RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA DIRETTA DAL D/ SOLONE AMBROSOLI CONSERVATOLE DEL REGIO GABINETTO NUMISMATICO DI BRERA E DA UN CONSIGLIO DI KEDAZIONE Anno Secondo — 1889 MILANO Lodovico Felice Co^liati, Tipojjrafo-Editore Via Pantano, N. 26 1880 PROPRIETÀ LETTERARIA. Tip. L. F. Cogliali . S=z. nel l>io Islilulo pel Figli della Provvi denza. CONSIGLIO DI REDAZIONE pel 1889 -^SB^- • AMBROSOLI Dott. Solone, Conservatore del R. Gabinetto Numis- matico di Brera, Direttore. BRAMBILLA Cav. Camillo. GAVAZZI Cav. Giuseppe. GHIRON Comm. Isaia, Prefetto della Biblioteca Nazionale Braidense. GNECCHI Cav. Ercole. GNECCHI Cav. Francesco. MARIOTTI Cav. Dott. Giovanni, Direttore del R. Museo di Anti- chità di Parma. MILANI Cav. Prof. Luigi Adriano, Direttore del R. Museo Archeo- logico di Firenze. MOTTA Ing. Emilio. PAPADOPOLI Conte Nicolò. ROSSI Dott. Umberto, Conservatore del Museo Nazionale di Firenze. SALINAS Comm. Prof Antonino, Direttore del Museo Nazionale di Palermo. VISCONTI March. Carlo Ermes. LUPPI Cav. Prof Costantino, Segretario. FASCICOLO I. STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO W {Continuazione, V. Anno I, Fase. Ili) MONETA IMPERIALE, TERZOLA ED ALTRE DENOMINAZIONI GENERICHE. Se la memoria non mi ha fallato, gl'individui monetari registrati nel precedente capo e sortiti dalle patrie nostre zecche, sono tutti quelli della collezione nostra, che di mano in mano ci si affaccieranno, al- lorché ci faremo a descriverli ad uno ad uno. Ma la rassegna tutto che lunga da noi offerta, non po- trebbe a mio avviso chiamarsi completa, né appa- gare gli studiosi della scienza senza un'aggiunta di molto rimarco concernente un'antica denominazione generica, ossia sopranome, che fu ad essi comune per tanti secoli ; voglio dire se qui ommettessi di far parola della moneta imperiale^ che celebre è stata in Italia e fuori, non che della terzola sua minor sorella, che fra li patri lari si restrinse umil- mente, com'anco di altri distintivi che furono e sono in voga ai giorni nostri. (1) Quest'articolo forma il Capitolo XXI del Discorso preliminare del Conto Mulazzani alla sua Illustrazione delle Monete milanesi, e fa quindi seguito immediato al Dizionario delle Monete Milanesi (Cap. XX) pubbli- cato lo scorso anno nel fascicolo III di questa Rivista. F. ed E. Gnecchi. GIOVANNI MULAZZANI Muovere dovendo il mio discorso dall' >iperiale come la più importante, e che ha esistito più lun- gamente, non sono a dirsi le favole ed esagerazioni che ne furono scritte. Da un privilegio di Teodosio concesso a S. Ambrogio, e confermato da Carlomagno agli arcivescovi di Milano, si pretese di derivarla, e chiamata così la dissero dal volto dell' imperatore, dalle lettere intorno che l'esprimevano, dall' argento puro di cui era composta. Niente è vero di tutto questo, che spacciò nella metà del 300, il credulo Fiamma, seguitato alla cieca dalla turba de' nostri scrittori che vennero dopo (l), nudi di critica e di filosofìa per non conoscere la disciplina ecclesiastica dei primitivi tempi della Chiesa, e per non sapere, che la storia si appoggia a monumenti coetanei. I puri affari di religione e di coscienza occupavano nel IV secolo i ministri dell'altare, e lungi dal loro animo erano gli appetiti mondani, che prevalsero assai tempo dopo colla donazione di Pipino ed alla sconfìtta longobardica, coli' innalzamento di Carlo- magno. Nessuna memoria ci fu tramandata di elargi- zioni tali dei due imperatori, che si nominano, per testimonianza d'istorici vissuti con essi, o per di- plomi che siano giunti a noi. Una sola volta ab- biamo avuto argento monetato puro o quasi alla metà del 200, né fu certo battuto dagli arcivescovi, ma dalla Repubblica, né portava il nome di moneta imperiale, ma di terzola. L'efiìgie imperatoria manca nel medio evo, tranne uno stampo di Lodovico I pubblicato da Le Blanc ; ed il nome degli Augusti, dimenticati già nella seconda metà del secolo XIII, aveva ceduto il posto ai principi viscontei, quando (1) Argelati. V. IT, pag. 4, colonna 1. STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 5 venne in credito questa leggenda, ne ricomparvero le marche imperatorie che 200 anni dopo con Carlo V. Nessuno dei nostri, che non impari forze in questi ultimi tempi avrebbero avuto, si mise all'impegno di scriverne di proposito, ond'è che l'argomento ri- mase oscuro, e la parola imperiale, aggiunta, alla nostra moneta, non si sapeva cosa significasse. Io in brevi note la farò comprendere col definirla ; e dico che moneta imperiale dalla fine del secolo XII, a Maria Teresa imperatrice del 1777, è sinonimo di moneta milanese. Li pagamenti fatti a Milano od in paesi soggetti a Milano, durante sì lunghe successioni d'età, parlano ognora dì lire^ dì soldi, dì danari imperiali; moneta adunque imperiale, altro non era né poteva essere che la moneta che si co- niava nella nostra zecca, stata mai sempre in lavoro. Per poco che alla costante generale formola ed espressione, che dissi, si osserva adoperata nei con- tratti fra le due epoche accennate, avessero posto attenzione gli scrittori che mi hanno preceduto, non avrebbero potuto agevolmente discernere e scoprire la verità di cui andavano in traccia? Ma non curarono essi, infrangendo le leggi della critica, i documenti innumerevoli che somministra la storia, e che ne sono il fondamento unico ; e ad opinioni invece nate in tempi oscuri corsero dietro ciecamente copiandosi gli uni cogli altri, collo stesso falso metodo che i legisti, per dirla di passaggio, adoperavano nell'in- tei'pretazione delle leggi, finché l'Alciato fra noi, ed il grande Cujacio in Francia e l' Einecio in Germania ed altri, non li posero nel giusto sen- tiero. Si può domandare adesso, che io esibisca le prove di quanto ho asserito; ma se a ciò prestar qui mi volessi, ed a trascrivere, non dico, a citar solamente GIOVANNI MULAZZANI mi facessi le carte infinito che si conoscono di secolo in secolo a periodi fra loro vicini, per esempio di 25 anni, non la finirei più; e dai limiti di un di- scorso preliminare, clie mi sono proposto, io sortirei senza vera utilità, avvegnaccliè in progresso di quest'opera, quando stabiliremo il valore di tutti gli individui monetari che possediamo o che sono da noi desiderati, dopo di averli descritti, li docu- menti che attestano dominante fra noi la moneta imperiale, ci si pareranno continuamente davanti. Del resto chi fosse premuroso di accertarsi da questo momento, intorno a questo punto interessan- tissimo della numismatica nostra, senza ingolfarsi nelle lunghe e spinose letture di tanti passi in Ar- gelati, Carli, Giulini, Zanetti, che potrei indicargli, si porti a questo nostro grand' archivio pubblico, formato da documenti raccolti da tutta la Lom- bardia nel regno di Maria Teresa, e resterà in pochi giorni intieramente pago; trovandovisi appunto riu- niti gli istromenti delli nostri notari dal 1200 in avanti. Sarebbe inutile, se io soggiungessi, che nel mio archivio di famiglia conservo atti notarili, forse più di 100, dal secolo XVI in poi, di possedimenti nei quali si legge sempre la formola del pagamento espressa in questi termini: praetio Lihrarum Impe- rialium Centinn, ecc. ecc. In qual tempo precisamente sia cominciata la moneta imperiale, e perchè sia stata così chiamata, dal nome cioè, dell'imperatore e non dalla città in cui era coniata, fu scoperto dal Conte Carli, con la testimonianza di storico coevo molto bene informato de' fatti nostri , il lodigiano Ottone Morena, ufifiziale di Corte di Federico I ; e lo rischiararono maggior- mente li nostri Monaci Cistcrciensi con pergamene STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO tratte dal loro Archivio Sant'Ambrosiano (i). Nel Borgo di Noceto, poco distante dalle nostre mura di Porta Romana, durante l'esiglio dei nostri proge- nitori, colà in parte confinati dal crudele Barbarossa dopo l'eccidio di Milano del 1162, ebbe la moneta imperiale li suoi natali. Una torre, certo è, che vi fu fatta edificare da quell'augusto nell'estate del 1163 per custodirvi li denari suoi propri, che faceva battere in segno di regalia, come si diceva allora, ossia di piena ed assoluta sovranità, che rivendicata voleva in Italia. Imperiali perciò vennero denominati giu- stamente tali danari, e diffusi tostamente e conosciuti nelle città vicine (2). Lo stesso nome conservarono poscia (ed è ben naturale che ciò seguisse), allorché ripristinata la città ci fu ridonata la zecca col trat- tato di Reggio del 1185, in cui fra le altre cose a noi rinunziò tutte le regalie dell'impero, nelle quali manifesto è comprendersi il gius della moneta. Mar- cata del nome di Federico, battuta a Milano con le parole Aug. Mediolaniu, una monetina sarà prodotta a suo luogo e ragionata essere delFopoca predetta, quando la città nostra risorgeva dalle sue rovine, ed altre similmente improntate mostreremo dei primi anni del secolo XII in prova del riguadagnato pri- vilegio (^). Allorché però dissi che la moneta imperiale no- minata per secoli nelle nostre carte, é lo stesso che si dicesse moneta milanese, non intendo di escludere che in altri paesi a noi vicini non vi sia stata moneta (1) Delle Antichità Longohardiche milanesi, Voi. II, Disseì't. 17, sulla Zocca di Noceto, sullo moneto donominate imporiali, sulle torzole od altro antiche milanesi, pag. 253 o sogg. (2) Argelati. Opera citata. (8) Moneta imperiale e regia dell'evo repubblicano, fase. I, di Federico I. GIOVANNI MULAZZANI egualmente distinta con questa appellazione. Di Brescia, pendente la metà del 200, lo sappiamo dal Doneda(l); che vigesse in Parma, nel torno mede- simo, lo dimostreremo ben presto C^) coll'aiuto di altro celebrato scrittore a proposito del prezzo del fiorino d'oro ; che in Pavia pure si conteggiasse a tal modo vi sono buoni argomenti per crederlo, anche nella scarsità che abbiamo di notizie di quella zecca; e che dal 1254 si volesse sapientemente, in sette città libere d'Italia, introdurre uniforme moneta imperiale certo è per documento pubblicato dal Presidente Neri (3). Brevissima però e ristretta a porzione del secolo XIII, fu la durata della moneta imperiale altrove che in Milano, dove continuò mai sempre. La moneta chiamata Augusta, battuta, fu detto, dagli Arcivescovi di Milano, è altra favola su cui non occorrono discussioni. I vescovi nostri, siccome tanti prelati d'Italia e d'Europa, tennero, è vero, intorno al mille il dominio delle città dove risiedevano: e fra noi sono famosi li nomi di Ansperto e di Ariberto per il vigoroso governo e per le gesta loro militari e politiche, ma finora impronti loro propri non si sono veduti; e dopo i Carlovingi si hanno regolar- mente i nomi nelle monete nostre dei Berengarj e degli Imperatori e Re d'Italia, d'Arnolfo, degli Ottoni, degli Arrighi e di Corrado il Salico, che ci hanno dominato. Frottole e baje finalmente sono quelle tre specie di monete della Comunità di Milano, del sacro Im- pero e del regno dei Francesi, nominate in uno stru- mento del 1385, pubbHcato dall' Argelati (^). Una sola (1) Zanetti, Raccolta, Tomo IV, pag. 418. (2) Eub. della Ecpubb. I f. (3) Carli, Tomo I, pag. 352. (4) Tomo III, pag. 57. STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO moneta si batteva in allora sotto il nome d'impe- riale, ed era quella del Visconti Galeazzo, conte di Virtù, padrone di Milano ed arbitro supremo della zecca. E fa meraviglia die il conte Carli, scrittore di tanto giudizio, si sia degnato di fissar l'occhio sopra di una carta di nessun valore, fatta dal col- legio degli operai di zecca, che per vanità e stoltezza teneva quel linguaggio assurdo e cosi poco decoroso, rammentando infelicissimi tempi andati (l), che il principe che regnava in quegli anni si apparecchiava a far si che non si rinnovassero più (2). Vengo alla terzola: metà dell'imperiale era siffatta moneta ; chiaramente questo suo valore si rinviene espresso in carte nostre innumerevoli de' bassi tempi. L'origine sua rimonta ad alcune decadi d'anni in- dietro dell' imperiale, al primo assedio di Milano del 1158; e questo passo della storia monetaria nostra rischiararono similmente li dotti Cenobiti precitati. Monete però di quell'epoca non se ne cono- scono, nella guisa istessa che mancano le prime impe- riali della torre di Noceto. Gli effettivi, indubitati terzoli che mostrar possiamo, consistenti in buoni soldi d'argento a 9[10 e più di fino metallo, e in da- nari dodicesima parte del soldo di giusta lega , coniati furono dalla Repubblica nostra alla metà del 1200 e nei primi anni del 1300, fino alla calata di Enrico VII di Lussemburgo; dopo di che ne fu dismessa la fabbri- cazione per li soldi e danari imperiali stampati da queir augusto e dal suo successore Lodovico il Bavaro, e quindi finita in quel tempo la Repubblica, dai principi viscontei. L'etimologia di una tal voce è ignota; che terzola fosse nominata dall'essere com- (1) Carli, Tomo I, pag. 351. (2) Vedi la Rubrica del conte di Virtù nella parte economica. 10 GIOVANNI MULAZZANI posta di una terza parte d'argento può essere stato vero, allorché in circostanze terribili si diede mano a coniarla, ma falso era quanto in termini generali se ne scrisse a mezzo il secolo XIV. Da 100 anni i soldi terzaroli repubblicani, d'ottimo argento, erano com- parsi a smentire la composizione abietta che si voleva sostenere; e difatto essendo la moneta terzola la metà in valore dell'imperiale, manifesto era dal tempo del Fiamma, e molto più dei suoi copiatori, che il suo argento era più o meno a misura delle diverse mo- nete, e dall'andar del tempo che variò queste mo- nete nell'intrinseco loro. Ma infine il terzolo, ognuno vede, altro non era diventato nel 300 che moneta puramente ideale e di conto. Ora a proseguire nella storia delle diverse nostre monete, rimane a dirsi che la Repubblica del 200 con- teggiò a lire, soldi e danari terzoli. Ripristinata avendo essa una, ad ogni modo, gloriosa denominazione avita, non era egli conveniente di servirsene nei pubblici suoi atti? D'altra parte nella scarsità dei metalli d'allora, e atteso la gran massa della lira imperiale, e la forza della primaria sua frazione, il soldo, comodo, per non dire indispensabile, riesciva il calcolo fatto a metà. Non potrei meglio farlo com- prendere che qui riportando l'intrinseco del soldo terzarolo da riscontrarsi di grani 36,160 d'argento (l), dell'imperiale quindi di 72,320, e della lira di 1446,400 ; facendo osservare che la prima cifra rappresenta 10 soldi e più della lira di Maria Teresa del 1778 grave di soli 67,712, e così del resto in proporzione. Sotto li Visconti e gli Sforza, allorché l'Italia e l'Insubria, specialmente per il contatto con Venezia, si era arricchita col commercio e dominante erasi (1) Vedi Rubrica I repubblicana f. STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 11 fatta la moneta imperiale, le contrattazioni si face- vano, ma però non sempre, ad imperiali, col rag- guaglio generalmente espresso a terzoli. Un diploma, che io produrrò, di quella seconda dinastia, fa men- zione di terzoli ; un'ultima memoria, ch'io sappia, di tale moneta trovasi in un editto spagnuolo (i). Nei privati negozi non può non osservarsi l'an- damento delle pubbliche faccende; a terzoli quindi si trattava nel 200, ad imperiali nel 300 e 400, col- l'indicazione in terzoli ; ad imperiali sole lire dal 500 a Maria Teresa del 1778. In quell'anno la nuova moneta fu qualificata per nazionale. Moneta milanese fu poscia detta negli atti pubblici della Repubblica Cisalpina ed Italiana dal 1797 al 1805, essendo stata adoperata per norma dei tributi : e ciò mi si permetterà di asserire, senza porne in campo le prove, per avere io avuto l'onore di far parte dei Corpi Legislativi e dei Governi di quel tempo. Notoria è l'italiana, che fece sorgere Na- poleone re d'Italia, fra il 1807 e il 1814, a cui suc- cesse, dopo la sua caduta, l'austriaca odierna del 1822. Cinque denominazioni adunque monetarie si nove- rano nelle nostre carte, dalla pace di Costanza a questa parte, e sono : imperiale, terzola, nazionale, milanese, austriaca; sebbene, a dir vero, non siano che attributi estrinseci, per altro di non piccolo interesse storico, appartenenti ad un solo sistema che deriva da Car- lomagno. Abbastanza io avrei soddisfatto all'opera mia, con tutto ciò che ho di sopra esposto, percorso avendo i secoli primi dove spazia la mia collezione che in- trapresi ad illustrare ; pure a saziar le brame per intiero degli amatori dello nostre antichità, aggiun- (1) Manoscritti di Bollati in Brera. 12 G. MULAZZANI - STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO gerò alcuni cenni, che dalla pace di Costanza, risal- gono all'origine, che ho più volte indicata, di Car- lomagno. Scarse di molto ed imperfette sono le notizie che abbiamo dal secolo XII retrocedendo al secolo Vili. Dubbio però non può esservi che l'appellazione di da- nari 12" del soldo non sia stata vigente mai sempre, ed anzi la più comune nei contratti. Di buoni danari vecchi milanesi {denariorum honorum veterum mediolanensiuni), rinvennero le traccie, in carte antichissime, Giulini e li Monaci di S. Ambrogio; e famosi sono nella storia, anche per le favole, da vedersi in Muratori, di cui furono imbrattati, li denari Ottolini, che fab- bricati vennero dall'imperatore Ottone I e probabil- mente anche dal II e III, di metà rame ed argento, che tuttora girano nei nostri Musei. GrIOVANNI MuLAZZANI. DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CORREGGIO APPENDICE I. In un mucchio di vecchie carte testé acquistate e ch'erano già destinate alla distruzione , ebbi la ventura di trovare due Concessioni di zecca stipulate fra il Principe Siro di Correggio e il suo zecchiere Griovanni Agostino Rivarola e credo far cosa grata ai lettori della Rivista, pubblicandole come comple- mento alle due Concessioni congeneri da me inserite lo scorso anno nel secondo fascicolo di questo Periodico. La Concessione, di cui oggi presento copia nella tavola N. I, riserbandomi di pubblicare in un pros- simo fascicolo anche l'altra, è in data 14 aprile 1620 quindi anteriore alle altre due pubblicate ed è certo uno dei primi contratti stipulati fra il Principe Siro collo zecchiere Rivarola , poiché quest' ultimo non entrò a far parte della zecca di Correggio se non il primo aprile di quell'anno 1620, accettatovi come socio dal capitano francese Nicola de la Feste, il quale da pochi mesi aveva avuto in affitto quella zecca unitamente a un tal Riccardo Foussant pure francese (i). (1) Bigi Quirino. Di Camillo e Siro da Correggio e della loro Zecca Modena, 1870 ; in 4.° Pag. 79 e 80. 14 ERCOLE GNECCHI La Concessione si riferisce alla battitura di una moneta da 12 quattrini^ ossia tre soldi, della bontà di once 2, e del taglio di 140 per libbra di zecca di argento fino. Il disegno della moneta da battersi, che sta in testa al documento , è una perfetta imitazione dei pezzi da 12 Kreutzer coniati a Fran- coforte sul Meno dai Conti di Solms per la signoria di Eppstein-Kònigstein. Da quanto mi consta, la mo- neta è inedita, e potrebbe darsi che non fosse mai stata battuta. Eccone la descrizione : ^ — SIRVS • ÀVSTRIÀ • PRINC • C • Scudo inquartato, disposto come segue : I e II Leoni rampanti; III Fascio e correggia; IV Aquila bicipite. Al di sopra corona fiorita. ^ — MONETA • NOVA • ARGENTE • GIVI • C. Aquila bicipite con corona imperiale, e col numero 12 in petto. Segue poi il documento , concepito in questi termini : Concediamo a Gio. Agostino Riuaì^ola uro zechero che durante la sua Loccati."^ osta Cond."^ che tiene della nostra zecca possa battere o far battere una moneta da quatrini dodeci che sono soldi tre di onze due di argento fino per libra et che ne vadi alla libra del peso di zecca n." Cento quaranta e sarà detta m/"^ conforme li sopra disegni , con conditi.*'' che detta moneta possa il detto Zechero farla, o" farla fare di maggior peso et bontà se accomoderà al detto zechero, ma ìion minore et per honoranza detto zechero sarà obligato pag.*"' a S. Ecc.'^ IlL""^ ogni volta che si libererà di Cassa per ogni Lib." di peso di nostra zecca libre sette di nostra moneta di Coreggio dichiarando che di detta m.^'* il sud." Riuarola ne possa far fabricare tutta quella somma che a lui piacerà durante la sua Locc.*"^ ed exitarla dove DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CORREGGIO 15 più li tornerà comodo et di più suo utile non mouendo al- cuno delli patti et accordi che il detto zechero ha con Sua EcC^ III.*""' per il passato anci stijni saldi et ferini conf." le scriture, promettendo Sua Ecc.'' 111.'"'' che di detta m. ^'^ non consentirà ne darà Autorità a persona alcuna eccetto che al detto zechero di poterne battere ne farne batter du- rante la sua Locc."* etiam che hauessero interesse in detta zecca, e questo per patto espresso e setnpre che Sua Ecc." III.*"" consentirà, o comporterà che persone alcune ne posse battere o far battere senza consentim." di detto Riuarola che SS detto riuarola le possa far fabricare senza pagare la sud."" honoranza. E per fede Dato dal nostro palazzo, li 14 aprile 1620. Siro. Feo Agustino Riuarola mano propria. In cima al documento sta scritto come nelle due Concessioni già pubblicate : « Tertia concessio exhibit. per. Io. Aug!"" Rivarolam de m." (mandatu) III.'"" et exc^" d. (domini) Poìupomj Spilimherghi siibd. (subde- legati) C. (Caesarei) ut m actis sub die 17 Mai] 1627 . tt Da questa indicazione protocollare pare che questa Concessione entrasse (come le altre due) a far parte del Processo per adulterazione della moneta inten- tato al Principe Siro fino dal 1624, e terminato solo nel 1631 colla gravissima condanna di generale con- fisca. Ercole Gnecchi. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI XIII. MONETE DEL GOVERNATORE CARD. CAMPOPREGOSO. Presso la nostra Società Ligure di Storia Patria si conservano alcune patrie monete, fra le quali diversi minuti. Avendoli avuti in questi giorni per studiarli e vedere se potevano servire per qualche aggiunta alle Tavole della numismatica Genovese le quali verranno in quest'anno date alle stampe, ebbi la fortuna di trovarvi alcune novità importanti, una variante inedita e l'occasione a nuove conside- razioni sopra un minuto già edito. Poiché i minuti nuovi non sono integri, e non si poteva perciò in- scriverli nelle Tavole senza una preventiva illustra- zione che spiegasse la loro assegnazione, avutone cortese licenza, ne darò cenno in queste annotazioni, cominciando da quello che ritengo spettare al Car- dinale come Grovernatore. 18 GIUSEPPE RUGGERO L'Agostino Adorno (i) non fu l'unico Governatore Genovese per Gian Galeazzo, ma prima di lui il Paolo Campofregoso Doge XXXI, ebbe modo di ri- tenere più a lungo il potere, col dare la città al Duca seguitando a governare in nome di lui. Se la data precisa nella quale avvenne quel cambiamento non apparisce ben definita dallo Annalista Genovese, vi rintracciamo tuttavia la notizia della ripristinata Signoria dei Milanesi, e la menzione del nuovo ti- tolo del Cardinale. Il Giustiniano (2) comincia col dire che u in Gen- ti naio 1487 non essendo la città troppo contenta del " reggimento del Cardinale, si creò un magistrato con " amplissima balia che dovesse provvedere alle cose u del Comune come a quelle di S. Giorgio, n Narra poi che avendo questo magistrato imprigionato in Lerici il Tommasino Fregoso, un membro dello stesso. An- gelo Cebà, veniva gravemente ferito dai famigliari del Doge. Al 1488, l'Annalista dice chiaramente che ii il Cardinale il quale era fatto molto odioso alla " terra, diede opera che si mandassero otto amba- ge sciatori al Duca Gian Galeazzo, i quali dovessero u restituire la città della quale già molti anni era « stato privato, e si dovessero comporre e convenire u con lui. E dopo alquanti giorni mandò Fregosino u suo figlio al Duca Ludovico, ecc., ecc. v Onde si vede che non bastandogli l'ambasciata ofiìciale, mi- rava ad assicurarsi del risultato mediante i suoi più intimi presso il vero Signore di fatto, del quale avea sempre goduto il favore fin da quando avea estorto il potere al nipote Battista. Dopo narrata la (1) Vedi Annotazione XII, Rivista It. di Isumismatica, Annoi. (2) Car. CCXLIII ad Ann. Cito l'edizione originale, non possedendo la modorna. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 19 congiura dei Fiesclii e del Battista contro il Cardi- nale ; i tentativi più o meno sinceri per comporre le parti, fatti dal Gian Pietro Soardo il quale stava nella città per il Duca di Milano ; la ritirata del Cardinale nel Castelletto e l'assedio postovi dalla contraria fazione, riferisce che il Duca inviò un gran numero di pedoni ed alquanti cavalli capitanati dal Conte Sanseverino, in soccorso al Castelletto. Quindi, ambasciata Genovese al Duca per scusarsi d'aver portate l'armi contro il Cardinale ; ambasciata Mi- lanese in Genova, che non rassicura né assediati né assedianti. Chi vuol darsi al Duca, chi a Francia, chi preferisce l'antica libertà. Tentativi di concordare Adorni e Fregosi col dare a quelli Savona colla ri- viera di Ponente, ed ai Fregosi il governo della città, u E questa cosa 5? (seguita il Giustiniano a u Car. CCXLV-C) u non dispiaceva a Ludovico, acciò u che non paressi aver abbandonato il Cardinale, il « quale si era confidato di lui, ed avrìa avuto grato « che i Flischi fussero stati cacciati dalla città, u come che già avessero levate le arme centra il " suo Governatore y ma questa espulsione non pia- u ceva ai doi fratelli Adorni perchè si erano confe- « derati con loro. E finalmente fu concluso, ecc. r cioè la dedizione della città al Duca, in seguito alla quale l'Adorno fu fatto Governatore per dieci anni. Più tardi avvenne l'accomodamento col Cardinale, il quale reso il Castelletto sen partì per Roma. Il Corio invece (i), fa cenno di una prima amba- sciata al Duca per cedergli il dominio nel 1487 ; quindi di una seconda nel 23 Agosto dello stesso anno per la conferma dei capitoli, dopo la quale i Genovesi creano loro Signore (egli dice Doge) il Duca Gian Galeazzo. (1) Edizione del 1855-57. Milano, Colombo, Voi. HT, Parto VT, Capo V. 20 GIUSEPPE RUGGERO Nell'Agosto 1488 avviene la congiura contro il Car- dinale, " il quale in nome del Duca teneva il prin- ii cipato. " Ritirata nel Castelletto ; invio dei soc- corsi da Milano, ed infine il giuramento di fedeltà al Duca agli ultimi di Ottobre, il quale dimenticando il Cardinale, crea suo Governatore per dieci anni l'Adorno. Non ho campo a ricercare se altri, rilevando la contraddizione fra i due scrittori per ciò che riguarda lo date, abbia allegato documenti decisivi. Il chia- rissimo Desimoni (i) asserisce che il Cardinale fu Go- vernatore Ducale dal Gennaio al 7 Agosto del 1488, e dopo una interruzione sino al 13 Settembre fu no- minato l'Adorno. Questo deve bastare per farci av- vertiti, che non mancarono di certo al lodato Au- tore documenti precisanti le date sul Governo del Paolo per conto del Duca, date che confermano la narrazione del Giustiniano. D'altronde, che il Car- dinale non fosse Governatore prima del 1488, ce lo confermano pienamente le sue stesse monete. Infatti, alcuni suoi ducati col dvx xxxi che sembrano i più moderni per la forma delle lettere, hanno le sigle di zecca a. t. Or bene, nell'elenco inedito dei so- prastanti dei quali rimane memoria nei documenti, compilato dal Desimoni, troviamo infatti un solo di questi officiali per il 1487 ed ha nome Antonius Truccius; ciò che fa assegnare quei ducati a quest'anno stesso, ultimo del governo del Cardinale come Doge. Dopo questa premessa, la quale se troppo lunga voglio sperare non sia egualmente inutile, descriverò le monete coniate dal Cardinale in questo intervallo di tempo cioè dal Gennaio all'Agosto del 1488. Sono (1) Sui più antichi scudi, ecc. In Giornale Ligustico, 1887, nella nota al Gap. ir. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 21 due finora come quelle dell'Adorno con egual titolo cioè il ducato ed il minuto, corrispondenti alle due figure poste in capo alla presente. 1. ^ — *h : paulus de : Campofulgosio : CArdinalis : DVCÀ- LIS : GVBERnator : lÀnuensium. Castello fianclieggiato dal biscione e dal cappello Car- dinalizio, in cerchio semplice. 9/ — * : CONRADVS : REX : ROManorum : S : A : Croce in cerchio di 8 segmenti con globetti alle punte ed agli angoli. Oro, Ducato — (Dai disegni dolio Tariffe di Anversa). 2. ^ — '»*.... — ® Cardinalis Gubernator lanuensium ® Castello che taglia la leggenda al basso. 9^-....- R -....-.... Croce che taglia la leggenda. Lega — Denaro minuto — C^ — Peso Gr. 0,880. (Appartenente alla Società Ligure). Del ducato non si conosce finora alcun esemplare effettivo ; ma come annunziava il Desimoni nello stesso Capo II sopra citato, il compianto Avignone acutamente restituiva la lezione sbagliata di questo ducato, che si trova disegnato in nove e più delle Tariffe che si stamparono in Anversa con diversi titoli dal 1580 al 1633. E poiché tutte riportano lo stesso disegno e la stessa leggenda errata, cosi è evi- dente che uno solo vide il rarissimo ducato, lo pubblicò sbagliandone la lezione, e tutti gli altri lo riprodussero dal primo. La detta leggenda è così ri- portata in quei disegni : P : C : DVCATIS : OVBLIA : lA. Non potendo cadere il minimo dubbio sulla mo- neta stessa, sia per il tipo che per gli emblemi ed accessori, e per la stessa leggenda che non potrebbe prestarsi ad altra lezione differente, ne ho restituito 22 GIUSEPPE RUGGERO il disegno cambiandovi solamente le 4 lettere sba- gliate (1). Da questo apprendiamo che il Cardinale fu il primo ad usare le lettere moderne. Le iniziali degli zecchieri s . a . che son quelle stesse del ducato dell' Adorno , confermano che i due ducati furono coniati nell'anno stesso. Il cappello , che sulle mo- nete coniate da Doge stava sul castello, scende oi'a ad un lato dello stesso per cedere l'altro lato al bi- scione, e rappresentare in tal modo la nuova carica del Cardinale ex Doge. Passiamo ora al minuto , nel quale rimane sola- mente la seconda metà della leggenda al dritto con tre lettere, le quali non possono prestarsi a diversa interpretazione, tenendo conto degli altri caratteri. Rimane a restituire la leggenda nella prima metà mancante, sulla scorta delle altre monete del Paolo. I suoi ducati più antichi come Doge, hanno p . cf ; quelli più moderni, p . ca ; il mezzo ducato del Museo R. di Torino, p . d . e . f ; i minuti p . e ; il ducato, come Grovernatore, p . e . Se il minuto in questione avea tre lettere saranno state quelle dei ducati più moderni p . ca, quantunque meglio converrebbero le p . CF a togliere ogni ambiguità nell'interpreta- zione. Ma nulla osta a che la prima parte della leg- genda possa aver avuto due sole lettere, potendosi con tre rosette invece di due mantenere la simmetria. In questo caso si avrebbero le p . e . come nei mi- nuti coniati come Doge (V. Annoi. X), dei quali, il (1) Questo fu ricavato precisamente dalla figura contenuta ììòìV Ordo-n- nance et Instruction pour les Chartgeurs, ecc. Anvers. Impr. Verdussen, 1633. Il Sig. Conservatore del Gabinetto di Brera, e direttore della Ri- vista, Dott. Solone Ambrosoli, il quale me ne favorì il lucido, m' avverte che l'esemplare della Braidense è numerato a mano e porta a quella pa- gina il N. 28. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 23 secondo ha, precisamente come questo, 3 lettere tra due rosette a sinistra. Il rovescio è affatto eguale a quello dei minuti dell'Adorno, e seguenti, cioè colla solita leggenda ridotta a 3 iniziali e . r . r . seguita dalle sigle degli zecchieri, che in questo caso devono essere s . a . Sia al dritto che al rovescio, la mancanza delle lettere non pare sia prodotta da cattiva conservazione della moneta, ma sembra che il tondino sia rimasto liscio non avendo ricevuto l'impressione del conio ; ciò che alcuni tecnicamente traducono col dire che è rimasto freddo. XIV. MINUTO DEL DOGE ANTONIOTTO ADORNO. Nell'elenco dei minuti a\V Annoi. X, avendo io di- chiarato di averne uno che poteva appartenere a quest'ultimo Doge, devo ora rettificare tale supposi- zione. Dopo che ebbi trovato quelli del Governatore Agostino Adorno, verificando meglio quel primo, con- statai che se la prima lettera era un a senza alcun dubbio, altrettanto non avveniva per la seconda, la quale presentava invece traccie visibili di un v ; onde da quattro che erano i minuti del Governa- tore diventarono cinque ed in oggi sono già sei. Dell' Antoniotto non rimaneva adunque altro dena- 24 GIUSEPPE RUGGERO rino che quello del Reichel, descritto al N. 2127 (i). Volli accertarmi anche di questo ultimo, dubitando di qualche sbaglio, ed infatti bastò la lettura della descrizione per riconoscere che il dubbio era fondato. ^^ — A • A • DV - X • lANVE • Castello. :pl — co — NR — AD — E • ® Croce intersecante la leggenda. Peso Gr. 0,530. Le lettere sono quelle antiche. Per poco che si considerino le modificazioni suc- cessive avvenute nel tipo del minuto, ognuno potrà convincersi che questo del Reichel è incompatibile coll'epoca dell'ultimo Doge a vita. Infatti, abbiamo lettere antiche le quali non convengono all'Anto- niotto ; leggenda completa al rovescio, mentre il Cardinale l'avea di già ridotta alle semplici iniziali nei suoi ultimi minuti ; zecchiere e, che non troviamo neppure una sola volta nelle numerose monete del- l'Adorno ; mancanza della crocetta e delle rosette al dritto, e presenza d'una rosetta al rovescio ; peso di 0,530 che non è raggiunto da alcuno dei sei dena- rini dell'Agostino ne dai tre del Cardinale che si cono- scono. Finalmente 1' ianve invece di genve, che do- vrebbe essere la foggia caratteristica delle monete dell'ultimo Doge. Tutti questi dati ci rendono avver- titi, che quel minuto, invece d'un Antoniotto Adorno, è un Raffaele dello stesso casato, erroneamente letto, al quale si è fatta l'aggiunta di due lettere al dritto, perchè non ne abbiamo alcuno che abbia quattro lettere alla destra e sei alla sinistra, e tutti termi- nano in lAN. (1) Die ReicheUcheMunzsammlung in St.Petershurg. Ivi, 1843, pag. 513. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 25 Al nostro Doge non riconosceremmo ancora il suo minuto, se non avessi potuto esaminare quelli della Società Ligure, fra i quali trovai questo disegnato in capo alla presente annotazione. E mancante nel lato che dovea contenere il nome, ma l'attribuzione non può essere dubbia in grazia della seconda metà della leggenda, la quale basterebbe da sola, anche se non lo confermassero cosi bene gli altri caratteri, ad in- dicare il Doge cui appartiene questa monetina. Confesso che questo è ben poco, poiché la convin- zione morale in queste cose non basta, e si ha bisogno della prova materiale del fatto, che manca ora a noi, mancandoci il nome del Doge, ma è già qualche cosa in attesa del meglio. ^ — - : Dux • Genuensium ® Castello solito. ^ — 'C R- — — -N- Croce che taglia la leggenda. Lega - C.2 — Peso gr. 0,460. Il Doge Antoniotto fu il primo a cambiar I'ianva in GENVA, uso che fu poi continuato sulle monete colla leggenda libertas e su quelle dei Dogi bien- nali. Il tipo, il peso e lo zecchiere n del presente minuto, convengono pienamente a questo Doge. Per togliere financo l'unica obbiezione che mi si potrebbe muovere, quella cioè che le due lettere potessero significare il Buìjo Guhernatores dei minuti coniati dopo il 1528, farò due sole osservazioni. 1." Anche nei minuti dei Dogi biennali la leg- genda comincia in alto a destra della crocetta. Del resto, in questa monetina i due punti prima del d e la rosetta dopo il o. indicherebbero abbastanza chiaramente che si tratta della seconda metà della 26 GIUSEPPE RUGGERO leggenda, anche senza le traccie della crocetta che rimangono in alto. 2." In tutto il tempo che durarono ancora i mi- nuti dopo il 1528, non conosco moneta alcuna che abbia lo zecchiere n. Ho detto più sopra, che la nuova maniera di de- signare il nome della città, Genua^ fu continuata senza interruzione sulle monete della Libertà. Mi si potrebbe osservare che l'asserzione non è esatta, avendosi il disegno d'un testone nel Promis, unito a quelli delle altre monete, e che formerebbero fra tutti una sola serie coniata nel breve tempo decorso tra la riacquistata libertà e la elezione del Doge e dei Governatori ; e mentre queste ultime monete presentano la leggenda libertas genvensivm, il solo testone ne avrebbe una diversa, libertas popvli lANVE. Se il testone facesse parte veramente della stessa serie, avremmo infatti una eccezione, ma così non è. Basterà considerare, che durando i sopra- stanti in carica per un anno, è cosa ben diffìcile che una serie di monete coniate in brevissimo tempo abbia differenti sigle di zecca; e che la leggenda del testone è troppo diversa dalle altre, anche a parte il nome della città scritto all'antica, per non indicare epoca più antica. Ora, tutti i testoni di questa specie che si conoscono hanno le iniziali i . e, e le altre monete portano quelle f . a. L'elenco dei soprastanti già citato avendo gravi lacune, non può darci i nomi corrispondenti a queste iniziali ; ma intanto dalle altre monete Genovesi che hanno iniziali identiche, possiamo ricavar qualche lume per il confronto. Le I . e trovansi solamente in Ludovico XII, molto ripetute su monete col castello al dritto, cioè co- niate prima della rivolta, quanto in altre posteriori ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 27 alla stessa, collo scudo di Francia. Le f . a invece, si trovano col t in nesso oppur senza , nelle sole monete di Francesco I. Questi fatti ci autorizzano alle seguenti induzioni. 1.° Le due categorie di monete della Libertà, devono assegnarsi ad epoche diverse. 2." Quelle che hanno le sigle i . e, ossia colla leggenda libertas popvli ianve, convengono bene all'Aprile del 1507 durante la rivolta al Re. E gli Autori delle nostre Tavole sono anch'essi di questo parere. 3.° Le altre, fino a prova in contrario possono lasciarsi al 1528. Prima di finire devo far rilevare, che se non esiste interruzione nell' uso della nuova foggia del nome di Genova sulle monete della libertà del 1528, non si è in grado di asserire altrettanto per le monete di Francesco I. Questa incertezza, deriva dal non possedere sicuri criteri per distinguere, quali fra le monete sue appartengano agli anni prima di Anto- niotto, cioè dal 1516 al 1522, e quali a quelli dal 1527 al 1528. Le monete del Francesco I hanno bensì due leggende differenti, quella col Dominus lanue e quella col solo Rex Francorum senz'altro, ma da questa sola variante non può trarsene conse- guenza per la precedenza delle une sulle altre. Neanche possiamo ricorrere per analogia ai tempi di Ludovico XII, perchè si cambiano le impronte e la leggenda al rovescio secondo che si tratta di mo- nete coniate prima o dopo del 1507, tuttavia tanto quelle anteriori che quelle posteriori hanno tutte il Dominus lanue. In queste condizioni, l'unica suppo- sizione che potrebbe farsi sarebbe basata sul succe- dersi delle iniziali di zecca. In tal modo dopo il mi- nuto dell' Ottaviano colla iniziale m (V. Annot. I) 28 GIUSEPPE RUGGERO starebbero bene nel primo periodo della dominazione di Francesco T, le monete col Domìnus ianve le quali hanno m, a . m, ed o . m. Verrebbero poi quelle del- l' Antoniotto dal 1522 al 27, avendo le iniziali o . m, N, N . e, N . o, B . e. In seguito, quelle di Francesco I senza il Dominus, le quali portano le sigle m . b, T . F . A ed F . A, e finalmente quelle con libertas GENVENSiVM, F . A. E forsc qucsto , o questi sopra- stanti son gli stessi che troviamo su qualche moneta dei Dogi biennali senz'anno colla sola trasposizione delle iniziali, a . f. Se veramente cosi stanno le cose, il re di Francia non avrebbe fatto eccezione alla nuova foggia del nome della città, non avendone più fatto menzione sulle monete dopo dell'Antoniotto. XV. NUOVA VARIANTE E CONSIDERAZIONE SU DI UN MINUTO GIÀ EDITO. Nell'annotazione VII (^), lo scrivente assegnava al Governatore Antoniotto Adorno alcuni minuti col giglio, ma senza darne il disegno ; ora crede bene supplire alla lacuna colla presente figura. (1) In Giornale Ligustico, 1882. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 29 La Società Ligure possiede tre minuti eguali in tutto ai miei col giglio nel secondo cantone della croce, e con due iniziali di zecca al dritto, tra le quali trovai per la prima volta un m e di forma go- tica. Ma oltre a questi ne ha altri due i quali seb- bene eguali nel rimanente agli altri, ne differiscono tuttavia per la mancanza del giglio. Questa diffe- renza non deve meravigliarci, perchè i grossi che fino ad ora si conoscono di questo Governatore non hanno giglio al pari di questi due minuti e di altri simili descritti dall'Avignone. Né pare lecito sup- porre che i denari senza giglio siano stati emessi con- temporaneamente ai grossi e separatamente da quelli col giglio, trovandosi le stesse iniziali di zecca ripe- tute indifferentemente sulle tre specie di monete. Un altro dei minuti della Società esaminati è eguale a quello che io pubblicai nella J nno^. /// al numero due della tavola e questo mi decide finalmente a ri- tornare sull'argomento per ciò che riguarda la in- terpretazione della leggenda controversa. Io presentava allora questo minuto per un quar- taro, indottovi dal peso e titolo apparente che al- lora giudicava bassissimo per la patina verde che copriva la moneta e da questo lato mi trovava in errore come ben avverti il Chiar. Desimoni (i) os- servando che la croce intersecante la leggenda co- stituiva la vera caratteristica della nuova forma di minuto. Si potrebbe forse osservare che questi hanno le leggende tagliate non solo al rovescio ma anche al dritto mentre in questa moneta il dritto è eguale alla forma antica ; tuttavia preferisco di ac- cettare l'autorevole opinione del lodato Autore. Lo stesso metteva in dubbio la lezione della leggenda (1) Sui Denari minuti. Giornale Ligustico, 1882. 30 GIUSEPPE RUGGERO in cwitas lANVA, principalmente per il motivo che la forma dell'A e dell'u indicavano che la moneta do- veva essere di epoca molto più moderna di quella designata dalla leggenda del civitas. Egli affermava che tali lettere non si trovavano che nelle monete co- niate circa al 1443 ; e per di più ricordava che il Lam- bros in un simile esemplare avea letto un O seguito da una specie di coda, dove io vedeva le lettere e i. Per quanto io abbia tentato di trovare altra le- zione soddisfacente, non vi potei riuscire. Ho due esemplari della moneta : nell'uno malconservato il CI non si legge molto bene, ma non si presta ad altra interpretazione : quello disegnato nella tavola è troppo evidente e non vi è modo di leggere in modo diverso. In quello citato più sopra come ap- partenente alla Società ed eguale ai miei, le due lettere sono meno leggibili, ma la prima mi pare un e chiuso come nei miei, e la seconda può essere be- nissimo un I. Due lettere unite e poste tra due punti in capo alla leggenda, non possono rappresentare iniziali di zecca, perchè secondo gli usi si sarebbero messe una in testa ed una in coda come nei minuti dell'Adorno oppure tutte e due in fine della leggenda stessa. Circa alla lezione del Lambros, osserverò che è fa- cile sbagliarsi tra un e chiuso ed un o, quando, come succede quasi sempre in simili pezzi, non si abbia una buona conservazione. Dal fatto, che l'esemplare mio presenta un e senza alcun dubbio, seguito im- mediatamente da un'altra lettera che quantunque mancante della parte superiore non può essere che I ; e che gli altri esemplari presentano due lettere le quali si adattano benissimo ad esser lette in modo eguale, ritengo poterne dedurre che la prima parte della leggenda sia ci, da leggersi per Cwitas. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 31 Rimane la obbiezione importante e rispettabile del Desimoni, quella cioè della forma dell'A e dell'u. A questo proposito risponderei che la forma di queste lettere nella nostra moneta, non è quella usata sulle monete del XV secolo. Infatti in queste troviamo le due aste delle due vocali piuttosto strette e presso a poco eguali tra loro, mentre nel nostro minuto l'asta di destra è larga e tozza come le aste di tutte le lettere antiche. È una bizzarria se vuoisi, riguardo alle consuetudini d'allora, l'aver usato queste due lettere in questa moneta, ma oltre che il semigotico non è incompatibile col declinare del Sec. XIII, ri- dotto a questa forma è anzi caratteristico dell'epoca. Notisi inoltre che un a precisamente eguale trovasi come iniziale di zecca sul grosso da un soldo del 1288 colla leggenda ianva q . devs ptegat ; e che un N gotica trovasi tra le braccia della croce di uno degli ultimi denari di tipo antico. In ultimo, se in questo minuto si conservò la forma antica all' n, non è forse questo un segno che la nuova forma dell' A e dell' u costituiscano una vera eccezione allo scopo probabile di meglio accentuare il cam- biamento del tipo del denaro ? Nel secolo XV in- vece vediamo I'n e l'u abbandonare l'antica forma sui minuti del Raffaele Adorno ; ma I'a che si fa semigotica sull'oro prima del 1442 e sull'argento al 1450, continua inalterata sui minuti fino al mo- mento che si fa moderna. Ulteriori considerazioni in favore della proposta lezione, emergono dall'esame fatto sulle evoluzioni della nuova forma di minuto, circa alle varianti suc- cessive nel tipo, nel peso e nel diametro. Lasciando fuori questo per ora, abbiamo negli altri minuti quattro varianti principali ben distinte, le quali si succedono cronologicamente. 32 GIUSEPPE RUGGERO 1.* Il giro delle leggende ed i cerchi di perline sono tagliati nel dritto e nel rovescio dal castello e dalla croce. La leggenda comincia dalla sinistra in- feriormente. Diametri da mill. 15 a 14. Pesi che da 0,85 vanno a 0,65 negli esemplari conosciuti. Appartengono a questa forma i minviti di Anto- niotto Adorno Gov., Carlo VI^ ed ianva q . d . p . 2.* Come nella prima, meno che la leggenda al dritto comincia in alto ed è interrotta in basso. Dia- metri da 14 a 13. Pesi sempre decrescenti. Minuti di F. M. Visconti e seguenti fino a quelli del D. XXVII inclusive. 3.* Compariscono per la prima volta la crocetta in capo alla leggenda del dritto e le rosette interca- late. Pesi molto bassi. Diametro 13. Minuti del Cardinale Doge. 4.* Come sopra, ma la leggenda al rovescio è ri- dotta a semplici iniziali. Lettere moderne. Dia- metro 13. Minuti del Cardinale Governatore, dell'Agostino Adorno e seguenti fino alla scomparsa dei mi- nuti. Il minuto nostro sia per il tipo che per peso e dia- metro, non trova posto in nessuna delle forme cono- sciute e qui sopra esaminate, né può stare compreso nelle possibili forme intermediarie a queste. Va dunque posto all'infuori di questa scala, e non occorre dimostrare che non potendosi mettere dopo la quarta va di necessità in testa alla prima forma. E per lo appunto, avendo la sola leggenda del rovescio ta- gliata, mentre al dritto mantiene ancora il castello in mezzo al cerchio intatto, forma per questo solo l'anello di transizione tra il vecchio tipo del denaro e la prima delle varianti esaminate. Anche il diam. di mill. 16 concorda a metterlo di pien diritto in testa ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 83 a tutti gli altri ; posto che non viene messo in dubbio neanche per il peso, avendo 0,88 nel mio esemplare buono, 0,78 in quello male conservato, e 0,70 in quello della Società. In seguito a queste considerazioni, non saprei dunque contenermi in modo diverso da quello, che mi suggeriva l'interpretazione delia leggenda in Gi- vi tas lanua. Firenze , Febbraio JSS9. Giuseppe Ruggero. LA ZECCA DI TRESANA Un bizzarro ingegno del cinqnecento, Tomaso Por- cacchi, scrivendo la storia della famiglia Malaspina (l), fu il primo a parlare del diritto di zecca concesso a questa nobile stirpe : sembra però che le asserzioni dell'enciclopedico toscano non fossero appoggiate che a qualche tradizione, se pure non furono inventate di pianta da lui stesso, perchè egli nel suo libro fa risalire la data della concessione ad Ottone II impe- ratore che restituì ad Obizzo Malaspina lo stato con tutu gli antichi privilegi e con autorità di battere moneta. Dimostrare l'insussistenza di quest'ultima frangia non è cosa difficile : a quell'epoca l'importantissimo diritto della moneta era riserbato a poche città d'Italia, e nessuna famiglia, per quanto nobile e potente, lo godette mai: inoltre in tutti i documenti di quel secolo ed anche nei posteriori, i signori Malaspina conteggiarono e fecero pagamenti solo a moneta lucchese o pavese o di altre città, mentre, se aves- sero avuto zecca propria, sarebbe stato per loro più proficuo e più naturale il far uso della loro moneta. Per ultimo mancano completamente le prove di fatto. Tuttavia se i signori Malaspina non ebbero diritto di zecca nel medio evo, era naturale che al pari di tante altre nobili famiglie italiane lo ottenessero nel (1) PoRCACCHi. Historia dell'origine et successione delV illustrissima fa- miglia Malaspina, Verona, 1585. 36 UMBERTO ROSSI secolo decimosesto quando gli imperatori largheg- giarono tanto in concessioni e privilegi di questo genere; e appunto nella seconda metà del cinque- cento Guglielmo Malaspina, marchese di Tresana, otteneva da Massimiliano II imperatore il diritto di battere moneta d'oro, d'argento e di rame nel suo feudo, per se e per i suoi discendenti. Prima però d'entrar a parlare dell'officina monetaria di Tresana sarà opportuno dar qualche cenno di questo ramo dei Malaspina, tanto più che le notizie intorno ad esso dei vari scrittori sono poco esatte e si contraddicono spesso : la storia di questa famiglia è intricatissima o malagevole, ed è solo coll'aiuto di documenti sincroni che ho potuto rettificare parecchie inesattezze in cui sono caduti coloro che mi hanno preceduto nel trat- tare questo argomento (1). I Malaspina di Tresana furono un ramo dei marchesi di Lusuolo, e questi alla lor volta ebbero origine dal ramo di Villafranca, derivato da quel di Mulazzo : loro capostipite fu un Giovan Iacopo, marchese di Tresana, Ponzano e Brina, che viveva negli ultimi anni del secolo decimoquarto; lasciando di parlare dei vari marchesi che si succedettero nel dominio di questi feudi durante il quindicesimo secolo, verrò a dire dei signori di Tresana nel secolo susseguente, cu- rando di schiarirne un poco la genealogia. (1) Della zecca di Trosana e dei marchesi Malaspina elio la esercitarono hanno scritto diffusamente lo Zanetti, {Delle zecche della Lunigiana, nel tomo V" della sua Raccolta), il Litta nella Famiglia Malaspina e ultima- mente il cav. Eugenio Branchi nella Illustrazione storica di alcuni sigilli antichi della Lunigiana, edita dal prof. Giovanni Sforza nel Giornale Li- gustico, anno X. Il sig. Branchi pubblicando un sigillo di Francesco Gu- glielmo Malaspina lo corredò di preziose notizie, alle quali ho dovuto at- tingere moltissimo e che mi sono state di grande aiuto per questo breve lavoro. LA ZECCA DI TRESANA 37 Nel 1510 Guglielmo Malaspina, era succeduto al padre Grian Giorgio nel marchesato : risiedeva per lo più in Mantova e sposò anzi una Benedetta Pii di quella città: nel 1515 seguì le parti dei Francesi, ma con poco vantaggio e morì nel 1528 (l). Dei quattro figliuoli che ebbe, Ercole, Carlo, Rodolfo e Guglielmo postumo, non so per quale ragione ottenne il feudo di Tresana quest'ultimo: di lui ben poche notizie ab- biamo ed è probabile che abbia quasi sempre vissuto alla corte di Mantova e che vi fosse venuto in grande credito perchè fu nel gennaio del 1568 mandato am- basciatore alla corte cesarea dal duca Guglielmo Gon- zaga e rimase colà sino a tutto l'anno 1571, ottenendo prima di partire dall'imperatore Massimiliano II il privilegio di battere moneta in Tresana (2). Mori nel 1580 lasciando erede del marchesato il figlio Fran- cesco Guglielmo, di cui ora avrò a dire più lunga- mente. Ancor giovanetto Francesco Guglielmo era stato condotto alla corte imperiale di Germania dal padre, quando questi vi era andato ambasciatore pel duca di Mantova; e là restò prima come paggio, poi come (1) A questo primo Guglielmo lo Zanetti attribuisco lo moneto battute dà suo figlio, che, come vedremo, si chiamò pure Guglielmo: egli ha fatto di due individui un personaggio solo , che secondo lo sue notizie sarebbe morto nel 1578. È inutile il diro come ciò sia completamento inesatto. (2) Il privilegio è datato da Vienna, addì 23 ottobre 1571 ed è intestato al marchese Guglielmo Malaspina. Secondo il Litta e il Branchi , questo Guglielmo postumo invece di chiamarsi col nomo del padre , si chiamò Francesco Guglielmo come il figlio : ma anche su questo erodo debba farsi una rettifica perchè le molte lettere che si conservano di lui neir Archivio Gonzaga di Mantova son tutte firmate Guglielmo ; di più il Porcacchi che era suo contemporaneo e che si occupò ex professo della storia doi Mala- spina, a pag. 189 della sua opera citata , dico : « Ora de Azzo son discesi « i marchesi di Trosana et di Lusolo, de' quali sono Guglielmo et Hercole « eh' abitano in Mantova. » UMBERTO ROSSI coppiere dell'imperatore. Guglielmo, alla sua morto, lo aveva posto sotto la tutela dell' avola Benedetta Pii, perchè tuttora minorenne, e la saggia gentil- donna credè opportuno di lasciarlo alla corte di Vienna fino al 1587(1); trascorso il qua! anno e fattosi già uomo, Francesco Guglielmo tornò in Italia a prender possesso de' suoi feudi e si acconciò al servizio di Ferdinando de' Medici, granduca di To- scana. Stette tre anni a Firenze, coprendo vari uf- ficii e nel 1591 fu dal Granduca mandato ambascia- tore presso la corte degli Estensi a Ferrara; e quando, morto Alfonso d'Este, il nuovo duca Cesare fu spo- gliato dal pontefice Clemente VITI della capitale dei suoi stati, lo segui, sempre come ambasciatore to- scano, a Modena. Naturalmente essendo sempre assente, Francesco Guglielmo aveva pensato a nominare un luogotenente generale a Tresana che lo rappresentasse in tutto e che doveva in modo speciale sorvegliare la zecca in cui fin dal tempo del marchese Guglielmo si bat- tevano monete minute. Era luogotenente nel 1598 certo Castruccio Baldissori lucchese, che fidando nel- l'assenza del suo signore pensò bene di mettersi d'accordo col maestro di zecca, Claudio di Antonio Anglese, francese, per coniare grande quantità di monete contraffatte a diversi tipi di Francia, di Savoia, di Venezia, di Genova, di Bologna, di Massa e di Roma e compiutane in breve tempo una nu- merosa battitura le fece spargere in vari stati ita- liani e sopratutto nel Veneto per mezzo di tal Salo- mone, detto Flaminio, ebreo e negoziante veronese. (1) In quest'anno al primo di settembre si trovava a Praga al seguito della Corte e di là scriveva al duca Vincenzo Gonzaga condolendosi della morte del di lui padre, il duca Guglielmo. I.A ZECCA DI TRESANA 39 Il reato era pur troppo assai comune a quei tempi, in cui una folla di signorotti inondavano 1' Europa di monete adulterate, trincerandosi dietro inconclu- denti privilegi di zecca: in questo caso però sembra che i falsari fossero andati troppo oltre tantoché se ne mossero da varie parti accuse a Francesco Gu- glielmo. Fu pronto questi a scrivere al luogotenente ingiungendogli di incarcerare l'Anglese e di istruire processo contro di lui ; ma il Baldissori che stava male in coscienza, lasciò fuggire lo zecchiere e poco dopo egli stesso si ridusse in salvo. Allora il mar- chese recatosi in persona a Tresana potè iar arre- stare r ebreo Salomone e raccolte le prove del de- litto fu fatto con sollecitudine il processo ai tre delinquenti, tantoché il 20 novembre 1598 il podestà di Tresana emanò la sentenza con cui il maestro di zecca veniva condannato al rogo e il luogotenente alla forca, ambedue poi alla confisca dei beni; l'ebreo Salomone pagò anche pei due contumaci, giacché condannato a perpetua prigionia, di li a poco mori in carcere. Lo spiacevole avvenimento fece rumore per tutta Italia e si credette da molti alla colpabilità di Fran- cesco Guglielmo : anzi il papa Clemente Vili, che era stato danneggiato dalle contraffazioni di Tresana imitanti le monete romane e bolognesi, fondandosi su non so quali diritti fece istruire un processo contro il Malaspina e con monitorio del 14 agosto 1600 lo citò a comparire insieme ai suoi complici davanti la Curia Pontificia per giustificarsi e difendersi, sotto pena di essere condannato in contumacia ove non comparisse e comminandogli anche la multa di die- cimila ducati d'oro. Il marchese in si duro frangente, preso consiglio da' suoi amici e specialmente dal granduca Ferdi- 40 UMBERTO ROSSI nando de' Medici, credette miglior partito non pre- sentarsi a Roma, giudicando inopportuno lo scolparsi di un delitto che non aveva commesso: e per questo dopo due anni la Curia romana pronunziò sentenza con cui lo si dichiarava reo di aver fatto battere e spendere monete false e lo si condannava alla multa di diecimila ducati d'oro, non pagando i quali sarebbe incorso nella scomunica maggiore, che portava la confisca dei beni, la decadenza da ogni feudo e uf- ficio sì ecclesiastico che laico, mentre i sudditi ve- nivano sciolti dal giuramento di fedeltà verso di lui. E forse a questo rigore del pontefice verso il Mala- spina non fu estranea la deposizione dello zecchiere Claudio Anglese che domandò a Roma un salvacon- dotto per venire a far da testimonio nel processo intentato contro il suo signore ; nel memoriale diretto al governatore di Roma e pubblicato dal sig. Ber- tolotti (1), il francese cercava di gettare tutta la colpa sul marchese, protestando di aver commesso il delitto solo per ordine di lui. Com'era naturale Francesco Guglielmo non pensò punto a pagare 1' esorbitante multa, si perchè non lo poteva materialmente, si anche perchè credeva con diritto che la Curia romana fosse in questo caso incompetente a giudicarlo, dipendendo i feudatari imperiali dal solo imperatore. Per questo di lì a non molto fu colpito dalla scomunica maggiore; i terraz- zani di Tresana, indettati forse dal governatore spa- gnolo di Pontremoli, gli si ribellarono, ed egli dovette riparare alla corte di Modena dove era stato amba- sciatore pel granduca di Toscana sino al 1602. Qui cominciò a cercar di reagire contro la sentenza in- (1) Bertolotti. Artisti francesi in Soma nei secoli XV, XVI e XVII, pag. 57. LA ZECCA DI TRESANA 41 giusta che lo aveva colpito e si appellò all'Impera- tore, che non gli potè essere di alcun giovamento ; indarno il Granduca di Toscana e i duchi di Modena di Parma e di Mantova attestavano della sua onorabi- lità e della sua innocenza: Roma non si lasciò smuo- vere e il povero marchese non aveva pur troppo i diecimila ducati d'oro per saziare la bramosa voglia della Curia pontificia. Intanto il governatore di Pon- tremoli aveva occupato Tresana a nome della Spagna e vi si manteneva col diritto del più forte, per cui al marchese, per riavere il feudo ed i beni, convenne far atto di sottomissione al re di Spagna e ricevere da lui una nuova investitura, prestandogli il debito giura- mento di fedeltà. Le pratiche furono lunghe e difficili e solo verso la fine del 1606, dietro buoni uffici degli Anziani di Pontremoli, il conte di Fuentes ordinava a quel governatore di restituire al Mala spina il ca- stello e marchesato di Tresana (i). Ma la sua posizione rapporto ai sudditi era scossa: la scomunica gravava sempre su di lui con tutte le sue funeste conseguenze e per questo dietro nuove divergenze e nuove accuse fu consigliato dal governatore di Milano ad abbando- nare il feudo e a ritirarsi lontano. Francesco Gu- glielmo comprese che il consiglio, sebbene interessato, meritava d' essere seguito, e benché a malincuore parti colla famiglia da Tresana e andò a stabilirsi alla Mirandola, dove pochi anni dopo, nel 1613, mori (2). (1) Francesco Guglielmo no partecipava da Reggio la notizia al duca di Mantova con lettera del 17 novembre 1606. (2) Ebbe in moglie Susanna di Gian Vincenzo Malaspina marchese di Montoregio, da cui gli nacquero tre figli : Guglielmo, Alfonso e Giulio Ce- sare. Negli ultimi anni della sua vita soleva firmarsi soltanto Francesco con questo solo nome sono improntate parecchie dello suo moneto o anche il suo sigillo , pubblicato dal Branchi : negli atti notarili però si disse sempre Francesco Guglielmo. 42 UMBERTO ROSSI Gli successe il figlio Guglielmo, che ottenuta con grandissime difficoltà dalla Spagna l'investitura dei suoi stati, cercò, largheggiando in concessioni, di cat- tivarsi gli animi de' suoi vassalli: ma non seppe go- vernarsi colla voluta prudenza e anzi si diede a una vita piuttosto facile e dispendiosa, tantoché non sapendo in qual modo far danaro, pensò a riaprire la zecca. Infatti nel 1623 si cominciò a battere ca- vallotti di abbastanza buona lega e si seguitò per qualche anno, senza uscire dai limiti del giusto e dell'onesto: ma pur troppo le cose non procedet- tero sempre così. Nel 1626 la zecca fu data in affìtto al famigerato Giovan Agostino Rivarola di Genova, uno dei più abili contraffattori di monete di quei tempi, che fu, si può dire, il genio malefico e il prin- cipale autore della rovina del principe Siro da Cor- reggio. Non parve vero al Rivarola di avere un luogo di più ove esercitare la sua colpevole industria e il marchese Guglielmo, che pure doveva aver pre- sente l'esempio del padre, rovinato per cagione della zecca, fu tanto stolto da permettergli di battere monete evidentemente adulterate, senza pensare al pericolo in cui incorreva. Fortunatamente per lui, il Rivarola non potè occuparsi molto dell'ofi&cina di Tresana e il suo arresto seguito poco dopo a Cor- reggio impedì che anche il marchese Guglielmo seguisse le sorti del principe Siro: ma nel processo che si fece al Rivarola vennero in luce concessioni fattegli dal Malaspina di stampare monete contraf- fatte, e sebbene non potesse provarsi che la batti- tura avesse avuto realmente luogo, tornò in campo contro il marchese di Tresana l'accusa che aveva già gravato sul padre di lui. Da questo tempo in avanti non fu che una non interrotta sequela di lotte tra lui ed i suoi vassalli, a sedare le quali indarno si LA ZECCA DI TRESANA 43 intromisero i signori vicini: e queste lotte andarono tant' oltre che il 6 gennaio 1651 in una scaramuccia coi terrazzani di Tresana il marchese Guglielmo restò ucciso da un'archibugiata 0-). Il governatore di Milano s'impossessò subito del feudo pel re di Spagna, che lo vendette poi coll'altro di Castagnetolo al marchese Bartolomeo Corsini di Firenze, nel 1660. Detto cosi dei tre marchesi che ebbero dominio su Tresana, dopoché questo castello ebbe privilegio di zecca, sarà ora più facile il trattare delle monete che in varii tempi vi si batterono. Dal marchese Guglielmo, che chiamerò seniore, non si conoscono che sesini e c[uattrini di bassa lega o di rame, a diversi tipi, che si possono però ridurre ai seguenti principali: I. — Stemma Malaspina nel diritto, e figura di san Francesco di Paola nel rovescio (2 varietà) (2) ; II. — Stemma Malaspina nel diritto e mezza figura di san Francesco di Paola nel rovescio (1 varietà) (3); III. — Stemma Malaspina nel diritto, e busto di san Luigi re di Francia nel rovescio (4 varietà); imitazione assai libera dei sesini lucchesi (4); (1) Guglielmo fu ammogliato con Anna di Lazaro Malaspina marchese d'Olivola, vedova di Galeazzo Canossa, da cui non ebbe prole che gli sopra- vivesse. Il Litta fa una strana confusione ponendo Susanna Malaspina moglie di Guglielmo morto nel 1580 o Anna moglie di Francesco Guglielmo morto nel 1513: ma per rettificare queste inesattezze basta pensare che Anna nacque nel 1603 e che quando sposò il Malaspina era già vedova di Galeazzo Canossa. (2) Pubblicati dallo Zanetti, op. cit. tav. XIX, 4 e dal Kunz nel Museo Bottacin. (3) Pubblicato nelle Zecche dei Malaspina por nozze Malaspina-Giacobazzi, tav. I, 2. (4) Pubblicati dallo Zanetti, op. cit. , tav. XIX, 1. 2. 3 ; un'altra varietà è citata dal catalogo della Collezione Rossi 44 UMBERTO ROSSI IV. — Croce nel diritto e busto di san Luigi nel rove- scio (2 varietà) (1); V. — Pianta di spino secco nel diritto ed aquila coro- nata nel rovescio (1 varietà); contraffazione dei quattrini dei duchi d'Urbino (2). Tutte queste monetucce sono piuttosto rare e dif- ficili a trovarsi ben conservate: non credo che il marchese Guglielmo abbia battuto monete d'argento e molto meno d'oro, perchè lo spaccio ne sarebbe riuscito difficilissimo a meno che non fossero state contraffazioni aperte. Al marchese Francesco Guglielmo spettano tutte le monete che sinora sono andate sotto il nome di Francesco Guglielmo e di Francesco. I tipi che se ne conoscono sono già più numerosi di quelli del padre e restano ancora a scoprirsi le monete battute dallo zecchiere Anglese imitate a quelle degli stati che più sopra ho riferito cioè Francia, Savoia, Ve- nezia, Genova, Bologna, Roma, e Massa (3): somma- riamente si possono quindi enumerare i seguenti: I. — Cavallotto, col nome Francesco Guglielmo; busto nel diritto e san Giorgio nel rovescio (6 varietà) (4); II. — Cavallotto, col nome Francesco, allo stesso tipo (3 varietà) (5); (1) Pubblicato dal Promis, Monete di zecche italiane inedite o corrette; un'altra varietà esisteva nella collezione Eossi. (2) Pubblicato dallo Zanetti, op. cit. tav. XIX, 6. (3) Un accurato esame delle contraffazioni sinora inesplicate spettanti a quelle zecche, metterà forse in luce delle nuove monete di Tresana: più avanti cito appunto due falsificazioni di sesini mantovani e reggiani, che furono trovato nel mare magnum delle monetuccie sconosciute. , (4) Pubblicati dallo Zanetti, op, cit., tav. XIX, 7. 8; quattro altre va- rietà esistevano nelle collezioni Rossi, Borghesi e Eemedi. ■ (S) Pubblicati dallo Zanetti, op. cit., tav. XIX, 10 e nelle Zecche dei Malaspina, tav. I, 8 ; un'altra varietà esisteva nella raccolta Eemedi. LA ZECCA DI TRESANA 45 III. — Mezzo Cavallotto, col nome Francesco, allo stesso tipo (1 varietà) (1); IV. — Soldo con stemma Malaspina nel diritto e figura intera di san Rocco nel rovescio (2 varietà) (2); V. — Sesino con croce nel diritto e busto di san Luigi re di Francia nel rovescio (1 varietà); simile a quelli bat- tuti dal padre Guglielmo (3); VI. — Sesino con mezzaluna nel diritto e monogramma formato da due P nel rovescio (1 varietà); contraffazione dei sesini mantovani del duca Vincenzo Gronzaga, pubblicati dal Promis come spettanti a Casale e comunissimi (4). Finalmente un ultimo tipo ci è dato dalla seguente monetuccia inedita , di cui un amico volle gentil- mente favorirmi un calco: ^' — FRA • G • MAL • SP • MA Busto barbato a sin. ^ — SVB • VMBRA -A Aquila coronata ad ali spiegate. È di puro rame e pesa grammi 0,92; si nel diritto che nel rovescio imita i quattrini estensi e particolar- (1) Pubblicato dallo Zanetti, op. cit., tav. XIX, 9. (2) Pubblicato nelle Zecche dei Malaspina , tav. 1 , 8 ; un' altra varietà esiste nel Eegio Museo di Parma. (3) Già nella collezione Eossi a Eoma. (4) Pubblicato nelle Zecche dei Malaspina, tav. I, 6, È un curiosissimo e raro saggio di contraffazione di moneta mantovana: invece del motto sic il falsario, forse l'Anglese , ha posto entro la mezzaluna lo lettere fcg; le leggende un po' consunte dicono pel diritto: frano . g . ma . . . . m e pel rovescio : . . . . xana . fé . mon .... , 46 UMBERTO ROSSI mente quelli battuti dal duca Ercole II a Reggio d'Emilia. Le monete del marchese Francesco Guglielmo sono le più facili a rinvenirsi fra quelle di Tresana: spe- cialmente i cavallotti^ di cui s' incontrano molte va- rianti, dovettero essere battuti in grande quantità od ebbero corso non solo in Lunigiana, ma anche negli stati vicini, sebbene non fossero di titolo molto alto (circa 416 millesimi). Trovo infatti che a Parma nel 1596 e successivamente nel 1610 e nel 1616 fu- rono tariffati a soldi cinque di moneta parmigiana (i) ; lo stesso valore fu loro assegnato in Modena (2) ed in Firenze (3) nel 1618, mentre in Bologna e in Fer- rara nel 1612 furono limitati a soldi tre, denari tre (4). Dal marchese Guglielmo, ultimo di questo ramo dei Malaspina, non sono conosciuti che due caval- lotti^)^ uno dei quali è battuto al tipo di quelli del padre nel 1623 e l'altro, di due anni posteriore, ha per rovescio l'impresa personale del marchese, che era un cane accosciato col motto Mai morte muterà mia mente. Se però, come è probabilissimo, la loca- zione collo zecchiere Rivarola ebbe effetto, dall' offi- cina di Tresana dovettero uscire molte altre monete a tipo adulterato, che per mancanza di contrassegni precisi, oggi difficilmente si riconoscono fra le loro congeneri. La cortesia del cav. Ercole Gnecchi mi permette appunto di pubblicare i disegni di alcune di queste monete tolti da un documento del 1627 e precisamente dalla copia di una concessione del (1) Affò. La zecca e ììwneta parmigiana, pag. 211, 220, 230. (2) Lotti. Raccolta delle monete d'oro, d'argento e di rame battute e spese nella città e stuti di Modena, pag. 12. (3) Manni. Osservazioni storiche sopra i sigilli antichi, XIX, pag. 138. (4) Bellini. Dell'antica lira ferrarese di marchesini, pag. 176. (5) Pubblicati dallo Zanetti, op. cit., XIX, 11 e 12. LA ZECCA DI TRESANA 47 marchese Guglielmo Malaspina, sequestrata al Riva- rola e che compari in atti nel processo che si fece allo zecchiere genovese. ^ — SVB • VMBRA • ALARVM • TVARVM (fra duo stellette). La beata Vergine coronata, col bambino in braccio, assisa sopra una mezzaluna. :^ ~ S • LADISLAVS • REX • 1620. Figura in piedi di re guerriero con un'azza d'arme nella destra. Come si può agevolmente vedere dal disegno, questa moneta d'oro è un'imitazione degli o^^an d'Ungheria che secondo la concessione del marchese Guglielmo doveva essere della bontà di carati dodici per onza, cioè di circa 500 millesimi; le leggende non danno indicazione alcuna della zecca e solo 1' autenticità del documento ci prova che è di Tresana. Non è del resto difficile il credere che il Rivarola che la- vorò in diverse officine di contraffazioni abbia bat- tuto in parecchi luoghi delle monete con gli stessi conii, ottenendo così il doppio vantaggio di non rin- novare troppo spesso il materiale di zecca e di emet- tere monete che non portassero traccia alcuna del nome del luogo ove si esercitava la criminosa in- dustria. 48 UMBERTO ROSSI /B' — CONCORDIA • RES • PAR • GRES • TRA • Figura in piedi di guerriero, con spada nella destra ; nel campo la data 16-19. 5I — MO • NOVA • BONA • AVREA • BATVTA • IN • TRE • (in cinque righe entro una cartella quadrata con ornati). Anche questa è imitazione di un ongaro battuto a Utrecht e come la precedente era alla bontà di 600 millesimi : la leggenda del rovescio ha chiara- mente la prima sillaba del nome Tresana. ^ — Leggenda in caratteri arabi. ^ — Simile. Questa terza moneta d' oro fu battuta certo per essere spacciata in Levante e doveva essere al titolo delle precedenti (i). (1) Ecco la prima parte della concessione elio riguarda le tre monete d'oro suddescritte. « Concede S. S. 111.™» a Gio. Agostino Riuarola suo zecchiero di Treggiana « lo suddette monete di oro nominate fiorini di bontà di carati dodici per LA ZECCA DI TRESANA 49 ^ — DEVS • SPES • NOSTRA • EST • 1622. Aquila bicipite con corona imperiale, recante in petto uno scudetto partito colle armi d'Austria; nel basso un globo crucigero con la cifra 24. 9/ — S • OSMADVS • D • O • NORMAN • REX • PROTE • NOSTER Busto barbato a destra, con corona, collare increspato e paludamento. Non ho potuto trovare precisamente a quale mo- neta sia stata imitata questa che qui produco, seb- bene sia evidente che il prototipo debba esser stato al conio dell' imperatore Ferdinando II. Comunque sia, questo pezzo che stando alla cifra 24 dell' esergo avrebbe dovuto aver il valore di ventiquattro soldi, era invece di un titolo bassissimo, circa 166 millesimi, di guisa che costituiva non un' imitazione discreta , ma una fraudolentissima falsificazione W. « onza ot a posso numero conto otto alla libra che ualerano 1' uno libro « otto moneta di Troggiana e per tanto li potrà spendere nel nostro stato « et dotte monete li potrà fare conforme li suddetti impronti durante la sua « locatione ot le potrà fare di maggior bontà et peso se lo piacerà, ordi- « nando alli Ministri della zecca che trottandoli dello detto qualità li libo- « rano senz'altro ordine. « Io Guliolmo Mal aspina Marchese di Troggiana. » (1) La concessione per questa moneta è la seguente: « Concode S. S. 111.'"» a Gio: Agostino Eiuarola suo zecchiero di Trog- « giana la suddetta moneta d'argonto, di bontà do onze due por libra et « di posi numero conto alla libra che ualerano Tuna soldi quattro e mezzo 50 UMBERTO ROSSI ^^ — S • LEODEGARIVS • D • G • EPISCOPVS • ÀVGVSTO- DVNEN • P • Busto barbato di ecclesiastico a destra ; nel campo la data 1621. 9I — INSIGNIA • ÀNTIQVISSIMA • ET • MATERNA • Stemma con ornati e corona. Questo tallero che era della derisoria bontà di 250 millesimi, imitava completamente il tallero del Tirolo dell'arciduca Leopoldo, terzo figlio di Carlo di Stiria (l). e per tanto li potrà spendere nel nostro stato, et detta moneta la potrà fare conforme il sudetto impronto duranti la sua locatione , e la potrà fare di maggior bontà e peso se li piacerà, ordinando alli nostri Ministri della zecca che trouandola della detta qualità la liberano senz' altro ordine. » (1) La concessione relativa al talkro è la seguente: « Concede S. S. 111.™'^ a Gio: Agostino Riuarola suo zecchiero una moneta d'argento di bontà di onze tre per libra e pesi n. dodici e mezzo alla libra, che ualerano l'una soldi cinquantasei e per tanto la potrà spendere nel nostro stato, et detta moneta la potrà fare conforme il sudetto impronto durante la sua locatione et la potrà faro di maggior bontà e poso se \\ piacerà, ordinando alli Ministri della zecca che trouandola della suddetta qualità la liberano senz'altro ordine. » Alle concessioni segue l'autenticazione del notaio: « Et ego Joannes f. quondam Petri Marise ex Villanis de Pontremulo pubblicus imperiali auctoritate Notarius Collogiatus etc. ac do presenti incola ciuitatis Guastallse copiam predictam trium concessionum fideliter LA ZECCA DI TRESANA 51 Nel gabinetto di Brera si conserva un esemplare della moneta genuina che ha lo stesso anno 1621 ; lo stemma poi è identico a quello del tallero di Tre- sana, che riproduce senza variarle le armi di casa d'Austria legittimandole colla solita leggenda Insignia antiquissìma et materna, sfruttata da tutti i principi contraffattori di monete a quell'epoca. E dire che il buon padre Affò, illustrando delle monete di Guastalla di simil natura, faceva dell'acrobatismo araldico, sforzandosi di far passare per armi Borromeo e Gon- zaga, gli stemmi tedeschi dei fiorini battuti da Fer- rante secondo ! Il documento che mi ha fornito i disegni di queste contraffazioni chiude la storia dell'officina di Tresana, che viene cosi ad assumere un'importanza maggiore di quanto ha avuto sin qui. Molte delle monete tre- sanesi restano ancora da scoprirsi e non è difficile che qualche ripostiglio e ricerche più accurate ne mettano in luce dei nuovi esemplari, che accresce- ranno la serie già numerosissima delle falsificazioni italiane; e poiché sono in materia non vo' chiudere questi brevi studii senza esprimere ancora una volta un desiderio, che, cioè, qualche studioso imprenda « por me extractam suprascriptasqne decem immaginos siue impromptas « manu mihi fida etc. oxtractos ex quodam orginali praesentato et exhibito « per D. Paulum de Fortis actuarium criminalem in Curia Mirandulae, coram « perillustri et exc.™° D. Pomponio Spilimborgo I. V. D. Guastallae habita- « toro et subdelegato Csesareo ad eifectum praBsentem copiam extrahondì, « cum eodem originali collationaui de mandato et ex decreto dicti D. « Subdelegati csesarei, de quo apparet in constituto dicti Joannis Augustini « Kiuarolae Jannuensis in ciuitate Mirandulae coram dominatione sua « accepto sub die 17 Maij anni 1627 et per rogatum ad quod etc. et quia « concordare inueni, ideo mo subscripsi, appositis meis nomine, cognomina « ac signo magno consuetis, ad laudom Dei eiusque glorioslssimae genitricis € Mariae, etc. » 52 UMBERTO ROSSI - LA. ZECCA DI TRESA.NA a trattare delle contraffazioni di monete operate in Italia nei secoli decimosesto e decimosettimo: l'argomento è interessantissimo e da questa specie di numismatica comparata, si potrebbero trarre de- duzioni assai importanti e per la storia e per la economia e per l'arte. Umberto Rossi. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 I. Lo studio della numismatica classica, l'illustrazione e l'esame delle antiche monete e dei medaglioni di Grecia e di Roma, delle preziose monete medioevali e delle superbe medaglie del rinascimento non deb- bono allontanare dalla nostra Rivista l'esame, misu- rato e facile, delle medaglie contemporanee, e spe- cialmente di quelle clie vengono, d'anno in anno, coniate a ricordare i fatti salienti, politici, artistici, della scienza, della beneficenza, interessanti la nostra vita moderna. Certo, queste medaglie moderne, non possono stimo- lare molto la curiosità del ricercatore dotto e studioso ; ma non è men vero che il tenere, annualmente, nota di esse , potrà tornare utile per gli studiosi di poi, i quali, nei brevi cenni oggettivi che noi qui verremo raccogliendo, avranno argomento a ricerche ed a studii nuovi, quando questi modesti pezzi numisma- tici a noi contemporanei, parranno nel tempo futuro qualche cosa più di quello che ora non paiano, e noi, che li prediligiamo, non saremo e non parremo più nulla. Del resto, se la numismatica serve alla Storia non è detto che, pel momento, non possa anche servire 54 ALFREDO COMANDINI alla Cronaca ; ed è precisamente la cronaca del 1888 che noi andremo rivedendo rapidamente, passando in rassegna le medaglie che i fatti dell'anno 1888 ci ricordano. * * * Il 1888 iniziavasi con una grande festa della Chiesa, il giubileo sacerdotale del Pontefice Leone XIII. Varie sono le medaglie che ricordano questo impor- tante avvenimento del mondo cattolico, avvenimento accompagnato da un'esposizione mondiale dei doni offerti dalla cattolicità al Pontefice , aperta nel Vaticano il 6 gennaio. Cinque sono le medaglie che noi conosciamo co- niate per tali feste del Vaticano e della Cattolicità; ma quattro sole, veramente, sono le medaglie che possono dirsi officiali. La 'prima è quella così detta dei cardinali. È di gran modulo, misura 82 millimetri di diametro ; e fu presentata al Pontefice in esemplare d'oro, dal Collegio dei Cardinali. Eccone la descrizione : ^ — Busto a sinistra, di Leone XIII, con zucclietto, mezzetta, e stola, sulla quale è ricamata la SS. Conce- zione. Sotto il busto, F. BIANCHI F. In giro, si legge : LEO XIII PONT. MAX. AN. X. ^ — LEO XIII — ANNUM L. SACERDOTII SUI - IN SUMMA ORBIS CATHOLICI LAETITIA — FATJSTE FELICITER EXPLENTI — COLLEGIUM CARDINA- LIUM — OBSEQUII ET QRATULATIONIS CAUSA — PEINOIPI OPTIMO — ANTISTITI SACROEUM MAXIMO — MDCCCLXXXVII. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 55 La medaglia porta la data del 1887, ma fu co- niata nella zecca di Roma nel 1888, e fu presentata al Pontefice nell'anno ora decorso. In fatto, la cele- brazione in S. Pietro, della Messa d'oro, fu fatta da Leone XIII il primo gennaio 1888. Seguono poi due medaglie fatte eseguire, come ri- cordo ufficiale del Giubileo sacerdotale e della Espo- sizione Vaticana, dalla Società Romana d'incoraggia- mento per gli artisti, presieduta dal principe don G. B. Borghese. Queste due medaglie furono eseguite dal Cav. Fran- cesco Bianchi, incisore dei SS. PP. AA. e membro del Consiglio direttivo della Società predetta. La maggiore di diametro — mm. 43 — ricordo dell'Esposizione Vaticana — è la seguente : ^ — Busto a sin. di Leone XIII con ziicclietto moz- zetta e stola. In giro , ai lati : LEO XIII PONT. — MAX. ANNO X. Sotto al Busto : F. BIANCHI. ]^ — La religione, nimbata, velata, con croce, seduta di prospetto , su trono , in atto di distribuire corone alle tre figure simboliche delle arti sorelle , la scultura e la pittura, a sin., l'architettura a destra. In giro : DONA OBLATA PARENTI OPT. IN AEDIS VATIC. PU- BLICE EXPOSITA. Esergo, su due linee : OB EXEUN- TEM A. L. — SACERDOTII EIVS. Negli angoli , a sin. : BIANCHI MOD. : a destra : SPERANZA IN. (Tav. II, n. 1). Il rovescio di questa medaglia fu dal Bianchi mo- dellato soltanto ; l'incisione è opera egregia del ca- valier Speranza, regio incisore della zecca di Roma nella quale la medaglia nei tre metalli fu coniata. Viene in seguito la medaglia che — benedetta dal Pontefice — fu dichiarata tessera distintiva di tutti i 56 " ALFREDO COMANDINI pellegrini accorsi a Roma da ogni parte del mondo, ed è la seguente : Diam. mm. 30. ^ — Busto a sin. di Leone XIII, con zucclietto, mez- zetta e stola. In giro : LEO XIII PONT. — MAX. AN. X. Sotto : BIANCHI. ;pl — Nel centro del campo, croce latina, raggiata agli angoli, e poggiante sopra nubi. In giro alla medaglia : AN. L A CONSECE. SACERDOTALI LEONIS XIII P. M. Sotto alle nubi sulle quali poggia la croce, in giro rientrante : KAL lAN. MDCCCLXXXVIII. Sotto, piccolo ornato. (Tav. II, n. 2). Questa medaglia fu coniata nella zecca di Roma; e veniva portata dai pellegrini sul lato sinistro del petto, appesa a nastro di seta della larghezza di 23 millimetri, di colore cilestro nel mezzo e con or- latura bianca ai lati. Dovendo la Società assuntrice provvedere migliaia e migliaia di tali medaglie , ne fu commessa parte della coniazione anche allo Sta- bilimento Johnson di Milano ; ma quelle coniate quivi distinguonsi da quelle coniate nella zecca di Roma , leggendovisi nel diritto , sotto il busto del Pontefice la parola: Roma, anziché il nome dell'inci- sore: Bianchi. Questa medaglia, coniata a migliaia di esemplari, in argento e in rame argentato, fu molto venduta anche fuori di Roma. Alle feste giubilari e dell' Esposizione fu anche dedicata la medaglia annuale di Leone XIII, coniata, come si suole, per la festa di San Pietro, del giugno 1888, e che è del tipo seguente: Diam. mm. 44. ^ — Busto a sin. di Leone XIII con zucclietto, mez- zetta e stola. In giro : LEO XIII PONT. — MAX. ANNO XL Sotto: F. BIANCHI. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 57 1^ — Il Pontefice, in abiti pontificali, seduto su trono eretto su alta base, in atto di ricevere gli omaggi delle cinque parti del Mondo clie gli porgono doni. All'in- giro, in alto la dicitura : ORBIS UNIVERSI OBSEQUIA ET GRATULATIONES. Nell'esergo su due linee : AN- TISTITI SACROR. MAX. -AL SACERDOTII EIUS. (Tav. II, n. 3). Coniata nei tre metalli nella zecca di Roma. Nell'occasione della esposizione vaticana e del giu- bileo sacerdotale di Leone XIII, parecchie furono le medaglie coniate per privata speculazione. Notiamo quella di maggior diametro che conosciamo, e che fu fatta coniare in Roma da un venditore di oggetti sacri in Borgo Nuovo: Diam. mm. 60. ^ — Nel campo, busto a sin. di Leone XIII con zuc- chetto, mezzetta e stola, portante la croce e il mistico triangolo ; e sotto al busto del Pontefice : ROMAE. In giro, in cerchio rilevato : ANNUS MDCCCLXXXVIII QUINQUAGESIMUS A SACERDOTIO LEONIS XIII P. M. ; e piccolo ornato. '^ ' — Trono eretto su otto gradini, ed al quale sovrasta, fra nubi e raggi ai lati, la mistica colomba. Sul trono, il Pontefice, seduto di prospetto, con triregno, pluviale, libro aperto nella destra, chiave nella sinistra. Ai piedi del trono , disposte tre a sinistra e due a destra, le figure simboliche delle cinque parti del Mondo , por- genti doni ed ossequii. Esergo : LAETAMINI IN DO- MINO — QUIA DEDIT VOBIS — DOOTOREM lUST. — JOEL. 11. 23. Sull'ultimo gradino, al dissopra della linea dell'esergo, a sin. : GALLI INV., a destra : SPE- RANZA. Questa medaglia, commerciale, fu coniata in bronzo, e venduta a 5 lire; e di particolare, in essa, vi ha 58 ALFREDO COMANDINI questo, che per combinarla fu adoperato un rovescio inciso dal cav. Speranza nel 1871 quando furono fatte le feste speciali in onore di Pio IX che aveva raggiunto annos Petri; — rovescio identicamente ripetuto, sotto Pio IX, in altra medaglia a questo dedicata pel suo giubileo episcopale nel 1877. In fatto, nella medaglia in onore di Leone XIII, della quale ci occupiamo, è curioso vedere, nel diritto, il profilo caratteristico del Pontefice vivente , mentre nel rovescio, nel Pontefice seduto sul trono, si rico- noscono perfettamente le particolari sembianze del suo predecessore. * Mentre, fra la fine del 1887 ed il principio del 1888, la Chiesa celebrava il giubileo sacerdotale di Leone XIII , nei cattolici manifestavasi — nella forma legale di petizione al Parlamento — un'agita- zione in favore del ripristinamento del potere tempo- rale del Pontefice. Questa agitazione fu in taluni luoghi d' Italia aiutata ed anche promossa da sin- daci^ e il signor ministro per gl'interni (on. Crispi) credette di dover reprimere nei sindaci, funzionari regi, tali atti di adesione ad una potestà temporale incompatibile con la costituzione del paese. Però i sindaci, ed anche i funzionari diversi che, per spi- rito di parte, promossero e favorirono le petizioni, furono rimossi dall'ufiìcio e destituiti. Il provvedi- mento amministrativo diede agio^ in taluni luoghi, al partito cattolico, di considerare come ingiustamente colpiti i destituiti o rimossi, e il Comitato Diocesano di Bergamo iniziò una sottoscrizione per una meda- glia d'argento da conferirsi a ciascuno dei sindaci, della provincia colpiti dal rigore dell'on. Crispi. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 59 La medaglia, del diametro di 44 millimetri e del peso di gr. 58, fu coniata nello stabilimento Johnson in Milano, e qui la descriviamo: ^ — Nel campo, in sei linee, sormontata da una rosetta araldica, l'epigrafe: DESTITUITO — PERCHÈ AL PATRIO AMORE — DISPOSANDO L'AMORE ALLA CHIESA — INVOCAVA DAI SUPREMI POTERI DELLO STATO — VERACE LIBERTÀ — AL PON- TIFICATO ROMANO — I CATTOLICI BERGAMA- SCHI — AUSPICE IL COMITATO DIOCESANO — MDCCCLXXXVIIL 5* — Corona di due rami, di quercia a sinistra e di al- loro a destra, aperti in alto , intrecciati e annodati da nastro in basso. Nel campo, inciso fra ornati, il nome e il cognome e titolo del sindaco destituito. Un'uguale onoranza fu promossa dal Comitato Diocesano di Brescia pei sindaci di quella provincia, ma non ci risulta che sia stata condotta ad effetto. Invece, una medaglia speciale in oro, fu conferita, per lo stessso motivo della destituzione, al sindaco di Travagliato (Brescia) per iniziativa di alcune famiglie del luogo. La medaglia, del diametro di 39 millimetri, è questa: ;B' — ANDREAE MAJO — ANNIS ABHINC — XXVIII REB. MUN. PRAEFECTO — OPT. MERITO — TRAVALEATENSES — MDCCCLXXXVEII. 5/ — Corona di due rami, di alloro a sin., e di quercia a destra, aperti in alto, intrecciati e annodati da nastro in basso. Nel campo su tre linee : RELLIGIONIS ET PATBIAE — INFRACTI AMORIS — ERGO. Non sappiamo precisare dove la medaglia sia stata coniata. 60 ALFREDO COM ANDINI * * * Nell'anno 1888 un posto importante, con le sue medaglie, lo tiene Bologna, che chiamò le arti e le industrie della regione Emiliana ad una mostra più celebrata che felice ; ed invitò il patriottismo italiano e la scienza mondiale, alle feste centenarie dello Studio Bolognese e di Galvani , e all' inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele e del monu- mento ad Ugo Bassi. Nove medaglie, se non erriamo, furono coniate, in queste occasioni, per Bologna. Riferentisi 8iìVEs2:)osìzwne, le seguenti: Diam. mm. 55. /B' — Il leone di Bologna, a guardia dello scudo comu- nale. In alto, nel campo a semicerchio, sette stemmi di città capoluogo di provincia dell'Emilia. Nell'esergo : ESPOSIZIONE EMILIANA — BOLOGNA — 1888. ^ — Veduta del Palazzo dell'Esposizione ; nello sfondo, dietro le colline il sole raggiante. Nel campo la Fama, librata a volo con tromba e corona. Nell'esergo : PRE- SIDENTE ONORARIO — S. A. R. — IL PRINCIPE DI NAPOLI. Questa medaglia veniva coniata nei locali della Esposizione, galleria dell'industria, e fu ammessa dal Comitato come unico ricordo ufficiale della mostra. I concessionari Zanetti e Sarti la coniarono nei tre metalli, oro, argento e bronzo ; in oro ne furono of- ferte alla Maestà del Re, alla Regina, al Principe ereditario ; e ne furono anche coniate in bronzo dorato e in metallo bianco. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 61 Un vecchio incisore piemontese, da anni ed anni stabilito a Bologna, il Grrassi, aveva preparata egli pure una medaglia-ricordo dell'Esposizione di Bologna del tipo seguente : Diam. mm. 38. ly — Entrata principale e prospettiva del Palazzo della Esposizione. In fondo, dietro alle colline, sole raggiante. In alto in giro : ESPOSIZIONE EMILIANA. Esergo , in targa: RICORDO; sotto: BOLOGNA 1888. Sotto la linea dell'esergo, a sinistra : GRASSI. 1^ — Disposti in circolo gli otto stemmi di Bologna, Ra- venna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Forlì, Piacenza e Parma. Campo liscio. Questa medaglia, di veramente squisita fattura, non fu concesso al Grrassi di vendere nei locali del- l'Esposizione, dove concessione esclusiva avevano ot- tenuto i Zanetti e Sarti. Il Grassi la mise in ven- dita nel proprio e nei principali negozi di Bologna e la coniò soltanto in metallo bianco. I Zanetti e Sarti, di fronte a tale concorrenza, coniarono una medaglia, in metallo bianco, molto simile a quella del Grassi nel diritto , e del tipo seguente : Diam. mm. 39. ^ — Entrata principale e prospettiva del Palazzo della Esposizione. In fondo, dietro alle colline, sole rag- giante. Esergo, con la linea ad ornato a mensola. Sotto, in giro : RICORDO DI BOLOGNA. ^ — Busto loricato, di prospetto, testa galeata a sinistra, di Felsina. In giro : ESPOSIZIONE EMILIANA. Sotto, fra due stellette : 1888. Anche questa medaglia, in metallo bianco, fu ven- duta nei locali dell'Esposizione, con grande desola- zione dell'incisore Grassi. 62 ALFREDO COMANDINI Le tre descritte non sono che medaglie-ricordo ; ora diremo della medaglia premio , del tipo se- guente : Diam. mm. 40. ^ — Busto e testa nuda , di tre quarti, a sin., del Principe di Napoli. In giro, superiormente : ESPOSI- ZIONE IN BOLOGNA 1888. In giro, inferiormente, fra due stellette : S. A. R. IL PRINCIPE DI NAPOLI PRES. ONOR. !^ — Corona di due rami d'alloro, aperti in alto, intrec- ciati e annodati da nastro in basso. Campo liscio. Questa medaglia è stata ugualmente eseguita dai Zanetti e Sarti ; è stata coniata in oro, in argento e in bronzo, per distribuirla a seconda delle assegna- zioni fatte dalle giurìe ; e per il Principe Ereditario come presidente onorario dell'Esposizione, ne fu co- niato uno speciale esemplare d'oro di alto spessore. All'Esposizione Emiliana si coordinarono, come abbiamo detto, le feste per l'inaugurazione del mo- numento a Vittorio Emanuele, pel centenario dello Studio Bolognese, pel centenario di Galvani. Ed ecco le medaglie che quelle feste ricordano : Diam. mm. 40. ^ — Monumento equestre, a destra. In alto, in giro : A VITTORIO EMANUELE. Esergo : BOLOG-NA 1888. 1^ — Veduta, da destra, in iscorcio, del palazzo della Università. In basso, circolarmente : MATER ALMA STUDIORUM. Questa medaglia eseguita dai nominati Zanetti e Sarti, fu coniata e venduta in bronzo. Essa ricorda oltre che l'inaugurazione (11 giugno 88) della statua equestre scolpita da Giulio Monteverde in onore MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 63 di Vittorio Emanuele, anche il centenario dell'Uni- versità bolognese; ma la medaglia ufficiale del cen- tenario dell'Ateneo è la seguente : Diam. mm. 76. ^ — Busto del Re a sin. in uniforme militare, con col- lare dell'Annunziata, decorazioni militari e cavalleresche e cordoni ; testa nuda. Sotto il taglio del busto : L. GIOEGI FECE IN FIRENZE. In giro, dall'alto, dopo una stelletta : HUMBERTUS I REX ITALIAE UNI- VERSITATIS LITTERARUM ET ARTIUM BONO- NIENSIS PATRONUS. 5(' — In tutto il campo, in otto linee : ALMA — PARENS STUDIORUM — ADSTANTE ITALIA TOTA — CETE- RARUMQUE GENTIUM LEGATIS - SAECULARIA OCTAVA — CONOELEBRAT — PRIDIE IDUS lU- NIAS — MDCCCLXXXVIIL (Tav. II, n. 4). Questa medaglia, eseguita per ordine del Comitato del centenario, fu distribuita ai sovrani partecipanti ed ai sovrani e principi invitati alle feste centenarie, ai delegati nazionali e stranieri, ai professori del- l'Ateneo bolognese, e alla stampa. Il conio, opera del Giorgi di Firenze, fu ritirato dal Rettorato dell'U- niversità, e verrà custodito nel nascituro museo del Centenario dello studio bolognese. Nel giorno della celebrazione del centenario (12 giugno 88) gli studenti , ordinati in corporazione e goliardicamente imberrettati , portavano all'oc- chiello dell'abito una medaglietta commemorativa della festa ; ma non ci fu possibile, non che posse- derla, nemmeno vederla attentamente per descriverla. A queste feste fu coronamento la celebrazione del I centenario della scoperta, fatta da Luigi Galvani, dell'elettricità animale. La festa fu celebrata il 14 64 ALFREDO COMANDINI giugno 1888; e quello stesso giorno fu solennemente distribuita ai sovrani, ai personaggi convenuti in Bologna, la medaglia seguente: Diam. mm. 68. ^ — Busto di Galvani a destra, togato, testa nuda. In giro : ALOYSIUS — GALVANUS. Sotto al taglio del busto : T. MERCANDETTI F. E. ]^ — In tutto il campo su cinque linee : ANNO MDCCC- LXXXVIII — CENTESIMO — A VI ELECTRICA ANIMANTIUM INVENTA - CIVITAS BONONIENSIS - D. (Tav. II, n. 5). Per il diritto fu adoperato il conio che il bolognese conte Luigi Salina fece incidere nel 1801 al celebre Mercandetti, in Roma, e che servì per la medaglia dal Salina offerta al Galvani; quel conio fu donato dal Salina al Museo Civico di Bologna ; ed ivi diligen- temente conservato, potè essere adoperato per la me- daglia del 1888. L'epigrafe, nel rovescio di questa, fu dettata dall'insigne latinista prof. Gandino. Ultima, fra le medaglie bolognesi del 1888, con la quale chiudiamo questa prima parte della nostra ras- segna annuale , viene la medaglia commemorativa deirs agosto. Nella nostra collezione non la posse- diamo : l'abbiamo esaminata nella collezione di Brera ed è la seguente: Diam. mm. 43. ^ — Nel campo, figura stante della Vittoria, a sinistra, con una corona e un ramo di palma. In giro, in alto, fra due stellette: BOLOGNA 8 AGOSTO. In basso: 1848. Nel campo, a destra : VICTORIA. Nell'esergo : GRASSI F. :^ — In giro : XXXX ANNIVERSARIO DELL'OTTO AGOSTO 1848. In basso: GRASSI F. Nel campo, stella MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 65 d'Italia in alto, e su sei linee : QUANDO IL POPOLO — SI DESTA - DIO SI PONE ALLA - SUA TESTA — LE SUE FOLGORI — GLI DA. Stelletta, fra due piccoli fregi in forma di gigli. Questa medaglia fu incisa a Bologna dal piemontese Grassi , e fu, dal Comitato ordinatore della comme- morazione deirs agosto, distribuita alle società invi- tate ed intervenute e ai vari rappresentanti. Ha la maglietta per infilarvi nastro — che crediamo sia bianco e rosso (i colori di Bologna) — e fu appesa alle bandiere di varie associazioni, intervenute alla com- memorazione ed alla inaugurazione del mediocre mo- numento in onore di Ugo Bassi. * * * In ^questa rassegna del 1888 facciamo punto per oggi. Altre medaglie ed importantissime ci resta a descrivere nella seconda parte del nostro fuggevole, rapido, delibatorio lavoretto. Ma ci dichiariamo grati fin d'ora a chi — conoscendo medaglie riferentisi ai fatti in questa prima parte accennati e da noi non menzionate — volesse darcene esatta e completa no- tizia, od anche a chi avesse da correggere le notizie da noi qui raccolte. Febbraio 188 9. Alfredo Comandini. L4 MEDAGLIA DEI DOTTORI DI COLLEGIO DI COMO Benedetto Odescalclii , che più tardi col nome di Innocenzo XI doveva risplendere per austere virtù sulla cattedra di S. Pietro, attese allo studio delle umane lettere presso i Gesuiti in Como , sua patria. Non pretermise poscia gli studi ne' suoi viaggi giovanili : in Genova si dedicò alle scienze matema- tiche, a Roma ed a Napoli alle scienze giuridiche. In questa ultima città , subito un pubblico , rigoroso e scrupoloso esame , puhlicum , rigorosum , tremendum examen (1) fu dai maestri dell' Università di Napoli , (1) Cosi nel diploma autentico che si conserva a Eoma presso il Prin- cipe Odoscalchi. Devo questa notizia al molto Reverendo Can. Gianera, cui rinnovo i miei ringraziamenti. Erra adunque il P. Colombo (Notizie bio- grafiche e lettere di Papa Innocenzo XI. — Torino, 1878) quando afferma Benedetto laureato in Roma. 68 CENCIO POGGI vìva voce, vioisque suffragiis ac nemine posnitus discre- pante acclamato dottore e maestro nell' uno e nel- l'altro giure. Conseguiva l'Odescalchi la laurea dotto- rale il 22 novembre 1639, compiendo egli il suo ven- tottesimo anno di età. Però Benedetto non appare che fosse subito ascritto al nostro Collegio dei dottori: parrebbe anzi da una nota autografa del Can. Antonio Maria Odescalclii, che solo alla sua elezione a cardi- nale egli venisse chiamato a farne parte. È ben certo tuttavia che nelle feste fatte in Como (l) per solennizzare l'elevazione alla sacra porpora del- l'eminente cittadino prese larga parte il Collegio dei dottori. Né si contentarono i suoi membri di ren- dere più decorosa una fantastica luminaria preparata sulla piazza del Duomo ; ma vollero con maggior pompa festeggiare il fausto evento con una sacra cerimonia nella chiesa di S. Amanzio , volgarmente detta del Gesù. Quivi recitò, in onore del nuovo eletto, una latina orazione Alessandro Magnoca- vallo (2), scrittore non oscuro di Diarii. Maggiori feste si celebrarono in Como quando giunse la novella che l'Odescalchi era stato assunto al trono papale : per tre giorni continui vi furono sacre fun- zioni in Duomo, ed in ciascuna giornata un oratore recitò le lodi del nuovo eletto. La Comunità, il Col- legio dei dottori, il Capitolo del Duomo gli scrissero ossequiose lettere di congratulazione, e ne ricevet- tero da lui amorevole risposta (3). (1) Relazione delle feste ed allegrezze per la promozione dell' Eminen' tissimo Signor Cardinale Odescakhi fatte dalla città di Como, ecc., ecc. — Como, Caprani, 1645. (2) Oratio ìiàbita Comi in Tempio Divi Amantii ad Vener. Collegium Jurisconsultorum et ad reliquos ordines in Promotione Eminentissimi et Reverendissimi Cardinalis Benedicti Odescalchi. — Como, Caprani, 1645. (3) Rovelli. Storia di Como, Parte III. Tomo II, pag. 270. LA Medaglia dei dottori di collegio di comò 69 Sono smarrite o andarono perdute le lettere al Collegio dei dottori : molte peripezie toccarono al- l'arcliivio di quel sodalizio e già in tempi prossimi ad Innocenzo XI si lamenta sperpero di carte. Co- munque è certo che il pontefice non dimenticò i suoi colleghi. E con una bolla (i) spedito da Roma a 25 novembre 1688 Benedetto Odescalchi lasciava docu- menti irrefutabili del suo amore alla patria, del suo affetto al Collegio dei dottori. Nella precitata bolla egli afferma solennemente d'appartenere al Collegio : Nos de numero Collegii Doctorum civitatis Comensis unde ortiim accepimus, ecc. E verso i colleghi è pro- digo di grazie e privilegi : gli assolve da ogni pena ecclesiastica, censura, interdetto o scomunica nella quale potessero essere incorsi : nomina ciascun dottore presente e futuro, al suo entrare nel sodalizio, conte Palatino e cavaliere della milizia Aurata, decoran- dolo del relativo ordine con tutti i privilegi, prero- gative esenzioni, favori, grazie, indulti, ecc.: concede la facoltà di creare Notari, e Giudici Ordinari previo coscienzioso esame : dà la più larga autorità per le- gittimare chiunque sia nato da non giusto connubio ; concede di creare dottore nel diritto canonico e ci- vile chiunque dopo i necessari studi essi credessero idoneo, nonché di creare dottore in medicina chiunque avesse superato un esame in tal arte da tre maestri scelti dal Collegio. Questi, per sommi capi, i privi- legi della Bolla di Innocenzo : larghi oltre ogni dire ed appunto perchè tali ebbero a durare lunghe fa- tiche i nostri dottori per vederli riconosciuti... e non tutti dal Governo Regio. (1) Vedi documento A in appendice. Questo ed il seguente documento B esistono in copia all'Archivio di Stato, e mi furono favoriti dal eh. ca- valier Biancardi, che infinitamente ringrazio. 70 CENCIO POGGI Il secolare dissidio tra la podestà regia e la po- destà pontificia attraversava un periodo acuto ; e le controversie tra il Comasco Pontefice ed il re di Francia, il superbo e temuto Luigi XIV , ne erano ampia manifestazione. Niuna meraviglia adunque se da Madrid si andava a rilento nel ratificare gli elar- giti privilegi. Ci sfuggono le prime vicende su questo argomento per la dispersione dei documenti : sap- piamo solo dal libro delle ordinazioni del Collegio (il solo che ci rimanga) (1) che il 2 dicembre 1G97 i dottori erano avvertiti dall'Oratore della Città di Como, Pietro Paolo Raimondi essere stata spedita in Senato la consulta da farsi a sua Eccellenza toccante V interinatione del Privilegio. Pregarono i nostri che si sollecitasse la spedizione di detta consulta ed in- viarono diciotto filippi a conto delle spese bisogne- voli. Al 3 gennaio seguente perveniva copia al Col- legio della Consulta rimessa a Madrid ma non pare fosse di pieno aggradimento dei dottori i quali de- terminavano di fare avvertito il Senatore Reggente Rubino (loro collega di Collegio) di quanto succede con supplicarlo della sua assistenza in nome del Collegio. Occorsero ben due anni a quanto pare perchè ai nostri giungesse dalla Spagna qualche riscontro : ef- fetto questo della proverbiale lentezza del Governo Spagnuolo, la quale nelle piccole e nelle grandi cose minava l'esistenza del vastissimo impero. E che sì che i nostri dottori non erano restii a snocciolare filippi^ allora e sempre, validissimi argomenti a far solleciti i pigri. Finalmente il 2 Marzo 1700 era avvertito il Col- legio essere giunto il dispaccio di Sua Maestà intorno (1) Ordin. CoUegii Jurisper. de anno 1696 usque ad annum 1795. Voi. unicum. In Archivio Municipale di Como. LA MEDAGLIA DEI DOTTORI DI COLLEGIO DI COMO al Privilegio ed il 10 maggio successivo il Collegio aveva notizia che non si potrà ottenere dal sellato l'approvazione di detto Privilegio nei termini che il Collegio desidera per essere troppo restrìtivo V or- dine di S. M.... Fu deliberato quindi di pregare il Dott. Giulini di insistere presso il Signor Leiza , Fiscale del supremo Consiglio d'Italia per procu- rare qualche nuovo Ordine di S. M. che sia con qualche maggior allargo... e che quando si possa ciò ot- tenere, si debba dare al detto sig. Leiza quella ricogni- tione che sarà stimata conveniente. Il signor Fiscale prese a cuore la faccenda e forse non fu estraneo al suo interessamento l' intraveduta speranza di una ricognitione. Ed infatti il 24 Febbraio 1701 era rilasciata una lettera reale, 0) nella quale dopo aver esposto i voti del Fiscale e del Senato di Milano si decreta che rispetto alla facoltà di legittimare i figli naturali si debba intendere che valga per i non sudditi e per i beni e diritti non appartenenti al Dominio. Restri- zione che rendeva nullo e derisorio il privilegio. Ri- spetto alla facoltà di concedere le lauree dottorali si dovessero attenere alle prescrizioni esistenti in materia nella Cancelleria del Senato di Milano. Cioè, di molto limitato il privilegio Innocenziano. Quanto alla nomina dei notari ed al relativo giuramento di fedeltà che lo si debba intendere per l'esercizio di notari apostolici, ed in materia Ecclesiastica. La fa- coltà di rifare i propri statuti è concessa purché questi sieno sottoposti all'approvazione reale. Limitazione pure al titolo di Cavaliere e Conte, e ristrette pure le insegne di Cavaliere a portarne la medaglia sul petto e l'uso della collana d'oro, dopo nuovo esame, (1) Vedi documento B in appondico. 72 CENCIO POGGI limitato solamente a' Priori del Collegio />ro tempore e nelle pubbliche funzioni ed entro le mura dell'aula, e che la medaglia dei Dottori sia distinta dalle altre, e sul modello riconosciuto dal Senato. Insomma ai larghi privilegi di Innocenzo XI tali restrizioni da renderli poco men che nulli. Del dispaccio reale si intratte- neva il Collegio nella convocazione del 19 Maggio 1701. Vi si leggeva la lettera scritta al Collegio dal Signor Boti. Giulino^ con la quale avisa la speditione di tutti li dispachi toccanti V Interrinatione del privilegio concesso dalla santa mem.oria di Innocenzo undecimo et approvatione del modello della medaglia da portarsi in viriti di detto 'privilegio et essendosi riconosciute le scritture inviate dal medesimo Signor Giulino^ fra le quali si contiene il detto Privilegio originale, l'interri- natione del Senato e l'approvatione del modello della medaglia, il tutto in forma autentica come pure le altre scritture fatte in questo affare, e la nota delle spese fatte per il medesimo quale compreso il salario pagato al Senato ascende a lire due milla ottocento una, soldi tré, non compresa però la recognitione dovuta al sollecitante Carlo Ambrogio de Capitanei Vimercato, quale ha solle- citato con molta attentione la suddetta faccenda. E stato da suddetti Signori Congregati ordinato che si rimettauo al detto Signor Dott. Giulino venti filippi oltre alli quat- trocento che le furono rimessi nel mese di Marzo, acciò questi servano di recognitione al medesimo sollecitante Vimercato, e di rimborso al medesimo Sig. Dott. Giu- lino di lire quarantaquattro che egli ha speso del suo. Di pili è stato ordinato che si faccino fare le medaglie dall'orefice Samos Somigliana secondo il modello appro- vato dal Senato Eccelentissimo quali dovranno essere pa- gate da ciascuno de^ Signori Collega che le vorrà ordinare, et oltre a quelle ordinate particolarmente, se ne faccino far quattro a spese del Collegio^ una delle quali si man- LA MEDAGLIA DEI DOTTORI DI COLLEGIO DI COMO 73 derà al medeshno Sig. Doti. Gìulino 'per unpìccìol segno di gratitudine di tanti incomodi che si è preso in questo affare e le altre tre sì conserveranno appresso il tesoriere del Collegio (l) J9^r darle a chi novamente entrerà nel Col- legio con pagare però il costo della medesima. Si deliberava inoltre di scrivere una lettera di ringraziamento al Dott. Giulini. Di questo dottor Giorgio Giulini, da cui trae ori- gine l'illustre storico omonimo, e che tanto si ado- però in favore del nostro Collegio mette conto dire dae parole. Nacque egli da Giuseppe Giulini, di no- bile famiglia il quale da Sorico, povero paesello del lago di Como, si trapiantò ad esercitare l'avvocatura in Milano. Percorse Giorgio con onore la carriera giuridica e nel 1699 fu eletto trai Vicarii Generali dello stato di Milano, copri la carica di avvocato Fiscale presso il Senato nel 1708 e tre anni dopo fu eletto Senatore. Nel 1716 passò Pretore a Pavia, e quindi fu presidente del Magistrato di Sanità. In benemerenza dei prestati servigi ebbe il titolo di conte e la cittadinanza milanese. Né in patria era stato dimenticato: fa aggregato al Collegio dei Dot- tori nel 1700 ove attesa la notorietà del di lui sommo sapere, et intelligenza della materia legale (2) fu dispen- (1) Pare che il tesoriere del Collegio abbia sempre tenuto in sorbo di queste medaglie. Parecchi anni dopo la soppressione del Collegio, Filippo Scalini, già cassiere di quel sodalizio, consegnò al Podestà Tatti quattro medaglie d'oro, e la Congregazione municipale (1832), quale amministratrice della sostanza del Collegio, determino d'interessare il sig. Podestà ad eseguire la vendita (Arch. Municip. di Como. Amministraziono pubblica, n. 49). Tal vendita non si effettuò allora o lo quattro medaglie passarono al Civico Museo di Como, dal quale provengono questa del Gabinetto di Brera, e quella del Principe Odescalchi. {2) Ordin. Coli. cit. Seduta 29 dicembre 1699. Furono prese in quella occasione informationi sopra la persona del Signor Dott. Giorgio Giulini 74 CENCIO POGGI sato dal subire un esame al quale erano obbligati per statuto tutti i candidati. Fu pure ascritto al corpo Decurionale di Como. Da questi nacque Giuseppe a sua volta dottore Collegiato di Como , Pretore a Varese, Professore a Pavia , che fu padre allo sto- rico milanese. Come si è visto il Collegio passò all'orefice Somi- gliana il modello approvato per ]a medaglia dei Dot- tori. Ercole Amos Somigliana era già favorevolmente conosciuto in patria per importanti lavori di orificeria: a lui furono commessi sei candelieri di argento de- stinati all'altare della Madonna nel Duomo di Como. Lavoro suo di maggior mole fu una lampada d' ar- gento coir arma Gallio la quale lampada per legato di Monsignor Giacomo Gallio adorna tuttora il detto altare. E sebbene nell'insieme il disegno sia pesan- tuccio tuttavia il Somigliana seppe con molta leg- giadria intrecciarvi aquile e leoni di buona fattura: l'aquila ed il leone occupano due fascio dello stemma Gallio. Esisteva pure del Somigliana un crocifisso di argento (1), ma ebbe sorte comune, se non m'ap- pongo , coi candelieri i quali furono requisiti dai repubblicani francesi. Tuttavia non tutte le me- daglie dei dottori di Collegio furono opera del So- migliana. C'è gran divario tra i quattro esemplari che mi co- nosco : due nel Civico Museo di Como, uno nel Regio Gabinetto Numismatico di Brera , 1' altro presso il Principe Odescalchi. Sono probabilmente lavoro del della vita e costumi come pure del Signor Doti. Giuseppe suo padre, et Signor Giorgio suo Avo e sopra le qualità della di lui casa, cho riuscirono soddisfacentissime. (1) CiCKRi. Selva di notizie riguardanti la Cattedrale di Como , ecc. , Como, Caprani, 1811. pag. 225, 226, 229. LA MEDAGLIA DEI DOTTORI DI COLLEGIO DI COMO 75 Somigliarla uno di quelli di Como, e quello di Milano. Vi è in questi una leggerezza di cesello, anche nei più minuti particolari, che salta agli occhi mentre le due fronde di quercia che incorniciano la medaglia sono trattate con molto amore e verità. Buona è pure l'effigie di S. Amanzio , speciale protettore del Col- legio (confermato dalla scritta che gli gira attorno nella parte superiore S. Amantius prot. Coli.) (l). Perchè i giureconsulti comaschi scegliessero a protet- tore del loro sodalizio questo santo, che fu il quarto vescovo della Diocesi può spiegarsi da certi versi di assai remota fattura nei quali desso è celebrato come alunno di Cantorbery (2) e quindi probabil- mente insignito del grado dottorale. La devozione al Santo Protettore durò a lungo nel Collegio, il quale, il giorno 9 di Aprile veniva con gran pompa ed in forma solenne alla chiesa del Gesù dove si ve- nera la salma di quel vescovo. Dall'altra parte della medaglia si vede lo stemma degli Odescalchi coronato dalla tiara e le chiavi papali : ciò che doveva sempre ricordare con orgoglio ai dottori del Collegio di Como il loro collega che era pervenuto a sì alta dignità. (1) L'effigie intiera di S. Amanzio si vede pure nei due sigilli di ferro, che furono del Collegio dei dottori e che ora si conservano noi Civico Museo di Como. Intorno vi ha intera la leggenda: s. amantius protector. col- LEGii. I. e. e. comi. (2) Ecco i versi: Aprilis sexto celebratur Amantìm idus Rie Sanctus Como fulsit in Urbe pater Si patriam quaeris ratio me carminis ipsa Dicere ni malo hritanus esse vetat Et si nasse velis, ìioc Cantuaria alumno Gaudet et hoc recubant illius ossa loco. Ciceri, cit., pag. 273. 76 CENCIO POGGI Del privilegio Innocenziano allo stringere dei conti non restava altro che il diritto di fregiarsi di questa medaglia ed oggi che le decorazioni sono diventate assai meno rare non si potrebbe forse spiegare tanto affannarsi di valentuomini dietro ad una sterile medaglia. Como^ Marzo 1889. Cencio Poggi. * ♦ » APPENDICE DOCUMENTO A. Innocentius Papa XI.^ Ad perpetuam rei memorìam. E suprema Apostolicae dignifcatis spe- cula , in qua humilitatem nostrani meritis licet imparibus , inscrutabili aeternae suae sapientiae, atquo bonitatis Consilio, collocavit Altissimus, ad praeclara, quao Catholicae Ecclesiae: Reiquo publicae ex Doctorum virorum Collegiis provenire noscuntur, commoda et utilitates mentis nostrae aciem intendentes, ac memoria recolentes : Nos de numero Collegii Doctorum Ci- vitatis Comen. unde ortum accepimus aliquando fuisse, indeque ad digni- tatum, et honorum gradus prodire cepisse, ac propterea ipsum Collegium propensa paternae civitatis nostrae benignitate prosequentes , illudque ac eiusdem Doctores praefatos condignis beneficentiao nostrae favoribus et gratiis ad majus dictae Civitatis Comen. Patriae nostrae decus, communeque omnium bonum condecorare volentes , dictorumque Doctorum singnlares personas a quibusvis excomunicationibus, suspens. et interdicti, aliisque Ec- clesiasticis sententiis, censuris, et poenis a jure vel ab homine, quavis oc- casione, voi causa latis, si quibus quomodolibet innodatae existunt ad ef- fectum praesentium dumtaxat consequens. harum serie absolventes, et abso- LA MEDAGLIA DEI DOTTORI DI COLLEGIO DI COMO 77 lutas fore consontos, motu proprio, non ad ipsorura Doctorum, vel altorius prò ipsis nobis super hoc oblatae potitionis instanciam , sed de mera libe- ralitate, certaque scientia nostri?, deque Apostolicae potestatis plenitudine memorati Collogii Doctoros, tam praesentos , quam futures , et eorum sin- gulos in perpetuum ipso jure ot facto, in ipso eorum in dictum Collegiura ingressu seu receptione et admissione , Sacri Palatii Apostolici et Aulae Lateranensis Comites ac A uratae Militi ae Equltes faciinus, creamus et de- putamus, ipsosque aliorum Pallatii et Aulae Comitum, Aurataque Militiae Equitum huiusmodi numero et consortio favorabiliter aggregamus ac eosdem etiam torquoo aureo, caeterisque Comitum et Equitum huiusmodi insignibus decoramus, oisque et eorum singulis etiam in perpetuum, quod omnibus et singulis privilegis, praerogatìvis, exemptionibus, favoribus, gratiis et indultis quibus alii Pallatii et Aulae Comites ac Militiae Auratae huiusmodi Equites de iure et consuetudine, aut alias quomodolibet utuntur, fruuntur, potiuntur et gaudent, ac uti, frui, potiri et gaudere poterunt, quomodolibet in futarum parimodo, (citra tamon facultates a Concilio Tridentino sublatas) uti, frui, potiri et gaudere ; nec non illos quos praevio examine ad id idoneos, et fìdeles esse repererint, in Notarios et Tabelliones publicos ac ludices or- din arios, extra Komanam Curiam, recepto prius ab eis nostro, et Romanae Ecclesiao nomino fidelitatis debitae solito iuramento creare et instituere, ac de Notariatus, et Tabellionatus ac judicatus officiis huiusmodi, ut moris est investire. Praoteroa quoscumque utriusque sexus nathos, spurios, natu- rales et manseres, copulative, vel disiunctive ex quocumque illicito vel dam- nato coitu procreatos, tam praesentes, quam absentes, viventibus, seu mor- tuis eorum parentibus, ita ut ad eorundem parentum, noe non quorumquo consanguinoorum afiSnium et attinentium Agnatorum ot Cognatorum ac Transversalium, caeterorumque proximiorum suorum, et quoiumvis aliorum successiones in quibuscumque rebus et bonis mobilibus et immobilibus ac semoventibus nec non iuribus et actionibus, etiam allodialibus et prae- cariis et alias quomodolibet qualificatis et nuncupatis (non tamen Eccle- siasticis) tam ex Testamento, quam ab intestato succedere, et ad illa hae- reditatis, fidei commissi , substitutionis, legati, donationis inter vivos ot causa mortis, ac quovis alio titulo, sine praejuditio venientium ab intestato devenire, admitti, et recipi, illaque consequi, et habere ac de eisdem bonis juribus et actionibus disponere, ac in illis haeredes et successores instituere et habere , nec non ad honores, dignitatos, status, gradus et Offitia secu- laria publica et privata quaecumque recipi pari ter et admitti, illaque ge- rore et exercere libere et licite possint et valeant, ac si de vero, et logitimo matrimonio procreati essent servata tamen forma litterarum felicis recor- dationis Pii Papae IV praedecessori nostri desuper editarum legitimare ac omnem ab eis goniturae maculam abolere, eosque ad primeva et legitima naturae jura resti tuere ot reducore. Ad insuper quoscumque eraensis studiorum curriculia in iure Canonico et Civili seu altero eorum per diligontem examinationem scientia et moribus habiles, et idoneos esse invenerint, in utroquo seu altero jurium huiusmodi CENCIO POGGI ac in Philosophia, seu Medicina per diligentem similiter examinationem duorum vel trium per eos eligendorum Doctorum seu Magistratorum vel Licentiatorum eius facultatis in qua promovendi erunt, coram eis habendam ac fidelem Magistrorum seu Doctorum, vel licentiatorum eorundem attesta- tionem medio iuramento eis facìendam peritos ac scientia pariter e moribus ad hoc habiles, idoneosque esse reperint de eorundem Doctorum seu Magi- strorum vel Licentiatorum Consilio et assensu, ac eorum votis juratis in Philosophia aut Medicina huiusmodi ad Baccalaureatus etiam formati, Li- centiaturae, Doctoratus ac Magisterii gradus cum solita insignium in ta- libus tradì solitorum exhibitione servata tamon in omnibus forma et dispo- sitione Viennensis et Tridentini Conciliorum quibus in aliquo derogare non intendimus, promovere , et sic promotis , quod omnibus, et singulis privi- legiis, libertatibus, exemptionibus, favoribus, gratiis et indultis quibus alii Baccalauroi, Licentiati, Doctores, et Magistri in utroque seu altero Jurium, seu Philosophia, aut Medicina huiusmodi in Universitatibus Studiorum gene- ralium promoti de jure, vel consuetudine, etiam utuntur, fruuntur, potiuntur et gaudent, ac uti, frui, potiri et gaudere poterunt in futurura etiam pari- formiter, et aeque princìpaliter uti, frui, potiri et gaudore possint concedere. Quodque demum prò salubri ipsius Collegii regimine et administratione, illius Doctores praefati quaecumque statuta, Ordinationes et Decreta, licita tamen et honesta, sacrisque Canonibus et eiusdem Concilii Tridentini De- cretis , ac Constitutionibus Apostolicis , non repugnantia facere et edere , illaque prò tempore, prout eis videbitur, et expediens fuerit, mutare, alterare, corrigere , revocare et annullare , aliaque de novo condere , edere , quae postquam mutata, correcta, condita, ac de novo edita fuerint eo ipso Apo- stolica aucthoritate approbata, censeantur, libere et licite valeant, plenam et liberam licentiam et facultatem dieta aucthoritate earumdem tenore prae- sentium concedimus et impartimur. Decernentes easdem praesentes litteras semper fìrmas, validas et efl&caces existore, et fore, suosque plenarios et integros effectus sortiri et obtinero nec sub quibusvis similium vel dissimilium gratiarum revocationibus, su- spensionibus, limitati onibus , aliisque contrariis dispositionibus etiam per Nos et Successores Nostros Eomanos Pontifices , ac Sedem Apostolicam quandocumque faciendis unquam compraehendi aut compraehensas censeri, sed semper ab illis exceptas et quoties illae emanaverint toties in pristinum et validissimus statum restitutas et plenarie reintegratas , ac etiam sub posteriori data per eos ad quos prò tempore spectabit eligenda denuo con- cessas intelligi, ac ab illis ad quos spectat, et prò tempore spectabit invio- labiliter observari et illis respective in omnibus et per omnia pienissime suffragar!: Sicque et non aliter in praemissis per quoscumque ludices or- dinarios et delegatos etiam causarum Pallatii Apostolis Auditores, ac S. E. E. Cardinales etiam delatore delegatos, aliosve quoslibet quacunque praeeminentia et potestate fungentes et functuros , sublata eis , et eorum cuilibet quavis aliter; judicandi et interpraetandi facultate et auctori- tate iudicari et deflniri debere, ac irritum et inane, si secus super his a LA. MEDAGLIA DEI DOTTORI DI COLLEGIO DI COMO 79 quoquam quavis auetoritato scienter, vel ìgnoranter contìgerit attentar! non obstantibus record, memor. Pii V et Sixti etiam V aliorumqne Roma- norum Pontificum, praedecessorum nostrorum centra illegitimos editis, et aìiis quibusvis Apostolicìs, ac in universalibus provinci alibusque et Syno- dalibus, Conciliis, oditìs gsneralibus vel spetialibus Constitutionibus et Or- dinationibus, nec non quatenus opus sit dictae Civitatis Comons. aliisquo quibusvis etiam iuramonto confirmationo Apostolica vel quavis fìrmitate alia roboratis statutis et consuetudinibus legibus quoque Imperialibus, Pri- vilegiis, Indultis et litteris Apostolicis, quibusvis Universitatibus studiorum generalium , nec non dilectorum flliorum , scriptorum Arcbivii Romanao Curiae, aliisque Collegiis et quibuscumque aliis locis et personis , etiam motu , scientia et potestatis plenitudine similibus , ac etiam de Consilio eiusdem S, R. E. Cardinalium sub quibuscumque verborum tenoribus et formis, ac cum quibusvis etiam dorogatoriarum, derogatoriis , aliisque effi- cacioribus efRcacissimis et insolitis clausolis irritantibusque et aliis de- cretis in genere vel in specie in contrarium praemissorum quomodolibet concessis, confirmatis et innovatis. Qaibus omnibus et singalis etiam si prò illorum sufficienti derogatione de illis, eorumque totis tenoribus spetialis, specifica, expressa ac individua et de verbo ad verbum non autem per clausulas generales idem importantes mentio, seu quaeris alia expraessio habonda, aut quaeris alia exquisita forma, ad hoc servanda foret, tenores huiusmodi, ac si de verbo ad verbum exprimerentur et insererentur praosentibus prò piene et sufficientor ex- praessis et insertis habentes illis alias in suo robore permansuris ad prae- missorum effoctum liac vice dumtaxat spetialiter et expraesse derogamus, caeterisque contrariis quibuscumque : Volumus autem , ut oarumdem prae- sentium litterarum transumptis, seu exemptis etiam impraessis manu ali- cuius Notarli publici subscriptis et sigillo alicuius personae in Ecclesia- stica dignitate constitutao munitis , eadem prorsus fides ubique locorum, tam in juditio, quam extra illud habeatur , quae ipsis praosentibus habe- retur, si forent exhibitae, vel ostensae. Dat. Romae apud Sanctam Mariam Majorem sub Annulo Piscatoris dio 25 Novembris 1688. Pontificatus Nostri anno decimotertio. Cum "sigillo in cera Rubea. J. F. Albanus. (L. S. Tab. « /. M. M.) Concordat cum alia simili copia similis privilegìi mihi exhibita in carta pergamena et per me visa et collationata, mox restituta et prò fide, etc. Firm.** Io. Mattheus MaccMus Caus. Colleg. et publicus Mediolani Notarius. 80 CENCIO POGGI DOCUMENTO B. Philippus V, ctc. 1701, 24 Febrmrii Petita a Senatu nostro per Venerabilom Colle^ium luris Peritoram Ci- vitatis NoYOComi approbationo et confirmatione Diplomatis diei 25 No- vembris 1688 praeteriti, quod SS.™"^ Pontifox Innocentius XI rocolendae meraoriae elargitus est ipsi Yen, Collegio tribuendo haec decora , ut sin- guli I. C. Collegiati sint Comitos sacri Palatii Apostolici , Aulaeque Late- ranensis, ac auratae Militiae milites, cum facultate legitimandi, conferendi lauceam doctoralera, condendi statuta, et utendi Torque aureo, cseterisque Comitum et Equitum hujusmodi insigniis, jussimus prò opportuna eiusdem approbatione tunc alterum ex Egr. Advocatis Fiscalibus nostris subjicere, cuius voto habito, reque in Senatu proposita, Decrevimus die XXI Februarii anni 1689 interinandum osso enunciatum Privilegium, eo abdito, quod re- spectu facultatis legitimandi uti libere valeant quo ad non subditos et bona ac jura huic Dominio non subiecta tantum ; Eespectu facultatis doctorandi prò maturiori deliberatione iungendos esso ordines antecedentes, et scrip- turas existontes in Cancelleria in materia doctorandi in Collegio Mediolani; Eespectu luramenti fidelitatis Notariorum,illud referendum duntaxat ad mu- nus etexercitium Notarli Apostolici, et ad materias Ecclesiasticas; Eespectu autem usus tituli Equitis et Comitis, ac delationis Torquis aurei denuo audiendum Egr. Advocatum Fiscalem edoctum Censuimus ac demum respectu facultati condendi statuta, decrevimus hanc esse concedendam, dummodo per ordinem nostrum approbentur. Superventis postmodum, cum adhuc penderet cognitio coram Fisco, literis regiis nostris datis Matriti dio XII Septembris anni 1691, et at ordinem nostrum per antecessorem IlL^^ L.""* Ten." nostri remissi ut informaremus, et diceremus quidquid Nobis in hac re se se offerebat, eaque informatione facta per responsivam Consultaiionem eidem IH." L."™ T.t' nostro, in qua voti fuimus annui posse peritse conces- sioni etiam quo ad usum tituli Comitis et Equitis cum limitationibus ibi expressis, restringendo tamen insignia Equitum ad sigillum in pectore ge- standum, et a Senatu approbandum; mox superventis aliis novissimis literis Eegiis datis Matriti die xxix Septembris anni 1700 proxime evoluti, remit- tentibus omnimodam approbationem Cognitioni Senatus iuxta interrina- tionem a Nobis factam, suprascripta die xxi Februarii anni 1689, et juxta limitationes contentas in praedicta consultatione super resservationibus factis in suprascripta Intorinatione, et audito iterum superindo Fisco nostro, LA MEDAGLIA DEI DOTTORI DI COLLECtIO DI COMO 81 recognitis prius, et diligenter consideratis memoratis litoris nostris rogiis Potentissimi Caroli 2'i' Avunculi majoris et Prasdecessoris nostri recolond» memorise , una cum enunciata Consultatione , roquo novissime in ordine nostro proposita, Censuimus de ipsiusmet Ordinis Sententia interinandum recensitum Diploma cum supra recensitis limitationibus tum in supradicta prima Interinatione, et etiam quo ad usum tituli Comitis et Equitis, cum moderationibus et roscrictionibus, in narrata Consultatione expressis nempe quod in dilatione Torquis aurei permissum hoc tantum sit Prioribus Col- legi! per tempora, et in publicis functionibus, et intra fines Aulae, quo ad caetera vero insignia , quae Nos unice tribuimus sigillo aureo in pec- tore gestando', haec quoque permittenda decrevimus , modo ipsa sigillaris forma distinguatur ab aliis, et proprius per Senatum recognitus, atque ap- probatus reinaneat modulus opportuno exhibitus; prout tenore praesontium modis quibus supra ipsummet Privilogium approbamus et confirmamus ad normam etiam dictae Regiae nostrao approbationis, Mandantes omnibus ad quos spectat et spectabit, ut Diploma ipsum sic ut supra a ISTobis appro- batum servent, et exequantur, servarique et exequi faciant, per quos decet. In quorum, etc. Firm." Pertusatus. Yirm." a 1 IL MEDAGLIONE ROMANO (*) Da uno studio del Dr. Federico Kenner Fra i conii dei tempi dell'Impero romano, quelli che pel diametro, pel peso e per l'esecuzione artistica superano di gran lunga le usuali monete correnti, non sogliono venir trattati fuorché incidentalmente. Grii archeologi, i critici d'arte, gli storici, si sono occupati più volte di alcune par- ticolarità che presentano, ma nel loro complesso non hanno ancora formato oggetto di studio (1). Perciò anche, la que- stione se siano monete o soltanto medaglie si suol decidere in base agli eventuali distintivi che offrono. Eckhel ha troncato per lungo tempo ogni discussione intorno a questo punto, col manifestare il suo avviso che i medaglioni corrispondano press'a poco alle nostre medaglie, opinione accettata più recentemente da Francesco Lenormant e da lui difesa calorosamente, quantunque, già prima della comparsa del suo libro fLa monnaie dans V aniiqnitéj ^ essa avesse subito varie modificazioni : i medaglioni d' oro erano (*) Sotto questo titolo, il chiaro Dr. Kenner, Direttore del Gabi- netto Numismatico Imperiale di Vienna, ha pubblicato nella Numis- matiscìie Zeitschrift una pregevole monograna , che noi qui riassu- miamo, avendoci l'Autore cortesemente concessa la facoltà di traduzione. S. A. (1) Il bel lavoro del Froehner : Les médaillons de l' Empire Romain (Strasburgo, 1878) è scritto con altri intondimonti. (N. del Trad.) 81 FEDERICO KENNER stati riconosciuti per vere monete, e Mommsen aveva sup- posto altrettanto pei medaglioni d' argento del III secolo colle Dee Monete. Ciononostante, oggi ancora si sogliono considerare come medaglie gli altri medaglioni d' argento e tutti quelli di bronzo. La pubblicazione dei medaglioni clie si conservano nel G-a- binetto Num. Imperiale di Vienna (1) mi diede opportunità di occuparmi di proposito intorno a quella questione. I risultati ai quali giunsi mi persuasero da una parte che l'antichità clas- sica non conosceva medaglie nell' accettazione odierna della parola (sia perchè tutti i prodotti del conio venivano allora considerati come più rigidamente riservati all'autorità dello Stato, sia perchè non era punto sentito il bisogno di me- daglie, essendoché nella monetazione antica si variava con- tinuamente il tipo, ciò che non accade per la nostra), mi persuasero pure d'altra parte, che vari fra i motivi addotti da Eckhel sono veramente degni di considerazione ; per dire d' uno solo, non vi è dubbio che il peso, e più tardi la grandezza dei medaglioni, dovevano essere d' ostacolo al loro uso come moneta nelle contrattazioni abituali. Pesando i motivi prò e contro, dovevo giungere a chiedermi se non convenisse di considerare tale questione in modo diverso e più stretto di quello che si facesse nel secolo scorso. A mio giudicio, oggi non si tratta più di sapere se i medaglioni abbiano veramente circolato come moneta, oppure se fossero medaglie che possono aver servito agli usi più svariati ; si tratta invece di sapere se siano stati emessi per la circolazione o meno, se i loro caratteri lascino riconoscere 1' intenzione di distinguerli dalla moneta cor- rente, se formando parte della monetazione siano stati ri- vestiti dei caratteri particolari alla vera moneta. In confronto di tale questione, diventa secondario il sapere se essi ab- biano veramente circolato, oppure ne sia stato fatto un uso diverso. (1) Vedi lo scritto del Dr. Kenner nel Jahrbuch der kunsthistortschett Sammlungen. (N. d. T.) ÌL MEDAGLIONE ROMANO 85 È in questo senso che ho condotto le mie ricerche. Se in base alle conseguenze cui sono giunto, devo rispondere affermativamente alla questione principale, cioè se i meda- glioni fossero destinati alla circolazione, non ho difficoltà a convenire per ciò che tocca le questioni secondarie, che in pratica talvolta varie circostanze ne limitarono la cir- colazione ; ciononostante, pei loro caratteri intrinseci, riman- gono vere monete, siano essi coniati in oro, argento o bronzo, e non vale a toglier loro questo carattere la circo- stanza che non sempre furono usati come moneta. I. Il medaglione ed il diritto di sovranità. Incominciamo da uno dei caratteri principali del meda- glione antico : esso dipende dal diritto di sovranità dell' im- peratore romano. La medaglia moderna, all' opposto, gode di una certa indipendenza a questo riguardo. Oggidì è concesso ad ogni Società e ad ogni privato di far coniare medaglie con qual- siasi ritratto, senz' altra restrizione fuorché le convenienze morali e politiche. Neil' antichità, la cosa è diversa. Fra i diritti sovrani dell' imperatore vi è quello dell' effigie e della leggenda sulla moneta ; l'imperatore medesimo soltanto o quelle per- sone alle quali egli concede questa distinzione, possono essere rappresentate in effigie sulle monete, e ricordate con nome e titoli. Qualunque altra persona è esclusa. Dopo la consolidazione della monarchia, questo diritto viene con- cesso soltanto alV Augusta od imperatrice, — sia poi la con- sorte o la figlia, la madre o l'ava, la zia o la cugina del- l'imperatore regnante, — ed al Cesare come erede designato del trono o come insignito semplicemente di quel titolo ; vale a dire insomma a quei membri della casa imperiale che anche per altri riguardi partecipano al diritto sovrano dell'imperatore. 86 FEDERICO KEKNER Ed anclie pel medaglione , precisamente come per la moneta, il diritto di effigie e di leggenda è riservato al- l'Augusto, all'Augusta ed al Cesare. Non v'è alcun meda- glione che rechi un'altra effigie qualunque, fuori di queste. Quindi, non soltanto non era lecito al privato di far coniare medaglioni in onore di una persona vivente od estinta, ma ciò non era permesso neppure alle comunità quand'anche insi- gnite del diritto di coniar moneta ; l'unica eccezione è costituita da quegli scarsi pezzi, assai probabilmente coniati soltanto a scopo sacro, che in luogo dell'effigie imperiale recano quella di qualche dio od eroe, o della divinità della città, o la personificazione del Senato, ecc. Questi pezzi appartengono alla Grecia continentale, alle isole greche ed all'Asia Minore, quindi ai territori amministrati dal Senato. Ma anche questi medaglioni greci, per ciò che ri- guarda il diritto di sovranità, seguono le stesse regole del medaglione imperiale di Eoma. Il diritto sovrano compete al solo imperatore; egli, per una concessione basata su con- venienze politiche, può cedere talvolta l'esercizio del diritto di batter moneta (l'esercizio, non il diritto in sé stesso), e soltanto pel bronzo o rame, al Senato. Questo ne usa, estendendo talvolta l'effigie ad altre persone della casa imperiale, specialmente alle donne. Bisogna anzi concludere che gl'imperatori medesimi fos- sero tenuti all'osservanza di queste stesse prescrizioni, che emanavano dal loro diritto sovrano ; poiché non si conosce nessun caso in cui, su di un medaglione, sia stato rappre- sentato in effigie, o ricordato nella leggenda, in vita o dopo morte, un capitano, un uomo di stato, un artista od un filosofo, per quanto benemerito dello Stato o della casa imperiale, per quanto amico personale dell'imperatore, e nonostante che gli si fossero erette statue per ordine di questi per decisione del Senato. Il diritto d'effìgie e di leggenda, pel medaglione, è quindi riservato all'imperatore con quello stesso rigore che vige per la moneta corrente. Da questa circostanza incontestabile si dovrà dedurre, per necessaria conseguenza, che l'emis- sione dei medaglioni, di qualsiasi metallo, è basata sul IL MEDAGLIONE ROMANO 87 diritto sovrano esclusivo dell'imperatore, come è il caso per l'emissione della moneta corrente. Il nesso fra la moneta ed il medaglione, che appare già dall'origine comune di entrambi nel diritto sovrano del- l'imperatore, si manifesta anche in tutti gli altri caratteri, che esamineremo sotto la triplice partizione di metallo, peso e tipo. II. Metallo, peso e fattura delle medaglie moderne e dei multipli delle monete moderne. La medaglia moderna, per ciò che riguarda la lega del metallo ed il peso, è affatto indipendente dalle norme che regolano la moneta moderna. L'oro e l'argento che vi s'impiega differisce per titolo da quello usato per le monete; le cosidette medaglie di bronzo sono invece di rame bronzato con processi chimici. Vi sono poi medaglie di altri metalli, d'ottone, di nickel, d'ogni sorta di leghe e composizioni diverse da quelle usate per le monete. Cosi pure il sistema monetario del paese non ha nessun'influenza sul peso delle medaglie che vi si coniano. Infine, la medaglia dei tempi nostri presenta una gran differenza nel conio dalle monete, le quali hanno un ri- lievo molto minore e non variano nei rovesci ; le medaglie sono invece ben rilevate e presentano una molto maggior varietà di rovesci: sono contornate generalmente da un orlo rilevato, e trascurano i segni di zecca, ecc., che sono necessari per le monete. Altrettanto e più si dica per le grosse monete moderne che furono lungo tempo in uso come multipli delle monete correnti (1). Tutti questi grossi pezzi, emanando dal diritto (1) Como si praticava in molti stati della Germania, o, da noi, nello zccclio di Genova o di Venezia. (N. d. T.) 88 FEDERICO KENNER sovrano dello Stato, seguivano le norme della moneta ed erano affatto dissimili dalle medaglie contemporanee , e invece affatto simili alle monete di cui erano il multiplo. III. Metallo e dimensioni del medaglione antico. Il medaglione antico sta alla moneta antica corrente, come il multiplo moderno alla moneta corrente moderna, non già come la medaglia moderna sta a questa. Una prova palmare se ne ha nei medaglioni d' argento del III secolo. Appena che il denaro d'argento incomincia a cedere il posto al denaro di biglione ed al denaro di rame inargentato, cessano anche i medaglioni d'argento fino. Di Probo invece, che sembra aver fatto un tentativo di ritor- nare alla monetazione d'argento fino, si ha un medaglione appunto d'argento fino ; questo pezzo è però rarissimo, e i medaglioni inargentati continuano fin che durano le monete correnti inargentate. Invece nell'era costantiniana, quando la distretta monetaria era stata superata, i medaglioni' di buon argento ritornano relativamente frequenti. Altrettanto accade pel medaglione di bronzo. La moneta divisionaria dell'impero romano consisteva, com'è noto, di due sorta; quelle di valore superiore venivano coniate in bronzo giallo, le altre in rame. Talvolta accadeva però che anche quelle di valore maggiore venissero coniate in un bronzo rossastro di qualità inferiore, cosi, per esempio, nel lasso di tempo da Antonino Pio a Severo Alessandro; probabilmente ciò dipendeva dalle strettezze finanziarie, divenute ormai permanenti in conseguenza delle guerre coi Marcomanni. I medaglioni di bronzo seguono anch'essi queste oscillazioni. Quelli del tempo di Adriano, e la mag- gior parte di quelli d'Antonino Pio, sono sempre, in genere, di metallo giallo; però fra quelli d'Antonino ve ne sono già alcuni di metallo rossastro; sotto M. Aurelio e Com- mpdo il metallo rosso è divenuto la regola, e quello giallo IL MEDAGLIONE ROMANO 80 l'eccezione. Con Severo Alessandro e con Gordiano, la mi- stura gialla ricompare più frequente. Nel IV secolo, infine, il metallo rossastro riprende il sopravvento nei medaglioni e vi domina quasi esclusivamente. Oltre ai medaglioni di bronzo giallo, ed a quelli di bronzo rossastro, vi sono quelli bimetallici, vale a dire di bronzo rossastro con orlo d'ottone. Questa particolarità si è considerata come caratteristica pei medaglioni, e fu detto che con essa si volle appunto distinguerli dalla moneta corrente. Ma a questo si oppone il fatto clie vi sono monete correnti senatoriali che presentano questa stessa particolarità. Un sesterzio di Elio Cesare, colle iniziali S • C (Gabinetto di Vienna) ne è l'esempio più antico. Altri sesterzi e medii bronzi di Settimio Severo, Caracalla, Geta, Severo Ales- sandro, e Massimino sono pure di due metalli e portano tutti le iniziali S • C. Certamente questi esempi non sono comuni, ma pure stanno a provare che la composizione bimetallica non è propria soltanto dei medaglioni. Insomma i medaglioni seguono in tutto e per tutto le variazioni di metallo che si osservano nella moneta corrente, ciò che dimostra una stretta parentela fra essi, mentre sareb- bero ingiustificate quelle variazioni se i medaglioni fossero stati semplici medaglie secondo l'accettazione odierna, e quindi indipendenti dalle norme prescritte per la monetazione. Consideriamo ora brevemente la questione della gran- dezza, ossia del diametro dei medaglioni. Anche se si con- frontano i pezzi maggiori di bronzo del peso di quasi 80 grammi coniati da Adriano, per esempio, coi semplici se- sterzi dello stesso imperatore, si deve convenire che la differenza consiste assai più nello spessore che nel diametro del disco di metallo. I medaglioni si sarebbero potuti co- niare molto più sottili e grandi, come lo si fece in realtà pei medaglioni d'oro sulla fine del secolo IV. Ma ai tempi dell'alto Impero si veggono medaglioni in cui lo spessore ed il diametro non sono in giusta proporzione fra loro. E appunto a quei tempi, in cui l'arte era ancora in fiore, un disco più ampio avrebbe dovuto prestarsi maggiormente alla valentia dell'artista. 90 FEDERICO KENNER Invece bisogna riconoscere che i medaglioni romani hanno nn aspetto pesante, appunto per lo spessore spro- porzionato. E giuocoforza quindi concludere che dovessero avere un diametro prescritto. E il motivo di questa pre- scrizione non può essere stato altro se non quello che i medaglioni fossero monete^ nel qual caso non sarebbero riusciti maneggevoli se fossero stati troppo grandi. Per questo se ne limitò il diametro, e invece si ricorse all'au- mento dello spessore per accrescere il peso. IV. Il medaglione d'oro. Una circostanza importantissima per riconoscere la re- lazione che intercedeva fra il medaglione antico e la mo- neta corrente contemporanea, è quella del peso. Sgraziata- mente questa circostanza venne finora trascurata. Per quanto ci consta, il peso dei medaglioni d'oro (senza comprendervi la montatura) è costantemente un multiplo delle monete semplici d' oro che avevano corso all' epoca corrispondente, cioè àeWaureus o del solidus. Del I secolo non si conoscono che due pezzi. L'uno è il celebre medaglione d'oro di Augusto, rinvenuto ad Er- colano; esso ha il diametro di mm. 3i e 32, e pesa gr. 33,41, ciò che corrisponde precisamente ad un quaternio, o qua- druplo dell'aureo di 8,37 gr. L'altro pezzo, che si trovava una volta a Parigi, e di cui non si conosce il peso, corri- spondeva probabilmente anch'esso a quattro aurei, a giu- dicarne dal suo diametro, ch'era di mm. 31,5. Del II secolo si hanno i due medaglioni d'oro di Oom- modo, l'uno e l'altro di peso ignoto; probabilmente sono en- trambi della stessa grandezza, ma uno di essi almeno, del quale si conosce il diametro (26 mm.), dovrebb'essere un triplice aureo {ternió). Soltanto col III secolo incominciano ad essere più fre- quenti i medaglioni d'oro d'una certa grandezza. Cara- IL MEDAGLIONE ROMANO 91 calla sembra avere introdotto , oltre il doppio denaro in argento , {antoninìanus), anche il doppio aureo , (Jbinió). Entrambi sono caratterizzati dalla corona radiata, pel busto dell'imperatore, e dalla mezzaluna sotto il busto dell'im- peratrice. Nei tempi successivi si continuò a coniare il doppio aureo, come lo dimostra il solo medaglione d' oro clie si abbia di Eliogabalo. Se ne conoscono di Severo Alessandro, di Gordiano III, di Filippo e di Traiano Decio. Sotto Treboniano Gallo e Volusiano viene introdotta una modificazione ; la corona radiata non serve più ad indi- care il doppio dell' aureo , ma bensi i multipli della sua metà, e più tardi del suo terzo. Un triplo del mezzo aureo, di Emiliano, si conserva nel Gabinetto di Vienna. Di Gallieno si banno monete d'oro colla corona radiata, corrispondenti ad un triens d'oro, o terzo di aureo, a due terzi di aureo , a un triplice triente ossia ad un aureo (busto di Gallieno con corona radiata e busto di Severina colla mezzaluna). Sotto Aureliano e Probo compare il triente quadruplo. Coll'introduzione del nuovo significato, cioè di indicare il doppio del mezzo aureo, poi il triente e i suoi multipli, la corona radiata doveva naturalmente perdere la sua ca- ratteristica eh' era di segnare il binio ossia il doppio del- l'aureo. Perciò, da Gallieno in poi, ricompare sul binio la corona d'alloro. Il quaternio o quadruplo dell' aureo , compare nella se- conda metà del secolo III. Il primo è di Filippo. Se ne hanno poi di Gallieno, di Postumio, di Massimiano Ercole e di Costantino Cloro. Il quinto quintuplo dell'aureo, si ha, p. es., nel meda- glione di Caro e Carino, di 33 mm. di diametro e gr. 27,480 di peso, ciò che corrisponde per l'appunto al quintuplo del- l'aureo dei regni di Caro, Carino e Numeriano. Anche un altro medaglione d'oro di Carino solo, dev'essere un quinio. Il senio, sestuplo dell' aureo , si ha di Gallieno , di Massimiano Ercole e di Galerio. 92 FEDERICO KENNER I multipli maggiori in oro sono scarsi. Un doppio qua- terniOj o pezzo di 8 aurei, si ha di Severo Alessandro. Anche due medaglioni d'oro di Diocleziano hanno proba- bilmente il valore di 8 aurei. L'unico pezzo conosciuto del III secolo di 20 aurei, è il medaglione di Gallieno pubblicato dal Tanini nel sup- plemento al Banduri. Questo nummus mole et typo conspi- cuus pesa circa 100 grammi e corrisponderebbe quindi a 20 aurei da 5 grammi. Sorvoliamo sui medaglioni d' oro del IV secolo , perchè nessuno ne contrasta il carattere monetario. I medaglioni che ho ricordati teste, stanno sempre in una stretta relazione colla moneta semplice d'oro corrente ; anzi nella loro forma inferiore, il binio, costituiscono una vera moneta, distinta per la corona radiata, la qual moneta venne introdotta da Caracalla e continuata da' suoi succes- sori Severo Alessandro, Gordiano, Filippo e Traiano Decio. La sola comparsa di questi doppi pezzi decide la questione se fossero medaglie o monete, a favore di quest'ultima ipo- tesi. Né meno evidente è il nesso fra la diminuzione del peso effettivo della moneta semplice d'oro durante il corso del secolo III, e la diminuzione dei medaglioni d'oro con- temporanei. Mentre il quaiernio di Augusto presuppone una moneta semplice d'oro di grammi 8,37, il hinio di Severo Alessandro non accenna più che ad un peso effettivo, per la moneta semplice d'oro, di gr. 6,354, quello di Gordiano III a gr. 5,125, quello di Treboniano Gallo a gr. 6,845. Altrettanto si dica dei multipli superiori. Da Gallieno in poi essi rivelano nel loro peso quella stessa irregolarità che si riscontra nella moneta corrente di quell'epoca ; è sempre la coniazione disordinata di quel tempo, in cui l'oro non si contava più ma si pesava. Le gradazioni di peso dei medaglioni sono espresse in modo facilmente ri- conoscibile, per mezzo dei diametri; da Caracalla a Decio, il binio ha il diametro di 23 a 22 millimetri ; dopo Decio. di 22 a 21, quantunque il peso fosse diminuito della metà, anzi di due terzi. Anche i multipli superiori si distinguono pel diametro ; i multipli inferiori poi sono caratterizzati IL MEDAGLIONE ROMANO 93 dalla corona radiata e quelli superiori dalla corona d'al- loro. Tutte queste circostanze rivelano chiaramente l'in- tenzione di distinguere i multipli secondo il loro valore, ciò clxe non avrebbe nessun motivo d'essere, se non fossero stati monete correnti. I medaglioni d'oro recano poi all'esergo il nome della zecca, precisamente come la moneta corrente, incominciando dall'epoca in cui viene introdotto tale uso per questa. La conclusione die i medaglioni d'oro formano parte della moneta corrente, viene infine confermata pienamente dal noto passo della Historia Augusta, nella Vita Severi Alexandri. Vi si racconta clie questo imperatore aveva co- niato mezzi aurei e terzi di aureo, ma aveva posto fuori di corso le monete da 2, 3, 4 e dieci aurei, come pure quelle d'una libbra (da 50 aurei), e di due libbre (da 100 aurei) (1), che il suo predecessore Eliogabalo aveva inven- tate, e che da allora in poi furono considerate come me- tallo in verga (2). In questo passo si parla di conii ai quali noi diamo il nome di medaglioni; essi vengono chiamati formae^ cioè monete coniate, da 2, 3, 4 e più monete d'oro. Di tali gra- dazioni ve ne sono ancora moltissime altre, da ciò l'espres- sione : atque amplius ecc., precisamente come fra i meda- glioni abbiamo visto che vi sono biniones^ quaterniones, se- niones, ecc., fino a un multiplo di 20 volte l'unità monetaria. Si accenna poi, che le formae d'una libbra e di due libbre erano state inventate da Eliogabalo, mentre i multipli in- feriori, quelle hinariae^ ternariae, ecc., erano state emesse anche prima ; il testo concede questa interpretazione, e ci restano infatti dei biniones d'oro di Caracalla e dei quater- niones di Augusto e di Domiziano. Inoltre è indicato chia- ramente che erano monete in corso e veramente in usu, poiché (1) . . « Fonnas hinarias , ternarias et quaternarias et d^naricts eti'am atque amplius usque lihriles qitoque et centenarias ...» (2) . . « resolvi praecepit neqice in usu cujusquam versari atque ex eo his materiae nomen inditum est. ■» 94 FEDERICO KENNER in caso diverso non avrebbero potuto essere proibite e ri- tirate dalla circolazione, demonetizzate^ e ridotte ad essere considerate come oro in verghe. La questione adunque, se il medaglione d'oro fosse mo- neta medaglia, non può avere una soluzione dubbia ; il medaglione forma parte della moneta corrente ed è coniato a questo scopo. La formazione dei multipli invece non è in rapporto col sistema monetario e collo sviluppo di questo, ma bensi, come c'insegna l'esempio di Eliogabalo, dipende dall'arbitrio dell'imperatore, ed in altri casi dal bisogno e dalla oppor- tunità dell'epoca in cui tali multipli furono coniati. Lo sviluppo maggiore di questi multipli coincide coi regni di quegli imperatori che, o erano originari dell'Oriente e introdussero e fomentarono in Roma la cultura ed il lusso orientale, come Eliogabalo, e forse anche Caracalla e Se- vero Alessandro, oppure fecero ciò per motivi politici, come Gallieno, Diocleziano e Costantino il Grande. Se ne ha una conferma nei segni di zecca che si trovano sui medaglioni del IV secolo. Dei 69 pezzi, che sono descritti nella prima edizione del Cohen, cominciando col principio del regno di Diocleziano per giungere sino alla morte di Costanzo II, 51 sono usciti da zecche dell'Oriente, e soltanto 18 da zecche dell'Occidente. Se ne conchiude, e questa conclusione non è priva d'importanza pel presente studio, che il medaglione d'oro può essere considerato come un prodotto della cultura orientale. Le rappresentazioni figurate che si veggono sui meda- glioni d'oro, concernono quasi esclusivamente la persona dell'imperatore. Esse si riferiscono ai suoi Dei protettori, o contengono allusioni allegoriche a vittorie e conquiste, al valore dell'imperatore, alla concordia ed alla fedeltà dei soldati. Talora vi sono ricordate anche la Pace e la Libertà. Lo stesso si dica di alcune raffigurazioni quasi tipiche nella monetazione romana in certe occasioni, come per le nomine dei Cesari, gli approvvigionamenti di Roma, le elar- gizioni dell'imperatore al popolo. Talvolta, ma raramente, si trova anche l'allusione alla città di Roma ed alla venuta IL MEDAGLIONE ROMANO 95 dell'imperatore in Roma. Sono frequentissimi invece i casi in cui si ricorda il nuovo consolato, e le feste votive clie lo accompagnavano, la celebrazione delle ricorrenze quin- quennali o decennali di regno, colle relative allusioni alla Fortuna ed alla Felicità ; anzi, è da notarsi che in questi casi si hanno i multipli maggiori. Le feste imperiali erano quindi le precipue occasioni in cui si coniavano medaglioni d'oro. V. Il medaglione d'argento. Pei multipli in argento, i dati sul peso sono ancora più scarsi che pei medaglioni d'oro. Ciò si dica specialmente per quelli in pseudo-argento, del III secolo. I medaglioni d'argento si presentano come multipli di- versi del denarius. Di Augusto e Claudio abbiamo doppi denari, mentre i pezzi più grandi d'argento di Domiziano (Museo Britannico) sono da considerarsi , pel loro peso , come da 5 e da 8 denari {quiniones e doppi quatemiones). Altrettanto si dica, a giudicarne dalla grandezza, anche del medaglione di Giulia colla figura di Vesta (Cohen, 2.' ed., I, 467, 16). Al II secolo appartiene un multiplo d'argento di Traiano, ch'è un senio. Di Adriano si conoscono un ternio, due pezzi da sette denari, ed uno da 8 (doppio quaternio). Si hanno poi alcuni pezzi in rame che per il genere di lavoro e per altri motivi sembrano animae di medaglioni d'argento sub- erati , nno di essi è pure di Adriano, e per il peso (com- prendendovi la rivestitura) dovrebb'essere equivalente a 6 denari. Altri pezzi simili sono di Faustina juniore. Della stessa, come anche di Faustina seniore, e di M. Aurelio, si hanno animae di quìniones d'argento. Non si conosce il peso del medaglione d'argento di Lucio Vero colla Salute, coniato nell'anno 165, ma per la sua grandezza dovrebbe essere un quaternio (Cohen, 2." ed., Ili, 186, 166). 96 FEDERICO KENNER Nel III secolo si devono distinguere due serie di meda- glioni d'argento (e di pseudo-argento). I primi, meno nu- merosi, sono caratterizzati dalla varietà dei rovesci, mentre gli altri hanno sempre un solo rovescio rappresentante le tre Dee Monete. Per brevità chiameremo quelli: « medaglioni storici n, e questi: u medaglioni colle Dee Monete n, prin- cipiando ad esaminare questi ultimi. Essi incominciano sotto Caracalla, e, fino a Filippo in- clusive, recano al rovescio la leggenda: Aequitas Augusti (sui medaglioni delle imperatrici: Aequitas publica); da Treboniano Gallo sino a Galerio inclusive, la leggenda di solito è: Moneta Augusti (per le imperatrici, sempre: Aequitas publica). La rappresentazione del rovescio è costantemente quella ben conosciuta delle tre Dee Monete, ciascuna con cornucopia e bilancia, ed un mucchio di monete ai piedi. Siccome questi medaglioni cominciano a comparire sol- tanto verso la fine dell'epoca in cui si coniava ancora il u denaro n, cioè tra Caracalla e Massimino Trace, ve ne sono pochi che siano basati sul peso del u denaro n. Tut- tavia anche fra questi si trovano svariate gradazioni, da sei, sette, otto, nove, dieci ed undici denari (e verosimil- mente ve ne saranno stati anche da dodici). Assai più frequenti, fra i medaglioni colle Dee Monete, sono quelli basati sull' u antoniniano n. Essi pure presen- tano svariate gradazioni. Da Gordiano (1) in poi, ne troviamo uno del peso di tre antoniniani, dodici da 4, tredici da 6, quattordici da 6, cinque da 7, e finalmente tre da 8. Più in là, cioè del doppio quaternio^ non vanno. (1) Da Gallieno in poi, anche i medaglioni di bronzo rossiccio, collo Dee Monete, sono da considerarsi come medaglioni d'argento (ossia meda- glioni inargentati che abbiano perduto l'argentatura). Prima, sotto Geta, Eliogabalo, Severo Alessandro, Massimino Trace e Filippo, quando la mo- neta d'argento era migliore, e contemporaneamente la moneta divisionaria di rame era pure abbondante, vi orano medaglioni colle Dee Moneto, tanto in argento quanto in bronzo. Ma dacché la monetazione di ramo si fece scarsa, questi ultimi cessarono, IL MEDAGLIONE ROMANO 97 Dall' analogia nelle gradazioni di peso, si deduce una circostanza importante , cioè die evidentemente vi è una relazione fra i medaglioni colle Dee Monete coniati sulla base dell' antoniniano e quelli coniati sulla base del denaro. I pezzi più antichi da sei denari ed i più recenti da quattro antoniniani hanno un peso eguale di 20,4 grammi. Così pure i più antichi medaglioni delle Monete da nove e quelli più recenti da sei hanno l'egual peso di 30.6 grammi. Quelli più antichi da dodici, del peso normale di 40,8 grammi, corrispondono a quelli da otto più recenti. Non vi è dubbio, insomma, che colla formazione di questi multipli si vollero conservare nella nuova specie i pesi dei medaglioni anteriori, coniati sulla base del denaro. Invece dei multipli da 6, da 9, da 12 denari, se ne coniarono da 4 antoniniani, da 6, da 8. Questa relazione fra le due specie del medaglione d'argento colle Dee Monete, forma uno dei suoi caratteri più importanti. Non meno importante è poi la sua stretta relazione colla moneta corrente d'argento del III secolo. II medaglione colle Dee Monete, sotto la tetrarchia di Diocleziano, non si distingue menomamente dai medaglioni della stessa sorta che lo avevano preceduto. Le sue grada- zioni di peso corrispondono a quelle analoghe dell'epoca dell' antoniniano. Ora, fra il 296 ed il 300, Diocleziano aveva riordinato la moneta di rame sbiancato, creando per essa una nuova unità monetaria, il follis da 10 grammi : e le gradazioni di peso dei medaglioni colle Dee Monete non si accordano in nessun modo con questa nuova unità ; come pure , su tali meda- glioni, non si veggono segni di zecca, mentre si veggono sul follis ; infine, dopo l'introduzione di questo, ricompare sulle monete correnti di bronzo la raffigurazione, da lungo tempo disusata, della Moneta, colla nuova leggenda : sacra MONETA AVGG . ET CAESS . NN. Se ns può conchiuderc con tutta sicurezza, che la coniazione dei medaglioni colle Dee Mo- nete era cessata prima dell'introduzione del follis. E in- fatti, dopo l'anno 300, non se ne trova che qualcuno, e, senza eccezione, di rame. i3 08 FEDERICO KEMNER Se consideriamo quindi tutte queste circostanze, vediamo die il medaglione colle Dee Monete è intimamente colle- gato alla monetazione corrente ; non vi è dubbio alcuno clie tale medaglione sia stato emesso con tutti i requisiti necessari per la circolazione. E Mommsen infatti lo ha ri- conosciuto. Gli altri medaglioni d'argento del III secolo, che per brevità abbiamo chiamati a storici », compaiono dapprima numerosi sotto Settimio Severo, poi vanno diminuendo e cedono il campo al medaglione colle Dee Monete, battuto per la prima volta sotto Caracalla. Quanto ai loro pesi (per riferirmi agli esemplari del Gabi- netto di Vienna), trovo tra i medaglioni storici di Settimio Severo un quadruplo quaternio] di Giulia Mammea trovo un doppio quaternio. Cohen (2' ed., IV, 602) cita un doppio de- naro di Severo Alessandro con Orbiana e Mammea. Ricorderò anche il raro medaglione d'argento fino, dell'imperatore Probo, che pel suo peso di 19,9 grammi rappresenta il sestuplo di un denaro da gr. 3,3. I multipli di epoca posteriore, che per il tempo in cui furono emessi devono essere coniati sulla base dell'antoniniano, sono doppi, quintupli, sestupli, da 7, da 8, da 10 e da 12 antoniniani. Vi riscontriamo quindi varii pesi e varii multipli analoghi a quelli dei me- daglioni colle Dee Monete , soltanto colla differenza , che il medaglione storico oltrepassa il multiplo da 8 unità. Ho detto che il medaglione storico va cedendo il campo a quello colle Dee Monete. Questo fatto si può riscontrare sin dai tempi di Caracalla e di Severo Alessandro; nell'in- tervallo fra Gordiano e Floriano si può già calcolare che due terzi di tutti i multipli in argento siano medaglioni colle Dee Monete. Un'eccezione si ha forse soltanto sotto Gallieno, che prediligeva i multipli in tutti i metalli: du- rante il suo regno, i medaglioni storici sono altrettanto numerosi di quelli colle Dee Monete. Invece sotto Probo e Caro, il medaglione storico va scomparendo, e ai tempi della tetrarchia è veramente scomparso, ed ha ceduto il posto al medaglione colle Dee Monete. Se ne deduce che entrambe le specie non sono altro fuorché la manifesta- IL MEDAGLIONE ROMANO 99 zione diversa di una cosa medesima, e corrispondono allo stato florido e alla decadenza dell'antica cultura. Ciò si spiega benissimo anche sotto il riguardo della storia dell'arte. Dalla metà del III secolo in poi, le facoltà artistiche vanno indebolendosi. Le rappresentazioni nuove divengono sempre più rare sui medaglioni, ove si veggono ripetuti invece quasi sempre i vecchi tipi della Felicitas, Pax, Salus, Victoria, Virius. Inoltre, per la brevità e fu- gacità stessa dei regni, doveva mancare il tempo neces- sario per preparare un numero sufficiente di conii ; e, date queste circostanze, era un espediente comodissimo quello di porre nei rovesci la Moneta Angusti. Esso era un tipo che si adattava a tutte le occasioni in cui si usava di di- stribuire medaglioni; se ne potevano preparare in antece- denza quanti conii si desiderava, colla possibilità di farne uso anche se intanto fosse accaduto più d'un cambiamento nella persona dell'imperatore; di nuovo non vi era da fare, in tal caso, che il solo diritto. E appunto in quel tempo in cui il medaglione colle Dee Monete prende il sopravvento e finisce col dominare esclusivamente, si verifica una modificazione notevolissima nel diritto dei medaglioni. Essa consiste nell' aggiungere all'effigie dell'imperatore alcuni accessorii che costituiscono altrettanti segni distintivi, destinati a surrogare l'antece- dente varietà dei rovesci. Questi accessorii compaiono già sotto Severo Alessandro e Gordiano III, poi sotto Trebo- niano Gallo e Gallieno, e specialmente sotto Probo. L'im- peratore vien rappresentato in costume militare, con elmo, scudo , asta e spada , tenendo per la briglia il destriero ; oppure in veste ricamata, collo scettro sormontato dal- l' aquila e tenendo un globo con una vittoria. È da notarsi specialmente lo scudo ; su di questo noi vediamo spesso, in proporzioni ridotte, quelle medesime rappresen- tazioni che prima occupavano il rovescio dei medaglioni, e portavano le leggende: virtvs avgvsti, adventvs oppure PROFECTio AVGVSTI VICTORIA AVGVSTI. Questa circostanza, al- lusiva certamente alle occasioni in cui venivano coniati quei medaglioni, ci mostra a chiare note il passaggio 100 FEDERICO KENNER dall'una all'altra sorta di medaglioni d'argento, o meglio la commistione di entrambe in una specie sola. Già questo sintomo basterebbe a rivelarci la loro eguaglianza antece- dente, poiché non si possono unificare fra loro fuorcbè due specie eguali di monete. Infatti abbiamo visto cbe le stesse gradazioni di peso si trovano tra i medaglioni sto- rici come fra quelli colle Dee Monete. Non vi è quindi alcun motivo di dire che i medaglioni storici d'argento e di biglione del III secolo erano soltanto medaglie, mentre quelli colle Dee Monete erano multipli della moneta cor- rente. Piuttosto, ciò che si dice di questi si deve dire anche di quelli ; entrambi non sono altro che una forma diversa della stessa moneta d'occasione, ed entrambi ave- vano tutti i requisiti necessari per la circolazione. Quanto, infine, ai medaglioni d'argento del IV secolo, che furono coniati incominciando dai tempi di Licinio, e specialmente durante i regni di Costantino il Grande e de' suoi figli, possiamo astenerci dal parlarne, perchè è noto che essi erano i multipli della moneta corrente con- temporanea, e lo stesso Cohen lo ha riconosciuto. Il medaglione d'argento ed il medaglione d'oro hanno più d'un carattere comune fra loro. Prescindendo dai pezzi piuttosto numerosi, coniati nell'Asia Minore, che escono dal campo di questo nostro studio, osserviamo che nel I e II secolo i medaglioni d'argento sono bensi alquanto più comuni di quelli d'oro, ma rimangono pur sempre scarsi; Domiziano ed Adriano soltanto coniarono contemporanea- mente diversi multipli del denaro. Invece nel III secolo la coniazione dei medaglioni diventa più abbondante e svariata. Cominciano a comparire fre- quenti sotto Settimio Severo, poi prendono un deciso sviluppo sotto Caracalla, essendoché questo imperatore introduce stabilmente, tanto per l'oro quanto per l'argento, il pezzo doppio, e, durante il regno di lui e de' suoi successori, i multipli superiori si coniano in Roma stessa. Severo Ales- sandro e Gallieno ci offrono una ricca serie di medaglioni d'argento, come di medaglioni d'oro, e non solo ne conia- rono una gran quantità, ma anche i multipli maggiori; al i IL MEDAGLIONE ROMANO 101 regno del primo appartiene un pezzo da 16 denari, a quello del secondo un antoniniano decuplo; oltre a questi si ha un pezzo da 12 unità di Numeriano. Si può dir quindi, anche pel medaglione d'argento, ciò che si è detto per quello d'oro, poiché entrambi ci mo- strano un notevole sviluppo sotto gli stessi regni del III se- colo. Anche il medaglione d' argento si rivela di origine orientale ; infatti fra le monete multiple di argento del IV secolo ne troviamo un maggior numero di zecca orien- tale che di zecca occidentale, se anche il rapporto reciproco non è cosi sproporzionato come pel medaglione d'oro (1). Anche nella gradazione dei pesi, il medaglione d'argento presenta analogia con quello d'oro. Come, per questo, il multiplo da sei è il limite ordinario, cosi il multiplo da otto è il limite ordinario pel medaglione d'argento. Vi è tuttavia una particolarità che si riscontra nel me- daglione d'argento (e più ancora in quello di bronzo), e invece soltanto raramente e tardi in quello d'oro, vale a dire la formazione di multipli dispari. Domiziano ne aveva già coniato da 5 denari, sotto Adriano ne compaiono da 3 e da 7, sotto Severo Alessandro da 9 denari. Anzi, quando r antoniniano diventa l' unità , i multipli da 6 e da 7 sono assai più numerosi di quelli da 4 e da 6. Probabil- mente questa particolarità ripete la sua origine dall'in- tenzione di equiparare questi multipli a quelli anteriori che avevano per base il denaro ; lo si è visto già pei me- daglioni colle Dee Monete, ed è probabile che accadesse altrettanto anche per gli altri medaglioni; pel I e pel II secolo questo motivo non regge, ed è piuttosto da supporsi che la formazione di multipli dispari sia dovuta all'in- fluenza esercitata sul medaglione d'argento dal medaglione di bronzo e dalla moneta pesante senatoriale, di cui parle- remo fra poco. Le rappresentazioni di quei medaglioni d'argento ch-e (1) Noi modo già accennato, mi risultano, pei medaglioni d'argento, 42 di zecche orientali, 33 di zecche occidentali. F. K. 102 F. KENNER - IL MEDAGLIONE ROMANO abbiamo chiamati storici, sono affatto analoghe a quelle che si veggono sui medaglioni d'oro, talché non occorre insistervi. Più importante è, nel III secolo, il numero cre- scente dei medaglioni goìV Aequiias e colla Moneta. In altra sede(l) ho cercato di dimostrare che essi sono l'espressione figurata delle elargizioni che l'imperatore faceva al popolo in natura ed in danaro. La prevalenza di questa rappre- sentazione nel medaglione d'argento del ITI secolo, do- vrebb'essere un accenno al vero scopo dei medaglioni. IJ Aequitas e la Moneta^ che rappresentano la giustizia e l'abbondanza nelle liberalità, erano egregiamente adatte a figurare su quelle monete che l'imperatore distribuiva in occasioni solenni; beninteso non si deve intendere con ciò che le grandi elargizioni al popolo od ai poveri venis- sero fatte in medaglioni; questi erano riservati ai doni particolari. Ed anche questa è un'altra analogia fra i me- daglioni d'argento e quelli d'oro, perchè nella Historia Augusta si parla espressamente delle monete multiple d'oro di Eliogabalo, le quali servivano ai doni particolari del- l'imperatore. fContinua). rEDERico Kenner. (1) Nuììiismaitsche Zdtschrift, voi. XVIII (1886). VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI Col presente fascicolo della Rivista intrapren- diamo la pubblicazione di una serie biografica, destinata a ricordare gì' iniziatori ed i cultori piti chiari della scienza numismatica nel nostro paese, incominciando dal sommo Muratori. La compilazione di queste Vite è affidata al- l' egr. Prof. Costantino Lappi; e ci proponiamo di dare, in ciascun fascicolo, una di tali biografie, corredata da un ritratto. I. LODOVICO ANTONIO MURATORI Lodovico Antonio Muratori nacque in Vignola nel mode- nese ni ottobre 1672, da Francesco Muratori e Giovanna Altimani, in una casetta prossima al Castello, al cui piede scorre la fresca onda del Panaro. Fanciullo e povero fu accolto nella scuola di un maestro di buon cuore, die lo accettò gratuitamente fra' suoi discepoli. Fin da quei primi anni diedesi agli esercizi religiosi, e vesti l'abito clericale. Toccati i tredici anni, cioè nell'autunno del 1685, trasferito a Modena, attese agli studi filosofici e legali nella scuola de' Gesuiti, sotto la disciplina del padre Giandomenico Guidotti, ov'ebbe a maestri nelle leggi civili e canoniclie Girolamo Ponziani, e nella teologia morale Giuliano Cassiani. Parve nel 1693 volesse dedicarsi tutto all'amena letteratura, al quale scopo studiò la lingua greca rivolgendo altresì le sue cure all'ebraica, e alle lingue viventi, cioè alla spa- gnuola, alla francese ed alla inglese. Non pago di ciò estese la sua prodigiosa attività alla diplomatica, alle an- ticbità del medio evo, all'erudizione sacra, alla lettura dei Santi Padri e de' Concilii sotto la guida del padre Bene- detto Bacchini, abate cassinese. Né sterili furono questi suoi studi, come e' insegna il lungo elenco delle opere da lui date alle stampe. Fregiato della laurea dottorale nell'Università della sua patria, 16 dicembre 1694, in- '4 106 e. LUPPi traprese la pratica legale sotto gli auspici del dottor Nicolò Santi, trovando tuttavia il tempo d'esercitarsi nel decifrare le antiche pergamene dell'archivio della cattedrale modenese. Fatta conoscenza col marchese Gian Gioseffo Orsi bolo- gnese e coi fratelli Francesco e Giberto Marsigli, il primo de' quali divenne poi vescovo di Perugia, ed il secondo, salito all'onore cardinalizio, fu creato vescovo di Novara, a loro persuasione accolse l'invito del conte Carlo Borromeo di Milano, che lo chiamò a sedere fra i dottori dell'Ambrosiana. Recatosi pertanto nella capitale lombarda nei primi giorni del febbraio 1695, quivi fu ordinato sacerdote il 24 settem- bre di quello stesso anno. Nell'Ambrosiana nulla lasciò di inesplorato. Codici, antiche pergamene, cronache, documenti d'ogni genere furono oggetto delle sue indagini e delle sue pubblicazioni. Per tal modo ingrandivasi la sua fama e spargevasi per tutta la colta Europa, acquistandogli l'am- mirazione e l'amicizia degli uomini più illustri per dottrina si italiani che stranieri. Tenne viva corrispondenza coi più dotti del suo tempo, fra i nostri, col Noris, col Bianchini, col Ciampini, col Magliabechi, e fra gli estrani, col Mabillon, col Montfaucon, col Papebrochio. Cinque anni sedette all'Am- brosiana, frequentando pure le più accreditate Accademie che allora fiorivano in Milano, ed in ispecie quella istituita per di lui impulso nella casa Borromeo, quando all'esordire del 1700 il Duca di Modena, Rinaldo I d'Este, lo richiamò in patria eleggendolo suo archivista e bibliotecario. Ubbidì il Muratori e nell'agosto di quell'anno lasciò Milano e ri- tornò a Modena, applicando d'allora in poi il suo ingegno e la sua penna a difesa ed a lustro del suo Principe. Pose tosto mano all'ordinamento dell'archivio ducale, ed aspor- tato questo da Modena per sottrarlo alle spogliazioni a cagione della guerra coi francesi nel 1702, non rifuggi dalla SrAa.KTuJATI tnt. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 109 fatica del suo nuovo riordiuamento nel 1705. In mezzo alle sue continue elucubrazioni, ricevette di buon grado dal Duca anclie l'incarico dell'educazione de' suoi figli, nel 1711, ne mai si mosse dalla patria, salvo che nell' autunno degli anni 1714-15, e nella primavera del 1716, perchè dal Duca stesso, e per incarico di Giorgio I re d'Inghilterra, fu spedito in compagnia del dottor Ercole Gherardi a ri- cercare ne' più celebrati archivi e nelle biblioteche della penisola notizie e documenti onde scoprire ed illustrare 1' origine comune delle due nobilissime prosapie degli Estensi in Italia, e dei Brunswick di Germania e d'Inghil- terra. Fu in questa occasione che il Muratori potè raccogliere quell'immensa congerie di documenti, di cronache e di mo- numenti, che poscia da lui ordinati, commentati e illustrati costituiscono l'opera cui va in principal modo debitore della sua rinomanza, e della gratitudine perenne di tutti gl'Ita- liani. Di ritorno dalla sua dotta peregrinazione in Italia, toccando il quarantaquattresimo anno di sua età, gli fu dal Duca conferito il priorato di Sant'Agnese di Ferrara, e la prepositura di Santa Maria Pomposa di Modena. Ciò valse ad accendere maggiormente nel Muratori le più belle virtù. Persuaso che la sua nuova condizione gl'imponesse mag- giori doveri, e trovandosi anche più ricco di mezzi, fa sua gioia della benefi.cenza ; per sua iniziativa, e per l'aiuto di altri caritatevoli personaggi, viene istituito in Modena il Monte dì pietà pei poveri ; colle elemosine somministra le medicine agli ammalati, solleva gli indigenti, dota le figlie oneste de' poveri ; visita i carcerati, predica e catechizza nella sua chiesa ; consola gli sventurati ovunque li trova. Esausto da tante fatiche s'ammala, 1720 ; ma ricuperata dopo alcuni mesi la salute, riprende i suoi lavori, 1721-22, raccoglie nuovi e preziosi materiali per l'illustrazione delle 110 e. Lurpi epoclie meno conosciute della storia nazionale e comincia la stampa dell'opera immensa de' Rerum italicarum scripiores dedicata all'imperatore Carlo VI, col concorso generoso di dodici nobili patrizi, nella tipografìa del Palazzo ducale, 1723. La stampa di quest'opera durò vent'anni, ma non im- pedi al Muratori di attendere nel frattempo alla pubblica- zione d'altre opere minori. Trascorsi dieci anni di quell'im- mane fatica, affranto il corpo, ed impedito di adempiere col- l'usato zelo ai suoi doveri di Parroco, dietro anclie il consiglio dei medici, affidò la cura della parrocchia a Gian Francesco Soli Muratori, suo nipote, 1733. Trovandosi alquanto più libero, nel 1738 pose mano a pubblicare anche le Antiqui- tates italicce medii cevi, altra opera colossale, e riputata il suo capolavoro. Giunto all'anno settantesimo secondo di sua età, 1744, non ancora esausta la sua prodigiosa attività dona all'Italia i suoi Annali che sono tuttora l'unica storia nazionale completa, e neppure questo fu l'ultimo de' suoi lavori, poiché altri gli fecero seguito nei cinque anni che ancor gli durò la vita. A settantasette anni un fiero colpo di paralisia tolse a quest'uomo prodigioso, prima la luce degli occhi, 4 dicembre 1749, indi la vita, tra le braccia del nipote Gian Francesco, 23 gennaio 1760. Il Tiraboschi, il Maffei e il Gaddi (1) ci diedero il ca- talogo cronologico di tutte le opere del sommo scrittore, le quali salgono a 68, comprese in 124 volumi. Da quel lungo elenco desumesi la mirabile attività del Muratori, e com'egli continuasse a dotare la patria di (1) Nella solenne inaugurazione della statua a Lodovico Antonio Mura- tori. Prose e versi. Modena, 1853; in 4.° Pag. 23. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI HI opere preziose, fino agli ultimi giorni della sua vita, talché anche a lui, sotto questo rispetto, potrebbesi attribuire l'e- logio inciso in una medaglia dedicata ad un altro suo grande coetaneo ed amico, il dotto e famoso bibliotecario Antonio Magliabechi, IS UNUS BIBLIOTHECA MAGNA. (1) Di tante opere però quelle che più direttamente interessano i nostri studii sono la Dissertatio de moneta sive de jure condendi nummos, e l'altra : De diversis jpecunice generibus quce ajpud veteres in usu faere (ambedue inserte nel vo- lume II. delle sue Antiquitates italicce medii cevi). — Nella prima di queste dissertazioni l'Autore riassumendo i lavori del Panvinio, del Ciacconio, del Fioravanti, del Le Blanc, del Vergara , e di quanti altri lo precedettero in questo arringo, offre un vasto quadro delle zecche e delle monete italiane conosciute fino al suo tempo, fra le quali trovano più largo posto gli antiquiores dei romani Pontefici, le mo- nete di Pavia e di Milano , indi quelle di Benevento , di Lucca, di Napoli , di Venezia, di Bologna , quelle de' Pa- triarchi d'Aquileja , ed altre. — Nella seconda raccoglie una preziosa serie di documenti, che si estendono dal prin- cipio del secolo Vili, alla fine del XIII, illustranti le mo- nete in corso in quel lasso di tempo in Italia. C. Luppi. (1) Questa iscrizione è l'anagramma di ANTONI QS MAGLIABECHIUS. Qm&MMGM NECROLOGIE BARTOLOMEO CECCHETTI. Inaspettata e doppiamente dolorosa ci giunge da Venezia la notizia della morte immatura di Bartolomeo Cecclietti, il valente paleografo clie dirigeva quell'insigne Archivio di Stato e lo illustrava con amore pari alla dottrina. Ap- passionatissimo anclie della numismatica patria, egli pub- blicò il Sommario della nummografia veneziana fino alla caduta della Repubblica (in collaborazione con Vincenzo Padovan), ed altri lavori affini, dei quali fa menzione lo stesso signor Padovan in un cenno bibliografico che i lettori troveranno più innanzi, e che ci era stato trasmesso pochi giorni prima della infausta notizia. Bartolomeo Gecchetti aveva compiuto da poco il BO" anno, e la sua precoce dipartita lascia un sincero rimpianto fra gli studiosi. i5 114 CRONACA RENIER CHALON. La numismatica belga deplora la perdita del decano fra' suoi cultori, Renier Chalon, già presidente di quella Società, e per lunghi anni direttore della Revue Belge. Al Sig. Chalon si devono moltissimi scritti numismatici, disseminati per la maggior parte nel periodico da lui di- retto, e due monografie: Recherches sur les monnaies des Comtes de Hainaut (1848). — Recherches sur le monnaies des Comtes de Naìnur (1860). Egli si occupò anche di numismatica italiana, pubbli- cando varie nostre monete medioevali e moderne (1). Il Sig. Chalon era nato a Mons nell'Hainaut, il 4 di- cembre 1802. (1) Apparfconouti allo zecche di Camerino, Casale, Carreggio, Desana, Fano, Firenze, Gubbio, Maccagno, Malta, Messerano, Monaco, Montalcino, Perugia, Eavenna, Reggio d'Emilia, Rimini, Ronciglione, San Marino, Ta- gliacozzo, Tassarolo e Viterbo. — Veggansi specialmente le Curiosités numismatiques del Sig. Chalon, in varie annate della Revue Belge. BIBLIOGRAFIA LIBEI NUOVI. Gnccclii Francesco ed Ercole. — Saggio di Bibliografìa numis- matica delle Zecche italiane medioevali e moderne. Milano , Tip. Cogliati, 1889. — (Un bel volume in 8" gr., di pag. XXI468). Gli Autori di questo Saggio^ oltre ad essersi già fatto un nome assai distinto fra i numismatici italiani della giovane generazione, sono anche assidui collaboratori della presente Rivista ; siamo quindi in obbligo di attenerci alla maggior imparzialità nel discorrere dei loro scritti, come pure di non esaminarli con quella indulgenza che sarebbe fuor di luogo quando si tratta, come in questo caso, di scrittori cosi favorevolmente conosciuti. Ciò posto, ci affrettiamo a dire che il nuovo libro dei fratelli Gnecchi, tanto atteso dagli studiosi, è degno vera- mente d'encomio pel concetto a cui s'informa ed in parte anche per l'utilità pratica ; per quanto invece si riferisce all'esecuzione, allo svolgimento ed ai particolari dell'opera, vi ravvisiamo alcune mende ed imperfezioni che segnale- remo con tutta franchezza. I nostri appunti, tuttavia, dobbiamo dichiararlo, si diri- geranno ai metodi seguiti nella disposizione dell'opera, piuttosto che alle eventuali omissioni od inesattezze ; in primo luogo perchè lasciamo questo compito agli specialisti delle singole zecche, i quali sono meglio in grado di adem- piervi, poi perchè la diligenza degli Autori nello spoglio bibliografico si appalesa grandissima, e le lacune e gli er- rori che vi si potranno riscontrare non saranno certamente che d'importanza secondaria. 116 CRONACA È bensì vero che gli Autori, prevenendo, com'essi dicono nella prefazione, i giudizi dei lettori, intitolarono Saggio il loro libro, ed anzi, troppo modestamente, aggiungono cbe lo considerano come « una semplice bozza di stampa n per una seconda edizione accresciuta e corretta ; ma la mole di questo Saggio, il lungo periodo della sua prepara- zione, l'apparato stesso tipografico, gli contrastano tale ca- rattere, per restituirgli quello di un'opera largamente dise- gnata, in cui gli Autori hanno radunato e vagliato tutti i materiali che riuscirono a raccogliere, coll'intenzione ma- nifesta, e pienamente commendevole d'altronde, di far cosa completa o che si avvicinasse possibilmente ad esserlo. Non è quindi alla stregua di un Saggio che quest'opera dev'essere giudicata, ma piuttosto come prima edizione di un lavoro che per la stessa sua natura è bensì destinato poi a migliorarsi ed accrescersi notevolmente, ma che già ora, sotto questa prima forma, si prefigge di adempiere ad una funzione, di tendere ad uno scopo ben determinato : quello di servire da Manuale bibliografico per la numismatica italiana medioevale e moderna. Considerato sotto questo aspetto, che implicitamente, ed anzi anche esplicitamente, gli è riconosciuto dagli stessi Autori, il libro dei fratelli G-necchi ci presenta anzitutto il pregio pratico di aver mantenuto l'ordine alfabetico delle zecche, come fece il Promis per le sue Tavole sinottiche. Qualunque altro ordinamento infatti, geografico o cronolo- gico, avrebbe richiesto troppo spesso il sussidio dell'indice alfabetico per facilitare le ricerche. Ma questa lode di aver conservato l'ordine alfabetico, non possiamo più tributarla per l'elenco delle opere aggruppate sotto ciascuna zecca. Qui, ci sembra, si doveva seguire un ordine affatto diverso, registrare cioè i libri in ordine di- gradante d'importanza relativa, dimodoché a colpo d'occhio si potesse sapere quali siano le opere da consultarsi anzi- tutto circa quella data zecca. Quest'ordine non potrebbe essere naturalmente che approssimativo, ma sarebbe pur sempre una guida utile, in ispecie pel principiante, che ora deve andar tentoni e scegliere fra libri a lui scono- BIBLIOGRAFIA 117 soniti, i quali spesso non rivelano la loro importanza nel titolo, oppure traggono in inganno sul loro valore scien- tifico. Non sappiamo anzi comprender bene a quale scopo pra- tico possa servire l'attuale ordine alfabetico dei libri citati sotto le rispettive zecche ; perchè ben di rado, crediamo, occorrerà ad un numismatico di dover cercare (ed anzi di dover cercare in tutta fretta, giacché con un po' d'agio ne verrebbe tosto a capo egualmente) se un dato autore si sia occupato di una data zecca. Sempre più utile dell'ordina- mento alfabetico sarebbe stato, in ogni caso, l'ordinamento cronologico delle opere, che ci avrebbe dato quasi una vera storia della illustrazione di ciascuna zecca ; col vantaggio anche di poter discernere a prima vista quali siano le opere più antiche e quali le più recenti, per poter consultare le une oppure le altre, a seconda degli scopi. Il Barclay V. Head, per le varie sezioni della sua Historia Numorum, si è accostato appunto a questo sistema. Colla disposizione alfabetica, invece, le opere di data antica e quelle di data moderna si trovano necessariamente frammischiate, e tal- volta accade che l'elenco incominci con un articolo recen- tissimo di rivista, per terminare con un autore del secolo scorso, dopo molte alternative le quali non possono che ge- nerare confusione ed incertezza. Questo , a parer nostro, è uno dei maggiori difetti del libro, ma è un difetto che è facilissimo di correggere in una seconda edizione. Prima di lasciare quest'argomento , aggiungeremo che qualche breve noticina , almeno alle opere principali , avrebbe potuto sostituire in parte l'ordinamento secondo importanza, da noi proposto. Gli egregi Autori potevano prendere esempio, nelle linee generali, dal recente e prege- volissimo Rèpertoire des sources imprimées de lo, Numisma- tique fraìigaise^ di Engel e Serruro, che se pecca, è per il difetto opposto, ossia per l'eccessiva sovrabbondanza delle note e dei giudizi. In tutto il grosso volume dei fratelli Gnecchi, al contrario, le note ai libri si riducono a tre o quattro, e non si pronuncia che una sola volta un laconico 118 CRONACA giudizio , a proposito del Cinagli, di cui si dice : u L'o- u pera più completa sulla numismatica pontifìcia. Dà u la descrizione di n. 7597 monete, dal principio della u zecca pontificia fino all'anno 1847. n E questo giudizio non accompagna la citazione del libro alla voce Roma, cioè al suo posto naturale, ma si trova invece nella parte seconda, dove il Cinagli è ripetuto fra le Opere numisma- tiche in genere^ con quella noticina, forse perchè gli Au- tori avvertirono essi stessi l'inconveniente che quell' opera capitale avesse potuto, per la modestia del suo titolo, pas- sare inosservata o rimanere quasi perduta frammezzo alle altre 120 pubblicazioni, di 92 autori diversi, citate sotto la zecca di Roma. Giacché poi ci viene il destro incidentalmente di parlare di quell'elenco di Opere numismoMche in genere, ripetiamo anche per esso il desiderio ohe, abbandonato l'ordine alfa- betico, i copiosi e svariati materiali di cui l'elenco si com- pone vengano divisi e raggruppati secondo la loro indole od affinità, come nel Répertoire sovraccennato, o disposti secondo l'importanza scientifica o l'ordine cronologico, come, in germe, nel Vade-Mecuni del raccoglitore di monete ita- liane^ di Bazzi e Santoni, e già antecedentemente neW Elenco delle zecche d'Italia dal Medio Evo insino a noi , del Muoni. Parlato cosi dell'ordinamento dei materiali nel libro, dob- biamo fare un appunto sul modo in cui le zecche ci ven- gono presentate. Gli Autori hanno fatto precedere per ognuna di esse, al rispettivo elenco bibliografico, un cenno storico, che comprende u brevi notizie relative special- u mente alla storia monetaria, ai privilegi di zecca, ecc. u Questi cenni storici n — dicono gli Autori — « non ab- « bracciano solo l'epoca, in cui quella zecca ha lavorato, u ma anche il periodo anteriore e posteriore a quella. « Ciò facemmo anzitutto per dare in succinto la storia com- u pietà delle varie dominazioni succedutesi nelle diverse u località ; poi perchè si riscontrano qua e là nomi di u principi o di governi autonomi, dei quali non si cono- u scono ancora monete , quantunque non sia improbabile BIBLIOGRAFIA 119 a che ne abbiano battute, e cbe si possano un giorno rin- u venire, n Scbiettamente, a noi sembra che questi cenni sto- rici costituiscano in parte un fuor d'opera superfluo, e in ogni caso abbiano bisogno di essere modificati radical- mente in una seconda edizione. Ed eccone i motivi. Anzitutto, in ispecie per lo sviluppo eccessivo della parte puramente storica, questi cenni contrastano collo scopo pra- tico dell'opera, ch'è la ricerca bibliografica, per tacere che ne accrescono senza necessità la mole. Poi, fra le notizie sto- riche, se ne potevano omettere molte che sono di assai dubbio interesse, anche prescindendo dalla considerazione che, in questi tempi di specializzazione, le notizie storiche non si attingono da un repertorio numismatico. Infine, se colla storia si voleva risalire ad epoche anteriori alla fondazione delle zecche medioevali, si poteva almeno (e sarebbe stato naturalissimo) far cenno delle rispettive monete antiche, romane, greche, umbre, etrusche, puniche, quante volte se ne presentasse l'occasione, il che accadeva ad ogni pie so- spinto. Invece gli Autori si limitarono a poche righe su quest'argomento, per la sola Roma, ed a poche parole per Milano e Ravenna. In una seconda edizione, adunque, si potrebbe forse ar- ricchire con questi nuovi elementi i cenni storico-numisma- tici, che ora del resto, per lo più, nella parte strettamente numismatica, non ci danno altre notizie fuorché quelle contenute nelle Tavole sinottiche del Promis. Contempo- raneamente però, bisognerebbe sfrondare i cenni di tutto ciò che hanno di sovrabbondante nella parte storica, in quanto questa non abbia attinenza colle vicende monetarie. Per tal modo, riteniamo, i cenni storici, premessi con assai opportuno pensiero agli elenchi bibliografici, acquistereb- bero maggiore agilità e riuscirebbero di maggiore utilità ed interesse. Innanzi di chiudere questa imperfetta recensione, ci sen- tiamo in dovere di ripetere per parte nostra, che l'opera dei fratelli Gnocchi, a malgrado dei molteplici difetti, non solo ci sembra notevolissima fra tanta penuria di buoni libri numismatici recenti in Italia, ma dotata anche di una vera 120 CRONACA e grande utilità pratica ; e questa verrà senza dubbio ri- conosciuta da tutti quei numismatici die non vorranno ri- maner privi di una nuova ed indispensabile pubblicazione, la quale, da un lato è opera originale, dall'altro è un pre- zioso e necessario complemento delle Tavole Sinottiche del Promis. -s S. A. Kn^cl et Serriire. — Bépertoire des sources imprimées de la Numismatique frangaise. Tome deuxième. Paris, Leroux, 1889. — (Un volume in 8' gr., di pag. 495). Nel fase. II della scorsa Annata abbiamo avuto occasione d'intrat- tenerci alquanto sul volume primo dell' accuratissimo lavoro dei Si- gnori Engel e Serrure. Abbiamo dato notizia, allora , del disegno e degl' intendimenti del- l'opera, che oggi si può dire compiuta con questo secondo volume, nel quale si continua l'elenco bibliografico per autori, rimasto inter- rotto alla lettera J, e si aggiungono gli scritti anonimi, le ordinanze monetarie, le gride, i ragguagli e le tariffe. 11 fascicolo supplementare, che vediamo annunciato, conterrà le cor- rezioni, le aggiunte, e l'indice alfabetico per materia, che formerà la parte quinta ed ultima dell'opera, e non la meno utile anzi necessaria. Così, dopo i recenti lavori del Cumont per il Belgio e del Delgado per la Spagna, anche la Francia per merito dei Sigg. Engel e Ser- rure, come l'Italia per merito dei Sigg. Gnocchi^, posseggono la loro Bibliografia numisìnatica speciale, S. A. Cccchetli B. — Bolle dei Dogi di Venezia, secoli XII al XVIII. Venezia, 1888, tipogr. Naratovich (1). Il chiarissimo direttore dell'Archivio di Stato in Venezia, sovr' intendente degli Archivi veneti, del quale sono ben noti il versatile sodo ingegno e la fenomenale operosità, (1) Questo cenno ci era pervenuto da pochi giorni, quando giunse im- provvisa la triste notizia della morte di Bartolomeo Cecchotti. (N. d. E.) BIBLIOGRAFIA 121 fra gl'innumeri suoi lavori scientifici, sino dal 1865, coi tipi del Naratovich, ne mise in luce uno sulle a bolle o sigilli pen- denti da atti dei dogi di Venezia, sul loro più antico uso, n ecc. Tornò più tardi al soggetto stesso {Autografi, bolle ed assise dei dogi di Venezia, 1881, tipi medesimi) ; ed ora non mai contento dell'opera propria e anelante indefessa- mente alla più possibile perfezione, lo fa per la terza volta con importanti addizioni ed accuratissimi emendamenti. Comincia il suo Album (tale il formato del nuovo libro) con la storia di quelle bolle, che sale « per quanto sap- piamo, alla metà del secolo XII, senza aver modo di sta- bilirne il primo uso, che probabilmente data dai primi anni del IX, quando, pel trasferimento della sede ducale in Rialto e per lo sviluppo dei rapporti diplomatici della Repubblica, si resero anche più frequenti le occasioni di corrispon- denze ufficiali, n Ne stende l'autore, colle piene cognizioni a lui proprie, una minutissima descrizione , sia della parte figurativa, sia delle scritte ; dice di qual materia fossero composte, come si legassero agli atti, e come man mano, col seguir dei tempi, si modificassero in ogni lor parte. Nulla vi è tra- sandato per un'amplissima illustrazione. La più antica bolla nota e recata è quella di Pietro Po- lani (anni 1131-1148), sulla cui autenticità l'autore giusta- mente fa però qualche appunto. Mancanti le altre di Do- menico Morosini (1148-1156), di Vitale Michiel II (1156- 1172), di Sebastiano Ziani (1172-1178), di Marino Zorzi (1311-1312), di Marco Corner (1365-1368) , di Michele Moro- sini (1382), e di Nicolò Dona (1618), la collezione va fino all'ultimo principe sotto cui si spense il dominio della Re- pubblica. È associata ad esse la bolla dell'm^^rr^^no, quella cioè che si usava dalla morte di un doge alla elezione del successore. Di queste bolle (79) sono allegati eziandio i disegni in eliotipia. Chiude l'autore il proprio studio con la serie cronologica dei suddetti dogi, da Paolo Lucio Anafesto (697) sino al cader del Manin (1797) ; compilazione esattissima dopo altre i6 122 CRONACA non immuni da errori già pubblicate ; e vi cita, doge per doge, le fonti autentiche che lo sovvennero all'uopo. Più che paziente e solerte si manifesta a chiunque questa sua aggiunta finale, non sempre agevole per disaccordo nei do- cumenti, dovuti certo ad eccezionali emergenze, a riguardi di situazione ed a cause straordinarie. La è invero una coscienziosa e preziosa monografia. V. Padovan. The Boillcian Library in i8S^-7. — A Report from the Lihrarian . puhUshed hy permission of the Curators. Oxford , . December 18S8. Questo rapporto è il primo di una serie che l'attuale Bibliotecario della Bodleiana, Sig. Edoardo B. Nicholson (assunto nel 1832), si pro- pone di pubblicare poi annualmente onde dare notizia dell'andamento della Biblioteca. Certo questa non è la sede opportuna per occuparci di quanto l'ac • curato rapporto del Sig. Nicholson riferisce riguardo alla storia, agli ampliamenti e ali" organizzazione dell' importantissima Biblioteca, la quale oggi conta poco meno ohe mezzo milione di volumi ed è ric- chissima di manoscritti. Ma può prender posto qui un cenno sull'an- nesso Gabinetto Numismatico, il quale per quanto importante, figu- rando come primo — almeno per numero — in Inghilterra dopo il Museo Britannico, è però pressoché sconosciuto da noi. Il Grabinetto Numismatico annesso alla B^dleiana ebbe umili ori- gini, come quasi sempre avviene; ma poi venne man mano accrescen- dosi per doni privati, — ometteremo qui la lunga lista dei donatori, come di poco interesse per noi — finche al giorno d' oggi le diverso serie numismatiche raggiungono la cospicua cifra di circa 50,000 pezzi ; nel qual numero però si deve ritenere compresa una enorme massa di duplicati, per essere questo G-abinetto l'aggregato di molte colle- zioni più meno importanti. — Il primo catalogo stampato data dal 1750 ; ma naturalmente la Collezione aveva allora una ben piccola importanza. Passò poi oltre un secolo prima che si pensasse a farne un secondo, gravi difficoltà essendo poste a tale impresa dai troppo stretti regolamenti , i quali vietano assolutamente che nella sala del medagliere possa entrare alcuna persona — fosse pure il direttore BIBLIOGRAFIA 123 del Gabinetto — senza essere accompagnato dal Bibliotecario o da uno dei due Sotto-bibliotecarii. In tali difficili condizioni fu redatto nel 1871 un nuovo ma compendioso catalogo dal Sig. Waux, il quale diede un numero totale di monete catalogate di 15,106 , e stimava che ve ne fossero altre 500 non peranco catalogate. In visite succes- sive ad Oxford il Sig. Waux scopriva altre 1500 monete orientali, e 700 greche, e nel 1883 il Sig. Madan faceva un supplemento al cata- logo con 2316 tessere ; ma ancora al principio del 1884 si era ben lontani dall'avere esplorato a fondo quel misterioso Gabinetto e non si conosceva la metà dei pezzi in esso contenuti!... Nel 1884 finalmente dal solerte Bibliotecario Sig. Nicholson venne iniziata una nuova campagua di scoperte nel Gabinetto Numismatico della Bodleiana. Furono riuniti i numerosi medaglieri , riorganizzati i molteplici cataloghi (le monete della Repubblica Romana p. es., es- sendo in numero di sole 1500 circa, figuravano in sette distinti cata- loghi) e si procedette rapidamente — vigcndo , pare , ancora i rego ■ lamenti restrittivi accennati — a fare un inventario dei pezzi. Il ri- sultato di tale ultima ricorca è dato dal seguente prospetto: SINOPSI DELLA COLLEZIONE. Num. ITum. ITum. In quanti contati ordinati catalogati cataloghi Serie Greca 3149 2595 1380 3 Eepubbl. Komana 1561 1545 708 7 Imp. Romano, Arg 3177 3110 2981 12 » Oro 103 1 » Br 19140 8100 8010 16 Orientali 5249 2038 1171 1 Isole inglesi, Oro 444 402 402 1 » Arg. Monete . . . 4453 2062 2062 1 » » Tessere ... 96 00 » Br. Monete . . . 1170 » » Tessere . ; . 3153 8162 2316 1 Diverse 3684 43 43 1 Carta moneta 26 Medaglie 4712 698 698 5 50417 22677 19771 48 Come si vede, si è ancora lontani da una vera organizzazione e da un Catalogo completo , il che ci reca in qualche modo consolazione , riflettendo come non avvenga solo in Italia il fatto, sovente deplorato, che alcuni tesori rimangano per anni ed anni sepolti, e perciò igno- rati ed inutili ! E. G. 124 CRONACA Alkins James. — The Goins and Tókens of the Possessions and Colonies of the British Empire. London, Quaritch , 1889. — (Un volume in 8\ di pag. 402, con illustr.). Nonostante il lusso della veste tipografica, caratteristico per le pub- blicazioni inglesi , questo libro è poco più di un semplice catalogo ; esso tuttavia può servire utilmente per classificare le svariatissime monete dei possedimenti britannici disseminati per le cinque parti del globo, anche perchè i numerosi disegni che corredano le descri- zioni (per quanto poco artistici), nonché il copioso indice alfabetico , sono d'efi&cace aiuto al testo. Miilazzani Conte Giovanni. — Tre opuscoli di numismatica mi- lanese, ristampati per cura di F. ed E. Gnecchi. — Milano, Cogliati, 1889. — (TJn fase, di pagg. 57 in 8° gr., con ritratto). I pochi scritti pubblicati da quel benemerito cultore degli studii economici-numismatici che fu il Conte Gio. Mulazzani, erano ormai divenuti non solo rarissimi ma quasi irreperibili, ciò che costituiva un grave inconveniente lamentato da molti. Questi opuscoli vertono, com'è noto, sulla Lira milanese dall'anno 1354 al 1778, sulla Zecca di Milano dal secolo XIII fino ai nostri giorni, e sulla Monetazione della Spagna, coniata in Milano dal 1554 al 1711. I Sigg. Grnecchi, i quali vanno pubblicando nella nostra Rivista altri scritti, rimasti inediti sinora, dello stesso Conte Mulazzani, hanno avuto la felice idea di riparare al sovraccennato inconveniente, riu- nendo e ristampando in un fascicolo i tre opuscoli suddetti, che di- vengono quindi accessibili a tutti gli studiosi, e non si troveranno più soltanto in qualche biblioteca pubblica e negli scaffali di pochi privilegiati. Poggi Vittorio. Uni moneta inedita di Savona. Savona, 1888, 5 pag. in 8." GuAziANi D."" Augusto. Storia critica della teoria del valore in Italia. Milano, Hoepli, 1889, in 8°, pp. XII-181. Gatalogue de la Collection Franzoni. Première partie. Aes grave Ou monnaies primitives moulées, monnaies romaines consulaires, im- BIBLIOGRAFIA 125 périàles et hyzantines en or, argent et brome, en vente à Vamiahle, avec les prix fixés à chaque numero. Florence, 1889. imp. Bonduc- ciana (Entreprise de Ventes en Italie, de Jules Sambon, An. XII, n. 1). Catalogue d'une précieuse Collection de médailles grecques auto- nomes et des colonies romaines, formée par un amateur Èusse. Flo- rence, 1889. imprimerie Bonducciana (Vendite Sambon, Anno XII, n." 3). — Un bel voi. in 8° gr. di oltre 200 pag. con 6 tav. in fototipia. Catalogo di una Collezione di monete greche, monete italiane , romane consolari, imperiali Milano, tip. L. Pirola, 1889, pagg. 160 in 8." (Vendite Sambon, Anno XII, n. 4). Marquardt J. De Vorganisation financière chez les Romains. — (Forma il tomo X del « Manuel des antiquités romaines par T. Mommsen et J. Marquardt »). — Chatillon-sur-Seine, Pichat, 1888. Préau (Ch.). Étude sur la trésorerie de France à propos d^ un jeton de Charles d^Orgemont. Paris, N. Blanpain, 1888, in 8" pp. 15. — — Rapport sur le « Répertoire des sources imprimées de la Numismatique fran^aise de MM. Engel et Serrure. Paris, Li- brairie Tharin, 1889, in SP EoNDOT. Lalyame Hendricy et Mimerei, sculpteurs et médailleurs à Lyon au XVIT siede. Lyon, imp. Mongin-Èusand , 44 pag. in 8° gr. et 2 portraits. Commission monétaire instituée le 30 janvier 1886 pour Vexécution de Varticle 11 de la Convention du 6 novembre 1885. Systèmes monétairés des différents pays. I fase. Paris, impr. nationale, in 4.° pag. 104. Catalogue périodique de monnaies et médailles anciennes. — N. 1. Monnaies féodales et provinciales en vente aux prix marqués — Chez J. Hermerel et R. Serrure, experts-numismatistes, 53, rue de Richelieu, Paris. — (Un fase, di 43 pag. in 8°). Bamps C. Recherches historiques sur l'atelier monétaire de Has- selt fProcès et contestations des monnayeurs de Hasselt avec le ma- gistrat de cette ville pendant le XV XVF et XVIP siècles, avec pièces justificativesj. Bruxelles. Bahrfeldt Emil. Bas Milnzwesen der Marh Brandenburg von den àltesten Zeiten bis zum Anfange der Regierung der Hohenzol- lern. Mit 22 Mùnz-, 6 Siegel-Tafeln u. 1 Karte. gr. 4.» pp. X-321. Berlin, Kùhl, 1889. Joseph (Paul). Die MiÀnzen des gràflichen Hauses Erbach. Berlin A. Weyl, 8*, pag. 99 con tav. Gold- und Silbermiinzen Japans bis auf die Neuzeit. Berlin, Weyl, in 8° pag. III-30 e 9 tav. Cernuschi (H.). Das bimetallische Pari fDer Gold- u. Silber- Commission in London unterbreitete BemerhungenJ. Kòln , Bahem , in 8^, pp. 44, 126 CRONACA PERIODICI. Meviie N'iiniismatique. — Premier trimestre 1889 (Paris). Marchéville (de) — Le denier d'or à Vagnel. Pbou (M.) — Monnaies mérovingiennes acquises par le Cabinet des Médailles. Deloche (M.) — Monnaies mérovingiennes. Théodehert I.'^ Sauvaire (H.) — Niimismatique musulmane : le catalogne des monnaies musuhnanes du Cabinet des Médailles. Lépaulle (E.) — La mannaie romaine à la fin du Haui- Empire. Cronaca. — Necrologie. — Bollettino bibliografico. Due tavole d'illustrazioni. Anmialre de la Société Fran<^alse de Numis^natique et d'Archeologie, Janvier-Février 1889. Caron (E.) — Les monnaies de Roquefeuil. Blanchet (J.-A.) — Jetons de Henri et Frangois, ducs d'Orléans et d'Anjou. Hermerel (.T.) — Trésor de Montfort-V Amaury. Froehner (W.) — La liturgie romaine dans la numisma- tique. Oreschnikow (N.) — A propos d'une nouvelle détermi- nation des monnaies au monograynme bae. Cronaca. — Necrologie. — Bibliografia. — Ripostigli. Verbali della Società Francese di Numismatica. Mevue Belge de Numismatique. — 1889 , première livraison. - . ^ Vanden Broeck (E.) — Numismatique bruxelloise. — Elude sur les jetons de la famille Vander Noot. Maxe-Werly (L.) — État actuel de la nu?nistnatique rémoise. Vallieb (Gt.) — Médailles et jetons dauphinois. BIBLIOGRAFIA 127 CuMONT (G.) — Médaille de la Société littéraire de Bruxelles. Nahuys (C.'* M.) — Les monnaies du royaume des Pays-Bas. Pkéau (Oh.) — Sceau de V èglise paroissiale de Saint- Pierre de Dreux. Petegfiem (C. van) — Monnaies et jetons de Courlrai et de sa ckàlellenie. Chestret de Haneffe (B.°" de) — Le florin Brabant-Liége. Appel aux numismates. Necrologia. — Miscellanea. Estratti dei verbali della Socièté Royale de Nuniismatique ed elenco delle opere ricevute dalla Società nel 4" tri- mestre 1888. Sette tavole d'illustrazioni. American Journal of ^iiniismatics, — Volume XXIII. No. 3., January, 1889. Orientai Coins. — Fractional Currency. — The Medals, Jetons , and Tokens illustrative of the Science of Medicine. — Bucharest College Medals. — Archaelogical. — Masonic Medals. — Proceedings of Societies. — Medals relating to St. Charles Borromeo. — Gleanings. — Obituary. — Notes and Queries. — Coin Sales. — Editorial. — Currency. Rivista Archeologica della Provincia di Como, fase. 31 (di- cembre 1888j : Quaglia Ing. G. Le monete di rame nelle tombe antiche. Archivio Veneto, fase. 72 (1889): Padovan V. Moneta da cento zecchini della Repubblica di Venezia. Atti della Società Ligure di Storia patria, voi. XIX, fase. Il (1889): De siMONi Cornelio. Le prime monete d'argento della zecca di Genova ed il loro valore (1139-1493). Archivio Storico per le Marche e per l'Umhria (roligno). Vo- lume IV, fase. XI[I-XI\^ (1888): Paloci Pulignani M. Le arti e le lettere alla corte dei Trinci (a pag. 171-180 il cap. XV : La zecca e le monete dei Trinci). Revue Savoisienne, (die. 1888) : La trouvaille de Vcrsoix à propos du monnayage d^Amédée Vili à Nyon. Gazette archéologique, nn. 11-12 (1888) : Svoronos J. N. Vlyssc chez les Arcadiens et la Telegonie d'Eugamon, à propos des tmes monétaires de la ville de Mantinée, 128 CRONACA Courrier de l'art, di Parigi, n. 34 (1888): Castan Auguste. Jean de Montfort graveur de médailles et son iportrait par Van Bi/clc. Eevue poitevine et saintongeaise, dicembre 1888 : Very A. At- tribution aux Santones des monnaies du chef Atectori. Annaies du Gatinais, 3" trimestre 1888: Legrand. Considerations sur la dècouverte des monnaies mèrovingiennes faite à Beaumont , commune de Ohalo-Saint-Mars {Seine et Oise). Mémoires de l'Acadómie des sciences a^riculture, etc. de Aix. Tomo XIII, parte II (Aix in Provenza, 1888): Vallier. Icono- graphie numismatique du Boi René et de sa familìe. La curiosité universelle, di Parigi, n. del 28 gennaio. 1889 ; Les artistes oubliés fgraveurs de jetons et médailles. Jahrbuch des kaiserl. deutschen Archaologischen Instituts, Bd. III, 4 Heft (1889): Imhoof-Blumer F. AntiJce Mimzhilder. Con tav. i Sitzungsberichte der kgl. preussisch. Akademie der Wissen- schaften zu Berlin. (Heft. Ili (1889) : Bericìit iìher die Sammlung drr antilien Milnzen Nord-Griechenlands. Verhandlungen des histor. Vereins fiir Niederbayern, Voi XXV. Schratz. Der Munzfund von Grafenau. Deutsche Rundschau, Heft 5, Februar 1889 : Brugsch Heinrich. Aelteste Geldiverthe. Jahrbuch der kgl. preussischen Kunstsammlungen, voi. X, fase. I (1889): Bode W. Lodovico III Gonzaga^ Marlcgraf von Mantua, in Bronzehiisten und Medaillen. Con 5 ili. Qnellwasser fìirs deutsche Haus. 13 Jahrg., n. I: Ein Gang durcJi die ìcónigliche Milnze in Berlin. Berliner philologische Wochenschrift, 9 Jahrg, n. 3 (1889): Numismatische Gesellscha/t in London. Archaologisch-epigraphische Mittheilungen aus Oesterreich- Ungarn. Jahrg XII, Heft I (Vienna, 1888): Kenner. Bomische Gold- harren mit Stàmpeln. Con 1 tav. Quarterly Journal of economics, gennaio 1889: Edgeworth Appreciation of gold. I » I NOTIZIE VARIE Ripostigli di monete romane. — Leggiamo ne\VA?^le e Storia^ di Firenze, num. del 28 febbraio u. se. : u Or sono due settimane, nel villaggio di Mompantero, vicino a Susa, e pre- cisamente nell'antichissima regione Urbiano, venne casual- mente messo in luce un ripostiglio di monete romane del secondo secolo dell'impero. L'urna che le ratteneva fu di- strutta ; le monete (in numero di circa 450) andarono di- sperse fra più di trenta compratori ; tuttavia penso sia prezzo dell'opera dare un qualche ragguaglio di questa scoperta, che prova una volta di più, colle lapidi rinvenute nel 1808 (Mommsen, Corpus iscrip. latinarum^ Yol. V, n. 7239, 7258, 7296 e 7311), col Milliario donato al Museo di Susa or sono due anni, che il luogo di Urbiano era in antico ager ur- banus segusiniis e transitava per esso la strada romana che da Foresto, ove era un tempio alle Dee Matrone, conduceva alle Gallie. Le monete trovate non sono ne d'oro, né d'argento, ne di bronzo : il Perrin le direbbe di cuivre saucé che è quanto il biglione che simula l'argento del Fabretti o il rame ar- gentato di stagno del cav. Gnecchi, sfacciata composizione che determinò la riforma di Diocleziano ed aveva forzata- mente corso d' argento per miseria e perversità de' tempi. Esse comprendono gli anni dell'E. V. 247-268 ed appar- tengono in massima parte agli imperatori M. Giulio Filippo juniore, Treboniano Gallo e Gallieno : poche sono di Yale- riano che quest'ultimo precedette : mancano gli esemplari di Pacaziano, Trajano Decio, Erennio, Ostiliano, Volusiano, Emiliano e delle rispettive imperatrici. Una cosa è da no- tarsi, che, mentre nel diritto il busto dell'imperatore, ra- '7 130 CRONACA diato e paludato, è sempre rivolto a destra come nelle forme più note delle sincrone monete, il rovescio presenta tutte le varietà finora descritte degli emblemi e delle leg- gende. Si direbbe clie l'avaro nasconditore di quelle mo- nete fosse egli stesso un dilettante di numismatica. Non meno è degno di nota il fatto cbe nessuna delle mo- nete sia più recente di Gallieno e che quelle improntate da questo imperatore siano alle altre in numero vistosa- mente maggiore. È la seconda volta che ciò si verifica nei rinvenimenti Susini, che nel tesoro (monete n. 3561) trova- tosi nel 1812 nelle fondamenta di un edifizio in capo alla via Lameth, ora Umberto I, le monete segnavano, da quanto risulta dalla recensione che ne pubblicò il Vernazza {Re- censio nummorum qui Secusii anno mdcccxii mense septemhri sunt reperti, Aug. Taurinorum, 1812), con poche e brevi re- ticenze gli imperatori che inclusivamente vissero da Lucio Vero a Gallieno ; inoltre, come in questo trovamento, le monete di Gallieno erano in straordinaria preponderanza (n. 1369) : nessuna infine eziandio era di oro o di vero argento ». Ugo Kosa. ^\ Un cortese Associato della nostra Rivista ci scrive : " Il giorno 22 marzo, nel territorio di Parabiago, venne scoperto un nascondiglio d'antiche medaglie romane impe- riali. Pare che si tratti di un qualche migliaio per lo meno, quasi tutto di medio bronzo, pochissime di piccol bronzo, moltissime poi ricoperte di foglia di stagno od argento, in uno stato di quasi perfetta conservazione per un terzo e pel resto molto ossidate. Di dette medaglie la quasi totalità appartiene a Magnenzio e Costanzo, poche sono di Costante, pochissime di Costantino, qualcuna appena di Crispo e Licinio Cesare. Di Vetranione passarono in mia mano 5 pezzi soltanto e forse saran state in tutto qualche dozzina al più. n G. M. «.% Un piccolo ritrovamento di monete romane venne fatto il giorno 3 febbraio u. se. in Provincia di Brescia e preci- samente a Pratocoloìnbajo presso Melle morte nella pro- prietà dei signori Crosti e Borsa. Lo registriamo come sem- NOTIZIE VARIE ' iBl plice notizia e per quell'interesse clie può avere un ripo- stiglio di data certa e in località certa, quantunque le mo- nete non presentino alcun interesse numismatico. Tutto il ripostiglio si riduce a una ventina di gran bronzi di Gor- diano Pio, di conservazione discreta, e con questi si rinvenne anche una spada molto consunta. Il tutto giaceva in uno strato di cenere alla profondità di circa due metri. Era quella dunque probabilmente la tomba d'un soldato, morto verso la metà del terzo secolo. ^% Togliamo dai giornali francesi: u Un'importante scoperta è stata fatta recentemente a Sali- gny, nel dipart. dell' Allier. Si tratta di un ripostiglio di 300 e più denari romani imperiali, di bella conservazione. Vi si notano alcuni rovesci rari, diversi pezzi di Balbino, Pu- pieno, Geta, alcuni buoni tipi d'imperatrici, specialmente di Salonina, e una certa quantità di monete di Salonino colla capra Amaltea e la leggenda lovi crescenti. — Le scoperte di questo genere non sono rare in quel territorio ; la città di Moulins acquistò, nel 1824, cinquecento denari, di splendida conservazione, clie abbracciano la serie da Antonino a Salonino. Essi formavano un tesoretto, scoperto in quei dintorni. — Due casse militari, nascoste sotterra ai tempi di Diocleziano, furono rinvenute nello stesso dipar- timento dell' Allier ; una di esse conteneva più di 80 chilo- grammi di piccoli bronzi d'Aureliano, Claudio Gotico, Quin- tino, Probo, Gallieno, Salonina, Salonino, Massimiano Er- culeo, Costantino, ecc. Questi piccoli bronzi erano pure magnificamente conservati ; essi furono dispersi, ma gli esemplari più belli entrarono a far parte della collezione del sig. Perot, distinto numismatico di Moulins. Fra le ra- rità che si trovarono in quelle due casse si notavano mo- nete di Alletto, Quieto, Carausio, Magnia Urbica, Caro e Carino (teste accollate), poi de' rovesci rari e molti pezzi battuti nelle Gallie. n Ripostigli di monete medioevali. — Nello scorso di- cembre, in comune di Villa Raverio (Brianza), un muratore, abbattendo un vecchio muro, trovò un vasetto in terra con- 132 CRONACA tenente circa 200 monete italiane in argento, del 1400, per la massima parte appartenti a Filippo Maria Visconti. Noi abbiamo avuto nelle mani tutto il ripostiglio ed eccone la clescrizione sommaria: Milano : Gio. Maria Visconti (1402-12) - Soldo (Gnecchi K 6) . . N. 2 » Filippo Maria Visconti (1412-47) - Grosso di soldi 3 (Id. N. 8) » 2 » Idem (1412-47) - Grosso (Id. N. 17) . . . » 11 » Idem » » (Id. N. 23-25) » 38 » Idem » Sesino (Id. K 34-35) » 50 y> Idem » » (Id. N. 38-39) . » 26 » Idem » Trillina (Id. N. 41) » 4 » Idem » Denaro (Id. K 44) . . » 3 » Seconda Repubblica (1447-50) Grosso (Id. N. 5) . ...» 3 » Idem » Sesino (Id. N. 6) ...» 6 Genova: Filippo Maria Visconti (1421-36) - Grosso collo stemma inquartato . » 1 » Idem Mezzo grosso » 4 » Idem Grossetto » 3 » Doge XXI (1434-43) - Mezzo grosso » 9 » Idem Grossetto » 6 Aquileja: Antonio Panciera (1402-11) - Denaro » 2 . ' » Lodovico di Tech (1412-23) - Denaro » 4 Cremona: Gabrino Fondulo (1413-20) - Denaro col leone rampante » 1 Sa.yoia: Amedeo r/JI (1391-1439) - Quarto . » 1 Napoli : Lodovico II d'Angio (1390-1434) - Mezzo gigliato. ...» 1 Mantova : Gio. Francesco Gonzaga (1407-44) - Grosso colla Città . » 1 Venezia: Francesco Foscari (1423-57) - Grossone » 1 » Idem Grosso da due soldi . . • » 2 .. » Idem Grossetto ...» 3 » Michele Steno (1400-13) - Mezzanino ......... 2 » T. Mocenigo (1413-23) - Grosso » 2 Gorizia: ^wnco 7F (1385-1454?) - Solido. .......... 1 - . • ■ N. 189 NOTIZIE VARIE 133 Trovandosi, fra queste, alcune monete della seconda Re- pubblica milanese (1447-50), le quali sono appunto quelle di miglior conservazione, se ne può dedurre clie quel te- soretto sia stato nascosto verso il 1450. E. G. ^% Il Corriere Italiano^ di Firenze, del 23 marzo, scrive : u La Commissione storico-arclieologica comunale rice- veva pochi giorni or sono alcune monete ritrovate nei la- vori di sterro che si stanno facendo in Via degli Speziali, u Tali monete, se non hanno valore venale, servono per altro alla storia di quella parte cosi importante della nostra città. Fu trovato, fra alcune altre, un Guelfo della Repub- blica fiorentina, 1529 (2'' semestre), Ufficiale di Zecca Nic- colò Guicciardini; altra moneta d'argento di Ercole II, duca di Ferrara ; due tessere di banchi fiorentini ; un Bolognino, due piccioli e tre monete romane, n Al Prof. Brioschi, fondatore del Politecnico milanese, ce- lebrandosi nello scorso marzo il giubileo dell'istituto (che, essendo stato aperto sullo scorcio del 1863, compiva col prin- cipio di quest'anno il quinto lustro di sua esistenza), venne presentata da' suoi ex-allievi una medaglia d'oro, fatta co- niare coi fondi raccolti mediante una sottoscrizione stata promossa da un Comitato costituitosi, per spontanea inizia- tiva, nello scorso anno, fra gli stessi ex-allievi. La sotto- scrizione ebbe un esito brillantissimo, essendosi raccolte 770 firme. Insieme alla medaglia gli fu presentato un album con- tenente le firme raccolte. Del modello dell'effigie del prof, Brioschi, che servi per l'incisione del conio della medaglia, venne fatta eseguire una riproduzione in marmo a guisa di medaglione, la quale fu dagli ex-allievi donata all'istituto per esservi conservata come ricordo. Alla parte artistica dell'allestimento della medaglia e dell'album sopraintesero gli egregi architetti Luca Beltrami, G. Brentano e G. Sizzo, tutti e tre ex-allievi dell' istituto. La medaglia fu modellata dallo scultore Luigi Secchi, ed incisa, assai lodevolmente, da Luigi Broggi. 134 CllONACA Vendite Sambon. — Prezzi raggiunti all'asta, di alcune monete greche di un collettore russo, vendute in Milano dall' Impresa Sambon, aei giorni 26, 27, 28 , 29 e 30 marzo 1889. N. 44 Thurium. Tetradr. arg. L . 100 N. 952 Amastris. . . arg L 160 » 74 Ehogium. Id, . » » 380 » 966 Prusias . . » » 120 » 138 Aenus (Thracia) » » 180 * 977 Cyzicus. . elect » 860 » 143 Byzantium . » » 150 » 978 idem . . » » 350 » 205 Audoleon . . . » » 135 » 980 idem . . » » 260 » 219 Acanthus . . . » » 160 » 981 idem . . . » » 350 » 281 Chalcis . . . » » 220 » 982 idem . . » » 350 » 235 idem. . . . » » 145 » 983 idem . . » » 255 » 242 Orthagoreia . » » 210 » 990 idem . . » » 155 » 309 Antigonus'. . » » 135 » 991 idem . . » » 425 » 317 Philippus V . » » 250 » 1107 Myrina . . • arg . » 110 » 322 Perseus. . . » » 200 » 1129 Clazomena? » » 200 » 445 Aetolia . . . » » 160 » 1190 Smyrna . . . » » 450 » 479 Haliartus . . . » » 280 » 1191 idem . . . . » » 300 » 483 Tanagra . . » » 110 » 1308 Cos. . . . » » 180 » 493 Thebffi .... » » 250 » 1309 idem . . . » » 170 » 494 idem. . . . » » 150 > 1310 idem . . . » » 140 » 495 idem . . . , » » 105 » 1317 Carpati! US . . » » 140 » 648 Aegina . . . » » 135 » 1335 Lycia . . . » » 125 » 729 Pheiieus . . » » 1100 » 1339 idem . . . . » » 110 » 756 Cnossus. . . » » 450 » 1387 Dernes et Sy( mesis » 120 » 774 Gortyna. . . » » 160 » 1435 Soli. . . . . » » Ilo » 776 idem. . . . » » 130 » 1436 idem . . . » » 110 » 784 Hierapytna . » » 130 » 1715 Antiochus VI » » 250 » 794 Lyttus .... » » 150 » 1840 Alexander IIJ [. » » 150 » 802 Phaestus . . . » » 100 » 1850 Arsinoe . . . oro » 350 » 811 Polyrhenium . . » » 120 » 1851 idem . . . » » 260 » 833 Chalcis .... » » 110 » 1859 Cyreno. . . . » » 200 » 901 Mithridates VI . » » 260 » 1860 idem . . . » » 140 Producendo un totale di Lire 31.746. NOTIZIE VARIE 13c I sigg. Hermerel e Serrure hanno aperto una casa di ven- dite, a Parigi, in via Riclielieu, 53. Abbiamo sott'occhio il primo numero del loro Catalogne pérìodique de monnaies et médailles ; esso è redatto con gran cura , in modo da ricordare certi cataloghi del Kunz. II « Cola CoUector's Journal » , periodico numismatico di Nuova-York, ha sospeso le sue pubblicazioni. Era stato fondato dalla Ditta Scott, nel 1875. Per la Brigata Aosta. — I reggimenti della Brigata Aosta commemoreranno, il giorno 20 febbraio 1890, il 2." cente- nario della creazione della Brigata (5." e 6.°). In tale occasione si conierà anche una medaglia-ricordo da mandarsi in dono alle famiglie dei militari appartenenti alla Brigata, morti nei fatti d'armi ai quali la Brigata stessa prese parte, e da inviarsi a tutti coloro che, avendo fatto o facendo tuttora parte della Brigata, manifesteranno il de- siderio di possederla. Doni pervenuti al Gabinetto Numismatico di Brera : Dall'incisore sig. A. Donzelli, un esemplare in bronzo della sua medaglia per Mons. Andrea Ighinà, ed altra sua medaglia commemorativa. Dall'incisore sig. Luigi Broggi, due medaglie da lui in- cise, l'una pei soldati italiani che si distinsero in occasione della innondazione di Verona (1882), l'altra per l'inaugura- zione del monumento a Garibaldi in Verona (1887) ; Dallo stesso, un esemplare della medaglia incisa da Fran- cesco Broggi nel 1883 in onore di Cesare Cantù. Dott. Solone Ambrosolt, Direttore-Proprietario. Lodovico Felice CogliatI; Gerente responsabile. FASCICOLO II. Alcune monete inedite DI MAGNA GRECIA LUCANIA AUSTRALIS. SYBARIS. Bidramma. ^ — Bove retrospiciente, a rilievo. Ha in testa una co- rona di globetti, ed alla estremità della coda si scorge il fiocco bipartito, anch'esso adorno di globetti. Al- l'esergo MV; al di sopra del bue altro MV. Meandro d'in- torno formato di due circoli concentrici, tra cui un or- nato a volute e globetti. AU'esergo, ornato a globetti. ^' — Il medesimo bove del dritto in incavo. Meandro a linee dritte ed incavate all'ingiro ; all'esergo una linea incavata e perfettamente liscia. Arg. Mod. (Scala di Mionnet) 8. Peso gr. 7,55 (f., d. c.) Il trovare due volte impresso, su di un medesimo lato della moneta, il nome della città , è cosa del tutto nuova, e vieppiù accresce l'importanza del fatto altra simile ripetizione su di un diobolo Me- tapontino, dell'istessa epoca del Sibarita. E perchè non s'abbia a credere che, sobbalzando le due monete sul conio , abbiano ricevuto cosi, di 140 ARTURO G. SAMRON Sghembo, una seconda impressione, dirò che freschis- sime di conio, non offrono alcuno spostamento di tipo che valga a provare questo caso. Quanto alla metapontina in ispecie, la stessa disposizione delle leggende sgombra ogni dubbio. Imperocché se l'una di esse fosse stata riprodotta sulla moneta, per ispo- stamento del tondino, sarebbe apparsa colla sommità delle lettere rivolta all'orlo della moneta ; ovvero, girando addirittura il tondino, in senso inverso a quello che si osserva difatti. METAPONTUM. Diobolo. » ^ — Spiga a rilievo ; a d. META, a s. MET- Le due epi- grafi vanno dalla parte inferiore in su, ed hanno le sommità delle lettere rivolte verso la spiga. Meandro a globetti. '^ — Bucranio in incavo. Arg. Mod. 2. Peso gr. 1,35 (f. d, c.) Non è chi ignori la gran dovizia di monete, sia metapontine, sia sibarite, o di qualsivoglia altro luogo, che dall'uno e l'altro lato mostrano il nome della città. La ragione di questa ripetizione pare non debba in altro riporsi, che nel naturale orgoglio nazionale, come nella facilità maggiore di ravvisarle negli scambi di commercio, per cui è necessario, a prima vista, per qualunque verso si presenti allo sguardo la moneta, sia lì, ad evidenza, il nome della città che la coniò. Ma non può dirsi il medesimo del tipo innanzi de- scritto, come che la ripetizione del nome, in questa guisa, debba avere pure il suo significato. Negli ornamenti del bue non possiamo ravvisare un rito d'olocausto ; ma speciali circostanze nelle quali ALCUNE MONETE INEDITE DI MAGNA GRECIA 111 si pensò così adornare l'immagine dell'animale, che, siccome simbolo della forza che rende produttiva la terra, raffigurava quasi la t6;^-/i Trólew?, la prospe- rità sibarita. Il nostro didramma ed altre due mo- nete di Sibari (i) esprimono, a parer nostro, una idea medesima. La prima di queste ha per tutta epigrafe il vanto N5KA ; l'altra, col ramo d'alloro, sim- boleggia eziandio la vittoria, il trionfo. Ora è così naturale ripetere un nome, o come augurio in una lotta aspramente combattuta o come felicitazione di vittoria riportata, che ne pare verisimile fosse la nostra moneta coniata ne' tripudii di un trionfo, e che Metaponto , partecipe della lotta, esprimesse a quella stessa maniera il suo gaudio, in pari tempo affermando la sua confederazione con Sibari. Questo è almeno certo , che tale simiglianza di un tipo af- fatto inusitato è prova d^un intimo rapporto fra le due monete, il quale, del resto, trova ampia con- ferma nelle relazioni ch'ebbero nel VI secolo a. C. le città che le coniarono. Di confederazione Sibarita ho anzi veduto, non ha guari, un bellissimo ed anche strano esempio su moneta posseduta dal sig. Evans (2). In essa è uno scambio di tipi e leggende; il MV fiancheggia il tri- pode crotonese, il 0^9 è sottoposto al bove retrospi- ciente di Sibari. Non si poteva più efficacemente esprimere il sincero accordo delle due città, se non accennando, così, come la fusione amorevole de' due popoli, la cui gloria comune assicuravano le armi concordi. (1) L. Sambon, Recherches, ecc. tav. XIX, N.<* 1. Id. pag. 293, N.» 4. (2) Cfr. Garrucci, tav. CIX, N.° 1. li 2 ARTURO G. SAMUON T H U R I U M. Tetradraìn7na. ^ — Testa di Pallade volta a destra. Sull' elmo è il mostro Scilla che colla destra lancia uii sasso. Dietro la testa le lettere II. Dinanzi si scorge, presso al mento, un aplustre. '^ — GOYPiriN — NI. Bove cozzante a destra. All' esergo un serpente che, ravvolto in ispiro , drizza ostilmente il capo. Ai'g. Peso gv. 15,95 (ci). Per la prima volta m'è accaduto di veder, sopra moneta de' Turini, un simbolo al mento di Pallade specialissimo questo dell'aplustre, che deve collegarsi a speciale avvenimento. Simbolo significantissimo già di navigazione , l'aplustre valse pure a simboleggiare vittoria. Ne fanno fede alcune monete ateniesi , dove ricorda probabilissimamente la battaglia di Salamina ; e un vaso, edito dal Lenormant, memoria pure di quel- l'evento, sul quale Minerva è raffigurata con l'aplustre nella destra, ond'esce una testa umana. La storia di Turio non isfolgora di battaglie na- vali. È però memoria di un fausto evento, quando, movendo alla rovina di Turio una flotta di Dionigi il vecchio, affondarono le navi in una tempesta. E tale fu la gioia dell'inaspettato evento, che, dice Eliano (1), i Turini dichiararono Borea loro concitta- dino, coll'appellativo di sòspysTTi?, assegnandogli una casa, una terra. Ed il serpente all'esergo, nel suo atteggiamento (1) Lib. XII. Gap. LXI. itepl Pop^a àvÉfAco zi^iriq. ALCUNE MONETE INEDITE DI MAGNA GRECIA 143 ostile, esprime un concetto che ha molta analogia col precedente. Il serpente difendeva ad Atene l'Acro- poli, tutti sanno ; e gli si tributava ogni mese l'of- ferta di pani di miele. Pausania narra d'un prodigio a proposito d'un serpente, per cui fu salva la città. Spessissimo è memoria d'un nume tutelare, sotto le spoglie del serpente. Sulla nostra moneta, in atteg- giamento di chi minaccioso si riscuote ad un pericolo che sovrasta , può dimostrare egualmente, e con molta evidenza, il pericolo, onde la città scampò, per opera di una divinità benevola. METAPONTUM. Didramma. ^ — Testa di donna a s. Dietro XY. Dinanzi graf- fìta, a lieve tocco di punta, la seguente denomina- zione : ATEIPA. '^ — Spiga, e dappresso METÀBO. Arg. Cfr. Carelli, tav. CL, N. 49. Riporto questo didramma, poiché fu da molti so- stenuto si dovesse ravvisare, nella testa del dritto, una rappresentazione dell'eroe Metabus. Il Garrucci che, a quanto pare, non vide alcun esemplare di questa moneta, poiché non la riporta nelle sue ta- vole, dice che non può essere Metabus, poiché, se- condo le tavole del Carelli, è alle volte testa virile (N. 49) ed alle volte testa di donna (N. 50). Il mio esemplare, di buona conservazione, addimostra una massa abbondantissima di capelli, di cui parte si raggruppa a ciuffi in sulla fronte e presso alle tempia, parte è ravvolta in trecce, siccome osserva il Miner- vini. Qaesta nostra moneta corrisponde appunto al N. 49 del Carelli ; e quindi ci addimostra che il prò- 144 ARTURO G. SAMBON totipo di quel disegno dovette essere una moneta abbastanza logora. Non so se si possa ammettere che il graffito da noi riportato abbia relazione colla testa presso cui venne tracciato, che toglierebbe allora ogni dubbio che s'abbia ad intendere una donna e non già figura virile. CAMPANIA. FISTELIA. Dirò di alcune varietà delle monetine coU'osca leg- genda ^IV>IT^I8, già prima dall'Avellino e dal Micali ed ultimamente dal Garrucci attribuite alla Plistia o Phlistia menzionata da Tito Livio. Posseggo un obolo di questa città, colla scritta greca monca cosi : OIITEAA. Questa medesima omissione, dell' I fi- nale, l'ho riscontrata anche su di un esemplare del Museo Nazionale di Napoli. Qui è l'omissione di una lettera ; altrove, spessissimo, ve n'ha di soverchie. Di Taranto conosco un didramma con l'epigrafe TÀIPAZ (i). Il Fiorelli(2) riportò un listino di errori di tal fatta ; ma il numero n' è più esteso. Conosco una Cales, su cui si scorge la lira capovolta, mentre tutti gli altri accessorii e tipi sono esattamente di- sposti. Posseggo altresì una Nola, su cui non solo v'ha r I in più, già da altri notato, ma ancora lo scambio dell'À in V: NiniAAflN. Il più strano è poi questo, che il riverso di questo didramma, identico per tipo a quello (1) Coli, del Duca di Caianiello. (2) Osserv. sopra monete rare di città greche. Napoli 1843 , pagina 28, nota 43. ALCUNE MONETE INEDITE DI MAGNA GRECIA 145 riportato dal Garrucci, al JST. 22 della tav. LXXXVIII, ci presenta e leggenda, e tipo, e sigla, tutto rivolto a manca. Questa inversione completa, e la leggenda erronea, colla varietà dello stile, assai meno accurato che non in altre nolane, farebbe credere possibile una di quelle imitazioni di popoli limitrofi, delle quali non mancano esempi nella monetazione della Magna Grecia. Graziosissima è poi questa monetina della rac- colta del Duca di Caianiello, la cui variante, più che a capriccio, si deve ad inavvertenza di zecchiere. E un bronzo di Teano, in cui la leggenda flVMIMIflR, nel- l'esergo del rovescio, è capovolta; di modo che le estre- mità inferiori delle lettere sono rivolte verso la sbarra, su cui poggia il bove. — Occorre poi, di frequente, trovare nelle leggende le lettere rivolte. Sono di mia collezione: un didramma tarantino, coll'ippocampo, che ha TAflA^ ; una dramma di Velia — VEAH ; — un didramma ero toniate — 0P9; — un didramma napo- letano di tipo arcaico — N30nO>ll ; — e via dicendo. Questo andamento contrario delle lettere, circoscritto ad un' epoca determinata ed immediatamente con- secutiva, o contemporanea della scrittura retrograda, ci accenna l'incertezza della transizione grafica. In- teressanti, per questo riguardo, sono le monete caulo- niate, aventi , sul dritto , l' epigrafe da sinistra a destra, e, sul riverso, la medesima in senso retrogrado. Torniamo a Fistelia. Importante è la seguente varietà : Obolo. ^ — Testa virile, di prospetto, con tutto il collo. At- torno ^IV>(— T^I8. 5* — Conchiglia, acino d'orzo e delfino. Arg. Peso gr. 0,73 (f. d. c.) 146 ARTURO G. SAMBON Giova raffrontare questa monetina con quella edita dal Millingen {Ancient coins ecc., London 1831) e di nuovo, poi, dal Garrucci a tav. LXXXIX, N.° 30, la quale ha duplice iscrizione ; greca, cioè, attorno alla testa, ed osca al rovescio. Tra gli oboli di Fistelia, che, al riverso, hanno il tipo cumano della conchiglia e grano d'orzo, è questo, del Millingen, l'unico che presenti la testa col collo; mentre tutti gli altri oboli con sola epigrafe osca, e quello totalmente anepigrafe del Museo Britannico, hanno soltanto la faccia. Il Fabretti poi riportò una monetina con epigrafe greca, descrivendola sine collo; ma la citazione ch'ei fa del Friedlander, rende certa l'inavvertenza. Ho vo- luto ricordare queste particolarità, poiché messe a ri- scontro colla nostra monetina, che, tranne la variata epigrafe, offre le identiche diversità dell'obolo del Millingen, permettono di dire interessante questa nuova varietà, che, colmando un vuoto, determina così, siccome una graduata trasformazione di tipo, dall'obolo d'ambo i lati anepigrafi, a quello che ci pre- senta, insieme alla scritta osca, il nome greco OIITEAIÀ. L' epigrafe offre la solita forma retrograda : ^IV^I — T^I8, tracciata in modo, che le sommità delle lettere si trovano sempre rivolte verso il viso. LUCANIA OCCIDENTALIS. LAUS. T. H. oh. ^ — Bae androprosopo retrospiciente. Sopra ^AA- 5* — Grhianda. A destra AAS di giù in su. Arg. gr. 1,05 (c^). ALCUNE MONETE INEDITE DI MAGNA GRECIA 14? Il Carelli aveva già pubblicata una monetina simile col bue laino ; ma come la die anepigrafe, altri la cre- dette quella istessa che ha il bove sibarita, con l'epi- grafe MY. Questa monetina, dai tipi esclusivamente laini, fu adunque cancellata , siccome immaginaria. Il mio esemplare però, freschissimo di conio, mostra evidente la testa umana e barbuta del bove, evidentissima la leggenda ^AA, che gira intorno, siccome in altra moneta della medesima città , e la trascrivo , poiché importa rilevare che, oltre alla monetina di confederazione tra Lao e Sibari, abbiamo poi, coi medesimi tipi, moneta propria di ciascuna città : per Lao, questa nostra ; per Sibari, quella edita dal Fiorelli (Tav. II, N. \, Osserv. ecc., 1843). La ghianda, che si trova in sul rovescio di tutte queste monete, conviene a Sibari, siccome a Lao, sia come simbolo felicissimo di produttività, che cosi copiosamente si produce in sulla quercia, sia perchè abbondantissima ed utilissima in tutta Lucania, dove spesseggiavano quelle orde suine, di cui fecero menzione Orazio, Po- libio, Strabone ed altri. CALABRIA. TARENTUM. Due varietà del tipo colla ruota. Si cfr. Garrucci, T. XCVII, N. 14. ^ — Taranto, sul delfino, volto a sinistra, con la destra levata in alto e la sinistra appoggiata sul cetaceo. Nell'area, una conchiglia. '^ — B/Uota e, in un angolo, un delfino. Arg. Peso gr. 8,07 {e}). 148 ARTURO G. SAMBON ^ — Taranto a cavallo d'un delfino, verso sinistra. Pro- tende le due braccia. Dietro TARÀS. Nessun simbolo nell'area. 9I — Euota. Arg. Peso gr. 8,07 (c^). Sono adunque parecchie le varietà di questo tipo. Si noti quella della leggenda TÀPÀS, secondo il Gar- rucci ; secondo il Carelli , ed alcuni miei esemplari, retrograda : ^AflÀT. Varia anche la ruota, che in un mio didramma è più piccola del solito e racchiusa in un secondo cerchio. ^ — Taranto sul delfino verso sinistra. Tende in avanti le due braccia. Dietro TÀflA^. Nell'area una conchiglia. ^pl — Ippocampo a destra ; sotto, conchiglia. Cfr. Carelli N. 43 Peso gr. 8,13 (f. d. c). ^ — Personaggio assiso verso destra, ha nella destra un ramo, e tende avanti il braccio sinistro, poggiando il gomito sul ginocchio sinistro, in atto di chi conversa. !^ — Taranto sul delfino a sin. Tende avanti la destra, ed ha al braccio sinistro uno scudo beotico. Nell'area una conchiglia. Arg. Peso 7,45 (c2). BRUTTIA. CAULONIA. In monete di Caulonia non mi è mai occorso di vedere il tipo nel dritto volto a sinistra ; trascrivo quindi il seguente esemplare da me posseduto: ALCUNE MONETE INEDITE DI MAGNA GRECIA 149 Tetroholo. ^ — Il solito tipo del giovane nudo, che nella destra agita una frasca, e che protende il braccio sinistro, su cui corre , agitando anch' essa frasche , una piccola figurina. E però volto a sinistra. Dinanzi ha il cervo, dietro KAV. p — Cervo volto a destra. Dinanzi un ramo d'alloro. Sopra VA>I. Arg. Peso gr. 2,45 (c^). Napoli, aprile 1889. Arturo Gf. Sambon. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA V. MONETE DELLA REPUBBLICA INEDITE VARIANTI, RISTABILITE E CORRETTE NELLA COLLEZIONE GNECCHI A MILANO Se rimangono ancora alcune incertezze d' attri- buzione o di data nella numismatica della Repub- blica Romana , è però certo che, quanto ai tipi , questa serie è assai più completamente conosciuta che non la imperiale, e le scoperte di monete nuove e di tipi ignoti ormai sono estremamente difficili e rare. Ciò va attribuito all'essere la serie imperiale immensamente abbondante e varia di tipi ; mentre nella serie repubblicana i tipi sono assai meno nu- merosi e più costanti. Parecchi fra i nomi delle antiche famiglie romane sono rappresentati da un'unica mo- neta, come ad esempio, l'Alliena, la Cipia, la Cri- tonia, la Decia, la Decimia, la Hirtia, la Plancia, la Renia, la Sergia, la Statia e la Ventidia ; altri da poche, le cui varianti, per quanto numerose, non sono costituite che da numeri, lettere o simboli, mantenendo 152 FRANCESCO GNECCHI però sempre inalterato il tipo. Tali sono le monete della Calpurnia , della Thoria, della Crepusia, della Maria, ecc. Nessuna famiglia poi, anche fra le più numisma- ticamente ricche, ha un numero di tipi che si avvicini a quello delle copiosissime serie imperiali. Le poche monete che qui presento sono il frutto di parecchi anni di ricerche , il che non sarà diffi- cile ammettere dopo quanto ho premesso. Alcune di queste furono anzi da me già anteriormente pub- blicate, ma ho voluto qui riunire quanto offriva dì nuovo la mia collezione in monete repubblicane , avendo l'opportunità, che non ebbi altre volte, di accompagnare la descrizione delle monete con una tavola illustrativa, che serva a decifrarle e ad au- tenticarle. Il che, se è sempre un buon corredo, forma addirit- tura un elemento indispensabile, quando l'interpreta- zione è basata sulla lettura di un segno poco chiaro, sulla forma di una lettera, sulla somiglianza di un ri- tratto e via dicendo. È troppo naturale che oggi si prenda come punto di partenza o se si vuole come pietra di paragone l'opera di Babelon : Description historique des Mon- naies de la Répuhlique romaine, la quale, riassumendo e completando tutte le antecedenti, è certamente la migliore che possediamo. Alcune delle monete che si descrivono sono vera- mente nuove, parecchie sono semplici varianti, qualche altra la chiamo ristabilita perchè, pubblicata già da autori più antichi, venne poi trascurata dai succes- sivi per la poca fede che ai detti autori si prestava, e perchè mancava un esemplare che ne comprovasse l'esistenza; altre infine sono corrette perchè finora inesattamente descritte. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 153 ABURIA. C, Aburius Geminus, (Anno 129 a. C). 1. Quadrante. — Dopo il K 3 di Babelon. ^ — Testa d' Ercole a destra coperta della pelle del leone. Sotto la clava. Dietro tre globetti. Ipli — GEM • {Ge^ninus). Prora di nave a destra. (Tav. m. N. 12). Al disotto della prora io non vedo assolutamente traccia di lettere. L'esemplare non è bellissimo, come si può vedere alla Tavola, ma pure è in tale stato che se ci fossero state delle lettere (che dovrebbero essere o roma o abvri) qualche traccia dovrebbe ap- parirvi ancora. — Babelon al suo N. 3 descrive un quadrante simile al mio, colla leggenda gem in alto e ABVRi al basso ; e siccome cita tassativamente il Museo di Milano, ho potuto osservare tale moneta, la quale è in istato assai peggiore della mia. Si legge il GEM in alto; ma chi la pubblicò pel primo, e fu credo il Riccio, leggendovi abvri in basso non ve l'ha certo potuto leggere che cogli occhi della fede. AGILIA. Augustus — Manius Acilius Glabrio, (Anno 26 a. C). 2. Gran bronzo. — Dopo il N. 11 di Babelon. /B' — M. ÀCILIVS G-LÀBRIO PRO COS. Due teste affrontate, maschile , nuda e giovanile (Ti- berio) quella che è volta a destra, femminile (Livia) l'altra, diademata e colla pettinatura a coda. 154 FRANCESCO GNECCHI EJ — .... leggenda consunta. Testa d'A-ugusto a destra e davanti ad essa una Vit- toria olle lo incorona. (Tav. Ili, N. 16). Lo stato estremamente deplorevole di conservazione in cui si trova questa moneta, che potrebbe avere grande interesse, non mi consente di darne una più completa descrizione. Il diritto, quantunque consunto dalla lunga circolazione è ancora in istato da per- metterne con certezza la lettura : ma il rovescio venne tanto malmenato, che le parole sono affatto scom- parse e la rappresentazione quale sopra descritta si può piuttosto indovinare che vedere ; certo m'ha ajutato e guidato in tale difficile interpretazione la descrizione di questa identica moneta o almeno di una molto simile, data dal Riccio, nel Supplemento alla 2* Edizione delle Monete delle Antiche famiglie di Roma, stampata in Napoli nel 1843. A Cohen e Babelon questo Grran Bronzo è affatto sconosciuto ; ma gli illustri autori francesi, non avendo sott'occhio un esemplare della moneta, la quale certo deve essere di estrema rarità, non prestarono fede, — e con ragione, — alla semplice asserzione del Riccio, tanto più che questi non accenna neppure a quale collezione il bronzo appartenesse. Alla sua no di certo perchè non figura né nel suo Catalogo, né in quello della sua vendita fatta a Parigi nel 1868. E del resto che una semplice asserzione del Riccio debba essere ritenuta poco autorevole é troppo naturale, attesa la copia di monete false da lui ingenuamente o maliziosamente descritte per genuine. Questa volta però credo che avesse ragione e descrivesse una mo- neta realmente esistente e genuina ; ma siamo sempre alla vecchia e famosa per quanto semplice storiella APPUNTI DI NUMISMATICA. ROMANA 155 del lupo... Chi suole mentire non è creduto neppure quando dice la verità. Ecco la descrizione che dà il Riccio delJa moneta e le note di cui l'accompagna: N. 12. ^^ — M • ÀCILIVS GLABRIO PRO • COS • Due teste nude in riguardo, una maschile, l'altra fem- minile. 1^ — mP' CAESAR DIVI F • AVG-VST • COS • IX • Testa d'Augusto nuda a diritta. Davanti Vittoria che lo incorona. RRR 15 piastre. (Tav. 50). a Marco Acilio Glabrione nel 728 in cui impresse questo u pregievole nummo, fu proconsole della Sicilia nel nono a consolato d'Augusto. Elogia tutta la famiglia dell' impe- a ratore, cioè esso stesso coronato dalla Vittoria, allusiva u a quelle riportate dai suoi Legati Vinicio de' Germani, u Antistio degli Asturi e Cantabri e Varrone de' Salassi ; u non che la moglie Livia e il figlio Tiberio. 55 Quanto al diritto siamo perfettamente d'accordo, notando solo che la leggenda sul mio esemplare è chiarissima riguardo al nome m. aciliys gla.brio mentre la qualifica prò cos. è quasi scomparsa, e solo la si può intravedere, conoscendo la lettura che ne diede il Riccio. Quanto poi al rovescio ci dobbiamo fidare quasi completamente al Riccio, il mio meschinissimo esem- plare non accennando che in nube a quello che vi dovrebbe essere rappresentato. Ma, se dalla concor- danza della parte nota possiamo arguire quella della parte ignota, e se si è potuto controllare una faccia della moneta con un esemplare di autenticità incon- testabile, come mi pare il mio e come lo prova per di più il miserrimo stato di conservazione — non 156 FRANCESCO GNECCHI ho mai veduto una moneta falsa in simile stato — credo si debba accettare anche l'altra quale la dà il Riccio, tanto più che vi si trova anche la perfetta concor- danza fra la data del dritto e quella del rovescio, le quali ambedue riferiscono la coniazione della moneta all'anno 26 di C. Anche l'attribuzione delle teste mi pare sia da ac- cettare quale è data dal Riccio. Della testa d'Augusto io non posso parlare non esistendo quasi affatto nel mio esemplare; ma quella di Livia invece vi è ancora assai bene riconoscibile e così pure quella del giovinetto Tiberio. Il che formerebbe una nuova com- binazione di teste da aggiungere alle molte già co- nosciute sulle monete di quest'epoca. ANTONIA. M. Antonius^ M. Nerva, Octavius. (Anno 41 a. C). 3. Denaro. — I^opo il N. 51 di Babelon. ^^ — M • ANT • IMP • ÀVG- • IIIVIR R • P • C • M • NERVA • PROQ • P • {Marcus Antonius, imperator, augur, triumvir reipublicae constituendae. Marcus Nerva proquaestor provincialis). Testa nuda di M. Antonio a destra. 9Ì — CAESAR IMP • PONT -IIIVIR R • P • C • {Caesar impe- rator, pontifex, triumvir reipublicae constituendae). Testa nuda d'Ottavio a destra. Dietro il bastone di augure. (Tav. Ili, N. 1). Nella moneta simile descritta da Babelon al N. 51, e che è la medesima appartenente al Museo Borghese, già riportata da Riccio e da Cohen, il bastone di Augure non esiste. APPUNTI DI NUMISMATICA. ROMANA 157 M. Antonius, M. Antonius fìlius. (Anno 32 o 33 av. C). 4. Aureo. — Dopo il N. 91 di Babelon. ^ — ANTON • ÀVG • IMP • NI • COS • AES • III • III • V • R p • C • {Antonius augur^ imperator iertio, consul designatus iertio, triumvir reipuhlicae constituendaé). Testa nuda di M. Antonio a destra. Sotto un punto o globetto. 9^ — M • ANTONIVS • M • F • F • (Af. Antonius Marci fìlius, fìlius). Testa nuda di Antillo a destra. (Tav. Ili, N. 2). L'interessante e rarissimo aureo di M. Antonio col figlio merita che ci soffermiamo a fare qualche osser- vazione più paleografica che storica, e che ritorniamo su di una questione d'interpretazione già più volte sollevata e dibattuta, la quale ora, grazie ad altro esempio trovato a caso e che accennerò più innanzi, mi pare si possa considerare come definitivamente sciolta. La prima delle due osservazioni è quella relativa al A greco, in sostituzione del D latino nella leggenda del dritto e che costituisce la differenza (oltre a quel punto o globetto sotto la testa di M. Antonio, che non sembra fatto a caso, per quanto io non riesca a indovinarne il significato), tra il mio esemplare e quello descritto da Cohen e da Babelon. Non è però un caso nuovo, giacche il A non solo come sigla, ma come semplice lettera frammista alle latine nelle leg- gende monetarie di quest'epoca Io troviamo in pa- recchie altre monete, specialmente della stessa fa- miglia Antonia , che pare si compiacesse di tali affettazioni ellenistiche. Lo troviamo ancora in un 158 FRANCESCO GNECCHl denaro della Julia (i) e un esempio ancora più vicino al nostro , 1' abbiamo nell' altro tipo dell' aureo di M. Antonio e Antillo, posseduto dal Museo di Ber- lino (Bab. N. 92) sul cui rovescio, ossia sulla faccia che rappresenta Antillo, cosi continua la leggenda relativa a M. Antonio padre: COS • ITER • AESIGN • TERT • MI • VIR • R • P • C • Ma è r altra questione , quella delle due lettere finali della leggenda d'Antillo, che diede luogo a tante incertezze d'interpretazione, senza che si potesse ve- nire ad una conclusione la quale conciliasse la paleo- grafia coir interpretazione della leggenda stessa. Se si leggeva : F • E • oppure E • E •, mancava l'interpre- tazione o conveniva accontentarsi di una un po' sti- racchiata. Se si leggeva invece : F • F -, l'interpreta- zione scaturiva assai naturale, e corroborata da altri esempii epigrafici, quantunque nuova nella numis- matica; ma bisognava vincere l'offesa che si arrecava o per dir meglio che si credeva d'arrecare alla pa- leografia. E da questo bivio non si poteva uscire, finché le due lettere finali apparivano veramente come due E , e finché nessun altro esempio provasse che le F potevano essere scritte a quel modo. Conviene tener nota che l'aureo é estremamente raro e non é quindi che su di un numero assai limitato d'esemplari che l'occhio indagatore del numismatico può fare le sue ricerche. Eckhel ne vide due esemplari, quello del Gabinetto di Vienna e quello del Gabinetto del Re di Francia ; ma per una fatale combinazione ambedue avevano un guasto precisamente alla fine della leggenda con- (1) Vedi questi stessi appunti alla famiglia Julia. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 159 troversa, coincidenza che lo indusse anzi a mettere in dubbio r autenticità stessa della moneta. E così il giudizio del sommo numismatico ci manca. Io non ho sottocchio che due esemplari, quello della collezione Trivulzio e il mio, ambedue se non a fior di conio pure in buonissimo stato di conservazione. Di più posseggo l'impronta di un esemplare appartenente al Gabinetto imperiale di Vienna, certo acquistato po- steriormente ad Eckhel, perchè esso pure di eccellente conservazione. Ebbene in tutti e tre questi esemplari — vedasi il mio riprodotto al N. 2 della Tavola — le due lettere finali hanno decisamente la forma di E, ossia l'asta verticale è munita al basso di una lineetta orizzontale quasi egualmente visibile che quella di sopra. Se fac- ciamo una ispezione di tutte le lettere equivalenti sulle monete contemporanee, troviamo che l'asta verti- cale delle F finisce sicuramente e francamente senza al- cuna appendice a destra di chi la guarda, parallela e simile a quella superiore. Talvolta anzi la prima asta verticale di alcune lettere, p. es. delle M e delle N , ha un piccolissimo tratto a sinistra, ma a destra non se ne vedono mai ; e a prova di ciò si osservino le F nel- l'aureo di M. Antonio e P. Clodio (Bab. Antom'aì^. 19) e di M. Antonio e Mussidio Longo (Bab. Antonia N. 24), nell'aureo della Munatia, nel denaro di Cajo Antonio e in quello di M. Antonio e Cleopatra. Degli E poi assai più numerosi se ne trovano parecchi in cui il tratto inferiore è di qualche cosa più breve del su- periore, avvicinandosi cosi alle due lettere finali tanto discusse dell'Aureo in questione, i cui tratti inferiori vanno per cosi dire perdendosi in una sfu- matura, come avviene del resto quantunque in grado minore anche dei tratti superiori. Era dunque assai naturale che per questi motivi 160 FRANCESCO GNECCHI e in seguito a questi confronti si venisse general- mente alla conclusione che quelle due lettere fos- sero veramente due E o per lo meno tale fosse l'ul- tima, e anche Cohen aveva lasciata la cosa in forma dubitativa. Nella prima ipotesi si rinunciava a spie- garle non trovandosi una spiegazione soddisfacente ; nella seconda poteva accettarsi la spiegazione m. an- TONivs MARCI FiLivs EQVES, la quale se non si può dire che si reggesse centiim pedibus, aveva però una certa quale apparenza di verità e qualche analogia con leg- gende simili, p. es. con quella di Nerone : equester ORDO. Malg]*ado tutto ciò a Cavedoni parve che se si fosse letto F • F • l' interpretazione sarebbe corsa assai più naturale, e lesse appunto F-F- colla voce filivs ripetuta onde distinguere il figlio dal padre omo- nimo e pure figlio di un Marco. Questa interpreta- zione fu adottata anche da Babelon, il quale però , onde accrescer forza a tale opinione, ha creduto opportuno di fare una piccola correzione al disegno della moneta, amputando i due piccoli tratti inferiori delle due lettere finali. Chi osserva il disegno dell'aureo — è l'identica in- cisione adoperata per la seconda edizione delle monete imperiali di Cohen (Voi. I, pag. 58) — si accorge facil- mente che, passando da questo volume a quello delle Monete Repubblicane di Babelon (Voi. I pag. 193), perdette nelle due lettere finali i due tratti infe- riori, che prima erano forse eccessivamente marcati, e le due lettere divennero decisamente due F . . . il che prova che le riproduzioni dal vero sono sempre di gran lunga preferibili, perchè dove ha a che fare la mano dell'uomo, l'interpretazione individuale eser- cita sempre la sua infiuenza... Ma le appendici a quelle due lettere finali ci sono APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 161 e non si possono togliere. Il che non impedisce che si possano ed anzi si debbano interpretare due F in luogo di due E, perchè in altra moneta di indubbia autenti- cità, che riproduco al N. 17 della Tavola, una lettera che deve necessariamente essere un F è scritta precisa- mente a guisa di un E. E un asse della famiglia Tituria, la cui leggenda deve essere: l. titvri l. f. Orbene 1' F finale ha tutta l'apparenza di un E; anzi, letto come tale, mi aveva lungamente lasciato perplesso sul- l'attribuzione di quell'asse, che m'era sembrato po- tesse appartenere alla Turillia ; e non credo di andare errato supponendo si tratti precisamente di quell'asse già attribuito alla Turillia e che Cave- doni in una lettera a Mommsen (V. Babelon, Voi. II, pag. 498) restituisce alla Tituria. Ma l' esemplare esaminato da Cavedoni mancava d'una porzione della leggenda, la quale invece è nel mio completa, almeno nella parte che ci interessa. — Ora, fermandomi a stu- diare quella lettera che come E non aveva significato, mi persuasi che la lettura corretta dell'asse è quale l'ho data e quale la intravvide Cavedoni. E, richia- mando la questione dell' aureo d'Antillo , mi parve che una moneta potesse servire a chiarir l'altra, co- sicché cambio ben volentieri, come sempre davanti al fatto, l'opinione già da me espressa a proposito di queir aureo (l) quando, non conoscendo alcun altro esempio di F scritta a guisa di E , non potevo rasse- gnarmi a fare una eccezione pel solo motivo di tro- varne r interpretazione , e ossequente al vero o a quello che tale mi appariva, mi accontentavo di ri- nunciare a spiegarla. E cosi, concludendo, le due lettere si devono leg- gere positivamente per due F, e si deve accettare (1) Gazzetta Numismatica di Como. Anno 1886. 162 FRANCESCO GNECCHI la spiegazione piana e naturale di Cavedoni e di Ba- belon: M • ANTONI VS MÀRCI FILIVS FILIVS, con pieno ac- cordo dell'epigrafia della paleografia della storia. AXIA. L. Axius Naso. (verso l'anno 69 a. C). 5. Asse. — Dopo il N. 1 di Babelon. ^ — Testa di Giano in una corona d' alloro. Sopra I. Ai lati nel campo NASO. !p/ — Testa di Giove a destra in un' circolo di perline. (Tav. ni, N. 13). Come giustamente osserva Babelon, e aveva già osservato Eckhel, queste monete di bronzo che la con- suetudine attribuisce alla famiglia Axia, andrebbero meglio classificate fra le coloniali. Ma, seguendo l'uso, ho collocato qui anche la mia, senza intendere con ciò di provare che alla famiglia Axia veramente appartenga. — Nel Catalogne d'une collection Romaine en venie à l'ainiahle pubblicato da Rollin et Feuardent trovo un asse (N. 601 bis) molto simile al mio, ma attribuito alla famiglia Oppia perchè porta nel dritto la leggenda OPPI (!)• — Il mio esemplare non è di bella conservazione ma, se le lettere N A alla destra della testa di Giano non sono distintissime, mi sembrano indiscutibili le altre due S O alla sinistra. (1) Probabilmente il inedosimo che Babelon descrive al N. 8 (Oppia) come appartenente al Museo Britannico. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 163 CARISIA. Octavius — P. Carisius. (Anno 25 a. C). 6. Denaro, — Variante del N. 19 di Babelon. ^^ — IMP • CÀESAR AVGVSTVS. Testa nuda d'Augusto a destra. :^ — P • CARISIVS LEG • PROPR • Trofeo d'armi spagnuole, appiedi del quale un prigio- niero inginocch.iato e colle mani legate dietro il dorso. CONSIDIA. C. Considius Paetus. (Anno 49 a. C). 7. Sesterzio. — Variante del N. 10 di Babelon. ^' — C • CONSID • Busto di Cupido a destra. 5* — Doppia cornucopia con svolazzi, sovrapposta a un globo. 8. Altra variante con: ^ — C' CONSIDIVS • DOMITIA. Cn. Domitius Ahenobarhus. (Anno 114 a. C). 9. Denaro. — Variante del N. 7 dì Babelon. ^ — ROMA Testa della dea Roma col carro alato a destra. Dietro X. 9/ — CN • DMI • Giove in quadriga lenta a destra col fulmine e un ramo d'alloro. (Tav. Ili, N. 3). 161 FRANCESCO GNECCHl HORATIA. (Anno 264 a. C. ?). 10. Denaro. — ^opo il N. 1 di Babelon. ^ — Testa di Roma galeata a destra. Dietro X. Da- vanti COCLES 5* — I Dioscuri a cavallo. Sul capo di ciascuno una stelletta. (Forse sotto i Dioscuri la leggenda ROMA, la quale però sarebbe riuscita fuori della moneta). (Tav. m, N. 7). Questo è forse il denaro più raro della serie re- pubblicana romana, tanto raro che finora s'è dubi- tato della sua vera esistenza , non conoscendosene che esemplari di autenticità più o meno contesta- bile. — Borghesi non lo vide genuino e suppose che il nome COCLES fosse stato aggiunto da Trajano nella restituzione del denaro della famiglia Horatia onde identificarlo meglio che non fosse colla semplice testa di Clelia (la giovane vergine romana data in ostaggio a Porsenna, e fuggita a nuoto dal campo nemico, e a cui venne poi eretta una statua), o della dea Hora (consorte di Quirino), come vorrebbe il Cavedoni, o finalmente di Grazia (sorella di Orazio vincitore e sposa al nemico Curiazio, uccisa dal fratello per aver pianto la morte dello sposo) come, parmi con maggior fondamento, propone il Babelon. Il Mionnet descrive la moneta, veramente senza attribuirle l'importanza che merita, e mette in guardia contro le falsificazioni. II Riccio non avendo mai ve- duto il denaro originario col COCLES genuino, lo re- gistra nella sua prima edizione, mettendone in rilievo l'estrema rarità; ma poi nella seconda dubita della APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 165 sua reale esistenza; e grave è veramente il dubbio del Riccio, tanto facile ad accogliere monete di assai dubbia autenticità. — Cosi fa pure il Cohen, finché Babelon, non trovando in nessun gabinetto un esem- plare degno di fede, omette addirittura il denaro nella sua serie, e si accontenta di accennarvi con queste parole: u Cohen a enregistré avec hésitation un autre denier anx u mémes types {del denaro comune delVOrazid) et qui porte u cocLES au droifc ; il en existe dans la collection d'Ailly a au Cabinet de France un exemplaire, dont nous donnons u ici le dessin. Mommsen n' a point signalé cette pièce , u et nous croyons de notre coté, qu'elle est 1' oeuvre d' un u faussaire moderne. Tous les exemplaires qui nous sont u passés dans les mains sont certainement des contrefa9ons. a Cohen d'ailleurs, s' exprime ainsi: — La módaille qui porte a le nom de cocles et qui n' est pas resti tuée , est d' une a telle rareté que la plupart des numismates mettent en u doute son existence. Pour ma part je n'en ai jamais ren- u contro de parfaitement satisfaisante. Celle du Musée u Britannique dont je donne le dessin , me paraìt moins « suspecte que toutes les autres, quoiqu'elle ait été vendue u comme fausse à Londres à la vento du cabinet Campana. — u En présence d' une pareille hésitation , nous nous cro- u yons autorisés à suivre 1' exemple de Mommsen et à ne u pas compter parmi les médailles de la république la pièce a qui porte cocles sans la mention de la restitution de u Trajan. Ajoutons que les usages monétaires à l'epoque où le a denier est censé , par ses types et son style , avoir été u frappé, rendent la legende cocles invraisemblable. n Io da parte mia non avevo avuto finora sott'occhio che alcune falsificazioni troppo evidenti per poter avere un mezzo dubbio che non fossero tali. Ma l'e- semplare di cui ora presento l'impronta (T. Ili, N. 7) 166 FRANCESCO GNECCHI è per me d'un'autenticità indiscutibile, al punto che se alcuno mi provasse che è falso rinuncerei per sempre a raccoglier monete. Il denaro è suberato e questo è una prova di più della sua autenticità, perchè non ho mai veduto falsificazioni moderne fatte in tal modo, e basta quindi a stabilirne l'esistenza. Di parecchi tipi della serie repubblicana o per esserne stati coniati pochissimi esemplari , o per essere poi stati distrutti in una data contingenza, prima che alcuni ne fossero nascosti in quel gran mezzo conservatore che è la terra, o per altre ra- gioni, non ci pervenne che un numero estremamente limitato di esemplari. Cosi ad esempio il denaro della Nasidia colle quattro navi non ci è noto che per l'unico esemplare della Collezione Borghesi , quelli della JSTumitoria e della Ventidia sono pure in numero cosi esiguo, che ben raramente figurano anche nelle più ricche collezioni. Nulla dunque di strano che di altro denaro non ne fosse giunto a noi finora nessun esemplare. Sapendosi poi che di alcuni denari della Repubblica romana la maggioranza degli esemplari è costituita da quelli suberati, nessuna meraviglia che di una moneta cosi rara sia apparso più facil- mente un esemplare suberato che uno di puro ar- gento. E del resto potrebbe anche darsi che questo denaro non fosse mai stato coniato in puro argento, e che fosse uscito dalle ofiìcine dello stato unicamente suberato (l), come pare sia di altri che non sono a noi noti che per simili esemplari. . L'esistenza della restituzione di Trajano a me era (1) Giacché è ormai generalmente provato e ammesso che la grande mag- gioranza delle monete suberate, così abbondanti a certi periodi della repubblica, non sono il prodotto di privati falsarli ; ma bensì una falsificazione ufticiale causata dalle strettezze del pubblico erario. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 167 sempre parsa una prova sufficiente dell'esistenza del denaro originario che vi aveva servito di tipo, anche quando del denaro àeìVHoratia non conoscevo che falsificazioni , perchè le restituzioni repubblicane di Trajano riproducono sempre fedelmente e scrupolo- samente gli antichi tipi ; ma ora ne abbiamo la con- ferma materiale nell'esemplare presentato. Riflettendo però su tali monete e sulle loro re- stituzioni , mi si presenta una osservazione , che altri non fece finora e che mi sembra una vera prova dell'esistenza del denaro in questione, anche prescindendo dal fatto. Si dice che ai tempi di Trajano si sapeva per tradizione che il denaro colla testina di Clelia o Hora o Grazia apparteneva alla fa- miglia Horatia e sta bene (1) , e si aggiunge che Trajano, temendo forse che in seguito la tradizione avesse a perdersi, vi aggiungesse anche il nome COCLES quasi a maggiore schiarimento. Ma tale induzione, oltre che mi pare assai poco probabile, stante come dissi la scrupolosità con cui i tipi furono riprodotti, c'è anche un altro fatto che la dimostra senza fon- damento. Trajano non restituì solamente il denaro col COCLES al diritto e la testina al rovescio; ma ben anco l'altro in cui la testina al rovescio (2) manca, e questa sarebbe anzi la vera restituzione del mio denaro. Ora, se la supposizione sopra accennata poteva in qualche modo reggere pel primo dei due denari, cade inesorabilmente pel secondo. Supponendo, come si pretende, che il nome COCLES non esistesse sul (1) « On a donc la cortitnde que, dans la traditìon romaine, le denìer anonyme était do la gens Horatia. » Babelon, Op. cit., pag. 544, (2) V. Babelon. Restituzioni, N. 23 o 34. 168 FRANCESCO GNECCHI denaro originario ma sia stato aggiunto da Trajano su quello restituito, quale sarebbe 1' archetipo di tale restituzione? Null'altro evidentemente che un denaro anonimo colla testa di Roma al diritto e i Dioscuri al rovescio. E in tal caso perchè, con quale criterio e con quale significato vi si sarebbe aggiunto quel COCLES ? Questo ragionamento non solo rende alla famiglia Horatia il denaro che le si vorrebbe tolto, ma prova anzi che i denari della detta famiglia erano tre, di cui uno anepigrafe e due colla leggenda, ossia: I. ^ — Testa di Roma coll'elmo alato a destra. Dietro X. 9( — ROMA I Dioscuri a cavallo galoppanti a destra. Sotto una testina di donna. Questo è il denaro comune, l'unico accettato e de- scritto da Babelon come originario , e di cui non esiste restituzione. II. /D* — Testa di Roma coli' elmo alato a destra. Dietro X. Davanti COCLES. P — Come il precedente. Denaro finora conosciuto unicamente per la resti- tuzione di Trajano (Bab. 23). III. ^ — Testa di Roma coll'elmo alato a destra. Dietro X. Davanti COCLES. 5/ — ROMA I Dioscuri a cavallo galoppanti a destra (senza la te- stina). Anche questo denaro era noto finora solamente per la restituzione di Trajano (Bab. 24) : oggi lo cono- sciamo anche per un esemplare originario. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 169 Dei tre tipi ora descritti, Eckhel conobbe solamente l'ultimo e la relativa restituzione, il che spiega come dXVHoratia non abbia assegnato quello anepigrafe, il quale non trovò la sua attribuzione se non in seguito alla scoperta della seconda restituzione, quella colla testina. Non è poi improbabile che altre varianti possano esistere di questo denaro ))er essere nel rovescio talvolta scrìtto il nome di roma e talvolta forse omesso. Nel mio esemplare non c'è alcuna traccia di tale indicazione ; mi parrebbe anzi che non vi do- vesse essere, ma potrebbe anche darsi che tale man- canza risultasse dall'essere male coniata la moneta. Aggiungerò tuttavia che anche del iipo comune àQÌVHoratia posseggo un bellissimo esemplare a fior di conio in cui non appare alcuna traccia del nome ROMA. Ma, lasciando da parte queste piccole varianti, la serie monetaria della famiglia Horatia va defini- tivamente completata coi tre tipi accennati. Quanto all'epoca in cui queste monete furono battute, essa è molto incerta, e sconosciuto è il monetario che le fece coniare (l). Generalmente se ne colloca l'emis- sione verso il 264 a. C, il che serve a sostenere la non esistenza del denaro originario col nome COCLES, perchè effettivamente a quell'epoca remota le monete non portavano che simboli; ed è per la medesima ragione che si nega l'esistenza del denaro della Decia, colla leggenda DECIVS MVS conosciuto per la restituzione di Trajano, denaro che sarebbe presso a poco contem- (I) « Quis fuerit iìle ex ejus posferis (di Orazio Coclite) qui nwnmum hunc ferìimduìH curavit, divinar i nequit. » Eckhel. Doctrina nwncrum reterum. Voi. V, pag. 225. 170 FRANCESCO GNECCHI poraneo a questo, collocandosi all'anno 2G8 a. C. — Ma non potrebbe darsi che i due denari fossero più recenti e battuti da qualche altro membro della fa- miglia sconosciuto alla storia anche come magistrato monetario? Il tipo del denaro della Decia, parlo di quello anepigrafe al quale probabilmente somiglierà anche quello colla leggenda, ciò che forse un giorno si potrà verificare, non mi sembra tale da non poterlo collocare anche molto piii innanzi. Così pure dicasi di quello àoiV Horatìa, e anche qui intendo del tipo co- mune, perchè troppo arrischiato sarebbe il voler giudicare dello stile su di una sola moneta suberata. Potrebbe dunque darsi che i due denari fossero di epoca più recent3 di quanto si è finora creduto , e in tal caso cadrebbe l'ostacolo della leggenda. Dato che le monete esistano o abbiano esistito, come io non dubito, è troppo naturale che si venga a una conclusione che non sia in contraddizione col fatto. JULIA. Augustus. 11. Quinario. — Variante del N. 132 di Babolon. ^ — m?' CAESAR Galera pretoriana alla vela diretta a destra con due rematori. ^ — DIVI F • Vittoria a sinistra con una corona , una lunga palma e un timone. (Tav. in, N. 4). L'esemplare di questo raro quinario descritto da Babelon sembra di buonissima conservazione se dob- biamo giudicare dal disegno datone, eppure nella ga- lera non c'è assolutamente traccia di rematori, i quali APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 171 invece si vedono assai distintamente nel mio esem- plare proveniente dal bel ripostiglio trovato nel 1876 presso Biella. Augustus. 12. Denaro. — Varietà dol N. IH di Babelon. ^ — ÀVGVR PONTIF • Testa di Giove Aminone a destra. 9* — IMP • CÀES • AlVI • F • in due righe nel campo. Vittoria su di un globo , a destra , con una corona e una palma. (Tav. HI, N. 5). La forma ellenica del D costituisce la differenza fra il mio esemplare e quello già conosciuto. Ho conservato nella descrizione le denominazioni di Dritto e Rovescio al posto ove furono collocate da Cohen e mantenute da Babelon nelle consimili monete, quantunque mi parrebbe più naturale scam- biarle, 'e dare il nome di Dritto alla faccia della mo- neta che porta la leggenda : lmp . caesar divi filivs, e di Rovescio all'altra la quale non ne è che la continuazione cogli attributi avgvr e pontifex. MARIA. Ociavius — C. Marius C. f. Tromentina. (Anno 17 a. C). 13. Denaro. — Dopo il N. 15 di Babelon. ^ - CAESAR Testa nuda d'Augusto a destra. 5^ — C • MARIVS TRO • III VIR Testa di Griulia a destra fra quelle di Cajo e di Lucio pure a destra. Al disopra una corona. (Tav III, N, G). 172 ntANCESCO GNECCHl Questo denaro è foderato, come lo sono per lo più i simili rarissimi denari della Maria colle tre teste di Cajo, Lucio e Giulia. MATIENA. Matienus. (?) (verso il 234 a. C). 14. Denaro. — Varietà dei N. 1 e 2 di Babai on. ^ — Testa galeata di Roma a destra. Dietro X. 9' — MA (in monogr.) ; all'esergo ROMA I Dioscuri a cavallo galoppanti a destra. Le due varietà del denaro della Matteria (accetto volentieri questa nuova denominazione di Matiena, proposta da Babelon invece di quella usata finora di Matia) portano i monogrammi di MATI la prima e di MAT la seconda. Il mio esemplare non ha che quello di MA, ed, essendo a perfetto fior di conio, non v'ha alcun dubbio che abbia potuto esistervi il tratto superiore che avrebbe dovuto formare il T sul vertice dell' A. Le lettere MA potrebbero essere indifferentemente le iniziali di MAXVMVS come di MATIENVS. Nel primo caso il denaro sarebbe da attribuirsi alla famiglia Fabia ; ma il tipo della moneta non permette tale attribu- zione; mentre s'accorda perfettamente con quello degli altri denari della Matiena, alla quale l'ho quindi attribuito come variante dei due già conosciuti. OPPIA. M. Antonius -- Octavius — M. Oppius Capito. (Anno 36 a. C). IB. Piccolo bronzo. — Dopo il N. 4 di Babelon (Oppia). ^' — M • ANT • IM5 • TR • COS • AESI& • \TR • ET • ^ER • APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 173 III • VIR • R • P • e • {Marcus Antonius Imperaior tertio, consul designatus iterum et tertio, triumvir Reipu- blicae constituendae). Teste nude e accollate di M. Antonio e Ottavio volte a destra. 9I — M • OPPIVS CAPITO PRO • PR • PRÀEF • CLASS • F • C • {Marcus Oppius Capito propraetor praefectus classis flandum curavit). Nave alla vela diretta a destra. Sotto A e la testa di Medusa (?) (Tav. m, N. 15). Il Babelon {Antonia N. 87, Oppia, N. 4) come pure il Cohen, descrivono : u Galera alla vela. Sotto A e la Triquetra colla testa di Medusa, ii Sui miei due esemplari, uno mediocre, l'altro di eccellente conser- vazione, tale da permettere la lettura precisa di tutti i monogrammi, a destra della lettera A al basso del campo non vedo che un globetto, il quale può in- terpretarsi per la testa di Medusa, ma assolutamente non vi ha alcuna traccia della Triquetra. M. Antonius — M. Oppius Capito. (Anno 36 a. C). . 16. Medio bronzo. — Dopo il N. 5 di Babelon {Oppia, corrispondonto al N. 78 MVAntonia). ^^ — M • AN" • IIVP • TER • COS • DESIG ITER ET TER III VIR R • P -C • Teste affrontate di M. Antonio e Ottavia. 5I — M • OPPIVS CAPITO PROPR • PRAEF • CLASS • F • C • Galera alla vela diretta a destra. Nel campo i berretti dei Dioscuri. All'esergo un segno indistinto ma che parrebbe H Y. (Tav. UT, N. 14). 174 FRANCESCO GNECCHI Questo Medio bronzo corrisponde perfettamente al Gran bronzo descritto da Babelon al N. 88 del- VAntow'a, non differendone che pel modulo. La leg- genda del diritto è molto chiara, quella del rovescio è più che letta interpretata su quella del g. b. SALVIA. Ociavius Augusius — Salviits Otlio. (Anno 41 a. C). 17. Grmi bronzo. — r>opo il K 5 di Babelon. ^' — CÀESÀR • AVGVST • PONT • MAX • TRIBVNIC • POT • {Caesar Augusius Poniifex maccimus , tribunicia potè- state). Testa laureata d'Augusto a sinistra, dietro la quale una Vittoria tiene una cornucopia , mentre colla destra le allaccia la corona. Sotto la testa d'Augusto un globo. 9^ — M • SÀLVIVS OTHO III • VIR • A • A • A • F • F • (M Sal- vius Otho triitmvir auro, argento, aere flanclo feriundo). Nel campo S • C. In questa moneta appare per la prima volta il globo sotto la testa, che vedesi poi adottato abbastanza largamente sotto gli imperatori Nerone, Galba, Vi- tellio. SEMPRONIA. L. Sempronius Pitio. (Anno 217 a. C). 18. Denaro. — Dopo il N. 2 di Babelon. ^ — Anepigrafe. Testa di Roma coli' elmo alato a destra. Dietro X, e sopra questo una Vittoria con una corona. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 175 ]^ — L • SEMP (MP in monogr.) ROMA I Dioscuri a cavallo, galoppanti a destra. (Tav. ITI, N. 8). Il rovescio di questo denaro corrisponde precisa- mente a quello comunissimo descritto da Babelon al N. 2; ma il diritto è nuovo, avendo una Vittoria sopra il segno X dietro la testa di Roma, mentre nel denaro comune l'X è davanti alla testa, e dietro è scritto il nome PITIO. Che questo denaro debba at- tribuirsi al medesimo monetario, quantunque non vi sia iscritto il nome PITIO, oltre che lo stile, lo indica abbastanza chiaramente il prenome L. SEMPRONIVS, e la Vittoria che cinge di corona la testa di Roma con tutta probabilità accenna a qualche vittoria riportata da questo personaggio il cui nome ci fu tramandato dalla numismatica , quantunque sconosciuto alla storia. La rappresentazione figurata nel diritto di questo denaro ha un solo riscontro in tutta la lunga e ricca serie delle monete repubblicane, in un denaro quasi contemporaneo o di poco posteriore appartenente alla famiglia Terentia, e precisamente in quello di C. Te- renzio Lucano, — il quale, essendo stato monetario verso il 214 a. C, parrebbe avesse copiato tale tipo dal suo antecessore, e l'avesse per così dire volgariz- zato poiché i suoi denari col tipo della Vittoria, che incorona la testa di Roma, sono comunissimi, mentre quello descritto della famiglia Sempronia è il primo e l'unico finora conosciuto. Tale diritto però al merito dell'invenzione del tipo non è indiscutibile, perchè si potrebbe anche supporre che il denaro fosse ibrido, prodotto cioè da un conio di rovescio rimasto di L. Sempronio Pizìone e ap- plicato poi erroneg^rnente a un dritto di 0. Te- 176 FRANCESCO GNECCHI renzio Lucano ; e cosi anzi la spiegazione sarebbe più semplice (0. In questo caso il tipo della Vittoria che incorona la testa, rappresentato nella moneta, reste- rebbe unico nella famiglia Terentia, per essere poi adottato due secoli più tardi dal triumviro Salvio Ot- tone nel Gran bronzo battuto per Augusto, di cui abbiamo più sopra descritto una varietà. M. Antonius — L. Sempronìus Atratinus. (Anno 35 o 36 a. C). 19. Gran bronzo. Dopo il N. 14 dì Babelon. .B' — M • AN- • IIVP • TER COS • DES • ITER • ET • TER • III • VIR • R • P • C {Marcus Antonius Imperator ferito, consul designatus iterum et tertio, triumvir reipublicae con- stituendae). Teste accollate di M. Antonio e d'Ottavio a destra , e in faccia quella d'Ottavia. :^ — L • ÀTRATINVS AVGVR COS • DES • F • C • {Lucius Atratinus augur consul designatus ftandum curami^. Galera alla vela diretta a destra. Sotto r e la Triquetra. (Tav. in, N. 18). I pochi e rarissimi bronzi conosciuti di M. Antonio e L. Sempronio Atratino portano tutti la testa di M. Antonio e d'Ottavia (V. Babelon, Sempronia N. 15 a 18). Quello ora descritto è quindi l'unico in cui ap- paja anche la testa di Ottavio accollata a quella di Marc' Antonio. Di straordinaria bellezza questo bronzo in confronto ai simili contemporanei, i quali (1) Babelon cita questo denaro in una nota alla famiglia Terentìa o lo dà positivamente come ibrido. Non vedo però una seria ragiono che impedisca di poterlo ritenere un denaro legittimo, appartenuto fors' anche a un altro L. Sempronio sconosciuto. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 177 generalmente ci pervennero in istato di assai cattiva conservazione, ci permette la lettura sicura e completa delle leggende sia nel diritto che nel rovescio, ciò che ne fa determinare la data dell'emissione tra l'anno 35 e il 36 a. C. ; poiché Marc' Antonio porta il titolo di Imperator tertio (e fu appunto nel 36 a. C. che veniva salutato imperatore per la terza volta) mentre L. Sem- pronio Atratino non porta ancora il titolo di Consid (alla quale dignità fu nominato nell'anno 34), ma è semplicemente Consul designatus e non è ancor Prae- fectus Classis, titolo che accompagna il suo nome sulle monete posteriori, quando aveva assunto il comando della flotta di Sicilia. La testa d'Ottavio accoppiata con quella di M. An- tonio è giustificata dalla rinnovazione del triumvirato, avvenuta due o tre anni prima, ossia nel 38 a. C. e che durava tuttavia, la rinnovazione essendo stata fatta per cinque anni. Difatti le medesime teste di M. Antonio , Ottavio e Ottavia si ritrovano sui bronzi simili e quasi contemporanei appartenenti alla famiglia Oppia (Oppius Capito) ; a propo- sito delle quali monete accennerò come a qualche numismatico , fra cui al Riccio e anche al Cohen, fosse nato il dubbio che la terza testa, oltre a quelle di M. Antonio e d'Ottavia, potesse esser quella d'An- tillo. Ma se tale dubbio poteva nascere non avendo sott' occhio che bronzi di cattiva conservazione , quali sono in generale, come già dissi, quelli che ci sono pervenuti di quest'epoca, non può più sussistere quando si osservi il nuovo bellissimo bronzo, nel quale i tratti e l'età della testa accoppiata a quella di M. An- tonio sono riconoscibilissimi per quelli d'Ottavio. La moneta è di fabbrica Siciliana, come tutte le altre che portavano il nome di Atratino, e probabilmente dell'officina di Palermo. 33 178 FHANCESCO GNECCllI SEPULLIA. M. Anlonius^ P. Sepullius Maccr. (Anno 44 a. C). 20. Denaro. — Dopo il N. 3 di Babolon (Sepullia). ^ — Anepigrafe. Testa velata e barbuta di M. Antonio a destra. Da- vanti il bastone augurale, dietro il prefericolo. ]^ — P • SEPVLLIVS MACER Cavaliere corrente a destra con due cavalli e col fru- stino alzato. Nel campo una Corona. (Tav. Ili, N. 9). Babelon al N. 2 àelV Antonia e al N. 8 della Se- 'pullia descrive un denaro molto simile a questo ; ma segna nel campo del rovescio : u una palma e una co- rona V , il die credo un errore di descrizione, mentre nel disegno che l'accompagna non esiste che impalma. E tale, ossia colla semplics palma, è il denaro de- scritto da Cohen nelle sue Monete Consolari (Tav. XXXVII N. 11) concordante colla descrizione data da altri autori e coi denari esistenti. La corona appare in altri denari appartenenti alla famiglia Sepullia e precisamente in quello che porta al dritto la testa velata di G. Cesare (Bab. Julia 51 e Sepullia 6) e nell'altro pure riferentesi a Giulio Cesare col tempio al rovescio e la leggenda CLE- MENTIAE CAESARIS (Babelon, Julia 52 e Sepullia 7), i quali due denari hanno un rovescio analogo al nostro , ossia il desultor corrente. Ma negli esem- plari finora conosciuti colla testa di Marc' Antonio è sempre la palma che figura al rovescio. Certo che i due emblemi hanno a un di presso il medesimo signi- APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 179 ficaio, alludendo al premio dei giuochi, e pare che si sia adoperato or l'uno or l'altro indifferentemente. L'accoppiamento dei due simboli in una sola mo- neta non lo trovo che in un denaro di Giulio Cesare col tempio, il quale appunto per questo forma una nuova variante di quello finora conosciuto. Eccone la descrizione : J. Caesar et P. Sepullius Macer. (Anno 44 a. C). 21. Denaro. — Dopo il N. 7 di Babolon (Sepnllia). ^ — CLEMENTIAE CAESARIS Tempio a quattro colonne. 5^ — P • SEPVLLIVS MACER Cavaliere corrente a destra con due cavalli e col fru- stino alzato. Dietro nel campo una Corona e una Palma. (Tav. Ili, N. 10). TITURIA. L. Titurius L. F. (Anno 88 a. C). 22. Asse. — Variante del N. 7 di Babelon. ^ — Testa di Giano. 9^ — L • TITVRI L • F • in alto, SABN al basso (AB in nesso). Prora di nave a destra. 23. Asse. — Altra variante. Il medesimo asse con SABIN (AB in nesso). 24. Asse. — Dopo il N. 7 di Babelon. ^ — Testa di Giano. ^ — SABINVS al basso. Doppia prora di nave a destra. Davanti a questa il segno dell'asse. 180 FRANCESCO GNECCHI Si potrebbe supporre che al disopra delle prore dovesse esistere il resto della leggenda L • TITVRI L • F • come negli assi precedenti, eppure dal mio esemplare quantunque battuto accentrato e di discreta conser- vazione non appare alcuna benché minima traccia di parole nella parte superiore. Inclino quindi a cre- dere che la sola leggenda di questo asse sia SABINVS, nome glorioso che poteva bastare da solo a identi- ficare la famiglia Tituria, la quale vantava come il più illustre de' suoi antenati il re Sabino Tito Tazio. Il tipo della doppia prora è nuovo negli assi della Tituria. VIBIA. C. Vibiiis, C. f. Pausa. (Anno 90 a. C). 25, Denaro. — Varietà del N. 4 di BaMon. ^ — PÀNSA Testa d'Apollo a destra coronata d'alloro. Davanti un mollusco (?). 9^ — C • VIBIVS C • F • Pallade con uno scettro nella destra e un trofeo nella sinistra in una quadriga veloce a sinistra è coronata da una Vittoria che le vola incontro, al disopra dei cavalli. (Tav. ni, N. 11). Questo denaro , uno dei meno comuni della fa- miglia Vibia, sconosciuto a Cohen , è descritto da Babelon, ma senza simbolo. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 181 VI. LA CORONA D'AUGUSTO SU ALCUNI AUREI CONSOLARI Non è raro il caso clie una nozione qualunque er- roneamente esposta in origine, venga poi ripetuta la seconda, la terza, la centesima volta, senza che alcuno di quelli che la ripetono si dia la briga di appurarla e. di correggerla. Avvenne cosi di tanti fatti storici, che attraversarono i secoli nella falsa luce sotto cui vennero la prima volta giudicati ; av- venne cosi di molte parole che erroneamente enun- ciate da principio, tali entrarono nell'uso comune da cui più nessuno osa cacciarle ; esempio Tomai fa- moso Excelsior^ che, nato col peccato originale di una sgrammaticatura, girò trionfalmente il mondo, e Dio sa per quanto tempo durerà ancora tale e quale senza che alcuno si curi di rimetterlo al suo giusto avverbiale e neutro valore... non foss'altro, per non buscarsi del pedante. E finalmente avvenne cosi per alcune monete che diedero occasione a queste mie parole. Incominciamo da due aurei d'Augusto, battuti dai triumviri monetarii M. Durmio e Petronio Turpiliano. Quantunque non comuni, questi due aurei sono però conosciuti da molto tempo ; ma, inesattamente de- 182 FRANCESCO GNECCHI scritti da principio, continuarono ad esserlo finora. La testa d'Augusto venne sempre descritta come laureata^ mentre sia sugli esemplari della mia collezione (Vedi la Tavola ai N. 19 e 20) come sui parecchi altri che potei esaminare io la trovai sempre corojiata di quercia^ e come tale difatti la danno quasi sempre i disegni, più fedeli delle descrizioni (l). Non occupiamoci del Riccio, sempre inesatto e tra- scurato nelle sue tavole, in cui ci offre l'aureo della Petronia colla testa d'Augusto nuda e quello della Durmia colla testa laureata ; quantunque convenga aggiungere che almeno il Eiccio è correlativo nella descrizione. E per venire solo agli autori più recenti e più autorevoli, il Cohen dà il disegno in un modo e la descrizione in un altro ; così ripete il Babelon, e la medesima anomalia si ripete nei diversi Cata- loghi illustrati da tavole dal vero, come per esempio in quelli d'Amécourt e di Quelen. La teéta d'Augusto in questi aurei vi appare costantemente coronata di quercia mentre le descrizioni, ricalcate su quelle dei ci- tati autori, si ostinano a replicarvi la corona d'alloro. Tale costante contraddizione e il non aver mai ve- duto un solo esemplare di questi aurei quali vengono descritti, induce la persuasione che non esistano che quelli portanti la corona di quercia. Tale è la mia opinione fino a prova contraria e credo quindi che si debbano definitivamente correggere detti aurei (1) Questo medesimo equivoco delle descrizioni non concordanti coi di- segni s'è verificato anche per altre monete, ed ebbi occasiono di avvertirlo nel 1886, pubblicando fra altre monete inedite i denari d'Augusto col rovescio del Sidus luliwn. Questi denari nelle parecchie loro varianti, offrono sempre la testa d'Augusto coronata di quercia, e tali sono i disegni di Cohen e di Babelon, ma le descrizioni non vi concordano, e la danno per laureata. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 183 (Bab. Durmia N. 11 e Petronia N. 21), per quanto riguarda il dritto, come segue : ;& — CAESAR ÀVG-VSTVS. Testa d'Augusto a destra coronata di quercia. E difatti la corona di quercia in questi aurei sta in relazione coi tipi degli aurei dei medesimi trium- viri M. Durmio e Petronio Turpiliano , esibenti la corona civica colla leggenda : AVG-VSTO OB C • S {cives servatos) (i). Ai due aurei della Durmia e della Petronia io ne avevo dapprima aggiunto un terzo, quello del- VAquillia (Bab. N. 14), comprendendolo esso pure nel numero di quelli da correggere ; ma in seguito a parecchie indagini , le quali riuscirono abbastanza difficili per essere l' aureo dell' Aqw'llia molto più raro dei due precedenti , mi risulterebbe che esso esiste in doppio tipo ossia colla testa d'Augusto co- ronata di quercia e colla testa coronata d'alloro. Non è dunque più il caso per quest'ultimo di una semplice correzione, bensì di un nuovo tipo da aggiungere alla serie. Il mio esemplare àQWAquillia col rovescio del fiore (Bab. N. 14), proveniente dalla collezione Riccio e di appena discreta conservazione, io l'ho sempre ri- tenuto e lo ritengo tuttora coronato di quercia; ma non lo potrei asseverare con assoluta certezza. Quello che mi ha levato ogni dubbio sull'esistenza del tipo è l'esemplare del Gabinetto di Francia. Non è bel- lissimo, ma pure sufficiente a indurre la certezza che la corona è di quercia. — Così lo giudica il signor (1) Vedi Babelon, Ditnnid N. <> o 7. Petronia N. 1, 2 o 3, 184 FRANCESCO GNECCHI Feuardent, così lo giudico io pure dall'im- pronta che lo stesso ebbe la gentilezza di farmi tenere e così credo lo giudicherà il lettore dalla riproduzione che qui gli offro, non essendo stato in tempo ad in- serirla nella Tavola. Una corona pure di quercia finalmente vide su que- st'auteo — e certo senza prevenzione di sorta — l'in- cisore che riprodusse la moneta per l'opera di Cohen e per quella di Babelon. Il disegno non è preso dal- l'esemplare che è attualmente al Gabinetto di Francia bensì da un altro, e quantunque sia fatto in modo da lasciar capire che il modello non era di perfetta con- servazione lascia però anche capire chiaramente che la corona che si è voluto rappresentare è di quercia, e non d'alloro. D'altra parte poi il signor Vidal Quadras y Ramon di Barcellona da me interpellato, mi scrive che il suo esemplare ha la testa d'Augusto laureata (l) e similmente il signor Reginaldo Poole mi informa tale essere pure l'esemplare del Museo Britannico ^). Dalle quali informazioni parmi doversi concludere che del- l'aureo dell' Aquillia (Bab. 3) esistono due tipi, uno colla corona di alloro, l'altro colla corona di quercia. Ora, se si considera che l'aureo del medesimo trium- viro Aquillio Floro, esibente la corona civica ad Au- gusto e corrispondente agli altri due più sopra citati dei triumviri M. Durmio e P. Turpiliano, porta la co- rona di quercia circondata da due rami d'alloro (Vedi Babelon, Aquillia N. 14), parrebbe di intravvedere una specie di concordanza fra questa duplicità di co- (1) « La téte d'Auguste est lauree. » (2) « The British Museum specimen of the Aureus, Aquillia (Bab. N. 3), shows a laurei wreafh on the head of Augustus. » APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 185 rone e i due aurei portanti le due diverse corone , o per lo meno parrebbe lecito il supporre un nesso tra l'una cosa e l'altra. Del resto l'osservazione delle corone sui due aurei d'Augusto mi aveva condotto molto lontano e aperto un nuovo campo d'esplorazione sulle corone in ge- nere, le quali finora furono poco studiate e descritte solo a un dipresso, ma non esattamente. L'esempio dei tre aurei, della Dumi la della Petronia e dell' Aquillia, non è isolato, ma molti altri consimili errori saranno da correggere perchè le corone sulle teste imperiali ro- mane, incominciando da Giulio Cesare e in tutto il periodo che corre tra la fine della Repubblica e il prin- cipio dell'Impero , non sono sempre d'alloro come descritte con frase comune dagli autori, ma talora di mirto , talora di spighe o d'altro ; e un motivo ci deve essere stato per determinare la scelta del- l'una piuttosto che dell'altra in date epoche e in date circostanze. Tale studio, che potrebbe riuscire molto interessante, lo vedo da fare, ma non l'ho ancora fatto ; e per venirne a capo c'è molto da esaminare e da consul- tare sia sui monumenti stessi che nelle storie, e si richiederebbero cognizioni che al momento sento mancarmi. Perciò, seguendo il saggio consiglio: stc- mite materìam vestris qui scrnbitis aequam viribus^ mi limito per ora ad accennarlo, riserbandolo per l'av- venire. Che se poi altri più erudito e più competente mi preverrà colla soluzione della questione, tanto meglio; io sarò lieto almeno di averla posta. Francesco Gnecchi. I » » 24 MONETAZIONE CAROLINGIA ITALIANA CARLOMANNO. Begga, nipote a un Carlomanno, morto nel 615, e figlia di Pipino de Landis, primo duca del Brabante, impalmavasi, nel 649, ad Ansegiso , rampollo degli antichi re Franchi, marchese sulla Schelda e duca egli stesso del Brabante pel contratto maritaggio. Dal loro figlio Pipino , cognominato il Grosso o di Heristal, maggiordomo [maire du Palais) di tre con- secutivi Merovingi, impotenti simulacri di re, discen- dono i fratelli Carlomanno e Pipino , l'ultimo dei quali, chiamato il Breve , impugnò lo scettro di Francia, momentaneamente ricongiunta sotto di se, nel 752, e fu padre di un altro Carlomanno e di Carlo magno che, eletto re , nel 768 , e sacrato dal pontefice imperatore a Roma, nell'SOO, appare il più nobile rappresentante di quella dinastia che , appellata poscia Carolingia, diede quindici re alla 188 DAMIANO MUONl Francia e parecchi imperatori d' Occidente all' Eu- ropa (1). Fra i diversi figli di Luigi il Germanico, abiatico di Carlomagno, figura un novello Carlomanno , che non bisogna confondere né coi preannunziati , né con altri omonimi contemporanei. Occupandoci ora di lui, intendiamo, se ci vien fatto, designare colla maggiore probabilità il luogo, dove ebbero battitura alcuni denari contraddistinti col suo nome, e che alcuni nummografi esiterebbero a ritenere usciti dalla zecca milanese , senza renderci consapevoli da quale altra fabbrica, italiana o stra- niera, possano essere provenuti. Per tacere d' altri, non meno autorevoli, citeremo, fra costoro, gli egregi fratelli Francesco ed Ercole Gnecchi, i quali adot- tarono per massima di non descrivere , nel recènte e grandioso loro trattato sulle Monete di Milano, che le monete di quei principi, i quali, se non sempre, almeno qualche volta vi posero l' indicazione della zecca milanese , vale a dire il nome della nostra città (2). Al pari adunque di vari nummoli di Carlo il Grosso, di Guido, di Lamberto, ecc., anche quelli di Carlomanno, recanti dall'un de' lati, oltre la croce, il nome suo, e dall'altro il tempietto tetrastilo, col- l'epigrafe Christiana religio, dovrebbero essere elimi- nati dalla serie monetaria milanese pel semplice mo- (1) Anquetil Luigi Pietro. Histoire de France. — Lavallée Teofilo Sebastiano. Histoire des Fran^ais, etc. — Moreri Luigi. Le Grand Dic- tionnaire historique, ou Mélange curieiix de VHistoire sacre et profane. — Chiusole Antonio. La Genealogia delle case più illustri di tutto il mondo. (2) GrNECCHi Francesco od Ercole. Le Monete di Milano da Carlomagno a Vittorio Emanuele II, occ. Opera corredata da 58 tavole in etiotipia, Mi- lano, Fratelli Dumolard, 1§84, Avvertimenti Preliminari, pag. XXV. MONETAZIONE CAROLINGIA ITALIANA 189 tivo di non trovarsene altri di lui portanti, col suo, il nome eziandio della metropoli lombarda. Con tutto il rispetto dovuto a sì benemeriti cultori degli studii, siaci permessa una succinta e modesta disamina. Di conserva ad altri trattatisti, il rimpianto pro- fessore Bernardino Biondelli , nella prefazione alla succitata opera dei fratelli Gnecchi, opinerebbe che Lodovico il Pio, liglio e successore a Carlo Magno , sia stato il primo ad imprimere alle monete un ca- rattere religioso, coll'introdurvi la duplice impronta cristiana, il tempio e l'analoga leggenda, per opporla alle parole che, quasi un grido di guerra , i Califfi conquistatori stamparono , a que' tempi , sulle loro monete , a glorificazione di Allah e di Maometto, suo inviato 0-). In relazione a siffatto avviso, il Barthélemy , ap- poggiandosi egli pure ad un erudito del suo paese, M. Fillon (2) , aveva già precedentemente portato a nostra cognizione che i più solleciti a valersi dei predetti, motto ed emblema, siano stati que' princi- potti ecclesiastici, i quali, insigniti del diritto di mo- netazione, avrebbero trovato opportunissimo di la- sciarvi un segno perenne del loro carattere precipua- mente religioso (^). Senza distruggere la priorità nell'iniziativa di Lo- dovico il Pio, o se vuoisi quella anteriore, — giusta (1) Biondelli Bernardino. Prefazione all'op. cit. dei fratelli Gnecchi , pag. XXIX, LXIV e LXV. (2) Fillon M. Considérations historiqiies et artistiques sur les monnaies de France, p. 78. (3) Barthélemy J. B. A. A. Nouvel Manuel compiei de Numismatique du Moyeti-Age et Moderne, avec planches, Paris, à la Librairie Encyclopó- diquo de Eorot, pag. 41. 190 DAMIANO MUONI alcuni, — dello stesso Carlo Magno , tale conget- tura , anziché apparire desti tuta di fondamento, rin- viene un valido appoggio in molte e molte moneto medioevali de' nostri Vescovi, de' nostri Comuni ; ma in qualsivoglia guisa possa venire essa risolta dai più addottrinati, constatiamo, innanzi tutto, come il numismatico ed archeologo Barthélemy che, francese di nascita e membro della Società degli Antiquari di Parigi, dovrebbe pure saperne qualche cosa sulla storia metallica dei Carolingi, suoi connazionali, si mostri assai più esplicito in alcune particolarità meglio rispondenti al nostro assunto colle seguenti testuali dichiarazioni. Le zecche, egli dice, stabilite dai Carolingi nel regno d'Italia e conosciute a mezzo delle monete sono sei, e le nomina, quelle di Milano, Pavia, Lucca, Tre- viso, Ravenna e Pisa. Non contiamo, prosegue egli, in questo numero Venezia; dappoiché pensiamo che, se quella repubblica introdusse il nome degli impera- tori in alcune delle sue monete, non fece che compor- tarsi alla stessa maniera dei romani pontefici, i quali non intesero mai con simile atto di manifestare ve- runa specie di soggezione. Ripartendo poi, fra le offi- cine delle memorate città italiane, le monete dei non pochi dominatori Carolingi, il medesimo autore attri- buisce a Milano quelle di Carlomagno, Luigi I (Lodo- vico il Pio), Lotario I, Carlo II (Carlo il Calvo), Car- lomanno, Arnolfo, Berengario, Guido, Luigi III, Ugo, Lotario II ed, escludendo dalle altre zecche italiane, notisi bene, le monete di Carlomanno , assegnate a quella soltanto di Milano, aggiudica alla zecca di Pavia altre monete carolingie di Luigi I, Lotario I, Carlo II, Arnolfo, Berengario, Rodolfo re di Borgogna (i). (1) Barthélemy. Op. cit. MONETAZIONE CAROLINGIA ITALIANA 191 Le incessanti scoperte nummarie però comprendono oggidì fra le monete di Milano anche taluna battutavi dal monarca borgognone, e cosi dicasi di altre mo- nete coniate da altri dominatori sia in questa città che altrove in Italia (i). Osserva inoltre il Barthélemy, e ciò è quanto mas- simamente ne interessa , come sianvi parecchi re d'Italia, le cui monete non recano il nome di Milano, ma semplicemente le parole xpistiana relicio (sic), e come siasi convenuto di considerare queste monete, talvolta d'una assai larga dimensione, fabbricate nella medesima città di Milano (2) . Si è convenuto, cosi si esprime il Barthélemy ; cer- tamente, soggiungiamo noi, si sarà convenuto fra i nu- mismatici pili accreditati di cui egli, numismatico del pari eccellente, avrà avuto contezza. A siffatto asserto prestava fede il Morbio, come più volte ebbe a parlarcene personalmente, e come ognuno può rilevare dall'Elenco ragionato delle sue monete e medaglie vendute in Germania dopo la di lui morte, avendovi compreso sotto la zecca di Milano il de- naro di Carlomanno (passato poi in nostra proprietà quantunque mancante dell'indicazione locale) 0^). (1) Bertolotti Giuseppe. Illustrazione di un denaro d' argento inedito di Rodolfo di Borgogna re d' Italia, coniato in Milano circa il 022-925. Milano, Stab. G. Òivelli. (2) Barthélemy Op. cit., pag. 352. — Supponiamo che il libro dol Bar- thélemy sia sfuggito alle indagini, ancorché accuratissime, dei fratelli Gnecchi, non trovandosi, por lo meno, comproso nella Bibliografìa preposta al più volte citato loro lavoro, ed è peccato ; perocché, sotto modeste appa- renze, non è privo di assennate considerazioni tanto generali che speciali, e perchè vi si leggono vario pagine consacrate anche alle zecche istituite dai re di Francia in Italia, non indegno per certo di riflessi e di studi. (3) Catalog einer Sammhmg Italienischer Milnzen aller Zeiten, etc. aus dem JSIachlasse des Cavaliere Carlo Morhio, in Mailand, etc. Mùnchen, 1882, pag. 142, N. 1836, 192 DAMIANO MUONI Non risulta che la pensasse diversamente l'Hoff- mann, nel Catalogo della insigne sua Collezione Nu- mismatica, in quella parte che riguarda le Monete Carolingie ; perciocché, assegnando egH alla zecca di Milano un denaro tolto dal Biondelli a Carlo- magno per darlo a Carlo il Calvo (i), esclude la pos- sibilità che altri denari di Carlomanno e di Guido di Spoleto , recanti, col loro nome, il tempio e la iscrizione religiosa, siano stati battuti nel territorio francese, senza però addimostrare in quale altro luogo lo fossero ; mentre ascrive alla Francia (non si stenta a crederlo) la moneta di altro Carlomanno, del figlio forse di Luigi il Balbo, colle parole : car- LOMAN REX e coll'accenno della città di Limoges {Limoux Civis) nell'Aquitania (2). Invano cercammo nella 'Numismatica Medioevàle di Gioachimo Lelewel un indizio qualunque per chia- rire la cosa (3) ; ci rivolgemmo allora al Fougères e al Combrouse, i quali, citando nella loro Descrizione nummaria della seconda razza Reale ài Francia, (1) Biondelli Bernardino. Prefazione cit. Malgrado il Muratori, il Le Blanc, l'Eckard, il Fougères, il Combrouse e il Mulazzani, il professore Biondelli venne tratto in questo parere dal Labus, dal Zardetti, dal Long- périer e dal Corderò di S. Quintino ; ma ne conforta il vedere che, al pari di noi, abbiano in questo dissentito' anche i fratelli Gnocchi , i quali, se- guaci del principio : Umcuique suum, ripresero a Carlo il Calvo por ridarlo a Carlomagno l'anzidetto denaro. Fortunatamente ed eglino e noi, non siamo in cattiva compagnia , essendo sorretti dalle dottrine più largamente svi- luppate dal Lelewel e richiamato dal Morbio , che vuole inoltre decisiva l'opinione del surricordato Mulazzani pei coscienziosi, esatti ed estesi suoi scandagli (Maggiora Vergano Ernesto. Rivista Numismatica Italiana. Asti, Tip. Raspi e Comp., voi. II, pag. 4). (2) Collection H. Hoffmann — Monnaies fran^aises — Première partie — Monnaies Gauloises, Mérovingiennes et Carolingiennes , etc. Catalogne. Paris, 1887, pag. 25 e 29. (3) Lelewel Joachim. Numismatique du Moyen-Age considérée sous le rapport du type, etc. Paris, 1835, avec atlas et tablet chronologiques. MONETAZIONE CAROLINGIA. ITALIANA 193 alcune monete di Carlomanno, fra cui una spettante al gabinetto Rousseau e due a quello Nazionale di Francia, riproducono, nel loro tipo, due denari del medesimo regnante alle Tav. 11 e 12, sotto i N. 146 e 148 ; ma sì l'uno che l'altro di questi denari dif- feriscono da quello che noi possediamo e che repu- tiamo coniato in Italia, somigliante ad altro prodotto dall'Hoffmann, e da lui considerato come estraneo alle monete di conio francese (1). Il denaro di stampo largo da noi posseduto, pareggia- bile a quello descritto dall'HofÈ'mann, reca nel diritto : -f CARL.OMAN REX, colla croco nel campo accantonata da quattro globetti, e nel rovescio : xpistiana reiicio (sic) col tempietto te trastilo nel mezzo, sormontato da una crocetta. Ma i due denari, essi pure di larga dimensione, forniti dai due citati nummografi Fougères e Com- brouse, presentano una maggiore rozzezza tanto nel disegno che nei caratteri della leggenda del diritto, di cui quella segnata col N. 148 viene espressa colle parole hcarlemanvs rex. Eecano entrambi, del resto, la croce nel campo accantonata da quattro punti , si l'uno che l'altro portano nel rovescio il tempio carolingio, colla scritta: xpistiana relicio ; ma neanche per essi gli autori si sono presa la pena di stabilire ove possano essere stati coniati (2). Riprendiamo la storia per meglio avvalorare, se è possibile, quanto conchiuderemo di poi. Carlomanno, terzo di nome, quale regnante, succe- (1) Fougères et Combrousb. Descripfion des monnaies de la deuxième race royale de France. Paris , 18B4 , in-é**; avec 42 tahles. — [Collection Hoffinann, op. cit. (2) Fougères et Combrouse. Op. cit. 194 DAMIANO MUONI dato, nell'anno 876, coi fratelli, Luigi II il Giovane e Carlo il Grosso, al padre Luigi il Germanico, terzo figlio di Lodovico il Pio, ebbe da lui in retaggio il regno di Baviera, a cui aggiunse la Pannonia, la Schia- vonia e la Boemia, non che la Cariiizia e la Moravia, ch'egli strappò coll'armi ai rispettivi loro principi, fre- giandosi altresì col titolo un po' azzardato, se vuoisi, di re d'Italia. Quantunque l'irrequieto ed insaziabile suo zio pa- terno Carlo il Calvo, l'introduttore della formula mo- narchica : Gratia Dei Rex (i), avesse sancita la ripar- tizione di dominio fra i tre fratelli nipoti, Carlomanno ebbe appunto a lottare con lui per attuare, col titolo, il possesso della bella ed agognata Insubria, in cui, succedendo ai Lombardi, i Carolingi facevano presso a poco consistere il loro regno in Italia (2). Cogliendo pertanto il momento in cui lo zio avevalo preceduto in Italia per contrastarla ai Saraceni, che l'avevano invasa, calò repentinamente e si avanzò ra- pidamente, neir877, in Lombardia, ove, libero da ogni impaccio, veniva proclamato re ('^). Tutti fuggirono innanzi a lui, i signori locali, il sommo pontefice e financo l'imperatore, che, inviati innanzi moglie e te- soro, ricalcò egli stesso la via per Francia e cadde infermo appiè delle Alpi, ove soccombette, avvele- nato, dicesi, dal proprio medico israelita, chiamato Sedecia W. Studiossi allora Carlomanno di conseguire anche la corona imperiale; ma, essendosi rivolto a papa Gio- (1) BlONDELLI. Op. Cit. (2) Anquetil, Moreri. Op. cìt. (3) Dictionnaire des Dates. (4) Anquetil. Op. cit, MONETAZIONE CAROLINGIA ITALIANA l95 vanni Vili, non ne trasse che lusinghiere promesse; per cui, tornato nell'SZS in Baviera, morì, chi asse- risce il 22 marzo, e chi il 3 aprile 880, in Ottinghen, nel monastero ch'egli aveavi fondato, lasciandovi due figli naturali, Gisela e Arnoldo o Arnolfo, che fa alla sua volta imperatore nell'SBG W. Per quanto ristretto sia stato il tempo in cui Carlo- manno rimase in Italia^ bisogna convenire ch'egli, secondo l'uso de' principi d'ogni età, non avrà mancato di contraddistinguere, e al più presto, l'effimera si- gnoria colla maggiore e più diffusa testimonianza che possa essere tramandata ai posteri : inten- diamo alludere al massimo dei diritti maestatici , quello di battere moneta col proprio nome. Che egli poi siasi valso di tale diritto a Milano, anziché nella prossima Pavia, vogliamo arguirlo per T autorità finora incontestata del Barthélemy che, giusta quanto abbiamo esposto, giova credere possa bastare fino almeno a prova contraria. Notiamo poi la grande analogia fra il denaro di Car- lomanno, senza indicazione di luogo, e quelli della me- desima specie di altri principi Carolingi, comunemente attribuiti alla zecca di Milano ; ne dobbiamo sorvolare come esso pure il denaro di Carlomanno, non sia mai stato , dalla pluralità degli intelligenti e degli amatori , sostanzialmente ammesso quale prodotto d'altra fabbrica. Il che può dedursi dai cataloghi delle collezioni poste in vendita, non che dal prezzo abbastanza ele- vato a cui il denaro in quistione è sempre salito nelle pubbliche aste, sia perchè moneta, stimata non altrimenti che patria, o per dir meglio milanese ; sia (1) MoRERi. Op. cit. Dictionnaire des Dates. 196 D. MUONl - MONETAZIONE CAROLINGIA ITALIANA perchè assolutamente rara in confronto alle altre franco-italiclie, atteso il brevissimo tempo, rammen- tiamolo ancora, in cui fu dato al titolare di emetterle rimanendo, come signore, fra noi. Non a torto ebbe il Biondelli a riflettere che l'insuf- ficienza delle iscrizioni nelle monete , massime in quelle coniate nei tempi a cui siamo risaliti, mette i critici in grave imbarazzo, e che molteplici sono i criterii a cui si ricorre per distinguere le une dalle altre, specialmente di principi omonimi (l). Ci si perdoni pertanto la temerità, con cui abbiamo arrischiato un nostro apprezzamento qualunque, e vo- gliasi, se non altro, saperci grado dell'intenzione di salvare una moneta abbastanza interessante dal ri- pudio d'ogni zecca. Per amore di esattezza , non mai soverchio in questa sorta di studii, riproduciamo stampato il de- naro di Carlo manno, che giace tranquillamente nel piccolo nostro medagliere, stante alcune lievi diffe- renze fra la leggenda religiosa espressavi e quelle ri sultanti nei denari consimili forniti dall'Hoffmann e dal Morbio. Milano, aprile 1889. -Damiano Muoni. (1) Biondelli. Op. cit. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI XVI. LE TERZAROLI! DI CA.RLO VI Quando sul finire del 1888 visitai il R. Gabinetto Numismatico di Brera, presi nota di una bella terza- rola di Carlo VI che in quello si conserva, e che ri- tenevo come inedita. Infatti non si aveva altra notizia di tali monete coniate in Genova ai tempi di Carlo VI, se non quella che trovai riportata nei mss. dell'Avi- gnone. Questa notizia, aggiunta in calce dal Desi- moni il quale la ricavò dai Registri di zecca, si ri- ferisce alla coniazione di terzarole d'oro nell'anno 1405, e riceve la più assoluta conferma dall'esemplare di Brera il quale porta per l'appunto le iniziali di An- dreolus De Nigro e Lucius de Rapallo, zecchieri di quell'anno. Oro. Peso gr. 1,17 (V. disegno). /B' — * K REX : F : D : lANVE : A Castello in cerchio di 8 archetti con punti agli angoli. ?/ — * CONRADVS : REX : L Croce patente in cerchio come al dritto. 198 GIUSEPPE RUGGERO La serie di questo re , già ricca del genovino con due varianti, della quartarola dell'Hoffmann (i), del grosso, della petachina e del minuto, veniva in tal modo ad essere quasi completa col terzo di ge- novino. Avrei pubblicato prima d'ora questa nuova moneta, se non mi avesse trattenuto dal farlo il dubbio sulla esistenza della quartarola ; dubbio le- gittimo, poiché parevami strano che i registri di zecca riportassero la coniazione del terzo di genovino e non quella del quarto. Circa alla quartarola del l'Hoffmann, devo confessare che se ne avevo avuta notizia certa quanto al peso, non avevo potuto tut- tavia vederne il disegno, mancando quell'opera in tutte le biblioteche di Firenze dove allora io mi trovava. Finalmente, avendo potuto consultarla in grazia alla cortesia di un distinto Numismatico, il sig. William Boyne, riconobbi nella pretesa quar- tarola dell'Hoffmann al N. 51 Tav. XXVIII, la so- rella, se non gemella forse minore, della terzarola di Brera. Infatti le lettere di zecca sebbene incerte, non mi sembrano eguali a quelle del 1405, e per questo è probabile che appartengano ai zecchieri degli anni seguenti. Non può cader dubbio circa alla specie, malgrado l'asserzione dell'autore a pag. 52, dove la dichiara una quartarola, dandole il peso di 0,80. Chi conosce la monetazione genovese, non può ignorare che i tipi delle due monete son talmente diversi da non potersi confondere. La quartarola fin dalla sua origine non ebbe mai gli archetti, e continuò col suo cerchio sem- plice per tutto il tempo della sua durata, cioè nella seconda metà del XV secolo , poiché 1' ultima che conosciamo é quella del Galeazzo Sforza. Oltre al (1) Monnaies royales de France. Parigi, 1878. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 199 tipo semplicissimo, il diametro della moneta costi- tuisce un altro importante carattere , essendo più stretto nel quarto e più largo nel terzo di genovino. Di fronte a questi argomenti, il peso dato in 0,80, quantunque sia quello proprio dei quarti, non può farci cambiare d' opinione. Può essere che l'autore avendo ricavato quel disegno dalle sue schede e non ricordandone il peso, abbia creduto supplirvi con qnello solito delle quartarole, nella convinzione che si trattasse di questa e non di altra moneta. Ma vo- lendolo ritenere esatto, dovremo credere che la mo- neta fosse mal conservata e calante. Chi possiede la moneta in discorso potrebbe illuminarci in proposito. Se la terzarola di Brera non è assolutamente ine- dita in seguito alla pubblicazione dell' Hoffmann , credo ciononostante di non dover recedere dal mio primo proposito, considerando che se in quelle tavole fìgura per una specie che non è la sua , convenga rettificare lo sbaglio di quell'autore. Oltre a questo motivo, parmi che le iniziali di zecca meritino di essere conosciute, confermando esse la notizia rica- vata dai documenti. In conclusione , non si conoscono, fino ad oggi , quartarole di Carlo VI. E bensì vero aver io inteso negli anni passati che un raccoglitore e negoziante genovese , ora defunto , ne possedesse una, ma non avendo potuto vederla, né procurarmene precise no- tizie, saremo sempre in condizioni invariate fino al momento che il possessore di una vera quartarola di Carlo YI , crederà giunto l' istante di farla co- noscere. Caserta, Maggio 1880. Giuseppe Ruggero, UN BANDO CONTRO LE MONETE TRIVULZIANE Dopo che Gian Francesco Trivulzio, abbiatico del Magno, rinunciò a' suoi diritti sulla Contea di Mu- socco (1) w rAno 1549 li 2 d'Ottobre per la soma de ventiquatro mila cinquecento sentici (2), ebbe la Mesolcina (1) Mnsocco (lat. Misaucum,Mesaucum; ital. Mìsocco, Misochì, Misocci, Mu- sochi ; ted. Masox, Masax, Mesax, Misax, Misauc, Mosax, Mousax , Monsax , Monsacks), era il nome della rocca, castrimi munitissimum quod Valli nomen .dedit, distrutta per ordine delle Tre Leghe nel 1526. L'odierno Mesocco (ted. Misox) è la riunione dei paesi che componevano la P squadra dell'Ottavo Coraun Grande della Lega Grigia, Gabia, Lesum, Cretnetuni, Andersla, Doira (Sprecher Fortunato, Pallas Rhaetica, ecc. Basilea, Anno MDCXVIL Liber HI, pag. 212), che dicevasi pure Squadra di Musocco, e degli abitati di Benabbia, Anzone, S. Rocco, Logiano, Darba, S. Bernardino. (2) Statuti Mesolcinesi, mss. inediti. P. od E. Gnecchi. Le Monete dei Trivulzio. Milano, 1887 ; porta 24000 scudi. Prefaz. pag. XXVI. G. A. À Marca. Compendio storico della Valle Mesolcina. Lugano, 1838. A pag. 115 dice 21500 fiorini, sbaglia però mettendo la vendita nel 1525. Sprecher Fortunato. Historia Motuum et Bellorum , ecc. Coloniae- Allobrogura. CIO.IO.C.XXIX, pag. 364 « vigintiquatuor millium et quingen- 36 202 EMILIO TAGLIABUE continui litigi co' suoi successori, i quali, impugnando le convenzioni da lui fatte cogli abitanti della Valle, per mezzo secolo trascinarono la questione nei Tri- bunali della Lega Grigia (l). Senza dilungarci sull'intricato litigio diremo, che Raffaele Trivulzio (2) alla Dieta di Tronto (3), tenu- torum aureorum », lo stesso nella Pallas, op. cìt. pag. 213, mette invece : « Vallis se a Francisco Trivultio vigintiquatuor millibus aureis Uberavit. » Primo Luigi Tatti. Annali di Como. Milano 1735. Decade III, pag. 613, per 22000 scudi; così pure Francesco Bai.larini. Cronica di Como. Parte I, cap. 36, e G. Pietro Giussani. Vita di S. Carlo Borromeo. Milano, 1751. In Santa Maria di Mesocco , sopra un bordo di affreschi e più precisamente nel riquadro che rappresenta il mese di Giugno si legge : « 1549 la Valle di Misocho comprò la libertà da casa Triulcia per 2400 scuti ». Questa inscrizione venne già citata da Samuel Butler. Alps and Sanctuaries. London, 1882, e da Emilio Motta. Le zecche di Roveredo e Mesocco in « Bollettino Storico della Svizzera Italiana ». Bellinzona, 1887, Fase, 8% pag. 137 ; essa però non venne fatta nel 1549 , ma 74 anni più tardi, avendo noi sotto la leggenda veduto una firma: 1623 la quale corrisponde alla segnatura di Carlo k Marca (morto 1642) ca- pitano Mesolcinese ch'ebbe parte importante nelle guerre di Valtellina. Dr. Th. V. Liebenau. Zur MUnzgeschichte von Misocco in « Bulletin de la Société Suisse de Numismatique ». Bàie 1887, N. 7 e 8 pag. 100, to- gliendolo dal Fusslin dà 24500 Kronen. Questa somma si trova anche negli opuscoli dati alle stampe l'anno 1623- (Vedi pag. 206, nota 4). (1) I documenti relativi sono in gran parte inediti. Le lineo principali del litigio stan riassunte nella lettera del popolo di Mesolcina a Gian Gia- como Trivulzio del ramo dei Conti di Melzo (Vedi pag. 206, nota 4). (2) G. Pompeo Litta. Famiglie celebri Italiane. Milano, 1816-68. Famiglia Trivulzio. Tav. III. Figlio naturalo di Gian Francesco, Eaffaele fu legitti- mato nel 1556 da Enrico II re diFrancia e nel 1557 da Aranino Cibo, Conte Palatino. La Lega Grigia riconobbe la legittimazione, per cui dopo la morto del padre, avvenuta il 14 Luglio 1573, accampò pretose sul feudo di Me- socco. Mori a Milano il 29 Giugno 1583. (3) A Tronto (Trun, Tronum , Trunium), l'odierno Trons o Truns , una volta all'anno si radunava il supremo Tribunale (iella Le^ Grigia. UN BANDO CONTRO LE MONETE TRIVULZIANE 203 tasi il giorno di S. Giorgio dell'anno 1581, vide re- spinta ogni sua pretesa u imponendo perpetuo silentio a dita causa, con ordine alla Valle di non essere mai pili obbligata a rispondere in giuditio alcuno per questa causa V (1). Ma Raffaele non accettò la sentenza, e i suoi eredi favoriti da Spagna e dai disordini che poco dopo sconvolsero le Tre Leghe, continuamente rinnovavan pretese e proteste (2). Ulrici Campelli, Eaetiae Aìpestris Topographica Descripiìo in « Quellen zur Schweizer Goscliichto ». Basol, 1884. Voi. VII, pag. 10 così ne parla: «... quod antiquitus et ad hunc usque diem omnes forenses causae a totius tractus illius vel ut hodie nominantur superioris Foederis Judicibus derimendae ad illud veluti tribunal fantummodo dticanttir ». (1) Statuti già cit. Sprecher. Historia , ecc., op. cit., pag. 36.5 , quasi colle stesse parole : « silentium praeterea de hac causa perpetuum tniunctum constUutumque fuit, dictam Vallem postime in nullo iudicio propter hanc causam respon- dere teneri ». (2) L'intolleranza religiosa, i maneggi di Francia, Spagna, Austria e Ve- nezia che nella repubblica sostenevano i partiti favorevoli a' lor interessi, gettarono lo tre Leghe in sanguinose lotte intestine. Insorta con aiuti di Spagna la Valtellina ; occupate le Dieci Dritture dall'Arciduca d'Austria ; coi fuorusciti tumultuanti ai confini, senza alcun capo d'autorità e senza guida, spadroneggiava la piazza acciecata dal fanatismo religioso e il terribile tribunal di Tosanna, che, creato qual fondamento di libertà, era nelle mani dei partiti divenuto strumento di tirannide. La storia piti completa di questo periodo burrascoso ci è data dallo Sprecher {Historia Motuum, ecc., op. cit.) che al dir del Quadrio {Dis- sertazione critico-storica intorno alla Rezia, ecc. Voi. 3. Milano MDCCLV, Opera dedicata al Santissimo Padre Benedetto XIV P. 0. M.), storico corto non sospetto di parzialità per lo Sprecher, « piU amante della sincerità che del suo partito ha scritto con moderazione più che altri ». Neparlan pure estesamente ma con minor imparzialità: Pietro Domenico Eosio DE Porta. Historia Reformationis, Curiae Raeiorum MDCCLXXI — Francesco Saverio Quadrio. Op. cit. — Francesco Ballarini. Op. cit. — Primo Luigi Tatti. Op. cit. — Giuseppe Eomegialli. Storia della Valtellina. Sondrio, 1834. — Pietro Angelo Lavizzari. Memorie istoriche. 204 EMILIO TAGLIABUE Nel 1622 la Dieta dell'Impero, giudicando in con- tumacia contro gli abitanti delle Valli, dichiarò a favore di Gian Giacomo Teodoro Trivulzio (l) lo stato di Musocco e gliene diede l'investitura col titolo di Principe del Sacro Romano Impero e della Valle Me- solcina (2). Investitura affatto platonica, che Ferdinando II non poteva imporre le decisioni della Dieta imperiale alle Tre Leghe, e il Trivulzio, se appoggiato dal par- tito cattolico e spagnolo, aveva però contro gran parte de' Mesolcinesi e tutti i riformati Grigioni. In- vano egli spedisce il Cav. N. Cattaneo a riscaldare i tiepidi partigiani (3) ; lo stesso Giovan Antonio Giojero W, uno de' più zelanti e turbolenti capi Libri X, Coirà, 1716. — Glutz Blozheim. Die Geschichte der Schtoeize- rischen Eidgenosseii. Zurich, 1816. — L. Troug. Storia della Riforma dei Grigioni. — Bucelinus Gabriel. Rhaetia Etrusca, ecc. Augusta, 1666. — Cesare Cantù. Storia della Diocesi di Como. Milano, 1827. Lo stesso au- tore ; Il sacro Macello di Valtellina. Firenze, 1853, ecc. ecc. Anche Carlo Botta dà un breve ma chiaro sunto di questo periodo nel libro XIX, Tomo V della sua Storia d'Italia. Capolago, 1853. (1) Del ramo dei Conti di Melzo, nato a Milano nel 1596, morto a Pavia il 3 Agosto 1656. — LiTTA, op. cit. Famiglia Trivulzio. Tav. IV. Sposò una Grimaldi dei principi di Monaco; rimasto vedovo ottiene il cap- pello Cardinalizio da Urbano Vili nel 1629. Filippo IV di Spagna lo no- mina viceré d'Aragona, di Sicilia e Sardegna, nel 1655 governatore e ca- pitano generale dello Stato di Milano. Fu 1' unico Milanese al quale gli Spagnoli diedero il supremo governo del Ducato. (2) Argelati. Biblioth. Scri])t. Mediolanensium. Mediol. MDCCXLV. Tomo IL Parte I, col. 1530. Sprecher. Historia. Op. cit., pag. 366, dà il diploma di nomina ai 22 Febbraio 1622. Litta. Op. cit. Famiglia Trivulzio. Tav. IV ed ultima. (3) Sprechér. Historia. Op. cit., pag. 363. Lavizzari. Op. cit., lib. VII, pag. 247 e 261. (4) Giovan Antonio Giojero nel 1608 solleva la Calanca contro i mi- nistri evangelici, l'anno dopo è nominato podestà di Morbegno, carica che fruttava 1200 fiorini (Vedi la Reformation von 1603, pubblicata nel UN BANDO CONTRO LE MONÉTE TRlVULZlANE 205 della Rezia cattolica, gli fa contro; con nobilissimo animo anteponendo agli interessi personali e del par- tito, la libertà della patria. La Valle respinge le do- mande del Trivulzio e negando all'Impero il diritto di giudicar la questione si proclama libera e indi- pendente. Ed essendosi Teodoro appellato alla Dieta di Lucerna, la Mesolcina a sostenere le sue ragioni, nel mese di Febbraio del 1623, manda il Capitano Carlo Marca e il Ministrale Gaspare Molina ai can- toni riformati e Giovan Antonio Giojero e il Dottor Rodolfo de' Antonini ai cattolici (l). I delegati del Trivulzio pel quale brigavano « XV" Jahresbericht dor historisch-antiq. Gosellschaft von Graubùnden. » Chur, Jahrgang 1885) ; accusato di intelligenze cogli Spagnoli salva il capo rifugiandosi a Milano. 11 Conte di Fuentes e il Cardinale Federico Bor- romeo gli fan lieta accoglienza onorando in lui, dice il Quadrio, « l'uomo che intrepidamente la vera fedo aveva sostenuta nelle vessazioni con che avevan cercato i protestanti d'annientarla nella Mesolcina sua patria ». Trasferitosi a Roma nel 1610 espone lo stato intollerabile dei Cattolici (Prigioni al Pontefice Paolo V elio incoraggiando il suo zelo lo nomina Cavaliere Aurato. A Lucerna con altri capi del partito tenta fondare una Lega Sacra dei Cantoni Cattolici. Il Tribunale di Tosanna, lo condanna a morte assieme ai fratelli Ro- dolfo e Pompeo Pianta , e mette su loro una taglia di 1000 zecchini se consegnati vivi, 500 se morti ; pena la vita per chi consiglierà graziarli. Ai 13 luglio 1620 Griovan Antonio Giojero alla testa di trecento fuoru- sciti, buon numero di fanti assoldati e 2 bombarde invade la Mesolcina , non trovandovi però quel seguito eh' egli sperava. Corsi all' armi 2000 uo- mini dell'alta valle del Reno l'affrontano poco lungi d'Hinterrhein ; gli fan ripassare il S. Bernardino ; lo battono al pian di S. Giacomo, disperdendo i resti delle sue bando a Soazza. Esito infelice ebbor pure i moti suscitati nella bassa Engadina dai fratelli Pianta ; mentre invece nella Valtellina , ove più inaspriti erano gli animi, la notte del 19 luglio in Tirano cominciò quella strage che ebbe poi nome di Sacro Macello e a fuoco e sangue un' altra volta mise l'infelice Valle. Caduto il Tribunale di Tosanna ed ac- quietate le civili discordie, Giovan Antonio Giojero l'anno dopo potè rim- patriare. (1) Sprecher. Bistorta, ecc.; pag. 366. 206 EMILIO TAGLIABUE Spagna e l'Impero (l) diedero allora alle stampe un opuscolo : " Discorso delle raggioni deW Illustrissimo et Eccr' Sig.*" Principe Teodoro Trivultio nel Contado di Misocco et Valle Misolcina " (2) ; al quale risposero i Mesolcinesi con una lettera die a noi è pervenuta unita agli Statuti Vallerani C^) sotto la dicitura : Factu tale. Onero raggioni summarie opposte dalla Valle Misolcina Nelli Grigioni Confederati Per diffesa deWauita sua libertà, al pretesto delle dimande del Sig. Conte Teodoro Trivultio Milanese VAno 1623 W. (1) LiEBENAU. Op. cii, pag. 100. — Dà una lettera dell'imperatore Fer- dinando II all'arciduca Leopoldo datata « Regenshurg, 21 feb. 1623 » a favore « unsern und des Reicìis F t'ir sten und liehen getreuen Theodor o Trivultio zu Misocco und des Thais Mesolcina. ■» (2) LiEBENAU. Op. cit., pag. 100. (3) Statuti et Capitoli — della Legge Municipale, Civile e Criminale dell' Universal Valle Mesolcina — accettati et ratificati nella general Con- gregatione et Centena — tenuta in Lostallo il giorno di S.*" Marco — 25 aprile 1645. — Da un manoscritto del notaio Giovan Battista Maf- FioLO (Secolo XVII). (4) La risposta dei Mesolcinesi venne stampata lo stesso anno : L. Haller. Bihliotheh der Schtveizer Geschichte. Berna, 1784. Voi. I, pag. 746 lo accenna sotto il titolo « Raggioni summarie esposte dalla Valle Mesolcina nelli Grigioni Confederati. » 1623 in-4° senza indicazione alcuna. Johann Conrad Pììsslin. « Staats- und Erdbeschreihung der Schtveize- rischen Eidgenossenschaft. Schaffhausen 1772. » Parte IV, pag. 295-305 to- gliendolo « nach einem Abdruck vom Jahr 1623 » trascrive un « Factum tale- oder griindliche Beschafenheit des zwischen Herrn Crafen Trivulzen zu Meyland und dem Masaxer Thal ini obern Grauen Bund erhelten Spans. » Lo Sprecher certo conobbe questo opuscolo e ne tolse in alcuni punti letteralmente, quanto scrisse sul feudo di Mesocco a pag. 363 e seguenti della sua Historia Motuum, ecc. In un progetto di riforma della « Legge Civile e Criminale della Valle Mesolcina — della Publica General Cen- UN BANDO CONTRO LE MONETE TRIVULZIANE 207 Intanto i Grigioni rinsaviti, dato tregua alle feroci discordie, agognavano ricuperare quanto la rabbia po- litica e religiosa aveva lor fatto perdere; e Francia e Venezia che con occhio sospettoso osservavano le mene di Spagna, porgevano ajuto e consigli agli ora- tori di Mesocco 0-K Il Gueffier, legato del Re Cristianissimo, aperta- mente diceva essere Teodoro creatura di Spagna, godere egli immenso credito a Madrid, badassero che posto piede in Mesolcina avrebbe poi stesa la mano sui baliaggi italiani. La Dieta Elvetica, di questo impressionata, respinse le domande del Trivulzio e acerbamente si lamentò che oro ed armi di Spagna turbassero la quiete degli alleati Grigioni. Già s'erano stretti il Duca di Savoja, Francia e Venezia per garantire l'integrità della Rezia (2), né i Confederati erano alieni per la stessa causa di cor- rere all'armi, onde Spagna impreparata alla guerra, moderò lo zelo del Duca di Feria, suo governatore a Milano e caldo fautore del Trivulzio. Il 23 Marzo 1623 il Duca scriveva ai Confederati u che io applicandomi ad assistere al d." Principe Tri- vulzio.,. non ho mai haviito animo di tentar cosa ve- iena tenuta in Lostallo il 25 aprile 1773 — progotto stampato noi 1774 in Coirà , presso Bernardo Otto , in-4° pag. 70 , trovasi a pag. 55-59 un « Compendio delle Raggioni — a favore della Valle Mesolcina, e della sua libertà » il quale è somplicemento un sunto del Factum tale, ecc. L'Haller, Op. cit., voi VI, n. 20 i9 erroneamente scrive che lo stampato porta gli stemmi delle Tre Leghe. Nella prima pagina di questo progetto sono invoco riprodotti gli antichi sigilli dei Tre Vicariati Mesolcinesi (Sigillum. Vica- RIATUS . MeSOCHI — SiGILLUM . RoVEREDI — SiGlLLUM . COMMUNITATIS . Calanckae) come abbiamo verificato in.un esemplare cortesemente fornitoci dal sig. Avv. Aurelio Schenardi di Grono. (1) Sprecher. Ilistoria, ecc. Op. cit., pag. 366. Botta. Storia d'Italia. Lib. XIX, pag. 235. (2) Botta. Op. cit., Ub. XIX, pag. 235, 208 EMIMO TAGLIABUE runa contraria a quello, che in vigor delle Leghe con le ss. vv. il Re mio signore et la ser'"'* casa deF Austria sono tenuti osservare.... fra tanto operar ò col Principe, che non passi pia oltre nella sua pretenzione, e non permetterò che si faccia alcuna novità ne motivo d'armi ne d'altera maniera ^i (1). L' à-Marca dopo aver brevemente accennato ad alcune pratiche fatte da Casa Trivulzio nel 1623, aggiunge: « d'allora in poi la MesolcÌ7ia non fu piti mo- lestata per tale oggetto ^ (2), ma questo è uno dei grossolani errori del suo Compendio. Ercole Teodoro Trivulzio (3), usando del diploma avuto dal padre in Ratisbona, l'anno 1654 (4), piantò zecca in Retegno Imperiale (terra del Lodigiano), battendovi monete colla leggenda di decimo Conte (1) LiEBENAU. Op. cit., pag. 101. (2) G. A. À Marca. Op. cit., pag. 152. (3) Figlio di G. Giacomo Teodoro Trivulzio, nacque ;il 1620. Cavaliere del Toson d'Oro, Grande di Spagna, Governatore generale delle milizie del Ducato di Milano, Ercole Teodoro fa d' animo inferiore al nome che por- tava. Accusato d' insidie contro Vercellino Visconti , morì prigioniero nel castello di Lodi l'anno 1664. Oltre gli autori citati dal Rosmini, dal Litta, dai Gnecchi, alla bibliografia trivulziana possiamo aggiungere un' opera d' anonimo autore stampata a Venezia nel 1720 presso Sebastiano Coleti e Giovan Malachin, tomi 3, col titolo Li Sovrani del Mondo, curiosa raccolta di stemmi e notizie sulle case allora regnanti. Questa specie d'Almanacco di Gotha, che si stampava a Venezia 170 fa, a pag. 160 e seguenti del III Volume, dà molte notizie (non tutte esatte) sulla famiglia Trivulzio, e parlando de' suoi possessi ci metto il Principato di Mesocco. Il libro trovasi nell'Archivio Civico Storico di Milano, e ci venne mo- strato dal cortese direttore prof Gentile Pagani. (4) Gnecchi. Le monete dei Trivulzio. Op. cit., pref. pag. XXVII. Nel 1654, Ferdinando III, in compenso della zecca Mesolcinese che G. Gia- como Teodoro più non poteva esercitare, eresse a suo favore Retegno in Ba- ronia Imperiale e con diploma da Ratisbona vi univa il diritto d'impiantarvi una zecca, UN BANDO CONTRO LE MONETE TRIVULZIANE 209 di Musocco, Principe del Sacro R. I. e della Valle Mesolcina; ed avendo i suoi fìlippi il titolo degli imperiali (l), gli fu facile spacciarne nella Mesolcina. Non poteva questa nuova affermazione dei diritti feudali , passare inosservata (2). Nella General Cen- tena i^) tenuta in Lostallo il 25 Aprile 1661, i tre Ministrali ^qW Ottavo Comun Grande ^^) ne riferirono (1) Il mezzo filippo d' Ercole Teodoro Trivulzio corrisponde a quello di Filippo IV re di Spagna e duca di Milano (1621-1665) del peso di gr. 13.800 descritto da F. ed E. Gnecchi nella loro classica opera « Le Monete di Mi- lano, ■» Milano 1881, pag. 155 Num. 48 con disegno alla Tav. XXXII, Num. 3. (2) Emilio Tagliabue « Formola del giuramento delli officiali del Vi- cariato di Mesocco. » In Bollettino Storico della Svizzera Italiana. Bellin- zona 1889. Fase. 4, pag. 72 « giuriamo colle 3 deta leuate al cielo, ecc. ecc. et tutto quello che deve esser secreto, secreto tenere et quello che merita esser propalato palesare. » (3) Il 25 d'Aprile d' ogni anno, il popolo si riuniva in Lostallo per di- scutere in pubblica assemblea o Centena « le cose convenienti al iman go- verno et regimento della Valle. » (4) Gian Giacomo Trivulzio incorporò la Mesolcina alla Lega Superiore come Vili Comun Grande. L' istrumento venne firmato il 4 Agosto 1496 da: Henricus VI Caro. Heguensis vescovo di Coirà (1491-1503); Giovanni abate di Dissentis ; Giovanni Corradino von Marmels signore di Eha- ziÌNs; GiLi von MuNDT Landricter DI LowENBERG, e JoAN Giacomo Tri- vulzio, i quali vi posero i loro sigilli. Per questo l'atto si chiamò la Carta DEI 5 Sigilli. Esso venne pubblicato in extenso noìV Ameiger fiir Schwei- zerische Geschichte di Soletta 1873. n. 3, p. 322-25 e nel 12. Jahresbericht der hist. antiq. Gesellschaft, Chur 1883. Al 19 d'Agosto 1496, il duca di Milano mandava ai suoi ambasciatori, Galeazzo Visconti e Erasmo Brasca, « copia de certa liga et capitoli prati- cati tra la liga de Grisoni et M. Ioanne Iacopo da Trivultio » ; la lettera è portata da Carlo de Rosmini « Dell'istoria intorno alle militari imprese ed alla vita di Gian Iacopo Trivulzio detto il Magno. Milano 1815. Voi. Il, pag. 233, doc. 13. Nel ricchissimo archivio del Principe Gian Giacomo Trivulzio, che gen- tilmente ci si permise consultare, il Codice Num. 2253 — Miscellanea III, Num. XVII, dà, una copia di patti intervenuti al 4 Agosto 1496 tra la Lega Grigia e Gian Giacomo Trivulzio. Da essi risulta ch'erano prosenti, oltre ai cinque che firmarono l'atto : « li avvocati et consiglieri di tutte le Comu- nità delta Prefata Lega. i> 27 210 EMILIO TAGLIABUE al popolo. L'assemblea tumultuò e unanime votava dieci nuovi Capitoli Criminali da aggiungere ai 48 promulgati nel 1645. Ne diamo qui sotto il primo e più importante : Altri Statuti et Capitoli fatti et affirmati DAL POPOLO DELLA GeNERAL CeNTENA IN LOSTALLO IL DI 25 ApRTLE Anno 1661 Cajpo primo — jper la moneta (l). 1. Si prohihisce a qualunque d'introdurre nel nostro paese^ inoneta sopra la quale sia improntato qualche titolo dì padronanza sopra la Valle Mesolcina, per Iddio Gratia libera et indipendente da qualsivoglia Souvranità di Principe et Si^^norc, sotto pena alli contrafacienti arbitraria dei Signori Trenf homini (2). L'istesso si intende delli quattrini falsi della stampa di Milano r. Il Capitolo sopracitato è certo diretto contro mo- nete trivulziane, battute dopo il 1654: non poten- dosi supporlo causato dallo spaccio di monete argentee di Gian Francesco Trivulzio. Questo perchè i tipi di tale coniazione erano alla distanza di 125 anni, e i fiorini, scudi , testoni, cavallotti della prima metà del secolo XVI più non avevan corso nella seconda del XVII essendo stati surrogati dal doppio du- catene, mezzo ducatone, filippo, mezzo filippo, ecc. Notisi inoltre die Gian Francesco Trivulzio ri- nunciando al feudo di Mesocco perdeva il diritto (1) Questo Capitolo omesso nel progotto di Kiforma del 1774, fa seguito alle leggi del 1645; manoscritti del riotajo G. B. Maffiolo. (2) Tribunale Criminale della Valle composto di 30 Giudici. UN BANDO CONTRO LE MONETE TRIVULZIANE 211 di zecca W, e tale diritto non ritornò a Casa Tri- vulzio che col Diploma del 1654. E per abbondare aggiungeremo che nel 1645 si riordinarono le an- tichissime leggi Vallerane (2), e nei Capìtoli Criminali (1) Dopo il 1559 la casa della Zecca di Roveredo servì per Residenza di Valle. Secondo una comunicazione del Sig. Francesco Schenardi (Vedi Boll. Storico della S. F. anno 1887, pag. 140), al principio del secolo esi- stevano ancora in uno dei suoi sotterranei, alcuni attrezzi di zecca, nonché varii conii. (2) Da quanto ci comunica l'egregio amico Jng. Emilio Motta, nelPar- chivio di Stato di Vienna il Cod. 736, porta li « Statuta et Capitola Vallis Mesolcinae 1439. » Sotto i Trivulzio la Valle nominava i suoi giudici e le leggi eran fatte nelle Centene convocate e presiedute dal Procuratore del Conte. ì^elV Archivio Trivulziano Cod. citato, oltre varie cause discusse da 7 Giudici col Vicario di Mesocco o Eoverodo pel civile, e da 28 Giudici pel Criminale, troviamo due leggi Vallerane. Un inedito documento dell'Archivio del Prìncipe G. G. Trivulzio Cod. 2253. Miscel. Ili, getta una viva luce sul modo con cui si amministrava la giu- stizia durante questo periodo. Esso è una pergamena latina rogata dal Notaio Giovanni del Piceno Vicario di Eoveredo. Vi è detto che a istanza dello Spettabile uomo il signor Martino Otli di Spluga Commissario nella Valle per l' Illustrissimo Conte J. J. TriATiltio Signore generale della Mesolcina, Val di Reno e Stofavia si radunò il tribunale criminale composto di 28 giudici e presieduto dal Vicario di Roveredo e da quello di Mesocco Jo Gaye per giudicare Alberto del Rubro accusato d'omicidio commesso sulla piazza di Grono. Esso Rubro, dice la sentenza, venne « tenore li nostri Statuti et Capitoli » condannato al bando perpetuo, e alla confisca dei boni; dei quali una metà a favore della Camera del prefato sig. Conte. I giudici eran : 9 di Mesocco (tra i quali Martino Bovollino q."* Guglielmo notajo), 4 di Soazza ; 1 di Lostallo ; 1 di Sorte ; 1 di Cama ; 1 di Leggia ; I di Beffano; 6 di Calanca; 3 di Roveredo; 1 di S. Vittore. Nella Miscellanea III Num. IV, copia d'atto rogato da Ioannes de Maf- flolo figlio di Ser Stefani di S. Vittore in data 16 Marzo 1483, nel quale è detto che il popolo convocato d'ordine del Magnifico signoro Gian Iacopo Trivulzio, votò una logge contro gli adulteri e gli incestuosi. Nella stessa Miscellanea III Num. VII, copia dell'atto rogato da Albertus de Salvagnijs filius q."* ser Andree, l'Assemblea di Mesolcina convocata in un prato di Lostallo all'll Giugno 1488 decreta che ninno, sia Ecclesiastico 212 EMILIO TAGLlABUE allora approvati non si trova alcuna allusione a mo- nete trivulziane. Che l'articolo sopra citato, fosse diretto contro monete da Ercole Teodoro Trivulzio introdotte nella Valle, si vede dal testo della legge che dice: « per Iddio Gratia Ubera da qualsivoglia Soiwranità di Principe et Sig>iioi*c ?? mentre su nessuna altra moneta conosciuta, anteriore al mezzo fìlippo di Ercole e quindi al 1661, troviamo il titolo di Principe della Valle Mesolcina. Questo in aggiunta a quanto già scrissero i Fra- telli Gnecchi nella loro splendida opera « Le Monete dei Trivulzio 57 (l) dimostra, che fu Ercole Teodoro Laico, ardisca citare in giudicio fuori della Valle persona alcuna che vi soggiorna, sotto pena, ecc. ecc. Nel 1518 la Lega Grisa, riunita la Dieta a Tronto, stabiliva in 6 capì- toli le regole per la successione, e nel 1524, ancora in Tronto, vi aggiungeva 2 capitoli per F « heredità de Biadeghi , Barbi et Amide » (abbiatici, zii e zie), ordinando fosser osservati dalle Vili Comunità d'essa Lega. Nel 1551, d'accordo colla Lega, si divise la Valle in 3 Vicariati, portando a 30 il nu- mero dei Giudici in materia Criminale. Infine, oltre i 10 capitoli votati a Lostallo nel 1661, a chiarire le leggi del 1645 si approvavano 5 nuovi ca- pitoli nella Centena tenuta ancora in Lostallo il 25 Aprile 1662. Gli ultimi 23 capitoli si trovano noi manoscritto del notajo G. B. Maf- FioLo. Questo il poco a nostra cognizione, giacendo il materiale per una storia della legislazione Mosolcinese inedito e polveroso negli archivi Pa- triziali. (1) Gnecchi. Le monete dei Trivulzio. prof. pag. XXVII « noi abbiamo avuto la ventura di trovare un mezzo filippo che senza alcun dubbio gli appartiene (a Ercole), diremo più propriamente abbiamo rettificata l'attri- buzione di una moneta che si credeva appartenere ad Antonio Teodoro, re- stituendola a Ercole. » Non crediamo inutile ripetere la leggenda del suddetto mezzo fìlippo, togliendola all'opera cit., pag. 26, Num. 2. Mezzo fìlippo gr. 13.800. D. - THEO . TRIVL . S . E . I . ET . VAL . MISOL . PEINCE . Busto corazzato a destra, tosta nuda. UN liANDO CONTRO LE MONETE TRIVULZUNE 213 a impiantare la zecca di Retegno, e che non limi- tandosi alla coniazione di pochi esemplari vi intra- prese una vera e regolare monetazione. Le sue monete divennero poi rarissime (l), es- sendo stati obbligati i Ministrali , dopo 1' approva- zione dei 10 ]movi Capitoli Crirainali del 1661 (2), a ritirare e rifondere per conto della Valle le monete portanti qualche titolo di padronanza sopra la Valle Mesolcina. Restano li quattrini falsi della stampa di Milano. Essi possono essere trilline di Gian Francesco Tri- vulzio, che imitò le trilline milanesi di Francesco Primo, re di Francia (1515-22) (3), come l'avo aveva B. — co . MVSOCHI . X . BAE . EET . IMP . XIII . ET . C . Lo stemma dei tre pali entro uno scudo a testa di cavallo con ornati. Sopra corona; disegno alla Tav. V, Num 2, che riproduciamo in testa a questa breve me- moria, avendoci i signori Francesco ed Ercole Gnocchi gentilmente fornito l'impronto per la fotoincisione. (1) F. ed E. GrNECCHi. Op. cit., pref. pag. XXVII. I tre soli esemplari co- nosciuti di questa moneta sono : 1 nella collezione Trivulzio ; un secondo in quella delPAvv. Averara di Lodi ; un terzo nella Gnecchi. (2) Statuti citati. Capo attestato W unione perpetua « Il Ministrale deve provvedere al mantenimento d'una santa et incorotta giustitia et difesa della nostra libertà raggioni, diritti, frietà, vita, et robba di qualsivoglia di noi et nostri discendenti fino in perpetuo, ecc. ecc.. et sotto pena della vita, robba, secondo li loro demeriti, sia tenuto castigare li contraf adenti, tanto terrieri che forastieri in vita et robba senza dilatione alcuna. » (3) F. ed E. Gnecchi. Le monete di Milano. Op. cit. pag. 107 Num. 9 dis. a Tav. XXI Num. 7. Trillina di Francesco I del peso di gr. 1.375 e titolo 71, con iniziale F. coronata fra due punti. Guid'Antonio Zanetti. Nuova raccolta di monete, ecc. — Bologna, MDCCLXXIX, voi. II, pag. 159, Num. LXXIII. Vincenzo BEhLv^ii.Dissertatio Prima. — Ferrariae 1774, pag. 71 Num. 12. D. Gaetano Bugati. Memorie Storiche critiche, ecc. — Milano 1782, ta- vola II, Num. 8. H. HoFFMANN. Alter und neuer Miim-schlussel. — Niirnberg 1692, ta- vola, LXII Num. 138. 214 EMILIO TAGLIABUE imitate quelle di Massimiliano Maria Sforza duca di Milano (1512-15) (l) ; cosa verosimile avendo le trilline ancor corso nella seconda metà del secolo decimosettimo. Potrebbe anche darsi che Ercole Teodoro Trivulzio per suo conto abbia imitate le trilline o i quattrini di rame milanesi di Filippo IV; ma questa è una nostra supposizione, non conoscen- dosi sinora alcuna di tali imitazioni. E giacché ci siamo indugiati tanto sul _pr?'mo Ca- pitolo Criminale dell'anno 1661, diremo che gli altri nove tendevano a prevenir disordini, a soffocare le congiure , imponendo « alli Signori del Criminale cKhabino da 'punire irremissibilmente senza dilatione alcuna i trasgressori delle leggi et Statuti di quésta Argelati. Additiones ad nummos variarum Italiae urhium (Vedi Arge- lati, De Monetis Italiae, ecc.). — Mediolani Anno 1750, Voi. V, pag. 21, Num. 12. Le Blanc. Tratte hisiorique des monnaies de France. — Parigi 1690, pag. 330, Num. 8. Trilline tutte che osservate superficialmente si possono confondere con quelle dì G. Francesco Trivulzio, descritte dai Gnecchi, Le monete dei Tri- vulzio, pag. 23, Num. 18-19-20, disegno alla Tav. IV, Num. 11. (1) F. ed E. Gnecchi. Le monete di Milano. Op. cit. pag. 104, Num. 5 e Tav. XX, Num. 5. Trillina di Massimiliano Maria, Sforza, del titolo 72 e peso gr. 1.120, con in campo l'iniziale M gotica coronata. LoD. Ant. Muratori. De moneta sive jure cudendi nummos (in Antiqui- tates italicae medii aevi. Tom. II. Milano 1738) Tom. II, pag. 6012, num. 30. Argelati. Op. cit. Voi. I, Tav. XIX, Num. 30. Trilline imitate da Gian Giacomo Trivulzio. Vedi quelle descritte da: Gnecchi. Le monete dei Trivulzio. Op. cit. pag. 12 dal Num. 55 air80, con disegno a Tav. Ili, Num. 13. Pietro MazzuccheIìLt. Informazione sopra le zecche e le monete di G. (?, Trivulzio, Milano 1815 (in appendice al Eosmini, op. cit.), pag. 361, Tav. I, Num. 3 al 14. ToBiESEN Duby. Traité des monnaies des barons. — Paris 1790, Voi. I, Tav. XXV, Num. 8. Bellini. Altera Dissertatio. Ferrariae 1767, pag. 139, Num. 23. UN BANDO CONTRO LE MONETE TRIVULZIANE 215 Vaile " (1). Per impedire poi che persone male in- tenzionate o turbolente vi soggiornassero, severis- sime disposizioni venner prese contro i forestieri , vietandosi il passo agli armati, e il trasgressore u chi Vamazara sarà bene amazato, senza incorrere in pena alcuna " (2). Emilio Tagliabue. (1) Capo 10 della Legge Crimìnalo 1661, già cit. (2) Capo 3 « per li forasUeri » Legge Criminale 1661, già cit. MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 (Continuazione e pnej n. Mentre fervevano in Bologna le feste centenarie dell'Università, — delle medaglie relative alle quali ci siamo occupati nella prima parte di questa nostra cronaca metallica del 1888, — celebravasi in Napoli il 250° anniversario della costituzione della Brigata Pie- moìiie (3° e 4° reggimento fanteria). Le origini del nome di questa brigata pare risal- gano all'anno 1664, nel quale fu appunto denominato Reggimento Piemonte Fanteria l'antico reggimento Conte Catalano Alfieri, costituito fino dal 1637 e del quale solo nel 1638 trovasi menzione, per la prima volta, nel bilancio dello Stato. Però, al 1638 se ne è fissata, ufficialmente, l'origine, e nel 1888 è stato, di conseguenza, festeggiato il 250° anniversario della Bri- gata Piemonte^ originata dal detto reggimento Ca- talano Alfieri. La denominazione oggi anche vigente di Brigata Piemonte risale al 1815 ; e la ripartizione in due reggimenti (3° e 4°) data dal 25 ott. 1831. Non spetta a noi, qui, il rifare la storia del vecchio reggimento e della Brigata Piemonte ; ma, ai riguardi della medaglia che stiamo per illustrare, dobbiamo 38 218 ALFREDO COMAMDINI dire che, ai 14 marzo 1858, il re Vittorio Emanuele II volendo che suo figlio Umberto, pnncipe ereditario, che in quel giorno compiva il 14° anno di età, en- trasse a fare parte dell'esercito, lo nominò capitano di fanteria e lo fece inscrivere nei ruoli del B*' reg- gimento (brigata Piemonte). Nel 250° anniversario della brigata alla quale ap- partenne, re Umberto inviò al comandante della me- desima un telegramma che, con gentile pensiero, venne riprodotto come epigrafe nella medaglia commemo- rativa, che qui descriviamo : Diamm. mm. 59. ^ — Testa nuda a sinistra di Umberto I re d'Italia. Sotto il taglio del collo, a destra : SPERANZA.. In giro : 250' ANNIVERSARIO DELLA BRIG-AT A PIEMONTE. In basso, fra due stellette a cinque punte : 22 GrlU- GNO 1888. P — III tutto il campo, in quindici linee, epigraficamente disposte : ASSISTO COL PENSIERO - E COLL' AF- FETTO — ALLA COMMEMORAZIONE — DEL 250» ANNIVERSARIO - DELLA BRIGATA PIEMONTE - ALLA QUALE RICORDO SEMPRE - CON LA PIÙ' VIVA SODDISFAZIONE — DI AVER APPARTE- NUTO — HO FEDE SICURA — CHE IL 3" E 4° REGGIMENTO — SAPRANNO IN OGNI EVENTO — CONFERMARE LA LORO — GLORIOSA TRADI- ZIONE — CHE OGGI ONORANO — UMBERTO. Le feste commemorative furono celebrate in Na- poli, dove la brigata trovavasi di stanza ; ebbero luogo il 22 giugno ; e della bella medaglia qui descritta ne furono coniati 2500 esemplari in bronzo per tutti i soldati appartenti o che già avevano appartenuto alla brigata. Un esemplare in oro fu presentato a Sua Maestà, e varii in argento furono coniati per MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 219 gli ufficiali generali e superiori. La medaglia fu in- cisa con mirabile nitidezza di conio, dal cav. Spe- ranza, incisore nella regia zecca di Roma, e quivi coniata. (Tav. IV, N. 1). « He Nel mese di giugno è doverosa consuetudine dei patrioti italiani il commemorare la morte del ge- nerale Giuseppe Garibaldi , avvenuta a Caprera il 2 giugno 1882. E appunto la prima domenica di Giugno del 1887 ebbe luogo all'isola, dove il gene- rale fu sepolto, un solenne pellegrinaggio, la cui medaglia commemorativa non fu eseguita e distri- buita che un anno dopo, nel giugno 1888, ed è la seguente : Diam. mm. 61. ^ — Busto a sin., col poncho tradizionale e fazzoletto annodato al collo, testa nuda, di Giuseppe Garibaldi. Sul taglio del busto : S. J. {Stefano Johnson) MILANO. Sotto : SPERTINI MODELLO'. ^ — Nel campo, chiuso da cerckio di perle di due gran- dezze, in alto due triangoli rettangoli intersecantisi a mo' di stella, e sotto, in sei linee : PRIMO PELLEGRI- NAGGIO - ALLA TOMBA — DI — GIUSEPPE GA- RIBALDI — A — CAPRERA. Intorno, esteriormente al cerchio di perline, nella metà superiore del giro, fra due stellette a cinque punte : 11 GIUGNO MDCOC- LXXXVII — e nella metà inferiore del giro : LE OSSA FREMONO AMOR DI PATRIA. Questa medaglia, eseguita dal bulino del valente incisore Cappuccio , nello stabilimento del signor S. Johnson di Milano, è bella nel dritto ; comune, 220 ALFREDO COMANDINI commerciale, insignificante nel rovescio. Fu coniata in argento e in bronzo, in numero limitato di esem- plari ; quelli in argento furono fatti pagare L. 41 ciascuno, e L. 5 quelli in bronzo, e, come è detto nella circolare 28 maggio 1888 del colonnello Mis- sori, presidente del Comitato esecutivo pel pellegri- naggio del 1887, la msdaglia fu coniata « a perpetua memoria del Pellegrinaggio stesso 57 e per distribuirla a solamente alle Società, Istituti, ecc., che interven- nero al Pellegrinaggio, o vi mandarono loro rappre- sentanze. " Un'altra medaglia, portante lo stesso busto del generale Garibaldi, fu eseguita nel 1888 in Milano dall' incisore sunnominato, signor Cappuccio, quale distintivo di un sodalizio di superstiti garibaldini. Eccola : Diam. mm. 35. i& — Busto quasi di prospetto, col poncho e fazzoletto annodato al collo, testa nuda a sinistra. In giro, ai lati: GIUSEPPE -GARIBALDI. Sotto al busto : A. CAP- PUCCIO. 5t — In alto, stella d'Italia, raggiata. In quattro linee nel campo : SOCIETÀ' M. S. — VOLONTARI — GA- RIBALDINI — MILANO. Sotto, incrociati e anno- dati con nastro, due ramoscelli d'alloro e di quercia. Questa medaglia ha la maglietta pel nastro, che è di colore rosso acceso, e viene portata dai vo- lontari come distintivo sociale del sodalizio cui ap- partengono. * * * Per la inaugurazione della Esposizione Emiliana in Bologna, una grande e bella medaglia era stata MEDAGLIE ITALIANE DtL 1888 221 preparata, di iniziativa propria, dall'incisore milanese signor Luigi Broggi, che la propose come medaglia commemorativa della visita del re, al Comitato del- l'Esposizione. Ma non avendo , questo, preventivata una tale forma di onoranza e di festeggiamento, la medaglia, dal Broggi eseguita, non fu presentata. Senonclie, nelF agosto-settembre recandosi Sua Maestà a visitare le provincie della Romagna, in occasione delle grandi manovre svolgentisi in quella regione, la medaglia fu accolta favorevolmente dalle Provincie e dai Comuni di Romagna, a ricordo di una visita che da lungo tempo il re desiderava di poter fare e che, in una forte e generosa regione, ingiustamente circondata da sospetti deplorevoli e da infondate diffidenze, diede luogo a calorose, schiette, popolari manifestazioni, degne del cuore buono del re e dello spirito liberale, equanime dei romagnoli. La medaglia che il Broggi aveva eseguito per la visita del Re alla Esposizione di Bologna , era la seguente : Diam. mm. 75. ^ — In cerchio di perle, busto di prospetto in grande uniforme militare, con decorazioni, ordini cavallereschi, collare della SS. Annunziata, testa nuda di tre quarti a sinistra, in alto rilievo. In giro ai lati : UMBERTO I — RE D'ITALIA. Sotto al busto : LUIGI BROGGI FECE. (Tav. IV, N. 2). 1^ — In cerchio di perle, nel campo, in undici linee : A S. M. — UMBERTO I — NELLA FAUSTA OC- CASIONE — IN CUI — COLLA SUA AUGUSTA PRESENZA — INAUGURAVA — LA FESTA DEL- L'ARTE — E DELL'INDUSTRIA — IN BOLOGNA. - VI MAGGIO MDCCCLXXXVIII. 222 ALFREDO COMANDINI Come abbiamo detto, la presentazione di questa medaglia non ebbe luogo; e, nel settembre, devolu- tone il diritto per la medaglia destinata a ricordare la visita di re Umberto alla Romagna, il Broggi do- vette eseguire un nuovo rovescio, che qui si descrive : '^ — Cerchio di perle, dentro il quale, corona di alloro e di quercia, fatta di due rami aperti in alto, incrociati e annodati in basso ; e sovrapposti ai rami, in basso i due stemmi, affiancati, della provincia di Ravenna a destra, e della provincia di Forlì a sinistra, raccolti sotto un'unica corona murale ; in giro, a sinistra, procedendo dal basso all'alto, gli stemmi delle città di Rimini, Cesena, e Forlì; a destra, quelli delle città di Lugo, Faenza e Ravenna ; e in alto, nello spazio aperto fra i due rami di alloro e di quercia, lo stemma della città d'Imola (che fa 'parie della Romagna, ma il cui circondario ap- partiene alla provincia di BolognaJ. Nel campo, in sette linee : PERCHÈ — DI SUA VENUTA IN ROMAGNA — RESTI — DURABIL MEMORIA — PROVINCIE E COMUNI — DECRETARONO — SETTEMBRE MDCCCLXXXVIII (Tav. IV, N. 3). Del rovescio di questa medaglia vi è una variante, della quale non esistono, oltre a quello presentato in oro a Sua Maestà, che pochissimi esemplari in bronzo, e la variante si ha nello stemma di Lugo, che dall' incisore venne eseguito in forma di due scudi, il rosso, con croce e colomba, sovrap- posto ad uno scudo azzurro, mentre lo stemma di Lugo è fatto di un solo scudo, e non di scudo sovrap- posto a scudo. Del rovescio por- tante questa variante, che fu il primo eseguito, si MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 223 rappe il conio appena dopo coniati l'esemplare in oro pel Re e pochi esemplari in bronzo, e però nel nuovo conio, prontamente eseguito, fu provve- duto alla correzione dell' errore araldico accaduto , nel primo, per lo stemma di Lugo (Tav. IV, N. 3). L'esemplare in oro per Sua Maestà fu coniato subito senza eseguire prima la correzione, perchè credevasi che la presentazione dovesse avvenire in Ravenna il 1° settembre ; ma siccome alla medaglia fu voluta ag- giungere una pergamena-indirizzo portante tutte le firme dei sindaci di Romagna — e raccogliere queste fu affare lungo — così la presentazione della me- daglia fu differita, ed ebbe luogo in Roma due mesi più tardi. Di tale medaglia , oltre a quello in oro per Sua Maestà, non ne furono coniati dallo stesso incisore Broggi, nel proprio bilanciere, che appena duecento esemplari in bronzo. Anche il secondo conio del ro- vescio fu rotto, cosicché la riproduzione della me- daglia non è ulteriormente possibile. Aggiungeremo qui che fino all' agosto scorso la provincia di Forlì non aveva stemma proprio, e ne fu appunto adottato uno, approvato dalla Consulta Araldica , in occasione della medaglia fatta coniare per la visita del Re. Di un'altra medaglia, in Romagna, fu fatto omaggio al Re ; e precisamente in Cesena il 2 settembre. La medaglia è la seguente: Diam. mm. 40. ^ — In disco, nel campo, veduta interna, di prospetto, della Biblioteca Malatestiana, in Cesena, e sotto nel- l'esergo del disco : B?^ MALATESTIANA - OFF. MA- EIOTTI. — In giro, ad arco, in alto : MUNICIPIO DI CESENA. In giro, sotto, fregio ornamentale. 224 ALFREDO COMANDINI ]pl — In corona di alloro e di quercia : A — UMBERTO I — EE D'ITALIA — I OESENATI. Il diritto di questa medaglia è quello adoperato dal Municipio di Cesena per le medaglie di premio delle scuole del Comune; fu inciso nell'officina Mariotti di Firenze, e rappresenta l'interno della magnifica Bi- blioteca fondata in Cesena nel 1452 da Malatesta No- vello. La medaglia fu coniata in Firenze, dall'incisore Gori, in unico esemplare d'oro, offerto al Re dal sena- tore conte Saladini sindaco di Cesena. * * * Terminate appena le feste popolari e militari in Ro- magna , incominciavano in Torino le feste per le nozze del principe Amedeo, duca d'Aosta, con la principessa Letizia Bonaparte. Varie medaglie popo- lari, messe in commercio a basso prezzo, furono co- niate per queste nozze ; ma una sola medaglia noi conosciamo, che non fu messa in vendita, e qui la de- scriviamo : ^ — Cercliio di perline. Nel campo, i busti accollati a sinistra del principe, testa nuda, e della principessa diademata e con monile al collo. In giro ai due busti, da sotto : AMEDEO DI SAVOIA E MARIA LAETITIA NAPOLEONE. E sotto, a chiudere il giro della leg- genda, piccola stella d'Italia. Sotto al taglio del busto del principe: A. RESTELLL ^ — Cercbio di perline. Nel campo, targa a lembi ac- cartocciati, sormontata da aquila di Savoia stante spie- gata di prospetto, coronata alla reale, volta a sinistra. Sotto, affiancati, raccolti sotto un'unica corona princi- pesca, i due stemmi di Savoia a sinistra, e dei Buona- MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 225 parte (linea imperiale di Francia) a destra, sovrapposti a dae faci ardenti incrociate ed a rami di fiori. Intorno, ad. arco, nella parte superiore del giro, fra due stellette : TIRO NAZIONALE TORINO —; e nella parte infe- riore del giro : GARA SPECIALE DEL 1888. Questa medaglia fu incisa e coniata in Torino dal cav. Angelo Restelli, valente medaglista; e servi come premio per la gara speciale di tiro a segno in- detta come festeggiamento per le nozze del principe Amedeo. Notiamo che con l'inaugurazione del Tiro a segno comunale furono solennizzate nel 1867 — e tre medaglie lo attestano — le prime nozze del Duca d'Aosta con la principessa Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna. * * Ma il fatto politico culminante del 1888 per l'Italia era riserbato pel decimo mese dell'anno, per l'ottobre; e doveva accadere in Roma, verso la quale, dall' 11 al 19 ottobre si raccolse l'attenzione del- l'Italia tutta e dell'Europa per la visita che il giovine imperatore di Germania, Guglielmo II, venne a fare, come amico ed alleato, a Re Umberto nella capitale del regno. Non meno di sette, certamente, e forse di più, seb- bene noi non ne conosciamo che sei , sono le me- daglie che ricordano la visita dell' imperatore te- desco in Roma ; poi ve n'ha un'altra che ricorda la breve visita fatta dallo stesso imperatore alla città di Napoli. Le sei medaglie accennate che noi conosciamo non sono ufficiali,, e, per quello cKe ci consta, Hi medaglie 226 ALFREDO COMANDINI ufficiali non ne furono fatte, e le fatte sono tutte dovute all'iniziativa privata di incisori e fabbricanti. Le descriviamo qui, in ordine di grandezza. Diam. mm. 71. ^ — Genio nudo, stante, di prospetto, ad ali e braccia aperte e protese su due medaglioni incoronati di alloro e di quercia portanti, quello di sinistra, la testa nuda a destra di re Umberto e quello di destra la testa nuda a sinistra dell'imperatore Guglielmo II. I due medaglioni sono sormontati, quello di sinistra dalla stella d'Italia, quello di destra dalla croce prussiana del merito, e poggiano su cornice al dissotto della quale, su cuscini, le corone, rispettivamente, reale e imperiale. Nell'esergo leggesi : L. POGLIAGHI INV. A. CAPPUCCIO INC. - STABILIMENTO JOHNSON, MILANO. ipl — Nel campo, targa romana portante , in sette linee, l'epigrafe : MDCCCLXXXVIII — GUGLIELMO II E UMBERTO I — CONVENNERO IN ROMA — AF- FERMANDO LA FRATELLANZA - DI DUE GRANDI NAZIONI — NELLE INTxA.NGIBILI VITTORIE — DELLA CIVILTÀ'. La targa è sormontata dalle aquile reale italiana ed imperiale germanica, ad ali spiegate, questa volta a sinistra e quella a destra, portanti sul petto lo stemma della rispettiva nazione, e poggianti con gli artigli su due rami d'olivo intrecciantisi sulla targa. Sotto la targa, come in esergo, appoggiata a canne palustri, la figura simbolica, coricata a destra, volta a sinistra, di vecchio laureato, raffigurante il Te- vere, con remo sulla spalla destra, e col braccio si- nistro appoggiato ad urna dalla quale scorre acqua ; ed ai suoi piedi, su basamento, la lupa romana e nello sfondo la graecostasis e il Colosseo. (Tav. IV, N. 4). Questa medaglia, eminentemente artistica mal- grado taluni suoi difetti di dettaglio, fu coniata per MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 227 iniziativa e speculazione dello stabilimento del signor Johnson in Milano; il pittore Pogliaghi là ideò e modellò con sicurezza, arditezza e grandiosità di linee egregiamente riprodotte dal bulino del Cappuccio. Un esemplare d'oro fu fatto presentare , dal fabbri- cante, al Re, ed uno all'Imperatore ; poi molti ne fu- rono coniati, in varii metalli, per conto di privati, e in commercio ne furono posti a L. 7,50 in bronzo, a L. 2,50 in metallo bianco. Il conio, delicatissimo, del diritto, ebbe a soffrire , dopo una certa tiratura , e fu dovuto rifare. La medaglia fu molto ricercata anche da collettori e numismatici tedeschi. L' epi- grafe portata dalla targa fu dettata dall' on. com- mendatore Gaetano Negri, Sindaco di Milano. A questa medaglia tiene dietro per grandezza la seguente : Diam. mm. 51 1^2. ^ — Busto, di prospetto, in uniforme militare, con de- corazioni, testa nuda , a destra , di Guglielmo II ; in giro , ad arco : aVGLIELMO II IMPERATOEE DI GERMANIA. Sotto il taglio del busto a sinistra : F'" FACCIOTTI. 5I — Nel campo, in nove linee : XII OTTOBRE MDCCC- LXXXVIII — A MEMORIA — CHE VMBERTO I — SALVTAVA AMICO E ALLEATO — NELLA SVA REGGIA - NELLA CAPITALE D'ITALIA — GV- GLIELMO II — IMPERATORE DI GERMANIA. Questa medaglia, fatta per iniziativa degl'incisori Fratelli Faccio tti, fu coniata nella regia zecca di Roma. Non fu messa in commercio ; e ne aggradi- rono due esemplari in argento e in bronzo per cia- scuno i due sovrani. Ed ecco ora le quattro minori : a) Diam. mm. 38. J^ — Busto a destra, testa nuda, dell'imperatore Gu- gUelmo. In giro, ai lati : GVGLIELMO II — IMP, DI 228 ALFREDO COMANDINI GERMANIA. Sotto al taglio del busto : R. SPAL- LETTA. 1^ , — In corona d'alloro e di quercia fatta di due rami, annodati in basso, e terminanti in alto in stella d'Italia raggiata; nel campo, in otto linee: 11 OTTOBRE 1888 — VISITA IN ROMA — DI GUGLIELMO II — IMP. DI GERMANIA — AD — UMBERTO I — RE D'ITALIA. bj Diam. mm. 32. ^ — In medaglione , cinto d'alloro e di quercia, e sormontato dalla stella d' Italia , testa nuda a destra di re Umberto. In giro, superiormente, ad arco : UM- BERTO I RE D'ITALIA ; inferiormente fra due stel- lette: ROMA 1888. '^ — In medaglione, cinto d'alloro e di quercia, e sor- montato dalla croce prussiana del merito, testa nuda a sinistra dell'imperatore Guglielmo. In giro alla medaglia, . • da sotto : GUGLIELMO II IMPERATORE DI GER- MANIA. La leggenda, sotto, chiusa da una perla fra due gigli araldici orizzontalmente disposti. Questa medaglia ha l'appiccagnolo, per infilarvi nastro. ÓJ Diam. mm. 28. ^ — Teste nude , affrontate , di Umberto I , a destra e di Guglielmo II a sinistra, separate da ramo d'alloro ; ergentesi verticalmente , diviso , in alto , in tre rami , e in basso in due, ai quali sovrapponesi lambello svo- lazzante e portante, a destra il nome di UMBERTO I, a sinistra quello di GUGLIELMO IL In alto, ad arco, al dissopra delle due teste : SEMPRE UNITI. E tutto intorno alla medaglia cerchio di perline. 5* — Sovrapposti a due rami di quercia e di alloro for- .. manti corona, aperti in alto e annodati in basso, i due stemmi affiancati, coronati, imperiale di Germania e MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 229 reale d'Italia, allacciati da tre anelli. Al dissopra, rag- giante, la stella d'Italia, e in alto fra i raggi : ROMA. Sotto i due stemmi, in basso: OTTOBRE 1888. Medaglia munita di appiccagnolo per nastro. dj Diam. mm. 21. ^ — Testa galeata a destra di Roma. In giro, ai lati : ROMA INTANGIBILE. Sotto al taglio del collo : SPE- RANZA. '^ — Nel campo, ramo d'olivo, e sotto il motto FELT- CITER. Superiormente, ad arco: GUGLIELMO II. UMBERTO I. Inferiormente, ad arco, su due linee, e fra due stellette : OTTOBRE — MDCOCLXXXVIIL (Tav. IV, N. 5). Tutte quattro queste medaglie vendevansi per le vie di Roma nei giorni delle feste italo-ger maniche. La prima, a, era venduta in metallo bianco, e fu coniata in Roma ; la seconda, ^, pure in metallo bianco, ed eseguita nello Stab. Johnson di Milano, usufruendo poi diritto e pel rovescio, per le due teste, i ponzoni fatti pei due medaglioni della grande medaglia ; la terza, forse , meritevoli di spe- ciali indagini e ricerche, ma pei quali, coloro che ver- ranno , e malgrado la dovizia di documenti onde è sollecita, nelle sue manifestazioni attuali, l'età mo- derna, nelle medaglie raccolte potranno trovare lume non sgradito, attestando queste dei nostri sentimenti odierni, del nostro culto per le patrie memorie, dei nostri intenti civili e della mantenutasi feracità del- l'arte del bulino nel ricordare lo svolgersi delle patrie fortune. Noi chiudevamo la prima parte della nostra rivista pregando i colleghi a farci conoscere gli errori nei quali potevamo essere caduti, e a darci notizie esatte delle medaglie che, per avventura, a noi non fossero note. Rinnoviamo, per questa seconda ed ultima parte, la preghiera; e frattanto ringraziamo la cortesia del distinto sacerdote don Achille Varisco di Monza , il quale ci ha informato della seguente medaglia ri- ferentesi al 1888 : Diam. mm. 39. ^ — Busto a sinistra con zucchetto, mezzetta e stola, di papa Leone XIII. In giro ai lati : LEO XIII — PONT. MAX. '^ — Il pontefice, con piviale e triregno, seduto, di pro- spetto, sulla cattedra di san Pietro, in atto di benedire, avendo alla propria destra un angelo reggentesi sull'ali aperte, ed a sinistra la figura simbolica della Religione raggiata e con croce papale nella sinistra. Ai piedi del pontefice, putto nudo, alato, seduto sul globo ter- restre, e reggente un lambello svolazzante sul quale si legge : ASIA EUROPA AFRICA AMERICA. 236 ^ ALFREDO COMANDINI Qaesta medaglia, con appiccagnolo , e coniata in bronzo dorato, è una delle u parecchie " da noi già accennate, coniate per privata speculazione, o per iniziative non ufficiali, in occasione dell'esposizione vaticana e del giubileo sacerdotale di Leone XIII ; e fu eseguita e coniata nello Stab. Jobnson in Mi- lano. Lo stesso don Varisco ci informa della seguente onorificenza istituita, in tali occasioni, dal pontefice: Diam. mm. 42. /& — Croce merlettata, angolata dì quattro gigli araldici, e portante in disco il busto a sin. con zucchetto, mez- zetta e stola, del pontefice, con in giro, in cerchio ri- levato, la leggenda: LEO XIII P. M. ANN. X, e sotto alla verticale del busto una crocetta. Nei quattro bracci della croce, cometa a sei punte ed a raggi rivolti verso l'interno. 1^ — Croce, come sopra. Nei quattro bracci, in quello in alto GAL., in quello di sinistra PRID., in quello di destra lAN., in quello in basso : 1883. Nel disco, in mezzo, la tiara e le chiavi incrociate, e in cerchio ri- levato, in giro: PEO ECCLESIA ET PONTIFICE. Questa croce fu istituita, come ordine cavalleresco, dal Pontefice in occasione delle feste giubilar! co- minciate il 31 dicembre 1887. Il decreto che ne hì- gola l'istituzione ed il conferimento porta la data di sei mesi più tardi. Di questa croce tre sono le classi : d'oro, d'argento e di bronzo. La croce è appesa ad anello , portato da nastro rosso fasciato ai lati da bordo bianco solcato da riga gialla. Infine il prefato sacerdote ci dà notizia di avere fatto coniare, lo scorso anno , per conto della Fab- briceria della Basilica di Monza , nello stabilimento MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 237 Johnson di Milano, la seguente medaglia-ricordo pel 50'' anniversario dell'ordinazione di quel Monsignor Arciprete mitrato : Diam. mm. 62. ^ — Campo chiuso da giro di perline. Nel campo in alto, mitra episcopale. Sotto, in quattro linee : CAIE- TANO — ANNONI — ANTISTITI — MODICIEN. Due ramoscelli d'alloro e di quercia incrociati e annodati. In giro fuori del cerchio periato : L ANNO A SACER- DOTALI CONSEORATIONE. In basso, stella a sette punte. ^ — In campo, chiuso da giro di perline, in sei linee : FEL. FOSSATI ~ AL. OLTOLINA — MICH. MAGGI — JAC. POROHERA — A. D. V ID. lUN. — MDCCC- LXXXVIII. In giro fuori del cerchio periato : CURA- TORES AEDIS S. JOANNIS BAPTISTAE. In basso stella a sette punte. Di questa medaglia non furono fatti che sette esemplari, uno d'argento per l'Arciprete mitrato , e gli altri sei di bronzo, 4 per i fabbricieri, nel verso nominati, uno per il prefato don Varisco , ed uno pel segretario della Fabbriceria. La mitra incisa nel recto rappresenta il più ricco dei doni che all'Arci- prete furono fatti, dono collettivo del popolo e del clero,, consistente appunto in una mitra ricamata in oro ed adorna di perle, che costò oltre ad otto mila lire e fu disegnata dall'architetto Moretti di Milano ed eseguita dal sig. Martini Rinaldo. A queste notizie ne aggiungeremo un'altra la quale ci offre occasione di chiudere con una medaglia pontificia questo nostro lavoretto, che appunto con le medaglie pontificie della mostra Vaticana e del giubileo sacerdotale di Leone XIII fu iniziato. Diremo adunque che, ai 19 febbraio 1888, la De- putazione della Insigne Romana Congregazione Ar- 2j8 ALFREDO COMANDINI tistica dei Virtuosi ai Pantheon fece presentare al Papa, come dono per l'Esposizione Vaticana, un ricco astuccio contenente gli esemplari delle medaglie di premio dei concorsi, solite conferirsi da questo an- tico artistico consorzio ; più, una medaglia d' oro di gran modulo, coniata a posta, la quale da un lato presenta lo stemma dei Virtuosi , dall' altro la se- guente iscrizione dettata dal segretario perpetuo della Congregazione, comm. Carlo Lodovico Visconti : LEONI . XIII . PONT . MAX — L . ANNOS . AB . INITO . SACERDOTIO — FELICITER . EMENSO — SODA- LES . VRBANI . AETIVM . CVLTORES — A . VIR- TVTE . NVNOVPATI — PATRI . BEATISSIMO — GRATVLATIONES . ET . VOTA. — PRID . KAL . lAN . AN . MDCCCLXXXVIII. Ed aggiungiamo una rettifica lieve , relativa a due medaglie pontificie, illustrate nel nostro primo articolo, e portanti i numeri 1 e 2 della tavola re- lativa : la rettifica è che furono bensì coniate in Roma, non però nella regia zecca. Qui facciamo punto fermo: sat prata biberunt! Tut- tavia nutriamo fiducia che agli amatori non sarà tor- nata incresciosa questa nostra rassegna, nella quale per la diversità, disparità e delicatezza dei nomi e.delle cose accennativi, ci siamo studiati di attenerci, come di dovere, al più scrupoloso e corretto oggettivismo. Giugno 1889. 4 Alfredo Comandini. P.*S'. Avevamo già scritto questo nostro ultimo ar- ticolo, quando, a Firenze e a Roma, abbiamo ritro- MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 239 vato le seguenti altre cinque medaglie , riferentesi al 1888. La prima, ricorda il soggiorno della Regina d'In- ghilterra in Firenze, ed è la seguente : Diam. mm. 46. ^ — Busto a sin., testa velata e coronata, pendenti alle oreccliie e doppio giro di perle al collo, fascia con de- corazioni. In giro, ai lati: VICTORIA REGINA — E IMPERATRICE. Sotto il busto, a destra: L. GIORGI F. ^ — Corona di alloro e di quercia aperta in alto, e nel- 1' apertura il giglio bottonato, emblema di Firenze. Nel campo, in cinque linee: RICORDO — DEL SOG- GIORNO - IN FIRENZE — PRIMAVERA — 1888. Di questa medaglia il valentissimo incisore inviò due esemplari, uno in argento e uno in bronzo, a Re Umberto, che li fece collocare nel gabinetto nu- mismatico di Corte; due esemplari d'argento, e 6 di bronzo, alla Regina d'Inghilterra; uno d'argento al Municipio di Firenze. La medaglia non fu posta in commercio. Le due seguenti riferisconsi al viaggio dell'Impe- ratore Guglielmo II a Roma : a) Diam. mm. 61 .1]^2. ^ — Busto testa nuda a destra. In giro, dall'alto, dopo stelletta a sei punte, e in cerchio rilevato: GU- GLIELMO II IMPERATORE DI GERMANIA E RE DI PRUSSIA. Sotto al busto, a sinistra: L. GIORGI F. 9/ — In sei Hnee, nel campo: ITALIA TUTTA — SA- LUTA IL MONARCA — OSPITE DI UMBERTO I — IN ROMA CAPITALE — OTTOBRE — MDCCC- LXXXVIII. Di questa medaglia, l'incisore Giorgi fece omaggio al Re, inviandogliene un esemplare d'argento e uno di bronzo. Non fu messa in commercio. 240 ALFREDO COMANDIM h) Diam. mm. 33. ^ — In due medaglioni affiancati e inghirlandati d' al- loro, i due busti, affrontati, di Guglielmo II, con manto e corona, a sinistra, volto a destra; e di Umberto I, con manto e corona, a destra, volto a sinistra. In alto, stella a cinque punte, in raggi; esergo, due rami d'al- loro intrecciati, e sovrapposti ad essi gli stemmi, tedesco a sinistra, italiano a destra. Sotto, fra l'incrociatura dei due rami : LAUER. 9* "~ Cerchio di perline. In alto, ad arco: MEDAGLIA COMMEMORATIVA. Nel campo , in dodici linee : DELLA VISITA — DI S : M : J : e R : — GUGLIELMO II — RE DI PRUSSIA — E JMPERATORE DI GER- MANIA — A — S : M : R : UMBERTO I — RE D' ITA- LIA A ROMA — CAPITALE DEL REGNO — IL CIORNO 11 OTTOBRE — 1888 — ROMA INTAN- GIBILE. Questa medaglia, eseguita nello stabilimento del Lauer a Norimberga, era venduta a Roma, durante la visita imperiale, al prezzo di 50 centes. È da no- tarsi l'errore dell' J invece dell'I nella 2,* 5^ ed 8* linea; e l'insistenza con la quale, in codesta medaglia te- desca, Roma è detta capitale ed intangibile. La quarta medaglia che ci preme d'aggiungere è questa : ^ — Busto in abito civile, testa nuda a destra. Sotto al busto: GIOV. VAGNETTI FECE IN ROMA. 1888. ^ — Nel campo, in otto linee : A — GIOVANNI NICO- TERA — CHE SUL LIDO CRUENTO DI SAPRI - IN FACCIA ALLA MORTE — FRA LE MURA DEL CARCERE — NELLE LOTTE POLITICHE — TENNE VIVO E GAGLIARDO - IL SACRO FUOCO MEDAGLIE ITALIANE DEL 1888 241 ITALIANO. In basso, ad arco: TANCEEDI CANO- NICO DETTO.' Questa medaglia appartiene alla serie delle me- daglie di nomini politici, parlamentari, italiani ini- ziata da qualche tempo dal Giov. Va gu etti, e che novera di già Minghetti, Depretis, Cairoli, Baccarini, INfagliani, Correnti, ed altri ; ed è eseguita dal Vagnetti per sua privata speculazione. L'ultima, omaggio di artisti a privata persona, è la seguente : Diam. mm. 43. ^ — Scudo a testa di cavallo, portante lo stemma dei conti Macchi di Roma, e sormontato da corona comi- tale. Sotto : GIOEGI. ]^ — Nel campo, in 10 linee : AL — BENEMERITO — CONTE — VINCENZO MACCHI — LA SOCIETÀ RO- MANA - D' INCORAGGIAMENTO — PER GLI AR- TISTI - RICONOSCENTE MDCCCLXXXVIII. Di questa medaglia non fu eseguito che un esem- plare in oro pel conte Vincenzo Macchi in cui onore la medaglia fu fatta. Speriamo che il lettore riconoscerà la convenienza di avere noi fatto queste aggiunte all'articolo che precede. 15 Giugno. A. C. 3i IL MEDAGLIONE ROMANO Da uno studio del Dr. Federico Kenner (Oontinuazione e fine) VI. La moneta pesante senatoriale. L'indagine intorno al medaglione di bronzo costituisce la parte più difficile del nostro compito, perchè i numismatici sostengono unanimemente clie era una semplice medaglia. Si ammetterà facilmente che il medaglione d'oro, e, se si vuole, anche quello d'argento, fossero destinati alla circola- zione; ma occorreranno ragioni convincenti per dimostrare che tale era il caso anche per il medaglione di bronzo. E vero che, per analogia, se i medaglioni d'oro e d'argento non erano altro che monete pesanti, multiple, lo dovevano es- sere anche quelli di bronzo, ma si comprenderà che quest'ipo- tesi non verrà accolta se non quando sarà confortata da motivi dedotti dai caratteri stessi del medaglione. Per raggiungere il mio scopo, incomincierò dall' esaminare la moneta corrente senatoriale colle iniziali S • C, di cui nessuno vorrà negare che fosse una vera moneta. E procu- rerò di dimostrare l'esistenza di monete pesanti senato- riali (medaglioni) che erano multipli dell'unità su cui si basava la moneta spicciola, poi di indagare la formazione di questi multipli con S • C, infine di chiarire le analogie 244 FEDERICO KENNER che esse hanno col medaglione imperiale di bronzo, e il loro stretto rapporto con questo. Mi servirò, a tale scopo, di un numero rilevante di dati da me raccolti intorno al peso di una gran quantità di mo- nete, per la massima parte sesterzii, da Galba a Gallieno, che si conservano nel Gabinetto Imperiale (1); credo con ciò di aver costituito una base sicura per le conseguenze che ne voglio trarre. Da questi pesi risultano anzitutto due circostanze che at- traggono la nostra attenzione. La prima si è, che i pesi effettivi della stessa sorta di mo- neta variano durante lo stesso regno. Il sesterzio, del peso normale di grammi 27,2 (da Severo Alessandro in poi, di 22,6), oscilla sotto: Galba e Vitellio fra 30 e 22 gi-ammi, cioè di grammi 8 Vespasiano e Tito » 30 » 22 » » » 8 Domiziano » 31 » 21 » » » 10 Nerva » 31 » 21 » » » 10 Traiano » 30 » 21 » » » 9 Adriano » 36,8 » 21 » » » 15,8 Antonino Pio » 36,1 » 19 » » » 17 Marc' Aurelio » 33 » 18 " » >^ » 15 Commodo » 36,2 » 17 » » * 19 Pertinace, Didio Giuliano e Albino » 31,7 » 17 » » » 14,7 Settimio Severo » 31,7 » 17 » » » 14,7 Caracalla » 43,1 » 19 » » » 24 Macrino » 31,3 » 17 » » » 14,3 Severo Alessandro » 35,5 » 14 » » » 11 Massimino Trace » 30,8 » 16 » » » 14,8 Gordiano III » 31,9 » 14 » * » 17,9 Filippo » 33,1 » 12 » » » 21 Decio » 27,9 » 13 » » » 14,9 Treboniano Gallo » 24,9 » 12 » » » 12,9 Emiliano » 22,7 » 13 » » » 9,7 Valeriane » 30,5 » 13 » » » 17,5 Gallieno » 31 » 13 » » » 18 (1) Tali monete sono precisamente 3338 sesterzii, e 1332 dupondii ed assi, questi ultimi da Nerva a Commodo. Gli esemplari malconci o sconservati furono esclusi. IL MEDAGLIONE ROMANO 245 Bisogna osservare clie queste differenze sono da ascriversi assai più ad un' eccedenza di peso che ad un ammanco nella coniazione. Noi trascureremo anzi quest'ultimo caso, e quanto al primo ce ne occuperemo soltanto quando l'ecce- denza corrisponde ad un quarto o più del peso effettivo del sesterzio a quella data epoca. Nel seguito di questo studio chiameremo u. sesterzii pesanti n queste monete che presentano una notevole eccedenza di peso, per contrap- posto a quelli a leggieri v che sono da considerarsi come calanti in confronto al peso ordinario. Come si rileva dalla tabella qui sopra, la diversità dei pesi è già notevole nel primo secolo, essa aumenta nel se- condo, persino durante il tanto vantato regno di Adriano e degli Antonini, e si mantiene anche nel terzo secolo, quando pure il valore del bronzo in confronto dell'argento cominciò a salire; anzi al tempo della decadenza fra Gor- diano e Gallieno, è relativamente maggiore. Questa circostanza, per quanto io sappia, non era cono- sciuta sinora. Per la scarsità dei dati intorno al peso non si poteva seguire l'oscillazione di questo; talché si riteneva che non si trattasse d'altrp fuorché di accidentali differenze, inerenti alla imperfezione della tecnica monetaria antica. Ciò sarebbe vero se non si trattasse che di ammanchi non troppo considerevoli. Ma questo non è il caso ; come si é visto già, e come vedremo ancor più chiaramente in seguito, le differenze provengono specialmente da forti ec- cedenze di peso ; queste, a lungo andare, si sarebbero risolte in un danno pel tesoro. Se il peso dei sesterzii veniva con- tinuamente ridotto, ciò si faceva appunto per non danneg- giare l'erario, e non già per dare adito a numerose trasgres- sioni e perché si coniasse una quantità di sesterzii di un peso fuor di relazione col rapporto che intercedeva a quel tempo fra l'argento ed il rame. Si può anche provare che tali considerevoli eccedenze non potevano essere casuali, ma bensì ottenute espressa- mente. Lo si deduce dalla stessa tecnica monetaria. Come è noto, le monete d'ogni metallo venivano coniate, ma i tondini 246 FEDERICO KENNER venivano fusi prima, e più precisamente in forme concave, talché riuscivano lenticolari, riproducendo in piccolo l'a- spetto dell' antichissimo aes grave italico. Le forme per la fusione consistevano di due lastre, nelle quali erano praticati in fila gl'incavi rotondi che corrispondevano per diametro e spessore ai tondini che si volevano ottenere. Le due lastre venivano unite strettamente, poi vi si versava per un ap- posito pertugio il metallo liquido, che per mezzo di cana- letti scorreva da un incavo all'altro e li riempiva. Indi si aprivano le forme, ed i tondini venivano staccati e coniati mentre erano ancor caldi. Ora poteva benissimo accadere che il metallo, se non era perfettamente liquido o se era alquanto raffreddato, non riem- pisse completamente gl'incavi più lontani. Allora alcuni tondini riuscivano di peso minore, e se non venivano scartati prima della coniazione, si avevano monete di peso inferiore al normale. Gli ammanchi si spiegano adunque benissimo per il metodo della fusione dei tondini. Invece questo metodo non poteva dar luogo a notevoli eccedenze di peso, perchè negli incavi non ci poteva en- trare più metallo di quello che potessero contenere. Gl'in- cavi si facevano probabilmente con qualche mezzo meccanico, per ottenere una maggiore uniformità; diversamente non si saprebbe spiegare l'eguaglianza generalmente quasi per- fetta delle monete d'oro, e, nei buoni tempi, anche di quelle d'argento, e non v'è alcun motivo perchè non si seguisse lo stesso metodo anche per le monete di bronzo. Ad ogni modo, dagl'incavi non possono derivare oscillazioni note- voli; per quanto mi risulta si può ammettere al più, per ogni singolo pezzo, un limite di due o tre grammi al di- sopra del suo peso effettivo. Gl'incavi dovevano corrispondere, come si è notato, per profondità e diametro allo spessore ed alla grandezza del tondino; quanto alla profondità, bisognava anche tener cal- colo della variazione di volume, che il tondino fuso doveva subire in conseguenza della compressione del metallo nella coniazione. Mantenendo invariato il diametro, non si pote- vano ottenere monete più pesanti fuorché facendo più grosso IL MEDAGLIONE ROMANO 247 il tondino, cioè approfondendo l'incavo; viceversa, man- tenendo invariato lo spessore non si potevano ottenere monete più pesanti fuorché aumentando il diametro ; ne segue, che per ottenere monete notevolmente più pesanti bisognava servirsi di altre forme, diverse da quelle per le monete ordinarie ; bisognava servirsi di forme in cui gl'in- cavi avessero un diametro maggiore od una maggiore profon- dità. Il procedimento tecnico quindi, dimostra già per sé stesso che le eccedenze di peso nelle monete non possono avere un'origine casuale ; la forma doveva essere preparata appositamente per fondervi tali monete. Le osservazioni che possiamo fare sulle monete stesse lo confermano. Le monete pesanti hanno spessissimo un orlo, ch'è largo da due a tre millimetri; ciò accade quando un conio da sesterzii di peso ordinario leggiero fu impresso su di un tondino più grande. In altri casi è lo spessore, non il diametro, che cagiona l'eccedenza del peso. Un'altra circostanza la quale dimostra che l'esistenza di sesterzii pesanti contemporaneamente agli ordinari sesterzii leggieri non è cosa fortuita ma voluta, é che si ritrovano dupondii ed assi pesanti e dupondii ed assi leggieri, i quali pel loro peso corrispondono rispettivamente alla metà dei sesterzii pesanti e dei sesterzii leggieri. Anzi, siccome gli stessi rovesci si trovano tanto fra i se- sterzii che fra i dupondii e gli assi, pesanti e leggieri, si possono formare delle serie complete di ciascuna sorta ; dato che una emissione caratterizzata da un rovescio comprenda tutte le monete di diverso valore, ciò che non pare sia sempre accaduto, e dato che, in caso affermativo, si trovino realmente esemplari di tutte queste monete in una colle- zione numismatica, per quanto vasta. Da quella del Gabinetto Imperiale ho trascelto gli esempi che seguono, per dimostrare che veramente ai sesterzii pe- santi e leggieri corrispondevano dupondii ed assi pesanti e leggieri col medesimo rovescio ; s'intende che per l'infinita varietà e per le oscillazioni dei singoli pesi effettivi, come per le lacune che pur presenta la raccolta, si devono trascu- rare le piccole differenze. 248 FEDERICO KENNER aj Traiano, Fortuna. Monete pesanti: sesterzii, grammi 30,1; 2G. — Dupondio 15,8. — Asse 14,8. — Monete leggiere: sesterzi, gr. 23,6; 22. — Il dupondio manca. — Asse 10,7. hj Adriano, Virt. Aug. Monete pesanti: sesterzii da 28,6 a 26. — Dupondii da 16,3 a 14. — Monete leggiere: sesterzii da 25,1 a 23,9. — Dupondio 11,8. cj Elio Cesare, Concordia. Monete pesanti : sesterzii 36,8 ; 28,5 ; 27,3. — Dupondio 15,8. — Monete leggiere: sesterzio 25,3. — Du- pondio 11,5. dj Antonino Pio, Annona. Monete pesanti : sesterzii da 30,8 ; 27,6 ; 27,5. — Dupondii da 13,9 a 13,3. — Monete leggiere: sesterzio 21. — Dupondii da 10,5 a 8,9. — Asse 10,8. ej Faustina seniore, Aeternitas. Monete pesanti : sesterzii 28,5 ; 27 ; 26,9. — Dupondii da 16, 2 ; 14,3 a 13,5. — Asse 13,5. — Mo- nete leggiere: sesterzii da 25,5 a 21,7. — Dupondio 10. — Assi da 12,8 a 11,1. fj La stessa, Ceres. Monete pesanti : sesterzii da 29,8 a 26. — Dupondio 13. — Asse 12,9, — Monete leggiere : sesterzii da 25,3 a 20,1 — Dupondii da 12,4 a 10,6. — Assi da 12,2 a 8,3. gj La stessa, Vesta. Monete pesanti : sesterzii da 31,6 ; 29,5 ; 29,1 a 27,9. — Asse 14,7. — Monete leggiere : sesterzii da 23,6 a 20,3. — Dupondii 12,6 a 8,5. — Assi da 12,2 a 10,7. JiJ Marc' Aurelio, Pietas. Monete pesanti : sesterzii 27,3 ; 27. — Asse 14,3. ~ Monete leggiere: sesterzii 22,7; 19,2. — Asse 11, 3. ij Lo stesso, Aequitas. Monete pesanti: sesterzio 30,1. — Du- pondio 16,7. — Monete leggiere: sesterzii 22,5 ; 21,3. — Dupondio 8,7. Ti) Lo stesso, Roma. Monete pesanti : sesterzii 33 ; 26. — Du- pondio 16,9. — Monete leggiere : sesterzii da 23,9 a 20,3. — Du- pondii 11,3; 11. IJ Faustina juniore, Temp. Felic. Monete pesanti: sesterzio 28,9. — Asse 15,6. — Monete leggiere : sesterzii 23,2 ; 21,6. — Assi 12,1 ; 11,8. mj La stessa, Venus. Monete pesanti: sesterzio 29,1. — Du- pondii 14,4 ; 13,9. — Asse 13,8 ; 13,3. — Monete leggiere : sesterzii 23,4; 23 ; 21,8. — Dupondii 12,3 ; 12,1. — Asse da 11,6 a 9,2. nj Lucio Vero, Concordia Aug. Monete pesanti : sesterzii 29,4 ; 28 ; 27, 1. — Asse 14,2. — Monete leggiere : sesterzii 25,9 ; 24,4. — Dupondii 11,5; 9. — Asse 9;8. IL MEDAGLIONE ROMANO 24^ oj Lo stesso ; rimperatore fra le insegne. Monete pesanti : se- sterzii 28 ; 27,7. — Dupondio 15,2. — Monete leggiere ; sesterzio 24. — Dupondio 11,2. pj Lucilla ; Venere stante. Monete pesanti : sesterzio 27,8. — Dupondii od assi , 14,9 ; 13,6. — Monete leggiere : sesterzii 25,9 ; 24,4 ; 21,9. — Dupondii od assi, 12,4 ; 11. qj Commodo, Libertas. Monete pesanti: sesterzii 26,3; 26,5. — Dupondio 13,8. — Monete leggiere : sesterzii 24,6 ; 22. — Du- pondii 12 ; 10. In questo elenco troviamo alcuni esempi sorprendenti : a) sesterzio e dupondio di grammi 30,1 e 16,8 ; bj di gr. 28,6 & 14:] dj di 27,6 e 13,9 ; ej di 28,5 e 14,3, di 27 e 13,5 ; gj di 29,5 e 14,7 ; hj di 33 e 16,9 ; nj di 28 e 14,2 ; prescin- dendo da quei pezzi die non coincidono cosi esattamente, ciò clie non può stupire nessun numismatico il quale si sia occupato di monete antiche di rame, poiché è noto che sono rarissimi i casi in cui i pesi di tali monete presentino fra loro un'eguaglianza assoluta. Ora, se i sesterzii pesanti e quelli leggieri di Traiano {Fortuna) differiscono in peso fra loro di 4 a 7 grammi, o quelli di Antonino Pio {Annona) di 6,5 a 9,8 gr., quelli di Faustina seniore {Vesta) di 4,3 a 11,3, o di Marc' Aurelio {Roma) di 9 a 13, ciò non si può attribuire ad un caso, poiché per ottenere i tondini dei sesterzii pesanti occorre- vano altre forme, diverse da quelle che potevano servire pei sesterzii leggieri, e poiché esistono realmente nella mo- netazione le metà di quei sesterzii pesanti. E superfluo l'aggiungere che lo stesso si può dire pei du- pondi ed assi, pesanti e leggieri. Dalla tecnica monetaria adunque e dall'esistenza delle metà dei sesterzii pesanti, scaturisce la conseguenza che questi sono fabbricati cosi a bella posta. Anzi essi formano, coi relativi dupondii ed assi, una serie parallela a quella dei rimanenti sesterzii leggieri e loro metà; vale a dire, noi dobbiamo distinguere nella monetazione di rame dell'Im- pero romano due serie, una di monete pesanti ed una di 3) 250 FEDERICO KENNER monete leggiere. Vedremo presto quale importanza abbia questo fatto per il nostro assunto. La seconda circostanza che risulta dai dati di peso da noi raccolti, è il progressivo diminuire del peso del sesterzio nel II e III secolo. Questa diminuzione non è improvvisa, si verifica a poco a poco, quasi insensibilmente, ma senza interruzione. Alcuni imperatori stabilirono legalmente queste riduzioni, ma non fecero con ciò che dare una consacrazione legale ad un fenomeno pratico. In fatto, quasi durante ciascun regno si verificarono nuove riduzioni di peso, anche all'in-^ fuori delle disposizioni legali ; poiché il peso delle monete doveva basarsi necessariamente sul rapporto mutevole di valore fra l'argento ed il rame. Se facciamo ora la media dei pesi effettivi di tutti i sesterzii di ciascun regno, senza tener calcolo delle eccedenze o degli ammanchi di peso, giungiamo a questi risultati: Galba Vitellio . VespasiaDO Tito. Domiziano Nerva Traiano . Adriano . Antonino Pio MarcAurelio Commodo. Pertinace. Settimio Severo Caracalla . Macrino . Eliogabalo Severo Alessandro Massiraino Trace Gordiano I, II, Balbino, Pupieno, Gordiano III Cesare Gordiano III . ESEMPLASI 63 15 130 59 75 33 171 364 472 518 250 42 214 59 37 71 198 62 64 123 MEDIA aCÀMMI 25,9 24,9 25,8 25,2 25,4 25,8 25,6 25,7 25,9 24,8 23,7 19,1 23,8 25,2 22,6 22,5 21,6 22 20 19,8 IL MEDAGLIONE ROMANO 251 ESEMFLAEI UEDIA OEAUm Filippi .... . 152 19,2 Decio .... 82 21,5 Treboniano Gallo . 75 17,8 Emiliano. . U 18.1 Valeriano. . 57 19,4 Gallieno .... . 39 17,6 Dal confronto di queste medie possiamo dedurre certa- mente, in generale, una diminuzione, ma questa non è costante come si potrebbe credere, ed è invece accompa- gnata da strane oscillazioni. Si noti cbe quegl'imperatori durante il cui regno la media del peso dei sesterzi! ci pre- senta un aumento, sono quegli stessi di cui si banno mo- nete che offrono le maggiori eccedenze di peso ; al contrario, il peso medio dei sesterzii è minore sotto quegl'imperatori di cui si banno monete cbe più raramente sorpassano il peso regolare. Ne consegue, cbe le oscillazioni delle medie da noi date sono da ascriversi ad un motivo semplicemente esterno ; siccome in esse sono comprese le monete pesanti, si ottengono medie più alte per quei regni cbe ne emisero in maggior numero, e medie più basse per gli altri, senza cbe tali oscillazioni siano l'indice delle favorevoli o sfavo- revoli condizioni monetarie. Il quadro adunque cbe ci vien offerto dalle medie di tutti i sesterzii, non corrisponde alla realtà ; per poterci fare una cbiara idea delle riduzioni di peso, noi dobbiamo anzitutto, prima di calcolare le medie, dividere i sesterzii pesanti da quelli leggieri. Per poter fare questa divisione bisogna cominciare dallo stabilire i limiti di peso delle due sorta, poiché non si sa- rebbe nel vero se si volesse accettare senz'altro il peso normale di 27,2 grammi sino all'epoca di Severo Alessandro e quello di 22,6 grammi sino all'epoca di Decio. Abbiamo già detto cbe le riduzioni fissate dagli imperatori non ri- spondevano o non potevano mantenersi a lungo rispondenti alla realtà. D'altra parte, in vista delle irregolarità cbe erano inseparabili dalla coniazione antica delle monete in rame, dovremo sempre concedere un certo margine in più o in meno. 252 FEDERICO KENNER Per il tempo fra Galba e Nerva possiamo ammettere, in cifra tonda, come peso normale del sesterzio, 27 grammi. — Pel II e III secolo, sino a Severo Alessandro, 26 grammi. — Da Severo Alessandro a Decio, possiamo stabilire il peso normale in grammi 24 ; sino a Valeriano, in gr. 19 ; sotto Grallieno, in gr. 18. Dividendo in base a questi limiti i sesterzii pesanti da quelli leggieri, e calcolando per ciascuna serie le medie di peso, regno per regno, otteniamo queste cifre : SESTESZII SESTEBZII PESANTI DA CE. LEaaiEBi DA GÈ. OS. Galba . 14 27,9 49 25,4 2,5 Vitellio . 2 27,3 13 24,5 2,8 Vespasiano 37 27,9 93 25 2,9 Tito. 17 27,7 42 24,2 3,5 Domiziano 19 28,4 56 24,4 4 Nerva 10 27,9 23 24,5 3,4 Traiano . 77 27,6 91 24 3,6 Adriano . 163 27,7 201 24 3,7 Antonino Pio . 197 28,5 275 24 4,5 MarcAurelio . 163 28,9 355 23 5,9 Commodo. 66 28,1 184 22,1 6 Pertinace . 6 28,4 36 17,6 10,8 Settimio Severo 57 28 157 22,2 5,8 Caracalla. 26 28 33 22,9 5,1 Macrino . 6 28,2 31 22,6 5,6 Eliogabalo 5 27,8 66 22,1 5,7 Severo Alessandro . 42 25,9 156 20,5 5,4 Massimino Trace . 22 24,9 40 20,4 4,5 Gordiano I, II, ecc. 8 23,8 56 19,5 4,3 Gordiano III . 29 23,6 94 18,6 5 Filippi . 36 23,5 116 17,8 5,7 Decio . 23 33,4 59 16,8 16,6 Treboniano Gallo 22 21,7 53 16,2 5,5 Emiliano . 4 21,7 7 16 5,7 Yaleriano . 27 22,4 30 16,6 5,8 Gallieno . 16 21,9 23 11,5 7,4 Cominciamo a considerare la seconda colonna, cbe com- prende i sesterzii leggieri. In primo luogo ci colpisce il IL MEDAGLIONE ROMANO 253 loro numero ; sotto tutti i regni furono coniati assai più sesterzii leggieri che pesanti. Poi il peso di questi stessi sesterzii leggieri è in continua diminuzione; le oscillazioni che abbiamo osservate nel prospetto in cui le monete pe- santi e quelle leggiere non erano divise, qui sono pres- soché scomparse. Questa progressiva diminuzione, e il fatto che i sesterzii leggieri sono assai più numerosi di quelli pesanti, ci permette di affermare con piena sicurezza che il sesterzio leggiero è la vera moneta corrente, corrispon- dente al rapporto reale fra l'argento e il rame all'epoca in cui fu emessa, e che quindi dobbiamo basare i nostri cal- coli sulle medie dei pesi effettivi delle monete leggiere. Le monete pesanti invece, di cui abbiamo dato i pesi nella prima colonna del prospetto, si comportano in modo addirittura opposto. In luogo di scemare continuamente di peso, si mantengono in media, nel periodo di tempo fra Galba e Tito, a gr. 27,3 sino a 27,9, salgono sotto Domiziano a gr. 28,4 e, dopo una breve interruzione, sotto Antonino Pio, a 28,5, sotto Marc' Aurelio perfino a 28,9; poi riman- gono sino ad Eliogabalo sui 28 grammi circa. Soltanto con Severo Alessandro scendono a 25,9 e nei quindici anni succes- sivi a 24,9 e 23,5. Non meno improvvisamente, e quel che è più, momentaneamente, salgono sotto Decio a 33,4, per pre- cipitare, immediatamente dopo, sino a 21,7. Sotto Valeriano salgono di nuovo a 22,4 grammi ; sotto Gallieno non rag- giungono più che 21,9. In questo singolare andamento saltuario non possiamo più riconoscere la forza lenta ma irresistibile delle condi- zioni naturali, quale si manifesta nella non interrotta di- minuzione del peso dei sesterzii leggieri : vi dobbiamo rav- visare invece un effetto artificiale, che dev'essere la conse- guenza di procedimenti, i quali non hanno nulla a che fare collo sviluppo naturale della monetazione. Allo stesso risultato si giunge se si considera il numero e l'eccedenza di peso delle monete pesanti. Se la loro for- mazione fosse stata in uno stretto rapporto colla moneta- zione, avrebbero dovuto scemare di numero e di peso dopo Severo Alessandro ; sarebbe stata una conseguenza naturale 254 FEDERICO KENNER delle condizioni di quei tempi, in cui diminuì in genere la coniazione del rame. Invece accadde precisamente l'opposto. La quota delle monete pesanti, nel III secolo, è per lo più del 25 per cento, pari quindi a quella che si aveva tra Galba e Do- miziano e sotto Commodo ; anzi, sotto Valeriane arriva al 50; sotto Gallo e Gallieno è del 33 per cento. Lo stesso si dica per l'eccedenza di peso. Questa non è, prima di Marco Aurelio, che di 2,5 a 4,5 grammi, in media; si alza a 5 gr. sotto quest'imperatore, sotto Commodo a 6, e nel III secolo rimane stazionaria fra 4,3 e 6, quindi ad un' altezza supe- riore a quella che aveva raggiunta sino a Marc' Aurelio ; anzi, ai tempi della peggior decadenza, la vediamo salire momentaneamente, sotto Decio a 16,6, sotto Gallieno a 7,4. Una delle questioni principali che ci si paravano dinanzi, circa le monete pesanti del Senato, è con ciò risolta in parte : il loro scopo non ha attinenza alcuna collo svi- luppo della monetazione sotto l' Impero , esso è qualcosa di estraneo , e non ha nulla a che fare colla economia monetaria. Sin qui non abbiamo parlato che dei pesi medii delle monete pesanti, in relazione a quelli delle monete leggiere. Esaminiamo ora i loro singoli pesi in particolare, per in- dagare in quale relazione si trovino coll'ordinaria moneta corrente senatoriale. Dal momento che esse sono vere monete (come lo dimo- stra la circostanza che recano sempre le iniziali S • C), de- vono necessariamente avere per base del loro peso la stessa unità monetaria ch'è la base dell'ordinaria moneta corrente senatoriale. Questa è notoriamente di due maniere: l'asse semionciale di rame del peso normale di gr. 13,6 per l'asse e le sue frazioni, che venivano coniati in rame puro, e l'asse quadrantario di bronzo del peso normale di gr. 6,8 per le monete di maggior valore coniati in bronzo giallo, cioè pel sesterzio da 4 assi e pel dupondio da 2 assi. L'ul- tima unità monetaria, l'asse di bronzo, non fu coniata ma- terialmente che sotto Nerone e per breve tempo ; cessatane la coniazione sotto questo stesso imperatore, essa non formò IL MEDAGLIONE ROMANO 255 in seguito che l'unità ideale di peso per le monete di vario valore coniate in bronzo. Le monete pesanti, sin dalla loro prima comparsa, sono coniate nello stesso bronzo del sesterzio e del dupondio ; esse devono quindi avere per base l'asse quadrantario da grammi 6,8 , e non già quello semionciale da gr. 13,6. Siccome tuttavia, al tempo in cui cominciano le nostre indagini, cioè sotto Galba, il suo peso normale non veniva più mantenuto esattamente, abbiamo preso per base il peso corrispondente al quarto del peso medio effettivo dei se- sterzii leggieri ; e, trascurando le minime differenze, abbiamo trovato che vi sono fra le monete pesanti senatoriali le gra- dazioni seguenti : — Monete da 6 assi. — Da 5 assi e mezzo. — Da 6 assi. — Da 7 assi. — Da 7 assi e mezzo. — Da 8 assi. — Da 9 assi. — Da 10 assi. — Da 11 assi. — Da 12 assi. Abbiamo detto che le minime differenze, provenienti dall'imperfezione della tecnica monetaria antica, furono da noi trascurate ; aggiungeremo che in realtà queste diffe- renze non arrivano quasi mai ad un grammo di eccedenza o di ammanco, ciò ch'è tanto più mirabile in quanto che il calcolo è basato soltanto sulle medie dei sesterzii leggieri, senza tener conto in nessun modo delle monete pesanti ; si tratta quindi di risultati ottenuti all'infuori di qualunque considerazione che riguardi queste ultime. Dopo ciò non occorreranno altri argomenti, credo, per di- mostrare che vi erano vere a monete pesanti senatoriali n o u medaglioni di bronzo senatoriali n ; e che erano mul- tipli dell'asse quadrantario, anzi che lo erano tanto perfet- tamente da seguire le oscillazioni del peso effettivo di questo, ciò che prova lo stretto rapporto in cui stavano colla mo- neta spicciola. Come adunque vi erano assi doppi e qua- drupli (dupondii e sesterzii), vi erano anche pezzi da 6, da 6, da 7 assi, ecc. E si noti che, se nel Gabinetto Imperiale non abbiamo che un solo medaglione senatoriale da 12 assi, come pure uno da 11, due da 9, due da 7 e mezzo, cinque da 10, nove da 8, dieci da 7, ne abbiamo quarantasette da 6, sessan- tadue da 5 e mezzo, e ben trecentooinquantasei da 5, 256 FEDERICO KENNER Tuttavia le monete pesanti senatoriali, quantunque rela- tivamente abbondanti (in particolare nella loro gradazione inferiore, quella, da 5 assi) non sono da considerarsi come qvialità speciali di monete, ma come multipli che venivano coniati in certe occasioni. Ciò vien confermato da un'altra particolarità delle monete pesanti. Queste infatti non tengono calcolo veruno del se- sterzio. In caso diverso la formazione dei multipli avrebbe per base un numero pari di assi, 6, 8, 10, l2 ; cosi avrebbero potuto circolare come pezzi da un sesterzio e mezzo, da due, da due e mezzo e da tre sesterzii. Invece i pezzi, che abbiamo visti, da 5 1[2 e da 7 1[2 assi, e i multipli dispari da 5, 7, 9 assi, non si accordano col conteggio a sesterzii, percbè darebbero 1 sesterzio e 1|8, 1 lj4, 1 3j;4, 1 7];8, e 2 sesterzii e 1]^4. E ciononostante, è certo die le monete pesanti hanno ve- ramente circolato, come lo dimostra la loro conservazione che è spesso mediocre, il loro impronto che di frequente è logoro, ed il fatto che se ne trovano nei ripostigli, frammiste alle altre monete. È probabile che per le monete pesanti si usasse un termine tecnico, il quale esprimesse il numero di assi che contenevano, e fosse quindi analogo ai termini di dupondius^ o di hinio, ternio, quaternio^ ecc., e non già a quelli di sesterzio , quinario , ecc. , che indicavano una data qualità di monete. Un'altra particolarità è la limitazione delle monete pe- santi entro certi limiti di peso. Anche quelle della grada- zione infima da 5 assi, non discendono mai di molto sotto ai 18 grammi, neppure ai tempi di Gallieno, e non sorpas- sano di molto nel I secolo i 31 gr., nel II e nel III i 36 gr. Soltanto sotto Caracalla e Decio abbiamo qualche moneta pesante di 40 a 50 grammi, ma questi casi sono rari, talché possiamo considerarli come eccezioni. In complesso, le mo- nete pesanti si aggirano fra i 20 e i 40 grammi. Non meno notevole è l'ordine cronologico in cui appa- iono per la prima volta le diverse gradazioni , nonché la loro frequenza. Quantunque il pezzo da 5 assi continui ad essere coniato da Galba in poi sotto tutti i regni , sotto IL MEDAGLIONE ROMANO 257 Adriano appare per la prima volta il pezzo da 6 assi, sotto Commodo quello da 7 , sotto Caracalla quello da 8 , sotto Bacio quello da 10 e da 12. Durante il I secolo, il pezzo da 5 assi è raro ; sotto Adriano lo vediamo comparire im- provvisamente in gran numero. Le epoche in cui furono coniate in maggior quantità le monete pesanti senatoriali sono quelle fra Antonino Pio e Commodo e fra Gordiano e Filippo. L'origine delle monete pesanti senatoriali non è insomma da cercarsi nelle condizioni economico-monetarie dell'Im- pero romano, ma all' infuori di esse; non rispondono ad un bisogno della circolazione, ma piuttosto ad un movente politico sociale. Un accenno a quest'ordine d'idee si ha nelle rappresen- tazioni figurate che vediamo sulle monete pesanti senatoriali. Gl'impronti delle monete pesanti si riscontrano per lo più anche sulle monete correnti ordinarie , talvolta su tutte le qualità di monete , con piccole modificazioni richieste dall' opportunità , talvolta soltanto sui sesterzii leggieri oppure soltanto sui medii bronzi. Ma non viceversa : non tutte le raffigurazioni delle monete leggiere si tro- vano anche su quelle pesanti , ciò che si spiega già per il numero notevolmente minore di queste. Da Commodo in poi la cerchia delle rappresentazioni usate sulle monete pe- santi si fa sempre più ristretta, talché riesce evidente che la scelta delle immagini era fatta secondo un criterio che ci permette di arguire quale fosse lo scopo cui^ erano de- stinate le monete pesanti stesse. La maggior parte delle loro raffigurazioni si riferisce alla persona dell'imperatore, alle sue gesta principali in guerra e in pace, alle sue doti più celebrate, infine a fausti avve- nimenti oppure a casi di morte nella famiglia imperiale. Naturalmente le singole vittorie e conquiste, come pure l'allusione in generale alla Victoria e Virtus Augusti, sono frequentissime ; qualche volta si vede rappresentata la ve- nuta di un imperatore a Roma , la sua partenza per la guerra, l'allocuzione all'esercito , il trionfo , più spesso le feste votive e la salita al Campidoglio pel capodanno. La 33 258 FEDERICO KENNER Concordia allude ai matrimonii o alla felicità famigliare dell'imperatore, oppure alla nomina dei Cesari od all'assun- zione di socii d'impero ; nei primi tempi pare che colla Concordia si volesse esprimere l'unione fra l' imperatore ed il Senato. Sotto Antonino Pio si vede celebrata con bellissime raffigurazioni la nascita dei futuri successori al trono. Anche i casi di morte e in ispecie la Consecratio sono ricordati sulle monete pesanti. Una categoria speciale è formata dalle figure di divinità, che per la loro frequente ripetizione sono diventate tipiche per certe condizioni, come la Spes sulle monete dei Cesari, o luno^ Pudiciiia, Venus e Vesta su quelle delle Auguste, mentre le monete dell' imperatore stesso ci ricordano i pro- tettori olimpici ch'egli s'era scelti, o le divinità special- mente invocate in alcune occasioni , e quindi erano sog- gette a frequenti variazioni di tipo. Le rappresentazioni sin qui ricordate trovano il loro fondamento nella posi- zione dominante dell'imperatore romano ; esse non offrono nulla di nuovo e le abbiamo nominate soltanto per dimo- strare l'analogia che presentano anche sotto questo punto di vista le monete pesanti senatoriali col medaglione d'oro e d'argento e, aggiungeremo, col medaglione di bronzo. A queste, dobbiamo contrapporre due categorie di rappre- sentazioni , che sono tanto più caratteristiche per le mo- nete pesanti senatoriali inquantochè compaiono più fre- quentemente appunto in quel tempo in cui queste sono più numerose. L'una categoria comprende le tre Dee Felicitas, Fortuna e Salus, che si possono riferire senza dubbio anche alla per- sona dell'imperatore, ma anche allo Stato. L'altra categoria abbraccia quelle rappresentazioni che si riferiscono specialmente a Roma ed all' Italia , e possono essere considerate come l'espressione delle idee e dei sen- timenti della cittadinanza romana , e più particolarmente del Senato ; oppure che hanno tratta a qualche disposi- zione dell'imperatore, la quale concerna la città di Roma in particolare. La personificazione di Roma s'incontra più spesso come IL MEDAGLIONE ROMANO 259 figura unica o principale ; in occasione delle feste secolari si veggono allusioni alla storia antichissima della città. Le relazioni fra l'Imperatore ed il Senato , sono espresse di- rettamente dalle dediclie di quest'ultimo. In questa cate- goria dovremo comprendere anche le personificazioni della Pace e della Libertà, che si veggono sulle sue monete assai più frequentemente di altre (per es. della Clementia, Indul- gentia, lustiiia Augusti), e che in realtà formavano la mèta delle tendenze conservatrici del Senato. Si possono pure aggiunger qui le rappresentazioni surricordate della Con- cordia fra l'Augusto ed il Senato, inquantochè dapprima in tali rappresentazioni questo veniva riconosciuto come un importante fattore politico, quand'anche poi nel III secolo la sua importanza sia andata grandemente scemando, talché non si rilevò se non momentaneamente pel concorso di cir- costanze favorevoli. È caratteristico a questo proposito, che nelle monete pesanti senatoriali viene trascurato quasi in- teramente un altro fattore importante della vita politica , — l'esercito, e ciò specialmente all'epoca in cui 1' autorità del Senato era tuttora intatta ; soltanto più tardi, quando la potenza degli eserciti nelle provincie e la loro influenza nella successione al trono presero il sopravvento, si trovano allusioni ai corpi d'esercito. Tanto più numerose sono sulle monete pesanti quelle rappresentazioni che si riferiscono alle disposizioni pel bene della popolazione cittadina. L'approvvigionamento di grano per la città e la distribuzione di danaro e di viveri sono ricordati spessissimo sui sesterzii pesanti nelle raffigu- razioni tradizionali dei congiarii e delle liberalità, poi della Annona^ Aequitas e Moneta; si badi specialmente a queste due ultime, cioè all'allegoria della giustizia nella distribu- zione e dell'abbondanza nelle elargizioni imperiali, perchè la stabile dimora in Roma era appunto una condizione per potervi partecipare , talché quelle raffigurazioni sono da considerarsi come speciali alla città di Roma. Meno frequenti sono sui sesterzii pesanti le allusioni ai giuochi del Circo; invece vi si trovano rappresentati vari celebri monumenti ed edifìcii della città, il cui compi- 260 FEDERICO KENNER mento si deve considerare come un avvenimento d' impor- tanza cittadina. Le rappresentazioni delle monete pesanti hanno rapporto quasi sempre a liete circostanze della vita pubblica, a feste dell'imperatore e a feste cittadine ; e non v'è nulla di più naturale che si cercasse di perpetuare la memoria di tali feste col coniare tali monete pesanti , e col distribuirle come oggi si fa per le medaglie ufficiali ed anche per le medaglie private. E quest'uso era tanto più ovvio in Roma , inquantochè vi era già 1' antichissimo costume di distribuire piccoli doni in danaro (strenne, sportule) pel capodanno e per altre feste, e questo costume era diffuso fra tutte le classi della cittadinanza. Anzi, appunto in vista di tale abitudine, non è inverosimile che il Senato, non solo facesse coniare mo- nete pesanti di varie gradazioni per distribuirle ai propri! impiegati, inservienti, ecc., ma che la zecca ne cedesse anche ai privati, con un aggio sul valore; tanto più che le raffi- gurazioni di tali monete potevano anche servire come al- lusioni ad avveniip-enti privati. Si osservi poi un altro carattere locale che si manifesta chiaramente nelle rappresentazioni delle monete pesanti. Le feste, non solo cittadine ma anche imperiali (come l'arrivo e la partenza dell'imperatore, il trionfo, le nomine dei Ce- sari, ecc.), avevano luogo per lo più in Roma stessa ; le monete pesanti si riferivano quindi ad avvenimenti che in- teressavano anzitutto Roma e l'Italia, ed erano perciò egre- giamente adatte a servire per la costumanza popolare che abbiamo ricordata più sopra ; invece, la restante moneta corrente senatoriale, per ciò che si riferisce alle sue rappre- sentazioni figurate , ha un carattere universale , come la moneta d'oro e d'argento dell'impero. A conferma di quanto abbiamo detto, si noti che la gra- dazione infima, cioè il pezzo da 5 assi, è senza confronto più frequente in quel tempo in cui fiorisce per 1' ultima volta la cultura classica ed in cui l'influenza di Roma ha raggiunto l'apice. Dopo Commodo, col principiare del so- pravvento che vanno prendendo gli eserciti nelle provincie IL MEDAGLIONE ROMANO 261 e col crescere d'iufluenza della cultura orientale , questo primato diminuisce. I tempi, quasi sempre pacifici , di Adriano e d'Antonino Pio , e quelli stessi di Commodo , vanno celebrati per la cura delle memorie storiche della città, delle sue antichità, delle sue tradizioni e de' suoi mo- numenti. In tali condizioni era naturale non solo che si conservassero le antiche costumanze, ma che si cercasse di servirsi per esse di oggetti di maggior valore. A quel modo che pel capodanno ed in altre occasioni non si usavano più i semplici doni di frutti, di dolci e di f rondi, ma vi si ag- giungevano regali più o meno preziosi , cosi invece della moneta tradizionale da un asse si vollero avere monete più eleganti, che anche pel loro impronto si riferissero alla sboria contemporanea. E poiché la tendenza al progresso è connaturale all'uomo, una volta entrati su questa via si co- minciò ad accrescere la quantità ed il peso di tali monete ; ed appunto a quel tempo si incominciano a coniare mul- tipli maggiori, che non hanno la loro ragione di essere nei bisogni del commercio o nello sviluppo della monetazione. VII. La moneta spicciola senza S • G. La mancanza delle iniziali S • C è la circostanza più di- battuta nella questione se il medaglione sia moneta o sem- plice medaglia; si può dire anzi che tutta la controversia si aggiri intorno a questo sintomo. Se i medaglioni di bronzo avessero le iniziali S • 0, si ammetterebbe facil- mente che fossero multipli della moneta di rame senato- riale, come lo sono appunto le monete pesanti senatoriali di cui si è discorso più sopra. Nessuno dubiterebbe in tal caso che anche tutti i medaglioni d'oro e d'argento fossero monete. Ora è provato, che l'imperatore Augusto si riservò la coniazione dell'oro e dell'argento, affidando quella del rame al Senato. Perciò furono coniate su ciascun pezzo della moneta corrente di rame dell'Impero le iniziali S • C, per documentare che è una moneta spicciola legittima 262 FEDERICO KENNER e che deve esser ricevuta per tale. I medaglioni non hanno quelle iniziali, e parrebbe logico quindi di non conside- rarli come monete, ma bensì come medaglie. Non vi sarebbe nulla da obbiettare, se questo fosse il caso soltanto pei medaglioni di bronzo. Ma non è cosi : vi è, oltre ad essi, tutta una serie di monete di bronzo e di rame, sesterzii, dupondii, ecc., che non recano quelle ini- ziali ; oltre a ciò, questa serie è continua, abbraccia quasi tutti i regni dal I al III secolo, e termina poco prima della cessazione della moneta senatoriale. Quantunque queste monete siano conformi in tutto e per tutto alle monete correnti, e quantunque si trovino gli stessi conii anche senza le iniziali S • C, esse rassomigliano talmente ai meda- glioni che lo stesso Cohen si trova di frequente in imbarazzo, non sapendo se classificarli come medii bronzi o come meda- glioncini. Anzi, nella prima edizione della sua opera, egli separa tutta una serie dai medaglioni d'Adriano, sotto la de- nominazione di G. B. senza S • 0, e colloca viceversa molti sesterzii e medii bronzi senza S • non già fra le monete ma fra i medaglioni. Ho accennato a questa disparità di trattamento, perchè è caratteristica per la somiglianza delle monete di bronzo senza S • 0, tanto colle monete correnti quanto coi medaglioni, dal momento che un numismatico fornito di tanta esperienza come lo era Cohen, non ha saputo sta- bilire una divisione fra una sorta e l'altra. Sinora, fra tutte le monete di tal genere senza S • 0, non si tenne calcolo che di quelle di Nerone , le quali si ritenevano le più numerose ; esse diedero anzi occasione a Mommsen di supporre che Nerone avesse tolto al Senato il privilegio di coniare il rame ; ma i non pochi altri casi analoghi, specialmente sotto Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio e Severo Alessandro, i quali erano pur favorevoli al Senato, ci costringono ad escludere quell'ipotesi. In realtà, quasi tutti gl'imperatori fecero come Nerone, quan- tunque in proporzioni minori ; e se ne può dedurre che, fin dal principio, se gl'imperatori avevano lasciato al Se- nato la coniazione del rame, non avevano con ciò rinun- ciato completamente al diritto di esercitarla. IL MEDAGLIONE ROMANO 263 Essi gli affidavano bensì, per motivi finanziari, l'esercizio del diritto di batter moneta in rame, allo scopo di evitare (mediante il controllo pubblico del primo, corpo politico dell'impero) cbe accadessero abusi nella coniazione della moneta spicciola, la quale veniva fabbricata in grandi quantità; ma quando non c'era questo pericolo, quando cioè per una data occasione si doveva coniare un numero ristretto di monete di rame, l'imperatore rientrava per naturale conse- guenza nell'esercizio del proprio diritto. E questo è appunto il caso; anche gl'imperatori coniavano monete di rame, ben- ché in quantità limitatissima e soltanto in date occasioni. Siccome vi sono monete di rame senza S • C , di tutti i diversi valori, e siccome vi è pure una gran quantità di monete di rame identiche ad esse, ma segnate con quelle iniziali, non vi è dubbio che le prime formano parte della mo- neta spicciola corrente, al pari appunto delle monete senato- riali. In realtà vi era quindi, oltre la senatoriale, una u moneta imperiale di rame, n che aveva tutte le proprietà di quella, ma non veniva coniata fuorché in quantità assai ristretta. Le rappresentazioni di questa moneta di rame senza S • C, rivelano uno stretto rapporto colle feste dell'imperatore e della sua famiglia, avvicinandosi in questa particolarità al medaglione di metallo nobile (come a quello di bronzo) ancor più che alla moneta pesante senatoriale. Fra le monete di rame senza S • C , prevalgono i medii bronzi, e specialmente gli assi. Questa circostanza è impor- tante sotto un duplice aspetto. In primo luogo , essa dimostra — se fosse necessario — che la coniazione del rame imperiale non aveva lo scopo di ledere il diritto del Senato, perché in tal caso si sarebbe emessa una molto maggior quantità di rame senza S • C, e specialmente si sarebbero coniati in molto maggior numero i sesterzii, ch'erano la sorta più comune anche fra la mo- neta corrente senatoriale. Poi, v'è un'altra osservazione, che per noi è preziosa. Lo stesso fenomeno si verifica per quelle monete senatoriali di rame, che recano le rappresentazioni più antiche, della 264 FEDERICO KENNER Aequitas e della Moneta Augusti. Queste cominciano, sempre sui medii bronzi, la prima sotto Galba, la seconda sotto Domiziano, e si mantengono sino nel III secolo. Soltanto da Nerva in poi compaiono inoltre le monete d'oro e d'ar- gento con quelle rappresentazioni, e da Adriano in poi anche i sesterzii dello stesso tipo; per ciò che riguarda adunque la moneta spicciola durante il I secolo quelle raffigurazioni non si veggono che sull'asse. E poiché la più antica di esse, V Aequitas Augusti^ è allusiva alle elargizioni di grano ed alla giustizia nella loro distribuzione, si potrà ricercare a buon diritto il motivo di quel fenomeno nella circostanza che, per una lunga tradizione, il prezzo di un modius di grano era stabilito ad un asse. La rappresenta- zione più recente, della Moneta Augusti^ è una derivazione àeW Aequitas Augusti^ e si conforma ad essa anche nella sua limitazione ad una sola qualità di moneta, quantunque non si riferisca più alle elargizioni di grano ma bensì a quelle di danaro, che coU'andar dei tempi si sostituirono sempre più alle prime. Vi era insomma una stretta relazione fra il tipo di queste monete ed il valore delle monete stesse; da ciò la costanza di questi due tipi, della Aequitas e della Moneta. Nel rame imperiale vediamo un fenomeno analogo, con uno sviluppo maggiore e con una costanza ancor più sor- prendente. Vi è tutto un gruppo di tipi svariati, ma che si riferiscono sempre alla Domus Augusta, i quali sono proprii al medio bronzo, ed in ispecie all' asse. Evidente- mente, tanto per gli assi senatoriali, quanto per quelli imperiali, il motivo di questa costanza di tipi era lo stesso, cioè che le classi popolari erano avvezze a vedere un rap- porto fra l'asse e le elargizioni imperiali, a considerarlo come un simbolo di queste. Da ciò si spiega la coesistenza del rame imperiale e di quello senatoriale. Le monete di rame senza S • 0, al pari dei multipli in oro ed argento, ed al pari delle monete pesanti senatoriali in bronzo ed in rame, appartengono alla categoria delle monete di dono, che venivano distribuite nelle occasioni solenni. Esse ne rappresentano la grada- IL MEDAGLIONE ROMANO 265 zione infima, come i dupondii ed assi di peso eccedente rappresentano l' infima gradazione fra le monete di dono del Senato. A conferma, si osservi che il primo imperatore il quale abbia coniato in numero ragguardevole le monete di rame senza S • C, fu Nerone, e che questi appunto fece elargizioni copiosissime al popolo, e si guadagnò con esse spe- cialmente il favore delle classi inferiori. E le monete di rame senza S • C sono più frequenti sotto quei regni di cui si hanno anche in maggior numero i medaglioni e le monete pesanti senatoriali. A questo punto, si presenta naturale una questione. Fra la moneta spicciola senza S • e le rimanenti monete di dono, vi è una lacuna grandissima, prodotta dalla dif- ferenza di valore. Bisognerebbe concludere che l'imperatore, nella sua scarsa coniazione di rame, si limitasse alle mo- nete di valore infimo; mentre contemporaneamente egli co- niava, in oro ed argento, i pezzi da 2, 4, 6, ed 8 aurei e denari; ed il Senato, alla sua volta, coniava i pezzi in bronzo da 6, 6, ed anche da 8 assi. Ma questa contraddi- zione è inammissibile. Gli anelli intermedii della catena, vale a dire i multipli superiori del rame imperiale, devono aver esistito ; tutto sta nel trovarli. A tale questione non v'è che una risposta. I multipli su- periori del rame imperiale sono appunto i medaglioni di bronzo. Entrambe queste specie di monete sono prive delle iniziali S • 0, entrambe furono coniate in ristretto numero, entrambe infine appartengono al sistema dell'asse, come si è già dimostrato e si dimostrerà ancora in seguito. Le loro rappresentazioni figurate sono affatto analoghe; la fattura tecnica del rame imperiale è spesso cosi somigliante a quella dei medaglioni, che si è inventato per esso il termine di u medaglioncino « ; caratteri tutti che pongono fuor di dubbio la stretta relazione fra il medaglione di bronzo e la moneta imperiale di rame. D'altra parte, quest'ultima abbraccia tutti i valori, se- sterzio, dupondio, asse e semisse; il sesterzio è contrad- distinto dalla corona d'alloro, il dupondio dalla corona radiata, ed entrambi sono coniati in metallo giallo. Essi 34 266 PKDERICO KENNKR quindi sono eguali in tutto alle ordinarie monete correnti dell'impero, e sono appunto anch'esse monete in tutta la espressione del termine, quantunque non abbiano le iniziali S • C. Non v'è adunque motivo alcuno di considerare il me- daglione di bronzo come una semplice medaglia, perchè non ha quelle iniziali. Invece, i suoi rapporti colla moneta- zione dell'impero vengono posti in luce dall'esistenza e dai caratteri del rame imperiale. Quest'ultimo forma l'anello di congiunzione (che da tanto tempo si cercava, o piuttosto rimase si a lungo disconosciuto) fra il medaglione di bronzo e la moneta corrente dell'impero. Vili. Il medaglione di bronzo. In base a queste considerazioni possiamo conchiudere che, nella suddescritta monetazione imperiale di rame, il medaglione di bronzo occupa un posto analogo a quello che è occupato dalla moneta pesante nella monetazione ordinaria senatoriale; vale a dire, esso costituisce la moneta pesante imperiale (senza S. C), in contrapposto a quella senatoriale (con S. C). Vediamo ora quali rapporti vi siano fra queste due specie di monete pesanti. Se i medaglioni di bronzo erano multipli dell' asse di bronzo, i loro pesi devono corrispondere, come abbiamo visto per le monete pesanti senatoriali, ad un certo numero di assi. E questo è appunto il caso: i pesi dei medaglioni di bronzo del Gabinetto Imperiale, confrontati col peso effettivo dell'asse alle diverse epoche, ci danno le seguenti gradazioni : Medaglioni da 5 assi e mezzo, da 6, 6 1^2, 7, 7 l-[2, 8, 8 li2, 9, 9 li2, 10, 10 li2, 11, 11 1^2, 12, 12 1^2, 13, da 14, da 15, da 16 1]^2, da 18 e da 19 assi. Confrontando queste singole gradazioni di peso con quelle che ci vengono date pei multipli suddetti dal peso IL MEDAGLIONE ROMANO 267 effettivo dell'asse alle diverse epoche, non si trova un di- vario che superi i due grammi, anzi questo divario oscilla per lo più fra il grammo ed il grammo e mezzo al massimo. Sic- come pei medaglioni si tratta di pesi piuttosto rilevanti, pei quali si deve ammettere una tolleranza maggiore che per la moneta corrente senatoriale, questa esattezza nelle gradazioni è una caratteristica assai significante della cura con cui venivano coniati. In ogni caso, una coincidenza cosi esatta non può essere fortuita, ripetendosi in moltissimi esemplari di epoche diverse; essa dimostra piuttosto ad evidenza, che la moneta pesante imperiale, come la senatoriale, era real- mente un multiplo dell'unità che serviva di base alla mo- neta corrente ordinaria, cioè dell'asse. Vi sono altre analogie; nella moneta senatoriale noi troviamo gradazioni da 5, 6 1^2, 6, 7, 7 1]^2, 8, 9, 10, 11 e 12 assi, di cui le inferiori, quelle da 6, 6 1];2 e 6 assi, sono le più comuni. Il medaglione imperiale di bronzo, nelle sue più numerose gradazioni, ci offre lo stesso fenomeno ; anche in esso gli esemplari delle gradazioni inferiori sono più comuni. Non meno notevole è la circostanza, che tanto nel meda- glione di bronzo quanto nella moneta pesante senatoriale predominano i multipli dispari ; e l'uno e l'altra hanno quindi comune la caratteristica di non basarsi menomamente sul sesterzio, perchè in questo caso dovrebbero corrispon- dere ad un numero pari di assi ed il loro peso dovrebbe aggirarsi entro limiti fissi e regolari. Invece tanto l'una quanto l'altra specie di monete si presenta come qualcosa di diverso, di indipendente dal sesterzio, formando più che altro una serie di multipli occasionali, e quasi diremmo arbitrarli, dell'asse. Questa particolarità delle monete pe- santi, di fondarsi cioè sull'asse, l'abbiamo già riscontrata anche nel rame imperiale (senza S • C) ; questo anzi prefe- risce il medio bronzo, e appunto specialmente l'asse, e con ciò si rivela non soltanto come connesso al medaglione imperiale di bronzo ma anche come la gradazione infima di peso di questo. Inoltre, le monete pesanti di entrambe le sorta sono più 268 FEDERICO KENNER, numerose sotto quei regni che ci presentano anche una maggior abbondanza di rame senza S • C. Infine, anche pel medaglione imperiale di bronzo si ve- rifica un accrescimento dei multipli col progresso del tempo. Se da queste analogie si può arguire una connessione intima fra il medaglione imperiale e quello senatoriale, questa connessione risulta non meno chiaramente dalle loro differenze. La moneta pesante senatoriale non supera quasi mai i 40 grammi, talché questa cifra vien considerata, in generale, come il suo limite massimo di peso. Ben altro accade in- vece per la moneta pesante imperiale ; fra i cento e più medaglioni imperiali del Gabinetto, 13 soltanto pesano meno di 40 grammi ; tutti gli altri pesano da 40 a 80, anzi fin quasi a 90 grammi ; il maggior numero di essi oscilla fra i 40 e 70 grammi. È quindi un fatto innegabile che il limite più basso di peso della moneta grave imperiale coincide col limite più alto di peso di quella senatoriale. Vi è dunque una evi- dente divisione di competenza fra l'Imperatore ed il Senato, riguardo alla moneta pesante ; al primo ne sono riservate le gradazioni superiori, mentre il secondo si deve acconten- tare di quelle inferiori. Anche lo sviluppo cronologico delle singole gradazioni di peso è differente per le due sorta di monete. Il Senato in- comincia con qualche multiplo da 5 e 6 1^2 assi, e sol- tanto a poco a poco e a lunghi intervalli perviene a coniare mul- tipli superiori. La moneta pesante imperiale invece ci si presenta sin da principio, come nell'oro e nell'argento, cosi anche nel bronzo, in varie gradazioni altissime. Anche sotto questo riguardo adunque, il medaglione imperiale è supe- riore a quello senatoriale ; il primo è affatto indipen- dente, mentre il secondo non giunge che a poco a poco e tardi alle gradazioni superiori di peso. Vi è un'altra circostanza la quale documenta ancor più questa inferiorità, ed è che un dato multiplo scompare dalla monetazione pesante im- periale quando comincia ad essere usato in quella senatoriale. IL MEDAGLIONE ROMANO 269 Cosi, p. es., fra i medaglioni di Marc' Aurelio non si trova più il pezzo da 6 assi, mentre contemporaneamente questo prende piede nella moneta grave senatoriale. Un'eccezione la troviamo soltanto sotto il regno dell'im- peratore Decio. Mentre di lui non potremmo citare che un solo medaglione, da 9 assi, vale a dire d'un peso relativa- mente basso, il Senato emette contemporaneamente monete gravi da 9, 10, 11 e 12 assi. Eckhel spiega questo strano fenomeno col grandissimo favore che Decio accordava no- toriamente al Senato. E vi sono buoni motivi per attribuire anche gli altri multipli superiori della moneta pesante senatoriale a concessioni speciali dei relativi imperatori. Queste concessioni e la divisione di competenza fra l'Imperatore ed il Senato per ciò che riguarda le gradazioni di peso, ci permettono di conchiudere che la moneta pe- sante senatoriale ed il medaglione imperiale di bronzo non erano altro, in ultima analisi, che categorie diverse di una sola e medesima sorta di moneta, divise soltanto l'una dall'altra dai limiti della competenza. Il medaglione di bronzo, come il medaglione d'oro e d'argento, vien coniato dall'Imperatore ; la moneta pesante senatoriale vien coniata dal Senato per autorizzazione dell' Imperatore e sotto alcune restrizioni. Entrambe queste specie di monete, nella loro essenza, erano uguali, e differivano soltanto nelle modalità esteriori. Se quindi, come nessuno vorrà dubitarne, la moneta pesante senatoriale era una vera e propria moneta, dovremo per logica conseguenza riconoscere questo carattere di moneta anche al medaglione imperiale di bronzo. IX. Il nome del medaglione nelPanticliità. La differenza essenziale fra moneta e medaglia non è propria soltanto del linguaggio scientifico, ma si avverte anche nell'uso comune. Col termine di moneta si indica un pezzo di metallo coniato, che era in corso una volta o 270 TEDERlfìO KENNER lo è tuttora; con quello di medaglia invece, un conio clie non è e non fu mai usato come moneta. Pel medaglione, gli antichi Romani non avevano un ter- mine corrispondente. La parola numisma o nomisma, che si è voluto pretendere vi corrispondesse, non viene usata nei tempi migliori che dai poeti, sia poi che essi parlino di monete antiche o di monete contemporanee. In un passo del Digesto si indica con questa parola un conio in gene- rale, che fosse antiquato o non accettato, in contrapposto a quello contemporaneo e valido; in un altro passo si parla di vecchi 7iomis)nita, dei quali si faceva uso in luogo di gemme. Queste parole non autorizzano a supporre che per essi intendansi specificatamente medaglioni, e pare quindi che Eckhel, il quale traduce medaglione in nummus maximi moduli^ abbia perfettamente ragione di intendere sotto la parola yiumisma una moneta straniera o antica, cioè una moneta che non avesse corso nello Stato romano. Non la si trova usata, infatti, in quei casi nei quali in- dubbiamente si tratta di medaglioni. L'espressione di binio per un doppio aureo di Gallieno nella Cronaca della città, la leggenda quaternio su di un antoniniano quadruplo di Valeriano e Grallieno, e le espressioni usate nella vita di Severo Alessandro: formae binariae, ternariae, et quater- Yi'xriae eliam {atque amplius usqué) librales et centenarias, vanno d'accordo fra loro. Esse indicano monete coniate, che hanno il contenuto di 2, 3, 4 denari, ecc., sino a 60 e 100 monete d'oro; è caratteristico come l'autore del passo citato indichi la qualità essenziale della moneta col sostan- tivo forma, e invece il numero delle unità monetarie in essa contenute coli' aggettivo numerale, che esprime una qualità secondaria. Citeremo altri esempi, non per la loro importanza , ma per semplice conferma. Nella Historia Augusta, Vita L. Veri, si racconta che questo imperatore nelle sue goz- zoviglie notturne scagliava « le più grandi n monete nelle taverne, per rompere le coppe (jaciebat et nummos in po- pinas maximos quibus calices frangerei). Certamente qui non si può affermare con sicurezza se si debba intendere IL MhDAGLloKE ROMANO 271 clie fossero medaglioni, tuttavia il superlativo fa pensare alle monete u più grandi n coniate a' suoi tempi, e queste erano i medaglioni. Gregorio di Tours racconta come Chilperico re dei Franchi gli mostrasse delle monete d'oro clie aveva rice- vute in dono dall'imperatore Tiberio Costantino (578-582) {auveos etiam singularum Ubrarum pondero, quos imperator miserai, ostendit, ecc.) ; esse pesavano una libbra d'oro cia- scuna e recavano nel diritto l'effigie dell'imperatore e nel ro- vescio il carro trionfale colla leggenda: gloria ROMANORVM.In entrambi i passi si parla di medaglioni e se ne parla addirit- tura come se fossero monete. L'editto degl' imperatori Teo- dosio e Valentiniano, dell'anno 384, si esprime ancora più schiettamente vietando a coloro che davano i giuochi di di- stribuire agli spettatori monete d'argento che pesassero più di un sessantesimo di libbra. Le monete grosse d'argento, che si usavano prima da coloro che davano i giuochi, noi le chiameremmo medaglioni. La mancanza di un termine speciale pei medaglioni è di considerevole appoggio al nostro asserto. Se l'essenza del medaglione era compresa nel concetto di moneta, cer- tamente non occorreva un'espressione speciale. Se invece esso fosse stato soltanto una medaglia, si doveva sentire la sua diversità dalla moneta ; in tal caso sarebbe stato necessario di distinguerlo con una denominazione propria, e questa non mancherebbe negli scrittori. Invece, che essa manchi, lo sa chiunque debba rendere in buon latino la nostra parola medaglione. X. Destinazione ed uso dei medaglioni. Abbiamo già espresso il nostro avviso che il medaglione fosse una moneta usata dagl' imperatori romani pei doni, o, per esprimerci più esattamente, che fosse la forma più adatta all'albo grado dell'Augusto, di (juel danaro di cui 272 FEDERICO KENNER questi si serviva a scopi di rappresentanza. Pel meda- glione d'oro si è indicato il passo della Ilisloria Angusta in cui si allude alle pesanti monete d'oro che Eliogabalo distribuiva in dono; il medaglione d'argento ha comuni con quello d'oro i caratteri essenziali, specialmente l'ana- logia delle rappresentazioni figurate ; oltre a ciò il suo rapporto col medaglione delle Dee Monete lo appalesa come moneta di dono. Altrettanto si dica del medaglione di bronzo e del rame imperiale (senza S -C); il medaglione di bronzo del quarto secolo è anzi imitato da quello delle Dee Monete; anche per la moneta pesante senatoriale, che sta in cosi stretti rapporti col medaglione imperiale, si può arguire altrettanto, sia per questa circostanza medesima, sia per le raffigurazioni che vi si riscontrano. Infine, pel quarto e sesto secolo, si osservi che tanto le monete pesanti d'argento di coloro che davano i giuochi, proibite da Teo- dosio, come anche il pezzo d'oro da una libbra di Tiberio Costantino, compaiono come monete di dono, quantunque le prime non emanassero dall'imperatore. Per occuparci ora più partitamente dello scopo cui erano destinati i medaglioni, dobbiamo premettere anzitutto che non bisogna immaginarsi che servissero per le copiose / elargizioni al popolo e all'esercito; il loro numero pur sempre scarso e la loro rarità indicano che erano distri- buiti ad un cerchio assai più limitato di persone. E piut- tosto assai verosimile che i medaglioni venissero usati per quei piccoli donativi i quali, fondati su di un'antica co- stumanza romana, traevano la loro origine sin dai tempi più remoti della Repubblica, ma furono conservati anche sotto l'Impero. Quest'opinione è basata sull'analogia fra le occasioni per quei piccoli donativi in danaro e le solennità ricordate nelle raffigurazioni dei medaglioni; poi sulla circostanza che gl'imperatori prendevano parte essi stessi a questa co- stumanza dei donativi. In primo luogo vanno ricordate le sportule nelle salu- tazioni. I clienti usavano presentare i loro omaggi ai pa- troni e in compenso ricevevano da questi un trattamento # IT. MEDAGLIONE ROMANO 273 che più tardi fu sostituito da una somma fissa, sufficiente per pagare la cena ossia il pasto principale della giornata. Tali sportule venivano distribuite specialmente nelle feste di famiglia, per il natalizio del patrono, o quando egli si faceva radere la barba per la prima volta, o in occasione del suo matrimonio, o il giorno in cui entrava in ufficio. In quest' ultima occasione e in altre feste , anche i Consoli al tempo dell'Impero solevano distribuire danaro ed altri doni; quelli in danaro tuttavia dovevano essere in argento e non in oro. Cosi pure, ciò che per noi costituisce una circostanza importante, vediamo che vengono distri- buite sportule da coloro che opus puMicwn dedicante come per la consacrazione di edifìci, la fondazione di istituti, ecc. Infine , si trova ricordo dell'uso di distribuire piccoli doni in danaro agi' invitati delle feste, fossero pure per- sone altolocate e matrone distinte; e non è inverosimile che questo uso esistesse anche a corte, quantunque ce ne man- chino le prove. I banchetti pubblici dati dall'imperatore, che sotto Nerone furono sostituiti da danaro (sportule) e più tardi ricom- parvero bensi, ma soltanto per poco, si tenevano in occa- sione del natalizio dell' imperatore, di feste religiose, di giuochi, di trionfi, di solennità funebri. Ora, le rappresen- tazioni che si veggono sui medaglioni si riferiscono appunto a tali occasioni, soltanto sono più svariate, e poiché hanno rapporto colla vita pubblica e col governo, anche più impor- tanti. L'insediamento del Cesare come Pontifex e Princeps juventutis^ il suo matrimonio, la nascita de' suoi figli, poi la salita dell' Augusto al Campidoglio pel capodanno , i sagrifici votivi per l'assunzione di un nuovo consolato o pei giubilei del regno, più tardi il primo ingresso in città, poi la partenza pel campo, le feste per le vittorie, il trionfo, di quando in quando l'inaugurazione d'un tempio, final- mente la Consecratio, queste sono le raffigurazioni che troviamo più frequentemente sui medaglioni di tutti i regni, sia che tali avvenimenti si veggano rappresentati sotto il velo di divinità od allegorie, oppure invece in modo realistico. L'analogia fra le occasioni in cui venivano distribuite J74 FEDERICO KENNFR sporfcule e quelle che sono ricordate dalle raffigurazioni dei medaglioni è dunque evidente; se ne può quindi de- durre a buon diritto che, per l'imperatore, l'uso di distri- buire monete in dono in occasione delle feste governative e della sua famiglia si basava sull'esempio delle sportule del patrono ai clienti, quantunque in seguito quell'uso abbia preso uno sviluppo diverso e sia stato sottoposto a regole fisse. Infatti, gl'imperatori distribuivano tali piccoli donativi in danaro, ma ne accettavano anche. Augusto ne dava pri- vatamente ai suoi amici, ed anzi coloro che li ricevevano scherzavano sul loro poco valore ; ed alle persone più in- fluenti toccavano doni minori che ad altre. Commodo in- trodusse una specie d'imposta a favore del suo tesoro de- pauperato dai giuochi, col pretendere che in Roma i sena- tori, le loro mogli ed i loro figli si presentassero per la salutatio al suo natalizio, e consegnassero due monete d'oro ; ed i senatori di tutte le altre città contribuissero 5 denari. A Gallieno si fa rimprovero perchè Sellatili sportulam sedens erogami^ mentre alle matrone, ch'egli aveva invitato nel suo consiglio, porgeva, all'atto che gli baciavano la mano, cinque monete d'oro sui nominis. Un'altra sorta di donativi erano le strenne per diverse feste, specialmente per l'anno nuovo. Fra esse si notavano le lucerne fittili di capodanno, che raffiguravano un asse repubblicano colla testa di Giano, simbolo dell'età d'oro, ed un asse dell'Impero col simbolo della felicità (due mani con un caduceo). Anche su una tessera di cristallo dell'epoca di Commodo, che si riferisce alla stessa occasione, si vede una moneta. A quest'uso presero parte gl'imperatori, ricevendo e contraccambiando doni di danaro in occasione della Salutatio. Dapprincipio il Senato dedicava statue all'imperatore Augusto col danaro raccolto fra i senatori; più tardi i se- natori gli offersero il danaro stesso , che Augusto (come racconta Dione Cassio) ricambiava ad essi e a u chiunque altro n in misura doppia; col danaro avuto egli faceva fare statue ad ornamento della città, Tiberio sulle prime IL MEDAGLIONE ROMANO 27ì contraccambiava anzi quattro volte i doni di capodanno ; più tardi però, per risparmiare spese a so ed agli altri, si assentava nel gennaio dalla capitale. Vediamo invece ri- comparire questi doni sotto Caligola, che li riceveva egli stesso nel cortile del palazzo e ne riempiva il tesoro. An- cora sotto Arcadio ed Onorio si parla àeìVawum oblaticium del Senato all'imperatore. Le strenne del Senato vengono ricordate sulle monete pesanti di Adriano e di Antonino Pio; tali monete rap- presentano la corona dedicatoria, coll'augurio per leggenda. Non è con ciò da intendersi tuttavia che il Senato avesse dedicato per capodanno quelle monete all'imperatore, bensì invece che questi aveva fatto coniare sulle proprie monete di dono quella corona dedicatoria di capodanno del Senato (evidentemente una corona d'oro) insieme all'augurio, per usare un'attenzione al donatore. Se dunque gl'imperatori partecipavano, come fu dimo- strato, a quelle costumanze cui andavano annessi piccoli donativi in danaro, e se d'altronde non si può negare che la scelta delle rappresentazioni dei medaglioni si adatta egregiamente alle circostanze in cui si facevano tali doni in danaro, diventa molto probabile che la moneta pesante s'impiegasse a questo scopo. Senza dubbio vi si associava un movente più recondito, che doveva darle prestissimo il carattere di un' istituzione necessaria alla rappresentanza , e contribuire potente- mente cosi al suo sviluppo. Nella sua qualità di moneta di dono per le occasioni solenni, consegnata forse dalla mano stessa dell'imperatore o almeno da' suoi intimi, il medaglione era assai adatto a fissare nella memoria del popolo, e a diifondere la gloria del suo regno, il ricordo delle sue imprese vittoriose, delle feste memorabili, ed a destare l'affetto e la devozione verso di lui e verso la sua famiglia. È vero che anche la moneta corrente comune alludeva a ciò, ma le grandi e belle monete di dono dovevano rag- giungere più efficacemente lo scopo. Se quindi non si deve pretendere che il medaglione fosse 27G FEni^JlTfO KENNER la sola ed esclusiva forma di quei piccoli doni in danaro, non si può negare che esso vi fosse eminentemente adatto, come lo dimostra anche l'uso quasi esagerato che ne fecero gl'imperatori Commodo e Gallieno, per porre in una luce favorevole le loro pretese gesta. E notevole specialmente, sotto questo aspetto, il medaglione ornato coll'effigie del rispettivo Cesare e dell'Augusta; l'emissione di tali pezzi non può avere altro motivo fuorché quello di rendere noto a tutti, mediante un segno esterno visibilissimo, il con- ferimento del diritto sovrano a quei personaggi. Il gran numero dei sesterzii senza S • C e dei medaglioni di questa categoria , la costanza specialmente dei medaglioni col Cesare, come i medaglioni coi Vota e colVAdventus del rispettivo Augusto, li caratterizzano come documenti del diritto sovrano assunto da questo, e della trasmissione di esso al figlio e alla consorte. Non è ammissibile che una costumanza mantenutasi cosi a lungo e per motivi come questi, non abbia avuto alcune norme formatesi a poco a poco, le quali ne stabilissero le occasioni. E come certamente erano determinate le occa- sioni, cosi pure erano determinate le categorie di persone alle quali si doveva fare il donativo. È assurdo il supporre che si distribuissero ufficialmente medaglioni d'oro, d'ar- gento o di bronzo, pesanti e leggieri, senza distinzione di persone, a questo e a quello ; era piuttosto cosa naturale, invece, di dividere i destinatari in classi prestabilite, e cioè secondo la loro posizione ufficiale ed il grado che occupavano nella vita pubblica, rimanendo ben inteso ri- servato all'imperatore il potersi scostare da queste regole in casi eccezionali. Vi è una particolarità importante del medaglione d'ogni metallo, della moneta imperiale di rame e della moneta pesante senatoriale, che presuppone una tale regola e rimar- rebbe altrimenti inesplicabile : la grandissima varietà nelle gradazioni dei pesi, dal pezzo d'oro d'una libbra e di due libbre di Eliogabalo sino al dupondio ed all'asse del rame senatoriale ed imperiale. In ispecie quando si hanno medaglioni dello stesso conio IL MiSDAGLIONE ROMANO 277 ma con gradazioni di peso evidentemente volute, si deve concluderne che con ciò si è inteso di fare diverse edizioni, per cosi dire, della stessa moneta di dono, destinate a ca- tegorie diverse di persone. Per quanto grandi e svariate siano però le differenze dei pesi, vi sono tuttavia alcuni limiti dentro i quali oscil- lano, talché quei pochi che ne escono si possono consi- derare come eccezioni. Questo limite è, per l'oro e per l'argento, il pezzo da otto unità, pel medaglione imperiale di bronzo, il multiplo da 70 grammi, per la moneta pesante senatoriale, quello da 38 grammi. I rari pezzi ancora più pesanti, in tutti i metalli, non mostrano di essere stati coniati in occasioni straordinarie ; essi ripetono piuttosto la loro origine dall'intenzione di farne dono eccezionalmente a qualche persona, com'è noto positivamente riguardo al medaglione d'oro del peso di una libbra, mandato in dono al re Chilperico. Tanto l'osservanza di alcuni limiti in generale, quanto l'eccezionale trasgressione di tali limiti in casi particolari, indicano una classificazione dei destinatari secondo il loro grado. È da supporsi poi che vi fosse un'altra norma relativa alla distribuzione stessa. Eckhel ha osservato con ragione che mal si sarebbe conciliato colla dignità dell'imperatore il distribuire in dono monete di bronzo. Infatti i passi, pochi del resto, in cui si fa menzione di piccoli doni in danaro distribuiti dall'imperatore stesso, parlano soltanto di monete d'oro, e l'unico passo in cui si parla di monete d'argento non si riferisce all'imperatore, ma a coloro che davano i giuochi. Tanto meno si deve parlare di monete pesanti di bronzo, quando si tratta di doni fatti direttamente dall'imperatore. Quest'obbiezione non è fondata però se non in quanto si tratta della persona cha distribuisce, non già per ciò che concerne la moneta di dono in se stessa. Se nel IV secolo viene stabilito che l'imperatore non debba gettare al po- polo che monete d'oro, e gli altri Consoli monete d'argento, ciò si può estendere con pieno diritto anche al medaglione FEDERICO KENNER eJ ai tempi anteriori, quando il consolidarsi della monarchia ed il sopravvento delle -influenze orientali presero a favo- rire l'incremento dell'etichetta di corte e la ripartizione gerarchica dei pubblici funzionari; pel I e pel II secolo la questione rimane incerta. E ammissibile, da una parte, che l'imperatore abbia distribuito i suoi doni in monete d'oro di gradazioni differenti, mentre i doni in denari o medaglioni d'argento e quelli in medaglioni di bronzo, ed in rame (senza S • 0), venivano distribuiti per suo incarico da funzionari di diverso grado; ed è pure altrettanto am- missibile che in quei tempi, in cui appunto il medaglione di bronzo compare per la prima volta, l'imperatore stesso, secondo lo spirito della costumanza popolare a cui pren- deva parte, invece della moneta corrente si sia servito, in alcuni casi, della nuova e leggiadra moneta pesante. In nessun caso però la diversità del metallo e del modo di distribuzione può mutare l'essenza della moneta di dono. Pel destinatario di più umile condizione, l'asse che gli toccava in ricordo di una festa aveva lo stesso significato del pesante medaglione d'oro riservato al destinatario del grado più eccelso. Le medaglie ufficiali dei tempi moderni corrispondono ad un concetto analogo. Infine, nell' esaminare lo scopo delle monete pesanti, bi- sogna porre mente anche alla loro fattura materiale. In ciò esse si distinguono favorevolmente dalla moneta comune cor- rente. Questa differenza si può già osservare nei medii bronzi del Senato e del rame imperiale, lo spessore maggiore del disco li distingue dalle altre monete. Invece del carattere di una fabbricazione affrettata da mestierante che si ri- scontra nelle monete comuni, la moneta pesante dei buoni tempi fa testimonianza d'un lavoro più amoroso e diligente. Le effigie sono più parlanti, le figure ben composte e finite nei particolari, e il rilievo maggiore concede di per sé stesso una trattazione più fine. Nel III secolo si manifesta lo sforzo di compensare il diminuito valore artistico per mezzo di esteriorità. Si cerca di ottenere un effetto più pomposo mediante un numero maggiore di figure che spesso ingenerano confusione ; la riunione di due metalli Uj medaglione romano 279 vien impiegata per aumentare l'effetto pittoresco, col porre sul disco d'argento, a certi punti che si vogliono far ri- saltare, sottili lamine d'oro che si sottopongono al conio, op- pure col racchiudere un disco di rame in un anello di bronzo giallo. In questo processo non si può disconoscere l'inten- zione di ottenere una moneta che si distinguesse già pel suo aspetto dalle monete ordinarie. Le monete pesanti insomma si addimostrano come una sorta di conii che non erano destinati, come la moneta ordinaria, a servire pel commercio quotidiano, quantunque avessero pel resto tutti i caratteri della moneta ; esse in una parola, sono monete distinte da quelle ordinarie per la forma esterna, e destinate senza dubbio ad essere usate in occasioni solenni, come lo dimostra la loro accu- rata esecuzione. Lo scopo del presente studio, come si è detto dapprin- cipio, essendo quello di fornire la prova che i medaglioni erano suscettibili di aver corso, a rigor di termine noi potremmo dispensarci dall'esaminare la questione del modo in cui fossero poi adoperati da coloro che li ricevevano. Che i medaglioni potessero circolare come monete, in- sieme alle monete comuni, lo si ammetterà certamente per l'epoca in cui venivano emessi, cioè sino a che l'unità mo- netaria su cui erano basati, aureo, denaro ed asse, si man- teneva invariata in peso e titolo del metallo. Non sono rari gli esemplari di medaglioni non bucati (che quindi non furono portati come ornamento) eppure logori , e talvolta anche tosati. Tuttavia, all'uso comune dei medaglioni si opponevano talora varie circostanze, le quali d'altra parte non hanno nessun rapporto colle proprietà del medaglione come mo- neta. Nel maggior numero dei casi potranno essere stati conservati per ricordo ed esser passati per eredità, di ge- nerazione in generazione, oppure, dopo di essere passati di mano in mano come doni, potranno essere stati venduti, in tempi di strettezze, con un aggio sul loro valore ; infine potranno essere stati deposti nella tomba insieme agli estinti (come se ne ha esempio); e tutto ciò, non già 280 FEDERICO KENNER perchè essi non possedessero tutte le proprietà della mo- neta, ma perchè i ricordi che vi si annettevano, e l'esecu- zione artistica, conferivano loro un pregio superiore al va- lore monetale. Del resto, tale questione non ha importanza pratica, poiché il numero dei medaglioni era ristretto per sé stesso, e certamente fu ancor più ristretto quello dei medaglioni che realmente furono adoperati come moneta. Anche altri usi, come per oggetti d'ornamento, ecc., non hanno a che fare col nostro scopo. Invece bisogna mento- vare due ipotesi, delle quali la prima è tuttora abba- stanza diffusa, e l'altra incontra pure un certo favore. Una di tali ipotesi è quella che i medaglioni di bronzo abbiano servito anche da imagines sulle insegne militari. Ma ciò non è sostenibile, ove si raffrontino colle riprodu- zioni dei signa nei bassorilievi romani, specialmente se- polcrali. Le imagines presentano caratteri addirittura op- posti a quelli dei medaglioni. Esse ci offrono il busto dell'imperatore di faccia , il che , com'è noto, non si ri- scontra nei medaglioni romani fuorché eccezionalmente, in alcuni di quelli degli ultimi tempi. Sulle imagines non si vede mai accennata in nessun modo una leg- genda; invece il busto vi è circondato, senza lasciare quasi spazio alcuno , da una corona d'alloro che sporge ad alto-rilievo. Oltre a ciò , il rilievo delle imagines nei signa è molfco più forte che nei medaglioni, e doveva anche esserlo per ottenere, all'aperto, l'effetto che si desiderava. Evidentemente, o venivano fuse vuote, oppure lavorate a sbalzo; ciò si può dedurre anche dal loro diametro ohe è molto maggiore di quello dei medaglioni. Nei basso- rilievi questa differenza è visibilissima se si confronta la grandezza delle imagines colla testa del signifer^ che si trova per lo più vicinissima ad esse. Una imago lavorata a sbalzo, rinvenuta a Niederbieber, ha circa 19 centimetri di diametro, mentre il più grande fra i medaglioni d'oro, quello di Valente (conservato nel Gabinetto Imperiale di Vienna), non misura che 9,5 centim. di diametro; i grandi bronzi ed i medaglioni di bronzo non raggiungono che IL MEDAGIJONE ROMANO 281 7 centim. di diametro. E infatti Vimago non sarebbe stata visibile a qualche distanza (come pure si sarà voluto senza dubbio) se non avesse avuto una certa grandezza ed un forte rilievo; invece il busto sui medaglioni suol essere di cosi piccole proporzioni e di cosi tenue rilievo, da non esser più discernibile a pochi passi di distanza. Ora, siccome sulle aste delle insegne si trovavano infilate varie di tali hna- gines, talvolta sino a cinque, l'una sopra l'altra, se fossero state fuse massiccie avrebbero avuto un peso sproporzionato ; tanto meno poi avrebbero potuto essere coniate di tal gran- dezza e con si forte rilievo. Inoltre, le imagines^ ossia i dischi ornamentali coWirnago , non avevano certamente il rovescio ornato di rilievi come i medaglioni, perchè non era visibile; esse venivano invece rivestite d'una lastra sottile, su cui era assicurata una staffa di bronzo da infi- larvi l'asta dell'insegna; ciò almeno si rileva dall'interes- sante ritrovamento di Niederbieber. Finalmente le hnagines^ se anche di bronzo, erano dorate ; l'esemplare sovraccen- nato, quantunque d'argento, conserva le vestigia della do- ratura ; invece i medaglioni con doratura antica sono no- toriamente rarissimi. Tutti questi motivi escludono l'ipo- tesi che i medaglioni abbiano servito da imagines sui signa. Anche l'uso dei medaglioni d'oro come decorazioni da portarsi, fornite d'un appiccagnolo, è contrario al carattere del medaglione antico. E vero che tanto le solite monete d'oro e d'argento quanto anche i medaglioni, furono usati poi come gioielli, e quindi si trovano legati talvolta con più o meno lusso; ma siccome queste incastonature, che spesso sono eseguite senz'alcun riguardo pel conio, oppure anche il solo appiccagnolo, non appaiono fatti contemporaneamente alla moneta ma bensì adattati più tardi ad essa, se ne può concludere che questa non era destinata originaria- mente ad essere portata appesa. Un'altra ipotesi è quella che considera i medaglioni come prove di conio degl' incisori, ohe si sarebbero raccoman- dati per mezzo di esse alle persone più influenti. Noi però dubitiamo che si sia potuto concedere agli artisti di co- niare a questo scopo dei pezzi che presentano tutti i ca- 3ó 282 ENRICO KENNER ratteri di monete compiute, e, per tacere d'altro, che essi fossero iniziati in quei segreti di controllo su cui erano certamente basate la variazione e la corrispondenza dei tipi dei medaglioni con quelli delle monete correnti. Tali prove di conio avrebbero dovuto, senza dubbio, essere fatte in modo da non poter servire come vere monete. Per esempio, si sarebbero dovuti coniare separati il diritto ed il rovescio, oppure si sarebbe dovuto ommettere la leggenda, o scegliere per la prova di conio un metallo che non fosse in uso per le monete correnti contemporanee. Anche questa ipotesi, adunque, dev'essere esclusa. XI. Lo sviluppo del medaglione. Per quanto la moneta grave imperiale, d'oro, d'argento, e di bronzo, si sia sviluppata in modo regolare, pure il decorso di questo sviluppo varia secondo il metallo. Il medaglione di metallo nobile è , in genere, rarissimo nel I e nel II secolo , mentre quello di bronzo manca bensì nel I secolo, ma appena comparso raggiunge 1' apice dello sviluppo , e per tutto il II secolo , fino al termine del regno di Commodo, si mantiene ad un' altezza non più raggiunta. Nel secolo III la relazione reciproca si cambia. È soltanto sotto qualche regno isolato, sotto Gordiano e Filippo , che il medaglione di bronzo presenta una certa importanza; in generale viene trascurato, e verso i tempi della Tetrarchia scompare quasi interamente. Anche il medaglione d'oro, a quest'epoca, gode soltanto eccezio- nalmente di un effimero favore sotto Eliogabalo, Severo Alessandro e Gallieno. Il medaglione d'argento invece, presenta allora il più rigoglioso sviluppo; a quel modo che l'antoniniano di biglione e di rame inargentato è caratte- ristico per l'ordinaria moneta corrente di quell'epoca, cosi il medaglione di pseudo-argento, che ne era un derivato e scomparve poi con essa, è speciale a quei poco invidia- bili tempi. Il IV secolo ci offre un altro spettacolo, Il IL MEDAGLIONE ROMANO 283 medaglione di bronzo ricompare bensì, ma si mantiene scarsissimo, quello d'argento si accontenta di un posto subordinato in confronto di prima, ed è invece il meda- glione d'oro che prende il sopravvento, comparendo nume- roso sia in piccolo modulo come anche di pesi notevolis- simi, in maniera da ricordare i tempi d'Eliogabalo. Ciò si dica specialmente pei regni di Costanzo II e di Valente; ma già la Tetrarchia accenna a questa trasformazione, poiché dà la preferenza al medaglione d'oro, abbandona quasi affatto quello in bronzo , e conserva il tradizionale medaglione inargentato colle Dee Monete, ma soltanto finche dura in vigore l'antica monetazione. Se quindi in tutti i tempi, prescindendo dai medaglioni, gl'imperatori usarono anche, pei regali meno importanti, le solite monete d'oro e d'argento, si può tuttavia conchiu- dere in generale che nel II secolo erano più usati i meda- glioni di bronzo, nel III quelli d'argento, nel IV quelli d'oro. Per trovare la spiegazione di questa singolarità, bisogna por mente ad un'altra circostanza, alla diversità d'origine che presentano i medaglioni secondo il diverso loro metallo. Per quelli d'oro e d'argento, si è già dimostrato che sono d'origine orientale. Infatti, il prototipo del quaternio d'oro, coniato da Augusto, non potrà esser cercato nell'Oc- cidente, che non aveva avuto sino allora monete cosi grandi. Si deve dire piuttosto che i Greci ed i Romani, in armonia coli' ambiente relativamente ristretto in cui si mo- vevano, avevano preferito monete di piccolo modulo, e quando avevano introdotto dall'Asia Minore e dalle Isole unità monetarie maggiori per l'oro e per l'argento, le ave- vano notevolmente ridotte. Fu soltanto Alessandro il G-rande che, dopo di aver esteso il proprio dominio sui paesi orientali, cominciò a coniare stateri intieri o dramme quadruple d'oro ; e fu pure alla corte mezzo greca e mezzo orientale dei Diadochi d'Alessandria, che si emisero monete da 8 dramme in oro e da 10 in argento, oltre a grossissime monete di bronzo. Soltanto di là può essere venuto a Roma l'esempio dei medaglioni d'oro e d'argento. 281 J"EDERICO KENNER Quest'origine ci dà la chiave del motivo per cui la mo- neta pesante di metallo nobile, a malgrado di varii ten- tativi, non potè prender piede nel I e II secolo, fincliè si mantenne in fiore la cultura classica occidentale ; era una forma straniera di moneta, che anche per la sua deriva- zione dalle corti reali dell'Oriente ricordava ai Greci ed ai Romani un regime ad essi antipatico qual era la mo- narchia, la tirannia, e perciò non potè attecchire in Roma sinché, fosse pure soltanto in apparenza, durò la Repubblica, e sinché ebbero la prevalenza le idee romane. Soltanto col sopravvento delle influenze orientali, che erano favorite da alcuni imperatori per la loro origine orientale o per le loro relazioni coli' Oriente, come pure anche per l'influenza del potente partito militare che spadroneggiava nei paesi del Basso Danubio, incominciò a prepararsi un ambiente più adatto per l'introduzione di quelle monete. È quindi assai verosimile che i grandi pezzi d' oro e di argento del I e II secolo, quand'anche coniati in Roma, fos- sero destinati per l'Oriente. Quivi, almeno, durante il I e II secolo si continuarono a coniare pezzi d'argento d'una certa grandezza, come ad Efeso ed Antiochia ; anche gli stessi medaglioni d'oro coniati da Severo Alessandro sembrano essere stati destinati per l'Oriente, col che coincide il luogo di ritrovamento di buon numero di essi (Tarso) (1). Quanto più nel corso del III secolo la cultura classica irradiante da Roma ebbe a perder terreno per la reazione delle provinole e l'invasione delle religioni e dei costumi orientali, e quanto più , anche in conseguenza di ciò , si consolidò la monarchia, tanto più si fa strada il meda- glione di metallo prezioso, sinché dopo uno stadio prepa- ratorio sotto Grallieno, esso raggiunge sotto la Tetrarchia il suo maggiore sviluppo, col suo vero carattere originario di moneta regia, ed in tale qualità esso abbellisce la monarchia (1) Ciò spiegherebbe anche la contraddizione fra l'esistenza di tali mul- tipli da lui coniati ed il divieto ch'egli stesso aveva emanato contro i pe- santi medaglioni d'oro del suo predecessore Eliogabalo. IL MEDAGLIONE ROMANO 285 mondiale di Costantino il Grande, de' suoi figli e succes- sori. E ancora in questo periodo del suo massimo sviluppo, esso viene coniato prevalentemente nelle zecche della metà orientale dell'Impero. Il medaglione di bronzo , invece , è una particolarità di Roma e dell'Italia ; esso ha il suo stadio preparatorio nelle monete pesanti imperiali e senatoriali del I secolo, e, come queste, ha la sua origine nei costumi popolari. Per Roma e per l' Italia , che si servivano già antecedentemente di pesanti monete di bronzo , esso non poteva aver nulla di straniero, di cortigianesco; quando l'imperatore Adriano lo introdusse come gradazione superiore di peso nella preesi- stente moneta imperiale di rame , egli , amico dell' Egitto , nel seguire l'esempio de' Tolomei non fece che continuare e sviluppare ciò che già esisteva per antica consuetudine. Per questo anche, il medaglione di bronzo perviene rapi- damente ad un grande sviluppo , e lo vediamo dominare questo terreno adatto per esso , finché gli si conserva il favore del sentimento popolare romano. Quando la ga- gliardia di questo dovette soggiacere ad elementi ostili , anch'esso decadde ; nel secolo III lo troviamo assai meno frequente, ad eccezione forse dell'epoca di Gordiano III e Filippo, la politica dei quali si basava su Roma ; oltre a ciò, il medaglione di bronzo non è più la forma preva- lente, esso è subordinato a quello d'argento (1); più tardi (1) Sembra tuttavia che esso abbia avuto un'influenza sul medaglione d'argento, al primo comparire di quosto sotto Adriano , poi di nuovo ne abbia avuto sotto Settimio Severo, come esso stesso aveva subito l'influenza della moneta pesante senatoriale. La singolare formazione di multipli dis- pari , che non si osserva nel medaglione contemporaneo d' oro, com' è in- vece il caso pel medaglione di bronzo, fin dalla sua prima comparsa , si trova anche già nei medaglioni d'argento del II secolo, od in quelli del HI che sono fondati sul denaro; ossa può provenire soltanto dalle anteriori monete pesanti di bronzo. Anche i pesi più ragguardevoli di essi, sotto Settimio Severo e Severo Alessandro, quelli da 8, da 10, da 16 denari perfino, che più tardi non compaiono, non possono derivare che dall'influenza della moneta pesante senatoriale e del medaglione di bronzo. 286 FEDERICO KENNER - IL MEDAGLIONE ROMANO anzi, quanto più si accresce la voga del medaglione d'oro, altrettanto cade in disuso e vien trascurato quello d'ar- gento. Questi fenomeni pare clie accennino a vicende impor- tanti per la storia, inquantocliè segnano le alternative alle quali soggiacque lo Stato romano durante l'Impero. Federico Kenner. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI II. FILIPPO ARGELATIW Questo illustre antiquario e bibliofilo nacque in Bologna sul finire del 1685 da Antonio Argelati bolognese ed An- gela Bonsignori di Firenze. Fece i suoi primi studi in pa- tria sotto la disciplina di Bonaventura B,ossi parroco di Sant'Agata ; indi passò alle scuole de' Gesuiti. Nel 1705, cioè appena ventenne, si trasferi a Firenze, dove contrasse amicizia col celebre Antonio Magliabecbi, e con altri dei più dotti letterati, di cui andava famosa in quel tempo la (1) Mazzucchelli. Gli scrittori d'Italia. Voi. I, pag. 1034. Sassi. De studiis. pag. 3 e seg. Fantuzzi Giovanni. Notizie degli Scrittori Bolognesi. Bologna, 1782, in-fol. CusANi. Storia di Milano. Voi. IV. Luigi Vischi. La Società Palatina {Archivio storico lombardo. Anno ITI). Guida del Famedio nel cimitero monumentale di Milano. Milano, 1888, pag. 28, 288 e. Luppi capitale della Toscana. Quivi datosi ad uno studio inde- fesso, rovistò senza posa tutte le pubbliche e private bi- blioteche fiorentine, accumulando cosi sempre più di giorno in giorno nella sua mente un vasto tesoro di erudizione, che gli doveva fruttare mirabilmente dappoi. Dedicatosi di preferenza agli studi storici, fino d'allora ideò quell'esu- mazione di opere giacenti da anni manoscritte e dimenti- cate in quelle librerie, opere che resero celebre il suo nome e produssero lustro invidiato a tutta Italia. Per questo grande scopo visitò anche altre città della Toscana, e ri- tornato in patria si pose in relazione con Lodovico Mura- tori, salito già in altissima rinomanza, cui manifestò i suoi intendimenti. Il Muratori, che da tempo aveva concepito il medesimo pensiero, si mise facilmente d'accordo con lui. Da questo momento l'Argelati si diede tutto alla ricerca de' materiali per la grande opera che doveva comprendere tutti gli Scrittori delle cose italiane. A questo effetto intra- prese nel 1718 un viaggio per le città di Lombardia a fare incetta di manoscritti antichi, di cronache , di regesti, di pergamene e diplomi d'ogni genere, e ricco della preziosa suppellettile raccolta, si ridusse finalmente a Milano. Quivi fu accolto in casa del Conte Carlo Archinto, al quale co- municò il progetto di quell'opera colossale, invocando la di lui valida protezione. L'Archinto, uomo assai colto ed aman- tissimo della patria, aderì di buon grado, ed insieme col- l'Argelati si fece promotore d'una società fra i più ricchi e colti personaggi del patriziato milanese, onde supplire alle ingenti spese per la grandiosa pubblicazione. Costituitasi la Società con a capo il Marchese Teodoro Alessandro Tri- vulzio, 15 dicembre 1721, ne fu eletto segretario l'Arge- VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 289 FILIPPO ARGELATI. 37 VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 291 lati (1). Fin dal suo incominciamento la Società invocò ed ottenne il patrocinio dell'Imperatore Carlo VI, il quale or- dinò che la tipografìa per la stampa dell' opera venisse in- stallata nel Regio Ducale Palazzo, onde la Società prese la denominazione di Palatina. Trascorse poco più d'un anno dalla costituzione definitiva della Società, quando apparve il primo volume de' Rerum italicarum Scriptores, nel 1723, eo^ typographia Societatis Palaiince, colla dedica alla Maestà dell'Imperatore, che rimunerò l'Argelati con un'annua pen- sione. La stampa di quest'opera immensa durò più di un quarto di secolo, e per quasi tutto quel tempo il Muratori ebbe sempre a strenuo collaboratore l'Argelati. Lavoro cosi vasto non assorbì tuttavia intieramente l'attività del nostro autore, il quale trovò agio di attendere ad altre importanti pubblicazioni in Milano, ed in Bologna, di cui le princi- pali furono le opere scientifiche di Ulisse Aldobrandi ; le (1) Manca il documento autentico della costituzione della Società, per cui se ne ignora il numero preciso dei componenti, e c'è discrepanza sul nome loro. Solo si sa che que' patrizii avevano dato il loro contributo alla grande impresa per puro patriottismo e non per vanità, e vollero quindi che fosse taciuto il loro nome. Tuttavia alcuni scrittori parlando di quella Società, accettando per vere alcuno tradizioni, o raccogliendone qua e là i nomi dai carteggi del tempo mettono innanzi i seguenti nomi : Marchese Teodoro Alessandro Trivulzio, capo e presidente, Marchese Giuseppe d'Adda, Mons. Pier Antonio Crovenna arciprete della Scala; Conte Donato Silva, Conte Carlo Pertusati, Marchese Girolamo Pozzo-Bonello ; D. Gaetano Caccia ; Marchese Girolamo Erba; Cav. D. Giuseppe Croce ; Antonio Reina e Filippo Argelati segretario. Altri a qualcheduno dei soci surriferiti sostitui- scono od aggiungono i seguenti : il Conte Lambertengo ; il Marchese Recal- cati; il Marchese Trotti, Alberico Archinto, Porta ed Aliprandi. Vedasi in proposito la bella ed erudita dissertazione citata del Ch. Luigi Vischi. 292 e. LUPPi Effemeridi del celebre Eustachio Manfredi , clie l'editore dedicò al Duca di Parma Francesco Farnese, 1725; le opere del Sigonio , 1738, che dedicò all'Imperatore Carlo VI; l'opera numismatica del conte Francesco Mezzabarba, am- pliata ed arricchita colle medaglie dell'insigne Museo Far- nese ; le Lettere polemiche dell' ab. Bacchini, 1738 ; il The- saurus novus veterum inscriptionum del Muratori, 1739 ; la Storia di Trino del can. Giov. Andrea Trico ; il libro De antiquis Ecclesice ritibus del padre Martene; e parecchie altre di minore importanza. Ne quest'uomo infaticabile at- tese solo alla pubblicazione dell'opere altrui, ma ne scrisse anche di proprie e da pari suo. Fra queste va celebrata la sua Bibliotheca Scriptorum mediolanensium, della quale il primo volume dedicò alla Maestà dell'Imperatrice Maria Te- resa, 1745. Ma fu quest'anno stesso che recò uno de' più grandi dolori al suo cuore, la morte cioè della moglie Caterina Mocenni, 11 ottobre. Tra tutte le opere da lui pubblicate, la sola però che interessa specialmente i nostri studi fu l'ultima da lui edita in Milano coi tipi della Palatina, cioè le De monetis ItalicB variorum Virorum Dissertationes , di cui il primo volume dedicò alla Santità di papa Bene- detto XIV, 1750. Quattro anni dopo, mentre stava per dare alle stampe il quinto volume, a questo grande erudito ed in- faticabile illustratore de' monumenti d'Italia, a questo degno emulo del Muratori, toccò un altro lutto, e il massimo de'dolori, la perdita dell'unico figlio Francesco, che s'era già conqui- stato esso pure un bel nome tra i letterati e gli eruditi. Francesco mori in Bologna nel 1764, dopo aver dato prova con varie opere, come sarebbe riuscito degno continuatore dell'attività paterna. Affranto da questo dolore più che VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 293 dalle fatiche, questo strenuo rivendicatore delle glorie let- terarie d'Italia , moriva in Milano nel gennaio 1755. La sua salma fu deposta nella chiesa di San Lorenzo (1). Dopo circa cento trent'anni dal suo decesso, Milano, cui l'Argelati per lunghissima dimora aveva fatta sua patria adottiva, grata all'illustre biografo de' suoi scrittori citta- dini, ne incise il nome nel suo famedio^ alla pari de' più benemeriti ed illustri suoi figli , come intitolò da lui una delle vie della città. C. Luppi. (1) Nei registri mortuari della parrocchia di San Lorenzo leggesi infatti testualmente : « Adì 27 Gennajo (1755). « Il Sig. D. Filippo De Argelati segretario di S. M. Cesarea in stato ve- « dovile d'anni settantadue circa premunito de' SS. Sacramenti di Peni- « tenza Euch. ed Estrema onzione ed assoluzione papale, e raccomanda- « zione d'anima, premossi anche gli atti di Fede, Speranza e Carità morì « ed il di lui cadavere privatamente trasportato doppo solenne officio fu « sepolto in questa chiosa di S. Lorenzo D. » O'Il^lf^©^ NECROLOGIE PIETRO ROVELLI. Colla morte, avvenuta a Como nello scorso aprile, del marchese Pietro E-ovelli, è scomparso uno dei più fieri ed immacolati caratteri del nostro risorgimento. Non è questa la sede opportuna per tessere una estesa biografìa di questo valoroso patriota, della quale d'altronde si occupa un chiaro amico del compianto patrizio lombardo. Discendeva questi da un'antica famiglia decurionale, che più tardi diede a Como lo storico illustre, e quel vescovo Kovelli, del quale il popolo ricorda ancora le virtù leg- gendarie, e di cui fu davvero memorabile la modestia al- lorquando non volle accettare l'alta dignità di arcivescovo di Milano offertagli dal primo Napoleone. Pietro Rovelli, dal 1848 al 1861 prese parte attivissima a tutte le lotte, a tutte le cospirazioni, e per gì' ideali della patria arrischiò più volte gli averi e la vita. Combattè a Vicenza, a Venezia durante quel glorioso assedio ; amico di Mazzini, dovette poi riparare in Piemonte, ma giunto il 1859 ritornò a Como e sollevò a rivolta i comuni del Lago ; indi se- gui Garibaldi in Sicilia,e dimostrò tale valore da meritarsi la croce di Cavaliere dell'Ordine del Merito Militare di Savoia. L'uomo si risoluto nella vita pubblica, eroico anzi sul campo di battaglia, era buono, affabile, modesto nella vita privata; i suoi gusti erano semplici, ed egli era felice quando poteva dividere tranquillamente il suo tempo fra l'agricol- tura e gli studi storici. 296 CRONACA La numismatica specialmente ebbe in lui un fervido e fortunato cultore, ed egli si formò una vasta e ben ordi- nata collezione, cbe poi, disgustato per furti patiti e rime- scolamento di monete avvenuto in seguito a minacciata inondazione, vendette a vari numismatici. La raccolta del marchese Rovelli era notevolissima per rarità di pezzi ; le monete comasche vi erano poi rappresentate con inusata larghezza, avendo egli potuto, fra l'altro, salvarne dal cro- giuolo un intero ripostiglio. Gli scritti dati alle stampe da Pietro Rovelli sono poco numerosi, e si riducono a qualche memoria numismatica pubblicata nel Periodico della Società Storica Comense e nella Rivista Archeologica, della Provincia di Como. Ciò non ostante egli aveva fatto studi metodici e coscienziosi di archeologia e di numismatica, come lo attestano i quaderni di fittissime annotazioni da lui lasciati, ed il gran numero di lettere scambiate col Riccio, col Promis, col Garovaglio, col Caire, coi Gnecchi, con autori tedeschi e altri nostrali. Voluminosa è pure la corrispondenza da lui tenuta con persone che di continuo gli mandavano monete per esame, rendendo omaggio alla riconosciuta competenza di lui, la quale aveva da lungo varcati i confini della provincia. Per questa competenza, e a malgrado della naturale sua ritrosia, egli non potè schermirsi da vari onorevoli incarichi, ai quali lo chiamavano la stima e la fiducia cittadina, e, per non uscire dal campo de' nostri studi , fu tra gli ordinatori del Civico Museo di Como, e Presidente della Commissione pel Museo stesso. Il nome del marchese Pietro Rovelli è indissolubilmente legato, non solo alle patrie vicende, politiche e guerresche, in cui ebbe tanta parte , ma anche alla illustrazione storica del paese ; e l'attività sua scientifica, per quanto mo- desta, fu degna veramente d' encomio e utilissima, come quella che valse a diffondere tra i dotti d'Europa la cono- scenza della zecca comasca e di molte monete italiane. NECROLOGIE 297 ANGELO REMEDI. A Sarzana, sua città natale, di cui per oltre quarant'anni si era reso benemerito dedicandosi assiduamente all'ammi- nistrazione comunale, provinciale e delle Opere Pie, cessava non è molto di vivere, in tarda età e fra il rammarico de' suoi concittadini, il marchese comm. Angelo Alberto Remedi, R. Ispettore degli Scavi e Monumenti, e Socio di molti sodalizi scientifici italiani e stranieri. Gli scavi nel territorio dell'antica Luni, da lui intrapresi e con intelligente opera condotti negli anni 1857-59, gli fruttarono la scoperta di molti cimeli archeologici, che il- lustrò in accurate relazioni. La larghezza del censo gli permise di adunare una bella collezione di monete romane e medioevali, che poi vendette nel 1884. Alcune fra le più notevoli di queste monete, for- nirono argomento al march. Remedi per vari articoli , ch'egli comunicò ai diversi periodici numismatici succedu- tisi in Italia in questi ultimi anni. Ecco l'elenco degli scritti numismatici del compianto marchese: Della zecca e delle monete battute in Luni nel Medio Evo, nella Rivista della Numismatica antica e moderna, Asti, 18G4. Una moneta di Massa di Carrara, nel Bullettino di Numisma- tica italiana, Firenze, 1867. Un ottavetto della marchesana di Ponsanello e Marciaso, ivi, 1867. Di alcune monete italiane medioevali, inedite rare, ivi, 1870. Di una nuova moneta di Tresana, nel Periodico di Numisma- tica e Sfragistica, Firenze, 1874. Una monetina inedita di Massa di Lunioiana, nella Gazzetta Numismatica, Como, 1881. L'aquilino imperiale di Genova, nel Giornale Ligustico, Ge- nova, 1883. 38 BIBLIOGRAFIA LI BEI NUOVI. KORBER D/ Karl. — JBeitràge zur ramischen MmzTiunde : — 1. Ein romìscher Silbermùnzen-Fund aus der Mitte des 3 Jahrhun- derts n. Chr. — II, Unedierte romische Mùnzen aus. der stàdti- schen Sammlung in Maìnz (Mainz, 1887). I. Nella prima parte FA. dk notizia di un ripostiglio di monete ro- mane imperiali rinvenutosi casualmente nell'agosto 1886 dentro la città di Magonza, facendosi lo scavo di un pozzo. Le monete si trovarono contenute in vaso di terracotta, e, rotto il vaso, se ne numerarono ben 3220; ma, come purtroppo avviene il più delle volte in tali tro- vamenti, gli scopritori, per meglio sottrarle ai diritti del proprietario del fondo, le mandarono a vendere fuori di città, e così un buon terzo del ripostiglio andò perduto. Il proprietario, signor P. Mùller, riuscì nondimeno a ricuperarne N. 167G, e le presentò al direttore del Gabinetto numismatico di Magonza, signor D.'' Welke, il quale fu sol- lecito di acquistarle per quel Gabinetto. Ivi il nostro A. potè studiarle ed esaminarle, compilarne il catalogo ed aggiungervene anzi altre 195 da lui potute ripescare presso gli antiquari ed i privati cittadini. Così il catalogo del signor Kòrber comprende effettivamente N. 1871 pezzi. Ei divise queste monete secondo le specie in denari (corona laureata) ed antoniniani (corona radiata), e le classificò con la scorta della 2* edizione del Cohen fDescription des monnaies impérialesj seguendo il sistema tenuto dall'Hettner nella descrizione di un simile ripostiglio pubblicata nella Westd. Zeitschrift, VI, 131. Sono tutte monete di biglione (bianco e nero) ; i denari sono in nu- mero di 539 e vanno da Antonino Pio a Gordiano III; gli antoni- niani sono in numero di 1332 e vanno da Caracalla, il creatore della specie, a Gallieno e Postumo. I denari per la più parte appartengono BIBLIOGRAFIA 299 a Settimio Severo, pezzi 55, Elagabalo, pezzi 114, ed Alessandro Se- vero, pezzi 168 ; gli antoniniani a Gordiano III, 545 ; Filippo I, 286 ; Filippo II, 63; Traiano Decio, 101, e Treboniano Gallo, 89. I due an- toniniani di restituzione di Traiano e Commodo, meglio che a capo lista, potevano addirittura riferirsi a Gallieno. Per comodo e maggior interesse degli studiosi ho creduto opportuno di ricavare il seguente specchio quantitativo di tutto il ripostiglio: mPEEATOEI DEITASI AHTOMINIAHI Antonino Pio 2 — Commodo 2 — Crispina . , 1 — Pertinace 1 — Didio Giuliano ^ 1 — Pescennio 1 — Albino . 2 — Settimio Severo . 55 — Julia Domna. 15 4 Caracalla 19 8 ^ Plautina 2 — ■' Geta . 3 — Macrino . 3 — Elagabalo 114 7 Julia Paola . 4 — Aquilia Severa 4 — Julia Soemia. 9 — Julia Mesa . 43 1 Alessandro Severo 168 . 2 Orbiana . 2 — Julia Mammea . 31 — Massimino Trace 33 — Massimo 1 .— Balbino . — 4 Pupieno . — 6 Gordiano III . 9 545 Filippo I — 286 Otacilla . — 58 Filippo n . — 63 Traiano Decio — 101 Etruscilla — 27 ] Da ri porta rsi N . 525 1112 300 CRONACA lUFE&ÀTOEI CEÌTASI ANTONINIANI Riporto N. 525 1112 Erennio Etrusco . — 15 Ostinano .... — 3 Treboniano Gallo .... — 89 Volusiano .... — 63 Emiliano — 4 Valeriano — 12 Mariniana — 1 Gallieno — 22 Salonina — 3 Postumo — 4 Restituzione a Traiano . — 1 Id. a Commodo — 1 Incuso R. DIANA LVCIFERA 1 — Incerte . . . • 1^ 2 Totale . 539 + 1332 In tutto 1871 pezzi. Le varietà descritte dal sigQor Korber ascendono a ben 500 numeri. Fra le varietà non descritte nella 2" ed. del Cohen e segnalate coi nu- meri similari del Cohen 2', messi in parentesi quadra, noto : tre de- nari di Settimio Severo [230, 321, 324] ; uno di Caracalla [120]; tre di Elagabalo [50, 101, 109J; uno di Julia Mesa [7]; uno di Alessandro Se- vero [57]; uno di Massimino Trace [46]; due antoniniani di Gordiano Pio [98, 98]; uno di Filippo II [86]; uno di Traiano Decio [111]; uno di Erennio [20]; uno di Gallo [67], e uno di Yolusiano [48]. Sono tutte piccole varietà di tipo o di leggenda; ma non prive d'interesse. Il denaro imp antoninvs pivs Ava liberalitas avg ii, attribuito dall' A. all'imp. Caracalla, io dubito molto non s'abbia a mantenere piut- tosto ad Elagabalo , del quale è noto il corrispondente quinario Cohen 2', Elagabaìe n. 81. Gli argomenti con cui l'A. si sforza di ri- vendicare a Caracalla questa moneta, e due altre della 2" liberalità inesattamente descritte dal Vaillant (Cohen 2', Caracalla nn. 119, 120), non mi persuadono. Il tipo fanciullesco della testa corrispondente più a Caracalla che ad Elagabalo è il principale argomento dell'A. ; ma trattandosi di due imperadori di tratti fisionomici poco diversi, l'uno cugino dell'altro e fatti Augusti l'uno all'età di 10 e l'altro all'età di 14 anni, non mi pare che l'argomento fisionomico possa bastare per istabilirvi sopra tutta una conseguenza storica. Per lo meno sarebbe BIBLIOGRAFIA 301 d'uopo che questa differenza fisionomica nei tipi della 2' liberalità di Elagabalo fosse confortata da una buona serie di esempii, e non sopra l'eccezione dell'A. Tutte le ragioni analogiche e storiche stanno in favore dell'attribuzione ad Elagabalo. Il denaro vota pvblica di Elagabalo fn. 306j è ugualissimo a quello descritto dal Cohen 2* al detto numero, per cui non veggo la ragione della parentesi quadra. Il denaro libertas avg di Elagabalo messo in dubbio dall' A. mi par più probabile e verisimile appartenga a Caracalla, e sia una va- rietà del n. 143 Cohen 2.* Quanto agli antoniniani di Gordiano Pio [n. 173J pax avgvsti (10 esemplari) non sono in niun modo diversi da quelli descritti nella 1" ed. del Cohen, IV, 132, n. 70, e che nella 2' ed. si diedero con leg- genda errata pax avgvst invece di pax avgvsti. Lo stesso sbaglio si verifica per gli antoniniani di Filippo I AEQViTAS AVGG [n. 9 6 12], chc nella 2" ed. del Cohen sono errati nella leggenda mentre sono esattamente descritti nella P ed., IV, 176, nn. 8 e 10. A tal proposito non posso dispensarmi di mettere in guardia tutti i descrittori di monete imperiali romane, affinchè non sieno facili ad ammettere le varietà nuove, fidandosi della esattezza della seconda edizione del Cohen, edizione la quale in efi'etto è invece molto meno esatta della prima. Ebbi ad avvedermi di questo imperdonabile di- fetto studiando teste particolarmente le monete di Traiano (V. nel secondo voi. del Museo italiano di antichità classica il mio scritto Di alcuni ripostigli di momte romanj, pag. 316 sgg.), ma pur troppo vado constatando che il difetto si estende a tutta Topera. Appena si può immaginare di quali e quanti errori nel campo numismatico e storico potrebbe essere fonte la nuova edizione dell'unico nostro grande repertorio delle monete romane imperiali, se il solerte suo attuale cu • ratore non affida a collaboratori competenti e coscienziosi la revisione dell'intera opera, e ritarda la pubblicazione del desideratissimo errata- corrige (1). Eitornando al nostro A., piacemi dichiarare che egli, con la pub- blicazione del ripostiglio di Magonza ha per certo reso un segnalato (1) È da sporaro cho la Imp. Accademia di, Berlino, la quale ci ha libe- rato una buona volta dagli orrori del dilettantismo epigrafico col Corpus inscriptionum, vorrà por mano a liberarci altresì dai non mono gravi or- rori del dilettantismo numismatico col promossoci Corpus numniorum. 302 CRONACA servizio alla scienza numismatica ; una scienza la quale è diventata più degna emula dell'epigrafia e più utile ancella della storia dal giorno in cui Cavedoni e Mommsen hanno insegnato al mondo di quali e quanti risultati storici può essere fonte e scaturigine un sem- plice ripostiglio di monete. Per questa scienza è certamente più im- portante la descrizione di un ripostiglio nuovo che non quella di molti pezzi inediti e rari; ma acciocché i risultati che si traggono dall'esame di un ripostiglio sieno sicuri e fecondi convien che il de- scrittore sia accurato fino allo scrupolo, e non dimentichi due prin- cipali avvertenze. Prima avvertenza è quella di assicurare che le mo- nete di un dato ripostiglio non sono andate mescolate con altre spora- diche; seconda avvertenza è quella di annotare diligentemente lo stato di conservazione dei pezzi ed il loro stato relativo di freschezza. Il nostro A. non ebbe la prima avvertenza, perchè non distinse nel suo catalogo le 195 monete che egli rinvenne in possesso di al- cuni antiquari, da quelle spettanti al gruppo originale ricuperato dal sig. F. MùUer. Sulla origine di quelle 195 monete è sempre lecito avere qualche dubbio, mentre le altre, costituenti la massa principale, presentavano una sicura garanzia che fossero appartenute tutte senza eccezione al ripostiglio di che si tratta. Non ebbe la seconda avver- tenza al punto da non far nemmeno cenno dello stato di freschezza delle ultime monete del ripostiglio. Se l'A. avesse riguardato allo stato di freschezza dei pezzi spettanti ai due ultimi imperatori del ripostiglio, Gallieno e Postumo, egli avrebbe avuto modo di control- lare efficacemente e stringentemente la sua stessa opinione circa la data probabile del nascondimento del .tesoretto. Questa data egli la ricava dall'esame delle monete di Postumo, e segnatamente dall' ant. Cohen 2' n. 261 recante il cos. Ili (tr p cos ih pp) e di data esten- sibile dall'anno 260 al 266. Egli si ferma preferibilmente all'anno 261, vista la scarsità delle monete di Postumo in un trovamento dove si era in diritto di aspettarsele abbondantissime; ma Y osservazione del Mommsen {GescliicJite des romiscìien Milnzivesens, p. 775, nota 809) relativa alla incetta ed alla scelta che si faceva nel sec. Ili delle specie monetarie meno scadenti per parte dei tesoreggiatori, lo fa rimanere perplesso e titubante anche verso questa data. In tale incertezza è chiaro che potrebbe vincere il dubbio o far pesare la bilancia appunto l'osservazione intorno allo stato di fre- schezza delle ultime specie tesoreggiate. Se, per esempio, si potrà constatare che le ultime monete di Valeriano riferibili agli anni 257-260, corrispondono per il grado di freschezza alle più fresche monete di Gallieno e Postumo, ecco che si avrebbe una bella prova in favore BIBLIOGRAFIA 303 della conclusione cronologica cui arriva il nostro A.; ma se le ul- time monete di Gallieno e quelle di Postumo fossero invece relativa- mente usate e non mostrassero in niun caso l'asprezza o le sbaveg- giature del conio recente, avremmo per converso un assai attendibile argomento per ricondurre la data del ripostiglio verso il 267, che è l'anno delFassedio di Magonza, operato dallo stesso imperatore Po- stumo contro il nuovo usurpatore Leliano (Eutr., IX, 9). In tal caso il tesoretto di Magonza verrebbe a coincidere con un fatto storico speciale, e la ragione del suo nascondimento non sarebbe più da cer- care in qualche ignoto avvenimento politico o militare. Confido che il nostro A., il quale si è reso benemerito delle ri- cerche storiche pubblicando un così notevole ed interessante ripostiglio di monete, avrà modo ed agio di sopperire agli osservati difetti di descrizione, e potrà ancora fornirci il catalogo riveduto del ripostiglio, accompagnato dalle desiderate note di freschezza. Intanto, dovendo ri- manere nel dubbio, posso persuadermi che, anche in principio del bur- rascoso e contrastato regno di Postumo, non fossero mancate in Ma- gonza, come su tutta la strada di Cologna, occasioni ripetute di panico e di terrore per la guerra che Gallieno fu costretto di dichiarare al- l'usurpatore delle Gallio e suo competitore. IL Nella seconda parte del suo scritto, l'A. descrive una bella serie di monete romane imperiali esistenti nel Gabinetto di Magonza e non descritte nella 2' ed. del Cohen. La descrizione è fatta col medesimo sistema, cioè riportando le leggende in cui si osserva qualche diffe- renza e rilevando le divergenze di tipo. La descrizione è generalmente esatta, e niuna particolarità degna di nota parmi essere sfuggita al vigile suo occhio. Le monete descritte in questa seconda parte cominciano da Augusto e finiscono con Massimiano Erculeo: sono ben 141 varietà che l'A. se- gnala come mancanti nella detta edizione del Cohen ; ma, al solito, c'è da temere che alcune differenze dipendano dalle inesattezze del testo curato dal Feuardent, ne io ho agio di farne per intero la verifica. Fra le monete descritte dal sig. Korber ve ne hanno parecchie che io stesso verificai mancanti al Cohen, sia nel mio Bipostiglio della Ve- nera pubblicato negli Atti della R. Accademia dei Lincei, voi, IV, sia nel più recente mio scritto: Di alcuni ripostigli di monete roma- ne citato di sopra. Quasi tutte le monete che il Korber riporta come inedite da Aureliano in poi furono da me pure descritte nel Riposti- 304 CRONACA glìo della Venera, un ripostìglio composto di ben 46,442 pezzi (V. la giunta nel Mus. Ital., II, 115), tutti appartenenti alla seconda me- tà del sec. in d. C. e che il sig. Peuardent non si curò altrimenti di spogliare per la nuova edizione dei tomi V e VI dell'opera del Cohen. Del pari i denari di Yespasiano, che il Korber agggiungerebbe alla pag.375 del voi. II Cohen 2", sono descritti anche da me fra le monete del ripostiglio di Eoma, Mus. Ital. , II, 43 , nn, 51-4, 43, n. 50. Kelativamente alle altre varietà descritte dal Korber trovo degne di speciale attenzione le seguenti: 1° Un dupondio od asse di Augusto insignito di doppia contro- marca, quella di Tiberio: tib avg, e quella di Nerone; imp n. — Intorno a tali contromarche vedansi le mie osservazioni nel Mus. Ital, II, 57 sgg. Oltre gli scritti ivi citati, si confronti De Saulcy: Lea contremarques monétaires à Vépoque du haut empire, nella Revue numismatique, 1869-70, p. 300. 2** Tutte le monete di Traiano, specialmente dopo lo studio sto- rico e cronologico cui le assoggettai nel Mus. Ital, II, 81 sgg. — Il den. simile al n. 394 Cohen 2" con cos vi merita conferma ! Sarebbe il primo tipo del Bonus Eventus apparso dopo quelli battuti per l'occasione delle guerre daciche (V. op. cit., p. 105). — Il medio bronzo imp caes ner Traiano optimo avg ger etc. SENATVS POPVLVSQVE ROMANvs sc cou duc insegne dell'esercito, par- ticolarmente interessante perchè non era finora conosciuto nessun tipo del bronzo degli anni 113-114 col tipo militare delle insegne (V. op. cit., p. 83 e p. 92). 3° Una moneta ibrida di Griulia Domna (ivliaavgvsta) col tipo del rovescio: princ ivvent 4* Un sesterzio di Massimo (maximvs caes germ) col rovescio preso da un sesterzio di Alessandro Severo (Cohen 2\ n. 441). 5° Un antoniniano di Voi asiano, col nome del gentilizio errato : vid fsicj invece di vib. La terza lettera sbagliata, rovescia e capo- volta, farebbe per poco sospettare l'uso delle lettere mobili nella monetazione del secolo III, se in questo tempo non fossero frequenti errori monetari anche più strani. Parecchi errori simili sulle monete di Probo furono segnalati dal Missong (V. Numismatische Zeitschrift di Vienna, IX, anno 1877: Stempelfehler und Correcturen auf Mi'mzen des Kaisers Prohus, Taf IV). Luigi A. Milani. (DaXV Archìvio della Società Romana di Storia Patria, 1888). BIBLIOGRAFIA 305 Salinas Antonino. — Bipostiglio siciliano di monete antiche di argento. Koma, Tip. della E. Accademia dei Lincei, 1888. — (In 4,** con tre tav. in fototipia. — Estratto dalle Notizie degli scavi). Il ripostiglio che il eh. Direttore del Museo Nazionale di Palermo ci illustra in questa sua perspicua ed erudita relazione , è fra i più notevoli fin qui trovati in Sicilia , non per numero di monete , ma perchè vi campeggiano alcuni pezzi nuovi del tutto, insieme a molti rarissimi, e tutti in buona conservazione. « Nel complesso » — scrive il Prof. Salinas, — « ha la composizione solita dei ripostigli siciliani che stanno fra il quarto e il quinto se- colo avanti Cristo, nei quali non mancano i tetradrammi di Keggio e le tozze civette ateniesi, e grandi quantità di didrammi dal tipo corinzio del pegaso. Qui è notevole questo : che essendo un deposito fatto nella parte occidentale dell' Isola, invece della quantità, sover- chiante per solito, delle monete arcaiche e comunissimo di Siracusa abbiamo, e per nostra fortuna, le rare monete delle città di quella regione, come Segesta, Selinunte, e segnatamente. Eri ce e Mozia. » Così il Museo palermitano , che , per es. , possedeva un esemplare delle rarissime quadrighe ericine, in questa occasione si è arricchito di quattro altri esemplari, talché può dirsi che nessun'altra collezione di Europa possa ora vantare una serie simile. Quanto alle monete di Mozia, costituiscono uno dei pregi princi- pali del ripostiglio, per la rarità loro straordinaria, congiunta, ad una grande bellezza di conservazione. Anche per questa serie si può dire che ormai nessuna collezione pubblica o privata abbia un complesso di tetradrammi moziesi come il Museo di Palermo. Sorvoleremo, in questa rapida rassegna, sulle altre monete di varie città siculo (sebbene ve ne siano molto notevoli per più d'un riguardo, come per es. i quattro decadrammi siracusani, uno dei quali, col nome di Eveneto, è di una freschezza di conservazione meravigliosa) , per affrettarci a registrare una importante scoperta del Comm. Salinas, quella del nome nuovo di un antico incisore, J^varchidas , nel ro- vescio di un bellissimo tetradramma, pure di Siracusa. « Evarchida, come artista » — sono parole del relatore, — « pren- derà posto quindi innanzi fra i sommi incisori greci di medaglie. Nella gara tenutasi nella zecca siracusana , di esprimere quadrighe con tanta varietà di atteggiamenti di cavalli e di auriga , egli ebbe il merito di affrontare una nuova difficoltà , rappresentando 1' auriga non più di profilo ma quasi di faccia; difficoltà che Cimone ed Eu- clida vinsero nelle grandi teste di Pallade e di Aretusa , veri capi- lavori dell'arte antica, e solo il primo incontrò nella piccola figura 39 306 CRONACA dell'auriga nel rovescio della splendida medaglia con la testa di Aretusa. » Accenneremo infine ad un tetradramma punico-siculo , che costi- tuisce il pregio principale di tutto il ripostiglio, e ch'è addirittura un monumento unico per la storia delle arti e per la storia delle condi- zioni dei vari popoli abitanti la Sicilia antica. Questo tetradramma ha tutte le apparenze di una moneta siracu- sana; inoltre sulla benda della testa femminile nel diritto, si veg- gono le traccio del nome dell'incisore Cimone, e nitidissima anzi la iniziale K; e ove il nome di Cimone mancasse, il lavoro di lui sa- rebbe rivelato dall'atteggiamento dell'auriga, che ricorda tanto uno dei rovesci della sua celebre medaglia con la testa in faccia di Aretusa. Ma questo tetradramma, invece di recare il nome di Siracusa, pre- senta alcuni segni che per la loro disposizione e per la loro forma non possono essere avanzi di lettere greche, e richiamano involonta- riamente alcune lettere fenicie che si trovano in molte monete pu- nico-sicule. « Provato che qui abbiamo » — conchiude il Prof. Salinas, — <: una moneta punica e un'opera segnata di un artista greco, ognun vede quali importanti corollari siano da cavare da questo fatto. . Che artisti greci avessero prestato l'opera loro nell'incisione delle monete dei Fenici di Sicilia era cosa che ben poteva supporsi, come si sup- pose già : tanto il carattere ellenico si manifestava apertamente in al- cune medaglie bellissime coniate a nome de' Cartaginesi di Sicilia, e fornite di iscrizioni nella lor lingua, e tanto la vicinanza delle due schiatte rendeva plausibile il credere a questa collaborazione. Ma il fatto nuovo e notevolissimo è questo : che i Cartaginesi dediti ai com- merci, ed usi a sfidar la morte con ardimentose navigazioni sol per sete di guadagno, in questo suolo gentile di Sicilia, ponendo stanza in un santuario dell'arte ellenica, sentissero i nobili entusiasmi del- l'arte e nutrissero l'orgoglio di avere incisi i loro coni da Cimone, dal valentissimo artista che allora lavorava per Siracusa e per altre zecche siciliane. « In questo riconoscimento della supremazia ellenica sta un tratto che onora non meno i Greci che i Cartaginesi stessi ; e l'aver per- messo che Cimone scrivesse il suo nome, prova come anche i barbari accettassero l'usanza allora prevalente nelle città greche, di tollerare che il nome d'un privato fosse segnato, più o meno palesamenti, su monumenti pubblici. » BIBLIOGRAFIA 307 Giiccchi Francesco ed Ercole. — Guida numismatica univer- sale, contenente 3124 indirizzi e cenni storico-statistici di Collezioni pubbliche e private, di Numismatici e di negozianti di monete e libri di Numismatica. — seconda edizione. — Milano, Tip. Co- gliati, 1889. — Un voi. in 16," di pag. XLI-472). La Guida dei fratelli Gnocchi ci si presenta ora nella sua 2"" edi- zione, accresciuta assai di mole , corretta e migliorata con diligente cura in ogni sua singola parte. Molte lacune che si deploravano nella 1=* edizione, sono scomparse, ed il numero degl' indirizzi , por alcuni paesi, è talora raddoppiato o quasi raddoppiato, come per la Francia, che nella 1" ediz. contava 223 indirizzi e nella 2' ne ha 449, per la stessa Italia, che da 282 (cifra per vero assai scarsa) è salita a 423; — per altri raggiunge una proporzione ancor maggiore : Belgio, 1" edi- zione, indirizzi 23, 2' ediz. 95; Olanda, 1' ed. 11, 2' ed. 69; Porto- gallo, 1° edizione, indirizzi 1, 2' ed. 22. Per ciò che concerne la disposizione del lavoro, gli autori si atten- nero al sistema seguito nella P edizione, scostandosene soltanto in ciò, che in questa 2" edizione i nomi dei negozianti di monete, me- daglie e libri di numismatica non si trovano più aggruppati in fine del volume, ma bensì distribuiti sotto le rispettive città. Non dubitiamo che il pubblico numismatico farà buon viso alla 2" edizione della Guida, di cui la opportunità e la utilità sono state ormai generalmente riconosciute. Numismatica Medica. — Il Signor Orazio E. Storer medico di Newport (Rhode Island S. U.) sta pubblicando nel « Sanitarian » di Nuova York una illustrazione delle medaglie e dei gettoni aventi re- lazioni alla pubblica salute (The Medals, Jetons and Tokens illustrative of sanitation) (1). Essendoci parecchi raccoglitori di queste specialità, crediamo opportuno segnalar loro tale pubblicazione, la quale per essere stampata in un giornale medico piuttosto che in uno numismatico, po- trebbe esser loro sfuggita. (1) La pubblicazione è incominciata noi 1887 o si trova nei fascicoli di maggio, luglio, agosto, ottobre 1887, febbraio, aprilo, luglio, agosto, novembre 1888, febbraio, marzo, e aprile 1889. 308 CRONACA La descrizione è divisa per classi secondo le malattie ricordate, i fatti storici, i monumenti ecc. relativi alla pubblica salute; e ogni classe contiene tante suddivisioni quanti sono gli stati cui apparten- gono le medaglie o i gettoni che si descrivono. Per dare un'idea della vastità di questa specialità numismatica ac- cenneremo che nei due ultimi fascicoli (quelli di marzo e d'aprile 1889) che abbiamo sott'occhio si tratta un ramo delle malattie epidemiche (X" della serie) e precisamente del Vajolo quello del marzo e del Cho- lera quello dell'aprile. Kelativamente al vajolo le medaglie o gettoni che ci vengono descritte per le varie nazioni sono nientemeno che 65, incominciando dal K 926 e proseguendo fino al N. 991. L'Italia non vi è rappresentata che per le due medaglie di Luigi Sacco, noto in- troduttore della vaccinazione in Italia, e per due medaglie di merito (De salut. pub. benemerenti) di Pio VII. Le medaglie e gettoni relative al Cholera sono egualmente nnme- rose e dal N. 992 si estendono fino al 1062. L'Italia non vi figura che per poche medaglie, una di Parma e tre di Pio IX e alcuni gettoni (dal N. 1049 al 1058) ; ma certo ve ne sarebbero altri da aggiungere, fra cui quelle di Carlo Alberto del 1825. EoccA Cav. Pietro. Sul sistema metrico e numismatico dei Mero- vingi riformato da Carlo Magno. Induzioni e deduzioni. Crema , tip. Campanini, 1889, in-4''5 pag. 59. Catalogo 78, Asta Libraria di Franchi e C. Firenze. Anno XII. — Biblioteca numismatica Borghesi di Savignano. SvoRONOS (J-N.) Études archèologiques et numismatiques. I fasci- cule (^A propos des types monétaires de la ville de MantinéeJ. Paris, in-8°, H. Le Soudier (Athènes, Libr. Ch. Back). KoGER (Vallentin). Contremarques sur des monnaies d'argent de la Bépublique Bomaine, trouvèes dans le territoire des Voconcii. Valence. J. Céas, in-S"*, pag. 14. (Estr. dal Bull d^ arch. et de stat. de la Bròme). Contremarque sur un denier de Jules Cesar. Valence, J. Céas, 1889, in-8°, pag. 6. Les pinatelles d^Urbain VII (1590). Avignon, Seguir, 1889, in-8°, pag. 11. Taillebois (E.) Numismatique. Variétés inédites. Troisième liste. Poids monétiformes et autres poids inscrits du midi de la Franco. Dax, impr. Labèque, in-8°, pag. 46. BIBLIOGRAFIA 309 Blancitet (J. a.) Numismatique héarnaise. Le projet de médailles des ètats de Béarn {Yllh-11). Dax , impr. Labèque , in-S", pag. 14 et grav. KicHE A. (Directeur des essais de la Moanaie de Paris). Mon- naies, médailles et hijoux. Essai et controle des ouvrages d^ or et d'^argent. Paris, Baillière et fils, in-8°, pag. 360 av. fig. (Bibliothcque des connaissances utiles). Delisle L. Mémoire sur les opérations fìnancières des Templiers. Paris, imp. nationale, 1889, ia-4°, pag. 252. DupoNCHEL A. La Banque de France et Vémission de la mon- naie. Montpellier, Ch. Bochin, 1889. Imhoof-Blumer und Otto Keller. Thier- und Pflanzeribilder auf Miinzen und Gemmen des classischen Alterthums. XXVI pho- totypische Tafeln mit 1352 Abbildungen (nebst X-168 Seiten er- làuternden Text.), gr. 8," Leipzig, Teubner' s Yerlag, 1889. Brendicke Dr. H. Einfuìirung in die MiinzJcunde. Etne Anìei- tung fiir angeìiende und erfahrene Munzsammler. Berlin, Mehring, 8,° pag. 96 mit 4 Tafeln {Bibliotheh filr Sammler etc. Band II), Danneberg H. Verzeiclmiss meiner Sammlung deutscher Miin- 8en der sàchsischen und frànhischen Kaiserzeit. Leipzig. C. G. Thieme, 1889, gr. 8," pag. 95. ScHMiDT M. Beitràge sur Manzgeschiclite der Herzòge von Sachsen- Lauenhurg. Katzeburg, pag. 38. Erbstein J. und A. Eròrterungen auf dem Geìnete der sàchsi- schen Mùnz- und MedaUlen-Geschichte. I. Dresden, Baensch, pag. 84. Meyer (Adolf). Die Munzen der Stadé Dortmund (Nachtrag), Berlin, Mittler u. Sohn, 8", pag. 16. ScHWALBACH C- Bic neucsten deutschen Thaler, Doppelthaler und Doppelgulden. Mit 3 Lichtdrucktafeln . 2'® verna. Aufl. Leipzig , Zschiesche, gr. 4,** pag. IV-39. LuTHMER (Ferd.) Gold und Silber. Handhuch der Edelschmie- dehunst. Mit 153 Abbildungen. Leipzig, Seemann, 1888, pag. VIII- 272, gr. 8.° Catalogue de monnaies et médailles en vente aux prix marquésj chez Alb. Sattler, à Bàie (Suisse). N. 3, mai 1889. A Dictionarg of Roman Ooins, repullican and imperiai. Com- menced hy the late Seth William Stevenson, F. S. A., revised, in part, ly C. Roach Smith, F. S. A., and completed hy Fre- 310 CRONACA DERic W. Madden, M. B. a. S. lllustrated hy upwards of 700 Engravings on wood, etc. London, George Bell and Sons,g r. 8®, pa- gine 938. Science and Art Department of the Committee of Council on Education. List of Medals, Medàllions and Plaques, reproduced in metal in the South Kensington Museum. 1889 (Pubblicazione offi- ciale). Beductions-Tahelle der Pfennig-Preise pr. 1 Kilogramm in Sil- her-Ruhel pr. 1 pud russ. zum Course 190-220. gr. fol. obi. S.' Pe- tersburg, Hoennìger, 1889. PERIODICI. Hevue Numisìnatique, — Deuxième trimestre 1889. SvoRONOS (J.) — Monnaies créioises (continuazione). Drouin (E.) — Essai de déchiffrement des ìnonnaies à lè- gendes araméennes de la Characène. KoNDOT (N.) — Jean Warin. La déelaration du voi en 1660, ScHLUMBERGER (G.) — Monuaies, bulle et hague òyzantines inédites. GuiFFREY (J.-J.) — La Mannaie des Médailles. Histoire métallique de Louis XIV. — Deuxième partie: Les Gra- veurs (continuazione). Cronaca. Engel (E.), Souvenir d^un voyage numis?natique autour du monde (continuazione). — Notizie varie. — Bol- lettino bibliografico. Cinque tavole d'illustrazioni. Annuaire de la Société Fran^aise de Numisìnatique, Mars-Avril 1889. Belfort (A. de) Essai de classification des tessères ro- maines en bronze. Hermerel (J.) — Trésor de Montfort-U Amaury. BIBLIOGRAFIA 311 Zay (E.) — Numismatique coloniale. — Canada. — La monnaie de carte. Karsinkine (A) — Une médaille inèdite du Tzar Wassilì Chomsky. Cronaca. — Necrologia. — Bibliografia. — Ripostigli. Prezzi di vendite. Quattro tavole d'illustrazioni. Mevue Belge de N'umismatlque. — 1889 , deuxième li- vraison. Maxe-Werly (L.) — État actuel de la numismatique ré- moise (continuazione). CuMONT (G.) — Encore quatre jetons d' ólrennes gravés par Theodor Van Berckel. Hermerel (J.) — Quelques mots sur les Agnels de France à propos d'une variété inèdite de celui du roi Charles VI. Corrispondenza. — Necrologia di R. Ohalon. — Miscel- lanea. Estratti dei verbali della Société Royale de Numismatique ed elenco delle opere ricevute dalla Società nel 1° tri- mestre 1889. Due tavole d'illustrazioni. Nimiisìnatisclie ZeitscUrift, herausgegeben von der Nu- mismatischen Gesellscbaft in "Wien. — Zwanzigster Jabr- gang (1888). — (Wien, K. k. Hof- und Staatsdruckerei). Imhoof-Blumer (F). — Die Mùnzen der Kilbianer in Lydien. Kenner (F.) — Rómische Goldbarren mit Stempeln. LuscHiN V. Ebengreuth (A.) — Der Rackwitzer MiXnzfund (continuazione). Raimann (F, V.) — Zioei òsterreichische Mùnzfunde. Joseph (P.) — Die Mimzstempel und Punzen in dem histo- rischen Museum der Stadt Kòln, 312 CRONACA BussoN (A.) — Ber Mùnzfund von Ratiszell. Fiala (E.) — Die àlteste Raittung des Prager Munzarchivs. Meyer (A ) — Die Mùnzen der Familie Eggeriberg. Eappe (H.) — Die Mììnzstàtte Kuttenberg. Zeller (G.) — Die fìXrsterzbischòflich-salzburgischen Mùnz- eisenschneider, Graveure und Medailleure. Belhàzy (J. V.) — Zwittermùnzen ììiit dem Bildnisse Kaiser Franz L und seiner Gemahlin Maina Theresia. Nagl (A.) — Rechenpfennige im 18. Jahrhundert. Bibliografia (*). Resoconto annuale della Società Numismatica di Vienna. Dodici tavole d'illustrazioni. Archivio Storico dell'Arte. Fase. Il, 1889 : Venturi A. Un me- daglione di Agostino di Buccio (con. ili). Giornale d'Erudizione. N. 19 e 20 : Numismatica (Notizie su una medaglia del Cardinale di Pavia, l'Alidosi). Arte e Storia. N. 7 : Malagoli C. A proposito delV Abside di S. Giovanni della Fossa presso Novellara (Reggio Emilia) (Trova- mento di monete). — N. 8-9 : Gallo march. Gaetano. I piombi antichi. Enciclopedia giuridica italiana eco ecc. Milano, Dr L. Vallardi editore, Yol. X, parte III, fase. 75 : Salvigli G. Moneta (pag. 16- 72 e continua). AcadSmie des Inscriptions et Belles Lettres. Séances, 1889, 8 mars. Mémoire de M. Th. Reinach sur les monnaies arsacides et l'origine du calondrier juif, qui est d'origine grecque. Revue Archéoloo^ique. Marzo-aprile 1889: Berger (Ph.). Sur les monnaies de Micipsa, et sur les attrihutions de quelques autres mon- naies des princes numides. — Blanchet (J. Adr.). Tessères an- tiques, théatrales et autres. Revue des Etudes grecques. Reinach (Th.) : Les stratèges sur les monnaies d^Athènes. — La 13." Prytanie et le classement chro- nologique des monnaies d'Athènes. (*) La Direziono della Rivista Italiana di Numismatica ringrazia l'ono- reYole Eedazione della Numismatische Zeitschrift per le cortesi parole che si è compiaciuta di dedicarle. BIBLIOGRAFIA 313 Bevne d'anthropologie. N. 3, 15 maggio 1889 : Carthaillac (E). Uor gauìois. L'Industrie progressive (Parigi). 23 aprile 1889 : La nouvelle monnaie de nichel. — 5 maggio 1889 : Nouvelles industrielles, Le système monetaire en Roumanie. Magasin pittoresqae (Parigi). 31 marzo : Bertrand J. Les mé~ dailles de S.'" Hélcne. — V. C.-T, La découverte d'une médaille dans les chantiers de la Nouvelle Sorbonne (av. ili.). Bévolntion frangaise. Marzo 1889 e nn. precedeati : Bornarel (F.). Étude sur les assignats pendant la pérlode révolutionnaire. Intermédiaire des cherchears et curieux. 26 maggio : Médaille de la reine Christine de Suède. — Napoléon, empereur de la Bépii- llique franraise (sulle monete). Correspondenzblatt des Gesammtvereins der deutschen 6e- schichts- und Alterthnmsvereine. 1889, n. 1-3 : Handelmann. SU- herfund auf dem KrinJcberge. Zeitschrift des histor. Vereins fiir den Regierungs-Bezirk Marienwerder. Heft 23 (1888-89): Mne seltene Bìiìnze der Stadt Thorn. Zeitschrift fiir Ethnologie (Berliao). 1889, fase. I : Daubler. Nachbildung englischer Milnzen durch siidafrilcanische Eingéborne. Zeitschrift fiir agyptische Sprache. 1889, fase. I : Brugsch. Die Lbsung der altàgyptische Milnzfrage. Katholiscbes Schulblatt. 35 Jahrg., 4 Heft (1889) : Zur Ein- fi'ihrung in die decimale Schreibung der Milnzen^ Maasse und Geivichte. Anzeiger der Akademie der Wissenschaften in Krakau. N. 3 , marzo 1889: Sadowski. Przyczyneh do Jiistoryi handlu tvscìivdniego IV tvielcach srednich. Spratvozdanie o noivo odhrytym slnrbie w Lazynie pod Lubaiva fEin Beitrag zur Gescliichte des orientalischen Handels im Mittelalter. Bericht ilber einen bei Lazyn^ Westpreussf-n, Kreis Lóbau, gefundtnen SilberschatzJ (Il testo del riassunto è in tedesco). Baltische Monatsschrift. 36 Bd., 4 Heft: Dietzel (H.) Papier- rubel oder Silberrubel? ^ Hemel Hempstead naturai hìstory Society, founded sept. 17, 1879. Annual report for 1888-89 (A pag. 18, riproduzione o descri- vo 314 CRONACA zione, por E, Piffard, d'una moneta gallica attribuita a Cunóbe- linus). The Archaelogical Review. Voi. Ili, n. 1, marzo 1889 : Seebohm Fred.). The rise in the value of Silver hehveen 1300 and 1500. Classical Review. Apiile 1889. Haverfield (P.). Gold hars of Kraszna. Boys' OwD. Aprile 6, 13 e 20 : Gordon (VV. J.). Medals of the British Navy. Revue Sud-Amóricaine. 28 aprile 1889: Guilaine (L,). Le ya- pier-monnaie dans la Eépuhlique Argentine. NOTIZIE VARIE Ancora il ripostiglio di Para- biago. — Nel precedente fasci- colo abbiamo dato alcune notizie, gentilmente comunicateci da un Associato della nostra Rivista, in- torno ad un ripostiglio di monete romane imperiali , scoperto nel giorno 22 marzo in territorio di Parabiago. Per ciò die concerne strettamente la numismatica, poco o nulla abbiamo da aggiungere a quelle notizie ; accenneremo sol- tanto cbe fu trovata anche una " moneta di Nepoziano. Non riuscirà tuttavia privo d'in- teresse il sapere cbe moltissime di quelle monete erano racchiuse in un elegante vaso di bronzo, del quale, per la molta cortesia dell'attuale suo possessore sig. Celestino Zerbi, di S. Lorenzo di Parabiago, siamo in grado di dare qui il disegno. Questo vaso misura 21 centimetri d'altezza, per 10 cen- timetri di diametro al massimo rigonfiamento ; è coperto di bellissima patina verde, e sobriamente ornato di cerchi, di foglioline, e d'altri segni ad incavo. Le pareti del vaso sono di mirabile sottigliezza ; siccome i contadini che lo rinvennero lo sventrarono per impadronirsi più rapidamente del contenuto, si può esaminarne benissimo l'interno, che è incrostato d'ossido e reca le traccio evidenti delle mo- nete che racchiudeva. 316 nioNACA L'ansa massiccia e di lavoro più grossolano, è ornata di figure e fu rinvenuta staccata dal vaso, col quale combacia tuttavia perfettamente. Nel vaso si ritrovarono alcuni oggetti d'argento (una ca- tenella con fermaglio, un anello con castone, ecc.), che andarono dispersi. Ritrovamenti di monete. — Qui in Milano negli scavi di Via S. Simone, in proprietà Strada, si rinvennero nell'aprile passato alcune monete romane, fra le quali un denaro della Calpurnia. ^% A Piacenza nel maggio decorso, si ritrovarono na- scoste in un muro circa quaranta monete d'argento geno- vesi, coniate nel 1672. ^\ A Scharans presso Tliusis, nel Cantone dei Grigioni, si rinvennero sotterra, nello scorso anno, dodici monete d'oro milanesi di Filippo II, oltre a cinque o sei dobloni spagnuoli e ad una doppia di Genova del 1641. Monete merovingie. — Il visconte Ponton di Amécourt, morto l'anno scorso, aveva riunito una raccolta rarissima di monete merovingie, comprendente 1956 monete diverse. Suo figlio ha autorizzato l'amministrazione della Biblio- teca nazionale di Parigi a scegliere, nella collezione da lui ereditata, tutte quelle monete che non sono contenute nella collezione della Biblioteca. L'esame comparativo fatto ha permesso di constatare che la collezione di Amécourt rac- chiude 1131 monete, di cui 1' equivalente non esiste nella collezione nazionale. Nuova medaglia. — Nello scorso marzo il noto incisore milanese sig. Francesco Grazioli ha terminato e coniato una sua nuova medaglia in onore di Giacomo Medici e Lu- ciano Manara — Difesa del Vascello — Villa Spada — 30 giugno 1849. Questa medaglia appartiene alla serie nu- mismatica commemorante i fatti principali del Risorgimento Italiano, che il Grazioli ha iniziata da qualche anno. Tessere romane. — Il sig. A. de Belfort, direttore dell'^n- nuaire de la Sociélé Frangaise de Numismatique^ ha intrapreso NOTIZIE VAKIE 317 in quel periodico la pubblicazione di un suo pregevole studio sulle tessere romane in bronzo. Ora per mezzo nostro egli rivolge un secondo invito ai Numismatici italiani, ed a tutti i lettori della Rivista in generale, perchè coloro che posseggono o conoscono delle tessere gliene vogliano man- dare gl'impronti in ceralacca, avendo cura d'indicare, per ciascun pezzo, il nome e l'indirizzo del proprietario. Questa domanda comprende tutte le tessere romane in bronzo, ec- cetto i contorniati e le spintrie. L'indirizzo al quale si prega di mandare gl'impronti è il seguente : M. de Belfort, 25, rue Las Cases, Paris. Vendita della Collezione del Conte D.*** — Un'altra delle poche grandi collezioni romane superstiti andò venduta lo scorso maggio a Parigi, la collezione del Conte D.*** — Quantunque tale iniziale sia abbastanza trasparente e verrà facilmente interpretata dai raccoglitori che hanno qualche pratica delle migliori collezioni private, non crediamo di completare il nome, dal momento che sul Catalogo non si volle mettere che quella semplice iniziale. La Collezione comprendeva una piccola ma scelta serie greca e una più vasta serie romana con parecchi pezzi di esimia rarità. In tutto 646 numeri che diedero un totale pro- dotto lordo di L. 109200. Ecco alcuni dei prezzi più inte- ressanti della vendita: SERIE GRECA. N. 5 Taranto Oro L. 380 ■» 12 Bruttium » » 585 » 16 Agrigento » » 120 » 26 Siracusa > » 205 * 30 » Elettro » 550 » 35 » Arg. » 505 » 49 Chersoneso Taurico Oro » 2155 » 41 » » » 1490 » 59 Pirro Arg. » 380 » 65 Atono » » 300 » 74 Mitridate VI Oro » 1325 » 75 » » » 830 » 80 Lampsaco » » 965 » 89 Efeso » » 530 * 93 Rodi » » 400 » 98 Antioco UE — Siria » » 980 y^ 100 Antioco VI - Siria » » 375 318 CRONACA N. 101 Tripoli Arg. L. 310 » 107 Tolomeo I — Egitto Oro » 245 » 108 » » » 745 » 111 Berenice I — Egitto » » 1405 SERIE EOMANA. N. 180 Campania Oro L. 445 » 150 bis Manlia > » 380 » 162 Sulpicia » » 455 » 165 Vibia » » 425 » 166 » . . » » 115 » 167 Hirtia » * 120 » 170 Sanquiniii » » 960 » 171 Julia . » » 980 » 177 Servilia » » 355 » 182 Domitia » » 1120 » 184 Pompeja » » 610 » 193 Augusto. Coh. 26 » » 305 » 199 » » 132 » » 170 > 200 » » 162 » » 115 » 201 » » 174 * » 135 » 213 Livia * 6 G. B. » 245 » 215 Cajo Cesare Oro » 1900 » 226 Nerone Druse » » 150 » 227 Antonia. Coh. 1 » » 272 » 234 Caligola » 20 » » 200 » 235 » » 24 » » 150 » 238 Caligola e Augusto » » 241 » 247 Claudio. Coh. 55 » » 85 » 250 Britannico e Nerone P. B. » 135 » 253 Agrippina e Nerone Oro » 145 » 265 Poppea M. B. » 160 » 266 Clodio Macro Coh. 6 Arg. » 260 » 267 Interregno » 405 Oro » 1100 » 872 Galba » 286 » » 175 » 277 Vitellio » 17 » » 180 » 281 » » 80 G. B. » 110 » 287 Vespasiano » 225 Oro » 99 » 292 » » 567 » » 230 » 310 Tito » 403 » » 225 * 311 Giulia » 6 » » 1780 » 315 Domiziano » 148 » » 161 » 321 X. > 609 » » 131 » 324 Nerva » 28 » » 138 y 335 Traiano » 176 G. B. » 115 » 361 Sabina » 27 Oro » 199 » 865 » » 46 » » 215 y> 369 Elio » 4 » » 255 » 385 Antonino Pio » 910 » » 141 » 387 Faustina M. » 75 » » 122 » 395 » » 317 y> » 95 » 407 Faustina F. » 19 » » 105 » 421 Lucilla » 69 » » 92 » 422 Commodo » 59 » » 280 j> 428 » x- 700 » » 172 NOTIZIE VARIE 319 N. 433 Crispina » 39 Oro L. 660 » 444 Scantina » 1 » » 1450 » 449 Pescennio » 59 » » 3855 » 449 Albino » 68 » » 1425 » 453 Sett. Severo » 284 G. B. » 75 » 456 » » 712 Oro » 242 » 457 » » 770 » » 275 » -^58 Severo e Carac. » 8 » » 495 » 459 Sev. Carac. e Geta In » » 500 » 460 Giulia Domna Coh. 116 » » 248 » 462 » » 193 » » 233 » 464 Caracalla, Ined » » 280 » 466 y> Coh. 353 » » 207 » 470 » » 518 » » 350 » 472 Geta » 48 » » 690 » 473 Macrino » 43 » » 1095 » 484 Elagabalo » 181 » » 157 » 490 Mesa » 15 » » 1400 » 496 Sev. Alessandro » 225 » » 127 » 498 » » 547 G. B. » 162 » 511 Gordiano Afr. » 9 » » 80 » 526 Otacilla » 66 » » 47 » 637 Ostiliano » 33 Oro » 650 » 541 Volusiano » 24 » » 530 » 516 Valeriano P. » 100 » » 235 » 553 Gallieno » 1112 » » 245 » 563 Postumo » 45 » » 670 » 569 » » 398 » » 693 » 571 Vittorino » 16 » » 651 » 574 Tetrico P. » 206 » » 495 r> 580 Tacito » 112 » » 238 » 582 Probo, Inedito » » 200 » 588 Giuliano ti'-. Coh. 8 » » 590 » 591 Massimiano Er. » 374 » » 170 » 595 Costanzo Cloro » 145 » » 295 » 604 Licinio Padre » 106 » » 260 » 607 Costantino I Inedito. . . . *. » » 170 » 608 » Coh. 611 » » 180 » 610 Fausta » 5 » » 900 » 620 Costantino III » 4 . , » » 58 » 621 Giovanni tir. » 2 » » 95 » 623 Ma^gioriano » 1 » » 81 » 624 Libio Severo » 6 . » » 41 Concorso. — La Beale Accademia di Belle Arti in Mi- lano rende noto quanto segue : Gli Artisti nazionali, che hanno frequentato come allievi le scuole della R. Accademia di Milano, sono invitati al concorso di fondazione Girotti, pel quale è prestabilito anche un premio di L. 500 {cinquecento)^ per una medaglia in metallo eseguita nel decennio. I concorrenti dovranno, nella lettera sigillata contenente il proprio nome, cognome e domicilio, provare regolarmente 820 CRONACA - NOTIZIE VARIE di aver frequentato le scuole della detta Accademia. Il con- corrente potrà, dopo la pubblica esposizione , ritirare la propria opera o lasciarla all'Accademia. Le opere dei con- correnti dovranno essere presentate all'Ispettore-Economo dell'Accademia non più tardi delle ore 4 pomeridiane del giorno trenta settembre anno corr. 1889. Per altre informazioni sulle modalità del concorso, rivol- gersi all'Ispettore stesso. Doni pervenuti al Gabinetto Numismatico di Brera : Dal Cav. Ettore Conti, direttore della E,. Zecca di Eoma, un esemplare in bronzo della medaglia pel 250° anniversario della Brigata Piemonte , ed uno della piccola medaglia commemorativa del convegno dell'Imp. Guglielmo II con Re Umberto in Roma; medaglie maestrevolmente incise l'una e l'altra dal cav. Speranza, incisore-capo di quella R. Zecca. Dal Comitato promotore, del 1876, pel Monumento a Gior- dano Bruno in Roma, a mezzo del Dott. Alfredo Comandini, Segretario-Economo del Comitato stesso, un esemplare in bronzo della medaglia fuori commercio, coniata per l'inau- gurazione del detto monumento. Dal medesimo Dott. Comandini, una medaglia in bronzo ed una tessera straniera. Dal cav. Francesco Gnecchi, alcuni bronzi de' Tolomei. Dal conte Avv. Alberto De Moiana, molte monete di Gallieno e di Claudio Gotico. Dall'incisore Francesco Grazioli, una tessera da lui incisa. Dal sig. Celestino Mauro, una moneta marocchina. Dal dott. Cencio Poggi, di Como, una moneta venezuelana. Dal sig. Federico Johnson, un esemplare in bronzo della medaglia incisa nel suo stabilimento in Milano, dall'inci- sore Cappuccio, per la inaugurazione del monumento di Ga- ribaldi e delle Cinque Giornate in Como. Dott. SoLONE Ambeosoli, Direttore-Proprietario. Lodovico Felice Cogli atI; Gerente responsabile. FASCICOLO III, PESO E TITOLO DEGLI ANTONINIANI DI CLAUDIO GOTICO Peso degli Antoniniani. Gli antoniniani di Claudio II non differiscono soltanto notevolmente di peso fra loro nei diversi esemplari, ma presentano anche questa particolarità che i pesi medii per le diverse zecche ci danno non insignificanti differenze. E quindi piuttosto difficile il poter appurare quale sia il peso che si debba considerare come nor- male per la coniazione degli antoniniani sotto quel- l'imperatore. Per dilucidare meglio questo punto facciamo se- guire uno specchietto dei pesi di tali monete, divise per zecche , e tenuto calcolo tanto delle officine quanto delle emissioni 0-). 1 pesi sono espressi in milligrammi. (1) Por ciò elio concerne lo emissioni, voggasi il mio articolo sulle Zecche imperiali o sulle loro omissioni durante il regno di Claudio Gotico , noi XVT voi. (1884) della Numismatische Zeitschrift di Vienna. 321 ANDREA MARKL EOVESCI DELLE MONETE =1 r»a >- 0=1 •EJ e ìl ,^ g Ph c (=1 f={ C13 " iz; u 1=1. AEOVITAS AVG. AETERNITAS AVG, DIA- NAE CONS AVG. FECVNDITAS AVG, FOR- TVNA REDVX, HILARITAS ? lOVI PROPV- GNAT. LITERTAS AVG. ORIENS AVG, PAX AVG. PROVID AVG. SALVS AVG. SALVS AVGG. SECVRIT PERPET. VBERITAS AVG, VICTORIA AET, VICTORIA AVG, VIRTVS AVGVSTI. Totale ADVENTVS AVG CONCOR EXERCI lOVI STATORI lOVI VICTORI LIBERALITAS AVG SALVS AVG SPES PVBLICA VICTORIA GM -- e 8 tu as m 7 a 40 e 70 m 48 4 225 48,337 24.788 107,590 21.435 124.435 224.327 160,088 11,670 722,720 VICTORIA AVG EELICITAS AVG GENIVS AVG ANNONA AVG, P M TR P n COS PP. VIR'T'VS AVG AEOVITAS AVG GENIVS EXERCI MARS VLTOR lOVI VICTORI LIBERT AVG FIDES EXERCI PROVIDENT AVG A 73 236.110 B (58 204.300 V 27 83,685 s 87 260.317 e 96 303,755 e, 40 117,345 z 65 206,150 H 59 ia5,730 N 85 270,600 X 15 44.465 XI 88 292,295 xu 59 188,480 762 2393,232 VICTORIA AVG FELICITAS AVG GENIVS AVG ANNONA AVG, PM TE P II COS PP. VIRTVS AVG AEQVITAS AVG GENIVS EXERCI MARS VLTOR lOVI VICTORI LIBERT AVG FIDES EXERCI PROVIDENT AVG, PROVID AVO A 14 39,640 B 20 60,345 V 26 77,575 \ 16 49,125 So 105,285 e 26 80,805 / 21 59,675 H 35 105.435 N 25 78,345 X 26 80,745 xr 29 88,405 XII 29 302 88,950 914,270 PAX AVGVSTI VIRTVS AVG VICTORIA AVG PM TR P II COS PP FIDES MILITVM PROVIDENT AVG FORTVNA REDVX APOLLINI CONS AETERNIT AVG MARTI PACIF, MARTI PACIFERO SECVRIT AVG LAETITIA AVG A 12 37,175 B 15 45,650 r 23 68,665 A 34 104,415 R 28 79,515 26 74,155 z IV 52,940 H 29 91,855 N 29 84,9a5 X 27 84.490 XI 24 69,575 Xli 22 285 66,175 859,585 CONSECRATIO (Aquila) CONSECRATIO (Altare) is 64 115 179 183.900 317,335 501,235 2,582 3,016 2,800 Roma. Per tutte le sei emissioni 1782 5465,929 3,067 gr. [| TITOLO E PESO DEGLI ANTONINIANI DI CLAUDIO GOTICO 325 < o co EOVESCI DELLE MONETE Cd 1 OS C/3 S25 O Vi o o '■3 al ^ Cd ^ "I! <1 ò < fi fi 1 SPES PVBLICA. SALVS AVG. PROVID AVG FIDES MILIT, AEQVITAS AVG, VICTORIA AVG. EELIC TEMPO, PAX EXERC P s T 19 23 17 59 70,005 77,345 61,905 3,.546 3,525 gr. Totale 209,255 II VIRTVS AVG. ORIENS AVG VICTORIA AVG PAX AVG, PAX AVGVSTI Totale P S T 20 23 15 58 71,015 9G.6;« 49,535 217,185 3,744 III DIANA LVCIF, MARTI PAC, MARTI PACI, PAX AVG FORTVNAE RED PROVID AVG. CONCOR EXER Totale P S T 21 12 16 ~49 67.835 39.615 53,045 160.495 3,275 IV CONSECRATIO (Aquila, altare) T i7 23,035 3,290 Tarragona. Per tutte le quattro emissioni 173 609,970 <1 H H CQ • AEQVITAS AVG. AETERNITATI AVG. AN- NONA AVG, FELICITAS SAECVLI, FOR TVNA RED, ORIENS AVG, SALVS AVG TEMPORVM FELICITAS, VICTORIA AVG Totale «9 g 5 23 72,030 3,131 3,288 gr. II FIDES MILITVM, LAETITIA AVG. PAX AVG\ LIBERALITAS AVG, VICTORIA AVG ) VIRTVS AVG, VOTA ORBIS Totale I. II 8 29,175 3,646 III AEQVITAS AVG, LAETITIA AVG. SPES AVG AEQVITAS AVG. PAX AVG, PROVIDEN AVG\ SPES AVG, VIRTVS AVG 1 I. II. 69 8 157 226,335 302,590 3,368 Totale 528,925 IV AEQVITAS AVG. LAETITIA AVG, PAX AVG TEMPORVM FELL LAETITIA AVG, LIBERALITAS AVG, PAX AVG. PROVIDEN AVG. PROVIDEN AVG, VBERITAS AVG VBERITAS AVG P S T Q 13 13 16 11 53 40,415 46.5585 49,205 32,525 168,730 3,1 as Totale 1 V CONSECRATIO (Altare) p 8 T Q 26 79,165 8,044 Biscia. Per tutte le cinque emissioni 207 878.025 < , O 5 ce ut CONSERVAT AVG. PM TR PO PP S sen- PROVIDENTIA AV(i, ROMAE AETERNAE^ za s. AEQVITAS AVG, VIRTVTI AVG FORTVNA AVG, MINERVA AVG, SALVS , AVG 1 . . VENVS AVG, VIRTVTI AVG ' VICTORIA AVG 6 3 11 2 21,900 10,415 40,150 7,210 3,621 gr. Herdica . Non se ne lia che un'emissione sola. 22 79,075 326 ANDREA MARKL o o w EOVESCI DELLE MONETE C/2 O > O M o OS c/a OS sa ce H N H 1 FELICIT TEMP, LAETITIA AVG N, VIR- TVTI AVGVSTX rORTVNA IlEDVX AVG, VRTVTI AVG. FORTVNA REDVX AVG, VICTORIA GVT- TICA (sic!) AVG SECVRITAS PERPETVA Totale sen- za s. 7 2 3 I 13 24,360 6,625 11,475 3,613 46,073 3,,544 3,461 gr. II FORTVNA REDVX VICTORIAE GOTHIO PAX AETERNA, VIRTVS AVG 15 20 18 53 55,945 60315 62,195 178,455 3,536 Totale III FORTVNA REDVX FIDES MILITVM, VICTORIAE GOTHIO FELICIT TEMP, lOVI CONSERVATOKI>i VICTOR GERMAN, VIRTVS AVG ; 11 23 23 57 40,270 76,615 80,195 3,457 Totale 197,080 IV CONSECRATIO (Aquila, altare o rogo) CONSACRATIO (Aquila, altare o rogo) 24 78,230 3,259 Totale j 24 78,23U Cizico. Per tutte le quattro emissioni. 147 508,838 < s 00 < Q O < 1 AETER AVG, CONCOR AVG, CONSER AVG FELIC AVG, SALVS AVG, SPES PVBLIC, VIRT AVG S2) = 6Ì)> 11 35,075 3,188 3,405 gr. II VICTORIA AVG, NEPTVN AVG IVNO REGINA SALVS AVG, CONSER AVG IVVENTVS AVG SALVS AVG REGI ARTIS, VIRTVS AVG SOL AVG. FIDES AVG DIANAE VIOTR, AEQVITAS AVG ■A- 1 i' f A \ 54 e l H ] 186,295 3,449 Anf iochia in Siria. Per tutte le quattro emissioni. G5 221,370 Da questo specchietto si vede che i pesi medii, vale a dire per : Roma. Tarragona. Siscia Serdica grammi 3,067 " 3,625 " . 3,288 n 3,621 TITOLO E PESO DEGLI ANTONINIANI DI CLAUDIO GOTICO 327 Cizico .... grammi 3,461 Antiochia .... n 3,405 differiscono fra loro di più di mezzo grammo, e che nelle zecche di Roma e di Siscia si coniavano le monete più leggiere. Tutte le monete pesate sono ugualmente di buona conservazione; il peso medio minore ottenuto per queste due zecche non si può quindi attribuire al- l'essere le rispettive monete logore o sciupate. È caratteristico per le condizioni di quel tempo, che per l'appunto nella zecca di Roma si coniassero monete così calanti , e in ciò si riconoscerà subito il procedere disonesto del sovrastante Felicissimus. In tali circostanze, i pesi medii che abbiamo dato più sopra non possono servire di base per determi- nare il peso normale che avrebbero dovuto avere le monete; e neppure il peso medio di grammi 3,161 che risulta dalla somma dei pesi di tutte le mo- nete prese in esame (l) , non può esser accettato come vero peso normale, poiché da un lato, per il maggior numero di pezzi, è alterato dalle monete romane troppo leggiere, dall'altro lato non è ammis- sibile che le zecche di Tarragona, Serdica, Cizico e (1) Vaio a diro : Roma 1782 pozzi, 5465,929 Tarragona 173 » 609,970 Siscia 267 » 878,025 Sordica 22 » 79,675 Cizico 147 » 508,838 Antiochia . 65 » 221,370 Totalo pozzi 2456, grammi 7763,807. 328 ANDREA MARKL Antiochia dovessero coniare monete di peso cosi svi- periore al normale. Trascuriamo quindi la zecca di Roma , ed in tal caso avremo le seguenti cifre: Tarragona 173 pezzi, 609,970 grammi Siscia 267 •n 878,025 71 Serdica . 22 :i 79,675 r, Oizico 147 11 508,838 n Antiochia. 65 n 221,370 n Totale pezzi 674, grammi 2297,878 , vale a dire un peso medio di grammi 3,409 , che corrisponde ad una coniazione di 96 pezzi per libbra romana da grammi 327,46. Sembra quindi che sotto Claudio fosse in vigore per gli antoniniani deprezzati quello stesso peso normale che aveva già avuto vigore pei denari ne- roniani d'argento. L'antoniniano di Caracalla adunque, che già sotto i suoi successori era stato coniato con maggior mi- stura di rame e sempre più piccolo, e che sotto Gal- lieno era decaduto sino quasi ad esser composto di semplice rame, anche sotto Claudio si mantiene così scadente e, cosa strana, corrisponde in peso al de- naro d' argento romano , equivalente ad 1^25 del- l'aureo. ' Titolo degli Antoniniani. Quantunque il deprezzamento del denaro avesse raggiunto tali proporzioni che il maggior numero delle monete di Claudio , specialmente quelle che TITOLO E PESO DEGLI ANTONINIANI DI CLAUDIO GOTICO 329 erano state per un certo tempo in circolazione ed avevano perduto il rivestimento d'argento, assumeva completamente l' aspetto del rame , pure , da esami ripetuti su larga scala, risulta che nel metallo ado- perato per la loro coniazione entrava una data quantità d'argento , che basta a caratterizzarle per monete di biglione. Questa stessa osservazione si trova già nel lavoro del Dr. Guglielmo Vischer : // ripostiglio di Reichen- stein, in cui sono descritte alcune monete di Claudio che erano state saggiate per conoscerne il titolo ; ma esse appartengono tutte alla zecca di Roma, ove se ne eccettui forse soltanto quella con virtys avo, che dovrebb'essere di fabbrica spagnuola. Nella stessa maniera che per i pesi degli antoni- niani si è visto come alcune zecche, senza curarsi delle regole certamente stabilite per la coniazione, emettevano arbitrariamente monete assai più leg- giere, così pure era da aspettarsi che per il titolo dell'argento si riscontrassero abusi analoghi nelle diverse zecche, ed era quindi interessante di saggiare le monete di ciascuna zecca per conoscere quanta parte d'argento contenessero. Il seguente specchietto mostra il risultato delle rispettive analisi, che devo alla molta cortesia del Sig. Consigliere Giuseppe M. Miiller, della I. R. Zecca di Vienna. ■i«* 4* 330 ANDREA MARKL ANALISI DELLE MONETE DI CLAUDIO MONETE CHE FURONO FUSE PER l'assaggio PERCENTUALE - O Ci o lì li <; S o o ti e X ^ O 'A O O o O < Z O c < Ci ai < l-ll aeqvitas avg felig tempo fides milit oriens avg PAX AVG SPES PVBLICA VICTORIA AVG VIKTVS AVG 1 \ 9 1 9 f 8( ^ 8 \ 9 1 9 .' .2 2,500 3,500 2,300 89,731 5,271 1,77G 0.722 III DIANA LVCIF FORTVNAE RED PROVID AVG '1 3 V 8 0,050 2,700 3,700 2,300 S7,171 5,270 2,801 2,008 IV - Éé2 III H H CO 1 II - ' i ■a M ili AEQVITAS AVG LAETITIA AVG PAX AVG PROVIDENT AVG VIRTVS AVG 9 J 13/ sC 33 0,030 3,000 4,000 1,700 90,805 2,754 2,528 0,883 IV LAETITIA AVG PRUVIDEN AVG TEMPORVM FELI VBERITAS AVG ? > 13 0,030 2,750 3,051) ^\ 1 2,700 93,403 25% 1,101 V - c Ss b 1 - S M H N H 1 - 1 . a ■a Hill FORTVNA REDVX FELICIT TEMP VICTOR GERMAN ViCTORIAE GOTHIC !(• 1,550 1,750 1,450 89,732 5,507 3,211 IV CONSACRATIO (Aquila) CONSACRATIO (Rogo) li- 1,250 87,254 f,.372 5,124 .2 co est s - 1 « i 2 II AEQVITAS AVG CONSER AVG FIDES AVG IVVENTVS AVG NEPTVN AVG VIRTVS AVG 1 1 1 3 2 1 > 9 0,050 8,750 9,120 8,530 86^7 2,753 2,050 332 A. MARKl. - TITOLO E PESO DEGLI ANTONINIANI DI CLAUDIO GOTICO Da questa tabella si vede ancora più chiaramente che pei pesi delle monete, quali fossero gli abusi e le frodi degli impiegati delle zecche, perchè evi- dentemente le monete avrebbero dovuto contenere per lo meno l'S o il 9 0[o d'argento, come si scorge dalle monete di Antiochia. Pare tuttavia che il titolo bassissimo delle monete di Cizìco non debba esser attribuito a frodi avve- nute ma piuttosto alle condizioni particolari in cui si trovava quella zecca, in un paese accerchiato dai nemici, ed in cui non era possibile procurarsi l'ar- gento necessario. Questa ipotesi acquista molta verosimiglianza dalle mie ricerche intorno alle monete battute nelle città greche sotto il governo di Claudio, delle quali mi riservo di dare più tardi la descrizione. Andrea Markl. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE ^^^ I. MILANO. Tredici sono le patrie zecche certissime, che con- tribuiscono a formare il nostro Medagliere, e due le verosimili ; nell' ordine progressivo, con cui le loro produzioni ci si faranno davanti, io mi accingo a darne conto. (1) Quest'Articolo forma il Capitolo XX [I del Discorso Preliminare del Conto Mulazzani alla sua Illustrazione delle Monete milanesi, e porta il ti- tolo : Compendio storico delle zecche patrie della Collezione. Trattando questo Capitolo non solo della zecca di Milano e del suo Ducato , ma anche di altro zecche italiane, che nel suo medagliere facevano contorno alle mila- nesi e die con questo hanno più o meno rapporti, non abbiamo potuto con- servare il titolo preposto agli altri scritti di questo autore, che abbiamo pubblicato: Studii economici sulle monete di Milano, e abbiamo adottati;, come più opportuno, il seguente: Compendio storico di quindici zecche italiane. L'Articolo porta la data del 1852. È quindi naturale che, dopo ben 37 anni, altri studii ed altre scoperte abbiano in qualche parte modificato lo opinioni d'allora, corno andremo mano mano indicando. Tuttavia, sia por la parte economica dio per la parte storica, lo scritto del Conto Mulazzani presenta ancora grande interesse, e può riuscire utile e gradito agli studiosi della numismatica patria. (P. od E. G.) 334 GIOVANNI MULAZZANI I. Milano. Al secolo IV dell' era cristiana si vor- rebbe dagli eruditi far rimontare 1' antichità della nostra zecca, per alcune sigle md, ovvero mdps, che si riscontrano nelle monete di diversi Imperatori, che hanno soggiornato a Milano in quella età; le quali sigle furono interpretate per Mediolanum la prima e l'altra Mediolani 'pecunia signata. (l) Io non posso correr dietro alla cieca ad una tale opinione. La zecca di Milano di quel tempo dirò probabile, ma non certa. Verosimile si rende per quelle ovvie ragioni che ognuno può comprendere da se facilmente, che la città nostra, diventata sede d'Augusti, venisse fornita d'officina monetaria, o che lo fosse, allorché da Co- stantino per la nuova forma di governo che diede all'Impero, fu costituita Metropoli di mezza Italia; ovvero quando più tardi, successa la divisione del- l'Impero Romano, qui da noi fissò Valentiniano I la sua residenza. Ma le pretese sigle non valgono ad assicurarlo. Dopo il solenne disinganno toccato ai monetografi sul celebre conob, impresso in tante mo- nete di questo periodo, in cui versia.mo, del Basso Impero, la qual parola fu lungamente interpretata per il marchio della zecca di Costantinopoli {co^stan- tinojpoli OBsignata) , e che si scopri in appresso su monete stampate in Aquileja, chi mai potrebbe, in buona critica, avventurarsi a dar spiegazioni di co- tali segni dubbiosi ed oscuri, se da testimonianze istori che non sono rischiarati? E questo sussidio ci manca; per nulla o ben poco contar dovendosi il notissimo epigramma d'Ausonio e le sue poetiche esagerazioni in lode di Milano, fra le quali sembra (1) Muratori. Antiq^. Ita!. V. 2, Diss. 27, pag. 189. — Verri. Storia di Milano, pag. 25. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 335 aver posto ricca officina di monete, che decorasse Milano, nel secolo IV in cui viveva. L'incertezza dell'epoca romana prosegue coi Goti; nessuna moneta si è trovata che indichi essere stata coniata in Milano; il privilegio di documentare in metallo la loro dominazione in Italia, essendo di Ravenna, di Roma e di Pavia. Pure, che la Zecca nostra abbia il vanto di essere millenaria e più, cer- tissima cosa è per una moneta d' oro di Desiderio, re dei Longobardi , divulgata da Le Blanc; la qual moneta tiene nel suo rovescio le parole Flavia Me- DiOLANO. Il Conte Verri l'ebbe in sua podestà (i) e si conserva tuttora in sua casa (2). Ai Longobardi suc- cessi i Franchi, nell'impero d'Italia, la nostra zecca prese tal vigore che si può dire non abbia cessato mai più; per non tener conto del breve tempo, dal 1162 al 1177, in cui Milano restò deserta per la crudeltà di Federico Barbarossa. Da Carlomagno ai giorni nostri, si contano le impressioni di una infi- nita serie d' imperatori e d' altri grandi monarchi o di principi minori o di repubbliche, che però ten- gono distinto luogo nella storia italiana, da far me- ravigliare ogni cultore della scienza nostra. Tanto è ciò vero, che si può avanzare la proposizione, che la zecca di Milano non cede nell'Europa cristiana (^) (1) Verri. Storia di Milano. Pag 39. — Una esistonte nel Museo di Brera è falsa. (2) La colobro colleziono Verri è ora posseduta dal Conte Lorenzo Sor- mani Andreani, il quale l'ha in questi ultimi anni notevolmente aumentata, ed è la più bolla e ricca serio privata di monete milanesi. Di questo prezioso tromisse di Desiderio col Flavia mediolano ne venne lo scorso anno alla luco un altro esemplare, che ora si trova nella Colleziono Gnocchi. (F. ed E. G.) (3) Ho dotto nell'Europa cristiana, per non comprendere la Zecca di Co- stantinopoli, nata, si può asserire nel 330 coll'inauguraziono di quella città successa in detto anno, ma che passò noi 1453 in dominio dei Turchi. 336 GIOVANNI MULAZZANl contando dalla decadenza del Romano Impero, per li monumenti metallici incontrastabili di cui fa mostra continua per lo sterminato giro di tredici secoli, non cede, dico, che all'unica Roma, la quale novera l'im- pronto del gran Teodorico , e va altera di tanti imperatori coronati nelle sue mura e dei Papi che dettero leggi ad innumerevoli popoli sparsi sul globo. L' attività maggiore, che 1' officina nostra abbia avuto, si può stabilire sotto il Regno d'Italia; in 6 anni, dal 1807 al 1812, fu posta in circolazione la grandiosa somma di 117 milioni di lire italiane, in oro, argento e rame; e questo lo sappiamo dal re- soconto stampato dal ministro delle finanze Prina, del 1812 predetto (^). Lunga ed erronea opinione ha sussistito presso di noi, alla metà del secolo scorso, sui tesori dell' America, che avessero arricchito la Lombardia nel corso del 1600, in cui fummo domi- nati dalla Spagna. In un mio opuscolo stampato, nonché alla sua competente rubrica, io l'ho combat- tuta, dimostrato avendo coi registri della nostra zecca di quel tempo, che tutta la monetazione spa- gnuola, dal 1556 al 1711, non ammonta che a 264 milioni di lire italiane. E ciò non bastando ho tes- suto in brevi note la storia economica gloriosissima d'Italia del medio-evo, e quellain particolare d'Insubria nostra, a persuadere delle ricchezze infinite di cui fummo padroni dal XII al XV secolo e che all'op- posto vennero meno nei due secoli dopo. Più della spagnuola, floridissima è da credersi sia stata la zecca di Milano nell'era viscontea alla metà in ispecie del 1300 (2). Però Tonor suo massimo fu sul declinare (1) Durante poi la dominazione austriaca dello scorso secolo, in soli 27 anni furono coniati più di 400 milioni. (2) Vedi l'opuscolo citato, pag. 7. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 337 del 1400, regnando gli Sforza, che fecero monete abbondanti, per non dir le più buone e le più belle insieme che si possono desiderare. La buona fama della zecca milanese, non è da tacersi, era già co- minciata alla metà del 1200 in tempo di repubblica. All'eccidio di Milano, marcato di sopra del 1 162, si trovò chiusa, siccome vacillante era stata per l'in- terdetto, che proveremo non essere stato eseguito, di Federico Barbarossa del 1155(1), i^ cui erano in- sorte le nostre prime contese con quell'imperatore. Risuscitò, per non venir più meno, col trattato di Reggio del 1185, stipulato dalla libera città di Mi- lano con quel monarca che a noi rinunziò le regalie tutte dell'Impero. Al di là di quest'epoca, oscurissimi tempi acca- dendo, impossibili sarebbero le ricerche ad esplorare i gradi di attività, che la nostra zecca abbia potuto avere. Ben tenui, per molte ragioni, si possono cre- dere ; e per la barbarie che invaso aveva si noi che tutta Europa, e per la scarsità incomparabilmente grande, di più d'oggidì, dei metalli preziosi, e del- l'argento principalmente; e per la rarità che si ha di quei nummi, e per 1' uso, che si sa d' allora, di contrattare a marca d'argento, vale a dire, a metallo puro non coniato. Parecchi stampi ci mancano inoltre di quei secoli, e sono dei primi Arrighi, del secondo Lotario imperatore e del secondo e terzo Corrado, per non dir forse del primo C^); onde potrebbe de- dursi che inoperosa essa sia stata in alcuni di quegli intervalli tanto da noi distanti. A dare nonostante un'idea in complesso di quella (1) Moneta imperiale e regia dell'evo repubblicano, pag. 6, occ. (2) Per le Moneto milanesi di Lotario II e di Corrado il Salico , vonnto rocontemente alla luco, vedasi : Gnecchi, Monete di Milano. (P. ed E. G.)- 43 338 GIOVANNI MULAZZANI monetazione remota, presso di noi coniata, risalirò al primo punto, e brevemente farò sapere, che di certo non abbiamo che l'ultimo re dei Longobardi, già avvertito da principio, benché molti siano i tipi antecedenti, ma de' quali s'ignora la terra natale, e che potrebbero esser nostri in parte; che di tutti i Carolingi possiamo mostrare la serie e sostenerla; finalmente che gl'imperatori e re d'Italia del secolo IX, X e XI, concorrono, due o tre appena eccettuati, ad ornare i nostri cospicui Cimeli. Di tanti coni pertanto, di cui l'officina nostra va superba , sia ora 'prezzo dell' opera di rilevarne le generali proprietà che li distinguono, estendendo le indagini oltre i limiti della raccolta. Alla qualità dei metalli che hanno servito per la loro composizione, sembrandomi di volgere tosto l'attenzione come ad oggetto che si presenta da prima all'occhio, esordirò dal più nobile, nominando l'oro longobardico, di cui, benché rarissimo, se si tolga il re Cuniperto, avvi dovizia all'Ambrosiana (i). A somiglianza dell'oro romano, é puro, onde confor- marsi al soldo d'oro imperatorio di quella età-, e alle sue divisioni in semisse ed in triente; la monetazione longobardica non potendo essere stata diversa dalla romana, siccome ha provato recentemente il Cav. Giulio di San Quintino (2). Per 500 anni , fino alla prima metà inoltrata del 1200, l'oro scom- (1) La Colleziono numismatica, che esisteva presso la Biblioteca Ambro- siana e che por la massima parte era costituita dalla Raccolta del Conte Luigi Castiglioni, fu nel 18S5 incorporata colla collezione del Museo Artistico municipale, la quale è oggi la più ricci o la più bolla Colleziono di Monete milanesi che esista. (F. ed E, Gr.) (2) Sulla moneta dei L'ingoiarli in Italia; lezione dotta il 27 aprile 183i nella R. Accademia Pontariana di Napoli. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 339 parve dall' officina milanese, come da qualunque altra italiana , finché Federico II colle sue Augu- stalì di Brindisi mischiate di rame, e poco dopo le libere città di Firenze, di Genova, di Venezia ed altre, fra le quali noi pure, non lo riprodussero, con più senno, immacolato nei loro famosi fiorini e du- cati^ che fecero perciò meritamente il giro del mondo, essendo stati rinvenuti sparsi in Asia dai Portoghesi. Seguitarono per due secoli il nobile esempio tutti li principi d'Italia, che si erano elevati sulle rovine della libertà, finche non vennero gli stranieri a contami- narlo coi loro scudi d' oro semplici e doppi. Dopo Francesco I. Re di Francia, che introdusse l'abuso, i monarchi spagnuoli non fabbricarono che monete scadenti per quasi Vio di lega. Ricomparvero ai tempi di Maria Teresa e di Giuseppe II i prelibati fiorini e ducati de' bassi tempi col nome di zecchini^ che acquistato avevano nel 1600, allorché l'oro puro si trovò di nuovo improvvidamente, cred'io, proscritto dal sistema decimale dei giorni nostri, derivatoci dalla Francia; nel qual sistema noto è, che a 0,900 di puro metallo, impastate sono indistintamente le nobili e le nobilissime monete. Argento : Assai avendone parlato indietro, sarò breve in questo luogo. Dei Goti, rimarcai di sopra, che non abbiamo conio alcuno ; privi siamo pure dei longobardici, dei quali esistono alcuni esemplari di fabbrica moderna, anzi di non molti anni fa, es- sendo di quelli che accreditarono gì' imperiti e gli impostori da me benissimo conosciuti. Con Carlo- magno ebbe la nostra Zecca , si può dire , la sua vera e splendida vita, per li copiosi denari di ottimo argento, fabbricati da quell'Augusto e dai successori di sua casa per due secoli. Durante le contrastate dominazioni , che accaddero all' estinzione dei Ca- 340 GIOVANNI MULAZZANI rolingi , d' Imperatori e re d' Italia, declinò a poco a poco la bontà della moneta , infino a che con la conquista alemannica del primo Ottone cadde sì basso da non essere più che di metà argento : e così si mantenne per tre secoli sino a Federico I ed a suo figlio Enrico VI. Ma rassodata la repubblica , fra gli slanci della libertà e gì' imperiosi bisogni del commercio, a cui si diedero le città italiane, nacque dappertutto il miglioramento della moneta; e noi possiamo mostrare, dalla metà del 1200, gli ambrosini di puro argento o quasi, che si raggua- gliavano di fatti a marca, col qual nome tutti sanno che nel medio evo s'intendeva metallo puro. Nel lungo periodo visconteo e sforzesco, perturbazioni molte e gravi ebbero luogo per le violenze e gl'in- ganni, massime di quei nostri primi principi, di cui alcuni a metà rame e metà argento ridussero, nel principio del 1400, i loro nummi migliori. Finalmente nel 1474, il governo del secondo Duca Sforza, ri- condusse bravamente la moneta ai sani principii economici, che trionfato avevano nell'era repubbli- cana. Si distinsero i due re francesi nel mantenerla illesa, dopo di che l'ottimo argento non manca più. L' ispano gareggia coi precedenti i più raffinati, e l'austriaco del secolo passato e del corrente, non che l'italico, è ottimo, sapendosi a 0,900. Monete erose^ con parola gallica chiamate in oggi comunemente di higlione^ composte più di rame che d'argento, sconosciute ai Romani della buona epoca, e per quanto pare, ai Greci, prevalsero nel medio evo. Inventori ne furono poi detti i fiorentini al tempo che mercanteggiavano in Francia, ed ebbero mano nelle zecche di quel regno ; ma vi hanno documenti che fossero colà in voga fino dal tempo di Carlomagno. Quattrini, quarta parte del denaro, in corso presso COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 341 di noi negli anni 803 e 853, che non potevano non es- sere di bassa composizione, furono indicati indietro (Capo XVIII) ; e monetine di fatta consimile parve all'autorevole Le Blanc, di avere scorto in antichi medaglieri francesi. Il nostro biglione, che miriamo nei musei , è dei cinque Arrighi (non ben sapen- dosi per altro a quali assegnarlo), e dell'imperatore Corrado, dal 1004 al 1106; le loro monete migliori non salgono che a Vb d'intrinseco ; e bisogna giun- gere a Federico I per toccare argento a 0,530. Farò cenno dei terzolì^ il cui nome sembra significhi, che fossero composti di 1/3 d'argento ; coniati vennero dalla città nostra, mentre era venuta ad aperta rot- tura con queir augusto per le necessità della guerra e dei due assedi sostenuti. Ingoiati nella voragine del tempo sono stati questi ultimi, sebbene gloriosi monumenti del nostro coraggio e valore, mancando essi in qualunque collezione. Passerò quindi alli de- nari repubblicani dei primi anni del 1200 adulterati e alla metà del secolo poscia legalmente costrutti, in proporzioni del soldo in allora comparso d'ottimo argento; per discendere ai viscontei, buoni da prin- cipio, ed arbitrarli quanto mai sotto gli ultimi tre principi di quella casa. Non tacerò, per debito del vero, l'abuso che fece la passaggiera repubblica di 30 mesi, della metà del 1400 ; scusando per altro quei nostri progenitori per le dure necessità in cui si trovarono involti. Attesterò le lodi del governo sfor- zesco del 1474, per aver condannato generosamente le massime del dispotismo e dell'ignoranza ; com- piangendo gli ultimi duchi di quella nostra dinastia che, per le calamità terribili a cui soggiacquero, e che furono comuni a tutta Italia sul principio del 1500, forzati si trovarono a scindere la bella armonia del loro sistema monetario, di cui tutte le parti ali- 342 GIOVANNI MULAZZANI quote, anche le più tenui, corrispondevano in origine fra di loro esattamente. Ma lecito mi sarà di alzar la voce contro il potentissimo imperatore Carlo V, ed i ricchissimi suoi successori re di Spagna ; che tutti, o quasi tutti, imbrattarono la loro monetazione di numeroso biglione, di cui svelata sarà la frode, che per entro vi si nasconde, ai competenti loro posti, colle analisi abbondanti da me istituite. Al lungo disordine diede fine l'imperatrice Maria Teresa ajutata dai lumi di quei preclari economisti, fioriti al suo tempo fra di noi, e che chiamò nei suoi con- sigli : Pompeo Neri, Rinaldo Carli, Pietro Verri, Cesare Beccaria. Essa diede fuori nel 1778 una mo- netazione tale che, sotto il rapporto speciale che ora trattiamo, resiste a ogni censura. Non fa bisogno di rivangare il torto del ministro delle finanze ita- liane, Prina, colle parpajole da 10 centesimi, memo- rate già, per lasciare in pace quell'ombra troppo a ragione sdegnata contro di noi. Noteremo in fine il biglione austriaco del 1822, perchè composto ad equa lance e coniato in giuste proporzioni. Rame : Solamente dopo il 1602 s'incontrano nei musei di Milano e così di tutta Italia, monete di ignobile metallo. Inventori ne furono gli Spagnuoli, sicché, sia per questa ragione, e sia per ciò che dovrò ripigliarne alla rubrica dei monarchi di quella nazione, io qui trascorrerò di volo, limitandomi ad accennare che questa brutta invenzione, per l'abuso che se ne fece quando ebbe principio, ora volgono due secoli, colle trilline^ e venne estesa ai miei giorni ai soldi ed ai mezzi, ha fruttato e frutta tuttavia il 50 per cento di guadagno alla maggior parte dei governi d'Europa. Questione di non piccolo momento, non per anche svolta da nessun monetografo economista, sarebbe COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 343 l'investigare in qual modo sia stato provveduto al bisogno del minuto commercio popolare, durante il lungo periodo de' bassi tempi, senza rame, di cui non se ne ha traccia veruna, tanto più sul riflesso della scarsità in allora dell'argento e quindi dell'in- comparabile suo maggior valore. Altri lo vedranno, non potendo io qui estendermi in lunghe disser- tazioni. La nostra istoria seguiteremo coll'entrare nel me- rito dell'arte ; riepilogando in parte ciò che fu già osservato dei secoli, sui quali si distende la raccolta e aggiungendo le notizie su di quelli, oltre i quali essa non si trasporta. Abbandonati gli incerti nummi romani del se- colo IV e principio del V, dei quali basterà il dire che manifestano la decadenza decisa dell'arte, ed a^bbandonati pure li pochi conii dei re Longobardi in oro innominati, di Pavia probabilissimamente, che non ci appartengono, e che si hanno da Ariberto I del 653 ; converrà portarsi a Desiderio del 757, per dire che essa mostra la barbarie che aveva preso piede in Italia. I successivi danari d'argento di Carlomagno fanno testimonianza degli sforzi magnanimi di quel- l'augusto per far risorgere li buoni studii, sforzi che vani furono resi dall'ignavia dei successori di sua casa, ond'è che scadenti quanto mai, sono gli ultimi conii carolingici di Carlo il Calvo (875), di Carlo- manno (877), di Carlo il Grosso (881). Fra gli altri difetti nominerò il più grave : inintelligibile, od a stento raccozzabile n'è la scrittura, con sommo di- scapito, di non poche monete sicuramente di quei monarchi per lo stile di questi tempi, capitatemi alle mani, che vanno perdute, l'iscrizione essendo l'anima e la vita loro. Quattro secoli ancora più tenebrosi, in cui ogni 344 GIOVANNI MULAZZANI umano sapere, ogni arte, e l'antica nostra civiltà si tro- varono spenti, successero alla dominazione de'Carolingi. In un fascio per la rozzezza loro comune, sono da porsi tutti i parti dell'officina nostra, dal T Berengario re (888) alla metà del 1300. Appartengono a questa bar- bara classificazione i conii degli imperatori e re d'Italia italiani, borgognoni, provenzali, e dopo la conquista alemannica, quelli degli Ottoni, dei cinque Arrighi, di Corrado il Salico, di Federico I e di suo figlio , Enrico VI. I nostri soldi repubblicani similmente della metà del 1200, e principio del 1300, non che massime li primi viscontei del 1330 e 1339, sebbene mostrino una finezza e lucidezza insieme d'intaglio che piace, ed anzi sorprende, ritraggono tosto l'occhio alla vista di quei loro inanimati e storpi sant'Am- brogi, e di altri deformi nostri SS. Patroni, sospesi in aria contro natura. Ma finalmente trascorsa la metà del secolo XIV, il buon gusto che rinato era in Italia, per opera di quei genii immortali di Dante, Petrarca, Boccaccio e Giotto, comparisce negli stampi dei due fratelli Bernabò e Galeazzo Visconti, signori di Milano nel 1354. Lo testimoniano i loro grossi fabbricati a Mi- lano, e molto più in Pavia, dei quali abbiamo già rilevato i pregi al Capo Vili, a cui mi appello ad evitare le ripetizioni; bastando dire che sono inci- sioni tali da far meravigliare a vederle, per l'età in cui comparvero, superando esse le produzioni coeve delle arti loro sorelle, della pittura e scultura. Così pure, a sfuggire la noia dei racconti già fatti, passerò sopra il rimanente evo visconteo e sui primordi sfor- zeschi, nei quali si mantennero bensì le migliorie del 1300, ma il genio non progredì gran fatto, quando no- minar non si voglia il ritratto, che perduto o quasi nei secoli bassi, fu introdotto di nuovo nel 1402 dal COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 345 primo Duca di Milano, Giovanni Graleazzo Visconti, e continuato dal primo Sforza, fiorito fra il 1450 e 1466, con incremento della iconologia e dell'arte. Ma, inclinando alla fine il secolo XV, la zecca di Milano offri all'Italia e al mondo, per la prima nei suoi testoni il modello della bellezza e perfezione monetaria. No- tato abbiamo di sopra la raffinatezza a cui fu portato l'argento nei pezzi maggiori e la giusta corrispondenza nei minori, in tutto quel sistema monetario creato nel 1474; ora le mie parole volgansi a celebrarne quegli altri pregi di cui ci occupiamo in questo punto. Ma come potrei io degnamente farlo, dovendo muovere il mio discorso da te, o gran Leonardo, genio superiore a qualunque elogio, e che fosti il fondatore, in questi tempi, nella città nostra, di una scuola famosa, da cui uscirono artefici esimii in ogni ramo delle arti del disegno? Meglio de' miei insufficienti concetti parlano quei meravigliosi volti in metallo, spiranti vita, di tre duchi Sforza: Galeazzo Maria, Giovanni Galeazzo, Lodovico Maria; e di due duchesse. Bona di Savoia e Beatrice d'Este. Il castigato loro disegno, quel forte rilievo, quella purità di contorni, quell'espressione talora robusta, sul far mantegnesco, nelle teste ma- schili adulte, quando soave e graziosa, raffaellesca quasi, nelle femminine e puerili, mostrano il sommo dell'arte; e non sono state difatti superate dappoi. Per condizione anzi fatale dell'umana natura, che sembra esaurirsi collo scorrer degli anni, delle opere d' ingegno , come fanno le piante , in vecchiaia , dei loro frutti o fiori; trapassando dagli ammirabili parti sforzeschi alle fatture dell' era spagnuola , il decadimento tosto si appalesa , e seguita per tre secoli, fino al sistema monetario di Maria Teresa del 1777. In queir anno e nei tre successivi essa ci diede nel soldo di rame una sua testina , emula 44 346 GIOVANNI MULAZZANI delle greche e romane produzioni immortali , ed ogni altro tipo , per sufficiente rilievo e nitidezza d' incisione cosi bello, che si può sostenere essere la monetazione Teresiana e di Giuseppe II, che continuare la fece, la migliore dopo la sforzesca, nel rapporto, che trattiamo, della nostra raccolta, a fronte della napoleonica del 1807 ed austriaca, molto più, del 1822; entrambe difettose per leziosi e scor- retti disegni. II. COMO. Il conte Carli credette alla possibilità di questa zecca dal I Federico, perchè secondo Benedetto Gfiovio, quell'imperatore concesse ai comaschi, che parteggia- rono, benché non sempre, per esso nella guerra contro Milano, il governo dei Consoli prima della pace di Costanza (i). Ma ben diverso io osserverò essere l'un privilegio dall' altro , onde dedurne la conse- guenza che si vorrebbe. Alla pace di Costanza tutte le città d'Italia formarono i loro municipi, ma non per questo ebbero il gius della moneta, se non in forza di speciale privilegio dello stesso Fe- derico o de' suoi successori; e la nostra zecca, riaperta nel 1185 per il trattato di Reggio, e la bolognese del 1191, e le zecche istituite nel 1200 di Modena e di Reggio, con diplomi di Enrico VI e di Fede- (1) Voi. I, pag. 198. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE oJ7 rico II ne fanno testimonianza (^). Appena poi è a dir di Bellati, cui parve senza proferir ragione, di ascrivere al primo Federico una monetina, che l'altro scrittore aveva prodotta, dichiarando di non sapere a quale dei due Federici appartenga. Io non l'ho ve- duta da nessuna parte, ne ho potuto perciò esaminare li caratteri di cui è vestita per giudicare , se sia del XII, quanto mai ancora, secolo rozzo, in cui fiorì il primo, o del XIII che diede fama al secondo, e che di qualche poco lo ha sorpassato; quell'aquiletta però mi sembra troppo bella, e mi desta sospetto. Quindi io passerò oltre per dire quel che ne sento. Zecca in Como, da molto tempo, era probabile che fosse esistita col primo Federico, non per le opinioni addotte, ma perchè nell'archivio di quella città tro- vasi un diploma, o memoria a parlar preciso, pubbli- cata dallo storico Rovelli, fiorito fra il 1790 e 1800(2), in cui quell'augusto comanda sia stampata colà mo- neta col suo nome. Ma, poiché la carta manca di data, pendere poteva ognora il giudizio fra li due monarchi ai quali quella popolazione fu egualmente devota. Or quest'incertezza è tolta da una monetina inedita, da me posseduta, che dimostrerò a compe- tente luogo non poter essere che del primo. Ma se la zecca natale delle amene sponde del Lario, non si poteva dire prima d'ora assicurata ai giorni del primo Federico, certissima appariva ad ogni pro- vetto nummofilo col secondo, per le monete in argento pubblicate da Muratori (sebbene con qualche titu- banza), per le prove che ne darò, allorquando saranno da me prodotte, consistenti nell'efiìgie e nel buon (1) Muratori in Argolati. Voi I, pag. 50, 72, 70. (2) Voi. II, pag. 350. 348 filOVANNI MULAZZANI argento che le distingue; proprietà monetarie che si riscontrano nella prima metà avanzata del 1200, e non per l'avanti. A quelle monete una ne aggiungerò inedita di basso biglione, portante seco quella tal sorta di scrittura, che contrassegna gli anni in cui siamo. Al secolo pure XTII, ma inoltrato dopo la metà, quando successa la morte di Federico e vacando l'im- pero, le città d'Italia si emanciparono, omettendone il nome nei nuovi impronti che fecero; od anche al principio del secolo XIV, in tempo però sempre di libertà, vale a dire, fino alla calata di Enrico VII, (1311) assegno, senza esitare, il nummo argenteo della grandezza e del valore di un paolo romano, corrispon- dente a centesimi 53 e sette decimi italiani, accen- nato da Bellati, senza nome di principe, coll'imma- gine di S. Abondio Patrono di Como: S. Aòundms, e Croce nel rovescio circondata dalla barbara, o se non altro male appropriata parola, Cumanus, invece di Comensis. Con sicurezza egualmente pongo suc- cessa la comparsa in Italia del citato monarca, per un bellissimo grosso inedito, da me veduto in mano di un gentiluomo inglese venuto alcuni anni fa a visitare il mio museo, il c^dl grosso^ composto di buon argento, sul gusto dei nostri grandi ambrosini coevi, porta il nome di Enrico re, e S. Abondio in cattedra nel- l'altro campo. Ventiquattresima parte di un tal grosso io conservo in una elegante monetina erosa ornata d'aquiletta e del nome di quel monarca diventato imperatore (1312). Con lode proseguì Como in quella età, al pari delle altre città d'Italia, la battitura dei nummi, testimoniandolo un grosso a 0,920, d'in- teressante tipo, che non abbisogna di molto commento, coniato in onore di Lodovico il Bavaro imperatore, da Franchino Eusca, signore di quella città nel 1327, COMPENDIO STOIlICa DI QUINDICI ZECCHE ITAT-l.VNE 349 che ai lati del Santo vi pose le proprie iniziali. Il periodo per altro della sua maggiore attività fu dal 1334 al 1339, regnando in Como Azone Visconti : numerosissimo biglione vi fu battuto ed anche ot- timo argento, dopo il qual principe restò chiusa né fu più adoperata, ch'io sappia, da verun altro Visconte. Un secolo dopo, nella decadenza dell'im- pero della Vipera, quando i Rusca occuparono per poco lo stato avito, diede un ultimo segno di vita; una monetina rarissima in prova io produrrò a suo tempo, di Lotterie Rusca del 1412. Fuori di quel cenno imperfetto, che fu detto di sopra, nessun' altra parola fece di questa zecca lo storico recente Rovelli . Quantunque zelantissimo della sua terra natale, è a dolersi che non abbia conosciuto il pregio dei monumenti metallici che servono di valido appoggio alla storia, e che nel medio evo di tante città d'Italia accrescono la fama e lo splendore. Non pubblicò in conseguenza moneta alcuna di Como, mentre cosi agevole gli sarebbe stato di poter fare, per la ricca messe, che si sa, eravi a' suoi di nel museo splendidissimo del patrizio Cigalini, ora di- sperso (1). (1) Dall'epoca in cui scrivava il nostro autore, vennero alla luce molto pubblicazioni, che trattano di questa zecca, o che no illustrano monete ine- dite. Ne scrissero fra gli altri: Girolamo Amati, Solone Ambrosoli, Camillo Brambilla, Domenico Promis, Pietro Rovelli e Alberto Rusconi. Quest'ul- timo illustrò la serie delle Monete dei Rusca nella sua opera: Memorie storiche del Casato Busca o Rusconi. (Bologna, 1874-77; in fol.) (F. od E. G.) GIOVANNI MULAZZANI III. CREMONA. Celebre negli annali di Milano è questa Zecca, per l'interdetto di Federico I del 1155, col quale trasferi nei Cremonesi l'antichissimo privilegio di cui dianzi ci aveva privati. Primo il Sigonio era stato a farne parola, quando il Campi nella sua storia di Cremona ne pubblicò il diploma, che il Muratori riprodusse alla nostra rubrica monetaria. In qual anno siasi posto mano a fruire del benefìcio ricevuto, è ignoto (i); nessuno scrittore vi è che abbia dato la storia di quella Zecca. Però un documento scoperto dal Conte Carli, ci fa sicuri che dal 1183 l'of- ficina cremonese trovavasi aperta; poiché, per un con- cordato fatto in quell'anno fra Brescia e Cremona, questa città si obbligò di mandare uno zecchiere al- l'altra, per insegnare a fare moneta, e moneta che fosse eguale (2). Ed a questi primi tempi é da assegnarsi, io penso, anche per lo stile proprio della fine del secolo XII, la monetina erosa di forma scodellata fino adesso inedita, che va del pari con altra bresciana di quella età, pubblicata da Muratori e da me possedute en- (1) Il Padre Tonini, in un suo importante lavoro sulla Zecca Cremonese pubblicato nel I Volume (1868) del Periodico di numismatica e sfragistica dello Strozzi, fissa la data certa dell'apertura di quella Zocca all'anno 1155. Kimandiamo i nostri lettori a quell'interessante studio, il quale comprende tutto il periodo della zecca Cremonese e completa il cenno dato dal Conte Mulazzani, pubblicando buon numero di monete allora sconosciute, e dan- done anche i disegni. (F. ed E. G.)- (2) Voi. 2, pag. 273-4. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE "51 trambe. Prosegui uno stampo tale, benché variato nel suo aspetto, da scodellato in piano, nel secolo dopo, testificandolo le due stellette appostevi in segno di un concordato di sette città d'Italia, fra cui Cre- mona , avvenuto nel 1254 , per battere moneta uniforme. Ma inoltrando il secolo predetto, gareggiò brava- mente Cremona, abbandonate le grettezze del con- cordato, colle altre libere città d'Italia nelF arringo monetario, aperto ovunque dalla sapienza di quei nostri progenitori per li magnifici grossi^ a superlativa bontà di 0,954, che fabbricò, cred'io, da prima coll'im- pronto del suo datore, e proseguì per il restante evo repubblicano a dar fuori, parte col nome dell'impe- ratore Federico, e parte con indipendenti marche muni- cipali ad esempio delle sue sorelle (i). Ma, caduta sul principio del 1300 in podestà, come tante città fini- time, dei Visconti, lo splendore della Zecca fu ecclis- sato. Il solo Azone, dei principi di quella casa, è certo che l'abbia tenuta aperta fra il 1330 e il 1339, ma con poco onore, non avendovi fatto lavorare che tre conii d'ignobile biglione, cioè denari^ duodecima parte del soldo (2), ad impasto però legittimo di 0,160, cor- rispondente, vale a dire, in argento, a motivo del loro peso, ad esatto quoto dei grossi che si stampavano a Milano. Dubbio però mi resta che sia stata adoperata per un istante negli ultimi anni di quel secolo, per ragione d'una mia monetina erosa inedita, che in let- tere decisamente contraffatte porta in mezzo il nome di Giovanni Galeazzo : I. G. coronato, e l'intitolazione (1) Muratori, fì^. 1, 2, 3, 6, — Ala Ponzoni — Giovanni Gonfalonieri, tav. in fine, 2, 3, 4. (2) LiTTA, Famiglie celebri italiane^ fase, dei Visconti, fi^. 13, 14, 15. Ru- brica di Azone Visconti, fase. 3, pag. 2. 352 GIOVANNI MULAZZANI intorno ; Dvx Mli. ac Cremone D. Una tale paleografìa sembra togliere la supposizione che sia di Giovanni Galeazzo Sforza, vissuto fra il 1476 e 1494, dopo che le lettere romane avevano ripreso nel 1474, nella numismatica nostra patria, il posto sulle gotiche così dette, a meno che, trattandosi di recentissima innovazione, addebitare non se ne volesse l'ignoranza provinciale. Per breve tempo risorse la Zecca di Cremona , al- lorché Gabrino Fondulo s'impadronì di quella città, coU'uccisione proditoria di un Cavalcabò, che nella decadenza dell'impero della Vipera, avvenuta alla morte del terzo Galeazzo Visconti, n'era stato gri- dato Signore : duo diversi impronti ne sortirono col nome di quel masnadiero (l). Rimasta nuovamente oziosa, nei molti anni del go- verno di Filippo Maria, è incerto se sia stata riaperta da Francesco Sforza, quando nel 1447 padroneggiava prima di salire il trono d'Insubria, Cremona e Pavia, la prima per dote avuta da Bianca Visconti, figlia di queirultimo principe della nostra prima dinastia, l'altra per sommessione. Due distinti conii io conservo, inediti, in oro e biglione, portanti iscrizione medesima di Comes Franciscvs, Comes Papié ac Cremonae Do- MiNVS, ed un terzo fu pubblicato da Bellini (2). Il nome trovandovisi sopra di città dotate egualmente del privilegio di Zecca, né alcun segno municipale essendovi di un paese che dell'altro, ognun vede che il giudizio pende dov'è che abbiano avuto i natali, e penderà finché gli eruditi di ambedue le città con (1) n P. Tonini (op. citata) dà il disogno di cinque moneto di Gabrino Fondulo, oltre quella che portali titolo di Marchese di Castelleoìte. Un'altra. fu pubblicata nel 1882 da Vincenzo Promis. (F. od E. G.) (2) Dissert. 1767, pag. 106, fig. 2. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 853 pergamene patrie non tolgano l'oscurità inerente a corpi consimili di natura, se lecito è il dirlo, anfibia. Le probabilità sono frattanto per la regal sede antica dei re Goti e Longobardi, a motivo del mio fiorino, che domanda officina assai bene provveduta e ad- destrata, quindi vetusta; e perchè inoltre certi siamo, per due stampi ornati di busto del Patrono S. Siro, scoperti dal nominato celebre monetografo di Fer- rara (1), che in Pavia si lavorò moneta, per comando del Conte Francesco Sforza, decorata col suo nome. A questa dubbiosa categoria appartengono pure altre monete in oro, argento e biglione del detto principe, fatto nostro duca nel 1450; nonché del suo succes- sore Galeazzo Maria, divulgate da Muratori (2) e da Bei- lati (-5) ; ed una di simil fatta, inedita, io posseggo da vedersi al competente posto. Un estremo segno di vita, indubitato ed onorevole , diede la Zecca di Cremona sotto F ultimo duca Sforza, in tempo che, perduta Milano, toltagli dagli imperiali nel 1526, erasi ricoverato in quella città, per un nummo che vi fu battuto coli' effigie del Patrono S. Omobono e coli' anno 1527 scolpitovi sopra W. Il più bel pezzo è questo che si ha dell'officina di cui trattiamo, e non è da stupirne, come che sorto nell'età avventurata delle arti. Li precedenti, che abbiamo enumerati, o si risentono della rozzezza del secolo XII e XIII, o di vero pregio d'incisione man- cano, se s'intende di quelli che al XV si devono ascrivere. (1) Ivi fig. 3, 4. (2) Figura 16 del suppleinoiito. (3) Figura 21, 22, 24, 25. (4) Questo tipo esiste in oro o in argento. (F. od E. G.) 45 I 354 GIOVANNI MULAZZANI Ma non meno importante che nei rapporti del bello, si è quest'ultima moneta per il marchio, che porta con sé dell' anno, proprietà singolare della numismatica moderna sopra l'antica. Si aspetterà forse qualcuno ch'io qui abbia qualche poco a trattenere il mio lettore sulla denominazione e sul valore delle monete cremonesi. Ma il mio isti- tuto, farò riflettere, non consente ch'io mi trasporti nelle ricerche economiche oltre i domestici lari, in- dagando i sistemi che furono altrove in vigore, a meno che non lo richiegga l'interpretazione di una moneta da noi fabbricata. Salterò perciò il periodo repubblicano , che precedette 1' aggregazione di quel paese al nostro , e raggiungerò il punto in cui Cremona, diventò parte dello stato visconteo, volgendo l'anno 1334. In poche righe me ne sbrigherò , col dire che li nummi, che vi furono coniati da quei primi nostri signori, come dalla se- conda dinastia, e così pure dal Fondulo, sono di quella specie, detta imperiale, che si coniava a Milano e che già conosciamo a lungo. I loro impasti e le loro gravità eguali ai nostri lo attestano, e lo per- suadono la ragione e la storia, chiaro essendo che la moneta della metropoli e dei conquistatori doveva trionfare nelle provincie. Perciò poi che la moneta imperiale ha dovuto farvisi dominante entro la prima metà del secolo XIV, se non esistette forse, come io credo, nel regime repubblicano ; ognuno comprende che il conteggiar pure a terzoli vi si dovette render famigliare, quando mai non avesse prevalso in avanti per ragione dei mezzi denari, simile alla monetina nominata prima ; li quali mezzi denari, oltre che sono nel mio scrigno, si mirano eziandio nei musei bene forniti. Anzi, questa foggia di contrattare volgare vi si radicò tanto, che ne scaturì la lira ere- COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 355 monese ideale e di conto, metà della milanese, ossia della vera lira imperiale durata fino al sistema mone- tario del 1777. In queste scarse colonne mi trovo obbligato di re- stringere le notizie riguardanti Cremona. Altri di quella città aumentar le potranno (i), se spinti da patrio amore a frugare si accingeranno per entro all'antico copioso Archivio Municipale, che assicurar posso, vi si conserva , per aver io avuto l'onore di governare per due anni (1800-1801) la provincia di Cremona a nome della Repubblica Cisalpina. lY. BOLOGNA. Per quarta zecca si presenta nel nostro Meda- gliere la città meritamente chiamata nel medio evo la madre degli studii, Bologna, di cui facemmo pa- rola, trattando di tre monete in diverso metallo, dette holognìni (2). A quel posto fu dato conto della sua origine dal sesto Enrico, che dal 1191 comparti il privilegio pubblicato da Muratori ; e spiegazione al- tresì vi abbiamo data della prima sua monetina erosa, il danaro V12 del soldo, immediatamente fabbricato (1) Oltre gli scrittori anteriori al Mulazzani e ai già citati P. Tonini e V. Promis, trattarono di questa zecca , il Robolotti , lo Schweitzer, il Muoni, il Lopez, il Eoehne, ecc. Vedi Gnecchi. Saggio di Bibliografia numi- smatica delle zecche italiane, ecc. (P. ed E. G.) (2) Capo XX. 856 GIOVANNI MULAZZANI dopo la facoltà ricevuta ; poi del grosso , ossia soldo in argento del secolo susseguente (1236) ; nonché del pezzo in oro comparso nel 1380 (i), equivalente al fio- rino. Ora, per capire com'è che quest'officina entra ad arricchire la suppellettile nostra, d'uopo è dar di piglio alla storia e toccar brevemente i tempi diversi che si distendono tratto tratto dal secolo XIV all'età nostra, in cui il popolo bolognese fece parte con Milano di un solo corpo politico. La prima volta accadde quest'avvenimento nel 1350, tra noi impe- rando l'arcivescovo Giovanni Visconti, che quella città ebbe da Giacomo e Giovanni Pepoli, che il sommo impero vi esercitavano, ereditato dal valente Taddeo loro padre. Rotta la signoria viscontea alla morte, si può dire, di quell'inclito principe nel 1354, un anno avendo durato in seggio Matteo Visconti, cui era toccata nella divisione dello stato coi due suoi fratelli Bernabò e Galeazzo; il famoso Conte di Virtù, che aspirava al dominio d'Italia, se ne impa- droni nel 1402 ; ma dopo la di lui morte, caduto l'edificio politico elevato e non rassodato da quel conquistatore, non potè conservarla il duca Giovanni Maria suo figlio. Salito poscia al trono il fratello Filippo Maria e restaurato l'impero della Vipera, fece nel 1443 occupare fraudolentemente Bologna dal suo generale Francesco Piccinino, in danno d'Eugenio IV, osten- tando commissioni, che non aveva, dai Padri del Con- cilio di Costanza. D'allora in poi trascorsero 354 anni, passati quasi tutti sotto la dominazione dei Papi, quando per le strepitose gesta militari e poli- tiche di Napoleone, quella floridissima città e ricca provincia ritornò ad essere membro di uno stato in- (1) Sigonio, De Episc Bononiens. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 357 subrico sotto denominazione di Repubblica Cisalpina nel 1797, di Repubblica Italiana nel 1802, e di Regno d'Italia dal 1805 al 1814. Premesse queste necessarie notizie, facciamoci ad enumerare le monete che uscirono dall'Officina fel- sinea negli intervalli accennati. Per certo può te- nersi, che ognuno dei principi nostri antichi che hanno regnato in Bologna, ne ha coniate, ma di un solo siamo sicuri, dell'Arcivescovo Giovanni, poiché il suo nome vi si rinviene sopi'a. Le monete in- certe, prive cioè d'indicazione del loro autore, però viscontee senza fallo, sono tre, pubblicate da Bel- lini (^) , cui è da aggiungersi il fiorino datoci dal Litta (2). Tengono tutte la biscia nel loro vertice o nel campo, e di queste ci occuperemo ai luoghi dove opiniamo potersi allogare. Non è poi bisogno di rammentare le napoleoniche, fuori dell'oro, lavorate in abbondanza per sette anni dal 1808 al 1813, mentre tutto il mondo le conosce per trovarsi esse ancora in commercio, e per essere contrassegnate dalla sigla B, propria della città, incisa sotto il ritratto. Null'altro ho potuto avanzare sulla zecca di Bo- logna per la parte antica a noi spettante, pieno di rincrescimento, che il celebre Zanetti, il quale lusin- gato ci aveva di darne la storia, privati ci abbia di una tale sua produzione, che in più larghi campi mi avrebbe dato adito di spaziare. (1) Dissort. 1755, fig. 1 Dis. 1767-11, 19. (2) Fase V. dei Visconti, tavolo delle monete, fig. 22, 25 e 26. 358 GIOVANNI MULAZZANI V. GENOVA. Non è molto che il cavaliere Gandolfi pubblicò quattro libri su la moneta antica di Genova , sot- tilmente elaborati , in cui prese a trattare tre punti singolari, sostenendo l'esistenza di quella Zecca avanti il noto privilegio del re dei Romani, Corrado, del 1139 ; vendicando ai Genovesi l'invenzione del fiorino d'oro sopra i Fiorentini, e sforzandosi di chiarire l'intricata ed oscura serie dei Dogi che si leggono nelle monete dei secoli XIV e XV. Ad altri lascierò di giudicare se la meta sia stata toccata dall'autore, ed in ogni caso, se vi fosse prezzo dell'opera a coglier palme di falsa municipale gloriola o per disutili cronologie interessanti, più che la storia, le famiglie private di quella città. In quanto a me, legge essendomi imposta d'inter- narmi nelle zecche oltre la metropolitana nostra, solamente dopo che diventarono nazionali per l'ingrandimento di mano in mano avvenuto dello Stato, mi trasporterò senza indugiare al 1353, in cui l'arcivescovo Giovanni Visconti, che da noi strin- geva con egual forza la spada e il pastorale, ne fu acclamato principe per la fama delle sue virtù e della sua potenza, onde far riparo all' afflitta for- tuna di quella repubblica per le rotte navali toccate dai Veneziani in quel tempo. Verosimile cosa è, che durante il suo governo , benché solo di due anni , la Zecca di una città , in eminente grado COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE S59 commerciante, non sia stata oziosa; ed un fiorino si credette di fatti da Muratori potergli appartenere, ma ciò non è sicuro ; né comprovato si è altro pari nummo parimente da me raccolto , che potrebbe essere tanto suo proprio che dei tre fratelli Matteo, Bernabò e Galeazzo Visconti, che gli succedettero per alcuni mesi. Quelle monete di Genova, che indubitatamente si frammischiano colle milanesi, principiano dal nostro duca Filippo Maria, che s'impadronì di quella città nel 1421. Col suo nome se ne hanno in tutte tre le sorta ordinarie di quella età; l'iscrizione così suona: Fi. M. Dvx Med. ac Ianve D. ; l'insegna viscontea posta sul vertice le palesa a prima giunta per nostre, le piccole in biglione, eccettuate, che ne sono man- canti. Al cavaliere Litta siamo debitori, se contem- plar le possiamo di un sol colpo ottimamente incise dal vero, mentre prima era d'uopo pescarle, sfigu- rate qua e là, in più scrittori, o rintracciarle nei musei per esser certi di conoscerle tutte. Così operato egli avesse a riguardo di tutte quelle dei duchi Sforza, che si distendono da Francesco I, che si rese padrone di Genova nel 1464, ai tre suoi successori Galeazzo Maria, Giovanni Galeazzo e Lo- dovico Maria, che se ne tennero la signoria fino al 1499 ; e tanto più ciò era desiderabile, perchè al merito principalmente istorico aggiungono le sforzesche (1) sopra le viscontee monete, il pregio dell'arte portato al sommo grado. (1) Numerose pubblicazioni uscirono in questi ultimi anni ad illustrare lo monete battuto a (lonova da principi milanesi. (Vedi Saggio di Biblio- grafia cit.) La più importante sotto questo rapporto è la seguente: Dell'ori- gine della Zecca di Genova e di alcune sue monete, dolPillustre D. Promis. (Torino 1871 in-4, con 5 tav.) (F. ed E. G.) 360 GIOVANNI MULAZZANI Dall'anno predetto 1499 in poi, le monete di Ge- nova più non ci appartengono, passata essendo in dominio francese (1). Importanti sono tutte le sue monete, a noi rife- ribili, nell'aspetto storico , nulle e noiose a vedersi sotto l'artistico, per essere tutte di un rozzo antico tipo, coperte, cioè, da croce e da un simbolo non ancora spiegato. (Continua). Giovanni Mulazzani. (1) Per le monete battuto a Genova dai due sovrani francesi, Lodovico XII e Francesco I, vedi la bell'opera delPHofifmann : Les monnaies royales de France, etc. (Paris 1878, in-4). (F. ed E. G.) MONETA DALMATItE Lettura fatta dal socio corrispondente Nicolò PapadopoIìI al E. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti il 14 luglio 1889 La moneta che porta, in caratteri semigotici, la iscrizione MONETA DALMATIE , sfuggita ai primi cultori della numismatica veneziana e accennata vagamente dallo Zon, fu per la prima volta illustrata dal cav. Vincenzo Lazari nella sua bellissima opera: Le monete dei possedimenti veneziani d'oltre mare e di terra ferma, che può servire di modello a tutte le pubbli- cazioni di questo genere. Sgraziatamente la fretta con cui fu scritto il libro, per circostanze indipendenti dalla volontà dell'Autore, e la cattiva conservazione dell'esemplare del Museo di S. Marco, che solo si conosceva allora, misero l'illustre scienziato sovra una cattiva strada, ed egli credette vedere in tale moneta un tornese W battuto per quella provincia che aveva costato tanti sagrifici alla Repubblica. Lazari com- batte argutamente la prima obbiezione che si poteva fare ad una simile denominazione, e cioè che non vi ha memoria di tornesi coniati per la Dalmazia, ma (1) Lazari, Monete dei possedimenti, pag. 12 e 13. 4ó 362 NICOLÒ PAPADOPOLI non riesce a persuadere; perchè i Crociati avevano reso popolare il tornese in Oriente ove era diventato una moneta nazionale, ma di esso invece non si trova traccia in Dalmazia, né nei documenti con- temporanei, ne nelle monete che si conservano nelle raccolte. In epoche diverse fu ordinata alla Zecca di Venezia la coniazione di tornesi , indicando quasi sempre le località dove dovevano essere spediti, e tro- viamo che erano destinati sempre ai possedimenti ve- neziani del Levante ma non alle coste dell'Adriatico. Più tardi altri esemplari di questo interessante nummolo furono rinvenuti presso i raccoglitori trie- stini e dalmati, e finalmente un tesoretto, abbandonato presso il Monte di Pietà di Treviso, mise alla luce quattro altri pezzi, tutti di migliore conservazione di quello esistente nella Raccolta Marciana. Ne parla Carlo Kunz nella sua: Miscellanea Numismatica (i), di- mostrando che l'argento in essi contenuto è di una lega più fina assai di quella dei tornesi e di poco in- feriore a quella usata nei soldini, per cui lo ritiene un mezzanino di grosso del valore di due soldi vene- ziani. Pure esso non è ne un tornese né un mezzanino, come risulta da una terminazione del Senato in data 31 maggio 1410 (2) nella quale lamentando, che nella città di Zara e nel suo territorio corrano monete forestiere, e cioè grossi di Crevoja (3) ed altri di buon argento del valore di tre soldi e meno che si spendono per quattro, — soldini ungheresi che non valgono se non otto denari e si spendono per un soldo , — e frignacchi W che non tengono (1) Kunz, Miscellanea Numismatica, Venezia 1867. (2) Documento A. (3) Grossi coniati a Spalato dal Duca Hervoja, fra il 1403 ed il 1412. (4) Denari di Aquileja, chiamati frisacensi, frisacchi e frignacchi. MONETA DALMATI^ 363 tre oncie d'argento per marca e si spendono pure per un soldo, — allo scopo di impedire questo danno, delibera di coniare una moneta contenente tre oncie di argento per marca, che vada a 42 pezzi per oncia, avente da un lato l'immagine di S. Marco e dal- l'altro uno scudo alto in quo sit nihil. È curioso il modo con cui questo decreto esprime quel concetto, che oggi è pressoché un assioma della pubblica economia, e cioè che la cattiva moneta caccia da un paese la buona, con queste pratiche parole : u Et hoc modo moneta nostra, videlicet grossi nostri qui u valent quatuor soldos, et soldus noster exeunt et dantur u venientibus Jadram et ad partes illas, qui ipsam mone- u tam nostram imbursant et dimittunt monetas suas, quae u sunt multo minoris valoris cum tanto damno nostro, n Nel 27 aprile 1414 W un altro decreto del Senato fa conoscere che la esecuzione del precedente era stata sospesa, ed assunte informazioni da chi ve- niva da Zara, ordina nuovamente la coniazione della moneta per la Dalmazia col fino di tre oncie e un quarto per marca , tagliandone da ogni oncia 44 pezzi, descrivendolo nello stesso modo, col S. Marco da un lato e lo scudo vuoto dall'altro. Il tenore di questi due documenti mostra esatta- mente il valore della moneta emessa per i bisogni della circolazione in Dalmazia, giacche secondo il Decreto 31 maggio 1410, essa avrebbe dovuto pesare grani veneti 13,714 ; secondo quello del 27 aprile 1414 avrebbe dovuto pesarne 13,09, ma siccome in quest'ultimo si migliorava la lega, poca era la dif- ferenza dell'intrinseco che sarebbe stato di gr. v. 5,142 (1) Documento C. 364 NICOLÒ PAPADOPOLI nel primo caso e gr. v. 6,317 nel secondo per ogni pezzo, e quindi due terzi circa del fino contenuto nel soldo veneziano , che in quel tempo pesava gr. V. 8,47 e conteneva gr. v. 8,065 d'argento puro. Da ciò si scorge il pensiero del Senato che inten- deva creare una moneta la quale sostituisse i soldi ungheresi che valevano otto piccoli, ed i denari fri- sacensi, ossia di Aquileja, che avevano molto favore in quei paesi e si spendevano per un uguale valore. A me sembra di riconoscere in questo pezzo il soldo di una lira speciale, probabilmente adoperata nel regno di Servia e comune a tutti i vicini paesi slavi, la quale fu conservata dagli ungheresi e dai vene- ziani e restò per molto tempo ancora come lira di conto col nome di lira dalmata. Anche il Lazari parla di questa lira (1) che si usava anche nel secolo XVIII : a proposito delle monete di Cat- tare (2) egli osserva che il grossetto di quella terra corrispondeva a due terzi del grosso veneziano e da varie circostanze accessorie arriva alla supposizione che questo grossetto si dividesse in quattro soldi mi- nori, equivalenti a due terzi dei veneziani , e che erano quindi soldi di una lira particolare a quei paesi ed inferiore di altrettanto alla lira veneziana. E però degno di attenzione che il nome di soldo non è mai pronunciato tanto nei decreti surriferiti, quanto in una deliberazione conservata nel Capitolare delle Brocche sotto la data 13 agosto 1410.(3) i^ cui si stabiliscono le competenze dei lavoratori ed i cali del metallo a proposito delle monete che si fanno per Zara; così pure è adoperata la parola generica di (1) La-Zari, Monete dei possedimenti, pag. 16. (2) Idem, pag. 48 e 49. (3) Documento B. MONETA DALMATI^ 365 moneta anziché quella di soldo pel pezzo su cui tro- viamo scritto MONETA DALMATIE. Anche lo scudo raffigurato sopra uno dei lati nella moneta fu argomento di discussione. Zon lo disse ignoto, Lazari iion seppe trovare una soddisfacente spiegazione e si smarrì in ipotesi credendo vedervi r arma Contarini , ma un' opera intitolata : Storia dei Dogi di Venezia (^-^ rilevò essere questo lo stemma della famiglia Surian, cosa che fece dire al mite Kunz che non vi è libro tanto cattivo che non contenga alcun che di buono. Infatti lo scudo d'oro con una banda a tre ordini di scacchi d' argento e di negro appartiene ad una della due case patrizie Surian (2) e si vede anche oggi scolpito in un marmo del quattrocento sopra un fabbricato al Malcanton che dà accesso ad un sottoportico ed una calle Surian. Ma non bastava avere rilevato lo stemma, era anche necessario sapere chi fosse l'illustre uomo di stato o di guerra cui fosse stato accordato r onore singolare di porre le insegne sopra una moneta coniata nella zecca di Venezia. Le storie sono mute a questo proposito e non ricordano alcun perso- naggio della famiglia Surian che abbia avuto in que- st'epoca una parte importante in Dalmazia. Qualche anno fa, V. Padovan (3) pubblicò un documento, dal quale risulta che un Jacopo Surian era capitano a Zara nel 16 luglio 1414, essendogli in tal giorno assegnata una piccola somma dal Senato per alcuni lavori da farsi nella casa di sua abitazione. Sebbene fra questa data e quella del decreto che (1) Biografie dei Dogi di Venezia. Doge CX. Venezia 1855. (2) Freschot, La nobiltà veneta. Venezia 1707, pag. 409. (3) Padovan, Le monete dei veneziani, pag. 80. -^s 366 NICOLÒ PAPADOPOLI ordina la coniazione della moneta per la Dalmazia corressero oltre due anni, epoca più lunga di quella che ordinariamente era la durata di simili cariche, e malgrado che sia nota a tutti la cura gelosa, colla quale il governo repubblicano vigilava perchè nessun personaggio, per quanto eminente, eccedesse nei po- teri o negli onori, pure mi sembra assai probabile che a questo oscuro Capitano delle armi a Zara, sia toccato il vanto di porre il suo stemma sulla moneta in questione. Non conviene confondere questo caso eccezionale colle iniziali e cogli stemmi di alcuni Conti e Rettori veneziani a Cattaro ed a Scutari^ perchè queste erano zecche secondarie, governate da propri statuti e lontane dalla sorveglianza dei prin- cipali corpi dello Stato, e meno ancora si deve con- fondere con le monete coniate da alcuni Provveditori generali o da altri comandanti delle armate in epoca di necessità. Per la moneta della Dalmazia si tratta di un'epoca più antica, nella quale non vi erano precedenti, e di un fatto che non può essere ad altri paragonato ; lo stemma Surian è disegnato chiaramente ed in modo da non poter essere confuso con altri in quello scudo che il Senato avea decretato dovesse ri- manere vuoto. Cercando pertanto quale abbia potuto essere la ragione che fece cambiare tale proposito, io credo indovinarla nel timore che la nuova moneta non fosse gradita ai paesi dov'era destinata, timore che trasparisce dalle parole dei decreti e dalllndugio frap- posto all'esecuzione della prima deliberazione. Allo scopo quindi di rendere più facile a quei popoli rozzi ed ignoranti l'accettazione di una nuòva moneta, biso- sognava farla quanto più fosse possibile simile a quella che essi adoperavano e ciò si ebbe di mira nello scegliere un tipo che ricordava in parte il denaro d' Aquileja, favorevolmente conosciuto in quelle regioni ed il cui MONETA DALMATI^ 267 intrinseco corrispondeva a quello della nuova moneta e cioè a due terzi del soldo veneziano. Anche lo scudo era stato posto sul rovescio della moneta per la Dalmazia, per ricordare quello che portava le insegne degli ultimi patriarchi, e probabilmente lo stemma Surian fu preferito ad ogni altro perchè poteva facil- mente essere confuso con quello del patriarca An- tonio II Panciera che pure aveva una banda scaccata con differenze che facilmente sfuggivano alla maggior parte del pubblico. Riproduco qui il disegno del diritto di tale denaro con l'arma Panciera, sembran- domi questo il modo migliore ed il più breve per di- mostrare il fondamento della mia supposizione. Ecco la descrizione della moneta per la Dalmazia: ^ — SANTVS MARCVS. Il santo in piedi di prospetto, vestito di abiti vesco- vili, nimbato di perle, colle mani aperte. 1^ — ♦ • MONETA DALMATI E. Entro un cerchio di perle, uno scudo con una banda scaccata attorniato da 3 gruppi ciascuno di 3 cer- chietti accompagnati da 6 punti. 368 NICOLO PAPABOPOLI Osserverò finalmente che per negligenza dell'inci- sore qualche esemplare rarissimo di questo pezzo ha l'arma disegnata a rovescio, per cui la banda fu convertita in una sbarra. DOCUMENTO A. Mccccx die ultimo maij. {Capta) Cum in civitate nostra Jadre et partibus illis currant et expendantur alie monete quam nostre videlicet : monete trium condi- cionum, videlicet : moneta quam cudit creuoia et aliqui alii, vide- licet grossos de bono argento valoris soldorum trium et minus et expenduntur prò soldis quatuor, et soldini huugari qui non valent denarios Vili , et expenduntur prò vno soldo, Et frignaclii qui non tenent tres vncias argenti prò marcha, et etiara expenduntur prò vno soldo, Et hoc modo moneta nostra, videlicet, grossi nostri, qui valent quatuor soldos , et soldus noster exeunt de bursis nostris , et dantur venientibus Jadram et ad partes illas, qui ipsam mone- tam nostram imbursant et dimittunt monetas suas, que sunt multo minoris valoris, cum tanto damno nostro, Itaquod bonum ymo neces- sarium est previdero, consideratis magnis expensis, deinde, et quod in omni parte mondi (sic) quilibet dominus et quodlibet dominium multam advertentiam et provisionem semper habét ad factum mone- tarum, Vadit pars, quod possint ed debeant cudi et fieri vna moneta, que teneat tres uncias argenti, prò marcha, et vadant xlìj prò uncia fa- MONETA DALMATI^E 3G9 ciendo figuram Sancii Marci apparati, ab uno latere, et ab altero la- tere, unum schutum altum, in quo sii nihil, ita quod erit ita modica differencia, quod considerato, quod de dictis fringnachis (sic) fiunt et cudiuntur, cum diversis stampis, dieta nostra moneta capiet subito cursum. Et mandetur rectoribus Jadre, quod teneant modum, quod expendatur dieta moneta faciendo etiam ipsam recipi , in solutionem nostrorum Introijtorum, Et ut fiat de ipsa experiencia debeant cudi et fieri prò nunc de dictis frignachis, usque ad ducatos mille, mit- tendo ad partem, ad partem ad partes Jadre sicut erunt facti. Et secundum quod videbitur dictam monetam novam respondere utilitati nostre, poterit provideri per hoc consili um prout bonum videbitur. (Archivio di Stato in Venezia — Deliberazioni (Secreta) Sonato ; Ko- gistro 4, carta 118 t.) DOCUMENTO B. Mccccx die XIII agusti. (In consiglio de xl capta) Cum de monetis que fiunt prò Jadra non sit datus ordo aliquis qualiter solvi debeat laborantibus ipsas in cecha nostra neque quan- tum debeat eis dari seu diraitti de callo etsuper hoc sit necessarium previdero Yadit pars quod fuxoribus dari debeat prò callo prò quo- libet centenario marcarum marca una et dimidia et prò labore suo parvi quator prò marcha, operariis prò calo marce tres prò c.° mar- carum et prò suo labore soldi quatuor prò marca, mendatoribus prò eorum labore soldi duo prò marca , stampitoribus prò eorum labore soldi sedecim prò sacco qui est marce sex et onzie tres, massarijs vero et ponderatoribus parvy novem prò marca. (Capitolare delle Brocche e. 16'). 47 Mi 370 N. PAPADOPOLI - MONETA DALMATI^ DOCUMENTO C. Mccccxiiii die XXVII aprilis. {Capta) Cura alias provisum foret in hoc Consilio propter diversas monetas quo expendebantur in Jadra forenses cura damno nostri Co- munis et monetarum ciinij nostri ac captiim quod deberet cudi et fieri lina moneta que teneret tres iincias argenti prò marcha et irent xLiiii soldi prò untia faciendo figuram Sancti Marci apparati ab uno latore et ab altero unum scutum altura in quo nichil sit, Et ut dieta experientia videri posset cudi deberet usque ducatos mille de dictis monetis novis et mitti ad partes Jadre expendendo de ipsa et reci- piendo in solutionera introijtiiura ut daretur cursus ipsi raonete, postea vero positura foret ad hoc Consiliura et Captura de revocando ipsam partera dubitando quod factum ipsius raonete non deberet bene suc- cedere Et sic hucusque dilata est res, sed taraen continue moneta pre- dieta expendita fuit, In tantum quod seoundura informationera quara haberaus per Johanem de bonisio notariura nostrura qui nuper venit a Eectore Jadre capit tara optimum cursum, quod non repperitur una moneta in Jadra, N'ara tota portata est per raorlacos infra terrani Et propterea multura fuimus confortati ut fatiaraus fieri de alia, Et quod oranes contentantur ipsam recipere et expendere, Et considerato quod talis moneta venit redundare ad utìlitatem et comodum nostri co- muuis bonum eit quod sicut inceptum fuit sic dari debeat executio ad fatiendum fieri et cudi de ipsa moneta cura stampa suprascripta que moneta tenere debeat tres untias et quartura unum Et de tem- pore in tempus facere laborari in illa quantitate que placuerit dorai •• nio et mittere ad partes Jadre et Dalmatie ut ibidem expendentur, Et quod factum dictarura raonetarura melius succedat de die in diera. De parte omnes alii De non 10 Non sinceri 2 (Archivio di Stato di Venezia — Senato Misti. Keg. 50, C. 102 t.). ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI XVII. DUCATO DELLA LIBERTA' DEL 1442-43. Il Cav. Giuseppe Fantaguzzi, R. Ispettore Archeolo- gico in Asti e distinto raccoglitore, facendomi ammi- rare una preziosa moneta che egli ha l'invidiabile for- tuna di possedere, mi autorizzava ad inserirla nelle Tavole Numismatiche Genovesi ora in corso di stampa ed a pubblicarla nella Rivista per quella più parti- colareggiata illustrazione che potesse richiedere. È un magnifico ducato a fior di conio del quale si unisce il disegno alla presente annotazione. ^' — * : LIB'TÀS : I : XPO : FIRMATA : A : Castello in un circolo di 8 archetti doppi, con stellette alle punte ed anellini agli angoli. 5I — * : CONRADVX : REX : ROMANOR : Croce patente in circolo eguale a quello del diritto, ma con piccole croci in luogo delle stelletto. Oro. Poso Gr. 3,54. Lo lettore sono soraigoticho. 372 GIUSEPPE RUGGERO È del tutto nuova per la serie Genovese questa leggenda della Libertà confermata nel nome di Cristo. Abbiamo bensì le monete colla leggenda libertas popvLT lANVE, corrispondenti alla sollevazione contro i Francesi nel 1507 ; abbiamo quelle con libertas GENVENSiVM, couiatc nel breve periodo compreso tra la liberazione dal giogo di Francia per opera di Andrea Doria, e la istituzione dei Dogi biennali e Governatori nel 1528 ; ma non ci sarebbe bisogno di dimostrare clie nulla può esservi di comune tra quelle e la presente moneta, non potendo passare inosservato anche agli inesperti di cose numismatiche la grande differenza che corre tra di loro. Basta il considerare che le lettere sono semigotiche nell'una e moderne nelle altre, e che il tipo degli ultimi ducati dei Dogi perpetui trovasi ridotto ad una semplicità estrema in fatto di ornamenti, mentre la moneta in discorso presenta quella eleganza di or- nati ancora in uso nella seconda metà del XV se- colo, sebbene meno ricca delle precedenti. Finalmente la leggenda stessa tanto dissimile da quelle usate nelle monete di Libertà del XVI secolo, ci avverte che si tratta di epoca diversa. L'egregio possessore della moneta mi dichiarava di crederla coniata verso la metà del XV secolo, e preferibilmente in seguito alla cacciata di qualche signoria estera. Ho dovuto convenire pienamente nell'opinione dell'amico circa all'epoca cui spetta la moneta stessa, e prima ancora di ricercarne la conferma la considerava come verità incontestabile : anzi ap- pena ebbi in mano quel ducato, mi parve che pre- sentasse caratteri tali da suggerire non solo una data approssimativa, ma financo l'anno stesso di coniazione. Potrebbesi obbiettare che i caratteri delle monete ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 373 Grenovesi sono alquanto instabili, ed io stesso ebbi a dichiararlo altrove : ma se vediamo differenze notevoli sopra monete di epoca eguale e di metalli differenti, è pur vero tuttavia, che prendendo a stu- diare separatamente una sola specie massime quella del genovino , constatiamo una certa costanza di caratteri, che riesce di sicuro criterio alla classifi- cazione cronologica relativa. Quando viene cambiato il tipo, si continua col nuovo senza interruzione fino a che venga sostituito un altro; così per la forma paleografica, messo in uso il semigotico, lo si con- tinua ad adoperare finché venga adottata la forma moderna, ne si ritorna all'antico, e lo stesso dicasi degli ornamenti accessori. Infatti, dopo il semplicissimo tipo della ianva ve- diamo quello col civitas già adornato cogli archetti. A questo succede I'ianva q . devs protegat stracca- rico di abbellimenti. Oltre al solito cerchio di per- line, evvi un secondo circolo formato da 8 archetti doj)pi con 8 rose nel concavo degli archetti stessi, 8 ornati trilobati alle punte ed 8 stellette poste agli angoli. Questo tipo continua inalterato fino al Tom- maso Campofregoso Doge XXI cioè per circa un secolo e mezzo, coll'unica leggera variante in alcuni genovini di Carlo VI i quali hanno i gigli alle punte degli archetti. Durante il dogato del Doge XXI e probabilmente verso la fine, si semplifica questo tipo sopprimendo le rose nel concavo degli archi: 8 stelle prendono il posto degli ornati alle punte ed 8 anellini si sostituiscono alle stelle negli angoli. La leggenda si fa semigotica, ed ha principio quella strana desinenza del nome di Corrado colla X, che viene continuata in tutti i dogati seguenti fino a quello del Cardinale Doge XXXI inclusive. Se la forma generale del nuovo tipo iniziato dal Tom- 874 GIUSEPPE RUGGERO maso Campofregoso non cambia, il successore del Tom- maso, Raffaele Adorno, v'introduce tuttavia una piccola variante. In alcuni suoi ducati che sembrano i primi coniati da questo Doge colle iniziali dei zecchieri a, e, invece delle stellette alle punte degli archi , tro- viamo delle piccole croci, ma solamente sul dritto. Nei rimanenti, coll'iniziale i, questa innovazione non è più limitata ad una faccia sola della moneta, ma è ripetuta sul dritto e sul rovescio , uso conti- nuato poi in seguito (l). In conseguenza di queste premesse, è chiaro che la moneta del Cav. Fantaguzzi non può rimontare ad epoca anteriore al Doge XXI , essendo stato questi il primo ad inaugurare il nuovo tipo colla leggenda semigotica ed il conradvx ; non può riferirsi ad epoca posteriore al Doge XXII perchè questi ha improntate le crocette, prima sopra una delle faccio della moneta e poi sopra tutte due. Poiché il ducato della Libertà porta le stellette sul dritto e le crocette sul rovescio , segna per questo solo la transizione più naturale ed evidente tra i ducati del XXI e quello del XXII Doge. La stessa iniziale del zec- chiere A ci fornisce un indizio importante a conferma del nostro asserto, essendo la stessa che figura sui primi ducati del Doge XXII cioè quelli che hanno le crocette su di una faccia sola. Questo zecchiere non essendo compreso tra i nomi che si conoscono per gli anni 1442-44-45-46, deve appartenere al 1443, unico anno del Dogato dell'Adorno per il quale i documenti sino ad ora non abbiano dato nomi di (1) In qualcuno dei ducati compresi tra il XXII ed il XXXI Doge, avviene che per essere il braccio esterno delle crocette più corto o confuso tra le punte degli archi, le croci stesse sembrino trifogli. ANNOTAZIONI NUMISMAT1CH]E GENOVESI 375 soprastanti : ecco il perchè la stessa iniziale trovasi tanto sul ducato della Libertà quanto sui primi du- cati del Doge XXII. Dovremo dunque limitarci a ricercare gli avvenimenti successi tra questi due Dogi, poiché la moneta per i suoi caratteri trovasi evidentemente a posto suo in questo intervallo. Veramente un governo che si conferma in modo tanto solenne come viene da questa leggenda dichia- rato, sembra più compatibile come osservava giusta- mente il Fantaguzzi, colla cacciata di qualche estera dominazione, di quello che non lo sia con una rivolta che abbia interrotto o troncato il governo di un Doge. Tornerebbe in acconcio al caso nostro l'epoca della cacciata dei Milanesi nel 1435 seguita dalla elezione dei Capitani di Libertà, se non fosse in aperta contrad- dizione con i caratteri più importanti del ducato in discorso, perchè il nuovo tipo colle lettere gotiche ed il CONRA.DVX non cominciò, come si è visto più sopra, che negli ultimi anni del Dogato XXI. Siamo costretti perciò a riconoscere che si tratta di rivolta contro il Doge, ed abbiamo precisamente quella avve- nuta addi 18 Dicembre 1442, la quale coincide col- r epoca esatta suggerita dai caratteri della moneta e conferma l'assegnazione fattane. Se la supposizione dell' egregio possessore viene a cadere, non è detto per questo che non fosse lo- gica e probabile. Questa solenne proclamazione di libertà per la cessazione di un governo cittadino, ripugna a noi che della libertà abbiamo un concetto diverso. Ma è da considerare che male si giudicano i fatti alla stregua delle idee nostre, essendo invece conveniente di riferirli a quelle che correvano nel tempo, nel luogo e nelle condizioni , nelle quali i fatti stessi sono avvenuti. Gli antagonismi tra le fa- zioni, tra le classi e tra i diversi casati, che contri- 376 GIUSEPPE RUGGERO biiivano alla instabilità del governo , alle straniere ingerenze ed alle continue discordie e danni, face- vano si che venissero posposti gli interessi della re- pubblica a quelli della classe, della parte e del ca- sato. In conseguenza di ciò la parola libertà signi- ficava disfatta per il parti.to avverso, ed ognuno agognava a quella libertà che consisteva nell'imporsi ai vinti. Colpa de' tempi più che degli uomini, che malgrado tutto vediamo di tratto in tratto riful- gere fra questi, nobili caratteri ed esempi di gene- rosità, disinteresse , ed amor patrio ; e bisogna pur concedere che ogni partito fosse in buona fede, cre- dendo se stesso indispensabile al bene della patria, e non dubitando nemmeno della sanzione divina al trionfo della propria causa. Il governo al quale si riferirebbe la moneta in discorso, avrebbe dunque funzionato dopo il Doge XXI per un periodo di tempo sufficiente allo intaglio dei conii, e quindi avrebbe cessato colla elezione a Doge del Raffaele Adorno. Quel Raffaele, figlio e nipote di Dogi , chiaro per virtù e sapere , il quale dopo avere accettato il supremo potere offertogli nel Gen- naio del 1443, spontaneamente lo rinunziava quattro anni dopo, nella speranza che tale atto dovesse gio- vare a troncar le discordie cittadine. Speranza vana, perchè nel giorno stesso veniva eletto altri dello stesso casato, e Genova non ebbe quella pace che il Raffaele credeva averle donato. Neqiie imminuittir egregìi in Patriam promeriti gratia , quod sanctum coìisilium effectu caruerit, animis civium alio tenden- tibus, sed aiigetur laus, qicod in depravatis cwterorum studiis^ ipse in diligenda patria unici exempli ea etate fuerit " (1). Elogio che vogliamo ritenere come ben (1) ITberti Foliet^. Clarorum Ligurum elogia. Genuse, 1588, pag. 218. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 377 meritato per questa rinunzia, sebbene qualche altro fatto possa far giudicare meno favorevolmente il ca- rattere dell'Adorno ; quale sarebbe quello della parte sostenuta da lui contro il Tommaso, del quale aveva prima favorito l'assunzione al Dogato. Nelle tavole cronologiche dei Dogi riportate da diversi autori, non è segnata l'interruzione del go- verno ducale al 1442. Quelli tra gli storici Geno- vesi che ne fanno menzione, si limitano a dire della congiura del Gian Antonio Fiesco, dell'assalto al palazzo nel 18 Dicembre , e della resa del Doge a Raffaele Adorno : della nomina degli anziani e dei Capitani per il governo della città, e final- mente della elezione a Doge dell' Adorno. Vediamo infatti che ne dice il Giustiniani che è lo scrit- tore più vicino a quell'epoca avendo egli dettato i suoi annali 22 anni più tardi: u E quella notte il u Duce ebbe notitia che il Flisco era entrato, e che u Tarme s'erano levate centra di lui, ed il giorno se- ti guente (18 Die.) fu pregato il Duce che dovessi u cedere al Ducato per più pacifico della città, e u rispose che non voleva far questa cosa senza ma- u turo consiglio, e furono eletti sedeci cittadini dalla u maggior parte del populo, i quali poi elessero u Battista da Guano dottore, Pietro de flisco, Bat- u tista de i fornari, Demetrio Cattaneo., Thedisio a d'oria, Pietro bondinaro, Andalo maruffo, e luca u di grimaldi, o si levò gran tumulto, e già la mag- « gior parte giorno ora passata, ed il Flisco con i u congiurati armati assaltorono il palazzo, e senza u esserli fatta alcuna resistenza l'occuporono, ed il u duce Thomaso si ridusse in la torre dell'horologio, u e poi si diede in balia di Raffaello Adorno. E gli u Antiani con gli aggionti elessero otto capitani u della libertà Raffaello adorno dottor di legge, 48 878 GIUSEPPE RUGGERO « Gianne antonio di Flisco cavalliero , Paolo di al- « baro, Andalo maruffo, Lamba d'oria, Battista spi- « noia, Meliaduce salvago, e Dominico ricio di bar- u gaglio macellaro e l' anno di mille quatrocento u quarantatre , la Città era sotto il reggimento de li gli antiani e de gli otto capitani della libertà so- u pradetti , e per che non erano troppo concordi u insieme, e per qualche altre cagioni il magistrato u loro fu compiuto il vigesimo ottavo giorno di ge- Li naro, e quel giorno medesimo fu eletto pacificamente u Duce della città Raffaello Adorno sopradetto figlio u di Georgio e nepote di Antoniotto, etc. j? (l). Quel u poi si diede in balia dell' Adorno ') po- trebbe lasciare in dubbio circa la data precisa della cessazione del governo ducale , se il eh. Desimoni non ci venisse opportunamente in aiuto , indican- doci lo stesso giorno della rivolta come data della rinunzia al Dogato, ed il successivo (19) per F ele- zione degli 8 Capitani, citando la fonte cioè il Be^. 31 e 526 Diversorum in Archivio di Stato (2). La leggenda del ducato lascia supporre che la fine del governo ducale e lo inizio del nuovo reggi- mento dei Capitani, abbia avuto luogo in modo so- lenne. Pare dunque che la fiducia nella stabilità del nuovo governo fosse tale , da credere davvero alla definitiva abolizione del dogato a vita , causa non ultima delle discordie cittadine : ma non do- veva riescire allora quello che avvenne invece 85 anni più tardi, quando per le mutate condizioni dei tempi si poterono inaugurare nuove istituzioni senza (1) Edizione originalo. Genova, 1537. Libro quinto. P. Car. CCIIL (2) Vedi Atti della Soc. Lig. di Storia patria. Voi. XVII, in Appendice alla descrizione deirAquiliiio d'argento Genovese, ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 379 cambiare il titolo della prima carica. In tal modo noi vediamo quel governo cui spettano le monete colla leggenda libertas genvensivm, nato dalla cac- ciata dei Francesi, dare origine alla riforma del 1528, mentre quello che pomposamente ostentava sulla moneta che è tema del presente scritto, una Libertas in Chrìsto firmata, nata dalla congiura che cacciò di seggio il Campofregoso e che pareva ri- promettersi lunga vita, ebbe a sparire dopo un mese e poco più lasciando le cose come stavano prima. Al 28 Gennaio 1443, secondo il Giustiniani più sopra riportato, il magistrato loro fu compito, e quel giorno medesimo fu eletto pacificamente a Doge l'Adorno. Quali furono dunque le cause del ritorno al governo de' Dogi? a Perchè non erano troppo concordi u insieme e per qualche altre cagioni ". Alla prima causa, la discordia de' governanti, crediamo con tutta facilità e ci accontentiamo di questa sola per spie- gare il fatto ; in quanto alle altre , se pure altre ve ne furono, non possiamo dire di conoscerle, e forse non le conobbe neppure lo stesso Giustiniani. Il Serra accenna ad un tentativo per comporre le cose cioè la proposta elezione di due Capitani per un anno, fallito il quale, si dovette addivenire alla elezione dell'Adorno W. È da sperarsi che in seguito a nuove e speciali investigazioni dei documenti, possa venir fuori mag- gior luce a rischiarare i fatti dell'epoca. Intanto dobbiamo andar lieti che le testimonianze numis- matiche vengano di tratto in tratto a togliere dubbi, a confermare alcuni avvenimenti, a consigliare nuove (1) storia dell'antica Liguria e di Genova. Voi. Ili, pag. 177. Non cita la fonte. 380 G. RUGGERO - ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI ricerche, ed a provare Timportanza dei nummi e delle numismatiche discipline. Ho terminato il compito mio per la classificazione del ducato, il quale forma il più beli' ornamento della collezione dell'egregio amico il Cav. Fantaguzzi, colla convinzione che rimanga campo ad altri più specialmente indicato per competenza e per posizione di ufiìcio di studiare ed investigare i documenti re- lativi a questo momento storico compreso tra i do- gati del Tommaso Campofregoso e del Raffaele Adorno. Poiché l'augurio che altra volta io rivolgeva alla Numismatica Genovese (v. Annoi. IX) ha avuto ef- fetto col rinvenimento di questa importante ed unica moneta, lo rinnovo sperando che nuove scoperte si succedano a portare risultati sempre più soddisfa- centi. E questo voto e questa speranza non sembrano esagerati, se consideriamo che rimangono tuttavia molti dogati, alcuni governi di libertà e qualche estera dominazione, non ancora rappresentati nella serie metallica Genovese. Caserta, luglio 188 9. Giuseppe Ruggero. LA ZECCA DI FANO NEL 1797 Nel Saggio di Bibliografia Numismatica delle Zecche italiane compilato dagli egregi signori Francesco ed Ercole Gnecchi è detto , parlando della Zecca di Fano, che : u Le monete col nome di Pio VI e di questa città, degli anni 1775-1789, furono fatte co- niare da questo Pontefice nell'officina di Roma. " Che io sappia non si conoscono monete col nome di Fano dell'epoca ivi accennata, forse per errore di stampa, bensì ne sono note due pubblicate anche dal Cinagli (N. 394 e 450) colla data del 1797. A queste credo ab- biano voluto alludere gli egregi Autori e sono appunto della categoria di quelle che uscirono in tanta copia da quella medioevale rifioritura di zecche, e che i signori Gnecchi, seguendo in ciò il Promis ed altri, ritengono quasi tutte coniate nella zecca di Roma. Se le cose fossero andate come essi opinano non si giungerebbe a comprendere la ragione per cui venne coniata moneta col nome delle varie città nell' unica officina di Roma, mentre invece è evidente che, mol- tiplicando le officine monetarie, i reggitori di allora ebbero in animo , con quanto criterio si vide alla prova, di rimediare alla deficienza di numerario che GIUSEPPE CASTELLANI affliggeva le casse pubbliche e private. Con l'ipotesi della zecca unica o quasi, non si riescirebbe nemmeno a spiegare come le monete siano state battute col nome di una piuttosto che di un'altra città, laddove tutte le città dello Stato Pontificio vi avrebbero avuto uguale diritto, o per lo meno non ne sarebbe stata esclusa alcuna di quelle che in altri tempi avevano avuto il privilegio della zecca. Io quindi ritengo che la molteplice varietà di Ma- donnine, Sanpietrini, Baiocchi e Quattrini che si co- noscono coi nomi delle diverse città dell' ex-Stato Pontificio siano il prodotto di vere e proprie officine monetarie e non già varietà di prodotto dell'unica officina di Roma. In questa mia idea mi conforta il fatto che gli stessi signori Gnocchi, parlando della zecca di Sanse- verino, dicono che vi si coniò effettivamente moneta, conservandone le prove il Conte Servanzi-Collio. Anche le monete di Ascoli-Piceno, delle quali pure nel Saggio succitato si dice che furono coniate nella zecca di Roma, sappiamo invece dall'opera del De- Minicis sulla 'Numismatica Ascolana, che furono effet- tivamente coniate in Ascoli, dove Carlo Lenti in forza di un chirografo Pontificio apri e condusse la zecca che continuò a lavorare anche sotto la Repubblica Romana. Nell'operetta poi del De-Minicis in una nota è ri- portato l'elenco delle città dello Stato Pontificio che ebbero la concessione della zecca nel 1797. Ora chi ci sa indicare monete col nome di Fabriano, Filottrano, Loreto e Tolentino che 'pure sono comprese in detto elenco ? E per qual ragione di queste città non vi sarebbero, se la coniazione fosse avvenuta a Roma ? Il De-Minicis dice addirittura : u Le città di Fabriano, « Filottrano, Loreto e Tolentino ebbero i chirografi LA ZECCA DI FANO NEL 1797 383 u ma non fu in esse posta in esercizio la officina u monetale. » E l'autorità del De-Minicis è grande, tanto più che scriveva nel 1853 quando erano più fresche e vive le memorie dell'epoca di cui si tratta. Qualche ricerca negli archivi delle città di cui si conoscono monete degli ultimi anni del secolo scorso, finirà col dare la prova completa della mia asser- zione e gli studiosi, sono persuaso, se ne interes- seranno. Ma lasciando di generalizzare, veniamo alla zecca Fanese. L'Archivio Comunale di Fano di recente riordi- nato da Mons. Aurelio Zonghi è miniera inesauribile di preziose notizie. Da qualche tempo , quando le mie occupazioni me lo permettono, ci passo qualche ora a raccogliere tutto quanto si riferisce alla zecca di Fano. In queste ricerche appunto m'imbattei nelle carte che mi diedero occasione a .scrivere questo articolo. Dell'epoca cui accenniamo sono poche le notizie rimaste perchè negli sconvolgimenti e cambiamenti di governo improvvisi cui andò soggetta Fano, è natu- rale che molte memorie siano ite disperse. Però fortu- natamente si è salvato tanto da darci una prova com- pleta non sólo della effettiva esistenza della zecca, ma anche della sua attività e della quantità di moneta prodotta. Da quanto finora ho rinvenuto non si rileva la cagione della chiusura della zecca stessa anche prima del periodo repubblicano, mentre diverse altre consimili continuarono a lavorare. Non dispero però che ulteriori ricerche non mi mettano in grado di chiarire anche quest'ultimo punto. Il primo documento è una lettera che il Tesoriere Generale dello Stato, Mons. G. Della Porta, dirigeva al Governatore di Fano, Mons. Fabrizio Sceberras- 384 GIUSEPPE CASTELLANI Testaferrata , a proposito della concessione della zecca, nei termini seguenti : a m.mo e R.mo Sig. P.ne Col.mo, u Essendosi la Santità di nostro Signore nel Chirografo u segnato com'Ella ben sa a favore di cotesto sig. Girolamo u Morici per l'apertura di una Zecca di Eame in codesta a Città degnata di rimettere al mio arbitrio la scelta di a quattro soggetti da deputarsi al buon andamento della zecca a stessa, io ho creduto opportuno di prescegliere il sig. Fi- u lippo Oav.'"'' Uffreducci per primo deputato, il sig. Co: Fran- u Cesco Corbelli per secondo, il sig. Cav.""^ Andrea Galan- te tara per terzo ed il sig. Domenico Amiani per quarto. a Credo pertanto opportuno di renderne immediatamente u intesa V. S. Illma, e siccome poi fra le anzi dette cau- u tele ingiunte ad oggetto di garantire nel miglior modo u possibile l'interesse, che ha la E,. C. nella estrazzione u delle monete battute vi è ancora quella che in ciasche- u duna di dette estrazzioni oltre l'intervento dei sudetti u quattro Deputati vi si aggiunga ancora la presenza di u y. S. Illma e del Capo dei Magistrati , cosi io non tra- u scuro di rimarcarle questa particolar circostanza espressa u nella Sovrana concessione persuaso, che anche in questa u occasione non lascerà di dare nuovi contrassegni del di u Lei zelo ed attività con portarsi unitamente al capo del u Magistrato tutte le volte che verrà intimato ad assistere u all'atto legale dell'estrazzione in unione degli anzidetti u quattro Deputati. E perchè nel Chirografo stesso, si di- u. spone, che per il rogito necessario dell'atto dell'estrazzione u assista un Notaro in qualità di Cancelliere da me depu- u tato specialmente le partecipo aver prescelto per questo u effetto il Segretario Comunitativo di codesta stessa Città. a Non lascio infine di significarle , che contemporanea- u mente prescrivo al predetto sig. Intraprendente , di esi- u birle subito copia del surriferito chirografo di concessione LA ZKCCA DI PANO NEL 1797 385 u affìncliè resti intesa degli obblighi assunti dallo stesso « sig. Intraprendente , non meno che delle cautele stabilite u in ordine alle ridette estrazzioni e con perfetta stima mi u confermo. u Di y. S. 111. ma e R.ma « Eoma 26. Ag. 1797. u. Bev.mo Ohb.mo Serv.e « G. Della Porta Tes. G.le. ti Mons. Governatore di Fano n. Entro a questa lettera che si conserva in originale nel Voi. XXII diQ\ Registri ^ono acclusele memorie, pure originali di mano del segretario Staccioni, delle varie estrazioni di monete eseguite dalla zecca e che qui riproduco : u Adesivamente al chirografo del Sommo Pontefice in u fav. del sig. Girolamo Morigi apertosi sotto il di 10 ot- « tobre 1797 per la prima volta il cassone delle monete co- ti niate in questa zecca di Fano consistenti in grossi E,o- u mani da baj : cinque l'uno, e mezzi grossi di baj : due e u mezzo l'uno e queste pesate, si trovarono i grossi essere ti di libre 199, e mezzi grossi libre 98 ; che in ragione di u libra una per scudo costituiscono in tutto scudi duecento ti novanta sette E'. Agostino Staccioni Sec.rio dell' Ill.ma u com.tà di Fano. u Nelle solite forme apertosi sotto il di 13 ottobre 1797 ti il cassone delle monete coniate in questa Zecca di Fano ti consistenti in grossi da baj. cinque l'uno, e pesate si u trovarono essere di libre cinquecento ottantatre, che in ti ragione di libra una per scudo costituiscono scudi cin- u quecento ottantatre. In fede u Cosi è Agostino Staccioni Not.° e secr. pub.° 49 386 GIUSEPPE CASTELLANI u Sotto il dì 24 ottobre 1797 apertosi il cassone delle u monete coniate in questa Zecca di Fano si trovò come u siegue « Grossi di baj 6 l'uno libre 77 « Mezzi Grossi bai 2 % l'uno libre 607 a in t.° libre 684 u che in ragione di libra una p. scudo costituiscono Se. 684. u Cosi è : Ag.no Staccioni Secr.io pub." a Al Noe, ecc. Adi ult.° ott.'' 1797. Alla p.nza dei Nob. u Sig.' Dep.*' e di me Not.° e Secr.io si è aperto il cassone u delle monete coniate in q.^ zecca consistenti in grossi u L.® 196 e mezzi grossi, L.*^ 10, 6. 4. Che a rag.'' di una u lib.^ p. scudo sono Se. 206. u TT. Ag.no Veneranda e Dom.co Sora. v Come si vede sono gli appunti presi dal segretario sul luogo e che dovevano servire alla compilazione degli stromenti regolari di estrazione. E infatti di quelle del 10 e 24 ottobre v' è una minuta dalla quale apprendiamo la presenza alla prima estrazione di: S. Sig. III. ma e R.ma Mons. Fabrizio Sceberras-Te- staferrata Gov.re degnissimo, dell'IlLmo sig. Pietro Ga- brielli Gonfaloniere ossia capo della Magistratura, dei lodati sigg. quattro Deputati ed intimati preventivamente a quest'atto sebbene assente il sig. Comm.''" Galantara, ed all'altra del Mag.'" sig. Avv.to Filippo Piselli luogot. ^' g.le, Pietro Gabrielli Gonf." Cav. Filippo Uffreducci e Cav. Andrea Comm.''" Galantara e dei Testimoni Ag.ìio Veneranda e Saverio Tonucci. Le memorie delle estrazioni non vanno oltre alla fine di ottobre per cui è a credere che la zecca non LA ZECCA DI FANO NEL 1797 387 lavorasse effettivamente che un mese circa, proda- cendo 1770 scudi di moneta. Negli stessi foglietti ab- biamo quest'altra memoria pure di mano dello Stac- cioni in cui dice : u Date due copie autentiche di dette estrazioni sino al u. 31 ottobre 1797 ; una cioè al sig. Cav. Filippo UfFreducci u e l'altra al sig. Girolamo Morici cbe la richiesero, nulla u avendo ritirato, n E anche da questa parrebbe confermata la chiu- sura della zecca al 31 ottobre. Finalmente nei fogli medesimi abbiamo un ultimo appunto : ce Adi 14 xbre 1797. u Furono trovati nel Luogo designato alla zecca tre ci- u lindri di madonnine e due di S. Pietrini , componenti u in tt.° pezzi dieci , che vennero consegnati al sig. Ln.te u p.nte e p.nte eziandio il sig. Fr.co Corbelli e alla p.nza u di Luigi Eusebi e Grio. Batta Cesarini. n Questa parrebbe la consegna definitiva del mate- riale della zecca, da cui apprendiamo come fossero tre i coni delle Madonnine e due dei Sampietrini. Non so se gli esemplari conosciuti di queste monete pre- sentino le varietà corrispondenti, perchè io , assiduo ricercatore delle monete Fanesi , non ne posseggo alcuno e non se ne conserva nessuno nemmeno nel- l'Archivio Comunale dove pure abbiamo una piccola collezione di monete della zecca di Fano. Prima di chiudere questo articolo mi pare oppor- tuno ricordare, che scorrendo il minutario delle let- tere scritte dal Comune in quell' epoca, ho dovuto convincermi sempre più che con la istituzione delle 388 GIUSEPPE CASTELLANI diverse zecche si credeva di aver trovato uno specifico miracoloso per rimediare alla mancanza di numerario e con esse si sperava di porre un argine alle cedole che inondavano le casse pubbliche. Infatti in molte lettere scritte all'Agente del Comune in Roma abate Francesco Cancellieri, si parla della urgenza di cam- biare le cedole che il Comune aveva avuto in paga- mento delle spese sostenute per le truppe pontificie, e finalmente si riporta dal Tesoriere G-enerale la promessa che il cambio sarà eseguito, almeno in parte, colla moneta che verrà prodotta dalla nuova zecca. Ma , aperta la zecca , le cedole non vengono cam- biate, e il Comune li 15 ottobre 1797, cosi scriveva al Cancellieri : u In altre di Lei lettere ci assicurò di avere Mons. Te- li soriere dato ordine al sig. Morici intraprendente qui la u zecca per il cambio alla prima di Se. 300: almeno di « quella maggior somma ritirata in tante cedole per il rim- « berso delle spese alla truppa pontifìcia per poi far lo « stesso successivamente del residuo. Al momento della di « lui venuta in q.** città ne fu da noi interpellato e com'egli « si dimostrò propenso alla prima in seguito si lasciò uscir « di bocca non averne ricevuto l'indicato ordine ma che « ove gli pervenisse si sarebbe prestato. Sono già seguite u due estrazioni di moneta in più centinara di scudi e si « rimane nelle stesso desiderio di prima e con le cedole « in cassa senza speranza d'esitarle. r\ E anche questa volta il desiderio restò inascoltato, tanto che un mese dopo, il 16 novembre 1797, e' è una lettera in cui malinconicamente si dice : « Già prevedevamo che per parte ancora di questa zecca M fosse andato a vuoto il cambio dei Se. 300 promessi da LA ZECCA DI FANO NEL 1797 389 u Mons. Tesoriere per allora e quindi per il residuo già u ritirato in buona fede in cedole a rimborso di altrettanti u in contanti sborsati per servizio della truppa ponti- te ficia, ecc. Ti E così i miracolosi effetti che si promettevano e speravano dall'istituzione delle zecche andavano in fumo. Giuseppe Castellani. « » » UNA MEDAGLIA DI ANTONIO ABONDIO I lavori del valente medaglista lombardo Antonio Abondio il giovane, che visse dal 1538 al 1591, di- morando quasi sempre in Germania ed in Austria, dove illustrò con quest'arte sua, comcì colla pittura e colla scultura, le Corti di Massimiliano II e di Ro- dolfo II, sono numerosi , ma ben noti agli studiosi ed agli amatori , in ispecie dopo la recente pubbli- cazione riassuntiva fattane dal compianto Armand. Possiamo quindi chiamarci fortunati, se ci è dato di presentare ai cortesi Lettori di questo periodico una medaglia che riputiamo inedita, di cosi cele- brato artista. Si tratta di una larga prova in piombo (mm. 130 di diam.), senza rovescio, che si conserva nel Gabi- netto di Brera, e che, quantunque non finita in tutti 392 SOLONE AMBROSOLI i suoi particolari, è ben degna del maestro di cui reca la firma, A-A. Rappresenta un giovane nello sfoggiato costume del Cinquecento, con barba e capelli increspati, che nella destra tiene un torso di statuetta , poggian- dolo su di un tavolino coperto da un ricco tap- peto a rabeschi, e nella sinistra tiene un compasso, quasi stesse studiando le proporzioni anatomiche del torso. Nello sfondo, su di uno stipo, un vaso ele- gante dal collo esile , da cui escono alcuni fiori graziosissimamente tracciati. In alto , ad arco , si legge: ANDREAS • FVSCHVS • {Tav. V). Chi fosse questo Andreas Fuschiis non ci è riu- scito di sapere ; ma è probabile che sia un perso- naggio straniero, dal nome latinizzato (1), come quel Fasch o Fuschius , medico bavarese del principio del Sec. XVI, o quel Fuschio di Limburgo, che vi- veva verso la fine dello stesso secolo. Quest' ipotesi è avvalorata dalla circostanza che i personaggi rap- presentati sulle medaglie di Antonio Abondio sono quasi tutti stranieri, dimorando egli in Germania od in Austria, come si è detto. (1) Fra gP italiani di quel tempo, non abbiamo trovato un nomo corri- spondente. Si Ila bensì una medaglia di Orazio Fusco da Eimini (v. Armand, Médailleurs Italiens des XV« et XV b Siècles, ediz. 2* , voi. I, pag. 255, n. 8), e questa circostanza ci aveva fatto sperare che colà si potesse sco- prire qualcosa intorno al nostro personaggio; ma essendoci rivolti per in- formazioni all'egr. Dott. Carlo Tonini, figlio del chiaro storico riminese ora defunto Comm. Luigi, no abbiamo avuto gentilmente in risposta che di nessun Andrea Fusco si trova memoria in Rimini a quell'epoca. UNA MEDAGLIA DI ANTONIO ABONDIO 393 Se tale è il caso, ai nostri colleghi d'Oltralpe non dovrebb 'essere difficile di rintracciare questo Andreas Fuschus^ foss'egli poi un artista W, un collettore, un antiquario, uno studioso , un semplice dilettante di arte e d'archeologia. Noi per ora dobbiamo tenerci modestamente paghi di aver richiamato l'attenzione su di lui e sulla bella medaglia in cui ebbe la for- tuna di vedersi effigiato per mano di tanto maestro . SoLONE AmBROSOLI. (1) La statuetta ed il compasso potrebbero forse aver anche un signi- ficato soltanto emblematico, potrebbero indicare che il personagg-io raffigu- rato fosse scultore od architetto insieme, 5o WU MEDAtìLIi COMIIORATIVA MILANESE (1659) Fra le innumerevoli Medaglie milanesi del se- colo XVII non mi era mai occorso di trovarne una eseguita per ordine espresso della città e in forma ufficiale allo scopo di commemorare un fatto. La piccola medaglia d'argento che oggi presento a miei lettori, e della quale non trovo menzione in alcun libro , riunisce appunto questi requisiti , essendo indubbiamente stata coniata dalla città di Milano in ricordo della famosa pace conchiusa nel 1659 fra la Spagna e la Francia , sebbene, per quanto mi consta, non esista un atto pubblico che lo te- stifichi. Ecco la descrizione della medaglia : i^ — CIVITAS • MEDIOLANI • ANNO • PACIS • 1659. Nel campo lo stemma della città di Milano, sormon- tato da corona. Sotto questo due altri stemmi. Quello 396 ERCOLE GNECCHI a sinistra (1) è del Vicario di Provvisione Pirro de Capitani di Scalve, e quello a destra (2) è del luogotenente o Vice-Vicario di Provvisione Barnaba Barbò (3). 9I — GVBERNANTE • EXC • D • COM • DE FONSALDÀNEÀ (4). Nel campo S. Ambrogio in piedi di prospetto, mitrato e nimbato. Tiene nella sinistra il pastorale e nella destra lo staffile alzato in atto di percuotere due ariani giacenti a terra sotto i suoi piedi. Questa medaglia ricorda dunque la pace detta dei Pirenei conchiusa nelF isola dei Fagiani il giorno 7 novembre 1659 fra la Spagna e i Gallo- Estensi. La notizia di tale avvenimento giunse a Milano il 28 novembre (Allegato A), e riuscì graditissima alla popolazione, come ne fanno fede le decisioni prese dal consiglio dei Decurioni (Alle- gato B) ; giacché, sebbene questa pace non sottraesse la Lombardia dal malgoverno della Spagna, le apriva un'era di tranquillità e di alleviamento, cessando le requisizioni militari, gli arbitrii e gli oneri che lo stato di guerra le arrecava. Ercole Gnecchi. (1) Aquila nera coronata in campo d'oro. (2) Bue passante d'argento, in campo rosso, accompagnato da tre stelle di otto raggi d'oro, due sopra ed una sotto. (3) Il Vicario di Provvisiono durava in carica un anno, doveva essere milanese e del collegio dei Giurisperiti : era capo della città e del territorio milanese, corrispondente (sebbene con potere e dignità assai maggiori) alla carica attuale di Sindaco. Il luogotenente Vice- Vicario di Provvisione era eletto Vicario l'anno seguente. (4) Don Alfonso Perez de Vivero conte di Fuensaldagna. Eletto governa- tore e capitano generale dello Stato di Milano nel settembre del 1656, ri- mase in quella carica sino all'aprile del 1660. Morì l'anno seguente. UNA MEDAGLIA CO. \. MEMORATIVA MILANESE (1659) 897 ALLEGATI. Lettera di Diego Zapata segretario del Gran Cancelliere don Luigi Ponze de Leon al Vicario di Provvisione in data 28 novembre 1659. S. Mio, u Su Ex." me ha ordenado (que de sa parte) diga a V. S. u come llegò a noche el despaclio del Senor Don Luis con a la publicacion de las Paces generales entre las dos Co- u ronas y quelas Plazas de Italia se entragassen el dia u 30 deste mes, y que se sirva V. S. de parteciparlo à los u de la Oiudad , paraque no se dilate la noticia de gusto, u por ser successo tan desseado, y la ocasion de rendir luego u a N. Seùor infinitas gracias por beneficio tan particular « y de tanta consequencia para su mayor servicio de am- « bas Magg.'^®^ y delos subditos. La divina guarde a u V. S. muchos anos come desseo. Casa oy Viernes 28 de u Noviembre 1659. a B.... S.... u Diego Zapata u S/ Vicario de Provision A S. Vicario de Pro vision guarde Dios. n Seduta dei LX Decurioni della città di Milano tenutasi il 1° dicembre 1659. 1659 primo dicembre. u Congregati nella solita sala dell'Officio di Pro visione u della città di Milano, detta la cameretta, li Ss" Pirro de u Capitani Vicario di Prov."^ eco... {Segue la distinta di oltre 39 ERCOLE GNECCHI u due terzi dei sessanta decurioni). Disse il Sig. Vicario che u finalmente con 1' aggiuto Divino era giunto il giorno u tanto desiderato della confirmazione della pace, di che il u Sig. Gran Cancelliere gli lia dato parte con suo partico- u lare biglietto, da parteciparsi a loro Signori, il quale ce però si lesse ed è il seguente.... {Vedi Allegato A). u Doppo di che, doppo varj discorsi fatti dai SS." con- u gregati, sopra le dimostrazioni da farsi in rendimento di u grazie a S. Divina Maestà per un tanto benifìcio, et alla « Maestà del Rè nostro Signore, suoi Ministri.... {Segue il tenore delle proposte le quali vennero deliberate a maggioranza di voti e sono :) u Che in nome di questo Cons. Generale si compisca con u S. Ecc. in congratulazione dell'avviso dato della pubbli- u cazione della Pace ellegendo sei Cavalieri a sorte dai u SS." LX, i quali accompagnino il S. Vicario in questa u Funzione. u Elezione de suaccennati Cavalieri infrascritti e sono : u Conte Pirro Visconti-Borromeo, Gio. Giacomo Schiaffenati, u Conte Giacomo Legnano, Conte Carlo Corio, Conte Fran- u Cesco Visconti e Giovanni Negrolo. u Che si scriva alla Maestà del Re nostro Signore in u rendimento di grazie per il sollievo che si è degnato di a concedere a questo Stato con la Pace stabilita , suppli- u candola insieme a far godere a questi suoi fedelissimi u sudditi, gli effetti più pronti di questo benefìcio, scrivendo u anche nel medesimo proposito al S. D. Luigi de Haro. u Che si faccia qualche dimostrazione di pietà in nome u pubblico per rendimento di grazie a S. D. M.*^ per questa a grazia cosi segnalata che ci ha concessa della sospirata a Pace. u Che si faccia cantare una messa solenne con il Te Deum u laudamus nella Chiesa di S. Ambrogio coll'intervento delle u Arti, accompagnando il stendardo di S. Ambrogio, suppli- u cando anche S. E. ad honorare la Città con la sua assi- u stenza. u Che in oltre si faccia cantare una messa solenne con « l'Ufficio in sufì^ragio delle anime dei Defunti nella me- UNA MEDAGLIA COMMEMORATIVA MILANESE (1659) 399 « desima Chiesa di S. Ambrogio, disponendo die tutte le « Messe, che in quella matina si celebreranno in questa u Città, vengano applicate per le anime de Defunti, dando u l'elemosina, ed incaricandone l'esecuzione al Tribunale « di Provvisione. u Che si rimetta alla Congregazione et Aggiunti il far u ricorso a S. E. perchè, in quanto di presente dipende u dalla sua Autorità in ordine all'Allegerimento de Carichi u degli Alloggiamenti della prossima invernata, ed altri, si u compiaccia di far godere a questi sudditi i più pronti « effetti della Pace in loro sollievo. « firmati i SS.ri Conte Giacomo Legnano « Conte Giacomo Schiapfenati « Conte Pirro Visconti Borromeo « Conte Carlo Corio « Conte Francesco Visconti « Giovanni Negrolo. » GEROLAMO ALBERTI MAESTRO DI ZECCA IN FERRARA, PARMA E MILANO Tra le u Spigolature d'archivio n inserte in un precedente fascicolo della Rivista figurava un documento del 20 gen- najo 1452 a riguardo della zecca di Parma (1888, fase. IV, p. 484). Ora due nuovi atti di quel medesimo anno, di fresco trovati nel nostro Archivio di Stato, ci permettono di rin- novare la conoscenza e un po' meglio che non prima, con un quasi ignoto maestro di zecca, pure già menzionato in questo periodico (1888, fase. I, p. 83). Egli è Gerolamo Alberti^ del quale possiamo oggidì chiarire la patria e le zecche nelle quali lavorò. Nel 1452, per lo appunto, egli assumeva la direzione della zecca di Parma, dopo d'aver diretta per 7 anni quella di Ferrara e d'esser stato creato cittadino di Pesaro, -allora signoria di Alessandro Sforza, fratello al duca di Milano. Egli era nato in Venezia da padre nativo di Ferrara, ma l'avo era Fiorentino, e da Firenze appunto esce il grande casato degli Alberti (1). (1) Nella illustrazione genealogica degli Alberti di Firenze del Passerini (Firenze, Collini, 1870, 3 voi.) non figura alcun Alberti di nome Gerolamo, e neppure fra i molti nomi di quelli risedati fra i Signori della Moneta di Firenze (cfr. il voi. II, pp. 59-80 con 2 tav. di monete). 5i 402 EMILIO MOTTA Noi facciamo seguire immediatamente una sua supplica diretta al duca Francesco Sforza, ai 16 gennaio 1452, come quella che offre le indicate sue referenze biografiche e nu- mismatiche (1). Dalla medesima emergono i motivi allegati onde non permettergli di battere moneta in Parma, allora, come ben noto, sotto il dominio sforzesco. Scriveva : Mcccclij adj XVI Gienaro, inprima. Illustri et exzelso Prinzipì S/ mio, la chaxone del mio scriver alla S. V. fé] come i nobellj zitadini dela zitade vostra de Parma me a[no] conduto in Parma per maistro de la zecha e sì (così) son zonto in Parma per far lavorare e segondo lordeni lor ma comesso. E pare che per i anziani de la zecha de Milano non voia eh io bata né faza batere la dita zecha, perchè i dixeno chio son Veniziano. E a questo rispondo che [che è) la verità de che yo nasè a Venexia, mio padre nasè a Ferara e mio avo nasè a Fiorenza. E in questo tempo mio yo son stato poche in Venezia, e si è più de ani 12 non son stato a Venezia. Io son stato a Pexaro un bon tempo e lì fu fato zi- ladino, e come me parti da Pexaro yavi [ebbi) la zecha da Ferara e qui son stato ani 7 e qui son con la mia fameia. E si là fon lavorar la dieta zecha si che Segnor mio, per questo non die [debbo) esser privato chio non debia lavor[arj questa zecha de Parma, perchè io me tegno esser bon servidor de la Signoria Vostra. E sì {così) so[n] homo e zitadin del S.'^ Vostro fratello Misser Alesandro, si che S.»" mio suplicho de grazia che la S. V. me lasi lavorar la zecha de Parma, perchè altramente me ternaria dano e ancora vergonza {vergogna), avixando la S. V. che la mia intenzione è semper stata de vegnir a servir la S. V. E Batista Mazoliuo el sa che io avea intenzione con lui de aver maistri e condurli a Milan de bater la foia da loro {delVoro) perchè voiando {volendo) bater la foia el bixogna saver afinar questi ar- zenti, altramente chi non sa faya {falla), perchè altramenti non se faria bona foia né sufìziente; siche Segnor mio yo era vegnuto qui (1) Ardi, di Stato Milano. Carteggio diplomatico (erroneamente nel feb- braio 1452, anziché nel gennaio). Documento di pessima calligrafia ed or- tografìa. GEROLAMO ALBERTI MAESTRO DI ZECCA IN FERRARA, ECC. 403 a Parma per aver un prinzipio ex casone fose (fossi) cognosudo in che yo so fare. E sì o menado con mi un maistro avantazado per la foia e si [ho) modo de averne de altri, che sarà grandissimo utille e onor a Milano. Se la S. V. manda per Batista Mazolino, avrà questo. Piaqua S.'^ mio conziederme grazia chio lavora, niente de meno la S. Y. despensa e faza quello [che] sia de piaxero che a ogno modo yo volo esser servidor de la S. V. Ser Michiel canzelier del S."^ Vostro fratello misser Alessandro me fé zitadiu de Pexaro siando canzelier del comune le zercha ani 8, e Jacomo grifo (?) sta con ser Mateo da Pexaro ancora lui ci sa. Ser Mateo de Pexaro magistro de lintrade de la S. Y. me cognose (1). per le vostro servidor Jeronimo Alberti maistro de la zecha de ferara et de parma se piaxerà ala S. Y. a tergo : jll mo Principi ac excelentissimo domino domino franzisco sforzia Yizecomiti duzi Mediolanj dignissimo, domino meo singularissimo. Ma, in onta alla supplica di maestro Gerolamo Alberti, il Consiglio segreto ducale tenne ferma l'inibizione di batter moneta, e in ciò basandosi sul consenso ducale , rilasciato ai 20 gennaio 1462, ed è per lo appunto questo il documento edito nelle precedenti nostre u Spigolature n numismatici! e. Francesco Sforza scriveva al Consiglio segreto, da Lodi, di aver inteso del fabricare delle monete a Pavia e Parma e del pregiudizio cbe ne verrebbe alle entrate ducali per simili monete basse et maxime quelli triliri (trilline); con- fidare che avrebbero remediato corno meglio parerà (2), (1) Matteo da Pesaro troviamo maestro delle entrate ducali già nel 1450^» 51 {Missive n. 5 fol. 99). (2) I Parmigiani, mancipati dal dominio Visconteo, ristabilirono la zecca per patti avuti dalla Repubblica Ambrosiana, ai 16 luglio 1448. Datisi ai 6 febbraio 1449 allo Sforza, ottennero di tenerla in esercizio. Ma aggiunge l'Affò {Della zecca e moneta parmigiana, p. 96), né d'oro, né di puro ar- gento monete si trovano uscite allora dai nostri torclij ed una sola di mi- 404 EMILIO MOTTA Ed il rimedio fu il divieto di coniar nella zecca par- mense. Contro il quale divieto reclamavano, ai 16 febbraio, gli Anziani del Comune di Parma colla seguente, diretta al duca di Milano : HI.™» princeps et Ex.">« domine domine noster singularissime, hu- mili et debita recomendatione semper premissa. Essendo in li capitali a questa nostra et vostra comunità di Parma concessi per V. Ex.*'* uno capitulo di continencia et effecto che ipsa potesse fare batere moneta di oro, argento et ramo, secondo faceva in el tempo era in libertate et per vigore et virtù di ipso fece batere uno certo tempo alcune quantitate di monete, et deinde ha venduto la cecha di potere battere diete monete, sotto stampo, liga, bonitate, honore et utilitate di V. Ex.''^ et così bone et forse più corno monete fiano batute et fdcte in Milano et ancha forsse in altre citate che siano quinci na intorno, la quale vendita deinde per auctoritate et virtù di Vostre lettere ducale fui confirmata et validata, per potere supplire a più et diverse expense, per ipsa comunità cum animo lete facto et suppor- tate per la venuta fece V. Ex.'*^ questi di proximi passati in Parma ; le quale lettere et capitulo mandiamo a V. Ex.''* per copia introclusa ala presente. Et havendo li vostri officiali qui in Parma al conductore di ipsa cecha inhibito expressamente non proceda più inante ad battere moneta alcuna senza licentia expressa di Y. Ex.''*, ipso conductore, il quale ha exbursato il precio di dieta vendita, et ha facto molto expense sia in condure il magistro di dieta cecha, sia etiam in altre più cose che aspectano et sono necessarie per tale exercicio, è venuto a nuy et di ciò cum querela ne ha protestato di sui danni, expense et in- teresse, li quali considerato il tute, sono in grandissima somma et quantitade. Et perchè non havendo locho questa nostra cecha sarebe pur danno et in non pocha vergogna ad ipsa comunità, che se potesse stura suol ritrovarsene, replicata forse con varj conj, giacché qualche di- versità suole osservarsi nei tipi, la qual fu pubblicata dal Muratori, dal Mann], dal Bellini, e dall'Affò medesimo (tav. IV, n. 15) il quale però non sa quanto si perseverasse a battere di tali monetuccie col nome di F. Sforza. È quindi probabile, come sembra anche a V. Promis {Tavole Sinottiche, pag. 154), che la zecca di Parma cessasse dal lavorare fino a Papa Giulio II che con- formò il vecchio privilegio al Comune, ai 7 dicembre 1512. GEROLAMO ALBERTI MAESTRO DI ZECCA IN FERRARA, ECC. 405 dire che manchase in cosa alcuna fusse di sua promissa, et maxime in questo che è di honore et utilità di V. Ex.''* supplicamo devota- mente et cum omni debita reverenda ipsa vostra prelibata Ex.''* che attento dicto capitulo et la promessa de ipsa comunità , se digna et voglia stare contenta, che dieta cecha et sua vendita habia locho et sortischa eflfecto, dichiarando etiam per sue opportune littore che dicto conductore proceda a battere diete monete in forma et secando gi è concesso et fariti a nuy gracia somma et singulare, et non po- tirà fìr {essere) dicto che dicti capituli fiano rupti in alcuna sua parte, li quali non crediamo per modo veruno V. Ex.''* voglia infrin- gere in alcuna soa substancia. Arico manda odo sempre et cum omni reverentia debita questa nostra comunità ad ipsa V. Excellentia, la quale christo onipotente sempre conserva et acrescha in somma fe- licitate. Dat. Parme die xvj februarij Mcccclij. Ejusdem ducalis Excellentie fidelissimi servitores et subdicti Andarli Comunitatis vestre Parme {!). Glie ne venne dappoi?... potè V Alberti durare maestro della zecca di Parma ?... (2) ecco quanto ci potranno dire altri colleglli, sulla scorta di documenti degli Arcliivj di quella città a noi rimasti ignoti. Dal 1452 al 1477-78 non sappiamo altro , almeno per conto nostro , dell' Alberti (3). Riappare in quest' ultimo tempo, come da una sua nuova supplica, già edita (4), ma (1) Arch. Milano. Cart. dipi, febbraio 1452. (2) L'Affò non lo ricorda e cita per Paima sollaiito il celebre medaglista Gian Francesco Emola, che nel 1456 forni al duca F. Sforza un bel meda- glione pubblicato dal Muratori (in Argelatì, toni. 1, tav. XV, n. 53) e pas- sato dopo la morte del duca al servizio di Costanzo Sforza. (8) Tra i rogiti del notaio Gorvaso del Conte (Arch. notarile di Milano) troviamo i patti, 16 settembre 1473, fra Maestro Pietro do Scaravazzi e maestro Giovanni de' Alberti, di Firenze, ondo concedere al secondo di appoggiare travi, muri alla casa del primo. Dunque un mastro da muro quest'Alberti, e forse parente del Gerolamo nostro. (4) In Rivista 1888 p, 83-84 (Gli zecchieri di Milano nell'anno 1479). 406 EMILIO MOTTA meritevole per la miglior illustrazione di sua vita, di una ristampa. Per il contenuto della medesima, notevole eziandio per la storia della zecca genovese , ci sembrò doverla ag- giudicare agli anni 1477-78, comecché vi si ricordino i tor- bidi di Genova. Ma non potrebbe anche risalire colla data al 1464?... 111."^° Principe, Segondo me disse la 111. S. V. che volevi che de la moneda de la cecha fusse dato fine presto e che la S. V. haveva parlato a mìsser Thomaso dariete {da Rieti) et a misser Albrico Maneta {Moietta) al tuto la S. V. voleva che fiisse dato fine a questa caxone de la cecha. E così da quello di infin a dì X de questo ho sollecitado con li dicti, che loro dehia dare fine. E misser Albrico Maneta in ultima me ha dicto chol debba aricordare ala S. V. e misser Thomaso da- riete me ha dicto, non se lavorare questa cecha perfino che Zenoa non sarà quietada. Signore mio, questo porla essere una longa, cosa, per la quale non turnaria utile a la S. V. ne a Milano ne al vostro payse e saria uno grande maleficio a quelli che hanno conducti arzenti in questa terra, per farli lavorare in moneda e mò loro i deba por- tare via e questo sarà de uno grande incargo a Milano. E per certo, Signore mio, me pare una strania cosa che una cita corno è Milano, che voglia che Zenoa lavori in prima cha Milano, che Zenoa fu una volta sottoposta a Milano che questi voglia fare questo incarico a Milano. Signore mio, io parlarò a mondamento ciò che dico, io parlo con amore. Che la 111. S. X. aconza la vostra citade et faci lavorare la vostra cecha et far che la vostra moneda apara in la vostra Citade e la S. V. facia sollicitare che la terra vostra e el payso se empia de oro, e de arzente stampado. E se Zenoa vorrà battere, che i vegna a battere segondo vederà essere batudo a Milano. E a questo modo sarà de honore et utile de la S. V. et de lo vostro populo. Signore mio, se la S. V. havesse questa intentione, che la Cecha non lavorasse segondo dice misser Thomaso supplico la S. V. chio vostro Adele servitore ve sia raccomandato, però che a mj non ternaria bene a volere aspettare che Zenoa battesse, stagando comò io sto, che non ho le spese intieramente, che la S. V. se digna de volermi pro- vedere che habia la mia vita et vestito con il garzone mio. E quando a la S. V. questo non agrata [aggrada) se digna darmi bona licentia. E de quello ho speso et del tempo sono stato gli piacia per sua li- GEROLAMO ALBERTI MAESTRO DI ZECCA IN FERRARA, ECC. 407 berale gratia farmi quella satisfactione et provisione meglio li pare et piace comò ampiamente me confido ne la clementia de la S. V. a la quale continue me ricomando. il vostro ardentissimo servitore Jeronimo Dalberto Maystro da Cecha. a tergo : Supplicatio Jeronimi Alberti Magistri a Cecha. L'Alberti era in allora maestro di zecca in Milano. Dove fini i propri giorni?... Abbiamo monete o medaglie accertate di sua fattura?... Eccoci daccapo colle interrogazioni. Emilio Motta. VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI III. VINCENZO BELLINI Questo illustre antiquario e numismatico trasse i natali in Gambalunga, grosso villaggio a poche miglia da Ferrara, il 22 gennaio 1708, da Gerolamo Bellini e Teresa Poca- terra, onesti cittadini ma di modeste fortune. Rimasto or- fano a tre anni, fu preso in cura da uno zio paterno, clie per tempo lo mandò alle scuole tenute dai Gesuiti, dove imparò il latino e i primi rudimenti delle scienze. Senten- dosi inclinato allo studio delle antichità ed in particolare alla numismatica, fin da giovanetto si diede con amore febbrile a raccogliere monete e medaglie d'ogni genere. A diciassette anni vesti l'abito ecclesiastico, indi, promosso ai primi ordini sacri, fu accolto nel Seminario arcivescovile. Nel 1732, terminati gli studii di filosofia e di teologia, fu dal Cardinale Tommaso Ruffo, che allora reggeva la dio- cesi di Ferrara, consacrato sacerdote. Nel 1737 venne eletto Rettore della parrocchia di Cassana, a tre miglia da Fer- rara, dove condusse ventun anni d'una vita veramente esem- 5a 410 e. LUPPi piare. Nella quiete della sua parroccliia rifece metodicamente i suoi studii dedicandole sue veglie in particolar modo alla storia de' tempi di mezzo. Fornito di memoria tenace, e di pazienza instancabile, notando ogni cosa, riusci espertissimo nella cronologia, e raccolse nella sua mente un vasto tesoro di erudizione sacra e profana. Allo scopo poi di accoppiare alla erudizione acquistata sui libri, la conoscenza effettiva dei monumenti , tutte le volte che i suoi doveri di parroco gliene diedero l'agio, intraprese a proprie spese frequenti e lunghi viaggi alle principali città della penisola, visitando musei ed archivii, esaminandone i monumenti più impor- tanti, compulsando cronache e pergamene, raccogliendo dappertutto nuove notizie e documenti. Frutto de' suoi studii e delle sue indagini fu la prima Dissertatio de mo- netis Italice medii cevi hactenus non evulgatis, scritta nel 1755, ma pubblicata solo nel 1759, ed inserta nel tomo V delle Dissertationes de monetis Italice variorum illustrium Virorum dell' Argelati ; poi il libro divenuto sin dal suo apparire sì giustamente famoso intorno 2IV antica Lira fer- rarese di Marchesini detta volgarmente Marchesana (Fer- rara, presso Bernardino Pomatelli, stampatore arcivescovile, 1754; in 4.°) (1). Divulgatasi pertanto la fama del suo sapere (1) A proposito dì questo classico libro, 'ne piace riferire il beirelogio che ne scrisse da Argenta il Canonico Francesco Leopoldo Bertoldi, allievo e coadiutore del Bellini, che poi ne fu il successore nella direzione del Museo civico di Ferrara , nel suo opuscolo divenuto assai raro, intitolato : Compendio delle cose più notabili contenute nella Dissertazione dell' antica Lira ferrarese di Marchesini detta Marchesana di Vincenzo Bellini (Fer- rara, dai Torchi di Gaetano Bresciani, 1820; in-16°): « Sin dall' anno 1754 il celebre monetografo , il chiarissimo storico ed « antiquario D. Vincenzo Bellini pubblicò pe' torchi di Bernardino Poma- « telli la sua eruditissiniEi, Dissertfizione di quella lira ideale, che composta VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 413 e della sua vasta erudizione, il Bellini fu richiamato in città. La bella collezione di monete italiane ed in ispecie la copiosa serie delle ferraresi da lui raccolte, attirarono l'attenzione degli amatori delle antichità medioevali, ed invogliatosi l'imperatore d'Austria, Francesco I, di posse- derle per adornarne il Cesareo Museo di Vienna, diede l'in- carico al conte Cristiani, allora Cancelliere imperiale in Milano, d'aprire le trattative per il loro acquisto. A tale effetto il Cristiani spedi a Ferrara l'abate Salandri, che ne ottenne la cessione ad un ongaro al pezzo. Ma fortunata- mente il Bellini possedeva una collezione doppia di quelle monete, per cui ne la sua città adottiva né l'Italia patirono nessun danno dalla cessione di quella celebre raccolta. Il Bellini aderendo al desiderio manifestatogli dai maggio- renti della Città, cedette di buon grado la seconda serie, ricca quanto la prima, al civico Museo, 23 gennajo 1768, ottenendo per questo generoso suo atto, a mezzo del Giu- dice de' Savj, Marchese Francesco Calcagnini, l'emolumento « dello monete dogli antichi Marchesi di Ferrara Marchesana fu detta , e « di cui servironsi i Maggiori nostri sì per effettuare i loro contratti, come « per pagare i loro canoni, censi e livelli : opera non tentata prima da « altri, e Irutto d'anni poco meno che trenta da lui indefessamente irapie- « gati su i codici , e sullo porgamene d' ogni maniera a fine di trarne , « e fissare quel giusto valore, che pel corso di quasi tre secoli andò va- « riandò col variare de' tempi, col crescere e decrescere i prezzi delle der- < rate, coll'aumentarsi di credito gli ori ed argenti coniati a proporzione « de' rami introdotti nel commercio misti o confusi a bassi metalli. L'ap- « plauso con cui il pubblico accolse produzione si dotta fu grande ; e tanto « in non molto tempo crebbe di credito l'esame critico e retto dell'Autore, < che dagli armadj dogli studiosi l'adito si apri essa ai tribunali del foro, € fu ammessa fra i giuridici codici, divenne la sicura norma per determi- c nare questioni intrigatissime, a giovamento specialmente del Ferrarese « Ducato. » 414 e. LUPPi di cento scudi annui e la carica di Custode del Museo. Allora rinunciò la cura della sua Chiesa di Cassana nelle mani dell'Arcivescovo Cardinale Crescenzi, destinando la piccola pensione, che gli sarebbe spettata, a sollievo dei poveri di quella parrocchia. Acconciatosi in casa del nipote Giorgio Scardova, assunse la direzione del Museo. A questo poi dedicando tutta la sua attività, ne accrebbe quasi gior- nalmente, anche del proprio, la suppellettile scientifica ed artistica, continuando con sempre maggiore alacrità l'in- cetta di monete da ogni angolo della penisola. Per tutto questo a giusta ragione il Bellini è reputato il fondatore del Museo civico di Ferrara. Né questo illustre monetografo si limitò solo a raccogliere monumenti, ma, ciò che più contribuì alla sua celebrità, si diede ad illustrarli con im- pareggiabile dottrina infondendo vita alle preziose rac- colte a lui affidate. Nel corso dei venticinque anni che resse il civico Museo, donò all'Italia le famose Dissertazioni la prima delle quali fu quella inviata all'Argelati, ristam- pata poi molto ampliata coi tipi del Pomatelli in Fer- rara nel 1755. A questa tennero dietro, stampate pure in Ferrara coi tipi di Giuseppe Rinaldi, le altre tre, cioè V Altera Dissertatio nel 1767 ; la Postrema nel 1774 , e la Novissima nel 1779. In queste il dottissimo autore descrive ed illustra 916 monete italiane rarissime od uniche, prima di lui sconosciute. Nel frattempo, pure coi tipi del Rinaldi pubblicò, 1761 , il Trattato delle monete di Ferrara , tes- sendo in questo , in pari tempo, con quella delle monete, la storia di quell' insigne Città e della splendida dinastia Estense, che per tanti secoli ne resse le sorti. Per tutte le quali opere il Bellini sali in grandissima fama, e gli valsero la riputazione d'uno de' più dotti archeologi del suo tempo, e restauratore della numismatica italiana medioevale. — VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 415 Sempre inteso a' suoi studii prediletti, e anelante [alla ri- cerca di sempre nuovi monumenti , nel disagio d'una gita a Mantova per 1' acquisto d' alcune monete a compimento della serie dei Gonzaga, infermatosi gravemente, dopo al- cuni mesi mori in Ferrara, d'anni 75, il 27 febbraio 1783. Fu sepolto nella chiesa di Santo Stefano de' Padri dell'Ora- torio di San Filippo. Il giorno 8 del seguente marzo gli furono celebrati ono- revoli funerali nella cappella del Magistrato, detta la Chiesa Nuova ; gliene tessè l'elogio 1' eruditissimo abate Girolamo Ferri da Longiano professore di eloquenza e di antichità nel medesimo Studio pubblico, di cui faceva parte il Bellini. Oltre le sullodate opere a stampa , il Bellini ne lasciò parecchie manoscritte , che si conservano nella civica Bi- blioteca di Ferrara. Per restringerci alle sole che interes- sano i nostri studi, accenneremo le seguenti : Catalogo delle monete esistenti nel Museo dell' Ahno Studio Ferrarese, (Questo catalogo , diviso in tre parti, è preceduto da una dedicatoria ai Riformatori dell' Univer- sità. La seconda e terza parte di esso contengono l'indice delle monete d'oro, d'argento e di rame delle diverse città, nonché l'elenco delle medaglie onorarie e dei libri esistenti nel Museo). Dissertazione (incompiuta) de monetis Italice medii wvi. (Citata dal Faustini nella sua Bibliografia Ferrarese, rela- tiva alla scoperta fatta in Mantova di parecchi ducatoni di quella zecca). Risposta ad un quesito, cioè quanto si dovesse sborsare nel 1769 per l'estinzione di un censo del 1628 valoris du- catorum quatuor cenium a libyHs quiìique et solidis tres 7noneta? Mutince singulo eorum. Valore dell'antico sesterzio; cioè quanto lasciasse il Gi- 416 e. LUPPI - VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI raldi in testamento al Duca Ercole , avendogli legato se- sterzj ceco. Lettera ad un anonimo su quanto debba pagarsi per un livello di due quattrini estensi. Ragionamento sul ducato d'oro veneziano. A questo eruditissimo illustratore delle patrie monete, ancor vivente fu dagli ammiratori consacrata una medaglia che porta nel diritto il suo ritratto coll'iscrizione: VINCENTIVS BELLINI ÀNTIQVARIVS FERRARIENSIS , e nel rovescio Due Palme e dei Fiori con delle Api svolazzanti per significare come lo studio della monetografia de" bassi tempi fosse sta- bilito ed aperto dal Bellini, cosicché dalle sue fatiche altri potessero trarre materia di nuovo lavoro, come le Api dai dolci frutti della Palma e dai Fiori traggono alimento per il loro miele, col motto : EGO PLANTAVI, tolto da San Paolo; e l'anno MDCCLV. (Di questa medaglia si conoscono tre va- rietà). Vedi : Zanetti Guid' Antonio, Nuova raccolta delle Monete e Zecche d'Italia. Tomo III, pag. X, nota 6. Questi cenni sulla vita e sulle opere di questo insigne Storico ed Archeologo furono tratti da: Petrucci, Vite di XXX. illustri Ferraresi. Bologna, 1833 ; Ughi Luigi, Dizionario storico degli Uo- mini Illustri Ferraresi. Ferrara, 1804 ; Antonelli Giuseppe, In- dice de'' monumenti della Civica Biblioteca di Ferrara. Ferrara , 1884; RiVANi Giuseppe, Il Museo di Ferrara^ Barotti, Vita del Bellini j Francesco Leopoldo Bertoldi, Op. citata ; Zanetti Guid'Antonio, Op. citata. C. Luppi. Gm@MM.€M NECROLOGIA ISAIA CHIRON. TI 1 m ^ ^ . »j^ * "■ '■-\'^' •■:'■ Il giorno 18 luglio 1889 rimarrà una data assai tri- ste per gli studiosi mila- nesi : in quel giorno si spe- gneva, nel Oommendator Isaia Ghiron , Prefetto della Biblioteca Nazionale Braidense, l'uomo attivo, instancabile , energico e modesto insieme, che aveva saputo rialzare le sorti de- presse di quell'insigne isti- tuto, e farne un vivo e rag- giante focolare di studi. Milano, la grande città lavoratrice , ormai quasi interamente assorta nelle industrie e nei commerci, pure senti qual forza in- tellettuale si era spezzata fra le sue mura, e rese alla bara dell'estinto un commovente omaggio di affetto, di cordoglio, di riconoscenza. 53 418 CRONACA Isaia G-hiron trasse i natali a Casalmonferrato, nel 1837. Compiuti con lode gli studi liceali in Torino, vi intraprese quelli universitari, che prosegui per qualche tempo in Na- poli, ma che poi troncò per entrare nella carriera ammini- strativa. Impiegato al Ministero della Pubblica Istruzione fa segretario particolare di Mancini, di Matteucci e dell'il- lustre Michele Amari, che conservò sempre per lui la più calda amicizia, e che (dolorose bizzarrie del destino !) doveva ora precederlo di soli due giorni nella tomba, mentre egli, ignaro di tanta sciagura, giaceva agonizzante sul letto di morte. Il Ghiron fu anche segretario particolare di Giorgio Pal- lavicino, quando questi era governatore di Palermo. Nel 1865, Isaia Ghiron venne nominato vice-bibliotecario a Milano, a in quella stessa Braidense n — (come ben disse il bibliotecario Fumagalli nelle nobili parole che pronunciò dinanzi alla sua bara) — u in quella stessa u Braidense, ch'egli doveva più tardi far miracolosamente « rinascere a novella vita n. Nell'anno 1877 fu merita- mente promosso a bibliotecario ; nel 1882 fu chiamato a Roma, alla nuova Biblioteca Vittorio Emanuele, dove l'opera sua riusci preziosissima. Nel 1884 infine, ritornò a Milano, essendogli stata affidata la direzione della Braidense. Quale sia stata, in questo alto ufficio, l'operosità del Ghiron, lo ha delineato vigorosamente l'amico suo Torelli- Viollier : « La Braidense era un cadavere, una necropoli a di libri vecchi, frequentata quasi esclusivamente da sco- u laretti e da qualche mattoide. Il Ghiron ne fece in poco u tempo una cosa viva, una Biblioteca informata ai tipi u più moderni e migliori, ricca di libri nuovi, di collezioni u varie, di riviste e periodici esteri, frequentata assiduamente u. da veri studiosi, da letterati e scienziati, che vi trovano u tutto quanto loro abbisogna, e la quiete e le agiatezze u. che lo studio esige, ed una schiera d' impiegati colti e u premurosi. Il buon ardore di cui egli era acceso seppe u comunicarlo al Governo, al Municipio, ai Corpi morali u milanesi, e seppe ottenere i mezzi necessari all'attuazione « dei suoi disegni. Sostituì al gas la luce elettrica, e potè NECROLOGIA 419 u cosi tenere aperta la Biblioteca anche nelle ore di sera, u con grande vantaggio di coloro clie debbono dar le ore u del giorno al lavoro; apri una nuova sala di lettura, co- ti modissima; ideò e creò la sala manzoniana, n Isaia Ghiron fu il tipo perfetto del bibliotecario moderno : nulla vi era in lui di pedantesco, di repulsivo, di scorag- giante pel pubblico, che anzi si sentiva attratto dalla sua squisita e dignitosa cortesia di vero gentiluòmo. Né egli rifuggiva infatti dal consorzio sociale, e la sua svariata cultura, la piacevolezza de' suoi modi , lo rendevano ben accetto dovunque , come le doti della mente e del cuore gli avevano cattivato amici innumerevoli in ogni parte d'Italia. ti Giovare agli altri ??, avrebbe potuto essere la sua divisa; e l'attività sua come Prefetto della Braidense, attività vera- mente mirabile, fu tutta rivolta infatti allo scopo di rendere utili, accessibili al pubblico i tesori anche più riposti della Biblioteca, di invogliare i cittadini a frequentarla, di invi- tarli a dissetarsi alla fonte della scienza. Nessuno più di lui ebbe in orrore quel vieto concetto egoi- stico, che di tali cariche faceva altrettante comode nicchie per attendere imperturbabilmente ai propri studi speciali. Ed egli soleva ripetermi, con quel suo fine umorismo, che irradiava talora di un sorriso cosi buono e luminoso il suo volto abitualmente severo : u Noialtri bibliotecari dobbiamo essere i cuochi del pubblico, dobbiamo ammannire le vi- vande, ma non dobbiamo mangiarle noi. n E questa sentenza egli la rafforzava coi fatti, coll'esempio vivo ed efficace. Mi ricordo quando, lo scorso anno, fu di passaggio per Milano un giovane frate straniero, che si recava pedestre a E/Oma, seguendo l' itinerario di non so qual pellegrino del Medio Evo. Egli venne a Brera per consultare alcune opere relative a quel viaggio, e Ghiron gli fu largo di ogni informazione e di ogni cortesia, talché quegli si trat- tenne vari giorni in città, fermandosi molte ore in biblio- teca, dove Ghiron discuteva animatamente con lui e lo aiutava a tutt'uomo nelle sue ricerche. Ed era uno spetta- 420 CRONACA colo bello e commoveiite il vedere l'abito dell'uomo di mondo accanto alla rozza tonaca, due uomini cosi diversi tra loro di fede e di condizione, curvi sullo stesso vo- lume, affratellati nello stesso studio. Lo zelo insuperabile pel suo ufficio di bibliotecario, come già le cure per gli altri uffici da lui antecedentemente so- stenuti, non vietarono tuttavia al Ghiron di attendere con plauso a svariate pubblicazioni, linguisticbe, storiche, po- polari, delle quali sarebbe fuor di luogo il dar qui l'elenco. Accennerò soltanto all'idea che egli strenuamente e tena- cemente propugnava, e per qualche tempo tradusse anche felicemente in atto: quella di pubblicare in Milano una grande rivista, simile alla Nuova Antologia. La Rivista Ita- liana di scienze, lettere ed arti, fondata e diretta dal Grhiron (1874-76), ebbe vita breve ma splendida, e fra i suoi colla- boratori annoverò alcuni de' più chiari scrittori d'Italia. Cosi quando, sul principio dello scorso anno, si stavano gettando le basi della presente Rivista di Numismatica^ Isaia Grhiron, che anche a questa disciplina si era dedicato con amore, accolse con benevolenza e con lieto viso l' invito ch'io gli feci di entrare a formar parte del Consiglio di Redazione. E se la fatale malattia che da due anni lo an- dava martoriando glielo avesse concesso, egli avrebbe scritto certamente più d'un interessante articolo per la nostra Rivista^ come spesso vagheggiava, e come aveva anche tentato di attuare intraprendendo 1' esame delle monete arabe non ancor classificate di questo Gabinetto. La numismatica non fu che una faccia della sua mul- tiforme attività letteraria; tuttavia l'acume dell'ingegno, la esemplare esattezza, e sopratutto la preziosa conoscenza dell'arabo, che gli era stato insegnato da Michele Amari, conferiscono singolare importanza alle sue poche pubbli- cazioni in questa materia, le quali si riducono alle seguenti: Di alcuni Conii Osmani del Museo di Modena (con una tav. in rame). — Firenze, 1869. — (Nel Periodico di Nu- mismatica e Sfragistica del March. Strozzi, Anno II, Fase. III). Di una moneta cufica con imrnagine (con un disegno). — Ivi, 1870. — {Period. di Nmn. e Sfrag., Anno II, Fase, VI). NECROLOGIA 421 Monete omeiade e dbbàside del Gabinetto Numismatico di Milano (con due tav. lit.). — i^eW Annuario della Società Italiana per gli Studi Orientali, Anno I, 1872). Monete arabiche del Gabinetto Numismatico di Milano. — Milano, Hoepli, 1878. — (In-é", con tre tav. fotolit.). Inoltre, nel Mediolanum edito dal Vallardi nel 1881 (voi. I, pag. 31'8-25) leggesi un suo articolo storico-descrit- tivo intorno al Gabinetto Numismatico di Milano. A cinquantadue anni, nella pienezza delle facoltà intel- lettuali, Isaia Ghiron dovette soccombere al terribile morbo cbe minava la sua esistenza, cosi preziosa per la diletta famiglia, per gli amici, per quanti in Milano desiderano la diffusione della cultura e 1' incremento delle scienze. Al- l'uomo d' ingegno e di cuore , al collega immaturamente rapito, mi si conceda di porgere 1' estremo addio in nome di questa Rivista^ ch'egli aveva veduto sorgere con si vivo interesse, e che dopo meno di due anni è costretta pur- troppo a deplorare la sua precoce dipartita. Solone Ambrosoli. BIBLIOGRAFIA 1/IBEI NUOVI. Numismatica garibaldina. — Le medaglie coniate nei di- versi paesi in onore di Garibaldi o in memoria de' fatti che hanno attinenza colle sue imprese, basterebbero da sole a costituire una copiosa collezione, e ben lo provano due recenti opuscoli che abbiamo sott'occhio, e di cui diamo qui il titolo : Ancona Amilcare : — Medaglia satirica di Mentana ed altre me- daglie garibaldine coniate in Francia nel 1870-71. — Milano, Tip. Boniardi-Poglìani, lugUo 1889. — (Pag. 20 in 8°, con incis. in legno. — Edizione di 200 esemplari fuori commercio). Medaglie coniate in onore del Generale Giuseppe Garibaldi, esi- stenti nel Medagliere storico di Giov. Batt, Camozzi Yertova, dal 1849 al 1889. — Bergamo, Stabil. Tip. F.lli Bolis, 1889. — (Pag. 26 in 4°, con incis. in legno). Al primo di questi due interessanti opuscoli diedero oc- casione gli articoli di numismatica contemporanea pubblicati da Alfredo Comandini nella nostra Rivista. Il secondo, forma per cosi dire una nuova edizione accresciuta, dell'opuscolo cheilSen. Camozzi diede alle stampe nel 1885, e che terminava colla medaglia dell'anno precedente per l'inaugurazione del monumento a Garibaldi in Lecco. Questa nuova edizione con- tiene cioè un'Appendice che va sino alla medaglia incisa quest'anno dal Cappuccio nello stab. Johnson, per l'inau- gurazione del monumento di Garibaldi e delle Cinque Giornate in Como. BIBLIOGRAFIA 423 CoMANDiNi Alfredo. Per Giordano Bruno dal 1876 al 1880. Resoconto morale, e finanziario del primo Comitato Universitario costituitosi in Roma nel 1870. Relazione del Segretario-Economo. Milano, Civelli. In 4°, pp. 31 (con fotoincisione della medaglia com- memorativa). Catalogue de la Collection Franzoni. Deuxième partie. Monnaies italiennes, médailles, livres de numismatique^ etc. Florence, 1889, imp. Bonducciana (Entreprise de Ventes en Italie, de Jules Sambon, An. XII, n. 4). Montanari Prof. Augusto. Contributo alla storia della teoria del valore negli scrittori italiani. Milano, Hoepli, in 8°, pp. 145. Maxe-Werly L. Étude sur les sceaux en hrome du musée de Bar-le-Duc. Bar-le-Duc, imp. Contant-Laguerre, in 8.° Marsault a. Des conventions monétaires et deVUnion monétaire latine. Paris, libr. Arthur Rousseau. Suppression de la frappe de Vargent et RencJiérissement dela mon- naie. Utilité d'une conversion monétaire. Nice, impr, ni^oise, 1889. In 8', pp. 20. Sallet (A. von). Beschreibung der anti'k.en Munzen (« Kònigliche Museen zu Berlin »). I Band. Mit 8 Lichtdrucktafeln und63 Zink- drucken. Berlin, Spemann, 1889. Gr. 8°, pp. VIII-357. Halke H. Einleitung in das Studium der Numismatik. 2.'*Aufl. Mit 8 Tafeln Mùnzabbildungen. Berlin, F. u. P. Lehmann. Gr. 8°, pp. XVI-227. KiRMis Dr. M, Bie Numismatik in der Schule (Pregi", des Progymna- siums). Neumùnster, in 4°, pp. 30. PEEIOBICI. Mevue Belge de Numismatique . — 1889 , troisième livraison. Maurin Nahuys (C.*«) — La Numismatique à VExposition rétrospective d'art industriel, à Bruxelles, 1888. 424 CRONACA WiTTE (A. De) — Numismatique brabangonne. — Des mon- naies de necessitò émises par la ville de Bruxelles en 1584 et 1585. Maurin Nahdys (C.'«) — Jetons de Messire Louis Quarré, maitre de la chambre des compfes du duché de Luxem- bourg , et de messire Gilles de Busleyden , maitre de la chambre des comptes en Brabant. Naveau (L.) — Six dècorations inédites de la Revolution liégeoise. Maurin Nahuys (C^) — Un mémoire d' Isaac Neivton sur la monnaie. Biografia numismatica di Renier Ohalon. — Necrologia di E. F. F. Huclier. — Miscellanea. Estratti dei verbali della Società Rodale de Numismatique ed elenco delle opere ricevute dalla Società nel 2" tri- mestre 1889. Una tavola d'illustrazione. Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la Pro- vincia di Torino. Voi. II, fase. 3" (1889) : Berard E. Appendice aux Antiquifés romaines et du moyen-dge dans la Vallèe d'' Aoste (a pag. 146-47 : Monnaies Salasses). Romische Quartalschrift. II , 1889 , pp. 221-4 : Baumgarten. Geldsorten und ihr Cours in Wien zu Anfang des 17 Jahrh. Société Nationale des Antiquaires de Franco. Séances — 7 mars 1888: Espèrandieu. Diverses monnaies impériales ou mèro- vingiennes récemment découvertes par de la Croix. — 7 avril : M. BA.BEL0N lit un mémoire sur les deniers de la République romaine à la legende Bacchius Judaeus, qui représentent le grand prétre de Jérusalem offrant sa soumission à Pompeo. — 27 mai et 5 juin: M. Babelon fait une communication sur les monnaies de Seleucus Mcanor, qui représentent ce roi de Syrie le front arme de cornes de taureau, ainsi qua des chevaux et des éléphants ornés du méme symbole. — 12 juin : M. Hèron de Villefosse signale de la part de M. ThioUier, de Saint-Etienne, une importante découverte d'objets romains faite à Chalain d'Uzare. Ces objets consisteut en passoires, colliers, bracelets d'or et d'argent, bagues d'or et d'argent, 1080 BIBLIOGRAFIA 425 grands bronzes et 350 raonnaies de billon se rapportant à 32 erripe- reurs différents (Le dernier empereur est Gallien, ce qui prouve que le tout a été enfoui vers l'anno 2G0). Annales Bourbonnaises. Giugno 1889: Pérot Fr. Les monetai- res mérovingiens restitués an Bourbonnais. Società historique et archÓDlogiqae du Gàtinais. Annales. 1888, 3° trimestre : Duhamel Dr. Considérations sur les monnaies carlo- vingiennes découvertes à Beauììiont, commune de dialo- Saint-Mard^ Seine-et-Oise. Journal des Economistes. Giugno 1889 : Strauss Louif. Mono et U-métalUsme. Correspondance. — Meyners d'Estrey. Uor et les diamants du Gap. Revue Britannique (Parigi). Giugno : Gustave du Puynode. Ètude sur la mannaie (a pag. 369-420). Le Genie Civil, 6 luglio 1889. Le stock d'or de la Banque d& France. L'Economiste frangais , juillet 1889: Lettres dì Angleterre {Le marcile monctaire en fin de semestre). Bulletin de Statistique du Ministèro des Finances, (Paris)juin 1889 : Angleterre : La question monétaire. Le monnayage depuis dix ans. La Revue géographique, mai 1889 : Deux diagrammes donnant la com]^araison de la production avec la mannaie et avec les prix . Rheinisches Museum fiir Philologie (Francoforte ^/M.) Voi. 44% fase. 3, 1889 : Kossbach 0. Kretische Miinnzen und Sagen. Neuburger KoUektenblàtter. 51 Jahrg. (1889) : Schratz W. Zu'ei haier. auch auf Neuhurg a. D. heziiglichen Medaillen auf die Kriegsereignisse, 1703-14. Zeitschrift der histor. (lesellscliaft fiir die Provinz Posen. lY, fase. 3-4 : Kirmis Max. Einleitung in die polnisrJie Miinzliunde. Ueber Land und Meer, n. 41, 1889 : Die JuMldumsmedaille der Stadt Stuttgardt. (Mit. Abb.). Anzeiger fir schweìzerisclie Alterthumskunde (Zurigo). N. 3, luglio 1889 : K. M, Grossere Mi'inzfunde aus dem Ganton Solothurn. Festzeitung des CeLtralschweizerisclieD Schiitzenfestes, di Lu- cerna. N. 2, 4 luglio 1889 : Becker und Medaillen fiir das Zentral- scliweizerische Schiitzenfest 1S89 in Luzern (Mit 3 Abbildungen). 426 CRONACA The Archaeological Review. Giugno 1889 ; Keary C. F. liecent nrchaeoìogical research. N. III. Numismatics. Bidrag till kànnedom af Finlands Natur och folk, fuse. 47. Helsingfors, 1888. Lagus. Nnmismatislca antecìiningar. I. Ilisto- risk òfver finsha Universitetets mi/nt- och medaìjkabinett. Mittheilungen der Deutschen Gesellscliaft far Natur und V61- ierkunde Ostasiens in Tokio. Voi. 5°, fase. 41": v. P. Mayet. Die japanische Geìd- und Eff eden-Bórse. Revue Sud-Amóricaine. 30 giugno 1889 : Lamas Dr. Andres. La question monétaire dans la Répuhlique Argentine. NOTIZIE VARIE Scoperta di un ripostiglio. — Da una comunicazione del Sig. C. Persiani, gentilmente trasmessaci, togliamo queste informazioni : In Gessopalena (Prov. di Chieti), nel giorno 13 aprile di quest'anno, un manovale, intento a demolire una muraglia, scopri, rimovendo una pietra, un ripostiglio di monete d'oro, che, in un battibaleno, fa depredato dagli operai circostanti e dai maestri muratori. Non si è potuto accertare il numero effettivo delle medesime, che forse doveva oltrepassare il mezzo migliajo, perchè nessuno lia rivelato, per minaccia di restituzione giudiziaria, la quantità intascata con tanta destrezza e sollecitudine. Il minor numero toccò allo sco- pritore ed al proprietario della casa, e sono le 70 che qui si enumerano : Zecchini di Venezia: 1 di Giovanni Delfino, 1 di An- tonio Venier, 2 di Michele Zeno, 5 di Francesco Foscari, 2 di Pasquale Malipiero, 3 di Cristoforo Moro, 1 di An- drea Vendramin, 1 di Giovanni Mocenigo, e 4 di Ago- stino Barbarigo. — 3 zecchini di Rodi del G. M. Dau- busson. — Alfonso I d'Aragona, 4 ducatoni d'oro. — Fer- dinando I d'Aragona , 3 ducati d' oro. — Federico III d'Aragona, 1 ducato d'oro. — Francesco Sforza, 1 fiorino d'oro. — 38 monete ungheresi. ^128 CRONACA - NOTIZIE VARIE La Numismatica all'Esposizione di Parigi. — Dall'amico Cav. F. Qnecchi riceviamo la seguente: Parigi, 14 luglio 1889. Caro AmlrosolU Partendo pochi giorni sono per l'Esposizione di Parigi , le pro- mettevo una mia lettera numismatica relativamente a quanto vi avrei veduto in fatto di monete ; ma io mi illudevo supponendo che alla Esposizione d'Arte antica al Trocadero si fosse fatta una specie di ripetizione di quanto s'era fatto nel 1878. L'Esposizione d'Arte antica allora era generale e la Numismatica vi aveva una parte importantissima. Vi brillavano parecchie ricchis- sime collezioni, fra cui principale — almeno per la parte romana — quella del Visconte Ponton d'Am^court, che potei ammirare nel suo splendido insieme prima che subisse il fato, comune a tutte le colle- zioni private, e venisse dispersa alla pubblica vendita. In quelle condi- zioni era possibile una relazione numismatica, che certo avrebbe avuto interesse anche pei lettori della Fdvista. Ma la mia aspettativa fu delusa. Al Trocadero v'ha bensì una esposizione e splendida di^ Arte antica ; ma riferentesi esclusivamente agli oggetti da Chiesa. E una esposizione straordinaria nel suo genere , ma nulla v' ha in essa di relativo alla Numismatica. Non è che nella Galleria delle Arti liberali che alcune vetrine contenenti monete e medaglie attirarono la mia attenzione. Si è vo- luto esporre, insieme alla storia delle altre arti ed industrie, anche uno specimen dell'Arte monetaria dai suoi primordii fino ai nostri giorni. Il Sig. Feuardent si incaricò di tale campionario ed espose in parecchie vetrine una serie di monete, incominciando dai tempi più remoti, continuando colla monetazione greca poi colla romana e bi- zantina, e finalmente con un saggio cronologico della monetazione francese per rappresentare l'evo medio e moderno. — 11 signor Valton vi aggiunse poi una serie pure cronologica di Medaglie, le quali danno un'idea della sua splendida collezione, aumentata ultimamente pel lascito della Collezione Armand. Ma se questi saggi possono servire' a figurare l'arte del lavoro e il progresso (o regresso) in questo ramo delle arti liberali, non pos- sono certo destare un interesse numismatico, le serie essendo natu- ralmente troppo ristrette e limitate a quello scopo speciale. Dolente quindi che la mia lettera numismatica sia riuscita, senza mia colpa, mancata, passo a dichiararmi coll'usata stima ed amicizia, Bevot. ed Affez. Francesco Gnecchi. Dott. Solone Ambeosolt, Direitorc-Proprieiario. Lodovico Felice Cogliati, Gerente responsabile. FASCICOLO IV. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA vn. CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORUM A. COLLEZIONE GNECCHI A MILANO In parecchi Numeri antecedenti di questi Appuntì^ ho descritto un certo numero di Monete nuove aventi un deciso interesse per la Serie Numisma- tica Romana. E però naturale che insieme a quelle ne siano entrate nella Collezione un numero ben maggiore d'altre, che, senza essere specialmente in- teressanti , costituiscono però delle varianti con quelle conosciute e descritte ; ed è precisamente di queste che intendo oggi dare un elenco, ne pereant. e possano poi essere aggiunte al Corpus Numorum de- finitivo, che dovrà un giorno vedere la luce, quando tutti i Musei saranno a fondo esplorati... ciò che si è ben lontani d'aver fatto finora. Le monete, di cai qui do la descrizione, sono quelle entrate nella mia collezione dopo il 1886, ossia dopo r ultima mia pubblicazione consimile , fatta nella Gazzetta Numismatica di Como. E se alcune ve se 432 FKANCESCO GNECCHI ne trovano che, per la loro importanza , come per esempio il medaglione unico in argento d'Etruscilla, il denaro pure unico di Trajano Decio coi figli, e parecchi altri pezzi rarissimi, avrebbero avuto tutto il diritto di prender posto con quelle di interesse speciale anteriormente descritte , gli è che allora non erano a mia conoscenza, essendomi capitate solo recentemente. Spero fra non molto di dare sotto questa mede- sima Rubrica di Contribuzioni al u Corpus Numorum " la descrizione di monete inedite o varianti esistenti in altre collezioni pubbliche e private ; ma 1' esplo- razione nel campo altrui è sempre più difficile che nel proprio. E superfluo ripetere che, per le ragioni già altrove esposte, io mi attengo costantemente alla prima edi- zione del Cohen, descrivendo le varianti che in tale edizione non trovo descritte. AUGUSTO. 1. Denaro. — Dopo Cohen 7. ^' — S • P • Q • R • PÀREN • CONS • SVO • Aquila romana, manto imperiale e corona. ^ — CAESARI ÀVGV (all'esergo). Quadriga trionfale ornata da bassorilievi, a destra. 2. Denaro. — Dopo Cohen 63. ^ — Anepigrafe. Testa d'Augusto, coronata di quercia, a destra. 1^ — CÀESAR- AVGVSTVS, al disopra e al disotto di due rami d'alloro. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 438 3. Denaro. — ^opo Cohen G3 bis. ^ — Anepigrafe. Testa d'Augusto coronata di quercia a sinistra. '^ — Come il precedente. 4. Denaro. — Dopo Cohen 80. ^ — AVGVSTVS Testa nuda a destra. 9/ — CÀESÀR DIV • F • ÀRMEN • CAPTA • IMP • VINI • Un armeno di fronte col pileo, tiene un' asta e si ap- poggia all'arco. (Tav. VI, N. 1). 6. Denaro. — Cohen 94, ^ — CAESAR AVGVSTVS Testa laureata a destra. '^ — DIVVS IVLIVS Cometa. (Tav. VI, K 2). NB. La descrizione data qui sopra corrisponde esattamente a quella che dà il Cohen al suo N. 94; ma, come ho accennato altrove (1), nella descrizione del Cohen, intendeadosi parlare del denaro comune di fabbrica romana, c'è un errore nella corona, la quale è detta d'aZ- loro, mentre è sempre di quercia. Ammesso ciò, non esisterebbe nel Cohen il denaro da me descritto, il quale è tutt' altro che comune per la sua fabbrica, che io riterrei asiatica, e pei diametro assai piìi piccolo dei denari portanti il Sidus luUum. Perciò l'ho riprodotto alla tavola, trattandosi di diiferenze che sfuggono alla descrizione. 6. Denaro. — Dopo Cohen 124. i& — AVGVSTVS DIVI F • Testa nuda a destra. (1) Monete e Medaglioni Romani inediti. — Terza serie. Nella Gazzetta Numismatica di Como, Anno 1886. 43i FRANCESCO GNECCHl 1^ — IMP • X (air esergo). Soldato che presenta un ramo cV ulivo ad Augusto se- duto su di un palco a sinistra. 7. Denaro. — I>opo Cohen 144. ;& — AVGVST • DIVI F • Testa laureata a sinistra. ^ — IMP • XII • ACT • Apollo colla cetra e il plettro, a destra. 8. Aureo. — Dopo Cohen 150. ÌB' — ÀVGVSTVS DIVI F • Testa nuda a destra. ?! — IMP • XII • SICIL • Diana cacciatrice a sinistra rivolta a destra con un' asta e un arco. Ai suoi piedi un cane. 9. Denaro. — Dopo Cohen 175. ^ - ÀVGVSTVS DIVI F • Testa nuda a sinistra. 5^ — OB CIVES SERVAI • in una corona di quercia. (Tav. VI, N. 3). NB. Questo denaro di piccolo formato è evidentemente di fabbrica straniera, e crederei della medesima fabbrica di quello descritto al Num. 4. 10. Aureo. — Dopo Cohen 218. ^ — AVGVSTVS Testa nuda a sinistra. '^ — S • P • Q • R • Vittoria di fronte clie vola portando uno scudo su cui si legge CL • V. fi. Denaro. — Dopo Coh. 223. ?^ — CAESAR AV&VSTVS Testa coronata di quercia a sinistra. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 4B5 yjì - S • P • Q • R • Vittoria clie vola a sinistra, deponendo una corona su di uno scudo colla leggenda CL • V ♦, appeso a una colonna. 12. Denaro. - Dopo Cohen 227. ^ — CAESAR ÀVG-VSTVS Testa laureata a destra. ]^ — S • P • Q • R • in due riglie nel campo. Scudo rotondo colla leggenda CL • V • 13. Denaro. — Dopo Cohen 248. ^' - S • P • Q • R • CAESARI AVOVSTO Testa nuda a sinistra. ]^ — VOT • P • SVSC • PRO • SAL • ET • RED • I • O • M • SACR • Marte ignudo e galeato a sinistra col mantello sul braccio sinistro. Tiene uno stendardo e il parazonio. CLAUDIO E NERONE. 14. Denaro. — Dopo Cohen 4. ^' — NERO CLAVD • CAES • DRVSVS GERIVI • PRINC • IV • Busto ignudo e giovanile di Nerone a destra. 5/ — TI • CLAVD • CAESAR • AVO- • GERM • P • M • TRIB • POT • P • P • Testa laureata di Claudio a destra. NB. Questo denaro è suberato. GALBA. 15. Denaro. — Dopo Cohen 91. iiy — GALBA IMPERATOR Testa laureata a destra. Ij^' — VIRTVS (a destra). Roma (?) a sinistra con una piccola vittoria e il parazonio, 436 FUANCESCO GNECCHI 16. Denaro. — Dopo Cohen S9. ^^ — IMP • SER • GALBA CAESAR AVG • Testa laureata a sinistra. 5Ì — VIRTV (nel campo). Marte ignudo di fronte col parazonio e un'asta. 17. Gran Bronzo. — Dopo Cohen 157. ^ — SER • SVLPI • GALBA IMP • CAESAR • AVG • P • M • TR • P • Testa laureata a destra. '^ — MARS VICTOR S • C • Marte ignudo coll'elmo e la fascia gladiatoria di fronte rivolto a destra. Tiene una spada nella destra e un trofeo nella sinistra. 13. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 171. /B" — IMP • SER • SVLPIC • GALBA • CAES • AVG • TR • P • Busto laureato a sinistra col paludamento. 9^ — PAX AVG • S • C • La Pace a sinistra con un ramo e un caduceo. 19. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 239. ^ — m? ' SER • GALBA • AVG • TR • P • Testa laureata a destra. 9* — S-P-Q-R-OB- CIV • SER • in una corona di quercia. INTERREGNO. 20. Denaro. — Dopo Cohen 508 (d'Augasto). ^ — G • P • R • {Genio Popidi Romani). Testa diademata del Genio del popolo romano a destra. Dietro uno scettro. 5^ — MARS (VLTOR). Marte ignudo a destra con elmo, scudo e faretra , in fitto di lanciare un giavellotto, APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 437 21. Denaro. — Dopo Cohen 510 (d'Augusto). ^ — GENIO • P • R • Testa giovanile (di Bacco?) diademata, a sinistra. Sotto una cornucopia. 9/ — MARTI VLTORI • Marte ignudo a destra con elmo , scudo e faretra , in atto di lanciare un giavellotto. (Tav. VI, N. 4). NB. La leggenda del dritto è scritta a rovescio. 22. Denaro, — Dopo Cohen 258 (di Galba). ^ — ROMA RESTITVTA Testa galeata di Roma a destra. '^ — SIGNA P • R • Aquila legionaria con una corona di perle nel rostro, fra due insegne militari. Davanti ad essa un' ara accesa. OTTONE. 23. Aureo. — Dopo Cohen 4. ^^ — IMP • OTHO • CAESAR • AVG • TR • P • Testa nuda a destra. ]^ — PONT • MAX • L'Equità a sinistra colle bilance e un'asta. (Tav. VI, N. 5). VITELLIO. 24. Denaro. — Dopo Cohen 9. /©" — A • VITELLIVS • IMP • GERMAN • Testa laureata a sinistra. Sotto un globo, davanti una palma. '^ — CONSENSVS EXERCITVVM Marte ignudo e galeato, gradiente a sinistra, con un'asta e uno stendardo cimato da un'aquila. 56 438 FRANCESCO GNECCHI 25. Denaro. — Dopo Cohen 13. /B" — A • VITELLIVS IMP • OERMÀN • Testa laureata a sinistra. Sotto un globo. 9^ — FIDES (orizzontalmente in alto) EXERCITVVM (oriz- zontalmente in basso). Due mani giunte. 26. Aureo. — Dopo Cohen 22. ^ — k • VITELLIVS. GERMAN • IMP • TR • P • Testa laureata a destra. 9I — LIBERTAS RESTITVTA La Libertà a destra con un berretto e un'asta. (Tav. VI, n. 6). 27. Aureo. — Completamento del N. 30 di Cohen. ^^ — A • VITELLIVS • IMP • &ERMANICVS • Testa laureata a sinistra. ]^ — SECVRITAS IMP • GERMAN • La Sicurezza seduta a sinistra , appoggiata col gomito destro, tiene uno scettro. Presso di lei un'ara inghir- landata. (Tav. VI, N. 7). VESPASIANO. 28. Aureo. — Dopo Cohen 16. /B' — CAESAR • VESPASIANVS AVG • Testa laureata a destra. 9^ — CERES AVGVST • Cerere a sinistra con due spiglie e un papavero nella destra e una torcia nella sinistra. 29. Denaro. — Dopo Cohen 35. ;& — IMP • CAESAR VESPASIANVS AVG . Testa laureata a destra. 9* — COS • ITER • TR • POT • La Pace diademata seduta a sinistra con un ramo e un caduceo. (Anno 70 d. C). APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 439 30. Denaro. — Dopo Cohen 60. ^ — m? ' CÀESAR VESPASIÀNVS ÀVG • Testa laureata a destra. 9/ — COS • VII • Toro a destra. 31. Denaro. — Dopo Cohen lOi. ^ — CÀESAR • VESPASIÀNVS AVO • Testa laureata a destra. ^ — m? ' XIX • (all'esergo). Pastore seduto a sinistra su di una rupe, in atto di mungere una pecora. (Anno 78 d. C). (Tav. VI, N. 8). 32. Aureo. — Dopo Cohen 172. ^' — IMP • CÀESAR VESPASIÀNVS AVG • Testa laureata a destra. '^ — PONT • MAX • TRIB • POT • Donna (la Pace?) seduta a destra con un lungo scettro e un ramo. NB, Dal tipo questa moneta la ritengo battuta ad Efeso. 33. Denaro. Dopo Cohen 229. ^ — IMP • CÀESAR VESPASIÀNVS ÀVG • Testa laureata a destra. 9/ — VICTORIA ÀVGVSTI Vittoria a destra. Tiene una palma e incorona uno stendardo. NB. Questo denaro è suberato. 34. Denaro. — Dopo Cohen 232. ^^ — IMP • CÀESAR VESPASIÀNVS AVG • Testa laureata a destra. ^ — VIRTVS k\l(^^%l ' Il Valore militare a destra, col piede sinistro poggiato su di una corazza. Tiene l'asta colla destra e il pa- 440 FRANCESCO GNECCHI razcmio nella sinistra. Dietro a lui ai suoi piedi uno scudo. NB. Questo denaro è di fabbrica barbara. 35. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 363. ^ — m? ' VESPASIÀN • ÀVG • Palmizio. '^ — PON • M • TR • P • P • P • COS • III • S • C • Vessillo. 36. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 457. ^' — IMP • CAES • VESPASIÀN • AVG- • COS • III • Testa radiata a destra. ^ — SECVRITAS P • ROMANI • S • C • La Sicurezza seduta a sinistra, col gomito appoggiato alla spalliera della sedia. Davanti a lei un' ara ac- cesa, cui sta appoggiata una torcia. (Anno 71 d. C). NB. La leggenda del rovescio è nuova sulle monete di Vespasiano. 37. Gran Bronzo. — Dopo Cohen 461. ^^ - IMP • CAES • VESPASIÀN • AVG • P • M • TR • P • P • P • COS • Vili • Testa laureata a destra. '^ — SPES AVGVSTA • S • C • La Speranza a destra dà la mano all'imperatore, clie si trova fra due militi, di cui l'uno porta un'insegna, l'altro un vessillo. (Anno 77 o 78 d. C). NB. Questo G. B. era pubblicato da Cohen colla data dell' ottavo consolato ; ma poi corretto nel Supplemento come portante la data del terzo. 38. Medio Bronzo. Dopo Cohen 476. ^^ — IMP • CAES • VESP • AVG • P • M • T • P • COS • VI • Testa radiata a destra. ^ — VESTA S • C • Vesta seduta a sinistra con una patera e una torcia. (Anno 76 d. 0.). APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 441 39. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 499. ^ — m? ' CÀES • VESP • AVG- • P • M • T • P • COS • V • GENS . Testa laureata a destra. 9/ — VICTORIA ÀVGVST • S • C • Vittoria a destra su di una prora , con una corona e una palma. (Anno 74 d. C). TITO. 40. Denaro. — Dopo Cohen 9. ^ — m? ' TITVS VESPASIÀNVS AVO • P • M • Testa laureata a destra. '^ — BONVS EVENTVS AVGVSTI Il Genio del Buon s accesso ignudo a sinistra con una patera nella sinistra e nella destra due spighe e un papavero. 41. Aureo. — Dopo Cohen 120. ^ — 1 ' CAES • IMP • VESP • GENS • Testa laureata a destra. ^ — VESTA • Tempio rotondo, in mezzo al quale la statua di Vesta. Due altre statue fiancheggiano il tempio. (Tav. VI, N. 9). 42. Quinario d'Argento. — Dopo Cohen 136. ^ — 1 ' GAESAR IMP • VESPASIÀNVS GOS • VI • Testa laureata a destra. !pl — Anepigrafe. Vittoria seduta a sinistra con una corona e una palma. (Anno 77 78 d. C.) 43. Gr^an Bronzo. — Dopo Cohen 153. ^ — 1 ' GAESAR VESPASIAN • IMP • llll • PON • TR • POT • Il • GOS • Il • Testa laureata a destra. 442 FRANCESCO GNECCHI 5^ ~ CÀESER (sic) DOMITIAN • COS • DES • Il • S • C • Domiziano togato a capo scoperto e con uno scettro, cavalcante a sinistra. (Anno 72 o 73 d. C). 44. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 156. ^ — 1 ' CAES • VESPÀSIAN • IMP • P • (sic) TR • P • COS • Il • Testa radiata a destra. ^ - CONCORDIA AVGVSTI S • C • La Concordia seduta a sinistra con una patera e una cornucopia. (Anno 72 o 73 d. C). DOMIZIANO. 45. Quinario d'Argento. — Dopo Cohen 250. ^ — m? ' CAES • DOMITIANVS AVO- • P • M • Testa laureata e barbuta a destra. 5^ — TR • POT • COS • VINI • P • P • Caduceo alato. (Anno 83 d. C). NB. Il Quinario descritto al N. 250 di Cohen è identico a questo, solo non ha p . p . al rovescio, il che crederei piuttosto una omissione che una reale differenza. Si tratta quindi di una semplice rettifica di quello di Cohen. 46. Quinario d^Oro. — Dopo Cohen 265. ^' — IMP • CAES • DOMITIANVS AVO- • P • M • Testa laureata a destra. 9^ — VICTORIA AVGVST • Vittoria seduta a sinistra, con una corona e una palma. (Tav. VI, N. 10). 47. Medio Bronzo — Dopo Cohen 295. ^ — CAESAR DIVI AVG • F • DOMITIANVS COS • VII • Busto laureato a destra col paludamento. ^ " CERES AV&VST • S • C • Cerere a sinistra, con due spighe e una torcia. (Anno 80 d. C). APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 443 48. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 565. ^' — IMP • CAES • DOMIT • AVG • GERM • P • M • TR • P • Vili • GENS • PER • P • P • Testa laureata a destra. 9I — VIRTVTI ÀVGVSTI S • C • Il Valore a destra con un'asta e un parazonio. (Anno 89 d. C). MONETE INCERTE dell' epoca di DOMIZIANO (•> 49. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 8. ^ — Anepigrafe. Busto di donna a destra. 9< - S • C • Tripode. 50. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 11. ^ — Anepigrafe. Testa diademata di Giove a destra. ^ - S • C • Aquila poggiata su di un fulmine, rivolta a destra. 51. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 11 bis. ^ — Anepigrafe. Testa di Giove a destra. ]^ - S • C • Fulmine alato. 52. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 11 ter. ^ — Anepigrafe. Busto di Giove (0 d' Antonino Pio ?) a sinistra. Dietro uno scettro. V^ - s • e • Un delfino intorno ad un'ancora. 444 FRANCESCO GNECCHI D O M I Z I A. B3. Piccolo Bronzo. — I>opo Cohen 12. ^ — m? ' DOMIT • AVG • GERM • COS • XI • Busto di Domizia o di Cerere, coronato di spighe, a sinistra. 9^ - S • C • Paniere pieno di spighe. ^N E R V A. 64. Aureo. — Dopo Cohen 26. ^ — m? ' NERVA CAES • AVG • P • M • TR • P • COS • Il • P • P • Testa laureata a destra. ^ — FORTVNA AVGVST • La Fortuna a sinistra con un timone e una cornucopia.* (Anno 96 d. C). (Tav. IV, N. 11). 55. — Aureo. — Dopo Cohen 37. /B" — IMP . NERVA CAES • AVG • GERM • P • M • TR • P • Il • Testa laureata a destra. ^ — IMP • Il . COS • III • DESIGN • llll • P • P • Istromenti da sacrificio (Anno 97 d. 0.). (Tav. IV, N. 12). TRAJANO. 56. Medaglione d'Argento. — Dopo Cohen 6. ^ — IMP • CAES • NERVA TRAIAN • AVG • GERM • P • M • Testa laureata a destra. 5^ — TR • POT • COS • Il • Tempio a due colonne nel quale una Vittoria che tiene un trofeo, incorona Trajano che tiene lo scettro. Sul frontone del tempio : ROM • ET AVG • All' esergo : COM • ASI • APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 445 67. Denaro. — Dopo Cohen 39. ^ — m? • TRAIANO AVG • G-ER • DAC • P • M • TR • P • Busto laureato a destra. 1>' — COS V-P-P-S-P-Q-R- OPTIMO PRINC • La Pass o la Felicità a sinistra, appoggiata a una co- lonna, con un caduceo. 58. Bcnaro. — Dopo Cohen 58. ^' — IMP • TRAIANO AVG • GER • DAC • P • M • TR • P • Testa laureata a destra. ^ — COS V-PP-S-PQ-R- OPTIMO PRINC • Trajano in quadriga lenta a destra con un ramo e uno scettro. 59. Denaro. Dopo Cohen 59. ^' — IMP • TRAIANO AVG • GER • DAC • P • M • TR • P • COS • VI • P • P • Busto laureato a destra. 9/ — COS •V-P-PSPQR- OPTIMO PRINC • Triptolemo ignudo a sinistra con una patera e due spighe. NB. La Moneta è sbagliata , la data del dritto col IV Consolato non potendo corrispondere a quella del rovescio, che porta il V Con- solato. Il rovescio è nuovo con tale leggenda, quantunque conosciuto coll'altra: s. i*. q. r. gptimo princ. — La moneta del resto è su- berata. ^^ 60. Denaro. — Dopo Cohen 156. ^' — IMP • NERVA TRAIANVS AVG • GER • DACICVS • Testa laureata a destra. 5^ — P • M • TR • P • COS • V • P • P • Ercole ignudo di fronte colla clava e la pelle del leone, (Anno 104-110 d. C). 61. Denaro. — Dopo Cohen 172. ^ — m? ' CAES • NER • TRAIANO OPTIMO AVG • GER • DAC • 57 446 FRANCESCO GNECCHI Busto laureato a destra col petto ignudo, fregiato del- l'egida. '^ — P • M • TR • P • COS • VI • P- P • S • P • Q • R • Genio ignudo a sinistra con una patera e due spighe. (Anno 114 d. C). 62. Denaro. — Dopo Cohen 225. /B' — IMP • TRAIANO AVO • OER • DAC • P • M • TR • P • COS • V • P • P • Testa laureata, a destra coll'egida. 9I — S • P • Q • R • OPTIMO PRINCIPI Genio ignudo col mantello che gli scende dalle spalle e lo copre a mezza vita. Tiene una patera e una cornucopia. (Anno 104-110 d. 0.). 63. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 497. ^^ — IMP • CAES • NERVAE TRAIANO AVG . GER . DAC • PM-TR-P-V-P-P- Testa laureata a destra. ^ — S • P • Q • R • OPTIMO PRINCIPI Tempio a otto colonne , e ornato di statue , elevato su sei gradini e fiancheggiato da due portici di sei co- lonne ciascuno. In mezzo al tempio Giove seduto. ADRIANO. 64. Denaro. — Dopo Cohen 65. ^ — HADRIANVS AVGVSTVS • Busto col paludamento a destra. Testa nuda. ^ — ADVENTVS AVG • Adriano a sinistra dà la mano a Roma in abito mili- tare, galeata e armata d'un'asta. 65. Denaro. — Dopo Cohen 119. ^ — HADRIANVS AVGVSTVS Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 447 V^ — COS • III • Pallade armata a destra con un'asta rovesciata e appog- giata al proprio scudo. 66. Denaro. — Dopo Cohen 126. iO' — HADRIÀNVS ÀVGVSTVS Testa laureata a destra. 1^ — COS • III • Nettuno a sinistra col piede appoggiato su di un globo, con un acrostolio e 'un lungo scettro. 67. Denaro. — Dopo Cohen 140. ^ — HADRIÀNVS AVGVSTVS Testa laureata a destra. 5^ ~ COS -111 • Roma galeata, seduta a sinistra su di una corazza, con un parazonio e uno scettro. 68. Denaro. — Dopo Cohen 171. ^ — HADRIÀNVS AVGVSTVS Testa laureata a destra. 5^ — COS • III • La Concordia seduta a sinistra con una patera e il braccio sinistro appoggiato a una statuetta della Speranza. 69. Denaro. — Dopo Cohen 191. ^ — HADRIÀNVS AVGVSTVS Testa laureata a destra. 5Ì — COS • III • Su un'ascia posta orizzontalmente coltello da sacrificio, bastone augurale, berretto da flamine e simpulo. 70. Denaro. — Dopo Cohen 223. ÌB' — HADRIÀNVS AVG • COS • III • P • P • Testa nuda a destra. ^ — FELICITAS P • R • La Felicità a sinistra con un ramo e una cornucopia. 448 FUANCESCO GNECCHI 71. Denaro. I^opo Cohen 223 bis. Come il precedente col busto laureato e paludato a destra. 72. Denaro. — E>opo Cohen 230. ^ — HADRIANVS AVGVSTVS Testa nuda a destra. 9I - FELICITATI AV& • COS • III • P • P • Nave con quattro rematori e un pilota , diretta a si- nistra. 73. Denaro, — Dopo Cohen 231. ^ — HADRIANVS AVGVSTVS Testa laureata a destra. ^ — FELICITATI AVG • (in giro) COS • III • P • P • (all'esergo). Nave con cinque rematori e un pilota, diretta a sinistra. 74. Aureo. — Dopo Cohen 307. ;& — HADRIANVS AVG • COS • III • P • P • Testa nuda a sinistra. 1^ — LIBERALITAS AVG • VII • La Liberalità a sin, con una tessera e una cornucopia. 75. Aureo. — Dopo Cohen 432. ^' — IMP • CAESAR TRAIAN • HADRIANVS AVG • Busto laureato a destra col paludamento e la corazza, visto per di dietro. ^ — P • M • TR • P • COS • MI • Adriano con uno scettro a destra ha di fronte il Genio del Popolo Romano, il quale tiene una cornucopia e versa una patera su di un'ara accesa che sta in mezzo a loro. 76. Denaro. — Dopo Cohen 403. ^ — IMP • CAESAR TRAIAN • HADRIANVS AVG • Busto laureato a destra col petto ignudo. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 4-Ì9 1^ — P • M • TR • P • COS • III • La Pace o la Felicità a sinistra con un ramo e uno scettro. 77. Denaro. — Dopo Cohen 520. ^ — HADRIANVS AVG • COS • III • P • P • Busto a sinistra col paludamento. Testa nuda. 5^ — VOTA PVBLICA • Adriano togato a sinistra sacrificante su di un tripode. 78. Medio Bronzo. ~ Dopo Cohen 890. ^ — HADRIANVS AVGVSTVS Busto a sinistra col paludamento. Testa nuda. ^ — FORT • RED • (all'esergo) COS • III • (all'ingiro) S • C • La Fortuna seduta a sinistra con un timone appoggiato su di un globo e una cornucopia. 79. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 944. ^' — HADRIANVS AVGVSTVS Busto laureato a destra col petto ignudo. ^ — IVSTITIA AVO • COS . Ili • P • P • S • C • La Giustizia seduta a sinistra con una patera e uno scettro. ANTONINO PIO. 80. Denaì^o. — Dopo Cohen 22. /Tr — IMP • T • AEL • CAES • HADR • ANTONINVS Testa nuda a destra. ^ — AVO • PIVS • P • M • TR • P • COS II • Vittoria che cammina a destra con una corona e una palma. (Anno 139 d. C). 81. Aureo. — Dopo Cohen 183. ^' — ANTONINVS AVO • PIVS • P • P • TR • P • XV • Testa laureata a destra. 450 FRANCESCO GNECCUl 1^ — LIBERALITAS VII • COS • INI La Liberalità a sinistra con una tessera e uno stendardo. (Anno 162 d. C). (Tav. VI, N. 13). 82. Quinario d'Oro. — Dopo Cohen 191. /B' — ANTONINVS AVO • PIVS • P • P • Testa laureata a destra. 9^ — LIB • llll (all'esergo) TR . POT • COS • INI (all'ingiro). La Liberalità a sinistra con una tessera e una cornu- copia. (Anno 145 d. 0.). (Tav. VI, N. 14). 83. Denaro. — Dopo Cohen 226. i&' — ANTONINVS AVG- • PIVS • P • P • Testa nuda a destra. 5^ — TR • POT • COS • III • L'Italia seduta a sinistra su di un globo stellato con una cornucopia e uno scettro. (Anno 140-143 d. C). 84. Aureo. — Dopo Cohen 246. /B" — ANTONINVS AVG • PIVS • P • P • TR • P • XXII • Testa laureata a destra. '^ — TEMPLVM DIV • AVG • REST • COS • llli Tempio ad otto colonne nel quale si vedono le statue d'Augusto e di Livia. Sul frontone una quadriga e due Vittorie, due statue davanti alle colonne esterne, e due sedute sulla gradinata del tempio (Anno 159 d. C). 85. Aureo. — Dopo Cohen 278. ^ — ANTONINVS AVG • PIVS • P -P • Testa laureata a sinistra. 5^ — TR • POT • COS • Il La Pietà a sinistra con un vaso di profumi, che versa su di un'ara accesa e inghirlandata (Anno 139 d. C). APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 451 8G. Denaro. — Bopo Cohen 293. ^ — ANTONINVS AVG- • PIVS • P • P • Testa nuda a destra. 9/ — TR • POT • COS • MI La Lupa coi gemelli in una grotta a sinistra. (Anno 140-143 d. C). NB. Al N. 293 riportato da Yiczay non ò detto se la testa sia nuda laureata. 87. D3naro. — Dopo Cohen 297. ;& — ANTONINVS AVG- • PIVS • P • P • Testa laureata a destra. ^i — TR • POT • COS • IMI Roma di fronte, volta a sinistra collo scettro e il pa- razonio. (Anno 145 d. C). 88. Beìiaro. — Dopo Cohen 302. B' — ANTONINVS AVG • PIVS • P • P • Testa laureata a destra. 1>' — TR • POT • COS • III La Pace a sinistra con un ramo e una cornucopia. (Anno 145 d. C). 89. Denaro. — Dopo Cohen 335. ;& — ANTONINVS AVG • PIVS • P • P • IMP • Il • Testa laureata a destra. I^ — TR • POT • XX • COS • llll La Sicurezza la Concordia seduta a sinistra con uno scettro e il gomito appoggiato alla spalliera della sedia. (Anno 157 d. C). 90. Medaglione di Bronzo. — Dopo Cohen 385. ^ — ANTONINVS AVG • PIVS • P • P • TR • P • XVIII Testa laureata a destra. ^ — COS • llll Ercole ignudo seduto di fronte su due corazze, sulle quali è stesa la pelle del leone. Tiene colla destra 452 FRANCESCO GNECCHl la clava appoggiata a una corazza, e colla sinistra delle freccie (?). Alla sua sinistra uno scudo. Al- l'esergo S • C • (Diam. Mill, 35.) (Anno 155 d. C). 91. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 691. ^ — ÀNTONINVS AVG • PIVS • P • P • TR • P • XII Testa laureata a destra. ]^' — MVNIFICENTIA AVG- • COS • III • S • C • La Munificenza di fronte rivolta a destra con una patera e lo scettro. Ai suoi piedi un leone. (Anno 149 d. C). FAUSTINA MADRE. 92. Denaro. — Dopo Colion 13. P" — DIVA FAVSTINA Busto diademato e velato a destra. 9/ — AETERNITAS • L' Eternità diademata e velata a sinistra con un globD e un tim:^ne. 93. Denaro. — Dopo Cohen 3G. ^ — DIVA FAVSTINA Busto a destra. Ijì — AVGVSTA Venere a sinistra con un globo e appoggiata al proprio scudo. 94. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 214. /B^ — FAVSTINA AVO • ANTONINI AVO • PII • P • P • Busto a destra. ^ — CONCORDIA AVG • La Concordia seduta a sinistra con una patera e il gomito sinistro appoggiato a una cornucopia. "^ APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 453 ANTONINO PIO e MARC' AURELIO. 95. Aureo. — Dopo Cohen 5. ^ - ANTONINVS ÀVG • PIVS • P • P • TR • P • CCS • III • Testa nuda d' Antonino a sinistra con parte del palu- damento. I^ — AVRELIVS CAES • ÀVG • PII • F • COS • Testa nuda di M, Aurelio giovane a sinistra. (Tav. VI, N. 15). MARC' AURELIO. 96. Denaro. — Dopo Cohen 77. f& — IMP • CAES • M • AVREI • ANTONINVS AVG • Testa laureata a destra y^ — FEL • TEMP • TR • P • XV • COS • III La Felicità a sinistra con un caduceo e una cornucopia. 97. Allineo. — Dopo Cohen 2)9. ^' — AVRELIVS CAESAR AVG • PI! F • Testa nuda e giovanile a destra colla barba nascente. ^ — TR • POT • Il • COS • Il • La Fede a destra con due spiglie e un canestro di frutta. (Anno 148 d. C). (Tav. VI, N. 16). 98. — Denaro. — Dopo Cohen 2U. i£^ — AVRELIVS CAESAR • ANTON • AVG • PII FIL • Busto giovanile a destra. Testa nuda, 9^ — TR • POT • XI • COS • Il • La Felicità a destra con un caduceo e uno scettro. (Anno 167 d. C). J3 454 FRANCESCO GNECCHI 99. Aureo. — Dopo Cohen 295. 3^ — M • ANTONINVS AVG • ARM • PARTH • MAX • Testa laureata a destra. 9I — TR • POT • XXII • IMP • llll • COS • MI Vittoria che cammina a sinistra con ima corona e una palma. (Anno 168 d. C). (Tav. VI, N. 17). 100. Gì^an Bronzo. — Dopo Cohen 414. ^^ — IMP • CAES • M • AVREL • ANTONINVS^AVG • Busto laureato e corazzato a destra. ^ — CONCORD • AVG • TR • P • XV • COS • III • S • C • La Concordia seduta a sinistra con una patera e il braccio sinistro appoggiato alla spalliera della sedia. Accanto a questa una cornucopia. (Anno 161 d. C.) (Tav. VII, N. 17). NB. Questo rovescio, comune nelle monete d'oro e d'argento di M. Aurelio, è sconosciuto nelle sue monete eli bronzo. 101. Medio Broìtzo. — Dopo Cohen 586. ;& — M • ANTONINVS • AVG- • TR • P • XXVIII • Busto laureato e corazzata a destra, visto per di dietro. '^ — MARTI VICTORI IMP • VI • COS • III Marte seminudo a destra con uno scudo sul quale si legge S • C • e un'asta. (Anno 172 d. C). 102. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 712. /©" — IMP • CAES • M • AVREL • ANTONINVS • AVG • Testa radiata a destra. 9Ì — TR • POT • XV • COS • III • S • C • L'imperatore togato a sinistra con un globo e uno scettro. (Anno 161 d. C). 103. Gran Bronzo. — Dopo Cohen 754. ^^ — M • AVREL • ANTONINVS AVG • ARMENIACVS P • M • Testa laureata a destra. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 455 yì — TR • p • XVIII • iMP • Il • cos • un • s • e • Marte armato a destra con un'asta e appoggiato al proprio scudo. (Anno 164 d. C). 104, Grmi Bronzo. — Dopo Cohen 789. ^ — M- AVREL • ANTONINVS AVG • ARM • PARTH • MAX . Testa laureata a destra. '^ — VICT • AVG • TR • POT • XX • IMP • III! • COS • ili • Vittoria .volante a sinistra con una ghirlanda, che tiene con ambo le mani. (Anno 164 d. C). FAUSTINA FIGLIA. 105. G?'an Bronzo. — Dopo Cohen 164. ^' — FAVSTINA AVGVSTA Bust3 a destra. '^ — FECVNDITAS AVG • La Fecondità diademata a sinistra con un bambino e uno scettro. LUCIO VERO. 106. Aureo. — Dopo Cohen 42. /B' — IMP • CAES • L • VERVS AVG • Busto corazzato a destra. Testa nuda. ^ — SALVTI AVGVSTOR • TR • P • III (in giro) COS • Il (all'esergo). La Salute a sinistra tiene uno scettro e con una patera nutre un serpente, che si svolge da un'ara. (Anno 163 d. C). 107. Aureo. — Dopo Cohen 69. ^ — L • VERVS AVG • ARM • PARTH • MAX • Busto laureato e corazzato a sinistra. 456 FRANCESCO GNECCHI 9I - TR • P • VI • IMP • illl • COS • Il Vittoria di fronte rivolta a destra. Tiene colla destra una palma e colla sinistra sorregge uno scudo appog- giato a un palmizio. Sullo scudo si legge: VIC • PAR • (Anno 166 d. C). (Tav. VI, N. 18). 108. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 231. ^ ~ L • VERVS ÀVG • ARM • PARTH • MAX • Testa laureata a destra. ^ — TR • P • VIII • IMP • ini • COS • III • S • C • Tre trofei. (Anno 168 d. C). COMMODO. 109. Denaro. — Dopo Cohen 174. ^' — M • COMM • ANT • P • FEL • AVG • BRIT • Testa laureata a destra. ■^ — p . M • TR • P • XI • IMP • Vili • COS • V • P • P • La Felicità a sinistra con un caduceo e uno scettro. (Anno 186 d. C). DIDIO GIULIANO. 110. Am^eo. — Dopo Cohen 6. ^' — IMP • CAES • M • DIO ■ IVLIAN • AVO • Testa laureata a destra. ^ — P • M • TR • P • COS • La Fortuna a sinistra con un timone e una cornucopia. (Tav. VI, N. 19). SETTIMIO SEVERO. 111. Auì-eo. — Dopo Cohen 127. ^^ — L • SEPT • SEV • PERT • AVO • IMP • X • Testa laureata a destra. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 457 ]^ — HERCVLI DEFENS • Ercole ignudo a destra. E appoggiato alla clava e tiene un arco. La pelle del leone riposa sul suo omero si- nistro. (Anno 197 d. C). CARACALLA. 112. Aureo. — Dopo Cohen 180. ^ — ANTONINVS PIVS AVG • GERM • Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. 9/ — P • M ■ TR • P • XVIII • COS • IMI • P • P • Il Sole a sinistra conducente una quadriga al galoppo. (Anno 215 d. C). 113. Aureo. — Dopo Cohen 361. ^ — ANTON • P • AVG • PON • TR • P • VII • Busto giovanile e laureato a destra col paludamento e la corazza. 5^ — VICT • PART • MAX • Vittoria corrente a sinistra con una corona e una palma. (Anno 204 d. C). 114. Gran Bronzo. — Dopo Cohen 432. ^' - M • AVREL • ANTONINVS PIVS • AVG • BRIT • Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. 5/ — P • M • TR • P • XVI • COS • llll • P • P • S • C • Serapide a sinistra colla destra alzata e uno scettro. NB. Il mio esemplare di questo bronzo è battuto su un disco di Medaglione. G E T A. 116. Gran Bronzo. — Dopo Cohen 183. ^ — ? ' SEPTIMIVS GETA AVG • BRIT • Testa laureata a destra. 458 FRANCESCO gnecchi Ijì — TR • P III • COS • Il • P • P • S • C • La Felicità seduta a sinistra con uno scettro e una cornucopia. MACRINO. 116. Gran Bronzo. — Dopo Cohen 117. ^^ — IMP • CÀES • M • OPEL • SEV •' MACRINVS ÀVG • Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. Iji — SECVRITAS TEMPORVM La Sicurezza a sinistra con uno scettro, appoggiata a una colonna. DIADUMENIANO. 117. Gran Bronzo. — Dopo Colion 16. ^ — M • OPEL • DIADVMENIANVS CAES • Busto ignudo a destra col paludamento. ^ — PRINC • IVVENTVTIS S • C • Diadumeniano a sinistra con una bacchetta e uno scettro. A destra due insegne. (Tav. VII, N. 19). SEVERO ALESSANDRO. 118. Allìneo. — Dopo Cohen 205. ^^ — IMP • ALEXANDER PIVS • AVO • Testa laureata a destra. 5I — VICTORIA AVO • Vittoria a sinistra con una corona e una palma. PUPIENO. 119. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 44. ^^ — IMP • CAES • M • CLOD • PVPIENVS AVO • Busto radiato a destra col paludamento. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 459 '^ — VOTIS DECENNALIBVS S • C • in quattro righe in una corona d'alloro. (Tav. VII, N. 20). NB. Questo medio bronzo fu trovato a Roma nel 1886. FILIPPO PADRE. 120. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 154. ^^ — IMP • M • IVL • PHILIPPVS AVG • Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. ^ — LAET • FVNDÀTA S • C • L'Allegrezza a sinistra con una patera e un timone. TRAIANO DECIO con ERENNIO e OSTILIANO. 121. Denaro. ^^ — IMP • C • M • Q • TRAIANVS DECIVS AVG- • Busto di Trajano Decio corazzato e radiato a destra. 9I — PIETAS AVGG- • Busti affrontati e paludati di Erennio Etrusco e di Osti- liano. (Tav. VI, N. 20). NB. Questo denaro è unico. Il Cohen non dà alcuna moneta colle teste di Erennio e Ostiliano al rovescio di quella di Trajano Decio. Esiste però nella Collezione Correr a Venezia un gran bronzo por- tante al rovescio di Trajano Decio le teste dei figli e la leggenda CONCORDIA AVGG, gran bronzo che è descritto nella 2°' edizione del Cohen. ERENNIA ETRUSCILLA. 122. Medaglione d'Argento. — Prima di Cohen 1. ^ — HERENNIA ETRVSCILLA AVG • Busto diademato a destra, 460 FRANCESCO GNECCHI 1^' — MONETA ÀV(t • Le tre Monete, ciascuna colla cornucopia e le bilancio. Ai piedi di ciascuna un muccliio di metallo. (Diam. Mill. 31, peso gr. 21,500 nello stato attuale). (Tav. VII, N. 18). NB. Nessun medaglione in oro ne in argento è finora conosciuto di Erennia Etriiscilla, anzi , a parlare più propriamente , nessun meda- glione in genere è conosciuto di questa imperatrice , perchè non si può considerare come vero medaglione neppure quello in bronzo, che abusivamente passa per tale , e che porta sempre le lettere s . e. Quello adunque ora descritto si può considerare come Vunico Meda- glione d'Etruscilla. Fu trovato a Roma nel 1886 ; ma sventuratamente non gli rimane che il puro valore scientifico, restandone solo quanto è necessario per identificarlo. A un discreto rovescio non corrisponde che un avanzo del dritto , il resto essendo stato sfogliato dall'ossido ; ma trattandosi di un pezzo unico , ho creduto bene di darne l' ira- pronta alla Tavola, malgrado il suo deplorevole stato. ERENNIO ETRUSCO. 123. Denaro. — Dopo Cohen 12. ^ — a ' HER • ETR • MES • DECIVS NOB • C • Testa radiata a destra. ?/ — PRINC • IVVENT • Apollo seminudo seduto a sinistra con un ramo nella destra e il gomito sinistro appoggiato alla lira. OSTILIANO. 124. Gran Bronzo. — Dopo Cohen 53. ^' — IMP • CAES • C • VAL • HOS • MES • QVINTVS AVO- • Busto laureato a destra col paludamento. ^ — QVINTO FELIX (senza S • C •) La Pace a sinistra con un ramo d' ulivo e uno scettro traversale. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 461 TREBONIANO GALLO. 125. Aureo. — Dopo Cohen 32. ^^ — IMP • CAE • C • VIB • TREB • GALLVS ÀVG • Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. ]^ — LIBERTÀS ÀVGG • La Libertà di fronte rivolta a sinistra col berretto e un lungo scettro. (Tav, VI, N. 21). 126. Denaro. — Dopo Cohen 19. ^^ — IMP • C • C • Vie • TREB • GALLVS P • F • ÀVG • Busto radiato a destra col paludamento. Sotto il busto quattro punti (....) in luogo di IV. 5^ — FELICITAS PVBL • La Felicità a sinistra con un lungo caduceo e una cor- nucopia. All'esergo . . . ., come nel dritto. VOLUSIANO. 127. Denaro. — Dopo Cohen 25. ÌB' — ìffip • CÀE • C • VIB • VOLVSIÀNO AVG • Busto radiato a destra col paludamento. '^ — IVNONI MARTIALI Giunone in un tempio rotondo. Nel campo una stella. GALLIENO. 128. Denaro. — Dopo Cohen 78. ^ — GALLIENVS AVG • Busto radiato a destra. '^ — COH • PRAET • VI • P • VI • F • Leone radiato a destra. ^9 462 FRANCESCO GNECCHI 129. Denaro. ~ Bopo Cohen 183. ÌB' — mP ' GÀLLIENVS AVG • Testa radiata a destra. 5Ì — GENIVS AVG • Il Genio militare a sinistra con una patera e una cor- nucopia. Alla sua sinistra un'insegna. Nel campo VI. 130. Aureo. — Dopo Cohen 208. ^' — IMP • C • P • LIC • GÀLLIENVS P • F • AVG • Busto laureato e corazzato a sinistra. 9^ — lOVI CONSERVA • Giove ignudo di fronte, rivolto a sinistra col mantello sulle spalle, il fulmine nella destra e un lungo scettro nella sinistra. (Gr. 3,800). (Tav. VI, N. 22). 131. Denaro. — Dopo Cohen 223. i^ — GÀLLIENVS AVG • Busto radiato a destra col paludamento. ^ — lOVI CONSERVATORI Giove ignudo a sinistra con un globo e un'asta. 132. Quinario d'Oro. — Dopo Cohen 235. i& — GÀLLIENVS AVG • Testa laureata a destra. '^ — lOVI STATORI Giove ignudo di fronte volto a destra col fulmine e lo scettro. (Gr. 1,350). (Tav. VI, N. 23). 133. Denaro. — Dopo Cohen 319. ^' — GÀLLIENVS AVG • Busto radiato e corazzato a destra. . "^ — LEG • XXII • VI • P • VI • F • Capricorno a destra. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 463 134. Denaro. — Dopo Cohen 319 bis. Come il precedente, ma busto radiato a destra col pa- ludamento. 13B. Aureo. — Dopo Cohen 598. /©" — GALLI ENVS AVO • Testa radiata a destra. ^ — VICTORIA AVG • li! • Vittoria che cammina a sinistra con una corona e una palma. Nel campo T (gr. 4,600). (Tav. VI, N. 24.) 136. Denaro. — Dopo Cohen 660. ^ — GALLIENVS P • F • AVG • Busto radiato e corazzato a destra. '^ — VIRTVS AVG • Il Valore a sinistra appoggiato al proprio scudo e con un'asta. Nel campo una stella. 137. Denaro. ~ Dopo Cohen 663. ^ — GALLIENVS AVG • Testa radiata a sinistra. 5^ — VIRTVS AVG • Ercole ignudo a sin. Tiene nella destra un ramo e nella sinistra la clava e la pelle del leone. Nel campo S. 138. Denaro, — Dopo Cohen 663 bis. Come il precedente, ma testa radiata a destra. 139. Denaro. — Dopo Cohen 667. ^ — GALLIENVS AVG • Testa radiata a destra. ^ — VIRTVS AVG • Gallieno in abito militare a sinistra con un globo e un'asta. Ai suoi piedi due prigionieri, uno inginoc- cbiato davanti gli stende le braccia, l'altro sta seduto e piangente. 464 FRANCESCO GNECCHl 140. Denaro. — Dopo Cohen 671. ^^ — IMP • C • P • LIC • GÀLLIENVS P • F • AVG • Busto radiato e corazzato a destra. ^ — VIRTVS AVGG • Marte armato gradiente a destra con un'asta e un trofeo. 141. Medaglione di Bronzo. — Dopo Cohen 712. ^' — IMP • GÀLLIENVS P • F • AVG • Busto laureato a mezza figura a sinistra, corazzato e armato di lancia e scudo. Sullo scudo la testa di Me- dusa. ^ ~ ADLOCVTIO AVGG • Valeriano e Gallieno stanno su di un palco eretto a destra e hanno dietro di sé il Prefetto del Pretorio. Alzando la mano destra arringano tre militi, il primo dei quali tiene un vessillo, il secondo una insegna e il terzo un' insegna e un'asta. Ai piedi del palco due prigioneri seduti e colle mani legate dietro il dorso. (Diam. mill. 39. — Medaglione a due metalli). (Tav. VII, N. 16). 142. Gran Bronzo. — Dopo Cohen 842. /©' — IMP • GALLIENVS AVG • Busto a mezza figura a sinistra, laureato, col paludamento e la corazza. ^ — VICTORIA AVGG • S • C • Vittoria che cammina a sinistra con una corona e una palma. SALONINA. 143. Aureo. — Dopo Cohen 88. ^ — SALONINA AVG • Busto diademato a destra. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 465 5I — VENVS VICTRIX Venere seminuda a destra vista per di dietro e appog- giata a una colonna. Tiene un pomo nella destra e una palma nella sinistra. (Tav. VII, N. 1). NB. La Venere Vincitrice è qui rappresentata come vincitrice del certame della bellezza. SALONINO. 144. Aureo. — l>opo Cohen 45. ^ — SALON • VÀLERIANVS CAES • Busto a destra col paludamento. Testa nuda. ^ — PRINCIPI IVVENTVTIS Salonino a sinistra in abito militare con una bacchetta e un'asta. Accanto a lui un trofeo infìsso in un muccliio di scudi. (Tav. VII, N. 2). MACRIANO. 145. Denaro. Dopo Cohen 8. ^' — IMP • C • FVL • MACRIANVS • P • F • AVO • Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. 9I — ROMAE AETERNA (sic). Roma seduta a sinistra sopra uno scudo con una piccola Vittoria e un'asta. QUIETO. 146. Denaro. — Dopo Cohen 1. ^' — IMP • C • FVL • QVIETVS P • F • AVG -• Busto radiato a destra col paludamento. 9< — AEQVTAS AVGG • L'Equità a sinistra colle bilancia e la cornucopia. 466 FRANCESCO GNECCHl 147. Denaro. — Dopo Cohen 1 bis. La stessa moneta con una stella nel rovescio. 148. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 1. /B' — IMP • C • FVL • QVIETVS • P • F • AVG • Busto laureato a destra. y> — AEQVTÀS AVGG- • L'Equità a sinistra colle bilancio e la cornucopia. (Tav. VII, N. 21). NB. Non fu certamente che per un errore tipografico, che il Cohen ha dato la leggenda aeqvitas mentre il suo disegno dà aeqvtas. Ad ogni modo ho creduto bene riportare questo mezzo bronzo alla tavola, trattandosi di un pezzo di estrema rarità, e dal quale le fat- tezze di Quieto risultano assai meglio che dai suoi denari. SULPICIA DRIANTILLA. 149. Denaro. — Dopo Cohen 3. f& — SVLP • DRYANTILLA AVG - Busto diademato a destra. 9^ — IVNONI REGINE Giunone a sinistra con una patera e uno scettro. (Tav. VII, N. 3). NB. Credo che la lettura di ivnoni redine data da Cohen e da altri nel denaro di Driantilla debba attribuirsi a null'altro che alla fabbrica estremamente barbara e rozza di questo denaro, il quale anzi pare generalmente ribattuto su altro denaro. L'esemplare qui descritto e riprodotto alla tavola, proveniente dalla collezione del principe Hercolani di Bologna, è forse il migliore fra gli esemplari conosciuti di questa rarissima moneta. Quantunque il rozzo conio non sia bene impresso , tanto da lasciare scorgere ancora evidentissime le traccio di altra testa femminile (assai probabilmente quella di Giulia Domna , alla qual' epoca sembra appartenere dolche l'argento), a cui fu sovrapposto , e , quantunque la moneta sia riu- scita poco accentrata tanto nel diritto come nel rovescio, pure la leg- 'M APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 467 genda di questo dice indubbiamente ivnoni regine. E dunque una imitazione barbara fin che si vuole di un rovescio ben conosciuto fra i denari romani delle antecedenti imperatrici , mentre la leggenda REDINE non avrebbe alcun significato.... almeno che io mi sappia. POSTUMO. 150. Denm'O. — Dopo Cohen 81. ^ — m? ■ C ■ POSTVMVS P • F • AVG • Busto radiato a destra col paludamento. 9/ — lOVI VICTORI Giove ignudo gradiente a sinistra e rivolto all' indietro coir asta e il fulmine. Nel campo C • A • (Colonia Agrippina). CLAUDIO GOTICO. 161. Aureo. — Dopo Cohen 4. ^' — IMF CLÀVDIVS ÀVG • Busto corazzato e laureato a destra. l^ — FELICITÀS ÀVG • La Felicità a sinistra con un lungo caduceo e una cor- nucopia. (Tav. VII, N. 4). 152. Denaro. — Dopo Cohen 85. ^ — m? ' CLAVDIVS P • F • AVG • Busto radiato a destra. ^ — FORTVNAE RED . La Fortuna a sinistra con un timone e una cornucopia. FLORIANO. 153. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 43. ^ - IMP C • M • ANN • FLORIANVS AVG • Busto laureato a destra col paludamento. 468 FRANCESCO GNECCHI :pl — PAX • AETERNA • S • C • La Pace corrente a sinistra con un ramo d'ulivo e uno scettro. PROBO. 164. Allìneo. — Dopo Cohen 16. /B" — IMP • C • M • AVR • PROBVS • P • AVG • Busto laureato e corazzato a sinistra. ^ — CONSERVAI AVG • Il Sole ignudo a sinistra colla destra alzata e con un globo e il mantello nella sinistra. (Tav. VII, N. 5). 156. Denaro. Dopo Cohen 426. ^^ — IMP • C • M • AVR • PROBVS AVG • Busto radiato a destra col paludamento. 1^ — RESTITVT SEC • Probo a sinistra con un globo e un'asta, coronato da una Vittoria, la quale tiene nella sinistra una patera. 156. Deìiaro. — Dopo Cohen 628. /B" — IMP • C • M • AVR • PROBVS AVG • Busto radiato a destra colla corazza e armato di lancia. 5Ì — VIRTVS AVGVSTI Probo a sinistra con uno scettro trasversale in atto di coronare un trofeo, ai piedi del quale un prigioniero seduto. NUMERIANO. 157. Aureo. — Dopo Cohen 8. /B' — IMP • C • NVMERIANVS P • F • AVG • Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. ^ — VICTORIA AVGG • Vittoria corrente a sinistra con una corona e una palma. (Tav. VII, N. 6). APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 469 DIOCLEZIANO e MASSIMIANO ERCULEO. 158. Piccolo Bro7izo. — Dopo Cohen 10. ^' — DIOCLETIANVS ÀVG • Busto laureato di Diocleziano a sinistra visto a mezza figura e collo scettro nella destra alzata. ]^ — MAXIMIANVS AV& • Testa di Massimiano a destra, coperta della pelle di leone. DIOCLEZIANO. 159. Aureo. — Dopo Cohen 48. ^ — DIOCLETIANVS AVG • Testa laureata a destra. ^ — lOVI CONSERVATORI Giove ignudo a sinistra col mantello spiegato dietro le spalle. Tiene il fulmine e un'asta. (Tav. VII, N. 7). 160. Aureo. — Dopo Cohen 58. /©" — IMP • C • C • VAL • DIOCLETIANVS P • F • AVG • Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. Iji — lOVI CONSERVATORI AVGG • Giove come nel precedente. AU'esergo SMA Nel campo NY • (Tav. VII, N. 8). MASSIMIANO ERCULEO. 161. Aureo. — Dopo Cohen 44. iO' — MAXIMIANVS P • F • AVG • Testa laureata a destra. 6o 470 FRANCESCO GNECCHI 9/ — HERCVLI DEBELLAI • Ercole ignudo a sinistra sta abbattendo l'Idra colla clava, mentre colla sinistra la tiene per una delle teste. (Tav. VII, N. 9). 162. Medaglione di Bronzo. — Dopo Cohen 127. ^ — (Leggenda indecifrabile). Busto di Massimiano a destra coperto della pelle di leone. ^ — HERCVLI CONSERVATORI AVGG • Ercole ignudo seduto di fronte colla clava e la pelle del leone. (Diam. Mill. 34). 163. Denaro comune (1). — Dopo Cohen 259. ^^ — IMP • C • IVI • AVR • MAXIMIANVS AVG • Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. 9/ — HERCVLI CONSERVAI • Ercole ignudo a sinistra con un ramo nella destra, la clava alzata e la pelle del leone nella sinistra. 164. Denaro comune. — Dopo Cohen 335. ^' — IMP • MAXIMIANVS AVG- • Busto corazzato coll'elmo radiato a sinistra, armato di lancia e scudo. ^ — PAX AVGG • Minerva a sinistra con un ramo d'ulivo e un'asta, ap- poggiata allo scudo. (1) Ho conservato fin qui la denominazione generica di Denaro per quella moneta, che, se non lo era più intrinsecamente pel peggioramento della lega, era però il suo rappresentativo; ma all'epoca della tetrarchia è necessario distinguere quel simulacro di denaro, dall'effettivo denaro d' argento che riappare colla riforma monetaria di Diocleziano. Perciò credo bene, seguendo l'esempio del Lepaulle, distinguere il primo dal secondo collo due denomi- nazioni di Denaro comune, e Denaro d'Argento. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 471 CARAUSIO. 165. Piccolo Bronzo. ;& — mp • c • c ■ cÀRÀvsivs p • f • avg • Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. 5I — MONETA AVG • La Moneta a sinistra colle bilancie e la cornucopia. COSTANZO CLORO. 166. Denaro comime. — Dopo Cohen 223. ^ — COSTANTIVS NOB • C • Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. ^ — ROMAE AETERN • Roma seduta a sinistra su di uno scudo, con un globo sormontato da una Vittoria e un'asta. GALERIO MASSIMIANO. 167. Denaro comwie. ~ Dopo Cohen 144. ^' — GAL • VAL • MAXIMIANVS NOB • C • Busto radiato a destra col paludamento. ^ — PRAESIDIA REIPVBLIC • Due imperatori uno di fronte all'altro. Ciascuno tiene colla sinistra la lancia e lo scudo appoggiato a terra, mentre insieme sostengono un globo con una Vittoria che incorona l'Imperatore, il quale sta a destra. Fra loro un prigioniero inginoccbiato. NB. Questo rovescio non è conosciuto che fra le monete di Costanzo Cloro. 472 FRANCESCO GNECCHI MASSENZIO. 168. Denaro. — Dopo Cohen 19. ?^ — MÀXENTIVS P • F • ÀVG • Testa laureata a destra. 1^ — TEMPORVM FELICITAS AVG • N • La lupa coi gemelli a sinistra, all'esergo ROSTf • (Tav. VII, K 10). COSTANZO II. 169. Denaro. — Dopo Cohen 54. ^ — Anepigrafe. Testa di Costanzo diademata a destra. ^ — COSTÀNTIVS AVG • Tre palme. All'esergo R • 170. Piccolo bronzo Quinario. — Dopo Cohen 277. ^^ — D • N • CONSTANTIVS P • F • AVG • Busto diademato a destra, col paludamento e la corazza. ^ — VOTA PVBLICA Iside a destra su di una nave di cui tiene la vela. (Tav. VII, N. 12). 171. Piccolo Bronzo Quinario. — Dopo Cohen 277 bis. /B' — D • N • CONSTANTIVS P • F • AVG • Busto diademato e corazzato a destra. ^ — VOTA PVBLICA Iside a sinistra su di una nave di cui tiene la vela. (Tav. VII, N. 13). J APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 473 NEPOZIANO. 172. Medio Bronzo. — Dopo Cohen 2. ^ — FL • POP • NEPOTIANVS P • F • ÀVG • Busto a destra col paludamento e la corazza. — Testa nuda. 5I — GLORIA ROMANORVM L'imperatore a cavallo galoppante a destra in atto di colpire colla lancia un nemico inginocchiato e sup- plichevole. Sotto il cavallo uno scudo ovale. All'esergo R • A • VETRANIONE. 173. Denaro. — Dopo Cohen 3. ^ — D • N • VETRANIO P • F • AVO • Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. '^ — VICTORIA AVGVSTORVM Vittoria che cammina a sinistra con una corona e un trofeo. A-ll'esergo S I S • (Tav. VII, N. 11). GIULIANO n. 174. Aureo. — Dopo Cohen 29. ^^ — FL • CL • IVLIANVS P • P • AVG • Busto diademato a destra col paludamento. 9 — VIRTVS EXERCITVS ROMANORVM Giuliano in abito militare, che cammina a destra tra- scinandosi dietro un prigioniero e portando un trofeo. All'esergo NIKE • 474 FRANCESCO GNEC(;iIl 175. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 94. ^ — DEO SÀPÀPIDI (sic.) Busto radiato e imberbe di Serapide a destra col modio in testa e il paludamento. '4 — VOTA PVBLICÀ Arpocrate ignudo a sinistra colla mano destra alla bocca e una cornucopia nella sinistra. 176. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 100. ^ — DEO SARAPIDI Busto barbuto e radiato di Giuliano (o Serapide?) a destra col modio in testa e il paludamento. ^ — VOTA PVBLICA Iside cbe cammina a sinistra col sistro e un seccbio. 177. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 100 bis. Come il precedente , ma il busto di Giuliano non è radiato e porta la corazza invece del paludamento. GRAZIANO. 178. Medaglione d'Argento. — Dopo Cohen 8. ^^ — D ■ N • ORATIANVS P • F • AVG • Busto diademato a destra col paludamento. '^ — VIRTVS EXERCITVS Graziano diademato in abito militare di fronte, rivolto a sinistra col labaro e appoggiato al proprio scudo. All'esergo RG • (gr. 3,400). ONORIO. 179. Quinario d'Oro. — Dopo Cohen 29. /B' — D • N • HONORIVS • P • F • AVG • Busto diademato a destra col paludamento e la corazza. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 475 9I — VICTORIA ÀVGVSTORVM • Una Vittoria seminuda seduta a destra su di una corazza e un genietto alato, tengono insieme uno scudo colla leggenda VOT • XXX MVLT • XXXX • poggiato su di un cippo. Nel campo R V • All'esergo COMOB • VALENTINIANO III. 180. Soldo d'Oro. — Dopo Cohen 11. ^' — D • N • PLÀ • VALENTINIANVS P • F • AVG • Busto diademato a destra col paludamento. Al disopra una piccola corona. 5Ì — VICTORIA AVGGG • Valentiniano di fronte col piede destro appoggiato sulla testa di un drago. Tiene una croce e un globo cru- cigero. Nel campo R V • All'esergo COMOB • 181. Soldo d'Oro. — Dopo Cohen 15. ^^ - D • N • PLA • VALENTINIANVS P • F • AVO • Busto diademato a sinistra col manto imperiale. Tiene la mappa nella destra e una croce nella sinistra. ^ — VICTORIA AVGG(t • L'Imperatore seduto di fronte colla mappa e una croce. Nel campo R M • All'esergo COMOB • 182. Piccolo Bronzo. — Dopo Cohen 63. ^ _ D . N . VALENTINIANO AVG • Busto laureato a destra col paludamento. !p — Anepigrafe. Croce in una corona. All'esergo S N K (Tav. VII, N. 14). NB. Questo piccolo Bronzo o Quinario ha due specialità, quella di essere anepigrafe al rovescio e di avere il nome dell' imperatore al dativo, particolare che non trovo in alcun' altra moneta di Valenti- niano III. È il tipo dei quinari d'oro di quest'epoca, i quali però por- tano all'esergo la indicazione comob. 476 F. GNECCHI - APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA ANTEMIO. 183. Terzo di soldo. — Dopo Cohen 20. i& — D • N • ANTHEMIVS PERPET • AVG • (AV in monogr.). Busto diademato a destra col paludamento. ]pi — Anepigrafe. Croce in una corona. All'esergo COMOB • NB. Probabilmente'questo è il medesimo terzo di soldo che Cohen ri- porta al N. 20 da Schellersheim, il quale lesse perpet. m. c. Il mo- nogramma di AVG nel mio esemplare è combinato in modo da poter autorizzare tale lettura, che però non si saprebbe come interpretare. Le due vocali sono trasposte, (va in luogo di av) e insieme legate for- mano una specie di n a rovescio che può sembrare anche una m. OLIBRIO. 184. Terzo di Soldo. — Dopo Cohen 4. ^ — D ' fi ' ANICIVS OLYBRIVS AVG • Busto diademato a destra col paludamento e la corazza. ^ — SALVS MVNDI Croce gemmata. All'esergo COMOB • (Tav. YII, N. 15). NB. La leggenda salvs mvndi non è conosciuta che in un unico soldo d'oro dello stesso Olibrio, appartenente al Gabinetto di Francia, I trienti poi di quest'epoca portano invariabilmente la croce entro corona e sono anepigrafi. Francesco Gnecchi. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE {Continuazione e fine, vedi fase, prec.) VI. PAVIA. Anche questa Zecca aspetta, assieme a tante altre italiane, di essere illustrata (i) ; e ben lo merita per essere una delle più cospicue per la sua antichità, che ascende ai re goti, per la copia de' suoi monu- menti, oltre ì gotici, dei longobardici , imperatori e regi, da Carlomagno al secondo Federico, e forse al settimo Arrigo , per la celebrità che ottennero le sue monete, a segno che corsero da un' estremità all'altra della Penisola. Muratori ne diede un lungo catalogo, a cui molte altre gli eruditi ne aggiunsero , (1) Questa Zocca ebbe nel 1883 la sua splendida illustrazione nell'opera del Cav. Camillo Brambilla dal titolo : Monete di Pavia raccolte e ordina- tamente dichiarate (Pavia, 1883, in-é" con dodici tavolo). Chi intendo occu- parsi di questa zecca trovei-à in quella bell'opera tutto quanto vi si riferisce, e l'illustrazione di tutto lo moneto pavesi venuto alla luco dall' epoca in cui scriveva il Conto Mulazzani. (F. ed E. G.). 6i 478 GIOVANNI MULAZZANI e copulare se ne potrebbero ancora, ed il conte Carli comprovò la rinomanza di cui godettero nel medio evo. Io non sono da tanto per addossarmene l'impresa non possedendo che ben pochi di quei nummi an tichi ; né agio avendo di consultare sul luogo i do cumenti necessarii all'uopo. Sono quindi costretto benché in altro tempo ne abbia avuto il prurito (^) di traversare inosservati nove secoli, dal VI al XIV (in ciò seguendo d' altronde il mio proposito) e di portarmi all' epoca in cui la Zecca di Pavia , sca duta dalla dignità imperatoria, diede fuori, con gua dagno dell'onore nazionale , nummi improntati del nome dei Signori di casa Visconti. Questo avveni- mento verifìcossi nel governo del secondo Galeazzo, fra il 1354 e 1378 ; poiché, sebbene la città fosse stata, conquistata da Matteo I fino dal 1315 , né questo principe né gli altri suoi discendenti che gli succedettero, usarono della facoltà sovrana di bat- tere moneta. Il famoso Conte di Virtù , figlio di Ga- leazzo II predetto, la tenne inoperosa, in errore es- sendo caduto il conte Carli che nominò una moneta, il pegione (2), siccome fabbricata in quella Zecca , (1) Sono 18 anni dacché, avendo avuto l'onore di faro la conoscenza del signor Marchese Luigi Malaspina di Pavia , chiarissimo lettorato , fui ri- chiesto della mia opinione su di una moneta antica di quella Zecca da esso pos- seduta, appartenente ad un Arrigo, al che mi prostai, scrivendo una Memoria. Pago essendone rimasto, anche por il giudizio cho gliene diodo il Conte C. 0. Castiglioni, mi pregò di aiutarlo a fare una collozione di monete patrie, cho aggiungere voleva al generoso legato del suo palazzo, ricco di monumenti antichi longobardici e della copiosa galloria di quadri e singolarmente di stampe, alla sua città natale. Io ne avevo contratto l'impegno , e mi oro inoltro esibito di corrodarlo d'illustrazioni analoghe, locchè infino mi avrebbe condotto a scriverne la storia , allorché noli' anno dopo fu colpito dalla morte. (Nota doll'A.) (2j VuUime I. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 479 avvegnacchè trovasi frammischiata ad altre nei capi- toli di un appalto nel 1 402 0-) ; e che per la morte di quel principe, caduta in quell'anno , non potè sicu- ramente effettuarsi. In debole grado fu riaperta da Filippo Maria, tanto come conte principesco di Pavia nel 1402 suddetto, che come duca di Milano, dal 1412 al 1447 ; per la qual cosa rare sono le monete di tal fatta, pubblicate però tutte dal Litta (2). A questo punto mi si concederà di notare di volo, che la Zecca di Pavia diede segno momentaneo di vita all' estinzione della dinastia viscontea nel pre- detto anno 1447, in cui si disciolse il ducato di Mi- lano, ed ogni città alzò bandiera sua propria, con una monetina erosa inedita, (danaro, V12 di soldo) coperta di puri emblemi municipali indipendenti : (Bustino di S.Siro: S. SI RVS. — Crocetta: COMVNITAS PAPIÉ) ; da me veduta nel Museo Taverna (3). Men- zione ne ho voluto fare, per riputarla isterica di molto, in quanto insegna, che l'antica affezione e l'ossequio all'impero erano venuti meno nell'animo di quella popolazione. Fin qui non altro che argento e biglione era stato coniato dalla sua origine, che dicemmo gotica. Ma dopo che Francesco I Sforza , aspirando al trono (1) Argelati, Voi. ni, pag. 59. (2) Nel 1887 il citato Cav. Brambilla pubblicava un Fiorino d' oro di Filippo Maria Visconti con comes papié, recontemonto scoperto (Vedi Sag- gio di Bibliografìa citato). (F. ed E. G.) (3) Vedi Brambilla (op. cit.), Tav. II di sappi. N. 6. L'autore cita ap- punto questa moneta, come esistente nel Museo Civico di Milano, del quale entrò a far parte la collezione Taverna. Troviamo solo una differenza nello logg-cnde del diritto citato dai duo autori. Mentre il Mulazzani vi lesso semplicemente: s. sirvs, il Brambilla, nel disegno rappresentato, dà la leggenda s. sirvs, papié, che corrispondo porfettamonto a quella della mo- neta esistente noi dotto Museo. (F» ed E. G.) 480 GIOVANNI MULAZZANI d'Insubria, innalzato in Milano dalla virtù dei Vi- sconti, si rese padrone di Pavia e di altre città e terre circonvicine colle arti politiche piucchè mili- tari, nelle quali tutte valentissimo era, la Zecca fu nobilitata col lavoro dell' oro , mostrandolo , cred'io, un rarissimo fiorino , unico anzi nella città nostra , da me posseduto: COMES FRANCISCVS COMES PAPIÉ AC CREMONE DNVS (^) ; nonché altri fiorini ducali dal 1450 in poi, coll'iscrizione DVX MEDIOLANI PAPIÉ, ETC. Argento puro e biglione, sappiamo, per l'industria di Bellini, che vi fu stampato , sebbene in assai poca quantità , vivente quel principe, nella doppia qua- lificazione di cui si trovò decorato. Col duca Francesco I Sforza, mancato di vita nel 1466, si chiude la storia di quel!' officina tanto fa- mosa un tempo, non riscontrandosi più nei nostri musei monete aventi sopra indubbi segni municipali della città bagnata dal Ticino. Nò conta , come ho sentito dire da alcuni, che la Signoria di Pavia sia nominata in più monete di Galeazzo Maria Sforza e de' suoi successori ; poiché la testina mitrata e nimbata di S. Ambrogio , incisa nel loro vertice , simbolo antico della nostra Zecca, fa testimonianza che uscirono dalla zecca di Milano. In merito d'arte 1' officina pavese tiene il vanto di aver preceduto nel risorgimento ogni altra città d'Italia, per quella meravigliosa figura del celeste Pa- trono, impressa nel 1354, o là intorno, in mw grosso del secondo G-aleazzo Visconti. Con questo breve cenno panni di poter sorpassare i tempi anteriori, che si (1) Un'altra varietà di questo fiorino d' oro è pubblicata dal Brambilla ; una terza esiste nella nostra collezione, e la pubblicheremo tra breve. (P. ed E. G.). COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 481 risentono della barbarie, die produsse l'invasione dei popoli settentrionali in tutta Europa ; nò parmi al- tresì di aver bisogno di soffermarmi sull'epoca bril- lante di Carlomagno, che intrapreso aveva a diroz- zarla , non essendo stato che un lampo fuggitivo scomparso alla sua morte. Per ultima parte che resta , scenderemo alle ri- cerche economiche. Tuttoché fuori del mio istituto, io qui mi sento stimolato di versare , alquanto in generale , sopra la denominazione ed il valore dei nummi pavesi antichi, oltre i tempi sforzeschi e vi- scontei ; e ciò farò non tanto per il desiderio , che n'ebbi un giorno, manifestato di sopra, quanto per la speme, in cui sono, di recare cosa grata agli stu- diosi e utile alla scienza. Dall'anno 1315 segnato già , in cui la metropoli fastosa del regno d'Italia, passò a far parte dello Stato di Milano, e sicuramente dopo il 1354, quando il secondo Galeazzo aprì quella Zecca con impronti suoi propri, dubbio non può esservi che corresse mo- neta imperiale di valore eguale a quella della me- tropoli. Di questa verità ampie prove troveremo alle rubriche viscontee e del primo Sforza nella unifor- mità del loro peso e bontà, benché differenti sieno i tipi per i segni municipali propri in allora di ogni zecca italiana. Ed un economista , senza ispezione di monete , se ne persuaderebbe tosto dal prezzo di soldi 32, per li quali era ugualmente nelle due città tassato il fiormo d'oro. Che moneta pure col nome d' imperiale sia stata vigente immediata- mente dal tempo di Federico I , quando rivendicar volendo in Italia le cosi dette regalie, ossiano i di- ritti di sovranità, fra cui il gius della moneta , ne comandò la battitura in testa propria e per suo utile nel 1163 in un villaggio poco lungi dalla città no- 482 GIOVANNI MULAZZANI stra in allora deserta, chi mai lo potrà mettere in forse, sapendosi dalla storia, che sudditi fedeli e de- voti costantemente gli si serbarono i Pavesi; che va- lidamente lo aiutarono nella guerra contro Milano, e che la città loro fece queir imperatore per sua sede, dopo l'eccidio della nostra? Alcuni scarsi do- cumenti lo additano, e per tutti può bastare il con- cordato del 1254, nominato già, fra sette città lom- barde, in cui Pavia trovasi registrata^ di coniar uni- forme moneta imperiale ; denominazione a ragione adottata dal privilegio originario imperiale, comune a tutte. Dal secolo XIII retrocedendo al V, in cui la Zecca di Pavia ebbe principio coi re goti, che scacciati da Ravenna , passarono a stabilirvi la loro residenza , bisogna distinguere due epoche: la Carolingica del 773, che si amalgama, finita quella dinastia , colla imperatoria e regia d'Italia e di Lamagna fino a Fe- derico I; la gotica e la longobardica da riguardarsi per una sola. Non è bisogno di ridire, dopo tutto quanto indietro fu trattato di proposito, che di lire, soldi e danari di fino argento, o quasi, si compose il si- stema monetario di Carlomagno, ne d'ingolfarsi nelle vicissitudini cui soggiacquero quei valori. Bensì man- care non posso di far rimarcare, meglio che non feci da principio, un periodo luminoso dell'officina pavese che si distende nel secolo IX, in cui le due monete corsero assieme a quelle di Lucca, d'impasto eguale, ricercatissime, ed anche contraffatte per tutta Italia. Innumerevoli carte di quel tempo ce lo insegnano ; e troppo lungo sarebbe di qui trascrivere i tanti brani^ rimandando i curiosi a Muratori , a Carli e ad altri padri della scienza nostra. Dei Goti e Lon- gobardi infine dovendo esporre alcun che, farò noto, rispetto ai primi, che non abbiamo di essi, trapian- COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 483 tata ch'ebbero la sede in Pavia, che una sola moneta di rame del re Baduila, che crederei appartener possa alla classe dei sesterzi antichi. Sono indotto in questa opinione dai molti danari e quinari d'argento stam- pati prima in Ravenna ; dai quali resta chiarito , che il tipo romano era stato mantenuto da quei conquistatori, che la corona d'Italia tenevano, come in feudo dagli imperatori di Bisanzio (a nome dei quali il gran Teodorico assaltato aveva e vinto Odoacre), e le di cui immagini infatti li successori suoi vi posero sopra. Saggiamente pure i Longo- bardi, non per vincoli politici, a cui non furono astretti giammai, avendo avuto anzi tributari , in- vece di superiori, i Greci-Romani , ma per ragioni economiche, rispettarono la memoria di Roma; di- mostrandolo i loro semissi e tremassi d'oro, simili in questo agli indipendenti re goti di Spagna e mero- vingi delle Galli e. Vedi Le Blanc ed il pregevole re- cente lavoro del Cav. di San Quintino. Ma già tutti sanno che il grande cangiamento non fu operato dai barbari che rovesciarono l'Impero Romano, sib- bene da Carlomagno. VII. PIAGENZA. Abbenchè questa nobilissima città, antica colonia romana ed illustre Comune del medio evo, sia stata lungamente soggetta ai Visconti e dopo agli Sforza, e fosse decorata di propria zecca avanti la loro domi- 484 GIOVANNI MULAZZANI nazione, pure una sola moneta se ne conosce, atti- nente alla prima dinastia e nessuna dell'altra. Il secondo Graleazzo Visconti, che ne fu signore nel 1355, si è quel principe che ci fornisce un pezzo rarissimo in argento, custodito in Brera, da dove V estrasse il cav. Litta per renderlo di pubblica ragione. Se non che lo attribuì esso al primo Galeazzo, che conseguì il dominio di Piacenza nel 1313 per il primo di sua casa , del quale abbaglio sarar^no date ampie prove a competente posto (l). Chi fosse del resto desideroso di penetrare nella storia di quest'officina, consulti il Locati ed il Pog- giali; leggerà nell'uno, in lingua volgare, il diploma del re Corrado II del 1140, che conferma la facoltà di monetare, concessa già dagli imperatori En- rico IV e V (2). Nel secondo poi dei detti scrittori (3), due tavole bastantemente bene incise gli offriranno in beli' or- dine tutte le monete battute nel corso de' bassi tempi, sino al risorgimento totale delle scienze, delle lettere e delle arti. Le più antiche hanno principio dal re Cor- rado suddetto, nessun impronto scoperto essendosi (1) Il Conto Bernardo Pallastrolli in un suo interessante articolo, pubbli- cato nel 1874 sul Periodico di numismatica e sfragistica di Firenze (Vo- lume VI, pag. 230-259), ragiona a lungo di questa moneta, mettendo a confronto l'opinione di due scrittori, il Litta o il Mulazzani, il primo dei quali attribuisce questa moneta a Galeazzo I, mentre l'altro l'attribuisce a Galeazzo IL Dopo molti e forti argomenti d'ordine storico, economico e pa- leografico, l'autore accoglie l'opinione del Litta o dà la moneta a Galeazzo I, attribuizione che ora è generalmente accettata. Gli studiosi, che si interes- sano a questa quistione, faranno bene a leggero questo importante studio del Pallastrelli ; tanto più che l'autore, essondo stato amico del Conte Mu- lazzani, potè avere in mano quella parte do' suoi scritti, dove si tratta della moneta di Piacenza, e ne pubblica un lungo brano. (P. ed E. G.). (2) Cronaca di Piacenza, pag. 380. (3) Memorie storiche di Piacenza, voi. IV, pag. 172. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 485 dei due monarchi antecedenti ; e sono grossi e danari dei secoli XTI e XTII ; avvertendo, a proposito dei grossi, che il Locati li dà coniati nel 1218 (pag. 119), cosicché Piacenza avrebbe per la prima città d'Italia il vanto di aver dato principio a sì famose monete dei bassi tempi. Manca la viscontea che dissi, ma del principio del 1400 due rarissime vi sono, che sa- ranno illustrate a suo tempo, siccome immedesimate colle viscontee, a mio giudizio. Infine succedono quelle dei Papi Leone X, Adriano VI, Clemente VII, che tennero Piacenza e anche la vicina Parma , come presto vedremo, a chiudere la serie degli oggetti, che più particolarmente sì confanno ai nostri studi. Appunti annessi alla Zecca di Piacenza, Il famoso concordato tenutosi in Bergamo fra li deputati delle città di Pavia, Piacenza, Padova, Cre- mona, Brescia e Bergamo, stabili per articolo I : quod moneta grossa fiat quae valeat quilibet denarius grossùs IV imperiales ; (Poggiali, voi. V, pag. 256. Pia- cenza 1758). Menzione del 1328 vi è in Poggiali istesso (Voi. V, pag. 190), di alcune nuove monetine battute, cioè , mezzanos et grossos^ valentes sex denarios. Poggiali si era impegnato a trattare, ex professo, delle monete coniate nei secoli di mezzo in Piacenza o che vi ebbero corso (Voi. V, pag. 256) , ma non tenne parola. 6a 486 GIOVANNI MULAZZANI Lo stesso, (Voi. IV, pag. 171 e seg.) sotto l'anno 1140, riporta un estratto del diploma pubbli- cato dal Locati, dal Muratori e da altri, del re Cor- rado ai Piacentini, in cui confermò ad essi la facoltà di batter moneta loro : ah antecessoribiis nostris Ilenrico IV et Henrico V imperatorìbus coUatam, con- cessam et confirmatam. Sembra però che, se non dopo l'anno 1140 predetto , quella città non abbia vera- mente usato del privilegio che teneva; le monete più antiche, che si conoscono, hanno il nome del re Corrado II, Conradi regìs secundi. Anzi per ragione dei caratteri deformati, che vi sono sopra, sono da stimarsi coniate dopo qualche tempo dalla pace di Costanza nel secolo XIII. Il cronista di Piacenza, Antonio Musso, dando contezza di questo diploma, che impropriamente chiama ])rìvilegìum facìendi mo- netami dice: eodem anno moneta fiiit incerta fieri (Voi. 16, 20. Rerum Italicar) ; ma è scrittore favo- loso ed oscuro. Vili. VERONA. Abbiamo veduto li magnanimi nostri primi Vi- sconti affaticarsi coll'armi e col consiglio, per il corso del secolo XIV, a creare uno stato potente in Italia, che valso avrebbe a farla risorgere all'onore di Na- zione. Le cinque Zecche di Como^ Cremona, Bologna, Genova e Pavia , poc'anzi noverate, abbastanza lo mettono in chiara luce. Proseguendo nell' aperto COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 487 cammino , se ne incontrano di questi tempi altre tre , contemporaneamente aggiunte alla metropoli- tana nostra, e sono: Verona, Padova e Siena, città che mostrano il dominio visconteo dilatato dalle radici dell'Alpi al cuore dell'antica Etruria, e dal- l'uno all'altro mare, di cui natura fé' dono. Cominciando dalla prima nominata, nella Raccolta dell'Argelati e dello Zanetti W se ne ha la storia dal suo nascere, fino a che durò, scritta dal Zagata e dal marchese Dionisi , corredata quest' ultima da giudiziose note di Zanetti. A questi scrittori si deve aggiungere il conte Carli , che ne trattò di volo in più riprese. Scorrendo le loro opere, si raccoglie per mera congettura , tratta dall' analogia del sistema politico dei Longobardi eguale ai Franchi, che zecca in Verona sia esistita nel dominio dei predetti Lon- gobardi, mentr'era governata dai duchi , siccome si sa da Le Blanc esservi state zecche assai numerose in Francia a quel tempo coi Merovingi, e Carolingi dopo, nelle città capitali di provincia dove risiede- vano i duchi e governatori. Maggiore è la proba- bilità che si affaccia coi Franchi, dacché Pipino, figlio di Carlomagno , fu spedito dal padre a farvi residenza. Per questa ragione , che dove è il prin- cipe stabilmente dimorante , ivi è la zecca , non si può dubitare che il primo Berengario re e poscia imperatore, che vi soggiornò tanto tempo e vi mori, non abbia coniato moneta; e già un documento del 921, vivente esso Berengario, accenna ad un Dome- nico, Monetario della città di Verona (2), Tipi per altro col nome di monarchi del secolo VI al X, forniti di (1) Voi. n, pag. 45 e seg. — Voi. IV, pag. 203, ecc. (2) Zanetti, Raccolta, occ. Voi. IV, pag. 292. 488 GIOVANNI MULAZZANI marcliio veronese, non sono passati alla posterità (i). Cogli Ottoni, e senza tema col primo , per un do- cumento del 969 , in cui si parla di danari buoni spendibili nella città di Verona, si comincia a nove- rarne i coni positivi , che poi si reggono continua- mente cogli Enrici ; e fu allora che celebri diven- tarono le monete veronesi per il gran corso che ot- tennero nelle città italiane. Durante la libertà che ci fruttò la pace di Costanza, se ne sostenne la buona fama, avendo gareggiato a fronte degli altri municipi, con squisiti grossi^ ad ampliare e perfezionare il si- stema monetario. Operosa pure tennero la Zecca gli ScaUgeri dei secoli XIII e XIV, ed il nostro Conte di Virtù, fra il 1387^ in cui conquistò Verona, ed il 1402 in cui mori. Per un secolo intiero, dal 1405 al 1505, chiusa rimase nel primo dominio dei Veneziani, che con una politica infausta all' Italia squarciarono , nella prima metà del 1400, il vasto e potente Du- cato di Milano ; allorché venne riaperta, con stu- pende incisioni, ornate di ritratto, dall' imperatore Massimiliano I, che s'impossessò della città nel 1505 per li patti della famosa Lega di Cambrai. Nuova- mente infine si trovò chiusa e per sempre nel 1516^ quando la Repubblica veneta ricuperò le provincie di terra ferma. Non altro esigendo il mio istituto, che di toccare del Conte di Virtù, accennerò le monete che se ne hanno (2). D'oro siamo mancanti, ma diverse se ne (1) Si conoscono oggi monete di Verona col nome di Berengario IL — Vedi Gariel : Les monnaìes royales de France sous la race carolingienne. Strasbourg, 1883-85 ; 'm-Af> con tav. (F. od E. G.) (2) Per queste monete di Gian Galeazzo, vedi il beli' articolo del Long- périer: Monnaies de Jean Oaleaz comte de Vertu en Champagne, inserito nella Revue numismatique frangaise dell'anno 1859. (F. ed E. G.) COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 489 contano in argento ed in alto e basso biglione ; cinque furono pubblicate dal cav. Litta, sotto i nu- meri 57, 58, 59, 60 e 61, nel fascicolo dei Visconti; ed una io vi aggiungerò inedita, in mia podestà, nella rassegna che farò a suo tempo, si di queste che di ogni altra altrove fabbricata e portante il suo nome. IX. SIENA. In campo or viene altra zecca di quelle città ita- liane, che al pari di Genova testò vcjduta, hanno battuto moneta avanti la pace di Costanza, senza privilegio imperiale per generoso sentimento d'indi- pendenza ; però con questo notabile divario, che quella, di cui andiamo a discorrere, fece uso aperto di emblemi suoi propri, per norma delle genti, non falsando turpemente gli alieni, siccome operò l'altra, imitante il conio di Pavia , corrente in allora e ce- lebrato per tutta Italia. In Muratori sono a riscontrarsi i documenti per li quali è dimostrato che Siena era in possesso della prerogativa sovrana, di cui ci occupiamo, nel- l'anno 1170. I tipi che se ne hanno sono di diverse foggio ; i più (e sono gli antichi), tengono l'iniziale S e croce nelle due facciate ; altri N • D ed un Angelo ; ed uno ve n'ha, singolare, reiteratamente prodotto da Bellini, che mostra la famosa Lupa lattante di Roma. Le 490 GIOVANNI MULAZZANI iscrizioni suonano ognora le stesse ed onorevoli ognora, senza marchio, vale a dire, d'imperante ol- tramontano : SENA VETVS CIVITÀS VIRGINIS, nel davanti ed ALPHA ET OMEG-A, PRINCIPIVM ET FINIS, di dietro. Fino a che tempo abbia durato 1' officina senese, la storia è solo quella che ce lo può indicare; nes- suno di proposito ne scrisse finora (i). Argelati ne tacque; Carli e Zanetti ne dissero di volo e poco. Sicuramente esistente nella prima metà del XII se- colo, ha continuato per altri quattro, al XVI, fino a che quella città piegar dovette il capo nel 1559, al giogo mediceo, dopo di aver difeso valorosamente la sua libertà contro la potenza formidabile di Carlo V. Ad onore di quei forti repubblicani, è da sapersi che, quando furono costretti a darsi per vinti agli im))eriali nel 1555, popolo ed ottimati , sdegnando di sottomettersi , si ritirarono sul monte Alcino , presidiato da soldati francesi , e vi si sostennero per ben quattro anni con gloria; creati magistrati proprii, e battuta moneta, con iscrizione d'immor- talità degna: RESPVB. SEN. IN MONTE ILYCINO, marcata degli anni 1555 al 1559, al di sotto della romulea Lupa lattante. Ofiìcio mio sia in adesso di dar conto di quel tanto che ci appartiene di cotali monumenti della grandezza italiana ; locchè fare non potrei, senza toccare il punto più luminoso della storia viscontea, in cui sta seduto maestosamente il terzo Galeazzo. E dirò di questo principe di gran mente e di (1) Le Moneto della Eepubblica Senese, compreso quelle coniate a Mon- talcino, furono magistralmente illustrate dall'esimio Domenico Prorais nella sua Opera : Monete della Repubblica di Siena. Torino, 1868 : in 4° (con 8 tavole). Qualche altra moneta inedita comparve di poi in varii periodici od opuscoli (Vedi Saggio citato). (F. ed E. G.) COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 491 gran cuore, che aspirando a cingere la sua fronte del serto d'Italia ; debellati prima gli Scaligeri e i Carraresi, assoggettata poscia Bologna e parte dello stato della Chiesa fino ad Assisi ; poste le sue in- segne a sventolar nell'uno e nell'altro mare, con Pisa e Padova in sua balìa, mirando ad impadro- nirsi della Toscana, la signoria ricercò ed ottenne di Siena nel 1391, che tenne fino alla sua morte nel 1402. In questo intervallo di tempo oro ed ar- gento fu battuto all'antica forma, che descrissi re- pubblicana, con l'u" loa varietà di una biscietta nel vertice diritto, dov'è l'iniziale della città, per deno- tare con tale insegna il Sire che la dominava. Igno- rati erano dai nostri scrittori questi tipi, quando il conte Litta li pubblicò nel 1828; conosciutissimi per altro si trovarono in Milano, provveduto essendone ogni Museo. Caduto al cadere del famoso Conte di Virtù l'im- pero della vipera , e ritornata Siena alla pristina libertà, ha fine questo stampo singolare e raro. X. PARMA. Dobbiamo al valore del maggior capitano del se- colo XV, Francesco Sforza, se la Zecca di questa città aggiunge ornamento alla raccolta nostra. Il Padre Affò ne scrisse degnamente una storia compita, dalla sua origine ai giorni nostri, pubblicata da Zanetti. Potrà ognuno ivi accertarsi , giacché tutte le sue parole da documenti o da severe e giuste 492 GIOVANNI MULAZZANI argomentazioni non trovansi mai scompagnate , che la Zecca di Parma^, posto in disparte 1' apocrifo di- ploma di Corrado il Salico imperatore, 1207, a cui credo si possa copulare il nummo muratoriano di quel monarca, la Zecca di Parma, dissi, era già aperta nel 1207 , regnando il re di Germania Filippo di Svevia , probabilmente per sua concessione , essen- dovi il suo stampo. Alla foggia delle altre città ita- liane continuò per tutto il secolo XIII e parte del XIV, con g-rossì e danari onorevolissimi, improntati del nome di Ottone IV e Federico II, e in seguito, di puri caratteri repubblicani. Caduta Parma stabil- mente nel 1346 sotto il dominio dei Visconti, dopo di essere stata soggetta ora a papi , ora ad impera- tori e monarchi tedeschi ed ora agli Scaligeri , la sua zecca rimase per un intiero secolo chiusa , finché, estinta quella nostra dinastia, diede fuggitivo segno di vita per due monetine erose, ch'io conservo, una delle quali inedita, autorizzate a richiesta del muni- cipio , dal gran Capitano che nominai da principio, e di cui portano difatti il nome : e queste sono le sole che si contano della casa Sforza colà sorte, quantunque essa ne abbia tenuto la Signoria per quattro generazioni . di duchi. Mancanti similmente siamo dei coni dei due re di Francia , che conqui- starono al principio del 1500 il Ducato di Milano , di cui erano membri Parma e la vicina Piacenza. Ma in questo torno moltissime ve n'ha di pontificie, attinenti a Leone X, Adriano VI, Clemente VII; in cui mi fermo per non oltrepassare V età di mezzo, che de' nostri studi è precipuo scopo. Poche osservazioni mi chiama a fare il mio as- sunto, intorno 1' arte e i sistemi monetari, che fu- rono vigenti sulle sponde del Taro, nel periodo che ci spetta. Sul primo conto dirò, che gli stampi dei COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 493 Papi corrispondono alla fama del secolo di Leone X che li vide nascere ; che le due nostre minuzie della metà del 1400 non valgono la pena d'essere nomi- nate ; e che ognun può immaginare le rozze fatture del 1200, fra le quali una ve n'ha, rimarcabilissima, detta il nummo vìttoriato , con ritratto di Federico IT, di cui non può darsi , né vi è, cred'io, in tutta la numismatica italiana del medio evo, cosa più deforme. Riguardo al secondo punto è da sapersi, che la lira imperiale, creata da Federico Barbarossa nel 1163, e fatta nostra propria nel 1185 W, trovavasi in corso al principio del secolo XTII in Parma; allorché, aper- tasi la zecca colla battitura dei danari del re Filippo, nacque la lira parmigiana della forza di solo V3, che corse, come da noi la terzola, frammischiata all'altra. Sotto i Visconti e gli Sforza la moneta legale fu Y impe- riale di Milano , siccome manifesto é che doveva succedere. Lo provano le carte tratte dagli archivi dal benemerito Affò , e lo dimostra 1' eguale tassa- zione del fiorino d'oro nelle due città (2). (1) Capo XXI. (2) Dall'opoca in cui scriveva il nostro Autore , molto nuove monete dì Parma vennero alla luce e furono illustrato da valenti numismatici. Ne ci- teremo una sola, por noi importante, come quella che ha relazione coll'as- sunto dol nostro Autore, essondo moneta battuta da un Visconti , Signore di Milano e di Parma. Intendiamo parlare della moneta parmense di Bernabò Visconti, pubbli- cata la prima volta dal Pallastrelli nel 1856, e poi inserita (1864) nel I Vo- lume della Rivista numismatica italiana dell'Olivieri. Per tal modo la serio dello monete battuto da principi milanesi a Parma, anziché da Francesco I Sforza, comincerebbe da Barnabò Visconti. Per altre monete importanti di Parma, pubblicato nell'ultimo triennio, rimandiamo i nostri lettori alle opero citate nel nostro Saggio di bibliografìa e specialmente agli interes- santi studi corrodati di tavole e pubblicati da Michele Lopez nei Vo- lumi I, n in del Periodico di numismatica e sfragistica dello Strozzi, portanti il titolo : Aggiunte alla zecca e moneta parmigiana. (F. od E. a.) (.3 491 GIOVANNI MULAZZANI XI. ASTI. Questo ricco e potente Cornane dell'età di mezzo ottenne il diritto di monetare da quel medesimo re Corrado II, che l'aveva già conferito ai Genovesi ; il diploma fu pubblicato dall'Ughelli e riprodotto dal Carli, ed è dell'anno 1140. Muratori ci diede una monetina erosa, sicuramente un danaro del secolo XII o XIII ; poi vengono i grossi di buon argento, dei quali vi è notizia negli antichi statuti di Verona fatti dagli Scaligeri nel 1329 W, ed in San Quintino, che ne fa testimonianza nella sua dotta dissertazione sulle monete battute in Piemonte dai conti di Provenza nel secolo XIV (2) ; oltredichò ogni ben composto museo italiano n'è fornito. Pendente il dominio dei Visconti , cominciato l'anno 1346, non si hanno, come fu veduto di Parii;ia, monete di sorta. A pascere l'occhio di monete patrie od almeno coperte di emblemi di pertinenza nostra, conviene portarsi alla metà del secolo XIV, quando i reali di Francia, già padroni d'Asti dal 1387, per dote di Valentina Visconti impalmata a Luigi duca di Turenna e conte di Valois, la posero in lavoro, facen- done uscire copiose monete d'oro, argento e biglione. In Le Blanc stanno i coni di Carlo duca d'Orleans, figlio della predetta duchessa Valentina e di Lodo- (1) Zanetti. Voi. IV, pag. 361. (2) Pag. 12. Torino, Stamp. aiiiringhollo, 1837. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 495 vico, tanto come duca titolare di Milano, die prin- cipe nostro di fatto, montato che fa al soglio fran- cese ed operata ebbe la conquista, nel 1499, della patria nostra. Ma sì di queste produzioni , come di quelle dell'altro re Francesco I, ne sarà trattato a lungo a suo posto 0-). Con la cacciata dei Francesi dall'Italia, avvenuta per la battaglia di Pavia e la prigionia del re Fran- cesco suddetto nel 1524, ebbe fine, si potrebbe dire, la zecca d'Asti. Poiché, quantvmque l'imperatore Carlo, diventato padrone d'Asti e di tutto il Ducato di Milano, per la pace di Cambrai del 1529, vi abbia battuto moneta e singolarmente un bellissimo testone (pubblicato da Bellini) C^) col ritratto e coll'impresa sua favorita, che vedremo più volte, di due colonne in acqua ; pure la città fu ceduta poco dopo da quel- l'augusto ai duchi di Savoja, con che restò definiti- vamente privata dell'onore antico. XII. MANTOVA. Si disputa fra uomini eruditissimi dell' origine di questa zecca ; inclinando alcuni a farla ascendere al secolo X, con il terzo Ottone imperatore (996), ed (1) Per le monete battute da Carlo d' Orleans , da Lodovico XII e da Francesco I ad Asti, vedi la boll'opora di D. Promis : Monete della Zecca d'Asti. Torino , 1853 , in-4° , con tav. Quelle dei due sovrani furono più tardi ripubblicate da H. Hoffinann nella sua opera : Les monnaies royales de France, otc. Paris, 1878, in-4°, con tav. (F. od E. G.) (2) Dissert. 1774, pag. 12, fìg. 4. 496 GIOVANNI MULAZZANl anche al IX, col secondo Berengario re d'Italia (950); altri restringendola ali' epoca della pace di Co- stanza (1183); su di che è a vedersi Muratori, Carli, la dissertazione di Leopoldo Camillo Volta in Za- netti (1), e lo stesso Zanetti nelle note che vi appose. Ma più o meno antica che sia, illustre sicuramente fra le italiche, avvegnacchè ricca di monumenti va- riati e bellissimi, ella è per le prove che diede fuori nella lunga dominazione dei principi Gonzaga dal 1328 al 1708 ; emulato avendo , sotto il marchese Francesco Maria (1486), li contemporanei nostri te- stoni famosi. Onorevoli grossi emessi aveva di puro argento nel corso del 1200, ad imitazione delle città, fra le quali è situata. Spossessato che fu il ramo Gonzaga, regnante in Mantova, da Carlo VI imperatore nel predetto anno 1708, per avere nella guerra della successione se- guitato le parti francesi ; e per il trattato di Rad- stadt del 1714, Mantova passata decisamente a far parte degli Stati di casa d'Austria, inoperosa restò quella zecca , fino a che dallo stesso imperatore fu riaperta nel 1732 , con pessimo consiglio, per farne sortire ignobili monete, continuate poscia per il re- stante secolo dai suoi discendenti , meno il grande Giuseppe II, ed anzi peggiorate, come sarà dimo- strato colle analisi a suo tempo, quando le ripro- durremo. Per le vicende politiche del 1796 la zecca di Man- tova si trovò definitivamente chiusa; le monete ossi- dionali che ne abbiamo, si del predetto anno 1796, come le recenti del 1848, non appartenendo propria- mente alla vera storia di una zecca. (1) Voi. ni, pag. 229. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 497 Voglio far però sapere che l'imperatrice Maria Te- resa, allorché dava opera al nuovo suo sistema mone- tario, ebbe il pensiero di conservare quell'officina e di farla lavorare sull'istesso piede della nostra. Una prova in stagno lo indica, da me posseduta, di una lira, per tipo e grandezza eguale alla nostra , colla differenza dell'arme, che rappresenta le aquile dei Gonzaga invece dei colubri viscontei ; e dell' iscri- zione, che omette la Signoria nostra e accenna l'altra MANTVAE DVX, coli' anno 1779, e col valore infondo: 3 lire, s'intende locali, corrispondenti ad una mila- nese. Saggiamente venne abbandonato un tale pro- getto per salvare in domini contigui , e con popoli di medesima razza, governati da magistrati e leggi comuni, la bella uniformità di un solo sistema mone- tario e l'incalcolabile vantaggio d'un solo conteggio W. XIII. V E N K Z I A. Uno Stato mirabile di tredici secoli di durata , che ha vinto la Sparta degli 800 anni e l' Impero Romano di 1200, ben doveva trovare naturalmente, mentre vigeva , scrittori che ne celebrassero lodi smodate, e che si siano affaticati di decorarlo, nella sua povera origine ed infanzia, di eminenti prero- (1) Por quanto riguarda le moneto battuto a Mantova dall'Imp. Carlo VI e dalla figlia Maria Teresa, si veda la bolla pubblicazione di Attilio Por- tioli : La Zecca di Mantova. Parto sesta: La Zecca austriaca. Mantova, 1879, in-8« fìg. (P. ed E. G.) 498 GIOVANNI MULAZZANI gative sovrane, che non potè sicuramente avere. Fra queste, piacque ad essi di annoverare la Zecca, di cui r antichità altri fecero rimontare ai Goti , altri al primo o secondo Berengario e ad Ugo e Lotario , appoggiandosi su carte di enigmatico significato, o valendosi d'iscrizioni lapidarie per lunga età poste- riori e di testimonianze di storici non coevi. Ma nessun danaro antichissimo, che esista di quei tempi, evvi genuino; e danari invece che si hanno coll'im- pronto VENECIAS (e si conoscevano fino d'allora che la questione cominciò ad essere ventilata, del secondo e terzo imperatore Carolingico, susseguiti dagli En- rici e dai Corradi), depongono contro tali pretensioni; le quali erano già state in genere abbattute o rese grandemente dubbiose, fino dal principio del se- colo XVII, dall'autore del libro famoso : Squittìnio della Libertà Veneta. In questi ultimi anni il cavaliere di San Quintino, facendosi forte di un' ordinanza di Carlomagno del- rSOS e 808, datata da Thionville, in cui prescrisse che la moneta in nessun altro luogo fosse battuta che nel suo Palazzo o Corte ; ordinanza rinnovata da Carlo il Calvo , suo nipote , in Pistes nel 854 , impugna ed atterra la Zecca di Venezia ed ogn'altra d'Italia ; opinando per una sola fabbrica in Francia delle monete dei monarchi predetti, sorpassata avendo la difficoltà grave delle imperatorie tedesche, le quali chiaro è, che traggono la genealogia dalle prime (i). Ma dato ancora che obbligatori siano stati i capi- tolari di Carlomagno per li suoi successori, locchè non è certo, e per riguardo a Lotario non so come (1) Osservazioni critiche intorno all' origine ed antichità della moneta veneziana. Torino, dalla stamperia Eoale, 1847, a pag. 12. COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 499 sostener si potesse, se Corte o Palazzo si voleva a batter moneta, chi mai può mettere in forse , che Corti e Palazzi non siano stati per ogni dove , in Italia, dai re Goti passati ai Longobardi, e da questi nei conquistatori franchi (1)? Contemporaneamente a questo scritto singolare di un uomo però di grande ingegno e dottrina , usci fuori la guida di Venezia (2), tenera si fattamente delle glorie avite a segno di snaturarle, per volerle di troppo ingrandire ; uscì fuori , dico, a voler far credere che Venezia abbia battuto quelle monete a profitto del suo commercio colla terra ferma con- tigua, vale a dire , falsandole , come vedemmo dai Grenovesi oprar col conio imperatorio di Pavia: ma per l'onor di Venezia è a dirsi, che di sì turpe ope- razione non furono avanzate che gratuite suppo- sizioni (3). Certa in conseguenza , a parer mio, è la veneta zecca dal IX al XII secolo^ per li monumenti lam- panti suoi propri , ma come zecca imperiale o regia anyiessa al Regno d'Italia. Quando poi la dignità di nazionale abbia acquistato, lo mostrano i nummi di questo istesso secolo XII, che se ne hanno, col marchio della città e del Doge unitamente ; e lo induce a far pensare la scaduta autorità degli im- (1) Osservazioni critiche, ecc. pag. 12. (2) Venezia e le sue lagune, 1847. Cenni storici intorno la moneta vene- ziana di A . . . Z. . . pag. 6-8. (8) La quistiono doU'origine della Zecca veneziana fu in tempi più re- centi diffusamente trattata dai nostri numismatici, quali il Vincenzo Promis, il Padovan, il Papadopoli, ecc., i quali pubblicarono numerosi documenti , e modificarono sensibilmente a questo proposito le opinioni di trent'anni fa. Ora poi, ci auguriamo che venga presto alla luce la tanto sospirata Illu- strazione della veneta zecca del Conto Nicolò Papadopoli , la quale certo riassumenl tutto quanto si conosco ora sulla detta quistiono o no pronun- ziorà un autorevole parerò. (F« ed E. G.) 500 GIOVANNI MULAZZANI peratori d'Alemagna fra le guerre del sacerdozio e dell'impero. Se vero è, com'è verissimo, che in allora s' istituirono i Municipi , che si crearono i consoli preposti al loro governo, che si formò e nacque la li- bertà d'Italia ; non è meraviglia che i Veneziani, fe- derati nelle loro forti lagune, fatti ricchi e potenti dal commercio del mondo allora conosciuto, abbiano alzato lo stendardo dell'indipendenza, coniando per la prima volta nummi in propria testa e col nome dei loro Dogi: Sebastiano Ziani (1172), Orio Mali- piero (1179), Enrico Dandolo (1192) W, per tal modo anticipando la determinazione, che per non dissimili cagioni, presero le repubbliche italiane , come ve- dremo nella seconda metà del secolo dopo, alla morte del secondo Federico. Non sarebbe delle mie forze né del mio intendi- mento di proseguire nella storia della zecca vene- ziana, diventata nazionale o trasformata in austriaca nel 1798 ; in cui la repubblica veneta, stata conqui- stata dalle armi francesi, fu ceduta con quasi tutte le Provincie che la componevano, all'imperatore Fran- cesco II col trattato di Campoformio del 1797, det- tato da Napoleone Bonaparte, in allora semplice ge- nerale comandante l'esercito francese in Italia. Bensì dopo sette secoli di abbandono, ripigliar ne debbo il discorso, per registrare altro avvenimento straordinario e clamoroso della mia età , la perdita di Venezia fatta dall'Austria nella guerra del 1805 contro Napoleone, diventato imperatore dei Fran- cesi e re d'Italia ; e l'aggregazione che ne successe al Regno nostro ordinata da quel monarca; per le (1) V. Bellini, Dissert. 1755, pag. 98, fig. I. San Quintino citato figura 9, 10, 11 della tavola IL COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 501 quali cose patrie , qui per la tredicesima ed -ul- tima si affaccia con meraviglia l' officina monetaria, che fu già in dominio della superba città, regina un giorno dell'Adriatico mare e Jonio. Coni ne abbiamo senza interruzione dal 1807 al 1813, in argento o rame, eguali a quelli che si stampavano a Milano e a Bologna, meno l'oro, riservato alla metropoli. Però è da sapersi che nel nobilissimo metallo non si cessò colà di lavorare giammai ; avvegnacchè zecchini del- l'antica rozza fattura, per milioni e milioni si fabbri- carono continuamente per il commercio del Levante, com' era già accaduto nella prima occupazione austriaca. Caduto nel 1814 l'impero napoleonico , invaso e disciolto il Regno d'Italia, la Lombardia e la Venezia ritornate sotto il giogo dell'Austria , col trattato di Parigi 11 maggio di detto anno, la zecca veneziana prosegui operosa negli antichi zecchini , frammi- schiandoli di pochi talleri e lire di convenzione^ vale a dire, della norma tedesca : finché giunse il 1822 a mettere in pura mostra , tanto a Venezia che a Milano, un imperfetto sistema monetario in tutti tre i metalli, morto appena nato, e che, non avendo ser- vito al vero e nobile suo scopo della circolazione, servire potrà , rifugiato com'è fra le anticaglie dei nostri musei, ad esercitarvi sopra la critica di dotte penne per il ben pubblico futuro. 502 GIOVANNI MULAZZANI XIV. BRKSGIA. A cagione di una sola monetina di Bernabò Vi- sconti, che vedremo a suo posto, mi trovo in neces- sità di toccare di questa zecca in via dubitativa. Contiene un tal pezzo nel campo, parmi rovescio, chiuso entro scudo di forma gotica, le lettere D • B -, che Muratori , nel pubblicar che lo fece , non ardi di proferire significar potessero: Signore di Brescia: Certe ergo non ausim lieìc interpretari: Bominus Briociae. Con pace di quel grand'uomo , io veramente non troverei si grande ostacolo a supporre che questa moneta abbia potuto essere stata coniata in Brescia e che ne porti l'intitolazione (1). Fu Bernabò in vita sua Signore di quella città , toccatagli fino dalla prima divisione del 1354 con Matteo e Galeazzo suoi fratelli ; e Brescia aveva la sua propria zecca da Federico I, continuata nell'evo repubblicano , e che diede segno anche dopo di Bernabò quando venne dominata, nei primi anni del 1400, da Pandolfo Malatesta ; per diversi nummi che possediamo , e (1) La moneta, a cui accenna qui il nostro Autore, è precisamente il Sesìno di Barnabò da noi pubblicato nel nostro libro Le Monete (li Milano (pag. 43, num. 17). Dall'epoca, in cui scriveva il Conto Mulazzani, a nessun autore è mai passata por la mente una simile ipotesi. Le iniziali D. B, che si scorgono sulla maggior parte dello moneto di Barnabò , comproso il p-'.gìone o tessera in argento (Gnecchi , N. 11 ; tav. VII, n. 11 , la quale non porta che emblemi milanesi), furono sempre interpretato por DOMINVS BERN'ABOS. Barnabò fu infatti padrone di Brescia ; ma ci paro che, volendo dare sullo monete una testimonianza di quella sua signoria, egli l'avrebbe fatto in modo più chiaro e distinto, come fece, per esempio, sulla sua moneta di Parma. (F. ed E. G.) COMPENDIO STORICO DI QUINDICI ZECCHE ITALIANE 503 che lo stesso Muratori, e molto più Bellini, fecero conoscere. La mia proposizione lia però bisogno di essere avvalorata, locchè aspettar si può da qualche erudito di quel paese, che regalar volesse la repub- blica letteraria di una storia di quella Zecca, scritta di proposito e ordinatamente, non avendo l'abate Do- neda fatto che delibar la materia. Per difetto di questa desiderata scrittura siamo all'oscuro del diploma di concessione, che di certo non può essere stato che del primo Federico, qualche anno prima della pace di Costanza , o immediata- mente dopo. Ignoriamo parimenti il tempo preciso in cui siasi dato mano ad approfittare del conse- guito privilegio; ma per il documento di cui fu fatto cenno trattando della zecca di Cremona , si può fissare all'anno 1183, od all'anno dopo, l'aper- tura dell'officina monetaria bresciana. Il Doneda ha dimostrato che moneta patria si nominava già in una sentenza arbitrale del 1184, data in quella città (1), per tacer di due cronache di quei tempi che ne parlano (2). XV. PADOVA. Incerta è la fondazione di questa Zecca, volendola taluni far derivare da Arrigo II imperatore, nel 1046 ; su di che è a vedersi Muratori, che ristampò con dub- (1) Zanetti, Raccolta, ecc. Voi. IV, pag. 410412. j (2) Ivi e nota 274. )0l GIOVANNI MULAZZANt biezza il diploma pubblicato dallo storico Orsato , concesso al vescovo Bernardo , ed il Brunacci che senti diversamente (l). Comunque sia la cosa , certi solamente siamo, che alla metà del 1200 la zecca di Padova era aperta, testificandolo grossi di prelibato argento coll'iscrizione : PADVÀ REGIA CIVITÀS, pubbli- cati da Muratori e da me posseduti ed analizzati. Di questa sorta di monete , fabbricate nelle libere città d'Italia in quell'era di generale riordinamento monetario, ne fu discorso indietro. Sopraffatta quella repubblica dai Carraresi , quella zecca prosegui a lavorare col nome e coli' insegna dei loro principi ; finché cessò di esistere per l'acerbo fato che colpì quella stirpe, estinta sotto la mannaja degli ambiziosi e crudeli oligarchi veneziani nel 1407 (2). Venti anni prima di questa tragedia, vale a dire nel 1387, Padova era caduta in podestà del nostro Galeazzo III Visconti , che la conservò fino alla morte, nel 1402. Ora, dell'intervallo di questa domi- nazione abbiamo una preziosa, rarissima moneta col predicato: D. MLI PÀDVE, di forma perfettamente con- simile ad altra battuta qui da noi, colle sole parole: D. MEDIOLANI. Sul dubbio quindi che possa aver sortito i natali nell'una piuttosto che nell'altra città, ragioni essen- dovi tanto prò che contro , debito mio era di far parola della zecca posta in riva al Brenta, come fu della precedente bagnata dal Mella. Per figurar milanese la monetina in discorso, si appresenta la conformità del tipo, invero calcolabil cosa, poiché ogni zecca italiana di quei tempi aveva (1) Argelati, Raccolta. Voi. I, pag. 223. (2) Muratori, Annali d'altana. COMt»ENl)lO STORICO Ì)I QUINDICI ZECCHE ITALIANE 505 uno stile e dei contrassegni suoi propri ; per cre- derla padovana concorrono più indizi: 1' esistenza della zecca , la politica viscontea , di cui fu gran maestro il famoso Conte di Virtù, intesa a lusingare da principio i popoli conquistati, colle antiche re- miniscenze salvate, e gli esempi già veduti, in par- ticolare del principe di cui stiamo parlando, a ri- guardo delle zecche di Verona e di Siena. Gli eruditi , frugando nei polverosi archivi , po- tranno chiarire questo punto oscuro della numi- smatica loro patria (l). Giovanni Mulazzani. (1) Fino a prova in contrario, noi riteniamo che le trilline di Gian Ga- leazzo, le quali portano associato al nome di Milano quello di Padova o di Ve- rona, siano state coniate nella zecca di Milano, tanto il loro tipo e la loro fabbricazione sono identiche a quelle che portano il solo nome di Milano. Avveniva spesso in queir epoca che, o per maggior sorveglianza e garanzia nella battitura o per la maggiore comodità di aver gli artefici e gli is tra- menti, si coniassero nelle metropoli o nei centri di residenza del principe, le monete destinate a testimoniare una nuova e minor signoria. Osservando lo monete coniate in Milano, da Gian Galeazzo sino alla fine degli Sforza, noi troviamo che la maggior parte di esse portano, unito al nome di Milano, quello di Pavia, o di Genova o di Cremona, ecc. Quelle realmente battute nelle città secondarie del Ducato hanno naturalmente il tipo dello rispettive zecche e di solito qualche emblema della città, di cui portano il nome. (F. ed E. G.) ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI XYIII. VARIANTI DI MINUTI ED UNA MONETA INEDITA. Fig. 1. Fig. 2. v^ Yh Avendo di recente acquistato una trentina di questi denarini, vi trovai rappresentati I'ianva q . d . p, il Governatore Antoniotto Adorno, i Dogi Raffaele Adorno, Griano, Ludovico e Pietro dei Campofregoso, il Gov. Agostino Adorno, il Doge Ottaviano Campo- fregoso e finalmente i Dogi biennali. Lasciando fuori i duplicati e le semplici varietà dei conii già conosciuti, mi limiterò a dar notizia delle varianti di zecchieri e di leggenda. Sarebbe di certo preferibile il poter descrivere minuti interamente nuovi, cioè appartenenti a Dogi o Signorie non ancora rappresentate da queste mo- netine; tuttavia, in seguito alla fortuna d'aver con- 508 GIUSEPPE RUGGERO tribuito ad aumentare questa serie in modo tale , che le Signorie segnate dai minuti trovansi ora quasi quadruplicate, mi sento attratto da qualunque novità che vi si riferisca. Questa diligenza nel tener nota di tutte le varianti che vengon fuori, potrà per avventura parere eccessiva, ma io non la credo inu- tile, potendosene trarre quasi sempre qualche resul- tato. Infatti ne abbiamo uno presentemente, poiché le varianti qui descritte confermano qualche prece- dente induzione ed una interpretazione già contro- versa ; e potremo averne altri in avvenire , anche nel caso che io dovessi registrare novità , le quali invece di confermare infirmassero altre mie indu- zioni. E se tal caso si presentasse, io non sarei mai capace di venir meno all'obbligo mio, qualunque ne fossero le conseguenze, preferendo sempre l'afferma- zione del vero ad un falso amor proprio. Ciò premesso , darò senz' altro la descrizione dei nuovi minuti, facendola seguire in ultimo dalle re- lative osservazioni. 1. ;& — lANVA : Q : D : P : B (Il P è tagliato , come al solito, dal prolungamento della parte curva). Castello che interseca il giro della leggenda inferior- mente. Sotto, stella. :p^ — CO NR AD VS Croce che divide la leggenda in 4 parti. C.i — Peso gr. 0,55. 2. ^' — I : C : DV — X : lAN : Tipo solito, come sopra, senza stella. 5^ — CO NR AD F ® Tipo solito. C.i — Peso gr. 0,57. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 509 3. ^^ — * ® ÀV ® — Tipo solito. ^ — • R- -R- -MP- Tipo solito. C.i — Peso gr. 0,46. 4. ^' — >i< ® ÀV ® — ® AG ® Solito tipo. 9I— C— .... — -R- — -FG- Solito tipo. C.i — Peso gr. 0,47. B. ^^ — * ® AV • A • - : GV : I ® Solito tipo. '^ — • C • • R • • R • MP (in nesso). Solito tipo. C.i - Peso gr. 0,57. (Vedi Fig. 1). 6. ^' — >i<0-C — Solito tipo. 9/ - -C- - R- - ..... - A- Solito tipo. C.2 — Peso gr. 0,44. (Vedi Fig. 2). 7. ^' — + 0C — • Solito tipo. ^'-C- -R-A- Solito tipo. C.2 — Peso gr. 0,32. (Vedi Fig. 3). Il Num. 1, già edito neìVAnnot. XI, ci fa conoscere lo zecchiere B dell'ultima iniziale che era indecifra- bile in quel primo esemplare. Il Num. 2, è la prima moneta del Doge XXIV Giano Campofregoso che abbia la iniziale dello zec- chiere F. 6r) ilo GIUSEPPE RUGGERO I tre minuti che vengono in seguito sono del Go- vernatore Agostino Adorno. I primi due , eguali nella leggenda a quelli descritti e disegnati nella XII Annotazione , ne differiscono tuttavia per le sigle degli zecchieri ; nel N. 3 le iniziali mp sebbene conosciute (Manfredo Promontorio), si presentano isolate e non in nesso come ordinariamente siamo abituati a vederle nella maggior parte delle monete di quei tempi ; ed il Num. 4 ci presenta due nuove iniziali FG che non conoscevamo prima d^ora, le quali devono indicare , a quanto pare , un Francesco de Guirardi, che troviamo nuovamente soprastante più tardi cioè nel 1500. L'ultimo, il Num. 5, è impor- tante perchè unico fino ad ora tra quelli dell' Ago- stino, il quale invece della solita leggenda av. ag. ci presenti quella più chiara e compiuta, av . a . gv . i . (Vedi Fig. 1). Converrà che io mi fermi alquanto sui minuti di questo Governatore, per ben constatare un fatto ri- levante e tale da iniziare per se stesso una vera consuetudine nella monetazione genovese , la quale potrebbe esser fonte di altre e nuove considerazioni in avvenire. Nella Aìinot. XII io pubblicai i primi minuti dell' Agostino, in numero di quattro , colle sigle FS, MP, ed ng. In seguito, ebbi nuove varianti di conio che in parte ho segnato nelle Tavole de- scrittive delle Monete genovesi, ora in corso di stampa. Ora finalmente, con quest'ultima aggiunta, mi trovo ad avere dieci e più minuti , tutti differenti o per conio, o per ornamenti, o per la leggenda, con tutte le sigle di zecca che sono segnate sulle monete di oro e di argento dei duchi G. Galeazzo e Ludovico, e qualcuna in più. Questa ricchezza di varianti e questa compiuta serie di zecchieri , confermano pie- na,mente, a mio credere, la induzione espressa nella ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 511 detta Annotazione, cioè : che il Governatore ha do- vuto coniare i minuti in proprio nome per tutta la durata della Signoria Sforzesca, e che si deve perciò rinunziare definitivamente alla speranza di trovare minuti di quest'epoca col nome ducale. I due ultimi minuti, N. 6 e 7, eguali a quello che pel primo pubblicai nella / Annoi., del Doge Ottaviano Campofregoso, portano una nuova iniziale di zecca, A, e confermano la interpretazione del rovescio, in ana- logia alla solita leggenda di simili monete che pre- cedono e seguono quelle di questo Doge. Per evi- tare ripetizioni inutili , rimando il cortese lettore alla citata prima Annotazione, alla VII e alla X. Dobbiamo ritenere che la mancanza di alcune let- tere di parte di lettera in queste monetine (i), non possa essere intenzionale, ma deva provenire da guasto nel conio o da qualche accidentalità nella battitura. E possibile la prima ipotesi , perchè non pare credibile che trattandosi di simili monete , si rifacessero le stampe ad ogni piccolo guasto. E pos- sibile la seconda, per la minor diligenza colla quale si procedeva nella coniazione di moneta cosi bassa e minuta ; per cui , o tali inconvenienti passavano inosservati, oppure, se avvertiti, non erano conside- rati di tale importanza da doversi per questo rifon- dere i pezzi coniati. Da questo fatto deve aver avuto origine l'opinione di qualche distìnto Numismatico , il quale dichiarò di possedere minuti dell'Ottaviano con due sole lettere al rovescio. Presento il disegno dei due minuti perchè si com- pletano a vicenda. Infatti, col sussidio delle estremità (1) Vodansi tra gli altri esempi, il disogno del minuto iW Annoi, XIII ^ il dritto della fig. 3 ed i rovesci delle fig. 2 e 3 nella presente. ;12 GIUSEPPE RUGGERO inferiori della prima R della fìg. 2, e con la seconda R della fìg. 3, riesce evidente la ricomposizione della leggenda solita in e . R . R . a . su questi minuti , cor- rispondente a quella e . R . R . m . che io riteneva fin dal 1878 per il primo minuto dell'Ottaviano. Questa adunque sarebbe la realtà dei fatti, sebbene la ipotesi presentata dall' illustre Desimoni meritasse molta considerazione , perchè fondata sulla leggenda del- l'aurea medaglia del Giano, già appartenente alla fa- mosa collezione del Principe di Montenuovo. Ne credo mi si voglia opporre che la seconda R della fìg. 3 non essendo intera possa mettere in dubbio la leg- genda consueta. Questa R non è compiuta per uno di quegli inconvenienti dei quali si è fatto cenno più sopra , ma la parte media che ne rimane ben delineata e rilevata , con la sua estremità inferiore ben distinta, non lascia alcun dubbio sulla lettera alla quale appartiene, escludendone qualunque altra. Per la mancanza dell'impressione sul lato sinistro del dritto nella fig. 3, siamo ancora privi al pre- sente della seconda parte della leggenda dei minuti dell' Ottaviano. Nella fig. 2 si hanno traccio delle inferiori estremità di alcune lettere , ma in condi- zioni tali da non potersi affermare che facciano veramente parte di un D ed un I, come sembrerebbe probabile. Se queste varietà di minuti e le conclusioni che ho creduto di dedurne, non sembreranno abbastanza importanti al lettore, egli troverà forse un compenso nella notizia di una inedita moneta genovese , della quale l'unico esemplare si conserva nel ricco meda- gliere del Cav. Ercole Gnecchi a Milano. È la metà del ducato di Francesco Sforza. ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 513 ^' — o F : S : DVX : MEDI : D : lÀN o Castello solito. Ai lati, F S. Sopra, biscione. 9I — * : CONRAD : REX : ROMNO : T : Croce patente. Oro — Ce. — Peso gr. 1,72. Nella fig. 4 ne do il disegno, dal calco che il chiarissimo possessore mi ha favorito insieme al per- messo di pubblicarlo nella presente , per cui colgo l'occasione di ringraziarlo vivamente per la cortese liberalità che lo distingue. Caserta, Novembre 1889. Giuseppe Ruggero. NOTE MONEGASCHE III. In due articoli, comparsi sotto questo titolo nella Gazzetta Numismatica (Annata II, 1882, N. 4 e 23), pubblicai qualche nuova varietà di monete apparte- nenti alla zecca di Monaco. Un recente acquisto pel Gabinetto di Brera mi fornisce occasione per quest'altra Nota , in cui pre- sento ai Lettori una monetina, ch'io ritengo inedita, e che è singolare fra le monete monegasche perchè sfornita di qualsiasi indicazione intorno al nome del principe da cui fu battuta. Raìne. ^ — Entro cerchio di perline : quattro fusi araldici , coronati, disposti a croce. 1^ — Entro cerchio e. s. : corona — 1729 — D • II. I fusi losanghe , che formano parte dell' arme Grimaldi, e che si veggono , benché diversamente disposti, in moltissime monete di Monaco, suggeri- scono spontanea l'attribuzione della monetina sud- descritta a questa zecca, attribuzione che vien con- fermata dall' aspetto generale della moneta , dalle 516 SOLONE AMBROSOLI - NOTE MONEGASCHE sue dimensioni, combinate col valore iscrittovi, e persino dalla forma stessa delle corone. E insomma senza dubbio un Hard da due denari (d . Il), della zecca di Monaco ; e , per la data che reca, 1729, dev' essere stato battuto durante la si- gnoria del principe Antonio I , che resse lo stato dal 1701 al 1731. La vita di questo principe non ci offre avveni- menti notevoli, specialmente ove la si raffronti con quella di Luigi I, suo padre , il valoroso capitano che tanto si distinse nelle guerre di re Luigi XIV, e morì ambasciatore di Francia a Roma. Antonio aveva sposato Maria di Lorena , dalla quale non aveva avuto che prole femminile; con lui si estinse la linea mascolina diretta dei Grimaldi di Monaco, e la signoria passò nel casato dei Goyon- Matignon, in séguito al matrimonio della sua primo- genita Luigia Ippolita con Giovanni Francesco di Matignon, conte di Torigny, che assunse il nome e l'arme dei Grimaldi. Di Antonio I non si conoscono monete d' oro, che forse non coniò mai (l), anche le monete d' ar- gento sono rare, copiose invece quelle di mistura e di rame. Nessuna tuttavia fra queste, ch'io mi sappia, si accosta al tipo del Hard di cui do il disegno, e che sarebbe adunque una moneta affatto nuova da interpolare nella serie di Monaco. Solone Ambrosoli. (1) Rossi Girolamo, Monete dei Grimaldi principi di Monaco, Oneglia, 1868, pag. 65. — Jolivot C, Médailles et monnaies de Monaco, Monaco, 1885, pag. 64. — Rossi G-., op. cit., parte seconda, Oneglia, 1885, pag. 51. LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA Poche artiste di canto, forse nessuna, possono vantare tante medaglie eseguite in loro onore quanto Giuditta Pasta: ve ne ha un' intera serie, e, come i busti ed i ritratti che di lei si conservano, ci sono documento di quella ammirazione che per la can- tante elevata , per 1' artista coscienziosa ebbero i nostri nonni. Basta scorrere i giornali di sessant'anni fa, non esclusa quella Gazzetta di Milano, tanto berteggiata dal Porta, ma che allora dava il tono alla critica e guidava l' opinione pubblica, per incontrare ad ogni passo elogi ed entusiasmi per la diva. Non entusiasmi fittizi, preparati, comperati ad un tanto il rigo come oggi spesso avviene; ma che rispec- chiavano gli (entusiasmi veri e profondi che per la celebrata artista invadevano il pubblico tutto. La più semplice circostanza che riguardasse la diva, porgeva occasione agli ammiratori di manife- stare la loro devozione. 518 CENCIO POGGI Nella Gazzetta s' accese una fiera polemica intorno al luogo di nascita della Pasta; u poi nella città u dove si scrissero de' grossi volumi per provare u comasco Plinio , s' agitò in istampa e a lungo, u la questione se la Pasta sia comasca o no ". u È vero " soggiunge argutamente il Cantù (i) u che « bastava guardar i libri di battesimo: ma questa a via spiccia non è nò poetica né diplomatica 55. Una via così semplice, cosi naturale, fu scartata dai polemisti d' allora, come pare fosse più tardi anche trascurata da chi ebbe a scrivere la biografìa della Pasta : ne sul luogo ne sulla data si accordano i suoi biografì. Non sarà quindi del tutto ozioso stabilire che la celebre artista nacque a Saronno il 26 ot- tobre 1797 e ricevette al fonte battesimale i nomi di Angela Maria Costanza Giuditta. Suo padre chia- mavasi Carlo Antonio Negri, la madre Rachele Fer- ranti. Non a Como dunque, come scrive il Fétis, ne manco a Milano, come ci potrebbe far credere il bel medaglione di David d' Angers, che la cortesia del Dott. Alfredo Comandini ci dà modo di pubblicare. In età infantile imparò i primi elementi della musica sul cembalo, sotto la direzione di uno zio materno, e, date buone prove di sé, ebbe lezioni di musica e di canto dal maestro Giuseppe Scappa di Como. A questa scuola durò dieci anni, ed è vero- simile quanto afferma il Fétis, che passasse quindi- cenne allieva del Conservatorio di Milano. Cogli studi musicali andavano di pari passo ogni altra maniera (1) Giuditta Pasta a Como. — Sermone. — Como, Ostinellì (1832), nota (a). LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA 519 di liberali studi, dando fra questi preferenza ai drammatici, u Si familiarizzò cosi » (a quanto ne « dice un suo biografo) u con Metastasio ed Alfieri. u con Voltaire e Shakespeare. " E per quanto io sia molto restio a prestar fede alla familiarità della gio- vinetta col tragico inglese, non ancora qui apprezzato come lo fu dappoi, tuttavia si può facilmente credere a siffatti studi che prepararono in lei quel talento drammatico che doveva riscuotere il plauso di Talma. Giovanissima s'unì in matrimonio a Giuseppe Pasta, dottore in leggi, facile verseggiatore, appassionato assai per la musica, e dilettante di qualche pregio. Dei primordi della carriera della Pasta, poco si può dire, che ninna traccia lasciò a Brescia, a Parma , a Livorno , ove , a detta del Fétis , cantò nel 1815. L' anno seguente invece ebbe maggior incontro sulle scene del teatro dei Filodramma- tici in Milano. Cantò quivi insieme al marito in un'opera del suo maestro, Giuseppe Scappa , inti- tolata : Lopez de Vega i^), ed in quella circostanza « il poeta de Vega, Sig. Giuseppe Pasta e la prima « delle tre Isabelle, signora Giuditta Pasta, vennero « meritatamente riconosciuti degni del primato nella « forza, espressione e modi di melodica maestria. ^^ Nei primi del marzo di quell' anno (1816) gli sposi Pasta riscossero ancora applausi in quello stesso (1) V ha chi afferma qnesto melodramma, libretto di Antonio Zannata, chiamarsi Le tre Eleonore, ed aver per soggetto gli amori del Tasso. E forse così fu concepito ; ma por un riguardo alla casa d" Este (e por questi riguardi la Polizia austriaca divenne famosa) le tre Eleonora si tramutarono in tre Isabelle: un giornale del tempo osserva che V impasto deh'' argomento presenta qualche rassomiglianza colle avventure del Tasso. 520 CENCIO POGGI teatro in un'azione melodrammatica: La contesa, che ebbe luogo per festeggiare i sovrani. Così trovo nei giornali d' allora, sebbene in un libro recente (0 si legga che questa Contesa fosse specialmente dedicata all' inaugurazione del busto di Carlo Goldoni. Ma sia come si voglia, certo è che in queste rappresen- tazioni la nostra Giuditta seppe acquistarsi tanta fama da essere scritturata come virtuosa di canto al Teatro Italiano di Parigi, ove brillava un astro del mondo canoro, la Catalani. Mediocre accoglienza avrebbe avuto colà da prin- cipio, se diamo retta ad un biografo (2), ma a Milano correva diversa novella. La sera del 18 giugno (1816) si rappresentò sulle scene del Teatro Italiano di Pa- rigi il Princifpe di Taranto del maestro Paèr. « Con u quest' opera , che non è per certo una delle m\- u gliori dell' illustre compositore , comparve per la « prima volta , madama Pasta , giovine virtuosa, u giunta non è guari dall' Italia , e che unisce ad u una voce estesa ed espressiva un buon metodo u di canto. Il pubblico le fece le più liete accoglienze, u le quali sono di felice presagio per quei successi u che sembrano riserbati ad una cantante del suo u merito. " Tanto scriveva un giornale d'allora, cui i fatti vengono a dar ragione, poiché l'anno appresso passava a Londra. Colà tuttavia non le arrisero le sorti, e tornò in (1) Accademia de' Filodrammatici di Milano fgià Teatro Patriottico). — Cenni storici del socio ed attore accademico Giovanni Martinazzi. — Milano, Pirola, 1879, Gap. IV. (2) Rossini e la musica, ossia amena biografia musicale. Milano, Stella, 1827, pag. 150. LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA 521 Italia, ove tra il 18 ed il 21 cantò tre volte a Ve- nezia, due a Padova, una a Torino, Roma, Brescia e Trieste. Ma rivalicò ben presto le Alpi e dal 1821 al 1827 passò di trionfo in trionfo tra Parigi e Londra. Fu in uno di questi, fra l'aprile ed il set- tembre del 1822, che il soave canto della nostra Giuditta ricliiamò alla mente dell' autore dei Mar- tiri, allora canuto ambasciatore del regno di Francia, la dolcezza della voce di quella Carlotta , eh' egli aveva amato nel suo primo soggiorno a Londra (l). Non è mio intendimento seguire passo passo la carriera di Griuditta Pasta : ciò mi trascinerebbe fuori dal mio compito, e sarebbe alieno dall'indole di questa rivista. Non è però da tacersi quanto intorno alla famosa artista ci trasmise uno scrittore acuto, spesso paradossale, ma sempre simpatico : lo Stendhal. Scriveva egli nel 1823 , quando cioè la nostra Giuditta era ancora al principio della sua carriera. L'entusiasmo dello scrittore francese ci sarà argomento a spiegare come pochi anni dopo, tornata in patria la Pasta, vi trovasse accoglienze ed onori da trionfa- trice. Un intiero capitolo (2) dedica egli nella vita di Rossini alla nostra artista , e ce la dipinge come un' attrice giovane, bella, ricca di sentimento e d'in- telligenza , sobria nel gestire ; ma in quella dolce e soave semplicità sempre fedele al vero ; con una voce che rende commovente la più semplice parola (!)....« Charlotte (Ives) . . . était oxcellonte musicionno et chantait « comme aujourd'hui madarao Pasta •». Mémoires d'otttre-iombe par M. le Vicomie de Chateauhriand. Voi. IH. (2) È il XXIV nella Vie de Rossini. 622 CENCIO POGGI di un recitativo , e che nei più forti accenti tra- scina i cuori più insensibili a condividere l'emozione eh' esprime nelle arie più sentite. Ed il merito suo come attrice ci vanteranno le nostre medaglie: me- rito tanto più riconosciuto allora che non erano ancora del tutto spente le tradizioni delle sguaiate virtuose del secolo scorso. Superava Giuditta tutte le sue rivali, e riusci perfino ad oscurare la fama della Antonietta Pallerini, la quale nelle creazioni coreo- grafiche del Vigano si era meritata anch' essa una medaglia (l) colla scritta — più che la voce altrui puote il suo gesto. — La perizia drammatica della Pasta meritò pur anco r elogio di Talma , 1' attore che aveva avuto una platea di sovrani. Si narra che assistendo egli (1824) aduna rappresentazione del Tancredi ^^iivSitioVi dalla fama della diva, seguisse immobile, commosso, l'azione dell'artista, ed in fine, cedendo all'ammira- zione, gridasse : u C'est une hìen belle chose ! " Ed alla Pasta stessa confessava il tragico francese che u dessa aveva raggiunto quelF ideale eh' egli aveva « sognato ; che era venuta al possesso di quei segreti u eh' egli aveva ardentemente cercati nella sua u lunga carriera teatrale per commovere il cuore u umano. " (2). Era il Tancredi il suo cavallo di bat- taglia^ e sarà difficile, scrive una donna di non fa- (1) È una bella medaglia di Luigi Cossa , cui sono dovuto altre due medaglie al Vigano , Dedalo della Coregrafia. Un raffronto tra la Pasta e la Pallerini leggesi in uno sporticato elogio d^l Vigano scritto dal Ritorni. (2) Narra l'aneddoto il Pougin: Bellini, sa vie, ses oeuvres. LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA 523 cile accontentatura (l), che si ripeta un concorso così meraviglioso di qualità, una fusione così com- pleta di bellezza , di potenza vocale e drammatica, come si riscontrava nella Pasta sotto le spoglie di Tancredi. L' espressione del suo canto poi riusciva difi&cile ad essere analizzata : u Quando si esce da u una rappresentazione » (ci dice il citato Stendhal), « nella quale la signora Pasta ci ha commossi, non u possiamo rammentarci altro che la grande e pro- « fonda emozione che abbiamo provato ; ma non u ce ne sappiamo rendere ragione. La sua voce non u ha un metallo straordinario , non ha una flessibi- « lità sorprendente, non ha nemmanco una esten- « sione fuori del comune : è unicamente e sempli- u cemente il canto che parte dal cuore, a II canto clie nell'anima si sente, u che trasporta e commove tutti gli spettatori che « hanno pianto nella loro vita per cose che fos- ti sero da più del denaro e delle decorazioni. 11 A tanta grazia, a tanto merito, non restavano in- sensibili le arti sorelle. La Pasta strinse amicizia coi più scelti ingegni che brillavano allora in Parigi ; Gerard, il valente ritrattista, ne riproduceva l' im- magine nella desolata Desdemona (2), e sotto le classiche spoglie di Euterpe (3) ; David d' Angers, il (1) Daniel Stern: Mes souvenirs. Paris, 1877, pag. 302. (2) Esiste -esisteva a Parigi nel Gabinetto Gerard, (3) Presso la famiglia di Giuditta Pasta , ove si ammira puro una tela del russo Brulow, in cui la Pasta è raffigurata nel delirio di Anna Balena. Presso la famiglia vi è puro un ritratto di Sorangeli, nel quale Giuditta viene raffigurata comò Santa Cecilia. 524 CENCIO POGGI celebrato scultore, ne fissava il superbo profilo in uno di quei medaglioni suoi tanto apprezzati. Il meda- glione (vedi qui di fronte (1)) porta la data 1828 ed è per avventura questa quella che segna l'ultimo suo trionfo senza contrasti, senza rivalità, in Francia. Staccatasi dal Teatro Italiano di Parigi, abbandonata per poco l'Inghilterra, ch'ella, memore delle acco- glienze avute, soleva chiamare u la sua seconda patria ", ripassò le Alpi, preceduta dalla fama di insuperata artista. Nuovi applausi, nuovi onori l'attendeano a Vienna, ove si recò, nel febbraio 1829, a cantare nel teatro fuori di Porta Carinzia. I Viennesi si mostrarono entusiasti della diva, ed il Conte di Gallenberg, im- presario del teatro, otteneva di prorogare la scrit- tura : gli abbonamenti (ed è questo un ottimo do- cumento di ammirazione sincera) fioccavano. Poco prima che lasciasse la capitale austriaca, il conte di Czernin, I. R. Ciambellano maggiore, rimetteva alla Pasta un espresso aulico decreto spedito per ordine di S. M. I. R. Apostolica, col quale le era conferito il titolo di prima cantatrice di Camera, u e ciò in u graziosissima ricognizione di quella rara virtuosità « nel canto, che in si alto grado è propria di questa u artista, e della quale diede prove si meravigliose u in presenza della sovrana Corte (2). (1) Posseduto dall'ogr. Dott. Alfredo Comandini, cho gentilmonto ci ha permesso di darne la riproduzione. (N. della Dir.) (2) Corriere delle Dame. 28 marzo 1829, pag. 102. LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA 527 Dalla nuova onorificenza accordata alla Pasta prende occasione la medaglia di Vittorio Nesti che presentiamo qui sotto. Non è però da credersi che il Nesti l'eseguisse subito : egli verosimilmente volle attendere che il pubblico milanese avesse udita la celebre artista e ne avesse ammirato il valore. In- fatti la presente medaglia non fu posta in commercio che nei primi dell'agosto (i). Ed i milanesi si erano pronunziati a tutta prima confermando la fama eu- ropea di Giuditta Pasta. Mm. 44. ^ — GIUDITTA PASTA. Busto a sinistra. Nel taglio : nesti f. ■^ _ TITOLATA — NEL MDOOCXXIX — PRIMA CANTATRICE - DI CAMERA — DI — S. M. I. R. AP. {Arg., Gabinetto di Brera; bronzo e br. dorato, Civico Mmeo di Como). (1) A titolo di curiosità trascrivo qui l'avviso pubblicato in proposito dal Corriere delle Dame (N. 32 , 8 agosto 1829j : « Varietà. Il sig. Vittorio « Nesti di Firenze , ora abitante in Milano , scultore in marmo di bellis- € sima fama e delicato incisore di punzoni in acciaio per medaglie e figure « offerisce un nuovo saggio di questa sua arte nella medaglia rappresen- € tante il ritratto di Madama Pasta ». 528 CENCIO POGGI L'entusiasmo andò crescendo nelle cinquanta rap- presentazioni fatte al Carcano, ove la nostra Giu- ditta sciorinò il suo repertorio. Ritratti della diva in ogni luogo... perfino sulle tabacchiere, perfino sui fazzoletti. E il delirio non conobbe confini quando le rappresentazioni ebbero termine (31 luglio 1829), e trattandosi di una artista cosi brava, dice un gior- nale di quel tempo, u non v'ha cosa che possa ra- u gionevolmente sottoporsi a censura. Si nel teatro, u come fuori, e sotto alle finestre della casa in cui u abita, Madama Pasta ebbe applausi tanto vivi e u numerosi e continui, che noi al certo non ci ri- u cordiamo d'averne mai intesi e neppure immagi- « nati di uguali. " La seguente medaglia ci viene a testimoniare quali fossero i sentimenti del pubblico : Br. Mm. 34. ;& — GIUDITTA PASTA — 1829. Busto a sinistra (come sulla medaglia a pag. 530). 1^ — SVBLIME — NEL CANTO — VNICA - NEL- L AZIONE. {Collez. Ballarati e Mmeo Municip. di Milano), Ma non ristavano gli onori alla diva : parecchi signori comaschi si quotavano per sostenere le spese di trasportare fosse per una sera sola lo spettacolo del Carcano al Teatro Sociale di Como. Ed ella si arrendeva all'invito quando seppe che lo spettacolo andava a beneficio di una pia istituzione. E qui ap- LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA 529 plausi senza fine, versi, epigrafi, e marmi che ram- mentassero la fausta data (l). Non è dunque da meravigliarsi se all'Esposizione di Brera di quell'anno troviamo il busto di Giuditta Pasta vicino a quello di Vincenzo Monti, e di Ce- sare Beccaria. Tutti e tre opera di Pompeo Marchesi. Il primo, commissione della Società del Giardino, che ne fregiava le sue sale dove ancora si vede ; il secondo, destinato dall'Accademia dei Filodramma- tici ad ornare l'atrio del teatro pel quale tanto si era adoperato l'autore della Basvilliana. L'uno e l'altro, soggetto di versi a Felice Romani (2). Il 5 dicembre 1829 ai Filodrammatici^ scrive il Pezzi nella sua Gazzetta^ u la bellezza e le grazie, il u sapere ed il senno, la giovinezza e l'età matura, u con tutti i più nobili sentimenti inspirati dalla ^^circostanza, si dieder la mano per concorrere a u rendere brillante e magnifica '? l'inaugurazione del busto di Vincenzo Monti, u II teatro illuminato a u giorno schiudeva allo sguardo il più vago ed il « più variato spettacolo che onorava ad un tempo u la città nostra e quelli che prendevano a cuore di u sì degnamente apprestarlo (^). " Al finire della recita delV Aristodemo calarono nubi che s'addensarono sulla scena, ma dissipate al tocco di armonici concenti, scoprirono un tempio nel quale spiccava in mezzo a quelli d'Omero, di Dante, di (1) Per Giuditta Pasta, — Versi ed epigrafi. Como, Ostinolli, 1829. Diode occasione quello spettacolo ad uno sdegnoso sermone di Cesare Cantìi, pubblicato nel 1832. (2) Felice RoM:A^fI : Poesie Liriche. Milano , 1888, pag. 47 e 55. Videro la luce la prima volta pei tipi del Rusconi, Milano, 1829: Pei busti di Vin- cenzo Monti e di Giuditta Pasta e per altre sculture di Pompeo Marchesi. — Canzoni tre di Felice Romani. (8) Gazzetta di Milano, 7 dicembre 1829. 530 CENCIO POGGI Petrarca, d' Ariosto, di Tasso, di Alfieri , di Meta- stasi©, il busto di Monti. Un coro di Genii, nei quali erano simboleggiati V Estro, V Immaginazione V Armonia, la Poesia tragica, la lirica, e Vepica pian- gono, afflitti dalla perdita del poeta ; quindi scen- dono personificati il secolo decimottavo ed il decimo- nono a contendersi chi debba posare la corona di alloro sul capo di lui ; ma mentre dura la gara, in più alta ed elevata sfera appare raggiante V Eternità, che tolto ad essi di mano l'alloro « lo ripone rive- u rente su quell' omerica fronte " . La Pasta, che sosteneva la parte deìVEternità, in quell'atto solenne pareva che u traesse dall'alto un'ispirazione novella, u tanta era la nobiltà del suo atteggiamento, sì u grande l'espressione del suo sguardo, si caratte]*i- u stica la mossa del suo volto, v L'azione era stata immaginata, e vestita di bei versi, da un giovane che il Monti aveva u prediletto u qual figlio " e che già dava grandi speranze di sé — Andrea Maffei. In quella sera memorabile, alla nostra Giuditta veniva presentata la seguente medaglia : Mm. 34. ^ — GIUDITTA PASTA — 1829. Busto a sinistra. LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA 531 5I — OVE — I PEIMI — CANTI SCIOLSE — OE — ITALA EVTEEPE — CANTA DI — VINCENZO MONTI — LE GLOEIE — E NE DIVINIZZA IL NOME — NEL TEA- TEO FILODEAMMATICO .— IN MILANO — IL V DICEMBEE — 1829. {Br. dorato, Gab. Brera e Collez. Gnecchi\ hr., Collez. Coinandini). Il busto della Pasta, raffigurato sulle due anzi- dette medaglie, si trova pure riprodotto in questo medaglioncino : Metallo giallo. Mm. 56. Senza rovescio. {Collez. Ballarati o Collez. Comandint). Anche la medaglia che segue si riferisce alla mede- sima solennità sopra indicata, e fu presentata a nome dell'Accademia dei Filodrammatici, come ce lo dice 632 CENCIO POGGI la scritta e come ce lo confermano le due teste di Alfieri e Goldoni, che ornano anche oggi le medaglie colle quali quella fiorente Società onora gli artisti. Due medaglie per una sola circostanza, come ognuno vede ! Non parvero allora soverchie ; bensì fu notato che in quella memoranda serata l'Accademia derogò ad una inveterata consuetudine, che, cioè, calato il sipario al finire dello spettacolo non più si rialzava : per ben tre volte, dinanzi agl'insistenti applausi del pubblico, il sipario fu levato per acclamare Vitala Euterpe. Br. Mm. 47. ^' — GOLDONI - ALFIERI. Teste accollate, a sinistra, e sotto : l. manfredini f. ]^ — Nel campo , in corona d'alloro : A — G-IUDITTA PASTA — ATTRICE CANTANTE — V DICEMBRE MDCCCXXIX. In giro: ACCADEMIA DE' FILO- DRAMMATICI DI MILANO. {Civico Museo di Como). Dopo le rappresentazioni al Carcano, dopo i trionfi di Como, passò Giuditta a Bologna per la stagione di autunno (dai primi dell' ottobre alla fine di no- vembre) a quel Teatro Comunale. Quivi si ripeterono gli entusiasmi consueti, sebbene non le mancassero critiche per la voce talvolta ineguale : tuttavia si riconobbe il magistero nell'arte del canto della nostra diva. Questo giudicio vollero confermare i soci del Casino di Bologna presentando alla Pasta la medaglia che qui descriviamo. Come le veniva confermata la palma nell' arte del gèsto sulla Pallerini , la quale su quelle stesse scene in quei giorni aveva dato ,* LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA 533 saggio di mimica valentia. Il Conte Marchetti, per lunga dimora diventato bolognese, in un'ode all'idolo del giorno ne aveva già cantato i meriti, traendone argomento a stimmatizzare Vignato Genio che spinto daWirto Borea, aveva percorso il hel cielo italico. Ed ecco la Pasta trascinata fra le beghe letterarie di classici e romantici! Mm. 42. ^' - A — GIUDITTA PASTA — NEL MAGISTEEO DEL CANTO — PER GIUDICIO D'ITALIA — NEL- L ARTE DEL GESTO — PER CONSENSO DI FRANCIA — MARAVIGLIOSA — I SOCI DEL CA- SINO - DI BOLOGNA — GRATI PLAUDENTI — 1829. ]^ — Corona d'alloro. Campo liscio. {Arg. e hr., Civico Museo di Coììio). Non vollero essere da meno dei Bolognesi e dei Milanesi, i Veronesi. Nel carnevale del 1830, la Pasta cantò a Verona nel Teatro Filarmonico: taccio i soliti applausi, i soliti trionfi, i ^soliti componimenti poetici. L'istituto filarmonico degli Anfioni, per onorare la Pasta divisava far coniare una medaglia, e ne diede incarico al Putinati, u il quale la eseguì in brevissimo « spazio di tempo, con sorprendente bravura e per- u fezione » (i). (1) / Teatri, Giornale drammatico, musicale o coregrafico. Milano, Truffi, 1830, pag. 121. 68 534 CENCIO POGGI Br. Mm. 46. ^^ — ALTERNA VICE TRIVMPHANS. Melpomene ed Euterpe, stanti, a sin., incoronano l'erma di Giuditta Pasta. Nel campo, a destra una maschera tragica, a sin. una lira. Nello sfondo, a destra, l'Arena di Verona. Presso l'erma, a caratteri minuti: putinati. Nell'esergo : MDCCOXXX. 9I — Entro corona d'alloro : IVDITHAE PASTA — COLL . AMPHIONVM — VERONENSE — INTER PLAVDENTES — OBSTVPESOENS. {Civico Museo di Conto). Dopo le medaglie, i busti: uno ne erigeva nelle sue sale la Società del Giardino in Milano, uno ne poneva la Società del Casino di Como. L'itala Euterpe deliziava ancora i Milanesi sposando il suo canto alle affascinanti melodie belliniane. Ma già era sorta chi do- veva contenderle il campo. Già erasi resa famosa laMa- libran, anch'ella più tardi proclamata sovrana, ed onorata di medaglia. E qui sorgere nuove fazioni, di pastisti e malihranisti, suddivisione dei classici e e. POGGI - LE MEDAGLIE DI GIUDITTA PASTA 535 romantici. Ecco sorgere accuse di artifizio nel metodo della Pasta, accuse ribadite coi versi che non mor- ranno di Alfredo de Musset 0-). L'astro volgeva al suo tramonto; — non correva gran tempo e la Pasta si ritirava dalle scene e tornava alla quiete della Roda^ la villa che si era costruita sulle rive deliziose del Lario , che avevano ispirato il tenero idillio belliniano. E Giuditta Pasta , cui i tanti e smisurati onori non avevano mai dato al capo , ritornava alle domestiche mura quella Git (come per vezzo era chiamata dai suoi) umile e buona, che era stata sempre. Quando mori, nell'aprile del 1865, l'itala Euterpe che aveva avuto si largo tributo di versi , ebbe sul suo feretro 1' estremo vale da un poeta. Bernardino Zendrini. Como, novembre 1889. Cencio Poggi. (1) A. DE MussET : A la Malibran, stances. SERDICA ANTIOCHIA? Dopo lunghe e pazienti indagini sulla monetazione dell'im- peratore Claudio Gotico, io pubblicai nel Voi. XVI della Nu- mismatische Zeitschrift di Vienna, Annata 1884, un articolo : (( Le Zecche imperiali durante il regno di Claudio Gotico, e le loro emissioni )), nel quale articolo esposi i motivi che ren- dono verosìmile , per queir epoca, 1' esistenza delle 6 zecche imperiali di Tarragona , Eoma , Biscia , Serdica , Cizico e Antiochia. Il sig. Emilio LépauUe, in un articolo comparso nella Revue Numismatique di Parigi, III trimestre 1888 e I trimestre 1889, sotto il titolo: c( La Monnaie Eomaine », parla molto favore- volmente del mio lavoro suddetto, ma impugna l'esistenza della zecca di Serdica , e vuol dimostrare , basandosi sulle monete siriache di Gallieno battute in Antiochia, che anche quelle di Claudio da me attribuite a Serdica non possono essere state coniate che in Antiochia. Siccome lo scopo eh' io mi 'prefiggo non è che di servire alla scienza, sono ben lieto che il sig. Lópaulle abbia sotto- posto il mio lavoro ad una critica, da cui, mediante il vicen- devole scambio delle osservazioni e delle esperienze fatte, può scaturire la luce sui punti controversi ; e spero di poter pro- vare, nel séguito di questo articolo , la giustezza della mia attribuzione alla zecca di Serdica, confutando gli argomenti del sig. Lépaulle , il quale vorrebbe assegnare quelle monete di Claudio alla zecca di Antiochia. Prima però di entrare in questa discussione, non voglio ommet- tere di accennare che nei vent'anni dacché mi occupo di questo 538 ANDREA MARKL ricerche, non mi sono circoscritto alle mie osservazioni ed espe- rienze personali , ma bensì ho proceduto di conserva coi miei amici numismatici, i signori specialisti Teodoro Eohde (Aure- liano e Severina) , Giuseppe von Kolb (Tacito e Floriano) , Dr. Alessandro Missong (Probo), e Francesco Trau (da Caro a Costantino I), e che soltanto per mezzo dello scambio di tutte le nostre osservazioni ed esperienze era possibile di rintracciare quali fossero le zecche imperiali allora in attività, ciò che sa- rebbe stato assai probabilmente inattuabile da parte di un solo cioè senza la più vasta cognizione delle monete dell'anteces- sore e del successore di ciascun imperatore. Senza diffondermi a far risaltare i meriti del Dr. Missong, rapito troppo presto agli studi, e conosciuto anche fuor di pa- tria come valente numismatico e profondo pensatore, e del suo premorto amico von Kolb, le cui ricerche sono ormai fatti acquisiti alla scienza, mi limito a far notare che, nella mia at- tribuzione delle monete di Claudio alle varie zecche, mi tro- vavo in perfetto accordo con quegli scienziati. Quest'accordo non va inteso soltanto in senso teorico, ma risulta invece a prima vista dal vastissimo materiale mone- tario adunato da ciascuno di noi tre, nel qual materiale si può leggere come in un libro. Da esso ci balza agli occhi evidente la connessione delle monete di ciascuna zecca, secondo l'ordine cronologico degl'im- peratori ; e ciò non soltanto nella particolarità che i rovesci dell'ultima emissione di ciascun imperatore sono per lo più eguali a quelli della prima emissione del suo successore, ma anche in questo, che, oltre le stesse caratteristiche nella forma delle lettere e nello stile delle monete di tali emissioni, qual- cosa della somiglianza del ritratto si trasmette dall'antecessore al successore. Tutto il complesso, mercè il modo perfetto in cui era siste- mata la coniazione, che evidentemente veniva sorvegliata dalla direzione centrale, forma per così dire una catena tanto re- golare che non è possibile di toglierne o di aggiungervi a ca- priccio un anello, senza che ciò non si vegga sùbito. A quel modo che un provetto pittore, appena col gettare lo sguardo su di un quadro, riconoscerà a quale scuola e a qual SERDICA ANTIOCHIA? 539 tempo esso appartenga, e sarà anzi talvolta in grado d'indi- carne immediatamente 1' autore, così l' occhio sperimentato dello specialista è in grado talora di distinguere istantanea- mente a quale zecca appartengano le monete della sua spe- cialità, e ciò solo dal carattere della leggenda e dell'effigie im- periale, senza bisogno di vederne il rovescio od i segni di zecca. E questione di pratica ; e chiunque volesse aggruppare le monete di questi imperatori, zecca per zecca, e distribuite per emissioni, secondo il nostro sistema, se ne renderebbe tosto ragione. Già da dieci anni io raccoglievo monete, e, fra quelle ormai numerose di Claudio, mi trovavo di possedere due pezzi che non sapevo a qual zecca assegnare , cioè la minerva avg con spqr all' esergo (Fig. 6), proveniente dalla Collezione Gréau , e la ROMAE AETERNAE (Fig. 15), proveniente dalla Collezione Elberling. Il genere di lavoro, e la forma delle lettere di queste mo- nete, corrispondevano così perfettamente a quelli delle monete coniate in Cizico, che per me non v'era dubbio alcuno che esse non fossero uscite dalle stesse mani ; la circostanza che vi si riscontrava il spqr , che così di frequente si trova sulle monete di Cizico, non poteva che confermarmi in questa mia opinione; eppure non potevo decidermi ad attribuire a Cizico queste due monete che non si adattavano a nessuna delle emis- sioni di quella zecca. Quand'ecco che, nel 1880, ricevo con mia non poca sorpresa ma con tanto maggior gioia, dal sig. Lambros di Atene, una certa quantità di monete di Claudio, provenienti da un ripo- stiglio scoperto a Smirne, e appartenenti per la maggior parte alla zecca di Cizico, alle quali erano frammiste altre monete che formavano una serie completa colle mie due se- gnate MINERVA AVG 6 ROMAE AETERNAE. Su queste monete non si riscontrava soltanto generalmente il SPQR all' esergo , ma anche , su diversi esemplari, quella stessa segnatura , consistente in uno , due o tre punti , ohe si riscontra nelle monete di Cizico. Fui così in grado di poter procedere su larga scala all'esame ed al confronto di queste monete con quelle battute a Cizico , 540 ANDREA MARKL giovandomi anche delle impronte favoritemi da vari Gabinetti e raccolte private; e giunsi a persuadermi che positivamente quelle monete dovevano appartenere ad una zecca sconosciuta, quantunque 1' enigmatica rassomiglianza delle loro caratteri- stiche con quelle della moneta imperiale coniata a Cizico sembrasse opporsi a quest'ipotesi. Ancor maggiore fu la mia sorpresa , allorché venni a cono- scere per mezzo d' impronte quelle monete di Gallieno, prove- nienti dallo stesso ripostiglio, che il sig. Lépaulle aveva avute dal sig. Lambros, poiché al primo sguardo mi persuasi, a mo- tivo dei rovesci , che queste monete di Gallieno e le mie di Claudio dovevano essere uscite dalla medesima zecca. Che questa non potesse essere Cizico, era cosa per me evi- dente, giacché di tal città abbiamo la moneta corrente pro- vinciale battuta sotto Gallieno, anzi persino sotto Claudio, ciò che dimostra che la coniazione di tal moneta continuava anche sotto questi imperatori, talché é fuor d'ogni verosimiglianza che già sotto Gallieno vi funzionasse una zecca per le monete imperiali. Nel mio articolo sulle Zecche imperiali sotto Claudio II ho rilevato minutamente le caratteristiche delle monete d' ogni singola zecca; non é dunque il caso che io qui ne parli più a lungo, e soltanto vi ritornerò sopra fuggevolmente da ultimo , per rettificare alcune osservazioni del sig. Lépaulle. Tuttavia , prima d' ogni cosa devo combattere 1' asserzione del sig. Lépaulle, che le monete di Claudio da me attribuite alla zecca di Serdica, non siano state coniate quivi, ma bensì in Antiochia di Siria; io proverò invece, basandomi sulle mo- nete, che tanto queste monete di Claudio, quanto quelle ana- loghe di Gallieno che per evitare frequenti ripetizioni chiamerò della serie spqr, non possono assolutamente essere state coniate in Antiochia , e che quindi , per necessaria conseguenza, ap- partengono ad un'altra zecca, tuttora da determinarsi. Se perciò, in séguito, io collocherò in Serdica questa zecca ancora sconosciuta, esporrò anche i motivi che militano ap- punto per l'esistenza di quella zecca in tale località. Per quanto concerne il luogo , si tratta, ne convengo , di una ipotesi , poiché mancano per ciò le prove positive , ma SERBICA ANTIOCHIA? 541 siachè altri noQ sia in grado di dimostrare appunto con prove positive il contrario, bisogna accontentarsi dei criteri di proba- bilità. Ora, per fornire la prova promessa che la serie spqk di Claudio non può essere stata coniata in Antiochia, è necessario anzi- tutto di sottoporre ad attento esams le cosidette monete si- riache di Gallieno. Cohen nel voi. IV, prima ediz., pag. 348, nota 7^ e 8*, in- dica come battute in Siria tutte quelle monete di Gallieno che recano all'esergo e vi pp, vii c, p xv, spqr oppure un ramo, e quelle inoltre che hanno nel rovescio due figure stanti. Queste ultime monete appartengono generalmente a quella stessa zecca siriaca che più tardi cadde in potere di Macriano e di Quieto, e ci provano, a motivo delle lettere e p lic che vi si riscontrano nella leggenda del diritto, che in quella zecca si lavorò soltanto durante il regno comune di Gallieno e di Va- leriane; esse non cadono quindi nella cerchia del presente studio. Le monete di quest'imperatore, che recano all'esergo e vi pp, VII e, p XV (1) , SPQR oppure un ramo, hanno sempre , intorno alla testa del sovrano , la semplice leggenda gallienvs avg ; esse non furono quindi coniate che allorché egli era rimasto solo ed unico dominatore; gli è soltanto di queste monete che noi vogliamo occuparci. Tutte queste monete hanno innegabilmente comuni fra loro molte caratteristiche, nello stile, e nella foggia delle lettere, specialmente del G, che presenta spesso una forma arricciata, 6 , dimodoché si sarebbe facilmente tentati di assegnarlo tutte alla seconda zecca siriaca (Antiochia). Il sig. LépauUe al contrario, dalla detta serie di monete che comprende gli anni dal 266 al 268, vorrebbe dedurre la prova (1) Qui il sig. Lépaullo incorre in un gravo errore, perchè cliiama sigle monetario queste leggende abbreviate, lo quali non sono altro che dato di regno. Così pure può esser fonte di errori il citare queste date , non come stanno veramente sullo monete, ma soltanto sommariamente chia- mandole marques, come fa il sig. Lépaullo per il vi e od il xv p. 69 542 ANDREA MARKL che esse tutte appartangono alla zecca di Antiochia; viene poi all'erronea conseguenza che la moneta di Gallieno col ro- vescio PMTBPXvi (1) che ha nel rovescio spqr, appartenga ai primi due mesi dell'anno 268, e giunge poi, come si vedrà in séguito, all'altrettanto ardita quanto falsa conclusione, che il SPQR sia r unica sigla (2) che si riscontri sulle monete di Claudio battute in Antiochia. Ora, confrontando attentamente tutte queste monete di Gal- lieno fra loro, si rileva che presentano tuttavia piccole diffe- renze, specialmente nella forma delle lettere. Se noi consideriamo le monete segnate p xv e vii c, che in- dubbiamente appartengono alla zecca di Antiochia, ci colpisce anzitutto la forma relativamente rigida delle lettere, in ispecio nel rovescio. Questa caratteristica, come pure lo stile delle monete, riman- gono costanti in questa zecca, come vedremo in séguito , sino alla fine del regno di Gallieno , e si trasmettono tali e quali anche alle monete battute da Claudio. Le serie invece che hanno o vi pp , un ramo , oppure spqr all'esergo, si comportano diversamente. (1) Questa moneta non si trova in mio possesso , ma appartiene al si- gnor Magg. Ottone VOtter, e non venne letta bene dal sig. Lépaulle, sul- r impronta che gliene mandai; infatti egli ne dà la leggenda erronea P M TR P XVII. (2) Anche le iniziali spqr non sono sigle o lettere monetarie , più che noi siano le date di regno sulle monete ; osse formano parte della leggenda. Si può comprendere ora come il sig. Lépaulle dica : Ce sigle spqr est égale- ment le seul employé par Vatelier d'Antioche pour les pièces du regne de Claude le Gothique , ma è inconcepibile come mai egli passi sotto silenzio lo vere lettere monetarie dall' a. all' h con cui sotto Claudio questa zecca segnava le monete , lettere sulle quali io aveva pur attirato la sua atten- zione. Tuttavia, questa serie così contrassegnata, esiste; e quindi, se essa non appartiene ad Antiochia, e poiché non può esser assegnata a nessuna delle altre cinque zecche, deve esservi stata in attività sotto Claudio un'altra 7* zecca ; e ciononostante il sig. Lépaulle, precisamente come me, non enu- mera che le sei zecche da me accennate di quest'imperatore. Io non posso che ripetere ciò che ho detto da principio: alla catena formata dalle nostre serie imperiali, non si può togliere od aggiungere arbitrariamente un solo anello, sonzachè la lacuna o l'aggiunta non balzi immediamente agli occhi. SERBICA O ANTIOCHIA? 343 Su queste serie vediamo non di rado l'effigie imperiale rap- presentata anche a sinistra , le lettere della leggenda sono alquanto più piccole ed eleganti, e la lettera A , specialmente nelle leggende dei rovesci , si modifica successivamente sino ad assumere la forma A (senza barra trasversale) oppure A (colle aste riunite in alto da un tratto orizzontale). E più specialmente sulle monete con spqr, le quali, come vedremo più in là, appartengono all'ultima emissione, la let- tera G, che nel diritto delle monete offre ancora frequente- mente la forma arricciata , riassume di solito nel rovescio la forma regolare (1). Per dimostrare che le monete di Gallieno contrassegnate con G VI pp, un ramo, oppure spqr, non possono appartenere ad An- tiochia, esamineremo partitamente la serie di Gallieno con spqr. Su queste monete si trovano, fra gli altri, i seguenti rovesci: AEQVITAS Ava FORTVNA AVG MINERVA AVG PROVI- DENTIA AVG SALVS AVG VENVS AVG VICTORIA AVG — VIRTVTI AVG. Tutti questi rovesci con spqr , ed oltre a ciò identici nel modo di rappresentazione, nello stile, e nella forma delle let- tere, li troviamo anche sulle monete di Claudio colla stessa caratteristica dell' A che talvolta assume la forma A ; non vi ai trova più, invece, la forma arricciata del G, che, come ab- biamo accennato, è già divenuta più rara sui rovesci analoghi delle monete di Gallieno. Queste monete di Claudio (Fig. 3-15) hanno per solito, sotto il busto dell'imperatore, uno, due o tre punti (., .., ...), sono state quindi coniate in 3 officine. (1) Da parte di non specialisti si sou fatte delle obbiezioni in proposito ; ed è naturale, del resto, che possa sembrare eccessiva l'importanza che gli specialisti danno a cose apparentemente di così piccolo momento, come la forma irregolare d'una lettera ; eppure sono particolarità tutt' altro che trascurabili, le quali servono di guida, in ispecie quando si tratta di mo- nete senza segnatura , por chiarire la serie cui appartengono ; nello stesso tempo che, appunto come gli altri distintivi caratteristici delle monete, ci provano come in tutto l'ordinamento monetario si seguisse un sistema rigorosamente stabilito, ciò che forse si ignorava prima d'ora. 514 ANDREA MARKL Ma siccome il signor Lépauiie non ammette che questi punti siano segni di zecca , sono costretto a fare una digres- sione per confutarlo. Secondo la sua opinione, questi punti non possono avere il significato di segni di zecca , « perchè prima di Costantino i segni di zecca non si mettevano mai fuorché sul rovescio )) (i). Come prova, egli cita una moneta di Erennio Etrusco, della sua raccolta, che ha quattro punti sotto il busto, mentre ai tempi di quell'imperatore non vi era zecca né a Serdica né a Cizico. 10 non posso accontentarmi di questa prova , poiché , se anche Erennio non ha coniato in Serdica o in Cizico, — ciò che nessuno vorrà sostenere, — non rimane tuttavia per questo escluso che egli, oltreché in Eoma , non abbia coniato in un'altra zecca, le cui monete, per distinguerle da quelle della zecca romana, venissero contrassegnate per mezzo di punti. Vedremo tosto se questi punti , come sostiene in seguito il sig. Lépauiie, abbiano qualche altro significato a noi sconosciuto, come a lui pare ce per la straordinaria rarità delle monete così segnate )), o se non sia piuttosto rispondente al vero la nostra interpretazione, secondo la quale essi dovrebbero essere consi- derati come segni di zecca. 11 Gabinetto Numismatico del Museo Francisco-Carolino in Linz possiede un certo numero di antoniniani, provenienti dalla Collezione già Kolb, i quali vanno da Etruscilla a Volusiano , e sono segnati, parte sotto l'effigie imperiale, parte nell'esergo del rovescio, con punti o cifre. Questa serie , senza poter pretendere di essere completa, offre tuttavia materiale sufficiente per poterne dedurre con fon- damento di ragione lo scopo dei segni ., .., ..., .... oppure IV, — VI, VII oppure erroneamente IIV, che si riscontrano su tali monete. Senza dubbio ci deve essere stato anche il V ; e siccome sarebbe stato difficile di afferrare prontamente una segnatura (1) La sigla H sotto la testa di Diocleziano (Cohen, 2* ed., n. 9i), e le siglo A, H sotto quella di Massimiano Erculeo (Cohen, 2* ed., n. 160, 170, 21 3),. pare che siano sfuggite al sig. Lépauiie. SERBICA ANTIOCHIA? 545 composta di più che quattro punti, si saranno adottate le cifre dalla 6" officina in su. E anche possibile che alla 5* officina fosse riservata la coniazione dell'oro. Ecco la serie di queste monete : SOTTO nell'esergo Etpuscilla. d. Coh. 14 IL BUSTO DEL ROVESCIO SAECVLVM NOVVM. . . VBERITAS AVO d. Coh. 15 '• • Erennio Etrusco. *) AEQVITAS AVG .... d. Coh. 2 . Ostinano. PVDICITIA . d. Coh. 24 IIV *)PVDICITIA d. Coh. 24 . *) ROMAE AETERNAE . . . d. Coh. 25 *) SAECVLVM NOVVM . . d. Coh. 30 . VBERITAS AVG .... d. Coh. 37 Treboniano Ga Ilo. ADVENTVS AVG. . d. Coh. 4 VII vn PAX AVGVS Coh. Coh. 59 . ' . . . SAECVLVM NOVVM. . . d. • < • • SAECVLLVM NOVVM . . d. Coh. 61 .?(i) VBERITAS AVG .... d. Coh. 67 . . » » » » VI VI » » . . . . » » IIV IIV VICTORIA AVG . . d. Col 1. 2* ed. 126. . . *) Eiprodotta nel Voi. II, Tav. I, della Nuniism. Zeitschrift di Vienna, Annata 1879. (1) In questo specchietto non possono trovar posto che le monete ben conservate, e perciò a quella di Treboniano Gallo, d. Coh. 61, ho messo un punto interrog^ativo. Anche a Cohen saranno capitate di tali monete malconsorvate, che non permettevano un accertamento sicuro della indica- zione, com'egli stesso osserva al n. 58 di Treboniano Gallo, oppure anche monete così logoro da esserne affatto scomparsi i segni di zecca. 546 ANDREA MARKL Volusìano. ADVENTVS AVa ADVENTVS AVG PAX AVGVS . ROMAE AETERNAE » » SAECVLVM NOVVM VBERITAS AVG » » VICTORIA AVG . Coh. 3 d. Coh. 3 d. Coh. 42 , d. Coh. 2^ ed. 80 . . . d. Coh. 66 . . . d. Coh. 67 d. Coh. 2' ed. 115 . . . d. Coh. 73 . . . » » d. Coh. 2' ed. 126 Anche Cohen ne conosce abbastanza di queste monete im- periali con simili segnature ; esse non sono dunque così «e straor- dinariamente rare )) come ritiene il sig. Lépaulle. Dalle dette segnature possiamo ricavare invece questa doppia conclusione : V che esse sono veri segni di zecca; 2° che le monete così segnate non appartengono alla zecca di Eoma, ma bensì ad un'altra zecca. Per ciò che concerne più specialmente questi segni, sulle monete di Etruscilla , di Erennio Etrusco e di Ostiliano noi non li troviamo mai altrove che sotto l'effigie imperiale; in- vece , sulle monete di Treboniano Gallo e di Volusiano li tro- viamo, talora egualmente sotto 1' effìgie , talora soltanto nel rovescio, talora su entrambi i lati della moneta ; e per 1' ap- punto la circostanza che questi segni si trovano anche sul ro- vescio della moneta, circostanza su cui si basa il sig. Lépaulle per dar loro il valore di sigle, — starebbe a mio vantaggio , quantunque a quei tempi, in cui non era ancora così frequente la segnatura delle monete, non si possa parlare di una vera e propria costumanza di segnarle soltanto sul rovescio. È quindi fuor di dubbio che si voleva distinguere con un contrassegno queste monete da quelle coniate in Roma ; e, poiché esse rap- presentano un sistema basato sulla decina , per analogia con SERDICA O ANTIOCHIA? 547 ciò che risulta dalla monetazione degl' imperatori successivi bisogna logicamente concludere che tali segni sono da consi- derarsi come sigle delle officine di una zecca tuttora sconosciuta. Che se poi, a poco a poco , invalse 1' uso di mettere questo sigle su entrambi i lati della moneta, lo si fece probabilmente allo scopo di facilitare il riconoscimento della moneta stessa. Se consideriamo poi anche le monete degl'imperatori susse- guenti , Valeriano e Gallieno , incominciando da una moneta della mia raccolta, abbiamo: Valeriano. (Fig. 1). d. Coh. 120 SOTTO IL BUSTO nell'esergo del rovescio RESTITVT ORIENTIS . . e invece: Gallieno. RESTITVT ORIENTIS . . . . Coh. 490 . ORIENS AVG (1) . . . . Coh. 379 var. . VICTORIA AVG d. Coh. 594. . . Le due ultime monete si conservano nel Gabinetto Imperiale di Vienna. Già da queste poche monete, la cui segnatura eguale , col- l'alternarsi così caratteristico nella collocazione delle sigle, cor- risponde perfettamente alla segnatura che si osserva sulle mo- nete degl' imperatori che abbiamo nominati più sopra , pos- siamo dedurre 1' attinenza che tutte queste monete hanno fra loro , vale a dire la loro comune ed indubbia pertinenza ad una medesima zecca , quantunque manchino le susseguenti sigle ..., ...., VI, VII, il che potrebbe anche dipendere da una riduzione delle officine. Già Kolb, nel suo articolo : a Le leggende ellenizzanti sugli (1) Questa moneta differisce da quella descritta da Cohen, per avere in- vece del Sole una fi^ra femminile con una coroni^. 548 ANDREA MARKL antoniniani di Ostiliano )) , comparso nella Num. Zeitschrift di Vienna, Annata 1879, aveva espresso l'opinione che le mo- nete di quest'imperatore nelle quali la leggenda del diritto vien letta abitualmente e oval (oppure ovl) ostil mes covintv3 CAESAR (1) non fossero di fabbrica romana, ma forse di fabbrica siriaca ; e in generale le segnature di cui parliamo non si ri- scontrano che su quelle monete che hanno nel diritto la sud- detta leggenda, in cui anche la parola caesar è spesso sosti- tuita da AVG (2). Fra le monete di Treboniano Gallo , invece , quelle segnato nel modo che si è detto, hanno sempre nel diritto la leggenda iMP e e viB TREB GALLvs AVG oppurc p p AVG , 6 fra quelle di Volusiano non corrispondono che ai diritti colla leggenda imp e oppure cv af gal vend volvsiano avg. Anche le monete così segnate di Valeriane e Gallieno hanno sempre nel diritto la leggenda che comincia con imp c p lic. Ma c'è un'altra particolarità che abbiamo notata sulle mo- nete dei due imperatori testé accennati : il rovescio rappre- senta sempre due figure stanti. Se Cohen non ci avvertisse già (3), basandosi in ciò sulle erudite indagini del Conte di Saìis, che quelle monete di Gal- lieno le quali hanno nel rovescio due figure scanti, dimostrano di uscire per 1' appunto da quella zecca in cui coniarono Ma- criano e Quieto, la mia moneta di Macriano, di cui do l'im- magine alla Fig. 2, potrebbe fornire la prova irrefutabile che le conclusioni del Conte di Saìis corrispondono al vero, poiché anch'essa, a motivo dei 4 punti che si trovano sotto il busto dell'imperatore, accenna ad una fabbrica comune, cioè a quella stessa fabbrica siriaca dalla quale uscirono le monete di tutti gl'imperatori che abbiamo ricordati, fabbrica che cadde poi ì\ potere di Macriano. (1) K^olb dimostra che si deve leggere mesc qvintvs, e non mes covintvs. (2) Nel Cohen (2* ed., voi. V, p. 231, n. 53) è registrata anche una mo- neta così contrassegnata , colla leggenda affatto romana : e val hostil MES QVINTVS CAESAR, cho forma senza dubbio un'eccezione singolare. (8) Cohen, lY, p. 318, nota 8, SERDICA 0. ANTIOCHIA? 549 Allorché io scrissi la mia memoria sulle Zecche imperiali di Claudio II, in parte non conoscevo ancora alcune di queste circostanze, e in parte le trascurai ; a me infatti era bastato di chiarire che sotto Claudio si segnavano le monete in tutte le altre fabbriche , per poterne dedurre con sicurezza che le zecche di Serdica e di Cizico non potevano esserne escluse, e che quindi questi punti che si riscontrano sulle monete sono da considerarsi come segni di zecca , come del resto vengono considerati in generale da noi specialisti. La singolarità che, a differenza dalle altre zecche, in queste due la segnatura si trova nel diritto della moneta , si spiega da sé, pel fatto che le lettere spqb nell'esergo del rovescio oc- cupavano tutto il posto che di solito le era riservato. Ma la segnatura per mezzo di punti sotto il busto dell' im- peratore, sulle monete della serie spqk , era già in uso sotto Gallieno, poiché sporadicamente la si riscontra sulle monete di quest'imperatore che hanno all' esergo le lettere spqr oppure un ramo (1). È quindi fuor d'ogni dubbio che le monete di Claudio delle quali parliamo devono appartenere alla stessa zecca da cui sono uscite le analoghe monete di Gallieno della serie spqr e quelle con e vi p p oppure un ramo nell'esergo. Queste monete adunque, che, come si è detto, furono coniate soltanto in tre officine, non possono già più appartenere ad Antiochia, pel motivo che, sotto Claudio, ad Antiochia si co- niava in 8 officine, le quali segnavano colle lettere greche A, B, r, ^, e, , per Teodoro Bernhardt (Berlino, 1867), SERBICA ANTIOCHIA? 557 con Bernhardt (l) che pone il primo avvenimento nell'anno 255, e per il secondo si riferisce alla Hist. Aug. Gallieni, Gap. X, la quale ci dice con precisione che la vittoria allora riportata da Odenato sui Persiani ebbe luogo sotto il consolato di Gal- lieno e Saturnino, vale a dire nell'anno 264. Molti storici tentarono di sciogliere tale questione, ma sempre con poca fortuna. Cerchiamo ora di gettarvi un po' più di luce mediante le monete. Abbiamo dimostrato che la serie spqr di Gallieno non è stata coniata in Antiochia, e, dalle caratteristiche comuni a tali monete e a quelle coniate in Antiochia abbiamo dedotto la conclusione che gli operai della zecca di Antiochia devono aver lavorato per un certo tempo in Serdica assieme agli operai di quella zecca. Ora, la serie spqr coniata in Serdica reca l'indicazione del VI consolato, che durò dall'anno 264 al 266. Le monete di An- tiochia, invece, non registrano il VI consolato. Qui v'è una lacuna, che fa presupporre un'interruzione nel lavoro di quella zecca, e ciò appunto all'epoca in cui Antiochia fu presa per la seconda volta e distrutta dai Persiani. Consideriamo ora le monete di Gallieno col ramo nell'esergo, le quali ci annunciano la vittoria di Odenato sui Persiani. Non è egli strano che la zecca di Serdica abbia creduto di dover essa celebrare questa vittoria, e soltanto nel 265, mentre ciò si addiceva anzitutto, e non così tardi, alla zecca di An- tiochia ? Anche queste monete adunque, in concordanza coll'epoca indi- cata, accennano alla distruzione, ed alla conseguente cessazione del lavoro di questa zecca, ciò che conferisce all'opinione di Bern- hardt intorno a tale avvenimento una base più sicura di tutte le combinazioni escogitate da quegli storici che avevano tentato sinora di risolvere tale questione. Nella stessa maniera sosterrò l' opinione che, in base alle monete, mi sono formato intorno ad Antiochia, all'epoca in cui Quintino ascese al trono. (1) Bernhardt, pag. 37 a 50 e pag. 272 a 276. 71 558 ANDREA MARKL Bernhardt si fonda sulla notizia, attendibile in massima, di Zosimo (1), e dice che già sotto Claudio il dominio di Zenobia si estendeva a tutto l'Oriente sino ad Andra in Galazia. Io vado più oltre, e conchiudo che Zenobia, dopo il primo colpo decisivo contro i Goti, cioè verso la fine del regno di Claudio, deve aver tentato di staccarsi da Eoma, e deve es- sersi impadronita di Antiochia, dove ella e Vaballato conia- rono moneta (2). So bene che questa è una mia opinione personale, ma tut- tavia dimostrerò, per mezzo delle monete, che essa ha un certo fondamento, in ispecie se si tien calcolo della condotta equivoca già mostrata ripetutamente dalla famiglia di Odenato, come pure del fatto che Zenobia si ribellò veramente, più tardi, al tempo di Aureliano, — e che quindi vi deve essere, anche qui, una lacuna nella storia. Vediamo adunque come si comportino le monete, di fronte alla mia opinione, ed in quale inesplicabile contraddizione si trovino colla storia. Per quanto il sig. Lépaulle non voglia ammettere che le monete di Claudio di conio siriaco, colla segnatura da a ad h, siano state battute in Antiochia (3), egli in ciò si trova in con- traddizione non soltanto con me ma colla maggioranza dei numismatici. Senza dovermi riferire all'autorità di Eollin (4), o alle osservazioni del Dott. Sallet sulla sorprendente rassomi- glianza che v'è tra l'effigie d'una moneta di Claudio, del E. Gabinetto di Berlino, ed i denari di Vaballato con Aure- liano (5), basterà ch'io accenni alle caratteristiche comuni che (1) Zos., I, 50. (2) Non ha guari è venuto a mia cognizione un antoniniano di Zenobia, che sarà pubblicato fra breve dal suo possessore. (8) Egli mi scrive : « Pour moi les pièces de a à h n'appartiennent n à Antioche ni à Serdica. Je n'ai point de preuves à donner à l'appui de mon opinion, mais ne pouvant accepter celles qu'on me donne, je dois les classifier comme douteuses d'origine. » (4) Catalogne d'une collection de médailles, otc. , III partie. N. 6670-83, 88, 91, 99. (5) Zeitschrift fiir Numismatik, Yol. Ili, pag. 405. M, SERDICA ANTIOCHIA ? 559 la scrittura di queste monete presenta colla scrittura di quelle monete di Gallieno che portano le date di regno vii e e p xv, e in ispecie al G di forma arricciata, 6 , poiché nessuno vorrà supporre che questa forma di lettera , oltre che nelle due zecche di Serdica e d'Antiochia dove l'abbiamo riscontrata, fosse usata in un'altra zecca ancora. I dubbi del sig. LépauUe dovrebbero con ciò essere dissipati. Queste monete di Claudio, adunque, nella prima emissione, — come ho dimostrato nel mio articolo sulle Zecche impe- riali durante il regno di Claudio, — non hanno segnatura. Nella seconda emissione, comò si è detto, recano le sigle a sino ad h. In questa emissione si trova interpolata una mo- neta colla Vittoria, la sola moneta di tal genere che io conosca di questa zecca (Fig. 23); siccome essa non ha ancora segna- tura, non può essere stata coniata che sul principio della seconda emissione, e quindi non può riferirsi che alla vittoria sugli Alemanni (1). La mancanza di un'ulteriore emissione, come pure la circo- stanza che di questa zecca non si hanno monete ricordanti la vittoria, quali furono coniate in tutte le zecche dopo la vit- toria sui Goti, dimostrano chiaramente che vi fu un' interru- zione nel lavoro di questa zecca. Si potrebbe forse sollevare l'obbiezione che la serie segnata potrebbe essere stata l'ultima, ciò che non spiega ancora la mancanza delle monete coll'accenno alla vittoria. Ma anche questa obbiezione non regge, perchè anche quivi, dopo l'ultima emissione, si sarebbero dovute coniare, come ac- cadde in tutte le altre zecche, le monete della consecratio di Claudio. E, non soltanto, mancano affatto queste, ma anche quelle di Quintino come successore di Claudio. Anche se si volesse ammettere che la notizia dell'assunzione di Quintino al trono potesse esser giunta colà troppo tardi (1) Vedi il mio articolo : « Sul significato dolio monete con Victoria g. mi. VICTOR GERMAN di Claudio II » , noi Voi. XVI della Nu7ìi. Zeit- schrift di Vienna, Annata 1884. 560 ANDREA MARKL perchè (attesa la breve durata del suo regno) vi fosse tempo da coniare monete col suo nome, non si può concedere che la notizia della morte di Claudio abbia tardato tanto da giusti- ficare la mancanza delle monete della sua consecratio. Ma anche la notizia dell'assunzione di Quintillo al trono dev'essere pervenuta in Antiochia ancor molto tempo prima della di lui morte, giacché egli non regnò soltanto 17 giorni come asserisce la maggior parte degli storici , — essendo ciò contraddetto dalla quantità relativamente notevole delle monete uscite dalla zecca di Eoma, che ci restano di lui (ij, le quali ebbero persino una seconda emissione, come dimostrerò altrove. Se poi vi si aggiungono le numerose monete di consacra- zione, in onore di Claudio, che furono coniate anch'esse du- rante il regno di Quintillo ; se si considera che di quest'im- peratore abbiamo monete anche di zecche più remote, come Tarragona, Siscia , e persino della stessa Cizico (2) ; se si ri- flette, infine, al tempo considerevole che era necessario per co- municare le relative disposizioni a queste zecche e per appa- recchiare i differenti conii coll'effìgie del nuovo sovrano e per le monete di consacrazione, se ne può conchiudere con tutta sicurezza che Quintillo deve aver regnato pia a lungo. E infatti Zosimo (3) parla di alcuni mesi, e merita quindi, in accordo colle monete, molto maggior fiducia degli altri au- (1) Di quest'imperatore io posseggo 260 monete coniate in Eoma, 60 di Tarragona, 41 di Siscia e 10 di Cizico, oltre a 21 altri pezzi di fabbrica barbara, cbe qui però non entrano in considerazione. (2) Mi spiace veramente di esser costretto a confutare su tanti punti il sig. Lépaulle, ma devo pur dire che anche la sua asserzione che Quintillo non abbia coniato a Cizico non regge, e mi riesce anzi tanto più inespli- cabile inqaantochè io gli dimostrai già, col mandargli le impronte delle monete relative, ch'egli si trovava in errore. Si tratta delle monete di Quintillo, con fortvna redvx, fides militvm e iovi conservatori, ana- loghe per lo stile, per le raffigurazioni, per le leggende del i rovescio e per la segnatura alle monete di Claudio dell'ultima emissione di Cizico. (3) Zos., I, 47. SERBICA ANTIOCHIA? 561 tori, il cui merito, su questo punto, si riduce ad aver trascritto ciò che dice Trebellio Pollione. Possiamo adunque ammettere, con fondamento di ragione, che Quintino abbia regnato 2 mesi, tempo sufficiente per far pervenire alla zecca di Antiochia le istruzioni per la coniazione delle monete del nuovo imperatore. Anche sotto il regno susseguente di Aureliano, la zecca di Antiochia rimane ancora per qualche tempo inattiva, poiché, a detta di Eohde, mancano le monete del I periodo di que- st'imperatore ; non è che nel II periodo che vediamo compa- rire le monete di Vaballato con Aureliano, segnate anch'esse di nuovo con lettere greche, come sotto Claudio, ma colle of- ficine aumentate da 9 a 10. Ma queste monete non sono antoniniani, come si vede già dalla testa laureata di Vaballato ; esse sono anche di modulo alquanto minore dei veri antoniniani di Vaballato col titolo di Augusto. Se il mio amico Eohde assegna gli antoniniani di Vaballato a Tripoli, — unico punto qu(38to, su cui i nostri pareri discor- dano, — egli è condotto a tale attribuzione dalla circostanza che sulle monete della zecca di Antiochia non si riscontra la stella, che figura invece nel campo delle monete di quest'im- peratore. Questa conclusione non mi sembra tuttavia ineccepibile, poiché la stella non si può menomamente considerare come distintivo di una data zecca, dal momento che la troviamo nelle seguenti zecche e sotto i seguenti imperatori : in Tarragona, sotto Aureliano e Probo ; in Lione, sotto Tacito e Floriano ; in Siscia, sotto Gallieno, Claudio, Aureliano, Tacito e Probo ; in Serdica, sotto Aureliano, Tacito, Floriano e Probo ; in Tripoli, sotto Aureliano e Probo ; in Tiro ? sotto Tacito ; vale a dire nella maggior parte delle zecche, ma non sotto tutti gl'imperatori ; sotto Quintillo manca assolutamente. Del resto, il significato della stella, che si trova già di fre- quente sulle monete imperiali antecedenti, non è stato ancora >62 ANDREA MARKL spiegato ; la circostanza che essa appare temporaneamente e poi scompare di nuovo, lascerebbe supporre che si connetta col riprodursi di un dato avvenimento, — forse colla comparsa delle comete, trentacìnque delle quali vennero osservate dal- l'anno 200 al 299 d. C. ; — poiché in questo spazio di tempo, e cioè da Caracalla a Diocleziano, troviamo 18 imperatori sulle cui monete si riscontra la stella nel campo, e alcuni fra essi, come Aureliano, Tacito, Probo, ecc., sotto il cui regno questa particolarità si osserva in varie zecche. Ma con questo non pretendo punto di aver dato una spie- gazione sicura del significato della stella. Per me, al contrario, avrebbe avuto maggior peso la circo- stanza che nelle leggende AeQviTAs avo, vgnvs avg e iv6nvs Avo (degenerazione barbarica del conio ivventvs avg di Claudio), la lettera E ha sempre la forma 6 (i). Sinora si è ritenuto che gli antoniniani di Vaballato siano stati coniati in Antiochia, e infatti le caratteristiche della leggenda del diritto, la rappresentazione del busto imperiale e la rassomiglianza del ritratto colle monete di Claudio battuto in Antiochia (2), parlano in favore della provenienza da una zecca comune, ciò che vien confermato inoltre dalle monete di Vaballato : acqvitas avg, Victoria avg, iveNvs avg, che ripro- ducono i conii di Claudio per questa fabbrica. Anzi, persino la segnatura per mezzo di lettere greche, la quale era in uso sotto Claudio, venne pure usata sotto Vabal- lato, come ci dimostrano la moneta aeternitas avg del Museo Lavy colla sigla a e quella del Capitolo di S. Floriano, lovi STATORI, eolla sigla 7 nell'esergo. (1) V. RoHDE, « Le monete delPimperatore Aureliano, ecc. » (2) L'antoniniano di Vaballato, appartenente al Capitolo di S. Floriano, presenta nella testa del sovrano una rassomiglianza completa colla moneta siriaca di Claudio della mia raccolta, K2726, ^0^. fides avg; ed un'altra moneta siriaca di Claudio, K 862 della mia raccolta, Rov. aeqvitas avg (che riproduco alla Fig. 21 della Tavola), colpi già da tempo il signor Eohdo per la rassomiglianza dell'imperatore colla sua moneta di Vaballato, IVeNVS AVG. SERDICA ANTIOCHIA? 563 Ponderando tutte queste circostanze, trovo perfettamente fon- data l'opinione sin qui ammessa che gli antoniniani di Vaballato siano stati coniati in Antiochia, e perde quindi importanza la par- ticolarità che, sotto di lui, la lettera E viene sostituita dalla 6, ciò che può essere stato effetto di un ordine speciale. Eiassumiamo ora tutte le osservazioni fatte : 1° La zecca di Antiochia, verso la fine del regno di Clau- dio, interrompe la sua attività, come è dimostrato dalla man- canza delle monete per le vittorie e delle monete di consa- crazione. 2° Non esistono monete di Quintillo di questa zecca. 3" Anche di Aureliano, pel primo periodo di questo impe- ratore, non si conoscono monete d'Antiochia. Non ostante adunque la assai recisa asserzione del sig. Lé- paulle, che nella zecca di Antiochia si continuò a coniare senza interruzione (i), tale zecca rimase inoperosa per lo spazio di almeno quattro o cinque mesi, senza che un avvenimento storico ce ne fornisca la spiegazione. Invece vediamo comparire gli antoniniani di Vaballato , i quali per le loro caratteristiche accennano alla zecca di Antiochia. Queste monete danno a Vaballato, sino allora luogotenente di Claudio, il titolo d'Augusto. Nella pregevolissima memoria del Dott. Sallet : c( I Principi di Palmira )), si indica l'anno 271 come quello in cui Vabal- lato assunse il titolo d'Augusto, e ciò in seguito alla rivolta di Vaballato e Zenobia contro Aureliano. Ancora nello stesso anno, entrambi furono vinti e condotti prigionieri. Senza bisogno di ulteriori dimostrazioni, questa supposizione (I) Qaost'asserziono è già contraddetta, del resto, da ciò che dice altrove lo stesso sig Lépaulle, cioè che Quintillo ha coniato soltanto in Tarragona, Koma Siscia, — dunque non in Antiochia 1 Che, malgrado la lontananza di questa zecca e la breve durata del regno di Quintillo, vi fu tempo suf- ficiente a farle pervenire le istruzioni necessarie per la coniazione delle monete del nuovo imperatore, lo si è già dimostrato ampiamente. 564 ANDREA MARKL è affatto naturale, poiché a Vaballato, prima di quell'epoca, non era stato conferito il titolo d'Augusto, e soltanto la ribel- lione avrebbe potuto indurlo ad assumere tal titolo da sé. Ma la prolungata inoperosità della zecca d'Antiochia ci fa supporre qualche avvenimento, in forza del quale si sia dovuto sospendere la coniazione delle moiiete imperiali. Diversamente, col breve spazio di circa un semestre (poiché già nella seconda metà del 271, Vaballato fu preso prigioniero), mal si potrebbe spiegare come gli sia stato possibile, trovan- dosi egli, ora in fuga, ora in lotta coi Eomani (1), di coniare monete, e neppure, — dato che egli, come opina il sig. Rohde, si sia servito della zecca di Tripoli, — come egli, in tempi così burrascosi, abbia potuto trovar agio di riattivare questa zecca, la quale certamente era rimasta da molto tempo ino- perosa, di far eseguire i conii per il diritto ed il rovescio delle monete, e finalmente di farle coniare ; coll'avvertenza, anzi, di apporvi la segnatura, che evidentemente non serviva fuorché al controllo, e, come si rileva dalla moneta lovi statori segnata con un 9«^ ^i 7^ '^ : ^O i. : / 4>' E, GNECGHI. - Bocmenti inediti delti ( Anno \ ì. DI lUMISMATICA Tav. I. t> IIMiWiMi— I ""^pJi" U/7/%^ ^^dme^n^fJ^J i> ^^^^/>yi \^^€f' ^^^/^>^^ <-^^v<^ . ^ ^H** < hÉ \ ^ ■0U &c iStV^^JR?*-^ ^/7c/ '*^^ '^^'^ ' «K^;^ ♦ ^)s- 5^ , ^ ^ *A ,J \ / ^^. C--' r^^T^ '^*^'"^ "-^--^^ :^^.4jìì!^^ , />^^^ ^^Z/i^ ^i^^,r.c^ ^^:^^^^^:2^^i U^ Correggio. — Appeuict l. ) «' Anno II, RIVISTA ITALIAM DI NUMISMATICA Tav. II. A, COMANDINI. - Medaglie italiane del 1888. - 1. ( Anno II - Fasc. I ) n RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA iiHBo n. •• o Ivv.III, >**"^ FRjaiCESCO CHECCHI - Appunti di Numismatica Romana N .e,6 , Fase, 11° lÉKk. RIYISTl ITILIMI DI lUMISMlTiai /nnoII, 1889. Tav. IV. A. COHANDINI. - HedaiUle ItaUane del 1888. -II. ( Anno II - Fasc. II ) RIVISTI ITILIIM DI KUMISMITICA Anno li, Tav. V. MEDAGLIA DI ANTONIO ABONDIO. (AMBROSOLl. - « EiV. It. di KM. » - AMO II - Fasc. Ili) RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Annoi! 1889. Tav. VI ■■ù 'ir-. FRANCESCO GNECCHl- appunti di numismatica romana n? vii f^asciv. Fhototypie de J BramiCT à Wmterthur i RIVISTA in>\LIANA. DI NUMISMATICA AriQoll 1889 1^'SCO GNECCI .NA M"vi Amo 11, 1889. EIYISTA ITALIiHl DI MUMISMITICA A. MARKL. - Serdica o Aniioclila? (Anno II - Fasc. IV J CJ Rivista italiana di numisma- 9 tica e scienze affini R6 V.2 PLEASE DO NOT REMOVE CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY