RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA DIRETTA DAI, D/ SOLONE AMBROSOLI e ON SER V A TO K E DEL U. li A It I N E T T NUMISMATICO DI BRERA E DA UN CONSIGLIO DI KEDAZIONE AxNO Primo — 1888 ]\IILANO Lodovico Felice Co^liafi, Tipoirriiro-Editore Via Pantano, N. iti 1888 PROPRIETÀ LETTERARIA. Tip. L. F. Cogliati. - Sez. nel Pio Istituto pei Figli della Provvidenza. CONSIGLIO DI REDAZIONE pel 1888 AMBKOSOLI Dott. Solone, Conservatore del E. Gabinetto Xumismatico di Brera, Direttore. GAVAZZI Cav. Giuseppe. GHIKOZST Cornili. Isaia, Prefetto della Biblioteca Nazionale Braideuse. GNECCIII Cav. Ercole. GNECCHI Cav. Francesco. MAEIOTTI Cav. Dott. Giovanni , Direttore del E. Museo di Auticliità di Parma. MOTTA l\\ » 5 Totale N. 194 Lasciando da parte le monete di Rodi , Carpen- trasso, Napoli e Venezia, die non offrono nulla di speciale o di differente da quelle già ripetutamente pubblicate , limiteremo le nostre osservazioni alle monete della zecca di Scio, a cui appartengono quelle nuovo e sconosciute sia pel loro tipo, sia anche pei nomi che portano. La zecca di Scio sotto la dominazione genovese DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE DELLA ZECCA DI SCIO Ó lavorò interrottaniente per lo spazio di due secoli e mezzo, cioè dal 1301, quando l'ammiraglio genovese Benedetto I Zaccaria si impadronì dell' isola colla forza, sino al 1500, quando l'isola fu conquistata dai Turchi. Non si conosce finora alcuna moneta di Bene- detto I Zaccaria, né del figlio Paleologo ; se ne co- noscono pei'ò alcune degli abbiatici Martino e Be- nedetto li, die batterono moneta di loro propria autorità dal 1314 al 1329, nel quale anno cessa il dominio degli Zaccaria, e l'isola è occupata dai Greci. Xel 1347 succede neirisola una nuova invasione. Una società di arniatori genovesi se ne impadronisce, ma questa volta in nome della madre patria, (ienova anzi accorda a (piesta società, che venne poi chia- mata ^faona, il pieno possesso dell'isola sotto speciali condizioni, e a patto di riconoscere l'alta sua sovra- nità. La Maona ebl)e quindi anche il privilegio di battere moneta, purché su questa figurassero sempre le leggende delle monete genovesi dvx ianvexsivm e coxRADVs RKX H. Essa usò ([uindi di questo diritto interpolatamente, ma anche durante 1" avvicendarsi delle varie dominazioni dei Visconti , degli Sforza e dei re di Francia su Genova, e ciò fino al i5G(). Le monete di Scio battute durante il possesso della Maona si possono distinguere in quattro classi : A) Monete dei Dogi anonimi. B) Monete coi nomi dei Dogi Tommaso Campo- fregoso (1415-1439), Baffaele Adorno (1443-1447), Pietro Campofregoso (1450-1458) o de' principi che furono padroni di Genova. C) Monete veramente anonime colla sola indica- zione CIVITAS CHI! e COXRADVS RKX ROMAXORVM. D) Monete anonime coll'anno o l'iniziale dei Po- KRANCKSCO KI) KKCOI.K fiNECCIlI (lesta deU'iso'd, il che pennottc di stabilirne in parte r anno della coniatura, e che abbracciano l'epoca dal 1483 al 1502. Stabilite così le serie di monete che si conoscono come battute in Scio durante il dominio dei Geno- vesi, veniamo ora alla descrizione delle monete di quell'officina, contenute nel ripostiglio di Siderunda e non descritte da altri autori, monete ora conser- vate, parte nella Raccolta del Conte Papadopoli a Venezia e parte nella nostra. PALEOLOGO E BENEDETTO ZACCARIA. (1310-1313). 1. Maiapane (gr. 1,870). D: — P & B • Z SVT iPlI S • SIDOR SYT (Faleologiis et Benedicfus Zacliaria Sii Vicarii impemtoris Sanctus Isidnrus Sii). Nel campo due figure in j^iedi di fronte; a destra Santo Isidoro, a sinistra Paleologo. Essi tengono l'asta di un vessillo, lungo la quale la leggenda DVX. I^ : — Il Redentore sedente in cattedra con un volume sullo ginocchia; ai lati del capo i monogrammi IC XO. Ar-r. (Tav. I, X. 1). Il tipo di questa moneta e della seguente è preci- samente quello del matapane veneto, ma più rozzo, come erano tutti quelli coniati nel Levante. Ciò che lo rende importante ò il P, che si legge chiaramente sul nostro esemplare in principio della leggenda del dritto , lettera che non può confondersi con al- cun'altra. Questa iniziale, dopo aver ben considerato, ci pare non possa riferirsi ad altri che a Paleologo Zaccaria padre di Martino e Benedetto II. Egli in- fatti tenne per qualche anno il possesso dell'isola ed è probabile che vi abbia battuto moneta col suo nome, associandovi quello del figlio Benedetto IT. Il Ili ALCUNE MONKTE INEDITE E SCONOSflI.'TE DELLA ZEOf'A DI SCIO 5 caso non è nuovo nella storia monetaria italiana, e possiamo citare Ugo e Lotario II, Berengario II e Adalberto, Ottone I e II, re d'Italia, Tancredi e Rug- giei'o, Enrico VI e Federico II, re di Sicilia, ecc. ecc., che associarono sulle monete i loro nomi. Questa ci paro la interpretazione più ovvia , e noi ne propo- niamo l'accettazione ai numismatici, ben lieti se al- cuno di essi vorrà ritornare sulla quistione o convali- dando la nostra attribuzione, o contrapponendovene una migliore. Se alcuno poi osservasse che le iniziali P e B po- trebbero egualmente riferirsi a Paleologo ed a suo padre Benedetto I, noi, dal canto nostro opporremmo che qTiesta seconda ipotesi ci sembra molto più ar- rischiata della prima , dacché questa moneta porte- rebbe come prima iniziale quella del figlio, il che urterebbe contro tutto lo consuetudini antiche e mo- derne. Fu sempre uso generale e costante, tanto nelle monete antiche , quanto nelle moderne , che portano il nome del padre e del figlio di mettere per primo quello del padre. Quanto poi all'epoca, in cui questo matapane potò essere battuto, essa devo oscillare fra l'anno ].')10. in cui si crede morisse il padre del Paleologo, Be- nedetto T, e il 1313, epoca certa della morte del Paleologo. MARTINO ZACCARIA. (1315-1329). 2. Matapane fgr. l.WìDì. D: — :\r • ZAU • SV TBATOT S • TSIDOB SYT CMnrtiniifi Zarharia Sii Vicariiis imperatoris — Sanctus Isi- (ìorus Siij. Nf'l cainjii) (Tuo fìf^nro in pioili di frciiitc; a destra Santo FRANfESCd ED ERfOt.E GNECCHI Isidoro, a sinistra Martino. Essi tengono l'asta di un vessillo, lungo la quale la leggenda dvx. XI : — Il Redentore sedente in cattedra con un volume sulle ginocchia; ai lati del capo i monogrammi IC CX. Arg. (Tav. I, X. 2). Il peso di questi due matapani sta fra i gr. 1,870 e 1,900; .sono dunque inferiori a quelli dei con- temporanei matapani veneti, del peso di 2 grammi, come crediamo ne sia inferiore il titolo, quantunque appaiano di buon argento. GALEAZZO MARIA SFORZA. (14GG-1476). 3. G?Y).sso gigliato (gr. 3,300). D : — Croce GALTAZ * MA * SFO * D * lANVE * Busto di fronte del duca Galeazzo Maria Sforza a mezza figura col berretto e lo scettro terminato da una pigna. R: _ Croce CONRAD * R *. R * CIVITAS * CHI * Nel campo lo stemma dei Giustiniani, ossia il Castello colle tre torri, sormontato dall'aquila coronata. Arg. (Tav. I, N. 3). 4. Grosso e. s. (gr. 3,300). Variante del precedente colle lettere VE di lANVE in monogramma, e senza l'ultima stelletta nella leggenda del dritto. Arg. (Tav. I, N. 4). 5. Grosso e. s. Altra variante del N. 3 con GALIAS nel dritto. 6. Grosso e. s. (gr. 3,300). D: — Croce GALEAZ • M • SFORZA • D • lAXE • Busto come nei precedenti. R: _ Croce CONR AD -R • ROMANR- (nR in monogramma) C • CHTT • Castello e. s. Arg. (Tav. I, N. 5). DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE DEI.t>\ ZECCA DI SCIO 7 7. Grosso e. s. fgr. 3,300). D: — Croce GALEAZ • :\r • SFOP.ZA • D • TANVE • Busto e. s., ma lo scettro è terminato da un giglio. Il: _ Croce CONRAD -R- ROMANOR (xR in monogramma e 1' piccolo al disopra) C ' CHII ' Castello e. s. Arg. (Tuv. I, N. 6). Finora non si conoscevano che duo monetine di Galeazzo Maria Sfoi"za coniate a Scio. Una fu pub- blicata dal Promis (La Zecca di Scio durante il do- minio dei Genovesi. Torino, 1865 ; pag. 50 e Tav. Ili, n. 37) ; l'altro dallo Schlumberger iXiimismatique de rOrient latin. Parigi, 1878 ; pag. 427 e Tav. XV, n. 2). Il Lambros poi , riassumendo queste due monete nella sua recente opera sulla zecca di Scio {Mzixm'iv/.'x. -iw.'.vi.y-x Tt.jv ìi'j'txn-L'ri -y,; Xi-'/j-Kv AOr,a.i?, 188G), non ne trovò alcun'altra da aggiungervi. Questi sei grossi dello Sforza sono di tipo affatto sconosciuto, e presentano varii caratteri clic è neces- sario rilevare. Anzitutto vi vediamo l' intero busto del duca, cosa affatto nuova nelle monete di questa zecca. La testa è coperta da un berretto presso a poco come quello che vediamo su di alcune monete d'oro e d'argento di Gio. Gal. IMaria Sforza battute a Milano. Altra particolarità singolare si è lo scettro bastone di comando che il duca tiene nella destra. Tale scettro è per lo più terminato da una pigna, e, in un esemplare, da un fiore somigliante ad un giglio. Le monete italiane di quell'epoca, clic portano effigie di principi , non hanno mai tale emblema. Lo vediamo però un secolo più tardi in alcuni talleri e frazioni di tallero di alcuni principi di Correggio, di Desana , Firenze , ^lantova , Messerano , Tassa- rolo, ecc., e più sovente; sopra monete coniate pel l'KANCK.SCO ED EIU.'OI.I-: (i.NKCCIll Levante e per l'estero in genere. Così, per esempio, Cesare d'Plste Duca di Modena si fece cflfìgiare colla corona e lo scettro sopra due talleri coniati appunto pel Levante. Pare che questi principi adottassero tali emblemi sulle monete destinate al Levante per accrescere colà la loro autorità ed uguagliarsi in certo modo ai legittimi sovrani, che stampavano sulle monete le loro effigie adorne di quel segno di alta sovranità. È probabile che per lo stesso motivo Ga- leazzo Maria Sforza si sia fregiato dello scettro nelle monete coniate in Scio, mentre evitò sempre di ripro- durlo sulle sue monete coniate a Milano, gran parte delle quali portano il suo ritratto. Nel rovescio di questi grossi vediamo il solito ca- stello colle tre torri e sopra queste Taquila coro- nata (1). Lo Schlumberger nell'opera citata, parlando delle monete di Scio che portano tale emblema, dice che queste devono essere posteriori alla domi- nazione di Gal. Maria Sforza, perchè sulle sue due monete conosciute l'aquila non figura. Ora è provato dalla comparsa di questi grossi che tale emblema , risale almeno all'epoca dello Sforza. Il peso di questi sei grossi di Gal. Maria Sforza è di gr. 3,300 , e corrisponde perfettamente a quelli de' suoi grossi battuti a Genova; il titolo pare di eguale bontà e probabilmente furono battuti colla stessa legge , e forse in Genova stessa , come accenneremo più avanti. (1) Nel 1413 l'imperatore Sigismondo accordava a Francesco Giusti- niani Campi il privilegio di fregiare il suo stemma dell'aquila imperiale. Pare però che por circa mezzo secolo la Maona non abbia fatto uso di quest'emblema sulle sue monete di Scio. IH AI/TNE MONKTK INFUITK V. scoNOSCll'TE DEM.V 7.KCC\ HI Srio MAONA-ANONIME. (Scc. XV). 8. fh'O.sso o (jigìiatij (gr. o.2S) un Decreto del Doge di Genova in data 2 dicembre 1458, in cui si proi- bisce la spendita di un grosso di Scio di nuovo stampo, allora venuto fuori col solito stennna del- l'isola meglio della ^laona da una parte e dall'al- tra colla figura di un uomo che tiene una croce in mano. Può darsi che, ritenendo una croce quello che in queste monete è uno scettro o una spada, il de- creto ducale accennato si riferisca appunto a questo Ili ALCLNI-: MONKTK INKDITE K .SCONOSCIUTE DEI.t.A ZEOC.V DI SCIO 11 tipo di moneta, se non precisamente alle monete in discorso. Xoi confesseremo francamente che abbiamo molto esitato prima di assegnare a questi grossi un'epoca posteriore a Galeazzo Maria Sforza. Il tipo più rozzo di questi grossi , confrontati con quelli dello Sforza e anche i caratteri meno accurati e di forma più antica tendenti piuttosto allo stile gotico che al romano, accennano, ci pare, a un'epoca anteriore ; ma l'argomento più forte dell'emblema dell'aquila e della leggenda cini (in luogo di su) che, per lo ragioni accennate dal Lambros e dallo Scldumberger, non furono usati sulle monete di Scio priuia del dominio dello Sforza, ci hanno persuasi ad assegnare loro un'epoca posteriore, spiegando l'apparente contrad- dizione colla supposizione che (questi fossero battuti nell'isola di Scio, mentre quelli dello Sforza furono assai probal)ilinente a[)prestati nella zecca di Genova, come Promis suppone lo fossero anche quelli anonimi della ^laona, di cui abbiamo discorso più sopra. Del resto anche la paleogralia è una guida molto incerta in quest'epoca di transizione. Troviamo mo- nete di un medesimo principe talora con caratteri gotici, talora coi romani ; qualche volta perhno, in alcune monete di Galeazzo Maria Sforza battute in Genova , troviamo variati i caratteri dal dritto al rovescio della stessa moneta. Ma, tornando ai dui,' grossi anonimi in discorso, oltre lo stemma e ra([uila, appare in essi un terzo emblema, nuovo nelle monete di Scio, la Croce, la quale verosimilmente dovrebbe esser lo stemma della città di Genova. Essa è posta al di dietro dell'aquila e appare specialmente pei suoi bracci orizzontali. Tlitroveremo questo medesimo simbolo nel grosso del i-e di Francia, e ne riparleremo. 12 fUANCESCO Kl) ERCOLE GXECCIII LODOVICO XII re di Francia. (1500-1612). 12. Grosso o qigUaf.o (gr. 3,000-3,550). D: — ••• REX • FRANCIE • DNVS • lANVE Il re coronato seduto di fronte colla spada nella destra. R: __ Croce CONRAD • R • ROMAXOR • C • CHII rosetta. Castello colle tre torri, sormontato dall' aquila ; dietro questa una Croce. Arg. (Tav. I, N. 11). Questo grosso col rex Francie ò fra le monete del ripostiglio la più singolare e la più meritevole d'e.ssere studiata. Il suo tipo somiglia moltissimo a quello dei due grossi dei dogi anonimi oz'a citati. Vi somiglia al punto clie , oltrecchè ritenerli di epoca vicinissima, non sarebbe forse temerario l'attribuire quei primi due allo stesso re di Francia rappresen- tato come doge di Genova, se non vi fosse da fare un' altra piccola , ma importante osservazione : Nei grossi di Galeazzo Maria Sforza, come in quelli dei dogi anonimi, V Aquila, che sovrasta al castello e che costituisce lo stemma dei Giustiniani, è coronata , mentre non lo è più nel grosso del re di Francia. Il che è ovvio e naturale , se si considei'a che la corona in capo all' aquila era il segno della sovra- nità imperiale, segno che si conveniva assai bene ai dogi di Genova , ma non al re di Francia. Qui la corona non è più in capo all'aquila; è passata sulla testa del re. Ora la qiiistione importante si è di stabilire, a quale dei re di Francia sia da attribuirsi questa moneta. Quattro sono i re di Francia che furono Signori di Genova, e perciò anche di Scio. Carlo VI, DI ALCUNE MiINKrE INEDITE E Sf(lNOS(U-TE DELLA ZECCA DI SCIO ìli Carlo VII, Lodovico XII e Francesco I. E qui ci converrebbe ripetere il ragionamento fatto poco sopra a proposito dei due grossi anonimi colla leggenda DVX lANVEXSIVM. Stando al tipo lo avremmo attribuito piìi volentieri a Carlo VII (scartando Carlo VI , come quegli clie ebbe un dominio troppo breve e contrastato in Ge- nova), ma l'aquila e la leggenda ci ni ne fanno sta- bilire l'epoca più innanzi e posteriore alla domina- zione Sforzesca. Esclusi quindi Carlo VI e Carlo VII, il quale perdette il dominio di Genova nel 14G0, restano gli altri due^ Lodovico XII e Francesco I ; fra questi, tutto ben ponderato, ci pare sia da sce- gliere il primo come quello che è più vicino all'epoca dello Sforza e die regnò per maggior tempo. Un'altra ragione verrebbe a convalidare la nostra attribuzione, ossia l'emblema della Croce, die come accennammo è lo stemma della città di Genova. In buona parte delle monete di Lodovico XI 1 battute a Genova, quali testoni, mezzi, quarti, ecc., noi vediamo que- st' emblema appajato e sovrapposto all'altro stemma della città, la Por/a. Tale emblema scompare nelle monete di Francesco I per Genova, per non ricom- parire che più tardi in altre monete. Tali sono i motivi pei quali noi abbiamo attribuito il grosso col titolo nv.x iranch-: a Lodovico XII. Con che però non intendiamo di dar un giudizio assoluto e inappellabile, compito sempre difficile e sovente impossibile, quando si deve vagare nel cam]io delle congetture, senza dati precisi e senza un punto fisso da cui non si possa assolutamente dipartire. Se fra queste monete del poso di gr. ;3,550 e 3,G00 equelle contemporanee di (Jenova esista un rapporto, difficile sarebbe stabilire , e giova ricordare che siamo precisamente nell'epoca, in cui il governo della 14 K. KIl K. (;NK( ( ili - DI AL' LM: MDNKrK INEIUTK III SCII) Repubblica muoveva continue rimostranze ai Mao- nesi, per lo scapito in cui erano cadute le loro mo- nete di Scio, in causa degli enormi abusi e delle frodi introdottesi nella loro zecca. Perciò anche il peso e il titolo sono guido assai poco sicure. Può darsi che qualcheduno più di noi fortunato nelle sue ricerche, abbia a tro\'are altri argomenti o dati che servano a meglio rischiarare le idee e stal)iliro i tatti in proposito, e noi lo desideriamo nel- l'interesse della scienza. Fi-attanto, riassumendo la nostra breve disserta- zione, abbiamo la compiacenza di accennare che il ripostiglio, di cui parlammo, ha dato in luce oltre a qualche varietà nelle monete di Scio, le seguenti importanti monete di questa zecca , facendo cono- scere due nomi nuovi : I. 11 Mata})ane da noi attribuito a Poleologo e Benedetto II Zaccaì-ia. II. TI Ci rosso di Galeazzo Maria Sforza colla figura del duca, in sei varietà distinte. III. Il Grosso o gigliato della Maoìia col dvx ANVKNSivM colhi figura del Doge, in cinque esem- plari variati. IV. Il Grosso o gigliato attribuito a Lodo- vico XII coll'efiige del re, di cui conosciamo già cinque esemjdari di conio differente. Francesco ed Ercole Gxecchi. IL RIPOSTIGLIO DI LURATE ABBATE A Lnrate Abitate in provincia di Como, nell'agosto dello scorso anno, esegnondosi alcune riparazioni in nna casa colonica di proprietà del Xob. D. Cosare Gagnola, venne scoperto un ripostiglio di numerose monete d' argento con qualcuna d" oro , le quali fu- rono presentate per esame al Gabinetto Numismatico di Brera. Erano lien 127-'5 monete medioevali, per la mas- sima parte italiane : lo stato di conservazione , ot- timo od almeno soddisfacente in quasi tutte , per- mise di ripartirle con sicurezza fra le varie zecche alle quali appartenevano , e di stabilire con molta probabilità il tempo cui risaliva la loro coniazione. Si è appurato così, che nessuna di esse poteva assegnarsi ad un" epoca posteriore alla metà del se- colo XIV; e che il ripostiglio dovrebbe datare anzi, presumibilmente , dai primi decenni di tal secolo, intorno cioè al 1.'320. La quantità ragguardevole dei pozzi , la varietà delle zecche rappresentate , il pregio e in qualche caso la straordinaria i-arità ed importanza storica di talune monete , ci sombrano rendere al)bastanza cospicuo il ripostiglio di Lurate Alibate, perchè me- riti di serl)arne memoria nel suo complesso, in luogo di limitarci a dar notizia delle cose più peregrino in esso contenute. 16 SOt.CJ.NE AMHKDSdl.I Ci si permetta quindi una rapida rassegna dell'in- tero ripostiglio , nella quale non ci solTermeremo fuorché quando la rarità o l' interesse scientifico ci parrà giustificarlo. Il maggior numero era di monete venete, e più particolarmente di matapani , che oltrepassavano le cinque centinaia, suddivisi come segue : 9 del doge Pietro Ziani ; 10 di Jacopo Tiepolo ; G di Marino Morosini ; 90 di Renier Zeno ; 39 di Lorenzo Tie- polo ; 35 di Jacopo Contarini ; G4 di Giovanni Dan- dolo ; ben 317 di Pietro Gradenigo , e 4 di doge incerto. Vi si trovavano inoltre G zecchini di Pietro Dandolo, ed un bell'esemplare di quello rai'issimo di Marin Zorzi. Ai matapani di Venezia erano frammiste varie imi- tazioni, di gran lunga più rare, alcune preziosissime anzi, eseguite in altre zecche: ne diremo più avanti. Venivano in seguito le monete di Merano, in nu- mero di 188; di esse, 25 erano grossi aquilini attri- buiti al conte Alberto, col nome della zecca, e 1G3 grossi tirolini di Mainardo II. A questi ultimi se ne accompagnavano altri di ben maggior pregio, vale a dire sette grossi repub- blicani d'Ivrea, e due di Acqui del vescovo Oddone Bellingeri. La zecca di Trento era rappresentata da tre grossi vescovili del secolo XIII. Le monete- francesi tenevan dietro per numero a quelle di Venezia e di Merano ; vi si noveravano in- fatti 181 grossi tornesi ed un mezzo tornese di Fi- lippo IV il Bello , e 18 grossi tornesi di Carlo II d'Angiò, come conte di Provenza. Anche con queste monete , belle ma comuni , si trovavano alcune rarissime imitazioni italiane, delle quali pure parleremo in seguito. U, RlPOSTIIil.KJ DI I.l'nATK AIUìATK 17 Milano teneva il quarto posto con 84 pezzi, cosi ripartiti : 4 denari di Lodovico I il Pio ; 49 soldi della prima Repubblica; 2-'') grossi da soldi due, e 5 esemplari del pregevole soldo dell' imperatore En- rico VII; infine un denaro di Lodovico V il Bavaro. Il rimanente del ripostiglio abbracciava monete uscite da svariate zecche italiane , con predominio dell'alta Italia. Genova vi era rappresentata da otto genovini d'oro, di epoca anteriore alla istituzione del Dogato; Tortona, Pavia, Brescia, rispettivamente da due, tre ed un grosso della Repubblica ; Cremona da due bei grossi col Sant'Imorio ; Piacenza da 2G grossi, pure repubblicani : Parma da uu esemplare dell' interes- sante grossetto battuto fra il 12tJ0 e il 1290; Reggio da un bolognino del vescovo Nicolò Maltraversi ; Modena da 4 grossi col nome di Federico; Bologna da 2G bolognini repubblicani. La Toscana figurava per quattro zecche : Firenze, con 14 fiorini d'oro e \'-ì popolini della Repubblica; Pisa , con 5 mezzi grossi col nome di Federico ; Siena, con 4 grossi del prh^cipio del secolo XII : ed Arezzo, con lo mezzi grossi repubblicani. Brindisi vi aveva '5ò esemplari della bella moneta di Enrico VI imperatore, senza nome di zecca, colla leggenda: iiknricvs kex si-:>u>i:k avovstvs, da molti attri- buita piuttosto, non senza valide ragioni, a ^Milano. Di ]\Iessina vi si trovavano 8 tari di Pietro I di Aragona e Costanza, 3 di (fiacomo , e 13 di Fede- rico II. Ma l'interesse maggiore del ripostiglio di Lurate Abbate risiedo nello monete d' imitazione che ne facevano parte, e die si scindono in tre grappi: imi- tazioni del grosso tirolino, imitazioni del matapane, ed imitazioni del grosso tornese. 18 soi.ONp; AMimoSoi.i Del grosso tirolino, come si è detto, vi erano al- cune imitazioni di Ivrea e di Acqui. Del niatapane , oltre alcune contraffazioni del re Urosio II di Serbia, ti che male ha visto il conio di Vinegia " , vi erano lo seguenti : Un esemplare del matapane, assai raro, di Filippo di Savoia, principe d'Acaia '^), pertinente alla zecca di Torino. Sette esemplari del pregiato matapane battuto in Chivasso da Teodoro I Paleologo , marchese del Monferrato (2). Duo esemplari del rarissimo matapane anonimo di Ponzone, colla leggenda: D." PONCO ('^J. Tre esemplari dell'interessantissimo matapane cui accenna Domenico Promis a pag. 50 della citata sua memoria sulle Mo/ìefe inedite del Pierannte (Si'pple- mento, Torino, ISGG); e ch'egli poi descrive più minu- tamente, in due varietà, pubblicandone anche il di- segno, neirultima delle sue preziose memorie W. Qui cadono in acconcio alcune osservazioni. Di tale matapane, l'illustre nummografo non ebbe dapprincipio soft' occhio che un solo esemplare, sco- perto alcuni anni prima , e poiché il medesimo era assai logoro non riusci che a leggervi, dubitando: HEN...CVEI. " Quando invece di un I vi fosse un T, al lora " osserva egli " si troverebbero le prime lettere di Curtismilia, ma altrimenti essendo, non so come ciò spiegare " . Più tardi, acquistò pel medagliere di S. M. (1) Promis Domenico, Monete inedite del Piemonte, Supplemento, To- rino, 18G6, Tav. II, N. li». (2) Promis I)., Monete dei Paleologi, Torino, 1858, Tav. I, N. ]. (8) Mokel-Fatio, Coì'temi>R., e sul terzo, infine, distintissimamente: HENR. 7 CVM?. (Tav. n, N. 1). Ora, Domenico Promis, basandosi sul CVRT della sua prima moneta, attribuisce con acuta ed erudita indagine genealogica i suoi due matapani ad un En- rico marchese di Novello in unione ai Cortemigliesi, interpretando la leggeiida così : e; Ilenricus et Cur- tismilia' marchio o forse marclilojies " (-), e li assegna alla zecca di Cortemiglia. ]S[a questa interpretazione, so è ammissibile pel nostro primo matapane con: HER : E) CVR., non lo può essere per gli altri due, die hanno chiara- mente: CV^>sR., dove il nesso NR esclude la lettura: Curtismiliie . Per questi due esemplari, noi proporremmo invece addirittura l'interpretazione: Ih-nricus et Cunnuhis, che è ovvia affatto per Tultimo matapane con HEM?. 7 CVNi; e crederemmo di j)oterli assegnare alla già mentovata zecca marcliionale di Ronzone , sotto la signoria di un Enrico e di un ('orrado. Infatti, nel- r opera del Litta , alla Tav. HT degli Aleramidi , troviamo ricordati appunto fra i Marcliesi di Pon- zane i duo cugini Enrico (Enrichetto) e Corrado (Cor- fi) Promis D., 1. e, Tav. IV, X. 10, o Tav. V, N. .',0. (-2) Poicliè , tanto negli esemplari pubblicati dal Promis quanto in quelli del nostro ripostiglio, lungo Tasta del vessillo si trovano disposto verticalmente le letture MCII, cuiac sui mataiiani di altri marchesi. 20 SOLONE AMHROSOM radino) ^^J, clic vivevano sul principio del secolo XIV, ossia al tempo cui appartengono secondo ogni pro- babilità i niatapani in discussione. Ma la singolarità dell'abbreviatura HER per Jleti- ricus (2.' avendoci suggerito un esame più minuzioso del matapane con HER : E 3 CVR., ci condusse ca- sualmente ad osservare che sopra le lettere ER vi è una lineetta abbreviativa (HER) per indicare l'o- missione della N; e allora, per analogia, abbiamo cercato e ritrovato la stessa lineetta sopra la let- tera V, quantunque difficilmente discernibile fra le peiiine del contorno. Abbiamo dunque l'abbreviatura CVR., che a nostro avviso dovrebbe equivalere al CV^R. degli altri due esemplari, e quindi essere in- terpretata: Cunradus. In tutti questi matapani enigmatici, pertanto, tranne forse in quello pubblicato da Domenico Promis al N. 49, Tav. IV della sua terza memoria , ove si legge veramente CVRT (•'') , non si sarebbe voluto indicare il nome di Cortemiglia, ma bensì quello di un Corrado, associato ad un Enrico, e tali monete potrebbero essere attribuite, a nostro modo di vedere, alla zecca di Ronzone. Si noti poi una circostanza : Domenico Promis, nella menzionata sua memoria, dell'anno 18GG, par- (L) Corradino è figlio di quel Manfredino die il 22 nov. 1290 aveva l'icevuto investitura del marchesato di Ponzone dai Genovesi, facendone il giuramento con patti eguali a quelli fatti dal cugino Enrichetto , e comprendendosi nella investitura i discendenti dei due sessi. (Litta, 1. e). (2) Non la troviamo infatti registrata né dal Lexicon Diplomaìicum del Walther, ne dal Diclionnaire des Abróviations dello Chassant , e neppure da un'opera speciale com'è il N^timismalisclìes Legenden-Lexicon del dili- gentissimo Rentzmann , dove il numero delle abbreviature di Henricus è pure straordinario. (3) Come gentilmente ci comunica il chiarissimo sig. Comm. Vincenzo Promis. II. RlPUSTKil.ln DI I.l'RATE AHIÌATE 21 landò del primo niatajiaiic, allora per lui incerto, osserva che in osso si leggo il nome del santo così: S. MICHAEL, mentre iiel matapane di Cortemiglia (di cui dà il disegno) vi ò scorrettamente: S. MI- ÒAEL, senza la H. Ed anche l'altra varietà della stessa moneta cortemigliese, pubblicata dal ]Morel- Fatio. ha: S. ^IICAEL ('). Invece, sui tre nostri matapani di Einico e Cor- rado vi è correttauiento S. MICHAEL, colla H; e S. MICHAEL vi ò pure su quelli di Ponzone (2). È vero che la varietà con HEl' : E3 CVR, pubblicata da Doni. Promis al N. od Tav. V della terza me- moria , sembra scompigliare questa coincidenza : poiché vi si legge: 8. INIICAEL, senza la H; ma il eh. Comm. Vincenzo Promis, da noi interpellato in proposito, ci informò cortesemente clie anche su quel matapane (conservato nel medagliere di S. ^l. in Torino) si legge in realtà : S. ^MICHAEL , e che la lettera H fu omessa por una svista nel disegno (•'). Per conchiudero, i matapani elio appartengono indiscutibilmente a Cortemiglia hanno ha leggenda scorretta: S. MICAEL: quelli che puro indiscutibil- mente appartengono a Ponzone lianno invece : S. MI- CHAEL; e S. >riCHAEL si legge ]iure su tutti i suddetti matapani colla leggenda enigmatica. Ci send)ra elio tale cii'cnstanza. per quanto possa giudicarsi secondaria, dcblm avere un certo peso nella determinazione di queste monete, e che la digerente grafia potrebli'esscre considerata in questo (Ij ^roRKI.-FATIn, 1. ,„ N. 2. (2; Tav. II, N. 2 ('lai i-ijost. (li Ijivafo Al.b.). f'onlV. audio ^F.irei.- Fati'i, 1. e. N. 3. (:')) Cosi pure si le,o;i;T in un inadqi.'HK- a]'ii.avlcuoute alla uifili'sinia varietà, il quale jiroviine dalla C'ulleziouo Mcutennovo, ctl è O'jgi pos- seduto dal Sip;. E. Gncrclii. 22 SOLO.NE AMliKU.S, due dei quali appar- tengono a varietà distinte da quella pubblicata dal Promis , perchè alcune lettere hanno in essi una forma differente. Indi un grosso tornese , battuto in Cuneo da Carlo II d'Angiò, come conte del Piemonte C-^). Questa moneta, già preziosissima per se, costituisce essa pure una nuova varietà, per la forma della lettera C ch'è quadrata (E) invece di tonda , e per un differente modo di abbreviature nella leggenda (Tav. II, N. 3). (1) PiioMis T>., Monete della zecca d'Asti, Torino, 1853, Tav. I, N. 10. -— Della zecca astii^'iana, oltre ai grossi tornesi, si trovavano nel ripostiglio anche un grosso comune e due mezzi grossi. (2) Promis D., Monete inedite del Piemonte, Supplemento, Torino, 18G0, Tav. IV, N. 30. U. RII'dSTKil.IO r>I I,ru\TK ARHATE 23 Infine, per giungere alla perla del ripostiglio, uno splendido grosso tornese di Cliivasso, battuto da Teo- doro I., moneta non solo inedita ma, riteniamo , affatto sconosciuta. Eccone la descrizione : Peso grammi 3.98(.). Dirit/o : — Croce nel campo, entro giro di perline. In- torno : + THE0D0RY8. In altro giro esterno: + EXCELLETfl i INPATOEIS : GEECOR : FILIVS. Rovescio: — Nel primo giro: (roseita} MCH'O ;■ MOTIS, e nel campo : FER fra tre jiunti. Nel giro esterno : + BENEDICTV ; SIT ; NOM ; DNI : IHV : X (Tav. II, N. A\. Com'è noto, Teodoro T di Monferrato ora figlio di Andronico II Paleologo imperatore d'Oriente ('). Theodoj-i's excoJJentissìiiiì irapcratoris Graecorum plius , sono, secondo il Sangiorgio v-), le parole te- stuali con cui incomincia la lettera rivolta da Teo- doro a' suoi vassalli nel 1-'>()ena preso possesso d(d luiovo stato, Teo- )i doro fece coniar monete d'argento a nome ])roprio in Cliivasso... perchè u si credè possedere tal diritto rome fiLjliuolo (l'un imperatore di Costan- ti tinopoli. )i (PiioMis, Monde drl l'atcului/i, [>ag. 10-11). {2j S\yr,inR(;\ii, Cronica, edita dal ^'ern;lz/,a. 'l'orino, ITSO^ pag. Ili, 24 Sor.clNK AMBROSOI.I - li. Kll'nSrKU.IU m U'UATK AIIHATK collcziniic (li monete inedioevali .si è quindi ornata di altri importantissimi poz/.i. Tuttavia, tre monete del ripostiglio di Lurate Ab- bate sono venute ad arricchire il Gabinetto Numis- matico di Brera , cioè uii grosso torneso di Asti , un matapanc anonimo di Ponzonc, ed uno di Enrico e Corrado, notando che la rarissima zecca di Pon- zone non era ancora rappresentata nel medagliere braidense. Solone Amiskosoli. I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA I. ERMES FLAVIO DE BOXIS. Chi rivel(') por il primo agli studiosi l'esistenza di un artista di questo nomo, fu il sig. Alfredo Armand nel suo lavoro sui medaglisti italiani del rinasci- mento (1), ove, descrivendo una medaglia di Alexander Etruscus , notava come la leggenda del rovescio Li Hermes Fiaviits A/jolii/ii suo consecravii ?? potesse riferirsi all' artefice che l' aveva eseguita. Qualche tempo dopo, spogliando i copialettere del vescovo Lo- dovico Gonzaga, conservati nell'Arcluvio di Stato di Parma, mi vrune fatto di trovane diversi documenti relativi ad Ermes Flavio, che permettono di rico- struirne fino ad un certo punto la vita e che valgono a porre in luce una curiosa figura di artista difettante e famigliare di un prelato che dell' arte fu aman- tissimo ("2J. (1) AiiMAND A. Les inrdaUlcws italiens des quinrirmo et seizième sir- cles. I, 120. ("2) Mi è caro render grazie al comm. Amadio Roucliini, mio venerato maestro, e al prof. Stffano Davari, i quali mi furono larghi di cortese aiutn Mfllc molti' iiiir ri'-oi'ilic : il j.rof. Davari. anzi, mise a mia dispo- sizione molti preziosi materiali già da lui raccolti, con squisita e rara liberalità. 2C L'MHERTcj KOSSI Ermes Flavio de Bonis ebbe i natali a Padova da nobile famiglia (i); non si può precisare l'anno della sua nascita, ma convien credere che cadesse intorno al 1460, poiché nel 1483 lo troviamo al servizio del cardinale Francesco Gonzaga, che lo nomina nel suo testamento (2). IMorto poco dopo il munifico porpo- rato, gran parte do' suoi famigliari passò alla dijoen- denza di suo fratello Lodovico , vescovo eletto di Mantova, e fra costoro vi fu anche Ermes che entrò subito nelle grazio del nuovo padrone. Infatti sulla fine del 1483, il vescovo Lodovico lo mandava a Castelgoffredo in compagnia di un certo Salomone da Sesso, ebi*eo, per compilare un inven- tario di oggetti esistenti nella rocca di quel paese (^J ; l'ebreo doveva fare un prestito prendendo quelle robe in pegno. Il 30 dicembre l'inventario era già com- piuto e quattro giorni dopo Ermes tornava a Man- tova, non senza aver appianato certe difficoltà che erano insorte tra l'ebreo e il commissario di Castel- goffredo W. La dispersione di parecchi volumi dei copialettere di Lodovico Gonzaga non ci permette di tener sempre dietro a quanto faceva il nostro artista ; parecchi (1) Negli indirizzi delle lettere scrittegli dal vescovo Lodovico è sempre detto de l'udtia o Patavino: e il vescovo, incaricandolo di tenere a battesimo un figliuolo della contessa Giovannella de' Pannicelli , lo chiama et nobile Hermes da Padua, nostro carissimo famigliare. (2) MiiNTZ E. Les arts a la cour des Papes. III. 299. (3) Arcliivio di Stato di P.irma. Carteggio Gonzaga. — Commissario Castriginffredi. Maiuliamo 11 lo carissimo familiare nostro Hermes da Padua presente exliibitore e cum esso Salomone de Sesso hebi-eo per faro certo inventario come da dito Hermes intenderite. Vogliamo die gli provediati et in tutto faciati eseguire secundo che serite richiesto. Mantue, xxviiij decombris 1183. (4) Ardi. sudd. Cart. sudd. — Lettere ad Ermes , 30 dicembre 1483 e 3 gennaio MS-1. 1 MEDAGLISTI DT.I. RINASCIMKNTO ALLA TORTE DI MANTOVA 27 anni dopo egli era cresciuto d'assai nella stima del vescovo che gli affidava onorifiche missioni, e così il 9 febbraio del 148S lo inviava a Gazzuolo per tenere a battesimo un fighnolo della contessa Giovannella de' Pannicelli i^'), scrivendole in tal guisa : t; ^Mandiamo el nobile Hermes da Padua nostro carissimo :. famigliare per contraher compaternità cnm vai et por ■~ tener el vostro novello figliuolo a baptosimo : et cussi por ■~ queste nostre li faciamo ad tal cosa mandato speciale , u. cum promissi(3ne d' haver sempre grato e firmo quanto a esso farà in nome nostro ;i ('2j. Nello stesso anno Ermes si recava a Mantova presso il Marchese Francesco Gonzaga, incaricato di una speciale commissione dal vescovo (-^i; contempo- raneamente questi gli raccomandava anche di tro- vargli danaro presso i banchieri mantovani e pare che la bisogna non fosse troppo facile, perchè più di un mese dopo Ermes si trovava ancora colà W. Fors' anche 1" artista non riuscì noli' iutento e per questo gli convenne andare a Venezia, donde tornò verso la fino di marzo del 1489 '•"'-' e dove il vescovo (1) La famiglia Pannicelli possedeva in l'eudo il borgo di Bolforte , presso Gazzuolo. (2) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettera alla contessa Giovannella dei Pannicelli. (3) Ardi. sudd. Cart. sudd. — 111. D. Marcii ioni Mantue. Mando da la Exc. V. Ermes da Pailua mio dilettissimo scudero presente exliibitor , per rispondere certo mio bisogno, comò da esso intenderà : la prego si digni dare alle parolle piena lede et le peticioni mie voluntiera e.xliau- dire, di die quella mi farà singulare piacere, alla gratia di la quale mi raccomando. Sablonete, xi septembre 1488. (4) Ardi. sudd. Cart. sudd. — Lettera ad Ermes, 20 ottobre 1488. (ó) Arch. sudd. Cart. sudd. — Io. Trancisco Cxonzaga. Heri sera al tardo gionsi Hermes mio da Venetia , ({ual mi portò le introclusc let- tere Sablonete, 2o marti! llSli. 28 UMliKHTO ROSSI aveva amici che gli procuravano danaro ad interesse non troppo forte. In questo frattempo Lodovico Gonzaga aveva fatto voto di costruire nella chiesa di S. Pietro in Man- tova una cappella in onore del Sangue di Cristo , destinandovi la somma di mille ducati; ma vedendo che la spesa avrebbe superato di molto il preven- tivo , deliberava chiedere al Pontefice che volesse as- segnargli qualche indulgenza per potervi lucrare sopra (1). Fin dal principio dell'anno si era accumu- lata un' ingente quantità di materiali per la fab- brica C^) : il prelato che di cose d'arte era buon in- tenditore, s'incaricava egli stesso di scegliere le pietre commettendo a Matteo de' (1) Arch. sudd. Cart. sudd. — Bernardino Castigato. Alias facessimo voto de edificare una capella in santo Piero dedicandola al Sangue de Christo quale è in epsa Cliiessia, che fu ritrovato in santo Paulo dalla bona memoria del R.™ ■ Cardinale nostro fratello ; quale sangue è tenuto molto possitivamente in una certa camareta corno una sola lampade; et iu verità he poca veneratione ad una simile preciosissima relliquia et havendo noi dato principio alla predicta cappella, comò sapete e secundo la ohligatione del votto nostro siamo obligati de spendergli mille ducati et perchè gli anderà molto più spesa che li due. 1000 , imperò andarà più ornata che non estimavamo et desiderosi de tinirla in jJoco tempo, averessimo a caro de esser aiutati, hoc modo, che comò da voi intende- stivo da m. Zoan Pedro Arrivabeno nostro se crede che ne fusse facile ad obtenere simile gratia dal Nostro Signore, tuno et eo casu vogliamo lo pregiati nomine nostro si voglia dignare fare questo officio con el Pontifice de farne obtenere questa indulgentia, che crediamo ne debia esser facilissima ad impetrare Sabloneto, 10 martii 1489. (2) Arch. sudd. Cai't. sudd. — Francisco Gabloneta. Perchè havemo grandissimo desiderio finire questa nostra capella de san Pietro, vores- simo faoessive fare cento miliara de prede, non obstante quella quantità che insino bora è faota, che vogliamo faciate lavorare nelle nostre corte dove parerà a voi sia più bisogno et vinticinque carra di calzina , qual siano ad ordino con la quantità dello prede de quo supra per potere al bon tempo darò principio alba dieta capella a fabricare. Sabloiiete, 9 fe- briiarii 1 tSi). I MEDAGLISTI DEI. RINASfl.MENTO ALLA CORTE III MANTOVA "29 Lectis a Verona clic gli procu l'asse delle colonne ; e gli scriveva in questi termini : .; Nobilis, etc. — Ho recepiito la mostra ilelle prede che .; ve havea dimandato , de le quale ve ne ringratio gran- ii demente, et ve mando qua introcluso uno eerto designo u d' una mia capella . (|ual voria fabrioaro , dove haveria a bisogno dell'opera vostra et ve prego non vi sia grave u ad faticliarvi in mio servizio; voria con diligentia inve- u stigasti da quelli maestri hanno prede della sorte et .. mostra mandata, se me poteriano fare bavere per questo - mio edificio coione che lussino longe piedi undici e la ti croseza vole esser piedi uno e quarti uno et quanto mi u constarano o il piede aut una de le predicte coione ; et a voria intendestivo quanto mi costarà el piede per quadra a de la dieta sorta de prede et quanto di questi piedi di u preda per quadro audarano a carichare uno caro et quelo ii mi costarà la conductura di uno caregio insino a Corte- li sela et la conductura de la barcha insino alla torre della a fossa et ho volsuto mandarvi per più vostra Information ~ il designo della predicta capella aciò non possiati errare u ad investigare diligentemente de omue cosa et vi prego Li. me significati particularmente de quanto ve ho dicto di « sopra, sebene mi dovesti mandare per meso aposta, quando u non occoresi altramente a spazare ; rimandandomi questo u mio desegno inilr^to che nunc ve mando et queste prede u. voglio che sian della mostra più tenera delle due me . havete mandato et bastani , mi offeriscilo alli vostri .; beneplaciti paratissimo. Benevalete. Sablonete, 20 mar- u tii 1489 V (1,1. Ermes era già stato impiegato in opere d" archi- tettura da Lodovico, che gli aveva afìidata la dire- zione della faljbrica del palazzo in Ostiano --' ; com- (1) Arch. sufld. Cari. sudd. (2) Arci), sudd. Cart. sudd. — Francisco Gablonotc. Volemo et comet- 30 UMHERTO ROSSI piuto questo laxoro, venne destinato dal vescovo a soprastarc alla costruziono della cappella, e siccome il giovane architetto non poteva rimanere sempre a ]\[antova, il padrone gli diede facoltà di poter fare e disfare a suo piacimento, come appare dalla se- o-iiente lettera diretta a Francesco Gabbioneta fattore generalo del vescovado : ;; Volemo elio tTite quole lettere lo quale da mo avanti L'. vi scriverà Heriues nostro por uose spetanti ala fabrica .: dela nostra capolla, lo obodiati et inandati in executione .; non altrimenti cbe come proprie porcile omnibus et per ti omnia le liaveremo por cussi bone ac si bavestive tal co- ti missione de noi proprii )i (1). Però malgrado le indulgenze papali e i mille du- cati del vescovo , la fabbrica della cappella andava un po' a rilento ; il comune di Desenzano si era ap- priato, per ristaurarc il porto, molte pietre che Lo- dovico aveva fatto comperare colà ('2i ; altri materiali dovevano venire da Lonigo, ma avendo da passare per guastati del duca di Ferrara, erano insorte quistioni per i dazii e quindi nuovi ritardi (^). Ermes intanto faceva continui viaggi a Mantova per attendere al- l'opera e qualche volta si spingeva anche a Verona, dove contrattava dei marmi W. temo acceptiati per bone vina lista de spese facte per la fabrica del pa- lazo nostro qua, signata de man do Hermes, qual era deputato a quella, elio ascende alla suma di lire 180 soldi 'ò di moneta cremonesa. Hostiani, 21 septembris 148ÌJ. (1) xVrch. sudd. Cart. sudd. — Lettera a Fraucesco Gabbioneta, da Quingentole, 31 ottobre 1489. (2) Ardi. sudd. Cart. sudd. — Lettera al capitano di Salò , da Quin- gentole, 26 maggio 1819. (3) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettere a Francesco Gabbioneta e al Duca di Ferrara, da Quingentole, 9 ottobre e 29 ottobre 1489. (4j Arch. sudd. Cart. sudd. — Hermeti Flavio Pat. Per risposta de I MEDMILISTI DEL RlNASriMEN TO Ar.I.A CORTE DI MANTOVA 31 Il giovane artista cresceva sempre più in riputa- zione ed il marchese di Mantova , Francesco Gon- zaga, principe amante delle arti belle lo invidiava allo zio Lodovico; tanto che approssimandosi l'epoca stabilita per le sue nozze con Isabella d' Este , egli scrisse al vescovo che lo volesse lasciar venire per qualche tempo al suo servizio. Questi che già si tro- vava col nipote in poco buona armonia, non rispose direttamente a lui, ma si valse di Francesco Socco, suo cognato, a cui inviò la lettera seguente: u ^agnifice, etc. — La Excollencia del signor ^Marchese ti me lia scripto ch'io gli voglia compiacere de Hermes mio '. familiare per certo bisogno delle nozze dove è oxpediente u. l'opera sua et drizarlo alla M. V. do la qua! sera instructo u di quanto avorìi da fare: cussi lo mando quella a afino che ■■'■ intendi la mente di \'. 'SI. ]\Ia perchè di Hermes io ne ho de ti presenti gran bisogno, sta che l'absentia sua non potoria ti essere senza mio gran danno, liavondo lui di andar a Ve- u natia et in molti altri loci por comprar marmi et prede ti di altra sorte et do farle condur per uso de la fabrica a della capella mia in brevi, ad ciò che li magistri che si u sonno obbligati do darmi omno cosa fornita fra certo ti spatio di tempo, non liabiano causa do dolersi di me et u de prolungare più essa fabrica. Et siuiiliter havendo li a ti fornir la scpultura de la bo: me: di ]\radonna mia matre (1), ti alla qual non maneha nisi la sculptura delle lettere de ti lo epitaphio, non essendo ninno do' miei ajito a simili ti exercitii, prego la ^I. V. elio la voglia pregare lo Illu- ti strissimo Signor Marchese a non tenirmi desviato lo quello ne scriveti 1' altro licri de quelli marmorari , dicomovi clic imi siamo contenti darli sicurtà et la vOLjliamo ancora da loro Quin- gentulis, 28 novcmljris 14';!». (l) Per il sepolcro di Bai-bara di Brandobur_i;-o-Gonzaga, che og!j;i non esiste più e clie fu disegnato dal pittore Gian Alvise de' Medici, vedi il D'Arco, iMlle arti e detjli artefici di Mantova, II, 18, n." 20. \ì'2 IJMHKKTu RUSSI li familiar mio et farla excusatione mia cum S. Ex.''^, cum i: sit cli'io mi persuado che allo exercitio dovi sera ado- ii perato go ritrovaranno dolli altri et poi, se per sei od ì; octo zorni avanti la festa delle nozze, vorrà che Hermes ■' venga a servir in chosa alchnna lo predicto signore, non li solimi lui, sed etiam tuta la famiglia mia, essendo cussi ti expediente, serra al comando di sua Signoria. ^Mi farà in li questo la M. V. beneficio et piacer assai et a quella que li bene valeat mi raccomando. Quingentulis , 26 decem- II bris 1489. v Come lo annunciava questa lettera, Ermes si recò a Venezia, dove, oltre ai marmi e alle pietre per la cappella, acquistò anche elei gioielli, clie il vescovo voleva offrire come regalo di nozze alla novella sposa (^); e non essendosi potuto concludere subito l'affare, vi tornò una seconda volta e riportò al pre- (1) Arch. sudd. Cart. sndd. — Petro Albano. Spectabilis , etc. : Vorria in queste nozze dello 111.""' S. Marchese fare una certa mia fantasia di donare alla sposa, la (jual non posso mandar ad effecto , senza l'adiuto vostro et delli amici. Ondo j)er tal rispecto mando Hermes mio familiare presente exliibitoro lì et lo drizzo confidentemente da vui, essendo certo di lo amore et alToctione me portati, et sapendo clie nelle occurencie mie sempre vi exhibiti promptissimo per satisfar a quello che cogno- sclti esser lo bisogno mio. Pregbovi adunque che vogliati affaticharvi iu metter per lo mani a dicto Hermes un mercatante zollerò, qual sia de zoio ben fornito et potente et confortarlo ad satisfar ad Hermes di tuto quello glie domanderà por ornamento do le fantasie mie , imperhò che del prctio qual si convonerà , sai-emo bon pagatori al termine debito , qual vorria fosse do la proxima pascha de la resnrrectione a uno anno e CUSSI venendo lo mercadante o mandando uno suo messo cum suffi- cienti mandato se glie farà ugni cautione et obligatione cliel vorrà. Hermes explicarà più distintamente el bisogno et intento mio a vui ; pregovi gli crediati quanto farestive a mi proprio et che vi atfaticliati in questo caso per mi. corno vorestive ch'io l'acessi per vui. Di che me fareti cosa gratissima et restarovi obligato , reputando di bavere rece- vnto ci beneficio da vui solo. Sonno alli piaceri vostri ; bene valete. Quingentulis, 12 ianuarii 1490. I MEDAGLISTI DEL RIXASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 33 lato un lochv'o, dei balasci e un fermaglio (i). Il lodrio non piacque molto al vescovo che lo mandò a Boz- zolo al fratello Gian Francesco , perchè lo esami- nasse e lo stimasse (-); ma non sappiamo se in seguito lo abbia comperato. Terminata questa bisogna, Ermes si mise di nuovo ad attendere alla fabbrica della cappella , che pro- grediva poco ; i tagliapietre accordati indugiavano a venire, e il vescovo gli scriveva : u Vai attendereti ad sollicitare quelli altri taiapredi ohe u. vengano ad lavorare corno pivi presto n i3j. Ma pili che gli uomini, mancava il denaro, sicché il vescovo fu costretto ad assegnare alla fabbrica lo rendite dei due porti sul Po , del Correggio e di Villa Sa^-iola, facendole pngare direttamente in mano ad Ermes (*'; e continuava ad instare presso di lui perchè gli operai lavorassero alla svelta (•^). Una nuova (1) Ardi. sudd. Cart. sudd. — Petro Albano. Spectabilis, etc. : Reman- dovi Hermes mio per ultimare la pratica do quel lodrio ; se da Domi- nico do Zorzi se potranno havero quelli baiassi no serò molto ben con- tento, cusi die non vi prego securamente vogliati faro el tucto, ne altri- menti spero in vui per farmi havere uno qualclio bello formalio, di quel precio, bontà et sorte ve dirà el predicto Hermes, ad cui credcreti comò a me proprio et ad li beneplaciti vostri me offero sempre. Benevalete. Datum Quingentulibus, xxiij ianuarii 140O. f2) Ardi. sudd. Cart. sudd. — Lettera ad Ermes , da Quingentole , 22 febbraio 1490. (3) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettera ad Ermes , da Quingentole , 18 febbraio 140f». (4) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettere a Francesco Gabbioneta , da Quingentole, 21! maggio 1491 e .'> giugno 1491. (5) I copialettere di Lodovico Gonzaga fanno menzione di un maestro lìevtholami'o e di un marxlro Bcrnnrdino, ambidue tagliapietre : il primo entrò al servizio del vescovo nel 1489, l'altro nel 1491 e oltre ai lavori della cappella, fecero anche in quest'ultimo anno cinqiie para de Uonzelti per cinque camini. 34 UMBERTO ROSSI lacuna nei copialettere ci toglie di sapere come il nostro artista abbia ultimata la fabbrica: lo troviamo però anche negli anni seguenti al servigio di Lodo- vico, che accompagnò nel 1499 ai bagni di Abano, dove rimase dai 7 ai 20 di giugno i^). In questo stesso anno Ermes tornò ancora ad oc- cuparsi di architettura, avendolo il suo padrone pre- posto alla fabbrica di un palazzo in Castclgoffredo (2). Come già, prima per la cappella, egli si recò in quel paese con pieni poteri; fece venire da Ostiano diversi operai e si adoperò tanto, che l'edifìcio, cominciato in agosto, nell'inverno era quasi terminato. L'ultimo lavoro d'architettura a cui si applicò, fu il palazzo Gonzaga in Gazzuolo. Il vescovo Lodovico faceva ristauraro il castello antico trasformandolo in una sontuosa fabbrica, adorna di sculture e di marmi, ed Ermes era specialmente incaricato di questo ri- facimento (3). Oggi il superbo palazzo non esiste più ; ma dai frammenti architettonici, capitelli, stipiti, ar- chitravi e bassirilievi diversi che ancora si vedono, sparsi in diverse case a Gazzuolo , si può arguire quanta fosse la magnificenza di quell' edificio , che (1) Ardi, siidd. Cart. sudd. — Lettera .a Tommaso Pasqualino a Ve- nezia, da Quingentole, 20 maggio 1499. (2) Ardi. sudd. Cart. sudd. — Commissario Castrigiufifredi. Venirà lì d. Hermes nostro marti o mercori proximo, qual informato del tutto sa- tisferà cirdia li legnami o vai interim fareti provedere alle grado et per- tcgoni ; similiter lui si risdolverà cum li magistri da cazole et quelle x opere. Resta die vui instati die li siano prede, sabia et calcina secundo ol bisogno et faciati proveder de alogiamento per 20 opere brazente che nui facemo venir da Hostiano. Quingentulis, 27 iulii 1499. — Vedi anche lo lettere al Comune d'Ostiano, 27 luglio 1499; al commissario d'Ostiano, 31 luglio 1499; al commissario di Castelgoflfredo, 2 agosto 1499. (3) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettera a Gian Francesco Cornacchia, da Gazzuolo, 7 maggio 1501. 1 MEDAGLISTI DEL RLNASI LMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 35 ospitò per qualche tempo una delle più brillanti corti italiane. Oltre a questi, sappiamo anche d'altri lavori d'arte che Ermes esegui per il suo signore: costui, che era amante assai delle antichità , non avendo spesso i denari occorrenti per comperare le statue che gli venivan offerte, si accontentava di farne delle ripro- duzioni in gesso; Ermes era solito ad eseguire egli stesso queste copie e faceva venire appositamente il gesso da Mantova ''). In tal guisa il vescovo si era formata una galleria di riproduzioni pregevolissime, senza contare gli originali che erano parecchi e di molto valore; e quando sapeva che le collezioni dei suoi amici si erano accresciute di qualche statua di pregio, mandava a chieder loro il permesso di trarne copia in gesso; così fece con Cesare Beccadelli per una testa antica (2) e colla marchesa Isabella d'Este per due teste donatele da Giovanni Sforza, signore di Pesaro i^>. Inoltre acquistava anche gessi formati (1) Ardi. sudd. ('art. sudd. — Fr. Gabloneto. Qui alligata è una let- tera de Ermes a Io. Francesco Cornacchia, qnal gè scrivo gli manda certo giesso ; volemo qiiainprinium el sia comprato, lo mandiati subito , se altra via non ce sera, per uno cavallo a posta. Ilostiani, 2 iunii 1489. (2) Arch. sudd. Cart. sudd. — Cesari Beccadello. Intendo vui avere una testa di marmora a Bologna, de la quallc tuorrei voluntieri lo im- prompto ; pregovi (juanto scio et posso , che essendo contento eh' io lo piglii , vogliati mandarmi una lettera directiva a vostro fratello, che mandando 11 uno mio per tuor lo imprompto di essa testa, glielo lassi tuorre, similiter di quell'altra figura et a me t'areti piacere singulare. . . Riparoli, 13 magi 1.501. (3) Arch. sudd. Cart. sudd. — 1).»° Xigro. Intendendo io lo III. S. Zoan da Pesaro liavere donato alla 111. Madona Marchesana duo testo di mar- more e ritrovandomi per la longa infirmità mia saturnino et privo di spasso, pregovi, quanto scio et posso che conoscendo vui Sua Ex.''» non tenirle tanto care, clie cuni facilitade sia contenta ch'io me ne diavi l'im- prompto : vogliati esser contento pregarla si vegli dignaro accomodar- mene sino tanto ch'io no hahbi cavato lo imprompto che per uno piacerò 3G UMUERTO ROSSI da altri, quando si ti-attava di statue i cui originali erano lontani assai , ed a Firenze , per mezzo di Angelo Tovaglia fece comperare quattro busti rap- presentanti Adriano , Tito , Geta , e un yiovene senza barba e senza nome, pel prezzo di tre ducati d'oro (n. Nelle rappresentazioni teatrali che Lodovico Gon- zaga dava a Gazzuolo, Ermes fu sempre non solo esecutore materiale di ordini, ma anche consigliere ascoltato; e in una festa fattasi a Mantova coli' in- tervento del vescovo, nel carnevale del 1497, egli si recò prima in città per attendere ai diversi prepa- rativi (2). Cogli altri artisti di cui si serviva Lodovico, Ermes fu in buone relazioni ; nei copialettere già citati si trovano alcuni documenti che dimostrano come egli si trovasse spesso insieme al pittore Gian Alvise de' Medici, che lavorava attorno al sepolcro di Bar- bara di Brandeburgo e dipingeva in seguito un et spasso questo mi sarà grande , oiFerendomene parimente obligato a Sua Ex.t'a et a vni cognoscendo anche vui quella liaverle tanto chare che me le negasse, pregovi taciati. Gazoli, G octohris 1501. (1) Ardi. sudd. Cart. sudd. — Angelo Tobalee. Mandovi ducati tre per li quali pregovi vogliati tar\'i dare quelle quatro teste di zesso , qualle furono monstrate a Marcilo mio col mezo de uno garzone de m.ro Vrsino, cioè uno Adriano barbuto, Tito vechio senza barba, Geta barbuto e una altra testa giovene senza barba e senza nome , quale pregovi mi man- diate per il primo veturale vi occorrerà che pagarò la victura Ga- zoli, 1" novombris 1501. (2) Archivio Gonzaga di Mantova. Carteggio interno. — Lettera di Fe- dele da Forlì, al marchese Francesco, da Mantova in data 14 gennaio 1497. — Io sonno con ogni mio studio dreto alo aparechio dela festa : io du- bitando che li tempi non ce inganino nel meglio, per haver io inteso da messer Hermes che monsignor Vescovo copre el cortile solum de tele : io considero, 111.™° S. mio, che volendo V. Ex.''» mettere in questo pa- rato e li triomphi et anchora molti altri ornamenti pretiosi mi parerla assai stranio che poi la piogia ce facesse pocho honore et utile. I MEDAGLISTI DEI, RINASCIMENTO ALLA CdRTE DI MANTOVA 37 quadro per Lodovico (i). Ebbe anche rapporti col- l'orefice Bartolomeo Melioli, che eseguì pel vescovo diversi lavori d'argento, e fu mediatore in un grosso acquisto d'argenteria, pagato parte in danari e parte con pezze di panno (-). L' ultimo documento relativo al nostro artista è una sua lettera, diretta a Firenze a Leonardo Aristeo da San Gimignano, segretario del marchese di Man- tova, che mi piace riprodurre integralmente : u M. Leonardo mio hon. — Vi prego che a la ritornata u vostra avendo lo modo che mi portati mezo ducato de u corde da liuto le quale vi fareti dare a maestro Vitorio u che sta sul campo de Ognisanti el quale le fa bone in u perfecione: lui ne da dozine diece al duellato, ne torete u 5 e fatevi dare dozine 3 aver 4 de elianti e lo resto me- u zane et sotanele e pregatilo che vi servi bene e se a chasu li non volessi guastare li mazi, toletilo tuto che monterà u uno ducato. Come siati arivato vi darò li dinari, li averla u. mandati se avesi abuto mezo che non fusi per posta, du- (1) Arcliivio di Stato di Parma. Carteggio Gonzaga. — Lettera a Giovali Filippo d'Arezzo, da Quingentole , ottobre 1189. — Direti a Hermes thcl insti Ioan Alu\-so clie hormai el se meta a lavorare in la sepiiltura de la IH. Madona nostra matre a fino si possa fornir presto. Lettera ad Ermes, da Qningi'ntole, 21 novembre 1189. — Non accade alla lettera vostra rispondere nisi solicitati Zoan Aluiso per lo fornire de la tavola. (2) Ardi. sudd. Cari. sudd. — D. TIormoti Flavio Patavino. Diliecte noster. Porcile il Miliolo co scrivo elio volendo imi dare ducati cento in danari e il resto panni per quelli arzenti, co li farà dare, volerne ritro- vati epso Meliolo et possati epsi arzenti, avisandone per finesto presente messo quello gli rostaremo de' panni ultra li ducati lOO do' denari, perchè vi manderemo poi li denari a vui per far il pagliamonto, e fareti inten- dere al Miliolo che per li ducati 1)1 m- 11 la ]ioza non li volomo lassare e che ne volenio 17, inaisi che quando ultra li ducati loo do denari non più di quello resto, neniancho per non scavezar una pezza; subito inteu- deriti la iutentione nostra. Gazoli xx iulij 15i>l. 38 UMHKUTO ROSSI ti bito non serebe arivati fin là et che m. Bartolameo San- ti vito et M. Nicolò Prendilaqua infinite volte si rachomanda ti a voi e di qua M. Boneto e tutl li sozi. Benevalete. Gazoli, a X augusti 1503, ti Vi degnereti ricliomandarmi a m. Angelo Tovaglia e u aricliordarli come io sono tuto suo. a V. Hermes Flavius de Bonis u patavinus n (Ij. Dopo questa lettera che ci fa conoscere come Ermes si dilettasse anche di musica , manca ogni notizia sul conto suo (2); ò probabile che fino al 1510 egli sia rimasto al servizio di Lodovico Gonzaga, se pure prima di quest'anno non precedette nella tomba il suo protettore. Ma ogni ricerca in questo senso è rimasta finora senza fratto. Resta ora a dirsi della medaglia che ha dato ar- gomento a questo breve studio; e per i lettori ita- liani sarà opportuno premetterne la descrizione: Diam. 123. a Alexander - etrvscvs - adolescentue - PRTNCEPS. " ■ — 1^. u HERMES - FLAVIVS - APOLLINI - SVO - CONSECRAVIT. ■? Al diritto : Busto a sinistra di un ado- lescente , a testa nuda , con lunga e folta capiglia- tura. Al rovescio: entro una corona d'alloro, Pegaso galoppante a sinistra; esso porta un genietto alato che si aggrappa alla sua criniera, e di dieti'o un cigno in groppa (3). (1) Arcliivio Gonzaga di ^lantova. Carteggio di Bozzolo. (2) Fin dagli ultimi anni del secolo decimoquinto Ermes si era fatto ecclesiastico; infatti mentre nel 1407 è detto messere, nel 1499 il vescovo lo chiama don Hermes. (3) V. Tav. III. La medaglia è riprodotta a circa tre quarti di grandezza, da una fotografia gentilmente comunicatami dal sig. Alfredo Armand; essa è rarissima e se no conoscono diie soli esemplari, uno nella colle- zione Armand, e l'altro già nella collezione Robinson, die venne venduto al prezzo di 7000 franchi. r> I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTK 1)1 MANTOVA 3'J Il signor Armanti, che, come già accennai, ne diede pel primo la descrizione, credette con ragione che il nome di Ermes Flavio dovesse designare non il donatore, ma l'autore della medaglia: a questa opinione non parrà troppo azzardata " scriveva l'e- rudito francese, ;ì quando si rammenti che l'orefice Melioli ha usato sui rovesci dello sue medaglie una formola simile Meh'ohfs dfcavft o Melwhis sacravit. ••> Le relazioni che Ermes ebbe col noto artista man- tovano provano a sufficenza quanto il sig. Armand fosse nel vero, annoverando Ermes fra i medaglisti. \J Alexander Etruscus che è rappresentato nel di- ritto, rimane tuttora un personaggio enigmatico: vi fu chi volle identificarlo con Alessandro de' Medici, ma le linee del viso e specialmente la lunga capi- gliatui'a bastano a dimostrare (u-ronea quest'opinione. Inoltre è poco probabile che Ermes, già vecchio, si sia recato al servigio dei Medici, mentre nel Man- tovano , dove aveva passata gran parte della vita, aveva amici e protettori e fors'anche lìeneficii eccle- siastici. Essendo riuscita vana ogni ricerca negli ar- chivi di Mantova e di Parma per stabilire chi fosso questo Alessandro , non ci resta che entrare nel campo delle ipotesi; e qui mi sia permesso di metter fuori appunto un'ipotesi nuova. Fra le molte medaglie del rinascimento ve ne sono alcune di personaggi , specialmente giovani , che ci rimasero sconosciuti, p. es. il Bellotus Cumanus, gio- vane poeta di cui il Pisancllo ci ha tramandato i lineamenti e Parupus, il poeta pure giovane al quale Sperandio consacrava i versi pomposi : Ingi'Hìion, rnorcs, forìnnìn. Uhi pìtJc/w/' Ajxilìo Arfjv.tjoiìJH'.c clit'h(/i>, rìoc/c l'urujx', (h'iUl . 40 L'MUERTO ROSSI - I ,ME1)A«MSTI 1)E[, RINASCIMKNTO Forse costoro ebbero in que' tempi il loro quarto (l'ora di celebrità, come anche a giorni nostri l'hanno tanti enfants-prodiges ; e \ Alexander Etruscus mi pare appunto uno di questi. Gli attributi della poesia che si vedono sul rovescio e il titolo di ApoUine che Ermes gli dà, mi sembrano baste voli a dimostrare che l'Ales- sandro fu \w\ adolescente poeta, come ce ne furono parecchi a' bei tempi del rinascimento. Circa al tempo in cui la medaglia fu eseguita, sono d'accordo col signor Armand nel crederla dei primi anni del cinquecento (^J; e lo stile del rovescio, che si risente assai dell'influenza mantegnesca , mi pare contribuisca a farla giudicai'e lavoro davvero non ispregevole, della scuola mantovana. Umberto Rossi. (1) Quel tanto che conosciamo della vita di Ermes farebbe credere elle la medaglia debba riportarsi non più in là dei primi anni del secolo decimosesto. --mp^~ STUDI! ECOXOMICI SULLE MONETE DI MILANO W. I. noNTÀ IiKI.l/ORO. Vera ed unica nostra moneta in oro del medio evo è il fiorino che si cominciò a stampare dalla repubblica milanese circa l'anno 12G0, siccome con ragioni plausibili crede il Conte Verri [Tomo I , pag. 207) avente S. Ambrogio da una parte e li (1) Dobbiamo , tao. IV) locché avvenne con loro danno , notabil cosa osser- vata e ragionata dal profondo scrittore in materia monetaria Geminiano Montanari modenese. Grande fu la quantità di tali monete coniate dal 1579 per tutto il secolo dopo, come osservò il Conte Carli, e come può vedersi nelle sopraccitate tavole dell' Ar- gelati. Ed il citato Montanari, vissuto nella seconda metà del IGUO ci assicura che l'Italia era inondata 44 GIOVANNI MUl.A/.ZAM dall'oro delle doppie Ispane, milanesi, napoletane e dei principi minori italiani. Il lungo intervallo, sia imperatorio o regio di questo mezzo secolo di Carlo VI , abbastanza è che venga accennato per non aver egli che per debolezza pro- seguito nella imitazione del sistema, che aveva tro- vato in vigore. Nella riforma monetaria di Maria Teresa del 1778 si ritornò a stampare zecchini con qualche per altro tenue e non lodevole facilitazione della scrupolosa purità antica, e si ritornò pure a coniar doppie della bontà Ispana introdotte nel 1 726, che meglio sarebbe stato di lasciar sepolte nell'obblio. ( Veggasì la tariffa delle monete Napoleoniche, 21 dicembre 1807). Il governo del regno d'Italia ne' suoi pezzi da 20 e da 40 lire determinò la lega a ^^lo ossia a 0,900 il titolo dell'oro sull'esempio delle monete francesi, cui le nostre dovevano equipararsi in quel tempo per legge politica. Senonchè riflettendo io alla mente che fu sì magnanima ed illuminata di Napoleone , non DOSSO non meravigliarmi , che non abbia concepito l'idea di l^atter moneta invece di puro oro , poiché allora avrebbe essa sicuramente fatto il giro della terra, come già fecero li zecchini veneziani, che allo scoprimento delle Indie Orientali , fatto dai Porto- ghesi, furono trovati dispersi in tutta l'Asia. La qual cosa, io credo, che sarebbe senza dubbio avvenuta con accrescimento della sua gloria e con guadagno de' suoi popoli, se fra li suoi consiglieri di Francia o d'Italia, se ne fosse trovato uno della forte tempra dell' economista modenese. Tal uomo gli avrebbe detto , che il batter metallo della maggior finezza possibile regola dev' essere di ben ordinata zecca ; che nella culla più antica che si conosca dell'umano sapere, in Egitto, furono coniate monete finissime ; SrUDIl KCUNU.MJCI SULLE MONETE DI MILANO 45 che della miglior sorta i^) fu 1' oro e 1" argento dei Greci che insegnarono alle genti le arti e lo scienze; che di puro oro furono i nummi dei romani padroni del mondo (2), e che alla bontà pure di 1000 sono i denari d' oro degli Arabi che li emularono nella virtìi e nella grandezza dell'impero. (]'ed/' la tavola a pag. 04 delle monete cufiche del nostro Museo, illu- strate dal Conte Ottado Castiglioni). La purità del denaro arabo nei primi G secoli dell'Egira vi ò di- mostrata; ne alcune piccole differenze che vi s' in- contrano intaccano la proposizione, noto essendo che non sono calcolabili, e sono comuni a quasi tutte le zecche; difetto però del quale vanno esenti le Napoleoniche italiane, sì dell' uno che dell'altro no- bile metallo , perchè per legge ad ogni fusione no seguiva l'assaggio avanti di porle in circolazione. Gli attuali sovrani d" oro austriaci di L. 20 e di L. 40 sono fabbricati nella misura napoleonica che sembra ora adottata dai Governi in generale d'Eu- ropa. E ciò è quanto può bastare a porger idea della qualità dell'oro adoperato por sette secoli nelle nostre officine. (1) ErKEL. Lezioni elementari, dove si conipronde abbastanza essere stata dall'autore o traduttore, adoperata la voce lega per sorta. (2) Legge rornelia ile fal.sis ist. lib. 48, tit. 10. Legge Jnli". Perutatus, tit. IB, per le c|uali il Dittatore Siila od Aiigusto obbligarono i magi- strati delle monete a batterle di oro fino. 4G GIOVANNI MOI.AZZANI II. BONTÀ DI'LL AKGKXTO. L'esame dell'argento diventa cosa più importante e ]nù intricata , la sua composizione essendo stata collandare dei secoli maggiormente variata e mas- simo nelle piccole monete ora più, ora meno fram- mischiata di parti eterogenee, di rame cioè ed altro vile metallo. Rimandando al capo seguente le mo- nete erose, quelle vale a dire in cui prevale il rame al nobile metallo , entreremo a far conoscere i di- versi impasti delle argentee. Dell' epoca antica repubblicana del 1200 senza nome d'imperatore o re abbiamo superstiti due mo- nete pubblicate dal Muratori, una delle quali fu posta in dubbio dal Conte Giulini {Tom. VI, i^ag. 110) e vittoriosamente rivendicata dal Conte Verri [Tom. I , pag. 143). In nostro potere esistono amendue in di- versi esemplari; cosicché ne posso dar conto sicuro per averne fatti squagliare a mio talento. Di prelibato argento e quasi si può nominar puro è la più grande, che die segno replicatamente di 0,968; a ^[lo di fino è l'altra. Di queste eccellenti fabbricazioni sono pure le monete con impronto impei'atorio e regio di En- rico VII di Lucemburgo e di Lodovico il Bavaro fra noi coniate nello prime tre decadi del 300, le quali comechè monete appartenenti ali" evo nostro repub- blicano, benché toccante alla sua fine e quindi alte- rato d'assai nelle sue forme, devono qui essere com- memorate. Quelle segnate col nome deUimperatore Federico I e di suo figlio Enrico VI stampato nei STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI MIL\NO primi anni del nostro governo libero rassodato dalla pace di Costanza sono all'opposto scadenti, di metà rame e metà argento, al titolo precisamente di 0,530 ; le calamità da noi sofferte lungamente nell' aspra lotta della libertà, che in 10 o 15 anni non si pote- vano riparare, ne saranno stata la causa. In apologia d'altronde di que" nostri progenitori illustri si pviò notare, che da lunghissimo tempo la moneta che si coniava nella nostra zecca, e della quale avremo op- portunità di trattare di passaggio , era inferiore di molto ; gli impronti più buoni degli Enrici , che si conoscono per li precedenti immediatamente a que- sto YI ed a suo padre non segnano più di 0,318 e di 0,346; e le monete più antiche degli Ottoni, che si può credere dal loro numero non piccolo arrivato fino a noi avessero corso tuttavia nel secolo XIT, non oltrepassano il limite di 0,554. Successa alhi Repub- blica la dominazione dei Visconti ha principio la de- cadenza della moneta, o invano si ricorcherebbe il su- perlativo titolo di 0,968 : il miglioro impasto che si rinviene è a ^[lo di fino. A questo segno arrivano le grandi e piccole di Azone salito al soglio ]iel 1330; dopo del quale frammiste a soverchio rame le piccole entrano in concorrenza colle grandi per sconvolgerne li rapporti immutabili, che dovrebbero legarle in- sieme: quelle, a cagion d'esempio, grandi di Luchino e di suo fratello l'Arcivescovo che regnarono dal 1339 al 1354 .sono a 0,909, mentre alcune piccole e pic- cclissime di questo secondo principe, che si potevano risparmiare , si abl)assano a 0,500. Li due fratelli Bernabò e Galeazzo che arl)itri per 20 e più anni dopo il 1354 furono della patria nostra , invilirono di più il sistema, poiché nel mentre ne fabbricarono a i{io di lega ne portaroiio non poche delle loro grandi egualmente a 0,650 e le piccole a meno di 48 GIOVANNI MIILAZZANl 0,400. Molto più mi ricorro di diro del primo duca Griovanni Galeazzo che figurò grandemente dal 1385 al 1402 nella scena politica d' Italia ; avvegnacchè peggiorato egli abbia tutta la moneta sì grande che piccola indistintamente , e tanta quantità ne abbia coniato che tutti li gabinetti ne sono in- gombri; la migliore non giunge che a 0,630 sca- dente, vale a dire, di 1^3 delle precedenti. Sotto Gio- vanni Maria e Filippo Maria suoi figli e successori si accrebbe il disordine e lo dimostrano da sé soli, senza ricorrere agli assaggi di zecca , li ripetuti e sempre vani editti di questi duo principi contro l'al- zamento ognor crescente del fiorino d' oro non mai mutato in peso ed in bontà. Dichiariamo però di non aver voluto ommettere questi assaggi, sia per togliere fin da questo momento gli scrupoli ai meno addottrinati, sia per arrecare pieno sviluppo, secondo abbiamo promesso nel proemio del capo presente, alle nostre idee, quando sarà tempo. Nel governo del se- condo Sforza volgendo il 1474 in cui compariscono, come vedremo, li famosi testoni in ottimo argento alla lance approssimativa antica repubblicana del 200, ai quali d'appresso in giusta e legale corrispondenza vanno congiunti li pezzi minori, la scienza rinacque e trionfò pienamente degli abusi sofferti in Insubi'ia per più di mezzo secolo con vantaggio in un del principe e della nazione. Lo buone monete acqui- stano di prezzo, le cattive lo perdono. La verità di questa proposizione è stata dimostrata anticamente dal più volto nominato chiarissimo economista ita- liano Montanari , e da tutti gli altri scrittori , che vennero dopo, sì nostri che d'oltremonte. La bontà precisa di dette monete maiuscole è a den. 11.13 cor- rispondenti a 0,0()2 decimali per ciò che asserir posso, e siccome emerge da pubblici documenti dis- STUDII ECONOMIfl Sll.I.K MnXKIK l'I MILANO 49 sotterrati dall' Argelati {T. HI, pag. -10). Continuarono li due re francesi nella riforma, che avevano trovata presso di noi, e per mallevadori ne abbiamo gli espe- rimenti da me praticati a tutto rigore in zecca, tuttoché ne dissenta alq\ianto il Le Blanc. Alcun poco decadette 1' argento con Carlo Y ; sul decimo di lega fu però conservato. L'elevato impasto sfor- zesco ritorna in campo cogli spaglinoli che lunga- mente ci dominarono dalla metà del secolo XVI alla fine del XVII ; i loro ducatoiii e fìlippi coi rispettivi spezzati innumerevoli ascendono a titolo di 0,958 pari alla bontà di den. 11.12 a ragguaglio antico espresso nelle tavole deirArgclati sopra detto [T. HI, pag. 30, tav. V e seg.\. Abbassò nuovamente l'argento col sistema monetario di Maria Teresa del 1778 ; quei scudi e loro metà segnano 0,S9(J [Tariffa del gov. italiano 1808, pag. 2'7\. Sorpasso le due abortite repubbliche Cisalpina ed Italiana. A 0,000 per la ra- gione politica già fatta osservare regolate furono le monete del regno d'Italia maggiori dolio scudo da Lire 5 , fino alle più piccole da soldi ò. L' attuai governo austriaco scostandosi con sua lode dalla vecchia prammatica di Germania del secolo decorso che a 0,8I}.'5 prescritto aveva i talleri di convenzione (ivi) adottò nel 1822 la miglioranza napoleonica per li nuovi, che comandò in Italia a Milano ed a Ve- nezia, miglioranza che saggiamente estese anche alle zecche tedesche, se non che per un'anomalia, che non ha retta spiegazione, permise poscia e permette tuttavia (e siamo mentre scrivo all'anno 1838) la simultanea fabbricazione a titolo inferiore, laonde insieme corrono scudi buoni e meno buoni. 50 filDVANM MITAZZAM UT. .MONKTi'; laiOSK E DI RAME Le monete eroso detto altrimenti di hillon già definite di sopra furono sconosciute agli antichi, utilissime per altro riescono per la minuta contrat- tazione, quando siano fatte a dovere, cioè in propor- zioni delle argentee, e siano altresì limitate a numero discreto; clie se arbitrario è il loro impasto, od ecce- dente la quantità, diventano dannose e vera peste del commercio e delle nazioni. Il primo esempio che di moneta erosa abbiamo nella nostra raccolta ò di una ahimè! appartenente alla seconda categoria, e consiste in una coniata nel 1219 col nome dell' imperatore Federico I già morto fino dal 1191 ma di cui continuava nella nostra zecca lo stampo, della forza non più che di 0,250 circa, la quale si vuole far correre per il prezzo d'altra d'argento dello stesso tipo stampata, come dicemmo, vivente quell'augusto, superiore del doppio in bontà e che produsse perciò una sollevazione popolare. Ripararono a questi errori fatali ben tosto in splen- dido modo li nostri progenitori repubblicani con aver pochi anni dopo, cioè nella seconda metà del secolo istesso battuti gli Ambrosini che dicemmo di ottimo argento ed insieme a loro li denari e li ^[o duodecima e ventiquattresima parte del soldo a giusto ragguaglio dei primi. Legali furono pure li denari del principio del BOO coll'impronto del savio Enrico A"II di Lucem- STUmi KCOND.MIfi SULI.K MONETK DI MILANO 51 burgo che non allungò le mani in zecca, come sarà provato di Lodovico il Bavaro, o del suo ministro. Nella Signoria dei tre primi Visconti, Azonc, Luchino e Giovanni Arcivescovo, il biglione regge con loro onoro alla prova del fuoco. Xon così è dei loro suc- cessori Bernabò e Galeazzo, dei quali sono buoni li denari e adulterati li mezzi soldi. Ma il sovvertimento vero del sistema accadde col primo duca Giovanni Ga- leazzo. Noi in parte l'abbiamo già accennato, ed ora aggiungeremo, che se l'arbitrio nelle argentee gTandi fu di i[3 , nelle minori non ebbe confine, giunto essendo alla metà ed anche a qualche cosa di più. Per il rimanente evo Visconteo non fa bisogno, ch'io mi estenda in dettagli ; ognuno può figurarsi qual sia stato il biglione di quel periodo di tempo dallo scadimento, che si fece ognora maggiore delle monete d'argento dimostrato, come dissi poc' anzi, all' alza- mento del fiorino d'oro. Nominerò lo Sforza II del 400 per ripeterne gli encomj e tirerò un velo sopra gii altri di quella casa per le sciagure che pesarono sovr'essi e la patria nostra infelicissima di quella età consegnate nella storia generale d'Italia. Sorpasserò similmente una monetina irregolare della Repubblica, transitoria dal 1447 al 1450 meritevole di compati- mento per le dure circostanze che 1" afflissero. Ma mi farò lecito alzare francamente la voce contro del potentissimo imperatore Carlo V, che non ebbe ver- gogna di falsificare il biglione, componendone rag- guardevol porzione, che tutt'ora riempie i gabinetti, di rame, ed inargentandolo al di fuori per farlo parere ciò che non era. Ma pa&seggeri più o meno erano stati questi abusi e cagionati da guerre o da principi malvagi, e nessuno fin allora si era imma- ginato di convertire la frode, che cautamente aveva serpeggiato fra le tenebre, in una teoria stabile ed 52 GIOVANNI MULAZ/.ANl aperta, e d'imprimerle il suggello sacro della legge. Questo avvenimento infausto è dei primi anni del secolo XVII, e noi lo dobbiamo in conseguenza agli spagnuoli. Cxli stalli di quel governo erano occupati esclusivamente dai Giureconsulti, li quali sostenevano che la moneta vien dalla legge, e non dalla natura ed insegnavano clic il principe poteva fabbricar mo- nete buone, o meno buone ed anche cattive secondo i bisogni dello Stato, e tassarne il valore a suo ar- bitrio. E così si operava alla cieca ; l'oro delle doppie era scadente, l'argento dei fdippi e ducatoni super- lativo coi loro valori fuori di proporziono, il biglione arbitrario e non corrispondente ai pezzi maggiori, e quasi che tante stravaganze e tanti mali non fos- sero sufficienti, si imaginò e si diede mano nei primi anni dello stesso secolo XVII precisamente nel 1603, cosa ignota ai secoli precedenti , al rame puro per ottenere più ingordo guadagno con questo vile metallo coniato colle massime dominanti {Ar g elati , Tomo in in fine, tav. XX , pag. 58, annotazioni 34 e seguenti). Se quei giureconsulti fossero stati veramente degni di questo titolo augusto, avrebbero consigliato ben diversamente il loro monarca, e dal celeste testo di Paolo nella Lett. I, de Emptione et Venditione, e dalla Lett. Aedis prmtia, Cod. lib. 10, avrebbero conosciuto i loro gravissimi errori. Così classico ed elegante si è il primo testo che mi piace di qui trascriverlo per intiero : Origo emendi, vendenclique a permiitationibiis coepit. Olim enim non ita erat nnmmns, neque aliucl merx. aliud prEetinm vocabatur ; wed nnusquisqne secnndnm necessitateni tem- porum, ac rerum ntilibns iniitilia permiitabat , qiiando ple- riimque evenit, ut quod alteri superest alteri desit. Sed quia sri;t)ll KroM.lMlCI SULLE MONKTE IH MILANO 53 non semper, nec facile coucurrebat, ut cum tu haberes, quod ego desiderarem, invicem liaberem, quod tu acciper e velles, electa materia est ciijus publica, ao perpetua aestimatio diffì- cultatibus permutationuni sequalitate quantitatis subveniret; eaque materia forma publica percussa ; usum, dominiumque, non tam ex substantia pr»bet , quam ex quantitate ; nec ultra merx utrumque sed alterum prajtium vocatur. Usum dominiumque non tcm c' si(bst00 precisamente a 0.9G0 lio ravvisato eziandio il denaro, forse più raro di tutti, dell'imperatore Lamberto emulo per (i anni, finche morte lo colse, nell'impero e regno italico del primo Rercngario, moneta che per amore della scienza non ho dubitato di sacrificare. Del- l'istessa forza, per quanto ho potuto discerncro ad occliio, stimo il denaro di suo padre l'imi)eratore Guido giacente nel Museo di Brera. 00 (UUVANM MUl.AZZAM ^[aria Teresa, si trovò ridotta a gr. G7,712, vale a dire ad assai meno della centesima parte delF en- tità sua originaria. Il che volendosi precisare , si può stabilire nella proporziono di 117,G0410G : 1 che e quanto a dire che una lira di Carlo Magno ne contiene di Maria Teresa 117 con di più soldi 12, danari 1, in peso d'argento puro; oppure ital. L. 90, cent. 27, mill. 1. Per ciò poi che le lire ed i soldi non hanno mutato di nome col progredir degli anni, e che solamente se ne mutò l'essenza, sapientemente il Conte Carli ne dedusse il corollario, che nel calcolo degli antichi capitali, obbligazioni, depositi, prestazioni, restitu- zioni, e simili si deve guardare non già ai nomi delle monete, che nulla significano, ma al peso e quantità del metallo soltanto, che fu obbligato all'e- poca dei relativi contratti. Dimostrato fu di sopra, che lire 117, soldi 12, danari 1 del 1778 pareggiano in peso d'argento una sola lira di mille anni avanti, e così potrebbe provarsi in diverse proi)orzioni di tante altre lire dei tempi intcrmedii, quando si volesse discendere a singoli calcoli per casi che si possono benissimo verificare tuttavia. Che se così è , quale non sarebbe la frode e l'ingiustizia, se si pretendesse di restituire 1 per 117 e più che fu ricevuto? Oppure lasciando le ipotesi ed i secoli remoti (che però ser- vono a rischiarare la scienza nella sua totalità), ed afferrando l'epoca della dominazione Ispana , di cui sono vive ancora le reminiscenze nella patria nostra, ingiusto sarebbe che uno credesse di poter fare qui- tanza oggidì della prestazione annua livellarla per esempio di 100 lire stipulata da suoi antenati nel 1G04, con 100 lire di Maria Teresa, mentre ognuna delle lire del 1G04 in ragione del filippo , che va- leva in allora che fu coniato , solo lire 5 e non STUniI KCciNdMICI .SULLE MONETK DI M1L\MI C'I 7 e i[2 corno attualmente, manifesto è, che equivale ad una e mezza, per cui le lire 100 del 1604 diven- gono realmente ed equivalgono a 150 da pagarsi in adesso. Verità così palmare, se conobbero, non abbastanza bene ed esattamente espressero i Giureconsulti, che statuirono sulle obbligazioni del mutuatario nei co- dici europei dei giorni nostri. Il codice francese benché obblighi, è vero, in generale il debitore alla restituzione delle coso nella stessa quantità e qua- lità, che furono date e, nella impossibilità di soddi- sfarvi, a pagarne il valore: con che sembra che sul famoso testo di Paolo riportato nel precedente Capo non che sugli scritti forse del celebre monetografo pubblicista, quei compilatori repubblicani abbiano avuto fisso l'occhio, certo sarà sempre, che per ri- guardo al danaro la questione non fu propriamente nò considerata né definita, avvegnacchè non vi si legge in parole esplicite obbligata la restituzione sull'equa base dell'intrinseco nobile puro metallo ri- cevuto , qualora manchi l' originaria moneta data. Nemmeno il codice vigente ha provveduto come do- veva , in quanto che per le monete che cessarono d'aver corso prescrive la restituzione con altre che prossimamente si avvicinino, termine vago e sconve- niente, che inchiude 1" ignoranza della Docimastica, e che non è atto per niente a misurare esattamente il giusto ed a troncar le liti. Eppure la Francia è il paese più dotto d'Europa, e 1' illustro Sacy vi fioriva nel- Tepoca in cui si pensò alla grand'opcra di dar leggi al popolo nell'idioma che parla, onde conoscere le possa. Vienna similmente contava nel 1812, che fu l'anno della publdicazione austriaca, un Eckel che spaziava da sovrano maestro negli immensi camjii dell" eru- dizione greca e romana (Toc/r/z/r; nummorinn rcln-^'in. 62 GIOVANNI MUI.AZ/.ANI l'om. VII! , Vindobonw 1802), e soverchio sarebbe di far riflettere, che non avvi né può esservi alcuno veramente grande numismatico, che non abbia dovuto penetrare addentro negli studj dei valori, e non fossero in conseguenza gli esimi scrittori, che ho nominati, capaci di dare, interpellati, responsi sapientissimi. Anticamente del resto la dottrina esposta del Conte Carli, e che abbiamo voluto alcun poco parafrasare ai nostri bisogni, è stata conosciuta e praticata or più or meno. L'abbattimento delle monete sì nobili che ignobili che n' è cagione , è stato perenne nel mondo, cominciando dall' asse librale romano, che si ridusse, come sanno i medaglisti, sul finire della repubblica ad ^1^4 d' oncia da 12 che fu in origine, vale a dire ad una quarantottesima parte, discendendo ai danari quinari e sestersi d'argento, diminuiti grada- tamente essi pure. In quanto a noi, di cui cade in ac- concio il discorso, abbiamo frammezzo alle violenze ed agli inganni dei tre duchi Visconti, ed alle con- fusioni del primo Sforza, già diversi decreti, nei quali confessando quei principi tacitamente le loro colpe, stabiliscono il ragguaglio fra le nuove e le antiche monete di pregio maggiore, tuttoché di denomina- zioni sempre le stesse. Così di Maria Teresa abbiamo giusti e benissimo elaborati regolamenti analoghi, allorché diede fuori nel 1778 il suo sistema monetario, ed a tutti poi sono note e per le mani le tavole di riduzione del governo italiano del 1807 ed austriaco odierno del 1822, nelle quali epoche comparvero monetazioni differenti. Ho dovuto tacere della Spagna, poicliè quantunque gravissime alterazioni si siano date nell'entità della lira da Filippo IT (In'ìA) a Carlo HI (1711), a segno che vedremo quest'ultima più leggiera di \q dell'altra, nessun editto adattato registrano gli annali mone- STLUIl KCO.NOMICI SI'LNK MllNKTK 1)1 MlI.ANd G3 tarii di quel periodo infausto sotto tutti i rapporti sociali. Non può intender la ragione di questa lacuna, chi non è iniziato nella municipale nostra istoria. Eravi allora presso di noi un corpo pubblico detto Senato di Milano encomiato a torto dal Verri [Storia di Mi- lano, pag. 105i, magistratura d'origine francese, che riuniva in sé la podestà legislativa , e giudiziaria , nonché parte dell'amministrativa. Ad ogni lite, in conseguenza, padrone era di dare sentenza, come più gli piaceva, vincolato non essendo da alcuna legge. Le sue facoltà si leggono nel così detto editto perpetuo di Lodovico XIT re di Francia e duca di Milano, dato in Vigevano li 11 nov. 1409 e sono : Damus et concediìim.s fjer pra'sentcs potestnlem seu auctoritatem decreta nostra ducalia con/ìrmandi et inprmandi , dandi omnes qnnsci'mquc dispensationes , statutorum et ordiiiatorvm conjìrinationes , etc. e, ri- spetto alle concessioni del re medesimo, era detto: Xisi prius fuerint in dicto Senatu nostro pro'sentatdi interinata; et verificala', nutlius fìrmitatis, effectus, cel momenti esse poterinl ; easqae tara concessas qnam concedendas, decernimus per prcsentcs irritas et i/ìanas [ivi pag. 104). Di sì sterminate attribuzioni quale uso a beneficio pubblico abbiano fatto que' Padri Coscritti , le memorie nostre non ne rammentano uno solo, bensì ci hanno tramandato le storie bru- tali delle streghe, e della Colonna infame. Il grande imperatore Giuseppe li U congedò nel 1783 col plauso dei veri (riureconsulti, e degli uomini di Stato, che sanno dover essere la podestà giudiziaria affatto se- parata e indipendente dalla legislativa , ed anche, come volgarmente dicesi, dalla governativa. 64 GIOVANNI Ml.T.AZZANl V. VALORI': ASSOLI.'TO E COMPARATIVO COI GIORM NOSTRI DELI. K M N E T E A \ T I C II E. Chiamo valore assoluto la quantità del metallo depurato dalla lega, che si contiene in una data mo- neta d' argento e d' oro , operazione che si ottiene coll'assaggio. Come abbiamo più sopra dimostrato, la lira di Carlo j\Iagno della fine del secolo Vili, da cui ha origine la lira milanese, si componeva di puri grani 79GS,200 equivalenti a lire 117, soldi 12 e danari 3 di Maria Teresa del 1778, ovvero ad italiane L. 90, centesimi 27 e millesimi 1 del 1807. I fiorini e ducati d' oro del medio evo ed i zec- chini venuti dopo per essere stati ognora purissimi, non abbisognano di scandaglio, ma lo esigono le pro- duzioni in generale dal 1500 in poi fino ai giorni nostri distinte per mischianza di parti eterogenee , cioè gli scudi, le doppie, i sovrani e napoleoni d'oro. Quindi i primi patentemente additano col peso il loro valore assoluto, non così le monete della seconda fatta , dallo quali convien sottrarre il metallo igno- bile per farsene giusto concetto. Procedendo di sì fatto modo ognuno vede che fa- cilissimo riesce il determinare con rigore matematico il valore di ogni moneta di qualunque epoca si sia, astrazione fatta dal nome che porta , e dalla tassa- zione per cui abbia avuto corso , e ciò sia detto in correlazione del grande principio esposto dal Conte STUDII ECONOMICI SUM.E MONETE DI MILANO C5 Carli alla metà del secolo scorso, di cui trattammo non è guari, e che non fu inteso abbastanza bene dai legislatori dell'età nostra. Ma molto più grave assunto, che non sia quello di decomporre le monete per scoprirne l'intrinseco, si è di fissarne il valore comparativo fra tempi e distanze diverse. Se la natura non avesse prodigato al nostro pia- neta che \\n solo nobile metallo, o che ad uno, gii uomini avessero data la preferenza per costituirvi sopra il simbolo della merce universale (che semplice e più equo ritrovato sarebbe stato), come si legge di alcuni popoli dell'antica zona torrida, e come fu di Carlo Magno e delle repubbliche italiane che per il concordato del 1254 {JJarli, T. I, pag. 201) non altro che di monete d'argento pattuirono la fabbrica con norme comuni (^) o come tentato aveva il nostro Mi- (1) E i;osa da far stupire ogni provetto economista dei giorni nostri, riflettendo a:lla sapienza di Carlo Magno, clie in un secolo barbaro im- maginò e ci diede il suo sistema monetario fondato unicamente sull'ar- gento, assicurando per tal modo coU'esolusione dell'oro, la misura inva- riabile dei valori, che non si può ottenere coll'uso simultaneo dei duo nobili metalli soggetti ad oscillazioni continue nel loro ajiprezzamento. Cosi similmente degno d'osservazione è il senno e la costanza mostrata da 7 nostre città circonvicine: Brescia, Bergamo, Cremona, Parma, Pavia, Piacenza, Tortona nell'ordinamento monetario stipulato nel 1254 due anni dopo l'invenzione del fiorino, la qual invenzione turbò e sconvolse fieramente i primitivi valori dei metalli durante la seconda metà del secolo XIII, ed il principio del XIV, come sarà narrato alla rubrica repubblicana dal f. 14 al 18, od imperatoria e regia dell'evo reinibblicano fascicolo 7, f. 9, pag. 4 e f. 10. Lode singolare si merita pure il nominato concittadino Prina, per avere il primo in questi tempi moderni risuscitata l'idea e la i)Ossibilità di un vero, di un retto sistema monetario colla riforma dell'antico, annullando cioè i due instabili valori e perfezione anzi arrecando alla coniatura dell'oro in parti determinate di peso e bontà segnativi sopra per comodo, j)er garanzia, per estensione maggiore della contrattazione. Il vanto di avere in Italia rinnovata la grand'opera di Carlo Magno GG GIOVANNI MUr.AZZAM nistro (lolle finanze Prina nel 1804, che l'oro demo- netizzato aveva, nei progetti monetarii della Repub- blica italiana, non vi sarebbe bisogno di prolungare più oltre la discussione presente. Ma la duplicità di cui fanno uso le nazioni involge in astruse ricerche scientifiche dalle quali emergere vedremo che la stessa quantità metallica cangia, e cangiar può real- mente di valore sia in più od in meno da un dato tempo all' altro , e tostamente mi accingo a dimo- strarlo. Inconcusso principio fra gli economisti è che il valore dei metalli sta nel pregio che gli uomini che ne sono li possessori, danno all'uno in confronto del- l'altro, locchè chiamasi proporzione. jMa poiché queste proporzioni sono soggette a variare grandemente per più cagioni, che furono altrove enumerate, così qiiegli s'ingannerebbe di lunga mano il quale credesse, che la Lira dei Carlovingi marcata di sopra corrisponda dopo mille anni al valore di teresiane L. 117,12,3. Durante la dominazione di quei monarchi la propor- zione ossia il prezzo dell'argento all'oro era come di 1 : 12 che è quanto dire che una libra d'oro si per- è dovuta ad un altro italiano, Luigi de Medici ministro delle finanze del regno di Kapoli ; che nel 1818 colla mira (cosi leggesi in una sua ordi- nane i , 8 maggio di quell'anno, di coìTegcj'.n^ l'ei-rore della proporzione cogitante fra l'oro e l'argento, e ponendo p)er massima che la moneta sia la misura d/'i prez:i e d'ogni maniera di contrattazione, statuir fece dal suo re, che \\n sol metallo esser possa materia di moneta, e l'argento fu scelto di preferenza. Plauso ed onore adunque sia al forte economista napoletano che degno sarebbe stato di sedere per 1' utilità di cento po- poli, piucchè del Siro dell'estrema parte d'Italia, nei consigli dell'arbitro d'Europa, Napoleone. In Inghiltera all'incontro domina l'oro per tipo legale con la lira ster- lina pari a 25 di Francia decimali. Ma l'argento maggiormente divisi- bile è da preferirsi por la comodità delle contrattazioni, e perchè si presta, moltiplicati quanto si vuole i valori, all'uso delle ricche o meno ricche, delle grandi e delle piccole nazioni tutte del globo. STUDII ECONOMICI SULLE MONKTK DI MILANO 07 mutava con 12 d'argento loccliè sappiamo da un editto di Carlo il Calvo dell' 854; ( I^. Le Blanc , pag. 121) all'incontro ai giorni di Ilaria Teresa era di 1 : 14 e ^^2. Per la qual cosa, dovendosi nel com- mercio del 1778 lib. 14 e \2 d' argento per conse- guirne una d'oro, ne viene in conseguenza che le lib. 12 di Carlo Magno rappresentano ed equival- gono a 14 e i[2 di Maria Teresa, e che le L. 117,12,8 non sono che il valore apparente della Lira Carolina, poiché essa equivale a L. 142,2,3 a formar le quali non bastano li puri grani 79G3,200 d' argento fatti conoscere di sopra e altrove, ma se ne richieggono 9G22,200. A far vedere poi del tutto la mutabilità dei valori non solo in più, come è stato di Carlo Magno a fronte di Maria Teresa, ma ben anco in meno, mi servirò di un altro esempio tratto dalla Lira di Federico Barba- rossa detta imperiale, coniata pure dalla città nostra sulla fine del secolo XII volgendo l'anno 1185 para- gonandola colla stessa Lira di Carlo Magno. Ad italiane L. 28 e cent. 83 ammonta il valore asso- luto della Lira di quel terribile imperatore per la massa argentea che in sé contiene, e la prova sarà data a suo luogo. Ora la proporzione di 10 e ^[2 e non di più vigente a quanto si può credere, esso vivente , per ciò che sicuramente sappiamo della metà del secolo dopo, in cui comparve il fiorino d'oro la proporzione dico di 10 e ^[2 fa si che una Lira di Carlo Magno verso il 1185 equivaleva a \q di meno, cioè a soli puri gr. G9G7,800 e cosi per il corso del medio evo, in cui l' argento resta caro ognora, l'oro non essendo asceso che verso 11 rimane chiarito che il valore reale della Lira Car- lovingia si trovò costantemente diminuito. Li conseguenza per determinare il valore compa- GS GIOVANNI MULAZZANI rativo di una moneta dei tempi trascoi'si con quello dei successivi, che è lo stesso che dire, il valor suo reale, indispensabile si rende scoprire le proporzioni rispettive. Domandar forse più d'uno potrk a quale oggetto io abbia messo in campo la discussione dei valori com- parativi dopo degli assoluti, intorno i quali le leggi hanno provveduto, e di cui nessuno che abbia senno può contrastare la giustizia, l'utilità, l'evidenza. In poche, ma mi lusingo chiare, stringenti parole, rispondo al quesito. Se vero è, come è verissimo, siccome fu notato di sopra, che il valore dei metalli in niente altro con- siste che nel pregio rispettivo, che gli uomini danno all'uno in paragone dell'altro, che dicemmo nomi- narsi proporzione, e se queste proporzioni da un tempo all'altro sono soggette a rilevanti variazioni da un tempo all'altro tanto in più che in meno, non si rende egli evidente, che a calcolare con norme di rigoroso gius una somma di denaro sia d'argento o di oro in qualunque modo obbligata ad un tempo e da prestarsi in altro, si deve guardare non alla sola quantità pura metallica originariamente costi- tuita, ma che il ragguaglio deve farsi col dato che risulterà dalla proporzione allora vigente? Se libbre 12 d'argento di Carlo Magno erano di- ventate 10 e ^{2 al tempo di Federico I, e se le istesse libbre 12 di Carlo ^Magno pareggiano lib. 14 e ^\2 del- l'iimperatrice Maria Teresa, chi non vede l'utile che ne deriverebbe al creditore nel primo caso, o il danno al debitore nel secondo, qualora di tutte queste diverse quantità non fosse tenuto il debito conto? Il nobile scrittore in conseguenza , che mi ha preceduto, non conobbe il vero che per metà quando trattò del giro del denaro , e stabilì per unico eie- STL'DII ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO ()9 mento di parificazione il depurato })eso metallico. Lodo per altro e gratitudine ancora dobbiamo ad esso per avere di un passo forte fatto progredire la scienza, e spianata la strada ad altri per arrivare alla meta ]Mi si obbietterà, che propongo una nuova teoria di difficile applicazione e ricscita nella pratica, arcano e di lunga lena essendo lo studio delle proporzioni. Sia pur questo, lo concedo ; ma sacra è la scienza nostra, ed ufficio di cittadino degnissimo è d'investi- gare i nascosti recessi ad utilità pubblica, onde poscia la Giurisprudenza in felice accordo colla pubblica economia, cosa fin qui desiderata più che otteiuita, regolar possa con norme severe e giuste le proprietà, e non l'errore, ne l'arl^trio, od il caso. D'altronde in ogni eulta regione o presso ogni illuminato governo d' Europa non vi sono cimelii monetari e professori ad essi preposti, che coi loro responsi possono ser- vire di guida ai privati, ed illuminare i Tribunali nella guisa istessa, che fanno i periti d' ogni altra scienza ed arte? Che se lecito mi fosse, farei sapere che per il periodo, che trascorse dal 1B54 al 1778 in un opuscolo da me stampato nel 1842, e che qui unisco ad ogni buon conto, sulla Lira milanese nostra appellata in quel tempo imperiale, trovasi già una tavola redatta colla massima or ora stabilita, la quale tavola offre appunto le vicissitudini del valore della predetta lira cagionate dalle oscillazioni metalHche, lavoro che potrebbe facilmente impinguarsi de" quadri de' secoli antecedenti, ed essere compiuto con quelli dal 1778 in poi. (1) Qiiaiitunqiip, come l'autore qui accpima . la tavola sullo vioi.ssitu- dini (Iella Lira "Nfilaneso sia p;ià stata ]mblilicata. crediaiuo opportuno di qui riprodurla a complemento di questo studio economico, tanto ]nù elio l'opuscolo in questione stampato in piccolissimo numero d'esemplari , ò ora diventato estremamente raro e quasi introvaltilo. F. ed E. G. 70 CIUVANNI .MUI.AZZAM VICISSITUDINI DELLA LIKV IMI'ERIALE MILANESE nelle dodici Epoche sotto indicate, in ragione dell'Argento puro da essa rappresentato in ciascuna Epoca, giusta la rispettiva proporzione metal- lica dell'Oro e dell'Argento col contVonto della Lira Nazionale, pure ^Milanese, creata nel sistema monetario del 1778, la quale, a peso di Marco, conteneva di Argento puro Grani 67,712, essendo di peso lordo Grani 122. 1C[24, o della bontà di denari G. 15, pari a millesimi 552, e ritenuta l'odierna proporzione metallica, che una parte d'Oro equivale a quindici parti e mezzo d'Argento. ELEMENTI DI CALCOLO per desumere la quantità dell'Argento puro, corrispondente all;i Lira Imperiale in ciascuna fra le notate Epoche, colla indicazione dtlla ]iroporzione metallica rispettiva. Il Grasso d'argento di lìernaìiò e Galeazzo, fratelli Visconti, Signori di Milano, valeva due Soldi Imperali, era del peso d' Grani 5r, i quali, alla bontà di 0,900, corrispondevano, a Crani 45,90 di argento puro: quindi la Lira Imperiale constava di Grani puri 459, quando la proporz'one metallica tro\avasi di I d'oro uguale a 10,592 d'argento. Il Grosso di Giovanni Galeazzo Visconti, Duca di .Milano, \ aleva soldi uno e mezzo, ed era del peso di Grani 4S, i (juali, alla bontà di 0,630, davano di argento puro Gra- ni 30,240: cjundi la Lira constava di Grani 403,200, quando la proporzione metallica tro- vavasi dì i d'oro — 11,630 d'argento. Il Soldo eroso di Francesco I Sforza Duca dì Milano, era del peso di Grani 30, ì quali, alla bontà di 0,368, davano di argento puro Grani 11,040: quindi la Lira Imperiale con- stava di Grani 220,800, quando la proporzione metallica era di i d'oro — 10,965 d'argento. Il Testone d'argento del Duca Galeazzo Maria Sforza, e continuato dai successori Giovanni Galeazzo e Lodovico Maria, valeva una Lira Imperiale, ed era dei peso di Grani 192, i quali alla bontà di 0,962, davano di argento fmo Grani 184,704, quando la pro- porzione metallica sì trovava di i d'oro — 10,975 d'argento. il , Il Testante, coniato nel 1474 sotto il Duca L Galeazzo Maria Sforza, e continuato da' su'ti 1 successo i, da soldi venti che valeva ncll.i 154S \ sua origine, fu messo in corso, sotto Carlo V 1 per soldi 30, il che riduss; l'argento puro f de! a Lira a Gr. 123,136, quando la propor- \ zio ne metallica era i.!i i d'oro 10,833 d'argento. A.IÌGENTO PUEO COEEISPONDEIJTE ALLi LIBA mPEEIALE Quantità giusta la propor- zione del- l' Epoca 459 ODO I Valore I appa- ! rente a! prezzo idei 177S 136 Juastiti giusta la propor- zione odierna 671 685 33; 369 312 120 .60 857 176 1S4 Valore effettivo al prezzo del 1778 STUPII ECONOMICI SUM.E MONETE I>I MILANO VICISSITUDINI della Lira Imperiale Milanese antica e moderna. T3 O !Ì -.S-0 S « m 1583 ELEMENTI DI CALCOLO per desumere la quantità dell'ArsTento puro, corrÌspond-.-nte all.i Lira Imperlale in ciascuna fra le notate Epoche, coUa indicazione delia proporzione metallica rÌ3;iettLva àE2E::T0 PUEO COEEISFOiTLElTTE ALLA LISA I1!P2EIALE II 1673 / giusta la I propor- iion'; del I l'Epoca Lo Scudo d'argento di lire 5.13 di Filippo II' Re di Spagna e Duca di Milano, era del p ^o di Grani 631,166, i qu»li alla bontà di de- nari 11,12, pari a 0,958,332, davano di ar- gento puro Granì 604, S66: ((uindi la Lira Imperiale constava di Grani 107,030, quando la proporzione metallica tra di i d'oro — 11,229 d'argento. Eo Scudo di Filippo III, eguale in peso et! in bontà allo Scudo precedente, era in corso per lire 5,15; qnindi la Lira Imperiale cor- rispondeva a Grani 105,476, 'luando la ])ro- porzi ine metallica era di i d'oro — 11,917 d'argento. Lo Scudo di Fili pò IV, non essendo va- riato né in peso ne in liontà, né in va'ore di corso, conservava la Lira Imperiale allo stesso limite di Grani 105,476 ; ma la proporzione era i,i rngiijne di i d'oro — 14,918 d'argento. II Filippo d'argento del Rr Carlo II, I)u:a di Milano, valeva lire 6,10, ed era del peso di Grani 546, i quali, ala tjontà di 0,958,332 davano d'argen-.o pur» Gr.ini 523,249: quindi la Lira Imp-^riale constava di (irani 80,500, quando la proporz. metall, era di 1 d'oro — 15,752. d'arg. Il Filippo precedente non fu variato da Filippo V lìorb'jue ; ma portato a lire 7, il che abbassò \x Lira Imperiale a Gran! 74,750, quando la proj^orzione met.tUica era di 1 d'oro — 15.054 d'argento. Tutti gli indicati Filip'^i d'argento, sott*> il dominio dell'Imperatrice Maria Teresa, di; venuta Duchessa di Mi a o, furono portat' al prezzo di lire 7. io: ijuindi l.t Lira Iiiipe- rialc corri-ipose a Gr^n' '9,766 d'argenta puro quando la proporzione meta'lica era di 1 di oro — 14,783 d'argeni". Col sistema monetano di questo anno 1778 si creò la Lira Xaziomle Mila>iese, del peso come s; è detto, di Grani 122 i'j]24, i quali, alta bontà di 0,552, danno di argento puro Grani 07,712, (juando la propor/ijne metallica era di i d'oro — 14,445 d'argento. e .:; ' IO-, 476 \ i'->5 > 80 500 !. 67 712 Valors appa- ren:e prezzo lei 1770 ~^ \ ^\ ^ lui otiti giusta ì.i propor- zione otìxnia 'e II 147 775 137 iSS J09 59' 79 213 76 964 73 '49 Valore ffettivo al prezzo 1778 72 6S7i I (1. Mi:i.AZZANl - STl'Dll ICCONOMICI SULLE MONKTK IJI MILANO Né malagevole adunque, nò tanto meno insolubile ò il tema da me proposto; tre scienze vi prestano certo sussidio, la Chimica coi suoi non fallibili pro- cessi, la Storia coi documenti, l'Aritmetica colle cifre incontrastabili. Infranto ad ogni modo sarebbe, seppure esiste, l'intricato nodo per le generazioni almeno, che hanno da venire, e Temi, quell' augusta Dea, cui miriamo costanti in questa nostra opera, trionferebbe in tutti li casi, e di tutte le difficoltà ed imperfezioni del vigente sistema, che per desiderio di brevità ho tra- lasciate, se la duplicità dei nobili metalli cessasse e rimanesse un solo, quello dell'argento, come che su- scettibile di maggior divisioni di parti, e quindi di valori per comodo della contrattazione. Voto egli questo , che faccio , e che appendo sulla tomba del ministro delle finanze del cessato Regno d' Italia il quale colla sua doppia d'oro della Repubblica italiana altrove accennata ne concepì fra noi il pensiero sublime nel 1804 , onde dar pace a queir ombra onorata e troppo a ragione di noi sdegnosa. E sia questo altresì il suggello, che appongo alle attuali economiche monetarie prolusioni , che mi hanno occupato con amore a motivo della grande utilità , anzi dicasi necessità di questi d' altronde ameni studii , a torto sì poco coltivati , e che puro si collegano con bisogni tanto eminenti della civile Società, com'è il giro del denaro, e con una scienza nobilissima, la Giurisprudenza che fu definita dagli antichi sapienti di Roma Dicmartnn atque humanarum iterimi notitia , justi atque injusti scientia {Institut., lib. 1, tit. 1, pag. 1 de Justitia et jure). Conte Giovanni Mulazzam. GLI ZECCHIERI DI MILANO NEL 1479 Lontano per oggi da noi il proposito di volerò otYrire una estesa memoria intoi'no alla zecca di ^Milano nel periodo sforzesco. Non ci mancano all'uopo abbondanti documenti e tuttavia ne raccogliamo negli archivii milanesi, ma la loro edizione seguirà più tardi, in altra apposita disserta- zione clic vedrà la luce in questa medesima Rivista, grazio alla larga e benevole ospitalità che le verrà concessa dal suo Direttore. Noi non produrremo qxà. e più a titolo di curiosità che altro, un completo elenco degli operavi e monetarii della zecca di Milano nell'anno 147n. A nostro debole avviso è questo l'unico che fin qui si conosca, mentre non mancano numerosi nomi di zecchieri milanesi e per diversi anni del XV secolo e risalendo indietro , ma sono nomi isolati o quasi, e non mai offertici in un ruolo cosi completo, come nel documento del 1479. Né lo è quello in data IG ottobre 1385 , indicato già ài.'dSX! Ar geli ali ^1 e nel quale sono elencati 28 operai e IG mo- netarii, coi rispettivi loro j^reposti Vìicrleìh) do lieìhcìh) da Pavia e Maffioìo da Marlinno ('). (1) Argki.ati, De Monetis, etc. Ili, 50. — I nomi di quegli zec<'liieri figurano noll'istrunipnto Ifi ottobre IfiSó di ammissione in operaio della zecca milanese di Giacomino de' Filippi, figlio di Leonello, già opei-aio esercente nella medesima. L'istrumento accerta die l'elenco
  • , cita come alle stampe i II Privilegi d' immunità ed esentioni , ecc. concessi dal Serenissimo Henrico imperatore de' Romani ed altri alli signori operarli e monetari dell'imperiai zecca di Milano. In fol v — Loro iirntettoro, come degli Orefici, S. Eligio. — Il privilegio imperialo J:ill-l:]2;i leggesi anclie negli .Statuti dei medesimi monetarii, de' quali nella nota più avanti è ancor discorso. E meglio, assieme alle contenne degli imjieratori AVencesl.ao, Sigismondo e Carlo V. (1398, 1131 e 1541J nell'opera àiAVArgellati, loo. cit. II, 2G3 e seg. (3) Cfr. CiiAPoNNiÈRE, De l'institution des outrirrs monnoi/ers du S. Romain empire et de leurs parlement, in Memorie della Società storica di Ginevra, anno II, pag. 29-80. (4^ Per es. permessi del duca di Milano per ottenere la licenza impe- riale, a favore dell'orefice Giacomo Crivelli, 2'> ottobre 1493 (Reg. du- cale, n. 61, f. 85) ; di Dionigi e Donalo da Sercgno , 12 gennaio 1194 ; di Martino da Garbagnate , 24 febbraio 1494 (Reg. idem, f. 178, 1. 170 t.) ; di Gian Antonio e Donato fratelli da Varese, 8 luglio 1194 (Reg. Missive, n. 198 f. 42 t.i. Nella famiglia dei Crivi'lli fu <'ieditaria per molti anni l'arte dell'orafo. Giacomo, intagliatore di cammei celebre, è ricordatf) dal Morigia {No- biltà di Milano, cap. XII, lil)ro Vj e meglio dal Caffi nella interessante sua memoria : Arte antica lombarda (Oreficeria) , noli' Ardi, storico lom- bardo, 1880, pag. 597. — Il Cafll ricorda jjure Dionigi e Donato da Scregno (Idem, pag. 600) come zeccbieri ed orafi. 7G EMI MI) MOTTA Degli Slo.luli (li zecchieri milanesi si ha un' edizione a stampa del 1591. Ma fin dal 1479, e precisamente nell' anno del nostro elenco, abbiamo la conferma anteriore dei me- desimi statuti, per parte di Bona e Giovanni Galeazzo Maria Sforza (4 febbraio 1479) a). Ma ecco per intiero l'elenco degli zecchieri del 1479, nel quale figurano tra i primi monetarii, diversi del casato Mo- rusini (2). Proposto dei monetarii era don Andrea da Cre- mona; degli operai Gregorio de' Balbi (3). 147 9 — Lista monetapiopum zeche Mediolani PORTA HORIENTALIS. D. Gabriel et Baptista de Morexinis, fratres, fil. qd. domini Johannis, parochie sancii Babille. D. Johannes do Morexinis fil. qd. d. Georgij, parochie sancti Babille- D. Bertolameus, Joliannes, Jeroniiuiis et Symon deMorexinis, fratres, fil. qd. d. Filippi, parochie sancti Babille. Eigolus de Bossis, fil. qd. d. Francisci, par. s. Pauli in Compedo. (1) Classe zecca. Ardi, di Stato. Milano. Gli Statuti, a stampa, del 1691 (in fol. di pag. 55 s. a. indiz.) portano in calce la conferma di Massi- miliano Sforza, 11 maggio 1505 ed il privilegio imperiale del 1311. — Vennero approvati dal Magistrato ordinario ai 22 maggio 1591. E sono gli unici Statuti di zecca citati, sull'appunto del Predari , dal Manzoni nella sua Bibliografìa statutaria. (2) Giovanni Morosini è ricordato all'anno 1477 dal Muoni (La zecca di Milano nel secolo XV pag. 26). Anzi il documento che lo riguarda dà quali altri zecchieri Francesco da Bagnano, Giov. Antonio da Castiglione e Giov. Antonio Magno, e ricorda i capitoli e concessioni delli loro com- pagni. Vorrebbe però essere piuttosto aggiudicato all' anno 1479 , mo- strando una certa qual relazione colla conferma statutaria di quell'anno, sopra indicata. (3) Cart. dipi. 1479 {Arch. di Stato). L' elenco dei monetarii porta la data dell'anno (1479) ; non cosi quello degli operai. Ma 1' averli trovati compiegati assioma, nella medesima cartella, ce li fa ammettere concordi per cronologia. i;i,l ZKCCHIKRl iJl MILANO NKI. 1 17'J PORTA NOVA. D. Magister Autonius de Ciixauo, fil. iiiag.'^' d. Jacobi, parochie saucti Fidtìlis. Johannes, Antoniiis et l^ertolauieo de Peregalo, fVatres fil. qd. d. Ambrosij, parochie saucti Victoris ad XL maitirum. Ambrosius de Ghiringhelis, fil. (jd. d. Bernardi, parochie sancti Victoris ad XL martirum. Francischus et Antonius de Aycardis, fratre.s, fil. (jd. d. Johanuis, parochie sancti Victoris ad XL martirum. Johannes Donatus et Johannes Georgius de Vicoraercato, fratres, fil. qd. d. Johaunis. In Iodio de Sovicho. Petrus de Protis fil. qd d (1) In Modoetia. Mafiolus de Frotis fil. qd. d. Laureutii, parodile sancti Domini ad mazam. Bernardus et Donatus de Porris, fratres fil. ((d. d. Aniioui , paro- chie sancti Bertolamei intus. Job. Andreas de la Cruce, fil. (|d. d. Gabrioli, parodile sancti Martini ad Xuxigiam, guarda ferrorum. Vaninus de Peregci, fil. qd. d. Marci, parochie sancti Victoris ad XL martirum, guarda ferrorum. Hector de Pagnanis, fil. qd. d. Christofori, parodile sancti Domini ad mazam, superstans monetarum (2). (1) Gli spazi in bianco trovansi iiarimenti nel documento originale. (2) Nomi diversi di soprailaììti e cus'oi/i alla zecca milanese ci olTrono i documenti d'arcliivio. Citiamo ad es. Ayilunio Casali nel 140:i; Simonino Lilla e Manolo da Vimerca/e nel 1110; Giacomo Molìnno morto circa il 1441» '[Ardi, civico. Lettere ducali voi. IH, f. 1)1; V, t'. 17; Registro 1445-.")0 f. 10;5 t.); Princivallo da Lamjntffnaìio, scelto assieme a Qabriolo della Croce nel 1454 (Reg. ducale n. 93, t'. 17 t. Arci,, di Stalo); Gaspare da Lampu- gnano , nominato a vece del defunto suo padre Heltramolo nel 1455 (Idem, f. 4Cj ; Accorsino da Landriano , nel 14G2 , invece del revocato Gl'or, da Meho (Idem, f. 305 f.); Francesco da Landriano nel 1474, scelto in rimpiazzo del suo parente morto ai '27 gennaio di ipiell'anno (Regi- stro ducale, n. UH, f. 151 . Xel 148,S è nominato l'orefKje Mag.'" Anlonio Ambrosio de' Solari e nel Miti il già sopraricordato gioielliere Mag.^u Ja- cobo de Crivelli (llog. ducali, ii. ;'.(i, t'. 14.S !■ n. l'iU f. 20). 78 KM ILIO MOTTA PORTA CUMANA. Francischus do Frotis, fil. qd. d. Antonii, parochie sancti Marcelini. Antoniiis de Modoetia, fil. qd. d. Rigi » » » Bernardinus de Vicemalis fil. qd. d. Ambrosii, parochie sancti Mar- celini. Lanzalotiis et Joliannes de Caponibus, fratres, fil. qd. d. Acharisii, parochie s. Marcelini. PORTA VERCELINA. Jacobus de More.xinis, fil. qd. d. Johannis, parochie sancte Marcelini. Lazarus do Modoetia, fil. qd. d. Rigi » » » Bernardinus ejus filius » * » Francischus de Modoetia, fil. qd. d. Rigi » » » Bertela » » » » » » Pliilippus de Modoetia, fil. qd. d. Ambrosis, parochie sancti Fomei. Andreas et Petrus, fratres fil. qd. d. Ambrosii. In loco de Figino. Baptista et Job. Georgius de Mondelis, fratres fil. qd. d. Monde- lodi, parochie sancti Nicholay intus. Christoforus de Mondelis, fil. d. Georgii, parochie sancti Naboris et Filicis. Bencdictus et Bernardinus de Monbreto, fratres fil. d. Ghristofori, parochie sancti Marie Pedonis. Job. Georgius de Crispis fil. qd parochie sancti Marie Pedonis. Prancischus , Albertus, Gabriel et Job. Benedictus de Marliano, fratres fil. qd. d. Aluisii, parochie sancti Marie Pedonis. Job. Jacobus de Modoetia, fil. qd. d. Beloli, parochie sancti Alarie Pedonis. Jacobus et Johannes de Crivelis, fratres fil. qd. d. Aluisii. In loco de Nerviano. Lafranchus de Vergo, fil. qd. d In loco de Nerviano. PORTA TICINENSIS. D. Andreas de Cremona in-cpositiis, fil. qd. d. Johannis, parochie sancti Marie Beltradis. Bernardinus eius filius, parochie sancti Marie Beltradis. GLI ZECl^HIERI DI MILANO NKL 1479 79 Jacobus de Cremona, fil. qd. d. Joliannis p. s. Marie Beltradis. Leonardus de Notis, » » d. Jacolii » » » » Gotardus de Carcliano, fil. qd. d. ;\Ielcliionis p. s. Marie Beltradis. Christoforus de Xotis, fil. qd. d. Jacobi p. s. » » Baptista et Johannes Angelus de Scarlionil)us, fil. d. Bertolamei, pa- roehie sancti Petri Caminadella. Baptista de Xotis, fil. d parodile sancti Franciscus et Matheiis do Xotis, fratres fil. d. Baptisto, suprascripti parodile sancti Laurentius de Giramis, fil. qd. d parodile sancti Marchus de Samarugis, fil. qd. d. rranciscbini, parochie sancti .... PORTA ROMANA. Antonius de Crotis fil., qd. d p. s Andreas de Cremona l»-epo.siti'a::i, Pietraio Medici ed Ambrogio (ihisolfi {Arch. civico. Lettere ducali, V, f. 9 t.). E dei 22 marzo 1403 la facoltà ducale concessa ai XII di Prevvisione in Milano di poter spen- dere sino la somma di 80 fiorini in ogni mese per il salario degli eletti alla ricerca delle monete false (Idem, IV, f. 107 t.). — Dai 3 ai 10 fiorini mensili percepivano iiel 1450 e nel 1453 {Arch. di Stato. Reg. ducale n. 00 f. 66-07). (2) Lettere di posso in di lui favore, in data 3 febbraio 1481 e valevoli per due anni, nel Keg. ducalo n. 120 f. 175 t. — Il Castiglioni, come accen- nammo, venne già segnalato dal Muoni. (3) Vi si ricordano i torbidi di Genova , e crediamo trattarsi di quelli degli anni 1477-78. — risale il documento al 14G4?... ILI ZECCHIKRI Dt MILANO NEL 1479 83 Alberti al duca di Milano. (1) È importante altresì per la storia di Genova; e diamolo in extenso (2). « Ill.^° Principe. « Segondo me disse la 111. S. V. che volevi che de la moneda de la cecha fusse dato fine presto e che la S. V. huveva parlato a niisser Tliomaso dariete (da Rieti) et a misser Albrico Muaeta [Maìetta) al tute la S. V. voleva che fusse dato fine a questa caxone de la cecha. E così da quello d'i iufiii a dì X de questo ho soUicitado con li dicti, che loro debia dare fine. E misser Alhrico Maneta in ultima me ha dicto chel debba aricordare ala S. V. e misser Thomaso da- riete me ha dicto, non se lavorarli questa cecha perfino che Zenoa non sarà quietada. Signore mio, questo porla essere una h)nga cosa, per la quale non turnaria utile a la S. V. ne a Milano ne al vostro payse e saria uno grande maleficio a quelli che hano conducti arzenti in questa terra, per farli lavorare in moneda e mo loro i deba por- tare via e questo sarà de imo grande iiicargi) a Milano. E per certo, Signore mio, me pare una strania cosa che una cita comò è ililano, che voglia che Zenoa lavori in prima cha Milano, che Zenoa fu una volta sottoposta a Milano che questi voglia fare questo incaricho a Milano. Signore mio, io parlare a mendamento ciò ohe dico, io parlo con amore. Che la 111. S. V. aconza la vostra citade et faci lavorare la vostra cecha et far che la vostra moneda apara in la vostra Citade e la S. V. facia soUicitare clie la terra vostra e el jiayso se emjiia de oro, e de arzente stampado. E se Zenoa vorà lìattere. che i veglia a batere segondo vederà essere batudo a Milano. E a questn nimln sarà de honore et utile de la S. V. et de lo vostro popiilo. « Signore mio, se la S. V. havesse questa iiitentione, che la Ceclia non lavorasse segondo dice misser Thouiaso supplico la S. V. chio vostro fidele servitore ve sia recomandato, però che a mj non tornarla bene a volere aspettare che Zenoa liatesse, stagando comò io sto, che non ho le spese intieramente, che la S. V. se digna de volermi pro- vedere che habia la mia vita et vestito con il garzone mio. E (piando a la S. V. queste non agrata (tiiff/railn) se digiia darmi iiona licentia. E de quello ho speso et del tempo sono stato gli piacia jier sua li- (1) LiArgrlati (voi. Ili, Appoiidico, p. TiS) da una nota dei maestri dolla Zecca di Milano, ma dossa non risali' oltre il l.")0.") col nome del Lucchese Gio. Torretini — La nota è riprodotta dal Biondclli nella sua Prefazione (p. LXXXIIIj alla sj)Iendida opera Le monete di Milano dei fratelli Gaecchi. (2) Arch. di Stato, Zecca. 84 EMILIO MOTTA — (II.I ZKCrHIERl 1)1 MILANO NEL 1479 berale gratia farmi quella satisfactione et provisione meglio li pare et piace corno ampiamente me confido ne la clementia de la S. V. a la quale continue me ricomando. « il vostro ardentissinio servitore « Jeronimo Dalberto • Maystro da Cecha. > A tergo: « Supplicatio Jeronimi Alberti Magistri a Cecha » (1). E qui è tempo di cliiiidere questa nostra qualsiasi informa- zione ; avvertendo die capitoli per la zecca di Milano ven- nero già comunicati àalV ArgehUi, ed altri produrremo noi a suo tempo, giacenti nell' archivio notarile (2). Emilio Motta. (1) Un documento del 1451 per bando in Genova delle monete mila- nesi, pubblicammo pochi mesi fa nel Giornate ligustico di Genova, fa- scicolo V-VI, maggio-giugno 1887, p. 227. (2) Quelli, 4 giugno 1474 ntiWArch. civico. (Lett. ducali 1473-79, f. 66 e seg.) editi dall'Argelati {De Monetis, ecc. voi. Il, 279: III, 49). Quelli inediti del 7 gennajo 1505, tra i rogiti Zunico ulVArch. notarile. Om^MMOM NECROLOGIE CARLO KUNZ puljli moilr al pi iicaz stia IIISO Con sentito cordoglio dobbiamo annunciare la perdita d'uno de' più fer- vidi cultori della numis- matica italiana ed esperti disegnatori di monete dei nostri giorni. Il nome di Carlo Ktmx, soljbene non sia nuovo agli studiosi, puro non è conosciuto , come dovrebbe esserlo per i grandi meriti e per la vasta erudizione di lui che fu altamente ajiprezzato da autorevoli scienziati , italiani e straniei'i. e da quanti avevano avuto oc- casione di avvicinarlo o di leggero le sue importanti ioni. T.a i-iscrbatczza, nella (juale egli per eccessiva amava di vivere, avverso alle lodi della stampa ed delie accademie, lo tenne ignorato dai più, onde 80 rRONACA ]na""2'iore <"' ora il debito nostro di commemorare la sua proficua attività. Nato l'anno 1815 nella città di Trieste, Carlo Kunz già nella sua prima età si senti fortemente inclinato allo studio delle bello arti, nel quale con affettuosa cura veniva asse- condandolo la madre, donna d'animo gentile e di mente eli'vata. Ma la morte precoce di questa gli creò una serie infinita di disillusioni e lotte, essendo il suo amore per lo studio vivamente contrariato dal padre e da' fratelli, i quali avrebbero voluto cli'egli apprendesse il commercio o l'industria. Tuttavia gli riuscì di passare a Milano, ove intendeva di dedicarsi all' architettura ; ma avendo dovuto dopo alcuni anni, per le difficoltà sempre maggiori che gli venivano opposte da' siioi, fare ritorno in patria, egli con rara perseveranza e fermezza di carattere, anziché cedere alle loro pressioni , ^^referi di emigrare e trasferitosi a Vienna, affidò la vita alla sua abilità nel disegno lavorando quale litografo. Le angustie della povertà che lo travagliarono in quegli anni, non gl'impedirono di continuare da sé solo la propria educazione e di coltivare gli studi suoi prediletti, consa- crando la notte allo lingue, alla letteratura, alla storia ed all'arte. Fu in questo tempo ch'egli acquistò quel fino di- scernimento del bello, quel giusto sentimento dell'arte che perfezionati poscia dall'esperienza e dalle osservazioni, gli furono sempre di efficace guida nei suoi giudizi e nei suoi lavori. Dall'archeologia e dall'esame dei monumenti delle varie epoche dell'arte egli seppe trarre ricco corredo di pratiche cognizioni, ancorché per deficienza di mezzi, non di criterio, non avesse potuto comprendere nella sua tota- lità l'immenso sviluppo recato a questi studi dalle indagini di tanti scienziati del secolo presente. Intorno l'anno 1844 il Kioi'^ ritornò nella sua città natale per esercitarvi l'arte litografica, nella quale egli s'era perfezionato, senza pertanto interrompere l'opera della propria erudizione; ma avido di sapere ei cercò di avvantaggiare mediante il convegno e l'amicizia con quegli illustri che in Trieste avevano dato efficace alimento all'amore delle lettere e delle scienze. NKCROLOcilE 87 A Trieste il Kuii" per la prima volta incoiuinciò a colti- vare la numismatica e coailinvato ilall'egroo-io archeologo avvocato Carlo Gregonitti, imprese a formare una piccola collezione di monete romane, che egli stesso acquistava nelle sue escursioni nella vicina Atj^uileja. Il sito interessa- mento per questo studio divenne in breve una vera pas- sione, animata dalla stessa sua arte litografica, che essendo egli spesso incaricato di riprodurre monete per conto altrui, questa gli offriva la miglior occasiono di esaminarle e d'imparare a conoscerle. Da ciò ne venne che scelta nel 1850 a propria dimora la città di Venezia, egli vi si dedicò colla massima assiduità, iiulla tralasciando per procacciarsi le cognizioni che sono indispensabili a chi vuole dall'esame delle monete ricavare importanti deduzioni scientifiche. Il Knìix: considerò la numismatica (juale potente ausiliare delle indagini storiche e C(Jmpito principale de' suoi cul- tori quello di verificare con lo studio do' singoli esem- plari e con le ricerche ad essi attin(uiti le condizioni e gli avvenimenti che ne determinarono l'origine. Ch'egli fosse a ragione tenuto per uno de' migliori nummografi moderni lo dimostrano i disegni da lui apprestati per moltissime pubblicazioni, delle quali, fra le accreditate basterà citare quelle del Lazzari, del Lambros, del Promis, del Brambilla e del Papadopoli. Da esse ci è dato d'am- mirare non solo l'accuratezza del lavoro e la fedeltà della riproduzione, ma ben anche la grande maestria nel donare all'immagine de' tipi il carattere proprio dell'epoca loro e dell'artefice da cui furono eseguiti, talmente che da quella lo studioso può avere un giusto concetto dell'originalo. A Venezia, i cui monumenti, il cui glorioso passato meglio si confacovano allo spirito ed allo tendenze di lui, incominciò il secondo periodo della sua vita , non meno travagliato del primo, ma coronato di maggiori soddisfa- zioni e conforti. Xon permettendogli lo suo condizioni economiche di crearsi un proprio medagliere e dovendo d'altro canto limitare il lavoro litografico, il quale oltre al- l'impedirgli di seguitare con successo nello studio, gli riu- sciva nocivo alla vista, egli si mise ad esercitare il com- mercio delle monete. Tn questo continuò oltre tre lustri, con poco profitto materiale, che la sua scrupolosa onestà e l'animo generoso rifuggivano da qualunque speculazione per quanto la medesima fosse corretta e giustificata, ma bensì con vantaggio inestiniabilo per le sue ricerche. Alcuni cataloghi di vendite da lui allora pubblicati provano quanto egli in pochi anni fosse progredito nella scienza delle monete e quanta diligenza egli impiegasse nel classificarle. La maggior attività del Kìtnn veniva consacrata alla nu- mismatica italiana del medio evo e dei tempi moderni, della quale egli fu meritamente tenuto per uno de' più autorevoli e competenti conoscitori. Sino da' primi anni egli erasi dato a raccogliere i materiali per una storia generale delle zecche d'Italia e delle straniere che con queste avevano avuto attinenza od erano state istituite da dinasti di origine italiana, lavoro colossale, intorno al quale egli con pazienza sorprendente e costanza impareg- giabile impiegò oltre trent'anni di fatica e studio fino a che gli vennero meno le forze vitali. In esso ad una ad una sono classificate ed illustrate tutte le monete pubbli- cate e molte non ancora conosciute, e sotto ogni singolo esemplare s'i fedelmente citata la relativa letteratura. Frequenti sono le osservazioni ed i giudizi, quali potevano essere dettati dal profondo acume e dalla rara intelligenza del Kunz, animato soltanto dal desiderio di presentare le cose nel loro vero aspetto ed intento a confutare con fran- chezza le opinioni errate di molti autori e mettere a nudo l'opera vergognosa di antichi e moderni falsari. Questo prezioso lavoro giace tuttora inedito; ma i saggi ch'egli cedendo alle insistenti preghiere degli amici, affidò alla pubblicazione in alcuni periodici numismatici e nell'^r- cheografo fiHesfmo, gli meritarono la lode de' più insigni cultori della numismatica. Altro lavoro del Kuns, non meno paziente e pur esso inedito, è una bibliografia generale della numismatica, nella quale sono comprese in ordine alfabetico per autori tutte lo pubblicazioni di questo ge- nere fatte da epoche lontane sino intorno all'anno 1880, come pure quelle opere che possono riuscire di giovamento NECROLOGIE 89 allo studio delle monete e clie ad esse indirettamente si riferiscono. Esso fu donato dal suo autore al Museo trie- stino di antichità. Eppure il Ktinx non menò mai vanto dei propri studi, ed alla sua modestia pari a'suoi meriti è da attri- buirsi se la sua attività rimase ignorata dalla moltitudine. Il suo nome invece si trova citato con onore in molte pubblicazioni numismatiche italiane e straniere, ed in tale estimazione egli trovavasi presso gli studiosi e gli scien- ziati da essere di frequente richiesto d'informazioni e con- sigli, ch'egli prontamente forniva, compiacendosi soltanto di poter per tal modo agevolare le investigazioni altrui. Nel 1870 il Kiinz che erasi già assicurata la fama di valente, venne creato conservatore delle raccolte donate dal cav. Bottacin alla città di Padova, e come tale egli illustrò quella preziosa suppellettile nel Periodico di Nu- mismatica e Sfragistica dello Strozzi. A Padova egli non si trattenne se non pochi anni : che avendo nel 1873 la città di Trieste, auspice l'egregio avvocato Carlo Gregorutti. decre- tato il riordinamento del proprio museo, ne venne a lui affidata la direzione. Con l'energia e la costanza che erano state sempre le principali sue qualità, egli si accinse alla difficile impresa, nella quale manifestò non solo la sua perizia e la sua dottrina nel campo della numismatica, ma altresì cognizioni archeologiche od artisticlie, frutto di assiduo studio e lunga esperienza. Per sua iniziativa a questo istituto venne procurato l'acquisto della ricca col- lezione del dottore Costantino Cumano, composta di moneto di zecche italiane, particolarmente della veneta, di medaglie, bolle e sigilli, che da lui furono quindi descritti nell'.l?"- cìieoijrafo triestino. In una pubblicazione a parte egli foce conoscere gli oggetti più notevoli posseduti da qi^esto museo ed in un capitolo speciale rilevò lo moneto di mag- gior pregio. Che il Kuìix quale direttore del museo di Trieste abbia corrisposto all'aspettativa de' suoi concitta- dini, vale ad attestarlo il fatto che (juando egli dopo dicci anni di attività staltili di restituirsi nella sua amata Ve- nezia, questo Consiglio Municipale unanimamente gli de- cretava solenne voto di ringraziamento e per la sua be- 90 CRONACA iiemerenza lo proclamava a direttore onorario dello stesso Mi.iseo. A Venezia, ove liete rimembranze lo invitavano, il Kunz sperava di poter passare tranquilli gli ultimi anni della sua vita, continuando pur sempre il suo prezioso lavoro intorno alle zecche italiane. Ma la sorte non gli fu seconda, ed indicibili sofferenze sopportate con rassegnazione per quasi tre anni, troncarono la sua esistenza il giorno 11 del decorso febbraio. La morte di questo illustre lascia pur troppo nelle file non numerose de' numismatici italiani un vuoto cbe non cosi presto si potrà riempire; per la qual cosa nell' affidare alla stampa questi cenni ci sia lecito di esternare il nostro vivo desiderio, che la memoria di Carlo Ktinz sopravviva quale seme fecondo di nobile esempio e che gli scritti, frutto delle lunghe e pazienti sue ricerche, sieno incentivo a nuove e pregiate pubblicazioni , le quali ridondando ad onore di chi le imprenderà^, varranno nello stesso tempo ad accrescere la fama di lui che ne raccolse il materiale e ne fu il promotore. Facciamo ora seguire in ordine cronologico l'elenco delle principali sue pubblicazioni numismatiche, che troppo lungo sarebbe il volere trattare separatamente di ogni singola. Trieste^ nel marzo del 1888. A. PUSCHI. PUBBLICAZIONI DI CABLO KUNZ. Iacopo Mandelli III, conte di Maccagno e le sde monete; nella Rivista della Numismatica antica e moderna. Asti. 1864, Voi. I. Miscellanea di Numismatica. /. Bella zecca di Crema. — //. Gli 0.;ccliini di stampo veneto della zecca di Trevoux. — III. Di un piccilo ripostiglio di monete. — IV. Sesino di stampo veneto contraffatto a Messerano. — V. Di qualche moneta ossidionale. Venezia, 1867. Illustrazione di una moneta inedita di Fabrlano; nel Bui- lettino di Numismatica italiana. Firenze, 1868, anno II, n. 3. NECROLOGIE 01 Ancora una moneta di Fabriano; ivi, anno II, n. G. Il museo Bottacin annesso alla Civica Biulioteca e Museo DI Padova; nel Periodico di Numismatica e Sfragistica, anno I, II e III, 1868-1870. Adelchi, principe di Benevento , 853-S78; ivi, anno II, 1869. Osservazioni circa la qualit.\. ed il valore dei fiorini d'oro contemplati in documenti dell'.vnno 1370 sulla pace FRA l'Austria e Venezia; neW Archeografo triestino. Nuova serie, voi. I, 1869-70. Denari e sigillo di Volchero; ivi, voi. II, 1870-71. Il medagliere Rossetti, appendici dell'Osservatore Triestino, 1 e 3 Luglio 1874. Delle monete ossidionali di Brescia; mlV Archeografo triestino, n. s. voi. IV, 1876. Trieste e Trento, monete inedite; ivi, voi. V, 1878. Descrizione delle tessere veneziane (anonimo, in tedesco), nell'opera di I. Neumann: Kiipfermiinzen, t. V. pag. 81-92. Il Museo Civico di antichit.à. di Trieste. Informazione. Trieste, 1789. Vi sono descritte le monete, le medaglie, i sigilli, ecc. più notevoli posseduti da questo istituto. Due sigilli vescovili di Nona; noli' Archeografo triestino, n. s. voi. VII, anno 1880. Monete inedite o rare di zecche italiane; t\cIV Archeografo triestino e propriamente: /. Monete dei Conti e Duchi di Urbino, voi. VII, 1880; — //. Mirandola, voi. Vili, 1881 ; - 7/7. Correggio. ivi; — IV. Massa Lombarda, voi. IX, 1882; — V. Asti, voi. X, 1883; — VI. Ferrara, ivi. Due sigilli del Museo Civico di Antichit.v di Trieste; ivi, voi. IX, 1882. ARNOLDO MOREL-FATIO (*). La morte dell'erudito Morel-Fatio, avvenuta a Losanna il 10 agosto ,1887, colpiva la numismatica italiana non meno di quella svizzera. Il suo nome si lega infatti strettamente allo studio delle (*) In questo primo fascicolo del nostro periodico aLbiamo creduto di raccogliere le necrologie di numismatici anclie defunti da qualclie tempo, perchè la notizia della loro morto potrebbe non esser giunta ancora a tutti i lettori della Rivisla. (L.v Dm.) 92 CKONACA iiuraorose contraffazioni uscite dalle zecche minori del- l'Italia settentrionale nei secoli XVI e XVII, senza dubbio una delle parti più interessanti e più feconde di sorprese che presenti all'indagatore la nostra numismatica. Ecco una nota degli scritti da lui pubblicati intorno a questo argomento, e ad altri di numismatica italiana : MoxNAiER DE JACQUES Mandello, comte DE Macagxo, nell'In- dicateur d'histoire et d'antiquités suisses, 1862. ImITATIONS OU CONTREFAgO.NS DE LA MOXNAIE SUISSE FABRI- QUÈES À l' ètranger aux xvi' ET xvii' siÈCLES, uelV Indicateuv d''histoire, etc, 1862. Magagno et Pomponesco. Imitations de diverses monnaies SUISSES, nell'Jwc?. d^hist., etc, 1864. Cohtemiglia ET PoNZONE. MoNNAiES inédites, Della Revue de la Numìsmatique belge, 1865. Monnaies inédites de Dezana , Frinco et Passerano, nella Revue Numìsmatique, 1865. Faux kreutzers de Berne et du Valais fabriqués en Italie, Lausanne, imp. G. Bridel, 1866. Monnaies inédites des marquis de Montferrat, frappées à Chivasso, Casal, etc, nella Revue de la Num. belge, 1866. Bellinzona. Teston anonyme frappé dans cette localité PAR LES CANTONS d'UrI, ScHWYTZ ET UnTERWALD AU XVI' SIÈCLE, nella Revue Num. 1866. Genève. Monnaies inédites et imitations italiennes fabri- QUÉES À Bozzolo, Dezana, Passerano et Messerano, nelVIndica- teur d'']iistoire, etc., 1866. Bibliographie numìsmatique italienne, nella Revue belge, 1867. Arnoldo Morel-Fatio era nato a Rouen, nel 1813, da ge- nitori svizzeri. Si dedicò dapprima ai commerci, entrando nella banca di suo padre a Parigi, della quale divenne poi direttore. All'età di quarantasei anni si ritirò dagli affari, per consacrarsi intieramente alla numismatica ed all'archeo- logia. Da circa venticinque anni era conservatore del Museo cantonale di Losanna. NKCROL.OUIE 93 PAOLO LAMBROS. Uno fra i più distinti conoscitori della numismatica greca antica e medioevale, si è spento ad Atene nell'ottobre 1887, Paolo Lambros, autore di numerose monografie e disserta- zioni anche intorno alle monete battute dagl'Italiani nelle zecche dell'Arcipelago e delle colonie. E quindi una per- dita che colpisce direttamente anche la nostra numismatica, e suscita non minore rimpianto fra noi che in Grecia, in Germania e negli altri paesi in cui Paolo Lambros era non meno conosciuto che meritamente stimato. ERNESTO TAMBRONI ARMARGLI. Registriamo con rammarico un'altra perdita per la numis- matica italiana; addi 24 ottobre 18 con tav. Brambilla, Camillo, 'fremisse di Rotari re dei Longobardi, nel oMiiseo Civico di Brescia. — liticato pavese fiorino d'oro di Filippo Maria Visconti, conte di 'Pavia. — Pavia, Fimi, 1887, con tav. Papadopoli Nicolò. Del piccolo e del bianco, antichissime mo- nete veneziane. Venezia. 1887, fase, in 8" j^rande. — Sigillo del doge Giovanni Gradenigo (1355-56). Lettera al conte Gr. Soranzo. Venezia, Visentin!, 1887, pa,;;-. 11, in 8.° SouTzo (^I. e.) Introduction à rétude des monnaies de l'Italie antique. I"= partie. Pari.s, inip. Jonau.st et Sif;(nix, 1887. pag. 95 in 8." Delaville Le Roulx (L) Le.? sceaux des archives de V ordre de S. Jean de Jérusalem à Malte (Extr. d. n ^Mémoire.s ile la Soc. nat. des antiqnaires de l'rance u i)a,ir. 47). Xogent le Eo- trou, imp. Daupeley-Gouverneur, 1887, pag. 2.>, in 8", con sigilli. Blancari) L. Thcorie de la mannaie romaine au III siede aprcs Jesus Clirist. ^Marseille, inip. P.arlatier-Feissat. 1887, pag. 10 in 8.° DiPLESsis (G.) et BoLCHO T (LI'). Dictionnaire des marques et ma- nogr ammesdes graveurs, 3' partie [P-Z.) (fine). Paris, imp. ÌSIc^nard et Aiigry, 1887, in 16° pag. L'i:', a .V^i;. LArGn;R I. I.es monnaies massalioles du Cabinet des médaillcs de Marseille. Marseille. 1387, pag. 55 in 8' con 17 tav. Engel, Arthur, et Seuuiri;, Rwmond. — Ri'pertoire des sources imprimées de la Xumismatique francaise. — Tome I, Pari.s, Ernest Leroiix, 1888. no Ci;ri:xhi;, Michkl. Les monnaies de Cliarlemag-ne, Gand, Loliaert, Siffer et C 1887. J)i questa puljblicazioiie terremo parola este- samente in un prossimo fascicolo. Das Konìgliche Mun:;kabinet (in Berlino), von Friedlander u. von Sallet. Berlin, W. Spemann. Laverrenz C. 7);'e Medaillen iind Gedàchtniss:;eichen der deiit- schen Hochschitlen. Fin Beitrag iiir Gescliiclite der Universitàten Deutxchlands. II. Tlieil. Mit 24 Ansicliten n. 42 Tafeln. Berlin, Laverrenz, 1887. pag. XIII-165, in 8° j^rande. ToLL, Robert (von). Siegel und Miìn^en der ìceltlichen iind geist- lichen Gebieter ì'iber Liv- Est und Ciirland bis :;um J. i5'h, nebst Siegeln einheimischer Geschlechter. Aus (lem Vacillasse ToU's mit llinznfiignng eines Textes fiir die Siegel lierausg. von 1). Jolis. Sachssendahl. Mit 87 Tafeln. Reval, 1887. Klnge n. Strolim, pa- gine XXXI -284, in 4." Strlxk. Der internationale Geldmarht im Jalire iSSfj. Leipzig, Dnncker u. Hnmbolt, in 8°, 1887. Demole E. Genève et les projets monétaircs dii gouvernement de Xeuch.itel en i-j2j. (ienève, li. Georg. 1887. — • Histoire d'un Aureus inédit de Vempereur Quintille. Genèv^e, li. Georg, 1887. — Jetons inédits de Savoie, Genève, de l'évèché de Genève et de Vaud. Genève, H. Georg, 1887. — Histoire monétaire de Genève, 1887. Les écus des tirs fédéraux. Par A. et E. 1). Genève, H. Georg, 1887, pag. 16 in 8° grande. Morel-Fatio a. Quelques mots sur sa vie et son oeuvre. Ge- nève, H. Georg, 1887, pag. 18, in 8,° Amberò (Joh). T)er Medailleur Johann Karl Hedlinger. (Sept. Abdruck aus dem Geschichtsfreund, Bde 37-41). Einsiedeln, Ben- ziger u. C. 1887, mit einera Portriit n. 3 artistischeu Tafeln. Petersen d.' Hi:nry. Danske geistlige Sìgiller fra Middelaldercn. Tegnede og litliograf. af Tli. Bergli. Pasc. 1-7. Kopenliagen, Keitzel, 1883-1887, XIV-115pag., con GO tav. in foglio grande. H1BLII)GRAK1\ 111 TE K IODI CI. Bttlletlhw di ^Innifitnnficn e Sfra;fi stira per i.a storia d'Italia, compilato a cura dol Can. Prof. ^Milziade Santoni, direttore , e Cav. Ortensio Vitalini, proprietario. — Vo- lume III, N. 4. (Camerino, Tipo-lito. T. 3[ercuri, 1888). Santoni (M.)^^ Un i/inlio inedito ed unico del Pontefice Leone XI. — E una lettera indirizzata al March. Filippo Castiglioni di Cingoli , nella quale si illustra un doppio grosso giulio, che si conserva nell' avita colleziono di quei marchesi. Il papato di Leone XI, com' è noto , non era rappresentato sinora da nessuna moneta nella serie de' romani pontefici. Santoni (M.) e Raffaeeli (F.) — Tm zecca di Macercdn e della Provincia della Ma/va, notizie e documenti. — Si ri- ferisce la concessione di Papa Giulio II ad Antonio del Migliore e figlio Filippo, che sul principio del secolo XVI conducevano la zecca della Marca d'Ancona, e si dà un elenco della monete battute dal detto pontefice, da Leone X e da Adriano Yl, sia colla designazione di Macerata, sia con quella della Marca. B(ELr,RANo) (L. T.) — Ln zecca di Montehritno. — Ripro- duzione d"un articolo comparso nel Giornale Lir/ìistico, e concernente la emissione di ottavetti o luigini destinati al commercio col Levante, per concessione di Violante Doria Lomellini. Gozzadini (G.) — Un si(jiUo bolognese de' (iozzadini. — Succinta illustrazione di un sigillo di Fulcirolo dei (ìOz- zadini, decapitato a Bologna nel 135-1 por ordine di Gio- vanni Visconti. Questo breve scritto venne favorito al Ca- nonico Santoni dal Conte G. Gozzadini un mese prima della sua morte, e si ritiene come 1' ultimo suo lavoro destinato alla stampa. Bibliografia e Notizie. Una tavola litografata. 112 liei'ue Xnììiismatique , clirigóe par Axaiole de Baiìtuk- LEMY, GCSTAYE SCHEUMUERCIER , Er.NEST BaBELO.X. — TrOÌ- sième serie, tome sixième, premier trimestre 1888. TParis, Eollin et Feuardent). SoRLix-DoRiGXY (A.) — Oìjoìc funcraire en or de Cìjzique. — Interessante articolo, in cui l'autore cerca di identificare coir obolo di Caronte le bratteato in oro che si trovano nelle tombe della Grecia e dell'Asia Minore. DiiouiN (E.) - C'hì'unologie et numlsmatique dea rois indo- scyllies. — E il principio di una vera monografia intorno a quelle strane monete elio erano rimaste sconosciute sino al 1826, nel qual anno cominciarono a venire scoperte nel suolo dell'India e d'altri paesi dell'Asia, e che dal maggiore Tod, nelle Transactions of Asiutic socie/»/ dell'anno succes- sivo, furono attribuite por la prima volta ai principi indo- sciti di Kabul. SvoRONOs (J.-N.) — Monnaies crètoises inédites. — L'au- tore, studiando le monete incerto dei Grabinetti di Parigi, di Londra, di Berlino, d'Atene, confrontandole col catalogo del Museo Hunter, coi lavori di Imhoof-Blumer sulle mo- nete greche , e ricorrendo al sussidio dei testi epigrafici, stabilisce varie nuove ed ingegnose attribuzioni a diverse città dell'isola di Creta. Prou (J.-M.) — Notes sur des tiers de san mérorini/iens du Mnsée bi'itanniqne. — La serie numismatica merovingia del Gabinetto di Londra non è molto numerosa, ma per compenso racchiude vari esemplari di molto interesse scien- tifico. L'autore ne trasceglio e ne pubblica alcuni, fra i quali notevolissimo uno di Losanna col nome della città l'ipetuto sul diritto e sul rovescio con differente grafia. KoBERT (P. C.) — Doublé moulon d' or du cliapitrc de Cambrai. — Questa breve illustrazione d'una bella moneta d'oro emessa dal capitolo metropolitano di Cambrai durante qualcuno dei tre periodi di sede vacante che si verificarono verso la fine del sec. XIV, è l'ultimo scritto dovuto alla penna del compianto numismatico Robert, del quale abbiamo dato un cenno necrologico. RI 1! LI OG RAPI A 113 Vienne (M. de). — Établisscment et affaihlissement de la livre de compie. — Vasto studio economico, che si rannoda ad un lavoro pubblicato lo scorso anno dal medesimo au- tore : Oi'igines de la Litrc d/argent. RoNDOT (N.) — Claude Warin , graveur et módaillcur , 1630-1054. — La fama di Giovanni "Warin, incisore gene- rale delle monete di Francia, ha oscurato ed assorbito anche l'opera ed il nome di vari suoi omonimi, i quali furono pure i veri autori di più medaglioni e gettoni che a lui si attribuiscono. Col sussidio dei documenti, ed esaminando le firme au- tografe conservate nei registri della Corte delle monete e negli atti degli archivi , il sig. Rondot mette anzitutto in chiaro l'esistenza di un secondo Giovanni AVarin, e di i;n Francesco Warin, ch'era figlio del primo Giovanni Warin e gli succedette nel posto d'incisore generale. Ciò premesso, egli passa a ragionare diUFusamente di un altro artista, Claudio Warin, incisore e più particolarmente medaglista, dimostrando che a lui si devono attribuire molti lavori di cui si ritenne sino ad oggi autore il ce- lebre Giovanni Warin, e, fra gli altri, gli undici medaglioni posseduti dal iluseo Britannico, colla effigie di personaggi inglesi. A- proposito di questi medaglioni, elio si suppone- vano eseguiti da Giovanni Warin durante un soggiorno , forse ripetuto, a Londra, il sig. Rondot, basandosi su varie date biografiche, stabilisce per cosi dire un alibi che ne rende inverosimile l'esecuzione da parte del famoso meda- glista, anche prescindendo dai validi argomenti d' indole tecnica ed artistica che l'autore fa seguire per dimostrare che essi non sono opera di Giovanni ma bensì appunto del Claudio Warin da lui rivelato. Cronaca. — Necrologie. — Bibliografia. Dieci tavole d'illustrazioni. Annuait'e de la Société FRANgAiSK de Ni;mismatiqi;e et D'Archeologie. — T. douzième, année 1888, Janvier-Fé- vrier (Paris, au siège de la Société do Numisraatique). Oreschnikow (A.) — Nouvel essai de cliroiìologie des ìnon- naies d'Asandre. — Il numismatico russo discute lo opi- 1]4 CRONACA nioiii di von Sallet, Waddington e Mommsen, circa l'epoca in cui l'arconte Asandro prese il titolo di re, ed esamina i tipi 'ed i contrassegni delle sue monete, terminando con uno speocliietto cronologico delle medesime. EoBERT (P.-C.) — Monnaies , jetoìts et médailles des ('vcques de Metz. — Séguito di un diffuso ed accarato la- voro, che tien calcolo anche delle menome varietà grafiche e di tipo, e che dimostra l'acume e la diligenza del chiaro numismatico di cui si deplora la perdita. PuscHi (A.) — L' atelier monrtaire des patriarches d'A- (/iiììée. — Anche questo estesissimo articolo è la conti- nuazione di uno scritto comparso in altro volume dell' An- ìiuaire, e che costituisce una seconda edizione , ampliata , dello studio pubblicato dal medesimo autore e sotto lo stesso titolo a Trieste nel 1884. In questa terza parte della sua monografia, il Puschi inco- mincia dal descrivere alcuni denari incerti, che si trovarono in numerosissimi esemplari nel Friuli, e che si possono considerare come la introduzione alla serie numismatica di Aqnileia, quantunque da vari autori siano stati assegnati ad altre zecche, anche non italiane. Ad ogni modo, essi for- mano come un anello di congiunzione coi prodotti mone- tari dell'officina di Friesach, dove, come si rileva dalla uni- formità dello stile, furono probabilmente coniati i primi de- nari di Aquileia , che apparterrebbero ai patriarchi Gof- fredo II e Pellegrino II. È questa una scoperta fatta dal Prof. Luschin, esaminando due monete col nome di Aqui- leia ma apparentemente di patriarca incerto, trovate nel 1881 in Ungheria, e da lui cedute poi al Museo civico di Trieste. Egli scoperse infatti che sul libro che il prelato tiene nella sinistra, stanno scritto rispettivamente, in ca- ratteri minutissimi, le sillabe GO TI e PI LI, ossia il prin- cipio del nome del patriarca. Dopo questa scoperta di Luschin, non v'ha dubbio ohe Goffredo non sia stato il primo patriarca che abbia battuto moneta propria. Lo stile, ed il nome quasi impercettibile del patriarca e del suo successore dimostrano, osserva Pu- schi, che questa monetazione non è il risultato di un pri- vilegio particolare nè_d'un diritto concesso dall'imperatore, ma che è sorta spontanea, limitandosi dapprima a copiare le monete altrui. IiIBL10(iRAFlA Ut' L'autore passa quindi alla descrizione delle monete bat- tute dai vari patriarclii d'Aquileia, senza trascurare quelle uscite dalla zecca-sorella di Trieste. Con fine senso pratico, indica pure per ciascuna moneta, quando n'è il caso, le re- lative falsificazioni Cigolane. Marchéville (M. de). — Un demi-r/ros de Charles VI. — Nel suo trattato storico sulle monete di Francia, uscito verso la fine del sec. XVI, Le Blanc dice di aver veduto e di aver fatto copiare con molta cura sugli originali tutte le monete di cui dà il disegno. Infatti, quasi tutte quelle clie figu- rano nelle tavole della sua opera furono poi ritrovate nelle collezioni pubbliche o private. Ne mancano alcune poche ; ed il mezzo grosso che ci vien ora presentato dal sig. de Marchéville è appunto una di tali monete già divulgate dal Le Blanc ma che sono sfuggite sinora a tutte le ricerche. Appartiene al Gabinetto di Francia, e proviene probabil- mente dalla collezione stata riunita a Versaglia per ordine di Luigi XIV ; il sig. de Marchéville ritiene anzi che sia io stesso esemplare su cui fa eseguito il disegno del Le Blanc. Blanchet (A.) — Jean Warm. Notes hingrapltiques. — Vi è disaccordo fra gli scrittori intorno alle date od alle cii'- costanze della vita di questo celebre artista, o meglio l'oscurità proviene ed è accresciuta dal fatto che i AVarin incisori erano parecchi, i quali lavoravano in diverse zecche, come si rileva da numerosi documenti. L'articolo del signor Blanchet viene a schiarire in parte questa oscurità, asso- dando alcuni punti incerti della biografia di Griovanni Warin. Cronaca. — Necrologie. — Bibliografia. Prezzi di vendita delle monete romano elella collezione Belfort. Revue lìelge de NuìuLHmatiqìie, publiée sous les auspices de la SociKTÉ Rovale de Numismatique. — Dirocteurs : M. M. Maus, de Scliodt et Gumont. — 188S. quarante-qua- trième année, premiare livraison (Bruxelles , Libr. Poly- technique de J. Decq.) CnESTEET DE H.\NEFFE (B.°" de). — NiDìiìsmafique d' Ernest, de Ferdinand et de Max imiìien- Henri de Bavière. — Mo- IIG . CRONACA nografia compilata specialmente sui documenti che si con- servano negli arcliivì di Liegi. Vi si fa la storia delle varie zecche del principato, tenendo conto anche degl'incisori, fra i quali vediamo ricomparire il nome di Giovanni AVarin, che secondo la maggior parte de' biografi sarebbe appunto nativo di Liegi. CuMONT (G.) — Jetons d'éh^ennes des \gouverneurs géné- raux de la Belgique Albert de Saxe-Teschen et Marie-Chri- stine. — Questi gettoni, finissimo lavoro di Van Berckel, furono coniati e distribuiti per circa dodici anni di séguito in occasione del capo d'anno, ai principali personaggi del Belgio. Recano sul diritto i busti affrontati, e sempre diffe- renti in qualche particolare , di Alberto e Maria-Cristina, e sul rovescio una breve leggenda in cui si commemora qualche avvenimento notevole dell'anno allora decorso. Ciascun gettone viene minutamente descritto dal signor Cumont, che alla descrizione del pezzo fa seguire volta per volta la illustrazione dell'avvenimento ricordato sul rovescio. Una interessante appendice raccoglie i vari progetti di leggende, che venivano presentati dai migliori latinisti del Belgio. Ordinariamente, la scelta della leggenda definitiva era affidata all'Accademia di Brusselles. Vanden Broeck (E.) — Numismatique bruxelloise. Etude sur les jetons de la famille de Mol. — Questi sei gettoni di magistrati brussellesi del XIV e XV secolo, appartenenti alla famiglia de Mol, i cui membri furono ben diciotto volte chiamati alle funzioni di primo borgomastro, sono proba- bilmente unici, ed oltre all'importanza storica si distinguono per l'eleganza del lavoro. Chaheier (L.) — Numismatique africaine. Mannaie d'or de Ptolémée, roi de Maurétanie. — De la Blanchère e Mommsen ritengono che il diritto di battere moneta d'oro sia stato concesso soltanto da Caligola al re Tolomeo. La moneta d'oro pubblicata ora dal sig. Charrier, portando la indicazione dell'anno decimo del regno di Tolomeo, prove- rebbe invece che tale diritto gli venne conferito da Tiberio. Il disegno che accompagna l'articolo non è ben riuscito. Valliee (G.) — Médailles et jetotis daupìdnois. — Sotto questo titolo generale, l'autore fa conoscere stavolta una curiosa medaglia di Luigi Mandrin, famigerato capo di con- lUBI.IOdRAKIA 117 trabbandieri nel secolo scorso. Essa reca da un lato il busto del bandito, colla leggenda : Le portrait de Louis Mandrin. e dall'altro lo stesso ritratto, ma quasi in tutta figura, colla scritta : Mandrin tei quii a pnru à la lète do sa troupe, 1754. Alvin (F.) — L'ieuvre mi'taUique de Charles Wieìier. — E, per ora, soltanto un cenno necrologico di questo di- stinto artista belga, morto nell'agosto 1887 ; la descrizione delle sue opere viene rimandata ad altro fascicolo della Revue. Alvin (F.) — La niédailìe des grnissiers de Bruxelles. — Questa medaglia, conosciutissima ma, come talora accade , tuttora inedita, risale all'epoca della rivoluzione del Bra- bante, e fu emessa per commemorare la giornata del 12 di- cembre 1789, in cui le truppe austriache dovettero sgom- brare da Brusselles. Necrologia. Miscellanea. Elenco delle opere ricevute dalla Società Reale di Nu- mismatica durante il 4° trimestre 1887. Cinque tavole d'illustrazioni. Archivio storico lombardo, 1887, fa.sc. II : Carotti G., Revi- sione dell'opera del Ckrkxhi. : Les Monnaiea de Charleiìiagne, Gaiul, 1887; fase. Ili: C\nti: C. Il gabinetti numismatico in Brera: fase. IV: Gabinetto numismatico: (Jiia lettera di (liorsio Giulini. Rendiconti Istituto Lombardo, 1,1888: Inama, Commemorazione del prof. B. Biondelli. Raccolta milanese di storia, geografia ed arte. 1888, jST. I : Pagani Gentile, 'Valore approssimativo della lira imperiale dal jq4 <^l i<'^'"0. Araldo. Anno VIII, X. 2182, 27 febbr. 1888. Como (Cencio Poggi) : La medaglia del Collegio dei Dottori. Archivio Veneto, fase. 08, 1888: Di alcune rarissime monete e, medaglie esistenti nella raccolta Miari (V. aiiclie il f;iornale La Vcne:;ia, Anno XII, 1^87, X. 336). Giornale Ligustico, di Genova, 1887, X. 34. Neri A. La statua e una mi-daglia di .Andrea d'Oria; N. .5-6: Motta E., Bando in Genova delle monete milanesi nel i4Sr ; N. 7-8. Belgrano. La :^ecca di Montebruno; N. 11-12: Desimoni Cornelio, L'Agostaro 118 CRONACA nel contrasto di Giulio d'Alcamo (altra moneta nominata anch'essa (la Ciullo d'Alcamo, e clic forma più del Mas.santino una qui- stione ardente fra i commentatori del poeta). Arte e Storia, di Firenze, Argnani. Una nuova moneta dei Manfredi in Faen:^a. — Motta. La :{ecca di Belliniona (cout. e fine). — ■ Bicltrami. / lavori di Caradosso. Giornale araldico-genealogico-diplomatico, di Pisa, novembre 1887, N. 5: Bertolini Dahio. // sigillo di Portoguaro durante la prima dominazione austriaca :j()S'-i<^o6. Bollettino dell'Imp. Istituto archeologico Germanico, Sezione Uomana, 1887,111: Stettinkr P. (jynsidera^ioni sulT « Aes grave » etrusco. Mélanges d'archeologie et d'histoire (Scuola francese di lloma), VII, X. 1-2, 1887: Rjkkut Ch. Formes et caractères des mé- daillons antiques de bron^e relatifs aux jeux. Romische Quartalschrift fiir christliche Alterthumskunde und fiir Kirchengeschichte, I Jalirg. 4 Ilefr, 1887 : Marrucchi O. FJne Medaille und cine Lampe aus der Sammlung Ziirla. Revue internationale, di Roma, dicembre 1887 : Chevassus. La question monétaire en '•Angleterre. Ballettino di archeologia e storia dalmata, di Spalato, 1887, 8-9, agosto e sett. : Bulic F. Le gemme del Museo di Spalato. Acadómie des inscriptions et belles lettres. Se'ances l'^'^y, 16 settembre: M. Deloche legge una memoria sul regime mo- netario nell'Austrasia primitiva, sotto il regno di Teodeberto [.,- 30 sett., M. Delisle legge l'idtima parte della sua memoria sulle operazioni finanziarie dei Templari. Revue archéologique , maggio-giugno 1887: Mowat Robert. Inscriptions osques ornées d'images de monnaies. Revue Celtique. 1 gemi. 1888. A. De Barthélemy. Légendes des Monnaies gauìoises. Revue historique et archéologique du Maine, n. 2.3. 1887-88: Bertrand de Broussillon et B. de Farey. Sigillographie des sei- gneurs de Lavai. Revue du Lyonnais, ottobre 1887 : Nicolas Tìidau, sculpteur et mcdailleur a Lyon (1(322-1692). Journal asiatique, di Parigi, disp. Il, .sett. ottobre 1837: Sau- VAiRE H. XMatériaux pour servir à llìistoire de la numismatique et de la metrologie musulmanes. Complément. HlHI.IOGnAKIA 119 Annales de la Societè archéologique de Namur, 1887. II disp. : Henri. L'atelier monctaire de Boiivignes. Mittheilungen «ler k. k. Centinai Commission, Berlino, XIII. Btl., 3 lleft (1888) : Deschmann Karl. Ueber Fiinde von gallischen •IMiln^en. Berliner philologische Wochenschrift, 7 Jahr,u-. X. 4.548 (1887) : Sir.nERscHATz Ars Po.mpki. Xumismatische Geselhchaft pi Berlin. Rheinisches Museum fiir Philologie, X. Tolge. 43 Bd. I Ileft: Beloch J. Zur Finan:[g-eschichte cithens. Bollettino Storico della Svizzera Italiana, 1887, ii. 8 12 : Le pecche di '£\fesocco e di Rovercdo. Archives héraldiques et sigillographiques. «li Xcucliàtel, (Sviz- zera) II. 13, freiiiiaio 1888: ^ledaille dii tir fiderà!, Genève 1887, (Con disegno). Antiqua. Unterlialtungsblatt fiir Freuiide der Altertliuinskunde. Speeial- Zeitsclirift fur Priilii.storie: n. 1-2, 1888. Forrer R. Bine aiitikc gefàlschte gallische fMlinye. (Mit. Abbly.). Revista de ciencias historicas, di lìareellona, IV, 1887, 1-2: T'ityol j' Camps. Xuinisinatiea de la HspaJia Citerior. Catàlogo de las monedas no publicadas ^m la obra « Nue\'o metodo y clasift- cacion de las monedas aittónomas de Espaìia, de I). cAntonio Dclgadu » voi. V, fa.se. II e IH: -^ìoneda inedita de Cam- prodàn, por D. a'irtiiro Tedrales y violine. Antigiiedad de la moneda, por D. los'e Brunet. Le Ciadad de Dios, .5 oetobre 1887: El p. Flore\ y la numis- màtica espanola por Fr. éManiiel Fraile y Mingile^. Viestnik hrvatskoga Arkeologickoga Dratztva, God. IX, 4, U Zagrebn, 1887: Sigillo aiitieo bos.sine.se. Hren-smid. Ripostiglio di monete ungaresi d'argento in Villanova presso Vinkovce. The American Journal of Archaelogy and of the history of the fine arts, di Baltimora, 1887. 1-2: 15Ani:i.0N E. Revieiv of Greek and Roman Niimismatics. 'R^eccntly piiblished books. NOTIZIE VARIE Ripostiglio di monete greche. - Neir isola di Scio fu scoperto un ripostiglio, di cui rende conto il sig. Arturo Lobbecke nella Zeitscìi.rift fiìr Nimiisniatik. Era composto di 1 tetradramina d'Efeso, 2 tetradrammi ed 11 dramme di Mileto, 11 dramme e 4 emidramme di Ohio col quadrato incuso, 4 bellissime dramme di Ohio con nomi di magistrati, 1 tetradramma ed 1 dramma di Coo, 1 emidramma di Rodi, I tetradramma e 11 magnifiche dramme di ]\Iussolo e 2 dramme di Pixoda.ro, dinasti di Caria; infine 26 monete di bronzo d'Eritrea e 144 di Ohio. Il ripostiglio risalirebbe all'anno 335 circa avanti G. C. Notizie degli Scavi. — Spigoliamo dalle Notizie degli Scavi di Aniieiiità, comunicate alla li. Accademia dei Lincei: A Pompei, negli scavi eseguiti nel bimestre agosto-set- tembre, si trovarono, in varie Regioni : — Un sesterzio di Vespasiano, con la leggenda del rovescio fortvnae kedvci e il tipo della Fortuna in piedi a sin., col cornucopia in una mano, e nell'altra il timone poggiato sul globo; nell'esergo se. — Un denaro di Vespasiano, col tipo della Pace se- dente a sin. — Un sesterzio di Vespasiano , col tipo di Koma in piedi a sin., che appoggiandosi all'asta tiene in mano la Vittoria ; ai lati s e. Due altre monete sconser- vate. — Un asse sconservato di M. Agrippa. Un dupondio di Galba con la leggenda del rovescio : s. p. q. r. |1or || cives II SERVATOS in corona d'alloro, e un'altra moneta sconser- vata. — Un dupondio di Nerone con la leggenda del ro- vescio : PACE PR viiiQ PARTA lANA'M CLVSiT e il tipo del tempio di Giano : ai lati s e. — Due assi di Augusto, l'uno coniato dal triumviro monetale Cn. Pisone e l'altro da P. Lurio Agrippa.- — Un asse soonservato di Tiberio. — Un dupondio di Nerone col tipo della Vittoria volante a sin. , reggendo NOTIZIK VAKIK 121 lo scudo, nel quale s p q r ; ai lati s e ; e un'altra moneta sconservata. — Un dupondio di Galba col tipo della Li- bertà in piedi ; altra moneta sconservata. — Una moneta sconservata di bronzo. — Due assi sconsorvati di Aiigusto. — Un asse repubblicano ; un dupondio di Domiziano col tipo della Spes, e un'altra moneta sconservata. A Forli, in occasione di scavi per fondamenti nell'interno del palazzo del Municipio, a m. 2 di profondità s'incontrò un potente strato di terra rimaneggiata, cosparsa di fittili, ed a m. 3 si ebbe una moneta di bronzo dell'alto impero, irriconoscibile per l'ossido. Fuori della Barriera Eavaldino, alla profondità di m. 4. si raccolsero monete di bronzo dei Gordiani e dei Filippi. A Villanova presso Forli. in ^^na tomba romana piena di avanzi di rogo, si trovò una moneta di bronzo mezzano dell'alto impero, indecifrabile. Ad Arezzo, in un sepolcreto recentemente venuto allo scoverto, si rinvennero un triente colla testa di Pallade, del sistema sestantario, tre assi onciali consunti, e apposi- tamente spezzati prima di deperii nel sepolcro, ed infine una monetina di Claudio, in bronzo. Luneo la a via romana n che si diparte da porta S. Spirito vei-so la Val di Chiana, i cavatori, d'argilla s'imbatterono in un sepolcro, che con- teneva, fra gli altri oggetti, due monete di bronzo di Otacilia Severa ed un' altra di Alessandro Filippo. Sempre lungo la stessa via romana si trovarono un pezzo di (i.e.s rude; una oncia etrusca colla rota a sei raggi, senza potere intendere se nel rovescio sia un' ancora o una scure ; un asse onciale di Roma; due monete di gran bronzo di Adriano, e tre altre imperiali assai consunte. Sulla collina amenissima di S. Fa- biano, a nord-est della città, la quale era al tempo romano assai frequentata e sparsa di ville, furono trovati fra i rot- tami d'una di queste un asse semionciale molto consunto, e una moneta di Traiano. A Napoli, nei lavori di sostruzione pel rettifilo S. Giacomo, si rinvennero parecchio monete, alcune ossidate, altre ben conservate, delle quali, cinque spettano a Gallieno ed una a Mario, con leggenda imp . r . m . avr . marivs . Avr, . Vittoria a destra con corno di abbondanza nella dr. e palma nella sin. Vi erano poi otto altre monete di bronzo di piccolo modulo, ma assai sconservate ed irriconoscibili. 17 122 CRONACA Finalmente, presso Rionero nelle Puglie, fra gli avanzi sotterranei di alcune antiche fabbriche, che sembrano ap- partenere ad edificio termale, si raccolsero molte monete romane imperiali, colle quali si trovarono alcune monete di Turio. Le antiche monete americane. — Gli scrittori spagnuoli ci hanno trasmesso varie notizie intorno alle monete di rame che avevano corso fra gli Indiani d'America al tempo della conquista. Il Sig. Désiré Charnay, nel BuUetin de In Société rrAiit/iropoIogie di Parigi, basandosi sulle testimonianze di quegli storici, e sulla scoperta di un ripostiglio fatta nei dintorni di Oaxaca, sostiene che nel Messico tali monete avevano la forma di una piccola scure. Torquemada. nella SUB, Moìiarquì'a indiana, dice appiinto che gl'Indiani u tisaban a mucho de ixnas monedas de cobre , casi de hechura de u Tau T. de anchor de tres, ó quatro dedos, y era plan- a chuela delgada, unas mas, y otras menos, donde havia Ci mucho oro. n Una raccolta di gettoni. — Leggiamo nella Revue Belgc^ che il Gabinetto Numismatico della Biblioteca Reale di Bruxelles ha acquistato dal Barone L. Geelhand di Merxem lina ricchissima collezione di gettoni, la quale viene a far seguito alla splendida serie di medaglie artistiche concer- nenti i Paesi Bassi, ceduta dal Barone alla stessa Biblio- teca nell'anno 1865. Pei soli metalli preziosi, la detta col- lezione offre 615 gettoni in argento e 11 in oro. Furto di monete. — Un grosso e deplorevolissimo furto ebbe luogo a Parigi nella notte dal lo al 16 Marzo. Nell'a- bitazione dei Signori RoUin e Feuardent, i ben noti nego- zianti d'antichità, furono rubate monete d'oro romane, bi- zantine, francesi e monete greche d'argento pel complessivo valore intrinseco di L. 30.000 . rappresentanti un valore commerciale di oltre 400.000 lire. — • I Signori Raccoglitori, negozianti, orefici, ecc., a cui qualche indizio di tal furto venisse a cognizione sono vivamente pregati di darne imme- diatamente avviso ai suddetti Signori Rollin e Feuardent, Place de Louvois 4, Parigi. Vendita Kirsch. — Della collezione Hirsch, di Monaco è uscito testé il catalogo di vendita redatto dal prof. Luppi. NOTIZIE VARIK l'2o Vendita Belfort. -- Anticamente le raccolte si facevano pian piano, ma duravano almeno qualche generazione ; ora, nel secolo del vapore e del telegrafo, tutto si fa presto, le raccolte si improvvisano, ma sfumano anche colla medesima rapidità con cui sono apparse, quale meteora, non lasciando altra traccia di sé che il CataLjgo di vendita. — Ecco appunto quanto oggi ci rimane della bolla Eaccolta Belfort, messa insieme dal proprietario, ed aggiungeremo anzi in un breve periodo della sua vita, e venduta all'asta pubblica a Parigi negli ultimi giorni dello scorso febbrajo. Trattandosi di una Raccolta importante, e nota principalmente per la bellezza delle conservazioni, crediamo valga la pena di te- nerne parola in modo particolareggiato. La vendita non si può dire sia riuscita brillantissima. Raggiunsero prezzi relativamente molto elevati le monete comuni, e le bellissime conservazioni, mentre le rarità e principalmente le grandi rarità furono abbandonate a prezzi assai miti ed inferiori a quelli ottenuti in altre vendite pre- cedenti. 11 che significa due cose, l'una che le raccolte al giorno d'oggi si fanno piuttosto sotto l'aspetto artistico che sotto quello scientifico e gli amatori odierni preferiscono un pezzo comune di bella conservazione a uno raro ma sconservato per quanto scientificamente assai più importante; in secondo luogo che le vendite in questi ultimi tempi sono state troppe, e l'offerta ha superato la dimanda, il che certo non è incoraggiante per le prossime vendite annunciate fra cui quella importantissima della Raccolta Quelen. Della Raccolta Belfort non crediamo necessario dare il completo elenco dei prezzi. Riportiamo quelli che possono destare maggiore interesse : 34 Restituzione della Lncrctia, 101 Lepido e Ottavio, Arg. 105. Arg. L. 2,50. 121 M. Antonio (Clodia), Oro 490. 40 Minatia, Arg. 200. 137 Cleopatra e Marco Antonio , 41 Altra Minatia, Arg. 305. Arg. 85. 42 Pompeo, Coh. 15, Arg. 75. 139 Cajo Antonio, Arg. 400. 43 Nasidia, Arg. 42. 155 Augusto, Coh. 21, Arg. 69. 74 Eestit. della Julia, Coh. 54,6.30. 156 Augusto, Coh. 22, G. B. 90. 78 G. Cesare e Augusto, Oro 560. 163 Augusto, Coh. 31, Argento 80 Detto, G. Bronzo 40. Med. 405. 86 Bruto, Coh. 4, Arg. 420. i 179 Augusto, Coh. 59, Oro 300. 94 Bruto (Flavia), Arg. 99. ! 296 Augusto, Coli. 263, M. B. 63. 98 S. Pompeo e figli, Oro 90O. j (sfftjxp) 124 311 Augusto (Aiitistia), Coh. 2SG, Arg. 150. 332 Augusto (Cornelia), Rest. Ine- dita 800 (1). 340 Augusto (Durmia), Coh. 835 , Oro 550. 349 Angusto (Mescinia), Coli. 349, Arg. 125. 351 Augusto (Mussidia), Coh. 3.52, Oro 845. 358 Augusto (Petronia), Coh 369, Arg. 240. 361 Augusto (Petronia), Coli. 379, Oro 360. 366 Augusto (Vihia), Oro 600. 372 Augusto (Vooonia), Oro 400. 455 Aug., Med. restii, da Adriano, Coh. 503, Arg. .555. 555 Augusto e Agrippa, Coh. 1, Arg. 250. 556 Detti, Coh. 3, Arg. 165. 572 Augusto con Cajo Lucio e Giu- lia, Coh. 2, Àrg. 495 (2). 593 Druse, G. B. 126. 606 Caligola, Coh. 5, Oro 225. 701 Clodio Macro, Coh. 8, Arg. 410. 765 Vespasiano e Tito, Inedita Oro 480 (3). 929 Plotina e Trajano, Oro 375. 930 Plotina e Matidia, Oro 610. 933 Matidia, Oro 405. 1018 Sahina, Coh. 19, Oro 205. 1023 Elio, Coh. 4, Oro 145. 1124 Commodo, Coh. 104, Oro 285. 1145 Crispina, Coh. 17, Oro 390. 1151 Didia Clara, Coh. 2, Arg. 220. 1152 a 57 Diversi di Pescennio, Arg. a L. 100, 285, 99, 130, 58, 142. 1189 Sett. Severo, Coh. 351, Oro 900. 1196 Sett. Severo, Coh. 444, Oro 840. 1197 Sett. Severo, Coh. 455, Oro 40fi. 1304 Sett. Severo, Giulia e Cara- calla, Coh. 1, Oro 850. 1323 Geta, Coh. 55, Oro 610. 1850 Macrino, Coh. 50, Oro 705. 1366 Elagabalo, Iiied., Oro 500. 1369 Elagabalo, Coh. 126, Oro 610. 1401 Aless. Severo, Quinario d'oro inedito 470. 1412 Orbiana, Coh. 2, Arg. 102. 1416 Uranio Antonino, Coh. 2, 0- ro 4150. 1417 Uranio Antonino, Inedito, O- ro 4270 (4). 1489 Tranquillina, Coh. 1, Arg. 550. 1490 Tranquillina, Coh. 2, Arg. 680. 1519 Filippo padre, Inedito, Oro 450. 1545 Filippo figlio, Coh. 28, Oro 415. 1584 Treh. Gallo, Coh. 63, Oro 650. 1607 Cornelia Supera, Coh. 4, Ar- gento 285. 1637 Gallieno, Coh. 325, Oro 190. 1652 Gallieno, Coh. 710, Oro 110. 1709 Aureliano, Coh. 2, Oro 760. 1774 Giuliano tiranno, Coh. 1, 0- ro 505. 1792 Massimiano Ercole, Coh. 61 , Oro 90. 1793 Detto, Inedito, Oro 110. (1) Questa bellissima moneta unica e inedita apparteneva alla Colle- zione Gosselin, alla vendita della quale nel 1864 raggiunse il prezzo di L. 400. (2) Esemplare della Collezione Racine venduto nel 1879 a L. 600. (3) Esemplare della Collezione Jarry venduto nel 1878 a L. 500. (4) L'esemplare d'Amécourt assai meno importante di questo colla leg- genda SAECVLARES AVG raggiunse lo scorso anno il prezzo di L. 6100. NOTIZIE VARIE 125 2010 Onorio, Coli. 4, Oro 180. 2011 Petronio Massimo,; Coli. 1 , Oro 400. 2012 Avito, Coh. 1, Oro 130. 2019 Glicei-io, Coh. 2, Oro 355. 2022 Eomolo Augnstolo, Coh. 2, Oro 425. Totale vendita 71148.50. 1S09 Camusi o, Coh. 8, Arg. 7.5. 1810 Carausio, Coli. 33, Arg. 2G5. 1813 Domizio Domiziano, M.B. 70. 1843 Massenzio, Coh. 2, Arg. 162. 1850 Licinio padre, Coh. 18, Oro 810. 1927 Vetranione, Coh. 3, Arg. 300. 1969 Procopio, Coh. 4, Arg. 135. 2000 Prisco Attalo, Coh. 3, Oro 159. 2009 Eudoxia, Coh. 1, Oro 1000. Falsificazioni moderne. — Sotto questa Rubrica ci siamo proposti di tenere informati i nostri lettori di tutte le moderne falsificazioni che vengono di tanto in tanto ad infestare il commercio delle monete, ingannando spesso gli inesperti e talvolta anche i più provetti. — Una di queste fal- sificazioni ci venne testé fra le mani e ci affrettiamo a farla conoscere, sapendo che qualche amatore fu già sul punto di cadere nell'inganno lusingandosi di acquistare a buonissime condizioni un pezzo veramente straordinario. La moneta cui alludiam.o e che certo alcuno dei nostri lettori avrà avuto occasione di esaminare, è un doppio Testone di Montalcino. Eccone la descrizione: D. Gùjlio R • P ■ SEN • IN • M • ILICINO • HENRICO II -AV. — Nel campo la Lupa a sin. allattante Romolo e Remo. Sotto, la data 1556 dimezzata dalla sigla A, posta entro un cerchietto. R. Croce TVO • CONFISI • PRAESIDIO. - La Vergine se- duta in atto di preghiera in mezzo ad angeli e sopra nubi. La moneta è identica a quella riportata dal Promis nelle Monete della Repuhhìien di Siena, alla Tav. Vili, n. 91. Il suo peso è di gr. 17,600, equivalente precisamente a un dnpjtio Testone. La moneta sarebbe di esimia rarità; il Promis ne cita un solo esemplare, ritenendolo unico, esistente nella Collezione Franceschi. Chi è appena sufficientemente versato nella numismatica italiana può di leggieri accorgersi che questa moneta non è genuina. Lo si desume principalmeiito dai caratteri della leggenda, che sono più grossi e ])iù regolari di quelli della moneta antica. Le figuro poi della iladonna e della lupa sono molto inferiori per arte a quelle rappresentate in tutte le moneto di Montalcino e in quelle contemporanee di Siena e tradiscono la mano poco esperta d'un incisore 126 f'KONACA moderno. Basta farne il confronto per persixadersene. Si direbbe anzi che l'autore non possedendo la moneta l'abbia copiata direttamente dal disegno della Tavola sudd. dell'opera del Promis. Di queste monete ne abbiamo già vedute due in commercio; questi due esemplari, che erano di bellissima con- servazione, furono poi battuti col martello sulla leggenda e specialmente sull'orlo per farle apparire usate. Poco tempo fa ci occorse di vedere questa identica mo- neta riprodotta in oro, del peso di una quadrupla (gr. 13,800). Pare che i nostri falsificatori abbiano ora cessato di occu- parsi delle monete in argento consolari e delle medioevali C3muni, di cui hauno invaso il commercio, per darsi a (lualche cosa di più prelibato e peregrino. E. G. Contro i falsarli. — Nella Numisniatische Zeitsehrift, il Sig. K. Hoffmann espone un suo metodo per riconoscere le monete d'oro false, basandosi sul loro peso specifico. Ringraziamo la Kedazione àelV Animai re parigino, che annuncia con gentili parole la comparsa della nostra Ri- vista. La medaglia alla Duchessa di Galliera. — Il 17 marzo, in Genova, una commissione municipale si recò al palazzo della Duchessa di G-alliera, a presentare all'illustre gentil- donna la medaglia d'oro coniata in di lei onore per testi- moniarle la gratitudine della cittadinanza per l'erezione dell'Ospedale di Sant'Andrea in Carignano. La medaglia porta un magnifico ritratto intorno a cui sta la scritta: Ilonori. Bue. Gallierae. Palriciae. Munificentissimae. E più sotto : Ex. Decr. ord. Genuensis. An. MDCCCLXXXVII. Estro poi si legge la bella epigrafe dettata dal profes- sore Pizzorno. Eccola: >'0S0C0MIVM IN CAIUNIANO COLLE EXSTRVCTVM EXEMPLA LIBERALITATIS A^TIQUAE REiNOVATA NOTIZIK VARIE 127 La medaglia è coniata dall'egregio artista cav. Filippo Speranza, incisore della regia Zecca di Roma. Di questa medaglia vennero coniati altri sette esemplari in argento, uno dei quali da inviarsi al figlio della munificente signora, e gli altri da conservarsi nell'Archivio comunale, nella bi- blioteca Civica, ecc. Vennero fatti coniare inoltre cento esem- plari in rame, per donarne uno a ciascun consigliere comu- nale, e i rimanenti a disposizione del Comune. Di questi, per gentile intromissione del eh. sig. T. L. Belgrano, un esemplare verrà spedito in dono al Gabinetto di Brera. Doni al Gabinetto Numismatico di Brera. — Ecco l'elenco dei doni pervenuti al li. Gabinetto di ]\l'ilano, dopo la sua riapertura al pubblico, 1.° agosto 1887: Dal sig. Giuseppe Bosso, del Cairo (Egitto), N. 222 monete in bronzo e mistura, de'Toloniei e degl'imperatori romani, battute ad Alessandria. Dal Municipio di Venezia, un esemplare in bronzo della medaglia coniata per commemorare 1' inaugurazione del monumento a Garibaldi (2-1 luglio 1887). Dal sig. José Ramos Coelho. Ijibliotecario a Lisbona, al- cune monete portoghesi. Dal Dott. Cav. G. B. De Capitani d'Arzago, già aggiunto per vari anni al Gabinetto, un voi. manoscritto di catalogo, da lui redatto in elegante latino, colla descrizione di 3952 monete greche del Medagliere braidense; — ed una pre- ziosa raccolta di 127 lettere autografe di Domenico Sestini a Gaetano Cattaneo, di argomento numismatico. Dal Cav. Giuseppe Gavazzi, tre pregevoli monete inglesi niedioevali. Dal Cav. Amilcare Ancona, l'autografo della lettera del Conte Giorgio Giulini pubblicata non lia guari iigìì' Arc/nvio Storico Lombardo. Dal Dott. Cav. Luigi Zerbi, una medaglia. Dal sig. Giulio Pisa, alcuno monete del Basso Impero, trovate recentemente in Brianza. Dal sig. Achille Cantoni, un interessante sigillo veneto. Da un donatore che desidera serbare 1' anonimo, molte monete di varie zecche; notevole specialmente un luigintj di Fosdinovo, J28 * La Direzione registra con grato animo le seguenti offerte a fondo perduto per la istituzione della pre- sonte Rioista, nell'ordine in cui sono pervenute : G-necclii Cav. Francesco e Cav. Ercole . . L. 500 Gavazzi Cav. Giuseppe •• KJO Tatti Ing. Paolo :i 100 Sormani Andreani Conte Lorenzo. . . . !i 100 Osnago Enrico " 100 Comandini Dott. Alfredo « 100 Papadopoli Conte Nicolò " 500 Camozzi Vertova Comm. G. B i 100 Bosso Giuseppe (Cairo, Egitto) " 100 Visconti March. Carlo Ermes rs 100 Eatti Dott. Luigi n 100 Butti Alfonso 1 100 Gnecchi Ing. Giuseppe ^ 100 Ponti Cav. Ettore n 100 L. 2200 IjOdovico Feuce Coguati, Gerente responsabile. FASCICOLO II. APPUNTI NUMISMATICA ROMANA MONETE IMPERIALI INEDITE NELLA COLLEZIONE GNECCHI A MILANO Nessun ramo della Numismatica fu tanto e da così lungo tempo studiato come quello della iSerie Romana; di nessuna serie furono costituite tanto e così copiose collezioni; eppure il campo ò così im- menso, che qualche cosa rimane sempre da spigolare anche agli ultimi arrivati. I ripostigli, che con meravigliosa fecondità offre regolarmente la terra in tutta l' ostensione dell' an- tico mondo romano, i ritrovamenti di antiche mo- nete frammiste agli altri avanzi della romana civilt;^, ora singolarmente facilitati dal rivolgimento della nuova Roma, che va sovrapponendosi all'antica, in mezzo alla congerie di cose già conosciute, portano pure alla luce di quando in quando qualche moneta, che fa la sua prima apparizione nel campo numi- smatico. Tali novità, le quali necessariamente vanno facendosi più rare e più difficili col progresso del 132 KKANCESCO GNECCHI tempo, fìncliè cesseranno completamente pei racco- glitori dell'avvenire, formano per quelli del presente una delle maggiori attrattive ; e naturale è la com- piacenza che ognuno prova nel far conoscere quelle che ebbe la ventura di scoprire, aggiungendole al patrimonio generale della scienza. Io qui non intendo pubblicare una nuova serie di tutte le monete inedite entrate nella mia collezione dopo le tre pubblicazioni già fatte sull'ai'gomento. (^) Tutte quelle che possono considerarsi come sem- plici varianti dai tipi già noti, non mi pare avreb- bero qui un sufficiente interesse, e le lascio da parte, riserbandole per altra occasione.... quella del Cata- logo della mia collezione, il quale, contro le consue- tudini generalmente invalse, vorrei che fosse completato G vedesse la luce.... vivente ancora il proprietario!... Ma, mi limito per ora a dare notizia di quelle poche monete le quali, o per la loro decisa importanza presen- tano uno speciale interesse, oppure per un motivo qual- siasi offrono l'occasione di fare qualche osservazione sia generica sia speciale, o almeno di porre una dimanda cui altri potrà rispondere, un quesito che altri potrà studiare e risolvere. Fra queste poche se ne troverà anzi alcuna, di cui già ho data anterior- mente la descrizione ; ma, se la ripeto qui, è per cor- redarla di qiialche commento e accompagnarla da un'impronta dal vero nell'annessa tavola; ciò che credo importantissimo. Coi mezzi attuali di riprodu- zione, che danno l'oggetto da studiarsi in tutta la sua verità, ogni lettore può formarsi egli stesso il proprio giudizio, senza doversi fidare di quello di chi scrive. Quanti dubbi cesserebbero e quante contro- (1) La prima coi tipi dell' Hoepli, Milano 1880, la seconda e la terza nella Gazzella Numismalica di Como nel 1882 e 1886. APPUNTI DI NUMISMATICA ROMANA 133 versie non avrebbero ragione d'esistere se tale si- stema fosse sempre stato praticato nello trattazioni scientifiche! — D'altronde le monete rare, di cui forse esiste un unico esemplare, è bene siano per così dire moltiplicate dalle illustrazioni perchè ne sia garantita la conservazione. Una moneta, princi- palmente se di nobile metallo, è sempre esposta a un rischio e a lungo andare vi cade, perchè nulla dura in eterno. Il ladro è sempre là ad adocchiarla, e il crogiuolo peggiore ancora del ladro è sempre pronto a riceverla per condannarla inesorabilmente alla distruzione. Ma una tavola dal vero, tirata a molti esemplari è un monumentum aere {et auro) perennius, e le monete cosi illustrate non hanno più a temere né i ladri né il crogiuolo. Quanto ai commenti, che accompagnano la de- scrizione delle monete, gioverà che il lettore li prenda per quello che sono. Essi non hanno pretesa scientifica; non sono lo elucubrazioni di un dotto numismatico, ma semplicemente le osservazioni di un diligente raccoglitore. AUREO DI CLAUDIO restituito dn Trnjano. 1° Dopo il N. 07 di Cohen. ;& — DIVVS CLAVDIVS • Testa laureata a destra. ?/ ~ IMP • CAES • TRAIAN ■ AVG • GER • DAC • P • P • REST • Vesta velata e diademata seduta a sinistra con una patera e una face. (Tav. IV, Niiin. 1). Cohen, quando pubblicò la sua prima Edizione della Descriptìon historique des ìtvmnaies frappées sous 134 KRAN-CESCO GNECCHl l'Empire Roraaìn, non conosceva che un solo aureo di Claudio restituito da Trajano col rovescio della Concordia^ il cui archetipo non è ancora conosciuto. Nella seconda Edizione ne pubblicò un altro col l'ovescio della Speranza, rovescio non conosciuto che in bronzo fra le monete di Claudio. Ora il terzo, da me pubblicato, si trova nelle medesime condi- zioni, non conoscendosi alcuna moneta di Claudio nò in oro nò in argento con tale rovescio. Solo vedo citato da Cohen col rovescio di Vesta un bronzo barbaro, che certo non può aver dato luogo alla Restituzione in discorso. Dato che, come si ritiene generalmente e come finora parve tutto conducesse a credere, Trajano abbia restituito le antiche monete de' suoi prede- cessori non certo inventandole, ma riproducendo i tipi delle monete realmente esistenti, è spiegabi- lissimo come di alcune monete rimanga tuttora sconosciuto l'originale da cui fui'ono riprodotte. Non tutta la serie monetaria romana ci è nota e, come si disse più sopra, qualche nuova moneta di quando in quando apparo. — Ma ò però molto curioso il caso che ci avviene colle Restituzioni di Claudio, e degno di qualche osservazione, la quale forse potrebbe modificare le idee che generalmente si hanno sulle Restituzioni imperiali di Trajano. Noi conosciamo ora tre Restituzioni di aurei di Claudio, e di tutte e tre ci rimangono sconosciuti gii archetipi, mentre nessuna Restituzione ci è pervenuta dei molti altri aurei conosciuti di quell'imperatore. Ne è a dirsi che Trajano abbia avuto una speciale predilezione a restituire i tipi rari; può dirsi piut- tosto il contrario, dacché vediamo che restituì di preferenza i tipi piìi comuni, esempio quelli di Ve- spasiano e di Tito. AI'l'UNTl DI NUMISMAIMCA ROMANA 135 vSe diamo uno sguardo sommario alla serio delle Restituzioni repubblicane e imperiali di Trajano, vediamo come quelle che ricordano monete della Re- pubblica siano le più numerose e le piìi fedeli , o per dirla con altre parole, quelle di cui ci rimangono tutti gli esemplari originali che loro diedero origine. Dei cinquanta denari repubblicani restituiti da Trajano oggi conosciuti, conosciamo pure le cin- quanta antiche monete che furono riprodotte, mentre dei quindici aurei imperiali (comprendendo fra questi i due di G. Cesare) otto soli rappresentano monete a noi conosciute, mentre gli altri sette mancano del loro archetipo. Eccone la distinta: Kestituzioni Restituzioni di monete conosciute. di monete ignote. G. Cesare 1. (K: Vouere viucitrice) » 1. (1\ : Nemesi) Augusto 1. [li: Coccodrillo) . . . l. (li: Aquila legiouariu fra due iusegno) Tiberio 1. (K: Livia) Claudio 1. (li: (Joiicordiu) » 1. (K: Sperauza) » 1. (K: Vesta) Galba 1. (R: Libertà) Vespasiano 2. (R: Trofeo) » 1. (R: Sedia curule col ful- mine) » 1. (Stella e Teste di Marte e Mercurio) Tito l. (R: Trofeo) » l. (li: Sedia curule col ful- mine) N. 8. N. 7. Dal che parrebbe lecito argomentare che i denari della Repubblica furono da Trajano fedelmente ri- 130 FRANCESCO G.NECCIll prodotti dai tipi originali, pel motivo che i tipi di quelle monete, essendo assai caratteristici e distinti l'uno dall'altro, non possono in alcun modo essere confusi e frammischiati senza produrre sconcordanze ; mentre invece i rovesci delle monete imperiali, per essere appunto somiglianti gli uni e gli altri, e per buona parte offrendo una rappresentazione generica potevano facilmente essere scambiati senza produrre equivoco di sorta. — Gli artisti si sentirono qui più liberi, e alle teste degli imperatori apposero un rovescio qualvmque, senza prooccuparsi molto di ve- rificare se precisamente tale rovescio apparteneva a tale imperatore piuttosto che ad un altro. Certo non si sbagliarono quando si trattava di rovesci, che, avendo una significazione individuale, non potevano applicarsi che all'imperatore cui si ri- ferivano, come per esempio il Coccodrillo emblema della conquista dell'Egitto ad Augusto, (^) la Livia a Tiberio, ecc.; ma invece furono meno precisi in quei rovesci vaghi, che potevano egualmente adattarsi all'uno o all'altro imperatore. Li presero quasi a caso fra le veccliie monete o forse anche fra le mo- nete correnti e li applicarono indifferentemente ad Augusto, a Vespasiano, a Tito e così via. Difatti, se esaminiamo la serie delle monete da Griulio Cesare (1) Anche questa Restituzione, che pure sembra rappresentare una vera moneta, quella cioè colla leggenda AEGYPTO CAPTA, non vi cor- risponde che a un dipresso. La moneta originale rappresentante la con- quista dell'Egitto è dell'anno 27 o 28 a. C. e porta conseguentemente nel dritto i consolati VI e VII d'Augusto, mentre nella Restituzione Augusto porta il titolo di PATER PATRIAE, titolo conferitogli so- lamente nell'anno 2 a. C. — Eckhel, riportando questa Restituzione da Mo- relli vi prestò poca fede e dubitò sbagliata la leggenda del dritto : ma ora abbiamo la moneta riportata da Cohen come appartenente al Gabi- netto di Francia e quindi non possiamo dubitarne. Ciò corrobora la mia opinione che queste Restituzioni imperiali fossero fatte a un dipresso. APPUNTI DI .N!'MlSMATir\ ROMANA 137 a Trajano, vediamo che, fatta un'eccezione per quella esistente in unico eseuiplai-e al Museo Britannico , la quale al rovescio di Vespasiano porta le due teste di Ercole (?) e ^Mercurio (?) al di sopra di una stella, e di cui veramente ci è ignoto l'originale, delle altre tutte conosciamo gli originali come appartenenti a qualche imperatore diverso da quello rappresentato sulla moneta di Restituzione. I due rovesci attribuiti a Giulio Cesare, non com- pajono che più tardi, la Venero vincitrice sotto Au- gusto, la Nemesi sotto Claudio; il rovescio dell'Aquila legionaria fra le due insegne militari attribuito ad Augusto e ) compare sotto Nerone; le tre restituzioni pure di Claudio furono probabilmente imitate dalle monete in corso dello stesso Trajano, dacché tali rove- sci non li troviamo sotto nessuno degli imperatori antecedenti. — Esistettero anche prima ? È assai dubbio e io non lo crederei. Trattandosi di nomi, le cui monete sono molto comuni, quali G. Cosare Augusto, Claudio, ecc., mi sembra assai poco probabile la supposizione che lo monete rappresentate nelle sopra citato Restituzioni possano veramente essere andate smarrito, mentre tante altre ne sono rimaste: e , riassumendo , credo che la frase finora usata a L'Archetipo della data Re- stituzione non si conosce ancora " sia per lo meno poco esatta,, mentre potrebbe darsi benissimo che non dovesse mai comparire per la semplice ragione che as.sai probabilmente non ha mai esistito. (1; Anclie la Ri'Stiiiizinne del ileiiaro d'ai-;;eiito d'Aui^ii.sto rolla sodia cunile, chu pare .sia l'unica re.stituzioiio veramente imperiale in argentd pervenutaci, sembra presa dalle monete di Tito o di Vespasiano, tale ro- vescio non comparendo prima di «niest'epoca. ly 138 KR\NCE,SC' — MARTI PROPAG-ATORI AVG • N • Marte a destra in abito militare e galeato sta di fronte a Massenzio pure in abito militare, ma a capo sco- perto. Ambedue sostengono insieme colla destra un globo sul quale sta una piccola Vittoria che incorona l'imperatore. — Marte tiene lo scudo appoggiato a terra, Massenzio uno scettro traversale. (Tav. IV, N. 11). Questo rovescio, somigliante per la leggenda a quello descritto al N. 1 5 di Cohen, (marti propag. avo. n.) è nuovo per la rappresentazione, e quantunque non mi offra materia ad osservazioni speciali, ho creduto di descriverlo e riprodurlo fra questa scelta di monete, come novità da aggiungere alle scarse e rare monete d' argento di questo imperatore. AUREO DI CRISPO. 11.° Dopo il N. IG di Cohen. ^' — FL • ILV • CRISPVS NOB • CAES • Testa laureata a destra. ^ — VICTORIA CONSTANTINI AVG • Vittoria che cammina a destra con una corona e una palma. Ai suoi piedi due prigionieri legati , 1' uno a destra, l'altro a sinistra. All'esergo PTR- (Tav. IV, N. 12). Certo quest' aureo fu coniato nei primi anni del regno di Crispo, poiché il rovescio, nuovo fra le sue monete , si riferisce a una vittoria del padre ; ed è l'unico fra gli aurei di Crispo che si riferisca a Costantino. APPUNTI DI NUMISMATICA. KOMANA 151 li. RIPOSTIGLIO DI MONETE ROMANE IN EGITTO. Dall'Egitto ho ricevuto in principio del corrente 1888 un piccolo ripostiglio di monete Eomanc (An- toniniani) che si estendono da Gallieno a Massimiano Erculeo. Sono in tutto 18G, di cui 185 di zecca Ro- mana e una sola Alessandrina. È intero il piccolo ripostiglio? oppure solo una parto? Non lo so. Ad ogni modo, se non per i nomi in generale comuni, fatta un'eccezione per l'Alessandrina appartenente ad Aureliano e Atenodoro, il ripostiglio merita d'essere ricordato per le parecchie varietà inedite che vi si contengono. Accade sovente di trovare abbondanti ripostigli di questi bassi tempi, i quali in un numero sterminato di monete non offrono nulla di nuovo. Ma è raro invece il caso di trovare in così piccolo numero tante monete che presentino varietà e anche notevoli coi tipi conosciuti. Sulle 18G moneto di questo ripostiglio , fra cui parecchie sono ripe- tute in più esemplari, ve ne sono 28 che non trovo pubblicate nel Cohen prima Edizione. La più parto non sono che varianti, ma alcune offrono tipi nuovi, e credo valga la pena di darne la completa descrizione dopo aver accennata quanto ai nomi la costituzione. 152 KRANOESCO (INECCIll Le 186 monete vanno distinte per nomi come segue: Gallieno Esemplari N. 2 Claudio Gotico » » 8 Aureliano » > 13 Severina » » G Atenodoro e Aureliano .... » » 1 Vabalato o Aureliano .... ■» » 1 Tacito » » 5 Floriano » » 10 Probo » » 59 Caro » » 13 Numeriano » » 11 Carino » » 13 Magna Urbica » » 4 Diocleziano » » 22 Massimiano Erculeo » » 18 N. 186 Ed ecco la descrizione delle vai'ianti : AURELIANO, 1.° Dopo il N. 65 di Cohen. ^' — IMP • e • AVRELIANVS AV& • Busto corazzato e radiato destra Iji — CONCORDIA MILI • La Concordia militare a destra con due insegne. Nel campo S. 2.° Dopo il N. 1.55 di Cohen. ^ — IMP • C • AVRELIANVS • AVO • Busto corazzato e radiato a destra. 9I — PRICIPI (sic) IVVENTVTIS. Due personaggi (Aureliano e Vabalato) di fronte in abito militare e capo scoperto, ciascuno con una bac- chetta. Aureliano , ossia il più grande dei due , die sta a destra , tiene anche uno scettro traversale. Dietro a ciascuno un' insegna. All' esergo una stella fra le lettere C- S- (Tav. IV, N. 10). APIT.NTl DI M.'MIS.MATK'A KiiMANA 153 La Leggenda principi ivventvtis comunissima nelle monete romane di molti imperatori da Augusto a Costantino è assolutamente nuova per Aureliano. — Sconosciuta a Cohen fra le 212 monete d'Aureliano che descrive nella V Edizione, e clie sono portate a 287 nella seconda, è pure sconosciuta al Rhode nella sua monografia delle Monete d'Aureliano e Seve- rina W, in cui ne descrive ben 446 del solo Au- reliano. La leggenda printipi ivvextvtis riferendosi , come è noto, alla cerimonia della toga virile, non può naturalmente trovarsi sulle monete di quegli im- peratori che salirono al trono in età matura , a meno che si riferisca al figlio o al Cosare designato successore. Tale è il caso delle monete di Vespa- siano al rovescio delle quali troviamo Tito e Domi- ziano presentati quali pkincipks ivvkxtvtis , e tale è il caso del nostro Antoniniano, il cui rovescio non può Inferirsi che a Vabalato. Ma v'ha in esso un'altra particolarità che merita d'essere notata; quella di vedervi i-appresentato anche ]' Imperatore insieme al Cosare cui la leggenda si riferisce. Il tipo più comune clie corrisponde alla leggenda principi ivvkntvtis è la figura dol Cesare o del giovane Imperatore in abito militare con un'asta e un globo, oppure con una bacchetta, e il globo allora è posto a terra. Qui invece la rappre- sentazione è affatto nuova e sembra quasi significare la presentazione del giovane Cesare fatta dal vecchio Imperatore, oppure un giuramento prestato dal primo nelle mani del secondo. (1) Die Mvnzen des Kaisers Aurelianus , fcincr frau Severina , und dry F'h-xten ron Palmijm, Milskolcz, 1880-1881-1882. 154 FKANCESCO clNEfCllI Gli Antoniniani d'Aureliano sono generalmente di buona fabbrica e uniforme , discreto ne è lo stile e corrette le leggende. Questa ora descritta invece, come può osservarsi alla tavola, appare di fabbrica rozza e barbara ; ha un orlo eccessivamente irrego- lare e di più un errore nella leggenda (pkicipi). La crederei battuta in Siria. 3.° dopo il N. 170 di Colieii. D' - IMP • DEO ET DOMINO AVRELIANO AV& • Busto corazzato e radiato a destra. y - RESTITVT • ORBIS. Figura femminile 'Roma?) a destra in atto di presen- tare una corona ad Aureliano che le sta di fronte tenendo un'asta. FLORIANO. 4.° Dopo il N. 53 di Cohen. -»' — IMP • C • M • AV ■ FLORIANVS AVG • Busto radiato a destra col paludamento. yi — PRINCIPI IVVENTVT • Floriano in abito militare a destra con un gloljo e un'asta. PROBO. 5.° Dopo il N. 120 di Cohen. B' — IMP • C • M • AVR • PROBVS AVO • Busto radiato a sinistra col manto imperiale, armato di lancia. ^ — ADVENTVS AVG. Probo a cavallo a sinistra con un' asta e la destra alzata. AI'l'UNrl III M'MI.SM.VriCA ROMANA 155 C)." Dopo il N. 2:52 di Cohen. T^ — IMP • C • M • AVR • PROBVS P • F • AVG • Busto radiato e corazzato a sinistra armato di lancia e scudo. T^' - CONSERVAI AVG ■ Il Sole a sinistra colla destra alzata e nn globo nella sinistra, 7." Dopo il N. TO9 tli Cohen. :& - IMP • PROBVS P • F • AVG- Busto radiato e corazzato a destra. ^ — LAETITIA AVG • L'Allegrezza a sinistra con una corona e un'ancora. 8.° Dopo il N. 396 di Cohen. ^ — IMP • C • PROBVS AVG ■ COS IMI • Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato da un'aquila. 9/ — PROVIDENT • AVG • La Provvidenza a sinistra con un globo e uno scettro traversale. 9." Dopo il N. 476 di Cohen. fy — IMP • e • PROBVS P • F AVG • Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato da uii'a(i>iila. 9I - SALVS PUBLIC • La Salute a destra in atto di nutrire un serpente che si tiene fra le braccia. ]5(j KR.VNCESCO GNECCIll 10.° Dopo il N. 493 di Cohen. B" — IMP • C • PROBVS AVG • COS ■ IMI • Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato dall'aquila. y — SECURIT • PERP • La Sicurezza a sinistra appoggiata ad una colonna e col braccio destro alzato sopra la testa. 1 1 ." Dopo li N. 49G di Cohen. B' ~ IMP • C • M • AVR ■ PROBVS AVG ■ Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. !>' ~ SECVRITA SAECVLI. La Sicurezza seduta a sinistra con uno scettro e appog- giata col braccio sinistro alla spalliera della sedia. NB. Questo rovescio è nuovo fra le monete di Probo, per lo meno pubblicato nella prima edi- zione del Cohen in due esemplari simili a quello da me descritto e riportati da Wiczay (Num. 484 e 485), venne soppresso nella seconda (?). 12.° Dopo il N. 600 di Cohen. /©' — IMP • C • M • AVR • PROBVS AVG • Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato dall'aquila. ^ — VIRTVS AVG • Il Valore militare a sinistra con una piccola Vittoria e appoggiato al proprio scudo. L'asta riposa nel suo braccio sinistro. 13.° Dopo il N. 608 di Cohen. B" — IMP • C • M • AVR • PROBVS P • F • AVG • Busto radiato a destra col paludamento. APPUNTI DI M'MISMATII.'A ROMANA 157 ^ — VIRTVS AVG • Marte armato a destra coll'asta e appoggiato al proprio scudo. 1 4." Dopo il N. 625 di Cohen. jy — IMP • e • M • AVR • PROBVS AVG • Busto radiato a sinistra col manto imperiale e lo scettro sormontato dall'aquila. 9/ — VIRTVS AVGVSTI. Marte galeato a sinistra con un' asta e appoggiato al proprio scudo. 15." Dopo il N. 669 di Cohen. ^' — IMP • C • M • AVR • PROBVS PIVS AVG • Busto radiato e corazzato a destra. 9' — VIRTVS PROBI AVG • Probo galloppante a destra in atto di colpire colla lancia un nemico inginocchiato, che perde lo scudo. CARO. IG." Dopo il N. 95 di Cohen. i& — IMP • C • M • AVR ■ CARVS P • F • AVG • Busto radiato a destra col paludamento. ^ — VIRTVS AVGG • Caro e Carino di fronte sostengono insieme un globo. Quegli che sta a destra tiene un'asta, e l'altro uno scettro. 17." Dopo il N. 97 di Cohen. ^ — IMP • C ■ M ■ AVR • CARVS P • F • AVG • Busto radiato a destra col paludamento e la corazza. 1^ — VIRTVS AVGG • Caro e Carino in abito militare di fronte. Quello che è a destra tiene un'asta, e presenta all'altro, che tiene uno scettro, un globo con una Vittoi-ia che lo incorona. 158 KRANCKSCO GNECCIIl Questo rovescio sembrerebbe nuovo fra le monete di Carino, senonchè essendo molto comune, io credo che debba essere lo stesso, che è descritto poco esat- tamente ai Numm. 9G, 97, 08 di Cohen. ]8.° Dopo il N. 08 di Cohen. ly — IMP • e • NI • AVR • CARVS P • F • AVG- • Come il precedente. ^ - VIRTVS AVG&&. Come il precedente. NUMERIANO. lO.o Dopo il N. 7.5 di Cohen. ,Ty — IMP • C • M • AVR • NUMERIANVS NOB • C • Busto radiato a destra col paludamento. T^ — VIRTVS AVGG& • Numeriaiio e Caro in abito militare di fronte. Quello che è a destra (Caro) tiene un'asta e presenta all'altro (Nu- meriano") che tiene uno scettro, un globo sormontato da una Vittoria che lo incorona. CARINO. 20." Dopo il N. 78 di Cohen. ^ - IMP • CARINVS P • F • AVG • Busto radiato e corazzato a destra. '^ — ORIENS AVG • Il Sole che cammina a sinistra colla destra alzata e il flagello nella sinistra. 21.' Dopo il N. 86 di Cohen. ^' M • AVR • CARINVS NOB • C • Busto radiato e corazzato a destra. 9I — PAX AVGVSTI. La Pace corrente a sinistra coir un ramo e un lungo scettro traversale. M'flNTl DI NLMISMAI'K A ROMANA 1 Ù'J DIOCLEZIANO. 22.° Dopo il i\. U7 di Colien. ly - IMP • e • DIOCLETIANVS AV& ■ Busto radiato a destra col manto iniporialo o lo scettro sormontato da un'aquila. 1^ — CONSERVATOR AVGG • L'Imperatore in abito militare tiene uno scettro colla sinistra e sacrifica su di un tripode insieme a Giove che gli sta di fronte ignudo con un' asta e il man- tello sul braccio sinistro. 52.° Dopo il N. 200 di Cohen. !>' — IMP • C • C • VAL • DIOCLETIANVS AV& • Busto radiato e corazzato a destra. 1^' - HERCVLI CONSERVAI • Ercole ignudo a sinistra tiene un ramo colla destra, la clava alzata e la pelle del le' — VICTORIA AVGG • Come il precedente, ma nel campo T- Francesco Gnecchi. I MEDAGLISTI DEL RINASGLMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA II. PIER JACOPO ALARI-BONACOLSI DETTO h' Antico. I. Fra i molti artisti che fiorirono in ^NFantova sul cadere del secolo XV, gli scultori furono fino a questi ultimi tempi poco studiati: ciò forse dipende dal non esservene stato alcuno che si sia levato a grande altezza, e fors' anche la gloriosa figura di Andrea ^lantegna che tiene il campo fino ai primi anni del cinquecento, distrasse l'attenzione degli studiosi da questi artefici, che, a giudicarne dai pochi lavori che ci rimangono, non occupano certo l'ultimo posto fra quanti in tutta Italia resero splendido il periodo del rinascimento. Uno di questi fu Pier Jacopo Alari-Bonacolsi, detto YAnfico; rammentato per la prima volta dal Gaye, che ne pubblicò una lettera, W fu poi men- (1) Gaye. Carteggio inedito d'artisti, I, 337, n. CLXVI. Ì62 UMIÌKRTO ROSSI lionato ancora dal conte d'Arco (^) e ultimamente dall'Ai'mand (2) e dal Molinier, i^) ma le notizie che questi autori ne danno si riducono a così poco che non credo inutile pubblicare quanto mi venne dato di trovare nell'Archivio Gonzaga di Mantova e nel- l'Archivio di Stato di Parma. Pier Jacopo nacque da Antonio Alari, probabil- mente in Mantova, dove suo padre aveva casa e dimora ; ci ò ignoto l'anno preciso della sua nascita, ma si può congetturare che egli abbia veduto la luce verso il 1460, o poco dopo, perchè nel 1480 lo troviamo a lavorare alle medaglie di Gian Fran- cesco Gonzaga e Antonia del Balzo e nel 1499 era già ammogliato e con parecchi figli, tutti però di giovane età. (*) Dove apprendesse i rudimenti dell'arte in cui do- veva poi riuscire così eccellente, non si può dire con sicurezza: ma siccome nelle sue medaglie si fa molto sentire l'influenza della scuola mantegnesca, bisogna credere che abbia cominciato a Mantova, e proba- (1) D'Arco. Delle arti e degli artefici di Mantova, II, 40, n. 50. (2) Armand. Les mcdailleurs italiens, I, 61. (3) Mounier E. Lcs plaquettes, I, 68. (4) In quest'anno l'Antico ricercò un beneficio in S. Andrea di Man- tova per uno dei suoi figli al vescovo Lodovico Gonzaga, e questi gli ri- spose colla lettera seguente : u Antiquo. — Havemo visto quanto ne scrive per lo beneficio de Sancto Andrea, di che ne havereti excnsato se non vi compiacemo, havendolo etiam negato non solum a molti nostri servitori che ce l'hanno ricerchato, ma] etiam a Pyrrlio nostro nepote : perchè seben qualche volta spondemo assai et usciamo de' nostri denari, non volemo però uscire de alcuna de nostre intrate, cuin quale quando volemo possemo remettere nostri denari insieme, et se designati fare prete alcun de vostri fioli, ve offeremo, come sieno in età de provederli de beneficiis. Benevalete. Quingentulis. 2'J maij 1499. ì: (Archivio di Stato in Parma; Carteggio Gonzaga). I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 163 bilmente presso nn orefice. Infatti i suoi primi la- vori sono medaglie, vasi d'argento, cinture ed altri simili oggetti minuti d'oreficeria; ed anche più tardi, quando era all'apogeo della fama e la marchesa di Mantova ricorreva a lui, quale intelligente conosci- tore d'antichità e critico di buon gusto, egli non isdegnava occupai'si ancora in lavori d'oro per com- piacere alla sua gentile protettrice. Le medaglie di Gian Francesco Gonzaga, signore di Bozzolo e di Antonia del Balzo, sua moglie, sono le prime cose che di lui conosciamo. Secondo l'Ar- mand, esse furono eseguite poco dopo le nozze del Gonzaga (1479) e quindi nel 1480 circa. Descriverò più oltre questi bei prodotti dell'arte mantovana nel rinascimento, i soli che possano attribuirsi con sicurezza al nostro maestro; qui tuttavia non trala- scierò di accennare come fin d'allora esse venissero conosciute ed apprezzate, perchè il rovescio di una di esse venne riprodotto in uno dei bassorilievi della porta Stanga di Cremona, ora al Louvre. Contem- poraneamente alle medaglie sono forse state eseguite le due placchette che il Molinier attribuisce al- l'Antico, (^) delle quali una è la riproduzione fedele, meno la leggenda, del citato rovescio, l'altra rap- presenta un trionfatore in quadriga, colla leggenda DO : HE : FIDES : qvam : fecit. Disgraziatamente su questi lavori noi non abbiamo alcun documento che valga a fissarne la data: fu- rono forse essi che aprirono al nostro artefice la via al favore dei principi di Bozzolo, al servigio dei quali rimase quasi sempre finché ebbe vita; fors'anche fu l'accomandato a Gian Francesco dal fratello Fe- ci) Mounier. Op. cit., I, 68. 164 UMBERTO ROSSI clerico, marchese di Mantova, il quale aveva donato all'Antico un banco nella beccheria grande, proba- bilmente in compenso di lavori eseguiti. La prima notizia che di lui ho trovato sta in una lettera che Antonia del Balzo così scriveva da Bozzolo al mar- chese Francesco Gonzaga: i£ 111."^^ et ex.™= D."« nepos et dne. hon. — Per lo Antixi u mio famiglio mando ala Ex. V. uno cinto a presentargli, " pregando quella me perdoni se fin hora ho tardato a mandarlo ala predicta , la qual prego che de quanto u esso Antixi per parte mia gli exponerà , la Ex. V. dagi a fede quanto se io personalmente gli parlassi sopra questo tt facto, et a la sua bona gratia continiie me ricomando. a Datum Bozuli, 16 augusti 1487. u. Antonia de Bautio u de Gonzaga marchionissa a Rotingique comitissa n (1). Pili avanti, nel 1490, l'Antico era qualificato scul- tore dalla stessa Antonia del Balzo, che interveniva presso il marchese Francesco a favore di Francesco Alari e gli scriveva in questi termini: a Ill.mo S.i" mio. — Essendo familiare de lo Illu. S. nostro ti Consorte Francesco , fratello de lo Antiquo et suo scul- u tore, et per essere stato infermo già tre anni se n'è stato a ti Mantua a casa de Antonio de Halari suo padre per resa- ti narse. Hora pare che dicto Francesco habia havuto certa u differentia cum uno suo vicino, et venendo a parole, mi- u. nacciandogli de baterlo esso Francesco gli ruppe la testa. (1) Archivio Gonzaga di Mantova; Carteggio di Bozzolo. — Giova no- tare che il nome dell'Antico è spesso storpiato nei documenti che a lui si riferiscono, trovandosi scritto Antixi^ Antixe, Antise, Antiquo e Antico. I MEDAGLISTI DEI, RINASCIMENTO ALLA TORTE DI MANTOVA 165 u Dove gli è stato dato la deminctia et sera coiidennato , u non havendo la gratia de V. Ex.''^ Non posso fare, per u. esser pure stato servitore de casa et è insieme cimi l'An- u. tiquo suo fratello , che non lo raccomandi ala predicta, u supplicandola non consenta per amor mio che dali offi- u tiali sia punito, anci che a me la facia questa gratia et u comitta che non sia molestato, come sono etiam li nostri u. altri familiari. Di che ne remarrò obligata a V. Ex.'ia u a la cui gratia me raccomando. Bozuli, xxx Julij 1490. a Ill.m. D. V. u Antonia de Bautio i. de Gonzaga Marchio. ^^a u Rotingique Co.... (1). ti n marchese, che si trovava a Marcarla, concesse la grazia richiesta, ma così non la intese il podestà di Mantova, che tornò a procedere contro il Fran- cesco Alari, motivando per tal modo nuove proteste dell'Antico e della sua protettrice. Questa volta An- tonia del Balzo si rivolse alla nipote marchesa Isa- bella, la quale seppe appianare le cose di guisa, che del commesso reato non si parlò più. (2) In seguito l'Antico si recò ancora a Mantova e fu raccoman- dato al marchese da Gian Francesco Gonzaga stesso, che lo chiama mio servitore, et suhdito et servitore de V. Ex."" (^) Ciò prova che, pur rimanendo al ser- vizio del signore di Bozzolo, l'Alari non aveva ri- (1) Arch. sudd. Cart. sudtl. (2) Arch. smld. Cavt. sudd. — Lettpr.i di Antonia del Balzo ad Isa- bella d'Este : da Bozzolo, 1 ii.arzo 1491. — u Lo Antiquo sfultore de lo Tllu. S.« mio consorte, et servitore, me fa intendere corno questo po- testate impedisse Francisco de Hilarii suo fratello, etc. n (3) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettera di Gian Francesco Gonzaga al marchese Francesco Gonzaga, da Bozzolo, 2 novembre 1493. 16G UMHERTO ROSSI nunciato alla sudditanza mantovana; tuttavia egli ritornò quasi subito presso Gian Francesco e con- tinuò a lavorare per lui. Del 1494 abbiamo una lettera dell' Antico al marchese Francesco, che per essere la prima in data, credo opportuno riportare : a Illustrissimo signor mio. — Mando ala Celentia vostra u un fero ritrato clie io ho dal vostro de fatione non diclio u de bontade, ma di fineza tanto duro ch'io credo chel farla ■^ un grandisimo pasare, perchè io lo temperato molto duro i( e con bon modo. Io l'ò sgranito in ponta a ciò chel non a gè bisogna altro per farlo atachare. Ma bono o tristo come u el se sia, io ve lo apresento voluntiera et prego la si- u gnoria vostra si degni aceptar la bona voluntade et siate ti certo che s'io sapese a ohe modo poter far cosa che vi u fuse a grato eh' io non me vedria mai stancho , perchè a esondo vostro sudito vi tegno per mio signore e patrone. u Antiche V (1). È il primo lavoro che ci consti egli abbia ese- guito pel marchese di Mantova e non è opera da orefice o da scultore, ma piuttosto da fabbro-ferraio : di maggior interesse sono quelli che fece per Gian Francesco e che sono menzionati nell'inventario ge- nerale de' suoi beni, cominciato il 29 agosto 1496 per cura della vedova Antonia del Balzo e di Lo- dovico Gonzaga, vescovo eletto di Mantova, tutori dei figli minorenni (2). Ivi fra le molte argenterie e gli oggetti d'arte raccolti da quel munificente signore (1) Arch. sudd. Carteggio interno. — Dietro la lettera vi è una nota della segreteria marchionale : u Antiqui, 1494, 25 Junii. n (2) Biblioteca Maldotti in Guastalla. Carte Gonzaga. I MEDAGLISTI DEI, RINASCIMKNTO ALLA CORTE DI MANTOVA 167 son notati due vaseti de argento dorati; de man de lo Anticho; e più oltre vi è un elenco di statue, delle quali alcune forse furono antiche, ma altre sono certamente riproduzioni dall'antico, fatte dal nostro artista. E qui mi pare utile riportare questo elenco : li Una testa cum mezo el busto, de ramo. u Uno Hercules de bronzo. u La nuda del speghio, de bronzo. a Lo Hercules dal bastono, de bronzo. u Lo Hercules assetato, de bronzo. u Una testa de uno putino de melalo cum li capelli u d'oro. u Una testa de uno zovene de mettale , cum capelli u d'oro. u. Una figura de mettale gliiamata el villanello. ti Una testa de uno putino che pianze de mettale. u Una testa de Casaro de metale. u Uno putino de metale ghiamato pastorello. u Uno Gigante da Monte a cavallo. ti Uno cavallo de Montecavallo de bronzo. ti El cavalo de Sancto Jani cum Antonino suso. u Una testa de Pompeo de bronzo. u Uno beccho che excusa Candeloro. ii Una dona cum uno corno de abondantia. . Una figura de metale che ha uno serpo in mano. ti Dui fauni cum due lumere. u Una dona vestita de longo senza uno brazo. ti Una testa cum la barba cum uno pezo de petto. ti Un' altra testa minore cum uno pezo de petto cum u una tavola de sotto. ti Uno sancto de bronzo. ti Una figura do argento cum uno mantello dorato sul u brazo; pesa onzi cinque et mezo quarto. u Una figura de una dona cum uno speghio in mane u et uno corno de abondantia. 168 UMBERTO ROSSI u Una figura cum le gambe incrosate, de metale. a Una figurina de metale che ha schavezo uno brazo. u Uno homo che par ad una simia, de mettalo. u Una testa de metale cum mezo el busto, cum una ta- li voleta per pede. u Una figurina de metale che ha lino fiore in mane. ti Uno dio damor de metalo cum el carchasso. u Dui che zochano ale braze de metalo. u. Una femina che gè mancha le gambe. u Una figurina vestita gè mancha uno pede et una u mane. ti Una testa de cavallo de metale. li Una mane de metalo carga de rane et bisso schu- u dellare. u Una figurina de metalo vestita che ha rota una man a et le gambe. u Uno hercules picolino che ha una pelle de leon al a brazo et rota una gamba. ti Una Minerva picolina. u Una figurina che ha una taceta in man. ti Una figura de metalo che ha rotto li brazi et il u naso. ti Una Victoria de metalo. ti Uno cavallo senza gambe. ti Una testa do putino de metale. ti Uno asino de bronzo. ti Una figura de metalo senza una gamba et uno ti brazo. ti Uno calamaro de bronzo cum l'arma de Gonzaga n (1). (1) Evidentemente la maggior parte di queste statue sono antiche : però chi compilò l'inventario non usò indifferentemente le espressioni bronzo e metallo, talché si potrebbe credere che le statue di bronzo fossero di fattura recente, mentre le antiche erano dette di metallo perchè il color della patina non lasciava distinguere precisamente di quale metallo fos- sero composte. Infatti tutte le statuette frammentate e guaste, che si pos- sono credere antiche, si dicono di metallo, e altri oggetti che sono senza contrasto moderni, come un santo e un calamaio coll'arme Gonzaga, vengon qualificati di bronzo. I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 169 Morto nel 149G il suo protettore Gian Francesco Gonzaga, l'Antico si recò per qualche tempo a Man- tova, ove probabilmente lavorò pel marchese : infatti ottenne da lui sulla fine di quelFanno una lettera di famigliarità e sul principio del susseguente 1497 venne inviato a Roma con uno speciale incarico. Il marchese Francesco lo aveva provvisto di pa- recchie raccomandazioni e in modo jìarticolare no aveva scritto al protonotario apostolico Lodovico Agnelli ; ed essendo questi noto, come appassionato raccoglitore di antichità, (K' si può credere che il nostro artista si sia recato colà a comperare o for- s'anche soltanto a esaminare oggetti antichi. Da Roma l'Antico scrisse al marchese, pieno di entusiasmo per le belle cose che vi aveva veduto (^^ : (1) Il protonotario Agnelli si incaricava anche di trovare ogi;etti d'arte per la marchesa Isabella, alla quale Tolomeo Spagnoli scriveva da Roma in data 22 febbraio 1 407 : li Ilo visitato in nome di la .S. V. il profhonotario Agnello et factoli la ambasiata sua : lui mi risponde che di continuo jìcnsa in adornare il camerino de la S. V. et che l'ha per la mano certa cosa, che è de le belle, non solum di Roma, ma del mondo, v — (Ardi. Gonz. ; Carteggio di Roma). Non ho trovato che cosa fosse questa rarità ; ma l'anno successivo in una lettera della marchesa Isabella si fa menzione dell'invio di un braccio di bronzo : u Dno Electo Cosentino. — M. ITaniltale vostro fratello ne ha presentato el brazo di bronzo, qual per desiderare nuy molto copia de antiquità per ornare uno studio principiato, non )ioterossimo bavere hauto cosa più grata et se non l'havevimo richiesto liberamente alla S. V. restas- simo per modestia, e.xistimando che quello piaceva a nui dovesse etiam piacere al compagno, ma havendocclo sua sj)onto mandato, tanto più lo gratificamo et gli restanio cum magiore obligo. Mantue, 7 martii 1498 p. — (Ardi. Gonz. ; Copialettere dulia marchesa). (2) Vedi la lettera pubblicata dal Gaye e dal D'Arco, loc. cit.; questo ultimo la suppone erroneamente scritta da Cosenza. 23 no UMHERTO ROSSI quindi esaurita la sua missione tornò verso la fino di maggio a Mantova, (i) L' anno seguente 1' Alari era ancora a Bozzolo , dove lavorava per il vescovo Lodovico Gonzaga alla fusione di statue di bronzo imitanti originali antichi: la sua presenza colà ci è rivelata da due lettere del vescovo suddetto diretto al vicario episcopale di Mantova, con cui gli ordinava di far imprigionare im don Alberto Vassalli suo cappellano , e sog- giungeva : u Li domandareti se l'ha improntato, oscia chi altri Tha- a bii facto, alcuna cosa de quelle de l'Antiquo qui, che lui u ve intenderà bene, facendovi dir tutto quello ha facto et u scià circa questo et cum qual mezo. Et de quanto cava- a reti da lui ce avisareti senza dimora, ita che per questo a correrò habiamo zobia matina vostra risposta de tale exe- u cutione 71 (2). Pare tuttavia che le risposte del Vassalli (3) non fossero soddisfacenti, per cui il vescovo che ci teneva (1) Lettera del protonotario Agnelli alla marchesa Isabella : Il Ill.ma et Ex. ma Domina Fna singul. Humili cum premissa. — Re- tornando lo Antiquo presente exhibitor, in satisfactione del debito mio m'è parso per questa mia visitar V. ra Ex.''» cum significarli se ad pre- dicto Antiquo non ho facto tutto quello che seiia snto mio desiderio. Almancho de quanto ho potuto non li sono mancato in exequtione de quanto era venuto per expedire de qua: si per respecto de V. r» Ex.''» come per lo digne et copiose sue virtù. Come più diffusamente quella intenderà dal predicto. Ala quale sempre me raccomando. Rome xv maij 1497. — ■ 111."'= D. V. servitor L. Agnellus protonot. n — (Arch.Gonz. ; Carteggio di Roma). (2) Archivio di stato in Parma; Carteggio Gonzaga. — Lettera al Vi- cario episcopale di Mantova, da Bozzolo, 27 ottobre 1498. (B) Don Alberto Vassalli di Cremona fu frate carmelitano e, al pari di Ermes Flavio, amatore ed intelligente di cose d'arte. 1 MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 171 a che altri non avesse copia delle sue sculture, tornò a scrivere al vicario : u Non è a satisfactione nostra quanto vi ha dicto don il Alberto, et di novo replicateli clie vi voglia dir la verità, u cioè se r ha improntato 1' Apollo e la Nuda della bissa u scudelara che sonno suso la rocha a Bozulo in lo stu- u diolo de lo x\ntiquo, e chel sia certo che lo volemo saper u e lo intenderemo ogni modo ; e dicendone liberamente la u verità, e dandone le forme , se le ha facto fondere , per- u donaremoti, ma che non la dicendo, la intenderemo ogni u modo e lo castigaremo e puniremo talmente che se ne a pentirà, quando possiamo mai poi intendere lo habii facto: u. e non manchareti de ogni minatie per intendere la verità, u avisaudone del tutto presto -n (1). Stavolta il cappellano, messo alle strette , confessò la colpa commessa e fu mandato a confine in Castel- goffredo, dove restò due mesi: il 29 gennaio del 1499 il vescovo scriveva al commissario di quel paese : a don Alberto direti cìie ritorni a nui , e nel marzo dello stesso anno lo raccomandava caldamente al suo segretario Gabriele Bossi, detto il Poetino , di- mostrando così di averne completamente dimenticato la scappata (2). Intanto Pier Iacopo continuava a lavorare pel ve- scovo Lodovico, nella rocca di Bozzolo, dove aveva (1) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettera al vicai-io episcopale di Mantova' Bozzolo da 29 novembre 1498. (2) Il Vassalli aveva una causa a Mantova per una casa di cui era stato spogliato, e Lodovico ne scriveva cosi al Poetino: li Havendo nui grato et cliaro don Alberto nostro capellano.... desiderosi di adiutarlo, né mancarli di quello favore e protectione deblie un buon patrone al suo benemerito servitore, etc. n — (Ardi. sudd. Cart. sudd.j. 172 UMIÌERTO ROSSI lo studio : e pare che si occupasse anche in opere di marmo, perchè il prelato mandava a Venezia a provvedergli la materia prima , come risulta dalla lettera seguente diretta a Pietro Albano: u Spectabilis et prestans vir , amice honorande. — Vi ti prego vogliati far afatichare un poco Thadeo vostro in u trovar et comperare un pezo de marmo de la sorte se u contiene in la inclusa police et operare ch'io sia ben ser- ti vito, mandandomelo poi per la prima nave ohe vi occor- 14 rerà venire a Mantua, che me fareti piacer assai, offrendomi u a vui sempre et raccomandandomi. Riparoli, 4 decembris a 1498. a Un pezo de marmo grande, per diamitro braccio uno et a un quarto, el pezo sia tondo et sia grosso ad minus quatro a dita, se più, meglio è, et sopratutto sia bianche senza vene li et saldo che non sia cotto , perchè tal marmo ha a ser- u vire per fare figure : et sera bone informarsi da maestro li Piero Lombardo o da altro maestro sculptore di figure di a marmo : el sopradicto marmo sia da Carrara gentile et in u tutta bontade et belleza r> (1). Contemporaneamente al bassorilievo di marmo , l'Alari lavorava attorno a un Ercole di bronzo: e appunto perchè l'artista indugiava alquanto a com- pire questa statua, Lodovico immaginò un curioso espediente per costringerlo a far presto. A Tommaso Pasqualino, suo agente in Venezia, ingiunse di com- pei'are un anello del prezzo di circa dieci ducati (2) e quando l' agente , venuto a Bozzolo , lo avvertì di aver portato 1' oggetto richiesto, il prelato gli rispose: (1) Arch. sudd. Cart. sudd. (2j Arclu sudd. Cart. sudd. — Lettera a Tommaso Pasqualino, da Eiva- rolo, 18 febbraio 1499. I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 173 u Quando quello anello col diamante non sia in maggior u pretio de 8 ducati, io lo pagarò, e vui lo dareti alla mo- u gliera de lo Antiquo in nome mio, pregandola che la non u vogli dare di quelle cose che la scià a suo marito, sino u che habbi fornito lo mio Hercule n (1). Nullameno nel maggio susseguente 1' Ercole non era finito ancora e Lodovico scriveva al suo scultore : u Expeditene cum più presto de l'Horcule, ad ciò possiamo u attendere ad altro et non vi mancharomo n (2). In questo tempo Pier Iacopo si recava di frequente a Gazzuolo: i figliuoli di Gian Francesco Gonzaga e la di lui vedova Antonia del Balzo avevano fissata dimora in questo paesello la cui rocca era stata ab- bellita con artistici lavori , di guisa che Gazzuolo rimase poi per lungo tempo residenza dei signori di Bozzolo. L'Antico non segui subito la piccola corte a cui era addetto , ma conainciò a fabbricarsi nel paese una casa, chiedendone in dono i materiali alla marchesa Antonia (3). Non tralasciò per altro di at- tendere a lavori d'arte pel vescovo, il quale ordinava al suo agente in Gazzuolo di provvedergli bronzo e (1) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettera a Tommaso Pasqualino, da Ri- varolo, 10 aprile 1199. (2) Ardi. sudd. Cart. sudd. ~ Lettera all'Antico, da Quingentole , 22 maggio 1499. (3) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettere all'Antico e a Giorgio Raineri da Quingentole, 22 maggio 1499 ; a maestro Ruggero , da Quingentole, 26 maggio 1499. 174 UMBERTO ROSSI stagno per la fusione di una testa di Scipione W. La testa , spedita al prelato , non fu di suo gusto , per cui la rimandò allo scultore con questa lettera: a Antiquo. — Ve remandemo la testa per essere troppo u grande e pregamovi ce vogliati mandare dessignate su u sfogli tutte le figure de cera liaveti lì , cum la mesura u. de la longlieza e grosseza che hanno ad venir facte do u nietalo. — Quingentulis, xiij iulii 1499 v (2). Qualche giorno dopo tornava a scrivere: u Antiquo mio. — In rispuosta della vostra, occorre dirvi u ch'io resto cum piacer grandissimo che la testa de Sci- u pione sia venuta bella; et che mò haverò continuo desi- u derio vider quella fornita, tanto me 1' haveti posta in u grafia. Li mantici farò ogni opera per haverli dal Conte u Federico, possa che li indicati a vostro proposito. u Vogliatime mandar la misura de l'alteza de la nuda de u la bissa scudelara , perchè non mi pare sij tanto grande u come il satiro. Ale altre particularità della lettera vostra u non dirò altro perchè spero d'esser li presto. — Quingen- u tulis, xxij iulii 1499 V (3). La seconda statua è certamente quella che don Alberto Vassalli aveva tentato di improntare; e di essa e del satiro sarà quistione più avanti , quando riporterò nuove notizie su queste sculture , di cui (1) Arch. sudd. Cart. sudd. — Lettera a Giorgio Raineri , da Quin- gentole 6 luglio 1^99. — Percliè manca all'Antiquo certo bronzo o stagno per fare corto opere, provedetegli de quello li bisogna, ch'io ve sati- sfarrò poi. n (2) Ardi. sudd. Cart. sudd. (3) Arch. sudd. Cart. sudd. I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 175 anche la marchesa di Mantova desiderava nna ri- produzione W. Il nostro artista non aveva ancora trasportato il domicilio da Bozzolo a Gazznolo , quando Isabella d' Este che cominciava ad averlo in grande stima , inviò a lui lo scultore Gian Cristoforo Romano, colla lettera seguente: a Antico. — Ne la porta del nostro camerino cTesido- u ramo liavere qualche cosa de mano vostra: perliò man- u diamo a posta lì a vui Zoan Cristophoro nostro sculptore, u qual ve declarerà la intentiono nostra et vi darà la mo- u sura secundo lo bisogno: pregamovi clie vogliati pigliare u lo assumpto voluntieri et mettervi subito ad opera che a ve ne resultarà honore et utile , et faretine cosa grata, u — Mantue, xxvii Martii, 15(XJ n (■■2). Pier Iacopo non potè accettare 1' onorevole inca- rico , perchè era occupato a finire alcune forme di statue, per cui dovè rispondere in tal guisa alla mar- chesa : u IH.™' Signora mia. — Ho visto quanto me scrive vostra u signoria ancora quanto ol desiderio vostro de fornir una u porta e Zolian Cristofalo me lia narrato el tuto et incre- u semi a non poter al presente satisfar a vostra signoria, per (1) Pei lavori eseguiti nel 1109 l'Antico eljbe 18 ducati: il 30 giugno di quell'anno il vescovo Lodovico scriveva al suo tesoriere Nicolò della Croce : li Volemo et comottemovi daghati allo Antiche ducati 23, (juali glie daaemo per alcliuni lavori ce fa. n E il 4 settembre dello stesso anno, in un'altra lettera allo stesso : Il Al conto de li 50 ducati de la provision nostra do septembro p sente volemo e vi comettemo respondati al Antiquo ducati 25, quali 1 donarne, n — (Arch. sudd. Cart. sudd.). (2) Ardi. Gonz. Copialettere della marchesa, re- 176 UMBERTO ROSSI a alcune forme ch'io ho fate di novo e non fornendole per- u. deria tanta fadicha e per el certo lohan Cristofalo ha Li visto el tuto, lui ne è bon testimonio. Ancora siate certa che a quando liavese intese prima, più presto me seria disiolto a che no haver satisfato al desiderio vostro, per tenirve e a havervi tenuto per mia signora, al qual di continuo me u recomando. — Bozolo, xxviiij martii, 1500. tt Antiquo n (}). Isabella d' Este non si offese punto di questo ri- fiuto ; anzi F anno seguente diede allo scultore una nuova commissione , di cui troviamo cenno in una lettera che essa gli indirizzava : " Del puttino del spino non ne reputamo solo obligate ti al Il.™° Monsignore nostro barba, ma etiam a vuy che lo u. haveti facto, et però ve ne ringratiamo quanto possiamo. u Per dimostratione del grato animo nostro, non per premio, u vi mandiamo una de le nostre veste de veluto alistata u perchè ne faciati un dono a vostra moglie, quale avemo a già inteso da vuy ohe la amati più che vuy stesso et per- a suadendone che ancora siati de la medesima dispositione, " havemo voluto gratificarla più presto che vuy , attento a. che non ne ritroviamo cosa che fussi secundo il merito « vostro n (2). Questa statuetta, copia ridotta della celebre statua antica, venne dalla marchesa posta sopra un uscio del suo appartamento. Qualche tempo dopo , essen- dovi un'altro uscio, a cui per simmetria doveva es- sere sovrapposto un altro bronzo , la marchesa Isa- (1) Ardi. sudd. Carteggio di Bozzolo. (2) Ardi. sudd. Copialettere della Mardiesa. — Lettera all'Antico, da Mantova, 26 marzo 1501, 1 :mkiiA(;i.isti riKr, rinascimento alla torte di Mantova 177 bella pregò il vescovo Lodovico che gli volesse far fare dall'Antico una statuetta che potesse armoniz- zare col imttmo dal spino; ma la commissione fu eseguita malamente da Cesare da Gonzaga che ne era stato incaricato, e che aveva detto desiderare la marchesa una riproduzione del cavaspino. Il vescovo e l'Antico chiesero quindi schiarimenti alla commit- tente (1), che mandò loi'o istruzioni precise così: li Mons/ R."i". - Lo Antiquo et E. "a Y_ gig.ia hanno u meglio compreheso el concepto nostro che non gli ha sa- a puto exponero Cesa.r da Gonzaga, al quale lo exprimetti : u, però ch'io voria una figurotta de bronzo do la grandeza a del putino dal spine et non un altro proprio a quello : la u quale voria mettere sopra una cornice da uscio al incontro u. de quello putino per darli conformità, essendo li ussi de u Tina proportiono, siche prego V. S. vegli farla far et pili u. presto che la può. lassando la electione do la figura in ar- ti bitrio de l'Antiquo; elio da lei l'haverò gratissimo : et di Il cuore me gli raccomando. — ]\[antue , xxix Januarii a 1503 T, (2). L'esecuzione della statuina , che proliabilmente rappresentava una donna, fu tirata in lungo, perchè (1) Arch. sudd. Carteggio di Bos^zolo. Il 111. ma et ex. ma Dna Dna mea colendiss.a — Co^ar da Gonzaga l'altro giorno in nomo do l'Ex.''» vostra me recprcò ch'io gli volessi far fare al Antiquo uno de quelli piitini dal .spine: ed io parlandone con epso aciò el mete.sse ad ordine de farlo, me rispose cliel desiderio suo seria d'havere una cosa simile e non el putino proprio dal spino : cosa che mi fa star dubioso : prego adunque quella, aciò di' io la possi satisfare secundo el desiderio suo et voluntà mia, me voglia nvis.ir che cosa et di che sorte la me ricercha, che la farò fare quanto più presto mi sera possibile. Ala bona grafia sua me raccomando : quo felix sit. ■ — Gazoli xxvii .Januarii 1503. — 111."= D. V. — Ser.o'- Lo : de Gonzaga, Ellectus Mantuanus, Marchio etc. n (2) Arch. sudd Copialettere della marchesa. 178 UMIiEKTO KOSSI tanto il vescovo elio l'artista erano stati ammalati : finalmente, il 9 settembre 1503, Lodovico spediva a ^lantova la statua desiderata, accompagnandola con questa lettera: u Ill.'"a et ex.'^a Domina mea observan.'T'=' — Mando ala u. Ex.'ia Yj^ una figura de mettallo per lacobo di Lecti a mio mastro di casa , comò li promissi et se sonno a stato tardi ad mandarla, quella ne incolpi lo male mio a et quello de lo Antiche. Credo bene de mandarli una bona u cosa: et tanto più voluntiera la mando , quanto che la li Ex. ''3 vostra cognoscha che anchora io ho de le donne " per casa; dignandossi de acceptarla con quello bono animo a ch'io gliela mando. — Gazoli, die vini septembris 1503. u lU.ni'^ et Ex. D. V. a. Servitor Lo. de Gonzagha w Electus Mant. Marchio n (1). Fin dal 1501 l'Antico aveva trasportato definiti- vamente la sua dimora da Bozzolo a Grazzuolo : e pel vescovo aveva anche eseguito in quell'anno una statua d'Apollo (2). Inoltre ora stato nominato came- (1) Ardi. sudd. Carteggio di Bozzolo. (2) Ardi, di stato in Parma. Cart. Gonz. II Geòrgie Bainerio. Eengratiamovi delli avisi ce dati che ce sonno gratissimi : et una buona nova circha lo Apolline : diti a m. Thomaso die per bora non è possibile lo possiamo far fornire per dui rispetti: l'uno perchè lo Antiquo lavora malvolentieri le feste : e magistro Zoan è occupato circha una testa e non può attender ad altro. L'altro se ritro- vamo talmente exhausti do denari cum le nostre mensuale provisioni avilupato, cb'el non è possibile puotiamo valersi d'uno soldo. E questo dicemo perchè lo Antiquo non ce dona simile cose ma ce le mette 25 o 30 ducati e non vole lavorare senza il quatrino. Mai si che se li expecta sino abbiamo francata la provision nostra che sarà fra pochi zorni, faremo fornir lo Apollino et de le altre chose anchora. Bene- valete. Gazoli, 7 decembre 1501. n 1 MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 179 riere di Lodovico, carica che gli fruttava 18 ducati d'oro all'anno W. La marchesa Isabella intanto non cessava di farlo lavorare ; è interessante la storia di una figurina d'oro di San Giovanni Battista, che essa gli commise, ed il carteggio che vi si riferisce merita di essere conosciuto per le diverse modificazioni che vennero portate alla statuina e perchè serve a provare una volta di più quanto la colta marchesa di Mantova si cui'asse dell'arte anche in ogni più piccolo parti- colare. La prima lettera è diretta al vescovo Lo- dovico : u E.'n° Mons. — L'amore ch'io porto a V. E.'"a S. me fa u esser pocha respectiva ad operarla si come voria che lei u facesso cum me. Bisogna adunque che la me aiutti a u pagar un debito : voria far fare una figuretta piccia a d' oro de santo Zoanne Baptista che non fosse de la u magiore grandeza de la carta inclusa. Pregola vogli u ordinare allo Antico che facci una forma de cera in u tutta perfectione , advertendo che voria che fusse nudo u o cum tale vestimento che la persona fusse scoperta , u et come meglio gli parerà convenire , adaptando le u mane in forma che in una habbi la croce et in 1' altra u un breve, da potersegli scrivere dentro que Agnus Dei : u quando non potese di cera fare la croce et lo breve pre- u dicti, facia le mane apte a metergli poi in quel d'oro, et u quanto più presto me servirà, tanto più me sera grato, a mandandomelo cossi facto de cera, ch'io puoi lo farò far u qua d'oro et serene obligata a V. S. alla quale me rac- u comando. Questa figuretta voria metter in una filza de la u corona portatila. — Mantue, xxviii martii mdiiii. n (1) Il nome delTAntico compare nella lista della famiglia di Lodovico Gonzaga fatta il 20 maggio 1501, collo stipendio di diciotto ducati e coll'appellativo di camarero ; i camerieri erano sei, tre a diciotto ducati e tre a quindici ducati. 180 UMHEUTO ROSSI a Postsc. Voria clie el dimostrasse la età de uno putino li de tri anni, et benché liabbi dicto che voria che l'havesse d in mane la croce , me ne pento , ma voria che cum la u mane dritta tenesse el dito de indicar et in la sinistra il a breve. Iterum me raccomando a V. S. n (1). Contemporaneamente scriveva a Pier Iacopo : u Antise. — Intendereti da Mons. E.™» el desyderio nostro a eh' è che ne faciati una forma de cera de una figuretta de " Santo Zoane Baptista. Farne superfluo confortarvi a farla u bona, perchè un bono maestro non saperla farla trista, a ma vi pregamo a farla a vostro modo et presto , perchè " sapeti che siamo appetitosa. Serimovene obligate, offeren- a done alli vostri piaceri. — Mantue, xxviii martii, 1504 n (2). Il vescovo ingiunse subito al suo scultore che, la- sciato da banda ogni altro lavoro, soddisfacesse al desiderio della marchesa; e le scriveva: u Eecevuto la lettera di la Ex.''a V.^a , fui col nostro a Antico et li commissi lo desiderio de quella: il quale, a comò suo buon servitore, acceptò voluntiera de servirla: u comò farà sempre mai in ciaschuna cosa che li comandarà : a cossi domane se penerà a lavorare per la Ex.'"» vostra: a uè abbandonarà la impi'esa insiuo che 1' opera non sarà u perfecta n (3). Tre giorni dopo il piccolo san Giovanni era finito in cera e spedito a Mantova, come appare dalla let- tera seguente: (1) Arch. Gonzaga. Copialettere della marchesa. (2) Arch. sudd. Copiai, sudd. (3) Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo. — Lettera di Lodovico Gon- zaga ad Isahella d'Este, da Garzuolo, 29 marzo 1504. I MEDAIÌLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 181 u 111. "'2 Signora. — Mando ala Celentia vostra lo Santo u lohani, fato non già come saria el desiderio mio, perchè u non mi potria trovar più infredato di quel oh' io sono , u per aver il di propio che la S. V. me scrisse, zetato una a figura de metalo, la qual hame fatichato asai, dove prego a la signoria vostra non satisfando questo, si degni quella u darmi un podio di miglior comodità , perchè sforzaromi u de satisfar meglio ancora, esendo questo per voi et con- u tentarvi chel sia fato a Grazolo , mandatillo ohel reveren- u dissimo nostro ara di gratia , non de cosi pocha suma , u ma d'ogni sua facultà spensarli in vostro benefitio. Prego u la Signoria vostra si degni arrecordarsi dela mia do- u manda, de la quala n' ave ti intese ne la mia litera a la a qui gratia di continuo merrecomando. — Gazollo , adi u 30 martii (1504). a Le mane et i piedi non sono finiti per eserge dentro u filo de fero, perchè non se porla far altramente : bisognarà u satisfar, in quel d'oro farasi ogni cosa più delichato. u. Antiquo servo n (1). La marchesa, appena ricevuto il modellino di cera rispondeva allo scultore : u Restamo satisfacte della forma de Santo Zoan Baptista u che haveti facta et ve ne ringratiamo n (2). (1) Ardi. sudd. Cart. sudd. — Il vescovo Lodovico accompagnava anch'egli l'invio del modellino con una lettera: u 111.""» et ex."» D.na obser.""» — Mando per questo mio corriere a V. m.™» Si. la figurina ha fatto a (quella l'Antiquo : qual se gli offe- risse, non piacendogla, de refarla tante volte quanto lei vorrà per sa- tisfare a sua Ill.ma Si. : ala qual me ricomando. Gazoli : ultimo martii 1504. — S.'""' Lo. de Gonzaga, Klectus Mantuan. Marchio, n (2) Arch. sudd. Copialettere della marchesa. — Lettera all'Antico, da Mantova, 2 aprile 1504. 182 UMBERTO ROSSI Ma dopo alcune ore, pentita dcH'approvazione ple- naria , mandava a Gazzuolo una seconda lettera : a Antiquo. — Doppo clie ve scrivessimo questa mattina, " havendo meglio considerato el sancto Zoan Baptista che li tene el dito indicante dritto, dubitamo clie da qualcuno u saria reputato uno Dio patre che se dipinge col dito a quel a modo : ma che meglio starla a stare che lo tenesse non cossi u dritto, ma ben volto verso il cielo, comò saria ad indicar il u sole, et a quella via volgesse etiam gli ochii, quando cossi a ricercha l'arte: si comò questo ch'haveti facto ne pare vol- « gore al loco dove era driciato il dito, adaptando poi et cum u ragione l' altra mane dove va il breve : et perchè non lo a poteressimo ogni modo far zetare de qua de Pascha, n'è a parso mandarvelo , pregandovi che cum vostra comodità u lo vogliati reformare, finire et netare: quando vui havesti la u. commodità de farlo zetare li per farlo a vostro modo, ve li mandaressimo 1' oro et non ne pigliaressimo altra cura , li sapendo che vui ne faresti servire bene. Se anche vi pa- u resse che qvia fussimo meglio servite , consiliatine senza u rispecto, che noi desiderarne haverlo bono, se acostarimo u al consiglio vostro. — Mantue, secunda aprillis, muuii n (1). Lo scultore, che per certo suo interesse partico- lare, non voleva scontentare la marchesa, le rispon- deva così : u Illu. Madama. — Non mancharò de satisfar a ogni mio li mio potere al desiderio vostro et siate certa, se non sarete u così ben servita come voresti, incolpate me non saper più li usare ogni delgentia, non mancharò de rifarlo come havete u scrito , avisandovi che prima non avea inteso , perchè li legende la litera me paria chel dicesi dover tener el dito li in alto, adeso farò chel mostrarà el dito verso el breve, (1) Aroh. sudd. Copiai, sudd. I MrDAGLlSTI DKr. RINASCIMENTO Al.I.A CORTE DI MANTOVA 183 a mostrando non tropo alto, ancora voltarà la testa verso a el breve : farò nu anelato in cima la testa, sei par a ti vostra sign-oria. per atacliarlo e sei vi parese che non u. avese ben inteso , fatene far un podio de disegno, aciò u non liabiate tanto fastidio a la cui gratia de continuo me ti recomando: d'oro gè ne sarà per farlo tanto quanto a me a piace. u Antiquo servo n (1). E la marchesa, che desiderava il lavoro perfetto, gli replicava: ti Antiquo. — Non accade replicare altro circa el santo a Zoan Baptista, perchè ne pare che habiati ben inteso, ma ti adverteti perhò che anchora chel dito e li ochii voltano u verso il breve che l' bavera in la mane sinistra, veleno a perhò guardare verso il cielo: cossi gli fareti lo aneleto ti in cima la testa per poterlo infilzare. — Mantue , iiij u aprilis, M'o'm-j" n (2j. Il 15 d'aprile il san Giovannino era finito in oro e spedito a Pianto va; il vescovo Lodovico e Pier Iacopo lo accompagnavano con due lettere (S) e Isa- (1) Arch. sucld. Carteggio di Bozzolo. — ■ La lettera e senza data, ma è scritta certamente 'la (fazzuolo il 3 aprilo 1504. (2) Arch. sudd. Copialettere della marchesa. (3) Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo. u Ill.m» et ex. domina niea observaml.""^ — Se la Ex.'" vostra non ha cosi presto havuto lo san Zoanne che ha gettato lo Anticho nostro corno forsi Iiaveria desiderato, lo voglia havere excusato, che invero non ha perduto tempo alcuno: et ha usato ogni sua arte et diligentia per condurlo meglio sia stato possibile. Io lo mando hora ala Ex.''^ vostra et liavorò piacere che satisfactia ad quella corno desidero do satisfarli in ciaschuna cosa. Il san Zoanne è facto per le mano di lo Anticho. Il cordono per quelle di la Margarita Gambacurta : la (juale dice che qua ad Gazolo non scia fare altro che cordono et se raccomanda con me in bona gratia di la Ex, e» 184 UMBERTO ROSSI bella d' Este rispondeva all'invio con queste parole che, scritte dalla principessa più colta ed intelligente del rinascimento, formano il più bell'elogio del nostro artista : u Antiquo. — La imagine del santo Zoanne Baptista è in u tanta bontà , che ben dimostra che l'habiati fatto vuj. A u. noi non potria satisfare più né vi poteressimo rendere a tante laude et gratie che più, non meritasti. Eeserva- a remo ad satisfare cum effecti: non bisognava che facesti « scusa di tardità , perchè non credevamo pure chel fusse u anohor facto di cera: ma in questo haveti voluto dimo- u strare la perfectione de l'arte vostra: ofFeremone alli u vostri piaceri. — Mantue, xvi aprilis mdiiij n (1). Fu certo in seguito alla premura e all'impegno con cui r Antico eseguì questo lavoro , che Isabella d'Este gli ottenne la riconferma del banco in bec- cheria , donatogli dal marchese Federico. Francesco Gonzaga aveva voluto che tutti i banchi fossero messi all'incanto, e lo scultore si rivolse subito alla sua protettrice per non perdere quella piccola pro- vostra, che Dio la conservi et feliciti. Gazoli die xv aprilis 1504. — 111.™= et ex. D. V. servitor, Lo. de Gonzagha. Electus Mant. Marchio. — (fuori) 111.1"= et Ex.me Domine, Die Colen.m= Dfie Isabelle Marchionisse Mantue, etc. d Il Illu. Madama. — S'io non ho satisfate la S. V. come seria il desiderio mio, pregovi me abbiate per excuso perchè mi trovo assai tristo e come amalato : siate certa quel poco che ho potuto 1' ò fato volentiera : non è manchato Monsignor reverendissimo de solicitarmi per aver gran pia- cere che siate servita, ancora de oro non me a manchato, se bene gè ne avese bisognato dece volte tanto, perchè la S. sua farla asai per quella ala quale me oferisco de continuo servo. In Gazolo, adi 15 de aprilo 1504. — Antiquo servo. — (fuori) Diva Isabella Augusta, Mantue Marchio- nissa. 11 (1) Arch. sudd. Copialettere della marchesa. 1 MEnAGLISTI DEL RINASCIMKNTO AM.A rORTE DI MANTOVA 185 prietà (1); anche il vescovo Lodovico lo l'accomandò caldamente (2) , sicché la marchesa rispondeva così all'artista : u De quella vostra bancha havemo ordinato che la sii u descripta a vostro fratello nel modo che se fanno le altre a perchè el signore le ha levate ad ognuno, et vole che u siano incantate , che per non rompere questo ordine S. u Ex. non ha voluto conmpiacervi adesso, ma noi volemo u parlargene , et stati securo cho non pagareti el fitto, né u vi sera levata, se ben noi dovessimo pagare, che per amor a vostro voressimo fare magior cosa , richiedendo cossi le u virtù vostre v (3). Finalmente nel settembre successivo, per decreto della marchesa W , il banco veniva confermato in perpetuo all'Antico ed a' suoi discendenti. La perdita dei copialettere di Lodovico Gonzaga ci toglie di sapere quali lavori il nostro scultore abbia (1) Ardi. sudd. Cartec;gio interno. — Lettera dell'Antico alla marchesa Isabella, senza data, ma nel marzo del lóOt. (2) Arcli. sndd. Cartet^gio di Bozzolo. — Lettera del Vescovo Lodo- vico Gonzaga alla marchesa Isabella, da Gazzuolo, 29 marzo 1501. (3) Arch. siidd. Copialettere della marchesa. — Ijcttora all' Antico, da Mantova, 2 aprile 1504. (4) Arch. sndd. Registri dei decreti. — u Isabella Marchionissa 'Man- ine &. — Virtute qua plurimnin pollere pcrspexsimns nobilem et egregium sculptorem, dilectum civem nostrum Petrnm .lacobum lUarium, cogno- mino Antiquum, nec non et innumer.abilibns obsequiis per euni in nos hactenus collatis ellectum ipsum munere, favore ac gratia nostra com- plecfendnm duxinnis et ideo prosentium vigore, tenore etc. eiusdem Petri Jacobi filiis ac descendentibus quibuscumque suis masculis, scilicet tan- tum ex legiptimo matrimonio natis et nascituris et in pcrpetuuni dnmns tradimus et eonccdimus banchum primula manu sinistra in ordino ce- terorum in macello, seu ut vulgo dicitur beccharia malori, etc. Datum Mantue, xii septembris mdiui. Egidius Spaniolus, Cancellarius etc. n 180 U.MMERTO KOSSI ancora fatto pel vescovo, clie fa grande amatore di belle arti e d'antichità; però nell'archivio manto- vano vi sono molti dociimenti posteriori ai fin qui citati, che ci permettono di segnalare parecchi la- vori dell'Antico, quasi tutti eseguiti per la marchesa di Mantova. Così nel 1505 egli le mandava i modelli di una testa di cavallo e di un'aquila che dovevano essere gettati in argento (i). Nel 1506 acconciava per lei due teste antiche di marmo, una delle quali rap- presentava Minerva (2); e la marchesa gli rispondeva colla lettera seguente, che ci dà un' idea di quanto essa lo avesse in i stima, anche come conoscitore di antichità: u Antiquo. — Havessimo le teste , quale haveti tanto (1) Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo. « lllu. Madama. Se soii stato tardo a mandar la testa del chavallo come l'aquilla, non incolpate altro chel malie et iterum non son ben fora per esare inferdato. Ancora prego mi perdonate se non è cosi ben servita la S. V. come quella desidera. Sei maestro non sera pratico a zetarlli d'ar- zento, li insignarò di gratia e potendo altro, pregni me comandate. — Antiquo servo. — (fuori) Diva Isabella Augusta Mantue Marchionissa. n La lettera porta posteriormente la data 1505. (2) Ardi. sudd. Cart. sudd. a Illu. signora. — Mando le due teste ala Signoria vostra le qualle conzai già molti giorni, ancora ricordo ala S. V. che li fazia aver diligentia nel manezarle, percliè la bontà sua merita tal fatica : ala prima ho giunto el naso di marmerò ancora uno ochio, alcuni peci nel pano. L'altra gè gionto quel che vedete de una compositione de durar mile anni : el nome suo è Minerva, avisando che qui a Gazolo non gè ne è ninna più bella, ogni volta quando la sia in opera un podio lontan da l' ochio, non se porà dir se non ben de lei. Ancora s"io posso alcuna cessa per la ece- lentia vostra, vi suplico di gratia me comandate e al signor vostro acha- dendovi li recordate il suo servo Antiche, e ancora se ricorda de coman- darmi. Prego quando le vorrete metere in opera, non vi sia gl'ave a farmi scrivere. — Antico servo. — {fuori) Diva Isabella Augusta, n La lettera porta posteriormente la data 1506, ed è anteriore al 18 maggio. 1 MEUAlil.ISTI DEL lilNASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 187 u bene aconzie , che creclemo il proprio sculptore non u haverle di prima forma si ben formate et sculpite. In u questo si cognosce la perfectione di 1' arte vostra. Tene- u rimole più oliare che non facevamo , essendoni da vui a tanto laudate. Vi ringraciamo assai et quando le vorimo u reponere in loco firmo, vi chiameremo : vegliatine avisare u quando havereti tempo di venire ad conciare il Cupidine. u Benevalete. — Sachette, die xiix Mail 1B06 v (1). Qualche tempo dopo Isabella d'Este voleva acqui- stare da Andrea Mantegna un busto di Faustina che era stimato la cosa più preziosa che il grande pit- tore possedesse nella sua collezione di oggetti antichi. Il Mantegna, che si trovava alle strette , ne voleva cento ducati, ma la marchesa diceva che il prezzo le pareva ingordo <2) e non voleva dargliene che ven- ticinque. Tuttavia temendo che la preziosa scultura le sfuggisse, essa deliberò di consultare l'Antico, del cui giudizio faceva gran conto, e gli scrisse: u Antiquo. — Havemo gran desiderio di comparare la u Faustina de m. Andrea Mantegna , el quale ha adesso Ci animo di venderla et perchè el ne dimanda cento ducati a et noi non sapimo quello che gli potemo spendere. Però u ni è parso driciarvi il lator presente a fine che libera- u mente ne vogliati far intendere l'animo vostro di quanto a fin a un quadrante gli potemo spendere, che vi promet- u temo sopra la fede nostra che may ne farimo motto cum (1) Ardi. sudd. Copialettere della marchesa. — Non so che cosa sia questa statua di Cupidine che la marchesa voleva far ristaurare : il non avergliela mandata a Gazzuolo, come fece di tante altre, fa credere che essa la tenesse come cosa preziosa assai. (2j Arch. sudd. Copiai, sudd. — Lettera a C'ian Giacomo Calandra. 16 luglio ISOC. 188 UMHERTO ROSSI u alcuno et vi tenerimo secretissimo. — • Sachette, xv lulii u 1506 V (1). Pier Iacopo le rispose in tal guisa: a Illu. Madama. — Quando la testa de miser Andrea u non fuse consumata dal tempo in molti lochi la precerea u ancora ])iù di cento duchati, dove la signoria vostra, pia- ti cendovi, poterla aspetar alquanto perchè se poterà veder a a Eoma in alchun locho e tramar de alchuna, questa non u mancharà: in questo mezo la signoria vostra darà prin- u cipio al desiderio vostro, pure di questo la signoria vostra u ne farà quanto li pare: non starò tropo a dar opera in u alcuna cosa per la S. vostra, a la quale di continuo me u recomando. — Gazoli, xv lulii 1506. u Antiquo servo n (2). Negli anni seguenti l'Antico lavorò per la mar- chesa a ristaurare statue antiche e fu anche spesso chiamato a dare il suo giudizio su oggetti d' arte , sulla cui autenticità poteva nascer dubbio: così nel 1507 la marchesa gli mandò a Gazzuolo un Zoanne di Aruschoni milanese che voleva venderle alcune cose antiche, pregandolo che le dicesse il suo parere e ne stimasse il valore (3) ; nel 1514 l'Alari le racconciò una statua di Marte (4) ; nel 1515 dava il suo giudizio su (1) Arch. sudd. Copiai, sudd. (2) Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo. (3) Arcli. sudd. Copialettere della marchesa. « Antiquo. — Zoanne di Aruschoni milanese presente estensore ne ha presentato alcune cose le quale lui dice essere antique. Perhò ne è parso, nauti che facciamo altra spesa, driciarvilo a fine che le vediati et che poi l)or lettere vostre ce avisati se vero è che siano buone et antique. Apresso expoctamo anche intendere da voi quello che gli potressimo spendere particularmente. — Mantue, xv Nobr. 1507. ii (4) Arch. sudd. Carteggio interno. — Lettera di Giovan Battista Cattaneo alla marchesa, da Mantova, 20 giugno 1514. — El Marte mandai I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 189 di un bassorilievo (i) e su altri oggetti antichi, che pro- venivano da Pesaro ed erano stati di Galeazzo Sforza (2) ; e nello stesso anno ristaurava per lei dei busti in marmo, che erano piaciuti assai ai signori di Gazzuolo (^). Per tutte queste cose TAntico, oltre all'essere pa- gato, riceveva spesso altri favori dalla marchesa ; così nel 1509 veniva esentato dal dazio per sette pesi di a Gazolo al Antiquo, che gli fu molto caro, dicendo non poter havere niagiore piacere clie servire la S. V. in bona gratia di la quale basan- dogli la mano, si raccomanda, n (1) Arch. sudd. Copialettere della marchesa. u Antico. — Essendone stato messo alli mani questo quadro de mar- moro che vi mandamo per una cosa antica da vedere , perchè non com- praressimo simile cosa senza il parer vostro, havemo voluto prima farvelo vedere: haveremo piacere clie ne scriviati quel che ve ne pare et quanto pensati che si vi possi spendere : veduto che l'abbiati, subito ce lo reman- dareti insieme con la risposta. Benevaleto. — Mantue ix maij, mdxv. ii (2) Arch. sudd. Copiai, sudd. u Antiquo. — Essendone sta' donate alcune belle antiquità ch'erano del q. s. Galeacio da Pesaro di bona memoria, haveremo piacere che domane vogliate trasferirvi qua da noi a vederle. — Mantue, 2G Mail 1615. t» (3) Arch. sudd. Copiai, sudd. u Antico. — Ci è stato molto caro che le teste siano piaciute tanto quanto ni scriveti a quelli 111. Signori et madonne : et siamo contentissime che le lore signorie le habbino viste et reviste et godute a suo modo. Nui anchor le goderemo la parte nostra et tanto più quanto sono ben acconcie parendoni tutte equalraente antique. Dil che laudamo la diligente opera vostra et vi ne ringratiamo assai, offerendoni a tutti li comodi et pia- ceri vostri dispositissime. — Mantue, xiii novembris .mdxv. h u Antiche. — Vi mandiamo in una cassa una testa quale volemo far metere in uno de li nostri camerini , loco molto più bello che non è è quello dove stata sin hora. Volemo che con la solita arte et industria vostra vediati de cavarli via un zerto signo che ha el naso et poi ce la remandiati recontia , et alli piaceri vostri ce offerimo. — • Mantue , xi Xbris MDXV. n Il Anticho. — Hora che non è più freddo, mandiamovi la testa per ac- contiarli il naso, come anche vi scrivessimo: rotenetela mo' voi et accon- ciatela remandando indreto il mulatero. Et alli piaceri et comodi vostri ni offerimo. — Mantue, primo Martii, mdxvl h 190 UMBERTO ROSSI carne salata e tre pesi di formaggio W e nel 151 G otteneva il condono di una multa inflittagli, perchè im suo famigliare, a Mantova, aveva contravvenuto al regolamento di polizia urbana della città (2). Trovo ancora memoria di lavori suoi, che egli si pro- poneva di eseguire per Isabella d'Este, in una interes- santissima lettera che egli le scrisse nell'aprile del 1519 e che riporto testualmente : u. Illu. Signora. — I dì pasati vostra signoria mi dimandò u se el si trovava de quelle antichità che altra volta fece ti per il vescliovo : ò cercho et trovato la nuta che ineno- u chata in su la bisa schudelara , quella che fu robata a ti vostra signoria, ancora il satiro che la chareza, che bella tt cossa, il se pria farli la bracha de fogli per honestade , ti ancora io ho trovata la forma de 1' Ercule che amaza tt Anteo, che la più bella antiquità che li fusse, anchora il a chaullo de Santo lani Laterano , zoè Auellio Antonino, u circha oto cose de le migliore. Ancora io ho parlato come u il maestro che laurava al veschovo, et dice dagandoli de tt cera netizate , chel farla ])er vinticinque ducati il paro tt dele figure di longeza di mezo brazo, dove seria grandis- u simo merchato, che l'Ercule vai cum l'Anteo duellati cin- ti quanta , la nuda inzenochiata non vai manco de vinti- u cinque, dove se aria per la mità manoho de la valuta, u Io li darla li chose per amor de la signoria vostra tt voluntera per eservi obligato ancora quando vostra si- ti gnoria volesse adornar qualche loco de alchuna testa di u bronzo, io lio il modo e farne fare che sera più belle che tt non è quelle del vescho. Il dito maestro lohan ma ha dito u chel starla al modo et lavoreria a mese chome faceva col (1) Arch. sudd. Registri dei mandati : 15 Aprile 1509. (2) Arch. sudd. Carteggio intei-no. — Lettera dell'Antico alla mar- chesa Isabella, ottobre, 1516. Copialettere della marchesa. — Lettera all'Antico, da Mantova, 21 ot- tobre 1516. I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 191 u veschovo, a sei ducati il mese et le spese pei- bochi tre a et voria li clese le figure zotate di metalo, dove volendo u. vostra signoria cliel lavora il faremo lavorar a dodese du- u chati e mezo dil p perchè sei starà el dopio meglio. u Prego la signoria V. non li dispiatia la risposta ; de li aprilo 1519. u. Anticlio servo n (1). La marchesa, occupata in affari politici gli rispose: ti Havemo visto quanto ni scrivete di quello anticliitii , u ma perchè siamo al presente tanto occupate in altro che u non possemo pensare bene a simile fantasia, vi pregamo ti vogliati soprasedere cossi circa questo per vinti giorni o u uno mese et alhora venendo voi a Mantua parlaremo u diffusamente insieme et intenderete 1' animo nostro n C^). Non si sa quindi se le riproduzioni di quelle sculture siano state eseguite: forse si riferisce ad esse un'altra lettera della marchesa, di due anni dopo, nella quale essa diceva di non voler faro altre sjìose (^'). Queste sono le ultime notizie di lavori eseguiti dal nostro artefice: già avanti negli anni, egli si godette in pace nel ti'anquillo Gazzuolo l'agiatezza clie si era procurata co' suoi lavori, richiesto talora di consiglio da quei principi che riconoscevano in lui un gusto squisito insieme ad una non comune sapienza ar- (1) Arch. smld. Carteggio interno. (2) Arci), sudd. Copiali.'ttere della marchesa. — Lettera all'Antico, da Mantova, 2 magj^io l.')19. (3) Arch. sudd. Copiai, sudd. u Antiquo. — Ilavemo liavuta la vostra et intesala ve rispondenio che mandammo il nostro thesoriero, poi aspetammo gran peza quello che doveva venir ])er mostrar quelle coso, tardando tanto corno ha facto, noi liavemo dato ordine che se facciano alcuni che per nostri lochi desi- deramo et datovi principio, siche non ne pare de far per hora altra .spesa. State sano. — Da Mantova, x di febraio 1521. )' 192 UMBKRTO ROSSI cheologica W. A Gazzuolo Pier Iacopo si era fabbri- cata una casa, a cui era annesso \in vasto frutteto; e alle sue piante appunto egli dedicava amorose cure, tanto da averne frutti copiosi e di scelta qualità (2). Verso la metà di luglio del 1528 moriva il nostro scultore e Ippolito Calandra ne dava così avviso al marchese Federico Gonzaga : u lU.mo et Ecc.™» Sj mio sing.""" — Perchè è seguito u. il caso della morte di quello homo da bene di Mes/ An- u tiquo, quale veramente era homo ingenioso et gran ser- u vitore di V. S., dove lei se ne poteva prevalere assai, il u quale è morto a Gazolo di bona morte et è confessato u et comunicato come da vero cristiano. Pertanto havendo u lassato dui filioli e tra gli altri Federico suo filiolo , (1) In occasione di lavori al palazzo Gonzaga in Gazzuolo , l'Antico fu chiamato da Camilla Bentivoglio Gonzaga a vigilare le nuove fab- briche di cui si fa cenno nella lettera seguente diretta alla marchesa di Mantova. Il Ill.ma et ex.ma D."» D.na mia obser.""» — In questi di passati maestro Antonio mio tagliaprete fu destenuto a Bozolo et poi per ordine del magnifico sindico suo conduto in pregione a Mantua per la causa che V. S. IIl.™a intenderà da niesser Antiquo : et perchè in verità epso An- tonio non ha comesso manchamento alchuno, anci ha facto quello ha facto fedelmente verso li suoi principali che gli haveano ordinato il spazo dele navi che scaricavano qui a questa ripa li mercanti, supplico lei se digna farmi gratia d'epso maestro Antonio, come glie ne supplicarà etiam da parto mia el dicto messer Antiquo, che ne ho grandissimo bisogno qua al mio lavorerò del pallazo che tutti li altri maestri stano indarno per 1' absentia sua , et lui poveretto el patise grave incomodo et danno che quella farà opera pia et a me gratia grandissima: ala qual mi racco- mando sempre in bona gratia. — Gazoli , die xxv februarii mdxxii.t. — Serva Camilla Ben.» de Gonzaga, ii — (Arch. sudd. Carteggio di Bozzolo)- (2) Isabella d'Este gli scriveva per avere da lui piante fruttifere: li Antiquo. — Desideramo bavere sei o octo cazoni delle vostre lazarole et a questo effecto mandamo il presente cavallaro, ve pregamo mandarne et bene ancor con la sua terra che vengano salvi. — De Mantua, xxiiii di febr. 1621. » — (Arch. sudd. Copiai, sudd). 1 MEDAOLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 193 u quale ancora lui è vero et fidele servitore, di V. S. et a V. S. se ne po' prevalere di lui in molte cose et ma- ti xime in questi lavoreri de ogni sorte, V. S. potrà fare a di lui quello li parerà perchè suficientissimo et bene se a intende et ha bon disegno , si che prego V. S. a non il ti voler abandonare per amore di quello poverino di suo u padre et di lui et fare che li resta quel poco officio che a soleva bavere suo patre sotto al ponte di Molini, quale u dava 60 ducati, ma V. S. se ne valerà di più di 400 in u farlo lavorare, perchè non è mai per mancare di servitù a con V. S. siche commetterà V. S. che dito loco sia di esso u Federico et tanto più che lui il sa fare et lo faciva la u magior parte, et mi ha pregato il voglia racomandare a a V. S. si che il facio, per amor mio V. S. velia fare che u habia ditto officio et non lassar partire qiiesto giovane , u perchè se bavera questo loco mai si partirà da V. S... — u Mantue, xvinj lulii 1528. u D. V. 111. S. u fid. serv. Hipp.'» Calandra n (1). All'elogio che faceva dell'Antico il segretario man- tovano, si può aggiungere che egli fu amantissimo della sua famiglia: per la moglie nutriva un affetto svi- scerato, e, cosa singolare fra gli artisti di quell'epoca, non si vergognava di confessaiio; e pei figli fu padre amoroso e pieno di core O^). Come apparo dalla lettera più sopra riportata Pier Iacopo lasciò due figliuoli maschi, Federico e un altro di cui non ho trovato il nome, e una femmina, (1) Arch. sudd. Carteggio interno. (2) La moglie doll'Antico serviva la marchesa Isabella di saponi pro- fumati, che fahln-iiava essa stessa a Gazzuolo. — (Ardi. sudd. Carteggio di lìozzolo. Lettera dell'Antico ad Isabella d'Este, da Gazzuolo, 15 luglio 1506. — Copialettere della marchesa. Lettera all'Antico , da Mantova , 12 aprile 1510). 194 UMBERTO ROSSI - 1 MEI)A(il.ISTI I)Kr. RINASCIMENTO Delia, che fin dal 1518 aveva sposato Galeotto Nu- voloni, gentiluomo mantovano (i); quest'ultima era la prediletta del padre, che la raccomandava spesso con calde parole alla marchesa Isabella (2). Federico addestrato nell'arte paterna, risiedette in Mantova : e fu al servizio di Federico Gonzaga, che gli confermava nel 1535 il possesso del banco in beccheria, già donato all'Antico da Isabella d'Este (3) ; il banco venne poi comperato dalla Camera Ducale ed atterrato in occa- sione di una riforma edilizia, nel 1543 W. fContinuaJ. Umberto Rossi. (1) Il matrimonio fu combinato dalla marchesa Isabella, al cui servizio si trovava la Delia. — (Ardi. sudd. Copiai, sudd. — Lettera all' Antico da Mantova, 3 gennaio 1518). (2) Arch. sudd. Carteggio interno. — Lettera dell'Antico alla mar- chesa Isabella, settembre 1519. (3) Arch. sudd. Registri dei decreti 1535, 3 dicembre. — II decreto comincia cosi: Il Federicus dux, etc. — Eis libenter gratiflcari solemus ut optimum decet principem quos aut maiorum aut sua in nos observantia aut aliqua virtute dignos iudicamus, qualis est nobilis civis et familiaris noster Fe- dericus Bonacolsius, cuius pater Petrus Jacobus Bonacolsius, cognomine Antiquus, servitute fidelique obseqnio ac virtute sua lU.mo Q. D. patri nostro nobisque dum vixit gratissimus fuit, quique optima patris vestigia seoutus in gratia-n amoremque nostrum sese insinuavit, cum igitur etc. n (4) Arch. sudd. Jlagistrato camerale antico. — 1543 , 12 gennaio. Emptio 111. mi Dui, Dui Ducis Mantue a sp. D. Federico de Bonacolsis, unius banchi, etc. LE MEDAGLIE FRIULANE DEL SECOLO XV e XVI Aifgiunte ai Médailleurs Italiens di A. Armand La interessante pubblicazione del Sig. Armand si è testé arricchita, com'è noto, di un terzo volume. Non possiamo far a meno di esprimere il desiderio che il lavoro sia continuato per le medaglie fuse nel secolo XVII, e che un lavoro simile venga fatto da qualche italiano per le medaglie coniate dei secoli XVII e XVIII, e più ancora per quelle che dall'epoca napoleonica giungono ai tempi moderni, illustrando tutta l'epopea del nostro risorgimento nazionale. Per quest'ultime, a dir vero, il Commen- datore Nicomede Bianchi dava alla luce un volume nel 1881 (^), ma se questo può riuscire d'un qualche ajuto agli studiosi, lascia però molto a desiderare al numismatico, sia dal lato della distribuzione della materia, come dell'abbondanza di notizie particolari, essendoché ora riporta l'iscrizione e non descrivo la medaglia, ora ne cita il dritto od il rovescio soltanto; ma, lo dice lui stesso nella prefazione: (1) Le medaglie del terzo risorgimento italiano, descritte da Nicotnede manchi, anni 1718-1848. Bologna, Zanichelli, 1881. 19G VALENTINO OSTERMANN .. questo non è un libro di severa archeologia, bensì .i una spigliata narrazione delle vicende principali .; di quell'era di vita italiana, appellata terzo risor- .; GiMEXTO, esposta mediante la descrizione delle me- .i daglie •* : e poi l'opera rimane interrotta nel periodo più interessante, oltre di che numerosissime sono le medaglie politiche che vi sono ommesse. Ultima- mente però il Comm. Cesare Correnti, giovandosi specialmente del ricchissimo medagliere del Senatore Comm. Giov. Battista Camozzi Vertova, che figurava all'esposizione nazionale di Torino, ha dato alla luce un pregevole catalogo, edito dal Dumolard a Milano. Ma torniamo al lavoro del Sig. Armand. Per quanto si riferisce alla provincia del Friuli dobbiamo notare varie inesattezze ed ommissioni. Se in ogni provincia d'Italia vi fosse taluno che facesse altrettanto, noi potremmo dar adito all'autore, in una nuova edizione, di valersi di quelle osservazioni, che, se fatte con cri- tica benevola, riescono sempre gradite, e per le quali il sig. Armand, siamo certi, non vorrà farci un carico. Riporteremo prima quelle medaglie friulane che neir Armand non sono citate, e che per la maggior parte esistono nel Museo Friulano in Udine, e furono da me pubblicate negli Atti dell'Accademia in due letture alle quali attingerò per colmare le lacune. La prima medaglia dunque che troviamo è quella del Patriarca Giovanni Grimani. Successe egli a Marino, il quale a sua volta aveva tenuto dietro a Domenico, tutti dell' istesso casato; Giovanni tenne il soglio per quasi l'intera seconda metà del sec. XVI, e fu cagione di lunghi dissidii fra la Repubblica ve- neta e la corte papale. La medaglia porta il: D' — Auepigrafico. Ritratto a destra con hmga barba e calvo. LE MEDAGLIE KKIULANE DEL SECOLO XV E XVI 197 9/ — IOANNES — GRIMANVS - PATRIARCA - AQVILEI — ENSIS. In cinque linee ; diametro mm. 36. L'eccidio di Aquileja ad opera di Attila re degli Unni è ricordato da un medaglione satirico di bronzo fuso, opera che io giudico della seconda metà del secolo XVI, sebbene recentemente il dottissimo pro- fessore Luschin abbia fissato l'origine di questa me- daglia al 1629(1). L'esemplare del museo friulano ha un cerchietto d' argento. ^ — ATTILA — REX. Busto barbato e cornuto, con corazza, volto a destra. 9/ — AQVILEIA. Città veduta a volo d' uccello, cinta di mura con torri merlate; diametro mm. 60. ') L'avanzarsi della potenza Ottomana sul Danubio e lungo la Sava, rendeva mal sicuri i confini orien- tali della provincia del Friuli, già soggetta sulla fine del 1400 a ripetute irruzioni di Bosniaci e Croati, i quali vi seminavano le stragi, le distruzioni, gl'incendi; fu perciò che la veneta repubblica pensò di difendere il passo sull' Isonzo colla costruzione della cittadella di Grradisca, ridotta con bastie a castello fortificato. I lavori si cominciarono nel 147B e furono condotti a termine dall' architetto Enrico Gallo nel 1479. Con bolla ducale dello stesso anno si chiamavano a popolarla gli abitanti fuggiti da (1) Die Attila Medaillen, von D. Arnold Luschin de Ebengrenth — nella Numismatische Zeitschrift, voi. 13, pag. 392 e seg. 1S81. Wien, K. K. Hof- und Staatsdruckerei. 198 VALENTINO OSTERMANN Scutari, città distrutta dai Turchi. A ricordo del- l'erezione v'ò il seguente medaglione fuso che il nostro Museo possiede: B' — S. M. P. — IOANNES — MOCENICO DEI GRATIA — DVX VENETIAR — ET. C. In setto riglie nel campo. 1^' — B. N. D. ~ GRADISCH/E — AD SONTIVM PROPV- GNACVLVM — EREXIT ~ AN. SAL MCCCC LXXIX. Pure in sette righe nell'area. — mm. 75 (1). Sino dall'anno 1511, durante la disastrosa guerra di Cambrai, Venezia perdeva Grradisca suo propu- gnacolo orientale, perdita cui mai la regina dei mari seppe adattarsi, perocché mirava a togliere quella discontinuità di confine alpino, che, interrotto fra l'Istria ed il Friuli occidentale, dava si facile accesso ai predoni oltramontani, i quali tenevano così in loro balia Trieste e le contee di Gorizia e Gradisca, e dava loro la possibilità di invadere la Venezia anche con un colpo di mano. Venezia pensò quindi a costruire caserme nelle città lito- ranee, e ad innalzare dalle fondamenta la fortezza di Palma, sopra progetto di Giulio Savorgnano. Il 7 ottobre 1593, anniversario della battaglia di Le- panto, fu posta la prima pietra, e Palma, dopo Ca- sale, fu allora il piìi forte baluardo d'Italia. A ricordo di tutti questi fatti si hanno varie (1) Qui bisogna notare come il Sig. Armand abbia tenuto conto in modo speciale dell'elemento artistico, nel riunire le descrizioni delle medaglie italiane dei secoli XV e XVI. Evidentemente il medaglione fuso per la cittadella di Gradisca non può interessare chi si occupa di storia dell'arte, poiché consta solo di due iscrizioni, al diritto e al rovescio, senza alcun ornamento. (N. d. R.) I.F MEDAGLIE FRIULANE DEL SECOLO XV E XVI 199 medaglie, e la prima che trovo nelle tavole del Cumano porta al: jy — PAX * TISI * MÀRCE * E * M * Venezia coronata, seduta a sinistra sopra un sedile che è sostenuto da due zampe di leone, nella sinistra ha una palma, colla destra corona il leone alato e nimbato sostenente colle zampe davanti uno stemma ; all' esergo, in tre righe, principatvs — pascalis — CICONIA. :^ — * MILITVM. — HOSPITIA. IN. VRBIS. LITTORE. - &EORG.' GRAD.' MC." SVRI - ANVS. ET. CAROL.^ CORNEL.' - MVNIENDIS. OPPIDIS. — PREFECTI. EX S. C. CON — STRVENDA. CVRARVT. — ANNO. DOMINI. — * 1592. * In dieci righe nel campo. La seconda fu riportata ora dall' Armand nel III volume a pag. 304 B, e di questa completeremo la leggenda del dritto, perchè, forse per cattiva con- servazione, non gli fu possibile rilevarla bene. B' PASCHALE. CICONIA. DVCE VENETIAR. ET. C AN. DNI 1593. Il museo friulano ne possiede due differenti, una in argento ed una in bronzo ; in qualche esemplare c'è la variante d'una postierla praticata in una cortina del poligono fortificato. Due altre belle medaglie di Palma, pur fuse, pos- siede il Museo, ma non possono entrare in questo articolo perchè portano la data del 1G04 e 1005. Come abbiamo detto, Venezia mirava sempre ad allargare i siioi confini orientali, ed in una vertenza fra la repubblica e Rodolfo II d'Austria, nel 1582, Krasmo Graziani Udinese, che fu consultore legale 200 VALENTINO OSTERMANN del Veneto governo per ben mezzo secolo, tutelò i diritti della patria con grande abilità e risolutezza. La Serenissima fu talmente soddisfatta dell'ope- rato del Oraziani, che a perpetuarne il ricordo fece fondere una medaglia portante al: jy — MVNVS - REIPVBLIOE - AD ERASMVS — G-RA- TIANVS — VTINENSIS (sic) — A. D. E. I. C. In sei righe nel campo con tre rosette sopra, e tre sotto, entro un contorno rilevato ed a rabeschi. Ijl — SENATVS. DECRETO. FIDEI. VIRTVTISQVE. TESTI- MONIVM. Leone in molleca, sotto ed ai lati tre stelline — sopra S. M. V. — bronzo ; mm. 37. Cornelio Gallo dagli storici nostri si volea fare nativo di Cividale {Forii.mjulii), ma il Mommsen lo dimostrò nativo di Frejus in Provenza. Di lui il nostro Museo possiede in argento e bronzo una bellissima medaglia, sullo stile di Roma imperiale, che per la maniera del lavoro si vede subito essere opera del Cavino; porta al: ^' — CORNELIVS GALLVS FOROIVLIENSES (sic). Testa nuda a destra. 9I — VIR - TVS Nel campo, ai due lati di un palmizio, ai cui piedi , poggiati a terra, uno scudo, un arco ed una freccia a sinistra; a destra una lira. — mm. 32. Giovanni Nanni detto de' Ricamatori, meglio cono- sciuto col nome di Giovanni da Udine, fu uno dei migliori allievi di Raffaello; di lui mi fu mostrato dal compianto Comm. Biondelli un bel medaglione r.K MEI>.\(iIJK l'itUM.ANK I>1:|. SKCOI.d XV K XVI 201 die si conserva nella Raccolta di Brera in Milano, giudicato opera della metà del secolo XVI W. ^ — GIOVANNI DA VDINE PITTORE Nel giro, a lettere incavate a punteruolo ; testa barbuta a sinistra, con cappello a larghe tese. 9/ — MEMORIA ETERNA DELLA PATRIA. Incavato a punteruolo nel campo che del resto è liscio. — bronzo mm. 68. Altro medaglione che pur .si conserva nella Rac- colta di Brera, mostratomi dal Biondelli, è quello del letterato friulano Lodovico Martelli. Nato citta- dino di Udine, fa allievo della famosa accademia di Bernardino Partenio in Spilimbergo, poi insegnante di belle lettere in Esto, dove pare morisse verso il 1590. Di lui v' è un'opera in versi stampata dallo Zanetti in Venezia nel lo?;]; anche lo stilo di questa medaglia dimostra chiaro che appartiene alla seconda metà del secolo X\'I: e perciò la medaglia fu attri- buita al ]\rartelli friulano, che havvi notizia pure d'altro Lodovico ^Martelli iiorentino, morto nel In'Mi ('2;. (1) Se non erriamo, quest.i di Giovanni da Cdino .appnrtiono ad nna serie di medai^Iie d'artisti, lavorato nella prima metà del sorcio XVIf ed abbastanza comuni; ronosfiamo quello di Raffaello, di Benvenuto Cellini, di Giulio Romano, di Francesco da Volterra, e di ])arecclii altri e tutte lianno la legi^enda incisa e dei rovesci di pochissima importanza dal lato artistico ed iconografico non hanno grande valore. (N. d. R.) (2) Pure lasciando piena libertà di apjirozzamento al nostro eh. Colla- boratore circa la distinzione fra Martelli friulani e Martelli fiorentini, dobbiamo osservare elio questo pezzo è un ihrido, formato da un diritto simile a quello della luedaglia di Lod. Martelli pubblicata dal J^itta fu Famiglia Martelli di Firenze nj e dal rovescio colla Fontana delle Scienze e la leggenda VIRTVS NVNQ. DEFICIT, rovescio clie si trova in varie medaglie ed ò attribuito a Leone Leoni o piuttosto a .Jacopo da Trezzo (v. le opere dell' Armand e del Plon). (N. d. R.) 202 vaij;nti.no oStkhmann B' — LVDOVICVS MARTELLVS. Busto barbato a dritta. ^- . . Leggenda irrilevabile nell'esergo. — Nel campo figura di donna ritta di faccia, alzante sulle braccia una cesta sopra il capo ; ai suoi lati altre figure che non si possono ben rilevare, essendo l' esemplare una riproduzione in getto mal riuscita nel rovescio. — bronzo mm. 77. Altra medaglia friulana che ritengo inedita, e che finora era sfuggita alle mie ricerche, è quella di mons. Lodovico di Porcia, la quale mi fu segnalata dalla gentilezza del bibliotecario di Udine D. Joppi. Le origini di questa famiglia si perdono nella caligine dei tempi. Gli storici della Marca Trevi- giana vogliono che la famiglia da Prata, detta poi anche di Porcia e Brugnera, derivi dagli antichi conti di Ceneda di nazione Longobarda. Guecel- letto da Prata, ch'ebbe tanta parte nei rivolgimenti della nostra regione nel secolo XII, è il più vetusto personaggio di quella famiglia, di cui si abbiano notizie esatte dai documenti (^). Gli alberi di famiglia lo dii'ebbero figlio di un Gabriele, ma di costui non si trova memoria in verun atto contemporaneo. Guecello o Guecelletto comparisce per la prima volta nel 1184 come capitano generale del Patriarca d'Aquileja, dei vescovi delle città di Belluno, Ceneda e Conegliano, contro i Trevigiani nella famosa lega della Marca Veronese. Ha poi parte in tutti i fatti importanti dell'epoca, e nel 1177, coi pi'incipali (1) e. Feiierico Stefani, Di Guecelletto da Prata e dell'origine dei principi di Porcia e Brugnera. Venezia ; Naratowicli, 1876. — Pei- nozze Manfren-Piove.^ana. LK .MEDAGLIE KRIULAXE DEL SECOLO XV K XVI 2C0 gentiluomini della Marca, comparisce egli pure alla famosa pace di Venezia stipulata fra il Barbarossa ed Alessandro III. Morto Gruecelletto nel 1230, lasciò due figli; Gabriele primogenito, capostipite della linea da Prata, Federigo secondogenito, che forma il ramo di Porcia e Brugnei'a. Discondente da questa linea fu Lodovico quondam Bartolomeo di Porcia. Era egli canonico di Treviso nel 1528, fu Priore di S. Leonardo in Padova, e Pievano di S. Taziano di Francenigo, di S. Giovanni di Brugnera, ed aveva il chiericato (i) di S. Nicolò di Brugnera, che rinunziò nel 1537 a favore del proprio fratello Brizalia. Il primo marzo 1549 fu posta la prima pietra di S. Nicolò per ingrandirne la Chiesa; era questa situata entro il castello di Brugnera. In tale occasione venne fusa la medaglia che riportiamo, esistente nel museo Pisani di Venezia. Lodovico morì nel 1570 e fu sepolto in quella chiesa. ^ — LVDOVICVS COMES PVRLILIARVM. M- D. XLVIIII. Busto barbato a sinistra con quadrato in testa. 9' — DEO ET SANCTO NICOLAO DICATVM. Stemma bipartito portante sei gigli d'argento in campo rosso caricato di bianco. — mm. 38. Altra nobilissima famiglia friulana ò quella dei conti Frangipane di Castello Porpetto, o meglio semplicemente di Castello, la quale pretende discen- dere da quel Leone Frajapane di Roma, di cui si (Ij Nelle Pievi maggiori, fino dai tempi antichi, era stato istituito un Ijenoficio minore, detto il chiericato, avente rendite speciali; spesso però i chiericati venivano accordati in commenda, cioiì a rendita vitalizia, ed il chierico nominava allora un suo vicario; il chierico dovea aiutare il pievano nella cura d'anime. 204 VALKNTIM) USTERMANN hanno memorie certe che risalgono ai primordi deirXT secolo. Comunque è certo casato assai illustre, ed il personaggio più antico che si trovi citato nei documenti ò Volrico o Vodalrico di Castello, il quale con atto 16 dicembro 118G, esistente nell'archivio dei conti Frangipani d'Udine, concede alcune terre a titolo di feudo a Federico di Brazzano. Certo che questo Vodalrico fu personaggio importantissimo , poiché nel 1213 fu a lui scritta una lettera commen- datizia, esistente nell'archivio di stato in Venezia, dallo stesso Fedeinco II imperatore. Ora, in una delle più vecchie mie schede, trovo segnata una medaglia di Federico Frangipane dei signori di Castello e Tarcento, senza ch'io in allora abbia indicato né il modulo, nò la fonte da cui ri- trassi l'indicazione; non so quindi dire in oggi dove esista la medaglia, od in quale autore si trovi pub- blicata. Federico nacque in Tarcento verso il 1530 ; fu Griureconsulto, elegante scrittore in poesia, e nunzio della Patria dinanzi al veneto Senato. Indi si fece sacerdote, e come tale fu assunto segi*etario dal- l'arcivescovo di Salisburgo Marco Sittico conte di Altemps. Più tardi fu proposito di S. Pietro in Cargna e finì col farsi monaco di S. Agostino, col nome di Paraclito, morendo nel convento di Porcia nel 1599. La medaglia in suo onore porta : ^ — PARACLITVS • FRAN&IP • MVS • DEC • Suo busto di faccia. 9* — Anepigrafe. Il monte Parnaso sormontato dal Pegaso, ed una musa gradiente con la lira. Fin qui le giunte ; ora passiamo ad alcune retti- licay.ioni. I.K MKDAGLIE l'RIL'LANE DEL SECOLO XV E XVI 205 Nel voi. II a pag. 128 N. 6 troviamo descritta una medaglia, che si attribuisco ad un Pietro Antonio del (sic) Castello di sconosciuta origine. Como abbiamo detto i conti Frangipane si noma- vano propriamente S>gìiori eh' Castello. Pietro di Ni- colò di Castello e di Susanna Arcoloniani, sposava nel 20 docembro lòOG i^) Giulia quondam Giorgio Neyhaus, alla volgare Nausero, latinamente Castro- novo, di Connons. Fu padre di sette maschi e cinque femmine, ed il primogenito fa il celebro Cornelio Frangipane di Castello, Giureconsulto, oratore e poeta del secolo XVI, sul quale ultimamente fece un im- portante studio il compianto C.® Prospero Antonini senatore del Pegno v'-). Della morte di Pietro (nell'al- bero di famiglia è indicato con ([uesto solo nome) non si conosce la data precisa ; vivo ancora ned 1545 era già morto al 10 ]\Iarzo aiuio stesso, ed io non esito ad attribuire a lui la medaglia di cui devo la conoscenza all'Armand che così la descrive : jy — PETRVS ■ ANTON • DE • CASTELLO — 1515. Busto a siuist-ra, l^arbatu o coperti) ili l)nrretto. 9' — DVM • SPIRITVS • HOS • REGET • ARTVS — 1515. Veltro avvinto ad un albero, al quale sta appoggiato, mm. 46. L'identitJi del rovescio, eccettuata la leggenda, con quella della medaglia di Kustachio Bojani , friidano esso pure, ma erroneamente citato nell'Armand come napolitano (Voi II, pag. 1()S, N. 10), aggiunge valore all'opinione esposta. (1) Patti dotali, Arrhiv. Frangipani Udine. (2) Prosperi Antumm, CodìcUo Fyimyijinìn' ili Castello. Firenze, M. Cel- lini, 1882. •20G VALENTINO OSTERMANN La medaglia del Bojani si trova abbastanza fre- quente in Friuli, avendone io avuti a mano otto o dieci esemplari. Quello esistente nel nostro Museo, fu rinvenuto nel demolire un muro nella casa do- menicale dei Bojani in Ipplis presso Cividale, e forse quella villa potrebbe aver dato motivo alla medaglia stessa (V. op. cit. N. 79). La famiglia dei Bojani di Cividale è celebre nelle storie del Friuli per nume- rosi personaggi distintisi nelle armi, nelle lettere, nelle leggi e nella religione. Un Corrado Bojani fu vescovo di Trieste dal 1212 al 1232; della Beata Ben- venuta Bojani, nata a Cividale l' anno della morte del vescovo Corrado, l'illustre Bernardo MariadeRubeis stampava la vita in Venezia nel 1757, altro Corrado nel 134G esibiva al Doge Andrea Dandolo di portarsi al servizio della repubblica con buon nerbo di cavalli, per cui n'ebbe dal Doge affettuosissime lettere in ringraziamento, ed un terzo Corrado militava come capitano dei Carraresi , quando nel 1390 ricupera- vano Padova, e Venceslao Bojano era in relazione epistolare col Berni nel 1525. Io non ho mai potuto vedere l'albero genealogico della famiglia , per trovare chi fosse V Eustachio citato, ma la frequenza con cui si rinvengono tra noi quelle medaglie , e l' identità del rovescio con' quella di Pietro Antonio di Castello, mi accerta che quel bronzo ricorda un Bojani Friulano ; la leggenda del rovescio in questa è soltanto: sic • vivendo • DIV ■ VIVITVR • AN • MDXXV • CVR • CV • yETATE SVA • AGRICVL • C^PIT • Altro bel medaglione dall' Armand ritenuto appar- tenente ad un conte di IMonteniac francese (voi. II, pag. 144 e voi. ITI, 215 d.) è quello di Sebastiano, Montagnacco. Sebastiano ]\Iontagnacco fu figlio di Giov. Francesco do'Signori di Cassacco. Ebbe per fra- l.K MKDAcil.lK I-RUI..\NE DKI, SKCOM) XV E XVI 207 tello Giacomo canonico e preposito d'Aquileja morto nel 1513. Sebastiano sposò Luigia (Aloysia) quondam Francesco Corbelli , fu uno dei cinque oratori deputati dalla Città di Udine al ricevimento solenne del Patriarca Marino Grimani , avvenuto l' ultimo d'ottobre 1524. Morì al 3 Luglio 1540, lasciando due figli, Girolamo Dottore, e Leonardo gentiluomo d'a- nimo nobilissimo. Quest'ultimo portossi nel 1530 in Venezia, assieme agli ambasciatori della città di Udine, per congratularsi col Doge Andrea Gritti della sua assunzione al Dogado, e fu dalla Serenis- sima in tale occasione creato cavaliere aurato, onore riservato solo ai membri delle famiglie più illustri. L'ignoto medaglista della sigla P. V. si vede tosto dalla maniera del lavoro, essere Tidentico elio fuse nel 1530 la medaglia di ^larco Antonio Contarini (di cui r Armand al voi. II pag. 174 X. 6). Anzi nell'esemplare bellissimo che il nosti'O Museo possiede, sotto la testa del Contarini v'ò la .sigla V, sfuggita all' Armand, il (piale nel III volume però ritiene appunto che la medaglia appartenga ad un meda- glista Veneziano che visse nel 1525. Io credo che la medaglia del Montagnacco .sia stata ordinata a Ve- nezia in occasione del viaggio sopra notato nel 1530, anno in cui si fuse quella del Contarini. A provare ad esuberanza che il Montagnacco è personaggio friulano, citeremo ancora che la leggenda del rovescio della medaglia: CASSiAWM • sol- kt • i.mi'Kxsa • rkstitvtvm ■ — s • e • trova esatto riscontro in una pietra esi- stente nel castello di Cassacco : CASSIANVM ■ VK TVSTATE • COI.LAl'SVM • lACOIìVS • ET • SEIÌAS T I A N VS • MG N T EMACI FRATKES • KESTITV ■ Mrccci.xxx 208 VALENTINO OSTERMANN Non cita poi l'Armancl la patria di Floriano An- tonini (voi. I pag. 179 N. 2) il quale nacque in Udine. Il suo palazzo figurante nel rovescio della medaglia, esiste in questa città, in borgo Gemona; fu architettato dal Palladio, ma è tuttora incompleto. La stessa ommissione fu fatta pure per Giovanni Mels (voi. I pag. 182 N. 20) nato anch'esso in Udine sul finire del secolo XV. Fu assessore e vicario di Luogotenenti veneti nella nostra provincia, e nel 1543 vicario del Governatore di Vicenza. Abbandonato il mondo, il Mels si ritrasse in un convento a Milano, e nel 1558 fu eletto preposito Generale dei Barna- biti, fra quali meni un anno dopo. Tiberio Deciani l'Armand lo dice nato ad Aronzo (sic) in Friuli, nel 1508 e morto nel 1581 .(voi. I pag. 180 N. 13): Auronzo sarebbe in provincia di Bel- luno, ed in Friuli non vi sono villaggi di tal nome; il Deciani nacque invece ad Udine li 3 Agosto 1509 e morì nel 1582. Altro lieve errore è quello che si riferisce ad Ago- stino de Girolami o de Hyeronimis (voi. II pag. 72 N. 15) che l'Armand erroneamente chiama Agosto, mentre dovea dirlo Augusto, pseudonimo assunto dal de Gerolami, quando stampò le sue odi safìiche a Venezia coi tipi di Marc' Antonio Moreto 1520. Dalle citazioni fatte, chiaro apparisce che in Friuli, nella prima metà del secolo XVT i nobili e letterati voleano perpetuare la propria memoria colle meda- glie. Per questa moda tanto diffusa e per le altre ragioni che verremo enumerando, crediamo che ap- partengano a personaggi friulani anche altre due medaglie antecedentemente da me ignorate. La prima (voi. II pag. 77 N. 17) appartiene ad un Partenio, indicato come sconosciuto. Fu Bernardino Partenio uno degli Umanisti più LE MEDAGLIE FRIULANE DEL SECOLO XV E XVI 209 distinti. Nacque in Spilinibergo sulla line del secolo XV od al principio del XVI. Xel 1538 apri nella sua patria un' accademia, alla quale, por la fama del maestro, affluivano studenti di ogni nazione. Il Par- tenio fu di poi professore a Serravalle e Vicenza, e quindi a Venezia ove morì come docente di greco nel 15S8 in Parocchia di S. Luca, lasciando nume- rose opere stampate, specialmente in poesia. L'Armand nel III voi., pag. 179 e 185, si corregge, supponendo che la medaglia appartenga ad Ippolito Aurispa detto il Partenio da Macerata ; io credo però che un precettore stimato, un docente di valore, un letterato distinto com'era Bernardino Partenio, abbia fatto sorgere ne' suoi discepoli il desiderio di tramandarne la memoria ai posteri, come prima i discepoli aveano contribuito a tramandare i ricordi di Vittorino da Feltra, del Decembrio, di Egano Lambertini, di Francesco Filelfo, di ^larc'Antonio Passeri e di tanti altri umanisti e filosofi che ti'oppo lungo sarebbe qui il voler citare. La seconda l'Armand, voi. II, pag. 85, N. 9, la crede di un Giovanni Candido francese, citato dal Burchard fra gli inviati del re di Francia che ven- nero a Roma nel 1491; io ritengo invoco sia ([uesti lo storico friulano GHovanni Candido. Xacf|uo egli in Udine da Nicolò signore del castello di Lusc- riacco, verso la metà del secolo XV. Laureato in giurisprudenza prese ad esercitarla con plauso nella sua patria ; ma implicato nelle famoso vicende del Giovedì grasso 1511, seguendo la parte dei Collorcdo, fu costretto contro il furore di pai-te Savnrguana a salvarsi assieme ad altri, noi canq)anile del Duomo. Allorquando Venezia mandò un membro del Con- siglio dei dieci a sedare quei torbidi, il Candido potè passare a Cividale, ove prese stanza, dedicandosi 28 210 V. OSTKUMANN - I.R MEDAGLIE Fltll LANE DEI, SEfOI.O XV E XVI con aiiioro agli stndì dolio patrio istorie, e nel 15 Luglio 1521 diede alla luce in Venezia i Commen- tarii AquiJejrnses Johannis Candidi, ristampati a Ve- nezia da Micliielo Tramezzino nel 1544 tradotti in italiano. Moriva in Udine il 20 Luglio 1528. Come abbiamo detto erano di moda le medaglie in Friuli, l'avevano Augusto Vate, Girolamo Savor- gnani, Pietr' Antonio da Castello, Sebastiano IVfon- tagnacco, Eustachio Bojani , Lodovico di Porcia , Paraclito Frangipane, Giuseppe Colloredo, l'Antonini, il Deciani, il Mels e tanti altri; non è irragionevole supporre quindi che l'abbiano avuta anche il Partenio e Giovanni Candido. L' Armand ripoi'terebbe la leggenda del D : ioiiannis CANDIDA ; sarebbe da vedere se non fosse invece cax- DiDVS ; o meglio iohannes candidvs. Con questo ho finito la mia rassegna pel Friuli, e se ai lettori non sarà per riuscire sgradito questo mio breve studio critico, darò in un prossimo fasci- colo della Rivista alcuno giunte e correzioni per altre Provincie, e per Venezia specialmente, deducendole da qualche nota che trovo nello mie schede. Valentino Ostermann. -*585*- DI UNA MONETINA TRIVULZIANA con S. Garpoforo A due tei'zi di strada fra ^lenaggiu sul Lario e Porlezza sul Ceresio , si trova il piccolo ma pitto- resco Lago del Piano o di Romazza, incastonato fra le verdi pendici che si elevano poi in altissime montagne. Tn una penisoletta di questo lago, de- nominata Mirandola, avendo verso la fino dell'anno scorso il proprietario, Pietro Gilardoni — bel tipo di agricoltore lombardo reduce dall' America — rimosso un macigno por eseguire alcune piantagioni di viti , venne in luce un gruzzolo di monete là sotto nascoste; erano circa una cinquantina, tra fran- cesi , svizzere e milanesi , ed il ripostiglio poteva risalire al principio del secolo XVI. Fra queste monete, tutte conosciute, e qual più qual meno pregevole e rara, una soltanto spiccava a prima lettura per singolarità e per novità assoluta. Si trattava di una monetina di mistura, col nome di S. Cai'poforo — nome ignoto sinora all' agiologia numismatica — e qui la descriviamo : 212 SOLONE AMBROSOU Peso grammi 0,440. ^ _ {cerchietlo) • |0 • lA • TR • M • V • LE • M • F • Croce ornata, entro cerchio sottile. ■^ _ {cerchietto) . s • KARPOFORVS • D • M • Busto nimbato, entro cerchio e. s. (Vedi Fig.)- Evidentemente, questa monetina fu coniata da Giangiacomo Trivulzio ; essa tuttavia costituisce un unicum, che si stacca dalla intera numismatica tri- vulziana, quale ebbe recentemente la sua splendida sintesi nell'opera dei fratelli Gnecchi. Nuovo il tipo (benché scelto a palese imitazione delle monete di Milano), e nuovo il santo raffigurato, non solo per le zecche trivulziane (i) , ma, come ab- biamo detto, per la numismatica in genere (2). Ora, a qual periodo della signoria ed a quale fra le due zecche di Giangiacomo Trivulzio, Mesocco e Musso, si doveva attribuire questa nuova monetina? La risposta alla prima domanda era facile, perchè il titolo di « Marchese di Vigevano, " che si legge sulla moneta, e che fu conferito a Giangiacomo nel 1499, ne limita la coniazione fra quell'anno ed il 1518, data della di lui morte. Ma quanto alla determinazione della zecca, le dif- ficoltà sembravano insuperabili anche per questa moneta, come per quello altre di Giangiacomo le quali portando il titolo di « Marchese di Vigevano " possono essere state battute sì a Mesocco che a Musso (3). (1) Il I Santi effigiati sulle monete dei Trivulzio sono tre : la Beata u. Vergine col Bambino, San Giorgio e San Biagio. » (Gnecchi F. ed E. Le monete dei Trivulzio, descritte ed illustrate, Milano, Dumolard. 1887, Prefazione, pag. XXXIII). (2) Non è compreso neppure nel vastissimo elenco di santi pubblicato dal Reni'ZMANN, Numismatisches Legenden-Lexicon. (B) » E assai diiificile, jjer non dire impossibile, l'assegnare con sieu- DI UNA MONETINA TRIVULZIANA CON S. OARl'OKORO 213 E ciò tanto più che il santo effigiato sulla mo- netina non poteva presumibilmente servire di criterio per tale attribuzione, sia pei validi motivi esposti dai fratelli Grnecchi ragionando dei santi clie compaiono nella numismatica trivulziana (^), sia per la circo- stanza che a S. Carpoforo non sapevamo dedicata nessuna chiesa né a Mesocco né a Musso né in altra parte dei domini trivulziani (2) . Quando fortuna volle che c'imbattessimo in un distinto giovane milanese, il Rag. Emilio Tagliabue, u rezza le singole monete di Gian Giacomo Trivulzio all'una piuttosto u che all'altra Zecca, non potendo noi basarci che sopra congetture. È u assai probabile che tutte le monete, le quali non portano che il suo u semplice nome, o colla sola aggiunta di comes, siano coniate a Mesocco, u quando egli non aveva altro titolo che quello di Conte di Mesoccc n (Gnecchi, op. cit., Prefazione, pag. XXIII). (1) Motivi che giustificavano la loro conclusione: uche i Santi rappre- u sentati sulle monete dei Trivulzio non sono, come in gran numero delle u monete italiane dell'epoca, indizii della Zecca ove furono coniate, ma li sono piuttosto Santi da essi scelti come protettori o difensori, o per u ricordare onorificenze ricevute dai Sovrani, ii (Gnkochi, op. cit.. Prefa- zione, pag. XXXIV). (2) Nei dintorni , o almeno a non soverchia distanza , troviamo due chiese dedicate a S. Carpoforo, l'una a Delebio in Valtellina, e l'altra a Bissone nel Canton Ticino. Ma ben più importante è la notizia comunicataci dall'amico nostro In- gegnere Emilio Motta, che a Gorduno presso Bellinzona la nuova chiesa parrocchiale è dei SS. Rocco e Sebastiano, ma l'antica era dei SS. Car- poforo e Maurizio (u milites Chrìsti, sanrti Carpophore et Maurxti, inter- cedile prò nohis et benefactorihiis nostris apud Deum. l'iOO. n — leggesi su una delle campane della chiesa). E Gorduno, quantunque situato sulla sponda destra del Ticino , fron- teggia lo sbocco della Val Mesolcina, od a Gorduno sorgeva un cast«llo dei Signori di Sacco o Sax, già dominatori di ((uella valle. Il Bai.i.arim, Compendio delle Cronirìir della Città di Como (1619), cosi ne parla , pa- gina 306: u II castello detto de Sacchi nella Villa di Gorduno della n Pieve di Bellinzona fu edificato per opera del Conte Alberto Sacco u Signoro della Valle Mesolcina, quando prese Bellinzona l'anno 1402. u Ma fu distrutto al tempo delle jìarti, essendo soprale lui testiggia fahri- u rata la Chiesa di S. Carpofforo. n Nel recentissimo N. 22 del Foglio Officiale del Canton Ticino, leggesi a pag. 712 l'avviso 28 maggio anno corr. 188.S,del Consiglio parrocchiale di Gorduno per l'asta publdica per i lavori di ristauro, alzamento e co- struzione della volta della chiesa di S Carpoforo. 214 SOLONE AMHROSOLI residente da vari anni al S. Bernardino , pratico na- turalmente della Val Mesolcina , e studiosissimo inoltre delle cose trivulziane. Egli ebbe la cortesia di comunicarci una copia da lui presa di un vecchio manoscritto clie si trova presso un privato in Mesocco, e clie alla sua volta ò una copia o traduzione dell'antico istrumento di fon- dazione della Canonica di S. Vittore in quella vallo (i). Ne riportiamo quanto occorre pel caso nostro: u Nel nome del Signore e della SSt.ma ed Individua Tri- u nità, 1219 in giorno di terza Domenica sulla fine del mese u d'Aprile, Indizione Settima, il Sig. Enrico figliuolo del u Sig. Alberto de Sacco per rimedio dell' anima sua e del u Suo Sig. Padre e di tutti li suoi Antecessori ha ordinato u e deliberato talmente , che in perpetuo debba esser os- u servato inviolabilmente per lui e suoi Eredi che la Chiesa u di S.' Grioanni, la quale è situata nel luogo di St. Vittore, u da qui innanzi sia Plebe e Canonica, nella quale debban u essere sei Canonici e Prebendari]' li quali debbano essere u della Valle Mesolcina, talmente che uno di loro sia Pre- " posito e Rettore d'essa Canonica e Fratelli. u Rem ha deliberato e ordinato che tutti li frutti , ren- u dimenti, offerte, prebende, ecc. ecc. u Kem ha dato ed offerto overo per titolo di donazione u donato, ecc. ecc. u Item ha deliberato e ordinato che quatro delli predetti u Canonici sieno tenuti celebrare li divini Uffizij nella u Chiesa de SStt. Grioanni e Vittore e li altri due debbano u celebrare li divini Uffizij nella Chiesa di St. Maria di u Mesoco, ecc. ecc. u Item ha deliberato e ordinato che uno di quelli quatro u li quali celebrano li Divini Uffizij nella Chiesa de SSti. a Grioanni e Vittore debbano celebrar Messa una volta u ogni quindici giorni nella Chiesa di Santa Maria di Ca- u lanca ed ogni quindici giorni una volta a Santo Pietro u di Verdabbio, ecc. ecc. u Ite)n ha deliberato e ordinato che uno di quelli due (1) Documento citato dall' Eichiiorn , Episcnpatus Cwiensis , e dal- I'a Marca, Compendio storico della Valle Mesolcina, ma non ancora pub- blicato in exlenso. Manca al Codex Diplomaticus del Mohr. DI UNA MONETINA TRIVUI.ZIANA CON S. CARPOFORO 215 li che celebreranno li divini Uffìzij in St. Ilaria di Mesoco u ogni quindici giorni sia tenuto celebrar Messa nella u Chiesa di St. Martino di Soazza ed ogni quindici giorni u alla Chiesa di St. CARPOFORO sopra il Castello (1) , ed u una volta ogni quindici giorni nella Chiesa di St. Pietro a di Crinieo (2), ecc. ecc. n Di questo stesso istrumento del 1219, si conservano tre copie nell'Archivio vescovile di Coirà, come risulta da una lettera del eh. Dott. Liebenau di Lucerna , che gentilmente se ne volle occupare per intromis- sione del sig. Ing. Motta. Due copie sono in latino, ed una in italiano. Quelle latine, collazionate dall'ar- chivista Tuor , dicono in ultimo : u Ifeìn statuii , u. id unus de illis duohus qui dehent celebrare ad eccle- u, Siam St. Maìie de Misocho semel in qicindicim die- u bus debeat celebrare raissam ad ecclesiam S.''- Mar- ti tiìii de Souasza et semel in quindicim diebus ad ce- il clesiam SJi CARPOFFOltl de Sorcdstello. r Nella copia italiana leggesi invece Ckristoffero , ma 1' ar- chivista Tuor crede che la lezione Carpofjfori sia l'esatta. Tutte le detto tre copie conservate a Coirà, datano probabilmente dal 16B4, e per una almeno ci consta che fu trascritta dalla copia fatta sull'ori- ginale nel 1475 dal notaio Alberto de Salvagno C^). (1) Cioè intendasi nel recinto del Castello, poiché il Castello di Me- 80CC0 è posto sulla sommità di una rupe isolata che domina il centro della valle. (2) Crimeo o Cremeo è uno degli abitati componenti il comune di Mesocco. (3) Al momento di licenziare questa breve memoria, il sig. Tagliabue ci scrive dal S. Bernardino int'ormandoci che la pergamena originale si custodisco nell'archivio dell'Amministrazione parrocchiale di S. Vittore, dov'è inventariata e rubricata sotto il N. IG, Ordinamento del capitolo di Enrico de Sacco 1219. originale. Sotto il N. 17 sono due pergamene in rotolo copie auteìitiche della pergamena al N. tO. Detto pergamene corrispondono alla trascrizione già favoritaci dallo stesso sig. Tagliabue, e che abbiamo pubblicata più addietro; e vi si legge chiaramente: " S. Carpoforo So- pra il castello, n 21G A.Mimosor.i - di una monetina trivi:i,ziana con s. carpoforo È insomma fuor di dubbio elio a IVIesocco vi era una chiesa di S. Carpoforo , de Sorcastello , u sopra il Castello " ; ed allora , a no.stro avviso , dovrebb'essere quella chiesuola di cui si veggono gli avanzi fra le rovine stesso del Castello. Essa è quasi interamente diroccata, ma no rimane intatto il campanile. Il nomo se ne è perduto, e viene co- munemente chiamata la « chiesa del Castello " W. Si noti che nella intera diocesi di Coirà non si ha notizia che di un'altra sola chiesa dedicata a S. Carpoforo, ed ò quella di Trimmis presso Coirà i^), la qual chiesa nell' anno 958 venne donata a quel vescovato da Ottone I (3). In base a questi documenti ed a queste conside- razioni, non esitiamo ad attribuire alla zecca di Me- socco la singolare monetina con S. Carpoforo da noi pubblicata W ; poiché S. Carpoforo era venerato in Mesocco, ed anzi doveva esservi particolarmente ve- nerato, se la sua chiesa sorgeva nel Castello mede- simo, come speriamo di avere dimostrato. SoLoxE Ambrosoli. (1) V'iia bensì chi dice che questa cappella del Castello di Mesocco fosse consacrata a Santa Caterina, ma crediamo che ciò provenga dal con- fonderla con un'altra antica cappella che si trova a poca distanza dal Ca- stello, e nella quale è appunto raffigurata quella santa. In una vecchia immagine di devozione , incisa da un tedesco di Au- gusta, u Vero Ritratto della B. V. Maria Miracolosa Appresso il Castello di Mesoco in Valle Mosolcina n, si vede , in alto, un quadro rappresen- tante la Vergine col Bambino e Santa Caterina (dal dipinto che si con- serva tuttora a Mesocco) , e in basso una veduta del Castello , della chiesa di Santa Maria, e della cappella dedicata a Santa Caterina. (2) NiiscHELER, Die Gotteshi'iuser der Schvei;, I, Bisthum Chur, 139. (3) MoHR, Codex dìplomaticus ad historiam Racticam, I, pag. 75-76. (4) Che, pei buoni uffici del sig. Giacomo Cavallini di Chiasso, ha po- tuto essere acquistata dal Gabinetto Numismatico di Brera. DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CORREGGIO Fra le carte lasciate dal compianto Prof. Biondelli, già Direttore del Grabinetto Numismatico di Brera, carte ch'io ebbi la fortuna di acquistare , ho rinve- nuto due documenti inediti relativi alla zecca di Cor- reggio. Sono due Concessioni di zecca stipulate fra Siro principe di Correggio e il suo zecchiere Agostino Rivarola. Unito a questi documenti sta un manoscritto autografo del medesimo Prof. Biondelli intitolato : La Zecca e le monete dei Signori di Correggio, illu- strale con documenti inediti. Il lavoro fu cominciato nel 18G8 e, a giudicarne dalle poche pagine di cui si compone , doveva essere una monografia completa delle monete di Correggio coll'aggiunta dei due do- cumenti accennati. Nel 1870 venne in luce l'opera del Bigi: Di Ca- millo e Siro di Correggio e della loro zecca ; e forse allora il Biondelli , vedendosi in parte prevenuto , lasciò in tronco il suo lavoro e non vi pensò più. Ora io credo interessante pei lettori della Rivista il pubblicare queste due Concessioni di zecca, tanto più che esse contengono il disegno di monete finora inedite e che forse rimasero sempre allo stato di progetto. J9 218 ICUCOI.E GNKCClll Premottiamo ora qualche cenno sulle vicende del principe Siro. Lasciando da parte le dolorose peri- pezie d'ogni genere, di cui fa vittima questo prin- cipe, forse più infelice che malvagio , accenneremo solamente a quelle che si riferiscono alla zecca. Siro, figlio naturale di Camillo principe di Correggio, e di Francesca Mellini, rimase erede dello Stato alla morte del padre nel 1605, e fu confermato nel principato con tutti gli annessi privilegi dall'impe- ratore Mattia, con suo diploma 13 febbraio 1G15. In quell'anno appunto o nel seguente , la zecca co- minciò a lavorare a nome di Siro; i primi contratti regolari di zecca, che si conoscono, però non hanno principio che nel 1617. Dopo soli tre anni, nel 1619 1620, cominciavano già i guai cogli zecchieri, i quali per avidità di guadagno commettevano le più enormi frodi nella lega dei metalli; sicché in breve tempo varii di essi furono sfrattati e sostituiti. Dalle case bancarie di Grermania cominciavano intanto a giungere le più vive rimostranze suU' adulterazione delle monete italiane, la quale cagionava non pochi danni ai loro mercati. I principi italiani sapendosi tutti, dal più al meno, colpevoli di queste frodi , e visto il nembo clie si addensava sul loro capo, si adoperarono in mille modi e col denaro e cogli in- trighi e colle aderenze , finche riuscirono a far constare l'insussistenza di quelle accuse. Siro invece non si curò affatto di quei lamenti e continuò a battere moneta coll'usato sistema, limitandosi ad in- trodurre ne' contratti di zecca maggiori cautele e facendo rigorosamente sorvegliare e controllare l'ope- rato de' suoi zecchieri. Dopo qualche anno, nel set- tembre del 1623 , Siro fu accusato presso la Corte imperiale di Vienna come colpevole di grandi frodi nell'esercizio della sua zecca di Correggio. Fu dun- DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CUliREdGlO 219 qiie citato a comparire dinanzi all'imperiai Con- siglio, sotto pena di perdere il privilegio della zecca. Siro mandò un suo delegato a Vienna, per far giun- gere colà le sue ragioni e dimostrare che le accuso erano per lo meno esagerate. Le cose restarono a questo punto e por allora non se ne fece nulla. Siro si adagiò dunque nella speranza, che non si sarebbe pensato più che tanto a lui, e che nella peggiore ipotesi la condanna che gli poteva toccare sarebbe stata una multa in denaro , come prescrivevano le leggi. Senonchè dopo otto anni, nel 1G30, la Corte di Vienna mandò il generale Aldringen ad intimare a Siro di costituirsi nella rocca di Xovellara avanti il Commissario imperiale W. Intanto si compiva il sequestro ne' suoi palazzi e 1' arresto del suo zec- chiero Agostino Rivarola. Fu immediaraente istituito il processo e nel giugno di queir anno stesso uscì da Vienna la sentenza che dichiarava Siro niente- meno che decaduto dallo Stato. A nulla valsero le raccomandazioni, le proteste, le pratiche d'ogni ge- nere fatte presso la Corte di Vienna per ottenere almeno una sentenza più mite. La Corte confermò la sentenza, col patto di redenzione mercè lo sborso di 2.30,000 fiorini d'oro, misura illusoria, stante la enormità del prezzo e Fimpossibilità in Siro di sbor- sarlo. Xello stesso anno il Duca di Guastalla, in nomo dell'Impero, prese possesso dello Stato di Correggio e minacciò severissime pene a quelli che avessero osato far opposizione. Nell'aprile dell'anno seguente 1631, Siro colla moglie e i figli e quel poco che aveva potuto salvare dalla rapacità de' nuovi padroni, abbandonò Correggio e si rifugiò a Mantova. Visse (1) Bigi. Opera citata, pag. 32. 220 ERCOLE GNECCHI COSÌ privatamente, guadagnandosi di che vivere colla vendita di qualche capo d'arte che ancora gli rima- neva, finché nel 1642 , volendo fare un ultimo ten- tativo presso la Corte imperiale , si recò a Vienna in compagnia di un suo figlio. Colà, facendo valere tutti i suoi diplomi e privilegi, intercedette da prima per riavere il principato, poi si accontentò di chie- dere le allodiali , in fine discese a chiedere gli ali- menti ; ma tutto gli fu negato. Ritornò scoraggiato e deluso a Mantova, dove passò altri tre anni nella miseria e nell'avvilimento, finche morì nel 1645. Siro di Correggio, fu chiamato il falsario per ec- cellenza, e si disse che egli sorpassò tutti i suoi coe- tanei nel contraifare i tipi delle monete italiane ed estere in credito a quel tempo e nello speculare vergo- gnosamente sulla lega dei metalli nobili. Forse però egli non fu più colpevole della maggior parte dei signorotti del suo tempo, i quali tutti, al par di lui, imitarono i tipi specialmente delle monete estere , frodando sul titolo dell' oro e dell'argento, come ad esempio quelli contemporanei di Messerano, Tresana, Desana, Frinco, ecc., ecc., i quali suscitarono spesso le più vive rimostranze de' loro Sovrani, che di tanto in tanto si trovavano costretti a pubblicare de' bandi per proscrivere dal mercato una buona parte delle loro monete, inferiori di titolo a quanto prescrive- vano le leggi. In ogni modo la colpa degli abusi verificatisi nella coniazione delle monete di Siro va in gran parte attribuita a' suoi zecchieri , i quali non rispettando i capitoli stipulati col loro Signore, specularono per proprio conto sulla zecca, tanto da meritarsi un dopo l'altro il licenziamento. Forse fu Siro un capro espiatorio per tutti , e la condanna inflittagli fu un avvertimento e una minaccia per tutti gli altri. DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CORREGGIO 221 Del resto l'accnsa di adulterazione delle monete fa il pretesto dell'enorme condanna inflittagli; ma le cause vere e più influenti bisogna ricercarle in alcune private odiosità che il Principe Siro s' era tirato addosso, e nei maneggi politici di chi spiava un'occasione favorevole per ispogliarlo del princi- pato e venirne in possesso. Gli editti monetarii di allora assegnavano una multa di cinquanta marche d'oro a coloro che avessero battuto monete non ap- provate dalla legge e in ogni caso il maximum della pena poteva essere la perdita del privilegio della zecca. La condanna toccata a Siro fu dunque per ogni verso ingiusta , come fu ingiusto ed iniquo il modo tenuto nell'istituire il processo contro di lui : lo provano ad evidenza i documenti , le cronache, le memorie del tempo, e le opere stesse di storici illustri ed imparziali. Non è nostro compito il far qui delle numerose citazioni ed esaminare quanto ne scrissero in proposito i contemporanei. Chi de- siderasse consultare quelle fonti , le può trovare accennate nell' opera citata del Bigi. Del resto il giudizio su tale condanna fu concorde anche in queir epoca. Fino da allora si elevarono generali proteste contro l'operato della Corte imperiale, o il notaio Tebaldo Serri con nobile coraggio stese una violenta protesta sull'atto ingiusto della Corte e sulla enorme violazione dell'editto monetario e del trat- tato di Ratisbona e la fece pubblicare per tutta Italia. Poco mancò che quell'atto generoso costasse la vita al coraggioso Serri; egli fu infatti condan- nato a morte, benché poi venisse graziato (i). Fatti questi pochi cenni , veniamo ora ai due (1) Bigi. Opera oitatn, pag. 33. 222 ERCOLK GNECCHl documenti inediti. Il pi'imo di essi (vedi Tav. V) è datato da Correggio , li 22 ottobre 1620, e si rife- risce alla concessione di battitura di talleri tipo olandese (i) . Vi vediamo il disegno di tre impronte diverse da apporsi a monete d'argento del modulo ordinario dei talleri , senza indicazione di diritto e di rovescio. Eccone la descrizione : 1. MO • NO • SYRI • AVS • P • I • C- Guerriero galeato in piedi che sostiene colla sinistra uno scudo col leone rampante, clie ricopre la metà inferiore della persona. 2. CONFIDENS • DNO • NON • MOVETVR- Un gran leone rampante che occupa tutto il campo. 3. MONETA • NOVA • CIVITATI • C • Scudo inquartato di aquile e leoni rampanti, separati da una gran croce, nel cui centro è posto lo scudetto colla fascia, antico stemma del Casato. Lo scudo è attor- niato da ricco collare e sormontato da corona. Segue poi il contratto così concepito : Concede S. E. III.''"^ a Gio. Agostino Rivarola al pnte Zecchiero durante tutta la sua locatione che possa metter nelle monete d'argento grosse li sopradetti impronti varia- tamente a suo piacere , risalvando sempre però il peso et bontà conforme alli capitoli agiustati. E per fede Siro Gio. Agostino Rivarola mano propria. (1) In testa al documento sta scritto in forma di protocollo : u 5» 'concessio exhibita p. Jo. Aug. Rharolam de m. {mandato) IH. et excelL d. {domini) Pomponij Spilimberghi subd. (subdelegati) Cesarei, ut in actis sub die 7 maij 1627. ìi norx'MKNn inediti hem.a zkcoa di Correggio 223 Il tipo de' disegai n. 1 e 2 è precisamente quello dei talleri d'Olanda; quello n. 3 imita perfettamente il t'po di molti talleri delle città libere della Ger- mania. Il tipo olandese (n. 1 e 2) era già stato imi- tato dal principe Camillo padre di Siro ; ma di quest' ultimo non conosco alcuna moneta che gli assomigli. Veniamo ora al secondo documento (vedi Tav. VI) in data del giugno 1622 (i). Precedono lo scritto i disegni di una moneta da battersi del valore di soldi quattro e sono i seguenti : ^ — SYR • AVSTRIA • PRIN + P • C • ET • DE • S • R • IMP • C- F- Aquila bicipite coronata e col globo crucigero in petto, sul quale è segnato il numero 48. ?/ — MONET • NOVA • ARGENTEA • GIVI ■ COR • Grande scudo ovale composto di molti quarti; nel mezzo le aquile inquartate con leoni rampanti, in giro altri leoni rampanti, il leone gradiente, il sole, la fascia, la correggia, stemma della città, l'aquila ed il giglio: il tutto sormontato da corona imperiale e attorniato da ricco collare. Ora ecco le parole del Contratto : S. E. UI."^^ concede a Già. Agostino Rionrola una moneta de bontà d'onze ima p. lib.^ et n'aìiderà alla libra pezzi cin- quanta cinque, nella qle potrà mettere li suddetti impronti , et le potrà spendere nello sfato di S. E. III.'^^ p soldi quatro lima, et le potrà far piti greve, ma non piti leggiere, et p. (1) In alto al documento vi vediamo, come nel precedente, l'indicazione protocollare : Septima concessio exhibit. per Aug. Rivarolam d. m. iti. et excell. d. Pomponij Spilimberghi suhd. Cesarei, ut in actis, sub die 17 Maij anno 1627. 224 E. GNEOCHI - DOCUMENTI INEDITI DELLA ZECCA DI CORREGGIO honoranza pagare lire tre p. libra, et p. fede la pntc sarà sotto scritta di mano di S. E. Ill,^'- Il dì Giugno i622. Siro Già. Agostino Rivarola mano propria. Questa moneta è un' imitazione perfetta delle monete contemporanee da 48 stiXher di varie città austriache. Siro di Correggio, invece di imitare le buone mo- nete italiane dell' epoca , sceglieva di preferenza a modello il tipo delle monete straniere, forse perchè meno conosciute , e quindi più diffìcile il sapere da quale officina uscissero e potessero poi avere facile corso anche oltralpe. Così fecero anche i Gonzaga a Bozzolo e Guastalla , gli Spinola a Tassarolo , i Tizzoni a Desana e in generale tutti i feudatarii dell'alta Italia. Ercole Gnecghi. -.ì:ì=:5>;S>=*>^s:>- A PROPOSITO DELLE MONETE DI GIANCARLO VISCONTI Nell'autunno del 1850, entrato con un mio fratello socio di collezione (ora morto, poveretto) da un ore- fice di Lecco e chiestogli di monete antiche, ne fu mostrato un sacchetto di monetine di lega apparen- temente milanesi del principio del quattrocento e ci fu detto essere state ritrovate da poco tempo a Valgreghentino . Data una rapida occhiata al contenuto e scam- biatacene una seconda, comperammo senza mercan- teggiare. Eravamo poco più che ragazzi, si racco- glieva un po' di tutto e ci si metteva della passione. Qiial fu la nostra sorpresa, allorcliè ne fecimo l'esame, vedendoci passare sott'oecliio donaretti di Giancarlo ed Estore Visconti, collegati e soli, frammisti con altri di Giangaleazzo , Giovanni ^[aria e Filippo Ilaria ! — Ci pareva di sognare. Fatto passare per bene il nostro tcsoretto , tro- vammo che non consisteva clic di trilline, denari e bisciole, mille e cinijuecento circa. Y' erano pochi denari di Giangaleazzo ])<'r Milano, \"orona, e credo anche Padova, quantità di bisciolo di Giovanni Ilaria, buon numero di P]stor<' e (ìiancarlo associati, una del solo Estoru, una del solo Giancarlo ben chiara, più duo poco leggibili, tuttora inedito, cinque sei con Medfo^anensfs nel rovescio, una trillina di Giovanni da Vignate, un denaro di Cabrino Fon- 3o 226 filUSEPPE GAVAZZI dulo, lino di Franchino Rusca (assai probabilmente il secondo) e parecchi di Filippo Maria come conte di Pavia. Nessun conio più moderno di quest'ultimo, nessuno più antico di Giangaleazzo. Concludemmo, che il nascondimento dovea aver avuto luogo nel 1412. Tenemmo ciò che giudicammo convenirci meglio, fecimo dei cambi con diversi, e cedemmo il rima- nente al Cav. Morbio. Le bisciole dunque di Estore e Giancarlo e le poche col MediolanensìS distribuite dal Morbio a di- versi collettori, provengono dal ripostiglio di Val- greghentino, né è meraviglia se le prime da raris- sime che erano siano divenute piuttosto comuni. Delle da noi ritenute, giudico tuttora inedite le tre seguenti: 1." — Giancarlo solo. — Bisciola. — Grammi 0,40. ^' - ^I^ lOHANES : KAROLVS Biscia viscontea. li — >^ VICECOMES : (VILI. 3 : & Croce fiorita. 2.» — Estore solo. — Bisciola. — Grammi 0,55. ^ — STOR VICECOMES Biscia viscontea. ]^ — {rosetta) HESTOR VI ES Croce fiorita. 3.° Bisciola, a questa metto un punto interrogativo seb- bene la mia sia di perfetta conservazione e leggibilis- sima. — Grammi 0,60. ly — lOHANES . VICECOM Biscia viscontea. !{,' _ {rosetta) MEDIOLANENSÌS Croce fiorita. Gli amici fratelli Gnecchi nelle ^tonete di Milano, ai N. 3 4 di Giancarlo solo, descrivono due esem- A PROPOSITO DELLE MONETE DI GIANX'ARLO VISCONTI 227 plari, l'uno della colleziono Bertolotti, l'altro della loro. — Nel diritto del primo (grammi 0,51) leg- gono lOHANES KAROLVS: in quello del secondo leggono lOHANES • K • VICECOM. Dubito però che questi valenti conoscitori non avendo avuto a disposizione conii abbastanza leg- gibili abbiano dovuto ricostruire le leggende per congettura. Infatti se vorranno rivedere il pezzo ri- prodotto nell'opera citata a Tavola LVII N. 4, tro- veranno che nella loro bisciola giudicata di Giancarlo manca la parte inferiore, né quindi si possono avere le lettere fra lOHANNES e CECOM (queste ul- time tagliate a mezzo). Nella collezione Verri havvi una bisciola simile, di conservazione mediocre, nella quale lessi colla scorta, della mia esattamente come in questa. In omaggio all'autorità dei prelodati amici la lasciai anch'io per ora sotto Giancarlo Visconti ma non giu- rerei che sia di lui. Oserei anzi dubitare del contrario. Osservo intanto e anzitutto che mi sembra strano quel Medwlanensis scritto su una moneta di Milano. Uno che sta e comanda in un luogo, non ha bi- sogno di dire donde sia ; e in quei tempi, conviene riconoscere che nelle moneto si omettevano le pa- role inutili e le qualifiche invero vi sono molto pre- cise. Debbo però confessare che l'apparenza del conio è affatto milanese. Il che non vieta anche .supporre, che sia stato fatto in Milano per un milanese avente dominio altrove, o anche imitato dal tipo milanese. Cosa ne difficile, nò improbabile, né nuova. Per ci- tare un esempio, accennerò a Giovanni da Vignate, il cui grosso e la trillina hanno tutta la caratte- ristica dei milanesi. In secondo luogo, la mia bisciola e quella della collezione Verri non portano né il nome intero KAROLVS né l'iniziale K in aggiunta a Johannes. 228 (i. GAVAZZI - A PROPOSITI DELLE MONETE DI GIANCARLO VISCONTI Non saprei perchè Giancarlo Visconti, che non si chiama giammai con altro nome in tutte le monete, tanto in compagnia d'Estore, che solo, abbia a fare vma simile eccezione. Più strana sarebbe per Gio- vanni Maria, che in ogni caso avrebbe dovuto qua- lificarsi anche Duca. E nemmeno la crederei di Giovanni Visconti Arcivescovo, pel carattere molto diverso delle monete di lui. In qualunque caso però la parola Mediolanensis mi persuade sempre più che la bisciola apparterrà certamente a un Giovanni Visconti milanese, ma probabilmente ad altra città che non sia Milano. Ho esposto un dubbio e con un dubbio un que- sito. Altri più valenti di me lo sapranno sciogliere. Chi sa che studiandoci sopra non s'abbia a trovare qualche nome o qualche notizia nuova. Giuseppe Gavazzi. -r^jJS- IL RIPOSTIGLIO DI S. ZENO IN VERONA CITTÀ Un'importante scoperta numismatica è stata fatta in Yo- rona nel principio dello scorso anno nel vicolo Chiodo quasi allo sbocco delle regaste di S. Zeno ove trovasi l'antico pa- lazzo dei Conti Chiodo ora proprietà dei signori Peranzoni. Nella seconda settimana del febbraio 1887 mentre alcuni muratori eseguivano certi lavori nel cortile di detto palazzo per fare un forno ad una caldaja, il piccone s'imbattè alla profondità di circa un metro in un corpo solido che si ruppe facendo contemjooraneamente sentire nella fossa il rumore come di moneto che si spandono. Era un'anfora ansata romana in terra cotta dello spessore variante dai millimetri 60 ai 100 tutta ripiena di denari d' argento in gran parte a fior di conio dei vari imperatori che si segui- rono da Nerone a Lucio Vero. Come ebbesi a riscontrare in tanti altri ripostigli consimili che vennero alla hice in questi ultimi anni si verificò anche in questo che i da- nari dei primi imperatori sono i più consunti e ciò si comprende facilmente per la ragiono che furono in corso un maggior tratto tempo. E di fatti quelli di Nerone e giù gradatamente fino Adriano sono tutti di conservazione terza e seconda. Quelli di Elio Cesare e Sabina di conservazione prima, mentre con Antonino Pio comincia invece il fior di conio e troviamo finalmente i denari ruspi fra quelli di Marco Aurelio e Lucio Vero che probabilmente saranno stati appena coniati all'epoca del sotterramento di questo piccolo tesoro. Frammezzo a questi denari d'argento se ne trovarono anche due d'oro di perfetta conservazione e bel- 230 AM1[,CAKE ANCONA l'arte che sembrano bellissimi cammei, uno è di Faustina seniore col rovescio aeternitas (Cohen 6), 1' altro di An- tonino Pio colla testa di Marco Aurelio giovane nel rovescio (Cohen 16) ; si trovarono inoltre due medi bronzi di Adriano e Faustina seniore assai danneggiati dall'ossido ed una lu- cerna di terra cotta di forma combine e senza fregi. Tale scoperta fu anche accennata ma incompletamente nei giornali locali. L'Adige N. 45 del 14 febbraio 1887 u. Il te- soro di S. Zeno n parla di 60 monete di Vespasiano e Fau- stina e VAì^ena N. 4.5 del 14-15 febbraio u. Scoperta Ar- cheologica n dice che le monete trovate furono 50, 100 e forse pili ancora. Il caso volle che potessimo tener dietro alle vicende di qiTesto ripostiglio e siamo perciò in grado di poter affer- mare che la sua importanza è ben maggiore di quanto dapprima si credeva, mentre il numero accertato delle mo- nete è superiore alle 2800. Pare che una parte di questi denari sia passata in altre mani nello stesso mese del ri- trovamento mentre in quell'epoca ad intervallo di pochi giorni ne vennero alla luce in due riprese 647 ; forse rap- presentavano la parto toccata a due lavoranti, ma più pro- babilmente furono venduti dal proprietario perchè essendo passati per le nostre mani abbiamo potuto constatare che vi erano rappresentati tutti gli imperatori del ripostiglio compreso il primo, cioè Nerone, del quale sette soli esem- plari troviamo in 2528 denari classificati, ed anche Elio Cesare del quale se ne trovarono 6 esemplari soltanto fra i suddetti 2528. È dunque quasi evidente che la divisione fu praticata da mano esperta. Il ragguardevole numero dei pezzi di questo ripostiglio non venne a nostra cognizione che nello scorso mese d'aprile; dapprima ci si faceva cre- dere che il proprietario tenesse soltanto due aurei di Fau- stina e circa un trecento denari d'argento, ma la pre- tesa di un prezzo piuttosto elevato, il dubbio che altre poi potessero sortirne e la incominciatane dispersione, ci fece allora ritenere quasi impossibile di poter reintegrare l'intero repostiglio per cui non ce ne siamo più occupati ed abbiamo ceduto l' acquistato piccolo nucleo di pezzi 367 al signor IL RIPOSTIGLIO DI S. ZENO IN VERONA CITTA 231 Cav. Francesco Gnecchi, il quale ne conserva tuttora le schede che gioveranno se potremo seguire le traccie del nucleo minore disperso di pezzi 280. Verso la fine del detto mese d'aprile poi ci venne offerto nella sua interezza il nucleo principale che trovavasi ancora nelle mani del proprietario Don Giov. Batt. Peranzoni e del quale possiamo dare la seguente nota esatta : Nerone denari d'argento N. G Galea » » » G Ottone » » » 4 VlTELLlO » » » 9 Elio Cesare (1) fra i quali quello assai raro colle teste attVoutate dei figli ? nel rovescio : LIBKKI IMP OERM Vespasiano » » >/ 117 Tito » » » 33 Domiziano » » » 16G Nerva » » » 4G Trajano » » » 435 Adriano » » » 381 » medio bronzo » 1 Sabina denari d'argento » 29 e fra questi uno inedito SABINA AVGVSTA IIADKIA- ni avct p '^. Testa diade- mata a destra — rovescio anepigrafe — Donna (Ve- nere ?) a destra con asta e scudo ai piedi tenendo nella destra un elmo, fra i quali uno inedito AKLivs CAESAR. Testa a destra — rovescio : tr POT cos II Donna velata in piedi a destra, colla mano destra rialzata e la cassetta dei profumi nella sinistra, ai suoi piedi un altare. Totale da riportarsi N. 1238 (1) Apprezzato nel Cohen L. 12. — È da notarsi il numero cosi limi- tato dei denari d'Elio Cesare iu un ripostiglio d'oltre 2800 pezzi. 2532 AMHX'AKl K ANCONA Riporto N. 1238 Antonino Pio denari d'argunto » 418 Faustina seniore » » » 213 » » d'oro » 1 » medio l)ronzo » 1 Antonino Pio e Maiic'Aurelio denari d'argento » 7 » » d'oro » 1 Marc'Adrelio » d'argento » 151 e fra qnesti uno inedito. (Vedi Prospetto in seguito). Faustina juniore » » 102 Lucio Vero » » » 29 fra i quali uno inedito (Vedi Prospetto in seguito). In totale pezzi N. 21G1 ai quali aggiunti gli altri G47 dispersi formano un complesso di N. 2808 pezzi. Avuti nelle mani questi denari , dopoché il proprietario ne prelevò cento (a quanto ci si assicura fra i rovesci du- plicati dei vari imperatori), constatando la cattiva conser- vazione di tutti quelli da Nerone ad Antonino Pio ed il loro numero superiore alla metà del complesso e riconfer- mandoci nella certezza che sarebbe stata oramai assoluta- mente impossibile la reintegrazione dell'intero ripostiglio, ci siamo decisi ad acquistare soltanto quelli più ben con- servati, cioè i denari di Sabina, Elio Cesare, Antonino Pio, Faustina seniore, Antonino Pio e Marco Aurelio, Marco Aurelio, Faustina juniore e Lucio Vero. E di buon grado avremmo acquistato anche gli altri se si avesse potuto rag- giungere lo scopo suaccennato, e ciò per una doverosa de- ferenza all'illustre amico nostro Professore Luigi Adriano Milani, Direttore del Museo Etrusco e del Gabinetto Numi- smatico di Firenze, il quale cosi dottamente e diffusamente illustrò i cinque ripostigli di Fiesole, A.leria, Koma (questo di nostra proprietà), della Venera e di S. Bernardino (1), quest'ultimo da noi pure recentemente acquistato sempre in (1) Milani Luigi Adriano, Di alcuni repostiyli di monete romane (studi di cronologia e storia). Estratto dal Museo di Antichità classica diretto da D. Comparetti, Voi. II, Puntata I, Anno 1886. Il, RlI'OSrillUO 111 S. ZENO IN VERUNA CITTA 233 omaggio alle idee svolte dal sullodato Prof. Milani nel suo pregiato lavoro, sull'importanza cioè che dovrebbesi annet- tere al mantenimento integrale dei ripostigli per il vero valore storico indiscutibile che rappresentano, talcliè ben a ragione egli li chiama veri codici del tempo, codici origi- nali ed inalterabili. Ai numismatici ricchi di censo è raccomandabile di entrare nella linea di vedute del chiarissimo Professore Milani perchè potrebbero, se lo volessero, iniziare questo nuovo ge- nere di importanti collezioni per le quali non basta la buona volontà, e che non sono quindi alla portata di tutti, ma riescirebbero certo di grande utilità alla scienza, che de- plora la scomparsa di preziose raccolte. Lo riscontriamo anche qui a Milano che appena trenta o quaranta anni ad- dietro vantava contemporaneamente, oltre le celebri colle- zioni Trivulzio e Verri, tuttora in essere, quelle del Conte Taverna , del Conte Griacomo Bolognini Attendolo e del Rag. Giuseppe Sorniani passate poi per legati nel Civico Museo, quelle del Conte Mulazzani, del Nobile Cagnola, della Principessa Belgiojoso Trivulzio (1), dei fratelli Vandoni, del Marchese Cusani, del Cav. Giuseppe Gavazzi, del Gerson, del Rag. Consonni, del Franchetti, del Marchese d'Adda, del Cav. Muoni, dell'avvocato Bertolotti, del Conte Burini, del Cav. Morbio, del Cav. Rejiossi, del Bazzi conduttore del- l'albergo del Biscione, del Canonico Codara, ecc. Di tutte queste per la maggior parte insigni raccolte, frutto di pa- zienti e lunghe ricerche locali, non ci restano oggi clie quelle del Nob. Cagnola, del Cav. Gavazzi, del Cav. Muoni e dell'avv. Bertolotti i quali meritano lode per aver costan- temente persistito negli studi e nelle ricerclie numismatiche e per aver saputo resistere alla corrente delle vendite che da circa un decennio si susseguono non interrottamente. (1) In questa collezione, ricca di tremissi longobardi, trovavasi pure quello di Desiderio, col klavia meuioi.ano, ora nel Museo di Torino, unico che si conoscesse sino all'anno 1885 in cui ne sortì un altro nell'Agro Lodigiano il quale forma ora parte della Collezione Averara di Lodi. 3i 2;ri A.MII.CATllO ANCONA Sorsoro ò bensì vero in Milano diverse nuove collezioni ed in prima linea devonsi menzionare quelle dei Signori Gav. Francesco e Gav. Ercole G-necchi che godono oramai una fama europea; vengono in seguito quelle del Gav. Prayer, del 13/ Garetti , del Rag. Gogliati , dell' avvocato Ratti , del D/ Comandini, del Sig. Rodolfo Sessa, del Sig. Miglia- vacca e qualche altra, uè dimenticlieremo la biblioteca nu- mismatica raccolta dal modesto ma eruditissimo Prof. Luppi, ma senza far torto a tutti questi egregi nuovi numismatici ci permettiamo di asserire che ancora non ci compensano pienamente dei perduti. Ma torniamo ai nostri denari del ripostiglio e passiamo ora in rassegna quelli degli ultimi due imperatori Marco Au- relio e Lucio Vero associato all'impero da Marco Aurelio dopo la morte di Antonino Pio l'anno 161, i quali potranno met- terci forse sulla via di stabilire all'incirca l'epoca del sot- terramento e le cause che lo determinarono. Prospetto dei denari di Marco Aurelio. N. degli Aimo (li esemplari ROVESCIO coniazione 1 OLEM (all'esergo) tk . pot . v . cos . ii . inedita G PIETAS AVG 140.43 4 IVVENTAS 141 1 COS . nES .11 144 IG cos . Il . La Speranza a sinistra . 145.46 1 TR . poT . cos . II La Speranza a sinistra 146 3 TR . FOT . II . cos . Il Pallade a destra . 148 3 TR . POT . Ili . cos . II La Provvidenza . 149 1 CLEir . TR . POT . Ili . cos . 11 . 149 2 TR . POT . Ili . cos . Il Pallade a destra . 149 4 TK . POT . HI . cos . lì . La Provvidenza . 149 42 Da riportarsi IL RlPoSTlGMo DI S. ZEND IN VKKONA CVriX 2r.5 N. degli semplari ROVESCIO Anno di coniazione 42 1 4 1 1 5 1 2 8 6 5 1 1 4 12 4 12 1(5 o ■J 5 2 1 I 1 4 1 1 1 1 1 148 Riporto TR . POT , TU . POT TR . POT . TR TR TR TR POT POT POT POT TR . POT TR . POT . Xll TR . POT . xin TR . POT TR . POT faccia TR . POT VII . cos . Il . Eoma in aiuto niilit. a sii: VII . cos . II . Il genio doU'armata a sin vai . cos . II vili . cos .II X . cos . II . La (iiustizia X . cos . Il . 11 genio del popolo romano XI . cos . II . La Felicità o la Pace a sin XI. COS. II. Saldato a sinistra cos. II. La Pace o la Felicità . COS . Il . La Speranza . . COS . II . Il valore a sinistra . . cos . Il . DF.siG . Ili . ( Juerriero di XIII XIIII XIIII cos . II . Pallade a destra PROV . DEOR . TR . P . XV . COS . Ili . CONCORD . AVG . TR . P . XV . CuS .III PROV . DEOR . TR. P . XVI . CoS .111. CONCORD . AVG . TR . P . XVI . CoS .111 . PROV . DE OR . TR . P . XVII . CiiS . Ili CONCORD. A\'G . TR . P . XVII . OS .111 AR.MEN . TR . P . XVIII . IM1> . II . C'is . III. TR . P . XVIII . COS . II . COS . Ili . La C'iiiicordia . (•OS . IH . La Felicità TR . P . XVIII TR . P . XVI li P . M . TR . P . a destra TU .... COS , TR . POT . X\'III[ PAX . AV . TR . P . PAX . TR . P . XX . VICT . AV(i . TR . P XVIII . IMI' . II . COS . Ili . (iiierneri 11 Minerva a sinistra C()S .11 XX . ciis .111 iMP . mi . ci)s . Ili . La Pace XX . COS . Ili . l.');3 l.-)3 1.54 15.5 15(3 15() 157 157 158 150 159 KiO IfiO 1(51 1(51 1(52 1(52 1(;3 KU Kit IG4 1(51 1(51 '/< 1(55 i(5(; !()(■) l(5C) Inoltre nello schedo doi .'5(57 denari del Cav. (Tnocchi si trovano i seguenti altri denari di ^iarco Aurelio : N. degli esein [ilari ROVESCIO Anno (li coniazione Colien 9 » K» » Il 152 1(51 1(52 1(53 9 Da riportarsi -J36 AMII.CARK ANCONA N. degli ROVESCIO Anno di esemplari coniazione 9 Riporto 1 Cohen dopo 77 161 3 » 151 140.43 1 » 181 161 1 » 184 162 2 » 185 162 2 » 219 150 2 » 228 153 1 » 240 156 1 » dopo 244 « 1 » 252 158 1 » 253 158 1 » 265 160 2 » 278 164 28 che cogli altri 148 formano 176. Prospetto dei denari di Lucio Vero. N. degli esemplari ROVESCIO Anno di coniazione 1 AEQViTAS . AVO . La giustÌ7,ia a sinistra coll'asta e la bilancia inedito 4 1 14 l'ROV . DEOR . TU . P . COS . Il . . CONCORDIA . .\VC, . COS .11 PROV . IIEOR . TR . P . Il . COS . II . 161 161 162 3 2 PROV . DEOR . TR . P . III . COS . II . TR . p . III . iMP . II . COS . II . (all'esergo) armen 163 163 3 TR. P . un . I.MP . II . COS . IH . . 164 28 E fra le sclietle del sig. Cav. Gnecchi ne troviamo: N. degli esemplari ROVESCIO Colien 37 » 50 » 58 7 che uniti ai 28 sopradescritti formano 35. Anno di coniazione 162 164 165 IL RIPOSTIGLIO UI S. ZENO IN VERONA CITTÀ 237 Mentre adunque riscontriamo che fra i 35 denari di Lucio Vero l'ultimo coniato è quello dell'anno 165, fra quelli di Marco Aurelio ne troviamo invece tre coniati posterior- mente e cioè quelli col rovescio della Pace e della Vittoria coniati l'anno 166. Altri denari di Lucio Vero si conoscono con rovesci diversi dai nostri che furono coniati nei suc- cessivi anni sino al 168, né è improbabile che qualcuno ce ne fosse fra i 280 dispersi. Meno agevole poi riescirebbe il supplire alla lacuna dei denari di Marco Aurelio che cer- tamente dovevano formar parte del nucleo disperso, perchè se ne conoscono moltissimi coniati a tutto 1' anno 180 in cui avvenne la sua morte. Ma se l'esperta mano che operò la spartizione del ripo- stiglio ne collocò 28 nel nucleo dei 367 pezzi del signor Cav. Gnocchi, non ne avrà collocati forse più di 20 nel- l'altro dei 280, e crediamo ben difficile che fra questi 20 ve ne fossero di battuti posteriormente all' anno 168 con- siderato che nella totalità dei 176 pezzi che conosciamo se ne trovarono appena tre battuti nel 166 ed uno battuto nel 165. E facciamo constatare che i denari di questo ri- postiglio sono coniati anteriormente all'anno 168 perchè ap- punto allora combattevasi la guerra Marcommanica, quindi gran passaggio di soldati nell'alta Italia, e fu in quello stesso anno che i due imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero con poderoso esercito si recarono sino ad Aquileia in seguito a che i barbari del settentrione cessarono le ostilità e si mostrarono propensi alla pace. I duo imperatori, ridonata la tranquillità alla Pannonia ed all' lUiria , poterono ri- tornarsene nel 169 verso Iloma, ove giunse il solo Marco Aurelio, essendo morto Lucio Vero colpito da accidente presso Aitino ; ma nel successivo anno 170 i barbari ripre- sero le armi e Marco Aurelio, al quale mancavano da- nari e soldati in causa specialmente della peste che infie- riva in Roma, liberati gli schiavi ne formò alcune legioni, come erasi già fatto all'epoca della guerra punica. Prese inoltre i gladiatori, i banditi della Dalmazia e molte com- pagnie di Germani formando cosi un grosso esercito e per supplire ai bisogni dell'erario vendette al pubblico incanto 238 A. ANCONA - 11, un'(,.snc;i,io in s. /.v.yo in vkkona cuik gli effetti preziosi del palazzo imperiale , persino lo vesti di Faustina. E con una parte di tanto oro e argento rica- vato è probabile sionsi coniati i numerosi denari del 170 che avranno seguito 1' esercito nelle casse militari e dei quali accenneremo soltanto i rovesci più comuni: VICT . AVG .COS . HI VICT . AV(i . COS . HI . S . e . COS . Ili . La Fortuna in piedi a sinistra. COS . Ili . La Saluto in piedi a destra. COS . Ili . Diana in piedi a destra. COS . IH . Pallado in pitidi a destra. SALUTI . AVG . COS . Ili . FEMCITAS . AVG . COS . IH . Ebbene di tutti questi neppure uno ne troviamo nel ripo- stiglio di S. Zeno, come non no troviamo di quelli coniati nel 173-74 colla Vittoria Germanica, nò alcun altro dei coniati successivamente sino al 180 epoca della morte di Marco Aurelio e della fine della guerra Maroomannica. Incliniamo quindi a credere che il nostro tesoretto sia stato sotterrato nel 168 o nel 170, per il panico forse cagionato dal pas- saggio di tante milizie e più probabilmente nel 170 in cui sarà precorsa la voce dello strano esercito raccolto da Marco Aurelio. Ad ogni modo sta il fatto che Verona, già dichiarata piazza d'armi sino dai tempi di Vespasiano, era spesso mi- nacciata dai barbari presso le Alpi, ed è quindi possibile che, durante la lunga guerra Marcomannica, il timore ap- punto d'una invasione abbia determinato il sotterramento del ripostiglio di S. Zeno, che in tal caso sarebbe avvenuto fra il 168 e il 180. Amilcare Ancona. CRONACA BERNARDINO BIONDELLI COMMEMORAZIONE. Col (/ionio 11 del pros- simo luglio stanno per compiere due anni dalla morte del Prof. Comm. Jìerìiarilino JiioiidefH , ijià Direttore del B. Ga- binetto Numismatico di Brera. La ^Rivista crede ili non poter meglio ono- rare il nome di Lui, che riassumendo — iìi se- ti ulto a gentile permesso — la hella Commemora- zione pronunciata da' cìi. Prof. Vigilio Txama nella solenne adunanza del 11. Istituto LjOìh- lardo, il 12 ijennaio del- l' anno corrente. Nacque il Bioiuìolli in Vrroiiii il 14 marzo 1S04, e (]uivi fece gli stuilj ginnasiali e liceali, dedicandosi subiti^ dopo all'insegnavaeiito didla matematica, della storia e della geo- 240 f-RONACA grafìa, ora nelle scuole della sua città, ora in altri istituti del Veneto. Venuto nel 1839 a Milano, qui prese stabile dimora, e più non si mosse da questa città, che diventò sua seconda pa- tria dilettissima, se non per fare più o meno lunghe escur- sioni o viaggi in Italia e fuori, sempre per ragioni di studio o per doveri d'ufficio. Nel 1849 venne nominato Aggiunto e presto dopo Bù^et- tore del Gabinetto Numismatico, ufficio che egli conservò fino al giorno della sua morte. Nello stesso tempo aveva avuto l'incarico dall'I. R. G-overno austriaco di dare un pub- blico corso di Archeologia e di Numismatica, nei locali del Gabinetto ; e quando mutarono felicemente i tempi venne dal E. Governo nominato, nel 1861, professore ordinario di Archeologia nella R. Accademia scientifico-letteraria, allora istituita, dal quale ufficio cessò solo due anni prima che egli morisse, avendo egli stesso chiesto di essere collocato a riposo. Fu nominato Socio Corrispondente, poi Membro Effettivo del E. Istituto Lombardo, copri la carica di Segretario nel biennio 1880-81 e fece parte di parecchie Commissioni no- minate per iscopi scientifici o artistici. Quando il Biondelli giunse a Milano ferveva qui operosa una vita intellettuale piena di nobili aspirazioni e di alte promesse, ridestata sopra tutto per la iniziativa di Carlo Cattaneo, il quale in quell'anno appunto (nel 1839) vi aveva fondato il suo Politecnico, organo insieme ed efficace pro- motore di codesta insolita operosità di studj. Il nuovo giornale aveva preso subito il primo posto fra i giornali letterarj e scientifici della penisola. Il Cattaneo era circondato e sorretto nell'impresa da una eletta schiera di valorosi che miravano con lui a rialzare sempre più insieme colla prosperità economica anche la coltura del paese. In quella eletta schiera di studiosi entrò, e ben presto ebbe im posto distinto, il nostro Biondelli. Egli coltivava allora gli studj linguistici e dialettologici, e di questi fu il rappresentante nel Politecnico. CO.MMKMOKAZIONK DI lìERNARDlNO HlO.MiEl.Ll 241 In una serie di articoli, più tardi raccolti in un volume, egli si era proposto di far conoscere a' suoi compatrioti la scienza della Comparazione dei linguaggi che il genio del Grrimm e del Bopp aveva da poco creato in Germania ; e discorreva àeW Origine e dello sviluppo delia linguistica. In un altro articolo metteva in evidenza la grande uti- lità di codesti studj, per le molteplici loro applicazioni alla ricerca delle origini delle nazioni e sopratutto di quelle che occuparono anticamente il nostro paese {Della lingui- stica applicata alla ricerca delle origini italiche). Era un campo di studj affatto nuovo per l'Italia codesto che il Biondelli veniva rivelando nelle pagine del Politecnico, e i suoi articoli, scritti con bella chiarezza, venivano letti avidamente dai giovani italiani, ai quali aprivano un oriz- zonte del tutto sconosciuto. Ma egli tuttavia non pretendeva punto di essere creatore di nuove dottrine, ilodestamente anzi ripeteva che a a nul- u l'altro egli aspirava che a rendere, co' suoi scritti, mag- u giormente diffusa presso di noi la coltura di questi studj u importantissimi, v nei quali ormai gli stranieri erano d'assai progrediti e ci avevano di tanto preceduti. A tale intento egli concepì il disegno di un vasto lavoro che u adunasse in un'opera sola le più recenti scoperte u linguistiche sparse in molti scritti di varia favella, e trac- u ciasse sulle norme di questi, confermata e ampliata dalle u sue proprie induzioni, una classificazione compiuta di u tutti i popoli d'Europa, in riguardo al genio e ai rap- u porti delle lingue che parlano, n Quest'opera fu l'Atlante linguistico 'd'Europa , il quale doveva constare di quattro grossi volumi in-8 gr. e di un Atlante in foglio di 40 ta- vole, nei quali tutte le molto lingue parlate in Europa do- vevano essere classificate. Ma non usci che il primo volume con cinque tavole. Se in questi lavori che riguardano la linguistica in ge- nerale, il Biondelli si accontentava di raccogliere e di ri- produrre, con lucida esposizione, quanto gli altri avevano fatto prima di lui, nello studio dei dialetti italiani invece egli portava indagini sue proprie, e raccogliendo abbou- 32 242 CRONACA danti materiali nuovi li disponeva e illustrava con metodi da nessuno tentati ancora prima di lui. Fin dal 1840 egli dettava per la EncicTopedia popolare del Poniba di Torino il lungo articolo che tratta delle lingue e dei dialetti d'Italia. Questo lavoro è steso, come richiedeva l'indole della pub- blicazione, in forma popolare ; ma il Blondelli u si riser- u vava di svolgere più tardi e di proposito su tela più vasta u e di documentare con irrefregabili monumenti il prospetto u che qui aveva solamente sbozzato, n E tale suo divisamento cominciò egli ad attuare nel Saggio sui dialetti Gallo-italici che pubblicò parecchi anni più tardi, nel 1853, in tre volumi. Questo lavoro seriamente pensato, s' ebbe meritamente larghissime lodi in tutto il paese quando comparve alla luce e rese illustre il nome di Biondelli fra tutti i cultori degli studj dialettologici. A compimento di questo suo Saggio pubblicò il Biondelli, tre anni dopo, alcune Poesie lombarde inedite del secolo XIII (Bernardoni, 185fi), per mostrare che in Lombardia, non meno che in altre parti d'Italia, si usasse fin dal 1200 il dialetto volgare in componimenti poetici. Ultimo frutto degli stiidj linguistici del Biondelli è la splendida edizione dell' Evangeliariwn , epistolarium et lectio- nariuni Aztccum sive Mexicanum (1858), tolto da un an- tico codice scritto assai nitidamente su fogli di agave, che circa trent'anni prima (1826) era stato portato dall'America dal dotto viaggiatore bergamasco Giulio Cesare Beltrami. Al testo del codice segue un glossario azteco-latino^ il quale, dieci anni più tardi, venne dal Biondelli ripubblicato col- l'aggiunta di un corrispondente glossario latino-azteco. Ma le nuove cure che la direzione del Gabinetto e la cattedra di archeologia richiedevano dal Biondelli lo dis- tolsero mano mano e sempre più dagli studj linguistici ; e dal 1850 in poi gli studj del Biondelli furono rivolti prin- cipalmente appunto alla nutnismatica e &IV archeologia. Quando assunse l'incarico di darne pubbliche lezioni, egli aveva già dato qualche prova del suo sapere in tali discipline. COMMEMORAZIONE 1)1 BERNARDINO BIONDEI.LI 243 Nel Congresso degli Scienziati che si tenne in Napoli nel 1845 il Biondelli fece parte della Sezione archeologica, e ne fu Segretario, e come tale stese la relazione dei lavori e delle discussioni che vi si fecero, la quale venne stam- pata negli Atti del Congresso. Il nuovo insegnamento di Archeologia ebbe principio nel 1851, nella sala di lettura annessa in quel tempo al Gabi- netto Numismatico, e il Biondelli, innanzi a scelto e nume- rosissimo uditorio, vi lesse la prolusione (che fu poi stam- pata nel Crepuscolo di quell'anno) per indicare a larghi tratti la via che intendeva di percorrere nel corso biennale delle sue lezioni, u Egli si proponeva n (seguo le sue pa- role) u. di esaminare tutti i monumenti architettonici delle u antiche nazioni, prendendo le mosse dai Celtici, perchè u più semplici e più strettamente collegati colle origini u lombarde, per passare poi agli Etruschi, e quindi all'India u dalla cui civiltà scaturirono l'assira e babilonese, la per- tt siana e la egiziana, di ciascuna delle quali doveva trat- « tare. Dall'Egitto egli passerà poscia nella Grecia e da u questa in Roma, e ti'ascorso cosi tutto il mondo antico, u tratterà anche dei monumenti cristiani. Compiuta poi la u ispezione generale dei monumenti architettonici dell'Asia, tt dell'Africa e dell'Europa egli si farà ad adombrare (j^uelli u degli antichi abitatori del Nuovo Mondo, n Programma vastissimo ed audace davvero, che io ho vo- luto qui esporre perchè mi sembra caratteristico per mo- strare qual fosse l'indole dell'ingegno e dell'insegnamento del prof. Biondelli. Un saggio di codesto suo insegnamento diede il Biondelli pubblicando nel Crepmscolo del 1853 un breve Sunto di al- cune lezioni sidle antichità americane. Quando, nel 1861, il Biondelli inaugurava nella medesima sala del Gabinetto Numismatico il suo nuovo corso come professore della R. Accad. Scentifico-letter., le opinioni sue e i suoi propositi sul compito di un insegnamento superiore dell'Archeologia non erano mutati. Era sempre la vastità dei nuovi orizzonti archeologici che attraeva sopratutto e seduceva il Biondelli. 244 CRONACA Ma oltre che colla viva parola dalla cattedra, il Biondelli promoveva qui a Milano lo studio e il culto dell'Archeologia in altri due modi ; coll'illustrare, vale a dire, tutto quanto si conservasse in città o nella Lombardia di antiche iscri- zioni, o ruderi, o monumenti che non fossero già stati da altri convenientemente illustrati, e collo spingere le auto- rità competenti e le persone più autorevoli alla fondazione di un Museo Archeologico^ il quale provvedesse u cosi alla u coltura di storia patria come ad impedire l'ulteriore di- u spersione dei ruderi che vengono di mano in mano dis- u sotterrati, -n Noi dobbiamo senza dubbio attribuire in gran parte a merito suo se Milano potè finalmente avere un Museo Ar- cheologico non del tutto indegno della ricca città. Né ristava intanto egli dallo studiare le antichità mila- nesi e lombarde, e la illustrazione delle iscrizioni romane valse al Biondelli l'amicizia di Teodoro Mommsen, il quale quando venne a Milano per raccogliere anche in questa parte d'Italia i materiali per quella monumentale sua opera che è il Corpus iìiscriptioniim lalinnrion, si giovò non poco della molta pratica e della profonda conoscenza che dei mo- numenti milanesi aveva il Biondelli, e di lui parla con assai lusinghiere espressioni in quel volume appunto ove sono raccolte le iscrizioni della regione lombarda. La attività del Biondelli nella illustrazione delle antichità del paese fu per parecchi anni grandissima. Nel 1863 egli qui descrisse un'antica necropoli etnisca scoperta nell'Umbria ; nel 1864 riferisce intorno a un sepol- creto romano discoperto nella pianura sottoposta a Vergiate, sepolcreto che egli crede di dover attribuire all'epoca della decadenza romana, deducendolo da alcune monete e dai piccoli oggetti che vi si rinvennero. Di un altro sepolcreto scoperto a Vittuone egli rende conto nel 1868, rilevando il probabile significato simbolico di alcuni oggetti là ritrovati. Due anni prima egli aveva richiamato l'attenzione sulle: Iscrizioni e ìnonumenti romani scoperti ad Angera sul Verbano. Di un' altra scoperta rese conto il Biondelli nel 1867 , COJIMEMORAZIONK DI FiERNARDINO lìIONDEI.l.I 245 pubblicando la descrizione di Una tomba gallo-italica a Sesto Calende sul Ticino. Che se la predilezione del Biondelli e la operosità sua erano sopratutto rivolte ai monumenti delle età più remote, non per questo egli trascurava quelli che potevano illu- strare qualche punto della storia dell'età di mezzo. Ed anche di storia più recente si occupò il Biondelli quando pubblicò un Nuoro documento storico relativo alle condizioni politico-eco7io?niclie delle città di Milano al tonpo della conquista del Ducato fatta dal re dì Francia Lodo- vico Xn (Archivio Storico Lombardo, V, 1878). Per ciò che concerne la numismatica, già nell'elogio che egli fece del conte Carlo Ottavio Castiglioni quando, il 5 settembre 1855, venne solennemente inaugurata la statua che gli fu eretta nel palazzo di Brera , il Biondelli diede prova di molta dotti'ina parlando con rara competenza della illustrazione che il Castiglioni aveva fatto delle monete cufiche del Gabinetto milanese , competenza riconfermata presto dopo nella pubblicazione di alcune interessanti Let- tere inedite sulle zecche d' Italia del chiaro numismatico Guido Antonio Zanetti (Milano, 1861) con erudite annota- zioni esplicative. Ma il primo lavoro che mostrasse quanto ormai il Biondelli fosse addentro in questi studj è la sua bella Memoria sulle Monete auree dei Goti in Italia presen- tata a questo R. Istituto nella tornata del 13 dicembre 1860, come rapporto di una Commissione che era stata nominata per rispondere a un quesito proposto da un dotto straniero, l'illustre numismatico francese C. Robert. u Per unanime consenso dei dotti era ormai ammesso il u fatto che i re Ostrogoti coniarono in Italia monete auree u colle effigie degli Imperatori romani (Anastasio , Giu- u stino I, Giustiniano) ad imitazione ^delle monete bizan- u tine, sia per convenzione stipulata fra Teodorico e Ze- u none, sia per agevolarne il corso in commercio presso le u popolazioni ormai avvezze al tipo imperiale n. Ma in quali zecche fossero state battute codeste monete non si sapeva. Il numismatico Lenormant, pochi anni prima aveva manifestato e sostenuto l'opinione che certe sigle o lettere 24G CRONACA isolate neir area delle monete dovessero interpretarsi come iniziali dei nomi delle officine donde erano uscite e in tal modo era venuto a couchiudere che i Goti battessero monete d'oro non solo nelle città principali come Eoma, Eavenna, Milano, ma anche in altre di minore importanza quali p. es. Bologna, Verona, Vicenza, Pavia. Il Biondelli con prudente e assennato riserbo mostra nel suo rapporto la incertezza di tali deduzioni fondate sopra base cosi poco sicura, e consiglia a non accettare, senza prove ulteriori e più convenienti, le conclusioni del dotto francese. Qualche anno più tardi, nel 1869, pubblicò una estesa e assai pregevole Memoria su La Zecca e le Monete di Mi- lano, nella quale riassumeva con molta diligenza quanto su questo argomento era già stato scritto prima, sopratutto in un accurato lavoro del conte Giovanni Mulazzani (Sulla Zecca di Milano dal secolo XIII fino ai giorni nostri) uscito nel 1834 nella Rivista Europea, e aggiungeva molte nuove notizie e osservazioni sue proprie, quali venivangli sugge- rite dalla lunga esperienza ormai fatta nel Gabinetto, e dal numero sommamente accresciuto delle monete ivi raccolte. Parlando delle origini prime della zecca milanese asse- riva allora il Biondelli che non volendo u affermar cosa " che non sia da fatti indiscutibili dimostrata , conveniva u limitarsi ad asserire che la serie incontrovertibile delle u monete milanesi non incominciava che colle monete Ca- u rolingie e più precisamente con quelle di Lodovico u il Pio. n Ma in la^'^ori successivi che egli scrisse intorno alla nostra Zecca si accostò anch' egli sempre più all' opi- nione di altri chiari eruditi i quali sostennero che a Mi- lano si battesse regolarmente moneta non solo durante il regno dei Longobardi , ma anche assai prima sotto il do- minio dei Goti, e anzi già nel quarto secolo al tempo degli imperatori Teedosio e Valentiniano (395). Se non che solo da Carlo Magno in poi la zecca di Milano diventò vera- mente autonoma. Egli passa in diligente rassegna la serie delle monete milanesi da quel tempo sino alla fine del secolo scorso, di- COMMEMORAZIONE DI HEUNARDINO HIONDELLI 247 stribuendole in sei periodi storici, assegnando al primo le monete dei Caì^oUngi e successivi re d'Italia , al secondo quelle degli Imperatori germanici (Case di Franconia, di Sassonia, di Svevia, 290 anni), al terzo le monete ojUo- nome della prima repubblica milanese comprendendo il go- verno dei consoli, e tutto il periodo Visconteo (fino a Fi- lippo Maria, morto nel 1447, che fu l'ultimo della stirpe), al quarto le jnonete della repubblica Ambrosiana, , degli Sforza e dei re di Francia (sino a Francesco II, morto nel 1535) e finalmente ai due ultimi periodi le monete dei re spagnuoli (da Carlo V a Filippo V, 1713) e quelle degli imperatori di Casa d'Austria (da Carlo VI a Francesco II) fino al trattato di Campo Formio (17 ottobre 1797). Il sistema fondamentale di monetazione decretato da Carlo Magno per tutta la vasta sua monarchia, e ben presto introdotto anche in Italia, fu quello che regolò sempre pel corso d' circa dieci secoli la monetazione della zecca mila- nese. Tale sistema fondato interamente sull'argento è prova, dice il Biondelli u della molto sapienza dalla quale furono u dettate in generale le nuove istituzioni di quel Grande, u essendo ormai pienamente dimostrati dalla ragione e dal- o l'esperienza i difetti di un sistema monetale che sia fon- u dato simultaneamente sopra due metalli diversi, n E segue il Biondelli di secolo in secolo le vicissitudini del sistema monetale in uso nella nostra zecca e i turba- menti cui andò soggetto, notando a come interceda un nesso u inseparabile e costante fra le vicende politiche delle na- u zioni e quelle della rispettiva moneta, n Dà intera tutta la serie dei principi dei quali si conoscono monete coniate in Milano, discorre dei nomi diversi coi quali nei varii tempi queste furono distinte, e delle impronto e dei tipi loro, delle iscrizioni e leggende che vi furono impresse, del loro pregio artistico, della loro importanza storica, e conchiude la sua Memoria, assai bene elaborata e compiuta, col dichiarare u che la officina monetaria mila- u nese, sotto qualsiasi aspetto si consideri, non solo è una u illustrazione della metropoli lombarda, ma è ancora una u gloria nazionale, dapoichè giureconsulti artisti ed eruditi 248 CRONACA a di varie provincie concorsero in ogni tempo a mantenerla u. in onore, n Pel Q-abinetto cui era proposto aveva il Biondelli grandis- sima affeziono, e illustrò con dotte Memorie alcune delle medaglie e delle monete più rare o più importanti che vi sono contenuto. Cosi fra lo altre egli descrisse, in seno a questo E. Istituto, due medaglioni vnpcriali greci, correg- gendo la erronea attribuzione che prima n'era stata fatta. Uno si credeva ohe appartenesse alla città di Lampsaco nella Misia, l'altro a Stratonicea nella Caria; ma esaminata meglio l'impronta e letta più attentamente la leggenda egli mostrò come il primo sia da ascrivere alla città di Lamos in Cilicia che lo fece battere in onore dell'imperatore Elagabalo, e il secondo alla città di Temnus nell' Eolide. E il Biondelli nel fare codesta illustrazione diede bella prova di modestia e di lealtà assai lodevole dichiarando che la correzione gli era stata suggerita dal chiarissimo archeologo "Waddington, quando questi venne a visitare il nostro gabinetto per ma- turare gli studj che egli stava facendo sull'Asia Minore. Altra numerosa serie di monete illustrò nella dissertazione che pubblicò ncìV Archivio Storico Lombardo (Voi. VI, 5-38) nel 1879, intorno all'origine del Cantone Ticino e intorno a BeìUnzona e le sue monete edite ed inedite, mettendo sempre più in evidenza la sua diligente accuratezza, la sua larga dottrina e il suo acume. Del Gabinetto Numismatico egli narrò pure la istoria con cura gelosa e appassionata. In una memoria scritta nel 1880 egli riporta un lungo e particolareggiato rapporto del va- lente suo antecessore l'archeologo Gaetano Cattaneo, al quale era dovuta la prima fondazione del Gabinetto e la sapiente sua coordinazione. In questo rapporto sono narrate le varie vicende della nuova istituzione, sorta dapprima col nome di Rende Gaììinetto di medaglie e monete presso la vecchia zecca nel 1803, e traportata poi insieme colla propria biblio- teca nel 1821 nel Palazzo di Brera, e resa autonoma col nuovo nomo di Gabinetto Numismatico. Con leale compia- cenza narra il Biondelli dei molti acquisti di importanti medaglieri e di rare monete fatti dal Cattaneo, degli incre- ('OMMEMURAZIUNE DI HERNARDlNù BIONDEI.M 249 menti coutiniii che il Gabinetto ebbe per opera di lui e dei molti e costosi volumi di cui egli venne arricchendo la bi- blioteca che v'era annessa. A chi racconterà in avvenire le ulteriori vicende di questa preziosa raccolta toccherà di mettere in bella evidenza come essa sia stata notevolmente aumentata, durante i trentasei anni in cui l'ebbe in custodia il Bion lelli, di quali e quante rare ed importanti monete sia stata arricchita, e come sopratutto fosse diventata insigne per numero di opere archeologiche splendidamente illu- strate la sua biblioteca, quella biblioteca cui il Biondolli vide nel 18G4, con vivo e non mai dimenticato dolore, fusa insieme colla Braidense. PUBBLICAZIONI NUMISMATICHE BEKNAUIUNO HIONUELLI. Sulle moneti-: airee dei Goti in Italia. Milano, Bernar- doni, 18(31, con tavole (anche negli Atti dell'Istituto Lonib., Voi. II). La Zecca e la moneta di Milano. Valeutini , 18G9; riprodotto con parecchie modificazioni nella Prefazione (di pag. 85) all' opera : Le monete di Milano da Carlo Mayno a Vittorio Emanuele II , descritte e illii.strate da Francesco od Ercole Gnecclti. Milano, Du- molard, 1884. EiroRDO DELLA Zeita DI MiLANo (noU' Arcluvio storico Lom- bardo, Anno V, pag. 449; 1878); riprodotto con lievi modificazioni nel capitolo : La Zecci. nel libro : Gli Istituti scientifici, letterari ed artistici di alitano. Pirola, 1880. Lettere inedite di Gtido Antonio Zanetti sulle zecche d'Italia, con prefazione e note. Milano, 18G1. Cenni storici sul 11. Gabinetto Numismatico di Milano. Mi- 33 250 CRONACA - COMMEMORAZIONE DI HERNARDINO BIONDELLI lano, Bernardoni, 1872 ; riprodotto con Uovi modificazioni nell' arti- colo : Il Gabinetto Numismatico, del libro : Gli Istituti scientifici , letterari e artistici di Milano, nel 1880. Dichiarazione di due medagijo.vi imperiali oreci inediti del K. Gabinetto Numismatico di Milano ; nei Rendiconti del R. Istituto Lombardo, 13 maggio 1880. Dichiarazione di sessantatre monete pontificie inedite del Regio Gabinetto Nu.mis.matico di Milano. Milano, 1884. Bellinzona e le sue monete edite ed inedite {Origine del Cantone Ticino). Archivio Storico Lombardo , Voi. VI , pag. 5-38 , anno 1879. • » * BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI. Muliniei* Émile. — Li'S hronzes de la Renaissance: — Lks pla- QUKTTES. Catalogue raisonné précède d'une introduction. — Tome premier accompagni de 82 gravures. Parigi, Libreria AeW'Art. 1 Francesi usano chiamare colla voce plaquette una sva- riata serie di laminette scultoriche del Rinascimento che da pochissimi anni han principiato a innamorare studiosi e collezionisti. Si tratta di piccoli bassorilievi di bronzo ; paci, medagliette , imprese , ornamenti di qualsiasi oggetto d' uso comune o di riguardo , eseguiti anche in oro o in argento sbalzato e cesellato con suprema finezza. Or raccogliere in un catalogo sistematico così abbon- dante serie di oggetti i quali anche per la loro natura pos- sono più dei quadri e delle statue trovarsi sparpagliati qua e là in Musei pubblici e Collezioni private, è certo stata idea ottima sotto tutti i riguardi. Noi italiani, poi , dobbiamo esser sinceramente grati al- l'Autore del presente Catalogo perchè ivi si tratta di og- getti nostri illustrati da belle silografie e lumeggiati da larghi e appropriati cenni storici. Comincia, il Molinier, con una Introduzione sobria di parole e abbondante di fatti. Non che ivi l' A. dica cose tutte nove o faccia osservazioni tutte suo personali ; per quanto si tratti di un argomento novo, il Molinier ha tro- 252 '.'KONACA vato clii l'ha in qualche punto preceduto ed egli onesta- mente lo riconosce (Vedi p. es. a pag. X) e di pagina in pagina cita autori, intrecciando (!Osi alle sue indagini le indagini d'altri, alle proprie le osservazioni altrui. Tra le osservazioni che più fanno senso in questa Intro- duzione sta di certo la presente a pag. XIX dove consta- tato che quasi tre quarti di placchette italiane apparten- gono all'arte del nord d' Italia l'A. scrive : u La Toscane , u. si riche et si feconde sous le rapport des autres arts , u n'a produit qu' un nombre assez restreint de fondeurs et u de médailleurs, et ces derniers n'apparaissent qu'à la fin u du XV= siècle. -n Fatto davvero assai strano e facile a ve- rificarsi. Ci Ce qui s'est passe pour les médailles a eu lieu a également pour les plaquettes n pag. XX, aggiunge l'A. Altra osservazione interessante e , parmi, originale è la seguente a pag. XXXII. ti Tout ce qu'il importe d'établir ici n — dice l'A. — u c'est que si ben nombre de sculptures décoratives de la u première Renaissance francaise, n'ont pas été executées u par des artistes italiens , du moins les artistes francais u avaient entre les mains des modèles italiens. n E altre osservazioni considerevoli ho notato leggendo le quaranta pagine dell' Introduzione : senonchè io non debbo e non posso propormi, né in verità mi proporrei, di cavare il succo di queste pagine per presentarlo qui ai lettori. Cosi passo senz' altro alla parte sostanziale del libro e mi fermo per oggi a questo primo volume. Il quale è di- viso in ventidue capitoli che dalle placchette di imitazione antica traverso le sculture di Donatello e della sua scuola, di Fra Antonio da Brescia, di G-iovanni delle Corniole, del Caradosso, va sino alle sculture di Valerio Belli detto Va- lerio Vicentino. L'A. di ogni artista di cui parla, oifre dei dati biografici che oltre ad essere necessari in quanto danno modo a ogni lettore di aumentare con poca fatica le proprie cognizioni, servono, cornice opportunissima del quadro, a fissare i limiti entro i quali 1' opera artistica d' ogni autore, studiato nel libro, va compresa. E altra cosa da segnalarsi : l'A. offre di r.lHl.llHWlM'M \ 25)) sovente un'abbondante bibliografia riguardante le opere che egli segnala all'attenzione del collezionista. Cosi, per citare un esempio, si ferma assai su la bibliografia riferentesi alla laminetta di bronzo, il Martirio di S. Sebastiano, della col- lezione del sig. Edoardo André di Parigi, che l'A. dà, sen- z'altro, a Donatello. Qui peraltro mi permetto di osservare (quantunque io mi trovi d'accordo col Molinier su 1' attribiizione della plac- chetta di cui parlo) die non sarebbe stato male che l'A. avesse ivi accennato che la laminetta della collezione Andrò non è ritenuta da fidti opera di Donatello ; — tanto j^iù che questa notizia non comprometteva minimamente l'opi- nione dell' A. che è quella di molti e contribuiva a provare la completa imparzialità del Molinier quale ordinatore del Catalogo. Vo avanti per avvertire un'inesattezza che credo sia stata già corrotta nella Errnta-Corrige unita al secondo volume ch'io ancora non ho visto. Il Molinier anzi ne fu da me già avvertito. Comunque sia mi permetto di segnalare an- cora questa inesattezza per ([uei lettori che ancora non avessero il secondo volume del Catalogo. A pag. 100 dove si parla del Caradosso (cui — sia detto pur di passaggio — cosa mancò per esser pari al Cellini ?) l'A. accenna a un S. Sebastiano a un S. Sébastien en bronz'e u (H 0,50 1 qui se trouve à Milan et dont la photographie u m'a été n, è l'A. che scrive, u obligoamment communiquée u par M, E. ^Miintz n. E qui il ^lolinier fa la descrizione abbastanza efficace di questo S. Sel)astiano. Il quale sa ormai il mio A. che non è affatto di bronzo ma di marmo, che l'originale trovasi nel Museo Arclieologico di Milano nella saletta a sinistra entrando, e elio l'unica riproduzione pubblicata trovasi nel mio liljro VOrnamcntn poìicromo (1). Uno dei punti più ingegnosi del libro del Molinier mi è parso quello riguardante la interpretazione del nome (1) L'Oi-ii amen/o policromo nelle Arfi <' nellf Inilustrie artistiche. Ta- vola XXXII. TI. Iloopli, editore. Milano. 188G. 251 CRONACA Vlocrino ; nome di un artista eminente del XV secolo o del principio del XVI secolo. Crede l'A. che la voce Vlocrino sia un gioco di parole, una specie di rebus. E essendo un gioco di parole, in tal guisa lo spiega — senza, pertanto , esser persuaso di darne la definitiva interpretazione. Vlocrino è, crede il Molinier, una parola ibrida, formata dal greco o'Ao; e dal latino crinis , letteralmente capello crespo riccio — a Pour ma part n — copio dal libro — u je ne penso pas que cotte étymologie puisse surprendre u ceux qui sont aii oourant des habitudes bizarres et de u l'amour quelquefois déréglé que les hommes de la Renais- u sance professaient pour l'antiquité. Qu'on se rappelle ce u sculpteur vénitien, Simone Bianchi, qui a pris plaisir à si- u gner ses oeuvres en grec et à transformer son nom en u colui de As'j/có;. Andreas Riccius, dit Scardeone en par- u lant d' Andrea Briosco, alias Crispus a crispa capitis coma u nuncupatus. Nam fastiditus barbarum nomen, Crispus u dici maluit. Le trait caractéristique de la physionomie de u Briosco, sa chevelure crépue, 1' avait fait surnommer u Riccio, n E vero. E se questa interpretazione ingegnosa che l'A. mette in- nanzi senza alcuna gravità sarà sfatata da indagini future, si dovrà pur sempre ammettere che fu ben trovata. Un'altra osservazione, ma questa riferibile a una prossima ristampa del presente volume. Il Molinier parlando di Valerio Belli detto Valerio Vi- centino, accettando la data di nascita proposta dal Cabianca lo fa nato verso il 1465 (p. 189) (1). Ora indagini nuove do- vute al chiariss. prof. Morsolin danno per certa la data 1468 come quella in cui Valerio vide la luce. Invero il Cabianca dando la data 1465 non recava argomenti che la suffragassero in modo definitivo. E l'errore accolto e ripetuto anche succes- sivamente non venne smentito per difetto di prove da al- cuno. Giova pur notare che prima che il Cabianca definisse fi) Cfr. Cabianca. I)i Valerio Vicentino intagliatore di cristallo, negli Atti della R. Accademia di Belle Arti di Venezia, 1863, pag. 10. BIBLlUliR.Vh'lA 255 quella data può dirsi che i biografi non avessero mai osato dilungarsi dal 1468; e le congetture piuttosto che le prove si avvaloravano dell'autorità del Vasari. E anche per questo la scoperta del Morsolin ha una grande importanza, che non isfuggirà certo al mio chiariss. A W. Addentrarmi ancora nei particolari di questo voluuie non credo necessario ; né credo necessario di raccomandarlo al- l'attenzione degli intelligenti cosi per la sua serietà come per la sua opportunità. È veramente un buon lavoro. Alfredo Melani. Engel Arthur et Serrnrc Raymond. — Ri'pertoirc des soiirces imprimces de la Xtimismatique franraise. Tome premier. Paris , Leroux, 1887. — (Un volume in 8' gr., di pag. XIX-400). I sigg. Engel e Serrare non hanno bisogno di presentazione presso i nostri lettori, essendo troppo favorevolmente conosciuti , nonostante la giovane età di entrambi , pei molteplici lavori di numismatica da essi pubblicati separatamente , prima di associare i loro nomi e le loro forze nell'opera di cui abbiamo sott'occhio il primo volume , e che certo accrescerà e assoderà la bella fama di cui già godono fra i cultori della nostra scienza. H Itépertoire al quale hanno posto mano — e che speriamo verrà presto compiuto (ce ne affida la nota attività degli Autori) , per quanto la stampa di un tal lavoro debba presentare non pociù in- ciampi e non lievi difficoltà tipografiche — doveva essere anzitutto, per rispondere al suo titolo, un'opera di utilità pratica. E noi ci af- frettiamo a dire che i sigg. Engel e Serrure iianno saputo egregia- mente conservargli questo carattere, mirando diritto allo scopo e ri- nunziando ad inutili digressioni o divagazioni. (1) Ct'r. Valerio Virenlino. Discorso del prof. Bkkn.vrdo Mursolin. Firenze, 1887, pag. 6 e 7. 250 IKUNACA Quando essi adunque, al bel principio del lil)ro, asseriscono che in generale si leggono poco le prefazioni, noi vorremmo poter loro in- fliggere un'amorevole smentita, tanto più clie la loro Jntrodadmt, non solo si leggo d'un fiato, ma è utilissima a dare un concetto pre- ciso degl'intendimenti e dei limiti del Ilrjertoire. In questa Introduzione si indicano in primo luogo i confini topo- grafici e storici che gli Autori si sono prefissi ; — questi confini, sia detto di passaggio, s'intrecciano sovente colla numismatica italiana , ciò che aggiunge uno speciale interesse al libro anche per quei nostri studiosi che si occupano esclusivamente di monete italiane (1). Poi si tratteggiano le divisioni dell'opera, clic saranno le seguenti : — Farle prima. Periodici numismatici, classificati secondo la nazione ed ordinati cronologicamente. — T'urta seconda. Libri, memorie, ar- ticoli d' autore conosciuto ; il tutto disposto in ordine alfabetico di autore (con una brevissima notizia biografica di ciascun autore , e con un cenno o giudizio sul contenuto di ciascun libro od articolo.) — Farle terza. Scritti anonimi, in ordino cronologico. — Farle quarta. — Ordinanze monetarie, gride, ragguagli, tariffe, pure in ordine cro- nologico. — Farle quinta. Indice alfabetico, per materia, degli scritti registrati nelle parti seconda, terza e quarta. Como si vede, un materiale copiosissimo, — basti il dire che era disseminato su piti di ottomila scliede. Questo volume comprende , oltre la breve prima parte, cli'è tuttavia un accurato elenco dei pe- riodici numismatici di tutto il mondo (2), la prima metà della parte seconda, sino a tutta la lettera J. Nel seguito dell'Introduzione, i sigg. Engel e Serrure passano a de- scrivere il metodo da essi adottato per la compilazione del loro libro. (1) Il Répertoire comprende infatti .indie la bibliografia relativa alle monete della Gallia Cisalpina, alla monetazione dei Carolingi in Italia, a quella dei Papi, alle imitazioni cui furono fatte segno le monete ca- rolingie (e più tardi quelle francesi in genero) nel nostro paese, alle monete dei Normanni di Sicilia, alle moneto battute durante le spedizioni francesi in Italia, a quelle dei Granmaestri di Malta, e infine a quelle degli Stati fondati da Napoleone I. (2) Il primo periodico numismatico, in ordine di tempo, come risulta da tale elenco, fu quello intitolato: Historische Remargues l'iber di neuesten Sachen in Europa, » Osservazioni storiche sulle cose più recenti d'Eu- ropa, Il che si pubblicava ad Amburgo, sin dalla fine del Sec. XVII, — l'ultimo dovrebb' essere certamente la nostra Rivista, che anzi è tanto recente da non poter figurare ancora in questo primo volume del Rcpertuire. HIBLIOGRAKIA 257 e danno un interessante ragguaglio di ciò che si è fatto finora — dapprima in Francia , sin dalla meta del Sec. XVII , poi altrove — per facilitare le ricerche bibliografiche di numismatica, ricerche tanto difficili talvolta, come ogni studioso potrà attestare per esperienza propria. In questo campo, gli egregi Autori del Jìépertoire assegnano giu- stamente il posto d'onore alla BMiograpliie ycnfrale et raisonnce de la Numismntiqiie hehje (Bruxelles, 1833), del sig. Giorgio Cumont , citando onorevolmente anche un' altra pubblicazione notevolissima , e nostra italiana , vale a dire le Tavole sinottiche di V. Promis, le quali, benché siano limitate agli autori che recano disegni di monete , costituiscono pur sempre — sotto altra forma — un'opera insigne di bibliografia numismatica. Abbiamo voluto dare un sunto della Introduzione , per far cono- scere da quali criteri siano stati guidati i sigg. Engel e Serrure nel redigere la loro opera ; — la esecuzione non è meno commendevole del disegno, e l'insieme giustifica largamente il fiivoro che il Iléper- toire incontra sin dal suo primo apparire, e gli encomi coi quali vien salutato dalle varie rivisto speciali. Tavole delle misure, pesi e monete in vigore nei varj Stati del mondo, e delle parità camhiarie. Milano, G. Massa, 1888, in 1(3", pag. 109. ST.\Nrovicit canonico Pietro. Biografìa degli uomini distinti del- ristria. II ediz. Capodistria, Carlo Priora, 1888, in 4°. A pag. 297-329, diffusa biografia del conte Gian Rinaldo Carli. Catalogue de la Golìection A. de Belfort. MèdaiUes romaines. Macon, Protat, in 8°, pag. 17.") et (5 pi. Reinaoii (T.) Les nwnnaies juivcs. Paris, Leroux, in 18', pag. 80 avec figures. S.\uv.\iRE. Matcriaux poiir servir à l'histoire de la niimismatique et de la metrologie miisuhnanes, tradiiits ou recueillis et viis en ordre etc. Paris, impr. nationale, 1888, pag. GÌ in 8." CosTER (L. de) et Everaerts (A. J.). Alias contenant toutes les monmiies du Bràbant, frappées depuis Van 1000 jusquen 150C. Bruxelles, llaym, in 4°, 51 planches. 34 •25S Taiion V. Les origines de la metallurgie dupays d'Entre-Samlre- et-Meiise. Mons, Merceaux, in 8°, pag. 46. Imiioof-Blumer ((!.■■ F.) Z»r MiìnzlMiide Grossgrieclienlands. Si- cilìen, Kretas. mit einigen Mìjmgriqipen iind Stempelgleichheiten. Leipzig, Kohler, in 8", pag. 82. OvERHECK J. Griecliiscìie Kunstniì/tìiologie. Band II. (Besonderer Tlieil,) Bucli. V. Apollon. Liefening I, Bogen 1-20 mit 5 Lichtdruck- tafoln (Miinzen) n. Pig. 1-19 im Text. Leipzig, Lox. 8." BissiNGER K. Fuìide Itoììiischer Miinzen ini Grosslierzogthuni Baden, I. (Prograinm des Gro.s.sherzogL Progyranasium). Donau- escliingen, A. AVillibald, in 4,° pag. 18. KiRMES (M.). Vie Numismatil: in der Scinde (Programma del Pro- ginnasio e Ginnasio Beale di Xeumiinster, pel 1888), in 4." pag. 30. Leii.m.\nx P. (von). Die Thaler und Meineren Miinzen des Frdu- leins Maria von Jever. Erhlierrin von Riìslringen, Oestringen u. Wangerland. Jever, Mettekor, in 8,° pag. XIII-142 e 2 tav. TumbìU.t G. Die icestfiilischen Siegel des Mittelalters. II Heft, 2 Abth. Die Siegel der SUidte, Bergmannscliaften u. Ministerialitiden. Munster, Regensberg. Verzeichniss derjenigen Silherscheidemiinzen, n-elche gegenwiirtig in der Schiceiz gesetzlicìien Cnrs liaben. — Tableau des pièces division- naires d'argent qui oiit aduellement cours legai en Suisse. Blatt in fol. Silberliochdruck. Bern, Schmid, Froneke et. C.'^ Verzeichniss derjenigen^ dem silhernen Vereinsthaler der lateinischen Milnziinionsstaaten iììadiclien fremden Geldstiìclce. deren Annahtne zu verircigern ist. — Tableau des' monnaies d^argent e'trangcres. semblables aiix ccus de cinq francs des états de V Union monétaire latine, dont l'acception doit étre refusée. Blatt in fol. Silberhocli- druck. Bern. Sclimid, Froneke et. C.'= Geigy d."' Alfred. MédaiUe dite de la fraite (Tire à part du « Bulletin de la Socift^ snisse do Xiimismatique, » voi. VI). Bàie, inip. Pillile Birklumsor, 1888, pag. 4 in 8° con tav. FuRRER A. 'Volhrirthchafts-LeMl;on der Scl/>reiz, XVII Lieferung, Bern, Dalp, 1888. A pag. 4G6-500, Miinzicesen (della Svizzera) von Hn. Edm. Pe.vtef,, eidg. Miinzdirektor. lUlU.loCRAKIA 259 Head B. V. Catalogne of r/reeìc coiiis , Attica- Megaris, Aeginn. London, 1888, pag. LXTX-174 con 2G tav., in 8." BuRNS. Coinage of Scotìand front Darid I to tlie Union, illu- strated front tltn Fergiisiie cabinet etc. London, Black. 3 voi. in 4". XiciiOLSox. A treatise on ntoiicg, and csMgs oh present nio)ietnrg probìems. London, Low, 1888, pag. 380 in 8.° PE E IODI CI. Anniiaire de la Société Francnlse de JVumismatiqtte et d'Avcliéologle, — Mars-Avrii 1888. Delattke (V.) — Monnaies de Camhrai drconvcrles de- puis 1861. — Con questo articolo , il sig. Delattre inco- mincia una serie di aggiunte alla classica monografia: Nu- mismatiquc de Camhrai, del compianto Carlo Robert. Serrure (R.) — Lea anges d'or de Jean IV, Due de Bra- bant. Coatte de Ilainaat et de Iloìlande. — Bravo notizia intorno a queste rarissime monete, di cui si coiinsceva dai documenti l'esistenza, ma che non erano ancora state ritro- vate in natura. L' esemplare pubblicato ora dal sig. Rai- mondo Serrare fu scoperto qualche anno fa da suo padre, il eh. numismatico sig. C. A. Serrure. Préau (C.) — .k'totis de ,fean (ìe Saul.v , Vieomle-maieur de Dijon. — Gli abitanti di Digione , nei secoli andati , avevano il diritto di eleggero il loro rieomte-ntatear o sin- daco, scegliendolo fra i nobili o fra i cittadini più distinti per ingegno e per probità. Le funzioni dei riconttes-ma'teunt erano annuali. In oc- casione della loro nomina venivano emessi dei gettoni che ne recavano il nome ; il sig. Préau pubblica quattro di questi gettoni, costituenti altrettante varietà, tutti col nome del sindaco (ì-iovanni de Saulx. !■] quindi ]ii'iibabilc che 260 CRONACA queste quattro varietà corrispondano ai quattro anni durante i quali, interpolatamente, un Giovanni do Saulx coperse la carica di vicomte-maieur di Digione nel Sec. XV (anni 1426, 1430, 1431 e 1432). Quest'ipotesi è suffragata dal fatto che uno dei quattro gettoni è notevolmente diverso dagli altri tre; dovrebb'essere quello battuto nel 1426, mentre gli altri, presentando una m )lto maggior somiglianza fra loro, appar- terrebbero al gruppo degli anni 1430, 31 e 32. G. (M.) — Monnaics polonaises. — L'A. dà il catalogo delle 33 varietà di monete da lui possedute di Giovanni Casimiro Vasa, re di Polonia e granduca di Lituania, soffermandosi su una di esse, la cui leggenda gli sembra oscura ed anzi satirica. Cronaca. — Nuovi acquisti del Museo Britannico. — Ven- dite. — Necrologie. — Verbali delle sedute della Socióté frangaise de Numismatique. Revue Belge de Mmiìsmatique. — 1888, deuxième livraison. Alvin (F.) — Ij oeuvre métallique de Charles Wiener. — Elenco delle medaglie e monete incise da questo pregiato artista belga ; sono in numero di cento e si trovano ora raccolte nel Gabinetto numismatico di Bruxelles. Carlo Wiener ha lavorato per governi, società e privati, delle più diverse nazioni. EouYER (J.) — Móreaux du XIV' siede. — Interessante illustrazione di alcune tessere di beneficenza, che si rife- riscono al culto del SS. Sacramento del Miracolo, a Bru- xelles. Vi è rappresentato il volto del Redentore, trafitto da due pugnali. Mazerolle (F.) — Numismatique lorraine. — Eestituzione di alcune monete del duca Ferri IV al duca Ferri III. CoMONT (G.) — Lejeton de présence de ì'Académie de Bru- Telles. — L'I. E. Accademia di Scienze e Lettere di Bru- xelles era stata fondata nel 1772, da Maria Teresa. Dopo RIBLIOORAKIA 261 cinque anni dalla sua fondazione, l'Accademia decise di far battere dei gettoni di presenza da distribuire ai soci. Se ne trovano diverse varietà , tutte però col ritratto dell' impe- ratrice. WiTTE (A. DE) — Un dcnier ìiégeois à insigne ópiscopal de l'epoque d'Otton III. — Sinora, le più antiche monete del principato di Liegi che recassero distintivi proprj, non ri- salivano che al regno di Enrico II (1002-1024); questa mo- neta pubblicata ora dal sig. de Witte è battuta invece sotto il regno di Ottone III (996-1002) , come lo indica il nome che vi sta scritto. "Witte (A. de) - Les sires de la Grutlmse. — La famiglia della Gruthuse era una delle più nobili ed antiche delle Fiandre. Ad essa appartenne quel Griovanni, capitano del castello di Lilla, che s'immortalò negli annali della caval- leria pel gran torneo tenuto nel 1392 sulla piazza del mercato di Bruges, cui presero parte quasi cento cavalieri. Il sig. de Witte ci presenta due gettoni da attribuirsi a questa illustre famiglia. CocHETEUx (Cu.) — De la livre monélaire et du sou d'ar- gent. — Esame coscienzioso e minuziosissimo delle varie questioni attinenti alle dette monete di conto. Questa dotta memoria del Gen. Gocheteux è occasionata dalla pubblica- zione del sig. de Vienne: Origincs de la licre d'argenl. Nauuys (C."= M.) — Si/stème mnnrlaire de Vh'lat indé- pendant du Congo. - Il nuovo stato africano, che è posto, com'è noto, sotto la sovranità di re Leopoldo II del Belgio, ha adottato il sistema monetario dell'Unione latina. Il conte de Nahuys comunica alla Revue il relativo decreto reale, datato da Ostenda, nonché i disegui dei pezzi da franchi 5, 2 ed 1, da mezzo franco, e da contesimi 10, 6, 2 ed 1. Verrà coniato anche il pezzo da 20 franchi, ma di questo non è dato il disegno. Necrologie. — Miscellanea. Estratti dei verbali della Sociélé Roiyale de Numismatiqìie, ed elenco delle opere ricevute dalla Società nel 1" trim. 188S. Tre tavole d'illustrazioni. 262 Jìtdletin de JVmnisìnafiqiie et d' ArcJiéolof/le, publié avec la collaboration de plusieurs savants par Raymond Ser- ru)-e. — Sixième volume, années 1886-88, N.°' 8 et 9 (Ké- daction: Paris, ruo de Lille, H. - Expédition: Bruxelles, rue aux Laines, 48). Discours prononcrs (uix funèrailles de P. Charles Robert. — Le iriens frappé au noni die cìief frison Audul/us. — Les CoUeelions de Bordeaux, par E. Caron. — Mannaie inèdite de Pierre IV, èvèque de Cambrai, par A. Blanchet. — Jeton de Pierre de Rocliefort, par C. Preau. — Jetons rares ou inédiis, par F. Mazerolle. — Bidletin bibliogra- p)hique. — Chronique. Tìidletiìi de la Société suisse de JVamisniatique. — VII"- Année, 1888, N.° 1 , 2 , 3 et 4 (Bàie , Alb, Sattler, Blumenrain, 7). E. Demole, Jeton de Louis de Ijongueville. — E. "Weber, Bus Mimzìcesen voti Zng. — T. v. Liebenau, Zur Mìinzge- scJiichte von Chur. — A. Henseler, Anf. Bovy, sa vie et ses principaìes (euvres. — Schweizerisclie Mi'mzen in deutschen Munzfunden. — Ericerbungen in die eidg. Mi'mzsammhaig. — A. Greigy, Bicken von Sololimrn. — T. Henlé, Descripj- tion des mèdaiìlcs non officieìles du Tir federai de Ge- nève 1887. — J.-E. I. Mèdaiìle anf die V Sàcularfeirr der Scldaclìt bei Ndfels. — Varia. — Iìibliograj)ìiie. Verkaufska- taloge u. Aiditionen. American Journal of Xutni.sniatlc.-I;. — Masonic Medaìs. — J'ransactions of Societies. — British Decinìal Currencìj. — Coin Snìes. — Ohifuarì/. — Notes and Qucries. — A Meduì E.rlnaned. — Pattern Picces. — Editoriaì. — Ciirrency. Archivio Veneto, fase. LXIX, 1888 : Cecciietti B., Appunti sulle finanze antiche ddla repuhblica Veneta. (1. Alcune niouete ricordate nei documenti veneziani del secolo XIY. — 2. Ducato d'oro, giu- stezza del suo peso. — 3. Ducati bollati. — 4. Corso dei ducati. — 5. Aggio. — 6. Del cambio. — 7. Banchi. — 8. Prestiti privati. — 9. Allo Stato. — 10. Ad altri Stati. — 11. Creditori del Governo. — 12. Conto di previsione e consuntivo. — 13. Salari. — 14. Riduzione di essi). — Necrologio: Carlo Kum. Ateneo Veneto, fase. I-TII, genn.-marzo 18S8 : Carlo Kunz (brevi cenni uecrologici). Atti dell'Accademia di Udine pel triennio 1884-87. 2.' serie. Voi VII. Udine 1887 (1888): OsTKK\rAN.v. Bi alcune medaglie friu- lane inedite : Idem. Una moneta inedita di Clodoveo I. Accademia delle Scienze, di Torino. Atti. Disp. G-8. C[>aiiett.\. Sigilli in -diti dei secoli XV e XVI. Rassegna Nazionale, di Firenze, IG marzo 1888 : C.\st.\(5na Nioc. Ferdinando Gaìiani nelle feste centenarie, in Citieti (scritto d'occa- sione per le dette feste centenarie, 30 ott. 1887. Galiani, il noto autore del trattato Della Moneta). Accademia dei Lincei, Atti. (Roma), Serie IV, voi. I, fase. 6 : Pkìori.n'I. Leghe usate nella, prima età dei metalli. Archivio storico dell'Arte. (Roma), n. 3, 1888: VE.NTriu A. Di un medaglista sconosciuto del rinascimento (Giovanni Metra). Archivio Storico, di Roma. voi. XI, fase. I, 1888: Milani (Luigi A.), Itccensione (ampia) dell'opera del dot t. Karl Korher : « Beitriige zur rijmischen Miinzliinde » (Magonza, 1887), p. li)9 a 175. Exposition Vaticane illustrée, n. I: Médaille commémorative des noces d'or : n. IH : La médaille des péierimiges. Revne archéologique. (Parigi), genn.-febbr. 1888 : Cagnat R. Ne- crologie de B. Ch. Boleri. Gazette archéologique, n.°^ 1-2, 1888: Revillolt. Sur un pré- tendu sceau hittite trouvé prcs de 'Farse. 2G4 CRONACA Société nationale des Antiquaires de Prance, Séances. 1888, 7 niars: « M/ le liouteinint Espi':i;axi)Ii;ij presente diverses monnaies impériales ou nK^rovmgieanes vécemmeut decouvortos par lo P. de la Croix ; l'ime d'elles est à l'effigie d'AnthéiTiuis, uue autre porte le noni du monétairo Ledavidus et de la localité de Novoviciis. » Revue de l'Art frangais, genn. 1888: Roxdot X. Les orp:rres de Lìjon du XTV' au XVIIT" suole (aache medaglisti o zecchieri). Nouvelle Revue, di Parigi, 1° fobb. 1888: E. Masskras. La dette américaine ^ les finances des Ktats Unis de J8G1 à 1887. — P. de TuRENNE. Les mines d'or du Transvaal. Revue-Gazette maritime et commerciale , 2 marzo 1888 : Ro- land P. La monnaie de nicJcel. MÓDioires de la Société des Antiquaires du Centro, XIV (1887). Vicomte Alpiionse de la Gtèrk. Le seeaii du XIIL" siede de l'E(jlise de Saint-Eloi de Gij (Cher). — Bulletin uumismatique. Bulletin de la Société des sciences , lettres et arts de la Corrèze. 4= trimestre 1887 (1888) : Barbier de Mo.ntault. Les médniìles drs papes ìimomins. Annales Bourbonnaises, n.^^ 8-9, 1887: Vannaire. Une monnaie prcliistorique. Revue du Lyonnais, marzo 1888: Rondot N. Lalyame. Hendrioj et Mimerei, sculpteurs et me'dnilleurs à Lyon au XVLI' siede. Bibliothèque historique du Lyonnais . 1887 , n.°^ .5. Le sceau d'IIuglies de Saint-Cher (cardinale di S. Sabina, domenicano, e pro- fessore all'Università di Parigi, XIII secolo). Annales du Comité flamand de Prance. tome XVI (1887) ; Dau- cois.XE. Tjes mcdaiUes réìiyieiises de MerviUe. Journal des Économistes, fobb. 1888: P. van de.n Berg. La cir- rulation monc'taìre et fìduciaire des Indes orientales néerlandaises. Revue Britanuique (Parigi) , u.° 4., avril 1888 : Les mines d' or du Transvaal. Revue des questions scientiflques (Belgio), aprile 1888 : Bapst G. L'étain dans Vantiquité. H. et L. Siret. Les premìers dges du metal dans le sud-est de TEspajne. Zeitschrift des Vereins fiir Geschichte u. Alterthum Schlesiens, voi. 22'' : FRiEDEXSRURa, Einfiìhrung in die schlesische Miinzge- scìiichte mit besonderer Beriichsiclitigung des Mittelalters. HIRl.IOGRAKIA 265 Zeitschrift fiir christliche Kunst (Dusseldorf), I Jahrg. Heft. 2 (1S88): Goìdene Bulle des Kaisers Friedrich 111 (Con ine.) Altpreussische Monatsschrift, Heft. 1-2 (1888) : Miìnzfunde aiis Ost- und Weslpretissen. Jahrbiicher des Vereins von Alterthumsfreunden im Rheinlande, Heft 81 (Bonn, 1887): F. va\ Vleutex, Ein Ideinex Miìmfund aits Pesch (in massima parto moneto del secolo XV). Annalen des Deutschen Reichs fiir Gesetzgebnng, Verwa?- tung u. Statistik, iriincheu u. Leipzii^, 1888; n. 2-3 : J.\coby d.'' S., Die Aiissichten der himetallistischen Bestrehungen fiir das Verliehrs- leben. Jahrbiicher fiir Nationalokonomie u. Statistik. X. Folfje, XVI 4 : Der Gold- ti. SilhervorratU der Bank von Franlcreich te. die Fin- ti. Ausftihr in Frankreich bis ziim J. 1887. Viestnik hrvatskoga Arkeologickoga Dratztva (Indicatore della Società arclieologica croata), voi. IX, fase. II (Zagabria, 1887): Liuiuc Monete romane del Museo di Zagabria. 35 NOTIZIE VARIE Falsificazioni moderne. — Le due falsificazioni di cui stiamo pei" parlai'e non sono recentissime , essendo state fabbricate a Roma nel 1881. Siccome però queste monete continuano a circolare e possono , come è già avvenuto, trarre in inganno gli amatori poco esperti , cosi crediamo far cosa grata ai nostri lettori , dandone la descrizione, tanto più che una di queste monete fu, or non è molto, og- getto di una pubblicazione. La prima di osse ò un [/rosso di Manfredi II Lancia per Busca. È lina moneta d'argento del peso di grammi 1,200 ed ecoone la descrizione : ^ + • MLA.KOE • Nel campo Croce. }>' + • INPATOR • Nel campo le lettere FR e al disopra il segno dell'abbreviazione. La possilìilo esistenza del grosso di ^Manfredi II Lancia fa preconizzata da Domenico Prorais , quando in una sua eccellente monografia su alcune monete del Piemonte (1) publ)licò il rl/'uaì'o piccolo dello stesso. Molto probabilmente i nostri falsari (e conosciamo i nomi di chi forni il disegno e di chi lo pose in esecuzione) appoggiandosi alle parole dell'esimio numismatico, fabbricarono questa moneta ridu- condo alle proporzioni di un grosso il tipo del denaro pic- colo pubblicato dal Promis e conservando la stessa leg- (1) D. Promis. Monete del Piemonte inedite o rare. Torino, 1852; in 4." Pag. 11-13; tav. I, n. 7. NOTIZIE VARIE 267 genda e le stesse rappresentazioni del diritto e del rovescio. — Questa moneta fa pubblicata dal Cav. Giancarlo Rossi nel Buìlettino di Numismafica e Sfragistica di Camerino (Anno I, n. 2-3, pag. 65-79, n. 4, pag. 117-133, tav. IV n. 1) e il disegno , che accompagna tjuella monografia , corri- sj)onde perfettamente ai due esemplari che abbiamo sot- t'occhio. Non oseremmo asserirlo con piena certezza, poiché noi siamo soliti rispettare tutte le opinioni, ma dubitiamo assai che anche 1' esemplare pubblicato dal ogr. Cav. Rossi sia falso al pari di tutti gli altri che circolano sul mer- cato, e sui quali vogliamo mettere in guardia i nostri cortesi lettori. L'altra falsificazione è un Bolognino di Giosia, Acquaviva duca d' Afri. Eccone la descrizione (peso gr. 0,550). jy --- lOSIAS • D • AQVA • Xol campo, disposte a guisa di croce, le lettere VIVA • Nel mezzo un punto. !>' — DVX • ADRIE ■ Nel campo, A fra quattro punti. Questa moneta è pressoché la stessa descritta dal Lazari a pag. 62 della sua operetta: Zecca e monete deijli A/jruzzi ne' bassi tempi: col disegno alla Tav. Ili, n. 28; solo che, mentre nel bolognino pubblicato dal Lazari lo lettere sono divise da stellette , negli esemplari falsi lo stello furono sostituite da punti. Nella moneta genuina poi la leggenda del dritto è pre- ceduta da un leone rampante , stemma dogli Aijuaviva , mentre nelle imitazioni che possediamo, i falsarli , corto per ischivare una ditficoltà , hanno ommesso il leoncino sostituendolo con un poco di ossido artificiale, il quale avrebbe corroso la moneta precisamente in quel punto. La falsità di queste due monete si riconosce facilmente e dal colore dell'argento che è di cattiva lega , oscuro e plumbeo e sopratutto dal carattere delle leggende. Evi- dentemente, per fabbricare la moneta di Busca, si prose a modello il grosso contemporaneo di Tortona , e per (quella di Atri si imitarono i bolognini pure dell'epoca, di Ascoli, Bologna, Fermo, ecc. Basta dunque confrontare questo mo- nete, che tutti possiedono , collo due monete in quistione. 268 CRONACA per accorgersi come i caratteri delle due monete false, per quanto abbastanza bene imitati, non hanno né il rilievo, né il tipo di quelle genuine. Oltre le due falsificazioni accennate, la cui patria è Roma, altre più recenti ci giungono dalla Toscana. Sono queste alcuni denari romani d' argento. Noteremo fra questi un Pacaziano, un Bonoso, una Tranquillina, una Cornelia Su- pera, una Annia Faustina , un Gordiano II , ed altre. Non avendole ora sott'occhio, non possiamo darne la descrizione esatta , ciò che faremo in un prossimo fascicolo , se sarà del caso. Anche di queste imitazioni conosciamo pefetta- mente la provenienza e potremo fors' anche indurci a rive- larla, se vedremo che lo spacciatore di questa roba conti- nuerà a gabbare gli ingenui e ad infestare il commercio coi prodotti della sua officina. Non provvedendo il Codice Penale a questo genere di reati, bisognerà bene che se ne incarichi qualchedun altro! E. G. Il furto di Parigi. — L'autore dell'ingente furto di mo- nete perpetrato a danno dei sigg. Eollin e Feuardent, è stato scoperto nella persona di un giovane greco, certo Raftapulos, dottore in legge, che fu arrestato a Parigi e trovato in possesso di una gran quantità delle monete ru- bate, come leggiamo nel Bulletin de Nutnismatique. Vendita Kirsch. — Nello scorso aprile ebbe luogo a Milano presso l'Impresa Giulio Sambon la vendita delle monete appartenenti al defunto Enrico Hirscli di Monaco. Trattan- dosi, non della vendita di una vera collezione, ma, diremo piuttosto, del fondo di un negoziante, non si può dare una soverchia importanza a tale vendita , che offriva un po' di tutto, ossia monete greche e romane, monete italiane me- dievali, monete ossidionali ed estere, tessere e medaglie ; e non crediamo quindi necessario estenderci a dare 1' elenco dei prezzi di vendita. Quello che ci piace invece notare si è che i prezzi, specialmente per le monete romane e greche, furono abbastanza ben sostenuti e che Milano in quei giorni fu il ritrovo di buona parte dei Numismatici e raccoglitori italiani, i quali ebbero così campo di vedersi, di conoscersi, BIBLIOGRAFIA 2tì9 di affiatarsi. Oltre ai raccoglitori milanesi, oltre le nume- rose commissioni date all' Impresa, intervennero, da Roma il Cav. Ortensio Vitalini, da Firenze il sig. Boyne, da Sa- vona r Avvocato F. Becchi , da Lodi 1' Avv. M. Averara. Dall' estero poi avevamo il signor L. Hamburger di Fran- coforte, e il sig. Euston di Lincoln. Notiamo intanto con piacere come il numero dei nostri raccoglitori vada sempre aumentando, e come l'amore per questo bel ramo dell' ar- cheologia si diffonda sempre più. A questo incremento con- tribuiranno efficacemente, oltre le pubbliche vendite, la re- cente fondazione della Rivista, e la Società Numismatica che si sta organizzando. Sarebbe desiderabile che, almeno una volta all'anno, l'Im- presa Sambon potesse allestire qui in Milano una vendita di qualche importanza, perchè tali occasioni possono asso- migliarsi a dei congressi numismatici, che procurano cono- scenze e scambi fra i vecchi raccoglitori e formano i nuovi. Un piccolo ripostiglio in Brianza. — Qualche mese fa, a Montesiro , frazione di Besana Brianza, venne trovato un ripostiglio di circa 600 monete del Basso Impero. Apparte- nevano ad esso gli esemplari donati poi dal sig. lug. Giulio Pisa al Gabinetto di Brera. Notizie degli Scavi. — Nello scorso anno, — riferiscono le Notizie dei Lincei, — a Castelforte, in Terra di Lavoro, nell'intraprendere alcune fondazioni per costruirvi un edi- ficio balneare, si riconobbero avanzi di costruzioni antiche, appartenenti probabilmente al primo secolo dell'impero, e destinate al medesimo scopo. In quella località si trova- rono alcune monete romane di bronzo, fra lo quali un du- pondio di Augusto, coniato dal monetiere P. Lurio Agripnia, un dupondio di Vespasiano , ed altre del basso impero. Vi si rinvennero inoltre alcune monetine d' oro , arabe e normanne , e parecchie migliaia di danari tornesi , conte- nuti in due vasetti di creta. Un premio ad Ernesto Babelon. — Nella seduta del 18 nov. 1887, deW Accademia delle Iscrizioni di Francia, venne aggiudicato il premio di Numismatica, fondato dal sig. Al- 270 CRONACA lier de Hauteroche, ad E. Babelon, per l'opera: a Description histoi'ique et chronologique des monnaies de la Eépublique romaine , vulgairemenfc appelées monnaies consulaires n. Numismatica musulmana. — Il sig. Enrico Lavoix ha pubblicato il primo volume del Catalogo delle monete mu- sulmane della Biblioteca Nazionale di Parigi. Esso è pre- ceduto da una estesa introduzione generale intorno a questo difficile ed interessante ramo della numismatica. Le monete antiche e la Dogana italiana. — Il governo ha promulgato un regolamento di dogana che suscita molto malumore nel campo numismatico. Parificando le monete antiche all'oreficeria (?!), stabili che dovessero pagare, en- trando nello stato, una tassa che naturalmente varia dall'oro all'argento. Che ne avvenne? Che alcuni pacchi di monete antiche in arrivo furono aperti alla dogana ; che fu messo da una parte l'oro, dall'altra l'argento per fare il peso del- l'uno metallo e dell'altro, e che arrivarono poi al destina- tario in una orribile confusione, ossia tutte fuori dalle bu- stine che le contenevano. — Due lettere del Sig. Francesco Gnecchi protestarono sul Giornale La Perseveranza per tale barbara manomissione ; ma dalla Dogana non si ebbero che risposte molto evasive. Non crediamo fuor di luogo unire anche la nostra voce a protestare sia contro la tassa in sé stessa, sia contro il modo che la Dogana impiega per ap- plicarla. — Il più delle volte dai negozianti le monete an- tiche sono inviate ai raccoglitori per la scelta, ossia se ne mandano molte perchè il raccoglitore scelga quelle che gli possono interessare. Ora come è possibile poter pagare una tassa che è di circa 5 0[o sull'oro, e pagare tale tassa supponiamo su cento monete se di tale monete solo otto o dieci saranno definitivamente riteniite ? — Se a questo ag- giungiamo il modo d'applicazione della tassa, come si è detto, tale regolamento equivale precisamente al proibire l'importazione delle monete. Confidiamo che tali nostre osservazioni possano trovare eco presso qualchediino che siede alla direzione della pubblica cosa, e che presto sarà riparato a tale gravissimo inconveniente. NOTIZIE VARIE 271 Un dono di Torino a Milano. _ Nello scorso maggio, la On. Rappresentanza municipale di Torino, con fraterno pensiero, inviava in dono alla Città di ^Milano un esemplare della intera serie metallica di Casa Savoia, recentemente completata per deliberazione di quella Giunta (1). Ecco in proposito alcune notizie, che dobbiamo alla cor- tesia dell' egr. sig. March. Carlo Ermes Visconti: La serie consta di 93 medaglie , colla effigie , prima dei (1) Diamo la nobilissima lettera che accompagnava il dono, e le fac- ciamo seguire la risposta del nostro Sindaco : CITTÀ DI TORINO UAni.VETT" PEL SIXUAro A,f,n Itì .V";/-/{-> tssS. Questa Giunta Miink-ipalo. in seiUita (iv\ 4 marzo issr», .it.-liln'- rava ìVì c'inipletare il MedairlitTe «H Casa SaVDJa esÌstcTit<_' in_l ^luseo Cìvicn co!- l'apiiTUinta dei cunii rt-iativi atrli attuali lìt'triianti, e di otìVir*.- in lioiio un esfiiiiilart- dell'intera collezione di niedagrlie al patriottieo Municijiio di Jlilano. che tante di- inu^trazioni .l'affetto e di stima diede in pareccliie occnsioni alla Citta di Tirino. Ultimata in questi ultimi yiortii la succennata storia metallica drll;i t:lorior>;i Dinastia Sabauda, io mi faccio gradito dovere di offrirne un esem- plare all'Ammini-stra/ione Comunale, alla (piale V. S. lllu.-ìtrissima i»re.'<Ìede con tanto Senno ed unanime plau-^o, valendomi all'uopo della cortese offerta di ricapito fattami dairintr. Comm. Riccio, egrei,'io Assessore di questo Municipio, il quale .si reca a Milano que:!ita sera stessa. Nutro fiducia che codesto I^rimicipio sarà per gradire il dono quale attestato dei vincoli di viva .simpatia e iji fratellanza clie uniscono Torini alla nobile Milano; e rinno .o alla S. V. Illustrissima l'espressione dei miei senti- menti di alta stima e di inalterabile devozione. // Sim?(iro firmato "M. VOLI. Itlu-itfisHi'no Sif/nof Siniìnco - tìell't Città di MUNICIPIO DI MILANO is M.,.,.,io i-v^ -J*nor Assessore presso codesto Municipio, rillustrissimo Signor Comnien<Ìator..' ]iiri-in. mi ha consegnato l'esemplare del MedaL'lierc della glori*)-*;! I>iii;tstia di Savoja i'h<- l'OnorcvoN; Itappresentanza della ("ittà di Torino ha destinato in d< alla Citt.'i di Milano. Io Le porgo, Illustrissimo Signor Sindaco, a nome 'li Milan<), il più caloroso rintrraziamento per il dono splendidi>.-imo. e multo y'wx per la lettt-ra estremarufute cortese e lu.sÌML.'liiera per questa mia Città, eolla quale KIKi volle aceompatriiarlo. Milano è lieta dell.- simpatie e dell' alìVtto di Torino; e vi ri- siiondc con tma folla 5 ai Colieii. 1/ HADRIANVS AVG • COS • MI • P • P • Testa laureata a destra. IJ — Anepigrafe. Bacco ignudo e Apollo seminudo seduti su di un carro a destra sono tirati da una pantera e da una capra. Bacco appoggiandosi sul gomito destro tiene il tirso, Apollo seduto alla sinistra suona la lira volgendosi a lui. Sulla capra cavalca Cupido e suona un doppio flauto. (Tav. Vili, N. ]). Questo bellissimo medaglione usci dal Tevei'O pochi mesi sono ; di bella quantunque non perfetta con- servazione ò completamente spattinato come tutti i bronzi che provengono dal Tevere. Il rovescio, for- mante un quadro pieno d'arte e di poesia, e degno della miglioro epoca romana, era conosciuto in due medaglioni di Antonino Pio, uno descritto al N. 48 del .Supplemento alla prima P]dizione del Cohen (divenuto il N. 1153 della nuova) e l'altro da me nella Gazzetta Numismatica di Como (188G); ma è 2S2 FR.\NCESCO GNECCIII nvTOVo fra i medaglioni d'Adriano. Antonino Pio ne fece una copia fedelissima e forse anzi si servì del- l'identico conio, come mi pare di poter argomentai-e esaminando i due rovesci, che non presentano la benché minima diversità. FAUSTINA JUNIORE. MEDAGLIONE DI BRONZO. (Diain. inill. 39). G.° Dopo il N. 107 di Colien. ^ — FAVSTINA AVG • Pll • AVG • FIL • Busto a sinistra. J^ — Anepigrafe. Faustina (o Venere ?) seminuda sta seduta a sinistra. Si appoggia colla mano sinistra al sedile, mentre colla destra offre un elmo (?) a Marte (?) che le sta din- nanzi, tenendo un oggetto indistinto nella destra e un parazonio nella sinistra. Alla destra di Marte una corazza. (Tav. Vili, N. 2). Il medaglione ò in istato assai cattivo di conser- vazione, principalmente pel rovescio; pure ho creduto opportuno riprodurlo, trattandosi di un rovescio; af- fatto nuovo fra i medaglioni di Faustina. LUCIO VERO. MEDAGLIONE DI BRONZO. (Diam. min. 38). 7° Dopo il N. 109 di Colien. iiy — L- VERVS AVG • ARM • PARTH • MAX • Busto laureato a destra col paludamento e la corazza. ì)i — Anepigrafe. Su di un palco collocato a destra Lucio Vero sta arrin- gando due Soldati di cui uno armato di lancia e API'UNTI DI NUMISMATICA ROMANA 283 scudo, l'altro semplicemente di scudo. Dietro a lui sul medesimo palco sta M. Aurelio, e davanti al palco un giovinetto (Commodo?) pure rivolto ai soldati. — Nello sfondo due insegne militari. (Tav. Vili, N. 3). Il solo medaglione di Lucio Vero a cui può assomi- gliare quello ora descritto è dato da Cohen al N. 80 e porta al rovescio la leggenda adlocvt. ; e un' allo- cuzione è veramente anche quella del mio medaglione quantunque anepigrafe. Il giovinetto, che sta ai piedi del palco, rivolto ai soldati forma la differenza fra questo medaglione e i molti rappresentanti il tipo dell' allocuzione ; e mi pare vi si deblia riconoscere il fanciullo Commodo, se non già associato all'impero, design2.to successore al trono come figlio di Marco Aurelio. C O M M O D O. MEDAGLIONE DI H R N Z 0. (Diam. inill. 36). 8." Dopo il N. 297 di Cohen. iiy — IMP ■ CAES • L • AVREL • COMMODVS GERM • SARM • Busto giovanile e laureato a destra a mezza figura, col- l'egida che gli circonda il petto. 9' — TR • POT . COS • Commodo ignudo a sinistra cogli attributi di Ercole, la clava nella destra o la pelle del leone nella sini- stra, coronato da una Vittoria alata, che tiene una cornucopia (Anno 177, d. C). (Tav. Vili, N. 5). Il rovescio ò nuovo nelle serio dei medaglioni di Commodo. 234 KICANCKSCO GN'BCCHI MEDAGLIONK DI BRONZO A DUE METALLI. (Diam. min. 53). 9.° Dopo il N. 448 di Cohen. ,iy — • Anepigrafe. Busto laureato di Commodo a destra col paludamento. I> — Anepigrafe. Figura femminile (Roma?) seminuda con un vessillo, che cammina a destra conducendo pel freno un ca- vallo. (Tav. Vili, N. 4). Non è bello come conservazione il medaglione ora descritto , ma degno di nota sotto due aspetti, prima j)er la mancanza assoluta di leggenda, poi per la dimensione. In tutte la ricchissima serie dei me- daglioni di bronzo di Commodo, certo la più ricca di tutte, nessun medaglione è anepigrafe dalle due parti, e forse nes.suno anche nel solo rovescio. Dico forse, perchè l'unico esemplare descritto come tale dal Cohen (N. 447 della prima Ediz., o 997 della se- conda) è riportato da Mionnet ; vi manca il dritto e , ciò che più importa , la citazione del museo in cui si trova, e quindi non lo si può accettare che con qualche riserva. Ad ogni modo, ammessa pure la esistenza e l' autenticità di quello di Mionnet , il mio medaglione sarebbe l'unico certamente anepi- grafe sia nel dritto che nel rovescio. La dimensione poi è la massima che mai si in- contri nei medaglioni , il diametro raggiungendo 53 mill. che corrispondono al modulo 14 1]^2 della scala di Mionnet. Credo che nessun medaglione ro- mano raggiunga questo diametro , eccettuato uno solo di Commodo, già appartenente al Gabinetto del Duca di Blacas, del quale Cohen diede non solo la Al'I'UNTI DI NUMISMATICA ROMANA 285 descrizione (N. 447) ma benanco l'incisione (Tav. Ili), quantunque si trovasse in tale lamentevole stato di conservazione, che al suo confronto il mio si po- trebbe dire bellissimo. SETTIMIO SEVERO. MEDAGLIONE d'ARGENTO DI CONIO ASIATICO. 10.° Dopo il N. 4 di Cohen. ,D' — IMP • CAES • L • SEVERVS PERT • AVG • Testa laureata a desti-a. 9' — VICTORIA AVOVSTI. Vittoria clie cammina a destra, tenendo nna ghirlanda con ambo le mani. Davanti a lei uno scudo su di una base. (Tav. VII, X. 5). MEDAGLIONE DI BRONZO. (Diam. inill. 39). 11.° Dopo il N. 4(37 (li Cohen. ^ — L- SEPTIMIVS SEVERVS PERTINAX AVG • IMP • VII • Busto laureati! e corazzato a destra fregiato doirorrida. 1> — DIVI M • PI! • F ■ P • M • TR • P • IMI • COS • Il • P • P • Marte ignudo e galeato a destra col mantello che dalle spalle gli scende sul braccio sinistro. Tiene iin'asta e si appoggia allo scudo. Ai suoi piedi una corazza (Anno 19(!. d. C). (Tav. vnr, N. G). Questo medaglione poco differisco da (juello de- scritto da Colien al 4()7 : ma ho voluto riprodurlo stante il suo bellissimo stile e la perfetta conserva- zione. Era la gemma della collezione Baxter di Fi- renze. 28G FRANCESCO GNKCCIII SEVERO ALESSANDRO. MEDAGLIONE DI BRONZO A DUE METALLI. (Diam. mill. 37). 12.° Dopo il N. 228 di Cohen. ^^ — IMP • CAES • M • AVREL • SEV • ALEXANDER ■ AVG • Busto laureato a destra col paludamento. !>' — JOVI VLTORI P • M ■ TR • P • III • (in giro) COS • P • P • (all'esergo). Tempio a sei colonne, ornato al sommo d'una quadriga trionfale e di statue. Di statue è pure ornato il frontone. In mezzo al tempio siede Giove Vendicatore coi ful- mini e lo scettro. Un gran recinto a porticati, di cui si vedono otto arcate per lato, forma davanti al tempio una piazza a cui danno accesso tre arcate nel davanti, elevate su alcuni gradini e sormontate da statue (Anno 224, d. C). (Tav. Vili, X. 7). Il rovescio col tempio di Giove vendicatore, nuovo fra i medaglioni di Severo Alessandro, è però cono- sciuto fra i gran bronzi dello stesso ed è descritto e inciso da Cohen al N. 2(j8. La sola differenza sta in ciò che lo lettere s. e. all'esergo del gran bronzo, sono sostituite nel medaglione dalle altre: cos. p. p. FILIPPO PADRE E OTACILLA. MEDAGLIONE d'aRGENTO. (Diam. mill. 37, — poso gr. 31). 13." Dopo il N. 75 di Cohen. /ly — CONCORDIA AVGG • Busti affrontati di Filippo padre e d'Otacilla. Il primo è laureato, la seconda diademata. Ambedue lianno il paludamento. AI-I'LNT! DI NUMISJIATICA ROMANA 287 9' — ADVENTVS AV&G • Filippo padre e Filippo figlio in abito militare galop- panti a destra. Ciascuno tiene un'asta, il primo oriz- zontale, il secondo verticale. (Tav. VII, N. G). Questo medaglione può vantare il diritto al titolo di unico per diversi motis'i. È unico prima di tutto come tipo, unico come portante le testo di Filippo padre e d'Otacilla, unico infino come medaglione di argento di grandi dimensioni e storico in quest'epoca. La famiglia dei Filippi è variamente rappresentata sulle monete e sui medaglioni romani. Monete d'oro e d'argento, medaglioni e monete di bronzo ci offrono le teste di Filippo padre e d'Ota- cilla, monete d'argento e medaglioni di bronzo le teste dei due Filippi, infine moneto d'argento e di bronzo e medaglioni di bronzo hanno le tre testo dei due Filippi e di Otacilla variamente disposti ; ma nessuna moneta e nessun medaglione d'argento ci offre lo duo teste di Filippo padre e Otacilla. I pochi medaglioni d'argento di Filippo padre sono tutti di piccolo modulo e non portano che le comuni leggendo: ai:(,>vitas avo . e VICTORIA AVO ; come sono tutti i uiedaglioni d'argento anteriori all'epoca di Grallieno. (^)uelli di Severo Ales- sandro, Alcs.sandro (; Mamea, Mamua, ^lassimino, Gordiano non portano che il tipo solito dello tre Monete colla leggenda ai:' - TR • POT • XX • COS • llll • L'Abbondanza seduta a destra colla cornucopia. Ai suoi piedi un cesto di spiglie. (Conio dell'argento, Coh. N. 332). SETTIMIO SEVERO. 4. ;& — DIVO SEVERO PIO. Testa nuda a destra. '^ — CONSECRATiO. Trono su cui è una corona. (Conio dell'argento, Coh. K. 57). 5. jy — SEVERVS PIVS AVG • Busto laureato a destra. 5.' — INDVLGENTIA AVGG • IN CARTH • Cibele seduta su di un leone corrente a destra con un fulmine e uno scettro . (Conio dell'argento, Coh. N. 131). 6. ^ly — L • SEPT • SEV • PERT • AVG • IMP • llll • Testa laureata a destra. 9Ì — JVIARS PATER. Marte ignudo e galeato col mantello svolazzante, gra- diente a destra con un'asta e un trofeo. (Conio dell'argento, Coh. N. 202). 7. iiy — Come il precedente. 9' — P • M • TR • P • Il • COS • Il ■ P • P • Marte come nel precedente. (Conio dell'argento, Coh. N. 257). AI'ITNTI III NUMISMATICA ROMANA 297 8. ,D' — L • SEPT • SEV • PERI • AVG • IMP • V • Testa laureata a destra. 9,' — P • M • TR • P • III • COS • Il • P • P • Pallade armata a sinistra colla lancia e lo scudo. (Conio dell'argento, Coli. N. 255;. 9. ;& — SEVERVS AVG ■ PARI • MAX. Testa laureata a destra. 9' — P • M • TR • P • Vili • COS • Il • P • P • Vittoria clic vola a sinistra tenendo una ghirlanda con ambe le mani. Davanti a lei uno scudo su di un cippo. (Conio dell'argento, Coli. N. 250). 10. ir — SEVERVS PIVS AV& • Testa laureata a destra. yl — P • M • TR • P • XI • COS • Il • P • P • La Fortuna seduta a sinistra con un timone una cor- nucopia. Sotto la sua sedia una ruota. (Conio dell'argento. Coli. N. 2S5j. GIULIA DOMNA. 11. ly — JVLIA PIA FELIX AVG • Busto a destra. 1>' — MAT • AVGG • MAT • SEN • M • PATR ■ Giulia seduta a sinistra con un ramo d'ulivo e lo scettro. (Simile al denaro d'argento descritto da Colieii al N. 58; ma senza la mezzaluna che circonda il busto). CARACALLA. 12. fì' — ANTONINVS PIVS AVG • GERM • Testa laureata a destra. ìjl — P • M • TR • P • XVII • COS • IMI • P • P • Giove seminudo a sinistra col fulmine e lo scettro. Ai suoi piedi un'aquila. (Conio dell'argento, Coli. N. 151). 298 FRANCESCO ONECCIII - Ai^l'CNTl DI NUMISMATICA KOMANA MACRINO . 13. jy — IMP • C • M • OPEL • SEV • MACRINVS AVG • Busto laureato o corazzato a destra. JJÌ — FELICITAS TEMPORVM. La Felicità a sinistra con un caduceo e uno scettro. (Variante del denaro d'argento descritto da Coh. al N. 9). SEVERO ALESSANDRO. 14. ^ly — IMP • C • M • AVR • SEV ■ ALEXAND ■ AVG • Busto laureato a destra col paludamento. 1>' — ANNON • R • P • I ■ C • L'Abbondanza a sinistra con una cornucopia in atto di riempire di spiglie un modio che sta a' suoi piedi. (Tipo piuttosto rozzo. E probabilmente l'opera di un falsario che scrisse barbaramente la leggenda del rovescio intendendo imi- tare ANNONA AVG.). 15. ^ — Come il precedente. 1>' - P • M • TR • P • Il • COS • P • P • La Fortuna a sinistra con un timone appoggiato sopra globo e una cornucopia. (Simile al denaro descritto da Coh. ma senza la stella nel campo del rovescio). ORBIANA. IG. ^' — SAL • BARBIA ORBIANA AVG ■ Busto diademato a destra. ìjl — CONCORDIA AVGG • La Concordia seduta a sinistra con una patera e una doppia cornucopia. (Conio dell'argento, Coh. Is. 1). Francesco Gxecciii. > ♦ > — — STUDII ECONOMICI SULLE MONETE DI M I L A N (i) (Continuazione, V. Fase. 1) DIZIONARIO DELLE MONETE MILANESI. AMBROSINO D"ORO — Così cliiamato da S. Ambrogio scolpitovi sopra ; moneta della prima repubblica mi- lanese, coniata probabilmente nella seconda metà del 1200 ad imitazione del fiorino di Fiorenza, ma del quale non si ha notizia certa che in un documento (1) Vista la buona accoglienza fatta agli scritti (lei fu Conto Giovanni Mulazzani, pubblicati sotto questo medesimo titolo di SfinHi economici sulle Monete di Milano nel primo fascicolo della Rivista Xumismatica , presentiamo in questo terzo fascicolo un altro capitolo elio era desti- nato ad essere il XX ed ultimo del Disrono Preliminare alla Illustra- zione delle Monete Milanesi. In questo capitolo, fatto a guisa di dizionario, è data in ordine alfa- betico la denominazione delle vario monete coniate nella zecca di Mi- lano, aggiuntovi il peso, la bontà o il valore pel quale ebbero corso ri loro nascere e nei tempi successivi. Scritto con quella scienza, erudi- zione e precisione die erano proprie dell'insigne numismatico, questo dizionario può considerarsi come un vero studio economico e non può che riuscire di grande interesse a tutti gli amatori delle nostre monete. Crediamo renderci interpreti del pensiero dei lettori della Rivista ren- dendo grazie al Conte Mulazzani figlio die ha messo a nostra disposizione i manoscritti del padre, fra cui ci sarà ancora materia per articoli in avvenire. Il presento capitolo fu scritto a Treviglio negli anni 1810 e 185i'. Fk\ntf>i"o Kn Krpmi.e Onriviu. 300 GIOVANNI MULAZZANI del 1303 ; era di purissimo metallo ; pesava nostri denari 2 e gv. 21,33G, e di questa sua legale gravità da noi scoperta sarà data la dimostrazione, allorché produrremo i pi-imi fiorini che possediamo di Ber- nabò e Galeazzo Visconti, valeva in oz-igine soldi 20 torzoli d'argento, ossia 10 imperiali ; rarissimo, esiste nel Musco Verri. AMBROSINO GRANDE D'ARGENTO - Pure repubblicano, decorato del S. Ambrogio, della seconda metà del se- colo come sopi'a, essendovene prova negli statuti di Brescia dell'anno 1257 ed in una carta nostra del- l'anno prima ; peso denari 2,9,G00 ; titolo 0,968 ; va- lore un soldo e 1[2 terzolo pari a 3^4 di soldi im- periali, raro. AMBROSINO GRANDISSIMO D' ARGENTO — Fabbricato nei primi anni del 300 alla calata di Enrico VII di Lu- cemburgo con impronto sì regio che imperatorio, del valore di due soldi imperiali all'impasto il primo di 0,912 col peso di denari 3,3 ed il secondo 3,10 alla bontà di 0,964. Questo nome d'ambrosino sembra avere continuato coi primi tre Visconti, finche prevalse quello più comune di grosso al tempo dei due fratelli Bernabò e Galeazzo signori di Milano nel 1354. AMBROSINO PICCOLO D'ARGENTO — Similmente re- pubblicano della seconda metà del 200 ; peso de- nari 1,16 titolo 0,904; vale soldi 1, terzolo, impe- riali 1^2. Nello stesso modo che si stamparono col nome di Enrico VII sopra detto ambrosini grandis- simi di 2 soldi se ne fecero anche dei piccoli a soldi 1 del peso di grani 37 a 0,912 di tipo regio; rari. BERLINGA — Sinonimo di lira, usato nei secoli XVI e XVII , ciò raccogliendosi dalle gride spagnuole del 1548 e da molte altre successive fino al 1637. STL'DIl ECONOMICI SULLE MONETE DI MILANO 301 Vero è però che menzione si trova di herlingìie ve- neziane , troni sive mozanighi anche prima in duo gride dei re francesi del 1508 fino al 1515 al prezzo di soldi 14 1(2 e di soldi IG. La prima lira o berlinga che conosciamo è di Filippo II dell' anno 1548 al- l'incirca; pesa denari 5,5 al titolo di 0,958, BIANCO — Denominazione a noi derivata dalla Francia, dove sappiamo da Le Blanc, che fu usata singolarmente per il basso bigliono che venne accu- ratamente imbiancato. La prima grida che ne parla, a mia cognizione è dell'ultimo duca sforzesco del 15,'30, dove è tassato 14 di quei soldi, ma non è marcato il peso o spiegato il tipo, ne se sia di nostra zecca od aliena. Veri bianchi e tnezzi bianchi fabbricati nella Ceca di Milano si riscontrano nella grida del 1538, al prezzo di soldi 9 e danari 4,G. Non sono riuscito a trovare fra le monete della mia collezione bianchi sforzeschi, ma due mezzi parmi certamente di possedere di Carlo V, che pesano denari 2 lp2 colla bontà di 0,400 a 0,500. BISSOLO — Piccolissima ed abbietta moneta viscontea fabbricata dal duca Giovanni ]Maria per testimonianza del Corio nel 1409, imitata contemporanemente in Pavia da suo fratello Filippo Maria, che n'era conte principesco, e proseguita dal 1° Sforza, dei quali bis- soli tre ce ne volevano a formar due denari e 18, quindi un soldo, peso 11 g. titolo 0,078. BOLOGNINO PICCOLO — Cosi detto dal nome della città dove si fabbricava, che fu cominciando dal 1191 immediatamente dopo il privilegio della zecca che Bologna ottenne da Enrico V peso nostri gr. 12 tra- boccanti ; bontà soldi 2,18 = 0,228 ; valore 1^12 di soldo, il quale si componeva in conseguenza a tenore 802 OIOVANNI MULAZZANl del sistema di Carlo Magno. Io qui lo registro corno sarà di altre due bolognesi monete successive, per più d'una ragione, perchè moneta patria, se non in origine, essa divenne nel 1350, in cui il nostro Arci- vescovo Giovanni Visconti ne fu salutato Signore, e perocché effettivamente ve ne lianno delle coniate col suo nome, dimostrandolo un unico esemplare nella città nostra giacente all'Ambrosiana. BOLOGNINO GROSSO D'ARGENTO - Alla voce grosso spiegheremo a momenti compitamente la sua etimo- logia e daremo inoltre la storia in succinto di questa fa- migerata moneta del medio evo. Frattanto di questo grosso dirò che comparve nel 123G, che il suo peso constava di gr. 28 bolognesi corrispondenti a 27 circa dei nostri di marco e la bontà di soldi 10 = titolo 0,832. Di questi elementi si conforma il bolognino ar- genteo df'l nostro Visconti, che aljbiamo assaggiato. BOLOGNINO D'ORO — Ad esempio di tante libere città d'Italia i bolognesi insigniti della facoltà di batter moneta, dal VI Enrico sul cader del XII secolo, vol- lero usarne in sommo grado, coniandone di superla- tivo metallo che cliiamarono bolognino d'oro, locchc eseguirono per altro tardi, stando al Sigonio, sola- mente cioè nel 1380. Un bolognino d'oro tratto dal ^luseo Verri, che nei duo campi contiene l'insegna Viscontea senza indicazione di principe, riscontrasi nel Litta da lui assegnato all'arcivescovo Giovanni Visconti che fu signore di Bologna nel 1354, senza darne ragione alcuna, ed in opposizione alle testi- monianze del preclaro scrittore citato ; ma sia questo nummo di Giovanni, e di qualche altro dei Visconti che dominarono più tardi l^ologna, coni' io mi per- suado anche per l'eleganza che lo distingue non propria di quel tempo, a me pare un vero e effettivo st:iiii EcoNOMin sui.lk moneti: rn Milano 303 bolognino d'oro. Il peso è lo stesso del fiorino e dell' ambrosino d'oro, notati da principio, e così ò del metallo per ciò che ne ho riscontrato al posto dove si custodisce quale pezzo rarissimo. CARLO — Cortigianesco nome, durato di passaggio, compartito al filippo esistente fino dal 1604, allorché Carlo II re di Spagna ascese il soglio nel IGGG, e ri- petuto più tardi sotto Carlo YI imperatore nel 1711 e forse sotto lo stesso monarca fin da quando col- l'intitolazione di Carlo III re di Spagna diventò duca di Milano nel 170G ; vedi abbasso alla voce Filippo. CENTESIMO — Ecco la moneta che costituisce quella modificazione più volte annunziata indietro del si- stema monetario di Carlo Magno, tuttora si può dire da Xn secoli vigente in lire, soldi, ma non in de- nari atteso che questa seconda frazione della lira per la divisiono decimale a cui non si conforma il X. 12 ha dovuto cedere il posto al centesimo, com'è noto a tutti. Alla voce abbasso, lira, sarà spiegata l'altra iion meno essenziale e veramente filosofica variazione, parto insigne nella Convenzione Xazionalc di Francia, intorno l'unità della lira fatta perpetua ed immuta- bile, comecché basata sulle leggi fisiche eterne della natura. Di due sorta di ramo decimale contiamo nel nostro Cimelio, italiano, dal 1807 al 1814, austriaco dal 1822 al 1849. Mi dispenserò di registrarne il peso ba- stando ricordare l'arbitrio che presiede alla stampa- tura di simili monete, notificato indietro per uso della contrattazione volgare, per Tingordo guadagno che vi si fa sopra del 50 per 0[o. CENTESIMI 3 — Altra moneta di ramo per uso della contrattazione volgare, di cui non occorre far parola dopo quanto si è detto indietro. 301 r.IOVANNl MIU.AZZAM CENTESIMI 5 — ossia soldo ■ — idem. CENTESIMI 10 — Grossa moneta di peso doppio della precedente, fabbricata l'anno 1849 in poca quantità. Di essa può dirsi che non corrisponde al progresso dei tempi attuali. COLOMBINA — Non altro avanzare mi è concesso di questa moneta, se non che trovasi nominata per il valore di soldi 3,3, nelle gride sforzesche del 1532 e del 1534 ignorandone il peso, la composizione ed il tipo, per cui indarno mi sarei affaticato di segnarla nella mia raccolta, dove forse esisterà, sono certo, ma priva di nome. Ne qualcuno facile credesse di sco- prirla fra le erose di quella età, non ostante il tipo deficiente, coll'analisi del puro metallo, che conte- nesse per suo quoto in paragone di una moneta di valore certo p. es. del testone. Lo sconvolgimento che sofferse il sistema monetario sforzesco sotto l'ul- timo duca Francesco II, e che vedremo a suo posto, ci toglie questo criterio e questa facoltà. DANARO — 12* parte del soldo. Dopo tutto quello che ne fu detto al Capo XVIII, superfluo sarebbe, che io ricordassi la sua origine da Carlo Magno, la composizione sua nobilissima, il peso, la diminuzione che patì collo scorrere dei secoli a segno che suscet- tibile non essendo più di contenere particella alcuna d'argento gli fu forza di sparire al principio del se- colo XVII dal mondo numismatico, dove aveva da principio fatta sì magnifica figura. Inutile per altro non estimo di precisare che le vicende di questa moneta furono tali e tante in riguardo al peso ed alla bontà, che dai 33,180 gr. d'argento suoi origi- nari della fine del secolo Vili terminò di venire in luce sotto Filippo III re di Spagna e nostro duca del 1622 grave non più di un terzo di grano, cosi STUDII ErONOMIfl SL'IJ.E MoNKTE DI .MILANO 305 risultando dall'esiguo suo peso di mischiati gr. 17, e dal titolo bassissimo di 0,025 debitamente ve- rificato. DANARO IMPERIALE — 12^ parte ognora del soldo. Un tale aggettivo si trova in molte delle nostre carte del medio evo aggiunto al suo sostantivo, dopo che Federico I nella pace di Costanza del 1183, e col trattato di Reggio del 1185 ci ebbe dato e confer- mate tutte le regalie dell'impero, e con esse il pri- vilegio della zecca. DODESINO ~ Voce formata da dodici e da dieci, ab- breviatura di danari, che ò quanto a dire, sinonimo di soldo. Si trova nominato dai Cronisti di Ber- gamo e di ]\Iilano, allorché lasciarono scritto [della mutazione, ossia di un abbassamento delle moneto fatto nel 1400 dal primo duca di ]\Iilano Giovanni Galeazzo Visconti. Di più tipi ne furono fabbricati ed anche di diverso peso e bontà, avendo fatto noto indietro, che quel nostro Keggitore, alterato aveva grandemente la moneta fino dal 1391. Dodesini perciò ovvero soldi vi- sono, e noi li vedremo a suo luogo discussi ed analizzati, di gr. 30 e 22, o del titolo da 0,352 ai 0,5G8 e più comunemente di 0,500 circa. Altri dodesini presso che di egual lega, ma che non furono coniati sono nominati in una carta del 1401, da vedersi in Argelati ; dopo di che più da noi non si riscontra questo nome ; ma uni- camente quello di soldo, o soldino. DOPPIA DORO — iMoneta a noi provenuta dalla Spagna e lavoi'ata per la prima volta in stilano nel 1548 sotto Carlo V col nome di doppi scudi d'oro, che in seguito ricevettero la denominazione di doppie o doble dal verbo spagnuolo dohlar, doppiare, in italiano. Una tale moneta fu preferita esclusivamente ad ogni 30f5 (ilOVANNI Mi:i..\zz,\xi altra d'oro dal CJoverno spagnuolo, finché durò cioè al 1711 non solo, ma ben anche dall'austriaco, di cui si hanno impronti del 1724 e 1726. Di queste doppie alcuno per altro, in poca quantità ne furono stampate di doppia gravità e persino decupla, raris- sime perciò nei gabinetti. Il peso delle semplici ò di den. 5,10 la bontà di Carati 22 (titolo 0,91G666,) sor- passate alcune piccolo differenze accadute nella prima battitura da riscontrarsi in Argelati, tanto nell'uno che nell'altro elemento. Il prezzo variò in tanto in- tervallo di tempo, come ognuno può immaginare, poiché dalle L. 12,10 del 1582, in cui si conosce la prima loro tassazione, al 1G8B, nel qual anno termi- nano le gride monetai-ie spagnuole, salirono alle lire 24. Ad esempio dei re di Spagna duchi di Milano tutti i principi d'Italia, non che le due repubbliche di Genova e di Venezia fabbricarono doppie ad egual taglio e bontà, talché ninna moneta qui da noi fu più comune di questa per due secoli. Maria Teresa le riprodusse col suo nuovo sistema monetario del 1778, e le fece continuare Giuseppe II, diminuite qualche poco di peso e di bontà al prezzo di L. 24, e di L. 25,3. La sola repubblica di Genova tanto aristocratica nei tempi antichi che democratica al- l'epoca dei francesi le coniò costantemente e per la maggior parte in quadruplo fino al 1805, in cui di- ventò preda come noi dell'ambizione napoleonica. Rare sono le doppie dell'ultimo monarca Ispano della discendenza di Carlo V ; più rare quelle del III Filippo, rarissima la lìorbonica del re Filippo V e dell'imperatore Carlo VI, comuni quelle del II e IV Filippo, nonché gli stampi austriaci dello scorso secolo e di quello che corre. STL"DI1 ECuNOMICI SULLE MilNETE DI MILANO 307 DOPPIONE D'ORO — Nome egli ò questo dato ai doppi ducati d'oro fabl)ricati nel dominio di Luigi XII re di Francia e nostro duca ad esempio dei precedenti duchi sforzeschi Galeazzo Maria, Giovanni Galeazzo e Lodovico Moro. Con tale appellazione sono regi- strati nella grida 29 giugno 1510, per il prezzo di L. 9,6 che ò il doppio di L. 4,13 attribuito ivi ai ducati d" oro. Si componevano di purissimo metallo ed erano di peso in proporziono dcìppio, cioè di don. 5,18 traboccanti in regola pure del ducato grave di den. 2,21,330. Le Blanc no diede di due stampi, ma da noi non se ne conosce che nno raro duo volte, ed è col ritratto e S. Ambrogio a cavallo. Un dop- pione pure d'oro diede fuori il re Francesco I suo successore ornato di ]:»ellissimo ritratto, raro tre volte: il citato Le J31auc ce no fece il regalo, e nel Musco Verri ognuno lo può ^•edere. Passaggera del resto e ristretta al periodo della signoria francese dei primi anni del 500 è stata da noi questa denominazione. DUCATO D'ORO — Quando i Visconti già Signori di Milano si trovarono insigniti del titolo di duchi sulla fine del secolo XIV, verosimile si rende clie il loro fiorino d'oro che facevano stampare da lunghi anni, prendesse il nome di ducato d'oro ad imitazione di qiicUo di Venezia, che cos'i s'intitolava dalla stessa di- gnità del capo di quello Stato. L'n indizio ne abbiamo in una carta del 1400 in Argelati, (T. Ili, pag. 00) dove sono nominati ducati d'oro da falibricarsi nella zecca di Pavia. Per altro il primo documento nostro, almeno a mia cognizione, che lo accenni è di Fran- cesco Sforza il vecchio del 1405, dove vengono de- signati in qviesto modo: Ducali nostri a testono jusfì et gravis ponderis prò Ut). H, sot. ~) prò smgnto. Per tutta la durata della dinastia sforzesca continuò 308 GIOVANNI MlIl.AZZAM rappellaziono di ducato nello tariffo loro, ed anche nelle spagnuolo fino al 1584 del Governatore duca di Terranuova (i), dopo di che più non se ne fa parola. Xè altro qui aggiungerò , rimandando alla voce abbasso di fiorino d'oro, in cui darò conto di- steso del peso, titolo, valore di questa moneta, ma- nifesto essendo, che tutto ciò che sarò per dirne si adatta nò più nò meno anche al ducato or ora discorso. BUCATONE — Grossa moneta d'argento del peso di 20 denari mil. sconosciuta nell'antichità e nel medio evo, battuta per la prima volta in Italia a Milano nel 1551 da Carlo V cogli argenti venuti dall'Ame- rica (2). Però il suo nome originario fu di scudo d'argento da L. 5,12 , per differenziarlo da quello già esistente d'oro di egual valore. Di questo suo mutamento di nome si hanno memorie sul finir di quel secolo (3), e la ragione di non lieve importanza storica ed economica sarà svelata a suo tempo. I tre immediati successori di Carlo V, i re spagnuoli Filippo II, III, e IV ne fecero coniare quantità tale, che fu, mentre regnarono, la moneta fra noi usuale, dopodiché la fabbricazione fu dismessa per rivol- gere l'attività della nostra zecca ad altra similmenie maiuscola moneta, il fìlippo di maggior utile, come sarà provato alla rubrica competente ove ne esporrò gii elementi economici , trascurate alcune varietà incorse nelle prime battiture in peso ed in bontà di non molto rimarco dal predetto anno 1551 al 1583. Eccellente sappiasi adunque che ne è 1' impasto a denari 11,12, del titolo di 0,958333, del peso di (1) Manoscritti di Bollati in Brera al T. IL (2) Argklati. T. II, parte III, pag. oG, nota 2. (n) Ivi, nota 10. STUDII ErOXOMICl SULLE MONETE DI MILANO 309 un'oncia 2 denari e gr. 7 + l|6; in quanto poi ri- sgiiarda il prezzo farò noto , che in 250 anni dalle L. 0,12, già dette del 1551 sali fra noi alle L. 8,12, così leggendosi la sua tassazione nelle ultime due gride che ne fanno menzione , di Maria Teresa , 25 ottobre 177S, e della repubblica Cisalpina, 27 Ger- minale anno IX repubblicano (IG aprile 1801). Stando a Le Blanc il ducatene sarebbe esistito presso di noi fino dai giorni di Lodovico XTI re di Francia, cioè da 50 anni prima, avendolo riportato fra le nostre monete alla fig. 5 della l"" collezione , pag. 324. E veramente nel Museo Taverna vi si mira affatto compagno del diametro cioè di milli- metri 39, impastato di ottimo argento usualo di quel tempo a 0^10 e 1[2 crescenti, del forte poso di un'oncia e denari IG mil. (grammi 48,9G0) e dello spessore di 4 mill. Osserverò per altro, che in nes- suna delle quattro gride di quel monarca , che ab- biamo, si trova registrato. Aggiungasi l'estrema sua rarità, e poi veggasi, se forse più che moneta in corso sia stata ai suoi di una medaglia destinata allo persone grandi in rogalo , come può credersi delle grosse ed ancor più larghe piastre fabbricate dai precedenti duchi Sforza, nonché dopo da altri due principi. FILIPPO — Altra moneta majuscola spagnuola indicata poc'anzi ; venne fabbricata nel 1G()4 per comando del Governatore conte di Fuentes , e con- tinuata tanto dai re di Spagna che dall'impera- tore Carlo VI, e da ]\raria Teresa. La composizione è la medesima del ducatono, quindi ottima, il peso denari 22, IG rimasto ognora invariato come fu della bontà ; il prezzo originario L. 5, che nei due docu- menti sopracitati 1778, ]R01 contavasi a L. 7,10. 310 GIOVANNI MULAZZANI Por (lue secoli fino al sistema del 1778 fu altra mo- neta dominante in Lombardia , ed assai ricercata fuori. Sì di questo nummo, com'era stato del du- catone, ò mio debito di avvertire, clie furono stam- pati in grande quantità spezzati, cioè mezzi, quarti ed ottavi. Ritrovati sono questi, che fanno testimo- nianza del grossolano talento, die informava i corpi del Governo spagnuolo per l'abbandono ch'esso fece della lira e delle suo regolari e semplici divisioni in 10 soldi, in 5, in un soldo, poco o niente coniate, por dar luogo a frazioni di monete atte a niente altro che ad imbarazzare le genti nelle loro comuni contrattazioni. FIORINO D'ORO — Famosa moneta del medio evo inventata dai Fiorentini nel 1252, ed imitata relati- vamente alla sua sostanza, peso e bontà, prestamente da noi ed in tutta Italia ed anche fuori. Già si è veduto di sopra degli equivalenti nostri ambrosini d'oro e ducati sforzeschi ; ora rimane a dire dei fio- rini viscontei. Tutti i principi di quella nostra prima dinastia, che usarono del privilegio della zecca, fe- cero, eccetto Azone, batter fiorini con tipi loro pro- prii , vale a diro con iscrizioni analoghe, e simboli araldici di famiglia. Fiorini perciò si contano di Lu- chino e dell'arcivescovo Giovanni, di Bernabò e Ga- leazzo del conte di Virtù, di Giovanni Maria, di Filippo Maria, fabbricati a Milano, a Bologna, a Siena ed a Genova, tutti fuori di quello dell'ultimo duca rari e rarissimi per non dire di alcuni intro- vabili. Esimia n' ò la bontà cioè a 1000 , il peso d. 2,21,336, costantemente mantenuto anche quando a Fiorenza nel 1402 fu dimiiiuito notabilmente (^), (1) Zanetti. Raccolta, etc. T. T. 2G-2. STUDII ECONDMICI SULt.E MONETE DI MILANO 311 certificandolo i fiorini di Giovanni Maria e Filippo Maria; il prezzo in fine dai soldi 32 imperiali del 13G4, in cui se ne ha per documenti notizia positiva era salito nel 1447 all'estinzione dei Visconti alle L. 3,4 cioè al doppio (^), cosicché questa moneta in due secoli circa, contando dalFambrosino, identico pozzo, apprezzato soldi 20 terzaroli al suo nascere, 10 imperiali, aveva sestuplicato e più di valore no- minale. E per soddisfare al debito più sopra incon- trato accennerò al valore del ducato di Spagna, di Milano, Venezia, Firenze, lungheria, e Tarcliescìii tutti vecchi registrato nella già citata grida del 1584 di L. 7 , per concludere, che sul finir del secolo XVI corse per quattordici volto l'originario suo prezzo. Dal fin qui detto vedemmo l'ambrosino repubbli- cano cedere il posto al fiorino visconteo, e questo al ducato sforzesco , presto vedremo questo identico nummo assumere altra denominazione alla voce ab- basso di zecchino dove ne faremo l'illustrazione. FIORINO DORO DA SOLDI 32 - Non \\\ ai suoi di moneta reale ma immaginaria ossia di conto, che si calcolava vale a dire colla penna, e non si contava in mano ; ed eccone la spiegazione e la sua origine alla fine che in succinto vado a narrare. Allorquando il conte di Virtù alterò nel 1301 la moneta d'ar- gento dei grossi da 2 soldi, e successivamente dei soldi, impastandoli con quella riprovevol lega che fu denunziata indietro (-), e sarà analizzata a suo luogo, inevitabile divenne nelle private contrattazioni l'alza- mento del fiorino d"oro, di cui motto non era stato fatto in alcun editto, non dipendendo il valore dello monete dalla volontà del principe, ma dalla propor- li) Aii.iELATi. T. II, pag. 11, K. 105. (2; Capo II. Bontà dell' arrjrnto. 312 (l'.OVANNl MUI.AZZANI zione dei metalli, di cui il giudizio spetta agli uo- mini, che li possiedono. Tanto ò ciò vero che il fio- rino, si leggo nelle nostro carte, era montato due anni appena dopo il 1393 a soldi 50 W dai 32 ch'era negli anni avanti al 1391. Ora questa decadenza, al certo continuata per molti anni, della moneta d'argento con sempre nuove battiture, ed il conseguente alza- mento dell' oro , che possibile era , che variasse di giorno in giorno per non dire d'ora in ora esponendo a liti continue i contraenti, focer sì che per sicurezza dei contratti s'introdusse l'uso di ritenere il fiorino d'oro per l'antica misura di soldi 32, ma di quelli cor- renti al tempo del contratto. Che se poi s'intendeva il vero e reale fiorino d'oro veniva questo designato e pattuito col nome di fiorini d'oro in oro fìorenorum auri in auro ed il suo valore era non di 32 soldi ma per quello di più che correva in piazza, o come si dice in oggi, di borsa. Il disordine monetario co- minciato col conte di Virtù predetto, nonché tolto di mezzo accresciuto essendosi coi successori di sua famiglia ed anche col primo Sforza, la diplomatica di quegli anni è piena di fiorini d'oro da soldi 32, che sono a parlare esattamente fiorini d'argento. Sparita una simile denominazione col giusto e legale sistema monetario armonicamente connesso in tutte le sue parti del secondo Sforza del 1474, e coi due re francesi che lo mantennero bravamente, ricompare cogli ultimi principi di quella casa per il decadi- mento, a cui soggiacque fra le indicibili calamità nostre e di tutta Italia avvenute in quel tempo, la egregia monetazione, della quale portano il vanto. Nel dominio della Spagna questa bizzarra appella- zione più non si riscontra tanto negli atti pubblici (1) Argei.ati. T. 2, pag. 25, col. 2. STriiil E''E • INFERIORIS • GVB • - /ET- 45. -- Busto a destra di Margherita d' Austria , col capo velato. 9.' — FAVENTE • DEO. — 1567. Una donna che ha nella destra una spada e nella sinistra una palma e un ramo d'olivo; essa e sopra uno sco- glio battuto dalle onde ed esposto al sofiio di quattro venti (3j. Diam. 32. ^ — MARGARETA • AB • AVSTRIA • D • P • ET ■ P • GERM • INFER • G • >ET. 45. Busto a destra di Margherita d'Austria. (1) Plon, op. cit, pag. 275. (2) Dalle metlaglio elio il sig. Pinchart riporta nella sua opera citata bisogna toglierne una di Filippo II, clie appartiene a Giampaolo Poggini, e una di Bianca Pansana Carcania, probabilmente milanese, che ò lavoro di Pier Paolo Galeotti. (3) Armanti, op. cit., II, 211, 40. 340 UMBERTO nos'^i 9 — A • DOMINO • FACTVM • EST • ISTVD. — 1567. Una donna die lia nella destra una spada e nella si- nistra una palma e un ramo d'olivo (1). Benché Francesco Marchi nella sua lettera non faccia cenno clic di una medaglia sola, pure è tanto evidente che le due più sopra descritte sono della stessa mano, che non ho punto esitato a classificarle ambedue fra i lavori di Jonghelinck: si può dire infatti che, salvo le leggende, sì il diritto che il ro- vescio della medaglia di diametro minore sono la riproduzione di quella più grande (2). Fors'anche è da ascriversi allo stosso artista la medaglia di Ales- sandro Farnese di cui ho parlato più sopra: lo stile ne è uguale, i rovesci sono ambidue invenzione del Mar- chi, ambidue sono eseguite in Fiandra e a breve intervallo l'una dall'altra, infine il Marchi è quegli che la commette e ne sorveglia l'esecuzione : viene quindi naturale l'idea che siano lavoro del medesimo artefice. La terza lettera ci dà notizie curiosissime intorno (1) Armand, op. cit, II, 211, 41. (2j Al diritto della medaglia maggiore venne applicato anche il ro- vescio seguente : « qvid . premitis . redeat . si . Nonius . ira . leonis. — 1566. 1) Un leone posto sotto un torchio munito di harre a cui diversi personaggi danno impulso. E evidente che la data 1566 non si accorda con quella del diritto (1567) che risulta dall'età di 45 anni attribuita alla principessa, e quindi la medaglia ò ibrida. Il diritto della medaglia minore ha servito da rovescio a quello di Fi- lippo II, di Giampaolo Poggini (Armand, I, 239, 11, ibrida), inoltre molti anni più tardi fu adoperato per fondere una medaglia di Margherita d'Austria, da porsi nello fondamenta di qualche edificio. Quest'ultima ha il diritto già descritto, da cui non si è nemmeno tolto di il titolo Gover- nairice dei Paesi Bassi, ed il rovescio è formato dall'iscrizione seguente. Il DIVA margarita . AB . AVSTRIA . CAROLI . V . CES . FU.IA . P . GEN . HAS . .«DEB . EREXIT . ANN . ."ErATIS . 61 . 1584 . MARTII . 11 FRANCESCO MARCHI E LE MEDAGLIE DI MARGHERITA d'aUSTRIA 341 ad una medaglia del duca d'Alba e all'orefice fioren- tino che ne fabbricava i conii ; è diretta al segretario ducale Giambattista Pico (i). u L'Altezza di Madama è sanata e sta ben dio gratia, u ma penso bene che sia carica di fastidij, e in tra l'altre a se ne dà a noi, perchè la vedemo tanto deliberata di a volere tornare quest'inverno in Italia e fa mettere ogni u cosa all'ordine, come se domani havessimo a partire ; u S. Alt. sta allegra e non parla di cosa ninna se non di u tornar in Italia, ma noi che havemo delli debiti da pa- u gare non ci piace troppo, se già non fosseno pagati, u Poi havemo delli muleti più d'una docena da condurre, u e tutti piccoli, delli quali havemo paura del freddo che u non ce gli amazza, io per me lassaria prima uno braccio u che Cleopatra (2), bora havemo delli aifanni assai , et u pensare che S. Altz. cosi determinatamente si mette all'or- u dine, et più dice, se il Re non vuole, che lei in tutti i u modi vuole partire ; qui non si spetta se non la venuta u del Macchiavelli (3). Noi altri cortegiani saressimo una u poca cosa a dire che per questo inverno s'havesse da u partire S. Altz., ma tutti li popoli del paese, tutti so ne u appellano della sua partita, e non vogliono a modo al- u cuno, et dicano, se la se parte, che non sarà gran cosa, u che torna peggio il paese di quel che è stato, si come u hano voglia di fare e peggio farebbe li boni che li tristi u del passato, bora saperiano da qual scoglio guardarse che u prima non sapevano: basta, che ogni homo prega Dio, u che la non si parta, perchè cognoscono benissimo che se u S. Altz. parte dal paese, che essi restaranno schiavi, ma u mentre vedino S. Altz. vivano in speranza di perdono e u di libertà. (1) In fronte al foglio si legge : ti Copia d'una lettera clie il capitan Francesco de Marchi scrive al secretario Pico, di 2 di 9bre 15iì7. f2r Clfiopatra era figliuola naturalo di Francesco Marcili. {}^J Tomaso Macliiavelli, segretario di Marglierita d'Austria. 8i2 UMBERTO ROSSI a II Conte d'Arembergh si trova nel paese di Cambre, a ove ha d'andare cinque compagnie d'huomini d'arme del u paese e quattro compagnie de Cavailegeri Borgognone, u dove vanno de molti venturiero a vedere quella guerra, li in Francia contro li dui Re di Francia, l'uno salvadico u e l'altro domestico, cioè il Ee di Francia, l'altro è Mon- u signor de Condè, che si fa battere in moneta, il Re primo u del Vangelio in Franza, il quale pianta il Vangelio in i( Franza, e cosi stamparanno nelle monete Re primo di u Franza e del Vangelio, cosa odiosa assai in Francia. u II Duca d'Alva è in Anversa e lavorono alla fortezza, u la quale de uno quinto angola , ma la piantano troppo u contraria dall' acqua del fiume Schelda , altrimente a saria sicome io ho disegnato (1). Prima tremasi della ve- u nuta del duca d'Alba, e li homini del paese voriano che u lui insieme con li spagnoli fusse in Barbarla, per li mali a portamenti che fanno qui. Il detto duca ha fatto fare la u sua medaia, et nel reverso ci fa mettere un homo ar- u mato e due figure in ginocchio che li porgeno le chiavi, u ch'è Barbancia e Fiandra : non si è veduto questo , poi u fa un tempio con una donna , con un vaso al piede , la u. quale mostra di cadere, e se gli porge la mano e la so- u stenta, ch'è Fiandra che cadeva, cioè la religione et esso « la tiene in piede: questo non ha fatto lui, perchè mentre u. la religione stava per cadere, S. Alt." la tene in piede, a et non lui che era in mezo della Spagna, et è venuto a u mani lavate a tavola ; voria che il fusse stato in mezo a solamente delli trecento Gentilhomini, che intorno in u Palazzo armati , a dui del paro, con li archibugeti alla u cintura, si come se ci trovò S. Alt." nel mezo all' hora (1) Il Marchi aveva fatto un progetto per la costruzione della citta- della d'Anversa, che venne scartato ; fu invece adottato il disegno di Francesco Paciotti da Urbino e di qui le ire del capitano bolognese il quale voleva ad ogni costo trovar difetti nel lavoro del suo rivale. Il Promis però giudica il progetto del Paciotti superiore a quello del Marchi. FRANCESCO MARCHI E LE MEDAGLIE DI MARGHERITA d'aUSTRIA 343 u e se l' avesse reduta la religione saria stato un va- a lent'homo ; over quando si trovò due mila homini in- u torno al Palazzo, e in esso più di mile cinquecento tra u la corte, la piazza e case convicine, all'hora haveria vo- u luto che avesse redotta la religione , li quali erano per u minare la capella del palazzo della corte, e sacheggiare a la roba, e amazzare ogn'homo che contra li volesse dire, u et anco di più voria che havesse reduta la religione u quando in questa terra si trovava più d' ottomila anime u d'eretici, e non haver nissuno con chi poterse diffendere, u né fidarse all'hora, e saria stato il tempo di tener la re- u ligione in piede, si come fece S. Altezza, si come voria u che anco havesse fatto nella Badia d'Artois , contra un- u dici insegne d'heretici armati alla .... ed a Stroneli , a u Tornalo, e a Valenciana, quando ogni giorno se combat- u teva a Gante, Anversa, a Ostradame, in Gilanda, in Olanda, u in Geldre , in Barbancia , in ]\Iastriche , finalmente per u tutto il paese, et havesse hauto più d'un milione d'anime u contra, e non havesse hauto altra gente di quel numero, u che havea S. Altezza, all'hora haveressimo veduto se l'ha- u veria tenuto la religione in piede. Poi quelli due che u stanno in ginocchio e gli dano la chiave, devono essere u dui suoi servitori, che gli darano le chiave delle lettere u che dicano che il compone in nome de S. M.'"" Quel tempio u deve essere quello che lui ha fatto disfare delli hereti , u che erano tutti per terra ed ogn'un se ne burla. Il mastro u che fa la medaglia si chiama Giuliano Fiorentino, et esso u me l'ha detto in camera mia. u Qui si è sparso la voce che il conte Agamonte si u liberava in termine di dui giorni. Volesse Dio che u fusse in termine d'un mese, che saria contento, se non u fusse mai se non per essere tanto amico del nostro u padrone (1). (1) Il conte d'Egmont era in stretta relazione con Ottavio Farnese : il Marchi, clie non poteva soffrire il Duca d'Alba, parteggiava apertamente 514 UMBEKTO ROSSI u La Regina d'Inghilterra arma per sicurezza del suo regno a e Dio voglia ohe non sia per dar soccorso alli eretici di u. Franza li quali si fortificano appresso Parigi: per mare u e per terra sono sarati li passi per passare in Spagna, di u modo ohe il sig.'''= Tomaso Machiavelli sarà tardato a tor- u nare di là con la licenza di S. Alt. di poter tornare in a Italia, io non la credo a dir l'opinione mia, perchè po- u trebbe essere che se ne pentisse, se le cose di Franza u andasseno un poco peggio per il re , e se vederà levare u qui un gran romore e se farla da dovero. a II figliolo del sig." Bartolameo del Monte e il capitan " Virgilio da Bologna e il figliolo del marchese del Monte u e tre altri son passati in Franza, cioè passarano con il u soccorso di questi paesi. Il S.''= Chiappino Vitelli gli ha u donato cavalli, danari e licenza che vadino a servire il u. re di Francia contra li heretici. Il detto S.''= Chiappino u si fa valere et è tenuto la meglio testa de guerra, che habbia li il Duca d'Alva appresso di lui, et ogn'uno stima più il u predetto S."'' Chiappino che non fanno il Priore suo figlio. u. Dui giorni sono che il conte d'Agamonte giocava con a il Mastro di Campo del Terzo di Napoli, et vene il Ca- li pitano Salina che ha carico del conte d'Agamonte, e u gito via le carte e disse che non voleva che si giocasse. Ci dove il Mastro di Campo messe mano alla spada e volse li dare al castellano, cioè Salina, con ingiuriarlo: molti u dicono che non avea cosa alcuna contra al detto conte a per la quale potesseno attaccarsi contra d'esso conte, e a si pensa che saria stato meglio che non fosse stato fatto li prigione, n per l'infelice gentiluomo e quando Egmont ed Horn furono decapitati egli scriveva: u II traditore del Duca ha tagliato quella testa tanto onorata di mon- signor di Agamonte, il quale ha combattuto per l'imperatore e per il re cosi onoratamente e vinte più battaglie e scaramuccie che non ha fatto lo invidioso, pieno di furore e di invidia e di malignità.... Spero in Dio vederne vendetta e grande e presto. E stato tradito uno grande uomo e amico nostro, n (Cento lettere cit., pag. 160). KriANCKSC'i MMirm i: i.K .mi;d.\i;i.ie di marcmkrita h'ai-ìtria 045 Il signor Pinchart ha pubblicato due documenti relativi a Giuliano Giannini , orefice italiano , il quale nell'ottobre del 1599 vì'eu et caducque, rédidct eu pouvreté et maladie, non avendo alcun mezzo di sussistenza indirizzò una supplica alla camera dei conti di Brabante , per ottenere qualche sus- sidio; nella supplica egli diceva di aver servito i governatori dei Paesi Bassi e specialmente il Duca di Parma , durante diciotto anni e la Camera gli accordava dodici lire en pure aidmosne pour en ses vieulx jour l'ayder à vivre ^). Senza alcun dubbio questo Giuliano Giannini deve identificarsi col Giuliano Fiorentino di cui è fatto cenno nella let- tera e con quello che segnava ivliano - f - f le medaglie di Alessandro Farnese allusivo alla presa di Maestricht. Il Giannini si trovava in Fiandra fino dal 15(50, e in quell'anno era incaricato da Francesco ^larchi di fare una medaglia di ]\Iargherita d' Austria , come appare da quanto costui scriveva al segretai'io Pico: ti Io fo fare una medaglia di S. A., che credo sarà na- u turale. In dna modi la faremo: con il a'oIo e senza. La u fa uno fiorentino. Persino a un piombo potrò mandare ; u se di argento o d'oro si vorrà, per bon mercato l'avremo, u se li viene bene ''2). (1) PlN-CHART, op. cit., pag. 340. (2) Cento lettere cit., pag. 4. — Lettera al Pico, da Brasselles, 14 gen- naio 1560. La medaglia non era ancora finita ai 20 di Gennaio. — Lettera al Pico da Brusselles, 20 gennaio, 1560. 340 UMBERTO ROSSI Molto probabilmente qui si tratta di quella clie pubblicò per primo il Litta e che il sig. Armand descrive così O: Diam. 40. fì" — OCTAVIVS • F • PARM • ET • PLÀC • DVX • Il • — IVLIAN- F. Busto a destra d'Ottavio, testa nuda, barbuto, con co- razza e sciarpa. 1>' — MARGARETA • AB • AVSTRIA • D • P • ET • P. Busto a destra di Margherita, colla testa coperta da un velo che le cade sulle spalle. L'essere l'effigie della principessa unita a quella del marito non infirma punto l'opinione che questa debba essere appunto la medaglia fatta eseguire dal Marchi; si sa quanto questi fosse devoto di Casa Far- nese e quindi non è impossibile che invece di uno dei soliti l'ovesci che egli si compiaceva ad ideare, abbia voluto accoppiare al ritratto della sua padrona quello del di lei marito, traendolo da qualcuna delle molte medaglie di Ottavio. Dalla lettera più sopra pubblicata risulta che il Cìiannini fu incaricato verso la fine del 1567 di mo- dellare due medaglie del duca d'Alba : una doveva avere per rovescio un uomo armato (il duca) con due figure in ginocchio davanti a lui che gli porgevano le chiavi e che rappresentavano il Brabante e la Fiandra; il rovescio deiraltm doveva raffigurare il duca che sosteneva una donna con un vaso al piede, presso un tempio , la quale stava per cadere, alludendo alla religione ristaurata dal feroce governatore. Queste due (1) Armand, op. cit., I. 290, 1. FRANCESCO MARCHI E I-E MED.\(JLIE DI MARGHERITA u'aUSTRU 347 medaglie, se pure furono eseguite secondo il progetto accennato, non giunsero fino a noi: non è però im- probabile che , dietro rimostranze di Margherita d'Austria, il duca abbia abbandonato il pensiero di quei due troppo vanitosi e bugiardi rovesci, poiché dell'anno successivo esiste una sua medaglia, lavoro dello stesso artefice, con una leggenda allusiva alle repressioni operate nei Paesi Bassi. Il sig. Armand la descrive in tal modo (^). Diam. 37. ,'& — FERDINANDVS • ALVAREZ • A • TOLETO • DVX • ALV/E — IVLIAN • G • F, Busto a destra del duca d'Alba, testa nuda, barba lunga, con corazza. 9/ — RELIGIONEM • ET • OBEDIENTIAM • REDINTEGRAVIT. — MDLXVIII. Minerva sopra un carro tirato da due civette (2), Dopo l'esecuzione della medaglia del duca d'Alba non si ha piìi alcuna notizia dell'artista fiorentino fino al 1580, nel qual anno, secondo la supplica gi;i citata, fu assunto al servizio speciale di Alessajidro Farnese ; e di questo celebre capitano son note due medaglie, incise dal Giannini, e pubblicate già dal Litta (^) e dall' Armand W. (1) Armano, op. cit., II, 246, 9. (2) Il signor Armand realmente non riporta nella sua descrizione la firma di Giuliano; però alcuni esemplari della medaglia portano effettivamente ivlian . i; . f . onde ho creduto bene di completare le leggende. (3) LiTFA, op. cit., tav. Ili, 4 e 5. (4) Arm\nd, op. cit. I. 2i.»0, 2 e 3. 348 UMliERTO HOSSI Diam. 40. ;& - ALEXANDER • FARNESIVS • — IVLIÀN • F • F. Busto a sinistra d'Alessandro, testa nuda, con corazza e toson d'oro. 9I — INVITVS • INVITOS • Veduta della città di Maestricht, assediata. Diam. 40. ^' — ALEXANDER • FAR • PAR • PLAC • DVX • III • ET • CT • — IVLIANO • F • F. Busto a destra d'Alessandro Farnese, testa nuda. ^ — INVITVS • INVITOS. — MAESTREHC. Veduta della città di Maestricht, assediata. L'esecuzione della prima medaglia non può essere anteriore all'anno 1585, perchè il Farnese vi è rappre- sentato col Toson d'oro al collo, distinzione che egli ottenne solo in quell'anno, dopo la presa d'Anversa. La seconda invece è posteriore al 18 settembre 1586, data della morte d' Ottavio Farnese, avendovi Ales- sandro il titolo di duca di Parma. Il signor Pinchart giustamente osserva che non si può spiegare perchè l'artista abbia preso per soggetto la presa di Maestricht che fu uno dei primi fatti d'arme con cui il principe iniziò la sua carriera militare nei Paesi Bassi, piut- tosto che l'assedio o la resa d'Anversa, la quale aveva procurato tanta gloria all'illustre capitano. Quanto alla leggenda invitus invitos, essa è evidentemente un'allusione al saccheggio di Maestricht, che Ales- sandro non potè impedire. In un altro suo lavoro (i) il sig. Pinchart attribuisce (1) Pinchart. Histoire de la gravure des médaW.es en Belgique, depuis le XV siede jusqu'en i70l, pag. 30 o seg. I'R\NCESCO MARCHI E LK MEDAGLIE DI .MAR(iHERITA d'aUSI-RIA 349 a Giuliano fiorentino anche le seguenti medaglie del Farnese : Diam. 48. ^ — ALEXANDER • FARNES • PAR • PLA • PRIN • BELG • DVM • GVBERN. Busto a destra di Alessandro Farnese, testa nuda, con corazza e sciarpa. 9' — INVICTO • OPTIMO • PRINCIPI. — 1685. Entro una corona d'alloro, una colonna rostrale, sor- montata dalla statua di Alessandro Farnese, vestito all'antica ; agli angoli del piedestallo vi sono dei prigionieri (1). Diam. 33. ^ — ALEXANDER • FARNES • PAR • PLA • DVX. — 1589. Busto di Alessandro Farnese a destra, testa nuda, bar- buto, con corazza e toson d'oro. 5' — SIVE • PACEY • SiVE • BELLA • GERAS. Un ramo di palma ed uno d'olivo legati assieme con un nastro (-). jy — ALEXANDER • FARNES • PAR • PLA • DVX. Busto di Alessandro Farnese a destra, tosta niida, bar- buto, con corazza. 9I - PHILIPPVS • D • G • HISPAN ■ REX. Busto di Filippo II a sinistra , barbuto , con co- razza (3). Sebbene questo tre medaglie non porcino la firma di Giuliano, tuttavia il giudizio del sig. Pincliart è (1) Armant), op. cit., TT, 205, 15. (2) Affò. La zrrra e mo-itela pafmii/iana. tav. 5", XLIV. l'Pv Affò. 0|i, rit.. tav. ',". XI,V. 350 U. ROSSI - FKANC. MARCHI E LK MEDAGLIE DI MARGH. d'aUSTRIA accettabile, perchè lo stile di esse è identico a quello delle altro che sono lavoro certo del fiorentino W , il quale nella sua lunga dimora ai Paesi Bassi deve avere prodotto assai, ed è a sperarsi che più accurate indagini negli archivi belgi ed olandesi mettano in luce altri documenti su questo medaglista non ultimo fra quanti in quella regione fecero sentire l'influenza dell'arte italiana. Umberto Rossi. (1) Lo stilo di Giuliano si avvicina assai a quello di Domenico Poggini e lia tutti i difetti della scuola toscana, la quale del resto non ha mai dato grandi medaglisti, specialmente nel secolo XVI. Le stesse medaglie di Benvenuto non escono dalla mediocrità, ed è notorio d'altra parte clie l'arte della medaglia è tutta cosa dell'alta Italia. ALCUNE NOTIZIE INTAGLIATORI DELLA ZECCA DI VENEZIA {Da.\V Archivio Veneto, Nuova serio, Anno XVIII, Tomo XXXV) L'anno scorso ebbi occasione di fornire al chiaris- simo AloTss Heiss, ben noto pei suoi lavori sullo mo- nete spagnuole, alcune notizie relative agli incisori della Zecca di Venezia , che egli mi aveva chiesto per la grandiosa sua opera : Les MrdaìUeurs de la Renaissance , e che vennero da lui inserite in quel volume che riguarda Venezia e le medaglie ve- neziane. Siccome tali notizie possono interessare l'Italia e tutti coloro che si occupano della nostra numismatica, e siccome il prezzo di quell'opera vo- luminosa non è alla portata di tutte le borse, stimo non inutile riprodurre lo informazioni stesse, che, por la maggior parte , sono tratte dal Capitolare delle Brocche^ detto cosi dalle borchie dorate che ne orna- vano la legatura, prezioso Codice appartenente al nostro Arcliivio Generale di Stato (ai Frari), dove sono raccolte le deliberazioni riguardanti la zecca. Il primo coniatore della Zecca Veneta, di cui si faccia menzione nei documenti antichi, è certo Gio- vanni Aijuco od Albizo, intagliatore delle stampe della 352 NICOLÒ I>AI>M)OPl)L! moneta, riguardo al quale troviamo una delibera- zione del Maggior Consiglio nel 7 maggio 1308 (i), die gli accorda un'anticipazione di due anni di sti- pendio. Forse a questo artefice si deve il primo conio del Ducato, disegnato con molta eleganza e finezza ed inspirato al gusto italiano del primo rinascimento dell'arte, talché, sì il nome dell'incisore come il ge- nere del suo lavoro, mi farebbero nascere il sospetto che fosse di origine fiorentino. Altra breve notizia troviamo, il 21 die. 1391 (2), in un decreto del Maggior Consiglio , che aumenta lo stipendio ad Axtoxio Dalle Forbici, il quale da sedici anni lavorava a fare i ferri per fabbricar la moneta. Dopo questi incisori, che non lasciarono traccia di se, abbiamo la celebre famiglia dei Sesto, valentis- simi orefici, che per quasi un secolo occuparono i diversi posti di incisori della zecca di Venezia, in un'epoca in cui attivissimo era il lavoro di questa ofiìcina. In un decreto del 1411 (3), in cui si dimi- nuiscono tutti gli stipendi in causa della guerra che si combatteva contro Sigismondo imperatore, Ber- nardo Sesto viene indicato quale intagliatore dei coni dell'oro, e, per conseguenza, nel primo posto della zecca, dove probabilmente lavorava da lungo tempo, giacche i suoi figli Lorenzo e Marco erano incisori ai conii dell'argento sino dall'ultimo marzo 1394 W, posto nel quale si trovano ancora nello stesso do- cumento suaccennato del 1411. Forse egli successe in quell'ofiftcio ad Antonio Dalle Forbici, col quale (1) Magnus et Capricornus, carte G9. — Deliberazioni del Maggior Consiglio (Secreta). (2) Capitolare delle Brocolie, carte 8. (3) Senato, Misti, registro 49, carte 81. (4) Capitolare dello Brocche, carte 9. A[,fT'Nr, NOTIZIE SIIGLI INTAGLIATORI DELLA ZECCA HI VENEZIA 353 potrebbe aver lavorato precedentemente in un inca- rico secondario. Il Palfer ricorda che nella chiesa di Santo Ste- fano esisteva una tomba colla seguente iscrizione : MCCCCIV sepoltura de S. Jacomo Sesto intagliador alla moneda de Vemesia (i). Nel 1447, 29 novembre (2), essendo morto il maestro Gerolamo Sesto, uno degli intagliatori delle stampe della moneta d'argento, si stabilisce che la elezione degli incisori sia fatta dagli officiali della Zecca del- l'argento, uniti a quelli della Zecca dell'oro, tanto por l'incisore delle monete d'oro che di quello d'argento, e nel 20 luglio 1454 si determina non doversi faro alcuna trattenuta sul salario di Luca Sesto ed Anto- nello Della Moneta, intagliatori dello stampe (3). Luca Sesto, vecchio ed infermo, domanda che gii sia dato in ajuto il figlio Bernardo; ciò che gli viene accordato dal Consiglio dei Dieci nel 27 ott. 1483 (^). A di 27 febbraio 1483 il Consiglio dei Dieci, vista la virtù e solerzia del maestro Alessandro Leopardi, lo nomina terzo maestro di Zocca assieme a maestro Luca Sesto e a maestro Antonello Orefice (•''). Nello stesso anno, 28 settembre (*'), troviamo un decreto del Consiglio dei Dieci, nel quale, ricono- sciuta virtus el solcrtia Victoris fdii q. fidelisswii ciois nostri mayistri Antonii raariaorarii cognomento de (1) Memorabilia Venetiarnra monumenta, antiqnia recentioribusqno lapidibus insoulpta, per centum et sexaginta perlustratus terapia, lolian- nes Georgius l'alferus excerpsit urbis decori, fidelium pietati, studiosorum deliciis inservitura. A carte lOi» tergo. (Ms. della Bibl. di S. Marco). (2) Capitolare dello Brocche, carte 31 tergo. (3) Id., carte 34. (4) Id., carte 64. (.5) Consiglio dei Dieci, Misti, registro 21, carte ITO tergo, (fi) Id., Misti, registro 22, carte 07. 354 NlfOLO PAPADOPOI.I San Zacharia, lo nomina maestro delle stampe delle monete nella Zecca, e nel 21 marzo 1487 lo stesso Consiglio, riconoscendolo sommo maestro in questa arte, gii aumenta considerevolmente lo stipendio (i), portandolo da 50 ad 80 ducati annui. Sebbene in questi documenti pubblici non si trovi alcuna indi- cazione di cognome, sappiamo eh' egli si chiaraava Gambello e che segnava le sue medaglie Camelus, Ca- melius e Camelia con forma latina, secondo il vezzo del tempo. Per lungo tempo fu ritenuto il primo ad abbandonare il vecchio sistema della fusione con ritocco a bulino, per sostituirvi il conio anche nelle medaglie, ma Friedlander dimostra erronea tale opi- nione, additando medaglie coniate più antiche. Ca- melio ottenne ben meritata celebrità in tali lavori (2), e di lui abbiamo medaglie ricercatissime tanto fuse che coniate. Senza alcun dubbio era veneziano , per essere ciò accennato nel decreto surriferito del Consiglio dei Dieci ed essendo prescritto , da un decreto del 28 agosto 1447 (3), che a sì delicato incarico non fossero eletti se non cittadini vene- ziani. Nel giorno della sua nomina si stabiliscono le mansioni dei differenti incisori di Zecca, che credo interessi riferire, per determinare la importanza di ognuno. Luca Sesto, uno dei più antichi maestri delle stampo della Zecca nostra, è destinato, assieme ad Alessandro Leopardi, a fare l'immagine del Reden- tore sul conio del ducato ; Silvestro, fratello , ed i fì.gli di maestro Antonello sono incaricati di incidere (1) Capitolare delle Brocche, carte 62. (2) Lazzari. Notìzia delle opere d'arte ed antichità della Raccolta Correr. Venezia, 1859, pag. 181. (3) Capitolare delle Brocche, carte 31 tergo. — Senato, Ten-a, regi- stro 11, carte 43. ALCUNE NOTIZIE SUGLI INTAGLIATORI DELLA ZECCA DI VENEZIA 355 quelle di S. Marco e del Doge. Nell'argento le im- magini di S. Mai-co e del Doge devono essere incise da Vettore, figlio del maestro Antonio da S. Zac- caria e l'altro lato dai figli di Antonello. Nel 1490, 9 dicembre (i), il Consiglio dei Dieci si occupa di una nuova lega per l'argento, trovata da Silvestro Grifo, maestro delle stampe, ed in premio di tale invenzione gli accorda un aumento di stipendio. Egli è indicato in altri più antichi documenti come figlio di Antonello, e quindi il nome di Grifo o Grillo è quello della famiglia di Antonello, che si chiamava « Della Moneta " dalla professione che esercitava. Lo stesso Consiglio, 10 anni dopo, 27 marzo 1500(2) elogiando el sinyular modo et inzegno, trocado con molta stia industria et acuità, per el fedel nostro Ziiane da i Relogij, in far et stampar soldi et mezi soldi cum tanta equalità, justeza et roftondifà quanta alcuno ha veduto et come ha testi ficado el gastaldo della Cecha nostra, stabilisce che sieno coniati con tale sistema, non solo i soldi e mezzi soldi, ma anche le lire, i Mar- celli ed i Ducati. Le monete di quest'epoca hanno infatti una perfezione di fattura, di peso e sopratutto una rotondità esatta, impossibile ad ottenersi coi si- stemi che si usavano fino allora. Morto Silvestro Griffo, si aumenta il salario nel 31 marzo 1503 C^) a maestro Piero Benintendi vene- ziano, che da molti anni lavorava in suo aiuto alle stampe delle monete, e nel 28 marzo 1505 (^) esso viene nominato maestro ordinario delle stampe. (1) Capitolare delle Brocche, cirto ('.5. (2) Id., carte 74 tergo. (3) Id., carte 70 tergo. (4) Id., carte 7'J tergo. 356 Ninul.O l'AI'ADOI'OLI Diminuiti gli introiti della Zecca per la scarsezza dei metalli e delle coniazioni, il Consiglio dei Dieci delibera, nel 14 marzo loOG W che siano diminuite le paghe pegli officiali della Zecca a cui deve incom- bere minor lavoro, ed ordina che ai maestri princi- pali delle stampe, Vettor De Antonio ed Alessandro Leopardi, esso sia ridotto da 100 ad 80 ducati annui ; a maestro Piei-o Benintendi terzo maestro delle stampe, da 80 a GO ducati. Pochi anni dopo, 29 ot- tobre 1510 (2), nuova riduzione dei salarli, da 80 a 40 ducati annui ad Alessandro Leopardi , che fa le stampe delle monete di rame, e da 80 a 60 a Vettore, che questa volta e chiamato col suo cognome Gambello. Il 20 giugno 1515 i fratelli Ruggiero e Boiamonte di Gamhelli, del fu Antonio, da San Zaccaria , a nome del loro fratello Vettore, già maestro delle stampe in Zecca, chieggono al Consiglio dei Dieci nn provvedimento per lui, al quale il salario da du- cati 100 fu diminuito ad 80, poi a 60, e non gli fu pagato, sicché rimase creditore di 140 ducati ; e venduto ogni suo mobile per la necessità del vivere, li e sta forza andarsene in altre terre per circhar et trovar il modo de poter alimentar la sua povera fameia ; ma desiderando che potesse ripatriare e viver con loro , ecc. il Consiglio dei Dieci propose allora gli si assegnassero 70 ducati all'anno, ma la parte non fu presa (3), Addì 30 dicembre 1517 W, ricordandosi (1) Senato, Misti, registro 31, carte 5 tergo. — Capitolare delle Brocche, carte 80 tergo. (2) Id., Misti, registro 33, carte 85 tergo. — Capitolare delle Brocche, carte 83 tergo. (3) Consiglio dei Dieci, Misti, busta 35. (4) Id., Misti, reg. 41, carte 151 tergo. ALCUNE NOTIZIE SUGU INPAGUATORI DELLA ZECCA D! VENEZIA 357 le riduzioni nel salario del Ganibello, che era an- dato a Roma, nominato incisore della zecca papale, assieme a Pier Maria da Pescia nel 24 giugno 1515 (1), fa dal Consiglio dei Dieci ricondotto in maestro delle stampe della Zecca, col salario di 80 ducati netti, e gli fa concesso un acconto di ducati 60. Nel 29 luglio 1535 (2) a maestro Piero Benintendi infermo, viene concesso per coadiutore Andrea Spi- nelli con tre ducati al mese di salario e la succes- sione nell'ufficio. Nel 1540, 24 maggio (3), il Consiglio dei Dieci, in vista della prestante virtù del fedel nostro Andrea Spi- nello maestro di stampe, affida a lui il carico di maestro ai coni alla pila, mentre fino allora era stato maestro al torsello, il che suona avanzamento da secondo a primo incisore della zecca, stando nella pila la parte anteriore e nobile della moneta (*). L'incisione del torsello sarà affidata a chi dovrà so- stituire il defunto Battista Baffo. Nel 1443, 28 maggio (5), troviamo nel Capitolare delle Brocche una determinazione, nella quale, per evi- tare gli scandali e le questioni, si stabiliscono le at- tribuzioni degli intagliatori e dei loro coadiutori, e cioè: maestro delle stampo alla pila Andrea Spinelli, coadiuvato dal cugino Giacomo Spinelli; e maestro delle stampe al torsello Tiberio Di Luchini, coll'ajuto di Vincenzio Di Luchini. (1) MiJNTZ. Vatelier monétaìre de Rome, Paris 1882, pag. 27. (2) Consiglio (lei Dieci, Notatorio dei Capi, n. 11, carte 33. (3) Capitolare delle Brocche, carte 123. (4) Lazzari. • — Opera citata, pag. 199. (5) Capitolare dello Brocche, carte 145. 358 KKOLÒ PAPADOIOU Nel 1572, 24 marzo W, ad Andrea Spinelli poc'anzi defunto fu nominato successore il figlio Marc'Antonio. Dopo quest'epoca comincia la decadenza, e non importa seguire i nomi degli incisori che fecero i coni dello medaglie e dello monete veneziane. Ul- timo lampo di questa nobile arte furono i lavori di Antonio Fabris udinese, chiamato a Venezia dal Go- verno del 1848 por fare i coni delle monete, il quale modellò le due bellissimo medaglie che ricor- dano quell'epoca gloriosa. Nicolò Papadopoli. (1) Lazzari. — Opera citata, pag. 109. ALCUNE NOTIZIE SUfJU INTAGLIATORI DELLA ZErTA DI VENEZIA 359 La placchetta, qui riprodotta col mezzo ilella zincografia, si conserva nel Museo Correr , rappresenta Davide e Golia ed è attribuita ad un artista di cui si ignora la vita, che firmava i suoi lavori col nome di Moderno. Il Molinier nel suo dotto lavoro Les l'iarjue/le.s; edito a Parigi nel 1886, crede che Moderno sia un pseudonimo simile a quello di Antico, che designava l'incisore mantovano Pier Giacomo Alari. A difterenza del Muntz e di altri che credono il Moderno abbia lavorato nel XVI secolo, Molinier invece reputa che egli appartenga alla fino del secolo XV e mostra due placchette del Moderno, riprodotte sulla ])orta della Kana (1507j della cattedrale di Como. Lo stesso autore credo che per lo stile, che risente della scuola di Padova e di Venezia, e per i siti ove si trovano più facilmente i suoi lavori, egli appartenga all'alta Italia, sebbene per altri documenti conosca clie egli abbia lavorato nella zecca romana e precisamente nello bolli- plumbee dei pontefici. Molinier sospetta die sotto il nome di Moderno si nasconda il nostro Vettor Gambello o Camello, che è il solo artefice il quale corrisponda a tutti i voluti requisiti sia per il tempo, sia per lo stile, sia per essere veneziano ed avere lavorato nella zecca papale. Cita a sostegno della sua tesi che una placchetta oltre il nome del Moderno porta un punzone di orefice colle lettere CA, ed una dello stesso autore col solo punzone CA. Un'altra placchetta ha l'iscrizione OPVS MODERNI C. C, che egli interpreta Co^nomine Camelii. Senza pronunziarmi su questa ardita opinione, credo utile riportarla, affinchè sia diffusa e discussa e si porti nuova luce su questo interessante argomento. DI UNA MONETA INEDITA MANTOVANA (^ Fa parte della modesta mia collezione una moneta che appartiene a Francesco Gonzaga, duca II di Man- tova. — Questo principe, figlio primogenito del duca Federico, nacque nel 10 mai'zo del 1533 e, ancora fanciullo, succedette al padre nel 5 luglio 1540, sotto la reggenza della genitrice Margherita Paleoioga e dello zio Cardinale Ercole Gonzaga. — Fu unito in matrimonio (22 ottobre 1549) con Caterina d'Austria, da cui non ebbe prole, e mori il 22 febbrajo 1550, a soli 17 anni, in seguito ad una accidentale caduta nelle acque del nostro lago, ove erasi recato per una partita di caccia. La moneta è di buon argento, misura 2 centimetri di diametro, e pesa grammi 1,50. (1) Il presente articolo era destinato a comparire nell'ai rollino Storico I ombardo, ma trattandosi di argomento numismatico, la on. Redazione di quel Periodico, col consenso deirAutore, lo cedette gentilmente alla nostra Rivisfa, del che le porgiamo i migliori ringraziamenti. La DlREZIONK. 362 F. TAMASSU - DI UNA MONETA INEDITA MANTOVANA Nel diritto presenta la effigie in profilo del giova- netto duca. Attorno ha la scritta : FRÀN DVX MAN 11 ET MAR M F. fFranciscus dux Mantuae secundus, et Marchio Montis Ferrati.) Nel rovescio figura Ercole fanciullo, librato in aria e visto di fronte, il quale col braccio sinistro levato in alto, e col destro volto in basso, stringe in ciascuna mano alla strozza un serpente, col motto intorno: ENECTIS VITIIS. L'emblema è già spiegato dal motto ; e significa, seppure occorra dirlo, che il principe, durante la sua signoria, avrebbe represso i vizii, simboleggiati nei due serpenti, lasciando intendere che, all'opposto, avrebbe premiato le azioni virtuose. Questa moneta, oltre all'essere inedita, anzi affatto sconosciuta, per quanto almeno è a, mia cognizione, ci dà anche un motto ed una impresa nuova e bella da aggiungere alle molte altre dei Gonzaga. Codesti titoli mi fanno persuaso che ai numerosi estimatori della Zecca mantovana riuscirà gradita la notizia da me data della moneta inedita che ebbi, non ha molto, \i\ fortunata combinazione di acquistare. Mantova, aprile 1888. Francesco Tamassia. DI UNO SCUDO progettato per San Marino La storia della Repubblica di San Marino, ch'è pure oggidì lo stato più antico d' Europa , ci presenta qiiesta singolare lacuna, che da' suoi primordi sino a questi ultimi anni essa rimane mv;ta affatto pel nu- mismatico. I Sammarinesi, tanto gelosi custodi della loro indipendenza e dei loro diritti, non fecero mai uso, prima d'ora, del supremo diritto d'uno stato, quello di batter moneta, e si servirono sempre di quella che aveva corso negli stati circonvicini. Questa singolarità non trova, per quanto ne sap- piamo, che un solo riscontro in tutta la numismatica modioovale e moderna, ed è quello della remota Islanda, che anche ai tempi più floridi della sua in- dipendenza non ebbe mai moneta propria. La Repubblica di S. Marino, tuttavia, come si e 3G1 Sor.ONK AMHROSOI.I accennato, coniò moneta in questi ultimi anni, od i suoi soldi del 1864 e del 1869 corrono, frammisti ai nostri, per le mani di tutti. Meno comune è il pezzo da 10 centesimi, del 1875, quantunque facile anch'esso a rinvenirsi. Com'è naturale, la bibliografia numismatica sam- marinese è assai povera cosa, quantunque le tre mo- nete suddette sieno state tutte pubblicate, e qualcuna anche ripetutamente W. Siamo quindi tanto più lieti di poter offrire ai let- tori della Rivista il disegno di uno scudo da cinque lire progettato alcuni anni or sono per San Marino, moneta di cui vennero eseguiti i coni dal valente in- cisore Cav. Thermignon , ma che per varie circo- stanze rimase allo stato di progetto. Ne facciamo seguire la descrizione: Diam. mm. 37. ^' — SANCTVS MARINVS R. P. CONSTITVTA. Busto barbato, a destra, con corona chiusa, cappuccio e cocolla ornata. — Intorno, giro di perline, entro altro giro di punte rivolte verso il centro ed accop- piate a forma di W. ?/ — IN MONTE TITANO NON OCCIDET. Figura femminile, seduta a destra, diademata, con ca- pelli svolazzanti e manto a larghi panneggiamenti, colla destra appoggiata ad uno scudo ovale che reca fi) Soldo del 1864: Magciora-Vergano , in Rivista della Numismatica ani. e moderna, T. II, t.iv. I , n. 8 , e Chalon , in lìecue lìum. belge. Serie IV , T. VI ; soldo del 1869 e pezzo da 10 centesimi del 1875 : Amhrosoli, Zecche Italiane, Tav. III e IV, nn. 11-12. DI UNO SCUDO l'IiOGETTATO HEK S. MAUINO 365 uu fascio consolare sormontato da corona chiusa; tiene colla sinistra una banderuola ondeggiante , su cui sta scritto a lettere incavate: LIBERTA.S. A sinistra, dietro lo scudo, un ulivo. A destra, nello sfondo, il Monte Titano colle tre torri sormontate dai pennacchi, ed in basso, presso al piede della figura, la data 1867. Neil' esergo, L. 5., e sotto, in lettere minute, p THERMiGNON. — • Intorno, giro di perline , e giro di punte accoppiate, come nel diritto. Disegno e descrizione sono tratti dalla rarissima prova in rame che si conserva nel Civico ]\ruseo di Como, e che fu posta a nostra disposizione per tale scopo dalla cortesia di quel ]\runicipio e di quella Com- missione Ordinatrice. Un' altra prova è custodita nel Medagliere di S. M. a Torino, e due esemplari in ai'gento ne ab- biamo visti nell'Archivio della Repubblica a S. Marino, dove pure sono depositati i coni relativi. Un altro esemplare in argento formava parte della collezione del compianto Comm. Nicomede Bianchi , che ora crediamo sia passata al Museo Civico di Reggio Phnilia. >Soi,oxK Amiìrosoi.i. OMOjMMOél NECROLOGIA ALFREDO ARMANO. Scienziato ed artista di fama illustre, raccoglitore dotto ed appassionato , il sig. Alfredo Armaiid è morto il 27 giugno scorso dopo una hmga e dolo- rosa malattia sopportata con rassegnazione più che singolare. L' arte italiana ha perduto in lui uno dei suoi migliori amici, la nu- mismatica un cultore di grande valentia e che la- scia nella scienza un' im- pronta la quale diffìcil- mente potrà venire meno- mata. Per tutto questo, io che ebbi l'onoro d'essergli amico, credo di adempirò ad un sacro dovere , tessendone una breve commemora- zione per gli studiosi italiani. Il sig. Armand era nato l'S ottobre 1805 , e aveva co- minciato la sua carriera come architetto sotto la direzione -t /4 ^-^ V {(^ 1 II ^ f .^- HdUP.Kii :"'!■ i 3G8 CRONACA di Achille Ledere e di Provost. Per circa vent' anni egli lavorò nelle linee ferroviarie francesi dell'Ovest e del Nord, e sono opera sua le più belle fra le stazioni delle due reti; in seguito si dedicò totalmente all' arcliitettura civile e seppe tanto bene riunire le manifestazioni artistiche alle esigenze della vita moderna che dopo un assiduo lavoro di dieci anni egli potè ritirarsi a vita tranquilla per go- dere in pace il frutto della sua operosità. Allora cominciò per lui una nuova esistenza: vegeto an- cora e di corpo e di spirito egli non poteva rassegnarsi ad una inazione che era contraria alla sua natura. Inco- minciò a viaggiare e in parecchi anni visitò quasi inte- ramente 1' Europa , esplorando con passione d' artista e d'archeologo i luoghi men noti del pari che i grandi centri, studiando i musei, i monumenti e raccogliendo dappertutto fotografìe e disegni, che classificati in seguito e annotati da lui formano tuttora una collezione importantissima e d'una singolare utilità. Fra i numerosi oggetti d'arte di cui egli s'era circondato, il posto principale l'ebbero le medaglie e specialmente quelle lavorate in Italia nel periodo del rinascimento : la sua raccolta era forse per varietà di pezzi la principale di Francia e agli occhi dello studioso presentava il pregio particolare di avere rappresentate tutte le medaglie cono- sciute, sia in originale, sia in buone riproduzioni fatte in galvanoplastica e anche solo in gesso. Ma il sig. Armand aveva troppo ingegno e troppo buon volere per soffermarsi al dilettantismo del collezionista : egli nelle sue raccolLe intravedeva qualche cosa di piii nobile che non il sem- plice possesso e comprendeva che esse non potevano essere utili, che quando fossero diventate materia ed oggetto di studii nuovi e profittevoli alla scienza. Per questo, dopo lunghe e minute ricerche, pubblicò nel 1879 il libro sui medaglisti italiani del XV e XVI secolo, che egli intitolò modestamente Saggio di classificazione, ma che in realtà è un lavoro di grande importanza, in cui la novità delle idee si accoppia ad una profonda conoscenza del mate- riale artistico e ad una precisione erudita di dettagli , NKfROI.IlGIA 3(Ì9 quale suolsi difficilmente rinvenire nelle opere d'indole generale. Non è mio compito fare l'elogio di questo libro , clie oggi è per le mani di tutti i raccoglitori italiani e clie è diventato un manuale classico. Alla seconda edizione, au- mentata dei medaglisti anonimi, il signor Ai'ììunul fece seguire l'anno scorso un terzo volume di giunte e corre- zioni , che non ebbe tempo di rifondere coi due primi, lavoro che sarà forse compiuto in avvenire da' suoi di- scepoli. Chi ebbe la fortuna di essere" in relazione col signor Ai'- mand può attestare quanto egli valesse anche nel rapporto della vita sociale. Cortese e buono con tutti, era special- mente benevolo per coloro che lo intrattenevano di cose relative a' suoi studii, e in tutte le sue azioni, in tutte le sue parole e le sue lettere appariva quello che era real- mente, nn uomo di grande cuore. Vedovo e senza figli , egli lasciò erede universale il signor Prospero Valton, gentiluomo e studioso di grande valore, che gli fu amico più che intimo e che gli fu di molto aiuto nella compilazione del lavoro sui medaglisti lasciò anche due legati alla Biblioteca Nazionale di Parig per i dipartimenti dello stampo e delle medaglie, e altr legati di beneficenza assegnò alla Società degli Architetti e alla Scuola di Belle Arti. Noi Italiani dobbiamo essergli riconoscenti per l'amore con cui studiò le cose nostre e per il contributo ch'egli portò alla storia della nostra arte; ma chi di noi lo co- nobbe e sperimentò la sua affabilità e il suo buon cuore non può a meno di consacrare alla sua memoria un rim- pianto e un culto che non può essere che vivo e sincero. l\ Kossi. BIBLIOGRAFIA LIBEI NUOVI. Cercxlic Michel. — Lcs monnaies de Oharlemagne, Gand, 1887 ; in ottavo. Il eh. Cerexlie fece opera utile e desiderata, col raccogliere in questa monografia lo monete di Oarlomagno iinora co- nosciute. Il periodo da lui preso ad illustrare è il più im- portante della storia numismatica medioevale, poiché in esso quel celebre monarca decretò la riforma della mone- tazione fino allora vigente. Oarlomagno inteso a migliorare l'intrinseco valore del denaro, ne aumentò il peso, di modo che la libbra d argento che prima di lui dividevasi in 22 soldi, d'allora in poi venne divisa in soli 20 soldi. Quan- tunque il eh. Autore dichiari che il suo libro non ha pretese scientificlie, puro ò certo che la scienza gli va de- bitrice di parecchie correzioni e rettificazioni nei giudizj dei dotti, che lo precedettero in questo medesimo arringo ; tutto suo poi è il merito di aver presentato in breve spazio e sotto una forma assai comoda quanto di interessante e di utile trovasi su tale argomento disseminato in molti volumi, di avere con ciò reso più facile al maggior numero lo studio e l'immediato confronto delle molteplici produ- zioni delle tante zecche, di cui fu ricco in quel tempo il vasto impero de' Franchi. Egli insomma ci dà la lista, finora la più completa, de' monumenti monetari di quel grande Monarca, corredata delle più necessarie notizie storiche e di commenti, per clii si dedica allo studio di quell'impor- tante periodo numismatico. BIBLIOGRAFIA 371 Il eh. Autore divide il suo ampio Catalogo di monete in tre grandi Serie clie corrispondono quasi a2:)punto alle tre grandi fasi della monetazione di Carlomagno. Seguendo l'ordine geografico delle zecche, l'Autore non si diede pen- siero della rispettiva precedenza, e all'ordine cronologico, forse per la maggiore comodità, preferi l'alfabetico. Alla jrrima serie assegnò le monete col carolvs scritto nel campo ; alla seconda quelle col tempio e col mono- gramma ; ed alla terza quelle col busto e col titolo d'im- peratore. Distingue poi le monete della prima serie in quelle insignite d'un nomo di città da quelle portanti il nome d'uno dei grandi officiali, che la tradizione ha poi qualificati colla denominazione di ptari. — In questa prima serie, discorrendo delle monete battiite nella nostra penisola, che più delle altre interessano noi italiani, descrive il denaro di Firenze (n. 42) (1), già fattoci conoscere dal eh. Fr. Pel- legrino Tonini ; due denari di Lucca (51 e 52) (2) illustrati dal Massagli ; i due di Parma (79 e 80) , illustrati dal Lopez e sconosciuti al Gariel , quello attribuito a Siena, o forse con più ragione a Sinigaglia (108) (3), proveniente dal ritrovamento di Sarzana, e dal Gariel assegnato a Senn- heim; ed un altro di Treviso (118) (-1). — Indi proseguendo richiama la speciale nostra attenzione sopra alcuni denari venuti in luce pure nel detto ripostiglio di Sarzana, con- traddistinti colle sigle R. F. (rex fkancokvm). (128) (5), che non esita di attribuire a Milano, interpretando per mediol il monogramma che trovasi collegato a sinistra dell'R, in cui il Longpurier aveva creduto di leggere le primo sil- labe dell'appellativo imperatoiì, le quali monete però, di tipo veramente italiano, aspettano ancora chi assegni la zecca, che veramente loro si compete. A queste aggiunge (1) Vedi: Gariel. n. 171. (2) idem, n. 172, 173, 174. (3) idem, n. 133. (4) idem, n. 182. (5) idem, n. IGI, 1G2. 372 CRONACA altra moneta di Parma, (31) (1), scoperta anche questa nel ripostiglio di Sarzana, la cui attribuzione non ammette dubbio, portando essa tutto intero il nome parma, il che non può dirsi senza esitanza delle altre uscite dal medesimo ripostiglio, che il eh. Autore dedica a Mantova, Treviso e Venezia, poiché nella prima di esse le sigle C. E. che tro- vansi collocate a sinistra ed a destra dell' R, (n. 132) (2), non tutti le vorranno interpretate per cexomaxi, come crede il sig. Cerexho, per quindi attribuire, com'egli fa, questo denaro a Mantova; e le altre due, presentando nel campo a destra dell' F le sigle T, (133) (3j, e V, (134) (4), potreb- bonsi con pari ragioni attribuire, la prima a Treviso, od a Torino, e la seconda a Verona, a Vercelli, od a Venezia. Nella seconda serie, cioè tra le monete col monogramma, delle italiane l'Autore ne descrive una di Lucca, (176) (5) ; una di Milano, (186) (6); una di Pavia, (191) (7); e due di Treviso, (208 e 209). Dei tipi speciali d'Italia, ad imita- zione de' Longobardi, cita duo tremissi di Lucca, (230 e 231) (8); un soldo, un mezzo soldo d'oro, e tre denari d'ar- gento per Benevento, con accoppiato a quello di Carlomagno il nome del duca G-rimoaldo, (dal n. 232 al 236) (9); e la moneta nel cui monogramma, ove Domenico Promis credette leggere il nome di Eavenna , l'Autore invece vi legge quello di Eoma; questa moneta reca nel suo diritto il titolo assunto o conferito al grande Monarca di rex fr. et LANG. AC PAT. ROM. Finalmente nella terza serie, cioè tra le monete col busto e col titolo d'imperatore, il eh. Autore ne assegna a Firenze (1) Vedi: Gariel, n. 1G6. (2) idem, n. 165. (3) idem, n. 167. (4) idem, n. 168. (5) idem, n. 174. (6) idem, n. 178. (7) idem, n. 179. (8) idem, n. 172, 173. (9) idem, n. 153, 159. KIRI.IOciRAKlA B73 una col tempietto ed insignita nel diritto col busto del- l'Imperatore, di profilo, con sotto la spalla l'iniziale F, (250) (l); una ne attribuisce a Milano, simile alla precedente e con sotto alla spalla l'iniziale M, (252); ed una a Venezia colla sigla V, (255), dal Gariel attribuite a Cai'lo il Calvo. — In totale annovera non più di trenta monete battute in Italia sotto il regime e l'impero di Carlomagno. Se però il eh. Autore non avesse trascurato, come fece, di ricorrerò ai nostri Musei, e di consultare oltre qiiella del Massagli le opere ultimamente pubblicate dai nostri più celebrati numismatici, quali Corderò di San Quintino, Barsoccliini, Promis, e le più recenti del Biondelli, del Brambilla e de' fratelli Francesco ed Ercole Gnecchi, avrebbe potuto arriccbire di niiove prove e d' interessanti notizie il suo catalogo, e agevolmente raddoppiare il numero de' monu- menti monetari, se non con tipi del tutto nuovi, certo con molte importanti varietà , che cosi gli sono rimaste sco- nosciute. Il sig. Cerexhe chiude il suo libro con un sommario della storia del celebre Sovrano, in cui con sentito amore di patria rivendica alla sua Herstal il sommo onore di aver dato i natali a quel gran re ed imperatore. Quasi appendice al suo bel lavoro, e con evidente opportunità per gli studiosi di questo interessante periodo numismatico, aggiunge una tavola alfabetica dei nomi geografici clie fi- gurano sulle monete di Carlomagno, seguita da un'altra tavola di concordanza fra le descrizioni delle monete citato dall'Autore e quelle offerto da Fougères et Conbrouse, Bar- thélemy, Vétault o Grariel. C. L. (1) Vedi : Gariel, n. 48. 374 ■'■•oinis Vincenzo. — Moneta inedita di Fietro di Savoia, e iwclii cenni sulla zecca primitiva dei Principi sabaudi. Toriuo , Loe- schei-, 1888. Domenico Promis, nella magistrale sua opera intorno alle Monete dei Reali di Savoia, aveva registrato Acquabella come la prima in ordino di tempo fra le zecche aperte da quei principi, « trovandosi « durante il vescovado di S. Ugo di Grenoble, che cominciò nel 1080, « menzione (come di moneta avente corso legale) di danari battuti « in Aiguebelle nella Moriana, Stato il più antic;) che abbia posseduto « questa famiglia, e diversi certamente da quelli battuti in Vienna, « essendo in carta di quegli anni gli uni dagli altri distinti. » Un altro documento anteriore, dell'anno lOGó , parlava giìi di monete battute in Acquabella, vivente il conte Oddone, verso il 1060. Anche il S. Quintino ed il Perrin ritennero per certo che i prin- cipi di Savoia dovevano aver avuto zecca propria in Acquabella ; ma però attribuirono al vescovo di Moriana la sola moneta acqua- bellese conosciuta sinora, la quale è di tipo vescovile, e corrisponde anche per tutti gli altri elementi alla moneta di S. Giovanni di Mo- riana, pubblicata poi dal Kabut. Ora , il Comm. Vincenzo Promis , prendendo le mosse da un recente suo acquisto per la Collezione di S. M , dimostra che la mo- neta acquabellese suddetta va assegnata veramente al conte Oddone, per quanto nel tipo sia somigliantissima ai denari contemporanei di Vienna e di Moriana. Il nuovo acquisto di cui parliamo è una preziosa monetina che il Comm. Promis attribuisce a Pietro I, iìglio e successore del conte Oddone ; essa ò rassomigliantissima alle monete di Vienna e di Mo- riana, porta il nome del marchese, e l'indicazione della zecca di Susa. Si sapeva già che quest'ultima officina era attiva sotto il conte Umberto II (1080-1103): la scoperta della monetina di Pietro I, il quale morì nel 1078, dimostra che la zecca secusina lavorava anche anteriormente. La moneta di Pietro , della quale ci si da per la prima volta la notizia ed il disegno, viene ad essere anche la più antica con indica- zione certa nella serie numismatica dei Keali di Savoia. Il Comm. Promis dedica la sua Memoria a S. A. E. il Principe di Napoli. HI H 1.10(1 RAFIA 375 UcMiuoni Cornelio. — Le priiìie monete d'argento della zecca di Genova ed il loro valore (1139-1493). Genova, Tip. K. Istituto Sordo-muti, 1888. Questo pregevole studio economico lia per punto di partenza la illustrazione che del ripostiglio di S. Martino Siccoraario, su quel di Pavia , ci diede 1' egregio numismatico Cav. Camillo Brambilla , nel cessato Ballettino di Numismatica e Sfragistica di Camerino. Il nascondimento di quel tesoi'o risalirebbe, secondo l' opinione del nummografo pavese, agli anni fra il 122U e il 1230 ; varie erano le monete di Genova che si trovavano frammiste alle altre nel ripo- stiglio, ma il pezzo che destò di gran lunga maggior interesse nel eh. Sig. Desimoni fu un grosso di buon argento e di bellissima con- servazione, da attribuirsi appunto al periodo sovrindicato. Tale grosso presenta questa particolarità, di avere un peso mag- giore di quello dei grossi anteriori (grammi 1,70, invece di gr. 1,40), mentre il poso dei danari o piccoli va per l'opposto diminuendo col tempo. D.;lla detta circostanza , il Cav. Brambilla arguisce che a quel tempo il grosso abbia cessato di valere 4 piccoli ossia un terzo di soldo, per salire a valerne G, ossia la metà di un soldo genovino contemporaneo. Il Dott. Desimoni approva pienamente l'induzione del Cav. Brambilla, e la sutfraga con diligenti ricerche, documentato con quella scienza storica ed economica eh' è propria dell' erudito scrit- tore genovese. A complemento di tali considerazioni , V autore si estende ad esa- minare anche il valore dei grossi successivi fino al cadere del se- colo XV ; questo seguito della Memoria ò un commento allo Tavole de' valori delle monete genovesi, che il Desimoni pubblicò nel 1875 in appendice al Bici, guano. Vita privata de' Genovesi. Da ultimo, il Dott. Desimoni discorro anche dei danari o minuti, la serie dei quali venne riassunta o ordinatamente presentata dal ilaggiore lluggero nella Gazzetta Numismatica di Como. Compendio del Catàlogo de la Colecrion de monedas g medallas de D. Manuel Vidal Quadras g Jtamón de Barcelona. Ivi, J. Jopiis y Roviralta, 1888. Non è veramente cho un compendio di catalogo, come lo dico il titolo, e quindi non possiamo formarci che un concetto sommario di 37G ORONACA questa splendida Collezione, che abbraccia 15,000 pezzi circa, dei quali 2187 in oro. Ci associamo dunque al desiderio espresso teste dal sig Raimondo Serruro neW Annuaire di Parigi, che cioè il signor Vidal Quadras y Ramon voglia pul)blicaro le cose inedite del suo ricchissimo medagliere. Vi si troveranno certamente pezzi di grande interesse anche pei numismatici non spagnuoli. L'idea dominante della Collezione è infatti evidentemente quella di presentare il quadro più grandioso e completo della numismatica spagnuola, ma siccome vi sono comprese anche tutte quelle monete e medaglie che, sebbene coniate all'estero, pure si riferiscono in modo qualsiasi alla storia della Spagna, ne viene di conseguenza che più d'una serie numisma- tica straniera è magnificamente rappresentata nella raccolta Vidal Quadras y Ramon, per tacere della parte classica, della serie pa- pale, ecc., che sono d'interesse generale. Cardell.\ dott. T)o.-\[. Museo etrusco Faina, al quale è unita una raccolta di monete consolari ed imperiali. Orvieto, tip. M. Marsili, 1888, in 1G.°, pagg. 79. Levi Lazz.-ìro. Belle riforme necessarie alla moneta metallica. Bologna, N. Zanichelli, in 8." grande. Amalfi Gaetano. Luhhii sul Galiani. Napoli, Bocca ed., 1888, pagg. 12G in 8.° (Cfr. il cap. II, Della moneta). Catalogue de la Collection Lippi de Biccari: Mo.inaies roinaines consulaires, impéria^es et bi/zantines, en vente à l'amiahle, avec les prix fìxés à chaque numero. Rome, imp. de l'Académie royale des Lincei, 1888, in 8.°, pagg. Ili (Entreprise des Ventes en Italie, de Jules Sambon, Ann. XI, n.° 4). Catalogo della Collezione del Conte Carlo Zampieri d?Imola [Monete romane, consolari e imperiali, monete itcdiane medioevali, medaglie, carta-moneta, ecc., in vendita all'amichevole, con i prezzi fissati a ciascun numeroj. Firenze, tip. Fioretti, 1888, pagg. 142 in 8." (Vendite Sambon, Anno XT, u.° 6). Catalogo delle Collezioni C. M. e P. B. di Sassari (Monete ro- mane consolari ed imperiali, monete italiane medioevali e moderne, monete greche, monete estere, medaglie, sigilli diversij. Milano, tip. L. Pirola, 1888, pagg. VII-llS in 8.° (Vendite Sambon, Anno XI, n.» 7). Catalogo di opuscoli e libri vendibili alla libreria Franchi e C, Firenze, 8, Via de' Pucci — (Contiene, anche libri di Numismatica). lìiBi.ior.RM'iA 377 Catnlo78 CUDNACA Mitridate. Nel suo lavoro, egli si giova specialmente delle numerose monete ponticlie raccolte dal sig. Waddington, alcune delle quali sono uniche e di straordinaria impor- tanza, come a cagion d'esempio il tetradramma della regina Laodico, madre di Mitridate il grande. Anche la parte genealogica è studiata con molto acume in base agli autori ed alle iscrizioni. ScHLUMBERGER (G.) — Moìvmic II ìégeiule fjrecque rV Amir Ghazì, émir de Cnppadoce. — Illustrazione di una moneta inedita acquistata recentemente (in due esemplari) dal Ga- binetto di Francia. Reca la testa nimbata di G. C., colle sigle usuali, come nelle monete degl'imperatori bizantini e dei principi crociati, ma è coniata da un u grande emiro Amir Ghazi ti, che il sig. Schlumberger assegnerebbe al principio del sec. XII. EoxDOT (N.) — Claude Warin, graxeur et médaiUeur . — All'articolo storico e critico, pubblicato nel fascicolo del primo trimestre, il sig. Rondot fa ora seguire un diffusis- simo elenco dei medaglioni e delle medaglie che costitui- scono l'opera artistica di Claudio Warin. Questo elenco è diviso nelle seguenti categorie: Medaglioni firmati C. Warin; -- Medaglioni fatti certamente da Claudio Warin; — Me- daglie e medaglioni attribuiti a C. AV.; — Medaglioni col- l'effigio di personaggi inglesi. L'articolo del sig. Rondot è accompagnato da bellissime tavole in eliografia. GuiFFREY (J.-J.) — La Monna/ e des mcdailles. Ilistoire mctaUique de Louis XIV et Louis XV. — Parte seconda di un lavoro che si cominciò a pubblicare nel fascicolo del terzo trimestre 1887 della Reme. Vi si danno i cenni biografici degli incisori che lavorai'ono per la zecca di Pa- rigi, coirolenco dei coni da ossi eseguiti. Queste ultime notizie sono desunto dai registri e dagl'inventari dell'epoca. Cronaca. — Necrologia. — Bollettino bibliografico. Sei tavole d'illustrazioni. liIRLIOGRAKIA 379 Annuaire de la Socicté Prancaìse de JVamiamatiqiie et d'Archeologie. Mai-Juiu 1888. PuscHi (A.) L'atelier monétaire des patriarches d'Aqidléc. — È l'ultima parto della seconda edizione, arricciata come al)biamo già detto, della monografia: La zecca de' palriar- chi d'AqiiileJa, clie il sig. Paschi diede alle stampe in Trieste alcuni anni or sono. Alla fine del suo studio, l'autore, basandosi sui docu- menti, determina il valore intrinseco dei denari patriarcali d'Aquileja. Laugier. — Un fiorili iìu'dil de R(n/,nond IV, princc d'Orange. — Moneta unica nella serie monetaria ricchis- sima di questo principe, ove se ne eccettui un fiorino assai somigliante che già apparteneva alla raccolta Gariel ed ora si conserva nel Gabinetto di Marsiglia. Il tipo del rovescio è il tipo comune col S. Giovanni; il diritto Ila una cornetta entro fregio lobato. L'esemplare di Marsiglia ha la stessa cornetta, ma entro uno scudo. Blancard (L.) — ■ L'origine du mare. — Il poeta sassono del IX secolo al quale si devono gli annali delle gesta di Carlomagno, De gestis Caroli Magni, divide i Sassoni in tre popoli distinti: i }}'es/fali ad occidente, gli Angarii nel centro, e gli Osterliìigi ad oriente. Questi ultimi occu- pavano la regione in cui fiorirono Brema ed Amburgo, e più tardi Lubecca. Il sig. Blancard, in questo suo articolo, dimostra che il marco sterlino, il primo e più famoso fra i marchi mone- tarii del Medio Evo, si deve appunto agli Osterlingi, (fu chiamato in Inghilterra u sterling n per u. osterling n). Serrure (R.) — Monnaies de Berthold, éKrque de Toid. — Il sig. Serrure prende le mosso da un ripostiglio sco- perto a Tliionvillo in Lorena, por illustrare alcune monete trovate quivi o già pubblicate ma con attribuzione in parte 380 CKONACA erronea, col nome del vescovo Bertoldo (a. 995-1019) asso- ciato a quello del re Ottone III e poi di Enrico II. Laugier — Un fìorìn inódit d' Avignon. — Articolo di pari interesse pei numismatici francesi e pei numismatici italiani. Vi si pubblica un fiorino papale, del tipo comune ma che reca per distintivo tì^e paia di chiavi declassate ; la leggenda è : comes venesi, talché, per analogia con altre monete ad eguale leggenda, l'A. lo attribuisce a Clemente VI. Delattre (V.) -- Monnaies de Camhrai découvertes depuis 1801. — Séguito di questo elenco minuto e diligente, che ha lo scopo di completare la Numistn. de Camhrai di Eobert. Serrure (E.) — Niimismalique liégeoise. Un csterlin frappé à Fosses. — Contribuzione alla scarsissima numismatica della piccola città di Fosses nel Belgio. In tutto essa non può registrare sinora che tre monete, ciascuna in esem- plare unico. Quella pubblicata in questa notizia del signor Serrure, è un terzo di grosso al tipo inglese usato dagli Edoardi, colla testa di fronte, tipo che venne imitato su larga scala in numerosissime zecche del continente, ed in ispecie nei Paesi Bassi. Cronaca. — Necrologie. — Bibliografia. — Scoperte di ripostigli. — Prezzi di vendite. Juillet-Aoiit. Blancard (L.) — Les deucc follis des Édits inipérioMX au IV' siècle. Blanchet (J.-A.) — Sceaii de la Mannaie de Tournai. Préau (0.) — Méreaux inédits de l'Eglise paroissiale et collegiale de Poissy. Robert (P.-C.) — Monnaies et jetons des Évéques de Metz (continuazione). PiCQUÈ (0.) — Notes sur quelques acquisìiions faites en 1887 par le Cabinet de Nuniismatique de VEtat, à Bruxelles. Serrure (R.) — Les plus ancienncs monnaies de Lille, en Fiandre. Mazeroi-le (F.) — Jetons de la Maison du Roi. Cronaca. — Necrologie. — Bibliografia. — Periodici. — Vendite del 1888. nim,io(;RAFiA 381 Meme Belge de Nuinismatique, — 1888, 3"" livraison. Demole (E.) — Monnaies inédites d' Italie. — Memoria interessantissima, che l'autore straniero ha dedicata, con gentile ed opportuno pensiero, al eh. Comm. Vincenzo Promis. K un estratto da un libro ms. che si conserva alla Bi- blioteca di Zurigo, nel quale sono registrati i saggi che furono operati nella zecca di quella città, dall'anno 1549 al 1675, sulle monete svizzere e straniere, k. fronte di molti fra questi saggi, si trova nel ms. il disegno della moneta assaggiata. Il sig. Demolo ha riunito ciò che si riferisce alla numismatica italiana, e ne è risultata una me- moria succosa ed attraente, corredata di quattro tavole che rappresentano dodici monete, quasi tutte appartenenti alla inesauribile schiera delle imitazioni e contraffazioni uscito dalle zecche minori dell'alta Italia. Tranne infatti uno scudo di Carlo Emanuele I, le altre monete sono prodotti delle officine di Maccagno, tesserano. Desana, Bozzolo, Frinco, Pomponesco, Guastalla e Correggio. Questo breve lavoro del sig. Domole diviene il comple- mento necessario alle classiche pubblicazioni di Domenico Promis, ed a quelle di Morel-Fatio, di Chalon, di Kunz e d'altri, che hanno gettato tanta luce su di un argomento cosi oscuro, intricato, e pieno d'insidie. Maxe-werly (L.) Etat actiiel de la nuniismatique rémoise. — Sino dal 1862, il sig. Maxe-Werly aveva pubblicato un Essai sur la numismatiquc rémoise, in cui presentava un sistema di classificazione della serio monetaria di Reims; gli studi posteriori gli suggeriscono ora di riformare e rifondere il sistema da lui proposto in quel lavoro giova- nile, e con questo fascicolo della Revue Beige egli dà prin- cipio alla nuova publjllcazione rifatta, incominciando dal- l'epoca gallica. Nella tavola annessa a questa prima parto della sua memoria, l'autore ci offre varie curiose degene- razioni barbare di tipi monetari romani. 382 CRONACA L'articolo del sig. Maxe-AVerly , quantunque indiretta- mente, interessa anche la numismatica classica. Nahuys (C."' M.) — Considèralions sur les dcniers flamancls au noni de Baudouìn. — Sinora questi denari venivano attribuiti a Baldovino IV (989-1036); il conte di Nahuys, appoggiandosi a motivi storici, dimostra che vanno asse- gnati invece a Baldovino II, e che in ogni caso non possono datare da un'epoca posteriore air891, anno della battaglia di Lovanio, in cui l'imperatore tedesco Arnoldo sconfisse e cacciò per sempre i Normanni. Queste monete infatti vengono ritrovate generalmente non nelle Fiandre, ma nella Danimarca, nella Norvegia e nella Russia, circostanza che si volle spiegare colle tran- sazioni commerciali; l'autore invece, con ardita ma plau- sibile ipotesi, la spiega colle terribili invasioni dei Normanni, che saccheggiarono più volte le Fiandre, riportandone nei loro paesi uno sterminato bottino; finché la battaglia di Lovanio pose termine alle loro scorrerie. Nel séguito del suo articolo, il conte di Nahuys ci for- nisce un'ingegnosa spiegazione d'un emblema rimasto sinora inesplicato, che si vede su taluni di questi denari di Bal- dovino , come pure su alcune monete anglo-sassoni, e su altre di Pipino il Breve, di Carlomagno, e di Regnaldo re di Nortumbria. Tale emblema consiste in due ellissi intrecciate , o meglio in due anelli intrecciati. Il conte di Nahuys è d' avviso che questi anelli siano un simbolo del diritto di battere moneta. u È noto n — dic'egli — u che i popoli dell'Europa set- tentrionale, prima di conoscere l'uso della moneta, si ser- vivano di anelli d'oro e d'argento, tagliandone dei pezzi, i quali si adoperavano per gli scambi ed i pagamenti, che si facevano a peso. Tali anelli erano incatenati gli uni negli altri. « Nella Scandinavia, nell'Iughilcerra, ed in altri paesi, se no sono trovate delle quantità considerevoli. I pezzi tagliati da questi anelli si chiamavano sciìinga, cioè piccola suddivisione, dal verbo islandese at skilja, ta- nlBMOGRAFIA 383 gliare, da cui dei'ivano i nomi di shilling, shilling, Schel- ling, dati ad alcune monete d'argento. Anche dopo che la moneta coniata fu introdotta nella Scandinavia ed in altri paesi nordici, si mantenne l'uso di tagliare in due le mo- nete, quando mancavano spiccioli. a Ora, come la parola àaug)', che in islandese significava propriamente anello , braccialetto, venne poi a significare anello-moneta, e infine moneta senz' altro , nulla vi è di più verosimile n — continua 1' autore — u che questi anelli-monete sieno rimasti come un simbolo della moneta e del diritto di emetterla, n E per questo motivo che li vediamo rappresentati, dap- prima sulle monete anglo-sassoni, poi su quelle dei diversi sovrani e principi che abbiamo nominati. Prkai; (C.) — Mércmi inédit de Drcu.r. — Appartiene al Capitolo dell'or distrutta Collegiale di Santo Stefano, a Dreux nel dipartimento dell'Eure-et-Loire. L'articolo del sig. Préau contiene alcuno interessanti notizie di storia civile ed ecclesiastica. Engel (A.) Le médaiUe)- dn DJ da. Cunlia ii Bombai/. -- Medico illustre, filologo, archeologo, il dott. José Gerson da Cunha è ben noto agl'italiani per lo numerose menzioni che ne fanno De Gubernatis e Mantegazza. Ora il sig. Engel ci presenta brillantemente questo dotto indiano dal punto di vista numismatico, avendo avuto la fortuna di poter esaminare il suo recente ma già ricchissimo medagliere. Il sig. da Cunha lia gettato le basi della sua colleziono nel ISTO; a quest'ora essa annovera 27.000 pezzi, divisi in quattonlici serie: — 1) Alessandro Magno, — 2) Solenoidi, — ìj) Parti Arsacidi, — 4) Sassanidi, — 5) Battriana, -- G) Re indo-sciti, — 7) Arabi, — 8) Moneto maomettane dei tempi del Califfato, — 9) Monete maomettane posteriori al Califfato, — 10) Sultani di Dolili, — 11) Imperatori mon- goli dell'India, — 12) Possessi europei nell'India: porto- ghesi, olandesi, francesi, inglesi, — 13) Grecia, Homa, e Medio Evo, — 14) Birmania, Siam, China, Persia, Giappone, Africa, America, Australia. 384 CRONACA Il dott. da Ounha non si è limitato a riunire una splen- dida collezione, egli ha voluto mettere a parte delle sue scoperte il pubblico, mediante le sue : Contributions to llie stiidìj of indo-porluguese numismatics , delle quali sono usciti quattro fascicoli a Bombay. Corrispondenza. — Miscellanea. ^ Estratti dai verbali della Société Royale de Numismoliqiie, ed elenco delle opere ricevute dalla società nel 1° trim. 1888. Cinque tavole d'illustrazioni. Zeitschrlft fi'iv Nuniisniatik, lierausgegeben von Alfred voN Sallet. — XVI. Band (1888), Heft 1 u. 2. (Berlin, "Weidmannsclie Bucbliandlung). Sallet (A. v.) — Die Erwerbungen des Kòniglichen Miinzìiabinets. — [G-li acquisti del E. Gabinetto Numi- smatico]. Dal 1° aprile 1887 al 1° aprile 1888, il Gabinetto di Ber- lino si è arricchito di 781 pezzi, cosi ripartiti: Serie greca, 99 pezzi; serie romana, 8; monete orientali, 6; Medio Evo e tempi moderni, 658; modelli di medaglie, 3; sigilli, 8. In quest' articolo , il eh. direttore del E. Gabinetto di Berlino illustra partitamente i più notevoli fra questi ac- quisti. Fra le greche, si distinguono : una moneta arcaica di Panticapeo ; un tetradramma unico di Samotrace ; un di- dramma di Damastio, singolare per la finitezza del lavoro, che forma un'eccezione in quella serie ; uno statere del re Inintimeio del Bosforo; u.na moneta di Saumaco, re scita del tempo di Mitridate; una grande moneta d'argento di Eraclea nella Bitinia, ed una di Stratonicea (didramma, sconosciuto finora); un altro didramma, rarissimo, di Ca- miro nell'isola di Eodi ; accenniamo inoltre ad una pre- ziosa moneta imperiale di Dioclea nella Frigia, coll'efifigie di Elagabalo. La serie monetaria dei re della Battriana, già rappresentata splendidamente nel Medagliere berlinese, si è accresciuta di molti pezzi, alcuni dei quali importan- i!iiìi.io(ai\i''iA 385 tissimi, come quello ad esempio coniato in nnione da Ai-- chebio e Filosseno. Fra i pochi acquisti della serie romana, nnlla da segna- lare che presenti uno speciale interesse. Copiosissimi gli acquisti nella serie medioevale ; fra le monete più notevoli registreremo una imitazione dei sol- dini veneziani, coniata da Francesco Gattilusio a Metelino [Dir. Principe inginocchiato che impugna la bandiera. — Ror. Agnello con bandiera), ed un grosso di Galeazzo Ma- ria Sforza per Scio, proveiiiente da quell'importantissimo ripostiglio di Sidorunda che fu illustrato nella presento Rivista ItaUana ifasc. I.,) dai sigg. fratelli Gnecchi. Le medaglie del Rinascimento acquistate dal Gabinetto furono numerose e alcuno assai pregevoli ; tralasciando quelle di lavoro tedesco, accenneremo ad una bella medaglia fiorentina col busto di Giuliano de' Medici nel diritto, ed una Nemesi nel rovescio. L'articolo del sig. von Sallet è accompagnato da tre ta- vole d'illustrazioni. KupiDo (F.) — Ber Racìnritzer Miinzcnfiind. — [Il ripo- stiglio di Eackwitz]. Diffusissima descrizione di un tesoretto di monete me- dioevali, trovato presso liackwitz nella Moravia meridionale. Fra i 2400 pezzi circa che lo componevano, 2000 erano di conio indigeno, in 124 tipi ])rincipali; ed è di queste mo- nete che il dott. F. Kupido ci dà l'illustrazione. Il ripostiglio di Rackwitz è di non poco nromento per la storia medioe- valo della Moravia. Riiousopour.os. — iiktha VOI , rine ncnc Miìnzsladt . — [nsT3-a),o(, una nuova zecca]. Monetina di bronzo, acquistata recentissimamente dal Gabinetto di Berlino. — Bir. Capo laureato di Giove, a destra. Rnv. Parte anteriore di cavallo, che esce da uno scoglio. Leggenda retrograda: IUt3-zaw/. Il tipo, ed il luogo del ritrovamento, la assegnano alla Tessaglia, la fabbrica e la forma dei caratteri alla metà 88G CRONACA del IV sec. a. G. C. Ciò che presenta di affatto nuovo, è l'etnico Petthaloi, elio compare qui per la prima volta nella numismatica, com'è comparso pure per la prima volta re- centemente neir epigrafia, e cioè nelle iscrizioni tessale pubblicate dall'Istituto Archeologico Germanico in Atene (voi. VII e voi. Vili). Bahrfeldt (E.) — Naditrage zum Aufsatze von Dr. Mena- dier : u Funde deut seller Milnzen aus dem Millelaìter v. — [Aggiunte all'articolo del Dr. Menadier: u Eipostigli di monete medioevali tedesche]. Rettificazioni e notizie complementari; si tratta di ripo- stigli scoperti nella Slesia, della cui numismatica il signor Emilio Bahrfeldt si è occupato a fondo, acquistandovi una particolare competenza. Dannenberg (H.) — Zur pomnierschen und mecklenburgi- schen Mùnzhiinde. — [Contribuzioni alla numismatica della Pomerania e del Meclemburgo]. L'articolo è basato specialmente sul contenuto di alcuni ripostigli di bratteate ed altro monete medioevali. BahrfI':li)T (E.) — Beitrdgo zur schìesischen Milnzkiinde des Millelalters. — [Contribuzioni alla numismatica medio- evale della Slesia]. — Vasta ed esauriente recensione del- l'opera pubblicata testé da F. Friedensburg, sotto il titolo: Schlc'siens Munzgesoliichte im Mittelaltcr (Storia monetaria della Slesia nel Medio Evo). L'opera in genere vion lodata quasi senza restrizioni; per alcune rettifiche od aggiunte di varietà, il sig. Bahrfeldt unisce due tavole di disegni. Bergau (R.) — Medailìen von Wenzcì Jamitzcr. — [Meda- glie di Venceslao Jamitzer]. Il nome di questo celebre orefice norimberghese del se- colo XVI non era stato finora compreso nell'elenco dei medaglisti, quantunque l'usanza generalo dell'epoca ed una testimonianza contemporanea facessero supporre che egli puro dovesse trovarvi posto. Il sig. Bergau ci descrive ap- punto due medaglie (e di una, ch'è in suo possesso, ci BIBLIOGRAFIA 387 presenta anche il disegno) le quali verosimilmente sono opera di Jamitzer, quantunque non rechino monogramma d'artista. Bibliografia. — Necrologie. Otto tavole d'illustrazioni. Nìimismatisches Liteì'atìir-lìlatt.'H.era.nsgeher: M. Baiir- FELDT, in Freiburg (Badon), G-iintersthalstrasse, N. 10. Quest'ottimo periodico, lo cui pubblicazioni erano rimaste sospese da qualche tempo, ha ripreso ora ad uscire, inco- minciando la sua 9." annata. Archivio Veneto, fase. 70, 1888 : Papadopoij N., Alcune notizie sugli Intagliatori della Zecca di Venezia. Accademia di Scienze e Lettere di Modena. Memorie, Serie IT, voi. V, 1887 (1888): Crespellani Arsenio, Conii e punzoni del Museo Estense. BuIIetin de la Caisse Centrale de Paris. L'Écho de la Presse Financicre (Rue de la Victoire, 8.")) — (Publ)licazione mensile cui va annes.so un catalogo di monete in vendita). Westdeutsche Zeitschrift fiir Geschichte und Kunst, 4 Ergiin- zungsheft (1888): Kruse E.. Cólnische (ieldgeschichte bis 1S86 nebst Beitrdgen zur Jcurrlieinischen Geldgeschichte bis zum Ende des Mittelalters. Bollettino Storico della Svizzera Italiana, 1888, n. 7, pag. 1.58: Monete vecchie ritrovate a Lugano. Balletin de l'Institut national genevois : Eoi miei x Cu., De- scription d'une 4"" serie de 100 médailles genevoises inédites. NOTIZIE VARIE Vendita Quelen. — Lcs Dicux s'cn vont, e se ne vanno an- che le grandi Collezioni numismatiche. La Collezione d'Amécourt inaugurò l'anno scorso la serie delle grandi vendite. Segui nei primi mesi dell'anno corrente la vendita Belfort, certo non paragonabile alla prima, pure degna di nota e della quale abbiamo dato un cenno nel primo fasci colo della Ricista, e finalmente nel maggio scorso ebbe luogo la vendita della Collezione Quelen, la quale se non poteva reggere al confronto della d'Amécourt per la scelta e pel numero degli aurei, di cui quella era esclusivamente composta, poteva però starle molto da vicino per l'impor- tanza complessiva, contenendo gran numero di pezzi e grandi rarità in tutti i metalli. Le prime due furono vendute dagli stessi proprietarii ; quest'ultima dagli eredi del fu visconte di Quelen, mancato ai vivi nel 1887. E così sono cessate tre delle più impor- tanti Collezioni di monete Romane che esistevano in Fran- cia. È sempre doloroso il vedere disperso in pochi giorni quanto un amatore ha mosso insieme in tanti anni di cure, di fatiche e di spese; ma d'altronde, se cosi non fosse, come potrebbero formarsi i nuovi raccoglitori e le nuove rac- colte ? Da un male nasce un bene, dalla distruzione sorge una nuova creazione, e, come nella natura, tutto si avvi- cenda, si succede e si trasforma, ma nulla va perduto, cosi le collezioni si sciolgono e si ricompongono e le monete passanti dall'una all'altra mano, permettendo in tal modo notizia: VAKIE o89 a molti di jjoteriie successivamente essere i proprietarii. — Nella vendita Quelen, per esempio, ricompajono già molti pezzi acquistati solo un anno fa alla vendita d'Amócourt, come si rileva dallo citazioni del Catalogo. Fra un anno forse in una nuova vendita vedremo figurare i pezzi già appartenuti alla Collezione Quelen! E cosi le monete, dopo cessato da parecchi secoli il corso naturale a cui erano de- stinate, seguono ancora un altro corso, quasi risorgendo a una seconda vita, dall'una all'altra mano de' raccoglitori, finché poco a poco verranno a jjrendere stabile dimora nei pubblici Musei. E i raccoglitori dell'avvenire... d'un avve- nire ancora abbastanza lontano... dovranno accontentarsi di quanto quelli del presente trascurano o collocano fra gli scarti..., a meno che la perfezionata abilità dei falsifi- catori non pensi a procurar loro (quelle rarità e quello conservazioni che invano cercherebbero genuine. È un'arte vecchia, che si studia, si raffina e si perfeziona ogni giorno, e anche i raccoglitori dell' oggi non sapranno mai tenersi abbastanza in guardia, principalmente quando si tratta del più nobile dei metalli. I raccoglitori odierni però sono finora lontani dal peri- colo che manchi loro la materia ed anzi pare che l'offerta superi la dimanda, dacché buon numero delle molte moneto buttate ultimamente sul mercato è ancora in cerca di col- locamento. I prezzi so no sono risentiti, e lo dimostra il fatto che le monete provenienti dalla vendita d'Amé- court furono nella vendita Quelen cedute con un generale e sensibilissimo ribasso. Può essere di qualche interesse — commerciale s' intende — osservare nel seguente spec- chietto il raffronto dei duo prezzi. Due sole monete otten- nero il prezzo dell'anno scorso, tutte le altre subirono un ri- basso più meno sensibile, ma che supera in media il 25 0[0, il che è assai. Bisogna però convenire che i prezzi delle moneto antiche er.uio stati spinti eccessivamente e non crediamo sia un male che un momento di pletora li abbia ridotti a più miti e ragionevoli proporzioni. 390 Monete Prejzi Fi::at; dalla Coli. d'Anécoart dolla vendita alla Cuelen auolen N. 1G2 Cornelia L. 400 11 461 Vibia Il 505 11 486 G. Cesare n 410 11 409 Bruto " 2G80 11 607 Lepido " 1550 11 521 M. Antonio ii 225 11 561 Augusto '■ 145 11 684 11 11 570 n 853 Interregno "900 11 929 Vespasiano " 70 11 934 11 11 215 11 945 Vesp. e Domiti Ila n 1370 11 947 Tito • 11 215 11 906 Tito e Giulia » 1650 11 1053 Trajano padre n 905 11 1058 Adriano " 215 Il 1165 M. Aurelio " 77 11 1170 11 Il 81 Il 1192 Faustina figlia n 285 11 1219 Commodo ii 325 11 1221 11 11 215 11 1303 Albino ii 2320 11 1370 Giulia Domna n 420 11 1436 Geta n 680 11 1466 Eliogabalo n 255 11 1691 Gallieno ii 1600 11 1747 Postumo n 745 11 1777 Vittorino -i 1500 11 1783 11 , Il 1185 Il 1811 Claudio II 11 550 11 1831 Tacito 11 370 11 1848 Probo n 240 Il 1880 Diocleziano n 226 11 1884 11 • . . . 11 440 11 1886 11 Il 220 11 1896 11 '1 249 11 1957 Alletto n 1855 Prezzi della vendita d'Amécourt L. 420 11 675 n 625 II 3100 11 2210 11 610 II 200 11 665 II 1620 II 70 11 305 11 2600 II 230 11 29») li 1165 11 280 11 125 n 90 II 335 11 325 11 270 II 3125 II 455 11 790 11 280 11 1950 11 900 11 1910 11 1850 11 &S0 II 415 n 376 11 285 n 600 11 300 11 325 li 2250 NOTi;;lE VAPIK 391 pasciti ilosete dilla Coli. d'Amécouit alla tu;hs N. 1996 Severo II L, 11 ■2020 Alessandro tiranno V 2080 Costantino I 11 2089 II 11 2103 Crispo 11 2111 11 11 2120 Costantino II Il 2218 Valente 11 2230 Procopio 11 2348 Verina 11 2352 Ariadne Prezzi della vendita Quelen Prezzi della vesdita d'Amécoart L. 290 — L. 390 11 1255 ■ il 1730 11 165 — 71 166 Il 600 — n 765 11 475 — n GOO ,1 815 — 11 9501 11 510 — n 720 .1 17G7 — ì^ 1800 11 1400 — n 2150 11 225 — ?i 225 11 400 — n 500 Il ricavo totale di questi 48 pezzi fu di L. 33809 — mentre erano stati pagati 4G113 alla vendita d'Amucourt. — Il listino dello monete d'oro romano si pnò diro che segna nn discreto ril)asso. Ecco ora gli altri pezzi interessanti della vendita Quolen ; 69 M. Antonio, Leg. VI, Oro 10(J0 722 Vipsania, Oro 1805 81 Arda, Oro 500 742 Antonio, Oro 22t.ì 177 Cornuficia, Arg. 4.50 749 Agrippina e Cai RO a, Oro 350 224 Hirtia, Oro 120 768 Agrippina, Giù ia e 318 Mussidia, Oro 410 Drusilla Br. 405 341 Petronin, Oro 530 798 Agrippina e CI IU(' io, 424 Stazia, Arg. 14 1 Arg. M 515 500 Bruto. Arg. kid • .MAR • 2.50 799 Oro 180 504 Domizio Enobarbo, Oro ino 818 Clodio Macro, Arg. 185 505 Labieno, Arg. 310 862 Galba, Oro 315 506 Sesto Pompeo, Oro 515 86G II 11 201 .519 Jlussidia, Oro 355 875 n II 200 520 Oro 410 888 11 rest. Oro 330 536 M. Ant. e Fulvia. Oro 7700 893 Ottone, Oro 295 53-ì Numonia, Oro 405 894 310 539 Ottavia e M. A ut.. Oro 980 900 Vitellio, Oro 200 547 M. Antonio e Ant ilio. Oro 12») 913 Vitellio padre. Oro 12.50 518 Cajo Antonio, Arg. 130 918 Vespasiano, Oro 215 G81 Durmia, Oro 615 961 Giulia di Tito, Oro 28G5 709 Voconia, Oro 410 9;j8 Domizia, Oro 410 392 f'RONACA 1003 DomiziaeDoniiz., Oro 420 1563 Filippo padre, Oro 480 1030 Tra j ano, Oro 610 15GG 11 Oro 465 1044 Trajano e Plotina, Oro 300 1575 Filippo P. Filippo 1051 Matidia, Oro 400 F. e Otacilla, ■Br. 430 1059 Adriano, Oro 350 1576 Otacilla, Oro 360 1061 11 Oro 510 1582 Filippo figlio. Oro 485 1085 Adriano e Trajano, Oro 240 1589 Pacaziano, Arg. 325 108G Adriano, Trajano e 1590 Jotapiano, (1) Arg. 140 Plotina, Oro 320 1611 Erennio Etrusco, Oro 370 1090 Sabina, Oro 645 1G27 Treboniano Gallo, Oro 350 1104 Elio, Oro 245 1628 11 Oro 370 1141 Faustina madre, Oro 705 1G18 Volusiano, Oro 380 1167 M. Aurelio, Oro 270 1675 Cornelia Supera, Arg. 220 1178 Faustina figlia. Oro 212 1681 Valeriane padre, Oro 2:50 1192 11 Oro 285 1682 11 Oro 225 1193 11 Oro 205 1690 Gallieno, Oro 203 1250 Crispina, Oro 385 1711 11 Oro 300 1262 Didio Giuliano, Oro 655 1721 Gallieno e Salonina , Oro 580 1265 Manlia Scantilla, Oro 1465 1723 Salonina, Oro 530 1267 Didia Clara, Oro 715 1726 Salonino, Oro 498 1297 Albino M • li 435 1737 Macriano, Oro 1405 1308 Settimio Severo, Oro 260 1745 Regaliano, Arg. 310 1316 11 Oro 250 1746 Driantilla, Arg. 216 1339 11 Oro 330 1750 Postumo, Oro 780 1340 11 Oro a80 1753 11 Arg. 215 1392 Caracalla, Oro 350 1754 11 Arg. 105 1415 Caracalla e Plautilla , Oro 620 1760 11 Oro 910 1418 Plautilla, Oro 920 1772jLeliano, (2) Oro 1950 1428 Geta, Oro 635 1780 Vittorino, Oro 850 1433 11 Oro 64 1783 Vittorino giovane. Br. 210 1442 Geta o Caracalla, Oro 415 1789 Mario, Br. 12G 1150 Eliogabalo, Oro 365 1791 Tetrico, Br. 100 14G8 11 Oro 605 179G 11 Oro. 705 1470 11 Oro 450 1797 Oro 475 1516 Mamoa, Alessandro 1798 11 Br. 125 e Orbiana Arg. f.85 1799 11 Oro 475 1517 Uranio Antonino, Oro 4030 1801 Tetrico padre e figlio, Br. 125 1558 Trani^uillinn, Arg. 480 1805 Tetrico figlio. Br. 155 (1) Prezzo di moneta molto sospetta, come del resto appare anche dall'impronta che ne è data nel Catalogo. (2) Riteniamo per certo sia questo l'esemplare proveniente dalla Col- lezione Jarry, alla cui vendita nel 1878, ottenne l'enorme prezzo di L. 3500 ! ■ionzit VaKII- wjn 1809 Claudio II, Oro G-20 2050 Costantino T, Oro 680 1810 „ Oro 460 2051 n Oro 955 1812 Oro 4S0 2052 il Oro 910 1833 Tacito, Oro 390 2053 11 Oro 255 lSi3 Probo, Oro 480 2054 n Oro 230 1845 „ Oro 710 200S Costantino I, Crispo 1847 " Oro 395 e Costantino II, Oro 725 1855 Caro, Oro 30O 2103 Fausta, Oro 830 1862 M. Urbica, Oro 435 2105 Crispo, Oro 225 18G9 Giuliano, Oro 605 2107 11 Oro 690 1870 ,1 r,r. 105 2117 Costantino II, Oro 805 1871 r.r. 125 2122 n Oro 200 1872 Diocleziano Oro 270 2121 n Oro 305 1S83 " Oro 900 2130 Costanzo II, Oro 981 1000 Dioclez. e Massim. Dr. 920 2140 11 Arg. 099 1904 Massimiano, Ere, Oro 320 2158 Vetranione, Arg. 210 1905 11 Oro 235 2166 Decenzio, Oro 167 1911 Oro 235 21G7 11 Oro 290 1934 Caratisio, Arg. 17G 2255 Eugenio, Arg. 310 1935 n Arg. 150 2256 11 Oro 145 1937 Arg. 215 2261 Onorio, Arg. 695 1939 Arg. 224 2270 Costanzo III, Oro 315 1956 Carausio Diocleziano 2271 n Oro 102 e Massim. Ere. Br. 665 2281 Massimo tiranno, Arg. 109 1974 Elena, Oro 1050 2282 Gioviano, Oro 285 1979 Gal. Massimiano, Oro 425 2284 Sebastiano, Arg. 260 1980 Oro 205 2285 Aitalo, Oro 200 1991 Gal. Valeria, Oro 300 2299 Eudossia, Oro 1300 2001 Severo II e Massi- 2303 Avito, Oro 230 miano, Br. 155 2321 Olibrio, Oro 605 2031 Licinio padre, Oro fiOO 2322 Glicerio, Oro 315 2043 Licinio figlio, Oro .5.35 2323 n Oro 160 2044 Oro 600 2327 ]lomf)lo. Oro 327 20-45 Oro 350 2:U7 Vcrina, Oro 300 Il prodotto totalo (lolla vendita Quelon fu di L. 226620,50. F. G. Vendita Morel-Fatio. -^ La vendita della raccolta Morel- Fatio, che ebbe luogo a Francoforte, diede un prodotto di oltre 40,000 marchi (50,000 lire). I manoscritti numismatici del compianto Carlo Knnz fu- rono acf^uistati dal sig. Conte N. Papadopoli. Si compongono di ben 30,000 schede , in massima parte di bibliografia. 394 Gabinetto Numism. di Brera. — In relazione all'articolo dell'illustro C. Canta, pubblicato nclV Archivio Storico Lom- bardo (Anno XIV, fase. Ili, pag. 575), intorno al Gabi- netto Numismatico di Brera ed alla scarsità di documenti e notizie di questo Istituto anteriori all'anno 1796, venne poi pubblicata nel fase. IV, pag. 887, dello stesso periodico, una lotterà del Conto Giorgio Giulini , risguardante un cambio di monete progettato fra il Gabinetto stesso e il Conte Pietro Verri. Ora il Cav. Amilcare Ancona ci comunica la seguente lettera, che si trova fra gli autografi della sua collezione. È la risposta del Conte Pietro Verri al Conte Giulini. « Carissimo e ornatissimo Amico. « Sono coutentissimo del contratto progettato e vi sono pieno d'ob- « bligaziono per la fatica cho tanto gentilmente avete sofferta per « me. Il comunicarmi ])oi il vostro arbitraraento è un effetto di « quella bontà e grazia colla (jiiale mi onorate. « Il mio promemoria V lio umiliato a S. E. Con. Firmian e « S. A. 11. non ne ha saputo niente, sarebbe perciò opportuno che vi « compiaceste di sostituire al nomo del Principe quello del Ministro. « Mi figuro che poi il vostro scritto vi compiacerete di darlo al « Sig.'' Conte Burini: ma in tutta confidenza io vi significherò un « anecdota la quale vi persuaderà forse per 1' amicizia che vi de- « gnate d'avere di me a diferire un paio di settimane. « Oltre la subordinazione elio io dohbo a S. A. R. per ufficio ne « sento un'altra ancora piìi cara e forte ed è quella dei beneficj ; jeri « coll'occasione che era da lui lio voluto palesare a S. A. R. la mia « supplica data per questo cambio perchè non voleva fargliene un « mistero. Quel principe colla clemenza sua ordinaria mi ha fatto « capire che il cambio non gli piace e cho posto che non v' e serie « me le vuol far donare lo quindici monete cho desidero. Parmi che « per far questo egli voglia scrivere a Vienna e mi ha detto di so- « spendere frattanto alcun poco il cambio. L' oggetto è tanto piccolo « per il Governatore Arciduca che se lo dimenticasse sarebbe cosa « assai naturale ; allora starei più imbrogliato che non sono adesso. NOTIZIE VAKIE 395 « In Ogni evento conviene ch'io diferisca sino al tempo che possa « corrispondere alla posta di Vienna cioè sino ai primi giorni di « Luglio. Vi prego di tenero in voi questa confidenza. Aggradite « la protesta della piìi rispettosa e costante servitù e amicizia del « Vostro li 15 Giugno 1770. « P. V. » Il Dott. Umberto Rossi, collaboratore di questa Rivista, è stato nominato Conservatore nei E.R. Musei , con desti- nazione a Firenze. Una circolare del ministro Magliani vieta agli agenti di riscossione ed ai tesorieri di ricevere in pagamento le mo- nete di bronzo da centesimi 5 e 10 di conio greco , che dalla speculazione vengono importate su larga scala nel Regno. Un avviso al pubblico lo avverte che tali monete non hanno corso legale nello Stato e che quindi chiunque è in diritto di rifiutarle. Un altro furto di monete. — I giornali tunisini del prin- cipio di settembre ci hanno recato la notizia di un grosso furto avvenuto a S. Luigi (Cartagine) nei locali del museo omonimo. Oltre alle pietre preziose ed agli amuleti che colà si conservavano , furono involate tutte le monete an- tiche formanti le collezioni del musco. Scoperte di ripostigli. — Verso la fino dello se. luglio, nelle vicinanze di Vercelli , fu trovato un ripostiglio di denari imperiali , in numero di 340 pezzi, da Pupieno a Valeriano juniore. Pupieno e Mariniana vi orano rappre- sentati da un solo esemplare ; vi abbondavano invece i denari comunissimi di Treboniano Grallo , Traiano Decio , Volusiano, Gallieno, Salonina e Valeriano padre. A Mombello (Lago Magg., Prov. di Como), si rinvennero alcune moneto d'oro medioovali, cioè zecchini del Senato Komano e fiorini di Filii)pii I\Lu'ia Viscuuti. 300 rl!(iNAC\ - NCITIZIE VAUIK Guida Numismatica Universale. ~- I sigg. fratelli Gnocchi stanno attendendo ad iina 2.' edizione, ampliata ed intera- mente rifusa, della loro Guida Numismatica Universale. Essi rivolgono per mezzo nostro un caldo invito ai Rac- coglitori, nonché a tutti i Direttori di Musei e Gabinetti Numismatici, perchè vogliano inviar loro nel più breve termine possibile le notizie riguardanti gli eventuali mu- tamenti o le aggiunte da introdursi in questa 2." edizione, per la quale i sigg. Gnocchi hanno diramato un gran nu- mero di schede o questionari. Chi non avesse ricevuto tale scheda e desiderasse d'averla, è pregato di rivolgersi agli stossi Sigg. Francesco ed Ercole Gnecchi, Via Monte di Pietà. N. 1, Milano. LoDOviro Felice Cogliati, Gerente responsabile. FASCICOLO IV. DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE ZECCA DI SCIO APPENDICE. Facciamo volonticri un" Appendice al nostro arti- colo sotto questo medesimo titolo publ)licato nel primo numero della lìioista, per due motivi. Prima di tutto perchè, avendo fiitto un nuovo acquisto di quanto rimaneva ancora disponibile di quell'interes- santissimo ripostiglio, vi al3l)iamo trovato qualche altra moneta degna d'essere descritta ; poi perchè, essendoci venuto ad orecchio clie alcuni numismatici rimangono tuttora titubanti e dub]:)iosi suirautenti- cità di alcuna di cpielle monete, crediamo colla pub- blicazione di questa nuova serie e colle ragioni che addurremo, farli persuasi che veramente il dubbio è qui fuori di luogo. Della persistenza del dubbio siamo venuti a co- gnizione non direttamente, come avremmo prefe- rito, né por una critica razionale e ragionata, che avrebbe potuto trovare il suo posto opportuno in questa stessa lì! risia o in altni ]ioriodico di numisma- tica: ma indirettamente o f|unsi di soppiatto per espres- sioni ecpiivoclie o per ini(,rm;iz'oni di terzi. Xotiamo questo por prender occasione a lamentare qitesto si- stema, elio, so non classiliclioremo di poca sinceriti. 400 FRANCESCO KI) ERCOLE GNECCHI chiameremo per lo meno di soverchio e inopportuno riserbo, il quale non può che essere d'inciampo al progresso della scienza. Certo è grave e non può essere aggradevole per chi ha fatto una asserzione il sentirsi smentire ; ma è altrettanto riprovevole per l'altra parte la man- canza del coraggio necessario ad esprimere la propria opinione. Per chi milita nel campo scientifico, l'in- teresse della scienza deve sempre andare innanzi ai riguardi e alle ambizioni personali, e francamente noi ci sentiamo d'avere all'occasione il coraggio che manca ai più.... e abbiamo anche provato d'averlo e a voce e cogli scritti. Dall'attrito nasce la luce e dalla discussione la scienza non ha che a guada- gnare. Ma infine bisogna prendere gli uomini e le cose come sono e non come dovrebbero essere e, giacché non ci si volle attaccare a viso scoperto, ac- cettiamo r attacco indiretto e difendiamocene. Da quanto dunque ci pervenne indirettamente al- l'orecchio, alcuni persistono a non aver fede in alcune delle monete di Scio da noi descritte e la ragione prin- cipale che adducono, almeno da quanto abbiamo po- tuto sapere, è che alcune di quelle monete sono di un tipo troppo nuovo e che troppo si scosta dai tipi conosciu.ti ; tale accusa poi si fa principalmente al Grosso portante la leggenda rex Francie. Ma è questa sul serio una ragione sufficiente, quando si possono citare nella numismatica cento esempi di casi simili a questo, e quando si hanno sotto gli occhi i mo- numenti originali i quali, presi per se stessi, non offrono alcun appiglio che autorizzi a impugnarne l'autenticità ? L'autenticità di una moneta può essere contestata o pel tipo materiale della moneta stessa, e in questa categoria intendiamo quel complesso di cose che è DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE DI SCIO - APPENDICE 401 difficile definire a parole, ma che si riassume nel me- tallo, nell'impronta, nei caratteri, nell'arte, in tutto cioè queir insieme che induce un occhio pratico a dire : questa moneta non è genuina. Oppure per un errore storico che vi si incontri, e in questo caso il giudizio deve procedere più lento, non essendo ra- rissimo il caso che la Numismatica corregga la storia. In nuìnmis Ivstoria. Ora, esaminando lo mo- nete del ripostiglio di Siderunda, non sappiamo dav- vero come vi si possa riscontrare un solo carattere materiale di falsità. Uno dei principali fra questi, oltre ai sopra accennati, è certamente quello di trovarne parecchi esemplari prodotti dal medesimo conio. Tale circostanza si verificò allorché compai'- vero i famosi denari di Pipino per Milano, i cui esemplari, (noi no abbiamo veduti dieci), erano il prodotto di un sol conio. Cosi avvenne delle mo- nete di Busca e d'Atri, denunciate appunto come falso nel secondo Numero di questa lìicista, e di pa- recchie altre ormai note a tutti. Così avviene per al- cune monete d'oro greche e romane di estrema rarità, a proposito delle quali giova avvertire un fatto abbastanza curioso e degno di nota e di ossei'- vazione. Pochi anni sono, di alcune monete por- tanti nomi rarissimi non si conoscevano che po- chissimi esemplari quasi tutti di pessima conser- vazione, come appare ben naturale, quando se ne consideri l'estrema rarità e si pensi come la gran- dissima maggioranza delle monete pervenuteci dal- rantichità sia costituita da quelle in cattivo stato. !Ma sorsero i grandi raccoglitori, che emuli dei grandi musei non potevano rassegnarsi a non possedere un pezzo posseduto dal -Museo Britannico o dal (!abi- netto di Parigi! Parecchie di queste gemme desiderate comparvero allora quasi per incanto e comparvero al 402 FRANCESCO ED ERCOLE GNECCHI più perfetto fior di conio, tale essendo il desiderio dei grandi raccoglitori citati. Le tavole illustrativo fatte cogli attuali sistemi di riproduzione dal vero sono fatali a questo falsificazioni e quando noi vi troviamo ripetuti più volte gli iden- tici conii, magari scambiandovi i dintti e i rovesci, por una moneta estremamente rara, la nostra fede vacilla e non esitiamo a dichiarare che ci troviamo davanti a una mistificazione. ]\[a quando invece colle medesime tavole si offrono all'esame degli intelligenti, che le possono giudicare precisamente come vedendo lo monete originali, un buon numero di monete tutte prodotte da conii diversi e tutte offrenti i migliori caratteri d'autenti- cità, pare che il dubbio dovrebbe essere totalmente eliminato e in ogni caso chi lo volesse ancora soste- nere dovrebbe anche dimostrarlo. Noi, avendo at- tentamente esaminate tutte le monete del ripostiglio in discorso capitateci nelle mani, abbiamo facilmente constatato che non ve n'erano due sole prodotte dal medesimo conio ; ma onde farne persuasi anche i nostri lettori, meglio che con una semplice asser- zione, produciamo oggi una seconda tavola che fa seguito alla prima , e che basterà confrontare con quella per vedere come nessun conio vi si trovi ri- petuto. Il falsificatore di queste avrebbe dunque fatto una enorme spesa per fabbricare tutti questi conii, vendendo poi le monete a prezzo assai troppo basso per compensarsene. Che se poi i motivi di dubbio, invece che nei ca- ratteri generali, si debbono ritrovare nelle ragioni storiche, ossia nei tipi e nelle leggende che vi si incontrano, la disquisizione non potrà che cssoro più interessante e più istruttiva. Qannto a noi veramente ci pare che l'accusa di soverchia novità si riduca a DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE DI SCIO - APPENDICE 403 ben poca cosa. Le monete medioevali furono quasi completamente trascurate sino alla fine dello scorso secolo se da così breve tempo sono ricercate dai raccoglitori, è ben naturale che non tutti i tipi siano conosciuti. Quanti tipi nuovi vennero recentemente scoperti e si scoprono ogni giorno, non solo in questa serie, ma benanco nella serie classica, la quale da tanto tempo è studiata e compulsata ! Si dice che i re di Francia usarono sempre nello loro monete la leggenda rex francorv.m, e che quindi la strana leggenda rex Francie è un carattere di falsità, e fu inventato ad arte per ingannare quelli che sono poco addentro nella numismatica. A noi, diciamo il vero, questo non pare un argomento che regga. Abbiamo nella storia numismatica numerosi esempi di leggende strane, che si scostano da quelle ordinarie, su monete d' autenticità supcriore a ogni dubbio. Citiamone qualche caso. Sullo monete dei Gran Maestri di Rodi noi vediamo costantemente lo leg- gende in latino, come del resto usarono di fare tutti i principi contemporanei italiani ed esteri, che bat- terono moneta. Ebbene, su di un gigliato di Antonio Fluviano noi leggiamo : i'. axtoxivs flyviax oram- MASTRO DI RODI. Questa leggenda metà in latino e metà in italiano è tanto strana e nuova, che f[uando lo Zanetti pel primo pubblicò questo giglinto, tutti concordemente tacciarono il numismatico italiano di leggerezza, e sostennero che quella moneta non po- teva esistere o era stata mal letta. Ora furono già pulìblicati quattro esemplari varianti di quella moneta e un quiiato sta nella nostra collezione ; e bisogna ben convenire che lo Zanetti aveva ragione (i). &' (1) Vedi G. ScHLUMnERGER. Numismatique de l'Orient latin. Paris, 187« , voi. 4'\ pag. 255 e 256; tav. X, 14. 401 KKANCESCO ED ERCOLE GNECCIII Altra moneta del pari strana e curiosa si è il Car- lino di Carlo Vili re di Francia battuto ad Aquila, sul quale leggiamo nel diritto : Charles roi . de fre (frange) : e nel rovescio : che . de . leigle (l'aigle). Questa moneta porta una leggenda francese, mentre lo monete contemporanee coniate nella stessa Francia portavano sempre leggende latine. Potremmo ancora citare la moneta di tre cavalli coniata da Filippo II in Sicilia , colla nuova e non mai usata leggenda : rex trtxacrie, la quale fu poi imitata da Carlo II. Potremmo citare altre leggende usate dallo stesso Filippo II e dal padre Carlo V, specialmente sulle monete coniate a Milano , molte delle quali sono affatto nuove e non hanno prece- denti ; ma ci pare che quelle accennate possano ba- stare per convincere anche i più scettici e quelli più facili a mettersi in sospetto per una piccola no- vità o irregolarità che si venga a scoprire nella leg- genda di una moneta. Tanto meno strano poi, ci sembra, deve riuscire una leggenda che si scosti dall'ordinario, quando si tratta di monete battuto nelle colonie, nelle quali i conii sono ordinariamente di tipo più rozzo e le leggende spesso contraffatte , come ne possono far fede quelle di Scio, Metelino, Pera, Foglia Vec- chia, ecc. Ed oramai ci par tempo che passiamo alla descri- zione di questa nuova serie di monete Sciotte a com- plemento della prima, monete che per la massima parte non sono che varianti di quelle già pubblicate, mentre una sola, (il N. 4), ò assolutamente nuova. m AI.Cl'NE MONKrK l.NKDirK E SCONOSCILTE IH SCIO - AI'PENUK E 405 GALEAZZO MARIA SFORZA. (1466-1-176). 1. Grosso gigliato (gr. 3,300). jy — Croce GALIAZ • M • SFORZA ■ D • lANVE (ve in mono- gramma). Busto del Duca di fronte col berretto e il bastone del comando terminato da un pomo (?). IJ. - Croce CONRAD • R • ROMANOR ^nh in monogramma e l'o piccolo al disopra) • Q ■ CHII • Castello a tre torri sormontato daira(juila coronata. (Tav. IX, N. 1). 2. Grosso e. s. (gr. 8,800). 1/ — Croce GALEAZ ■ M • SFORZA • D • lANVE «'W'7/,/. Busto del Duca come nel procedente, col bastono ter- minato da una pigna. 1^ -— Como il precedente. (Tav. IX, N. 2). 3. Grosso e. s. (gr. 3,300). jy Croce GALEAZ • M • SFORZA • D • lANE • (m: i» mono- gramma j. Busto del Duca conie nei procedenti, ma col bastono terminato a foggia di croce. I^ — Come il precedente. NB. In questi tre grossi di Galeazzo M. Sforza lo parole, tanto nel dritto che nel rovescio, sono separato da piccoli cerchietti. (Tav. IX. \. 3). lUG FU.\M:KSfij EU KRODI.E liNECCllI 4. Grosso e. s. (gr. 3.G00). ^ — Croce DVX • Stellet/a lANVENSIVM • Busto del Duca di fronte e. s., col bastone termi- nato da una pigna. T^ — Croce CONRAD • R • ROMANOR • C • CHI. '= Castello corno nei grossi precedenti. NB. Le parole del rovescio sono separate da piccoli cer- chietti. (Tav. IX, N. 4). Questa moneta, invece del nome del doge, porta il solo titolo DVX lAWENSivM. Noi l'abbiamo collocata qui fra lo monete che portano il nome di Galeazzo M. Sforza, per la somiglianza del tipo e della figura, che vi è rappresentata. Il suo peso però si scosta sensibilmente da quello degli altri tre grossi sopra- descritti, por avvicinarsi invece a quello delle quattro monete seguenti, attribuite ai dogi anonimi e a Lo- dovico XII re di Francia. Difficile è quindi 1' asse- gnare con sicurezza a chi spetti questa moneta, la più interessante di questa seconda serie , e che merita ulteriori studii. MAONA-ANONIME. (Sec. XV). 5. Grosso gigliato (gr. 3,200). ^ — Croce : CIVITAS : Stelletta : CHII Fiore : Castello e. s. sormontato dall'aquila coronata. ìjl — Croce: CONRADVS : REX : R : Croco, (Tav. TX, N. .'')) DI ALCL'NE MONKTE INEDITE E SCONOSCIUTE DI SCIO - APPENDICE 407 8. Grosso e. s. (gr. 3,300). Varietà del precedente , senza il flore nella leggenda del dritto ; conio diverso dai due già pubblicati. (Tav. I, 7 e 8). (Tav. IX, N. G). 9. Grosso e. s. (gr. 3,300). Altro esemplare di conio differente. (Tav. IX, N. 7). MAONA-DOGI ANONIMI. (Sec. XV). 8 e 9. Grosso o gigliato (gr. 3,600, 3,500). ^ — Croce DVX ■ lANVENSIVM ■ (^e parole sono framezzate ila rosette). Il Duca seduto di fronte col berretto. Tiene colla destra uno scettro [o una spada ?) e ha la sinistra appoggiata al fianco. 9/ — Croce CONRAD • R • ROMANOR • C • CHII • (Le parole sono separate da punti). Castello colle tre torri sormontato dall'aquila e dietro questa la Croce. Due monete di conio differente. (Tav. IX, N. 8 e 9). LODOVICO Xn RE DI FRANCIA. (1500-1512). 10. Grosso gigliato i^gr. 3,000). ^ — Tre punti REX FRANCIE • DNVS • lANVE. Il Re coronato seduto di fronte collo scettro nella destra. 4(KS fraN(:ks((j ki) krcoi.k cnkcciU ìjl — Croce CONRAD • R • ROMANOR • C • CHII Ilosetfa. Castello colle tre torri, sormontato dall'aquila; dietro questa la Croce, come in quelli pubblicati alla Ta- vola I, n. 11, ma di conio diverso. (Tav. IX, N. 10). 11. Grosso e. s. (gr. 3,600). /& — Tre punti REX • FRANCIE • DNVS • lANVE Quattro punti. Il re coronato e. s. 1^ — Come il precedente. Altra varietà da quelli pubblicati alla Tav. I, n. 11. (Tav. IX, X. 11). Come abbiamo più suaccennato, colla pubblica- zione di questa nuova serie di monete che crediamo esauriscano o quasi quello rinvenuto nel ripostiglio di Siderunda, ci pare che qualunque dubbio sull' au- tenticità di esse debba essere scomparso. Che se mai alcuno vi persistesse, non potrebbe farci cosa più grata che esponendoci con tutta franchezza le pro- prie ragioni. Se mai tali ragioni fossero buono al punto da provare che noi siamo in errore , ebbene noi non ci terremo per questo disonorati... neanche numismaticamente! Non saremmo certo i primi che hanno dato per buona una moneta falsa, né saremo gli ultimi, e ci troveremo anzi in buonissima com- pagnia, cominciando dal Muratori e dallo Zanetti fino al Mionnot, al Barone d'Ailly, che descrisse i fa- mosi denari reali dell'antica Roma, e a tanti distinti numismatici viventi che ommettiamo.... per brevità. È solo chi non fa nulla o non dice nulla che non si trova mai in pericolo di sbagliare. Chiunque fa o scrive è esposto ad errare, e noi preferiamo stare coi secondi piuttosto che coi primi. Col che però non DI AI.fl'NE MONKrE INEDITE E SCONOSrIUTE DI SCIO - APPENDICE 400 intendiamo menomamente di cedere le armi, ed anzi sosteniamo più che mai 1' autenticità delle monete di Scio descritte, le quali sono poi per la massima parte nella nostra raccolta e ostensibili a chiunque non cre- desse sufficienti a darne una chiara idea le due tavolo pubblicate. Francesco ed Ercole Gxecchi. P. S. Sul fascicolo TX-X (settembre-ottobre 1888) del Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Lette- ratura, leggiamo una piccola recensione fatta dal Ch. Direttore di quel Periodico L. T. Belgrano, sul nostro primo articolo : L)i alcune uionete inedite e sconosciute della zecca di Scio comparso nel primo fascicolo di questa lìicista. Xoi, mentre ringraziamo l'autore d'essersi occupato del nostro piccolo lavoro e delle gentili espressioni a nostro riguardo, rispon- diamo brevemente a qualche punto di detta re- censione. La prima lettera della leggenda del dritto, nel ma- tapane descritto al N. 1, da quanti esaminarono la moneta fu senz'altro giudicata una P. Xoi al)biamo pertanto proposta l'attrilDuzione di quel matapane a Paleo! ogo e Benedetto Zaccaria. Quanto al matapane di ^Martino solo (X. 2 della tavola), avendone ora acquistato duo altri esemplari di migliore conservazione, vediamo clie infatti nella leggenda del diritto si devo correggere v iratoi in 41l) F. ED K. UNKCCUl - 1)1 AIXIJNK MiiNETK INKI). DI SCIO - AI'I'END. V iPATor (colla P tagliata nel gambo da una lineetta.) Abbiamo creduto bene di pubblicare come inedito questo matapane, perchè , come si può verificare dalla nostra descrizione, la leggenda del dritto si scosta sensibilmente da quella del matapane pubbli- cato dal Promis alla Tav. I. N. 3 della sua Zecca di Scio durante il dominio dei Genovesi. W Riguardo alle monete di tempo posteriore, e più specialmente a quelle da noi attribuite a Lodovico XII re di Francia, saremmo ben contenti se qualche numismatico più competente di noi nello studio di quella zecca ne facesse ulteriori studi per vedere se la nostra attri- buzione sia giusta, o se vi siano serie ragioni per con- traddirla. (1) Il diritto della moneta descritta da Promis è il seguente : M . Z . S . V . IMPA . — S . ISIDOR SYI. E quello della nostra: M . ZAH . SV IPATOI . — S ISIDOR SYI. RICERCA DEL FIORINO D'ORO DI GIANGALEAZZO VISCONTI Della zecca milanese si avrebbero fiorini d'oro di tutti i Visconti da Lucliino e Giovanni a Filippo Maria, se quelli di Giangaleazzo, di Estoro e di Giancarlo fossero conosciuti. Di questi ultimi due ò già meraviglia come possano avere, nella tumul- tuosa e brevissima signoria, battuto moneta di solo argento e lega. Ma di C^iangaleazzo, che regnò un quarto di secolo, che ebbe dominio esteso più di quanto altri della sua famiglia mai non avesse, e i bisogni degli scambi del cui tempo non furono certo nò minori nò diversi che sotto i suoi prede- cessori, la singolare mancanza è non soltanto me- ravigliosa, ma sommamente inverosimile. Ciò avvertiva (pel primo, a quanto mi sappia) bernardino Biondelli nella sua dotta prefazione alle Monete di 3h'lano dei fratelli Gnecchi. W Egli quivi accenna una congettura anonima ; che cioè i fiorini d'oro di Giangaleazzo sarebbero scomparsi per lo molte sue spese e piìi di tutto por la dote della figlia e l'acquisto del titolo ducale. L'illustre Bion- delli mostra in vero di non dar gran peso a questa ipotesi. Xon credo però inutile rilevarla. (1) (jyF.r'w. Monete di Milano — l'rcfijionr, pag. XLIX. 412 GirSKI'l'E G.WAZ/.l Disperderò non è distruggere. Dato pure die tutte quelle somme fossero state pagate in fiorini d'oro effet- tivi (sebbene la cambiale allora già nota ed in uso avi-ebbe potuto risparmiare il materiale trasporto del denaro): dato ancora che i fiorini passati per quelle occasioni in Francia ed in Crermania fossero stati proprio tutti del conio di Griangaleazzo (del che non vedrei la necessità), e che per di più venis- sero in quei paesi e da quei governi rifusi, il che pure non era necessario ; pare a me che qualche esemplare almeno avrebbe dovuto limanere in Italia o ritrovarsi all'estero, non fosse altro, per la stra- grande produzione di fiorini che quei pagamenti in tali condizioni avrebbero cagionato a Gian- galeazzo. Il Biondelli ò d'opinione che la mancanza dei fiorini d'oro di Griangaleazzo Visconti non sia che apparente. Il vero nomo di lui (cos'i egli argomenta) è sem- plicemente Galeaz come del padre suo, né se non tardi e fatto duca assunse il prenomo Johannes. Galeazzo II non regnò mai solo; non potò quindi coniar moneta se non in compagnia di Bernabò. L'equivoco del nome fece ritenere moneto quasi certamente di Giangaleazzo per sue. Cosicché tutti i conii finora attribuiti a Galeazzo Visconti , i fio- rini d' oro compresi , appartengono al Conte di Vertus. Malgrado l' altissima stima eh' io professo alla dottrina del rimpianto Biondelli io non posso per- suadermi di questa sua opinione, né davvero io so capacitarmi come mai quella sua mente così eletta e addottrinata non abbia avvertito alle con- dizioni degli stati viscontei nel trentennio decorso dal 1354 al 1385, che certamente non ignorava e RirERC\ DKr. KIOUIXO d'oro di GlAN(iAr,R\ZZO VlSCnNTl 41i> neppure ignorano le persone colte e gentili che mi fanno l'onore di leggere questa memoria. Che Bernabò e Galeazzo Visconti avessero, ciascuno, dominio sepai'ato e rispettivamente indipendente, con Milano capitale e signoria comune ; che le stesse relazioni vigenti fra i due fratelli vivente Galeazzo, sian continuate dopo la costui morte fra Bernabò e Giangaleazzo, è cosa storicamente pro- vataci). Sarebbe anzi interessante diffondersi su questo fatto singolare di due stati distinti aventi capitalo comune (2), fatto che, studiato colle vicende consegnate nella storia, nelle monete e nei docu- menti contemporanei, suscita il dubbio semmai un patto federale non vigesse fra i due Visconti, dubbio che in me inclina a certezza. L'argomento qui propostomi mi vieta il trattare ora di ciò. Lo farò, a Dio piacendo, un'altra volta. Tuttavia dal contesto di quanto qui andrò espo- nendo, risulterà spero, chiaramente, che malgrado l'equivoco dei nomi non ò possibile confondere le monete dei due Galeazzi. Il vero nomo del Conte di Vertus è infatti Galeaz. Nelle monete (tranne due rarissime eccezioni che descriverò piìi avanti) ò iisato sempre solo : nei di- plomi pili frequentemente solo che non coli' aggiunta di Johannes '^). (1) GiULiNi, Memorie di Milano. Omo, Documenti diplomatici a lìernabò e Galea:zo, o Bfmabò e Gian- galeazzo Visconti. (2) Milano fu capitalo comune di Bernabò e Galeazzo anche dopo che qne.-iti ebbe ti-asforita la sua residenza a Pavia. Cosi fu puro con Gian- galeazzo, il quale però, vivente Bernabò veniva raramente a Milano. Vedi Giulini e i documenti diplomatici dell'Osio. (3j Xei diplomi, Giangaleazzo associato a Bernabò e solo, come Si- gnore intesta o sottoscrive : I. u Galeaz Vicecomes conies Virtutum Mediolani, etc. imperialis vi- li carius generalis. n 414 (jIUSEl'i'E li.WAZZl Ciò malgrado, il nostro Visconti passò alla storia col nome di Giang-aleazzo per meglio essere distinto dal padre. E Giangaleazzo chiamerollo io pure, se- guendo l'uso generalmente invalso. Che Giangaleazzo Visconti debba aver coniato fiorini d' oro, risulta con certezza da un capi- tolo citato dal chiarissimo Autore delle Monete di Paoiai^). Ne noto il seguente passo: a Itera quod Conductor (della zecca) possit et a debeat fabricari tacere florenos miri qui vocentur u et nominetur Lombardi auri et qui sunt expendi- u biles prò soldis triginta duobus imperialibus prò ^i quolibet floreno. » Se dunque Giangaleazzo volle che a Pavia si coniassero fiorini del valore di soldi trentadue , che è appunto quello che avevano i fiorini al tempo di Bernabò e Galeazzo, è certo che alludeva alla stessa moneta. È più che probabile poi che ordinasse o meglio avesse già ordinato la coniazione dei fiorini d'oro anche per Milano. ( II. " Dominus Mediolani, etc. comos Yirtutum imporialis vicarras ge- neralis. n Come duca. III. « Nel diploma CXCIX citato dall'Oslo del 31 Agosto 1B80, per Il la prima volta ò scritto : . . . . magniiìci et excelsi d. d. Johanis a Galeaz Vicecomitis Mediolani, etc. comitis Virtutum imperialis vicarii ic generalis. » IV. ic Joliannes Galeaz dux Mediolani, etc. Comes Virtutum. n V. te Dux Mediolani, etc. cornea Papié Anglerieque et Virtutum. » VI. " Dux Mediolani Papié ac Virtutum comes. n VII. Il Dux Mediolani, etc. n VIII. u Dux Mediolani Papié Virtutumque comes ac Pisarum Senarum Il et Perusii dominus. n (1) Bramiìilla, Monete di Pavia, pag. 389 in nota. — Dello stesso, Un durato pavese o fiorino d'oro di Filippo Mafia Visconti ; in fine della me- moria : Questo documento è dell'anno 1 100. RICERCA DEL FIORINO d"uRO DI GIANGALEAZZO VISCONTI 413 Il Conte Giulini nelle suo Memorie di Milano (i), producenclo fra le monete di Galeazzo Visconti i due fiorini d' oro comunemente attribuitigli , fa le meraviglie della presenza in un d'essi della corona usata da Giangaleazzo , dojìo die fa duca di Milano, (come egli dice), colle parole Dominus Mediolani. Persuaso quindi che tal corona fosso stata la du- calo milanese fin dal tempo di Giangaleazzo, volendo pure spiegare ciò che a lui sembra un assurdo, sup- pone che Galeazzo stesso abbia potuto per avventura vantare qualche diritto ad usarne, ancorcliè sem- plicemente Signore. Ma non si avvide che in questo caso assai probabilmente Bernabò, pari e collega di Galeazzo, avrebbe avuto lo stosso privilegio: né di questo apparo traccia nò nelle moneto , nò nel monumento di Bernabò, cosi ricco di simboli e di motti. Di più una simile corona avrebbe potuto figu- rare, se non in tutte, almeno in qualche altra moneta di Galeazzo Visconti. Il Giulini, poco persuaso di quella supposizione, ne fa una seconda più decisiva e, se vogliamo, nel suo caso, logica. Egli non aveva visto resemplare, ma soltanto il disegno di quel fiorino. Taglia quindi corto o con- clude che più probabilmente ancora la corona non ò che ima bizzarra aggiunta di clii disegnò la moneta. Ma a dispetto della logica, quel fiorino e' è dav- vero. Converrà dunque studiare altre ragioni della concordanza fra la leggenda o la corona. Vediamo anzitutto i due fiorini detti di Galeazzo T Isconti. (1) Gin. INI, Memorii' di Milano, liln-o LXXT in finn. -IKi om.SEl'I'E GAVAZZI Tavola X, Fig. 2. ;& — * GALEAZ : VICECOMES : Milite armato tli tutto punto, la spada brandita in alto, su cavallo in corsa. — Biscia al petto del cavaliere, e tra G. Z. sulla gualdrappa al collo, alla spalla ed alla coscia del cavallo. Nel campo ai due lati del cavaliere, tizzo in fiamme sostenente due seccliie. 9I — + DNS • MEDIOLANI : PAPIÉ : 3 : C • Armi viscontee fra Q, Z. contornate da cornice composta di duo ogive e due archi di circolo rac- cordati da angoli salienti all'esterno. Tavola X, Fig. 3. ^ — + GALEAZ • VICECOMES: • • Cavaliere come nel precedente. — Biscia al petto del cavaliere, alla spalla ed alla coscia del cavallo. Il resto del campo liscio. '^ - • •¥ ■ DOMINVS • MEDIOLANI • 3 C • Armi viscontee fra G. Z. in cornice come nel pre- cedente, A prima vista questi due fiorini si rassomigliano molto. Ma io vi rilevo anche differenze essenziali. Il primo presenta l'impresa tutta propria di Galeazzo Visconti, del tizzone fiammante coi due secchi che ne pendono; l'altro ne manca affatto. Nel primo, Telmo del cavaliere in diritto e quello che timbra lo scudo in rovescio sono egualmente cimati del drago visconteo poggiato sovra un burletto, e lungo il dorso del drago corre una cresta molto promi- nente. Nel secondo, che è quello della cui autenticità il Conto Griulini dubitava, l'elmo è cinto di una RICERCA DEL FIORINO d'oRO DI GIANGALF.AZZO VISCONTI 417 corona aperta a tre gigli, e il drago porta al dorso un fregio di piume che tiene il luogo della cresta del precedente. Li distinguerò chiamandoli il primo — dal tizzone — il secondo — dalla corona. Addurrò qui inoltro alcuni altri fiorini viscontei e conii propri di Giangaleazzo Visconti, che mi gio- veranno come termine di confronto con quei due. Vedremo così se la corona gigliata che tanto imba- razzava l'ottimo Giulini sia corona ducale, se possa convenire a Galeazzo Visconti, o non sia piuttosto propria di Giangaleazzo, e per qual modo: — se infine il fiorino dalla corona non sia per avventura quello finora sconosciuto del Conte di Vertus. Tav. X, fig. I. — Osserviamo primamente il fiorino sociale di Bernabò e Galeazzo Visconti. In questo, con precise e chiare parole, è specificato il cimiero appartenente a ciascuno dei due signori. Questo pezzo ha ripetuti su ambi i lati lo scudo e l'elmo viscontei fra I). li. per Bernabò: D. G. per Galeazzo, racchiusi nella stessa elegante cornice che è nei due fiorini di Galeazzo. Le armi dell'uno e dell'altro non presentano dif- ferenza di sorta, tranne soltanto gli elmi nel cimiero. Quello di Bernabò porta il drago col dorso piumato, quello di Galeazzo il drago crestato esattamente come nel fiorino dal tizzone. Le leggende corrispon- denti -I- CIMERIV DNI BERNABOVIS VICECOMITIS del primo: 4- CIMERIV DISI GALEAZ VICECOMITIS del secondo fu- rono evidentemente messe coli' intenzione di distin- guere il cimiero dell'uno da quello dell'altro. Gli elmi d' entrambi non portano corone ma \x\\ semplice burlette. Nelle sue monete particolari, Bernabò riproduco invariabilmente queirelmo stesso a drago piumato ; Galeazzo, tanto in quelle di Milano che di Pavia, il 418 GIUSEPPE r,K\-K7.7.l drago crestato, fatta eccezione per questi del solo fiorino dalla corona che gli lascio ancora per poco. TI fiorino di Bernabò e Galeazzo dimostra come i duo Visconti osservassero un'assoluta e rigida egua- glianza nel manifestare i contrassegni del loro grado : non tollerando la menoma prevalenza dell' uno sul- l'altro : la riproduzione invariabile del cimiero mi fa eziandio persuaso che a quei tempi, più clie nei successivi, i Visconti di Milano fossero costantemente fedeli alle divise presceltesi. Mi sembra poi clie l'os- servanza esatta di questa regola tornasse tanto più necessaria in quanto nelle fazioni militari sarebbe tornato altrimenti impossibile distinguere la persona il cui capo era tutto nascosto nell'elmo. Il cavaliere che figura nel fiorino dal tizzo, avente il drago a cresta in cimiero, sarà dunque non altri che Galeazzo Visconti. Pel contrario quello che porta il drago piumato e la corona, sarà un altro : e se cosi è, il secondo dei due fiorini attribuitigli non sarà di Galeazzo. (xaleazzo poi, solo di tutti i Visconti , avrebbe prodotto due tipi di fiorino, mentre gli altri ne hanno uno soltanto per ciascuno. Veramente non vedrei perchè egli non abbia potuto derogare alla regola comune ; anzi mi si potrebbe osservare che (come opina uno strenuo e dottissimo conoscitore) (^), il fiorino dal tizzone potendo essere di Zecca pavese, vi potrà pur essere il milanese di Galeazzo. Ma in allora questo suo fiorino avrebbe dovuto presentare gli stessi contrassegni personali che figurano nelle altre sue monete, come ne fanno prova i pegioni di Milano rispetto ai grossi ed ai pegioni di Pavia, cogli (1) Brambilla, Monete di Pavia, pag. 379. RICERCA DEL FIORINO D ORO DI GIANGAI.EAZZO VISCONTI 419 stessi cimieri crestati, siano o no accompagnati dal tizzone ardente. D'altra parte la corona eh' io contesto a Ga- leazzo Visconti vedesi egualmente riprodotta con ogni suo minimo dettaglio nei quattro coni seguenti di Giangaleazzo : Tavola X, N. 4, Oro, medaglia. ;&— {testa mitrata) . |0 • GALEAZ • V • C • DVX • MEDIO" LANI • 7 • C • rosette fra le parole iuterpautato. Busto a dritta entro zona formata alternamente di punte e di rosette. K — rtesla rnitrataj . PAPIE • AN&LERIE • Q' ■ COMES • 7 • e • rosette fra lo parole interpuntate. Biscione coronato entro zona come in diritto. Tranne lo z i caratteri delle due leggende sono capitali e di stile classico. X. 5, Argento, prova o medaglia. .ly — + lOHANES GALEAZ • COMES • VIRTVTV. Busto a destra. }>' - + DVX • MEDIOLANI • 'C. Milite cavalcante a destra come nel fiorino dalla corona. X. 6, Argento, Grosso o pegione. \y - COMES • VIRTVTVM • D • MEDIOLANI. Armi viscontee. Ij- — S ABROSIVS • MEDIOLAN. Sant'Ambrogio. X. 7, Argento, Mezzo soldo. D' — COMES VIRTVTVM Elmo visconteo. y — D • MEDIOLANI ■ ? • C Croce fiorita. .120 r.iuSEi'i'f: gava/zi Il primo di questi conii, in oro, prezioso cimelio che la sola collezione Verri può vantare, fa dal va- lente numismatico sopracitato giudicato per quello die è, medaglia e non moneta (i). Ma se egli avesse avuto agio come io l'ebbi, per gentilezza del distinto cortesissimo patrizio che lo possiede, di considerarlo in mano e farne confronto con altri di quella co- spicua raccolta, lo avrebbe detto di un secolo circa posteriore al suo titolare. Questa medaglia ha il diritto comune con un lato di altra d'argento essa pure della collezione Verri, ad effigie alterna di Giangalcazzo e di Fran- cesco Sforza. (2) E l'identità e tale da convincere che lo stesso punzone servì por ambedue. La testa mitrata a capo della leggenda (^), i caratteri di stile classico, il disegno, la fattura accennano ad un'epoca molto avanti negli Sforza. Nello Monete di Milano poi, a Lodovico Sforza, al N. G, è egregiamente de- scritta benché non figurata una terza medaglia d' argento appartenente al Galnnetto imperiale di (1) Brajibili.a, Monete di Pavia, pag. 386. (2) Gkecchi, Monete di Milano, a Francesco Sforma. Tav. XII, X. 1. D. — {testa mitrata) . IO . GALEAZ .V.C. DVX . MEDIOLAXI . 7 . C . Rosetta al posto dei punti. Busto a destra entro circolo ornato di punti e di rosette alternati. R. — {testa mitrata) . FRANO . S . VICE . C . DVX . MEDIOLANI . 7,0. — Busto coronato a destra, tosta nuda entro circolo come sopra. (8) I lettori sanno che i caratteri capitali classici e la testa mitrata a capo delle leggende appaiono per la prima volta nelle monete milanesi sotto Galeazzo Maria Sforza. Francesco Sforza ed anche Galeazzo Maria nei primordi del suo regno non usano nelle monete che di caratteri trecentisti semigotici. Fnrehbo recezione la medaglia succitata di Francesco Sforza e Giangaleazzo Visconti, se, come a me sembra per quello che vo dicendo, essa pure non ò della fine del quattrocento. RICERCA DEL FIORINO Ii'oRO IH GIANOAI.EAZZO VISCONTI 421 Vienna ('). Questa porta il busto di Lodovico danna parte e di Francesco Sforza dall'opposta. Il lato di Francesco Sforza appare essere eguale allo stesso della precedente. Per il che il medaglione d'oro Verriano di Giangaleazzo non solo sarebbe medaglia, ma me- daglia dell'epoca sforzesca e forse di Lodovico il Moro, il quale avrebbe con essa inteso onorare la memoria del primo duca di Milano come colle due altre quella del proprio padre. Il secondo pezzo di Giangaleazzo, è per me ine- splicabile. ^Multiplo di nessuna sua moneta, di foi-ma inusata a quest' epoca, la credo anch'io cogli egregi autori dello ^lonete di Milano, o un tentativo di nuova mo- netaziojie, o medaglia ; coniata forse nell'occasione dell'esaltazione al ducato del nostro Visconti -, Xon mi varrò quindi pei miei confronti che di monete indubitabilmente tali, di conio e dell'epoca di Gian- galeazzo, quali sono il pegione e il sesino. Il fiorino di Giovanni ^lai'ia Visconti ha cavaliere, scudo, elmo coronato e cimiero eguali in tutto a quello di Galeazzo dalla corona accompagnati dalla qualifica (1) Gnecciii, Monete di Milano — Lo(1oì:ìco Sforma, X. G. D. — (fesliìia) LVDOVICVS . M . SF . DUX . :\[KDIOLAXI . &■ . C — Bu^ito corazzato di Lodovico a destra. Testa nula. Isel campo due biscie coroiiato. K. — (testina) FRAXC . S . VICE . C . DVX . MEDIOLAXT . & . C — (le parole separate da rosette). Xel campo ornato busto corazzato di Francesco I .'sforza a destra. Testa nuda. Come si vede il lato di Francesco Sforza sembra essere identico a quello della medaglia descritta alla nota precedente. (2) L'esemplare Verri pesa gr. 0,400: quello della raccolta municipale gr. G,198. Non trovai modo di dividere l'uno o l'altro di questi pesi per (juelli del grosso, del pegione , del soldo o del sesino ancorché ridotti al fino se di titolo scadente. 4-22 IIIUSEPI'E (i.WAZ/.I ])i(X Mediolani: così pure il seguente unico posseduto dal chiaro Cav. Brambilla ed illusti-ato in una delle sue pregevoli memorie edita nel 1887, che mi volle cortesemente favorire e che mi tengo carissima. Esso presenta in ^^ — • + • FILIPVS MARIA. Armi viscontee fra F. M. incorniciate. L'elmo è coro- nato, il drago piumato. 5I — • + • COMES PAPIÉ: ). Cavaliere coli' elmo coronato e cimato come in diritto. Potrei citare anche il fiorino ducale di Filippo Maria, che ha gli stessi contrassegni, ma non me ne varrò perchè già troppo lontano dall' epoca di Giangaleazzo. Il fiorino di Galeazzo dalla corona e questi due provano già abbastanza che la corona a tre gigli sta indifferentemente col titolo di Signore, di Conte e di Duca. I lettori avranno notato che nel pegione e nel sesino di Giangaleazzo la parola MEDIOLANI è prece- duta dalla semplice lettera D che può essere interpre- tata per Bux e per Dommus. Io inclinerei piuttosto per Dominus perchè se Giangaleazzo avesse voluto diro Dux assai probabilmente ce 1' avrebbe messo chiaro e completo, e perchè forse per gravi motivi che mi fuorvierebbero indagandoli, non potò non volle coniare moneta espressamente ducale. Comechè del resto vogliasi interpretare quella D, vista la nessuna relazione fra il titolo ducale e la corona, ciò non nuoce né giova al mio assunto. Questa dunque non sarà corona ducale, e se lo fosse, e se il fiorino in discorso fosse veramente di Galeazzo, la contraddizione veduta dal Giulini sa- rebbe ancora maggiore. Rlf'EnCA IIEI. FIORINO I)"oRO DI GIANGALKA/ZD VISCONTI 423 Tavola XI. — La corona ducale vera di Gianga- leazzo è ben diversa, e cliiunq[ue j)uò vederla nel frontispizio dello splendido messale donato da lui medesimo alla nostra Basilica Ambrosiana nell'oc- casione del suo coronamento a duca. Quivi, nel mozzo, due quadri rappresentano il nostro Visconti in due momenti: nell'atto clie il Legato di Venceslao gli impone la corona, e in quello nel quale, coronato, si mostra agli astanti. Qui la corona consta di un cerchio sul quale si impostano a croco due semi- cerchi formando così una specie di calotta. Il frontispizio stosso è fregiato in contorno di fiorami e d'imprese: la colomba col motto — « hon droit, — il leopardo accosciato sotto un melarancio. In basso negli angoli duo elmi di profilo in riscontro, di co- lori differenti e con cimiero diverso. Quello a sinistra deH'osservatoi'e porta in cimiero un cono terminante in un globo di color rosso. L'altro a destra è cimato del drago visconteo d'az- zurro col fregio di piume d'oro, il fanciullo di rosso, e porta posteriormente una falda di bianco. Amenduc gli elmi hanno la stessa corona a tre gigli, alternati da due punte. Tranne questa diversità di poco mo- mento la corona ò la stessa di quella veduta nei pezzi figurati Tav. X, n. 3, 6, 7. Fra gli elmi due scudi; quello a sinistra ha l'aquila nera in campo d'oro, quello a de- stra ò inquartato della vipera azzurra in campo d'ar- gento e dei gigli d'oro in campo azzurro. Gli elmi e gli scudi sono riprodotti di forme e colori eguali in altro foglio miniato del messale stesso. La sola differenza che vi riscontrai è nel colore della falda dell'olmo vi- sconteo, qui azzurra dove là è bianca, forse perchè col tempo il colore ne sarà svanito. La presenza, nel corpo di un dipinto tutto inteso a celebrare la gloria di Giangaleazzo, dell'elmo dal 4'2i GIUSKl'PE fi.VVAZ/.I globo rosso in cimiero e la sua postura in rispetto al visconteo al quale è evidentemente pareggiato mi fanno supporre clie esso pure appartengagli ; non come a Visconti, ma come a Conte di Vertus. Nò vedo spiegazione più naturale di questa. E poi significantissimo l'inquarto dei gigli di Francia colla vipera dei Visconti, cosa della quale prego il lettore di prender nota. In questo prezioso documento (') abbiamo dun- que veduto la corona gigliata che stiamo studiando, e la corona ducale, e quanta sia la loro dissomi- glianza. Ora, se il lettore compiacente volesse tenermi compagnia in una breve digressione fuori d'Italia, gli mostrerò due bellissime monete d'oro del se- colo XIV, di due re: Carlo V di Francia (13G4-1373), Edoardo III d'Inghilterra (1326-1377). Tavola X, N. 8, Oro — Agnello. ^' — KÀROLVS X DI X GR X FRANCORV » REX Il re coronato stanto di prospetto colla spada nella destra, lo scettro nella sinistra, sotto un arco ogi- vale sostenuto da due pilastri terminanti in aguglia: campo cosparso di gigli. 9! — + XPE ♦ VINCIT * XPE * REGNAI * XPE * IM- PERAI {Ghriste (sic) per Christus tre volte). Croce fiorita, accantonata alternamente da giglio e da corona, chiusa in cornice composta di archi di cerchio. (1) Il messale della Basilica Ambrosiana è veramente un documento storico del più grande interesso ; per lo tìgure, i costumi, gli emblemi, la narrazione che vi si legge della cerimonia dell'incoronamento, la ge- nealogia dei Visconti sebbene in buona parte fantastica, ma che dà le ilice e i gusti del tempo scojìre le debolezze di Giangaleazzo. RICERCA DEL FIORINO d'oRO DI GIAXGALEAZZO VISCONTI 425 Tavola X, N. 9, Oro — Noble. ^ — EDWARDVS • DI • GRA • REX • AN&L • 3 • FRAN • DO • H {Edivardus Dei grafia rex Anglice et Francia;, dominus Ili- hernice). Il re stante in una nave, di prospetto, coronato, colla spada nella destra, lo scudo inquartato a tre gigli e tre leojjardi nella sinistra. A poppa della nave, banderuola con E nel campo : a mezzo, sul fianco della nave, una rosa. 9/ — {rosetta) |HS • AVT • TRANSIENS • PER : MEDIVM : ILLORV • IBAT — • Trifolii al posto dei punti. (Jesus autem tra>isie>is per medium illorum ihat. S. Luca, lY, 30). iNel centro, rosa entro un giro di raggi donde par- tono quattro fioroni diposti a croce accantonati da altrettanti leoncini. Sovra ciascuno di questi una corona eguale a quella che in diritto sta in capo del re. Il tutto in comico composta di otto archi di circolo. In questo duo moneto lo corono sono egualmcnto aperte, a tre gigli, corno nelle duo monete di Gian- galoazzo (Tavola X, X. G e 7) e per conseguenza come nel fiorino di Galeazzo Visconti. Sono due esempi cotesti; che potrei citarne assai nelle monete di quei due reami e di quel secolo. Chi volesse poi sfogliare le tavole di opere sulle Zecche di Francia e d'Ingliilterra, o passare in rassegna i conii del Museo numismatico di Brera, come io feci , non vedrà pel secolo XIV altra corona reale se non aperta e a tre gigli come in quelle due. Che dico di Francia d'Ingliilterra? Ma di Xapoli, di Sicilia, di Aragona, di Ungheria , degli stessi Pontefici nel triregno. E per tutti la 42G inUSEl'I'K GAVAZZI stessa corona, con o senza le punte negli intervalli fra i gigli. Vedemmo già che nò Bernabò, nò Galeazzo Vi- sconti (eccetto pel secondo il fiorino che gli con- testo) usarono mai una simile corona, né conosco moneta non regia italiana anteriore o contem- poranea a Giangalezzo che l'abbia, fuorché una sola di Amedeo VI di Savoia descritta da Dome- nico Promis nel supplemento del 18G6 alle Monete inedite del Piemonte a pag. 3G e figurata nel supple- mento stesso, Tav. I, N. G. Cito testualmente le parole di quell'insigne numi- smatico : a La sesta dello monete citate nel supplemento (Tav. I, N. 6) è il ìnanco dozzino descritto nell' or- dine di battitura di Amedeo VI delli 3 giugno 1349, pel quale doveva essere a denari 9 ed a pezzi 102 al marco , e che alla iwima si riconosce per ima contraffazione del doppio tornese di Carlo // hello re di Francia. Varia però questo pezzo da quanto fu prescritto nel 1349 per le leggende, che dal lato della croce gigliata evvi -f MONETA • AMEDEI; dal- X r altro poi nel quale evvi una corona aperta e gigliata , non scorgesi che una confusione di let- tere, delle quali altro non si può distinguere che u. la parola DVX forse allusiva al titolo di duca del Chiablese che questo principe fu il primo ad i usare. " Le lettere intorno alla corona, che tolgo dalla tavola sono queste : TRO • IIVBDV + KG. Questa confusione di lettere che il Promis rileva , e specialmente l'ultima lettera affatto immaginaria, non sarebbe fatta di proposito ? Poiché se Amedeo credette utile contraffare moneta del re di Francia, RICKRCA DEL FIORINO d'oRO DI GI.VNOALE.VZ/.O VISCONTI 427 avrà anche trovato prudente lasciare in nube il con- traffatore, del quale mettendo a chiare note il nome ed i titoli, si sarebbe puramente e semplicemente confessato usurpatore delle insegne reali. La corona di Giangaleazzo è dunque reale? Certa- mente. La risposta sembrerà temeraria ma altra non ne vedo. Ma come spiegare cosa tanto strana per un semplice Signore di Milano? Con qual diritto potè egli usarne, o abnono con qual pretesto? Xon certo come Signore di Milano, che nessuno dei suoi maggiori l'ebbe; non come duca perchè vedemmo la corona con titoli diversi, ed il mossale ambrosiano ce la mostra in tutto differente. Sarò forse troppo ardito facendo la seguente congettura ? Isabella di Valois sposata a Giangaleazzo, divenendo Visconti non cessava perciò di essere principessa fran- cese. Essa quindi avrà potuto fregiare le sue armi della corona reale, non quale simholo di potere, ma quale dislinti>:o di un jiersonaggio di stirpe reale. Giangaleazzo per epici matrimonio prese il titolo di Conto de Vertus dalla moglie, e tanto se l'ebbe caro da dargli una decisa preferenza, non solo sul suo ca- sato Viceeoraes che omette in tutte le sue monete (^) ed anche in parecchi diplomi, ma persino sul suo nome personale Ga'<'az. In parecchie sue monete, le sole due lettere G. z. tengono il posto del nome: in alcune anzi non v'ha nemmeno questo accenno al nome, come ajipunto è nel pegiono e nel sesino dagli elmi coronati, addotti superiormente. Come dunque egli usò del titolo di (\) Prego il lettore di ricordare che non ammisi ai confronti il me- daglione dVjro il pi'zzo d' ari^ento du-'alc , .semlirandomi il primo non contemporaneo a Giangalezzo, il .secondo incerto se moneta o medaglia. Preferii paragonare moneto con monete. 42S GIUSEPPE GAVAZZI Conte de Vertus poi'tatogii dalla moglie , così usò della corona di diritto della moglie stessa. E come non ne avrebbe còlto l'occasione egli, che meglio che genero e cognato di re avrebbe voluto es- serne figlio e fratello, anzi re ; e lo provò colla dimanda fatta inutilmente al Papa della dignità reale ? Non ò del resto infrequente il caso di mariti che aggiungano alle proprie le armi e le insegne della moglie. Un esempio di poco posteriore a Gianga- leazzo valga per tutti. Francesco Sforza sposando Bianca Maria , figlia neppur legittima di Filippo Maria Visconti, aggiun- gendo al suo casato quello della moglie si disse Sfortia Vicecomes, abbandonò le armi della sua casa e assunse addirittura le viscontee. L'introduzione dei gigli di Francia nello scudo visconteo del mossale di Griangaleazzo è un fatto ana- logo. Quella corona dunque per Giangaleazzo sarà un distintivo personale nella qualità di Conte di Vertus e simbolo significativo di quel titolo. Preso in questo senso non v'ha alcuna ripugnanza della sua presenza con qualsivoglia dignità. Dirò di pili: per questa ragione la corona basterà a rigor di termini a designare il Conte di Vertus ancorché per avventura il titolo non ne venga espresso con parole. E quindi, se Bommus Mediolam in tutte lettere non contraddice a Comes Virtutum, neppure vi con- traddirà la corona gigliata evidente nel pegione e nel sesino, presa quale espressione simbolica del titolo stesso. Resta ora a vedere perchè mai Giangaleazzo (se il fiorino della corona è suo) avrebbe in questa sola circostanza, contrariamente affatto alla sua abitu- RICEUCA DEL FIORINO d'oRO DI lilANGALEAZZO VISCONTI 4'29 dine, soppresso il titolo favorito e messo il cognome Vicecomes. Io mi darei la seguente spiegazione. Giangaleazzo riconosceva due alti Signori: l'im- peratore pe' suoi stati d'Italia: il re di Trancia per la Contea di Vertus. In quelli ebbe facoltà di coniar moneta , come ne vediamo parecchie , in questa verosimilmente no. Difatti monete del nostro Visconti di tipo francese non se ne cono- scono. È noto come nel secolo XIV avessero corso in tutta Europa e nel Levante i fiorini d'oro di tutte le zecche, quindi anche i milanesi. La moneta d'ar- gento invece era speciale a ciascuno stato, serven- dosene il commercio interno soltanto. Ora se il Conte di Vertus avesse ostentato nel fiorino il suo titolo, che è pure professione di vas- sallaggio al re di Francia, avrebbe recato grave offesa alla reale prerogativa di battere moneta in quelle terre appunto nelle quali e per le quali il re solo poteva tal diritto esercitare. E questa sarebbe stata sconvenienza e contrad- dizione gravissima, a qualunque zecca i suoi fiorini potessero appartenere, ed in qualunque paese aver corso, peggio poi in Francia. Chi non vede quindi con quanto scrupolo il Visconti dovesse astenersi da tutto ciò elio potesse essere meno che conforme ai doveri impostigli dalla condizione di vassallo e di parente? Ma la semplice corona significando : e re e persona di reale famiglia, eragli concessa, almeno in via di tolleranza, e il decorarsene avrebbe potuto anche dimostrare in Giangaleazzo l'alto conto da lui dato all'afiinità coi Valois e per questo non tornar loro sgradito. Quanto alla moneta d'argento, le cose potevano 430 GIUSEPPE <;,\VA7.7.l correre più liscie: gii spiccioli di Giangaleazzo non avrebbero mai passate le Alpi. Ora, se la corona, come a me par certo, copre per dir così il titolo di Conte di Vertus e ne tiene il luogo, sarà figura simbolica significante appunto quel titolo che nel fiorino non e lecito scrivere in tutte lettere. Traducendo quindi il segno in scrittura comune leggeremo di seguito le iscrizioni dei due lati così : Galeaz Vicecomes [Coìnes Virtuturrì) Dominus Medio- lam, etc, che è appunto l'intestazione e la sottoscri- zione di molti diplomi e scritture di quel principe, meno Imperialis Yicarius Generalis, qui sostituito da Dominus. Qui è tornato conveniente riprendere il casato antico Vicecomes; sia per meglio indicare il perso- naggio che non colle armi soltanto, sia anche perchè, nel contorno, un Galeaz nudo e crudo avrebbe fatto meschina figura. Giangaleazzo insomma , in questo che ormai giu- dico il suo fiorino : si chiama Galeaz per il suo vero nome come del resto in altre sue monete : corona l'elmo perchè appartiene o si considera appartenere alla real casa di Francia e nella qualità di Conte di Vertus : ometto il Comes Virtiitum per lan dove- roso riguardo al suo alto sire di Francia di cui dove rispettare i diritti sovi-ani. Por tal modo sembra a me dimostrato come il fiorino colla corona accompagnata dallo parole Galeaz Vicecomes Dominus Mediolani spetti a Gian- galeazzo Visconti: e se così è , faremo atto di giu- stizia restituendolo a lui come roba sua e non del padre. La corona di Giangaleazzo passa in uso ai suoi successori, ed anzi dopo di lui se ne usa ed abusa RICERCA DEL FIORINO d'oRO DI OIANGALEAZZO VISCONTI 431 anche da altri Signori italiani e stranieri (i). Ad esempio il grosso di Brescia di Pandolfo Malatesta. I re del qnattrocento per non parere da meno arricchiscono la corona ; al cominciare del secolo decimosesto la corona si chinde e si adorna al ver- tice di globi crucigeri, di gigli, di leopardi. L'ai"ric- chirsi progressivo della corona reale potrà foi'se dare un criterio per distinguere le moneto di due re di nome eguale. Non so se l'esposto avrà convinto i lettori come me. Io mi appello del resto al loro giudizio assai più competente del mio. Giuseppe Gavazzi. * * * PS. Questa memoria era terminata, quando mi venne sott'occhio l'opuscolo di D. Promis, del 1858, sulle monete dei Paleologi di ^lonfcrrato. Quivi nella Tav. II ai n. 1 2 sono figurati duo pezzi d'argento di Secondotto marchese (1372-1377) coli' elmo coro- nato come per Gian Galeazzo Visconti. Secondotto fu marito di Violante Visconti sorella di Giangaleazzo, e se mori un anno prima che questi succedesse al padre, visse in tempo che il cognato era da molto Conte de Vertus ed avea già proba- bilmente tolto per distintivo la corona reale nello suo anni. (1) Croi.lai.anza, Enciclopedia Araldico-Carall'.'resca, alla parola Corona, pag. 219. 432 G. (i.WAZZI - RICEKC.V DEL l'IORINO D ORO DI GIANGALEAZZO VISCONTI Potrebbe darsi che questo fatto di Secondotto abbia avuto a motivo l'affinità coi Visconti, i quali con Giangaleazzo, come vedemmo, cominciarono a co- ronar l'elmo : o meglio ancora il discendere dai Pa- leologi imperatori d'Oriente, Ciò non muta del resto lo stato delle cose, che rimangono quali sono, vale a dire, che la corona dei re nel trecento fu aperta, a tre gigli con o senza punte negli intervalli: che quindi la corona i:sata da Giangaleazzo Visconti, ed (ora diremo) anche da Secondotto Paleoiogo, sono corone i-eali. I MEDAGLISTI DEL RINASCLMENTO ALLA. COETE DI MANTOVA n. (Continuazione). PIER JACOPO ALARI-BONACOLSI DETTO ì'Antico. Esposto nel precedento capitolo quanto ho potuto rinvenire intorno alla vita dell'Antico, verrò ora a clas- siiicarne e a descriverne le opere; e benché su di esse non abbia potuto sin qui riunire grande copia di no- tizie, spero tuttavia che altri, con maggiore compe- tenza di me e col sussidio di imovi studii e di più mi- nute ricerche nelle collezioni e nei musei, possa da questi cenni trarre argomento ad vm nuovo lavoro che metta meglio in rilievo la figura del nostro ai'tista. L'Antico trovò a Mantova meglio che in qualunque altro luogo le condizioni favorevoli per sviluppare la sua attività artistica: là infatti il rinascimento aveva il suo più grande interpreto in Andrea Mantegna che portò al più alto grado possibile il culto per l'antichità ed è quindi naturale che l'Alari dagli in- segnamenti di tanto maestro traesse animo a ripro- durre gli esemplari classici di cui v'era scarsezza e conseguentemente grande ricerca nell'Alta Italia, 434 UMBERTO ROSSI piuttosto clic a ci'caro egli stesso lavori originali. Del resto non è dubbio clic egli abbia esercitato una certa influenza nell' arte mantovana, indipendente- mente dalle sue copie dall'antico, perchè molto tempo dopo lo troviamo ancora nominato e con onore nel carteggio dei pittori die nel 158G lavoravano al castello di Goito W. Come ho già detto innanzi, i primi lavori dell'An- tico furono d'oreficeria, e su di essi abbiamo tanto insufficienti indicazioni, fatta eccezione di uno, da rendere arrischiato ogni giudizio in proposito. Non mi fermerò quindi nò sulla cintura, regalata da An- tonio del Balzo alla marchesa di Mantova, né sui due vasetti d'argento dorato eseguiti per Gian Fran- cesco Gonzaga, né sulla testa di cavallo, sull'aquila e sul san Giovannino d' oro fatti per commissione d'Isabella d'Este, sebbene la descrizione di quest'ul- timo, quale si può desumere dalle lettere che ho pubblicate, sia più che bastevole a farlo riconoscere quando esista ancora, o almeno a trovarne le traccie. Dirò invece delle medaglie e delle placchette che ap- partengono pur esse al primo periodo della carriei'a artistica dell'Alari e che possono per eccellenza di lavoro stare al paro collo migliori di quell'epoca. (1) Intra. Il castello di Ooilo in Archivio storico lombardo, serie II, vo- lume V, pag. 40. — u Io diedi il disegno della sofitta al detto messer Pompeo et gli dissi che S. A. comandava clie gli disegni delli fogliami se gli facesse per di dentro alcuni animali et qualche mezza figura per uscire dalla stampa veccliia, che cosi ha usato il bon Antiche et in par- ticolare Giulio Romano n. (Lettera del pittore Fr. Borgani). Questo brano di lettera può lontanamente dar lume anche sugli artisti che lavorarono la famosa porta Stanga di Cremona : in essa gli ornamenti sono appunto quali li descrivo il pittore Boi'gani, e per di più vi è ri- prodotta una placchetta dell'Antico. Non voglio dire con questo che l'Alari abl)ia lavorato materialmente alla porta: egli però da Bozzolo, ove risie- deva, paese vicino a Cremona, potè benissimo mandarvi qualche disegno anche di soli dettagli. 1 MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 435 Le medaglie dell'Antico si riferiscono tutte a Gian Francesco Gonzaga, signore di Bozzolo e Sabbioneta e conte di Rodigo, terzo figlio di Lodovico Gonzaga marchese di Mantova, e ad Antonia del Balzo sua moglie (1) : eccone la descrizione, secondo l' ordine dell' Armand (2). 1. — Diam. 40. ^' — lOHANNES • FRANCISCVS • GONZ. Busto a sinistra di Gian Francesco, a testa nuda e con lunghi capelli inanellati; porta una clamide al- l'antica annodata con un fermaglio sulla spalla (3). 9' — FOR -VICTRICI. — ANTI. La Fortuna stante su un globo, colla testa alzata, mentre colla sinistra raccoglie le pieghe della tunica; a sinistra, presso un trofeo, un uomo nudo (Marte o Ercole?) colle mani legate dietro la schiena: a destra una donna (Minerva?) vestita di tunica suc- cinta, appoggiata colla destra ad una lancia e colla sinistra ad un trofeo (4). (Tav. XII, N. 1). (1) Gian Francesco Gonzaga nacque nel 1413 e mori nel HOC Antonia del Balzo nacque nel 1441 e mori nel 1638; era figlia ili Pirro principe d' Altamnra e quando sposò Gian Francesco, era vedova di Hinaldo da Berbignano. (2j Armand, op. cit., I. GÌ. (.3j In alcuni esemplari di questo e dallo successivo medaglie il busto di Gian Frani^esco offre una variante che credo utile non trascurare: in- vece della clamide porta un giustacuore o forse cotta d' arme , su cui spicca una collana clic pare d'oriline cavalleresco (Tav. XIT, n. 0). A questo proposito trovo descritti nel già citato inventario di Gian Francesco i seguenti oggetti che lianno probabilmente rapporto col collare rappresen- tato nella medaglia: li Uno sancto Michele de diamante cum lo sehuto de rubini, cum uno serpente cum uno rubino nel corpo, cura una spada cum uno rubineto dentro, cum una perla pendente et cum una catenella longa sutile d'oro. a Una sellatola de corrame tonda cum una collana d' oro del ordine del re do schotia che pesa ontie tredeci et uno quarto n. (4) La rappresentazione allegorica che si vede su questo rovescio è evidentemente tolta dall' antico, se non nell' insieme, almeno figura per 43(5 UMBERTO ROSSI 2. — Diam. 40. jy — Simile al precedente. 9/ — MARCHIO • COMES • ROTI • Un fulmine alato W. (Tav. XII, N. 2). 3. — Diam. 40. ^ — Simile al precedente. 9 — MARCHIO • COMES • ROTI • Un fuoco ardente : sotto vi è un nastro su cui è inciso il motto ~ PROBITAS • LAVDATVR (2). (Tav. XII, N. 3). 4. — Diam. 40. ISy — Simile al precedente. 9I — DIVA • ANTONIA • BAVTIA • DE • &ONZ • MAR. Busto a destra d'Antonia del Balzo coi capelli in una reticella, rattenuti sulla fronte da un nastro. (Tav. XII, N. 4). 5. — Diam. 40. ^ — • Simile al rovescio della medaglia precedente. figura. È curioso come i diversi autori che hanno descritta la medaglia abbiano data ognuno una differente interpretazione al personaggio di sinistra: lo Zanetti {Zecche e monete d' Italia, tomo III, 123) nelle note all'Affò, lo dice un Ercole basandosi forse sulla muscolatura molto accen- tuata della figurina; il Litta [Famiglie celebri d' Italia) seguendo lo Za- netti lo dice pure Ercole : gli autori del Trésor de numismatique et glyptique lo credono Marte incatenato, e cosi l'Armand; finalmente il Molinier vi ravvisa solamente un prigioniero. (1) Il fulmine alato era impresa personale di Gian Francesco, che venne adottata in seguito anche da suo nijjote Vespasiano duca di Sabbioneta: nel palazzo ducale di questo paese si vede ancora insieme a molte altre imprese gonzaghesche in una sala dipinta da Bernardino Campi. Questo fulmine è esattamente copiato da quello dei medii bronzi d'Augusto. (2) Anche questa è impresa personale di Gian Francesco, che ho vista ripetuta in un quadrello di maiolica da pavimento, proveniente forse dal distrutto palazzo Gonzaga e che oggi è infissa nella facciata della chie- suola di S. Eocco a Gazzuolo. I MEDAGLISTI DKL RINASCIMENTO AI.I.A CORTK 1)1 MANTOVA 4:^)7 9' — SVPEREST • M • SPES • — ANTI. Figura di donna nuda alata stante sopra una prora di nave tirata sull'onde da due cavalli alati, a sinistra ; la donna ha nella destra un' ancora e nella sinistra una vela stracciata ; dietro di lei si vede 1' albero della nave rotto ; sulla prora v'è il motto MAI • PIV (^)- (Tav. XII, N. 5). Specialmente la prima e l'ultima di queste meda- glie rivelano nel loro artefice un talento ed un me- rito non comune e selobene abbiano assai spiccato il carattere di imitazione dall'antico non possono tuttavia essere classificate copie servili come ad esem- pio quelle di Nicolò di Forzore Spinelli. Le piaceli ette attribuite all'Alari sono soltanto due: essendo però poco tempo che l'attenzione degli studiosi si è rivolta a queste piccole produzioni ar- tisticlie, è credibile che un più accurato esame dello collezioni fìitto con criterii stilistici positivi, possa accrescere anche per questa parte 1' opera dell" An- tico i"^). Darò intanto la descrizione delle due accen- nate, secondo il Molinier: (1) Eappresentazione imitata dall'antico; la descrizione che ne dà l'Ar- mand ò mancante di parte delle leggende. (2) Alcune placclietto, che non so se debbano dirsi dell'Antico, sono de- scritto nell'inventario di Gian Francesco, giù rammentato, e sono le se- guenti : Il Una cassfcta senza copergio cum inf'rascripte cose dentro. Il Due figurete de metalo. Il Dui tondi cum certe figure suso. ti Uno sancto Hieronymo. Il Uno sancto Sebastiano. ti Una nostra dona cum una nuntiata (sic.) .1 Una figura in su uno tondo. ti Due stainpete cum foglie suso. Il Uno quadreto cum due portete sue. Il Due altre stampete cum duo figure su, tute de bronzo et rame. Il Uno quadreto cum multe figure su, de motale. Il Uno tondo cum figura de veghio suso, n 438 UMBERTO ROSSI 1. — Diam. 35. La Fortuna stante su un globo colla destra alzata, ecc. come al rovescio della medaglia di Gian Francesco, al numero 1 (1). (Museo Nazionale di Firenze : raccolta Carrand). 2. — Diam. 40. Un guerriero vestito all'antica colla spada nella destra in carro a quattro ruote tirato da due cavalli alati a sinistra ; nel campo, una stella : sotto i cavalli uno scudo e una scimitarra (2). — Intorno gira la leggenda DO : HEC : FIDES : QVAM : FECIT : (Colleziono G. Droyfusj. (1) È strano come il Sig. Molinier classifichi la figurina centrale di questa placchetta come una Vittoria in piedi sul mondo, mentre basta la leggenda della medaglia da cui ò tolta per accertarci che è la Fortuna che vi è raffigurata ; e d'altra parte è noto come la Fortuna sia frequen- temente rappresentata in piedi su un globo, mentre la Vittoria -ordina- riamente è alata e non ha mai altri acces=orii. (2) Questo soggetto è in gran parte una reminiscenza della medaglia d'Antonia del Balzo, descritta al n. G. Per questa placchetta debbo le più sentite grazie al sig. Gustavo Dreyfus, che, por cortese intromissione del mio amico sig. Prospero Valton, volle favorirmene un ottimo calco. I MEDAfir.ISTI DEI. RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 489 in. GIAN MARCO CAVALLI. Finora quasi sconosciuto, questo artista non devo però essere stato degli ultimi fra quanti concorsero con magistero dell'opera loro a illustrare la Corte mantovana nell'aurea epoca dell'italiano rinascimento e le non troppo copiose notizie che ho potuto rac- cogliere su di lui, se non varranno a metterne in luce dettagliatamente la vita e le opere, saranno, spero, più che bastevoli a renderne intei'essante la figura, meritevole per più di un titolo di prender posto nella storia dell'arte. Gian Marco Cavalli nacque in Viadana, paese del Mantovano, da Andrea, detto Miseria, notaio di pro- fessione, verso la metà del quindicesimo secolo ^'^). Nulla sappiamo sul principio della sua carriera, e la prima memoria di lui risale al 1479 nel qual anno veniva dai suoi compaesani scelto a far parte del Consiglio degli Ottanta, come appare da un registro del Comune di Viadana (2). Solo due anni dopo lo (1) La famiglia Cavalli è originaria di Viadana e molti de' suoi membri esercitarono l'arte del notatario. Un Venturino Cavalli, il 29 giugno 1420, rogò l'istromento di donazione fatto da Giacomo Cavalcabi, già signore di Viadana, a Gian Francesco Gonzaga, in compenso degli assegni da quest'ultimo avuti il 18 giugno 1415, giorno della dedizione di Via- dana al marchese di Mantova. Andrea Cavalli, padre di Gian Marco, era pure notaio e viveva ancora nel 1495. Queste notizie insieme a diverse altre mi furono favorite dal mio dotto amico, prof. Antonio Parazzi, arciprete di Viadana, al quale sono lieto di rendere qui grazie per gli importanti materiali scientifici posti a mia disposizione. (2; Ardi, comunale di Viadana. Libro rosso, pag. 59 e 08. J40 UMBERTO ROSSI vediamo lavorare per il marchese di Mantova, Fede- rico Gonzaga, il quale gli indirizzava questa lettera : u lohanni Marco de Caballis, anriflci. ti Dilecte iioster. — Vogliamo che havendo tu fornito u quelli nostri vasetti subito ce li porti a Mantua. — Mantue, u 6 iunij 1481 (1). V L'artista rispose in giornata al marchese scusan- dosi per l'indugio a compiere il lavoro affidatogli e domandando una settimana di tempo: u 111."= Princeps et Ex.™^ D. D. mi sing."' — Eispondendo u ad una liozi recevuta, mi excuso de non bavere possuto " finirò quelli vasetti per le molte et loiige inundatione del u Po, quale me hano constretto stare in villa per farme re- ti parare da le aque, ma indubitanter serano finiti per tuta ti la septimana proxima che viene , et fati subito li por- ti tarò ala prefata V. Ex. alla quale come fidelissimo servi- ti toro di continuo me ricomando. — Vitaliano, vi Iunij 1481. u Johannes Marchus de Oavallis ser.°' n (2), Dal modo con cui le due lettere sopra riportate sono redatte, parrebbe che questa non fosse la prima commissione che Gian Marco aveva dal marchese Federico ; disgraziatamente 1' archivio mantovano, un po' deficiente a quest'epoca, non offre prove in suffragio di tale opinione e bisogna quindi passare oltre. (1) Arch. Gonz. di Mantova. Copialettere marchionali. — Questa let- tera, insieme ad alcune altre, fu già puLblicata dal sig. A. Bertolotti, nelle sue Arti minori alla Corte dei Gonzaga inserite hgW' Archivio storico lombardo, serie II, fase. XVIII : credo però utilissimo il riprodurle perchè il sig. Bertolotti non ha messo nel suo lavoro tutta quell'esattezza che gli studiosi sarebbero in diritto di esigere. (2) Arch. sudd. Carteggio interno. 1 MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA COIITE DI MANTOVA 441 Nuove notizie del Cavalli trovo nel 1483 e im- portanti per più d'un rispetto, sia perchè dimostrano la stima in cui era tenuto dal marchese e la defe- renza che gli usavano i suoi agenti, sia per l'entità del lavoro che doveva farsi sul disegno di Andrea Mantegna. Si trattava di eseguire delle olle e dei boccali ad imitazione dall'antico, e Lancillotto An- dreasi ne scriveva in tal guisa al marchese: u Illustris."= Priii. et ex domine mi singl.'"' otc. — Io lio u praticato mercato cum Io. Marco orefice de quelle ole u vechie et de li bocali secondo il disiguo de Andrea Man- u tegna. Esso Io. Marco adimanda de le ole lire 3 soldi 10 ii do la marcila et de li vasi predicti ducati uno e mezo de u la marcila. Io li ho ofiorto de detto ole mezo ducato de la u marcila e ducati uno de li predicti vasi : non lia voluto li stare contento : questo medesimo trovarasi da altri che u lavorarano così bene comò lui ; el c'è uno giovene che ha u nome Ioan Francesco, quale ho zentil maestro, lavora u molto diligentemente et si è offerto de volere del pretio a fare ciò che piace a Vostra S. Ho ordino cvim osso de u temptare che mercato voi fare, del tuta darò adviso a u Vostra S. a la venuta de quella, deliberato qual vasi se u habbia affare, se darà de via. Tomaso ha hauto il suo u lavorerò et s' è offerto toglierne del altro se piacerà a " Vostra S. ala qual me racomando. u Mantue, 12 febr. 1483. u E. V. 111. u u. famulus Lancilotus de Andreasiis. (fuori) u Illustrissimo patri et ex. duo u dno meo singl.'"" dno t; Federico do Tionzaga marchioni ^ Mantue ac ducali gubernatori generali n (1;. (1) Arch. sudd. Cart. sudd. •112 UMJÌKRTO ROSSI Il prezzo di tre lire e mezzo per libbra d'argento lavorato parve eccessivo al Gonzaga die deliberò di valersi dell'altro giovane artista Gian Francesco Ro- berti, e rispose al suo agente : CI Ilavemo visto quanto ne scrivi per la tua de xij circa a la manifactiira de quelli nostri vasi etc. Eespondemote che u nui non liavemo più rispocto che Zohan Marco ne serva a che un altro et seremo contenti, purché siamo ben ser- t; viti che tu daghi essi lavori a far a quello Zoan Fran- ti casco che tu dici esser gentil maestro, poi chel s' è of- u ferto volerli fare per el mercato che tu volevi dare a u Zohan Marco : et la voluntìi nostra è che tu non guardi a ad una marcha de arzento de più a faro che l'opera sia u bella et honorevole. — Viteliane, xiiij februarii 1483 n (1). Secondo il desiderio del marchese il lavoro dei vasi venne affidato al Roberti, che faceva allora le sue prime prove in arte. Gian Marco che in quel tempo aveva preso dimora in ^lantova , tornò di lì a non molto a Viadana, ove lo chiamavano interessi di fa- miglia. Infatti fin dal 1475 era stato nominato cura- tore dei beni di un Marchio o Melchiorre Cavalli suo parente , mentecatto ; e nel 1490 intercedeva dal marchese che fossero ritenuti validi gli atti legali da lui fatti nell'interesse della tutela, sebbene non com- piuti collo volute formalità (2). (1) Arch. sndd. Copialettere marcliionali. (2) Arch. sudd. Eegistri dei decreti, n. 25. a Franciscus Marchio Mant. eto. — Johannes Marcus de Cavallis habi- tator terre nostre Vitalliane No))is huiniliter exposuit qualiter alias cui- dam Melcliiori de Cavallis mentocapto et eius affini liabitatori diete terre Vitaliane in cnratorem decretus fuit qiialiterque licet cnram ipsam as- sumpserit inventariumque honorum ipsius Melohioris confecerit, atamen predicta minime fuerunt legilirae facta infra dehitnm tempus nec omni- bus solemuitatibus a jure et statutis nostris requisitis. Quapropter a no- I MEnAGLlSTI DEL RINASCIMENTO ALLA COUTE DI MANTOVA 443 Alcuni anni più tardi una lettera di Baldassarre Suardi, protonotario apostolico e podestà di Viadana, ci presenta il Cavalli come incisore di conii : il Suardi bis humiliter petiit ut per decretnm nostrum talem curam sic alias de- crotam et acceptam, datis tamen fidejussoribus debitis, confirmare digna- remur, non obstante quod in reliquis non fuissent alie iuridice et statutarie solemnitates servate et prout infra in eiusdem Jo. ^^arci sup- plicatione latins de premissis continetur videlicet : — Illu. et Ex. D. V. humilmente supplica el fidel servo di quella Zo. Marche Cavallo habitator in Viadana, narando corno alias del mese di zugnio 1475 lui fu dicernuto in curatore a uno ^farchio di Cavalli mentecapto per essere lui parente più proximo et de li a cercha dece e otto mesi fece lu inventario di suoi beni e questo non obstante parsse chel fusse allegato tal cura non valer per non esser sta servate le solemuitade de rasone per modo che esso suplicante sì per questo et per levarsi di tal fastidio si etiam che dicto Marchio mentecapto non volea stare sub cure, se levò da tal im- presa de essere più a tal governo, ma perchè ogni dì esso Marchio an- dava discipando li soi beni, lui suplicante tni'altra volta del mese de febraro del 1488 a complacentia de li altri parenti jiii forma publica reasurapse dieta cura, la qual pare ancora sia alligatta non essere fata cum tutte le solemnitade debite, et maxime chel non fu fatto lo inven- tario predicto intra el tempo limitato per li statuti, et che lui Marchio mentecapto non tu citato ad opponend. ohi. non se li desse ditto cura- tore, quamvis perliò non era necessaria tal citatione percliè 1' ò notorio cumo pò rendere bona testimonianza il Mag.'" domino Donino el qual novamente l'ha habuto dinanzi, considerato che a dover rccomenzaro a dare uno novo curatore a questo mentecapto el saria uno agiongere spesa a spesa, e de questo lui non Iia bisogno per esser caricho di fa- miglia cum la moglie e figlioli, et anche che facendose queste cose li a Viadana dove non l'è co>i modo de bavere consiglio a ogni solemnitade indiciale circhaciò, potoria de facili achadere che in qualclio cosa el se mancharia, acciochè se levi ogni dubitatione et clie questo pover liomo non vadi a questo modo livrando di consumare el suo senza qualche rezimento, prega et suplica dicto Zo. Marco a V. E. che lei se digni cometere che per suo decreto el sia confirmata dieta cura alias facta prò vallida, la qual fu accoptata dato lo sigurtà debito et cum consentimento di parenti, non obstante che in l'altre cose el non fusse sta servate lo altro solemnitade juridice o sia statutarie, 'perdio altramente questui ogni dì fa contracti e obligatione, né li è persona che li metti mani di- nanzi, la qual cosa concedendogli, la riputerà de singular gratia de la prefata S. V. alla qual se ricomanda. 2G MaiJ 1490. • — Fiat per consiliuni. — Nos autem supplicationibus predictis iiichlinafi, attento maxime (piod 444 UMBERTO ROSSI lo raccomandava al marchese Francesco in questi termini : u Illustrissimo signor mio. — Zolian Marco Cavallino u presente portatore, desideroso de servire ala Ex. V. ha ti fatto certe mostre da stampire monete de comissione mia, u quale porta a la prefata V. S. Se alcuna de quale glie a piacerà la farà in quello modo : se quella ha altra fanta- u sia, facendogela intendere, io credo cliel satisfarà bene u ala S. V. Et perchè li ragusei hano portato una quantità a de arzento e fra pochi dì ne portarano de l'altro, sei pa- u resse a V. S. che se facesse una moneta più grosa che a busoloti, la se farla cum minor spesa de manifatura, pa- u rendo a V. S. de fare intender a Zohan Marco la valuta u. de la moneta quale se ha a fare, sera bene aciò che la a grandeza del stampo convenga cum la valuta. A mi pa- ti reria, perchè le monete de V. S. se spendeno in lo do- ti minio do la Signoria come a Mantua, essendo de quella ti bontà che sono et de quella liga che sono le monete ve- utilitati tlicti Melcliioris mentecapti magis expodire videtur talem curam alias ut prefertur per enndom Johannem ]\Jarciim assumptam potius con- fìrmare quam denuo aliam reassumere aliudqnc inveiitarium conficere, vigore nostri arbitrii ac do plenitudine potestatis qua publice in dieta nostra civitate Mantue eiusque districtu et dominio nostro fungimur, predictam curam et omnia et singula que per ipsnm Johannem Marcum ut supra facta fuernnt confirmamus et validamus decernentes per lioc presens decretum nostrum dictum Joliaunem !Marcuni tamquam curato- rem in juditio et extra, de cetero generaliter circa regiminem et curam ejusdem Melcliioris et honorum suorum prò curatore posse intervenire et omnia et singula facere quelibet legitimus cnrator mentecapti facere potest ac si diete omnes solemnitates ad dictam curam et inventarium sic ut exponit alias per cum confectum adliibite fuissent, aliquibus aliis in oontrarium non obstantibus, quibus omnibus obstantibus derogamus et derogatum esse volumus et mandamus. In quorum fidem et robur presens nostrum confirmationis decretum fieri et registrari iussimus no- strique soliti sigilli impressione communiri. Datura Mantue, p." mensis septembris 1400. — Johannes Carolus Scalena prefati 111. D. X. secre- tarius, visa supplicatione signata fìat per cousilium etc. — Hector subscripsit 11, I MEI>.\(ÌLISTI DEL RINASCIMENTO .\1.I,\ CORTE IH MANTOVA '145 ti neciane, cliel fosse bene fare moneta de valuta de tri IX marcelli, overo de doi, come più piacesse a V. S. ala grafia li de la quale continuamente mi ricomando. Mantue, 12 u martij 1497. a Eiusdem V. Celsitudinis u servitor Baldassar Suardus, (fuori) " 111. Principi D. Marcii. Francisco Gronzage u Mantue n (1). Lo mostre da monete accennate nella lettera erano i primi saggi che Gian ^[arco produceva nell'arte del coniatore; e sombra che soddisfacessero assai il mar- chese, perchè in documenti posteriori troviamo .spesso accennato il Cavalli come lavorante alla zecca (-). Come quasi tutti gli artisti mantovani di quel- l'epoca Gian ]\rarco ebbe a servire anche il vescovo Lodovico Gonzaga , prelato intelligente e di gusto fine, che ho avuto occasione di rammentare negli (1) Ardi, suild. Cartej^i^io interno. — Lettera f:;ià pubblicata dal conte Carlo d'Arco nello Arti ed artefici di Mantova, tomo II, pag. 41, ma con parecoliie inesattezze. Il .Suardi accenna ad argenti portati da Ragusa: v'era infatti grande commercio d'argenterie fra questa città e lo stato dei Gonzaga e paro anche die là fosse in uso una foggia speciale di lavorazione, percliè nell' inventario di Gian Francesco Gonzaga del 1490, già citato pi-ece- dentementc, trovo rammentati i seguenti oggetti: li Sei bacino grande (d'argento) dorate do dentro cum l'arma de Gon- zaga ala ragusea. u .Sei bronzini grandi (d'argento) dorati alla ragusea. u Quatro fiaschi grandi ragusei (d'argento). u Una cassa dove fu portati dentro li argenti de Ragusa. CI Una altra cassota dove se portò li argenti de Ragusa, n (■2i Dalla lettera del Suardi ajìparo cliiaranionte che fino al 1497 non si erano ancora coniati nella zecca di Mantova i testoni o rjunrti d'ar- gento, dei quali si conoscono diversi tipi spettanti al marchese Francesco. I bussolotti di cui si fa parola nel documento surriferito sono le cono- sciute monete che hanno nel diritto il busto del marchese col berretto in capo e nel rovescio il reliquiario col sangue di Cristo. 41G CMIiEKTO K'ISSl stuilii jn'Gcodeuti su p]rme,s Flavi(j e .sulF Antico : o il primo lavoro che eseguì pel vescovo, stando a docu- menti, fu una riproduzione in bronzo del cavasjv'no, destinata al patrizio veneto Marcantonio Morosini , grande amatore di belle arti (^). Il vescovo aveva commesso al Cavalli la modella- (1) Col Morosini il vescovo Lodovico era da molto tempo in relazione, ne' suoi registri conservati nell'Archivio di Stato di Parma lio trovato due lettere relative ad antiche statue che mi par utile pubblicare. « Magnifico domino Marco Antonio Mauroceno equiti, oratori veneto ajmd serenissimum Begem Neapolitanum. n Magnifico ac insignis eques tamquam frater honorande. — El nostro venerabil m. Thomaso Pasqualino mi ha richiesto in nome di V. Ma- gnificentia duo teste di marmo in dono, quale lei monstra desiderare molto di havorle: io, quantunque de alcune ci sono non ne possa dispo- nere, per esore alcuni romani gli hanno parte : nondimeno, come desi- deroso di compiacere quella in assai magior cosa, sono contentissimo di donarli esse dui teste. Quale habbiano ad essere un principio et vinculo de una nostra perpetua et indissolulàle confraternita et nmicitia. Se non saranno quelle così belle comò la meritarla aut desiderarla, accepti sal- tem la mia bona voluntà: perchè invero ninna cosa lio tanto cara che jDor compiacerli et far cosa grata non me ne volese privare. Pertanto scrivo per l'aligata ad m. Kufino Gablonéta mio famigliare residente in Roma clie ad omni richiesta do V. !M. glie presenti davanti tutte le mie toste marmoree quale lio noie mane et a lei lassa elezere duo delle più belle meglio le piaceranno. Starà mo'a quella a farsi la electione a suo modo. Se altro è in mi ohe a lei piaccia, sapia potermi tanto disponare come del proprio, alla quale mi offero et racomando. — Hostiani, ultimo Maij 1489. 11 Nella lettera seguente riservata all'agente Gabbioneta, il vescovo lo avvertiva che non mostrasse al Morosini un busto di una veccJiiona, ohe doveva essere, a parer suo, la cosa più jjregevole della collezione : CI D. lluflno Gablonete. a Lo. etc. — Lo magnifico m. Marco Antonio !Moresino oratore della Ill.i"'^ Signoria de Venetia presso alla Maestà del re Ferrando, ne ha facto richiedere due dello nostre teste di marmore, quale sono presso di vuy, in dono : per il clie havendogliene noi di bonissima voglia com- piaciuto, comotiamovi che ad omne richiesta do sua Mag."-' glie presen- tati tute esse teste, reservata la Vecbiona hauta da ni. Francesco Mapheis et che gli lassati pigliare la electione di due meglio gli piaceranno, quia sic stat sententia nostra. Bene valete. — Hostiani, ultimo Maji 1489. n I MEDAGLISTI DEI. RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 447 tura la fusione della statuina, che doveva esser co- piata dall'originale dell'Antico, fin dal gennaio 1499; l'artista però non aveva potuto condurre a buon ter- mine l'opera, essendo impegnato in lavori di decora- zione per una festa che il marchese di Mantova dava nel carnevale ed il vescovo ne avvertiva cosi il Mo- rosini : u Non ho possuto fai- fornire lo patino dal s]3Ìno desi- u dera la I\I. V. per l'absentia del maestro occupato già da u molti zorni per certi lavori d' una bella representatione u farà lo 111. signor Marchese ad carneval proximo: statini u liberato chel sia, se mettarà in opera, nò si levarà da li r impresa che mi darà lo putino fornito et quella se lo a tenghi certo ad pascha proxima. E sum certo haverà cosa u glie piacerà e singulare n (1). La fusione della statuina andò veramente in lungo , perchè il IG marzo successivo il vescovo Lodovicone chiedeva notizie all' artista , facendogli premura : u Zohan Marco. — Per (questo correrò mandaretine el u nostro putino dal spino avisandono in che termine se u ritrova l'altro che doveti havere formato. — Riparoli 16 u martii 1499 n (2). Per la pasqua però, secondo la promessa, il cava- spino fu finito e mandato a Venezia, e il vescovo con- tinuò ad affidare al Cavalli lavori di argenteria, nei quali pare che l'artista riuscisse molto bene: così la lettera seguente ci dà notizia della commissione di quattro piatti d'argento su cui dovevano essere ef- figiati dei segni celesti : (\} Ar-Ii. (li Stato di Parma. Cart. Gonzaga, f-i) Ai-ch. suild. Cart. siidil. 41S L'MliERTO ROSSI ti Magistro Zoliau Marco. — llavemo receuto li tondi per u lo netare de li quali vi mandiamo uno ducato et non li contentandovi, ne avisareti ciò che vorrestive : reman- « dandovi etiam lo arzento, qual tenereti vui perchè vor- u remo mandarvene de l'altro aciò ne faciati vui de vostra ti fantasia li altri 4 pianeti o segni in simili tondi a vostro u modo. — Quingentulis, 21 mali 1499 n (1). Subito dopo Gian Marco fu di nuovo occupato per la zecca di Mantova, e il marchese che voleva vedere in persona come procedeva il lavoro degli ar- tisti, gli fece ingiungere di recarsi a Mantova in per- sona con tutti i ferri necessarii , scrivendone cosi al podestà di Viadana : ii M. Pandulpho. — Subito ala recevuta de la presente ti fareti intendere ad Zuanne Marco Cavallo che se ne ti venghi ad Mantua cum tutti li soi instrumenti apti ad ti incavare stampe da monete ordinandoli che si consigni ti ad M. Antimacho, nostro secretarlo, il quale in nostro (1) Arch. sudd. Cart. sudd. — Il vescovo Lodovico era appassionato assai por l'astrologia e ne' suoi registri si trovano parecchie lettere su questo argomento dirette al noto Giovanni Sabadino degli Arienti, e agli astrologi Marco Scribanario e Pier Antonio Ilari. Credo probabile che i segni celesti fatti eseguire al Cavalli su j^iatti d'argento dovessero avere qualche significato astrologico, tanto più che tre anni dopo il ve- scovo commetteva al pittore Gian Alvise de' Medici ohe gli disegnasse altri segui di costellazioni e ne scriveva cosi al suo cappellano, don Al- berto Vassalli : il Mandiamovi la inclusa lista de signi celesti, quali ce fareti fare, corno facesti anche quelli da mo' un anno : ma differentiati da quelli da mo' un anno e similiter octo animali e figure che non fusseron facte da mo' un anno. — Gazoli xvi ianuarii 1502. ii Non essendo poi il pittore stato sollecito a compire il lavoro, il ve- scovo replicava, scrivendo al suo spenditore Battistino Conti : a Ritroverai Zo. Aluisio e vedrai che signi lui ha forniti e mandali per el nostro mullatiero e instalo a fornir el resto corno più presto. — Gaudi, xxvii ianuarii 1502. » I MEDAGLISTI DEL RINASCIMENTO ALLA CORTE DI MANTOVA 449 u nome gli significarà ciò che volemo da lui. — Mantue, a p." ilaij MDI n (1). Non so se il Cavalli obbedisse all'ordine del mar- chese e se si mettesse subito a lavorare di conii , certo è che tra lui e i maestri di zecca insorsero al- cune quistioni, tantoché l'artista, incolpato di negli- genza, credette opportuno scusarsi col marchese e gli indirizzò questa lettera: u 111. S. mio dig.'"" etc. — Cavalino da Viadana factore de u V. S. me ha facto intenderò quella essere turbata centra u di me. la causa si è per non bavere facto una stampa da u dinari da stampire sesini, por il che facio a sapere et in- u tendere a V. S. come sino a quest'hora et usque al prin- a cipio che io comeuzai a servire quella a questo exercicio u di lo stampe, sempre ho facto tanto (guanto dali Maestri ti de la cecha m' è sta comeso etiani non più ultra, siche u sei me fusse sta ordinato questa de che intaglio né che u stampa dovesse fare, l' haveria facta voluntera, ma mai u non ho potuto intendere da loro che stampa vogliano et u io timido ot ignorante del volere dela prefata V. S. me u ne son passato. Per il che, se quella me farà intendere u la volontà sua, epsa subito sera servita, corno è stata u per il passato, che veramente. 111. S. mio, già son da u circha me.xi octo che io non facio altro exercicio si non li fare ferri da cecha per la S. V. per modo che io sono u stracho de la persona et frusto de la roba per bavere u guadagnato poco e speso assai, e questo procedo per la u iguorantia de epsi maistri de cecha, quali non sano faro u nò anchora comandare, et io povoreto porto la pena et u pare che ogni suo diffecto venga sopra di mo, siche prego u la Ex. V. se digni accr.tare la scussa mia et haverme per u quello bon servitore fidato quale sono: Vicentio mio fi- (l) Ardi. Gonzaga di Mantova. Copialettere marchionali. 450 UMBERTO BOSSI Ci glielo latore presente dirà a boclia il resto che io non " ho voluto scrivere per non fastidire la S. V. a la cui li gratia me racomando. Vitaliane, 19 niaij 1501. it ser."" fidollis Johannes Marchus de Cavallis n (1). Le difficoltà furono senza dubbio appianato, perchè alcuni giorni dopo il marchese invitava di nuovo Gian Marco a Mantova così: li Dilecfce noster. — Volemo che habuta la presente no- u stra, te transforischi qua, facendo capo ad m. Antimacho a nostro primo socrotario, quale te referirìi alcune cose che a procedeno de la nostra mente. — Mantue, xxvj Maij ii MDI il C2). ]\Ientre si occupava di conii per la zecca , il Ca- valli non tralasciava di servire anche il vescovo Lo- dovico, al quale doveva finire alcune cose , accen- nate in una lettera del 19 agosto 1501 (•"); ed è cre- dibile che quel magistro Zoan, il quale verso la fine del 1501 attendeva ad una testa di bronzo, mentre l'Antico modellava lina statuetta d'Apollo, fosse pre- cisamente Gian Marco Cavalli ^:^). Anche per la marchesa Isabella ebbe a lavorare il nostro artista e una sola commissione avuta dalla ge- niale signora basterebbe a provare coni' egli fosse valente davvero : por questo è importante la lettera (1) Ardi. sudd. Cart. interno. (2) Ardi. sudd. Copialettere mardiionali. {?>} Ardi, di stato di Parma. Cart. Gonzaga. u Io. Marco Caballo. — Se haveti fornito tute quelle nostre cose haveti da fornir, mandateli per questo nostro presente corriere overo portateli! vui et quando non glie havestive fornite, fornetille comò più presto. — Gazoli, 11 Angusti 1501. ii (4) Lettera del vescovo Lodovico a Giorgio Raineri, del 7 dicembre 1501, pubblicata nella biografia dell'Antico. I MKliMW.ISTl DKr, K1NASC[MK.NT0 ALLA CORTE DI >L\NTOVA 451 che segue, diretta alla marcliesa, in cui si parla di tondi eseguiti dal Cavalli. ti 111.'"-'' et Ex."'" Mail." nostra semper obser.'"" — In exe- u ciicione de una de V. Ex. siamo andati da M.'" Zollane li Marcilo Cavallo aurifice et habiamo liabiito da lui li tondi u cum quelle littere clie richiede V. Ex. da lui et li La- ti biamo voluto darli al cavalaro mandato qui a posta da a A''. Ex. et lui non Iheà voluto portarli, si che li mandiamo ti per Capono per satisfare alla monto do quella (alla) quale ti de continuo et sempre se raccomandamo. u E. IH'-. D. V. ti fid"" Ser.'''^" Thomasinus de Litulfis u et Ludovicus do liescaciis, ibd'" locumt.''" ti D. potest. Viteliane n (1). Forse in compenso di questo lavoro ebbe l'auto- rizzazione di poter coniare in zecca centocinquanta ducati di bagattini di rame senza pagare alcuna tassa (2; ; ed è probabile che di li a non molto Gian Marco abbandonasse afifatto l'esercizio della sua arte perchè dopo (picsto anno l'archivio Ocinzaga non offre più su di lui alcuii documento. Le ultimo notizie del Cavalli non vanno oltre il 15<»4: in (piest'anno egli è nominato fra i testimonii (Il Ardi. Gonzaga
  • E ANNO XVII • Busto a sinistra, a capo scoperto. ]jl — DOMINVS CVSTODIT ME • M • D • XLVIIII • Un leone gradiente a sinistra, vezzeggiato da un bimbo che gli sta dinanzi. Nell'esergo : • I • V • T • Un bell'esemplare in bronzo di questa medaglia si conserva qui a Brera, fra le medaglie della Ger- mania; un altro si trova nel Gabinetto Numismatico (li Berlino; e finalmente una prova in piombo, del solo diritto, è nel Gabinetto di Monaco di Baviera. Altri esemplari, oggi, non ne conosciamo, per quante ricerche abbiamo fatte presso cortesi colleghi (^). Tutti gli autori sono muti intorno a questa raris- sima medaglia, trovandosene soltanto un cenno in due cataloghi (2). (1) Ci sia permesso di porgere qui i migliori ringraziamenti a tutti coloro ai quali abbiamo avuto occasione di rivolgerci durante il nostro studio; in pi-imo luogo, e con viva gratitudine, al gentilissimo Sig. Eugenio Plon, di Parigi, il valente illustratore e quasi il nuovo rive- latore di Leone Leoni; poi al Sig. Dr. Dcbel, Archivista della Famiglia Fugger ed al Dr. Lodovico Fikentscher, della Società Storica di Augusta, noncliè a quell'Archivista municipale Dr. Adolfo Buff. Ringraziamo pure distintamente il Sig. Prof. Dr. von Brunn, Conservatore del R. Gabinetto di Monaco, il quale ci favori un'impronta del piombo ivi custodito; il Sig. Giovanni Kull, che sta scrivendo una monografìa numismatica dei Fugger e ci ha fornito alcune notizie; infine il Sig. Prof. Ir. Alfredo von Sallet, Direttore del R. Gabinetto di Berlino; l'amico nostro Dr. Ro- berto von Schneider, Custode nell'L R. Gabinetto di Vienna; il eh. Signor A. Chabouillet, Conservatore del Gabinetto di Francia, il Sig. Caignard, Conservatore del Museo delle monete e medaglie alla Zecca di Parigi, e l'egregio Sig. Dr. Luigi Frati, Bibliotecario della Municijjale di Bologna. (2) Il primo, di' è manoscritto, si custodisce presso la Società Storica di Augusta: è dell'anno 1832 ed ha per titolo : Xumophylacium Augusfa- num oder Xer::eichniss der zu Augsburg gepràgten Miinzfn und Medaillen (u Num. Aug. ossia Descrizione delle monete e medaglie coniate in Au- gusta 11). L'altro catalogo, a stampa, è quello della vendita Rolas du Rosey UNA MKDAGLIA INEDITA DEL MUSEO DI BRERA 473 Quantunque eseguita in onore di un tedesco, e, se- condo ogni probabilità, eseguita in Germania, ci sembra fuor d'ogni dubbio che sia di lavoro italiano. L'aspetto generale, la stessa forma delle lettere, e sopratutto la vaghezza del rovescio lo dimostrano a chiare note. Infatti, i medaglisti tedeschi, eccellenti nei ritratti, non rivelano fantasia artistica nella creazione dei ro- vesci, che sulle loro medaglie rappresentano stemmi, simboli, vedute di città, oppure altri ritratti, o re- cano infine semplicemente (ed è caso comunissimo) una leggenda distribuita in varie linee. I gruppi di figure umane e d'animali, così frequenti nei rovesci dei nostri medaglisti del Rinascimento, sono quasi sconosciuti all'arte tedesca W. I due cataloghi dei quali abbiamo parlato attri- buiscono anch'essi la medaglia ad un artista ita- liano, a Iacopo da Ti'ezzo, basandosi sulle iniziali I. V. T., che interpretano: Jacob voti Trezza. Ma. oltreché Iacopo da Trezzo firmava : r.vc. trezzo. f., — lAC. TREZO., — lAC. TREZ., — UC. TRICI F., il lavorO del rovescio da noi descritto è affatto dissimile da quello delle medaglie di Iacopo da Trezzo. Infine, non ci consta in nessun modo che nell'anno 1549 questo artista si trovasse in Germania. Esclusa dunque l'attribuzione a Iacopo da Trezzo, a quale altro medaglista italiano dovrà assegnarsi? Se le iniziali I. V. T. indicassero (ciò che a prima vista parrebbe probabile) il nome dell'autore, questi (Lipsia, 18B.3); 1' esemplare ivi descritto, alquanto inesattamente, al nu- mero 2G78, era di bronzo inargentato. In entrambi questi cataloghi', la medaglia vien indicata come opera di Iacopo da Trezzo. (1) Perchè il contrasto balzi agli occhi, basta sfogliare nel Trésor de Numismatique et de Glyptique ì due volumi che comprendono, 1' uno le medaglie eseguite in Germania, l'altro le medaglie italiane dei Sec. XV e XVI. 4T4 sor.oNK AMimosoM sai'obbe allora un nuovo niodaglirtta sconosciuto da ag- giungere ai McdaiUeurs Ualìena dell'Armand. Ma pre- scindiamo per ora da queste iniziali, ed esaminiamo la questione sotto altro aspetto. Anzitutto, qual ò la persona in onoro della quale fu eseguita questa medaglia? Un Fugger; — i Fug- ger erano d'Augusta, ed appartenevano ad una fa- miglia di negozianti che aveva saputo conquistarsi un posto più elle onorevole in quella Atene tedesca. Nel Sec. XVT, Augusta era la più importante città di commercio nella Germania meridionale, e divi- deva con Norimberga il vanto di essere intermedia- ria pel traffico dell'Italia col Settentrione, e del- l' Oriento coll'Occidente. Le relazioni coli' Italia pro- mossero lo sviluppo delle arti e delle scienze; e col favore delle enormi dovizie accumulate da' suoi in- dustriosi cittadini. Augusta divenne il centro della cultura tedesca. In questo ambiente artistico e squisitamente ci- vile, la famiglia Fugger teneva il primato per la ric- chezza, per lo sfarzo, e per la protezione accordata generosamente alle arti ed alle scienze. Il capostipite dei Fugger era stato un semplice tessitore del Sec. XIV ; arricchitisi man mano colla mercatura, erano cresciuti di potenza, si erano impa- rentati colle più nobili famiglie, ed erano stati ascritti essi stessi alla nobiltà dall'imperatore Massimiliano. Ma fu ai tempi di Carlo Quinto che la famiglia Fugger raggiunse il colmo del proprio splendore. Quando, nel 1530, l' Imperatore tenne la Dieta di Augusta, alloggiò nella magnifica casa di Antonio Fugger, padre (come vedremo) del nostro Gerolamo. Nello stesso anno, Carlo V elevò Antonio e suo fratello Raimondo alla dignità di conte, diede loro Kirchherg e Weissenhorn in proprietà ereditaria, conferì loro la giù- l'NA MKDAGMA INEDITA IlKIy MUSEO DI HRKKA 475 risdizione pi-incipcsca, e più tardi, nel 1035, anche il diritto di batter moneta d'oro e d'argento (^). I Fugger, come si è detto, erano mecenati libéra- lissimi d'ogni arte e d'ogni scienza, possedevano pre- ziose collezioni di lil)ri e di oggetti artistici, le loro case ed i loro giardini erano capolavori di arcliitettnra e modelli del gusto dominante. Non meno grandiosa era la loro filantropia; basti il ricordare elio nel 1519 un Giacomo Fugger aveva comperato molte case in un sobborgo di Augusta, le aveva fatte demolire, ed aveva fatto costrurre al loro posto tutto un quartiere di casette, affittandole ai cittadini meno ricchi, verso una tenue pigione. Questo quartiere, che fu chiamato la Fw/fierei, coukj sarel)be a dire u hi l'^iggheria ;^ si è conservato sino ad oggi: ha la pr^ìpria chiesa, le pn»- prie porte, sei vie, e consta di 5.'5 casette con 10(i ap- partauienti clie si danu(j in affitto per una mitissima pigione a cittadini cattolici jioveri. Anche Antonio Fugger ed i suoi figli fondarono molte altre istitu- zioni di beneficenza. Antonio, alla sua morte, avvenuta nel J5(;(), lasciò una sostanza di molti mihoni in denaro ed oggetti preziosi, oltre ai beni stabili che possedeva in tutti i paesi d' Kuropa e nelle due Indie. A lui l'isale la linea detta di Antonio, della Casa Fugg(!r. Tre suoi figli. Marco, Oiovanni e Giacomo, furono rispettiva- ment<' i caposti})iti dei tre r;inii detti di iNordendort. di Kirchhcini, e di \\'rillenl>urg. L'altro figlio, (ie- rolanio, è (]nello ra[)[)resentato sulla nostra medaglia; non })rese moglie, e la sua vita è comi)endiata come segue, nelle cronache manoscritti' della Casa Fugger, conservate nell'Arcliix io Fngyer ad Auuusta : '!) Di i|iii'.sto jiiivilogii» i Fussiir iiuD .si valsiro ihr nel Sec. XVII. 476 SOLONE AMBROSOU u Ber Wolgehorn lierr Iheron'nius Fugger Fregherr u zu Kirchperg vnnd Weissenhorn wardt ahi Ehelicher u Sohn Vorgeraelts lierrn Amithonì Fuggers vnnd ti frawen Anna Rehlingerin. Ber ist gehorn Ano 1533 « auf 13 Novemher, vnnd er ist durch seinen herrn u Vatfern mit seinen preceptoriis in den Teitschlanden, il Ittallia, Franckhreich vnnd Ilispania in alien gueten u Kiinsten ertzogen worden vnnd als sein lierr Brueder, il herr Marce Fugger Anno 73 auf 15 Septemher il gehn Wgen ziehen looellen, vnnd Ime gedachter sein il Brueder leronimus das glaidl hiss gehn Oberdorff auf li das Schloss gehen vnnd sich zu Nacht die letze « zimblich mit einander gedrunchhen, hat in der gwalt Il gottes gedroffen, Alda er auch seeligklich inn Gott a verschiden vnd zue Babenhaussen in seines herrn a Vatters hegrehnus begraben worden. " (« L'illustrissimo Sig. Gerolamo Fugger, Barone di u Kircliberg e Weissenhorn, era figlio legittimo del il suUodato Sig. Antonio e della signora Anna Reh- ii linger. Nacque nell'anno 1533, addì 18 novembre, e a venne fatto educare in tutte le buone discipline dal a suo signor padre, per mezzo de' suoi precettori, il in Germania, in Italia, in Francia ed in Ispagna. a E trovandosi il suo signor fratello, Sig. Marco a Fugger, il lo settembre 1573, in procinto di re- ti carsi a Vienna, e avendolo il suUodato suo fra- ti fello Gerolamo accompagnato sino al castello il presso Oberdorf, e quella notte avendo bevuto al- ti quanto assieme per solennizzare la partenza, fu ti colpito d'apoplessia, talché spirò beatamente in ti Dio e fu sepolto a Babenhausen nella tomba del ti suo signor padre. ") UNA MKDAGI.IA INEDITA DEL MUSEO DI BRERA 4l( Oltre a questi documenti, l'Archivista Dr. Dobel ebbe la cortesia di comunicarci queste altre notizie biografiche, desumendole dagli atti custoditi nell'Ar- chivio: « Grerolamo Fugger non si curava nò di com- mercio ne deiramministrazione dei boni, si occupava invece di studi, oppure viaggiava; per qualche tempo ebbe intenzione di farsi sacerdote, talché spesso lo si chiama das Pfufflem, il pretino. Xell'anno 1562 stipula coi suoi tre fratelli, ]\[arco. (Hovanni e Gia- como, un patto, a termini del quale egli rinuncia in loro favore, contro un vitalizio di 15000 fiorini, al- l' eredità paterna e fraterna ; nel caso tuttavia che egli si ammogliasse, e lasciasse discendenti maschi e laici, competerebbe a costoro una somma di 100 mila fiorini. Dopo ciò egli si recò in Italia e per tre anni non diede notizia di sé. Nel 1505 annunciò da Bologna ai suoi fratelli ch'era in procinto di spo- sare una Porzia Malvezzi. Il matrimonio però non ebbe luogo, anzi ne derivò un processo intentato dai Malvezzi ai Fugger (^^), processo che fini per la morte improvvisa di Gerolamo, il quale era stato richia- mato e trattenuto in Germania dai suoi fratelli r. In base a questi dati intorno alla vita di Gero- lamo Fugger, dobbiamo concludere che la nostra medaglia è stata eseguita nel periodo di tempo fra il 13 novembre e la fine di dicembro del 1540. altrimenti non vi sai'ebbe concordanza fra il diritto ed il rovescio. Nel diritto infatti è rappresentato Gerolamo Fugger « nel suo decimosettimo anno -, nel rovescio si legge la data .; ^r.D.XLYIIII. •• : ora, il nostro giovinetto non era entrato nel suo decimosettinio anno che il giorno 13 novembre dello stesso 1549. (1) Di questo processo si parla anche in un dispaccio dell' ambasciii- tore veneto in Roma, riferito n, ìi-flcìif i/ir ciuf Mcdaillfii ji'iuT Zcit l;ennen •»). iì) Intorno ai vari Fugger che furono studenti a Bologna, il eh. Si- gnor I)r. Luigi Frati <:i trasinutto gentilmente le notizie clic seguono, rac- colte dagli Anta Sationis (Jermanirac, leste pubblicati dall'Istituto Gcrnia- ni('u Savi gn vano. La pi-ima metiiiione di un Fugger o Fuege]-. In .piesti .Viti, è la segurnt. : ISU SdLO.NE AMimuSOM L'interpretazione luris tclriusquc tiro ci era sug- gerita dall'analogia colla frequente leggenda: Kif.ris) y(triusqiie) Dipctor). Ma, abbandonata l'attribuzione Il Dominus Toannes Fuegev AncaXwca. unum promisit v, in un documento del 6 gemi. 1517 (pag. 282, lin. 31). In altro del G genn. 1534 (pag. 309, lin. 23j ne sono ricordati due: " te A nobili domino Ioannc lacoho Funger, j tres li A nobili domino Georgia Fugger I coronas. » Dalla chiusa di quost' Atto si apprende clie Gio. Giacomo era stato eletto Procuratore della propria inazione per quell' anno, leggendosi in esso : CI In praesentia igitur nobilium dominorum novorum procuratorum, ac syndicorum antiquoruni et a novis prociu-atoribus electorum, videlicet domini Ioannis lacobi Ftigger, domini Georgii Zolner in Brand, etc. ii li Anno a nativitate Domini M." D." XXXVI. " in die epiplianie Do- mini, congregata nobili Germanorum in utroque iure Bononiae studen- tium natione in ecclesia Sancti Fridiani extra portam Sancti Mammao iuxta antiquam ac laudabilem consuetudinem, ab antiquis procuratoribus nominati ao designati fuere et communi ipsius nationis suffragio electi ac confirmati in procuratores seqiienti.s anni nobilis Dominus Oeorgius Faggerus patritius Augustanus et nobilis dominus Ioannes a Lindeiiau de Dame. Cum autom praedictus Dominus Goorgius in patriam urgente ne- ce.ssitate revocaretur, sul)rogavit nobilem dominum Vigileum Hund a Lauterbach, etc. r In altro Atto del 1544 (pag. 829, lin. 33) : u Nobilis dominus Udalricus Fugger et oius preceijtor dominus Ludovicus Carinas libras septom Bononenos sexdecim. » Finalmente in altro dell'anno 1561 (pag. 338, lin. 40) : Il Generosus dominus Octavìaniis Secundus Fuggerus prò se et precepto- ribus suis domino Balthasare Praun Kemnalcense, et domino Andrea Sobillerò Aicbense duos coronatos. » Tutti i surricordati Fugger spettavano all'Università (o come si di- rebbe ora alla Facoltà) dei Giuristi. Il Dr. Frati c'informa inoltre, che negli stemmi cbe adornano le pareti dell'Arcliiginnasio bolognese sono ricordati due Fugger, del Soc. XVII, tutti due studenti di leggi, e cioè : u D. Lcopoldus Fugger Comes Bavarus, Pracsos Alemanorum n nel- l'anno 1G3G, e : u Gidiehn. Fugger Bavarus (Censii. Polonorum) ii. Nell'iscrizione a cui fa corona anche lo stemma di Guglielmo Fugger manca il millesimo, il ijualc, dal posto che occupa detta iscrizione , dove essere intermedio al 1GP.G e al 1G47. UNA MKDAGLIA INEDITA DEL MUSEO DI BRERA 481 a Leone Leoni, risorge l' ipotesi più ovvia, die lo iniziali dell'esergo stiano ad indicare il nome del me- daglista: vale a dire di un medaglista a noi ignoto, ed assai probabilmente italiano, — quantunque, a tutto rigore, non sia esclusa la possibilità die sotto (luelle iniziali si celi un artista tedesco clic abbia stu- diato in Italia e si sia appropriato lo stile dei no- stri medaglisti. SoLONE AmBROSOLI. '--.- OO-MX-i* MONETA D'ORO DEL PRINCIPE SIRO DA CORREGGIO Fra lo 5 monete d'oro di diverso stampo battuto dal Principe Siro, questa \\i l'ultima del suo infelice re,^no. Ch'io mi sappia, una sola a tutt"og;£;'i ne esisto nel ^[odaglicre di S. ]\r. il Iio: ed in sì cattivo stato di conservazione, elio 1() stesso eh. Cav. Bigi nella pre- giata sua opera sulla Zocca di Correggio (^'), dichiara non poterne ritrarre il calco. Ora a completare il vuoto lasciato dal Bigi, pre- sento ai cultori della numismatica italiana (piesta ra- rissiuia moneta d'oro del Principe Siro, da me acqui- stata : il) riidi (Quirino). Di Camillo e Siro da Corrr^rjgio e della loro Zecca. ^roden.i, 1870. 482 V. MIATll - MONETA d'oRO DKI, PRINCIPE SIRO DA CORREGGIO Peso grammi 2.58. iiy -- ORO • (2)2 • DE • (FI)N • LIRE • 9 ■ Armo inquartata e coronata, con fregi a cartoccio. 9 — S • QVIRINVS • CORRIG-II • PROT • Il Martire stante di fronte, colla palma nella sinistra. Tale moneta 80 non può dirsi completamente inedita, pure a molti rimase sconosciuta, e manca ai nostri musei. FuLClO Ml4RI. SPIGOLATURE D'ARCHIVIO LIMITAZIONE DELLE MONETE DEL DUCA DI SAVOJA E PRINCIPE D'ACiJA. La seguente grida emanata dal duca di villano ai 30 agosto 1-Ì18. è tolta dal Registro n." I delle LcKcrc Duc/i'i nell'Archi \-io civico di Como, a f. 115. E non ci pare siasi finora pubblicata. McrccxMii, dii'. peiniìfiiiio Angusti. Cam, facto diliifciiti assazio do mcdiis grossis Illiistriuin dominoruin diicis Sabaudie et Principis .Vcliaye, inni reperiantur vallerò nisi iiu- jierialium novem prò qiioliliot rcspeetu cursus monete ]\[eiliolani fiat ideo criila prò parte 111. mi d(:>uiinl austri in qiiiliu>i'uiiiiue locis con- suetis illius civitatis, quod \K>n sit aliqua ]M'r>i.ina ciijiisvis comlictionis et status existat ({ue audeat vel prcsmiiat aliipMs ex dietim un'dijs L^rossis recipere nec expendero, nisi ad computum dietorum inipi'rialiuin novem prò quolibet dicti monete ^lediolaiij, sul) penna cuililiet contrafacienti tlor. X prò ({uolibet et (|ualibet vice applican. Cam>'re pi'el'ati domini. PER LE ZECCHE DI PAVIA E DI PARMA. Dei 2 nov. 1408 è rordine ducale al Vicario di provvi- sione di Milano perchè sia pubblicato l'avviso che la liwncla fatta di nuoro ìiatlcrr nella città di Pavia debba avere il suo solito corso in Milano (1). (\] L/ottorr» diifali vcil. IV. t'ol. RI Arch. Cirirn Mihmn. 484 EMIMO MOTTA La seguente lettera del duca Francesco Sforza ai Consi- glieri suoi, ma di data posteriore (20 gennajo 1452), (1) ri- corda le monete basse che dovevansi fare circolare in Pavia ed in Parma. D. D. de Consilio Secreto Havemo recevuto le vostre lotterò et inteso quanto ne scriveti del fahricare delle monete a Pavia e Parma, et quanto proiudicio saria ;do intrate nostro simile monete l)asse et maxime quelli triliri per molti respecti alligati in esse vostre lettere. Vi dicimo poy clie in- tondeti molto meglio de noy la importaiitia de questo, che volimo et ve committimo che vuy gli romodiati comò meglio ve parerà, perchè cossi exorbitanti inconvenienti, comò scriveti non hal)iano ad seguire che le littore quale procedano de qua al lato nostro piìi siano hobe- dite, che quelle fate fare vuy in nostra persona ne maravigliamo, ma quando trovate che non siano hol)0:lite fatine quella punicione ve jiarerà conveniente. Demum noy lassiamo el carico a vuy de provve- dere a questo facto delle monete. Siche provedetili cum vostra soUita prudentia. Laude XX Januarj 1-152. NOMI DEI TESORIERI DEI DUCHI DI MILiNO. Gettiamo qui tre o quattro nomi, e ci auguriamo che altri abbia a darci Telonco completo dei tesorieri ducali del pe- riodo Visconteo-sforzesco. Vitaliano Bonromco era tesoriere ducale nel 1423 : e nel medesimo anno lo era del comune di Milano Ci'istofOi'O da Ma idi ano (2). Prima del 1450 era tesoriere ducale Antonio Moroni (3). (1) Rogistro ducalo n. 129 a fol. 50. Arch. di Stato, ivi. (2) Registro Panigarola C. fol. 2:5 t. (3) In una missiva ducale 3[11 1150 e detto .i olim tliesaurarius uoster g.3noralis n (Missive n. 2 fol. 220). SPIGOLATURE d'aRCIÌIVIO 485 Ed alla fine di quell'anno, fors'ancho prima Aloisio degli Alarnanni (1). Ai 25 gennajo 1469 venne a tal carica eletto il piacentino Antonio d'Anguissola (2). G-li succedette il ben noto Antonio da Landriano, che attiratosi l'odio generale per le ecces- sive gabelle, cadde pugnalato dal Rigoni nel 1499, quando Luigi XII già era padrone di Milano. UNO STUDENTE DI PAVIA FALSIFICATORE DI MONETE. Copiamo dal Carteggio diplomatico del maggio 1492, nel- VArcliicio di Stato niilajìcse, il seguente ordine del duca di Milano al Vicario del Podestà di Pavia : Papié, ultimo maij 1492. Domino Vicario Potestatis Papié Domiae Vicari. Siamo contenti elio relaxati messer Nicolao da Ponto scolaro piamontese detenuto in mano vostre per imputatione do mo- neto falso. Commandandoli cliel uscisca del Dominio dal cpiale volemo che lliabij el bando. B. C. LOMBARDI, ZECCHIERI DELL'IMPERATORE MASSIMILIANO I. Scriveva il duca di Milano, agli 8 agosto 1494 , ai siroi Consiglieri : u Serenissimus Princeps Maximilianus Eoma- a norum Rex, Cugnatus noster lionorandus , ut accepimus, e novis quiìjHsdam forinis pecunias in regno suo impjrirni (1) V. Missiva ducale 19 dicembre 1450 in Reg. Missiva n. 3 ibi. 119. (2) Registro ducale u. 15 f. 17t. Per l'Anguissola vedi anche Covio, III, pag. 254. isti KMILIO MOTTA d fdcci'c constituit aJque ad ecs formas con/tciciKÌas Jo. Am- .: brosium Predam et Franciscuxi de Gallis et Accinum de a Leuco (Lecco) prestmiti virtn/e fuhros civesque nostros t; Mecliolanenses delegit. n Ora considerato che le leggi ti non permettono ad alcun suddito ti imprimende pecunias ti formas f'acere aut sculpere n senza licenza ducale, cosi ti si annui\-a alla richiesta imperiale (Ij. BiNDO DI MONETE SAVOINE, GENOVESI, ecc. nel 1458. Scriveva ai 30 novembre 1458 il duca Francesco Sforza alla moglie Bianca Maria Sforza {-) : Mediolani, ultimo Novenhris 1458. lU.ma et Ex.ma Consors nostra prccordialissima. Aciochè la Vostra Ill.ma Sigaoria senta lordene che stato preso circha labattimento de le monete et do li ducati, ve avisamo elio de presenti sono stati ban- dezati li fiorini gatteschi et li grossoni genovesi de soldi 5 et denari li et li novini savoyni de la nostra donna, et li fiorini se debiano spendere per tre libre. Et è ordenato che da kalende de marzo prò- ximo futuro inanzi li ducati non se spendano se non per nj libre et soldi uij." La quale prolongatione de tempo fin ad marzo se è facta aciochè le persone se possano provedere al facto loro, per li contracti che hauo luuo con laltro facti de qui indrieto a raxone de queste monete se speadouo al presente. Franciscus Sfortia Vicecomes dux Mediolani, etc. Papié Anglerie comes ac Urenmne dominus. UNA DONNA IMPUTATA DI SPENDIZIONE DI MONETE FALSE. Trattavasi, nel 1456, nientemeno che di Aìinn, moglie del nobile Emanuele Malagrida, famiglia celebre del lago (i) Arch. di Stato Milano, Missive n. 198, f. li, t. (2) Arch. di Stato di Milano., sezione Zecca. SPIGOLATURE d'aIÌCHIVUI 487 (li Como e feudataria di Musso. Per decreto 14 febbraio 1-156 la suddetta gentildonna veniva prosciolta a ab impu- tatione pecuuiaruni falzarum n (1). DUE ASSAGGIATORI DELLA ZECCA DI GENOVA IN MILANO, nel 1492. Togliamo dal Carteggio (Uplomatico dell' Ardi, di Stalo milaiìcsc il seguente documento. E diretto al duca di Milano. Ill.mo et ex'.mo S. mio siiigularissimo. EI Mag co Governatore e li deputati sopra lo monete mamlano doy de li asa/.atori de la ceclia de questa Goinunitìi al Ex.tia V.ra si corno quella lui rechiesto per fare il paragone de la bontìi del argento del gros3i:)UO de quella col suo. Et a satisi'ationo loro li ho accompagnati de questa mia. In bona gratia de la Celsitudiuc V.ra divotamente maricomando. Geuue XI maij li; 12. Ejusdem Suldimitatis vestre fiddissinìiis servito)- Cvnradus Stanglte. (1) Archkio di Stato di Milano. Rog. ducalo Y, fol. 303 tergo. Emh.io Motta. OmOMMOM BIBLIOGRAFIA LIBRI NUOVI Wcp- dagliere di S. M.), li' quali sareljbero state coniate dal nobile pie- montese Giovanni Antonio Falletti, conte di IÌ;nevello, che comandava un reggimento di fanti italiani ai s'rvigi di Carlo V. Il eh. autore non si pronuncia intorno al hugo di coniazione, espri- mendo soltanto genericamente l' idea che tali moneto siano u^i'ite da qualche officina della Germania. .Vd ogni modo, secondo lo spirito delle Tavole Sinottiche, le moneti^ di Gio. Ant. Falletti dovrebbero, crediamo, essere classificate sotto « i{ene\'ello ». E ci sia permesso in questa occasione di e^jirimere un desiderio vivissimo, condiviso da molti, che ciò;; il benemerito Comm. Promis si lasci indurre a dare alle stampo una seconda edizione dello sue indispensabili Tavole, la quah' è n'ni necessaria dalle molte scoperte e pubblicazioni fatte nel ventennio che oi-nnii si compie dalla prima. 492 Poggi Cencio. La medaglia dei dottori di Collegio (di Como) , nelle sue Curiosità comasche. (Como, tip. MV Araldo, 1888). Catalogo della collezione d'un distinto numismatico, formata prin- ciiìolmente ne" suoi viaggi in Oriente: bellissima serie di monete bi- zantine in oro, argento, bronzo , monete della Bulgaria , ecc., ecc. Firenze, tip. «anducciana A. Meozzi , 1888, in 8" pp. 8G. (Vendite Sambon, anno XI). Storia Italiana: varia: numismatica. Libreria antiquaria E. Loe- sdier in Torino : Bollettino periodico, n." 42 (1888). Drouin. Chronologie et numismatique des rois indoscgtes. Paris. Leroux, 91 pp. in 8" royal. Delochk. Bes monnaies d'or au nom du roi TItéodebert !;■ Deu- xième raémoire : Be V organisation de la fahrication des monnaies dans l'Austrasie proprement dite sous le ragne de ce prince. Paris , impr. Nationale, in 4", 27 pp. avec iig. KoBF.KT P. Cu. Le mklailleur Sperandio et les médaiUons dont il est l'auteur. Paris, Journal des arts, in 12° pp. 24. Pki':.\u (Ch.). Monnaies obsidionales inédites relatives au sirge de ^farstricid en :17f)4. Paris, X. Blanpain, in 8," pp. 10. DucROC(j (T.). Elude d'kistoire financicre et mone taire. In 8", pp. xui-309. Poitiers, impr. et libr. Oudin, 1888. — (Contiene, fra altro, articoli sulle moneto consolari romane, sulla storia del se- sterzio, sulla monetazione di Costantino, ecc.). C)STEK (L. de) et Everakrts (A. J.). Alias contenant toutes les monnaies de Brabant frappecs depuis l' au 1000 jusqu en l'iOG, 51 planches. Bruxelles, Dupriez, 1888. GiiESTRi'rr (Baron de) De ii.\.\i:eee. Numismatique de la princi- pauté de Licge et de ses dépendances (Bouillon et Looz), 249 pp. avec 29 pi. et 1 carte. ]?ruxellos, Hayez. BissiNGER K. Funde rihniscler ^[iinzen im Grossherzogthum Baden. Progr. del Proginnasio di Donaueschingon, 1838, pp. 20 iu 4.° Posse (Obt.). et Eumisch (H.). Codec diplumaticus Saxoniae regiae. XIII. Urìcundenbuch der Stadi Freiberg in Sachsen. IL Bergbau, BergrecM : Miinze. — Leipzig, Giesecke u. Davrieut. in 4." Monnaies du règne de l'Empereur Alexandre IL — St. Peters- bourg, 1888, in fol. de VII et 223 pag., avec un atlas de 25 tables. RIBLIOGRAI'IA 493 PEEIODICI. lievue Xaìnisììiatiqtie. -- Troisième trimestre 1888. SvoRoxos (J. N.) — Monnaics crétoiscs incdites et inccr- laincs ("2." articoloì. LKPAn.i^E (E.) — La ììionnaio romainc h la fin du ìtaiil ci//jiire (1." articolo). Br.AxcAiiD (L.) — rn ìnillarés d'Arcadiits. l'Jtudc si(r le miUarés de Constantin ii UéracUus. Rkinacii (T.) — Essai sur la numisiììalique dcs rois du Poni {Di/naslie des Millrridale). Bi.ANciiKT (A.) — Dcnicr coronnat de Cliarles le Mauvais (1343-1387). ScnLu.MREUGER (G.) — Sept sceaìi-r de iiìornh de princes el prrluts lalins de Palesline el do Si/rie au XII" siede. Cronaca. - Necrologia. — Prezzi di vendita della Rac- colta Quelen. — Bollettino bibliografico. Sei tavole d'illustrazioni. Quatrii'.'me trimestre. Baiìelon (E.) — MaralliHS. TAir.r.Eiìots (E.) — Conlrcmarques anliques pour fuire sulle à l'elude de yf. Art/uii' Emjcl. Pkoi; (li.) — Los atoliers monélaircs mérovingicìis. Mazerolle (F.) — Gros tournois et deniers parisis frap- pés au XV t siede. Germain (L.) — Módaillon de Jean Ridiicr reprèsenlanl Pierre Job/, procureur general de Metz mori cn 102'^. Zay (E.) — Nuniismalique coloniale: Compagnics d'Afrique : Quadruple d'Alger : Pagode de Pondichèr;/. Cronaca. — Indice dell'annata. Una tavola d'illustrazioni. ■l'J4 Aìimiaii'e de la Société Ifvancaise de Nimiisniatiqìie et d'Aì'chéolo(/ie. SepteniLre-Ootobre 1888. BEr.FORT (A. de) — Rechcrcìto des monnaies impi'rìaìes romaincs non dccriles dans l'ourrage de IL Colien (Con- tinuazione)- TsciricuNKW (ÌST.) — Qudqiies monnaies russes rares ou incdilcs. Mazkroi.le (F.) -- Jelons de la Maison du Roi (Con- tinuazione). Tkaciiskl (C. F.) — Monnaies et mcdailìes de Lindau. Hermf.kkl (.J.) — Nìtinismaliqiie lorraine. Cronaca. — Necrologie. ■ - Bibliografia. — Periodici. — Vendite del 1888. Due tavole d'illustrazioni. Novembro-Décembre. Belfort (A. de) — Rcclterche des monnaies impérialcs l'omaincs, etc. (Continuazione). Robert (P. C.) — Monnaies, jelons et médailles des Ecèques de Metz (Continuazione). Dancoisxe — Monnaie méi-oviìigienne de Donai. Blaxcard (L.) — De l'apparition du grain de 6D12 à la liore de 1'^ onces. Delattke (V.) — Jacques Guillaume et Robert do Croy, successivement Kcèques et premiers Ditcs de Cambrai (de 1504 à J :').-) OJ. ScDKE (L.) — Fabrication des monnaies fraìieaises en 1SH7 . Cronaca. — Necrologie. — Bibliografia. — Vendite del 1888, nel Belgio. — Scoperta d'un ripostiglio. Archivio Storico Lombardo, 1838, fase. II: Bertolotti A. Le arti minori alla corte di Mantova nei secoli XV, XVL e XVLL (Cfr. a pag. 300-305 il capitolo: La zecca di Mantova); fase. Ili: Id. id. (da pag. 507 a pag. 512 : La zecca di Mantova, con notizie su (laspare IMola). BIRLIOGRAPIA 495 Illustrazione Italiana, 9 sett. 18S3 ; n. o9 : Mmìaglia commemo- rativa del viaggio del Re in Romagna, eseguita da Luigi Broggi. — Asti a Quintino Sella (medaglia); n. 45: La medaglia d'oro comme- morativa presentata a Guglielmo IL. (luv. di L. Pogliaglii, incisione di Cappuccio, Stai). Juhuson). Provincia di Mantova (30 aprile 1888) : Portigli Attilio. Il ripostiglio romano di Sustinenm (provincia di Verona). Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Voi. XXIIT , disp. XIII-XV (1837-83): Promis V. 31>ìeta inedita di Pietro I di Savojn. e pochi cenni sidla secca primitiva dei Principi snhaudi. Atti della Società di archeologia e belle arti per la provincia di Torino. Voi. V, 2 ^833): R )s.\. Lipidi, terreco^te e monete ro- mane recentemente trovate in Busa : Fkiuìeko. Ripostiglio di Fonta- netto da Po. Rivista Storica Italiana (Torino), fa.sc. ITT, 1888, pp. 619 : Jlle- daglia d'oro alla Ca^a editrice Fratelli Bieca. Giornale Ligustico, fase. IX-X, scttott 1883: Bhlor.wd L. T. Monete genovesi di Scio (a propo.sito della pubblicazione dei signori (inecclii nel fase. 1, della Jtiv. Itnl. di Numismatica). Archivio Storico dell'Arte (Roma), n. 8. (1838): Vk.ntlui A. Leone Leoni incisore drlla zecca del duca di Ferrara. Comptes rendus de l'Acadómie des inscriptions etbelles lettres, ottobre-diceihbre 1888: Ohservations de C'h. Robert sur le deuxiì-me mcmoire de JI. Dehclte. retatif aur moiinaies d' or frappces .sous le roi d'Austrasie Tlicodebert I ^ .■')39-.jl8). Revue des études grecques , tome I, n. 2, avril-juin 1883: Tu. ]>F.iN.-\('i[, Li'S stratìges sur Ics monnaies d'Athrnes. Revue du Lyonnais, aprile-maggio 1838: X. Rondot. LAtlgame. llendricl: et Mimerei, sculpteurs et mnlailleurs à Lgon au XVII siede. Société des Antiquaires de l'Ouest, Bullotin. 1883, 2° trimestre Ilicii.vKi) A. Note sur une trouvaille de monnaies des XIT et XIII siicles [aite à Genray. Annales Bourbonnaises , luglio 1333: Anni'; CLKMr..\T. Dccou- verte de monnaies imprrinles romaina à S((ligng. Cabinet historique de l'Artois et de la Picardie, giugno 1838 ■ Adviei.lk V. Le graveur Roussel et sa mnlaiUe du secours de ^/•/•«s : luglio-agosto : Anni': <1 iii.Mtn. Essai ^ur une monnaie de Marc Auride trouvJe aux environs d' Auxile-CIfUeau. Revue des études juives, aprile-giugno 1888: Oiuetz. Les mon- naies de Simon. 49G fRONACA Muséon, n. 3, 1838: Dkocin. Xuinisinatinne musuìimae. Annales de lÉcole libre des sciences politiqaes , luglio 1838 : r. FArriiiLLE. Dii frai (Ics nwnìiaii's spéciaìeiuent dans l'Union latine. Revue d'economie politique, luglio-agosto 1888: M. Mo.soix. De l'ahondance de la nionnaie ììiétalUqiie. Cosmos (Parigi), 1833, n. 181 : lioTTANnip.R. L'or et V argent en Italie. Revues des grands procés contemporains, maggio 1888 : La me- datile militaire de Madame de Jìeaulieu. Illustration (Pangl), 1888, 10 nov : M. E. La mannaie de nichel. Intermèdiaire des chercheurs et des curieox (Parigi), n. 25 giugno 1888 : Une monnaie incornine : u. 10 luglio : Curiosile mone- taire ,• n. 25 luglio : Monnaies franmises exceptionelles ; a. 10 agosto : Kiim isniatique salir ique. Diestche Warande (Belgio) 1888, n. 2 : Alb. Tiiijm. Les mon- naies carolingiennes dccrites par M. llichel Gerexlie ; n. 5 : Co.mte Maurin Xaiil ys. Les mcdailleurs Sclioemacher pere et fds. Mittheilungen des Vereins fiir anhaltische Geschiclite und Alterthumskunde, V. 3 (1888) : Stenzki,. I)ie neucsten 3Iiinzfiinde in Anali. Berliner philologische Wochenschrift, n. 35, 1888: Preise von 2[iìnzen und Altertliiìniern. Antiquitaten Zeitschrift, n. I. 1888 (Strassburg): Ein Romer aìs MìUizsammler. — Die Diehstaìdsaffaire Eaftopoulos. — Unheì;annte Spottmitnze von Ziìrich. Illustrirte Zeitung (Lipsia), 1888, 10 nov: Die italienisclie Denh miìnze (medaglia pel convegno di Guglielmo IT con Re Umberto in Roma). Vierteljahrsschrift fiir Volkswirthschaft, XXX V; III, 1: At- Idnsons Bericht iiher den Bimetallismiis in Europa. Month, luglio 1888: C. Lindsay. Bi-metallism. Boletin de la real Academia de la historia (Madrid), T. XII, 4, 1888: Coderà y Zaidin. Monedas drabes donadas por el Sr. D. Ce- lestino Pujol. Viestnik hrvatskoga Arkeologickoga Drutzva. Anno X, 3 (Za- gabria), 1888 : S. L. Jlonete romane imperiali del Museo del liegno, di Zagcdjria, non descritte dal Cohen , o dalle sue in parte diverse. (Continuazione). NOTIZIE VARIE Falsifica^ioni moderne. — Dobbiamo segnalare ai nostri lettori un'altra falsificazione di moneta italiana apparsa da poco tempo e di cui vedemmo già tre esemplari perfetta- mente identici di conio. Questa moneta è il Ses/uo della Prima Repubblica Milanese (1250-13 IO). Eccone la descri- zione : TY - Tri/br/lio MEDIOLANVM. Croco fra quattro trifogli. 1/ — S AMBR0SIV7 Il San*"0 siiduto di prospetto, col pastorale nella sinistra e la destra in atto di l)enedire. Questo scsino >' una piccola varietà di quello esistente nel Museo di Sua Maestà a Torino (v. CtXkccui : Le Mnnele di Milano, pag. '25G; tav. LVII, n. 2i. e che è l'unico finora conosciuto. La moneta è l)en fatta: non lia che un difetto comune a tutte questo moderne falsificazioni : è troppo bella . ossia non ha T impronta dell' epoca. Per quelli che sono un poco esjierti nella materia, la falsità di (questa mo- neta si riconosce a colpo d'occhio dal tip<3 e specialmente dai caratteri della moneta, i quali sono ben lontani dal- l'assomigliare a quelli delle monete genuine. Si noti sopra- tutto la S del rovescio, la quale è perfettamente moderna. l'er quanto facciano i nostri attuali falsificatori , ben dii'- ficilmento arriveranno a riprodurre (^uel tipo rozzo e direi quasi semi-bizantino delle monete italiano del XIII secolo. 498 CRONACA Gli amatori (luiif|ue, ove capitasse loro nelle mani qualche esemplare di questo sesiiio e fossero ancora titubanti sulla sua genuinità, mettano a confronto questa moneta cogli ambrosini della stessa Repubblica, che sono comu- nissimi e che tutti possiedono. Dopo tale esame si per- suaderanno, senza il bisogno di altri argomenti, che il scsino in discorso è assolutamente falso. E. G. Ritrovamento d'un ripostiglio. — A Ballabio sopra Lecco, nel riparare il pa\-imonto di una stalla, vennero alla luce, non ha guari, parocchie monete della seconda metà del XVI e del decorso del XVII secolo. Sono sei pezzi d'oro e venti d'argento. In oro: duo zecidiini veneti, uno di Marino Grimani. uno di Pasquale Cicogna : una doppia di Firenze di Terdi- nando II Medici; tre doppie di Spagna, una di Filippo II (Heiss, — Monete Ispano-Cristid.nc, a Filippo II, n. 2); le altre due tosate e guasto ed illeggibili. In argento: diciasette ducatoni milanesi dei quali due di Filippo II descritti nelle Monelc di Milano dei fratelli Gnecchi ai N. 32 e 3S di quel reguante: otto sul tipo del X. 17 di Filippo III con varietà insignificanti, sette come il X. 31 di Filippo IV con diverse varianti anch'esso di poca importanza: uno scudo veneto della croce di Antonio Friuli ed uno di Giovanni Cornaro ; un ducatene spagnuolo assai soonservato. Dei titolari di queste moneto, due soli varcarono il 1630, Filippo IV di Spagna f 1665, e Ferdinando II di To- scana f 1670. Degli altri, l'ultimo deceduto ed anche l'ultimo in ordine di data assunto al regno è Giovanni Cornaro doge di Venezia (1625-30). Il nascondimento non potè dunque aver luogo prima del 1625. Xou potei leggere la data in tutti i ducatoni di Fi- lippo IV, ma non ne riscontrai di più moderna del 1622 : la figura del re è in tutti in età giovanile. La doppia di Fer- dinando II potrebbe essere stata coniata prima e dopo il 1630: por il che, visto che tutti gli altri pezzi sono ante- N'OTIZIF. VaRIK 499 riori a quest'epoca pare a me che quelle monete abbiano potuto essere sepolte nell'occasione del passaggio dei mer- cenari tedeschi per la guerra di Mantova e che il proprieta- rio, ucciso forse dalla peste che segui, non potè riprenderle. E nel vedere quell'oro e quell'argento mi sovvennero alla mente le pagine del nostro immortale Manzoni nelle quali è cosi al vivo dipinta 1' irruzione di quelle orde e lo spa- vento delle popolazioni costernate e fuggenti. G. G. Il famoso ripostiglio di Russia. — Nello scorso ottobre i giornali di tutta Europa avevano riportato da non sap- piamo quale giornale russo la notizia della scoperta di uno straordinario ripostiglio nella Russia Meridionale. Si parlava nientemeno che di un importo metallico in monete romane d'oro di circa 20 milioni di rubli, che alcuni poi facevano salire a 40.... Abbiamo scritto a un nostro buon corrispondente ed amico di Kiew per sapere se qualche cosa e quanto ci fosse di vero in tale notizia, ed ecco cosa ci viene risposto: . il Quanto all'enorme tesoro ascendente a 17 o più mi- ti lioni di rubli, di cui i giornali hanno menato tanto li chiasso, non c'è nulla affatto di vero. u Un idiota di contadino chiamato Levotsoho raccontava a d'aver scoperto nei dintorni del villaggio di Starahorodni li (distretto di Oster, governo di Tschernigow) un sotter- u ranco nel quale si trovavano 12 botti pieno di monete u d'oro. Esistono difatti in quei paraggi le rovine d' un a antico castello intorno al quale un'antica leggenda po- li polare dice che l'ultimo proprietario nascose nei sotter- II rauei un immenso tesoro. Ed ecco tutto. I creduli pae- a sani vi fanno sovente degli scavi, ma non trovano niilla. u L'unico risultato che ottengono è la distruzione di u molti oggetti archeologici. La mania di cercare tesori a nella Polonia è ora universale, e malgrado le proibizioni u del governo, si fanno scavi dappertutto con danno enorme u dell'Archeologia, e con nessun altro risultato, ri ('•j 500 CRONACA Nuovi doni al Gabinetto Numismatico di Brera. — Diamo la nota dei doni pervenuti a questo Gabinetto, dopo la pubblicazione del fase. I della Rivisla: Dalla sig. Carolina Gnoato, vedova del Comm. B. Bion- delli, il busto in marmo del compianto Direttore, — opera di Tantardini. Dalla sig. Baronessa Carlotta Basile, un esemplare della medaglia per la Piazza del Duomo in Milano, secondo il progetto Mengoni. Dal Prof. Comm. Giuseppe Bertini, varie grandi medaglie di premio, italiane ed estere. Dal Dott. Cav. G. B. De Capitani d'Arzago, già aggiunto per vari anni al Gabinetto, un volume contenente le le- zioni di Archeologia e di Numismatica pronunciate dal Comm. Biondelli negli anni 1851-52, e dal Dott. De Ca- pitani raccolte a penna. Dal Capitano Manfredo Camperio, due monete in bronzo col silphiuin, da lui raccolte in Cirenaica (sono quelle pub- blicate nell'annata 1882 del suo Esploratore). Dall'incisore sig. Luigi Broggi, un esemplare in bronzo della sua grande medaglia per il viaggio di Re Umberto nelle Eomagne. Dall'incisore sig. Francesco Grazioli, un esemplare in bronzo della sua medaglia per la Società Amici deWEdu- cnzione, di Lugano, col busto di Stefano Franscini. Dal Cav. Giuseppe Gavazzi, una monetina interessante dei Gonzaglii (zecca di S. Martino dell'Argine). Dall'Lig. De Strani, a mezzo del Prof. Pompeo Castel- franco, una moneta milanese, trovata recentemente negli soavi. Dal sig. Francesco Polleri, di Genova, il nuovo scudo spagnuolo, coll'effigie del re bambino. Dal sig. Celestino Mauro, due monete del Marocco. Dal Dott. Gerolamo Weiss, una medaglia. Dal sig. Gaspare Pirelli, di Varenna (Lago di Como), a mozzo del Dott. Cencio Poggi, due medaglie patriotiche. NOTIZIE VARIE 501 Dalla Direzione degli Asili di Milano , a mezzo del Cav. Francesco Gnecclii, un esemplare in bronzo della me- daglia coniata in onore di Giuseppe Sacelli. Da quello stesso donatore anonimo cui si accennava nel primo fascicolo , moltissime monete milanesi d' argento, j)rove di zecca, ecc. Tessere romane. — Il sig. A. de Belfort, direttore del- l' /InntwiVtJ de la Sociale FraiK^aise de Niimisìnatiquo ci d'Archeologie, intraprenderà fra poco in quel periodico la pubblicazione di un lavoro sulle tessere romano in bronzo. L'autore prega tutti coloro che posseggono o conoscono delle tessere, di volergliene mandare gl'impronti in cera- lacca, avendo cura d'indicare, per ciascun pezzo, il nome e l'indirizzo del proprietario. Questa domanda comprende tutte le tessere romano in bronzo, eccetto i contorniati e le spintrio. L'indirizzo è: M. de Belfort, 23, rue Las Cases, Paris. Per la Numismatica milanese. — I sigg. fratelli Gnecclii stanno raccogliendo i materiali per un'Appendice alla loro opera sullo Monete di Milano. Quest'Appendice dovrebbe, possibilmente, dar notizia di tutto lo moneto milanesi che non figurano nel libro, tenendo conto non solo delle monete nuove por tipo, per metallo, per valore, ma anclio delle semplici varietà di leggenda o di conio. Essi pregano quindi i sigg. Direttori di Musei e Gabinetti, nonché tutti i sigg. Numismatici e Raccoglitori, di trasmetter loro con sollecitudine le descrizioni , oppure gì' impronti, i disegni, ecc., di tali monete da aggiungere, di cui si terrà conto diligentemente nella compilazione dell'Appendice. Si prega di spedire le lettere al seguente indirizzo : Francesco ed Ercole Gnccclii, Milano, Via Monte di Pietà, n. 1. INDICE DELL'ANNATA 1888 Fascicolo I. hi alcune moìieie innlite e. sronfixciìiic ilella secca di Scio (con una tavola). — Francesco ed Ercole Gnecchi .... Pag. 1 // ripmtifjlio di Lurate Alibate fcon una tav.j. — Soloxe Amhrosoi.i » 1.5 1 medufjUsti dei Hiìiasciuietito alla Carte di Mantova. — I. Ermes Flavio de Boiiis (con una tavula). — Umberto liossi. . » 2.") Stwlii economici sulle monete di Milano. Dai manoscritti dol Conto Giovanni J[l"lazz.\xi j. -!1 Gli zecchieri di Milano nel JiJ'h — IvMir.io Motta. . . » To Cronaca. — Xecroloyie (con ritratto di Carlo Kunz) . . » 8") liihliofjrafia » 97 Notizie varie » 120 Fascicolo II. Appunti di Numismatica romana, Ioli (con una tavola) — Fran- cesco Gnecchi Paff. 131 / meda'jlisti del Rinascimento alla Corte di Mantova. — II. Pier Jacopo Alari-Bonacolsi detto l'Antico. — U.mherto lìossi . » 161 Le mejìaglie friulane del Secolo XV e XVI. — Aij Cronaca. — Bibliografia » 489 yotizie varie » 497 ^'■érrxl—^ ELENCO DEGLI ASSOCIATI AI.I.A RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA PER l'anno 1888 Quei sigrj. Associati, il cui nome è conlradàistinto da uri astcrisrn, hanno preso parie alla sottoscrizione a fondo perduto per la istituzione delìn Rivista. COPIE iS. A. R. IL Principe di Napoli 1 Adriani Prof. Comm. Dott. G. B., K. Ispettore degli Soavi e Mo numenti di Antichità. — Clierasco .... Ancona Cav. Amilcare, — 3Iilnno Archivio Civico di San Carpofbro. — Milano Armand Alfredo, Architetto. — Parigi Averara Avv. M. — Lodi Balli Emilio. — Locamo (Svizzera) Bartolini Cav. Luigi. — Trevi .... Bartolo (Di) Prof. Francesco, Museo Civico. — (Mania Becchi Avv. Flaminio. — Savona .... Belfort (De) Augusto, Direttore iìèW Anniiaire de la Hociété Franeaise de Niiììiismatiqiie et d'Archeologie. — Parigi Beltrami Luca, Architetto. — Milano Biblioteca Civica. — Genova Biblioteca Comunale. — Mantova Biblioteca (Regia) Estense. — Modena .... Kr.ENCo DKfa.i ASSOCIATI PF.K l'anno 1888 COPIE Biblioteca pubblica Passerini Landi. — Piacenza Biblioteca del Senato. — lioma .... Biblioteca della R. Accademia dei Lincei. — Eoma Biblioteca di Sua Maestà. — Torino . Biblioteca Nazionale. — Torino . Biblioteca Comunale. — Trento . Biblioteca Comunale. — Verona . Bocca fratelli, Librai. — Torino . Bonomi Enrico. — Legnago .... Borghese Principe D. Paolo. — Roma Bosellini Carlo. — Lodi .... *Bosso Dott. Giuseppe. — Cairo (Egitto) . Boyne William. — Firenze .... Brambilla Nob. Cav. Camillo. — Pavia Briganti Bellini Cav. — Osimo . Brockhaus, P. A. — Lipsia .... *Butti Alfonso. — Milano .... ^Camozzi Verteva Comm. G. B., Sen. del Regno. — Bergamo Camuccini Barone G. B. — lioma Cantoni Achille. — Mila>io .... Capretti Giuseppe. — Alhiate (Milano) Carpinoni Michele. — Brescia Castellani Giuseppe. — Fano Ciani Dott. Giorgio. — Trento . Cini Avv. Tito, Vice presidente della R. Accademia Valdarnese — Montevarchi Clerici Ing. Carlo. — Milano ^Comandini Dott. Alfredo. — Milano . Cunha (Da) Dott. Giuseppe Gerson. — Bombay Demole Dott. Eugenio. — Ginevra Direzione della R. Zecca. — Milano . Direziono della R. Zecca. — Itoiiia Direziono dei RR. Musei di Antichità. — Napoli Dumolard fratelli, Librai. — Milano . ELENCO DEGLI ASSOCIATI PER L'ANNO OOPIE — Sa)i Severino Engel Doti. Arturo. — Parigi . Fascila Comm. Carlo. — Milano. Ferrarlo Dott. Ercole. — Qallarate . Fiorasi Gaetano, Capitano del Genio. — Ancona Foa Alessandro. — Torino .... Franchi Carlo, Libraio. — Como . Frate Eletto da Imola. — Imola . Furchheim Federico, Libraio. — Napoli Gabinetto Numismatico e di Antichità della Casa Imperiale. — Vienna Garovaglio Dott. Cav. Alfonso. — Menaggio (Como) . *Gavazzi Cav. Giuseppe. — villano Geig}' Dott. Alfredo. — Basilea . Genolini Angelo. — Milano. Gentili (Conte) Tarquinio di Ravellone Ghiron Comm. Isaia, Prefetto della Biblioteca Nazionale Brai dense. — Mila>io. Giletti Carlo, Orefice. — Bedonia (Parma) *Gnecchi Antonio. — Milano *Gnecchi Cav. Ercole. — Milano . *Gnecchi Cav. Francesco. — Milano . *Gnecchi Ing. Giuseppe. — Milano . Grazioli Francesco, Incisore di medaglie. — Milano . Grossi Gualtiero, Bibliotecario dell'OIiveriana. — Pesaro Hess Adolfo. — Francoforte sul Meno Hiersemann M. K. AV., Libraio. — Lipsia . Hoepli Comm. Ulrico, Libraio-Editore. — Milano Hoffmann H. — Parigi Inghiraroi Iacopo. — Volterra . . ■ . . Jatta Giulio. — Buvo di Puglia Laboratorio Centralo dei Saggi. — lioma Laml)erti Policarpo. — Savona Lamliros Paolo Giovanni. — Atene .... Landolina di Ritrilifi Francesco. — Palermo Kr.KNCO DEflM ASSOCIATI PER 1,'aNNO 18S8 COPIE Lazara (De) Conte Antonio. — Padova Leone Comm. Camillo. — Vercelli Lippi Raffaele. — Biccari (Foggia) Loescher Ermanno, Libraio. — Torino Luppi Cav. Prof. Costantino. — Milano Mantegazza Avv. Cav. Carlo, Procuratore del Re. — Sarzana Marignoli March. Filippo, Senatore del Regno. — Roma . Marietti Cav. Dott. Giovanni, Direttore del R. Museo di Anti- chità — • l'arma. Miari Coute Fulcio. — Venezia Mirenghi Avv. Michele, Presidente della Commissione del Museo Provinciale. — Bari .... Moiana (De) Conte Avv. Alberto. — Milano Monti Ing. Antonio. — Como Motta Ing. Emilio. — 'Milano Mulazzani Conte Lodovico. — ■ Treviglio Municipio. — Como .... Museo Civico. — Bologna . Museo Civico. — Como. Museo (Regio) di Antichità. — l'arma Museo (Regio) di Antichità. — Torino Museo Civico di Antichità. — Trieste. Museo Archeologico. — Varese . Museo Civico. — Venezia . Museo e Riblioteca Guarnacci. — Volterra *Ner\'ogna Giuseppe. — Brindisi Nessi Antonio. ^ Eonago (Como) Nessi (Ved.) Bonola Angela Maria. — Como Nutt Davide, Libraio. — Londra Oreschnikow Alessio, Conservatore del Museo Storico. — Mosca Oslo Col. Comm. Egidio, Governatore di S. A. R. il Principe d Napoli. — Boma *Osnago Enrico. — Milano . Ostermann Prof. Valentino. — Udine . ELENCO DEGLI ASSOCIATI PER l'aNNO 1888 COPIE *Papadopoli Conte Nicolò. — Venezia Fasi Avv. Adolfo. — Bologna Patrizi March. Giovanni. — lìoma Persiani Avv. Raffaele. — Chieti . Picozzi Dott. Francesco. — Lodi *Ponti Cav. Ettore. — 3Iilano Prayer Carlo. — Milano *Ratti Dott. Luigi. — Milano Eivani Giuseppe. — Ferrara Rizzini Dott. Prospero, Direttore del Museo Civico. — Brescia Rizzoli Luigi, Conservatore del Museo Bottacin. — Fadova Rolandi Dott. Francesco. — Albenga Rossetti Avv. Serafino. — Fabriano Rossi Dott. Umberto, Conservatore nel Museo Nazionale. — Firenze Ruggero Cav. Giuseppe , Maggiore nell' 11° Regg. Bersaglieri — Firenze ......... Sacchi Augusto. — Como Saliuas Comm. Prof. Antonino , Direttore del Museo Nazionale — Palermo Sambon Cav. Giulio. — Firenze Saviui Paolo. ^ Milano Schulman Giacomo. — Amersfoort (Paesi Bassi) Seletti Avv. Emilio. — Milano Sellenati Dott. Antonio. — Pavia Serazzi Avv. Pietro. — Novara Sessa Rodolfo. — Milano Societìi dell'Unione. — Milano *Sormani Andreani Conte Lorenzo. — Milano . Sossi D. A. V., Prevosto del Capitolo della Cattedrale. — Asti Sozzani Ing. Vincenzo. — l'romello (Lomollina) . Stettiner Cav. Pietro, Capo Ulficio all'Economato dello RR. Posto — lioma Stevens Emilio. — Napoli KI.ENCO DEGÙ ASSOCIATI PER L'aNNO 1888 COPIE *-Tatti Ing. Paolo. — Milano Tommasini Oreste. — Boma Torlonia Principe. — Roma Torrequadra Conte Kogadeo. — Jìitonto .... Trabucchi Avv. , Direttore del Collegio Galletti. — Domo (lossola Triibner K. P., Libraio. — Strasburgo .... Yan Sclioor Carlo, Procuratore Generale alla Corte d'Appello. — Brusselìes Van Trigt G. A., Libraio. — Brusselìes .... Varisco Sac. Acliille. — Monza Viani Prof. Prospero, Bibliotecario della Kiccardiana. — Fi renze Yidal Quadras y Kamón Emanuele. — Barcellona (Spagna) Vigano Gaetano. — Desio *Yisconti March. Carlo Ermes. — Milano .... Yitalini Cav. Ortensio. — Roma Witte (De) Alfonso. — Brusselìes Zecca Cav. Avv.Vincenzo, Segretario-Capo Provinciale. — CMeti Zoppelli Luigi, Libraio. — Treviso Lodovico Felice Cogliati, Gerente responsabile. TAVOLE. RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA A\No I Y. ti E. (iNECllHI. - Mooeie inedite e sconosciute ilella Zecca di Scio. i A\\i. I - Fas. . 1 1 RIVISTA ITALIAM DI NUMISMATICA Anso !, 1S88. Tv.-, n. >'::sft' .«iMBROSOL!. - Il Ripostiglio di Lutai?, Atitiale. ( Anno ! ■ V 1) RIVISTA ITALIANA DI MMISMATICA Anno 1. 1888. Jav. \', lur.iti. II. EOSSL - 1 Medaglisli del Rinascimento alla Corte ili Mantova. { Anso I • F,\^r. I i Mila A.wol. 18SS. RIVISTA ITALIAM TI NUMISMATICA Tav. w. I : /;„-„/, - 1/7,/,, fl'a;;i:esi:u \^i\x\\\. - kmm Ji xaiiiBra:i;i^;i Hi'iiiana. x. i t. •{,. Anno I, 1888. 1 ^u X J^ 1 1 j\ uirìi\ tKA/ Tav. V, ^fr>y9K^ y V" ' J ^fe»..- sPL*- ^ -3, RIYISTl ITALIA, Anso I, i .,-:ì^c--. <-^ jL Art E. &NECCHI. - Docme (A; L LI NUMISMATICA Tav. vi. ^ ,^^ ^H^-^t^^ ^^ ér^ ^^C^^K^^t^^ .«T«4«3 I lediti della zecca di Coiieggio. 1 - Fasc. II ) Anso I \m RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA Tav\1ì rPA^i^r;;", '•K:7'";:! A'/fin'', di N;:!iii:;!iid']ra Imiins N 3 RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA An.m) I liV.« rkANCr:: ALLiiiiti ij! Niii!iiS!n.j':id koniJi;.', !1 '^ RIYISTA ITALIANA LI HUMISMATICA Anno 1, 1888. T/.v. IX. r. ed E. flNECCHL - Msoete iceiliie e sconosciate della Zecca ili Scio. — Appendice. (Anno 1 - Fa'-'-. IV) RIVISTA ITILIIM DI BUMISMATIGA Amo I, 1S88. Tav. X. f-- (f. GAVAZZI. - Ricerca del liciiao iroro di Giaugaleazzo Visconii. (Anso I - F.\sc. IV) RIVISTA ITALIANA DI HUMISMATICA Anno I, 1888. Tav. XI. G. GAVAZZI. - Literta ilei licrino d'oro di Gianpleazjc Visconti. l An.so I ■ Fasc. IV ) RIVISTA ITALIANA LI HUMI3MATIGA AnnoI, 1888. Tav. XII. n. ROSSI. • I ledaslisti ilei Rmasciueaia alla Corte ili Kaitcva. (Ann.j I ■ Fa^-;. IV) CJ Rivista italiana di numisma- 9 tica e scienze affini R6 v.l PLEASE DO NOT REMOVE CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY . j \\\ * vini i"»^f- ' »pVi