata opera dell'Olivieri. Il titolo di questi luigini è evidentemente bas- sissimo e forse minore di quanto si conveniva nei citati contratti. Straordinaria poi e degna di nota è la differenza di peso fra queste tre monete (gr 1.100 — 1.800 — 2.300), mentre, avendo io pesato più di cinquanta luigini di Dombes degli stessi anni e ap- partenenti a quel medesimo ripostiglio, ho verificato che il loro peso oscilla fra gr. 1.750 e 1.900. Consul- tando i contratti di zecca , trovo , com' è naturale , che i luigini dovevano sempre avere uno stesso va- lore; perciò mi pare che questa grande differenza di peso non sia da attribuire che alla fretta e negli- genza degli zecchieri, i quali, provveduti di scarsi mezzi di fabbricazione, si obbligavano per contratto a consegnare quella data quantità di monete ogni mese, e fino ogni quindici giorni, sottostando anche a multe in caso di mancata consegna. Queste mo- nete poi, come dirò in seguito, erano destinate esclu- sivamente al commercio col Levante , quindi meno delle altre monete soggette a controllo per parte degli stati confinanti e dei sovrani che accorda- vano il privilegio di zecca ; nulla quindi di più naturale che si usasse minor rigore e diligenza nella loro fabbricazione. Noterò da ultimo che sotto il nome di zecca di Campi non si deve intendere una TRE LUIGINI INEDITI DI CAMPI 539 sola officina monetaria. Precisamente negli anni 1668 e 1669 il principe G. B. Centurioni aveva attivato nella giurisdizione di Campi varie officine , di cui tre in Campi stesso, una a Gorreto, un'altra a Cà- tabiasco, ed altre, di cui nei capitolati di zecca non è indicato precisamente il nome della località. Sup- posto anche, come vuole taluno , che in alcune di queste officine non si sia effettivamente lavorato, è ormai accertato , da una nota sincrona pubblicata dall'Olivieri in fine al citato articolo sulle monete e medaglie dei Centurioni, dei Doria e degli Spinola, [Rivista della Num. antica e moderna, pag. 64 e 65), che nella giurisdizione di Campi, lavoravano ad un tempo tre officine monetarie. — Questa suddivisione di zecche, per coniare le stesse monete, unita alle cause suaccennate, può in gran parte spiegare la irregolarità del loro peso. La zecca di Campi viene pertanto arricchita di tre nuove monete , e resta assodato che colà si battevano luigini negli anni 1668 e 1669. Queste monete, più spesso denominate nei contratti di zecca gettoni^ ottavetti o marchesini^ al pari di altre con- temporanee di zecche italiane, imitavano esattamente il tipo dei luigini di Anna Maria Luisa di Borbone, principessa di Dombes. ed erano, come dissi, esclu- sivamente coniate pel Levante. Colà il loro tipo godeva gran credito e quelle popolazioni le accetta- vano volentieri, adoperandole anche come ornamento, badando quindi più alla bellezza dell' impronta che air intrinseca bontà del metallo. Siccome poi colà si accettavano di preferenza i luigini con ritratto di donna , così i nostri principi si affrettarono a stampare su quelle monete , anziché il proprio , il 540 ERCOLE GNECCHI ritratto delle loro mogli , oppure delle teste mu- liebri ideali. Nei contratti per la battitura di questi luigini , vediamo spesso fra le condizioni per la durata della concessione, che quelle monete siano accettate nella Turchia e negli stati adiacenti. In un contratto sti- pulato fra il principe G. B. Centurioni e il sig. Lu- ciano Centurioni, in data 6 dicembre 1668 , per la battitura dei luigini, si stabilisce che u quella obbli- u gazione non abbia loco e sia nulla sempre che u dal Gran Turco o suoi ministri escissero proibi- u zioni, ed ordini rigorosi che non si potesse più « introdurre ne' suoi Stati di detti Ottavetti (^). » In un altro contratto, conchiuso dal detto principe con Giuseppe Maria Deferrari, in data 24 dicembre 1668, si ripete che u detta obbligazione però non abbia u loco e sia nulla sempre che per parte del Gran u Turco da suoi ministri fosse proibito il non po- ti tersi più portare né introdurre nei suoi Stati detti « ottavetti, di modo che per queste proibizioni non u avessero più il dovuto smaltimento » (i^). La stessa condizione vediamo ripetuta in altri contratti di quell'anno 1668 e del seguente. Altre officine monetarie, fra cui quelle di Tas- sarolo, di Loano, di Fosdinovo e di Tresana, (H) imi- (9) Olivieri, Op. cit, pag. 31. (10) Idem, Op. cit, pag. 33. (11) Sa di un lnigino anonimo, battuto a Fosdinovo, notiamo noi diritto la leggenda: HANC ASIA MERCEM QVAERIT. Questo, come altri simili, che si leggono su altri luigini pure anonimi, ma corto di fabbrica italiana, provano chiaramente lo scopo a cui servivano queste monete. E cosi i nostri principi italiani, spacciando nel Levante i loro luigini contraffatti e adulterati, aggiungevano al danno le beffe. TRE LUIGINI INEDITI DI CAMPI 541 tavano quelFesempio e andavano inondando la Tur- chia e l'Asia Minore di questi luigini, con gravissimo danno di quei paesi , giacché per V ingordigia dei principi e dei loro zecchieri , quelle monete , già di bontà molto inferiori alle francesi, erano andate di continuo peggiorando, talché anche in quei paesi tali frodi furono talvolta scoperte, e gli agenti di quella vergognosa speculazione si videro costretti a salvarsi colla fuga o a vedersi sequestrate le par- tite di luigini che tentavano di mettere in com- mercio. La cosa era giunta a tal punto, che tutti i principi italiani proibirono il commercio di quelle monete, e la Repubblica Genovese, con decreto del 18 luglio 1667, vietava l'introduzione nel suo stato di tutte le monete mancanti e di bassa lega, e spe- cialmente degli ottavetti i^"^). Infatti, in una concessione di zecca del prin- cipe G. B. Centurioni, la quale non porta data, ma dovrebbe essere posteriore a quell'anno 1667, si pre- scrisse che le monete battute in Campi non deb- bansi spendere dentro il dominio della Repubblica (l^). Ma la persecuzione ai luigini non ebbe tregua: i principi e le repubbliche con ripetuti editti proi- birono quelle monete, minacciando gravissime pene ai detentori , e questi si affrettarono a distruggerli. Da ciò la loro rarità. PS. Quest' arfcicoletto era appena licenziato per le stampe, quando mi giunse dalla Grecia un altro piccolo (12) Olivieri, Op. cit, pag. 53. (13) Idem, Op. cit., ivi. 69 542 E. GNECCHi - t;:e luigini inediti di campi avanzo di quel citato ripostiglio di luigini scoperto presso l'isola di Andros. Nulla di relativo alla zecca di Campi trovai fra quelle monete, ma invece vi rinvenni altri luigini prodotti in zeccKe italiane e un certo numero di luigini anonimi molto verosimilmente fabbricati in Italia ad imi- tazione di quelli di Dombes. Mi propongo quindi di descri- verli in un prossimo fascicolo , aggiungendovi anche gli assaggi di titolo , molto importanti per monete , che sono tuttora di incerta attribuzione. Darò poi il disegno di quelle tuttora inedite o cKe furono solamente descritte nelle opere numismatiche. Dicembre, 1890, . Ercole Gnecchi. 1 o so 7T- TT . [enp li IL MEZZO ZECCHINO DEL VASTO La illustre famiglia D'Avalos è celebrata in varie forme da egregi monumenti numismatici. Don Inigo, che nel 1442 era venuto di Spagna in Italia con re Alfonso V d'Aragona, ci è ricordato da una medaglia del sommo Pisanello (i). Ferdinando Francesco I e Alfonso II D'Avalos, entrambi famosi capitani, e Ferdinando Francesco II, che mori viceré di Sicilia, hanno medaglie di Cesare da Bagno, di Cavino, del Bombarda, di Annibale Fontana, di Leone Leoni, e d'altri (2). Vittoria Colonna, la chiara poetessa, moglie del primo Ferdinando Francesco, nonché Maria d'Aragona (1) Trésor de Numisiiiatique et de Glyptique: Médailles coulées et ciselées en Italie. — Friedlaender J., Die italienischen Schaumilmen des fUnfzehnten Jahrhunderts. — Heiss A., Les Médailleurs de la Renaissance: Vittore Pisano. — Armand A., Les Médailleurs Italiens des quimième et aeizihne Siècles. (2) BoLZENTHAL H., Skizzeu zur Kunstgeschichte der modernen Me- daillen-Arheit. — Armand, op. cit. — Plon E., Leone Leoni, etc. 544 SOLONE AMBROSOLI moglie di Alfonso II, e Ifiigo suo figlio, hanno pure medaglie di vari artisti C^). Don Ruiz Lopez D' Avalos è effigiato dal Ga- leotti W. A questa ricca serie di medaglie fanno degno séguito le poche ma preziose monete coniate sul principio del secolo XVIII da Don Cesare D'Avalos, marchese e principe del Vasto, u in ostentazione u, del diritto di zecca statogli accordato dall' impe- « ratore « (^). Questa concessione, di Leopoldo, è in data di Vienna, 12 marzo 1704, e il passo relativo del diploma ch'è riferito dal Liinig (6) suona come segue , nella forma tradizionale di simili privilegi : tt Ad porro magis magisque Animi Nostri Caesarei pro- upensionem in prsedictum Celsissimum Nostrum Piscariae, a Vasti, Francavillae, et Roccellae Principem testifìcandam, u ex certa scientia, ac sano accedente Consilio, proque ea u qua fungimur autori tate CsBsarea, deque ejus pò testa tis ple- u nitudine, ipsi ejusdemque fìliis, hseredibus, descendentibus, u et successoribus legitimis in infìnitum benigne dedimus, a concessimus et elargiti sumus libertatem , et facultatem u in aliquo ipsi eisque commodo et opportuno Jurisdictionis u loco Officinam Monetariaìn fabricandi et ejostruendi, mone- tt tamque auream et argenteam, majoris tamen generis, ex tt una parte Aquila Nostra Imperiali, et ex altera Armorum a Su9e Dilectionis, ejusque descendentium insigniis, nominis a item, et cognominis proprii insoriptione signatam, bonam tt tamen, probam, sinceram, et justam, quae non sit adul- (3) Armand, op. cit. — Plon, op. cit. (4) Armand, op. cit. (6) Promis V., Tavole sinottiche delle monete battute iti Italia e da Italiani all'estero, Torino, 1869 (a pag. 226). (6) LuNiG J. Chr., Codex Italice diplomai icus, Francofarti et Lipsìse, 1726 (tomo II, a pag. 663 e seguenti). IL MEZZO ZECCHINO DEL VASTO 545 u terata , aut deterior illa , quam cseteri vel ItalisB , vel a Germaniae Principes Divorum Antecessorum Nostrorum a Eomanorum Imperatoruin concessione cudunt (ita ut nemo u de ejusmodi cusione justam conquerendi causam habere u queat) faciendi^ atque cudendi^ etc. etc. etc. n Don Cesare D'Avalos, tuttavia, come altri neo- principi italiani di quel tempo, non approfittò della facoltà accordatagli di erigere zecca propria, e si servi invece della zecca d'Augusta in Baviera, nella quale, come dice il Kunz (7), « fece lavorare uno « zecchino^ un mezzo zecchino, un tallero ed un « mezzo tallero. I coni del tallero servirono anche « per alcuni pochi pezzi in oro ??. E vero che il Promis, nelle Tavole sinottiche , parlando delle monete del Vasto , aggiunge di non aver « potuto conoscere dove esse siano state « lavorate 5? ; ma , per chiarire esatta 1' asserzione del Kunz, basta osservare che quasi tutte le monete di Cesare D'Avalos portano per distintivo la pigna, ch'è il segno di zecca, o meglio ch'è 1' arme stessa della città di Augusta, e i ferri da cavallo, i quali pur si veggono sulle monete di quella zecca (^). D'altronde, già nel Catalogo della Collezione Reichel è annotato esplicitamente (e senza darne nessun (7) Kunz C, Il Museo Bottacin annesso alla Civica Biblioteca e Museo di Padova, Firenze, 1871 (a pag. 145; — anche nel Periodico di Num. e Sfrag.y voi. Ili, pag. 25t>). (8) Cfr. il Catalogo Wesener della Collezione Morbio (Monaco di Ba- viera, 1882), in cui, a pag. 258, nella descrizione del tallero di Cesare D'Avalos, è detto : « Unten neben dem Vliesse das Augsburger Stadtpyr « unddie zwei Hufeisen ».(In basso, allato al Tosone, la pigna della città di Augusta e i due ferri da cavallo). 546 SOLONE AMBROSOLI motivo, come di cosa facile a verificare) che il tal- lero del Vasto è battuto ad Augusta (9). Vi sarebbe il mezzo tallero, che non ha con- trassegni caratteristici particolari, ma esso è di lavoro tanto simile a quello del tallero e dello zecchino, da non lasciar dubbio sulla sua provenienza dall'officina di Augusta; tanto più che , essendo dello stesso anno, 1706, diventa maggiormente inverosimile che per coniare quello spezzato si sia ricorso a qualche altra zecca. Tutte le monete del Vasto furono già pubblicate, nel grande Catalogo del Gabinetto Imperiale di Vienna C^^), — tranne il mezzo zecchino^ di cui non si troverebbe nessun disegno, e neppure altra men- zione fuorché quella surriferita del Kunz (^i). Credo quindi di far cosa grata ai cortesi lettori della Rivista col presentare l'impronta e dar la descri- zione di questa moneta, togliendole dall'esemplare a fior di conio che se ne conserva nel R. Gabinetto di Brera. Mezzo zecchino. Peso, grammi 1,74. ^ — VASTI -D— G-SRIPR- Busto del Principe, a destra, con lunga zazzera ina- nellata, corazza, pelliccia e Toson d'oro. ^ — DOMINVS REGIT ME • 17 — 07 • Arme di forma elittica , circondata dal Toson d'oro e sormontata da berretto principesco. (9) Die Reichelsche Munzsainmlung in St. Petersburg, Neunter Theil, 1843 (a pag. 69, N. 466 : Ein in Augsburg gepràgter Thaler). 10) Monnoies en or, qui composent une des différeìites parties dit Cabinet de S. M. VEmpereur, Vienne, 1759 (a pag. 258). Monnoies en argent, etc. efc, Vienne, 1769 (a pag. 474). (11) Cfr. Gnecchi F. od E., Saggio di Bibliografia numismatica delle Zecche Italiane, Milano, 1889 (a pag. 396-397). IL MEZZO ZECCHINO DEL VASTO 547 Se si confronta il mezzo zecchino colle rimanenti monete del Vasto, si rilevano sùbito tre differenze: — esso reca 1' arme D'Avalos semplice (^2)^ mentre le altre hanno uno stemma assai complicato ; — è deiranno 1707, mentre le altre sono tutte del 1706; — ed è mancante del nome di Don Cesare. La prima differenza si spiega agevolmente col- l'angustia dello spazio. Ben più diffìcile è il rendersi ragione della singolare leggenda: VASTI • D • G- • S • R • I • PR -, fuorché supponendo un equivoco da parte dell'incisore, costretto ad accorciare sul suo mezzo zecchino la lunghissima leggenda delle monete del 1706 che gli avranno servito da model] o. E si noti infatti che questa prolissa leggenda, per la sua di- sposizione, aggravata dalla particolarità di presentare i nomi ed i titoli alternati con parole di carattere più piccolo, poteva realmente indurre in errore ; tanto più se (come mi sembra) questa moneta del 1707 non fosse della stessa mano di quelle del 1706. E la omissione del nome di Don Cesare spie- gherebbe la straordinaria rarità del mezzo zecchino, il quale, probabilmente per quel motivo, dev'essere rimasto allo stadio di semplice progetto. SoLONE AmBROSOLI. (12) « D'Avalo a Napoli alza lo Scudo di azzurro con un Maschio di « Fortezza d'oro, e la bordura composta d'oro, e di rosso. » (Ginanni M. A., L'Arte del Blasone, Venezia, 1756; a pag. 215, con figura alla Tav. X, N. 223). MEDAGLIE DEL YELLAKO DI PADOVA IN ONOEE DI PAOLO II A nessuno de' Papi , che hanno retto la Chiesa nel secolo XV , furono coniate tante medaglie , quante a Paolo IL L'Armand ne annovera ben ventisette, varie di dimensioni, di leggende e di storie (1): ma non di tutte ò riuscito a determinare, anche per ragionevoli congetture, gli autori. Il lungo studio e il grande amore lo condus- sero a scoprire appena che tre soltanto delle ventisette sono opera del Paladino , un artefice noto per le sue medaglie di riproduzione in onore de' Pontefici del se- colo XV (2), e una, forse, d'Aristotele Fioravanti di Bo- logna (3), Quanto agl'incisori delle altre ventitré, l'Armand non osa proferire nemmeno una parola di semplice con- gettura. Ricorda bensì che Cristoforo Geremia di Man- tova ebbe a coniare, a testimonianza di Raifaello di Vol- terra, una medaglia in onore di Paolo (^) , e che un'altra ne usciva, come afferma il Vasari, dal punzone del Vel- lano di Padova (^) ; ma , all' oscuro de' caratteri , che le contraddistinguono , confessa schiettamente di non cono- (1) Armano, Les Médailleurs italiens des XV^ et XVP sihìes. Vo- lume IT, pag. 31 sog. e pag. 300 ; Voi. Ili, pag. 162. Paris, 1883 e 1887. (2) Idem, idem. Voi. Ili, pag. 142. (3) Idem, idem. Voi. Ili, pag. 163. (4) Idem, idem. Voi. I, pag. 31. (5) Idem, idem. Voi. I, pag. 47. 70 550 BERNARDO MORSOLIN scerle. Pensa, tutto al più, che le due medaglie possano confondersi con quelle degli artefici anonimi, i quali eb- bero a esercitare pure il punzone in onore di Paolo (^). * Ne la congettura del dotto francese si scosta intera- mente dal vero. Io non so se tra le medaglie anonime , illustrate da lui, abbiasi la medaglia dell' incisor manto- vano : ben credo che vi si possano riconoscere le lavo- rate dal Vellano di Padova. Dico le medaglie , perchè esse sarebbero non una , come vorrebbe il Vasari, ma più. Me ne fa fede Girolamo Gualdo, nel cui Museo di famiglia, disperso verso la fine del secolo XVII, se ne custodivano ben cinque. E delle cinque nessuna è sfug- gita all'attenzione dell' Armand, che le descrive ad una ad una, non senza additarne le collezioni, alle quali esse fan parte, e le opere di numismatica, che le riproducono, o ne fanno parola. Ho detto che le medaglie del Vellano in onore di Paolo son cinque. Devo ora soggiungere che quattro delle cinque hanno comuni e identiche le dimen- sioni e il diritto, così nel busto del Pontefice, come nella leggenda che vi corre all'intorno. Il diametro ha la mi- sura di mill. trentanove: il busto è volto a sinistra con la testa scoperta e indosso il piviale. Visi legge all'ingiro: PAVLVS • Il • VENETVS • PONT • MAX • I rovesci sono, in- vece, diversi. L'uno reca l'abside o tribuna della Chiesa di San Pietro in Roma col ciborio nel mezzo C^). E il (6) Idem, idem. Voi. I, pag. 31 e 47. (7) Il Gualdo, dopo aver detto che del Vellano teneva nel suo Museo « un bassorilievo d'una Venero nuda, che siede a pie d'un albero con un « cartello sopra, attaccato ad un ramo, che dice Venus, t> socrgiunge: « Hq MEDAGLIE DEL VELLANO DI PADOVA IN ONORE DI PAOLO li 551 rovescio d' una delle medaglie , fatte incidere dal Litta con la leggenda: HÀS • /EDES • CONDIDIT • ANNO • CHRIST • MCCCCLXV • - TRIBVNÀ • S • RETRI • ROMA • (8). Il Vel- lano si trasferiva in Roma ne' primordi del Pontificato di Paolo, e il 1465 s'accorda mirabilmente col tempo in cui vi lavorava , secondo che avverte il Vasari , nel palazzo di Venezia, e s'intratteneva, al dire del Gualdo, in cordiali conversazioni col nuovo Pontefice. Il rovescio d'altra delle quattro medaglie, che fu pur riprodotto dal Litta e incontrasi descritto nel Trésor de Numismatique et de Glyptique^ rappresenta il Papa in atto di benedire dal suo trono i fedeli, prostrati a' suoi piedi, con in giro la leggenda: AVDIENTIA • PVBLICA • PONT • MAX • (9). L'Ar- mand non ha lasciato d' avvertire che l' insieme doveva ispirare al Camello il rovescio d'una medaglia in onore di Sisto IV. È la medaglia, in cui si rappresenta il Papa in trono, con un Cardinale alla destra , in atto di bene- dire parecchi individui, vestiti all'antica (1^). Il rovescio della terza delle quattro medaglie, di cui s' ha un esem- plare nel Museo Civico di Vicenza e che fu pure ripro- dotto dal Litta e descritto nel Trésor de Numismatique^ rappresenta gli Apostoli Pietro e Paolo, posti di fronte l'uno all'altro, in atto d'indirizzare, come scrive l'Armand, « parimente alcune medaglie dello stesso, fra quali di Papa Paolo sopra- « detto, mentre in Eoma si tratteneva col Pontefice. In una sta la famosa < fabbrica del tempio di San Pietro, che pensava far erigere. » Giardino di Cha Gimldo, Msc. nella Marciana. Cod. cxxvii. 1. iv. (8) Armand, Tom. Il, pag. 32, n. 10. — Litta, Famiglie celebri italiane j Barbo, 6. (9) Idem, idem. pag. 33, n. 18. — Litta, op. cit. Barbo, 14. — Trésor de Numismatique et Glyptique I. xxiii. 3. Paris 1839. — « In un'altra si vede < un'audienza pubblica, che dà Paolo II a Principi e Cardinali, con il motto « (sic) Audienzia. puhlica. Ponfificis. Maximi. » Gualdo, Msc. cit. (10) Armano, Tom. I. pag. 117. Nota A. 552 BERNARDO MORSOLIN (( un branco d' agnelli verso l'Agnello Pasquale » con la leggenda: PABVLVM • SALVTIS (H). Il Gualdo, riportando la stessa leggenda, non si dà a divedere troppo esatto nella descrizione. L'insieme avrebbe raffigurato , a suo dire, la Vergine e] il Bambino in mezzo ad animali e a pastori. x\ppare da ciò ch'egli ha scambiato V Agnus Dei nella Vergine e nel Bambino ; ha scambiato i due Apo- stoli, Pietro e Paolo, in altrettanti pastori. Non ostante la inesattezza, la qual certo non vale a infermar l'identità della medaglia illustrata dall' Armand e custodita in un buon esemplare anche nel Museo Civico di Vicenza, credo che il Gualdo non dia in fallo, quando dice che il conio fu fatto in memoria della edificazione del Presepio di Santa Maria Maggiore. Il quarto rovescio, la cui riproduzione si può vedere pure nel Litta e nel Trésor de Numismatique^ è senza leggenda (12). Reca soltanto lo scudo gentilizio della famiglia patrizia de' Barbo di - Venezia , sormontato dal Triregno e dalle Chiavi (l^). Di nessuna delle quattro medaglie o, dirò meglio , de' quattro rovesci del Vellano si son additate dal Gualdo le dimensioni. Se l'unicità e l'identicità delle storie e delle leggende tolgono ogni dubbio che i tre primi rovesci sieno quelli di millimetri trentanove, descritti dall 'Armand, non (11) Idem, Tom. IL pag. 33. n. 14. — Litta, Famiglie celebri italiane, Barbo, ii. 13. — Trésor de Nuin., I. xxiii, 4. — « In un'altra (medaglia), « quando (Paolo II) edificò il Presepio in Santa Maria Maggiore, dove si « vedo la Beatissima Vergine con il Puttino fra animali e pastori. Pabulum Salutis è il suo « moto (sic). » Gualdo, Msc. cit. (12 j Armand, op. cit. n. 15. — Trésor de Numismatique I. xxiii. 5. — Litta, Famiglie celebri Italiane^ Barbo, n. 10. (13) « In altra (medaglia) è pur Teffigio del papa con V armi Barbo , « famiglia Veneta. » Gualdo, Msc. cit. MEDAGLIE DEL VELLANO DI PADOVA IN ONORE DI PAOLO II 553 altrettanto si può dir con certezza del quarto. Le me- daglie in onore di Paolo , con lo scudo dei Barbo nel rovescio, sono parecchie: ma i rovesci privi di leggenda son due solamente, l'uno del diametro di mill. trenta- nove, del quale s'è parlato, l'altro di mill. quarantaquattro per trent'otto, nel cui diritto si legge: PAVLO • VENETO • PAPE • Il • ITALICE • PACIS • FVNDATORI • ROMA • È la me- daglia, che si riferisce all' editto di Paolo, relativo alla pacificazione d' Italia del 1468 (1^), conservata in iin bel- l'esemplare anche nel Museo Civico di Vicenza. A' due rovesci, privi di leggende, si potrebbe anche aggiungere un terzo: ma su questo, che ha il diametro di sessantasei per quarantaquattro millimetri , non vuoisi , mi pare , nem- meno discutere, essendo una riproduzione in rilievo d' un intaglio in corniola, custodito nella Galleria degli Uffìzi in Firenze, allusivo al Giubileo del 1470 , come appare dalla leggenda: PAVLO • VENETO • PAPE • Il • ANNO • PVBLI- CATIONIS • IVBILEI • ROMA (15). Resterebbe pertanto il dubbio, se opera del Vellano sia il rovescio di millimetri trentanove, o r altro di millimetri quarantaquattro per trent' otto. Dato però, come attesta il Gualdo, che l'artefice padovano lavorasse la medaglia di millimetri trentanove co' rovesci rappresentanti l'abside del san Pietro, l'udienza pubblica e il Presepio di Santa Maria Maggiore , non pare che anche la medaglia col rovescio, rappresentante lo scudo dei Barbo senza leggenda , dovesse avere dimensione di- versa. Lo fa presumere , non fosse altro , il millesimo del rovescio , ov'è scolpita la tribuna di San Pietro in Roma, che si accorda, come ho detto, col tempo, in cui il Vellano lavorava nel palazzo di Venezia. (14) Armand, Tom. II, pag. 33, n. 17. — Trésor de Numismatique , I. xxiii, 7. — LiTTA, op. cit.. Barbo, n. 17. (15) Armand, Tom. III. pag. 162. D. 554 BERNARDO MORSOLIN I quattro rovesci, de' quali s' è parlato, non sono i soli della medaglia , che il Gualdo dichiara lavoro del Vellano. L'Armand ne descrive altri tre. L'uno porta, chiusa in una corona , la leggenda , in cui si com- memora : lACOBVS • COTTIFREDVS • ROMÀNVS • PHISICVS • EIVSDEM • SVFFRÀGIO • HAS AEDES • A • FVNDAMENTIS • EREXIT. Il Gottifredi era primo medico di Paolo, col cui assenso aveva fabbricata la sua casa in piazza Kavona ; casa , demolita il 1692 nel luogo , ove sorge la Chiesa di Sant'Agnese. La medaglia fu anzi scoperta in quel sito e in quell'anno (l^). L'altro rovescio è identico a quello della leggenda : AVDIENTIA • PVBLICA • PONT • MAX. Non varia che in quest'ultima, sostituendovisi : CONSISTORIVM • PVBLICVM (1"^). Il terzo reca, come quello in memoria del Gottifredi, la sola scritta entro una corona. Vi si legge cioè : ANNO • CHRISTI • MCCCCLXX • HAS • AEDES • CON- DIDIT (18). Che questi tre rovesci possano essere, come gli altri, opera del Vellano, non è cosa, che si voglia ne asserire , ne negare. Potrebbesi anche pensare che al diritto del Vellano, conservato nella zecca pontificia, si adattassero all'occorrenza i nuovi rovesci lavorati per mano d'altri artefici. E tali vorrebbero credersi forse i due dalle corone con entrovi le leggende. Del Vellano sarebbe a ripu- tarsi piuttosto il rovescio con la leggenda: CONSISTORIVM • PVBLICVM. Lo esige l'identità della storia con l'altro dalla leggenda: AVDIENTIA • PVBLICA • PONT • MAX • (19). (16) Idem, Tom. II. pag. 32. n. 11. Tom. HI. pag. 163. e. — Litta, op. e loc. cit., n. 12. (17) Armand. Tomo II, pag. 32, n. 10. — Trésor de Numismatiqtte, I, fase. XXIII. (18) Armand. Tomo II, pag. 33, n. 16. — Litta, op. o loc. cit., n, 9. (19) Armand. Tomo II, pag. 33. MEDAGLIE DEL VELLANO DI PADOVA IN ONORE DI PAOLO II 555 » # La quinta medaglia , lavorata dal Vellano in onore di Paolo II e della quale si conservano due esemplari nel Museo Civico di Vicenza (20), è di dimensioni minori della descritta. Il suo diametro raggiunge appena i millimetri trentatrè. Rappresentasi nel diritto il Papa volto a sinistra con la testa scoperta e indosso il piviale. Il profilo , la posa e la foggia degl'indumenti sono gli stessi della meda- glia di trentanove millimetri. Intorno al busto di Paolo corre la leggenda: PAVLVS • VENETVS • PAPA • II. Nel rovescio è scolpito il palazzo di Venezia in Roma, somi- gliante, come dice il Gualdo, a c( un gran castello d. Vi si legge air ingiro: HAS • AEDES • CONDIDIT • ANNO • CHRISTI • MCCCCLXV (21). E aneli.' essa una delle medaglie, illustrate dall' Armand e riprodotte dal Litta (22). Ma il rovescio , (20) Oltre a questi e agli altri esemplari, dei quali si è fatto cenno, con- servasi nel Museo Civico di Vicenza un bell'esemplare, in metallo dorato, della medaglia di millimetri settantotto, che fu coniata in memoria del Concistoro pubblico del 1466. È la medaglia, che fu riprodotta dal Litta, al n. 18 e si incontra nel novero delle medaglie papali del Trésor de Numismatique et Ghjptique, II, 5, e neWHistorische Miinz-Belustigung del Koehler, II, 201. Nel diritto si rappresenta Paolo in trono, che presiede al Concistoro ed ha airingiro la leggenda: sacrvm . pvblicvm . apostolicvm . consistorivm — PAVLVS . VENETVS . pp . II. Mirasi nel rovescio Gesù in cielo; nella parte superiore una moltitudine di Angeli e nella inferiore , a destra e a sinistra. Apostoli e Dottori e al basso la Vergine e san Giovanni Battista, che adorano la croce, e la risurrezione de' morti per gli Angeli che suonan le trombe. Vi si legge all'intorno : ivstvs . es . domine . et . rectvm . iv- DicivM . TVVM . miserere . NOSTRI . DO . MisERERE . NOSTRI. È la medaglia in un « pièce en or de la valeur de 20 sequins , dont , dice l' Armand , « nous avons vu un bel exemplaire entre les mains de M. A. Hess, de Franc- « fort-sur-Mein ». « Elle, soggiunge, a été executèe, comrae une monnaie, « c'est-à-dire avec un faible relief et a ótó frappée ». Tom II, pagina 34. (21) « In altra (medaglia) si porge lo stupendo palagio di S. Marco, < quasi un gran castello, nelle quali (medaglie) tutte sta efiHgiato il Papa « mirabilmente. In questa sta scolpito : has . aedes . condidit . anno . « CHRISTI : MCCCCLXV ». GUALDO, MSC. CÌt. (22) Armano. Tomo II, pag. 32^ n. 4. — Litta, op. cit. Barbo, n. 4» 556 <- BERNARDO MORSOLIN del quale si parla dal Gualdo, non è T unico. A quello, che reca il palazzo di Venezia in Roma , voglionsene aggiungere altri quattro. In due si ha lo scudo dei Barbo, sormontato dalla tiara e dalle chiavi, con leggenda diversa. Nell'uno è incisa la stessa, che leggesi intorno al palazzo di Venezia in Roma: HAS • ÀEDES • CONDIDIT • ANNO • CHRISTI • MCCCCLXV . ; nell'altro sta scolpito: HANC • ARCEM • CONDIDIT • ANNO • CHRISTI • MCCCCLXV • (23). Ne' due altri rappresentasi una donna inginocchiata fra due fanciulli. Nell'uno leggesi: LETITIA • SCOLASTICA • A • BO; neir altra, dove la donna tiene in mano un cornucopia, sta scritto: HILARITAS • PVBLICA (24). Ora io non dirò che i quattro rovesci sien tutti, come l'unico diritto, del Vel- lano. Non darebbe forse in fallo chi ritenesse di lui i due dallo scudo dei Barbo , sormontato dalla tiara e dalle chiavi. Neir A • 80 • del rovescio , rappresentante la donna inginocchiata fra due fanciulli con la leggenda : LETITIA • SCOLASTICA -, fu riconosciuto da Gaetano Mi- lanesi r Aristotele Bolognese , o altrimenti 1' Aristotele Fioravanti da Bologna, ingegnere e architetto, a cui commettevasi da Paolo il trasporto di un obelisco (25). Io non ho sott' occhio ne questo, né l'altro rovescio, dove la donna, inginocchiata fra due fanciulli, tiene in mano il corno dell'abbondanza e si legge: HILARITAS • PVBLICA. Ma a giudicare dalla somiglianza del concetto vorrebbesi credere che l'artefice dell'ultimo de'due non fosse altro dal Fioravanti di Bologna , se pur non è l' identico rovescio della medaglia d'uguale dimensione, il cui diritto, rap- (23) Armand. Tomo li, pag. 32, n. 5-6. — Trésor de Numisma- tique, I , XXIII, 6. — Litta, op. cit. Barbo, n. 5. (24) Armano. Tomo II, u. 7-8. — Litta, op. cit. Barbo, n. 2-3, (25) Armand. Tomo III, pa^. 163^ b, MEDAGLIE DEL YELLANO DI PADOVA IN ONORE DI PAOLO II 557 presentante Paolo secondo, volto a sinistra, con la testa scoperta e il piviale a fogliami , reca la leggenda : PAVLVS • SECVNDVS • PONT • MAX • (26). Il fatto poi della medaglia, che reca nel rovescio le iniziali di Aristotele da Bologna, mi trae a credere che i rovesci si lavorassero come ho detto e si applicassero, all'occorenza, a' diritti già eseguiti da altra mano. * * Il Vasari non fa cenno, come s'è avvertito, che d'una sola medaglia , lavorata dal Vellano in onore di Paolo. Dalle parole del Gualdo risulta invece che le medaglie furono più d'una; e risulta, ad un tempo, che nel suo Museo se ne custodivano anche altre del medesimo artefice in onore d'altri individui. Il che non fa punto contro il Vasari, il quale pure afferma ugualmente che il Padovano avea lavorato più medaglie. Non vuoisi anzi tacere che lo scrittore delle Vite degli artisti ne segnala tre delle più notevoli, quella cioè in onore di Paolo e due altre in onore, Tuna di Bartolomeo Platina, l'altra di Antonio Rosselli, un celebre giureconsulto d'Arezzo. La dispersione del Museo , compiutasi verso la fine del secolo decimo settimo, non concede di certo che si possa congetturare quali fossero le altre accennate dal Gualdo (2'?). Ben si può credere che la testimonianza di lui, riguardo alle medaglie in onore di Paolo, non lasci campo a dubbio alcuno. Il Museo, a mezzo il secolo decimosettimo, quando (27) « Ito parimente alcune medaglie dello stesso (Vellano) fra le quali di Papa Paolo, etc. » Gualdo, Msc. cit. (26) Armand. Tomo III, pag. 162, B, C, D. — Si badi poi che questa stessa medaglia e altre due in onore di Paolo furon fatte, o dirò meglio, riprodotte dal Paladino, quali medaglie di riproduzione. Armano. Tomo II; pa^. 31, n. 20, 21, 22, 23. Tomo III, pag. 162, n. D, E, F. 7» 553 B. MORSOIJN - MEDAGLIE DEL VELLANO DI PADOVA, ECC. il Gualdo ne faceva la descrizione , era già ordinato da oltre cent' anni. Fondato da Girolamo Gualdo , vis- suto in Roma ai tempi di Leone decimo e di Clemente settimo, erasi arricchito, a mezzo il secolo decimosesto, delle medaglie, che adornavano quello studio di Valerio Belli, il quale fu chiamato dal Vasari « uno stupore d. Aggiungasi che Paolo II, quando saliva al pontificato, era già vescovo di Vicenza, e che da Vicenza lo se- guivano a Roma parecchi cittadini, ira' quali Guglielmo Pagello, il quale lo ebbe a servire in qualità di segretario. Questi fatti sono, mi pare, più che sufficienti a far credere che i Vicentini dovessero esser molto addentro ne' fasti di quel pontificato, e che il Gualdo, vissuto, almeno nella sua giovinezza, co' contemporanei di Paolo , non dovesse ignorare, in un secolo protettore e ammiratore degli artisti, quale il decimosesto, le opere degne di partico- lare encomio e tra le altre c][uelle del Vellano, ch'era vis- suto in Padova, così vicina a Vicenza, e aveva lasciato di se singoiar nominanza. Ajjrile 1890. Bernardo Morsolin. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 (UNA AGGIUNTA). Abbiamo una breve aggiunta da fare al nostro articolo sulle Medaglie italiane del 1889 pubblicato nel fascicolo II della nostra Rivista^ anno III, 1890. E l'aggiunta si riferisce ad una medaglia illustrante il viaggio fatto nel maggio 1889 da Sua Maestà il Re Umberto in Germania. Nel ritornare da Berlino in Italia, Sua Maestà si fermò a Francoforte sul Meno per passarvi in rassegna il primo reggimento Ussari d'Assia N. 13, del quale Sua Maestà è colonnello onorario e del quale il principe ereditario Vit- torio Emanuele è luogotenente. La rassegna ebbe luogo il 27 maggio durante la breve fermata di Re Umberto a Francoforte, e la medaglia che ricorda tal fatto è la seguente : Diam. mm. 55 ^ — Busto, in uniforme militare italiana con decorazioni, e mantello sulle spalle, testa nuda a destra. In giro, ai lati: UMBERTO — RE D'ITALIA. ]^ — Nella metà superiore del campo in sette linee: ZUR ERINNERUNG - AN DEN BESUCH S. M. KONIG- — HUMBERT'S V. ITALIEN — UND BESICHTIGUNG DES — I*"" HESS'ISCHEN HUSAREN — REO. N. 13 — IN FRANK- FURT 7m. 27 MAI 1882. Nel centro della medaglia, oriz- zontalmente, fregio; e nella parte inferiore del campo, in sette linee: IN MEMORIA AL PASSAGGIO IN — FRAN- COFORTE 7m. DI S. M. IL RE — UMBERTO D'ITALIA — ALLORCHÉ PASSO IN RIVISTA IL ~ XIII REGGIMENTO — USSARI DI ASSIA — 27 MAGGIO 1889. Sotto, in piccolissime lettere Lauer. 560 A. COMANDINI • MEDAGLIE ITALIANE DEL 1889 Dal Lauer di Norimberga furono eseguite altre medaglie, nei nostri articoli precedenti descritte, illustranti il viaggio di Sua Maestà a Berlino : ed anzi il busto di Ee Umberto effigiato nel diritto di questa medaglia è lo stesso portato dalla medaglia N. 4 descritta nel nostro primo articolo. {Ri- vista Numismatica^ anno II, fase. II, pag. 262). I Ottobre 1890. A. CoMANDINI. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI vin. ENNIO QUIRINO VISCONTI Primogenito di Gian Battista Antonio Visconti, Ennio Quirino nacque in Roma ai 30 ottobre 1761. Il padre, uomo coltissimo, Prefetto delle Antichità, accortosi della precoce intelligenza del bambino, quasi presago della sublime al- tezza cui avrebbe poggiato, non volle affidare ad altri la cura di coltivare i primi germi del di lui ingegno, ma riserbò a sé solo l'educazione del figlio ; né fallirono le sue speranze, e rapidi ne vide i frutti. A diciotto mesi Ennio conosceva già tutte le lettere dell' alfabeto ; a due anni distingueva sulle medaglie 1' effìgie di tutti gì' imperatori romani da Cesare sino a Gallieno ; a tre anni e mezzo leggeva cor- rettamente latino e greco. Dotato di prodigiosa memoria, a dieci anni maravigliò i più dotti per le sue cognizioni in geografìa, storia, cronologia, numismatica e geometria, e a tredici, in un solenne esame, nella Biblioteca Angelica, seppe risolvere i più astrusi problemi della trigonometria, dell'analisi e del calcolo differenziale. I giornali letterari e scientifìci di quel tempo si occuparono di cosi raro fe- nomeno, e colmarono di elogi il precoce scienziato. Uscito da una schiatta illustre per uomini colti ed eruditi, in breve tempo li eclissò tutti colla prevalenza del suo ingegno 562 e. LUPPi e la vastità della sua dottrina. Giovanissimo, e già esperto nelle lingue classiche di Grecia e di Roma , preso dalle bellezze della poesia, sfogò la sua nobile passione tradu- cendo in versi italiani i capolavori dell' antichità, e in occasione d'una visita fatta a Roma da Giuseppe II, offerse il suo omaggio a quell' imperatore in versi italiani, greci e latini. Ma la spiccata tendenza del secolo alle indagini archeologiche, rinvigorita allora più che mai dalle scoperte recenti di Ercolano e Pompei, nonché dagli scavi della Villa Adriana, avevano suscitato anche tra noi una gara vivis- sima di ricerche e di nuovi studi per ricostruir colla scorta di quelle scoperte la storia della splendida civiltà greco- latina. Movimento si grande non potè a meno di comunicarsi anche all' ingegno potente del Visconti , già preparato a quell'impulso da' severi studi già fatti, sorretto da memoria prodigiosa e da moltiforme erudizione. Fu quello il tempo, che a papa Clemente XIV, per assecondare tanto ardore di studi e di ricerche, venne il pensiero di fondare in Vaticano altro vasto museo in supplemento al Capitolino, per raccogliere in esso i monumenti più importanti che si andavano mano mano scoprendo, e quelli che da tempo giacevano ignorati nei palazzi e nei conventi di Roma. Il padre di Ennio, nella sua qualità di Prefetto delle An- tichità, fu chiamato a si nobile incarico, e a presiedere alla scelta, agli acquisti e al collocamento dèi tesori, che affluivano al nuovo museo. Pio VI, succeduto nel 1775 a Clemente, continuando la magnanima impresa del suo an- tecessore, ordinò nuovi scavi e nuovi acquisti. 11 Visconti mantenuto dal Pontefice alla direzione e all'ordinamento di queir enorme congerie, sopraffatto dall' immane lavoro, si associò dapprima il figlio secondogenito Aurelio, coli' aiuto del quale potè affrettare il compimento dell'insigne colle- zione, che col nome di Museo Pio-Clementino, divenne in breve la scuola degli artisti e degli antiquari di tutto il mondo. Ennio intanto il 7 agosto 1771 consegue il grado di dottore in diritto romano e canonico; il principe Sigis- mondo Chigi, suo amico ed ammiratore, lo elegge a suo bibliotecario, assegnandogli abitazione e tavola nel proprio VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 563 palazzo ; e affinchè potesse attendere con maggior agio ai suoi studi, gli concede in aiuto l'abate Carlo Fea con titolo di sottobibliotecario. In questo frattempo, causa le soverchie fatiche dell'ordinamento del nuovo museo, il padre fu colto da malattia giudicata inguaribile. Allora, annuente il Papa, che aveva smesso il pensiero di fare di Ennio un prete e forse un cardinale, chiamò presso di sé il suo primogenito, valendosi del suo potente ingegno e della sua sconfinata erudizione a dare vita all'insigne raccolta. In collaborazione con Ennio potè fìualmente nel 1782 dare alla luce il primo volume illustrativo del Museo Pio-Clementino, considerato quale opera classica ed unica nel suo genere. Gian Battista non sopra visse che due anni a tanta gloria; morto nel 1784, Ennio continuò da solo l' illustrazione del Museo, pubbli- candone il secondo volume in quell'anno stesso, riscuotendo per sé nuovi elogi, ed estendendo la sua fama oltre i confini della penisola. Il predominio cosi conquistato da Ennio in ogni ramo della scienza archeologica gli valse la nomina a Conservatore del Museo Capitolino. Sposata nel 1786 la sua diletta Angela Teresa Doria, tranquillo di mente e di cuore, consacrò intera la sua attività agli studi prediletti, producendo opere che segnano un'orma luminosa nelFardua scienza dell' antichità, fra le quali principalissima la con- tinuazione del Museo Pio-Clementino , pubblicandone ad intervalli gli altri volumi fino al settimo, composto a Parigi ed edito in Roma nel 1807. Il Visconti non si lasciò mai sfuggire 1' occasione di esaminare e di descrivere i monumenti d'ogni sorta che si venivano di continuo scoprendo. Nel 1785 colla sua profonda dottrina illustra il vetusto Monumento degli Scipioni^ pub- blicato con aggiunte del Piranesi ; nel 1787 i Monumenti scritti del Museo Jenkins ; nel 1788 le Osservazioni su due mosaici antichi istoriati della Collezione del Cav. d'Azara ; inserisce poco dopo nella Raccolta del Quattoni lettere e descrizioni sopra varie antichità, e nel Museum "Worstlianum di Londra le Dissertazioni sopra un bassorilievo rappre- sentante Giove e Minerva che ricevono gli omaggi da una folla di Ateniesi ; nel 1793 le Osservazioni sopra un anticQ 564 e. LUPPi cammeo rappresentante Giove Egioco; e la Lettera sopra un'antica o.rgenteria nuovamente scoperta in Roma; nel 1794 le Iscrizioni greche Triopee, ora Borghesiane, con versioni, e le Pitture di un antico vaso fittile trovato nella Magna Grecia ed appartenente a S. A. il signor Principe Stanislao Poniatoioski ; e nel 1797 i Monumenti Gabini della Villa Piìiciana. Evidentemente dalla surriferita nota si chia- risce quanto grande fosse l'operosità del Visconti per tanti e si svariati lavori, e quanto meravigliosa fosse la versatilità del suo ingegno nel passare per si differenti argomenti, trattati sempre con inesauribile erudizione. In mezzo però a si grande fervore di studi si erano maturati in Europa grandi avvenimenti, la rivoluzione in Francia, 1789, e 1' invasione dei repubblicani francesi in Italia, 1796. Nell'ottobre dell'anno 1797 il Berthier coi Francesi entra anche in Roma, vi instituisce tosto un governo provvisorio, e inaugura la Repubblica, chiamandovi a reggere il Ministero degli interni il nostro Visconti, ed eleggendolo poco di poi uno dei cinque del Consolato, 1798. Per tal modo il sommo archeologo trovossi ingolfato senza volerlo nel mare torbido della politica e della guerra, a cui l'indole sua mite, ed il suo genio lo rendevano affatto inetto. Pertanto non corri- spondendo alle speranze dei più esaltati , abbeverato di amarezze, fu privato dopo breve tempo di quelle cariche, onde ritornò con gioia a' suoi studi. Ma non doveva lunga- mente godere di quella tranquillità, perchè impadronitisi i napoletani dell'eterna città, il Visconti, temendone le ire per aver servito, sebbene nolente, il governo francese, abbandona la patria, ricoverandosi colla famiglia in Perugia. Quel suo primo esilio durò solo ventisei giorni, perocché ripresa Roma dai francesi con Championnet, il Visconti rivide la sua città nativa, ma dovette ben presto rifare i passi dell' esilio al nuovo sopraggiungere dei napoletani, al novembre del 1799, e questa volta si trovò separato dai figli e dalla moglie che teneramente amava. Dopo molte avventure potè finalmente rifugiarsi in Francia, dalla quale non si allontanò più mai. Appena toccatp il suolo francese^ una lettera di (juel Gq- E. Ce.. - I S C ON f f 7» VITR DI ILLUSTRI NTTMISMATICI ITALIANI 567 verno, 18 dicembre, la ascrive tosto tra gli Amministratori del Museo clie stavasi formando al Louvre colle spoglie di tutta Europa, e specialmente d'Italia, ed ebbe il titolo di Sorvegliante, poi di Professore di archeologia, finalmente la carica di Conservatore delle antichità, 1803, e Membro dell'Istituto, 1804. Tutti i Francesi più colti si rallegrarono dell'esaltazione del Visconti a quel posto, pensando essere Ennio Quirino una delle più belle conquiste fatte dalla Francia in Italia. In questo suo nuovo stato tranquillo ri- prende con nuova lena i suoi studi interrotti. Compone il Catalogo di quel vasto Museo da lui presieduto, descrivendo brevemente, ma colla sua usata dottrina la più splendida collezione che sia mai esistita al mondo ; illustra lo Zodiaco di Tentira^ scoperto recentemente dai Francesi in Egitto e dopo un gran numero di scritti minori e d'occasione, per ordine di Napoleone nel 1804 pò n mano alla grande opera àeW Iconografia greca e romana, ossia alla collezione dei ritratti autentici di tutti i regnanti e dei personaggi illustri dell'antichità. U Iconografia greca apparve nel 1808 in tre volumi, ed è e sarà nei secoli futuri il monumento più bello della sua gloria. La fama del Visconti aveva toccato il suo apogeo ; la sua autorità in fatto di archeologia giu- dicata quasi inappellabile, talché gli Inglesi ebbero ricorso alla sua dottrina e chiamarono in Londra Ennio Quirino per giudicare del valore delle insigni scolture tolte al Partenone nel 1817 da Lord Elgin e da questo trasportate in Inghil- terra. Il Visconti , giudicatele opera in gran parte dello scalpello di Fidia, loro attribuì un prezzo altissimo, dicono 35 mila ghinee. Ritornato il Visconti in Francia, descrisse quei monumenti in una Memoria sopra alcune opere di scoltura del Partenone e di alcuni edifici dell'Acropoli d'A- tene. Ma la vita del sommo archeologo, logorata da tante fatiche, volgeva al suo termine. Fin dal 1816 si manifesta- rono i sintomi della malattia che lo doveva rapire a' suoi ammiratori, per addurlo al tempio dell'immortalità ; un'af- fezione morbosa alla vescica, cui la scienza non potè rime- diare, dopo lunghe sofferenze, lo spense il 7 febbraio 1818, nella non tarda età di 67 anni. Poco prima di morire aveva 568 e, Luppi pubblicato il primo volume dell' Iconografia romana che doveva degnamente far seguito alla greca. L'annunzio della sua morte commosse tutto il mondo civile, e ai suoi funerali non solo l'Italia, ma la Grecia, la Germania, la Svezia, la Danimarca, l'Inghilterra, la Spagna, il Portogallo, vi vollero essere rappresentate per mezzo de' loro scienziati e de' perso- naggi più illustri, a Nel cimitero del Padre Lachaise gli venne u eretta una tomba ornata del suo busto ; mentre in E-oma tt ed in Bologna si celebrava la sua memoria ed i giornali u facevano a gara nello spargere fiori sulla sua tomba, w (*) — Di tutte le opere dell' ingegno fecondissimo di Ennio Quirino, quelle che interessano più da vicino, e in sommo grado gli studi nostri sono le due ultime citate, cioè V Ico- nografia greca e V Iconografia romana ; in ispecie la prima, perchè compiuta, e più ardua, comprendente la storia illu- strata colle monete dei E-e di Sicilia, di Macedonia, del- l'Epiro, di Sparta, di Tracia, d'Illiria, del Ponto e del Bosforo Cimmerio , di Bitinia , di Pergamo, dell' Asia minore, di Cappadocia, d' Armenia, e della Siria ; dei principi della Cilicia, di Commagene e della Giudea ; de' re Parti e dei re Persiani della dinastia dei Sassanidi, dei re della Bat- triana , di Caracene e Babilonia , e infine dei Tolomei d'Egitto. A questo immenso lavoro, che inchiude la storia di tutto il mondo greco antico, antepose anche i ritratti che si riscontrano sulle antiche medaglie e pietre incise dei più illustri poeti, legislatori, filosofi, e delle donne celebri, che resero famosa, sopra ogni altra, quell'età. Storia questa non mai tentata in cosi vasto complesso da nessun altro prima di lui, con tanta competenza, con si profonda eru- dizione, e con si splendida illustrazione. Talché per questa e per le altre molteplici sue opere, accennate più sopra, un biografo francese non esitò a conchiudere : "Winkelmann , il sommo archeologo prussiano ha fatto amare la scienza delle antichità ; l' italiano Visconti ne ha splendidamente illustrato tutto quanto il dominio. (*) Giuseppe Maffei. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 569 Ennio Quirino , oltre le opere stampate, ne lasciò pa- recchie manoscritte ed inedite, che furono acquistate dalla Biblioteca nazionale e dall'Istituto di Francia ; fra queste una Dissertazione sopra una medaglia di Thermusa moglie di Fraate IV re de* Parti ^ scritta nel dicembre del 1817. — Dall'epoca della morte del Visconti, i suoi discendenti, eredi di tanta gloria, si fissarono definitivamente in Parigi, so- stenendo degnamente con opere egregie e la coltura d'ogni bell'arte, la fortuna e l'onore del suo nome immortale. Questi cenni biografici furono tolti dai seguenti libri : Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de' contemporanei compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del prof. Emilio de Ti- paldo. Volume sesto, pag. 493-507. — Emeric David nella Bìogra- phie universelle (Michaud) ancienne et moderne. Paris, tome XLIII, pag. 626-635. — Giuseppe Maffei, Storia della letteratura italiana. Voi. II, pag. 367-381. — Dizionario universale storico-mitologico- geografico compilato da una società di uomini di lettere per cura del Dottore Angelo Fava. Torino , 1856. Parte III , pag. 2395. — Giovanni Labus, Notizie intorno la vita di Ennio Quirino Visconti. Milano, 1818. (In fronte al primo volume del Museo Pio-Clemen- tino). — Zannoni, Elogio. Q^qW Antologia di Firenze, 1822, n. 18). — Batelli e Fanfani , Serie di vite e ritratti de' famosi perso- naggi degli ultimi tempi. Milano, 1815, pag. 26. — Cantù Cesare, Storia di cento anni. Firenze, 1855, voi. II, pag. 556. BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI. Fraccia G., Lettera al cliiar. Cav. Francesco Gnecchi, redattore della Riv. It. di Num. Bologna, Soc. Tip. già Compositori, 1890, ia-8 p. 5. Perella, Vantico Sannio e Vattiiale provincia di Molise. Memorie topografiche, storiche, numismatiche, ecc., ecc., edite od inedite. Isernia. Frat. De Matteis, Voi. I, in-8, 1890. Babelon , Monnaies des rois de Si/rie, d' Armenie et de Commaghie. I volume. Paris, Rollin et Feuardent, in-8 gr. et 30 planches. Maxe-Werly, Recherches sur les monnaies des arche véques d'Emrun. Valence, Impr. Céas et fìls, pp. 33 et carte in-8. Vallentin, Les monnaies frappées à Montélimar pendant le regne de Louis XII (1498-1515). Valence, Imp. Céas et fìls, 1890, 16 pag. in-8. Les pinatelles frappées en Dauphiné en 1591 et en 1592. Va- lence, Céas, 15 pag. in-8. Terrien de Lacouperie, Une monnaie bactrochinoise bilingue du /«'• siede avant iiotre ere. Paris, Imp. nationale, 1890, 14 pp. avec fig. in-8. Fournier de Flais, L'i problèma monétaire. Paris, Guillaumin et C, 1890, pp. 168 in-8 gr. Poncet e., Le trésor de Planche (commune de Neuville sur Ain). Lyon, Brun, in-4 p. 29. Svoronos J. N., Numismatique de la Crete ancienne, accompagne'e de rhistoire, la géographie et la mythologie de V ile. Première partie : Des- cription des monnaies, histoire et géographie. Macon, Impr. Protat, in-4 , pp. IX-364 et 35 pi. Quintard (L.); Jetons de l'hotel de Ville de Nancy aux X VP, X VIP et XVIIP siècles. Nancy, Impr. Crépin-Leblond, 1890, in-4 gr., pp. 38. Blancard L., Monnaies attribuées aux fosses mariennes. Marseilìe , Imp. Barlatier et Barthelet, 1890, in-8, pp. 16, avec fig. Catalogue raisonné de la collection de deniers mérovingiens des VIP et VIJL siècles de la trouvaille de Cimiez, donnée au Cabinet des mé- dailles de la Bibliothèque nationale par M. Arnold Morel Fatio. Re- dige par le donateur et publié selon ses voeux par M. A. Chabouillet. Macon, Impr. Protat frères, 1890, in-8 gr., pp. xviii-70 et 11 planches. 572 ^ BIBLIOGRAFIA HòLSCHER Franz., Katalog der Munzammlung zu Attendorn. (Pro- gramma 1890 del Ginnasio di Attendorn, in-4, pag. 34. Imhoof-Blumer F., Griechische Miinzen. Nette fìeitrage und Unter- suchungen. Mit 378 Abbildgn. auf 14 Lichtdrack- Tafeln. (Aus u Abhand- lungen der bayerschen Akademie der Wissenschaften n). Miinchen, Franz, 1890, in-4 gr., pp. 525 a 798. KiKMis Dr. M., Chemische Winke fur Numismatikei'. Anleitung zur Kenniniss und zur Behandlmìg der Miinzen. Berlin, Weyl, in-8 gr. pp. 15- IsENBECK JuL., DcLS Nossauìsche Munzwesen. (Aus: a Annalen des ^ereins fiir Nassauische Alterthumskunde n). Wiesbaden (Lùtzenkirchen), 1890, lex-8, pp. 192 e 10 tav. PERIODICI. Mevue Nmnisìnatique, III Trimestre 1890. Prou (Maurice), Inventaire sommaire des monnaies me- rovingi ennes de la CoUeotion d'Amécourt, acquises par la Bibliothèque Nationale. Drouin (Edmond) , Notice sur quelques monnaies bi- lingues sassanides. Heiss (Aloiss), Note sur les portraits de Gonzalve de Cordone. Vercoutì'e (A.) , Les types des monnaies frappées par Manius Aquilius et par Publius Clodius à l'effìgie du Soleil. In questa memoria l'autore cerca il significato delle stelle collocate sui rovesci delle citate monete, e lo trova felicemente nell'Astronomia. Le quattro stelle del denaro di Manio Aquillio, tre in alto ed una al basso, figurerebbero la costellazione dioiV Aquila ^ che la famiglia Aquillia si avrebbe scelta quale simbolo del suo nome, mentre le cinque che figu- rano sul denaro e sull'aureo di Publio Clodio (fra le quali però non sempre una è rappresentata più grande delle altre , poiché io posso ci- tare un aureo e quattro denari in cui le quattro stelle sono tutte eguali) figurerebbero la costellazione del Toro , da cui per una derivazione un poco più complicata, da Taurus, taurinus, verrebbe il cognome di Tur- rinus al monetario P. Clodio. L'autore suppone che probabilmente detto monetario avrebbe preferito come simbolo il toro animale, se questo già jion fosse stato accaparrato dalla famiglia Thoria. Si potrebbe aggiungere BIBLIOGRAFIA 573 che torse anche M. Aquillio si trovò nel medesimo caso , essendo stato preceduto da M. Pletorio, che pose 1' aquila sulle sue monete. Se tali spiegazioni non sono matematicamente provate , sono però assai inge- gnosamente trovate e hanno tutta l'apparenza della verità , analoghe come sono, a quella che generalmente vien data al denaro di Lucrezio, Trio , ove le sette stelle alluderebbero a tal nome , rappresentando la costellazione dell'Orsa maggiore, septem Triones, Anche nella serip imperiale non mancano simboli astronomici sulle monete, e, lasciando quelle ove la stella o le stelle stanno a rappresen- tare 1' eternità o la consacrazione , citerò l' esempio di un denaro di Adriano in cui figurano insieme ad una mezzaluna sette stelle varia- mente disposte. Non si potrebbe forse trovare una spiegazione anche di queste esplorando la sfera celeste ? Blanchet (Jules Adrien), Médaillon en bronze de l'em- perur Hadrien. Si tratta di un bel medaglione trovato vicino a Dourdan (Seine-et- Oise) e acquistato dal Gabinetto di Parigi. Non è però che una va- riante di quello descritto da Cohen al Num. 640 e inciso alla Tav. V. Engel (Arthur), Souvenirs numismatiques d'un voyage autour du monde. Bibliografìa. Annuaire de Numisìnatique^ Setteinbre-Ottobre 1890. Buplan (A.), Un tiers de sol inédit. Jolivot (C), Un tiers de sou de Monaco. Amécourt (René d') , Un denier de Gui de Chatillon, comte de Blois. Serrure (R.) , Trouvaille de monnaies Carolingiennes faite en Hollande. Belfort (A. de) , Description generale des monnaies mérovingiennes. Cronaca. — Necrologia. — Bibliografìa. Mevue belge de Numismatique. Quatrième livraison. Chautard (J.), Etude sur les jetons au point de vue de la reproduction du type du revers. JS'w^^r (Arthur), Mólanges numismatiques. 73 574 lìIBLIOGRAFIA Wiéte (Alphonse de) , Poids de marchandises des an- ciennes provinces belgiques. — Un quarterou de Binche. Vallentin (Roger) , Date de la fabrication des quarts d'écu d'Henri III. Corrispondenze. — Miscellanea. Tlie Numismatic Chronicle, 1890. Num. 37, 38 e 39. 1. Greenicell (the Eev. Canon) , On a find of Arcliaic Greek Coins in Egypt. 2. Lo stesso. — On a find of Arcliaic Greek Coins , principally of the Islands of the Aegean sea. 3. Lo stesso. — On some rare Greek Coins. 4. Howorth (Henry H.), The initial Coinage of Parthia. 5. Lawì^ence (L. A.), On a Baronial Coin of Eustace Fitz-John. 6. Montagli (H.), Find of gold Coins near Chesham, Buchs. 7. Grueher (Herbert A.) , English personal medals from 1760. 8. Prevost (A.), The fìve-franc pieces of France. 9. Citnningham (A. Maj or-General), Coins of the Sakas. 10. Six (J. P.), Monnaies grècques inódites et incertaines. 11. Bagnali Oakeley (M. E.) , Coins found at Caerwent and Caerleon. 12. Eoans (.John) , On a small board of roman Coins found at Amiens. 13. Montagli (H.) , Silver Crowns of James I of the Second Issue. Bibliografia. — Miscellanea. Arte e Storia, N. 18: Gallo G., Nummo Romano a Castrovillari. Giornale degli Economisti. Roma, nov. 1890: Loria A., Studi sul valore della moneta^ cap. IV. — X. 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Vereins des Kantons Glarus. (Verzeichniss der Miiazen, Medaillen, Waffen, etc). Boletin de la Real Academia de la Historia. Madrid - aprile 1890 : Pujol C, La epigrafia numismàtica. — Fr. Corderà , Nu- mismàtica y metrologia musulmanas Luglio-Settembre 1890: V. de la Fuente, Una medallamd ionica, The quarterly Journal of economics. Boston , luglio 1890 : White Horace, The Silver Sltuation. Mittheilungen des deutschen -wissenschaftlichen Vereins in Mexiko, Voi. I, fase. I : Struck Gustav, Mexiko und die Silberent- tcerthung im Auslande. The Indian Antiquary, Marzo 1890 : Fleet, Some Gold Coins of the Eastern Chalukya Kings Saktivartnan and Rajaraja II. NOTIZIE VARIE Un ripostiglio di monete d' oro medioevali a Roma. — Nello scorso settembre, un muratore, lavorando presso un vecchio muro nella città di Roma, scopri un vasetto di terra contenente circa 250 monete d'oro. Quel tesoretto fu subito diviso in tre o quattro lotti, che andarono venduti agli antiquari della città. Io ho potuto acquistarne circa la metà, altre ne ebbi sott'occhio, e riunendo poi le notizie, che mi furono fornite, su quelle che non potei vedere, mi trovo in grado di dare in succinto la descrizione di tutte le monete contenute in quel ripostiglio, persuaso che nella detta descrizione si trovino tutti i tipi rappresentati da quelle monete. — Per non dilungarmi in inutili descrizioni, citerò mano mano, pei tipi già noti, gli autori che li pubblicarono. Quanto alle monete inedite^ e specialmente all' unico zecchino di Pio II per Spoleto, mi riserbo di darne il disegno e parlarne a miglior agio in altra occasione. BOLOGNA. Paolo II (1464-71). Zecchino. — D.: Leone rampante con vessillo; nel campo, cifra. K. : S. Paolo stante. Ai lati , stemma del Pontefice e del Cardinal Capranica. (Cai Bossi, pag. 35, N. 414). FIRENZE. Repubblica (1460-1490). Zecchino. — D. : S. Giovanni in piedi. E.: Giglio; tipo solito. NB. Circa quaranta esemplari cogli stemmi di varie famiglie, dall'anno 1460 fino al 1490; tutte pubblicate dall'Orsini. 578 NOTIZIE VARIE MANTOVA. Lodovico IH Gonzaga (1444-78). Zecchino. — D. : Il Duca in piedi in abito da guerriero colla spada sguainata nella destra e sostenente colla sinistra lo stemma Gonzaga. R. : S. Giorgio a cavallo che uccide il drago. (Bellini, De monetis Italiae, etc. Voi. II, pag. 73). NB. Un solo esemplare di questo zecchino di esimia rarità con- teneva il ripostiglio. MILANO. Francesco I Sforza (1450-66). Ducato d'oro. — D. : Busto del Duca a destra. R. : Il Duca a cavallo galoppante a destra (Gnocchi, N. 11). Galeazzo Maria Sforza (1466-76). Ducato cToro. — D. : Busto giovanile del duca a destra. R. : Cimiero visconteo. (Gnocchi N. 9). GENOVA. Repubblica (1330-1339?) Genovino. — D.: Castello genovese. R. : Croce. (Cat. Franchini, N. 407). Doge XXII (Raffaele Adorno) (1443-47). Genovino. — D. : ^i r : a : dvx : ianven : xxii : Castello. R. : ►I* conradvs : rex : romanor : i : .... Croce. (Gandolfi, Tav. m, 27). MACERATA. Innocenzo Vili (1484-92). Zecchino. — D. : Stemma. R. : S. Pietro nella barca che ritira le reti. {0. Vitalini, Di alcune monete inedite e non ancora segnalate. In « Bollettino di Numis- matica e Sfragistica ». Voi. I, pag. 15; tav. I, n. 2). NB. Di questo rarissimo zecchino il ripostiglio conteneva due esemplari di conio perfettamente identico. NOTIZIE VARIE 579 ROMA. Senato romano (1300-1347?) Zecchino. — D. : S. Pietro che consegna il vessillo al Senatore. E. : Il Salvatore fra nove stelle. (Ginagli, N. 3). Eugenio IV (143147). Zecchino. — D. : Stemma. R. : S. Pietro stante. (Ginagli, N. 2). Nicolò Y (1447-55). Zecchino. — D. : Stemma. R. : S. Pietro stante. (Ginagli, N. 1). Galisto m (1455-58). Zecchino. — D. : Stemma. R. : S. Pietro nella nave col remo e la croce. (Ginagli, N. 2). Pio II (1458-64). Zecchino. — D. : Stemma, m nel giro. R. : S. Pietro stante. (Ginagli, N. 2). Zecchino. — D. : Stemma. Gifra ad in monogramma. R. : S. Pietro stante. (Ginagli, Suppl. N. 31). Zecchino. — ^ pivs • papa • secvndvs • (Mezzaluna) Stemma. R. : ►f- s • PETRVS • DE TE MANTOVA (sic). Il Santo in piedi. Assai curiosa è la leggenda del rovescio di questo zeccliino, e nessuno, ch'io sappia, si è finora accinto a darne una spiegazione. Questa moneta fu pubblicata per la prima volta sul Catalogo del Museo di Vienna (1759). Il ro- vescio , come appare dal disegno , era di cattiva con- servazione e vi si legge : ►!* s . petrvs de te ma hi ... . Lo Zanetti {Nuova raccolta delle monete, ecc. Voi. II, pag. 481) riporta questo zecchino , togliendolo appunto da quel Ca- talogo , e descritte esattamente le parole della leggenda , aggiunge: delle quali lascio agli eruditila interpretazione; quando mai nel disegno non vi fosse errore, — Il C inagli {Le monete dei Papi , pag. 52, n. 3) copia dallo Zanetti 580 "^ NOTIZIE VARIE questo zecchino, e non vi aggiunge alcun commento. Trovo poi questa moneta nel Catalogo della vendita Rossi (pag. 296, N. 3839) colla leggenda del rovescio variata come segue : s • PETRVS * ITE • MANTOVA ' Il compilatore pone lo zecchino nella serie di Roma, mettendo in nota che la leggenda al lato sinistro del rovescio è alquanto confusa, L^esemplare, ohe io ho sott' occhio e che è di bella con- - servazione , porta precisamente nel rovescio le parole : s • PETRVS • DE TE MANTOVA. Ora , che cosa possono signifi- care queste parole su di uno zecchino di Pio II ? Sappiamo dalla storia che questo Pontefice, bramando tentare una nuova crociata contro i Turchi, convocò un' Assemblea a Mantova nel 1463, dove si decise per l'anno seguente una spedizione, di cui il Papa stesso voleva mettersi alla testa; senonchè, mentre nell'agosto dell'anno dopo stava per met- tere in atto questo suo pensiero , lo colse una febbre in Ancona e vi mori. Non potrebbe quella leggenda ricordare l'Assemblea di Mantova ? Pio II, disposto a partire in per- sona per quella spedizione, volle eternare quel fatto nelle sue monete , e ne coniò parecchie , ove vediamo il Papa stesso su di una nave in atto di partire , colla leggenda : DIRIGE DOMINE GRESSVS NOSTROS O COll' altra : EXVRGAT * D . ET . DissiPENTVR . INIMICI . Eivs * Non è dunque possibile che egli abbia voluto ricordare in altra moneta l'origine e il movente di quell'impresa, l'Assemblea di Mantova ? In tal caso , si dirà , perchè quel Mantova scritto all' italiana , invece di mantva, come vediamo su tutte le monete ante- riori e contemporanee di quella città? E poi, qual è il significato delle lettere de te che precedono la parola MANTOVA ? È un quesito ch'io non so sciogliere e ne propongo la soluzione ai numismatici, ben lieto se qualcuno me ne darà una plausibile spiegazione. In ogni modo la moneta non può essere coniata a Mantova , come vorrebbe taluno. A giudicarne dal tipo e dal disegno, essa usci molto pro- babilmente, come altri zecchini di Pio II , dalla zecca di Foligno e sarebbe opera dell'incisore Emiliano Orfini, NOTIZIE VARIE 581 Paolo H (1464-71). Zecchino. — D. : * pavlvs • p • p • (rosetta) secvndvs • Stemma sor- montato dalle chiavi e dal triregno. E. : • s . PETRVS . ALMA . ROMA. S. Pieti'o in piedi di prospetto colle chiavi nella destra e un libro nella sinistra. (Inedito). NB. Questo rovescio, comune negli zecchini di Nicolò V, di Calisto III e di altri, era affatto sconosciuto in quelli di Paolo II. Zecchino. — D. : Arme sostenuta da due angioli. E. : Il Salvatore e S. Pietro ; pecorelle che pascolano ; colla leg- genda: ^' PETRE PASCE OVES MEAS. (Ciuagli, K 4). Zecchino. — D. : Stemma. E. : — S. Pietro che dà le chiavi al Papa genuflesso (Cinagli, N. 11). Zecchino. — D. : Stemma. E. : S. Pietro e S. Paolo stanti. (Cinagli, N. 12). Zecchino. — D. : Stemma. E. : Santa Veronica col Sudario. (Cinagli, N. 13). Sisto IV (1471-84). Zecchino. — D. : Stemma. E. : S. Pietro e S. Paolo in piedi. (Cinagli, Suppl. N. 39). Zecchino. — D.: Stemma. E. : S. Pietro nella barca che ritira le reti. (Cinagli, N. 3). Zecchino. — D. : Stemma. E. : S. Pietro come nel precedente. (Cinagli, N. 4). Innocenzo Vili (1484-92). Zecchino. — D. : Stemma. E. : S. Pietro nella barca che ritira la rete. (Cinagli, N. 3). SPOLETO. Paolo II (1464-71). Zecchino, — D. : • pavlv * n * pont • max • an * i • Stemma. E. : • s • PETRVS • IN . PViN . DVCAT. Il Sauto in piedi. NB. Questo zecchino, unico nel ripostiglio , è il primo che si conosca coniato in provinciae dvcatv, ossia per Spoleto. È moneta importante e merita una speciale illustrazione, ciò che farò in uno dei prossimi fascicoli della Bivista. 74 582 * NOTIZIE VARIE VENEZIA. Andrea Contarini (1363-82). Zecchino. — Tipo solito. Tomaso Mocenigo (1414-23). Zecchino. — Tipo solito. IFNGHEKIA. Ladislao Postumo (1452-57). Bucato. — Yarì esemplari variati. Mattia Corvino (1453-90). Ducato. — Yari esemplari variati. Tanto questi , quanto quelli di Ladislao, sono tutti descritti nel Catalogo Wellenheim. Tenuto conto delle monete di data più recente, se ne deduce che il tesoretto fu nascosto negli ultimi anni del secolo XV, e verosimilmente nell'occasione dell'entrata di Carlo Vili re di Francia in Roma (21 dicembre 1494). Nulla di più naturale che all'appressarsi del sovrano conquista- tore, nel timore di un saccheggio e nella incertezza degli eventi , quegli abitanti pensassero a mettere in salvo il fatto loro dalla rapacità degli invasori. E. G. Nuove falsificazioni in vista. — Ci affrettiamo a met- tere in guardia gli amatori di Numismatica contro due nuove falsificazioni di monete italiane, appena terminate, e delle quali solo pochi esemplari iinora sono apparsi in commercio. Una di queste è un Testone di Bellinzona: ^ " VRANIE • SVIT • ET • VNDERVÀLD Nel campo gli stemmi dei tre Cantoni , disposti oriz- zontalmente. Al disopra, aquila bicipite coronata. Li?' — S • MARTINVS • EPISCOPVS Il santo in piedi in abito militare col vessillo nella destra e la spada nella sinistra. (BiONDELLi , Bellinzona e le sue monete. Pag. 27, N. 8). NOTIZIE VARIE 533 L' altra moneta è un raro Testone di Ludovico II Fie scili per M esser ano : ^ — ^ LVDOVIC • FLISC • LAVANIE 3 C DO Busto a destra. Testa nuda. 9' - IHS • ÀVTEM • TRAN • P • MED • ILL • IB • Scudo inclinato colle bande dei Fiesclii, sormontato da elmo con lambrecchini , e sopra, aquila imperiale coronata. (Promis, Monete delle zecche di Messerano e Crevacuorc dei FiescU e Ferrerò. Tav. IT, N. 4 e 6). Sappiamo positivamente clie queste due monete furono testé fabbricate in una città vicina, e conosciamo anche i nomi degli autori, e di quelli che si incaricano di spacciarle. Se questa zecca clandestina continuerà a produrre cimelii antichi e a gabbare gli amatori novizii, siamo pronti anche a dare maggiori schiarimenti sulla località e sugli autori di queste bricconerie , delle quali non sarebbe male che anche l'Autorità se ne immischiasse un pochino. Le due monete sopra descritte furono prodotte su due esemplari autentici , mediante la galvanoplastica. Si vede che gli autori, ancora inesperti in questo mestiere, trovano delle difticoltà nel congiungere il dritto col rovescio, man- tenendo lo spessore naturale della moneta , cosicché quei due testoni sono più grossi del vero. Questo solo fatto basta ai raccoglitori provetti a metterli in avvertenza, e a far loro conoscere l'inganno. Ciò sanno benissimo gli spac- ciatori di queste monete , e perciò questi Becker da stra- pazzo portano sempre i loro prodotti ai piccoli amatori e ai principianti, e si guardano bene dal farli vedere a quelli che hanno lunga pratica nelle monete. Aggiungerò infine che gli stessi messeri si propongono di fare altre monete , e vedendo che il mercato monetario ne è sprovvisto, pensano anche a fabbricare dei piéforts^ i quali sono molto accetti agli amatori. Per far questi essi adopreranno probabilmente testoni e scudi genuini, segan- doli in mezzo ed applicandovi fra il diritto e il rovescio NOTIZIE VARIE la quantità necessaria d'argento. Gli amatori li riconosce- ranno facilmente, esaminando l'orlo della moneta, il quale, per quanto si faccia, mostra sempre i segni evidenti della saldatura e conseguente operazione della lima. La Direzione. Monete per la Colonia Eritrea. — Con Decreto Eeale 10 agosto veniva stabilita la coniazione di una moneta speciale per la Colonia Eritrea , e con altro decreto , me- desima data, si fissava la quantità e qualità degli spez- zati d'argento di tale coniazione. Diamo il testo dei due decreti e 1' impronta di due spezzati del Tallero Eritreo, ossia il pezzo da Vio P^ri a due lire italiane e quello da Vio P^^'i ^ ^^ centesimi. — La zecca di Roma lia teste terminata la coniazione di un milione di pezzi da L. 2, (v. al basso del rovescio la sigla R) e quella di Milano sta attualmente eseguendo la coniazione dei due milioni di pezzi da 50 Cent, (sigla M al basso nel rovescio). Del tal- lero si intraprenderà la coniazione col principio del pros- simo anno. Lq Speranza , incisore della zecca di Roma , è l'autore dei conii e sta ora apprestando quello per i pezzi da una lira. NOTIZIE VARIE 585 UMBERTO I PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE d' ITALIA. Viste le leggi 24 Agosto 1862 N. 788 Serie I e 17 Luglio 1875 N. 2651 Serie II sull'ordinamento monetario del Eegno. Visto l'articolo IV della Convenzione addizionale tra il Regno d'Italia e l'Impero d'Etiopia approvata con legge 16 Luglio 1890 N. 7016 Serie III. Visti gli articoli I e III della legge P Luglio 1890 N. 7003 Serie III suU'Ammin. della Colonia Eritrea. Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro ad interim degli Affari Esteri e del Ministro del Tesoro di concerto col Ministro dell'Agricoltura Industria e Commercio ; Udito il parere del Consiglio di Stato ; Sentito il Consiglio dei Ministri ; Abbiamo decretato e decretiamo quello che segue: Art. I. Le Zecche del Regno conieranno monete decimali speciali da aver corso legale esclusivamente nel territorio dell' Eritrea e consistenti in pezzi da un Tallero eritreo, 4/10, 2/10, 1/10, 2/100, 1/100 del Tallero stesso equivalenti rispettivamente ad italiane lire cinque, due, una e centesimi cinquanta in argento, ed a centesimi 10 e 5 in bronzo. Art. II. Il Tallero Eritreo, pari a lire cinque italiane, avrà il diametro di mm. 40 ed il peso in lega di gr. 28.125, conterrà otto decimi d'argento fino, cioè gr. 22.500, e quindi sarà al titolo di 800 millesimi. La tolleranza di coniazione in più ed in meno sarà di 3 millesimi per gramma sul peso e di 2 millesimi sul titolo. Porterà nel retto la nostra effigie coronata rivolta a destra colla leggenda intorno Umberto i re d' Italia e l' anno di coniazione. Sul verso l'Aquila di Savoia ed il valore espresso in italiano, in amarico e in arabo. Il contorno sarà scanalato. Art. in. I sottomultipli in argento del Tallero eritreo da L. 5 cioè i pezzi da 4, 10 2/10 e 1/10 di tallero pari a L. 2, 1 e Cent. 50 verranno coniati in piena conformità degli Art. I e III della legge 24 Agosto 1862 N. 788, tanto riguardo al titolo, al peso ed al diametro, quanto rispetto alla tol- leranza di fabbricazione sul titolo e sul peso. 586 ^ NOTIZIE VARIE L'impronta del retto sarà conforme a quella del Tallero, sul verso avranno in alto la leggenda: colonia eritrea, in basso due rami riuniti d'alloro e nel centro la stella d'Italia ed il valore in italiano, in amarico ed in arabo. Il contortio sarà scanalato. Art. IV. I sottomultipli in bronzo cioè i pezzi da 2/100 e 1/100 di Tallero pari ad italiani Centesimi 10 e 5 di lira verranno coniati in piena con- formità degli art. I e IV della legge 24 Agosto 1862 N. 788, tanto riguardo alla lega, al peso ed al diametro, quanto rispetto alla tolleranza di fab- bricazione. Porteranno nel retto la nostra effigie coronata volta a sinistra colla leggenda UMBERTO I RE d'italia, e r anno di coniazione ; il verso ed il contorno saranno come negli spezzati, di cui all'Art. III. Art. V. II Tallero Eritreo, d'intrinseco eguale al pezzo da L. 5 del Regno, avrà potere liberativo per qualunque importo, e sarà dato e ricevuto dalle Casse pubbliche e fra privati nell'Eritrea, senza limite di somma. Ninno è obbligato a ricevere in pagamento una somma maggiore di dieci talleri eritrei o lire cinquanta in spezzati d' argento, di cui al- l'Art. Ili, ma le Casse pubbliche nell'Eritrea li riceveranno per qualunquo somma. Le monete di bronzo non si accettano che per le frazioni di 2/10 di tallero o di una lira. Art. vi. La Tesoreria provinciale di Napoli eseguirà a richiesta il cambio delle monete speciali per la Colonia Eritrea con monete identiche aventi corso in Italia. Art. vii. Con successivi decreti reali sarà determinata la quantità proporzio- nale di spezzati d'Argento e di Bronzo speciali per la Colonia Eritrea da coniarsi per i singoli tagli indicati nei precedenti Art. Ili e IV. Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Monza il 10 Agosto 1S90. firmato Umderto. contrassegnato Givlitti. NOTIZIE VARIE 587 II. UMBERTO I PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTX DELLA NAZIONE RE d' ITALIA. Visto il nostro Decreto 10 Agosto 1890 Sulla proposta del presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro ad interim degli Affari Esteri e del nostro Ministro del Tesoro, di concerto col Ministro d'Agricoltura Industria e Commercio ; Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue: Art. unico. La quantità proporzionale di spezzati d'argento da 4flO 2/10 e 1/10 di Tallero Eritreo, pari a L. 2, 1 e Cent. 50 da coniarsi per la Colonia Eritrea, è fissato come appresso : Pezzi N. 1.000.000 da 4/10 di Tallero equivalenti a L. 2.000.000 « )i 3.000.000 da 2/10 « un» 3.000.000 )i « 2.000.000 da 1/10 « n ji » 1.000.000 Pezzi N. 6.000.000 L. 6.000.000 Ordiniamo che il presente decreto munito del Sigillo dello Stato sia inserto nella Raccolta Ufficiale delle leggi, ecc., ecc. Dato a Monza^ addì 10 Agosto 1890. firmato Umberto. contrassegnato Giolitti — Miceli. Vistato — Zdnardelli, Club Numismatico. — Lo scorso Giugno venne fondato a Vienna un Club d' amatori di monete e medaglie, scopo del quale è di agevolare le relazioni fra i numismatici mediante riunioni settimanali. Il Club pubblica un bollet- tino mensile per le notizie numismatiche e s' occuperà di promuovere esposizioni , di coniare medaglie e gettoni e infine di tutto quanto riguarda gli studi numismatici , ai quali certo porterà non piccolo giovamento. Mentre gli mandiamo i nostri migliori auguri, non possiamo a meno di esclamare con qualche rammarico : Quan(Jo sarà possibile lina simile istituzione in Italia? 588 NOTIZIE VARIE Il premio di Numismatica all'Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Francia, venne ultimamente conferito al Repertoire des soitrces imprimèes de la Numismatique fran- gaise dei signori Arturo Engel et Raimondo Serrure. Mandiamo a questi nostri buoni amici le più vive feli- citazioni, cui non dubitiamo si assooieranno tutti i lettori della Rivista. Nuovi doni al Gabinetto Numismatico di Brera. — Nel corrente anno , oltre al raro grosso di Giancarlo Visconti , donato dal Sig. E. Osnago (v. Fase. I, Riv. 1890), il Regio Gabinetto ha ricevuto i seguenti doni : Dalla on. Direzione della Biblioteca Nazionale di Brera, un esemplare in bronzo della medaglia offerta dalla Società d'Esplorazione Commerciale in Africa a Gaetano Casati. Dal Sig. Cav. Ercole Gnecchi , una moneta d' argento di Carlo V per Casale. Dal Sig. Gaetano Oldrini, un piccolo bronzo del Basso Impero. Dal Sig. Rag. Annibale Ghisalberti, una pseudomoneta di Messerano. Dal Sig. Colonn. M. G. Clark, di Londra, una moneta d'argento dell'India Meridionale. Dal Sig. Ercole Mazzoni, una tessera di Malacca nelle Indie. Dal Sig. Alessandro Cornelio, una moneta del Messico. Da un anonimo , un saggio in piombo (a modo di piéfort)^ d'una medaglia di L. Cessa per Francesco T. Dai Sigg. Eredi di Antonio Gavazzi, due medaglie in bronzo. Dal M. R. Don Bernardo Galli, un esemplare in bronzo della medaglia coniata recentemente per la reintegrazione del culto al B. Zaccaria. Dal Sig. Prof. Lodovico Pogliagbi , due esemplari in bronzo della medaglia di premio , da lui modellata , pel Tiro a Segno Nazionale in Roma, 1890, incisa da A. Cap- puccio. Dal Sig. Luigi Broggi, un esemplare in bronzo della NOTIZIE VARIE 689 medaglia da lui incisa in onore di S. E. il Presidente del Consiglio dei Ministri, Francesco Crispi (settembre 1890). Dai Sigg. Fratelli F. ed E. Gnecchi una serie di bolle papali ed altri piombi diversi, nonché sette pregevoli lui- girti battuti pel Levante. Per la storia dei Periodici numismatici italiani. — Il nostro collega Ambrosoli desidera di raccogliere tutti i dati possibili intorno alle varie pubblicazioni periodiche di Nu- mismatica che si succedettero in Italia. Nel Fase. I , An- nata I di questa Rivista , fu stampato un elenco di tali periodici , che qui si ripete con qualche lieve ritocco ; se alcuno fra i nostri cortesi lettori avesse notizia di altri giornali numismatici italiani, farebbe cosa grata informan- done il Dott. Ambrosoli oppure la Direzione della Rivista, Oltre ai periodici esclusivamente o prevalentemente numi- smatici , si desidera aver notizia di tutti quegli altri che abbiano avuto per programma di occuparsi anche di Nu- mismatica, come la Raccolta Veneta, il Giornale degli Eru- diti, ecc., ecc. Ecco l'elenco di cui abbiamo parlato : Giornale Numismatico, diretto da Fr. Maria Avellino, Napoli, 1808-12. Annali di Numismatica , diretti da Giuseppe Fiorelli , Roma e Na- poli, 1846-51. Memorie Numismatiche, pubblicate da Demetrio Diamilla, Roma, 1847. Notizie peregrine di Numismatica e d^ Archeologia , pubblicate da Fede- rico Schweitzer, Trieste, 1851-61, (Sei decadi). Rivista della Numismatica antica e moderna , diretta dapprima da Ago- stino Olivieri, poi da Ernesto Maggiora-Vergano Asti, 1864-65. Rivista Numismatica Italiana (Continuazione della precedente), pubbli- cata da E. Maggiora-Vergano, Asti 1866. Bullettino di Numismatica Italiana, diretto da Antonio Riccardo Caucich, Firenze, 1866-70. Periodico di Numismatica e Sfragistica per la storia d' Italia, diretto dal Marchese Carlo Strozzi, Firenze, 1868-74. (Sei annate). Bullettino d^Arte, Antichità , Numismatica , ecc., pubblicato da Raffaele Dura, Roma, 1881-82. Gazzetta Numismatica, diretta da Solone Ambrosoli, Como, 1881-87. (Sei annate). Bullettino di Numismatica e Sfragistica per la storia d'Italia, diretto da Milziade Santoni e Ortensio Vitalini, Camerino, 1882-87. COLLABORATORI DELLA RIVISTA NELL'ANNO 1888 Memorie e Dissertazioni. Ambrosoli Solone Ancona Amilcare Gavazzi Giuseppe Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco MiARi FuLcio Lucio Motta Emilio MuLAzzANi Giovanni ostermann valentino Papadopoli Nicolò Kossi Umberto Buggero Giuseppe Tamassia Francesco. Cronaca. Ambrosoli Solone Gavazzi Giuseppe Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco Luppi Costantino Melani Alfredo Papadopoli Nicolò PuscHi Alberto Kossi Umberto. COLLABORATORI DELLA RIVISTA NELL'ANNO 1889 Memorie e Dissertazioni. Ambrosoli Solone Castellani Giuseppe CoMANDiNi Alfredo Gavazzi Giuseppe Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco Kenner Federico Luppi Costantino Markl Andrea MuoNi Damiano Papadopoli Nicolò Poggi Cencio Buggero Giuseppe Sambon G. Arturo Tagliabue Emilio. Cronaca. Ambrosoli Solone Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco Mariani Giuseppe Melani Alfredo Milani L. Adriano Padovan Vincenzo EosA Ugo. COLLABORATORI DELLA RIVISTA NELL'ANNO 1890 Memorie e Dissertazioni. Ambrosoli Solone Brambilla Camillo Capobianchi Vincenzo Castellani Giuseppe Gavazzi Giuseppe Gentili di Kovellone Tarquinio Gnecchi Ercole Gnecciii Francesco Jatta Giulio Luppi Costantino MoRSOLiN Bernardo MuLAzzANi Giovanni Papadopoli Nicolò Promis Vincenzo Buggero Giuseppe Schneider (von) Boberto Sforza Giovanni Stettiner Pietro Tagliabue Emilio. Cronaca. Ambrosoli Solone Bellotti Cesare Crespellani Arsenio Fraccia Giovanni Gnecchi Ercole Gnecchi Francesco Sossi Antonio Vitaliano Stettiner Pietro. INDICE DELL'ANNATA 1890 Faseicolo I. Appunti di Numismatica romana ^ Vili e IX (con duo figure). — Francesco Gnecchi Pag, 15 Le monete dei Pontefici romani Leone Vili e Giovanni XIII (con una tav.). — Tarquinio Gentili di Rovellone. . . » 51 Fatacchina savonese inedita di Filippo Maria Visconti (con fig.). — Solone Ambrosoli » 91 Di un medaglista anonimo Mantovano (con una tav.). — Roberto von Schneider. (Trad. di S. A.) . . • . . . > 101 Una Medaglia inedita de^ Principi Baciocchi (con fig.). — Gio- vanni Sforza » 119 Moneta inedita di Pietro I di Savoia e pochi cenni sulla zecca pri- mitiva de^ Principi Sabaudi (con una tav.). — V. Promis . > 123 Monete di Gio. Battista Falletti conte di Benevello (con una tav.). — Vincenzo Promis . . » 129 Lodovico Chiericati. — Bernardo Morsolin .... » 139 Girolamo Gualdo. — Bernardo Morsolin » 142 Vite di illustri numismatici italiani. V. P. Ireneo Affò (con ritratto). — C. Luppi . . . , » 145 Cronaca. — Necrologie » 155 Bibliografia » 159 Notizie varie » 171 Fascicolo 11. Appunti di Numismatica romana. X o XI (con una tav. e figure) — Francesco Gnecchi Pag. 183 Congetture sull'attribuzione di alcuni tremissi longobardi (con fig.). — Giuseppe Gavazzi » 207 Nuove osservazioni sopra alcune monete battute dai papi nel contado Venesino e d'Avignone (con una tav.). — V. Capobianchi. » 217 Soldino Astigiano inedito di Carlo Quinto (configura). —So- lone Ambrosoli > 233 Giacomo Bannissio (con tav.). — Bernardo Morsolin . . » 239 Isabella Sesso (con tav.). — Bernardo Morsolin ...» 247 596 INDICE dell'annata 1890 Medaglie Italiane del 1889. — Parte I (con una tavola). — Alfredo Comandini Pag, 259 Treinisse inedito al nome di Desiderio re dei Longobardi (con fig.). — Camillo Brambilla . . » 277 Vite di Bilustri numismatici italiani, VI. Gian Rinaldo Carli (con ritratto). — C. Luppi » 299 Cronaca. — Bibliografia » 305 Notizie varie » 317 Fasci eolo III. Origine della moneta in Italia. — P. Stettiner . . . Pag. 327 Appunti di Numismatica romana. XII e XIII (con fig.). — Fran- cesco Gnecchi » 337 A proposito di una moneta di Rubi. — Giulio Jatta . . > 359 È davvero esistita la zecca di Mesocco ? — Emilio Tagliabue » 369 Un picciolo di Astorgio HI Manfredi per Faenza. — G. Castellani » 425 Medaglie Italiane del 1889 (con una tav.). — Alfredo Comandini » 429 Le monete del ducato Napoletano (con duo tav.). — A. G. Sambon » 445 Vite di illustri numismatici italiani. VII. Domenico Bestini (con ritratto). — C. Luppi » 473 Cronaca. — Necrologia » 481 Bibliografia » 483 Notizie varie » 485 Fascicolo IV. Appunti di Numismatica romana. XIV (con una tav. e fig.). — Francesco Gnecchi Pag. 495 Enrico Dandolo e le sue monete (1092-1205) (con fig.). — Ni- colò Papadopoli > 507 Annotazioni numismatiche genoiesi. XIX e XX (con fig.) — Giu- seppe Ruggero » 521 Appunti di Numismatica italiana. I (con fig.) — Ercole Gnecchi > 533 Il mezzo zecchino del Vasto (con fig.). — Solone Ambrosoli . » 543 Medaglie del Vellano di Padova in onore di Paolo II. — B. Morsolin » 549 Medaglie Italiane del 1889. (Una aggiunta). — Alfredo Comandini » 559 Vite di illustri numismatici italiani. VIII. Ennio Quirino Visconti (con ritratto). — C. Luppi » 561 Cronaca. — Bibliografia » 571 Notizie varie » 577 > ^ t ELENCO DEGLI ASSOCIATI ALLA RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA PER L'ANNO 1890 -^ cop; S. A. E. IL Principe di Napoli . . . Adriani Prof. Comm. ])ott. G. B., R. Ispettore degli Scavi e Monumenti di Antichità. — Cherasco Ambrosoli Dott. Solone, Conservatore del R. Gabinetto Numis- matico di Brera. — Milano Ancona Amilcare. — Milano Averara Avv. Manifesto. — Lodi Bahrfeldt Max. — Friburgo Ballarati Magg. Amedeo. — Sacconago Balli Emilio. — Locamo . . . . . Bartolini Cav. Luigi. — Trevi Bartolo (Di) Prof. Francesco, Museo Civico. — Catania . Beltrami Luca, Architetto. — Milano Berlino. — Zeitschrift filr Numismatik Bignami Cav. Giulio. — Boma Bocca Fratelli, Librai. — Torino Bologna. -— Biblioteca Municipale Bonomi Enrico. — Legnago Borghese Principe D. Paolo. — Roma Bosso Dott. Giuseppe. — Cairo (Egitto) . . . Boston. — American Journal of Archeologi/ .... » — American Journal of Numismatics .... Boyne William. — Firenze Brambilla Nob. Comm. Camillo. — Pavia Briganti Cav. Bellino. — Osimo Brockhaus F. A., Libraio. — Lipsia Bruxelles. — Bevue belge de Numismatique .... Butti Alfonso. — Milano . . . . . 76 598 INDICE DEGLI ASSOCIATI PER l'aNNO 1890 Milano Torino Cagliari. — Kegio Museo di Antichità .... Camozzi Verteva Comm. Gr. B. Sen. del Regno. — Bergamo Camuccini Barone G. B. — Boma Cantoni Achille. — Milano . Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo. — Boma Capretti Giuseppe. — Albiate Carpinoni Michele. — Brescia Castellani Rag. Giuseppe. — Fano Ciani Dott. Giorgio. — Trento . Cini Avv. Tito. — Montevarclii . Comandini Dott. Alfredo. — Milano . Como. — Municipio .... » — Museo Civico Cunha (Da) Dott. Giuseppe Gerson. — Bombay Demole Dott. Eugenio, Conservatore del Gabinetto Numismatico — Ginevra Dupriez Raimondo. — Bruxelles. Eletto (Frate) da Imola. — Imola Engel Dott. Arturo. ~ Parigi . Fascila Comm. Carlo, Direttore della R. Zecca. Ferrarlo Dott. Ercole. -- Gallarate . Fiorasi Capitano Gaetano — Scuola di Guerra Firenze. — Archivio Storico Italiano . » — Biblioteca Riccardiana Foa Alessandro. — Torino . . . Franchi Carlo (ditta di A. Vismara, Libraio). Furchheim Federico, Libraio. — Napoli Garovaglio Dott. Cav. Alfonso. — Loveno sopra Menaggio (Como Gavazzi Cav. Giuseppe. — Milano Geigy Dott. Alfredo. — Basilea . Genova. — Biblioteca Civica » — Giornale ligustico Gentili di Rovellone Conte Tarquinio. — San Si Georg H., Libraio. — Ginevra . Giletti Carlo, Orefice. — Bedonia (Parma) . Ginevra. ~ Società Svizzera di Numismatica Gnecchi Carlo. — Milano .... Gnocchi Cesare. — Milano .... Gnecchi Ing. Giuseppe. — Milano Gn cecili Marco. — Milano .... Gnecchi Vittorio — Milano Grazioli Francesco, Incisore di medaglie. — Milano . Grossi Gualtiero, Bibliotecario dell'Oliveriana. — Pesaro Hamburger L. e L. — Francoforte sul Meno . Hermerel e Serrure. — Parigi COPIE Como verino INDICE DEGLI ASSOCIATI PER l'aNNO 1890 599 Ke. — Civitavecchia Hess Adolfo. — Francoforte sul Meno Hiersemann M. K. W., Libraio. — Lipsia Hoepli Comm. Ulrico, Libraio-Editore. — Milano Jatta Giulio. — Ruvo di Puglia . Lamberti Policarpo. — Savona . Lambros Gio. Paolo. — Atene . Landolina di Kigilifi Francesco. — Palermo Lazara (De) Conte Antonio. — Padova Leone Cav. Camillo. — Vercelli . Lippi Raffaele. — Biccari . Loescher Ermanno, Libraio. — Poma . Loescher Ermanno, Libraio. — Torino Londra. — The Numismatic Chronicle Luppi Cav. Prof. Costantino. — Milano Mantegazza Avv. Cav. Carlo, Procuratore del Mantova. — Biblioteca Comunale Mariani Giuseppe. — Milano Marignoli March. Filippo, Sen. del Regno. — Boìtia Milani Cav. Prof. Luigi Adriano, Direttore del R. Museo Archeo logico. — Firenze Milano. — Archivio Civico di S. Carpoforo » — Archivio Storico Lombardo » — Biblioteca Ambrosiana » — Direzione della R. Zecca . » — R. Biblioteca Braidense » — R. Gabinetto Numismatico di Brera. » — Società dell'Unione .... » — Società degli Artisti e Patriottica . Mirenghi Avv. Michele, Presidente della Commissione Provinciale. — Bari Modena. — Regia Biblioteca Estense . Mojana (De) Conte Avv. Alberto. — Milano Monti Ing. Antonio. — Como .... Morsolin Ab. Prof. Bernardo. — Direttore del Museo Vicenza Motta Ing. Emilio. — Milano .... Mulazzani Conte Lodovico. -— Treviglio Napoli. — Direzione dei RR. Musei di Antichità Nervegna Giuseppe. — Brindisi .... Nutt Davide, Libraio. — Londra Oreschnikow Alessio, Conservatore del Museo Storico. Osio Col. Comm. Egidio. — Poma Osnago Enrico. — Milano Padoa Cav. Vittorio. — Firenze .... Papadopoli Conte Nicolò. — Venezia ... COPI del Museo Civico. — Mosca 600 INDICE DEGLI ASSOCIATI PER l'aNNO 1890 ocp: Parazzoli Antonio. — Cairo (Egitto) Parigi — Fólyhihlion » — JRevue Numismatique » — Société fran^aise de numismatique .... Parma. — E. Museo di Antichità Pasi Avv. Adolfo. — Bologna Pasinati Francesco. — Boma Patrizi March. Giovanni. — Boma . . . . Peelman Giulio e C. — Parigi . Perini Quintilio. — Mattaréllo (Trento) Persiani Avv. Raffaele. — Chieti Piacenza. — Biblioteca pubblica Passerini-Landi Picozzi Dott. Francesco. — Lodi Pisano Cav. Dott. G. B. — Genova Prayer Carlo. — Milano Ratti Dott. Luigi. — Milano Ratto Rodolfo- — Genova Rivani Giuseppe, Direttore del Civico Museo di Archeologia. — Ferrara . Rizzini Dott. Prospero, Direttore del Museo Civico. — Brescia Rizzoli Luigi, Conservatore del Museo Bottacin. — Padova Rolandi Dott. Francesco. — Alhenga ...... Boma. — Biblioteca del Senato » — Biblioteca della R. Accademia dei Lincei . » — Direzione della R. Zecca Rossi Dott. Umberto, Conservatore del Museo Nazionale. — Firenze Ruggero Cav. Giuseppe, Tenente Colonello. — Cremona . Salinas Comm. Prof. Antonino, Direttore del Museo Nazionale. — Palermo , . . . . Sambon Cav. Giulio. — Firenze . . . . Santoni Can. Milziade, Direttore della Yalentiniana. — Camerino Savini Paolo. — Milano Scarpa Dott. Ettore. — Treviso Schulman Giacomo. — Amersfoort (Olanda) .... Seletti Avv. Emilio. — Milano Serazzi Avv. Pietro. — Novara Sessa Rodolfo. — Milano . . Sforza Prof. Giovanni. — Dirett. dell'Archivio di Stato. — Massa Sormani Andreani Conte Lorenzo. — Milano .... Sossi D. A. Y., Prevosto del Capitolo della Cattedrale. — Asti . Sozzani Ing. Vincenzo. — Tromello (Lomellina) .... Stettiner Cav. Pietro. — Boma Stevens Emilio. — Napoli Taggiasco Monsig."" Cesare. — Boma . . ' . Tatti Ing. Paolo. — Milano INDICE DEGLI ASSOCIATI PER l'aNNO 1890 601 Tolstoj Conte Giovanni. — Pietroburgo Torino. — Regio Museo di Antichità . » — R. Biblioteca Nazionale Torrequadra Conte Rogadeo. — Bitonto Trento. — Biblioteca Comunale . Trieste. — Museo Civico di Antichità. Trùbner K. J., Libraio. — Strasburgo. Turati Conte Emilio. — Milano. Valton Prospero. — Parigi . Van Schoor Carlo. — Bruxelles . Yan Trigt G. A., Libraio. — Bruxelles Varese. — Museo Patrio Varisco Sac. Achille. — Monza . Venezia. — Archivio Veneto » — Ateneo Veneto . » — R. Biblioteca 'Marciana . » — Museo Civico . Verona. — Biblioteca Comunale . Yidal Quadras y Ramon Emanuele. — Barcellona Vienna. — Gabinetto Num. e di Antichità della Casa » — Numismatische Zeitschrift. Vigano Gaetano. — Desio . Visconti March. Carlo Ermes. — Milano Vitalini Cav. Ortensio. — Roma . Volterra. — Museo e Biblioteca Guarnacci Wesener F. J. — Monaco . Witte (De) Alfonso. — Bruxelles. Zecca Cav. Avv. Vincenzo, Segretario-Capo Provinciale Zitelli Pietro. — Scio (Turchia) . COPIE Imperiale — GMeti INDICE METODICO Gli indici delle annate scorse non essendo stati fatti per ordine di materie, come intendiamo farli d'ora innanzi per facilitar le ricerche, riassu- miamo quest'anno la materia delle prime tre annate della Kivista. NUMISMATICA ANTICA. (Memorie e Dissertazioni). Anno Pag. i^lcune monete inedite di Magna Grecia. A. G. Sambon . II 139 A proposito di una moneta di Rubi. Giulio Jatta . . . Ili 359 Origine della Moneta in Italia. P. Stettiner Ili 327 Il Medaglione Eomano. Federico Kenner (Trad. di S. A.) II 83 Idem. — (Continuazione e fine) II 243 Il Ripostiglio di S. Zeno Città. Amilcare Ancona ... I 229 Peso e titolo degli Antoniniani di Claudio Gotico. A. Markl II 323 Serdica o Antiochia ? Andrea Markl (Trad. di S. A.) . . II 537 Appunti di Numismatica Romana. Francesco Gnecchi : I. Monete imperiali inedite nella Collezione Gnecchi a Milano I 131 II. Ripostiglio di monete romane in Egitto .... I 151 III. Medaglioni inediti nella Collez. Gnecchi a Milano . I 275 IV. Piccoli Bronzi da Antonino Pio a Severo Alessandro I 291 V. Monete della Repubblica inedite o varianti , rista- bilite e corrette, nella Coli. Gnecchi a Milano . II 151 VI. La corona d'Augusto in alcuni aurei consolari . . II 181 VII. Contribuzioni al Corpus Numorum, A) Collezione Francesco Gnecchi II 431 Vili. Antoniniano di Zenobia Ili 15 IX. I Contrassegni sulle monete della Repubblica e del principio dell'Impero III 21 X. Considerazioni sulle monete di S, Elena e di Fausta III 183 604 - INDICE METODICO Anno Fag. XI. Contribuzioni al Corpus Numorum. B) Museo Mu- nicipale di Milano Ili 199 XII. Cinque Bronzi inediti provenienti dagli scavi di Roma durante il 1889 Ili 337 XIII. Ai restauratori dei Bronzi antichi Ili 353 XIV. Medaglione ? Considerazioni su di un bronzo colle effigie di M. Aurelio e L. Vero appar- # tenente al Museo di Brera III 495 (Notizie varie). Ripostiglio di Monete Greche I 120 Notizie degli Scavi I 120 Idem I 269 Un piccolo ripostiglio in Brianza I 269 Ripostiglio a Vercelli. I 395 Tessere romane I 501 Idem II 316 Ripostigli di monete romane (U. Rosa) . . . . . . . II 129 Ripostiglio di Parabiago (G. M.). • II 130 Idem. II II 315 Ripostiglio di Pratocolombajo II 130 Ripostiglio di Saligny II 131 Ritrovamenti di monete II 316 Ripostiglio di S. Damiano d'Asti (V. Sossi) Ili 174 Scavi di Roma durante il 1889. (P. Stettiner) . . . . Ili 176 Scavi di Roma (1890). (P. Stettiner) Ili 317 Idem Ili 488 Ripostiglio di monete romane in Egitto. (F. G.) . . . . Ili 487 NUMISMATICA ITALIANA MEDIOEVALE E MODERNA. (Memorie e Dissertazioni). Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio. Francesco ed Ercole Gnecchi I 1 Idem. — Appendice I 399 Il Ripostiglio di Durate Abbate. Solone Ambrosoll . . I 15 Studii economici sulle monete di Milano. G. Mulazzani . I 41 Idem I 299 Idem II 3 INDICE METODICO 605 Anno Fag. Gli Zecchieri di Milano nel 1479. Emilio Motta. ... I 73 Di una monetina trivulziana con San Carpoforo. So- lone Ambrosoli I 211 Documenti inediti della zecca di Correggio. E. G^ecchi . I 217 Idem. — Appendice I II 13 A proposito delle monete di Gian Carlo Visconti. Giu- seppe Gavazzi I 225 Alcune notizie sugli intagliatori della zecca di Venezia. Nicolò Papadopoli I 351 Di una moneta inedita mantovana. Francesco Tamassia . I 361 Di uno scudo progettato per S. Marino. Solone Ambrosoli I 363 Eicerca del fiorino d' oro di Giangaleazzo Visconti. Giu- seppe Gavazzi I 411 Annotazioni Numismatiche Genovesi. Giuseppe Ruggero: XI. Minuto colla leggenda ianva q • d • p • . . . . I 455 XII. Monete del Governatore Agostino Adorno ... I 461 XIII. Monete del Governatore Card. Campofregoso . . II 17 XIV. Minuto del Doge Antoniotto Adorno II 23 XV. Nuova variante e considerazione su di un minuto già edito II 28 XVI. Le terzarolo di Carlo VI II 197 XVII. Ducato della Libertà del 144243 II 371 XVIII. Varianti di Minuti ed una moneta inedita ... II 507 XIX. Monete attribuite dal Gandolfi ai Dogi X e XI . Ili 521 XX. Minuti del Governatore Filippo di Cleves . . .Ili 526 Moneta d'oro del Principe Siro da Correggio. F. Miari . I 481 La Zecca di Tresana. Umberto Rossi II 35 Monetazione Carolingia italiana. — Carlomanno. D. Muoni II 187 Un bando contro le monete trivulziane. E. Tagliabue . . II 201 Compendio storico di quindici zecche italiane. Giovanni MULAZZANI II 333 Idem. — (Continuazione e fine) II 477 Moneta Dalmatiae. Nicolò Papadopoli II 361 La Zecca di Fano nel 1797. Giuseppe Castellani ... II 381 Gerolamo Alberti maestro di zecca. Emilio Motta ... II 401 Note Monegasche. Solone Ambrosoli . II 515 Le Monete dei Pontefici Romani Leone Vili e Gio- vanni XIII. Tarquinio Gentili di Rovellone . . . Ili 51 Patacchina Savonese inedita di Filippo Maria Visconti. Solone Ambrosoli Ili 91 Moneta inedita di Pietro I di Savoia. V. Promis. . . .Ili 123 77 606 INDICE METODICO Anno Fàg. Monete di G. B. Falletti conte di Benevello. V. Promis . Ili 129 Congetture suirattribuzione di alcuni tremissi longobardi. Giuseppe Gavazzi Ili 207 Nuove osservazioni sopra alcune monete battute dai Papi nel Contado Venesino e d'Avignone. V. Capobianchi . Ili 217 Soldino astigiano inedito di Carlo V. Solone Ambrosoli . Ili 233 Tremisse inedito al nome di Desiderio re dei Longobardi. Camillo Brambilla Ili 277 E davvero esistita la zecca di Mesocco? E. Tagliabue . Ili 369 Un picciolo di Astorgio III Manfredi per Faenza. Giu- seppe Castellani Ili 425 Le monete del ducato napoletano. Arturo G. Sambon . . Ili 445 Appunti di Numismatica Italiana. E. Gnecchi : I. Tre luigini inediti di Campi ......... III 533 Enrico Dandolo e le sue monete. Nicolò Papadopoli . . Ili 507 Il mezzo zecchino del Vasto. Solone Ambrosoli .... Ili 543 (Notizie varie). Ripostiglio a Mombello I 395 Ripostiglio di Ballabio I 498 Ripostiglio di Villa Raverio ... . II 131 Ritrovamento di monete a Firenze ......... II 133 Ritrovamenti di monete . II 316 Ripostiglio di Gessopalena (C. Persiani). . . .... II 427 Ripostiglio di Sartirana (E. G.) Ili 171 Ripostiglio di Solignano (A. Crespellani) ...... Ili 173 Un'urna di monete viscontee a Treviglio. (C. Bellotti) . Ili 485 Un ripostiglio di monete d'oro medioevali a Roma. (E. G.) Ili 577 MEDAGLIE ANTICHE, I Medaglisti del Rinascimento alla Corte di Mantova. Umberto Rossi : I. Ermes Flavio de Bonis , . • I 25 IL Pier Jacopo Alari-Bonacolsi detto VAntico ... I 161 Idem. — (Continuazione e fine) I 433 III. Gian Marco Cavalli I 439 Le medaglie Friulane dei secoli XV e XVL Valen- tino Ostermann I 195 INDICE METODICO 607 Anso Fag. Francesco Marchi e lo medaglie di Margherita d'Austria. Umberto Rossi. . I 333 Una medaglia inedita del Museo di Brera. S. Ambrosoli. I 471 La medaglia dei Dottori del Collegio di Como. C. Poggi. II 67 Una medaglia di Antonio Abbondio. Solone Ambrosoli . II 391 Una medaglia commemorativa milanese. Ercole Gnecchi. II 395 Di un medaglista anonimo mantovano dell' anno 1506. Roberto von Schneider (Trad. di S. A.) Ili 101 Lodovico Chiericati. Bernardo Morsolin Ili 139 Gerolamo Gualdo. Idem Ili 142 Giacomo Bannissio. Idem ............ IH 239 Isabella Sesso. Idem Ili 247 Medaglie del Vellano di Padova in onore di Paolo III. Idem Ili 549 MEDAGLIE MODERNE. Medaglie italiane del 1888. Alfredo Comandini. — Parte I. II 53 Idem. — Parte II II 217 Medaglie italiane del 1889. Alfredo Comandini. — Parte I III 259 Idem. — Parte II Ili 429 Idem. — Un'Aggiunta Ili 559 Le medaglie di Giuditta Pasta. Cencio Poggi II 517 Una medaglia inedita dei Principi Baciocchi. G, Sforza . Ili 119 La medaglia della Duchessa di Galliera I 126 Medaglia al Prof. Brioschi II 133 Medaglie a Giacomo Medici e Luciano Manara .... II 316 BIBLIOGRAFIA. (Opere Numismatiche). Àrmand Alfred. Les médailleurs italiens des quinzième et seizième siècles. Parigi, 1887. (S. A.) I 106 Atkins James. The coins and Tokens of the Possessions and Colonies, etc. Londra, 1889 II 124 Barclay V. Head, Historia numorum. Oxford, anno 1887. (A. PuscHi) I 97 Barthélemy (A. de). Nouveau manuel de Numismatique ancienne. Parigi, 1890. (S. A.) Ili 308 Blanchet (J. A.). Manuel de Numismatique du moyen àge. Parigi, 1890. (S. A.) Ili 308 608 INDICE METODICO Anno Fag. Bodleian Library (The) in 1882-87. Oxford, 1888. (F. G.). II 122 Brambilla Camillo. Tremisse inedito al nome di Desiderio. Pavia, 1888 I 491 Cecchetti B. Bolle dei Dogi di Venezia. Venezia , 1888. (V. Padovan) II 120 Cerexhe Michel. Les monnajes de Charlemagne. Gand , anno 1887. (C. L.) . ^^V'^'i"'^^^ Ì'-'}''^^', ^^i^-'Ì;;^^j"V^ ^1? 37Ò Crespellani Arsenio. Oggetti galIò-celtici del modériese. '' Modena, 1887 . I lOt Desimoni Cornelio. Le prime monete d'argento della zecca di Genova e il loro valore. Genova, 1888. .... I 375 Engel et Serrure. Repertoire des sources imprimées de la Numismatique franpaise. T. I. Parigi, 1887. (S. A.). I 255 Idem. — Tomo II. Parigi, 1889 II 120 Idem. — Supplemento. Parigi, 1889 II 582 Fraccia Giovanni. Su due contromarche in monete ro- ... mane. (F. G.) Ili 160 —T.— Antiche monete siciliane, ecc. (F. G.) Ili 162 .^■-..(Una lettera del Cav.) . Ili 318 Gnecchi Francesco ed Ercole. Guida numismatica univer- sale. 2' edizione. Milano, 1889 II 307 Saggio di Bibliografia numismatica delle zecche italiane. Milano, 1889. (Solone Ambrosolt) II 115 Imhoof-Blumer und Otto Keller. Tier und Pflanzenbilder -^:i auf Munzen, etc. Lipsia, 1889. (S. A.) Ili 305 Kòrher Dr. Karl. Beitràge zur ròmischen Mùnzkunde. Ma- gonza, 1887. (L. A. Milani) II 298 Molinier Emile. Les Bronzea de la Renaissance. Les Pla- quettes. (Alfredo Melani) I 251 Mulazzani Giovanni. Tre opuscoli di numismatica mila- nese. Milano, 1889 II 124 Promis Vincenzo. Moneta inedita di Pietro di Savoia, ecc. Torino, 1888 I 374 Monete di G. B. Falletti. Torino, 1888 I 491 Quadras y- Ramon D. Manuel Vidal. (Compendio del Ca- talogo, ecc.). Barcellona, 1888 I 375 Rizzini. Illustrazione dei Civici Musei di Brescia. Parte I: Placchette e bassorilievi Ili 163 Salinas Antonio. Ripostiglio siciliano di monete antiche d'argento II 305 INDICE METODICO 609 Anno Pag. Sambon Arturo Giulio. Monete del ducato napoletano. Napoli, 1889 Il 582 Warwieh Wroth. Catalogne of Greek coins. Londra I^) ;:iiil' " anno 1889. (F. G.) ^nX>'JXl 159 Werdnig Dr. G. Die Osellen. Vienna 1889. (N. P) •. 't.-IT' I 489 Nuove pubblicazioni di numismatica. I 109, 257, 376, 492. II 124, 308, 422, 583. Ili 164, 310, 571. (Periodici numismatici) '.U on- Bollettino di Numismatica e Sfragistica. I 111. — The Nùmismatic Chronicle. I 313. Ili 574. — Revue Nu- ' mismatique. I 112, 377, 493. II 126, 310, 584. Ili 166, 312, 483, 574. — Annuaire de la Société franpaise de Numismatique et d'Archeologie. 1: 113, 259, 379, 494. II 126, 310, 585. Ili 167, 313, 573. — Numismatische Zeitschrift. II 311. Ili 483. — Zeitschrift ftir Numis- matik. I 384. II 587. Ili 168. — Revue Belge de Numismatique. 1115, 260, 381. II 126, 311, 423, 586. Ili 483, 573. — Bulletin de Numismatique et d'Ar- chéologie. I 262. — Bulletin de la Société Suisse de Numismatique. I 262. Ili 167, 313. — American Journal of Numismatics. I 262. II 127. Ili 484. (Articoli numismatici in Periodici diversi). I 117, 263, 387, 494. II. 127, 312, 424, 587. Ili 168, 314, 574. NECROLOGIE. Amécourt (Visconte Ponton d') I 93 Armand (Alfred). Art. di U. Bossi I 367 Bazzi (Mons. Gaetano). Articolo di E. G Ili 481 Biondelli (Bernardino). Art. di S. Ambrosoli I 239 Canzani (Demetrio) I 96 Cecchetti (Bartolomeo) II 113 Chalon (Bénier) II 114 Danicourt (Alfred) I 95 Ghiron (Isaia). Art. di S. Ambrosoli ........ II 417 Kunz (Carlo). Art. di A. Buschi ;*;;m *- . I 85 IMDICB METODICO 6lO Anno Faf. Lambros (Paolo) I 93 Meyer (G. F. G.) ". Ili 158 Molins (Marchese de) Ili 158 Morel Fatio I 91 Quelen (Eleazaro de) . I 95 Promis (Vincenzo). Art. di S. A Ili 155 Reimer (Hans) ................ I 96 Remedi (Angelo). II 297 Robert (Pierre Charles) •....,..,.. I 94 Rovelli (Pietro) II 295 Tambroni Armaroli (Ernesto) I 93 Wilson (G. W.) . . Ili 158 Witte (Barone de) ................ II 581 MISCELLÀNEA. Prefazione. La Direzione ............ I IX Ai Lettori. Solone Ambrosoli II 593 Ai Lettori. Francesco ed Ercole Gnecchi Ili 9 Vite di illustri numismatici italiani. C. Luppi : I. Lodovico Antonio Muratori . . . . . . . . II 105 II. Filippo Argelati II 287 in. Vincenzo Bellini. ............ II 409 IV. Guid'Antonio Zanetti II 573 V. P. Ireneo Affò Ili 145 VI. Gian Rinaldo Carli Ili 299 VII. Domenico Sestini ' III 473 Vili. Ennio Quirino Visconti . Ili 561 Falsificazioni moderne I 125 Idem I 266 Idem I 497 Idem Ili 178 Idem Ili 582 Le antiche monete americane I 122 Una raccolta di gettoni I 122 Furto di monete I 122 Offerte per la fondazione della Rivista I 12& Idem I 272 Il furto di Parigi I 268 Un premio ad Ernesto Babelon I 269 Numismatica musulmana I 270 INDICE METODICO 611 A&no Fag. Le monete antiche e la dogana italiana I 270 Un dono di Torino a Milano I 271 Manoscritti di Carlo Kunz I 393 Una lettera di P. Verri relativamente al Gabinetto di Brera I 394 Un altro furto di monete I 395 Guida Numismatica universale I 396 Spigolature d'Archivio. (E. Motta) I 483 Il famoso ripostiglio di Russia I 499 Per la numismatica milanese I 501 Per la Brigata Aosta II 135 Kumismatica medica II 307 Monete merovingie II 316 Concorso della E. Accademia di Belle Arti di Milano. . II 319 La Numismatica all'Esposizione di Parigi. (F. Gnecchi) . II 428 Medaglisti moderni. (A. Melani ) II 590 Premio Girotti II 591 Moneta coloniale II 591 Monete per la Colonia Eritrea Ili 584 Zecca di Milano Ili 179 Società Numismatica Svizzera Ili 180 Museo Provinciale di Bari Ili 324 Lo scudo di S. Marino. (S. A.) Ili 487 Club Numismatico Ili 587 Il premio di numismatica all'Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere in Francia Ili 588 Per la Storia dei Periodici di Numismatica Ili 589 Doni al Gabinetto di Brera I 127 Idem I 500 Idem II 135 Idem II 320 Idem II 591 Idem Ili 178 Idem Ili 588 Vendite di monete : Collezione Amécourt (Visconte Ponton d') Ili 488 n Belfort (Augusto de) (P G.) I 123 n D*** (Conte). (F. G.) II 317 n Hirsch I 122 e 268 n Miari (Conte Fulcio Lucio) . III 178 n Morel Fatio . , I 393 P Phothiades Paoha (E. G.) ....... . Ili 489 612 INDICE METODICO Anno Fas* Collezione Quelen (Eleazaro de) (F. G.) I 388 r> di un amatore russo II 134 Collaboratori della Rivista nell'anno 1888 Ili 591 Idem, nel 1889 Ili 592 Idem, nel 1890 Ili 593 Indice dell'annata 1888 I 503 Idem, dell'annata 1889 ............. II 395 Idem, dell'annata 1890 Ili 595 Elenco degli Associati alla Rivista per l'anno 1888 ... I 507 Idem, per l'anno 1889 II 597 Idem, per l'anno 1890 Ili 597 Finito di stampare il 16 Dicembre 1890. Lodovico Felice Cogliati, Gerente responsàbile. TAVOLE. BRONZO K # F. GHECCHI. — Appunti di Numismatica Romana. - N. XIV. (Anno III - Fasc. IV) CJ Rivista italiana di numism 9 tica e scienze affini R6 V.3 PLEASE DO NOT REMOVE CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY